La figlia dell'alchimista

di Celiane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: la morte dell'alchimista ***
Capitolo 2: *** Ritorno a Chiad ***
Capitolo 3: *** Adhair ***



Capitolo 1
*** Prologo: la morte dell'alchimista ***


L’uomo era chino sul pesante tavolo di legno.
La penna stretta in pugno sembra quasi volare sul foglio macchiato di inchiostro ed illuminato dalla pallida luce lunare che filtrava dalle tende scostate dello studio e si rifletteva sulla superficie liscia del ciondolo che poggiava sul suo petto.
Delle gocce di sudore gli imperlavano il viso segnato da sottili rughe che ne tradivano la reale età, a dispetto dei capelli ancora di un profondo nero corvino e solo leggermente striati dai segni bianchi del tempo.

Era riuscito ad assicurare a se ed alla sua famiglia una vita serena e pacifica ed ora tutte quelle certezze erano in procinto di crollare.

Sapeva sin dall’inizio che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, che quell’idillio che tanto aveva faticato a costruire sarebbe stato spezzato.

Eppure pensava di avere più tempo,

Sperava di avere più tempo.

  • Maledizione… - una macchia di inchiostro, cadendo sul foglio, rovinò impietosamente le sottile linee del circolo alchemico accuratamente disegnato sulla pergamena ruvida.

Con la mano libera si scostò i capelli dal viso, poggiando la schiena stanca sullo schienale della poltrona di velluto verde, un sorriso amaro gli si dipinse sul volto.

Anni fa, nel pieno della sua giovinezza, una situazione del genere avrebbe fatto si che il suo corpo fosse pervaso dall’adrenalina, l’idea di un nemico da sconfiggere gli avrebbe fatto trepidare il sangue dall’eccitazione, ma adesso le cose erano diverse.

Non era più l’unico di cui doveva occuparsi.

Lo sguardo affaticato dell’uomo scorse il piano affollato della scrivania sino a soffermarsi su una cornice d’argento, al centro stava una foto leggermente sbiadita dal tempo.

Il sorriso di una donna sulla quarantina con in braccio una neonata ricambiavano il suo sguardo ansioso.

Con un dito leggermente macchiato di china percorse i profili sereni di quei volti.

Quello era il suo miracolo, la famiglia che mai avrebbe pensato di potere avere.

Era per loro che stava facendo tutto questo, per assicurargli un futuro sereno.

Un futuro libero

Venne distolto da quel torrente di pensieri da un leggero rumoreggiare dietro la porta dello studio.

  • Piano Irma, così fai lo versi tutto fuori… - la voce femminile si fece sempre più chiara mentre la pesante porta di mogano si apriva.

Un sorriso si dipinse sul volto dell’alchimista.

  • Nicholas ti abbiamo portato il caffè - esclamò una signora in veste da camera mentre teneva aperta la porta d’ingresso alla stanza.
  • Il caffè! - Ripetè una bambina di circa otto anni che teneva le braccia dritte davanti al viso nel tentativo di tenere in equilibrio un vassoio con sopra una tazza ricolma di caffè.
  • Oh la mia piccola assistente non si smentisce mai - mormorò Nicholas Croyso mentre prendeva dalle mani della figlia il pesante vassoio.

Dopo averlo poggiato sul tavolo, l’uomo scompigliò amorevolmente i folti capelli della bambina già in camicia da notte.

Poteva quasi specchiare il suo viso stanco in quei grandi occhi blu profondo. 

Quanto gli sarebbe piaciuto perdersi in quell’abisso invece di trascorrere quell’ennesima notte al lavoro.

  • Ti manca ancora molto caro? - sussurrò la moglie poggiandogli amorevolmente una mano sulla spalla. 

L’alchimista annuì con fare rassegnato.

  • E’ meglio che andate a dormire… Tu piuttosto hai finito con i preparativi per domani? E’ tutto pronto per il vostro trasferimento?
  • Si, la servitù della residenza estiva è stata avvertita…-
  • Perchè non vieni con noi papà? - la donna sospirò all’innocente domanda della bambina. Nicholas Croyso portò la figlia sulle sue ginocchia
  • Irma Croyso, sai già che devo lavorare a questa ricerca importante per qualche giorno ed avere la tua bella mamma ed i tuoi giochi qui per casa mi distrae troppo. Ma non ti preoccupare, appena ho finito questo lavoro correrò subito da voi, e festeggeremo insieme l’Adhair- 

Sebbene non del tutto convinta, quelle parole sembrarono placare le insistenze della bambina.

  • E faremo volare le lanterne sopra il fiume?- chiese mordendosi il piccolo labbro mentre giocherellava con una ciocca di capelli.
  • Ma certo! Approfitta di questi giorni per costruire con la mamma la più bella lanterna di tutta Chiad e la faremo volare più alto di tutte!-

Decisamente più entusiasta, la bambina si fece prendere in braccio dalla madre.

Fu un attimo.

La grande finestra dello studio andò in frantumi.

Una forte folata di vento sparse i vetri sul pavimento, spalancando le pesanti tende in velluto.

La stanza era inondata dalla luce della luna piena, ormai priva di ostacoli.

Nicholas scattò automaticamente in piedi, facendo scudo al resto della sua famiglia.

Un brivido gli corse per la schiena mentre sentiva il rumore dei frammenti di vetro schiacciati dal peso di qualcuno che lentamente si avvicinava a loro.

L’alchimista fece un rapido calcolo delle pietre a cui poteva avere accesso in quella stanza.

