Ambwitchious: di balli, Paparazzi e Serpeverde è disseminata la via per il potere

di Flofly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Té, Granger? ***
Capitolo 2: *** Pro, Cons e tutto quello che c'è nel mezzo ***
Capitolo 3: *** Un compleanno da ricordare ***
Capitolo 4: *** Giocare secondo le regole ***
Capitolo 5: *** Amici,nemici, alleati o solo spine nel fianco? ***
Capitolo 6: *** Di spine senza rose e zucche senza streghe ***
Capitolo 7: *** Maestri o vittime di inganni ***
Capitolo 8: *** Sollevando il velo ***
Capitolo 9: *** Quattro cose nuove ***
Capitolo 10: *** Hiraeth ***
Capitolo 11: *** Quello che siamo ***
Capitolo 12: *** Cambiare le carte in tavola ***
Capitolo 13: *** Team Granger ***
Capitolo 14: *** Audacia, coraggio e un pizzico di astuzia ***
Capitolo 15: *** 15. L'air du désert ***
Capitolo 16: *** Cambio di prospettiva ***
Capitolo 17: *** Saccarosio&Sospetti ***
Capitolo 18: *** Fallimenti ***
Capitolo 19: *** Intromissioni ***



Capitolo 1
*** Té, Granger? ***


Ambwitchious: di Balli, Paparazzi e Serpeverde è disseminata la via per il potere

“Pochi vedono quel che siamo, ma tutti vedono quello che fingiamo di essere”

N. Macchiavelli, Il principe

 

 

«Hermione, grazie di averci raggiunto, il Ministro era così ansioso di conoscerti». Il sorriso del Direttore del Dipartimento per le Creature Magiche era talmente abbagliante che per un attimo le ricordò la dentatura smagliante di Gilderoy Lockhart. «Hai per caso avuto modo di sentire Harry?»

E altrettanto falso.

Macduff la chiamava sempre quando c’era qualche ospite importante con cui pavoneggiarsi, meglio ancora se poi tramite lei riusciva a nominare almeno dieci volte in una frase l’Ex Bambino Sopravvissuto, ormai a capo degli Auror. Bambino sopravvissuto che notoriamente si guardava bene dall’accettare qualsiasi voglia uscita pubblica che non consistesse in un gelato da Florian Fortebraccio.

Almeno lui aveva la scusa del lavoro, anche se sapeva che in quel momento probabilmente se ne stava seduto alla sua scrivania sbuffando sotto una marea di scartoffie. E lo sapeva benissimo perché solitamente il suddetto NonPiùCosiBambino Sopravvissuto le mandava un gufo per lamentarsi verso le diciotto, invitandola a prendere un drink insieme per aiutarlo con i compiti a casa. Ehm, con le pratiche burocratiche. Ormai avevano lasciato Hogwarts da più di sette anni, eppure certe cose non cambiavano mai

E senza Ron, trasferitosi a Chudley per allenare la sua amatissima squadra, era rimasta solo lei, la mente del Golden Trio, da sfoggiare neanche fosse una dannata Coppa contraffatta del Torneo Tre Maghi.

«Pensavo volessimo parlare del mio progetto sui diritti degli Elfi Domestici, Ed» sibilò tra i denti, calcando su un diminutivo che non si era mai sognata di usare, mentre sorrideva al Ministro degli Esteri kazakho, parlando decisamente troppo velocemente perché questo capisse qualcosa di più di una delicata stretta di mano e un cortese cenno con la testa.

«Non ora, non vedi che abbiamo ospiti importanti? Ti fermi a cena con noi, vero? Ho prenotato in un magnifico ristorante di Diagon Alley, solo il meglio per il nostro caro amico Alimov. Sicura che Harry non possa raggiungerci?»

Hermione fece finta di non sentire, ingoiando gli insulti coperti da qualche scusa per non poter essere presente.

Odiava essere distratta dal suo lavoro, e ancora di più odiava quelle cene in cui nessuno le rivolgeva una sola domanda interessante, tutti troppo compiaciuti di poter tornare a casa con una bella foto e un racconto su quanto fosse in realtà scialba e poco attraente la strega più intelligente della sua generazione.

Aveva pensato decine di volte di lasciare il posto, ma cosa sarebbe accaduto al suo progetto? Non c’era nessuno di cui si fidasse abbastanza da lottare affinché venisse approvato, e lo stesso Shackebolt era impossibilitato a scavalcare i capi Dipartimento. D’altronde, nonostante fossero passati già diversi anni, anche per lui il passaggio da operativo a politico non era stato affatto semplice. Ed ora era semplicemente troppo stanca persino per continuare a lottare.

All’inizio tutto sembrava andare per il meglio: ancora prima di prendere la decisione di tornare comunque a Hogwarts per un ottavo anno aveva già ricevuto decine di proposte dal Ministero. Avrebbe solo dovuto indicare un posto e sarebbe stato suo, questo è quanto le avevano promesso.

Ed in effetti era stato così. Era stata a lungo indecisa su quale Dipartimento scegliere, stilando liste su liste di pro e contro, discutendone a sfinimento con Ginny, Luna, Neville, Harry… e Ron.

Ron che ogni sabato libero dall’addestramento per gli Auror in cui si era imbarcato insieme a Harry, veniva a Hogsmeade e l’aspettava da Madame Rosmerta e che si illuminava nel vederla entrare da quella porta.

Ron, con il quale aveva preso un appartamentino vicino al Ministero e con il quale aveva provato per la prima volta la felicità di addormentarsi ogni notte cullata dal tepore del suo corpo.

Ron, con cui aveva condiviso gli incubi e i ricordi che li facevano urlare ogni notte.

Ron, che un giorno aveva capito di non poter più vivere all’ombra di Harry e aveva avuto il coraggio di cambiare drasticamente vita.

Ron, che un giorno a colazione aveva guardato e si era resa conto di non amare più, non come avrebbe dovuto, perlomeno.

Ron, che non avrebbe mai saputo che dietro quell’incredibile proposta lavorativa c’era stato lo zampino di Viktor Krum.

Le mancava Viktor, la sua fiducia in lei, il suo non fare domande.

E il suo fregarsene di tutte le convezioni sociali.

Ma lei non era Viktor Krum.

E neanche Harry Potter.

Lei era Hermione Granger e, per Godric Grifondoro, era finita chissà come a fare la fine di un esperimento di pozioni finito male in un ufficio minuscolo che di brillante aveva solo la targa sulla porta.

Esausta si buttò sul divano dell’appartamento, rigirando pensierosa un triangolino di cartone grigio che qualcuno le aveva fatto scivolare sotto la porta dell’ufficio mesi fa. Accompagnato solo da due righe.

 

Fortitudo Prodo Laurus

     Dov’è il tuo coraggio, Granger?*

Seguiva poi un testo da pubblicare sulla Gazzetta del Profeta, talmente idiota che aveva pensato all’inizio ad uno scherzo di pessimo gusto. Eppure non era riuscita a gettarlo via, qualcosa dentro di lei l’aveva spinta a nasconderlo nel senza fondo della sua borsa.

Le era venuto di nuovo in mente mentre guardava i denti troppo bianchi di Macduff.

In fondo cosa aveva da perdere?

Grattastinchi miagolò soddisfatto, guardandola di sottecchi prima di acciambellarsi e mettersi a dormire senza più degnarlo di uno sguardo.

Prima di cambiare idea, scarabocchiò velocemente il messaggio per la Gazzetta, inserendo i soldi per la pubblicazione nella busta che consegnò al suo gufo.

Iniziava davvero ad avere le allucinazioni, per un attimo le era quasi sembrato di vedere la sagoma di Piton che la guardava sconsolato, meglio che leggesse il report che Justin le aveva mandato, forse avrebbe trovato qualcosa di interessante. O almeno avrebbe evitato di pensare di essersi appena fatta fregare da un perfetto sconosciuto.


 

 

Il giorno dopo Hermione aveva evitato accuratamente la sezione annunci della Gazzetta del Profeta, limitandosi a spostare la copia che le era stata regolarmente recapitata sia a casa che al Ministero nell’angolo più esterno della sua visuale, coperta da una marea di appunti e relazioni.

In fondo se davvero era solo una presa in giro si doveva solo comportare normalmente, e nel caso qualcuno avesse fatto qualche riferimento avrebbe dovuto semplicemente far finta di niente.

Nel primo pomeriggio, ormai sicura che si fosse trattato di uno scherzo di pessimo gusto, aveva deciso di potersi avventurare fuori dalla sua stanza per andare da Harry, il quale le aveva mandato tre gufi e tre chiamate via camino pregandola di scendere prima che schiantasse tutti i suoi inutili apprendisti. Quando era arrivata aveva trovato il suo miglior amico con i capelli ancora più dritti del solito e uno sguardo omicida negli occhi verdi. A dire la verità, il modo in cui l’aveva trovato a camminare avanti e indietro tra le nuove reclute con una nube scura di malumore che lo seguiva, aveva fatto davvero fatica a non fargli notare quanto fosse simile a Piton. Oh, quando l’avrebbe raccontato a Ginny… era certa che anche lei l’avrebbe trovato estremamente divertente.

Certo, più di Harry che sembrava pronto a buttarsi direttamente nelle fauci del primo Ungaro Spinato che avesse trovato parcheggiato fuori dal Dipartimento degli Auror.

Stava ancora ridacchiando, pensando alla fotografia che aveva scattato di nascosto per ricattare a vita la Speranza dei maghi ogni volta che avesse tentato di farla uscire di casa quando lei non ne aveva nessuna voglia, quando notò che c’era qualcosa che non andava.

La sua assistente, una ragazza dai lunghi capelli biondi sempre perfettamente acconciati in una coda di cavallo tenuta da un nastro ossessivamente dello stesso colore del vestito, che solitamente era una persona estremamente precisa e disponibile, si era rintanata appena l’aveva vista svoltare nel corridoio, rossa in faccia.

L’occhio le cadde poi su quello che Amelia teneva in mano, con la stessa faccia colpevole con cui il povero Dobby aveva ammesso di aver tentato di uccidere Harry, tanti anni prima. Ma in quel momento non c’era nessuno da salvare con metodi alternativi spinti dall’amore, seppur discutibili, e, soprattutto, era assolutamente certa che non avesse alcun motivo di avere in mano un vassoietto di dolci ancora incartati nella velina rosa della pasticceria dietro il Ministero.

«Ehm… stavano bene con il tè» balbettò, cercando di scansare il suo sguardo inquisitore.

«Di cosa sta parlando, Signorina Blake? Quale tè?» chiese ricevendo come risposta solamente che le venisse lanciato in mano il suddetto pacchetto, neanche si fosse trattato dell’ennesimo Horcrux, girando i tacchi e borbottando qualcosa di una chiamata da parte del Direttore Generale.

Entrò nel suo ufficio ripetendo la domanda a voce alta, ben sapendo che non avrebbe avuto alcuna risposta. Sbuffando sbatté la porta, sperando che quella giornata pessima avesse finalmente fine.

Ma, evidentemente, il destino aveva uno strano senso dell’umorismo.

«Quello che ho portato io. Ero certo che non avessi altro che caffè, e mi sembri già abbastanza nervosa».

Quella voce. Strascinata, leggermente annoiata, con un tono di compiacimento divertito che aveva sentito troppe volte.

Sanguesporco.

L’ultima volta che l’aveva sentita era stato al suo processo, quando aveva risposto a pezzi e bocconi alle domande del Wizegamot, fissandoli senza praticamente battere le palpebre.

«Malfoy?» chiese girandosi e sperando di essersi sbagliata e che si trattasse di uno scherzo finito male da parte di George. O di Seamus. O di Harry, per vendicarsi del suo paragonarlo a Piton. O persino di Ginny, doveva ammettere che aveva sempre avuto un umorismo non troppo sottile.

E invece, come sempre, non si era sbagliata.

Seduto comodamente sulla sedia dietro la scrivania, la sua sedia e la sua scrivania per essere precisi, con un completo tre pezzi grigio che probabilmente costava quanto un suo intero stipendio, c’era Malfoy Furetto Malfoy.

Ma del diciassettenne pallido e scavato non c’era traccia.

Tranne una cosa. Quella era rimasta la stessa.

Quel suo dannato ghigno.

«Cosa diavolo ci fai qui?» ringhiò, trattenendo l’istinto di schiantarlo. «Ti sei perso?»

Lui scosse la testa, non smettendo di squadrarla. Poi richiamò la gazzetta del profeta dall’angolo in cui l’aveva lanciata.

«Non sai trattenerti o provi orgoglio nell’essere un’insopportabile so tutto io?» chiese invece, come se fosse normale, scandendo le parole con evidente disgusto. Poi ghignò: «Avevo pensato a Potter puzza, ma mi sembrava infantile. Peccato, sarebbe stato bello vederlo stampato a tiratura nazionale».

 

È la seconda volta che parlo non interpellata **

 

La frase che aveva fatto pubblicare il giorno precedente. Ecco perché le era sembrata famigliare. E, soprattutto, perché continuava a pensare a Piton.

Hermione digrignò i denti, chiudendo a grandi passi lo spazio tra di loro e strattonandolo per la manica della giacca.

«Punto primo, alzati o ti trasfiguro in un furetto. E mi sembra che la prima volta non ti sia piaciuto».

Malfoy ridacchiò alzandosi pigramente. «Ti piace comandare eh, Granger?»

«Mi piace che nessuno entri di nascosto nel mio ufficio e si sieda alla mia scrivania, ti sembra strano?» rimbeccò spintonandolo lontano. «E, per l’ennesima volta prima che ti schianti, cosa vuoi?»

Lui, come se nulla fosse, si limitò a far lievitare una pila di rotoli di pergamena e appunti che occupavano l’unica sedia spartana del suo minuscolo ufficio, accavallando le gambe e riprendendo in mano la tazza ancora piena di liquido ambrato e fumante che era rimasta pericolosamente vicina al suo quaderno per gli appunti.

«Aiutarti» rispose, sorbendone un sorso. «Davvero Granger, dovresti smetterla con il caffè… te l’ho detto, ti rende nervosa. O forse è l’effetto che ti faccio io?»

«Il caffè mi tiene sveglia e tu mi fai venire voglia di darti un pugno. Non ti vedo da anni, Malfoy…»

«Dal mio processo, per essere esatti. Non ti sei neanche fermata a salutarmi dopo il verdetto».

Erano passati quattro anni da allora. E in tutto quel tempo, sino a quell’esatto momento in un pomeriggio qualsiasi di settembre, non si era degnato neanche di mandarle un biglietto di ringraziamento. O di scuse.

Settembre…

Era il primo settembre. Ed erano passati esattamente quindici anni dalla prima volta che le loro strade si erano, purtroppo, incontrate.

«E, dimmi, cosa avrei dovuto dirti?» chiese lei esasperata, sedendosi. A quanto aveva capito quella cosa sarebbe andata per le lunghe. Quanto sarebbe stato grave se avesse usato l’Imperius su quell’imbecille borioso?

Per la prima volta Malfoy sembrò abbassare lo sguardo. «Forse c’era qualcosa che ti avrei voluto dire io, non credi? In ogni caso, ora sono qui».

«Sì, lo vedo. E, ancora una volta, mi chiedo il motivo».

Lui sbuffò, alzando gli occhi al cielo: «Per Salazar Serpeverde, Granger, certo che per essere la strega più intelligente della tua generazione a volte sei davvero idiota».

Forse tanto valeva usare la Cruciatus, illegale per illegale, almeno si sarebbe tolta una soddisfazione. E poi chiunque avesse passato cinque minuti con Malfoy l’avrebbe capita.

«Ora, se invece di ringhiare mi stessi ad ascoltare, avresti già capito che sono qui per aiutarti. E vorrei ricordati che sei tu che hai chiesto il mio aiuto».

«In un possibile momento di stanchezza, forse, ho considerato l’idea di poter valutare l’ipotesi che qualcuno potesse, in via del tutto ipotetica, avere una qualche eventuale possibilità di, eventualmente, migliorare qualche trascurabile aspetto non propriamente eccezionale della mia situazione attuale».

Di nuovo quello sbuffo insofferente.

«Dieci punti a Grifondoro per la parafrasi e cinquanta in meno perché mi sono annoiato alla terza parola. Tu hai bisogno di aiuto, Granger, e io sono la risposta alla tua domanda».

«E secondo te la domanda quale sarebbe? Perché per me l’unica è “Chi deve uscire dal mio ufficio, ORA?”»

«Tu. Dannazione, ci dormi anche qui dentro? Sono quasi certa di aver visto un cuscino con sopra stampata la tua faccia in quell’armadietto.» continuò lui. Poi alzò le mani in segno di resa. «E ora, se proprio dobbiamo essere didascalici, anche se da te mi aspettavo molto di più, la domanda è: Come faccio a diventare il nuovo Primo Ministro del Mondo Magico?»

«Io non…» aveva iniziato a rispondere Hermione di getto, più per il puro gusto di contraddirlo che per altro. Poi però si era fermata. «Ti do dieci minuti per darmi le tue assurde spiegazioni. Poi meglio per te se ti smaterializzerai all’istante, oppure ti trasformerò in una delle tue preziose bustine di tè. E nessuno mi sentirà, questa stanza è piena di incantesimi silenzianti.

«Tè in foglie, mai in bustine. Dimmi un po’, Granger... come mai tutti questi incantesimi? Sei una che urla? Merlino, spero che non sia stato con Weasley…» il ghigno gli spari di colpo. «Per Merlino, dimmi che non è stato con Weasley su questa sedia, dovrei dare fuoco a questo vestito e mi piace molto. E poi dovrei buttarmi in una vasca di pozione disinfettante...»

«Nove minuti, Malfoy. E sono certa che tu sia abbastanza ricco da permetterti un completo nuovo, anche dopo tutti i soldi che avete dato in beneficenza».

Lui fece una smorfia di disappunto. «Tralasciando i tuoi pessimi gusti in fatto di uomini, è chiaro come il sole che qui sei sprecata. Sei sempre stata una dannata sotuttoio che voleva essere la prima della classe…»

«Io ero la prima della classe, Malfoy. Devo ricordarti che ti ho sempre battuto ad ogni esame che abbiamo fatto… beh ad eccezione del settimo anno, ovviamente?» rimbeccò, appoggiando i gomiti sulla scrivania e squadrandolo da dietro le mani intrecciate. «Otto minuti».

«E quindi ora ti sta bene fare il Neville Longbottom a lezione di Pozioni? Non credo proprio, Granger. TU vuoi diventare Ministro della Magia, lo so io e lo sai anche tu. E probabilmente anche i tuoi superiori, che, come vedi, non perdono occasione di dimostrare quanto tu sia inadatta agli eventi sociali».

«Inadatta?»

Lui annuì. «Sì, ti ho visto ad un paio di eventi ufficiali del Ministero. Non sai fare conversazioni leggere, non sai intrattenere gli ospiti, non riesci a non annoiare a morte tutti. E, per Merlino, non sai ballare».

«Non sapevo fosse un concorso di bellezza degli anni Cinquanta. Scema io che pensavo che un ruolo pubblico richiedesse solo impegno, spiriti di sacrificio e competenze…»

Il Serpeverde fece un gesto stizzito con la mano. «Sì, come ti pare. Vuoi sapere se credo che saresti un buon Ministro della magia?» chiese con tono vagamente irritato. «Quello che penso io non è importante. Ma sei giovane, donna e Nata Babbana. Il Mondo Magico è un’enclave patriarcale e classista, Granger. E loro ti vedranno sempre come la compagna di Potter con i capelli crespi che si batte per dei dannati elfi domestici di cui non importa a nessuno. E sai perché? Perché quelli che hanno gli elfi domestici non ti guarderanno mai come una di loro…»

«E per fortuna, direi! Cos’è, Malfoy, vorresti presentarmi ai tuoi cari amici dell’alta società magica? A quanto ho visto mi pare che la tua famiglia sia rientrata piuttosto bene nel giro, o sbaglio?» lo provocò stizzita, ripensando all’ultimo numero dell’inserto mondano settimanale della Gazzetta del Profeta dove al Ballo per la raccolta fondi del San Mungo erano ben visibili, con tanto di dettagli sui gioielli di famiglia, Lucius e Narcissa Malfoy. «Il denaro può veramente comprare qualsiasi cosa, vero?»

Il volto di Malfoy era una maschera di pietra, impassibile come il suo sguardo diventato plumbeo. «Finalmente ti riconosco, Granger. Ed ecco perché io ti posso aiutare, non c’è nessuno più di me che conosca le regole del gioco. Fidati di me e nel giro di neanche un anno ti assicuro che dirigerai questo schifo di posto e sarai la principale candidata per il Ministero. Il mandato di Shackebolt scade tra poco, no?»

«Fidarmi di te, Malfoy? E secondo te come potrei fare mai dimenticare a quei dannati snob che io sia, per usare parole tue, giovane, donna e Nata Babbana?» chiese ironica, chiedendosi come avesse fatto a essere così sciocca da rimanere lì a farlo parlare. Chiacchiere, chiacchiere inutili come al solito.

«Diventando la finta fidanzata di un Purosangue ricco, bello e affascinante che ti permetterà di stringere tutti quei legami di cui manca per nascita e amicizie sbagliate. Perché, scusa se te lo dico, ma gli unici Purosangue con cui interagisci tu sono più inutili di una puffola pigmea ubriaca…»

«É la cosa più sessista, classista, elitaria e…» iniziò, alzandosi ed indicandogli l’uscita.

«E ragionevole che tu abbia mai sentito. Pochi mesi… sei in grado di fingere per pochi mesi? Andiamo… so bene che anche per te alla fine conta il risultato, nonostante vi piaccia tanto fare i puri di cuore» rispose lui noncurante, avviandosi verso la porta. Poi con la mano sulla maniglia, si girò a guardarla, per la prima volta negli occhi, disse a voce bassa:

«Sono il migliore in questo, Granger. Ho aiutato primi Ministri, Ambasciatori, imprenditori… nomina una persona di successo degli ultimi due anni e dietro ci sono io. Puoi decidere di continuare con… questo» e fece un gesto ampio, accompagnato da una smorfia di disgusto. «O puoi inseguire il tuo destino. Ci vediamo domani alle sette di sera a casa tua, sempre che la strega più brillante della sua generazione non decida di rintanarsi da codarda in un buco dimenticato da Merlino a riempire pergamene di informazioni che nessuno leggerà mai».

Prima che potesse rispondere, aprì di colpo la porta, prendendo al volo Amelia che gli rovinò tra le braccia.

«Miss Blake, è stato un piacere» lo sentì dire querulo ad Amelia, facendole un baciamano appena accennato, mentre la ragazza sembrava aver preso una dose troppo abbondante di Pozione Peperina, da quanto era arrossita.

E poi il viscido Serpeverde che era sempre stato si girò verso di lei e ad un tono abbastanza alto affinché lo sentissero fino a Hogsmeade, la salutò.

«Ciao, tesoro. Non aspettarmi stasera».

E, come niente fosse, sparì.

 

 

 


Prima di tutto grazie ad Eli, che ha cercato di aiutarmi nelle mie lotte perse contro il correttore e la mia dabenaggine, ed ha ascoltato paziente tutti i mie sbuffi e capricci.

La storia è ispirata dall’iniziativa di RosmaryW “Il mio finto fidanzato!” indetta sul forum Ferisce Più la Penna.  E’ il mio primo esperimento con Draco ed Hermione adulti e il primissimo fake dating.

Insomma, il tentativo è quello di scrivere una commedia romantica, senza troppi intrighi e misteri. Ovviamente questi due non resteranno soli… arriveranno ben presto Serpeverde in aiuto, purtroppo per la futura Ministra Granger. E sì, una di loro è Pansy, che il tatto lo ha lasciato sull’Hogwarts Express come sempre.

A proposito di Pansy…Ambwitchious è un termine (copiato) che uso spesso nelle mie storie: in “Il calice della Vita” e sequel è il magazine fondato da Pansy ed Hermione, in “Sweet and Soul” è il nome della boutique di Pansy… ed adesso torniamo a Hermione. Che queste due streghe siano in fondo in fondo fin troppo simili?

Ci vediamo prima di fine agosto per un aggiornamento, poi spero di essere più costante.

*Fortitudo Prodo Lauros dovrebbe essere secondo internet il motto dei Grifondoro.

** la frase originale era di Piton e la sua incontenibile simpatia pari solo ad uno spruzzo di puzzalinfa è presa dal film de “Il prigioniero di Azkaban”: È la seconda volta che parli non interpellata, signorina Granger.  Non sai trattenerti o provi orgoglio nell'essere un'insopportabile so tutto io?!FOre so tutto io?!”

 

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Capitolo 2
*** Pro, Cons e tutto quello che c'è nel mezzo ***


Ci vediamo alle sette a casa tua.
 

Quelle parole le rimbombavano nella testa dal giorno prima, fastidiose come gli accenti sbagliati sulla formula di un incantesimo. 

Come osava quell’idiota borioso presentarsi nel suo ufficio, corrompere la sua assistente, entrare nel suo ufficio, sedersi sulla sua poltrona e tirare giù quella storia assurda? 

Dannato arrogante - Contro.



Assistente che aveva passato l’intera mattinata a sospirare guardando nel vuoto, sorseggiando quello stupido tè pretenzioso.

Affascinante. 

Di bell’aspetto. 

Gusto nel vestire. 

Sa come rendersi piacevole quando vuole. Almeno con certe streghe. - Pro.

 

E pensare che negli anni successivi al processo, quando sembrava essersi volatilizzato dall’Inghilterra, aveva addirittura provato pena per lui.

Era riuscita a provare compassione per qualcuno che era rimasto immobile a guardare mentre veniva torturata sul pavimento della casa in cui era cresciuto, indifferente alle sue grida di dolore.

Ex Mangiamorte- Contro.

 


Avrebbe dovuto odiarlo, odiarlo al punto da essere felice se fosse finito ad Azkaban per almeno un decennio. Eppure, non ce la faceva. Non riusciva a non pensare al momento in cui si era rifiutato di riconoscerli, appena pochi minuti prima che sua zia decidesse di inciderle sulla pelle quelle lettere che per loro erano il simbolo di perché lei dovesse morire. 

In quel momento, le era sembrato solo un ragazzino come loro, perso in balia di eventi più grandi di lui. 

Ex Mangiamorte- Pro.

 

Quando durante il processo gli era stato chiesto il perché non li avesse consegnati agli altri Mangiamorte, si era limitato a scrollare le spalle e a ripetere con voce atona che era per via dell’incantesimo dissimulante, lo sguardo annoiato posato sul Presidente del Wizegamot come se qualcuno gli avesse chiesto se voleva un’altra Burrobirra.

Per tutto il tempo in cui lei aveva testimoniato a suo favore, non l’aveva guardata neanche una volta, limitandosi a fissare un punto indistinto con le mani appoggiate sulle gambe incrociate, ignorando il suo avvocato che continuava a cercare di consigliarli un atteggiamento che non facesse venire voglia all’intera sala di alzarsi e tirargli un pugno. E, ovviamente, lui se ne era altamente fregato.

Non ascolta nessuno. Fa solo quello che gli pare. Contro.

 
 

Eppure nella sua mente si continuava a sovrapporre l’immagine di lui con i vestiti bruciati, le mani tra i capelli incrostati di fuliggine, accasciato in un angolo nella Sala Grande dopo la battaglia. Le era parso che la guardasse finalmente disperato, muovendo le labbra in quello che le sembrava un "mi dispiace".

Sembra poter provare emozioni. Pro.

 
 

Doveva esserlo sognato, forse il dolore di perdere tutte quelle persone era stato talmente potente da farle avere le allucinazioni che almeno una cosa buona fosse venuta da tutta quella follia.

E invece no, in quegli ultimi anni, invece di rinchiudersi in casa per la vergogna o almeno tentare di utilizzare quella testaccia dura e tutti quei galeoni per fare qualcosa di nuovo, si era messo a giocare all’Eminenza Grigia.

Come era stata così stupida da cascarci? Dopotutto…

É Malfoy!!!- CONTRO.

 
 

C’era però una vocina nella sua testa, la stessa che l’aveva tormentata tutta la notte, la sua parte razionale. Quella specie di sedicenne travestito da ventiseienne con le scarpe troppo lucide aveva ragione su una cosa: il Mondo Magico era ancora troppo attratto dal fascino delle famiglie più antiche e ricche del mondo magico. Anche se nessuno parlava più apertamente di sangue puro, era ben chiaro a tutti che i nomi erano sempre gli stessi. Dopo qualche anno di silenzio i giornali avevano dato grande risalto alle donazioni sempre più cospicue fatte al di fuori degli ordini del Wizegamot, poi erano iniziati i grandi eventi di raccolta fondi. Qualche opera d’arte, dei gioielli da capogiro, tenute che per la maggior parte dei maghi e delle streghe erano sogni irraggiungibili e probabilmente per loro erano poco più di residenze di campagna. Piano piano i Malfoy, i Nott, i Rosier non erano più cognomi da sussurrare con una smorfia di disgusto, ma iniziavano a farsi luce di nuovo su placche dorate e titoli minori della Gazzetta del Profeta. Da lì ci era voluto davvero poco perché iniziassero a comparire sempre più sulla sezione di costume e società, fino a riprendere trionfalmente e tronfiamente quelle pagine da cui erano stati scalzati. Era cambiato tutto, eppure tutto era rimasto uguale, un paio di bei vestiti e diamanti grandi quanto un boccino, e molti erano stati ben felici di rinchiudere il passato troppo doloroso in un armadio buio delle proprie mente. C’era voluta pazienza, strategia, capacità di persuasione…

É un Malfoy. Pro.



Hermione posò la penna, massaggiandosi infastidita la radice del naso. Odiava quando le sue liste finivano in pareggio. Non era quello il motivo per cui erano state create le liste: servivano a portare ordine, a organizzare in modo logico e oggettivo una situazione complessa, mettendo nero su bianco tutto ciò che continuava ad agitarsi nella testa. 

 

Quattro Pro. Quattro Contro.

 

Erano ore che ci stava lavorando, allontanando ogni pensiero fastidioso, cercando di essere il più adulta e razionale possibile. Aveva eliminato il suo risentimento per il fatto di essere stata chiamata Mezzosangue, tutti gli insulti che lui le aveva rivolto durante gli anni di scuola. Aveva persino deciso di non prendere in considerazione il fatto che fosse stato per lui Fierobecco sarebbe stato giustiziato solo a causa della sua idiozia. Non era più la ragazzina la cui più grande paura era fallire agli esami di fine anno. Non era…

La biro sembrò muoversi da sola, mentre le parole si formavano eleganti sotto i suoi occhi, nonostante tutti gli sforzi razionali di ricacciare indietro quelle lettere testarde.

Mi fa sentire come ero prima della guerra.

Quando non doveva pesare le parole. Quando poteva ancora sbagliare. Quando poteva ridere senza sentire una fitta al cuore. 

 

Cinque Pro. Quattro Contro

 

Guardò il sottile orologio d’oro al polso. Le sette e un quarto. Forse Malfoy se n’era già andato, il che probabilmente era un bene. In caso contrario… forse poteva provare almeno a sentire cosa volesse.

Ingollò l’ultimo sorso di gin tonic, tirando fuori dalla borsa il piccolo cellulare grigio. Agli occhi di qualsiasi Babbano sarebbe sembrato un normalissimo Nokia, uguale alle centinaia di altri, incapaci anche solo di notare le modifiche magiche. Fece un cenno al cameriere, prima di smaterializzarsi sarebbe stata una buona idea passare dal piccolo ristorante indiano all’angolo vista la desolazione del suo frigorifero. In fondo, se Malfoy avesse fatto sul serio, si meritava di restare ad attendere una mezz’ora. E poi, in fondo, lei non aveva mai detto di essere d’accordo sull’orario.

 

****

 

Quando si materializzò nel suo appartamento con la busta del takeaway ancora bollente in mano, la prima cosa che notò fu la musica di sottofondo. Eppure era certa di aver lanciato l’incantesimo di chiusura prima di uscire, ma evidentemente quella mattina era ancora troppo arrabbiata per prestare attenzione. Certo, era strano che Grattastinchi non avesse buttato giù tutto, esasperato dopo quasi dodici ore di jazz. Evidentemente quelli che parlavano di effetti calmanti della musica sugli animali non avevano mai avuto a che fare con un gatto incrociato con un Kneazle.

«Su, non fare l’offeso. Mi dispiace, va bene? É che ho avuto tanti pensieri…» disse, entrando in cucina, certa di trovare il suo piccolo attila in forma felina ad attenderla truce sulla sua sedia preferita.

In effetti, Grattastinchi era lì, con un’aria molto meno scocciata del solito. Peccato che accanto a lui, in maniche di camicia arrotolate sugli avambracci, con un bicchiere del servizio che le aveva regalato la zia Muriel che faceva roteare pigramente, c’era l’ultima persona che si sarebbe aspettata.

Due paia di occhi, due decisamente poco felini e troppo grigi, si fermarono a guardarla.

Per la seconda volta. 

«Ma figurati se mi sono offeso…».

Malfoy fece appena in tempo a chinarsi sotto il bancone dell’isola, lasciando che lo Stupeficium si infrangesse contro il suo povero pensile della cucina.

«Granger, ma sei pazza?» disse, riemergendo appena oltre il bancone di marmo grigio e recuperando con circospezione la bacchetta che era rimasta in un angolo. Alzandosi lentamente, le rivolse uno sguardo indignato, indicando la macchia rossa che si allargava sul pavimento«Mi hai fatto appena versare in terra un dannato Château Lafite del ‘96!».

«Ritieniti fortunato che non sia il tuo sangue!» ringhiò Hermione di rimando, lanciando un arrabbiato Politio«É la seconda volta che ti trovo a fare una cosa del genere. Non ci sarà una terza. Si può sapere come hai fatto a entrare? Questa volta non c’è una ragazzina appena uscita da Hogwarts a cui fare gli occhi dolci».

«No, ma c’è il tuo gatto. In effetti, sono quasi sicuro che sia più sveglio della tua assistente…» ghignò il mago, grattando pigramente la testa del suddetto felino, che continuava a guardarla con aria piuttosto scocciata.  Poi mise le mani a coppa attorno alla testa di Grattastinchi, abbassando la voce fino a un sussurro:« É lo stesso che avevi a Hogwarts, vero? Per Merlino, ma quanti anni ha?».

Nonostante il vano tentativo di non farsi sentire, Grattastinchi non sembrò gradire il riferimento alla sua età avanzata e dimostrò tutto il suo disappunto affondando fulmineo i denti nel palmo della mano destra.

«Quindi secondo la tua versione il mio gatto, che come vedi non sembra avere una gran simpatia per i tuoi modi da villano, ti ha aperto la porta e ti ha invitato a entrare? Ti ha anche detto di metterti comodo e fare come se fossi a casa tua, presumo. Perdonami, ma faccio davvero fatica a crederti…».

«Ti posso assicurare che mezz’ora fa, mentre mangiava salmone selvaggio appena scottato, aveva tutto un altro atteggiamento» rispose quello offeso, mormorando un Epismendo mentre assumeva la stessa faccia da martire di quando Fierobecco lo aveva, giustamente, beccato. Poi si rivolse al gatto, guardandolo di sbieco: «Traditore».

«Quindi, ricapitolando: ti sei introdotto illegalmente in casa mia, hai dato da mangiare al mio gatto senza chiedermi il permesso, e ti sei messo a bere un bicchiere di vino, solo per il gusto di farmi venire un infarto? ».

«Punto primo, illegalmente è una parola un po’ forte. Diciamo che sono stato diversamente invitato ad entrare. La tua vicina è una dannata impicciona. E tu sei in ritardo. Avevo detto alle sette!» puntualizzò l’altro, sbuffando e indicando il tavolo vicino alla grande vetrata. «E ti ho portato la cena. E i fiori. E io sarei il villano? Tu mi hai quasi fatto saltare la testa! Fortuna tua che ho ancora buoni riflessi. Come avresti spiegato il mio corpo decapitato in casa? EH? Non mi sembra una mossa saggia…».

«Sempre che lo trovino, un corpo!» sibilò Hermione di rimando, cercando di ignorare il semplice mazzo di fresie colorate nel vaso di cristallo che aveva comprato insieme a Luna in un mercatino delle pulci durante una delle poche domeniche che si era presa libera. Doveva essere una coincidenza, nessuno poteva sapere che erano i fiori che suo padre le portava sempre dopo ogni viaggio di lavoro. «Alcuni di noi hanno un lavoro, Malfoy. Delle responsabilità».

«Ti vorrei ricordare che al momento sei TU il mio lavoro. E, a essere onesti, sei andata via dal Ministero alle 17, o almeno è quello che mi ha detto la tua segretaria. E lo strano ometto con la cravatta oscena che lavora nel cubicolo di fronte al tuo».

Hermione sgranò gli occhi:  «Ti sei messo a chiamare mezzo Ministero? Non avevi detto “decidi tu”? Quello strano ometto, come lo chiami tu, è Justin Finch-Fletchley siamo andati a Hogwarts insieme, e io dovrei fidarmi di te? Ti ricorda niente il secondo anno e il Basilisco che tuo padre ha contribuito a liberare in giro per la scuola?».

Il giovane alzò gli occhi al cielo, con una strana coordinazione con Grattastinchi, cui Justin non era mai stato particolarmente simpatico: « Non ho detto di non conoscerlo, ho detto che ha una cravatta oscena. Chi mette una cravatta color senape a lavoro? Certo, non credo che la vostra breve frequentazione fosse fondata su canoni estetici degno di questo nome». Si fermò un attimo, quasi a soppesare le parole. Poi aggiunse con tono in voce molto più basso, versandole un calice di vino e porgendoglielo: «E ti sarei grato se evitassi di ricordami tutte le stronzate che ha fatto Lucius».

Hermione prese un sorso, cercando di riempire il silenzio gelido che si era venuto a creare. Era bastato così poco, un accenno al passato, e le era sembrata di tornare di nuovo a Hogwarts, i loro tavoli talmente distanti da sembrare divisi dal muro del reciproco risentimento.

Fu Malfoy a romperlo questa volta, la voce nuovamente piatta e neutra che ricordava dal processo.

«Allora? Hanno vinto i pro? O il mio essere Mangiamorte, Purosangue, Serpeverde e figlio di uno stronzo ha prevalso».

«Ex Mangiamorte» rispose lei semplicemente, facendo levitare i contenitori di tikka masala, pane naan e sambal, verso il tavolo già coperto da una tovaglia di lino ricamata a mano con delle piccole roselline delicate, una delle poche cose che aveva portato via da casa dei suoi genitori una volta finita la guerra.

Tre coppie di posate, tre bicchieri da vino, tre da acqua, tre piatti piani e tre da minestra. Addirittura tre piattini per il pane che dubitava fortemente di possedere.

Cosa…

«Guarda che ho già pensato alla cena, se ti prendessi il tempo di starmi ad ascoltare, invece di tentare di farmi fare la fine degli elfi di zia Walburga!» la voce lamentosa di Malfoy la raggiunse alle spalle, un granello fastidioso nel meccanismo delle sue riflessioni sulla mise en place.

Elfi domestici. Ecco come aveva fatto, quella dannata serpe.

Si girò di scatto, fissandolo con astio.

«Hai portato i tuoi elfi domestici a casa mia? » ringhiò. 

«Ma a te piacciono gli elfi domestici!» si schermì lui, capendo evidentemente che non fosse il caso di mentire spudoratamente. « É dal quarto anno che sei fissata con gli elfi, e ora ti stai facendo venire una crisi isterica perché ne sono entrati un paio a casa tua!»

La strega sentì distintamente il sopracciglio alzarsi sino a raggiungere metà della fronte. «Un paio? UN PAIO?  COS’É TE NE SERVIVA UNO PER APRIRE LA PORTA E UNO PER TROVARE LA STRADA PER IL SALONE?».

«Casa tua non è così grande Granger…» aveva iniziato a rispondere il biondo come se nulla fosse, facendole rimpiangere che Fierobecco non gli avesse cavato un occhio, invece di una beccatina al braccio.

«Malfoy, sei un …» sibilò Hermione, ma il resto delle ingiurie che stava per lanciargli furono interrotte da una voce vellutata, accompagnata dal rumore ritmico di tacchi alti sul legno delle scale che collegavano la zona notte con l’open space da giorno.

«Oh, finalmente si mangia. Cos’è questo odore? Non avevi detto filetto alla Wellington? Oh, ben tornata Granger. Non ringraziarmi».

Lo stesso caschetto nero lucidissimo che ricordava dai tempi della scuola, la medesima aria annoiata da sotto le lunghe ciglia ricoperte di mascara. Erano passati anni, eppure non c’erano dubbi di chi fosse appena uscita dalla sua camera da letto…

Tre coperti.

«Parkinson?» chiese esasperata, facendo velocemente il calcolo di quanto sarebbe stato difficile far sparire non uno, ma due corpi. 

«Credo che dovresti chiamarmi Pansy, amicaQuesta storia dei cognomi forse va bene per voi due, potete farla passare come una cosa carina. Beh, meglio dei nomignoli che rischi di farti affibbiare… non è molto bravo con cose del genere sai? Però compensa con…» iniziò querula, prendendole di mano il calice ancora pieno e avvicinandosi ad annusare i contenitori con fare sospetto.

«Pansy!» la interruppe Malfoy con un ringhio. « Non avevamo detto di fare le cose con calma? Che avresti dovuto darmi il tempo di spiegarle?».

La ragazza scrollò le spalle, staccando dubbiosa un pezzo di pane naan, ormai tiepido. « Sì, ma mi stavo annoiando, ci stavi mettendo una vita. E ci è voluto poco, non c’è praticamente nulla da salvare?».

«Davvero?».

«Forse una camicia di seta e una sottoveste, ma a questo punto ho optato per un cambio totale. É più poetico, non credi? Anche Cockey era perplessa sui tuoi gusti, sai Granger? Ah, scusa, devo abituarmi… Hermione».

Hermione sentì un brivido di rabbia gelida passarle lungo la spina dorsale. « Chi diavolo è ora Cockey? E che hai fatto ai miei vestiti, Parkinson?».

Questa volta le paia di occhi che la guardavano perplessi erano tre. Da quando Grattastinchi era così socievole con gli estranei?

«Un elfo domestico. Ti piacciono gli elfi domestici no?» rispose Parkinson, come se avesse appena chiesto a cosa serve l’asfodelo. «Sai che è davvero buono questo coso? Certo, continuo a credere che il filetto alla Wellington stia meglio con il vino, ma…».

«Parkinson, i miei vestiti… cosa diavolo hai fatto?» chiese Hermione con voce affilata come una lama.

«Abbiamo dato loro il riposo che meritano. Come ho già detto, non ringraziarmi. Mangiamo?».

«Granger…» tentò di inserirsi Malfoy « Devi iniziare a vestirti in un certo modo… ci saranno le foto… e le lezioni… e dannazione ti nascondi dietro quegli stracci informi…».

I suoi vestiti. I suoi comodi, pratici, confortevoli vestiti. 

Quei due erano folli. E folle lei che aveva pensato di dargli retta.

«Fuori!» urlò, mentre la porta di ingresso si apriva sbattendo tanto per ribadire il concetto. « Fuori di qui prima che vi Cruci tutti e due!».

Vide Malfoy aprire la bocca, come per controbattere.  Scambiò uno sguardo con Grattastinchi, che si era accoccolato come a godersi la scena, poi richiamò velocemente una grossa cartella di pelle nera, ingombra di fogli. « Leggi questo, va bene? Trovi tutto qui…».

«Avete dieci secondi per levarvi dalla mia vista. Dieci …» iniziò a contare lentamente, rigirando la bacchetta tra le mani.

«Ma io ho fame! » sbuffò Pansy. «E dovresti essere contenta… Per Salazar Serpeverde, una maglia aveva un buco grande quanto un boccino d’oro! E non parliamo di quella sorta di intimo che neanche mia nonna…».

Questa volta fu Draco a non farla finire, raggiungendola a grandi passi e costringendola ad alzarsi.

«Sei».

«Ora ci odi, ma ci ringrazierai …» tentò Malfoy, spingendo l’amica recalcitrante verso la porta.

«Quattro».

«Ministro Granger, suona bene, no?».

«Due».

«Oh, per Merlino che testarda che sei. Leggi quei dannati documenti!»

Uno. Hermione sbatté con una certa soddisfazione la porta sulla faccia ancora perplessa di Malfoy, per un attimo rimpiangendo che non avesse ancora un piede dentro casa, per poter mettere in pratica la sua minaccia.

Sentì il cellulare trillare, doveva essere Ginny che le chiedeva come stesse andando. Il primo pensiero fu quello di chiamarla e dirle che non c’era bisogno che venisse, di ignorare il messaggio che le aveva mandato. Poi però l’occhio le andò sull’incartamento che le aveva lasciato Malfoy, prima di dare retta al suo istinto di autoconservazione. In fondo aveva bisogno di un punto di vista esterno. E tutto quel vino costoso e tutto quel cibo non potevano di certo andare sprecati.

Inoltre, per pianificare una vendetta, Ginny Potter, nata Weasley era di certo il partner perfetto.

Nell’attesa, iniziò a sfogliare i documenti, inizialmente in modo piuttosto superficiale, ma ben presto si trovò a studiarli con cura. Non solo c’erano i resoconti di tutti i clienti precedenti, ma anche una strategia approfondita, con tanto di riferimenti bibliografici, a quello che avrebbero dovuto fare loro nei prossimi tre mesi.

C’era un aspetto però che aveva bisogno di cambiare. Malfoy aveva indicato una serie di giornalisti cui avrebbero concesso delle foto della loro relazione. Lei però sapeva bene di non potersi fidare di gente che rincorreva la notizia. In fondo c’era un’unica persona nel mondo dell’editoria di cui si potesse fidare sul serio. Sempre che non volesse finire di nuovo in un barattolo di vetro.

Richiamò la piuma d’oca con l’inchiostro rosso. C’erano un paio di ritocchini da fare qua e la. Poi per il resto, Malfoy e i suoi amici folli a parte, era davvero un piano geniale.

Ministro Granger…

Sì, suonava davvero bene.

 

 


 

Aggiornamento del 1 settembre ( Bentornat3 ad Hogwarts!)... mi sono appena resa conto che NON SO NEANCHE IO COME si era cancellato un pezzo di dialogo... probabilmente anche al mio pc sta antipatico Justin Fletchcoso. In aggiunta, stamattina vedo tutto il testo grigio. Riproviamoci e che tutti i programmi di editor finiscano di remarmi contro.


Eccoci qui, all’ultimo giorno disponibile per adempiere alla promessa “prima della fine di agosto”. In realtà ho riscritto interamente questo capitolo tra ieri ed oggi: inizialmente la scena della cena a casa di Hermione era molto più breve e “di strategia”. Poi le cose mi sono sfuggite di mano. Prometto solennemente che dal prossimo capitolo iniziamo col dating vero e proprio. Aggiornamento previsto per il 15 settembre.

Ai fini di questa storia i Malfoy& Co. devono necessariamente aver riconquistato buona parte della loro posizione sociale, il che, nella mia visione abbastanza cinica del mondo è abbastanza plausibile. Una cosa che però non credo possa essere diversa è il risentimento che Draco ha nei confronti di Lucius, che é uno degli aspetti più superficiali che lo differenzia rispetto al ragazzino che è stato. 

Spero che la lettura sia stata divertente. Alla prossima, spero!

Grazie della pazienza e di aver letto sino a qui.

 

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Capitolo 3
*** Un compleanno da ricordare ***


Hermione era rimasta sveglia tutta la notte, anche dopo che Ginny era andata via, a sfogliare i documenti che le aveva lasciato Malfoy, prendendo appunti, facendo correzioni e tirando fuori tutti il suo arsenale di cancelleria babbana. Verso le prima luci dell’alba, quando il vino era stato sostituito da molto tempo dal suo caffè nero e bollente, si era decisa a prendere carta e penna.

Un incantesimo riducente e Ludwig era pronto per portare la sua ricca offerta di tregua all’indirizzo indicato nell’ultima pagina.



Malfoy,

Per prima cosa: se trovo te e Parkinson di nuovo dentro casa mia ti mando nel Wiltshire in pezzetti talmente piccoli che neanche tutti i Galeoni del mondo basteranno per trovare qualcuno con la pazienza di rimetterti insieme.

Secondo, nonostante tu sia assolutamente insopportabile e irrispettoso della mia privacy, trovo che la tua idea potrebbe funzionare.

Ci sono alcune cose di cui dobbiamo parlare, ti rimando i documenti dove troverai le mie annotazioni. I post-it gialli sono per i suggerimenti, quelli verdi per lì punti su cui possiamo discutere e quelli rosa per i punti su cui non transigo. Puoi rimandarmi tutto con il mio gufo, non ho alcuna intenzione di perdere tempo a discuterne di persona.

ps. Secondo te con cosa dovrei vestirmi nei prossimi giorni? Una federa?

                                                                                     Hermione



La questione abbigliamento era stata risolta in modo allo stesso tempo estremamente complicato ed altrettanto semplice, dal momento che praticamente non le era rimasto nulla di nuovo da mettere e la scelta era ridotta tra una camicia da notte in seta, regalo di Fleur che non ricordava neanche di avere, e i vestiti del giorno prima.

Visto che al Ministero era certa non fossero pronti per un mercoledì casual, decise di lanciare un incantesimo rinfrescante sul tailleur che aveva indossato per la riunione, in attesa che aprissero i negozi in pausa pranzo. Stava ancora cercando il paio di scarpe con cui era entrata la sera prima e che ora sembrava disperse, che il gufo fece ritorno, il becco ancora sporco di briciole e una strana aria soddisfatta.

Dannazione, ma cosa aveva tutti i suoi animali ultimamente?



Granger,

Primo, non hai idea di quanti soldi io abbia, credimi, si trova sempre qualcuno disposto a fare qualcosa per te se lo paghi abbastanza. E non c’è bisogno di arrivare nel Wiltshire…

Secondo, … per Merlino, vivevo benissimo senza sapere cosa fossero i dannati “post it”. Inoltre, anche se non ho mai frequentato Babbanologia, sono quasi certo che non servano per tappezzare ogni singolo foglio facendomi venire l’emicrania. Ah, hai per caso notato che quelli che tu definisci “rosa” e una persona normale definirebbe “color vaiolo di drago” sono la netta maggioranza? Ti sei forse scordata che sono IO quello che deve pianificare? Il che mi porta a non poter accettare il tuo piano di appuntamenti, è semplicemente ridicolo.

Per quanto riguarda i vestiti, se non mi avessi cacciato via in maniera così villana, ti avrei detto che hai appuntamento oggi da Pansy, ha già pronta una selezione. Se ti rifiuterai di andare te la faccio arrivare direttamente al Ministero. E no, non sto parlando solo della collezione che ha preparato per te, intendo Pansy. Credimi, anche se Justin Fitch-coso ne sarebbe più che contento, non vuoi davvero che arrivi a questo.

AH, Cockey è rimasta piuttosto male del tuo trattamento, le avevo detto che ti piacevano gli Elfi Domestici…

                             DM 



Il caffè non si era neanche raffreddato e la sua risposta era già in volo.



Malfoy,

a me piacciono gli Elfi Domestici. Moltissimo. Non mi piace quando qualcuno li sfrutta e li costringe a violare la proprietà privata e li tratta come servi. Ti dice niente?

In ogni caso, fai le mie scuse a Cockey. Non è colpa sua se è al servizio di un Purosangue pallone gonfiato e megalomane.

Se dobbiamo fare questa cosa, voglio scegliere la metà degli appuntamenti. E non se ne parla di prendere lezioni come una stupida Barbie della buona società! É questa l’idea che hai delle donne?

Dì a Parkinson che ci vediamo all’ora di pranzo all’indirizzo che mi hai mandato e, per la cronaca, non ho bisogno di qualcuno che mi dica come vestire.

                                                                         Hermione



Evidentemente a Malfoy sfuggiva il concetto di orario lavorativo ancora di più di quello di rispetto dei limiti personali. Al suo arrivo, infatti, mentre borbottava la sua prima scusa su un ritardo da quando aveva messo piede al Ministero, Amelia le era venuta incontro sorridendo come un’idiota e con in mano un mazzo di garofani rosso scuro e una busta brossurata tra le mani, che le porse al posto dell’abituale agenda aggiornata con i programmi della giornata.

«Li hanno portati questa mattina presto» le disse, osservandola con un sorrisetto. «Pensavo andasse a casa sua…».

Hermione la fulminò con lo sguardo :«Ho avuto un problema al guardaroba… problema che sarà risolto entro la giornata. Nel frattempo, gradirei molto avere il report del caso WZI-99c».

«Adesso? Non vuole prima un po’ di tè? Serve a distendere i nervi…».

«I miei nervi stanno benissimo. Il fascicolo, grazie!», ringhiò, sbattendo la porta dietro di sé direttamente sul volto non solo della sua assistente, ma anche di quello di Justin, improvvisamente apparso dietro Amelia.

«Dammi un secondo!», urlò, appoggiandosi contro la parete mentre faceva levitare i fiori verso il tavolino e tirava fuori il cartoncino color papiro.



Granger,

le lezioni di ballo e di galateo non sono opzionali, neanche se ti ricopri di quei cosi appiccicosi che ti piacciono tanto. Forse ti è sfuggito che nei prossimi mesi dovrai presenziare a numerosi (e ripeto e sottolineo numerosi, scrivitelo da qualche parte, incidilo come una scritta pustolosa sulla fronte di quello stupido Corvonero di fronte a te… a proposito… i miei complimenti per la fattura, Granger) eventi mondani. 

Per Salazar, fammi lavorare!E non far venire un attacco isterico a Pansy, te ne prego, già è stato difficile convincerla.

Ps. Cockey accetta le tue scuse, ma concorda sul fatto che devi assolutamente prendere lezioni.Non vorrai mica far dispiacere ad un elfo domestico, vero? Non va contro il tuo club dei Cretini?

DM

Pps. Cosa diavolo è una Barbie?



«Un attimo!», gridò, mentre il bussare alla sua porta aumentava. Poi si rivolse a mezza voce a Ludwig, che fino a quel momento era rimasto comodamente accovacciato sulla sua spalla «E non accettare cibo pretenzioso».



C.R.E.P.A

Hermione



 

Auspicando finalmente di poter lavorare in santa pace, si lasciò cadere sulla sedia, mentre disigillava la porta, facendo sì che metà del personale della sua ala si riversasse nel suo minuscolo ufficio.

«Come posso aiutarvi?», chiese, cercando di mantenere la calma e sperando che nessuno notasse che fosse vestita esattamente come quando era uscita dall’ufficio, una volta tanto in orario.

«Ecco il fascicolo che mi ha chiesto. Sicura che non vuole niente di caldo?», domandò ammiccando Amelia, incespicando sulle ultime parole, ben cosciente che se avesse pronunciato ancora una volta la parola con la T sarebbe dovuto venire direttamente la Speranza dei Maghi per evitarle Azkaban. 

«Caffè, come al solito, ti ringrazio. C’è qualcosa inerente al nostro prezioso lavoro al Ministero di cui volete parlarmi?».

Justin sembrò osservarla con occhi nuovi. Era stato piuttosto affascinante, con l’allure distinta e le fossette sulla guancia quando sorrideva. Ora, però non riusciva a fare a meno di notare la sua cravatta.

«Edmund ci vuole parlare, a quanto pare ci sono novità. E non saremo soli…» iniziò, sedendosi davanti a lei e iniziando a guardarsi in giro. « E così hai ricevuto dei fiori, eh…».

«Ti ha detto di cosa?», indagò, aprendo la sua agenda dove ora brillava la riunione con il suo capo dipartimento… dannazione era prima del previsto, rischiava sul serio di trovarsi Parkinson nel suo ufficio che sbraitava del suo intimo.

«Non proprio, pare che Alimov sia rimasto affascinato dalla tua spiegazione dei possibili utilizzi della Pozione Anti lupo per l’inserimento dei Mannari nella società Magica e voglia saperne di più… anche se , onestamente, secondo me non ha capito una parola di quello che hai detto, ma…» iniziò titubante, ben sapendo come finora lei avesse reagito di fronte a tali mezzucci.
 «É comunque l’occasione per trovare, un appoggio, giusto?», sospirò la strega, facendo rotolare pensierosa la piuma d’oca tra le dita.

Justin annuì. « Ti va di rivedere i punti essenziali? Macduff ci ha chiesto di preparare una breve presentazione da distribuire prima del prossimo incontro. Abbiamo un paio d’ore…».

 «Il tempo di rileggere i miei appunti e sono da te, va bene. E, ti prego, trovami del caffè…».

Justin le sorrise, rivelando i denti bianchi e perfetti. Se solo avesse scelto una cravatta più sobria.

«Ti aspetto nel mio ufficio. Qui credo stia diventando troppo affollato…» le disse invece ridacchiando ed indicando la finestra, prima di uscire.

Hermione si girò di scatto, pregando tutti gli elementi della Magia di non trovarsi di fronte Malfoy a cavallo di una scopa alla finestra del quinto piano. O Parkinson, ancora peggio.

C’erano due occhi annoiati ad osservarla. Fortunatamente, però, erano del grande gufo grigio del suddetto Malfoy, che aspettava altezzoso che qualcuno si alzasse e lo facesse entrare, nonostante il vetro fosse spalancato.

Appena si avvicinò, le allunò la zampetta, con l’aria di starle facendo un grandissimo favore.



Tsk, Tsk, Granger… non mi pare un linguaggio adatto al futuro Ministro della Magia.

Il tuo gufo si sta riposando, lo stai stressando. Rimandami Merridew se hai qualcosa da dirmi, ma onestamente ti vorrei ricordare che non sei davvero la mia ragazza. Dammi pace.

DM.



Ingoiando il sorriso che le era involontariamente salito alle labbra nel leggere le parole Ministro della Magia, Hermione si sbrigò a scrivere velocemente una risposta.



Era il nome del comitato, Furetto. E sono io che vorrei essere lasciata in pace. Però ho bisogno di avere dei vestiti decenti, e sottolineo decenti, per questa mattina. E rimandami Ludwig, ne ho bisogno.

NON C’É BISOGNO DI RISPONDERE

Hermione



Come volevasi dimostrare, Malfoy non era capace di rispettare alcuna richiesta. Tempo mezz’ora e la sua risposta era tornata sotto forma di un offesissimo Ludwig con le piume profumate di menta.



Granger,

non avevi detto niente nomignoli? Se lo fai tu lo posso fare anche … e sono quasi certo che ti piacerebbe (nonostante quello che dice Pansy).Pansy che , appena finisce di insultarmi per quest’ora indegna a cui l’ho fatta svegliare, ti aspetta. 

E smetti di bere caffè, vedi come ti rende nervosa?

DM.



Come se non fosse stato abbastanza strano vederla arrivare in ritardo, quando Hermione annunciò di dover uscire per una mezz’ora per delle commissioni personali, per poco non fece venire un infarto alla sua assistente. Il che sarebbe stato davvero un peccato, perché quando non era impegnata a comportarsi in modo del tutto frivolo ed inappropriato, era una ragazza intelligente e precisa. Onestamente, non sapeva come avrebbe fatto senza i suoi appunti dettagliati prima di ogni riunione. E poi, essendo per metà Babbana, capiva l’importanza dei post-it.

L’indirizzo che le aveva mandato Malfoy era al penultimo piano di un elegante palazzo bianco dalle grandi vetrate bordate in metallo dorato, poco dietro Diagon Alley. Non ebbe neanche il tempo di bussare, che la porta di legno laccato si aprì per lei rivelando un ambiente dai soffici tappeti arabescati dai colori tenui, posato su un parquet luminoso che assorbiva la luce delle ampie finestre ad angolo.

Parkinson era appoggiata su una chaise longue celeste chiaro, intenta ad osservare quelli che sembravano bozzetti, senza degnarla di uno sguardo.

«Ehm», tentò, schiarendosi la voce e dandole il beneficio del dubbio.

Anche questa volta la ragazza non mosse un muscolo, allontanando invece uno dei fogli che aveva in mano, studiandolo con una smorfia.

«Parkinson...», riprovò Hermione. «I miei vestiti…».

«Erano osceni, grazie per averlo ammesso», commentò quella a mezza bocca, appoggiandosi di nuovo allo schienale e allungando le gambe sulla seduta, senza scomporsi.

«No. Sono spariti. E io ho bisogno di qualcosa di nuovo perché oggi ho degli impegni importanti. Lavoro… ti dice niente?»,  sbuffò la Grifondoro, guardando l’orologio che teneva al polso. C’era solo da sperare che quella farsa non durasse troppo, doveva ancora dare due o tre suggerimenti a Justin.

«E qui secondo te cosa faccio?», rispose l’altra con un gesto annoiato della mano. «E lo farei meglio se tu stessi zitta. Merlino, devo chiedere un aumento del mio compenso a Draco, sei più insopportabile di quanto ricordassi… e quella povera Cockey… ha cucinato tutto il pomeriggio per te… sei un essere orribile, sai?».

«Come se vi interessasse davvero di un elfo domestico. In ogni caso, Cockey è sempre benvenuta. Tu e il tuo amichetto, NO. E, ora, vuoi darmi dei vestiti o devo andare a comprarli da Maxime e mandare il conto a Malfoy?», rispose piccata, mimando il modo di parlare di Pansy.

La sentì ridacchiare. «E chi può dirlo, Granger? Io sento che diventeremo grandi amiche… di più… migliori amiche. Puoi dire addio alla piccola Weasley».

«É Potter, ora».

Finalmente sembrò attirare l’attenzione di Parkinson che si girò a guardarla alzando un sopracciglio:«Fossi in lei non me ne vanterei».

Poi spalancò la bocca dipinta di rosso in una smorfia disgustata, battendosi il palmo della mano in fronte.

«Per Salazar Serpeverde, Granger. Come ho fatto a dimenticare di buttare quella cosa informe? Dannazione a te, mi hai fatto distrarre! E quelle scarpe… per Merlino, ma devi andare nell’orto? E quei capelli…» , iniziò.

«Parkinson, i vestiti!», ringhiò Hermione di rimando.

Pansy però non si scompose, limitandosi ad indicarle la stanza accanto, dove si intravedeva un salottino semichiuso da una tenda circolare di un rosa chiarissimo.

Poi proprio quando aveva creduto di essere riuscita a farla tacere e la pesante copertura di velluto si chiudeva attorno a lei la sentì commentare querula:

«Certo che dovresti davvero smettere di bere caffè, Granger. Ti rende nervosa, sai?».

Dannati Serpeverde.

Se solo non ci fosse stato il Ministero della Magia di mezzo.

 

***

«Quando mi hai detto che si sarebbe occupata Parkinson del tuo guardaroba ho avuto paura che ti avrebbe fatto andare in giro con tacchi a spillo e assurdi tubini nei quali non puoi neanche respirare. Invece sei… normale, diciamo. Sei sempre tu, solo più…non so…». Ginny la squadrò accoccolata sulla poltrona del salotto di casa di Hermione il pomeriggio della settimana successiva.

«Ginny, ti prego, non mettertici anche tu. Già ho dovuto minacciare mezzo Ministero per farli smettere di parlare dei miei fantastici pantaloni color toffee. Che diavolo di descrizione è?» , sbuffò Hermione, posando sul tavolino accanto al divano la crostata al rabarbaro che Ginny aveva portato, passando casualmente dalla Tana quella mattina.

Ginny ridacchiò, servendosi una generosa fetta.

«Si, Harry me l’ha detto, a quanto pare anche tra gli Auror è arrivata la voce del tuo cambio di immagine…quello che non ho capito è come lo hai spiegato. Prima Malfoy piomba nel tuo ufficio, il giorno dopo, improvvisamente butti quel completo lugubre…».

«Ehi! A me piaceva quel completo! Era nero, classico, senza tempo…», rimbrottò Hermione, guardandola esterrefatta, ma Ginny non sembrava particolarmente interessata alla sua indignazione.Per un momento le ricordò fin troppo Parkinson.

«Il tempo era quello di zia Muriel. Andiamo… anche un cieco, ovvero anche Harry, se ne accorgerebbe. Questi colori caldi ti donano moltissimo. E devo ammettere che non sembrano neanche troppo scomodi. Se non avessi paura di iniziare a picchiarla con la mazza da battitore che tengo nello sgabuzzino, chiederei a quella serpe di venire anche da me». 

Prima che potesse chiederle perché diamine tenesse una mazza da battitore in casa, visto il suo ruolo come cacciatore, Ginny continuò:

«E poi nulla per giorni. Non so se essere sollevata, visto che non hai trovato neanche il tempo per me nelle ultime due settimane. D’altronde come nuova Portavoce e Responsabile del Dipartimento per i rapporti internazionali tra Specie, immagino che tu sia stata piuttosto impegnata. A proposito, sei venuta molto bene nella foto, sai?».

«Già. Se non sapessi che c’è dietro lo zampino di Malfoy ne sarei felice. A quanto pare la gente deve imparare a riconoscermi anche senza, e sto citando ovviamente, i due sfigati», sospirò massaggiandosi gli occhi. « Sono stata molto tentata di rifiutare il mio nuovo ruolo... ma hanno finanziato il nostro progetto e la mia parte razionale sa che è un passo importante se voglio davvero candidarmi. Vuoi ridere? Mi ha anche fatto un regalo per la promozione. Un set di inchiostri e della carta intestata con il mio monogramma. Ti risparmio il commento che l’accompagnava. A quanto pare i miei erano dozzinali e raffazzonati e gli facevano sanguinare gli occhi».

Ginny la studiò a lungo. 

«Vi scrivete molto?»

Per tutta risposta Hermione le fece volare in grembo una pila di biglietti, fino a quel momento custoditi in un cassetto della sua scrivania.

« L’unica cosa buona è che a quanto pare nell’ultima settimana è andato fuori per lavoro e ha ridotto i suoi commenti poco costruttivi a tutto quello che faccio. In compenso c’è Parkinson che mi manda il board con tutto quello che devo indossare durante la settimana ogni domenica sera».

Ginny sembrò sul punto di dire qualcosa mentre leggeva le decine di brevi lettere che lui le aveva mandato, poi sembrò decidere di soprassedere scuotendo la testa pensierosa.

«E non l’hai più visto? Come fate a fingervi fidanzati se non vi fate mai vedere insieme?».

«Quello che gli ho chiesto anche io, ma a quanto pare Non è il momento. Dobbiamo vederci il 18 sera, però. Indovina? Anche il quel caso ho già l’outfit preparato… e cosa ancora più incredibile prevede dei jeans. Non sapevo neanche che Parkinson sapesse cosa fossero».

«Il 18?».

«Già, giovedì 18. Per fortuna è per dopocena, sai bene quanto ci sia da fare prima del week end. E poi il lunedì dopo ho una riunione importante, devo prepararmi…».

Ginny improvvisamente si fece di pietra.

«Dovrai passare sul mio cadavere. Ho già organizzato tutto per quel week end. Harry andrà a Hogwarts a parlare agli ultimi anni e si porterà dietro James… Hagrid non vede l’ora. E poi lì almeno so che ci saranno Neville e la McGranitt a dargli un’occhiata. Certo, è probabile che lo farà infiltrare di nascosto a Grifondoro, ma chi sono io per impedirlo? In fondo meglio di quando ha cercato di farlo volare su una scopa a diciotto mesi…».

«Ma quella non era stata una tua idea?».

Ginny spazzò via l’insinuazione con un gesto vago della mano.

«Ufficialmente è stata un’idea di Harry e ci atterremo a quella versione. E non cambiare argomento: giovedì vai a fare quello che devi fare con il Furetto, poi vieni a casa da me e io, te, Luna, Angelina e Hannah ce ne andiamo a fare un week end solo ragazze. Niente figli, niente mariti, niente fidanzati, e, soprattutto, niente finti fidanzati. Sono stata chiara?».

«Cristallina. Tranquilla ha detto che sarà una cosa di un paio d’ore al massimo, probabilmente vorrà snocciolarmi tutto l’elenco delle cose che non so fare e che secondo lui dovrei prendere lezioni».

Sì, in fondo sarebbe stata una cosa breve ed indolore.

Per quanto potesse essere indolore dover passare un paio d’ore con Malfoy.

 

***

Il luogo dell’ “appuntamento” era stranamente troppo anonimo per gli  altezzosi standard di cui il Serpeverde sembrava vantarsi: non si trattava di un ristorante pretenzioso né di qualche altro tipo di locale dove i camerieri sembravano pronti a servire solamente la regina Elisabetta. Era una porticina anonima incastrata all’angolo della via principale di Diagon Alley, cui probabilmente nessuno aveva mai dedicato un secondo sguardo.

Come al solito era arrivata in anticipo, ma quanto pareva non abbastanza da cogliere Malfoy impreparato era infatti lì appoggiato contro il muro di pietra che l’attendeva. Non fumava, non giocherellava con nulla, non guardava l’orologio. Era semplicemente lì, ad attenderla.

«Per un attimo ho avuto paura che ti saresti tirata indietro», le disse a mo’ di saluto staccandosi dalla parete. « E sarebbe stato davvero un peccato, perché sono certo che questo sarà una delle serate più belle della tua vita. Beh, dopo anni passati con Wesley credo che qualunque cosa sia più interessante di guardarlo grugnire sul divano».

«Di certo la modestia non è la tua migliore qualità», commentò Hermione incrociando le braccia davanti al petto, lanciandogli un’occhiata sospettosa. «Allora? Qual è il piano? A volte credo che sia tu quello che si vuole tirare indietro».

Anche al buio del vicolo, le sembrò di scorgere un lampo divertito negli occhi solitamente privi di qualsiasi espressione, mentre la porta si apriva e le faceva cenno di entrare.

«Quindi riconosci che ho delle qualità… interessante. Prego dopo di te, come vedi una è essere un gentiluomo».

«Ma fammi il piacere!», sbuffò la strega. «O forse a Hogwarts non l’hai mai portata?».

Il sorriso gli scomparì dal volto, stava per ribattere qualcosa, limitandosi a scuotere la testa in silenzio, commentando invece laconico: «Fa attenzione, ci sono dei gradini».

«So camminare da sola, grazie Malfoy», replicò stizzita ignorando la mano che lui le porgeva per, secondo il suo cervellino sessista, sorreggerla.

Appena entrata, la stanza era talmente buia da non distinguere che delle forme indistinte, ma  c’era un nell’aria qualcosa di inconfondibile. E no, non si riferiva alla colonia di Malfoy che l’avvolgeva ogni volta che si avvicinava.

Era l’odore dei pomeriggi passati da bambina insieme a sua madre, quello rassicurante del suo primo ingresso nel mondo dei maghi: inchiostro, carta patinata, il legno di cedro degli scaffali e il cuoio delle copertine.

Lumos sussurrò Malfoy alle sue spalle. Lentamente, quasi seguendo il suo sguardo estasiato, i grandi lampadari sospesi iniziarono a spargere la loro luce calda, illuminando uno dopo l’altro i grandi scaffali alti sino al soffitto ricolmi di libri dai dorsi colorati, le pile ordinate che coprivano ogni angolo. 

Ovviamente era un luogo che visitava spesso, eppure ora, nel silenzio della notte e senza streghe e maghi ad occupare ogni angolo, provò le stesse emozioni della prima volta che era entrata lì ed era rimasta affascinata dai libri di ogni forma e dimensione: da quelli rilegati in pelle, a quelli piccini come un francobollo foderati in seta, da quelli completamente bianchi e dagli altri incisi di simboli a quel tempo sconosciuti.

 Hermione si avvicinò, sfiorando dolcemente il dorso di una delle file vicino a lei.

«Storia della Magia di Bathilda Bagshot», lesse con tenerezza « Ricordo di averlo letto tutto appena preso, la notte prima di partire per Hogwarts. Ero così…»

«Eccitata? Immagino. C’è anche la sezione di Divinazione sai?», la stuzzicò lui con la solita voce strascinata che ricordava bene.

«Spiritoso. Di’ un po’ mi hai portato qui per rifilarmi qualche Diario speciale?», ribatté Hermione piccata.

Sentì Malfoy sospirare alle sue spalle. «Come sta la piccola Weasley, a proposito?».

«É Potter, ora. Possibile che nessuno di voi se lo ricordi. E puoi chiamarla Ginny, sai? ».

«Cercherò di tenerlo a mente. Hai detto solo a lei del nostro patto, vero? Mi sembrava di essere stato molto chiaro».

«Direi che dieci gufi con la stessa comunicazione sono stati piuttosto indicativi. Spero che non vorrai metterti a strappare le pagine di un libro per scriverlo nuovamente. Ti avverto, Malfoy… non maltratterai dei poveri libri davanti a me», disse girandosi a fissarlo, tanto per ribadire il concetto.

Lui sembrò sorpreso. «Non pensavo te lo ricordassi, Granger».

«É stata una giornata Interessante non credi? Se non sbaglio tuo padre ne è uscito con un occhio nero…Vuoi provare anche tu?», lo stuzzicò mentre lui alzava le mani in segno di resa.

«A pensarci ora, è stato divertente. Peccato non avere una foto… In ogni caso prenditi il tuo tempo, basta che lasciamo la lista dei libri sul bancone, te li manderanno a casa domani».

Fu il turno di Hermione di rimanere basita. «Cosa?»

