I Keller: Come tutto ebbe inizio

di MelaniaTs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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Prologo pt 1

Londra dicembre 1986

Ero figlia dei Visconti di Shaftesbury, mio padre uno dei discendenti degli Ashely Cooper però non verteva in buone acque.
Fallimento. Così lo aveva chiamato mamma. Per quanto fossimo di origini nobili, sia mamma che papà, la mia famiglia era fallita. Il lavoro di papà con i suoi investimenti sbagliati, ci aveva portato sul lastrico. Le nostre priorità col tempo erano state ipotecate tutte quante e a noi non restava più nulla. Almeno fino a quando Andrew Davis uno dei soci della London Bank non mi aveva vista in banca per firmare una proroga del debito. I miei genitori infatti stavano impegnando la mia eredità, il mio titolo di viscontessa, il palazzo a Richmond lasciatomi da mia nonna Gwendolyn Ashely Cooper, tutto ciò che possedevo solo perché ormai avevo diciotto anni e potevo ripagarli dei sacrifici fatti per me in quegli anni. La migliore scuola privata dalla nascita fino al college. Non potevo pensar di laurearmi, assolutamente. L'università non era contemplata, troppo costosa! Ma avevano pagato fior di sterline per istruirmi ed era necessario che anche io facessi il mio! Che ci mettessi tutta la mia eredità in quella situazione.
Eravamo lì nello studio di Lincoln Smith, Andrew Davis entrò per testimoniare la proroga del debito. Io avevo lo sguardo basso, non mi interessava di conoscere gente, per me i banchieri altri non erano che i miei giustizieri, per qualcosa che per giunta non avevo fatto.
Alzai lo sguardo solo perché mi sentii fissare con insistenza. Andrew doveva avere intorno ai trent'anni, capelli e occhi castani, pelle chiarissima, guance infossate e un naso aquilino. Mi guardava e sorrideva con le sue labbra sottili intanto che lo sguardo scendeva sul mio giovane corpo. Mi percorse un brivido, sapevo di essere una bella ragazza, pelle color miele, occhi azzurri proprio come il mio nome, Sapphire, capelli biondi dorato. Il fisico era minuti e snello, i seni ancora acerbi non erano comunque piccoli. Sii, sapevo di essere una bella ragazza.
"Questo è quanto!" Concluse di leggere Smith. Io ingoiai il groppo, dovevo firmare.
Mi tremava la mano, ma potevo farcela.
"Ci sarebbe un'altra soluzione." Intervenne Davis prima che io firmassi.
"Sarebbe?" Chiese mio padre.
Lui annuì. "Chiamiamo mio padre che è uno dei soci maggioritari della London Banks, Smith Leo resti pure qui, così avremo dei testimoni per sigillare il patto." Disse lui alzando la cornetta per digitare un interno.
"Posso confermare che Davis ha la liquidità necessaria per estinguere il vostro debito. Suo padre è marito di uno dei padri fondatori della London Bank." Spiegò Smith ai miei.
Intanto la porta si aprì lasciando entrare un uomo anziano simile a Davis.
"Mi avete fatto chiamare?" Chiese l'uomo vestito con un abito di alta sartoria.
"Si padre. Pensavo di assorbire io personalmente tutti i debiti dei Visconti di Shaftesbury." Annunciò Davis.
L'uomo senza presentarsi prese la cartella che il figlio gli porgeva e la lesse distratto. "A che pro? Non ci vedo guadagni." Asserì, notai che Smith faceva una smorfia, erano coetanei e soci quindi dovevano conoscersi molto bene.
"Io guadagnerei il titolo di visconte e le loro proprietà diventerebbero mie." Disse il figlio al padre.
"Non si prende un titolo nobiliare pagando un debito." Disse secco Smith.
"Infatti direi che un matrimonio sia un buon accordo." Rispose cinico Davis.
Un matrimonio?! Mi sentii gelare ripensando allo sguardo lascivo di Davis, preferivo di gran lunga essere povera. Mi alzai prendendo la cartella di mano al vecchio Davis. "Dove devo firmare?" Chiesi frettolosa a Smith.
"Accettiamo." Disse invece mio padre.
Assolutamente no! Pensai."Firmo!" Ripetetti a Smith.
"Edward!" Sentii mia madre richiamare papà.
"Sapphire ha compiuto diciotto anni il 18 novembre. Può convolare a nozze, ditemi dove e quando." Disse ancora mio padre.
"Padre!"  Sussurrai
"Edward!" Lo ammonì mia madre.
"È uno scambio equo." Disse ancora mio padre.
"H-ha quasi vent'anni più di me." Sussurrai tremante. Non volevo, ero una ragazza e avevo frequentato una scuota femminile. Volevo innamorarmi e vivere tutte le esperienze della mia età.
"Ho solo trent'anni Lady Sapphire." Ironizzò il banchiere.
"Ci sto!" Disse ancora mio padre.
"Non servirebbe a nulla se tu continuerai a indebitarti." Intervenne mia madre. Che razza di finanziamenti faceva papà per continuare ad andare ancora più in declino?
"Mi farò consigliare. Così però non perderemo la casa a Londra, ne il palazzetto del Surrey. E inoltre nostra figlia farà un buon matrimonio." Rispose papà.
Mi stava vendendo, mio padre mi stava vendendo come un sacco di farina. "Quando preferite ci sia il matrimonio?" Chiese ancora ai banchieri.
Andrew Davis sorrise avvicinandosi a me. Mi prese una ciocca di capelli guardandomi lascivo, un conato mi salì alla gola. "Sarà bellissima con un vestito che dia valore alle sue forme. Direi all'inizio dell'estate, pubblicheremo il matrimonio in primavera.
Stavano facendo tutto senza il mio consenso. Ma non avevo firmato, avevo ancora i miei soldi, la mia proprietà. Potevo rifiutare quell'accordo.
"Ovviamente come garanzia geleremo il conto di Sapphire e metteremo i sigilli anche alla sua proprietà." Disse Andrew. "Diciamo che è una garanzia perché lei non si lasci andare al suo vizietto visconte. Pagherò io per i preparatovi del matrimonio e per il vestito di Sapphire, ho già in mente come dovrà essere." Concluse Davis.
I miei genitori parlavano senza che io potessi dire nulla, avevano deciso e nessuno sembrava tener conto della mia opinione.
L'unica che sembrava dispiaciuta da tutto ciò era sembrata mia madre. Ma adesso anche lei contrattava. Sarebbero andati a stare nel Surray lontano dalle tentazioni, avrebbero ridotto tutte le loro spese. Era importante che non perdessero la faccia e il titolo e le loro tante amare proprietà.
Eppure potevano perdere la loro unica figlia!
Rincasata quella stessa sera mi disperai, chiesi ai miei di ripensarci, avevano le mie priorità e i miei soldi in garanzia.
"Tu non capisci. Sei un'ingrata, dopo tutto ciò che abbiamo fatto per te." Mi urlò contro mio padre.
"Mi stai vendendo padre! Ha diciassette anni più di me, è un uomo." Lo supplicai.
"Un buon partito. Vedrai che starai bene." Concluse.
"Madre ti prego. Non puoi farmi questo..." provai ancora in lacrime.
"Sai che ci è precluso piangere Sapphire." Mi disse rigida mia madre. "Adesso vai a dormire, domani conosceremo Andrew e i suoi genitori in un pranzo al Hilton organizzato dal tuo sposo. Dovrai essere bella." Concluse anch'ella.
Mi accorsi che non c'era via di uscita. Tutto questo perché mio padre non faceva i giusti investimenti, poi cosa doveva investire un golfista professionista non lo sapevo.
Il giorno dopo come promesso fummo a cena con i Davis, la signora Davis mi guardava con pietà. Sapeva a cosa andavo incontro? Non lo so.
Ma iniziò a frequentare casa nostra per preparare il matrimonio, fino a quando un giorno non restammo solo io, mia madre e lei in casa.
La donna mi passò una busta, non sapevo cosa conteneva. Furono però le sue parole a sorprendimi. "Mio figlio ha seguito gli insegnamenti di mio marito, si è cercato un buon partito per i suoi affari. Ma non sono bravi, ne mio marito a tenere i conti, ne Andrew a investire su ciò che ha. Ciò che prenderà da te avrà valore immobiliare e non solo, sei una nobile. Ciò che posso consigliarti è di vivere la tua gioventù finché non sarai sua moglie. In quella busta avrai qualcosa con cui vivere, quando lo finirai tornerai per sposarti, sta a tua madre inventare una scusa plausibile per la tua scomparsa." Disse la donna con distacco. "Non è giusto che tu paghi per i debiti di gioco di tuo padre, ma spesso e volentieri si riservano sempre sui figli e me ne dispiace. Quando sarai sposata comportati bene con Andrew e dopo aver avuto il tuo corpo fresco ti farò vedere che si stancherà e ti lascerà in pace." Concluse mettendosi il girocollo di pelliccia intorno al collo. "Ci rivediamo alle pubblicazioni del matrimonio allora, buon viaggio."
Gelai, non riuscii neanche a ringraziarla. Debiti di gioco? Era così che tutta la nostra eredità era andata via? Per dei debiti di gioco? E io dovevo sacrificarmi?
Mia madre aveva chiuso la porta e mi stava guardando. "Dirò a tuo padre e a Andrew che raggiungi mia zia nel Sussex. Tu vai via per un po', hai ragione quando dici che sei giovane e meriti di amare, trova il tuo amore quindi. Se riuscirai a trovare un lavoro, potrai vivere lì fuori per molto più tempo di ciò che pensa Elisabeth Davis."
"Perché resti con lui... tj ha portato in rovina?" Le chiesi.
"Perché nonostante tutto lo amo ancora." Mi rispose. "Ha detto si farà aiutare, andremo da uno psicologo, vedremo come muoverci." Concluse.
Piansi, scossi la testa e una volta in camera mia piansi. Preparai la mia borsa con poche cose, tanto per la primavera sarei dovuta rientrare, e mi addormentai. Quanto avevo di libertà? Era inizio dicembre, sarei dovuta tornare per marzo. Per la prima volta aprii la busta che mi aveva lasciato Mrs Davis, al suo interno c'erano mille sterline. Avrei potuto farcela con un lavoro, perché effettivamente preferivo essere povera che farmi toccare da lui, il suo sguardo mi aveva già schifato abbastanza.
Il giorno dopo andai via al mattino presto, non ebbi il coraggio di guardare in viso mio padre. Non dopo avere scoperto ciò che egli aveva fatto alla nostra famiglia.
Sarebbe stato il caso di cercarmi un posto dove stare, sicuro non nei pressi della zona antica di Londra. Probabilmente se mi fossi inserita nella city avrei potuto trovare un lavoro.
Ci pensai fino a quando non arrivai, la metropolitana mi portò nel cuore pulsante dell'economia del nostro paese. Donne e uomini in completi firmati e valigette in pelle trafficavano sui marciapiedi.
In confronto, nonostante i miei abiti di buona fattura, ero un insetto. Non avrei trovato un lavoro lì, non senza una laurea. Sconsolata mi sedetti ad un tavolino del primo bar che adocchiai e poggiando la valigia ai miei piedi sbuffai.
"Nessuna bella ragazza che si siede qui può sbuffare." La voce di una ragazza attirò la mia attenzione. Dovevamo avere la stessa età, ma lei indossava una camicia bianca, dei pantaloni a sigaretta neri e un grembiule nero appoggiato sui fianchi col logo del bar. "Cosa ti porto cara?"
Feci una smorfia. "Qualcosa di economico e un lavoro." Ironizzai divertita. "Scusa, un bicchiere d'acqua va bene."
La cameriere mi fissò. "L'acqua la offro io, prendi qualcosa da mangiare no? Per il lavoro invece so che al Library and snack più avanti cercano personale."
Ricambiai il suo sguardo. "Veramente?" Estasiata sospirai. "Prendo un panino al prosciutto e mi chiamo Sapphire." Le dissi presentandomi.
"Io sono Ebony piacere Saph. Se inizierai a lavorare qui ci incontreremo spesso. Vado a prendere il tuo panino."
"Grazie." Le dissi prendendo dalla borsa una banconota per pagare.
Quando Ebony ritornò col panino e l'acqua mi indicò il locale. "Il capo offre il panino, dice che sei carina e che puoi provare anche adesso a lavorare per loro. Tra un ora usciranno dagli uffici e come sempre ci sarà il pienone." Mi spiegò.
"Lavorare qui?" Chiesi sorpresa. Guardai lei e poi me. "Ho un jeans nero, può andare bene lo stesso?" Le chiesi indicandole la valigia.
Lei mi sorrise. "Mangia, avverto il capo nel frattempo e dopo ti faccio vedere il ripostiglio dove cambiarti."
Iniziai così. "Dopo il panino mi infilai i jeans, rimisi le mie scarpe da ginnastica e una camicia bianca e col grembiule datomi da Ebony iniziai a lavorare. Imparai presto, tutto stava nel prendere gli ordini e portali a tavola, sempre con un sorriso sulle labbra e una filosofia: il cliente ha sempre ragione. Il tempo di ridare e imparai subito e velocemente. Feci tutto il turno con Ebony e quando andò via chiesi al capo se potevo restare per il secondo turno. In realtà non sapevo dove andare e quello per ora era l'unico tetto che conoscevo.
Lui ovviamente non si fece pregare, così ripresi a lavorare.
Alle diciassette ci fu il secondo boom della giornata. I dipendenti degli uffici stavano lasciando le sedi e si riservavano per una cena veloce prima di tornare a casa. E fu così che conobbi Thomas.
Fu che lui ci provò con me spudoratamente. "La mia vita fa schifo, ma dopo aver trovato il mio angelo devo dire che è migliorata." Gli sorrisi accomodante, come con tutti i clienti.
Se non fosse stato per il suo sguardo scuro e magnetico che mi fece avvertire per la prima volta le farfalle nello stomaco.
"L'angelo è felice se gli lasci una bella mancia." Gli risposi.
"Questo è un problema. Sto cercando di avviare la mia società e non posso lasciare laute mance per il momento." Disse. "Si può dire società quando non si hanno soci?" Mi chiese.
"Decisamente no, anche se ne capisco proprio." Dissi posando sul tavolo il suo panino e il boccale di birra che mi aveva chiesto.
"Saph puoi staccare con lui." Mi disse il mio capo. "Domani vieni alle undici così potrai fare sempre doppio turno."
"Ok grazie Jack." Urlai lasciando anche il conto al bel tenebroso.
"Ehi! Se hai finito siediti con me. Ti offro la cena..." mi guardò supplichevole. "Ti prego ho bisogno di parlare con qualcuno." 
Lo fissai. Va bene, aspettami qui. "Gli dissi andando nel ripostiglio. Sostituii la camicia e il jeans con i pantaloni in velluto e il maglione e uscii prendendo un panino e un the caldo. "Va sul conto del moro al tavolo 14." Dissi alla mia collega.
"Oh il bel tenebroso! Ti ha invitato a cena con lui? Io e un po' che ci provo ma niente." Disse Molly l'altra ragazza.
"Forse non gli piacciono le rosse, ignora anche me che ho un bel davanzale." Scherzò l'altra.
Io risi. "Io vado, lascio qui la mia borsa, dopo vengo a prenderla ragazze." Dissi loro e raggiunsi il bel tenebroso come lo chiamarono le altre. "Eccomi. Scusami se non faccio cerimonie ma ho fame." Dissi addentando il panino con la salsiccia, decisamente molto calorico e poco dagli standard della mia famiglia.
"Fai fai! Mi fa piacere che mangi, credevo fossi a dieta per il tuo fisico." Disse lui sorseggiando la birra.
"Metabolismo rapido." Risposi col morso in bocca, se mi avesse vista mamma sarebbe rimasta inorridita. Era anche vero che prima di allora non avevo mai lavorato e diamine, avevo una fame senza freni. "Non chiedermi di diventare tua socia, uno non ho soldi, due non saprei cosa fare con i numeri."
Lui rise. "Il mio unico socio potrebbe essere solo mio fratello." Rispose.
"Strano, non mi sembra di vederlo qui." Gli dissi bevendo il the finché caldo.
"Non c'è! È rimasto in Germania con la sua ragazza." Disse.
Lo fissai. È rimasto, quindi veniva dalla Germania. "E perché non sei lì con lui."
Lui sembrò arrossire. Abbassò lo sguardo e parlò velocemente. "Sono andato a letto con la ragazza che amava e abbiamo litigato."
Restai col panino all'altezza della bocca, che era spalancata dalla sorpresa.
"Cioè... hai tradito tuo fratello?"
Lui sospirò. "Non proprio. È che lui si è innamorato di lei, sembrava che fosse ricambiate e qualcosa è scattato... poverina Inga, l'ho ingannata dicendole che mio fratello è gay."
Gli lanciai il tovagliolo in viso. "Sei pessimo." Gli dissi. "Spero tu abbia chiesto scusa e entrambi."
"Mio fratello mi ha preso a pugni." Rispose lui.
"Spero anche questa Inga!"
"No lei si è fatta bastare uno schiaffo." Concluse lui.
Lo fissai e risi di gusto. "Ha fatto bene, anzi tutti e due. Comunque scappare non era la soluzione."
Lui scosse la testa incrociando le braccia al petto. Cavolo se era muscoloso al punto giusto. "Lui invece che fidanzarsi con lei sarebbe dovuto venire qui con me. Avremo aperto insieme la nostra società."
"Invece adesso sei solo, senza soci e senza ragazza." Riassunsi.
"No, senza soldi. La ragazza non ci tenevo tanto, era più una sfida..." mise le mani davanti vedendo che stavo prendendo un altro tovagliolo furente.
"Ma quanti anni hai? Dovresti crescere sai? Le donne non sono oggetti." Anche se i padri ancora ti vendevano come merce di scambio. Pensai.
"Hai ragione, soprattutto perché lui ci tiene. Avrei dovuto scusarmi." Capitolò lui.
"Sei ancora in tempo." Gli ricordai.
"Ma mi hanno picchiato... no, prima gli dimostro che valgo qualcosa. Avvio la società per bene poi lo chiamo e mi scuso." Mi disse. "Ti va di farmi da socia? Niente soldi, mi serve solo un secondo nome." Mi propose.
"Sei serio?" Chiesi accartocciando la carta del panino.
Lui annuì. "Mi chiamo Thomas e ho aperto la T- KCG. Qui nel palazzo Callaghan." Disse indicando oltre la vetrata del bar.
Assurdo! Scossi la testa e bevendo l'ultimo sorso di the mi alzai. "Non dovevi bere la birra Thomas. Grazie per la cena." Conclusi sparecchiando e portando i vassoi al bancone.
"Grazie Saph. Ma avremo fatto noi." Disse Molly.
"Tranquille. A domani." Le salutai prendendo la valigia e uscendo all'aperto.
La notte era fredda, nevicava e io indossavo solo un cappotto di lana, avrei dovuto prendere qualcosa di più pesante. Raggiunsi le panchine intorno alla fontana del centro finanziario, l'acqua era chiusa. Aprii la valigia e ne tirai fuori cappello e guanti. Poi me la misi sotto le gambe e mi stesi, assurdo. Mi ero ridotta ad essere una barbona. Pensai osservando i fiocchi di neve che cadevano.
"Ma cosa stai facendo qui?" Irruppe la voce di un uomo.
La riconobbi subito, la prova era lo sfarfallio allo stomaco. Mi sollevai e lo fissai. "Hai bisogno?" Gli chiesi scocciata, non eravamo più cliente e cameriera.
"Neanche i barboni dormono sulle panche con la neve." Mi ammonì.
"Non vedo ostelli o alberghi qui." Gli dissi.
"Senza offesa, ma sei a Londra e un albergo anche a due stelle ti succhierebbe lo stipendio." Mi disse sedendosi al mio fianco.
"Non per dirtelo, ma ci eri arrivata." Gli dissi con una smorfia.
Lui rise guardandomi. "Sei acida."
"Ma smettila." Gli risposi.
Al che Thomas si alzò e mi tese la mano. "Vieni con me."
Era serio, non sarei andata a casa sua. "Dove?"
"Nel mio ufficio. Così ti convinco a diventare socia." Mi disse.
"Tu sei fuori." Dissi ridendo mentre mi tiravo su e prendevo la valigia. "Andiamo." In fondo non c'era nulla da temere, semmai fosse accaduto qualcosa sapevo dove trovarlo.
Camminammo per un altro paio di metri fino a fermarci di fronte ad un palazzo alto venti piani circa. Entrammo in un ascensore e selezionò il terzo piano.
Arrivammo in un appartamento che sembrava abbastanza spazioso, dopo l'entrata trovammo una stanza con due scrivanie e un computer portatile, una lavagna e dei grafici sulle pareti, un paio di poltrone e un divano per gli ospiti. "Questo è il mio mondo." Disse orgoglioso.
Io mi guardai intorno. "Pensavo ci fossero più uffici."
"Ci... saranno." Ammise lui grattandosi la testa. "Per ora basta questo che sono solo, le altre stanze visto che ho chiesto un finanziamento per i locali,  li sto usando personalmente. Tu se non vuoi dormire sotto la neve, puoi usare il divano che ha il letto dentro." Mi guardò facendo un colpo di tosse. "Anzi no! Ci dormo io, tu puoi andare dentro e dormi nel mio letto." Mi disse prendendo una chiave dal cassetto della scrivania . "Con questa si accede alle stanze."
"Quindi potrei restare qui e non temere che mi tocchi?" Chiesi sospetta.
"Se non vuoi, no." Rispose sincero.
"Come se non voglio!" Esclamai sorpresa.
"Beh io ci provo. Appena ti ho vista sono rimasto affascinato." Disse mettendo le mani davanti. "Però fidati, non ho mai obbligato nessuna a stare con me. Dammi il tempo..." Disse aprendo una delle due porte laterali. "Prendo il cambio per domani e ti lascio in pace. Puoi chiuderti dentro."
"Senza niente in cambio!" Gli urlai dietro.
"Una firma ... una società... siamo nella stessa barca no!" Rispose lui.
"Non direi."
Lui tornò con un paio di pantaloni puliti e una camicia grigia. Un sorriso spavaldo sul bel viso. "Hai ragione. Io ho un tetto." Concluse sornione.
Lo guardai minacciosa. "Dove trovo il bagno." Gli chiesi.
"All'entrata, prima stanza a destra." Rispose.
Iniziò così la nostra strana convivenza. C'erano delle regole, al mattino alle sette e trenta le porte della camera dovevano essere chiuse.
Thomas scendeva a fare colazione al library and snack,  presi anch'io quell'abitudine poiché li avevo modo di leggere gratuitamente i quotidiani, lui leggeva la pagina economica e internazionale, io quella politica e locale.
Alle 8.00 in punto l'agenzia apriva e iniziavano ad arrivare i clienti.
Alcuni li intrattenevo io, nell'attesa che Thomas si liberasse. Alle undici salutavo il mio coinquilino e mi dirigevo al lavoro.
Ci trovavamo come sempre alle 18.30 al Times with friend, per cenare insieme alla fine del mio turno.
Come promesso Thomas non mi toccava, ma mi chiedeva sempre la firma come socia. Probabilmente era importante ai fini legali, le sue continue insistenze mi portavano a chiedergli perché io e perché fare una società. Mi spiegò subito che la società aveva più valore di una ditta agli occhi di una papabile clientela, mentre invece aveva scelto me perché ad istinto gli avevo subito ispirato fiducia.
"Non ti dirò mai il mio nome completo." Gli dissi.
"Nemmeno tu conosci il mio cognome, se ci tieni tanto possiamo vidimare il contratto separatamente. Ti farò parlare con lo studio legale e darai i tuoi estremi. Il capitale sarà fittizio, ripeto mi serve un nome non i soldi." Mi ripeteva e alla fine cedetti, prima di Natale divenni sua socia.
"Posso darti mille sterline. Se non le prendi non si fa nulla." Dissi quando capitolai. Erano i soldi di Elisabeth Davis, non li avevo usati alla fine. Thomas mi ospitava gratis, mentre per il cibo era tutto compreso nel lavoro, dove comunque guadagnavo 150 sterline a settimana senza contare le mance e tanto mi bastava a sopravvivere.  L'unico vizio che ci eravamo concessi io e Thomas era infatti la lavanderia, o meglio lo era stata poiché Molly, la mia collega, quando glielo aveva detto si era offerta di fare lei per noi. A casa sua avevano la lavatrice, cosa che a noi due mancava, ma di cui non sentivamo la mancanza. Molly per incrementare le entrate in vista del secondo anno di università, faceva con piacere lavoro di lava e stira, così riusciva a conservare più  soldi.
Alla fine io e Thomas avevamo un bel rapporto, eravamo amici e ci prendevamo in giro, ammetto che mi ero innamorata di lui, era la sensazione più bella che mi fosse mai capitata.
La settimana  prima di Natale, dal momento che non ci concordavamo alcun capriccio gli chiesi di fare un alberello piccolino. "Per i clienti." Gli ricordai.
Lui acconsentì, così insieme la domenica andammo a scegliere l'albero e le decorazioni. "Aspetta che rientro per addobbarlo." Gli dissi lasciandolo al portone.
"Si signora. Lo lascio sopra e ti raggiungo al bar." Mi disse.
"Meglio di no. Non farti vedere che ormai ci chiamano coppietta." Gli dissi andandomene per non fargli vedere il rossore. Non sentii la sua risposta e una volta al lavoro io ed Ebony ci dividemmo come al solito i tavoli.
Dopo l'ora di punta del pranzo ecco che arrivò come sempre Thomas. Salutò Ebony e Mike, il mio capo e mi raggiunse. Sorprendendomi mi strinse tra le braccia e mi baciò sulle labbra.
"Ebbene si! Siamo una coppia bellissima." Mi disse raggiante.
Sorpresa annuì. Eravamo una bellissima coppia.
Come sempre alla domenica Thomas restava in un angolo del bar fino a quando non finivo il turno, eppure quella volta ero nervosa, mi aveva baciata di fronte a tutti anche se sembrava tranquillo mentre chiacchierava con Drake, il ragazzo di Ebony e successivamente quando lei andò via con Julio, il compagno di Mike, il mio capo. Dopo cena salutammo tutti e una volta a casa per nulla imbarazzato Thomas si arrotolò le maniche e indicò l'albero. "Dove lo mettiamo, come vuoi farlo?" Mi chiese.
Eccitata mi posi dietro la sua scrivania. "Qui, facciamolo qui."
"'Mm allettante." Disse lui allusivo trasportando il piccolo abete. "Facemmo l'albero in totale armonia e una volta finito Tom mi prese tra le braccia e iniziò a baciarmi.
Non gli dissi di no, anzi ricambiai i suoi baci meno casti di quello al bar. Lo volevo, lo amavo e volevo godermi quel momento  con lui.
"Ti amo!" Gli sussurrai in lacrime. Ed era così bello e non sarei potuta essere sua.
"Anche io angelo mio, ed è bellissimo. Adesso mi è tutto più chiaro." Mi disse lui riprendendo a baciarmi. "I nostri figli avranno i nomi degli angeli, ho deciso." Restai sorpresa ed emozionata al tempo stesso. Noi non avremo potuto avere dei figli, non con la spada di Damocle che pendeva sulla mia testa e sulla mia famiglia.
Tom gentilissimo mi asciugò le lacrime. Non mi chiese nulla, al contrario mi strinse a se cullandomi. Non facemmo l'amore quella notte, ma dormiamo insieme abbracciati e fu unico.
La vigilia di Natale andai prima al lavoro così che potessi chiamare casa prima di prendere servizio. Dissi a mamma che stavo lavorando e che la vita che stavo facendo mi piaceva, avevo delle amiche e anche un ragazzo che amavo. Piansi quando raccontai a mamma di Thomas. Lei mi disse e mi ricordò che dovevo vivere tutta quella storia a senza barriere, non precludermi nulla ed essere felice.
-Usali i soldi, comprati qualcosa di sexy e dimostra a Tom quanto lo ami. Vedrai, così il sesso sarà splendido.- Mi disse incitandomi a concedermi a Thomas.
Eppure nel mio piccolo temevo che dandogli il mio corpo lui poi si sarebbe stancato, come diceva Elisabeth di Andrew, e mi avrebbe lasciata.
Però se non lo avessi fatto con Thomas che amavo con chi sennò? Andrew? No mai. Seguii il consiglio di mamma e mi concessi alle spese folli, entrai in un negozio di intimo giocandomi tutta la settimana di lavoro in un completo bianco in pizzo, sperando che a Thomas piacesse come regalo di Natale.
Quella sera dopo il  brindisi fuori il coffee with friends, io e Thomas ci dirigemmo a casa stretti l'uno all'altra.
"Sei arrivato tardi." Gli dissi.
"Ero a preparare una cosa per te." Mi rispose sornione.
Una volta in casa gli feci una smorfia e posando il cappotto corsi in stanza. "Vado a fare una doccia. Poi scelgo cosa mangiare, anche se potevamo prendere qualcosa al take away più avanti." Gli dissi impertinente. Mi chiusi nel bagno lavandino e provando la famosa crema depilatoria consigliatami da Bethany.
-vedrai i peli e la crema verranno via con l'acqua.- aveva detto.
Ed effettivamente il risultato fu eccellente. Indossai il mio sexy completino e ci misi un vestito di sopra, dopodiché uscii e... la stanza era illuminata solo dall'albero e tante candele accese in giro. Una delle due scrivanie era apparecchiata con piatti e bicchieri di carta e vassoi di cibo, una candela e una rosa al centro.
"Buon Natale amore." Mi disse Thomas arrivando alle mie spalle.
"È stupendo." Gli dissi commossa.
"È il tuo regalo di Natale. Vieni?" Mi disse facendomi accomodare, nel piatto poggiato su un tovagliolo c'era un piccolo cofanetto.
"Ti va se mangiamo prima, altrimenti si fredda." Mi chiese Tom.
Assentii, mangiammo anche se ero talmente nervosa che non gustai tutto. C'era anche il dolce, Thomas aveva preparato tutto nei minimi particolari.
Io al contrario non avevo nulla di particolare per lui. A fine serata quando finalmente finimmo, lui mi fece aprire il pacchetto. Al suo interno c'era un anello senza tante pretese, con un piccolo zaffiro centrale. Lo apprezzai molto più di un diamante sapendo quanto lui amasse i miei occhi.
"Ti piace?" Mi chiese timido.
Se mi piaceva? Lo adoravo e glielo dimostrati baciandolo con passione. Lui ricambiò il bacio che in un attimo ci accese, lentamente lo trascinai verso la nostra stanza, lui si fermò guardandomi.
"Anche io ho un regalo per te." Gli dissi sfilandomi il vestito.
Mi fissò stupito ed estasiato, fino a prendermi tra le braccia e portami in camera per fare l'amore per la prima volta.
Fu splendido, quella volta e le successive. Eravamo innamorati e felici con poco e tanto mi bastava.
Col nuovo anno sembrava che Thomas aveva più clienti, fortunatamente andando a lavorare alle undici riuscivo a gestire chi era in sala d'attesa. Avevamo infatti messo delle sedie all'entrata e fatto una sorta di abbonamento con Mike per avere le bevande da offrire ai nostri clienti.
Ad un certo punto, a inizio febbraio mi sorprese vedere Drake in ufficio. Thomas lo aveva assunto come consulente poiché aveva bisogno di un aiuto. Ne ero doppiamente contenta, uno perché la società si stava bene avviando, due perché Drake era il ragazzo della mia amica Ebony.
A metà febbraio per San Valentino regalai a Thomas un nuovo completo intimo, inoltre avevo messo da parte abbastanza soldi per ricambiare il regalo che lui mi aveva fatto a Natale. Un bracciale in argento con una medaglia incisa. - Per sempre tua Sapphire.-
Poi arrivò la lettera di Inga Meyer, la presi io. Aiutando Thomas ero sempre io a raccogliere la posta, sapevo che Inga era la 'ragazza' del fratello. Chissà perché vedere quel nome mi diede una terribile morsa allo stomaco. In fondo non si erano mai amati.
Thomas aprì la lettera in mia presenza, la lesse più volte e solo quando fu certo di aver capito mi guardò.
"Inga aspetta un bambino. Da parte mia." Mi disse. "Mio fratello l'ha sposata e vuole riconoscere lui il bambino, ma no! È mio figlio." Disse.
"E te lo fanno sapere dopo quasi tre mesi?" Gli chiesi. "Sicuro che non sia di tuo fratello?"
Lui assentì. "La letttera è scritta da Tad. Mi ha assicurato che lui e Inga non hanno ancora scuro rapporti. Saph, cresciamo il bambino noi due, possiamo farlo. Ci amiamo e vogliamo una famiglia." Mi disse con un sorriso che iniziava ad albergare sul suo viso.
Io invece più parlava, più mi amareggiavo. "Pensa, se togliessi la pillola potremo avere anche noi un bambino e crescerebbero insieme."
Scossi la testa, io non avevo mai preso la pillola. "N-no... non posso tuo figlio e no...non prendo la pillola." Balbettai.
Thomas si avvicinò a me. "Come no? Credevo di si."
Ancora scossi la testa allontanandomi. "Ti amo Tom."  Sognavo, desideravo essere sua moglie e la madre dei suoi figli.
"Anche io angelo, vedrai che andrà tutto bene. Scriverò a Tad, gli dirò che sono pronto a prendermi le mie responsabilità, non ti sforzerò col figlio che avrò con Inga, ho fiducia in te.
Credo che quelle siano state le ultime parole famose nei miei confronti. Facemmo l'amore quella notte, e anche le successive a venire. Il tempo che Mike trovasse qualcuno che mi sostituisse poiché il giorno dopo la lettera andai a presentare le mie dimissioni. "Mi dispiace non posso più lavorare qui." Gli dissi.
Dopo una settimana dal fatidico annuncio affrontai Thomas,  lo allontanai i suoi baci erano una distrazione. "Non posso sposarti. Purtroppo la mia famiglia ha già disposto un matrimonio per me,  mi hanno concesso un ultimo periodo di libertà, sei stata la mia splendida evasione Thomas. Ma non posso sposarti."
Lui scosse la testa. "No! No Sapphire non puoi dirmi così, non puoi lasciarmi." Mi disse indicandomi. "Potresti essere incinta." Tentò in ultimo.
"Andrew stroncherebbe la tua società in un attimo. Anche se fossi incinta abortirei il nostro bambino." Gli dissi raggiungendo la porta. "Ti prego non seguirmi. Non informarti sul mio nome, me lo hai giurato. Se mi ami mantieni le tue promesse, sappi che io ti amerò sempre." Conclusi uscendo dalla porta e chiudendola a chiave, avevo tempo prima che Thomas prendeva la seconda chiave. Lo sentivo battere contro l'anta e chiamarmi, implorandomi.
Dovevo andare, prima che mi pentissi e tornassi da lui. Corsi in strada e mi incamminai rapida verso il taxi che mi aspettava da un bel po'. Presi posto accanto alla mia valigia e chiesi di partire verso il Surray. La mia bellissima libertà era andata.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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...Segue

Quando rientrai a casa dissi a mia madre che probabilmente ero incinta poiché mi era saltato il ciclo già due volte. Forse quella poteva essere un occasione perché io non sposassi Andrew Davis.
Mia madre sconvolta fece per parlare, ma le dissi che non avrei abortito il figlio del mio amore. Mai! 
Forse quella poteva essere una buona scappatoia per non sposare Andrew Davis. Ma quando il furono delle pubblicazioni mia madre annunciò la gravidanza il grande stronzo disse che per lui potevamo proseguire col matrimonio.
"Facciamo le pubblicazioni. Attenderò a braccia aperte quel bastardo se proverà a venire a prenderti." Annunciò. "Ovviamente tu non lo vedrai più."
Ero sconvolta. Andrew avrebbe rovinato Thomas lo sapevo. Pubblicammo il nostro matrimonio e in contemporanea lasciai a mia madre un biglietto per Tom, lei era l'unica che poteva avvicinarlo se fosse venuto a cercarmi. Gli scrissi tutto il mio amore sperando che mi perdonasse.
Il matrimonio, causa il mio stato, fu anticipato di due mesi. Andrew andava di fretta, perché il fisico deforme avrebbe poi rovinato il fisico della sua bambola preferita.
Intanto avevo fatto la prima ecografia. Il bimbo cresceva era al terzo mese e stava benissimo.
A fine aprile mi sposai, ero felice perché il vestito molto sexy e attillato non riusciva a non nascondere la rotondità della mia pancia. Il piano di Andrew di avermi perfetta era fallito.
Sulle foto era più evidente la presenza di mio figlio, Thomas come suo padre, poiché al nuovo controllo avevo scoperto fosse un maschio.
La prima notte di nozze fu terribile, non perfetta, passionale e dolce come con Thomas. Andrew abusò di me prendendomi con violenza e picchiandomi dandomi della sporca sgualdrina.
Fu una tortura per tutto il viaggio di nozze, ma fu peggio a casa. Più la mia pancia cresceva, più le percosse continuavano. Più volte mia madre mi portò in ospedale per un rischio aborto. Ma il mio bambino era forte e resisteva ad ogni attacco. Inoltre avevo un angelo custode, mia suocera dopo il secondo ricovero si trasferì a casa nostra. Cambiò tutto, in un attimo mio marito divenne mite e obbediente. In quell'occasione restituii le mille sterline, se non di più, ad Elisabeth. Non li voleva, ma orgogliosa le diedi tutti i miei guadagni al coffee with friends. Quello fu anche un modo per mettermi alle spalle il periodo più bello della mia vita, povero ma felice.
Thomas Uriel, nacque con quasi un mese di anticipo, causa una sfortunata caduta dalle scale. Fu la mia gioia più grande averlo tra le braccia, fu inoltre amato da mia madre e mia suocera che lo accolsero come uno splendido miracolo. Uriel era il nome che più gli si addiceva, era l'angelo fiamma di Dio, un combattente e sapevo che avrebbe fatto grandi cose col tempo.
La nascita di Tom non mi diede però tregua d amico marito. Nonostante avessi partorito da poco esigeva ogni notte il mio corpo. A due mesi dalla nascita di Thomas scoprii di essere incinta e trentuno agosto a meno di anno da Thomas, venne al mondo Joel Zachary Davis. Cercai di farli crescere molto uniti, come Thomas mi ricordava erano stati lui e suo fratello Tad, riuscendoci. A Andrew il legame tra i due fratelli e il fatto che Joel mi somigliasse parecchio a me, come Thomas che aveva i miei colori, ma era identico a suo padre. Inutile negare che dovevo proteggere il mio primogenito dalla violenza di Andrew, mia suocera riusciva a proteggerci abbastanza, ma qualche volta mi trovavo a scorgere qualche graffio su Thomas difficile da giustificare.
Fortunatamente qualcuno lassù proteggeva il mio angelo. Una mattina infatti mia madre mi portò una lettera spedita per me dalla T-KCG London. La lettera mi invitava ad accettare l'iscrizione di Tom presso la scuola europea di Monaco. Ero incredula, sentii il cuore battermi forte, il mio Thomas sapeva si nostro figlio? Perché mi chiedeva di separarmi da lui? Inoltre non volevo che Tom e Joel si separassero.
Con coraggio chiamai la sede della T-KCG, a cosa ricordavo il numero. Quando mi risposero restai stupita nell'ascoltare una giovane voce.
"Buongiorno, sono Sapphire Davis, ho ricevuto una comunicazione da parte vostra." Dissi.
-Ah signora Davis! Un attimo che le passo mrs Harris.- Rispose ella lasciandomi in attesa. Mi batteva forte il cuore, Mrs Harris.
Che fosse la moglie di Thomas?
"Pronto, Saph sei tu?" Mi portò alla realtà la voce all'altro capo del telefono. Saph? Ci conoscevamo.
"Si, sono io." Dissi col cuore in gola.
"Saph sono Molly." Rispose lei.
"Molly?!" Sussultai, possibile che fosse Molly, la mia compagna cameriera. "Oh Dio Molly. Sei veramente tu?" Chiesi piacevolmente sorpresa. "Stia bene? State bene? Tu, Ebony e Jane?oj Dio Molly, non mi aspettavo di risentirti dopo tutto questo tempo." Dissi tra i singhiozzi.
"Cosa credevi? Thomas si mise in affari con Drake non ricordi? Quando andasti via Thomas si riservò sul lavoro e per giugno aveva tirato su un buon ufficio. Prima di andarsene via per la nascita del figlio lascio in gestione tutto a Drake e mi assunse come segretaria. Comunque mi sono laureata e adesso sono uno dei consulenti e gestisco con Drake la KCG. Ebony e Drake si sono sposati e sono in attesa del primo figlio s Sinceramente non voglio chiederti come stai, sappiamo già tutto." Rispose lei amareggiata.
"Come tutto?!" Chiesi. Non sapevano nulla.
"Ti prego Saph! Come disse Thomas vedendo le foto del tuo matrimonio è ben evidente che il bambino non sia di quel mostro."
"Quale mostro?" Ironizzai
"Oh Saph. Thomas si è assicurato che qualcuno ti controllasse. Dopo il tuo secondo ricovero ha anche fatto in modo che qualcuno si proteggesse."
"Thomas?" Chiesi sorpresa.
"Il tuo bel Thomas aveva molte più frecce al suo arco di quanto sembrava. Il suo obbiettivo era aprire una società per il padre con le sue sole forse e lo fece. Ma aveva anche il potere di potersi permettere un investigatore privato. Il piccolo Thomas è nato in anticipo, è un bambino tranquillo. Stranamente però ultimamente si ferisce senza motivo. Per questo Thomas lo vuole lontano da quell'uomo. La scuola in cui è iscritto il piccolo è frequentata anche dal suo primo figlio, potrebbero conoscersi e crescere insieme. Tu puoi vederlo durante le vacanze invernali ed estive..." snocciolò Molly senza lasciarmi parlare.
L'idea che Thomas mi facesse controllare si era insinuata nella mia mente, sapeva anche che Thomas veniva picchiato.
"Molly io non posso... comprendo che sarebbe bello per Tom crescere col fratello maggiore, ma qui ho anche l'altro bambino. Non mi sento di separarli." Le dissi pensando a Joel. Probabilmente Andrew sarebbe stato contento di liberarsi di Tom, anche se per lui era una rivalsa essersi preso il figlio di Thomas che odiava senza conoscerlo. Ma separare i miei due figli mi sembrava ingiusto.
"Come si chiama il figlio di Thomas?" Chiesi. "Tu invece? Pensi di sposarti?" Le chiesi cambiando argomento.
Ci fu un stormo di silenzio poi la rossa rispose. "Io ho conosciuto un collega alla sede che abbiamo aperto a Edimburgo, ci siamo sposati l'anno scorso e... c'è un bambino. Poi ti spiegherò." Una sede anche in Scozia? Cavolo se stavano espandendosi. "Non posso dirti il nome del bambino di Thomas." Continuò Molly. "Dice che, nel caso, vorrebbe che il loro sia un approccio naturale e non forzato. Anche perché il bambino stesso ha un fratello dell' era di Joel nato da Inga e Tad che frequenta la scuola." Ero basita a quella rivelazione, conoscevano il nome di Joel anche, compresi che probabilmente a Monaco Thomas aveva una buona situazione finanziaria. La scuola, avevo letto, era privata ed aveva una quota minima di circa 450 £ mensile (500€ circa nda).
"Capisco. Purtroppo però, come ti ho detto mi vedo costretta a rifiutare la vostra offerta Molly... mi piacerebbe però incontrarvi, te ed Ebony." Le dissi.
"Qualche mattina potremo organizzarci Saph. Adesso però devo salutarti, ho un cliente e devo prepararmi." Mi disse dolcemente. "Mi raccomando non fare come l'ultima volta, chiama. Il numero lo conosci benissimo e qua ti sanno come uno dei due soci fondatori, non ti faranno attendere." Mi si alleggerì il cuore a quella frase.
Sospirai dicendole che mi sarei fatta sentire.
Solo risentire Molly mi sollevò l'umore, lo notò anche Andrew quella sera, e i bambini.
"Cos'hai da sorridere?" Mi chiese.
Lo fissai. "Penso che andrò a lavorare, al mattino. I bambini ormai vanno alla scuola preparatoria."(asilo nda)
Lui fece un ghigno. "No! Non permetterò che mia moglie faccia la cameriera, ne va del buon nome della mia e della tua famiglia." Disse lui.
"Farò lavoro di segreteria." Dissi tranquilla, mi sentivo forte sapendo che Thomas vegliava sempre su di me.
"Nessuno ti darà lavoro. Non permetterò che ti assuma nessuno." Mi minacciò.
Lo guardai con sfida."Sicuro? Potrei riuscirci e se lo farò io inizierò a lavorare, con o senza il tuo permesso." Gli dissi, Andrew aveva ancora il mio conto e la mia priorità congelata, non ero indipendente e lavorare mi avrebbe garantito uno spiraglio di indipendenza che lui non voleva io avessi. Ma come aveva detto Molly, io ero socia della T- KCG. "Lunedì avrò un lavoro e tu non avrai potere decisionale in quell'ufficio."
"Ti ricordo che mio padre e anche io siamo soci della London bank." Concluse lui. "Sono tutti nostri clienti, nessuno ti assumerà."
Irritata non gli risposi. Ero socia, se non fosse comparso il mio nome da impiegata, Andrew non mi avrebbe trovata, giusto?
Avrei parlato del mio lavoro la domenica a pranzo con i suoi genitori e anche i miei. Nel tardo pomeriggio mia madre mi aveva chiamata dicendomi che sarebbero stati a Londra per il week end.
Ero in ansia, mia madre raramente si faceva vedere, con mio padre erano andati a stare in un cottage in Scozia. Lontano da ogni tentazione dal gioco, con una certa disciplina mio padre stava cercando di curarsi dal vizio che ci aveva portati in rovina.  Non so come fosse loro venuta in mente l'idea di andare nelle highland scozzesi, ma sembrava che un po' di sano lavoro nella natura e lontani dalla società frenetica della capitale, papà si stesse riprendendo. Non vedevo i miei dalla nascita di Joel. 
Così attesi tranquillamente l'arrivo della domenica. Alla mattina dopo aver coordinato la servitù per accogliere gli ospiti, mi ero dedicata ai miei bambini. Sopratutto a Thomas che aveva la caviglia danneggiata dall'ultima 'caduta' che aveva cercato di spiegarmi.
Gli sollecitai l'articolazione, dopodiché gli passai la crema sul polpaccio, dove un ematoma grande e lungo tutta la caviglia faceva mostra di se. Rifasciai l'arto e gli infilai la calza per coprirlo. "Adesso ti porto giù in braccio, così non sforzi il piede." Gli dissi prendendolo e dando un bacio prima a lui, poi a Joel.
Una volta giù trovai ad attendermi Andrew che già era in compagnia dei genitori.
"Quante volte devo dirti che i ragazzi hanno una tata che badi a loro." Mi ammonì Andrew.
"Quante volte devo dirti che come madre è mia la responsabilità di educarli ed essere presente." Risposi.
"Vanno all'asilo. Sono pronti a non averti più intono, non per nulla si chiama scuola preparatoria." Mi riprese lui.
Elisabeth intervenne in quel battibecco. "I miei due angeli, venite bambini abbracciate i nonni." Disse attirando Joel a se e prendendomi Tom dalle braccia.
Mia suocera li guardò attentamente. Non saprei come avrei potuto fare senza di lei, in quella casa oltre me, la tata e la cuoca, solo lei dava ai miei figli l'affetto di cui avevano bisogno.
"Non viziarli Elisabeth." La richiamò mio  suocero.
Lei scrollò le spalle guardandomi. "Non vedo l'ora che arrivino i tuoi cara. Prima si pranzo vorrei discutere di qualcosa con tutti voi." Annunciò sorprendendo tutti.
"In realtà anche io ho delle notizie per voi." Dissi dolcemente servendo loro un drink per aperitivo.
Venimmo raggiunti meno di mezz'ora dopo dai miei genitori.
Archie, il maggiordomo, fece accomodare i miei genitori nella stanza degli ospiti. Salutai entrano con gioia, trovavo mio padre molto bene, più sereno e probabilmente in pace con se stesso. Versai anche a loro da bere e ci accomodammo.
Quando fummo tutti seduti e concentrati Elisabeth riprese la parola chiamando Joel e Thomas accanto a noi.
"Ho da dire una cosa importante ai bambini." Disse ella.
Mi chiedi cosa potesse essere. Elisabeth non aveva fratelli o altri figli, quindi non sarebbero mai arrivati dei cugini per i miei bambini.
"Andiamo parla Elisa." Sbottò mio suocero.
Elisabeth annuì guardando verso Thomas. "Piccolo mio, ti amo tanto, il mio bene è uguale a quello che ho per Joel."
Lui sorrise alla donna abbracciandola.  "Anche io nonna."
Lei sospirò sorridendo malinconica. "Però quando non ci sarò in più e gli angeli mi avranno chiamato al cielo, tesoro mio, non potrò darti nulla di mio. Non posso, Joel sarà il mio unico erede." Annunciò.
Non restai sorpresa, anche se non pensavo fosse il caso di dirlo a un bambino di appena cinque anni, quindi tacqui al contrario di mio marito che esultò.
"Il signore è grande. Finalmente lo abbiamo capito e lo diciamo." Annunciò mio marito.
"Non ho finito Andrew." Lo rimproverò mia suocera con lo sguardo e col tono che non ammetteva repliche. Andrew smise di parlare abbassando lo sguardo, mio suocero invece ancora sogghignava.
"Nonna!" La chiamò Tom. Lei assentì, mio figlio aveva tutta la sua attenzione. "A me non importa dei soldi. Nonna voglio che non muori e stai sempre con noi." Le disse.
Il mio cuore si riempì di orgoglio e di amore per Thomas. Aveva detto le parole giuste e infatti Elisabeth lo abbracciò.
"Ci sarà un giorno, miei angeli , che questo non sarà più possibile. Però sappiate che vi amo tanto, vostra madre è la figlia che non ho mai avuto. Vi sarò accanto con l'anima."
"A me va bene così." Disse Tom. "I soldi non mi servono, io lavorerò e diventerò il principe di mamma."
"Farai grandi cose Thomas, ne sono sicura. Ma hai capito che non sono veramente tua nonna?" Chiese lei.
Il bambino improvvisamente collegò ed il suo viso assunse un'espressione di stupore. "Perché?"
Elissabeh annuì indicando Andrew. "Perché devi capire che lui non è il tuo papà. In pratica non ti vuole bene come farebbe un papà Thomas, non come la tua mamma che per voi farebbe di tutto." Spiegò. "Anche restare con lui."
Restai basita, non avevo parole. "Dimmi Thomas, perché non riesci a camminare?" Chiese ancora mia suocera.
"Sono caduto." Rispose lui con gli occhi bassi guardando mio marito.
"Sei sicuro?" Chiese Elisabeth guardandomi.
Annuii. "Così mi ha detto, non ero presente quando è accaduto."
Elisabeth prese il viso perfetto di Thomas tra le sue mani curate e lo guardò. "Thomas Uriel, ti andrebbe di raccontare la verità. Giuro, non ti sgriderà nessuno, anche perché se sei caduto avresti dovuto avere dei graffi sul davanti e non un grande livido sul polpaccio piccolo mio." Spiegò la donna.
Sapevo dove voleva arrivare, anche per me era sospetto tutto quello. Ma Thomas sembrava aver preso coraggio.
"Papà mi ha dato un calcio dietro il ginocchio, sono caduto e poi mi ha schiacciato la gamba. Non gli piaceva che contassi bene benissimo." Disse con ingenuità.
"Piccolo bugiardo! Non è vero." Urlò Andrew alzandosi, anche mia suocera si tirò su fronteggiandolo.
"Non c'è nulla di più puro dei bambini." Disse lei.
"No, il bastardo sta mentendo." Si giustificò ancora lui.
"Come tua moglie quando va in ospedale e dice di essere caduta." Concluse lei. "Credi che solo perché non vivo qui ogni giorno io non sappia? Credi non sappia che tua moglie cercherà lavoro e grazie al cielo lo troverà perché lavorerà per una multinazionale." Disse lei snocciolando tutto.
"Mente!" Urlò Andrew. Un sonoro ceffone esplose nella stanza. Albert Davis era di fronte al figlio furente.
"Non ti ho mai educato a picchiare le donne, tua madre non è mai stata trattata così e non devi trattare in questo modo la madre dei tuoi figli. Non ti ho mai scalfito fino ad oggi, perché i bambini non si toccano, che siano tuoi o meno. Inoltre non ti ho mai insegnato a non portare rispetto a tua madre, quindi siediti, moderati 3 chiedi scusa a tutti." Sproloquiò.
Avvertii i miei figli piangere, li attirai tra le mie braccia per proteggerli da tutto quello. Joel singhiozzava forte.
"Il papà non è papà!" Piangeva.
"No tesoro. È il tuo papà. Solo ne avete diversi tu e Thomas." Spiegai dolcemente.
Mio figlio maggiore mi guardava stupito. "Per questo mi picchia sempre?" Chiese.
Scossi la testa, non potevo spiegarne i motivi molto più grandi di ciò che sembravano. Gelosia! Thomas assomigliava a suo padre, era bellissimo proprio come lui, inoltre come il padre aveva una spiccata tendenza a usare i numeri nonostante avesse solo cinque anni. Era acuto e sveglio e piaceva a tutti. Anche Joel era bello, mi somigliava tanto, ma di carattere anche era proprio come me. Mite e gentile.
"Tesoro." Disss Elisabeth. "Sei amato anche se non sei il figlio del tuo papà. Anche nonno Albert ha tanto rispetto di te." Elisabeth era una donna molto intelligente, volutamente non aveva usato la parola amore perché il pensiero di Albert era lo stesso di Andrew. Lui ignorava gentilmente Thomas intervenendo solo quando vedeva il suo spiccate senso pratico.
In quei casi le sue parole erano: Joel dovresti imparare da tuo fratello.
Albert non amava Thomas, ma non gli piaceva neanche Joel e spesso usava il maggiore per denigrare il minore, probabilmente proprio per metterli l'uno contro l'altro.
Sapevo che ad Albert faceva piacere vedere escluso Thomas dal testamento di Elisabeth.
"Ho capito nonna. Posso chiamarti sempre nonna, vero?" Chiese Thomas.
Ella annuì ed Elisabeth riprese il suo discorso. "Certo tesoro e proprio perché non meriti di essere trattato male credo sia il caso che tu e Joel andiate via da qui." Continuò.
"Via? Via dove?" Chiesi speranzosa, proponeva forse una separazione da Andrew?
"Tesoro." Intervenne mia madre guardandomi. "Nel collegio europeo che mi hai proposto l'altro giorno." Spiegò a tutti.
Il collegio? Non ne avevo parlato con lei, ne con altri.
"Giusto." Continuò Elisabeth. "Il collegio a Monaco, Thomas e Joel andranno lì a studiare già da adesso, lasceranno l'attuale scuola." Disse mia suocera. "Così Andrew non sarai più costretto a sopportare i bambini." Concluse guardano il figlio.
"Un collegio a... Monaco?" Chiese titubante. "Sarebbe costoso e io non spendo soldi per quel bastardo." Annunciò indicando Thomas.
"Fino a prova contraria figlio mio..." disse Elisabeth puntualizzando che era lei, sua madre, a comandare. "I soldi di cui ti vanti tanto è disponi, sono miei. Così come anche la posizione che hai alla London bank. Sei li perché tuo padre ti ci ha voluto dentro." Espletò Elisabeth mettendo le carte in tavola. "I soldi con cui hai estinto il debito dei Cooper sono i miei, nessuno te li ha mai regalati. C'era con tuo padre appositamente un accordo matrimoniale, proprio perché le posizioni nella nostra famiglia fossero chiare." Sospirò sorseggiando un po' del suo Martini poi posò il bicchiere. "Per cui si fa ciò che dico io con i miei soldi. Ho già stipulato un testamento per cui, semmai dovessi venire a mancare, tutti i miei beni andranno a favore di Joel, tuo figlio e mio erede. Inoltre le proprietà dei Cooper torneranno ai loro proprietari. Tuo padre vivrà di rendita, ha diritto all'usufrutto della mia casa nello Yorkshire e negli appartamenti di Londra, fino alla sua morte. Entrambi avrete una rendita abbastanza ragionevole in realtà. Ma il mio erede prossimo sarà solo ed esclusivamente Joel, che verrà educato a Monaco, lontano da te." Terminò decisa.
"Il bastardo..." Emise Andrew indicando Thomas.
Mia suocera sollevò una mano. Prese la borsa e la aprì tirando fuori un walkie tolky, poi fissò il marito.
"Hai la cassetta col messaggio che hai ricevuto in segreteria, giusto?" Gli chiese.
Lui sospirò annuendo, prese dal taschino una mini cassetta e la porse alla moglie.
"Ascoltate." Disse Elisabeth avviando il nastro.
Ci fu un attimo di esitazione poi una voce uscì dagli altoparlanti. Lo riconobbi subito.
- Signor Davis, sono il padre di Thomas Davis. Non ho tempo per prenderci in giro, sappiamo entrambi che è così. Le chiedo gentilmente di tenere mio figlio lontano dall'uomo che vive con lui. Percosse su di lui come quelle che ha subito ultimamente non verranno accettate. Se scopro che accade di nuovo, non importa in quale parte del mondo vi trovate, io verrò lì e denuncerò vostro figlio infangando il nome della vostra famiglia. Inoltre sappia che non vi permetterò di insabbiare le mie denunce, poiché ho delle prove fotografiche che testimoniano l'atteggiamento di Andrew verso mio figlio. Non posso agire per conto della madre, ma come padre posso e mi permetto di difendere ed agire per il meglio al fine di dare un'infanzia serena a mio figlio. Spero di non dovervi contattare più. Grazie. -
Così finiva la registrazione. Thomas sapeva cosa accedeva in casa nostra, me lo aveva detto Molly ed ora ne avevo un'ulteriore conferma.
Guardai mia madre che annuì.
"Con queste premesse." Intervenne mio padre. "Penso sia il caso per Sapphire di tornare a vivere con noi."
Un peso mi si sollevò dal petto! Oh si!
"No. Non può..." rispose irritato Andrew. "È incinta, deve restare a casa."
Scossi la testa. "No! Prendo la pillola." Affermai.
Lui mi guardò e rise quasi impazzito. "Ho scambiato le pillole con delle caramelline. Davvero pensavi che ti facessi andare a lavorare? Sei di mia proprietà."
Gelai! Era impazzito.
"Andrew." Intervenne gelido mio suocero. "È il caos che sia tu a lasciare per un po' questa casa e non il contrario. Raggiungere un centro di riabilitazione psichica potrebbe essere congeniale, tanto i bambini andranno in collegio e fino a Natale non potrai comunque vederli." Gli spiegò. "Devi solo pregare che dopo questo periodo di riabilitazione, Sapphire ti perdoni, per ora però deve andare così. Non possiamo permettere uno scandalo ne per la nostra famiglia, ne per i visconti. Lo capisci vero?"
Io non capivo! Era possibile che fossi incinta? Non lo volevo un altro figlio, non da Andrew. Due notti fa quando gli avevo detto del lavoro mi aveva costretta a dormire di nuovo con lui, aveva di nuovo abusato del mio corpo, tutta la notte e il giorno dopo ancora. C'era la possibilità che fossi incinta?
Lo guardai, era crollato in ginocchio. "Non pagherò, non firmerò nulla per il bastardo." Sussurrò impazzito.
Al che intervenni. "Il collegio è già pagato." Dissi, se Elisabeth avrebbe pagato per Joel i miei figli non si sarebbero separati. "Non voglio più vederlo, mi ha violentata e ha abusato anche della tata dei bambini. Lei è incinta!" Affermai accusando Andrew.
Albert Davis guardò ora me, ora Andrew. "È vero?" Gli chiese.
Lui scosse la testa. "Quella puttana doveva usare la pillola. Non lo ha fatto, non è colpa mia."
Mio scuocerò ci guardò tutti. "Porterò subito Andrew via, diremo che aveva bisogno di una vacanza. Tu Sapphrie dovresti farmi la cortesia di informarmi della ragazza e del bambino, veramente mi vergogno immensamente di questo. Ma reputo che Andrew sia malato ed è il caso che si faccia controllare, ti prego dagli un'altra occasione." Mi chiese per la prima volta con umiltà.
"Per ora non riesco." Ammisi. "Ma per il bene di Joel dopo la terapia gli darò un'opportunità per fare ammenda. A Natale, quando rientreranno dal collegio." Dissi.
"Perfetto." Disse l'uomo strattonando il figlio. "Elisabeth ti aspetto in auto, chiedi che ti preparino una borsa per Andrew e gentilmente , assicurati che nulla esca da questa casa." Concluse portando mio marito fuori dalla casa, dalla mia casa e quella dei miei genitori.
Attendemmo che la porta si chiudesse alle nostre spalle, solo allora mi rilassai scoppiando a piangere. "Grazie!" Sussurrai.
"Non ringraziare me, ma tua madre." Disse Elisabeth. "Io ho solo detto a Thomas di simulare una chiamata intimidatoria." Mi spiegò.
Guardai mia madre. "Mi ha chiamato quando hai rifiutato di mandare Tom al collegio, mi ha detto che era disposto a mandare entrambi i tuoi figli lì per allontanarli da lui. Margot gli raccontava cose allucinanti, tra cui l'abuso che ha subito, dopo che Andrew ha rotto la caviglia a Tom, Thomas non ci ha visto più."
"Sei tu il suo legame con me? Anzi no, Margot." Dissi.
Mia madre annuì. "Tornò a chiamarmi prima della sua partenza per Monaco. Disse che aveva visto le foto del matrimonio e sapeva che tu aspettavi suo figlio. Mi diede un indirizzo mail chiedendomi di tenerlo aggiornato sul bambino. Fu lui a mandare Margot, la sua amica Ebony l'ha selezionata fra tante."
"Se Andrew non tornerà, posso tenere qui i bambini." Affermai.
"Tesoro davvero precluderesti a tuo figlio la possibilità di crescere col fratello?" Chiese mia madre.
"Piuttosto non so ancora quanto potremo tenere a bada mio figlio." Intervenne Elisabeth. "Albert oggi era indiavolato, la registrazione di Thomas senior lo ha urtato molto, se scopre che le prove erano un bluff riprenderà a comportarsi come sempre."
"Quindi non è lei ad avere potere nel vostro matrimonio." Affermai.
Mia suocera rise. "Ovvio che sono io. Andrew è uguale a suo padre, un nulla facente arrampicatore sociale. Mi sedusse! Ma mio padre non aveva debiti ed era scaltro e intelligente. Potevo sposare chi volevo ma con un accordo prematrimoniale e la separazione dei beni. Albert in mia presenza 'deve' comportarsi sempre in modo ineccepibile. Ha tante amanti, mi sta bene fin quando non infanga il mio nome, Andrew fa il suo stesso percorso, ma lo sta facendo in modo sporco. Quindi mi raccomando, tu stai in guardia sempre. Cambia le serrature di casa e anche il personale. Puoi tenere Margot e la cuoca, Hannah. Il maggiordomo e le cameriere toglile, sono succubi di Andrew, se non fosse stato per Margot non avrei mai saputo delle percorse a Thomas." Mi spiegò.
"Se mi prendono a lavorare posso farcela da sola." Dissi.
Mio padre annuì. "Col tuo 0,001% di quota, sicuramente ti daranno modo di lavorare." Ironizzò.
"Però si, come socia sicuramente potrai lavorare alla KCG. Sempre se sei intenzionata ad andare lì. Io adesso vado, questi sono gli assegni per i tuoi dipendenti, c'è la liquidazione." Disse Elisabet porgendomi un carnet. "Fammi sapere se aspetti un altro angelo cara e aggiornami su Margot. Non penso che un figlio fosse nei programmi di quella ragazza, dille che posso prendermi io cura del bambino. Adesso voi due salutate la nonna." Concluse chiamando a se i bambini.
Trascorremmo il resto della domenica insieme. Mia madre mi aiutò a fare i bagagli per Thomas e Joel, mi raccontò di come in quegli anni Thomas fosse stato in contatto con loro e che era stato lui stesso a mandare papà a vivere nelle highlands, proprio a scopo terapeutico. Quello era il motivo per cui non sarebbero rimasti, papà avrebbe avuto troppe tentazioni in città ed era ancora in una fase primaria della riabilitazione.
Il giorno dopo, di lunedì, andai alla T - KCG. Drake e Molly erano lì, stavano organizzandosi con altri consulenti di cui non sapevo nome o altro quando arrivai. Appena mi videro, mi accolsero a braccia aperte. Mi presentarono come una delle socie e consulente per le pubbliche relazioni della sede, senza che io dicessi nulla.
Solo quando fummo soli ci prendemmo qualche minuto per noi, prima che Molly partisse per Edimburgo e me ne spiegasse il vero motivo. Sarebbe poi rientrata per una settimana il trimestre successivo. Dissi loro che avevo accettato di far partire i bambini per Monaco e che se era possibile avrei voluto lavorare con loro. La mia richiesta fu esaudita, fu così che iniziai la mia nuova vita.
Intanto le azioni di Andrew parvero non ebbero successo, poiché mi arrivò il ciclo, sapevo che per averne conferma però avrei dovuto aspettare almeno un altro mese.
A inizio ottobre ebbi modo di incontrare di nuovo Thomas. Fu un incontro doloroso, era venuto per conoscere un nuovo consulente e ci trovammo, con lui e suo fratello. Lo ringraziai di tutto ciò che avesse fatto per me e i bambini e la scintilla tra noi si riaccese. Fu una settimana intensa, fatta molto di sesso e poco di chiacchiere. Lui evitava di scendere molto nel personale e quando lo fece i risultati fossero disastrosi.
"Sei ancora sposata con lui. Fino a quando non scinderai il matrimonio non penso che ci sarà un futuro per noi." Mi disse allontanandosi da me. "Non avrei dovuto cedere... non con queste premesse."
Scossi la testa. "Potrei essere incinta di lui e non lo so, inoltre se lo lascerei la situazione potrebbe ripercuotersi contro di me e i bambini." Gli dissi. "Non posso costringerti a stare con me, o aspettarmi in eterno, non adesso e con queste premesse. Mi dispiace."
Lui si allontanò ancora di più sospirando. "Questo è quindi un addio, se è questo che vuoi non posso costringerti. Non sono tuo marito, non ti picchierò o torturerò per farlo." Mi disse. "Non posso decidere per te, sei adulta e dovresti sapere che solo tu puoi liberarti dall'infermo in cui sei caduta. Forse non eravamo semplicemente destinati a stare insieme." Mi disse. "Basta poco Sapphire..." mi disse tendendomi la mano. "Vieni via con me. A Monaco, dove ci sono già i tuoi figli."
Scossi la testa. "Molly mi ha detto che hai avuto un figlio." Gli confidai guardandolo, era sorpreso. "Vive a Edimburgo, la madre lo ha lasciato alla sede e lei non ti ha detto nulla, poiché col marito lo stanno crescendo come un figlio. Forse è il caso che pensi a lui invece che a noi."  Scossi la testa. "Invece di avere delle relazioni instabili dovresti provare ad andare avanti."
Thomas si grattò la fronte. "Non ti salta per la testa che volevo solo te? O che non riesca più a fidarmi dopo che sei andata via?" Mi disse.
Annuii. "Anche tu non mi hai detto tutto."
"No! Ti ho detto che volevo fare tutto da solo, omettendo che mio padre aveva i soldi. Se avessi immaginato che eri fidanzata e mi avresti lasciato non mi sarei innamorato di te. Capisci il vuoto che hai lasciato nel mio cuore? Ho tante relazioni inconcludenti si... ma perché non voglio lasciarmi andare. Non voglio rivivere di nuovo tutto." Mi confidò. "Ti amo ancora e se immagino che Davis ti faccia del male e che tu glielo permetti... ti prego, proviamoci noi due."
"Ti rendi conto che sul certificato di Thomas risulta lui come padre, potrebbe portarmi via i bambini se provassi a lasciarlo. Sua madre gli ha detto che ha lasciato la sua eredità a Joel, non me lo lascerà mai. Quindi mi dispiace Thomas, ma non posso rischiare, non con i miei figli ancora indifesi." 
Lui annuì. "Ho capito." Disse rivestendosi. "Domani parto per la sede di Sidney, poi parlerò con Molly del bambino. Per i tuoi figli invece, sappi  che si stanno integrando. Sono seguiti dalla tata di Inga e Tad. Un domani, per non turbare la loro infanzia gli dirai che c'è un benefattore segreto dietro le spese del collegio. Possono restare lì fino alle superiori e poi scegliere l'università che vogliono. Non tornerò più a Londra Sapphire, così potrai lavorare qui senza problemi. Non ci incontreremo più, in questo stesso istante smetto di seguirti se è ciò che vuoi." Mi disse. "Un'ultima cosa. Margot è una ragazzina ancora, quindi ti prego proteggi quel bambino dal padre, posso pagare anche per lui il collegio. Ma libera Margot da tutti gli impegni con quel bambino, se anche sei incinta Margot dovrebbe partorire a breve, il bambino che hai in grembo potrete dire che è nato prematuro. Non sta a me riparare agli errore di Davis, tuttavia penso che il bambino non centri nulla in tutto ciò." Disse aprendo lo spiraglio della porta. "Vado a cena, così per quando rientrerò in albergo ti avrò dato tutto il tempo per andare via."
E così dicendo mi diede le spalle. Volevo piangere, ma dovevo essere forte per i nostri figli. "Thomas... perdonami e ti prego. Ama... ama non avere più il cuore arido. Ti prego." Lo supplicai.
Lo sentii esalare un respiro profondo. Non mi rispose, chiuse la porta e non lo vidi più. Questa volta era per sempre.
Margot partorì a fine ottobre, il bambino nato in casa, sotto consiglio di Elisabeth, venne riconosciuto come figlio mio e di Andrew.
Mentre io saltai il ciclo. Con angoscia Elisabeth mi accompagnò dal ginecologo che diagnosticò la gravidanza, avrei partorito a metà giugno massimo.
"Mi dispiace cara." Mi disse Elisabeth sulla strada del ritorno. "Capirò se non vuoi tenerlo."
Io scossi la testa. "Lo terrò... non so, ce la probabilità che sia di Thomas."
"Sospettavo lo avessi rivisto, ci siamo incontrati quando è stato a Londra." Mi rispose.
"Voleva andassi con lui." Dissi dando sfogo alla mia frustrazione. "Quante probabilità ci sono che Andrew mi lasci libera con i bambini?" Le chiesi speranzosa, volevo credere che ero stata pessimista.
"Ho un tumore ai polmoni. È operabile, ma so già che non sarò più la stessa." Mi confidò. "Mi dispiace, il mio testamento potrà proteggere te e i tuoi figli, ma non sono in grado di prevedere come si muoverà Andrew alla mia morte."
"E Samuel?" Le chiesi pensando al figlio di Margot.
"Ah si! Non l''ho detto? Nel testamento c'è una postilla per cui altri eventuali eredi di Andrew si spartiranno l'eredità rimanente tra di loro. Poiché ho dovuto valutare le amanti di mio marito e di Andrew, non potevo lasciare tutto ai loro figli spuntati per caso."
Ero basita, ma assentii. Aveva avuto ragione Thomas. Noi due non eravamo destinati, questa era la verità. "Quindi hai conosciuto Thomas." Le chiesi.
Lei sorrise. "Qualche anno fa, durante uno dei suoi viaggi londinesi, me lo presentò tua madre."
I miei angeli custodi. "Spero tu viva il più possibile. Come Thomas anche io voglio che tu resti tra di noi." 
Lei mi sorrise. "Farò tutto il possibile."
Il tempo trascorse. Elisabeth si operò e ne uscì abbastanza indenne. Con la chemioterapia si sarebbe ripresa abbastanza bene.
A giugno nacque mia figlia Diamond, i bambini erano tornati per le vacanze estive e Thomas era entusiasta. Mi raccontò che era in un dormitorio con dieci bambini e bambine e che era diventato molto amico di tre di loro. Aveva una fidanzatina e un migliore amico, stessa cosa per Joel. Aveva un amico e un'amica speciale, la scuola era bellissima e facevano tante cose belle.
Entrambi i bambini furono affascinati dalla sorellina, bionda come me, ma con gli occhi scuri, e da Samuel. Per loro era la prima volta trovarsi a che fare con dei neonati.
Per la nascita di Diamond, fu concesso anche a Andrew di venire a trovarci. Conobbe i neonati e trascorse l'estate con noi, sorvegliato da sua madre che viveva con noi da quando era in terapia e da suo padre che vigile non lo perdeva mai di vista.
A fine anno ricevetti una lettera di Thomas alla sede dell' ufficio. Aveva conosciuto una donna e seguendo il mio consiglio stava dandosi una nuova opportunità, aveva aperto il suo cuore a questa donna italiana di nome Marina.
Gli risposi augurandogli il meglio. Non ricevetti risposte da parte di Thomas in merito, se non una mail più avanti.
- Grazie. -
Fu di poche parole ma andava bene così.
Avevo notizie di Thomas da Drake e Ebony. Fu così che due anni dopo scoprii che si sarebbe sposato con Marina a breve e che progettavano di mettere su famiglia.
Intanto a Elisabeth fu diagnosticato un altro tumore, questa volta alle ossa. Iniziò una nuova terapia e sperammo riuscisse a riprendersi. I miei tornarono dalla Scozia per aiutarci ad assisterla. A dieci anni Thomas era diventato un bel bambino intelligente, quando tornò a trovarci per il Natale comprese che la nonna non stava più bene. Disse che voleva tornare a casa, ma ella stessa lo fece desistere, sempre più debole non riusciva ad avere potere sul figlio che non face iscrivere né Samuel, né Diamond alla scuola Europea. L'estate del 1998  Thomas decise di fare l'ammissione all'Eton college dove venne accettato con ottimi risultati. Purtroppo dopo il primo anno al college morì prima mio suocero per uso eccessivo di medicinali, una pillola entrata in commercio che aumentava il desiderio sessuale a quanto pareva, poi mia suocera. Con la morte di Elisabeth tutto cambiò, Andrew non era più sotto il controllo dei suoi genitori e Thomas era alla sua mercé.
Gli chiesi quindi di tornare a Monaco, dove aveva una costante garantita e soprattutto gli chiesi di non far tornare Joel a casa. Ormai mio figlio era grande e sapeva dove era bene e il male.
"Sii sincera con me! È il mio vero padre che mi paga l'istruzione." Affermò.
Sospirai, Thomas era grande e fin troppo intelligente anche se aveva appena quindici anni. Non potevo mentire. Annuii. "Purtroppo Andrew non ha acconsentito a far venire a scuola anche Samuel e Diamond, ma avrebbe pensato a tutti voi Thomas. Poi quando sarai grande ti racconterò tutto."
"Giurami che stai lontano da lui, prendi una guardia del corpo, qualsiasi cosa. Ma stai lontana da lui, non voglio che ti faccia del male mamma." Mi disse.
Fissai il suo bel viso, il labbro rotto e lo zigomo gonfio, non era di me che doveva preoccuparsi, ma di se stesso. "Tu vai! Io starò bene, ho degli amici che non permetterebbero mai che Andrew mi tocchi."
"La zia Ebony e lo zio Drake." Affermò.
Sorrisi. Mi erano rimasti i miei amici, quelli che avevo ritrovato nel momento del bisogno e da allora non li avevo più lasciati andare. Erano diventati la mia forza, contro qualsiasi male.
"Adesso che i nonni non ci sono più semmai lui dovesse farmi qualcosa, io lo denuncerò e fidati. Lo farò sbattere in galera senza farlo più uscire." Gli promisi.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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SAPPHIRE
Le giornate trascorrevano via più lentamente da quando i ragazzi avevano intrapreso la via dell'indipendenza. Ancora di più da quando Diamond era partita, quello era stato la dimostrazione che erano definitivamente cresciuti. Lo avvertivo nelle mie giornate, nonostante Diamond cercava di scrivermi costantemente aggiornamenti sulla sua quotidianità. Lento e inesorabile il tempo trascorreva. Avevo compiuto 47 anni, da sola,  e mi stavo rendendo conto che effettivamente la mia vita stava volando via. La ragione della mia esistenza fino a questo momento, erano stati i miei figli. Tutte le azioni, i sacrifici e le rinunce erano state per loro. Ma adesso erano cresciuti. Thomas finalmente aveva riconosciuto di amare Eleonora, aspettavano un bambino stavano decidendo la loro vita insieme. Le prime avvisaglie erano arrivate quando due anni prima si era trasferito a casa sua. O quando Joel aveva deciso di restare a Monaco, dove avrebbe lavorato nella società dei Keller come responsabile delle risorse umane. O ancora Samuel che aveva deciso di avere un figlio nonostante fosse solo, aveva preso una decisione per se stesso. Infine Diamond era partita per un viaggio da cui non sapevo quando sarebbe tornata.
Mi sentivo decisamente vuota e sola.
"Ehi mamma Sapphire."
Ritornai alla realtà fissando Rafael di fronte a me. Lo amavo! Non era mio figlio, ma lo amavo come tale da quando aveva solcato la porta di casa mia quattro anni prima. Credo sarebbe stato difficile per tutti non amare Rafael, era un ragazzo genuino empatico e soprattutto che dava amore. Era riuscito a dare amore a Samuel nonostante egli si sentisse escluso dalla nostra famiglia da quando aveva capito di non essere mio figlio. Era riuscito a dare amore ad Isaak, che scettico cercava di tenersi lontano dalla nostra famiglia. Ma Rafael cercava sempre un modo per includerlo in tutto ciò che faceva, con insistenza. Infine Rafael aveva amato incondizionatamente senza che qualcuno glielo chiedesse Diamond.
Loro due avevano subito trovato un legame che andava aldilà di tutto, prima che scoprissero di essere fratelli. Mi aveva subito chiamato mamma, ancor prima di scoprire che ero stata la compagna di suo padre. Anche Rafael però, stava spiegando le sue ali. Aveva accettato il compromesso di Isaak di aprire un'altra sede del coffee and books, era stato fermo su questo, doveva essere lo stesso posto e dovevano esserci tanti libri da leggere. Lui doveva fare il suo lavoro, spronare la gente a leggere. Probabilmente avrebbero scelto un posto che fosse la Scozia o peggio l'Australia , paese di origine di Rafael.
Lui era il mio angelo, in realtà tutti i miei figli erano angeli, avevano tutti i nomi di angeli Thomas Uriel, Joel Jophiel, Samuel, Diamond Ariel. Poi c'era Rafael.
Lo guardai posando la tazza di tè che non avevo bevuto. "Dimmi caro?"
"Sei pensierosa." Mi disse poggiando il vassoio sul mio tavolino e sedendosi al lato opposto, la sedia che un tempo era stata di Thomas, suo padre.
Scossi la testa. "Niente di che!" Gli risposi. "Temo di sentire la mancanza di Diamond, tutto qui! La sua allegria riempie le mie giornate."
Rafael annuì. "Sai, manca anche a me, senti che ne dici se la raggiungiamo dove si trova?  Lasciamo qui Isaak e Patty, così forse concluderanno qualcosa." Mi disse eccitato.
"In che senso concluderanno qualcosa?"
Chiesi osservando di sottecchi la cuoca mentre portava dei dolci al bancone del bar. Alta, elegante e poco formosa, capelli ramati, occhi verdi come il prato. "Ti ricordo che ha accettato di lavorare qui, proprio perché non faceva orari con Isaak. Non vuole avere a che fare con lui."
"Ma si amavano." Mi rispose Rafael. "Lo vedo quando si guardano. Se quel cretino di Isaak non l'avesse lasciata per tornare in Scozia adesso starebbero insieme." Mi disse. "Oh andiamo mamma! Non hai visto suo figlio? È identico a Isaak." Mi disse, di nuovo qualcuno mi nominò quel bambino senza volto.
"No! Non l'ho visto. Me ne ha parlato però Eleonora. Easter giusto?" Gli chiesi.
Rafe assentì. "Si!  Ed è stupendo mamma, è la prima volta che vedo una persona con i tratti e i colori di papà, ma con gli occhi verdi come il prato." Mi disse puntualizzando più volte la frase: è stupendo mamma. Io ebbi un tuffo al cuore quando mi disse che assomigliava a Thomas. Poteva essere quindi più figlio suo due si Isaak il bambino. In fondo Thomas aveva seminato un bel po' in giro per il mondo.
"Vorrei che mi chiamasse zio e quel cretino di Isaak ancora non ha capito che Patty aveva messo da parte la carriera di chef per prendersi cura del figlio. Me lo ha raccontato Eleonora che è in confidenza con lei. Tre anni fa, quando scoprì la gravidanza decise di laurearsi e mettere da parte i suoi sogni per seguire suo figlio. La proposta di Isaak di venire a lavorare qui per lei e stato un compromesso facile da accettare , avrebbe avuto un l'acoro che amava fare e con i turni del mattino, tempo per stare con Easter."Mi raccontò.
"Quindi quale sarebbe il tuo piano? Se Patty non ha detto nulla a Isaak si vedrà costretta a rinunciare al suo sogno." Gli dissi.
"Il mio piano..." Mi rispose. "È partire. Nel momento stesso in cui partirò, Isaak dovrà fare anche il turno di mattina. Così  loro due avranno modo di stare insieme, di parlare e di potersi avvicinare Se poi in tutto ciò fortuitamente Isaak incontrasse il bambino, non può non capire che è suo tutto ti torna?" Concluse.
Era un piano che poteva effettivamente funzionare. "Ok! Capisco il tuo ragionamento, ma che io sappia Patty non ha mai fatto voce sul bambino. Noi ne conosciamo l'esistenza grazie a Eleonora. Quando Liam ha fatto l'assunzione, Patty non ha chiesto agevolazioni per la maternità. Sarà  quindi molto difficile che Isaak scopri del bambino."
"Hai ragione." Disse Rafael pensieroso. "Devo trovare un modo,  ci penso io prima di partire."
Concluse. "Dirò a Patty che ho visto Easter con Eleonora e che se vuole può farlo venire qui tutte le volte che vuole." Disse sempre più concentrato. "Poi dirò a Isaak che ho dato il permesso a Patty di portare Easter, senza dirgli che è il figlio,  al locale, così gli metterò la pulce nell'orecchio. Potrebbe chiedersi chi sia Easter, un amico o un fidanzato? Glielo potrebbe chiedere, che ne dici?"
Guardai Rafael. "Ci può stare." Sussurrai. "Quindi raggiungiamo le tue sorelle?" Chiesi.
"Dove sono?" Chiese alzandosi.
"A Creta." Risposi.
"Allora andiamo a scriverle. Le diremo che la raggiungi e poi da lì andrete nel Kleinsten."
Assentii. Era un bel programma. Così senza pensarci troppo seguii Rafael nell'ufficio, aprii la mia mail e scoprii che Diamond era di ritorno.
"Oh scrive che si sta annoiando e torna a casa." Dissi a Rafael.
"No! Così il nostro piano non funzionerà. Prendi tempo, scrivile che vuoi raggiungerla." Mi disse Rafe.
"Ok." Dissi rispondendo alla mail di Diamond. "Le ho scritto che sto raggiungendola in Grecia, le ho anche detto che le porto un cambio più pesante e che andremo in Germania." Mi voltai verso Rafael raggiante. "Raggiungiamo Joel a Monaco è tanto che non lo vedo. Poi da lì andremo nel Kleinsten." Spiegai a Rafael.
"È un piano perfetto."
"Oh si! Sai io non ho mai viaggiato, questa cosa mi piace. Chiederò a Diamond quando saranno a Santorini così le faremo una sorpresa e ci faremo trovare al porto." Proposi al mio figlioccio.
"Dio se mi piace. Prenoto l'aereo, prima partiamo e prima la raggiungiamo. Poi procedo col parlare con Patty e dirò ad Isaak che tornerò almeno tra una settimana." Concluse.
Ci preparammo quindi a quel viaggio, appena Diamond mi scrisse che sarebbero attraccato ad Athinios, il porto di Santorini il ventuno novembre, avvertii Rafael.
Il venti eravamo sull'isola greca, cercai di godermela per bene. Tirava un bel vento, ma il clima mite rendeva le giornate piacevoli. Feci un giro per i negozi di prodotti tipici, assaggiai l'ouzo e ballai il sirtaki con Rafael e gli isolani.
Il giorno dopo, poiché non avevamo un orario facemmo colazione nei pressi del porto, dopodiché ci avviammo ad attendere lì lo yacht. Diamond mi aveva detto che era lungo quindici metri, avremo quindi dovuto vederlo da lì. Quelle che potevo vedere io oltre la costa però erano solo dei nuvoloni grigi. Non mi spaventava il vento forte che tirava, gli isolani tutti avevano detto che il vento era all'ordine del giorno da quelle parti.
Eppure più il tempo trascorreva, più le nubi nere, ora accompagnate dalla pioggia, mi preoccupavano. Eravamo lì già da mezz'ora, tanto che non resistetti. Intanto che Rafael aspettava all'arrivo delle navi, io raggiunsi la costiera.
"Mia figlia doveva tornare oggi. Si può cercare la sua barca attraverso le radio. Potete mandare qualcuno a controllare?" Chiesi.
La risposta fu che era in arrivo una tempesta e che non potevano uscire in mare. Sicuramente, anche lo yacht di mia figlia era fermo da qualche parte.
Una tempesta?
"Rientri anche lei Kyria." Mi disse l'uomo.
Scossi la testa uscendo dalla casupola della guardia costiera. Raggiunsi Rafael e gli riferii ciò che mi avevano detto.
Lui sospirò. "Torniamo al bar, pranziamo e teniamo d'occhio l'orizzonte. Da lì si riesce a vedere il porto."
Mi parve la soluzione migliore. Pranzammo, intanto che un temporale si era scatenato oltre le mura. Preoccupata controllai più volte la mail. Diamond forse mi aveva scritto che non erano partite o se si erano fermati al sicuro. Ma niente.
Quando nel primo pomeriggio il temporale terminò ritornammo al porto e questa volta fu Rafael a cercare la guardia costiera, che terminata la tempesta si riservò in mare alla ricerca del panfilo che avevo loro indicato.
"Si chiama Caroline, è lungo 15 metri e prodotto dalla Hoffman Boats." Riferii.
Restammo ancora ad aspettare. Dello yacht non c'era traccia in mare e la costiera non ci fece avere notizie.
Al calar del sole un elicottero iniziò a solcare i cieli distraendoci dai nostri pensieri. Lo fissammo allontanarsi verso il mare.
"È bianco rosso! Appartiene alla guardia costiera." Disse Rafael allarmato.
No! No assolutamente no. Presi il cellulare iniziando a chiamare Diamond, doveva rispondermi. Ma l' utente chiamato non era al momento raggiungibile.
"Prova a chiamare Micaela. Stupida me che non le ho mai chiesto il numero."
Rafe annuì, come un automa fece ciò che gli dissi. Digitò il numero della sorella più di una volta, ma niente. Poi ne fece un altro, mi disse apparteneva ad Alaska. Ma anche in quel caso non ottenne risposta.
Si allontanò continuando a parlare a telefono, forse chiamava altre forze dell'ordine o non immaginavo chi altro.
Finalmente qualcosa accadde, in lontananza le luci di una barca testimoniavano che stava arrivando qualcuno.
"Può essere lo yacht di Diamond, Rafe?" Chiesi speranzosa.
Lui mi strinse forte, sentivo il suo cuore battere all'impazzata, i pensieri in tumulto scoprimmo che era la barca della guardia costiera solo quando attraccò. Delle ambulanze stavano arrivando alle nostre spalle.
Dopo un po' iniziarono a scendere dalla barca, avvertivo qualcuno che piangeva. E qualcun altro che diceva: "dovete cercarli. Erano lì con noi, per favore."
Era la voce di Diamond.
"Signorina è notte adesso. I soccorsi saranno sospesi fino all'alba, appena sarà un po' visibile." Rispose l'uomo.
"Quando sarà visibile, sarà tardi." Rispose Diamond. "E se ci sarà un'altra tempesta? La prego, li cerchi." Supplicò lei.
"Diamond... Diamond..." la chiamai lasciando andare Rafael.
Mi diressi alla nave dalla quale stavano scendendo aiutate da uno dei marinai. Mia figlia si ammutolì guardando nella mia direzione.
"Mamma... Oh Dio mio! Mamma..." disse trascinandosi dietro la ragazza a cui era abbracciata. Mi venne incontro e si strinse a me. "Mamma... Oh Dio mamma..." piangeva. Mia figlia piangeva.
"Diamond.... Micaela..." le chiamò Rafael circondandoci tutte bel suo abbraccio. "Dio ti ringrazio. Cosa è successo."
"Rafe... oh Rafe..." piangeva la seconda ragazza. "Rafe... Alaska è caduta in mare durante la tempesta."
Gelai a quell'affermazione. Alaska era l'altra compagna di viaggio delle ragazze.
"Come è caduta in mare? E adesso dove si trova? L'hanno soccorsa con l'elicottero?" Chiese Rafael.
Lei scosse la testa. "No... la stavano cercando. È caduta dal gommone di salvataggio con il marinaio che ha cercato di salvarla." Spiegò Micaela.
"Siete tutte bagnate." Dissi. "Dovete asciugarvi e bere qualcosa di caldo, siete sotto shock." Dissi alle ragazze.
"Kyria venga, c'è l'ambulanza che le aspetta." Disse un agente. "Stiamo stilando il verbale, dovrebbe venire a firmare la sua richiesta di soccorso." Concluse poi.
Annuii. "Rafael vai tu con le ragazze, io vi raggiungo." Dissi prendendo il viso mia figlia tra le mani. Le lacrime erano asciutte e tremava. Le diedi un bacio stringendola forte. "Arrivo subito."
Dopodiché feci altrettanto con la figlia di Thomas, la strinsi forte e la baciai. "Vedrai che andrà tutto bene." La rassicurai.
Attesi che partissero e mi diressi nello stabile della guardia costiera.
Nel verbale era riportato che la mattina del ventuno novembre mi ero recata da loro a chiedere informazioni della Caroline, barca della Hoffman boats, dal momento che doveva attraccare in mattinata. Dopo aver atteso qualche ora e che passasse la tempesta, avevamo sollecitato il ritrovo e la guardia era partita alla ricerca della citata barca.
La barca era stata trovata semi affondata alle 18.13 ore locali al largo di Santorini. Fortunatamente gli ospiti non c'erano, trovati dalla guardia intorno le 19.00 circa avevano preso un gonfiabile di salvataggio.
Purtroppo durante la tempesta un marinaio Mike Thorn e un civile Alaska Thompson, erano caduti dalla scialuppa di salvataggio. Al momento la guardia, supportati da personale aereo ancora non aveva trovato i corpi dei due dispersi.
Civili e personale militare trovato.
Philip Hoffman
Mary Louise Summer
Diamond Ariel Davis
Micaela Keller
Capitano di corvetta Paolo Morelli.
Firmai, avevo le mani che tremavano e immaginano che al posto di Alaska poteva esserci Diamond anche Micaela.
Nelle mail di mia figlia, Alaska era la migliore amica di Micaela. Erano cresciute insieme e avevano dei progetti per il futuro insieme.
Adesso invece sembrava che lei due non avessero più nulla. Aveva bisogno di respirare e di pregare.
Pregare affinché quelle due persone fossero vive e che il mare non se le fosse prese.

Mi svegliai nel letto del mio albergo, ero stata irrequieta tutta la notte. Micaela che dormiva accanto a me più volte si era svegliata urlando il nome di Alaska in lacrime.
L'avevo accolta nel mio letto quando disperata aveva preso a piangere come una disperata. Così si era calmata un po' ed era riuscita ad addormentarsi. Al contrario Diamond sembrava non riuscire a dormire. Più volte le avevo chiesto di raggiungermi.
Ma era come indemoniata, si era messa a computer e farneticava. "Lo denuncio! Dio se lo mando in galera." Parlava tra se e se.
Mi aveva raccontato come erano andati i fatti. Da quando avevano lasciato Otranto ad allora.
"Ogni volta voleva portare lo yacht e non ha un cazzo di patentino." Disse isterica.
Non sapevo come fare per aiutarla. Quando mi svegliai già non c'era più.
Mi soffermai a guardare però la ragazza che mi dormiva accanto. Le guance olivastre avevano il segno delle lacrime ormai asciutte. I capelli erano di un bel castano cioccolato, le sopracciglia scure e arcuate, sapevo che gli occhi erano grigi scuri, come quelli di Diamond e Isaak, e sapevo che spesso prima di quel giorno, erano raggianti.
Mi tirai su quando bussarono alla porta. Presi la vestaglia e indossandola andai ad aprire non prima di essermi aggiustata un po' i capelli.
Probabilmente erano Rafael e Diamond.
Aprii e invece mi trovai di fronte l'unica persona che non mi sarei mai aspettata di incontrare.
Alto, capelli neri ingrigiti alle tempie, occhi grigi scuri, volto cesellato, coperto da qualche piccola ruga espressiva dovuta agli anni. Dopo ventidue anni rividi Thomas.

MAR EGEO
La mia barca abbandonò il piccolo antro dove l'avevo ormeggiata, appena avevo notato che i venti non erano favorevoli alla navigazione. Era un piccolo veliero che mi consentiva di fare avanti e indietro dal golfo di Kymi alla mia piccola isola privata. Ogni giorno dal lunedì al venerdì percorrevo sempre lo stesso tragitto, lavoravo nell'azienda di papà e avevo racimolato abbastanza da poter comprare una delle piccole isole abbandonate dell'arcipelago delle Sporadi. Il mio sogno era quello di creare un paradiso terrestre, dove potessi trovare pace la sera dopo ore di lavoro. Amavo lavorare alla compagnia di papà, ancora di più andare a trovare i nonni contadini da generazione e coltivare qualcosa con loro e per loro. Amavo tanto anche navigare, mettere tutte queste cose insieme era per me il massimo della pace interiore. Stava per tramontare, fortunatamente la tempesta era passata, ci avrei messo un po' in più a tornare a casa. Ma sarei tornato. Davanti a me l'orizzonte era immenso, i piccoli massi che spuntavano erano le isole che ci circondavano, tutto l era tranquillo, qualcuno stava facendo il bagno e... qualcuno faceva il bagno? Abbassai la vela e presi il binocolo. Guardai in direzione del bagnante.
C'era qualcuno che si stringeva forte ad un remo.
"Cazz... non è un bagnante, ma un naufrago." Mi riservai verso quella persona e cercai subito di aiutarla. Era una ragazza e sembrava aver perso i sensi. L'aiutai a salire a bordo e quando fu su cercai di svegliarla. Respirava, non aveva bevuto acqua fortunatamente.
L'adagiai sulla poppa e abbassai la vela, misi in moto lo scafo, dovevo rincasare presto. Far asciugare la ragazza e capire cosa le era accaduto.

DIAMOND
Non mi davo pace. Il giorno prima dopo che Alaska era caduta in acqua io e Micaela avevamo urlato tutto il tempo il suo nome. Volevano richiamare la sua attenzione, Paolo aveva anche lanciato un paio di fuochi di soccorso per farsi notare. Ma Alaska non rispondeva, le sue richieste di aiuto non arrivavano più e noi non l'avevamo più vista.
Eravamo dispersi in mezzo al mar mediterraneo e non potevo fare nulla se non consolare Micaela.
Ciò che mi dava più sui nervi era che Alaska stava salendo sulla barca accanto a me. Ma quella frignona di Mary aveva deciso diversamente per tutti. Perché doveva essere la prima a salvarsi. Non contenta aveva voluto poi Philip accanto a se, ma facendo spostare Alaska in precedenza non avrebbe dovuto proprio parlare. Invece no! Insistente aveva pianto fino a quando paziente Alaska non si era spostata.
Il capitano lo aveva detto. Nessuno avrebbe dovuto muoversi dal suo posto. E invece per amore di pace Alaska si era slacciata.
Non era stata in grado di riallacciarsi perché Philip da perfetto cretino aveva perso tempo.
Tanto lui alla fine si era salvato.
Aveva avuto anche l'ardire di lamentarsi delle nostra urla. "Smettetela di chiamarla. È andata."
Bastando figlio di buona donna. Lo avrei denunciato. Avevo sfilato una relazione di tutto ciò che era accaduto.
Mamma era riuscita a calmare Micaela, non me che mi sentivo l'adrenalina in circolo. Bastardo! Ecco cos'era.
Quando finalmente albeggiò in silenzio abbandonai la stanza. Scesi al piano di sotto e mi scoprii a trovare Philip già lì con le autorità e la guardia costiera e un paio di uomini.   
Stava raccontando delle frottole su quanto era accaduto ieri e non potevo permetterlo.
"Ho afferrato Alaska, ma mi è scivolata dalle mani."
"Bugie." Intervenni raggiungendo il gruppo. "Hai toccato Alaska solo per sfiorarle il sedere pervertito." Lo accusai puntando il dito verso di lui. "Stavi dicendo che il capitano ci ha dirottato la barca, ma anche qui non è vero. Hai preteso che ti lasciasse navigare e quando ha detto di no, lo hai licenziato."  Raccontai.
"Lui non naviga ragazzina." Intervenne l'uomo che era accanto ai poliziotti.
"Sono un avvocato, non una ragazzina. È stato segnalato il licenziamento alle autorità tramite radio prima che Philip iniziasse a navigare." Dissi. "Lo ha preteso da quando abbiamo iniziato la traversa da di navigare e avevo chiaro anche se avesse il patentino nautico."
L'uomo biascicò. "Non so chi tu sia, ma vattene. Non sai contro chi ti stai mettendo ragazzina."
Fissai il gruppo, poco distante da noi su una poltrona c'era una donna dai capelli scuri e la pelle mulatta che piangeva, un uomo biondo sulla cinquantina la abbracciava consolandola.
Un uomo alto e moro fissava invece noi ascoltando come erano andati i fatti. Dove lo avevo già visto?
"A me non importa chi siete tutti voi. Forse non avete capito che non mi farete stare zitta, non quando Philip ha quasi ucciso tutti noi." Affermai.
"Attenta a come parli ragazzina." Disse l'uomo accanto a Philip.
"Philip è un esaltato. Recuperate la scatola nera dello yacht e riparliamone." Dissi a tutti, soprattutto alle autorità.
"Non staremo a sentire questa ragazza? Posso sapere chi è?" Disse intanto che l'uomo dai capelli neri ci raggiungeva, mani in tasca se ne stava tranquillo ad ascoltarci.
"Un'amica di Micaela, si è intrufolata alla nostra gita senza essere invitata." Rispose subito Philip.
Restai basita. Senza essere invitata? "Tu non eri previsto." Precisai. "Io dovevo essere in questo viaggio dall'inizio, poi tu ti sei aggregato a noi quando è venuto anche Dallas. Invece di andartene con lui, hai continuato con la scusa che avevi una barca." Conclusi riportando i fatti.
"Lui non era invitato?" Rispose sarcastico quello che forse era o il padre o l'avvocato di Philip. "Signorina lui aveva tutto il diritto di esserci, in quanto amico e compagno di tutta la compagnia. Lei invece non mi sembra di averla mai vista alla Boston Latin e soprattutto essendo un avvocato deve essere anche più grande."
"Viene da Londra papà." Disse soddisfatto Philip. Davvero pensavano con queste premesse di farmi stare zitta. Ecco svelato l'arcano, era il padre.
"Quindi è uscita così all'improvviso... tsk! Vi prego mandatela via." Ordinò Hoffman serio.
Feci per ribattere ma l'uomo accanto a me fece un passo avanti coprendomi la visuale. "Mia figlia non si muove da qui Roland." Disse deciso.
Ebbi un tuffo al cuore. Mia figlia?! Quell'uomo era... quell'uomo era Thomas Keller?
"Tu-tua fu-figlia?" Balbettò l'uomo.
Lui annuì. "Mia figlia si! Cosa vuoi fare adesso? Al limite ricordarti chi sei tu e chi sono io? Oppure chi sono i Thompson che hanno lasciato che la figlia partisse con la tua barca?" Chiese all'uomo di fronte a sé. Erano alti uguali, ma nella stanza si percepiva subito chi era il predatore e chi la preda.
"Ha accusato..." balbettò ancora Hoffman.
"Tuo figlio, in quanto testimone dei fatti." Rispose mio padre. "Diamond si è laureata a pieni voti alla London university, seguendo  cause con degli esercenti in questi anni. Sa bene come funzionano queste cose, quindi non farebbe mai accuse infondate." Precisò a Hoffman.
"Staremo a vedere. Sentiremo cosa dice il capitano." Biascicò Hoffman.
"Prima di sentirlo." Intervenne finalmente anche il terzo uomo fissando Roland Hoffman. "Ditegli che avrà un lavoro sul mio yacht armeggiato a Genova." Disse guardando poi le autorità. "Non voglio che non parli con nessun altro se non con voi e in nostra presenza oltre un vetro separatore."
Furbo! Pensai.
"Andiamo Simon. La stai facendo una questione di stato adesso." Disse Hoffman.
"Scusami Roland! Ma non è stato tuo figlio ad essere sballottato fuori  dalla scialuppa e ad essere ora disperso in mare. È stata mia figlia! La mia piccola Alaska." Precisò l'uomo dai gelidi occhi azzurri. "Non sorvolerò su questo e tu non incontrerai il capitano. Non permetterò che la tua autorità gli faccia chiudere la bocca su come sono andati i fatti." Concluse avvicinandosi.
"Stiamo parlando della vita di Alaska e anche delle altre ragazze che avrebbero potuto morire." Intervenne anche la donna avvicinandosi al marito. La fissai, viso rotondo, grandi occhi castani dal taglio felino, naso piccolo a patata, pelle mulatta e capelli scuri. Nonostante l'età sembrava una giovane donna, senza alcun bisogno di ritocchi. Proprio come mamma. Ed era stupenda.
"Quindi valla raccontare a qualcun altro la storia:  andiamo Simon!" Riprese l'uomo biondo. Anche lui era molto affascinante, il fatto che con la moglie fossero agli opposti li rendeva una coppia bellissima. "Noi non siamo amici." Continuò a parlare. "Avremmo potuto esserlo in più occasioni, ma non siamo amici. Metti  sempre il tuo tornaconto avanti. Adesso mia figlia non c'è più e questo perché qualcuno si è intrufolato nella vacanza di sole ragazze che era stata organizzata." Concluse fissandomi. "Non era lei l'intrusa e non dire che non è così. Dallas è rientrato a metà ottobre e Philip sarebbe dovuto tornare con lui."
"Philip aveva diritto di esserci come le altre ragazze." Si impuntò Hoffman.
"Philip è partito per Dallas, quindi doveva tornare a casa con Dallas. Non doveva restare con le ragazze, noi non lo avremo mai permesso." Disse la signora Thompson.  "Le ragazze avrebbero continuato il viaggio attraverso l'Italia." Spiegò rivelandomi così che mi ero persa un tranquillo viaggio nel paese più bello del mondo.
"Invece no!" Disse battagliero il papà di Alaska. "Philip si è intromesso in questo viaggio, ha offerto la sua barca gettando fumo negli occhi alle ragazze che avrebbero dovuto fare un viaggio in Italia. Dovevano arrivare in Toscana dove c'era la casa di Thomas invece no sono andata da tutt'altra parte in Grecia." Sbottò decisamente arrabbiato. Feci un passo avanti per poter seguire meglio, ma venni afferrata per le spalle. Mio padre mi stava stringendo con fare protettivo. Sollevai lo sguardo verso di lui che stava seguendo attento la discussione.
"Mi stai accusando di qualcosa Simon?" Lo attaccò Roland Hoffman.
Thompson fece spallucce. "No! Saranno le autorità a chiarire i fatti. E spero che riescano anche a trovare mia figlia e il marinai scomparso." Concluse con le mani a pugni, sua moglie gli stringeva un braccio, forse per calmarlo.
"Non credo che far indagare le autorità sia necessario." Continuò Hoffman.
"Ancora!" Sbottò papà. "Ti rendi conto che sono scomparse due persone o no? Le autorità le cercheranno comunque. Adesso sta a te decidere di collaborare o meno. La scatola nera verrà presa comunque in carica."
"Se penso che Alaska aveva programmato
Il viaggio in Italia con minuzia. Voleva specializzarsi nella lingua italiana, andare a vedere la Scala a Milano.,  a conoscere le etoile. Perché voleva aprire una cazzo di scuola di danza con Micaela." Raccontò Simon Thompson. "Ti prego Roland, non rompere il cazzo adesso. È così che andrà." Concluse.
Mi sentii stringere il cuore a sentire i genitori di Alaska parlare in quel modo della figlia. Dei suoi progetti per il futuro e della passione per la danza che già lei e Micaela mi avevano raccontato.
"Alaska è viva! Cioè io sento che è viva. Non può essere morta." Dissi con un groppo alla gola. Non mi sarei arresa in merito. Crollasse il cielo io l'avrei ritrovata. "È stata colpa mia! Quando siamo salite sulla scialuppa avrei dovuto insiste ad averla seduta vicina." Dissi prendendo a piangere. "Invece no! Lei magnanima si è spostata per dare posto a Mary che aveva fretta di salire. Dopo è stato un susseguirsi di eventi, avrei dovuto tenere Alaska vicino a me e non lasciarla andare come ho fatto con Michaela perdonatemi." Li supplicai cercando di far capire loro come era andata la situazione. Non volevo più accusare nessuno, ero stanca e non volevo raccontare com'erano andati i fatti. Di come Mary e Philip fossero stati egoisti era inutile.  Avevo capito che Philip viveva nella bambagia, il padre gli lasciava passare tutto ciò che faceva. Probabilmente la stessa cosa era con Mary, di cui non vedevo i genitori o la presenza. Però volevo che i genitori di Alaska capissero e mi perdonassero
Sua madre si avvicinò a me prendendomi il viso tra le mani, mi asciugò le lacrime scuotendo la testa. "Anche io avrei protetto mia sorella e me ne sarei fregata di tutti gli altri." Mi disse schietta. "Non devi scusarti Diamond."
Sorpresa la guardai e lei annuì. "So come ti chiami, durante il vostro viaggio Alaska mi ha tenuta aggiornata e anche Dallas c'ha parlato di te. Io e Simon sappiamo chi sei, sappiamo che hai insistito molto sul non fare portare la barca a Philip, e che hai reso questo viaggio qualcosa di indimenticabile portando le ragazze a esplorare e imparare la storia di questi posti. Non devi perdonarti nulla sappiamo anche che tu volevi tornare a casa, che come Alaska ti eri stancata della traversata." Mi raccontò.
"Purtroppo le cose sono andate diversamente." Intervenne Simon. "Ma adesso rimedieremo." Concluse.
Scrollando le spalle Roland Hoffman afferrò il figlio decidendo di lasciarci perdere. "Basta! Noi andiamo a fare colazione." Disse allontanandosi.
Scossi la testa. "Io voglio restare qui. Non mi darò pace finché non ritroverò Alaska." Affermai.
"Tua madre vuole partire per Monaco." Intervenne papà. "Poi da lì andremo nel Kleinsten, È ciò che faremo."
"Non mi sento di festeggiare con ciò che è accaduto." Dissi cocciuta.
Lui sospirò. "Diamond non puoi salvare tutti. Questo devi capirlo." Mi disse deciso.
"Non posso andare! Non è questo." Conclusi. Se voleva discutere io ero pronta. "Lei è lì fuori." "Come hai detto anche tu. Alaska non è morta." Precisò Simon. "Restiamo noi per ora qui, cerchiamo di non calamitare troppo i media altrimenti le ricerche verranno boicottate da barche ed elicotteri di giornalisti." Mi disse.
"Ti terremo informata cara, ma per ora Micaela ha bisogno di lasciare la Grecia." Mi disse la signora Thompson. "Anche io credo sia viva, lo sentirei se non ci fosse più. Voi andate."
Mi sentii stringere per le spalle. "Vieni, anche tu hai bisogno di mangiare." Mi suggerì. "Simon dimmi quando ci dicono che parlano con il capitano." Concluse poi trascinandomi via.
"Non ho fame." Dissi. Se voleva conoscere il lato peggiore di me, lo avrebbe fatto. Mi sarei imputata.
"Va bene." Rispose lui tranquillo.
Come? Cioè finiva lì? Pensai, eppure stava portandomi verso la sala colazione. "Chi ti ha detto che mamma vuole andare a Monaco?" L'aveva incontrata? Cosa era successo e quando?
"Me lo ha detto Rafael quando è partito." Disse fermandosi fuori la sala ristoro. "Adesso però fa silenzio." Concluse.
Non capii, feci per parlare ma mi mise le mani sulla bocca. dalla sala ristoro si si fosse comportato diversamente da come aveva progettato.all'inizio non capì poi parola dopo parola mi tutto chiaro.
"Dovevi andare a Otranto sedurre Alaska." Diceva Roland Hoffman. "Tu dovevi iniziare una relazione con lei, non con Mary Summer. Ti rendi conto sì o no che questa era l'ultima occasione per non perdere la Hoffman."
"Si papà l'ho capito. Ma Dallas mi ha minacciato, ha detto che mi faceva il culo se toccavo Alaska e lui ha fatto l'addestramento militare." Si lamentò il figlio.
"Me ne frego di Dallars. Tanto Dallas il culo te lo farà lo stesso adesso che hai perso la sua adorata gemella nel bel mezzo del mar Mediterraneo."
"Lo so papà !" Piagnucolò lui.
"Complimenti genio!" Disse Hoffman. "Una sola cosa avresti dovuto fare, sedurla e chiederti di fidanzarvi. Invece no! Il tuo cervello ragiona con l'uccello, sei andato dalla prima che te l'ha data."
"No... no non è vero! Prima c'ho provato anche con Diamond, ma lei non l'ha voluto." Spiegò lui. Feci una smorfia disgustata.
"Dio santo! Ma ti ascolti quando parli? Ti avevo detto Alaska! Adesso invece tutto salta. Con un matrimonio la Hofmann boats sarebbe  stata ancora nostra. Mentre invece adesso Simon assorbirà la nostra compagnia e noi non avremo più un cazzo."
"Ma papà abbiamo le stesse compagnie è impossibile che lui sia più ricco di noi e possa prendersi tutto. Fatti valere! La nostra azienda lavora anche qui nel Mediterraneo." Disse sbrigativo Philip.
"Può farlo. perché tu non ragioni con la testa. Simon si è associato con un società marittima italiana quindici anni fa, si trova a Genova. La differenza tra me e lui e che i figli c'hanno le palle e ci sono dentro nell'azienda paterna. Il maggiore dopo essersi laureato in economia e commercio ha lanciato le quote della Thompson & sons. in borsa con successo. Il secondo si e laureato in meccanica e lavora nel settore delle macchine restando a contatto con gli operai. Inoltre hanno avuto le pale anche di muoversi individualmente." Spiegò al figlio amareggiato.
"Una soluzione ci sarà no papà?" Chiese Philip. "Adesso che Alaska non c'è più non posso sposarla."
"Stolto. Tu e tuo fratello non riuscite a combinare un cazzo. Ronal si è fatto soffiare Adelaide da Gabriel Keller, il padre è uno dei nostri finanziatori. Tu invece vai a farmi morire l'ultimogenita di Thompson. Bravo, complimenti genio."
"È capace che oggi la ritrovino e sia ancora viva." Disse Philip.
"E tu credi che se è viva lei accetterà di sposarti? Nel bene o nel male, che sia viva o morta, Simon si prenderà l'azienda. Se sua figlia non si trova, se la prenderà senza spillarmi neanche un soldo. Questo perché una denuncia per omicidio mi costerà molto di più. Ti rendi conto che stiamo perdendo tutto per le tue cazzate?"
"Cosa posso fare papà?" Chiese umilmente Philip. Finalmente l'aveva capita.
"Andare di là e chiedere scusa ai Thompson. Purtroppo le figlie di Keller sono sveglie e quella Diamond è tosta... fatti vedere umile e chiedi scusa. Offriti di partecipare ai soccorsi. Questa storia non deve uscire dalla Grecia, altrimenti ci rovineremo completamente." Rispose l'uomo.
"Va bene papà. Farò come mi dici."
"E sta lontano dalla figlia dei Summer per ora. Se ritroviamo Alaska dovrai essere irreprensibile." Accanto a me papà sospirò. "Hai sentito Simon?" Chiese.
Sollevai il capo così da notare che era al telefono. «Tutto! Con sti cazzi che gli avrei consegnato Alaska su un piatto d'argento. Ho fatto l'errore pensando che potessimo fare qualcosa con Adelaide e Ronald. Dallas non mi ha mai parlato bene di Philip e ora sono convinto avesse ragione.»
«Pà se non vuole fare uscire le cose dalla Grecia adesso ci penso io!» intercede una seconda voce che non conoscevo. Doveva essere uno dei fratelli di Alaska. «Mi libero di un paio di cose qui a Boston, passo per Monaco e poi ti raggiungo a Santorini. Ci prendiamo la Hoffman che è in Grecia.» concluse la voce, probabilmente doveva essere stato tutto il tempo a telefono con uno dei genitori mentre papà era a telefono con l'altro.
Era un genio anche lui.
"Adesso entriamo. Così manteniamo l'alibi di essere venuti a fare colazione." Li saluto papà.
Era un genio indubbiamente.
Alla fine mi convinsero a partire con loro per Monaco. Rafael venne con noi, ma giustamente sarebbe sarebbe rimasto per poco.
Quando atterrammo ad accoglierci in aeroporto c'era Joel. Se all'inizio per lui doveva essere una sorpresa, adesso tutto era cambiato.
Sorprendendoci la prima persona verso cui si rivolse il mio fratello maggiore fu Micaela. Le andò incontro e abbracciandola le chiese come stesse cercando il suo sguardo. Solo quando si accertò che stesse bene si rivolse a noi altri, mi chiese come stavo e varie cose. Però percepii che la sua priorità fosse Micaela, mi chiedevo quanto sarebbe andata avanti questo ignorarsi tra di loro. Joel non era intenzionato a mettersi con Micaela, almeno non ancora. Vuoi per il rapporto che aveva con papà, vuoi perché lei era troppo piccola, lui non si lasciava andare.
Rafael partì qualche giorno dopo tornando a Londra da Isaak. Mentre io, mamma e Micaela fummo concentrate a fare spese. Eravamo senza in guardaroba e per ora Micaela metteva ciò che mamma mi aveva portato dietro, poca roba in confronto a ciò che avevo lasciato e perso sulla barca.
Eravamo state a casa di Joel qualche giorno, il tempo di andare in giro a trovare lo zio Taddheus e la zia Inga, fare un salto alla KCG e aggiornarsi su come procedeva la società. Poi papà aveva optato per non disturbare e tornare in Italia, nel casale che aveva a Firenze. 
"Tanto era già pronto ad accogliervi e Giovanna ancora ti aspetta Micaela." Disse papà.
In quell'occasione conoscemmo i nonni materni e gli zii di Micaela, decisamente somigliava alla famiglia materna se non fosse stato per gli occhi.
Non sapevo come fossero i rapporti tra mamma e papà. Li trovavo spesso a confabulare tra di loro. Quando arrivavamo io o Micaela però cambiavano discorso, mantenendosi su qualcosa di generico. Ciò che ci sorprendeva era che comunque si parlavano tanto.
Per Natale come promesso ci ritrovammo tutti nel Kleinsten. Samuel mi fece da accompagnatore, mentre Rafael per via delle prenotazioni al coffee and books non potetti venire. Non mi stupii quando notai che l'accompagnatore di Micaela era Joel. I miei due fratelli maggiori  sembravano essere di casa lì, Eleonora era splendida nel vestito che non nascondeva il pancione evidente ed era una degli ospiti più gradevoli che avessi conosciuto. Per la prima volta ella non fu la nostra amica, ma la principessa del Kleinsten e Thomas ne era il principe consorte.
Il ballo di Natale fu spettacolare, come anche la festa dell'ultimo dell'anno col brindisi. Occasione in cui Tom es Eleonora annunciarono di aspettare un maschietto.
Terminate quelle vacanze papà mi avverti che i Thompson erano rientrati a Boston per il Natale, periodo in cui Dallas poteva contattarli. Mi informò anche che di Alaska non c'era stato alcun ritrovo.
"Perché me lo dici solo adesso?" Gli chiesi nervosa.
"Perché sei come tua madre Diamond. Testarda e buona, lotti per le persone che ami. Se ti avessi detto che non avevano trovato Alaska, tu saresti partita a cercarla." Mi rispose.
Ero così trasparente.  "È quello che farò." Gli dissi.
Lui sospirò. "Lo so! Però prima sei riuscita a passare il Natale con tutti noi. Per me è stato importante che Tom avesse vicino almeno voi in queste settimane." Mi disse.
Tirai su gli occhi per evitare di piangere. Mi ero sorpresa a scoprire che Gabriel non c'era. Ma adesso collegai, la moglie di Gabriel era la sorella maggiore di Alaska. Ovviamente le era accanto, non a fare una festa sfarzo da quando solo un mese prima Alaska era scomparsa nel mar mediterraneo.
"Dallas come sta?" Chiesi.
"Dice che Alaska sta bene." Mi disse papà.
"Io la troverò." Affermai.
Lui annuì. "Promettimi che sarai prudente." Annuii, lo sarei stata, ma dovevo andare. "Ok." Disse papà. "Andrai nel golfo di Kymi in Eubea. Lì ci sono i cantieri Poseidon, una società associata con la ex Hoffman e adesso della Thompson & sons." Mi disse e capii che aveva organizzato già tutto per la mia partenza. "Avrai a disposizione una barca, con un capitano. Il capitano Morelli si è offerto e io ho accettato. Lui sa come deve muoversi, se c'è vento o qualche rischio si fermerà. La barca ha comunque una cabina dove potrai riposare, ti lascio infine anche la mia American express. Ci sono domande?"
Lo fissai stupita, aveva organizzato tutto  nei minimi particolari.
"No! È tutto chiaro." Gli dissi.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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THOMAS Sr
Sapphire! Il mio grande amore, il più grande rimpianto della mia vita era di fronte a me. Bella come sempre. Gli occhi azzurri, nonostante non fossero più ingenui erano limpidi. La pelle era sempre luminosa e le rughe che le circondavano gli occhi erano solo un segno che il tempo era passato. Era sempre magra ed esile, i capelli biondi erano sempre ben curati e i gesti erano sempre delicati. Non era mai stata veramente mia! Mai.
Adesso però era lì. Da quando ero arrivato a Santorini non avevamo avuto modo di parlarci. Io ero stato impegnato a capire cosa era successo nel mar Egeo. Lei si era praticamente dedicata a Micaela che non riusciva ad uscire da quel dramma. Ci eravamo invertiti i ruoli, o meglio le figlie. Io mi ero dedicato più a Diamond, da cui era molto incuriosito. Lei si era concentrata su Micaela. Poi eravamo partiti per Monaco. Già nell'aereo le cose stavano cambiando. Non potevamo più far finta di niente. Eravamo insieme per lo stesso motivo: i figli. Così una volta partiti incrociammo i nostri sguardi per la prima volta dopo ventitré anni.
"Una volta a Monaco parleremo." Le dissi prima che le ragazze ci raggiungessero.
Lei annuì. L'ora di volo che ci attendeva era troppo breve per raccontarle tutto ciò che dovevo, quegli anni senza di lei. E i suoi senza di me. Sapevo che eravamo al termine della nostra corsa. Dovevamo decidere se potevamo essere amici per il bene dei nostri figli e per i nostri nipoti. Tom stava per avere il secondo figlio e anche Samuel stava per diventare padre.
A Monaco non avemmo molto tempo per noi due. Tra una cena d'affari o di piacere infatti, Sapphire ed io non riuscimmo mai a restare soli. Per questo agendo d'impulso decisi di lasciare Monaco. "Andiamo in Toscana, poi da lì nel Kleinsten." Dissi senza accettare obiezioni.
Finalmente nel mio piccolo pezzo di mondo potevo restare solo con Sapphire. Ne approfittai appena Micaela andò con Diamond e i nonni in giro per Firenze. Dissi che Sapphire era indisposta e che le avrei tenuto compagnia. Solo così riuscimmo a restare soli. Avevamo una giornata intera tutta per noi.
Alle dieci di mattina ci accomodammo in salone e davanti il camino del casale la fissai.
"Comincia dall'inizio. Cosa hai fatto appena lasciai la T- consulting?" Mi chiese dopo un po'.
Sospirai e iniziai a raccontarle tutto. Mi aveva lasciato la prima volta l'inverno del 1984. Ancora ricordavo quel periodo...