  • Che onore professor Croyso - la voce era quasi un sibilo ma affilata quanto la lama di una spada. 

L’alchimista si voltò continuando a fare schermo con il suo corpo alla moglie.

Davanti a lui c’era quello che apparentemente era un uomo sulla trentina, tuttavia si muoveva nella stanza quasi come non avesse un peso.

La luce della luna risplendeva su quella pelle diafana, quasi fosse una superficie riflettente.

Un leggero movimento del viso dell’intruso superò ogni dubbio.

La luce serale svelò degli occhi neri come pozzi e delle orecchie a punta. Dal sorriso macabro emergevano dei canini acuminati come delle zanne.

  • Un demone… - sussurrò Maude Calypse mentre stringeva forte la figlia al petto.
  • Mi spiace avere interrotto questa riunione di famiglia - esclamò la creatura demoniaca accennando un ironico cenno di saluto alle due donne rintanatesi nell’angolo opposto della stanza.
  • Cosa vuoi? - disse l’alchimista a denti stretti mentre infilava discretamente una mano in tasca. Sentì la rassicurante superficie ruvida di una delle sue pietre contro il palmo della propria mano.

Non era molto, ma gli avrebbe consentito di guadagnare tempo. 

  • Girano strane voci in tutta Chiad, voci che sono giunte anche noi nelle nostre foreste - una piccola fiammella comparve all’interno della mano dell’intruso.
  • Voci secondo cui un famoso alchimista al servizio della Corte sia sempre più vicino a creare una pietra diversa dalle altre - 

Il demone lentamente accorciava la distanza che lo separava da Nicholas.

  • Una pietra in grado di controllare tutti e tre gli elementi sarebbe un grosso problema per noi  come può immaginare
  • Non so di cosa stai parlando - l’uomo, tenendo fissi gli occhi su quella fiammella che piano piano cresceva di dimensioni, strinse la pietra nella sua tasca sempre più forte. La sentiva divenire più calda secondo dopo secondo.
  • Capisco di non essere un ospite gradito, guarda che macello ho combinato… La sua signora mi scuserà… - esclamò il demone gettando uno sguardo alla donna nascosta all’altro capo della stanza, quasi come a sottolineare che non si era dimenticato della presenza di quelle due potenziali armi di ricatto.
  • … Tuttavia non mi piace quando le persone mentono…Cosa c’è, non le piace condividere professore? Eppure voi umani siete così bravi a dirci di condividere, di condividere le nostre terre, le nostre donne ed il nostro sangue, peccato che non tocchi mai a voi vero? Ma lei è diverso professore, non è vero? - La fiamma ormai divampava nella mano del demone senza però consumarne le carni.
    Una smorfia di orrore si dipinse sul volto dell’alchimista.

Fosse stato da solo avrebbe potuto usare in pieno il potere della pietra che teneva stretta in pugno, ma doveva stare attento a non coinvolgere Maude ed Irma in quello scontro.

Prima che il demone potesse fare un ulteriore passo verso di lui, l’alchimista scaraventò la pietra gelosamente custodita sino a quel momento sul pavimento.

Una strana luce percorse le venature delle pregiate assi di legno che ricoprivano la stanza rivelando una serie di intricati cerchi alchemici.

Quello più vicino al luogo in cui erano nascoste Irma e la madre brillava più intensamente degli altri. 

Le assi del pavimento intorno alle due donne iniziarono a vibrare ed a sollevarsi, mentre dalle feritoie tra le stesse ed il cemento iniziavano ad innalzarsi dei resistenti arbusti legnosi.

Un intricato groviglio fece velocemente da schermo alle due donne, impedendo parzialmente la visione di quello che stava accadendo innanzi a loro.

  • Papà! - urlò la bambina mentre veniva trattenuta dalla madre al riparo dallo scontro che si stava consumando.

Mentre lo schermo di arbusti continuava a solidificarsi, l’alchimista attivò un secondo cerchio alchemico davanti ai suoi piedi.

Il demone dirignò i denti scattando verso l’uomo, nella sua corsa le sfere di fuoco che divampavano dalle sue mani si sparsero per tutta la stanza.

Degli spuntoni di roccia squarciarono il pavimento della stanza cercando di bloccare la sua corsa.

Agilmente il demone cerco di schivarli sino a che uno non gli trapassò una gamba.

L’urlo della creatura riecheggio per la stanza mentre un fiotto di sangue nero come la pece schizzava dalla ferita aperta.

L’alchimista asciugò con il manico della giacca il sudore che gli cadeva sulla fronte. 

Non era un magus particolarmente abile e la pietra della terra che stava utilizzando non sarebbe durata ancora a lungo di quel passo.

Mentre il fumo rendeva lentamente l’aria irrespirabile, Nicholas scorse velocemente nella sua mente quali opzioni possibili gli rimanevano.

Non poteva escludere che ci fossero altri demoni nascosti nei paraggi e pronti ad attaccare il maniero ed il fatto che quella fosse una notte di luna piena non facilitava loro le cose.

I demoni, così come gli elfi, erano stirpe fortemente legata alla natura ed in notti come quella la loro magia risultava particolarmente fortificata ed anche le ferite minori erano in grado di autorigenerarsi.

L’uomo lanciò uno sguardo al luogo in cui era nascosto il resto della sua famiglia. Ormai il groviglio di arbusti era tanto spesso che lasciava solo intravedere il labile contorno di due piccole sagome abbracciate l’una con l’altra.

In realtà quello che doveva fare era fin troppo chiaro.