Malfoy allargò le braccia ad indicare tutto lo spazio attorno a loro: « É il mio regalo per il tuo compleanno. Scegli tutti i libri che vuoi, qualsiasi edizione. Cosa pensavi fossimo venuti a fare al Ghirigoro? Merlino, Granger, ma sei sicura di non essere diventata stupida? Io mi siederò li su quella poltrona e aspetterò con calma che tu finisca di depredare gli scaffali. Non preoccuparti dei costi, lo sai che sono ricco, vero?».

«Credo che tu lo abbia accennato una volta o due», rispose lei a mezza bocca, mentre già il volto di Malfoy sfumava davanti a lei sostituito dai dorsi colorati dei libri, decine, centinaia di libri. E, soprattutto, tutto il tempo a disposizione per sceglierli.

«E tu starai in silenzio? Non inizierai a fare commenti idioti?», chiese sospettosa.

«Io non faccio mai commenti idioti, Granger. Al massimo pungenti osservazioni. Comunque no, resterò in silenzio nelle prossime due ore. Passate quelle però usciamo di qui, ho promesso al proprietario di essere fuori a mezzanotte in punto».

Hermione sollevò un sopracciglio sospettosa: «E perché lo faresti?».

Draco scrollò le spalle. «Sei la mia fidanzata, no? Ed è il tuo compleanno».

«La tua finta fidanzata, Malfoy. La tua finta fidanzata di cui nessuno ancora sa nulla».

«Verrà il momento, Granger. Non essere la solita impaziente. E ora o ti metti a scegliere, oppure ce ne andiamo».

La strega stava per rimbrottare, ma il richiamo dei tomi dietro di lei era troppo seducente per perdere tempo a litigare con Malfoy.

Due ore di silenzio e libri.

Forse davvero era una delle serate migliori della sua vita. Anche se non avrebbe mai dato a quel borioso la soddisfazione di aver avuto ragione.






Quando uscirono nuovamente nel vicolo l’aria era quella umida e frizzante delle prime ore della notte.

«Un minuto a mezzanotte, Granger. Sei stata di parola». 

«Io sono sempre di parola, Malfoy. Anche se avevo un titolo o due da aggiungere…», mugugnò lei in risposta, pensando a quanto era stata stupida a lasciare quella bellissima edizione in pelle di grilacco di Storia della Magia. Se solo non ne avesse già avute tre a casa…

Era talmente presa dai suoi ragionamenti che non si era accorta che Malfoy le si era avvicinato al punto da essere a meno di un passo di fronte a lei. Il volto affilato, gli zigomi alti e gli occhi con una strana sfumatura azzurra che la guardavano con un’espressione indecifrabile. 

«Venti secondi», mormorò chinandosi verso di lei.

«Malfoy che diavolo…», borbottò di rimando a denti stretti, cercando di fare un passo indietro, ma trovando invece un muro di mattoni lì dove prima c’era una porta.

«Cinque», sussurrò ancora di qualche centimetro, e prendendole il viso con una mano.

«Mal…»

Flash.

Si era fermato, talmente vicino alle sue labbra che poteva sentire il suo respiro contro la guancia.

Flash. Flash. Flash.

Una serie di luci, coperte a metà dal corpo di Malfoy. 

Hermione si coprì gli occhi, cercando di intravedere da dove provenissero, la bacchetta in mano pronta a colpire.

Ma non erano nemici. O Mangiamorte riesumati chissà da dove.

Peggio. Erano giornalisti.

« Sapevo che i libri erano la chiave per farti ottenere il giusto sguardo», le disse quello muovendo appena le labbra a pochissima distanza dalle sue.«Buon compleanno, Granger. E congratulazioni per il tuo fidanzamento»».

 




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Come puoi notare quando ho detto che sarei stata breve ho mentito sapendo di mentire. Il prossimo aggiornamento è previsto per il 30 settembre, tra lezioni di galateo e il primo appuntamento a firma Granger.

Se stai odiando l'impaginazione... ti capisco. Ho provato almeno tre soluzioni e questa è quella che mi fa sanguinare meno gli occhi.











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Capitolo 4
*** Giocare secondo le regole ***


«Era un agguato! Un dannato tranello! Un secondo prima sembrava una persona normale, persino piacevole oserei dire, e poi eccola lì, la viscida serpe pronta a uscire dall’ombra e attaccare» .

Hermione camminava a lunghi passi nervosi per l’intera lunghezza della stanza, rigirando con rabbia la copia della Gazzetta del Profeta che Ludwig le aveva recapitato quella mattina in albergo. Non poteva esserne sicura, ma era certa di aver visto il suo gufo sorridere beffardo. E sapeva di nuovo di menta.

«Uh, quindi Malfoy non gioca pulito… ma chi l’avrebbe mai detto. Andiamo, siediti e mangia qualcosa, cercare di scavare un solco sul tappeto non porterà a nulla» la blandì Ginny, mentre, ancora in accappatoio, si serviva pigramente dal ricco buffet della colazione che era stato recapitato nella loro suite. « Forse un cupcake di compleanno ti aiuterà… potresti avere un calo di zuccheri…»

L’amica si fermò per fulminarla con lo sguardo. «Come puoi pensare a mangiare in un momento del genere?».

«Se può farti sentire meglio, sei venuta molto bene in quella foto. Avevi gli occhi che brillavano…», rispose l’amica scrollando le spalle.

«Per i libri! Brillavano per i libri!»iniziò, sgranando gli occhi. «Quel subdolo essere, quell’ insensibile idiota, quell’infido…».

«Malfoy, in parole povere» tagliò corto Ginny con leggerezza, sorseggiando il suo Bellini. « Si può sapere cosa ti aspettavi? E poi, non hai detto che non dovevi dire nulla a nessun altro oltre a me? Se non ti calmi sarà un po’ difficile non far notare la tua reazione a Luna e Hannah. E per Merlino, non mi rovinerai il mio week end di libertà».

«Ma non era il festeggiamento per il tuo compleanno?» ribatté Hermione, astiosa, sventolando in aria quel che restava del giornale.

«La storia d’amore che nessuno credeva potesse essere vera» ,citò la rossa, addentando il suo toast. « Un po’ banale, in effetti. Anche io sarei alterata».

«Ginevra…» ringhiò Hermione, ma si ammutolì di colpo quando vide la porta del salone della loro suite aprirsi. 

Hannah e Luna avevano una copia della Gazzetta in mano, ma le loro espressioni non potevano essere più diverse. Come se fosse la cosa più normale del mondo, Luna le si buttò addosso, abbracciandola stretta.

«Sono così contenta per te. E anche per Draco, sai. Era ora che finalmente ve ne rendesse conto!» le disse, stringendola forte.

«Eh?».

Persino Ginny aveva smesso di masticare e le guardava perplessa.

«Ma sì, anche ad Hogwarts era chiaro come i Thestral che ci fosse qualcosa tra di voi» continuò, per poi spostare la sua attenzione verso un pompelmo «Guarda qui, non sembra anche voi che assomigli ad Harry? Ha anche la cicatrice…».

« Beh, io non lo avevo capito. Ma a quanto pare sono l’unica qui dentro.» Hannah la guardava risentita, sedendosi a tavola senza toccare nulla. «Chissà ad Hogwarts, come l’hanno presa…».

«Direi che non sono affari loro», ribatté stizzita Hermione, pentendosi immediatamente del tono aspro che aveva usato. Oh, se solo avesse avuto Malfoy tra le mani!

«Allora, Granger», disse Hannah, strascicando le parole in un’imitazione fin troppo riuscita del suddetto Serpeverde. « Vuoi raccontare anche a me come è nata questa fantastica relazione?».

Due opzioni.

La prima: raccontare la verità e tirarsi indietro da quel piano, facendo la figura dell’idiota non solo con la sua amica, ma probabilmente con il mondo magico. Perché era certa che Hannah si sarebbe dannata l’anima per farla tornare sui suoi passi, facendola sentire una viscida approfittatrice.

La seconda: tirare un respiro e fare quello che d’ora in poi avrebbe dovuto fare meglio: Mentire. Ad una sua amica..

No, disse la voce di Malfoy nella sua testa. 

Adattare la storia alla realtà. O adattare la realtà alla storia, non è che fosse proprio così ad essere onesti. Forse nella testa bacata di un Serpeverde sì, ma lei ancora aveva i suoi dubbi.

«Ci siamo incontrati ad un evento pubblico e lui mi ha offerto da bere e si è scusato. Poi abbiamo iniziato a parlare e sai com’è una cosa tira l’altra.» iniziò Hermione titubante, prendendo sicurezza man mano che la storia si srotolava sulla sua lingua. In fondo c’erano un paio di cose non troppo false in quello che stava raccontando.

«Ah, sì? E quale sarebbe questo evento pubblico di cui non mi hai parlato? E quando sarebbe successo?» inquisì Anna, fissandola seria oltre il piatto ripieno di waffles che Ginny le stava facendo volteggiare davanti al viso.

«Era la festa per i cinquant’anni del mio allenatore, Hannah. Malfoy era lì perché è uno degli sponsor delle Harpies ed Hermione… beh lei era il mio +1, Harry era bloccato da qualche parte con gli Auror, e lei era depressa perché si era lasciata con Ron, e io dovevo andare per forza e sai che odio queste cose. Per Merlino, da quando sei così astiosa?». Ginny aveva sbattuto improvvisamente una mano sul tavolo, così forte che la pila di macaron impilati artisticamente uno sull’altro oscillò pericolosamente.

«Da quando la strega più brillante della sua generazione va a letto con uno è stato responsabile di tutto quello che è successo durante la Seconda Guerra Magica. Te lo ricordi l’ultimo anno, Gin? Te lo ricordi quando Alecto ci torturava? O vuoi chiedere a Luna quanto è stato piacevole il suo soggiorno nelle segrete di casa sua? O ad Hermione quanto è stato bello farsi torturare nel suo salone? O quelli che sono morti per colpa di quelli come lui?»

«Hannah…» l’avvertì Ginny, posando con calma le posate accanto al piatto ricolmo di uova appena toccate. «Il passato è passato. É inutile farlo tornare».

Quelli come lui.

Quelli come lei.

«Beh, forse mi sono stufata di essere solo la strega più brillante della sua generazione, che dici?» si ritrovò a sbottare. « E poi forse non te l’ho detto perché sapevo come avreste reagito. Draco ha fatto delle cose orribili, ma è una persona diversa.  Io sono una persona diversa. E, onestamente, ho piene le scatole delle persone che pensano di dovermi dire come vivere la mia vita. E visto che questo è il mio compleanno, se non ti sta bene, o se devi parlare male di me o del mio fidanzato sei pregata di andartene, Anzi, sai che ti dico? Meglio che vada io a fare una passeggiata».

Aveva vomitato le parole senza neanche pensarle davvero, lasciando che fosse l’insieme della rabbia provata per l’articolo di giornale, dirigendosi verso la porta a passo di marcia.

Mentre passava dietro a Luna, la ragazza si era sporta per toccarle leggera il braccio.

«Credo che neanche Draco abbia dei bei ricordi di quel posto, sai? Quando scendeva a parlare con me la notte, a volte tremava così tanto che ho avuto paura che si rompesse» le disse dolcemente. Poi si era sporta verso Hannah, sfiorandole la mano. « É comprensibile che tu sia preoccupata, ma, credimi, andrà tutto bene. C’è anche nella nuova copia del Cavillo, è il momento migliore per le storie d’amore, i gerbilli hanno iniziato a fare la cacca rosa».

Hermione, Ginny ed Hannah si guardarono perplesse. Come facesse il colore degli escrementi di un animale essere collegato ad un’eroina di guerra Natababbana che frequentava un ex Mangiamorte Purosangue era un mistero talmente grande che era impossibile continuare ad accusarsi a vicenda.

«E ora da brave, spegniamo le candeline e mangiamo questa fantastica torta ai tre cioccolati» le blandì Ginny, mentre sia lei che Hannah si risiedevano ai loro posti. Poi avvicinandoleci con la scusa di dalle un bacio sulla guancia le sussurrò: «Draco?».

Già, Draco.

Come diavolo le era venuto? Forse davvero aveva un calo di zuccheri.






 

Nonostante i tentativi di fingere che tutto fosse normale, il resto della settimana non si era svolta esattamente come aveva preventivato. Certo avevano mangiato ogni tipo di dolce e cibo spazzatura di cui avevano avuto voglia, passato la giornata alle terme e ballato tutta la sera, ma neanche dopo diversi brindisi quel senso di disagio della mattinata era riuscito a dissolversi.

E i due Patronus che Harry aveva mandato chiedendole se non fosse impazzita, non avevano di certo aiutato. Così come il fatto che quando aveva visto arrivare il terzo, Ginny avesse deciso di tramutarsi nella versione più spaventosa di Molly Weasley e l’affaire della Strillettera il secondo anno.

L’unica che, come al solito, sembrava assolutamente a proprio agio e indifferente a certe questioni, era Luna. In più di un’occasione, Hermione aveva pensato di prenderla da pare per chiederle come mai sembrasse conoscere così bene Malfoy, nonostante i loro trascorsi, ma non ci era mai riuscita, ogni volta che era sul punto di parlare, la sua mente si chiudeva in una stanza dalle pareti scuri e le pesanti tende di broccato che tagliavano via ogni spiraglio di luce. Sentiva il freddo del pavimento di marmo contro cui era schiacciata, e l’odore del sangue, il suo stesso sangue impuro unito a chissà quante decine di altri.

Non le era mai successo quando era vicino a Malfoy, ma il solo parlare di qualcosa accaduto in quella casa…le parole di Hannah sembravano esserle entrate nel cervello, scavandole una cicatrice più profonda di quella che ancora portava sul braccio.

Era rientrata a casa esausta, con appena la forza di lavarsi i denti e spogliarsi, raggomitolandosi dentro il letto. Sospirò rilassata, godendosi il lieve profumo di sapone di Marsiglia e lavanda e il lusso delicato delle lenzuola di cotone egiziano che avevano sostituito quelle che si era portata dietro dal primo trasloco, comprate di fretta e senza alcuna voglia, perché c’erano altre mille cose più importanti da fare.

Era sul punto di addormentarsi, quando qualcosa, o meglio qualcuno, lancio un ululato lamentoso nel suo orecchio.

Si tirò seduta di scatto, spaventata, trovandosi di fronte il muso arruffato di Grattastinchi, piuttosto seccato.

«Ti senti bene?» borbottò, preoccupata, cercando di prenderlo in braccio.

Grattastinchi però si limitò a sbuffare, leccandosi lentamente una zampa, senza smettere di fissarla.

Che avesse ancora fame? O sete? Eppure aveva lasciato cibo a sufficienza con il dispenser magico che rilasciava a tempo i croccantini.

Di malavoglia e ancora assonnata scese in cucina, dove però facevano bella mostra di sé una ciotola smaltata con dei resti di quello che sembrava un filetto al sangue, e una fontana zampillante acqua che era certa di non aver mai posseduto. Evidentemente, però, non era quello che intendeva il suo felino, visto che non si era neanche degnato di seguirla. 

Rientrò in camera, dove Grattastinchi l’aspettava seduto nel centro del letto ed appena la vide iniziò nuovamente a leccarsi la zampa, passandola insistentemente sopra l’orecchia sinistra.

«Che c’è? Forse dirmi che pioverà? Grazie, ma non mi sembra un grosso problema» lo prese in giro, sbadigliando e infilandosi nuovamente sotto le lenzuola. Non fece però in tempo a poggiare la testa sul cuscino che Grattastinchi riprese a lamentarsi.

O meglio, non era un lamento.

Sembrava…

Che il suo gatto la stesse sgridando?

Saltandole sull’addome in modo del tutto poco elegante, Grattastinchi planò sul suo comodino, sedendosi a guardarla fisso a pochi centimetri dal suo viso.

«Si può sapere cosa ti è preso?» gli chiese, cercando di accarezzarlo, cosa che questa volta lui lasciò fare sdegnoso. E proprio mentre gli grattava la testa notò una cosa che finora non aveva notato. Al collo tarchiato del suo bellissimo incrocio con un Kneazle, spiccava un cinturino in pelle morbidissimo, tanto che al tatto era persino difficile notarlo. Dorato.

«Ma cosa diavolo…Grattastinchi, chi ti ha dato questo?» chiese inorridita, cercando di sfilarglielo. Grattastinchi però non sembrava altrettanto inorridito dal suo nuovo collarino, visto che aveva iniziato a ringhiare furiosamente appena le sue dita si avvicinavano.

«Si può sapere che ti prende? Hai sempre odiato i collari! Ricordi quante volte ho provato a mettertene uno?» sbottò Hermione. «Sai che ti dico? Domani ne parliamo, adesso voglio dormire».

Un ululato più forte degli altri. Ma da quando i gatti riuscivano ad emettere gli stessi versi dei Chupacabra?

Questa volta, però, proprio mentre stava per girarsi dall’altro lato per ignorarlo, lo sentì saltare sulle mensole sopra il letto.

E poi sentì un qualcosa caderle dritto sulla faccia.

E poi un altro.

Ed un altro ancora.

Si tirò su massaggiandosi lo zigomo e cercando di capire cosa diavolo avesse tirato giù, mentre ora la guardava soddisfatto, raggomitolandosi nel posto ormai lasciato vuoto e di certo occupato dalla foto del matrimonio di Harry e Ginny.

Erano due vasetti ed una bottiglietta di vetro pesante, di tre dimensioni diverse, con delle delicate etichette color papiro sopra, con i nomi in eleganti svolazzi color violetta.

Siero Viso alla Linfa di Albero Rigenerante

Contorno occhi defatigante con estratti di Algabranchia delle Fiji.

Crema idratante rimpolpante all’estratto di Moli Islandese.

 

Girandole, tutta la poesia e l’eleganza di quelle confezioni spariva, per lasciare spazio alla follia che sembrava non avere fine dentro quella casa: non solo c’erano dei grandi numeri ad indicare la sequenza, ma accanto al numero uno c’era un cartoncino dalla grafia e dalla prosa inequivocabile.

 

Per Merlino, hai la pelle talmente disidratata che ho temuto ti scambiassero per la versione mummificata di Bathilda Bagshot quelle foto. Non ti azzardare ad andare a dormire senza mettere la crema.

Ho lasciato qualcuno con più capacità beauty di te a controllarti.

Ah, Buon compleanno Granger! Consideralo il mio regalo di compleanno.

Pansy

Ma non dirlo a Draco, l’ho messo in conto a lui, queste creme costano cinquecento galeoni l’una.

 

Il gatto. Il suo gatto, che ora la guardava sornione, con l’alito che sapeva filetto di manzo e il pelo lucido e pettinato, che non si era mia voluto far spazzolare, ora era diventato un alleato di quel gruppo di disagiati.

«Se continui così ti mando a fare la rieducazione da Harry!» minacciò, chiedendosi per l’ennesima volta se non fosse stata troppo ottimista nello stilare i pro.

Ministero della Magia. Ministero della Magia. Ministero della Magia.

Doveva solo concentrarsi sull’obiettivo. Pochi mesi e in cambio avrebbe potuto davvero fare la differenza.







 

A quanto pareva, se Malfoy era ancora fuori per un viaggio di lavoro, che secondo lei era solo una fuga per evitare di farsi schiantare, il resto del mondo magico aveva deciso di non avere nulla da fare se non scriverle lettere. Decine di lettere. Dozzine di lettere. Centinaia di lettere.

Tutte indirizzate a lei.

Il primo giorno ne aveva letta qualcuna, più per curiosità che altro. Inizialmente aveva pensato addirittura che fossero relative al lavoro, non avrebbe mai pensato che perfetti sconosciuti decidessero di impiegare il loro, evidentemente non così prezioso tempo, per rendere manifesto tutto il loro disappunto per quella relazione disgustosa.  Gli insulti in egual misura venivano da parte di chi l’accusava di essere un’arrampicatrice sociale, interessata solo ai soldi dei Malfoy, e chi inorridiva per poter anche solo permettere ad uno come quello lì di respirare la sua stessa aria. 

L’accusavano di aver  tradito Harry Potter, di essere sempre stata una doppiogiochista e di sputare sul sangue dei morti.

Alla decima lettera di quel tono, sentiva letteralmente del fumo rosso uscirle dalle orecchie neanche avesse preso la Pozione Peperina.

Prese carta e penna, pronta ad una dettagliata e piccata risposta che includesse l’importanza di non sentirsi superiore agli altri e ad insultarsi senza sapere nulla della loro vita, cosa che avrebbe dovuto essere una pratica comune di buona educazione. Proprio nel momento in cui stava per posare la penna sulla carta e vergare le prime, ficcanti, parole di biasimo, l’occhio le cadde su una lettera rosa chiaro, con una grafia piuttosto infantile.

Che adesso anche i bambini ?  Certo se i genitori erano quelli dei messaggi precedenti…

 

Cara Signorina Granger,

il mio nome è Eloise Truman. La mia mamma ieri ha fatto una scenata mentre compravamo il gelato, perché tutti parlavano di te e del tuo fidanzato. Ha detto che sei intelligente e coraggiosa e che hai il diritto di fare quel cacchio che vuoi (non ha detto cacchio, ma io non ho il permesso di dire parolacce. Lei però l’ha detto, anche se poi ha detto che non avrebbe dovuto).

Mi ha raccontato della Guerra, io ero troppo piccola per ricordarlo ma la mia mamma sì, perché lei è una Natababbana, come te. Mi ha detto che senza di te, io non sarei qui e non avrei tanti libri da leggere. Mi ha raccontato anche che a scuola hai fondato un club per difendere gli Elfi domestici. Io non ho un elfo domestico, ma ho letto tanto di loro, mi piacciono tanto. Posso fare anche io parte del tuo club quando andrò ad Hogwarts? Spero di entrare a Tassorosso come la mia mamma e il mio papà, anche se non mi piace giocare a Quidditch, però anche Grifondoro come te, va bene.

Ti mando un calzino, nel caso vedessi un elfo domestico nel frattempo. Mamma ci tiene a farti sapere che è pulito.

Eloise Turner, otto anni.
 

Di certo la scena che si trovò di fronte Justin quando aprì la porta dell’ufficio per discutere del rapporto sulla sostenibilità economica del progetto di ricollocamento delle creature magiche, con una Hermione Granger con gli occhi lucidi e un calzino in mano, sommersa di lettere.

«Tutto bene? Stavi scrivendo qualcosa?» le chiese, titubante, indicando il foglio sulla scrivania sul quale si stava allargando una macchia d’inchiostro. 

La strega scosse la testa, riacquistando la sua compostezza. « A dire la verità sì, ma ora non è più importante. Dammi solo un momento, ti raggiungo subito. Come vedi sembra che qui sia passato tutta la guferai di Hogwarts.»

Justin annuì con un mezzo sorriso. «Non ti chiederò il motivo, anche se non pensavo ti piacessero i riflettori. Però c’è una cosa che devo dirti su questa storia, e poi non ne parleremo più…»

«Se proprio devi…» concesse lei, preparandosi mentalmente all’ennesima tirata sull’inopportunità di frequentare Malfoy.

«Ti stanno molto bene quei jeans. Dovresti metterli più spesso» rise invece, dileguandosi velocemente. Da dietro la porta invece continuò « E fino a che questo significa che abbiamo un appuntamento con il Wizengamot tra un mese per l’approvazione del nostro progetto, a me va benissimo!»

 

Quella sera, mentre finalmente si rilassava nella sua vasca da bagno, Hermione non poteva fare a meno di pensare a quella letterina rosa e al calzino a pois, che ora era incorniciato sulla sua scrivania. Di certo poteva sopportare gli insulti della gente, forse Malfoy aveva ragione, era solo il prezzo da pagare per catturare l’attenzione. Sarebbe passato. Ma ora doveva gestirlo al meglio.

E c’era una cosa che poteva fare… soprattutto visto che, secondo i patti, ora toccava a lei scegliere l’appuntamento.

Eloise sarebbe stata fiera di lei e di tutti i Natibabbani.

E Malfoy avrebbe assaggiato un po’ della sua medicina.







 

Quel sabato mattina, forse per la prima volta in vita sua, Hermione si era davvero rilassata nel prepararsi. 

Dalla selezione che le aveva mandato Pansy  (lamentandosi ad ogni invio di aver ricevuto troppe poco indicazioni per riuscire a creare il quadro estetico adeguato) quello che considerava il più vicino possibile alla sua zona di comfort: un paio di pantaloni attillati e una blusa di seta, allacciata morbidamente con un fiocco poco sopra una scollatura discreta, entrambi di un colore che Pansy continuava a ripetere fosse noisette, nonostante lei avesse più volte puntualizzato che  non interessasse a nessuno, tantomeno a lei. Aggiunse poi una giacca leggera in tweed più scuro, e delle scarpe dal tacco basso che lasciavano scoperto il dorso del piede. Le piacevano quei colori, le ricordavano quando da piccola andava a giocare nel parco vicino casa, mentre le foglie iniziavano a cambiare colore. Passava le ore a raccoglierle, studiarle, catalogarle. Chi mai l’avrebbe detto ad una bambina Babbana che un giorno sapere la differenza tra una foglia di leccio e una di rovere in una pozione. Sorrise mettendosi un rossetto vinaccia più scuro a quello di cui era abituata, ma che aveva scoperto la facesse sentire stranamente sicura.  E poi, cosi avrebbe potuto minacciare Malfoy di stamparglielo sulla camicia, se non si fosse comportato bene.

Certo, quello avrebbe significato avvicinarsi più di quanto fosse disposta a fare per la causa, ma se c’era una cosa di cui era assolutamente certa ormai era che se poteva essere sopravvissuta ad un anno in fuga (e alle lezioni di volo di Ginny, poteva di certo sopportare qualche mese di sorrisi finti.

La Grifondoro che era in lei protestò di fronte al sotterfugio, ma quella più pragmatica le ricordò che una volta aveva dato fuoco ad un professore pur di salvare Harry di rompersi la testa. In fondo, ingannare gente che pensava che una donna valesse solo se messa su pagina sei della Gazzetta pur di ottenere la loro attenzione su qualcosa di importo, non era poi così terribile.

Sorrise al suo sorriso nello specchio. Si, decisamente sarebbe stato divertente.

Sempre che non finisse in una rissa come ai tempi del Ghirigoro.

 

 

 

 

«Potresti quasi passare per uno del posto, sai?».

Hermione sorrise internamente vedendo le spalle di Draco sussultare leggermente, quando gli era apparsa alle spalle.

«Ma non c’era il divieto di materializzarsi?» rimbrottò l’altro, mettendo il broncio. «Se lo avessi fatto io ti saresti lì a farmi la lezione…».

«Shhh…ma vuoi abbassare la voce. Vuoi farti sentire da mezza Islington? E poi non hai le prove che io mi sia… beh hai capito. Forse sono solo molto silenziosa».

«Beh con questo caos non è che ci voglia molto. Ma come fate a vivere con questo… Merlino non so neanche come definirlo… Cosa sono quelle scatolette di latta che passano a tutta velocità? Per Salazar Serpeverde, questo posto è un incubo, non mi sorprende che tu sia fuggita via».

Fu la volta di Hermione offendersi: «Io non sono scappata. E quelle sono macchine, Malfoy, la gente le usa per spostarsi. Se fossi mai venuto a lezione di Babbanologia lo sapresti. Così come non devi attraversare la strada quando quella luce è verde».

«Vuoi dire che la gente ci si mette volontariamente dentro quei cubicoli mortali? Ma è una cosa da idioti! Io non mi faccio dire da una dannata lucina su un palo cosa fare e cosa non fare. E, soprattutto, non ho alcuna intenzione di muovermi da qui. Camminerò all’indietro fino al punto di apparizione più vicino e poi mi rintanerò a casa da annusare pozioni per togliermi quest’odoraccio di dosso».

«Ma tu usi una scopa! Vuoi forse dirmi che è meno pericoloso volare a decine e decine di metri d’altezza, tuffandosi in picchiata per prendere una pallina con le ali, schivando bolidi impazziti?» rimbeccò spingendolo verso il numero la serie di portoni accanto a loro.  Poi indicò il mazzo di fiori che Malfoy teneva in una mano: «E che cosa sarebbero quelli?».

«Questi? Si chiamano fiori, Granger. Spero che tu abbia capito che sono per te. Come vedi ho rispettato la richiesta di rimanere casual» rispose lui con tono annoiato, in contrasto con il modo aggraziato con cui le aveva porto il bouquet, evidentemente la memoria muscolare vinceva sulla mancata educazione a rivolgersi agli altri. « E comunque sì, è molto meno pericoloso. E poi devi ammettere che la divisa da Quidditch mi stava da Merlino. Sai quante ragazze mi andavano dietro a Hogwarts quando sono diventato Cercatore? E anche delle tue amiche, se proprio devo dirla tutta…».

Una signora passando accanto a loro, scoccò un’occhiata tra il perplesso e il preoccupato. Nonostante a livello estetico entrambi rispecchiasse gli standard snob del quartiere, era evidente che i loro discorsi sembravano dovuti a qualche uso troppo ricreativo delle erbe.

«Lo vedo che sono fiori, Malfoy. Quello che non capisco è perché li hai portati. E poi non sei affatto casual, hai un completo giacca e pantalone».

«E infatti la camicia non tinta unita. Merlino, Granger, hai detto casual, non vestiti come uno che vive nella tana di un Berretto Rosso. Cos’è vuoi anche che mi metta anche una parrucca color carota e assuma un’espressione idiota? E li ho portati perché questo è un appuntamento, e agli appuntamenti si portano i fiori alla propria ragazza», sospirò esasperato, ancora con il mazzo di fiori tra di loro.

« E io che ho sempre pensato che la tua ossessione fosse Harry… E comunque, no, non mi devi portare i fiori. Non so cosa farmene e, soprattutto, non saprei dove metterli. Per la cronaca, credo che tu abbia confuso i deliri post caduta dalla scopa con la vita reale, a ulteriore dimostrazione che volare non è un modo di spostarsi sicuro come pensi tu».

«Credo che quelle fossero invece relative a quanto tu fossi, beh per essere un gentiluomo, popolare a Hogwarts. Specialmente dopo il Ballo del Ceppo, quando finalmente hai capito di poterti pettinare. Certo, a vederti adesso direi che la percentuale di ammiratori salirebbe decisamente, e non sarebbero più così silenti» ghignò Malfoy. « E prenditi questi dannati fiori, sta diventando imbarazzante per entrambi stare qui, su questo marciapiede lurido, aspettando che tu finalmente ti decida a dirmi in quale tortura consiste questo nostro appuntamento. Sul quale avrei da ridire, avevi detto un appuntamento ogni tre, e io ne ho scelto solo uno».

Hermione sbuffò, strappandogli di mano il mazzo di astri e margherite. «Il primo è stato quando ti sei presentato nel mio ufficio e mi hai chiamato tesoro, davanti a tutti i miei colleghi».

«E ti ho portato il tè, se ricordi bene. Perché non hai iniziato a berlo? Davvero, ne gioveresti».

«Il secondo», continuò Hermione respingendo la tentazione di schiantarlo in pieno Gran Canal, «quando ti ho trovato dentro casa mia, con la tua cara Pansy, a traviare il mio gatto».

«E ho portato la cena e il vino, senza ricevere un grazie in cambio. Il tuo gatto è più educato di te». Questa volta gli sembrò di scorgere un’ombra di sorriso dietro il ghigno solito. «La mia cara Pansy? Cos’è sei diventata già gelosa, Granger?».

Hermione decise di ignorare quella stupida illazione. « Se vuoi possiamo parlare del collare che è improvvisamente apparso sul mio gatto».

«Bello, vero? Pansy aveva pensato al verde, ma mi sembrava scontato. Anche se sarebbe stato bene con i suoi colori, devo ammetterlo. A tal proposito, Granger…. Grattastinchi? Per Salazar Serpeverde, ma che nome è? Chi dà un nome del genere a un essere vivente?».

Merlino, quanta pazienza… e pensare che aveva davvero creduto che quella volta sarebbe stata una cosa quasi piacevole.

«Non so… forse la gente si fa la stessa domanda su chi chiama il figlio Draco?».

Malfoy la guardò con un sorrisetto di superiorità. 

«Strano che tu abbia da ridere sui Black, visto che mi stai portando a quella che una volta era la casa della zia WIlburga e ora è quanto di più lontano possibile dalla dimora di una ricca famiglia purosangue. Cos’è, vuoi farmi vedere come provi a bruciare il mio nome sull’arazzo? O vuoi aggiungere il tuo? Sarebbe un bello scoop… certo a più di qualcuno verrebbe un infarto, Potter incluso. E credo che in nessuno di quei casi sarebbe una perdita, almeno per me.»

La strega lo guardò di sbieco, con gli occhi ridotti a due fessure. « E tu cosa ne sai di questo posto? Io ci ho vissuto qui, sai?».

Il ghignò spari di colpo dalla faccia di Malfoy, mentre tornava a guardarla con due specchi grigi inespressivi come l’acciaio. Poi aggiunse impaziente: « Allora, andiamo? Non ho tutto il giorno».

Hermione ingoiò la risposta che stava per dare. In quello aveva ragione Malfoy, non era un gioco e non aveva tempo da perdere, senza contare che la conferenza stava davvero per iniziare. Aveva deciso di non arrivare con troppo anticipo, per evitare domande e commenti non richiesti, ma se continuavano a battibeccare a quel modo sarebbe il suo piano sarebbe andato in fumo.

Nessuno dei Babbani attorno a loro sembrò notare che lì, dove prima c’era un’anonima porta senza alcuna attrattiva, ora faceva bella mostra di sé una pesante porta di ingesso nera, lasciata aperta. Rispetto alla prima volta in cui aveva messo piede in quella casa, con i vetri sporchi e i mobili ricoperti di polvere, ora sembrava di trovarsi in un luogo completamente diverso.

Al posto degli impostati e arcigni ritratti della Famiglia Black, finalmente rimossi, ora le pareti erano costellate di foto di tutti coloro che erano passati in quella casa, trovandovi se non felicità, almeno un posto sicuro. Alla fine della guerra, quando era diventato ufficialmente il proprietario della Casa, Harry aveva infatti deciso di aprirla per tutti coloro che una famiglia da cui volere o poter tornare, e Grimmauld Place era così diventato quello che per tanti anni era stato per loro la Tana. Era lì che ormai festeggiavano Natale e tutte le ricorrenze legate a quella che ormai era una famiglia allargata a tutti gli effetti. Non c’era nessuno che fosse passato per quel luogo che non avesse ricevuto una torta di compleanno o un pacchetto di dolci a Hogwarts quando si sentiva un po’ giù. Quando il lavoro e la famiglia non avevano più permesso a Harry e Ginny di continuare a gestire la casa come volevano, avevano deciso di traslocare lì vicino. Era stata una scelta sofferta, ma aver lasciato Grimmauld Place nelle mani di Luna era stata una mossa più che saggia.

Non c’era nessuno che fosse troppo strano, troppo taciturno o troppo arrabbiato, per Luna. Lei accoglieva tutti con lo stesso sorriso. Come stava facendo con loro, appena li aveva visti entrare.

«Hermione, Draco, siete arrivati finalmente» aveva sorriso andandogli incontro e schivando il portaombrelli a forma di gambe di troll che aveva recuperato dalla cantina e decorato con dei glitter multicolore. 

Non fu tanto la solita accoglienza calorosa di Luna a stupirla, quanto vederla abbracciare, sì abbracciare, Malfoy.

Per un attimo ebbe l’assoluta certezza che quella non fosse la realtà, ma una sorta di sogno prodotto da chissà quale pozione. Ecco, probabilmente con quei fiori dannati Malfoy l’aveva avvelenata e questi erano i primi sintomi.

Sintomi che peggiorarono quando vide lui non prendere fuoco durante l’abbraccio. E peggiorarono ancora quando tirò fuori dalla tasca interna della giacca un sacchettino e darglielo in mano. E per di più stava sorridendo.

Non un ghigno. Non una smorfia. Un sorriso vero. « Te lo avrei mandato stasera, ma visto che sono qui. Albert ti manda i suoi saluti».

«Albert?» si trovò a dire Hermione, spostando lo sguardo allucinato tra i due, neanche avesse visto Piton e la McGranitt darsi il cinque.

«Albert. Il mio pavone. O meglio uno dei miei pavoni. Aspetta, uno dei pavoni dei miei… insomma, lascia perdere» tagliò corto Malfoy, riabbottonandosi la giacca. « Allora Granger, se non siamo qui per farmi vedere il cambio interni di questo posto, mi dici perché siamo qui?»

Fu il suo turno di sorridere. Anzi di ghignare. Poi con tutta la delicatezza e la grazia di cui era dotata, indicò la scritta su pergamena che volteggiava davanti alla porta.

«Per quello, tesoro…»

 

Oltre il Mondo Magico: Cosa possiamo imparare dai Babbani.

Ovvero l’utilità di una Paperella di gomma.

Relatore Arthur Weasly.

 

Lo stridio dei denti di Malfoy fu talmente forte che per un attimo pensò che lo avessero sentito sin dalla prima fila.  Forse era stato solo una sua impressione.

O forse quello di Harry, seduto accanto ad Arthur, fu in grado di coprirlo

 

Doveva ammettere che mai avrebbe pensato che Malfoy riuscisse a mantenere un tale autocontrollo durante una conferenza di due ore sugli usi Babbani, incluso un’appassionata descrizione di guantoni da cucina ricamati a fiorellini rossi, adatti secondo Arthur a molteplici usi, incluso l’usarli come gabbia per i doxy catturati, in mancanza di altro a portata di mano. Quando era arrivato al racconto dettagliato di tutte le regole del bowling e di una secondo lui appassionante sfida con Sirius, Remus e Ted Tonks proprio nei corridoi del piano di sopra, era certo di averlo sentito gemere. Eppure, non aveva mosso un muscolo, o fatto alcuna battuta sarcastica sulla demenza di certi maghi, al punto da farle crede che Harry fosse diventato davvero così bravo da averlo pietrificato senza farsi scoprire. Nonostante sapesse che Harry voleva solo il suo bene, quel suo modo di fare stava iniziando a diventare esasperante, perciò fu più che contenta quando lo sentì scusarsi per dover scappare via per degli impegni urgenti e non rimandabili. Ma questo non vuol dire che non ci sarò se qualcuno dovesse aver bisogno di me, aveva concluso scandendo le parole come se stesse parlando a un pubblico di lingua diversa. Ovviamente, mentre lo faceva, non aveva smesso un attimo di fissarla.

«Com’è che si chiama quel coso per comunicare?» Era così persa nei suoi pensieri che a momenti neanche si accorse che Malfoy era uscito dal suo mutismo.

«Eh?».

«Ma si quell’aggeggio che fa clic clic clic quando fai quella cosa con le dita… scusa ma sono stato l’unico a prestare attenzione?» chiese, sgranando gli occhi. «Non me lo sarei mai aspettato da te, Granger, mi deludi molto».

«Cellulare».

Mentre era ancora intenta a capire se fosse impazzito o la stesse prendendo in giro, una voce calma e leggermente divertita aveva risposto al posto suo. Riconoscendola, Hermione sentì un leggero pizzicore sulla nuca, chiedendosi come avesse fatto a non pensare che sarebbe venuta anche lei. Dopotutto non solo era amica di Arthur e Molly da molto tempo, perdipiù aveva anche sposato un Natobabbano…

«Andromeda, buonasera»

Guardò di soppiatto Malfoy che aveva salutato in modo così formale da sembrare quasi comico, cercando di capire che effetto gli facesse vedere quella zia che era stata disconosciuta ben prima che lui nascesse e che somigliava terribilmente a Bellatrix, al punto che a volte lei stessa ne risultava turbata. Ma poi bastava guardare la strega negli occhi per rendersi conto che nei suoi, seppure così simili, non c’era alcuna traccia della follia e della crudeltà che avevano animato la Lestrange.

«Sai che ho quasi avuto la tentazione di portare su il quadro della zia Wilburga e mostrarle la collezione di paperelle di gomma che ha portato Arthur? Ce ne è una che le assomiglia in modo impressionante…», disse portandosi accanto a loro vicino alla finestra, con un ghigno che ricordava pericolosamente quello del nipote.

«O forse volevi solo sbandierarle davanti la mia presenza?» chiese Malfoy, rilassando impercettibilmente le spalle. 

«Un po’ quello, un po’ questo… ma credo che a breve avrò ben altro da mostrarle, no? Oh, ecco Arthur… sono certa che sarà più che felice di rispondere a tutte le domande che vorrai fargli sui dispositivi di comunicazione elettronica. Riesci a dirlo o è troppo difficile? Ho sentito dire che avevi problemi a dire il tuo nome da piccolo».

Malfoy emise uno sbuffo, ma non era ben chiaro se fosse per il commento sulle sue capacità di sviluppo neurologico o per Arthur Weasley che ormai li aveva raggiunti con un grande sorriso stampato in faccia.

Abbracciò stretta Hermione, esattamente come avrebbe fatto con Ginny. Era così bello che almeno quello non fosse mai cambiato, nonostante la rottura con Ron. Se Molly all’inizio era sembrata piuttosto seccata, il marito aveva continuato a trattarla nello stesso modo. Anzi, se possibile, era diventato ancora più presente nella sua vita, specialmente dopo che i Medimaghi avevano chiarito che non c’erano speranze di far tornare la memoria ai suoi veri genitori.

«E io che pensavo che fosse la solita notizia falsa… E invece Molly aveva ragione, come sempre. Chi l’avrebbe mai detto…» si limitò a commentare, facendo un cenno a Malfoy e poi tornando a rivolgersi verso di lei. «Ho tagliato la parte della partita tra Sheffield e il Manchester United, come mi avevi consigliato, anche se quel tre a tre è stata una delle partite più emozionati cui sia mai stato».

«L’unica cui tu sia stato. Per fortuna tua, visto come siete tornati», commentò Andromeda a voce non troppo bassa. Poi si rivolse a Draco con tono complice. «Calcio, uno sport Babbano. Non si vola e non si rischia la morte, fidati non cercare di capirlo, è inutile. 90 minuti di tortura e rischi anche che finisca zero a zero».

«E volete dirmi che è una cosa normale? Che c’è gente che magari paga per questa cosachiese arricciando il naso inorridito.

«Non hai idea quanto… Ted era un grande tifoso del Manchester, la prima volta che mi ha cercato di spiegare le regole ho pensato che gli fosse esploso un calderone di Confundus durante un qualche esperimento. Lui e Arthur avevano modificato una televisione per farla funzionare con la magia, non sai quante domeniche hanno passato a guardare la partita seduti sul divano».

La faccia di Malfoy aveva perso la sua espressione stoica da statua di marmo, per trasformarsi nella definizione stessa di persona confusa. «Avevano modificato cosa? Come fai a vedere una partita se non vai sul campo? ».

«La televisione è come una scatola che ti fa vedere le cose a distanza. Puoi vederci le partite di calcio, seguire le notizie, guardare i film… É come la Radio Magica, solo che puoi vedere le persone»,tentò di spiegare pazientemente Hermione, intromettendosi velocemente prima che Arthur iniziasse una dissertazione sulla nascita degli apparecchi radiotelevisivi Babbani che sarebbe durata eoni.

La faccia inorridita di Malfoy però non aiutava. «Vuoi dire che lanciate malefici sulle persone affinché rimangano dentro una scatola perché voi possiate divertirvi? Granger, ma è inumano!»

«Per Godric Grifondoro, a volte sei completamente idiota. Ovviamente no! Sono immagini prese da una telecamera che…» iniziò, scandendo bene le parole.

«Cos’è una telecamera?» la interruppe subito lui.

«Lascia perdere, con te è inutile. Si, costringiamo i poveri Babbani a vivere in una scatola nelle nostre case, perché siamo dei perfidi Babbani. Meglio così?» concluse sarcastica.

«E poi parli di maltrattamento degli Elfi Domestici. Ci vuole un bel coraggio sai?» rispose l’altro compiaciuto, mentre Andromeda soffocava una risata con un colpo di tosse. 

« Comunque, Signor Weasley, devo dire che è stato più interessante del previsto. Spero che la mia presenza non l’abbia infastidita. E neanche a te»continuò poi, in un tono decisamente più neutro, rivolgendosi da ultimo ad Andromeda.

Arthur si limitò a scuotere la testa. «Sono contento di vedere che sei diventato un uomo più saggio di tuo padre».

«Il che non era particolarmente difficile.» chiosò Andromeda con un sorriso che non riusciva a nascondere la stanchezza. « E ora, se permettete, vi rubo mio nipote per due minuti, c’è una cosa di cui dobbiamo discutere».

Malfoy si irrigidì immediatamente, dando una veloce occhiata all’orologio che portava al polso. 

«Mi spiace, ma devo scappare. Che dire il tempo vola, quando ci si diverte. Posso smaterializzarmi, vero? Ora che l’effetto sorpresa è svanito, posso evitare di tornare in quel posto dimenticato da Merlino qui fuori» commentò sarcastico.  «Immagino tu possa tornare a casa da sola, vero?».

«Cercherò di non perdermi, in quel posto dimenticato da Merlino», ribatté piccata.

«Brava la mia Granger.» rispose Malfoy con il solito ghigno. Poi le si avvicinò quel tanto che bastava a sfiorarle appena la guancia. 

E con un plop appena percettibili svanì.

 

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Capitolo 5
*** Amici,nemici, alleati o solo spine nel fianco? ***


 

«Hai un aspetto terribile, Harry, sul serio» commentò Hermione mentre si sedevano al loro solito tavolino d’angolo. Annusò l’aria in maniera teatrale. «Ed ad essere onesti anche l’odore non è il massimo».

Harry fece una smorfia «Provaci tu ad andare in giro tutta la notte a caccia di Succubi con degli apprendisti idioti che si cospargono di puzzalinfa per non farsi riconoscere»

«Shhhh, vuoi farti sentire da tutta West End? Cosa direbbero al Ministero?».

Harry sbuffò nel suo caffè latte speziato. «Figurati, qui pensano tutti che stai parlando di uno spettacolo teatrale. Anzi, dovrei proporlo… sarebbe comunque più interessante di guardare Smurk che si succhia il dito dopo essere stato ferito da un geranio zannuto».

«Stai esagerando, non possono essere così terribili. E da quel che ricordo io, sono certa che anche Robards avrebbe delle storie divertenti da raccontare su te e Ron…».

Harry la guardò con la stessa empatia con cui ai tempi aveva guardato Piton. «Non dire assurdità, io e Ron eravamo degli apprendisti eccezionali…».

«Come quando alla prima settimana avete accidentalmente dato fuoco all’ex maniero dei Lestrange?». cinguettò la strega, sbocconcellando un muffin ai mirtilli.

Harry guardò un attimo nel vuoto, con un mezzo sorriso. «Che bei ricordi… dovevi vedere che belle fiamme verdi…» Poi si riprese: «E in ogni caso, non siamo qui per parlare di me, ma di te».

«E io che pensavo che fossimo qui per goderci la nostra colazione mensile, in cui ti lamenti che ti hanno dato degli apprendisti idioti, che ti manca Ron, che non hai più tempo di volare, che ti manca Ron, che James sta mettendo i denti e non ti fa dormire, che ti manca Ron, che devi fare i compiti e che…».

«Io non ti ho mai detto che mi manca, Ron!».

«Esatto, è proprio per quello che lo so. Ogni volta vedo che stai per nominarlo e ti fermi, neanche fosse il nome di Voldemort. Te l’ho già detto, è stata una rottura consensuale, e io sono contenta che lui stia seguendo il suo sogno. Anche se vedo che per te è ancora una ferita aperta».

Harry si massaggiò gli occhi, stancamente. «Voi siete stati la mia prima famiglia… è solo che è … strano non vedervi più insieme. Ho sempre pensato che, insomma, io e Ginny, tu e Ron… insomma ci vedevo tutti alla Tana. É un peccato che tu stia venendo di meno, sai bene che Arthur e Molly ti vedono come una figlia».

Hermione sospirò: «Ma io non sono loro figlia, Harry. E neanche loro nuora. Cosa accadrà quando Ron tornerà a casa con una nuova fidanzata? Come dovrei sentirmi?»..

«Beh, di certo non peggio di come deve essersi sentito Ron ad averti visto con Malfoy. Andiamo, Hermione, pensi davvero che me la beva? C’è sotto qualcosa, io lo so!» ribatté stizzito.

«Tu pensi sempre che ci sia sotto qualcosa quando c’è di mezzo Malfoy, Harry! Hai passato la maggior parte degli anni di Hogwarts a dargli la colpa per qualsiasi cosa!».

«Ed infatti avevo ragione! Devo ricordarti di quando avevo detto che aveva qualcosa che non andava al sesto anno? Quando era diventato ancora più pallido del solito, il che già doveva essere un segno lampante anche ad un cieco, e aveva persino smesso di frequentare quei dementi dei suoi amici? E sappiamo tutti com'è andata a finire…».

«Ma se hai testimoniato che è stato costretto!».

«Non ho detto che l’abbia fatto per divertirsi, anche se forse all’inizio ne era persino convinto. Però devi ammettere che quella volta hai avuto torto. Ammettilo» la pungolò, rubandole un pezzo di dolce. 

«Ehi, potevi prendere il tuo, quando te l’ho chiesto» rimbeccò, schiaffeggiandolo scherzosamente sulla mano. «Comunque quella volta avevi ragione. Ma adesso è diverso».

«Malfoy? Certo che è diverso. É sempre un ricco, stronzo e Serpeverde, ma certo che è diverso. Chi non lo sarebbe? É proprio questo che mi preoccupa».

Per un attimo Hermione rimase senza parole. «E tu come lo sai? Ieri a malapena gli hai ringhiato contro. E quel discorso sull’esserci in caso di bisogno... è stato davvero fuori luogo».

«Sono un Auror, ricordi? Un Auror che ha accesso a dossier molto speciali e riservati, senza contare tutta quella storia della Speranza dei Maghi e blablablà. E no, non abbasserò la voce, tanto te l’ho detto nessuno ti sta a sentire qui dentro. È per questo che vuoi venire qui, no? Per essere due persone normali. E perché hanno dei dolci spaziali.» rispose Harry storcendo la bocca in segno di esasperazione, come faceva sempre quando si trovava ad essere una sorta di fenomeno da baraccone. «Sono contento che tu abbia finalmente il riconoscimento che meriti, Mione. Ma non così…Non a questo prezzo».

«Prezzo? E quale sarebbe il prezzo? Una foto sui giornali? O il fatto che devi vederlo ad una conferenza?».

L’amico la guardò a lungo, serrando la mascella. Poi la indicò. «Da quando ti vesti così, Mione, come se ti importasse più la forma della sostanza. Cosa succederà quando vi farete vedere in giro insieme? E non in un posto sicuro come Grimmauld Place, il Ministero o qualche vicolo semideserto. Ma già lo sai, visto che hai ricevuto dozzine di lettere, e scommetto ben poche di simpatia. Tu odi i Malfoy… perché vuoi farti associare a loro? Certe cose non possono cambiare».

Hermione si sentì avvampare di rabbia. Era davvero stufa del fatto che tutti cercassero di dirle cosa dovesse o non dovesse fare. E se voleva sbattersi Malfoy in pubblico, beh quelli erano dannati fatti suoi.

Sbattersi Malfoy? Beh, non esageriamo.

Ma il punto era lo stesso. Era adulta, era una eroina di guerra ed era dannatamente intelligente. E di certo non aveva bisogno di nessuno, nemmeno del suo migliore amico, per farsi dire cosa fare.

Anche se quella volta aveva ragione, disse una vocina nella sua testa, tremendamente somigliante a quella di Ron, il che la fece arrabbiare ancora di più.

«Invece dovrei farmi associare a te, vero? O ai Weasley? Oh, Harry, sei anche padre. Cresci un po’!» sbottò alzandosi di scatto e mettendosi la borsa a tracolla. Fece per andarsene, quando vide metà dolce ancora sul piatto. Tornò indietro a grandi falcate e lo afferrò, con Harry che la guardava ancora attonito. «E la prossima volta comprati il tuo, di muffin. Come gli adulti».

Poi girò i tacchi e si lasciò travolgere dall’anonimato della Londra Babbana.





 

Come se quel momento di tranquillità non fosse stato abbastanza rovinato, Hermione sapeva bene che quella giornata non sarebbe affatto migliorata, mentre osservava le lettere sulla sua agenda che parevano guardarla con malcelato fastidio.

Ore 7 PM Madame Lavorska, lezione di Ballo. 

 

Come sempre aveva adottato un approccio pragmatico al problema, studiando attentamente tutti i manuali su cui era riuscita a mettere le mani e li aveva studiati meticolosamente. Sapeva tutto dei balli tradizionali, poteva nominare ogni singola figura codificata, ripetere a memoria i tempi e le pause.

Insomma, era pronta per quella lezione. In fondo non sarebbe potuto essere molto peggio della prima lezione di volo.

Per Merlino, quanto si era sbagliata.

Da piccola aveva preso un paio di lezioni di danza classica, prima di uscire risoluta dalla sala e dichiarare a sua madre che non avrebbe mai più sprecato un intero pomeriggio a fare qualcosa che prevedeva avere la testa piena di forcine. Nei suoi ricordi di allora, la sua insegnante era una giovane donna con un gran sorriso e una voce gentile che si muoveva elegante per la sala. Quella che invece aveva ora davanti era la versione snob ed inacidita della McGranitt, solo che al posto della veste della sua ex Professoressa, indossava un completo nero body e pantalone che ne metteva in risalto la figura ossuta, intabarrata in un pesante scialle di lana, nonostante il clima fosse ancora piuttosto mite.

In aggiunta, come se già non sembrasse la Baba Jaga delle fiabe, se Miss Amy batteva il tempo con le mani, per farglielo sentire meglio, Madame Lavroska aveva in mano un bastone, pesante almeno quanto lei.

«Miss Granger, finalmente è arrivata. Non amo chi arriva in ritardo» disse con una voce piatta, priva di qualsiasi accento. «E le avevo dato delle indicazioni piuttosto precise sul tipo di abbigliamento appropriato per la lezione».

Hermione cercò di non sbuffare, rispondendo con un sorriso a denti stretti. «Infatti ho i capelli raccolti e sono entrata in sala alle sette precise. Neanche io amo chi mi fa perdere tempo Madame»

Il volto di pietra dell’insegnante non si mosse minimamente. Si limitò a tirare fuori la bacchetta e un secondo dopo sentì i capelli tirarsi sulle tempie così forte che le sembrò che l’intera pelle del viso si sollevasse verso l’alto. «Questo è uno chignon, Miss Granger, non quella specie di nido di occamy che aveva in testa, la prego di ricordarselo, la prossima volta. E le vorrei far notare che per le sette io mi aspetto che si sia già scaldata e pronta ad iniziare la lezione, non che si presenti ciondolando come un vermicolo senza spina dorsale. Abbiamo poco tempo, lei deve sembrare almeno passabile come ballerina, e da quello che vedo sarà una vera magia».

«Forse sarebbe stato il caso di informarmi prima, non le pare?» sibilò di rimando a denti stretti.

Madame Lavorska strinse le labbra con disappunto «Di solito è qualcosa che sanno tutti.  E ora la smetta di parlare e vada alla sbarra, abbiamo già perso troppo tempo»

«Forse si sta sbagliando, sono venuta qui per fare lezione di balli da sala, non danza classica». ringhiò di rimando, massaggiandosi la base della nuca, dove già sentiva la tensione accumularsi.

«Non le permetterò di fare scempio delle tradizioni. Con lei dobbiamo ricominciare dalle basi, altrimenti neanche il migliore dei ballerini riuscirà ad evitare che ricopra di ridicolo sé stessa, me e la famiglia Malfoy. O forse vuole tirarsi indietro? Se vuole un mio parere, sarebbe la cosa migliore da fare, non è all’altezza, questo è evidente»

All’altezza? Lei non all’altezza? O quella vecchia megera si sarebbe ricreduta, a costo di passare tutte le sue notti ad esercitarsi. Senza smettere di fingere di sorridere si avvicinò alla sbarra.

«Pensavo non volesse perdere tempo, Madame. Beh, neanche io. Direi che è ora di iniziare quello per cui è stata pagata, no?».

La vecchia insegnante la guardò arcigna, ma si limitò a battere il bastone in terra senza ulteriori commenti.

E lei passò l’ora successiva a pensare a come vendicarsi di Malfoy e a cercare di non essere colpita da quel bastone.



 

 Toc.Toc. Toc.

«Hermione!Hermione!Hermione!»

 

Erano le tre del pomeriggio ed Hermione era alla sua scrivania, ben attenta a muoversi il meno possibile. Dopo la lezione della sera prima, non c’era un singolo muscolo che non le facesse male. Inoltre era troppo impegnata per prepararsi una pozione antidolorifica, troppo abituata a prepararsi da sola quello di cui necessitava per andare in farmacia, e troppo arrabbiata con Harry per chiedere a Ginny di mandarle un barattolino della sua scorta personale di pomata all’arnica.

Insomma, era destinata a soffrire fino a quando non avesse messo da parte il suo orgoglio o fosse riuscita a strisciare fino al suo letto.

 

Toc.Toc.Toc.

«Hermione!Hermione!Hermione!»

 

Non poteva essere possibile. Cosa diavolo c’era a fare un’assistente davanti la sua porta e i custodi all’ingresso se ognuno poteva entrare liberamente al Ministero neanche fossero al bar?

Senza alzare gli occhi dal report che stava scrivendo, lanciò un incantesimo in modo che la porta si aprisse.

«Alla buon’ora. Cos’è, sei diventata sorda? Non è che la crema idratante te la stai mettendo dentro il canale uditivo? Merlino, io lo sapevo che dovevo metterti i disegnini, ma Draco no… continuava a dire che non potevi essere così idiota. Dovevamo dare retta a Blaise» disse, osservando circospetta l’interno del suo ufficio. Nonostante gli occhiali da sole ancora addosso, non era difficile indovinare cosa ne pensasse.

«Blaise?» chiese Hermione, sentendo il mal di testa che ormai seguiva ogni visita di Parkinson avvicinarsi. «Zabini? Blaise Zabini sa dell’accordo?».

Pansy scrollò le spalle «sì, certo. Non ci sarebbe mai cascato. In teoria doveva restare dai nonni in Italia, ma a quanto pare ha litigato con non so che prozia ed è tornato qui. E visto che non possiamo tenerlo rinchiuso in casa fino alla tua candidatura, abbiamo dovuto avvertirlo. Ha fatto una scenata, ma ora è calmo. Beh, più o meno».

Hermione sentì la tempia iniziare a pulsare. Con tutta la calma che riuscì a recuperare, cercò di suonare caustica. «Quindi lo sai tu, Zabini, l’intera classe di Serpeverde del 1996…»

«Oh, no, figurati. Solo Theo»

«Theo?».

«Theodore Nott! Per Salazar Serpeverde, ma sei seria? Possibile che non ricordi nessuno dei tuoi compagni di classe?» sbottò la Parkinson alzando gli occhi al cielo.

«E io posso dirlo solo a Ginny. Ti sembra equo?».

Pansy sbuffò. «Sei davvero convinta che mi interessi?».

«E se lo dicessi a Luna?» chiese Hermione con studiata calma, prendendosi il suo tempo per notare la reazione di Parkinson. «A quanto pare lei e Malfoy sono amici, o qualcosa di simile. Tu ne sai niente?».

Vide le labbra rosse della strega davanti a lei stringersi appena, per poi ritornare al suo solito broncio annoiato. «Non sono affari che ti riguardano, Granger».

«Ah, siamo tornati a Granger? Ma come, un minuto fa mi stavi buttando giù la porta chiamando Hermione?» la stuzzicò.

Parkinson schioccò la lingua, togliendosi finalmente i grandi occhiali scuri e guardandola con aria di sfida: «Visto come sono stata brava? Ora tutti sanno che siamo amiche».

«O forse pensano che abbia tre anni? Quale persona adulta si mette a fare una scenata del genere?» rimbrottò .

«La stessa persona che si è venuta ad assicurare personalmente che tu sia pronta per stasera. E a portarti qualcosa per quei muscoli doloranti. Merlino, con la tua postura abituale è un miracolo che la vecchia arpia non ti abbia legato al suo bastone per farti stare dritta. E non lo dico in senso metaforico, l’ha fatto con Gregory… Beh, non che poi abbia avuto qualche effetto. Non è stato neanche in grado di ballare neanche sotto Imperius…»

«Stasera? Mi hai già dato il vestito per la cena con i Direttori, Parkinson» rispose veloce, prendendo al volo la fialetta che stava galleggiando verso di lei. «E per il resto, spero che tu stia parlando in senso figurato».

«Sei un’inguaribile ottimista, Granger» chiosò l’altra con un sorriso enigmatico. Poi aggiunse risoluta, tirando fuori una chiave e porgendogli la «Cambio di programma. L’Experimentum ha delle suite private molte esclusive, ne hai una riservata a tuo nome. Io devo andare a fare dei giri di lavoro, ma ti ho lasciato tutto lì, arriverò in tempo per truccarti e sistemarti quei capelli. Tu intanto cerca di assumere un aspetto se non decente, perlomeno passabile».

«Io devo lavorare Pansy, questi rapporti non si scrivono da soli. E non ho tempo di correre da un posto all’altro solo per farti contenta. Devo anche passare a dare da mangiare a Grattastinchi prima della cena».

«Oh, non preoccuparti ho parlato con la piccola Weasley-ora-Potter del tuo gatto. A proposito, hai visto come sta bene con quel collarino? Se solo non gli avessi dato un nome così idiota…»

«Tu hai parlato con Ginny?».

Pansy annuì, alzandosi. «Si, è piuttosto facile ragionarci, specialmente per una che ha sposato Potter. Comunque, sbrigati a fare i compiti e poi vai subito a prepararti. É la vostra prima uscita ufficiale e non posso permetterti di presentarti come la prossima Lady Malfoy con degli sbaffi di inchiostro sul naso».

«Io non mi presento come la prossima Lady Malfoy, Parkinson. Io voglio candidarmi come Ministro della Magia, non finire a fare la leziosa dama di società troppo impegnata a guardarsi allo specchio per interessarsi di qualcos’altro che non sia se stessa».

Pansy si fermò a squadrarla: «Non importa quello che vuoi tu Granger, ma quello che vuole vedere la gente. E la gente vuole qualcuno da invidiare. Quindi stringi i denti e mettiti i tacchi alti, stasera si va in scena».

Stava per aggiungere qualcosa, quando Justin aprì la porta, con la testa china mentre leggeva degli appunti. 

«Hermione, scusa hai la divisione dei costi della sezione Creature?» si fermò di colpo, rendendosi conto che non era sola. «Parkinson? Allora eri tu che urlavi? Pensavo fosse uno scherzo …»

Pansy alzò un sopracciglio con fare interrogativo, poi fece volare i fogli dalla scrivania sino a loro, afferrandoli e sbattendoli sul petto di Justin.

«Ecco qui, problema compiti risolto. Mi raccomando, tu» aggiunse, puntando un dito affusolato su Justin. «Vedi di non scrivere troppe idiozie. E, in quanto a te, amica, non fare tardi, o giuro che ti infilerò nel vestito più stretto che riuscirò a trovare»

Poi, a passo di marcia e con i tacchi che rimbombavano sul pavimento, sparì in corridoio, senza degnare di un ultimo sguardo il suo ex compagno di scuola.

«Fossi in te valuterei le mie ultime scelte» commentò Justin, asciutto, mentre Hermione faceva finta di essere troppo impegnata a cercare una pergamena per aver notato l’ultima prova di follia dei Serpeverde. «Sezione Creature? Ecco qui, e ho anche preparato uno schema comparativo dell’ultimo quinquennio. C’è altro che posso fare per te?».

Il mago si rilassò contro lo stipite della porta, concedendole un sorriso. «Beh, potresti fare tardi. Sono proprio curioso di vedere che cosa tira fuori la Parkinson. In fondo queste cene sono così noiose, e dopo una giornata di lavoro non è il massimo, Fortuna che io non sono stato incluso nell’invito. Forse non c’era un vestito abbastanza attillato per me».

Hermione si costrinse a ridere, ma dentro di sé l’unica cosa che sperava con tutta sé stessa era che le parole di Justin si rivelassero profetiche.

Una serata noiosa a parlare di lavoro.
Non chiedeva poi tanto, no?






 

Sulla piccola chiave dorata che le aveva consegnato Pansy, c’era scritto, in caratteri così sottili e svolazzanti che inizialmente li aveva presi per decori, un indirizzo. E quindi, con il suo caffè in mano e i documenti nella borsa da lavoro, ora si trovava di fronte ad un muro assolutamente anonimo, poco distante dall’ angolo in cui svettava affilato il palazzo dai vetri color blu china ed oro, noto per essere la sede di uno dei club più esclusivi del mondo magico. Lei invece era davanti ad una parete di mattoncini color beige sporco, senza una porta o un’apertura.

Di certo non ci voleva un genio per capire che si trattava di un accesso segreto, qualcosa di non così raro nel mondo magico, ma che adesso, di fretta, stanca e nervosa per la serata, la stava veramente facendo irritare.
Stava giusto valutando le sue possibilità, tra lanciare una Bombarda Maxima e girare i tacchi e tornare a casa sua a prepararsi, quando alla chiave che teneva in mano spuntarono un paio di ali color cobalto e iniziò a volare in circolo davanti al muro.

«Seriamente? Ho bloccato dei doxy al secondo anno, davvero pensi che mi faccia fregare da una chiave?» borbottò esasperata. «Questa mi sa della classica idiozia da Malfoy»

Di fronte a lei, l’intonaco iniziò a sgretolarsi e a sfumare, in un vortice che seguiva il volo della chiave. Come previsto pochi secondi dopo, al posto dell’anonimo insieme di cemento e malta che era lì fino a pochi momenti, era sostituito da un’entrata con i tralci d’edera e lillà che ricadevano sulle complicate volute dorate. E al centro, un giovane uomo in completo scuro e la postura elegante.

«Hermione Granger, è un piacere averti nostra ospite. E no, l’idea non è di Draco, lui ha avuto la tua stessa reazione scocciata la prima volta che l’ha vista. Gli ho gentilmente concesso il beneficio dello stress post traumatico. Farò lo stesso con te, d’altronde so che Pansy ti ha fatto visita oggi pomeriggio… a volte fa questo effetto».

«Nott» si limitò a rispondere Hermione sorpassandolo ed entrando nel corridoio ricoperti di marmi scuri lucidissimi. «Ti sei dato all’hotellerie?».

«Theo va benissimo, Hermione. Credo che possiamo superare certi formalismi, adesso che sei la fidanzata di uno dei miei migliori amici, no?» rispose l’altro con un sorriso. «Chiamala pure come vuoi, io preferisco dire che ho creato degli spazi sicuri dove la gente si sente così accudita e a suo agio che lascia fuori ogni precauzione. Vieni, andiamo nella suite, sia mai che tu faccia tardi per colpa mia»

Hermione sgranò gli occhi, mentre Nott apriva una porta ricoperta di tappezzeria, facendole segno di entrare. Pochi passi ed era evidente che non si trovassero più nello stesso lato del palazzo. Ora, in una stanza ricoperto di broccato color cremisi e lampadari di cristallo scintillanti, l’intera Diagon Alley brillava al fuori dall'inconfondibile vetrata dorata dell’ultimo piano di uno dei palazzi storici del quartiere. 

«Sei una delle poche persone che ha avuto accesso a questo piano, solo pochissimi dei miei collaboratori possono accedervi».

«Dovrei sentirmi onorata? Non l’ho chiesto io» rimbeccò, lanciando il mantello su una delle poltrone in broccato.

«Infatti sono stato io. E Sì, dovresti sentirti onorata, probabilmente sei la prima a poter vedere queste stanze private…». Malfoy era entrato in quel momento, con una nuvola nera sopra la testa.

«Nata Babbana? Volete mettermi sulle brochure? Vuoi che mi metta una spilla?».

«... che non sia un membro di alto rango del corpo diplomatico, imprenditore o appartenente ad alcune famiglie, senza contare che bisogna essere decisamente ricchi per potersela permettere. Di certo nessuno che vive in una scatola da scarpe, ha mai messo piede qui» sbuffò Draco. Poi con un ghigno aggiunse. «E, credimi, non hai bisogno di nessuna targa. Ce l’hai scritto in faccia».

«Ti sei fatto pagare, almeno?» chiese Hermione a Nott, ignorando il sorrisetto di Malfoy. 

«Ovvio. E molto bene, anche» Theo le fece l’occhiolino, richiamando una bottiglia di champagne.

«Tornando a noi, Granger. Si può sapere perché non mi hai detto di questa serata? Se Theo non mi avesse avvertito, sarebbe potuto accadere un disastro!» rimbrottò Draco, sedendosi imbronciato sul divanetto.

«Merlino, quanto sei melodrammatico! Ti dovrei avvisare di ogni riunione di lavoro? Domani pomeriggio ho un briefing con il settore dei rapporti con i Babbani, vuoi invitarti anche lì?» chiese ironica, accettando il calice che le porgeva Nott.

«Ma cosa vuoi che mi importi di quei quattro straccioni? Hai visto la lista di invitati di oggi, Granger? Tiro ad indovinare: ti avevano chiesto di confermare i nominativi per la serata, giusto? Magari per iscritto».

«No. Sì, Forse. Chi se lo ricorda? Forse ti sfugge ma ho cose più importanti a cui pensare» 

«Vedi con chi devo avere a che fare? Secondo te come fa una ad essere nota per essere intelligente ad essere così ottusa?» chiese Malfoy teatralmente, allargando le braccia e lanciando un’occhiata scocciata a Nott, ignorandola.

«Theodore, immagino che qui ci siano degli incantesimi schermanti per non far rilevare le Cruciatus, sbaglio?» si limitò a commentare lei, con voce soave.

Gli occhi azzurri di Nott brillarono divertiti sopra la sua coppa di champagne:«Se vuoi possiamo provare».

«Theo!» 

«Ora, anche se troverei decisamente divertente avere la stella del golden trio che lancia maledizioni senza perdono in una delle mie proprietà…» inizio Nott, andando pigramente a sedere accanto all’amico.

«... in modo da poterla ricattare...» celiò questi, scoccandogli un’occhiata.

«...Draco, anche se continua ad interrompere in maniera del tutto inappropriata, ha ragione. É evidente che non si tratta di una noiosa cena di lavoro. Sì, c’è qualche direttore e funzionario del Ministero, ma gli altri sono i finanziatori occulti del Ministero. Beh, almeno una parte…più il tuo accompagnatore» continuò Nott, accennando con la testa all’amico accanto a lui.

«Ti stanno valutando, Granger. Vogliono capire se sei solo un bluff. Se noi siamo un bluff» disse infine Malfoy, squadrandola. «É per questo che non hanno invitato i miei, o me. Volevano vedere se me l’avresti detto. Cosa che tu, ovviamente, non hai fatto»

Hermione si morse l’interno delle labbra, scocciata. Sì, in effetti quello che diceva Malfoy aveva senso, e si sentiva dannatamente sciocca per non averci pensato. Lei che si vantava di programmare, pianificare, analizzare, gestire ogni possibile imprevisto, non aveva calcolato quanto potessero essere subdoli anche al Ministero stesso.

D’improvviso, la porta si aprì di scatto e un’infuriata Pansy fece il suo ingresso nella stanza.

«Io lo sapevo che non potevo fidarmi di voi!» sibilò, lanciando le buste che aveva in mano contro Nott e Malfoy, e girandosi ad indicarla con fare scandalizzato «Perché è ancora in quello stato?».

«Perché lo dici a noi, è lei che perde tempo!» lagnò Malfoy.

«Mica è colpa nostra se dobbiamo spiegarle tutto» fece eco Nott.

«Io continuo a non essere trasparente e a non essere sorda» ringhiò di rimando Hermione.

«E allora vatti a preparare. Sciò» concluse Parkinson, avvicinandosi e iniziando a spintonare verso la camera più vicina. «Doccia, capelli, crema corpo e la skincare che ti ho preparato. Poi non toccare nulla fino a che non arrivo io. Hai mezz’ora»

«Sei la versione femminile di Piton» mugugnò Nott dal divano, fatto salvo zittirsi poco dopo.

Troppi Serpeverde, decisamente. Meglio allontanarsi e chiudersi in camera, sperando che bevessero abbastanza da smettere di comportarsi da perfetti idioti. O che almeno smettessero di lamentarsi per cinque minuti.

E l’idea di doccia calda e profumata ad attenderla dopo una giornata faticosa, era decisamente allettante.

Quando aprì la porta della stanza, però, i suoi buoni propositi svanirono immediatamente: al centro del letto, placidamente acciambellato e con l’aria beata, c’era un certo felino che in quel momento sarebbe dovuto essere da tutt’altra parte.

Tornò furiosa nel salottino.

«Avevi detto che avevi chiesto a Ginny di pensare a dare da mangiare a Grattastinchi» accusò, rivolta verso Parkinson.