Sapphire mi aveva lasciato. Sapphire, la mia dolcissima e amata Sapphire mi aveva lasciato per una persona viscida e meschina.
L'avevo trovata appena le pubblicazioni del suo matrimonio avevano attirato la mia attenzione. Erano sul giornale che leggevo ogni mattina al coffee and books.
Lady Sapphire Lucrezia Cooper, viscontessa di Shaftesbhry, annuncia il matrimonio col bancario Andrew Louis Davis.
Il matrimonio si terrà nella cattedrale di Westminster ad aprile.
Col suo nome sapevo dove trovarla, potevo permettermi di lottare per riaverla con me! Nella foto, dove era stretta a Davis percepivo sul suo viso solo infelicità.
Sapphire non voleva quell'uomo. Ero io il suo uomo, il nostro amore era qualcosa di unico e raro e non potevo lasciarmela sfuggire.
Così grazie all'aiuto di Drake e Ebony mi ero fatto aiutare a rintracciare la residenza di Sapphire. Una era molto vicino alla city, poiché si trovava nel west end, era una casa singola di lusso e per entrare non mi restava altro da fare se non bussare alla porta. Essendo su una strada principale, nulla mi vietava di poterlo fare.
Ero arrivato a Westminster attraverso la metropolitana, assurdo quanto avessi avuto vicino fino ad allora Sapphire. La metropolitana aveva dovuto fare solo due fermate dalla city al vicino borough di Londra, west end si trovava a Westminster, ma a occhio e croce era più vicino alla city di quanto immaginassi.
Trovai facilmente la casa e quando bussai al citofono mi presentai come Thomas, un amico di Sapphire. Venne ad aprirmi un uomo dal viso gentile, ma dallo sguardo spaventato.
"Salve, sono Thomas. Un amico di Sapphire, avrei bisogno di veder..."
"Vattene immediatamente, prima che chiami le autorità." Intervenne un secondo uomo.
Mi voltai verso la sua voce, era un uomo più basso, carnagione olivastra naso adunco, occhi e labbra stretti e sguardo arcigno. La fronte vuota dava segno di un principio di calvizie.
"Voglio vedere Sapphire." Dissi.
"La mia fidanzata è indisposta e sono sicuro non avere amicizie maschili avendo frequentato una scuola femminile."
"Ha finito la scuola da mesi." Dissi. "Tu non sei il suo fidanzato. Sei solo un uomo che si è imposto su di lei." Se sapevo una cosa era che Sapphire non lo amava. Me lo aveva detto: dovere.
"Senti ragazzo! È meglio che tu vada, qualsiasi cosa sei per mia figlia, dimenticala." Mi disse l'uomo facendo un passo avanti.
"No! Non mi arrendo...." Dissi facendo un passo avanti battagliero.
"Tu non hai capito." Disse Davis mettendo le mani in tasca sicuro. "L'amore... si l'amore che lei prova per te. Quello non vincerà sul potere dei miei soldi. Li ho tutti in pugno, c'è una transazione che li obbliga, Sapphire è mia. Ho pagato i debiti della loro famiglia per averla e tu non puoi fare nulla... pezzente." Concluse.
Rimasi inorridito dalla sua rivelazione, aveva davvero avuto il coraggio di comprare l'amore di Sapphire? Anzi no, non l'amore. Il suo corpo e la sua libertà.
"Siamo seri? Sei un porco, non puoi comprare una persona."
"Basta ragazzo." Intervenne il padre di Sapphire. "Vattene e non tornare più se non vuoi trovare le autorità. Hai abusato di mia figlia."
Feci per ribellarmi ancora, io avevo abusato di Sapphire quando loro la trattavano come un oggetto! Assoli no, feci un passo avanti, ma una donna apparve sulla porta.
"Sulla porta di casa mia non si urla." Disse repentina raggiungendomi. "Non voglio scandali, Edward dovresti sapere che anche i muri hanno le orecchie." Disse raggiungendomi.
Mi prese il braccio e cercai di scostarmi gentilmente. Cazzo poteva essere mia madre.
"Mi dispiace ma devi andare." Mi sussurrò. "Fallo per Sapphire." Concluse portandomi in strada e lasciandomi un biglietto tra le mani congedandomi.
Ma cosa? Veramente pensava di potermi convincere con dei soldi? Anche io ne avevo cazzo! Mi voltai verso di lei.
"Non voglio nulla da voi..."
La donna mi fissò con gelidi occhi verdi. "Nulla ti ho dato." Disse allenandosi alla porta, incrociai i suoi occhi chiari mentre il marito rammaricato chiudeva la porta gigantesca.
Mi ci fiondai contro prendendola a pugni. Maledetto! Maledetti tutti. Pensai afferrando la lettera e facendo per distruggerla orgoglioso notai il mio nome scritto con i tratti eleganti di Sapphire.
La aprii e lessi ciò che mi aveva lasciato.
«Purtroppo mio padre ha firmato un accordo a nome mio, ho un obbligo. Sappi che preferirei una vita da povera con te, che una vita da ricca con altri. Sempre tua Sapphire.»
Mi arresi. Tornai alla city dove al bar di Mile raccontai tutto a lui, Drake, Ebony e Molly.
"Io non ce la faccio a stare qui." Dissi ormai disilluso. "Non posso restare nella stessa casa dove ho vissuto con lei i mesi più belli della mia vita. Ci siamo innamorati qui e saperla con quel verme mi fa solo stare male."
"Cosa vuoi fare Tom? Non puoi lasciare la T-consulting." Mi disse Drake.
Guardai il mio amico. "Ma non la lascerò." Dissi. "Ci sarai tu a portarla avanti Drake, sei da poco diventato il terzo socio e so che saprai portarla avanti. Hai anche coi due nuovi consulenti che abbiamo assunto."
"Io sono alle prime armi ancora Tom." Disse Molly incerta pulendo il bancone.
"Non ce la faccio a restare qui." Affermai ancora. "Tu sei alle prime armi, ma John e Paul sono bravi." Dissi a Drake. "Non andrò lontano, Edimburgo. Apro una seconda sede lì, così riusciamo a sentirci." Dissi andando loro incontro. Per il momento dovevo allontanarmi da Londra.
"Vengo con te." Disse Molly togliendosi il grembiule del bar. Mike fu riesci a trovare qualcuno che mi sostituisce vero? Stavi cercando già."
"Mi arrangio se è il caso." Disse accondiscendente e con sguardo complice a Molly.
Al momento non ci feci caso. Non capii, anche se mi sentivo talmente insoddisfatto che lasciai correre, volevo solo andare via di lì.
"Non credo di avere un passaporto. Prendiamo il treno." Mi disse Molly.
Solo mentre Ebony mi toglieva davanti la birra di Drake che stavo afferrando, sentii Mike parlare con Molly. "Mi raccomando tienilo d'occhio e non lasciarlo solo."
"Ci provo. Per Sapphire e per se stesso." Rispose uscendo dal bancone. "Vado a preparare le mie cose. Tu aspettami in sede, tanto devi prepararti la valigia." Disse con tono più alto.
"Non voglio tornare a casa. Parto senza!" Dissi arrabbiato e offeso. Sapevo badare a me stesso.
"Ok! Vado io a prepararti un bagaglio, vado anche a prenotarvi i biglietti del treno, ma tu resta qui con Ebony e Mike." Mi disse il mio amico.
Annuii. "E sta lontano dall'alcol." Concluse Molly lasciando di corsa il locale.
Quello non potevo prometterlo. L'alcol mi annebbiava la mente, non potevo farne a meno. Non in quel momento almeno.
Di tutt'altro avviso furono Mike e Ebony che non mi permisero di toccare birra o vino.
Anche quando fummo raggiunti dal compagno di Mike la solfa era sempre la solita.
Prima delle cinque del pomeriggio fortunatamente salimmo sul treno che ci avrebbe portato a Edimburgo. Mi sarei messo alle spalle Sapphire e tutto il dolore che mi portavo dentro. O almeno lo credevo.
Arrivati a Edimburgo mi misi di buona lena a cercare il centro amministrativo della città. Aprii una succursale della T-consulting, facendo fede alla sede legale di Londra quello era solo l'ufficio di Edimburgo, così non ebbi problemi per aprire una società. Alla sede infatti, faceva fede anche lo stesso conto corrente della Loyd Banking. La mattina e il pomeriggio visionato da Molly lavoravo e portavo avanti la mia società, ero ripartito da capo. Ma proprio questo mi aiutava a non pensare a Sapphire.
Al contrario alla sera avevo problemi. Così iniziai a frequentare un pub dove Molly non avesse il controllo su di me. Conobbi Lynn una bella moretta frizzante che accoglieva tutte le commiserazioni che portavo avanti sulla mia vita insoddisfatta e che sapeva come riempiremo il bicchiere con dello scotch di qualità.
"La birra non ti farà dimenticare il tuo amore perduto." Mi disse.
Aveva ragione. "Hai ragione, ma conosco anche qualcosa di meglio di uno scotch per dimenticare." Le dissi allusivo prendendo comunque il liquido ambrato e scolandomelo in un sorso, così da far capire a Molly che non poteva avere il controllo della mia vita.
"I miei Haggis? Mangiali che sono buoni, molto meglio di quelli che fa mia madre." Disse lei riempiendo un altro bicchiere. "Prima o poi me ne andrò da qui, diventerò una chef altro che aiuto cuoca e barista qui." Affermò.
"Smettila di farlo bere Lynn." Ordinò Molly.
"Ti prego Molly... lasciami stare. Anzi lasciaci stare." Dissi alla mia amica. "Ti porto io via da qui Lynn, che ne dici se ti aspetto fuori alla chiusura?" Ammiccai.
"Tom, per l'amore del cielo!" Mi richiamò Molly.
"È un uomo libero." Rispose Lynn tendendosi oltre il bancone verso di me. Mi afferrò per il collo della camicia e mi leccò la bocca. "Se vuoi possiamo anche dividercelo, non so te ma una botta da Tom me la faccio dare con piacere." Dissi.
Là iniziai così quella relazione, con disappunto di Molly.
Lavoravo, bevevo e scopavo. Era uno spasso e anche Molly dopo il primo mese se ne fece una ragione. Lynn, quando misi voce che cercavo dei consulenti subito si era messa in moto col suo giro di voci tra gli amici, ci presentò anche Sean McMillan,.
Mi trovò Sean che annoiato della vita bancaria era pronto a mettersi in gioco con la consultazione finanziaria.
Aveva trent'anni e tante idee che mi piacevano. Anche a Molly piaceva Sean e non come consulente. Finalmente stava rilassandosi anche lei, iniziando anche a capire come essere appagati sessualmente facesse bene allo spirito.
Lavorammo ancora meglio di ciò che stavamo facendo. La sede scozzese stava facendosi conoscere e il profitto saliva. Ne ero soddisfatto, potevo restare lì senza problemi.
Poi come un secchio di acqua gelata tornai alla realtà quando Drake mi mandò un fax. Era una foto di Sapphire e Andrew il giorno del loro matrimonio.
Veramente il mio amico voleva farmi partecipe di quella notizia?
"Credevo Saph fosse più magra." Mi disse Molly guardando la foto. "Poteva scegliere un vestito meno aderente."
La fissai sorpreso per prestare attenzione alla foto. Sapphire era magra, molto. Indossava un abito stretto dalla testa ai piedi. Sarebbe stata perfetta, se non fosse stato per la pancia decisamente rotonda. "No... lei è magra." Sussurrai. "Questa è... lei è..."
"Incinta?" Chiese Molly sorpresa e annuii.
Sapphire aspettava un bambino, il nostro bambino. Il mio sogno di una famiglia con lei, era sotto i miei occhi su quel foglio stampato.
"Tom!" Mi richiamò al presente Molly.
"Devo tornare a Londra." Affermai.
Ella annuì. "Vai! Resto io qui. Sean è bravo, io sto imparando e se glielo chiediamo sicuramente saprà indirizzarmi a un altro suo collega che possa inserirsi." Mi disse. "Capirà se vai via, anzi gli diciamo che hai avuto un'emergenza alla sede di Londra."
"Grazie Molly. Sono contento che tu mi capisca." Le dissi. "Ovviamente puoi sempre usufruire degli appartamenti dell'ufficio per avere una casa." Le dissi prendendo la stampa e piegandola in quattro. La misi nella mia valigia e chiesi a Molly di prenotarmi il primo volo per Londra intanto che preparavo il bagaglio. Quando tornai Molly efficiente mi informò che c'era un aereo a meno di un'ora e che mi avrebbe portato in aeroporto.
"Devi passare da Lynn per me. Dille che la chiamo e che è stata la mia salvezza." Le dissi.
Lei annuì dopodiché mi portò in aeroporto.
Una volta a Londra decisi di essere più previdente questa volta. Presentarmi a casa dei Cooper senza invito e null'altro che una stampa non era una mossa saggia.
Così recuperai il numero di telefono e lasciai che fosse Ebony a chiamare per me, chiedendo di Lady Cooper.
Avevo capito nel nostro primo incontro che poteva essere una mia amica se solo mi fossi comportato nel modo giusto.
Ebony riuscì a parlare con Lady Cooper. Quando le disse che chiamava a nome mio, ella si offrì di incontrarci.
La invitai allora a raggiungermi al locale di Mike, ci tenevo che anche gli amici di Sapphire sapessero come ella stesse.
Incontrai lady Cooper il giorno dopo. Quando la vidi le dissi subito che Ebony e Mike avevano aiutato Sapphire l'inverno passato, dandole un lavoro e diventandole amici.
Lei ringraziò tutti e si presentò ufficialmente. "Sono Martha. Grazie per esservi presi cura di Sapphire tempo fa, è stata molto felice con voi." Ci disse.
"Perché?" Le chiesi a quell'affermazione. "Perché se ci tiene tanto alla sua felicità, ha lasciato che sposasse Davis?"
Lei si asciugò le lacrime. "Mio marito ha perso tutto al gioco, indebitandosi." Mi spiegò. "Eravamo sul lastrico e quando siamo andati alla banca per impegnare le proprietà di Sapphire, Andrew la vide e ne restò folgorato. Tanto da offrirci un compromesso, il saldo del debito per Sapphire. Entrambe non abbiamo voluto, ma mio marito senza tenere conto di noi ha accettato e firmato l'accordo. Si è venduto nostra figlia e il titolo della mia famiglia e ancora non mi ha dimostrato che smetterà di giocare." Concluse bevendo un sorso d'acqua per calmarsi. "La cosa peggiore è che nonostante Sapphire fosse incinta, Andrew ha insistito per sposarla." Disse lei.
In quel momento provai un profondo odio verso Edward Cooper. Come aveva potuto far pagare la figlia e la moglie per i suoi errori.
"Il gioco è come una droga. Non se ne esce facilmente, non se ne esce se non lo si vuole." Disse Mike a lady Cooper. "Suo marito è stato egoista, ha condannato Saph per il suo tornaconto."
Martha scosse la testa. "Credo lo abbia fatto per non farmi perdere le proprietà dei Shaftesbury." Disse lei.
"Avreste potuto chiedere ad altri un aiuto. Cioè quella casa con un'ipoteca si sarebbe potuta salvare." Dissi alla donna.
Lei scosse la testa. "A quella casa nel Kensington, c'è un palazzetto nel Surray. Sapphire possiede anche una villa a Richmond e il suo conto ereditario. Ma Andrew ha fatto mettere i sigilli sulla proprietà e congelato il conto di Sapphire per assicurarsi adempisse al suo dovere." Mi spiegò.
Io restai basito a sentire delle proprietà che possedevano. Tre erano tante, anche se il debito non si stendeva alla villa di Sapphire. Non sarei stato in grado di aiutare la famiglia di Saph, avrei dovuto chiedere aiuto a papà e non potevo farlo.
"Siete gli unici discendenti dei Shaftesbury?" Chiesi a Martha, non avrebbe potuto chiedere aiuto a qualche parente?
"Diretti si, ci sarebbe mio fratello che vive nel Surrey. Ma non si è mai sposato e senza discendenza o un lavoro proficuo, per questo mia madre lasciò la villa a Richmond in eredità a Sapphire, come prossima erede al titolo." Mi raccontò. "Poi sono tutti discendenti di seconda o terza generazione."
Sospirai. "Ho visto le foto del matrimonio. Sapphire aspetta mio figlio." Dissi deciso.
"Andrew ha detto che non avrebbe rinunciato al matrimonio. Adesso vivono a Kensington, noi ci siamo trasferiti nel Surrey. Andrew non vuole che io stia con Sapphire, mi ha accusato di averla gettata tra le tue braccia."
"Non è vero. Noi ci stiamo conoscendo adesso." La rincuorai.
"Lo so! Ma non le ho impedito di andarsene quando la madre di Andrew ha consigliato a Sapphire di godersi l'ultimo periodo di libertà."
"La madre di Andrew?" Chiese Ebony.
Lei annuì. "La vera padrona della London bank. Ha estinto lei il nostro debito, quando la conobbi mi disse che ne Andrew, ne suo marito Oscar disponevano del liquido contante per poterlo fare. Il marito l'aveva sposata per i suoi soldi, Andrew ha voluto Sapphire per un suo capriccio."
"Il bambino quando dovrebbe nascere?" Chiesi a Martha.
"I conti del medico dicono dopo il quindici ottobre." Mi disse.
Assentii. "Verso fine agosto nasce mio figlio in Germania, ritornerò subito qui così da esserci alla nascita del bambino. Posso prenderlo con me." Dissi a Martha. "La prego, prenda i miei contatti e quelli di Ebony e Mike. Noi ci saremo sempre." Dissi arrendevole.
"Grazie. Io... avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno." Ci confidò la donna.
"Comunque ha ragione Mike. Suo marito deve essere aiutato, al limite mi informo e le faccio sapere se ci sono dei centri di sostegno per chi ha la malattia del gioco." Le dissi.
Ci salutammo e con la promessa che ci saremo sentiti spesso ritornammo alle nostre vite quotidiane.
Nel frattempo riallacciai i rapporti con Taddheus chiedendogli scusa di tutto. Adesso che ero innamorato comprendevo il suo stato d'animo, soprattutto perché a tradirlo ero stato io, suo fratello e migliore amico.
"Ho pagato per il male che ti ho fatto. La donna che amo è stata costretta a sposare un altro e non me, nonostante abbia in grembo nostro figlio." Gli dissi infine.
Fu comprensivo con me, anzi si dispiacque. "Non è giusto Thomas. Se eri felice con lei non è giusto." Mi disse rincuorandomi.
Dopo Taddheus chiamai anche papà. Gli raccontai del casino in cui ero finito da quando avevo lasciato Boston passando per Monaco, Londra ed Edimburgo, fino al mio ritorno nella capitale dell'Inghilterra.
"Quel Cooper deve andare in un posto sano, dove possa disintossicarsi." Mi disse papà. "Dove non ci siano sale da gioco o ricevitorie. Sei stato in Scozia, li non ci sono spazi aperti e tanta natura? Mandali lì." Consigliò alla fine.
"Hanno il conto corrente controllato e le case in loro possesso sono qui in Inghilterra." Gli dissi.
"Prendigli una casa... nelle highlands. Sono una bella zona." Mi disse.
"Con i miei soldi? Papà li sto mettendo tutti nella mia società. Non ho il tuo capitale per poter comprare una casa."
"Puoi affittarla però! Mandami intanto i tabulati delle tue società. Se i requisiti mi soddisfano potrei farle assorbire dalla KCG e pagarti le spese di apertura e gestione della T- consulting. È una bella proposta se hai i requisiti che cerchiamo."
Assentii anche se non poteva vedermi. "Quindi li mando in Scozia." Chiesi conferma.
"Prima aspetta che nasca mio nipote. Di sicuro Martha non lascerà la figlia da sola." Mi consigliò.
"Nel frattempo allora..." chiesi.
"Cerca la giusta soluzione per Edward Cooper."
Cercai così non una, ma più soluzioni. Per prima cosa parlai con Molly a Edimburgo, chiedendole informazioni sulle Higlands. Mi disse che si sarebbe fatta portare da Sean per controllare la zona.
Gli chiesi una casa, anche piccola lontano dalla civiltà, ma dove ci fosse comunque una comunità e dove lui potesse fare qualche attività nella natura così da distarsi.
Poi le chiesi di Lynn, se stava bene o meno. Mi disse che non vedeva Lynn da tempo, lei e Sean non frequentavano il pub già da prima che io andassi via.
Così qualche sera dopo chiamai al pub della famiglia di Lynn ad un orario che sapevo fosse più tranquillo.
"Ehi Lynn." La salutai.
"Ciao straniero, che si dice dalle parti di Londra?" Chiese lei.
"Tutto bene e tu? Ti sei iscritta alla scuola di cucina?" Chiesi.
"No, la mia domanda è stata accolta ma quando hanno visto i costi i miei genitori si sono rifiutati di mandarmi." Mi rispose.
"Come mai? Hai tutti i requisiti Lynn, sarebbe uno spreco." Le dissi.
"Requisiti che non valgono la spesa per mamma e papà. Ho anche altri quattro fratelli in età scolastica. In fondo ho ancora ventun anni." Mi disse.
"Qual è il tuo nome completo?" Le chiesi.
Lei rise. "Pollyn Gertrude McAllister. Per questo mi faccio chiamare Lynn o Callie, odio il nome Pollyn. Mi raccomando, non dirlo a nessuno."
Risi anche io. "Parlo con la chef academy, ti faccio sapere attraverso Molly se riesco a farti avere una borsa di studio. In questo caso i tuoi ti farebbero partire, giusto?" Le chiesi.
"Una borsa di studio cambierebbe le cose effettivamente." Mi disse.
"Perfetto, allora ti aggiorno. Ciao bella, non dimenticherò mai la tua amicizia." Le dissi.
"Anche io la tua straniero. Addio." Mi disse.
Non pensavo che da allora non l'avrei più sentita, eppure fu così.
Mi mobilitai per Lynn, andai alla Chef academy London e li mi informai dei corsi e dei costi. Se sapevo di non poter comprare una casa ai genitori di Sapphire, ero anche a conoscenza del mio saldo e potevo pagare l'accademia per Pollyn Gertrude McAllister. Così feci, pagai la retta e proposi un bonifico annuale per i tre anni successivi. Infine lasciai che fosse Molly a contattare Lynn e darle la notizia. Non volevo farmi scappare che ero stato io a pagare e che non si trattava di una borsa di studio. Inoltre avevo cose più importanti per la testa.
Martha mi chiamò informandomi che Saph era stata ricoverata d'urgenza. Aveva avuto un rischio di aborto, fortunatamente il bambino, un maschio, stava bene.
Le chiesi come mai fosse stata ricoverata e in risposta lei mi diede il contatto di Elisabeth Preston Davis, la madre di Andrew.
"Incontrala e dille che forse Sapphire non ha avuto un incidente." Mi preoccupai.
Così seguii rapidamente il suggerimento di Martha e contattai Elisabeth, quando la conobbi la donna mi ricordò mamma. Con i suoi atteggiamenti sicuri e dignitosi. Le dissi ciò che mi aveva detto già Martha e lei decise che avrebbe controllato suo figlio.
"Suo padre non è mai arrivato a picchiarmi. È anche vero che avevo il coltello dalla parte del manico. Mio padre pace all'anima sua, quando mi sposai ci tenne a mantenere i miei interessi separati dal mio matrimonio e Oscar è sempre stato passivo con me, l'importante era che potesse tradirmi a piacimento. Andrew temo di averlo viziato troppo anche io, con l'esempio poco virtuoso del padre poi non è cresciuto per niente bene. Ma sta tranquillo, mi assicurerò che Sapphire e tuo figlio stiano bene."
Sospirai. "Io purtroppo devo partire , a fine agosto nascerà il mio primo genito e ho promesso a mio fratello che sarei tornato a Monaco. Posso però lasciarle un recapito nel caso voglia scrivermi." Le dissi.
"Certo, mi farebbe piacere poterci scambiare opinioni. Ho sempre amato avere rapporti epistolari, lei stesso Thomas mi scriva qualsiasi cosa le passi per la testa."
"Grazie Elisabeth. Parto più tranquillo sapendo che veglierà su chi amo. Le scriverò con piacere, anche delle sciocchezze se le fa piacere."
Cominciò così il nostro periodo epistolare. Elisabeth si trasferì a casa di Saph mentre partii per Monaco.
C'era chi trascorreva agosto al mare e chi come me attendeva la nascita del proprio primogenito in Germania.
Però sembrava che Gabriel si lasciasse attendere, i conti di Inga terminarono il ventotto agosto. Ma di contrazioni ancora non se ne parlava. Il medico ci disse che era normale, soprattutto quando si trattava del primo figlio, che si usciva dai conti prestabiliti. Agosto cedette così il posto a settembre, passarono giorni e un'altra settimana. Il pomeriggio del nove settembre Inga ebbe le prime vere contrazioni.
La portammo in ospedale e dopo un travaglio di quindici ore, la notte del dieci settembre venne al mondo mio figlio Gabriel Edgar Keller. Era scuro proprio come me e aveva una gran voce. Lo immaginai in una vita serena con me e col figlio in grembo a Sapphire, ma sapevo che era giusto crescesse anche con sua madre.
"Londra e Monaco non sono lontani. Due ore di volo e sarò subito da voi. Soprattutto i week end." Dissi a Taddheus quando il diciannove settembre una telefonata di Ebony mi avvertì del parto prematuro di Sapphire.
"Vai, non preoccuparti. Anche noi possiamo raggiungerti a Londra se solo lo vogliamo." Mi disse.
Una volta a Londra non mi fu concesso di incontrare Sapphire in ospedale. Martha ed Elisabeth però mi attendevano fuori la nursery e felici mi portarono a conoscere mio figlio.
"È il bambino biondo. Quello che ancora urla come un pazzo, tra un po' un'infermiera te lo farà vedere." Disse Martha. "Ha i colori di Sapphire, ma non somiglia a lei da piccola."
Fissai il bambino che piangeva. No, non assomigliava a Saph, quelle urla poi le conoscevo benissimo. Un'infermiera arrivò a prenderlo e lo tirò su dalla sua culletta per poi rivolgerlo verso di noi. Era stupendo ed era identico a mio figlio Gabriel.
"È identico al fratello, anche per come urla." Dissi emozionato, non riuscivo ad abbandonare lo sguardo dal bambino.
"Sapphire ha chiesto di chiamarlo Thomas." Disse Martha.
"Potete mettergli anche il nome di un angelo? Rafael o Uriel, Daniel, Samuel..." chiesi guardando le due donne. "Potete anche mettere che sono io il padre. Vorrei tanto prenderlo in braccio." Dissi.
"Purtroppo non si può entrare nella nursery. Mi dispiace Thomas." Mi disse Martha.
"Va bene così." Affermai.
La nascita di Tom, che ebbe Uriel come secondo nome, cambiò le mie giornate. Ripresi a lavorare senza lena in Inghilterra ed aprii una seconda filiale della T- consulting a Manchester. Avrei voluto vedere Tom qualche volta, ma forse Andrew comprese che ero ancora in giro poiché non lasciava mai la casa di Kensington. Amareggiato tornai in America, affrontando mio padre e consegnandogli tutti i tabulati delle T-consulting. Mio padre accettò, tabulati davanti di assorbire quella di Londra e quella di Edimburgo, le due più proficue. Mi disse anche che, con quei numeri, ero pronto per la presidenza. Rifiutai.
Se su tre agenzie di consultazione, solo due erano passate vuol dire che ancora dovevo lavorarci su.
"Hai ragione." Mi disse papà. "Arriva ad averne cinque e riparliamone. Vai dove vuoi tu, qui a Boston dove ho la KCG o altrove."
Sorrisi accettando. Sarei stato uno stolto se avessi accettato di aprire lì. Con la Keller consulting group dietro l'angolo non sarei mai decollato. "Vado nel vicino Connecticut." Gli dissi.
"Aspetto i tuoi profitti figliolo." Mi disse papà, i suoi vivaci occhi castani mi sfidavano. Io non assomigliavo a mio padre, ero identico a mia madre. Ero l'unico dei tre figli ad assomigliare a lei, sia per colore dei capelli che degli occhi. Il carattere invece era tutto di papà, la mia vita era una sfida come lo era stata la sua. Così partii andando Connecticut. Scelsi ovviamente la capitale, Hartford mi accolse con la sua vivacità e i giovani in cerca di un futuro. Tra questi il primo collaboratore che cercai fu qualcuno che potesse farmi da assistente e di cui potermi fidare. Doveva essere qualcuno a cui avrei potuto lasciare in mano le redini della mia società una volta che fossi partito. Perché non mi ero dimenticato dell'Inghilterra, di Thomas, di Gabriel in Germania. Io dovevo tornare in Europa, volevo che la T- Consulting di Manchester salisse di livello. Volevo controllare Edward Cooper, adesso che si erano trasferiti in Scozia. Il percorso di guarigione dell'uomo era iniziato, ma volevo seguire da vicino la famiglia di Saffi. Volevo proteggere le persone che mi erano care. Trovai una persona di fiducia, era più grande di me, aveva 10 anni se non di più, di me. Quando ebbi sottomano il codice fiscale di Karla Cohen per l'assunzione, scoprii che aveva 37 anni un'ottima carriera come bancaria e soprattutto era single. Non che cercassi una relazione, ma cazzo Karla era una bella donna alta, capelli castani, occhi verdi. Era molto affascinante e durante il periodo che stetti lì ad Hartford iniziammo una relazione, sia di lavoro che sessuale. Non ci concedevamo altro né di conoscerci personalmente. La notizia della seconda gravidanza di Sapphire arrivò in quel periodo e il sesso riusciva ad annebbiarmi la mente. La cosa importante era la società che ebbe un picco di successi incredibile, Karla mi presentò inoltre altri consulenti da inserire nella società, alcuni suoi colleghi di altre banche, suoi coetanei ma anche più giovani. Mi consigliò anche di continuare a sfruttare il Connecticut come meglio volevo per la T-consultig, spostarmi a New Heaven e approfittare dei giovani laureandi a Yale. Fu effettivamente una bellissima idea non c'avevo pensato inizialmente, ma proseguii. Così da Hartford mi diressi a New Heaven ad aprire la seconda sede.
Non ebbi amanti in quel periodo, ero troppo preso dalla carriera che mi dava grande soddisfazione a differenza della mia vita privata.
La mia consolazione era il rapporto epistolare che si creò con Elisabeth Preston Davis. Mi raccontava qualsiasi cosa ed anche io presi a scriverle di tutto.
Gli aggiornamenti che mi arrivavano su Gabriel li passavo anche a lei. Ricevetti anche una lettera di Molly, dove mi riferiva che Lynn era partita e mi ringraziava per aver intercesso con l'accademia di cucina.
Lasciai il Connecticut, sicuro che Karla avrebbe gestito bene le filiali, decidendo di voler rischiare e aprire la consuling in un paese non proprio agevolato. Così mi trasferii in Brasile, a Rio de Janeiro per l'esattezza.
Qui conobbi Laura Moreiro e Julio Sanchez. Rispettivamente segretaria e ragioniere di uno studio amministrativo dal quale si erano licenziati. Laura era bella, molto bella! Mora, pelle scura e capelli ancora più neri. Il fisico era di quelli invidiabili. Iniziavo a comprendere il motivo per cui Simon Thompson fosse rimasto folgorato da Manila. Negli occhi scuri di Laura c'era un fuoco indescrivibile, sicuramente lo sapeva anche il marito dal momento che portava una bella fede al dito.
Evitai proprio di sedurla, però con lei e con Julio avviai la T-Consulting che anche tentennando riuscì a partire. A suo favore la società aveva il pregio di non avere rivali nel paese, la gente ancora poco si affidava a fare investimenti sicuri se non erano del settore. Ed io ero lì per loro. Non cercavo infatti i ricchi per poterlo fare una clientela sicura, ma il comune cittadino. Anche in questo mi aiutarono Laura e Julio, a trovare la giusta clientela.
Dopo un mese di assiduo lavoro, mi sorpresi ad essere sedotto io stesso da Laura. Eravamo rimasti soli in ufficio e Julio aveva raggiunto la moglie. Lei era rimasta. Mi chiesi il motivo, ma non mi aspettavo che mi saltasse addosso.
"Laura... sei una donna sposata." Le dissi.
"Sono una donna e con mio marito sono mesi che non abbiamo rapporti." Mi disse. "Lui è stato in chemioterapia e non ha molta voglia. Thomas per favore... solo per stasera." Mi disse baciandomi timorosa il collo.
Avvertii il mio uccello farsi duro. Cazzo se era bella ed eccitante. Però mi fermai. "Tuo marito è malato... non so Laura, non posso. Non mi intrometto nei matrimoni , figuriamoci se tuo marito è malato." Le dissi.
Mi guardò e quando scoppiò a piangere non riuscii a trattenermi. La strinsi cullandola. "Scusami! Non volevo ferirti."
"Allora fallo! Fammi sentire una donna ti prego. Pablo non lo scoprirà ed io mi sentirò di nuovo viva." Mi disse ritornando a baciarmi. Questa volta con passione, leccò le mie labbra e sollevandosi la gonna si mise cavalcioni su di me. Così non potevo resisterle decidamente. Le sue mani mi carezzavano il torace fino a scendere al cavallo dei pantaloni. Poteva avvertire la mia eccitazione.
La sollevai di scatto e spostando tutto dalla scrivania la presi lì, sul piano duro. Ero un bastardo. Mi stavo facendo la moglie di un malato terminale. Dopo l'amplesso guardai la donna. Cazzo se era seducente.
"Laura... non farlo più." Le dissi. "T-tuo marito." Lei singhiozzò. "Adesso sta bene ma... scusami Tom! Scusami... io..."
"Non piangere." Le dissi scostandomi. Le rassettai la gonna e mi misi io stesso in ordine. "Non lo volevi veramente." Le dissi.
"Amo molto Pedro." Disse ancora in lacrime. "Karla dice che sei un ottimo amante e che non chiedi relazioni serie e volevo provare." Mi poggia al muro disperato.
"Ma tu non sei Karla. Lei è una donna indipendente, non credo neanche sia innamorata."
"In realtà lo è! Convive con una persona." Mi rivelò.
Donne! Giustamente tra loro si parlavano anche a chilometri di distanza. "Ok! Stammi a sentire. Questa cosa non deve più accadere, so che sei giovane. Ma tu e tuo marito dovete trovare un modo... la malattia non deve allontanarvi, anzi deve...."
"Unirci. Lo so... Grazie Tom." Mi disse. "Ti giuro non si ripeterà più."
Annuii. "Lo spero." Le risposi.
Così fu! Mantenemmo un rapporto sereno dopo quella volta. Quando Pedro fu dimesso dopo l'ennesimo ricovero, Laura mi invitò addirittura a casa loro per conoscerlo. Scorpio che Pedro Suarez era stato un calciatore e che negli ultimi tre anni gli era stato diagnosticato più di un tumore. Prima al fegato, aveva subito un intervento e dopo la chemio si pensava potesse stare bene . Poi ne era uscito un altro ai polmoni, aveva iniziato da poco un altro ciclo di chemio.
"Che ne dite di raggiungere Karla in Connecticut? Secondo me avete altri pareri e cure più avanzate può aiutarvi." Proposi.
"Noi non possiamo. Ma grazie." Mi disse Pedro. Li guardai. "Voi potete. La T-consulting è stata assorbita dal gruppo KCG e questo prevede l'assicurazione sanitaria per tutti i dipendenti della società." Disse secco comprendendo le loro reticenze.
La coppia mi guardò felicemente sorpresa. "Sei serio? Ci sarebbe quindi modo di vedere altri medici?" Chiese Laura. "Si, ci sarà modo." Risposi. "Io dovrò partire a breve per la Germania. Ma vorrei che vi sentiate con Karla per organizzavi." Dissi.
Loro annuirono. Io per una volta mi sentii con l'anima in pace, forse con quell'azione volevo mettermi in pace la coscienza per essere stato con Laura. Ma mi sentivo bene.
Partii per la Germania più sereno, ma prima chiamai Karla dicendole di mandare la pratica di Rio de Janeiro alla KCG e di non dire a Laura che le cure al marito le avrei pagate io personalmente.

Segue...

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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...Continua

Tornai in Germania da Gabriel. Nonostante vivessi lontano volevo essere presente per mio figlio. Era il suo primo compleanno ed era importante che ci fossi anche io con lui.
In. quell'occasione azzardai e chiesi a Taddheus di aprire una nuova sede lì in Germania.
"Non solo Monaco. Anche Berlino o Francoforte che è più vicina. Qui sembra che i soci di papà si stuzzicano a vicenda. Cosa succede?" Chiesi a mio fratello.
Taddheus sospirò.  "Pensano che io favorisca Marco e Nicolas in quanto padre e fratello di Inga. Ma non è così. Te lo assicuro, hanno idee più innovative." Mi disse sincero.
"Dislocali, anzi me li porto io dietro,  posso testare come si comportano. Se come dici tu hanno idee buone, sarà più facile di ciò che dici aprire nuove sedi."
"E poi gli altri? Sicuramente ricominceranno, vogliono essere i migliori." Mi disse Tad.
"E lo saranno. Senti qui,  posto i Meyer a Norimberga,  poi dirò a Müller e Zimmer di scegliere una destinazione tra Berlino, Francoforte e Amburgo, per aprire altre sedi. Sistemò Norimberga con i meter e parto con uno di loro, dovranno prepararti una proposta eccellente per essere i prossimi." Dissi a Taddheus.
Parvi convincerlo. Così il progetto partì, non era poi qualcosa di mio, ma di Taddheus, per cui chiamammo la sede Keller Germany, la quota più alta della società fu di Taddheus. Che aprì col sessanta per cento. Io presi il venti e lasciammo agli altri tre soci della sede di Monaco di poter prendere un dieci per cento a testa. In fondo quella nuove sedi sarebbero state mie e di Taddheus, per ora papà non centrava nulla e loro dovevano capirlo.  Se gli amici di papà furono reticenti, i loro figli, Nicolas Meyer, Joan e Agnes Müller, Boris Zimmer, più ambiziosi accettarono quella nuova sfida e si misero anima e corpo a proporre nuove proposte. 
Dopo aver avviato la sede di Norimberga con Nicolas, raggiunsi Amburgo con Joan e Agnes Müller. Lui era mio coetaneo, lei si era appena laureata in economia ero sicuro che i due fratelli ci avrebbero dato soddisfazioni.
Taddheus aveva percepito degli attriti perché effettivamente i giovani, a differenza dei genitori, trovavano monotono il lavoro a Monaco. Volevano spingersi oltre e adesso noi gli avremo dato loro la giusta opportunità.
Con Boris Zimmer partimmo in ultimo per Berlino.
Fu un anno impegnativo ma fruttuoso. Mantenni i contatti con papà, Karla e Laura, Drake e Sean, nonché il rapporto epistolare con Isabella Davis.
Venni così a conoscenza della nascita di Joel, figlio di Sapphire, nato in contemporanea con Gellert, il primo figlio di Tad e Inga. Anche Molly e Sean sembrava avessero avuto un figlio, tutti intorno a me erano felici e io inerme mi sentivo sempre più solo.
Avevo solo il mio lavoro. Gettarmi nella T- consulting sarebbe stata la mia salvezza. Intanto Elisabeth mi avvertì che Andrew non voleva la aiutasse Sapphire in casa e che se proprio c'era bisogno avrebbe preso una tata. In quell'occasione telefonai a Elisabeth consigliandole di prendere qualcuno di fiducia, che potesse controllare comunque che Andrew non facesse del male a Sapphire. Se era riuscito a picchiarla quando era incinta, forse era violento di natura. Lei acconsentì alla mia richiesta e mi disse che avrebbe visto qualcuno con Andrew. Io la avvertii che avrei mandato qualcuno selezionato da Ebony, una cara amica di Sapphire nella City. Però tornai in Inghilterra. Con Ebony valutammo le ultime tate che si proponevano, alla fine optai per una giovane sedicenne di colore. Non tanto perché era giovane ed avesse lasciato la scuola, ma per la sua storia.
Dopo la morte del padre, Margot aveva dovuto rinunciare non solo a diplomarsi, ma lei e sua madre Hannah sarebbero rimaste senza casa. Potevo convincere Elisabeth ad assumere entrambe. Per Andrew sarebbe stato economico, uno stipendio per due persone, con vitto e alloggio. Ma, come dissi a Elisabeth, avrei pagato io lo stipendio a una delle due donne.
Per me era importante che Sapphire e mio figlio, avessero contatti con persone umili e che erano fedeli a noi e non a Andrew.
La tentazione di voler incontrare o vedere anche da lontano Sapphire era comunque forte. Così per distrarmi tornai a Manchester e aprii una terza T- Consulting in Inghilterra, a Liverpool. Sinceramente non sapevo se sarei riuscito a farla decollare, come quella di Manchester sembrava essere stabile. Ma non manteneva gli stessi canoni della sede a Londra.
Stessa cosa potevo dire anche per la seconda sede scozzese, ne avevo infatti aperta una ad Aberdeen. Pensavo che la posizione del paese e la ricchezza che aveva grazie al petrolio, potesse favorire un'agenzia internazionale. Ma non ci riuscii. Forse perché ero decisamente giù di morale. A Edimburgo avevo avuto modo di rivedere Sean e Molly. Vederli così felici col figlio Isaak mi fece stringere il cuore.
Molly lo accudiva gelosamente e non mi ci faceva giocare tanto. Però compresi che erano una famiglia molto unita, mi sarebbe tanto piaciuto esserlo anche io.
Ma non riuscivo. Probabilmente, per non sentirmi solo, avrei dovuto trovarmi un'altra amante almeno. Ero tornato al pub McAllister, mi avrebbe fatto piacere salutare Lynn. Tuttavia quando ero passato di là, suo fratello Gary, un ragazzo di appena diciotto anni, mi aveva detto che Lynn non era rientrata più in Scozia dopo essere andata all'accademia di cucina a Londra.
La goccia che fece traboccare il vaso, fu però quando tornato a Londra, Drake e Ebony mi avevano annunciato il loro matrimonio. Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo, ne restai comunque sconvolto.
"Ne vogliamo approfittare che sei qui in Inghilterra. E ti vorremo come testimone amico." Mi disse Drake.
Non potetti rifiutare. Non con quelle premesse. Alla fine andai da solo al matrimonio, la damigella di Ebony, sorella di Molly mi fu assegnata come accompagnatrice e mi andò bene. Conoscendo Molly e sapendo quanto fosse moralista non ci provavo neanche con sua sorella. Non quando la rossa poi mi fissava con ammonimento.
Fu il motivo per lasciare di corsa la Gran Bretagna. Non riuscivo a lavorare bene lì, tutto il mio potenziale si perdeva nella depressione che mi accoglieva.
"Devo... tornare in Germania da mio figlio e controllare le sedi in America. Sono stato anche troppo qui." Dissi an Elisabeth aggiornandola sul mio indirizzo in Germania. "Passo a trovare Edward e Martha e vado." Le dissi.
Partii così per il nord Europa. Mi fermai in azienda a Monaco prima di raggiungere la mia famiglia, forse avevo perso lo smalto? Non ero più in grado di fare il mio lavoro? Se mi toglievano anche quello ero finito.
Decisi che avrei reagito! Dovevo ritornare in carreggiata. Compresi che partire per la Gran Bretagna era stato l'errore più grande che potessi fare. Essere lì con i miei amici mi aveva dimostrato che loro erano andati avanti, ce l'avevano fatta. Avevano costruito anche una famiglia e sicuramente presto avrei avuto notizie anche da Drake. Lui e Ebony si erano sposati, sicuramente erano pronti a formare una famiglia.
Valutai quindi la prossima mossa da fare, restare in nord Europa era la migliore opzione. Si! Sarei andato in Lussemburgo, a Bruxelles. Avrei aperto lì la mia prossima T- consulting, poi sarei partito. Rientrare in America a controllare le altre sue sedi, aprirne una a New York. Cazzo la grande mela faceva gola a tutti, perché non a me? Stilai un piano di lavoro. Per aprire e avviare una consulting bene o male ci mettevo quattro mesi. Sarei andato a Bruxelles subito dopo il compleanno di Gabriel. Poi dopo aver avviato la società sarei tornato in America. Il programma americano era andare New York, poi in Pennsylvania a Filadelfia, nel Delaware ancora e sarei sceso infine nel Maryland a Baltimora. A queste sedi si alternavano quelle europee, l'Italia era il mio primo obbiettivo, a seguire Parigi e perchè no, mi sarei espanso anche in oriente, dovevo decidere strada facendo. Uno dopo l'altro avrei aspettato di vedere prima i risultati del mio lavoro poi avrei azzardato. Mi stavo adagiando e non andava bene.
I miei buoni propositi erano andati a farsi fottere. Avevo deciso, dopo aver festeggiato il secondo compleanno di Gabriel sarei partito e avrei continuato a portare avanti i miei propositi.
Se ci riuscii? Ovviamente sì! Ero di nuovo motivato e avevo reagito bene. Stavo diventando un freddo uomo d'affari, più ottenevo, più volevo avere. Non avevo freni e anche se non avevo una vita privata rosicavo a trovare una donna che mi scaldava il latto se solo lo volevo. Non avere il tempo di costruire relazioni, non significava non poterne avere, sopratutto come nel mio caso.
Non ero ipocrita , avevo sempre saputo di essere un bel ragazzo, prima di Sapphire non mi ero mai impegnato con nessuna, era sempre bastato uno sguardo per una facile conquista. Adesso a differenza di quasi tre anni le cose erano tornate come prima . Ero maturato però e questo mi rendeva consapevole di essere più attraente agli occhi delle donne. Il mio fisico era più tonico grazie alle ore di corsa che mi concedevo ogni mattina presto, quando liberavo la mente e mi rilassavo completamente, in qualsiasi paese mi trovassi. Mi piaceva molto concedermi anche alle piscine e fare qualche vasca, ma restando pochi mesi in ogni metropoli mi risultava difficile organizzarmi. Ero una meteora, oggi c'ero e domani ero andato via.
Ma non ero così sprovveduto. Non lasciavo poi i frutti del mio duro lavoro al vento. Adesso che avevo un largo giro di consulting infatti, avevo iniziato ad essere più cauto. Se con Drake, Karla, Laura e Julio mi ero mosso a istinto, da New York in poi le cose erano cambiate.
Avviavo sempre la società da solo. Cercavo una sede che potesse dividersi sia in ufficio pubblico che una piccola aria che potessi chiamare casa. Poi iniziavo a far salire la T-consulting, quando arrivavo a metà del mio obbiettivo iniziavo ad assumere consulenti della zona, infine quando credevo di essere a buon punto chiamavo un consulente, di fiducia ,dal Connecticut o dalla sede centrale della KCG di Boston e lo mettevo a capo dell'ufficio di zona.
Con questa premessa partii di nuovo per l'Europa. Durante quell'anno ero stato parecchio assente per Gabriel e la cosa non andava molto bene. Non volevo che mio figlio si dimenticasse di me. Taddheus mi diceva che non lo permetteva e che non si azzardava a prendere il mio posto . Ma non era neanche giusto che lasciassi a lui l'educazione di mio figlio, anziché prendermene cura io. Restavo in Europa sei mesi all'anno separandoli in modo equo. Tre mesi in Europa e disponibile per Gabriel, altri tre mesi in America, poi di nuovo Europa e America. A settembre ero sempre in Europa, così da poter festeggiare il compleanno del bambino. Al contrario a dicembre Gabriel ci raggiungeva con la famiglia di Taddheus a casa di papà per festeggiare il Natale tutti insieme.  Anche quando ero iniziato a partire per l'Asia. La prima tappa era stato il Giappone e il primo assistente che avevo cercato era stato un ottimo interprete. Come era prevedibile la T-consulting di Tokyo schizzò subito alle stelle, con una partenza inaspettata per Nicolas Meyer , che chiamai a seguire la sede dopo neanche un mese dal mio arrivo. In quel posto avevo trovato la pace dei sensi! Lo ammetto, ero rimasto a Tokyo anche per godermi un paese fino ad allora sconosciuto. Dopo il Giappone ero arrivato a Pechino in Cina e successivamente a Giacarta in Indonesia.
Durante quell'anno quando fui in Germania Agnes Müller mi propose di aprire un'altra
Germany, spalleggiata da Taddheus.
"A Francoforte. Amburgo va avanti che è una bellezza, ma Joan non mi include più come all'inizio. Temo stia preparando la strada al suo primogenito che è coetaneo di tuo figlio Gabriel. Fa poco lavoro di squadra e anche io vorrei farmi un nome nell'azienda. Non sono più una neo laureata in finanza internazionale." Mi disse.
Sapevo che la Germany non mi avrebbe portato tanti introiti,: sarebbe andato tutto a favore della società di mio fratello. Nonostante ciò accettai la proposta di Agnes mandandola per prima a Francoforte.
"Inizia a cercare la sede e assicurati che possa essere un doppio appartamento dove si possa sostare. Quando sei pronta ti raggiungo." Le dissi indicandole Gabriel che come sempre quando ero lì, mi portavo dietro in ufficio.
Nonostante avesse quasi quattro anni già sapeva scrivere i numeri e il suo nome, inoltre sapeva anche contare fino a venti. 
Agnes accettò anche questa condizione. Così una volta partita ne approfittai per stare con Gabriel e mio nipote Gellert.
"Indovina un po'..." dissi quella sera a cena.  "La nostra sorellina e James aspettano il loro primo figlio." Annunciai.
Mio fratello si scambiò uno sguardo con la moglie. Non era positivo, anche se avevo la coscienza pulita e sapevo che non avevo fatto nulla di male, mi sentivo sotto accusa. "Ci sta! Si sono sposati già da due anni." Rispose Taddheus.
"La giusta conclusione." Dissi io. Anche Drake mi aveva scritto che con Ebony aspettavano il primo figlio.
"In realtà anche noi pensavamo di allargare la famiglia più avanti." Disse Inga.
Li fissai. "Non dovete mica chiedermi il permesso." Ironizzai alla sua affermazione. In fondo era la loro famiglia.
"Te lo diciamo perché prima vorremo inserire Gellert e anche Gabriel, se a te sta bene, in un colllegio." Mi disse Tad.
"Un collegio?" Chiesi sorpreso. "Perché? Non va bene un qualsiasi asilo privato?" Chiesi.
"Come ben sai mensilmente ho il controllo delle altre sedi. Ne faccio una al mese, ma se aprirai anche la sede di Francoforte, sarei impegnato sempre di più. Inoltre volevo provare ad aprire una sede anche solo io, a Dortmund o Colonia, senza il tuo aiuto." Mi disse e questo potevo capirlo.
"Come ben sai, lavorando anche io alla KCG, che parta o meno con lui, comunque in sua assenza dovrei essere presente in sede. Potremo non seguire come si deve i  due bambini."
"E volete mandarli in un collegio?" Chiesi.
Tad annuì. "Ci siamo già informati. Il collegio Santa Maria è una scuola privata che iniziava dalla preparatoria alle superiori. Inoltre dalla scuola primaria in poi ha un alto valore curricolare." Mi spiegò Tad.
"Posso prendere Gabriel con me. Lo porto via." Dissi, il pensiero di un collegio mi dava l'idea di un abbandono.
"Lo porteresti indietro in giro per il mondo?" Mi chiese inorridita Inga. "Chi lo guarderà mentre sei a lavoro... che so io! A Parigi."
"Beh..." boccheggiai. "Non lo so. Mi sembra ancora piccolo." Ammisi.
"Sarebbe col fratello. Inoltre al week end possiamo sempre andare a prenderli e portare a casa con noi."
Annuii. "Posso... posso provare a portarlo dietro con me?" Chiesi a Inga. "Adesso che vado a Francoforte. Così se non riesco a gestirlo, ritorniamo a Monaco." Proposi.
Lei mi guardò titubante sospirando. "Va bene Thomas. Ma qualsiasi cosa... tu chiamami subito."
"Grazie Inga. Giuro, ci comporteremo bene tutti e due." Ironizzai.
"Si si! Siete due angeli." Rispose a tono Taddheus.
La serata si spostò su argomenti neutrali. Eppure il tarlo del discorso appena affrontato si era insinuato nella mia mente.
Una settimana dopo io e Gabriel, partimmo per Francoforte. Agnes ci aspettava in un ufficio nel Polo finanziario di Francoforte.
Non era sola, aveva già anche trovato un'assistente, una centralinista e un consulente. Nel nostro ufficio c'erano già dei progetti e un grafico sulle proposte e gli investimenti. Sicuramente Agnes Müller era un buon investimento. Era molto mascolina, non grassa ma robusta, i capelli castani rossicci erano portati corti e indossava sempre un tailleur classico dai toni scuri.
Portavo sempre Gabriel con me in quel periodo. Lo tenevo nel nostro ufficio e quando io e Agnes parlavamo educatamente non si intrometteva mai. Ma seguiva curioso ciò che facevo. Meno di un mese e sapevo che con il talento di Agnes, la consulting sarebbe partita benissimo.
Alla fine ci raggiunse anche il padre, Hugo seguiva il nostro lavoro con interesse e aveva preso l'abitudine di mettersi da parte con Gabriel curioso dalle sue capacità.
"Ah! Se anche il figlio di Joan fosse già così perspicace e sveglio." Disse il vecchio Müller quando finimmo di lavorare. "Forse dipende dalla madre che ha più un lato estroso." Sospirò.
"O forse non è curioso come Gabriel." Gli risposi prendendo mio figlio in braccio. "Ho un altro figlio con dieci giorni di differenza da lui. Ma hanno la stessa tendenza con i numeri e a voler imparare." Dissi riportando le parole di Margot a Müller. "Sapphire e i numeri non vanno d'accordo..." ricordai. Saph era brava a mettere le persone a proprio agio, infatti aveva la tendenza a trattare con i clienti mentre erano in attesa. Lei era stata la parte più umana del mio lavoro. "Infatti lavora alle risorse umane." Conclusi.
"Mi hai detto che comunque anche suo figlio ha la tendenza a giocare coi numeri." Affermò Müller.
"Curiosità! Hanno la giusta curiosità." Dissi solleticando Gabriel. "Noi adesso andiamo a mangiare. Venite con me o volete restare in famiglia?" Chiesi.
"Mi piacerebbe cenare solo con mia figlia."  Mi disse Müller.
"Capisco. Allora noi andiamo,  non mi piace cambiare gli orari di Gabe. A domani." Li salutai continuando a tenere mio figlio in braccio.
Lui prese a chiacchierare e fare le classiche domande perché? E che cos'è? Senza sosta.
Sorrisi. Gabriel era un bambino tranquillo e riuscivo a gestirlo anche da solo. Mi sarebbe piaciuto che non andasse in un collegio e tenerlo con me se era il caso.
Ma non sapevo se era più egoistico verso di lui chiuderlo in una struttura o portamelo dietro in giro per il mondo.
Dovevo valutare ed avevo poco tempo, la Germany consulting non aveva problemi e potevo benissimo lasciala nelle mani di Agnes. Restavo un altro po' solo per non separarmi da Gabriel.
Indubbiamente dovevo rientrare a Monaco per il suo compleanno, quindi presto avrei dovuto dirgli arrivederci. Inga non voleva che stesse separato per tanto da Gellert e questo potevo capirlo. Io e Taddheus ci eravamo supportati sin da piccoli, sarebbe stato bello che anche Gabriel e Gellert mantenessero lo stesso rapporto.
Il giorno dopo quando rientrai in azienda il vecchio Müller non era con Agnes. Ne rimasi stupito, dal momento che credevo volesse aiutarci.
"Come mai è andato via?" Chiesi.
Lei fece spallucce. "Era venuto per propormi un matrimonio con il figlio di un suo amico." Disse lei secca.
"Anche qui in Germania fanno matrimoni combinati?" Chiesi cinico.
"Mi concentro sul lavoro e papà si preoccupa. Ho venticinque anni e nessuna intenzione di fidanzarmi." Dichiarò.
"Sei giovane ancora. Non farti influenzare da tuo padre." Le dissi iniziando a digitare delle liste sul computer.
"Anche perché non mi precludo di divertirmi con relazioni sessuali." Disse lei iniziando a lavorare come me.
Risi! Potevo capirla, anche io ero così. "Avresti dovuto far conoscere il tuo ultimo amante a tuo padre. Forse si sarebbe rassicurato." Le consigliai con lo sguardo sul computer.
"Non posso! Al momento chi desidero non mi si fila e non sono una seduttrice, non so esserlo." Mi rispose secca.
Ancora risi. "Allora diglielo e basta. Funziona più di ciò che pensi." Le dissi salvando il file e passando al successivo.
"Dici?" Mi chiese e annuii intanto che passavo i colori a Gabriel. Agnes non aveva completamente la mia attenzione. "Vieni a letto con me?" Sentii.
Mi voltai verso di lei. Mi stava fissando in attesa.
Mi guardai intorno, non c'erano ne l'assistente, ne gli altri due consulenti della consulting in giro. Lo aveva detto veramente a me?
La fissai. Aveva ragione, non era una seduttrice e la sua era una bellezza molto mascolina. Delle donne mi piaceva che si facessero capire con uno sguardo eloquente, non con le parole. Ma effettivamente ero stato io a dirle di essere diretta ed era un bel po' che non facevo sesso.
"Ordina la cena per stasera. Restiamo qui... a Gabriel va bene della salsiccia con patatine fritte.
Quando chiudiamo mangiamo di là e dopo che Gabe si è addormentato sono tutto tuo." Le dissi.
"Quindi hai accettato?" Mi chiese.
Ancora risi. "Si! E sai cosa? Da te mi aspetto dominazione e non sottomissione." Si così forse quella cosa mi avrebbe intrigato molto di più. "Ti lascio tutte le libertà che vuoi nel gestire il rapporto. Sappi però che una volta lasciata Francoforte non tornerò qui per un po'. Quindi come inizia così finisce."
Lei mi fissò concedendomi un sorriso malizioso per la prima volta da quando la conoscevo. "È proprio ciò che voglio."
Così per i successivi quindici giorni io e Agnes intraprendemmo una relazione sessuale molto attiva.
Lasciai Francoforte a metà agosto, lasciando Agnes lì a gestire la consulting. Al rientro a Monaco lasciai a mio fratello i tabulati della consulting poi dopo aver giocato un po' con i bambini andai a fare una doccia.
Quando tornai Inga aveva messo già a letto i bambini. Probabilmente si aspettavano una risposta per il collegio prima che partissimo per le vacanze in Italia.
"Gabriel è stato tranquillo a Francoforte, siamo stadi sempre insieme.  Credo che potrei portarlo dietro senza problemi in realtà." Dissi sincero. "Però è anche vero che se lo porto in America guadagnerebbe di stare con i nonni, ma non crescerebbe con Gellert." Spiegai.
"Quindi lo mandiamo in collegio?" Chiese Inga.
Scossi la testa. "No! Credo che Gabriel sia abbastanza sveglio da sapere cosa vuole anche se ha quasi quattro anni. Gli chiediamo se vuole andare col fratello o dai nonni." Dissi sinceramente. "È l'unica soluzione che ho trovato per non fare una scelta egoista."
"Vuoi chiedere a lui?" Mi chiese Tad.
"Si, gli chiederemo se vuole stare per un po' con i nonni o andare con Gellert." Dissi.
"Può essere la scelta migliore. Domattina glielo chiederemo." Rispose Taddheus.
Inga sospirò. "Come faremo quando poi Gabriel dovrà andare alla scuola dell'obbligo? Non potrà più viaggiare con te allora."
"Si, ma mancano due anni. Facciamogli continuare la materna poi vedremo." Chiesi a Inga.
"Domattina chiederemo a Gabriel cosa vuole fare." La chiuse lì Taddheus.
Sia io che Inga dovemmo accettare e non discutere più.
Andammo a dormire e il giorno dopo chiedemmo a Gabriel cosa voleva fare dopo il suo compleanno. Se stare in Germania con i genitori e Gellert, oppure in America col papà e i nonni.
Il bambino era sembrato titubante chiedendoci. "Gellert non verrà dai nonni?"
"Non adesso tesoro." Gli rispose Inga. "Gellert andrà in una nuova scuola qui a Monaco. Verremo in America a Natale, come sempre."
Gabriel mi fissò. "Vado nella scuola nuova con Gel! È piccolo e si sentirà solo." Rispose.
Giustamente mio figlio pensò al fratello.
Annuii. "Va bene campione. Se è questo che vuoi resterai con Gellert. "
Guardai Inga e Taddheus. "Per quest'mano possiamo festeggiare prima il suo compleanno o dovrà partire il primo?" Chiesi.
"Inizia già il due settembre. Quando rientrano per il fine settimana però, potremo tenerli fino al martedì e dopo aver festeggiato li facciamo rientrare." Mi spiegò Taddheus.
Mi si strinse il cuore. Se quella era la situazione allora potevo rientrare in America subito dopo il compleanno di Gabriel. Sospirando mi tirai su. "Va bene. Vado a prendere il mio trolley così partiamo per l'Italia." Dissi lasciandoli.
Mi godetti quei dieci giorni in Sardegna con mio figlio e mio fratello. Stavo più con i bambini che con loro in realtà. Evitavo proprio di fare da terzo incomodo oppure guardarli e comprendere che c'era qualcosa che mancava nella mia vita.
Come mi ero prefissato tornai al lavoro subito dopo il compleanno di Gabriel. Avevo anche avuto modo di poter conoscer il collegio e vedere dove sarebbe cresciuto Gabriel e il posto mi era piaciuto molto.
Mio figlio avrebbe avuto col tempo una formazione eccezionale, sarebbe diventato indipendente ed avrebbe fatto tutte le attività che avesse voluto fare.
Dal momento che il mio rientro in America era previsto per ottobre, per la prima volta mi concessi un viaggio di solo piacere.
Andai in Australia, a Melbourne e mi godetti le soleggia e il surf. L'oceano sembrava proprio chiamarmi e dirmi: vieni cavalca l'onda. Furono dieci giorni in cui mi rilassai e pensai a cosa fare della mia vita. Avevo ventinove anni quasi e presto sarei dovuto salire in carica alla KCG. Dovevo fermarmi o continuare quel cammino che mi ero prefisso?
Non lo sapevo. Avrei continuato però, fino a quando non sarei salito alla presidenza della KCG. Ne volevo aprire una in quel paese sicuramente. Inoltre volevo concludere ciò che mi ero prefissato.
Si! Decisamente avrei continuato a costruire il mio impero, poi una volta a capo della sede madre, mi sarei organizzato diversamente. Non sapevo quanta libertà si movimento avrei avuto. Soprattutto tenendo in considerazione che Gabriel viveva in Germania.
Tornai a casa e quando a fine anni controllai il capitale e quanto avrei dovuto pagare di tesse compresi che potevo scaricarle con qualcosa di grosso.
Grosso, che avrei di sicuro utilizzato e che probabilmente avrebbe abbattuto altri costi. Mi regalai un jet privato! A gennaio partii per un controllo generale sulle varie T-KCG della east coast. Per l'occasione Karla mi presentò sua moglie Lindsey stupendomi. Non avevo capito che fosse bisex fino ad allora. Dopo essere stato nel Connecticut che mi aveva portato via più tempo per tutte le sue succursali, andai a controllare tutte le altre sedi, ci restai una settimana per ognuna di loro. Tornato a Boston a metà febbraio trovai il mio jet privato pronto in aeroporto.
"Io e tua madre veniamo con te nel tuo prossimo viaggio figliolo." Mi disse papà. "Dobbiamo battezzarlo."
Sorrisi. Ovvio che a papà stuzzicava l'idea di un jet privato. "Perché non ne hai mai preso uno anche tu?" Chiesi.
"Forse perché non sono stato scaltro e perseverante come te." Mi rispose con un sorriso. Gli occhi castani, gli stessi di Gellert, mi fissavano vivaci. "Ho preferito dare la priorità a tua madre e alle poche sedi che avevo tirato su."
"Credo si possa fare entrambe le cose se lo si vuole." Dissi a papà. "Comunque preparati. Chiedo a reverendo Jordan di benedire l'aereo e partiamo per la prossima tappa."
"Che sarebbe?" Mi chiese papà.
Risi. "Milano. Devo tornare in Europa per trascorrere la Pasqua con mio figlio." Dissi.
"Oh! Mi fa molto piacere. Io e tua madre verremo con te in Italia, ci godremo un po' il bel paese e poi raggiungiamo Taddheus." Disse papà stilando il suo bel programma.
Per me potevano fare tutto ciò che volevano. Anzi se non lo facevano adesso, quando. "Sapete cosa ti dico? Una volta in Italia vi lascio il jet. Godetevi l'Italia, fate un bel viaggio." Proposi.
"Lo faremo. Appena sarai salito alla presidenza." Mi disse papà.
"Manca tempo ancora."
"Meno di un anno." Mi ricordò papà. "Così ti fermerai e metterai su una bella famiglia."
Lo fissai serio. "Non sono interessato." Dissi secco andando via.
Organizzato il nostro viaggio, come promesso mio padre dopo quindici giorni a Milano era partito per Monaco. Io avevo aperto la sede italiana e stavo portandola per bene avanti. Dopo aver fornito alla sede uno staff soddisfacente partii verso Monaco, dove i week end passavo a prendere Gabriel e Gellert.
I miei genitori decisero di restare in Europa fino al mio ritorno e io partii per l'America. Valutai come estendermi. Volevo concludere l'estensione delle consulting nel east coast, ancora non avevo terminato il new England. Ma essendo Rhode Island e il Vermont molto vicine, avrei potuto lavorarci anche una volta divenuto presidente.
Sarei andato in Virginia, avrei dedicato quei tre mesi ad espandermi lì, inoltre avrei portato dietro con me un team molto più folto. Dovendo sostituire papà alla KCG la mossa migliore era affidare ad esperti l'espansione della T-KCG. L'avrei aperta, mi sarei fatto conoscere dalla società e dai consulenti in entrata e sarei partito lasciando tutto nelle mani di consulenti fidati. Per l'occasione chiesi a Karla se fosse disposta a passare un mese circa a Charleston ed ella accettò. A fine giugno ricevetti una strana mail da Elisabeth.
Hannah aveva riferito che Margot era incinta, ma sapeva per certo che la figlia non avesse un ragazzo. Ormai le lettere di Margot mi avevano rivelato da un po' che quell uomo era un violento con Sapphire, purtroppo non potevo far nulla poiché la mia ex non denunciava i fatti. Ebbi il sospetto che forse Margot aveva subito un abuso da lui. Lo scrissi ad Elisabeth rivelandole ciò che sapevo dalla tata. Ovvero che Andrew aveva dei lapsus momentanei con Sapphire e quando pensava faceva qualcosa di sbagliato, la picchiava. Poteva avere abusato anche di Margot?
La risposta di Elisabeth mi giunse prima di quanto previsto. La madre di Andrew mi rivelò che l'uomo aveva la tendenza alla violenza, poiché la stessa Sapphire le aveva confidato che Joel era nato da un abuso.
Mi si strinse il cuore quando lo scoprii. Elisabeth non riusciva a farsi capace di essere la madre di un uomo simile e Sapphire non lo denunciava, forse neanche Margot lo aveva denunciato. Avevo lasciato la donna che amavo a un mostro e la cosa peggiore era che non potevo aiutarla. Fin quando a Sapphire la cosa sarebbe andata bene io restavo inerme.
Ero incerto se andare o meno a trovare Elisabeth in Inghilterra e parlarle di persona, oppure restare sulle mie nel nord Europa. Sapevo che pensare a Sapphire mi debilitava, andare in Inghilterra sarebbe stato un suicidio, soprattutto se lei manteneva la sua posizione. Sapphire aveva il brutto difetto di essere molto testarda. Sicuramente sarei partito più tardi. Mi ero attardato per Pasqua in Europa ed ora dovevo cambiare i miei tempi lavorativi anche in base al nuovo impiego.
Infatti partii per l'Europa ad agosto anziché a luglio. I miei genitori mi aspettavano rilassati e mio figlio mi corse incontro poiché gli ero mancato.
"Sei stato via tanto." Mi disse con i suoi occhioni scuri così simili ai miei.
"Hai ragione. Ho dovuto sostituire il nonno al lavoro, per questo ho fatto tardi." Gli risposi.
Cazzo se era cresciuto in quel periodo. Stare lontano da casa, in un collegio, lo aveva reso più maturo. Eppure aveva solo quasi cinque anni.
"Quindi dove andiamo in vacanza?" Chiesi al bambino per mettergli allegria. "È agosto, sono venuto solo per te. Niente lavoro." Annunciai.
Gabriel rimase sorpreso e non fu il solo. Ci fu silenzio intorno a noi, interrotto solo dall'applauso di mia madre.
"Oh finalmente! Qualcuno l'ha capita." Disse soddisfatta.
"Dove vuoi andare Tom?" Mi chiese mio fratello sorpreso.
Guardai i miei. "Decidete voi. Reputo di essere ancora giovane e girare ancora per molto per il globo."
Papà mi fissò divertito. "Voglio vedere le Highlands." Mi disse.
Sorpreso lo fissai. "Proprio lì?" Chiesi.
"Hai affittato una villetta o sbaglio?" Mi chiese in risposta.
Annuii. "Avverto Martha e Edward che stiamo arrivando."
Il viaggio per la Scozia fu breve se all'inizio Taddheus e Inga erano stati titubanti dalla cosa. Appena messo piede sul suolo scozzese le cose cambiarono. La natura circostante aveva fatto la magia incantando tutti. Edward e Martha Cooper ci accolsero con entusiasmo nella villetta che avevo preso loro anni prima. Non ricevevano mai visite e doveva essere Martha ad andare a trovare la figlia e non viceversa. Trovavo che il padre di Saffi, stesse molto meglio di come l'avevo visto l'ultima volta cinque anni prima. Martha accolse subito Gellert e Gabriel nel suo abbraccio caloroso. Mi prese Gabriel da braccio e lo coccolò dicendogli che aveva preparato un dolce solo per loro. Intanto presentai ai Cooper la mia famiglia. Fu un periodo rilassante.fin quando Marta non mi raccontò i dubbi su quello che accadeva in casa di Sapphire. Le dissi di parlarmene in presenza della mia famiglia, non nascondevo nulla ai miei genitori. Anzi parlavo spesso con papà di quella situazione, proprio perché sapeva come consigliarmi. In fondo era stato lui a consigliarmi di mandare lì in Scozia Edward, per disintossicarsi dal gioco.
Martha mi rivelò che aveva dei sospetti su Margot.
Quando era stata a trovare Sapphire il mese prima, mio figlio Tom le aveva raccontato che la ragazza piangeva la notte, forse perché era stata picchiata, sotto gli occhi del bambino, da Andrew.
"Ha saputo spiegarti anche quale poteva essere stata la furia scatenante di quelle azioni?" Chiesi a Martha.
"Gli chiesi perché lo aveva fatto e Tom mi rispose: Lei ha sgridato papà perché mi voleva picchiare. Così papà l'ha picchiata e l'ha messa sotto facendola piangere." Spiegò la donna.
Mia madre inorridì. "Possibile che il bambino abbia assistito allo stupro? Mettendola sotto potrebbe voler dire anche questo."
Martha annuì. "Tom mi ha detto che le ha dato uno schiaffo, poi l'ha messa sotto di sé e l'ha fatta piangere. Lui non ha capito perché lei piangeva, mi ha detto Tom che le ha dato un solo schiaffo. Il piccolo ingenuamente ha detto, forse papà pesava. O lo schiaffo le ha fatto tanto male." Mi spiegò.
"La violenza deve essere accaduta proprio in quel momento." Affermai.
"Può essere, Tom mi ha raccontato che l'ha tenuta tanto sotto di sé e lei piangeva urlando no ti prego. Io non so se dispiacermi molto per Margot o per Tom che ha dovuto assistere ad una cosa del genere." Concluse Martha.
"Posso sapere come fa Tom ha riconoscere uno schiaffo? Ha solo cinque anni e neanche." Chiesi a Martha. Possibile che Andrew urlasse queste cose contro Sapphire?
"Temiamo purtroppo, anche se è un'ipotesi del racconto del piccolo." Intervenne Edward. "Che Andrew probabilmente minaccia Tom dicendo di picchiarlo, forse con degli schiaffi." Concluse amareggiato l'uomo.
"Ma certo." Disse papà guardandomi, le mani strette a pugno. "Margot si è intromessa quando voleva picchiare Tom."
"È stata colpa mia. Ho consegnato mia figlia e mio nipote a Andrew su un piatto d'argento." Disse disperato Edward mettendosi le mani in viso.
"Ma denunce non ce ne sono?" Chiese Inga disgustata. "Il bambino ha l'età di Gabriel, giusto?"
Annuii. "Hanno nove giorni di differenza."
"Perché non lo fai venire a Monaco?" Propose lei alla mia risposta. "Iscrivilo al collegio con Gabriel, staranno insieme e il bambino sarà al sicuro, lontano da quel mostro." Mi disse.
"Non so..." blaterai. Ancora con la storia del collegio.
"Andiamo Thomas! Preserva preserva tuo figlio. Io capisco che non puoi intervenire nella vita di Sapphire, ma proteggi tuo figlio"
Guardai mia cognata. "Sai che sono contrario al collegio. Non è che Tom sia diverso da Gabriel, non mi piace l'idea che crescono in un collegio."
Lei sbuffò. "Lo so che non ti piace, però questo è un buon compromesso, con motivazioni diverse da quelle fatte fino ad ora." Mi disse intanto che sentivo Tad spiegare ai Cooper del collegio che stavano frequentando Gabriel e Gellert.
"Io ti sto dicendo di inserire anche Thomas al collegio, così i due fratelli crescerebbero insieme. Gabriel tuo figlio crescerà con entrambi i fratelli e conoscerà Thomas. Andiamo anche tu sei andato in un collegio da bambino me lo ha detto Tad." Concluse. Sicuramente Inga se avesse voluto sarebbe stato un buon avvocato.
"Io andavo al Latin Boston, la sera tornavo a casa." Precisai.
"Ovvio, perché tua madre era a casa. Inoltre noi andiamo a prendere i bambini per il weekend quando siamo a casa e lo sai." Disse Inga.
"Potremmo prendere anche Thomas." Intervenne a favore della moglie Tad. "Se temi sia chiuso in una prigione ci siamo noi, cerchiamo di fargli fare una vita abbastanza normale senza che subisca dei traumi infantili."
Mio padre mugugnò. "Il piccolo inconsciamente ha assistito ad uno stupro." Disse. "Non è normale per un bambino che ancora deve compiere cinque anni, avere delle esperienza cosi traumatiche."
"Questo collegio è una buona occasione." Intervenne Martha. "Se non vuoi Thomas, potremo spingere Sapphire ad iscrivere il bambino al collegio che frequentò lei. Come il Santa Maria di Monaco, accompagnerebbe il piccolo durante tutta la sua crescita.
"Manca poco a settembre. Iscriviamolo per ora, poi si vedrà." Disse mamma.
Stavano proprio tutti spingendomi su quella strada.
"Quando sarai in Europa potresti incontrare il bambino." Mi disse papà. "Non come adesso figliolo che devi sapere di lui dagli altri."
"Non dovrei salire in presidenza all'anno nuovo?" Affermai.
"Dovresti si! Ma so anche che ti stai organizzando per continuare a costruire il tuo impero, vuoi andare in Australia, significa che ancora viaggerai Tom." Disse papà. "Probabilmente grazie ai tuoi figli potresti anche fermarti e non stare attaccato alla tua carriera."
Guardai mio padre. Non poteva togliermi l'unica cosa per cui mi svegliavo la mattina. "La mia carriera è la mia unica compagna. Non credere che ci rinunci tanto facilmente." Gli dissi dandogli le spalle.
Ignorai tutti nel momento stesso in cui mi chiamarono. Uscii all'aperto raggiungendo mio figlio che giocava con Gellert sotto lo sguardo vigile della governante dei Cooper.
"Papà sei venuto a giocare con me?" Mi chiese felice Gabe.
Gli sorrisi. Mi somigliava così tanto ed era così perfetto e bello. Lo presi in braccio annuendo. "Vuoi giocare? Facciamo uno dei giochi chi fai al collegio?"
"Si! Ne conosco uno bellissimo. Lo faccio con i più piccoli però. Nella mia classe ci sono solo femmine." Disse con una smorfia contrariata.
Risi. "Ti andrebbe qualche amico delle tua età Gabe. Conosco un bambino che vive a Londra sai?"
"Davvero papà, puoi far venire un compagno per me? Gellert riesce a giocare con Didier. Ma hanno la stessa età. Voglio anche io un amico della mia età." Disse speranzoso mio figlio.
Poteva essere quella la soluzione. "Dovrei convincere la sua mamma tesoro. Se riesco avrai qualche amico maschio della tua età al collegio."
"Bellissimo. Sei super papà." Festeggiò Gabe. "Che regalo vorresti per il tuo compleanno Gabriel?" Chiesi cambiando argomento.
"Mi basta l'amico papà." Disse facendo l'aeroplano.
"Potrei non riuscire a trovare un amico per te." Gli ricordai.
"Ci riuscirai. Io credo in te papà." Mi disse abbracciandomi.
Potevo stare bene già solo così. Mio figlio credeva in me e tanto mi bastava.
Durante quel mese visitammo la Scozia da turisti. Tornai ad Aberdeen dove Molly e Sean. mostrarono la T- consulting a mio padre. Per l'occasione consegnai a Molly una lettera per Sapphire.
"Puoi restare a Londra fino a quando Sapphire non ti chiamerai e le spieghi cosa vorrei per mio figlio?" Le chiesi.
"Cosa vuoi le dica?" Mi disse lei.
"Dille che ho occhi e orecchie a casa sua. Che mio figlio deve stare lontano da Andrew, per questo voglio che faccia ciò che ho scritto nella lettera." Le dissi.
"Va bene Tom, se è questo che vuoi." Mi rispose lei.
Era quello che volevo si! "Tuo figlio è coetaneo di Gabriel? Potrebbero giocare insieme adesso che siamo qui." Le proposi.
"N- no... lui è... dai nonni a Londra." Mi rispose. Provai una stretta al petto. Mentiva! L'amica in comune che avevo con Sapphire mi stava mentendo.
Tornai al McAllister ravveduto, avrei parlato con calma e senza i miei gentili presenti a Molly. Al pub tornai a mangiare gli haggis più buoni della Scozia e per farli mangiare a Gabriel. Ormai quel porto non vedeva più la presenza della mia amica Lynn da tempo ormai se non in foto. C'era infatti un quadro con Lynn accanto a un giovane collega dell'accademia di cucina, entrambi avevano i diplomi in bella mostra. Susan la madre di Lynn, quando mi servì, mi riferì che al momento la figlia era a espandere la sua conoscenza culinaria in Croazia, dove lavorava in un ristorante.
Stava relazionando il suo sogno! Come io e mio figlio stavamo realizzando i nostri sulle spiagge di Aderdenn. In quell'occasione raccontai a Gabe delle spiagge australiane e delle onde altissime. "Quando sarai più grande ci andremo e ti insegnerò a surfare." Gli dissi schizzandolo. "Quando sarò più grande imparerò io a te." Rispose lui presuntuoso.
Fu una vacanza memorabile. Eppure come tutte le cose belle finì.

Continua...

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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Il primo settembre rientrammo a Monaco. Anche se a malincuore andai ad iscrivere Thomas al collegio Santa Maria. Nel farlo chiesi alla dirigente di quanti bambini fosse composta la classe di Gabriel. Volevo comprendere se non riuscisse a legare con i suoi coetanei, o se ad avere difficoltà era Gellert e per questo lui si inseriva nel gruppo, oppure se era vero che non aveva amici di corso.
Scoprii così che Gabriel aveva ragione. Nella sua classe c'erano quattro bambine e solo lui come maschio.
"Cerchiamo di fare possibilmente classi da dieci bambini. Quest'anno è previsto l'arrivo di altri due giovanotti e una signorina nella classe di suo figlio." Mi spiegò la donna. "Mentre invece arriverà una nuova bambina nella classe di suo nipote. A essere sinceri le classi si completano all' inizio della scuola dell'obbligo. Fino ad allora i bambini saranno sempre pochi." Finì di spiegarmi.
"Quindi se volessi iscrivere un altro bambino nella classe di Gabriel sarei sempre in tempo?" Le chiesi.
Lei annuì. "Ci sono casi straordinari dove un bambino, per un qualsiasi motivo, può trasferirsi qui anche a metà anno. Nel vostro caso proprio nella classe di Gabriel. Se fosse stato di un anno più grande non sarebbe solo, abbiamo due classi miste da dieci bambini." Rispose.
C'era quindi la possibilità che da lì a qualche anno, Gabe avrebbe potuto avere più amici. La cosa mi rincuorava.
"Ne sono felice. Allora mi tenga di conto  la possibilità di inserire un altro bambino. Se entro fine mese non avrete mie notizie potete liberare il posto." Le dissi salutandola. "Ci vediamo lunedì a inizio anno, voglio esserci per Gabe."
"Gabriel è un bambino molto sveglio e intelligente. È sempre contento quando arriva il suo papà e non solo lui." Ammiccò la donna.
Feci un colpo di tosse e salutandola andai via. La direttrice aveva l'età di mamma, e sentire le sue allusioni mi metteva decisamente in imbarazzo.
Dopo l'inizio della scuola di Gabe iniziai a organizzare il mio viaggio per l'Australia e con Tad prendemmo in considerazione l'idea di portarmi dietro un paio di consulenti che mi aiutassero. Papà era stato chiaro in merito. Era l'ultima società che mi avrebbe fatto aprire in un altro continente.
"Aprirò anche in Cina." Gli dissi secco.
"Non ti permetterò di andare in altri continenti Thomas. Devi pensare a tuo figlio." Precisò mio padre.
"Sai perché spesso la chiamano Eurasia?" Gli chiesi. "Perché l'Europa e l'Asia sono attaccati. Non uscirò dal continente, costruirò solo almeno una sede in Cina. E poi cazzo! L'aereo e il mio e mi avete fatto chiudere mio figlio in un collegio." Lo accusai.
Certe volte mi metteva delle restrizioni che non ci stavano proprio. "L'aereo è tuo?" Chiese mio padre.
"Non istigarmi papà. Lo sai che non l'ho comprati con i guadagni della tua società, ma con quelli delle mie."  Gli dissi secco.
"Non puoi essere un vagabondo Thomas. Che esempio dai ai tuoi figli?" Mi chiese papà. "Devi occuparti di Gabriel e della KCG a Boston. Basta viaggiare così tanto, ti ho consesso l'Europa oltre Boston e il New England."
Sbuffai. Era quello il problema? Il fatto che viaggiassi così tanto? "Anche tu hai viaggiato molto durante la tua presidenza. Ti sei fermato quando ci hai presentato ai tuoi soci qui in Germania." Gli ricordai.
"Ma avevo solo la KCG di Boston e questa di Monaco." Disse papà. "Hai fatto grandi cose figlio mio, ma se ti invito a fermarti è proprio per te e per il tuo bene."
"Il mio lavoro e Gabriel sono il mio bene. Per l'amore del cielo, vuoi togliermi ciò che più conta per me." Gli dissi.
Al che mamma si inserì tra noi due. "Tesoro cerca di capirci. Vorremo vederti felice." Disse. "Con una famiglia e una moglie."  Concluse.
La guardai sbalordito. "È questo il vostro problema?" Chiesi guardandoli uno ad uno.
Avvertii la presenza di Tad alle mie spalle. Voleva dire anche lui che dovevo sposarmi??
"Se ti fermi potresti trovare una brava ragazza." Disse papà battagliero. "La finiresti di avere relazioni a destra e manca. Non è una bella cosa che un uomo come te faccia il casca morto con chiunque."
Ero basito. "Faccio ciò che mi pare e piace della mia vita privata." Dissi. "Attenti che se volete vi presento tutte le donne che mi porto a letto a Boston." Risposi sarcastico.
Il viso di mio padre si deformò dalla rabbia. "Non mancarci di rispetto ragazzo. Siamo sempre i tuoi genitori."
"Papà." Intervenne Tad. "Tom ci ha provato ad avere una storia seria. Non si sente pronto ancora per rimettersi in gioco. Lasciatelo stare." Mi venne incontro.
Oh Dio! Ringraziai mentalmente mio fratello, come sempre mi capiva senza che glielo dicessi.
"Ha quasi trent'anni. Non dire sciocchezze Tad." Disse mamma. "Thomas tuo fratello ha già due figli, mentre tu..."
"Ne ha uno!" Precisai. "Gabriel è mio figlio. Come Thomas a Londra!" Dissi risentito. "E scusatemi se sono stato sfortunato, la prossima volta non me la vado a cercare." Affermai lasciandoli in stanza e andando via. Sbatterti la porta, ma cazzo non me ne importava.
La prima cosa che feci una volta in stanza fu prendere il mio trolley e invece che poggiarlo sul letto ce lo lancia nervoso e aprendolo lo riempii di pugni. Maledizione! Maledizione!
Cercai di calmarmi selezionando i vestiti che mi serviscono per il viaggio. I completi mi conveniva comprarne un paio lì, probabilmente che si adeguassero anche al clima oceanico. Preparare una parte delle mie valige mi rilassò, pensare all'Australia e quello che sarebbe stato il mio lavoro mi calmò! Ma cazzo! Non capivano i miei due lavorare per me era motivo di distrazione? Così non avrei pensato alla mia patetica vita.
Qualcuno bussò alla porta. "Chi è?"
"Tad! Posso entrare?" Chiese mio fratello.
"Sai che non devi chiedere." Risposi mentre entrava in stanza.
Taddheus mi passò il mio cellulare. Dovevo averlo lasciato di là. "Hai ricevuto una telefonata da una donna prima. Credo sia il motivo per cui mamma e papà ti abbiano messo alle strette." Mi disse mentre controllavo le chiamate.
Margot mi aveva chiamato un paio di volte.
"Scusami per prima." Dissi a Taddheus. "So quanto ci tieni a Gabe. E sei bravissimo con lui."
"Però hai ragione. Non è mio figlio." Mi rispose rammaricato prendendo un paio di calzini dal pavimento.
"Ti ama tanto quanto ama me." Gli ricordai indicandogli il cellulare. "Era la tata di Tommy. La chiamo un attimo." Dissi a mio fratello.
Lui annuì seguendo i miei movimenti. Il telefono squillava mentre continuavo a riempire la valigia. Mutande, calzini, jeans e... "Margot buon pomeriggio. Mi hai chiamato? Tutto bene?"
"Signor Thomas...." Singhiozzò ella. "Signore mi dispiace tanto... non sono riuscita a proteggere Tommy... signore perdonami...."
Gelai. Cosa era successo? Mio fratello doveva aver capito dalla mia espressione qualcosa non andava. Mi si avvicinò. "Margot calmati e non piangere. Cosa succede?" Le chiesi.
"Signore..." la voce incrinata la ragazza prese fiato. "Il signor Andrew ha quasi rotto una gamba al bambino."
"Come rotto una gamba!" Dissi esterrefatto. "Sto arrivando. Voglio che Tommy esca da quella casa, lo voglio lontano da quell'uomo." Urlai a telefono.
"Signore mi dispiace. Io... io..."
"Non dispiacerti Margot. Scusami tu, cerchi di fare il possibile. Ma adesso chiamo la signora Davis, la risolviamo questa cosa." Conclusi cercando di tranquillizzarla.
Io che non ero tranquillo e mio fratello al mio fianco era uguale.
Quando attaccai Taddheus mi fissò. "Cosa è successo?"
"Davis ha quasi rotto una gamba a Tommy." Rivelai digitando il numero di Molly frettoloso.
Quando mi rispose iniziai a parlare frettolosamente. "Hai mandato la mia richiesta a Sapphire? Ti ha chiamata?"
"Ciao Tom, come stai? Io benissimo grazie." Mi salutò lei. "Per rispondere alla tua domanda. No Tom, non mi ha chiamata ancora. Ma ha ricevuto la lettera."
"Scusa Molly, ma non ho tempo per i convenevoli." Le dissi. "Davis ha quasi rotto una gamba a mio figlio." Le spiegai.
"Oh cavolo... ma come si può rompere una gamba a un bambino di soli cinque anni. Forse ti sbagli."
"No, non mi sbaglio. Quando Sapphire ti chiamerà dille che so tutto e che la controllo e che voglio mio figlio esca da quella casa. Ti prego." Le dissi, solo quando mi assicurò che avrebbe fatto di tutto per convincerla staccai la chiamata.
In ultimo chiamai Elisabeth Davis. Avevo bisogno di lei, doveva fermare quel mostro del figlio.
Quando la donna rispose per prima cosa la salutai parlando del più e del meno. Questa volta usai le buone maniere.
Nel frattempo fuori la porta erano arrivati Inga e i miei genitori. Probabilmente avevo urlato troppo.
"Tu e io ci scriviamo molto Thomas. Perché mi hai telefonato invece?" Mi disse la donna dopo i convenevoli.
Al che le spiegai le cose come stavano. "Margot mi ha chiamato, Tommy è stato ferito." Dissi usando parole più dolci in presenza di mia madre. "A una gamba."
"Oh cielo!" Sussultò la donna. "Devo andare da lui."
"Aspetta un attimo Elisabeth. Prima devo dirti ciò che stavo pensando di fare con Tommy." Le dissi, dovevi spiegarle tutto per far sì che mi spalleggiasse.
Le raccontai così di quando eravamo stati in Scozia dai Cooper e avevo scoperto che Andrew aveva abusato della tata, adesso incinta, per dopo che ella si era intromessa per difendere Tommy dalla violenza di suo figlio. Le dissi allora che avevano progettato di far partire il bambino per un collegio a Monaco, lo stesso dove già era inserito mio figlio Gabriel, così sarebbe stato lontano da Davis. Infine le dissi della telefonata di Margot e che il mio studio avrebbe fatto di tutto per allineare il bambino dalla casa nel Kensington.
Alla fine del racconto Elisabeth sospirò. "Hai fatto bene. Senti dopodomani ho il pranzo a casa di Sapphire, in quell'occasione se Saffy non avrà ancora iscritto Tom al collegio ci penseremo io e tua madre. Faccio venire anche i tuoi genitori." Mi rispose la donna. "Ma adesso tu devi aiutare me. Da sola contro Andrew non posso fare nulla questa volta, mi serve un complice e devi darmelo tu." Mi disse Elisabeth.
"Non posso partire prima di una settimana. Ho il compleanno di mio figlio questo mercoledì." Le dissi.
"Comprendo. Ma tu dovrai aiutarmi restando anonimo. Devi fare una telefonata a mio marito, sulla sua segreteria telefonica, ti lascio il numero personale del suo ufficio e lo chiamerai questa sera sul tardi. Devi far sì che ci sia un messaggio registrato dove dirai che sai di quello che fa Andrew e che tuo figlio è ferito." Disse. "In questo modo Oscar mi sarà complice e non asseconderà mio figlio."
"Non posso smascherare Margot."  Le dissi.
"E non devi farlo." Mi disse la donna. "Lascia che sia tutto anonimo, anche il tuo nome. Ma fai capire che sei il padre di Tommy e che sei abbastanza arrabbiando."
"Oh ma io sono veramente incazzato." Le dissi.
"Allora procedi figlio mio." Mi disse lei invitandomi ad andare avanti.
"Non sono suo figlio, ma farò ciò che mi ha detto."
"No! Non sono stata così fortunata Tom." Mi rispose lei. "Dì ai tuoi genitori che sono fortunato e ti hanno cresciuto veramente bene." Mi disse.
Sorrisi guardando mia madre. "Facciamo così. Mentre mi segno il numero e cosa dire la lascio parlare con mia madre." Conclusi salutandola.
Passai il telefono a mamma e nel frattempo scrissi il numero che avevo memorizzato su un foglio e anche tutto ciò che ero intenzionato a dire nel messaggio.
"Accorcia. Le segreterie hanno un tempo ridotto."
Mi ricordò Taddheus cancellando qualcosa. "Poi leggimelo che ti cronometro."
Annuii. Più volte ripetemmo il messaggio, intanto mamma si trattenne parecchio a telefono con Elisabeth. Non chiesi mai cosa si stessero dicendo, mamma però sembrò molto provata a fine conversazione.
Quando furono le sette di sera chiamai alla banca e quando scattò la segreteria lasciai il messaggio a Oscar Davis. Sperai sinceramente che la cosa sarebbe funzionata.
"Margot è..." sussurrò papà.
"La tata di Tommy." Dissi a papà. "La ragazza che è stata violentata."
"Ah si! Non credevo avesse il tuo numero di cellulare." Rispose papà.
"Ovvio che lo ha. Lo hanno tutte le persone che lavorano a stretto contatto con me." Dissi. "Sono molto deluso della mia privacy. Non ti azzardare a darlo a tutti in KCG, c'è quello aziendale per loro." Precisai.
Ci tenevo ai miei spazi e in pochi avevano il mio numero privato.
Ansioso attesi che arrivasse il compleanno di Gabriel. Nel frattempo mi aveva contattato Molly.
Sapphire aveva ricevuto la lettera e rifiutato la mia offerta. La sua motivazione era suo figlio Joel, Sapphire non voleva separare i due fratelli che erano molto legati tra di loro. Vivere un anno fuori casa era tanto e la separazione sarebbe stata lunga.
Sbottai. "Fai iscrivere anche Joel." Le dissi. "Anzi no! Faccio io."
Dopodiché chiamai Elisabeth e le dissi che anche Joel poteva iscriversi al collegio e che avrei pagato io anche la retta per lui.
Al che la donna mi rivelò finalmente ciò che già doveva aver detto a mia madre. "Mi fai stare più tranquilla se lo fai. Ho scoperto di avere un rumore Thomas e ultimamente le forze mi abbandonano." Mi rivelò.
Ci rimasi di merda! Elisabeth mi spiegò che il tumore era asportabile. Ma non sapeva che effetti avrebbe avuto su di lei la chemioterapia, per questo adesso era più serena.
Festeggiai il compleanno di Gabriel con l'amaro in bocca. Le notizie brutte non facevano mai piacere. Il giorno dopo lo riportammo al collegio e posticipai la partenza per Sidney.
"Voglio assicurarmi che Tommy si integri prima di partire." Dissi a papà.
"Lo comprendo. Andremo a prenderlo io e tua madre all'aeroporto lunedì." Mi disse.
Annuì. "Grazie. È importante per me."
"Potresti venire con noi." Mi disse papà.
Scossi la testa. "No..." sussurrai con voce rauca. "So per certo che se lo incorro non riuscirò a separarmi da lui. Ciò che ho sempre voluto è a pochi passi e non posso tenerlo con me." Dissi amareggiato, il groppo in gola.
Avvertii un sospiro da parte di mio padre. "Fa quello che vuoi della tua vita privata Thomas. Comprendo che per te sia più dura di ciò che dai a vedere. Questi giorni per te stati sono molto duri."
Annuii. "Andrò a Londra!" Affermai. "Dopo che mi sarò assicurato Tommy e Joel stanno bene."
"Comprendo anche questo." Disse. "Convincila a lasciare Andrew, pagheremo noi i debiti dei genitori."
"Vedremo cosa mi dice. Adesso che Andrew è in una casa di cura, ha ripreso anche a lavorare alla KCG."
"È contabile anche lei?" Chiese papà.
Sorrisi. "No! È alle risorse umane."
Papà sorrise con me. Organizzai quell'ultimo periodo in Europa. Dal momento che non era previsto restassi, decisi di andare in quel periodo a controllare Parigi e Milano. Lasciai definitivamente la gestione della
Germany KCG a Taddheus e lo comunicai durante una conferenza con presenti tutti i soci a Monaco.
Dopodiché decisi di partire per Milano. "Mi tengo lontano dal collegio questa settimana. Gabe sa che non ci sono e non vorrei cedere alla tentazione di festeggiare con Tommy il suo compleanno."  Rivelai a mio padre che era entusiasta dei bambini di Sapphire, li adorava entrambi.
"L'altro, Joel. Ha i tratti di Edward Cooper, ed è la dolcezza in persona." Disse mamma.
"Venite a Milano con me?" Chiesi ai miei.
"Verremo a Parigi. Andiamo però ad Amburgo con Taddheus e Inga." Disse papà.
Scossi la testa divertito. Sembrava che i miei genitori fossero tornati bambini. Ero sicuro che la libertà acquisita di papà mi sarebbe costata molto una volta rientrato a Boston.
Partii per Londra a inizio ottobre, accompagnato da Taddheus e Inga. Arrivammo alla sede della T- KCG in contemporanea con Drake che salutai con confidenza. Lui era l'amico per eccellenza. Il mio primo e unico amico dopo Taddheus.
"Pensi che il nuovo consulente sia all'altezza?" Chiesi al mio amico salendo in ascensore.
"Lo spero. Ho tanto da fare ultimamente, Ebony è finalmente incinta e vorrei seguirla nelle varie visite." Mi rispose lui.
"Emozionato eh!" Ironizzai. "Stasera Drake ci porterà a cena fuori."
"Pensavo di invitarvi proprio a cena da me in realtà." Disse lui. "Sei partito presto al mio matrimonio ed è una vita che non passavi a trovarci. Devo vedere casa mia, Ebony è una cuoca provetta."
"Devo dedurne che oggi non ci sarà." Dissi entrando in ufficio seguendolo. Indicai a mio fratello una seconda porta. "Quello è l'appartamento adiacente dove dormiremo."
"No, aveva da fare compere e poi cucinare. Prego che non mi chiami in suo soccorso." Disse Drake irriverente. "Buongiorno Bethany, è arrivato Paul O'Connor?" Chiese alla giovane assistente che annuì.
"È in colloquio con Sapphire." Rispose. "Secondo me è rimasto incantato."
"Secondo me non lavorerà qui." Intervenne sussurrando una voce. Era Sapphire, lo seppi ancora prima che mi voltassi verso di lei.  "Buongiorno Drake."
Presi fiato e mi girai verso Sapphire. Era sempre bella, nonostante gli occhi azzurri non fossero più vivaci. Sorrideva, ma era solo per cortesia, li riconoscevo i sorrisi finti. Il fisico era sempre stello e le movenze eleganti. I lunghi capelli biondi adesso erano all'altezza delle spalle, pettinai con cura.
"Perché non dovrebbe lavorare qui?" Chiesi salutandola.
Lei restò impassibile a fissarmi. "Perché ci prova con tutte." Guardò Drake incrociando le braccia al petto. "Se lo assumi e importuna qualcuno non mandarlo da me, ti ho avvertito."  Concluse.
"Oggi ci sono i due capi." Disse indicando Taddheus. "Decidono loro."
Io avevo già deciso. Se ci aveva provato con Sapphire era fuori.
"Piacere di conoscerti sono Sapphire." Sentii dire.
"Il piacere è mio. Ho tanto sentito parlare di te."  Rispose Tad presentandole anche Inga
Iniziarono vari convenevoli,  fino a quando non feci tornare entrambi al lavoro.
"Saph! Stasera sei a cena da me e Ebony." Disse Drake entrando in ufficio per il colloquio.
"Oh no... io..."
"Oh bene. Abbiamo modo di conoscerci meglio allora." Disse Inga seguendo Tad nella sala riunioni.
A colloquio finito decisi già che non avrei preso O'Connor e non per gelosia. I consulenti dovevano piacermi subito, farmi capire che avevano del talento nel loro lavoro. Lui non aveva niente di tutto ciò e soprattutto aveva la tendenza a voler prevaricare su di noi, criticando il nostro modo di lavorare.
Per l'amore del cielo, poteva essere migliore di me. Ma cazzo! Ti avrei dato un lavoro.
Non sapevo cosa ne pensava Drake di quel tipo. Ma Tad non perse tempo a dare la sua opinione. "Mi dispiace, ma credo tu non sia adatto alla nostra azienda."  Disse. "Sei troppo sicuro di te e ti basi su vecchi metodi del sistema. L'Europa sta cambiando, i mercati finanziarie cambiano. Il nostro lavoro deve andare al passo con i tempi e credo che tu non ne abbia le competenze finché resterai fermo sulle tue convinzioni." Concluse.
Alleluia! Pensai.
Dopo che se ne fu andato  fu il turno di altri consulenti. Una giovane donna che fu subito bocciata da Sapphire e Inga; un giovane neo laureato e una bancaria che voleva rimettersi in gioco. Salutammo tutti con un: le faremo sapere.
Ma io e Thaddeus avevamo deciso già.
"La forza femminile ha molta più competenza." Dissi a mio fratello.
"Può essere. Ma boccio quella Ashley, non va bene." Disse Sapphire.
"A me sembrava perfetta." Disse Tad.
"Concordo con Sapphire." Intervenne Inga fissando mio fratello. Cosa avevano quelle due? "Ashley pensava più a mangiare con gli occhi tutti e tre.  È fuori." Disse Inga dando una risposta esaustiva.
"Così Ebony prima ti mangerà!" Disse Sapphire rivolta a Drake. "Poi ti caccerà fuori."
Il mio amico fece una smorfia. Mi trattenni dal ridere e tirai fiato. "La dottoressa Callum invece?"
"Perfetta." Disse Inga.
"Andata!" Dissi a mio fratello.
Finimmo di stendere il programma per i profondi giorni, dopodiché Sapphire uscì per andare in ufficio a contattare la Callum.
Non la vidi più, se non la sera. Quando diretti verso casa di Drake e Ebony, la trovai trascinata da Inga con noi.
"Stava filandosela." Disse Inga.
"Dovrei tornare a casa." Affermò lei.
"Oh ti prego. Dopo Tom ti accompagnerà a casa. Ma prima goditi la serata con noi." Era irrequieta e lo ero anche io.
Tutta la sera la passammo ignorandoci. Volevo dirle quel cosa, ma non sapevo da dove cominciare. Io che non avevo problemi con le parole e con le donne non sapevo cosa dirle.   Anche quando Inga mi costrinse ad accompagnare Sapphire a casa non seppi che dire. Lei però mi ringraziò, per essermi preso cura di lei e dei bambini anche se non era mio dovere.
Non mi ero preso cura di lei. Se ci fossi riuscito non sarebbe rimasta incastrata in quella situazione.
"Tommy è mio figlio. È un dovere, certo mi piacerebbe conoscerlo... però mi accontento." Le dissi.
"Sai dove trovarlo. Puoi sempre andare da lui." Mi disse.
Esalai un respiro. Possibile che fosse questo che stavo aspettando? Il suo permesso per stare con Thomas. Fermai l'auto di fronte il palazzo dei suoi genitori e la aiutai a scendere.
Alla porta attesi che entrasse prima di andare via, la aprì e mi guardò. "Bene... allora io... io..." Sussurrò.
"Buonanotte." Le dissi perso nei suoi occhi.
"Si... si! Buonanotte." Mi disse.
Non mi trattenni più. Prima di andare la presi tra le braccia e la baciai. Mi mancava, la sua bocca, il suo calore, lei! Che fosse lo stesso per lei? Doveva essere così, altrimenti non mi spiegavo come avevo fatto ad arrivare nella sua stanza dove ci amammo tutta la notte.
Fu l'inizio della fine. Non affrontavamo argomenti seri, se mi parlava raccontava di Tommy e del rapporto con Joel. Io se parlavo era di Tommy, le facevo domande e avevo preso a chiederle anche di Joel. Dopo il lavoro uscivamo, Inga era intenzionata a vivere Londra e si trascinava Sapphire dietro.
Quando il secondo giorno a Londra aveva proposto di mangiare a casa di Saph infatti, era rimasta sorpresa dalle sue affermazioni. Lo eravamo stati tutti in realtà.
"So preparare solo dei panini." Ammise Saffi.
"Buon per te! Io solo le patatine fritte." Rispose lei.
"Io so bere." Intervenni. "Andiamo al bar di Mike, lì si mangia e si beve."
"Oppure andiamo in un pub." Disse Taddheus.
"Un pub... oh no! I pub no! Non ci sono mai andata e non inizierò adesso." Affermò Sapphire.
"Dove vai di solito?" Chiese Inga.
"I-io... io non so... io non esco." Affermò. "N-non... "
"Ok! Andiamo in un pub." Dissi per svincolarla.
Le afferrai una mano e cominciai a camminare.
"Quanti anni hai Saffi?" Chiese Inga strada facendo. "Io venticinque."
"Ventiquattro." Affermò. "Ne ho ventiquattro."
"Cos'hai fatto in ventiquattro anni sorella?" Chiese a Sapphire.
"Ho frequentato una scuola privata e poi mi sono sposata. Andrew non mi ha fatto uscire molto." Disse quasi scusandosi con noi.
Inga ammutolì. Presi per mano Sapphire avviandoci. "Ha fatto anche cose belle con me prima di sposarsi." Affermai spedito.
"E adesso andremo a spassarcela. Devi recuperare il tempo perso Sapphire. Fai ciò che dico io e sei in mani sicure." Le disse Inga.
Alle volte mi chiedevo come facesse mio fratello così mite a stare con un uragano come Inga.
In pratica Inga aveva preso Saffi sotto la sua ala protettrice. Quando la sera poi eravamo soli e la accompagnato a casa, lei finiva sotto di me. A fare l'amore. Eppure così non era giusto. Il pensiero che in quel letto avesse dormito con Davis mi angosciava. Anche per questo l'ultimo giorno a Londra le parlai finalmente col cuore in mano.
"Devo partire." Le dissi dopo aver fatto l'amore. "Senti... questa cosa tra noi. È stata così sbagliata, tu sei ancora sposata con lui. Fino a quando non scinderai il matrimonio non penso che ci sarà un futuro per noi." Le disse allontanandomi leggermente da lei. "Non avremo dovuto cedere... non con queste premesse."
Scosse la testa. "Non posso separarmi, non ora che dimostra di voler cambiare. Potrei essere incinta di lui e non lo so." Ebbi una stretta al cuore. Perché mi diceva queste cose? Voleva farmi soffrire? Mi tirai su intento che parlava. "Se lo lascerei la situazione potrebbe ripercuotersi contro di me e i bambini. Non posso costringerti a stare con me, o aspettarmi in eterno, non adesso e con queste premesse. Mi dispiace."
Mi allontanai ancora di più sospirando, non volevo e non potevo farmi vedere debole. "Questo è quindi un addio?" Le chiesi. Davvero per lei noi due contavamo così poco. "Ok! Se è questo che vuoi non posso costringerti. Non sono tuo marito, non ti picchierò o torturerò per stare insieme." Le dissi, dovevo arrendermi. Era adulta ed era in grado di intendere e volere. Sapeva che con Andrew la sua vita di terrore e inferno sarebbe continuata. Glielo dissi, se aveva deciso così, chi ero io per impormi? "Forse non eravamo semplicemente destinati a stare insieme. Anche se basta poco Sapphire..." tentai ancora tendendole la mano. "Vieni via con me. A Monaco, dove ci sono già i tuoi figli."
Scosse la testa, perché ancora si rifiutava. "Molly mi ha detto che hai avuto un figlio." Mi disse lasciandomi basito. "Vive a Edimburgo, la madre lo ha lasciato alla sede e lei che è sterile, non ti ha detto nulla, poiché lo stanno crescendo con Sean." Ho un figlio e ne Sesb, ne molly mi hanno detto nulla. Quella cosa era sssurda. "Forse è il caso che pensi a lui invece che a noi."  Scossi la testa, ancora con quella storia di quel bambino. E cazzo ero arrabbiato anche con molly e Sean. Avevano lasciato il bambino a loro in sede e non me lo avevano detto? Conoscevo solo una donna in Scozia da essersi avvicinata al mio uccello ed era Pollyn Gertrude McAllister. Perche non era ventura da me? "Invece di avere delle relazioni instabili dovresti provare ad andare avanti." Sentii dire da Sapphire.
Mi grattai la fronte spazientito. "Non ti salta per la testa che volevo solo te? O che non riesco più a fidarmi dopo che te ne sei andata via?" Le dissi.
Lei cercò una scusante. "Anche tu non mi hai detto tutto."
"No! Ti ho detto che volevo fare tutto da solo, omettendo che mio padre aveva i soldi. Se avessi immaginato che eri fidanzata e mi avresti lasciato non mi sarei mai permesso di corteggiarti. Mi sono innamorato di te. Capisci il vuoto che hai lasciato nel mio cuore?" Le dichiarai allo stremo. "Ho tante relazioni inconcludenti si... ma perché non voglio lasciarmi andare. Non voglio rivivere di nuovo tutto." Rivelai, che ne sapeva lei delle mie sere ubriaco, non volevo ricaderci. "Ti amo ancora e se immagino che Davis ti faccia del male e che tu glielo permetti... ti prego, proviamoci noi due."
"Ti rendi conto che sul certificato di Thomas risulta lui come padre!" Urlò poi raggiungendomi. "Lui potrebbe portarmi via i bambini se provassi a lasciarlo. Sua madre gli ha detto che ha lasciato la sua eredità a Joel, non me lo lascerà mai." Immaginavo, quell'uomo oltre che porco era anche acido. Quindi mi dispiace Thomas, ma non posso rischiare, non con i miei figli ancora indifesi."
Lasciai perdere. Lei pensava che io non ero in potere di difendere mio, nostro, figlio. Un test del dna avrebbe certificato che Thomas era mio e non di Davis. Ma c'era Joel. "Ho capito." Disse finendo di rivestirmi. Non potevo lottare da solo e lei non voleva combattere al mio fianco. Le avevo aperto il mio cuore, al contrario Sapphire era rimasta sulle sue. In tutta quella discussione mai una volta che mi avesse detto: ti amo anche io.
"Domani parto, andrò a Sidney, poi con calma parlerò con Molly del bambino." Cazzo ero arrabbiato con lei, con Sean e con Lynn in quel momento. "Per i tuoi figli invece, sappi  che si stanno integrando. Sono seguiti dalla tata di Inga e Tad." Omisi di dirle che i miei nonni stavano godendosi i bambini. "Un domani, per non turbare la loro infanzia gli dirai che c'è un benefattore segreto dietro le spese del collegio. Possono restare lì fino alle superiori e poi scegliere l'università che vogliono." Le dissi freddo, tornando ad analizzare di nuovo la mia vita. "Non tornerò più a Londra Sapphire, così potrai lavorare qui senza problemi. Non ci incontreremo più, in questo stesso istante smetto di seguirti se è ciò che vuoi. Un'ultima cosa. Margot è una giovane donna, prenditi tu cura del bambino e e ti prego proteggilo dal padre, posso pagare anche per lui il collegio." Le dissi, non sapendo quanto Davis avrebbe apprezzato un bambino mulatto. "Ma libera Margot da tutti gli impegni con quel bambino. Se anche sei incinta Margot dovrebbe partorire a breve, il bambino che hai in grembo potrete dire che è nato prematuro. Non sta a me riparare agli errore di Davis, tuttavia penso che il bambino non centri nulla in tutto ciò." Dissi aprendo lo spiraglio della porta. "Vado via, così non ti darò più fastidio."
E così dicendo le diede le spalle aprendo la porta. "Thomas... perdonami e ti prego. Ama... ama non avere più il cuore arido. Ti prego." Mi supplicò.
Esalai un respiro profondo. Non le risposi, lei non poteva capirmi.
Avrei mantenuto la mia promessa però. Non sarei più tornato lì, non le sarei più corso dietro. Voleva qualcosa da me? Che mi cercasse lei. Io avevo finito.
Tornammo a Monaco e da lì dissi ai miei che era tempo di tornare a Boston. Volevo ancora andare in Australia, ma dovevo un attimo riorganizzare la mia vita che di nuovo era andata a pezzi.
Nessuno mi parlò quando ci dirigemmo verso Monaco e nessuno lo fece nella traversata verso casa. Mia madre mi fissava preoccupata. Sinceramente non sapevo quale fosse la mia espressione, sapevo però che tutti compresero che non volevo parlare con nessuno.
Una volta a Boston papà mi mise accanto uno chaperon al fine che mi trasportasse in giro per Boston. Compresi cosa stava facendo, mi aveva messo accanto qualcuno che mi controllasse. I miei genitori avevano capito che stavo crollando e che questo comportava finire nell'abisso.
Il primo giorno tornai alla KCG con papà. Entrai nell'ufficio che mi era stato assegnato e chiamai Karla per avere aggiornamenti delle sedi che seguiva. Dopodiché le chiesi di chiamarmi al numero della sede principale nel pomeriggio e dire che c'era un'emergenza che richiedeva la mia presenza. Dovevo liberarmi di Neal e per farlo dovevo partire.
Nel primo pomeriggio, durante la riunione che mio padre aveva indetto per avvertire della mia prossima successione in presidenza, la segretaria entrò ad avvertirmi puntuale della chiamata di Karla.
Dissi di passarmela e mettendo il viva voce lasciai che tutti sentissero la chiamata. "È richiesta la sua presenza immediatamente, lei è il presidente e alcuni consulenti devono essere ripresi e se lo fa il capo è di gran lunga meglio."
"Va bene Karla. Parto domani mattina." Le dissi senza permettere a papà di replicare. Chiusi la comunicazione e tornai sui soci minori e i consulenti anziani. "Come ben sapete continuerò a seguire la vadie sedi in giro per il globo." Dissi deciso. "Con mio padre abbiamo deciso che mi dedicherò a quelle del New England da qui, a parte questa piccola emergenza sono abbastanza tranquilla. Durante la mia permanenza qui ho intenzione di aprire le consulting per gli ultimi stati confinanti, il new Hampshire e il Rhode Island per l'esattezza. Dal momento den dovrò seguire la sede principale sarò molto più sbrigativo. Cercherò infatti dei consulenti tra i giovani emergenti che esaudiscano le mie richieste, fatto ciò li metterò alla guida delle consulting. Pretenderò da loro il massimo. Solo perché non sarò presente non significa che non voglio che le sedi fruttino. Questa mossa ha portato dei risultati in Germania, me ne aspetto anche e soprattutto qui ." Conclusi.
"È vero che vuole partire per aprire una sede a Sidney?" Mi chiese uno dei soci anziani.
Annuii. "Molto vero. Un consulente della T- consulting Germany è già partito per sondare il mercato, trovare una sede e avviare le pratiche di apertura della società. Ripeto. Voglio mantenere l'impegno di essere presente tanto qui, quanto a Monaco." Risposi.
"Bene. Non vediamo l'ora di vederti all'opera giovane Keller. Anche se i tuoi numeri parlano chiaro. Dieci sedi tra la East coast, la Virginia, il Maryland e la tanto agognata New York, tutte di successo." Disse la dottoressa Chance, una della poche donne anziane in società.
"Per non parlare delle sfide aperte e che ancora fruttano. Il Brasile, Tokyo, Londra, Milano e Parigi." Disse un consulente anziano. "Si fermerà?" Chiese.
Sorrisi. "Ho intenzione di aprire almeno una sede a Pechino oltre quella dell'Australia. Inoltre vi ricordo che anche qui in America ci sono ancora tanti mercati da sfruttare. Inoltre pensavo..." dissi sperando di avere l'attenzione di tutti.
"Ci dica! Siamo tutti orecchi." Disse uno.
"Che ne dite di una rivista interna per aggiornare i nostri dipendenti su ricerche e studi economici, raccontare diversi mercati e come si muove l'economia. Creare una sorta di legame tra tutte le sedi, da Boston a Londra, arrivando a Tokyo e Sidney."
"Questa cosa è esaltante." Disse mio padre sorpreso. "Non me ne avevi parlato."
"Non ti ho parlato neanche del piano azionario della KCG." Gli dissi.
"Piano azionario?" Chiese la dottoressa Chance.
"Piano azionario si! Ditemi, cosa rende un dipendente interessato a rendere in un'azienda. A fargli dare il massimo per ottenere dei risultati eccellenti?"
"I guadagni." Rispose il più anziano dei soci.
"Giusto." Gli dissi. "Ma il guadagno, per un dipendente insoddisfatto, potrebbe anche essere fonte di frustrazione. Io guadagno per arricchire il mio capo?" Dissi guardando tutti.
"Spesso i dipendenti lasciano o fanno il giusto, proprio perché come hai detto non rendono il massimo." Diss papà.
"Fanno il minimo indispensabile. Ma se la società diventasse anche affar loro?" Chiesi ora a papà. Ora agli altri.
"Non sarebbe mai completamente affar loro. La KCG è una società e gli introiti maggiori vanno sempre ai soci." Disse la Chance.
"Giusto." Dissi esaltato. "Ma se noi, prendiamo e creiamo un piano di azionariato per i dipendenti?" Proposi.
"Un pacchetto che anche se per l'un per cento li farebbe diventare proprietari." Disse papà infervorato quanto me.
"È fattibile?" Chiese qualcuno.
"Con la giusta azienda di credito e una spartizione adeguata si. È un'operazione che richiederebbe tempo e anni, ovviamente." Dissi.
"Io sto per andare in pensione. Ma ammetto che la tua proposta mi piace molto giovane Keller." Disse il più anziano dei soci.
Tutt'intorno si alzarono i consensi degli altri soci. Mio padre mi fissava con orgoglio. "Tutte queste carte segrete. Complimenti figliolo, sai il fatto tuo." Mi disse papà sulla strada di casa quella sera.
Mi rilassai contro il sedile. "Ti ho detto che sono concentrato sul mio lavoro, non schedavo."
"Ho detto che ti lascerò in pace." Disse papà. "Inoltre ci sono per ascoltarti."
Scossi la testa. "Non c'è nulla da dire. Sapphire non mi ama più." Gli dissi. "Anzi, probabilmente non mi ha mai amato." Conclusi iniziando a raccontargli tutto filo e per segno.
A fine racconto mio padre annuì. "Se ti avesse seguito sarebbe stata denunciata per abbandono del tetto coniugale. Se i Davis hanno tutte queste conoscenze subito le avrebbero tolti i bambini." Mi spiegò papà. "Probabilmente dopo un test del DNA, Thomas sarebbe venuto con voi. Ma Joel sarebbe rimasto col padre." Concluse papà. "Avresti avuto cuore di separare due fratelli o un figlio da una madre?" Mi chiese infine.
Scossi la testa prendendomela tra le mani e accasciandomi risposi. "Non può essere che non ci sia soluzione. Cazzo la picchia, la stupra e la tiene reclusa in casa." Dissi. "Ha preferito tutto questo alla libertà."
"Non faresti lo stesso per Gabriel? Tu e Inga andare d'accordo, lei si è sposata con tuo fratello. Ma se fosse stato diversamente, non avresti anche tu scelto il bene di Gabriel?"
"Si! Però..."
"Cerca di capirla. Si è separata dai suoi figli per proteggere il tuo bambino." Concluse papà. "Non partire domani, resta. Hai grandi cose da fare."
"Non chiedermelo. Sai che il mio lavoro è tutto ciò che mi resta." Gli dissi. "Anche io ho scelto la felicità di Gabriel e per farlo ho dovuto chiuderlo in un collegio." Conclusi.