Con la coda dell’occhio vide il demone liberare con un urlo le proprie carni dallo spuntone di roccia, Nicholas raccolse velocemente la pietra alchemica dal pavimento e la puntò verso il soffitto della stanza.

La luce della luna illuminò la superficie della gemma, il suo colore verde brillante sembrava quasi pulsare, come se fosse viva.

Mentre un enorme cerchio alchemico si attivava al di sopra delle loro teste, l’intera casa fu scossa da un fremito.

Dal terreno che circondava il maniero si sollevò una vera e propria muraglia di terra che coprì tutta l’abitazione, creando una difesa impenetrabile dall’esterno.

Ed anche dall’interno.

Lo spessore della coltre di terra rendeva impossibile anche il penetrare della luce lunare.

Il demone guardò spiazzato fuori dalla grande finestra, un fremito di rabbia gli pervase il corpo mentre realizzava che nessuno dei suoi compagni sarebbe potuto giungere in suo soccorso.

  • Non potevo aspettarmi niente di meno dal grande alchimista, beh vorrà dire che nessuno di noi lascerà questa casa stasera - sussurrò a denti stretti mentre allentava la fodera del pugnale custodito sotto la cintura.

La gamba ferita continuava copiosamente a perdere sangue, in quanto il processo rigenerativo era stato bruscamente interrotto dal venir meno della luce lunare.

Facendo appello alle sue ultime forze formò una palla di fuoco nella mano sinistra che scaraventò contro il luogo in cui avevano trovato riparo la moglie e la figlia dell’alchimista.

Sapeva che il pesante groviglio di arbusti avrebbe resistito a quel suo attacco, ma non era quello il suo obiettivo.

In quei brevi secondi di distrazione, Nicholas sentì un dolore lancinante al fianco destro.

L’elsa del pugnale demone faceva capolino dalle sue carni mentre una macchia di sangue sempre più estesa macchiava i suoi vestiti.

A denti stretti, guardò la gemma tra le sue mani. Il vivace colore verde che prima l’animava adesso era quasi del tutto spento.

L’attivazione del cerchio alchemico a difesa di tutta la casa aveva praticamente svuotato la pietra del suo potere ed era escluso che sarebbe riuscito ad arrivare in tempo alle altre custodite nel caveau dell’abitazione senza lasciare Irma e Maude alla completa mercé di quel demone.

Con un estremo sforzo, Nicholas lanciò la pietra ai piedi del demone, attivando un piccolo cerchio alchemico.

  • Ma quanti diamine… - le parole gli morirono in bocca mentre dei tralci di vegetazione gli bloccarono le caviglie ed i polsi.

Ogni superficie di quella maledetta casa era ricoperta di cerchi alchemici, entrare li dentro era stato come lanciarsi dentro una fossa di leoni.

Avevano saputo che l’alchimista avrebbe mandato via la sua famiglia proprio in quei giorni ed attaccarlo con loro presenti avrebbe garantito alla loro missione maggiori chance di riuscita.

Eppure non solo quel maledetto alchimista era riuscito a ridurlo in quello stato, ma di quella maledetta pietra non vi era traccia.

  • Voi demoni vi lamentate di come il mio popolo ha ridotto il vostro… - le parole di Nicholas Croyso erano quasi un sussurro.

L’uomo estrasse con un gemito la lama del pugnale dalle sue carni.

  • Eppure non fate altro che sottovalutarci… - 

Lentamente con la lama del pugnale sporca del suo sangue iniziò a tracciare delle linee in uno spazio del pavimento ancora non coperto dalle fiamme.

  • Noi alchimisti traiamo forza dagli elementi della natura, rinchiudiamo il loro potere nelle pietre da noi create - un rivolo di sangue colò dall’angolo della bocca di Nicholas
  • Non siamo come voi che siete fatti della stessa materia dell’elemento che dominate, il fuoco per i demoni, la terra per gli elfi e l’acqua per i sirenidi…per fare questo abbiamo bisogno di un aiuto-
     il demone tentava di divincolarsi dalla stretta dei tralci, ma più si muoveva più questi stringevano la loro morsa.

L’alchimista aveva completato il cerchio di sangue, un intricato insieme di linee e sfere lo separava il demone incatenato.

L’uomo si fermò davanti al cerchio per ammirare l’opera compiuta, con un gesto veloce si strappò dal collo la collana che da una vita portava sul suo petto.

Il suo sguardo percorse la pesante catena d’oro per poi soffermarsi sulla superficie liscia del ciondolo nero.

Quel ciondolo che si tramandava nella sua famiglia da generazioni, quel ciondolo che consentiva a loro alchimisti di sintetizzare le pietre.

La scaglia di drago.

  • Una pietra in grado di governare tutti gli elementi contemporaneamente, si forse potrebbe essere possibile - un sorriso amaro si dipinse sul viso di Nicholas Croyso mentre si avvicinava velocemente al demone.

L’alchimista stringeva in pugno il pugnale che l’aveva colpito, sentiva la ferita che gli squarciava il fianco pulsare.

I pugnali demoniaci erano noti per essere infusi da sostanze velenose.

Non aveva molto tempo.

Il demone sembrò realizzare cosa stava per accadere ed aumentò i tentativi di liberarsi dal giogo che lo bloccava.

- Lo sai cosa farebbero con un’arma del genere, l’equilibrio sarebbe definitivamente rotto…-

Esclamò mentre disperatamente tentava di dare fuoco agli arbusti, ma l’alchimista fu più veloce.

Con un gesto spedito afferrò la creatura per i capelli mentre lasciava scorrere la lama del pugnale lungo la sua gola.