La strega però si limitò a fissarla e a scrollare le spalle. «No, io ti ho detto che avevo parlato con la piccola Weasley-ora-Potter. Poi però abbiamo deciso che non sarebbe stato giusto, in fondo anche lui ha diritto di uscire un po’ da quella scatola per scarpe. E lui è d’accordo»

«Casa mia non è una scatola da scarpe. E quello che pensa Malfoy è irrilevante!» sbottò, lanciando un’occhiata malevola al suo presunto fidanzato, che la guardava con un’espressione perennemente offesa

«E su questo siamo d’accordo» concesse Parkinson, chinandosi per recuperare la clutch che aveva tirato su Nott e tirando fuori un tagliandino. «Ma io parlavo del gatto. Vedi? Glielo abbiamo chiesto».

Hermione le strappò di mano il cartoncino, ben sapendo che si sarebbe pentita di aver fatto quella domanda.

E infatti sopra c’era una scritta

 

Vuoi passare una serata in un posto esclusivo, tra lenzuola di seta, cuscini soffici e salmone selvaggio appena scottato a volontà.

Si      No

 

E sopra il sì, c’erano cinque tagli regolari, dalla forma inequivocabile.

 

«Io davvero non so come abbia fatto Piton a sopportarvi» si limitò a commentare, tornando nella stanza e chiudendo ermeticamente la porta dietro di sé.

 

«Venticinque minuti!» le urlò Parkinson.

Venticinque minuti al primo omicidio della strega più brillante della sua generazione e futura candidata al Ministero della Magia



 

«Io lo sapevo che i colori caldi e poco profondi erano i tuoi. Ho occhio per queste cose».

Pansy la guardava compiaciuta, passandole un’ultima volta il pennello sugli zigomi. «Classica, semplice, niente di eccessivo. Eppure sono certa che non ci sarà una strega o mago che non voglia parlare con te stasera».

Hermione si concesse di guardarsi nello specchio, spaventa di trovarsi di fronte la parodia del suo trucco semplice da cinque minuti che faceva quando voleva sentirsi più in ordine. Invece Pansy era stata di parola, la sua pelle era ancora luminosa e ben visibile anche sotto il fondotinta, con un gioco di luci ed ombre che se non fosse stata costretta su quella dannata sedia per un’eternità neanche avrebbe mai potuto pensare essere artificiale, gli occhi allungati dalla sfumatura nei toni del marrone.

Improvvisamente le tornò in mente quando prima del Ballo del Ceppo si era guardata allo specchio. E la faccia di Harry e Ron nel guardarla scendere le scale.

«Ti ho odiata quella sera, sai» le sussurrò Pansy all’orecchio, quasi le avesse letto nella mente.

«Cosa?».

«Ma sì, al Ballo del Ceppo. Io avevo passato settimane a pianificare il mio outfit, avevo disegnato io il mio vestito sai? Io e Draco eravamo bellissimi… e poi arrivi tu e mi rubi la scena. Non c’era studente, o professore, che non abbia commentato il tuo arrivo. Beh, a parte Piton, è ovvio. Non credo che a lui interessassero granché queste cose. O forse era troppo impegnato a dare la caccia alle coppie nascoste nelle carrozze. Non sai che scenata ci ha fatto».

«Onestamente non ho un bel ricordo di quella sera. Io e Ron…»

«Si tu e Lenticchia avete litigato. Lo sappiamo, eravate una lagna. E hai rovinato anche la mia di serata, quindi mi devi un favore» sentenziò la mora, mettendole degli orecchini, composti da una serie di pastiglie color bronzo di una sfumatura appena più calda del tubino che la vestiva come un guanto.

Si accarezzo le maniche di un merletto talmente fino, da sembrare dipinto sulla pelle, che le arrivano sino a metà avambraccio. Pansy la guardò in silenzio.

«Dobbiamo lavorarci su quello, Granger». si limitò a commentare seria. Poi sembrò ritrovare il suo solito atteggiamento sprezzante. «E ora andiamo, un leggero ritardo è elegante. Ma troppo rischia di provocare una crisi isterica al tuo accompagnatore. É una cosa che gli deriva dalla madre, che vuoi farci. Zigomi alti ed ossessione per i rituali di società» continuò alzando la voce, mentre la porta della camera si spalancava.

Hermione si alzò leggermente intorpidita, provando un paio di passi sulle décolleté bordeaux che Pansy le aveva preparato.

Appollaiati dietro la porta, Draco e Theo sembrarono rimanere senza parole.

«Per Salazar Serpeverde, sei un incanto». commenta Nott con un sorriso sincero.

«Sai che non credo siano molto adatte ad un evento formale?» contestò Hermione, in imbarazzo, azzardando qualche ulteriore passo verso di loro «E devi migliorare gli incantesimi per il comfort e l’equilibrio».

«Come sei noiosa. E poi sarai seduta la maggior parte del tempo, hai una cena. E per il resto del tempo…» rispose Pansy con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono, avvicinandosi a Malfoy e tirandolo per la giacca del completo scuro. «Hai lui. Quando scendi le scale, quando cammini, quando sei in piedi e senti che stai per cadere come un Tassorosso del primo anno, ti appoggi al suo braccio. Il che è anche carino per le foto».

«E se ho sete? Prima della cena, intendo. Devo camminare fino al bar? O devo aspettare come una Mandragola al centro della sala che qualcuno si accorga di me» lagnò Hermione, incrociando le braccia sul petto, ben attenta a non sfiorare Malfoy.

«Se solo pagassi delle persone appositamente per passare tra gli invitati ad offrire calici di champagne…» celiò Theo.

«E se devo andare a parlare con qualcuno distante prima della cena?» chiese ancora, leggermente petulante, cercando di resistere ai tentativi di Pansy di spingerla verso Malfoy.

«Sono gli altri che devono venire da te, Granger» rispose questo asciutto, rimanendo a un passo da lei.

«E se devo andare in bagno?» esclamò infine esasperata, tirando fuori la bacchetta e puntandola sul viso di Pansy. «Smetti di spingere, non ho intenzione di rompermi una caviglia»

«Vuoi davvero che ti risponda?» la provocò la strega, guardandola sbattendo le lunghe ciglia con fare civettuolo. «E voi due, come pensate di passare per fidanzati se neanche vi toccate. Cos’è, siete diventati completamente stupidi?».

«Io non…» iniziò Hermione.

«Se ci dessi il tempo...» le parole di Malfoy incespicarono sulle sue, mentre il viso si atteggiava nella solita smorfia sprezzante, mentre richiamava una scatolina di legno scuro poggiata sul tavolo. La aprì e le mostrò il contenuto, tenendo sollevato tra di loro un bracciale d’oro rigido. «Posso mettertelo?».

«É maledetto?» si trovò a chiedere così d’improvviso che non poté fare a meno di provocare un sorrisetto divertito in Malfoy.

«Theo mi ucciderebbe se ti accadesse qualcosa qui. E poi far sparire il cadavere della nuova beniamina del popolo potrebbe essere difficile...» concesse, mentre Nott alzava un calice in segno di approvazione. «Allora? Posso mettertelo»

«Se proprio devi» replicò asciutta, tendendogli il braccio. 

Quando l’aveva sfiorata nel vicolo, si era stupita di quanto fossero morbide le mani di Malfoy, ma niente in confronto alla delicatezza con cui le prese la mano, facendole passare con attenzione il cerchio d’oro sino al polso. Appena giunto nella posizione desiderata, lo sentì mormorare delle parole sottovoce, in una lingua che non riconobbe, mentre il filo fino a quel momento rigido e bombato di oro, si sfilacciava, piegava, contorceva sino a formare un intrecciato tralcio d’edera, finissimo e lucente.

«Avevi detto niente fiori e, tecnicamente, questi non lo sono» commentò Malfoy con il solito tono saccente. «Prendilo come un ringraziamento per avermi invitato a questa serata»

«Ma io non ti ho invitato!» sbuffò.

«Lo so. É per questo che hai bisogno di me. E ora, andiamo, ti stanno aspettando tutti» si limitò a rispondere in tono piatto, offrendole il braccio.

Fingendo una sicurezza che in quel momento sapeva di non avere, Hermione si appoggiò a lui, guardandolo con aria di sfida.

«Non ti azzardare a farmi cadere o ad abbandonarmi o ti trasformo sul serio in un furetto davanti a tutti» minacciò, aggiustandosi per bilanciare il peso sui tacchi.

«Mai più Granger».Per un attimo le sembrò di scorgere un’ombra sul volto di Malfoy, subito cancellata. «Sai che credo che sia il caso di smaterizzarci, sei più lenta di Longbottom al primo anno».

Ecco, niente da fare, forse Harry aveva ragione, certe cose non cambiano mai sul serio, come essere ricco, stronzo e Serpeverde.



 

 

Ciao! Visto che l’altra volta non ho avuto il tempo di inserire delle note, mi prendo il tempo di scrivere due righe qui.

Se nello scorso capitolo hai trovato meno refusi e ti è sembrato più scorrevole, dobbiamo ringraziare la santa pazienza di Eli. Anche se in ritardo, grazie.

L’idea delle lezioni le ho prese da una storia chiamata The Rights Things to Do di LovesBitca8 anche se qui ci limitiamo alle lezioni di Ballo.

D’altronde il titolo è di balli, paparazzi e Serpeverde è disseminata la via per il potere. E, come vedi, i Serpeverdi sono davvero delle prime donne.

In teoria dovrei riuscire  a chiudere tra il decimo e il dodicesimo capitolo, ma mi diverte molto continuare questi battibecchi ( forse troppo).

Come al solito grazie per la pazienza, ci vediamo il 31!
 

 

Sto cercando di unificare e sistemare lo stile, per quanto riguarda la punteggiatura dei dialoghi, ho deciso di uniformarmi all’analisi fatta da oblique per Adelph.

https://www.oblique.it/images/formazione/dispense/punteggiatura_dialoghi_scheda.pdf

 

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Capitolo 6
*** Di spine senza rose e zucche senza streghe ***


 

«Si può sapere perché abbiamo dovuto smaterializzarci in strada e poi entrare dall’ingresso principale? Non potevamo semplicemente scendere le scale?» Hermione cercava di tenere la voce bassa, ma era ben chiaro nel suo tono quanto l’avesse irritata quella manfrina, senza contare che si era ritrovata a dover passare di fronte ad almeno cinque giornalisti che non avevano fatto altro che scattare foto. «E poi non avevi detto che questa era una cena riservata?».

«Ho detto formale, Granger, non riservata. Ed è evidente che quei paparazzi fanno parte del piano per dimostrare che non siamo una vera coppia. Stai tranquilla, pagherò molto bene per non far uscire la foto in cui stavi per scivolare sull’ultimo gradino» concesse con un tono magnanimo che le diede immediatamente sui nervi.

«Io non stavo per scivolare! Sei tu che mi hai sbilanciato! Io lo sapevo che non dovevo dare retta a Parkinson!»

«Sbilanciato? Ma se hai iniziato a strattonarmi. Se ti appoggiassi a me come si deve saresti decisamente più comoda ed eviteresti di camminare come un ippogrifo ubriaco. Sei decisamente più carina di quei dannati polli troppo cresciuti, ma ogni tanto sembra che tu stia per beccare qualcuno». 

«Tipo te? Non tentarmi…» sibilò minacciosa, non potendosi però impedire di sorridere all’idea di vendicare il povero Fierobecco di fronte alle fotocamere. Certo, non sarebbe stato molto utile al suo piano di candidatura al Ministero… le creature magiche erano popolari quasi meno degli elfi domestici. Senza contare che, forse, qualcuno avrebbe potuto considerarlo addirittura contro la legge e non aveva voglia di fare la pace con Harry, che di sicuro sarebbe stato avvisato. 

«Non posso fare a meno di notare che non vedi l’ora di mettermi le mani addosso …» la stuzzicò Malfoy, ridacchiando mentre entravano nel foyer, dove un elegantissimo Theo in completo blu notte fece loro un cenno un distaccato cenno di saluto, per poi girarsi a sussurrare qualcosa ad una cameriera che stava portando un vassoio colmo di calici di champagne verso la sala principale. Poi divenne nuovamente serio.

«Granger, c’è una persona a cui devi prestare particolare attenzione stasera: Alistair Thorn. Sai chi è?”».

«Fammi pensare… no, non mi viene mente nessuno che lavori al Ministero con quel cognome. É un imprenditore?».

Draco scosse la testa :«Lui non lavora al Ministero o per il Ministero. Lui è il motore dietro al Ministero stesso. É lui che decide dove vanno i fondi, quali progetti devono ricevere priorità, quali affossare…».

«Ma è disgustoso! Kingsley di certo non può approvarlo…».

Venne interrotta da uno sbuffo irritato. «Kingsley è più intelligente di quanto pensi, ha capito che non può fare a meno di qualcuno che faccia da tramite con i donatori. E che, allo stesso tempo nessuno fa niente per niente. É per questo che tu devi affascinarlo, deve credere di potersi fidare di te. E poi lo distruggerai».

«Io non lavoro così, Malfoy. Non voglio distruggere nessuno…».

«Sì, certo, come no. Sono certo che ben presto ti troverò a festeggiare sulla sua tomba… tomba metaforica Granger, smettila di guardarmi come se ti avessi chiesto di lanciare un’Avada Kedavra…. quella puoi risparmiartela per i Beaufort, sono odiosi, non sai quante volte ho sperato che annegassero nel Lago durante una festa. E stai lontana da Antoine, ha un alito che potrebbe bruciare l’intera sala»

«Li conosci?».

«Conosco tutti, Granger. E tutti conoscono te, quindi ora testa alta e pensa di essere a lezione di Trasfigurazione e di sapere tutte le risposte».

«Non dovrebbe essere troppo difficile, allora» commentò decisa, raddrizzandosi. Poi si girò verso Malfoy, ancora lì impalato. «Allora? Vuoi muoverti?».

Lui alzò gli occhi al cielo, borbottando qualcosa che sembrava pericolosamente simile a Granger, ti giuro a volte sembri mia madre.

Poi, con Hermione Jane Granger, la strega più Brillante della sua generazione, eroina di guerra e Nata Babbana, fece il suo ingresso nella sala più esclusiva dell’Experimentum Crucis, al braccio di Draco Lucius Malfoy, Purosangue ed Ex-Mangiamorte, che ancora non si era capito bene che lavoro facesse, a parte attendere di ereditare una quantità disgustosa di galeoni.

E non ci fu strega o mago, inglese o straniero, appartenente al Ministero o all’alta società magica, che non si fosse girato a guardarli.

 

«Draco! Ma che piacevole sorpresa vederti! Non sapevo saresti venuto, altrimenti non avrei di certo permesso a Coraline di restare in Francia. Oh, ma non vi siete visti di recente? É un peccato, ha schiarito i capelli ed è deliziosa, deliziosa! ». Una strega dalla vaporosa pettinatura si era avvicinata a loro, appena avevano fatto il loro ingresso nella sala: aveva un’età indecifrabile, con il viso innaturalmente tirato che si stagliava su un collo completamente ricoperto da giri di perle di diverse lunghezze.

Ancora prima che parlasse, dal leggero irrigidimento della mascella di Malfoy Hermione aveva immediatamente compreso chi fosse quella donna che stava cercando in ogni modo di non guardarla, anche se erano a pochi passi di distanza.

«Madame Beaufort, posso presentarle la mia fidanzata, Hermione Granger? Questa sera sono qui in qualità di suo ospite, sono certo che già le hanno parlato del suo apporto fondamentale al Ministero».

Quasi fosse sotto Imperium la donna sembrò essere costretta a guardarla e a stirare le labbra in un sorriso finto quanto la pelle tesa del suo viso.

«Fidanzata? Ma non dire sciocchezza, tua madre non mi ha detto nulla, eppure sai quanto vorremmo unire le nostre famiglie» commentò, con un tono di voce che le uscì decisamente più stridulo di quanto sicuramente avrebbe voluto e che tentò di camuffare con un colpo di tosse. 

«Oh, sono certo che sia io che sua figlia lo abbiamo sentito spesso. Ma, come le ha già detto  ripetutamente mia madre, è un desiderio decisamente unilaterale. Sono certo che capirà. E poi, cosa vorrei volere di più? Hermione non solo è ovviamente una donna estremamente affascinante, come può vedere, ma è anche di un’intelligenza straordinaria…vero, tesoro? Quanti Eccellente hai preso ai Mago? E ha anche deciso di ripetere l’ultimo anno…». 

Quando parlava con quel tono mellifluo, lanciando nel discorso la non troppo velata allusione che quella stesse cercando di vendere la figlia come una vacca al mercato (sempre che i Malfoy sapessero cosa fosse un mercato, e, soprattutto una vacca), con un tono di squisita cortesia, le ricordava così tanto Lucius che quasi non fece caso alla serie di complimenti che le stava rivolgendo.

Dannata serpe, se era bravo a mentire. Sembrava quasi che ci credesse, quando si era girato a guardarla come se non avesse mai visto donna più bella al mondo.

«Ovviamente tutti» si limitò a rispondere automaticamente. D’altronde l’aveva sempre detto che lei sapeva tutte le risposte alle domandi, specialmente quelle banali. Poi, con un sorrisetto, aggiunse« Sono lieta però che lei non creda a tutto ciò che legge sui giornali, signora Beaufort. É segno di una certa intelligenza».

«Visto, è anche simpatica… chi lo avrebbe mai detto ai tempi di Hogwarts » sottolineò il suo accompagnatore, stringendole però al contempo le dita attorno alla vita, quasi a volerla trattenere. 

«Pensavo fossero i soliti pettegolezzi di quei straccivendoli. Granger, hai detto? Ho già sentito questo nome…. ».

«A meno che non fosse solita fare la pulizia dei denti a Londra, sono certa che lo abbia sentito alla commemorazione per la Battaglia di Hogwarts… o forse preferisce Indesiderabile numero Due?» rispose Hermione con tono fintamente cordiale, fortemente infastidita. Ora, era pur vero che anche non conoscendola era certa che Coraline fosse il perfetto contraltare femminile di Malfoy, ovvero bionda, ricca, Purosangue e dannatamente snob, ma in quel momento quella dannata donna la stava trattando come se fosse la prima mentecatta raccattata dalle strade di Londra.

«Ovviamente appena un gradino sotto Harry Potter, Miss Granger… e decisamente superiore all’altro vostro amico…come si chiamava Ron Weezey?».

«Alistair» salutò Draco con un cenno del capo appena più rigido del solito.«Sono lieto che tu abbia accettato la mia conferma, anche se con così poco preavviso».

Alistair Thorn era un mago dall’aspetto estremamente ordinario, il tipo che non si sarebbe degnato di una seconda occhiata, eppure c’era qualcosa di ferino nel suo sguardo.Forse era perché il sorriso che aveva stampato in volto, non arrivava in alcun modo agli occhi verde chiaro, fissi su di lei.

E, Ministero della Magia in ballo o meno, non era disposta a farsi trattare così da nessuno.

«Weasley. Ron Weasley. Davvero è cosi sbadato? Andiamo Alistair, mi hanno detto che è più intelligente di così» rispose Hermione, accettando il bicchiere colmo di liquido cristallino che il nuovo arrivato le aveva offerto.

«Oh, le hanno detto bene, mia cara. Vorrei accompagnarla al tavolo, permette? Sono certo che a Draco non dispiacerà, abbiamo così tante cose di cui parlare, sarà un piacere lavorare insieme» rispose l’uomo, offrendole il braccio, senza cambiare di una virgola l’espressione sul volto.

Evidentemente, però, Malfoy aveva terminato la sua dose di galanteria, e di fiducia nelle sue capacità diplomatiche, visto che, proprio mentre stava per accettare, intervenne in modo piuttosto brusco. «Ti sta chiamando il Ministro Barlow, Alistair. E, ora, se vuoi scusarci, Hermione vorrebbe andare un attimo a parlare con Erdély del nuovo protocollo di esposizione al sole dei Vampiri. Sono certo che il suo Direttore di Dipartimento ne sarà contento, sicuramente lo conosci: é quello che non fa un passo senza consultarti».

Thorn rise, mentre la Beaufort sembrava ancora pietrificata a guardarla. «A quanto mi dicono, però, non sono il solo ad avere una certa influenza su di lui… anche se devo ammettere che la tua ha avuto degli ottimi risultati. A dopo, Miss Granger, farò in modo che le riservino un posto accanto a me, non si preoccupi».

E con un ultimo ghignò, si incamminò elegantemente e senza fretta verso un vecchio mago dai folti baffi neri in fondo alla sala.



 

«Mi sembra che ti sia divertita, Granger»commentò Malfoy con un certo grado di acrimonia, mentre salivano da una scala laterale, nascosta dietro uno degli specchi del primo piano. «Hai fatto colpo su più di una persona, nonostante tu abbia deciso di blaterale di elfi domestici, come sempre»

Hermione si fermò stizzita. Era stanca, le facevano male i piedi ed era affamata, visto che l’intera cena sembrava essere fatta di micro porzioni che non avrebbero sfamato neanche James, senza contare che era stat lui a dirle che doveva fare colpo su quei dannati parrucconi.

«E tu, invece, che hai deciso di raccontare a tutti che non sapevo far volare la mia scopa alla prima lezione di Volo! Cosa che, tra l’altro, non è affatto vera. »

Malfoy si girò a fissarla con gli occhi diventati due fessure di metallo. « Era per crearti della simpatia, Granger. A nessuno piace la secchiona che fa sentire tutti degli idioti, ti è mai venuto in mente? Hai corretto Lord Minghshaw sulla pronuncia dei nomi dei Goblin della Rivolta del 1774, per Merlino!», sibilò aprendo con violenza la porta sul corridoio che portava alla sua camera

«Ma erano sbagliati!» urlò contro la sua schiena.

«Era una battuta, Granger! Possibile che oltre ad essere una dannata saccente tu sia completamente priva del senso dell’umorismo?»

«Quello non era umorismo, Malfoy. Era una storiella senza né capo né coda, razzista, classista e per giunta raccontata male. E poi non eri tu quello che mi aveva raccomandato di fare colpo con quell’idiota… idiota che a quanto pare ti conosce molto bene, o sbaglio?»

«Certo che lo era! Credi che a qualcuno sia piaciuta? No. E almeno tu era la prima volta che la sentivi! Al contrario tuo, però, nessuno di noi ha detto nulla, abbiamo riso cortesemente come si fa tra persone civili. Così come ti hanno ascoltata pazientemente mentre parlavi delle cucine di Hogwarts. Per Salazar Serpeverde, più passa il tempo e più mi chiedo come fai a far credere a tutti di essere intelligente».

Hermione sentì nuovamente pulsare la vena alla base del collo. 

«E io invece più passa il tempo e più mi rendo conto che sei rimasto il solito ragazzino bullo ed arrogante che eri a sedici anni. Peccato, per quasi cinque minuti ho creduto fossi diventato una persona quasi piacevole. E, ora visto che il tempo della recita è finito, direi che te ne puoi andare al diavolo dovunque tu preferisca, mentre io vado a cercare di recupere la sensibilità alle dita dei piedi», ringhiò scalciando via le scarpe contro una delle sculture contemporanee di metallo, e avanzando a lunghi passi verso la sua camera. Prima di sbattergli la porta in faccia, cercò di staccarsi il bracciale dorato che aveva al polso, inutilmente. 

«Per Salazar Serpeverde, smetti di agitarti come un doxy! É un regalo, non penserai mica che mi riprenda i gioielli, vero? Per chi mi hai preso? Non sono mica Lenticchia io».

Di nuovo si sentì avvampare. «Smetti di parlare di Ron! Tu non sai niente di lui!».

«Ah, no? So che ha preso al volo l’opportunità di allontanarsi da te, ad esempio. So che ha avuto più di una storiella, mentre eravate in …come l’avevate chiamata… pausa di riflessione. E, da ultimo, so che è troppo occupato a pensare a se stesso per rendersi conto di quanto era fortunato ad averti!» sibilò di rimando, serrando la mascella.

«Sai cosa non sai invece? Che quando tua zia ha ordinato a quei due essere immondi di prendermi per torturarmi, Ron ha lottato per salvarmi, li ha pregati di prendere lui al mio posto. Ah, questo non lo sapevi eh? Ecco chi è Ron!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Vide Malfoy serrare la mascella, come se fosse in preda ad una rabbia incontenibile. Poi però riassunse un’espressione assolutamente priva di alcuna emozione.

«Allora torna da lui e dì addio al Ministero» si limitò a commentare, aprendo una porta alla sua sinistra, vicino a dove erano entrati. Dietro la porta, Pansy Parkinson, con addosso una vestaglia di seta nera ricamata, che le lanciò una strana occhiata, prima di sparire insieme all’interno nella camera.

 «Ti piacerebbe!» ringhiò invece stizzita, chiudendo così forte la sua di porta, che era certa di aver sentito un tonfo di ceramica che andava in mille pezzi.

Beh, peggio per lui. Era certa che Theo l’avrebbe messa sul conto del suo caro amico. E non erano ancora pari.



 

 

 

Dopo la serata all’Experimentum, Malfoy era di nuovo svanito. Il giorno dopo, quando aveva tentato di ridargli i gioielli, la camera dove lo aveva visto entrare era deserta, e non c’era traccia di lui e di Parkinson. Pensava quindi di aver risolto la questione, anche con una certa soddisfazione, quando aveva lasciato orecchini, bracciale e scarpe che non aveva di certo intenzione di rimettere a breve, sul tavolo della suite. Peccato che appena messo finalmente piede al Ministero, neanche il tempo di sedersi alla sua bella scrivania rassicurantemente ricolma di carte e una grande civetta striata era planata nel suo ufficio, lanciando proprio sulla pila dei rapporti che stava esaminando un pacco piuttosto voluminoso incartato nel velluto blu con un bigliettino dello stesso colore, con le il monogramma TNII in oro.

Hermione, non è il mio genere.

Sto meglio con i colori freddi.

E, ad essere onesti, non sono il mio numero.

Theodore


Decisamente non aveva tempo per quelle bambinate. Se Malfoy non voleva comportarsi da adulto, beh, non gli avrebbe dato la soddisfazione di rincorrerlo fino al Wiltshire o dove diavolo si fosse nascosto. Aveva anche pensato di regalare quell’inutile ammasso d’oro insulso a Amelia, o persino all’addetta alla caffetteria del Ministero, l’unica che la guardasse con comprensione quando chiedeva un caffè bollente anche alle dieci di sera, ma aveva l’assurdo presentimento che Thorn lo avrebbe saputo e di certo sarebbe stato piuttosto difficile spiegare il perché avesse deciso di disfarsi dei gioielli in maniera così poco discreta.

Nel cassetto della sua scrivania, accuratamente stregato per espanderlo magicamente, nessuno si sarebbe posto il problema, lei men che meno. 
 

Colloportus

Il cassetto si richiuse senza alcun rumore e, insieme al suo contenuto, anche l’intera discussione con Malfoy venne rinchiusa lì dove doveva essere: in fondo alla sua lista di priorità.

E, come se nulla fosse, si rimise a lavoro.

 

Malfoy non si fece sentire per le successive due settimane. Se i primi giorni non ci aveva quasi fatto caso, ben contenta di potersi concentrare sul lavoro e senza dover contrattare continuamente con Parkinson su qualsiasi cosa decidesse di indossare al di fuori dei suoi suggerimenti, quando a fine mese tra la sua solita corrispondenza, divisa equamente tra insulti, lettere di ammiratori e pile e pile di documenti di lavoro, trovò una busta color avorio, pesantemente profumata. Era un invito da parte di quell’odiosa Mrs. Beaufort, per una "serata danzante". Il 31 ottobre. Ovviamente era indirizzata solo a lei, e non a lei e Malfoy. Aveva già messo in conto di dover sprecare ore e ore della sua vita dietro quegli snob, pur di raggiungere il suo scopo.

Ma la sera del 31 ottobre era sacra. E, ora che c’erano i bambini, ancora di più.

Scrisse un educato biglietto di scuse, accusando impegni improrogabile, ma dicendosi certa che Draco sarebbe stato ben lieto di partecipare ad un evento così piacevole, inviando la stessa copia anche a Malfoy, presso l’indirizzo di Parkinson.  E già che c’era accluse una richiesta. Se era vero che aveva già deciso per il costume di Halloween almeno a metà agosto, le era appena balenata l’idea per un travestimento ancora più terrificante. O almeno lo sarebbe stato per Harry.

E sarebbe stato il momento perfetto per mettere fine alla loro lite. Era certa che dopo essersi fatto venire un infarto, avrebbe capito l’ironia della sua scelta. O, in caso avesse deciso di continuare a comportarsi come un bambino, era sicura che il clan Weasley a supporto l’avrebbe portato a più miti consigli.

 

 

«Non guardarmi così, mi sembra che sia tu quello che ultimamente sembra fin troppo a proprio agio con questi colori».

Grattastinchi la guardava sdraiato sul letto, con un’espressione piuttosto perplessa sul muso. Probabilmente si stava chiedendo se la sua padrona fosse definitivamente impazzita, o, ancora più probabilmente, sentiva che c’era un odore decisamente estraneo in quella casa.

Perché ovviamente Parkinson non poteva limitarsi a reperire quanto le aveva chiesto. No, aveva dovuto anche inviare un Kit Restauro, scritto a grandi lettere argentate ricamate sulla pochette,  completo di una boccetta viola con all’interno lo stesso profumo leggermente dolce e speziato che era rimasto sui vestiti, un rossetto rosso, un cerchietto di velluto nero e calze velate che di certo non facevano parte dell’originale. Era davvero un peccato che fossero una delle poche cose nel mondo magico che non potessero essere trasfigurate, si sarebbe davvero evitata di dover chiedere quel favore, che era certa le si sarebbe ritorto contro.

Per questo, quando sentì bussare alla porta, pensò che fosse Parkinson.  Era ben decisa a lasciarla lì fuori, indifferente poi a dover dare spiegazioni a quella impicciona della sua vicina, quando sentì un piccolissimo plop dietro di lei.  Si girò di scatto, con la bacchetta in mano pronta a schiantare l’intruso, quando si ritrovò di fronte due enormi occhi globulosi.

Era decisamente un elfo domestico. Un elfo domestico femmina, con la testa enorme e le grandi orecchie pendule, e le lunghe braccia ossute che fuoriuscivano da un enorme pallone arancione.

No, non era un pallone… quella era…. una zucca?

Perché diavolo c’era un elfo vestito da zucca nella sua camera da letto?

C’era solo una ragione dietro tutta quella pazzia…

«Malfoy!» ringhiò smaterializzandosi a sua volta di fronte la porta e spalancandola.

«Granger! Alla buon’ora… per Salazar Serpeverde, ma cosa ti sei messa?» sbuffò, incrociando le braccia, per poi bloccarsi a metà della frase, fissandola come se le fossero improvvisamente cresciute due teste. Poi però si riprese fin troppo velocemente, ritrovando la sua lingua velenosa. «A Grifonscemo non vi hanno proprio insegnato le buone maniere? Mi fai entrare o dobbiamo continuare a parlare sul pianerottolo?».

«Ah, ora ti fai delle remore? Com’è che la tua di educazione va sempre a tratti? Per lo meno non ti sei presentato con degli stupidi fiori… forza, entra. Dimmi quello che mi devi dire e sparisci, ho da fare questa sera» concesse, esasperata. «Ma ti avverto, se devi dirmi che vuoi andare a quella noiosa serata della Beaufort è tempo perso. Io ho da fare stasera».

«Non oso chiederti cosa, vestita così» commentò Malfoy secco, mentre Cockey e Grattastinchi scendevano le scale dalla zona notte, lanciando semi di zucca canditi come fossero coriandoli. 

«E un costume, Malfoy. I Babbani si travestono ad Halloween. Ora, vuoi dirmi perché dopo essere sparito per settimane, ti ripresenti con il tuo solito pessimo tempismo a casa mia? Stavo uscendo!».

«No, no lo è. Quando Pansy mi ha detto di questa cosa pensavo stesse scherzando. Poi ho creduto che dovessi essere portata al San Mungo… pensa che sono andato anche da Andromeda a chiedere se potesse farti un ricovero senza troppo clamore… e lei invece mi ha spiegato quest’assurdità di …come lo hai chiamato… Halloween…Io sono senza parole Granger, davvero. Guarda come mi hai ridotto l’elfo domestico!» rimbrottò, indicando l’elfo he ora le trotterellava intorno, facendo oscillare la grossa pancia da imbottitura. 

«A Cockey piace questa usanza Babbana, Miss! É stata Mrs. Andromeda a suggerire il vestito di Cockey, le piace Miss? A Cockey piace molto con la divisa di Miss Pansy. Cockey lo sapeva che sarebbe stata perfetta, Sì sì. Ho dovuto solo fare qualche aggiustatina qui, un ritocchino là… » gongolò quest’ultima tutta felice.

«... dare una dosa di pozione tranquillante a Pansy e prometterle che non avresti fatto niente di sconveniente con quella addosso…» borbottò il mago tra i denti. « Come buttare nel calderone una delle festività più importanti dell’anno non fosse già abbastanza …».

«Malfoy, taglia corto. Sei venuto solo qui a dirmi che preferisci Samhain ad Halloween? Bene, ne ho preso nota. Ora puoi tornare ad eclissarti dovunque tu sia stato nell’ultimo periodo. E se lo facessi in silenzio te ne sarei davvero grata»

«E lasciarti andare in giro vestita cosi? Scordatelo» ribatté testardo.

Perché quando era in sua compagnia da più di dieci minuti, sentiva l’irresistibile desiderio che l’Avada Kedavra non fosse proibito?  Si costrinse a respirare più lentamente, cercando di intrappolare ogni minuscola particella d’ossigeno che potesse anche solo diluire la rabbia densa in cui si era trasformato il suo sangue?

«Malfoy, finto fidanzato o no, voglio che sia chiara una cosa. Né tu, né Harry, né nessun altro, mago o strega, Babbano o Creatura Magica che sia, ha il diritto di potermi dire come vestire! E tu, in ogni caso, sei l’ultimo della lista. Se davvero fossimo fidanzati a quest’ora ti avrei già detto di trovarti un’altra…E, ora, di nuovo, sto facendo tardi».

«Perché Potter ti ha detto come vestirti? Che c’entra lui?» 

Ecco, di tutto quel discorso, ovviamente, non aveva ascoltato una parola. Come sorprendersi, visto da chi era stato cresciuto.

«Senti, fa come vuoi. Se proprio ti piace tanto resta qui, basta che non tocchi la macchina del gas. Ah, certo come se tu sapessi cosa sia… se vai in cucina limitati ad aprire il frigo… no, aspetta… senti perché non te ne vai a casa tua? Tu e Pansy non avete Samhain da festeggiare con qualche bella usanza Purosangue?»

Malfoy la fissò con un sorrisetto sulle labbra, poi indicò qualcosa accanto a lei. Seguendo il suo dito, Hermione si trovò a fissare due grandi occhi colmi di lacrime.

«Miss non ci vuole? Cockey era così felice di andare in giro con Miss Granger! Perché Miss? Perché non vuole farsi vedere con Cockey? Il padroncino aveva detto che Miss Granger ama gli elfi domestici…» iniziò a piagnucolare l’elfa, dondolandosi sui talloni e facendo oscillare le orecchie dipinte di arancione da una parte all’altra…

«Tsk, tsk, Granger, far piangere a questo modo una povera creatura indifesa» tubò il maledetto Malfoy con voce angelica. « E mi fai anche fare la figura del bugiardo…».

«Bugiardo, probabile. Viscida serpe, sicuro» ringhiò senza guardarlo, accucciandosi invece all’altezza di Cockey, afferrandole le spalle con dolcezza, ma con abbastanza forza da farla smettere di oscillare come un pendolo impazzito.

«Cockey, a me piacciono gli elfi domestici, sul serio. Solo che incontreremo molti Babbani e loro… beh loro non dovrebbero vederti, lo capisci?» cercò di spiegare, superando i lamenti della povera creatura.

«Non avevi detto che ci si traveste? Lei si traveste da elfo domestico, non è delizioso?» cinguettò Malfoy da dietro.

«Quale parte di I BABBANI NON CONOSCONO GLI ELFI DOMESTICI non ti è chiara?» L’esasperazione con cui si era rivolta a Malfoy ebbe però l’unico effetto di far aumentare di almeno mezza dozzina di decibel i singhiozzi dell’elfa.

« Oh andiamo, Granger! Guarda come la stai facendo soffrire Prima la illudi…».

«Io l’ho illusa?» chiese, sbarrando gli occhi incredula.

Lui annuì, serio. «Ovvio. Di certo non sono stato io a parlare di questo stupido Halloween, dei dolcetti, delle mele caramellate e dei bambini che girano…».

«Cockey ama i bambini! E i dolcetti! Cockey vuole un bambino da coccolare, ma il padroncino non collabora! Gli farei tanti dolcetti, sa Miss? Tanti dolcetti alla mela, come quando il padroncino era bambino…Ma niente, nessun bambino.  E allora Cockey ha pensato che poteva andare con Miss e il padroncino e giocare con i bambini…»piagnucolò, infilando le parole una dietro l’altra.

«Beh sono certa che il padroncino», sottolineò con disgusto l’ultima parola, « potrà trovare presto una padroncina perfetta con cui fare tanti piccoli padroncini purosangue perfetti cui fare tanti dolcetti perfetti».

«Non credo proprio» la risposta di Malfoy era stata tanto repentina quanto sferzante. Poi richiamò un mantello nero e glielo porse. «Non hai detto che eri in ritardo, vogliamo muoverci? Più tardi ho un impegno».

«E chi trattiene, scusa? É mezz’ora che ti dico di andartene».

Malfoy guardò in alto con aria esasperata. «Certo che a volte sei proprio ottusa. Cosa accadrebbe se ti fotografassero nella Londra Babbana a fare questa idiozia senza di me? Non credi che sarebbe sospetto?».

«Ma chi vuoi che mi fotografi, scusa? Siamo io, Harry, Ginny, James, Angelina, George, Teddy, Victoire e Dominique. I piccoli rimangono con i nonni, ma Harry era così ansioso di far vivere a James il suo primo Halloween… ».

«Granger, sei seria? Non solo mi porti tra i Babbani, ma pure con Sfregiato e mini sfregiato e tutta la banda dei Weasley?».

«Io non ti porto da nessuna parte, ti ho già detto di andartene a casa».

Cockey attaccata alla sua gonna emise un gemito così forte, che ebbe paura che l’avessero sentita fino a Westminster.

«E io ti ho già detto di no. Quindi vedi di risolvere per Cockey, visto che secondo te non può andare in giro così, e andiamo!» si spazientì. «Guarda che può solo peggiorare».

Mentre le urla dell’elfa raggiungevano vette inaspettate ad Hermione venne in mente che l’ultima volta che Teddy era stato a casa sua avevano comprato delle tempre babbane per disegnare, inclusa una verde che sarebbe stata assolutamente perfetta.



 

«Io spero solo che davvero non ci sia nessuno che faccia una foto stasera, non so se sono abbastanza ricco da potermi permettere di comprarla…».

Malfoy camminava strascinando i piedi, in faccia un’espressione talmente truce che era impossibile non ridere.

«Io ti avevo detto di andartene. E poi quante storie che fai per una maschera. Da collezione, tra l’altro. E a tal proposito, vedi di non rovinarla» lo blandì lei, trattenendosi a stento dal ridergli in faccia, mentre Cockey trotterellava allegra davanti a loro, facendo oscillare il calderone che avevano rimediato per mettere i dolci.

«Secondo te dovrei andare in giro con questa cosa in faccia? Guarda Cockey: non solo l’hai dipinta di verde mandragora, ma le hai anche messo un sacco addosso. Per fortuna che tu eri quella che li voleva liberare gli elfi domestici».

«É il suo travestimento, idiota. Vedrai, sarà un successo tra i Babbani. E poi non è colpa mia se ti sei presentato all’ultimo, e non invitato per giunta.» continuò, stuzzicandolo. Non vedeva l’ora di vedere la faccia di Ginny. «Ora, per la centesima volta, se proprio devi restare cerca di essere una persona educata, ci sono i bambini».

«Forse eri troppo persa a fare la smielata con a Thorn per accorgerti di quanto ben educato sia in società» rimbeccò subito.

«Io la smielata? Tu non sei normale, dì la verità da bambino sei caduto da quella dannata scopa, vero? ».

«Forse quando ha rubato la scopa della padrona…» borbottò Cockey, pensierosa. «Quella volta Cockey non c’era, e quello stupido Krippy non se n’è accorto…O forse è stato quando è caduto nel laghetto per rincorrere il pavone…sì, può essere, sa Miss Granger. É rimasto sotto un bel po’.».

«Scusa, dove diavolo lo stavi ricorrendo un pavone?».

«A casa. Ma non è questo il punto. Stavamo parlando di te e di Alistair».

«Non c’è nessun me ed Alister, Malfoy. E smettila di fingere di essere geloso, sei ridicolo. E stavamo parlando di te che devi comportarti bene perché ci sono i bambini e…».

 

«COME DIAVOLO TI SEI VESTITA, PER LA MISERIA? E PERCHÉ C’É IL DANNATO MAFOY?!”.

Se le occhiate avrebbero potuto incenerire, o, ancora meglio, se avesse potuto lanciare l’incantesimo in una strada Babbana, di certo i giornali il giorno dopo avrebbero davvero avuto molto da dire di un certo giovane uomo con gli occhiali ed una strana cicatrice a forma di saetta, stranamente effetto di un fenomeno di autocombustione spontanea.

«’a’nna’o» fece eco James ridacchiando dal suo passeggino, appositamente modificato per dare l’idea di avere delle grate, in realtà semplici fili colorati. 

«E pensare che mia madre credeva che le parolacce le avrebbe imparate solo ad Hogwarts…» si limitò a commentare Ginny, lanciandogli un’occhiataccia.

«Ma è vestita da Serpeverde!» si schernì Harry.

«Zio Harry, non è carino. Maman dice che non dobbiamo dire la parola con la D…», si fece avanti Victorie, scuotendo i lunghi capelli biondi e guardandolo con tutto il fiero disappunto che solo una bambina di cinque anni che può rimproverare un adulto può avere.

«Se intendi Draco Dannato Malfoy, sono d’accordo con tua madre. E sai perché non dovremmo dirla? Perché lui non dovrebbe essere qui» bofonchiò il Bambino sopravvissuto. 

«SÌ, zio Harry, sei fortunato che lo zio Percy sia rimasto a casa.sghignazzò Angelina, appoggiando il mento sulla spalla di  George ed accarezzandosi distrattamente il pancione che premeva sotto il maglione con la faccia di Jack o’Lantern. «Anche Fred Junior sta ridendo, ha preso il senso dell’umorismo della mamma».

«Percy non viene mai a fare le cose divertenti. E poi sono certo di non aver urlato così tanto. Scusate ma chi è Yoda? Perché dovete rovinarmi non solo Halloween, ma anche uno dei miei personaggi preferiti?» minimizzò Harry, indicando perplesso Cockey che era intenta in una fitta conversazione fatta solo di suoni con James.

«Dannato!» ruggì Dominique in braccio a George, agitando la folta chioma di capelli rossi che costituivano la capigliatura del suo travestimento da Grifondoro. Hermione era certa che ci fosse lo zampino di Luna in tutto quello.

«Harry…» minacciò Hermione a denti stretti.

«La nonna, invece, dice che se proprio devo farlo, devo evitare di farmi sentire. Dice che non è molto intelligente farsi beccare» ripuntò Teddy, scambiando un lungo sguardo d’intesa con la bambina al suo fianco.

Malfoy, che fino a quel momento era rimasto dov’era con un’aria da martire annoiato, si ritrovò a ridacchiare « Vedi Granger, Andromeda è la prova che puoi anche finire a sposare un Natobabbano in mezzo al nulla, ma i geni Black vengono sempre fuori in un modo o nell’altro. Scommetto che l’idea di farvi vestire da carta della Luna è sua, dico bene?».

«Già. Nonna ha detto che sarebbe stato divertente… e poi Victoire è una Luna perfetta, vedi com’è bella? Peccato che Domi si sia rifiutata di vestirsi da granchio» annuì Teddy serio, prendendo la mano di Victoire, che continuava a squadrare Draco ed Hermione con fare sospetto. «Victoire, lui è mio cugino Draco. Draco, lei è Victoire. E quella vestita lì è Dominique, puoi chiamarla Domi».

«No!» urlò di rimando la bambina, facendo finta di ruggire, ma allungando le mani verso ad Hermione per farsi prendere in braccio, borbottando però al contempo:«Butta Sepevedde. Butta Sepevede»

«Ecco, finalmente qualcuna che ragiona!» approvò Harry, tirando fuori dalla giacca un leccalecca e passandolo alla bambina, con un gran sorriso. «Meno male che ci sei tu».

«Io fossi in te starei attento all’umorismo di tua nonna, lo dico per esperienza» ridacchiò Malfoy, chinandosi all’altezza di Teddy e Victoire e porgendo la mano con fare serio. «Sei una Luna perfetta, Victoire. Al contrario di quello lì… Potter da cosa ti saresti vestito, sentiamo? Perché hai la faccia bianca e quell’assurdo trucco? Non è che speri di nascondere la tua brutta faccia?»

«É un clown, Malfoy. Mai sentito parlare dei clown? Clown assassini… vedi è un costume di coppia» sbuffò Harry indicando il fagottino giallo che prima era noto come James Sirius Potter, che si agitava nel suo passeggino.

«Eh?» 

«É un film» si limitò a commentare Hermione, secca. 

«Un che?» 

«Lascia perdere. Allora, vogliamo andare? I bambini non possono fare tardi» tagliò corto Hermione, prendendo in braccio Dominique, ora estremamente interessata a cercare di infilarsi la maschera che Malfoy teneva in mano. «E tu, mettitela, dobbiamo iniziare a fare il giro, Dominique tra un po’ deve andare a letto»

«No!»urlò la bambina. «Tio George, no nanna! Dolci!»

«E tu sei un fantastico lupo che ulula alla luna…se lo avessi proposto io sarei stato un mostro…» commentò Malfoy con uno strano ghigno, battendo il pugno con Teddy, i cui capelli stavano cambiando preoccupantemente da una bella sfumatura grigio sporca ad un biondo fin troppo chiaro«Che dici, Granger, ora che usciamo insieme posso permettermi anche io di fare battute del genere?».

«NO!» ringhiò Harry.

«Non sei così divertente» sottolineò Ginny, che in tutto ciò sembrava starsela spassando un mondo. «Se lo fossi, ti saresti vestito da furetto».

«O da Cercatore che riesce finalmente a prendere un boccino» si intromise Angelina.

«Divertente, Johnson. O ti devo chiamare Weasley? Piccola Weasley, non chiedermi di chiamarti Potter, sei troppo carina per farlo. Allora, siete finiti? Non siete un po’ pochi? Mi aspettavo un’orda di teste rosse…» si limitò a commentare Malfoy, con tono fin troppo cordiale, alzandosi di nuovo. «Mi spiace, Cockey sono solo quattro bambini… beh quattro e mezzo, direi».

Hermione si profondamente spaesata. Nonostante avesse fatto finta di nulla, per tutto il tragitto, l’idea di dover giustificare la presenza di Malfoy a quella che era una tradizione di famiglia, e, invece, sembrava che avesse portato semplicemente… qualcun altro, chiunque che non fosse Draco Malfoy. E poi… non era strano che Teddy l’avesse presentato come suo cugino?  Allora la sensazione che aveva avuto a Grimmauld Place non era stata del tutto sbagliata…

«Oh… ma sono bellissimi!» chiocciò l’elfa aggirandosi attorno a Teddy e Victoire, battendo le mani. « E sono quasi dei purosangue!»

Per Merlino, ora era certa che le sarebbe venuto un infarto. Perché diavolo si era lasciata convincere a portarlo?

«Volendo essere di manica larga…» concesse Malfoy con un ghigno, alzando poi subito dopo le mani in segno di resa «Ehi, non guardate me…non sono stato io a dirlo»:

«Chissà come mai non mi stupisce che un tuo elfo sia razzista» non poté fare a meno di commentare Hermione, trattenendosi dal rifilargli una gomitata.

«Ma se ti adora!» rimbeccò Malfoy, come se stesse dicendo un’ovvietà. Poi si rivolse nuovamente ai Weasley. «Dovete scusarla, è un po’ agitata… forse è perché ha dimenticato la sua spilla da Prefetto. Ecco, vedi? Ed è molto più bella di quella spilla oscena che mi hai rifilato tu».

Con un ghigno, tirò fuori dalla tasca del mantello un piccolo stemma di ottone lucido, appuntandoglielo con delicatezza sul bavero della giacca. Hermione resistette all’impulso di ritrarsi di scatto, persa nel ricordo di quando aveva ricevuto il suo di stemma, messo dalla Umbridge con provando disgusto. E, ancora di più, la colpì il ricordo di quando aveva saputo che tutto ciò che la riguardava era stato bruciato dai Carrow in un falò pubblico durante la prima lezione di Babbanologia. Avevano costretto Ginny a farlo, ed ancora aveva il segno del fuoco fatuo con cui l’avevano colpita quando si era rifiutata.

Al suo rientro dopo la Battaglia di Hogwarts, quando aveva deciso di tornare per un ultimo anno, aveva rifiutato il ruolo di Caposcuola, insieme all’offerta della McGranitt di riprendere il suo posto da Prefetto. Quello apparteneva ad una Hermione che non riconosceva più…la stessa che le sembrava essere tornata a vivere dopo che quell’assurda storia con Malfoy era iniziata.

«Basta con queste idiozie. Voi andate avanti, io e Malfoy vi raggiungiamo subito» il commento secco di Harry, che aveva preso Malfoy per un braccio e aveva iniziato a trascinarlo via, era riuscita a riportarla alla realtà.

«Vedi, io l’ho sempre detto che tra quei due c’era una certa chimica. Gin, fossi in te se ci mettono più di dieci minuti, inizierei a preoccuparmi» commentò George con tono leggero, senza però staccare gli occhi di dosso da Hermione, come se si aspettasse che da un momento all’altro dovesse dire qualcosa.

Ed Hermione sapeva anche benissimo cosa, maledizione a Malfoy e alla sua bocca larga.

«ACO!» gorgogliò invece James, dondolandosi talmente tanto che il palloncino rosso legato al suo passeggino iniziò a tremare visibilmente.

«Ecco, questo sì che è davvero spaventoso. Bravo, tesoro, hai capito lo spirito di questa festa Babbana» si limitò a commentare Ginny. «Forza, Hermione, andiamo, quei due sarebbero capaci di farci passare direttamente a Yule… Andiamo a rendere fiero nonno Arthur, su! ».

«Sì! I dolci!» gridarono tutti i bambini, più un certo elfo, brandendo i loro piccolo calderoncini vuoti.

E, con un ultimo sguardo preoccupato a quei due che parlavano fitto fitto nel mezzo della Londra Babbana, Hermione decise di farsi trascinare dall’entusiasmo del fantasma dei suoi Halloween passati. Chissà, se si fosse impegnata abbastanza, forse avrebbe anche potuto far finta che dietro una di quelle porte ci sarebbero stati anche i suoi di genitori, con la casa decorata e le mele ricoperte di cioccolata in cucina.






 

Alla fine, dopo il tentativo di rapimento di Harry, la serata era stata abbastanza tranquilla, con l’allegro vociare dei bambini, le chiacchiere rassicuranti di Angelina e George, l’odore che solo le festività folli a Londra possono avere, che stemperava il muso di Malfoy, fortunatamente in gran parte coperto dalla maschera, e i suoi continui tentativi di riportare l’attenzione dei più piccoli sulle tradizioni di Samhain.

Erano quindi, faticosamente ma allegramente, arrivati quasi a fine serata, quando improvvisamente Malfoy la toccò, proprio mentre camminavano affiancati, spingendo il passeggino di un’esausta Dominique. Beh, quasi spingendo il passeggino, visto che aveva deciso che un minuscolo incantesimo innocuo si sarebbe anche potuto fare. 

Era presa nel cercare di fargli ammettere che Halloween si era sempre festeggiato ad Hogwarts senza troppe storie, e che evidentemente era l’unico ad avere quest’idiosincrasia, quando senti una mano sfiorarle la schiena, con una naturalezza come se fosse un gesto normale.

«Fidanzati, Granger, ricordi?» le sussurrò in un orecchio, la mano ancora appena appoggiata sul fianco. « Falla portare a me un po’, altrimenti penseranno che sono un essere orribile».

Già lo pensano si trovò a commentare, ma solo nella sua mente. 

«Non è un grande sforzo» lasciò invece che uscisse a voce alta.

Lui ghignò:«Ah questo lo vedo… forse quella divisa non è poi così sbagliata sai?».

Hermione sbuffò, concedendogli però di prendere il suo posto. E, come se la cosa non fosse già abbastanza strana, era impossibile non notare il trio formato da Teddy, Victoire e Cockey che li guardavano, parlottando tra loro.

Per fortuna, o forse no, improvvisamente Malfoy tiro fuori l’orologio da taschino, imprecando a mezza bocca.

«Per Salazar Serpeverde, è tardissimo. Questa volta mi ucciderà sul serio… Inventa tu una scusa, Io devo scappare Granger, ti lascio Cockey, ti prego levale quella cosa orrenda di dosso prima di farla tornare. E, ti prego, ti scongiuro, non farti fare una foto vestita così, rovineresti davvero ogni possibilità di candidarti al Ministero» .

«Direi che era ora» rispose risoluta, infastidita dal modo in cui parlava di un essere senziente come se fosse una bambola. «E visto che corri da Pansy, mi raccomando dille che la sua preziosa divisa non è stata sottoposta a nessun maltrattamento…» 

Lui le lancio un’ultima occhiata « Già, un gran peccato».

E poi, con un’ultima occhiata fugace per assicurarsi che Harry li stesse guardando, si chinò a darle un bacio sulla guancia.

«Mandami un gufo quando torni a casa, non farmi stare in pensiero!» disse a voce decisamente troppo alta, in modo che lo sentissero probabilmente fino all’altro capo della strada.

Poi, come se non fosse nel mezzo di una strada Babbana, sotto gli occhi del Capo degli Auror dell’Inghilterra Meridionale, si smaterializzò.

Forse nessuno si era accorto di quella bravata, ma di certo lo sguardo assassino della Speranza dei maghi non era mai stato così simile a quello di un clown assettato di sangue.

O forse solo di quello di Malfoy. 

 

A fine serata Hermione si sentiva stranamente felice. Halloween era una delle sue feste preferite dell’anno, specialmente da quando avevano ripreso la tradizione di festeggiarlo alla maniera Babbana. Il primo anno era stato Seamus a proporlo, un goffo tentativo di lasciarsi alle spalle la tragedia della guerra magica per una sera. L’anno dopo si erano aggiunti anche George ed Angelina, al tempo solo amici in cerca di una risata che potesse lenire il loro dolore. Poi Teddy era diventato abbastanza grande ed Andromeda aveva chiesto di portarlo con loro, come Ted faceva con Nymphadora.

"Io non riuscirò mai a capirlo come voi" a
veva detto"Una parte di me sarà sempre fedele a Samhain, ma spero che Teddy possa prendere il meglio da entrambi i mondi".

Samhain. Pensava di sapere come i maghi lo festeggiavano, in fondo anche i Weasley erano maghi da generazioni, no? Eppure non le era mai sembrato niente di particolare.

Forse erano altri tipi di maghi che festeggiavano Samhain. Quelli come…i Black. I Malfoy. I Lestrange.

Chissà, forse era il caso di scoprire cosa accadeva davvero dietro le porte chiuse dell’alta società magica, si disse togliendosi la giacca. in fondo, quando aveva dato la spilla con l’incantesimo a Malfoy non aveva davvero pensato, le mani si erano mosse ancora prima della sua coscienza. Durante la passeggiata si era detta che era solo per precauzione, che se la sarebbe fatta ridare prima di andare via, insieme alla maschera. Non l’avrebbe davvero usata.

Lui però era sparito all’improvviso, e con lui quella spilla stregata in modo da registrare quello che accadeva mentre veniva indossata. Per sentirlo bastava aprire lo specchietto gemello, quello che adesso era chiuso in un cassetto della sua scrivania. Lo aveva creato in un momento buio della sua vita, quando pensava che Ron la tradisse, ma poi non aveva mai avuto il coraggio di usarlo. 

Perché avevi paura della verità 
disse una voce maligna nella sua testa, fastidiosamente simile a quella di Malfoy.

Perché avevo rispetto per Ron. E per me. 
Ripeté testarda, accarezzando lo stemma da prefetto sulla giacca appena tolta. Era così simile al suo, che le provocò un momento di nostalgia. Doveva dire che Malfoy aveva fatto davvero un bel lavoro, addirittura c’era il suo nome sopra e lo stemma di Grifondoro.

Un buon lavoro, davvero. Forse troppo. 

Aveva persino l’ammaccatura di quando Fred e George lo avevano nascosto in cima alla torre di Grifondoro e lei aveva dovuto andarselo a riprendere e poi glielo aveva stregato contro come un bolide.

Un brivido di rabbia le attraversò il corpo. Quello non era uno stemma simile al suo.

Quello era il suo stemma da Prefetto, lo stesso che sarebbe dovuto essere metallo fuso, ormai.

A che diavolo di gioco stava giocando Malfoy?




 

 

NOTA IMPORTANTE DEL 30/11/2023 ( meglio tardi che mai): il mio cervello si rifiuta di collaborare e quindi GEORGE è diventato FRED.Ho scuse ? Onestamente no, posso solo fare ammenda. Ora ho modificato, ma è giusto che chi giunge a questo punto quando già è stato corretto sappia che i miei due neuroni non sono stati in grado di distinguere dalla Fremione oneshot e da questa long e quindi è successo un macello. Buon Samhain a tutt3!

So che stiamo tirando un po’ per le lunghe e scusami per la lunghezza di questo capitolo, ma volevo tantissimo riuscire ad inserire una scena di Draco ed Hermione in una Londra addobbata ad Halloween e, visto il nonno, credo che sia plausibile che i piccoli Weasley siano spronati a vivere anche questa esperienza.Questa storia di Draco che è il portabandiera di Samahin e trova molto plebeo Halloween l’ho già usata in un’altra storia, ma mi diverte sempre molto farlo inorridire di fronte a delle tradizioni che sente quasi come un affronto. Però, alla fin fine, si imbuca sempre. Stesso discorso per Cockey e i suoi tortini alle mele.
Credo che si noti che sto facendo molta fatica a mantenere la visione ristretta di Hermione,ma credo che sia utile al fine di come è strutturata la storia. Riflettendo su un suggerimento che mi è arrivato ho deciso però di far vedere degli stralci di conversazioni di Draco, per questo Hermione sta dando sfogo a quel lato un filo subdolo che conosciamo dai tempi della maledizione sulla pergamena dell'ES.

Io non frequento molto la next generation, quindi ho avuto un po’ di difficoltà con le età dei bambini, ho deciso di affidarmi ad un post di internet secondo qui Victoire è nata nel 2000, Dominique nel 2002/2003, James nel 2004 e Fred Jr nel 2005. Siamo a sette anni dalla battaglia di Hogwarts, quindi in pieno 2005.  A proposito di Dominique… anche se qui parliamo di una bambinetta, dopo essere nel pieno tunnel delle storie di Bluebell (vedi qui https://www.efpfanfic.net/viewuser.php?action=series&uid=1148742#series  io sto leggendo la serie “Someone you loved” nell’ordine indicato dall’autrice) non posso fare a meno di immaginarla con i capelli rossi e un caratterino bello tosto.

Ovviamente la legge che rende impossibile trasfigurare le uniformi di Hogwarts è una mia invenzione, ma, in fondo, tutto ciò che riguarda Hogwarts ha una serie di limitazioni che me lo fanno ritenere abbastanza plausibile (oltre al fatto che nessuno sano di mente penserebbe di mettere la divisa di un’altra casa).


Prima che mi dimentichi: il palazzo dell’Experimentum Crucis è vergognosamente copiato dal flacone di un profumo anonimo, che troverei perfetto su Theodore Nott. E anche il suo nome ha un che di evocativo, soprattutto in una serata in cui Hermione incontra l’eminenza grigia del Ministero. A proposito di profumi, ho scoperto in questi giorni che ne esiste dal nome “Ambwitchious”, che sulla bottiglietta  recita "Be more of a bitch than the average bitch" . Ovviamente in qualche modo Pansy prima o poi lo userà.

 Ci vediamo il 15!

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Capitolo 7
*** Maestri o vittime di inganni ***


 

 

 

La serata precedente era stata stranamente piacevole, fin troppo a essere onesti. Erano stati tutti sin troppo gentili, amichevoli. Non c’erano state scenate, non erano volate recriminazioni. Di certo non era perché avevano letto la Gazzetta del profeta.

Che Ginny avesse parlato? No, non era possibile. Per quanto trovasse quella storia un grosso sbaglio, di certo Ginny non era il tipo da tradire un segreto, neanche con la sua famiglia.

Ed Harry? Lui che aveva passato anni ad odiare Malfoy… lo aveva preso da parte per parlare. Non era strano? Si era aspettata che desse di matto, che lo insultasse, che lo cacciasse via.

Si, insomma, era stato sorpreso, ma più che arrabbiato sembrava… preoccupato.

E lo era anche nella lettera che le era arrivata quella mattina, quando ancora non aveva avuto neanche modo di bere la sua tazza di caffè bollente.

A brevissima distanza dal gufo di Harry, e con uno sguardo disgustato che ricordava fin troppo quello del suo padrone umano, era invece arrivato Ludwig, con un pacchetto con dei tortini ancora caldi dall’odore dolce e speziato della mela e cannella, una confezione della sua miscela preferita di caffè al pumpkin spice …. e la spilla.

Com’era possibile che Malfoy riuscisse sempre a sbagliare il momento giusto per palesarsi?

Se solo se la fosse tenuta, se avesse fatto passare un po’ di tempo… e invece era lì, che la guardava ammiccante, la labradorite che conteneva tutti i ricordi della sera prima che la tormentava. Si era detta che doveva farlo, doveva sapere cosa diavolo stesse combinando Malfoy.

Titubante aprì il cassetto dell’ingresso, tirando fuori lo specchio di madreperla intarsiato, trovato in un mercatino delle pulci durante una passeggiata mattutina con Ron in cerca di un regalo per Arthur. Sul coperchio c’era un avvallamento, l’alloggio perfetto per la spilla che una volta inserita, sembrava averne sempre fatto parte.

Lo aprì di scatto, osservando la superficie dello specchio iniziare a diventare sempre più lattiginosa, un vortice di colori perlescenti che si rincorrevano in spirali sempre più strette.

Durò pochi secondi, poi tutto cambiò.



 

«Sono di sopra» .

Era stata una donna a parlare, la voce quasi impastata che emergeva dall’ombra. L’indicazione era stata secca, quasi contrariata.

Malfoy non aveva neanche risposto, avviandosi veloce sulla scala ricoperta di uno spesso tappeto che ne attutiva i passi.

Non conosceva quella casa, eppure era certa che non potesse essere quella di Pansy. E, di certo, non era Malfoy Manor.

Era una casa antica, certo, eppure erano evidenti i segni dell’incuria, con i mobili con tracce di polvere negli angoli, gli specchi macchiati, le tende ormai scolorite.

Era evidente che Malfoy sapesse bene dove andare, attraversava a passo spedito il corridoio dalla tappezzeria usurata. Aveva visto la sua mano esitare, un attimo prima di bussare brevemente.

Pochi secondi dopo, la porta di legno scuro si aprì di scatto. 

«Alla buon’ora!» sibilò un ragazzo dagli zigomi affilati, ancora con la bacchetta in mano. «Si può sapere dove diavolo ti eri cacciato? E perché hai un odore strano addosso?».

Erano passati anni da quando lo aveva visto l’ultima volta, eppure sembrava che per lui non fosse passato neanche un giorno: Blaise Zabini.

«Blaise, devi farti controllare da un Medimago. E anche da qualcuno che ti aiuti a smetterla di impicciarti dei fatti miei» aveva risposto tagliente Malfoy, chinandosi a dare un bacio sulla guancia a Pansy, seduta su una poltroncina di velluto verde scuro, vicino a Blaise.

«Spero che abbia usato il profumo che le ho mandato, non vorrei che la mia divisa puzzasse di Londra Babbana». Da quello che poteva vedere, Draco si era seduto sul bracciolo della sua sedia, lo sguardo insistentemente sul tavolinetto ingombro di bicchieri ricolmi di whiskey incendiario.

«Londra Babbana?» il tono di Zabini era tra l’inorridito e l’incredulo. «Londra Babbana, Draco? Sei impazzito?».

«Blaise, smettila» la voce era quella ormai famigliare di Nott, nascosto in qualche angolo.

«Io dovrei smetterla? Voi vi comportate come se fosse tutto normale, come se fosse sano che Draco esca con la Granger. Devo sul serio essere io a ricordarvi cosa è successo?».

«Blaise…» quello di Malfoy era stato più che altro un ringhio basso, più che una reale risposta.

«Smettetela, tutti e due. Non siamo qui per questo…» Era stata di nuovo Pansy a parlare, di lei riusciva solamente a vedere una parte del collo, lasciato nudo dalla profonda scollatura sulla schiena del vestito che indossava.

Nella stanza calò il silenzio e mentre i suoi occhi si abituavano al buio, iniziò a distinguere i contorni di una sagoma immobile, seduta su una grande poltrona di fronte ad un camino inspiegabilmente spento.

Era il profilo di un giovane uomo, i capelli cortissimi e il capo tozzo che poggiava su un corpo magro al punto da sembrare emaciato. Non c’era un muscolo che si muovesse, non aveva mai detto una parola o mosso un dito da quando Malfoy era entrato.

Hermione si concesse di studiare meglio i particolari della stanza: c’era una grande libreria, ricoperta di polvere, molti dei libri strappati che giacevano feriti sulle mensole. C’era una toga, appesa ad un lato della stanza, una cravatta verde e argento e una sontuosa scopa da corsa spezzata in un angolo. Ad osservalo bene, ogni oggetto sembrava essere stato vittima di una furia indescrivibile: le cornici delle foto erano divelte, la tappezzeria piena di tagli, dei piccoli mobili sfondati. Tutto era in rovina, a parte quell’unica sedia di spalle.

«Ehi, guarda che ti ho portato… te li ricordi questi dolcetti? Li mangiavamo sempre da bambini»- la voce di Malfoy era morbida, carezzevole, come di certo non l’aveva mai sentita, mentre si avvicinava a quella figura, nelle mani un dolce di pastafrolla.

Avanzò ancora cauto, continuando a parlare di cose frivole e senza senso, come di quando avevano corrotto un elfo per farsi dire dove fosse la mela dorata.

Avanzava di un passo dopo l’altro, lento, fino ad arrivare di fronte all’occupante della stanza.

A pochi passi da lui, improvvisamente si fermò.

Anche nella poca luce delle candele, Hermione riconobbe quel volto strafigurato e pieno di cicatrici, anche se non c’era più nulla del ragazzo goffo e muscoloso che era stato.

Gregory Goyle era rimasto l’ombra di sé stesso.

E, cosa peggiore, non c’era alcuna traccia di vita nei suoi occhi.

 

Hermione chiuse di scatto lo specchio, con il cuore che le batteva e il sangue che le pompava nelle orecchie. Era quindi questo che era andato a fare Malfoy poche ore prima? E cos’era successo a Goyle? Perché nessuno gliene aveva mai parlato?




 

Era almeno mezz’ora che era ferma sulla stessa, dannata pagina. Una parte del suo cervello continuava a tornare continuamente a quella stanza buia, all’atmosfera cupa e agli sguardi preoccupati di Nott e Pansy, al viso sfigurato di Goyle.

Si sentiva in colpa per non aver pensato a lui in tutti quegli anni. Harry le aveva raccontato quello che era accaduto nella stanza delle Necessità e della morte di Crabbe per colpa del suo stesso Ardimonio, aveva raccontato di come avesse salvato Malfoy dalle fiamme… ma non aveva mai accennato al fatto che Goyle fosse lì. Eppure quelle cicatrici non lasciavano dubbi sulla sua natura, così come il fatto che la magia non avesse potuto guarirle. Ma se fosse stato lì… come era riuscito a fuggire?

 

«C’è una persona per lei» la voce pacata della sua assistente l’aveva riportata sul presente. «So che mi aveva detto di non disturbarla, ma non ha voluto sentire ragioni…»

Hermione alzò bruscamente la testa, nascondendo lo specchietto sotta la pila di carte che aveva davanti a lei, di certo Malfoy non l’avrebbe più smesso di fare domande, sembrava avesse preso il vizio di impicciarsi di qualsiasi cosa.

«Si, certo, fallo entrare» rispose fingendosi distratta. In teoria, il loro prossimo appuntamento era per una cena in un ristorante ridicolosamente snob che aveva sempre evitato come la peste quella sera, ma, in fondo non le dispiaceva troppo quell’improvvisata. Se fosse stato di buon umore, almeno avrebbe potuto cercare di indagare. O, se non poteva chiedere di Goyle, almeno poteva fargli una domandina o due sullo stemma da Prefetto magicamente ricomparso.

«Malfoy, se sei passato per la divisa di Pansy gliel’avrei mandata in giornata, datemi tregua» disse, senza neanche guardare la porta, sentendola aprire.

 

«Trovo davvero peculiare questa vostra abitudine di chiamarvi per cognome…» il tono della voce di Alistair Thorn era piatto, senza alcuna intonazione particolare, eppure il sarcasmo e la sorpresa erano piuttosto evidenti. 

Dopo aver parlato con lui tutta una serata, Hermione era ormai certa che non ci fosse parola che uscisse dalla bocca di quell’uomo che non fosse ponderata e scelta appositamente per veicolare esattamente il messaggio che voleva passasse.

Hermione si appoggiò sullo schienale della sedia, osservandolo prima di parlare. Il gioco degli scacchi non era mai stato il suo preferito, ma aveva passato ore a guardare Ron giocare con i fratelli, affascinata da quel sottile gioco di strategia.

E, di certo, lei non si faceva intortare da nessuno, neanche da un uomo che si muoveva al Ministero come se fosse di sua proprietà.

«Un piccolo vezzo, che vuole farci. Ma mi dica, Alistair, è qui per un motivo? Se sta cercando Draco sono certa che saprà dove trovarlo».

Alistair rise leggero, inclinando il capo con accondiscendenza.

«Draco? Oh, no Miss Granger, cercavo lei. Vorrei dirle che è per farvi i miei complimenti sul vostro breve excursus Babbano di ieri sera, ma in realtà sono qui per parlare di cose più serie. Però le ho portato delle foto ricordo, sono certa che Harry Potter con la faccia imbrattata di bianco e rosso sia un ricordo prezioso da conservare per sempre. E anche lei con la divisa da Serpeverde non è male. Certo, non credo che alla Preside McGranitt farebbe molto piacere…» commentò con un sorrisetto plastico, facendole levitare un mucchietto di fotografie sulla scrivania.

Quindi lo sapeva. Forse Malfoy aveva ragione quando aveva insistito per accompagnarla a tutti i costi. Ma chi era stato a seguirli? E come era stato possibile che nessuno di loro se ne fosse accorto.

Si costrinse a prenderle, e a fingersi deliziata. « Si è preso molto disturbo, Alistair. Non sapevo avesse questo… come dire… hobby».

«Diciamo che ho le giuste conoscenze, particolarmente interessate a questa strana storia. Deve ammettere che è piuttosto affascinante, sembra quasi una storia da romanzo non crede?»

«L’amore è imprevedibile, Alistair… ora, se non le dispiace, vorrebbe dirmi come mai è qui? Sa, ho molto da fare oggi…» sorrise tra i denti.

«Ero solo venuto a sincerarmi che il progetto di cui mi ha parlato stia ottenendo tutta l’attenzione che richiede. Sa, con la raccolta fondi alle porte non vorrei che la presentazione non fosse più che accurata. Non vorrei vedere per la prima volta un evento ospitato da Narcissa Malfoy fallire miseramente… direi che Lucius ha dato già del suo a riguardo. Ma Narcissa… oh è una padrona di casa eccezionale. Scommetto che sente la pressione di eguagliarla, vero. Certo una Lady Malfoy nata Babbana».


Ma di cosa diavolo stava parlando? Costrinse ogni singolo muscolo della sua faccia a rimanere immobile, mentre si limitava a commentare tagliente.

«Siamo ancora ben lontani anche solo dal pensiero, Alistair. E ora, se vuole scusarmi, devo davvero mettermi al lavoro».

Thorn sorrise, scrutandola con occhi avidi.

«Oh, ne sono certo. Buon lavoro allora, Miss Granger. E a presto… Quelle le può tenere, ne ho una copia».

E detto questo se ne andò.




 

La spilla che aveva dato a Malfoy non aveva solo la capacità di immagazzinare un paio d’ore di ricordi. No, quello che era davvero interessante era il fatto che potesse registrare i movimenti che la persona che l’indossava aveva fatto nelle otto ore successive a quando era stata indossata. Certo, entrambi erano dei punti ancora piuttosto grezzi e su cui lavorare, così come il fatto che una volta rilasciati i ricordi questi svanissero, però in quel momento erano più che sufficienti.

Aveva fatto un’enorme fatica a non precipitarsi nell’ultimo punto registrato sulla mappa del Regno Unito che aveva dispiegato davanti a lei dopo aver contato mentalmente fino a cento dopo che Thorn era andato via, nel caso quell’uomo si fosse appostato come un dannato ghul per smascherarla.