Continua...

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Keinsten non esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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...Segue

Partii per il Connecticut con il mio jet. Neal mi seguì, avrei dovuto prevedere che mio padre me lo mandasse dietro. Così dovetti elaborare un piano di fuga veloce.
Casualmente lasciai la valigia nel mio jet. Arrivati alla sede della KCG incontrai Karla e i consulenti. Feci anche la conoscenza di due nuovi ingressi, augurai a tutti loro un buon lavoro e dissi che a breve avrei avuto compiti molto più importanti alla sede principale e li invitai ad essere vigili per le novità che prevedevo di apportare.
Fatto ciò salutai tutti e con Karla e andai nel mio ufficio.
"Devo andarmene da qui. Mio padre mi ha messo il gorilla alle calcagna." Dissi a Karla arrotolando le maniche della giacca. "Grazie per avermi coperto."
Lei mi sorrise. "Quando crescerai Thomas?"
"Mai!" Le dissi allentando la cravatta, aprii la finestra e mi guardai intorno. "Andrò verso quel bidone del pattume. Mi tuffo dentro ed uscirò. Un margine di mezz'ora dovrebbe bastarmi." Le dissi.
Lei schioccò la lingua. "Sei identico a mio figlio. Anche lui mette sempre a rischio la sua incolumità."
"E tu lo lasci fare?" Gli dissi divertito.
"Io lo nutro, mia moglie lo punisce." Concluse lei.
La guardai stupito. "Tua moglie?" Le chiesi stupito. "Il bambino..."
Lei sussultò. "Tic toc... Neal non si berrà la tua assenza. Tempo scaduto."
Scossi la testa. "Ti chiamo." E così dicendo saltai giù nel bidone.
Corsi in strada anche se puzzavo e cercai il primo taxi disponibile. "Portami all'aeroporto per favore, poi una volta li aspetta che vada a prendere la mia valigia." Gli dissi anticipandogli cento dollari. "Ce ne sono altri se mi aspetti e poi mi porti alla stazione." A quella vista l'uomo partì di corsa senza farsi ripetere la richiesta. 
Arrivai all'aeroporto e mostrando i documenti andai a prendere la mia valigia. Quando fui di nuovo in taxi dissi all'autista di partire, arrivai alla stazione e presi il primo treno in partenza, che non fosse nel Connecticut e nel Massachusetts. Furono queste le parole che dissi al bigliettaio. Esaudì la mia richiesta dandomi un biglietto per il Vermont. Durante il tragitto mi addormentai involontariamente. Era notte quando fui svegliato dal controllore.
"Dove siamo?" Chiesi all'uomo. 
"Ultima fermata ragazzo. Il treno si ferma qui."  Mi disse l'uomo.
Senza fare ulteriori domande presi la valigia e scesi dal treno. Fuori era freddo, lasciai scorrere il trolley guardandomi intorno. Le indicazioni portavano stazione di Burlington. Mi piaceva il nome. Uscii dalla stazione andando alla ricerca di un albergo o un motel. Sinceramente mi importava poco dove avrei pernottato dal momento che ci sarei stato poco. Trovai un bed and breakfast poco distante dalla stazione, presi la camera e lasciai la valigia. Poi andai alla ricerca di un bar. Finalmente potevo buttare giù qualcosa di pesante. Una volta al bar chiesi un whisky, seguito a ruota dall'ennesimo e un altro ancora.
"Tu si che ci dai dentro." Disse una voce femminile. "Molto più di me."
Mi voltai. Al mio fianco era seduta una donna di colore, pallida per la sua carnagione, tra le mani aveva un bicchiere quasi vuoto. Fissava il liquida chiaro senza emozione. "Perché bevi fratello?" Mi chiese.
"Delusioni d'amore." Le dissi.
Lei scoppiò a ridere. "Sei serio? Non si beve per queste cose."
La fissai curioso. Che ne sapeva lei? Si voltò verso di me, il viso dall'ovale perfetto, un bel naso aristocratico, occhi scuri, capelli neri e lisci altrettanto scuri. "Tu per cosa bevi?" Le chiesi.
"Per esperienza." Rispose. "Voglio capire cosa si prova prima della mia morte."
La fissai ancora più stupito. A occhio e croce aveva l'età di Sapphire. "Non sei troppo giovane per pensare alla morte?" Le chiesi.
"Non se hai una spada di Damocle sulla testa." Disse lei amareggiata. "Dammene un altro Bob." Ordinò al barista.
Mi passò la voglia di bere seduta stante. "Ferma ferma... come hai... stai morendo?" Le chiesi schietto.
Lei assentì. "Sono talassemica!" Mi disse rassegnata. "In pratica il mio sangue viaggia a bassi livelli." Mi spiegò.
"Non puoi... dico!" Le dissi prendendole il bicchiere che il barista le porgeva togliendoglielo davanti. "Non ci sono cure?" Le chiesi.
"Purtroppo è degenerato in anemia. Le trasfusioni e le cure ormai servono poco." Mi spiegò.
Sospirai. Ecco cos'era! Se mi avesse detto prima anemia avrei subito capito. "Un trapianto del midollo osseo non dovrebbe guarire dall'anemia?" Le chiesi ingenuamente.
Lei annuì. "Ho un gruppo sanguigno raro. Stiamo cercando un donatore, ma ci ho perso le speranze." Disse prendendomi il bicchiere di mano. "Questa sera ho ricevuto i risultate di compatibilità di alcuni miei cugini. Ma niente."
Un gruppo sanguigno raro?! La guardai. Perché ero lì? Perché ero arrivato proprio nel Vermont, a Burlington ed ero entrato in quel bar? Possibile ci fosse un disegno divino? 
"Zero negativo." Le dissi fissandola.
"Giusto signore!" Disse lei facendo tintinnare il bicchiere al mio vuoto.
"Non hai capito. Io sono zero negativo." Le dissi. "Non sono arrivato fin qui per perdermi." Conclusi.
Lei mi fissò sorpresa. "N-non vorrai... cioè.."
"Hai venti anni circa. Non ti permetterò di morire adesso."
"In realtà ne ho trentatré." Disse. "La mia malattia rallenta la crescita."
"Lo stesso non puoi morire. Proviamoci! Fammi fare i test." Le dissi. "Metti giù quel bicchiere cazzo."
"Non illudermi straniero. Potrei crederti e tornare a spesare." Mi disse.
"Thomas. Mi chiamo Thomas Keller e dormo al B&B lungo la strada. Non sono più uno straniero." Le dissi.
"Davvero mi aiuteresti?" Chiese.
Posai una banconota da cinquanta sul bancone. "Si! Pensavo di essere arrivato qui per...
Sciocchezze." Dissi gesticolando. "Dovevo arrivare a te."
"Sono Cecile Blanchard. Abito a due isolati da qui, sono figlia unica e vivo con mamma. Papà è morto quando ero ancora piccola." Si presentò.
"Bene. Cosa vuoi fare Cecile. Che non sia bere."
Lei rise. "Ne devo fare ancora di esperienze. Devo varcare il confine. Voglio visitare il Canada, ma spero di arrivarci più in là, voglio pattinare sul lago Vittoria. Voglio andare sulle montagne russe. Mia mamma ha sempre avuto paura e non ci sono mai stata. Questo anno per la prima volta siamo stati a Disneyland. Voglio perdere la verginità. Ci credo che alla mia età sono ancora vergine? Ebbene ho aspettato l'amore tutti questi anni, ma inutilmente. Non l'ho trovato e finisce che morirò vergine... voglio..."
"Ferma ferma. Ricominciamo da capo."
Le dissi. "L'ultimo punto è il più facile, ti aiuto io." Le dissi ammiccante. "Ma prima facciamo gli esami. Probabilmente non ci sarà bisogno di esaudire la lista in fretta e furia."
"Davvero mi doneresti il tuo midollo osseo? Cioè non ci conosciamo." Mi disse.
La guardai. "Dimmi un po'. Faresti sesso con me?" Le chiesi spiccio.
"Direi di si! Sono qui anche per questo." Rispose.
"Ma non ci conosciamo. E non conosci neanche il resto della gente che sta qui." Le dissi.
"Ma rientra nelle prime cose da fare." Risi. Per quanto fosse una ragazza molto belle e affascinante la prima cosa che doveva fare, era salvarsi la vita.
"Ne riparliamo dopo che avrò fatto gli esami, sperando di essere compatibile. Io voglio aiutarti veramente Cecile. Credevo di essere qui per mero egoismo, volevo liberarmi dal mio dolore, causa una delusione d'amore. Invece sono arrivato fin qui per aiutare te! Ci credo sai! Perché ho una fede che non mi abbandona."
"Anche io credo che ci sia qualcuno lassù che ci protegge." Disse lei. "Ma credo anche che quando i giorni sono finiti, non c'è altro da fare. Ho vissuto tanto, fino ad oggi  sono stata reclusa. Ti ripet,  ho 33 anni e non ho vissuto niente fino ad oggi. Mia mamma è stata sempre vigile su di me, aveva  paura che se prendessi anche solo un raffreddore, poi dopo sarei peggiorata." Mi raccontò iniziando a piangere. "Adesso mamma non c'è più, lei si prendeva cura di me in tutto e per tutto. Lei era tutto, anche la mia donatrice di sangue. Ma per me è stata molto di più. Era mia madre." Compresi il suo dolore, non sapevo dosa avrei fatto e come mi sarei comportato nei confronti della morte di chi amavo. Ma la comprendevo. Il sip mondo fino a quel momento era ruotato intorno la madre che adesso non c'era più. "Non ho paure della morte, della mia morte. Sono malata e so che arriverà. Eppure soffro tanto per quella di mia madre che è venuta a mancare in men che non si dica." Concluse scoppiando a piangere.
Cecile aveva dentro molto più di ciò che dava a vedere. Aveva ancora tanto da fare nella sua vita e io l'avrei aiutata. Pagai per entrambi e la portai via dal locale.
"Ti giuro che se anche non saremo compatibili, farò in modo di salvarti la vita." Le dissi accompagnandola verso casa sua. Lungo la strada le feci vedere il B&B dove pernottavo e lei mi chiese di raccontarle come ero arrivato fin lì.
Ma davvero, tutto ciò che avevo sopportato fino a quel momento, mi sembrava assurdo di fronte la morte.
"Racconta lo stesso. La vita fino ad oggi l'ho vista solo attraverso un film e letta nei libri." Mi disse.
Così le raccontai in breve i miei trent'anni. Da quando ero nato fino a quando ero arrivato a Burlington. Era stato un racconto che avevo raccontato in più riprese, mi ero prima fatto promettere che avrebbe continuato la cura, atteso i miei esami ed eventualmente deciso come procedere. Io in contemporanea le raccontavo un po' di me.
Nel frattempo avevo conosciuto anche il padre. Stefan Blanchard, titolare di un negozio di computer. Scoprii così che, nonostante non avesse frequentato scuole specifiche, Cecile era brava con i computer, sapeva sia ripararli che programmarli. Un piccolo genio in pratica.
Accesi il cellulare il giorno in cui erano programmati i miei esami.
Ignorai tutti i messaggi che mi erano arrivati. Chiamai invece subito mia madre. Avevo bisogno di sentirmi dire che andava tutto bene e che ero partito per aprire una delle ultime sedi nel new England. Che avevo incontrato questa persona e che sapevo potevo fare la differenza nella sua vita.
"Oggi ho gli esami." Le dissi infine.
"Hai paura Tom?" Mi chiese mamma.
Dovetti pensarci un attimo, poi assentendo le risposi sincero. "Ho paura di non riuscire ad aiutarla." Le raccontai. "Ha tre anni più di me, ma ha vissuto molto meno. Lei ha bisogno di tante prime esperienze ancora, ha perso la mamma e vorrei darle una speranza."
"Ti capisco benissimo. Vuoi che ti raggiunga caro?" Mi chiese mamma.
Lo avrebbe fatto? "Mi piacerebbe." Le risposi sinceramente.
"Il tempo che ci organizziamo e partiamo." Disse mamma lasciandomi intendere che avrebbe portato anche papà.
Cazzo! Avevo detto che stavo lavorando. Così dopo aver fatto gli esami avvertii Cecile dell'arrivo di mia madre e che dovevo mettermi a lavoro.
"Dimmi cosa ti serve. Ti aiuterò." Mi disse sorridendomi. "Però prima che arrivino i tuoi devi mantenere la promessa delle prime volte Tom." Mi disse.
"Vuoi andare al luna park. Le montagne russe." Le dissi. Dovevamo trovarne uno.
"No Tom... la prima volta sesso. Dicesti che potevi aiutarmi." Mi disse lasciandomi a boccheggiare.
"Così me lo dici?" Le chiesi. "Scusa ma non vuoi prima provare a innamorarti? È una cosa bella sai?"
Lei scosse la testa ricciuta. "Non c'è tempo. I tuoi arrivano massimo tra tre giorni e non sappiamo i risultati degli esami. Ti prego. Non è niente di romantico e poi anche se dovessi innamorarmi, chi mi garantisce che sarei ricambiata." Mi disse.
Questo era anche vero, però... "Senti Cecile...."
"Voglio essere amata come tu ami Sapphire." Mi disse decisa. "Non mi accontenterò e visto che tu non hai avuto problemi ad andare con altre donne, perché non con me." Disse decisa.
"Perché siamo amici." Le dissi subito.
"Anche con Lynn lo eri." Affermò.
"No! Eravamo amanti e poi siamo diventati amici." Precisai.
"Non arrampicarti sugli specchi ed esaudisci questo mio desiderio. Ti prego." Mi supplicò.
Sbuffai. Con le mie amanti non ci ero mai andato piano, con Cecile sarebbe dovuto essere diverso. Per lei doveva essere qualcosa di unico e indimenticabile.
"Facciamo così. Troviamo una sede per il mio ufficio, diventa mia socia con tuo padre e poi ci organizziamo per il sesso." Le dissi.
"Festeggiamo l'apertura della T-consulting col sesso! Mi piace." Mi disse eccitata.
Questa sua frenesia mi fu compagna in quel periodo. Il giorno dopo presentai la T-consultig con tanto di firme e contributi all'ufficio delle entrate. Andai in compagnia di entrambi i Blanchard, dopodiché scendemmo in un bar a festeggiare l'apertura ufficiale della consulting.
Champagne per Cecile che voleva provarlo per la prima volta, una birra per me e  Stefan.
Il padre di Cecile era un vero commerciante. Era anche riuscito a trovarmi una sede per la società, era bastato parlare e aveva fatto tutto. Mi aveva consigliato la sua manca e anche di cercare tra i neo laureati all'università del Vermont per i miei consulenti. 
Quella sera portai Cecile ad assaggiare il sushi, altra prima volta. Come promesso quando rientrammo facemmo l'amore e non una  sola volta. Cecile voleva provare almeno un'altra volta dopo la rottura dell'imene. Infatti solo dopo la seconda volta potette affermare che le era piaciuto e mi liberò da questo impegno. Dicendo che sì! La prossima mossa era quella di innamorarsi.  
Effettivamente i giorni successivi passarono come se nulla fosse accaduto. Cecile si comportava come sempre e scherzava come sempre. Accettò anche il mio sangue per la trasfusione intanto che aspettavamo l'esito generale della compatibilità.
I miei genitori arrivarono con la nuova settimana insieme a Neal e a un consulente della KCG.
Mi spiegò papà che era in previsione di un intervento. Così avrei potuto dedicarmi a Cecile e alla sua malattia e non al lavoro. Effettivamente la cosa mi fece molto piacere, presentai al collaboratore i due neo laureati che avevo preso in prova dalla Vermont university e mi dedicai ai miei genitori e Cecile. C'era compatibilità! Quindi le avrei donato il midollo osseo.
Sarebbe stata un'operazione che non avrebbe influito sulla mia vita, sarei stato sempre un uomo in salute. Con la sola differenza che avrei potuto aiutare una grande piccola donna.
A fine ottobre procedemmo con l'intervento, cui Cecile non rispose come speravamo.
O almeno il suo corpo! Nelle ultime ventiquattro ore post intervento, infatti, più volte c'era stato il rischio di un rigetto. Fortunatamente una settimana dopo Cecile fu considerata fuori pericolo.
Io al contrario decisi di lasciare il Vermont. Ci trovavamo ai confini col Quebec e nonostante dicevano fosse un gran bel paese, scoprii che le temperature fredde che arrivavano dal Canada non erano ciò che mi facevano bene in quel momento.
"Vorrei andare in Australia." Dissi a mia mamma. Stava sprimacciando il mio cuscino indaffarata. Da quando era arrivata si stava prendendo molta cura di me.
"C'è tempo per il lavoro. Devi ancora fare partire questa sede mio caro." Rispose mamma.
"In realtà volevo andare lì in vacanza. Nonostante siamo a fine ottobre, con le temperature basse non riesco riprendermi." Affermai sereno. "Potremo portare anche Cecile."
Mamma mi guardò con i suoi occhi scuri sorridendomi. "Sarebbe un'idea bellissima."
Sapevo che al caldo sarei stato benissimo. In Australia poi già una volta ero riuscito a rilassarmi. Avrei portato anche Cecile, così superato il periodo post operatorio, avrei potuto riprendere a donarle il mio sangue per aiutarla.
Purtroppo il giorno della partenza scoprii che ne Cecile, ne i miei genitori sarebbero partiti con me. Con un sorriso Cecile mi disse che lei era abituata al suo clima e che anzi, avrebbe sofferto lasciando il suo paese. Per ora sarebbe rimasta, per riprendersi, per farlo aveva bisogno di restare a casa sua.
"Donerò io un po' di sangue a Cecile nel frattempo." Disse mia madre. "Lo custodiranno in ospedale."
"Noi però torniamo a Boston." Concluse papà. "Hai dato a Tedd Wood abbastanza direttive per la sede e la KCG ha bisogno di me, dopo il nostro lungo periodo di assenza. Ma tu parti e riposati figliolo. "
"Va bene." Dissi. "Aggiornatemi su tutto."
Partii per Sidney e come avevo immaginato mi rilassai da subito. La prima settimana mi circondai di mare e di sole. Trovai un appartamento che acquistai subito. La vista sullo skyline, l'harbor bridge e l'opera house, era fantastica.
Non sapevo se avrei aperto lì la T-consulting. Ma mi piaceva eccome. In quel periodo conobbi anche Cali, una splendida ragazza con antenati aborigeni, mi raccontò. Sua madre era figlia di un aborigena e un mezzo sangue, e si era sposata con un marinaio giapponese. Da qui mi spiegai perché avesse i tratti orientali e la pelle scura come Cecile. Diventammo amanti, Cali era una donna molto vogliosa e mai sazia. Io mi gettavo con piacere nel sesso casuale per annullare il mio bisogno di amore. Eravamo perfetti.
Quando ricevetti, un mese dopo, la telefonata da parte di Inga restai sorpreso. "Prima di tornare a Boston, fermati a Monaco, facciamo un salto a Norimberga. Non te ne pentirai." Mi disse.
Al che mi chiamai Cali per chiudere con lei. Le dissi che dovevo rientrare a casa e che era finita, mi fissò corrucciata.
"Non puoi andartene e lasciarmi." Mi disse.
La fissai. "Mi sembra di non averti mai promesso niente. Sapevi che sarei tornato in America, tra venti giorni è Natale e non posso restare qui." Le spiegai.
"Ma... ma io sono incinta." Affermò.
Questa volta restai basito. "Avevi detto che usavi precauzioni."
"Non hanno funzionato." Disse decisa. "Sono incinta, devi portarmi con te."
Era seria. "Sarai anche incinta. Ma questo non significa che devo portarti con me. Tornerò e riconoscerò il bambino, poi decidiamo come gestirlo." Le dissi pratico. "Se hai problemi con i tuoi genitori posso incontrarli e assicurare loro che non sarai sola."
"No! Non puoi... loro... non puoi. " disse secca.
Peccato che quella sua reticenza mi mise in allerta. La costrinsi a portarmi dai genitori e fu in quell'occasione che conobbi Coco Samali e Takeshi Kobayashi. Erano indubbiamente una coppia che si distingueva, scura di pelle e serio sguardo castano lei, orientale e con un sorriso a trentadue denti lui. Mi accolsero in casa loro con affetto, anche se Coco si sentì di essere sincera con me.
"Non starla a sentire. Cali vuole scappare dall'Australia e l'unico modo che pensa di avere per farlo è sedurre gli americani e gli europei. Con uno ci era quasi riuscita... se la porti via potrebbe sfuggirti col bambino ." Disse amareggiato Takeshi.
"Devo tornare. Di sicuro non l'avrei portata dietro adesso." Ammisi.
"Allora tu parti." Mi disse seria Coco. "Torna per quando sai partorisce, fai un esame del dna e se il bambino è tuo decidiamo." Affermò. "È figlio della nostra terra." Compresi con quella frase che il legame con le tradizioni e la sua terra era molto radicato in Coco. Probabilmente anche per questo mi aveva invitato a non portarmi dietro Cali, in Europa o in America che fosse.
Lasciai comunque alla coppia i miei racconti e io presi i loro. Con la premessa che Cali cercava ogni buona occasione per scappare da Sidney, era importante tenerla sotto controllo.
Lasciai l'Australia dicendo al pilota del jet di portarmi direttamente a Norimberga. Lo scrissi anche in una mail a Inga. Le comunicai che sarei atterrato direttamente lì per non perdere troppo tempo in Germania. Ero stato parecchio fuori e volevo rientrare a casa, probabilmente volevano farmi vedere la sede che Tad stava tirando su da solo.
Una volta atterrato a Norimberga, trovai ad attendermi all'aeroporto Tad ed Inga, quest'ultima sembrava molto eccitata.
"Tu non ci crederai ma qui all'Holiday Inn di Norimberga e dove al momento lavora Pollyn Gertrude McCallister." Annunciò. "L'ho trovata per te."
Dopo i fatti di Londra pensavo che quella storia fosse stata accantonata.Vero che volevo incontrare Molly e Sean, era una cosa che mi ero prefissato di fare.
Volevo capire perché mi avessero tenuto nascosto dell'esistenza di mio figlio, anzi quando ero stato a trovarli non me lo avevano mai fatto incontrare. Avevo rivelato a Tad e Inga che Lynn era stata la mia amante durante il mio periodo in Scozia, dovevano aver fatto 1 + 1. Non era difficile da comprendere che la madre del fantomatico figlio di cui parlava Saffi, doveva essere per forza di cose Pollyn Gertrude McCallister.
Non sapevo se volessi o meno scoprire la verità, però seguii mio fratello e sua moglie fino al ristorante.
Inga aveva prenotato un tavolo per noi.
"Dopo chiederemo di conoscere lo chef, così vi incontrerete e sarai libero di chiederle quello che vuoi." Mi disse aprendo il menu.
Effettivamente era una buona alternativa avrei deciso io se parlare o meno a Lynn di nostro figlio Anche se, adesso che ero lì, la curiosità di sapere perché non mi avesse mai detto nulla in quegli anni era forte.
Perché non si era fatta più sentire? Perché non mi aveva detto del bambino? Ma soprattutto perché Molly, mi aveva sempre tenuto alla larga dal bambino? Forse Lynn. avrebbe potuto rispondere alle mie domande o almeno a una parte.
La cena che gustammo fu buonissima, doveva ammettere che se Lynn era la chef del ristorante, avevo fatto un buon investimento. I piatti erano tutti eccellenti e non potevo che essere felice per lei.
A fine cena chiedemmo di poterci complimentare con lo chef, il maître ci chiese di aspettare un attimo e come promesso dopo un po' riconobbi la sagoma robusta di Lynn. Uscì in sala cercando il nostro tavolo, poco alla volta che si avvicinava il suo volto cambiò espressione. Da serio e compassato un sorriso le apparve in viso. Appena mi raggiunse mi abbracciò dicendomi.
"Mi hai portato Raziel?" Chiese.
La guardai basito. "Raziel?" Chi era?
"Nostro figlio." Rispose serena guardando i commensali al tavolo. Il sorriso si spense lentamente. "Il bambino che ho avuto da te. Mi hai portato a conoscerlo vero?" Chiese guardandosi intorno verso l'aria bambini. "Non sai quanto ho aspettato questo giorno."
Sempre più basito dalle sue parole scossi la testa. "Lynn ma cosa stai dicendo?" Le chiesi. "Non c'è nessun bambino con me. Neanche mio figlio Gabriel." Affermai.
Lei mi guardò sorpresa, si voltò verso Tad e Inga presentandosi. "Non credo che questo sia il momento giusto. Stacco tra un ora, finisco il servizio e sono libera. Ti va di aspettarmi al bar dell'albergo?" Mi chiese.
Annuii sedendomi. E dopo che si fu allontanata fissai mio fratello. "Molly non mi ha mai permesso di incontrare il bambino. Io sapevo che aveva un figlio, ma non l'ho mai incontrato. Ditemi secondo voi che cosa significa?" Chiesi sconvolto, non potevano avermi tenuto segreta una cosa così importante.
"Probabilmente il bambino ti somiglia." Rispose Taddheus senza pensarci due volte. "Se il figlio di Molly, in realtà, è vostro figlio... non lo so Tom, quanto ti fidi dei tuoi amici inglesi?" Mi chiese sconcertato. "Perché probabilmente la tua amica si è presa tuo figlio."
Li guardai, ero sicuro che vedessero sul mio viso quanto fossi sconvolto. "Li avete conosciuti, avete conosciuto Drake ed Ebony, come Saffi, Molly e Sean. Ho dato le mie società nelle loro mani. Metterei la mano sul fuoco per Drake, so che non mi deluderebbe mai."
"Ma Molly? Chiese Inga sospettosa.
"Di Molly mi sono fidato a priori, era amSapphire e tanto mi bastava."
"Appunto." Disse Inga. "Sai, forse ti sei fidato troppo, entrambi vi siete fidati troppo." Concluse.
"Prima di arrivare a delle conclusioni, ascoltiamo cosa ci dice Lynn." Cercò di calmarci Taddheus. "Può essere che ci stiamo sbagliando."
Speravo che quello che diceva Tad fosse vero. Perché da quando mi era stato insinuato il dubbio, avvertivo l'ansia crescere.
Ci dirigemmo al bar e mentre aspettavamo chiamai la sede di Londra, chiedendo di Drake. Appena me lo passarono,senza indugiare troppo gli posi la domanda che tanto mi premeva.
"Cosa sai del figlio di Molly e Seas?"
Drake mi rispose subito senza esitazioni. "Nulla, se devo essere sincero. Ma so che è stato adottato, perché prima di iniziare a frequentare Sean. Molly scoprì di essere sterile." Spiegò l'inglese. "Quindi o è figlio di Sean e di un'altra donna oppure è un orfano." Concluse lui.
"Non sai altro?" Gli chiesi.
"Sinceramente Ebony sa qualcosa." Rispose pensieroso. "Mi dice sempre che non devo chiedergli del bambino, altrimenti sarebbe costretta a non rispondermi. Dice che ha giurato di tacere. Ma non so su cosa." Concluse sincero.
"È mio figlio." Dissi al mio amico. "E voglio capire perché Molly me lo ha tenuto nascosto."
"Come tuo?" Esclamò sorpreso Drake. "Da chi l'hai saputo, come fai a sapere che sia veramente tuo?" Chiese.
"Me lo ha detto Sapphire quando sono stato lì. Mi disse che avevo un figlio e che Molly lo aveva in custodia."
"E allora deve essere questo il segreto di Ebony, ecco perché non mi fanno mai vedere il bambino. Aspetta un attimo che ti chiamo Eb." Mi disse.
Sentii il brusio in sottofondo, probabilmente Drake stava andando a chiamare sua moglie in segreteria, dopo un po' avverti la porta aprirsi e chiudersi e poi il lucchetto che scattava.
"Siediti." Disse Drake con tono serio. "C'è Tom al telefono, vuole chiederti del figlio di Molly. Come me non l'ha mai incontrato." Disse.
"Perché cosa è successo non sta bene?" Chiese Ebony allarmata. "Cioè Molly non mi ha fatto sapere nulla." Blaterò.
"Ebony scusami se ti disturbo." Intervenni per fermare il suo sproloquio. "Sono venuto a trovare Lynn, tu forse non la conosci. Ma Molly si! Eravamo insieme quando l'ho conosciuta e ho iniziato una relazione con lei." Spiegai in breve. "Sai dirmi di chi è il figlio di Molly, perché sai Lynn mi ha lasciato un attimo interdetto." Conclusi.
Lei sospirò anche se non mi rispose subito. "So che molli ha adottato tuo figlio, quel bambino è tuo." Mi disse. "Ma so che la tua amica Lynn glielo ha lasciato perché non lo voleva."
"Strano perché Lynn si aspettava di vedermi qui con il bambino." Le dissi secco. "Ah! Non si chiama neanche Isaak, ma Raziel." Conclusi intanto che venivo raggiunto da Lynn. "Adesso vi lascio in linea. Al limite vi aggiorno tra un po', Ebony se ne parli con Molly ti licenzio." La minacciai.
Non avvertii nessuna risposta o capriccio, probabilmente Drake doveva essere arrabbiato quanto me con la moglie.
Posai il telefono tenendo la telefonata attiva e feci spallucce. "Eccoci."
"Eccoci.... Quindi?" Mi chiese.
La fissai, dopodiché sospirai incrociando le braccia. "Raccontami tutto. Perché non ti sei fatta sentire in questi anni?" Le chiesi.
Lei rise. "Perché mi sono stancata. Ogni volta che chiamavo in ufficio Molly non c'era mai e non avevo altro modo per raggiungerti."
Annuii. "Parlami del bambino... come... cioè... possibile che eri uscita incinta?" Le chiesi.
Lei annuì. "Dopo che te ne sei andato ci ho messo almeno un altro mese per capire di aspettare un bambino. Quando mi chiamasti al pub ancora non lo sapevo." Mi rivelò. "Tu mi dicesti che ti saresti informato sull'accademia, ma io sapevo che non c'erano borse di studio. Molly mi aveva detto che eri tornato a Londra perché Sapphire si era sposata incinta di tuo figlio, così decisi di portare avanti la gravidanza, anche perché ti meritavi di crescere un tuo figlio Tom.." raccontò malinconica. "Poi ricevetti la telefonata dall'accademia. Ripeto, sapevo che non c'erano borse di studio, però tu avevi fatto in modo che io potessi entrare gratis." Mi disse. "La gravidanza ormai procedeva, più che mai pensavo che ti meritavi il bambino Tom, perché avresti fatto realizzare il mio sogno. Partii per la scuola iniziando a frequentarla, avrei concluso i conti della gravidanza a gennaio. Lontano avrei divoro anche evitare di dire a mamma che ero incinta. Però telefonai alla T-consulting chiedendo quando potevo parlarti. Molly mi rispose una volta che non saresti venuto facilmente. Così le chiesi di vederci durante le vacanze di Natale. Lei disse che voleva evitare di venire al pub, poiché non era il genere di locale che le piaceva frequentare, io la invitai a vederci in un caffè. Mi sentii offesa dalla sua affermazione, ma non mi misi a discutere. Ero incinta e spesso diventavo facilmente irritabile, sapevo dì dovermi mantenere tranquilla soprattutto perché Molly era l'unico tramite che avevo con te.
Quando ci incontrammo lei fu sorpresa di vedermi un bel po' rotonda." Rise. "Le dissi che ero incinta del tuo bambino e che a fine gennaio avrei partorito, le raccontai di come procedeva la gravidanza, che era un maschio e che avrei mantenuto la tua tradizione, si sarebbe chiamato Raziel, era l'angelo dei segreti. In quell'occasione le dissi anche che i miei non sapevano della gravidanza e che mi ero già accordata di partorire in una clinica privata della new town, così che i miei nella old town non potessero scoprirmi e infine ritornai a dirle che avevo bisogno di parlare con te. Non potevo sprecare il denaro speso per l'accademia e dovevo lasciarti Raziel. Lei mi disse che al momento non era previsto che tu ci raggiungessi, ma che poteva intercedere per me. Addirittura si offrì di assistermi al parto, fu molto gentile con me. Tornai all'accademia appositamente per consegnare il certificato di maternità che mi avrebbe consentito di non perdere l'anno per le troppe assenze, dopodiché tornai in Scozia. Raziel venne al mondo il ventotto gennaio, era bellissimo nonostante non mi somigliasse, era identico a te . Ma tu lo sai no? Registrai il bambino come tuo figlio, Raziel Keller figlio di Pollyn. Gertrude McAllister e Thomas Keller. Uscita dalla clinica Molly mi volle ospitare a casa sua, ma rifiutai poiché lei viveva nella old town. Andai a stare in un bad and breakfast, tuttavia il tempo scorreva e dovevo rientrare all'accademia.
Molly che passava a trovarmi tutti i giorni mi disse che se dovevo tornare potevo lasciare Raziel a lei, che ti avrebbe consegnato il bambino quando saresti tornato a Londra. Così anche se titubante accettai. Ti lasciai una lettera dove ti ringraziai per la scuola e ti dissi che potevate passare a trovarmi a Londra sempre, tu e Raziel. Ho aspettato tanto e concluso anche l'accademia. Ho preso l'abitudine di scriverti una lettera col nuovo indirizzo, ogni volta che cambio posto. Quando mio fratello mi ha detto che eri passato al pub quasi non ci credevo più. Dovevo trasferirmi qui, ma sapevi che ero in Croazia. Subito scrissi a Molly e adesso tu sei qui! Ma Raziel?" Mi chiese alla fine del racconto.
"Ly- Lynn lui non c'è." Le risposi costernato. "È in Scozia, con Molly." Le dissi cercando di mantenere la calma.
"Mmm... non risponde mai alle mie telefonate. Per caso non lavora più lì? Di sicuro ha cambiato casa, sono passata a trovarla tutte le volte che ero in Scozia. Ma non vive più a quell'indirizzo."
"Lynn... mi dispiace." Le dissi. "Lei lavora ancora alla T-consulting, ci siamo ingranditi e viaggia spesso tra le varie sedi." Le dissi. Volevo giustificarla, o giustificare me. Non lo sapevo. Sapevo solo che Molly si era fatta padrona di un bambino. "Hai detto, in quale comune hai registrato il bambino?" Le chiesi.
"In ospedale. Alla Saint Charles clinic di new town." Specificò. "Quindi se vado a trovare Molly alle sede della consulting la trovo?" Chiese.
Annuii. "Verrò con te. Perché solitamente mi dicono che non c'è." Precisò. "Giusto per capire se c'è veramente o meno."
"Chi ti dice che andrò in Scozia?" Le chiesi.
"Semplice. Ti ho detto che ti scrissi una lettera e in quella lettera c'è il vero nome della clinica dove fui ricoverata." Mi rispose. "Dov'è mio figlio Tom?"
"Sempre con Molly, Lynn..." le fissai. "Puoi venire a trovarlo, ma sappi che il bambino è rimasto con lei." Mi disse. "Non ho mai ricevuto nessuna lettera. Molly mi disse a telefono che mi ringraziavi per l'accademia. La cosa finì lì. Ho scoperto per caso che abbiamo avuto un figlio."
"Cosa significa? Thomas..." mi chiese basita.
"Molly ha tenuto il bambino e io adesso devo assicurarmi solo che lui stia bene." Le dissi. "Adesso se mi giuri che manterrai la calma ti porterò con me, altrimenti resti qui." Le dissi.
"Chiama mamma la tua amica?" Urlò lei.
"Di sicuro se ad oggi avrei una compagna, avrebbe chiamato mamma anche lei." Le dissi.
"Ma lui sa che sono la sua mamma?" Chiese Lynn.
"Per quanto riesci a prendere un paio di giorni di aspettativa?" Le chiesi.
"Mi servono almeno due giorni." Mi disse.
"Bene. Ci vediamo all'eroporto dopodomani mattina." Le dissi tirandomi su e prendendo il cellulare. Mi sentivo più vecchio di quello che ero. "Sappi che sarà una visita breve, devo rientrare a casa mia." Conclusi dandole le spalle e prendendo il telefono. "Drake..."
"Mi dispiace Tom. Se vuoi faccio venire Molly qui, le faccio portare il bambino... io..."
"Non vengo a Londra. Credo di essere stato chiaro l'ultima volta." Gli dissi. "Ma se vuoi raggiungermi a Edimburgo mi fa piacere." Conclusi.
"Ebony dice che sapeva diversamente." Mi disse il mio amico.
"Vedremo quando si troveranno faccia a faccia, chi aveva ragione." Conclusi. "Procurami il certificato di nascita del bambino per favore."

 

... segue.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia; i capitoli sono costole della storia di si svolge in contemporanea con la storia di Gabriel e Gellert Keller in Liberi di essere se stessi e di Thomas e Diamond Il tesoro più prezioso. In pratica per chi volesse leggere la storia di Thomas sr e Sapphire dall'inizio senza interruzioni. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Il microstato del Kleinstennon esiste, ne ho inventato uno a somiglianza del Lietchsten.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna e Nord Europa INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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...Continua

Due giorni dopo salutai mio fratello e Inga dicendo loro che li avrei tenuti aggiornati. La mia tabella di marcia era cambiata di nuovo, ma dovevo risolvere quella cosa prima possibile.
Io e Lynn atterrammo in Scozia in perfetto orario con il volo di Drake ed Ebony. Insieme ci dirigemmo alla T- KCG, venimmo accolti da Summer la segretaria, che fu sorpresa di vederci lì. "Mr McMillan e mrs Harris?" Le chiesi.
"In ufficio con dei clienti."
Annuii. "Li aspetteremo."
Lei assentì. "Molly andrà via. Ma Sean ci sarà."
"Ho bisogno di parlare proprio con Molly, Summer ." Precisai.
"Dovrebbe prendere il bambino a scuola."
Sorrisi alla segretaria. "Facciamo così." Le dissi. "Ne avremo per le lunghe, puoi andare a prendere tu il bambino a scuola?"
"Non sono autorizzata..."
"Ti faccio vedere come Molly ti autorizzerà appena arriva." Le dissi chiudendo la discussione.
Attendemmo un'ora, facendo innervosire ancora di più la povera Summer. Il primo a liberarsi fu Sean che vedendoci sobbalzò.
"Non pensavo sareste passati... io... ciao Lynn." Sussurrò aggiustandosi gli occhiali imbarazzato.
"Le sorprese non sarebbero tali se avvertiamo." Affermai. "Puoi autorizzare Summer ad andare a prendere il bambino?" Gli chiesi.
Sean sollevò lo sguardo sorpreso. "La scuola non la conosce."
"Sean!" Dissi autoritario.
"S-si... autorizzo subito." Disse andando al telefono per avvertire la scuola.
Quando Summer se ne fu andata guardai Sean impaziente.
L'aria che si respirava era pesante. Lo avvertì anche il cliente che uscì dall'ufficio con Molly. Ella quando ci vide restò stupita, eppure fu molto battagliera quando incrociò lo sguardo di Lynn.
"Chi ti ha fatto entrare?" Chiese.
"Io!" Le risposi secco.
Lei mi fissò sbottando. "Oh fate quello che volete. Io devo andare a prendere Isaak a scuola." Disse nervosa dedicandosi al marito. "Ci vediamo a casa."
"Ho già provveduto io. Summer porterà qui Raziel." Le dissi ancora.
Lei mi fissò sgomenta. "Non capisco di cosa parli."
Sospirai prendendo il certificato che drake mi passò. "Raziel Keller, nato al San Patrick private hospital il 28 gennaio 1988." Dissi guardandola. "Oppure Isaak come lo chiami tu." Conclusi.
"Ancora non capisco." Disse lei contorcendosi le mani.
"Dimmi tu! Raccontaci la tua versione, perché hai mio figlio e perché non mi hai mai detto che lo stavi crescendo tu." La accusai.
"Non è tuo figlio. È nostro! Io l'ho fatto nascere e io lo sto crescendo."
"In realtà nove mesi di gravidanza, sette ore e messo di travaglio e il parto sono stati tutti frutto del mio sacco." Rispose Lynn.
"Andiamo... non vedevi l'ora di tornare ai tuoi fornelli. Saresti stata una madre ingrata." Le urlò contro Molly.
"Ma come ti permetti! Che ne sai di come avrei cresciuto Raziel. Già farlo al padre è stato un buon esempio." Rispose Lynn.
"Un buon esempio? Lui..." rispose sarcastica. "Suo figlio anzi entrambi i suoi figli, sono chiusi in un collegio. Questo non è fare il padre." Affermò decisa.
Strinsi le mani a pugno. Seriamente stava criticando le scelte che avevo fatto per il bene dei bambini? Molly conosceva benissimo la situazione a casa di Sapphire. Mi sentii sfiorare le spalle da Ebony.
"Molly..." sospirò Drake. "E Sean." Li guardò entrambi. "Sapete che se facciamo un test del dna potreste essere denunciati per sequestro di persona? Inoltre parliamo di un minore." Concluse il mio amico. "Avete commesso un crimine grave. Falsificando anche il nome del bambino."
"È regolare. Lo abbiamo registrato sul comune regolarmente." Riferì Molly.
"Ci vuole il certificato di nascita per registrarlo." Dissi. "E sappiamo benissimo cosa c'è scritto sul certificato." Conclusi sventolandolo.
"C'è un modo per sorvolare..." Bofonchiò Sean. "Ragazzi vi prego. Molly non può avere figli, Isaak è la sua vita." Disse inginocchiandosi. "Vi prego. Lasciateci stare in pace, fateci vivere la nostra vita."
"La vostra vita?! Avete praticamente respiro mio figlio!" Urlò Lynn.
"Tu me lo hai consegnato." Disse ancora Molly.
"Dovevi portarlo da Thomas.!" Affermò lei.
"Che era in giro per il mondo a cazzeggiare. Ti sembra un esempio di padre?" Mi accusò ancora.
"Esempio o meno..." dissi cercando il suo sguardo. "Io sono suo padre. Tutte le volte che vi ho incontrato hai impedito che io lo conoscessi o lo abbracciassi. Ti sembra normale?"
"Lui è mio figlio!" Urlò ancora lei.
"Molly!" Si intromise Ebony. "Ti prego, chiedi scusa e ragiona. Puoi perdere tutto, il bambino, la casa, il lavoro e soprattutto noi tutti." Le disse.
"È mio figlio Ebony." Disse lei supplicandola.
"Tesoro no! Tu hai approfittato della loro fiducia prendendolo con te. Lynn sapeva che era con Thomas e lui invece non era a conoscenza della sua nascita." Cercò di farla ragionare.
"Non potete portarmelo via. Non potete farci questo." Disse lei in lacrime.
"Ti rendi conto che hai cambiato casa e non hai mai risposto alle mie telefonate?" Chiese Lynn ancora sul piede di guerra.
"Perché avresti chiesto del bambino." Si giustificò lei.
"È mio figlio!" Affermò ancora Lynn.
"Averlo messo al mondo non ti rende sua madre." Rispose Molly.
Non resisterti più. Alzai il braccio, se Drake non mi avesse fermato l'avrei schiaffeggiata.
"Molly cazzo! Chiedi umilmente scusa e fa vedere il figlio a loro due." La minacciò Drake. "Se non lo fai chiamo le autorità e non bluffo."
Lei scosse la testa. "Non è giusto." Ci disse coprendosi il viso.
Non era giusto? Io ero stato all'oscuro di tutto e diceva a me che non era giusto?
Feci per ribattere, mi stavo stancando, ma un bussare continuo alla porta mi fece desistere. Chiesi a Lynn di aprire e avvertire che eravamo chiusi e fissai Molly. "Asciugati il viso. Le tue lacrime non mi inteneriscono, anzi." Le dissi.
"Ehi fermo!" Urlò Lynn mentre una piccola scheggia correva tra le nostre gambe finì a raggiungere Molly e Sean.
"Mamma! Mammina perché non sei venuta a scuola?" Chiese il bambino accolto su Rio fra le braccia di Molly. "Papi perché sei in ginocchio? State giocando?"
Fissai il bambino preoccupato per la coppia. Era assurdo! Sospirai guardando Lynn che si appoggiò al muro amareggiata.
"Se lasciate la Scozia e sparite vi troverò in capo al mondo." Dissi a entrambi. "Vi lascio Neal, sarà le mie orecchie e i miei occhi. Ricordatevi che è mio figlio e se prendo questa decisione è solo per il suo bene. "
Molly si strinse il bambino ancora più forte a se. Ma non volevo che andasse così. Doveva capire che non aveva il controllo su mio figlio.
"Isaak ciao." Dissi chiamando il bambino, ma fissando la madre. "Vieni a salutarmi?"
Mio figlio si girò e finalmente lo vidi in viso. Dio se somigliava a me! A parte il taglio delle sopracciglia e il naso così simile a quello di Lynn, per il resto era uguale a me. Occhi grigio scuri dal taglio ribelle, labbra piene e una sicurezza in se stesso che faceva paura. Di Lynn aveva invece i capelli castani scuri, e appunto il naso. "Non si parla agli estranei. Vero mamma?" Disse il piccolo rivolgendosi Molly.
Io la guardai. "Dovresti dire al bambino che noi tutti non siamo estranei." Le ricordai. "Ovviamente questa morbosità va controllata. Se non andrai da uno specialista ti tolgo tutto." Le sussurrai.
"Non puoi..." disse Molly.
"Tu!" Precisai. "Non puoi chiuderlo in una campana di vetro. Lascialo vivere come un balenino normale e quando Tommy sarà a Londra voi andrete lì e farete passare del tempo insieme ai due fratelli."
"Sei serio?" Chiese Molly.
"Mai stato più serio." Le dissi. "Sei tu che pensi io non sia un buon padre. Ma ti dirò, questo padre esige che i fratelli crescano insieme e si conoscano tra di loro." Affermai.
"Concordo con lui." Disse Lynn. "Dirò ai miei fratelli di favi compagnia. Almeno così Raziel sarà più socievole con gli altri."
"Voi non potete..." disse ancora Molly.
"Forse non hai capito." Le dissi ancora. "Siete voi che non potete pretendere cose sulla sua educazione. Continuerete a lavorare qui, avrete la vostra vita di sempre. Ma a condizioni mie. Adotterete un altro figlio, inoltre andremo al comune ad aggiustare il nome di battesimo di Raziel. Sarà come nato un Keller, non un McMillan. Gli aggiungeremo il nome Isaak a cui si è abituato. Tu Molly andrai in terapia. Avrete relazioni con i parenti di Lynn e la smetterete di ignorare le sue telefonate o gettare le sue lettere. Questo è quanto? Se le vostre scelte andranno in disaccordo con quelle del bambino ne parlerete con me. Se la cosa mi andrà bene appoggerò la vostra scelta, altrimenti io che sono il padre avrò potere decisionale su di lui. Fate solo un passo falso e non solo perderete Raziel e il lavoro, ma andrete anche in prigione. Vi ricordo che il vostro è un crimine." Conclusi minaccioso.
"Thomas..." Mi supplicò Sean.
"Sei serio?" Gli chiesi. "Vuoi che ti chiedi anche scusa per caso?" Continuai sarcastico.
"No... è che..."
"Neghi di avermi negato di conoscere il bambino in questi anni?" Gli chiesi fissandolo. "Negate che tutte le volte che ero in Scozia, Molly scappava pur di non farmelo incontrare?"
"Era nostro figlio!" Affermò Molly. "Non sta scritto da nessuna parte che dovevamo fartelo conoscere." Disse decisa.
"Ho capito." Dissi arrendevole. Se Molly non capiva di aver sbagliato dovevo essere più incisivo. "Chiamo le autorità"
Sean fece un passo avanti toccandomi le spalle. "Ti prego no! Molly non ragiona, voleva dire che..."
"Voleva dire che mio figlio non è tale perché lei si è arrogata questo diritto." Affermai guardando severo Sean. "Avete falsificato dei documenti e ancora vi rifiutate di venire a patti." Dissi a entrambi. "Pensavo di lasciarvi Raziel per il suo bene. È palese che vi ama, ma a questo punto credo proprio di dover prendere in considerazione di togliervelo." Conclusi inginocchiandomi di fronte a lui. "Ciao Raziel... posso parlarti un attimo in privato?" Chiesi dolcemente al bambino.
Lui si nascose dietro le gambe di Molly. "Io sono Isaak." Mi urlò contro. "Vattene. Sei cattivo! Fai piangere la mamma."
"La tua mamma non sta bene... Isaak." Gli spiegai cercando di avere un tono mite. "Per questo piange."
"Vattene! Andate via... brutti! Siete brutti e cattivi." Urlò ancora lui.
Sospirai, non si faceva neanche toccare. "Ok Isaak se è questo che vuoi. Non ti toccherò." Conclusi tirandomi su.
Sul volto di Molly c'era un sorriso compiaciuto. Peccato che io non demordevo. "Resterò qui ad Edimburgo, fino a quando Raziel non partirà per il collegio." Affermai.
"Collegio?" Urlò stizzita Molly.
"Oppure viene via con me." Dissi secco. "Non voglio farlo soffrire. Ma se non si trova una soluzione lo farò piangere. In fondo è stata colpa vostra se siamo arrivati a questo."
"No... non puoi... non potete..." Saltò su Molly.
Lynn scattò sbuffando. "Adesso basta, ti stai arrogando diritti che non hai. Capisci che hai rapito mio figlio, passandolo per tuo. Raziel doveva restare con suo padre." Le disse evidentemente nervosa.
"Siamo noi i suoi genitori. Tu chiediglielo e lui..."
"È un bambino." Affermai. "Lo avete cresciuto con questa idea e io vi avevo dato una scelta. Visto che non vi è andata bene, agirò in altra maniera." Conclusi.
"Manderemo il bambino al collegio." Intervenne Sean.
"Non puoi dargliela vinta Sean." Si lamentò Molly.
"Ti prego!" Disse lui. "Vuoi davvero che ci tolgano il bambino e ci mandino in prigione."
"Vuole mandarli in un collegio. Ce lo toglierà lo stesso." Gli rispose lei.
Sbuffai. "Forse non hai capito. Se lo mandi al collegio e vai da uno psico terapeuta, potrai vederlo durante le vacanze estive e di Natale. Verrà a Londra e sarete supervisionati da Drake." Le spiegai.
"Se rifiuti chiamo le autorità. Denuncerò il sequestro di Raziel, quindi dovrete affrontare un processo e vi verrà tolto il bambino che verrà via con me. Dal momento che non ci sono registrazioni in orfanotrofio o abbandoni da parte di Lynn verrà considerato il rapimento, perderete tutto considerando anche la falsificazione dell'identità del bambino.. La casa, il lavoro e il nome che avete andrà perso. Sarete segnalati alle autorità, il rapimento di un bambino non è cosa da poco. Ovviamente lascerete la società e non penso che troverete questo tipo di lavoro altrove. Non con i fatti sopra elencati." Conclusi sperando di farla desistere da qualsiasi intenzione.
"Faremo come dici tu." Affermò Sean. Molly fece per ribattere, ma finalmente l'uomo prese posizione. "Niente da discutere Molly. Abbiamo sbagliato, Thomas ci sta dando un'occasione per tutto, anche per continuare a stare con il bambino." Disse alla moglie. "Smettila di fare la testarda."
"Non possono portarcelo via Sean." Pianse lei.
Lynn fece per intervenire, ma la fermai.
"Non ce lo stanno portando via. Facciamo come ci ha consigliato Thomas, mandiamo Isaak al collegio e adottiamo un altro bambino anche."
"Non è così facile... Sean." Pianse Molly.
"Questa volta non posso aiutarvi. Adesso vi lascio andare, ma resterò qui in Scozia fino alla partenza di Raziel."
"Isaak! Si chiama Isaak." Disse Molly.
"Questa cosa anche è da aggiustare." Intervenne Drake. "Non esiste nessun Isaak McMillan all'anagrafe, o almeno dai miei controlli non c'è."
Guardai la coppia. "Come lo avete mandato a scuola?" Chiesi.
"È una ludoteca." Ammise Sean.
Scossi la terra. "Andremo all'anagrafe." Dissi a Lynn. "Aggiungerò al suo nome anche Isaak, mentre gli daremo cognome doppio, Keller McCallister. Poi procederemo con la pratica di affidamento, ma quella dopo aver aggiustato il nome e dopo Natale." Affermai. "Quando mi avrete dimostrato di essere meno possessivi verso di lui."
"Tra un po e Natale. Non può festeggiarlo da solo in un collegio." Disse Molly.
"Lo festeggerete insieme a Sapphire infatti." Decisi all'istante. "Così i bambini faranno conoscenza e tu non sarai troppo pressata." Dissi guardando Drake. "Anche voi dovrete controllarla di meno, ma ci sarà sempre Neal, quindi tranquilli." Conclusi.
Anche se a malincuore i McMillan e Lynn dovettero accettare le mie condizioni.
Lynn non sembrava tanto contenta, così quella sera, quando dopo cena mi seguì nel mini appartamento adiacente l'ufficio la affrontai. "Hai nascosto l'esistenza di nostro figlio alla tua famiglia e pur di non dirglielo l'hai lasciato a Molly che conoscevi appena." La rimproverai rilassandomi sul divano. Una sigaretta e un bicchiere di whisky concludevano la mia serata. "Lynn hai messo le tue esigenze prima di tutto, sicuramente tua madre ti avrebbe aiutato." Le dissi arrivando alle mie conclusioni. "Anche consegnandomi di persona il bambino. Lo hai dato a un'estranea pur di liberartene in fretta, dimmi la verità. Per quanto tempo lo hai tenuto?" Le chiesi.
"I-io no... non ricordo. Mia madre sicuramente si sarebbe arrabbiata... tu non sai..." arrancò.
"Io so che non mi hai risposto." Le dissi. "Non arrampicarti sugli specchi. Ti dirò io come stanno le cose, mi avresti lasciato il bambino e stop. Avresti continuato con la tua vita, perché credimi se avessi avuto l'istinto materno non avresti aspettato che io venissi da te. Tu, Raziel lo avresti cercato, anche solo una volta avresti potuto scrivermi e chiedermi come stava tuo figlio." Conclusi.
"Davvero pensi che io non sia una donna?" Mi chiese.
Sorrisi. "Sei una donna. Molto bella anche, sicura di te e forte." Le dissi. "Ma ammetto che non hai l'istinto materno."
Lei mi fissò minacciosa. "In pratica brava a letto, ma non come madre." Mi accusò.
Mi stava provocando. Ne ero consapevole. Eppure se voleva che le dessi ragione, non avrebbe vinto. Io lo avevo visto quel giorno il suo interesse materno. Annuì. "Sii! Eri brava a letto."
"Ah si! Sarei brava anche come madre!" Mi disse avvicinandosi. "Molto più che a letto."
Risi. "Pensalo se ti fa stare bene." Le dissi osservando i suoi movimenti. Stava togliendosi i pantaloni, lasciandoli scivolare sul pavimento. Gli slip li seguirono intanto che Lynn mi ebbe raggiunto. Stranamente non ero eccitato da quello spettacolo, forse perché in qualche modo stavano discutendo e perché avevo visto un lato di lei che non mi piaceva. Testarda come solo uno scozzese sapeva essere, Lynn non vedeva ciò che era evidente.
"Sarei stata una brava madre. Ma ammetto che ero ancora troppo giovane per esserlo, non capivo." Affermò mettendosi cavalcioni su di me. Mi aprì la cerniera dei pantaloni e con una mano cercò il mio sesso.
"Pollyn..." le dissi. Non avevo voglia.
"Mia madre mi avrebbe costretta e restare qui e crescere il bambino." Disse iniziando a stimolarmi. "Mi avrebbe detto di aspettarti, restare qui, quando tu avevi pagato la mia accademia. Avresti perso dei soldi Tom." Mi disse leccandomi le labbra.
"Quanto tempo è che non socpi?" Le chiesi diretto.
"Tanto. Se trovo un cameriere interessato scopiamo, altrimenti salta. Sono troppo stanca dopo il lavoro per cercarmi anche solo un amante e i rapporti occasionali sono un buon compromesso." Disse strusciandosi contro di me.
"Non è che io abbia tanta voglia." Le dissi.
"Cosa c'è? Ti sei rammollito o hai una storia importante?" Mi chiese continuando a toccarmi.
"Niente di tutto ciò! Ho semplicemente altro per la testa." Le dissi.
Lei mi leccò il collo vogliosa. "Non fai neanche un favore a una vecchia amica insoddisfatta?"
Sbuffai. "Fa quello che vuoi, ma non rompere più . Ti prego di accettare la decisione che ho preso per il bambino, tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto per lui." Le dissi. Non sapevo se sarebbe riuscito ad entrare in classe con Tom e Gabe, però era la scelta migliore. "Lo sto facendo per il suo bene e non voglio discutere anche con te." Conclusi anche se lei era più concentrata sul mio uccello che sulle mie parole.
Mi stese sul divano infatti e senza aspettare una mia reazione mi salì in groppa penetrandosi. Inutile parlarle e rinfacciare ciò che avevo da dirle. Non mi ascoltava, pensava ad ondeggiare su e giù sopra di me prendendosi tutto il piacere che potessi darle.
Non mi fece parlare e stanco la feci fare, facemmo sesso tutta la notte. Però ripresi l'argomento al mattino.
"Non avremo più rapporti Lynn." Le dissi, era accaduto qualcosa. Quella notte non avevo provato piacere, in realtà neanche andando a letto con Cali e Cecile ne avevo provato. Nonostante a Cecile avevo provato ad andarci piano per regalarle un momento indimenticabile. Il mio corpo aveva fatto tutto da solo con tutte e tre le donne. Come un automa! Possibile che ci entrasse l'ultimo incontro con Sapphire? Era stato da allora che ero diventato indifferente al sesso. "Per quanto riguarda Raziel, forse non ti fa piacere sentirtelo dire. Ma il minore dei mali di nostro figlio è stato crescere con Molly, lei è troppo ossessionata da lui. Ma tu... al contrario tu non ti preoccupi per il bambino." Le dissi rivestendomi, lei mi fissava. "Ti conto vero? Ieri  eravamo in ufficio tutti insieme e non hai mai provato una volta ad avvicinarti a Raziel. Se lo avessi amato, come una madre ama un figlio, la prima cosa che avresti dovuto fare, era cercarlo."
Affermai. "È vero i miei figli sono in un collegio, ma sai perché sono lì?" Lei mi fissò scuotendo la testa. "Perché ho pensato al loro bene. Io sono contrario ai collegi, però così i fratelli possono crescere insieme, le loro madri possono sempre vederli. Io ho esaudito la richiesta della mamma di Gabriel affinché il bambino sia sereno e non trascurato dal nostro lavoro. Sapphire ha mandato Tom e Joel al Santa Maria, per proteggerli da Davis , che era un uomo violento." Le spiegai. "Ho rinunciato a stare con i miei figli per la loro felicità, la stessa cosa la farò per Raziel Isaak. Tu e Molly siete l'eccesso e il difetto, crescere con chiunque di voi due sarebbe distruttivo per lui." Conclusi.
"Raziel Isaak?" Chiese lei.
Io assentii. "Farò aggiungere questo secondo al suo estratto di nascita. Lo devo al piccolo che diversamente non si riconoscerebbe." Conclusi.
Lei fece per ribattere ma senza indugiare uscii dall'appartamento per dirigermi in ufficio.
Io e Drake, con uno Sean più accondiscendente e collaborativo di Molly, procedemmo a iscrivere e preparare il bambino alla partenza.
Sean sembrava parecchio sollevato. Adesso non doveva più nascondersi e la cosa lo aveva sollevato.
La dirigente del Santa Maria mi iscrisse Raziel alla scuola nonostante fossimo fuori tempo di iscrizioni. Mi avvertì che per il suo anno sarebbe stato inserito nella seconda classe dei 1988, ma non in quella di Joel e Gellert che era piena.
Quando il bambino fu partito, invitai molly e Sean a raggiungere Monaco per Natale. Così avrebbero potuto festeggiarlo con mio fratello e addirittura conoscere il posto dove sarebbe cresciuto Raziel. In pratica stavo facendo di tutto per accontentare tutti.
Quando tornai a casa era praticamente quasi Natale. Raccontai ai miei genitori cosa era accaduto in quel periodo, che probabilmente sarei diventato di nuovo padre, grazie a Cali e di mio figlio in Scozia.
"Non ci crederete ma il sesso mi ha stancato." Ammisi. "Cioè... il mio corpo reagisce, ma da quando ho lasciato Londra questo ottobre non è più come prima."
"Il tuo cuore ragiona diversamente dal tuo corpo." Affermò mio padre.
"Il mio cuore non può avere ciò che vuole." Dissi.
"Riuscirai a trovare un nuovo equilibrio Tom." Rispose mia madre. "Meglio se diventi più selettivo, vuol dire che con la prossima donna che avrai forse oserai di più. Anche Cecile! È una donna bellissima."
Sospirai ripensando alla mia amica del Vermont. Pelle scura, occhi castani e sguardo dolce, però... "Cecile è stupenda. Ma più di un'amicizia non c'è, inoltre adesso abbiamo un rapporto di donazione." Dissi a mamma.
"Hai ragione. Comunque tu prenditi tempo figlio mio, in fondo sei giovane."
Ero giovane si! Avevo compiuto solo trent'anni...

L'anno nuovo mi aveva visto prendere la carica di presidente della KCG. Lasciai definitivamente la gestione delle filiali del New England a Karla che invitavo regolarmente alla sede principale per aggiornarla e per essere aggiornato. Invitai anche Julio della sede brasiliana e chi avevo inserito a New York, Baltimora e Philadelphia. Volevo dedicarmi alle pubblicazioni e alla nascita dei pacchetti azionari per i dipendenti e per farlo dovevo essere abbastanza presente lì a Boston. Quell'anno per la prima volta non andai a Monaco per le vacanze pasquali. Lasciai mio figlio al collegio e in compagnia di Taddheus e Inga. Scoprii solo più tardi che Sapphire ed Elisabeth erano state a Monaco a trovare i bambini e che su invito di Inga erano state tutte insieme. In un viaggio prima di andare a Sidney con Gabriel scoprii anche che Sapphire come mi aveva ipotizzato ad ottobre, era incinta.
"Papà aveva una pancia grandissima." Mi raccontò sorpreso. "Anche mamma e lo zio Tad aspettano un bimbo, ma la mamma è normale." Disse poi triste.
Non lo capii. Però forse era il momento di affrontare l'argomento Cali, ignorando la fitta al cuore mentre sentivo parlare di Sapphire e del figlio di David. "Sai Gabe, anche tu presto diventerai un fratello maggiore."
Il bambino mi guardò attentamente. "Anche tu hai un bambino nella pancia?" Chiese scettico.
Al che risi di brutto. "No campione. I papà non posso avere i bambini nella pancia. Però sto andando in Australia, dove mi aspetta un fratellino o una sorellina per te." Gli dissi. "Quando tornerò verrò qui con questa novità."
"Allora anche io come Tom, Joel e Gellert avrò un fratello piccolissimo." Urlò mio figlio.
"Eh sì! Anche tu." Gli dissi.
"Evviva! Evviva!" Esultò il bambino abbracciandomi. "Papà mi fai sempre bei regali."
Li fissai stupito. "Volevi un fratellino?"
"Volevo essere come gli altri." Ammise lui. "Poi mi hai detto che sarebbero venuti degli amici ed è arrivato Tom. Sai facciamo le gare di matematica insieme, la maestra dice che siamo i più bravi e l'anno prossimo che si inizia con le elementari, dice che saremo i migliori." Esultò il bambino. "Sono felice, felicissimo. Papà al mio compleanno festeggeremo io, Tom e anche tu. Ti ha?"
"Anche io?" Chiesi divertito. "Piccola peste, certo che mi va." Gli risposi solleticandolo.
Partii per Sidney con il consulente prescelto da Tad, una volta li avviamo la società e mentre il mio consulente di fiducia si dava da fare, io mi dedicai a Cali e alla gravidanza ormai all'ottavo mese.
Il diciotto agosto, più di un mese dopo, venne al mondo un bellissimo bambino, che mi ricordava tanto Gabriel in alcuni lineamenti. La linea degli occhi, castani, tendeva ad essere a mandorla, la carnagione era mulatta. Non marrone scura, sembrava un caffellatte, i capelli erano neri. Me ne innamorai all'istante e gli diedi il nome dell'Arcangelo Raffaele. Cali non volette dargli un nome, al contrario Coco diede al piccolo il secondo none di Tidam, che nella sua lingua significava stella.
Feci il test anche se pensai che non ce ne fosse bisogno e dissi a Cali che sarei passato spesso in Australia a trovare lei e il bambino. Però la giovane non fu d'accordo. "Vengo con te." Disse. "Non voglio il bambino, voglio che mi porti con te in America."
Quella richiesta non potevo esaudirla, non la amavo. Avevamo in comune solo un bambino e sua madre mi aveva avvertito che non era una persona responsabile. "Se non vuoi il bambino lo porterò con me. Ma tu non verrai! Non vuoi che ti porti via il bambino vero?"
"Ho ventitré anni. Mi sarebbe solo di intralcio. Andiamo via noi due e lasciamolo alla mamma... poi una volta in America non ti darò fastidio." Mi disse.
Scossi la testa. "Mi hai dato la risposta sbagliata." Le dissi. "Porterò Rafael con me, non te." Le dissi.
Mi organizzai e riuscii ad essere a casa giusto in tempo per il compleanno di Gabriel.
Quando arrivai fui accolto da mio figlio che appena mi vide si gettò tra le mie braccia. Io lo presi al volo stringendolo forte.
"Mi sei mancato tanto."
"Anche tu papà." Esultò il piccolo stringendomi forte.
Gli diedi un bacio e lo misi a terra. "E non sono venuto solo." Gli dissi lanciando uno sguardo a Taddheus che aveva in braccio Rafael.
"Mio fratello!" Sussurrò in un fiato Gabe. Io annuii, presi il bambino e glielo feci vedere chinandomi.
"È piccolissimo!" Esclamò sorpreso Gabe fissandolo estasiato.
"Come Diamond!" Intervenne un secondo bambino raggiungendoci.
Lo fissai, mi si strinse il cuore mentre questo si avvicinava. Capelli biondi, occhi azzurri, il mento fiero e io taglio delle sopracciglia simili ai miei. Era identico a Gabriel, se non fosse stato che il mio primogenito aveva i capelli castani scuri e i miei stessi occhi grigi.
"Tu sei Thomas." Dissi con la voce incrinata.
Lui annuì avvicinandosi a Gabriel, gli diede una gomitata complice sorridendogli. "Sono il migliore amico, gemello di Gabe." Si presentò abbracciando Gabriel.
"Papà festeggiamo insieme il compleanno. Tra otto giorni anche lui compie sei anni." Disse il bambino.
"Ok!" Sorrisi scompigliando i capelli a Gabriel. "C'è abbastanza torta al cioccolato per entrambi?" Chiesi, facendo lo stesso gesto verso Thomas. Il fatto che quasi si ritrasse spaventato mi bloccò.
"Thomas?..."
"Signore?" Chiese con voce tremante.
Dissi a Gabriel di sedersi, dopodiché gli lasciai Rafael in braccio. Dopodiché mi dedicai a Tom sedendomi comodo sul pavimento. "Ti dispiacerebbe venire qui? Sedetti tra le mie gambe?" Gli chiesi.
Lui si dondolò su una gamba annuendo. Titubante mi raggiunse; gli indicai lo spazio tra le mie gambe divaricate e attesi che facesse le cose con i suoi tempi. Quando mi fu di fronte gli dissi di alzare la sua mano alla mia altezza, ci andai ad aggiungere il mio palmo.
"Hai una mano piccolissima. Come quella di Gabriel."
Lui fece una smorfia. "Siamo uguali."
Lo guardai corrucciato. "Anche io... vorrei avere la mano come la vostra, così forse capiresti che siamo uguali." Gli dissi intrecciando le dita alle sue. "Ti faccio male?" Chiesi in un sussurro.
Lui scosse la testa. "Non voglio fartene. Guarda cos'altro faccio." Gli dissi separando le nostre mani, sollevai l'indice e il medio e li feci camminare sul suo braccio. "Sono whisky il ragnetto, che sale la montagna." Gli dissi arrivando alla base del collo solleticandolo.
Finalmente rise. "Sono bravo?" Gli chiesi solleticandolo anche con l'altra mano.
Ancora rise. Cercò di proteggersi e senza che se ne accorse mi si avvicinò ricambiando il favore.
Non dissi nulla, volevo andarci piano con lui. Lasciargli fare ciò che sentiva dentro di sé! Risi anche se non stava toccandomi punti sensibili, così da fargli capire che stavo al gioco, che poteva continuare.
Quando si fermò lo guardai dolcemente. Quel bambino era il frutto mio e di Sapphire, aveva preso da entrambi qualcosa ed era stupendo.
"Quando carezzo i capelli a Gabriel lo faccio con affetto." Gli dissi lentamente. "Scusami se ho provato a farlo anche con te Tommy."
"Tommy?!" Chiese lui.
Annuii. "Sarai anche un ometto, ma ricordati che sei un bambino, un piccolo Tom. Tommy è perfetto per te, o almeno ti chiamerò così." Gli dissi tendendogli la mano.
Lui la riprese, sospirò e lentamente mi portò l'arto sulla testa. "Così è con affetto?" Chiese titubante.
Gli carezzai lentamente i capelli biondi, leggermente più scuri di quelli di Sapphire e annuii. "Si! Questo è un gesto d'amore." Risposi.
"Non fa male!" Affermò lui.
"Quando c'è amore non fa mai male." Conclusi.
Lui sollevò la testa sorpresa. Aveva gli occhi lucidi. Mi si strinse ancora una volta il cuore.
"Puoi abbracciare anche me e mio fratello Joel?" Chiese titubante.
Gli sorrisi allargando le braccia. "Posso abbracciare te, lui, Gabriel, Gellert... anche tutti insieme se volete." Dissi comprensivo.
Lui si gettò tra le mie braccia appendendosi al collo, mi sorprese. "Mi fai sentire l'abbraccio di un papà?" Mi chiese in lacrime.
Era uno strazio per me! Mio figlio non poteva elemosinare il mio amore, era un suo dovere. Lo strinsi forte carezzandogli la testa e baciandogli la nuca. "Sei amato Tommy, sei tanto tanto amato. Ricordati che non sei solo mai." Gli dissi emozionato.
Lui pareva non volersi staccare da me e la cosa mi andava più che bene. Anche io avevo bisogno del suo calore.
Poi incrociai uno sguardo cristallino e di nuovo mi innamorai. In piedi accanto a Gabriel ci stava fissando anche un bambino dalla carnagione più chiara mia e dei miei figli, gli occhi azzurri zaffiro, i capelli biondi e il viso ovale. Era la perfetta copia di Sapphire, solo la si poteva vedere in un bambino piccolo che mostrava la sua insicurezza mantenendo un dito in bocca.
Distolsi lo sguardo per non restare catturato da lui e dal ricordo che mi riportava a quando ero stato felice. Incrociai gli occhi grigi di Gabriel che mi fissava con un gran sorriso. Quando capì che aveva la mia attenzione sollevò i pollici soddisfatto. Possibile che Gabe conoscesse la storia di Tommy?
Lasciai andare mio figlio e tornai a dedicarmi al bambino che doveva essere Joel. "Sei il fratellino di Tommy?" Chiesi anche conoscendo già la risposta.
Lui annuì. "E di Diamond e Samuel." Rispose.
Annuii. "Hai altri due fratelli, siete una bella famiglia." Affermai.
"La mia sorellina ha gli occhi belli." Concluse avvicinandosi a me.
"Come i tuoi! Hai degli occhi bellissimi Joel." Gli risposi.
"Puoi abbracciare anche me?" Elemosinò il piccolo.
Lasciai andare Thomas guardandolo. "Posso abbracciare tuo fratello?" Gli chiesi.
Lui annuì raggiungendo Gabriel. "Io e Gabe possiamo soffiare le candele insieme?" Chiese dopo essersi accertato della distanza.
"Potete fare ciò che volete. Basta che stia bene alla mamma di Gabe anche." Conclusi divertito tendendo la mano a Joel.
Lui me la prese intanto che i due grandi volavano via da Inga. "Diamond non ha gli occhi del papà." Mi disse ancora il bambino.
Immaginavo una bambina identica a Sapphire, bionda con gli occhi azzurri. Proprio come Joel. "Assomiglia a te?" Chiesi non frenando la mia curiosità.
Lui mi si mise in grembo annuendo. "Si! È uguale a me, con gli occhi come quelli di Gabe." Disse sollevando il viso verso di me, le mani che mi sfioravano le guance. "Ma sono dolci come i tuoi."
Mi si strinse il cuore alle parole del bambino. La piccola Diamond aveva i miei occhi! Questo significava che era mia figlia e non di Andrew Davis.
"Tu sei un papà." Affermò il bambino. "Gabriel ce lo ha detto, tu sei un grande papà. Anche se viaggi tanto e non ci sei sempre. Tu esaudisci ogni suo desiderio e se fa qualcosa di sbagliato lo rimproveri senza picchiarlo."
"Solo se fa qualcosa di sbagliato. Ma Gabe è un bravo bambino, proprio come voi." Dissi al piccolo sollevandolo tra le mie braccia. "Joel, tutti i bambini sono buoni hanno il diritto di crescere, correre e giocare, sognare, vivere! Non permettere a nessuno di spegnervi, neanche a un papà." Gli dissi stringendolo forte.
Lui mi fissò piangendo. "Puoi essere tu il mio papà?" Mi chiese supplichevole.
Mi si formò un groppo in gola, lo strinsi più forte. "Purtroppo non posso Joel. Ma tu puoi trattarmi come tale, ci sarò sempre per te."
"Perché tu sei il papà di Thomas?" Mi chiese.
Lo guardai sorpreso, aveva solo cinque anni e già aveva capito tutto. Dovevo negare, ma lui non mi diede il tempo di parlare. "Loro non vedono che sono uguali. Io si!" Disse. "Perché Thomas e Diamond si e io no?"
"Joel... piccolo grande Joel, hai lo stesso cuore puro di tua madre. Sei empirico come lei, purtroppo le persone buone spesso ricevono cose brutte. La tua mamma per proteggere tutti ha sposato il tuo papà e io non posso farci nulla. Lei è un angelo che veglia su tutti voi. Capisci che sta con il papà per il tuo bene?" Gli dissi.
"Lui l'ha picchiata perché Diamond ha gli occhi scuri." Mi confessò.
Gelai! Quel bastardo aveva di nuovo picchiato Sapphire? "La nonna Elisabeth?" Chiesi al piccolo. Sapevo che aveva avuto l'intervento di esportazione del cancro, mi aveva scritto che si stava riprendendo. Non che Andrew era tornato più violento di prima.
"Quando è successo la nonna non c'era. C'era Tom che ha provato a fermarlo, ma..."
"Lo ha picchiato?" Chiesi furioso.
Scosse la testa. "No! Tom ha detto che avrebbe chiamato il nonno, il mio ha abbassato la mano."
Annuii. "Non posso proteggere la tua mamma, lei ha scelto di non volere il mio aiuto." Ammisi. "Ma posso aiutare voi Joel. Giuro che vi sarò vicino per quanto posso."
Il bambino alla mia affermazione sorrise. "Posso prendere Rafael in braccio?" Mi chiese col suo sguardo dolce.
"Puoi... puoi tutto Joel. Andiamo insieme." Gli dissi prendendogli la mano.
Avrei camminato al suo fianco, come se fosse un mio figlio, se solo con la mia presenza potevo migliorare la vita dei miei figli e di Joel. Questo mi bastava! Li avrei protetti, loro tutti e anche Diamond.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Iniziai a trascorrere il mio tempo tra Boston e Monaco. Mi portavo sempre Rafael dietro, non volevo lasciare a mia madre la responsabilità del bambino. Quando tornavo in Europa la prassi era sempre la stessa. Mi confrontavo con i consulenti e chiedevo loro chi era disponile a lasciare la casa per seguire una nuova filiale. Ero sempre intenzionato a muovermi in Asia, aprire delle sedi nella crescente Cina era un obbiettivo che mi ero prefisso. Così raggiunta Monaco avevo cercato il consulente giusto e anche un interprete con cui partire per Pechino, intanto che loro organizzavano il viaggio e procedevano con la ricerca di una sede, io mi godevo i week end con i miei figli. Li portavo sempre fuori, Tom e Joel compresi. Andavamo a pescare, oppure a fare i muri di roccia, Joel e Gellert erano sempre ritrosi a mettersi a scalare delle rocce, così li lasciavo con Inga o la baby sitter in quei momenti. E mi godevo i miei due bambini che stavano crescendo sempre più uniti.
Non potevo dire lo stesso di Isaak. Non mi ero azzardato neanche a chiedere di lui a Gabriel. Però Joel era un bambino sveglio e una volta me lo chiese.
"Non prendiamo l'altro bambino?" Mi chiese.
Sorpreso lo guardai. "Di chi parli?"
"C'è un bambino che fa ginnastica con noi. È come Gabe e Diamond." Mi rispose.
"Quel bambino non mi vuole tanto bene. Sai, la sua mamma lo ha lasciato a delle persone diverse da me." Gli dissi non andando nello specifico.
"In che senso?" Chiese ancora
"In pratica quando è nato, lo hanno affidato a una famiglia. Lui non vuole avermi intorno, perché reputa che il suo papà sia un'altra persona." Spiegai.
"Ah... e a te sta bene?" Mi chiese.
Scossi la testa. "No. Però visto che lui è felice devo accettarlo, un po' come con la mamma."
"Mamma non è felice." Affermò lui.
"Non è felice con papà, ma sicuramente lo è con voi tutti." Gli dissi.
Al che lui annuì, poiché quello era vero.
Quando partii dissi loro che sarei stato via per un mese. Questo perché l'interprete aveva trovato due sedi nella zona finanziaria di Pechino e Hong Kong, sarei partito col doppio dei consulenti ed avrei viaggiato tra le due metropoli. Un mese e sarei ritornato da loro, al contrario avrei portato Rafael con me, quando non potevo tenerlo si sarebbe preso di cura di lui, la tata che mi ero portato dietro da Monaco.
Il mio periodo in Europa andava avanti così. Tra le filiali che aprivo e lasciavo condurre poi ai consulenti e i week end con i miei figli. Come sempre trascorrevo tre mesi in America e altri tre tra Europa e Asia.
La mia crescita lavorativa procedeva a dismisura, come anche il rapporto con i miei figli. Cercavo di passare sempre il periodo di Pasqua a Monaco, così da poter trascorrere quei quattro giorni di festa con loro.
Intanto da Londra ricevevo notizie su Sapphire grazie a Elisabeth che mi raccontava della sua malattia, della ripresa e del ritorno di Andrew dalla terapia. Elisabeth mi confermò anche che la piccola Diamond , per quanto somigliasse alla madre, aveva i miei occhi. Andrew aveva minacciato Sapphire di denunciarla per adulterio, proprio quando lui era più sensibile ed assente per curarsi. Quel bastardo! Fortunatamente era stato proprio suo padre Oscar a rimetterlo in riga! Addirittura ricordando a Andrew che anche lui aveva un figlio non di Sapphire.
Passata la Pasqua ritornai a Boston e tornai a dedicarmi ai dipendenti e ai pacchetti azionisti. Prima che tornassi in Europa per l'estate, fu finalmente pubblicato con successo, anche il primo numero della rivista aziendale. Avevo affittato un appartamento nella maremma toscana e sarei stato lì con Gabriel da luglio a settembre, come tutti gli anni Inga e Taddheus ci avrebbero raggiunto con i bambini per stare tutti insieme in famiglia.
Forte dei marmi mi accolse una settimana prima che Gabriel finisse la scuola, la villetta che avevo acquistato si affacciava sulla vista del limpido mar Ligure. Le barche svettavano tra le onde cristalline e il venticello piacevole dava una piacevole sensazione di pace.
Ad accogliermi a casa c'era anche Laura Rossi, la donna che avevo assunto come governante tramite un'agenzia. Era una donna di cinquant'anni circa, forse un po' di più, mora, solare e alla mano. Materna e servizievole, che si rimboccava le maniche ogni volta che c'era da fare. Come previsto subito si innamorò di Rafael, che viziava appena poteva. Fu quella stessa settimana che la mia governante mi presentò sua figlia Micaela. La sentimmo ancora prima di vederla, urlando fuori casa che aveva con sé la spesa.
"Entra! Sto lavando i pavimenti." Urlò l'altra.
Ecco una cosa che avevano gli italiani era quella particolarità di trasmettere tanto di più con la voce e le mani.
Io steso sul divano con Rafael che balbettava delle sillabe sconnesse, sollevai lo sguardo quando ella entrò in casa. Era stupenda, fisico snello con seno e fianchi morbidi, ciò che catturò la mia attenzione fu il volto. Un paio di occhi castani e profondi, molto vivaci mi tenevano legato a lei.
La giovane stava ricambiando il mio sguardo, ma non pensavo fosse incantata come lo ero io da lei
"Resta lì. Non andare oltre il salone." Le ordinò Laura distogliendo la mia attenzione da lei.
La giovane posò le buste a terra avvicinandosi a me sul divano.
"È per questo splendore il latte?" Chiese solleticando Rafael che cercò di afferrarle il dito laccato di rosso ciliegia. "Da da da..." fu ciò che il piccolo gli rispose.
"Latte, pannolini quindici mesi e salviette imbevute. Si, sono per lui." Le risposi alzandomi dal divano. "Lui è Rafael, io sono invece suo padre Thomas."
Lei sorrise iniziando a fare delle smorfie buffe a mio figlio. "Ma ciao amore!" Esultò per poi guardarmi. "Io sono Marina, piacere di conoscerti." Disse prendendomi Rafael da braccio. "Complimenti per il bambino."
"Quando hai un miscuglio di etnie nel dna, non si può non essere bellissimo." Le risposi.
"Serio? Guardandoti direi che sei un tipico uomo dai tratti bellocci." Mi disse sarcastica.
Ricambiai la sua risata. "La mamma è per metà aborigena australiana e per metà giapponese, poi ci sono io." Affermai.
"Porca Vac... ecco perché hai questo taglio d'occhi. Comunque complimenti a te e signora." Concluse rilassandomi il bambino.
Feci una smorfia. "Nessuna signora. Siamo io e lui, sua madre non l'ha voluto." Le spiegai.
Lei mi guardò dispiaciuta. Forse aspettava che le dicessi altro, ma non volevo così ignorandola misi Rafael a terra e lo osservai intanto che cominciava a gattonare in giro.
"Signor Thomas, se volete posso portarlo a fare una passeggiata." Disse Laura raggiungendoci.
"Lascia non ti preoccupare, anzi se vuoi tornare a casa con tua figlia, fa pure." Le dissi congedandola.
"Domani arriva l'altro figlio?" Mi chiese lei togliendo il grembiule.
"Tutti e tre in realtà, ma gli ultimi due andranno dalla mamma lunedì. Giusto il tempo di farci un week end di bagni." Le dissi.
"Ce la fa in spiaggia con quattro bambini? Vengo anche io se le va." Mi disse Laura.
"Certo che ce la faccio, ci saranno anche mio fratello Taddheus e sua moglie." Dissi tranquillo.
"Restano sempre quattro bambini da tenere, poi Rafael è piccolo." Intervenne Micaela raggiungendolo. "Domani non lavoro. Vengo io in spiaggia con voi, voglio proprio vedere i tuoi figli. Adesso sono curiosa." Mi disse guardandomi. "Vuoi fare la pappa Rafael? Marina adesso è qui e pensa a te." Concluse prendendo il bambino in braccio. Andò a prendere una delle buste tirandone fuori una confezione arancione e mi guardò. "Ci penso io a lui." Concluse andando in cucina.
Feci una smorfia. Nessuno l'aveva invitata a restare, era stata molto invadente. "Marina ama i bambini." Sentii dire da Lucia. "Purtroppo dopo il matrimonio, entrambe le volte che è rimasta incinta ha perso i bambini. È stata la rovina del suo matrimonio. Non gli dovevi dire che è un bambino senza mamma." Mi raccontò indicandomi la figlia.
"Con che coraggio il marito l'ha lasciata solo per una paternità?" Le chiesi scartando l'altra busta della spesa.
"L'ha cacciato lei quando ha scoperto che aveva un'amante. Marina è una donna orgogliosa e certe cose non le piacciono." Mi raccontò prendendomi i pannolini da mano.
"Oh beh un tradimento è tutto un altro paio di maniche." Le dissi ripiegando il sacchetto vuoto.
"Perché tu, con quattro figli da donne diverse, non hai mai tradito." Disse lei con sguardo furbo.
"Mai tradito. Ho un'etica e l'unica volta che una donna sposata ha avuto un rapporto con me, ci sono rimasto anche male." Le dissi. "Comunque mi piacciono le donne ma cosa più importante amo i figli che queste mi hanno dato." Le dissi.
"Di a Marina che torno a casa. Devo preparare la cena a suo padre e suo fratello. A domani signor Thomas."
"A domani Laura. Grazie di tutto." Le dissi raggiungendo poi mio figlio e la sua nuova amica in cucina.
Marina era seduta con in braccio Rafael che stava pasticciando col semolino. Tra una cucchiaiata e l'altro il bambino mangiava e si sporcava.
"Come fai? Sembra che tu lo faccia da sempre." Le dissi passandole una bavetta.
"Ho cresciuto i figli di mio fratello Giovanni." Mi rispose.
"Quanti fratelli siete?" Chiesi curioso.
"Quattro, come i tuoi. Giovanni, io, Lorena e Paolo il piccolo." Contò. "Però papà li ha fatti tutti con mamma."
"Divertente." Le dissi con una smorfia. "Sappi che i miei sono tre. Il quarto è mio perché lo amo come fosse tale." Dissi.
"In che senso?" Mi chiese.
"Joel è il figlio della donna che amo. Inoltre i miei figli grandi non sanno neanche... comunque non dire loro che sono il papà. Agli occhi dei bambini solo Gabriel e Rafael sono i miei figli." Conclusi.
"Gli hai messo il nome degli angeli." Affermò lei. "Però manca quello più importante, l'Arcangelo Michele." Mi disse.
"Eh... diciamo che è una lunga storia." Le dissi.
"Io da oggi ho finito di lavorare, ti posso ascoltare sai? Adesso sono curiosa." Mi disse con sguardo vivace.
"Seria?!" Le chiesi, ma ella non rispose. Al che la assecondai. "Tutto è iniziato quando ho tradito mio fratello concependo Gabriel con la ragazza che gli piaceva e sono partito per Londra, dove ho conosciuto Sapphire, il mio angelo Salvatore. Mi sono innamorato di lei e..." Inziai a raccontarle.
Le dissi tutto, da Inga a Sapphire, alla fuga di quest'ultima per l'obbligo che aveva con la sua famiglia, alla nascita dei miei figli. Successivamente alle conseguenze della rottura definitiva con Sapphire un anno prima, sancita dalla nascita di nostra figlia Diamond. Non lasciai nulla indietro, fui anzi molto scrupoloso nel dirle quanto ero stronzo e bastardo, usavo le donne per piacere sessuale e poi le lasciavo andare.
Alla fine della storia Rafael ormai dormiva da un po' nella sua culla e noi avevamo anche cenato.
"Che storia!" Affermò Marina in conclusione. "La cosa bella è che da profittatore sei passato ad approfittato. Sicuramente Cali lo ha fatto con te, Cecile ha beneficiato della tua bontà e la tua amica Lynn è stata la peggio di tutte, ha sfogato su di te la sua frustrazione sessuale."
"È lo so! Le ho detto che non volevo più avere quel genere di rapporto con lei e che se voleva, sapeva dove avrebbe potuto trovare Isaak." Dissi a Marina riempiendomi il bicchiere di scotch.
"È andata a trovarlo?" Mi chiese curiosa Marina.
Risi divertito. "Certo, come no. Ci va tutti i week end." Risposi sarcastico. "Ovvio che il suo capriccio è passato. Non si è fatto mai vedere nessuno al collegio per quel bambino. "
"Oh mi dispiace. Ma i genitori affidatari?" Mi chiese ancora.
"Sono stati a Monaco a Pasqua, l'hanno passata tutto insieme.  A Natale stanno insieme e adesso che è estate andranno da qualche parte con Drake ed Ebony." Le raccontai.
"Lo fai visionare!"
"Mi hanno mentito e portato via il bambino. Non riuscirei mai a fidarmi di loro, non più." Dissi.
"Posso capirlo. Comunque adesso vado, la mia casa vuota mi aspetta."
"Scusa se ti ho trattenuta. Di sicuro domani dovrai lavorare." Le dissi.
"Ho detto che da oggi sono in vacanza. Ieri abbiamo fatto il saggio di fine anno e fino a settembre sono libera."  Mi rispose.
"Di cosa ti occupi?" Le chiesi incuriosito.
"Sono insegnante di danza classica, se non mi fossi sposata cinque anni fa ad oggi darei Etoile alla Scala di Milano."  Mi rivelò.
"Tuo marito... non voleva facessi la ballerina?"
"Il mio ex marito." Precisò lei. "Era uno dei produttori della compagnia di ballo dove ero stata presa. Ovvio che gli piaceva avermi lì a ballare.  Piaceva anche a me, ma una volta sposata e ormai a ventisette anni volevo un bambino. Non è andata bene ne alla prima, ne al seconda gravidanza. Alla terza feci un riposo forzato, scoprii però che  mio marito nel frattempo mi tradiva con una giovane e nuova ballerina.  Ho perso il bambino a cinque mesi, durante la causa di divorzio. Non avendo più niente a Milano sono tornata qui, dove c'è la mia famiglia. Ho rilevato  la scuola di danza della mia maestra e adesso eccomi qui."
"Sembri una bambina, invece sei grande." Le dissi.
"Ho trent'anni. Come te quasi." Mi disse divertita.  "Domani vengo ad aiutarti con i bambini.  Va bene?"
"Se ti fa piacere si." Le dissi.
"Stai librando dalle donne, hai seminato già abbastanza in questi sette anni." Mi prese in giro andando via.
Ma che tipa. Pensai divertito chiudendomi la porta alle spalle. Andai a controllare Rafael, dopodiché mi gettai sotto la doccia prima si andare a dormire. 