Un fiotto di sangue sgorgò dalla ferita, mentre la creatura gorgogliava in preda agli spasmi.

  • L’equilibrio non è mai esistito - mormorò l’uomo lasciando andare la teste del demone ormai esanime.

Il sangue della creatura gocciolava sul pavimento unendosi a quello dell’alchimista.

  • Nicholas fermati, ci sarà un altro modo! - la voce della moglie era ormai un eco lontano.
  • Ne arriveranno altri Maude e non saremo sempre così fortunati. E’ arrivato il momento di portare a frutto le mie ricerche, in questo modo io sarò sempre accanto a voi - l’uomo si inginocchiò innanzi al cerchio alchemico, cercando di mantenere un minimo di conoscenza mentre tutto intorno a lui bruciava.
  • Un ultimo sforzo amico mio- sussurrò mentre poggiava la scaglia di drago al centro del disegno.

Raccogliendo le sue ultime energie, l’alchimista chiuse gli occhi.

Sentiva la sua energia vitale farsi materia e confluire nell’intricato disegno davanti a lui. La scaglia di drago vibrava come se fosse scossa da una propria anima.

Questo era l’alchimia, la replica dell’antico patto tra l’ultimo drago ed il primo re.

Lentamente, il sangue dell’alchimista unito a quello del demone si consolidarono in una pietra nera come la pece.

Così le avrebbe protette per sempre. 

Le urla disperate della bambina e della moglie erano solo un eco sempre più lontano.

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Capitolo 2
*** Ritorno a Chiad ***


La ragazza si svegliò di soprassalto, le urla che rimbombavano nei suoi incubi stavano lasciando il posto ad un feroce mal di testa.

Lentamente si trascinò fuori dal letto, il piede nudo si scontrò contro delle bottiglie vuote sparse ai piedi del letto.

Ancora frastornata gettò uno sguardo al grande specchio dalla pesante cornice in ottone anticarro.

L’immagine di lei bambina, ancora vivida dalla notte appena passata, era soppiantata dal riflesso di una giovane donna di 25 anni dal fisico ben tornito.

I lunghi capelli mossi le ricadevano sino alla vita in una matassa disordinata, il nero corvino della folta chioma contrastava con il pallore quasi diafano della pelle.

Ricambiavano il suo sguardo un paio di occhi blu scuro, resi ancora più cupi dalle profonde occhiaie che li segnavano.

Aveva decisamente esagerato la scorsa notte.

Non tornava nella capitale da due anni, due anni passati ad assicurare la tranquillità della rotta commerciale con il sud dell’impero dai sempre più frequenti attacchi dei demoni.

Due anni in cui, però, aveva anche cercato di stringere sottobanco un accordo profittevole per lo scambio di pietre alchemiche con la popolazione della regione di Eas, l’unica che - in quanto unitasi alla stirpe dei sirenidi - non era in grado di padroneggiare l’arte alchemica.

Pietre che, ovviamente, portavano il marchio della famiglia Croyso.

I suoi pensieri furono interrotti dal rumore della porta che si spalancava

  • Irma hai un aspetto disastroso! - sentenziò sua madre entrando a passi larghi nella stanza.

Maude Croyso scostò le pesanti tende che impedivano alla luce del sole di entrare nella stanza. La ragazza chiuse gli occhi per il fastidio

  • Un buongiorno anche a te madre - esclamò ironica mentre si massaggiava le tempie, ormai rassegnata a quello che stava per accadere.

Mentre uno stuolo di servitori faceva il suo ingresso nella stanza, Irma poteva sentire lo sguardo giudicante della madre trapassarle il cranio.

  • Te l’avrò detto mille volte, questo non è un comportamento appropriato per l’erede di casa Croyso… Ti hanno vista tutti ieri sera alla taverna, bere con quei disgustosi mercenari…-
  • Non che noi siamo così diversi da loro….- mormorò con voce stanca mentre lasciava che una domestica dall’aria sconfitta tentasse di domare i suoi capelli.

Maude Croyso era una donna alta ma particolarmente esile, i lunghi capelli, elegantemente raccolti in uno stretto chignon, erano di un bianco candido con delle striature argentate e contribuivano a farla apparire più avanti dei suoi sessantotto anni.

L’espressione severa era resa ancora più grave dai suoi lineamenti induriti dalla fatica fatta in quegli anni.

  • Tu sei la figlia del più grande alchimista di tutti i tempi, fai parte di una delle casate più antiche di Chiad e passi le tue giornate comportandoti come una lottatrice di strada, non capirò mai perchè ti sei voluta unire all’Ordine…
  • Perché discenderò pure dalla più grande stirpe di vattelappesca ma non ho alcun talento alchemico - Irma la interruppe schioccandole un bacio sulla guancia.

Sua madre sarebbe stata in grado di tirare avanti per ore con quella cantilena su quanto poco elegante lei potesse essere in tutte le sue manifestazioni ed in un certo senso non poteva biasimarla, Maude era una Calypse, appartenente ad un ramo cadetto della famiglia reale.

Era cresciuta tra le sete e gli arazzi del palazzo imperiale di Chiad ed anche se aveva sposato un uomo non appartenente ad una casata nobiliare, si trattava comunque del più grande alchimista della sua generazione: Nicholas Croyso.

 La loro era stata un’unione d’amore, per lungo tempo priva della benedizione di una prole, ma che alla fine aveva dato alla luce lei: Irma Croyso.

Nata senza la minima traccia di talento per l’alchimia.