No, era rimasta seduta lì, a pretendere di lavare sul report settimanale, era andata a confrontarsi con Justin, aveva chiacchierato amabilmente, o meglio quello che lei considerava amabilmente, con qualche collega, si era preparata un caffè (non quello scialbo tè che Malfoy continuava a propinarle e che invece tutto il resto del suo ufficio sembrava trovare delizioso). Aveva aspettato almeno due ore, quando sarebbe potuta passare per una pausa pranzo un po’ anticipata.

Era uscita con calma dal Ministero, adducendo un incontro con Ginny Potter, nessuno poteva pensare fosse una balla, e anche se fosse di certo non glielo sarebbero andate a dire. E, soprattutto, nessuno sano di mente si sarebbe messo contro la migliore giocatrice delle Harpies degli ultimi dieci anni.

SI era incamminata lenta e fintamente svogliata verso il punto di apparizione più distante dal ministero, quello nella stradina laterale che nessuno usava mai.

Poi, con un sospiro di sollievo e uno sguardo di pura follia omicida negli occhi, si era finalmente smaterializzata.

Per fortuna Malfoy, per una volta, era stato sincero: in effetti, l’ultimo punto sulla mappa non era il Wiltshire. A dire la verità, ci sarebbe anche potuta arrivare a piedi, visto che non era così distante, ma non voleva metterci troppo tempo. E soprattutto non voleva presentarsi di fronte a quei due idioti ancora sotto bagordi, con il fiatone e i capelli dritti per l’umidità di novembre.

Eh sì, perché senza che nessuno ne fosse sconvolto più di tanto, l’ultimo posto in cui era stato Malfoy era un indirizzo conosciuto: lo stesso di quello che Parkinson le aveva fatto passare per atelier, ed invece evidentemente era casa sua, casa loro.

Stupido furetto, poi era lei che doveva pensare a non farsi scoprire.

.

Hermione bussò con impazienza alla porta di legno nero liscissimo, sovrastata da tre coppie di linee che si incontravano ad arco acuto nella parte superiore. Ovviamente non c’era nessuna maniglia o batacchio e tantomeno un campanello… di certo Malfoy non sembrava gradire particolarmente gli ospiti. Attico e superattico. Che scelta banale

Bussò ancora, con maggior forza, cercando di capire quanto fossero potenti gli incantesimi a protezione della casa, valutando se far saltare via la porta di ingresso sarebbe stata un’opzione passabile. Era lì, che stava osservando uno dei sigilli nella porzione occidentale, quando la porta si aprì di scatto.

Si era aspettata che venisse un elfo ad aprire, Malfoy, ovviamente, sembrava aver mantenuto quella disgusta abitudine da bravo snob purosangue par suo. Aveva quasi sperato che fosse Cockey, quell’elfa sembrava perlomeno essere trattata in modo decente, e dopo aver mangiato dieci sneakers di seguito ed essere quasi andata in shock glicemico, era certa che le stesse quasi simpatica.

«Ah» era stato l’unico commento dell’elfo che era venuto ad aprire. Un elfo dal lungo caso adunco e gli occhietti neri che la squadravano con un misto di sospetto e disgusto, le dita ossute ancora ben strette sul legno della porta.

«Kreatcher!» esclamò sorpresa, ancora sulla porta.

«Visto come urla immagino cerchi il mercato del pesce. Mi spiace, non frequento» commentò sbuffando. Poi iniziò a borbottare a sé stesso, ma a voce abbastanza alta da farsi sentire «Perché a Kreatcher? Perché Kreatcher non può stare in pace? Chiede forse molto, Kreatcher? No. Solo una casa distinta e un po’ di pace. E invece niente…».

«Ma tu non dovresti essere a Grimmauld Place?».

L’unica risposta che ebbe fu un verso disgustato. «La casa della padrona è stata sventrata. Mezzosangue, Sangue Sporco… e quella stramba bionda che sta tanto simpatica al padron Draco. No, Kreatcher ha preso quello che voleva» disse, indicando il fazzoletto verde e argento con le iniziali RAB che aveva al collo« ed è fuggito. In un posto più degno sperava… ma niente pavoni. Povero Kreatcher. Povero, povero Kreatcher… Ahia!».

La tiritera era stata interrotta da Cockey, apparsa alle spalle di Kreatcher e che l’aveva colpito con forza in testa con quello che sembrava il cestino porta dolci della sera prima.

«Prego Miss, entri pure…il padroncino è di sopra…» disse sbattendo gli occhi privi di ciglia ed indicando la scaletta a chiocciola in fondo al salone. «Resta per pranzo?».

«No. Devo solo giusto dire due parole al padroncino prima di tornare in ufficio».

«Perfetto, così potrà provare la mia vellutata di zucca. Cockey è una brava cuoca sa…».

«Puah… usa il cumino. La padrona odiava il cumino» sibilò Kreatcher, guardandola con odio, mentre lei per risposta faceva di nuovo oscillare pericolosamente il calderoncino.

«Io non …» iniziò Hermione, decidendosi però che non era il momento per mettersi a discutere con due elfi… adesso c’era qualcun altro con chi prendersela.

«Seconda porta a destra, non può sbagliare» le urlò dietro l’elfa mentre si avviava sul pavimento di marmo bianco con screziature grigie, nere e argento, così leggere da sembrare dipinte.

Salì di fretta la scala a chiocciola, notando appena Cockey che minacciava Kreatcher che stava tentando di dire qualcosa che suonava come non è appropriato. Probabilmente intendeva dire che non fosse appropriato che una Sanguesporco come lei salisse nelle preziose stanze del suo nuovo prezioso padroncino purosangue, come se non avesse già sentito tutta la gamma di insulti possibili durante il Natale passato con Sirius a Grimmauld Place.

Il corridoio per fortuna non aveva ritratti di antenati urlanti alle pareti, anzi, era estremamente semplice, quasi austero, con un semplice motivo geometrico dorato che spiccava sulle pareti blu polveroso. Specialmente per uno abituato all’ostentazione… a dire la verità si era quasi meravigliata che non vi fossero statue romane all’ingresso. O magari un bel ritratto di famiglia, con tanto di pavoni, visto che sembravano tenerci tutti tanto. Prima o poi qualcuno avrebbe dovuto dire loro era un’ossessione malsana. Per uno che si lamentava tanto degli Ippogrifi, poi, quella fissa per dei polli vanesi era alquanto ridicola.

La porta si aprì senza neanche un suono, morbida e cedevole sotto il suo tocco, rivelando una stanza circolare illuminata da un grande lampadario metallico, le cui pareti erano interamente ricoperte da librerie in vetro e metallo lucente. Ai due poli opposti c’erano altre due porte, quasi invisibili tanto perfettamente inserite tra gli scaffali.           

Si avvicinò alla libreria più vicina, sfiorando i dorsi con le mani leggere, proprio come aveva fatto al Ghirigoro: c’erano volumi sulle pozioni, manuali di cui aveva solo sentito nominare il titolo, probabilmente più vecchi della maggior parte degli edifici di quella zona, libri illustrati a mano sulle proprietà della luparia, compendi di erboristeria che credeva solo leggende. La sezione successiva era invece dedicata alla narrativa magica, gialli per lo più. Peccato non trovare un bel volume di “Magicamente Io”, magari autografato da Lockhart, con il quale poterlo picchiare. Si, sarebbe stata proprio una bella soddisfazione.

E poi l’occhio le cadde su un ripiano più in basso, quasi nascosto, al punto da doversi accovacciare per leggerne i titoli…Per un attimo pensò di aver avuto le allucinazioni. Non poteva essere, non c’era verso che Draco Malfoy, il principino purosangue cresciuto a caviale e odio per i Babbani, avesse una collezione di opere di Emily Dickinson.

E, da quello che vedeva, non era un caso isolato.

Jane Austen. Virginia Woolf. Le sorelle Brontë… ed erano tutte prime edizioni.

«Granger!» una delle porte laterali si aprì, quasi in contemporanea con l’urlo di Malfoy.

«Si può sapere perché urli?», rispose lei, con Persuasione ancora in mano girandosi di scatto, scocciata. E poi capì. Soprattutto perché Cockey aveva quel sorrisetto soddisfatto mentre le dava le indicazioni

Quello non era lo studio privato di Malfoy, o una sorta di biblioteca personale. E quella porta non dava su uno sgabuzzino o ripostiglio dove magari tenere i cadaveri degli elfi domestici.

Malfoy era ancora sulla porta, dalla quale poteva intravedere le pareti coperte di marmo nero e sbuffi di bolle pigre e lucide che sapevano di eliotropo, castagna e sciroppo d’acero.

La stessa miscela del bagno dei Prefetti, lo sapeva bene, O almeno una di quelle che preferiva.

Miscela che presupponeva che ci fosse una vasca da bagno. Ipotesi più che corroborata dal fatto che Malfoy fosse ancora lì, pietrificato e ancora più pallido del solido, i capelli grondanti di acqua incollati all’indietro come quando aveva dodici anni, stringendosi dentro il suo accappatoio candido come se ne andasse della sua vita. Come se avesse avuto dodici anni, appunto.

Una parte di lei si sentì morire dall’imbarazzo. Non era così strano per lei, dopo tanto tempo passato a Grimmauld Place o a La Tana, incontrare Harry o uno dei fratelli di Ginny che sgattaiolavano in camera dopo una doccia. Ma per lei erano come fratelli. 

Malfoy no. Al massimo era il parente che odi che devi vedere a Natale e alle cerimonie e vorresti solo che sparisse. Senza contare che era ancora furiosa con lui.

D’istinto lasciò cadere il libro coprendosi gli occhi con le mani con fare teatrale.

«Per la miseria Malfoy, ma ti sembra il modo di accogliere gli ospiti?».

«Gli ospiti si presuppone siano invitati, Granger! Tu sei sgattaiolata nelle mie stanze! ».

«Non sono sgattaiolata! Mi ha detto Cockey di venire qui! E di certo non pensavo di trovarti… beh così!» replicò scocciata, indicando con una mano, mentre l’altra era ancora ben fissa sugli occhi. « É quasi l’una, chi diavolo si fa il bagno a quest’ora?».

Anche attraverso il velo di palpebre e dita lo sentì sbucare così distintamente da immaginarne l’espressione. «Chi ha volato per quasi due ore questa mattina. Per Merlino, ecco cos’era quell’odore in classe…. dì la verità Potter e Weasley la doccia dopo gli allenamenti non se la facevano!».

Eccolo che ricominciava con Harry e Ron. 

«Malfoy! Vai a vestirti per Godric Grifondoro! Smettila di darmi altri motivi per schiantarti!».

«Se ti togliessi di mezzo, lo farei volentieri. O preferisci che richiami i miei vestiti e mi vesta qui, davanti a te?» chiese in tono accusatorio.

«Dovrei obliviami da sola dopo, e anche se sono molto brava è sempre un azzardo» ringhiò di rimando, il cuore che le batteva così veloce in petto da coprire quel pizzico di dolore che c’era sempre quando parlava di quell’incantesimo. SI disse che era la rabbia, quella stessa che l’aveva portata li.

«Ti do dieci minuti Malfoy, dopo di che prenderò esempio dalla McGranitt e ti trasformerò in un cuscino. Un cuscino con sopra la faccia di Harry e Ron disegnata sopra! .»

«Non sei così brava…».

Ah, no? Oh, se solo le avesse dato modo di provarlo.

«Nove minuti e cinquantasette secondi, Malfoy» scandì, inflessibile.

E poi, si girò e corse fuori, sentendosi un’idiota. Com’era possibile che quand’era con lui tornasse a sentirsi una ragazzina ad Hogwarts?

 

 

Allo scoccare del nono minuto, Malfoy fece il suo ingresso nella sala dove Kreatcher l’aveva fatta accomodare, malignando sul rossore delle sue guance e sull’inappropriatezza di certa gente, senza un capello fuori posto e nell’immancabile completo grigio tre pezzi.

«Allora, Granger, si può sapere cosa diavolo ti è preso? Ieri è stata una bella serata, perché vuoi rovinare tutto?» accusò, il broncio che aveva assunto che ricordava fin troppo il Malfoy della Scuola.

«Mah, chissà, forse perché Thorn è venuto da me stamattina?» iniziò, fingendo di pensare.

«Cosa?»

«Mostrandomi delle foto di noi di ieri sera» continuò.

«Cazzo, Granger, vedi che te l’avevo detto? E tu che pensavi fossi paranoico. É per questo che sei arrabbiata. Perché avevo ragione?» l’accusò, alzando le mani in segno di resa. «Merlino, e io pensavo che le Black fossero pazze… anche tu… te l’ho già detto che assomigli pericolosamente a mia madre?».

Stupido Serpeverde. Non ci provava neanche a fingere.

«Ahah!» esclamò, trionfante. «Lo ammetti allora!».

«Di aver ragione? Certo!».

Hermione chiuse la distanza tra loro a brevi passi svelti, piantandoglisi di fronte, puntandogli un dito contro il petto.

«No, razza di megalomane con la comprensione di una tazza da tè. Del fatto che hai messo di mezzo i tuoi. Possibile che non riesci a fare nulla da solo?».

Malfoy sembrò genuinamente sorpreso. «Che razza di insulto è, Granger? E poi non dire assurdità, mia madre è in Francia».

Eccolo, ora si che lo riconosceva. Continuò a pungolarlo. «Ah, sì? E allora come mai non mi hai detto che tua madre, si tua madre, sta organizzando una raccolta fondi per il progetto sui lupi mannari? Eh? Quando pensavi di dirmelo? Il giorno prima? O direttamente all’evento? Non ti aspettare che io mi metta a brindare con tuo padre… io te lo dico, Malfoy… mi va bene la finta fidanzata, mi faccio andare bene i tacchi e persino le lezioni di danza e quell’arpia che ce l’ha con le mie ginocchia tozze…».

«Tu non hai le ginocchia tozze». rispose automaticamente, prima di iniziare ad imprecare a mezza bocca. «E comunque io non ho detto nulla a mia madre! Anzi, non la vedo dalla pubblicazione della foto sul giornale. Ha provato a cercarmi, ma non le ho risposto, non avevo voglia di sentire quanto fosse preoccupata per me. Mi basta Blaise per quello».

«E allora chi le ha parlato del mio progetto? Alistair? Posso capire… ma perché ha deciso di fare una cosa del genere? Perché organizzare una raccolta fondi… per… me?» disse, mentre la rabbia si mescolava alla confusione, le ultime parole quasi un soffio, dietro quelle due lettere il mondo che li divideva

Malfoy si allontanò, meditabondo. Poi improvvisamente sembrò capire ed emise un sospiro esasperato.

«Prima o poi mi porterà alla pazzia, io lo so.» mormorò più a se stesso che a lei, scrollando la testa. Poi sembrò risollevarsi nel prendere una decisione. «Beh, Granger, adesso non abbiamo tanta scelta. Disdici i tuoi appuntamenti, prendi le ferie, datti malata, fingiti morta… fai quello che ti pare, ma le prossime due settimane le dovrai dedicare solo a questo».

Hermione lo guardò scettica. «A questo, Malfoy? A questo cosa?».

Dal ghignò che aveva non si prospettava nulla di buono. «A dimostrare di essere la strega più brillante della tua generazione. E anche la più affascinante stronza, oserei dire. Mia madre deve rimanere senza parole, se conquisti lei ha metà elettorato in tasca. Certo, avrei preferito avere più tempo, ma non possiamo lasciarla vincere. Sei d’accordo con me, vero?».

Far vincere la Malfoy? Dargliela vinta? O, per Godric Grifondoro, piuttosto avrebbe rinunciato la magia.

«Piuttosto mi rimetto la divisa da serpeverde per andare a pranzo da Harry domenica prossima » si limitò a commentare.

Era la prima volta da tanto tempo che sentiva nuovamente quel fuoco dentro che l’aveva spronata prima ad Hogwarts e poi i primi tempi al Ministero. Una nuova sfida, e l’opportunità concreta di portare finalmente alla luce qualcosa su cui lavorava da anni.

 

                                                                                                                                                                                                                                                       



Ehm... non so se dovrei scusarmi prima per la botta di Angst all'inizio del capitolo o il trash della parte finale.  Mi è stato suggerito di fingere che fossi ubriaca mentre lo scrivevo, ma qui si muore da eroi, figli del dramma e del trashume. Anni '90 spirito guida.

Credimi, sto tagliando il più possibile, ignorando le proteste di un paio di giovani donne di mia conoscenza che si stanno lamentando di essere state messe da parte. Piano piano torneranno, anche se ridimensionate.  

Sto seriamente valutando la possibilità di cambiare la prospettiva da cui vediamo la storia e di allargarla, ma in fondo voglio vedere quanto ci mette Hermione a rendersene conto.  Vediamo il prossimo capitolo come deciderà di svilupparsi!

Grazie sempre del tuo tempo.
Al prossimo aggiornamento del 30/11!

Flo

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Capitolo 8
*** Sollevando il velo ***


Aveva immaginato che Malfoy avesse già partecipato ad eventi mondani. Che però riuscisse a parlare ininterrottamente di una raccolta fondi per più di un’ora, onestamente, non sapeva come classificarlo.

A quanto pareva c’erano un sacco di cose da sapere, persino per quello che sembrava un evento piuttosto banale: da come rispondere all’invito, a come vestirsi, a come e a chi presentarsi e a chi invece essere presentata.  Praticamente durante tutto il pranzo non aveva ripreso fiato.

O quasi. C’era stato un momento in cui era stato costretto a fermarsi per prendere un sorso d’acqua, mentre la zuppa rimaneva a raffreddarsi e si sentivano sospiri disperati di elfo ogni dieci minuti.

«Pensi che tua madre si sia alleata con Thorn?».

Era da quando lui era andato via dal suo ufficio che la cosa le ronzava in testa. Non c’era un motivo al mondo per cui Narcissa Malfoy avesse deciso di occuparsi di una raccolta fondi per il suo Dipartimento. Se l’obiettivo era umiliarla pubblicamente, questo si sarebbe riflesso anche su suo figlio, visto che ormai era ufficiale la loro relazione. E, Galeoni o non Galeoni, un’altra caduta pubblica non se la potevano permettere.

 Draco scosse la testa. «No, mia madre non sopporta Thorn, non l’ha mai fatto. Sarà stato perché lui non vedeva l’ora di prendere il posto di mio p… di Lucius al Ministero».

Ad Hermione non era sfuggita la pausa che aveva fatto quando stava per dire  "mio padre". Di nuovo. Era quasi ironico, considerando quante volte aveva nominato suo padre durante gli anni di Hogwarts.

«E allora perché lo sta facendo?».

«Perché vuole dimostrarmi che è più furba di me? Che ho da imparare ancora molto? O forse si annoia, chissà. Ma ora non è questo l’importante. Vuoi per favore starmi a sentire? Dobbiamo usare quest’occasione per lanciarti. Se la raccolta fondi va bene, e quello stupido progetto per i vampiri della Romania va a buon fine…».

«I lupi mannari, Malfoy. I lupi mannari. Ed è la Bulgaria, non la Romania. Come fai ad essere il mio consigliere politico se neanche ti ricordi per cosa stiamo raccogliendo fondi?».

«Perché non interessa a nessuno, Granger. C’è sempre una raccolta fondi e non è mai interessante. Non importa per cosa paghi, ma chi paghi. E noi vogliamo assicurarci che facciano a gara per scommettere su di te » sbottò, esasperato.

«Quindi verrà anche Justin, giusto? Il progetto lo presentiamo insieme».

«Lo fai per fare arrabbiare mia madre, vero?» ghignò Malfoy con approvazione. «Va bene, però glielo spieghi tu a Pansy».

«Pansy?» chiese lei inarcando un sopracciglio.

«Il quadro d’insieme» spiegò il mago, facendo un gesto vago con la mano. «Certo che a Grifondoro il senso estetico proprio non sapete neanche dove sta di casa, eh».

«Evidentemente avevamo cose più importanti a cui pensare. A  tal proposito, credo che sia giunto il momento di chiamarci per nome. Almeno in occasioni ufficiali».

Si, ci aveva riflettuto a lungo durante quel pranzo, mentre Malfoy blaterava di titoloni e famiglie e connessioni senza senso. Narcissa probabilmente conosceva il figlio meglio di chiunque altro, e doveva già averlo visto con altre fidanzate… non avrebbe mai creduto alla storia del chiamarsi per cognome.

Malfoy sembrò battere li occhi troppo velocemente per una frazione di secondo. Poi si appoggiò bene sullo schienale, tamburellò con le dita sul bordo del tavolo e la fissò a lungo prima di dire: «Come sempre hai ottime idee, Hermione. Di solito è la parte di realizzazione che è carente. Ma per quello ci sono io».

Non pensava le avrebbe fatto effetto, eppure non avrebbe mai pensato che il suo nome potesse uscire in maniera così morbida dalla bocca di Malfoy.

«Sempre gentile. E ora sbrigati, che devo tornare al lavoro. Io, al contrario tuo,ho un superiore a cui riferire».

«Ah, non sei tu il mio superiore?» ghignò. «Meno male, mi stavo preoccupando. Te l’ho già detto che assomigli a mia madre».

«Malfoy…» ringhiò.

«Draco, ricordi? Andiamo, ormai siamo in confidenza, mi hai visto praticamente nudo» cinguettò con aria angelica. «D-r-a-c-o. Su, non è difficile…».

Poi però si zittì di colpo, più controvoglia che altro. D’altronde glielo aveva detto più volte che era brava con gli Incantesimi. Anche quelli di silenzio non verbali.

E poi quella zuppa era davvero deliziosa e lei aveva una gran fame. Senza pensare che non aveva alcuna intenzione di ripensare a lui mezzo nudo nella sua stessa stanza.

 

 



 

Dopo aver passato l’intera pausa pranzo e anche qualcosina di più da Malfoy, si aspettava che l’appuntamento di quella sera fosse cancellato, o per lo meno, che venisse trasformato in un incontro per parlare meglio delle tappe della sua candidatura. Invece, una volta ridategli la voce, quella viscida serpe di Malfoy si era limitato a commentare "Perché non puoi parlare e mangiare allo stesso tempo?".

E quindi ora, dopo aver passato il pomeriggio a revisionare il report per il Direttore, ora le toccava anche vestirsi e truccarsi, mentre lei l’unica cosa di cui aveva voglia in quel momento era chiudersi in casa a leggere il libro sull’interpretazione delle rune nordiche scomparse che aveva casualmente preso in prestito dalla libreria di Malfoy.

E ora, invece, si trovava al tavolo centrale di uno di quei ristoranti per cui non esisteva neanche la possibilità ufficiale di prenotare.

«Quando ho detto in ufficio che sarei venuta qui a cena, credo che più di una persona abbia avuto un mancamento. Davvero la gente fa caso a queste stupidaggini?»chiese, a mo’ di saluto, mentre Malfoy si alzava in piedi vedendola arrivare. 

«Più di quanto tu creda. Immagino che per te, invece, sarebbe stato lo stesso vederci al Paiolo Magico» ghignò, sfiorandole il dorso della mano in un vetusto baciamano, aggiungendo a bassa voce. «E visto che ho usato il tuo nome per avere un tavolo, mi conferma che hai un enorme potenziale. Sprecato,aggiungerei».

Hermione fece una smorfia, guardando la tavola. « Dov’è il menu? Come faccio a scegliere?».

«Ho già ordinato io per entrambi. Ho chiesto al maître di far partire la comanda appena ti avesse visto entrare» commentò con sufficienza. « Vuoi rilassarti? Che c’è perché mi guardi come se fossi la McGranitt?».

«Se fossi la McGranitt ti avrei già trasformato in una di queste posate d’argento che ti piacciono tanto. Possibile che tu non impari mai? Quante volte ti ho detto che non devi prendere decisioni al mio posto?».

Malfoy sbuffò: «Hai detto di non entrare a casa tua, non ti scegliere da un menu che conosco benissimo il piatto che sono sicuro ti piacerà più di tutti. E’ una cosa carina, Granger. Per Merlino, per una volta potresti accettare che io faccia qualcosa di carino per te?».

«Scegliere per me non è una cosa carina. E ti ricordo che abbiamo deciso di chiamarci per nome. Inoltre, vorrei farti notare che siamo in un luogo pubblico, quindi potresti fare finta di essere una persona decente e di essere innamorato di me. Ora, per cortesia, richiama il maître e fallo venire qui. Ti avverto, se non lo fai tu, ci penso io. E non ti piacerà».

«Sappi che me lo stai rendendo molto difficile, Hermione» sibilò, facendo però allo stesso tempo un cenno ad un mago azzimato in fondo alla sala.

«JeanPierre, la signorina vorrebbe cambiare l’ordinazione» disse secco. Evidentemente però c’era un problema di comunicazione, perché l’uomo sgranò gli occhi come se gli avessero appena detto che sarebbero venuti i Troll a cena

«Et porquois? » chiese, offeso. « Ehm, je voglio dir, quel est il problema, mademoiselle? Le posso assicurar que la scelta de Messieur c’est assolutamente perfetta».

Com’era possibile che ogni volta che era con Malfoy uscisse fuori un personaggio più snob dell’altro?

«Ci credo, ma vorrei scegliere io, se non le dispiace. Il menu, per cortesia» rispose, fissandolo senza sbattere le ciglia, sino al momento in cui il mago dovette cedere e consegnarle una pergamena scritta in caratteri svolazzanti.

Hermione diede un’occhiata veloce, poi la riconsegnò all’uomo con un sorrisetto.

«Per me la sogliola di Dover à la Meunière, grazie».

«Ottima scelta, Hermione. Davvero un’ottima scelta. Jean Pierre, la prego, informi lo chef» tagliò corto Malfoy, mentre il mago stava evidentemente per fare un commento fuori luogo. « E porti il vino, per cortesia».

«Vuoi forse farmi credere che era quello che avevi scelto?» chiese Hermione, stringendo gli occhi di fronte al sorrisetto evidentemente divertito di Malfoy.

«Non lo saprai mai, Granger» la stuzzicò. «E non te lo dirò neanche se farai cambiare l’ordine dieci volte e far venire un esaurimento al povero Jean Pierre. Mentre aspettiamo la tua deliziosa portata, raccontami per bene del progetto a cui hai lavorato questo pomeriggio».

«Vuoi farmi credere che ti interessi sul serio?» chiese fingendo un sorriso, e chinandosi verso di lui, in modo che chiunque attorno a loro pensasse stessero davvero parlando come una coppia.

«Onestamente no, ma quando parli del tuo lavoro ti illumini E voglio che la gente pensi che tu sia così felice per me. Senza contare che se mia madre mi dovesse fare delle domande, vorrei essere in grado di rispondere».

«E tu? Perché non mi parli di qualcosa che sta a cuore a te?» rimbalzò, invece, la domanda. A dire la verità, dopo aver passato la maggior parte della giornata a pensare al lavoro e alla campagna, adesso aveva bisogno di qualcosa che le svuotasse la mente.

«Tu, in questo momento» rispose secco, versandole il vino bianco appena apparso sulla tavola.

«Dai mai delle risposte sincere?» sbottò, esasperata.

Malfoy stese le labbra in un ghigno. «A volte. Ormai avresti dovuto imparare a capire quali, ti facevo più sveglia. Allora, stavamo parlando di simpatici cucciolotti zannuti…».

«Perché invece non mi racconti come mai sembri conoscere Teddy? E dove sei andato il giorno della conferenza a Grimmauld Place? E perché Kreatcher è da te?...».

Stava continuando con le domande, quando il cameriere si presentò al loro tavolo, facendo volteggiare leggero due cloche d’argento fumanti, la cui cupola si dissolse appena toccato il tavolo. Due piatti assolutamente identici.

«Vedi? Io non ho problemi se sei tu a scegliere per me. Anzi, potrei quasi abituarmi» chiosò, spiegando il tovagliolo di lino candido sulle ginocchia. Poi, la fissò con un sorrisetto divertito. «Allora, verità o menzogna?».

«Idiota» mimò con le labbra Hermione, in modo che fosse l’unico a vederlo, ma che fosse ben chiaro cosa gli stesse dicendo.

«Questa è una menzogna. Ora, Hermione, credo che dovremmo parlare di una cosa molto importante…».

«Non hai intenzione di rispondermi, vero?».

Lui scosse appena la testa. «Devi fissare una data e dirlo ai tuoi amici. Se devi lanciare la tua campagna hai bisogno che ti appoggino tutti pubblicamente. I Weasley, Andromeda, Luna…».

«A proposito di Luna…» tentò di dissimulare Hermione. Per quanto amasse i suoi amici, non aveva parlato con molti di loro da quando erano uscite le foto sue e di Malfoy sul giornale. E, soprattutto, aveva il timore che non la supportassero, così come era successo con il Crepa.

«Finnegan, Thomas, Finch-Fletcher, Abott, Chang… insomma, tutti quelli che ti possono venire in mente. Se poi hanno combattuto dalla parte dei buoni, meglio» la interruppe senza troppe cerimonie il suo supposto fidanzato.

«E tu? Cosa dovresti fare tu?» chiese piccata, sorbendo un sorso di vino elfico.

Lui sembrò adombrarsi per un momento. Poi, a voce bassissima, aggiunse. «Io penso agli altri».

Poi l’incalzò nuovamente. «I lupi mannari. Dimmi tutto, non tralasciare nulla .»

Con un vago senso di disagio che non seppe spiegarsi, Hermione decise di rifugiarsi in quello che in tutti quegli anni era stata la sua ancora di salvezza, lasciando che fosse un automatismo a parlare.

In realtà, una parte di lei era sempre più convinta di una cosa: Malfoy stava mentendo. Ma su cosa?

 

 


Qualche giorno dopo la Battaglia di Hogwarts, Hermione, Ron, Harry, Ginny e Luna aveva avuto un incontro speciale. Ricordava ancora la sensazione di straniamento lungo quei corridoi dove il tempo sembrava essere immune a tutto quello che era accaduto. Aveva stretto la mano appena tremante di Neville, poco prima che aprisse la porta, sinceramente felice per lui. 

«Loro sono i miei genitori» aveva detto lui orgoglioso, entrando nella stanza. «Mamma, Papà, loro sono i miei amici. Abbiamo sconfitto Voldemort».

Semplice. Diretto. Quasi infantile. Eppure così vero.

Forse se l’era immaginato, o forse era stato grazie a Luna che stava parlando con la mamma di Neville come se non fosse una sorta di ombra dal viso scavato e gli occhi folli, ma le era sembrato di scorgere un fremito nello sguardo di Alice. 

Si era sentita allo stesso tempo felice per Neville e stretta in una morsa d’angoscia. C’erano cose che neanche la vittoria riusciva a cancellare…

Anche adesso, ad anni di distanza, si sentiva esattamente allo stesso modo. Entrare al San Mungo era come mettersi di fronte a tutti i fallimenti della guerra. Qualsiasi cosa avessero fatto, anche con i Lestrange morti, i Longbottom non sarebbero mai stati in gradi di vedere il loro figlio insegnare ad Hogwarts. Così come i suoi genitori, che ormai non sapevano neanche più di avere una figlia.

Davvero erano già passati tutti queglii anni? A volte si sentiva ancora la ragazzina impolverata di cenere e sangue che guardava il corpo esanime del suo migliore amico, contemplando il fallimento.

Era questo che stava accadendo? Si stava destinando a fallire?

«Non è carino usare il tuo nome per entrare nei reparti riservati. Specialmente nel mio».

Anche senza guardare il riflesso nel vetro, sapeva benissimo quale fosse lo sguardo che aveva Andromeda in questo momento. Era lo stesso che affiorava spesso sul volto del nipote.

«Chissà, forse sto imparando le usanze dei Serpeverde» commentò, continuando a guardare un punto indefinito fuori dalla finta finestra che ora copriva il corridoio. L’aveva voluta Andromeda, quando era tornata come Direttrice del Reparto. Ricordava bene come i responsabili della sanità al Ministero pensassero fosse folle.

Invece ora le sembrava un’idea geniale, tanto più se comparata alla prigione eterna delle menti di quel reparto.

La strega si appoggiò al vetro infrangibile, guardandola fissa. «Se lo chiedi a me, credo che saresti stata benissimo a Serpeverde… certo, avresti dovuto evitare quelle scarpe sformate che ti piacciono tanto…»

«Da elfo domestico di una famiglia di pezzenti, secondo la definizione di Parkinson» recitò a memoria. «E piuttosto mi sarei fatta ospitare da Thor nella sua cuccia, grazie».

«Ammetto di averci pensato anche io, una volta o due. Ma a quel tempo Kettlebaum aveva una Manticora come animali da compagnia, non mi sembrava un’idea saggia».

Hermione la fissò, cercando di immaginarsela da ragazzina che sgattaiolava fuori per incontrare Ted, qualcuno chei, secondo i suoi stessi amici, non era neanche degno di un saluto. Poi qualcosa le scattò nella testa, guardando l’ala interamente rinnovata.

Non ricordava scostamenti di Bilancio, e sì che aveva il vizio di leggere tutti i resoconti economici, non solo quelli relativi al suo Dipartimento.

E non c’era alcuna targa per la donazione.

Chi era così ricco da permettersi di finanziare il rinnovamento di una parte del San Mungo? E perché non farsi pubblicità?

C’era solo una spiegazione.

«I Malfoy?» chiese facendo un cenno con la mano ad inglobare l’ambiente circostante.

Andromeda annuì, fissandola negli occhi. « Non gliel’ho chiesto io, se è questo che ti preoccupa. Diciamo che è il modo di Narcissa per sdebitarsi».

«Per la sua complicità nella…» stava per dire morte di tutta tua famiglia, ma riuscì ad ingoiare quelle parole prima che dirle ad alta voce le rendesse irrecuperabili, visto lo sguardo duro di Andromeda. « … ascesa di Voldemort».

La donna non sembrò scomporsi, limitandosi ad osservarla a braccia incrociate, ancora appoggiata contro la vetrata. «No. Sa benissimo che non può cambiare il passato. Ma non è stata lei ad uccidere Dora, o Ted, o Remus. Lei è stata una codarda, e lo sa benissimo. Però alla fine ha scelto quello che era importante per lei, come lo era per me. Ha scelto suo figlio».

Sebbene avesse sempre apprezzato la franchezza di Andromeda, Hermione rimase confusa.

«E allora perché? E perché Draco e Teddy si conoscono? Anzi, come mai sembrate tutti averlo accettato con questa tranquillità?» ribatté cocciuta, assumendo una posizione speculare a quella della donna davanti a lei.

Lei ridacchiò «Perché non lo chiedi a lui?».

«Perché ha una certa tendenza a sfuggire alle domande personali. Credo sia una caratteristica di famiglia, a dire il vero».

«Ovvio, è la prima cosa che ci insegnano da piccoli… mantenere i segreti. Anche se a quanto mi ha detto Narcissa, forse Draco non è così bravo».

«Quindi lo ammetti? Parli di nuovo con lei?».

«Perdonami, ma mi sfugge il motivo per cui dovrei darne conto a te. E, comunque sì, io e Narcissa ci parliamo di nuovo. Ti disturba’? Non sei contenta? » chiese senza smettere di guardarla con un sorrisetto.

«Mi disturba che sembro essere l’unica a non sapere qualcosa» ribatté, piccata. Com’era possibile che più passava il tempo in sua compagnia e più una donna che era sempre sembrata ragionevole sembrava la versione più matura e ancora più tagliente di Parkinson? Anche se a dire il vero c’erano stati un paio di racconti su Medimaghi che uscivano dal suo ufficio piangendo…

«Forse perché non fai le domande giuste. O non le fai alla persona giusta».

«La persona giusta ha deciso di rispondere come se fosse la Cooman… deve essere un tratto preso da sua zia, a quanto vedo» puntualizzò, decisa a non lasciare che Andromeda avesse l’ultima parola. «Visto che sei così in confidenza con Narcissa Malfoy, mi vuoi dire perché ha deciso di farmi da sponsor?».

Per un attimo il viso impassibile di Andromeda ebbe un fremito di incredulità, subito congelato. «Non sta perdendo tempo… bene. Sarà perché sa benissimo che il momento migliore per presentarti al suo salotto come candidata per il Ministero della Magia è sotto le festività. Chiamala Yule, chiamala Natale… fatto sta che è il culmine degli eventi sociali. E, visto che mia sorella è sempre stata la regina della mondanità, vedo che non vuole farsi sfuggire l’occasione. Solo che devi arrivarci per gradi».

Come diavolo faceva a saperlo? Non ne aveva parlato con nessuno a parte Ginny. E la madre di Malfoy? Quell’idiota di un furetto aveva spiattellato tutto a mammina? E aveva anche avuto il coraggio di fingere che non fosse vero.

«Come ho detto, Draco non è così bravo a mantenere i segreti come pensa di essere» sospirò Andromeda « E, soprattutto, Narcissa e Lucius darebbero qualsiasi cosa perché sia finalmente sereno.  E “tutto” include te.  Anche se ad essere onesti non credo che gli dispiacerebbe avere di nuovo un aggancio al Ministero».

«Certo, dopo averlo fatto diventare un Mangiamorte… che genitori premurosi. C’è altro che devo sapere?».

«Si, c’è. Ma te lo deve raccontare lui» tagliò corto. «Hermione, stammi a sentire. State giocando un gioco pericoloso, per tutti e due… e siete ad un passo dal non poter tornare indietro. Non voglio altri ospiti in questo reparto. Di nuovo. E ora scusami ma devo proprio andare. Sono certa che saprai trovare l’uscita da sola». Poi, senza guardarsi indietro, si allontanò verso le stanze dei pazienti, il suono dei tacchi che scandiva ritmico i suoi passi.

Forse davvero a Serpeverde c’era qualcosa che non andava. Forse li sceglievano solo in base al livello di pazzia.

Come detto, mille volte meglio la cuccia di Thor.

 




 

Quella sera Hermione si raggomitolò sul divano, con due pile di libri e pergamene davanti. Da un lato c’era il lavoro che si era accumulato quel pomeriggio, dall’altro tutte le copie degli articoli sui Malfoy  che si era fatta mandare dalla Skeeter. Evidentemente anche dopo tanti anni quella pennivendola sapeva bene che le minacce non erano cadute a vuoto.

Invece si concentrò sulle fotografie che le aveva lasciato Thorn per minacciarla. Come avevano fatto a non rendersi conto di nulla?

Le sfogliò lentamente, soffermandosi su ognuna di loro. I bambini eccitati, George e Ginny che sembravano confabulare qualcosa. Angelina che parlava con Cockey che continuava ad accarezzarla la pancia rapita.

E poi ce n’era un’altra, di Draco ed Harry che parlavano in maniera concitata. Evidentemente era stata fatta quando si erano appartati… eppure era abbastanza nitida. Talmente nitida che poteva provare quell’incantesimo su cui si stava esercitando per fare una sorpresa a Molly ed Arthur per il loro anniversario: rendere le foto animate dei veri e propri video. Così che, almeno per un giorno, potessero avere di nuovo tutti i loro figli davanti agli occhi.

C’erano ancora alcune cose da perfezionare, come l’audio e il fatto che potesse estrapolare solo pochi secondi prima che la fotografia si distruggesse, ma non aveva nulla da perdere.

Pochi secondi dopo, le versioni di Harry vestito da Pennywise e Malfoy erano nel suo salotto. Le voci erano gracchianti, come se venissero da una vecchia radio, e l’immagine era disturbata.

« Devi sm.-tt.rla, s---a-i co--s--è--succ-sso- quel--la---nott--e. » gracchiò Harry truce.

«N--n im--p---rta-. D--v-o pro--va--ci. N--n p--so viv-e-r-e cos---» era stata la risposta di Malfoy, poco più che un insieme di parole bisbigliate.

«..vi--v-e---re » aveva ribattuto Harry truce, afferrando Malfoy per il braccio e strattonandolo.

E poi, prima che l’immagine svanisse in una vampata di fumo, le sembrò sentire Malfoy bisbigliare.

«u---c---d-e-rm» .

 

Hermione rimase a lungo a fissare le ceneri scarlatte sul suo pavimento, mentre Grattastinchi accanto a lei la guardava con aria sorniona, come se invece  lui sapesse cosa era successo.

Harry davvero aveva minacciato Malfoy di morte? E non lo aveva fatto come un ragazzino arrabbiato, nel suo viso non c’era traccia di dolcezza. Era stato duro, spietato. Completamente in contrasto con l’atmosfera amichevole di poco prima.

Harry era il capo deli Auror di quel distretto e Malfoy un ex Mangiamorte scampato ad Azkaban.

Poteva ancora fidarsi di lui?

Sentì lo stomaco stringersi in una morsa, mentre i ritagli della Gazzetta del Profeta venivano scagliati lontano.  In quel momento sentì un battito ritmico di un becco alla finestra. 

Aprì le ante con un cenno della bacchetta, osservando il gudo di Draco entrare nella stanza, appollaiandosi sul bracciolo accanto a lei, scrollando le ali soddisfatto.

Hermione tolse dolcemente il sacchetto di velluto che Merridew aveva legato alla zampa, rovesciando il contenuto sulla mano aperta.

Cinque piccoli semi lucidi e un biglietto.

Vengono direttamente dal tuo nuovo melo nella foresta di Hogsmeade.

Lo troverai facilmente… è quello inciso sul tronco la terza runa del libro che ti sei presa senza chiedere.

Draco.

Rimase a fissarsi il palmo, come se potesse prendere fuoco da un momento all’altro.

Se aveva mai avuto dubbi su Harry, come  poteva mai fidarsi di Malfoy? 

 

 

 

 

 


 “Parola mia, insomma, e dici di essere nostra madre!”

Hai presente la scena in cui i gemelli prendono in giro Molly, facendosi passare l’uno per l’altro? Ecco, pur non essendo decisamente la loro madre e propendendo sempre più per i Serpeverde, mi sento rappresentata in pieno! Perché devo fare una confessione: HO FATTO UN ENORME ERRORE NEL CAPITOLO DI SAMHAIN. Quello che vediamo con Angelina non è Fred, ma George.

Qua siamo come Harry quella sera, sull’orlo di una crisi di nervi.

Oltre al j’accuse devo fare un’altra precisazione: gli eventi narrati differiscono leggermente dal canon, in particolare per la scena dell’Ardemonio. Hermione e Ron infatti non erano nella Sala delle Necessità quando viene usato l’Ardimonio, ma era presente solo Harry. Questo punto poi lo vediamo in seguito, ma visto che non ho messo questa nota nel capitolo precedente è giusto specificarlo. Grazie di cuore a chi mi ha fatto notare queste due cose <3.

So che non sembra, visto che un capitolo si svolge praticamente in un giorno ma giuro, sto tagliando come se non ci fosse un domani, possiamo farcela a chiudere la storia senza sforare troppo i 10 capitoli ( dai, facciamo 12 al massimo).  Ci vediamo tra quindici giorni, tutti dedicati ai due tonti che ancora fanno finta di non essere innamorati.




 

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Capitolo 9
*** Quattro cose nuove ***


«Granger, passami il volume sulle creature magica della Mangareva», disse Malfoy, chino sul grosso tomo di rune slave che stava consultando.

«Davvero non sai usare l’accio? Va bene che non eri il migliore in Incantesimi…».

«Quella eri tu, ovviamente», la interruppe Malfoy in tono ironico, senza neanche alzare lo sguardo.

«...Però pensavo che almeno ad un incantesimo del primo anno ci arrivassi», rimbeccò Hermione, sventolando il suddetto tomo con aria di sfida. « E poi si dice per favore».

«Per favore, Granger, potresti passarmi il volume che mi hai tormentato per avere e che ho dovuto ricercare per mezzo mondo, dando fondo ai miei contatti e che mi è costato più del tuo ridicolo stipendio di un anno?», strascicò lui, fissandola con gli occhi grigi spalancati.

In tutti quei pomeriggi passati nell’attico di Malfoy, Hermione aveva imparato una cosa: se negli anni di scuola il tratto caratteristico di Malfoy era sempre stato il ghigno sarcastico, la voce strascinata e il perenne atteggiamento di superiorità che faceva venire voglia di schiantarlo, adesso aveva capito che ce n’era un altro.

Quando voleva ottenere qualcosa, infatti, assumeva l’aria dell’ultimo cucciolo di foca bianco rimasto sul ghiacciaio in prossimità di sciogliersi. 

Una cosa che la faceva assolutamente imbestialire, quindi di solito iniziava una querelle infinita che poteva durare anche ore, in cui passavano a rimbeccarsi a vicenda.

Ed era questa la seconda cosa, del tutto inaspettata, che aveva scoperto con quella vicinanza forzata. Battibeccare con Malfoy, passare le ore a cercare di convincere l’altro e ad insultarsi a vicenda in modi creativi, era qualcosa che la divertiva tantissimo. E che mandava al manicomio Kreatcher, a quanto pareva.

«Il libro che tu avevi detto fosse del tutto inutile e invece hai copiato praticamente per metà?» puntualizzò con fare pensieroso, senza lasciare andare il volume.

«Devo ricordarti che hai lodato il mio incantesimo di estrapolazione e copiatura dei brani? O anche che hai detto che la mia grafia è molto bella».

«Io ho detto che è leggibile, Malfoy. Non bella, tantomeno molto bella».

«Al contrario della tua, se mi permetti. Ho impiego almeno dieci minuti per capire che i tuoi appunti di ieri non fossero coperti da qualche incantesimo dissimulante… invece scrivi proprio male. Chi l’avrebbe mai detto?» .

«Erano appunti personali. Nessun insegnante ha mai avuto da ridere sulla mia scrittura»,rispose Hermione offesa, resistendo all’impulso di stringersi il libro al petto pur di non darglielo.

«Erano troppo impauriti che li avresti annoiati a morte con le tue lamentele, per farlo»,sbuffò platealmente Malfoy, mordicchiandosi l’interno del labbro.

Era un’altra di quelle piccole cose che dopo averlo visto per giorni, si chiedeva come avesse potuto non notarlo prima. Quando si stava divertendo sul serio, si mordicchiava leggerissimamente la parte sinistra del labbro inferiore. 

Ricordava bene il giorno in cui se n’era resa conto la prima volta. Erano passati dal discutere la bozza di una pozione che simulasse il sangue umano all’interrogarsi a vicenda sui metodi di estrazione della polvere di ametista, per poi finire a battibeccare sull’importanza delle leghe dei calderoni.

Dopo venti minuti era stato costretto a darle ragione e l’aveva fatto abbandonando per la prima volta quella postura rigida che sembrava tenere in ogni momento. Si era sbottonato il colletto della camicia bianco, appoggiandosi sulllo schienale della sedia, con le mani intrecciate dietro la testa, ridacchiando qualcosa sul fatto che non aveva mai visto nessuno appassionarsi così per le bacche di asfodelo.

E per la prima volta, vedendolo ridere, a Hermione era passato per la mente un pensiero terribile: con le maniche della camicia arrotolate sugli avambracci e senza quello sguardo impassibile che ormai sembrava la sua firma, Draco Malfoy non era solo di aspetto gradevole, come aveva scritto nella sua lista di Pro e Cons.

Draco Malfoy era sexy.

E questo non sapeva davvero come classificarlo.








 

Ovviamente, non c’era stato solo il lavoro di ricerca a casa di Malfoy.  Com’era naturale si era portata del lavoro a casa. Un bel po’ di lavoro.

«Quindi praticamente la tua vita adesso è esattamente quella di prima, con in più Malfoy e le lezioni di balletto con una chimera incartapecorita? Non mi sembra un gran che». Ginny si era ritagliata un posticino sul divano ingombro di carte e libri.

«Ehi aspetta, non perdere il segno di quello lì… si tratta del primo caso documentato dell’incontro tra un vampiro il lupo Bersiker a Regent Park… », disse indicando il libricino dalla copertina consunta che era caduto dalla pila in precario equilibrio.

Ginny si limitò a farlo levitare, tenendosi ben distante.

«Perché alla copertina puzza come il pannolino di James?» chiese con un’evidente smorfia di disgusto. Poi sembrò ripensarci. «No, lascia perdere, non voglio sapere. Torniamo a te, sepolta in casa tra vecchi libri puzzolenti e uno sguardo da pazza furiosa … conosco quello sguardo sai? É lo stesso che avevi al terzo anno quando avevi avuto quell’idea idiota di seguire ogni corso possibile…».

«Non era idiota! É stato solo molto…».

«Insensato? Inutile? Da pazzi?».

«Stancante, Ginevra. Ammetto che non avevo valutato la mole di lavoro oltre seguire le lezioni. Ti ricordo che però grazie a quella Giratempo abbiamo salvato Fierobecco ed evitato che Sirius tornasse ad Azkaban!» rimbeccò, cercando di recuperare il filo di quello che stava scrivendo.

«Almeno quei due hanno passato un Natale divertente, te lo concedo, ma proposito di Fierobecco, ti ricordi che quell’anno, oltre a esaurirti dietro i compiti hai anche dato un pugno a Malfoy?»chiese Ginny, con uno strano sorrisetto. «E ora ti trovi a farti accompagnare ad una serata di Halloween nella Londra Babbana insieme ad un elfo. Pensavo avesse un fine tutto questo…».

«Credimi, a volte vorrei ancora triarglielo un pugno. Tra lui e Kreatcher non so chi sia peggio…Che mi dici di Kreatcher? Pensavo fosse rimasto a Grimmauld Place con Luna, invece è da Draco. E ne sembra estremamente soddisfatto».

Ginny si allungò sul divano, poggiando le gambe sul bracciolo. «Quando si è ripreso dalla Battaglia di Hogwarts ed è tornato a Grimmauld Place, Harry gli ha chiesto cosa desiderasse. All’inizio voleva restare lì, ma poi per lui, e per noi per inciso, la convivenza è diventata impossibile, ma per lui essere liberato sarebbe stata un’onta insopportabile. Allora Harry gli ha proposto di continuare a servire la famiglia Black. Lui intendeva Andromeda, ma evidentemente quell’elfo ha un problema di comprendonio. In ogni caso, credo che se fosse stato lì con l’arrivo di Luna e dei ragazzi l’avremmo trovato anche lui al San Mungo».

Hermione si fermò di colpo. «E io perché non ne sapevo niente?».

«Vuoi forse dire che non ti saresti fatta venire una crisi isterica? Non avresti iniziato a picchettare davanti le scale, fino a quando Kreatcher non si fosse deciso a diventare un elfo libero? Non ti saresti presentata di fronte ai notai della Gringott per fare il cambio di possesso …. ecco vedi? Già ti si sta gonfiando la vena sulla fronte … lo posso vedere anche da qui?».

«Beh se tu parli di creature come se fossero oggetti… » rispose piccata massaggiandosi la fronte, un po’ per sciogliere la tensione e un po’ per nasconderla. «Io devo andare, ho appuntamento da Draco per parlare del programma elettorale. E, peggio ancora, per provare il discorso da fare alla serata di quella snob della madre. Non farmici pensare, guarda».

«Sai cosa, Hermione? Più passi del tempo con lui e più mi sembri tornata la ragazzina che eri a Hogwarts. Appassionata, testarda, secchiona... Anche la sera di Halloween… era tanto che non ti sentivo ridere così», disse la ragazza, tirandosi su a guardarla con il mento appoggiato allo schienale.

«Visto che hai tirato fuori la sera di Halloween… mi vuoi spiegare perché diamine George sembrava così a suo agio? E Angelina? Sono certa che abbia cercato più volte di buttarlo giù dalla scopa. Senza contare che…» le parole iniziarono a morirle in gola. Quando sarebbe diventato meno difficile. «La sua famiglia ha appoggiato Voldemort, lui ha fatto entrare i Mangiamorte a Scuola e Fred…».

«Fred è morto combattendo», tagliò corto Ginny. « E non l’ha ucciso un ragazzino terrorizzato che gli sterminassero la famiglia. Malfoy è un codardo, ma di sicuro la guerra non è colpa sua. E poi Luna ha garantito per lui quando è andato a parlare con George. E se sta bene a loro due, sta bene anche a me».

«Luna cosa? Ha parlato con chi? Quando?» Hermione era sbigottita. Dove diavolo era lei quando era successo tutto quanto? Com’era possibile che fosse stata lasciata fuori. «E io perché non ne sapevo niente? DI NUOVO?».

Ginny si alzò, richiamando lo zainetto che aveva lanciato appena entrata «Non avevi detto che dovevamo andare. Su, forza. Non vorrai mica far venire al povero Kreatcher un infarto, no? Già Sirius prima  e Harry poi l’hanno messo a dura prova…».

«Ginevra! Rispondimi! Perché io non ne sapevo niente?».

La rossa sospirò, dirigendosi verso il camino e allungandole il vaso della metro polvere. «Ce l’ha chiesto Andromeda, e dopo quello che aveva passato non potevamo dirle di no. Chiedilo a Malfoy, no? Anche se trovo che sia un idiota non sarò certo io a tradirlo».

E poi assunse quell’espressione alla Molly Weasley che le fece capire che non le avrebbe tirato fuori altro.

A lei, forse, ma ad un certo ricco purosangue che l’aspettava dall’altra parte della Metroflu, decisamente sì.




 

Quando erano uscite dal camino all’ingresso, avevano trovato Cockey ad attenderle, con addosso un grande fiocco tartan che le copriva metà testa. Evidentemente per qualcuno già c’era Natale nell’aria.

«Miss Granger, Mrs. Potter ma che bello vedervi! Siete venute a convincere il padroncino a fare l’albero? Ogni anno la stessa storia, non vuole decorare e la casa è così triste, così triste…».

«Chiamami Ginny, per favore. É un piacere vederti di nuovo, Cockey. Credo che il problema non sia l’arredo ma il tuo… no, Tranquilla Herm non dirò padrone… proprietario di casa va bene? Uh, ciao Kreatcher, contento di vedermi?» disse la Grifondoro, accovacciandosi all’altezza dell’elfo per stringerle così vigorosamente la mano da far tintinnare le grandi palle rosse e oro appese ai lobi.

La stessa gioia però non sembrò contagiare Kreatcher che, invece, lanciò un gridolino strozzato, prima di sparire mugugnando sottovoce.

«No, direi di no», si limitò a commentare la ragazza, alzandosi ed osservandosi i pantaloni. «Neanche un granello di polvere, che casa noiosa».

Hermione le scoccò un’occhiataccia, rassicurando invece Cockey e facendole i complimenti per l’aspetto. Poi prese l’amica per il braccio e la trascinò verso la stanza dove aveva passato la maggior parte degli ultimi giorni.

«Puoi dire a Draco che siamo arrivate? Lo aspettiamo nel salotto blu», chiese senza guardare.

«Draco, eh… Devo iniziare a preoccuparmi? » le sussurrò Ginny diventata improvvisamente seria.

«Oh, tranquille! Già è lì, Miss Pansy sta rimarcando il suo disappunto per non avere abbastanza tempo per preparare il vestito giusto. In fondo il Gran Ballo di Natale è sempre un evento… pover Miss, Cockey la capisce. La padrona passava mesi a progettare il suo vestito…», commentò trotterellando via con andatura saltellante. «Si ricordi le decorazioni, Miss!».

«Ha detto Ballo di Natale?» chiese inorridita con la bacchetta ancora tra le dita, mentre la porta laccata del salone, si spalancava violentemente davanti a loro.

La rossa sembrò titubante: « A dire il vero credo che abbia detto Gran Ballo…».

«Malfoy!» gridò Hermione entrando nella stanza con una furia, cercando di ignorare quella fastidiosa sensazione di vena pulsante di rabbia che ormai non faticava a riconoscere. «Avevi detto evento di beneficenza! Non hai mai parlato di Balli!».

Si arrestò solo perché proprio accanto al grande tavolo di legno scuro dove aveva passato la maggior parte delle ore da sveglia negli ultimi tempi, c’era un’infuriata Pansy Parkinson, che colpiva ripetutamente Malfoy con una copia arrotolata di quello che sembrava un magazine.

Vedendola entrare si fermò di colpo. «Ah, quindi non l’hai detto neanche a lei! E io secondo te come faccio a trasformarla per il suo debutto in pochi giorni… e sotto Natale! Quando sai benissimo che tutti i rivenditori sono presi d’assalto da mesi da gente che partecipa al Ballo. Mesi, capito Malfoy? E tu mi dai due settimane scarse», tuonò esasperata, tornando a colpirlo prima di svolgere la rivista e mostrandogliela. «Ci devo essere io sul numero di fine anno, razza di idiota.  E oggi quelli di Woguitch mi chiamano e mi dicono che vogliono attendere perché vogliono l’esclusiva… visto che qualcuno gli ha detto che ci sarà una rivelazione speciale all’evento più atteso dell’anno. E se quella lì, che Merlino mi perdoni Granger se non la smetti di dimenticarti la crema idratante giuro che vengo personalmente a spalmartela, mi manda tutto all’aria, ti posso promettere che non ci sarà posto al mondo in cui potrai nasconderti!».

«Io fossi in te non la metterei alla prova». Solo in quel momento Hermione si rese conto che c’era un’altra persona, seduta sul divano con un piattino nella mano sinistra e una tazza da tè nella mano destra, intenta a sorbirlo e a gustarsi la scena come se stesse a teatro. « Buon pomeriggio, Hermione. Piccola Weasley… che piacevole sorpresa».

 

«Che problema avete con questa storia di Piccola Weasley, Nott? Ed è Potter, ora. Oppure puoi chiamarmi Ginny. E tu che fai lì?» rispose Ginny, andandosi però a sedere accanto a lui, mettendosi comoda. «Parkinson, Malfoy… continuate pure, fate come se non ci fossi...».

 

«Ehi! Io ho altro da fare che stare a spalmarmi cose! E non ti rovinerò proprio niente… anche se mi pare evidente che qualcuno qui dentro si è dimenticato di darmi un po’ di informazioni. Sempre che io ci partecipi, a questo dannato Ballo»,puntualizzo Hermione, lanciando un’occhiataccia all’amica, che sembrava invece molto presa dal vassoio di pasticcini al burro e dal tè fumante che Cockey le stava servendo, dopo essere apparsa praticamente dal nulla.

 

Pansy le puntò lo sguardo tagliente addosso, indicandola con la copia nuovamente arrotolata. «Non osare neanche pensarci… se ti ritiri non solo manderai all’aria questo piano idiota e ciao ciao al tuo stupido sogno di Ministero della Magia…».

«Ehi! Non è stupido» si lagnò Malfoy, massaggiandosi la testa «Mi hai fatto male dannazione!»

La Parkinson, tuttavia, lo ignorò, continuando a rivolgersi a lei. «Ma soprattutto io passerò per una povera sfigata che si inventa le cose. Quindi tu adesso ti metti qui, fai finta che sia quel giorno e ci fai il tuo discorsetto. E nel frattempo io cercherò di buttare giù qualche schizzo. E tra due giorni ti presenterai di sotto alle sette in punto e proveremo vestiti sino a quando non sarò soddisfatta…»

 

«E lei non è mai soddisfatta. Povera te», gongolò Nott, prendendo un macaron rosato.

«Posso venire anche io? Per evitare che ti uccida, s'intende», inserì Ginny

«Piantatela! Ginevra, perdonami, ma è proprio necessario che tu venga qui ad allearti con questi due? Potevi portare Potter a questo punto… no lascia perdere, quello sarebbe stato davvero troppo» si lamentò Malfoy, prima di rivolgersi a Hermione. «Però non è una cattiva idea, approfitta di questi tre per provare il tuo discorso. Io l’ho sentito talmente tante volte che ormai ho la nausea…».

«Che gentile che sei, peccato che non sei davvero il mio fidanzato, guarda», tagliò corto Hermione, prevenendo l’ennesima critica al fatto che aveva messo troppi dettagli storici che non interessavano a nessuno.

«Se fossi il tuo fidanzato mi permetterei di dirti che a volte sei davvero noiosa», sottolineò Malfoy, alzandosi per sedersi sulla poltrona di pelle scura accanto al divano, imitato da Pansy che continuava a lanciarle occhiate sospette, che si sedette sul bracciolo di quella di fronte. «Ma prego, facciamo giudicare al pubblico».

 

«Nel 1237…» iniziò, ma venne subito interrotta da un verso a metà tra uno starnuto e un verso di disgusto. E se per un attimo aveva pensato che si trattasse di Parkinson, dovette ricredersi quando al suo sguardo di fuoco si alzarono quattro paia di dite… e tutte indicavano una persona.

E quella persona era Ginevra Wesley.

E sì, anche Cockey l’aveva indicata, sparendo un attimo dopo.

La strega prese un grosso respiro, ingoiando l’insulto che le era salito alle labbra. Sì decisamente quella sarebbe stato un pomeriggio difficile. Per tutti.






 

Ginny era rimasta stranamente silenziosa quando erano rientrate nel suo appartamento, dopo aver passato più di due ore a cercare di ripetere un discorso di dieci minuti. A essere onesti nel mezzo c’erano stati un paio di litigi tra Malfoy e Parkinson, soprattutto perché mentre tentava di parlare Pansy le avvicinava al viso drappi di colori e si metteva a correggerle la postura, disquisizioni sulla tarte tatin di mele e di pesche e su quale sarebbe stata la salsa più adatta per la chiffon cake che gli elfi avevano portato dopo una mezz’ora, il chiacchiericcio di Nott e Ginny che, chissà perché sembravano intendersela a meraviglia.

E in tutto ciò, ogni tanto Kreatcher passava borbottando maledizioni sul fatto che a nessuno interessava di quegli stupidi vampiri e che tutto quel parlare gli stava facendo venire mal di testa.

Come aveva detto, era stata una giornata difficile. E lo strano mutismo di Ginny non aiutava.

«Allora? Mi vuoi dire che cosa c’è che non va? Non ti piace il mio discorso? Pensi che mi offenda?» chiese, una volta arrivate. Per tornare a casa sua, infatti, Ginny avrebbe dovuto o smaterializzarsi nel punto più vicino di apparizione, oppure usare il collegamento tra le loro case, essendo decisamente fuori discussione di autorizzare i trasferimenti quella dei Potter e quella di Malfoy, a meno di non voler far venire un esaurimento nervoso a Harry, che già sembrava abbastanza prossimo ad una crisi.

«Non è quello, anche se è chiaro che non è qualcosa che ti appassioni sul serio» rispose ravvivandosi i capelli davanti allo specchio dell’ingresso che Pansy le aveva fatto recapitare la prima settimana della loro collaborazione.

Come diavolo le veniva in mente una cosa del genere? Aveva passato ogni ora libera a fare ricerche, consultare documenti, recuperare nomi e date. 

Ginny però non le diede modo di recriminare. «Mi preoccupa più il fatto che tu sia sembrata davvero a tuo agio con Malfoy, ti ho visto addirittura dargli un buffetto sul braccio. Dì la verità, non è che questa cosa ti sta sfuggendo di mano?»

«Non era un buffetto, Ginny! Era un pugno, perché continuava ad interrompermi!» si indignò, cercando di non pensare che sì, contrariamente ad ogni sua aspettativa, davvero si era divertita a fare ricerche insieme a qualcuno che non trovasse i libri antichi estremamente noiosi. Con Ron aveva condiviso molto, forse troppo. Ma mai qualcosa del genere.

«Non prendertela a male, ma non vorrei che vi feriste a vicenda. Malfoy non è… una persona stabile, diciamo», disse, infine, appoggiandosi al secretaire per guardarla meglio. «E gli altri, beh lo sai, non l’hanno presa bene. Hai visto Hannah, no? Mi ha chiamata almeno tre volte chiedendomi di farti visitare dagli Auror per essere certi che non fossi stata maledetta… ».

Hermione strinse i pugni sino a farsi diventare le nocche bianche. Dal giorno del suo compleanno, ed erano passati quasi tre mesi, Hannah non si era mai fatta sentire, nonostante Neville le mandasse, educatamente quanto falsamente, i suoi saluti in ogni lettera.

«Beh, direi che potrà constatarlo direttamente alla cena domani. Voglio vedere se avrà il coraggio di dirmi davanti a tutti che non dovrei candidarmi per le elezioni del Ministro della Magia», rispose in tono di sfida, incrociando le braccia sul petto.

«É solo preoccupata per te. E, visto la pila di lettere che pensi di riuscire a nascondermi, direi che non lo fa senza motivo. Dimmi un po’ quante lettere di odio hai ricevuto solo questa settimana? Sai che io ti supporterò sempre, e verrò ad ogni tuo barboso incontro per farlo…ma la gente è strana, Hermione. A loro piace che tu sia l’eroina della Guerra Magica che si presenta sempre per prima ad ogni anniversario, un biglietto da visita che se il mondo è libero è merito nostro».

Senza dire niente, Hermione si diresse veloce alla libreria, da dove tirò fuori una lettera ordinatamente ripiegata dietro una foto dell’Esercito di Silente e gliela porse.

«Finché ci sarà qualcuno che crede che io possa cambiare questo mondo, io ho il dovere di provarci, Gin. Anche se a molti non piacerà. D’altronde i primi mesi a Hogwarts anche Harry e Ron non mi sopportavano… sono brava a far cambiare idea alla gente, credimi. E ora, scusami, ma devo prepararmi per la lezione. Quella vecchia arpia diventa intrattabile se faccio cinque minuti di ritardo».

E detto ciò, corse in camera sua, chiudendo la porta alle spalle sull’espressione imperscrutabile della sua migliore amica.





 

«E quindi ho deciso di proporre la mia candidatura per l’elezione del Ministro della Magia».

Silenzio. Lo aveva sentito, percepito come fosse uno schiaffo, nonostante il gridolino estasiato di Luna, l’applauso di Ginny, il ma chi te lo fa fare scherzosi di George, il non pensare di mettere altre scartoffie di Harry.

Aveva addirittura bucato il tintinnio delle campane magiche che avevano iniziato a suonare mentre Luna applaudiva.

Era stato con un buco nero che risucchiava tutta l’energia positiva che gli anni del dopo guerra aveva regalato a Grimmauld Place.

Poteva sentire persino i quadri degli antenati dei Black, ormai nascosti da qualche parte, ridere di lei. E, soprattutto ridere della sua patetica illusione che i suoi amici, le persone che ormai erano diventate la sua famiglia, sarebbero stati felici per lei. Che tutti lo sarebbero stati.

E invece c’erano state domande, insinuazioni. 

«Malfoy ti sta manipolando. Vuole solo infiltrarsi di nuovo al Ministero, ora che hanno cacciato il padre a calci in culo» aveva sibilato Seamus amaro, vuotando il bicchiere di whisky invecchiato davanti a lui, ogni traccia della solita allegra svanita.

«Sei troppo giovane, non ti prenderanno sul serio» aveva puntualizzato Padma.

«E se non prendessi voti? Che figura ci faresti?» le aveva fatto eco la sorella.

«La McGranitt non ne sa niente, vero? Sono certa che non le piacerà», aveva rincarato Hannah, che era rimasta in un ostinato mutismo per tutto il tempo.

«Invece secondo me sarà contenta. Per carità Shackebolt è stato bravo… ma Hermione è Hermione!» si era scaldata Ginny.

«Ma che diavolo vi prende?» aveva sbottato Angelina furiosa. «Vi state comportando come idioti!»

«Si Hermione è Hermione… e Malfoy è Malfoy! Le abbiamo viste tutti le foto! Ed è cambiata, guarda come si veste!»

«Ma chiudi la bocca, Calì!»

«Ehi, non parlare così a mia sorella!»

«Se non la smetti schianto te e tua sorella e poi vediamo se continuate con questo atteggiamento» sbraitò Ginny.

«Dai Gin. lascia perdere» aveva tentato di mediare Harry.

E poi il silenzio era diventato baccano, un frastuono insostenibile, la voce di tutte le sue paure che diventava reale, lettere di insulti che prendevano vita.

In quel momento Hermione si era resa conto di essere stanca. Stanca di giustificarsi, di dover continuamente lottare per uscire dalla scatola in cui era stata messa. Erano tutti i motivi che l’avevano spinta ad accettare l’offerta di Malfoy, ed ora erano tutti di fronte a lei.

Uscì da Grimmauld Place, senza guardarsi indietro, ignorando i richiami di Harry.

Si mescolò nella folla di Londra, uguale a centinaia di Babbani, estranea e figlia allo stesso tempo di quel mondo che l’aveva cresciuta e che poi aveva abbandonato.

Camminò senza meta, lasciando che il rumore della città la travolgesse, che lo smog e l’odore famigliare dei takeaway la portasse lontano. Camminò sino a Hyde Park, dove sua madre la portava sempre da piccola quando era giù di morale perché i bambini della scuola l’avevano presa in giro. Un piccolo Alohomora e non c’era cancello Babbano che potesse fermarla.

E mentre era lì, seduta su una panchina vicino allo Speakers’ Corner, che si ricordò che cosa le diceva sempre sua madre quando era giù.

Sei la mia bambina speciale, Hermione. Puoi essere quello che vuoi.

 

E lei in quel momento voleva due cose.

Primo, mostrare a chi non credeva in lei che si era sbagliato.

Secondo, non stare da sola.

 

Poi con un piccolo plop, sparì, lasciando il parco alla sua sonnacchiosa quiete notturna

 

Quando arrivò lì davanti la porta era già aperta. Malfoy era sulla soglia, in maglione a collo alto, era evidente che non avesse neanche toccato il letto.

Non disse nulla, facendole solo segno di entrare. 

Dietro di lui fece capolino Cockey, con uno strano sguardo preoccupato.

«Posso andare a prendere Grattastinchi, Miss? C’è già una bella cuccia per lui e un bel letto con le lenzuola profumate di Lavanda per Miss. Venga le faccio strada» disse piano, evitando i suoi soliti strilli isterici.

Hermione annuì troppo stanca persino per ringraziare. Poi segui l’elfa, senza neanche voltarsi a guardare Malfoy. Eppure sentiva il suo sguardo seguire ogni sua mossa.

Perché quella sera Hermione aveva capito una cosa su Draco Malfoy, qualcosa che davvero non avrebbe mai pensato.

Lui credeva davvero in lei.

Forse, più di ogni altro.

Ed era la quarta cosa che imparava su di lui.

 

 



Quasi all'ultimo, ma sono riuscita a postare questo capitolo in tempo! Come promesso ho tagliato e quindi PUFF siamo arrivati a Natale!
La Mangareva è un'isola delle 
Gambier a sud - est di Tahiti... praticamente vampiri profumati di frangipane.
L'accenno ai vampiri e al lupo è nel libro "Vampiri. Dove trovarli".
Al 31!

 

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Capitolo 10
*** Hiraeth ***


 

Solitamente quando c’era qualcosa che la turbava, passava tutta la notte a girarsi e a rigirarsi nel letto, processando e rivivendo ogni momento, ogni scelta che l’aveva porta a quel momento.

Quella notte da Malfoy, invece, si era addormentata quasi di colpo, mentre Grattastinchi si accoccolava sul fondo del letto a due piazze, con le tende di broccato ricamato chiuse attorno a loro, come in una calda tana. Oltre quel riparo famigliare come i giorni a Hogwarts, sentiva la voce sottile dell’elfo continuare a dirle che sarebbe andato tutto bene. Forse era la stanchezza, forse solo il fatto che le sembrava di non avere più lacrime da versare, ma le era sembrato persino che le cantasse la stessa ninnananna che sua madre le sussurrava quando da bambina faceva fatica ad addormentarsi.

Il giorno dopo, quando si era svegliata, la casa era molto più che silenziosa. Pensava di trovarsi davanti Malfoy che gongolava soddisfatto, invece, quando era entrata nel salone principale la tavola era già imbandita per la colazione, ma al lato dei tulipani gialli a centrotavola c’era una sola tazza di porcellana dipinta, con un solo piattino abbinato.

«Il padroncino è uscito. Ma non si preoccupi, Miss Granger, ci ha detto che lei prende quell’orrida bevanda chiamata caffè», chiocciò Cockey, apparendole vicino con una brocca fumante dall’odore così invitante che Hermione quasi passò sopra all’insulto, e persino sopra l’occhiataccia che Kreatcher le riservò dalla porta.

Le sette e mezza del mattino? Dove diavolo era andato Malfoy a quell’ora della mattina? Che fosse da Pansy al piano di sotto.

«Le ho portato anche qualche cambio, Miss. Il padroncino dice che resterà con noi qualche giorno. C’è altro che vuole che le prenda da quella c…» squittì l’elfa, riempiendole il piatto con ogni singolo cibo presente sulla tavola.

«Catapecchia da bruciare», si intromise Kreatcher, facendo finta di spolverare il tavolinetto di legno nero accanto al divano, dove non solo non si vedeva un grumo di polvere, ma che era tirato così a lucido da potercisi specchiare, chinandosi per evitare che uno dei piatti da portata gli arrivasse dritto in testa.

«Lo ignori, Miss!» ruggì Cockey, facendo oscillare pericolosamente il fiocco rosso in testa, da quanto velocemente si era girata per fulminarlo con lo sguardo.  «Che vuole stasera per cena, il padroncino dice che possiamo fare una modifica del menù settimanale, se vuole».

Tutto quel riferirsi al “padroncino” senza il caffè le fosse entrato in circolo stava diventando decisamente troppo per lei. «Farò tardi, Cockey, non preoccuparti, mangerò qualcosa in ufficio, ho molto lavoro da sbrigare. E poi vorrei tornare a casa mia questa sera, potresti portare Grattastinchi a casa?».

Il suddetto felino, che l’aveva seguita pigramente nella sala della colazione, soffiò scocciato.