Il giorno dopo Inga e Taddheus arrivarono a Forte dei Marmi, con loro c'erano i miei figli con Joel e i loro due figli, Gellert e la neonata Pamela.
Presentai subito Marina ai due adulti intanto che Joel fissava la mia nuova amica con tristezza.
"Tu devi essere Joel." Disse Marina quando fu il turno dei bambini. "Adesso ho capito tutto, sei un bimbo bellissimo." Gli disse.
"Non capisco. Anche Gabriel e Tom sono belli." Rispose lui.
"Si però tu assomigli alla tua mamma." Disse al piccolino.
"Papà possiamo andare in acqua?" Mi chiese Gabe.
"State qui vicino che devo vedervi." Risposi a lui e Tom che appena avuto il mio consenso volò verso la riva.
"Posso giocare con Rafael o lo deve tenere lei?" Mi chiese Joel indicando Marina. 
Lo guardai prendendolo in braccio. "Ancora non mi hai dato un bacio. Comunque puoi giocare con lui, lo sai."
Il bambino mi diede un bacio corrucciato, intanto che Marina ci raggiungeva. "Thomas dice che hai gli occhi di tua madre, che somigli a lei fisicamente ma anche caratterialmente. Hai degli occhi limpidi piccolo Joel.  Ora capisco come mai Thomas ami così tanto sia te, che la tua mamma." Gli disse baciandogli la fronte. "Posso essere la tua...?"
"Non puoi essere la mia mamma, ne di Tom!" Rispose sulla difensiva.
Marina lo fissò stupita. "Ma no! Io volevo essere la tua balia. Non mi permetterei mai di sostituire la tua mamma, le mamme non si cambiano. Poi perché dovrei?" Chiese divertita.
"Sei con il papà Thomas." La attaccò lui.
Diamine, Joel aveva frainteso. Feci per correggerlo, ma Marina fece prima di me. "E che vuol dire? Lo conosco poco e un bel faccino non serve mica per poter essere una mamma e un papà." Disse facendomi il verso. Mise Rafael sul telo e mani sui fianchi mi fissò.  "Diglielo che sei una mezza cartuccia."
"Ehi! Che fai mi prendi in giro?" Le dissi.
"No, sono sincera. Joel scendi e vieni qui a giocare con noi. Potremmo fare un bel castello di sabbia, ti va?" Chiese al piccolo che annuì.
Sbottai. "Raggiungo Tom e Gabe." Le dissi offeso.
La sentii ridere. Ma che stronza che era. 
Passammo comunque un bel fine settimana. Fu fatto di tanto mare e cene all'aperto. I bambini si erano divertiti ed erano entrati molto in confidenza con Marina.  Quando il lunedì mattina Joel e Thomas erano pronti per prendere il jet guardai Marina. "Posso lasciarti qui con Gabe e Rafael? Se faccio il viaggio con loro sono più sicuro. Tanto ci sono Inga e Tad, anche."
"E se invece vado io?" Mi chiese lei.
"Tu?"
"Si, così eviti di incontrare persone che ti farebbero soffrire." Mi disse lei.
"Marina..."
"Fidati di me. Sto un po' con loro, li consegno alla madre, poi ritorno." Mi disse.
Feci per ribattere, non era sfiducia la mia. Ma...
"Si vai tu Marina." Intervenne Tad. "Così siamo tutti più sicuri." Concluse guardandomi.
Nessuno voleva che incontrassi Sapohire, lo avevo capito. Stranamente in meno di due giorni Marina si era insinuata nella nostra vita e sembrava voler accogliere anche lei quell'idea. Tenermi lontano da Sapphire. "Va bene! Vai tu." Le dissi chinandomi sui due fratelli. Me li strinsi e li baciai entrambi.
"Ci vediamo a settembre. Mi raccomando, divertitevi e fate i bravi, obbedite alla mamma." Dissi rivolto più a Tommy che a Joel.
"Quest'anno festeggiamo il diciannove settembre. Ci sei vero?" Chiese Tommy.
"Certo che si! Non mi perderei mai il vostro doppio compleanno." Gli risposi dandogli un altro bacio sulla fronte. "Adesso andate con Marina." Dissi prima che cambiassi idea.
Una volta partiti la casa si svuotò, così deciso a non compiangermi portati Gabe e Rafe in spiaggia. Più tardi ci raggiunsero anche Tad e Gellert.
"Inga non c'è?" Chiesi.
"No, volevo parlarti." Mi disse lui sedendosi accanto a me, mandò Gellert a giocare con i miei figli e iniziò a parlare. "Sai che se vedi Sapphire potresti crollare di nuovo, vero?"
Sbuffai. "Ho cambiato le mie priorità, probabilmente avrei potuto vedere la bambina."
"Tom, io ti voglio bene, noi tutti te ne vogliamo." Mi disse mio fratello. "Comunque se andresti lì da lei troveresti un muro ad accoglierti, perché vuoi continuare ad infliggerti questo male?"
"Abbiamo una figlia adesso! Temeva che Andrew gli avrebbe tolto il bambino, ma è mia. Quindi non può farlo."
"Ma Joel è suo, fidati quella feccia pur di farvi del male, le toglierebbe Joel. Davvero faresti del male a quel bambino?" Mi chiese Taddheus.
"Non potrei mai far soffrire Joel, togliergli il fratello e la madre. Mai!" Ammisi a me stesso.
"Allora lascia le cose così. Se non ci saranno contrattempi, forse l'anno prossimo potresti tenere più tempo i bambini."
"Non è giusto così però..."
"Nulla è giusto. Ma lo fate per preservare la loro serenità." Mi ricordò Tad. "E per preservare la tua, è un bene che Marina si sia proposta di portare i piccoli a Londra." Concluse.
Sospirai tirandomi su. "Forse hai ragione. Faccio fare il bagno ai miei, vieni anche tu?" Chiesi.
"Certo! Andiamo." Mi disse dolcemente. 
La sera quando rientrammo a casa, avevo entrambi i bambini cotti dalla lunga giornata al mare. Farli arrivare stanchi era proprio il mio obbiettivo, così dopo averli lavati e fatti cenare sarebbero andati subito a dormire.
A casa Inga sembrava essere in compagnia. Il profumo di basilico si espandeva nella casa, poi Marina rise e capii che era lei l'ospite di Inga.
Le raggiunsi, Gabriel andò a salutare Marina.
"Tom è arrivato a Londra?" Chiese eccitato.
Lei annuì. "C'erano il papà e la mamma all'aeroporto. Andavano a trascorrere le vacanze in Scozia dai nonni." Raccontò.
"Era bravo il suo papà?" Chiese ancora Gabe.
"Non ho avuto modo di conoscerlo." Disse lei rigida.
"Vai a fare la doccia, così puoi cenare." Ordinai a mio figlio.
Al che Marina alzò lo sguardo su di me. "Vai a fare il bagnetto a Rafael, ho preparato il pesto per tutti. Quando sarete puliti si cena." Ordinò.
"Si signora." Dissi seguendo Gabriel con il fratello in braccio, nonostante tutto ero felice che Marina fosse rientrata.
Cenammo in allegra compagnia. Chiacchierammo del più e del meno, l'unico che chiese del viaggio fu Gabriel. Togliendomi così la responsabilità di sembrare apprensivo nei confronti di chi ero a Londra.
"C'erano il papà e la mamma all'aeroporto." Rispose Marina. "La sua mamma, mi ha detto che sarebbero partiti subito per la Scozia."
"In Scozia ci sono solo montagne. Non si divertiranno al mare." Si lagnò Gabriel.
"La Gran Bretagna è un'isola." Intervenni guardando mio figlio. "Nonostante i nonni di Tommy vivono nelle Highlands, risiedono comunque su un'isola loro stessi. Vedrai che andranno al mare."
Corrucciato Gabriel mi fissò. "Non è vero." Mi disse sfiduciato. "Tu non li conosci neanche i genitori di Tom."
A quell'accusa mi trattenni dal rispondere. Cosa dovevo dirgli? Non è vero? Io li conosco? Tom è tuo fratello e ho comprato io la casa in Scozia ai suoi nonni?
"Dovresti credere al tuo papà Gabe." Intervenne Marina venendo in mio soccorso. "La mamma di Tom mi ha detto che sarebbero partiti per una piccola isola che si chiama isola di Muck, dove vivono i suoi nonni. C'è tanto mare lì, anzi no quello è oceano." Raccontò a mio figlio.
Questo parve un po' rassicurare Gabriel che dopo quel racconto si rivolse a me. "Scusami papà. È che mi piacerebbe stare qui con Tommy." Ancora mi si strinse il cuore. Purtroppo non era possibile e non potevo rivelargli troppo.
"Quando sarete più grandi." Gli dissi cercando di non deluderlo.
Lui annuì. "Posso andare a dormire? Sono stanco."
Lo fissai, poi guardai Inga. "Devi!" Disse mia cognata. "Anzi sai cosa? Ti accompagno io, così dopo mi farò una doccia e dormirò. Sperando che tua sorella Pamela questa notte mi faccia dormire."
"Rafael è più bravo di Pamela." Affermò mio figlio divertito. Scese dalla sedia e sparecchiando il suo posto portò tutto al lavandino per il lavaggio.
Mio fratello si tirò su iniziando a sparecchiare intanto che i bambini seguivano Inga di sopra. "Lascia, tocca a me lavare i piatti stasera." Dissi a Taddheus. "In compenso mi portate Rafael in camera? Tanto già è quasi addormentato." Conclusi rivolgendomi sia a lui che a Marina.
"Dal momento che Pamela non ci fa dormire la notte, accolgo la tua proposta con piacere." Rispose Taddheus prendendo Rafael dalle braccia di Marina. "Buonanotte."
Salutai mio fratello e mi alzai. Ero emotivamente stanco, così anche se non era molto tardi confesso anche Marina. "Grazie per la cena. La tua cucina è sempre ottima." Le dissi riempiendo la vasca del lavello col sapone. Vi misi i bicchieri e iniziai a lavarli.
"Mi fa piacere cucinare per voi." Rispose lei raggiungendomi. "Quell'uomo..." iniziò sorprendendomi.
La fissai. Cosa intendeva?
"Il marito di Sapphire." Mi spiegò "Non ha rispetto di nessuno, appena mi ha vista con i bambini all'uscita mi ha raggiunta squadrandomi dalla testa ai piedi. Poi ha provato a toccarmi."
La fissai sorpreso. "Come a toccarti?"
Lei annuì. "Si, ha sorriso lascivo e leccandosi la bocca ha teso la mano verso il mio collo. È stato un attimo, Thomas si è frapposto tra di noi ed ha detto. Lasciala stare o urlo." Mi raccontò. "Aveva uno sguardo così minaccioso che mi ha ricordato tanto te. Comunque dopo ci ha raggiunto anche Sapphire, si è presa Joel in braccio e mi ha raggiunto. Sapevo che era lei, perché Joel gli somigliava in maniera incredibile.
'Ringrazia la nostra ospite per averci portato i bambini, Andrew.„ gli ha detto con sguardo duro.
Lui ha risposto. "Le baby sitter del suo amichetto sono sempre belle. Dovremo ospitare a casa la tata per farla riposare, così ci divertiamo un po'.„
"Tu non ospiti nessuno. Non permetterò a nessuna ragazza di dormire sotto il tuo stesso tetto.„ gli ha risposto lei, si è poi rivolta a me ringraziandomi di aver accompagnato i bambini e di salutare Inga.
Sinceramente mi sono allontanata subito osservandoli però con la coda dell'occhio.  Lui aveva afferrato lei per la testa. Ma quando ho sentito Sapphire dire che avrebbe urlato aiuto, ha lasciato andare la presa."  Concluse il racconto Marina intanto che io posavo l'ultima stoviglia. Dovevo fare qualcosa per non prendere qualcuno a pugni.
"Purtroppo la madre di Andrew sta seguendo le chemio e suo marito è preso da lei, non riescono a gestire anche il figlio. Al limite sentirò Edward in Scozia per sentire com'è la situazione." Dissi stringendo i pugni. "Grazie per avermi informato Marina."
Lei scosse la testa raggiungendomi, mi prese le mani portandole all'altezza del mio petto e sospirando parlò. "Avevi ragione. Sapphire assomiglia a un angelo ed è una donna molto forte e protettiva nei confronti di chi ama. Sicuramente se avessi portato tu i bambini dalla madre avresti avuto incontrare anche lui. Non penso sarebbe stato un bell'incontro." Mi disse lei.
"Sarebbe stata l'occasione per..." ma lei mi interruppe.
"Per niente." Rispose lei. "Sapphire ha scelto di stare con lui per proteggere i bambini. Se avessi fatto qualsiasi cosa avresti reso vano il suo sacrificio." Mi ricordò.
Scossi la testa. Avevo promesso a me stesso che non sarei tornato più a Londra, che non l'avrei cercata più. Eppure sentire ciò che la circondava era difficile. "È difficile..." sussurrai. "Vorrei dimenticarla e lasciarmi scorrere tutto."
"Non devi farlo." Mi disse lei con calore. "Perché devi dimenticare chi ami? Fa soffrire perché non puoi averla, ma ancora vi amate. L'ho visto nei suoi occhi, orgogliosi di vostro figlio, quanto ti ama anche lei. Non avete litigato, è stato il destino ad essere funesto con voi. Per questo non puoi e non devi cancellare il tuo amore." Disse poggiano il palmo sul suo petto. "Devi solo tenerlo qui nel tuo cuore. Ti accompagnerà nel momenti più bui."
Scossi la testa. "Dovrei fare come mi ha detto Sapphire, dimenticarla e andare avanti. Troverò la persona che me la farà dimenticare."
"Ma spero proprio di no." Intervenne Marina.
La fissai. "Per andare avanti serve."
"Per andare avanti serve che impari ad amare te stesso. Continua ad amare Sapphire che è la madre dei tuoi figli." Mi sorrise. "Le altre dovranno adeguarsi e capire che hai spazio per tutti." Concluse lei allontanandosi. "Adesso vado. Però se chiami il papà di Sapphire aspetta che ci sia anche io. A domani." 
Scossi la testa. Mi sa che le avevo raccontato troppo della mia vita. Non avrei mai dovuto dirle dei genitori di Sapphire, non avrei mai dovuto raccontarle tutto nei minimi particolari e basta.
Il giorno dopo come promesso, quando a pranzo tornammo dalla spiaggia, aspettai che Marina andasse a lavare i bambini e chiamai in Scozia.
Il telefono suonò per un po', probabilmente erano in spiaggia. Effettivamente era vero quanto detto da Marina, la casa dei genitori di Sapphire era su una piccola isola delle Higland. All'epoca cercai un luogo piccolo, con poche distrazioni e l'isola di Musk era stata la soluzione perfetta. Per raggiungere un casino, Edward avrebbe dovuto prendere un traghetto che passava solo una volta a settimana. Inoltre all'epoca mi ero assicurato che non ci fossero neanche sale giochi di alcun tipo sull'isola. Avendo solo massimo cinquanta abitanti, le pretese erano poche e la popolazione si stringeva tutta intorno al singolo cittadino, ci si dava una mano l'un l'altro e ci si veniva incontro affrontando i problemi.
Sull'isola Edward aveva scoperto il piacere della pesca, Martha invece aveva iniziato a crescere un paio di capre. La casa era abbastanza grande per ospitare due di loro e una governante, nel tempo, grazie a dei lavori di ristrutturazione l'avevo fatta anche ingrandire così da potermi ospitare quando passavo a trovarli. Erano quasi un paio di anni che non ci andavo più, però nel frattempo Sapphire, libera dalle ossessioni di Davis, aveva iniziato ad essere più presente dai genitori.
Probabilmente però dal momento che il telefono continuava a squillare in casa non c'era nessuno. Lasciai che andasse fino all'ultimo, poi avrei riattaccato. Fortunatamente non avevo detto a Gabriel che avrei chiamato a casa di Thomas.
Mi scambiai uno sguardo con Marina che annuì, dovevo staccare.
"Pronto..." la voce affannata qualcuno rispose.
"Edward?" Chiesi. "Prendi fiato amico mio." Risi.
"Ero.... Mungere....oh..." sentii prendere fiato e poi parlare. "Sei Thomas? Tutto bene figliolo?" Chiese stupito.
Io risi. "Si sto bene. Volevo sapere se erano giunti tutti salvi e felici. Marina dice che non è stata accolta educatamente."
Sentii dei mugolii. "Saph mi ha raccontato dello spiacevole incontro. Vi chiedo scusa a nome di tutti noi."
"Non dovreste scusarvi voi. A una certa età certa gente dovrebbe iniziare a crescere." Affermai. "I bambini?" Chiesi cambiando argomento.
"Tommy è con i piccoli, Sapphire e Martha in spiaggia. Joel è qui con me, voleva provare a mungere una capra."
"State mungendo le capre?! Farete dell'ottimo formaggio." Dissi felice che i bambini stavano sereni.
"Papà... chi è?... posso parlare?" Chiese Gabriel appendendosi ai miei pantaloni. Gli scrollai i capelli scuotendo la testa divertito.
"L'importante è che stiate bene. Ricordati, qualsiasi cosa sai come contattarmi." Dissi congedandomi.
"Come sempre. Fai buone vacanze Tom." Mi salutò Edward.
Staccata la telefonata guardai ora Gabe, ora Marina. "Erano in spiaggia, tranne Joel che era a mungere le capre."
"Hai chiamato Tom! Hanno le capre... non ci credo." Disse Gabe girandomi in torno. "Voglio vedere anche io le capre... anche io."
"Non posso trovarti delle capre." Dissi a mio figlio prendendolo in braccio. "Non fare i capricci."
"Non sono capricci." Intervenne Marina avvicina noi due. "Gabriel ti porterò a vedere le capre. Se Heidi, ha le caprette che fanno ciao, perché tu non puoi salutarle." Affermò.
"Heidi?" Chiesi stupito.
"Chi è Heidi?" Chiese mio figlio.
"Non conoscete Heidi? Assurdo, ma dove vivete? Dopo vi porto una cassetta, è un cartone animato bellissimo." Affermò Marina carezzando Gabriel. "Però ti prometto che ti porto a vedere le capre e anche le mucche. Ti va?" Chiese a mio figlio .
"Siii! Andiamo... portiamo anche Gellert e Pamela."
"Andremo tutti." Disse lei.
Forse fu quello il momento in cui Gabriel e Marina divennero una cosa sola. A mio figlio piacevano le persone che facevano le promesse, ma soprattutto che le mantenevano. Marina mantenne tutte le promesse quell'estate.
Al pomeriggio durante il sonnellino di Rafael i due si mettevano a guardare gli episodi di Heidi, tra una merenda e una coccola. Al mare facevano sempre dei giochi insieme, fortunatamente riuscivo a ritagliarmi degli spazi con Gabriel che ancora stava nuotando solo con me. Quell'estate avevo infatti insegnato a lui e Tom ad andare senza braccioli, avevo promesso a Joel che l'anno successivo lo avrei fatto anche con lui.
Per il resto della giornata, Gabriel quando non giocava con Gellert, stava con Marina.
Ella li portò a vedere le capre che pascolavano, insieme a Inga andarono a visitare una piccola fattoria dove c'erano mucche, galline e maiali. Insieme facevano anche i compiti. E se Marina osservava solo Gabriel, lui cercava di aiutarla con il tedesco poiché per lei era una lingua sconosciuta.
La nostra estate stava scorrendo così rapidamente, senza rendermene conto Marina si era insinuata nella nostra vita e ci stava proprio bene. Andavo ovunque con lei, al mare, a fare la spesa, alle feste estive, ovunque. Grazie a Tad e Inga, che con Laura ci guardando Gabe e Rafe, alcune volte riuscivamo anche a restare soli. Mi piaceva! Si Marina mi piaceva molto, con lei stavo bene.
Così quando la notte di San Lorenzo ci invitò ad un pic nic notturno, non riuscii a dirle di no.
"Porteremo il necessario perché i bambini possano dormire in spiaggia. Vedere le stelle cadenti che affondano nel mare, è uno spettacolo magnifico." Mi disse.
Cosi andammo, armati di teli da bagno, cesti di pic nic e speranza, quella sera ci accampammo con tante altre famiglie sulla spiaggia.
Io e Marina eravamo tra Tad e Inga e la famiglia di lei. C'erano tanti bambini che si facevano compagnia tra di loro, come se fosse sempre stato così. L'aria era serena, Rafe e Pamela si addormentarono, al contrario Gabe e Gel, troppo eccitati di vedere le stelle cadenti attesero con noi.
Fu Gellert a vedere la prima stella cadente. "Lì!" Urlò ai genitori.
"Esprimete un desiderio." Disse Marina felice.
"Sono tante! Tantissime..." Affermò estasiato Gabe raggiungendo me e Marina. "Hai espresso il desiderio papà?"
"Certo che si. Ho desiderato che tu e i tuoi fratelli diventiate degli uomini pieni d'amore." Dissi a mio figlio, non volevo illuderlo dicendogli che i desideri erano solo credenze. Poi pregavo sempre perché avessero una vita piena di amore, successo e tanta speranza.
"E tu Marina? Hai espresso il desiderio?" Chiese Gabe.
Lei annuì guardando il cielo scuro. "Ho desiderato di poter stare sempre con la mia bella e grandissima famiglia." Affermò baciandolo.
"Sono io la tua famiglia." Esultò Gabe.
Lei gli sorrise. "Tu sei il mio figlio prediletto." Rispose stringendolo forte.
"Ti voglio bene Má!" Ricambiò Gabe.
Io li fissai entrambi esterrefatto . Cosa avevano detto quei due? Cosa era accaduto in quel lungo mese?
Avevo capito bene? Mi scambiai uno sguardo con Marina, gli occhi erano più luminosi, riflettevano la luce della luna e delle stelle. Era stupenda! Le sorrisi e audace delle sue parole avvicinai il viso al suo e la baciai lievemente sulle labbra.
Quando mi scostai mantenni lo sguardo. Non mi aveva rifiutato.
"La tua famiglia è la mia famiglia. Amo tutti i tuoi figli e amerò anche gli altri che verranno. Non vedo l'ora di stare di nuovo tutti insieme."
Quella era la dichiarazione più bella che avessi mai sentito. Ci eravamo appena scambiati il nostro primo bacio. Era stato sfuggevole, ma intenso. E lei parlava di qualcosa di più grande, della mia famiglia, vista come nostra.
"Vieni con me a Monaco a settembre. Festeggiamo il compleanno di Gabe e Tommy." Le dissi includendola in quella nostra abitudine.
"Quest'anno lo festeggiamo per il compleanno di Tommy." Urlò Gabriel. "Vieni Marina! Vieni!"
E lei accettò, sarebbe venuta a festeggiare con me il compleanno di mio figlio.
Quella sera iniziò la nostra relazione. Come con Sapphire anche con Marina tutto era venuto naturale. L'amore era di nuovo entrato nella mia vita in punta di piedi. Non me n'ero accorto. Forse perché sapevo di amare ancora Sapphire, ma come aveva detto Marina, non dovevo dimenticarla. Solo accettare il nostro destino è andare avanti continuando ad amarla in silenzio. E in silenzio così si era fatta spazio nel mio cuore Marina, sapevo e sentivo che ci sarebbe rimasta per sempre.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Non volevo correre con Marina, così a settembre quando andammo a Monaco per festeggiare il compleanno di Thomas e Gabriel la salutai facendomi promettere di rivederci.
Non facemmo l'amore quell'estate, non volevo rovinare tutto per il sesso. Mi sarebbe piaciuto fare come con Sapphire, in modo del tutto naturale. Inoltre non volevo darle l'idea che dopo averla portata a letto, non sarei più tornato da lei. Così mi feci promettere che mi avrebbe raggiunto con Gabriel a Boston per Natale. Lei acconsentì dicendomi che non mi avrebbe seguito, aveva la sua scuola di danza e le sue studentesse, aveva la sua vita in Italia. Non poteva rischiare tutto per qualcosa che non sapeva se sarebbe durato o meno. Potevo capirla benissimo, entrambi eravamo stati delusi dall'amore. Lei dal suo ex marito, che l'aveva tradita. Io ero sicuro di amare Sapphire in fondo al mio cuore, però come ella mi aveva suggerito, con Marina stavo andando avanti, amavo anche lei. Se quella storia non sarebbe andata avanti sapevo che un pezzo del mio cuore adesso apparteneva anche a Marina.
Tornai a Boston evidentemente molto più felice, sia mio padre che mia madre mi chiedevano cosa fosse successo durante le vacanze in Europa. Io restavo evasivo, in fondo a parte essermi innamorato, non era successo nient'altro. Non c'erano state promesse, non c'erano aspettative. C'erano però le telefonate, come avevo l'abitudine di chiamare mio figlio ogni fine settimana, avevo preso l'abitudine di chiamare anche Marina. Ogni sabato e domenica, ci facevamo compagnia con le nostre voci. Io le raccontavo della mia vita Boston, di quello che mi raccontavano i bambini e mio fratello Tad a Monaco. Lei invece mi parlava di ciò le capitava intorno, la famiglia, i suoi nipoti, delle sue piccole ballerine e della sua titolare e maestra di ballo, del saggio che stavano preparato per Natale. Ancora un'altra volta le chiesi se sarebbe venuta a Boston, mi rispose che dopo il saggio, il 21 dicembre, sarebbe stata libera. Quindi sarebbe partita! Ero fremente, lavoravo senza sosta dedicandomi solo alla gestione delle filiali, ormai a quelle limitrofe se ne occupava Karla a cui avevo affidato anche la sede del Vermont, per tenermi poi libero quando Marina sarebbe venuta da me. Solo a metà dicembre avvertii mia madre dell'ospite che avremmo avuto a Natale, fui evasivo non le dissi che era una donna, ne che era qualcuno di importante per me o per Gabriel era una sorpresa.
Forse proprio per mio figlio non lo sarebbe stato tanto, Marina mi aveva informato che avrebbe raggiunto Monaco e da lì sarebbe partita con mio fratello e mio figlio, poiché voleva stare un po' di tempo anche con Thomas e con Joel, quello era il modo migliore per farlo. Ma quello era anche il modo migliore per farsi amare ancora di più. Marina amava i miei figli ed era una gioia per me.
A Natale quando finalmente andai a prendere tutti all'aeroporto la prima persona saltare un braccio braccio fu Gabriel era raggiante
"Papà, papà! Tu non immagini chi ho portato dietro... papà, papà..." Urlava. "Dai indovina un po'... indovina un po'... non saremo soli papà...papà..." Gabriel era un continuo papà papà, era evidente che fosse felice e che nonostante fossimo circondati da sua madre e mio fratello e dai miei genitori, quando eravamo soli io e lui sentiva che mancava qualcosa.
"Papà guarda chi c'è !" Quando urlava così felice, il mio cuore si riempiva di gioia ad ogni sua affermazione.
Salutai in ordine Tad, presi in braccio Gellert dandogli un bacio, poi salutai Inga che aveva Pamela in braccio. In ultimo la vidi, Marina era stupenda! Nonostante non avesse più l'abbronzatura estiva, la sua carnagione era sempre ambrata e bellissima, gli occhi scuri vivaci, era coperta dalla testa ai piedi, con guanti e berretto di lana.
"Fa freddo qui." Mi disse salutandomi.
Non resistetti più, le andai incontro e la sollevai tra le braccia baciandola. "Ti riscaldo io tranquilla." Le dissi, mi sorrise. Era il sorriso più bello che avessi mai visto.
"Ti riscaldo anche io Marina." Urlò Gabe raggiungendoci.
"Anche io! Anche io." Urlò Gellert stringendosi anche lui al nostro abbraccio.
Quella era la felicità! Essere circondato dalle persone che amavo, mio fratello, Inga, i miei nipoti, ma più importante da mio figlio e Marina. Quella per me era la felicità.
Quando la portai a casa, i miei genitori furono sorpresi di trovare Marina al mio fianco.
Però non dissero nulla, fissarono entrambi dopodiché mia madre disse a Marina.
"Ti stavamo aspettando da tanto tempo, finalmente se arrivata."
Non compresi le sue parole se non più tardi quando mi disse che finalmente ero sereno e avevo trovato qualcuno di importante con cui costruire un futuro..
I miei genitori compresero benissimo i miei sentimenti e anche il mio desiderio di liberarmi velocemente del lavoro che avevo lì in America. Volevo tornare in Europa ed era evidente anche gli occhi di mio padre. Tutto era molto più chiaro.
Mio padre me lo disse. "Ecco perché ti sei trovato dei collaboratori fidati, ancora dovrai trovarne se vuoi restare più tempo possibile in Europa." Mi disse. "Locomprendo farei anche io la tua stessa scelta. Continua a cercare dei collaboratori validi di fiducia, fin quando potrò io ti aiuterò a gestire la KCG. Dovrai sempre tornare, adesso sei tu il capo, anche se ancora non sono in pensione sarai sempre il riferimento per loro. Ma vai, raggiungi l'Europa soprattutto raggiungi Marina. Lei giustamente non vuole lasciare la sua famiglia la sua terra. È il motivo per cui quando aprii la KCG ne feci una seconda filiale a Monaco, la mia terra. Non dobbiamo mai dimenticare e perdere le nostre radici." Mi disse papà.
Annuii, ero contento che mi capisse e mi esortasse ad andare avanti, era finito il tempo in cui cercavo il successo lavorativo. Adesso volevo essere felice con Marina e i miei figli.
In Europa avevo più occasioni per esserlo, perché oltre Gabriel e Rafael avrei avuto anche Tommy e Joel. 
Così dopo Natale, feci i miei soliti giri per il Sud America, andai in Giappone e da lì raggiunsi le filiali in Australia, portai Rafael dai nonni così che stessero un po' insieme e infine dopo un tour de force di quaranta giorni il mio jet partì spedito per l'Italia.
Volevo fare una sorpresa a Marina e quale giorno poteva essere migliore di San Valentino? Nessuno, soprattutto se lei sapeva io mi trovavo a Sidney. 
Atterrai sul suolo toscano alle cinque di mattina. Il taxi portò me e un addormentato Rafael nella mia casa a Forte dei Marmi, lì dove finalmente crollai anche io. Fui svegliato da Rafael che forte del sonno notturno, non doveva aver subito il jet lag.
"Papà... papà!" Aprii leggermente un occhio. Non sapevo se benedire o maledire il giorno in cui aveva imparato a parlare.
"Bimbo mio..." mugugnai.
"Tatte." Disse dondolandosi.
"Ti prendo il latte... dalla borsa." Sussurrai alzandomi e prendendolo in braccio. Controllai l'ora una volta in cucina. Erano le dieci di mattina, dovevo fare la spesa e organizzare la mia serata con Marina.
Indubbiamente avevo bisogno di una mano. Presi l'agenda telefonica e dopo aver dato il latte a mio figlio composi un numero.
"Pronto!"
"Signora Laura buongiorno." Salutai.
"L'americano mandrillo che ha rubato il cuore di mia figlia." Sentii rispondere. "Ciao Tommaso, come stai?"
Risi. "In realtà stanco, sono arrivato a casa alle sette questa mattina, ho il jet lag, Rafael e una casa senza niente da mangiare. Inoltre vorrei organizzare una sorpresa per la figlia colpita dal mandrillo." Le dissi divertito.
"Sei qui!" Disse sorpresa lei. "Aspettami, mezz'ora e sono da te. Spera di trovare un ristorante per stasera, non riuscirai a fare nessuna sorpresa senza."
"Non ho bisogno del ristorante. Però accolgo con piacere il suo aiuto Laura." Le dissi. 
Sapevo che sarebbe stato inutile cercare un ristorante. Il mio intento era preparare io stesso la cena e mettere tutto in un cesto da pic nic. Poi avrei portato Marina in spiaggia.
Dopo mi aveva dichiarato di amarmi. Se quello era stato il nostro inizio, doveva essere anche il nostro continuo. 
Quando arrivò Laura fui contento di lasciarle Rafael e anche di scoprire che aveva fatto la spesa. Le rivelai i miei progetti per la serata e lei mi invitò ad andare a dormire un altro poco. Marina avrebbe finito alle otto alla scuola di danza e avevo tutto il tempo per portare avanti il mio progetto. Dovevo solo organizzare la mia serata di San Valentino. Fortunatamente avevo una complice. Lasciai a Laura la mia Mastercard e la richiesta di ciò che mi serviva. Fiori, i preferiti di Marina e perché no! Una scusa per farla arrivare fino a casa mia.
Dormii tanto! Quando Laura venne a svegliarmi erano le quattro del pomeriggio, Rafael le trottolava dietro con una mela tra le mani. "Papà!"
Sorrisi. Mi sentivo finalmente riposato. Laura mi disse che aveva preparato tutti gli ingredienti che le avevo preso per il picnic e preso Rafael con un cambio mi salutò.
"Ho detto a Marina di venire a controllare casa tua prima di tornare a casa. Non sospetta nulla, io e Rafe torniamo domani mattina." Mi raccomandò.
"Grazie di tutto. Sei un angelo." Le dissi dandole un bacio sulla guancia. "Ciao amore. A domani."
"Nani..." disse lui muovendo la mano in segno di ciao.
Attesi che sparissero dopodiché mi misi al lavoro. Preparai del tipico pollo fritto americano, feci delle patate ripiene al cheddar e delle tartine di maionese con salmone e caviale. Come promesso Laura mi aveva comprato anche una torta a forma di cuore. Sinceramente non mi importava la sostanza ma il risultato. 
Verso le sei il fioraio mi consegnò i fiori che avevo ordinato. Non erano rose rosse o orchidee. Il fascio era fatto di calle e rose rosa, ad accompagnarlo un bracciale con l'orchidea come avevo richiesto. Mi sentivo emozionato come un ragazzino al suo primo ballo del liceo. Sistemai i fiori a centro stanza, andai a fare la doccia e mi vestii. Alle venti iniziai ad accendere delle candele tutto intorno la casa, così che fosse illuminata solo dalle fiammelle. Ero pronto, serviva solo la presenza di Marina e mentre la aspettavo riempii il cesto di tutte le leccornie preparate.
Quando avvertii l'arrivo di un'auto lasciai andare tutto e mi diressi alla porta. Oltre l'occhiello la osservai, lei era lì. Si guardava intorno stupita mentre raccoglieva l'orchidea che era appoggiata sulla veranda con un biglietto.
Su c'era scritto: per te andrei anche sulla luna. TK.
Si coprì la bocca con una mano guardandosi intorno. Era il momento di uscire allo scoperto.
Aprii la porta lentamente, la sentii urlare di sorpresa appena apparvi nella sua visuale.
"Tu..."
"Buon San Valentino Marina..." le dissi raggiungendola. La presi tra le braccia e la baciai. "Spero che la mia sorpresa sia riuscita."
"Oh Dio si!" Rispose lei in lacrime. "Mi hai lasciata... senza parole. Io no..." mi baciò. "Sei qui! Sei arrivato prima del previsto."
"Volevo stare con te." Le risposi baciandola ancora.
"Anche io... voglio stare con te." Mi disse tra un bacio e l'altro.
Fremente risposi ai suoi baci. La desideravo e avvertivo anche la sua impazienza.  Ma non era ancora il momento, se avessimo fatto l'amore in quel momento ero sicuro che poi l'avrei tenuta inchiodata al letto per tutta la notte. 
"Ti va di festeggiare con me oggi?"  Le chiesi.
"Pensavo che la mia festa fosse concludere... finalmente." Ci tenne a precisare lei.
"Prima ti porto fuori a cena." affermai.
"Dove mi porti?" Chiese.
"Dove tutto è iniziato." Le risposi.
Mi fissò e poi rise divertita. "In spiaggia."
Lo sapevo. Sapevo che lei era la persona giusta, non aveva avuto esitazioni.
Entrai a prendere il cesto e la giacca e prendendole la mano la portai in spiaggia mano nella mano. 
Mangiammo e bevemmo in un'atmosfera intima. Durante il dolce però iniziai a perdere la pazienza che avevo avuto fino a quel momento.  Le baciai le labbra sporche di panna e quello fu solo l'inizio del nostro gioco erotico. Ci baciammo e ci carezzammo a vicenda e cazzo, avrei voluto aspettare di tornare a casa per fare l'amore con lei. Era la nostra prima volta e volevo farle avere il meglio, ma nessuno dei due si trattenne e sotto un manto di stelle la feci mia per la prima volta.
"Sono contenta che sia stato così. Qui!" Mi sussurrò poi ansimante. 
Le strusciai il naso contro il collo. Si forse era stato giusto che fosse andata così. Però... "dovremo rivestirci, prima che tu possa prendere un malanno." Le dissi divertito.
Fortunatamente non ebbe nulla in contrario, ci preparammo e pulimmo la zona dove eravamo stati. Poi tornammo a casa sempre mano nella mano.
Sulla porta di casa spegnemmo tutte le candele. Entrammo e una volta dentro lei scoprì il fascio di calle e rose.
"I miei fiori preferiti." Disse stringendolo al seno.
Ero contento che le piacessero.
"Ho anche un altro regalo." Le dissi portandola nella mia stanza.
"Tu come regalo mi piace molto di più. Sei un bene che non può essere valorizzato." Mi disse.
Risi, una vodka in stanza mi spogliai lentamente e la fissai prendendo una scatoletta. "Sei sicura."
"Oh cavolo sì. Sei molto invitante." Mi disse spogliandosi lei stessa.
"Anche tu sei invitante tesoro." Le dissi posando la scatola e raggiungendo la.  Avrei avuto tutto il tempo per dargli la perla che avevo portato dall'Australia appositamente per lei.
Facemmo l'amore tutta la notte e anche al mattino. Venimmo svegliati dall'arrivo di Laura che entrò in casa con un Rafael molto vivace.
"Papà... papà..."
"Aiuto!" Dissi svegliandomi e tirandomi su in fretta. Presi il jeans che avevo indossato la sera prima e me lo infilai mentre Marina faceva lo stesso con i suoi vestiti. 
Raggiungemmo mamma e figlio in sala da pranzo e appena Rafael notò Marina esultò. "Maaaa!"
"Amore mio!" Esclamò lei andando a prenderlo.
Lui si stringeva a lei, poi guardava me. Eravamo di nuovo famiglia. 
Nel fine settimana portai Marina a Monaco, fu una piacevole sorpresa per i ragazzi vederci.
Joel rimase un po' sulle sue, non si aspettava di incontrare anche Marina. Al contrario Thomas le andò incontro felice di rivederla.
Mi trattenni con Joel una volta fuori dalla scuola. Percepivo il suo scontento e volevo capire se dipendeva da me o da suo padre.
"Tutto bene a casa?" Gli chiesi.
Lui annuì poggiando la testa sulle mie gambe. Sorrisi e presi a carezzargli i biondi capelli, quello era il suo modo per cercarmi delle coccole.
Mi dici perché sei triste? Gli chiesi
"Marina è la babysitter di Rafael? Per questo è qui?" Mi chiese.
"Marina è con me." Gligli risposi in modo diplomatico. "Certo, vuole stare con Rafael e con Gabriel e con te e Tommy, perché vi ama. Ma non è la vostra babysitter, lei non lo è mai stata in fondo." Gli spiegai.
"Gabriel ha detto che avete passato il Natale tutti insieme, come una vera famiglia e che è stato bellissimo." Mi spiegò lui.
"Sì è stato molto bello, siamo stati felici." Affermai. "E tu, sei stato felici a Natale?"
Al che il bambino alzò la testa guardandomi. "Lo sono adesso, a Natale c'era papà e nessuno era felice a casa. Ero felice in estate con mamma e i nonni. Quando c'è papà non sono mai felice lui urla e picchia tutti. Ma adesso sono felice."
Rammaricato sospirai. "È un suo diritto stare con voi, non posso aiutarti lo sai che mi si stringe il cuore quando mi dici queste cose. Ma veramente non posso aiutarti." L'unica in grado di farlo era Sapphire, ma come mi aveva scritto in una lettera Elisabeth, Andrew la teneva in pugno minacciandola ogni volta di denunciarla per tradimento. Così avrebbe potuto toglierle i bambini.
"Perché non puoi essere felice con la mamma? Perché con Marina?" Mi chiese Joel.
Sapevo che dovevo essere sincero con lui, dovevo però cercare di omettere che sua madre stava sacrificandosi per loro. "Io so che sarei stato felice con tua madre. Ma lei ha fatto un giuramento davanti a Dio per cui deve restare con tuo padre in quanto sua moglie. È stata proprio tua madre a dirmi di andare avanti e di essere felice sai!" Gli raccontai. "Pensi che io non sarei voluto essere felice con lei? A me dispiace se Marina non ti piace, a me lei piace molto e un giorno probabilmente le chiederò di sposarmi." Gli raccontato, forse avremo avuto anche altri figli. Chi poteva dirlo. "Tu vuoi che non sia felice con lei Joel? Vuoi che torni quello che ero fino all'anno scorso?" Gli chiesi, sapevo di chiedergli tanto. In fondo era solo un bambino di sei anni.
Vidi il viso di Joel cambiare espressione, gli occhi si inumidirono e cazzo non volevo farlo piangere. "Io non posso chiamare mamma Marina." Mi disse. "Voglio chiamare te papà e non posso!" Si sfogò lui piangendo. "Io ti voglio tanto, tanto bene e anche alla mia mamma. Non voglio cambiare mamma."
Lo strinsi forte baciandogli la fronte. "Joel Marina non è tua mamma e sta sicuro che non vuole prenderne il posto." Gli dissi rassicurandolo. "Lo so io, lo sa lei e tutti. Ma ti ama proprio in egual misura a tutti gli altri." Gli dissi asciugandogli il viso. "Ma tu  sai che cos'è che mi ha detto Marina prima che ci mettessimo insieme?"
Il bambino scosse la testa. Io gli sorrisi. "Mi ha detto che chi ama veramente, ha spazio per più persone nel proprio cuore. Lei è stata l'unica persona che mi ha detto di continuare ad amare tua madre, perché è grazie a lei che ci siete tu, Tommy, Samuel e Diamond. Capisci cosa intendo?"
Il bambino annuì. "C'è spazio per tutti?" Mi chiese. "Vorrai sempre bene alla mia mamma?"
Gli sorrisi. "Le vorrò sempre bene, si. Ne voglio molto anche a Marina, lei riesce a rendermi felice." Gli dissi.
"Anche a me è Tommy lei piace." Ammise Joel. "Ma la mamma..."
"Eccovi... vi ho trovati." Intervenne Marina arrivando in quel momento. Mi sorrise sedendosi tra me e Joel e ci guardò. "Parlavi male di me, lo so." Affermò puntandomi l'indice contro. Adoravo quella sua gestualità. 
Joel rise. "No, no!"
"Si si... stavo dicendo che sei una strega." Scherzai io.
Al che lei rise solleticando Joel.  "Lo sai vero che sei bellissimo." Disse al piccolo.
Lui annuì. "Lo dice sempre la mamma e anche le nonne Elisabeth e Martha." Rispose orgoglioso.
Marina gli sorrise. "Sai perché sei così bello?"
Lui arricciò la bocca. "Perché assomiglio alla mamma? Lei è molto bella."
"Oh sì! È bellissima anche lei. Però..."
"Però?" Chiese il bambino.
"Però le manca una cosa che tu hai sempre Joel." Gli spiegò. "Hai un sorriso che arriva gli occhi, è il sorriso della gioia vuol dire che sei felice e stai bene. Se  tu continuerai ad avere questo sorriso, allora potrà averlo anche la tua mamma. Così anche lei diventerà bellissima proprio come te." Gli raccontò stupendo entrambi. La differenza tra me e Joel era che io non avevo la bocca spalancata. "Mi prometti Joel che proteggerai sempre la tua mamma col tuo bel sorriso?" Gli chiese premurosa.
"Certo. È la mia mamma, per questo sono un bambino obbediente."  Rispose lui.
"Ma devi anche sorridere, se tu e i tuoi fratelli siete felici, lo sarà anche la mamma. Così le sue giornate avranno sempre un po' di speranza in più." Gli ricordò.
Lui annuì alzandosi. "Lo farò." Affermò mettendo la mano sul cuore.
"Bene. Un'altra cosa..." disse facendo un colpo di tosse. "Sai, io e Thomas adesso, siamo io e Tom. Cioè noi due siamo, noi..." spiegò impacciata.
Al che Joel scoppiò a ridere. "Siete fidanzati." Disse divertito.
"Ehi!" Lo prese in giro Marina.  "Cosa ne sai tu?"
Joel le fece il muso. "A me piace Sophie, un'amica si scuola. Ci siamo fidanzati sai?"
"Già fate queste cose?" Chiesi divertito.
E lui sorrise dolcemente. "Solo io!"
Marina rise e lo abbracciò. "Il mio rubacuori. Sii sempre dolce con le tue amorose, altrimenti la zia Marina si arrabbia."
"Zia?" Chiese lui sorpreso.
"Zia si!" Rispose lei fiera. "Non ti piace?"
Il sorriso di Joel si allargò fino ad arrivare agli occhi. "Non ho mai avuto una zia. Mi piace."
"Oh! Meno male dai. Perché ci tenevo a questa cosa qui."
"Anche Tommy ti chiamerà zia?" Chiese lui.
Marina fece spallucce. "Ha deciso di chiamarmi Má, come fa Rafael."
"E Gabriel." Confermò Joel. "Allora sei Zia Má! La mia zia Má."
Con l'approvazione di tutti i bambini cominciò così la mia relazione con Marina. Lo scrissi anche a Sapphire, dovevo farle sapere che avevo ricominciato a vivere e che sarebbe stata sempre una persona importante per me. Ma adesso ero finalmente felice.
Il primo anno continuò ad essere a distanza. Partii per la Cina dopo Pasqua e al rientro mi fermai da lei in Toscana, la salutai ricordandole che sarei tornato a luglio con i bambini. Lei intanto stava organizzandosi con la scuola di ballo, se voleva venire con me avrebbe dovuto lasciare a qualcun altro chi avrebbe istruito le sue ballerine.
Trascorsero gli anni , uno e poi due. Era diventata nostra consuetudine festeggiare la Pasqua insieme in Italia. Erano quattro giorni in cui avevo con me tutti i miei figli, senza neanche Inga e Taddheus che avevano preso l'abitudine di restare per conto proprio.
Scoprii solo più tardi che per Pasqua Sapphire e Molly arrivavano a Monaco e trascorrevano le loro giornate con Inga e Taddheus. Isaak aveva un amico che non lasciava mai il collegio e per Pasqua se lo portava dietro. Inoltre lui e  Gellert con cui era coetaneo, si facevano compagnia.
Io e Marina ci sposammo in Toscana il tre luglio di due anni dopo. Scegliemmo quella data perché così potevano partecipare al matrimonio tutto i miei figli, Isaak e i suoi amici più stretti, compresi.
Inga aveva detto a Molly che lo avrebbe portato Drake in Lussemburgo dove sarebbero stati in vacanza quell'anno, omettendo di dirle che Isaak sarebbe stato con me. così riuscii a ritagliarmi un piccolo spazio col mio bambino che questa volta sembrava meno scettico del solito nell'avvicinarsi a me. Giustamente aveva otto anni, era più maturo e meno dipendente dalla presenza asfissiante di Molly. Adesso Raziel Isaak aveva una sua identità che spiccava molto, soprattutto in presenza dei suoi amici, Chamael e Giaele, sorella minore di un nuovo amico di Gabe e Tommy, Heinrich, entrambi i bambini erano coetanei con Rafael. Quando si trattava di Chamael, Isaak aveva una forte tendenza protettiva e parlava tanto, soprattutto tendendo a voler mettere in mostra i pregi dell'amico.
Scoprii che quell'anno sarebbero andati in Lussemburgo perché era da lì che veniva Chamael. Così sarebbero potuti stare tutto insieme, o almeno così aveva detto loro la zia Sapphire che aveva organizzato quelle vacanze.
Rimasi stupito nello scoprire che centrava lei. Anche se non chiesi nulla a nessuno in merito. Dovevo sposarmi con Marina e se Sapphire partiva significava che stava bene.
Era un giorno importante per me, c'erano a Marina e i miei figli, la famiglia di lei, i miei genitori, Taddheus e mia sorella Theresa con le rispettive famiglie. Drake e Taddheus furono i miei testimoni, poiché Marina aveva due sorelle ed aveva chiesto a entrambe di farle da testimoni avevo dovuto sceglierne Suez Eravamo in tanti e tutto insieme in quel giorno importante. 
La cerimonia fu bellissima e anche il ricevimento. Vidi Marina ballare con tutti i bambini, il primo fu Gabriel  seguito a ruota da Tommy, fu poi la volta di Joel, Gellert, Heinrich, Isaak, Chamael e Rafael, Edgar e il piccolo Joan, figli di mia sorella.
Io in compenso ballai con Pamela, Susanna la nipote di Marina e la piccola Giaele ed entrambe le figlie di Drake e Ebony.  Stavamo divertendosi tutti!
Quella sera nonostante fosse la nostra prima notte di nozze, io e Marina chiedemmo che i bambini dormissero tutti con noi. Il giorno dopo sarebbero ripartiti e noi saremo andati in luna di miele, non li avrei avuti con me per un po'. 
Così io e Marina mettemmo a letto tutti. Per primo Isaak che cercava di calmare Rafael e il suo amico Chamael che saltavano scatenati sul letto.
"Cerco di calmarli, ma non mi danno retta." Disse Isaak divertito.
"Sono due nani contro di te. Ovvio che non riesci a tenergli testa." Affermai prendendolo in baciai e mettendolo a letto. Gli carezzai la frangia fissandolo estasiato. "Buonanotte Raziel Isaak." Lo salutai giungendo a quel compromesso col suo  nome.
"Buonanotte signor Keller." Disse lui fissando gli altri due che si erano calmati. Ormai Marina sapeva troppo bene come trattare Rafael che era già steso a letto.
"Forza a letto." La sentii dire prendendo Chamael in braccio. "Lo sai che sei bellissimo." Lui annuì muovendo la sua chioma nera come la pece.
"Me lo dice sempre la zia Saph." Disse orgoglioso.
"Ha ragione, sei bellissimo e molto sveglio per avere solo quattro anni." Rispose Marina. "La zia Saph è la tua zia preferita?"
Lui scosse la testa. "È il mio angelo custode. Sak dice che non è così."
L'altro si alzò a sedere. "È solo la mamma di Joel." Disse guardandomi. "Gli dite che gli angeli non esistono?"
Io e Marina ci guardammo, fu lei a rispondere. "Ah beh! Se parliamo di lei è veramente un angelo. Io la conosco ed è bellissima e perfettissima." Disse rivolgendosi a Chamael che la fissò sorpreso.
"La conosci?!" La bocca spalancata la fissò attentamente. "Anche tu sei un angelo! Siii un altro angelo."
"Ecco. Lo sapevo solo io..." affermai divertito.
"Quest'angelo ti chiede di riposare adesso Chamael. Domani andrai dalla zia Saph e dalla tua famiglia." Gli disse dolcemente Marina.
Lui sembrò un attimo intristirsi. "Posso avere la fotografia che abbiamo fatto insieme?" Le chiese.
Lei annuì. "Ne faremo avere una a ognuno di voi. Contento?" Chiese in modo molto diplomatico.
"Sii!" Disse lui saltando sul letto stendendosi. "Buonanotte Má."
Lei gli sorrise, di quel sorriso che regalava a chiunque la chiamava Má, perché sapeva che era un modo per dirle mamma anche se non era la loro madre.
"Buonanotte bimbi miei." Li salutò lei raggiungendomi.
Andammo alla porta e attendemmo che Isaak si stendesse. "Buonanotte Má." Disse stendendosi.
E lei raggiante spense la luce.
Andammo a salutare anche Gabriel e i due Davis. Come sempre Gabe e Tommy erano su un solo letto a chiacchierare.
"Ehi voi due. Stendetevi, è ora di dormire." Ordinai raggiungendoli.
Al contrario Marina raggiunse Joel che abbracciò e baciò. "Mi mancherai tanto. Divertiti in Lussemburgo."
"Posso andare anche io lì papà?" Mi chiese Gabe.
"Gabriel devi stare con la mamma." Gli dissi.
"Mamma e zia Inga sono amiche. Dirà di sì!" Intervenne Tommy.
"Ma non c'è il mare in Lussemburgo." Affermai io.
"Ma c'è Chamael." Affermò Joel.
"Mamma si è innamorata di quel bambino." Spiegò Tommy. "Dice che ha bisogno di tanto amore e se non glielo darà la madre ci penserà lei. Per questo andiamo in Lussemburgo."
"Ci credi che ha un'amica di scuola che vive lì?" Chiese Joel a Marina.
"Wow! Fantastico." Rispose lei.
"Mamma è una viscontessa e ha fatto la scuola in Svizzera. Ha frequentato il Rosey sul lago di Ginevra dai sei ai diciotto anni, e lì ha conosciuto la sua amica, la marchesa di Lussemburgo Èlene Lamberti. Infatti vuole mandare lì anche Diamond." Spiegò Thomas.
"E vuole mandare Samuel al Santa Maria. Dice che sono luoghi migliori dove possiamo crescere." Affermò Joel facendoci capire che il problema era sempre Andrew.
"Perché non anche Diamond al Santa Maria?" Chiese Marina, effettivamente in questo modo potevamo incontrare anche Diamond.
"Papà vuole tassativamente che frequenti una scuola femminile, altrimenti non la fa partire." Rispose Joel. 
Mi sentii tirare la mano da Thomas, al che mi rivolsi a lui che si avvicinò a me. "Quello lì guarda Diamond come fa con Marina quando la incontra all'aeroporto. Mamma dice che non è bene, che Diamond è una bambina, per questo deve andarsene." Mi sussurrò preoccupato.
Quel bastardo, adesso anche pedofilo. "È il caso di dire alla mamma di far partire già a settembre tua sorella allora." Suggerii.
Sicuramente la priorità era farla andare via prima possibile da quella casa. Mi rincresceva scrivere queste cose a Elisabeth soprattutto adesso che la malattia era tornata e che suo marito era morto. Meglio affrontare la cosa direttamente con Sapphire. L'avrei fatta chiamare da Marina così avrebbero trovato insieme una soluzione.
Lasciammo i bambini a riposare e mi diressi con Marina nella nostra stanza per consumare la nostra prima notte da marito e moglie.
"Posso portare i bambini in Lussemburgo?" Mi chiese Marina.
"Cosa?" Le chiesi stupito.
"Tanto andremo col jet alle Hawaii. Lascia che parli con Sapphire e che incontri quella splendida bambina."
Feci una smorfia indispettito. Non era giusto che Marina avesse conosciuto Diamond e io no. "Marina non dovremmo..."
"Voglio sapere anche di Chamael. Lei ha già tanti problemi, perché impegnarsi tanto anche per un altro bambino e non suo? Ti prego."
Capitolai, sbuffando ma lo feci.
Così il giorno dopo salimmo tutti sul jet, noi due e la famiglia di Taddheus. "Perché anche voi?" Chiesi.
"Inga, Ebony e Sapphire hanno organizzato delle gite ai castelli." Mi rispose annoiato Taddheus.
"Noi andremo alle Hawaii." Affermai.
Mentre arrivavano anche i nostri genitori. Theresa invece sarebbe rimasta a godersi la Toscana per l'estate. Ero contento che si godesse l'Italia era una vacanza che avrei consigliato sempre a tutti.
Atterrati all'aeroporto di Lussemburgo dissi a Marina che l'avrei aspettata sul jet, segno che avremo sostato lì. Non mi andava di iniziare il mio matrimonio, con la mia ex di mezzo. Era una questione di principio!  I miei genitori non intervennero, ma se padre restò con me sul jetC al contrario mamma scese dall'aereo senza problemi.
Passai tutto il tempo d'attesa andando avanti e indietro lungo il corridoio, mio padre se la rideva sotto i baffi paziente. Quando finalmente Marina rientrò sul jet stavo perdendo le speranze.
"E mia madre? Dobbiamo portarli a Boston prima di raggiungere le isole Hawaii." Le dissi.
"È andata con Sapphire a compiere una missione.  Ma tornerà massimo un'ora." Mi disse con un sorriso. "Io ho mantenuto la promessa di raggiungerti presto."
Scoccai la lingua. "Non voglio sapere cosa state combinando." Le dissi.
Lei mi fece la linguaccia divertita. "Sapphire sapeva del nostro matrimonio. Gliel'ha detto Tommy al telefono." Mi disse. "Si congratula con noi."  Affermò.
"Siete anche  amiche?" Le chiesi. Il nostro matrimonio iniziava con delle cattive premesse.
Lei scosse la testa. "Abbiamo deciso due anni fa che era meglio tenere le distanze. Lei per te e io... per te sempre." Rispose con un sospiro. "Saremmo potuto esserlo però, Inga le è amica e anche Ebony." Concluse contrariata. Per quanto avessi presentato Marina ai miei amici inglesi, lei ed Ebony non riuscivano proprio a legare. Probabilmente Ebony era reticente per via dell'amicizia con Sapphire.
"Mi dispiace." Sussurrai.
"Vuoi sapere cosa sta succedendo?" Mi chiese.
La guardai scuotendo la testa. "No tesoro, mi dispiace. Ma credo sia il caso che non mi faccia coinvolgere negli affari di Sapphire. L'ho deciso quando ci siamo conosciuti io e te  e mi avete impedito di tornare a Londra." Le dissi prendendole la mano dove spiccavano la fede e il suo anello di fidanzamento. "Adesso voglio dedicarmi a noi due. Poi con il tempo chissà... potrete diventare amiche voi due e potrei anche io, semmai lascerà Andrew, tornare suo amico."
Conclusi.
Mi tenne il broncio perché non le permisi di raccontare il suo incontro con Sapphire. Fortunatamente sapevo come distrarla e dopo averle baciato voluttuosamente il polso fino ad arrivare al suo collo, il ricordo della sua arrabbiatura sembrava passato.
Quando finalmente mia madre tornò, mio padre andò ad avvertire il pilota. Partimmo in direzione di Boston e dopo aver lasciato i miei genitori io e mia moglie iniziammo finalmente la nostra luna di miele.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Trascorremmo alle Hawaii il mese più bello della nostra vita. Per la prima volta dopo anni non avevo con me i miei figli, non erano un peso, ovvio. Ma avevo dimenticato cosa significava rilassarsi durante una vacanza. Tutti i viaggi che avevo affrontato da solo in quegli anni erano stati mirati a portare avanti la mia carriera, l'unica volta che mi ero rilassato era stato a Melbourne, e Tokyo ed era stato quando Gabe era piccolo.
Ci divertimmo molto e quando tornammo a Boston prendemmo Rafael e ripartimmo per Sidney. Presentai a Marina i nonni e la madre, anche se di sfuggita, di Raffael. Coco fu accogliente come al solito e seppe affascinare mia moglie intanto che io e Takeshi ci divertivamo a pescare durante le mattine fresche. A fine agosto lasciammo Sidney per tornare in Europa, a Monaco mi toccò riprendere a lavorare intanto che Eleonora faceva la turista. A casa di mio fratello ormai non c'erano più bambini. Anche Pamela era entrata al Santa Maria, così Inga e Taddheus facevano praticamente vita da novelli sposi.
Fortunatamente Marina non aveva assecondato Inga, quando era stato il momento di pensare a una scuola per Rafael, anzi, si permise di fare una controproposta per quanto riguardava Gabriel.
"E se l'anno prossimo lo iscriviamo alla Latin Boston school? Se mettiamo su famiglia non riusciremo a muoverci facilmente." Propose.
"A Gabriel piace stare al Santa Maria. Ha i suoi fratelli e i suoi amici li." Precisò Inga.
Lei annuì. "Lo so! Però... mi piacerebbe avere un bambino e vorrei godermelo a casa. Iscriviamolo ma lasciamo attiva anche la scuola qui a Monaco. Se non si troverà bene a Boston lo faremo tornare qui."
"È un buon compromesso." Intervenni. "Intanto adesso lui sta studiando alla Santa Maria e non sono previste gravidanze per il momento. Però più avanti..."
"Vorrei un bambino da Thomas." Concluse Marina decisa.
Lei voleva un bambino, io ero titubante dal momento che col suo ex marito Giorgio aveva avuto tre aborti. Volevo che stesse bene e temevo che un ulteriore perdita l'avrebbe demoralizzata.
"Ok! Facciamo così." Si fece convincere Inga. "Poi spiegherai tu a Tommy e Joel le tue motivazioni." Mi disse Inga.
Ovviamente avrei dovuto affrontare anche quello. Però ero sicuro che Tommy mi avrebbe capito, non gli avrei portato via Gabriel e avrei fatto in modo che i due si trovassero in una maniera o nell'altra.
Tuttavia non era quello il momento di parlare con i bambini del trasferimento di Gabriel. Ci sarebbe stato tempo, così festeggiammo il nono compleanno dei bambini senza alcun pensiero e con molti più amici da quando era iniziata quella tradizione. C'era Heinrich il terzo moschettiere, così lo chiamavano Gabe e Tommy, c'erano Didier e Sophia, gli amici di Gellert e Joel. C'era Isaak che corrucciato disse: ho accompagnato Chamael. C'era appunto anche lui che a quanto pareva era stato invitato da Inga, con lui la sua amica Giaele. Era in pratica una grande festa e ammetto che con tutto quel casino ci divertimmo molto.
Tornammo a casa e solo in quel momento io e Marina iniziammo la nostra vita matrimoniale. Vivevamo al maniero Keller con i miei genitori, ma avevamo la nostra area riservata in casa.
Dopo un mese dal nostro arrivo iniziarono anche le novità.
"Ho invitato Simon e Manila Thompson a cena da noi. Hanno due figlie che possono giocare con Rafael." Mi disse.
La guardai stupefatto! Simon Thompson? No, assolutamente no. "Cioè li hai già invitati? Io e Simon non siamo niente." Le dissi anche se era un eufemismo.
Avevamo studiato insieme alla Latin Boston ovviamente. Stesso anno, stessi professori e stessi risultati dalle elementari alle superiori. Il fatto che nessuno scavalcasse l'altro ci aveva portale ad essere nemici. Nessuno dei due voleva cedere il podio di migliore della classe all'altro. Non nello studio, non nello sport e a quindici anni neanche con le ragazze. Già perché come me, anche Simon Thompson era un bel ragazzo, semplicemente eravamo l'opposto l'uno all'altro. Se io avevo i capelli neri e scuri, lui era biondo. I miei occhi grigi e la carnagione olivastra entravano in contrasto con la sua pelle candida e gli occhi azzurri. Stranamente alle scuole superiori, quando la libido aveva iniziato a prendere il sopravvento su di noi, ci piacevano le stesse ragazze. La competizione era salita alle stelle, davamo il massimo nelle partite di basket per conquistare la stessa cheerleader, davamo il massimo a lezione per lo stesso motivo, l'ultimo anno alla Latin Boston fu però quello che avrebbe decretato tra noi il vincitore. Entrambi eravamo rimasti affascinati dalla presidentessa degli studenti, entrambi la volevamo e i contrasti tra di noi divennero più intensi. Fino a quando non dovemmo entrambi fare un passo indietro. Eloise aveva infatti accettato la corte di Augustus Summer e sarebbe andata al ballo di fine anno con lui. Non faticai a trovare un'accompagnatrice, ma la scopata con Eloise la rimpiansi. A quanto pareva anche Simon che si presentò al ballo con una rossa mozzafiato.
"Intralci il mio cammino Keller."
"Spero di non incontrarti nei corridoi i Harvard Thompson."
"Oh il mio cervello lavora, mica come il vostro da topi di scrivania. Io andrò al Mit!"
Bene, me ne sarei liberato! Dopo la consegna dei diplomi non lo avrei più visto. Mi intralciava a non volevo avere nulla a che fare con lui.
"Perché hai invitato lui, Marina." Le dissi.
"Visto che ad oggi ancora non hai invitato nessuno a casa nostra ho fatto io il primo passo." Affermò.
"Potevi chiedere e..."
"Ho chiesto a tua madre. Mi ha riferito che non hai amici. Il tuo unico amico era Taddheus." Disse lei colpendomi in viso.
"Anche Drake è amico mio." Le dissi.
"Che guarda casa vive a Londra, inoltre con Ebony non ho legato tanto." Mi ricordò lei. "Sarei potuta diventare amica di Sapphire, ma lei ama te e io amo te, entrambe abbiamo deciso che non andava bene."
Anche perché io Sapphire non la volevo nella mia vita. Non ancora almeno.
"Va bene. Vuoi far venire i Thompson, benissimo. Ma non ti prometto niente." Conclusi andando a fare una doccia.
"Quella sera la coppia si presentò alla mia porta con le due bambine. Manila era decisamente una donna bellissima, pelle scura, occhi cerulei, capelli scuri e ricci. Era l'essenza della donna tropicale fatta persona. Al suo fianco c'era Simon, sorrisi notando la sua espressione corrucciata. Ero soddisfatto, non ero l'unico scontento di quella serata.
"Ridi!" Mi minacciò Simon.
"Oh andiamo! Siete ai ferri corti per una donna." Ci ammonì Manila.
"Una donna!" Esclamò Marina fissandomi divertita.
"Non è una donna. È tutto." Disse Simon alla moglie mentre Rafael iniziava a giocare con le bambine.
"Io andavo meglio di lui in tutte le materie e gli sport." Dissi.
"Veramente quello ero io." Rispose l'altro.
"Ero io..."
"No, ero io... sai la mia famiglia è arrivata qui prima della tua. Eravamo sulla mayflower." Rimarcò Simon. "Io c'ero prima di te."
"Scusa se la mia famiglia è fuggita all'oppressione di un tiranno, prima che ci debellassero." Gli urlai contro.
"Papà è bimbo?" Chiese Rafael interrompendo la discussione tra me e Simon.
Marina lo prese in braccio e ci fissò divertita. "No tesoro." Affermò. "È solo un maschio, vedi le bimbe sono sorelle e non litigano così tra di loro."
Maschio?! Di questo ne avremmo discusso poi.
"Ha ragione Marina, vedi le mie bimbe non discutono così. Dicono solo è mio e se lo prendono." Intervenne Manila.
"Perché?" Chiese Rafael.
"Femmine." Intervenne Simon concedendo un'occhiataccia alla moglie.
"Concordo con lui." Dissi. "Attento alle femmine Rafe."
"Cosa c'è voi due? Da quando avete un accordo?" Chiese Marina.
"Da adesso." Dissi a mia moglie.
"La cena sarà a tavola tra mezz'ora. Prendiamo un aperitivo." Disse Marina sfidandomi con lo sguardo.
Era effettivamente accaduto qualcosa, grazie all'intervento di Rafael gli animi si erano sedati anche se non capivo cosa passasse per la testa di Simon. Era sulle sue. Una volta a tavola, mentre le due donne parlavano del più e del meno Simon mi fissò.
"Scusami. Non pensavo che la tua famiglia avesse un tragico passato." Mi disse.
Al che compresi cosa era cambiato. Giocando con la forchetta sospirai. "Mio nonno era un banchiere ebreo, vivevano a Monaco. Dopo la prima guerra mondiale, dove aveva combattuto. Nell'aria si avvertivano tensioni, Hitler era salito al potere e la sua politica non piaceva a mio padre. Il suo amico Karl Zimmer, collega della banca in cui lavoravano consigliò a mio padre e a Adolf Müller, di lasciare la Germania. Il nonno memore della prima guerra mondiale decise di partire per l'America, portandosi dietro mio padre e i suoi altri tre figli. Arrivammo in America che iniziarono i primi stermini ebrei in Germania e Polonia, dove seppi si nascondevano i Müller." Solo a fine racconto mi accorsi di avere l'attenzione di tutti gli adulti a tavola.
"I Müller furono..." Ipotizzò Simon.
Scossi la testa. "Quando iniziarono ad insediarsi le truppe tedesche in Polonia, prese la sua famiglia e fuggirono su una barca diretti in Gran Bretagna. Vissero nelle campagne irlandesi finì alla fine del conflitto." Raccontai.
"La mia famiglia è stata molto più agevolata rispetto alla tua." Mi disse.
"La tua è una delle famiglie fondatrici del New England no?" Gli chiesi prendendo una sigaretta. Non l'avrei accesa, a Marina dava fastidio che si fumasse in casa. Averla tra le mani però mi rilassava.
"In realtà la mia famiglia fece il secondo viaggio. I miei antenati erano tra i costruttori della mayflower, decisero così di effettuare il secondo viaggio. Quando arrivò il mio tris... trisavolo incontrò la donna che divenne sua moglie e restò lì aprendo il suo primo e personale cantiere navale. Anno dopo anno la società è cresciuta e adesso anche se pochi siamo qui." Rispose amareggiato.
"Avete problemi?" Gli chiesi notando la sua aria preoccupata.
"Da quando è morta mia madre papà non segue più la società." Rispose. "Io cerco di fare il possibile per la gestione dei cantieri e mio cugino Cedric sta lavorando sui clienti. Abbiamo delle perdite, per poterle sopperire ho due modi. Accettare un lavoro in Alaska costruendo una petrolifera oppure proporre alla Hoffman skip una fusione delle nostre due società." Disse sbuffando.
"No!" Gli dissi convinto. "Hoffman è peggio di una zecca, gli offri un piccolo aiuto, poi pretende di avere il triplo di ciò che gli viene concesso."
"Lo conosci?" Mi chiese Manila.
Annuii. "Si! Col figlio abbiamo frequentato insieme la Boston Latin, il padre invece ci ha chiesto un investimento e un finanziamento per sopperire a dei debiti incauti. Al che ho consigliato di vendere una quota societaria per tappare il buco, ma loro sono stati poco inclini a voler valutare la Hoffman in azioni. Mi hanno..." cercai la parola giusta. "Posto di fronte a un ultimatum, avrebbe reso le quote pubbliche se le compravo io con la KCG."
"Serio!" Disse Simon che scosse la testa. "Io per ora ho preso il cantiere in Alaska. Dovrò andare lì per un po', cambiare settore, lavoriamo sulle navi mercantili e piccole barche, una petroliera è proprio altro genere. Ma è un'alternativa migliore che lavorare con Hoffman. Donald non mi è mai piaciuto."
"Donald è il secondo genito giusto? Io alla KCG ho parlato col vecchio e con Ronald." Dissi.
"Si il secondogenito, che quando abbiamo festeggiato il sessantesimo compleanno di mio padre si è avvicinato a Manila e le ha detto. Lascia questo sfigato e vieni a spassartela con me."
Risi. "Lo ha fatto di fronte a tutti voi, te compreso?" Chiesi. "Con che coraggio!"
"Avanti a tutti gli ospiti. C'era l'avvocato Jenkins, I tuoi genitori anche, i Summer, gli Smith e i Powel. C'era tutta l'alta società di Boston. Il vecchio Philip ha afferrato il figlio per l'orecchio e gli disse: invece di cazzeggiare con le moglie degli altri, pensa anche tu a metter su famiglia." Raccontò. "In pratica una vergogna totale."
"E ci credo." Dissi. "Io lo avrei preso a pugni se avesse anche solo provato a toccare Marina."
"Mio padre mi ha trattenuto ricordandomi che certa gente si riconosceva dal modo in cui portava rispetto agli altri." Rispose Simon.
"Buttati sul nuovo campo! Come hai trovato il cantiere in Alaska?" Chiesi.
Simon mi indicò Manila. "Nila si è laureata in economia all' università federale di Rio de Janeiro. Quando ho iniziato ad avere problemi è venuta ad aiutarmi e nel farlo ha cercato nuovi lavori. È stata lei a propormi di mandare delle offerte in giro per gli Stati Uniti."
"E hai vinto l'appalto." Dissi.
Lui annuì. "Avrò lavoro per i miei operai per almeno altri due anni. Però non voglio buttare al vento i sacrifici che la mia famiglia ha fatto da quando sono arrivati in America. Ormai siamo in pochi, lo zio Cedric ha due figlie e due generi che non si interessano del settore e sono rimasto io solo."
Giustamente non era facile gestire tutto da solo. "Devi trovare una soluzione. Ti faccio la stessa proposta che ho fatto agli Hoffman, hai mai pensato di valutare la società e mettere delle azioni sul mercato?" Chiesi. "Potrebbe essere una soluzione."
"Io pensavo che espandersi fosse una soluzione." Intervenne Manila. "Gli ho anche detto di rischiare ed associarsi a delle imprese della Virginia."
Annuii. "Effettivamente espanderti sarebbe un rischio che se va a buon fine potrebbe portarti grandi risultati." Dissi intanto che il mio cervello prendeva a fare ipotesi e trovare soluzioni.
Lui si alzò prendendo un pacchetto di Merit gold dalla tasca. "Non lo so, per ora prendo il cantiere in Alaska, poi si vedrà." Disse guardando Marina. "Puoi dirmi dove posso fare due tiri?"
Lei annuì. "Tom ti porterà nella sua aria fumatori."
Non aspettavo altro che il via libera per fumare io stesso. Mi tirai su e gli sorrisi. "Da questa parte." Dissi portandolo nel mio ufficio e da li in una stanza posteriore più piccola. C'erano un angolo bar con tutti i miei scotch preferiti e due poltrone con un tavolino e un posacenere al centro.
"Pensavo." Dissi dopo una boccata della mia Malboro. "Espanditi in Europa. Ho una casa a Forte dei Marmi, confina quasi con la Liguria e li ci sono tante aziende marittime. Potresti proporre una cooperazione internazionale, tu dando le quote societarie che aprirai e loro viceversa. Così entrambi potreste trarre vantaggio da questa affiliazione. Metterete ognuno a disposizione le vostre competenze e conoscenze e potrai ottenere nuovi lavori." Dissi
"Sarebbe fattibile?" Mi chiese lui ascoltandomi interessato.
"Non è il mio settore, ma si. È fattibile, in primavera io e Marina torneremo in Italia. Che ne dici di venire con noi? Nel caso poi saresti disponibile a viaggiare?" Gli chiesi.
"Vado ovunque. Basta che Nila sia con me."
"Puoi portare lei e i bambini." Gli dissi.
"Nel frattempo possiamo lavorare alle quote, come hai proposto tu?" Mi chiese. "Voglio metterla in borsa."
Sorrisi. "Sei con la persona giusta allora. Le mettiamo in borsa e ti controllo io il mercato. Stai sicuro che non ti farò mai calare le quote societarie." Gli dissi. Era una promessa e l'avrei mantenuta.
Da quella sera il nostro rapporto cambiò. Erano effettivamente cambiati gli screzi adolescenziali, ormai eravamo due uomini adulti di trentaquattro anni, con degli impegni importanti, familiari e lavorativi.
Durante quel periodo iniziammo spesso a uscire insieme. Lasciavamo i bambini ai nonni e alla tata e ci concentravamo su di noi come coppie. Simon iniziò le trasferte in Alaska e io lavoravo alle consulting di zona. Stavo formando un team di fiducia che doveva essere pronto a sostituirmi nel caso in cui un'emergenza mi chiamava altrove. Le quote della Thompson fecero un buon ingresso in borsa soprattutto dopo importanti cambiamenti pubblicitari che operammo.
Fu quando sentii Cecile a Burlington che mi venne l'idea. Cecile era socia della sede del Vermont ma non era una contabile o un'economista. Per questo mi chiese se potesse aiutare la società creando e gestendo un sito per la società. Colsi la palla al balzo dicendole che poteva farlo e non solo per me, ma anche per Simon.
I siti nati in sordina avevano tutto. I nostri lavori, le sedi, le direttive per acquistare quote, articoli importanti. Stavamo diventando una forza, poi il tempo passava più i siti erano ricchi e informativi, poco la volta Cecile li aggiornava con tutte le info delle varie sedi della T- consulting oppure dei nuovi cantieri della Thompson. Quella ragazza nel suo ambiente era un asso! Ero contento di averla conosciuta, soprattutto di averla aiutata a sopravvivere.
A inizio dicembre Marina mi annunciò di aspettare un bambino. Quando lo seppi ne fui felice, ma non mi risparmiai.
La affidai ai migliori medici. Manila, l'aveva portata dalla dottoressa Pontes che la seguiva da quando era arrivata a Boston. Io le misi affianco i migliori specialisti, volevo che Marina fosse felice e per esserlo dovevamo evitare un aborto spontaneo. I tre medici che la seguivano alla fine furono tutti dello stesso avviso. Marina doveva restare a riposo.
Per cui da quel momento tutti i miei viaggi verso le sedi della East coast, sarebbero stati veloci e in solitaria. Tornare a casa da lei per me era una priorità.
Tornai da Rio, la trasferta più lunga fino ad allora, per Natale. A casa trovai un Gabriel felicissimo di essere accanto a Marina e mio fratello con la sua famiglia.
Nonostante mia moglie non potesse fare sforzi o uscire quel Natale riuscì a distrarsi molto. I bambini erano gestiti da mia madre che godeva nell' avere tutti i suoi nipoti intorno, Inga e Theresa tenevano buona compagnia a Marina e successivamente ad anno nuovo rientrò anche Manila dall'Alaska a tenerle compagnia.
"Indovinate un po'." Disse divertita a mia moglie. "Aspettiamo un altro bambino."
"Questa cosa non era prevista." Mi disse Simon sulla porta della camera da letto con me.
Sua moglie seduta accanto a Marina sul letto prese una scatola dalla borsa che si teneva dietro.
"Non era prevista. Ma le cose belle di prendono sempre con gioia." Disse. "Giocare a risiko solo noi due ha portato delle conseguenze."
"Io sono diventato una leggenda a risiko." Disse Simon. "Giochiamo?"
Annuii. "Ovvio! Dobbiamo batterli amore." Dissi a Marina sedendomi ai piedi del letto.
Simon si mise di fronte alla moglie battagliero. "Vinceremo noi."
"Non vorrete di nuovo sfidarvi! Ragazzi siete assurdi." Disse Manila.
"E adulti, aggiungerei io." Scherzò Marina. "Quando nascerà il tuo bambino Nila?"
"Due mesi dopo il tuo." Rispose Manila. "Potrebbero crescere insieme, non come Rafael e Adela, lei è attaccata alle gonne della sorella e lui è abituato a stare da solo."
Marina annuì. "I nostri figli saranno abituati a stare insieme questa volta. Il dottore ha detto che a metà febbraio posso concludere questo riposo forzato."
"Se tutto va bene verso il trenta maggio partiamo per l'Italia. Così andiamo a Genova mentre Marina sta un po' con la madre." Dissi a Simon.
"Non so parlare italiano, lo sai vero?" Mi disse Simon divertito.
"E le lezioni che ho tenuto a tua moglie. Dovresti conoscere le basi almeno." Scherzò Marina. "Non vedo l'ora di raggiungere l'Italia e riabbracciare i miei bambini. Poi al ritorno Tom porterà con noi anche i miei genitori."
Ovviamente col tempo avevo raccontato a Simon di Sapphire e degli altri miei figli. Come anche delle vacanze in Toscana. Era una nostra abitudine ormai festeggiare così quella festività e quell'anno anche loro erano inclusi nell'invito. Io e Simon avevamo dei progetti a Genova.
"Sicuro che non ci siano problemi se porto i miei quattro bambini?" Chiese Simon.
"Più siamo, meglio è." Asserì Marina contenta.
E così fu, a febbraio Marina concluse i tre mesi di gravidanza e con l'esame specialistico la sua reclusione finì. I dottori ci dissero comunque di essere sempre prudenti, che la bambina, perché ci annunciarono anche che era una femmina, stava bene.
Non ci fu bisogno di decidere il nome. Marina subito disse che nostra figlia avrebbe avuto il nome del terzo arcangelo, Michele.
A fine marzo tutti eccitati e con gli ultimi accertamenti a posto prendemmo il jet verso l'Italia.
"I bambini verranno con Inga e Taddheus." Dissi ai miei genitori e i miei amici durante il volo.
"Non andremo a prenderli noi?" Chiese stupita Marina.
Scossi la testa. "Voglio risparmiarti di viaggiare troppo." Dissi ridendo osservando Rafael truccato dalle due bambini.
Il figlio maggiore di Simon leggeva un libro e sgridava le sorelle mentre il secondo passava alle sorelle le peggiori decorazioni con cui addobbare il bambino.
"Brooklyn e Adelaide, smettetela di truccare il vostro amico." Li sgridò Manila esasperata. "Non posso credere che porti in grembo due gemelli. Sarà un gran tribolare."
Marina rise al che io ripresi il mio amico fissando suo padre seduto accanto a lui divertito. "Questo perché qualcuno vuole sempre strafare."
Lui rise con me. "È stata colpa del freddo dell'Alaska. Uno dei due bambini infatti si chiamerà così, giusto per ricordare quanto siamo stati felici lì."
Quando atterrammo i bambini dormivano stanchi dalla traversata. All'aeroporto ad attenderci c'erano Laura e suo marito Giorgio che subito si riservarono sulla figlia baciandola e assicurandosi che stesse bene.
Salutai Simon e Manila li, avevano infatti deciso di recarsi a Genova per non interferire con la nostra Pasqua in famiglia. Ci separammo con la promessa che io avrei raggiunto Simon a Genova. Augurai buona Pasqua ai Thompson e ci dividemmo.
Giungemmo a casa che già era stata arieggiata e i letti erano pronti per tutti. Laura di avvertì che per quella sera avevano ordinato la pizza, così saremo potuti andare subito a riposare.
Sicuramente i giorni che precedettero la Pasqua furono sereni per tutti. Marina era raggiante per via della gravidanza e per la presenza dei suoi familiari, io ero felice sapendo che lei lo era.
Con l'inizio della settimana Santa andai con lei e mamma a varie celebrazioni, il sabato fummo raggiunti finalmente da Taddheus e tutti gli altri.
"Finalmente sono arrivati i miei ometti." Esclamò Marina accogliendo i miei figli. "Temevo non arrivaste più."
"Siamo stati con mamma che poi è andata in Lussemburgo." Rispose Thomas abbracciandola. "È vero quello che dice Gabriel? Hai una bimba nella pancia?"
Marina gli carezzò i capelli annuendo. "Micaela si. Ne sei felice?"
Lui annuì. "Si tanto! L'ho detto a Gabe, I fratelli sono il top, ma una sorella è speciale."
Marina gli sorrise prendendogli il mento e baciandolo. "Tutti voi siete speciali."
"Come stai zia Má?" Chiese Joel fissandola estasiato.
"Adesso che ci sei tu amore mio, sto benissimo." Gli disse Marina stringendolo forte. "Purtroppo non posso fare troppi sforzi, quindi non potrò cercare le uova di Pasqua con coi." Rivelò ai miei figli.
"Gabriel ci ha avvertito." Le disse Tommy. "Non preoccuparti Má, ci prendiamo noi cura di te." Affermò mettendo la mano destra sul bicipite sinistro.
"Faremo i nostri letti, tanto al collegio ci insegnano a occuparci delle nostre cose." Confermò Gabe.
"Possiamo anche cucinare." Disse ancora Tommy.
"Va bene adesso basta. Alla cucina ci pensa la nonna." Intervenne orgogliosa e divertita mia madre prendendo i bambini per mano. "Andiamo a preparare la tavola adesso."
Al che pieni di allegria tutti seguirono mia madre e Laura. Osservai Joel che al contrario stava fermo di fronte a Marina. Lentamente le si avvicinò e le si sedette accanto appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Ti farò compagnia. Non mi interessa giocare a correre." Le disse poggiando lo sguardo nel suo. "Voglio stare con te, posso leggerti delle storie." Le disse.
"Il mio ometto." Rispose orgogliosa Marina carezzandogli i capelli. "Accetto la tua compagnia amore."
"È vero che poi andate in America e che Gabriel verrà via a giugno?" Chiese ancora il bambino.
Lei annuì. "Vorremo che fosse presente alla nascita di Micaela che è prevista per i primi dieci giorni di luglio." Rispose.
"Io non ci sarò." Affermò lui. "Quindi mi prendo cura di te adesso." Gli disse con un sorriso radioso.
Marina gli diede un bacio sulla fronte. "Grazie amore. Sono sicura che proteggerai me e Micaela con tutto il cuore. Poi a settembre te la faremo conoscere."
"Non vedo l'ora." Concluse il bambino dando un bacio sulla lieve pancia di Marina. "Fai la brava Micaela. Io poi mi prenderò cura di te."
Sorrisi allontanandomi. Quella scena mi aveva commosso ed era giusto che lasciassi a Marina e al figlio di Sapphire il loro spazio. Raggiunsi così i miei ragazzi che chiacchieravano vivaci con Laura e li chiamai verso di me.
"Mi aiutate a spargere le uova per i vostri fratelli?" Chiesi in un sussurro loro.
Mi guardarono furbi. "Non avremo dovuto dirvi che non ci credevamo più." Affermò Gabriel con una smorfia. "Ho perso un molare e la mamma mi ha detto che visto che non esiste non sarebbe venuta la fata dei denti."
Risi divertito. "Infatti ve la siete cercata e adesso mi aiuterete con le uova."
"Papà anche io ho perso un molare." Disse Gabriel venendomi dietro. "Puoi fare come la mamma di Tommy?" Mi chiese Gabriel.
"Non vuoi più i soldi?" Gli chiesi sospetto. Sapevo che ci teneva a conservarli nel suo salvadanaio, come anche Tommy.
"No! Quest'anno voglio un cellulare." Affermò mio figlio.
Un cellulare? Sapphire aveva comprato un cellulare a Thomas? Lo guardai intanto che nascondevo un uovo in un cespuglio.
"Quando ho detto a mamma che volevo un cellulare ha detto di no. Ma l'altro ieri quando siamo usciti da scuola ha confermato che prima che Gabriel lascia Monaco me lo prende. Così potremo sentirci."
"Ho detto alla mamma di Thomas che andrò via prima." Affermò mio figlio prendendo delicatamente un uovo rosa e giallo. "Mi ha detto che augura il meglio a Má e che avrebbe preso il cellulare per Tommy. Mi piacerebbe averlo così potremo sentirci. Poi non chiederò più niente per i miei denti caduti."
Mi si strinse il cuore. Sapevo quanto i bambini ci tenessero l'un l'altro e io stavo per separarli. Mi avvicinai a entrambi e li afferrai per le spalle. "Dì a tua madre che può prendere il cellulare con il fondo della società."
Lui sbatté le ciglia. "Quindi può non prendermi un telefono semplice?"
Lo fissai. "Ovvio che dovrà prenderti un cellulare basico. Anzi sai cosa... dirò a Drake di prenderli lui e di farvi i numeri comunicanti, così pagherete poco quando vi sentirete." Affermai prendendo il telefono per annotarmi di chiamare il mio amico. "Conosci Drake?" Chiese stupito Tommy.
"Certo! Secondo te come hai fatto ad arrivare a Monaco? Si è occupato lui di tutto quando vostra madre vi cercava un collegio." Gli risposi ricordandomi di dover dire anche questo a Drake.
"Chi è Drake? Per questo quando ti chiesi degli amici mi dicesti che forse sarebbe arrivato qualcuno al collegio?" Chiese ancora curioso Gabriel.
Mi ero rivelato troppo con i bambini, avevano quasi dieci anni ed erano troppo svegli, insieme poi la loro capacità di comprensione raddoppiava.
"Drake è il mio migliore amico." Dissi cauto, non potevo far capire ai miei figli che in realtà avevo deciso tutto io e che Sapphire era la mia ex ragazza.
"Che cosa?!" Chiesero all'unisono i bambini.
Li guardai sorpreso, ero riuscito a distrarli? "Hai un amico?" Chiese Gabriel.
"Addirittura migliore." Concluse Thomas.
Esterrefatto annuii. "Pensavate che non avessi amici? Ne ho due sapete." Affermai orgoglioso.
Ancora i bambini mi guardavano sorpresi. Così fui più esplicito.
"Ho conosciuto Drake più di dieci anni fa e siamo diventati subito amici. Ogni anno ci concediamo han settimana insieme dopo le festività di Natale, che sia qui in Europa o in America proprio per non perdere i contatti." Rivelai. "Ne ho anche uno a Boston. Si chiama Simon ed abbiamo fatto la scuola insieme, dalle elementari fino alle superiori, proprio come voi." Raccontai. "Ci siamo separati andando all'università, avevamo fatto due scelte diverse. Poi dopo entrambi siamo partiti, io per l'Europa dove ho conosciuto la tua mamma Inga Gabe e Drake. Mentre Simon andò in Brasile, dove ha conosciuto sua moglie Nila."
"Da quando eri piccolo? Come noi?" Chiese Gabriel eccitato. Nonostante fossero state diverse come amicizie era così e loro adesso si trovavano avanti ai loro occhi la testimonianza che un amicizia poteva resistere anche alla lontananza se si voleva. Così risposi a tutte le loro domande, sopratutto perché ero riuscito a distrarli dal mio rapporto con Drake.
Le vacanze pasquali passarono rapidamente. I bambini tornarono a scuola e io raggiunsi Simon a Genova per contrattare con la 'Genova industrie navali,. La trattativa durò più di un giorno, la GIN era riconosciuta a livello mondiale e se fosse riuscito ad entrarci dentro, Simon avrebbe potuto continuare a progettare nuove navi, ma anche a dare altri servizi come manutenzione e riprogetto delle unità. Fortunatamente spalleggiavo kl mio amico, perché forti del sostegno delle quote societarie che salivano alle stelle, dello scambio di quote interne e dell'appoggio della KCG la fusione fu ben accetta.
"Sono sicuro che quando annunceremo la collocazione tra la CIN e la Thompson le azioni saliranno e allora tutti voi avrete dei buoni guadagni." Conclusi stringendo le mani a tutti i soci.
Rientrammo a Boston solo quando Marina aveva avuto l'autorizzazione del medico a partire. Ogni volta era un controllo e lei ne era asfissiata, ma volevo che andasse tutto bene, per lei e la bambina.  Fortunatamente adesso con noi ci sarebbero stati anche i genitori che l'avrebbero fatta ragionare.
A maggio salutai Simon che di nuovo partì per visionare i cantieri in Alaska. "Rientro per agosto. Se serve qualcosa c'è Nila che potrà sempre venire a tenere compagnia a Marina. Anche se credo che adesso che c'è  la signora Laura non ci sarà tanto bisogno." Mi disse.
Probabilmente aveva ragione. "Tu torna presto lo stesso." Gli dissi complice.
Adesso che Simon non c'era più le giornate iniziarono a scorrere più lente. Andavo a lavorare, passavo a prendere Rafael alla Latin Boston e tornavo a casa da mia moglie e la mia famiglia. Quella era la mia routine, smisi anche di andare in giro per i vari stati. Con la fine di maggio decisi di essere più presente per mia moglie, che di nuovo era a riposo, che per il lavoro. Fortunatamente mio padre fu d'accordo con me per questa scelta. Mi ero creato un team di fiducia a cui affidare la nostra società e sapevo che non mi avrebbero deluso.
A metà giugno come promesso Taddheus ed Inga tornarono a Boston con Gabriel e i loro figli.
Mio figlio il grande iniziò ad essere sempre più incollato a Marina. Le leggeva storie, quando chiamava Thomas e Joel la faceva parlare con loro, andava a mangiare nella stanza con lei.
"Papà perché Má sta sempre a letto?" Mi chiese un sera mio figlio. Non voleva andare a dormire per stare vicino a Marina e mi ci volle molto a convincerlo.
Come fare a spiegare a un bambino di quasi dieci anni che Marina aveva un livello alto di glicemia? "È in un periodo critico della gravidanza, la piccola cresce e si stanca. Má prende delle medicine e la monitoriamo, c'è l'infermiera fissa qui così le sta sempre accanto. Tutto serve per farla stare bene."
"Posso dormire con lei?" Mi chiese il bambino preoccupato.
Sospirai baciandolo sulla fronte. "Domani puoi chiederglielo." Gli risposi. "Però la notte ci sono io a farle compagnia. Potresti quando fa il sonnellino pomeridiano, in quell'occasione io non ci sono e anche l'infermiera riposa visto che ci sono le nonne in giro per casa." Gli riferii.
Al che lui mi sorrise. "Domani glielo chiederò." Mi disse sincero.
Il suo desiderio venne esaudito, purtroppo. Purtroppo perché se all'inizio Gabriel fu una bella compagnia per Marina, successivamente il mio bambino ne venne traumatizzato, tanto da cancellare completamente Marina dalla sua memoria.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Nei giorni che precedettero la nascita di Micaela casa mia era un vai e vieni di persone. Manila cercava di passare tutti i giorni, Simon mi chiamava appena poteva e anche Drake dopo aver saputo che non sarei partito per l'Europa, quell'anno mi chiamava spesso.
Mamma mi raccontava che al pomeriggio Marina oltre Nila e Theresa, aveva ricevuto visite a lei sconosciute, una certa Jessica Steele. Probabilmente Marina aveva preso un'insegnante privata per far finire il programma a Gabriel dal momento che la Steele arrivava durante i loro pomeriggi insieme.
Accadde durante uno di quei pomeriggi. Quella mattina come sempre quando salutai Marina mi lamentai, volevo restare a casa con lei fino alla nascita di Micaela. Come al solito però mi cacciò di casa.
"Vai al lavoro, mancano ancora quindici giorni al termine dei conti e comunque il dottor Carter mi farà il cesareo settimana prossima. Quindi vai, perché sarà allora che avrò bisogno di te a casa." Mi comandò.
A malincuore obbedii. Le diedi un altro bacio e mi tirai su. "Ti amo." Le dissi infilandomi la giacca.
"Anche io... ricordati anche se non ci sono resto sempre nel tuo cuore e tu nel mio."
Sorrisi. Sapeva sempre cosa dire. "Ci vediamo a pranzo."
Dissi andando via, proprio nel momento in cui arrivava Gabriel mano nella mano con Rafael e Inga.
"Buongiorno Má!" Li sentii salutarla e me ne andai tranquillo.
A pranzo ero di nuovo a casa, nella sua stanza a consumare la sua stessa dieta. Le parlai della mattina al lavoro e lei mi raccontò delle camicie che aveva ricamato con Inga e di come fosse diventato bravo a leggere Gabriel.
Tornai al lavoro quando iniziò ad appisolarsi, dal momento che anche Gabriel le dormiva a fianco presi Rafael e lo trascinai da mia madre e Kate la nostra governante. Ormai stava diventato una routine, crescendo Rafe al pomeriggio non voleva dormire e anzi era molto attivo.
Non vedevo l'ora che giungesse la data del parto programmato, prevista per il tre luglio, quando Marina sarebbe entrata nella trentottesima settimana di gravidanza. I dottori aspettavano tutti quella data per anticipare il parto e consentire a Marina di riprendersi.
Avevo detto chiaramente a mia moglie che dopo Micaela non avremmo avuto più figli. Quando a fine maggio era stata messa di nuovo a riposo e gli esami erano usciti alterati ero stato deciso. Mi sarei fatto io un intervento di vasectomia, non volevo che rischiasse più la sua vita per una gravidanza. Avevamo una bella famiglia ed aveva avuto anche la gioia di diventare madre, quindi basta.
Fortunatamente Marina aveva accettato quel mio compromesso. Così avevo fatto l'intervento poco prima che arrivassero Taddheus e Inga a Boston.
Quel pomeriggio in ufficio più volte controllai la data che mancava al tre luglio, era il ventisette giugno, quindi meno di una settimana. Quando squillò il mio cellulare personale risposi subito, solo pochi di loro avevano quel numero. La mia famiglia, Drake e Simon.
"Papà!" Risposi.
"Tom.... Sta venendo l'ambulanza. Dovresti correre a casa, Marina ha avuto un emorragia."
Non sentii più nulla! Improvvisamente avvertii il cuore che mi martellava nelle orecchie. Come un'emorragia? L'avevo lasciata meno di due ore prima e stava bene.
Lasciai subito l'ufficio e senza che dovessi chiedere nulla all'ingresso della società c'era già la mia auto pronta a partire.
"Salì Tom, ti porto in ospedale." Mi disse mio cognato Jason che era venuto a prendermi.
Salii in auto guardandolo mentre premeva l'acceleratore e partiva.
"Stendi il sedile e lascia il fazzoletto in bella vista al finestrino. Oggi ce ne sbattiamo delle regole stradali." Mi disse.
Obbedii come un'automa.
"Cos'è successo? Come sta?" Riuscii finalmente a dire, avevo la gola arsa e paura di sentire la risposta.
"Non lo so. Theresa mi ha chiamato subito dicendomi che è stato Gabriel a chiamarle... cioè ha iniziato a urlare spaventato come un pazzo riuscendo a far intervenire l'infermiera e Theresa con Laura. Terry mi ha detto che ha chiamato subito il 911, non so altro."
Gabriel urlava.... Gabriel era con lei. "Il mio bambino..." sussurrai preoccupato anche per lui. Cos'era successo? Li avevo lasciati che si erano addormentati.
Arrivammo in ospedale che Marina era in sala operatoria, mamma e Laura si torcevano le mani fuori di essa in attesa di notizie.
Tad era seduto accanto alla mamma, appena mi vide si alzò venendomi incontro. "Dentro ci sono tutti e tre i dottori, Carter, Spencer e la Pontes. Ci ha detto la Pontes che probabilmente è stata un emorragia interna, i suoi colleghi avevano iniziato ad intervenire, lei voleva raggiungerli per garantire la riuscita dell'operazione." Mi spiegò. "Purtroppo non sappiamo altro."
Un emorragia interna! "Gabriel?" Chiesi andando ad appendermi alle porte della sala operatoria.
"Era sotto choc. Pensiamo si sia svegliato e abbia visto il sangue..." Mi rispose Taddheus coprendosi il mento con la mano. "Tom... era sporco di sangue, molto sangue e ce n'era tanto." Mi rivelò.
Tanto sangue! Cosa significava? "Voglio entrare... voglio vedere Marina. Ne ho bisogno." Urlai battendo i pugni contro la porta della sala.
"Tom!" Mi richiamò mamma afferrandomi per un braccio. Era in lacrime accanto a lei Laura era disperata.
"Voglio vederla anche io... mi ha detto di non preoccuparmi prima che salisse in ambulanza. Ma voglio vederla." Mi disse mia suocera.
Era cosciente quindi quando era stata portata in ospedale.
Le mie urla fortunatamente erano riuscite ad attirare l'attenzione di qualcuno perché dopo un po' arrivarono un'infermiera con Carter e la Pontes.
Fu la dottoressa di origini messicane a parlare per prima. "Come ho detto c'è stata un emorragia interna, fortunatamente il dottor carter è ridicolo a fermarla, anche se era ad uno stadio elevato. Il dottor Spencer è riuscito a salvare la bambina. Adesso è in terapia intensiva." Spiegò la donna.
Finalmente iniziavo a rilassarmi, stavano bene. Micaela era salva ed erano intervenuti pronto su Marina.
"Come detto l'emorragia si è propagata, per quanto io sia riuscito a fermarla..." Disse Carter mentre un brivido mi percorreva la schiena. "La signora Keller è stata colta da ischemia cardiaca e..." Ischemia? Cosa era successo a Marina? "Mi dispiace. Abbiamo provato a rianimarla, ma non ce l'abbiamo fatta." Rianimarla!
Rianimarla senza successo! Marina... la mia Marina. La mia vita era morta! No, avevo capito male, ne ero sicuro. Marina non era morta.
Le urla disperate di Laura trafissero il mio cuore. Improvvisamente mi sentii svuotato nell'anima. Non era vero! No era vero, Marina non era morta.
Entrai in uno stato di incomprensione totale. Non credevo alle parole dei medici. Anche quando ci portarono a vedere Marina, non ero realmente cosciente. Marina era morta! La mia Marina era morta.
Non mi ricordò chi mi accompagnò a casa alla sera. Forse Taddheus o Jasono. Una volta a casa Rafael venne ad abbracciarmi, non riuscii a ricambiare l'abbraccio, anche i miei arti rifiutavano di muoversi.
"Thomas." Mi chiamò preoccupata Inga.
Cosa voleva? Ancora non aveva saputo niente. La fissai senza muovermi, volevo che mi ignorasse. "Gabriel si è chiuso nel bagno a lavarsi. Non ha voluto che lo aiutassi..." raccontò. "Da quando è uscito si è chiuso in un mondo tutto suo, non ha risposto neanche a Tommy." Mi raccontò, la sentivo parlare. La sua voce mi sembrava ovattata, anche io non avrei voluto rispondere al telefono. Come non volevo io ascoltare Inga o mio padre o qualcun altro ancora.
"Lasciatemi stare." Dissi dirigendomi nella mia stanza. Forse mi chiamarono, non lo so. Non volevo ascoltarli.
Una volta nella stanza mi guardai intorno. Il letto era stato rifatto, le finestre erano aperte e anche i pavimenti erano puliti.
Istintivamente chiusi le finestre e le tende portando la stanza in penombra. Mi stesi sul letto alla ricerca del profumo di mia moglie. Ma le lenzuola erano state cambiate, non c'era il suo profumo .
Scoppiai a piangere. Tirai fuori tutto il mio dolore inconsapevole che riuscissi a farlo. Ma piansi e buttai fuori tutta la mia amarezza per quello che era avvenuto a Marina. I giorni successivi li trascorsi sempre come un ebete. Simon mi chiamò ma rifiutai di parlargli, andammo al funerale che tenevo i miei figli per mano. Non mi capacitavo che fosse il funerale di mia moglie. "Papà chi è morto?" Mi chiese Gabriel.
Stupito riuscii a riscuotermi. "Marina." Risposi. Lui mi fissò stupido annuendo. "Non la conosco." Mi rispose ritornando al suo ruolo di ospite.
Non la conosceva? Come non poteva conoscere la donna che gli aveva fatto da madre negli ultimi quattro anni? Scioccato mi guardai intorno, chi non si ricordava più di Marina? Chi era lì solo per dovere e non per lei? Avrei mandato tutti via.
Incurante di chi voleva farmi le condoglianze mi diressi da Inga.
"Gabriel dice di non conoscere Marina." Le dissi. Lei abbassò lo sguardo. Notai che stava piangendo. "Non ricorda nulla di lei. Riconosce Laura, dice che è la tata. Ma se gli chiedo di Marina o di Má, fa scena muta." Mi rispose.
Si era dimenticato di Marina. Come aveva fatto? Non c'erano interruttori per queste cose, se fossero esistiti sarebbe stato tutto più facile. Le sofferenze non sarebbero esistite.
A una settimana dalla morte di Marina intorno a me tutti ripresero vita. Mio padre più volte mi disse di tornare al lavoro, di occuparmi dei miei figli, di passare in ospedale a conoscere mia figlia Micaela. Ma io rifiutai, anzi andai a chiudermi ancora di più in me stesso. Restavo nella mia stanza a logorarmi nel dolore, avevo smesso anche di fumare. Non avevo la forza di insicure a comprare delle sigarette, ne di comprare dello scotch. Stranamente era sparito tutto l'alcol di casa mia. Ogni tanto Gabriel veniva in stanza, si stendeva accanto a me fissandomi, forse aspettava qualcosa. I suoi occhi così simili si miei non avevano la solita vivacità, erano anzi spenti e gelidi. Lui non mi parlava, io non gli chiedevo nulla. Dopo un po' infatti se ne andava via. Forse perché puzzavo! Non sapevo quanto tempo fosse passato, ma sapevo che non mi lavavo.
Ero diventato piccolo! Avevo capito quanto l'universo fosse potente e noi al contrario fossimo poca cosa. In balia degli eventi e del fato.
Ma questa volta era stato crudele, avevo perso l'amore della mia vita quando il destino le aveva strappale la vita.
Mia sorella Theresa valutò di far venire Kali da Sidney affinché si prendesse cura di Raphael. Ma Terry non sapeva che l'australiana avrebbe pensato a se stessa anziché a fare la madre ne approfittò. Appena messo piede sul suolo americano era salita sul primo taxi dandosela a gambe. Io sempre più depresso non avevo detto nulla a Theresa e Raphael era allo sbando,
Micaela aveva meno di un mese quando fu dimessa dall'ospedale e fu portata a casa. Era irrequieta, la sentivo piangere ma non reagivo. Mio padre cercava di scuotermi, di farmi reagire. Eppure non ci riuscivo."
Fu mia madre a salvarmi. Credo si fosse stancata di vedere suo figlio ridotto in quello stato. Da padre lo comprendevo.
Un giorno entrò in stanza accompagnata dal forte pianto di un bambino, era forte e impetuoso. Molto forte.
Avvertii le tende che venivano tirate lasciando entrare la luce. Mi coprii gli occhi dal fastidio.
"Falla smettere." Brontolai.
Non sopportavo sentire piangere la bambina. Non sopportavo l'idea che lei fosse viva e si facesse sentir così prepotentemente. Mi dava fastidio, le urla mi impedivano di lasciarmi andare, di farmi raggiungere Marina in quel luogo dove era ancora presente. Non ne volevo sapere di sentire intorno a me un essere vivo, non volevo Micaela, come rifiutavo Gabriel e Raphael.
Mamma però quel giorno era arrivata a me battagliera. Furente mi chiamò con forza.
"Thomas! Prendi la bambina e cullala. Ha bisogno di te."
Mi rifiutai dandole le spalle. "No! Non voglio, non posso."
Ma lei era più caparbia. -"Thomas tutti noi stiamo soffrendo per la perdita di Marina, la bimba prima di tutti. Quindi adesso prendila e guardala Thomas." Insistette mamma.
Io ero più testardo di lei, non la ascoltai. "Thomas guardala... ti prego guardala, anche solo per un attimo guarda la bambina." Mi implorò mamma. "Ti prego girati Thomas. Guardala... guardala... guardala." Ripeteva disperata.
Era insopportabile, il suo martellarmi mi impediva di auto commiserarmi. Così accettai di guardare verso di loro e per la prima volta da quando era nata poggiai lo sguardo su quel fagotto.
Mia mamma contenta del mio gesto scostò la copertina di lino che avvolgeva la bambina. Aveva tanti capelli castani in testa, si lamentava. Lentamente mi avvicinai, quello erano i capelli di Marina. Mi affacciai a vedere il suo viso era rosso per via del pianto. Fu un attimo e rividi la mia Marina. Iniziai a piangere. "Marina...."
Mamma mi fissò anch'ella in lacrime. "La vedi? Lei non è andata completamente, non ci ha lasciati del tutto e soprattutto il frutto di ciò che siete stati è qui e vive. Vive e si fa sentire, vive ed ha il suo volto." Mi disse mamma piena di gioia e dolore al tempo stesso. "Thomas devi riprenderti, fallo per Marina. Riprenditi e vivi anche per Marina, prenditi cura di vostra figlia, come tua moglie avrebbe voluto." Mi implorò mamma.
Riuscì a riscuotermi. Micaela era così somigliante a Marina che ebbi l'impulsi di prenderla in braccio, anche se piangeva e io puzzavo avevo bisogno di sentire il tuo calore, avevo bisogno di ritrovare mia moglie. Si calmò appena la presi tra le mie braccia, non piangeva più, era profumata. Non era il profumo di mimose che mi ricordava Marina. Era il suo profumo di neonata, ma era stupendo.
"Sei fortunato a non aver perso anche lei quel giorno." Mi disse mamma. "Sai che non è dipeso da Micaela tutto ciò che è accaduto, vero?" Mi chiese.
Annuii. Era stata l'ischemia, sapevo che anche Micaela aveva rischiaro la vita.
In quel momento mamma mi salvò. Non dico che subito mi ripresi, no. Però accettai quello che era accaduto, soprattutto accettai che dovevo tornare lucido per i miei figli. Raphael fu contento quando quella sera raggiunsi tutti a tavola per la prima volta, mi corse incontro felice. Gabriel invece era titubante, aveva dieci anni e comprendeva la morte e che mi ero volutamente allontanato da loro. In quel momento io e mio figlio ci eravamo allontanarti, io per primo mi ero rifiutato di farmi consolare e consolarlo. Quindici giorni dopo, convinto da tua Theresa e Taddheus, decisi di lasciarlo andare di nuovo a Monaco.
Taddheus comprese che avevo bisogno di aiuto, in quel periodo in cui ero stato assente avevano portato Gabriel da uno specialista. Scoprii così che lo shock causato dalla morte di Marina gli aveva procurato un vuoto di memoria di tutti i fatti che erano avvenuti. Aveva cancellato Marina dalla sua memoria.
"Dormivano insieme quel pomeriggio, come sempre. Deve essersi svegliato e ha trovato Marina imbrattata di sangue. Lui stesso era sporco dalla testa ai piedi quando ci ha chiamati disperato." Raccontò Inga. "Lo psichiatra dice che è una sorta di autodifesa, di non forzarlo a ricordare. Ha litigato anche con Tommy a telefono." Concluse.
"Ha litigato con Tommy?" Gli chiesi, nel farlo mi accorsi che ero completamente vissuto fuori dal mondo. Avevo lasciato tutti i miei figli per il mio egoistico desiderio di morire.
Fu Taddheus a rispondermi. "Gli ha urlato a telefono che non voleva più parlargli e che la dovevano smettere tutti di chiedere di Marina. Lui non la conosceva e non poteva rispondere." Disse.
Quando l'ho fatto calmare ho chiesto che mi chiamasse Tommy e me lo passasse. Gli ho fatto capire che era un periodo critico per Gabriel e che era meglio non parlassero più di Marina. Lui ha capito, spero. Dopodiché gli ho passato handle che ha fatto le sue scuse al fratello."
"Devo dire a Tommy cosa è successo." Dissi a mio fratello.
Lui annuì. "A settembre, quando verranno a Monaco, per ora sono in Lussemburgo con la madre."
"Il mese prossimo quasi..." Dissi col fiato sospeso.
"Marina aveva promesso a Joel che gli avrebbe fatto conoscere Micaela." Intervenne Inga. "Ho preferito non chiamare e raccontare nulla a Sapphire poiché in questo periodo è molto presa dalle sue cose, Elisabeth sta peggiorando con la sua malattia e suo marito le sta sempre col fiato sul collo. Le vacanze in Lussemburgo sono la sua sola fonte di svago." Mi ricordò.
"Avete fatto bene. Parlerò io con i bambini." Dissi, era il mio compito di genitore, non potevo delegare gli altri come se fossero dei clienti.
Così quando ad agosto Simon tornò a Boston, mio fratello sapendo che non ero più solo tornò a a Monaco con Gabriel e la sua famiglia.
Per ora andava bene così poi avremo valutato se fargli fare le scuole secondarie a Monaco o a Boston.
Raphael restò invece con noi, quando mi dissero di sua madre spiegai alla mia famiglia che tipo di persona fosse stata Kali quando la conobbi. Non mi stupii del fatto che una volta avuta l'occasione di lasciare Sidney fosse scappata dal controllo di chiunque. "Avreste dovuto chiamare sua madre Coco, lei vi avrebbe spiegato tutto. Ma va bene così, Rafael è mio figlio e penserò io a lui." Spiegai a Theresa.
Fu dura, soprattutto all'inizio. Non perché mi preoccupavo da solo dei bambini, ci ero già passato e il supporto di mamma c'era sempre. Era dura senza Marina, l'unica persona che sembrava capirmi era Laura. Ma anche lei ad un certo punto si arrese dicendomi che doveva tornare alla sua vita in Italia.
Era giusto. "Adesso che torni..." le dissi una sera. "Dovresti vendere la mia casa a Forte dei Marmi."
"Vuoi cancellare tutto? Non tornerai più da noi?" Mi chiese Laura.
Sospirai. "Tornerò, non toglierei mai a Micaela e a voi l'occasione di stare insieme."
"Non in quella casa, però." Affermò lei.
"Sarò contento di essere tuo ospite. Scusami ma credo che all'inizio vi lascerò Micaela e starò a Monaco."
"Lo comprendo. Domani leggeremo il testamento di Marina, poi andrò via e farò quanto mi hai chiesto"
Alla fine scoprimmo che Jessica Parker era un avvocato. Come ci raccontò l'avvocato, era stata contattata da Gabriel per conto di sua madre. Marina aveva stilato un piccolo testamento doveva aveva lasciato delle lettere ad ognuno di noi.
"Pensava di stare male. Aveva gli incubi e così mi ha fatto chiamare, probabilmente le sue condizioni erano più gravi di quanto sembravano." Rivelò l'avvocato.
C'erano delle lettere per tutti, per me, per Gabriel da leggere quando l' avrebbe chiesta. Per Joel e Tommy, per i miei fratelli e genitori, per Inga e infine stupendomi per Sapphire. Quest'ultima come per Gabriel c'era una postilla: quando sarebbe giunta a Boston.
Presi la mia lettera gelosamente. La lessi solo una volta chiuso nella mia stanza, quando i bambini erano a dormire. La lettera iniziava con un avevo ragione tu.
Scossi la testa.
«Amore mio! Se stai leggendo questa lettera, vuol dire che avevi ragione tu! Se stai leggendo questa lettera significa che non ero destinata a partorire un figlio. Hai cercato di proteggermi da quando è iniziata la gravidanza, nonostante tu volessi proteggermi e non avere figli da me, hai accettato la mia decisione ho insistito io a volere un figlio. Anche se già mi avevi regalato i figli migliori del mondo. Gabriel, Thomas, Joel, il mio piccolo Rafael. Gli ho insegnato a camminare, a dire le prime parole, gli sono stata vicino quando è spuntato il suo primo dentino. Nonostante non l'abbia partorito io, era come se fosse nato dal mio grembo. Rafe  è stata la mia luce nel momento più buio della mia vita. Tu invece sei stato il grande amore che non pensavo di poter avere. Mi sono innamorata di te lentamente, non pensando di non avere un'opportunità con te. Quando ho conosciuto Sapphire ho capito subito perché la amavi ancora. Nei suoi occhi c'era tutto l'amore e la dolcezza di una donna che ama i suoi figli, la forza e l'orgoglio per proteggerli e tanta dignità.
Come potevo io avere un'occasione con te quando c'era lei nel tuo cuore? Eppure mi sono innamorata di te, giorno dopo giorno mi hai fatta sentire speciale, parte della tua vita e della tua famiglia. Hai avuto fiducia in me nel concedermi l'amore dei tuoi figli.
Mi sei entrato dentro e fortunatamente mi hai fatto entrare nel tuo cuore e nella tua vita. La mia vita con te è stata sempre unica, sai come amare una persona con tutto te stesso e farla diventare importante rendendola felice.
Io con te lo sono stato intensamente. Proprio per questo penso che semmai dovesse accadermi qualcosa Tom, ne usciresti distrutto. Proprio per questo ti ho lasciato questa lettera. Tom... ricordati ciò che ti dissi di Sapphire. Tieni sempre nel tuo cuore chi hai amato. Come con Sapphire adesso fallo anche con me, perché io sono lì. Nel tuo cuore, accanto a te sempre.
Devi rialzarti, per me e per i nostri figli. Io sinceramente spero che non mi accada nulla, perché se dovesse accadere potrei portarmi nostra figlia dietro. Ma semmai questi dovessero essere i nostri ultimi giorni Tom, tu rialzati e occupati dei ragazzi, non lasciarli mai soli. Stanno crescendo e per loro sarà dura. Io da qui veglierò su di voi con nostra figlia Micaela. Ma tu Tom, ama! Ama noi due, ama Sapphire, ama i nostri figli.  Solo così potrai non crollare, se non ce la fai metti l'orgoglio da parte. Torna da Sapphire, strappala a quel mostro e riportala accanto a te. Vorrei che tu provassi ad essere felice e continuare a ricordarti di noi per tutto ciò che di bello abbiamo fatto e costruito.
Però mentre scrivo ho pensato: sei catastrofica Marina. Perché vuoi portarti tua figlia dietro? Dovrebbe vivere, mica morire con te?
Amore, i medici si sono assicurati di aver il miglior staff medico per il mio cesareo. Dicono che andrà tutto bene. Quindi quando sarà il giorno del cesareo, se Micaela nascerà ed io vi lascerò, ti prego di ricordare questo giorno con gioia per la nascita di Micaela, che con dolore per la mia morte. Giurami che riuscirai a farlo Thomas.
Mi raccomando, ricorda sempre queste mie parole. Ovunque tu sarai, io sarò con te.
Per sempre tua Marina. »
La lettera finì così. Io ero in lacrime, Marina sapeva che sarebbe morta, come era a conoscenza del fatto che sarei crollato.
Quando la sera a cena incontrai i miei suoceri e i miei genitori avevamo tutti il volto provato dopo aver letto le lettere ricevute in eredità.
"Dobbiamo consegnare la lettera a Sapphire?" Chiese mia madre.
"Il testamento dice quando sarebbe venuta a Boston." Rispose Theresa guardandomi. Lei l'aveva sempre sentita solo nominare Sapphire, non l'aveva mai conosciuta di persona. "Verrà?"
"No!" Intervenne Inga. Tutti ci girammo verso di lei sorpresi.
Inga sapeva della mia lettera? Era a conoscenza del fatto che Marina mi avesse chiesto di andarla a prendere.
"Perché no?" Chiese Laura. "È l'ultimo desiderio di mia figlia."
"Mi dispiace Laura, ma probabilmente Marina intendeva nel momento in cui Sapphire decideva di ricongiungersi con Thomas." Rispose mia cognata a mia suocera. " al momento Saffi ha un compagno a cui è molto affezionata.so che noi stiamo passando una brutta tragedia, ma Saffi sta per diventare la madre dei figli di quest'uomo. Non possiamo essere egoisti lei avrà la sua lettera quando verrà a Boston semmai un giorno lo farà.
Ero sorpreso quindi sta fila aveva lasciato Andrew e sta con un altro  quindi ciò che provava per me non era abbastanza forte se con un altro sì e con me no. Voleva proteggere i ragazzi e lo aveva accettato ma con un altro uomo non stava proteggendo nessuno stava creandosi una nuova famiglia volevo veramente sa dire l'ultimo desiderio di marina, ma non con queste premesse.io ero andata avanti anche Saffi era andata avanti quindi no, non sarei andata a Londra a riprendermela. Mi sarei concentrato però sui nostri figli figli e me la sarei portata sempre sempre nel cuore proprio come lei chiedeva.
Con queste promesse contattai l'avvocato Parker, avevo bisogno di chiederle come aveva fatto Marina a convincerla a fare testamento nonostante la giovane età. La . incontrerai dopo la partenza di Laura e Giorgio per l'Italia. Non volevo che mia suocera soffrisse ancora di più, perché sentivo che la Parker non mi avrebbe raccontato cose belle.
Me lo confermò proprio quando ci incontrammo alla sede della KCG.
"Gli accertamenti non andavano bene." Mi raccontò. "Mi fece chiamare dal bambino la prima volta, assicurandosi che io fossi un legale che la vostra famiglia non conosceva. Gabriel è stato molto vicino e faceva ogni cosa lei chiedesse. Purtroppo le sue condizioni non erano ottimali sapeva di avere un'aritmia cardiaca. I dottori infatti l'avevano avvertita che doveva stare perennemente sotto controllo. Mi anche riferito di aver fatto giurare ai dottori di non dire nulla dell'aritmia ai parenti, voleva vivere al meglio e senza vederli soffrire l'ultimo periodo insieme a voi." Mi rivelò lasciandomi basito. I dottori sapevano tutto? "Non non mi aspettavo che sarebbe venuta a mancare così, mi aspettavo che sarebbe morta durante il cesareo che era programmato. Anche se in quel caso, mi disse,  i medici si erano premurati di avere un ottimo chirurgo cardiovascolare all'intervento. Nonostante le dicessero che col cardiochirurgo avrebbe potuto salvarsi, lei sentiva che mancava poco. Mi diceva di avere gli incubi e di non riuscire a vedere il volto della bambina in sogno, per questo mi diceva che entrambe sarebbero morte." Concluse rammaricata. "Nelle sue condizioni, mi dispiace signor Keller, ma Marina non ce l'avrebbe fatta. Ogni  volta che venivo a prendere una lettera la sentivo sempre più affannata, non so con voi e non so cosa vi hanno detto i dottori, però mi sembrava non ci fossero speranze."
Ero a conoscenza della presenza di un cardiochirurgo molto rinomato alla data del presunto parto. Il dottor carter l'aveva giustificata con un: vogliamo il meglio del meglio, per Marina e per la piccola. Il neonatologo che assisterà al parto, verrà appositamente dall' Hopkins di Baltimora.
Migliori chirurgi, migliori medici neonatali, miglior ostetrica... purtroppo non si era mai arrivato al tre luglio.
"Bene, è ora che io vada." Mi ridestò l'avvocato.
"Grazie di tutto avvocato." Le dissi tendendole la mano. "Per la sua parcella..."
"La signora Keller mi ha già pagato per il prima e per il dopo." Mi rispose stringendomi la mano. "Sono stata onorata di lavorare con voi. Conosco di nome lo studio legale Williams & Murphy e so che siete legati a loro. Per me questa è stata un'esperienza unica, anche se non bella."
Annuii ed attesi che uscisse dal mio ufficio. Mi i pollici tra le mani pensieroso. Dopo le ultime novità non ero concentrato. Cercai così la mia segretaria all'interfono.
"Caroline, avverti l'autista che deve accompagnarmi a casa per favore." Le dissi spegnendo tutti i computer.
"Va bene signore. Lo avverto subito." Rispose lei.
Al che mi tirai su, indossai la giacca e infilai la lettera nella mia valigetta.
Tornai alla mia vita cercando di ricordare come era prima senza Marina. Era fine luglio, i bambini non andavano a scuola e mio fratello voleva tornare in Europa.
"Vengo con te. Portiamo i bambini al mare." Gli dissi.
Al che lui mi sorrise comprensivo. " sono contento tu abbia capito che abbia che hanno bisogno di svagarsi un po'. Dove vuoi andare?" Mi chiese
"Vengo con voi, basta che non sia la solita località."
Siamo ad agosto e non abbiamo prenotato da nessuna parte quindi dobbiamo andare all'avventura. Mi disse mio fratello
Annuii pensieroso, dopodiché presi il telefono e chiamai le uniche persone che forse potevano aiutarmi. Quando Edward rispose al telefono era sorpreso di sentirmi.
"Figliolo. Cosa succede, posso aiutarti?"
"Scusami il disturbo Edward. Siete soli tu e Martha?" Gli chiesi.
"Sono solo io in realtà. Martha è con Sapphire, ha partorito dei gemelli e la sta aiutando." Mi riferì.
Queste mi fece pensare che la nascita era un miracolo normale nella vita delle donne. Alcune erano fortunate e riuscivano ad avere dei figli senza problemi, altre ne avevano e portavano avanti la gravidanza con affanno, altre ancora venivano a mancare. Era una realtà. Sapphire era portata ad avere figli, al contrario Marina, era stata maledetta, alla quarta gravidanza non aveva perso il figlio ma la vita.
"Avevi bisogno?" Mi chiese Edward.
Mi ridestai. " in realtà sì cerco una destinazione per me e mio fratello per far stare un pochino i bambini al mare mi chiedevo se potessimo venire lì da voi voi
"Certo figliolo con piacere sono sicuro che Tommy e Joel non vedono l'ora di riabbracciare i loro amici." Mi disse
"Ci sono anche loro?" Gli chiesi sorpreso.
"Loro, con  Margot,  Samuel e Diamond. Tu non mi hai chiesto degli altri ma di lei."
"Come sempre mi capisci al volo. Allora partiamo e vi raggiungiamo, non dire nulla ai bambini fino a quando non arriviamo." Gli dissi complice. L'idea di poter vedere gli altri miei figli e di conoscere Diamond mi alleggerì il cuore dopo tanto tempo.
Quando dissi agli altri la nostra destinazione approvarono, anche se Inga mi mise in guardia. "Non dire ai bambini della gravidanza della madre."
"Non mi interessa, ma se ne parlano loro dovrò rispondere qualcosa." Le dissi andando ad avvertire i bambini della nostra partenza.
"Non lo faranno." Mi avvertì Inga. "Sapphire l'ha tenuta nascosta a tutti per non farlo scoprire a Andrew. Lo sappiamo solo io, Ebony, la signora Elisabeth e ovviamente i genitori di lei." Mi informò.
"I bambini non dovrebbero essere un segreto."intervenne Taddheus.
"Il compagno di Saffy voleva un figlio da lei." Rispose Inga. "Se ami qualcuno non puoi non volere un figlio. Lui ha accettato e crescerà i bambini, Saffy farà da spola tra Londra e Lussemburgo per vederli."
"Quindi ancora non ha lasciato Andrew?" Chiesi a Inga.
"Sai che non può. Quattro anni fa, nonostante fossero separati e tutte le sue amanti, quando Andrew scoprì che Sapphire aveva uno spasimante, la minacciò di toglierle i bambini, per adulterio." Ci informò lei.
"Anche lui la tradisce." Affermai.
"Lo so, ma se la minaccia che può prendersi Samuel che è solo suo, lei deve fare un passo indietro."
"Le toglie Samuel?" Chiesi indispettito. "Quindi riconosce che ha stuprato Margot?" Perché quel bastardo doveva sempre cadere in piedi.
Tenni il mio rammarico per me e organizzai la partenza.
Quando arrivammo a Muck venimmo accolti da Edward Ashley Cooper e Margot, erano le sette di sera e i bambini erano assonnati per la lunga traversata.
"Dove sono gli altri?" Chiesi a Edward.
Lui si guardò intorno smarrito intanto che Margot mi prendeva da braccio Micaela. "È stupenda signore."
"I bambini sono a fare i compiti. Aspettavo voi per la cena." Mi disse. "Siete solo voi?" Mi chiese.
Annuii. "Sì, dovrei parlare con Tommy e Joel prima che incontrino mio figlio." Sussurrai all'anziano inglese.
Al che lui annuì. "Vieni entriamo. Intanto Margot si prenderà cura degli altri." Disse aprendo la porta.
Venimmo accolti dalle urla di due bambini. Una testolina bionda di scuoteva veemente mentre di fronte a lei un bambino mulatto le urlava: non è giusto.
"Diamond e Samuel, fate i bravi." Li richiamò Edward. "I vostri fratelli stanno facendo i compiti."
La testolina bionda si voltò di scatto. Ebbi un tuffo al cuore, come Joel anche Diamond somigliava in maniera impressionante a Sapphire, con la sola differenza dei miei occhi. "Nonno Samuel vuole giocare con la mia bambolina. È mia!"
"Non mi piace la macchina nonnino!" Si lagnò l'altro. Somigliava a Andrew Davis se non fosse stato per il naso a patata di Margot e la pelle mulatta sempre dovuta al colore scuro della madre.
"Adesso ho ospiti. Fate i bravi e non litigate." Li ammonì Edward. I due scrutarono tutti noi nuovi arrivati ammutolendosi all'istante.
"Forse i bambini saranno più entusiasti di conoscere Micaela invece che giocare con le bambole." Suggerii a Margot.
Lei che cullava la bambina annuì avvicinandosi di ai due. Appena vide il fagotto Diamond esplose. "Una bambina... fammela vedere Margot... posso tenerla in braccio... posso..."
"Margot bada a loro." Intervenni guardando Diamond. "Se si siede sul divano può prenderla. Inga può farti vedere." Le dissi accennando a Edward di andare.
Mi portò nella stanza di Thomas e Joel, bussò alla porta ed attesi che aprissero.
Appena mi videro entrambi mi saltarono addosso abbracciandomi. "Finalmente!" Disse Tommy. "Dov'è Marina?"
Guardai mio figlio preoccupato. "Entriamo in stanza." Dissi loro adagio.
Andai a sedermi su uno dei due letti e me li misi di fronte. Edward chiuse la porta e restò lì ad osservarci in silenzio.
"Bambini, Marina si è sentita male." Dissi col nodo alla gola. "Lei... si è sentita malissimo, Gabriel era con lei e ne è rimasto traumatizzato, tanto che non ricorda più di Má." Spiegai.
"Come non la ricorda. Ma adesso sta bene Marina?" Mi chiese Tommy.
Annuii. "Si figliolo." Gli dissi dolcemente. "Adesso Marina è salita tra gli angeli e sta bene."
Avvertii un sussulto da parte di Edward, ma continuavo a tenere lo sguardo sui bambini.
"Come in cielo?" Chiese Joel con voce fremente iniziando a piangere.
Annuii. "Sì! In cielo... ha deciso di vegliare per noi da lassù." Dissi emozionato.
Mi sentii afferrare per una spalla da Thomas, mi stringeva forte e piangeva. "È morta? Come il nonno Oscar?"
"Si Tom. È morta." Sussurrai.
"Come farai senza lei adesso?" Mi chiese ancora.
"Farò. Prima di lei non c'era nessuna." Affermai.
"Come stai? Coma stai senza lei?" Mi chiese Joel piangendo.
"Male Joel. Sto male, questa volta è peggio della prima però. Marina non tornerà." Gli risposi sinceramente.
"E adesso?" Chiese Joel sempre piangendo. "Tu sarai solo."
"Ci siete sempre voi che siete la mia gioia." Risposi io non trattenendo più il pianto. Li strinsi forte a me e baciai le loro fronti.
Al che i bambini si lasciavano andare del tutto scoppiando a piangere.
"Mi dispiace... mi dispiace..." Disse tra un singhiozzo e l'altro Tommy.
"Anche a me. Ma adesso basta piangere... Gabriel, lui...."
"Ha pianto tanto?" Chiese Joel. 
Scossi la testa. "Lui ha rimosso tutto. Non piange, non ricorda Marina. È impassibile."
"E ora?" Chiese Tommy angosciato.
"Ora, sono sicuro che in vostra compagnia potrebbe tornare a sorridere." Dissi loro. "Vi va di lavare la faccia e raggiungerli? Così vi presento Micaela."
I due sorpresi nel sentire nominare la bambina annuirono. Fecero ciò che chiesi loro, sulla porta Edward mi fissò serio. Senza dire nulla mi strinse forte. "Sono con te figliolo." Mi disse solo.
Lo ringraziai. Probabilmente quei dieci giorni in Scozia era proprio ciò di cui avevamo bisogno tutti. 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Trascorremmo le nostre vacanze lì in Scozia. Sapphire tutte le sere  chiamava i bambini, li sentivo chiacchierare del più del meno. Una volta Joel chiese come stesse Chamael, il bambino che solo l'anno scorso era stato al mio matrimonio. Non . so cosa rispose Sapphire, ma Joel mise il broncio.
"Non ti credo." Le  disse, non so cos'altro rispose Sapphire Però sembrava molto evasiva col figlio.
Quando staccò il bambino venne scocciato da me
"Dice che Chamael è da Isaak ma io non le credo."
Al che feci spallucce. "Ci vuole poco per scoprirlo." Gli dissi.
"E come facciamo?" Chiese Tommy curioso quanto il fratello
"Ti ricordi chi è il mio migliore amico?" Gli chiesi.
"Drake e Simon." Rispose Gabriel che lentamente stava uscendo dalla sua apatia.
"Giusto, lui ha il numero di telefono di Molly se volete la chiamo e  vi fate passare i vostri amici." Proposi.
Joel era titubante, però acconsentì.
"Mi fai sentire la chiamata, se è veramente lì , sennò non ci credo." Per  la prima volta Joel mi contraddisse, segno che era geloso di Chamael. Con tutti i bambini di cui era circondato, non lo era di nessuno di loro se non di Chanael. Mi chiesi cosa aveva questo bambino di tanto speciale, anche Marina, oltre Sapphire,  si era subito invaghita di lui. Così senza indugiare chiamai Drake, feci i convenevoli di rito, chiedendo di ebony e delle bambine, poi misi il viva voce chiedendo di Molly.
Mi rispose che  erano in  vacanza insieme, anche se la sera uscivano, per queste non poteva passamela.
"Oh quindi Isaak non c'è." Gli dissi.
"No, non so neanche verso che ora tornato." Mi rispose. "Però aspetta un attimo...." Concluse prendendo tempo. "Ehi Chamael..." sentendo quel nome guardai Joel che era sorpreso quanto me. "Chamael non torturare Sinfony, vieni qui..."
"Mi tira i capelli... è lei che da fastidio."
"Rispondi a una domanda poi ci penso io a lei. Sai dov'è andato Raz stasera?"
"Cinema... un brutto film di spider man." Rispose l'altro.
"Fammi finire al telefono e parliamo anche di super eroi." Disse Drake. "Ehi Tom, penso arriverà tardi." Mi annunciò Drake.
"Ti dirò, lo avevo capito. Voi non uscite?"
"Passo, tre bambini dai cinque ai tre anni sono ingestibili. Non so come tu faccia." Scherzò lui.
"Sono un generale. Comunque devo lasciarti, salutami Ebony." Gli dissi fissando Joel e staccando la telefonata.
"Questa è la prova che devi sempre credere alla mamma." Dissi al bambino.
Lui sbuffò. "Meno male dai, vado a fare i compiti." Disse sgattaiolando via.
A settembre portai io personalmente tutti i bambini al collegio. Sapphire non si era fatta vedere e sollevai Edward da quell'incarico. I bambini erano mia responsabilità e ci avrei pensato io.
Portai prima tutti i ragazzi al Santa Maria, dissi a Gabriel che quell'anno non ci sarei stato al suo compleanno. Lui mi rispose freddamente che tanto non voleva una festa. Ne restai poco stupito, lo stesso Tommy non sembrava interessato.
"Vi faccio arrivare la torta. Spegnete le candeline e fate la foto." Li ripresi. "La voglio vedere."
Salutari tutti, Samuel compreso andai via. Direzione svizzera.
Durante il viaggio in auto Diamond per la prima volta si lasciò andare facendomi tante domande. Forse perché eravamo solo noi due e Micaela dormiva, forse perché ormai mi conosceva. Ma non smetteva di chiedere e fare domande.
Arrivai al Rosey college nel primo pomeriggio. Consegnai la bambina alla dirigente dicendole che la madre era indisposta, poi attesi che Diamond si allontanasse con la donna prima di andare via.
"Ciao ciao papà buono!" Mi salutò lei.
Fu la prima e l'ultima volta che la vidi.
Durante gli anni successivi non la incontrai più. Ridussi i miei viaggi in Europa per seguire un po' tutto e alleggerire mio padre, aveva superato la soglia dei sessant'anni e non potevo pretendere che lavorasse anche per me. Quando tornavo in Europa prendevo i ragazzi con i loro amici per una settimana e stavo con loro da qualche parte a fare campeggio. Raziel non veniva mai con me, nonostante glielo proponevo e nonostante uno dei suoi amici fosse la sorella di Heinrich che già partiva con noi.
Nel frattempo le notizie brutte erano sempre in agguato.
Morì Elisabeth e a seguire dopo il terzo compleanno di Micaela venne a mancare improvvisamente anche mia madre colta da un'aneurisma.
Dovevo prendere in mano le redini della mia famiglia, vidi mio padre crollare per la prima volta, in un attimo i suoi sessantasei anni mi furono lampanti. Capii che era la stessa cosa capitata a me e questa volta non potevo crogiolarmi nel dolore della perdita subita. Dovevo essere la roccia per tutti, per mio padre, per Taddheus e per mia sorella.
Fu difficile, anche perché i bambini erano irrequieti. Rafael ormai aveva nove anni ed aveva perso un'altra figura femminile importante nella sua vita. Al che decisi di chiedere aiuto a Coco, mi disse che ci sarebbe sempre stata per suo nipote e avevo bisogno di crederle.
Così la chiamai. "Ciao Coco. Come va lì?" Chiesi quando la chiamai.
"Molto bene Thomas. Mi fa piacere sentire il mio straniero preferito." Scherzò lei.
Io risi della sua battuta. "Senti, volevo dirti che non riuscirò a passare a Sidney nei prossimi mesi."
"Quindi non vedrò mio nipote per molto."
Mi chiese dispiaciuta . "Lui sta bene? Ci manca tanto."
"In realtà si! Rafe sta bene." Le dissi sospirando. "Ti chiamo proprio per lui, ti ricordi quello che mi dicesti alla nascita di Rafael?" le chi
"Certo che mi ricordo. Ti dissi che sarei sempre stata disponibile ad aiutarti. Purtroppo come prevedibile Kali non è rientrata a casa, sono anni che l'aspettiamo ma non è rientrata. Mi prenderò io cura di suo figlio." Rispose.
"Ho messo sulle sue tracce un po' di investigatori ma anche qui in America non ci sono novità e sinceramente adesso tua figlia è l'ultimo dei miei pensieri." Le dissi franco.
"Cosa ti preoccupa Thomas? Sento che c'è qualcosa che non va. Le perdite forzano la nostra anima, ancora soffri per la perdita di tua moglie e lo capisco. Tuttavia dovresti fortificarti." Mi disse sincera.
"Ormai l'ho accettata la scomparsa di Marina." Le dissi, la mancanza era forte e sapere che non c'era più mi aveva fatto accettare la sua morte. "Però è venuta a mancare anche mia madre e non riesco più a gestire Rafael e Micaela da solo, mio padre è anziano e mia sorella ha due figli a cui pensare."
"Oh! Mi dispiace molto Thomas. Tua madre era una donna giovane." Rispose lei. "Vuoi che ti dia una mano?"
"Sì ho chiamato proprio per questo, so che tu non lasceresti mai allo sbando mio figlio e ho bisogno del vostro aiuto." Le risposi sincero.
"Sai che per voi ci sarò sempre, come sai che io non verrò in America, sono nata con la mia terra e voglio morire nella mia terra." Affermò decisa. "Tu riesci a portarmi Rafael?"
Sospirai, immaginavo che questa sarebbe stata la sua risposta Coco aveva sempre avuto un'idea precisa di come doveva essere la sua esistenza e le sue nature aborigene facevano sì che ella rifiutasse di lasciare il suo paese. Dovetti così scegliere di nuovo e separarmi da un mio figlio. "Posso fartelo venire lì, lo farò accompagnare da un mio collaboratore." Risposi.
"Va bene allora aspetto Rafael con piacere quanto vuoi che lo tenga?" Mi chiese.
"Il tempo necessario affinché io mi organizzi e trovi una Tata affidabile, il tempo che qui a casa torni tutto alla normalità, devo pensare anche a mio padre adesso. Poi vorrei riprenderlo.
"Con calma poi ci organizzeremo." Mi disse.
Così dopo aver terminato la telefonata con Coco chiamai Karla, l'unica persona dopo Simon di cui mi fidavo in America.
Lei sapendo della morte di mamma subito mi chiese come stessero le cose e se avevo bisogno che mi raggiungesse a Boston.
Al che le dissi che avevo bisogno di lei ma non Boston.
"Ti andrebbe un viaggio in Australia? Al momento non riesco a controllare le filiali e avrei bisogno che qualcuno lo facesse per me. Quel qualcuno sei tu."
"Quanto tempo dovrei stare via?" Mi chiese. "Potrei lasciare le filiali qui in visione a Mike, però dovrei lasciare mia moglie e mio figlio." Mi rispose pensierosa.
"T- tua moglie?" Le chiesi sorpreso. Karla aveva una moglie e un figlio? In pratica era omosessuale.
"Non...non sapevo fossi sposata." Le dissi tergiversando.
Lei rise. "Io e Nancy, tra alti e bassi, stiamo insieme da 15 anni se non qualcosina in più."
Ero ancora più basito, odiavo i tradimenti. Quando Laura anni prima mi aveva sedotto mi ero ripromesso di non avere mai relazioni con donne sposate. "Tu e Nancy eravate insieme nello stesso periodo in cui io e te siamo stati a letto ?" Le chiesi irritato.
"No, all'epoca avevamo litigato Nancy voleva un figlio e io non ne volevo. Così ci lasciammo, incontrai te, eri un uomo affascinante e venni a letto con te per ripicca. Nancy odia quando vado con gli uomini, volevo farla arrabbiare." Mi raccontò.
"Sei bisessuale." Affermai.
"Si e a Nancy non piace la cosa. All'inizio ti odiava, eri riuscito ad allontanarmi da lei. Tornò da me quando scoprì che tu eri andato via e io ero incinta." Mi raccontò.
Non mi ci volle molto a fare 1 + 1. "E il padre del bambino chi è?" Le chiesi proprio per scrupolo in modo sarcastico.
Lei rise. "Non mi pare che ti abbiamo cercato nulla Thomas." Mi rispose.
"Sai che non è questo punto, sai che io vorrei essere presente nella vita di tutti i miei figli. Tu sai tutto di me. Mi bastava saperlo o anche solo conoscerlo."
La sentii sorridere. "Ok! Ok!" Ammise lei. "Daniel è un bambino sano, felice e contento. Non ha pregiudizi perché abituato a vivere con due mamme, ma se sa che esistono dei padri e che ne ha uno. È a conoscenza di come funzionano i rapporti fisici, Daniel è un ragazzino sveglio." Mi raccontò.
Io sospirai. "Ok! Non voglio discutere, non ora non ne ho la forza. Anche se confermo che mi fido di te, sei un'ottima collaboratrice. Adesso è di questo che ho bisogno." Le spiegai. "Mio figlio Rafael deve raggiungere l'Australia e di tutte le persone che conosco qui in America tu sei l'unica che può controllare le filiali e che soprattutto può portarmi Rafael da sua nonna. Quindi ti chiedo per favore di venire qui a Boston prendere il bambino portarlo a Sydney dopodiché mi controlli le filiali. Dopo potete tornare e puoi portare con te tua moglie e tuo, anzi nostro, figlio. Così al limite posso anche conoscerlo che ne pensi?" Le chiesi.
Lei sembrò pensarci su un attimo, poi mi rispose "Daniel frequenta il Santa Maria a West Hartford, quindi potrebbe restare a casa e dormire lì. Conosci il college, è lo stesso che frequentano i tuoi figli a Monaco. Se vuoi conoscerlo quando verrò a prendere Rafael me lo porterò dietro. È importante che lui rientri a scuola per il lunedì." Mi spiegò. "Che ne pensi?" "Io... giusto! Il Santa Maria ha anche altri istituti in giro per il mondo." Affermai. "Posso portare io Daniel al college, così faccio uscire anche papà dal suo guscio."
"Vuoi che controlli se a Sydney c'è un college. Santa Maria? L'Australia è stata colonizzata dagli inglesi, è capace ce ne siano se vuoi iscrivere Rafael." Mi disse Karla.
Non avevo pensato alla scuola. Rafael ormai andava alle elementari e non potevo fargli mancare l'istruzione.
"Ok... ti mando l'indirizzo di Coco. Sicuramente non accetterà che il nipote dormi fuori, se nelle vicinanze non c'è una Santa Maria provvedi a cercare una buona scuola e a iscriverlo. Ti mando il certificato di nascita e il nulla osta della scuola che frequenta qui." Le dissi.
"Okay, aspetto tutto via mail. Nel frattempo organizzo il viaggio e ti dico quando trovo un aereo."
"Karla hai il jet della società." Le dissi. "Organizzatevi tu e tua moglie e poi il jet vi porterà ovunque." Le dissi.
Lei acconsentì, finimmo di organizzare il tutto poi tornai al mio lavoro.
Qualche giorno dopo conobbi Daniel. Lo riconobbi subito, era identico a Tommy se non fosse per i capelli biondi che tendevano al rosso e gli occhi verdi. Era un bambino sveglio e mi guardò incuriosito.
Mio padre fu ridestato dalla sua presenza, poiché Daniel faceva tante domande. Perché la casa e grande, siete solo voi due eccetera.
Partito Rafael in casa era sceso il silenzio, si sentì subito la mancanza della sua vivacità. Soprattutto dopo che avevo riportato Daniel al collegio di west Hartford.
Passarono giorni e le settimane e Michaela diventava sempre più irrequieta. Mia sorella Theresa per quanto cercasse di aiutarmi non riusciva a gestire mia figlia che piangeva sempre cercando la presenza di Rafael, nonostante i due si sentissero al telefono tutte le sere. Lei era capricciosa. Riuscivo a calmarla solo quando Manila veniva a trovarci portando con sé Alaska e Dallas, i due gemelli suoi coetanei. Solo in quei frangenti Micaela si distraeva giocando con la sua amichetta del cuore tuttavia Nila non riusciva a passare tutti i giorni a casa nostra per quanto volesse aiutarci. Ella doveva seguire anche gli altri quattro figli, la casa e il suocero. Non aiutava più Simon alla Thompson & sons e il mio amico ormai partiva per l'Alaska, Genova o ancora per l'Inghilterra dove anche si era inserito con la Thompson, da solo. Io non potevo e non riuscivo a dare le mie responsabilità a mia sorella Theresa e a Manila, soprattutto perché in quel periodo compresi che per dedicarsi a Micaela, Terry stava trascurando i suoi figli. Fu in quel periodo che compresi ci fosse qualcosa che non andava in suo figlio Edgar. Era spaventato non riuscivo ad avvicinarmi a lui che si ritraeva, non voleva giocare con Micaela che quando lo cercava veniva mandata via, solitamente i bambini tra di loro si cercavano e Edgar aveva un solo anno di differenza da Rafael. Nei suoi atteggiamenti eddy mi ricordava molto Thomas quando lo conobbi la prima volta. Gelai al pensiero che mio nipote stesse passando un brutto periodo a casa. Così inizialmente chiesi al bambino se per caso lo avessero picchiato. Sapevo di non dover interferire con l'educazione che Jason e Theresa davano ai miei nipoti. Eppure se Jason si sarebbe rivelato per quello che non appariva, un uomo violento, io dovevo intervenire. Per il bene di mia sorella e per il bene dei miei nipoti.
Alla mia domanda però Edgar disse che nessuno lo picchiava e che andava tutto bene.
Al che parlai con Jason, dovevo affrontare l'argomento con lui.
"Edgard è strano, rifiuta di giocare con Micaela e lascia avvicinare solo Joan. La volta scorsa quando ho fatto per accarezzarlo si è allontanato spaventato. Per caso ha sicuro delle percosse?" Gli chiesi diretto.
Mio cognato mi guardò sorpreso. "No! No Tom, Eddy è talmente buono che non c'è bisogno neanche di alzare la voce con lui. Come vedi è più Joan a dover essere ripreso e a volte sculacciato. Ma anche lui, ha solo cinque anni, non avremo motivo." Rispose riferendosi anche a Theresa. Effettivamente Edgar era un bambino talmente tanto buono che stava sempre tranquillamente sulle sue.
Però qualcosa non mi tornava. "Ti ricordi di mio figlio Tommy?" Gli chiesi, quando lui annuì gli raccontai del primo incontro con mio figlio, che quando provavo ad accarezzarlo egli si allontanava. "Thomas veniva picchiato e torturato psicologicamente dal padre adottivo. Ecco la sensazione che mi aveva dato Edgar e la stesso, terrore!" Affermai.
Jason mi fissò preoccupato. "Non siamo noi Tom." Guardò il figlio in un angolo, stava disegnando qualcosa. "Se non siamo noi il problema quale può essere? Non posso dare un altro peso a Theresa."
Scossi le spalle. Continuavo a guardare ora Edgar, ora Theresa che ammoniva il figlio Joan e Micaela per qualcosa.
Ebbi un'idea. "Ehi Joan, vieni a giocare con lo zio e papà." Gli dissi.
Lui felice di scampare una punizione subito mi raggiunse. "Ti voglio bene zio Tom." Mi disse abbracciandomi.
Io gli arruffai i capelli fissandolo. Era furbo Joan. "Ci sveli un segreto?" Chiesi guardando Jason.
"Tutti tutti!" Mi rispose lui.
"Oh bene." Gli dissi divertito. "Perché Eddy non gioca con voi? Tu e Micaela dovreste farlo giocare."
"Mm... non vuole. Le femmine sono cattive." Disse con innocenza. "Non vuole neanche giocare a nascondino o mosca cieca... dice che glielo fanno fare a scuola e non gli piace."
Mi sentii accapponare la pelle. "La scuola?"
"Cosa fa a scuola Eddy?" Chiese con voce tremante Jason.
"I più grandi lo bendano e gli fanno cose che non gli piace. Dice che non vuole farle anche a casa."
Ero terrorizzato. Bullizzavano Edgard.
"Non diciamo niente a Terry per ora. Chiamo Simon e faccio chiedere ai figli come va a scuola per Eddy." Dissi a Jason.
"Puoi farlo?" Chiese Jason.
"I figli di Simon dovrebbero frequentare dei corsi con Eddy no?" Gli spiegai.
Mi mobilitai subito, se stava accadendo qualcosa a scuola dovevo fermarla.
Simon e Manila mi dissero che avrebbero chiesto indirettamente ai loro figli cosa accadeva. Inoltre Simon mi informò che avrebbe chiesto a London che era un bambino discreto di spiare Edgar.
"Se non parla per paura sarebbe il caso di andare a cercare il problema." Mi spiegò Simon.
Aveva ragione. Se avevamo l'occasione di poter far controllare Edgar tanto meglio.
Qualche giorno dopo, venni a scoprire che un gruppo di ragazzi dell'ultimo anno secondario abusavano psicologicamente e fisicamente di Edgar.
London era stato un bambino esemplare, aveva seguito mio nipote ovunque e quando aveva visto cosa accadeva era corso a chiamare il bidello per farlo intervenire. Aveva poi chiesto a suo fratello Chester di far chiamare il padre e farlo correre subito a scuola perché London non stava bene.
Il bidello aveva trovato Edgar nudo e bendato in uno sgabuzzino con un ragazzo di quindici anni che si divertiva a penetrarlo da dietro.
Prima che la cosa fosse messa a tacere io e Simon però eravamo arrivati a scuola. Avevamo fatto chiamare il preside e i referenti, volevo vedere chi si permetteva di abusare dei bambini.
"È inaccettabile che in una scuola come la Boston Latin ci siano certi comportamenti." Accusai il preside. "Voglio vedere i colpevoli."
"Signor Keller non è possibile. Come ha lei steso detto la Boston Latin è una scuola di élite. Non possiamo alzare un polverone."
"Siamo seri!" Esclamai disgustato. "Un bambino viene molestato e noi chiudiamo un occhio?"
"Il bambino avrebbe dovuto andare da un referente." Rispose il preside.
"Il bambino è stato minacciato." Intervenne Simon. "Cose del genere non devono accadere. In questa scuola ci sono solo novanta studenti. Dovreste poter monitorare gli arti di violenza e bullismo."
"Sono con le mani legate." Riferì il preside.
"Vi denuncerò." Affermai. "Toglierò i miei nipoti da questa scuola e vi denuncerò. Voglio i nomi dei delinquenti."
"Anche io mi vedo costretto a togliere i miei figli da questa scuola." Disse Simon. "Se non sono al sicuro in un istituito educativo, non va bene."
"Aspettate... non potete..." blaterò il preside.
"Ho due figlie! Posso eccome." Disse Simon. "Non permetterò che un ragazzino di sedici anni tocchi una delle mie figlie. Brooklyn ha un anno di differenza da Edgar, Adela ne due. Quello che è accaduto a Edgar, potrebbe accadere a una delle mie due figlie. Questo perché un cretino arrapato vuole farsi grande con le amichette. Ma ma assolutamente no! Io toglierò i miei figli da questa scuola se quegli altri non verranno espulsi. Inoltre voglio, anzi esigo, che in questa scuola ci siano più controlli. Ripeto li tolgo tutti e quattro, non farò entrare gli altri due e vi farò una cattiva pubblicità." Disse Simon agguerrito.
Io effettivamente mi ero preoccupato per Edgar, ma non era l'unico ragazzino in quella scuola. Ce n'erano altri quindi io dovevo denunciare il fatto. Non solo per mio nipote, ma anche per gli altri bambini. Per le figlie di Simon e per i figli di tutti. I genitori dovevano venire a conoscenza di quello che stava accadendo.
"Denuncerò il fatto né più e ne meno." Dissi dando le spalle al preside. Andammo per uscire e nel farlo ci incontrammo con il Giudice Sanders e l'avvocato Jenkins. Mi chiesi cosa ci facessero loro lì possibile che il preside avesse già chiamato un avvocato? Poco mi importava, avrei portato Edgar da un medico di fiducia e avremo visto chi l'avrebbe avuta vinta.
Presi la porta, ma Jenkins mi fermò. Al contrario chiuse di nuovo guardando il preside.
"Concordo che nella scuola dovrebbero esserci più controlli. Anche i miei figli studiano qui e non vorrei mai che qualcuno facesse del male a mia figlia." Disse Jenkins.
"Mi rincresce per quanto avvenuto." Affermò il giudice. "Mi vergogno per mia figlia, è stata al gioco del suo amico, ho saputo che faceva da palo e obbligava il bambino a mangiare insetti. Veramente, sono disgustato dal comportamento di mia figlia e vi chiedo scusa. Dopo questi fatti lascerà la scuola, un percorso educativo all'estero al momento è una punizione più che valida per lei."
Quindi erano lì perché c'erano i loro figli dentro.
Con un colpo di tosse Jenkins chiamò l'attenzione di tutti su di sé. "Il governatore Clarke prenderà i dovuti provvedimenti col nipote. A breve verrà allontanato da Boston. Si scusa inoltre per l'incresciosa situazione e resta a vostra disposizione per qualsiasi cosa."
"Il governatore..." provai un improvviso senso di nausea. Tutto quel casino per proteggere il nipote del governatore. "C'erano due ragazze e un ragazzo, posso sapere chi è la terza?" Chiesi al preside. "Vi rendete conto che i peggiori sono parenti a nomi facoltosi del nostro paese."
"Sindaco, lei e il governatore ci rappresentate." Affermò Simon al mio fianco.
"Lo capisco benissimo. So che le scuse non potranno bastare. Mia figlia verrà mandata in una scuola religiosa per fare ammenda."
L'avrebbero insabbiata! Questa storia sarebbe rimasta tra queste quattro mura.
"La terza ragazza è figlia dell'imprenditore Edile Miller." Mi riferì Jenkins. "Siamo un libro aperto. Vi veniamo incontro, ma questa storsi non deve uscire da questa stanza."
Scossi la testa. Guardai il preside stringendo le mani a pugno. "Ciò non cambia le cose, mio nipote lascerà la Boston Latin, un bambino deve crescere in un luogo che lo faccia sentire sicuro. Questo non lo è." Conclusi.
"Per quanto mi riguarda, appena vengo a sapere qualcosa dai miei figli, li ritirerò tutti." Disse Simon.
"In merito a questo...." Lo fermo il preside. "Sua figlia Adelaide ha una condotta errata. Saprà che ha attaccato banda con dei ragazzini." Disse lui fiero.
Simon lo fissò con un sorriso. "Si lo so! Mi ha detto che darà un calcio tra le gambe a tutti quelli che faranno i prepotenti con i più deboli." Disse orgoglioso. "Le ho detto di continuare così."
Così facendo uscimmo dall'ufficio.
Con calma raccontai a Teresa e Jason quello che era avvenuto in quel periodo a scuola per Edgar. Di comune accordo invitai mia sorella a lasciare Boston, trasferirsi più vicino alla sede dell'ufficio di Jason e iscrivere i bambini in una scuola più tranquilla dove non c'erano discriminazioni e dove Edgar avrebbe potuto reintegrarsi.
Jason si disse d'accordo con tutto ciò che avevo proposto, inoltre aveva già iniziato a cercare uno psicologo che potesse seguire Edgar, il processo era lungo e sapeva che ci sarebbe voluto tempo.
"Mi dispiace solo non poterti più aiutare."
Disse mio cognato.
Io feci spallucce. "Non preoccupatevi proprio. Avete fatto già tanto. Micaela ha tanti amici e riuscirà a cavarsela bene anche con me e col nonno. Tanto papà sta riprendendosi." Ricordai a mia sorella.
Il mio ottimismo era finto. Sapevo che Micaela aveva bisogno di una presenza costante, dovevo trovare qualcuno che si prendesse cura di lei almeno quando io lavoravo. Kate la nostra governante poteva fare compagnia a papà e badare a Micaela nei momenti in cui non era affaccendata in casa. Però dovevo trovare una soluzione per non far crescere mia figlia circondata da persone adulte. Dovevo già iscriverla ad una scuola. Lasciai che trascorressero un po' di mesi poi partii con mio padre e con Micaela per l'Europa, era Pasqua e avrei incontrato i ragazzi. Inga aveva prenotato un bungalow sul lago Costanza, per cui sarei passato a prendere Laura e Giorgio in Toscana e da lì avremo raggiunto i miei figli.
Joel come sempre mi accolse con gioia, al contrario Tommy e Gabriel furono ognuno sulle sue.
"Discutono tanto ultimamente." Mi riferì Joel.
"Una ragazza?" Chiesi. Ormai avevano quasi quattordici anni e ci stava.
Joel scosse la testa. "Tom ha fatto l'esame si ammissione alla Eton collage ed è stato accettato."
L'Eton?! "Vuole tornare a Londra?" Chiesi a Joel.
Lui annuì. "Da quando la nonna è morta papà si è insediato a casa nostra e non vuole lasciare la mamma sola." Mi informò.
Basterebbe un ordine restrittivo per tenere lontano Davis. Pensai senza dirlo a Joel.
Guardai verso i miei due figli, avrei dovuto parlare con entrambi.
Più tardi parlando con Tommy scoprii che voleva entrare alla Eton e poi da lì fare l'ammissione a Oxford o alla London university.
"Sono grande abbastanza per poter decidere da me adesso. Qui a Monaco posso solo studiare, a Londra invece sarò a casa."
Sospirai. "Ti sei stancato."
"C'è un motivo e voglio capirlo." Mi rivelò. "Perché sono qui a Monaco invece di stare a Londra? La mia famiglia vive lì. Scoprirò perché sono stato mandato qui." Affermò.
"È una buona scuola preparatoria." Dissi. "Confesso che la Eton è una buona scuola. Allo stesso livello di quelle tedesche. Ma il Santa Maria ha degli standard alti, avete studiato materie che altrove ve le sareste sognate."'
Lui annuì. "Infatti tornerò a casa e sarò sempre il migliore."
Assentii. "Hai qualche ragazza a cui spezzerai il cuore?"
Lui rise. "Non mi piacciono della nostra classe. Io, Gabe e Heinrich siamo stati con quelle più grandi di un anno. C'era Nora Müller nella settima classe, è molto carina, Heinrich ci ha provato con lei e gli ha dato un due di picche, io quando ci ho parlato non provo niente e sono andato avanti. Nella sua classe però c'è la musicista. Mi emoziono tutte le volte che suona il pianoforte, ma se ne sta sempre sulle sue. Poi c'è la sorella di Nora, Zora."
"Ti piace lei?"
"Gabe ha detto che secondo lui, le piace più la musicista dei maschi." Affermò .
Risi. "Tutto può essere. Quelle dell'ottavo anno? Non vi piacciono?"
"Hanno la puzza sotto il naso." Intervenne Gabriel arrivando in quel momento. "Ti ha detto che se ne va a Londra?" Mi chiese mio figlio.
Annuii. "Heinrich andrà via l'anno prossimo. Torna in Svizzera per la scuola preparatoria all'Università di medicina."
"Joel e Gellert continueranno qui." Dissi rincuorando mio figlio.
"Posso andare a Londra anche io?" Mi chiese sincero Gabriel.
Scossi la testa. "Non avresti nessuno lì che si prende cura di te." Gli spiegai.
"Ma il tuo amico..."
"Il mio amico deve badare alle sue figlie e al sho lavoro. Gabe sei mia responsabilità e di tua madre. Qui a Monaco non stai bene?" Gli chiesi.
Mi maledissi, avevo permesso che mio figlio dipendesse troppo dal fratello minore.
"Non è che non sto bene." Mi rispose con voce tremante. "Ma non ci sarà più Tom e non ci sarà Heinrich. Sarebbe come quando sono arrivato... papà fai qualcosa? Tu risolvevi sempre tutto, prima." Precisò.
Prima! Prima che Marina venisse a mancare si, esaudivo ogni desiderio. Poi ero diventato cinico, Gabriel era cresciuto e capiva che le cose non accadevano per caso. Lui e Tom avevano capito che qualcuno muoveva i fili della loro vita, io. Non potevo schioccare le dita ed esaudire i loro desideri come un tempo.
"Vieni tu a Londra." Intervenne Tommy rivolto a noi.
Scossi la testa. "Londra non fa per me." Dissi per poi rivolgermi a mio figlio. "Micaela soffre l'assenza di Rafael. Vuoi venire con noi a Boston?" Gli proposi.
"Di nuovo?!" Esplose Tom mentre Gabriel diceva di sì.
Guardai mio figlio minore. "Questa volta è diverso." Dissi. "Sappiate che se partite entrambi ci saranno dei cambiamenti. Non potrete più vedervi come prima e non festeggerete più il compleanno insieme. Qui a Monaco vi prendevano al week end."
"Può venire con me a Londra? Sta con noi." Disse veemente Tommy.
"Assolutamente no!" Risposi impulsivamente.
"Ma...."
"Joel mi ha raccontato di ciò che succede a casa tua." Rivelai. "Non è il caso di dare altre responsabilità a tua madre." Dissi dando una risposta diplomatica.
"Lo sai anche tu papà?" Mi chiese Gabriel. "Allora puoi convincere Tom a non partire per Londra."
"Mi piacerebbe. Ma credo che sta a lui decidere della sua vita." Gli dissi. "La Eton è veramente un'ottima scuola."
"Io dove andrò?" Mi chiese.
"Alla Boston Latin, dove sono andato io e tutti i tuoi zii." Risposi.
"Non rivedrò più Tom?" Mi chiese ansioso.
"Direi che possiamo organizzare le estati, sempre che alla mamma di Tommy vada bene." Risposi. "Non vi perderete, lo giuro."
"Mamma e tua mamma sono diventate amiche. Vedrai che dirà di si." Intervenne Tom.
Lui annuì. Al che mi separai entrambi, mi stava bene che Thomas volesse studiare alla Eton. Per me poteva iniziare quel suo nuovo percorso. Ciò che non mi stava bene era la presenza di Andrew nella sua vita.
Così finite le vacanze pasquali tornai a Boston facendo una tappa a Edimburgo dove mi aspettava Drake.
"Ho saputo che Tommy è stato ammesso alla Eton." Gli dissi fiero.
"Sapphire ne parla orgogliosa." Rispose lui con un sorriso.
"Ho anche saputo che Andrew vive di nuovo con loro."
"Adesso che sono morti entrambi i genitori si sente in potere di fare tutto ciò che vuole." Mi spiegò Drake.
"Semmai Andrew dovesse toccare con un solo dito Thomas, avvertitelo, tornerà a Monaco. La sua iscrizione sarà sempre valida al Santa Maria." Decretai.
"Va bene Tom, Davis vuole che anche Joel rientri a Londra."
"Fin quando pagherò io le rette, Joel resterà dove vuole in piena libertà di scelta, che sia Monaco o Londra poco importa. Deve fare ciò che vuole. Stessa cosa vale per Samuel."
"Va bene Tom."
Dopodiché guardai verso Molly. "Mi hanno detto che Isaak è portato per i corsi di cucina al Santa Maria. Ovviamente per lui valgono le stesse leggi degli altri. Fategli fare ciò che vuole quando sarà il momento." Dissi.
"Non tornerai più al Santa Maria?" Mi chiese Drake.
"Non avrei una giustificazione valida per Gabriel. Se Sapphire non dirà di me a Tommy devo rispettare le sue scelte." Conclusi.
"Capisco."
"Posso chiederti come si comporta Davis nei confronti di mia figlia?" Gli chiesi.
"Sapphire non la lascia mai sola quando rientra dalla Svizzera. In quel periodo fa arrivare anche i suoi genitori. Con Edward in casa lui sta buono. La notte quando vanno a dormire, Sapphire chiude entrambe in stanza."
"Assurdo non poter vivere da padroni in casa propria." Dissi cambiando argomento.
Così iniziò un nuovo periodo della mia vita.
Gabriel arrivò a Boston e iniziò ad integrarsi. Lo iscrissi alla Boston Latin con la promessa che dovesse raccontarmi qualsiasi cosa gli succedeva e anche se veniva bullizzato. Non accadde mai, al contrario si fece degli amici, o almeno così raccontava a mio padre. Io venivo esclusi dai loro discorsi. Micaela con la presenza di Gabe sembrava aver trovato un nuovo compagno e successivamente scoprii che il nuovo migliore amico di Gabriel era London Thompson. Ne restai piacevolmente stupito.
Cone anche della sua cotta verso Adelaide Thompson. Quando lo dissi a Simon, il mio amico mi guardò in cagnesco.
"È la mia bambina! Non gliela lascio." Affermò.
Come prevedibile Andrew dimostrò di essere il solito imbecille, seppi che Tommy si trasferì di nuovo al Santa Maria dopo il primo trimestre all'Eton dove finì il suo ciclo scolastico prima di entrare definitivamente a Oxford.
Passarono gli anni, stanco di dover evitare che le arrampicatrici sociali entrassero nel mio letto incontrai Denise, una giovane vedova a cui feci una proposta. "Fingi di essere mia moglie. Senza impegno, non ti toccherò, non avremo relazioni. Fingi ed io ti pagherò profumatamente fino a quando non consocerai qualcun altro." Le dissi.
Lei anche se titubante accettò. Micaela aveva dodici anni e aveva bisogno di una figura femminile nella sua vita, in casa c'erano tutti maschi e fin troppo protettivi nei suoi confronti.
Gabriel anche crebbe, fece il mio percorso scolastico e non solo. Boston Latin, Harvard e infine crearsi una famiglia.
Tutti sapevamo a casa del suo amore per Adelaide, ma ancora non decideva di mettere la testa a posto.
"Roland Hoffman mi ha chiesto di fare una fusione delle nostre aziende e di siglare l'accordo con il matrimonio dei nostri figli." Mi disse Simon durante una delle nostre serate tra uomini.
"Ma Brooke è già fidanzata con Jenkins." Risposi io.
"Adelaide però è libera. Sono passati due anni dallo scherzetto dell'ingresso in società di Adela e Gabriel ancora dorme."
"Hai detto di sì a Roland!" Chiesi terrorizzato. Guardai il mio amico. "Non puoi infliggere il mio stesso triste destino a mio figlio."
"Ho detto a Roland che possono prima conoscersi. Se tuo figlio è abbastanza sveglio potrebbe reagire e fare qualcosa." Disse Simon.
"Alziamo la posta." Intervenne mio padre divertito.
Lo guardai curioso. "Cosa?"
"Fingiamo un matrimonio combinato. Jenkins mi sta facendo pressioni per la nipote sgualdrinella." Mi disse. Quel vecchio malandrino. Aveva settantotto anni ma era sempre vispo e attento. "Ok proviamoci." Dissi.
"Se tuo figlio non si da una mossa gli spaccherò la faccia." Concluse Simon riempiendo il bicchiere con altro jack daniels per me e mio padre.
Il piano funzionò, lo capimmo quando Gabriel aveva rapito Adela portandola con sé a Monaco. La sua azione sollevò gli animi miei e soprattutto di Simon che aveva visto sua figlia scappare di casa. Eravamo però felici e orgogliosi di apprendere dei nostri figli.
Rafael anche aveva fatto il suo percorso. Non aveva voluto lasciare l'Australia fino a quando a diciotto anni dovette sceglierne l'università. All'inizio optò per Harvard, poi conosciuta Elisa un'amica di scuola di Micaela cambiò idea. "Vado a Londra... lontano da Elisa. Se la tocco i genitori mi denunciano per pedofilia."
Londra... avrei scritto a Joel che Rafael sarebbe partito. Avevo le palpitazioni, i miei figli erano cresciuti e adesso mi davano ancora più pensieri. Denise non resse a tutto questo stress, soprattutto dopo aver conosciuto tutta la mia famiglia. Quando Tommy, Joel ed Heinrich vennero a trovarmi a Natale, comprese che non avessi bisogno di nessun altro se non dei miei figli.
"Parto. Raggiungo i miei figli, sono stata bene con voi però. Grazie di tutto e grazie per avermi concesso di assistere alla nascita dei tuoi nipoti."
Anche io la ringraziai. Compresi che effettivamente aveva ragione. Ciò di cui avevo bisogno era godermi ciò che avevo. L'amore dei miei figli, i miei due nipotini e mio padre che grazie a Dio era ancora al mio fianco.
Casa si era svuotata di nuovo, adesso eravamo io papà e Micaela che per distrarsi invitava le sue amiche, Alaska per prima, Mary, Juliette, Elisa ed Emma.
Dovevo abituarmi ma ce l'avrei fatta. Avrei gestito la mia bellissima figlia. Ciò che forse non sarei riuscito a reggere era l'evidente cotta che ella aveva per Joel. Anche perché sembrava non ricambiata. Sembrava appunto...