Questo, unito alla morte del padre, aveva lasciato le due donne di casa Croyso con una sola alternativa per mantenere il prestigio della casata: darsi al commercio di pietre alchemiche.

Tutte le precedenti generazioni Croyso avevano avuto talentuosi alchimisti tra i loro ranghi, il che aveva consentito di accumulare un’ enorme quantità di pietre: la loro assicurazione per il futuro.

Gli alchimisti rappresentavano la più grande ricchezza dell’impero di Chiad, un casta che risaliva alle origini stesse del regno; al patto stretto al termine della prima epoca tra il primo imperatore ed Adhair, l’ultimo drago.

Se gli alchimisti erano tali per sangue e rappresentavano un circolo ristretto al servizio dell’imperatore, l’Ordine dei Magi era una istituzione indipendente basata sul merito, volta ad evitare che lo strapotere del re potesse tramutarsi in tirannide.

L’ordine, infatti, disponeva del vero esercito di Chiad, una schiera di magi specializzati nell’utilizzo degli elementi a partire dalle pietre alchemiche.

L’alchimia consentiva di creare la pietra che racchiudeva in se l’essenza di un certo elemento ma erano i magi ad utilizzare effettivamente quel potere sino a che la stessa gemma non si esautorava.

Giurare fedeltà all’Ordine voleva dire sottostare alle sue regole, essere inviati in qualsivoglia missione dallo stessa patrocinata senza potere proferire obiezione alcuna, ma consentiva anche di ricevere la sua protezione, cosa di cui lei e sua madre avevano avuto disperatamente bisogno.

  • Di certo hai un enorme talento per indispettirmi - sua madre le sorrise esasperata mentre le accarezzava il viso.

Irma si godette quel contatto per qualche secondo, il calore di sua madre le era mancato durante quei due anni di campagna.

 Così come le era mancata la morbidezza dell’abito di buona fattura che la stavano aiutando ad indossare.

Sentire il suo corpo avvolto da quel tessuto pregiato e pulito era una sensazione che aveva conosciuto ben poche volte in quel periodo di trasferimenti in carovana ed alloggi in locande dal dubbio gusto.

  • Mie signore - un uomo anziano in livrea da maggiordomo entrò a capo chino nella stanza - è arrivato un messo dal palazzo reale - concluse porgendo a Maude Croyso una busta co un sigillo di ceralacca.

Sulla lucida superficie di cera rosso carmino era inciso il profilo di un drago.

Il simbolo della casata imperiale dei Calypse.

Irma vide formarsi sulla fronte della madre delle rughe profonde. 

  • Dovrebbero mettere un serpente al posto di quel drago, sarebbe sicuramente più fedele all’originale… - mormorò Irma mentre la madre apriva la busta.

Re Reuben III era il corrente imperatore di Chiad, un sovrano che aveva puntato all’espansione territoriale dell’impero più che al benessere dei suoi cittadini, forse in modo da sancire con le armi un dominio che non aveva guadagnato come diritto di nascita.

La sua ascesa al trono, infatti, era legata alla tragica scomparsa del legittimo erede al trono, morto durante una spedizione di pace nel regno elfico.

  • L’Imperatrice ci ha invitato per i festeggiamenti dell’ Adhair a palazzo - al sentire quelle parole gli occhi di Irma si illuminarono.
  • L’Adhair… - 
  • Non ci pensare nemmeno, Irma…. - 
  • Madre lo sai che aspetto da una vita di partecipare a quella festa. Ho pregato per anni papà di portarmici e finalmente possiamo!-
  • Nulla accade per nulla Irma, da quando tuo padre è venuto a mancare non siamo esistiti per quella famiglia ed ora, all’improvviso, ci arriva questo invito.- 
  • Staremo attente! Gli mostreremo che i Croyso non temono nulla, anche senza papà -
  • Irma, non sottovalutarli. L’imperatore e quella donna non hanno a cuore altro che i propri interessi, non c’è scelta più saggia che stare il più lontano possibile da lui e da quella maledetta famiglia.- Le parole di sua madre lasciavano tradire quale fosse la sua reale opinione circa la venuta al comando di Re Reuben.

In molti pensavano la tragica scomparsa del legittimo erede al trono non fosse un tragico incidente ma nascondesse ben altro, un vero e proprio schema per fare salire al potere quella fazione dei Calypse decisamente meno tollerante nei confronti della popolazione non umana.

Il fatto che il sospetto assassino di Math I, per consolidare la propria posizione, si fosse poi sposato con l’imperatrice rimasta vedova, aveva spinto i più conservatori ad allontanarsi dalla corte.

Irma osservò sua madre soppesare la lettera tra le mani, come se la leggerezza della carta fosse stata appesantita dal peso dell’invito che vi era scritto.

  • Devo immediatamente rispondere dicendo che rifiutiamo, mi inventerò che hai riportato qualche malattia contagiosa dal tuo viaggio e per la salvaguardia della corte è meglio non unirci ai festeggiamenti - la donna uscì a passo svelto dalla stanza seguita dal maggiordomo e dalla maggior parte del personale.

Nella stanza con lei era rimasta unicamente una giovane ragazza più o meno della sua età, dal naso aquilino e dai corti capelli rossi.

  • Christine da quanto tempo non ti chiedo un favore? - la faccia della cameriera assunse un espressione rassegnata mentre osservava la ragazza che serviva da praticamente tutta la sua vita correre alla scrivania e scribacchiare qualcosa su un foglio di carta di lettere.
  • Quella lettera non dovrà mai raggiungere il Palazzo, dovrai sostituirla con questo. Mamma si deve essere confusa su chi tra noi due è effettivamente indisposta - disse con un sorriso diabolico mentre porgeva il bigliettino a Christine.