«Cibo scadente per un lavoro scadente!» sentenziò Kreatcher, avendo questa volta la cura di sparire, non prima di aggiungere: «Una volta approvato, non si cambia il menù!».

«Ma Miss, avete pochi giorni prima del Ballo! E non è pronta Miss, no, no. Cockey ha sentito il discorso di Miss e …è noioso, Miss. Cockey si è dovuta bere due tazze di té molto molto forte, Miss».

«Che sorpresa», borbottò Kreatcher, continuando nella sua finta opera di pulizia. «Forse bisognerebbe colpirlo forte sulla testa… chissà forse rinsavirebbe».

Hermione si costrinse ad ingoiare il suo di caffè, cercando di ignorare i versi disperati di Cockey che si era subito smaterializzata fuori dalla stanza, borbottando qualcosa su elfi da educare e cibi pronti da far ingoiare ad un certo elfo. Pur riuscendo ad ignorare la non troppo velata critica di Cockey, c’era una cosa che la mandava ai matti in quella situazione.

Se Draco era stato cresciuto con l’idea che gli elfi domestici fossero creature di secondo ordine, cosa che a voce sembrava ribadire senza troppi problemi, com’è che in casa aveva due elfi domestici che sembrava potessero fare e dire qualunque cosa gli passava per la mente.

E, di nuovo, dove diavolo se n’era andato all’alba?

 

 

 

 

Il Ministero era pressocché deserto, come quasi sempre al suo arrivo. Anzi, a essere onesti era da un bel po’ che non era più la prima a venire in ufficio, a entrare quando i corridoi erano vuoti e per, un attimo, solo per un attimo, le sembrava sentire l’intero edificio respirare.

Era da quando aveva accettato la proposta di Malfoy, a essere precisi. Aveva iniziato con qualche minuto di ritardo, giusto il tempo di sistemarsi prima di uscire, e poi, quando aveva iniziato a lavorare alla sua campagna, arrivava solo dieci minuti prima dell’orario previsto. Il che, per lei, equivaleva a mezz’ora di ritardo. Ma sapeva che c’era anche qualcun altro che era sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Qualcuno che giorno dopo giorno sembrava sempre più stanco di quella vita. Peccato che lei stesse lavorando tanto proprio per prendere il suo posto.

Però quella volta non era stato Kingsley a batterla sul tempo. Nella sua stanza, comodamente seduto sul divanetto che era entrato a far parte dell’arredo, insieme ad un tappeto intrecciato a mano, una lampada da lettura verde giada e una libreria nuova, l’unica cosa che avesse davvero apprezzato, con i capelli ancora più scarmigliati del solito c’era il Capo del Dipartimento degli Auror della zona di Londra, nonché Speranza dei Maghi, anche conosciuto come ex Bambini Sopravvissuto e Colui che aveva sconfitto Colui-che-non-doveva-essere-nominato, il che, a dirla tutta, era talmente lungo e ridondante che sentiva quasi più simpatia per Potter-Fa schifo.

«Dormito bene?» chiese con un sorriso guardandola entrare, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Visto che sei qui, possiamo andare nel nostro solito cafè che dici? É quasi un mese, tra l’altro».

«Ho già fatto colazione. E, in ogni caso, non ho intenzione di starti a sentire mentre mi racconti storie sul fatto che quello che è successo ieri è solo dovuto al fatto che quelli che credevo i miei amici mi vogliono bene, che sono preoccupati per me» , rispose dura, lanciando la giacca sull’attaccapanni e sedendosi dietro la scrivania. «Pensavo che avessi imparato a scegliere come impiegare il tuo poco tempo libero, Harry».

Il mago sospirò, buttando la testa sulla spalliera del divano. «Loro sono preoccupati per te, Hermione. Perché ti vogliono bene» iniziò, poi prima che lei riuscisse a replicare alzò una mano per fermarla e continuò: «Il che non vuol dire che, a volte, possano essere delle grandissime teste di cazzo».

Hermione rimase per un attimo in silenzio, cercando di capire se fosse solo una nuova tecnica da Auror. « Quindi a te sta bene?»

«Malfoy? Mai nella vita, più per una questione di tradizione che altro, a essere sincero. Ma se questa cosa tra te e lui, qualunque cosa sia, giuro non voglio dettagli, ti permetterà di diventare Ministro della Magia, sono persino disposto a dire pubblicamente che non è solo un arrogante viziato. E, ma questo solo se verrai eletta, che i suoi capelli non sono assurdi», aggiunse con un ghigno, come se avesse detto una cosa molto divertente.

«Quindi mi appoggerai pubblicamente? E come farai con gli altri?» chiese infine la strega, rigirando una piuma d’aquila tra le mani, soppesando le valutazioni. «Lo fai per Ginny?»

Harry si girà a guardarla, con gli occhi verdi brillanti sotto il ciuffo disordinato che gli dava l’aria da eterno quindicenne: «No, lo faccio perché so che posso fidarmi di te. Riguardo gli altri, pazienza, non sarebbe la prima volta che faccio qualcosa che la gente reputa idiota o folle.»

«E io posso fidarmi di te, Harry? So che c’è qualcosa di Draco che mi nascondi… è per questo che avevi fatto tutto quel discorso a Grimmauld Place? Pensi che possa farmi del male? Credi sul serio che sia così ingenua?» domandò infine, sostenendo il suo sguardo.

Silenzio.

«Penso che possiate farmi male a vicenda. Non sarebbe la prima volta che Malfoy non riesce a gestire le conseguenze delle sue azioni», disse infine l’Auror, soppesando le parole una per una. Poi tirò fuori dalla tasca della giacca di felpa una lettera color avorio. «E non so se riuscirà a gestire la pressione di avere te e i suoi allo stesso evento…».

Hermione stava per ribattere, quando lui si affrettò a concludere. «Ed è per questo che ho accettato l’invito di quella snob della madre. Non ti lascerò solo, Mione. Mai. Dovessi andare a riprenderti in fondo ad un lago…».

«Quello era Ron», non poté fare a meno di puntualizzare Hermione.

«Solo perché tu eri già presa!» disse Harry, strizzando l’occhio. «A proposito, dici che Narcissa Malfoy se la prenderà molto se mi è sfuggito con Viktor Krum di questo evento? Spero proprio di no, sia mai che le rovinassimo il suo giochino»

«Viktor verrà al Ballo?» chiese incredula.

«Si. Mi ha anche detto che, anche se ovviamente non è coinvolto nella campagna, che ti sosterrà pubblicamente. Pensa che bella storia per i tabloid: il tuo vecchio fidanzato, una stella internazionale di Quidditch, bello, alto e prestante…. E Malfoy. Qualcuno potrebbe chiedersi se tu non sia impazzita».

«Io e Viktor non siamo mai stati una coppia, Harry, lo sai.»

«Io sì. Ma ricordo bene lo sguardo di Ron quando vi ha visto ballare al matrimonio di Bill e Fleur. Non vedo l’ora di vedere la stessa espressione sulla faccia pallida di Malfoy…» gongolò.

Ron… ancora quel nome tra di loro. Il golden trio, la coppia perfetta, metà della sua vita adulta…

«A proposito di Ron… l’hai sentito? Credi che dovrei scrivergli?».

Harry scosse la testa. «Devi dargli tempo, Mione. Sai come è fatto. Già il fatto che non sia qui a sbraitare è un buon segno, no?» Poi chiuse gli occhi e si allungo sul divano. «Ora ti prego, fammi riposare una mezz’ora, sono notti che non chiudo occhi. Un’ultima cosa…dì al tuo fidanzato che non ho alcuna intenzione di passare le ore a scegliere uno stupido vestito scomodo e che mi fa sembrare un pinguino. Se vuole pensarci lui mi sta bene, ma che sia una cosa semplice. E, soprattutto, che non venga in mente a lui o a quella svampita di Parkinson, di farmi giocare al manichino. Non so cosa dica la testa a te e Ginny per farvi torturare così…».

La prova abiti! Come aveva fatto a dimenticarla.?

 

 

 

 

 

«Sei in ritardo» 

Pansy lo disse senza neanche guardarla, concentrata a fissare un muro assolutamente vuoto davanti a lei.

«Weasley è di là. Spero davvero che nella vostra testolina bacata da Grifondoro non crediate che passeremo questo tempo a sentirvi piagnucolare».

«Io non piagnucolo, Parkinson. E adesso è Potter, quante volte te lo devo dire?» Ginny era apparsa nell’arco che separava la stanza principale dal salottino di prova, fasciata in un abito color verde oliva, dal corpetto riccamente decorato.

«Sempre una di più di quello che mi interessi», pontificò Pansy, mentre accanto a lei una penna d’oca scriveva furiosamente su un taccuino, tracciando segni e disegnando linee, mentre lei continuava a fissare il vuoto a braccia conserte.

«Vedo che non vi siete di certo annoiate in mia compagnia», si limitò a commentare Hermione. «Stai molto bene, Ginny. Anche se voglio che tu sappia che non necessario farlo».

Pansy si girò finalmente a guardarla, con uno strano sguardo negli occhi, qualcosa che molte persone definirebbero folle.

«Non preoccuparti, Granger… non permetterò che la piccola Weasley-ora-Potter ti offuschi… quello che ho previsto per te…Merlino, se eviti di rovinare tutto con la tua stupida parlantina, sarà il vestito dell’anno… E quegli stupidi di Woguitch non potranno evitare di nominarmi stilista dell’anno».

«E sarà l’inizio di una splendida campagna elettorale», la corresse Ginevra con un’occhiataccia.

«Si, come ti pare. Ora, però, muoviamoci, non ho tutto il pomeriggio, avete idea di quante altre cose debba fare? Senza contare che devo recuperare Draco per farlo andare a prendere i gioielli», commentò spiccia Pansy, spingendola verso il camerino, esattamente come la prima volta che era stata lì.

«Non ho bisogno di gioielli, quelli che ho vanno benissimo!» protestò Hermione, Poi non poté fare a meno di aggiungere. «Ma non potevi chiederglielo questa mattina?»

«Ad averlo visto… ieri sera non ci si poteva parlare da quanto era nervoso, poi sei tornata tu come se fossi passata da dieci Torneo Tre Maghi… e beh, oggi non prevedo di vederlo molto presto. Spero solo che sia con Theo…» Pansy scrollò il caschetto nero, guardandola come una povera idiota. « E ora, sta zitta e vatti a cambiare, dobbiamo aggiustare tutte le misure, non deve esserci mezzo millimetro di stoffa che non ti stia perfettamente. Qua abbiamo smesso di giocare, Granger».

Hermione cercò lo sguardo di Ginny, che però sembrava stranamente occupata a controllare la cucitura laterale del vestito. Poi la tenda di velluto si chiuse e tutto quello che vide fu uno svolazzare di raso e perline dorate.

 

 

 

 

 

 

Alla fine aveva deciso di passare un’altra sera da Malfoy, giusto per non perdere tempo a commutare da una casa all’altra. E poi, dopo aver passato un intero pomeriggio con Pansy, a provare abiti su abiti, a farsi pungere da spilloni incantanti e a sentire gli incomprensibili borbottii di Parkinson, non aveva la forza di litigare anche con Cokey e Grattastinchi.

«Il tuo elfo dice che il mio discorso è noioso. Bentornato comunque, si può sapere dov’eri finito? Mi hai lasciato con Parkinson in pieno delirio» disse entrando nell’atrio a mo’ di saluto, intravedendo la nuca bionda di Malfoy di fronte al camino del salone. Poi si affacciò proprio nel momento in cui le fiamme verdi si spegnevano in un nugolo di polvere «Dì’ un po’, con chi stai parlando?».

Malfoy si girò a guardarla alzando gli occhi al cielo. «Buonasera anche a te, Granger. Per prima cosa, io so quando non devo mettermi in mezzo, e, fidati, uno di questi momenti è quando Pansy fa le prove di abiti. Secondo, per Salazar Serpeverde … sei come mia madre quando ha bruciato tutti i cimeli di Quidditch di mio padre perché non l’aveva avvertita che non sarebbe rientrato. Come devo fartelo capire che non siamo fidanzati sul serio? Io ti ho mai chiesto cosa fai tutto il giorno?».

«Forse perché sono a lavoro o alle tue stupide lezioni di ballo, o con i tuoi amici? E poi è una questione di rispetto, cosa accadrebbe se ti vedessero con qualcun’altra? Inoltre, stamattina volevo parlarti, ma tu eri sparito. Infine, secondo me avete dei geni di follia in famiglia, hai mai pensato di farti controllare?» rimbeccò, raggiungendolo.

«Più di una volta, in effetti. E tu? In ogni caso, stai tranquilla, non sono così stupido da farmi beccare. Sono un fidanzato modello, lo sai»,  rispose, indicando un pacchetto in bella vista sulla consolle dell’ingresso.

«Fare regali ogni volta che ci vediamo non è sintomo di una relazione sana, è ora che tu lo capisca», sospirò, lasciandosi cadere in poltrona.

«Per i miei funziona da trent’anni» commentò lui facendole volteggiare il pacchetto davanti agli occhi. Poi aggiunse a mezza voce. «Purtroppo».

«Non mi sembra una relazione sana, quella in cui una dei due brucia cose per gelosia» puntualizzò Hermione, ricevendo solo una scossa della testa.

«Se pensi che quello sia il problema principale della relazione trai miei genitori, il Cappello Parlante ha sbagliato, avrebbe dovuto smistarti a Tassorosso», si spazientì Malfoy, indicandole il pacchetto che ormai stava ballando la samba a mezz’aria. «Per Merlino, Granger, aprì il regalo!».

«Che modi…» disse la Grifondoro, decidendosi finalmente a prender il regalo tra le mani, chiedendo con tono fintamente indifferente: «E quale sarebbe il problema principale della relazione tra i tuoi, allora?».

«Mm fammi pensare… che so… Essere un Mangiamorte? Rendere quella che era casa nostra un inutile cumulo di pietre dove ogni angolo ricorda qualcuno torturato? Non avere neanche il buon gusto di lasciare libera mia madre ed eclissarsi nella nostra isola ai Caraibi?» rispose Draco con tono sarcastico, mentre il nostro rosso scivolava sotto le sue dita. Era la prima volta che si apriva in quel modo con lei, senza fare tanto il misterioso.

«É per questo che lo chiami per nome?» chiese Hermione, rompendo la carta dorata. «Comprensibile. Anche se è un po’ strano, soprattutto rispetto a quanto idolatravi tuo padre da ragazzino».

«Idolatrare mi sembra una parola un po’ grossa…».

«Cercala sul dizionario. É la parola esatta. E poi scusa, in che senso la vostra isola?» concluse, soddisfatta per essere riuscita a scalfire un pochino la corazza di algido stronzo di Malfoy. Si interruppe, silenziata di colpo di fronte «Ma questo è … questo è …».

«Il libro che prendevi in prestito dalla biblioteca a Hogwarts ogni volta che passava il tempo minimo», annuì soddisfatto. «Dannazione; Granger, era impossibile per tutti noi leggerlo».

«Ma Madame Prince mi aveva detto che era un pezzo unico! E poi a te non piacerebbe», rimbeccò, rigirandosi il libro tra le mani. «O è un altro dei tuoi fetish… tipo Jane Austen? Sai non avrei mai detto che ti potesse piacere…»

Il mago la guardò sbattendo gli occhi incredulo. Poi esplose in una risata. «Ma quelli lì non sono miei!»

Hermione lo guardò socchiudendo gli occhi: «E di chi sarebbero scusa?»

«Ancora una volta, non sono fatti tuoi. Allora, vogliamo lavorare un po’, o pensi di rimanere qui a cianciare del nulla?»

Cianciare del nulla? Come diavolo si permetteva? Improvvisamente ebbe un’idea che le parve geniale:

«Oggi tocca a me scegliere l’appuntamento. E, visto che non ti piacciono i libri Babbani, o almeno è quello che dici, forse ti piacerà qualcos’altro», ghignò, alzandosi in piedi e facendogli segno di muoversi.

«Tipo?» chiese lui guardingo.

«Oh, lo vedrai. E non costringermi ad usare l’Imperius… forza muoviti, è nel nostro contratto: ogni tre appuntamenti tocca a me scegliere cosa fare. Non azzardarti a dire che non sono tre, perché l’ultima cena vale come minimo per dieci».

Sent’ Malfoy sbuffare dietro di lei, mentre urlava :«Non torniamo per cena!».

E, cappotto alla mano, e con le mani artigliate su imbronciato Malfoy alla destra, buttò una manciata di metro polvere nel camino.

 

 

 

«Per Salazar Serpeverde, ma che bisogno c’era di venire in questa bolgia? Sono certo che sia una rappresentazione fedele della mente di Lenticchia a Pozioni».

Usciti dal Paiolo Magico era stato quasi semplice distrarlo, ma appena messo piede nella Londra Babbana, ovviamente aveva iniziato a lamentarsi.

«Fa parte del tuo nuovo piano di educazione ai Babbani, prendilo come un corso accelerato di Babbanologia», rispose lei, cercando di trascinarlo via dal ciglio della strada. Non c’era niente da fare, riusciva a volare su una scopa a testa in giù, ma attraversare una Babbana senza farsi mettere sotto da un autobus era qualcosa decisamente fuori dalla sua portata. «E smettila di pensare sempre a Ron!».

«Ancora una volta: perché pensi che dovrebbe interessarmi? Io sto benissimo tra i maghi. Non tutti i maghi, ovvio. Prendi Lenticchia…» borbottò, mentre lo sguardo saettava rapido, come se immaginasse che da un momento all’altro il Boccino d’oro apparisse tra i passanti indaffarati con le compere natalizie. O, vista la postura, si aspettava un’orda di Inferi.

«Vuoi abbassare la voce? Hai mai sentito parlare di discrezione?» lo rimproverò, strattonandolo.

«Sì, certo, ma si trattava del Viceministro della Magia e una che avrebbe potuto essere sua figlia…quando io e Blaise abbiamo aperto la porta, pensando di poterci nascondere in una delle stanze degli ospiti per berci la bottiglia di whiskey che aveva portato, li abbiamo beccati in una posizione molto poco politicamente corretta. E siamo stati così discreti da garantirci una cassa intera di acquavite elfica, più un paio di altri benefit. E, prima che mi accusi di essere un approfittatore, sappi che se lo fosse venuta a sapere mia madre non avrebbe perso solo il posto. Merlino, se è stato divertente…» ghignò, evidentemente soddisfatto. Poi si rabbuiò: «Non come quell’altra volta… Per Salazar Serpeverde, ma è così difficile lanciare un Alohomora per sicurezza? ».

La strega impiegò qualche minuto, per cogliere l’implicazione di quel repentino cambio di umore. «Eeew! Ma che schifo! ».

«Non dirlo a me…»,borbottò, stringendosi nella giacca del completo. « Da allora però ho imparato a bussare… beh, più o meno. Allora, si può sapere perché mi hai portato qui?».

Scrollando la testa, cercando di scacciare via quell’immagine orrenda che sapeva l’avrebbe tormentata ogni volta che avesse visto una foto dei Malfoy, rispose incamminandosi senza aspettare Malfoy. «Visto che siamo fidanzati, è ora che tu abbracci finalmente la parte migliore della mia cultura. Spero che tu sia affamato».

«Io non mangio i Babbani, Granger! Nella famiglia di mia madre li hanno cacciati, torturati, pietrificati e lasciati in giro come statue, ma mangiati mai!» le gridò dietro, raggiungendola con poche falcate, mentre metà dei passati si girava a guardarlo, incuriosita. Il che, per dei londinesi indaffarati, era davvero una cosa notevole.

«Scusate, deve prendere le medicine. Sapete è un po’ fuori di testa», ringhiò Hermione alla signora con il pellicciotto viola, prima che Malfoy se ne uscisse con qualche commento poco piacevole. Poi lo prese sottobraccio e lo trascinò via.

«Ah, quindi tutto questo teatrino era solo per stringerti a me? Potevi dirlo, sarei stato felice di accontentarti», ghignò Malfoy soddisfatto, adeguando il passo al suo.

Hermione sbuffò. «Ti hanno mai detto che sei impossibile?».

«Irresistibile? Certo ,più di una volta».

«Mi stai rendendo difficile non schiantarti…».

«Ma come, non avevi detto che non dovevamo attirare l’attenzione?».

Silencio

Un incantesimo piccolo piccolo, qualcosa di così banale da aver ormai imparato a eseguirlo in maniera non verbale, nonostante secondo qualcuno non fosse possibile. Lo stesso qualcuno che ora muoveva le labbra senza produrre alcun suono, garantendolo perlomeno una decina di minuti di riposo alle sue orecchie.

 

 

 

«E questo sarebbe… ?».

Ovviamente, appena tornata la voce, Malfoy aveva iniziato a lamentarsi, guardando il cartoccio bollente che teneva in mano come se fosse il Libro Mostro dei Mostri.

«Il fish and chips migliore di Londra. Con i miei venivamo appositamente a prenderlo qui, specialmente il giorno in cui facevamo l’albero. Io e mamma iniziavamo a mettere le decorazioni e per quando papà tornava con il pesce ancora fumante, era giusto il tempo di mettere il puntale. Era il nostro rituale, fish and chips e biscotti natalizi appena sfornati», raccontò Hermione, sedendosi su uno dei pochi tavoli messi a disposizione dei clienti e poggiando sul tavolo due pinte di birra «È pale ale, vedrai è persino migliore della Burrobirra».

Lo sguardo del mago era però dubbioso, tastò appena con un dito l’enorme filetto fritto dal quale saliva un fantastico profumo: « Ma è unto!».

«É fritto, Malfoy. Andiamo non fare il bambino, assaggialo e poi mi dirai com’è», lo stuzzicò, strappando un pezzetto del suo con le mani ed intingendolo nella ciotolina di salsa tartara che si era fatta fare.

Se possibile, lo sguardo di Malfoy divenne ancora più inorridito.

«Ma si mangia con le mani? Dove sono le posate? E i piatti, i bicchieri… Merlino, in questo posto non c’è neanche la tovaglia!» lagnò.

«Si chiama essere casual. Mangia, fai l'adulto per una volta».

«No, si chiama mangiare come i Troll!»

«Andiamo, fa il bravo. Se dai almeno un morso, poi ti porto a prendere il dolce», lo blandì come faceva con James (e a volte con il di lui padre).

«Posso avere almeno delle posate?» .

Hermione sospirò, pulendosi le dita sul tovagliolo di carta. «Facciamo una scommessa. Se mangi un pezzo e continua a non piacerti, puoi fare la domanda che vuoi e io ti risponderò.» vedendo gli occhi grigi di Malfoy illuminarsi, alzò un dito di ammonimento. « Ma se ti piace, allora sarai tu a rispondere a qualunque cosa vorrò chiederti».

«Vi stancherete mai di perdere?» chiese, decidendosi con riluttanza a staccare un pezzo di pesce, ancora fumante, annusandolo con circospezione. Poi, dopo un tempo infinito, finalmente, se lo ficcò in bocca.

Masticò piano, la schiena dritta e le mani immediatamente tornata al livello del tavolo, la faccia impassibile. Eppure ormai aveva imparato a conoscerlo, e un gran sorriso iniziò a sbucare sul volto di Hermione, vedendolo in silenzio.

Poi, capì di avere vinto.

«Cazzo…» si lasciò sfuggire Malfoy, tamponandosi le labbra.

«Ma che linguaggio per un principino che fino a cinque minuti fa pensava che fosse un pasto per Troll», gongolò, ignorando lo sguardo torvo del suo supposto fidanzato.

«Resto della mia idea sul mangiare in questo modo, però», sibilò, procedendo però a staccare un altro pezzo ed intingerlo titubante nella salsa.

«Lo metterò agli atti. E ora dimmi…», il cervello di Hermione iniziò a girare a mille, valutando tutte le domande possibili da fare. Era di certo una ghiotta opportunità, ma sapeva bene che non poteva rischiare di sparare troppo in alto. Non solo c’era un’altissima probabilità che Malfoy mentisse, ma, cosa che la sorprese non poco, le sarebbe dispiaciuto se avesse colto l’occasione per dileguarsi.

Non poteva quindi chiedergli di Harry, dei Weasley o persino di Andromeda.

Forse poteva domandare se davvero quello che le aveva regalato la notte di Halloween fosse il suo stemma da Prefetto che credeva distrutto e come mai lo avesse lui dopo tanti anni.

O che c’era tra lui e Pansy.

O perché i suoi elfi sembrassero piuttosto dei maggiordomi che si prendevano troppe libertà.

O dove sparisse ogni tanto.

O perché lui e Luna sembravano essere così amici.

Troppe domande e nessuna certezza di verità.

Stava ancora arrovellandosi, quando la lingua iniziò a parlare ancora più velocemente della sua mente.

«Perché non vuoi mettere gli addobbi?».

Cazzo. Non diceva mai parolacce, ma questo era al momento il suo unico pensiero, mentre pensava che le era venuta fuori la più stupida di tutte le domande possibili.

Draco la guardava con uno strano sguardo, come se pensasse che gli stesse giocando un tiro mancino.

«Sono seria, perché non vuoi addobbare per Natale… o Yule se preferisci? Non dirmi che sei uno di quegli uomini che crede che due ghirlande possano minare la loro virilità», aggiunse in fretta, cercando di darsi un tono e maledicendosi invece ad ogni parola che continuava a rotolarle fuori dalla bocca.

«La mia virilità sta benissimo, grazie per essertene preoccupata», rispose con un ghigno, prendendo un sorso di birra. In questo caso, però, non ebbe la stessa risposta positiva che con il cibo. «Continuo a preferire la Burrobirra. O un vino degno di questo nome…».

«Malfoy, andiamo. Hai perso. Comportati da uomo», rimbeccò.

Il ragazzo ghignò di nuovo, un sorriso sarcastico questa volta: «Non dovevi chiamarmi Draco? Possibile che cambi idea ogni cinque minuti?».

«Ma se mi hai chiamato Granger dieci minuti fa.  Va bene, Draco, devi rispondere alla domanda: perché non vuoi fare l’albero?» replicò paziente, usando la stessa tecnica che aveva funzionato per anni con Ron.

Lui sospirò di nuovo, passandosi distrattamente il pollice sull’anello che portava al dito. Poi finalmente disse:

«Perché era una cosa che amavo fare da bambino. É strano no? Io e te veniamo da due mondi così distanti, eppure abbiamo questa cosa che ci accomuna. Anche per noi era un momento speciale…».

La strega sbatté gli occhi incredula. Davvero non ce li vedeva Lucius e Narcissa Malfoy intenti a mettere le decorazioni su un albero fuori misura. Evidentemente la sua espressione era talmente sbigottita da strappare una risata a Malfoy.

«Non te l’aspettavi, vero? » disse, osservandola con attenzione.« Eppure è vero. Yule a casa mia è sempre stata una gran cosa, e non solo per il Ballo. Ti dicevo che mio… ,che Lucius fa continuamente regali a mia madre, no?».

Hermione annuì, cercando di vincere la tentazione di dirgli che se avesse detto mio padre non si sarebbe incenerito il tavolo.

«Beh, il primo regalo che lui le abbia mai fatto è stata una decorazione, una pallina blu, a essere esatti. E mia madre ha scoperto di essere incinta di me proprio mentre faceva l’albero. Quindi è sempre stato un giorno importante, gli elfi decoravano tutta la casa, sempre sotto la sua supervisione, ma l’albero era una cosa nostra. E mi aspettavano anche per farlo quando tornavo a casa da Hogwarts. Pensa che idiota che ero. Non che tu non lo sapessi…».

«Ed è per questo che non vuoi farlo? Perché ti ricorda un periodo felice?».

Draco sospirò, spostando lo sguardo sulla strada trafficata al di là della piccola vetrata del locale.

«Perché quella casa non esiste più» concluse amaro. Poi tornò a concentrarsi sul piatto. «La prossima volta il locale lo scelgo io. E non azzardarti a dire a Cockey che abbiamo mangiato una cosa del genere».

«Potresti chiederle di rifarla, no?» ingoiando i commenti che le erano saliti alle labbra, assecondando la voglia di Malfoy di lasciarsi il passato alle spalle. 

«Si, e poi lo spieghi tu a Kreatcher come si mangia», rispose, scuotendo la testa con un mezzo sorriso. « Per te è così importante? ».

Hermione abbassò lo sguardo, concentrandosi improvvisamente su una venatura del legno del tavolo:«Mi fa illudere di essere di nuovo con i miei».

Malfoy la fissò in silenzio, poi sentenziò: «Hiraeth».

«Come scusa?»

«Hiraeth. È gallese, non credo che si possa tradurre con una parola. Significa che senti nostalgia per qualcosa che non ti è mai appartenuto davvero. La vita Babbana, per te. E per me…» spiegò in tono stranamente misurato. «Lo sai».

«Hiraeth» ripeté la strega. Sì, era una bella parola. Persino poetica.

«Che questo giorno sia ricordato come quello in cui ho insegnato qualcosa a Hermione Granger», disse in tono enfatico, con un sorriso che, cosa più unica che rara, gli era arrivato agli occhi.

Hermione deglutì, ripensando alla sua lista di pro e contro, quella che l’aveva portata quella sera a mangiare patatine unte con sale e aceto insieme a Draco Malfoy.

Sa come rendersi piacevole quando vuole. Almeno con certe streghe. - Pro.

Sembra poter provare Prova emozioni. Pro.

Mi fa sentire come ero prima della guerra.

Hiraeth. La nostalgia per qualcosa che non era mai stato davvero suo. Come Draco Malfoy.

 

 

 


Buon anno! Scusa il ritardo, avrei dovuto aggiornare il 31, ma tra emicranie e calcoli la settimana in cui mi sarei dovuta concentrare sulla scrittura è stata un fallimento. Voglio però ringraziare di cuore Eli per l'idea del fish and chips, mi divertiva troppo l'idea di Draco, degno figlio di sua madre, che si ritrova a mangiare con le mani un cibo buonissimo ma unto da morire.Mi sarebbe piaciuto far coincidere il Ballo di Natale con il periodo natalizio, ma non volevo perdermi questi momenti tra Draco ed Hermione, ed aggiungerlo adesso avrebbe reso il capitolo davvero troppo lungo.

A proposito del Ballo: se hai letto “The Auction” o la serie “The right things to do”, conosci bene il Ballo in Bianco e Nero di fine anno dei Malfoy. In realtà, sebbene abbia detto più volte che quelle storie sono i miei riferimenti per il fake dating, l’idea che Narcissa ami il Natale e tenga un ballo annuale è antecedente alla lettura di quelle storie. D’altronde amo io stessa il Natale e Narcissa è uno dei miei personaggi preferiti, non posso scindere le due cose.

Della pallina blu e della scoperta di essere incinta ho già scritto in queste due storie:

Ricordo di un Natale passato https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4044059&i=1, quando Lucius riceve un aiuto inaspettato nello scegliere il regalo perfetto per conquistare narcissa

L’attesa (nella raccolta “Essere padri, Essere figli”. Nella mia testa Draco nasce prematuro (se stai facendo i conti con la gravidanza)

https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3988285

 

Quest’anno avrei voluto scrivere di quando Lucius consegna il suo regalo, ma il destino non ha voluto. Sarà per Natale 2024! Per il prossimo aggiornamento ci vediamo intorno al 15 gennaio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Quello che siamo ***


 Attenzione: riferimenti in fine capitolo a tentativi di suicidio.
 


«Allora, cosa ne pensi?».

Non aveva neanche finito di ripetere il suo discorso, che la domanda le era subito salita alle labbra.

Andromeda la guardò a lungo, soppesandola dietro le lunghe ciglia, con un'espressione stranamente simile a quello che faceva il nipote quando iniziava a parargli dei vampiri dell’Hangrave.

«Hai fatto le tue ricerche…» iniziò, versandole del di tè ed invitandola con un gesto a sedersi.

Così come per il nipote, però, quella pausa non prometteva nulla di buono.

«Peccato che non interessi a nessuno», concluse infatti letale, sorseggiando lenta dalla sua tazza.

Hermione alzò un sopracciglio, esasperata. «Ma come? Com’era quella storia che non importa nessuno su cosa investono, ma su chi? Potrei parlare di zucche assassine e sarebbe la stessa cosa!».

«Non essere sciocca, non esistono zucche assassine». La strega non sembrò particolarmente impressionata dalle sue rimostranze. «Questo vale per le persone comuni, i piccoli politicanti, persino per quell’idiota di Fudge. Ma tu vieni dopo un eroe di guerra, e sei Hermione Granger…»

«L’amica della Speranza dei Maghi… Di cosa dovrei parlare, allora? Di quando ho passato un anno in fuga perché c’era una taglia sulla mia testa?» sbottò.

«Mmmm, no, direi di no. Potresti metterli in imbarazzo, sono certa che qualcuno avrebbe volentieri riscosso quella taglia», commentò leggera.

«Mi stai prendendo in giro? Sei impossibile!».

«Sono solo sincera, e tu dovresti apprezzarlo. Andiamo Hermione, quella gente ha più Galeoni che cervello, vuole qualcuno di cui vantarsi. Ed è vero, il tuo è uno dei nomi che risuonano ogni due maggio…ma che dimenticano subito dopo. Ora invece devono ricordarsi di te, devono fare a gara per dire che hanno partecipato all’elezione della strega più brillante che abbiano mai conosciuto. Sai perché è così importante il vestito? Non solo perché altrimenti Pansy si farà venire una crisi isterica…».

«Conosci anche Pansy? Organizzate dei party a mia insaputa?».

«...ma anche perché per una volta la forma deve coincidere con la sostanza. Il fidanzamento con Draco, un abito spettacolare, un palco d’eccezione… tutto il mondo parlerà di questa serata. Sempre che non manchi proprio la cosa più importante…» .

«E sarebbe? Non dirmi una tiara, ti prego!» alzò gli occhi al cielo Hermione, chiedendosi se i geni malati dei Black iniziassero a risvegliarsi anche in lei.

Andromeda sorrise, in un ghigno soddisfatto e ferino che la rese improvvisamente più giovane di vent’anni. «No, mia cara Granger. Tu. E poi le donne non sposate non portano le tiare »

Poi guardò l’orologio e aggiunse leggera, seppur con una nota palesemente Serpeverde: «Ora scusami, ma devo andare a prendere Teddy da Bill e Fleur. Mentre tu hai una certa lezione, se non sbaglio!».

La lezione di ballo… come se non fosse già stato un periodo abbastanza stressante, tra lavoro e preparazione del discorso, le prove del vestito e le continue lamentele di Harry sul vestito da gala.

«Non posso perdere tempo con quell’oca! Possibile che ballare sia così importante?».

«Oh, sì mia cara. Credimi, per quanto tu possa essere bella ed intelligente, fare una pessima figura ad un evento del genere… dovresti trasferirti in Groenlandia per sfuggire alla vergogna», ciarlò Andromeda, sorridendo apertamente.

«Grazie, eh! Merlino, perché sono venuta a chiedere proprio a te?» sbuffò Hermione, preparandosi a smaterializzarsi.

«Perché sono la strega più intelligente della mia generazione» rispose l’altra con un sorrisetto. « E perché ho vissuto con quei pazzi purosangue per anni. Credimi, qualsiasi sia il tuo pensiero a riguardo, è mille volte peggio. Divertiti con mia sorella».

Mentre si smaterializzava, chiedendosi perché continuava a cacciarsi in quella situazione, sentiva ancora la sua risata nelle orecchie.




 

Mancavano dieci minuti all’inizio della lezione, i suoi capelli erano raccolti in uno chignon così stretto che le regalava anche un più che vistoso effetto lifting, nonché un principio di mal di testa, stava già facendo i suoi esercizi, mentre passava in rassegna tutte le date delle Convenzioni sulle Creature Magiche, intervallandole con il mantra che quella tortura sarebbe durata ancora poco, quando sentì uno strano suono provenire dall’ingresso.

Era a metà tra un gesso che grattava la lavagna e il grido di una banshee col singhiozzo.

Ci mise un po’ a realizzare che si trattava di una risata.

La risata di Madame Lavorska, che entrò nella sala gongolando come Percy quando aveva comunicato di essere stato promosso.

Accanto a lei, che le offriva il braccio e un sorriso talmente smagliante da saperlo finto, c’era un uomo elegante dai lineamenti affilati che non vedeva da moltissimo tempo.

O, meglio, non lo vedeva di persona.

«Zabini, devi prendere anche tu lezioni?» chiese secca, fissando con tono di sfida l’insegnante, che, come sempre sembrò non considerarla.

«Granger», si limitò a commentare il mago, con un cenno della testa. «Sei ancora qui. Testarda come sempre».

C’era un che di ferino nel suo sguardo, due iridi nere che la scrutavano taglienti, senza un briciolo di simpatia. 

Beh, se era lì per farle perdere tempo aveva scelto la sera sbagliata per farla arrabbiare.

«Sono venuto ad offrirmi come partner per la tua lezione… manca così poco, non vorrei mai che tu arrivassi impreparata all’evento dell’anno. Certo, la danza è l’ultimo dei tuoi problemi…», chiosò senza smettere di sorridere mostrando i denti bianchissimi.

«Le tue buone intenzioni mio caro sono sprecate! » cinguettò quella specie di mummia che sembrava aver assunto un colore decente. «Lo dico sempre a Draco: io provo a fare del mio meglio, ma a volte non c’è niente da fare. Io non posso lavorare senza materia prima… senza grazia. Senza...».

Prima che Hermione scoppiasse, Zabini interruppe la tiritera, con uno sbuffo elegante. «Lo conosce Madame Maxime…», poi ritornò a guardarla con aria di sfida. « Draco sopravvaluta sempre la fattibilità delle cose. Non si preoccupi, sono certo che non darà a lei la colpa del fallimento».

«Se sei così sicuro che sono un caso così disperato, perché stai perdendo il tuo prezioso tempo qui? Non hai nulla di meglio da fare? Tipo rintanarti da qualche parte, ti viene bene, no?» disse Hermione, con un tono di voce flautato. Se c’era qualcosa che aveva imparato in quelle settimane era che qualsiasi insulto rendeva meglio se detto con un sorriso e l’espressione innocente. Se poi era un’insinuazione, ancora di più.

Blaise rise con tono del tutto piatto, la stessa che riservava loro durante le lezioni di Pozioni. «Ah, la tua insopportabile lingua lunga. Vedo che sei rimasta la stessa. Fin troppo. Non c’è che dire, per quanto Pansy possa essere dotata non può trasformare una rapa in un’orchidea».

«Anche tu, Zabini, non sei cambiato affatto: sei l’unico a ritenerti interessante. Il che è piuttosto pretenzioso da parte tua». continuò Hermione, avviandosi verso il centro della sala senza guardarlo. «In ogni caso, queste non sono lezioni aperte. Prendi un appuntamento per conto tuo. Madame, che ne dice di iniziare? Avremmo dovuto cominciare la nostra lezione cinque minuti fa, mi sembrava di aver capito che le piacesse la puntualità…».

«Come si permette!» inorridì quest’ultima, sbattendo stizzita il bastone in terra. « La classe è mia. Io decide quando iniziare!».

«No, lei è pagata per farmi lezione. Profumatamente, presumo. Conversare cinguettando con un suo ex allievo non fa parte dei suoi compiti, né tantomeno starvi a sentire dei miei doveri. Quindi ora iniziamo la lezione, oppure me ne vado e non metterò mai più piede qui dentro. Suppongo che a Draco non farebbe piacere, vero?».

«Ma che piccola intrigante, una piccola Pansy… certo meno carina e con meno stile, nonostante gli sforzi, ma riconosco quell’inconfondibile tocco di stronzaggine…» sorrise Zabini, impassibile, camminando a lunge falcate calme per la sala, sino a posizionarsi di fronte a lei, porgendole la mano. «Spero che ti abbia anche trasmesso un po’ di grazia nel danzare… da quel che ricordo eri davvero un caso disperato».

Hermione si limitò a fissarlo, senza dare segno di accettare il suo invito. «Fuori di qui, Zabini».

«Quanta formalità per il tuo futuro testimone di nozze. Perché è a questo a cui miri, vero? Un bell’anello, un nome importante, tanti di quei soldi da poter seguire tutti i tuoi progetti idioti…».

«BLAISE!»

L’urlo era stato talmente forte da aver superato anche il suono furioso dei tacchi sul pavimento.  Aveva sempre pensato a Pansy Parkinson come una persona che si faceva scivolare addosso la vita, incapace di mostrare altra emozione che non fosse indifferenza. O adorazione di un’adolescente nei confronti di un suo compagno di casa, a quanto ricordava.

Ora invece sembrava scossa da una furia incontrollabile, gli occhi che dardeggiavano in direzione di Zabini e le labbra perfettamente truccate di rosso strette in un ringhio.

«Oh, ciao Pansy, stavo giusto parlando di te. Sei venuta a mostrare cosa significhi davvero ballare?» ribatté Zabini, affatto turbato. Eppure Hermione non aveva potuto fare a meno di notare come la sua postura si fosse un filo irrigidita.

«Avevi detto che ti saresti comportato bene», sibilò Pansy.

«Ed è quello che sto facendo. Al contrario vostro che vi prestate a questa…».

«Dì un’altra parola e giuro su Merlino che ti rispedisco da tua nonna a brandelli».

«Che è esattamente quello che state lasciando che accada a Draco. É una cosa disgustosa!» la voce di Zabini era piena di rabbia, al punto che per un attimo il viso affilato si distorse in una smorfia di puro disgusto.

«Chiudi il becco!» aveva urlato di rimando Pansy. « Muoviti o vedrai come sono brava nel convincere le persone. Ricordi quanto ero brava l’ultimo anno?».

Dal modo in cui stringeva la bacchetta era evidente che si riferisse alla maledizione Imperius. O peggio, visto il riferimento ai Carrow.

Per un attimo Zabini sembrò sul punto di replicare, poi si limitò ad alzare le mani e a scuotere la testa. 

«Va bene, andiamo»,concesse. Poi si girò appena e le sussurrò piano:«Vattene prima che sia troppo tardi. Non te lo dirò una seconda volta».

«Devi solo provarci!» ringhiò lei di rimando, fissandolo con tono di sfida. mentre lo vedeva sfilare tranquillo davanti ad un’atterrita Madame Lavroska, che era rimasta totalmente imbambolata dall’inizio della conversazione.

«Oblivion», disse pigramente, passandole davanti, senza neanche rallentare, mentre Pansy lo guardava furente.

Poi, entrambi, sparirono oltre la soglia, un secco plop ad indicare che si erano smaterializzati.

 

«A che punto eravamo?» la Lavroska si era subito ripresa, ma si guardava attorno confusa, come se non avesse idea del perché si trovasse lì, con una delle sue studentesse meno amate dal viso rosso dalla rabbia. 

 

«Al valzer classico, Madame», rispose tra i denti. La odiava e avrebbe voluto volentieri andare a dire due paroline a Zabini, ma se c’era una cosa che odiava di più di quel borioso snob era perdere le lezioni. Specialmente quando, in cuor suo, sapeva di aver bisogno di ogni minuto di pratica. 

.




 

Hermione si guardò nel grande specchio dalla cornice barocca, chiedendosi se non stesse facendo il più grande sbaglio della sua vita. Per lei era strano essere così indecisa, erano mesi ormai che il suo pensiero oscillava tra il rimorso di aver accettato quell’offerta e l’autoconvincersi che invece era stata un’ottima idea. O, perlomeno, non la peggiore che avesse mai avuto.

«Non pensi che sia troppo?» chiese, rivolgendosi a Ginny, squadrando critica il proprio riflesso. Pansy questa volta aveva optato per un abito di tulle di un leggerissimo color nocciola, minuziosamente ricamato con un’esplosione di fiori che risalivano lungo il corpetto e poi lungo le maniche.

«Granger, per la miseria, stai ferma! Già che mi hai fatto venire fin qui, in questo posto dimenticato da Merlino. E anche con queste altre due da preparare!» sbottò Pansy, accarezzandole il bustino.

«Io mi sono vestita da sola, Parkinson. E Luna. Beh, potevi pensarci prima e non farle l’abito con le piume! Ora non puoi pensare che non abbia deciso di dare il nome a ciascuna di loro!» rimbrottò Ginny, ammirandosi nello specchio portatile che Pansy si era portata dietro.

«Fidati, non è stata una mia idea. Draco mi ha tartassato di farle un abito che la soddisfacesse in pieno. Onestamente, non so neanche a che pro, visto che come al solito si eclisserà in qualche stanza a chiacchierare con le armature».

«Ogni anno?» chiese Hermione stupefatta, infilandosi gli orecchini pendenti che Pansy le porgeva.

« Il suo è stato il primo dei miei vestiti che è stato fotografato! Lascia perdere che poi ha iniziato a straparlare dei Nargilli e per fortuna hanno tagliato l’intervista. Quando Draco l’ha portata al ballo dei suoi la prima volta, i paparazzi l’hanno presa d’assalto. Ma leggi mai la Gazzetta del Profeta?» chiese Pansy dandole una pacca secca sulla mano mentre cercava di prendere la collana.

«Non la cronaca mondana. Luna, scusami, ma non ti facevo proprio tipo da feste di questo tipo…» rispose Hermione, ignorando i tentativi di Parkinson di fissare un ricciolo che continuava a ricaderle sulla fronte.

Luna si girò appena a guardarla, mentre accarezzava il fondo del suo corto abito rosa pallido. «Non mi piacciono le feste, ma Draco sembrava così solo. Quando gli ho proposto di andarci insieme, pensava stessi scherzando, sai?».

«Credo che sia stato un po’ il pensiero di tutti», borbottò Pansy a bassa voce, facendo un passo indietro per scrutarla con aria critica.

«E perché gli hai proposto una cosa del genere. Insomma, tu… i genitori di Draco...» Hermione cercava di trovare le parole più gentili possibili, eppure quella situazione era talmente assurda da non permetterle di continuare ad ignorare il paradosso che si era presentato a casa sua nelle vesti di Luna Lovegood, habitué delle feste di Natale dei Malfoy.

«Aveva paura di tornare in quella casa. E io anche. Allora abbiamo deciso che due paure insieme forse si calmavano a vicenda. E sai una cosa? Avevo ragione. E non ha avuto neanche un attacco. Sono stata davvero fiera di lui», disse Luna con voce leggera.

«Lovegood, te le metto in bocca quelle piume, se non la piantate. E tu smettila di toccarti la manica, è lunga abbastanza!» ringhiò Pansy, guardandola a braccia incrociate.

Come avesse fatto a rimanere perfettamente truccata e senza neanche una piega nell’abito nero scollato a cuore era davvero oltre la magia che la stessa Hermione poteva conoscere.

Diede un’occhiata critica a tutte e tre, poi annuì soddisfatta.

«Bene, rossa, vai a chiamare quell’idiota sciatto di tuo marito. Spero si sia fatto almeno la doccia, invece di continuare a giocare con questa manica di disadattati, i ragazzi saranno qui a minuti».

«Da quando abbiamo questa confidenza, Parkinson?» chiese indolente Ginny, avvicinandosi allo specchio per mettersi il rossetto. «E poi tranquilla, riesce a vestirsi in due minuti netti, ancora con gli occhi chiusi».

«Da quando ti fai venire una crisi isterica ogni volta che ti chiamo piccola Weasley. Non ho tempo per queste sciocchezze, oggi è il mio grande giorno!» rispose quella tagliente di rimando, passandole però un nuovo rossetto. «Metti questo, sta meglio con la tua carnagione. Vi faranno delle foto, se ormai per lo Sfregiato non c’è speranza di farlo apparire ordinato, devi almeno compensare tu».

«Non sono dei disadattati! E smettila di parlare così di Harry!» si indignò Hermione.

«Beh un po’ spettinato lo è », commentò invece Luna con tono svagato avvicinandosi a Pansy, che la guardava come se fosse un ungaro spinato ricoperto di piume rosa. Evidentemente, però, aveva le sue ragioni, visto che un secondo dopo si trovò stretta in un caloroso abbraccio.

«Sei sempre la benvenuta a Grimmauld Place! Dillo anche a Kreatcher, non serve che si metta a spiare dal pianerottolo quando viene!» disse, stringendo forte una Pansy Parkinson talmente irrigidita da sembrare pietrificata.

«Luna, sta buona. Lasciala andare, vedi che non è abituata a manifestazioni d’affetto? » la blandì Ginny ridendo, mentre Pansy continuava a sgranare gi occhi dal terrore, vedendo che Luna non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare. 

Hermione stava quasi per scoppiare a ridere, quando dall’ingresso si sentì un gran baccano. Conosceva quelle voci, non erano gli studenti ospitati a Grimmauld Place per le vacanze di Natale a poter raggiungere quei livelli.

«Ma non potevi pettinarti, Sfregiato?» .

«Ma i tuoi non potevano fare altro quella sera, Malfoy? ».

«E quella camicia… ma ti sei rotolato nel fango?».

«E tu sei uscito dal tuo sordido buco dove non riesce ad arrivare il sole?».

«Hermione!».

«Granger!».

«HERMOINI, TE PREGA, FA STARE ZITTI QWESTI DUE!».

«KRUM! PERCHÉ DIAVOLO SEI QUI?».

«Per Hermoini ovviamente. Lei è mia amika».

«Amica uno Sparachiodo. Lei è la mia ragazza».

«E allora?»

«SI FURETTO E ALLORA? MA QUANTO RIESCI A ESSERE IMBECILLE!»

«CHIUDI IL BECCO POTTER!».
«CHIUDILO TU!».

«HERMOINI!».

«HERMIONE!».

«GRANGER!».

 

«Ora vado giù e li prendo tutti a calci», sibilò Pansy, smaterializzandosi.

«Mi sembra un’ottima idea» ,le fece eco Ginny seguendola poco dopo.

Rimase solo nella stanza, con Luna che la guardava con quel suo sguardo sempre tra il trasognato e il penetrante.

Poi, come se si fosse appena ricordata di una cosa, aprì la borsetta che portava al polso e tirò fuori una cosa, che le porse tutta appallottolata.

«Ho pensato che ne avessi bisogno stasera»,disse con un sorriso, prima di scomparire.

Hermione si fissò incredula la mano, che ora teneva in mano un calzino.

Si guardò allo specchio, mentre un peso le si toglieva dalle spalle.

Ora sapeva esattamente cosa fare.

D’altronde l’aveva sempre detto, sin da quando Harry glielo aveva chiesto all’inizio del quinto anno, che avrebbe voluto fare qualcosa che poteva davvero essere d’aiuto.

Peggio per i Malfoy. D’altronde avevano ancora una serata di terrore in debito con lei.








 

«Sicura di stare bene?».

Hermione annuì, stringendo appena il braccio di Malfoy. Si era detta più volte che quella era solo una casa, quattro mura fatte in pietra e un tetto, un susseguirsi di stanze e corridoio. Non poteva farle del male, non c’era nessun Lord Voldemort, nessuna Bellatrix, nessun Ghermidore. Quella volta non stava entrando trascinata contro la sua volontà, con il terrore di venire scoperta. Ora sarebbe entrata dalla porta principale, ospite d’onore, al braccio dello scapolo d’oro della società magica, nonché erede di due delle famiglie purosangue più antiche, come nella peggiore delle commedie romantiche che sua madre vedeva sempre sotto Natale.  Erede che da quando era scesa al piano di sotto a Grimmauld Place, non aveva fatto altro che guardare male Viktor da quando le aveva fatto il baciamano.

«Senti Granger, se questo è troppo per te possiamo trovare un altro modo», gli occhi grigi di Malfoy la stava scrutando preoccupati.

«Tipo? Mandiamo Ginny sotto Polisucco al posto mio?» rispose lei sarcastica, cercando di ignorare l’ansia che stava attanagliandole lo stomaco, che fosse per l’ansia di tornare a Malfoy Manor o per il lancio della sua candidatura del tutto irrilevante.

«Non lo so, hai della Polisucco pronta?» chiese invece Malfoy, improvvisamente interessato.

«Se pensi che io mi possa ricordare quel discorso, sei caduto una volta di troppo dalla scopa» rispose invece Ginny, che cercava pigramente di impedire a Harry di slacciarsi per l’ennesima volta il cravattino nero.

«Fosse solo quello il problema…Malfoy, senti ma quanto dura questa tortura, più o meno? E, soprattutto, c’è qualcosa di decente da mangiare? Non ho fatto in tempo a passare da Molly prima di venire a questa stupida pagliacciata».

«Vedi di non mangiare troppo, già quella fascia da completo ti sta giusta. Rossa, ma non potevi farlo stare a dieta?» rimbeccò Pansy, scoccando un’occhiata risentita ai coniugi Potter. «Vedi di trattenere la pancia quando ti fanno le foto».

«Sapessi cosa dovresti trattenere tu, Parkinson», rispose Harry in tono seccato. Poi si rivolse ad Hermione. «In qualsiasi momento, dimmelo e ce ne andiamo. Qualsiasi Hermione, non sto scherzando. E in quanto a te, furetto, vedi di non fare cose strane…»

«Tipo, Potter?».

«Tipo inginocchiarti e chiederle di sposarla, con te non so mai cosa potrebbe uscirti da quella testa bacata».

«Harry!» sibilò Hermione, dimenticando per un attimo l’ansia. 

«Hermoini non direbbe mai di sì», commentò Viktor con un ghigno soddisfatto. «Lei non sposa mai uno come te…» il resto della frase però divenne inintelligibile, visto che Draco aveva iniziato a sbraitare. A dire la verità, visto che all’inizio non aveva capito una parola, aveva persino pensato che Ginny l’avesse maledetto.

«No educazione parlare in lingua che tutti altri non comprende, Malfoy. E tuo russo strano accento. Tu parlava meglio quando era piccolo Serpeverde» sorrise Viktor serafico, facendole l’occhiolino. Diversamente a quello che pensavano gli altri, Hermione aveva sempre saputo che aveva un suo senso dell’umorismo tutto particolare. E, ancora più sorprendentemente, lei era sempre stata una delle poche a capirlo.

«Però certo domani sarebbe su tutti i giornali…», borbottò pensierosa Pansy, osservandola con una strana luce negli occhi.

Per fortuna c’era ancora qualcuno che sembrava ragionare: « E io che pensavo che volessi essere ricordata per aver vestito il più giovane Ministro della Magia… non sei finita abbastanza su StregaDuemila?»

«StregaDuemila un Vermicolo! Non mi farebbe schifo neanche la proposta di fidanzamento del secolo… sono certa che finirebbe anche sull’edizione francese… sono sempre stati così affascianti dai Black. Per Salazar Draco, avresti potuto dirmelo, avrei scelto dei gioielli adatti… fammi vedere l’anello, se poi dovesse non intonarsi?»

«Si, Draco, tira fuori l’anello, per favore. Faccelo vedere. Ti prego, dimmi che non è qualche antico cimelio di famiglia maledetto da generazioni», lo stuzzicò Ginny, ignorando lo sguardo torvo di Harry al suo braccio.

«Per Salazar Serpeverde, ma come diavolo faceva Piton? Siete insopportabili. Riuscite a comportarvi bene per un paio d’ore?» sbottò Draco. Poi in tono più basso, rivolgendosi a Hermione. «Tranquilla, non c’è nessun anello».

«Meglio per te che non ci sia.» ribatté lei, osservandogli però sospettosa la tasca del completo da sera. Poi, notando che stava di nuovo serrando la mascella come ogni volta che nominava suo padre, aggiunse. «Però ammetto che mi sarebbe piaciuto avere immortalata per sempre l’espressione dei tuoi. Sono certa che George ci farebbe dei gadget per i Tiri Vispi Weasley che andrebbero a ruba».

Lo vide rilassarsi appena, i muscoli del viso che si rilassavano in un sorriso morbido, le spalle che sembravano finalmente cedere. La guardò con uno dei suoi rasi sorrisi « Oltre che bellissima e intelligente, anche genio degli affari. Riesci a sorprendermi ogni volta, Granger».

Era la seconda volta che le diceva che era bellissima, e se la prima volta aveva pensato che la prendesse in giro, ora aveva imparato a decifrare i suoi piccoli segnali, il modo di tendere le labbra, di sistemarsi i polsini della camicia quando era leggermente a disagio, il modo di spostare velocemente lo sguardo…

«Ti prego, furetto, non farmi vomitare», lagnò Harry, alzando gli occhi al cielo platealmente.

dietro di loro, si sentì’ una risata, così forte che tutti loro sussultarono.

Hermione e Ginny si guardarono, mentre Pansy e Theo sembravano terrorizzati. Era evidente che non avevano mai sentito Luna ridere a quel modo.

E, a essere onesti, era da tanto che anche loro non sentivano più quella risata.

«Oh, sarà una serata bellissima», disse infine Luna, quando ebbe finito di ridere, asciugandosi una lacrima. 

Bellissima?

Hermione alzò gli occhi sul grande portone intarsiato che si stava aprendo docile davanti a loro, girando morbidamente sui cardini e lasciando intravedere un atrio scintillante di decine di centinaia di candele sospese e cristalli fluttuanti che disperdevano la luce morbida e calda.

«Venite, andiamo. E che chiunque abbia mai tenuto a Hogwarts ci faccia arrivare vivi alla fine di questa serata», borbottò Draco, facendole segno di entrare.

Sì, quello era il momento di dimostrare chi era, quello che si era detto all’inizio di quel viaggio. E di raccogliere ogni briciolo di coraggio Grifondoro che avesse mai avuto.



 

Mentre attraversavano il grande ingresso a pianta quadrata, Hermione si guardava intorno sospettosa. SI era aspettata che ci fosse un sacco di gente, a quanto aveva detto Cockey c’era tutto un complesso rituale di saluti ai padroni di casa, in ordine di arrivo e di importanza, insomma quelle classiche cose per cui provava lo stesso interesse di Harry e Ron per la lezione di Storia della Magia. Loro invece si erano smaterializzati in una sorta di anticamera, deserta, così come altrettanto vuota era la sala che stavano attraversando.

«Non avevi detto che era una cosa in grande? Non è che hai sbagliato giorno?» chiese sospettosa, mentre cercava di ignorare la parte del suo cervello che cercava di capire dove fosse quella sala rispetto al punto dove erano in quel momento.

Sanguesporco

Automaticamente si tocco l’avambraccio, coperto dal tulle sottile, dove la cicatrice era interamente ricoperta da un ramo di vite che si aggrovigliava elegante lungo la manica.

«Oh, no il giorno è giusto. Diciamo che abbiamo saltato la parte iniziale», rispose Malfoy con un tono fintamente leggero.

«Non dire idiozie, nell’invito c’era scritto alle ore venti e sono le venti in punto…», rimbrottò Pansy, prendendo in prestito l’orologio da taschino di Theo, prima che le sue parole si trasformassero in un ringhio basso, nell’identico momento in cui un tintinnio cristallino risuonava nove volte nell’aria. «Hai stregato gli orologi? Davvero ci hai fatto arrivare tardi ad una festa di tua madre. Di proposito? ».

«Forse la storia della botta in testa era vera, sai Ginevra?» chiocciò Theo, riprendendosi pigramente, rimettendo l’orologio nella tasca interna del completo blu notte. «Potrebbe essere quella volta in cui si era convinto di poter fare la finta Vronskij ed invece si è schiantato nel parco?».

«Finta Vronskij non per tutti» gongolò Krum soddisfatto, tirandosi il bavero della giacca. «Neanche Harry tanto bravo, lui provato più volte con Ron, ma niente. Io non riesce ad insegnare bene».

«Ehi, guarda che invece io sono stato bravissimo. Non come questo qui che cadeva anche da fermo», si risentì Harry, il quale sembrava assolutamente immune al fatto di trovarsi a casa del suo peggior nemico d’infanzia, la stessa dove aveva rischiato di essere consegnato a Voldemort.

«Disse quello che ha ingoiato il Boccino», fu l’altrettanto ovvia risposta, quasi automatica. Troppo automatica. Hermione si girò a guardarlo: era calmo, fin troppo. Il viso era privo di qualsiasi tensione, lo sguardo grigio aveva perso ogni sfumatura di ironia o rabbia, era come guardare il cielo di una cupa giornata invernale dove nemmeno un timido raggio di sole riusciva a superare la fitta coltre di nuvole scure.

Se lo ricordava quello sguardo, lo stesso che aveva avuto per la maggior parte del sesto anno. Allora aveva fatto finto di non notarlo, di non ammettere neanche a sé stessa, di non accettare di poter riservare a Draco Malfoy più di qualche sguardo infastidito. A quel tempo, a dirla tutta, non avrebbe mai detto che ne fosse capace, eppure ora era chiaro come un Lumos.

Draco stava occludendo.

E, a quanto vedeva era una cosa che sembrava fare spesso.

«Volevo evitarti di dover salutare i miei genitori davanti a tutti. E di posare per i fotografi all’entrata, ormai sono rimasti solo un paio di quelli ufficiali, e quelli non osano muoversi senza avere l’approvazione di mia madre», le disse, ignorando le proteste di Pansy, che blaterava di maleducazione e di comportamento inaccettabile.

«Neanche fosse la tua, di madre!» commentò Ginny, dandole una spinta. «E piantala».

«Magari lo fosse. Ma non spero certo che una manica di poveracci come voi lo capisca» ringhiò la strega di rimando, con un’insolita sfumatura di ansia che non le aveva mai sentito.

«A dire la verità non lo capisco neanche io» si intromise Theo, sbattendo gli occhi azzurri con fare innocente. «A volte credo che tu sia un filo troppo affascinata dalla madre di Draco. Ricordi quando volevi farti bionda e hai finito per perdere tutti i capelli per una settimana e sei dovuta andare in giro con una parrucca?».

«Theodore, non hai un locale da gestire?» ringhiò di rimando Pansy, pizzicandoli forte l’avambraccio.

«Il giorno del Ballo di Natale dei Malfoy? No, oggi la mia presenza sarebbe inutile…» disse svagato, poi si staccò di colpo dall’amica. «E smettila di pizzicarmi con quegli artigli da Chimera!».

Mentre il battibecco continuava ad andare avanti, una strega di mezza età, seguita a ruota da un ragazzo che sembrava aver lasciato Hogwarts da meno di un anno, si affrettò lungo il corridoio, a passi concitati e veloci.

«Finalmente è arrivato! Sa che sua madre non apprezza i ritardi, ha addirittura allungato l’orario dei saluti di ben dieci minuti. Una cosa inaudita, inaudita! » squittì la donna con una vocetta stridula, nonostante tentasse di mantenere un tono basso. « Addirittura voleva rimandare il ballo di apertura, diceva che sarebbe stato meglio aspettarla».

«Una tragedia», sbuffò Harry da dietro, infilandosi il farfallino nella tasca dei pantaloni. «Che dice possiamo passare a quelli finali e andarcene?»

La donna si chinò di lato, osservandolo da dietro dei grandi occhiali bordati d’oro. «Signor Potter, pensavo che la sua conferma fosse uno scherzo».

«Non lo dica a me…».

«Il Signor Krum è il suo accompagnatore ,quindi?» chiese la donna, mentre una lunga pergamena si srotolava davanti a lei. «E la signorina sarebbe?».

«Signora Ofsteld, ci sta facendo perdere tempo. Si levi di torno! », si spazientì Draco.

«Lei è la signorina…» continuò quella imperterrita, fermandosi ora ad osservare Hermione, e continuando a scorrere con la piuma d’aquila sulla lunga lista di nomi. 

«Hermione Granger, ovviamente. É un piacere incontrati finalmente, mia cara. Devi perdonare i modi di mio figlio, gli piace fare la sua entrata teatrale».

Narcissa Malfoy era apparsa accanto a loro, neanche uno schiocco ad annunciare la sua smaterializzazione.

«Quella sei tu, mamma» si limitò a commentare Draco, chinandosi a darle un bacio sulla guancia. Era strano vederlo con sua madre, l’ultima volta che li avevi visti insieme era stata all’udienza di Draco, quando l’aveva intravista abbracciarlo dopo la sentenza. In quel momento si era sentita come se stesse spiando un momento estremamente privato. 

«Non avrei saputo dirlo meglio», approvò la voce di Harry. Poi aggiunse: «Signora Malfoy, per una volta sono più o meno felice di vederla. Almeno questa volta non sono qui per lavoro».

«Anche io sono più o meno felice di vederla, Signor Potter. Anche se avrei gradito che avesse provato a pettinarsi i capelli, almeno per essere all’altezza della sua splendida moglie». Hermione osservò come la donna sembrava riservare uno sguardo per ciascuno, con un sorriso educato che riusciva a non risultare affettato. Evidentemente Andromeda aveva ragione, quella era una commedia provata più e più volte. «Theo, Pansy è un piacere vedervi, quando ho visto Blaise senza di voi ho iniziato a preoccuparmi. E c’è anche Luna, sei uno splendore mia cara, sono lieta che tu non abbia ortaggi che ti pendono dai lobi delle orecchie… no, fermati, cosa abbiamo detto? Non c’è bisogno di abbracciarsi», si affrettò poi ad aggiungere alzando una mano.

«Veramente io volevo abbracciare Peter, sembra così spaventato, poverino» rispose quella, mentre il viso del ragazzo dietro la signora Ostfeld impallidiva al punto da far dubitare che la vita scorresse ancora nelle sue vene.

«Peter non è pagato per farsi abbracciare, sta lavorando», commentò seccamente la Malfoy, lanciando un’occhiata gelida al ragazzo, che, sebbene sembrasse impossibile, sbiancò ancora di più. 

«Blaise è qui?» chiese Pansy, stupita. Hermione si sforzò di non girarsi a guardarla, da quando era sparita trascinandosi via Zabini dopo l’orrenda lezione di qualche sera prima, aveva evitato in ogni modo l’argomento, mettendosi a cianciare di scadenze e angolazioni da preferire ogni volta che aveva provato a chiederle qualcosa.

«Sì, certo, è arrivato tra i primi a dire il vero. Direi che è davvero ora di entrare, tesoro, non vorrai far aspettare ancora i nostri ospiti, sono tutti così ansiosi di fare la conoscenza della Signorina Granger. Sai, non è stato molto elegante farlo uscire prima sui giornali, ma devo ammettere che siete venuti molto bene. Sono certa di non essere stata l’unica sorpresa, vero Hermione?».

Tocchi leggeri di voci, una conversazione del tutto casuale, la mano delicatamente appoggiata sul braccio del figlio, movimenti appena percettibili degli occhi, eppure sentiva il suo sguardo non lasciarla neanche per un minuto. Hermione, che era rimasta in silenzio sino a quel momento, si ritrovò a pensare di aver sempre sottovalutato quella donna.  Era giunto il momento che anche lei pensasse la stessa cosa.

«Mi piace molto il cambio dell’arredamento, Signora Malfoy. Ha giovato molto… all’atmosfera. E anche il cambio degli ospiti», rispose con un sorriso a denti stretti, sostenendone lo sguardo diventato gelido. «Draco, andiamo, non vorrai far aspettare gli ospiti di tua madre».

 

E, pressocché tirandosi dietro un recalcitrante Malfoy, e un ancor più recalcitrante gruppo di Grifondoro, fece il suo ingresso, finalmente, nel grande salone.




 

Dopo la prima ora, in cui era stato un vorticare scomposto di nomi e presentazioni, Hermione iniziò a sentirsi stranamente a suo agio. Ora capiva quando Draco le aveva detto che la cena all’Experimentum era stato il suo banco di prova, i volti che quella sera l’avevano guardata incuriositi e perplessi, ora sembravano quasi famigliari.

Ancora di più dell’abitudine, però, doveva ammettere che era merito di Draco, che non l’aveva lasciata un attimo, riuscendo sempre ad intuire ogni suo momento di difficoltà, inserendosi con naturalezza in una conversazione che iniziava a languire o diventare troppo personale, spostandola con leggerezza su argomenti su cui lei si trovava maggiormente a proprio agio. E, cercando di frenarla ogni volta che stava iniziando a scendere troppo nel dettaglio delle rivolte dei Goblin, il che era piuttosto frustrante. A peggiorare il tutto, c’era la sua mano costantemente poggiata sulla sua vita, poteva sentire le sue lunghe dita bruciare attraverso il corpetto sottile, mentre le muoveva in una sorta di pigra carezza, senza mai perdere un battito nella conversazione.

Dannazione se era bravo, si trovò a pensare, fermandosi ogni tanto ad osservarlo di soppiatto, mentre prendeva un sorso di champagne. Sembrava nato per questo…

Beh, in effetti era proprio così.

Ed era esattamente quello il motivo per cui aveva accettato la sua assurda proposta- si trovò a pensare, ricordando a sé stessa che quello era solo un lavoro, una perfetta messa in scena tra tende di broccato e candelieri in cristallo scintillanti. 

Era per questo che Narcissa Malfoy l’aveva invitata? Per mostrarle quanto fossero diversi i loro mondi, non solo per la magia, ma per lo stile di vita?

Sentiva il suo sguardo seguirla lungo la stanza, anche se dopo averli presentati ad un paio di ospiti era andata a raggiungere il marito, da cui Draco, come promesso, l’aveva sempre mantenuta al largo. Ogni volta che suo padre si avvicinava, riusciva ad allontanarla, come un perfetto passo di danza, passando di un gruppo di ospiti all’altro.

E poi arrivò la doccia gelida, proprio mentre era intenta a spiegare nel dettaglio i dossier di cui si era occupata negli ultimi tre anni insieme a Justin, che, a proposito, era davvero un peccato non fosse riuscito a venire, che neanche registrò la voce della strega accanto al ministro bulgaro, il quale fino a quel momento era stato impegnato a dare grandi pacche sulle spalle di Viktor.

La registrò solo perché la ripeté ad almeno due ottave in più, battendo le mani e pigolando.

«Ma Draco, non ti abbiamo visto ballare stasera. Sono certa che a Blaise non dispiacerà se gli dai il cambio, sai Coraline è così portata per la danza… insieme siete davvero una gioia per gli occhi. Oh, eccoli qui».

Quell’idiota di Madame Beaufort, la stessa faccia arcigna come se avesse appena succhiato un limone e la pettinatura gonfia come se dentro ci vivessero almeno mezza dozzina di gufi, era decisamente intenzionata a non arrendersi all’evidenza. Ed evidentemente non era la sola, visto che come se li avessero richiamati con l’appello, elegantissimi e quasi fluttuanti in mezzo alla folla, Blaise Zabini e quella che sembrava l’incarnazione di tutti gli stereotipi della perfetta purosangue di buona famiglia: alta e slanciata, con dei lucidi capelli dorati e gli occhi azzurri appena truccati, sembrava una copia in miniatura di Narcissa Malfoy. 

Almeno non era mezza Veela come Fleur, pensò Hermione, costringendosi a sorridere, mentre un’assurda e del tutto immotivata, visto che quello continuava a non essere il suo vero fidanzato. Inoltre essere attratti da qualcuno così simile alla propria madre era davvero un segno di squilibrio mentale fin troppo evidente persino per qualcuno con i geni bacati da secoli di matrimoni tra consanguinei.

«Granger, è un piacere incontrarti. Sarebbe stato davvero un peccato se avessi deciso di non venire alla fine», disse Blaise, sfoderando il suo miglior sorriso. 

«Sei in forma per qualcuno con il vaiolo di drago…» commentò Draco sospettoso. Poi si chinò per prendere la mano delicata che la ragazza aveva sollevato leggermente, facendo un lievissimo baciamano. «Coraline, non pensavo saresti venuta appositamente dalla Francia».

Hermione represse l’istinto di tirargli una gomitata, limitandosi a porgerle la mano con fare deciso. «Hermione Granger. Non eri a Hogwarts, vero?»

«Ho studiato a Beauxbâtons, mia madre ci teneva molto che studiassi in Francia, anche se per me è stato davvero difficile dire addio ai miei amici. Con Blaise stavamo giusto ricordando le vacanze in Provenza, ricordi Draco? »

«Ma sì, quando vi siete fidanzati? Eravate così carini!» rimbeccò Blaise con evidente soddisfazione.

«Avevamo sei anni…» 

«Sei anni, ventisei, che differenza fa?» sorrise Blaise, scoprendo i canini in un sorriso deliziato.

«Beh, spero che ci sia, visto che ora è fidanzato con me» rispose Hermione gelida, affondando le unghie nel palmo del suo suddetto fidanzato, che stava cercando inutilmente di trascinarla via. « Volevate ballare, no? Stanno giusto iniziando una nuova canzone. Andiamo, tesoro?».

Fortuna che era bravo ad Occludere, altrimenti lo sguardo sgomento di Draco Malfoy avrebbe mandato all’aria tutti gli sforzi fatti finora.

Sperò di esserlo altrettanto, perché non riusciva a non maledirsi ad ogni passo verso il centro della sala, mentre Zabini la seguiva con quella dannata finta francese al braccio.

«Vedi di portare come si deve », sibilò all’orecchio di Malfoy, mentre si mettevano in posizione.

«Non speravo me lo avresti mai chiesto» commentò lui di rimando con un ghignò, inchinandosi appena. 





 

«Smetti di pensare, rilassati», le sussurrò Malfoy in un orecchio, mentre approfittava del suo stupore per farla girare. «Hai scelto un ballo senza cambio partner, puoi stare tranquilla».

«Io sono tranquilla, ma se non l’hai notato ci stanno guardando tutti», bisbigliò dei di rimando, stringendogli più forte la mano che tenevano sollevata all’altezza del petto.