Guardai Sapphire di fronte a me. Il suo bicchiere di Chianti era vuoto, fissava un punto indistinto della Maremma Toscana. Però sapevo che aveva ascoltato tutto fino all'ultima mia affermazione.
Sentii le portiere di un auto chiudersi. Al che andai a prenderle il bicchiere.
"Il resto è storia!" Dissi. "Sai benissimo che sono intervenuto più volte nella vita di Thomas in questi anni. Mi chiese aiuto per evitare la bancarotta della London bank, Joel mi aggiornava sempre su tutto nonostante non lo vedessi da anni e cercavo di farmi aggiornare di qualsiasi cosa con Drake." Conclusi fissando la porta.
"I ragazzi stanno tornando. Ma domani non dovrò riprendere da dove ho lasciato." Le dissi.
Lei mi sorrise.
"Quindi domani non chiacchiereremo?" Mi chiese.
"In realtà domani vorrei che rispondessi alle domande cui non ho avuto mai risposta. Tutti abbaino sempre pensato che ti fossi legata solo a me e Andrew. Ma Inga e tuo padre hanno confermato che avevi una storia e una gravidanza in corso." Le dissi tranquillo. "Joel era geloso di questo fantomatico Chamael. Posso dire che sia esistito solo perché l'ho incontrato."
Lei sospirò. "È esistito. Ed era un povero bambino recluso in un collegio e non amaro dalla madre. Per questo mi legai a lui emotivamente." Disse stiracchiandosi. "Ma domani ti racconterò tutto, da dopo che hai lasciato Londra ventitré anni fa, a quando ho conosciuto Mark." Mi disse andando alla porta ad accogliere Micaela e Joel. "Eccovi qui, vi aspettavamo."

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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SAPPHIRE
Nonostante fossimo in inverno la Toscana era e rimaneva sempre un bel luogo. Avevo avuto modo di conoscerla solo attraverso le fotografie. Fino ad allora non l'avevo mai vista.
Non avevo viaggiato molto nella mia vita. Le uniche località dove ero stata erano Zurigo, Monaco, l'isola Munk in Scozia e infine il Lussemburgo. Di queste solo Zurigo l'avevo visitata tanto. Le altre destinazioni erano stati i soli modi che avevo per stare con i miei figli. Da quando ero in Toscana mi ero rilassata, avrei voluto girare il paese, andare anche io in gita a Firenze e scoprire se fosse bella come la raccontavano. Da quando eravamo lì Micaela e Diamond ci erano state già tre volte.
Ci sarebbero state anche quella mattina. "Vieni con noi? Ieri stavi meglio no?" Mi chiese Diamond.
"No! Aspetto che vostro padre si decida a farmi fare la turista." Risposi sfidando Thomas con lo sguardo.
Lui sorrise rassegnato. "Lunedì devo andare alla sede della KCG, la lascerò a fare la turista mentre lavoro." Disse.
"Faremo i turisti dopo il lavoro." Affermai io.
Thomas sbuffò. "Ti diverti vero?" Mi chiese.
Lo fissai. La fronte corrugata e quella smorfia sulla bocca evidenziavano ancora di più le rughe del viso. Diamine! Era affascinante nonostante avesse già cinquantatré anni. Probabilmente se li portava meglio lui, che io i miei quarantotto anni.
"Hai detto che ci saremo riposati qui, andare a lavorare non è riposarsi." Affermai portando il mio caffè alla bocca. Il caffè italiano era veramente buono, lo assaporai lentamente ignorando il brontolio di Thomas.
Mia figlia ci fissava incredula. "Veramente lo tratti così? Da quando comandi a bacchetta gli uomini?" Mi chiese.
La fissai sentendo ridere Thomas. "In realtà mi ha sempre trattato così." Rispose lui. "Hai una mamma impertinente."
"Hai un padre che crede di poter fare ciò che vuole. Io gli ricordo solo che è un umano a cui non è consentito tutto." Affermai.
Rise. "Vi conviene andare se non volete perdere il treno per Firenze." Disse alle ragazze.
"Ok! Ciao ciao... divertitevi in questa casa sperduta della campagna toscana."
"Si chiama casale." Precisò Tom mentre le ragazze sparivano dalla nostra visuale.
"Se ne fregano di ciò che pensi." Affermai prendendo una fetta di ciambella. "Laura fa dei dolci buonissimi."
"Decisamente! Quando vengo in Italia faccio scorpacciate di tutto." Tom si sedette di fronte a me tendendo la mano, sospirai dandogli la fetta e ne feci un altra per me. "Come mai Diamond era così stupita dal tuo atteggiamento?"
Addentai la mia ciambella pensando a cosa rispondere. "Probabilmente è stupida nel vedermi così rilassata. Cioè con Drake lo sono, ma non ho...." Ci pensai su, come potevo definire il mio modo di rapportarmi a Thomas? Forse confidenza? Sì, possibile. "La confidenza che ho con te." Conclusi.
"Con Andrew non ti facevi sentire?" Mi chiese sorpreso.
Scossi la testa. "Ero terrorizzata all'idea che mi facesse del male. Con lui non ho mai avuto modo di essere me stessa." Spiegai. "Appena firmammo il contratto di matrimonio iniziarono le percosse, quindi ero perennemente terrorizzata all'idea che mi picchiasse. Ero incinta e non volevo perdere il nostro bambino."
Scosse la testa amareggiato. "Perché non sei andata via? Perché gli hai permesso di farti tutto il male che ti ha fatto quando eri ancora in tempo?"
"Mi minacciava." Risposi abbassando lo sguardo. "Mi diceva che avrebbe denunciato i miei genitori, che erano in debito con lui e che ero sua moglie e dovevo obbedire." Spiegai. "Quando cinque anni dopo Elisabeth mi liberò dal debito e Oscar scoprì degli abusi del figlio, mi rilassai. Ero ancora il fantasma di me stessa quando ci ritrovammo, ma mi sentivo libera."
Lui annuì. "Mi avevi detto che eri incinta, ma Diamond si è rivelata mia." Disse.
Al che mi rilassai contro la sedia guardandolo. "Adesso ti racconto tutto. Devi sapere che poco prima che Oscar portasse via Albert da casa mia lui mi... scambiò le mie pillole dopodiché abusò di me." Iniziai a raccontare. Tornai indietro nel tempo a ventitré anni prima.
Fino a quando Thomas non mi lasciò definitivamente dopo che lo avevo rifiutato per salvare la mia famiglia....

Avevo solo ventiquattro anni. Eppure mi sentivo vecchia, come se avessi vissuto cinque anni raddoppiati se non triplicati. Avevo di nuovo dovuto rinunciare all'amore della mia vita. Questa volta avevo dovuto mandarlo io via, direttamente. Dovevo proteggere i miei figli, non permettere che Andrew mi portasse via Joel. Non sapevo che fine avrebbe mai potuto fare solo col padre il mio dolcissimo Joel.
Se ero incinta di un altro bambino, avrebbe potuto togliermelo senza che neanche lo conoscessi. Da quando mi aveva violentata erano passati quindici giorni e mi era venuto il ciclo. Rivedere Tom era stato per me tornare a respirare. L'attrazione tra di noi era di nuovo esplosa, come una scintilla era lì pronta a far fuoco. Fu una settimana intensa in cui non ci lasciammo mai, durante le giornate lavorammo insieme, la sera uscivo con lui, suo fratello Taddheus e Inga. Le mie uniche amiche erano Ebony e Molly, avevo compagne di college. Ma Rosalie viveva in Svizzera e Amelie in Lussemburgo. Fino ad allora non ero mai uscita la sera, andavamo nei pub, a ballare a mangiare. L'importante era uscire e divertirci. La prima volta che ero stata con Thomas dal momento che stavamo economicamente stretti, non uscivamo un granché. Adesso invece era diverso, uscivamo, mi divertito, e dopo quando Inga e Taddheus andavano via Thomas mi portava con sé e facevamo l'amore.
Poi mi aveva chiesto di scegliere e lasciare Andrew. E se mi avesse preso Joel? Aveva abbastanza conoscenze da poter influire sui giudici e sugli avvocati.
"Non posso, sono incinta forse e non posso. Tu pensa ai figli in giro che hai invece di pensare a me." Gli dissi rivelandogli il segreto che meno di un mese prima Molly mi aveva svelato.
"Thomas non è un santo. Subito dopo esservi lasciati ha avuto una storia con una scozzese. Hanno avuto un figlio che lei ha abbandonato. Lo sto crescendo io, mica loro. Ripeto, Thomas non è un santo. Non piangere perché tra di voi non ha funzionato. Piangi perché Andrew non si è rivelato un uomo." Le sue parole ancora rimbombavano nella mia testa.
Tom aveva avuto un figlio da una sconosciuta! Avrebbe dovuto avere un po' di senno e invece disseminava figli a destra e sinistra. Prima Inga, poi me e adesso quell'estranea.
"Pensa ai tuoi figli, dimenticami e cerca qualcuno che ti faccia stare bene. Non andare più allo sbando." Gli dissi.
"Non mandarmi via. Se lo fai non tornerò più." Mi disse con espressione seria.
Ebbi un tuffo al cuore, volevo sedurlo e farmi amare da lui. Sapevo quanto Thomas metteva tutto se stesso nelle relazioni. La tentazione era grande, ma resisterti. Dovevo proteggere i miei figli da Andrew e per farlo dovevo rinunciare alla mia felicità.
Così lo lasciai andare e per sempre come disse lui. Mi occupai di Margot come avevo promesso e alla nascita di suo figlio, avvenuta in casa, io e mia suocera ci assicurammo di registrare il bambino come figlio di Sapphire Ashley Cooper e Andrew Davis. Fu facile poiché dicemmo all'ostetrica che doveva compilare le carte che il nome di Margot era Sapphire.
Non ebbi più notizie dirette di Thomas, ne ricevevo solo indirettamente quando sentivo parlare Drake ed Ebony.
Fu così che venni a conoscenza della vera situazione di Isaak. Molly venne da me in lacrime, dicendomi che Thomas aveva scoperto dell'esistenza di Isaak e che ne aveva richiesto la patria podestà.
"È andato a trovare Lynn in Scozia. Quella stronza menefreghista, gli ha detto di Isaak." Io ascoltai tutto il suo sfogo, leggermente sollevata che non fosse uscito il mio nome in tutta quella situazione.
Avevo detto io a Thomas di Isaak. Anche se non immaginavo, come mi raccontarono poi Drake e Ebony, che Molly e suo marito avevano praticamente sequestrato il bambino dandogli una falsa identità.
Ebony fu molto esaustiva con me sull'argomento. Mi raccontò che per il bene del piccolo, Thomas alla fine aveva allontanato il bambino, mandando anche lui al Santa Maria. Nonostante ciò lo aveva dato in affidamento a Molly e Sean per il periodo estivo e le festività con la supervisione di Drake ed Ebony. Il suo scopo era quello di rendere la vita del piccolo meno traumatico possibile, anche per questo aveva richiesto alle autorità di aggiungere un secondo nome al suo certificato. Alla nascita il piccolo era Raziel Keller, mentre adesso si chiamava Raziel Isaak Keller Mc. Dove la Mac poteva stare sia per McAllister che per McMillan, come Molly e Sean.
Dovevo ammettere che era stata una mossa saggia, almeno per quanto riguardava il bambino.
"Quindi frequenta la scuola con Thomas e Joel." Dissi.
"È in una classe diversa da quella di Joel. Ma frequentano la stessa scuola e fanno dei corsi insieme." Mi riferì Ebony.
"Anche io ho una notizia da darti." Dissi alla mia amica. Dovevo affrontare la realtà e parlarne era il modo migliore.
Mentre Thomas faceva conoscenza di suo figlio infatti, io avevo saltato due cicli mestruali. Quindi era palese che fossi incinta.
"Aspetto un bambino. Ho bisogno di un dottore, probabilmente sono al terzo mese di gravidanza." Le riferii.
La mia amica annuì. "Che piacere, questa volta i nostri bambini cresceranno insieme." Mi disse toccandosi il ventre. "Anche io aspetto e sono di tre mesi. Se vuoi ti porto dal mio ginecologo."
"Si con piacere. Fammi avere una data e andremo." Le dissi.
Il medico di Ebony fu abbastanza veloce nel darmi un appuntamento, inoltre mi lasciò anche una serie d'esami da fare e mi invitò a prendere delle vitamine per il feto.
Quando andai in visita insieme a Ebony, non mi aspettavo di trovarmi di fronte un medico molto affascinante, era sui quarant'anni non gliene avrei dati di più, capelli biondi e occhi azzurri, era abbastanza affascinante.
La cosa sconcertante era che sapesse di avere fascino, me ne accorsi dal modo in cui mi sorrise una volta che incrociamo i nostri sguardi.
All'inizio pensavo di essermi impressionata, che non stesse flirtando con me e quindi lasciai correre, soprattutto perché quando si dedicò alla mia visita divenne molto professionale.
"Da questi esami risulta che tu sei più piccola di tre mesi." Mi disse controllando le analisi. "Sicuramente sei di tredici settimane, se mi permetti vorrei farti un prelievo per il Bi-test, con la stranslucenza nucale ti dirò come sta il bambino e anche di quante settimane sei precisamente." Mi spiegò alzandosi.
Com'era possibile? Se ero più piccola significava che il bambino non era di Andrew, ma di Thomas.
Acconsentii al prelievo e mentre me lo faceva Charles, così si chiamava il medico, mi pose altre domande.
"Riesci a dirmi se hai un'idea di quando puoi aver concepito il bambino?"
Ne restai stupita, Andrew mi aveva violentata la prima settimana di settembre. Poi c'era stato Thomas. "Ho avuto l'ultimo ciclo il 12 settembre settembre dopodiché ho avuto dei rapporti tra la fine del mese e inizio ottobre. Ma non posso aver concepito in quel periodo, io..."
Il medico sorrise. "Non sei tu a decidere, comunque nonostante le basse probabilità di stavi rientrando nel periodo fertile." Mi ricordò. "Comunque non è questo il problema. Stenditi che facciamo l'ecografia." Disse invitandomi sul lettino. Mi spogliai e nel frattempo continuò a spiegarmi come funzionava il bi-test. Quando fui pronta mi raggiunse. "Stai prendendo già le vitamine, le analisi sono uscite bene quindi possiamo ascoltare il cuore se ti fa piacere." Mi disse con un sorriso che arrivava agli occhi.
Mi voltai verso il monitor e per la prima volta vidi mio figlio, l'ultimo ricordo che Thomas mi aveva lasciato. Lo amai appena ascoltai il suo cuore. Il feto era piccolo come confermò Charles ero pressapoco di nove settimane, forse dieci. Quello era il figlio di Thomas e il mio cuore si alleggerì a quella notizia. Se lo avessi saputo o immaginato prima, io avrei potuto andare via con lui. Lasciare tutto e tutti e ... no! Non avrei mai potuto lasciare Joel alla mercé di suo padre. Che egoista che ero stata anche solo a formulare quel pensiero.
"Organizziamo i prossimi appuntamenti Sapohire, ti va?" Mi chiese il medico facendomi tornare alla realtà. "Sei giovane e il b-test è positivo, quindi evitiamo la morfologica." Mi disse fidandomi, la mano poggiata sul mio ventre con confidenza.
Lo fissai sorpresa. La visita era finita. "Mi rivesto."
"Oh certo. Prendi, asciugati del gel e ricopriti pure." Mi disse andando alla scrivania. "Direi che possiamo vederci tra quattro settimane. Lavoro con Ebony giusto? Mi ha detto che solitamente vi alternare in ufficio, quindi possiamo fare al pomeriggio." Mi disse fissandomi.
"Non abbiamo prenotato in anticipo il nostro prossimo appuntamento dottore." Si intromise Ebony.
Lui parve cadere dalle nubi, fissò la mia amica per poi tornare compito. "Dovevi far sapere la disponibilità di tuo marito alla segreteria. Ti ricordi che nella prossima ecografia si vedrà forse il sesso del bambino?"
Lei annuì. "Ah si! Giusto, mi pare di aver informato Alexandra del giorno libero." Rispose.
Il medico tornò su di me. "Ovviamente se vuoi, puoi portare tuo marito con te alla visita Sapphire." Concluse marcando sul mio nome.
Scossi la testa. "No, io e lui siamo separati e non sono intenzionata a portarmelo dietro." Risposi secca.
"Bene. Allora ci vediamo subito dopo capodanno, alle cinque del pomeriggio se a te va bene."
Annuii. "Va benissimo, grazie dottor Rochester." Dissi alzandomi. "Per il pagamento?"
"Alla reception dalla mia assistente." Rispose alzandosi anche lui e stringendomi la mano, ricambiai e attesi che mi lasciasse.
Anche questa volta fu Ebony a farlo tornare alla realtà. "Dovremmo andare." Disse salutandolo.
Al che mi lasciò così potemmo abbandonare lo studio.
Una volta in strada Ebony mi guardò complice. "Lo hai conquistato, non si è mai comportato così con me." Mi dissi.
"Allora non mi sbagliavo veramente flirtava con me." Dissi sorpresa.
"Decisamente mia cara." Mi rispose la mia amica. "Poi detto tra noi sei una donna bellissima, quale uomo non ti vorrebbe? Non so se l'hai notato, ma ti ha dato appuntamento in un giorno in cui lo studio è chiuso. Fossi in te mi farei delle domande. Poi con me non ha mai preso direttamente lui gli appuntamenti, questa è la seconda gravidanza e la parte burocratica l'ha sempre gestita Alexandra." Mi spiegò.
Quella affermazione mi lasciò colpita. "Ebony io non penso di aver lanciato dei segnali equivoci. Sono una donna sposata e..." alzai il dito guardandola. "Il bambino potrebbe essere di Thomas." Affermai.
"Oddio!" Esultò lei. "Seria? Quindi tuo figlio non è di quel maiale di Davis?" Mi chiese speranzosa. "Devi farlo sapere a Thomas."
"No non posso far sapere a Thomas del bambino." Affermai. "Non ora, l'ho cacciato via devo prima aspettare che questo bambino nasca, fare un test del DNA e assicurarmi che non sia di Andrew." Le spiegai. "Poi valuterò come e quando farlo sapere a Thomas, perché lo saprà." Non glielo avrei tenuto nascosto. "Comunque devo risolvere col dottor Rochester, mi guardava in modo così... così..."
"Seducente!" Cantinellò Ebony. "Saph, è un uomo sposato quindi sarebbe una relazione extraconiugale per entrambi, lasciati andare." Mi disse. "Non voglio spingerti all'adulterio, ma divertiti. Te lo meriti molto più di tanti altri."
"Non posso andare con un uomo sposato!" Le dissi.
"Tu pensaci sei intrappolata in un matrimonio violento. Quell'uomo ti picchia e ti tratta male, consentiti almeno una volta di vivere e di lasciarti andare. Prova il piacere del sesso. So che tra te e Thomas è definitivamente finita, quante altre occasioni potrai avere? Gli uomini non sono tutti come Andrew, tanto sono come Thomas, Drake e un po' come Charles. Comunque tradisce la moglie, solo per queste non è speciale come chi amiamo. Ma da uomo sposato non ti chiederà nulla se non di assecondare il vostro desiderio.
"Come fai a sapere che è sposato?" Le chiesi.
"Ha la fede." Mi disse sorridendo. "Eri talmente presa dai suoi occhi da non notare la fede e le foto della sua famiglia sulla scrivania."
"È abbastanza carismatico da tenere l'attenzione su di sé." Dissi arrendevole.
"Sai cosa? Tu hai un mese per pensarci e decidere se vuoi o meno spassartela un poco. In fondo te la spasseresti un poco. Mi ricordò.
Sospirai. Come mi aveva detto la mia amica aveva un mese di tempo anzi meno di un mese Charles mi aveva dato appuntamento subito dopo il primo dell'anno e aveva ragione Ebony l'ufficio sarebbe dovuto essere chiuso. Dovevo decidere, se fossi andata in compagnia avrei fermato la cosa sul nascere, da sola invece no. Dovevo decidere cosa fare non sapevo se volessi o meno una relazione anche se dovevo ammettere almeno con me stessa, che col suo sguardo caldo Charles sapeva come conquistare una donna.
Io probabilmente ero troppo ingenua, oltre Thomas e Andrew non aveva avuto altri uomini.
Dovevo pensarci, per ora sapevo solo che presto sarebbe stato Natale e avrei raggiunto Monaco. Volevo vedere dove i miei figli frequentavano la scuola, li avrei poi portati a casa per passare il Natale tutti insieme. Che lo volessi o meno, avrei dovuto rivedere Andrew.
Partì per Monaco la mattina del 22 dicembre Alla chiusura della scuola quel pomeriggio ero all'ingresso con gli altri genitori, c'erano anche Molly e Sean, in attesa di rivedere i miei figli. Non mi sorpresi di notare anche la presenza di Inga all'ingresso.
Le andai incontro salutandola, anche se per poco tempo mi ero affezionata a lei. Ero diventata una donna libera, non più costretta ad essere reclusa in casa dal marito. Come avevo recuperato l'amicizia con Ebony e Molly, volevo crearmene e delle altre. Chiamare di nuovo le amiche del collegio che avevo frequentato in Svizzera per riallacciare i rapporti, non volevo restare di nuovo sola. Con Inga mi ero trovata bene e speravo che il mio rapporto con Thomas non influisse sulla nostra amicizia che volevo alimentarla.
Così una volta che la raggiungi inizia a parlare con lei del più e del meno.
"Che bello rivederti. Ho visto Thomas e Joel durante un week end. Sono dei bambini dolcissimi e molto educati." Mi disse Inga.
"Si! Sono fiera di loro." Le dissi. "Trascorrete il Natale insieme?"
Lei annuì. "Dai miei suoceri, portiamo i bambini da lui ogni anno. A mia suocera piace avere la casa piena dei suoi nipotini, per ora sono tre. Presto ce ne saranno due in più." Disse toccandosi il ventre.
"Sei in attesa?" Le chiesi piacevolmente sorpresa.
"Si! Non era previsto, ma forse meglio così. Gellert potrà crescere con la sua sorellina."
Gellert se ricordavo bene era il figlio che aveva avuto con Taddheus. Non posi domande, anche se mi chiedevo perché non includessero anche Gabriel di Thomas in quel contesto.
"Anche io sono incinta." Ammisi.
Lei sorrise alzando la mano per farsi notare da un'insegnante. "Lo so! Me lo ha detto Thomas." Mi spiegò rivolgendosi a me. "Promettimi che ti prenderai cura di te, non farti toccare da quell'uomo."
Sospirai. "Lo farò. Tu invece promettimi che per qualsiasi cosa mi chiamerai e che resteremo in contatto."
"Ovvio che lo farò. Soprattutto perché io ho la delega per accudire i tuoi figli qui. Ti terrò sempre informata. Gabriel ha conosciuto il tuo Thomas e sembra che vadano d'accordo." Mi rivelò indicando due bambini che ci raggiungevano mano nella mano.
Uno dei due aveva i rossi capelli di Inga, l'altro invece era biondo. Si portavano dietro dei piccoli trolley e parlottavano tra di loro ignari che li guardassimo.
"Ecco il mio ometto." Affermai quando Joel si fermò a pochi passo da noi con l'amico.
Entrambi sollevarono il viso e nel vederci sorrisero. "Mamma sei amica della mamma di Gellert? È lui... il mio migliore amico."
Sorrisi. "Finalmente ci conosciamo Gellert. Sei identico a tua madre".
"Anche tu sei bellissima mamma di Joel." Mi rispose lui. "Mamma, Gabe e Tom dove sono?"
"Arriveranno." Rispose inga per poi rivolgersi a me. "Non dire niente del nostro segreto. Lo rivelerò in presenza di Tom, nostro figlio è molto sensibile e gli eventi importanti glieli diciamo sempre quando c'è anche lui."
Ecco! Forse era questo il motivo per cui sembrava prendessero le cose alla larga.
Quando arrivavano anche i due grandi mi sorpreso di notare come si somigliassero tra di loro. Salutai Gabriel e presi mio figlio per mano. "Prenderemo l'aereo domani mattina. I nonni vi aspettano, tu intanto perché non mi fai fare un giro della scuola?" Gli chiesi.
"Aspettiamo che si sfolli un po' e andiamo." Mi rispose la maestra che li aveva consegnati.
E così fu. Salutai Inga dicendole che l'avrei chiamata per gli auguri, dopodiché feci il giro della scuola.
Era molto grande, strutturata con enormi giardini, campi sportivi di qualsiasi tipo e piscine. All'interno c'erano tutti i tipi di aule da quelle tipiche per gli studi classici come letteratura, matematica e materie di base a quelle di economia domestica, ai laboratori di scienze e musica e alle serre. Giustamente essendo una scuola che arrivava fino all'ultimo anno di superiori, spaziava con varie attività.
"Mi piace molto qui." Affermai a fine tour.
"Anche a noi! Abbiamo anche tanti amici." Disse Joel.
Ne ero contenta, finalmente i miei figli erano sereni. Era la prova che un ambiente sano era ciò di cui avevano bisogno i bambini."
Torno a casa dopodiché da lì andiamo Scozia a festeggiare il Natale con i miei genitori Elisabeth nuovo anno avrebbe iniziato la chemioterapia dopo aver subito l'intervento all'utero.
I miei figli presero il volo verso Monaco il 2 gennaio mentre il 3 gennaio tornai alla clinica di Charles. Come mi aveva anticipato Ebony, la clinica era effettivamente chiusa al pubblico. Io però c'era andata da sola, in cuor mio avevo preso già una decisione sul mio rapporto col medico. Avrei ovviamente aspettato le sue mosse, non ero tipo da gettarmi tra le braccia di un uomo affascinante. Prima volevo una conferma del fatto che lui volesse avere una relazione con me, poi ne avremmo parlato.
Entrai che non c'era nessuno. Lo salutai augurandogli buon anno, dopodiché gli passai le analisi. Nel frattempo controllai la sua scrivania. C'era una foto di lui con l'assistente, Alexandra. Tra le braccia Charles aveva una bambina di colore molto bella, altri due bambini erano circondati da Alexandra. Somigliavano a lei!
"Le analisi sono uscite molto buone." Mi disse Charles in modo professionale. "Spogliati pure che ti faccio l'ecografia." Mi sorrise accendendo la macchina. "Oggi vedrai tuo figlio. Non sarà più un piccolo fagiolo."
Sospirai alzandomi, nei suoi occhi c'era la gioia di un uomo che amava il suo lavoro. Come sempre abbassai la gonna e mi stesi. "Hai una famiglia bellissima." Gli dissi. "Non credevo che Alexandra fosse tua moglie."
"Hai ragione. Amo la mia famiglia e anche mia moglie, nonostante tutto." Mi disse passandomi il gel sulla pancia. "Fa scivolare gli slip un po' più giù per favore." Mi disse prendendo la sonda.
Fortunatamente non mi toccò, non sapevo come avrei reagito. "Perché nonostante tutto? Mi sembrate molto affiatati."
Lui sorrise. "All'inizio del matrimonio si. Eravamo giovani e senza pensieri." Disse passando la sonda sul ventre. Il suo volto si animò nel momento stesso in cui apparve il bambino sul monitor. "Dopo dieci anni di matrimonio purtroppo non arrivavano figli. Credo sia stato il motivo per cui ci siamo allontanati io e Alex. Ci amavamo, lavoravamo insieme e avevamo anche dei rapporti fuggevoli. Lei si concedeva per accordo matrimoniale penso." Mi raccontò ancora indicandomi le mani del bambino. "Vedi, si sta formando."
"È stupendo. Un'emozione unica." Dissi cambiando argomento.
"È stato bello quando io e Alexandra abbiamo fatto l'ecografia del primo figlio." Mi rispose lui. "Come dici tu è un'emozione indescrivibile." Disse salvando dei parametri sul monitor. "Peccato che io avessi fatto degli esami scoprendo di essere sterile."
Restai basita. Lui raccontava la cosa tranquillamente, ma io non avevo il coraggio di rispondere. Prese la carta per farmi togliere il gel, ma non me la diede. Al contrario mi asciugò lui il ventre. "Capii così che lei mi tradiva, dopo la nascita di Nancy, era palese il tradimento. Le dissi che sapevo tutto e che da quel momento il nostro sarebbe stato un matrimonio aperto, anche io l'avrei tradita."
Mi disse sfiorandomi la pelle asciutta, ebbi un fremito. "Quando ho saputo che eri separata mi sono sentito sollevato." Mi disse finalmente affrontando il motivo per cui ero lì. "Appena sei entrata da quella porta ho provato un desiderio in arrestabile verso di te. Non c'ho mai provato con le mie pazienti per etica. Ma tu sei speciale per questo ho preso appuntamento per oggi non volevo che Alex ti incontrasse. Abbiamo una regola, le nostre relazioni devono restare fuori dalla nostra vita. Non ho mai infranto questa regola fino ad oggi." Concluse guardandomi.
Di nuovo la sua mano si era fermata sul mio ventre. Mi sentivo fremere e riconoscevo quella sensazione, era la stessa che mi aveva sempre procurato Thomas. "Perché tu e tuo marito siete separati?"
Sospirai. "È un uomo violento. Non abbiamo divorziato poiché adesso è in terapia." Confidai. "Questa gravidanza potrebbe essere frutto di una violenza."
"Potrebbe?" Mi chiese stringendo la mano a pugno. "Avresti dovuto denunciarlo, ti prego non chiamarlo uomo."
Scossi la testa. "Ho avuto un uomo dopo che è entrato in clinica. L'amore della mia vita! Il bambino al novanta per cento è suo." Gli rivelai.
"Perché non stai con lui se è l'amore della tua vita." Mi disse aprendo di nuovo il palmo.
Io ormai non provavo più vergogna a trovarmi in quella posizione, soprattutto perché Charles non sembrava volesse farmi del male, anzi. I polpastrelli carezzavano dolcemente il mio ventre.
"Fui costretta a sposare mio marito e dovetti rinchiudere a lui. Quando ho concepito il bambino è venuto a chiedermi di andare via con lui. Ma ho dovuto salvaguardare i miei figli."
"E lo hai lasciato andare." Mi disse.
Io lasciai andare un singhiozzo. "Per sempre.... Non tornerà più..." Dissi coprendomi il viso. Possibile che finalmente potessi piangere per quella mia scelta?
Charles non mi disse nulla, ne di smetterla, ne che fosse colpa mia. Così piansi.
"Gli dirai del bambino?" Mi chiese.
"Dopo il test del dna." Sussurrai.
"E intanto?" Mi chiese.
Tirai indietro le lacrime. "P-puoi continuare a carezzarmi?" Gli chiesi.
Lui sorrise. "Così?" Mi chiese continuando a muovere la mano sul ventre. Avvertii che le dita scendevano sul pube, lentamente si insinuarono negli slip bianchi. Non erano sexy, ma credo che lui non ci facesse neanche caso.
Mugulai di piacere, non gli avevo chiesto proprio quello. Ma lo apprezzai, senza accorgermene Charles iniziò a stimolarmi, stuzzicò il mio clitoride penetrandolo sempre più velocemente. Strinsi le mani a pugni per trattenere le urla. Quello era piacere allo stato puro, fino ad allora solo Thomas era riuscito a farmi provare queste sensazioni così inebrianti. Venni tra le mani di Charles e quando me ne accorsi mi coprii il viso rosso dalla vergogna.
"Scusami!" Gli chiesi.
"E di cosa?" Rispose lui. "L'ho voluto io. Intendo darti piacere!" Mi disse leccandosi il dito umido del mio coito.
Mi tirai su e lo guardai. "V-vuoi che...."
Lui si avvicinò a me sorridendomi. "Non voglio nulla." Mi disse dolcemente. "Mi farebbe piacere però che tu ti lasciassi andare. Voglio che tu ti piaccia come è giusto che sia per una giovane donna come te. Hai solo ventitré anni, non meriti di soffocare la tua femminilità per un marito violento e senza cuore." Mi disse.
"I-io..." Ero commossa dalle sue parole. "Forse è il caso che vada. Devo pagarti."
Lui scosse la testa. "Lascia, hai un appuntamento ufficiale la settimana prossima. In quell'occasione mi piacerebbe che tu pensassi alla mia offerta." Disse andando ad aggiornare la mia cartella.
Non avevo sentito offerte. "Ti andrebbe di iniziare una relazione con me?" Mi chiese. "Se si dovremo essere molto discreti."
Lo fissai. Non avevo bisogno di pensarci, avevo avuto un mese per farlo. "Per me va bene."
Lui mi guardò sorpreso poi sorrise. "Finisco di lavorare alle sette di sera solitamente. Sono in studio i giorni feriali pari, il resto del mio tempo lo passo in ospedale. Per cui possiamo incontrarci il martedì o il giovedì, come preferisci. Vengo a prenderti e usciamo." Mi disse.
"Mio marito non dovrà mai saperlo." Gli dissi.
"Qualsiasi cosa, se tuo marito ti aggredirà come tuo medico io lo denuncerò. Lo sai vero?" Mi disse.
"Sai che potrebbe togliermi i bambini?" Gli chiesi terrorizzata.
"Con una perizia medica da uno specialista non succederà nulla. Soprattutto se lui è in terapia." Mi disse.
Al che annuii. "Se giovedì prossimo abbiamo un incontro qui, potremo..." dissi titubante.
"Potremo vederci dopo. Non ti prenderò su un lettino clinico, meriti molto di più Sapphire." Mi disse.
Ero timorosa, ma le sue parole mi calmarono. Iniziammo ad uscire una settimana dopo, Charles mi chiese se era possibile cercare di minimizzare le uscite all'aperto.
"Saprei dove trovare mia moglie, ma non vorrei finissi nei guai con tuo marito." Mi spiegò.
Al che gli dissi di stare tranquillo, per me andava bene avere solo dei rapporti. Sinceramente anche io temevo un probabile incontro con Andrew, non sapevo come avrebbe potuto reagire.
Fu un periodo tranquillo e felice nonostante seguissi il lavoro alla KCG, Elisabeth con le terapie e mi prendessi cura del piccolo Samuel.
Se all'inizio mi imbarcai nella relazione con Charles titubante e con pudore, le cose cambiarono nell'arco di un mese. Stavo diventando più sicura di me, mi sentivo apprezzata e cosa importante Charles come Thomas aveva cura di me.
Alla KCG tutti vennero a conoscenza di quella relazione. Lo raccontai a Ebony e Drake e anche a Molly quando venne a trovarci.
Non ne fu contenta, anzi quasi mi accusò per aver commesso adulterio. Ne restai stupita. Lei sapeva quale era la mia situazione a casa e non era contenta per me.
"Lei è così." Mi disse Ebony. "Io l'ho scoperto, Thomas prima di noi anche. È una puritana."
Annuii. "Forse è meglio che non le racconti tutti i fatti miei allora. Alle volte non mi sembra che si comporti da amica."
"Hai solo noi due?" Mi chiese Ebony.
Scossi la testa. "Ho anche Inga e prima del matrimonio avevo due amiche in nord Europa, Amelie marchesa di Lussemburgo e Janine, figlia del sindaco di San Gallo." Le spiegai.
"Vuoi un consiglio. Riprendi i contatti con loro. Sicuramente ti conoscono più di Molly e quindi potranno capirti e sostenerti. Come me e Inga." Concluse con un sorriso.
Seguii il suo consiglio. Non pensai a telefonare le mie amiche, al contrario scrissi a entrambe una lettera dove raccontavo loro di quei sei anni separate, del mio sfortunato matrimonio e dei miei figli. Spedii le lettere chiedendo loro un recapito telefonico e una mail nell caso le avessero in post scrittum.
Intanto la mia relazione andava avanti. Diventavo sempre più grossa, fortunatamente però Charles non me ne faceva sentire il peso. Anzi mi viziava molto. Non ero abituata e la cosa mi piaceva.
Ci allontanammo solo per Pasqua da Londra. Tornai a Monaco, i bambini avevano quattro giorni di vacanza e con Elisabeh ne avremmo approfittato per stare lì con loro. Per l'occasione Inga organizzò una giornata tutti insieme sul fiume Isar. Quell'anno Thomas non ci sarebbe stato, per cui l'organizzazione della festa spettava a loro. Sinceramente ne fui felice, così potevo godermi la mia amica e i miei figli.
"Thomas passa sempre le vacanze di Pasqua con voi?" Chiesi a Inga intanto che carezzavo i capelli di Joel. Mi si era addormentato in grembo, desideroso di poter sentire la sorellina. Di fronte a me Inga aveva nella stessa posizione suo figlio, e migliore amico di Joel, Gellert.
"Sempre. Resta un paio di mesi almeno per trascorrere i fine settimana con Gabriel. Poi va via e lo raggiungiamo per le vacanze. Torniamo insieme a Monaco e ci resta fino al compleanno di Gabriel per festeggiarlo insieme." Mi raccontò.
Compresi che faceva di tutto per essere presente nella vita del figlio. Probabilmente sarebbe stato lo stesso per Thomas nostro figlio.
"Digli che se vuole può stare con Thomas. Non dovrebbe neanche avere il mio permesso, può portarlo in giro e fare tutto ciò che ritiene sia opportuno." Le dissi. "L'anno prossimo non verrò a Pasqua... Anzi no, ci sarò ma poi andrò a Berna dalla mia amica Janine." Risposi. "Il tempo di salutarli."
Lei mi fissò sorpresa dopodiché mi sorrise complice. "Va bene, Thomas sarà felice di poter trascorrere del tempo con il figlio." Mi disse. "Chi è Janine?"
"Una delle mie compagne di college al Rosey, da quando Andrew è andato via sono cambiate un po' di cose. Ho riallacciato i rapporti con Janine e Amelie."
"Raccontami tutto... sono curiosa adesso." Mi disse e le raccontai della mia adolescenza al Rosey e delle mie amiche con cui avevo riallacciato i rapporti da poco. Alla fine temendo di essere giudicata le raccontai anche di Charles.
Ma Inga si dimostrò una vera amica con poche parole. "Hai fatto benissimo, era ora che iniziassi a vivere la tua vita. Ci saranno degli errori, tutti ne commettiamo. Ma almeno viviamo. Ti auguro il meglio e anche di divertirti con le tue amiche Janine e Amelie. Però ricordati sempre anche delle nuove amiche." Disse indicandosi.
Le sorrisi, non c'era niente di meglio di una vacanza sereni più che mai.
"Trovo bene tua suocera. Thomas mi aveva detto che era ammalata."
"Sta facendo le chemio, a giungo ha l'intervento per esportare il cancro." Risposi. "Pensiamo positivo."
Lo ero realmente. Ero consapevole di stare bene, per questo pensavo positivo.
"Come chiamerai la bambina?" Chiesi a Inga.
"Pamela. La tua invece?" Mi chiese.
"Una pietra preziosa, come il mio nome, Diamond, se il test del dna mi dirà che è figlia di Thomas, le metterò anche il nome di un angelo."
"Joel non vede l'ora." Affermò la mia amica.
"Anche Gellert, a differenza di Gabriel sembra più felice dell'arrivo di Pamela." Le dissi io, avevo notato quella cosa già a Natale e ora ancora di più.
"Gabriel si sente un po' solo. Lui adora Gellert, è un sentimento reciproco. Ma sa che sono i figli di Taddheus." Mi spiegò. "Li reputa suoi fratelli, ma inconsciamente lui vorrebbe che a esaudire tutti i suoi desideri sia suo padre."
"Suo padre?" Chiesi.
Lei annuì. "Nel collegio c'è anche un pedagogista che segue i bambini, soprattutto quelli in età prescolare come i nostri. La pedagogista dice che Gabriel vorrebbe una mamma per il suo papà."
"Oh..." sussurrai.
"Dovrei parlare anche io con la pedagogista?" Chiesi a Inga. Chissà cosa pensavano i miei figli, cosa mi avrebbe detto la psicologa.
Inga sospirò. "Se vuoi. Ma la pedagogista mi ha detto che Gabe e Tommy si somigliano non solo fisicamente, anche a desideri." Assentii.
Avevo deciso comunque, sarei partita un giorno più tardi, volevo incontrare la pedagogista e sapere come stavano realmente i miei figli.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Quando incontrai la pedagogista a fine festività la donna, una psicologa specializzata in pedagogia di circa cinquant'anni, fu contenta di vedermi. 
"Thomas Uriel è molto protettivo verso il fratello. Fa il duro, ma quando vedo i suoi disegni e gli chiedo il significato mi apre un mondo. Lui disegna la sua mamma come una principessa e il suo papà come un eroe." Iniziò a raccontare la donna. "Mi dice che il papà non si fa vedere per questo motivo, gli eroi devono nascondere la loro identità. Dice che il suo papà è forte, perché lo salva sempre. La sua mamma invece è come Rapunzel, lui pensa che lei viva in una torre con un orco cattivo e che presto il suo papà verrà a distruggerlo." Rimasi basita. Quest'ora mio figlio pensava di me, per non parlare di Thomas.
"Lui pensa che venendo qui si sia salvato?" Chiesi alla pedagogista.
La donna mi sorrise togliendosi gli occhiali dalla montatura quadrata. "Lui pensa che venendo qui abbia trovato ciò che gli mancava. Probabilmente dipende dalla presenza del suo amico gemello."
"Ma loro non sono gemelli, hanno due madri diverse." Precisai alla dottoressa.
"No! Non lo sono, però probabilmente il fatto di essere nati nello stesso periodo e ereditato i geni paterni, molto evidenti non solo fisicamente ma anche caratterialmente, fa sì che loro abbiano atteggiamenti da gemelli. Nel più delle volte hanno gli stessi pensieri.
A Thomas manca la figura del padre mentre a Gabriel manca la figura della madre nonostante entrambi abbiano questi genitori nella loro vita. Adesso che il papà di Thomas sia l'orco o meno esiste e c'è! Come esiste la mamma di Gabriel, lui adora sua madre, ma avverte che nel suo inconscio che il suo idolo, il padre, non abbia la presenza di una mamma. I bambini sono più sensibili di noi adulti quando si tratta di sentimenti, probabilmente avvertono la malinconia che i genitori si portano dietro. I rimpianti si riflettono sulle nostre giornate e loro avvertono queste sensazioni di cui si sono alimentati. Adesso sono state appianate nel momento stesso in cui si sono incontrati e l'altra parte dell'anima, non so se mi spiego, si è ricongiunta."
Guardai emozionata la pedagogista cercando di riprendere il controllo di me. Ero esterrefatta, non pensavo che mio figlio riuscisse a percepire il rimpianto che avevo di una vita senza Thomas.
"Io la ringrazio!" Dissi alla dottoressa. "Pensavo che Thomas fosse felice, cioè adesso lo vedo felice. Aveva probabilmente bisogno di suo fratello molto più che di Joel. Questa cosa sotto un certo punto di vista mi rattrista." Affermai.
"Non si spaventi perché Thomas è molto legato a Joel, molto più di ciò che lei crede. Joel e Gellert sono stati la salvezza di questi bambini dando una parvenza di normalità alla loro vita solitaria. Gabriel fortunatamente non pensa che Taddheus abbia portato via il suo papà alla mamma. Perché è sempre stato incluso nella famiglia materna e averlo incluso alla nascita di Gellert senza mandarlo via è stata una salvezza lui, sono molto uniti.
Cone anche Thomas e Joel. Quest'ultimo Joel è l'esempio per cui Tommy pensa che ci sia una speranza di felicità. È stato il raggio di luce che gli serviva quando veniva bistrattato dal padre orco. Per questo Tom tende a voler proteggere suo fratello non vuole che egli pianga dal momento che Joel è molto sensibile."
Annuii. Riconoscevo anche questo. "Somiglia molto a me caratterialmente." Confermai.
"Se vogliamo parlare del suo secondo figlio da quando è qui lui si sente benissimo. Joel quando deve tornare a casa viene preso da attacchi di panico, lui ha paura." Lo immaginavo, purtroppo non sapevo come risolvere questa situazione. "È il motivo per cui vi suggerisco di trascorrere delle vacanze estive lontano dal clima di terrore che gira intorno al famoso papà orco."
Sospirai. "Mio marito purtroppo ha tutti i diritti di incordare Joel. Ora più che mai!" Sicuramente avere scoperto che Elisabeth lo aveva escluso dalla sua eredità lasciando tutto a Joel infieriva. "Abbiamo preso dei provvedimenti però. Tutte le volte che sarà con noi sarai super visionato, inoltre sta seguendo una terapia di riabilitazione."
"Spero che funzioni. La riabilitazione psichiatrica procede bene solo se si vuole effettivamente guarire."
"Guardi lo spero. Soprattutto per il bene di Joel." Le dissi spiegandole che non ero andata via col papà di Thomas proprio per mio figlio.
"Ha fatto bene. Le leggi solitamente favoriscono le madri, ma nel caso di suo marito potrebbe attaccar causa per via dell'eredità di cui mi ha parlato. Aspettate che i ragazzi compiano almeno quattordici anni. In caso di cause di divorzio possono essere chiamati dal giudice e dare una preferenza di convivenza."
Sospirai. Erano solo dieci anni, ma con Samuel appena nato e l'arrivo di Diamond sarebbero stati molti di più. "Voi non fate scuola estiva vero?" Chiesi cercando una soluzione per Joel.
"Noi no, ma credo che non lo facciano in tanti."
"Il Rosey in Svizzera offriva la scuola estiva." Dissi alzandomi. "La ringrazio molto per la sua pazienza e per avermi delucidato su come stanno i miei figli."
"Non lo dica neanche. Noi siamo sempre qui disponibili." Mi disse congedandomi.
Tornai a Londra con l'amaro in bocca. Durante il viaggio raccontai dell'incontro a Elisabeth che non fu stupita nello scoprire cosa i nipoti pensassero di suo figlio.
"Si raccoglie ciò che si semina. Andrew ha seminato male, al contrario Thomas sta tuttora seminando bene." Mi disse. "E tu non devi sentirti in colpa se sei felice e Charles ti fa stare bene. Si comporta più da marito lui che Andrew in questi cinque anni."
"Dovrei lasciarlo." Affermai guardando oltre l'oblò.
"Perché mai?" Mi chiese mia suocera.
"Perché è sposato e ha una famiglia. Mi sto affezionando a lui, più avanti si andrà, più sarà difficile lasciarlo andare." Dissi.
"Capisco cara. Ma prenditi tempo, goditi questi momenti finché puoi." Mi suggerì.
Intanto però il rapporto con Charles si faceva sempre più importante. Tanto che una volta mi raccontò anche del suo rapporto con Alexandra.
"Ci siamo sposati giovanissimi, io ero ancora uno specializzando. Ci amavamo molto e volevamo mettere su famiglia." Iniziò a raccontarmi. "Purtroppo dopo anni di matrimonio però non arrivavano figli. Al che a sua insaputa feci degli esami, ero sterile. Avrei voluto dirglielo, ma temevo mi lasciasse, ripeto la amavo molto. Così quando mi disse di essere incinta capii che mi aveva tradito. Lasciai correre, non l'accusai, forse voleva un figlio e potevo capirla. È un desiderio di tutte le donne, io ci lavoro in questo campo e lo sapevo. Ho sempre amato i bambini e vedere come una gravidanza proseguisse e unisse ancora di più una coppia. Quindi fin quando stavamo insieme e ci amavamo potevo passare sul tradimento di Alexandra. Probabilmente lei si sentiva anche in colpa . Ma non me lo disse mai soprattutto perché alla nascita di Lowell lui assomigliava talmente tanto sua madre e aveva gli occhi azzurri come i miei che non ci fece tanto caso. Forse lei nel suo inconscio accettò che fosse mio figlio e non il figlio del suo amante. Evitai di dirle che ero sterile, amavo Lowell era il figlio che avevo sempre desiderato e mi andava bene così anche se ero deluso amavo Alexandra. L'hai conosciuta è una bella donna socievole, anche troppo. Due anni dopo la nascita di Lowell come puoi aver visto in dalla foto Alexandra rimase di nuovo incinta questa volta non seppi spiegarmi il motivo, soprattutto perché tuttora noi abbiamo dei rapporti, nacque James e oltre ai capelli scuri, non come quelli di Alexandra che è un castano ramato, aveva gli occhi neri era palese che non fosse mio figlio. Però anche lui lo accettai, avevo sempre desiderato una grande famiglia.
Il mio matrimonio si era incrinato. Era come se Alex avesse capito che io sapevo.
Mi dedicai anima e corpo al lavoro, facevo gli straordinari per non incontrala e aprii un mio studio privato. Tutto il mio tempo libero lo concedevo ai ragazzi, per Alex c'ero solo la notte, quando mi sentivo solo la cercavo e lei altrettanto. Facevamo sesso, non più l' amore pensavo. Sei anni fa Alex uscì di nuovo incinta questa volta come hai potuto vedere in foto il suo tradimento era ben visibile. Non puoi avere un figlio di colore quando entrambi i genitori sono caucasici , glielo feci notare e glielo dissi secco: io sono sterile, quindi sappi che non sono sorpreso nel fatto che la bambina non sia mia, sono sorpreso dal fatto che tu abbia continuato a far finta di nulla. È palese che il nostro matrimonio è giunto ad una fine quando non riuscivamo ad avere figli. Come palese che si è ripreso quando sei uscita incinta di Lowell, lo comprendo io amo i bambini e proprio per loro e per tutto quello che abbiamo costruito in questi 20 anni non ti chiederò il divorzio. Ma come te da oggi mi sentirò libero di avere delle amanti." Mi raccontò, io lo ascoltai senza interferire nei suoi ricordi. "Alexandra è io abbiamo una società e una famiglia, abbiamo un certo stato sociale per cui un divorzio sarebbe stato uno scandalo. Io imposi quindi una regola, la discrezione successivamente chiesi anche di non avere relazioni con pazienti dello studio. Sarebbe come voler rovinare delle famiglie a priori e Alexandra ci provò proprio col marito della tua amica Ebony. Anche Alex mise una regola, una sola."
"Di che regola si tratta? Hai già infranto la regola della paziente." Gli dissi provando pietà per lui.
"Dice che non si è mai innamorata di nessuno dei suoi amanti. Per cui anche io non dovrò farlo, può accettare che il mio corpo sia di altre, ma non il mio cuore."
Boccheggiai. "Questa è... questa è... difficile da..."
"No, non lo è se si hanno relazioni effimere." Disse lui prima che dessi una mia opinione.
Cercai di vedere la nostra relazione dal suo punto di vista. Non mi sembrava qualcosa di passeggero. Eravamo insieme già da cinque mesi.
"Capisco." Sussurrai.
"Dovrei averti già lasciato." Mi confidò. "Ma non ci riesco, non ancora almeno." Sussurrò baciandomi la fronte.
"Lo pensavo anche io. Ci stiamo affezionando." Risposi. "Però una persona mi ha invitato a godermela il più possibile."
"Aspettiamo che nasca la bambina." Mi suggerì lui.
E giugno arrivò fin troppo presto. Entrai nell'ultimo periodo di gravidanza, ero più una balena che un essere umano. Charles diceva che attendendo una bambina la mia pancia era più grossa per questo motivo, mamma ed Elisabeth asserivano che dipendeva invece dal mio stato di serenità. Senza le pressioni di Andrew, durante quei mesi ero stata rilassata e avevo tenuto una buona dieta, come qualsiasi persona in gravidanza.
Il ventinove giugno mi si ruppero le acque. Andai in ospedale anche se ad accogliermi non c'era Charles ma un suo sostituto. Non feci domande, probabilmente non era di turno. Dovevo però avvertire il medico che mi serviva il test del dna.
Dopo tre ore di travaglio Diamond venne al mondo. La strinsi a me e mi persi nei suoi occhi scuri. Piansi con lei, aveva gli occhi di Thomas, non c'era bisogno di alcun test del dna.
"Lo capirà subito." Affermò Elisabeth quando mi ripresi dal parto.
"Noi saremo con lei. Non la lasceremo sola." Disse mia madre.
Il giorno dopo venni raggiunta da Charles era in compagnia dell'ostetrica e del capo infermiera.
"La signora Ashely Cooper. Dunque... il mio collega dice che il parto è andato molto bene." Disse in modo formale tastandomi il ventre. "La bambina è sana e anche tu. Hanno fatto un raschiamento così non avrai problemi nei successivi parti e il test del dna risulta..."
"Lo so già." Dissi usando il suo stesso tono distaccato. "La bambina ha gli occhi del papà."
"Bene signora Cooper. Che dire, state bene. Domani sarete dimesse, tu e la bambina. Prendetevi il vostro tempo, noi ci vediamo al primo ciclo. Basta che chiami Alex in studio e ti darà poi un appuntamento." Concluse lui.
"Va bene. Grazie dottor Rochester." Gli dissi io prima che andasse via. Non avrei pianto, almeno non in sua presenza.
Il nostro termine era scaduto e lo compresi nel momento stesso in cui era entrato nella mia stanza.
Due giorni dopo venni dimessa. Luglio era abbastanza caldo, ma non ci trasferimmo in Scozia per la nascita della bambina che era ancora piccola per viaggiare. In compenso mio padre andò a prendere i miei figli. Mi erano mancati tanto e lo espressi con molti baci e abbracci, mentre loro invece erano curiosi di vedere Diamond.
Ne furono subito affascinati. Joel era incantato dai suoi occhi. "Sono bellissimi." Mi disse estasiato.
Poi come preannunciato con l'arrivo dei bambini tornò anche Andrew. Lui ed Oscar entrarono dalla porta con strafottenza.
Il volto di Andrew era soddisfatto e orgoglioso quando mi vide con la bambina tra le braccia.
"La mia bambina." Era riuscito nel suo intento, probabilmente pensava questo.
Quando vide Diamond però si arrestò. La piccola aveva gli occhi grigio scuro spalancati, il vociare dei bambini non le dava tregua e non riusciva a dormire.
"Dov'è Elisabeth?" Chiese mio suocero.
"A riposare. La chemio la stanca, dovrebbe saperlo." Risposi.
"Vado ad avvertirla che siamo qui." Mi disse allontanandosi dalla stanza.
Io annuii e mi alzai dalla sedia. Volevo essere all'altezza di Andrew per affrontarlo. Posai la piccola nella carrozza e lo guardai.
"Come va la terap..." Mi sentii strozzare prima che potessi finire la frase.
"PUTTANA! Sei stata con lui." Mi accusò non facendomi respirare.
"Mamma... mamma..." sentii urlare Joel.
"Lascia stare la mamma." Urlò anche Thomas.
Finalmente mi lasciò andare, barcollai sul posto. Non ebbi il tempo di riprendermi che sentii arrivare un manrovescio di una forza assurda in viso.
"Mamma... mamma..." urlò ancora Joel.
"Lasciala!" Urlò Thomas. "Nonno... nonno Oscar."
"Zitto! Stai zitto bastardo." Urlò Andrew alzando un pugno verso Thomas.
"Fermati subito." Urlò Oscar afferrando il braccio del figlio! Non ti azzardare a toccare nessuno."
"Signora... lady Sapphire, sta bene?" Urlò Hannah venendo in mio soccorso. Ero sporca di sangue ovunque per via del parto, doveva essersi aperto l'assorbente che portavo.
Tremai. "Si... sto bene. Porta via i bambini per favore, non facciamoli spaventare." Le dissi.
"Sei impazzito!" Urlò intanto Oscar a suo figlio.
Hannah prese i bambini e li portò via dalla stanza mentre io cercavo di rassettarmi.
"Cosa non capisci di non alzare le mani, cazzo Andrew. Hai quasi quarant'anni e ancora non sai tenere a bada le tue emozioni."
"Non è mia! La bambina non è mia." Rispose lui.
"E meno male." Intervenne Elisabeth giungendo in quel momento con mia madre. "Significa che sarà una bambina amata, nata dall'amore e non da una violenza."
Mi raggiunse e si sedette. "Martha cara non pensare a me, aiuta tua figlia a lavarsi." Disse con affanno. "Baderò io alla piccola Diamond."
Mi allontanai dalla sala degli ospiti a testa alta con mia mamma, non potevo farmi vedere piangere da lei. Dovevo essere forte.
La prima cosa che feci in bagno fu lavarmi il viso, mi bruciava la guancia li dove ero stata colpita. Notai anche lo zigomo gonfio e il labbro superiore spaccato. "Non posso andare da Charles in questo stato. Dopodomani arriverà anche Janine dalla Svizzera, che accoglienza le darò ridotta così."
"La giusta accoglienza." Disse mia madre aiutandomi a spogliarmi. "Questo non è il capo parto. Avrai tempo ancora per farti visitare da Charles. Dovremo denunciarlo Sapphire." Disse mia madre.
"E se dovesse portarmi via Joel?" Le chiesi guardandola disperata. "So che se solo lo chiamassi Thomas verrebbe a prendermi. Ma Joel..."
Mia mamma esplose in un pianto improvviso. Non me lo sarei mai aspettato. "Non fa nulla, non diremo niente ancora." Mi disse stringendomi. "Ma tu non devi restare sola con lui. Quando verrà a trovare i figli deve esserci almeno un uomo. Chiama Drake se non ci siamo noi."
Annuii. "Lo farò. E chiuderò la porta quando andrò a dormire, i bambini saranno con me. Tutti e quattro."
Sapevo che quello che stavo facendo era sbagliato . Stavo chiudendo i miei figli in una gabbia.
Fortunatamente arrivò un angelo in mio soccorso. Due giorni dopo atterrò a Londra la mia amica Janine e non era sola. Con lei c'erano suo marito e l'altra nostra amica, Amelie.
"Ma che bella sorpresa. Ci sei anche tu."
"Ovvio che ci sono anche io Cherie. Quando ho ricevuto la tua lettera dovevo partire per l'Africa, ma adesso sono qui tutta per te." Mi disse. "Voglio conoscere i tuoi bellissimi figli e ti voglio in Lussemburgo per la prossima primavera, l'ho detto a Janine, dovrete farmi da damigelle al mio matrimonio."
Decisamente le mie amiche presero in mano le redini della mia estate. Coccolarono e viziarono i miei figli, tutti.
Il marito di Janine, sua ex guardia del corpo, fissava Andrew ad ogni mossa non lasciandolo mai con lo sguardo. Anche quando andai da Charles per il capo parto, Amelie venne con me. Voleva assicurarsi che la bambina potesse viaggiare in aereo.
Quando lo vide rimase colpita dal suo fascino. Il controllo andò bene e io lasciai che Amelie chiedesse informazioni a Charles mentre io andavo a pagare Alexandra.
"Questo controllo lo offre la casa, tornerai per un controllo l'anno prossimo. Ti chiamo a gennaio per definire una data?" Mi chiese.
"Si! Entro giungo che poi parto con la mia famiglia." Le annunciai.
Lei mi fissò. "Sono stata io!" Mi disse.
"A darmi la data? Si, lo so." Le dissi.
"No! Ho chiesto io al dottor Cruch di sostituire Charles al tuo parto. Ci sono dei limiti, il vostro lo avevate superato da un po'."
Ah!
"Giustamente, quando ho detto a Charles che eri al pari di un parente si è tirato indietro. Ma è stato troppo tempo, devo proteggere la mia famiglia . Assistere al tuo parto avrebbe instaurato un legame ancora più profondo." Sospirai. "Lo capisco. Sapevamo entrambi che c'era una scadenza." Le dissi.
Lei annuì passandomi una crema. "Per quanto possa servire mi dispiace. Questa crema se la cospargi mattina e sera dovrebbe cancellare prima l'ematoma." Concluse.
Mi sfuriai lo zigomo. Lo avevamo truccato bene, non si vedeva il livido.
"Puoi ingannare un uomo. Chiunque fa questo è da denunciare." Mi disse.
Sospirai. "Anche io devo difendere la mia famiglia. I miei bambini sono più piccoli dei tuoi."
Alexandra mi guardò con i suoi occhi verdi. "In bocca al lupo per tutto. Se può servire ti capisco." Poi appena si aprì la porta dello studio mi sorrise. "Perfetto , ti metto là appuntamento al sei giugno. Se hai problemi mi chiami e ne prendiamo uno."
"Grazie mille dottor Rochester." Disse Amelie raggiungendomi. "Dovrei pagare un consulto."
"Queste non lo offre la casa." Disse Alex.
Amelie mi sorrise prendendomi a braccetto. "Il dottore ah detto che potete viaggiare. Saranno delle vacanze meravigliose."
Forse avrei fatto la turista una volta in Svizzera. Anche se con i miei bambino non ci credevo tanto.
"Certo." Dissi voltandomi verso Alexandra e Charles. Il mio sguardo però era rivolto a lui. "Grazie di tutto. Semmai avrò un altro figlio, verrò da te."
Lui mi guardò poi rise. "Siamo qui." Disse.
Così facendo uscii lasciandomelo alle spalle.
"Tu si che sai fare uscite dignitose Saph." Mi disse Amelie. "Dove vuoi trascorrere le tue vacanze, a Berna o in Lussemburgo?"
"Non devi partire per qualche vacanza speciale?" Le chiesi. "Siamo a luglio in fondo."
"Adesso tu sei più importante di qualsiasi chiamata." Mi disse fermandosi e carezzandomi la guancia. "Saph! Avresti dovuto scriverci prima, non permetteremo più a quel bastardo di toccarti." Concluse.
"Non avreste potuto fare nulla. Prima o poi mi libererò di lui, il tempo che i bambini crescano." Dissi fiduciosa.
"Molto affascinante il dottore." Affermò lei. "Com'è a letto?"
Risi. "Bravo! Sa come farti sentire una donna."
"Hai bisogno di un altro amante." Mi disse salendo in auto.
"Adesso ho bisogno di voi e basta. Grazie a Charles sono riuscita a non crogiolarmi nel dolore della perdita di Thomas. Fidati, lui si che ne valeva la pena, era amore." Le dissi.
"Per questo sposiamo chi amiamo." Disse lei mettendo in moto. "Perché ci entrano sotto pelle e restano lì anche quando pensiamo che siano andati via."
"Non dovresti sposare una persona che non ami." Le dissi con affetto.
"Gli voglio bene. Tanto mi basta, nessuno potrà rendermi indietro Gerard." Mi disse malinconica.
Gerard era stato il suo primo amore. Lo avevamo conosciuto al Rosey durante il primo anno della scuola superiore, di quattro anni più grande di noi era un bel ragazzo moro sulla sedia a rotelle. La sua intelligenza acuta riusciva a destare la compagnia di tutti nonostante il suo handicap. Amelie, se ne innamorò, ma Gerard era destinato a non vivere a lungo, scoprimmo che aveva la distrofia muscolare di Becker quando Amelie si dichiarò a lui. Lei era stata abbastanza insistente dal volergli stare accanto, così a diciassette anni, prima che lui lasciasse il Rosey si fidanzarono, avrebbero dovuto sposarsi.
Purtroppo la sua malattia degenerò prima del previsto. Frequentavamo l'ultimo anno di college quando la notizia della sua morte di arrivò. Amelie non si era mai ripresa. Erano passati sei anni, si era fidanzata col granduca Pierre di Lussemburgo, ma non provava per lui lo stesso amore che l'aveva legata a Gerard.
Non contestai le sue parole, anche io come lei cercavo di andare avanti. Ero sposata con Andrew ma amavo Thomas, avevo rinunciato alla felicità con lui per la mia famiglia e andavo avanti arrancando.
Charles era stato un buon amante, mi ero anche affezionata.  Ma non era arrivato a farmi innamorare. Ero andata avanti e mi ero concessa il lusso di farmi apprezzare. 
Quando rientrammo a casa senza indugiare le mie amiche organizzarono la partenza per il nord Europa.
Avrei voluto portare Elisabeth con me, così avrei potuto seguire la sua terapia. Ma il marito rifiutò la mia offerta. Così senza indugiare partimmo per la Svizzera. Janine viveva a Ginevra e suo padre era uno dei consiglieri del governo svizzero. I Lambert avevano una splendida casa sul lago Lemano, dove avremmo trascorso le vacanze. I miei figli gioirono quando videro lo spettacolo che si ergeva ai loro occhi. 
Quando fummo finalmente tutte e tre sole, con una tata che guardava i bambini in riva ad un spiaggia privata, le mie amiche mi chiesero spiegazioni più chiare sui miei ultimi sei anni.
"Nella lettera sei stata molto evasiva." Disse Janine.
"Mi sono sposata e mi sono stati preclusi tutti i tipi di amicizie." Confermò Amelie. "A parte alcuni commenti personali ci hai scritto la stessa missiva. Ma spiegaci perché sei arrivata a questo!"
"Soprattutto perché stai ancora con un uomo violento." Concluse Janine.
Al che raccontai loro tutta la verità. Da quando avevo lasciato la Rosey, al debito di papà e il riscatto della banca, lo scambio col mio matrimonio e il legame con Andrew. Raccontai loro di Elisabeth e della via di fuga che mi lasciò, di Thomas e del mio amore impossibile e del mio straziante matrimonio con Andrew. Le percorse egli stupri, l'odio che era palese verso di me e mio figlio Thomas, la cattiveria verso Margot e l'intervento di Thomas di nuovo che aveva allontanato i bambini da Londra.
"È un bene averli portati qui. Quando siete arrivate Andrew ha avuto una crisi dopo aver scoperto che Diamond è figlia di Thomas. Per questo mi ha colpita." Conclusi. 
"Non è giustificabile. Non avrebbe dovuto picchiarti, ne in quell'occasione, ne le altre. È normale cercare conforto in chi si ama quando si sta con una persona del genere." Mi disse Janine. 
"Hai sbagliato a non andare via con Thomas." Disse Amelie. "Lui sarebbe stato la tua salvezza e sono sicura a che avrebbe avuto modo di proteggere anche Joel. Vi avrebbe portato a Monaco e Andrew non avrebbe potuto farvi nulla."
"Non credo. Ha in pugno le mie proprietà, a Londra conosce tutti e suo padre mette a tacere tutto per evitare scandali."
"Ma anche questa cosa!" Disse stupita  Amelie. "Com'è possibile Saph. Cioè tu hai frequentato la Rosey da quando avevi undici anni. Sappiamo che la retta è altissima. Questo vuol dire che il loro tenore di vita era alto."
"Papà si è indebitato col gioco. Gli hanno confiscato tutto." Risposi.
"Ma il titolo di viscontessa e le relative proprietà sono di tua madre. Mi sembra strano che al matrimonio la famiglia Ashley Cooper non abbia fatto la separazione dei beni e un accordo prematrimoniale." Disse ancora Amelie.
"Si, era infatti era la famiglia di mamma che ha preteso io studiassi in un collegio d'élite. Loro hanno pagato tutte le spese scolastiche. Alla morte dei nonni ho ereditato anche personalmente una villa." Dissi.
"Tuo padre era campione di golf. Aveva anche una sua scuola ed un campo agonistico di sua proprietà, si sono presi anche quello?" Mi chiese Janine.
"Avrebbero dovuto prendere quello, non le abitazioni di tua madre." Continuò Janine. 
Le guardai stupita. "Non lo so. Papà ha iniziato a giocare e forse si sarà venduto il club con la proprietà dei campi da golf." Dissi.
"Che poi, ti ricordi Stephan?" Mi chiese Amelie. Arrossii. Il principe di Lussemburgo, me lo ricordavo eccome. Durante il suo ultimo anno al Rosey aveva iniziato a corteggiarmi con discrezione. Gli avevo concesso anche qualche bacio. "Il tuo quasi cognato." Dissi.
"Ecco, proprio lui. Quando ho detto a Pierre della tua lettera, c'era anche lui presente . È rimasto sorpreso quanto me, quando ho detto che ti eri sposata appena diplomata." Raccontò.
"Si aspettava che sposassi lui?" Chiesi sorpresa.
"Mi ha rivelato che chiese a tuo padre di frequentarti. Ma lui rispose che non decideva per te e che sicuramente avresti voluto fare l'università." Rispose.
"Beh si! Mi sarebbe piaciuto, ma..." ero basita. Non sapevo cosa dire.
"Ma ha fatto un cambio repentino. Questa storia mi puzza." Affermò Janine.
"Comunque Thomas può permettersi di mandare tre bambini al Santa Maria, significa che è ricco. Sarebbe riuscito a proteggervi se avessi scelto lui." Asserì prendendo un po' di frutta appena portata dalla servitù.
Mi si insinuò il dubbio. Sarei potuta andare via con Thomas ed essere felice con lui? Ero stata troppo avventata? Forse se gli avessi detto della bambina avrai avuto ancora una possibilità.
"E i miei genitori?" Chiesi alle mie amiche.
"Loro non ci hanno messo tanto a venderti a Andrew. Inoltre sono andati a vivere in Scozia dopo il tuo matrimonio, lasciandoti in balia della sua violenza." Rispose Amelie cinica.
"Non sapevano nulla di Andrew. Dopo che lo hanno scoperto hanno richiesto che fosse allontanato ed Elisabeth ha detto che le proprietà ritorneranno ai miei. Ha accettato che Andrew andasse in terapia e mi ha anche invitata a godermi la relazione con Charles." Dissi. "Ma non mi ha mai chiesto di procedere col divorzio. Anche lei non lo ha mai chiesto al marito."
"La sua famiglia ci tiene alle apparenze." Affermò Janine.
"Si! Il marito so che la tradiva, tutto fatto con discrezione. Si è sempre parlato bene di loro due nella società londinese." Risposi.
"Quindi il figlio sarebbe la mela caduta vicino all'albero, ma molto peggio. Ma tu non puoi vivere nel terrore che quell'uomo ti faccia del male." Mi disse Janine preoccupata.
Indicai il marito che stava giocando con i miei figli in acqua. "Dovrei prendere una guardia del corpo."
"Un bel maschione sexy." Scherzò Janine.
Risi, anche se le mie amiche avevano insinuato nella mia mente tanti dubbi. Sul lavoro di papà e su come avesse fatto a indebitarsi in poco tempo, che tipo di gioco aveva fatto per svendere tutte le proprietà di mamma e la sua società? Probabilmente la villetta sull'isola Munk era costata poco data la pozione isolata.
Inoltre avrei dovuto veramente prendere una guardia del corpo, anzi no! Avrei cambiato la chiave della porta di ingresso di casa, di tutte le case di proprietà di mamma. Lui andava e veniva quando voleva.
Li a Ginevra trascorremmo delle vacanze serene, Janine mi aveva portato indietro ovunque e quando Amelie era tornata in Lussemburgo ci eravamo promesse di vederci al suo matrimonio. Lo avrei fatto, lasciai Ginevra dirigendomi a Monaco l'ultima settimana di agosto. Inga mi aveva detto che ci avrebbe ospitale con piacere ed io avrei avuto modo di conoscere sua figlia Pamela di tre settimana che era nata a inizio mese.
Una volta arrivati fummo accolti con gioia dai bambini. Erano abbronzati, segno che anche loro erano tornati da poco dalle vacanze. Mio figlio Tom subito si fiondò su Gabriel, mentre Gellert  eccitato gli chiese di andare a vedere Pamela.
"Indovina. Anche io avrò un fratellino, papà me lo ha promesso." Urlò portandosi via Tom.
"Gel vieni a conoscere Diamond... abbiamo due sorelle... siamo proprio uguali." Urlò Joel.
Io ero sorpresa da ciò che avevo sentito. Thomas avrebbe avuto un figlio suo? Quindi aveva conosciuto qualcuno di importante? Mi si strinse il cuore, era ciò che gli avevo consigliato. Io stesso avevo provato ad andare avanti con Charles.
Sorrisi a Inga che stava giocando con Samuel. "Scusami, forse stiamo facendo troppo rumore." Le dissi.
"Non dirlo neanche. Più siamo meglio è! Ti sei divertita in vacanza?" Mi chiese invitandomi ad accomodarmi in soggiorno.
Mentre la sua governante ci serviva il the e pensava ai neonati, noi ci raccontammo il periodo trascorso. Quell'anno erano stati in vacanza lì in Germania per via del parto previsto da fine luglio.
A settembre dopo la ripresa del collegio tornai a Londra. Elisabrh mi trovò meravigliosamente. Questo fu l'aggettivo che usò, anche io la trovai bene nonostante lo sguardo malinconico.
"Va tutto bene?" Le chiesi preoccupata.
Annuì. "Mi dispiace non riuscire più a gestire Andrew, non ascolta neanche più suo padre."
Assentii. "Ho deciso di cambiare la serratura di casa." Le dissi. "Mi dispiace, ma devo preservare la mia salute, i miei figli, Margot e Hannah."
"Lo capisco cara. Mi dispiace, è come un bambino capriccioso, più gli si dice di non fare delle cose più lui insiste." Mi rispose amareggiata. "Questa estate gli abbiamo detto che sarebbe meglio divorziare."
Sussultai. "Possiamo farlo." Dissi mentre sentivo che mi si sollevava un peso dal cuore.
"Ha detto di no! Dice che sei sua e che non divorzierà mai." Mi disse Elisabeth. "Mi ha chiamato vecchia con disprezzo e mi fa detto che sarei morta presto. Vuole impugnare il mio testamento." Mi rivelò.
"A noi non interessa dei suoi soldi." Le dissi col magone. Non voleva presentare richiesta di divorzio, ma lo avrei fatto io. "Gli chiederò io il divorzio." Affermai. 
"Non lo firmerà. Per ora starà buono perché suo padre lo tiene lontano da casa tua, ma potrebbe chiedere ai suoi avvocati di rientrare in casa." Scossi la testa. "Non lo farà. Non entrerà più in casa mia a fare il padrone, abusando di me, della servitù e dei bambini. Non posso permetterlo." "Prendi tutte le precauzioni possibili. Io sono troppo stanca e non so se riuscirò a reggere i suoi stati d'animo." Mi disse.
"Posso chiederti una cosa sola in riferimento all'eredità?" Le chiesi dal momento che aveva sfiorato l'argomento. Lei annuì.
"Posso chiederti il valore degli immobili acquistati dalla mia famiglia? Voglio capire quanto mio padre sia stato indebitato dal gioco." Le chiesi.
"Ti dirò ho controllato al testamento l'anno scorso. Andrew non ha mai pagato nulla a tuo padre. I beni erano però  confiscati dalla banca." Mi rispose lasciandomi ancora più stupita. "Bisogna controllare le carte di successione per capire cosa è stato scritto. Adesso che mi ci fai pensare credo sia il caso di darvi già tutte le vostre proprietà indietro, semmai Andrew vorrà impugnare il testamento, bisognerà muoversi per altre vie." Mi disse.
Io annuii con tante domande nella mia testa. "Credo sia giunto invece il momento per me di riprendere in mano i libri. Devo capire cosa è successo a mio padre per avere un credito così alto verso la banca e perché sono stati confiscati invece i beni di mamma." Le dissi raccontandole poi tutti i dubbi che le mie amiche avevano insinuato nella mia mente.
Lei concordò con me che avevo probabilmente ragione e mi diede la benedizione per il mio progetto universitario.
"Sai già cosa farai?" Mi chiese.
Sospirai. "Credo il corso base di economia o di legge. Devo valutare e trovare modo di fare anche degli stage presso delle società. Inoltre dovrò prima fare l'ammissione, poi vedrò." Le spiegai andando ad abbracciarla. "Grazie di tutto Elisabetta e ricorda, tu sei forte. Hai fatto un intervento importante e seguito la chemioterapia.  Vedrai che ti riprenderai e purtroppo per Andrew non morirai adesso." Le dissi speranzosa.
Ci credevo veramente. Forse ero egoista, ma non poteva lasciarci così, non ancora. Era troppo presto.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