Lei sarebbe andata a quella festa, costi quel che costi.

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Capitolo 3
*** Adhair ***


L’ Adhair era la principale ricorrenza del regno di Chiad.

Tutte le città dell’impero si animavano per ricordare l’antica alleanza tra l’ultimo drago ed il primo imperatore, grazie alla quale la razza umana era riuscita a prevalere e contrastare le forze non umane.

Ogni anno, per ricordare quel patto ed i doni che ne erano seguiti, milioni di lanterne si libravano in cielo da ogni parte del regno e nessun altro luogo in tutto l’impero offre una migliore visuale del palazzo reale, situato nel punto più alto della capitale, nel luogo dove una volta sorgeva la dimora di Adhair: l’ultimo drago.

Irma aveva atteso che sua madre si ritirasse nei suoi appartamenti per riposare prima di sgattaiolare fuori. 

Fortunatamente erano riuscite a ritrovare nei meandri del guardaroba della madre un abito adeguato ad una festa a corte e Christine aveva fatto ricorso a tutte le sue capacità per truccarla e domare i suoi capelli ribelli,

Da quando suo padre le aveva lasciate, Maude Croyso si era praticamente ritirata a vita privata e non l’aveva mai portata ad eventi del genere, tuttavia, a giudicare dalla sfilza di abiti da sera che avevano trovato nei bauli gelosamente custoditi nei suoi appartamenti, un tempo la loro vita doveva essere stata decisamente più movimentata.

Certe volte stentava a capire perchè, nonostante fosse passato ormai così tanto tempo dalla morte del padre, sua madre continuasse ad evitare ad ogni costo a corte ed il palazzo. 

Era pur vero che, sebbene Nicholas Croyso avesse prestato a lungo servizio come alchimista di corte, in seguito alla sua dipartita nessun membro della corte aveva proposto di sponsorizzare lei o la sua educazione e questo ancora prima che venisse fuori la sua totale assenza di talento per l’alchimia, ma certe volte, soprattuto quando si assentava da casa per qualche missione per conto dell’Ordine, non poteva fare a meno di preoccuparsi per la solitudine dietro cui si era trincerata sua madre.

Ancora cullata dai suoi pensieri, Irma gettò uno sguardo dietro le pesanti tende che oscuravano la finestra della carrozza sulla quale viaggiava.

Nascosti dal prezioso tessuto di velluto poteva intravedere i profili delle case farsi sempre più lontani mentre i cavalli si inerpicavano lungo la stretta salita che conduceva al palazzo reale e poi,

dopo avere passato una stretta curva a gomito, lo vide.

Il profilo dell’antico castello imperiale che diveniva sempre più nitido e con esso l’effige in pietra di un drago dormiente che si stagliava sul fronte principale, al di sopra del pesante cancello in ferro.

Il legame con quella bestia aveva segnato tutta la storia del regno e, sebbene ormai le origini di Chiad si confondessero con il mito, sia tra la gente comune che tra le casate nobiliari era ancora forte il senso di devozione nei confronti di quella creatura che aveva consentito all’uomo di prevalere sui non umani e così riuscire finalmente ad assicurarsi una vita pacifica dopo anni di fughe e soprusi.

Prima del dono dell’alchimia, infatti, la possibilità di utilizzare gli elementi era appannaggio unico di demoni, elfi e sirenidi.

Solo grazie al dono del drago anche gli uomini riuscirono a ingaggiare una lotta ad armi pari, ritagliandosi un posto nel mondo e il dominino di quegli elementi che erano stati loro negati come diritto di nascita.

Adhair, ormai giunto alla fine dei suoi giorni ed impietosito dallo stato in cui l’uomo si trovava, decise infatti di donare ad uno sparuto gruppo di uomini giunto nella sua tana in cerca di riparo le scaglie del suo corpo stanco e strinse con il più prode di questi un patto di sangue, grazie al quale lui ed i suoi discendenti avrebbero potuto guidare il resto delle loro genti alla salvezza.

Se le scaglie dell’ultimo drago, tramandate di generazione in generazione tra i discendenti di quelli eletti, erano la chiave che consentiva di praticare l’alchimia, quello che poi divenne il primo imperatore di Chiad ricevette qualcosa in più e che lo distingueva da tutti gli altri: la possibilità di dominare l’elemento proprio unicamente di quella stirpe sacra ed ormai perduta: l’aria.

A rimarcare l’importanza di quell’antico patto e dell’immenso potere che ne derivava, tra i discendenti dei Calypse solo coloro i quali possedevano il segno del drago potevano avere la possibilità di ascendere al trono: le iridi dorate.

Un tratto che un tempo aveva caratterizzato l’intera casata, ma che generazione dopo generazione diveniva sempre più raro e con esso lo stesso dominio dell’aria.

Alcuni detrattori lo vedevano come un segno della perdita di forza del sangue della stirpe Calypse, della delegittimazione dei suoi componenti a ritenere il trono come un loro diritto di nascita, tuttavia quegli occhi dorati venivano ancora intesi dalla maggioranza della popolazione quasi come un segno divino, marchio della benedizione elargita dalla creatura più potente al mondo.

Anche re Reuben III doveva essere di quest’ultima opinione visto che, nonostante appartenesse ad un ramo cadetto della famiglia Calypse, aveva interpretato il fatto di possedere anche lui degli occhi dorati come giustificazione delle sue mire al trono, poco importava che lo stesso fosse già occupato.