«Sarà perché siamo molto belli? Devo dare un aumento a Madame Lavorska», rise Malfoy, mentre eseguivano un mezzo giro.

«Spero che Zabini ci stia guardando», rispose invece lei, ritrovando nuovamente l’equilibrio contro il petto di Malfoy. « E soprattutto quella pomposa purosangue».

Lui la guardò, concedendosi un sorriso, il primo segno di emozione che gli vedeva in volto da quando era entrato«Devi restringere il campo, qui sono tutte pompose purosangue. Inclusa mia madre che non ci toglie gli occhi di dosso. Evidentemente vuole vedere se lo farò o meno…».

«Cosa? Farmi inciampare? Non azzardarti».

«No, stupida senza romanticismo. Sta aspettando che ti baci. Il che sarebbe davvero fuori luogo, visto che si tratta di un ballo formale. Anche se poi lei è la prima a non rispettare questa regola», le disse, mentre, incrociavano Pansy e Theo che si erano uniti alle danze.

Il suo cervello si mise in moto, mentre l’idea di essere baciata No, quella sarebbe stata davvero una pessima idea. Non solo perché il giorno dopo voleva finire in prima pagina sulla Gazzetta per le sue parole, non per essersi limonata Malfoy davanti a quelle vecchie carampane.

Secondo, perché non sapeva come avrebbe reagito lei, ora che si era resa conto con sua enorme sorpresa, di trovarlo dannatamente affascinante. Troppo, con il completo scuro e perfettamente a suo agio in quell’ambiente che sembrava fornirgli il palcoscenico ideale.

Si fermarono, perfettamente a tempo con le ultime battute del valzer, elegantemente in sincrono, lo sguardo di Draco fisso su di lei.

Per un attimo il grigio plumbeo dei suoi occhi si ammorbidì, striandosi di un azzurro brillante, mentre lui si chinava in un breve inchino, la mano sinistra ancora stretta sul polso della sua destra.  Poi le sue labbra si piegarono in un sorriso triste, mentre chiudeva lo spazio su di loro. Si chinò appena, poggiando le labbra contro la rosa ricamata che la fine della sua cicatrice, senza smettere di guardarla, con un movimento così fluido che nonostante l’angolazione sembrò totalmente naturale.

Sanguesporco.

La voce sottile di Bellatrix rimbombava nel suo cervello, sovrastando il chiacchiericcio della sala da Ballo, oltre il tintinnio dei grandi lampadari di cristallo, più forte del sospiro disperato di Harry,

Usò ogni fibra di volontà che avesse mai abitato il suo corpo per costringersi a non fuggire, scappare da quella follia.

«Io…. ho caldo… e devo provare il discorso… c’è un posto tranquillo?», riuscì a dire, allontanandosi a passo più composto possibile verso una delle grandi vetrate. Ginny, che era inspiegabilmente riuscita a trascinare Viktor a ballare, le fu subito vicino, ma le fece segno di restare dov’era. 

Draco annui, accompagnandola in silenzio fuori dalla sala.

Una volta in uno dei corridoi laterali fece per dire qualcosa, ma Hermione lo zittì, così come aveva bloccato Ginny,

Doveva farcela da sola questa volta.

Non avrebbe permesso a nessuno di rovinarle il futuro.

Nemmeno al suo passato.




 

L’aria fredda e profumata di abete della sera ebbe l’effetto sperato. Si concentrò solo sul suo respiro, lasciando che il cuore tornasse finalmente ad un ritmo normale, i muscoli del corpo che si rilassavano pian piano.

Bellatrix era morta. Voldemort era morto. Si ripeté, ricordando il corpo esanime dei Lestrange sul piazzale di Hogwarts.

Lei non era più sul pavimento freddo, l’odore del sangue e della paura che impregnava l’aria.

Ora c’era odore di arancia e zucchero, frutti rossi e bollicine.

Lei non era più la ragazzina che fuggiva per salvarsi la vita. Era una giovane donna disposta a fare di tutto pur di raggiungere il suo obiettivo.

Un mondo migliore.

Un mondo davvero migliore.

 

«Signorina Granger, devo farle i miei complimenti. Non pensavo davvero che sarebbe venuta».

Hermione alzò il capo di scatto, mentre la mano si stringeva automaticamente attorno alla bacchetta, nascosta in una tasca stregata del vestito.

«Cosa ci fa lei qui?» chiese dura, scoccando un’occhiata risoluta all’uomo che era appena uscito sul balcone dello studiolo, fermandosi a pochi passi da lei.

«A parte abitarci, intende?» sorrise l’uomo, continuando ad osservare i giardini oltre il balcone di marmo. Poi indicò un punto rosa che correva impazzito:«Forse dovrebbe dire alla sua amica di rientrare, tra poco è il suo grande momento, no?».

«Quindi mi sta dicendo che di tante stanze lei ha deciso di venire proprio qui? Se fossi meno sprovveduta, direi che è una casualità». Non si fidava di quell’uomo, ancora si chiedeva come mai non si trovasse ad Azkaban, anche se la risposta era proprio sotto i suoi occhi.

Lucius Malfoy piegò le labbra in un sorriso amaro, che alla luce morbida delle candele, accentuò ulteriormente la somiglianza con il figlio. «Se fosse meno sprovveduta metterebbe fine a questa pagliacciata».

Hermione si costrinse a rimanere calma. «Immagino quanto possa darle fastidio vedermi con Draco, ma forse avrebbe dovuto pensarci prima di organizzare questa serata. Le posso assicurare che neanche per me è un piacere».

Lui si girò a guardarla, gli occhi metallici che saettavano: «Questa sera? Pensa che il problema sia mio figlio che fa lo sdolcinato pensando di essere furbo?»

«Draco…» iniziò, ma lui la interruppe.

«Draco ha sempre avuto il problema di fissarsi su quello che vuole, o meglio su quello che pensa di volere. Una volta era un drago, un’altra un unicorno, un’altra ancora le scope nuove per la squadra di Quidditch. E io e sua madre abbiamo sempre cercato di accontentarlo, di farlo felice…».

«Chissà come mai è diventato un ragazzino viziato, allora» rimbeccò Hermione dura, squadrandolo con disprezzo. Poi però aggiunse: «Quindi gli avete comprato un drago?».

«Una riserva, a essere esatti. Ma non è questo il punto. Il punto è che ogni volta che ottiene qualcosa, poi dopo poco smette di essere interessato e passa al desiderio successivo» la liquidò Malfoy con un gesto stizzito della mano. «Tranne che con lei. Speravo che questa farsa bastasse…».

Il sangue le si gelò nelle vene. Farsa? Malfoy aveva detto di non aver parlato con nessuno del finto fidanzamento, che i suoi non ne sapessero niente. Erano davvero così incapaci di fingere? Dietro le loro spalle e i finti sorrisi, stavano semplicemente prendola in giro?

Sanguesporco.

«Invece a quanto pare pensa di continuarla a lungo. Se non fosse che è pericolosa per lui, lo lascerei fare, giusto per il gusto di vedere quanto ci mette a capire che non me ne importa assolutamente nulla».

«E allora lo lasci in pace! Non le basta avergli rovinato la vita quando era solo un ragazzino?» ringhiò di rimando.

«La ricordavo più intelligente, signorina Granger. Pensare che Severus diceva che era la studentessa più promettente che avesse mai incontrato…» sospirò Malfoy, continuando a squadrarla con occhi di ghiaccio. Poi la sua voce divenne bassa e pericolosa. «Te lo dirò una volta sola: lascia stare mio figlio. Lascialo libero e finanzierò ogni tuo progetto, ti posso assicurare che qualsiasi cosa mio figlio ti abbia promesso, io posso fartela avere prima e più efficacemente».

«Lasciare libero Draco? Perché non lo fa lei per primo? É tutta la vita che lo fa vivere nella sua ombra… e ora finalmente che ha una vita sua, vuole rimettergli gli artigli addosso, vero? Davvero non trova un altro modo di passare il tempo che torturare suo figlio?».

Lo sguardo di Malfoy tremolò per la prima volta, quando sibilò: «Non sai neanche di cosa stai parlando, ma c’è una cosa che devi farti entrare in quella testa dura: non ci sarà una terza volta in cui qualcuno mi verrà a dire che mio figlio potrebbe non superare la notte. Soprattutto non per colpa tua, dovessi davvero tornare ad Azkaban».

Ma di cosa diavolo stava parlando, quel borioso saccente? Davvero pensava di farle la morale dopo tutto quello che aveva fatto?

«Le posso assicurare che neanche per me la guerra è stata una passeggiata! Le devo ricordare che sua cognata mi ha torturata proprio in questa dannata casa?».

L’uomo la guardò perplesso, poi sospirò massaggiandosi le tempie esasperato, lasciandola spiazzata per quel cambio di atteggiamento. «Evidentemente quello sciocco di Potter non le ha detto niente. E lei davvero non è così intelligente come pensavo», disse tornando nuovamente al “lei”, che evidentemente trovava troppo formale nelle minacce. «Si faccia raccontare di quando l’ha salvato dall’Ardimonio…».

«Nella Sala della Necessità? Guardi che lo so» ribatté piccata, ma l’uomo la interruppe di nuovo con un sorriso.

«Non quella volta, l’altra. Quella in cui lui e il suo amico l’hanno lanciato di proposito per uccidersi» disse piano, tornando a guardare i giardini. «Pensavo l’avesse capito dopo la visita ad Andromeda: perché diavolo crede che abbiamo ristrutturato un’intera ala del San Mungo senza che nessuno lo sapesse? Se mio figlio vuole odiarmi e pensare che ogni suo problema sia colpa mia, mi sta bene. Basta che lo faccia da vivo».

L’aria si riempì di un tintinnio di campanelle, che risuonò in ogni stanza del Maniero.

«É arrivata l’ora del suo grande discorso, Signorina Granger. Spero che non sarà un totale fallimento. L’aspetto giù, non faccia tardi, mia moglie è già abbastanza indispettita», disse l’uomo prima di scomparire, mentre i diversi pezzi nella sua testa si univano, nonostante i suoi tentativi di ripetersi che Malfoy era una viscida serpe che avrebbe mentito su qualsiasi cosa, pur di conservare il proprio potere.

Eppure, tutto quadrava: dallo strano comportamento di Harry, ai commenti che si era lasciata sfuggire Luna, al volto sfigurato di Goyle, la voce preoccupata di Malfoy e quello sguardo pieno di sensi di colpa.

La musica risuonò di nuovo, questa volta in tono più urgente.

Lucius Malfoy aveva ragione, non c’era più tempo.



 

«Avete già avuto modo di incontrare la nostra deliziosa ospite, Hermione Granger. Come se qualcuno di voi potesse davvero non conoscerla».

Risatine educate. Un applauso incoraggiante. Sorrisi trepidanti davanti a lei.

Non c’era davvero dubbi, Draco aveva avuto ragione, sua madre era nata per quello.

«Sono molto grata a Hermione per aver scelto questa serata per dimostrare al mondo quello che possono fare le giovani streghe, con il duro lavoro, l’intraprendenza, il cervello… e perché no, un aspetto decisamente affasciante».

Nuove risate compiacenti. Lo sguardo di Hermione spaziò nella sala, alla ricerca di volti famigliari, l’unica cosa cui riusciva ad aggrapparsi, mentre la sua mente diventava sempre più un buco nero.

Draco la stava usando? Era tutto un trucco di suo padre? Davvero Harry non le aveva detto niente?

Lo vide, appoggiato contro una delle colonne di marmo nero, un bicchiere intoccato di champagne tra le mani. Accanto a lui, Pansy parlava a bassa voce, in maniera concitata, lanciandole occhiate preoccupate.

Si accorse che era rimasta in silenzio, mentre decine e decine di maghi aspettavano che dicesse qualcosa, nel vuoto di parole rimasto dopo l’annuncio di Narcissa.

Solo che le parole non uscivano, per la prima volta in vita sua.

Vide Harry avanzare verso di lei, facendosi largo tra la folla… evidentemente si era preparato a quella eventualità.

Osservò Ginny, che mimava muta l’attacco del discorso che aveva sentito così tante volte da saperlo ormai a memora, poi Zabini che la fissava con un sorrisetto soddisfatto.

Infine tornò a guardare Draco, che aveva poggiato il bicchiere tra le mani di Theo e, come Harry, stava avanzando verso il palco.

E poi vide Luna, che le sorrideva incoraggiante, tenendo tra le mani un piccolo oggetto colorato.

Un calzino. Il suo calzino.

E, come se fosse stata Reinnervata, le parole tornano a fluire nella sua mente.

Peccato che non fossero quelle giuste.

«Conoscevo un elfo, una volta: si chiamava Dobby. É morto, per salvarci. Conoscevo un’Elfa una volta: si chiamava Winky: nonostante avesse fatto di tutto per proteggere i segreti della sua famiglia, è stata accusata di tradimento e gettata via come un calzino vecchio. Era così disperata da aver passato il resto della sua vita ad ubriacarsi, incapace di vedere dove fosse il bene e dove fosse il male. Ho conosciuto tanti elfi che hanno dato la loro vita nella Battaglia di Hogwarts, eppure il loro nome non è mai ricordato da nessuno…».

Sentì la Malfoy irrigidirsi al suo fianco, Harry si era bloccato a metà di un movimento, girandosi a guardare Ginny, probabilmente chiedendole se non fosse impazzita.

E poi c’era Draco, che era ritornato in fondo alla stanza, gli occhi nuovamente uno schermo di metallo fuso, il viso una maschera di cera.

Eppure, nonostante stesse occludendo in maniera perfetta, per lei era chiaro come il sole che si stesse maledendo per averla portato lì.

Ma d’altronde gliel’aveva detto da subito.

Lei non era tipo da venire a patti con nessuno.

Tantomeno con sé stessa.

 

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Capitolo 12
*** Cambiare le carte in tavola ***


“Hermione Granger si candida al Ministero della Magia”

Hermione Granger, eroina di guerra e migliore amica della Speranza dei Maghi, ieri ha nuovamente lanciato uno di quegli scoop che ormai sembrano piacerle tanto.

Dopo anni passati a lavorare nell’Ufficio Creature magiche, finita la sua storia con l’allenatore dei e fidanzato storico Ron Weasley, negli ultimi tempi la vita di questa giovane strega sembra essere diventata una girandola di emozioni.

Prima la scoperta della sua storia con l’erede dei Malfoy, poi la sua nomina volto del Ministero, adesso Hermione Granger sembra essere scesa definitivamente in campo. Dopo aver chiacchierato amabilmente con gli invitati, quasi si sentisse già una novella padrona di casa, ed essersi dedicata all’arte della danza, sorprendendoci tutti, abbandonati i panni del burocrate puntigliosa e sfavillante nel suo abito sartoriale su misura, ieri Hermione Granger ha deciso di scompigliare nuovamente le carte in tavola. Di fronte al più esclusivo raduno della società magica, ha annunciato la sua candidatura ufficiale per le prossime elezioni al Ministero della Magia.

Il rumor girava già da un po’, soprattutto vista la sua sempre maggior esposizione mediatica, ma nessuno, inclusi i padroni di casa, si sarebbe mai aspettato di cosa avrebbe parlato nel suo discorso. I bene informati dicevano che stava lavorando ad un accordo per la rieducazione dei lupi mannari in ruoli di rilievo della società, altri che si sarebbe fatta promotrice di una maggiore integrazione con i Babbani, viste le sue origini.

Niente di questo. Nel gotha dell’alta società e durante l’evento mondano più importante dell’anno, Hermione Granger ha deciso di parlare di Elfi domestici.

Sì, cari lettori, avete capito bene: Elfi Domestici. Qualcosa che ben pochi maghi e streghe frequentano con regolarità, vista la difficoltà di averli, specialmente dopo le restrizioni seguite alla seconda guerra magica. E, non paga di ciò, ha deciso di ricordare due elfi, entrambi legati a dolorosi ricordi.

 


 

«Beh da qualcuno che parla di Elfi come “qualcosa” e non “qualcuno” cosa ti aspettavi? Probabilmente usa una versione poco costosa della penna della Skeeter, visto il basso tenore dell’articolo», ribatté tranquilla Hermione, lasciando cadere con nonchalance la Gazzetta del Profeta sul tavolo della sua sala da pranzo, cosa che sembrò far infuriare Malfoy, visto il modo in cui serrava la mascella

«Cosa mi aspettavo? Mi aspettavo che oggi saresti stata su tutte le prime pagine…», ringhiò.

«Ed è esattamente quello che è successo, no?» replicò lei con tono di sfida, bevendo un sorso di caffè, comodamente seduta sulla sedia, una gamba piegata e l’altra che penzolava giù. « O sei carico come un gufo delle poste solo per divertimento?». 

Malfoy la guardò con lo sguardo che fiammeggiava, finalmente aveva perso quella maschera grigia che aveva sempre messo in sua presenza.  Hermione invece si sentiva leggera come non si sentiva da tempo, forse addirittura come non si era mai sentita. In realtà era sempre stato così per lei: rimuginava mille volte prima di prendere una decisione, valutandone ogni pro e contro, facendo ricerche, documentandosi. Poi c’erano quei momenti in cui lasciava che fosse l’istinto a guidarla. Era successo quando aveva seguito Harry e Ron quella sera lontana in un corridoio buio, era successo quando aveva accettato l’invito di Viktor al Ballo, lo stesso quando aveva stregato la pergamena dell’ES.

Ed era successo nuovamente la sera prima, quando aveva visto il calzino in mano a Luna e si era ricordata quello che in realtà le continuava a rimbombare in testa.

Voglio creare un mondo migliore.

Uno di quelli in cui non avere paura di parlare di quello che voleva.

Non che non capisse l’importanza il discorso di Malfoy e Parkinson, o quello di giocare secondo le regole. Ma era stufa, stufa di dover seguire un percorso che non sentiva più suo. Dopo che persino le persone su cui più contava al mondo l’avevano fatta sentire non all’altezza, l’unica via possibile le era sembrata affidarsi a Malfoy, in fondo era lui quello che era cresciuto tra inganno e sotterfugi... Quante volte si era vantato delle conoscenze politiche di suo padre, anche esagerandole? Quante volte l’essere l’ultimo discendente dei Black, pur non portandone il nome, gli aveva aperto delle porte?

Certo, Malfoy sapeva muoversi in società, lo aveva capito già ai tempi dell’Experimentum, ma era stata la sera del Ballo in cui ne aveva avuto piena coscienza. Lui sembrava fatto per quel mondo, così a suo agio, così pronto a condurla come aveva fatto nelle conversazioni e nel ballo. Così bravo da farla risaltare, visto che persino quelli della Gazzetta se ne erano resi conto.

E, se doveva essere sincera, per un breve periodo era stato bello affidarsi a qualcun altro, concentrarsi solo in quello in cui era davvero brava, limitandosi a seguire le istruzioni per tutto il resto, farsi portare lì dove il suo astro sarebbe brillato maggiormente, un po’ come un cielo buio e senza luce è lo sfondo migliore per guardare le stelle.

Ma lei non era una di quelle stelle, lo sapeva benissimo, nonostante avesse fatto finta di poter essere qualcun altro, non poteva snaturarsi fino a quel punto. Era stato lì, mentre Lucius Malfoy le riversava addosso i suoi fallimenti come uomo e come padre che aveva capito che poteva fidarsi di Draco, o almeno del Draco che aveva conosciuto in quelle settimane, ma non poteva fidarsi del ragazzino che era cresciuto tra quelle stesse mura.

Mentre scendeva nel salone le era sembrato vedere il fantasma passato di Dobby che si muoveva davanti a lei, furtivo e impaurito, mentre le mura risuonavano di discorsi rivoltanti contro quelli come lei. Ad ogni passo le sembrava che le sue gambe divenissero più pesanti, come se il peso dei giudizi di tutta la sua vita le si aggrappasse addosso come Avvincini.

«Sì, ma solo perché sembri un’idiota! Avevamo provato, lo ricordi? Ti ricordi tutte le ore spese a fare ricerche, a prendere appunti, a sentirti provare quel dannato discorso? Lo sapevo a memoria io, lo sapeva Weasley, lo sapeva Pansy, lo sapeva pure il mio cazzo di divano! I dannati lupi mannari! Cos’è hai avuto un’amnesia? O ti sei solo voluta divertire?». Malfoy sembrava davvero fuori di sé, svanita persino la solita traccia lagnosa nella voce, la fissava, camminando nervosamente avanti e indietro per il suo salotto.

«Divertita? E quando mi sarei divertita? Quando ho dovuto sentire gli insulti di una vecchia acida, secondo cui sono solo una causa persa?», chiese, incrociando le braccia e alzando il mento in segno di sfida.

«Sei sopravvissuta a Piton, vuoi farmi credere che Madame Lavorska ti ha sconvolto? É la migliore, pensavo che avresti potuto per una volta mettere da parte il tuo dannato orgoglio da Grifondoro testardo», sbuffò, alzando gli occhi al cielo.  Poi vuoi forse dire che non è merito suo se hai imparato finalmente a muoverti come se non fossi un Troll di montagna?».

«O forse mi sono divertita quando mi avete trattato come una bambola da vestire e truccare?» incalzò di nuovo, ben consapevole di farlo solo per irritarlo ulteriormente.

«Certo, ora vuoi farmi credere che ti abbiamo torturata… Davvero, Granger? Guarda che con me non funziona quella storia del mi avete snaturato, io stavo così bene nel mio stupido ufficio, con i miei stupidi maglioni informi e i miei stupidi rapporti di cui non interessa niente a nessuno!» ringhiò di rimando. «Tu lì dentro eri l’equivalente di una pozione di Longbottom!». 

«Dirmi in continuazione che vesto come un Elfo domestico secondo te è una cosa carina?» chiese, cauta.

Nonostante avesse sempre dimostrato insofferenza, non poteva negare, almeno a sé stessa, che guardarsi allo specchio e vedersi così trasformata non le era affatto spiaciuto. Aveva apprezzato i commenti lusinghieri, specialmente quando provenivano da altre streghe al Ministero, e persino l’occhiata invidiosa che molti le avevano rivolto quando era entrata.

Guardandosi riflessa allo specchio si era vista sorridere, fin troppo a suo agio in quella situazione. Dove finiva lei e dove iniziava la finzione messa su da Malfoy?

«Ma a te piacciono gli elfi domestici! Stiamo litigando per questo!» si esasperò il mago, questa volta guardandola come se davvero fosse uscita di testa.

«Non stiamo litigando, tu ti sei presentato qui a casa mia brandendo la Gazzetta del Profeta come fosse l’ultimo editto della Umbridge…» puntualizzò, cercando di intravedere la sua reale reazione. « Ricordi vero, il quinto anno… tu, Parkinson, Crabbe, Goyle…». 

A quel nome, un’ombra calò sul viso di Malfoy, appena un attimo, poi riprese l’espressione furiosa di poco prima.

«Cresci un po’ Granger! Mi hai anche lasciato qui fuori come un idiota a bussare alla porta, con la tua vicina impicciona che mi spiava da dietro la porta! Dì un po’ perché per Merlino sei finita in questo posto sperduto? Tu non sei una Babbana! Vuoi che ti compri una casa in un posto degno?».

.Cambiava discorso,come sempre quando si toccava qualche argomento scottant,ma questa volta lei non era disposta a seguire il suo gioco: .«Ti sei fatto passare per quella testa dura che vivo qui perché io voglio vivere qui? Con le mie cose, i miei libri…E poi io sono una Natababbana, come ben sai. Come l’ultima volta che ero stata a casa tua è stato ben chiarito». 

Le dita di Malfoy si mossero istintivamente attorno al suo anello.

«Te l’ho chiesto milioni di volte se ti sentissi pronta. Anche prima di entrare. E tu hai detto sempre di sì…», disse fissando un punto dietro di lei. «Avrei dovuto sapere che stavi mentendo». 

Già, era vero. Glielo aveva chiesto tante, troppe volte, al punto che era stato impossibile rispondergli di no. Ed era proprio quello il problema, le sembrava di essere tornata al punto di partenza, seduta nel caffè a decidere se accettare o meno la proposta di Malfoy.

É un Malfoy- Pro

É Malfoy- Contro

Ne era così certa, granitica nelle sue convinzioni. E poi le cose erano cambiate, si erano mescolate in maniera imprevedibile, come una pozione non bilanciata. E ad un certo punto, tra una ricerca e l’altra, tra un caffè bollente e un fish and chips unto, le cose si erano invertite. Lo aveva capito mentre guardava la sala e le parole non volevano formarsi nella sua gola.

Lei non sarebbe mai stata una di loro, non poteva seguire quello che loro pensavano.

Anche se avrebbe significato spezzare quel legame che pensava di aver creato. Forse Lucius aveva avuto ragione, era solo l’ennesimo passatempo di un ragazzino troppo viziato.

«Non è forse quello che mi hai sempre rimproverato? Di non saper dire di no?». 

«Sono certo che queste parole non siano mai uscite dalla mia bocca, Granger. Merlino, tu non fai altro che dirmi di no, da quando abbiamo undici anni! Credimi quando hai detto sì alla mia proposta ho pensato di avere delle allucinazioni uditive!» la accusò, rimettendo il broncio davvero come un ragazzino, poi storse la bocca in un ghigno amaro. «Dì un po’: non sei stata tu a chiedere il mio aiuto?».

«Ero stanca, e forse anche un pochino ubriaca», concesse lei.

«No, eri consapevole di stare sprecando la tua vita. E sbaglio o avevamo parlato del motivo per cui avresti dovuto accettare, Merlino non voglia, di farti seguire da qualcuno più esperto di te?».

«E farmi insultare su una crema idratante?».

«Oh, andiamo, quello è il modo di Pansy di dirti che si prende cura di te. Davvero questo è il motivo per cui hai deciso di puntare i piedi come una bambina?»sgranò gli occhi, sbuffando.

«Guarda che quello che sta strepitando come se gli avessero tolto il giocattolo preferito sei tu, non io!» ringhiò di rimando.

«E sbaglio o ti avevo promesso che avresti lasciato quel buco depresso? Dopo pochi mesi sei passata da essere quella chiamata solo per fare una foto con l’ospite di turno a Portavoce e responsabile delle Rapporti con le Creature Magiche. C’era pure il cazzo di Ministro delle Creature Selvagge della Riserva Nera, avevo già il progetto pronto, potevamo approfittare anche di Krum, pronto lì a metterci la faccia», lagnò di nuovo.

«E chi ti vieta di finanziartelo da solo, scusa?» chiese annoiata. «E poi cosa c’entra Viktor?». 

«Perché non me ne frega niente dei Lupi Mannari, che dici? E poi Krum è famoso e ha una barba incolta che potrebbe passare per uno che si è perso nelle foreste della Transilvania, era perfetto. Almeno sarebbe servito a qualcosa», rimbrottò.

«Allora vuol dire che domani contatteremo Alimov e proporremo un Memorandum di Intesa, facendolo passare dal Ministero. Non voglio che le cose si rimandino, il progetto di rieducazione è importante.

«Ah, ora è importante? Ieri sera invece evidentemente no… dì la verità, qualcuno ti ha colpito con un incantesimo? Merlino, a chi possiamo chiedere? Andromeda magari? Forse lei è in grado di capire se hai i segni di una maledizione addosso… eppure sembravi così normale. Deve essere stato Potter, sicuro. Chi altri…» iniziò a borbottare da solo, camminando avanti e indietro di fronte alla sua finestra, mentre Grattastinchi dal bordo del divano iniziava a guardarlo perplesso.

«Non sono stata maledetta, Malfoy. E, credimi, non sarebbe stato di certo Harry».

«Quindi è stata una tua libera scelta, ancora peggio. Hai umiliato me e la mia famiglia, pubblicamente. Credi davvero che ne avessimo bisogno dopo la guerra. Credi che io ne avessi bisogno? Dannazione Granger è rimasta fuori dai riflettori per anni, non mi sono mai fatto vedere, ho cercato di rimediare ai miei errori ogni singolo dannato giorno… e poi vieni tu a parlare di quel dannato Elfo domestico…».

«Dobby, si chiamava Dobby Malfoy! Puoi usare il suo nome per una volta? Ci sei cresciuto insieme! Al secondo anno ha rischiato tutto pur di salvarci dal mostro che tuo padre ha permesso che venisse liberato, usando Ginny, la stessa ragazza con cui hai scherzato amabilmente tutta la serata, venisse posseduta da quello schifoso essere!».

Malfoy si avvicinò con gli occhi grigi come la tempesta. «Possibile che tu sia così stupida, Granger? Visto che hai tanta voglia di tornare per l’ennesima volta sulla questione secondo anno: Dì un po’, ti sei mai chiesta come mai hai trovato una pagina su un Basilisco proprio nella sacca dei libri di Diagon Alley? La stessa pagina che ti hanno trovata in mano quando sei stata pietrificata. O almeno questo è quello che si dice… la avevi o no quel pezzo di carta? Non mi sembri tipo da strappare i libri, sbaglio?».

Hermione si sentì gelare il sangue nelle vene, mentre nuovamente avvertiva quella spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Ogni volta che pensava di averlo capito, di averlo incasellato, di aver finalmente compreso il suo gioco, lui sparigliava nuovamente le carte. D’altronde a Hogwarts le notizie viaggiavano veloci, probabile che qualcuno ne avesse parlato anche a Serpeverde.

«E perché lo avresti fatto?».

Malfoy si passò una mano tra i capelli biondissimi, scarmigliandoli, poi aggiunse amaro: «Non so perché a mio padre sia venuto in mente proprio quell’anno di tirare fuori quel libro, ma lo teneva come una reliquia. Chissà, forse è stato perché non sono riuscito a farmi amico Potter… e allora ha pensato bene che dovesse prendere in mano lui la cosa: riaprire la Camera dei Segreti proprio quando Harry Potter era a Hogwarts, riuscire a far accusare uno dei Weasley, distruggere la reputazione di Silente… oh sì, deve essere stato davvero molto fiero della sua bella pensata. Dovevi sentire come si vantava con Nott di aver trovato il modo di fregare il vecchio pazzo…».

«Quindi hai sempre saputo che fosse un Basilisco?».

«Non ci voleva tanto. E, al contrario di voi, io avevo già parlato con Elizabeth e avevo capito cosa fosse stato ad ucciderla. Davvero, Granger, come hai potuto metterci tanto a capirlo? Era evidente!». 

 «Ah, scusa se non abbiamo pensato ad un mostro che si presupponeva estinto da secoli! Invece di questi sotterfugi, non potevi dire a Dobby di dircelo e risparmiare tempo? Era il tuo elfo domestico, ti avrebbe ascoltato! Senza contare che tu stesso hai detto di non avere idea di chi avesse aperto la Camera dei Segreti! Per Elizabeth, intendi Mirtilla Malcontenta? Davvero ci hai parlato?».
«E secondo te cosa diavolo ne sapevo io che quello aveva deciso di tradire la mia famiglia per salvare Harry Potter. Come se non avesse già mezzo mondo magico a fargli da balia…» , sibilò. Poi ebbe un guizzo di perplessità nello sguardo: « Scusa, cosa diavolo ne sai tu di quello che dicevo o non dicevo io?».

«Me l’hanno detto Harry e Ron».

«Ah, allora…».

«Quando tu pensavi che fossero Tiger e Goyle…ricordi? Eri rimasto a Hogwarts per le vacanze invernali e io, Harry e Ron eravamo conviti che tu sapessi chi fosse l’erede di Salazar Serpeverde…» , iniziò con pazienza la strega, continuando a dondolarsi sulla sedia, il caffè ormai finito. « E tu hai detto che non ne sapevi niente, ma che tuo padre aveva detto che l’ultima volta c’era stato un morto e un espulso…».

«Granger, a dodici anni neanche bevevo, me lo ricorderei se avessi parlato con Potter e Weasley di una cosa del genere. Sul serio, credo che dovremmo andare al San Mungo… è evidente che non stai bene». 

«Infatti tu pensavi che fossero Tiger e Goyle, invece erano Harry e Ron sotto Polisucco. Ovviamente l’avevo preparata io», spiegò, evitando accuratamente di rivelare dove fosse lei, durante quella serata.

Di nuovo Malfoy apri e chiuse la bocca senza dire niente, poi mugugno qualcosa del tipo Io lo sapevo che non sapeva leggere, prima di riacquistare un’espressione neutra quando chiese.

«E tu? Di chi avevi preso le sembianze? Ti prego non dirmi Pansy…».

Hermione lo guardò con il mento alzato e un’espressione saccente. Piuttosto che ammettere che aveva scambiato il pelo di gatto per una un capello della Bulstrode, avrebbe persino detto di aver deciso di parlare degli elfi domestici prima della sera del ballo.

«No, Malfoy, non ho preso le sembianze di nessuno dei tuoi compagni Serpeverde. Cosa c’è sei preoccupato che Pansy si possa arrabbiare perché avevo preso le sembianze del suo prezioso corpo da Purosangue?» chiese, infastidita.  Già il fatto che Malfoy fosse lì da quasi mezz’ora a camminare avanti e indietro nel suo salone l’infastidiva, ma era disposto a tollerarlo. Una crisi di nervi per interposta persona, però, era troppo anche per la sua rinnovata pazienza

«Perché ti interessa tanto?». 

Lui si fermò di nuovo, tirandosi i polsini della camicia, poi borbottò «Perché me la ricordo quella sera, visto che ho dato il mio primo bacio. A Pansy… quindi vorrei sapere se era lei o non eri invece tu, ne ho diritto, non credi?».

Hermione cercò di ignorare la fitta di fastidio che le aveva stretto lo stomaco. No, quando aveva pensato di poter provare qualcosa pe Malfoy doveva essere evidentemente confusa. E, anche se così fosse stato, ormai era certa che non potesse esserci nulla se non qualcosa di finto. Pratico, regolamentato e di finzione, ecco tutto quello che si sarebbe mai potuta aspettare da Malfoy sotto quel punto di vista.

«No, io non c’ero, puoi stare tranquilla. Quella sera non mi sono neanche avvicinata ai sotterranei, parola mia», ammise, non riuscendo a capire se il muscolo della mascella di Malfoy che si era improvvisamente rilassato fossero per delusione o per sollievo. Si alzò lentamente, chiudendo con calma lo spazio tra di loro, poco i si fermò a pochi passi da Malfoy, fino a posargli una mano sull’avambraccio.

«Draco» , disse calma, mentre le sue dita per un attimo smisero di muoversi. «Ho fatto quello che ritenevo giusto: io sono quello che sono, non posso cambiarlo. Sono così stanca di sentirmi inadatta… chi vorrebbe un Ministro della Magia così insicuro? Sembra che tutti pensino di potermi dare ordini: tu, Pansy, Blaise, tuo padre…». 

La faccia di pietra di Malfoy sembrò rompersi in mille pezzi, ora la guardava non più scocciato o irritato, ma con un’espressione di profondo stupore». 

«Cosa?».

«Ma sì, lo so che nella tua mente bacata pensi che sia quello di cui ho bisogno. Tu che prepari accordi di cui non so nulla da far firmare, tua madre che decide di usare un evento mondano per farmi presentare la candidatura, Pansy che si scervella sull’esatta sfumatura da usare… riconosco che possano essere d’aiuto, ma io devo essere me stessa, ti voglio far leggere una cosa…». 

«No, lascia perdere le lettere e stupidaggini varie: Blaise e Lucius. Cosa c’entrano?» la interruppe brusco, proprio mentre lei stava richiamando con l’Accio la lettera di Eloise che teneva accanto alla foto dell’Esercito di Silente, all’ingresso, l’ultima cosa che guardava prima di uscire e la prima quando rientrava.

«Diciamo che entrambi hanno tenuto a chiarire che non sono dei nostri fan, mettiamola così. Ma se pensano che basti così poco a convincermi… Ah, e di a Blaise che se si permette di interrompere un’altra volta una mia lezione, incontro o persino pausa caffè non basterà Pansy a salvarlo…».

«Vaiolo di drago un cazzo…ecco perché era guarito così miracolosamente», ringhiò Malfoy serrando la mascella. «Non ne sapevo niente, Granger, mi spiace. So’ che non sembra, ma Blaise non è cattivo…». 

«Cattivo no, stronzo presuntuoso sicuramente sì», concluse lei, tranquillamente.

«E Lucius? Mia madre aveva promesso di tenertelo lontano, avevamo un patto io e lei. L’ho perso di vista cinque minuti, non è possibile…».

«Un grandissimo stronzo presuntuoso. E a quanto pare è convinto che io sia solo l’ennesimo giochino di cui ti stancherai presto. Ovviamente si è offerto di pagarmi bene per togliere il disturbo, è convinto di avere ancora molta influenza al Ministero, il che non so se mi disturba più pensare che sia una sua fantasia o la realtà».

«E tu gli hai creduto?».

«Alla storia della Riserva dei Draghi perché volevi un drago? No, a dire il vero mi è sembrata esagerata persino per voi».

«Granger…», sospirò Malfoy, allargando le braccia in segno di resa.

La strega scosse la testa, allontanandosi da lui, fino a poggiarsi alla consolle al lato opposto della stanza. « Non lo so. Tuo padre ha detto una cosa che spiegherebbe molto di quello che non capisco, in primis il tuo strano rapporto con Harry …».

La faccia di Malfoy divenne di pietra, mentre gli occhi diventavano plumbei. Stava di nuovo occludendo, ormai le era chiaro come il sole. Così come era chiaro che Lucius non aveva mentito. Ormai doveva saperlo, doveva capire. Prese un respiro e poi chiese, tutto di un fiato: «É vero che hai tentato di ucciderti con l’Ardimonio? É per questo che Goyle è… che lui è…», deglutì cercando le parole, mentre lo sguardo vuoto di Vincent si sovrapponeva a quello duro come l’acciaio di quello del mago davanti a lei.  « Non sei semplicemente sparito per qualche mese dopo il processo vero? Eri al San Mungo…».

Le labbra di Malfoy presero una piega sarcastica. «É questo che ti ha detto Lucius? Che non sono stato neanche in grado di uccidermi? Che ancora una volta per colpa di Potter le cose sono andate male?». 

No, non era quello. Nonostante odiasse profondamente quell’uomo, aveva notato una nota disperata nelle sue minacce, quella di un uomo che ha paura davvero di perdere tutto.

«Perché lo hai fatto? Eri libero, potevi tornare a casa, vivere la tua vita…». 

«Libero? Io non sono mai stato libero: non sono stato libero di crescere senza che mi venisse detto ogni giorno che i Babbani fossero solo feccia, non sono stato libero di accettare di provare qualcosa di diverso dall’odio, non sono stato libero di rifiutare l’ordine del Signore Oscuro, non sono stato libero di fare altro di diventare quello che tutti si aspettavano che diventassi: la copia di mio padre.  E non importa quanto ci provi, non riesco mai a staccarmi dalla sua ombra», gridò esasperato. Poi sospirò, passandomi nuovamente le mani tra i capelli. « Scusami, non volevo gridare, è che Lucius riesce a mandarmi ai pazzi.  So che pensi che non puoi fidarti di me, ma non sei un gioco». 

«E cosa sono, Draco?»  chiese piano, ripensando a quello che le aveva appena detto, allo stemma da prefetto, a quell’assurda rivelazione sul foglietto sul Basilisco. «Un modo di fare ammenda?».

«Sei così stupida, a volte», si limitò a commentare Malfoy con tono esasperato. « Sei lavoro, va bene, così? Sei contenta?».

Ogni volta, ogni dannata volta che pensava di riuscire a penetrare quella corazza di indifferenza, ogni volta che riusciva a sbirciare in quella testa dura, ogni singola, dannatissima, volta, lui la respingeva indietro come con un Expelliarmus dell’anima. E ogni volta lei sentiva nuovamente pulsare quella vena sulla fronte che preannunciava l’intenso desiderio di tirare fuori la bacchetta per togliergli quel ghigno dalla faccia.

«Se sono lavoro, allora non avrai problemi a fare l’intervista», tubò, mentre con un movimento del polso la finestra dietro Malfoy si apriva, lasciando entrare un grosso gufo reale, che le volò incontro, sino a lasciarle cadere una lettera tra le mani, prima di sistemarsi sul punto più alto della libreria, scambiandosi uno sguardo d’odio, ricambiato, con Grattastinchi.

«Quello è il gufo di mia madre, non aprirla!» le disse Malfoy, inutilmente, visto che aveva già tirato fuori il cartoncino. C’erano talmente tanti incantesimi difensivi in quella casa che se ci fosse stata anche solo mezza maledizione, la lettera avrebbe preso fuoco da sola.

Hermione ghignò sollevando il biglietto e porgendoglielo a Draco: la calligrafia chiara ed elegante della madre, perfetta anche se evidentemente le era costata non poca fatica scrivere quelle poche parole, sanciva in maniera inequivocabile che, ancora una volta, aveva avuto ragione.

«Mi sembra una cifra ragguardevole per qualcuna che secondo te ha sbagliato tutto, non credi? E sotto c’è quella dei tuoi, hanno detto che avrebbero raddoppiato l’importo raccolto. E se giri il foglio, che ti assicuro non ti morderà nonostante sembri star tenendo in mano il Libro Mostro dei Mostri, vedrai che c’è una lista piuttosto lunga di sostenitori. Che dici, è stato un fiasco così grande?». 

Malfoy sospirò, porgendole di nuovo il biglietto. « Complimenti, Granger, hai dimostrato ai miei che sono un idiota, per l’ennesima volta». 

«O forse gli ho solo dimostrato che lo sono loro. Quindi cosa vuoi fare? Vuoi continuare a lavorare con me? Sai, non l’avrei mai detto, ma siamo un’ottima squadra».

«Fare squadra significherebbe prendere le decisioni in due, tu vuoi solo fare di testa tua».

Hermione scosse con decisione il capo, stringendosi nel morbido cardigan color panna. «No, voglio solo che ascolti anche quello che ho da dire io. Possiamo fare grandi cose insieme, grandi cose. E visto che sono solo lavoro, diciamo che sarò il tuo miglior lavoro di sempre. É questo che vuoi, no? Essere libero».

Malfoy si sistemò la giacca, continuando a fissare un punto alle sue spalle. «Io non sarò mai libero, Granger. Adesso, scusami ma devo andare a sistemare un po’ di questioni rimaste in sospeso. Puoi aprirmi il camino, vorrei evitare di uscire nuovamente e camminare sino al punto di apparizione, avrei una certa fretta».

Hermione annuì facendogli segno verso il camino, poi prima di lanciare la polvere, Malfoy chiese, senza guardarla. «Hai parlato di un’intervista, con chi?».

Era forse il segno definitivo della resa?

«Rita Skeeter», disse svelta, poi, prima che potesse replicare, aggiunse. «Dì a Pansy che mi dispiace, spero che capisca che non l’ho fatto per danneggiarla. Continuo pensare che sia assolutamente impossibile come persona, ma ha del talento».

Lui sembrò rilassarsi un attimo, poi si girò a guardarla nuovamente con un ghigno: «Potrai dirglielo di persona. Hai detto collaborazione, no?».

Poi con un lampo di luce verde sparì, lasciando Hermione con la spiacevole sensazione di essere finita dalla padella alla brace, e, questa volta, era stata tutta colpa sua.

 

 

 


 

Scusa il ritardo, ma ho riflettuto molto dopo le osservazioni che mi sono state fatte nell’ultimo capitolo. Mi sono resa conto che stava uscendo fuori un’Hermione totalmente diversa da quella che avevo in mente, e, grazie alle persone che me l’hanno fatto notare e che mi hanno aiutato a capire dove potesse essere l’intoppo, credo che uno dei problemi sia stato l’aver tagliato tanto nei precedenti capitoli per non appesantire troppo la lettura. Ha deciso quindi di riscrivere il capitolo, ma anche in questo caso non ne ero convinto al cento per cento, questo che ne è uscito è quindi un mix tra la prima versione e l’ultima revisione.

Ci sono degli elementi da cui non posso prescindere, perché la conclusione della storia per come l’ho immaginata perderebbe di senso, quindi mi sono presa un intero capitolo per chiarire meglio il punto di Hermione e quello di Draco. Spero che ti sia piaciuto.

Ovviamente la storia del foglio messo da Draco in mano a Hermione è una delle teorie che si trovano sui libri ( derivante dal film e non dal libro), altamente implausibile ma affascinante per ogni Dramione lover.

Alla prossima (sempre intorno al quindici febbraio).

Un abbraccio e grazie per la pazienza.

Ps. Se sei tra le persone che mi hanno fatto notare il problema nei capitoli precedenti, spero che questa soluzione che ho trovato ti sia piaciuta, se ti va fammi sapere cosa ne pensi. Se ti sono sembrata scortese (perché rileggendo le risposte mi sono resa conto di essere stata molto diretta) ti prego di scusarmi: la mia non voleva essere una risposta seccata, ma volevo davvero capire dove fosse il problema. Qualunque sia la tua opinione in merito a questa storia arrivata a questo punto, grazie di aver speso del tempo per farmi notare quello che non andava.

 

 

                                                                                                                                                     

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Capitolo 13
*** Team Granger ***


«Ieri mi hai fatto perdere dieci Galeoni, il minimo che mi devi è un muffin al doppio cioccolato e crema di vaniglia», la salutò Harry appena la vide davanti alla caffetteria.

«Devi smetterla di scommettere con Ginny, l’unico che può tenerle testa è George, non di certo tu», sospirò Hermione scuotendo la testa, entrando nel locale. «Per curiosità, su cosa hai scommesso? Sul fatto che non mi sarei presentata ieri sera?» 

«No», rispose l’amico tranquillo, facendo un segno al proprietario del locale mentre si accomodavano al solito tavolino accanto alla vetrata.

«Che sarei caduta durante il Ballo?».

Harry rise: «No, anche se devo dire che sarebbe stato divertente. Certo, lo sarebbe stato di più se fosse stato Malfoy a inciampare sui suoi stessi passi, ma non ci speravo troppo.» 

«Che avrei dato di matto appena incontrata Narcissa Malfoy?»  incalzò Hermione.

«Beh, devo dire che quando le hai detto che l’arredamento era molto migliorato, ho faticato molto a non riderle in faccia. Anche perché per la compagnia, quasi quasi preferivo i Ghermidori a quei parrucconi imbalsamati che ancora mi chiamano il Bambino Sopravvissuto. E no, non fare battute sull’Anziano- dentro- Sopravvissuto, George ha già fatto anche le spillette per il mio compleanno, se ti ricordi» .

Hermione sentì il famigliare brivido di gelo che le tagliava il fiato ogni volta che per qualche motivo la sua mente si ritrovava a rivivere il momento della loro cattura Le sembrava di respirare di nuovo l’aria pesante di quella sala, un mix carico che si appiccicava nelle narici, intasandole del sentero dolciastro dei fiori lasciati troppo a lungo nell’acqua in stanze che da troppo tempo non vedevano la luce del sole. E poi, d’improvviso, oltre il sentore acre della paura, era arrivato il  profumo intenso di Bellatrix, così penetrante e avvolgente. Gli occhi folli, la pelle ancora grigia da anni passati ad Azkaban, ma la stretta salda attorno al suo polso, mentre pronunciava quella parola Sangue Sporco…

«Tieni, questo ti metterà al mondo» , il tocco gentile di Harry sulla sua mano la riportò alla realtà, all’odore rassicurante di caffè tostato, vaniglia e zucchero che riempiva il locale. Davanti a lei, una fetta di torta al cioccolato e crema di caffè, la sua preferita. Harry la guardava tranquillo, spruzzando il suo cappuccino con doppio caramello con un’ulteriore dose di noce moscata.  «Tu ci pensi mai?». 

«A Malfoy che cade di fronte a decine e decine di persone? Spesso, anche se nei miei sogni è anche trasformato in un furetto che corre impazzito per la sala», rispose distratto, sbattendo una bustina di zucchero prima di aprirla.

«Harry», sospirò alzando gli occhi. Anche dopo tanti anni non riusciva sempre a capire se facesse finta di non capire o se gli insulti di Piton fossero forse in qualche modo giustificati. «Pensi mai all’anno che abbiamo passato in fuga? A quando ci hanno catturato, a…».

«Te che urli mentre Bellatrix ti tortura?» , Harry continuava a guardare la sua tazza, ma la sua voce inizialmente atona, si incrinò. «Certo, ogni volta che qualcuno tira fuori la storia del Prescelto. Però non ho più incubi sai? Da quando è nato James mi sembra finalmente di essermi perdonato… e speravo che la tua storia con Malfoy significasse che lo avessi fatto anche tu» .

Perdonarsi. Nessuno capiva quella parte, per il mondo lei, Ron, Harry erano solo i simboli di una vittoria, ragazzini che si erano trasformati dagli Indesiderabili a eroi di guerra. Ma la verità è che loro, incluso Ron, anche se non parlava con lui da tempo, portavano anche il peso di quello che non erano riusciti a fare, delle morti che non erano riusciti a evitare, degli sbagli e leggerezze che avevano commesso. Certo, il risultato era stato la pace, ma nessuno di loro riusciva davvero a superare il prezzo.

«E’ difficile chiudere con il passato» , concesse Hermione, poi, portando alla bocca un pezzo di torta, aggiunse. «Specialmente quando i tuoi stessi amici ti mentono. Perché non mi hai detto di Goyle? E di… Dannazione! Era il maniero dei Lestrange, vero? Non gli avete dato fuoco voi! Mi hai mentito!». 

Harry tamburellò con le dita sul tavolo, pensieroso. «Era passato poco dal processo, Mione. Se avessimo rivelato del tentativo di suicidio, l’opinione pubblica lo avrebbe massacrato e io non potevo avere anche lui sulla coscienza. Li avevamo trovati durante un giro di ronda, avevamo notato alcuni segni recenti di magia oscura, quei due cretini ci erano andati spesso per prepararsi. Fortuna che io e Ron siamo arrivati in tempo, non ce l’avrei fatta a portare il corpo del figlio alla donna che mi aveva salvato. Del tutto in maniera interessata,ovvio, ma la verità è che se Narcissa Malfoy non avesse mentito sulla mia morte nella foresta, io e te ora non saremmo qui. E neanche uno di questi Babbani…» disse, guardandosi intorno meditabondo.

«Quindi Ron non mi ha detto niente. Tu non mi hai detto niente… cosa dovrei pensare?», sibilò, trattenendosi dall’aggiungere Malfoy a quell’elenco. «Cos’è, pensavate che non fossi in grado di mantenere il segreto? »  incalzò. «E’ questo che gli dicevi a Halloween?» .

«Gli ho detto di non azzardarsi a fare cazzate, perché altrimenti ce lo avrei ficcato io a calci in culo dentro un Ardimonio!» rispose esasperato. poi in tono più basso, aggiunse: «E, onestamente, sono preoccupato anche per la sua salute mentale, una rottura con te lo riporterebbe di nuovo al punto di partenza. Devo dire che quando Luna me l’ha detto ho faticato a crederci, ma dopo avervi visto è davvero evidente, mi chiedo come ho fatto a non rendermene conto prima. Beh, il fatto che il dannato furetto fosse impegnato a tormentarci e a insultarti, senza contare le attività extrascolastiche a dir poco discutibili… Tra l’altro ora immagino che saprai perché aveva voti così alti a Pozioni, oltre a essere un Serpeverde, intendo?». 

«Studiava forse? Più di te e Ron sicuramente», rispose di getto Hermione, mordendosi la lingua. Da quando, da quale recondito anfratto della sua mente era venuta quella difesa spassionata di Malfoy? Che si stesse calando fin troppo nella parte di fidanzata? «Concentrati, stai divagando, si può sapere di cosa stai blaterando?» .

Harry la guardò sbattendo gli occhi verdi dietro gli occhiali, ora solo leggermente meno tondi rispetto al solito. «Piton era il suo padrino! E lo sai chi me l’ha detto?» .

«Peeves?»  sbuffò, di fronte a quell’assurdità di quell’affermazione.

Harry scosse con risolutezza la testa, gongolando soddisfatto. «Sua madre, prima di tirare fuori un’assurda storia sul fatto che il furetto fosse fin troppo simile a Piton. Beh, non a livello di ricchezza, sicuro, ho visto casa di Piton e non si può dire che navigasse nell’oro. O di status, visto che suo padre era Babbano e vista la somiglianza con Lucius mi porta a escludere che sia figlio del vicino… come se poi li avessero i vicini. Il che mi porta a eliminare l’altro motivo di somiglianza tra il furetto e Piton, ovvero la cura dei capelli. Dì la verità, quanti shampoo ha?» 

«Harry…»  ringhiò Hermione. «Sei esasperante, più di James, Dominique e Teddy messi insieme» .

«Scusa, è che ci sono talmente tante cose che mi irritano di Malfoy… e poi tutta quella storia della somiglianza dell’ossessione di Piton per il suo grande amore, il che, per inciso sarebbe stata mia madre, era già abbastanza vomitevole senza vederla anche realizzata…»  bofonchiò con grandi gesti della mano, così agitati che un pezzetto di muffin volò in testa a un signora con un gran pellicciotto rosa fucsia al tavolo dietro il loro, fortunatamente abbastanza impegnata a studiare il menù da non accorgersene.

«Harry!»  lo riprese di nuovo lei, mentre lui lanciava un pigro politio solo verbale senza farsi vedere. Poi lui la guardò così come la guardava ogni volta che cercava di spiegarle perché il Quidditch fosse il miglior gioco del mondo.

«Ma per te, Mione. E’ ovvio! A quanto pare ha sempre avuto una cotta per te. Quindi ti ripeto quello che ho già detto nel mio ufficio: avete la mia benedizione. Ma, ti prego, basta balli!»  rispose Harry tranquillamente, poi indicò la torta ancora a metà nel suo piatto. «Non la mangi quella? Ho una fame… Ginny mi ha messo a stecchetto prima del Ballo, sono quasi certo che c’entri quella psicopatia di Parkinson. A proposito ci hai già parlato? Mi sa che non l’ha presa bene il fatto che il suo vestito non sia stato praticamente citato da nessuno». 

Hermione si costrinse a sorridere, ripetendosi mentalmente che era solo frutto dell’impegno e dello sforzo che aveva messo in quella recita. D’altronde era sempre stato così: il duro lavoro porta risultati, lei lo aveva sempre detto.

Malfoy l'aveva anche ripetuto: era solo lavoro.

Avrebbe dovuto essere fiera di sé stessa per quella recita così ben riuscita. Ma no, Harry sicuramente si stava sbagliando… d’altronde se non fosse stato per Ginny lui di certo sarebbe stato ancora lì a pensare che per lei lui fosse solo l’amico di Ron.

«E comunque non ho perso contro Ginny, o meglio, quello lo avevo messo in conto. Ho perso contro Luna, il che non so neanche come quantificarlo. Chi perde contro Luna? Eppure aveva ragione: ha detto che alla fine avresti parlato di Dobby, anzi, come lo chiama lei il Signor Dobby. Ti giuro ho temuto di dover chiamare i Medimaghi, il che sarebbe stato anche noioso perché avrei dovuto riempire mille pagine di scartoffie, ma ne sarebbe valsa davvero la pena. A proposito, Andromeda mi ha detto che è stata una mossa vincente, nonostante tutto. Dì la verità, hai lanciato un Confundus quando nessuno ti vedeva, vero?» .

«Non dire sciocchezze»  replicò stancamente, ignorando volutamente l’occhiata di sospetto che il suo supposto migliore amico le stava scoccando dall’alto di un enorme boccone grondante cioccolato.

 




 

Hermione si scosse di dosso la polvere uscendo dal camino, all’indirizzo che le aveva mandato Draco tramite gufo quel pomeriggio, mentre passeggiava senza meta per Hyde Park. Aveva sospirato nel riceverlo, preparandosi mentalmente a qualche austero Maniero fin troppo simile a quello in cui era cresciuto. Oppure una villa opulenta ricoperta di marmi e broccati. In fondo si era abituata al suo appartamento minimale dalle grandi vetrate di Diagon Alley, non capiva davvero il motivo di quell’invito, visto che c’era ben altro su cui concentrarsi al momento. D’altra parte, però, non era il momento di stare a litigare sui dettagli, anche perché il nuovo corso delle cose imponeva una collaborazione. Ci sarebbe stato tempo per fargli capire che aveva sempre ragione.

Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse esattamente: sul parquet chiaro risaltava un grande tappeto di un tono appena più caldo, in tono perfetto con il tavolino di legno basso e ovoidale sul quale erano posate mezza dozzina di candele magiche. Alla destra del camino d’angolo c’era un divanetto di pelle scura dallo schienale impunturato, e dal lato opposto, vicino al camino dal quale era appena uscita, uno scrittoio su due livelli. La stanza era luminosa e accogliente anche grazie alla luce diretta del giorno che entrava dalle strette e alte finestre con ogiva che ricoprivano le due pareti ad angolo dietro al camino, intervallate da inserti di boiserie in legno. Il resto della stanza era coperto da librerie, in maniera molto simile a quanto aveva già visto a casa di Malfoy. Qui però tutto era più raccolto, più intimo. Era quel tipo di stanza nella quale sarebbe potuta rimanere ore a leggere e a guardare il bosco innevato che si stagliava al di là del vetro.

«Ho pensato che ti potesse far piacere un cambio di scenario, sono quasi certo che tu riconosca quell’albero in fondo sulla destra»  Malfoy, che aveva ripreso quel tono leggermente strascicato che sembrava aver finalmente perso, la guardava dall’alto della scala a chiocciola ricoperta di rampicanti di vite che occupava il lato opposto rispetto a dove si trovava lei.

«Ero brava a Erbologia, ma neanche la Sproute in persona saprebbe riconoscere un albero»  sospirò, mentre l’immagine di Draco ragazzino che osservava lei e i Weasley al Ghirigoro al secondo anno si sovrapponeva a quella del giovane uomo che aveva davanti. « Mi dispiace informarti, ma non c’è nessuna presentazione di Lockhart in programma.» 

Draco rise, continuando a osservarla dall’alto. «L’unica dispiaciuta sei tu, te lo posso assicurare. E se vuoi c’è su qualcuno che sono certo ricordi benissimo della tua faccia adorante a lezione» .

«Io non avevo nessuna faccia adorante! Ero solo sinceramente …» 

«Invaghita» , la interruppe con un sorrisetto.

«Interessata a…»  puntualizzò la strega, incrociando le braccia.

« Disegnare le tue iniziali e quelli di quel patetico essere travolte da una freccia…» 

«Ai suoi racconti, prima di scoprire che razza di impostore fosse»  concluse svelta, prima che continuasse a finire le frasi per lei.

«Almeno su questo siamo d’accordo. Ora, che ne dici di salire su? Hai degli ospiti che hanno un’agenda piuttosto fitta e dubito fortemente vorrebbero parlare di quell’idiota dai capelli troppo arricciati».

«Da che pulpito…»  sbottò Hermione, scuotendo la testa mentre iniziava a salire i gradini.  Poi però si fermò a riflettere sulle parole che Malfoy aveva appena detto. «Non avevamo detto che avremmo deciso insieme? Non avrai mica fatto venire qualcun altro dei tuoi amichetti, vero? O, peggio, dei giornalisti? Avevamo concordato di fare l’intervista con la Skeeter, ti ho già spiegato…» 

«Dì piuttosto che tu l’hai imposto» rispose lui, facendo un gesto seccato con le mani, come a voler scacciare la sola idea che potesse essere stata anche una sua idea. Poi le tese una mano, impaziente.  «Di certo non sono giornalisti, e, di sicuro non sono amici miei. A parte un paio…ma spero bene che non avrai il coraggio di lamentarti di loro, Pansy è già abbastanza arrabbiata con te. Vuoi muoverti?» 

«So camminare da sola, Malfoy! Cosa vuol dire che sono miei ospiti? ». 

Lui ghignò, continuando a sventolarle la mano davanti. « Granger, per l’amor di Merlino, prendimi la mano, già è stato abbastanza difficile convincerne un paio, senza contare che dovrebbe starti a cuore l’incolumità di questo posto» .

«Ah sì e perché?»  chiese dubbiosa, accettando riluttante la sua offerta. Il ballo, quando erano entrati sottobraccio, la danza in cui si era lasciata guidare, sembravano così lontani da non essere mai esistiti. D’altronde lui era stato molto chiaro: lei era solo lavoro. Solo lavoro. Il che limitava i contatti al minimo indispensabile.

La porta si aprì morbidamente davanti a loro su una stanza molto simile alla precedente. In questa però non c’erano libri o poltrone da lettura, bensì un grande tavolo ovale con una decina di sedie attorno.Sedie evidentemente per la folla che riempiva la piccola stanza in maniera disordinata eppure armonica. Hermione non riusciva a credere ai suoi occhi…. come aveva potuto non accorgersi di niente? Eppure aveva parlato con Harry solo poche ore prima…

«Perché questo è il tuo quartier generale, Granger. Consideralo il mio regalo di Natale», le sussurrò in un orecchio, aggiungendo a voce così bassa che sentì il suo fiato solleticare la pelle, più che udirlo realmente. « E loro sono una piccola aggiunta per farmi perdonare per Blaise e Lucius» .

Loro erano Harry e Luna, che stavano disegnando un grande cartellone con un grosso calzino che si animava ballando il can can, aiutati da Teddy e Victoire armati di tempere magiche. Ma erano anche George, Bill, Angelina e Katie che stavano discutendo con Arthur dell’integrazione dei Nati Babbani nel mondo del lavoro. Più in disparte, presi in un discorso sul Quidditch e la lega magica con Ginny c’erano Seamus e Dean. E erano anche tre persone che mai si sarebbe aspettato di vedere lì, mentre stavano parlando dei sistemi educativi magici con Viktor e Fleur e Neville: la professoressa McGranitt, il Professor Lumacorno e, soprattutto, Kingsley Shacklebolt. 

«Finalmente potrò tornare a non occuparmi più di politica. Non sai che sollievo. Ero decisamente preoccupato di non potermi candidare per un ulteriore mandato, temendo a chi avrei lasciato in mano il Ministero. Ora sono decisamente più tranquillo»  le sorrise l’attuale Ministro della Magia, sorridendo della sua sorpresa. «Mi dispiace solo non averlo saputo da te, ma dopo il tuo discorso capisco perché volevi tenerlo segreto».

«Ora lo capiamo tutti» sottolineò una voce nota alla sinistra di Hermione: Theodore Nott era lì, appoggiato mollemente su un tavolino ricolmo di volantini, intento a bere il suo tè come se nulla fosse. «Io sono qui come puro supporto emotivo, spero che non mi chiederai di mettermi a disegnare: sono pessimo».

«E io che pensavo fossi qui per le tartine. Non hai un elegante albergo dove il tuo chef privato te le può cucinare?» lagnò  Draco alzando gli occhi al cielo, Poi con tono vagamente più preoccupato aggiunse. «Dov’è Pansy?».

«Di là, ha trovato la sua compagnia ideale»  commentò Theo, accennando a una delle porte. Poi aggiunse con un guizzo beffardo negli occhi blu: «Tranquillo, Andromeda le ha ricordato che non può strozzare nessuno. Non con tutti questi testimoni, almeno».

«Il prossimo che si veste come Gazza e osa anche solo fare mezzo commento ai mei bozzetti giuro che lo lego nudo nella foresta di Hogsmeade. Stia tranquilla Preside, lontano dagli occhi degli studenti, sia mai che si sconvolgessero per così poco», rispose la diretta interessata tagliente, facendo la sua apparizione, tenendo per mano una trotterellante Dominique, vestita di tutto punto, seguite a ruota da Cockey con un grosso fiocco rosso e oro in testa. «Lei è una Weasley che mi piace, non so come sia possibile» .

«Grazie per avercene reso partecipi. Ora sì che siamo dei genitori orgogliosi, vero amore?»  commentò piatto Bill, rivolgendosi a Fleur, che si mise la mano al petto e sospirò in maniera drammatica in segno di approvazione.

«Voi invece no»  si limitò a rispondere Pansy con tono atono.

«La ringrazio per la premura, signorina Parkinson. Ora, se avete smesso di comportarvi come dei bambini, che ne dite di iniziare a lavorare? Forza, seduti, mi sembra che ci sia del lavoro da fare e poco tempo» incitò  sbrigativa la preside, incitandoli con gesti secchi delle mani, quasi fossero ancora a scuola.

«Prima un buon tè,Minerva»  fu la volta di Molly, fare il suo ingresso, accompagnata da vassoi fluttuanti ricolmi di tramezzini piccolissimi, pasticcini, tartine e un paio di torte, seguita da una imbronciata ma comunque presente Hannah. «Si ragiona meglio a pancia piena, vero cara?».

«Se ci fosse del gin tonic sarebbe meglio, ma accontentiamoci. Io sono come Theo, sono qui solo per darvi il punto di vista più snob e petulante si possa desiderare»  commentò infine laconica Andromeda, apparendo dietro di loro. «Come una brava Black.».

Hermione batté di nuovo le palpebre, chiedendosi se non fosse solo un’allucinazione dovuta a troppo champagne magico. O, forse, alla fine Narcissa Malfoy l’aveva davvero avvelenata e quello era un mondo parallelo.

Se fosse una cosa buona o meno, visto che ancora una volta Malfoy aveva organizzato tutto alle sue spalle, doveva ancora deciderlo. Per il momento, però, era solo contenta di vedere i suoi amici, finalmente, supportarla.

«Direi che il tuo discorso ha fatto colpo su più di una persona» le disse di nuovo Draco, chinandosi su di lei, mentre potevano sentire lo sguardo di disapprovazione di Molly perforarle il cervello.

«Come hai fatto?» chiese lei in un sussurro, guardandola stupita.  Pansy non le aveva rivolto direttamente la parola da quando era entrata, limitandosi a mettersi vicino a Theo e squadrando tutti con aria critica, ma era comunque lì. E Harry, Ginny, Luca, Angelina e George erano sempre stati dalla loro parte. Ma gli altri?

«Diciamo che la combo Pansy-Ginevra può essere difficile da ignorare» rise Draco, rivolgendo un ghigno a Molly che continuava a fissarli. «Posso aiutarla Signora Weasley?». 

«Porto via i bambini, è ora»  disse questa asciutta, togliendosi il grembiule. Hermione le sorrise: in fondo non doveva essere facile neanche per lei, trovarsi lì. Cucinare era il modo di dimostrare affetto per Molly. Ma non le si poteva chiedere di essere felice per lei, specialmente se dietro tutto questo c’era comunque qualcuno che non fosse Ron.

«Pansy… hai un’altra Weasley che ti piace, ammettilo», la stuzzicò Andromeda, dando un bacio a Teddy, che ora aveva i capelli di un misto di tutte le tempere che lui e Victoire avevano addosso, cercando di convincerlo ad andare con Molly.

«Non era Potter? Possibile che ogni giorno cambiate versione?» sbuffò quella di rimando, poi si rivolse alla bambina dai capelli rossi accanto a lei. «Diglielo tu, mi sembri la più intelligente di tutti qua dentro».

«Scusa, sarebbe meglio quindi?»  interloquì Theo, scambiando un’occhiata perplessa con Draco che si limitò a scrollare le spalle, come a dire che lui ne voleva stare fuori. E come dargli torto?

«Theodore, quindi il becco», replicò l’amica, pizzicandogli forte il braccio

«Becco!» le diede man forte la bambina, guardandolo truce, mentre si allontanava controvoglia con la nonna.

«Chissà da chi ha ripreso quel caratteraccio», celiò Harry, chinandosi per prendere in braccio James per metterlo nel passeggino magico per passarlo ad Arthur. «Forza andate con il nonno, ha tante paperelle di gomma da farvi vedere. E i cartoni animati…Malfoy non hai pensato a una tv modificata, vero?». 

«Una che?» chiese il diretto interessato, come se i due non parlassero la stessa lingua.

«Una televisione è un oggetto Babbano nel quale puoi vedere le persone che parlano, cantano… oh, dovresti davvero vederne una, è cosi interessante!  E poi ci sono quelle cose chiamate bublicità…» .

«Tipo un maleficio? Ma non è illegale?» interruppe Draco, tra l’inorridito e il fin troppo curioso, probabilmente più per l’idea di maledire i Babbani che per il funzionamento dell’apparecchio.

«Pubblicità» corresse automaticamente Hermione, mentre Malfoy riusciva a mantenere un’espressione talmente impassibile da fargli pensare che qualcuno lo avesse pietrificato per gioco. « Che tutti odiano, tra l’altro».

«Quando Ted me le ha fatte vedere la prima volta ho avuto timore che fosse uscito di senno» commentò Andromeda con un sorriso nostalgico. «Poi però ammetto che ho davvero apprezzato, dovresti chiedere a Arthur di montartene una modificata».

«E una PS!» si infervorò Dean, parlando per la prima volta da quando avevano fatto la loro apparizione. «Così George può lavorare anche qui allo sviluppo del videogioco sul Quidditch!». 

Hermione cercò di trattenere una risata, mentre persino il ghigno di Malfoy scompariva sino a rimanere una linea sottile. Probabilmente in quel momento stava valutando la possibilità di smaterializzarsi il più lontano possibile, probabilmente su quell’isola privata di cui aveva blaterato.

Gli strinse forte la mano, quasi stritolandogliela. Beh, forse lui poteva stare anche accarezzando l’idea di scappare, ma doveva davvero capire una cosa: ora che avevano un patto, un vero patto, non andava da nessuna parte.

Non se la lasciava da sola a gestire una dozzina di persone che avevano ben poco in comune.

Ah, e non dopo che fosse diventata Ministro della Magia, ovvio.

«Granger, dobbiamo parlare». La voce di Pansy la riportò bruscamente alla realtà.

Non prima che abbia disinnescato Parkinson, pensò, modificando mentalmente la sua lista.

«Quando vuoi, Pansy» si costrinse invece a dire, nel modo più calmo possibile.

Di certo non le dispiaceva aver messo in difficoltà Narcissa Malfoy, e, forse, neanche Draco.

Ma in fondo in fondo a Pansy stava iniziando ad affezionarsi e non aveva ancora avuto il coraggio di chiederle se ci fossero state ripercussioni sulla sua nomina a stilista dell’anno.

Forse avrebbe dovuto chiedere a Dominique di restare…

 



 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Audacia, coraggio e un pizzico di astuzia ***


«Prima che inizi a lamentarti, mi dispiace se ho rovinato il tuo grande momento…», iniziò a dire Hermione alla nuca di Pansy, mentre entravano in una delle stanze, interrompendosi però di fronte a quel nuovo ambiente, che sembrava uscito direttamente dall’incrocio tra un illustratore di fiabe e quello di una rivista di interior design troppo pretenziosa

Anche in questa stanza tre pareti erano interamente ricoperte da librerie, con i ripiani leggermente oblunghi come la corolla di un fiore. Ma era stato l’ alzare gli occhi al cielo che l’aveva fatta rimanere senza parole, una delle poche volte della sua vita, chiedendosi se non avesse per caso sognato una cosa del genere: il soffitto a botte, interrotto solo da una trave di legno scuro, era completamente composto di vetrate colorate, dalle quale la luce gelida di gennaio filtrava creando giochi di luce sul pavimento di legno chiaro, come nel resto della casa. Eppure l’ambiente era comunque piacevolmente luminoso, ulteriormente rischiarato dalla parete di fondo trasparente, oltre la quale si estendeva la foresta di Hogsmeade, e dalle lampade da lettura di varie dimensioni sparsi sui tre tavoli di legno, sul quale facevano bella mostra di sé rotoli di pergamena e articoli di cancelleria.

«Serra per libri», tagliò corto Pansy, girandosi a guardarla scocciata. «Qualunque cosa voglia dire.  Allora, dove eravamo rimaste? Ah, si ti stavi scusando per essere stata la solita viziata, egoista, Grifondoro che pensa solo a sé stessa».

Hermione si costrinse a concentrarsi nuovamente su Pansy e non nel cercare di decifrare il motto in latino inciso in un cartiglio composto da decine di schegge di vetro. Prese un sospiro, ripetendosi mentalmente che se c’era una cosa che tanti anni di lavoro al Ministero le avevano insegnato, questo era portare pazienza.  Tre mesi di relazioni con Malfoy, però, sembravano averla esaurita del tutto. «Io egoista? Solo perché ho deciso di non  fare un inchino grazioso di fronte a tutti quelli che mi stavano umiliando?».

«Eccola, la grande melodrammatica. Povera, piccola, Granger che è stata costretta a indossare vestiti stupendi pensati appositamente per lei, a imparare finalmente a non camminare come un dannato Troll con le coliche e, chiamate il Wizegamot perché si pronunci, addirittura a non lavarsi il viso con il sapone per i piatti!» esclamò Pansy esasperata, portandosi una mano alla fronte a mimare la sua disperazione.

«E a farmi trattare come una bambinetta incapace, farmi sentire in colpa perché non corrispondo a uno stupido canone estetico imposto dalla società? Scusami se non ho voglia di passare tutta la giornata a guardarmi i pori allo specchio…»,  ringhiò di rimando, i buoni propositi di mediazione già evaporati.

«Certo! perché tutte le donne che non sono come te devono essere delle emerite idiote, vero? Chiunque non ami stare le ore davanti a delle scartoffie polverose è solo un’oca che pensa ai trucchi e vestiti, no? Complimenti per la tua apertura mentale, Granger, sono davvero toccata. Fortuna che ci sei tu a mostrarci quanto il resto di noi sia da considerare uno scarto di digestione di Fiammagranchio!» Pansy si gettò platealmente su una poltroncina di velluto verde scuro in un angolo, poggiando le mani intrecciate sulla gamba accavallata e sporgendosi verso di lei. «Prego, sono tutta orecchie, dimmi come ho rovinato la tua vita facendoti diventare la strega meglio vestita all’evento dell’anno, nonché una delle nascenti icone di stile. Che orrore!».