La storia dei principi di Lussemburgo è inventata, la scelta del nome Nasseaux è voluta proprio per far capire che sono personaggi di invenzione <\br>________________________________________________________________________________________________________________


Feci l'esame d'ammissione alla London school of Economy, che oltre ad avere corsi di economia e studi sociali, aveva anche la facoltà di legge. Fortunatamente , nonostante mi fossi diplomata sei anni prima, il Rosey e i miei voti, mi aiutarono a venire ammessa. Entrai fuori corso, avendo fatto tardi l'esame di ammissione. Scoprii di avere abbastanza fondi per iscrivermi grazie ai guadagni della mia quota societaria in quegli anni. Avevo un bel credito, su un conto che Thomas mi aveva aperto quando ci eravamo conosciuti. Non ne conoscevo l'esistenza e da quando lavoravo alla KCG, Drake mi consegnava mensilmente un assegno per il lavoro svolto. Non avevo un fisso, poiché non andavo sempre in sede e mi gestivo con Ebony le ore avendo entrambe le bambine piccole.

Quel conto era molto proficuo, erano gli introiti della società ricavati in base alla mia quota. Come mi aveva spiegato Drake, essendo io la socia fondatrice con Tom, nonostante la piccola percentuale, avevo guadagnato successivamente per ogni sede aperta e per i fatturati annuali. 

Non pensavo fosse così facile. Da ragazza ero stata talrnente ingenua da non informami su quanto stava accadendo. Avevo accettato il mio destino e a testa bassa mi ero fatta sottomettere. Da quando lavoravo alla KCG invece alcune cose mi erano state più chiare. Io ad esempio non ero una persona perseguibile fiscalmente parlando. Era stato mio padre ad essersi indebitato, ma se avevo capito bene anche lui non era stato segnalato alle autorità competenti. 

Dovevo informarmi, vedere tutte le carte e soprattutto saperle leggere e decifrare. In pratica dovevo studiare ed entrare in qualche studio a fare uno stage formativo. 

Era assurdo rimettermi a studiare a venticinque anni, con pensieri più maturi e tanti impegni. Se non mi fossi fatta soggiogare dal fallimento di papà forse a mente lucida avrei potuto far andare la mia vita diversamente. Sarei andata all'università e forse ancora non avrei avuto un fidanzato. Forse Stefan Nassaux appunto e probabilmente non avrei conosciuto il mio amato Thomas. 

Lui sarebbe stato l'unica persona di cui avrei avuto il rimpianto.  Lui e i nostri figli e anche Joel. 

No. Era stato meglio se non fossi tornata indietro. Avrei acquistato in cultura, ma avrei perso tanti legami cui non volevo rinunciare. 

Così di buona lena mi misi a studiare, alle mattine andavo in facoltà, al pomeriggio alla KCG a lavorare e alla sera quando tornavo a casa mi godevo la mia piccola Diamond.

Me la tenevano Hannah ed Elisabeth che poco alla vodka stava riprendendosi dal cancro. Margot pensava a suo figlio Samuel che iniziando a camminare dava più da fare.

Sentii anche mio padre, invitandolo a portarmi tutta la documentazione del fallimento, gli estratti i conti correnti passati, tutta la nostra contabilità da quando erano sposati. Chiamai anche i miei zii nel Surray per chiedere loro come era funzionato il pagamento del periodo scolastico in Svizzera e la gestione delle proprietà degli Ashely Cooper. 

Mi avrebbero mandato tutto tramite fax alla KCG. 

A Natale finalmente rividi i miei figli. La LSE era chiusa per il periodo natalizio e potevo godermeli senza problemi.

"Abbiamo conosciuto il papà di Gabriel." Raccontò Thomas quella sera, ebbi un tuffo al cuore. Fissai mio figlio, aveva un'espressione felice e vivace. "È fantastico, lui è un vero papà mamma. Ci abbraccia e ci bacia, ci porta in giro quando è a Monaco, mi fa anche il solletico." 

"Ci fa parlare e ci ascolta tanto mamma. Ho tenuto anche in braccio Rafael." Raccontò felice Joel. 

"È vero, anche a me fa fare tutto. E ci carezza, ci dà tanti baci mamma. Mi piace tanto tanto il papà di Gabe." 

Carezzai il suo bel viso, così simile a quello di Tom. "Lui è..."

"Bravissimo." Intervenne Joel tirandomi la mano. "Gli ho detto di Diamond, è contento della nostra sorellina." 

"Veramente? Cosa gli hai detto?" Chiesi a Joel col cuore in gola. 

"Che ha gli occhi bellissimi e scuri." Rispose. "È stato felicissimo quando lo ha saputo." 

Ingoiai il groppo, Tom sapeva di Diamond e Joel sapeva che era il padre del fratello maggiore. 

"Tommy...."

"Lui non ci fa caso a queste cose mammina." Mi sussurrò Joel.  "È un nostro segreto?" 

Baciai mio figlio sulla fronte. "È un nostro segreto." Gli sussurrai. 

"Domani verranno i nonni?" Chiese Tom che stava giocando con Diamond. 

"Si! E consocerete anche i miei amici, Sbony, Drake e Molly con la sua famiglia. Sarà un Natale pieno di gente." Li avvisai.

"Wow! Non è mai successo." Esordì Thomas. 

"Beh! C'è sempre una prima volta. Come la vostra vacanza a Ginevra." Affermai. 

"Ci è piaciuta tanto." Disse Joel.

Anche a me era piaciuta e mi aveva aperto gli occhi. 

Quella sera prima di cena giunsero anche i miei genitori in previsione delle festività natalizie. 

"Vi aspettavo domani." Dissi abbracciando mamma e papà. 

"Domani Andrew potrebbe arrivare prima di noi. Preferisco esserci dal mattino." Disse papà.

"I miei ometti sono cresciuti tutti tanto." Affermò mia madre rivolta a Tom e Joel. 

Ci preparammo a cenare e nel frattempo mamma e papà si informarono su tutti. Sugli studi dei bambini e anche sui miei, sulla crescita dei due lattanti e sulle possibili incursioni di Andrew. 

"Ho fatto cambiare la serratura. Drake mi accompagna tutte le sere, ci assicuriamo che non ci sia nessuno quando va via. Mi chiudo dentro fino al mattino poi. Riapro quando arriva e Elisabeth che aiuta Hannah a tenere Diamond. Se anche venisse non mi troverebbe e nessuno lo aprirebbe." Spiegai. 

"Mi piace come ti sei organizzata. Ottima l'idea di cambiare la serratura." Disse papà.

Lasciai che Margot portasse i bambini a dormire dopodiché affrontai il tema che mi stava a cuore. Ovvero il fallimento di papà e la cessazione di tutti i nostri beni.

"Mi spieghi come hai fatto a indebitarti?" Gli chiesi con calma. 

Papà si guardò le scarpe. "Io e Paul, il mio caddy abbiamo iniziato a scommettere poco prima che iniziassi il tuo ultimo anno alla Rosey. Paul divenne il mio nuovo caddy per i major di luglio. Lo hai conosciuto Saph, era a festeggiare la mia vittoria dei Major nel Regno Unito. C'eravate anche tu e tua madre in quell'occasione." Mi raccontò.

Cercai di ricordarlo, stranamente non ne avevo memoria. In quegli anni ne avevo passate fin troppe da potermi mettere a pensare al passato. 

"Quindi si trattava di scommesse? In cosa consistevano?" Chiesi. 

"Si scommetteva sui giocatori di golf, sulle vittorie e sui par con cui si riusciva a vincere. Un po' come quando vai al cinodromo e scommetti sui cavalli." 

"E tu scommettevi contro i tuoi avversari?" 

Papà sorrise. "Io scommettevo su me stesso." Disse con aria amareggiata. "Ma non so come iniziai a giocare male, mancavo i par, non entravo nei limiti dei tiri e... ho perso." Concluse amareggiato. 

"Quindi parliamo di scommesse. Chi era il tuo creditore? Si sono presi il golf club della tua famiglia? Per questo non hai più giocato a golf?" Chiesi a papà che aveva una scuola di golf con relativi campi da golf in giro per l'Inghilterra. 

Papà scosse la testa. "No! Tuo zio George quando scoprì delle scommesse disse che dovevo tenere la società fuori dai miei casini. Fu allora che aprii il conto alla London Bank."

"Era un conto giovane?" Chiesi.

"Si! Vi feci girare i guadagni dell'ultimo anno. Apri il conto a dicembre e mi fu bloccato a giugno." Mi spiegò. 

"Per curiosità." Gli chiesi per scrupolo. "Ma quanto guadagnavi? Cioè come si fa a guadagnare con uno sport come il golf?" 

"Io che fino a sette anni fa vincevo almeno due tornei o mi classificavo nei primi cinque." Mi rispose. "Avevo quindi degli sponsor che mi supportavano, guadagnavo circa cinquantacinque milioni di dollari annuali." Mi confessò papà. 

Restai basita. Non ebbi modo di rispondergli dalla sorpresa, era una cifra relativamente alta. "Già tassati?" Chiesi in un sussurro. 

Lui annuì. "Escluso di tasse e tutto ciò che dovevo pagare. Mio padre era il mio coach, ma dovevo pagarlo, poi il caddy, la manutenzione delle dei bastoni e tutto ciò che era inerente il mio team. Ovviamente grazie agli sponsor il mio cachet aumentava. Io guadagnavo bene, perché ero comunque nella Top Twenty dei campioni mondiali di golf. Molti sponsor, dopo il mio ritiro, mi hanno chiesto anche il perché, nonostante  non rendessi più al meglio. Ho risposto che al momento avevo la mente annebbiata per potermi dedicare al golf." Mi disse confessandomi tutto. "È la verità. Ero ossessionato dal desiderio di vittoria per poter vincere le scommesse." Concluse. 

Lo stesso non mi tornava qualcosa. "Sì ma col reddito che avevi, non c'era neanche bisogno di scommettere. Poi scusami. Se guadagnavi anche solo diecimila dollari annuali, mi spieghi come hai fatto a indebitarti in questa maniera papà?"

Non mi tornava, non mi tornava proprio. Se papà guadagnava così tanto, come mi aveva insinuato il dubbio  anche Janine,  non avrebbe dovuto indebitarsi non fino a ridursi al punto in cui era arrivato.

"Mi hanno bloccato il conto." Disse mio padre scrollando le spalle. 

"Ovvio, hai aperto il conto alla London bank, quando avevi un'altra banca con cui c'era comunque un rapporto di fiducia. Perché lo hai fatto?" 

"Paul mi consigliò la London bank per avere un rapporto più chiaro sui movimenti così da poter pagare i debiti in modo pulito. Dovevo pagare i debiti delle scommesse."

"Ma tu i debiti potevi pagarli anche sull'altro conto? Perché non sei rimasto all'altra banca?" Chiesi continuando a confrontarmi con lui. 

"Perché quel conto è legato alla mia famiglia, ho staccato i conti proprio per non andare a danneggiare la mia famiglia o la famiglia di tua madre." Questo lo potevo comprendere. 

"Ma hai lo stesso fatto confiscare i nostri beni, hai spostato il mio conto personale alla London Bank. Motivo per cui mi sono ritrovata senza nulla poi." Gli dissi. 

"Capisco che per te è difficile..." Biascicò papà. 

"No! No papà! Per me non è difficile da capire." Gli dissi. "Io sto cercando di comprendere infatti  cosa sia effettivamente successo. Siamo sinceri, se potevi mantenere la mia retta scolastica e concederti il lusso di partire da un paese all'altro del mondo per partecipare ad un campionato, uno staff tecnico e anche la presenza della mamma con te ai tornei. Allora papà tu non dovevi andare in bancarotta, mi hai praticamente gettato tra le braccia di Andrew per un debito che probabilmente non esiste." Gli dissi. 

"Ma il debito c'era ed era sulla London Bank. Smith mi chiamò dicendomi che il debito era salito troppo."

Quindi si parlava di interessi? "Ma papà chi era era il tuo creditore? Potevi parlare con lui direttamente no?"

"Paul." Rispose papà. 

"Il tuo caddy? Scusa papà, il tuo creditore e l'uomo che pagavi come caddy è diventato il tuo creditore?"

Al che mio padre annuì. "Perdevo le scommesse contro di lui e di conseguenza io dovevo dargli dei soldi."

Paul il daddy! Impossibile. Papà non aveva mai scommesso, arrivava questo Paul e lui non solo scommetteva, ma perdeva anche ai tornei? Scossi la testa sconvolta. "No... papà non mi è chiaro ancora, quindi tu hai aperto un conto su una banca che non ti dava le garanzie dovute ad anni di rapporto. Perché il tuo creditore ti ha detto di aprire lì papà?" Chiesi esterrefatta. 

Ora più che mai sentivo che iscrivendomi a legge e finanza potevo capire che cosa diamine era successo. "Mi mi sembra assurdo che noi siamo finiti dall'oggi al domani in povertà per un anno un anno di scommesse." Affermai guardandolo. 

Mia madre si era coperta il volto. Sembrava che ricordare ciò che aveva passato le facesse male.  "Andrew non vuole concedermi il divorzio." Rivelai ai miei genitori. "Ho cambiato la serratura di casa per evitare visite a sorpresa. Ma domani non posso evitare di farlo entrare in casa mia. È il padre di Joel ed è loro diritto incontrarsi." Conclusi alzandomi stanca da quella discussione. 

"Posso chiederti un'ultima cosa?"  Papà sospirò. "Per caso è stato Paul a istigarti al gioco?" 

Mia madre mi fissò stupita, allo stesso modo guardò mio padre. 

"Lui lo faceva sempre. Mi disse che era un hobby innocuo."  Rispose.

Hobby innocuo? Ebbi il sospetto che mio padre fosse stato imbrogliato. Altro che hobby ingenuo. "Dove si trova adesso Paul? Come fa di cognome?" Chiesi sempre più sospettosa. 

"Paul Adams." 

"Perfetto. Domani chiederò a Oscar cosa sa di questo Paul Adams, se è un correntista avrà delle informazioni o potrà fornirmele. Tu lasciami tutte le carte che hai di quel periodo. Avevi qualcosa di scritto delle scommesse e del debito?" 

"Ho conservato tutto io." Intervenne mamma. 

Annuii. "A quanto ammontava il debito?" Le chiesi. 

"Circa seicentomila sterline." Rispose mamma. 

Poco più del saldo approssimativo che mi aveva detto papà. "L'altro conto è ancora aperto?" Chiesi. 

Mia madre lanciò uno sguardo interrogativo a papà. "Ovvio che si." Rispose lui. "La mia quota della scuola di golf e della società di famiglia entrano solo lì."  

Lo fissai. "E i risparmi degli altri anni? Quelli da golfista?" Chiesi ancora. 

Lui sembrò pensarci su. "Credo siano sempre lì."

"Non hai più controllato il tuo conto?"  Gli chiesi sorpresa. 

"Ti ho detto, mio fratello mi ha invitato a non mettere in mezzo la società e..." 

"Ma il conto c'è sempre e dovresti gestirlo e controllarlo." Sbuffai guardando i miei genitori. "Gli estratti mensili non vi arrivano? Potete farmi una delega per fare un controllo?" Chiesi. 

"Forse siamo stati un po' pigri." Ammise mamma.

"No mamma!" Dissi dura. "Avete permesso che vi imbrogliassero. Perché con un saldo minimo di cinquanta mila dollari e una semplice ipoteca solo su questa casa, voi non avreste avuto debiti. Io sarei stata libera da Andrew e voi adesso non sareste così amareggiati per la mia vita." Dissi loro. 

"Ma..." balbettò papà. 

"Ma cinquanta mila dollari sono circa trecentocinquantamila sterline papà. Se avevi soldi sull'altro conto tu saresti stato lindo e pulito.  Ma non voglio parlarne più, domani parleremo con Oscar Davis." Conclusi congedandomi. 

Ero stanca, quella discussione mi aveva spossata. 

Il giorno dopo la famiglia Davis fu da noi di buon ora. Invitai Joel ad andare a salutare il padre anche se lui reticente si stava sulle sue. 

Andrew dal canto suo si avvicinò a me.

"Dov'è la mia bambina?" Chiese in modo teatrale. 

Assurdo, tutti in quella stanza sapevamo che non era sua. A che gioco stava giocando? 

"Nella culletta ovviamente." Gli dissi stando al gioco. 

Lo osservai di sottecchi mentre si dirigeva alla culla in vimini di Diamond, intanto Elisabeth si avvicinò a me per salutarmi. Il marito come sempre le era dietro. Forse quella era l'unica occasione che avevo per evitare Andrew. 

"Oscar ho una domanda." Sussurrai per non farmi sentire. 

Lui mi guardò sospetto. "Dimmi." 

"Conoscete un certo Paul Adams?" Chiesi diretta. 

"Oh cielo." Esclamò Elisabeth. 

Oscar alzò gli occhi al cielo. "Quarant'anni circa, sguardo vuoto e nullafacente?" Chiese.

Io guardai mio padre scuotendo la testa. "Età e sguardo vuoto ci sono. Ma lavorava per me, era il mio caddy." Disse a mio padre.

Oscar rise. "Quel nullafacente non ha mai lavorato. È un amico di Andrew e suo padre è uno dei dipendenti della London bank." Disse. "Perché siete così curiosi di lui?" 

"Era il creditore di papà. Ha un conto presso la vostra banca." Risposi. 

Lui scosse la testa. "Nessun conto da noi, ma anche altrove." Rispose guardando Andrew che si avvicinava a noi. "Nessuna banca aprirebbe un conto a un truffatore." Concluse borbottando. "Stanno arrivando i tuoi amici?" Urlò allontanandosi. 

Un truffatore?  Il creditore di papà era un truffatore? 

Mi sentii afferrare il braccio da mia suocera. La sorressi e nel farlo lei mi sussurrò poche parole all'orecchio. "Ne parleremo in sua assenza." 

Quindi lo conoscevano.  

Affrontai quella vigilia accogliendo i miei amici con Molly, Sean e loro figlio Isaak.  Appena incrociai lo sguardo del bambino riscoprii gli occhi di Thomas. Era veramente suo figlio. 

"È bello averti qui Isaak. Benvenuto e buon Natale." Lo salutai. 

Trascorremmo una bella serata, a parte gli inopportuni commenti di Andrew. Cenammo tutti insieme il giorno della vigilia e il Natale a seguire. 

Fortunatamente Andrew andava via appena suo padre lo chiamava. 

Due giorni dopo Natale io e i miei genitori ci trovammo nell'ufficio di Oscar alla London Bank. 

Nella sua poltrona era seduta Elisabeth.

"Adesso posso essere più esaustivo alla tua domanda." Mi disse Oscar. "Paul Adams è un truffatore. Non è e non potrebbe mai essere un correntista poiché è ricercato dalle autorità."

"Come fate a conoscerlo?" Chiesi dal momento che la banca aveva fatto da intermediario col debito di papà.  

"Era un amico di Andrew. Anzi temo lo sia ancora." Rispose Elisabeth. 

"La differenza tra i due è stata che io ho preteso Andrew lavorasse. Lo inserii qui in banca proprio per tenerlo sotto controllo." 

Restai sorpresa a quell'affermazione. "In che senso amici? Andrew ha per caso aperto un conto a Paul qui in banca?" Chiesi.

"Non potrebbe. Ripeto è segnalato." Disse Oscar. 

"Ho scoperto che il creditore di papà anni fa, era appunto Paul." Dissi. "Quando firmai le pratiche di gestione debito, erano a nome suo." 

Lui scosse la testa. "Posso cercare le carte, ma credo che fossero a nome di Andrew. Era lui il vostro creditore." Rispose l'uomo. 

Ebbi un colpo. "Ma papà non lo conosceva Andrew fino a quando non lo abbiamo conosciuto nell'ufficio di Smith." Affermai col cuore a mille. 

"Se Paul lavorava con Edward, allora Andrew lo conosceva. Sono sempre stati insieme, al momento Andrew non è in contatto con lui perché ha lasciato Londra. La sua truffa ai danni di un giocatore di cricket è stata scoperta." Ci informò Oscar. 

"Un giocatore di cricket? Come lo ha truffato?" Chiesi sudando freddo.

"Con le scommesse. Si insinua nel team dello sportivo del momento, lo spinge a scommettere e a seconda della reazione del perseguitato o lascia che vinca le gare o gliele fa perdere. Quando riesce a farseli complici gestiscono i risultati, altrimenti si destreggiano in altri modi." Rispose Oscar guardando mio padre. "Ah... tu eri un golfista. Probabilmente ci sei finito dentro."

"Può aver manomesso i risultati?" 

"Non si può." Intervenne papà. "È impossibile barare nel golf." 

"Non se il tuo caddy raccoglieva le palline per te." Intervenne mamma. "Poteva benissimo modificare il tiro se noi non eravamo presenti." 

"Poteva anche alterare la pesantezza delle mazze se ci faceva la manutenzione." Disse Oscar accendendosi un sigaro. 

"Quindi se è stato truffato papà non avrebbe avuto un debito, anzi." Dissi. 

"Che lo avesse o meno, lui ha pagato. Il vostro conto all'epoca fu  azzerato subito dopo il congelamento." 

"Ma com'è possibile che siano state sequestrate anche le proprietà? Papà ha detto che il credito era di circa settecentomila sterline e sul conto avevamo più la metà della somma richiesta." Dissi. 

"Semplicemente sono state manomesse le carte." Disse Oscar. "Posso controllare e farti sapere."

"Se è realmente così... se siamo stati truffati la proprietà degli  Shaftesbury tornerebbero ad essere nostre?" Chiesi titubante. 

Oscar mi fissò. "Devo controllare la documentazione. Capire cosa è stato firmato e che atti ci sono dietro." 

"Mi farebbe molto piacere saperlo." Affermai intanto che la porta si apriva sbattendo.

Andrew apparve oltre la cornice facendo sussultare mia madre. 

"Ti sembrano questi i modi?" Chiese Oscar rivolgendosi al figlio.  

"Cosa ci fanno loro qui? Sapphire non può accedere al suo conto." Urlò lui. 

Lo fissai. Davvero credeva di potermi tenere in pugno. "Io adesso vado, grazie di tutto Oscar." Dissi rendendogli la mano.

"Cosa fai? Perché sei qui?" Chiese Andrew. "Voi due anche... la banda non è più roba vostra." 

Fissai l'uomo che era mio marito. "La banca è roba loro. I fondatori erano la famiglia di tua madre." Precisai. 

"Tu.... Non essere impertinente nei miei riguardi."

Mi girai verso Oscar. "Voglio le carte del debito dei miei genitori. Vi pagherò tutto così poi, potremo divorziare." Annunciai. 

"Tu sei pazza! Davvero credi di poter estinguere il debito..."

"Ho la documentazione. Con l' azzeramento che c'è stato sul conto di papà mancavano meno di quattrocento mila sterline. Posso pagare, farò un'ipoteca sulla casa e pagherò tutto." Dissi a Oscar. 

"Il restante era di cinquecento mila sterline vi ricordo che li ho pagato io e non Andrew o la banca." Disse Elisabeth. "Non ci devi niente Sapphire, per me e Oscar puoi chiedere il divorzio quando vuoi." 

"Assolutamente no! È di mia proprietà. Non firmerò il divorzio e non vi consentirò di liberarla dal suo impegno." Urlò Andrew. 

"Proprietà?" Chiese papà. "Si è sposata con te per non farti prendere le nostre proprietà. Non sono tue." Gli disse. 

"Le case no! Ma Sapphire lo è, appartiene a me e voi le state dando troppo agio." 

"Una persona non appartiene a nessun altro se non a se stessa Andrew." Disse Elisabeth guardando il marito. 

"Nel momento stesso in cui hai abusato di mia figlia e l'hai picchiata, hai perso tutto." Disse mio padre. 

"Elisabeth ti ringrazio ma ti restituirò tutti i soldi che ci hai prestato col debito. Così mia figlia sarà libera di fare ciò che vuole della sua vita." Annunciò papà. 

"Ovviamente denunceremo la truffa subita." Disse mia madre spalleggiando papà. 

"No! Assolutamente no." Urlò ancora Andrew afferrandomi per il viso. "Tu non andrai da nessuna parte. Non ti permetterò di tornare da quello."

Istintivamente tremai al suo tocco. Non ebbi la forza di reagire. Ero sola, non c'era più Thomas e non c'era neanche Drake che poteva aiutarmi. 

"Tu toccami ancora e ti denuncio." Sussurrai. 

"Tu non immagini contro chi ti metti ragazzina. Sono più ricco ed ho più potere di te, ho delle conoscenze che solo al pensiero tremeresti."

Scossi la testa. "Come il tuo amico Paul Adams? Portalo a casa 'mia', non vedo l'ora di incontrarlo." Gli dissi mentre mi lasciava andare. 

"Che ne sai tu dii lui?" 

"So tutto. Preparati Andrew perché sarò l'avvocato di me stessa." Gli rivelai sfidandolo con lo sguardo. 

"Certo come no!  Col tuo diplomino... ti tolgo tutto, i bambini e le case e illavoro se non resti al tuo posto, puttana." Mi disse sprezzante.

"Adesso basta Andrew." Urlò Oscar raggiungendoci. "Stai esagerando." 

"Tu non capisci papà. Lei è mia." Urlò Andrew. 

Scossi la testa. "Tu sei pazzo, me ne vado. Non voglio vederti a casa mia se non con i tuoi genitori." Dissi uscendo dalla stanza. 

Non volli più sentirlo, ne avevo abbastanza di lui. Anche se era vero, fin quando non mi fossi laureata non avrei potuto fare nulla contro di lui. Dovevo laurearmi e trovare già uno studio dove fare apprendistato. Non uno di quelli grossi. Se Andrew aveva messo voci in giro nessuno mi avrebbe preso.

Dopo le vacanze ritornai alla mia routine. Lavoro e università, casa e ricerca di uno studio che mi prendesse. A marzo venni contattata da Amelie. Mi ricordò il suo matrimonio ad aprile e che dovevo farle da damigella. 

Intanto Elisabeth mi informò che suo marito Oscar aveva fatto tornare di nuovo Andrew in terapia. Questa volta veniva seguito in una struttura, certi suoi atteggiamenti erano schizofrenici ed era importante che fosse seguito da qualcuno preparato. 

Nella cassaforte del suo  studio Oscar trovò i documenti relativi al finto fallimento di papà, il contratto da me firmato dove accettavo di sposare Andrew, alcune foto mie al torneo Championship, poi alcune che mi ritraevano al rientro dalla Svizzera sempre nello stesso periodo, in giro per Londra a Natale, in abito da sera al mio ingresso in società. Ero in pratica ovunque. Le foto si fermavano al giorno in cui lo avevo conosciuto alla banca. 

Oscar per la prima volta da quando lo conoscevo mi chiese sinceramente e ripetutamente scusa. Non immaginava che Andrew mi avesse presa di mira molto prima del nostro incontro ufficiale. 

Elisabeth intanto era andata dal suo notaio, nella documentazione donò a Joel tutti i suoi possedimenti. Io sarei stato il curatore fino alla sua maggiore età. Inoltre il notaio confermò che le priorità dei miei genitori non erano mai passate a Andrew. 

"Probabilmente tutto ciò che ha fatto è stato mirato ad arrivare a te." Mi disse Oscar. "Ma tu vai avanti con la tua vita Sapphire, esci e incontra i tuoi amici, parti pure per il Lussemburgo. Perché fidati, finché sarò in vita Andrew resterà chiuso in quella clinica privata." Mi disse. 

"Si rifiuta di firmare le carte del divorzio. Però tu hai presentato tutto e la separazione in questo modo è consensuale." Mi informò Elisabeth. 

Io acconsentii alle loro scelte. La notizia che avessero un figlio schizofrenico e stalker, sapevo che avrebbe potuto danneggiarli. Loro mi erano venuti incontro, avevano portato via Andrew, in una clinica privata,  e avevano chiamato i loro avvocati affinché mi aiutassero con la separazione e con la richiesta di divorzio. Ovviamente Andrew non voleva divorziare da me era talmente ossessionato che lo rifiutava.

Però Oscar, nonostante non avesse più una grande influenza sul figlio data l'età, era riuscito a farlo rinchiudere. Mi informarono che non poteva uscire dalla clinica e che per farlo ci voleva l'autorizzazione del padre. Oscar non era intenzionato a farlo uscire.

In tutti quegli anni vissuti accanto alla moglie non era mai successo che uno scandalo avesse colpito la loro famiglia e di conseguenza la Banca. Non avrebbero permesso che lo facesse Andrew, da quando c'eravamo sposati stava dimostrando di mettere a rischio la loro reputazione.

Mi  raccontarono anche più chiaramente di Paul Adams. Lui ed Andrew avevano frequentato la stessa scuola superiore, subito si trovarono come erano amici e più volte Oscar aveva cercato di allontanare il figlio da lui. Paul era sempre stato uno scavezzacollo e con gli anni si era dimostrato che avesse poca voglia di lavorare. Oscar si era accorto fosse un imbroglione quando aveva provato a derubare la loro famiglia farlo a soli vent'anni. Ovvio gli invidiava il fatto che fosse sveglio e furbo, cosa che Andrew non aveva. Proprio grazie a queste sue peculiarità Paul era diventato negli anni un truffatore di prima categoria, ricercato dalle autorità e segnalato su tutte le banche, al momento non poteva neanche lasciare l'Inghilterra quindi stava nascondendosi proprio sul suolo britannico. A meno che non avesse falsificato i documenti per lasciare il paese. 

"Mi mobiliterò per trovarlo. Intanto tu puoi lavorare quando riesci presso i nostri legali. Senza impegno, così potrai seguire il tuo lavoro, l'università e la tua vita." Mi disse in ultimo Oscar. "Ti chiediamo solo una cosa in cambio."

Li fissai sorpresa. "Ditemi."

"Vorremo continuare a vedere i nostri nipoti." Chiese.

Sbigottita scossi la testa. "Oscar io non vi avrei mai chiesto di lasciare la mia casa e non essere presenti nella vita dei bambini." Dissi sincera. "Non  avete colpe per ciò che ha fatto vostro figlio e so che Elisabeth ama tutti e quattro i bambini. Anche tu, nonostante sappia che Thomas non è il figlio di Andrew, comunque lo apprezzi. Io non potrei mai mai allontanarvi da loro perché vi vogliono bene. siete i loro cari nonni. Gli avete dato la solidità della famiglia al posto Andrew. Non chiedetemi proprio queste cose, voi siete la nostra sua famiglia." 

"Allora non c'è nient'altro da dirti dirti." Mi disse Oscar. "A parte che ho deciso di mettere nel mio testamento Samuel. Sappiamo che il testamento di Elisabeth potrebbe essere impugnato e dal momento che Samuel in quello non è presente, in quanto figlio illegale, ci ho pensato io. Non ho le ricchezze di Elisabeth, ma a differenza di Andrew sono stato parsimonioso nella gestione delle mie finanze, ci sarà sempre per Samuel un fondo fiduciario a cui potrà attingere e una volta che sarà grande e vorrà andare all'università potrà farlo con le sue sole forze." Mi informò 

Lo ringraziai commossa. Samuel non era mio figlio ma era lo amavo come gli altri miei figli. Margot ci sarebbe sposata a breve, avrebbe lasciato casa nostra per trasferirsi e  avrei tenuto io Samuel in quanto alla sua nascita lo avevo registrato come mio figlio. Sapevamo già che sarebbe andato al Santa Maria col contributo di Thomas che si era da subito reso disponibile della sua educazione. Ma non avevamo avevamo parlato mai di un futuro più lontano poiché sarebbe stato troppo prematuro.

Ringraziai commossa Oscar per il gesto che aveva avuto nei confronti del bambino.

Fu così che con Samuel e Diamond li salutai, con tranquillità partii per il Lussemburgo per partecipare al matrimonio della mia amica.

In quella occasione incontrai di nuovo anche alcuni vecchi conoscenti della Rosey e tra questi c'era anche Stephan il ragazzo che mi aveva corteggiato al college e al quale avevo concesso il mio primo bacio.  

Restava sempre un ragazzo affascinate, capelli biondi ramati, occhi verdi, sguardo dolce e lineamenti delicati. Aveva due anni più di me, era il fratello di Pierre principe ereditario del granducato di Lussemburgo e marito di Amelie. Stephan era il terzo in linea di successione, poiché prima di lui c'era ancora un altro fratello, Jean Marie. 

Al party pre matrimoniale cercai di evitarlo. Mi imbarazzava incontrarlo dopo tanti anni e dopo avere scoperto che aveva chiesto a papà di poterci frequentare. 

Sinceramente non sapevo cosa avrei risposto all'epoca forse si o forse come mio padre aveva affermato, sarei ritornata a Londra dove avrei frequentato l'università. A sette anni di distanza ero allo stesso punto, io stavo frequentando l'università e lui probabilmente aveva una fidanzata o una quasi moglie. Così durante il party restai tutto il tempo in compagnia di Janine e suo marito racconta loro gli avvenimenti degli ultimi mesi e di come era al momento la situazione. Gli dissi che mio padre non aveva più debiti, addirittura era tornato dal fratello per riprendere il suo posto nella società di golf. Aveva deciso di restare a vivere in Scozia e insegnare lì, l'isola di Muck era la sua casa e si trovava bene. Avevano un giro di compagnie erano piacevoli e poteva svolgere comunque lo stesso lavoro prendendo il traghetto verso l'isola più grande dove avrebbe aperto la nuova sede. 

"Comunque stiamo ancora indagando. Oscar si è messo alla ricerca di Paul Adams e adesso che Andrew è in una clinica mi sento più serena." Le dissi osservandola dondolare Samuel sulle gambe. 

"Sai, ti vedo bene con un bambino a quando il vostro primo figlio?" Chiesi alla mia amica. 

"Ma sta zitta! È presto, voglio godermela mica fare figli giovane come hai fatto tu." Mi prese in giro. 

"Aspetta aspetta! Ho concepito Diamond a 23 anni, è l'età giusta."  

"Adesso, ma hai partorito Thomas a 19 anni." Mi ricordò lei.

Io la fissai dolcemente. "Non si può avere mica tutto dalla vita e non lo cambierei mai con nulla al mondo il mio Tommy." Le dissi carica d'amore. 

"Oh vabbè." Disse alzandosi con Samuel tra le braccia. "Ti lascio, hai una visita ore dodici."

"Non ho capito, cosa intendi?" Le chiesi. 

Lei mi indicò un punto della sala con gli occhi, mi girai notando che Stefan stava raggiungendoci 

"Oh..." sussurrai.  

"Oh?" Mi fece il verso lei afferrando anche il passeggino di Diamond. "Meno male che ci ha pensato lui." Mi disse Janine. "So che è tornato single, approfittane." Concluse andando via.  

Approfittarne? Non sapevo, ero in grado di farlo. Con Charles avevo lasciato andare le mie inibizioni. Ma se Stephan provava ancora qualcosa per me? Aveva chiesto a mio padre di poterci frequentare e dopo poco tempo mio suo rifiuto mi ero sposata con Andrew. Avrei sicuramente dovuto chiedergli scusa, anche se non avrei potuto saperlo, era come se lo avessi tradito. 

Inoltre lui era un granduca di Lussemburgo. Non un medico londinese che stava lontano dai riflettori. Non potevo avere una relazione con lui, non quando io ero sposata e gli avrei fatto avere una cattiva reputazione.

"Sapphire Lucrezia Ashely Cooper, viscontessa di Shaftesbury e figlia del grande campione di golf Edward Crowell." Mi annunciò con un inchino appena mi fu di fronte.  "Eri e sei ancora bellissima, nonostante siano passati otto anni dall'ultima volta che ti ho vista." Mi disse.

Io mi tirai su sorridendogli con una riverenza. "È un onore rivederla granduca Stephan. Ebbene, sono passati già otto anni. Spero che lei stia bene." 

Lui mi guardò sorridendomi. "Adesso si! Pensavo che non avrei avuto più modo di rivederti." 

Lo fissai interrogativa. Janine mi aveva detto che era tornato single, aveva quindi avuto delle relazioni e sicuramente non stava aspettando ancora me. 

"Sono onorata di averla resa felice." Gli dissi cercando di essere quanto più diplomatica possibile.

"Tuo marito non è con te? Ho notato i due bellissimi bambini che hai dietro."  

Scossi la testa. "No, diciamo che al momento siamo in via di separazione definitiva. Per cui lui non c'è e non ci sarà mai in tutte le mie uscite ufficiali." Gli annunciai.

"Un po' come la mia fidanzata." Affermò lui. "Si  è defilata,  è stata una decisione della mia famiglia l'hanno testualmente cacciata di casa." Mi raccontò amareggiato. Non capivo se per l'atteggiamento della famiglia o perché lei se ne era andata. 

"Si è comportata male?" Gli chiesi, non ero stupita e ormai non ero più ingenua. Sapevo che il mondo era fatto di persone cattive e senza scrupoli, anche donne. Senza una spiegazione, non avrei quindi puntato il dito.

"Quando Amanda ha visto che le cose non andavano come voleva lei, mi ha lasciato. È starò uno dei momenti peggiori della mia vita." Mi disse tenendomi la mano. "Ti va di ballare con me?" Mi chiese cambiando argomento. 

Al che accettai, non si poteva rifiutare l'invito di uno dei principi del Lussemburgo per di più nel suo paese e di fronte ai suoi ospiti. Sarebbe stato scortese.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Stephan mi fece ballare per tutta la serata. Ammetto che mi scatenai, non erano dei valzer o altre danze classiche.
Addirittura ad un certo punto ballammo il rock and roll. A modo nostro ma lo ballammo.
Mi diverti tanto e mi ritirai solo quando vidi Amelie e Janine in difficoltà con i bambini.
"Hanno sonno! Quindi io mi ritiro." Dissi alle mie amiche prendendo Diamond in braccio.
Si strusciava gli occhietti ed aveva la voce rauca dal pianto.
"Posso farla portare in camera da una balia." Mi disse Amelie.
Fissai la mia amica grata. "Te ne sono riconoscente. Ma preferisco andare io, non posso delegare altri per i miei compiti di madre." Almeno quando era ora di andare a letto volevo essere presente nella vita dei miei figli.
"Ti aiuto io." Intervenne Stephan. "Mi sono sempre piaciuti i bambini e ho fatto esperienza con i figli di Jean Marie." Disse prendendo Samuel dalle braccia di Janine.
"Grazie." Gli dissi, anche se non avrebbe dovuto. Mi rivolsi ad Amelie. "Ci vediamo domani mattina nelle tue stanze. In quel caso la balia è ben accetta, dobbiamo dedicarci solo a te."
Lei annuì fissando Stephan pensierosa. "Se sei stanco puoi ritirarti. Ti voglio in forma per domani cognato."
"Tranquilla, accompagnerò Pierre fino a quando non gli avrai messo il cappio al collo." Scherzò lui fissandomi. "Andiamo mia dama."
Quel mia mi imbarazzò, annuii prendendo il passeggino di Diamond e mi incamminai verso l'aria del palazzo dove pernottavo.
"Ti ho fatto stancare." Dissi durante il tragitto. Sentivo che c'era qualcosa che mi sfuggiva.
"Mi hai permesso di fare tutto ciò che volevo. Mi voglio stancare, non si risolve nulla stando immobili in un luogo." Mi rispose lui.
"Cosa hai fatto dopo il Rosey?" Chiesi facendo conversazione.
"Mi sono laureato in legge all'Università di Durham, poi come tutti i membri della mia famiglia sono entrato anche all'accademia reale Sandhurts." Mi rispose.
"Sei stato in Inghilterra... tutti questi anni." Gli dissi sorpresa.
"Dovrei ritornare, ma sto rimandando." Mi rispose.
Annuii. "Quando ritorni passa da Londra per un the insieme." Gli dissi arrivando alla mia stanza. "Grazie per averci accompagnato, non ti disturbo oltre."
"Non è un disturbo. Posso metterli a letto?" Mi chiese.
Era strano questo suo atteggiamento. Ebbi dei dubbi, Stephan poteva essere pedofilo?
"Quanto tempo sei stato con la tua ex fidanzata?" Gli chiesi entrando.
Andai a poggiare Diamond nella culla e gli presi Samuel da braccio per mettere anche lui lì, poi presi la bambina che era più stanca per andare a lavarla e preparare per la notte. Lui si accomodò sul letto rilassato. "Tre anni, avremo dovuto sposarci quest'anno." Mi rispose mentre mi allontanavo.
Fortunatamente non mi raggiunse nella nuersurg così mi misi a lavare la bambina tranquilla. Le cambiai il pannolino e le misi il pigiama con i tempi di Diamond.
Quando tornai Stephan era accovacciato vicino la culla a giocare con Samuel. Misi Diamond in culla e presi Samuel.
"Volevi mettere su famiglia." Gli dissi passano gli il ciuccio di Diamond. "Ci sai fare con i bambini."
Dissi allontanandomi ancora. Non mi rispose. Al contrario dalla nursery lo sentii parlottare con Diamond.
"È ora di fare la nanna mia piccola principessa." Sussurrava seguendo questa frase con una ninna nanna.
Mi si strinse il cuore. Tornai in stanza con Samuel pronto per la notte.
Dopo averlo messo in culla gli diedi il ciuccio mettendomi accanto a lui a osservare i bambini.
"Perché vi siete lasciati? Non voleva dei figli?" Gli chiesi.
Lui sospirò guardandomi. "Domani sarai la mia accompagnatrice al matrimonio?" Mi chiese invece di rispondere. "Se mi dici sì, ti racconterò tutta la storia."
Annuii. "Sembra uno scambio equo. Inoltre sono sola, quindi posso."
"Potrò darti una mano con i bambini." Concluse tirandosi su e dando un bacio a entrambi i bambini. "Tu mi racconterai di te se ti farà piacere. Buonanotte Sapphire."
Così dicendo lasciò la mia stanza.
Il giorno dopo fu tutto per Amelie. Fummo svegliate presto al mattino, io venni chiamata dalla balia che avrebbe preso in cura i bambini. Così poi tranquilla mi dedicai alla mia amica con Janine e le altre damigelle, tra queste c'erano la moglie di Jean Marie e la sorella, saremo state tutte le sue damigelle.
A mezzogiorno nella cattedrale di Notre Dame, Amélie divenne la gran duchessa di Lussemburgo moglie di Pierre Nasseaux.
Durante tutta la cerimonia, il mio sguardo si incrociò spesso con quello di Stephan, uno dei testimoni dello sposo. Era molto affascinante nella sua divisa militare, gli stava benissimo e io mi sentivo come una ragazzina alla sua prima cotta. Proprio come quando avevo sedici anni.
Al ricevimento finalmente rividi i miei figli, erano con la balia ben preparati e tranquilli. Stetti un po' con loro fino a quando, dopo che Anelie e Pierre aprirono le danze, Stephan venne a reclamare la mia compagnia.
"Mia signora!" Mi disse. "Ho compiuto il mio dovere danzando con mia madre, mi concede questo ballo?" Mi disse.
Gli sorrisi prendendo la sua mano e seguendolo al centro della pista. Questa volta ci toccò ballare i valzer e non ne sfuggimmo uno. Stephan voleva ballarli tutti e io lo assecondavo come era giusto che facessi da sua ospite.
Nessuno venne reclamare un ballo col principe e tutti evitavano di venire a chiederne a me. Quando terminammo di ballare Stephan prese me e i bambini invitandomi a salutare Amelie e Pierre. Di nuovo Stephan si ritirò, questa volta lo seguii curiosa di sapere come mai già tornassimo nelle nostre stanze.
Mi portò in un'ala che non conoscevo. Stephan viveva in stanze molto più grandi delle mie. C'erano un salotto, una camera da letto, un ufficio con una libreria immensa. Era quasi un appartamento.
Mi chiese di poggiare i bambini sul tappeto dove lui stesso si accomodò incrociando le gambe e mettendosi Samuel al centro  e mi invitò a fare altrettanto.
Mi sedetti accanto a lui tenendo comunque Diamond seduta contro il mio petto per non farla cadere e l'ho fissai.
"Cosa succede?" Gli chiesi.
Lui mi sorrise. " Sei cambiata in questi anni. Sei più seria e prima di esprimere una tua opinione ci pensi due volte. A 18 anni ciò che mi piaceva di te oltre la tua bellezza, erano il tuo altruismo la tua gentilezza e la tua intelligenza. Ovviamente c'erano anche i difetti, eri impulsiva e molto testarda. Ma mi piacevi anche per questo. Per questo dopo essermi diplomato chiesi a tuo padre di poterti frequentare." Mi raccontò lasciandomi stupita. "Tuo padre mi disse che lui non avrebbe preso alcun impegno per conto tuo. Lui e tua madre ritenevano che eri giovane e che probabilmente avresti voluto fare l'università. Soprattutto mi disse che avresti dovuto fare tu questo genere di scelte poiché riguardavano la tua vita privata e futura. Ammetto che la sua risposta mi piacque. Decisi così di aspettare che tu compissi diciotto anni e che ti diplomassi alla Rosey. Ti aspettai tanto, studiavo in Inghilterra e speravo di incontrarti agli eventi sociali." Disse amareggiato.
Annuii. "Appena diplomata partii con andai con Janine a casa di Amelie, volevamo esserle vicino dopo la morte di Gerard. Tornai in Inghilterra a fine novembre." Ricordai, meno di una settimana dopo fui trascinata in banca da mio padre e mia madre e incontrai Andrew che mi rovinò la vita. "Non seppi quando tornasti." Mi disse con una smorfia. "Ma appurai che ti eri fidanzata, fu pubblicato l'annuncio del tuo matrimonio con Andrew Davis. Fu un colpo al cuore per me, pensavo avessi grandi progetti e invece ti sposavi. Con un uomo che non ero io."
Intrecciai nervosa le mani. Come potevo dirgli che fui obbligata? Fortunatamente non sentendomi rispondere lui andò avanti.
"In queste due giornate insieme ho potuto notare che ancora hai questi pregi, se diventata addirittura molto più bella. Più matura, disponibile con tutti, sempre fine ed elegante. Inoltre sei una mamma splendida. Ad ogni occasione parli sempre dei tuoi figli, anche di chi non è qui. Nel farlo ti si illuminano gli occhi e diventi ancora più bella."
Arrossii al suo complimento inaspettato. "Quando mi hai detto che eri separata ho gioito. Perdonami se sono stato egoista, eppure in quel momento ho capito che c'era ancora un sentimento latente nei tuoi confronti."
"Io..." balbettai. "Avevo una cotta per te a sedici anni. Ma... ecco..."
"Ti capisco, sono passati sette anni. Ti sei sposata, hai avuto quattro figli Abbiamo avuto entrambi esperienze importanti che ci hanno segnato." Assentii alla sue parole intanto che continuava a parlare. "Tre anni in Svizzera ho conosciuto Amanda, ci siamo frequentati, innamorati e poi alla fine avevamo progettato il nostro matrimonio. Lei era entusiasta di entrare a far parte della mia famiglia e io l'amavo veramente. Poi l'anno scorso mi sono sentito male."
L'ho guardai esterrefatta. "In che senso ti sei sentito male?"
"Sono collassato e in pratica ho perso i sensi durante una partita a tennis." Mi disse.
Ricordavo che giocava a tennis, era anche molto bravo. "Ti sei ripreso. Sei in forma." Affermai.
Sospirò. "Si! Sono in forma se pensi che rifiuto la chemioterapia." Mi disse.
Mi si strinse il cuore. Tumore! Di nuovo quell'orribile malattia colpiva chi mi era vicino. "Hai ventisette anni dovresti fare le chemio." Gli dissi.
Lui scosse la testa. "Il cancro riguardava un polmone e ho permesso che mi operassero per asportarlo." Mi spiegò. "Preferisco stare così, con un polmone ridotto che mi tiene in vita e godermi ogni attimo, anziché diventare il fantasma di me stesso." Mi disse.
Feci per obbiettare ma lui alzò la mano. "Se decido di fare la chemioterapia non potrò più avere figli. Inoltre le cure mi indeboliranno, ho dovuto già rinunciare alla carriera militare e al tennis. Non voglio rinunciare a correre dietro un figlio." Mi disse spiegandomi le sue ragioni.
Sospirai osservando come la sua mano grande teneva stretta quella paffuta di Samuel.
"I bambini richiedono tante energie. Però..."
"Tu hai dei figli, sai cosa vuol dire averne. Sai cosa fa la chemioterapia?" Mi chiese.
"Ti indebolisce, ho capito. Ma"
"Perderei anche la possibilità di diventare padre." Mi disse. "La chemioterapia influirà sul mio corpo, anche sul mio sistema genitale."
Lo fissai. Aveva ragione, erano effetti che colpivano anche una donna nel caso di chemio. "Amanda non aveva accettato la mia malattia! Decise ancora prima di avere una diagnosi accusata, che se ero malato non andavo più bene. Disse che non riusciva a gestire un malato, lei voleva un compagno giovane e sano con cui poter girare il mondo o anche solo andare agli eventi. Mi disse anche che non voleva figli da un malato terminale, soprattutto perché nonostante il matrimonio in programma voleva averne quanto più tardi possibile. Io ero sorpreso dal suo comportamento, i miei genitori la cacciarono dal palazzo, dicendole che erano loro a non volerla più vedere. Fu una delusione." Mi raccontò.
Ero molto dispiaciuta per lui. Alla fine la sua fidanzata si era rivelata una donna egoista.
"Mi dispiace per il tuo fidanzamento." Gli dissi.
"A me no! O almeno non da quando il ricordo di te è tornato nella mia vita quando Amelie ha ricevuto la tua lettera." Mi disse
Ebbi un tuffo al cuore. Possibile che avesse ancora una cotta per me? Ma io non potevo ricambiare e dargli ciò che cercava. Avevo una famiglia e soprattutto un marito violento che non voleva concedermi il divorzio.
"Stephan... non sono più la sedicenne di cui ti ricordi." Gli dissi.
"Lo so! Sembri molto di più adesso e sono curioso di conoscere la nuova Sapphire." Mi disse gentilmente.
Ne ero commossa. "Anche a me farebbe piacere conoscerti, però..."
"Sono un uomo malato che si ostina a non voler fare la chemioterapia." Disse lui. "Gli esami adesso stanno uscendo bene."
Scossi la testa. "Tu sei adorabile Stephan e stai trattando i miei figli in modo così dolce. Percepisco il tuo amore verso di loro anche se non sono tuoi. Non dipende dalla tua malattia." Gli dissi.
"Quindi proveresti a frequentarmi?" Mi chiese emozionato.
Ero indecisa. "Non è questo Stephan, io..."
Lui assentì. "Ho capito. Tu ami ancora tuo marito." Mi disse. "Lo capisco, Diamond ha solo otto mesi, non puoi non amare più il padre."
Sussultai. Non era quello il problema. "Io amo ancora il padre di Diamond e Thomas, nonostante sia finita credo che una parte di me lo amerà sempre." Gli confidai. "Ma non è questo il problema Stephan." Gli dissi.
"Joel e Samuel non sono di tuo marito?" Mi chiese lui sorpreso.
Scossi la testa. "Solo Joel è nostro. Ho adottato Samuel dopo che mio marito ha stuprato la madre." Gli confidai lasciandolo ancora più sconvolto. "Stephan, non posso frequentarti perché quel mostro di mio marito non firma le carte del divorzio." Confessai.
"Sapphire... non capisco, tuo marito ha stuprato una donna e tu lo hai tradito?" Mi chiese forse iniziando a rivalutarmi. Anche io lo avrei fatto conoscendo la mia storia. Sapevo che anziché altruista sarei passata a donna gretta.
"Forse se ti racconto tutto dal mio rientro a Londra anni fa, ti sarà tutto più chiaro. Non sono così altruista come sembra, sono anzi la donna più egoista di questo mondo. Devo esserlo per proteggere i miei figli." Gli dissi.
Lui mi fissò. "Lascia che sia io a giudicare e raccontami tutto. Già sapere che tuo marito abbia abusato di una donna mi fa pensare il contrario." Mi disse.
Al che con un sospiro gli raccontai tutto. Da quel famoso giorno in banca, alla fuga nella city e l'incontro con Thomas, a finire col mio ritorno a casa e il mio infernale matrimonio. Gli raccontai tutto, fui un fiume in foga che buttava fuori tutta la sua vita amareggiata. Non lasciai nulla al caso raccontandogli anche della mia relazione sessuale con Charles e del mio riscatto iscrivendomi all'università.
"Dopo questo Natale quando Oscar ha affermato che non mi avrebbe consesso il divorzio perché ero di sua proprietà, il padre lo ha portato in una clinica privata. Da allora non lo vedo più, sicuramente lo rivedrò quando i bambini torneranno dal collegio a luglio." Conclusi.
Stephan mi aveva ascoltato tutto il tempo fermandomi qualche volta per fare delle domande. Il suo volto adesso era sconvolto, piangeva. Non avevo mai visto un uomo piangere . "Ho finito, questa è la mia storia."
Sconvolto Stephan scosse la testa. Prese Samuel in braccio e si tirò su per portarlo nella camera da letto. Tornò dopo un po' a mani vuote.
"Tu non sei un'egoista." Mi disse sfiorandomi il viso. "Tu sei diventata martire di quell'uomo. Ti sei accollata tutto il peso degli errori altrui, sempre che ci siano degli errori. Ti sei sacrificata prima per i tuoi genitori, adesso per i tuoi figli. Non dirmi più che non sei una persona generosa, perché lo sei molto di più di tante persone messe insieme. Hai avuto il coraggio di mandare via l'amore della tua vita per salvare i tuoi figli e i figli di quel bastardo." Mi disse con voce incrinata. "Se non vorrà darti il divorzio va bene. Ma dovrà sapere che tu non sei sola, che ci sarà sempre qualcuno al tuo fianco a proteggerti. Permettimi di essere quella persona, non ti sto chiedendo una relazione. Ti sto chiedendo di non allontanarmi." Concluse.
"Non volevi conoscermi per costruire qualcosa?" Gli chiesi commossa.
"Ti ho chiesto di frequentarci. Effettivamente se scopriamo di provare qualcosa l'uno per l'altra reciprocamente, io con te ci starei Sapphire." Ammise.
Gli sorrisi sollevando Diamond in braccio. "Devo portarla nella culla povera piccola."
"È piccolissima. Merita di crescere come tutti i bambini della sua età, lo feci a lei, a te stessa e a suo padre che te l'ha affidata con fiducia."
"E tu vorrai aiutarmi a farlo."
"Pensaci, hai tutta la notte per farlo, intanto questa notte mi tengo Samuel con me." Mi disse aiutandomi a tirarmi su.
"Ti darò una risposta con calma. A domani." Lo salutai.
"Sapphire?!" Mi chiamò prima che sparissi. Mi voltai in attesa. "Domattina andiamo a cavalcare, ti va?"
Lo fissai stupita. "Con molto piacere." Gli dissi iniziando a comprendere la sua necessità di fare attività. Anche solo di ballare un tweest o un rock and roll.
Nessuno glielo permetteva conoscendo le sue condizioni fisiche.  Pensai che era un modo sbagliato di agire, quindi se Stephan mi avrebbe ancora chiesto di ballare o andare a cavallo, ancora di nuotare o giocare a tennis, ebbene gli avrei detto di si. Era un uomo adulto e conosceva meglio di tutti noi i suoi limiti, quando ci arrivava si fermava. Avevo capito anche questa sua esigenza di allontanarsi dai ricevimenti ad una certa ora. Stephan seguiva i suoi tempi.