E molto probabilmente le lotte dinastiche non erano destinate a fermarsi…

Irma venne distratta dai suoi pensieri dal brusco arrestarsi della carrozza. 

Sentì il cocchiere scambiare due parole con una delle guardie che vegliavano l’ingresso del palazzo per poi proseguire lentamente oltre i pesanti cancelli di ferro.

La ragazza si calò sul viso il cappuccio dell’elegante mantella di velluto scuro, l’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione su di sé.

Meno persone sapevano della sua presenza a quella festa, meno probabilità c’erano che la notizia raggiungesse le orecchie di sua madre.

Non appena scesa dalla carrozza, non potè che trattenere il respiro difronte l’opulenza del palazzo. Era stata una sola volta nella sua vita in quel luogo ma l’effetto era lo stesso.

Un sorriso le si dipinse sul volto nel ricordare di quella rocambolesca prima visita a palazzo. 

Aveva circa cinque o sei anni ed era riuscita a sgattaiolare in una delle carrozze del padre per seguirlo in una delle sue frequenti visite a corte.

La sorpresa non doveva essere andata come sperava, nei suoi ricordi confusi si susseguivano le immagini sfocate di una sua caduta in un lago e del susseguente salvataggio grazie a qualche membro della servitù di palazzo.

Non aveva mai visto suo padre così furioso in tutta la sua vita.

Irma diede uno sguardo sottecchi agli altri invitati che insieme a lei percorrevano i viali del giardino dentro le mura del palazzo.

Donne meravigliose dentro abiti dalla fine fattura, bambini che si rincorrevano allegramente e uomini impettiti che si scambiavano cortesi cenni di saluto.

La ragazza tratteneva a stento l’entusiasmo, il rumore dei suoi tacchi si faceva sempre più concitato mentre percorreva a passi svelti il lungo corridoio di marmo costellato di quadri raffiguranti i precedenti imperatori di Chiad.

Irma si fermò prima di arrivare alla sala di rappresentanza, davanti a lei ricambiava il suo sguardo il mezzobusto di un affascinante uomo sulla quarantina dai corti capelli scuri.

Math I accennava un sorriso a chiunque avesse realizzato quel ritratto, era stato un re gentile, un mediatore che aveva cercato di costruire un dialogo con gli altri popoli dopo anni di conflitti.

Gli occhi della ragazza si spostarono sui volti delle altre due persone rappresentate nel dipinto.

La sua attenzione fu prima rubata dal volto di una donna bellissima, dai lunghi capelli biondi e dagli occhi verdi come due smeraldi. Sul viso dell’imperatrice non vi era ombra di alcun sorriso e dallo sguardo non traspariva alcuna emozione.

Accanto a quella che era probabilmente la donna più odiata di Chiad, capace di sposare il presunto assassinio del marito pur di non perdere la propria posizione, stava un bambino di circa quattro anni.

I fulgidi occhi dorati erano identici a quelli del padre.

La musica che proveniva dalla sala centrale la scosse. Irma entrò nell’enorme sala trattenendosi ai lati della stessa ed ammirando quegli scintillanti lampadari di cristallo che pendevano dal soffitto ed illuminavano le danze degli ospiti.

Il suo sguardo percorso tutta la stanza sino a fermarsi sui due imponenti troni posti sul fondo in posizione sopraelevata. 

Poggiato sullo schienale intarsiato d’oro del più alto, stava il corrente imperatore di Chiad: Reuben III.

I capelli biondi, striati d’argento, incorniciavano un viso dai tratti severi e dall’espressione annoiata, gli occhi color oro vagavano per la stanza in cerca di qualcosa che potesse catturare il suo interesse. 

Irma seguì lo sguardo del regnante sino a vederlo posarsi su un gruppo di donne che discuteva pacatamente poco distante da lei.

Tra loro, per bellezza e per l’opulenza del vestito, spiccava la regina Opal. Nonostante il trascorrere degli anni, l’imperatrice rimaneva una delle donne più belle di tutta Chiad; i lunghi capelli ancora biondo chiaro erano raccolti in un’intricata acconciatura che lasciava esposto il lungo collo sottile.

Irma non potè non notare come tanta bellezza, rimasta intatta nonostante il passare del tempo, in realtà celasse quello che era probabilmente l’essere più temibile di tutto l’impero.

Tra le dame con cui la regina conversava amabilmente vi era una ragazza più o meno della sua età. 

Era impossibile non notarla in quanto indossava un appariscente vestito verde ed oro, che esaltava il bellissimo colore scuro della pelle, dalla profonda scollatura leggermente nascosta dalla folta treccia laterale in cui erano raccolti i lunghi capelli color ebano. La conturbante fanciulla indossava un diadema adornato da scintillanti pietre verdi, un gioiello reso ancora più prezioso dal fatto che quelle, non aveva alcun dubbio in proposito, erano pietre alchemiche della terra.

Irma sorrise alla sfrontatezza di quella ragazza.

Un occhio poco attento avrebbe potuto scambiare quelle gemme per smeraldi ed invece erano incontrovertibilmente delle gemme frutto di alchimia.

- Che spreco - sussurrò a denti stretti mentre si immaginava i cento possibili utilizzi alternativi di quella risorsa, pietosamente ridotta ad orpello estetico solo per affermare il proprio lignaggio.

Un leggero tocco sulla spalla attirò la sua attenzione.