Hermione sospirò, non potendo fare a meno di notare la tristezza dietro il tono sarcastico di Pansy. 

«Ho passato tutta la mia adolescenza a sentirmi dire che i miei capelli erano troppo crespi, i denti troppo grandi, che ero troppo sciatta, una insopportabile-so- tutto- io troppo preoccupata per i voti scolastici…»,  iniziò a elencare.

«Guarda che le constatazioni non sono insulti», cinguettò Pansy, schioccando le labbra in un sorrisetto.

E allora Hermione lo capì, quel tendersi di labbra in un leggero ghigno, il tono ironico ma non mellifluo, la testa leggermente chinata e gli occhi sgranati.  In quel momento, e con suo grande orrore, si rese conto di aver creato un legame con quella strana ragazza con la quale fino a quel momento aveva pensato aver più affinità con Grattastinchi che con lei.

«Parkinson, mi stai prendendo in giro?»  chiese, sbuffando e incrociando le braccia.

«Può darsi. O forse mi stavo solo annoiando. É mai possibile che ogni volta che vuoi parlarmi sembri sempre pronta a farmi un discorso motivazionale che in confronto la McGranitt è una che ama raccontare barzellette per divertirsi? E poi dici sempre le stesse cose, anche Draco mi ha detto che gli hai fatto questo discorsetto, Merlino, ma non ti annoi? » ridacchiò, allungando pigramente le gambe sul tavolino basso. Poi, dopo un secondo di silenzio, aggiunse: «Comunque ti capisco, Granger. Molto più di quello che pensi.  Posso chiederti una cosa?» .

Hermione annuì appena, attenta a non incrinare quello strano momento che si era venuto a creare. Da quando aveva memoria erano davvero poche le persone con cui si era trovata così a suo agio e, di certo, nessuna proveniente da Serpeverde.Persino Andromeda, anche dopo tutti quegli anni, la metteva sempre un po’ a disagio.

«Perché lo stai facendo? E non rifilarmi la storia di un mondo migliore, quella la teniamo per quegli orridi cartelloni che i tuoi amici diversamente dotati di buon gusto hanno deciso di fare».

«Non è una storia, Pansy», disse sorridendo stanca, mentre lo sguardo spaziava sui tomi dietro la poltrona, riconoscendone molti dai pomeriggi passati alla Biblioteca di Hogwarts. «Sai, una cosa che mi è sempre piaciuta di Viktor è che lui ha sempre saputo cosa volesse fare: giocare a Quidditch. Non diventare il miglior giocatore del mondo, o la bandiera della sua squadra. E quando mi ha chiesto cosa avrei voluto fare io, beh è stata la prima cosa che mi è venuta in mente. La cosa bella è che pensavo che avrebbe riso…».

«Probabilmente non ha capito un’ acca».

«Invece, mi ha detto che non aveva dubbi che ci sarei riuscita. Durante la guerra pensavo che fosse quello il mio destino, riuscire a sopravvivere il più possibile, cercare di proteggere Harry…».

«Ma il mondo dopo la guerra ha continuato a fare schifo», concluse Pansy per lei. «Benvenuta nel mio mondo, Granger. Te lo chiedo di nuovo, perché lo stai facendo?». 

Hermione rimase silenziosa, lasciando che le parole di Pansy entrassero dentro di lei.Poi, finalmente, capì. davvero cosa Pansy le stava chiedendo, lo strano discorso che aveva fatto. «Voglio essere libera».

Pansy le regalò primo vero sorriso che le avesse mai visto fare in sua presenza, commentando a bassa voce. «Siamo più simili di quel che pensi, Hermione».

Poi scosse la testa e batté le mani, mentre una rella colma di vestiti scivolava da una delle porte laterali fino a mettersi davanti a loro. « E ora mettiamoci al lavoro, non avrai di certo pensato che ti abbia portata qui solo per sfuggire ai tuoi petulanti amici, vero?». 

La strega rise, scuotendo la testa, e osservando con aria critica un vestito di maglia che le stava ballando davanti. «Figurati, sarebbe stato davvero meschino da parte mia pensare che tu possa avere simili secondi fini. A dire la verità, pensavo mi avresti fatto una scenata per non essere diventata “Stilista dell’Anno”».

«Solo un piccolo spostamento dei piani,tranquilla, sono abituata»  le disse, richiamando il suo blocco per i disegni e prendendo una serie di appunti. «Quegli idioti dovranno venire in ginocchio a chiedermi scusa».

«A chiederci scusa», puntualizzò Hermione.

Pansy rise di nuovo, applaudendo nella sua direzione: «Brava Granger, più passi il tempo con noi e più inizi ad assomigliarci… o forse è solo la tua vera natura, chissà?».

Assomigliargli? Oh no, c’era una cosa che nessuno sembrava aver ancor capito: Hermione Granger ormai non aveva più intenzione di somigliare a nessuno, nemmeno alla famosa eroina di guerra che era sempre stata in quegli anni, o alla studentessa modello, o alla diligente funzionaria del Ministero.

Ormai Hermione Granger era disposta solo a assomigliare a sé stessa.

E poi la voce flautata di Pansy le arrivò alle spalle.

«Certo, se volessi essere davvero meschina farei finta di non essermela presa e poi ti colpirei alle spalle quando meno te lo aspetti. In fondo è quello che ci si aspetta da noi Serpeverde, no?».

Già. Molto Serpeverde. Molto.


 

 

«Non mi piace questa cosa», borbottò Malfoy guardandola di traverso, dall’altro lato del tavolo.

«Definisci “questa cosa”, è piuttosto difficile riuscire a indovinare tra tutte le cose su cui hai avuto modo di ridire ultimamente: non ti piace che abbia deciso di non trasferirmi nella casa di Hogsmeade che hai deciso di regalarmi, nonostante ti avessi detto che stavo benissimo a casa mia…». 

«Una bellissima casa, se mi permetti. Hai visto che luce? E i disegni delle finestre? Senza contare la mini sala da bagno che ricalca il Bagno dei Prefetti. Bellissima casa, con una ricca selezione di libri antichi di cui neanche ti sei degnata di dirmi se ti è piaciuta», lagnò Malfoy. Poi aggiunse, sbuffando: «Ma non è questo il punto, nonostante la tua totale mancanza di raziocinio e buon gusto. Sono certo che Grattastinchi sarebbe felice di trasferirsi qui».

«Smettila di tentare di corrompere il mio gatto!».

«Il tuo gatto non è che si lascia corrompere, ha semplicemente buongusto, infatti, come vedi sta molto meglio qui, anche se lo fai venire solo mentre lavoriamo. Povero gatto, anni a Grifondoro prima e poi con Weasley, dovresti come minimo portarlo in terapia. Esiste la terapia per i gatti traumatizzati?» . Grattastinchi sbadigliò rumorosamente, stiracchiandosi, come a dire che lui di quel teatrino ne aveva già avuto abbastanza.

«Quindi secondo te dovremmo andare a convivere? Non sembrerà esagerato? In fondo, i giornali hanno pubblicato della nostra storia solo pochi mesi fa», rispose la strega pensierosa, mentre Malfoy la guardava con gli occhi sgranati.  Poi sbottò:«Oh, per Merlino, Draco! Davvero? Siamo tornati al ragazzino razzista che eri?».

«Granger! Mi stai chiedendo di sposarti?» rispose quello inorridito, in modo talmente plateale che Hermione non poté fare a meno di staccare lo sguardo dal foglio sul quale stava scrivendo per ridergli in faccia.

«Oh, andiamo, sei serio? Vuoi davvero farmi credere che non pensi che bisognerebbe convivere prima di sposarsi? Serve a tanto, sai. Io e Ron abbiamo vissuto un paio di anni e…».

«Sarà stato orribile. Certo, meno orribile di vedere Weasley come prima cosa la mattina, ma comunque orribile», mugolò, neanche avesse di nuovo ricevuto una fattura Orcovolante. «Comunque no, non si convive: ci si fidanza, ci si sposa, si va a vivere insieme e si fa un figlio. Come una pozione: ingredienti giusti al momento giusto».

«Malfoy, ti ho sentito dire tante cose idiote in vita tua, la maggior parte delle volte anche disgustose, altre totalmente insensate, ma questa è una delle più grandi idiozie che ti siano passate per quella testa bionda. Siamo nel XXI secolo, non ti sembra il caso di uscire dal Medioevo?»  chiese, esasperata. Poi aggiunse: «E dimmi un po’, questa regola vale anche per i rapporti prematrimoniali? Quindi niente sesso?». 

Malfoy sbatté di nuovo gli occhi, quasi non capisse cosa stesse dicendo. Poi chiese con un sorrisetto:«Se vai a convivere lo sanno tutti, è una cosa pubblica. Mentre se fai sesso di solito lo fai in privato. Dì un po’ Granger, non è che sei un’esibizionista? Te l’ho già chiesto ma non mi hai mai risposto?» .

«Perché non sono fatti tuoi. Converrai quindi con me che è tutta una questione di forma e di cosa pensa la gente… ».

«Esatto! Oh, finalmente ci sei arrivata!». 

«Malfoy…».

«Si, Granger?».

«Sta zitto».

 

La pace durò solamente pochi minuti, perché dopo poco, lo sentì nuovamente sbuffare.

«Devo chiedere a James se puoi andare con lui al nido, credo ti troveresti bene», commentò tagliente continuando a concentrarsi su quello che stava scrivendo.

«Non sono un uccello Granger!» rimbrottò l’altro, avvicinandosi con la sedia, sino a mettersi di fronte a lei.

«Non quel nido Malfoy, è un posto dove vanno i bambini molto piccoli quando i genitori vanno al lavoro».

«Non hanno gli elfi?».

«No».

«E non possono pagare una tata?». 

«No».

«Un’assistente?». 

«Di cosa?». 

«Beh ne assumi due e una resta con te e l’altra bada al bambino, mi sembra logico».

«É logico quanto uno Schiopodo Sparachoda in un lago». 

«Perché?». 

«Perché cosa?». 

«Perché vanno a lavoro?». 

Hermione aprì le braccia esasperata, pronta a maledirlo. Di fronte, invece, si trovò un Draco Malfoy estremamente divertito, con la testa appoggiata sul palmo della mano e il gomito sul tavolo, che la guardava con un ghigno.

«A volte vorrei darti un pugno. Di nuovo», borbottò, non potendosi impedire però di sorridere. Le erano mancati quei rari momenti con Malfoy, i rapporti erano stati piuttosto tesi dopo la festa di Natale.

«Ah, quindi stai ricordando. Iniziavo a temere che non ci saresti mai arrivata!»  ridacchiò il mago, senza però che lei riuscisse a capire di cosa stesse parlando, il che la innervosiva ancora di più. «Lascia perdere. Allora non vuoi sapere che cosa non mi sta bene?». 

«Muoio dalla voglia», commentò laconica.

«E chi sono io per non soddisfare le voglie del futuro Ministro della Magia?», chiese malizioso, allontanandosi quel tanto che bastava per schivare la sua mano che aveva tentato di pizzicarlo. «Non mi piace che abbia deciso tutto tu per quest’intervista: la giornalista, il dove, quando… Non mi piace la Skeeter…». 

«Strano, eravate così intimi durante il Torneo Tre Maghi…».

«Altri tempi. Non mi piace che vuoi farla a casa tua».

«Sì, hai già espresso il tuo giudizio su casa mia, abbiamo capito». 

«Non è quello, è che non renderebbe bene in foto. E poi davvero vuoi far vedere a tutti dove vivi? Non sei tu quella che è gelosa della sua privacy?».

Già. Inizialmente aveva proposto il suo appartamento al solo scopo di irritare tanto Malfoy quanto la Skeeter e di riprendere il controllo. Però Malfoy non aveva torto, non tanto perché la Skeeter avrebbe potuto pubblicare il suo indirizzo, quanto piuttosto per il fatto di vedere spiattellata sulle pagine mondane. la sua casa, quella che si era costruita con tanto amore e in cui si rifugiava dal mondo.

Rotolò la piuma d’aquila tra le dita, riflettendo. «Qui è lavoro, in fondo è quello che vogliamo no? Far vedere che siamo una squadra…». 

«Io avrei detto una coppia, ma non mi pare il caso di litigare sulla semantica», tubò Draco, iniziando ad armeggiare con un foglio di cartae e guardandola di sottecchi. «Però no, non va bene, qui dobbiamo vendere un sogno, non solo la tua candidatura». 

«Un sogno, Malfoy? Saresti tu?» chiese, mentre quella piccola vena che sembrava aver smesso di pulsare ultimamente, iniziava a palesare nuovamente la sua presenza.

«Bello, ricco e intelligente? Hai dubbi?» chiocciò lui, prima di aggiungere continuando a concentrarsi sul foglio che stava piegando tra le dita. «Senza contare il fatto che tu mi hai mostrato la retta via, la gente ha la sindrome della medimagia. Chi non ci odia, ci ama da impazzire, hai visto le lettere?».

Se solo non avessero passato tanto tempo insieme. Se solo non avesse notato quei piccoli dettagli che non riusciva a nasconderle più: la guancia morsa dall’interno, le mani che non trovavano pace, la voce più atona del solito.

«Io non ti ho mostrato proprio niente, Draco» , disse piano Hermione, allungando d’istinto la mano per afferrargli l’avambraccio sinistro, nel tentativo di confortarlo. Lo sentì trasalire, quasi sfilarsi, ma rimase lì, fermo, in silenzio.

Solo lavoro.

Lei era solo lavoro. Ed era per quello che erano lì, doveva ricordarselo.

«E poi non sei così intelligente come credi», aggiunse secca, ritirando la mano.

Le labbra di Malfoy si tesero nel solito ghigno. «Ma sono bello».

«Sei ricco, questo è indubbio».

«Oh, Granger, così mi spezzi il cuore», si disperò platealmente, con la solita voce strascinata. «Quindi accetti di venire a fare l’intervista a casa mia?» .

«A casa tua? E tutta quella storia della convivenza? » .

Malfoy rise, portandosi davanti alle labbra il palmo aperto, sul quale faceva bella mostra di sé una piccola gru di carta piegata. Con un sorriso soffiò leggero e l’uccellino prese a svolazzare elegante per la stanza.

«L’hai detto tu, no? É tutta una questione di forma… se dobbiamo rompere gli schemi, facciamolo per bene. E poi perché privarsi della gioia di far venire un infarto a Lucius? É da quando ho dieci anni che mi ripete questa storia del matrimonio, vorrei avere un’orecchia oblunga lunga abbastanza da farla arrivare nel Wiltshire per sapere la sua reazione…».

Per un attimo il volto di Malfoy, che sorrideva deliziato all’idea di far infuriare il padre, si sovrappose a quello grave di Lucius nel loro ultimo incontro. A quale gioco stava giocando? Come poteva essere sicura che non ci fosse lui anche dietro tutto quello? Come avrebbe preso quella mossa?

L’uccellino di carta si posò sul foglio davanti a lei, delicato come i fiocchi di neve che cadevano lenti oltre le grandi finestre. Lo prese delicatamente tra le dita, quasi potesse spezzarsi.

«Puoi tenerlo», concesse Malfoy che ora aveva smesso di ridere e la guardava con una strana fissità. «Come segnalibro, intendo.  Tanto usi qualsiasi cosa».

Hermione annuì, infilando nel libro che teneva aperto davanti a lei. «Quindi era questo che ti dava fastidio? Sei contento, ora?».

Malfoy annuì soddisfatto. «Abbastanza. Se poi potessi non farlo di sabato mattina, sarebbe perfetto. Non mi piace il sabato mattina».

«Che richiesta è? A tutti piace il sabato mattina!»  inorridì. «É il mio giorno preferito della settimana!». 

«No, il tuo giorno preferito della settimana è la domenica sera perché puoi pianificare tutta la settimana e riempire le tue agende di note e appunti», la blandì Draco.

«L’intervista è sabato alle dieci, fine della discussione», ribadì cocciuta, Ignorandolo, così come stava facendo con quella vocina nella testa che le diceva che in realtà, per uno strano scherzo del destino, Malfoy aveva ragione.

 

 

«Ma che delizia di appartamento! Si vede proprio che c’è il tocco di una donna, i miei complimenti Hermione cara» , Rita Skeeter era seduta sulla poltrona di broccato, nel secondo salotto di Malfoy, quello che non avevano mai usato.  La stanza riprendeva lo stile del resto della casa, con marmi lucidi scuri e mobili lineari bordati con sottoli linee d’oro, ma erano stati lasciati qua e là dei piccoli tocchi, quasi casuali che avrebbero dovuto ricondurre a Hermione: un paio di cuscini morbidi, dei fiori freschi nei toni del rosso, persino una serie di fotografia di lei da bambina appoggiate casualmente in un angolo vicino al pianoforte a coda, il secondo di quella casa.  Accanto, una serie di loro foto, rigorosamente tutte modificate con la magia, ma in modo così perfetto che dubitava fortemente che qualcuno se ne potesse rendere conto, la Skeeter men che meno, che li ritraeva ridenti e sorridenti in varie luoghi,  inclusa una alla Grande Muraglia Cinese. Peccato che fossero modificati solo gli sfondi, per amore di verosimiglianza (anche se Hermione supponeva più per irritarla che altro) avevano fatto diverse foto davanti a uno sfondo bianco, cambiando pose e vestiti ogni volta. Era stata l’ora più lunga e inutile della sua vita, includendo anche la lezione di Divinazione.E poi aveva dovuto convincere George a non mettere in produzione quel nuovo incantesimo.

«Lo faremo presente all’arredatrice», rispose Hermione a denti stretti.

Draco intrecciò le dita con le sue, portandosi la mano in grembo. «La nostra Hermione è troppo impegnata per queste facezie, ma ti posso assicurare, Rita… posso chiamarti Rita, vero?  Sai mi sembrerebbe strano darti del lei, potresti passare per una nostra compagna a Hogwarts, forse solo un pelo più grande di noi… ».

Per Merlino, davvero? Davvero, si aspettava che ci cascasse? Nessuno poteva esser così idiota…

Rita Skeeter, invece, ridacchiò soddisfatta, incrociando le gambe e sporgendosi verso Draco con fare civettuolo. «Mi stai adulando, per caso?». 

Oh, finalmente. Allora quella donna ancora due neuroni li aveva sotto tutta quella lacca e ossigeno a troppi volumi.

«E sta funzionando?» chiese Malfoy suadente, ignorando i suoi tentativi di rifilargli una leggerissima gomitata pur di farlo smettere con quella sceneggiata.

«Ovviamente! A chi non farebbe piacere sentirsi adulare da un giovane uomo così affascinante? E, dimmi, come ha rubato il tuo cuore questa …», sembrò squadrarla in cerca di un aggettivo appropriato, poi strinse le labbra un secondo come se stesse mangiando un’Ape Frizzola troppo acida. «… intraprendente creatura».

«Oh, il classico incontro organizzato del destino. Diciamo che il caso ci ha fatto incontrare e per fortuna Hermione», si fermò un attimo per spostarle un ricciolo dietro l’orecchio, con una tale tenerezza e convinzione che per un attimo anche lei rimase basita. « Ha trovato il coraggio per entrambi per superare il mio passato».

Skeeter li guardava con un sorrisetto, mentre la penna che le volteggiava davanti scriveva furiosamente.

«Un amore tormentato, quindi. Piacerà moltissimo ai nostri lettori. La giovane eroina di guerra che salva il giovane caduto nelle grinfie…». 

«Per Merlino, piantiamola con queste stupidaggini», sbottò Hermione, mentre anche la penna rosa si fermava improvvisamente, con uno stridio del pennino sulla pergamena. «Pensavo che avessi superato la fase del pettegolezzo, non ti ho dato l’esclusiva per sentirti blaterale di copioni da commedia romantica».

La mano di Malfoy la strinse appena, anche se probabilmente in quel momento avrebbe voluto stritolarla.

«Lasciamo a Rita il suo lavoro, tesoro. L’hai scelta tu, d’altronde, sono certo che, come al solito, tu abbia avuto un ottimo motivo per farlo», disse, con un accenno di sorriso falso come l’oro dei Leprecauni.

«Un motivo? Oh, certo, vero Rita? D’altronde siamo vecchie amiche», tubò Hermione, senza smettere di fissare la giornalista, marcando sfacciatamente il tono colloquiale della conversazione.

La Skeeter strinse di più le labbra, ormai ridotte a una linea sottile rosa carminio.

«Oh, sì, piuttosto intraprendente sin da ragazzina. Fin troppo, oserei dire», commentò infine, sistemandosi gli occhiali innervosita.

Draco sembrava invece estremamente divertito: «Un ottimo requisito per il futuro Ministro della Magia, non crede?».

« Bene, bene,, parliamo allora di questa nuova grande notizia: la tua candidatura a Ministro della Magia, lo confermi? Un anno piuttosto impegnativo per te, prima la notizia di questo insolito fidanzamento, poi questa nuova svolta. Senza contare lo scandalo del tuo discorso al Ballo di Natale. É questa la tua strategia? Cercare disperatamente attenzione?», chiese, osservandola dietro lelenti leggermente abbassate sul naso.

«Addirittura disperatamente, che esagerazione», commentò Hermione leggera, prima che Malfoy, che già aveva aperto bocca, iniziasse a parlare al posto suo. Ecco, questo era un’altra cosa che doveva decisamente smettere di fare. «E poi non cerco attenzione per me, ma per le cause che mi stanno a cuore» .

«Come gli elfi»  sottolineò la strega bionda, melliflua.

«Oh, le piacciono davvero gli elfi. Al quinto anno aveva addirittura fondato un comitato per la liberazione degli Elfi Domestici, com’è che si chiamava… ah sì, CREPA!»  ridacchiò Draco, appoggiandosi sullo schienale e guardando le due donne che si guardavano in cagnesco con un sorrisetto soddisfatto. «Ma ha anche tanti altri punti sul suo programma, vero tesoro? Come un periodo di affiancamento dei Nati Babbani al Mondo Magico. In fondo a Hogwarts si studia Babbanologia, no? E chi meglio di noi per dimostrare che sono due mondi che si possono unire felicemente?» .

«A proposito di Hogwarts…»  la Skeeter fece un grosso sorriso che la fece assomigliare a un gatto persiano pronto a lanciarsi sulla preda, mentre la penna riprendeva a scrivere furiosamente. «Dei piccoli Black biondi a Grifondoro, sarebbe davvero interessante. E tu che ne pensi, Hermione? Se i piani di Draco vanno a buon fine diventerai una Black, il che è piuttosto ironico, no? La pura e sempre nobile famiglia dei Black con una Natababbana, sono certa che se Lady Black fosse stata in vita non avrebbe mai accettato. E i tuoi genitori, Draco? Come l’hanno presa?» .

Da dietro la porta del salone si sentì un urlo strozzato che non poteva che provenire da Kreatcher.

«Vedo che ha le sue fonti, Rita. Però saprà di certo che è una notizia riservata che non può far uscire, a meno che non voglia pagare una penale stratosferica. Non credo che il suo editore sarà contento di rischiare la bancarotta» , rispose Malfoy con tono distaccato come se gli avesse chiesto quante zollette di zucchero prendeva nel tè. « E per quanto riguarda i miei genitori, chi non sarebbe entusiasta di avere in famiglia una strega così brillante e affascinante?»    

Black? Draco stava pensando di cambiare cognome? Ed esattamente quando pensava di dirglielo? Gli conficcò le unghie nel palmo della mano, ben contenta di averle lasciate crescere un po’. Dannato furetto, era mai possibile che ogni volta che sembrava averlo inquadrato, ecco che tirava caccabombe sulla immagine mentale che si era fatta. Senza contare che stava davvero esagerando, la Skeeter non era la migliore delle giornaliste, ma di certo neanche un’idiota totale.  Per sicurezza, richiamò il barattolo di vetro che aveva preparato per ogni evenienza e lo poso con il coperchio aperto sul tavolino che separava il divano dove erano loro dalla poltrona di Rita, che sembrò sbiancare nonostante lo spesso strato di fondotinta.

Dopo un attimo di silenzio, la giornalista tentò di riprendere il controllo. «Allora, ditemi, cosa dovrebbero assolutamente sapere i nostri lettori di questa nuova, insolita, coppia sulla bocca di tutti?». 

Hermione si rilassò, appoggiandosi contro il torace di Draco che sussultò appena a quell’improvvisa manifestazione di tenerezza in pubblico. Beh, almeno è quello che doveva sembrare, in realtà era la posizione migliore per rifilargli una gomitata appena avesse provato a aprire bocca.

«Beh, prima di tutto che il biondo è un gene recessivo. Secondo, che se mai dovessi avere dei figli prenderebbero anche il mio cognome. Terzo, che è ora di piantarla con queste stupidaggini dell’odio tra le case…»  iniziò calma, senza smettere di fissare la Skeeter.

«Quarto, che la amo infinitamente. Ma questo immagino una donna intelligente come lei l’avrà già capito», si intromise invece Malfoy a voce bassa, sfiorandole la spalla con dita leggere.

I lamenti di Kreatcher divennero ancora più evidenti, improvvisamente interrotti da un suono sordo, come di qualcosa di pesante che sbatteva contro un muro, seguito da vocette concitate. Evidentemente Cockey e Kreatcher stavano avendo un’altra delle loro discussioni amichevoli.

Hermione sentì un brivido correrle lunga la schiena, mentre ricacciava in fondo allo stomaco il dubbio che fosse per il tocco delicato delle mani di Draco, o per il suo torace premuto contro il fianco.

Solo lavoro. Lei era solo lavoro. Malfoy era solo lavoro.

Ma doveva ammettere che recitava dannatamente bene, come un vero Serpeverde. E come un dannato Serpeverde cercava sempre di avere l’ultima parola. Beh, aveva scelto la strega sbagliata.

«A proposito del Crepa, sa che ora tutti gli elfi domestici a Hogwarts sono stipendiati? Non le pare una cosa meravigliosa? A proposito, credo che dovrei proprio raccontarle del nostro primo incontro, c’entra un adorabile elfo domestico, sai. Sì, tesoro, raccontagli di come Kreatcher ci ha fatto incontrare a Grimmauld Place, è una storia così romantica. Anzi, dopo direi che dobbiamo proprio fare delle foto con Kreatcher e Cockey» disse leggera, dando un colpetto di incoraggiamento sulla gamba di Draco. «Elfi liberi, vero tesoro?» 

Visto che si credeva così bravo a raccontare storie, quello era davvero il momento perfetto. Lui però, dopo aver sbattuto un paio di volte di troppo le palpebre, si limitò a sorriderle.

«Ovvio. Potrei mai chiederti di diventare la padrona di due creature cosi amabili?».

Questa volta l’urlo di Kreatcher fu così alto che nemmeno la musica classica che era partita a tutto volume da un giradischi magico poté coprirla.

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** 15. L'air du désert ***


 

«Quella stupida, viscida, incompetente pennivendola! Oh, ma questa volta la lascerò rinchiusa in quel barattolo per l’eternità. Anzi no, la chiuderò in un barattolo, poi la spedirò a Charlie con gufo prioritario… voglio proprio vedere come si divertirà a farsi rincorrere da un Ungaro Spinato!» ringhiò Hermione, sventolando con rabbia la sua copia della Gazzetta del Profeta, mentre una nuvola di polvere le si agitava intorno.

«Ma cosa ti aspettavi dalla Skeeter? Ricordi che aveva scritto un libro scandalo su Silente?» chiese Ginny a mo’ di saluto, la copia della Gazzetta ben visibile davanti a lei.

«E visto la grandissima figuraccia che ha fatto, pensavo che avrebbe voluto redimersi. Senza contare che questa volta non sono in fuga e sa benissimo che potrei denunciarla come Animagus non registrato», rispose di rimando, battendo un piede in terra per la stizza.

«Dovresti ammettere che lo sapevi da anni, non mi pare una cosa buona, proprio all’inizio della tua campagna elettorale». 

«Sempre se non finisco ad Azkaban prima, secondo te questo è un ritratto di una donna forte e indipendente che si sta candidando a Ministro?».

«Non vedo lo sguardo perdutamente innamorato, in effetti», disse pigramente Ginny, prendendo in braccio James. «Guarda tesoro, zia Mione sta fumando. Ma lo fa con stile, sai?  Tu ancora non te ne rendi conto ma sei molto fortunato, hai per madrina una giovane donna che si muove con inusitata eleganza in un ambiente così tanto estraneo ai suoi più comuni natali…».

«Un amore tormentato, nato dalle ceneri del periodo più oscuro della nostra storia», citò a memoria la strega seduta sul tavolo della sala da pranzo dei Potter, intenta a bere un tè.

«Sono contenta che tu lo troviate divertente, lo sarà molto meno quando dovrò convincere Malfoy che non avevo torto», sbuffò di rimano, dando un buffetto al bambino che per tutta risposta gongolò soddisfatto. «Come mai qui, Andromeda?» .

«Al San Mungo oggi è giornata di raccolta fondi, tutti i Medimaghi primari devono stare lì a sentire le baggianate dei benefattori dell’Ospedale, facendo finta di trovarli interessanti. Ho già dato», rispose calma.«E poi speravo che venissi qui pausa pranzo, sapendo che oggi è il giorno di riposo della squadra di Ginevra, non volevo perdermi la scena».

«Ginny! Solo tu e Draco continuate a chiamarmi Ginevra, che problemi avete? »  rimbrottò la rossa di rimando. Poi rivolgendosi a Hermione, indicò Andromeda con un cenno della testa. «Chiedile come fa a sottrarsi da questi impegni. Avanti, chiediglielo!».

«Ho solo mezz’ora prima che Justin si presenti nel mio ufficio, dobbiamo rivedere il report trimestrale, non sono certa di volerlo sapere. Sono venuta qui solo per capire come vendicarmi».

«Ho mandato il mio assistente sotto Polisucco, lui si diverte tanto. E poi io entro l’ora di pranzo avrò già il mio assegno magico da incassare, a che serve perdere tanto tempo?» concluse invece Andromeda con un sorrisetto divertito. «Teddy è con Victoire alla Gringott, Bill è riuscito a ottenere un permesso per fari vedere loro le camere maledette sequestrate ai Mangiamorte, stanno ancora lavorando su alcune maledizioni».

«Non è illegale?». 

«Cosa? La Polisucco o le camere blindate? Per le camere blindate tranquilla, Bill sa quello che fa, non metterebbe mai in pericolo i bambini. Infatti quando George gli ha chiesto di poter andare gli ha risposto di no. Credo che abbia anche controllato un paio di volte che non abbia preso le sembianze di Teddy, prima di farlo entrare alla Gringott», commentò Ginny, richiamando un piccolo manico di scopa giocattolo.

«E per la Polisucco non preoccuparti, casualmente Miza perderà la memoria questo pomeriggio e penserà solo di aver fatto un lunghissimo turno», rincarò Andromeda, tranquilla come se stesse parlando di una cosa normalissima.

«Lasciate perdere. Allora? Come faccio a vendicarmi della Skeeter senza farmi beccare? Visto che siete così a vostro agio con queste cose…».

Andromeda la guardò con un ghigno. «Fatti ispirare dai tuoi nuovi amici. E se esageri, ricorda che puoi sempre dare la colpa… aspetta com’è che dice quella falsa bionda? Ah sì, allo stato estatico dell’amore».

«Se ti serve una mano posso lasciare James dalla mamma, vedrai sarà contenta, è convinta che non dovrei farlo volare così piccolo. Riesci a crederci? Ha cresciuto un addestratore di draghi, uno Spezzincantesimi, uno che ha passato un anno in clandestinità, la migliore giocatrice delle Harpies e hai il coraggio di dire a me che devo stare più attenta. Senza contare Fred e George, che come non siano finiti a Azkaban al secondo anno di Hogwarts è ancora un mistero. Certo, si può ancora vantare di Percy, ma onestamente anche lei si annoia quando racconta per l’ennesima volta di come ha organizzato tutto l’archivio del Ministero della Magia».

La lingua di Ginny era rotolata dolcemente sul nome del fratello, un tic involontario ogni volta che nominava Fred. Ogni anno che passava sembrava riuscirci sempre più facilmente, la foto dell’inaugurazione dei tiri Vispi Weasley che faceva bella mostra di sé nell’ingresso.

«A proposito di Fred, non ti facevo tipo da organizzare una partita di Quidditch» , continuò Ginny, dando un bacio alla guancia di James, prima di farlo salire sulla scopa a mezz’aria. «Ma sono certa che questo piccolino qui sarà felicissimo di vedermi arbitrare e fischiare tutti i falli al suo papà per il solo gusto di farlo arrabbiare». 

Partita di Quidditch? Fred? Ma di cosa stava parlando.

«Mi sa che questa cosa della collaborazione non sta funzionando proprio al meglio», sospirò Ginny, richiamando un rettangolo rosso e oro e facendoglielo volare in mano.

 

Trophy of Mischief: Torneo Fred Weasley

Prima Edizione

L’intero ricavato sarà devoluto per l’acquisto di scope da corsa per gli studenti di Hogwarts

 

«Mamma avrebbe preferito una borsa di studio per l’acquisto del materiale scolastico, ma George le ha detto che sarebbe stato un affronto per la memoria di Fred. Di suo ha aggiunto un grande party alla fine della partita alla sede di Diagon Alley dei Tiri Vispi Weasley. Ammetto di essere sorpresa, pensavo che desse di matto quando Draco gliel’ha proposto, sai ancora è piuttosto sensibile sull’argomento. Invece era entusiasta, meno quando Angelina gli ha fatto notare che non poteva lanciare una pioggia di caccabombe sugli spalti. A volte non capisco se si comporta così solo per il gusto di sentirsi ancora un ragazzino che…», una lacrima solitaria era scesa sulla guancia di Ginny,fino manine paffute del figlio che cercava di afferrarle una ciocca di capelli che le ricadeva davanti agli occhi. Poi però le labbra si tesero in un sorriso stanco. «Merlino, se sarebbe piaciuto a Fred!» 

«Già. E sai cosa gli sarebbe piaciuto ancora di più?» chiese di rimando Hermione, facendole una carezza sul viso. 

«Battere i fottuti Serpeverde?».  

«Battere i fottuti Serpeverde!» .

«Ehi! Io sono ancora qui, sapete?»  rise Andromeda, mentre James continuava a ridacchiare ottuti, ottuti. «E non sarò io a spiegare a Molly perché James sa tutte queste parolacce. Ora, se volete scusarmi, ho un appuntamento importante. Ah, Hermione un’ultima cosa…».

«Si?».

«Le cose a volte sono più complesse di quel che sembrano. Anche quando riguardano persone che odiamo»  commentò enigmatica, prima di sparire nel camino.

 

Hermione e Ginny rimasero a guardare le fiamme verdi.

Poi la rossa alzò le spalle, con noncuranza.

«Serpeverde. Non c’è niente da fare», disse infine Ginny scrollando le spalle. «Ah, e se mia madre te lo chiede, ovviamente è colpa di Harry».





 

Il pomeriggio era stato estremamente proficuo, contro tutte le sue aspettative. Justin non aveva fatto accenno alle sue foto che la ritraevano mentre leggeva un grosso tomo seduta davanti al camino del salotto di Malfoy, o a capotavola del grande tavolo di legno, incorniciata dalle peonie color champagne.

No, si era concentrato su fatti, numeri, statistiche. L’improvviso aumento del budget per il loro dipartimento, aveva dato loro un margine di manovra molto più ambio, ma era anche vero che avevano speso al meglio ogni centesimo necessario. Amalia si era unita a loro con un quaderno fitto di appunti e cose di cui discutere. 

E c’era un’altra cosa che rendeva quel pomeriggio davvero soddisfacente: il sapere di aver avuto un’idea assolutamente geniale per rendere pan per focaccia alla Skeeter. Non vedeva l’ora di avere notizie del piccolo regalo che le aveva mandato… d’altronde era stata lei a definirla una nuova icona di stile? 

E poi alla fine, proprio prima di uscire, Amalia si era fermata sulla porta.

«Sono contenta che si sia candidata, anche se mi dispiacerà non averla più come capo» disse, il viso coperto a metà dalla pila di pergamene che le volteggiavano intorno. «So che molti le stanno rendendo la vita difficile per la sua relazione, ma io sono contenta di vederla di nuovo felice».

Felice. Di nuovo. Ma cosa …

Per quasi non si strozzò con il caffè che stava sorseggiando soddisfatta per quel pomeriggio fruttuoso.

«Ancora con quell’intruglio? Ti rovinerai la cena». Con il suo sorriso più radioso- e indubbiamente falso- Draco scelse quel momento per fare il suo ingresso nel suo ufficio, con la stessa naturalezza con il quale sarebbe entrato nel salotto di casa sua. «Amalia, è sempre un piacere vederla, spero che Hermione non la stia facendo lavorare troppo».

«Lavoriamo il giusto, Malfoy. Tu come mai sei sempre in giro, invece?»  commentò secco Justin, chiudendo di colpo il faldone che teneva in mano. «Non è che stai cercando di seguire le orme di papino per insediarti al Ministero?». 

«Justin!»Hermione non poteva credere alle sue orecchie. Da quando Justin, il flemmatico, ragionevole e discreto Justin si era trasformato in quel modo?

«Non preoccuparti, Fitch Fletcher, ti posso assicurare che non spenderei neanche un’ora del mio tempo in questo posto. Hermione lo fa già abbastanza per entrambi, vero tesoro?» La voce di Draco era la quintessenza della noncuranza, lo sguardo grigio plumbeo che aveva imparato a riconoscere come Occlumanzia, mentre la mano con l’anello si piegava lenta e inconsapevole a pugno. «Spero che almeno sosterrai la sua candidatura, anche se poi dovresti rischiare di lavorare sul serio…». 

«Draco!» 

«Sempre più di te. E comunque ovvio che sosterrò la candidatura di Hermione, sperando che ti scarichi nel frattempo»,tagliò corto Justin, alzandosi e passando di fronte a Malfoy senza guardarlo. «A domani, Hermione. Cerca di non fare tardi» .

«Non ci conterei più di tanto», ghignò Malfo di rimando, mentre le orecchie di Justin assumevano una strana sfumatura violacea.

Quando la porta si chiuse con un tonfo sordo, il ghigno del mago non accennò a diminuire.

«Credo che il tuo caro collega si senta messo da parte, povero cucciolo» , commentò. «Forse non gli è piaciuto l’articolo della Skeeter, dì un po’ tu hai avuto modo di leggero? O eri troppo impegnata a fantasticare del tuo futuro da donna di potere?» 

«Ti diverti molto?»  sbuffò di rimando.

«Meno di quando tutta Hogwarts aveva la spilla Potter fa schifo, più di quando Blaise si è fatto la permanente magica e non riusciva a tornare al suo aspetto normale» , ridacchiò, scoccandole una lunga occhiata. «Anche se devo ammettere che sono colpito … rossetto inchioda lingua, Granger? Quando dovrebbe durare l’effetto? Non guardarmi così, ho le mie fonti al San Mungo… e per fonti intendo mia zia che non la smetteva più di ridere quando l’ha saputo, ci ha tenuto a mandarmi un Patronus per farmi sapere che non sei un tipo con cui scherzare» .

«Non hai le prove per dimostrare che sia stata io. E poi le poteva andare molto peggio, in questo momento poteva essere in viaggio per la Romania, non mi lamenterei se fossi in lei. Anche perché, in effetti, potrebbe avere seri problemi a farlo. Povera donna, con il vizio di succhiare sempre la piuma d’oca, davvero una pessima abitudine, specialmente visto che potrebbe averla sporcata con quel suo rossetto di cui parlavi. Hai detto rossetto, giusto?»  rispose con nonchalance alzandosi e richiamando il cappotto. «E a proposito di serpi, c’è forse qualcosa di cui devi parlarmi? Un qualche evento che hai organizzato? Una partita di Quidditch, ad esempio? O preferisci discutere del fatto che vuoi cambiare cognome?» 

«Per fortuna che le avevo chiesto di mantenere il segreto per qualche giorno, te ne avrei giusto parlato oggi. Prima dovevo avere il permesso di tutti i Weasley, sono tantissimi sai? Merlino, ogni tanto ne spuntava fuori uno! Persino il lampione con gli occhiali…» 

«Percy, si chiama Percy e lo sai benissimo. Lavora al corridoio affianco al mio, non dovrebbe essere stato così difficile trovarlo…» 

«Lo dici tu, questi piani sono tutti uguali. E non amo così tanto venire al Ministero, sai? A parte per vedere te, ovvio. Il che mi porta a ricordarti che dobbiamo davvero andare, sperando che quella brodaglia disgustosa non ti abbia guastato il palato» .

«E’ caffè etiope, Charlie me ne ha mandato una confezione quando è andato a fare una missione da quelle parti» .

«Si, lo so, è stato un incubo la connessione internazionale. Allora, vuoi muoverti?» 

«Non andremo in quel ristorante pretenzioso dell’ultima volta, vero? Ho voglia di cibo vero» .

Gli occhi di Malfoy brillarono. «Bugiarda, hai adorato la loro sogliola. E anche il dolce al caramello salato. Ma no, ho una prenotazione in un posto che sono certo non ti aspetterai. Per l’occasione ho fatto attivare una Passaporta, andiamo? Non preoccuparti, non serve il cappotto, stiamo andando al caldo» .

«Caldo? Malfoy, non pensare neanche per un momento di portarmi su quell’isola privata di cui cianci?»  

«So che vuoi vedermi con meno vestiti possibili, Granger ma no, nessuna isola privata», ghignò, allungandole la mano.

«E ripetere l’esperienza di casa tua? No, grazie»  rimbeccò, incrociando le braccia. «Non mi muovo se non mi dici dove stiamo andando, non mi piacciono le sorprese» 

«Chi l’avrebbe mai detto…»  lagnò Malfoy. « Ti do un indizio: è un posto caldo, è un posto magico e mi è stato raccomandato da qualcuno che conosci bene» .

«Harry?».

«Secondo te mi fido di Potter su certe cose?». 

«Andromeda?» 

«Piantala» 

«Allora Luna! Sei molto amico di Luna, vero? Io le voglio bene ma devi sapere che probabilmente ti ha parlato di un posto che non esiste». 

Malfoy sbuffò, tenendole di nuovo la mano e porgendole una tabacchiera d’argento.

«Allora, Granger? Davvero non sei curiosa? Non dirmi che hai paura…» .

Hermione sbuffò strappandogli l’oggetto di mano e posandolo in terra: «Ti piacerebbe» 

Poco dopo sentì il consueto strappo all’ombelico, mentre il mondo iniziava a girare vorticosamente.

Aprì di nuovo gli occhi, respingendo il consueto senso di nausea.

L’aria era insolitamente dolce e calda, con un odore che non aveva mai sentito prima, un sentore speziato e avvolgente come il vento che le accarezzava i capelli. 

Nessun Babbano avrebbe mai potuto vedere quello che stava vedendo lei in quel momento, e anche molti maghi non avevano mai avuto accesso a quella parte così rigorosamente controllata del Mondo Magico.

«Devo dire che Bill aveva ragione, dovresti vedere la tua faccia. Abbiamo anche il permesso per visitarle, in compagnia di un suo amico, ovviamente. Lo so che vorresti entrare e dimostrare a tutti quanto tu sia brillante, ma non mi pare il caso di beccarci una maledizione senza perdono vecchia di migliaia di anni, sei d’accordo?» .

Hermione annuì appena, gli occhi che brillavano per l’eccitazione: aveva passato ore con Bill a parlare di tutti gli incantesimi e le maledizioni dell’antico Egitto, divorando tutti i libri che le aveva passato.

Non era un posto elegante, non c’erano paparazzi in giro e mani pompose da stringere.

C’era solo una delle magie più antiche del mondo.

«Buon mesiversario, Granger. E come vedo, questa volta non sono fiori» .


 

 

«Da quanto hai stressato quel povero mago, direi che la sorpresa ti è piaciuta» .

Hermione finse di ignorarlo, così come il sorrisetto compiaciuto che aveva stampato in faccia.

«Non l’ho stressato, ho mostrato interesse, il che mi sembra un segno di rispetto. Meglio di te che sei stato in silenzio tutto il tempo»  rispose vaga, considerando che non persino lei non sarebbe riuscita a trovare le parole per contestare un’ovvietà del genere.

«Io stavo ascoltando, cosa che di solito è utile quando qualcuno ti spiega qualcosa. Per Salazar, hai passato anni a dirci di stare zitti durante le lezioni!» sbuffò, fermandosi sulla soglia dell’ingresso della grande tenda aperta, allestita poco distante.

«Come se tu fossi mai stato a sentirmi? Specialmente dopo che sei diventato Prefetto! Devo ricordarti quanti punti hai tolto a Grifondoro?»ribatté piccata, inchiodando a sua volta.

«Sei carina a non ricordarmi anche della Squadra di Inquisizione, sarà l’effetto dell’aria della piramide»  concesse lui con un lieve inchino della testa. «Comunque anche tu e Weasley non scherzavate, non sai quante volte ho dovuto chiudere Vincent e Gregory nel Dormitorio per non farci perdere troppi punti?» 

. «Pansy toglieva punti perché ci trovava sciatti!» 

«Credo che la motivazione esatta fosse abbigliamento non consono, ma sì il succo era quello. E come puoi darle torto? Potter si è messo la stessa cosa informe addosso per cinque anni! Senza contare quelle camicie a scacchi con la maglietta sotto».

«Felpa, si chiama felpa, Malfoy!».

«No, si chiama cencio informe.  Chiedi a Pansy la sua opinione professionale in merito».

«Disse quello che si è messo un completo anche quando sapeva che sarebbe venuto in gita nel deserto» .

«Pantalone, camicia e giacca non sono un completo, Granger, ne abbiamo già parlato» 

«Stai facendo della semantica» 

«E ti piace» , ghignò Malfoy soddisfatto. Poi dopo qualche secondo di silenzio, aggiunse. «Granger, dovresti davvero entrare, ho fame e vorrei evitare di dover passare il resto della sera in attesa che tu decida a entrare in questa stramaledetta tenda» .

Hermione alzò gli occhi al cielo, sbuffando. «Puoi smetterla con queste stupidaggini? Davvero, Malfoy? Davvero non puoi entrare prima di me? Pensi che sia una forma di rispetto?» .

«Penso che ho fame e che devi muoverti. E che sì, sto facendo una cosa carina perché mi hanno insegnato che non si entra in una stanza prima di una signora, specialmente se per te è importante. E visto che ho già ripudiato tutta la mia educazione, ti sarei grato se potessi farmi il piacere di lasciarmi almeno questo. Che dici, è così profondamente opprimente per te se ti cedo il passo per farti passare? Puoi sopportare questa terribile onta senza dover ogni volta creare un’occasione di dibattito?» .

«Possibile che tu debba essere sempre così melodrammatico?»  si esasperò lei di rimando, scalciando via le scarpe ed entrando finalmente nella tenda, dove al centro ardeva un piccolo braciere magico, dal quale saliva il fumo lieve e dolce del legno di agar. «Spero che non mi rovinerai anche la cena, non mangio niente da quando ho visto quel maledetto articolo» .

«Ah, quindi mi stai dicendo che avevo ragione? Che il tuo piano della Skeeter non era così brillante? Dovrei tatuarmi questa data» , chiocciò Malfoy, seguendola a breve distanza.

«Questo è ancora da vedere. Non avevi fame? Perché continui a blaterale?»  sbuffò Hermione, sedendosi comoda sul grande tappeto al centro, accanto a dei tavolinetti bassi su cui facevano bella mostra di sé diverse ciotole d’argento ricolme di cibo dal profumo speziato. Il tepore del braciere era davvero piacevole, nonostante il clima fosse decisamente più mite dell’Inghilterra, fuori l’aria iniziava a diventare sempre più fredda.

«Dì la verità, hai organizzato tutto questo per evitare che ti facessi il terzo grado sul torneo che hai organizzato senza dirmelo? » 

«Può darsi, o forse ho solo delle idee geniali.» 

«O volevi solo trovare un modo per risalire su una scopa da Quidditch. Ti prego, non dirmi che lo hai fatto perché vuoi di nuovo entrare la competizione con Harry per quello stupido boccino!»  chiese, assaggiando un boccone di ….

«Sembri Blaise»  rise Draco. «Sul serio, continua a dire che la cosa migliore che m è successa al sesto anno è aver smesso di perdere tempo con un, e cito testualmente, un gioco idiota per gente idiota» .

«Come dargli torto… se solo non fosse una primadonna con le manie di controllo sarebbe quasi una persona accettabile» .

Malfoy annuì: « E non lo hai mai sentito fare le sue affermazioni mattutine. Però non è cattivo, ha solo il suo modo del tutto originale di tenere ai suoi amici. » 

«Sarà…»  concesse Hermione, ben poco convinta.  Era strano scoprire che anche lui aveva una cerchia di amici, le sembrava strano pensare a Draco, Pansy, Theo e Blaise durante i primi anni di Hogwarts, quando il pensiero più angosciante era l’interrogazione della McGranitt. Aveva sempre visto Malfoy fare il bullo solo insieme a Crabbe e Goyle, al massimo andare ai Tre Manici di Scopa con la Squadra di Quidditch. «

«Si sente in colpa, per quello che ho fatto io intendo. Non lo ammetterebbe mai, ma Theo mi ha detto che spesso ha degli incubi» .

«Theo e Blaise vivono insieme? Non facevo Zabini tipo da avere un coinquilino» , commentò Hermione, ignorando la morsa che le aveva stretto lo stomaco.

«Granger, certo che a volte sei proprio ottusa…»  si limitò a commentare il mago, guardandola attonito. «Blaise e Theo stanno insieme. Ufficiosamente dal quarto anno, alla luce del sole dopo la morte del padre di Theo. Peccato essermi perso la festa che hanno dato, sai com’è, ero in attesa del processo e non mi sembrava adeguato.» 

«Cosa? Ma Theo è così carino, disponibile… come è possibile che stia da anni con quell’emerito imbecille?»  fu sua la volta di sgranare gli occhi, con il boccone a mezz’aria.

«Tu stavi con Weasley! »  rise invece Malfoy, versandosi un bicchiere di tè alla menta.

«E tu con quella stupida oca che vive in Francia!» 

«Avevo sei anni, Granger! Tu eri decisamente oltre l’età della ragione! Ci siamo dati un bacio, sulla guancia, e poi sua madre ha iniziato a preparare il matrimonio. » 

«E la tua? Non sarebbe stata contenta di avere tanti piccoli nipoti purosangue biondi che giravano per casa?»  rimbeccò.

«Sei fissata con questi bambini biondi, Granger. Sembri Cockey! Si può sapere cosa hai contro i capelli chiari, comunque? Ti ripeto… tu stavi con Weasley! Mai pensato a tanta piccola lenticchia dai capelli rossi che ti inseguono?» , rimbeccò lui con acrimonia.

Hermione rimase in silenzio, rimuginando tra sé. In realtà era stato uno dei motivi per cui la storia con Ron era finita: Ron aveva sempre detto di volere una famiglia numerosa, chiassosa come quella in cui era cresciuto. Eppure lei a volte si sentiva soffocata dalla sua famiglia, dalle aspettative, persino dal loro amore. A volte l’unica cosa che avrebbe voluto durante quelle cene di famiglia in cui tutti si riunivano alla Tana era di andarsene urlando.

«Argomento sensibile, vedo.»  commentò Malfoy, diventando improvvisamente serio. «Però devo ammettere che i figli di Bill e Fleur sono simpatici, specialmente la piccola rossa che assomiglia pericolosamente a Pansy.  Anche se Teddy è palesemente innamorato di Victoire, dopo Samhain ogni volta che lo vedo non fa che parlarmi di quanto sia fantastica» .

«Halloween» , lo corresse automaticamente Hermione, strappandogli un sorriso divertito.  Il pensiero di Teodie le aveva però fatto venire in mente lo strano commento di Andromeda. «Tua zia oggi ha detto una cosa strana, mi ha detto di non farmi ingannare dalle maschere di Lucius.  Sai a cosa si riferisce?» 

Malfoy alzò le spalle «Potrebbe essere quella da Mangiamorte costretto dall’Imperius, quella da padre premuroso, o quella da uomo che fa vita ritirata che fa adesso, vai a sapere, ne ha talmente tante. Te l’ho già detto, ha i geni dei Black, nonostante tutto, non puoi mai sapere cosa giri loro in testa. » 

«Gli stessi geni che hai tu, evidentemente. E’ per questo che vuoi cambiare il tuo cognome?»  chiese lei, pulendosi le dita nella ciotola con l’acqua calda e petali di rosa che erano apparse davanti a loro.

Di nuovo Malfoy sembrò rabbuiarsi, un’ombra plumbea che gli cadeva sugli occhi. «Ho passato la mia vita a cercare di essere come mio padre, Granger, volevo che fosse fiero di me. E tutto quello che ho ottenuto è diventare un mostro, ed è questo che la gente vede quando mi guarda. I miei genitori sono riusciti a tirarsi fuori da tutto, hanno ristabilito la loro posizione sociale, continuano a comportarsi come se non fosse tutta colpa mia quello che è successo a Hogwarts. Il settimo anno è stato terribile»  la voce si abbassò ancora. «Rivedevo Silente che moriva nel loro sguardo, la Sala Grande devastata in tutti i loro gesti, l’accusa in ogni loro urlo. Se quei folli erano a capo della scuola, se gente con cui fino all’anno precedente sentivo scherzare davanti a una burrobirra veniva cruciata e torturata era solo colpa mia. Dopo aver visto la Burbage divorata sul tavolo della mia sala da pranzo non sono più riuscito neanche a passare davanti all’aula di Babbanologia, mi sembrava di vedere il suo corpo martoriato dalle spire di Nagini che mi giudicava.» 

Cosa avrebbe mai potuto dirgli? Lei che era stata dalla parte giusta, costretta a fuggire, a patire la fame, a passare notti insonni per paura di sentire passi di Mangiamorte o dei Dissennatori, non aveva niente che potesse sollevarlo da quella colpa. Frugò nella borsetta che si era portata dietro, trovando quello che cercava proprio in fondo, dietro il faldone sui Wendigo e le fiabe di Beda il Bardo che si portava sempre dietro.  Lo sentì con le dita, ancora prima di vederlo, il metallo freddo inciso sotto i suoi polpastrelli.

Lo tirò fuori, posandolo accanto alla mano di Malfoy, che si moveva nervosa aprendosi e chiudendosi.

Un piccolo stemma dorato, con una grande P incisa sopra.

E sotto, a caratteri eleganti, nella calligrafia chiara di Albus Silente.

Hermione Granger, Grifondoro.

«I mostri non salvano una cosa del genere dalla distruzione. Perché l’hai fatto?» 

Le lunghe dita di Malfoy tamburellarono vicino allo stemma, sfiorandolo appena, mentre le labbra si tendevano in un sorriso amaro.

«Quella sera… la sera in cui ho fatto entrare Greyback e gli altri a Hogwarts… mi hai quasi beccato sai? Ti ho vista passare nel corridoio, ho intravisto lo stemma e mi sono nascosto. Sai, ho pensato davvero di lasciar perdere, di farmi beccare. Un’idea stupida, lo so. In fondo Severus si era proposto mille volte di aiutarmi, ma pensavo… no lo so a cosa pensavo Granger, l’unica cosa che avevo in testa era il terrore che Il Signor Oscuro lo considerasse l’ennesimo fallimento, che avrebbe ucciso me e i miei genitori in maniera orribile. Ma per un attimo ci ho creduto, sai? » 

«A cosa?»  chiese Hermione.

Draco si girò finalmente a guardarla, così vicino che poteva sentire il suo profumo freddo e avvolgente.

Si chinò verso di lei, senza toglierle neanche per un attimo gli occhi di dosso, sentiva il suo sguardo attraversarla, scivolarle sulla pelle come una carezza.  Era come quella sera di fronte al ghirigoro eppure al contempo era del tutto diverso, or a sembrava aver fatto crollare quel muro plumbeo che la chiudeva fuori.

«Che salvassi anche me»  le mormorò sulle labbra, permettendosi finalmente di toccarla, toccandole appena lo zigomo con dita leggere.

Forse era per l’odore di patchouli e gelsomino che riempiva l’aria, o forse per il cielo stellato come mai aveva visto, o forse l’adrenalina che ancora le scorreva addosso per l’esclusiva gita all’interno della piramide più maledetta d’Egitto. Era tutto quello o forse solo il fatto che lui era lì, così vicino dal sentire il suo calore, e la guardava come non aveva fatto più nessuno da tanto tempo. O forse era solo perché le parole solo lavoro le rimbombano ancora nelle orecchie, inconsistenti con lo sguardo che aveva ora.

E così, qualunque fosse la spiegazione logica che in quel momento le sfuggiva, quando le labbra di Malfoy si chiusero sulle sue non si ritrasse, non scappò e non ebbe neanche voglia di mettere mano alla bacchetta.

Aprì le labbra, approfondendo il bacio, la mano di Malfoy che si muoveva lenta sulla sua nuca.

Si staccarono appena per riprendere fiato, ancora ansanti.  E poi lo vide, alle spalle di Draco, il mago che li aveva accompagnati che li fissava con uno sguardo indecifrabile.

«Cazzo» ,mormorò solo Malfoy a voce talmente bassa che sembrava parlare più a sé stesso che a qualcun altro, alzandosi di fretta, senza aggiungere altro.

«Almeno voi avete ancora i vestiti addosso, non è stato lo stesso con Bill e Fleur. In ogni caso, è ora di andare, la vostra Passaporta vi sta aspettando»  disse guardandoli con un sorrisetto. «Merlino, ma nessuno si ricorda di lanciare un incantesimo dissimulante prima?» 

Era quindi questo il motivo per cui l’aveva baciata? Solo perché la stavano guardando?

Eppure c’era stato qualcosa nel suo modo di sfiorarla, di cercare le sue labbra voraci.

Cosa diavolo nascondeva Draco Malfoy? E perché diavolo aveva risposto al bacio, per Godric Grifondoro?

E, soprattutto, ora lei come ne usciva?

 

 

 

 

 

Bump.Bump. Bump.

«Arrivo! Per la miseria, ma chi diavolo è a quest’ora» .

Blaise aprì di scatto la porta, furioso. Era nel bel mezzo di un litigio con Theo, durante il quale stava decisamente vincendo, rinfacciandogli quella volta in cui aveva baciato al sesto anno Edward Burke dopo aver bevuto sette burrobirre di seguito per aver perso una scommessa e lo infastidiva parecchio dover interrompere il suo appassionante discorso. Dove diavolo erano andati a finire gli elfi domestici di Theo?

Gli bastò un’occhiata per capire che c’era qualcosa che non andava, molto più di quello che aveva pensato. Draco era pallido, persino più del solito, i capelli insolitamente scomposti. E, soprattutto, aveva di nuovo quello sguardo perso negli occhi.

«Theo! Prendi il whisky incendiario stravecchio, Draco ha fatto una cazzata!»  urlò, abbastanza forte da essere sentito anche dal lato opposto di Nott Manor, nonostante Theo fosse solo nella stanza accanto, intento a ricordargli che erano in pausa di riflessione al tempo.

«Sì ho visto l’articolo, mi sembra un po’ banale ma niente che non si può risolvere» , disse pigro Theo, apparendo sulla porta. La tranquillità però scomparì all’istante, appena vide l’amico. « Si può sapere cosa hai fatto?» .

Draco sospirò passandogli davanti e afferrando al volo la bottiglia di whisky incendiario gran riserva che volteggiava a mezz’aria. La stappò e ne bevve un lungo sorso, prima di accasciarsi sulla sedia. «Ho baciato la Granger» .

Blaise e Theo si scambiarono un’occhiata, a metà tra l’incredulo e il preoccupato.

«Cazzo», fu l’unica cosa che riuscirono a dire all’unisono. Poi Theo si avvicinò al camino, c’era solo una persona che poteva riuscire a far ragionare Draco quando era in quello stato.

Pansy Parkinson.



Ehm. Sì, siamo al primo bacio, che immagino non fosse proprio come ce l'eravamo immaginato. Ma cos'altro pretendevamo da questi due zucconi?
E no, non hanno neanche bisogno di bere per far cadere le barriere, se solo si parlassero...

Chiedo scusa per la lunghezza del capitolo, prometto che dal prossimo saranno più corti! Anche perché ci avviciniamo alla conclusione ( cosa? sento un "finalmente, aveva detto massimo 15 capitoli" in lontanza? EHM... non sento bene).
Ci vediamo il 30!
Baci 
FLo
ps. Ovviamente non ci sarà solo zucchero nei prossimi capitoli, i Serpeverde sono drama queen nel cuore <3.
 

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Capitolo 16
*** Cambio di prospettiva ***


 

«É così da quando è entrato. Ha borbottato qualcosa sull’aver baciato la Granger e poi è sprofondato su quella poltrona senza dire una parola. Dì un po’ non è che gli hai fatto qualche maleficio?»,  bisbigliò Theo a Pansy, ben attento a non farsi sentire da Blaise che li guardava con aria bellicosa.

«Non ultimamente», rispose Pansy, avvicinandosi a Draco, seduto sulla poltrona accanto al camino, con la testa tra le mani. Gli tocco la fronte con un dito, dandogli un colpetto. «Davvero hai baciato la Granger?».

L’unica risposta che ebbe fu un lamento.

«E non ti ha picchiato?»  domandò in tono curioso, accoccolandosi a gambe incrociate sul tappeto a pelo lungo.

Mugugno che sembrava un no.

«Maledetto?».

Verso simile.

«Insultato?».

Sbuffo.

«Perché?».

«Perché non l’ha insultato o perché l’ha baciata?», domandò Theo, sedendosi accanto a lei, cercando di scrollare la statua depressa in cui sembrava essersi trasformato il suo amico d’infanzia.

«L’ha baciata perché è un idiota! L’avevo detto o non l’avevo detto io che era una pessima idea? Io lo sapevo! Ma voi no, tutti a dire che non sarebbe successo niente!»  recriminò Blase, squadrando entrambi con risentimento. «Perché di tante donne deve proprio essere innamorato non solo di una Grifondoro nata babbana, ma proprio di quella Nata Babbana?».

«Ma come sei diventato educato, ora sai anche dire Nata Babbana» replicò piatta Pansy.«Theo è innamorato di te, pur conoscendoti da più di vent’anni e io ancora non me lo spiego».

«Neanche io, a dire la verità», aggiunse Theo, mentre cercava di togliere la bottiglia di whiskey dalle mani di Draco.

«A me piace Theo. Alla Granger non piace Draco, e credo che su questo chiunque abbia un minimo di  capacità di comprendere fatti semplici può essere d’accordo con me. Andiamo, stava con Weasley! Weasley,capito? E non quello figo».

«Chi sarebbe quello figo, scusa?» interruppe Theo, squadrando.

«Quello che non stava con la Granger!» sbottò Blaise. Poi si rivolse all’amico. «Draco, ti stai comportando come un ragazzino alla sua prima cotta. L’hai baciata, per la miseria, cosa hai dodici anni?  Comportati da uomo e fai finta di niente. O dì che hai perso una scommessa».

«Credo che tu debba seriamente rivedere il tuo concetto di comportarsi da uomo, Blaise», ringhiò Theo.«Senti, non credi sia il caso di smettere di lanciare allusioni? Mi pare evidente che non le recepisca». 

«O forse è qualche stupida usanza Grifondoro che la frena dal darti un epico due di picche», celiò Blaise, alzando il bicchiere ricolmo di liquido ambrato. «O, semplicemente, ti sta usando per raggiungere il suo obiettivo, come una persona ragionevole. Il che, ad essere onesti, me la fa piacere decisamente di più». 

«Giusto per curiosità, perché devi pensare male di tutti?».  

«Perché raramente si sbaglia. Vi ricordate che io vi avevo detto che la Umbridge era una stronza folle che compensava il suo essere una dannata Mezzosangue?». 

«E tu ti ricordi che ti sei limitato a dirlo e ad aggiungere che la cosa non era degna della tua preziosa attenzione?» replicò Theo, scoccandogli un’occhiataccia, riuscendo però solo ad ottenere un’alzata di spalle indifferente.

«Vero, ma non cambia il fatto che ve l’avevo detto, allora come adesso. Possiamo concentrarci, per favore? Volete ammettere che tutta questa storia era un fallimento sin dall’inizio?» sbuffò.

«Per un bacio? Neanche l’avesse messa incinta, per Merlino», commentò Pansy.

«A proposito…Non vuole bambini biondi, l’ha detto, era in quell’articolo di quell’altra fuori di testa? Bambini biondi mezzosangue con i geni di Granger e quelli di Draco. Riuscite a immaginare che incubo? Già me li immagino: competitivi, vanitosi, secchioni, saccenti, lamentosi… Per Salazar, sarebbero un incubo a cui non voglio neanche pensare!». 

«Onestamente non credo che il problema sia il colore dei capelli», si lasciò sfuggire Theo, rimediando una gomitata da Pansy che lo fece cadere sul fianco. «Ehm, volevo dire che è presto per pensare alla crisi isterica della McGranitt vedendo sul libro il nome Granger-Malfoy».

«Se riesce a non farsi venire un infarto all’idea di avere una combo Potter-Weasley… io fossi in lei mi fingerei morta e chiuderei la scuola appena il piccolo Potter compie undici anni», commentò Pansy.

«Potrebbe durare molto, se fossero con i Weasley? Cosa fai chiudi Hogwarts per vent’anni?».  

«Dannazione! Possibile che io vengo qui con un problema e voi vi mettete a battibeccare e a parlare del nulla?». Draco si alzò di scatto, iniziando a camminare nervoso avanti e indietro per la stanza.

«Visto? Non è rotto, è solo un po’ ammaccato. Basta nominare Potter e magicamente torna in sé»  sottolineò la strega, spingendosi all’indietro sulle braccia tese e fissandolo. «Draco, parliamoci chiaro, io ti ho sopportato e perdonato quando stavamo insieme e tu eri innamorato di una che girava con i capelli di un Demiguise. Lo capivo? No, onestamente ho pensato che fossi caduto troppe volte dalla scopa o che fosse una fase, come quella in cui Theo era innamorato del frontman dei Weird Sister».

«Lo eri anche tu, Pansy. Comunque io puntavo su Potter, ne era letteralmente ossessionato», si limitò a commentare Theo, assumendo la stessa posizione di Pansy, che lo ignorò. 

«Ti ho sopportato e perdonato quando hai deciso di fare la vittima e di essere il più colpevole di tutti, una sorta di Potter al contrario, tanto per essere in tema. Ho passato mesi e mesi con te che ti eri rifugiato in quella dannata casa in un buco dimenticato da Merlino, rifiutandoti persino di farti vedere. E ti sono venuta a trovare al San Mungo ogni giorno, quando .. beh, lo sai».

«Giusto», concordò Blaise, bevendo un lungo sorso in segno di approvazione. «E tua zia non è affatto una persona simpatica, ha minacciato di trasformarmi in uno dei vaso di fiori all’ingresso».

«Ti ho supportato quando hai deciso che era giunto il momento di fare ammenda, seguendoti in quest’assurda idea di farla diventare Ministro della Magia.»  continuò la ragazza, alzando un dito affusolato prima che Draco potesse dire qualsiasi cosa. «E ti ho sopportato quando mi hai chiesto di non dare di matto dopo quell’assurda scena al Ballo di Natale, grazie alla quale il mio stupendo abito è passato in secondo piano».

«Ho visto le donazioni alla campagna che sono arrivate, non la definirei assurda», si intromise Theo, allungando le gambe sul tappeto e appoggiandosi alla con la schiena alla base della poltrona.

« E sai una cosa?», continuò Pansy,  come se fossero solo ronzii di sottofondo.

«Hai capito che era una pessima idea?Complimenti, Parkinson. Dieci punti a Serpeverde», celiò il moro, con un sorriso soddisfatto.

«Non sei mai stato un Prefetto, non puoi dare punti», replicò piatto Theo, che sembrava chiedersi dove diavolo dovesse andare a parare Pansy. «E non capisco perché ce l’hai tanto con la Granger! L’hai visto anche tu, ha un potenziale enorme quando non si perde in descrizioni accademiche. E anche all’Experimentum, credimi,  pendevano tutti dalle sue labbra dopo un po’». 

«Quella era bava di noia, Theodore. Io non ce l’ho con la Granger, io ce l’ho con la persona irreale di cui Draco crede di essere innamorato perché pensa che in qualche modo questo possa purificarlo dal suo passato. E sai benissimo che non funzionerà. Non avrebbe funzionato dieci anni fa, non funzionerà ora e non funzionerà tra …», iniziò Blaise, ma le parole sembrarono improvvisamente incapaci di uscirgli dalla gola.

«Sto parlando Zabini, impara ad aspettare il tuo turno», sibilò Pansy, poi si girò di nuovo verso Draco, posando la bacchetta di nuovo in terra accanto alle gambe. «Stavo dicendo… Sono anni che sopporto i tuoi capricci e ti sono accanto. E lo faccio volentieri, perché ti voglio bene, te ne ho sempre voluto. Ma quella ragazza… Merlino, Draco per una volta abbiamo davvero la possibilità di fare qualcosa di buono anche noi. Sono stufa di maghi anziani che mi guardano dall’alto al basso solo perché sono giovane e donna. Shacklebolt è stato bravo, ma non si può ricandidare… vuoi davvero che il prossimo Ministro della Magia sia il burattino di Alistair? O di tuo padre, addirittura? Alla festa erano stranamente vicini, non vorrei stessero architettando qualcosa insieme».

«Non mi stupirei più di tanto», sbuffò Draco, lasciandosi cadere in terra di fronte agli amici, a gambe incrociate. «Quindi secondo te dovrei fare finta di nulla? Dirle che era solo una finzione?». 

Pansy alzò gli occhi al cielo. «Devi smetterla di comportarti da idiota, Draco. Prendi una decisione, ma pensa anchea noi, per una volta», aggiunse a voce bassa che sfumo in silenzio. Poi si sporse in avanti, piegando le gamme e abbracciandole, con un sorriso stanco. «E poi vuoi mettere la possibilità di vestirla per la copertina dedicata al primo maestro della Magia Donna in tutta la Storia del Mondo Magico?» .

Draco tese le labbra in un sorriso amaro. «Ti interessa anche un torneo di Quidditch?». 

«Un che?», chiese improvvisamente spiazzata, mentre Blaise, che sembrava aver ritrovato in parte la funzionalità delle corde vocali, emise un grugnito di disapprovazione.

Theo afferrò al volo il cartoncino vermiglio che volteggiava verso di loro, ghignando prima di passarlo a Pansy.

«Io l’avevo detto che è fissato con Potter!».

«Perché sono venuto qui? Io lo sapevo che sarei dovuto andare da Luna, lei almeno non mi avrebbe tormentato. Siete pessimi amici, lo sapete, vero?», sbuffò Draco, guardandoli fintamente offeso.

«No, non è vero. Siamo i migliori. E sarà meglio che tu prenda quel dannato boccino, per una volta», replicò Pansy. Poi aggiunse.«E vedi di sistemare questa cosa con la Granger, non sono disposta a far fallire i miei piani ancora una volta per qualcun altro».






 

Dalla sera in Egitto era già passata una settimana e di Malfoy neanche l’ombra. Le aveva mandato un biglietto in ufficio, scusandosi di dover partire per degli impegni improvvisi e inderogabili, il che iniziava ad assomigliare fin troppo ad uno schema, sicuramente con l’unica intenzione di farla irritare. Ogni volta che sembrava davvero impegnarsi per fare una cosa carina, ogni volta che si apriva e sembrava una persona normale, piacevole addirittura, poi spariva, così come quando non si presentava mai a colazione quando era rimasta a dormire a casa sua.

Al contrario, quando doveva pontificare, lamentarsi o inveire contro le sue scelte era stranamente sempre pronto a irromperle in casa o in ufficio. 

E poi certo, c’era stato il bacio. Questa volta non era stato come al suo compleanno, quando aveva fatto solo finta di baciarla. Lo aveva fatto sul serio, sentiva ancora le sue mani sul viso e il suo respiro addosso. 

No, non voleva pensarci.

Non voleva pensare ai suoi occhi grigi, alle sue labbra morbide e calde, al modo in cui le sue mani danzavano girandosi i suoi capelli tra le dita. E soprattutto non voleva pensare di averlo trovato estremamente naturale.Non voleva pensare che si era sentita a suo agio, e, soprattutto, di aver desiderato di baciarlo a sua volta.

Non c’erano state foto di quella sera, nessuna indiscrezione uscita sui giornali.

L’unico commento era stato quello di Ginny, che le aveva chiesto se fosse successo qualcosa di particolare, con l’aria di chi la sapeva lunga. E quando aveva sentito la sua stessa voce rispondere che no, era andato tutto come al previsto, anzi avevano deciso di chiedere all’ex capo di Bill in Egitto un endorsement e la promessa di andare ad Hogwarts a parlare ai ragazzi dell’ultimo anno, che aveva capito che, in realtà per lei non era cambiato nulla, non doveva cambiare nulla, non ora che era così vicina all’obiettivo.