Accettai la sua amicizia. Restai in Lussemburgo fino a quando non arrivò la settimana di Pasqua e partii per Monaco. Avrei dato le uova e fatto gli auguri ai miei figli, che però avrebbero trascorso quella festività con Inga, ma cosa più importante con Thomas. I miei figli erano trepidanti, Thomas era piaciuto a entrambi ed era una piacevole sorpresa quella di poter passare quella settimana con i loro amici e la loro famiglia.
"Mamma tu non resti?" Mi chiese Thomas.
Scossi la testa. "Mamma sta andando a scuola e deve presentare degli esami." Risposi orgogliosa. I bambini non erano a conoscenza della presenza di Thomas e decisi con Inga di mantenere il segreto.
"Ho chiesto alla referente di farmi pervenire la delega per il ritiro dei bambini durante i periodi festivi. Lo compilo e te lo faccio avere, ma fattelo firmare anche da Thomas poi." Le  dissi  complice passandole dei documenti.
"Non è quello dei week end?" Mi chiese lei.
Scossi la testa.
"No! In questo c'è anche l'auto certificazione dove si esclude le responsabilità della scuola da qualsiasi cosa accada al bambino. " le spiegai.
"Stai diventando più brava di me con le conoscenze delle leggi." Mi disse lei divertita.
"Perché io sto studiando adesso il diritto civile e tu stai seguendo un altro ramo da anni." Le dissi.
"Sarò il tuo master per lo stage, anche a distanza. Tu chiamami e io ti istruisco." Mi rispose lei.
Sorrisi abbracciandola, diedi un bacio ai miei figli, Thomas e Gellert e mi allontanai.
"Fate i bravi, ci vediamo a luglio."
"Ci penso io mamma, vai." Mi salutò Tom.
Non avevo dubbi che sarebbero stati bravi. Forse temevo semplicemente che Thomas senior li avrebbe scatenati, questo si.
Tornai a Londra e ripresi la mia vita, come avevo detto a mio figlio mi toccava ripetere per i primi esami. Quando ero stata in Lussemburgo, Stephan era stato molto gentile nell'aiutarmi a studiare e anche Inga mi aveva aiutato per i pochi giorni a Monaco.
Ero pronta e speravo di passare gli esami. Non avrei accettato voti inferiori al ventisette.
Il giorno del mio primo esame Drake e Ebony vennero a prendermi per augurarmi buona fortuna.
Iniziai ad essere nervosa una volta di fronte la commissione d'esame. Ascoltai alcuni esami fino a quando non fu il mio turno. Le domande mi erano parse semplici. Speravo solo di non perdermi o lasciarmi prendere dal panico.
Una volta di fronte al mio professore attesi che mi facesse la prima domanda.
Ci pensai su dopodiché risposi e non mi fermai più se non quando il professore mi disse.
"Benissimo Cooper. Per noi il suo esame è finito qui. Il risultare è un ventinove. Lo accetta?"
Ventinove? Ci era mancato poco e avrei potuto raggiungere il trenta, però... "Si va bene per me professore." Risposi.
Però non potevo essere schizzinosa, avevo venticinque anni e poco tempo per laurearmi.
Uscii dall' aula emozionata. Fuori c'erano ad attendermi Ebony e Drake, andai loro incontro abbracciandoli. "Ventinove." Esultai.
"Bravissima tesoro." Mi disse raggiante Ebony.
"Quando hai il prossimo?" Chiese Drake.
"Tra dieci giorni. Non prometto di riuscire a fare tutti e otto gli esami programmati però." Risposi.
"Io scommetto su di te." Intervenne una voce dalla cadenza francese.
Mi voltai. Avevo già riconosciuto la voce di Stephan, ma vederlo fu lo stesso un'emozione. "Eri qui?" Gli chiesi.
"Ero dentro a seguire il tuo esame." Affermò raggiungendomi. "Sei stata bravissima Cherie."
"Dobbiamo festeggiare." Disse Ebony fissandoci.
Io guardai tutti. Poi compresi che dovevo fare le presentazioni. "Stephan, loro sono i miei amici Ebony e Drake. Ragazzi Stephan è un caro amico del college."
I tre si strinsero le mani tra un convenevole e l'altro. Uscimmo all'aperto e ci dirigemmo in un bar dove offri la colazione a tutti. Dopodiché rientrammo alla sede della KCG.
Stephan invece ci lasciò dicendomi che doveva seguire delle pratiche burocratiche inerenti l'accademia militare.
Restammo che ci saremmo visti nel tardo pomeriggio, dovevo dedicarmi al lavoro così da poter passare anche del tempo col mio amico.
Dovetti spiegare a Ebony chi era con precisione Stephan. Più che dirgli che era un caro amico di scuola non seppi che raccontagli.
"C'è del tenero tra voi?" Mi chiese diretto Drake.
"No, da ragazzi io avevo una cotta e ho scoperto lui fosse interessato a me. Adesso mi ha chiesto di conoscerci e farci compagnia senza impegno." Risposi. "Quindi non so se potrebbe o meno esserci del tenero." Conclusi.
"Cerca di essere prudente. Sembra una brava persona, ma non vorrei sbagliarmi." Disse lui scettico.
"È una brava persona, fidati." Gli dissi tornando al lavoro.
Alla sera  trovai Stephan ad attendermi all'ingresso del palazzo Callaghan. Indossava una camicia ed un jeans, segno che si era cambiato.
"Eccoti. Dove andiamo adesso madame?" Mi chiese.
Per quanto volessi tenergli compagnia, gli diedi la risposta più ragionevole. "Devo tornare a casa dai bambini."
Lui assentì. "Non vedo l'ora di riabbracciarli."
Nel suo sorriso lessi la completa sincerità. Da questo sapevo che Stephan era buono, dal suo rapporto con i bambini che amava e che comunque lo cercavano quando c'era.
Ne ebbi la prova anche una volta a casa. Appena Samuel notò il mio amico gli corse incontro chiamandolo 'Tepá!' e tendendogli le braccia.
Stephan subito lo accolse prendendolo in braccio e coccolandolo.
Anche Diamond iniziò a muovere le braccia contenta di rivederlo. Passammo tutta la serata a giocare con loro e cenare insieme. Hannah lo adorava, commossa nel vedere un giovane uomo così affettuoso col suo nipotino adorato.
I giorni a seguire si presentarono con una nuova routine.  Studio, pranzo con Stephan e i bambini, lavoro, passeggiata con Stephan, serata con lui e i bambini.
Durante il week end presentai Stephan a Elisabeth e Oscar che lo accolsero abbastanza bene.
Stephan era una persona abbastanza colta e tanto bastava per piacere a Oscar, il suo amore incondizionato per i bambini invece fu la causa per cui piacque a Elisabeth.
"Sai, Elisabeth ha avuto il cancro all'utero. Le è stato asportato e dopo la chemio è guarita." Dissi affrontando l'argomento tumore.
"Ancora vuoi convincermi?" Chiese Stephan.
"Non voglio convincerti, solo farti vedere che la chemio non è distruttiva come la descrivi tu." Era stato difficile all'inizio. Ad ogni ciclo Elisabeth era senza forze e vomitava costantemente, aveva perso i capelli adesso sostituiti da una parrucca. Ma stava bene e poteva ridere e scherzare con noi.
"Hai il cancro caro?" Chiese Elisabeth.
Lui annuì. "Avevo una massa tumorale al polmone destro. Lo hanno asportato con successo." Rispose lui.
"E non hai fatto chemio?" Chiese Oscar.
"Fare le chemio non è tra le mie opzioni al momento." Rispose e prima che potessero dire altro continuò. "Ho quasi ventotto anni e ancora non ho figli. Mi piacerebbe formarne una e se facessi la chemio questo sarebbe impossibile."
"Se il tumore è stato tolto tutto, effettivamente puoi non fare la chemio." Disse Oscar. "La famiglia è importante per un uomo."
Elisabeth gli sfiorò il braccio. "Comprendo la tua necessità. Ma se nel caso dovesse tornare, ricordati che ci sono altri modi per avere figli. Come anche un'adozione."
"Lo terrò presente madame. Fortunatamente per ora sto bene, faccio controlli e accertamenti con regolarità." Rispose.
"Bene." Disse lei indicando i bambini. "Perché loro due adorano Tepá, non si azzardi a lasciarli soli."
"Concordo con mia moglie." Disse Oscar. "Ma devo chiederti un favore in merito la mia famiglia."
"Mi dica monsier Davis, comprendo che lei voglia proteggere i bambini. Ma sono ben intenzionato." Rispose.
"Ebbene. L'ultima settimana di giugno andrò a prendere mio figlio alla clinica Palmer. Ti chiedo di non essere presente quando ci sarà lui e quando ci saranno i bambini." Gli disse. "Non so se Sapphire ti ha spiegato, ma Andrew ha poco autocontrollo e vorrei evitare che sollevasse un solo dito su mia nuora o sui bambini." Gli spiegò.
Lui annuì. "Certo, posso benissimo starmene in disparte per quel periodo."
"Andrew si stancherà subito. Sarà lì solo per far vedere che è interessato ai figli." Disse Elisabeth. "Alla partenza di Sapphire per la Scozia già sarà andato per la sua strada."
"Questa volta infatti faremo pranzare la famiglia in un locale vicino l'aeroporto. Poi da lì Sapphire ed Elisabeth andranno via con i bambini, mentre io riaccompagno Andrew alla sede estiva della clinica." Spiegò Oscar mettendomi a conoscenza delle loro intenzioni.
"Tu potresti anticiparti ad andare in Scozia e aspettarci lì." Lo invitò Elisabeth.
Stephan mi guardò interrogativo. "Posso?" Mi chiese.
Io feci spallucce. "Se per luglio sarai ancora intenzionato a frequentarmi, per me non ci sono problemi." Risposi precisando che avrebbe sempre dovuto accettare tutto il pacchetto.
"Per me va bene." Rispose quindi Stephan ai miei suoceri.
E così giorno dopo giorno, scoprii che quando non era con me Stephan era in giro con Oscar, col quale spesso andava in banca a prestare consulenze. Oppure era con Elisabeth, che anche si faceva portare in giro quando aveva da fare i suoi controlli.
Improvvisamente mi trovai con meno impegni da gestire, nonostante Elisabeth fosse guarita ero io ad accompagnarla in quelle occasioni. Presa dagli esami di fine anno, non mi ero accorta di questa mia mancanza. Loro erano andati avanti supportati da Stephan che anche a casa c'era sempre.
Lui era straordinario con tutti, con me, con i miei suoceri e i bambini. Li amava molto nonostante non fossero suoi e io stavo iniziando ad innamorarmi di questo ragazzo dal cuore d'oro.
Quando giunse la fine di giugno lasciò casa mia per andare in Scozia dove lo avrei raggiunto con i bambini.
Il giorno in cui rientrarono Thomas e Joel da Monaco, mi feci trovare all'aeroporto sapendo di trovare lì anche Andrew con i suoi genitori.
Appena Elisabeth mi vide, venne a prendersi i bambini così che io e Andrew potessimo raggiungere i due grandi.
"Da quale gate escono?" Chiese Andrew sprezzante.
Io lo ignorai dirigendomi verso l'uscita dei bambini. Essendo stata avvertita dell'orario di arrivo del jet privato, sapevo quando sarebbero arrivati e non mi restava che aspettarli.
In attesa mi sentii afferrare per le spalle, il riconoscibile brivido di paura che provavo sempre con Andrew, riemerse.
"Non toccarmi o chiamo subito la polizia." Lo minacciai
"Quando sapranno che sei mia moglie se ne andranno." Mi rispose lui carezzandomi la schiena fino ad arrivare al mio sedere.
Disgustata mi allontanai. "Ti ho chiesto il divorzio, segno che non voglio essere tua moglie, quindi non toccarmi." Gli dissi.
"Divorzio che non firmerò. Sei di mia proprietà e non ti lascerò libera di tornare da quello lì."
Gelai, era seriamente ammalato. "Non sono di tua proprietà. Appartengo solo a me stessa." Gli dissi allontanandomi.
"Hai capito la hostess? È davvero una bella donna." Lo sentii dire puntando lo sguardo verso l'uscita dello sbarco.
Io seguivo le sue azioni. Appena vidi i miei figli sorrisi loro, erano accompagnati da una baby sitter diversa questa volta. Era più giovane e come aveva detto Andrew era anche bella. Dai colori caldi che arrivavano al suo sorriso, teneva per mano i bambini serena fino a quando Andrew non le si avvicinò.
"Ma tu guarda che bel bocconcino abbiamo qui." Disse presentandosi alla nuova arrivata. Il suo sguardo la diceva lunga su che intenzioni avesse.
Svelta li raggiunsi intanto che Thomas si frappose tra mio marito e la sua babysitter.
"Sta lontano da Marina. Non ti azzardare a toccarla." Lo minacciò.
"Sta lontano lurido bastardo." Urlò Andrew alzando il pugno verso di lui.
Istintivamente corsi a proteggere mio figlio col mio corpo. Avvertii che anche l'altra donna, che si chiamava Marina si frappose tra Andrew e Thomas.
"Non ti azzardare a toccare mio figlio." Ordinai a Andrew che in risposta mi afferrò per i capelli tirandomi su.
"Tu..."
Scossi la testa. "Puoi andare Marina." Dissi senza incrociare lo sguardo della babysitter.
"Polizia!" Disse lei. "Chiamiamo la polizia."
Voltai lo sguardo verso di lei, nello stesso istante Andrew mi lasciò andare guardandosi intorno. "Grazie mille per esserti presa cura dei miei figli. Ti conviene andare." Le dissi fiera incrociando il suo sguardo castano.
Ci fissammo per un po', dopodiché lei sospirò. "Se questo signore vi fa del male chiamatemi. Verrò subito a prendervi con la polizia." Disse ai bambini. "Vale anche per te." Mi disse prima di allontanarsi.
"Io ti ringrazio." Le dissi.
"Anche io. Non mi piace essere toccata senza permesso e da mani luride." Rispose indicando Andrew.
Dopodiché raggiunse una hostess e parlò con lei.
"Sei pessimo." Dissi a Andrew una volta che si fu allontanata. "Fallo ancora e urlo. La polizia correrà senza essere chiamata."
Presi i trolley dei bambini e li guardai. "Saluta papà mentre raggiungiamo i nonni Joel."
"I nonni sono qui?" Chiese nervoso Thomas.
"Si! Ci aspettano per pranzare tutti insieme. Poi partiremo in vacanza."
"Tutti insieme?" Chiese scocciato Thomas.
"No. In vacanza andiamo solo noi." Risposi facendo capire l'antifona ad Andrew.
Tornammo dai suoi genitori e i miei figli andarono subito ad abbracciarli contenti di rivederli.
"Tutto bene?" Chiese Elisabeth.
"Papà voleva fare del male a Marina." Disse ingenuamente Joel.
"Piccolo ingrato. Non è vero." Si difese lui.
"Andrew voleva provarci con la baby sitter." Affermai io spalleggiando mio figlio. "Andiamo a pranzo così potrò portare i bambini in vacanza?" Chiesi.
Oscar fissò il figlio minaccioso. Prese Joel per mano e se lo trascinò fuori dall'aeroporto. Io e mia suocera lo seguimmo con i passeggini, Tom intanto ci raccontò del week end in Italia.
"Io, Gabe e suo papà eravamo sempre al mare. Sempre." Raccontò felice mio figlio.
"Il papà di Gabe vi vizia tanto." Dissi io divertita.
Tom rise divertito. "Lui è un vero papà. Ci sgrida anche." Affermò ancora ignorando Andrew.
Lo lasciai fare e se avesse avuto da ridire gli avrei risposto per le rime.
Il pranzo fu dei più sgradevoli possibili. Andrew allungava il più possibile le mani verso di me. Ad un certo punto mia suocera mi chiese di cambiarci di posto. Aveva però cominciato con i piedi e la cosa mi infastidiva. In tutto ciò non parlava con Joel o gli chiedeva della scuola e degli amici. In risposta mio figlio sembrava stare bene sulle sue senza dovergli nulla.
A pranzo finito salutai Elisabeth e Oscar che aveva afferrato il figlio per il braccio.
"Buone vacanze Sapphire." Si congedò.
"Non può andarsene di nuovo. Dovrebbe stare qui con me. "
"Sinceramente ritengo che possa andarsene dove vuole. Anche lontano da te." Rispose Elisabeth. "Divertitevi, ovunque andrete." Ci disse.
Io li salutai e portai i bambini verso la stazione di kings cross.
"Dove andiamo mamma?" Chiese Joel mentre Tom era concentrato a portare il passeggino con Diamond.
"A trovare i nonni in Scozia. Stiamo lì per una settimana almeno, poi andremo in Lussemburgo." Gli risposi.
"Dalla tua amica che si è sposata?" Chiese Tom.
"E da un mio amico che adesso ci aspetta in Scozia." Dissi loro.
Furono scettici. Quando arrivammo in Scozia però iniziarono a cambiare atteggiamento.
Il sorriso gentile di Stephan subito lì convinse, come anche il suo approccio.
"Ma qui abbiamo due ometti." Li salutò. "Splendidi per giunta, tu sei Thomas e scommetto che somigli tanto al tuo papà." Gli disse per poi rivolgersi a Joel. "Tu invece sei indentixo a tua madre Joel. Ragazzi siete grandi e spero che mi aiutate a integrarmi." Disse loro.
"Sei amico di mamma?" Chiese Joel.
Più diretto Tommy fece un passo avanti. "Se vuoi picchiarla devi vedertela con me."
Stephan lo fissò scuotendo la testa. "Non potrei mai Thomas. Ma non solo la mamma, credo che nessuno meriti di essere picchiato, con la violenza non si risolve mai nulla." Gli rispose.
Tom abbassò le difese in quel momento. "Anche papà Tom lo dice."
Ebbi un tuffo al cuore. Aveva chiamato suo padre per ciò che era.
"Papà Tom?" Chiesi.
Lui annuì. "Ma non ditelo a nessuno. È un segreto mio e di Joel che lo chiamiamo così." Ci rivelò.
"Non lo dirò a nessuno." Risposi.
"Croce sul cuore." Sentii dire da mio figlio.
"Croce sul cuore?" Chiesi.
"Gabe ha detto così quando ha promesso. Lui non lo dirà a nessuno." Mi spiegò.
"Oh bene. Allora croce sul cuore che non lo saprà nessuno." Gli dissi.
Al che mio figlio guardò verso Stephan. "Giura." Gli chiese.
"Croce sul cuore." Rispose il granduca con la mano in petto.
Thomas annuì rendendogli la mano. "Allora siamo amici. Puoi stare con noi." Sentenziò.
Cominciarono così le nostre vacanze insieme sull'isola di Muck.
Stephan si integrò con la mia famiglia e i miei figli. Dopo il primo mese in Scozia invitai i bambini a preparare le loro cose poiché saremmo andata in Lussemburgo con Stephan, da lì poi sarebbero andati al college.
Furono vacanze straordinarie, Stephan entrò nel cuore di tutti noi con la sua gentilezza, nel mio si affacciò senza invadere i miei spazi. Sapeva come prendermi, anche perché prima che i bambini tornassero al collegio, fece una cosa a me inaspettata.
"Posso chiedervi il permesso di corteggiare vostra madre?" Chiese a Tom e Joel. Rimasi sorpresa, però restai in disparte ad assoldare i loro discorsi.
"Corteggiare?" Chiese Tom.
"Si! Diciamo che..." si grattò la testa arrossendo. "Vostra madre mi piace molto, più che come amica come probabile compagna. Ma non mi posso permettere di corteggiarla senza il vostro permesso." Disse ai bambini.
Mi sentii anche io in imbarazzo a quella dichiarazione.
"Per me si può fare. Ma non potrai sposare la mamma." Disse Tom.
"Non fa nulla. Mi basterà poterle essere già solo a fianco per essere felice ." Gli rispose.
Stupendomi Joel lo abbracciò. "Per me va bene." Tom annuì. "Tu sei bravo con la mamma, con noi e con Diamond, anche per me va bene."
"Vi ringrazio molto, adesso sono molto più sereno." Disse tornando a includermi nei loro discorsi. "Quando vuoi possiamo partire per Monaco."
"Bene, andiamo pure. Ti presenterò anche la mia amica Inga." Gli risposi e mantenni la promessa. Una volta a Monaco ci riservammo ai cancelli del collegio dove tra i tanti genitori c'erano anche Inga e Taddheus.
Attirai la loro attenzione e quando fummo soli e senza i bambini presentai loro ufficialmente Stephan.
Come con i miei genitori e i Davis, presentai Stephan come un caro amico del Rosey.
La coppia lo accolse con piacere e ci invitò anche a pranzare insieme. Accettammo, durante l pranzo Samuel sgambettava tra le due bambine per farle giocare e noi adulti chiacchierammo del più e del meno.
A fine pranzo salutai i miei amici e tornai con Stephan in Lussemburgo. Il jet privato del mio amico mi aspettava per riportarmi a Londra, alla mia vita di tutti i giorni.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Stephan fu perseverante.  Con discrezione frequentava casa mia, fu aiutato anche da Elisabeth e Oscar che ammetto, lo aiutavano molto. Spesso mio suocero mi avvertiva che Stephan era arrivato a Londra per rappresentare il Lussemburgo, o per commissioni inderogabili e guarda caso in quelle occasioni organizzavano dei  pranzi in sua compagnia.
All'anno nuovo, dopo che aveva trascorso il Natale con noi e non con la sua famiglia, decisi di non tenerlo più sulle spine e nel farlo usai la sua stessa arma. Chiesi a Tom e Joel di andare da lui e avvertirlo che alla mamma la sua corte aveva fatto molto piacere e che potevano avere qualcosa di più importante.
"Ci farebbe piacere se entrassi a far parte della nostra famiglia Stephan." Disse infine Thomas al mio 'amico'. "Saremo felici di chiamarti zio."
Joel annuì. "Possiamo chiamarti Tepá come fanno Samuel e Diamond. Zio Tepá." Annunciò orgoglioso.
Mi si riempì il cuore di gioia quando Stephan abbracciò commosso i miei due figli maggiori. Iniziammo così la nostra relazione. Io proseguivo con l'università e Stephan si era praticamente trasferito a casa mia. Avevo preso nei confronti di Andrew grandi misure restrittive, non lo invitato più a casa mia. Quando i bambini tornavano da Monaco e dalla Svizzera andavamo a trovarlo alla clinica, così che egli potesse incontrare Joel e Samuel, ma soprattutto che potesse essere controllato da qualcuno in grado di gestirlo. Durante quell'anno furono molte le sorprese. Ciò che più mi colpì fu il ritorno della malattia per Stephan.
Era riuscito ad entrarmi dentro con la sua gentilezza e non potevo accettare che il destino me lo portasse via. Anche perché Stephan si ostinava a non voler fare la chemioterapia.
"Non capisci? Io voglio una famiglia." Mi disse dopo l'ennesima discussione.
Piansi tutta la mia amarezza. "Non capisci che se non fai le chemioterapie non potrai viverti la tua famiglia?" Gli chiesi. "Io ti amo e non voglio perderti, i miei figli ti amano come un padre e non possono perderti."
"Sapphire... mia dolce Sapphire." Mi implorò lui. Mi asciugai il volto disperata. "Ho parlato con Charles." Gli dissi implorandolo. Rimase sorpreso nel sentir nominare il mio ex amante. Ma era anche il mio ginecologo e l'unico che conosceva la mia situazione e potesse capirmi. "Potresti congelare i tuoi embrioni, avremo un figlio per altre vie se mi consenti di diventare la madre dei tuoi figli." Gli rivelai.  Perché un figlio da Stephan mi sarebbe piaciuto averlo.
"Mi daresti un figlio?" Mi chiese lui sorpreso. "Ovvio che si. Non pensavi mica che il tuo fosse un amore a senso unico." Affermai.
Lui mi fissò. "Non lo pensavo. So che nel tuo cuore c'è il padre di Thomas."
Scossi la testa. "Cosa dici? L'ho amato, ma adesso ci sei tu." Gli dissi, ovvio che il ricordo di Thomas era sempre dentro di me. Era nel mio cuore indelebile. Ma c'era anche Stephan e non volevo che mi lasciasse, questa volta avrei lottato. Avremo creato la nostra famiglia se i vincoli del suo rango non ce lo vietavano.
"Oh Sapphire." Mi disse lui baciandomi. "Mia dolce Saph."
"Ti prego Stephan. Fai la terapia, falla per tutti noi." Gli chiesi.
"Davvero vuoi dei figli da me?" Mi chiese.
"Se la tua famiglia c'è lo consentirà, si! Voglio un figlio bello e dolce come te Stephan."
Lui annuì. "La nostra è un'unione insolita. Ne ho parlato più volte con i miei genitori e loro hanno sempre detto che i nostri figli non avrebbero mai avuto diritto alla successione al trono. Per me va bene  rinunciarvi per una nostra famiglia." Mi confidò.
Annuii. "Non ci serve un titolo nobiliare e i nostri figli staranno meglio senza. Credimi." Gli dissi.
Stephan mi baciò. "Parliamo col dottore e vediamo cosa ci dice di questa cosa degli embrioni."
"Sia ringraziato Dio." Risposi ricambiando il bacio. "Iniziamo la terapia dopodiché mettiamo su famiglia, sono fiduciosa. Guarda Elisabeth, lei sta benissimo." Gli dissi.
Al che lui assentì. Facemmo tutti gli accertamenti del caso. Presentai Stephan a Charles così che lui potesse spiegargli come funzionava la fecondazione assistita e di presentarci una clinica privata dove anche lui e sua moglie si erano serviti ultimamente.
Durante un pranzo annunciammo ai miei genitori e quelli di Andrew le nostre intenzioni. Rivelammo che a Stephan era tornato il tumore, ma che pensavamo positivo. Volevamo mettere su famiglia ed era stato avviato già il procedimento per congelare i suoi embrioni. A breve avrebbe iniziare anche il primo ciclo di radioterapie, poiché per il momento non era consigliato l'intervento chirurgico come la prima volta. La mia famiglia fu dispiaciuta per la salute di Stephan, ma ci augurò contenta  il meglio per quanto riguardava il futuro della nostra famiglia.
Al quarto compleanno di Samuel mi traferii in Svizzera, dove le cliniche di ricerca consentivano cure migliori per Stephan. Iniziai così a studiare per l'ultimo anno universitario da privatista, decidendo di presentare solo gli esami a Londra. La mia priorità erano Stephan e i bambini. Iscrissi infatti Samuel al Santa Maria così che stesse insieme ai fratelli più grandi, da Zurigo inoltre potevo raggiungere più facilmente Monaco e stare di più in loro compagnia. Io e Stephan prendemmo anche a uscire con più frequenza con Taddheus e Inga, le nostre figlie che avevano adesso tre anni giocavano molto tra di loro. Eravamo in buona compagnia e sembrava che la cura facesse effetto su Stephan. Non aveva più i folti capelli per via della chemio e si era leggermente arrotondato per le cure di cortisone. Ma mi andava bene così.
Per quanto riguardava i bambini andavo a trovarli quando non ci andava Thomas. Inga mi informava di quando arrivava e andava a prendere i bambini così riuscivo ad evitarlo.
Fu durante uno di quei week end al Santa Maria che conobbi il piccolo Chamael, compagno di classe di Samuel. Era visibilmente un anno più piccolo di lui, aveva i capelli neri e uno sguardo vacuo e malinconico. Mi trafisse il cuore quella sua espressione, tanto che lo presi a cuore e con me anche Stephan. Chiesi appositamente un colloqui con la pedagogista per avere informazioni.
"Posso chiederle perché Chamael è in classe con Samuel? Sembra più piccolo di lui." Dissi prendendo informazioni alla larga.
La donna non conoscendo il mio secondo fine mi rispose tranquillamente. "Chamael ha un quoziente intellettivo molto alto. La madre lo ha mandato qui da poco dicendoci che è un bambino complesso. In realtà su di noi insegnanti subito sono spiccate le sue capacità, i bambini di questa scuola hanno grandi capacità. Lui ne ha di un valore in più, gli abbiamo fatto dei test ed ha un percentile più alto rispetto ai suoi compagni. Per ora lo abbiamo spostato di un solo anno per non farlo sentire inadeguato. Resta pur sempre un bambino, è molto sensibile e bisogna essere cauti nei suoi confronti." Mi informò.
"L'ho incontrato la volta scorsa con Samuel, sono molto amici loro due. Era triste e piangeva perché sua madre non era venuto a trovarlo." Spiegai alla pedagogista.
"La madre è una chef, lavora in Sassonia ed ha poco tempo per seguire il figlio, raramente viene a trovarlo." Mi rispose.
Mi si strinse il cuore a quella risposta. "Anche il padre è cuoco?" Chiese Stephan.
Lo fissai sorpresa. Vero, esisteva anche il padre. Chamael aveva parlato della madre, ma probabilmente suo padre sarebbe potuto andare a trovarlo e prenderlo per il week end.
"Non ha un padre purtroppo." Rispose la donna.
Guardai scossa la pedagogista. "Mi sta dicendo che un bambino di tre anni è tenuto recluso in questo collegio per tutto l'anno?" Chiesi sconvolta. "Almeno le vacanze di Natale le trascorrerà con sua madre?" Chiesi.
La pedagogista andò in allerta alla mia reazione. "Lady Cooper questi non sono affari che vi riguardano. È comunque competenza della preside questo tipo di gestione burocratica." Disse chiudendo l'argomento.
Sinceramente, era chiuso per loro ma non per me. Quando lasciammo la scuola Stephan mi strinse la mano.
"Dopo Natale rientreremo in Svizzera e potremo prendere appuntamento con la preside. Ne parliamo direttamente con lei di Chamael." Mi disse deciso.
Lo fissai dolcemente carezzandogli il viso. "Ha colpito anche te quel bambino."
"È solo! Un bambino non dovrebbe sentirsi abbandonato dai genitori, ancor di più se ha solo tre anni." Mi rispose.
Concordavo con lui ed ero contenta che la pensassimo alla stessa maniera.
Con le vacanze di Natale tornammo tutti a Londra. Io mi anticipai di qualche settimana per dare i miei esami, fu Stephan ad andare a prendere Thomas, Joel e Samuel al Santa Maria, mi avrebbe poi raggiunto con il jet del granducato di Lussemburgo.
Quando giunse a casa avevo dato tutti gli esami, accettandone anche uno con voto venticinque. Mi avrebbe rovinato la media, ma l'università in quel periodo mi era più di peso che altro. Dovevo togliermi quel pensiero così da potermi dedicare solo a Stephan e più avanti ai nostri figli.
"Sai, quando sono andato a Monaco a prendere i bambini ho conosciuto la famosa Marina." Mi disse Stephan facendo conversazione.
Lo guardai. La bellissima Marina, la donna di cui mi aveva scritto Thomas ringraziandomi, aveva seguito il mio suggerì ed era andato avanti. Con Marina! Non avevo nulla contro di lei, era una donna bellissima e sicuramente se non ci fosse stato Thomas tra di noi saremo potute diventare anche amiche. Fui contenta di non essere andata io a prendere i bambini al collegio, così non sarei stata costretta ad incontrarla.
"Inga non mi ha detto che ci sarebbero stati anche lei e Thomas. È una bella donna, vero?" Gli chiesi con un sorriso.
"Sinceramente preferisco te." Mi rispose Stephan. "Come me era da sola ad accogliere i bambini."
Sollevai un sopracciglio, avevano fatto parecchia conversazione? "Vi siete conosciuti tanto." Affermai.
"Ecco... si. Mentre aspettavamo l'apertura dei cancelli, Tad e Inga ci hanno presentato, poi fa una cosa e l'altra abbiamo preso la stessa auto per andare in aeroporto." Blaterò.
"Come?" Chiesi curiosa. "Ti sei fatto di nuovo manipolare da Gabe e Tom?" Chiesi sapendo già che era così.
Quei due bambini erano una macchina di strategie insieme e non andava bene. "I gemelli volevano fare strada insieme e Marina non riesce da dire loro di no, Joel voleva stare con Gellert e anche lì Marina..."
Incrociai le braccia al seno. "Non incolpare Marina." Gli dissi divertita. "Anche tu non sei riuscito a dire di no. Sono sicura che Inga poi si lamenterà con me per la tua mancanza di polso con loro."
"Eravamo due adulti contro quattro bambini." Si giustificò lui.
Sospirai. "Ci penserò io a loro quando torneremo in Svizzera." Affermai.
"Mi perdoni vero?" Mi chiese lui con lo sguardo di un cucciolo bastonato.
Lo fissai. "Ti perdono. Ma dovrai avere più polso. Quando avremo anche nostro figlio vorrei che fossi mio complice."
A quella frase Stephan mi regalò un sorriso a trentadue denti. "Giuro migliorerò. Quando avremo il nostro bambino avrò più polso."
Non ci credevo tanto. Però lasciai correre. Stephan era l'opposto di Andrew e dava il cento per cento con i bambini al contrario di mio marito.
Presto saremo andati a trovarlo a casa di Elisabeth e Oscar e sinceramente avevo bisogno della presenza e della generosità di Stephan per il dopo cena, quando saremmo ritornati da lui.
Stephan avrebbe assopito l'amarezza che Andrew lasciava nel cuore di Joel in quegli incontri.
Quando andammo a trovare Andrew infatti non mi stupì la sua squallida scena. Tanto per cambiare disprezzava Tom, che ormai si lasciava scorrere tutto, maltrattò psicologicamente Joel e Samuel, infine si dedicò a Diamond.
La fissò con disprezzo all'inizio, poi si soffermò ad osservarla meglio. Il suo sguardo ed il suo viso cambiarono lentamente mentre fissava mia figlia.  Da apatico lo sguardo fu sveglio, da falso il sorriso divenne cinico. Attirò la bambina accanto a sé e sotto gli occhi di tutti le carezzò il viso.
Mi chiesi cosa stesse facendo, cosa aveva visto in Diamond.
Lo chiesi con lo sguardo a Oscar ed Elisabeth che scossero le spalle, anche loro non capivano. Al che mio suocero lanciò uno sguardo al robusto infermiere che seguiva Andrew come un'ombra. Quest'ultimo invece che pensare ad Oscar teneva d'occhio Andrew e la scena che stava portando avanti.
"Sei bellissima bambina mia!" Sussurrò Andrew. Rabbrividii alla sue parole, da quando aveva una voce così morbida con i bambini? Cosa c'era dietro? "Assomigli tanto tanto alla tua mamma." Ovvio che mi somigliava. Assomigliava a me. Lo guardai con disprezzo, dopodiché notai Andrew stringere più forte Diamond.
"Mi fa bua... papà bua..." si lamentò Diamond.
"Tu sei la mia bambina e dovrai obbedire a tutto ciò che ti dirò." Le sussurrò autorevole. "Quando sarai grande starai solo con me Diamond. Capito?" Disse leccandosi le labbra lascivo.
Mi si accapponò la pelle a quella frase. "Lasciala andare subito." Intervenni andando a prender la bambina.
L'infermiere fu però più rapido di me, prese la piccola dalle sue braccia e la mise a terra. "Adesso basta." Gli disse.
"Sono io che decido quando basta." Disse l'uomo. "È mia figlia, è mio diritto coccolarla."
"Smettila Andrew, sappiamo entrambi dove sta la verità." Dissi mentre Elisabeth veniva a prendermi la piccola.
"La verità è che la bambina ha il mio nome e farà ciò che dico io." Rispose lui. "Come te che sei mia moglie."
Al che tirai un respiro profondo. "Come sempre ti chiedo di firmare le carte per il divorzio". Gli disse sperando di farla finita con quella storia.
"Come sempre mi rifiuto. Tu sei legata a me, il matrimonio è qualcosa di sacro. La donna diventa dell'uomo e dovrà sottostare a lui. Dovresti obbedire e farti inculare un po' da me dolcezza."
Inorridii alle sue parole. Feci un passo indietro prendendo i bambini con me. "Noi andiamo, per quest'anno abbiamo dato." Annunciai a Oscar.
"Dove credi di andare." Mi urlò contro Andrew facendo un salto verso di me. L'infermiere dietro di lui fu però lesto e afferrandolo per le spalle gli iniettò un calmante con una siringa che doveva aver avuto a portata di mano per tutto il tempo.
"Ti chiedo scusa per i termini usati Sapphire." Mi chiese un Oscar sempre più invecchiato e stanco.
"Io non capisco proprio perché nostro figlio è così." Disse Elisabeth.
"I medici dicono che potrebbe essere la mancanza di affetto che gli ho dato da bambino." Mi confessò Oscar. "È quindi colpa mia."
"La mancanza di affetto non porta all'odio, porta a voler dare e ricevere affetto." Dissi. "Non fatevi colpe che non avete, Andrew ha quarantotto anni e dovrebbe saper da solo cosa è bene e cosa è male."
"Lui ha decisamente scelto il male." Sussurrò Elisabeth stringendosi mia figlia. "Mi dispiace molto per tutti voi cara."
"Starò bene, saremo tutti bene appena usciremo da questa casa." Dissi loro. "Io e Stephan vi aspettiamo per un pranzo in questi giorni." Li salutai.
Ma non li vidi quell'inverno. Facemmo il pranzo di Natale con la famiglia di Ebony e di Molly, dopodiché Stephan tornò a Monaco con i bambini. Dopo aver dato gli ultimi due esami lo raggiunsi.
Non mi piacque come trovai il mio compagno. Sembrava invecchiato, forse la terapia era stata più invasiva questa volta.
"Va tutto bene?" Gli chiesi.
Lui annuì. "Si, sono solo stanco." Mi disse abbracciandomi. "Gli esami?"
"Passati tutti. Conto di presentare la tesi per settembre." Gli rivelai.
Lui mi baciò dolcemente sulla fronte. "Quindi potremo pensare di mettere su famiglia." 
Lo fissai divertita. "Ne ho parlato con Charles, per velocizzare l'ovulazione mi ha consigliato una terapia di fertilità. Così ci sono più possibilità di avere un figlio."
Lui mi abbracciò. "Mi piacciono questi modi di fare figli. Sono sicuri e veloci."
"Ah quindi non ti piace il metodo classico?" Chiesi maliziosa.
"Oh quello mi piace molto, anche senza dover fare figli." Sussurrò baciandomi il collo.
"Anche a me, tanto." Gli sussurrai guardandolo. "Non sei stanco per farlo?" Gli chiesi sentendo le sue mani scivolare sotto la mia gonna.
"Con te non sono mai troppo stanco." Mi disse tirandomi dietro con lui nella nostra stanza.
Gli sorrisi e lo baciai. Sentivo ci fosse qualcosa che non andava, ma non sapevo spiegarmi cosa.
Stephan era strano, più impulsivo del solito.
Anche la questione del piccolo Chamael che io avevo accantonato. Dopo una settimana dal mio arrivo mi disse che aveva preso appuntamento con la preside del Santa Maria.
Quando gli dissi che era precipitoso, però lui mi convinse ad andare.
"Quando sono tornato, Samuel mi ha detto che Chamael non era più in classe con lui, che era passato nell'aula dei più grandi." Mi raccontò.
"Dovremo parlare con la preside e anche con i genitori di Chamael. In questo modo il bambino si isolerà."
Aveva ragione. Il bambino già era solo, non era giusto che lo isolassero, anche la pedagogista aveva affermato che dovevano andare piano con lui.
Così con tutte le buone intenzioni andammo al nostro appuntamento con la preside.
"Le dico subito che non siamo qui per parlare dei nostri figli." Disse Stephan affrontando l'argomento. Difficilmente il mio compagno si faceva vedere autorevole, in quell'occasione invece lo fu sa subito.
"Per quale motivo siete qui, se non per i 'vostri' figli?" Ci chiese la preside marcando sulla parola vostri. Sospirai.
Non era quello il momento di polemizzare, così Andria anche io al dunque. "Siamo qui per Chamael." Affermai. "Il bambino è stato dalla madre questo Natale?" Chiesi.
Lei sospirò. "Il bambino è stato dalla madre e lo ha riportato lei stessa qui. Non contenta del fatto che ancora non gli avevamo insegnato a usare la destra anziché la sinistra." Ci disse.
Restai sbalordita. Destra e sinistra? Di cosa parlavamo? "La madre ci ha chiesto di cambiargli classe, poiché ha ritenuto che il problema fosse la referente della sua classe."
Feci un colpetto di tosse. "Una madre dovrebbe preoccuparsi del benessere del figlio, non di quale mano egli usi per scrivere." Affermai.
"Credo che ogni madre abbia il diritto di scegliere il metodo di studio e di crescita del proprio figlio. La signora Holstein si aspetta che una scuola del nostro calibro insegni al bambino ciò che è giusto debba sapere."
"Quindi voi nell'areo di appena quattro mesi, cambiate due classi a questo bambino. Dalla classe dei bambini della sua età lo avete passato in quella dei quattro anni, adesso è in quella dei cinque anni." Spiegò Stephan. "Così il bambino si isola e viene emarginato dagli altri, o perché ritenuto troppo piccolo o troppo intelligente. Signora preside non ha pensato di dire alla mamma di Chamael che lei deve fare la cuoca e lasciare fare a voi, corpo insegnanti qualificato, il vostro lavoro e le scelte in merito?" Chiese diretto.
Sembrava essersi preparato a quel momento. Ne ero stupita.
"Cosa vuole che io faccia signor principe?" Chiese allora la preside. "Sono con le mani legate. Il bambino qui si sta affezionando ad alcuni bambini, Raziel ad esempio." Mi disse indicandomi.
Stephan mi fissò, alche risposi. "Raziel Isaak, il fratello di Tommy. È nella settima classe, in quarta elementare." Gli ricordai.
"Quindi potete ben capire che il bambino interagisce con quelli più grandi. Se deciso di andare contro sua madre ella potrebbe toglierlo dalla scuola e non so dove potrebbe capitare." Ammise la preside. "Lo ha fatto rientrare appena dopo santo Stefano. Il nostro staff ci tiene a salvaguardare i bambini, altre scuole non saprei." Ci disse.
"Potremo parlare col bambino? Ovviamente con la sua compresenza e anche quella della pedagogista." Chiese Stephan.
"A che fine?" Chiese la dirigente.
"Vogliamo capire se il bambino sta bene con la madre?" Chiese più diretto Stephan. "Sappiamo benissimo che ci sono persone nate per fare i genitori e altre nate per altro." Affermò.
"Ma quando avremo appurato che questa donna non è adeguata a fare la madre, noi resteremo sempre inermi." Disse la dirigente.
"No, se facciamo intervenire degli assistenti sociali. La scuola dovrebbe fungerà anche da intermediario, giusto?" Chiese Stephan.
Finalmente capii cosa voleva fare Stephan.
"Tuttavia, penso che se analizziamo la situazione, portandola poi in visione alla madre. Potremo agire per altre vie, parlando con la signora Holstein appunto e invitandola a lasciare il bambino in custodia a una famiglia più adeguata e amorevole. Se non chiamiamo gli assistenti sociali le avrà sempre e comunque la patria podestà, altrimenti le autorità potrebbero toglierle tutto."
La preside sospirò. "Facciamo chiamare il bambino e la dottoressa. Ma se appureremo che Chamael sta bene, dobbiamo lasciar correre." Ci disse.
"Va bene." Rispose Stephan stringendomi la mano.
Restammo in attesa per circa quindici minuti. In questo lasso di tempo Stephan mi strinse la mano e mi guardò con i suoi magnifici occhi verdi. "Chamael ha bisogno di essere felice. E noi siamo stati scelti per adempiere a questi dovere." Mi disse.
Lo guardai attenta. "Sai che non possiamo salvare tutti, vero?" Gli chiesi.
Lui annuì. "Lo so! Ma Chamael è speciale. Ci è entrato dentro dal primo momento che abbiamo incrociato il suo sguardo."
"Non lo nego." Dissi. "Ho sentito un legame con lui da subito. Anche se non è mio figlio."
"Lo sarà! Solo lui, sento che per preservare la nostra famiglia lui sarà fondamentale.
Sento che lui fa parte della nostra famiglia, noi potremo indirizzarlo sulla strada giusta. Poi sarà libero di andare per la sua strada, appena avrà coscienza di sé stesso." Mi disse.
Sospirai. "Va bene. Vediamo prima cosa succede nella sua vita." Gli dissi mentre aprivano la porta e apparivano la preside con la pedagogista, Chamael e.... "Isaak!?" Chiesi.
"Zia Saph!" Esclamò il bambino. Lo guardai enigmatica. "Chamael pensava fosse in punizione ed è scappato. Solo io so dove si mette in punizione, quando l'ho trovato ha voluto che venissi con lui."
Sospirai fissando il bambino attentamente, sembrava così gracile. Il corpicino era esile, in confronto a quello solido e robusto di Isaak spariva. Gli occhi castani sparivano, in confronto a quelli di Isaak che avevano lo stesso colore e taglio, ma che erano vivi e attenti. I capelli gli coprivano il viso tutto, quasi fosse una maschera per nascondersi dal mondo intero.
Guardai entrambi i bambini, poi la preside e la pedagogista.
"Ciao Chamael." Lo salutai. "Perché pensavi di essere in punizione?" Chiesi.
Lui abbassò lo sguardo senza rispondermi.
"Come stai Raziel?" Chiesi all'altro bambino.
"Se prometti di non cucinare tu alla prossima festa dico bene." Rispose.
Risi divertita. "Piccolo birbante. Volevo fare un dolce per tutti voi, però concordo con te era pessimo." Dissi facendo conversazione.
"Gli ho detto anche io che la cucina non è la sua arte." Scherzò Stephan.
Guardai entrambi. Non eravamo lì per discutere del pranzo di Natale a casa mia.
Guardai ora Stephan, ora Raziel Isaak. "Facciamo così. Quando sarai grande abbastanza aiuterai tu Hannah in cucina a Natale." Pattuii.
"Sono già grande abbastanza. Sono il migliore in economia domestica anche tra gli allievi più grandi." Affermò dando una gomitata a Chamael. "Quando Chamael si mette in punizione gli dico che deve aiutarmi per stare in cucina."
"Perché è andato in punizione?" Gli chiesi.
Lui fece spallucce. "È scappato quando la preside lo ha cercato. Aveva paura gli cambiassero di nuovo classe." Rispose finalmente dandoci i motivi di quella fuga.
Stephan alzò lo sguardo sulla preside, io invece restai sui due bambini curiosa. "E si nasconde in cucina?" Chiesi curiosa.
Raziel scosse la testa. "Viene in cucina, ma si nasconde sotto il lavello. Lo fa da quando ha trovato il nascondiglio nella cucina della mamma. Se si nasconde li nessuno lo trova e la mamma può urlare per tutto ciò che vuole. Ma lui non la ascolta." 
Mi si strinse il cuore. Sotto a un lavandino? Umido e sporco anche forse? "Ma lui ha tre anni, perché la mamma dovrebbe sgridarlo?" Chiesi.
"Perché lui usa una mano sbagliata." Rispose il figlio di Thomas alzando la mano sinistra. "Anche io sono mancino." Affermò titubante.
Gli sorrisi. "Anche tuo padre lo è!" Affermai. "Poi cosa c'è di sbagliato nell'esserlo? Einstein era mancino e non solo lui." Dissi fiera.
"Albert Einstein?" Chiese con voce tenue Chamael.
Finalmente avevo attirato la sua attenzione. "Proprio lui. Sapete chi è?" Chiesi a Raziel che scosse la testa.
"Mi sembra uno famoso."
Chamael gli diede una gomitata. Doveva essere un'abitudine tra i due. "Era un genio della fisica."
"Vedo che lo conosci." Gli dissi dolcemente.
"Ho letto dei libri." Rispose lui fiero.
Lo guardai stupita. "Sai leggere?" Gli chiesi.
Lui annuì. "Quanti anni hai Chamael?" Gli chiesi.
"Quattro a settembre." Rispose.
"Ma sei bravissimo allora." Gli dissi indicandogli la mia gamba. "Vieni qui e sappi che non sei in punizione." Gli dissi mentre mi raggiungeva.
Lentamente me lo misi sulle gambe e lo fissai. "Sai anche scrivere?" Gli chiesi.
"Si! Il mio nome e quello di mamma e di Raziel e Giaele." Mi rispose. "E anche i numeri da uno a venti."
Gli carezzai i capelli castani. "Sei bravissimo allora. Chi è. Giaele?"
"Un'amica della nuova classe." Rispose subito.
"Ti piace questa classe?" Chiesi ancora.
"Non tanto.... Però c'è Giaele." Si corresse.
"Posso chiederti perché scappi dalla tua mamma?" Gli chiesi.
Lui abbassò lo sguardo. "Lei dice che sono un fallimento." Ammise tenue. "So cosa significa, l'ho letto."
"Perché dice così? Glielo hai chiesto?"
"Dovevo essere diverso... com'è Rachel." Affermò.
"Rachel è?"
"La bimba di mamma. L'ha avuta dal suo grande amore. Rachel è il mondo di mamma." Rispose ingenuo.
"Anche il tuo papà era il grande amore di mamma." Gli dissi cercando di confortarlo.
Il piccolo scosse la testa. "No..." sussurrò. "Il papà di Rachel c'è, il mio no." Affermò.
"Ok! E la tua mamma ti sgrida perché sei un fallimento, per questo vai in punizione?" Chiesi carezzandogli la fronte.
Istintivamente lui appoggiò la testa sul mio seno. Lo lascia fare aspettando e dandogli i suoi tempi. "Lei dice che sono strano. Che parlo, leggo e scrivo come i grandi."
Con il suo quoziente intellettivo alto ci stava. Dimostrava di saper leggere nonostante avesse solo tre anni. "Secondo me questa cosa è bella."
"Lei urla sempre: sai leggere e scrivere e non sai usare la mano giusta. Sei un ignorante. Oppure sei un mostro! Un errore... dovevi nascere diverso."
Ogni parola, ogni frase e ogni offesa era per me una stretta al cuore.
"Chamael io penso che tu stia usando la mano giusta." Gli dissi Fernando il polpastrello sulla sua fronte. "Credo inoltre che non sei ignorante, anzi. I migliori geni erano mancini e tu hai un mondo qui dentro. Credo che tua madre abbia paura di questo mondo." Gli raccontai.
"Perché sono mancino?" Chiese.
"No, perché sei tu. Sei migliore di lei e non può accettarlo." Gli spiegai.
"Ma con le mie mani non posso fare il cuoco come vuole lei." Mi disse.
"Tu vuoi fare il cuoco da grande?" Gli chiesi seria.
"Non lo so... voglio andare al mare. Non sono mai andato al mare, voglio urlare e saltare... voglio..."
Lo fermai stringendomelo al cuore.
"Vuoi fare il bambino." Affermai. "Ti andrebbe di fare il bambino con me?"
Lui mi fissò, poi sgranò gli occhi sorpreso. "Posso?"
Annuii. "Si, ma per farlo dobbiamo illudere la mamma." Affermai.
"Illudere?" Chiese. "Posso cercare sul libro cosa significa?"
Risi. "Dopo andrai a farlo. Semplicemente dobbiamo fare una magia e tu con la tua bella testolina puoi riuscirci Chamael." Gli dissi.
"Cosa devo fare?"
"Devi imparare a scrivere con la destra, così quando sarai in presenza di tua madre le farai vedere che sai farlo." Gli dissi. "Però dovrai sempre usare la sinistra. La destra ti serve per fare la magia con la mamma. Adesso, la signora preside ti ha fatto chiamare perché volevamo conoscerti, io e Stephan." Affermai indicandogli il mio compagno. "Se tutto andrà bene Chamael, passerai un po' di tempo con noi nei week end. Così uscirai un po' dal collegio, ti va?" Gli chiesi.
"Usciamo?" Urlò lui felice.
Guardai ora Stephan, ora la preside. "Usciamo?" Chiesi.
"Se dovesse succedergli qualcosa ne saremo noi responsabili." Disse la preside.
"Scriva alla madre e si faccia lasciare una delega a nostro nome." Disse Stephan. "Sarà responsabilità nostra, dica alla madre che se non lascerà uscire il bambino si andrà per le vie che le ho accennato prima. Sono sicuro che accetterà subito." Affermò.
"Vi terrò aggiornati." Disse la preside.
"Perfetto." Disse con un sorriso finalmente rilassato Stephan. "Ci aggiorniamo questo week end quando verremo a prendere i bambini. Isaak se vuoi venire anche tu senti la mamma per venerdì pomeriggio." Concluse.
Come nelle migliori previsioni il piano di Stephan andò a buon fine.
Quel week end all'uscita della scuola le maestre oltre i nostri figli ci lasciarono anche Chamael e Raziel.
Inga e Taddheus ci guardarono curiosi. "Cosa significa?" Chiese Taddheus.
"Vi racconto alla ludoteca che abbiamo prenotato." Disse Stephan lasciando andare Diamond che corse ad abbracciare Pamela.
"La immagino già l'anno prossimo anche lei al Santa Maria." Disse Inga andando all'auto. "Ci manderai anche Diamond, vero?" Mi chiese.
"Penso di sì. Così posso dedicarmi al nuovo arrivo." Dissi ai miei amici.
"Sei incinta?" Chiese sorpreso Tad.
"Non ancora. Ma presto iniziamo con l'inseminazione, penso verso maggio." Dissi ai miei amici.
"Hai già un programma?" Chiese Inga.
"A settembre ho la tesi. Quindi vorrei andarci senza un pancione gigante, maggio e il periodo giusto per iniziare a provare." Gli spiegai. "Giustamente." Disse Tad.
"Quest'anno abbiamo da festeggiare tante cose." Esultò Inga. "Mi piace."
Alla ludoteca ordinammo da mangiare per i bambini e nel frattempo che tutti andarono a giocare raccontammo ai nostri amici di Chamael.
"Ho fatto mettere anche i vostri nomi nella delega." Disse Stephan. "Per quando io non sarò in grado di andare a prenderlo."
"Come procede la chemioterapia?" Chiese Taddheus.
"Va!" Rispose lui prendendomi la mano e baciandomi il dorso.
Di nuovo percepii una strana sensazione. Purtroppo non ebbi modo di insistere perché Stephan si alzò  allontanandosi.
"Raggiungo i bambini, Chamael ha bisogno della presenza di un padre." Disse sorridendo a tutti.
Appena si fu allontanato sospirai. "Non sta bene." Dissi.
"Lo penso anche io." Mi confermò Taddheus. "Cosa ti dice?"
"Nulla, è evasivo. Per questo credo che non sta bene, altrimenti sarebbe stato limpido." Affermai.
"Cosa vuoi fare?" Mi chiese Inga.
"Renderlo padre il prima possibile." Risposi asciugandomi una lacrima.
Mi sentii afferrare per le spalle, era Taddheus. "Noi ti saremo vicino. Non vi lasciamo soli Saph."
Mi sentii confortata, i miei amici erano la mia forza. "Grazie."
Trascorsero i mesi. Chamael ormai era parte integrante della mia famiglia.
A Pasqua lo portammo con noi in Lussemburgo. Fu sorpreso di vedere che Tommy e Joel non ci fossero, al che gli spiegai che non erano soli. Anzi che eravamo una grande famiglia e dovevamo imparare a dividerci nelle festività.
Dopo la Pasqua lo salutai dicendogli che sarei andata via per un po'. "Ho gli esami all'università. Ma troveremo un modo per tenerti con noi quest'estate." Gli promisi abbracciandolo.
Lasciai il nord Europa per dirigermi a Londra dove diedi i miei ultimi esami. Fu estenuante, poiché il pensiero andava sempre a Stephan, nonostante Amelie e Pierre gli erano vicino io ero in pensiero.
Durante quel periodo presi la decisione di mandare anche Diamond  al Santa Maria. Ne parlai anche una domenica a pranzo da Oscar ed Elisabeth.
Andrew però ebbe da contestare la mia decisione. "La bambina andrà in una scuola femminile, altrimenti non se ne fa nulla." Disse.
"Per mia figlia decido io. Tu non hai voce in capitolo." Gli dissi decisa.
"Farai quello che ti dico io. Altrimenti..."
"Altrimenti cosa?" Lo sfidai.
Lui mi sorrise spregevole. "Altrimenti ti tolgo Joel e Samuel."
Scattai su. "Non puoi farlo. Non te lo permetterò." Gli dissi.
"Lo farò se non iscriverai la bambina dove dico io." Mi minacciò.
Contai fino a dieci. Mi serviva solo ad arrivare ai diciotto anni di Joel, dovevo pensare un modo per tenere Diamond lontano da quel pervertito. "C'è un collegio in Svizzera. Dovrebbe frequentare tutto l'anno, ma è un collegio femminile." Acconsentii.
"Perfetto. Siamo d'accordo." Disse lui.
Io poggiai le posate nel piatto guardando Elisabeth. Non gliel'avrei lasciata vinta, se voleva prendersi mia figlia aveva capito male. Avrei lottato con le unghie e con i denti.
"Grazie per il pranzo, ma mi è passato l'appetito." Dissi alzandomi, non riuscivo a stare nella stessa stanza con quel mostro.
I giorni a venire mi concentrai sugli esami e il lavoro alla KCG, in più con Charles avevo iniziato la cura sulla fertilità. A inizio giugno mi liberai dai miei impegni, potevo tornare in Svizzera.
"Senti Saph." Sollevai lo sguardo su Drake mentre mettevo via tutta la documentazione che mi sarebbe servita a Monaco. Perché da quando facevo la spola tra Zurigo, Lussemburgo e Londra,Taddheus mi aveva inserito nella sede di Monaco. Diceva che occupandomi di risorse umane potevo lavorare in qualsiasi sede. Così portatile e documenti nella borsa ero pronta ad andare.
"Dimmi Drake." Gli risposi controllando gli ultimi appunti.
"I bambini potrebbero venire da te con un po' di ritardo? Il primo luglio Tom si sposa e avrebbe piacere avere tutti i ragazzi quel giorno." Mi disse senza fermarsi.
Sollevai lo sguardo. Mi batteva forte il cuore. "Con Marina giusto?" Dissi indifferente. "Per me non ci sono problemi. Bassa che mi dite dove li riportate." Risposi.
"Ti faccio sapere, tanto ci saremo anche noi al matrimonio. Tom vuole anche Raziel."
Sorrisi. "È giusto, anche io vorrei circondarmi di tutti i miei figli." Anche se a quella festa sarebbe mancata Diamond che era con me.
"Bene allora, se non ci sono problemi lo avverto." Mi disse.
"Ripeto, andate tranquilli. Poi dopo vorrei i ragazzi tutti per me e Stephan." Gli dissi con la voce incrinata.
Lui mi fissò. "Andrete in vacanza?"
"No, resteremo tra Zurigo e il Lussemburgo. Così lui potrà fare le cure e stare che la sua famiglia. È la cosa più importante."
"Saph... voi..." balbettò Drake.
Io cercai di sorridere. "Noi speriamo di avere un bambino per l'anno nuovo." Gli dissi chiudendo la ventiquattr'ore. "Adesso vado, fai i miei migliori auguri a Thomas e Marina." E così facendo sparii. Dovevo raggiungere Stephan.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Appena giunta in Svizzera avevo fatto gli accertamenti e iniziato a provare l'inseminazione. Avevo fatto in modo di trovarmi a Zurigo per il mio periodo più fertile, tra questo e le punture per la fertilità probabilmente sarei riuscita a restare incinta al primo colpo.
Il primo luglio, come previsto andammo a prendere i bambini all'uscita della scuola. Ci andò Stephan in realtà, mi disse di restare in disparte mentre parlava con la madre di Chamael.
Ormai aveva preso sul personale quella situazione, poiché era intenzionato a prendere il bambino e portarlo via con noi anche per l'estate.
Lo sentii parlare con la donna, una mia coetanea probabilmente, era piccolina, con i capelli castani rossicci e l'aria di una che la sapeva lunga. Lei era impettita e con le mani sui fianchi rispondeva a Stephan.
Alla fine quando il mio compagno mi raggiunse notai che il bambino era con la sua amica Giaele e i genitori di lei.
"Per ora sono riuscito a convincerla a mandare Chamael con Giaele in Italia. Almeno abbiamo quattro giorni di tempo per organizzare le trattative." Mi disse.
"Che intenzioni hai?" Chiesi
"L'ho invitata a raggiungerci in Lussemburgo, dicendole che Chamael sarà lì il quattro luglio. In quell'occasione le parlerò in modo diretto, dicendole che la denuncerò per ciò che sta facendo al bambino e in quel caso glielo porterò via definitivamente." Affermò.
"Credi che verrà?" Gli chiesi scettica.
"Verrà! Siamo rimasti che resteremo in aeroporto, così lei non si sentirà minacciata in un luogo neutro. Ho fatto preparare dai legali del granducato un documento di affidamento cautelare per Chamael. Sono sicuro che lo firmerà." Mi disse.
Sospirai. "Spero che firmi senza fare storia. Quando l' affronteremo..."
"No! Farò io da solo cara." Mi disse lui.
Scossi la testa. "Perché mai? Chamael mi è caro, quanto lo è per te." Gli ricordai.
"Lo so, ma vorrei che stessi fuori da questa storia. Penso che la chef potrebbe sentirsi minacciata da un'altra donna, a differenza di un uomo." Mi rispose.
Fissai Stephan circospetta, indubbiamente sapeva cose che a me sfuggivano. Assentii. Se voleva escludermi andava bene, ma lo avrei pedinato e poteva pur star certo che avrei scoperto il suo piano.
"Thomas e Gabriel hanno nove anni, giusto?" Mi chiese riportandomi al presente.
Annuii. "A settembre si."
"Sembrano abbastanza indipendenti e ragionano con la loro testa." Affermò Stephan. "Quindi potrei proporre la custodia di Chamael fino al compimento dell'undicesimo anno, quando poi dovrebbe frequentare le medie." Mi disse.
Lo ascoltai parlare e quando fece quella proposta mi risollevai l'animo. Chamael aveva quasi quattro anni, fino alle medie sarebbero passati ancora sette anni. Potevo sperare quindi che la sua malattia non fosse così grave come pensavo, anzi.
Tornammo in Lussemburgo dopo aver lasciato Chamael e Isaak a Ebony.
"Vi aspettiamo in Lussemburgo. Ho organizzato delle belle vacanze anche se non c'è il mare." La infornai.
Lei era scettica. Non accettava tanto la mia relazione con Stephan, nonostante fossero passati due anni da quando era iniziata. Quando avevo conosciuto Charlie mi aveva spinta a lasciarmi andare, mentre con Stephan quando aveva capito che facevo sul serio era diventata più ritrosa.
"Sarebbe bello che veniste anche tu e Drake, non abbiamo mai fatto delle vacanze insieme e Diamond vorrebbe stare anche con Raven.
"Inga a Taddheus verranno?" Mi chiese lei.
"Ci raggiungono anche loro dopo il matrimonio." Affermai. "Io vi aspetto, spero che tu e Drake cambierete idea."
Dissi non insistendo. Volevo bene ai miei amici, ma amavo anche Stephan. Non volevo dover decidere tra loro, anche perché Stephan non era Andrew. La sua dolcezza e la gentilezza conquistavano tutti, anche Oscar.
Trascorremmo i tre giorni che seguivano il rientro dei bambini preparando lo chalet per i nostri amici. Un'ala per Inga e Taddheus con la stanza di Gellert e Pamela, una per Drake ed Ebony con la stanza di Raven e la piccola Robin.
La mattina del quattro luglio con Stephan partimmo verso l'aeroporto. Attesi all'uscita dei voli privati l'arrivo dei miei figli, mentre Stephan parlava con un uomo poco distante.
"Mamma, mamma eccoli!" Urlò Diamond tirandomi per la mano. Guardai in direzione dell'uscita.
Inga e Taddheus stavano arrivando con tutta la carrellata di bambini dietro, una donna di circa cinquant'anni e Marina.
C'era anche Marina, la moglie di Thomas. La fissai raggiungerci e cercando di frenare i battiti del cuore che andava all'impazzata. Stampali sul mio volto un sorriso di circostanza che si trasformò non appena Chamael lasciò la mano a Marina per raggiungermi.
"Mamma angelo. Sei veramente qui." Urlò abbracciandomi.
"Ti avevo detto che non ti avrei lasciare solo." Gli dissi spingendo avanti mia figlia. "Diamond, lui è Chamael e passerà le vacanze con noi." Dissi a mia figlia presentandoli.
Lei scosse la testa, le codine bionde le coprirono il viso. "Basta fratelli maschi." Si lagnò correndo da Pamela che dava la mano alla signore anziana. "Io starò con Pamela."
"Siii noi bimbe insieme." Urlò la bambina dai capelli abbracciando mia figlia.
"Ma sei una bambina bellissima." Intervenne l'anziana rivolta a Diamond.
Mi avvicinai a loro piu sicura. Con riverenza salutai la donna per poi rivolgermi a Marina. "Congratulazioni per il tuo matrimonio Marina." Le dissi serena.
"Grazie mille. Finalmente conosci la tua bellissima bambina, deve essere una gioia avere una donnina per casa." Mi disse.
Fissai mia figlia che chiacchierava con l'anziana e risi. "È maledettamente viziata, da tutti i nonni, dai fratelli e da Stephan." Rivelai.
"Lui sembra gentile con tutti. L'ho conosciuto tempo fa." Mi disse.
"Si, mi ha raccontato." Le dissi per poi rivolgermi alla donna che li accompagnava, aveva gli stessi occhi di Diamond e nonostante i lineamenti delicati somigliava molto a Thomas. Tesi lei la mano e mi presentai. "Piacere, sono Sapphire Cooper."
"Rosalie Monet Keller, è una gioia poterti finalmente conoscere Sapphire." Mi disse lei confermandomi fosse la madre di Thomas.
"Starai con noi in vacanza nonna di Gabe?" Chiese mio figlio alla donna.
"No tesoro. Volevo solo conoscere Diamond e chiedere e chiedere se andrà a scuola."
Annuii. "Diamond a settembre entrerà al Kleine Frau, è una scuola privata di Zurigo con ciclo continuo , ha infatti una sede invernale a Cortina d'Ampezzo e una estiva in Corsica." Risposi.
"Cosa significa ciclo continuo?" Mi chiese Marina.
"Vuol dire che non tornerà a casa a meno che non vada a prenderla io. È una sorta di forma preventiva che mi sono presa per proteggerla dai mali intenzionati." Le risposi.
"Capisco." Disse lei carezzando i capelli di Chamael. "Ho sentito che volete portare Chamael con voi, come mai non va con i suoi genitori?" Scossi la testa. "Il bambino è traumatizzato dalla madre e non ha mai conosciuto il padre." Sussurrai. "Stephan ha pronto un modo per convincerla a lasciarci Chamael. Spero che funzioni." Le dissi guardandomi intorno. "Non vorrei che fosse già andato senza di me in realtà." Dissi per poi rivolgermi a Inga e Tad. "Potete controllare i bambini mentre lo cerco?"
"Certo, tanto stanno giocando tra di loro." Mi disse.
"Noi aspettiamo qui che arrivi anche il jet dalla Scozia con a bordo Molly e Sean. Drake e Ebony dovrebbero arrivare con loro." Mi informò Taddheus.
Esultai dentro di me. Temetti si vedesse, ero contenta se Ebony e Drake ci raggiungevano.
"Allora vi saluto. Ancora tanti auguri e buon viaggio." Dissi salutando i miei ospiti.
Diedi loro le spalle e mentre mi incamminai sentii una presenza dietro di me.
"Ti dispiace se ti accompagno?" Mi chiese Rosalie.
Scossi la testa. "Certo che no. Restate anche voi un po' in Lussemburgo?" Chiesi continuando a camminare.
"In realtà ero curiosa. Volevo sapere se stavi bene, tua madre ed Elisabeth dicono che finalmente hai trovato un po' di serenità." Mi rispose.
"Ho iniziato a dedicarmi a me stessa e cercare un mio equilibrio ." Le risposi. "Altrimenti sarei impazzita, poi è arrivato Stephan..." le dissi quando lo vidi che ancora stava parlando con l'avvocato, questa volta aveva alcune carte tra le mani. Quando mi vide mi venne incontro con un sorriso.
"Avvocato lei è la mia compagna, Sapphire." Disse prendendomi per le spalle e presentandomi. Posò il suo sguardo gentile alle mie spalle.
Al che feci le presentazioni. "Rosalie Keller, lui è Stephan il mio compagno." Li presentai.
"La signora Holstein è arrivata." Ci disse l'avvocato. "Se permettete noi la raggiungiamo."
"Vorrei venire..." Ricominciai.
"Ne abbiamo già parlato tesoro." Mi disse Stephan. "Però può venire la signora Keller."
Lo fissai sorpresa e non solo io. "Ha bisogno di me?" Chiese la madre di Thomas.
"Si, ho bisogno della sua autorità." Rispose. "Darebbe forza alla mia tesi per preservare la tranquillità di Chamael." Spiegò.
Quindi la madre di Thomas si e io no? Cosa c'era dietro?
"Va bene. Poi dovrete spiegarmi." Disse lei raggiungendolo.
Stephan le porse il braccio sorridendole. "Amore torniamo subito." Mi disse avviandosi. "Le assicuro mi lady che capirà appena inizierò a parlare con la signora Holstein." Lo sentii dire intanto che l'avvocato seguiva i due.
Restai ferma lì fino a quando non furono ad almeno tre metri di distanza, dopodiché presi a seguirli.
Non vista raggiunsi la zona degli uffici. La donna che avevo visto già al collegio era ad attendere Stephan alla porta, con lei c'era un uomo di circa quarant'anni. Ebraismo nell'ufficio tutti e quando si chiusero la porta alle spalle corsi andare una cosa che sapevo era sbagliato fare.
Sentii il discorso a tratti. Stephan avvaleva la tesi che la signora Holstein maltrattava Chamael, disprezzandolo, dandogli del mostro e anche affermando che la sua stata era stata inutile.
"Io so chi è lei signora McAllister." Affermò in ultimo Stephan.
"Holstein, sono sposata adesso." Rispose lei.
"Questo non cambia che io non sappia chi lei sia. So che il suo istinto materno è inesistente, come so che Chamael è un bimbo traumatizzato. Non è normale per un bambino di quasi quattro anni." Disse Stephan.
"Se non fosse stato un bambino difficile, sarebbe stato facile amarlo." Rispose lei.
"Infatti, non reputandolo io o la mia compagna lo amiamo. Per la prima volta Chamael sta facendo ciò che vuole. Sta comportandosi da bambino, si sente amato e sopratutto accettato." Disse Stephan.
"Purtroppo Chamael non ha esaurito le mie aspettative. È un bambino problematico, chiuso in sé e soprattutto senza anima." Rispose lei.
"Al contrario di sua sorella. So che stravede per lei, che Chamael è un fallimento. Mentre la bambina è il suo più grande successo. Pollyn non è così che si trattano i bambini, non chiudendoli in un collegio perché non li sa gestire. Sa, potrei chiamare i servizi sociali e subito le toglierebbero Chamael." Disse Stephan autoritario.
"Chamael è stato mandato in collegio perché è un bambino problematico." Intervenne allora una seconda voce.
"Voi lo avete fatto diventare problematico." Insistette Stephan. "Negate di averlo chiamato 'mostro' perché mancino?" Chiese.
Io intanto ascoltavo e mi chiedevo chi fosse Pollyn. "Se non imparerà ad usare la mano giusta, non imparerà mai niente dalla vita." Rispose la donna. "Nel mio lavoro e in tutti i campi è importante. È semplicemente un modo per incoraggiarlo a imparare a fare la cosa giusta, che non sarebbe saper leggere e scrivere già a due anni. Ma farlo nel modo giusto."
"Il modo giusto è quello che lui ha deciso per sé stesso." Intervenne Rosalie.
"Il modo giusto sta a me deciderlo signora..."
"Keller." Intervenne Stephan. "Rosalie Keller. L'ho portata qui proprio perché anche suo figlio è mancino." Spiegò lui.
"Si, mio figlio Thomas è mancino, ed è un uomo straordinario." Rispose lei, non potevo vedere la sua espressione. Ma sapevo che Rosalie aveva uno sguardo orgoglioso.
"C- cos... non può essere..." balbettò la madre di Chamael.
"Veniamo a noi. Io non ho tempo da perdere e neanche voi signori Holstein. Per il bene del bambino il mio avvocato ha stilato un contratto di affidamento temporaneo per Chamael. Ci occuperemo noi di lui fino a quando non avrà la capacità di intendere e volere, di poter decidere per se."
"Volete togliermi il bambino?" Chiese la madre di Chamael.
"Solo allontanarla. Pollyn conosco il suo nome e quindi la sua storia." Le disse Stephan. "Mi spieghi perché con i suoi precedenti ha deciso di mettere al mondo Chamael?" Chiese.
Ero curiosa. Di quali precedenti parlava Stephan? "L'ho proprio voluto. Il padre di Chamael insisteva nel dire che io non avevo istinto materno." Rispose lei. "Dovevo dimostrargli che si sbagliava, così per ripicca mi feci mettere incinta. Purtroppo Chamael non era ciò che mi aspettavo. L'altro era più normale." Concluse lei.
"Stiamo parlando di bambini, non di giocattoli." Intervenne Rosalie alterata.
"Chamael non è un bambino normale." Perseverò l'altra.
"Stephan se vuole vado a chiamare mio figlio al jet. Potrebbe aiutarla." Propose Rosalie.
Non sentii più nulla, passarono un paio di minuti poi sentii finalmente la voce di Stephan. "Direi che è un'ottimo consiglio. Ma penso che io e Pollyn abbiamo già raggiunto un accordo."
"Firmerò. Ma non sarò responsabile delle azioni di quel ragazzino." Sentii dire da Pollyn.
"Si fidi. Sarà un bambino tranquillo e trattato come tale. Non avrebbe mai dovuto rinchiuderlo in un collegio per svicolare ai suoi obblighi di genitore." La accusò Stephan.
"Posso chiederle lei cosa ci guadagna?" Chiese Pollyn.
"Una famiglia serena e felice. Noi adulti abbiamo il compito di proteggere i bambini e la nostra famiglia. Io sono un mezzo per farlo." Affermò Stephan.
Sentii dire dall'avvocato di firmare i documenti dell' affidamento. "Qui, qui e qui..."
"L' affidamento?..." chiese Pollyn.
"È quello giusto. Non mi è risultato difficile scoprire chi eri Pollyn. Hai scelto la scuola sbagliata per iscrivere tuo figlio, non volendo Chamael si è avvicinato ai bambini più grandi e di conseguenza a noi. Adesso firma." Ordinò autoritario Stephan.
"Perché sempre lei?" Chiese Pollyn.
"Questione di fiducia. Ripeto ciò che già ho detto prima, è una questione di famiglia e questa è l'unico modo per preservarla. Io devo preservare alla mia famiglia e i miei figli, da questo momento anche Chamael lo è."
"Firmi!" Intervenne Rosalie. "Non ho tempo da perdere, se non rientro al jet Thomas verrà a cercarmi."
Effettivamente Rosalie era dentro da tanto. Forse doveva partire con Tom e Marina e non sapevo quanto tempo avesse ancora.
"Dove devo firmare?" Chiese ancora Pollyn.
"In questa pagina è quella di dietro." Rispose l'avvocato.
"Dovete assicurarmi che niente di ciò che è stato detto oggi uscirà da qui." Disse Pollyn.
"Lo giuro sulla mia vita." Rispose Stephan.
"Signora Keller?" Chiese Pollyn.
Lei si prese qualche minuto, poi rispose. "Perché dovrei parlarne. Gli affari vostri non mi riguardano più di tanto." Rispose.
"Bene. Allora finisco di firmare." Concluse Pollyn.
"Le farò avere il contratto vidimato appena è pronto. Inoltre Chamael potrà contattarla tutte le volte che vuole e viceversa. Sul contratto c'è scritto tutto." La informò l'avvocato. "Il bambino frequenterà il periodo festivo dal college qui in Lussemburgo o a Monaco di Baviera o ancora a Zurigo. Stia certa che non sarà lontano dalla Sassonia signora Holstein." La rassicurò.
"E se volessi cambiargli scuola per un mio trasferimento?" Chiese lei.
"Premettendo che il ristorante in Sassonia è di vostra proprietà, non avrebbe quindi motivo di lasciarlo. Il contratto prevede che a livello economico e patrimoniale da questo momento Chamael sarà mantenuto da noi, quindi fino a undici anni frequenterà il Santa Maria, dopo se vorrà cambiare istituto si vedrà." Le disse Stephan.
"Questa è l'ultima firma." Sentii dire dall'avvocato. "Le posso fare delle fotocopie nel frattempo."
"Va bene. Grazie."
Sentii delle sedie muoversi, al che capii che dovevo iniziare ad allontanarmi per non farmi scoprire.
Tornai nei pressi del luogo dove mi avevano lasciato prima. Cercai una sedia dove sedermi e attesi che Stephan e Rosalie mi raggiungessero.
Attesi altri cinque minuti poi li vidi apparire. Sembrava passeggiassero, erano a braccetto e parlavano tranquilli.
"Raziel è un bambino vivace quindi? Ho conosciuto anche lui al matrimonio, sono tutti dei bambini stupendi." Sentii dire da Rosalie.
"Lo sono, come le ho detto poco fa, Raziel ha preso sotto la sua ala protettiva Chamael appena lo ha conosciuto. Certi legami..."
"Sono indissolubili. Oh cara, ti abbiamo fatto aspettare tanto?" Chiese Rosalie vedendomi.
"Ci avete messo un po'." Dissi guardando Stephan. "Tutto bene?"
Lui mi sorrise. "Possiamo portare Chamael con noi. Glielo dici tu che passerà le vacanze anche con Raziel." Mi disse allegro.
"Sarà felicissimo." Gli dissi andando verso l'ingresso dei voli privati.
"Lo saremo tutti amore." Mi rispose lui mentre Rosalie gli dava dei colpetti sulla mano.
"Adesso devo lasciarvi, è stato un piacere conoscervi." Disse.
"La accompagno fino al jet." Le disse Stephan. "Amore tu raggiungi gli altri? Io accompagno Rosalie dal marito come un buon padrone di casa e vengo da te."
Rosalie sorrise estasiata abbandonando il braccio di Stephan. Mi guardò e mi abbracciò con affetto. "Grazie di tutto cara. Ti auguro tutta la gioia del mondo." Mi disse.
"Speriamo." Le risposi io carezzandomi il ventre. "A presto."
Non la rividi più. Quando rientrò dal jet Stephan mi disse che aveva conosciuto Thomas e suo padre e che gli erano sembrato dei tipi a posto.
Iniziò per noi una nuova avventura con Chamael nella nostra vita. Iniziai a includere anche lui in tutto ciò che faceva la mia famiglia.
Quell'estate in Lussemburgo fu splendida, avevo il mio amato compagno, i miei bambini e tutti i miei amici. Molly sembrava amareggiata all'idea che avessi una famiglia così grande.
Io la ripresi. "Tom vi ha suggerito di adottare un altro bambino, fatelo." Le dissi indicandoli Raziel Isaak che giocava con Chanael. "Lui è pronto ad avere un fratello da un bel po'."
"Non è il momento, non tutti sono fortunati come te Sapphire." Mi disse Molly.
"Fortunata?" Dissi stupita. "Adesso sto bene perché mio marito è rinchiuso, ho dovuto rinunciare al primo uomo che ho amato e l'uomo che amo adesso è gravemente malato. Sei seria Molly?" Le chiesi.
Lei mi guardò duramente. "Tu hai la fortuna di poter avere dei figli."
"Lo so. Ma Chamael e Samuel non sono sangue del mio sangue e li amo lo stesso. Fai qualcosa di bello, adotta un altro bambino come ti ha consigliato Tom. Potrei lasciarti più libertà con Raziel se lo facessi." Le proposi.
"Non è normale che sia tu a decidere per noi e mio figlio." Disse lei.
"Tom ha deciso così." Dissi sentendo i bambini ridere. "E credo sia la soluzione migliore. Tuo figlio è molto più estroverso di cinque anni fa." Conclusi.
Purtroppo non ero riuscita a concepire un bambino. Così a settembre, dopo l'inizio della scuola per tutti i bambini, Diamond compresa, feci un nuovo innesto.
Partii per Londra lasciando Stephan alle cure di Jean Marie e sua moglie. Dovevo presentare la tesi di laurea e concludere il percorso che mi ero prefissata.
Durante quel periodo non mi venne il ciclo, al che chiamai Charles che mi invitò a fare l'esame betahcg. Questa volta l'inseminazione andò bene, ero incinta.
Andai a dirlo a Oscar ed Elisabeth che accolsero bene la notizia. Ero felice di aver dato una gioia alla mia mamma adottiva, da quando il cancro era tornato gioiva di poco e non vedere i bambini non aiutava.
"A Natale saremo qui."' Le dissi salutandola.
L'unico mio problema sarebbe stato gestire Chamael. Da accordi il bambino doveva stare nei limitrofi della Germania e Londra era troppo lontana.
Una volta a Zurigo fu Stephan a trovare la soluzione.
"Io resto qui con lui e tu andrai a Londra con i bambini. Lo stesso non avrei potuto partecipare al pranzo di famiglia con la presenza di Andrew. Così saremo tutti più felici, io e Chamael ti aspettiamo per capodanno."
Eccolo il mio amore che aveva sempre una soluzione. "Allora ti darò prima il mio regalo di Natale." Gli dissi baciandolo.
"Interessante." Mi rispose allusivo.
"Non è questo... papà!" Gli risposi dolcemente.
Lui rise. "Nessuno mi chiama così." Disse.
Al che gli presi la mano portandola al ventre. "Lui ti chiamerà così."
La gioia che vidi sul suo volto mi ripagò per quel periodo di lontananza che avremo avuto.

Il nuovo anno si aprì con molta felicità. I miei figli furono contenti di essere tutti insieme. Avevo volutamente fatto restare Diamond con Stephan e Chamael. Andrew doveva credere che mia figlia fosse in una sorta di convento, per cui non poteva uscire. Di conseguenza non l'avrebbe vista, né quell'anno né in quelli successivi. A lui la  situazione andava bene. Nella sua testa si preservava la virtù di mia figlia, aveva spostato su di lei l'attenzione ossessiva che aveva avuto per me. La cosa non mi piaceva proprio.
Oscar ed Elisabeth furono d'accordo con me su quelle decisioni, Oscar voleva dedicarsi alla moglie e non poteva seguire le schizofrenie del figlio.
Così dopo Natale partii con i miei genitori, Molly e la sua famiglia, per il Lussemburgo. Nonostante fossimo stati separati per meno di dieci giorni trovai Stephan sciupato.
Amelie mi informò che aveva fatto la chemioterapia da poco, per questo sembrava provato. In occasione del capodanno, dopo che ci ebbero raggiunto anche i Davis che avevano lasciato Andrew alla clinica, finalmente io e Stephan annunciammo l'arrivo del nostro primogenito.
"In realtà l'ecografia ha rivelato tre battiti, quindi saranno tre bambini." Annunciai, le cure della fertilità, mi aveva spiegato Charles, avevano favorito una gravidanza gemellare che comunque non cercavo, ma andava bene anche così. "Nasceranno verso metà giugno."
"È una gioia questa notizia mia cara." Mi disse la madre di Stephan con commozione.
Più tardi dovetti spiegare ai miei figli cosa era accaduto precisamente. "I vostri fratelli cresceranno qui in Lussemburgo, così saranno tranquilli senza le pressioni che ci sono a Londra." Spiegai loro.
"Staranno con Tepá!" Affermò Tom guardando i suoi fratelli più piccoli. "È giusto stare col papà." Concluse triste venendo ad abbracciarmi. "Così nessuno farà loro del male." Mi sussurrò.
Annuii. Mio figlio aveva capito le mie intenzioni e aveva espresso anche il suo desiderio di poter stare col papà.
"Non lo diremo a nessuno mamma." Disse anche Joel aggiungendosi all'abbraccio.
Il giorno dopo portai tutti i bambini a pattinare sul ghiaccio, portai con me Molly in modo da avere un occhio in più.
"Isaak non farti male!" Urlò al figlio.
Al che le lanciai un'occhiataccia. "Per l'amore del cielo Molly, sa badare a sé stesso e al Santa Maria gli hanno insegnato i giochi da neve." Le dissi.
"Ognuno pensa ai suoi figli Saph." Mi rimproverò lei.
Questa volta non gliela passai. "Fino a prova contraria, Raziel Isaak è responsabilità mia. Quindi sto pensando ai miei figli." Le dissi dando uno sguardo a Isaak che aiutava  Chamael a mettere i pattini. "Bada che avviso Thomas se stai col fiato sul collo a Raziel." La minacciai sedendomi su una panchina per osservare i bambini.
Negli ultimi anni Molly era diventata asfissiante. Non la ricordavo così, non mancava mai di fare battute velenose, soprattutto quando si trattava delle mie scelte con Stephan  o sui miei figli.
All'inizio quando avevo saputo che Thomas aveva dato a me la responsabilità di sorvegliare Molly e darmi la custodia di Raziel Isaak ci ero rimasta male. Non era stato chiesto il mio permesso e non volevo un'altra responsabilità.
Poi avevo visto gli atteggiamenti soffocanti di Molly verso il bambino e avevo compreso le ragioni di Thomas. Ci voleva un freno e una persona che le ricordasse che Raziel non era una bambola con cui giocare in modo possessivo convulsivo.
"Tu non capisci. Isaak ha bisogno di me.'  Mi disse disperata Molly.
"Io penso che abbia già ciò di cui ha bisogno. Vedilo come è protettivo nei confronti di Chamael. Dovresti fare l'adozione che ti ha consigliato Thomas." Le consigliai per l'ennesima volta.
"Non ci danno i neonati, solo bambini da cinque anni a salire." Mi disse.
"Chamael ha quattro anni ed è stupendo." Le ricordai. "Tu vuoi un neonato o un bambino di un anno perché vuoi plasmarlo a modo tuo. Ma non è giusto così Molly. Accetta la proposta dell'orfanotrofio e prendi un bambino che faccia compagnia a Raziel." Le proposi anche se sapevo che le mie parole volavano al vento.
Qualche giorno dopo riportai i bambini a Monaco per la ripresa della scuola, mentre Stephan tornò a Zurigo con Diamond.
Avrei lavorato in ufficio quella mattina e al primo pomeriggio avrei preso il treno per Zurigo.e raggiunto Stephan.
L'anno nuovo mi si aprì con un nuovo scenario col mio arrivo in Svizzera. Notai che Stephan era sempre più provato e la cosa non mi piaceva. Lui era evasivo e mi diceva che erano le terapie, ma io sapevo che non ne aveva ancora fatte. Così se non voleva dirmi la verità me la sarei messa a cercare io.
Contattai il suo medico e presi appuntamento a sua insaputa. Volevo sapere come stavano le cose e quanto i miei dubbi sul suo stato di salute fossero veri.
Qualsiasi notizia avrei avuto, non saldo cds l'avrò retta o meno. Così per l'occasione  chiesi a Inga e Taddheus di raggiungermi in Svizzera e presenziare all'incontro.
Il dottor Lienderman ci accolse con cordialità. Dopo averci fatto accomodare andai al punto.
"Stephan è molto scasino sulla malattia. Sinceramente lo vedo sempre più provato, la terapia doveva essere una delle migliori al momento. Sa dirmi che effetti collaterali ha?"
Il medico mi ascoltò sospirando. "La terapia è ottima, purtroppo il tumore ha viaggiato in contemporanea. Fin quando siamo  abbiamo lavorato anche chirurgicamente, il tumore era tenuto sotto controllo. Ma purtroppo anziché sparire le metastasi sono arrivate alle ossa."
"Alle ossa?" Sussurrai. "È... è possibile?"
Lui annuì, io mi sentii svuotata. "La terapia gli sta allungando la vita, è una delle migliori. Gli avevamo dato sei mesi lo scorso anno ed oggi è ancora qui tra noi."
Soffocai un singhiozzo. Sei mesi?
"Come sei mesi dottore?" Chiese incredulo Taddheus. "Da come sta parlando ad oggi Stephan dovrebbe essere già...." Non continuò la frase. Non ce n'era bisogno.
"Ebbene sì. Lui però sta reagendo e la sta combattendo. Era intenzionato a interrompere la chemioterapia a dicembre. Tuttavia ha ricevuto una notizia che lo ha fatto desistere." Disse il dottore guardandomi. "Aspettate un bambino, per lui è fonte di felicità, vuole vivere e sta continuando a combattere per farlo." Ci disse.
"Dottore... crede che ce la farà a sopravvivere?" Chiese ancora Taddheus.
Ormai si faceva mio portavoce, io non ce la facevo a parlare o esprimere domande alcune.
"Ogni giorno è un miracolo. Il nostro termine era per agosto dell'anno appena trascorso."
Sollevai lo sguardo sgomenta. Non mi accorsi che stavo piangendo finché non mi sentii avvolgere in un abbraccio da Inga.
"Non ci ha detto nulla." Disse Taddheus. "Se Sapphire non avesse preso appuntamento, ancora saremmo ignari di tutto."
"Credo che sia per preservare la sua sanità mentale." Affermò il dottore. "Probabilmente teme che potreste trattarlo in modo diverso dal solito. Già quando la malattia arrivò la prima volta, si sentì trattato diversamente. Un esempio sono i genitori che gli consentirono qualsiasi cosa per amore. Per  loro non poteva fare nulla, gli furono preclusi tutti gli sport o anche andare a festeggiarne. Con lei Sapphire, Stephan rinacque. Non veniva trattato come il malato terminale quale era, ma come un semplice uomo. Vi siete innamorati e avete una bellissima famiglia." Raccontò. "Credo Stephan tema possa capitare la stessa cosa con voi tutti.  Alla fine vuole vivere i alla giornata, come tutti, senza essere soffocato. Io di mio mi ritengo soddisfatto se continua la terapia."
"Resta la soluzione?" Chiese Inga.
Il dottore scosse la testa. "Inutile nascondervi che rispetto a due anni fa, adesso la terapia è meno invasiva, più si andrà avanti e più sarà inutile anche farla." Ci informò.
"Cosa dovrei fare per aiutarlo?" Chiesi a quel punto.
"Far finta che questo incontro non ci sia stato sarebbe un buon inizio. Quello che ha fatto è già tanto, la presenza al suo fianco è la ragione di vita di Stephan. Il figlio che porta in grembo, gli danno la forza di andare avanti. Direi quindi di continuare così e di trattarlo come sempre. Stephan è una persona giudiziosa riconosce che ha dei limiti. Se sta male si ferma, non si azzarda mai a fare un passo più lungo della gamba. Basta stargli vicino come sempre e renderete migliore le sue giornate."
"Dottore può viaggiare?" Chiese Taddheus. "Nulla di troppo stancante, dovrebbe solo venire a Monaco al limite." Si corresse.
"Può viaggiare, ovviamente gli sconsiglio di guidare. Inoltre evitare i viaggi subito dopo la terapia." Ci istruì.
"La ringrazio di tutto. D'ora in avanti io non lascerò la Svizzera, quindi potrò seguire Stephan nelle terapie. Ma farò come mi ha consigliato, sperando che sia lui a parlarmi delle sue condizioni." Dissi al medico.
"Lo spero anche io milady. Non mi resta che ricordarle che la prossima chemio è tra dieci giorni allora." Mi rivelò.
Annuii e lasciai lo studio con i miei amici.
"Pensavo...." Iniziò Taddheus mentre avviava la macchina. "Che potreste venire a Monaco per il week end e stare con i bambini. Settimana prossima invece quando avrà la chemio veniamo noi."
"Ci serve la delega per Chamael e Isaak, prendiamo su anche i Keller Shuber dal momento che veniamo in Svizzera."
Assentii, in cuor mio ringraziai i miei amici che facevano di tutto per non farmi sentire sola.
"Verremo per giovedì. Così potrò seguire un po' il lavoro." Dissi a Taddheus.
"Perfetto."
Fu una buona soluzione, almeno per i primi mesi. Informai la mia famiglia a Londra che per i successivi mesi non avrei potuto lasciare la Svizzera. Dovetti dire a mia madre e a Oscar le cause, entrambi ci rimasero male. Mamma si offrì di aiutare Oscar con Elisabeth, soprattutto per quando faceva le chemioterapie.
Elisabeth era mortificata dalla situazione, avrebbe voluto che Stephan si riprendesse, poiché come affermava lei stava molto meglio di lui. Nessun medico le aveva dato pochi mesi di vita, era abbastanza indipendente e si sentiva bene. L'unica testimonianza del suo tumore era la perdita dei capelli che mascherava benissimo con una caduta.
Al contrario Stephan appena aveva perso le prime ciocche di capelli aveva deciso di rasare i capelli a zero. "Non voglio sconvolgere i bambini." Disse quando lo aveva fatto.
L'inverno passò e con la primavera arrivò anche Pasqua. Andammo a prendere i bambini e come sempre li tenemmo con noi per i primi due giorni insieme ad Inga e Taddheus che al sabato raggiunsero Tom e Marina in Italia. Noi invece partimmo per il Lussemburgo dove ad attenderci trovammo anche i miei genitori e i Davis.
Fui contenta di vederli tutti ed anche Stephan.
Diamond, Samuel e Chamael riuscivano a riempire le nostre giornate con la loro vivacità. "La pancia cresce e stai benissimo Sapphire." Mi disse Elisabeth durante il pranzo pasquale. "Sapete già il sesso dei bambini?" Chiese mio padre.
Fu Stephan a rispondere eccitato. "Sono un maschietto e due femmine. Non vedo l'ora di conoscerli di persona." Rivelò.
"Come si chiameranno? Avete già un'idea?" Chiese Oscar.
"Li ha scelti Stephan." Dissi a mio suocero. "Dal momento che una delle bambine si chiamerà Elisabeth, abbiamo deciso tutti nomi che iniziano con la E."
"Il maschio si chiamerà Edward." Annunciò lui guardando ora mio padre e ora il suo. "Papà nonostante tu ti chiami Emanuel, abbiamo scelto il nome del papà di Sapphire poiché non c'è una forma femminile. L'altra bambina di chiamerà Emmanuelle, come te."
"Un'ottima scelta figliolo. Mi piace molto." Disse l'ex principe al figlio.
"Abbiamo deciso anche altre cose. Tipo l'educazione dei bambini." Disse Stephan.
Tutti furono sorpresi dall'affermazione di Stephan. Sinceramente con ciò che sapevo, quando aveva trattato con me l'argomento avevo deciso di far buon viso a cattiva sorte. Stephan stava muovendo i suoi passi, per garantire ai nostri figli una vita serena e tranquilla, quanto più normale possibile.
"Abbiamo pensato che Edward possa frequentare il Santa Maria, dove frequentano tutti i suoi fratelli. Mentre le bambine potrebbero andare al Kleine Frau, così staranno con la sorella maggiore."
"Potevano andare al Rosey o alla scuola di Lorentzwellies. Non ci hai pensato?" Chiese il granduca.
"Ho pensato che devono restare con i fratelli." Disse lui. "I miei figli non avranno successione al titolo di gran duca, per cui non dovranno seguire certi obblighi. Ovviamente mi farebbe piacere che Edward un giorno frequenti le migliori scuole e l'accademia militare di Sandhurst. Ma voglio concedere anche a lui libertà di scelta." Concluse.
Feci un colpetto di tosse per attirare l'attenzione. "A Stephan farebbe piacere che i ragazzi siano uniti, per lui è importante preservare l'unità della famiglia." Dissi.
"Quindi andranno al Santa Maria e al Kleine Frau." Disse Martha.
Stephan annuì. "Fino ai quattordici anni. Poi si trasferiranno alla Boston Latin school in America." Annunciò lui. "Ho già stilato un programma, quando avranno quattordici anni non ci saranno più i fratelli nei collegi e quindi andranno altrove. Potranno poi scegliere il percorso universitario che vogliono." Concluse.
"Hai deciso già tutto." Disse mio padre.

...continua

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Lui annuì prendendo un bicchiere di acqua. "Siamo sinceri. Non ci sarò durante la loro crescita, quindi dovevo trovare un modo per preservarli." Disse guardando i genitori.
Ebbi un tuffo al cuore, per la prima volta, con tutti presenti, Stephan stava parlando del suo futuro. "Ho chiesto a Pierre ed Elene di preservare i miei figli in mia assenza. Londra non è il luogo giusto fino a quando Sapphire sarà perseguitata dal suo ex marito. Ovviamente Pierre e Amelie hanno accettato di battezzare Edward e di essere presenti nella loro educazione. Anche Elene è disponibile a battezzare una delle due bambine ed essere presente nella sua vita. Credo Sapphire chiederà alla sua amica Inga di battezzare la terza bambina. So per certo che i miei amici avranno cura di tutti e tre i bambini." Concluse.
"Figlio mio, non devi parlare così." Intervenne la gran duchessa.
Stephan sospirò chinando lo sguardo sul suo bicchiere. "Devo essere sincero con voi." Disse. "La chemioterapia non sta facendo più effetto."
Mi morsi il labbro, le lacrime pungevano i miei occhi, ma le trattenni. Eravamo quindi arrivati a quel punto?
"Continuerò a farne fino a quando il dottor Lienderman non mi dirà che sono inutili." Continuò Stephan. "Voglio vedere nascere i miei figli, tenerli in braccio. Grazie a Dio Chamael mi chiama papà. Lui è la mia gioia e ogni volta che mi chiama mi riempie il cuore di orgoglio. Siamo nati per completarci io e lui." Dissi con la voce incrinata dall'emozione.
Tutto intorno era un susseguirsi di singhiozzi. "Io cancro è arrivato alla ossa... quasi due anni fa." Ammise e io sussultai. "Sto continuando la chemioterapia perché non mi sento di lasciare sola Sapphire, sono un egoista. Quando mi ha detto che avrebbe fatto al cura ormonale per avere un bambino l'ho lasciata fare. Sapevo che sarebbe rimasta da sola, ma il mio desiderio ero talmente grande che ho lasciato correre."
"Non sei egoista." Intervenni. "Anche io volevo un nostro figlio. Ora più che mai sapere che continuerai a vivere grazie a loro per me è una fonte di gioia, forza e coraggio." Gli dissi sfiorandogli il braccio.
"Mi dispiace non poterti sostenere per tutta la vita. Sei sempre stata troppo buona Sapphire e io sto per lasciarti sola in balia di tre figli e un marito violento. Avrei dovuto perseverare e affrontare Andrew, obbligarlo a firmare le carte del divorzio. Invece no, mi sono accontentato di vivere questi tre anni con te nascondendoci da lui."
Scossi la testa. "No... non devi dire così. Sappiamo che sarebbe stato inutile, Andrew è folle! Abbiamo agito bene in questo modo." Gli ricordai. La codarda ero stata io a volermi illudere di poter avere una vita normale con Stephan al mio fianco.
"Smettetela." Intervenne Elisabeth alzandosi e raggiungendo Stephan. "Le azioni di Andrew sono solo colpa nostra. Non dovete darvi colpe." Disse abbracciando il mio compagno. "Mi rincresce solo che il signore invece di prendere me, abbia riservato il dolore su di te. Mi sei caro come un figlio e non è giusto che debba vedere la tua morte. Doveva essere il contrario."
"Va bene così." Rispose lui ricambiando l'abbraccio. "Ho vissuto bene ed ho accettato il mio destino, ho avuto il tempo necessario per farlo. Vi prego però di proteggere Sapphire anche per conto mio." Le disse scostandosi.
Sospirò e ci guardò tutti. "Avrei bisogno di riposare, vi dispiace se mi ritiro?" Chiese a nessuno in particolare.
"Certo figliolo, ti accompagno." Disse la granduchessa.
Lui scosse la testa, ma fui io a intervenire. "Credo che Stephan può fare da solo." Le dissi.
"Si! È così, grazie amore." Disse lui grato.
Si allontanò lentamente chiamando verso di sé i tre bambini. "Venire a fare il sonnellino pomeridiano?" Loro come sempre assentirono.
Stephan aveva l'abitudine di raccontare loro delle storie per farli dormire.
Li vidi andare via col cuore che si stringeva. Quando fummo soli rivelai alla famiglia di lui la verità sul suo conto. "Io sapevo tutto!" Dissi. "Ho parlato in privato col dottor Lienderman. Da agosto dell'anno scorso, ogni giorno in più di Stephan è un miracolo. Per questo l'ho assecondato quando ha voluto decidere già per i bambini." Dissi loro. "Ciò che mi auguro io è che Stephan riesca a conoscere ed abbracciare i suoi figli."
"Noi..." Intervenne il gran duca. "Dobbiamo ringraziarti per tutto ciò che tu hai fatto per lui. I tuoi figli sono i suoi. Da quando ci sei Stephan è rinato."
"Il denaro e il potere a poco servono se non si sono l'amore e i valori giusti. Con te Stephan ha trovato il giusto equilibrio." Continuò la moglie. "I vostri figli saranno sempre al sicuro qui in Lussemburgo. Non temere, non vi lasceremo soli."
Effettivamente non fu così. Furono mesi difficili, a maggio Stephan iniziò a debilitarsi. Il dottore ci consigliò di smetterla con le terapie e di sedare il dolore con delle siringhe di morfina. Era la fine e non sapevo se i bambini sarebbero riusciti a nascere prima della sua morte.
Di fronte a lui mi facevo vedere forte. Anche con i bambini quando ce li portavano al week end facevo la forte. Thomas e Joel non erano stupidi, capirono subito che il loro padre adottivo non stava bebe.
"Mamma... cosa succede?" Mi chiese Thomas a fine maggio. "Perché resta sempre a letto?"
Carezzai i suoi biondi capelli. "Gli fanno male le ossa tesoro mio. Non ce la fa a reggersi."
"Ma non può prendere la medicina?" Mi chiese ancora.
Scossi la testa. "Non funziona più."
"Per questo non venite più a Monaco e restate qui in Lussemburgo?" Ancora annuii.
"La prossima volta portiamo anche Gabriel. Posso?" Mi chiese. "Poi parità per l' America. Deve nascere la sua sorellina e torneranno tutti."
Annuii. "Chiedilo alla sua mamma quando andrà a prenderlo." Gli dissi baciandolo.
La sua richiesta fu esaudita. La prima settimana di giugno Tad e Inga vennero con i bambini al palazzo. Per l'occasione Stephan si lasciò portare anche fuori i giardini. Era felice di vedere intorno a sé i suoi amici e tutti i bambini. Io avevo una pancia enorme ormai e speravo che i bambini nascessero presto. In fondo lo stesso Tommy era nato prematuro, perché non far nascere prima anche i gemelli?
"Allora amico mio?" Chiese Tad. "Sei pronto a diventare padre?"
"Certo che si! Voi siete pronti a fare i padrini di Elisabeth?" Disse lui con voce rauca.
Annuì intanto che Gabriel e Thomas ci raggiungevano. Mio figlio andò ad abbracciare Stephan sorridendogli. "Sei felice che ti ho portato Gabriel?"
"Molto campione. Sai cosa fare al momento giusto." Rispose Stephan.
"Così si ricorderà di te. Tepá... ti vogliamo bene." Disse Thomas abbracciandolo.
"Anche io vi voglio bene." Disse lui baciandolo. "Per questo devo chiedervi un favore." Disse ai bambini.
Io lo fissai sorpresa. Anche Inga e Tad erano attenti ad ascoltarlo.
"Dicci tutto." Disse Gabriel.
"Non tornate più qui. Sono contento di avevi visto e vorrei che voi mi ricordate così, come sono adesso." Affermò. "Potete esaudire questo mio desiderio."
"Perché ce lo dici?" Chiese Gabriel. "Cosa ti sta succedendo?"
Benedetta ingenuità. Nel loro piccolo i bambini non sapevano nulla di ciò che accadeva intorno a loro.
"Perché non sto bene Gabriel. Quando tornerai da Boston potrei non essere lo stesso." Gli rispose sincero Stephan. Dopodiché tirò fuori una lettera dalla giacca e la porse al bambino. "La porti alla tua nonna? Volevo salutarla prima di andare via."
Il bambino annuì. Fece per parlare ma Joel glielo impedì andando ad abbracciare il mio compagno.
"Ti vogliamo bene Tepá." Disse in lacrime.
"Anche io bimbi miei, anche io."
Avrei voluto piangere. Cercai però di trattenermi.
"Da quando Stephan è in contatto con mia madre?" Chiese Tad.
Sospirai. "Credo da quando si sono conosciuti l'anno scorso. A Stephan piace avere rapporti epistolari con le persone e tua madre è diventata una di quelle dai fatti di Chamael." Gli spiegai.
"Ce la fa a scrivere?" Chiese sorpresa Inga.
Scossi la testa. "Non più. Adesso le detta, alcune lettere le scrivo io, altre il suo segretario che ha anche il compito di spedirle."
"Capisco. Purtroppo tra dieci giorni partiremo. Anche se volessimo non penso potremmo venire a trovarvi prima di luglio o agosto."
"Andate tranquilli e fate i miei auguri a Thomas e Marina per la bambina." Dissi.
Fu un piacevole fine settimana. Al lunedì riportai Diamond al Kleine Frau e come richiesto da Stephan non sarei andata a prenderla fino alla fine della scuola.
L'ultima sera che fummo noi due soli prima dell'arrivo di mia madre Stephan mi chiese di dormire con lui. Da quando era peggiorato onde evitare che potesse ammalarsi, dormivamo in stanze separate.
Tremai! Che sentisse la vita abbandonarlo? Cercai di ironizzare. "Pensi che mia madre mi sequestrerà da domani?" Gli chiesi.
"Mai dire mai." Mi disse lui indicandomi il posto vuoto accanto a lui. Dall'altra parte torreggiava l'asta su cui era appoggiato il suo lavaggio.
Lentamente lo raggiunsi toccandomi la pancia. "Sicuramente non mi sedurrai. Sono una balena spiaggiata." Scherzai guardandolo.
"Sei sempre bellissima." Mi disse baciandomi lievemente le labbra. "Ti amo Sapphire."
"Ti amo anche io. E mi farebbe piacere se tu non fossi così catastrofico." Gli dissi con la voce incrinata.
"Solo realista." Mi disse lui carezzandomi il viso. "Ti lascerò sola con tre neonati, due ragazzini all'alba della pubertà e tre bambini piccoli." Mi disse.
Scossi la testa. "Devo solo ringraziarti per essere stato un padre per loro in questi tre anni."
"Sappiamo entrambi che la figura paterna di Thomas è suo padre. Meno male direi." Mi disse carezzandomi la pancia. "Però sono contento di avere loro mostrato che l'amore paterno esiste. Soprattutto a Samuel e Chamael."
"Chamael ti ama! Grazie per aver lottato per lui. Sono sicura che da sola non sarei riuscita ad averla vinta su sua madre."
"Le feci firmare un contratto di affidamento temporaneo." Mi confessò. Non gli dissi che già lo sapevo, al contrario lo ascoltai. "Il contratto è intestato a te, sei tu l'affidataria di Chamael." Mi rivelò.
"Io?" Gli chiesi. "Come hai fatto?"
"Contattai Drake chiedendogli una copia dell' affidamento di Raziel. Mi sono attenuto a quello, con la piccola regola che a undici anni Chamael potrà chiedere lui personalmente dove vuole andare." Mi spiegò.
Annuii. "Andrà tutto bene." Gli dissi dolcemente. "Io ti sarò sempre accanto e i tuoi figli ti amano, proprio come me".
"Non sono l'unico uomo che ami Sapphire." Mi disse secco.
Sollevai lo sguardo su di lui sorpresa. "Certo che sei l'unico uomo che amo."
Lui scosse la testa. "Io leggo l'altro amore quando guardi Tommy. È assopito, ma vive ancora dentro di te."
Arrossii, ero stata innamorata di Thomas. Ma erano passati dieci anni quasi. Cinque dal nostro addio definitivo. "Forse è semplicemente malinconia. Ho amato Tom, ma adesso amo te." Gli dissi sincera.
"Qualsiasi cosa sia. Ti prego Sapphire, quando sarai sola non temere ad andare da lui, chiedigli aiuto e cerca il suo sostegno emotivo." Mi implorò. "Non restare sola."
Lo ascoltai basita. "Ma cosa dici Stephan!" Esclamai. "No! No... non potrei mai. Per te, per Thomas e anche per me stessa. Non ti mancherei mai così tanto di rispetto. Tu sei mio marito anche se non c'è nessun contratto. Lo capisci! Io e Thomas siamo andati avanti ci siamo innamorati di altre persone. Tu sei la persona che io ho scelto di amare." Gli dissi.
"Lo so amore. Come so che sei andata avanti. Ma ci sarà un momento in cui tu avrai bisogno di sostegno, l'unica persona che potrà dartelo sarà Thomas." Mi disse. "Sono sicuro che Marina non avrà problemi ad accoglierti come amica tua e di Thomas."
Gli sorrisi baciandogli le labbra. "Ho Pierre e Amelie, Janine e Inga, Ebony e Drake. I miei genitori e i Davis." Gli dissi grata. "Non mi lascerò abbattere da nulla e vorrei che pensassimo al presente per ora. Voglio godermi ogni istante con te fino a quando posso." Affermai.
Mi fissò dolcemente sospirando. "E va bene. Hai ragione però. Anche io voglio godermi ogni istante con te." Mi disse baciandomi.
Il giorno dopo arrivarono i miei genitori in previsione del parto. Organizzai anche le giornate a venire.
"Stephan non vuole che i bambini lo vedano sempre più deperito, per questo alla fine della scuola dovreste portarli con voi in Scozia." Dissi ai miei.
"Facciamo che io resterò qui!" Disse mia madre. "Tuo padre porterà tutti i bambini in Scozia e io mi occuperò dei neonati." Mi propose.
Annuii. "Ho invitato Ebony e Molly a trascorrere le vacanza sul lago di Ginevra. Così Chamael sarà con loro." Le dissi.
"Hai organizzato proprio tutto." Disse mia madre.
"Tranne il parto. Il medico dice che non ci sono le premesse per un cesareo e che vorrebbe almeno il arrivassi alle trentotto settimane anche per indurre il parto." Le spiegai.
"Vedrai che i gemelli nasceranno quando meno te lo aspetti." Mi disse mamma.
Annuì. Anche se il quando meno me lo aspettavo, me lo regalò Stephan. Trascorrevo ormai ogni momento della mia giornata con lui. La colazione, il pranzo e la cena le facevo in camera con lui. Le visite dei miei genitori e della sua famiglia, mi vedevano sempre presente. Era così tranne per un'ora al giorno. Quella in cui io facevo il tracciato e lui dettava o leggeva le sue lettere con gli amici di penna.
Effettivamente eravamo insieme quando accadde. Provavo a ricamare i bavagli dei bambini con i loro nomi. Stephan leggeva, d'improvviso attirò la mia attenzione posando la mano sul libro. Lo guardai, ci guardammo e mi sorrise mentre emetteva un respiro profondo, quasi gli mancasse l'aria e poi... poi fu il nulla.
Lo chiamai appena notai che boccheggiava, chiamai il medico e l'infermiera. Ma quando arrivarono meno di cinque minuti dopo, era già tardi. Era il venticinque giugno e Stephan mi aveva lasciata, era andato via e con se aveva portato via una parte del mio cuore.
Disperata mi lasciai andare al pianto. Mi sentivo inerme e vuota, mia madre mi chiedeva di ritornare in me, di reagire. Ma non riuscivo! Mi diedi una scossa solo quando inconsapevolmente mi si ruppero le acque qualche giorno dopo.
Il dolore alla schiena e al ventre, i bambini che spingevano per uscire fuori. Tutto mi diede una scossa ricordandomi che dovevo riprendermi e affrontare la vita e le conseguenza della scomparsa di Stephan. Dopo dieci ore di travaglio, la notte tra il ventisette e il ventotto giugno, nacquero i tre figli di Stephan.
I funerali si svolsero sette giorni dopo la morte di Stephan. In molti erano venuti a stringersi intorno al cordoglio del gran ducato. Vennero dalla Germania, dall'Olanda e dalla Svizzera, dalla Francia e dall'Inghilterra. Non essendo ufficialmente sua moglie non avevo diritto, e soprattutto non mi sentivo in vena , di ricevere le condoglianze da persona che non conoscevo. Così restai per tutto il tempo chiusa nelle mie stanze con i gemelli, i miei genitori e i Davis che ci avevano raggiunto. Avevo provato a chiamare Inga e Taddheus per avvertirli, ma i loro cellulari erano spenti. Chiamai anche alla sede della KCG, dove mi ricordarono che i signori Keller Meyer erano andati in America.
Il giorno prima del funerale mio padre tornò al palazzo con tutti i miei figli. Avevo chiesto che partecipassero al funerale, dovevo ai miei figli un ultimo saluto all'uomo che fino a quel momento aveva fatto loro da padre. Nella cattedrale di Notre Dame, fummo sistemati al secondo bancone, quello dietro i genitori e i fratelli di Stephan. Restai impassibile per tutta la commemorazione, alla fine venni trascinata dal granduca e de Jean Marie nei saluti. A chiunque dicevano che ero la compagna di Stephan. Ma lui ormai non c'era più.
Restai in Lussemburgo mandando i miei figli in Scozia con mio padre come da programma. Chamael invece volle restare con me. Da quando era arrivato in Lussemburgo aveva pianto tutto il tempo, il suo papà non c'era più e io non sapevo come consolarlo.
In quei mesi estivi adempii al mio ruolo di madre e di compagna di Stephan. Cose che fino a quel momento non avevo mai fatto adesso avevano la priorità. Il principe Emanuel mi invitò a restare fino alla lettura del testamento, a chiudere tutti gli impegni di Stephan e seguire quelli che aveva lasciato in sospeso con le fondazioni umanitarie che aveva creato e gestito fino ad allora.
Lo feci, fu un modo per distrarmi e per continuare a restare ancora accanto a Stephan, nonostante non ci fosse più.
Sentivo i bambini ogni sera. Qualche volta mi raccontavano di ciò che facevano col nonno, altre mi dicevano che Elisabeth e Oscar li avevano raggiunti, una volta Joel e Samuel mi dissero che erano andati a trovare il padre. Thomas si era rifiutato, la sua giustificazione fu che lui conosceva solo due papà. Il papà Thomas e il papà Stephan che adesso era in cielo.
Non ebbi il coraggio di dirgli che doveva fare il suo dovere, in fondo aveva ragione.
A un mese dalla morte di Stephan aprimmo il suo testamento. Stupendomi mi lasciò una lettera, il contratto di affidamento di Chamael e la gestione dei suoi tre enti benefici: la fondazione sui diritti lgbt, la fondazione fiocco rosso per i bambini malati di cancro e la fondazione contro la vulnera domestica.
Le accettai con piacere, ringraziai anche per il lascito ai miei gemelli e a Chamael e le lettere per tutti e quattro da aprire al compimento dei diciotto anni. Non mi aspettavo niente per me stessa e il dono delle fondazioni era stato tanto per me.
Lontana dagli impegni trascorrevo il mio tempo con Chamael. Lo amavo e lo viziavo tanto, cercavo di risollevarlo raccontandogli storie su Stephan e su quanto egli fosse meraviglioso.
Insieme poi ci dedicavamo ai neonati. Ogni volta che li guardavo era un tuffo al cuore poiché il padre non aveva fatto in tempo a conoscerli. Edward Stephan somigliava molto a suo padre, i capelli erano più scuri come Emmanuelle Pearl, al contrario Elisabeth Martha era bionda come me. Gli occhi di tutti erano chiari, verdi o azzurri. Erano relativamente tranquilli per essere in tre. Forse perché ero aiutata a tenerli da mia madre e da Chamael.
Provai di nuovo a contattare Inga durante quel mese. Quando la sentii non ebbi il coraggio di dirle di Stephan, al contrario la avvertii della nascita dei gemelli. Mi augurò il meglio anche se non la sentivo proprio entusiasta. Forse aveva capito che Stephan non c'era più.
"Ci vediamo a settembre al Santa Maria. Tornerà anche Gabriel, per la felicità di Tommy." Mi salutò.
Sinceramente non mi chiesi il motivo per cui Gabriel sarebbe tornato a Monaco. Tom mi aveva avvertita che sarebbe stato a Boston con la sua famiglia, ne del perché Inga disse stata così mogia. Lo ero io stessa, come potevo pretenderlo dagli altri?
Ad agosto mi sorpresi quando sentendo Thomas in Scozia mi disse che non erano soli.
"Mamma sono venuti Gabriel e la sua famiglia. La sorellina di Gabe è piccola come i nuovi fratellini." Mi disse.
"Oh bene. Non me lo aspettavo! E vi state divertendo?" Gli chiesi.
"Tanto mamma. La nonna di Gabe si da tanto da fare per tutti noi." Mi raccontò.
"Dovrei ringraziarla..." sussurrai.
"Te la passo... aspetta un attimo." Mi disse.
Feci per fermalo, ma avvertii la cornetta che si poggiava sul mobile e mio figlio che chiamava la nonna Rosalie.
Dopo un po' avvertii la voce della donna. "Mia cara buonasera. Come state? Stiamo approfittando dell'ospitalità di tuo padre, spero non ci siano problemi."
Sussultai. "Buonasera Rosalie. Io e i bambini stiamo bene. Grazie." Le dissi. "Thomas si è detto contento della vostra presenza e sicuramente una compagnia più adulta farà piacere anche a mio padre." Risposi.
"Chamael e Stephan?" Mi chiese. Mi ammutolì! Ingoiai il groppo e feci per rispondere. Ma Rosalie mi anticipò. "Quindi la sua ultima lettera era vera! Cara... che ne dici di tornare qui da noi? C'è anche Thomas qui, potreste chiacchierare un po', potrebbe esserti vicino." Mi disse.
Ecco un'altra persona che insisteva con quella tesi. "La ringrazio, ma no! Non so perché insistete, prima Stephan e adesso lei. Vorrei che comprendeste il mio lutto, ho bisogno di metabolizzarlo. Inoltre penso che cercare Thomas sia irrispettosi nei suoi confronti, uno perché è sposato, due perché non deve essere un rimpiazzo al vuoto lasciato da Stephan." Dissi sfogandomi.
"È questo..." Sussurrò lei dall'altro capo. "Scusami Sapphire, non avevo pensato come poteva risultare questa offerta dal punto di vista di chi vive il lutto. Grazie per avermi aperto gli occhi." Mi disse.
"Grazie a lei per non insistere. Forse un giorno chiamerò Thomas, non è adesso quel giorno." Le dissi.
"Sappi che ti sono vicina cara." Mi disse.
"Grazie mille e... se le fa piacere posso scriverle io al posto di Stephan mandandole le foto di Chamael. So che si è affezionata al bambino." Le proposi.
"Davvero lo faresti cara? Mi farebbe piacere."
"Lo farò." Le promisi. "Posso parlare con Joel adesso?" Chiesi.
La donna comprese e dopo un po' mi passò mio figlio.
Nei giorni a venire i bambini mi raccontavano sempre di più della loro vacanza felice con i Keller. Parlai anche con Inga che mi chiese perché non le avessi detto di Stephan.
"È difficile per me parlane. Devo ancora farmene una ragione." Le risposi. In fondo era la verità e la mia amica non obbiettò.
"Appena torniamo a Monaco verremo da te." Mi disse.
"Vorrei anche tornare a lavorare." Ammisi.
"Torneremo tutti alla grande." Mi disse con enfasi. Era di quella carica che avevo bisogno.
Durante una delle telefonate Joel mi chiese anche scusa per la gelosia che provava nei confronti di Chamael. Papá Tom gli aveva fatto capire che stava sbagliando e sentiva di doversi scusare.
"Non devi essere geloso Joel. Sai che Chamael teneva tanto a Stephan, per lui che non lo ha mai avuto, Stephan era come un papà. Tu invece sei fortunato, hai tuo padre e soprattutto hai Thomas Keller." Gli dissi.
"Hai ragione, scusami ancora mamma." Mi disse.
Trascorsero così i giorni, le telefonate e le settimane. Joel e Samuel non tornarono più dal padre, al contrario Elisabeth e Oscar raggiunsero più volte l'isola di Muck.
A settembre i bambini tornarono a scuola, ancora mi rifiutai di incontrarli. Fortunatamente Thomas si prese l'incarico di portare tutti, Diamond compresa, ai rispettivi collegi.
A settembre battezzammo i gemelli nella cattedrale di Notre Dame, Inga e Taddheus battezzarono Elisabeth, Pierre e Amelie il piccolo Edward ed Èlene, la sorella di Stephan, Emmanuelle.
In quell'occasione con Inga e Taddheus andammo sulla tomba di Stephan. Tad voleva salutare per bene il suo caro amico e non potevo negargli un ultimo saluto.
Restai in Lussemburgo per un bel po' ancora. Rientrai a Londra per fine novembre quando mia madre mi informò che più il tempo passava, più Elisabeth si aggravava. Dovevo quindi tornare a casa. I genitori e la famiglia di Stephan compresero e seguendo le ultime richieste di Stephan mi dissero che avrei sempre potuto fare affidamento su di loro per i tre gemelli. Mi fidavo di Amelie, quindi partii senza ansia alcune.
Elisabeth effettivamente non stava bene, il tumore che era tornato due anni prima allo stomaco, stava viaggiando ed era arrivato all'ultimo stadio.
Mi occupavo di lei in alternanza con Oscar. Hannah a casa mi aiutava con i gemelli e io avevo fatto trasferire da me Oscar ed Elisabeth.
"Ho conosciuto il tuo Thomas questa estate." Mi disse Oscar una sera a cena. "Una persona affascinante e carismatica, con un gran cuore e soprattutto un gran cervello. Lui e i bambini facevano spesso giochi matematici."
Sorrisi, sapevo che Tommy aveva ereditato dal padre il suo talento per i numeri. "È sempre stato una persona interessante." Ammisi.
"Devo essere sincero. Hai sempre avuto buon gusto nello sceglierti i compagni, sia Stephan che Thomas sono state scelte ineccepibili." Mi disse. "L'unico tuo errore è stato mio figlio e non per merito tuo. Vedrò come fare ammenda." Mi disse.
"Hai fatto già tanto allontanando Andrew da questa casa. In questi cinque anni i bambini sono cresciuti abbastanza sereni grazie a te." Gli dissi porgendogli le compresse per il cuore. "Ricorda le tue medicine." Gli dissi alzandomi. "Faccio mangiare i gemelli e vado a dormire."
"Buonanotte."
A Natale dovetti accogliere di nuovo Andrew a casa mia. Da quando i genitori erano miei ospiti le cose erano cambiate. Chiesi però a Drake e Sean di raggiungermi al mattino presto, non volevo restare sola con lui. Per questo quell'anno avevo dovuto rinunciare a trascorrere il Natale con Diamond che era invece a casa di Janine con Chamael. Avremo detto invece che i gemelli erano figli di Ebony, Edward, di Molly le bambine.
Tutto sarebbe filato liscio. Dissi ai miei figli di non dire nulla dei fratellini e ci preparammo a festeggiare il Natale.
Andrew arrivò accompagnato dal suo infermiere strafottente come sempre. Iniziò subito con le sue squallide battute che si stopparono appena notò oltre i nostri genitori anche i miei amici.
"Cos'è tutta questa gente a casa mia?" Chiese sprezzante.
"Casa mia! Non c'è niente di tuo qui." Gli ricordai. "Pertanto sono libera di invitare chi voglio. Adesso siedi vicino ai tuoi figli che iniziamo il pranzo." Gli dissi fredda prendendo posto accanto a mio padre.
Con una smorfia Andrew si sedette tra i due bambini, mentre feci sedere anche l'infermiere che non meritava di certo di essere al suo comando, accanto a noi.
Sapevo di essere diventata dittatoriale nei confronti di Andrew. Se c'era una cosa che avevo capito da quando ero tornata era che dovevo dimostrarmi forte per non soccombere a lui. Lo dovevo a me stessa, a Stephan e anche a Thomas e i bambini. Potevo contare poco sui Davis, se fino ad allora mi avevano protetta adesso non ne avevano più le forze. Elisabeth aveva sessantott'anni ed un tumore allo stadio avanzato, Oscar non lo dava a vedere, ma aveva problemi di cuore.
Durante il pranzo tutto filò liscio. Fortunatamente grazie ai miei ospiti Andrew fece poco scena, quando ci provava poi Drake lo fermava su tempo. Quella sarebbe stata la mia difesa da quel momento, anche se sapevo che non potevo contare sempre su di lui.
"Posso andare almeno nel bagno da solo o devo essere controllato anche lì." Chiese sarcastico guardando ora Drake, ora il suo infermiere. "Il viaggio è lungo fino all'Essex."
Drake fece una smorfia. "Puoi andare, nessuno te lo vieta." Gli disse.
Prima se ne sarebbe andato, prima ci saremmo rilassati tutti. Compresi i suoi genitori.
Quando tornò dal bagno mio marito sembrava abbastanza soddisfatto di sé. La cosa non mi piacque, ma non potevo neanche capire cosa stesse architettando.
"La macchina della clinica ti aspetta." Dissi indicandogli la porta.
Lui alzò la mano senza neanche salutare i suoi figli e lasciò la casa sbuffando.
"Che scostumato." Affermò Molly.
"Purtroppo è sempre stato così." Dissi.
"Come mai avete avuto solo lui? Vi siete sposati tardi?" Chiese rivolgendosi ai miei suoceri.
"Avevamo venticinque e ventisei anni quando ci siamo sposati. Prima di Andrew ho avuto un figlio che è morto prematuramente a sedici anni, dopo Andrew invece abbiamo deciso di fermarci, erano in due e si facevano compagnia." Raccontò la donna.
"Non sapevo avessi avuto un altro figlio." Dissi a mia suocera.
"Albert." Sussurrò Oscar. "Era una gioia averlo in casa. Disciplinato, diligente, affettuoso, era anche tanto interessato allo studio. Mi seguiva in banca certe volte oppure aiutava Elisabeth con la beneficenza in ospedale." Raccontò.
Ero basita. Quel ragazzo sembrava l'opposto di Andrew.
"Mio padre stravedeva per lui, anche mio suocero e tutti. Lo amavano in tanti." Concluse mia suocera malinconica.
"Com'è morto se non sono indiscreta?" Chiese Ebony.
Mio suocero scosse la testa. "È caduto giù dalla finestra di camera sua. Una tragedia, forse depresso e non lo abbiamo capito, forse voleva aiutare un uccello, sono state tante le ipotesi." Raccontò.
"Come quando papà ci picchia e dice che siamo caduti." Affermò Tom.
Guardai i miei figli e Raziel che seguivano la conversazione. "Cosa ci fate ancora qui? Perché non siete a giocare?" Chiesi mandandoli via, quelli non erano argomenti per bambini.
Guardai ora mio suocero, ora Elisabeth che sembrava sconvolta. Scuoteva la testa. "Non è stato Andrew... non è stato lui... non poteva..." biascicava.
"Aveva solo quattordici anni. Certo che non è stato lui." Sussurrava mio suocero tenendosi la testa tra le mani.
"Probabilmente Andrew è rimasto scosso come voi da quella esperienza. Può darsi sia rimasto traumatizzato per questo soffre di schizofrenia. Ne dovreste parlare con il medico alla clinica." Dissi per tirarli su.
"Si giusto. Tom ha semplicemente contestato quello che succede a lui oggi. Sono due situazioni diverse, all'epoca Andrew era un ragazzino, mentre adesso è un uomo consenziente." Affermò Drake spalleggiandomi.
Ci salutammo con la promessa di rivederci il giorno successivo. Isaak fu molto più eloquente quando mi salutò.
"Raggiungiamo Chanael?" Mi chiese. Io feci una smorfia. "Quest'anno no, tesoro. Sono a Londra e resterò qui. Vi vedrete all'anno nuovo." Gli dissi.
Non la prese bene, ma accettò la mia risposta come buona.  Mi dispiaceva separarlo da Chamael, per quanto i miei figli fossero presenti nella sua vita, Raziel Isaak stava bene con Chamael e viceversa.
L'anno vecchio ci salutò dando il posto al nuovo. Le giornate proseguirono come la mia routine. Mi occupavo dei miei suoceri e mamma era venuta a darmi una mano. Ero stanca ma non troppo da non stare attenta ai miei obblighi. Ogni sera davo le compresse per il cuore a Oscar come mia abitudine e subito notai quando aprii la nuova scatola che le compresse erano cambiate.
"Strano. Sono blu, non erano azzurre?" Chiesi a mio suocero.
"Le avranno cambiate." Mi rispose lui prendendo la compressa.
"Aspetta che chiamo il medico prima." Gli dissi mentre prendevo il cellulare.
Il dottor Kilmer rispose al secondo squillo. Le agevolazioni di chi aveva un medico privato era che rispondevano a qualsiasi ora. Fortunatamente. "Salve dottor Kilmer. Le volevo chiedere informazioni sul medicinale per la circolazione. Ho aperto la confezione ed ho trovato una compressa più grande e blu anziché azzurra." Lo informai.
"Da come la descrive mie cara sembra essere la famosa pillola blu." Scherzò il medico. "Però se è uscito dalla confezione del warfarin devono aver cambiato la tipologia della compressa."
"Ma il warfarin va a dosaggio. Quindi devo cambiarlo?" Gli chiesi. 
"Sempre la solita dose giornaliera. Non c'è il divisorio?" Mi chiese.
"Ora che mi ci fa pensare..." dissi prendendo la compressa dalle mani di Oscar. "Non c'è." Lo informai.
"La scatola è integra?" Mi chiese ancora.
"Si, appena aperta." Dissi alzandomi e raggiungendo il bagno. "Ne ho ancora un'altra però." Dissi prendendo l'ultima scatola.
La apro e mi escono le solite compresse. "Queste sono sempre le stesse." Gli dissi.
"Qualcuno deve avere scambiato le compresse. Qualcuno che può farsi prescrivere il tipo di compressa che avevi nell'altra scatola. Ripeto dalla descrizione sembra la pillola blu del piacere."
Sospirai. "Non so di cosa stia parlando dottore."
"Viagra mia casa e Oscar non deve prenderla. Sarebbe un suicidio per lui." Mi avvertì, avevo sentito parlare del viagra, era molto pubblicizzato. Ma come faceva ad essere entrato in casa nostra? "Passerò domattina a visitare Oscar e controllare le medicine.
"Va bene dottor Kilmer e mi scusi il disturbo per l' ora." Dissi raggiungendo Oscar con le nuove compresse. "Buonanotte."
"Quindi?" Mi chiese mio suocero.
Lo guardai infastidita. "Qualcuno ha manomesso i tuoi medicinali. Questa compressa per te è pericolosa." Gli dissi richiudendo tutto nella scatola e porgendogli la nuova.
"Chi potrebbe averlo fatto e a che beneficio?" Mi chiese Oscar.
"Non lo so! Ho preso queste compresse una settimana prima di Natale. Erano lì in attesa che finissero le vecchie.
"Potrebbero averci giocato i bambini."  Affermò il vecchio.
Sollevai il medicinale. "Queste sono compresse di viagra. Non le caramelline che scambiò Andrew sei anni fa." Dissi dicendo l'ultima frase con un sospiro.
"Andrew?!" Chiese mio suocero.
Scossi la testa. "Domani chiamerò Drake e Sean per capire se centrano qualcosa." Dissi. "Non voglio credere che tuo figlio abbia pensato a farti del male." Affermai.
"È stato l'ultimo ad entrare in bagno a Natale e io lo rinchiudo in una clinica privata ogni volta che assapora la libertà." Mi disse lui. "È un buon movente."
"Oscar se la cosa fosse vera vuol dire che faccio avvicinare un assassino ai miei figli." Gli dissi terrorizzata.
Lui mi prese la mano. "Assicurati di essere sempre in compagnia di qualcuno quando non ci sarò più." Mi disse fidandomi intensamente.
Lo fissai. "Hai avuto solo un paio di trombosi. Non morirai oggi." Dissi mettendo da parte le compresse.
"Se vuole farmi fuori troverà un modo." Concluse lui. "Albert è sempre stato prudente e non ha mai sofferto di depressione." Mi rivelò.
Lo fissai con una stretta allo stomaco. "Perché me lo dici?" Gli chiesi.
"Perché anche Oscar è mio figlio. Non sono un buon padre lo so. Ma anche tu non sacrificheresti un figlio in una situazione del genere. La clinica è il solo modo che ho per tenerlo lontano e in salvo senza dover dare un'altra delusione a Elisabeth."  Mi disse.
"Stai pagando per peccati che non sono tuoi. Aver perso Albert, quella è stata la tua espiazione di colpe." Gli dissi.
"Far finte di non sapere è stata omertà. "Rispose lui. "Dio mi ha punito lasciandomi Andrew. Credo sia giunta l'ora di saldare il debito." Sospirò. "Non dire a Elisabeth delle compresse." Disse prendendo la compressa giusta. "Buonanotte Sapphire."
Non sapevo come aiutarlo. Scoprire che Andrew era talmente pazzo da aver ucciso suo fratello e tentato di farlo col padre mi terrorizzava. Una  persona del genere era imperdonabile, da rinchiudere in un manicomio non in una clinica privata. Ed io avrei dovuto tenermelo buono fino a quando Joel e Samuel non sarebbero cresciuti.
L'istinto di chiamare Thomas era forte, avevo bisogno di una mano. Ma non volevo assolutamente turbare il matrimonio di Marina con la mia presenza. Così lasciai correre.
Con Andrew in clinica non ci furono più casi simili a casa. La vita riprese con la solita routine. Gli anni passavano e i gemelli crescevano. Festeggiai il loro primo compleanno in Lussemburgo, in quell"occasione li lasciai li in situazione permanente. Stavano diventando grandi e Andrew avrebbe subito visto la somiglianza tra o e me, i miei occhi in quelli di Elisabeth, il mio sorriso in quello di Edward. Non potevo rischiare e Stephan aveva studiato tutto per tenerli al sicuro. Li lasciai li e andavo io a trovarli ad ogni Natale e Pasqua, nonché durante le vacanze estive perennemente trascorse in Lussemburgo. Al terzo compleanno anche loro andarono a studiare a Monaco e in Svizzera come richiesto da Stephan. Elisabeth peggiorava ogni giorno di più e questo portò Thomas a prendere delle decisione nella primavera dei suoi quattordici anni.
"Faccio l'ammissione al college, l'Eton. Così non darò fastidio e potrò aiutarti con la nonna." Mi disse mio figlio.
Era grande e capiva la morte troppo bene. Acconsentii alla sua richiesta, anche se non fece in tempo a rivedere Oscar mai più.
Una sera Oscar uscì per andare a fare una passeggiata, non tornò.  Mi chiamarono da un albergo. Era morto per ingestione di integratori sessuali, la prostituita che era con lui disse che non avevano neanche avuto un rapporto che era morto.