Davanti a lei, un uomo sulla quarantina stava accennando un inchino al suo cospetto.

  • L’ho vista qui da sola ad annoiarsi ed ho pensato che avrebbe avuto piacere di danzare con me il prossimo ballo - Irma rimase per qualche secondo impietrita dalla sfrontatezza di quel tipo. 
  • La ringrazio per il cortese pensiero, ma ho più piacere a fare quattro passi - esclamò ironicamente facendo una riverenza per poi allontanarsi a passo spedito.

L’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione, o meglio la penultima cosa visto che l’ultima si era appena tramutata nel ballare con quel tizio.

La ragazza si diresse a passo spedito verso uno dei grandi terrazzi su cui si apriva quell’opulente salone. 

Oltrepassate le pesanti tende di velluto tirò un sospiro di sollievo mentre si liberava dal cappuccio del mantello.

Poggiando le mani sulla balaustra in marmo bianco, Irma ispirò a pieni polmoni la fresca aria ormai serale.

Il sole era completamente tramontato e le prime stelle avevano iniziato a puntellare il cielo.

Non doveva mancare molto al lancio delle lanterne.

Le dita della ragazza si strinsero intorno alla sottile catena dorata che portava al collo, lentamente tirò fuori da sotto il corpetto del vestito il ciondolo posto alla fine di quella lunga catena.

Poteva quasi vedere i suoi occhi riflettersi su quella superficie liscia e vitrea, ancora fredda a contatto con la sua pelle nonostante fosse a contatto con il suo cuore da ormai diciassette anni. 

La ragazza si poggiò contro la balaustra mentre portava il ciondolo in alto verso la luna che ormai campeggiava nel cielo.

In controluce la pietra disvelava la ricchezza dei suoi profondi colori: un rosso scuro così profondo da sembrare quasi nero ed al cui centro spiccava, come quegli insetti rimasti incastrati nell’ambra, un piccolo oggetto dalla forma triangolare.

  • Finalmente possiamo guardare insieme le lanterne papà- sussurrò amaramente mentre nascondeva nuovamente il pendente sotto il corsetto.

Irma cercò di sporgersi un po’ più in avanti nel tentativo di scorgere meglio il lontano profilo della città, quando un movimento alle sue spalle le fece perdere l’equilibrio.

Mentre ondeggiava pericolosamente verso il vuoto, sentì tirarsi con forza verso l’interno del balcone.

La sua schiena batté su qualcosa di rigido, mentre una mano la teneva saldamente per un fianco. Prima ancora di rendersi conto di cosa stesse succedendo, fu colpita da un forte profumo muschiato.

  • Dovresti proprio stare attenta a dove metti i piedi

Irma alzò lo sguardo sino a incrociare quello del proprietario di quella voce profonda.

Era poggiata sul petto di un ragazzo di qualche anno più grande di lei, sul viso dai lineamenti perfetti cadeva un piccolo ciuffo di capelli scuri che le impediva di guardarlo negli occhi. 

Era più alto di lei di almeno una ventina di centimetri ed il fisico possente, fasciato in vestiti semplici ma di cui si poteva dedurre l’estrema buona fattura, lo faceva sembrare ancora più imponente.

Era assorta nello studio di quei particolari tanto che impiegò qualche secondo a realizzare come quella mano si stesse trattenendo più del dovuto sul suo fianco.

  • Ti ringrazio ma sei stato tu a cogliermi di sorpresa - mormorò allontanandosi di qualche passo dallo sconosciuto.

Sentiva lo sguardo di lui fisso su di lei, quasi la stessa studiando. 

Le era capitato di ricevere le attenzioni degli uomini, soprattutto considerando che l’Ordine era un’ente a prevalenza maschile, eppure in questo sguardo c’era qualcosa di diverso, era come se quel ragazzo stesse cercando di imprimere ogni dettaglio nella sua mente.

Come un predatore fa con la sua preda.

  • Dovresti stare un po‘ più attento a non piombare di soprassalto in luoghi già occupati - esclamò a disagio dando una sistemata alla gonna del suo vestito.
  • Luoghi già occupati? Non sapevo di dovere chiedere il permesso prima di uscire su un terrazzo di questo palazzo - l’espressione del ragazzo rimase seria eppure Irma potè notare un leggero cambiamento nel tono della voce, quasi come se il suo interlocutore fosse rimasto stizzito da quelle sue parole.

L’uomo si scostò il ciuffo di capelli dal volto, Irma sentì il sangue congelarsi nelle sue vene quando incrociò il suo sguardo.

Due occhi del colore dell’oro ricambiavano il suo sguardo attonito.

La ragazza chinò velocemente il capo in segno di rispetto.

  • Nathaniel ecco dove diamine ti eri cacciato… padre ti cerca da tutta la sera… Irma?!

Irma alzò il volto verso il nuovo individuo che si era aggiunto su quella balconata. 

Un ragazzo magro dai capelli biondi, anch’egli vestito elegantemente, la guardava con aria interrogativa.

Il suo aspetto quasi etereo era amplificato da un paio occhiali tondi che campeggiavano sul suo viso e dietro i quali si intravedevano due iridi anch’esse dorate.

La ragazza si lasciò scappare un gemito soffocato.

Se il suo proposito iniziale era quello di dare nell’occhio il meno possibile, stava riuscendo a fallire nel più miserevole dei modi. 

Davanti a lei troneggiavano quelli che da tutti erano considerati i futuri protagonisti della prossima potenziale lotta dinastica al trono di Chiad: i fratellastri Nathaniel e Lancel Calypse

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