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Il funerale di Oscar per me non fu straziante come quello di Stephan. Fu strettamente svolto in forma riservata nella cappella di Saint Charles ed eravamo presenti io, i miei quattro figli e nipoti di Oscar e i miei genitori. Dei gemelli non c'era ombra, Andrew non era a conoscenza della loro esistenza e tanto mi bastava a fare il sacrificio di andare io da loro e non viceversa.
Per la prima volta dopo cinque anni Andrew ebbe anche modo di rivedere Diamond , era giusto che venisse a dare l'ultimo saluto al nonno.
Ciò che non era giusto era il modo lascivo con cui Andrew la guardava.
La tenni costantemente accanto a me. Drake ed Ebony mi diedero man forte durante il banchetto post funzione.  Ma Andrew non si arrendeva, cercava di avvicinarsi e toccare mia figlia in ogni occasione. Quando finalmente anche l'ultimo ospite se ne fu andato indicai la porta al mio ex marito.
"Sei invitato ad andartene." Gli dissi.
Diamond era seduta accanto ad Elisabeth che sulla sedia a rotelle seguiva la scena.
"Questa è casa mia. Decido io quando andarmene." Rispose lui.
"Sbagli, questa è casa mia." Risposi io. "Ho controllato tutte le carte, i miei genitori non hanno mai avuto un debito così grande da arrivare alla confisca dei beni. Infatti tua madre non ha mai neanche dovuto pagare per i l debiti. Non so che fine tu abbia fatto fare ai soldi che ti ha lasciato, ma di sicuro non hai pagato niente per conto mio." Gli dissi. "Quindi ripeto, esci di casa se non vuoi che ti faccio cacciare da Drake."
"Tu davvero credi che mi faccia comandare da te e dai tuoi amici zerbini!" Disse lui. "Il vecchio è morto, nessuno più può comandarmi, nessuno pagherà la clinica e gli infermieri. Finalmente sono un uomo libero." Disse invasato.
"Tu sei malato. Tuo padre è morto, lo abbiamo appena seppellito e non provi il minimo dolore." Gli dissi. Eravamo più sconvolti noi che lui.
Fece un ghigno avvicinandosi alla madre. "Perché dovrei. Mi ha rinchiuso come se fossi un malato di mente." Fissò la madre. "Non ti conviene  farmi rinchiudere, tanto la prossima sarai tu."
"Sei cattivo." Gli urlò contro Diamond.  A otto anni aveva la lingua per parlare ed era tagliente. Lo notavo ogni volta che lei è Chamael discutevano per qualcosa. "La nonna starà bene, non ci lascerà."
Andrew la fissò prendendole il viso tra le mani. "Devi stare al tuo posto e obbedire a tuo padre bambina." Le disse con tono mieloso. "Studia e cresci sana, poi fra qualche anno quando torni a casa ci pensa papà a te." Concluse carezzandole il viso e scendendo per il suo giovane collo.
Non ci vidi, mi avvicinai a lui per ritrarlo, ma con una bastonata Elisabeth fece prima di me. "Non toccare la bambina pervertito." Gli urlò con voce rauca.
Andrew con un colpo di voltò dando uno schiaffo alla madre lasciando tutti noi basiti.
"Cos'hai fatto! Cos'hai fatto cattivo." Gli urlò contro Diamond. Dandogli dei pugni alla gamba. Lui la afferrò per un braccio e glielo distorse facendola urlare. "Qui è papà che comanda."
Io ormai spazientita gli andai addosso. "Ti ho detto di uscire e non toccare mia figlia."
Urlai mentre le mie urla raggiunsero la cucina dove si trovavano Drake, Ebony e mia madre. Subito vennero in nostro soccorso mentre papà già stava  afferrando Andrew per cacciarlo fuori.
"Questa volta chiamo la polizia." Minacciò mentre Drake e Tom andavano ad aiutarlo per trattenerlo.
Istintivamente chiamai l'infermiere col cellulare di Oscar, così che potessero sedarlo e portare via.
Intanto Joel e Samuel avevano raggiunto la sorella che piangeva in un angolo dicendo. "Sei un papà cattivo... cattivo."
Bussarono alla porta che eravamo ancora tutti sconvolti.
"Chi è?" Chiesi ansimante.
"Signora Davis sono l'infermiere. Mi ha chiamato poco fa." Risposero.
Aprii la porta e questi entrò con un collega. Appena vide papà e Drake che braccavano Andrew li raggiunse.
"Signor Davis faccia il bravo e torniamo a casa." Gli disse.
Intanto il suo collega accanto a me stava preparando una siringa. "Signora lasci fare a noi. Adesso lo portiamo via."
Assentii. Arresi che lo sedassero, prima che perdesse coscienza però mi avvicinai a lui schiaffeggiandolo. "Hai superato il limite picchiando tua madre. Non tornare più se non scortato dagli infermieri e ricordati che se verrai a trovarci è solo grazie ai tuoi figli." Gli dissi.
Non lo rividi per un bel po', intanto Thomas era staid ammesso alla Eton e aveva messo su anche un piano di lavoro per sfruttare le mie proprietà.
"Se non usi la casa che la bisnonna ti ha lasciato potremmo aprire un bed and breakfast. Lo diamo in gestione a Margot così si terrà impegnata anche se non lavora più qui." Mi propose.
"Si può fare." Gli dissi. "La casa è già arredata, i mobili della cucina sono buoni. Si devono solo cambiare gli elettrodomestici e dare una rinfrescata." Dissi.
Per l'estate il B&B Sapphire aprì anche riscuotendo un discreto successo. Margot aveva accettato di gestirlo e suo marito manteneva il giardino curato come lavoro extra. Non avevo mai pensato fino ad allora di sfruttare le mie priorità. Effettivamente però erano una reale risorsa se gestita bene.
Qyell'anno non tornai in Lussemburgo, Elisabeth stava troppo male e non potevo lasciala. Così rischiai e chiedendo a Inga di portarmi i bambini a Londra , Chamael compreso.
Fu un'estate caotica. I gemelli erano irrequieti non potendo andare in montagna o al mare, Chamael e Diamond discutevano con fervore. Non litigavano, si confrontavano poiché la testa di Chamael viaggiava sempre a mille all'ora se non aveva nulla da faee. Il bambino infatti proponeva esempi ed invenzioni e Diamond era sempre lì a dirgli sì o no, peggio non può riuscire, anche per questo Samuel faceva da paciere.
Thomas e Joel che ormai erano cresciuti se ne stavano sempre sulle loro. Mio figlio il grande scoprii che aveva già avuto una ragazza e anche da quando era tornato a Londra ne aveva incontrate al parco. Lui e Joel uscivano sempre per incontrare questo nuovo gruppo di ragazze.
Elisabeth non si lamentava, nonostante comprendessi che il caos che i ragazzi facevano era insopportabile.
"Lasciali  stare." Mi sussurrava sempre. "Mi fa piacere sentirli."
Altre volte la sentivo parlare con Joel. "Resta a Monaco... li continuerai a essere felice..."
Thomas invece non aveva queste intenzioni. Aveva portato via tutte le sue cosa da Monaco intenzionato a frequentare la Eton.
Ad agosto purtroppo Elisabeth ci lasciò passando a miglior vita. Di nuovo la mia famiglia si strinse a lutto, ammetto questa volta molto più sofferto.  Mandai i gemelli e Chamael in Lussemburgo e mi apprestai ad affrontare il funerale.
Mia madre questa volta fu previdente. Affittò una sala per il pranzo del cordoglio, così una volta concluso il cerimoniale ognuno sarebbe andare per la propria strada.
Al funerale, l'infermiere che scortava Andrew mi avverti che con la morte di Elisabeth il contratto con la clinica era automaticamente chiuso. Quindi mio marito non era più responsabilità loro.
Accettai la loro decisione, però non volevo farmi cogliere impreparata. Dopo il pranzo tornai a casa con i miei genitori chiudendo ogni porta a chiave e sbarrando la strada anche con dei mobili.
In quell'occasione rivelai ai miei genitori tutto ciò che avevo scoperto su Andrew in quegli ultimi anni.
"Aveva manomesso le compresse del padre. Probabilmente Oscar, stanco, ha usato proprio quelle per suicidarsi. Questo Natale lo trascorreremo a casa per via del lutto. Ma nel prossimo futuro incontreremo Andrew in un luogo neutro, un ristorante è l'ideale. Poi farò decidere ai ragazzi cosa vogliono fare del rapporto col padre."
"Joel non vuole avere nulla a che farci con lui." Disse mio padre.
Sospirai. "Lo so. Ma non vorrei che un domani vivesse di rimpianti. Joel è un ragazzo molto sensibile." Gli ricordai.
"Sai!" Mi disse papà. "Credo che tuo figlio abbia l'ideale di un altro uomo come padre, quell'uomo non è Andrew figlia mia. Stephan è stato una figura paterna importante per Joel. Ma la più importante è stata quella di Thomas."
Con questa affermazione papà mi stupì, ma lasciai correre. Non volevo affrontare l'argomento, in fondo sapevo dai discorsi che avevo sentiti negli anni passati che Joel  e Tom era molto legati a Thomas e sua moglie Marina. Per questo non volevo indagare, in cuore mio temevo che i miei figli amassero molto di più la moglie di Thomas che me.
In fondo avevo dato loro prova di debolezza privandoli della presenza di Thomas nella loro vita. Io non avevo scelto di andare con lui, al contrario avevo scelto di restare accanto ad Andrew e subire tutte le violenze psichiche e fisiche che mi aveva inferto negli anni. Forse anche per questo non avevo mai avuto il coraggio di dire a mio figlio che il padre del suo migliore amico era anche suo padre.
Tommy ogni giorno diventava sempre più simile al padre era innegabile, non sapevo se non l'avesse capito volutamente o se invece faceva finta di nulla. Fino a quel giorno non mi aveva chiesto perché lui e Thomas Keller fossero identici, o anche perché lui e Gabriel stesso si somigliassero così tanto. Ero a conoscenza del fatto che Thomas non li stava raggiungendo più come prima a Monaco, se ricordavo bene forse dalla morte di Stephan.
Sapevo che non partivano più per i lunghi weekend di Pasqua e l'estate i ragazzi si separavano subito.
Prima di morire infatti, Elizabeth mi aveva fatto sapere che dall'anno nuovo Thomas avrebbe voluto far viaggiare Gabriel e Tom da soli durante le vacanze. C'erano dei campi estivi appositi, della stessa tipologia dei boy-scout, dove i ragazzi potevano restare senza genitori. Io approvai perché sapevo quanto Tom  fosse legato a Gabriel. Con l'inizio delle superiori Tom era tornato a Londra e anche Gabriel non frequentava più il Santa Maria, quello era quindi l'unico modo per i due ragazzi di poter trascorrere almeno due mesi insieme. Quella decisione di Thomas era stata ideale per i per nostri figli, soprattutto perché la scelta di farli stare insieme non includeva la presenza di noi adulti, non avremo dovuto incontrarci e la cosa mi stava bene. Tom era molto maturo per la sua età e sapevo, anche se non lo incontravo da tanto tempo, che anche Gabriel lo era. Quindi andavo sul sicuro, si  sarebbero comportati bene. Quella loro esperienza era solo un'altra tacca alla loro crescita come fratelli ed era giusto che la facessero insieme. Ricordavo ancora le parole che la pedagogista mi disse solo 10 anni prima sul rapporto tra Gabriel e Tom. Quindi non sarei stata io a sciogliere quel legame così importante che avevano i due ragazzi.
Il tempo trascorse e con esso arrivò anche il Natale. Purtroppo nel modo più spiacevole possibile per la presenza di Andrew. Quell'anno avevo deciso di far tornare Diamond a casa, ormai era grande e sapeva cosa era bene e cosa male. Sapeva che non doveva fare troppo agio a suo padre, le avevo detto che non era normale che le carezzasse il viso o peggio il collo, anche se lui diceva che era normale che un papà carezzasse la figlia.
"Non in quel modo. Adesso sei una signorina e neanche i padri sono autorizzati a carezzarci." Le dissi con confidenza.
Eravamo dunque tutti in attesa dei nostri ospiti. Tom stava raccontando a Joel del suo trimestre soddisfacente alla Eton quando arrivò Andrew, prima dei miei genitori o di Drake ed Ebony purtroppo.
Fortunatamente entrambi avevano le chiavi di casa.
"Assurdo che non possa entrare in casa mia." Entrò dopo aver bussato mio marito.
"Questa è casa di mamma, come le altre sue due proprietà." Precisò Tom chiudendo la porta.
Lui lo fissò malvagio. "Impugnerò il testamento. Ah si se lo farò." Disse raggiungendomi e stringendomi con confidenza  "Ciao tesoro, ti sono mancato?" Dopodiché mi leccò la bocca, ero disgustata.
"Lasciala stare." Intervenne Thomas minaccioso allontanandomi da lui . "Non ti azzardare a toccarla."
Istintivamente mi pulii la bocca con il dorso guardando Andrew. "Ti ricordo che sei qui per far visita ai bambini. Cerca di non far vedere quanto tu sia repellente." Dissi in un sussurro.
"Papà! Papà!" Urlò Samuel. "Ci hai portato un bel regalo?" Chiese.
"I soldi li ha mammina. Da quando ha deciso di affittare la tenuta per gli eventi e le cerimonie può permettersi di farvi tutti i regali che volete." Disse lui.
Lo  guardai con sfida."Indipendentemente da ciò un padre deve fare il suo doveri con i propri figli." Dissi.
"Basta far funzionare il cervello e anche tu guadagneresti profitti dalla tua casa nello Yorkshire.  Io l'ho fatto con le proprietà di mamma e ho solo quindici anni."  Disse Tom.
Lui furente lo afferrò per la faringe  tirandolo su. Gli urlai contro. "Lascialo stare." Urlai in contemporanea con Diamond che era terrorizzata.
Joel si scaraventò su Andrew per proteggere il fratello e dopo essere intervenuto  mio marito lasciò andare Tom facendolo sbattere contro il muro.
"Tu! Sangue del mio sangue... come ti permetti. Un po' della mia astuzia proprio non ce l'hai?" Urlò Andrew contro Joel schiaffeggiandolo.
No, non potevo permettergli di toccare i miei figli.
Tom fu però più lesto, si scagliò su Andrew iniziando a prenderlo a pugni, l'altro ricambiò con un ceffone che lo spinse a terra, disperata Diamond e Samuel si strinsero a me piangendo mentre l'uomo lanciava dei calci nello stomaco a Tom.
Io urlavo come una pazza, tanto che non mi accorsi della porta che si apriva, quando vidi Drake afferrare Andrew allontanandolo da Tom.
"Esci da questa casa bastardo." Gli urlò trascinandolo verso la porta. "E non tornare più." Gli urlò sbattendo la porta sbattette, non riuscii a parlare, respiravo a stento. Intanto Joel raggiunse il fratello dispersore . "Tom... Thomas."
"Sto bene." Sussurrò mentre Ebony lo raggiungeva.
"Non stai bene. Adesso ti medico, riesci a tirarti su? Drake aiutami." Disse rivolta al marito.
Intanto Raven e robin le sue bambine dei miei amici si abbracciarono a Diamond e Samuel.
"Questa Thomas non gliela perdonerà." Disse Drake.
"Ti prego non faglielo sapere. Ha la sua vita adesso." Dissi ripensando alla sua famiglia con Marina. "Tom tornerà a Monaco a gennaio." Affermai, non poteva stare a Londra, proprio come i miei gemelli doveva stare lontano da Andrew.
"Sapphire lui deve sapere, è il figlio e aveva promesso che se fosse accaduto di nuovo..."  Disse Drake.
"Se ne sarebbe sbattuto di tutto. Lo so! Ma Samuel e Diamond sono piccoli. Andrew farà poi di tutto per togliermeli e potrebbe fare loro del male. Ti prego Drake, non dirlo a Thomas, i bambini hanno l'età dei tuoi figli, davvero li lasceresti in mano a un mostro del genere?"  Chiesi. "Lasciamo la cosa tra noi, i ragazzi partiranno per Monaco e Diamond per la Svizzera   dopo le feste."
"Voglio restare con mamma..." Disse Thomas.
Scossi la testa.
"Se ti succede qualcosa tuo padre non se lo perdonerebbe mai. Davvero vuoi mettere questo peso sulle spalle di tua madre?" Gli chiese Ebony.
"La tua iscrizione è ancora aperta. Non l'abbiamo mai annullata, ne io, ne tuo padre." Gli dissi.
Mi allontanai, volevo lavarmi la bocca, sentivo ancora le luride mani di Andrew su di me.
Uscite dal bagno trovai nel salone anche i miei genitori appena arrivati dalla Scozia.
Ebony stava loro raccontando di Andrew e io non ero in vena di parlare, andai a prendere una bottiglia di scotch e riempii i bicchieri a tutti facendone bere anche un po' del mio a Tom e Joel.  Dopo un po' si aggiunsero a noi anche Molly, Sean Harris e Raziel che raggiunse i miei figli.
Ci mettemmo a tavola e spesso nominammo Thomas.
Molly era contraria alle pretese di Thomas. Voleva che Raziel si iscrivesse all'accademia di cucina una volta concluso il college.
"Non voglio che segua una liceo preparatorio alla Westminster kingsway school." Disse Molly.
"Al Santa Maria dicono che ha una grande attitudine alla cucina." Affermò esasperato Sean.
Annuii. "Chamael dice che quando hanno tempo libero, Raziel è sempre in aula di economia domestica a provare piatti su piatti." Dissi. "Credo sia giusto seguire il consiglio di Thomas."
"Assolutamente no! Non posso permetterlo, questo potrebbe avvicinarlo a cattive compagnie, la gente che lavora nella ristorazione è tutta malvagia."
"Ma ti prego Molly. Smettila..." intervenne Sean zittito dalla moglie.
"Smettila tu Sean. Non hai il diritto di parlare, non dopo ciò che hai fatto." Rispose la mia amica.
"Tutto bene?" Chiese Drake mentre Tom e Raziel si allontanavano verso il bagno.
"Stiamo divorziando." Rispose Molly secca. "Quindi Sean non ha più alcun diritto decisionale su Isaak. "
Sospirai. "Non conosco le cause, ma se divorziate la custodia del figlio di Thomas credo passerebbe a me." Affermai. "Sopratutto perché adesso lui è grande. Se può gestire la separazione dei 'genitori' può anche andare a vivere col vero padre." Conclusi. Sapevo che molly non apprezzava questo mio intervento, ma ero designata a proteggere Raziel e lo avrei fatto.
"No... non puoi farlo. Quando Thomas scoprirà che Sean mi ha tradito mi dará ragione." Disse lei sulla difensiva.
"Senza offesa. Anche io avrei lasciato Ebony già da un po' se fosse stata isterica come te tre volte si e una no."  Disse Drake. "Ma l'avrei proprio lasciata, mica tradita."
"Come ti permetti...." Lo accusò Molly.
Sospirai. "Non voglio giustificare Sean, ma..."
"Ha avuto una figlia da un'altra." Urlò offesa Molly. "Ha sei anni, capite che significa?"
"Che è stato molto paziente." Intervenne ancora Drake. "Ripeto, io ti avrei lasciata già prima. Quando siamo venuti a chiedere di Isaak con Tom eri molto peggio di adesso."  Disse riprendendo a mangiare.
"Ha avuto una figlia... non mi ha detto nulla fino a quando non..."
Sean sbatté le posate sul piatto. "Me ne andai di casa quando conobbi Jenny." Confessò. "Viviamo separati da dieci anni, Molly diceva che gli avevo voltato le spalle spalleggiando Thomas e da allora abbiamo chiuso. Per la precisione, mi cacciò di casa perché avevo scelto Thomas invece che nostro figlio." Bevve un bicchiere di acqua, noi eravamo tutti esterrefatti. "Sia chiaro, sapevo che prendere Raziel senza dire a Tom della sua esistenza era reato. Non ho scelto il nostro capo o la nostra famiglia, ho scelto di non essere un criminals per proteggere ciò che avevamo costruito e ringraziato Thomas che comunque ci aveva lasciato Raziel. Ma dal momento che questa donna ancora oggi non lo capisce, io ho la coscienza pulita." Concluse riprendendo a mangiare.
Molly ci guardò tremante. "Hai avuto una figlia e non me lo hai mai detto."
"Mi avevi cacciato e mi hai chiesto la separazione. Perché avrei dovuto, inoltre non avresti mai saputo di Giselle se non mi avresti pedinato." Riferì lui.
"Giselle! È un bel nome." Dissi per rompere il ghiaccio.
Lui annuì. "La madre è una prima ballerina. Lo è diventata da tre anni e quindi viaggia molto, da quando è diventata etoile all'Opera di Parigi, Giselle vive con me."  Ci raccontò.
"Non l'abbiamo mai vista, avresti dovuto portarla." Gli dissi accondiscendente.
Lui sollevò lo sguardo castano sorridendomi. "È con sua madre e il compagno di lei adesso. Ma la prossima volta che sono a Londra te la farò conoscere."
"Quindi a lei si, mentre a me hai nascosto tutto." Intervenne Molly.
Lui sbottò. "Non volevo che la plagiassi!" Scattò. "Sei asfissiante e ho una buona amicizia con Jenny e il suo compagno, perché dovrei rovinarla per il tuo carattere orribile." Le disse. "Smettiamola, questi sono affari nostri e il Natale di questa famiglia è stato rovinato già abbastanza da Andrew."
"Davvero pensi che sia asfissiante?" Chiese Molly.
"Nostro figlio, anzi il figlio di Thomas, ha un indubbio talento ereditato dalla madre. Tu vuoi stanarlo ancor prima che inizi a fare ciò che vuole. Questo è manipolare un ragazzo con dei sogni." Le disse. "Cosa avresti fatto con Giselle? Le avresti impedito di andare a scuola di ballo perché è il lavoro della madre, l'avresti fatta ingessare perché non le somigliasse. E avremo litigato perché tu non avresti voluto Jenny nella vita della bambina." Concluse alzandosi. "Credo sia il caso io me ne vada."
"Ma no, resta." Dissi a Sean. "Concordo che sia meglio chiudere l'argomento, soprattutto se vi siete separati, Sean non ti ha tradita." Affermai verso Molly. "Vi siete lasciati, comunque per ora Raziel farà le superiori al Santa Maria. Poi l'ultimo anno deciderà lui dove vuole iscriversi." Conclusi cambiando argomento raccontando ai miei amici dei gemelli. "Amelie e Pierre li portavano in Corsica a sciare. Io li raggiungerò a febbraio, così passerò qualche mese lì con loro, Pasqua compresa." Dissi intanto che anche i ragazzi stavano rimettendosi a tavola.
"Tutto bene?" Chiese Molly al figlio.
"Si! Tom mi ha detto che torna a Monaco." Rispose lui. "Evviva." Concluse sarcastico.
"Dopo che i ragazzi saranno tornati alle relative scuole, dobbiamo fare una cosa." Affermò Drake.
"Sei galvanizzato. Di cosa si tratta?" Chiese Ebony al marito.
"Semplice. Adesso che Elisabeth e Oscar non ci sono più dobbiamo incastrare noi Andrew e farlo stare al suo posto." Disse. "Mettiamo delle telecamere in casa, facciamo delle foto e poi ricattiamolo. Gli diremo che se non sta lontano da te, dai ragazzi e dalla tua casa lo denunciamo. Renderemo pubblico tutto ciò che ha fatto, dalla truffa ai danni dei tuoi genitori, alle percosse e gli stupri in casa tua, alla violenza sui bambini e sui ragazzi. Non ne uscirà."
"Possiamo farlo?" Chiese Ebony.
"In casa mia posso avere tutte le fotocamere e video camere che voglio." Risposi. "Credi che accetterà anche di firmare per il divorzio?" Chiesi.
"Non lo so, fin quando non agiamo. Anzitutto facciamo partire i ragazzi, poi vediamo lui come si muove."
"Se vi serve una mano io posso restare a Londra un po' di più." Si offrì Sean.
Drake ci pensò su. "Direi che si, uno fotografa ciò che accede dentro, l'altro fuori. Soprattutto dovremo avvertirci se tocca Saph, così interveniamo prima che le faccia seriamente male."
"Perfetto allora, mi trattengo." Rispose Sean.
"Non dovresti occuparti di Giselle?" Chiese cinica Molly.
Lui paziente sospirò. "La farò portare a Londra invece di Edimburgo." Rispose.
Fu così che organizzammo la trappola per Andrew. Giustamente per non vivere nella paura dovevamo trovare un modo per fermalo, e fare da esca era la soluzione migliore.
Quando a gennaio i ragazzi tornarono alle scuole mettemmo in atto il nostro piano. Istallai delle videocamere in casa dove Sean sarebbe rientrato sempre prima di me per non farsi vedere eventualmente da Andrew.
Drake invece si era preso l'impegno di scordarmi per capire se venivo o meno seguita da mio marito. Dopo aver avuto questa certezza, aveva pensato di fare altrettanto scoprendo le mosse di Andrew.
Una volta che io rientravo a casa add esempio, lui restava fuori casa a fissare le finestre. Quando accendevo la luce della mia camera da letto, fissava senza sosta quel punto. Drake non volle dirmi per quale motivo, ma temevo che fosse per via della sua ossessione verso di me. Quando spegnevo la luce, andava via diretto in qualche bar a cercare una ragazza con cui stare.
Durante il giorno invece Andrew andava in banca a lavorare. Svolgeva una vita tranquilla senza fare clamore, ne usciva e si dirigeva agli uffici dove io lavoravo. Li iniziava a pedinarmi fino a casa e poi fino a notte di nuovo.
Il piano fu che non sarei più tornata a casa scortata, non visibilmente ovviamene. Drake mi avrebbe seguita e fatto le foto a Andrew che appunto mi stava dietro. Qualsiasi azione, qualsiasi atto doveva essere registrato.
Così quel pomeriggio uscii dal palazzo Callaghan e mi diressi a piedi verso casa. Non avevo paura poiché ero sicura che Drake mi avrebbe protetta. Feci un paio di commissioni strada facendo e quando arrivai a casa tranquilla aprii la porta e feci per entrare.
In un attimo mi sentii afferrare per il polso e tapparmi la bocca. Il corpo di un uomo mi spinse in casa bloccandomi contro il muro.
"Quante volte devo dirti di non fare la puttana con gli altri uomini?" Mi disse rauco Andrew nell'orecchio.
"Lasciami.... Cosa ci fai qui?" Gli dissi senza respiro.
"Questa è casa mia!" Urlò lui voltando mi e tornando a sbattermi contro il muro. "Come te, sei mia e devi obbedire puttana."
"Lasciami... mi fai male." Gli ordinai.
Ma lui era insistente. Mi schiacciò col suo corpo e mi tirò su la gonna. "Tu sei mia? Devi sottometterti a me." Disse intanto che sentii la cintura aprirsi e a seguire la cerniera abbassarsi.
"Lasciami... non mi toccare! Giuro questa volta ti denuncio..." lo supplicai. Non volevo che mi toccasse o mi facesse del male. Quanto tempo ci mettevano Sean e Drake?
Mi divincolai, non gli avrei permesso di toccarmi, per nessuna ragione al mondo. Neanche per incastrarlo, gli morsi il collo con forza e lo spintonai quando si allontanò .
Fortunatamente notai che veniva allontanato da un paio di mani. Drake era alla porta con Sean e un poliziotto che stava occupandosi di Andrew.
Non ne capii la presenza, solo più tardi Hannah mi disse che aveva chiamato la polizia.
Denunciai Andrew nonostante lui continuasse a dire che ero sua moglie, io negavo dicendo che lo avevo cacciato di casa.
Successivamente lo incontrai in presenza del mio avvocato. Avevo i video e le foto del suo ultimo abuso, inoltre grazie all'intervento della polizia Andrew aveva una denuncia a suo carico.
"Avvicinati di nuovo a me e alla mia famiglia e ti rovino." Gli dissi.
"Ti sei dimenticata dei miei figli!" Disse lui.
"Che sono abbastanza grandi da poter dire la verità avanti a un giudice." Affermai io. "Non li vedrai più, se non in un luogo pubblico. Hai picchiato Joel e abusato psicologicamente di Samuel, quindi li vedrai quando loro vorranno vederti." Gli dissi. "Con questo ho chiuso, bada a come ti comporti, perché l'abuso non è che la punta dell'iceberg, ho accumulato tanto contro di te che neanche lo immagini." Gli dissi lasciandolo lì.
Non lo rividi più, o almeno non si fece scoprire da me. Sapevo che era intenzionato a prendersi la banca. Ma anche lì avevo un piano di riserva se serviva.
Lui rivide i miei figli. Joel si era trasferito definitivamente a Monaco, non voleva più vederlo, neanche a Natale. Passava più tempo con Gellert che con me, riuscivano a vederci nei week end quando andavo a lavorare alla sede della KCG.
Vivevo in quella parte dell'Europa sei mesi su sei. C'erano tutti i miei figli li, quelli di Thomas, Joel e quelli di Stephan.
Intanto Chamael aveva ripreso a frequentare sua madre, tornava da lei solo per le vacanze pasquali, poiché, diceva, erano le più brevi.
Le tre estati successive Tom iniziò a fare vacanze estive solo con Gabriel, Heinrich e il nuovo amico London. La prima vacanza fu in Brasile, Thomas aveva preferito mandare i ragazzi nel paese della madre di London dove sapeva avevano i parenti del ragazzo a controllarli. Il secondo anno andarono invece in Australia, a Sidney, anche in quell'occasione Thomas aveva chi li osservava. L'ultimo anno, quando a diciotto anni Thomas si diplomò e venne ammesso a Oxford, i quattro ragazzi partirono invece per un viaggio on the road da Monaco alla Spagna.
Poi arrivò settembre e con esso il compleanno di Thomas, in quell'occasione scoprì il nome di suo padre. Compresi avesse capito che Gabriel era suo fratello, anche se non glielo confermai. Non me lo aveva chiesto e ancora mi riservavo di tenerglielo nascosto.
In contemporanea quell'anno Chamael venne trasferito in un'altra scuola subito dopo Pasqua, senza che io sapessi nulla. Per la prima volta incontrai Lynn Holstein, sua madre. Andai appositamente in Sassonia a chiederle spiegazioni, o anche dove fosse Chamael. Lei mi rispose che non erano fatti miei e che con l'educazione che avevo dato al figlio, avevo fatto solo danni.
Cercai di capire cosa fosse successo, insistetti per avere notizie del ragazzo con la madre. Ma lei mi cacciò via con la minaccia di una denuncia.
Così per fare chiarezza per la prima volta presi il documento che Stephan mi aveva a lasciato alla lettura del testamento. Forse avrei potuto chiedere qualche diritto, purtroppo non trovai nulla se non una lettera indirizzata a me personalmente e la custodia di Chamael fino ai suoi undici anni. Avevo perso mio figlio acquisito senza una valida spiegazione e non me ne davo pace. Chiesi ai miei figli se sapessero qualcosa in merito, a Raziel e Gisele chiesi se fossero stati contattati. Ma niente! Chamael sembrava sparito nel nulla.
Non me ne feci una ragione, però tra il seguire i ragazzi e i gemelli, tra Monaco, Londra e Lussemburgo, il tempo passo e piano piano dovetti mettere da parte Chamael. Tom era diventato indipendente, aveva iniziato a studiare a Oxford con eccellenti risultati ed ero contenta che si fosse fatto un nuovo amico Liam Thomson.  Il legame con Gabriel era sempre più forte, ero convinta che sapesse benissimo fosse suo fratello a parte la loro ormai evidente somiglianza, un punto in più  perché avesse la conferma di ciò che io non avevo mai detto.
L'anno successivo si diplomarono anche Raziel e Joel che decise di restare studiare a Monaco. Avrebbe continuato lì il suo percorso, entrò all'Università di Monaco studiando psicologia sociale, un campo in cui Andrew non lo appoggiava. Eppure Joel passò l'ammissione ed entrò in quella università con qualcuno che lo sosteneva. Non mi disse chi fosse, ma avevo il sospetto che dietro tutto ci fossero i Keller.
Terminata la Santa Maria invece Razihel venne a trovarmi. Aveva 18 anni, in quanto maggiorenne non avevo più diritto a intromettermi nella sua vita e la sua educazione. Anche Molly non avrebbe potuto farlo, nonostante ciò riusciva ad avere ancora una presa sulla coscienza del ragazzo che era dibattuto su quale scuola frequentare. Fortunatamente in tutto ciò c'era Sean che faceva da bilanciere, se Molly testarda insisteva nel manipolare il ragazzo, lui controbatteva. Fu  grazie a ciò che Raziel decise di fermarsi.
"Mi fermo!" Mi disse dopo essermi venuto a trovare, non mi aspettavo che lo facesse eppure era da me. "Prenderò un anno sabbatico per decidere cosa fare. È vero mi piacerebbe molto poter ampliare le mie conoscenze nel campo culinario, la Westminster sarebbe un'ottima opportunità per me. A 14 anni pensavo che quell'uomo volesse manipolarmi, lui però sapeva già che io amavo ciò che facevo." Mi raccontò facendomi intendere che parlava di Thomas. "Mamma vorrebbe che io andassi a studiare economia, papà invece vuole che io faccia le mie scelte liberamente. Mi ha detto chiaramente che appoggia le scelte di mio padre, come mi ha raccontato anche tutta la verità sulla mia nascita e sul fatto che io non fossi loro figlio loro." Disse amareggiato. "Lo avevo capito, ci hanno messo troppo tempo a dirmelo e non somiglio a nessuno dei due. Comunque, mi ha raccontato tutto, si era stancato di fare l'ipocrita, mi ha detto che per gli atteggiamenti di mamma il suo essere remissivo il loro matrimonio è finito da parecchio tempo. Che ha tradito mamma, ho una sorella della stessa età dei tuoi gemelli anni più, anno meno. Tutto ciò mi ha fatto pensare, io la volevo una sorella all'epoca, mi sono riservato quel desiderio di Chamael e Giaele, mi ero trovato da solo del fratello.  Non mi servivano più i miei fratelli, la mia famiglia sono stati i miei compagni al college. Mi mi mancheranno anche se non mi sono affezionato, alcuni sono andati via alla fine delle scuole secondarie. Non mi sono rimasti legami come invece è accaduto ai tuoi figli."
"Perché non hai mantenuto i contatti? So che è presto dirlo anche per Tom e Joel. Ma sono importanti, soprattutto quelli più solidi." Gli dissi. "Io stessa sono ancora amica di Amelie e Janine."
"Lo ammetto, la partenza improvvisa di Chamael ha influito molto." Mi rivelò.
"Io l'ho cercato a vuoto, sua madre mi ha negato di sapere dove gli sia." Gli dissi.
Al che Razihel mi guardò. "In realtà so perché non è venuto più al Santa Maria." Mi disse.
"Ti ha contattato?" Gli chiesi sorpresa.
Ma lui scosse la testa. "Non a me. Ha scritto una lettera a Giaele, dove le diceva che i genitori lo avevano mandato in un monastero dopo che aveva violentato la sorella. In quella lettera lui le ha raccontato che non ha mai fatto una cosa del genere e che i suoi genitori si sono sbagliati. Le ha dichiarato che era innamorato di lei e che voleva dichiararsi e fare tutto con lei a tempo debito. Non con la penna persona a caso che gli capitava e sopratutto non con la sorella. Ha chiesto scusa a tutti in quella lettera, a lei, a me e a te. A tutti." Mi raccontò.
Io ero basita. Non ci credevo! Non potevo credere che Chamael avesse violentato sua sorella. La bambina che sua madre adorava tanto. Perché poi avrebbe dovuto fare una cosa del genere. "Non è vero, Chamael voleva bene a sua sorella, ma non avrebbe mai fatto una cosa del genere." Dissi a Raziel. "Sono sicura che c'è dell'altro dietro." Qualcosa non mi tornava, Chamael mi diceva sempre che la sorella era nata meno di due anni dopo di lui, quindi quando erano accaduti i fatti lui aveva tredici anni e lei se ne aveva indici era tanto. Poteva essere reato avere rapporti con una bambina? Soprattutto quando anche l'afelio era un bambino? Ma il punto basilare era: avevano un legame di sangue. Ero sicura che Chamael non avrebbe mai preso in considerazione un rapporto fisico a meno di quattordici anni. "No! Non... non ci credo." Dissi a Raziel.
"Neanche io!" Affermò Raziel. "Purtroppo la lettera mandata a Giaele era senza indirizzo con solo un timbro di Brema. Puoi dirmi dove vive la madre? Vorrei andare da lei e cercare Chamael. Sento che se non lo trovo non riuscirò ad andare avanti." Mi spiegò.
Ero scossa, dovevo ritrovare il mio ragazzo. "Ti aiuto io. Troviamolo Isaak, ti cerco tutti i monasteri della Sassonia, ti do il nome del ristorante della madre e la sorella si chiamava... si chiamava...." Non ricordavo il nome della sorella.
Lui scosse la testa. "Mi ha parlato solo una volta di lei e non ricordo mi abbia detto il nome." Mi disse.
"Stessa cosa, ne parlò dicendo che la madre stravedeva solo per lei. Poi basta, difficilmente parlava della sua famiglia naturale." Dissi.
"Il padre?" Chiese Raziel.
Scossi la testa. "Non so chi fosse, neanche lui ne era a conoscenza. Ma posso segnarti il nome della madre prima che sposasse Holstein." Gli dissi intanto che stavo segnandogli tutto ciò che sapevo. "Ti ho segnato il mio numero di cellulare e la mail, così mi aggiorni e se ricordo qualcosa te lo mando."
"Si, lasciami tutto. Ho questo anno sabbatico di tempo per trovarlo, poi dovrò iscrivermi ad una scuola."
Assentii. "Conoscendo tuo padre sei già iscritto alla Westminster."
"Non voglio fare quello che dice lui." Mi disse consegnandomi una busta chiusa con dello scotch.
La presi. "Di cosa si tratta?" Gli chiesi guardandolo. "Tuo padre non ti obbliga, semplicemente ti lascia le porte aperte per creare il tuo avvenire. Sta a te scegliere se vuoi o meno seguire quella strada." Gli dissi.
Lui sospirò. "Sono cinque mila dollari. Mi sono arrivati come regalo per i miei diciotto anni, scrivendomi che tutti i miei fratelli li hanno avuti in dono a diciotto anni e che stava a me decidere come usarli."
Cinque mila dollari? Li aveva avuti anche mio figlio Thomas? "Non li vuoi usare?" Chiesi.
"Tuo figlio li ha usati?" Mi chiese lui con sfida.
Feci per rispondere di no, ma subito mi corressi. "Li ha investiti con cospicui guadagni." Rivelai orgogliosa.
Lui rise. "Tienili per me. Semmai un giorno vorrò aprire un ristorante mi serviranno... Anzi, di a tuo figlio di investirmi mille dollari, me ne serviranno un po' di più per un ristorante." Mi disse salutandomi.

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

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Non ebbi notizie da Razihel per un po' di tempo.
Andò  a Brema dove si trovava il ristorante di Lynn, purtroppo scoprì che il ristorante era stato chiuso. Non riuscì quindi a trovare la donna né tutta la sua famiglia. Non ero a conoscenza del nome di suo marito,  così Raziel  cercò anche la donna col nome da nubile, ovvero Pollyn Geltrude McCallister come riportato sul contratto. Ma non la trovò non la trovò, ne in tutta la Sassonia, né in Scozia dove scoprimmo che lei era nata.
Razihel si girò anche tutti i monasteri della Sassonia, ovviamente le ricerche andarono a vuoto. In alcuni non era riuscito ad entrare in altri, i facente funzione di scuola privata, era riuscito a prendere appuntamenti. Ma di Chamael neanche l'ombra.
Intanto a Londra io dovevo vedermela con Andrew, che nonostante non desse fastidio a me iniziò a prendere di mira Samuel e Diamond.
I miei figli infatti, soprattutto pee volere di Samuel, continuavano a incontrare il padre. Andrew però abusava di loro, Samuel per le sue tendenze omosessuali e quando andava a trovarlo Diamond.
Nonostante mia figlia passasse in Svizzera nove mesi l'anno,  quando tornava infatti usciva con le amiche. Giustamente era una ragazza di quasi 16 anni aveva tra le sue amicizie le figlie di Ebony, Raven e Robin. Quando usciva si divertiva e iniziava avere anche dei flirt.
Pensavo anni prima di aver fermato in qualche modo Andrew minacciandolo di denunciarlo. Non avrei mai creduto che non si fosse arreso. Anzi ebbi conferma che stava mirando a mia figlia.
Ne ebbi la prova quando portai i ragazzi dal padre nello Yorkshire; non andai da sola ovviamente, c'eravamo io, i miei genitori e i due ragazzi.
Rimasi basita quando dopo averlo salutato diamond venne schiaffeggiata di fronte a tutti noi.
Subito mi frapposi tra lui e mia figlia. "Come ti sei permesso?" Gli chiesi.
"Come mi sono permesso io?" Urlò lui. "L'ho vista in giro con dei ragazzi. Non è accettabile, deve tornare a scuola e restare lì fino alla matura età. Anzi..." disse fissandola lascivo. "Ci penso io a lei adesso! Resti con papà tesoro."
"Lei non resta con te." Affermai decisa.
Ma Diamond orgogliosa fece un passo avanti spingendo via Andrew. "Non ti permetterò di picchiarmi come hai fatto con la mamma tante volte. Non ti permetterò di toccarmi più." Disse orgogliosa senza piangere, il viso rosso per la percosse subita. "Non resto con te.Inoltre esco con chi voglio voglio io, tutte le ragazze della mia età hanno i ragazzi, perché non potrei io. Ma stai tranquillo, li evito quelli come te, sarò io a decidere per me e non gli uomini."Gli disse insospettita dandogli le spalle. "Vi aspetto in auto, non ci entro in casa sua." Mi disse con gli occhi lucidi.
Io guardai Samuel. "Chiamami quando finite, raggiungo tua sorella." Dissi uscendo dalla casa di Andrew.
Incrociai lo sguardo di mio padre che assentì ricordandomi così che avrebbe controllato lui Andrew.
Raggiunsi Diamond in auto mettendomi alla guida e dirigendomi verso il primo parco della zona. "Ti ha fatto male?" Chiesi. "Scusami, non mi aspettavo che ti avrebbe picchiata." Soprattutto non per quel motivo, come e dove aveva visto Diamond con gli amici?
"Non è la prima volta." Rispose mia figlia. "L
"Cosa?" Chiesi stupida.
"Mi ha vista in giro con Raven e i nostri ragazzi la settimana scorsa. Era nello stesso sushi bar dove siamo andate noi, quando sono andata in bagno l'ho trovato ad attendermi." Disse tirandosi su i capelli e mostrandomi il collo con dei lievi lividi. "Mi ha afferrato il collo e mi ha detto di lasciare Carl se non volevo finire male." Mi rivelò.
"Avresti dovuto dirmelo subito. Anzitutto sarei intervenuta, per finire oggi non ti avrei portata." Le dissi mentre la rabbia mi pervadeva. Doveva toccare tutti ma non mia figlia.
"Volevo venire, è pur sempre papà e non è giusto stia sempre da solo." Mi disse lei con voce incrinata.
Ma non era suo padre! Come potevo stare ad assistere? Avrei dovuto dirglielo o era il caso di aspettare ancora? Non lo sapevo, soprattutto perché poi avrei dovuto rispondere alle domande su suo padre.
Quante volte mi aveva detto in quegli anni che avrebbe voluto che il suo papà fosse stato Stephan e che non voleva morisse.
"Che ne dici se parlo con Drake?" Le proposi. "Tu e Raven potreste partire per una vacanza come fa tuo fratello con Gabriel." Le proposi.
Lei mi guardò raggiante. "Come Joel e Gellert. Quest'anno sono a Ibiza." Mi disse eccitata.
Annuii. "Se Drake dice di sì, possiamo vedere cosa troviamo." Le proposi. Eravamo già a luglio e non sapevo cosa avrei potuto trovare.
"Portiamo anche Samuel?" Mi chiese Diamond. "Anzi no! Se Raven non può venire io e Samuel possono partire lo stesso." Affermò. "Quanto rimpiango le estati e gli inverni passati con i gemelli, mi divertito tanto."
"Mentre tu a madre era relegata qui a Londra." Ironizzai io, ero contenta di averle risollevato il morale.
"Saresti dovuta partire e lascialo qui." Mi disse mia figlia.
"Tesoro io restavo qui per lavoro non per lui. Che credi che non mi sarebbe piaciuto viaggiare con voi? In Lussemburgo sono stata solo a palazzo, in Svizzera solo nella clinica medica e sul lago di Ginevra e non ne parliamo di Monaco, o lavoravo o stavo da Inga e Taddheus." Dissi sospirando. Non avevo mai fatto un viaggio che per me fosse vacanza, non avevo mai visitato i luoghi turistici. Chissà se lo avrei mai fatto.
"Scusami. Comunque non è giusto, i gemelli hanno undici anni e si godono una vacanza in Giappone. Voglio andarci anche io un giorno."
Risi. "La zia Amelie e lo zio Pierre sono andati lì come ambasciatori del Lussemburgo." Le ricordai, però aveva ragione. Anche io li invidiavo.
"Bene. Non voglio pensarci, devo organizzare la mia vacanza." Disse mia figlia sfregandosi le mani.
Feci per risponderle, ma dovetti desistere. Mio padre mi chiamava. "Stiamo uscendo, dove siete?" Mi chiese.
"Siamo al parco vicino casa di Andrew. Vengo a prendervi."
"Si così andiamo a pranzo. Sam vuole tornare a Londra." Disse papà.
Scoprii a pranzo che Andrew aveva preso a mortificare il figlio con disprezzo durante la sua permanenza lì.
"Mi ha detto che devo smetterla di comportarmi come una donna. Che devo essere un uomo, ma io non riesco." Si sfogò.
"Tu devi essere solo te stesso amore mio." Gli dissi dolcemente. "Comunque ci sono delle novità, siete grandi e ho deciso che dovreste avere le stesse opportunità dei vostri fratelli maggiori."
"Ossia?" Chiese mia madre sorpresa dalla mia affermazione.
"Vacanze indipendenti. Che ne dici se ti aggreghi al viaggio di tua sorella?" Chiesi a Samuel.
"Potremo andare in Spagna, Tommy ha detto che è bellissima." Propose Diamond.
"Bellissimo, oppure potremo andare in Italia. Joel ci torna sempre con piacere." Rispose lui entusiasta.
Al che non persi tempo, tornata a casa ne parlai con Ebony e Drake. Anche loro approvarono il viaggio di Raven, mentre si riservarono di tenere Robin ancora a casa.
"Ci penso io ad organizzare qualcosa. Chiedo a Tom le mete più sicure per degli adolescenti, lui ci è passato prima di noi." Mi disse.
Non volevo mettere in mezzo Thomas in realtà. Ma tacqui, non volevo neanche raffreddare Drake che sembrava ben propenso a far partire sua figlia.
Alla fine fu proprio Thomas a proporre qualcosa per le ragazze e Samuel. In Brasile in quel periodo non faceva molto caldo, c'era un clima mite e avrebbero potuto dormire dai Sanchez che avrebbero avuto un occhio in più. Bianca Sanchez inoltre aveva un figlio coetaneo delle ragazze e un altro due anni più grande, avrebbero quindi potuto uscire insieme. Come potevo rifiutare una proposta del genere?
Lo dissi ai ragazzi e quando sentirono Rio de Janeiro urlarono: "Copacabana!" Entusiasti.
Iniziai ad avere i miei dubbi sulla destinazione. Però i ragazzi scoprii che si divertirono, al rientro Diamond non finiva di parlare, dicendomi quanto fosse bello José, l'amico del figlio di Bianca, del flirt che aveva avuto con lui e anche della sua prima volta.
Non mi sarei aspettata che Diamond mi raccontasse anche quello, temevo che sarebbe successo qualcosa in quella vacanza. Però sembrava così entusiasta che non la rimproverai.
Era stata quasi un mese e mezzo lì e subito aveva trovato affinità con questo ragazzo. Come anche Samuel col figlio minore di Bianca, Alejandro, col quale aveva avuto una storia e avevano deciso di tenersi in contatto.
Non chiesi se Raven avesse avuto un'avventura. Occhio non vede e cuore non duole, almeno se mi fossi trovata a parlare con Drake non avrei dovuto mentire.
"L'anno prossimo organizziamo verso marzo così potrete avere più scelte." Dissi a mia figlia. "Dove avete dormito?"
"La signora Bianca ci ha fatti stare a casa di sua madre per la prima settimana, poi ci ha inseriti in uno degli alberghi del marito. Hai presente la catena Lúcifero della famiglia Luz?"
"Gli alberghi di lusso? Certo che li conosco e avete trovato posto?" Chiesi.
Mia figlia annuì. "Il migliore amico dello zio Drake, ha organizzato il viaggio e si fa il caso che questo organizzatore abbia un altro migliore amico che è sposato e con la sorella di Bianca." Mi raccontò lei mentre mi mordevo il labbro. Sapevo che Bianca era la zia di London, non tutto quel giro di parentele. "In pratica hai spettegolato."
"Siii! Mi sono trovata benissimo. Bianca dice che se ho bisogno può aiutarmi con gli hotel in giro per il globo." Disse entusiasta. "Mi ha detto che a Barcellona hanno una struttura stupenda."
"Già hai le idee chiare." Le dissi.
Lei mi abbracciò. "Grazie per questa splendida esperienza. Mi hai ridato il buon umore." Ancora una volta compresi che per fare stare bene i miei figli dovevo lasciarli andare liberi. Lontano non da me, piuttosto da ciò che li faceva stare male e in questo caso il male era Andrew.
Così mi feci forza e continuai ad andare avanti così. Tanto potevo sempre raggiungerli a Monaco e a Zurigo.
Era la soluzione più facile anche per me andare lì, potevo vedere con più frequenza i gemelli, uscire con Inga, Amelie e Janine., avevo una vita più indipendente nel nord Europa.
Come da accordi testamentari giunse anche il quattordicesimo compleanno dei miei gemelli. Compresi che la scelta era stata voluta poiché con quella data si complessa anche il ciclo scolastico di Diamond che sarebbe entrata alla London university. Di conseguenza le mie figlie non sarebbero state più nello stesso collegio.
La fine del collegio per Diamond era anche l'inizio della sua ascesa in società. Come tutte le persone influenti infatti, col suo diciannovesimo compleanno mia figlia, la viscontessa di Shaftesbury, era pronta al suo ingresso in società. Anche se non mi sarei mai aspettata una serata col botto. Eravamo in presenza dell'intera società londinese, c'erano imprenditori, nobili, clienti, sportivi e quanto altro. Tra questi ovviamente c'era anche Andrew, in quanto padre ufficiale di Diamond non poteva mancare. Era stato il primo nella sua lista degli ospitati, seguito a ruota dai soci della banca e dai suoi amici avvocati, giudici e magistrati. Il secondo che invitò in modo diretto fu Liam, il bellissimo amico di colore di Thomas. "Vorrei che tu mi facessi da cavaliere." Gli disse e lui accettò anche.
Mi chiesi se ci fosse una relazione tra i due, non lo avevo mai capito anche perché diamond era volubile, non aveva mai avuto un ragazzo fisso. Poi capii che ciò che aveva messo in atto fu tutta una scena al fine di togliersi per sempre suo padre di torno.
Sapevo che in quegli anni aveva continuato a infastidirla almeno telefonicamente. Diamond era arrivata al limite.
"Attenta che papà ti presenterà dei vecchi attempati per un matrimonio perderti alle sue tasche." Sentii dire.
Scossi la testa. Sarebbe stato bello, ma la sua idea era prendersi Diamond al mio posto.
Andrew infatti subito si dimostrò scindendo nel vedere Diamond con un uomo, peggio, un uomo di colore. Come ci tenne a precisare Liam.
Il piano di Diamond non fece una piega, le accuse di Andrew iniziarono a riempire la sala, ammutolendo tutti coloro che intorno a noi seguivano la scena. Andrew che continuava, io che difendevo Tom nel momento stesso in cui spalleggiava la sorella. Andrew che fece per picchiarmi e un intervento esterno che non furono i miei figli o Drake a fermare
Così a fine agosto salutai tutti e tre che accompagnati da Samuel partirono per Boston, dove avrebbero iniziato il percorso alla Boston Latin School. In parte compresi la mossa di Stephan. Thomas e Marina avevano avuto una figlia nel nostro stesso periodo, il mio compagno aveva espressamente voluto che i figli studiassero con la figlia di Thomas.
Mi ero sempre chiesta perché i due non avessero avuto altri figli per quanto Thomas ne avesse molti di suoi. Nonostante tre fossero tanti ero contenta che i figli di Stephan avessero avuto una compagnia costante e sopratutto che potessero crescere insieme.
Potevo confermare se me lo chiedevano, che da quel momento potevo ritenermi soddisfatta della mia vita. Un po' sola, ma soddisfatta. I miei figli erano grandi, Tom e Joel stavano frequentando con successo l'università. Addirittura Tom che stava concentrandosi nell'ultimo anno aveva avviato una società di successo con Liam. Aveva conosciuto una ragazza e per la prima volta sembrava facesse sul serio.
Addirittura Tom riuscì a scoprire la truffa che stavano effettuando gli Smith a sfavore della London bank e Andrew non se n'era neanche accorto lavorandoci dentro.
Scoprii purtroppo che la ragazza di Tom, figlia di Smith,  aveva provato a incastrare mio figlio facendosi mettere incinta. Non seppi come reagire. Però il comportamento ineccepibile di mio figlio, mi dimostrò che non dovevo preoccuparmi per il suo futuro.
Tom era serio e deciso e tanto gli bastava ad affrontare una sorpresa del genere o una crisi bancaria. Me lo dimostrò quando indisse una riunione per evitare la bancarotta dell'istituto di Elisabeth, adesso nelle mani di Joel.
Mi sorprese che avesse studiato un piano d'azione preciso includendo anche sua sorella Diamond e sorprendendomi suo padre. L'operazione di salvataggio della London Bank aveva richiesto tanto coraggio, voler salvare i truffatori anche. Non so se avrei avuto lo stesso dosaggio di Tom e Joel, ma come mi aveva detto il mio secondogenito , dichiarare bancarotta o truffa avrebbe portato uno scandalo non indifferente alla banca che era stata dei nonni e dei bisnonni prima di loro.
Ancora Tom mi aveva ricordato che se la banca fosse stata chiusa a rimetterci erano gli impiegati, alcuni in età avanzata, che nessuno  avrebbe riassunto altrove. Inoltre Tom aveva preso in considerazione che Oliver era il padre di Vanessa. Con quale premesse la giovane avrebbe condiviso una maternità con lui, se ne distruggeva la famiglia? Per quanto fosse stato ingannato da Vanessa, non poteva farle del male, essendo anche lei una vittima.
Quella situazione ci portò però anche alla resa dei conti. Avevamo scoperto che Joel negli ultimi quindici anni era rimasto in contatto con Thomas, mio figlio maggiore era sconvolto quanto me, se non di più a scoprire che il padre era in contatto col fratello. Ma come ci aveva ricordato Joel, Thomas Keller per loro era stato molto più un padre di Andrew.
Era stato così che Joel si era fatto sfuggire la verità su Thomas e anche Diamond, rivelando a mia figlia di non essere la figlia di Andrew.
Quando lo aveva scoperto Diamond ne era rimasta sollevata, sinceramente anche io. Era un segreto che mi portavo dentro da troppo tempo e trovavo sempre una scusa per non rivelarlo a Diamond. Adesso che sapeva tutto, sarebbe stato più facile. Così come chiudere definitivamente con Andrew, oltre l'ordine restrittivo volevo di più. Dopo diciannove anni infatti ancora non aveva firmato le carte del divorzio, dal momento che non lo faceva avrei sporto denuncia per violenza domestica, e lo avrei portato avanti a un giudice. Era il mio proposito per il nuovo anno. Nel frattempo mi dedicai ai preparativi del Natale, poiché Joel aveva invitato anche Rafael, che da quell'anno studiava a Oxford. Ci sarebbe stato sore Isaak che avrebbe pensato al pranzo, si sarebbe diplomato entro la fine dell'anno e da quando aveva iniziato i corsi alla scuola di cucina era lui a preparare per noi. Quell'anno aveva deciso di fare anche la spesa, sicuramente perché avrebbe preparato qualcosa di non tradizionale. Nonostante non avesse trovato Chamael infatti non si era arreso nella ricerca e ogni estate quando finiva la scuola viaggiava alla sua ricerca. Dopo aver cercato Chamael per tutta la Sassonia infatti si era riservato di trovarlo in Germania. Dopo aveva deciso di cercarlo negli stati confinanti, sia lui che sua madre, quattro anni, per quattro stati differenti. Dal momento che avevo pensato io a indagare in Svizzera e in Lussemburgo, lui si era dedicato agli altri stati. Quest'anno aveva setacciato l'Olanda lavorando saltuariamente nei ristoranti locali. Mi aspettavo quindi preparasse un piatto delizioso.
Io e Diamond fummo quindi designate alle decorazioni, i regali e le bibite.
Ero emozionata e volevo dare il massimo, poiché avrei conosciuto uno dei figli di Thomas. Avevo conosciuto solo Gabriel e quando era piccolo, il tempo era trascorso e non immaginavo la mia reazione a rivederlo adulto. Come lo aveva descritto Joel, Gabriel era identico a Thomas, non sapevo se emotivamente avrei retto.
Gabriel entrò in casa come un raggio di luce o una tempesta, di sabbia. La sua presenza aveva il sapore del sole caldo, come gli occhi vivaci e la presenza carismatica.
Ebbi un tuffo al cuore, nonostante non gli somigliasse a primo impatto Rafael mi diede l'impressione che fosse Chamael. Mi sbagliavo indubbiamente a cominciare dal colore degli occhi. Rafael li aveva identici al padre mentre il taglio era decisamente a mandorla. La sua pelle era mulatta, i capelli lisci e neri come l'ebano, erano portati leggermente lunghi, sotto l'orecchio in un caschetto ordinato. Ecco, forse erano i capelli neri e lisci ad avermi ingannato. Rafael aveva il viso ovale, liscio e perfetto, con la mascella leggermente squadrata. Era stato il viso ovale circondato dai capelli scuri a ricordarmi il mio bambino.
La somiglianza però finiva lì. Chamael aveva gli occhi castani e la pelle chiara, un naso a parata piccolo e probabilmente anche adesso che era un giovane adulto aveva ancora il viso ovale e liscio.
Accolsi Rafael a braccia aperte, rimasi incantata da lui, dalla sua aurea onirica e dalla sua allegria. Arrivò che Tom era al telefono con suo fratello Gabriel e subito si inserì nella conversazione chiamando in America cosicché anche la sorella minore venisse integrata in quel momento. Incluse proprio tutti, anche Diamond, Samuel e Raziel che tra una battuta e l'altra rispondevano tranquilli.
Dopo che le comunicazioni furono chiuse, con l'arrivo di Ebony, Drake e Molly ci mettemmo a tavola per il pranzo natalizio.
Io chiacchierai parecchio con Rafael, soprattutto gli chiesi di non fare battute allusive verso Vanessa.
"Mi ha sedotto." Sussurrò lui per non farsi sentire.
Bevvi un sorso di vino. "Può essere che Raziel gli piaccia seriamente."
"O può essere che sia a conoscenza del fatto che nessun altro qui andrà a letto con lei." Mi disse. "Prima di me è stata con un nostro amico di corso, Chamly." Mi raccontò. "Teneva il piede in due scarpe, io ci ho perso una botta... passami il termine. Ma ci ho guadagnato un amico."
"Chamly!" Dissi. "Cosa studiate?"
"Io lingua e letteratura inglese. Mentre Chamly studia matematica e fisica, fuori corso filosofia al Magdalene dove ci siamo conosciuti e teologia al Corpus Christy."
Lo fissai sgomenta. "Sono un bel po' di cose."
Annuì. "Si tante, ma può concedersi il lusso di seguire più corsi. Ha brevettato il sistema ergonomico per penne e matite e lo ha venduto alla Standler, si può dire che vive di rendita."
"Quindi è più grande di te? Ha già un lavoro." Dissi sorpresa.
Lui rise. "Macché! È un piccolo genio ed ha un mese in meno a me." Mi disse. "La scuola che ha fatto in Russia gli ha concesso di portarsi avanti con gli studi, quando a diciotto anni l'ha conclusa, ha presentato il suo progetto alla standler ed è venuto all'università qui in Inghilterra."
"In Russia. Cioè si è trasferito dalla Russia fino in Inghilterra?" Chiesi sempre più curiosa.
"Si! Ha origini britanniche e voleva entrare a Oxford o Cambridge. La sorte gli ha assegnato Oxford, studia al Merton dove lo raggiungerò. Papà non vuole che resti al Magdalen." Concluse.
"Per via di Vanessa!" Dissi.
Lui fece spallucce. "Ripeto, io ci ho guadagnato. Con Chamly siamo molto amici, anche papà è contento quando ha saputo che ho trovato un amico disinteressato." Affermò. "Da quando sono qui tante ragazze e pochi amici, tutti interessati a competere tra di loro. Ne io, ne Chamly siamo così competitivi." Mi spiegò.
"Quindi non sei rimasto a Londra per una ragazza?" Gli chiesi divertito.
Lui arrossì con una smorfia divertita. "Io e Chamly andremo sul London eyes con delle ragazze a capodanno." Affermò.
Io risi. "Potrete stare qui se non avete ragazze dietro dove dormire." Gli dissi. "Io domani parto per il Lussemburgo, ma tu ritieniti libero di fare come fossi a casa tua." Gli dissi.
Lui mi fissò. "In Lussemburgo?" Mi chiese sorpreso.
Annuii. "Ho i miei gemelli di quattordici anni li, passeremo il resto delle vacanze invernali insieme prima che tornino a scuola."
All'inizio sembrò sorpreso. Poi annuì. "Grazie mille, terrò presente la tua offerta. Anche se con casa vuota non mi sembra il caso." Disse.
Lei rise. "Ci saranno i ragazzi con Raziel che sicuramente passerà a trovarli."
"Raziel?" Chiese lui puntando quello sguardo penetrante sul fratello maggiore. "Perché?"
Isaak sentendosi preso in causa lo fissò. "È il mio secondo nome, sono abituato ad usare più quello." Gli disse. "Quindi non chiamarmi Raziel per favore."
"Risponde lo stesso." Disse Tom intento a riempire il piatto di Vanessa. "Salutami i gemelli adesso che vai, sono anni che non li vedo." Mi disse facendomi capire che aveva seguito la nostra conversazione. Quindi sapeva che Vanessa era stata anche con l'amico di Rafael e la cosa mi dispiaceva.
Almeno continuava ad essere premuroso con lei, questo era importante.
Partii per il Lussemburgo il giorno dopo, non vedevo l'ora di ritrovare i miei figli e gli amici. Venni accolta all'aeroporto da Janine e i suoi due figli e insieme andammo al palazzo del gran ducato.
Lì, i miei figli subito richiesero le loro attenzioni. Edward era bellissimo, crescendo era diventato sempre più simile al padre. Sia per i lineamenti che per i colori, gli occhi che sembravano azzurri alla nascita erano cerulei, cambiavano colore a seconda della luce del sole e tendevano più al verde. Elisabeth era però colei che aveva gli occhi verdi del padre, mentre solo Emmanuel aveva i miei occhi azzurri. Entrambe le ragazze però erano bionde gli occhi erano un modo per distinguerle.
Mi raccontarono della nuova scuola. Alla Boston Latin erano stati separati in due classi diverse. Avevano fatto un bel po' di amicizie, particolarmente Edward ed Elisabeth furono molto loquaci poiché avevano legato con due gemelli, Dallas e Alaska Thompson.
"Siamo in classe insieme con Alaska." Mi raccontò poi Emmanuel. "Mentre Edward è in classe con Dallas."
Sicuramente il fatto che anche loro fossero gemelli, aveva fatto avvicinare i miei figli a loro due. Mi dispiaceva che non parlassero di nessuna Micaela, probabilmente non l'avevano trovata. Stephan aveva fatto il possibile perché i figli conoscessero la figlia di Thomas e Marina, ma i suoi sforzi erano andati a vuoto. Ritornando a Stephan, dovevo appunto chiudere tutto col passato. Me lo ero ripromesso e per farlo dovevo aprire la lettera che mi aveva lasciato in eredità. Lo avevo sempre temuto, fino ad allora l'avevo lasciata chiusa per paura di ciò che poteva esserci scritto. Io e Stephan avevamo avuto sempre un rapporto sincero e sereno, dicendoci tutto. L'unica cosa che mi aveva nascosto nei nostri tre anni di relazione era stato il progredire della malattia. Temevo quindi di scoprire che non fosse stato sincero con me in tutto.
In fondo mi ero sempre chiesta perché avesse voluto mandare i figli a Boston anziché lasciarli in Europa.
Amelie all'epoca mi aveva rassicurato sulla decisione di Stephan. La sorella e le cugine si Stephan avevano col tempo studiato in scuole e università americane, anche i figli di Jean Marie studiavano in America. Era quindi normale per i discendenti del granducato istruirsi all'estero. Così lasciai correre.
Ma adesso, con la decisione che avevo preso di chiudere col passato e andare avanti, dovevo leggere l'ultima lettera che Stephan mi aveva lasciato. Ero pronta, l'amore per lui c'era ancora, ma la sua morte l'avevo ormai accettata da un po'. Adesso ero pronta a leggere le sue ultime parole nei miei confronti.
Così la sera del mio arrivo in Lussemburgo, mi chiusi in quella che era stata la nostra stanza al palazzo e aprii la lettera che avevo custodito gelosamente in quei quattordici anni.

     «Mia carissima e amatissima Sapphire,
Questa è l'unica volta che ti scriverò, questa mia serve per raccontarti di tutto ciò che ho in cuore. Cose che non ho avuto il coraggio di dirti in vita. Qualcuna te l'ho detta in realtà. Se hai tra le mani questa mia, significa che non ci sono più e che prima di perire più volte ti abbia invitata a chiedere conforto a Boston. Dal tuo amaro Thomas! Perché per quanto tu mi abbia amato Sapphire, io ho sempre saputo in cuor mio, che dovevo dividere il tuo amore con tutti gli altri, Thomas Keller compreso. L'ho accettato nel momento stesso in cui ho deciso di corteggiarti, dividerti con lui. Per quanto tu mi hai donato tutto te stessa dentro di me albergava la paura che lui ti portasse via da me. Forse per questo quando ci siamo messi insieme ti ho tenuta distante dal collegio e dalla possibilità di incontrarlo. Per questo motivo ti dicevo che avrei portato io i bambini al Santa Maria al posto tuo. In fondo, come era figlio di Inga, Gabriel lo era anche di Thomas e sapevo che ci sarebbe sempre stata la possibilità che vi incontrasse.
Da subito ti feci la richiesta di consegnare i bambini al Santa Maria e tu fiduciosa non mi facesti domande, accettasti senza remore lasciandomi andare. Ebbene sì! Ti ho manipolata. O dovrei dire, vi abbiamo manipolato. Ti ricordi che ti dissi di aver conosciuto Marina? Ebbene anche lei aveva iniziato ad agire come me, portava il figlio di Thomas al collegio. Compresi in quel momento di avere un legame con lei. Ci presentammo e chiacchierammo sotto lo sguardo vigile di Taddheus e Inga. Forse anche loro all'epoca capirono ciò che a noi non fu chiaro. Il legame che era appena nato tra me e Marina. La invitai a prendere un caffè prima che raggiungesse Thomas, lei accettò e durante il caffè mi invitò a tenerla informata sui tuoi figli. Le risposi che potevo inviarle degli aggiornamenti, ma che ci sarebbe stato il rischio di annoiarla poiché quando scrivo vado spedito, senza filtri divento loquace e racconto tanto. Non solo dei bambini ma anche di me e tutto ciò che mi circonda. Ella acconsentì lasciandomi il suo indirizzo, aprendo così il nostro legame epistolare che lettera dopo lettera, anno dopo anno divenne qualcosa di più. Me ne sono reso conto negli ultimi periodi, da quando non posso più portare i bambini a Monaco, da quando non posso più incrociare il suo sguardo castano. Sapphire mi sono innamorato di lei. So che questa mia dichiarazione arriva nuda e cruda, senza filtri. Quando scrivo, ahimè, sono così. Alla scoperta di questo sentimento verso Marina ero turbato, amavo te, ne ero sicuro. Ti volevo al mio fianco, ti amavo e desideravo solo da te una famiglia. Ma amavo anche lei, il suo cuore, la sua risata, la sua enorme generosità nell'accogliere tutti i figli di Thomas e i nostri, nel suo calore. Quando le portai Raziel e Chamael per il suo matrimonio non ebbi bisogno di dirle nulla. Li accolse a braccia aperte includendoli nel suo abbraccio e ringraziandomi per avergli portato Chamael. Marina è così! Il nostro rapporto è stato così, etereo e puro, per me un amore platonico di cui non riuscivo a fare a meno. Ultimamente le nostre confidenze epistolari sono diventate più svelte, ci stiamo sentendo tramite mail. Marina sentiva il bisogno di sentirmi preoccupata per l'evolversi della mia malattia. Ho cancellato tutte le mail dopo averle fatte stampare dal mio segretario. Non le troverai, sono un codardo, ho custodito questo sentimento solo per me ed ho chiesto ad Armand di inviare tutto a Marina alla mia morte.
È per questo amore che ti chiedo di andare da Thomas alla mia morte. Lui che ti ha sempre protetta ti sarà vicino, Marina che comprenderà il tuo dolore anche. Non chiuderti in te stessa Sapphire e soprattutto non permette che Andrew prenda di nuovo il sopravvento nella tua vita, proteggi i nostri figli anche per me.
Parlando di figli, leggendo questa mia avrai capito perché ho deciso di mandare i gemelli alla Boston Latin school. Ebbene, mi piacerebbe che conoscessero Marina, sperando che uno dei tre mi assomigli, anche se salteranno agli occhi studenti europei con cognome Nasseaux.
Un'ultima cosa. Fai il possibile per portare con te Chamael a Boston, Marina lo sa, come me aveva capito.
Lui è figlio di Pollyn Gertrude McAllister, i suoi genitori hanno il pub McAllister ad Edimburgo. Pollyn si è sposata con Edmund Holstein, proprietario di una catena alberghiera in Germania. I Villa Thea. Lynn era una dei suoi chef prima di aprire il suo ristorante.
Ella è la madre naturale di Raziel Isaak e Chamael Hugo, appena mi sono accorto della somiglianza chiesi delucidazioni a Sean. Non so per che tipo  di ripicca Pollyn abbia voluto un altro figlio da Thomas. Sono solo a conoscenza del fatto che lui non immagina l'esistenza del bambino, quando ne parlai con Marina mi assicurò che Thomas era estraneo ai fatti.
Sappiamo entrambi, io, te, Marina e la madre di Thomas che Chamael  è stato praticamente abbandonato a se stesso dalla sua madre. Con la minaccia di rivelare tutto a Thomas quando abbiamo preso la custodia del bambino, ho avuto conferma che egli non ne sappia nulla. Rosalie si è comunque data d'accordo che crescessimo noi il piccolo, con la sensibilità del piccolo. crescere in un ambiente diverso da quello Europeo sarebbe un trauma, come anche separarlo da Raziel. Il legame indissolubile che lega due fratelli di sangue è evidente. Ma non potevo lasciare Chamael a Molly, il suo matrimonio con Sean è in crisi da anni ed agli antipodi di Pollyn. Per queste ho seguito lo stesso tipo di affidamento per Chamael, ovvero lasciarlo in custodia a te. Questo dimostra che in tutti questi anni Thomas si è sempre e solo fidato di te e di nessun altro per avere cura dei suoi figli. In questi anni mi hai dimostrato che hai tanto amore da dare e che Thomas Keller aveva ragione, sei la persona giusta.
Nelle lettere che ho consegnato a Chamael, ho scritto di Thomas. Lui saprà in quella lettere che dovrà leggere a diciotto anni il perché delle mie decisioni. All'interno di essa oltre il nome del padre ho consegnato anche una lettera per Thomas, per ringraziarlo di tutti gli anni con Chamael.
Non c'è un indirizzo, confido in te Sapphire. Se ancora non sei andata da Thomas, prendi adesso il bambino e portalo con te dal padre.
So che sarà assurdo, non mi sono mai permesso neanche di sfiorare la mano a Marina. Ma dalle un bacio da parte mia quando arrivi a Boston. Ho consegnato ad Armand delle lettere anche per i nostri gemelli, volevo loro chiedere scusa per la mia debolezza, quella di farli crescere senza un padre. Sicuramente adesso che li incontrerò e parlerò con loro, non capiranno ciò che dirò loro. Come possono dei neonati capire? Per questo da testamento le lettere saranno consegnate sempre all'età di diciotto anni.
Ti amo Sapphire, grazie di avermi letto, grazie di avermi amato, grazie di avermi dato la bella vita che ho sempre sognato.
Sarete sempre nel mio cuore, tu e i nostri amati figli, i tuoi genitori, Elisabeth e Oscar. Addio per sempre. Tuo Stephan.
Ps: Armand ha per te una dichiarazione lasciatami da Oscar ed Elisabeth. Quando i due non ci saranno più chiedila pure al mio segretario, è un lasciapassare per la tua libertà.»

Conclusi la lettera in lacrime. Piangevo e singhiozzavo senza tregua come una bambina piccola che si era sbucciata le ginocchia.
Non poteva essere! Non era vero? Chamael era figlio di Thomas nonché fratello di Raziel e io come una stupida non avevo letto subito la lettera. Come una stupida mi ero lasciata accecare dal dolore per la scomparsa di Stephan e avevo rimandato più volte di leggere.
Stephan! Il mio Stephan si era innamorato di un'altra, Marina. Non gliene feci una colpa, ella era più bella di me ed anche più coraggiosa. Non potevo biasimarlo, avevo deciso di essere la sua amante, ragion per cui avevo sempre saputo di poterlo perdere per un'altra donna.
Non mi sarei aspettata la moglie di Thomas però. Sicuramente un amore a senso unico. Da come parlavano le lettere i due si erano conosciuti prima di quando Stephan mi aveva accennato di aver conosciuto Marina. Quindi al matrimonio di lei già ne era innamorato.
No! Rilessi la lettera attentamente. Lo aveva capito durante la degenza.
Mi asciugai gli occhi. Stupita, ero stata una stupida a non leggere la lettera prima a non capire che Chamael e Raziel erano fratelli. Che stupida a vedere una somiglianza in Rafael e non in Isaak. Sussultai.
No! Non ero stata stupida, anche se non sembrava i due si somigliavano proprio perché fratelli, poi ovviamente i tratti somatici differivano per evidente somiglianza anche alle madri.
Durante quella lettera lessi più volte la lettera di Stephan. Al mattino quando mi svegliai sorridevo. Non gli facevo una colpa per aver amato anche Marina, per giunta in modo platonico. Dovevo inoltre dargli atto che in cuor mio ancora amavo il giovane Thomas Keller. A differenza di tanti anni ancora mi batteva forte il cuore quando sentivo la sua voce all'altro lato del telefono. Tremavo emozionata quando a Natale aprivo il suo regalo di Natale. All'inizio non capii, mia madre arrivava a pranzo e posava il pacco sotto l'albero. Il primo Natale ricevetti un anello in oro bianco con tre diamantini, ne restai sorpresa. Quando mamma mi disse che me l'ero meritato per aver portato a termine la gravidanza di Thomas lo accettai, insieme al regalo che donò al bambino una catenina col ciondolo di un angelo.
L'anno successivo ricevetti il primo foulard, appena lo vidi, semplice, un neutro color zaffiro, ebbi un tremito. Il colore era lo stesso zaffiro dell'anello che portavo al dito al posto della fede, quello che Thomas mi aveva regalato solo due anni prima. Mi diedi della stupida pensando che non poteva essere suo. Così accantonai l'idea, come i foulard che arrivavano ogni anno. Erano di varie fantasia, ciò che li accomunava era la presenza del color zaffiro in ognuno di loro. Ancora i sospetti crebbero in me, poi il Natale dopo la nascita di Diamond ricevetti un altro gioiello. Un un girocollo di perle con un pendente di zaffiro per me, una di mini perle per Diamond. Misi definitivamente i dubbi da parte, i doni non erano da parte di mia madre, venivano da Thomas. Gli anni erano passati, ma la tradizione era rimasta e anche io ne avevo presa una, facevo arrivare ogni anno, alla sua segretaria, una cravatta per Natale a Thomas. Non sapevo se la ricevesse, ma gliene regalavo una ogni anno, era una tradizione. E nonostante il matrimonio con Marina non era sfuggito un anno senza che io ci scambiassimo quei doni, i regali aumentavano ed arrivavano anche ai bambini, in capo a tutti però c'era il mio foulard. E ogni volta che aprivo quel regalo era sempre un tremito al cuore.
Potevo quindi io accusare Stephan? No, assolutamente no. Però potevo muovermi e cercare Chamael, avevo un nuovo indizio e dovevo sfruttarlo.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: ©
Questa è una saga di famiglia i primi tre capitolo si svolgono in contemporanea e sono in ordine di lettura La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.

La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten

Com questo capitolo, le origini è finito. A breve arriveranno comunque sempre su questa storia, le epistole di Marina e Stephan e l'epiglogo di Thomas e Sapphire, Grazie a tutti della pazienza.
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Tornai a Londra a febbraio. Nonostante i miei figli fossero partiti da un po' per Boston avevo del lavoro a Monaco, nonché bisogno di schiarirmi le idee.
Chiesi a Inga in realtà, se avesse mai visto tra Stephan e Marina degli atteggiamenti intimi. Lei mi guardò rispondendomi sinceramente.
"No! Si amavano con discrezione, non si sfioravano neanche con le mani." Mi rivelò. "Il loro era un rapporto complice dove non c'erano di mezzo le parole. Come tra te e Thomas, si guardavano e si capivano."
Restai stupita dalla risposta schietta. "Quindi lo sapevi."
"Lo vedevamo, sia io che Taddheus." Ammise. "Perché dirvelo al momento che non c'era nulla di concreto? Per quanto Marina amasse Stephan il loro rapporto non è mai andato oltre le lettere che si scambiavano. Il loro era un amore..."
"Etereo!" Concluse Taddheus intromettendosi.
"Platonico." Lo ripresi io corrucciata. "Avreste potuto dirmelo prima." Affermai serena.
"Tu avresti dovuto leggere prima la lettera." Rispose lui deluso. "Non ho insistito nel mandarti a Boston perché mia madre ci disse che dovevamo lasciarti i tuoi tempi."
Arrossij. "I miei tempi sono oggi." Sussurrai. "So che ho rimandato troppo, con conseguenze disastrose."
Lui fece un colpo di tosse. "Ma no! Sono stato io troppo scorbutico."
Scossi la testa. "No Tad! Se avessi letto la lettera ad oggi non avrei perso Chamael. Tuo fratello mi avrebbe aiutata." Gli spiegai.
Lui mi fissò accigliato. "Il bambino che hai avuto in affidamento per un po'?" Mi chiese. "Che c'entra lui?"
Taddheus non sapeva quindi di Chamael? "Stephan diceva che Thomas aveva i mezzi per non farmi portare via il bambino." Spiegai.
Inga sospirò. "Effettivamente Thomas ha i mezzi, conoscenze giuste e tanto denaro." Ammise Inga. "Sai che ha tante consulting in giro per il mondo, questo oltre a tanto denaro vuol dire anche le conoscenze giuste ovunque."
Annuii. Mi avevano spiegato anni prima che Thomas aveva le mani in tutte le consulting anche se aveva lasciato la maggioranza delle Germany a Taddheus, a lui faceva sede solo la sede principale di Boston che finanziava in questo caso. Eppure Thomas era più ricco del fratello, poiché a differenza sua invece che metter su famiglia, aveva tirato su un impero finanziario. "Quindi poteva aiutarmi."
"Ancora non ti sei arresa nel cercare Chamael?" Mi chiese Inga.
"Dopo aver letto la lettera di Stephan ho un'altro indizio. Poi non sono sola in questa ricerca."
"Raziel Isaak ancora lo cerca?" Mi chiese Tad.
"Si! Adesso che torno gli farò leggere il punto che gli interessa della lettera di Stephan. Sono sicura che a luglio partirà per la Germania." Dissi loro.
Tornai a casa per febbraio e una volta li la prima cosa che feci  fu chiamare la KCG di Boston.
Ero speranzosa e piena di coraggio per quella telefonata. Chiesi di poter parlare col presidente dicendo che chiamavo dalla sede di Londra e atteso che me lo passassero. Purtroppo la mia telefonata andò a vuoto, poiché  Thomas era in Australia in quel periodo.
Probabilmente era destino che non lo dovessi sentire. Lasciai perdere decidendo di dedicarmi alla seconda mia priorità.
Chiamai l'avvocato Newman avvertendolo che avevo delle novità per la causa del mio divorzio, per cui avevo bisogno di un appuntamento.
Una volta in sua presenza avevo con me vari fascicoli su cui avevo lavorato in quegli anni, la lettera di Oscar ed Elisabeth e tutte le prove contro Andrew per truffa ai miei danni e complotti con il truffatore Paul Adams. C'erano infatti estratti conto di movimenti bancari a favore di Paul Adams riguardanti l'anno in cui conobbi Andrew. Nella dichiarazione di Oscar c'era tutto: le accuse di stalking nei miei confronti , foto che testimoniavano la violenza domestica e infine un fascicolo sulle indagini della morte di Albert Davis avvenuta all'etá di quindici anni.
Lasciai tutto all'avvocato che non sembrava sconvolto da quelle prove. "Oscar mi aveva avvertito che sarebbe arrivato questo giorno. La ringrazio Sapphire di aver atteso la dipartita dei coniugi prima di procedere con le denunce. La avverto che fra quindici giorni saremo dinnanzi al giudice per la causa di divorzio. Mostrerò come ulteriore prova queste foto, così il giudice non potrà rifiutare la sua richiesta e meglio qualsiasi cosa avrà in mente Andrew per non accettare il divorzio, non servirà a nulla." Mi informò.
"Meno male." Dissi sospirando. "Sono anni che aspetto di essere libera da lui, per me e per i miei figli." Gli dissi.
Lasciai lo studio dell'avvocato e andai a Westminster, avevo un'altra persona con cui parlare prima di riprendere in mano la mia quotidianità ed ero in orario per la chiusura dei corsi pomeridiani alla scuola culinaria.
Raziel Isaak Keller M. uscì dalla sede insieme a un gruppo di ragazzi. Chiacchieravano e Isaak non notò la mia presenza fino a quando non lo chiamai.
"Raziel?" Ero una delle poche persone a chiamarlo così, infatti subito ebbi la sua attenzione. 
"Saph?!" Disse scusandosi con i suoi amici. Una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi scettica ci fissò.
"Possiamo andare da qualche parte, oppure puoi venire da me." Gli dissi.
Lui si voltò verso gli amici poi mi indicò. "Andate pure, mia zia ha bisogno di me."
I ragazzi assentirono e andarono, anche la ragazza rossa che aveva un'aria delusa.
"La tua ragazza?" Gli chiesi andando verso la mia auto e passandogli le chiavi per farlo guidare. Avrebbe dovuto decidere lui dove andare.
"Una cosa del genere si.  È di due anni più piccola e l'hanno inserita nel mio team di chef al servizio di mezzogiorno." Mi spiegò iniziando a guidare. "Come si chiama? È molto carina sai?" Gli dissi. "Si chiama Patricia, viene da Dublino e vuole prendere il master in pasticceria." Mi spiegò Raziel .
Mi piaceva, ma non glielo dissi. "L'hai presentata ai tuoi genitori?" Gli chiesi.
Lui sbuffò. "Temo la reazione di mamma. Non capisco perché non accetta la mia scelta di diventare cuoco e frequentarne altri."
Sospirai. "Credo dipendi da... tua madre biologica." Dissi a bruciapelo.
"Mia madre biologica? Che cazzo c'entra lei? Non so chi sia o come si chiami. Lei e mio padre mi hanno abbandonato in un orfanotrofio." Mi disse cinico.
"Per la precisione le cose non sono andate così. Chi ti ha detto che sei stato abbandonato in orfanotrofio?" Gli chiesi stupita.
"L'ho immaginato. Caz..." lo guardai con ammonizione  "Scusa zia Saph. Ma è palese che mi abbiano adottato, ho ventiquattro  anni e ancora non hanno avuto le palle per dirmelo." Si sfogò. "Sarei dovuto nascere biondo come tuo figlio, così non lo avrei mai capito." Concluse amareggiato.
"Le cose non sono andate come credi." Gli dissi. "I tuoi genitori avrebbero dovuto dirti che non sei loro, ma tu sei stato affidato a loro da tuo padre." Gli rivelai.
"Il grande capo! Ha abbandonato me e Thomas." Rispose cinico.
"Non ha abbandonato nessuno dei due. Dovresti parlare con tua madre così capiresti cosa è successo." Gli dissi, io sapevo la storia solo per sommi capi. "Non so come tu sia arrivato da Molly e Sean. Ma so che sia loro che tua madre, una cuoca di origini scozzesi avevano nascosto a Tom della tua esistenza. Quando tuo padre lo ha scoperto ha fatto di tutto per renderti l'infanzia serena, per questo sei partito per Monaco e cresciuto con i tuoi fratelli." Gli spiegai rivelandogli anche le paranoie di Molly. "Sai che Molly è asfissiante, immaginala quando eri piccolo." Gli dissi. "Quando tuo padre scoprì della tua esistenza cercò di portarti via, ma tu eri affezionato alla mamma, per non separarti da lei tuo padre naturale ti mandò in collegio. Era un modo per non vivere soffocato dall'amore di Molly." Gli rivelai.
Lui parcheggiò di fronte casa mia guardandomi. "Lo stai immolando perché è il padre di Tommy, ma vi ha lasciato." Mi disse scendendo dall'auto.
Io salii la scalinata che portava all'ingresso di casa, aprii la porta e lo lasciai entrare. "Io ho lasciato lui." Gli dissi decidendo di raccontagli tutta la storia, tra un the e un biscotto, dall'inizio a quel momento.
"Perché mi stai dicendo tutto questo?" Chiese Raziel con le dita incrociate tra di loro.
"Stephan mi lasciò una lettera alla sua morte. Purtroppo l'ho letta solo adesso." Gli rivelai.
"Purtroppo... cosa c'era scritto?" Chiese lui sorpreso.
Io sospirando presi la lettera dalla borsa e la aprii sulla parte che gli riguardava, quella sottolineata.
"Ti pregherei di leggere solo quello che ti ho evidenziato. È una lettera intima e personale." Gli dissi.
Lui annuì iniziando a leggere le righe che riguardavano la sua famiglia. Il suo viso composto cambiò espressione più di una volta, sospirò quasi gli mancasse il respiro. Si coprì il volto decisamente shoccato per poi rivelarsi di nuovo. Piangeva.
"Non lo trovo. Dio io non riesco a trovarlo... quella donna è... perché ci ha fatto questo. Perché non ci ha detto che siamo fratelli?"
Io scossi la testa. "Io so che ci fu un accordo tra lei e Molly quando nascesti, almeno questo è ciò che mi ha raccontato tua madre. Sean però dice che le cose sono andate diversamente, per questo dico che dovresti parlare con i tuoi genitori. Ma non so perché Pollyn sia stata così con voi figli." Risposi.
"Perché mi hai voluto far conoscere questa verità? Vuoi dimostrarmi che i cuochi non hanno cuore? Che dovrei lasciare stare la mia carriera?" Mi chiese emozionato.
"No.. no Raziel, assolutamente. Voglio sapere se sei sempre interessato a ritrovare Chamael." Gli risposi.
"Certo! Ora più che mai." Mi rispose. "Ho accettato Giselle, perché non dovrei accettare lui. Eravamo molto legati e gli volevo bene."
Annuii. "Hai letto la lettera? Il marito di vostra madre ha una catena di alberghi." Gli dissi. "Possiamo cercare di nuovo Chamael,  andiamo da Edmond Holstein e gli chiediamo di tuo fratello. Raziel io voglio riportare mio figlio a casa."
Lui mi fissò boccheggiando, dopodiché annuì. "Parto a luglio, dopo il diploma in cucina. Potrei farmi inserire in uno degli alberghi come chef."
"Perfetto allora, dobbiamo organizzare le ricerche. Temo di non poter venire con te, in estate nascerà la figlia di Thomas, ma posso organizzarmi da qui." Dissi intanto che Raziel mi indicava il cellulare.
"Suona e non è il mio." Mi disse impaziente.
Io lo afferrai se senza guardare chi fosse risposi.
"Pronto!" Dissi continuando a delineare il piano.
-Sapphire...-
Mi fermai appena riconobbi la voce di Thomas. "Si!" Risposi.
-Come stai?- Mi chiese.
Sospirai. "Bene, molto bene in realtà. Tu?"
-Benissimo anche io.- Mi rispose. -Mi cercavi? Drake e Ebony hanno detto di non essere loro.-
Lo cercavo? Ma certo lo avevo cercato. "Si, volevo chiederti se ti ha cercato un ragazzo." Gli dissi inserendo il viva voce così che anche Raziel lo sentisse.
-Vengo contattato da tanti ragazzi,'tutti in cerca di lavoro. Per questo le telefonate e i colloqui vengono filtrati. -
"Oh capisco." Dissi delusa.
-Come si chiama? Potrei chiedere all'ufficio comunicazione. - mi disse.
"Chamael... Chamael McAllister o Holstein." Dissi ignorando quale cognome usasse.
-McAllister?- chiese lui.
"Il figlio di Pollyn McAllister, giusto."
-Dio! Ha avuto il coraggio di mettere al mondo un altro figlio?-
"Ha anche una figlia." Affermai.
-Ma ti prego, da che ho memoria quella donna ha l'istinto materno sotto i piedi. - Disse Tom. -Poveri ragazzi. Se so qualcosa ti mando una mail o un messaggio. Va bene?- mi chiese.
"Te ne sarei molto grata Tom." Risposi.
- Non dirlo neanche. Adesso ti lascio che ho una riunione. A presto... tramite messaggi.- si corresse.
"A presto e grazie." Sussurrai staffando la telefonata.
"Io e Patty siamo meno impacciati di voi due." Sussurrò Raziel.
Lo fissai minacciosa. "Pensa per te."
Lui mi sorrise. "Avevi le guance rosse... non ti ho mai vista così zia Saph."
"Adesso basta, rimettiamoci al lavoro. Difficilmente scopriremo se è andato in America." Gli dissi.
"Lo troveremo zia Saph." Mi disse lui fiducioso, gli credetti. Se c'era una cosa che i ragazzi avevano ereditato da Thomas infatti era proprio quella particolarità a perseverare in ciò che credevano. Che fosse nella loro carriera o nella vita privata, portavano tutto a compimento.
Passarono i giorni e le settimane. Ricevetti un messaggio da parte di Thomas dove mi informò che non c'era stata nessuna visita da parte di Chamael McAllister o Holstein in quel periodo, ne in azienda, ne a casa sua. Inoltre mi scrisse di cercare Taddheus in merito a Pollyn.
Lo feci, chiamai Tad immediatamente. Quando lo sentii non andai subito al punto, gli chiesi di Inga e dei ragazzi prima.
Fu Tad ad affrontare l'argomento dopo che reputò avessimo finito.
"Pamela a differenza di Diamond ha deciso di prendere un anno sabbatico, per ora non si è iscritta all'università." Mi disse sospirando. "Ma adesso veniamo noi, mi è stato chiesto di fare delle ricerche su Pollyn McCallister, di nuovo."
Precisò. "Non è la prima volta che la cerchiamo e pensavo che ce la fossimo messa alle spalle dopo aver scoperto di Razihel." Mi rivelò. "Ho dovuto smuovere un po' le conoscenze che avevo, per chiedere certi certificati ci vorrebbe l'autorizzazione del diretto interessato." Mi spiegò, giustamente non era facile ottenere delle informazioni di Pollyn. "Però ce l'ho fatta, ti mando una mail con tutti i cambi di residenza di Pollyn da quando ha lasciato la Gran Bretagna ad oggi. Ho richiesto anche i certificati di nascita e di famiglia e lo storico all'agenzia del lavoro per tutte le sue attività. Adesso ti risulterà facile trovarla." Mi disse.
"Quindi sarei dovuta venire prima da te?" Gli chiesi amareggiata. Avevo sbagliato molto non chiedendo subito il loro aiuto.
"No, Saph. Io e Inga sapevamo quanto era importante per te ritrovare tuo figlio Chamael. Diciamo che è Tom quello che non demorde, sai benissimo che anche noi ci eravamo arresi."
"Possibile che lui dall'America riesce a fare ciò che noi qui in Europa non abbiamo fatto?" Chiesi sarcastica.
"Certo. Appena ha saputo che c'era di mezzo un ragazzo si è messo in opera. Tom è fatto così quando si tratta degli adolescenti."
"Comunque di Chamael non c'è nulla. Non trovo il certificato di nascita o la residenza, si sono perse le tracce, l'ultima registrazione risale a due anni fa, era ubicato a Mosca ma deve essere successo qualcosa perché non risulta più nel certificato di famiglia di Pollyn né residente a Mosca né altrove." Mi informò. "Ti chiedo infinitamente scusa, ma non l'ho trovato più. So quanto Chamael sia importante per te, è come se fosse sparito nel nulla."
"Non preoccuparti Tad! Sei stato gentile,'disponibile e velocissimo già così. Ho sbagliato io, avrei dovuto leggere molto prima la lettera di Stephan."Ammisi.
"Ci ho pensato sai." Mi disse sereno. "Io credo che tu hai letto la lettera quando era il momento giusto, per te e per tutto il resto. Molto probabilmente le cose dovevano andare così, quindi non fartene una colpa. Se dovrai trovare Chamael, lo troverai da sola o col nostro aiuto." Questo mi rinfrancò, lo ringraziai ancora e prima che ci salutassimo mi ricordò che mi avrebbe mandato la mail entro sera.
La sera tornata a casa c'erano Isaak e Tom ad attendermi, controllai la mail con loro presenti.
Aprendo la mail vidi i tanti allegati, tra cui dei certificato di famiglia di Pollyn Gertrude McAllister. Nel certificato risultavano tutti i suoi figli: Raziel Isaak Keller M. nato a Edimburgo il ventinove gennaio del 1991, seguito da Chamael Hugo McAllister nato a Norimberga il venti settembre dello stesso anno di Diamond, il 1995. C'era poi Rachel Margret McAllister nata a Berna il quindici febbraio del 1997.
Un ulteriore allegato era il certificato di residenza storico cui erano riportati tutti i cambi di residenza di Pollyn.
Si partiva da Londra, da lì c'era stato uno spostamento in Croazia, prima a Montenegro dopo a Pola, l'ulteriore trasferimento era stato in Slovacchia a seguire era andata a lavorare in Austria, confrontandolo con lo storico dell'agenzia delle entrate era il periodo in cui iniziò a collaborare con gli Holiday Inn, subisce varie trasferimenti tra Germania, Norimberga dove è nato Chamael, Svizzera e Francia, il periodo in cui nacque Rachel, dopodiché torna di nuovo in Germania questa volta in via definitiva. Prima a Monaco, poi a seguire si trasferisce a Brema in Sassonia dove resta per nove anni, prima di trasferirsi definitivamente ad Amburgo. Gli anni degli ultimi trasferimenti coincidevano con l'inserimento e l'espulsione di Chamael dal Santa Maria. Rileggendo i tabulati del lavoro Pollyn aveva chiuso il ristorante a Brema nel duemila dieci, aveva lavorato in pianta stabile nei vari alberghi del marito Edmond, tra Amburgo, Brema e Berlino, dopo l'esperienza del suo ristorante non ne aveva aperti altri.
"Devo inserirmi in uno dei ristoranti." Concluse Raziel continuando a rileggere il certificato di famiglia. Era scritto nero su bianco il suo nome. Stava quindi a lui fare domande e ricevere risposte.
"Non posso aiutarti e venire con te." Disse Thomas a Raziel. "Ma sono sicuro che troverai Chamael."
Credeva in Raziel e anche io, noi tutti. Risecavo su di lui le mie speranze.
Il mio bambino ormai era un ragazzo sveglio e attendo. Non sapevo che fine avesse fatto, ma ero sicura che Raziel lo avrebbe trovato.
Partì appena so fu laureato all'accademia. Decise di non entrare nello staff dei cuochi di Pollyn, non si sentiva pronto a lavorare con lei. Avrebbe cercato invece Edmund Holstein e gli avrebbe chiesto direttamente che cosa sapeva di Chamael, intanto che lavorava presso un ristorante locale ad Amburgo.
Intanto avevo ottenuto il divorzio e Andrew era stato arrestato per i suoi crimini. Dato il suo stato mentale certificato come instabile era stato rinchiuso in una clinica psichiatrica. Questa volta non c'era nulla dí lussuoso, non aveva una stanza personale ne i medici che lo seguivano. Joel e Samuel erano andati a trovarlo una volta che fu nella clinica. Al ritorno i ragazzi erano amareggiati, Joel disse che non sarebbe andato più a trovarlo, per lui non ne valeva la pena, mentre Samuel si riservò di passare ancora, almeno al suo compleanno e a Natale.
Quell'estate nacque Kristal, la mia prima nipotina. Assomigliava in modo impressionante a Thomas e diede gioia a tutti. La nascita di Kristal fu per noi un nuovo inizio.
Quell'anno per via del parto di Vanessa, non partii per il Lussemburgo, chiesi ai gemelli di raggiungermi a Londra per poterci vedere, poi da lì sarebbero andati in vacanza in Italia.
Isaak ritornò dalla Germania con alcune notizie di Chamael, non lo aveva, ma Edmund Holstein gli aveva riferito che si era diplomato a Mosca due anni prima e li aveva fatto l'ammissione all'Università senza far sapere nulla a nessuno, aveva rotto i ponti con sua madre chiedendo di uscire dal suo stesso stato di famiglia.
Fu un periodo intenso e travolgente, la cosa peggiore fu che pensai fossimo sfortunati. Vanessa durante le visite da sua madre infatti si suicidò con gli antidepressivi della madre. Per quanto Thomas non l'amasse, sia lui che per tutti noi fu una triste perdita. Ella era vissuta con noi per quasi un anno e ci eravamo affezionati, Vanessa era una ragazza e la sua morte aveva traumatizzato tutti. Fortunatamente Thomas aveva dei veri amici, Gabriel, London ed Heinrich, Gellert, Edgar e Chester, si strinsero tutti intorno a mio figlio nel suo lutto.
Dopo più di dieci anni rividi anche Gabriel Keller ed ebbi un tuffo al cuore. Era identico a suo padre, bellissimo ed elegante. Cercai di pensare a tutti i compagni di Thomas, ma venivo sempre calamitata dalla voce di Gabriel. Non era la stessa voce di suo padre. Il ragazzo sembrava dispiaciuto dal momento che Diamond aveva portato via Kristal da Londra per quel periodo così caotico, voleva tenere la piccola lontano dai media.
"Riesci a liberarti a dicembre? Per Natale." Sentii chiedere ad Heinrich.
"Potrei organizzarmi per qualche giorno." Disse.
"Vi aspetto a Natale a Boston." Annunciò, ebbi un tuffo al cuore. Thomas e Tommy insieme? "Così tu e Joel mi porterete Kristal, Heinrich avrà modo di conoscere sia lei che Adam. Mia moglie non vede l'ora di conoscervi. Le ho parlato tanto di voi due."
"A casa tua?" Chiese scosso Tom, sapevo cosa stava pensando, avrebbe incontrato il padre. "Non saremo di troppo?"
Gabriel scosse la testa. "Papà non avrà problemi. Lo avverto appena torna del suo viaggio in Brasile. Mentre nonno si sta annoiando ultimamente, accoglierà con piacere tanta gioventù."
Al che Tom acconsenti , mi lanciò uno sguardo e scosse la testa. "Non posso venire. Mi dispiace." Disse.
"Io credo che dobbiate andare invece." Intervenni raggiungendoli. "Lo vuoi tanto e non sarò io a fermarti." Lo incoraggiai. "Cambiare aria ti farà bene e una vacanza anche. Non ne prendi una da quando hai iniziato l'università."
"La ringrazio lady Cooper. Ovviamente anche lei è invitata a Boston per Natale." Mi disse Gabe.
No, quella no! Non ero pronta. Pensai arrossendo. "Ti ringrazio ma devo rifiutare. Andrò in Scozia dai miei genitori, non ci sono mai stata." Per la prima volta volevo godermi la Scozia da turista. Lasciare le highland e visitare Edimburgo. "Convincerò Isaak a venire con me in Scozia, si. Ho dei progetti." Dissi a mio figlio, saremo andati al pub dei McAllister. "Rafael trascorrerà sempre il Natale in Gran Bretagna?" Chiesi a Thomas.
"La ringrazio lady Cooper, ma quest'anno trascino mio fratello a casa da nonno. Sono quasi vent'anni che non festeggio il Natale con lui." Mi rispose Gabriel.
"Non lo vedete da così tanto? Come fate?" Chiesi stupita. Io non riuscivo a non vedere o telefonare costantemente i gemelli.
"Non sono molto legato a lui, è cresciuto con la nonna in Australia. Per cui sento poi la mancanza di Micaela i suoi figlii Tom e Joel, anziché la sua. Papà andava a trovarlo almeno due volte l'anno, però credo sia il caso che sia lui a darsi un po' una mossa." Mi spiegò.
Annuii. "Giustamente. Hai detto che lo porti dal nonno."
"Che non viaggia più da anni ormai." Rispose. "Fa solo delle traversate Boston Monaco."
Compresi la sua esigenza di avere il fratello a casa. Mi sarebbe mancato Rafael, era così vivace e senza filtri. Alle volte mi chiamava mamma, poi cambiava idea e tornava a chiamarmi lady Sapphire. Si contraddiceva spesso su come comportarsi con me.
Arrivò il periodo natalizio, come promesso organizzai le vacanze in Scozia. Sarei partita una settimana prima e avrei girato tutti i luoghi più famoso, i gemelli addirittura mi avevano chiesto di vedere il lago di Loch Ness, era la mia ultima priorità. Così prima che mi raggiungessero andai a visitare qualche castello, mentre con Isaak andammo al McAllister.
Fummo accolti da Greg McAllister, una versione adulta di Isaak per la stazza e la corporatura. Come il ragazzo aveva gli stessi capelli castani e lo stesso naso a patata cosparso di efelidi.
Quando ci vide l'uomo rimase sorpreso. "Cazzo ragazzo, somigli a Chamael." Esordì.
"Lo conosce?" Chiese subito Isaak. "Piacere, sono Raziel Isaak, suo fratello maggiore."
Greg annuì. "È stato qui questa estate. Ha lavorato al pub per un po' poi è tornato all'università. È stata una sorpresa scoprire di avere un nipote, ma adesso siete in due. Anzi in tre. Chamael mi ha parlato di una sorella"
"Rachel." Dissi io presentandosi. "Sapphire Cooper, piacere di conoscerti."
Lui fece un fischio. "La donna di Thomas Keller è qui!" Arrossii. Cosa sapeva quell'omone di noi.
"Vi porto gli haggis. Sono i migliori della Scozia e sapete perché?" Mi chiese.
"Perché li fai tu?" Risposi.
"Perché sono fatti con amore." Rispose Raziel accanto a me.
"Giusto ragazzo." Rispose Greg. "Puoi avere tutte le tecniche e le conoscenze del mondo. Ma se non ci metti il cuore e se la gioia per ciò che fai non arriva ai tuoi ospiti. Non puoi chiamarti cuoco." Affermò.
Isaak sorrise. "Posso cucinare con te?" Chiese.
Al che Greg annuì. "Tu e tuo fratello siete proprio uguali." Gli disse. "Seguirmi."
Gli haggis furono buonissimi. Dopo scoprimmo che Chamael era stato lì due estati prima, cercava le sue radici scoperte da poco. Aveva il sospetto di essere britannico, ma solo dopo aver letto un testamento era venuto a conoscenza del McAllister. Per quel Natale gli aveva mandato una cartolina, si era scusato per l'assenza, ma doveva raggiungere sua sorella in Germania.
"È sfuggevole, credo che cerchi casa, ma non è questa la sua casa." Ci disse.
"Non ti ha detto cosa cerca realmente?" Gli chiesi.
Lui annuì. "Suo padre. Mi disse che si chiama Thomas Keller e gli risposi che l'unico Thomas Keller che conoscevo io e anche sua madre, veniva da Londra."
Sospirai. "Grazie Greg.se sappiamo qualcosa ti terremo aggiornato." Gli dissi, almeno lui riceveva da Chamael delle cartoline di auguri.
Col senno di poi è con quelle scoperte, avrei potuto accettare di andare a Boston con i ragazzi per quell'inverno.
Adesso che sapevo Chamael stesse bene, potevo guardare in faccia Thomas.
Le vacanze finirono che rispedii i miei gemelli a Boston. Al rientro in ufficio trovai la proposta di acquisto per la casa degli Smith sulla scrivania di Tom. Sorrisi. Mio figlio era pronto da tempo a lasciare il nido, era giusto che comprasse una casa, era giusto che comprasse quella dov'è era vissuta la madre di Kristal.
Quando Tom mi raggiunse in ufficio gli sorrisi. Dovevo avvertirlo prima che il lavoro mi assorbisse.
Fu però Rafael ad assorbire me e mio figlio.
"Mamma Sapphire!" Ebbi un tuffo al cuore. Lui e la sua esuberanza.
"Parlami del book and coffee! L'ho ereditato e ho bisogno di sapere di che si tratta."
Di cosa si tratava? Lo fissai sorpresa, dopodiché sorrisi. "Era un posto magnifico..." il luogo dove mi ero innamorata di Thomas, I momenti più belli della nostra storia. Ci era bastato veramente poco per essere felici.
Decisi subito. Avrei aiutato Rafael in quell'impresa, riaprire il book and coffee e perché no, permettere a tante giovani coppie di innamorarsi proprio come era accaduto a me e Thomas.
Fu una bella impresa, ebbi modo anche di conoscere Mark Grunge, responsabile di un'antica libreria a Londra. Iniziammo a frequentarci e farci compagnia, anche se dopo poco finì. Subito dopo aver avuto il nostro primo rapporto in realtà. Lasciai Mark, mi ero sentita vuota. Per quanto fossi inesperta sapevo cosa voleva dire essere appagata. Andrew mi aveva sempre fatto del male, ma Thomas, Charles e Stephan mi avevano sempre dato piacere il sesso. Quindi Mark non poteva essere altro che una piacevole compagnia. Glielo dissi e tale restò fino a quando non conobbe Lois, la quale chiese di interrompere i nostri incontri letterari.
A me stava bene. Probabilmente l'amore non faceva più per me, avevo quarantasei anni e probabilmente non ero più in grado di amare come prima.
Mi dedicai così al bar, a Kristal quando serviva e a godermi la mia nuova libertà. I ragazzi erano grandi, i gemelli indipendenti si erano diplomati e pensavano all'Università, Tom aveva Eleonora e io avevo tempo per me. Adoravo la mia vita ora più che mai. Al mattino andavo a prendere un caffè al book and coffee, as accogliermi c'era Patty, la vecchia fiamma di Isaak con i suoi dolci. Andavo in ufficio e ne uscivo a pranzo, mi dirigevo al coffee with friends dove pranzavo con Mike. Nel pomeriggio tornavo al coffee and book, prendevo uno dei libri e mi mettevo a leggere nel mio angolino, lo stesso che anni prima dividevo con Thomas. Alle volte venivo raggiunta da Chamly, l'amico di Rafael che lavorava da noi durante l'happy hour. Era un ragazzo socievole come Rafe, con gli stessi capelli neri, ma portati più lunghi e con la frangia che gli copriva gli occhi. Gli si poteva perdonare l'aspetto trasandato, anche perché faceva degli aperitivi unici nel genere. Finito il suo spettacolo con gli aperitivi spesso Chamly mi raggiungeva chiedendomi del libro che stavo leggendo mentre egli prendeva appunti o lavorava sulla contabilità interna del locale. Venivamo interrotti solo da Isaak che entrava a salutarmi per poi chiudersi in cucina, e da Rafe che ci raggiungeva chiedendo a Chamly cosa stava inventando con la sua testolina.
"Niente di che! Solo una app che mi converta i visi femminili in maschili e viceversa." Disse noncurante.
"Interessante." Gli dissi. "Come la chiamerai?"
"A cosa ti serve?" Chiese invece Rafe.
"La chiamerò faceapp, servirà a mia sorella per trovare suo padre." Rispose.
Sicuramente sarebbe stato interessante. Anche se nei miei pensieri quelle cose così moderne e tecnologiche erano proprio all'ultimo posto. "Sto per diventare di nuovo nonna. Ci vuole un brindisi." Li avvertii.
Chamly si alzò di scatto. "Preparo un cocktail per l'occasione."
"Sarà un maschio!" Gli urlò contro Rafe.
"Un cocktail azzurro allora." Rispose l'altro con la stessa enfasi.
Era una gioia stare con quei ragazzi. Ero diventata dipendente da loro, da Rafael soprattutto, poiché Diamond invece mi sfuggiva. Capivo il suo desiderio di avere un contatto con la famiglia del padre e quando mi disse che sarebbe partita per l'Italia con Micaela accettai che andasse senza protestare. Era ora, aveva atteso anche troppo quel momento. Io sarei rimasta a casa con Rafael.
"Andiamo anche noi." Mi dissi a novembre. Lo fissai! Si! Volevo andare. Non ero stata mai in viaggio, Londra, isola di Muck, palazzo di Lussemburgo, case su case a Zurigo. Volevo uscire e scoprire il mondo. Così partimmo per Santorini.
Non scoprii il mondo, solo la tragedia che stava per travolgere tutti....

Thomas mi ascoltò paziente fino all'ultimo. Gli raccontai tutto ciò che era accaduto fino a pochi minuti prima che ci rivedessimo. Adesso di fronte l'uno all'altra ci stavamo studiando. Avevamo avuto entrambi esperienze che ci avevano segnato.
"Mi dispiace per Marina. Se lo avessi saputo, avrei potuto sostenerti." Gli dissi.
"Non immaginavo che Stephan fosse morto, ne che si scambiava lettere con Marina." Mi disse lui. "Anche a me dispiace per te."
"Ho perso tuo figlio." Gli dissi ancora. Perché non mi rimproverava?
"Hai perso tuo figlio, era più tuo che mio." Mi disse lasciando la poltrona, si avvicinò al divano e si sedette al mio fianco. "Mi dispiace anche per questo. Non so come avrei reagito io in una situazione simile."
Mi accoccolai contro la sua spalla. "Si reagisse lottando con le unghia e con i denti." Gli dissi sollevando il viso per guardarlo.
I nostri occhi si incrociarono, lui era sempre così bello e carismatico che...
"Siamo tornate!" Urlò Diamond sbattendo la porta.
Mi allontanai da Thomas e lui fece altrettanto.
"Mamma... in centro c'erano dei negozi stupendi." Affermò posando delle borse enormi contro la parete, Micaela dietro di lei ne aveva altrettante. Si erano dare alla pazza gioia. "Ho visto un negozio di cravatte stupende. Ce n'erano con Mickey mouse o con Donald duck."
"Diamond voleva comprare quella con Donald duck, dice che ti piacciono le cravatte." Mi disse Micaela.
Guardai le due minacciosa prima di rivolgermi a Diamond. "Non comprerò una cravatta con delle anatre a tuo padre, mi hai capito?"
"Soprattutto perché io non la metterò." Intervenne Thomas.
Le due ragazze ci guardarono, impettita Diamond prese le sue borse e mi fisso con sfida. "La comprerò io e te la metterai." Disse al padre.
Io boccheggiai mentre lui mi raggiunse puntando il dito verso le due ragazze.
"Guai a voi se vi vedo tornare a casa con una cravatta con le anatre o chicchessia. Non la metterò mai! Mai, capito?"
Le due si lagnarono, ma Thomas diede loro le spalle, le ragazze sbottando salirono in camera loro.
"Lo sai che adesso te la compreranno vero?" Gli dissi.
"Lo sai che comunque non la metterò, vero?" Affermò mettendo le mani in tasca. "Tua figlia è un'impertinente, mi ricorda qualcuno di mia conoscenza." Disse con un sorriso stampato in volto.
"Si, decisamente assomiglia a te."
"No, no mia cara. È identica a te alla sua età."
"Ehi, ero più piccola di lei io." Gli dissi divertita pizzicandolo su un fianco.
Lui rise. "Non diciamolo a nessuno, sei anche più bella di lei." Affermò baciandomi improvvisamente.
Non mi allontanai al contrario ricambiai il suo bacio stringendomi a lui. Un fremito mi percorse fino allo stomaco e più giù, quel solo bacio mi eccitò. Ero convinta di non essere più in grado di amare, ma forse la differenza la faceva l'uomo che mi baciava, che mi toccava o che mi accarezzava anche solo con uno sguardo . La differenza la faceva Tomas.
Ci allontanammo entrambi scossi da quel bacio, fu quasi come la prima volta, ma adesso dovevamo essere meno impulsivi, eravamo adulti e nelle camere di sopra c'erano le nostre figlie. Presto ci avrebbero raggiunto per la cena, così un po' in imbarazzo ci allontanammo per andare a preparare la tavola.
Quando le ragazze ci raggiunsero eravamo di nuovo composti. Fortunatamente furono loro due a tenere viva la conversazione quella sera. Io non avrei saputo cosa dire, sicuramente avrei balbettato tutta la sera.
"Elisabeth mi ha scritto che è a Londra. Lo sapevi?" Mi chiese Diamond.
La guardai sorpresa. "In realtà è tornata, sono tornati poco dopo la tua partenza. Emmanuelle studia a Cambridge, poi c'è l'accademia di Sandhurst e altri progetti. Purtroppo non posso essere in più posti contemporaneamente."
Dissi a Diamond. Potevo scegliere di tornare a Londra per stare con loro o andare nel Kleinsten e stare con gli altri miei figli.
"Potrebbero venire anche loro nel Kleinsten no?" Chiese Diamond.
Effettivamente. "Quando li sento più tardi glielo propongo." Dissi.
Intanto Micaela si alzò per sparecchiare. Mi alzai anche io, posai il mio piatto e diedi la buonanotte alle ragazze.
"Dopo aver ordinato andate a dormire, non fate di nuovo tardi." Dissi loro mentre anche Thomas si alzava.
"Se non vai prendo prima io la doccia." Mi disse.
Lo fissai minacciosa. "Sto andando." Dissi. "Buonanotte ragazze."
"Notte!" Urlarono le due in coro.
Sapevo che avrebbero perso tempo, a lavare i piatti e anche dopo prima di addormentarsi. Due ragazze erano diverse da due ragazzi, avevano sempre da raccontarsi qualcosa.
Corsi in bagno a farmi una doccia rapida, dopodiché stretta nel mio accappatoio uscii per dare spazio a Thomas che trovai già in attesa. "È tutto tuo." Gli dissi sgusciando via. Non era il caso che restassimo soli.
Una volta in camera mi dedicai alla cura del corpo, mi asciugai per bene e mi spalmai di crema alla vaniglia, misi il pigiama dopodiché andai a letto. Anche se ero tormentata. Il pensiero del bacio di Thomas non lasciava la mia mente.
Le ragazze erano salite e come prevedibile chiacchieravano impedendomi di prendere sono. Stavo prendendomi in giro, non erano loro che non mi facevano dormire, era il pensiero di Thomas. Scesi dal letto, misi la vestaglia e lentamente uscii dalla stanza. Avevo bisogno di prendere aria, che mi mancò appena fui fuori.
Thomas era a qualche metro di distanza da me, bastava poco per attirarlo dentro la mia stanza e...
"Ma no dai!" Urlò Diamond oltre la porta.
Mi morsi il labbro fissando Thomas che si avvicinava. Le risate oltre la porta erano continue. Scossi la testa. "Non qui."
Sussurrai.
Lui annuì prendendomi le mani. "Da me..."
Oh Dio! Si, da lui. "Si." Gli dissi seguendolo.
Fu una notte carica di passione e anche un nuovo inizio. Non lasciammo intendere alle ragazze che eravamo amanti.
Andammo a Firenze dove seguii Thomas in sede e poi mi feci portare a fare un giro. Andammo a comprare insieme i regali di Natale, tanto che quando scelsi la cravatta Thomas mi disse che gli piaceva. Quelle piccole cose non cambiarono, anche lui scelse il foulard come sempre, senza che io chiedessi. Mentre i regali per i ragazzi e i bambini li facemmo tutti insieme.
Eravamo insieme ovunque. Al lavoro, in giro e poi nel Kleinsten.
Tornammo a Londra ed eravamo insieme, alla nascita di Alberto nel Kleinsten eravamo insieme. Quando lui tornò a Boston eravamo insieme. Non avevamo ufficializzato nulla con i nostri figli. Ma anche loro capirono che finalmente eravamo insieme e questa volta per sempre.

 

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