La verità era che era stufa, stufa di uomini che si comportavano da ragazzina, stufa di stare dietro ai cambiamenti umorali di un’altra persona. Aveva passato tutta la sua vita adulta a preoccuparsi di cosa pensavano gli altri, ad adattarsi in modo da fare sempre la cosa giusta, dire sempre la cosa giusta, essere la mente razionale. La brava Hermione Granger, così intelligente.

Ormai si era ampiamente scocciata, era ora di smetterla, che fossero gli altri ad ammorbidire gli spigoli per venirle incontro. Malfoy voleva continuare a comportarsi come un personaggio di uno Young Adult di serie B? Peggio per lui, di certo non gli avrebbe dato la soddisfazione né di chiedergli spiegazioni né di andarlo a cercare. Perché l’aveva capito benissimo, che quel bacio non era stata l’ennesima trovata pubblicitaria.

Per quei motivi, quando Malfoy si era degnato finalmente di presentarsi alla casa di Hogsmeade, vestito di tutto punto e con lo sguardo plumbeo, che ormai aveva imparato a riconoscere come segno di Occlumanzia, aveva fatto finta di niente, continuando a parlare con Dean dell’organizzazione degli ospiti per il torneo dedicato a Fred.

«Oh, Draco, non ti avevo sentito arrivare», aveva commentato Hermione con un sorriso, godendosi internamente il muscolo della mandibola di Malfoy che era sfuggito al suo controllo quando aveva visto il Grifondoro. Poi tubò. «Dean trovo la tua idea davvero geniale, vero Dean? E visto che si occupa dello Sport per la Gazzetta ha stilato una lista di speaker che si daranno il cambio, oltre Lee Jordan, ricordi Lee vero?». 

«Mpf», sbuffò Dean, il quale di certo non aveva usato il termine geniale, specialmente per nulla che fosse riferito a Malfoy. Ma visto l’entusiasmo che tutti gli altri avevano dimostrato, George in primis, aveva cercato di dare il suo contributo al meglio, o almeno era quello che sicuramente credeva.

«Ho già i miei contatti, grazie Thomas», sibilò Draco di getto. Poi sembrò riprendersi, e con un sorriso forzato aggiunse «Ma ovviamente se Hermione preferisce che te ne occupi tu…». 

«Tu hai già così tanto a cui pensare, non vorrei ti stancassi troppo», continuò implacabile. «Sei sicuro di voler giocare? Non vorrei che ti facessi male, dopo tanti anni.Sai la vita sedentaria…».

«Tranquilla, io mi mantengo in forma, al contrario di qualcun altro» tubò e lanciò un’occhiata malevola a Dean, aggiungendo con un ghigno. «E tu dovresti saperlo bene, ci hai visto entrambi senza vestiti».

La vena. quella dannata vena, che ricominciava a pulsare. Questa volta, però una parte dentro il suo cervello fece click prima di minacciare solo violenze.

«Già», si limitò a commentare laconica, mentre quello di Malfoy si spegneva lentamente. 

«Io devo andare», tagliò corto Dean, dileguandosi alla velocità della luce, mentre lei si godeva tutti quei piccoli segni di nervosismo che aveva imparato a riconoscere.

«Tè? Ti offrirei del caffè, ma mi sembri nervoso», chiese con voce soave, mentre le fiamme del camino si spegnevano.

«C’era davvero bisogno di farmi fare la figura dell’idiota?» sibilò Malfoy.

«Guarda che hai fatto tutto da solo, anche se più che idiota mi sei sembrato un ragazzino dell’asilo.. e non ti azzardare a dire che non sai cos’è l’asilo, perché te l’ho già spiegato!»  rimbeccò.

«Sì quell’assurda storia di bambini costretti a stare ore fuori casa perché i genitori sono troppo poveri per occuparsi della loro educazione!». 

«Se preferisci ti racconto quell’assurda storia di quei genitori così ricchi da rendere il loro figlio un emerito idiota!»  rimbeccò Hermione, mentre sentiva la rabbia montarle dentro. 

«Sei diventata spiritosa, Granger, i miei complimenti!  Che dici possiamo aggiungerlo al tuo curriculum? Strega più brillante della sua generazione e aspirante comica, tanto te ne inventi una al giorno e io devo raccogliere i pezzi».

«Io me ne invento una al giorno? Tu hai organizzato un evento  in memoria di un mio  amico, un mio compagno di Casa, una persona con cui ho passato le estati…».
«Per Merlino, non cominciare con la lagna delle estati passate in quel buco dimenticato da Salazar, con gli gnomi che infestavano il giardino, ci scommetto quello che vuoi».

«Si può sapere perché ti da tanto fastidio? A volte mi viene da pensare che ti sarebbe piaciuto essere un Weasley, sai?». 

«Sei matta, Granger? Io un Weasley? E cosa dovrei invidiare loro, dimmi! La mancanza di spazio?Le lentiggini? La povertà?».

«Però vuoi cambiare cognome. Un’altra cosa di cui ti sei dimenticato di parlarmi…». 

«Come se ti importasse. Qual è il tuo problema, Granger?». 

«Tu! Sei tu il tuo problema, tu e la tua dannata psicopatia! Un momento prima sei dolce, ti apri, sei vulnerabile…e quello dopo sparisci, fatto salvo presentarti e insultare i miei amici!  Dean sta facendo del suo meglio, per lui non è facile.Sai che è dovuto fuggire perché non sa se suo padre fosse un Babbano?». 

«E ovviamente da la colpa a me, mi pare normale. C’è qualcos’altro di cui tu e i tuoi amici eroi volete accusarmi?  Della cicatrice di Potter? Del buco dell’ozono? Di quanto fanno schifo i Cannoni di Chudley?», sbottò allargando le braccia esasperato.

«Ma chi se ne frega dei… », iniziò poi si bloccò di colpo. «Com’è possibile che tu sappia che cos’è il buco dell’ozono?» .

Malfoy sembrò perdere le parole, poi mise su un broncio «Lascia perdere, eravamo al punto in cui tu stavi dicendo quanto fosse meraviglioso il tuo ex…». 

«Dean non è il mio ex, siamo solo stati a letto insieme un paio di volte».

«Il che fa di lui il tuo ex». 

«Tanto quanto la spocchiosa che vive in Francia… com’è che si chiama? Gabrielle?» 

«Coraline. E avevo sei anni!» 

«Che negli anni dei Purosangue corrisponde a diciotto, a quanto pare». 

«Torniamo al fatto che ti stesse facendo la corte, ben sapendo che sei fidanzata con me». 

«La corte? Chi diavolo parla così?Ma si può sapere che ti prende?Non dirmi che sei geloso sul serio!».

Lo vide tendersi, come se lo avesse colpito con uno stupeficium, ma rimase in silenzio, teso come una corda di violino.«E abbiamo già parlato del fatto che non devi permetterti di dirmi con chi e come parlare».

«E se anche fosse?» disse infine. «Dannazione, Granger, e io che ero venuto qui a chiederti di uscire… e ti trovo con quello stupido con troppe lentiggini che si pavoneggia». 

«Scusa, se cerco di rendere una tua idea memorabile».

«Lo è già». 

«E no, non ho tempo di andare in giro a farmi fare qualche foto tanto per finire sulla pagina mondana della Gazzetta. O andare a qualche pomposo ricevimento di cui non mi hai avvisato. Ricordatelo: se non è sulla mia agenda da almeno una settimana non esiste».

«Tu e la tua dannata mania di organizzazione! Non sai dove sta di casa la spontaneità! Sei uguale a …». 

«Non osare dire che sono uguale a tua madre!». 

«Ma lo sei! E come lei non stai mai a sentire. Ti ho detto che volevo chiederti di uscire, non di avere un appuntamento!». 

«E allora dove vorresti andare? A Oxford Circus?»  chiese la strega con aria di sfida.

«Cos’è un Oxford Circus?».

«Un posto molto famoso di Londra Babbana dove impazziresti dopo cinque secondi» .

«Non sono impazzito in questa conversazione, dubito che potrei farlo in un circo». 

«Non è un … Malfoy, arriva al punto. Ci sono persone tra noi che hanno anche un lavoro e non hanno pause pranzo infinite».

«Io invece passo il tempo a pettinare i Demiguise..» 

«Malfoy!».

«Granger, sei sorda? O vuoi rendermelo ancora più difficile? Forse dovrei dare retta a Blaise…». 

«Non so su cosa, ma dare retta a Zabini mi sembra un’idiozia a prescindere».

«Mi ha detto di fare finta di niente».

«Di fronte ai suoi discutibili modi? Comprensibile da parte sua».

«No, di fare finta di niente con te».

«Difficile, visto che non riesci a tenere la bocca chiusa cinque minuti. Non ci sei mai riuscito».

Malfoy alzò gli occhi al cielo. «Per Salazar, Granger e io che pensavo che fosse Weasley quello idiota… dì la verità anche lui l’hai fatto patire così prima di accettare?» .

«Di accettare cosa?».

«Per Merlino, Granger… di uscire!». 

Hermione sbatté le palpebre perplessa, chiedendosi se i commenti di Harry sul fatto che usasse dell’acqua ossigenata troppo forte e che gli fosse penetrata nel cervello non fossero veri. «Da dove? Dalla Gringott? Beh, diciamo che non avevamo molta scelta».

«Dimmi la verità, lo stai facendo apposta. Lo fai per punirmi di quella volta che ti ho incidentalmente engorgiato i denti».

«Engorgiato non è una parola e non lo chiamerei incidente, visto che volevi colpire Harry e Ron». 

«Il che ricade nella definizione di incidente. Ed engorgiare significa colpire con engorgio, quindi è una parola».

«Non decidi tu cosa è o non è una parola. Vuoi davvero che richiami un dizionario, cerchi la parola e te lo dia in testa per dimostrarti che non esiste?». 

«Vorrei solo che tu la smettessi di comportarti come se non avessi capito che ti sto chiedendo di uscire insieme e tu mi stai facendo rimpiangere di non essere caduto dalle scale il primo giorno in cui sono arrivato a Hogwarts, spaccandomi la testa e facendomi spedire a Durmstrang», sospirò Draco esasperato, guardandosi intorno alla ricerca di chissà che cosa. «Giuro su Merlino che non ho mai dovuto faticare così tanto in vita mia per chiedere un appuntamento ad una ragazza. Ragazza che mi dicono sia molto intelligente. E per di più dovrebbe essere già la mia fidanzata. E che mi ha già baciato».

Come ha fatto Ron.

Uscire insieme.

Appuntamento.

Già baciat…

«Guarda che sei stato tu a baciarmi per primo! Io…». 

«Tu non mi pare che ti sia tirata troppo indietro, e, come hanno giustamente puntualizzato i miei amici non mi hai neanche maledetto, pietrificato o rovesciato in testa la cena è abbastanza indicativo del fatto che non ti sia dispiaciuto del tutto, anche senza contare che mi hai messo la lingua in gola», sbuffò come un bambino a cui avevano appena criticato il suo disegno preferito.

«Riflesso condizionato», rimbeccò automaticamente, mentre il suo cervello iniziava a lavorare a velocità doppia.«Quindi stai ammettendo che mi hai baciato perché lo volevi?» 

«A meno che  tu non mi abbia versato nel karkadè qualche pozione inodore, insapore e con effetti prolungati, direi proprio di sì». 

Silenzio, mentre i pro e contro si affastellavano nella mente di Hermione.

Contro- è immaturo, irresponsabile, mi ha sempre trattato come un essere inferiore

Pro- è cambiato, ho passato così tanto tempo con lui che so che non è più il ragazzino che mi chiamava SangueSporco.

«Granger?». 

«Shh», lo zittì alzando una mano mentre tutti i momenti passati con Malfoy iniziavano a vorticarle nella mente, sostituendosi velocissimi uno all’altro.

Contro- Potrebbe essere un tranello, come quando ha fatto finta di baciarmi al Ghirigoro. Un tentativo disperato di vendicarsi, ne sarebbe capace. É così immaturo…

Pro- il suo sguardo, non sa fingere quello sguardo, ne sono sicura. Può occludere, tagliarmi fuori, ma non può fingere fino a quel punto.

«Senti…». 

«Shh». 

Contro- E se andasse male? Quali sarebbero le conseguenze sulla campagna?

Pro- Guardalo, se ne sta lì neanche lo stesse per interrogare la McGranitt? E il bacio.. per Merlino, se bacia bene…

Si avvicinò di un passo, poi due automaticamente, mentre una parte del suo cervello, quello che continuava ad urlare tutti i contro, che le ricordava che doveva essere tutta una finzione, che non c’era alcuna possibilità che davvero a lei potesse piacere Draco Malfoy. Un passo ancora fino ad essere di fronte a lui, che la guardava senza muovere un muscolo, aspettando.

«Hermione», disse solo, con voce bassa, appena un sussurro. 

Si alzò leggermente in piedi prendendogli il viso tra le mani, sostenendo il suo sguardo senza battere ciglio. E poi premette le labbra contro le sue, con delicata decisione. Lo sentì sorprendersi solo un attimo, poi rispose al bacio, come se quella non fosse solo la seconda volta in cui si toccavano, come se lo avessero già fatto centinaia e centinaia di volte, le mani che scivolavano sul suo busto per tenera.

Hermione si staccò, leggermente ansimante.

«Adesso ti ho baciato, Malfoy. E sei tu che mi hai messo la lingua in gola», puntualizzò, non riuscendo a nascondere un sorriso. «E ora muoviti, dobbiamo parlare del catering dell’evento, hai detto che ci può pensare Nott, vero? Non è che tirerà fuori qualche strambo cibo dal nome troppo sofisticato? É una partita di Quidditch, non una cena elegante».

Draco rimase a guardarla, battendo le palpebre più volte di quanto fosse necessario. Poi improvvisamente scoppiò a ridere.

«Era un sì quindi? ». 

Lei si allontanò verso la scrivania, continuando a ghignare. «Era un forse. Sono stata abbastanza spontanea?». 

«Più che altro ambigua, ma me lo farò andare bene», rispose lui concedendosi un sorriso.« Per fortuna che nessuno ha assistito a questa sceneggiata, credo che sia una delle cose più ridicole che mi siano mai successe».

Hermione alzò un sopracciglio «Sicuro?». 

«Forse», concesse lui.

Forse per una volta poteva far convivere le due cose.

Forse.





 

Trovare un giorno che andasse bene ad entrambi, senza che vi fossero riunioni alla casa di Hogsmeade con il gruppo di lavoro, misteriosi impegni di Draco, progetti di lavoro da terminare e strane serate organizzate a casa di Nott di cui Hermione non voleva davvero sapere nulla, era stato più difficile del previsto. Di certo non aveva aiutato che la stessa sera in cui aveva accettato l’appuntamento di Malfoy si era riversata in quelle stesse stanze praticamente l’intera rappresentanza delle squadre di Quidditch di Grifondoro dai tempi di Charlie sino a quelli di Ginny Weasley, rendendo il rumore del chiacchiericcio talmente insopportabile che non se la sentiva di criticare Draco, Pansy e Theo per essersela svignata dopo neanche dieci minuti, lasciando dietro di loro solo un’indaffarata Cookie felicissima di avere ospiti per cui cucinare.

E, visto come la guardava sorridendo e muovendo le lunghe orecchie a tempo mentre canticchiava canzoncine melense, doveva aver anche saputo altro.

Il problema, però, è che non  ne aveva parlato con nessun altro. Se a quanto pareva Draco era stato in grado di confidarsi con Nott e Pansy- e Blaise, aggiunse a sé stessa, che non sapeva se considerare come il più saggio o il più stronzo del gruppo, visto che aveva dato il consiglio che lei stessa si era data, ovvero di ignorare il bacio- lei non sapeva come affrontare il discorso con l’unica persona con cui potesse davvero parlare.

La verità è che non sapeva bene perché aveva accettato. Sì, una parte di lei trovava attraente Malfoy, se n’era già accorta durante i giorni a casa sua per prepararsi al Ballo di Natale. Non era una questione d’aspetto- beh non solo, se doveva essere onesta- ma il modo in cui sembrava cercarla continuamente quando stavano insieme. Quei giorni dopo il suo discorso al Ballo erano stati da un lato rigeneranti, ma c’era una piccola parte di lei che aveva sentito la sua mancanza. Il problema è che, ancora, non sapeva come classificarlo.

E, ancora peggio, non sapeva come classificare quello che provava lei.

Desiderio?

Attrazione?

Rivalsa?

Divertimento?

Pazzia?

Sì, forse era quello, altrimenti non si spiegava  come diavolo si fosse ritrovata in accappatoio di fronte al suo armadio, valutando  cosa mettere. Lei, che aveva sempre alzato gli occhi al cielo quando guardava le sue compagne di dormitorio provare dieci camicette tutte uguali, sospirando su sfumature e tessuti e altre stupidaggini del genere.

Forse era stato il fatto di passare mesi in fuga vivendo dentro una tenda, ma con Ron i vestiti non avevano mai avuto grande importanza. Sarebbe potuta uscire con una sua felpa sformata e la tuta più vecchia che possedeva e lui non avrebbe battuto ciglio, si sarebbe limitato a sorriderle in quel modo tutto suo che gli illuminava il viso.

Le mancavano quei momenti, le mancava poter tornare da qualcuno che sapeva tutto di lei, che era sempre stato al suo fianco, con cui condividere storie divertenti e amici in comune.

Perché era certa una cosa, sebbene si sforzassero, nonostante Harry avessero sviluppato una sorta di strano rapporto di amicizia fondato sugli insulti, non lo avevano davvero accettato. Prima che arrivasse Draco, Dean aveva passato la maggior parte della pausa pranzo a denigrare ogni singola idea del Torneo in onore di Fred, in primis la presenza stessa di Draco e di alcuni dei suoi amici. Era stata sul serio sul punto di ficcargli la bacchetta nell’occipite frontale, dicendogli di crescere. Però poi quando aveva visto arrivare Malfoy, dopo giorni di silenzio come se nulla fosse, le aveva fatto salire un’insolita voglia di vendetta.

 

Basta, si era veramente stufata, erano giorni che i suoi pensieri, che dovevano essere occupati in ben altre faccende, giravano a vuoto su Malfoy e sul loro strano rapporto. Prese al volo un paio di jeans e un maglione morbido a collo alto: quella era lei, e se lui voleva una bambola da vestire doveva decisamente smettere di tormentarla. 

Scrisse di fretta un biglietto, affidandolo al suo gufo, un’ultima aggiunta alla lista. Poi passando velocemente le mani tra i capelli per farli gonfiare come piaceva a lei, si smaterializzò al piano di sotto, da dove proveniva un bussare incessante. Che fosse la 

Aprì la porta, sperando che la sua vicina non avesse deciso proprio quel momento per raccontarle tutti i pettegolezzi del condominio, di cui per inciso, non le interessava nulla.

Ma non era la signora Maisl, bensì la versione più casual di Draco Malfoy che avesse mai visto.

«Credo che dovremmo invitare la tua vicina, mi sta spiando da quando sono arrivato. Forse avrei dovuto portare i fiori a lei, visto che tu mi hai tassativamente vietato di, e cito solo le cose maggiori: portare fiori, gioielli, bottiglie di vino, borse, qualsiasi forma anche vaga di oggetto che possa assomigliare a un regalo, elfi domestici… Dai davvero pensavi che avrei potuto portarti un elfo domestico in regalo?» chiese con un ghigno , girandosi per fare un cenno di saluto alla porta chiusa nel suo pianerottolo, da dove entrambi sapevano bene esserci un occhio vigile che li spiava.

«Ma cosa.. shh… vieni dentro»  disse prendendolo per la manica del maglione scuro e spingendolo all’interno. «Perché continui a parlare di elfi domestici quando sai che la mia vicina è Babbana?». 

«Lasciami almeno qualche divertimento…» sospirò lui, con fare drammatico.« Mi hai tolto anche i miei vestiti, sai che l’ultima volta che sono andato a cena senza giacca credo fosse il terzo anno a Hogwarts?». 

«Melodrammatico. Ti ricordo che tu e Pansy mi avete buttato metà armadio. E poi  non dovevamo vederci a Diagon Alley?».

«Non ho mai detto di essere d’accordo, questo è un appuntamento e ti vengo a prendere, come le persone normali. E no, non era su quella ridicola lista di cose che mi hai mandato, quindi non puoi lamentarti»,ghignò,poi si fermò a guardarla. «Sei molto bella, Granger, mi piacciono i tuoi capelli , disse con un sorriso, alzando una mano per sfiorare un ricciolo accanto al collo.

«Dovresti rivedere il tuo concetto di persone normali»,rispose con più distacco di quello che avrebbe voluto. 

«Aggiungiamo problema con i complimenti alla lista, subito sotto mania di controllo»  sospirò Draco. «Avevi detto una cosa, aspetta come sono state le parole esatte,  che farebbero le persone normali e non una di quelle idiozie pretenziose con cui sei cresciuto. A proposito, è vero che non ti sei più presentata alle lezioni di ballo?». 

«Ho già dato con i balli. Ora concentriamoci sulle cose serie. Hai mai visto Shacklebolt a un ballo?». 

«A dire il vero sì, ed  è anche un bravissimo ballerino, lo sapresti se leggessi le cronache mondane invece di saltarle. E non dire che non è vero, perché ho visto come leggi i giornali».

«Devo eliminare le informazioni inutili, non posso preoccuparmi di tutto. Allora?». 

Draco ghignò di nuovo, offrendole il braccio. «Sono commosso dal vederti così ansiosa di passare del tempo con me. Credimi, ti piacerà… o almeno lo spero, altrimenti sappi che è colpa di Pansy e delle sue fissazioni».

Pansy?Pansy Parkinson era stata la mente dietro il loro primo appuntamento? La cosa chissà perché non la rassicurava affatto, probabilmente era il segno che iniziare a frequentare Malfoy non solo per finta fosse una pessima idea.

Draco tirò fuori un pezzo di carta dalla tasca dei jeans scuri, guardandolo perplesso. «Anche se vorrei sapere come una che riesce a disegnare abiti meravigliosi ricchi di dettagli non riesca a disegnare una mappa decente… in teoria dovrebbe essere qui vicino, forza andiamo, sperando di non morire nel tragitto».

«Perché dovremmo morire nel tragitto?»  chiese Hermione perplessa, prendendo la giacca e dirigendosi verso il camino. «Allora, Florian? Punto di raccordo di Diagon Alley?» .

Chissà perché il ghigno di Malfoy si allargò ulteriormente, mentre raggiungeva la porta d’ingresso, aprendola con fare teatrale. «Non sono vestito per andare a Diagon Alley. Mai sentito parlare di picnic?». 

«Pic nic? Sai che in un pic nic si mangia, vero? Con le mani… panini, cose del genere».

«Mi stai dicendo che non ti piacerebbe? É anche una bella giornata» disse lui, mentre il sorriso gli si spegneva come se gli avessero appena tolto il gioco preferito «Io lo sapevo che doveva essere uno scherzo… chi mai si mette a mangiare sull’erba in pubblico? Posso capire nei giardini di casa… ma insieme agli estranei… Merlino,  e ora chi lo dice a Cockey?».

«No, no il picnic va benissimo, solo non pensavo che fossi tipo… scusa perché Cockey, cosa c’entra lei? Possiamo prendere qualcosa a un chiosco…». 

Il solito crack dietro di lei e pochi secondi dopo l’elfa con un grosso cappello di paglia era nel suo salotto, facendo oscillare il cestino di vimini, grosso quanto lei che la guardava con grandi occhi brillanti.

«So che dovrei essere sorpresa, ma dopo mesi con te non mi sembra neanche così assurdo», si ritrovò a commentare, mentre il cestino volava lento tra le mani di Draco, che sembrava aver ritrovato la sua allegria.

«Tengo a precisare che non è un regalo, quindi non puoi lamentarti.Beh direi che abbiamo tutto, che dici, possiamo andare ora?».

Hermione annuì poco convinta, mentre Cockey prendeva in braccio uno stranamente rilassato Grattastinchi che iniziò a fare fusa rumorose, probabilmente segno che anche  al suo ormai venduto gatto era stato promesso uno spuntino sostanzioso.

Sempre che riuscissero a rientrare sani e salvi, visto che Malfoy l’ultima volta non sembrava ben afferrato il concetto di semaforo rosso.






 
Buona Pasqua per chi festeggia!
Un grazie come sempre a Giulia, che condivide il mio amore per i Serpeverde.
 

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Capitolo 17
*** Saccarosio&Sospetti ***


Parkinson non ti ha detto che solitamente le persone non portano piatti smaltati e bicchieri di cristallo a un pic-nic in un parco?», puntualizzò Hermione, accomodandosi sulla coperta di cachemire con un misto di rassegnazione e divertimento, mentre osservava tutto quello che Draco stava tirando fuori dal cestino di vimini. Poi aggiunse sottovoce. «E che solitamente non vengono usati incantesimi ingrandenti? Non pensi di dare nell’occhio, visto che hai portato persino una teiera con il té ancora bollente?».

«E lo champagne ghiacciato, ovvio. Non mi pare che ci sia alcun divieto di portare oggetti magicamente modificati in giro, sbaglio?», replicò Draco, posizionando tra di loro un’alzatina con dei piccoli sandwiches bianchi grandi come un dito, grappoli d’uva bianca e rossa, pasticcini e mini porzioni di torta.

«Portarli no. Mostrarli ai Babbani, si», commentò staccando un acino d’uva. «Incluso anche il leggero incantesimo di modifica meteo, direi. Non fa un po’ troppo caldo per essere febbraio a Londra?» .

«Potresti smetterla di lamentarti e goderti questo appuntamento? Sarebbe carino se mi dicessi che ti è piaciuta la sorpresa».

«Non mi piacciono le sorprese», rispose secca togliendosi la sciarpa, poi , in tono fintamente magnanimo aggiunse. «Però devo dire che apprezzo molto l’idea, anche se la realizzazione è da fuori di testa. Non mi sembri un tipo da pranzo sull’erba…dì la verità hai dovuto fare training autogeno? » .

«Granger, perché sembra sempre che tu mi stia insultando anche quando non capisco un’acca di quello che dici? In realtà da piccolo li facevo spesso con mia madre, ovviamente senza tutta questa gente strana intorno… ehi cosa c’è da ridere?» 

«Dovevi essere carino da piccolo, specialmente prima che iniziassi a parlare», lo prese in giro, spalmando della marmellata di lamponi su uno dei piccoli e friabili scones ancora caldi. 

«Lo dice sempre anche mia madre. E Pansy. E Theo. E Blaise... come se loro invece stessero sempre zitti. Scusa ora non mi trovi carino? Sono offeso» .

«Com’è la storia dei pavoni?» chiese in tono neutro, ridendo di fronte allo sguardo truce che le aveva rivolto. «Scusa, tasto delicato» .

«Ah Ah, spiritosa. Vorrei farti notare che ancora non hai risposto alla mia domanda» 

«Cocco di mamma e vanitoso, che accoppiata. Senza far riferimento agli atteggiamenti da preadolescente», sorrise, mentre Malfoy continuava a ghignare, in attesa. «Va bene, sei carino. E sei molto più carino quando non sparisci per giorni senza dare segni di vita» .

«Lavoro, sai?». 

«Mi sembrava di aver capito che fossi io il tuo lavoro… anzi, non avevi detto che ero solo lavoro?». 

«Ho mentito, fammi causa» .

«Dovrei, tanto sei ricco, no? Qualche maligno potrebbe dire che lavori solo per occupare tempo prima di avere accesso alla tua eredità».

«Gli uomini belli devono avere da vivere, tanto quanto i brutti… e a quanto pare neanche io faccio eccezione» rispose lui, riempiendo una tazza di tè bollente prima di passargliela. «Vedi come sono stato bravo? Potrei sembrare uno del luogo» .

Hermione sbattè gli occhi, cercando di ricordare perché quella frase le sembrasse così famigliare. E poi le si accese una lampadina: «Questa è Jane Austen! Avevi detto che i libri non erano tuoi!», lo accusò. «Come faccio a fidarmi di te se menti anche sulle cose più piccole?». 

«Possibile che tud debba essere così melodrammatica? Considerali un prestito di mia zia, ha detto che dovevo leggerli prima di… si insomma prima di chiederti di essere la mia finta fidanzata. Ha detto che sono la prima cosa che le ha regalato Ted e che le ha fatto scoprire il mondo Babbano. Solo che non ci stavo capendo niente e ho chiesto aiuto a Pansy, che, per inciso ha capito meno di me, ma ci sta disegnando una linea di vestiti». 

«Non ci hai capito niente ma sai fare delle citazioni?». 

«Solo quelle belle. Sapevo che questa prima o poi mi sarebbe tornata utile.Allora come sono andato?» le chiese con un ghigno soddisfatto.

«Forse sarebbe stato meglio spiegarti come attraversare una strada…». 

«Come se ti fosse dispiaciuto prendermi per mano: ogni scusa è buona per mettermi le mani addosso, eh? Anche se vorrei riuscissimo a superare la fase undicenni al primo appuntamento».

«Stavi per finire sotto una macchina. Tre volte, se vogliamo essere precisi», rispose Hermione, mentre si portava la tazza alle labbra e lo fissava sbuffare in maniera plateale, non potendosi impedire di sorridere. Come si era trovata in quella situazione? Come, a quasi ventisei anni, poteva considerare quella che sembrava un’uscita tra preadolescenti qualcosa di più che piacevole?

«Quindi è così che cerchi di fare colpo con le ragazze? Con ceramiche dipinte a mano e un full afternoon tea? E pensare che sono sempre circolate voci strane…» .

«Se riguarda uno sgabuzzino e Millicent, sappi che l’ha messa in giro Blaise perché avevamo litigato perché secondo lui gli avevo fatto una foto in cui era venuto male».

«Mi ricordi perché tu e Blaise siete amici? Comunque no, non era Millicent». 

«Elettra Fowley e la torre di Astronomia?Sempre Blaise, credo fosse perché non gli ho voluto passare il compito di Pozioni». 

«No».

«Se è con Marcus Flint, sappi che è venuta dai vostri questa volta. Visto che non bastava accusarmi di essermi comprato il posto in squadra», disse fissandola a lungo. Poi aggiunse con un sorriso malizioso. «Anche se non alle tue amiche di Grifondoro non dispiaceva vedermi con la divisa di Quidditch, e, specialmente, senza». 

«Non hai avuto una storia con nessun Grifondoro, Malfoy». 

«Se ne sei sicura tu».

«Tenendo in conto il carattere di Pansy, l’avrebbe saputo tutta la scuola».

«So essere discreto», la stuzzicò. Era evidente che si stava divertendo un mondo. 

«Quindi Pansy non è stata la tua prima ragazza, ma la prima con cui ti sei fatto vedere pubblicamente. Molto vittoriano».

«Chissà perché ma mi suona come un insulto. Anche se sei dannatamente carina quando lo fai, inizio a pensare che a Hogwarts lo facessi apposta». 

«Merlino, corteggi davvero come un dodicenne. Ed esattamente come un dodicenne sembri pensare che io mi faccia distrarre. Allora chi è stata la tua prima ragazza?» 

«Perché ti interessa? Io non ti ho mica chiesto del tuo primo ragazzo».

«Perché sai perfettamente chi è. Ti devo ricordare che invece che hai una lista di tutti quelli con cui ho avuto una storia dopo Ron? Io non so niente di te e tu sembri sapere ogni cosa che mi è successa dopo Hogwarts». 

«Fa parte del mio lavoro» divagò, poi alzò le mani di fronte al suo sguardo più che dubbioso. «Ok,ok. Avanti cosa vuoi sapere? La prima ragazza che ho baciato? Coraline. Quella con cui ho fatto sesso la prima volta? Tracey Davis, l’estate prima del quinto anno. Che altro? » 

«Quella di cui ti sei innamorato» rispose secca. «Voglio sapere le tue storie importanti, le persone che davvero hanno contato per te». 

Draco sospirò: «Non ti hanno mai detto che non si parla degli ex?». 

«Tu parli sempri di Ron».

«Io non parlo di Weasley, io lo insulto, che è diverso».

«Solo nella tua testa. Allora, chi è stata la prima persona a cui hai detto ti amo?» .

Draco rimase in silenzio, poi sospirò: «Pansy».

Hermione morse un biscotto, pensierosa. In fondo era una cosa che aveva sempre saputo, eppure c’era una piccola parte di lei, una che non pensava potesse mai fare parte del suo essere, che era infastidita. 

«Hai della marmellata sul viso…» disse improvvisamente Draco, sporgendosi verso di lei, passandole un fazzoletto.

«Molto romantico da parte tua farmelo notare» borbottò. «È ancora lì?» .

Malfoy si avvicinò ancora, con un sorrisetto. «Dall’altro lato, vuoi che ti aiuti?» .

Hermione annuì e poco dopo sentì le labbra di Malfoy posarsi delicate sul bordo delle sue, per poi spostarsi di pochissimo, nell’angolo esterno, mentre la mano di Malfoy si muoveva sulla sua nuca.

«Molto maturo da parte tua», rise, mentre si girava per riuscire a rispondere al bacio..

Chinò indietro la testa, mentre le labbra di Draco si muovevano prima lungo lo zigomo, per poi baciarle la pelle morbida dietro l’orecchio, prima di mordicchiarle il lobo.

Da dietro le palpebre chiuse, però, le sembrò di riconoscere una figura familiare. Fin troppo famigliare. Una figura dai lunghi capelli rossi e uno sguardo accigliato.

«Ginny!» urlò, alzandosi così di scatto da far quasi cadere Malfoy.

«Cos’è una nuova strategia di comunicazione?» 

«Ginny, io..». 

«Senti Weasley, Potter o come diavolo vuoi chiamarti… Si può sapere qual è il tuo problema?». 

«In generale, che mi si dicano delle bugie. In particolare che sono dovuta ricorrere a Parkinson per sapere dove diavolo fosse finita Hermione, il che ha comportato tutta una serie di lunghe contrattazioni prima di avere una risposta. Senza contare che mi scoccia non poco che lei sapesse di questo e io no… Merlino, ma come puoi essere così pretenzioso anche con per un pic nic?», rimbeccò allargando le mani esasperata. Poi si rivolse a Hermione:«Angelina è entrata in travaglio e stiamo andando tutti al San Mungo. Malfoy, ti direi di venire, ma non mi pare il caso, già ho abbastanza fratelli a cui pensare, mi ci manchi solo tu».

Draco sembrò mordersi la lingua, poi scosse solo la testa.

«Ovvio».

«Cosa è ovvio?». 

«Che ci sia un Weasley di mezzo a rovinarmi un bel momento», borbottò, mentre Hermione si alzava di fretta e lo superava, tirando via Ginny, che si era impadronita di un pezzetto di torta Battemberg. «Da quanto? Perché non mi hai avvertito?». 

«No, ti prego, fate pure come se io non ci fossi…» mugugnò Malfoy, massaggiandosi il fianco che aveva sbattuto, il resto delle lamentele assorbite dal bacio veloce che Hermione si era chinata a dargli, prima di correre via.

«Fammi sapere qualcosa!» le urlò dietro, ma sia lei che la piccola Weasley erano già sparite dietro un albero, probabilmente lo stesso dietro il quale si erano smaterilizzate poco dopo.

E lui rimase lì, su un prato Babbano, circondato da Babbani urlanti e sulle labbra ancora il suo sapore misto a quello appiccicoso della marmellata.

Un misto di zuccherino e aspro, come lei, una contraddizione in termini. 

Quando si era ridotto così?





 

«Quale parte di fammi sapere qualcosa non era chiara? Mi sono dovuto far dare aggiornamenti da Potter, ti pare normale?», sbuffò Draco appena la vide entrare dal camino del primo piano, posando le carte che teneva in mano e alzandosi dal divano color vinaccia.

«Sai che pensavo che dopo che avessimo iniziato ad uscire insieme tu avresti iniziato a salutare in modo decente?», rispose di rimando, mentre si spogliava del cappotto e della sciarpa, facendoli levitare pigri sino alla sedia più vicina.

«Sai che pensavo che dopo avermi lasciato in un prato pieno di Babbani…». 

«... che tu stesso hai scelto…». 

«...e a metà di un bacio molto promettente, avresti avuto la decedenza di mandarmi almeno un gufo per dirmi che era andato tutto bene e che eri una zia felice».

«Quando sono arrivata c’era il caos, e poi George è uscito per avvisarci che Fred Junior era nato e Molly ha iniziato a piangere e allora Percy ha detto qualcosa sul nome e Ron e Percy hanno iniziato a litigare e Bill ha minacciato di maledirli se non l’avessero smessa…sono tornata a casa solo un paio d’ore per dormire un po’ prima di catapultarmi al Ministero per la riunione con i capi Dipartimento ».

La mascella di Draco si irrigidì di colpo. «Ron? C’era anche lui?».

«Fino a prova contraria fa parte della famiglia Weasley, no?» rimbeccò Hermione, alzando gli occhi al cielo. «Davvero vuoi litigare dopo la nostra prima uscita?». 

«Vorrei che mi avessi scritto per dirmi che era andato tutto bene», sbuffò, alzando le spalle e fissandola senza muoversi.« E mi sarebbe piaciuto anche un commento sul nostro appuntamento, sarebbe stato un pensiero carino. Mi fai pensare che non ti sia piaciuto, il che ammetto mi dispiacerebbe non poco, anche se potrei dire a Pansy che la sua era un’idea pessima, il che mitigherebbe un po’ il mio disappunto, ma non troppo».

«Ti avrei baciato se non mi fosse piaciuto l’appuntamento?».

«Blaise dice che potresti averlo fatto per distrarmi e poi scappare… cosa che,in effetti, è avvenuta».

«Ancora una volta, perché sei ancora amico di Blaise?». 

«É come quando osservavi Longbottom preparare una pozione: sapevi che sarebbe stato un disastro ma non potevi fare a mano di guardarlo» .

«Sono quasi certa che a te piacesse guardare la pozione di Neville esplodere».

«Sì, esatto. E mi piace anche Blaise, anche se a volte c’è il rischio di ritrovarsi ricoperti di qualcosa di appiccicaticcio e maleodorante».

«Ancora non mi hai risposto». 

Hermione sorrise e chiuse lo spazio tra di loro, gli cinse la nuca con le braccia e lo spinse verso le sue labbra. «Ti va bene come risposta?».

Ad essere onesti aveva solo l’obiettivo di farlo smettere di blaterare, soprattutto prima che dicesse qualcosa che l’avrebbe fatta davvero arrabbiare ed era completamente impreparata alla passione con cui Draco aveva risposto al bacio.

«Mmm… fammici pensare un attimo , rise infine lui, staccandosi appena«Granger, ti hanno mai detto che sei competitiva?».

Hermione ghignò, attirandolo di nuovo a sé «Potrei dire lo stesso, sai? E vincerò io» 

«L’unica volta in cui sarò felice di dare ragione a una Grifondoro… oh, cazzo non di nuovo».

Hermione si girò di scatto, sulla porta Pansy e Theo che li guardavano con due espressioni indecifrabili. Almeno più del mucchietto di Galeoni che Pansy consegnò di malavoglia all’amico senza dire una parola.

«C’è Kingsley di sotto. E credo che neanche lui voglia assistere a…. questo» disse con voce piatta, indicando i due ancora abbracciati. «Come la maggior parte di noi, del resto».


 


 

«Credi sul serio di poter continuare ad evitare la questione io e il mio finto fidanzato passiamo il tempo a sbaciucchiarci continuando a inventare appuntamenti di lavoro?» .

«Merlino, ma perché sembrate tutti regrediti all’adolescenza?» urlò Hermione, cercando di sovrastare con la voce il rumore dell’acqua della doccia.

«Perché vorrei sperare che se ci fossi andata a letto ti saresti tolta lo sfizio e l’avresti mollato. Mi preoccupa questo vostro giocare ai piccioncini: Parkinson mi ha raccontato che vi ha beccati a pomiciare davanti al divano invece di lavorare. Due volte».

«Parkinson deve imparare a bussare, e anche tu» ripeté secca Hermione, avvolgendosi nell’accappatoio e sostenendo lo sguardo di Ginny che laosservava a braccia conserte,appoggiata sullo stipite della porta. «Ed è esattamente questo il motivo per cui non te l’ho detto, volevo evitare di dover dare mille spiegazioni.» 

«Io di spiegazione ne avrei una, e riguarda Malfoy che ti prende per sfinimento».

«Sono più resistente di così, credimi. Senti Gin, ho tutto sotto controllo, voglio vivermi questa storia senza tante paranoie. In fondo rende il tutto più verosimile, no?».

«Quindi lo fai perché ti senti meno in colpa nei confronti di chi pensa che la vostra sia una vera relazione? Mi sembra esagerato persino per una perfezionista come te».

«É una vita che mi dici di essere più spontanea, beh, adesso lo sono». 

«Ho visto con quale spontaneità ficcavi la lingua in gola a Malfoy».

Hermione sbuffò, spargendo un’abbondante dose di crema sui capelli bagnati, prima di lanciare un incantesimo diffusore. «Quindi quando mi hai detto che mi avresti supportata, intendevi fino a quando fosse rimasta una finzione?».

Ginny la squadrò a lungo, mentre si infilava i jeans scuri.

«Noi pensiamo che forse state correndo troppo: possibile che improvvisamente tu abbia capito che in fondo in fondo anche a te è sempre piaciuto?».

«Ma Harry non dovrebbe pensare che stiamo insieme da un anno?» chiese Hermione girandosi di colpo. 

«Ma quale Harry e Harry. Io e Pansy. É simpatica se superi il fatto che credo abbia qualche disturbo della personalità».

«Non so se mi piace il fatto che tu e Parkinson diventiate amiche…».

«Non credere alle voci maligne che dicono che abbiamo esagerato un po’ con la nostra attività di persuasione, alla fine neanche sono finiti al San Mungo. Comunque non è questo il punto, lo sai benissimo».

«E il punto sarebbe invece?» chiese la Grifondoro, indossando infine la maglia che Pansy aveva preparato appositamente per l’occasione: una jersey a maniche lunghe grosso granata, con un bolide di filo dorato che veniva colpito da una mazza, prima di esplodere e rilevare il nome della squadra , che sarebbe stato una sorpresa per tutti,e quello del giocatore. 

Ginny scosse la testa. «Senti, io ho visto come è stato Malfoy dopo l’incendio, non penso che stia fingendo, ma tutti gli altri… Merlino è come se avessi questa sensazione di venire spiata. Pensavo fossero Nott e Blaise, ma quando sono andata da loro il giroscopio è rimasto assolutamente fermo, eppure…». 

«Eppure cosa, Gin?» Ginny non era mai stata una persona facilmente impressionabile, eppure era evidente che ci fosse qualcosa che la turbava.

«A Hogsmeade… l’avevo dimenticato nella tasca della giacca quando sono venuta alla riunione da te…». 

«E?».

«É letteralmente impazzito. Non vorrei credere alle stramberie di Luna, ma dice che sono nati i fiori di giuggiola selvatica sul balcone dei Black e che è il segno che qualcuno sta cospirando contro di noi». Ginny le si avvicinò fino a stringerle le mani e guardandola con una serietà che le aveva visto poche volte in vita sua. «Promettimi che starai attenta. E che mi dirai tutto».

Da quanto erano amiche lei e Ginevra? Da prima che si mettesse con Harry, da prima ancora dell’Esercito di Silente. Forse era successo durante l’estate del secondo anno, tutte quelle sere passate alla Tana senza dirsi nulla, guardandola poco per volta cercare di cancellare l’ombra che l’aveva posseduta. A quel tempo Ginny si era fidata di lei, si era confidata, proprio nel momento in cui era più vulnerabile.

Avrebbe dovuto fare lo stesso? Le avrebbe dovuto dire delle lettere che erano arrivate nelle ultime settimane, dai toni sempre più minacciosi? Ne aveva ricevute a dozzine, sin dalla prima foto che era apparsa sulla Gazzetta e le aveva liquidate tutte come innocue.
Beh, quasi tutte…

Il suono della sveglia magica che aveva imposto trillò nella stanza, facendo svegliare di soprassalto Grattastinchi che soffiò irato, prima di girarsi e mettersi a dormire.

Ci avrebbe pensato dopo, ora c’era la vita di un amico ormai scomparso da celebrare.

E, forse peggio ancora, un ex e un nuovo fidanzato da far convivere per qualche ora.




 

 

 


 

 

Se tutto procede secondo i piani - ovvero se non ricambio per la decima volta la storia e riesco a concentrarmi a concentrare tutto quello che deve succedere- siamo a - 4 capitoli alla fine.

E dal prossimo capitolo diminuisce la dose di zuccherosità, promesso.

Nel frattempo ho deciso di migliorare le mie (in) capacità a livello visivo e ho aperto una pagina instagram "Potentia Para Vis"

Se ti va seguimi, almeno superiamo un attimo la fase “finti bot del sud est asiatico che seguono pagine a caso”

 



 

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Capitolo 18
*** Fallimenti ***


«Contavo che almeno tu saresti riuscita a fargli cambiare idea», Pansy le si era avvicinata di soppiatto, raggiungendola sugli spalti, che andavano via via riempiendosi.«Spero che tu abbia almeno messo un po’ di quel tuo cervellino nel truccare le squadre».

«Ovvio. Già non ero entusiasta di questo torneo, figurati se ho voglia di sedare risse», aveva risposto, la strega, lasciando spaziare lo sguardo sul campo.

Quando aveva detto che le squadre sarebbero state assolutamente casuali, ovviamente, non stava dicendo esattamente la verità. Certo, il processo di smistamento era un omaggio a quello di Hogwarts, una sorta di tentativo di creare un sentimento condiviso. Ma di certo non avrebbe lasciato che Ron e Draco finissero nella stessa squadra, e probabilmente al San Mungo.

Allo stesso modo era stata ben attenta a fare in modo che Ron non finisse con Justin e Dean, ma con la squadra di Charlie, così come Draco era finito con Bill, Harry con Fleur e Viktor, l’unico che era sicura non avrebbe creato problemi, con Oliver. Forse le squadre così erano un filo sbilanciate, con due giocatori professionisti nella stessa squadra, ma sempre meglio di bolidi i casualmente deviati.

D’altronde che Hermione Granger non fosse una gran patita di Quidditch era una cosa piuttosto risaputa. Aveva passato alcuni dei suoi week end sugli spalti solo per supportare i suoi amici, spesso annoiandosi a morte e infastidita dai boati che provenivano dagli spalti quando lei l’unica cosa che avrebbe voluto fare era starsene da una parte a leggere un libro. Non aveva mai neanche particolarmente amato la baraonda selvaggia dei dopopartita, eppure, uno dei suoi ultimi ricordi felici a Hogwarts era proprio dell’ultimo Campionato vinto da Grifondoro. Se chiudeva gli occhi poteva risentire l’odore dei popcorn al caramello salato, della burrobirra calda che continuava ad apparire a fiumi grazie a Dobby, i pacchi fattiarrivare di contrabbando direttamente da Mielandia, con le congratulazioni della Signora Flume, grande fan della squadra di Grifondoro.

Una parte di lei era sempre rimasta lì,a far finta di dover riportare tutti alla calma, ma con il cuore gonfio di emozione e soddisfazione, il chiacchiericcio allegro che le rimbombava in testa e gli occhi pieni di risate.

Si era fermata a respirava a fondo l’aria fredda e famigliare della Scozia, lasciando che le riempisse i polmoni, ma c’era qualcosa di diverso, qualcosa che non sarebbe più stato lo stesso. Perché in quegli spalti stracolmi, in quegli stendardi che per una volta non indicavano più divisione ma un unico pensiero comune, c’erano spazi che non si sarebbero mai più riempiti.

«É la prima volta che torni a Hogwarts?» chiese a Pansy ora appogiata alla ringhiera di fronte a loro, la schiena rivolta al campo. 

«E per una partita di Quidditch, per giunta. Dovrei decisamente chiedere un aumento» rispose  quellasarcastica continuando a fissarla. «La rossa dice che c’è qualcosa di cui dovremmo preoccuparci, e stranamente non sono i suoi parenti». 

«Sono quasi certa che potrebbe riferirsi a questa strana vostra amicizia. E che se ti sentisse chiamarla così ti butterebbe già dagli spalti». 

Pansy continuò a fissarla, senza muovere un muscolo. «Non sei brava a mentire, Granger». 

«Parkinson, stanno per arrivare gli ospiti, sicura di non aver niente da fare? Giornalisti da terrorizzare, studenti da bullizzare, ex compagni di Casa da salutare e minacciare in caso si comportassero male…».
«Nah, ci stanno pensando Blaise e Theo, credimi Theo con quegli occhioni azzurri e il sorriso a trentadue denti può essere davvero terrorizzante».
«Capisco.Sai dov’è Draco? ».

«Ho varie ipotesi al riguardo e una di queste riguarda Potter e Weasley, vuoi sentirla?». 

«Gli ospiti dovrebbero arrivare a momenti, non pensi che dovrebbe essere qui ad accoglierli insieme a me?». 

«L’altra riguarda Elettra Fowley e lo sgabuzzino delle scope». 

«Parkinson, penso davvero che io non sia in grado di sapere quando mi stai prendendo in giro dopo tutto questo tempo insieme?». 

Pansy la guardo socchiudendo gli occhi come un felino che sta osservando una preda « Sono fiera di te,Granger. Quasi quasi mi verrebbe da chiederti scusa…ma sai com’è, avevamo un paio di cose ancora in sospeso … ». 

Quella strana sensazione di prurito alla nuca che le prendeva sempre quando passava troppo tempo con Pansy iniziava a farsi sentire ma prima che riuscisse a chiedere qualcosa in piu venne interrotta.

«Avevi detto che avevi cambiato l’incantesimo!» Draco, in piena tenuta da Quidditch le aveva raggiunte in pochi passi, furioso.

La cosa però non sembrò minimamente preoccupare la ragazza, che si limitò ad alzare le spalle non curante « Tu avevi detto di amarmi, vuoi davvero farmi la morale?». 

«Avevo quindici anni!». 

«Hai sempre una scusa per tutto… Beh, mentre voi due passate il tempo a sbaciucchiarvi io ho dovuto vedere quell’idiota di Marc Leouf diventare stilista dell’anno. E a proposito di prestazioni insoddisfacenti, quand è che vi decidete ad andare a letto insieme? Sta diventando imbarazzante…». 

«Pansy!».

«Cosa è imbarazzante, signorina Parkinson?». 

C’era una nota stranamente divertita nella voce della McGranitt, che stava scendendo le scale degli spalti con il solito passo risoluto. «Spero niente che porti al ritardo, vista la fila che si sta creano qui fuori. Senza contare che ho incontrato Oliver Baston e non credo che la prenderebbe troppo bene». 

«E non trova imbarazzante che un uomo adulto che non vede l’ora di mettersi un pantolone attillato e giocare a tirarsi delle palle?» tubò Pansy di rimando, ignorando l’occhiataccia di Draco.

«Le vorrei ricordare che ai miei tempi sono stata una eccellente giocatrice di Quidditch, signorina Parkinson. E che, come dimostra questo evento lo sport è un ottimo modo per dare un po’ di speranza e di gioia anche a chi ha sofferto così tanto…» per un attimo lo sguardo solitamente brillante si oscurò, ma ben presto ritrovò l’atteggiamento pragmatico e spiccio di sempre. « Come le ho già detto, Signor Malfoy, sono molto contenta che tu abbia proposto questo evento… anche se non so come giudicare le vostre divise, se devo essere onesta». 

Di nuovo l’allarme nella sua testa risuonò forte, amplificato dal fatto che mentre Pansy continuava a sorridere angelica, Draco aveva una strana aria colpevole. Troppo colpevole.

«Beh, Pansy» disse infine, calcando bene sul nome dell’amica. «Ha pensato che sarebbe stato carino se sulla maglia avessi scritto non solo il mio cognome…». 

«Ti sei fatto mettere Black? Per Merlino, ti rendi conto che domani tutto il Mondo Magico parlerà solo di questo?» sbottò, alzando gli occhi al cielo. Dannazione, come poteva essere così carino un minuto prima e quello dopo assolutamente un’idiota.

«Oh, no, non è Black» cinguettò Pansy deliziata, mentre Draco sembrava aver fatto un passo indietro.

«Vedila come un omaggio. É una cosa carina, in realtà, io non capisco perché ti arrabbi tanto» , sbuffò, incrociando le braccia sul petto e continuando ad indietreggiare. 

«Oh, ma la tua é una cosa carina, Signor Malfoy. Molto carina. Un po’ strana a dire la verità, ma trovo sia un bel messaggio», intervenne la MacGranitt, facendogli segno di girarsi. «Forza, fagliela vedere, mi sembra che abbiamo già perso troppo tempo. Complimenti Signorina Parkinson, sono convinta che più di una persona abbia tentato di modificare il suo incantesimo.» 

«Non si preoccupi, non è stata l’unica a sottovalutarmi». 

«Gli unici che ti hanno sottovalutato sono i medimaghi al San Mungo quando non ti hanno rinchiuso perché sei pazza» , ringhio Malfoy.

«Draco!» 

«Signor Malfoy, modera il linguaggio!» 

«Signor Granger-Malfoy, Preside» , sorrise di nuovo Pansy, sospirando soddisfatta, tirando Draco per la manica per farlo girare. «Non ti disturbare Granger, tanto già è su tutte le foto. Insieme alla faccia di Len… del tuo ex fidanzato. Merlino, non pensavo che potesse diventare più rosso di così!». 

«Io non lo sapevo!» si schernì Draco, alzando le mani in alto. «Mi aveva detto di averlo cambiato». 

Hermione rimase in silenzio, mentre quell’insieme senza senso di lettere spiccavano sul tessuto lucido. Certo, Harry e Ron probabilmente non avevano gradito, ma c’era qualcuno cui quella scritta avrebbe fatto davvero venire un infarto.

Qualcuno che le aveva fatto un agguato di troppo, una volta di troppo.

Sentì tre strane paia di occhi addosso mentre, invece di urlare e dare di matto, sentiva le labbra tendersi in un ghigno.

Oh, quella maglietta non solo domani sarebbe stata sulla Gazzetta, ma si sarebbe assicurata che volasse dritta dritta nel Wilthshire.

Con un bel fiocco magenta e oro sopra.




 

Erano così tanti anni che non volava insieme a qualcun altro che aveva quasi scordato di amare così tanto quella sensazione di adrenalina e agitazione che gli pervadeva ogni singola fibra del suo essere. Ad essere onesto, quando Andromeda gli aveva imposto di partecipare come giocatore e non solo come organizzatore, aveva pensato che fosse l’ennesima riprova che prima o poi i geni dei Black viravano invariabilmente verso la pazzia. Le aveva detto che non si sentiva pronto, che sarebbe stato un fallimento, che i Weasley l’avrebbero odiato e che non partecipava a una vera partita da quando aveva sedici anni.

Lei si era limitata a fissarlo e a scrollare le spalle, in un modo così simile a quello che avrebbe fatto sua madre da fargli venire i brividi, prima di versargli una tazza di té alla mela e cannella e una fetta di torta al caramello salto che aveva esattamente il sapore di quelle che trovava a casa quando tornava da Hogwarts.

«Appunto. E non tirare fuori delle stupidaggini sul non essere più allenato, tua madre mi ha detto che hai passato il tempo dopo l’ospedale a volare, al punto che quell’ingrata di mia sorella mi ha accusata di averti curato male.  Come se lei non facesse esattamente la stessa cosa di nascosto la notte, non sai quante volte io e tuo padre abbiamo dovuto coprirla con i Prefetti delle altre Case, perché non la scoprissero. Incluso Ted, non sai quante volte abbiamo litigato per questa cosa. E sai perché si arrabbiava?». 

«Perché non potevate dire che stavate insieme? O perché lo trattava come muco di Troll solo perché era un NatoBabbano?». 

«Be, in parte sì. Ma la cosa che lo mandava davvero ai matti era il fatto che per il resto del tempo tua madre si comportava come se il Quidditch fosse un’idiozia. Credo che non sia neanche mai andata a vedere una partita di tuo padre, non importava quanto lui la pregasse. E poi ero io che dovevo sentirmi le sue lamentele…Merlino, questo l’hai preso sicuro da lui, fidati». 

Draco si costrinse a masticare più a lungo del necessario, per evitare di alzarsi e scappare. Quante volte aveva sentito quelle storie? Quante volte sua madre ne aveva riso, mentre volavano insieme nel campo da Quidditch che avevano fatto costruire vicino casa? Gli girava la testa, come sempre quando ripensava alla sua infanzia, quando non riusciva a non sovrapporre quelle immagini che gli aveva sempre dato gioia ai ricordi insanguinati dal ricordo di Voldemort.

«Non mi sembra appropriato. Insomma, lo sappiamo tutti che è colpa mia se Fred Weasley è morto, no? Cosa pensi che accadrà quando mi vedranno lì? Cosa dirà la gente? No, davvero, io resterò dietro le quinte e…». 

«Non sei il centro del mondo, Draco, per una volta smetti di pensare a te stesso. Io sono d’accordo con George, credo che sia importante che partecipino più persone possibili». 

«Sei d’accordo con George Weasley perché sei tu che l’hai convinto di questa cosa. O mi sbaglio? Chi altri avrebbe potuto escogitare un piano così contorto? Solo la stessa strega che mi ha convinto di chiedere alla Granger di fingermi il suo fidanzato per farle ottenere i voti dei Grandi Elettori del Ministero della Magia». 

«Una strega molto intelligente, mi pare evidente. E che ha sempre ragione, anche quando ti dice di smetterla di nasconderti». 

«Non hai neanche il buongusto di fingere, sei davvero incredibile».

«Ho passato la mia intera adolescenza a fingere, sono stufa. E dovresti esserlo anche tu. Così come dovresti crescere e perdonare i tuoi genitori. Tutto questo odio e rancore non ti fanno bene, e rischiano di rovinare anche il tuo rapporto con Hermione. Non pensi che sia stufa di sentirti lamentare?Tu hai la fortuna di averli ancora i genitori, non solo perché sono vivi ma perché sanno chi sei e farebbero qualsiasi cosa per te…incluso venire a una partita di Quidditch dai quali li hai banditi». 

«Quindi non devo sentirmi in colpa per aver fatto entrare i Mangiamorte a Hogwarts, ma devo sentirmi in colpa per non essere orfano? Sicura di essere così intelligente come dici di essere?», sibilò guardandola di traverso mentre giocherellava con l’ultimo boccone di torta. Da una parte non vedeva l’oro di scappare dallo sguardo indagatore di sua zia, dalla consapevolezza che non stava parlando anche di Hermione. Non solo lei aveva perso suo marito e sua figlia, ma cresceva suo nipote con la consapevolezza che c’era questa enorme voragine che non avrebbe mai potuto colmare, neanche con tutto l’amore di cui era capace. Dall’altro quella casa   che aveva arredato in modo che rispecchiasse tutto quello che amava di Hermione Granger lo faceva sentire al sicuro, così come quella zia che aveva conosciuto solo da poco, una delle poche persone con cui non doveva continuamente mantenere la sua maschera di indifferenza.

«E poi ho detto a Teddy che giocherai e che gli regalarai il Boccino appena catturato. Vuoi davvero rompere una promessa fatta a un bambino?» chiese, sgranando gli occhi con fare addolorato, con un’espressione così melodrammatica che Draco non poté fare a meno di scoppiare a ridere.

«Dì un po’ quanti secondi ci ha messo il Cappello Parlante a smistarti a Serpeverde? Hai fatto almeno in tempo a sederti?» chiese, mentre Teddy sceglieva quel momento esatto per rientrare rumorosamente in casa, ricoperto di fango e foglie, prima di buttarsi in braccio a Draco, che non fece in tempo a fermarlo. 

«E se non lo prendo per primo?» sussurrò il mago a voce bassissima, in modo che Teddy, i cui capelli stavano assumendo una preoccupante sfumatura biondo chiarissimo nonostante lo strato spesso di terra, non lo sentisse, impegnato com’era a rovesciare sul tavolo della sala da pranzo tutte le foglie che aveva recuperato nella sua escursione nel bosco di Hogsmeade insieme a Cockey, che sentivano canticchiare in cucina.

«Confonderemo gli avversari, non vorrai mica deludere tuo cugino, sarebbe una cosa davvero spregevole».

«Stai scherzando, vero?».

Ma sua zia non aveva mai risposto, limitandosi a fissarlo con un ghigno e a ricordargli che doveva sbrigarsi, con lo stesso sorrisetto enigmatico e soddisfatto con il quale lo stava fissando sugli spalti, parlottando con la strega accanto a lei e lanciando ogni tanto delle occhiate nella sua direzione.

Fortuna che Potter aveva giocato la prima partita contro Krum, non solo perché aveva il bulgaro aveva preso il boccino mentre Sfregiato si era quasi schiantato in terra, cosa che aveva suscitato un sospiro collettivo di paura nell’intero stadio, ad esclusione della risata inconfondibile di Zabini che era riuscita persino a superare le imprecazioni di Weasley.

Doveva ammettere che lui non l’aveva proprio considerato quando il suo senso di colpa verso Fred Weasley e voglia di impressionare la Granger - doveva ancora capire quale dei due avesse prevalso- non aveva messo in conto che si sarebbe trovato così vicino al suo famoso, noioso, senza gusto e rumoroso, ma comunque migliore-amico-di- Harry-Potter e eroe-di-guerra-come-tutta-la-sua-famiglia ex fidanzato storico. Aveva provato a dire a sé stesso, e a quella dannata impicciona e testarda di sua zia che aveva detto di smetterla di piagnucolare, che era così scocciato solo perché avrebbe potuto avere un effetto destabilizzante per la campagna di Hermione, rischiando solo di rintuzzare quelli che si opponevano alla loro storia. Aveva sempre pensato di essere piuttosto bravo a mentire, era qualcosa di cui in fondo era sempre andato fiero. Eppure la faccia perplessa che lo guardava allo specchio mentre cercava di ripeteresi che no, non era assolutamente geloso di quello sfigato, sembrava indicare tutto il contario. Sì, ora Lenticchia allenava una squadra di Quidditch famosa, ma se era stato così stupido di lasciarsi sfuggire la Granger dopo tutti quegli anni di certo dimostrava che i suoi insulti degli anni passati erano stati più che giustifiicati.

E la faccia che aveva fatto quando aveva visto la sua maglia…Merlino, ecco un’altra cosa che aveva scordato: quanto fosse soddisfacente far infuriare i Grifondoro in generale, e Weasleyin particolare. E a quanto pareva il non-così-regale Weasley  era piuttosto suscettibile anche come portiere, visto che dava in escandescenze ogni volta che volava davanti alla sua porta, facendo bene attenzione a fare in modo che la scritta Granger-Malfoy fosse ben in vista. D'altronde il suo compito di Cercatore era andare dietro il Boccino d’Oro, no? Che colpa ne aveva lui se continuava a vedere riflessi dorati proprio nelle prossimità della porta difesa da quel borioso?

Senza contare che aveva bisogno anche di distrarsi da quella sensazione che stesse per accadere qualcosa, uno strano pizzicore alla base della nuca, lo stesso che aveva sentito tutto il giorno durante il suo quinto anno, quando poi Lucius era stato arrestato. Forse erano stati i discorsi allucinati di Luna, il malumore di Kreacher o l’aver riconosciuto la madre di Tiger sugli spalti. Perché per Salazar Serpeverde era venuta, lei che persino durante le partite che organizzavano a casa non li degnava di uno sguardo, limitandosi a scuotere la testa inorridita? Non era stato l’unico a notarla, visto che poco dopo aveva notato la figura elegante di Theo spostarsi dal palco degli ospiti, sino a quello di Irma Crabbe.

Aveva cercato con lo sguardo anche Greg, con l’assurda speranza di vederlo, di sentirlo urlare a pieni polmoni per incitare la squadra, la voce che si intrecciava con quella di Vincent, sempre accanto a lui. Forse fu perché era troppo distratto dai ricordi del passato, o per la strana commistione di tornare a volare, questa volta finalmente con la Granger che lo guardava, o per lo stupore di non sentire quell’odio che aveva immaginato, o forse perché per la prima volta dopo anni aveva abbassata la guardia, o semplicemente era il segno che lui, anche quando pensava di fare qualcosa di buono finiva per rovinare tutto. Qualunque fosse il motivo, sentì prima un rumore familiare, un suono che sperava di aver dimenticato per sempre, relegato in fondo ai meandri più oscuri della sua memoria. Un secondo dopo, così veloce che aveva solo intravisto Potter correre in campo con la bacchetta in mano, l’onda d’urto dell’incantesimo li colpì in pieno, sbalzandoli via dalle scope, facendolo sbattere contro una delle torre del campo, prima di rimbalzare in terra. Sopra di lui, Weasley era riuscito a mantenersi in equilibrio, rimanendo aggrappato sottosopra alla scopa. Mentre lui cercava di alzarsi, l’aveva visto rimettersi in piedi velocemente, volando basso e rapido verso la tribuna dove poco prima c’era la Granger, ora invasa da una nebbia scura e densa.

Guardò il manico spezzato della sua Nimbus 5000, cercando di usarlo per aiutarsi ad alzarsi. Doveva trovare Hermione, doveva sapere che stava bene. 

E soprattutto doveva dirle che lui non c’entrava niente con quello che era successo. Che non sapeva cosa fosse accaduto, anche se sopra di loro riluceva orrido ed inconfondibile quello stesso marchio che era impresso per sempre nella sua pelle e nel suo sangue.

Il marchio nero.



 

«Hermione, stai bene?!».

Ron si era letteralmente lanciato accanto a lei, pochissimi secondi dopo l’esplosione, la sua voce baritonale che riusciva a superare le urla che la circondavano, afferrandola per le spalle. « Sicura? Porto via i bambini  e torno subito».

«Sto bene, Ron. Stiamo tutti bene, vedi? La Preside e Shacklebolt si sono resi conto che qualcosa non andava e siamo riusciti a lanciare gli scudi protettivi prima di venire colpiti», disse, cercando di mantenersi calma. «Draco? Lo hai visto?».

«Draco?» le labbra di Ron si arricciarono con disgusto. «Ti ha fatto talmente tanto il lavaggio del cervello che non riesci a vedere neanche le cose più ovvie? Non vedi cosa c’è in cielo? Credi sul serio che sia una coincidenza che prima qualcuno cerchi di colpirti e poi venga lanciato il marchio nero?».

«Oh,andiamo Ron, non dire sciocchezze:Voldemort è morto. L’unica cosa che mi pare evidente è che qualcuno pensa di usarlo per spaventarci», rispose secca, liberandosi dalla stretta. 

«Qualcuno che odia i Babbani, evidentemente. Ti viene in mente qualcuno? Cazzo, Mione, come è possibile che tu sia caduta così in basso?» ringhiò. « Tutta questa pagliacciata, il nome di mio fratello usato in questo modo disgustoso… e invece anche di fronte l’evidenza continui a negare. Lui ti sta usando lo vuoi capire!»

«Vi preghiamo di rimanere calmi nei vostri posti e di seguire le indicazioni degli Auror e dello staff» la voce calma e severa della McGranitt, amplificata dal sonorus, riecheggiava in ogni angolo dello stadio. Poi tolse la bacchetta dalla gola, e si rivolse verso di loro. «Signor Weasley, penso che tu debba andare ad aiutare i tuoi fratelli e amici, invece di restare qui a dire assurdità. Capisco che tu possa aver preso una botta in testa, ma non tollererò ancora questo tuo atteggiamento».

«Altrimenti cosa fa? Mi mette in punizione? Sono un uomo adulto, ormai! Ed evidentemente l’unico che continua a ragionare!» si indignò Ron, sostenendo con aria di sfida lo sguardo della McGranitt.

«Sarai anche un adulto, signor Weasley, ma ti comporti come un ragazzino del primo anno», rispose secca la Preside, girandosi invece verso il patronus a forma di Petardo Cinese che era planato sugli spalti. «Bene, i settori est e sud sono completamente illesi e Vicious e Horace hanno già fatto defluire gli studenti. Neville, tu e Hannah potreste andare ad occuparvi del settore ovest?  Troverai anche il signor Thomas e il signor Lee, sono certa che vi aiuteranno a calmare gli studenti, porta anche loro a Hogwarts…».

Hermione non aveva sentito il resto del discorso, né tantomeno la risposta di Neville o le lamentele di Ron. Pochi secondi dopo e si era smaterializzata sul campo da Quidditch, dove già Andromeda e la Pomfrey erano all’opera per curare alcuni dei feriti: Katie aveva un grosso taglio sulla fronte, mentre il braccio di Bill, in piedi e intento ad aggiornarsi con uno degli apprendisti di Harry, era piegato in una forma completamente innaturale. Oliver era stato colpito da un bolide impazzito, ed accusava Flint di non averlo coperto, ma sembravano entrambi abbastanza in buona salute, al punto da rinfacciarsi un gol, a detta di Oliver irregolare, nella loro prima partita a Hogwarts.  

«Granger!» .

Draco si stava alzando, tenendosi una spalla, aiutato da Pansy e da Cockey, che continuava a piagnucolare. Nonostante il sangue che gli macchiava la divisa e le schegge di legno tra i capelli, Hermione si sentì immediatamente sollevata, visto che anche lui se l’era cavata in modo lieve.

«Tranquilla, ha la testa dura» la rassicuro sarcastico Zabini, mentre Draco si divincolava nel tentativo di abbracciarla. «Sperando che non inizi a piagnucolare come al solito».

«Grazie a Merlino stai bene» le mormorò tra i capelli, stringendole le spalle con il braccio sano. «Sei stata incredibile, Andromeda mi ha raccontato che sei riuscita a lanciare un Protego prima di venire colpiti».

«Non ho fatto tutto da sola, per fortuna nessuno sembra essersi fatto troppo male a parte voi che eravate in campo. Sicuro di stare bene?», chiese, guardandolo perplessa.

«Sta benissimo, tranquilla, già l’ho sistemato» confermò Andromeda, che stava medicando velocemente la gamba di Fleu, colpita da un bolide.

«Ma la stampa? Dobbiamo dire qualcosa!» tentò Draco,  guardandosi intorno e notando gli spalti ormai praticamente vuoti e i Patronus degli Auror che correvano avanti e indietro portando notizie:« E gli ospiti del Ministero… dannazione!».

«Ci sta già pensando Kingsley, non credo potreste aggiungere qualcosa di interessante. E poi tua madre dice di non commentare a caldo, finiresti solo per dire qualcosa di stupido», commentò leggera Luna, apparsa in quel momento, guardando svagata il caos attorno a sé. «Visto, io l’avevo detto che le giuggiole non sono un buon presentimento. Che peccato, la mia testa di leone si è tutta rovinata…».

«Ottima occasione per buttare quell’orrore cosa, secondo Kreacher » ,borbottò l’elfo, apparso con un secco plop dietro Andromeda.

«Ma la campagna…. Hermione…. Il marchio ...io», continuò Malfoy guardandosi in giro.

«La campagna è morta» sibilò Pansy «Metà dei voti popolari se ne sono andati , nessuno ti voterà se pensano che tu possa mettere a repentaglio i loro figli, per fortuna genitori come i nostri sono diventati la minoranza. E i Grandi Elettori non si vogliono associare a qualcuno che è riuscito a far resuscitare il Marchio Nero a una partita di Quidditch. Non di nuovo, almeno.Senza contare che molti hanno sentito Weasley accusare Draco di essere il responsabile. Per quale motivo solo il suo cervello bacato lo sa».

«Credo che questo sia il momento perfetto per ammettere che avevo ragione : nessuno si fiderà mai di voi due. Quindi direi che potreste accettare i segni del destino, lasciarvi e permetterci di  tornare a vivere le nostre vite», commento secco Blaise , guardando in alto, dove il marchio nero era solo una linea di fumo nerastro. «Stai proprio facendo arrabbiare qualcuno, eh Granger?».

Oh, quello era sicuro. Ma chi? Era stato l’autore delle lettere a spingersi fino a quel punto ?

Chi poteva avercela così tanto con loro?


Grazie come sempre a Giulia, che in questi ultimi capitoli mi sta aiutando tantissimo a prendere delle decisioni su questa storia.Nel prossimo capitolo torna un po' di romanticismo post stress, ma saranno più sospetti e litigi che altro.
Grazie come sempre della pazienza e se lo vorrai fammi sapere quali sono i tuoi sospettati o cosa ne pensi della storia ( anche in privato se preferisci)

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Capitolo 19
*** Intromissioni ***


Da quanto tempo Draco era seduto su quel divano, ripensando a ogni momento della partita?  Ormai aveva perso il conto del tempo, che si era diluito nel crepitio delle fiamme dopo che il volto di Theo era sparito. Aveva fatto tutto quello che era nelle sue capacità per cercare di arginare lo scandalo, aveva parlato con ogni direttore di giornale, tirato fuori ogni grammo di astuzia che ancora aveva e ora era lì, a contemplare il fallimento di quello che aveva pensato fosse un piano brillante.

Forse avrebbe potuto recuperare con la stampa, persino usare l’incidente per far recuperare qualche voto alla Granger, specialmente nella parte delle votazioni popolari, ma ormai tutto era rovinato. Come avrebbe fatto a guardare di nuovo in faccia Hermione e dirle che doveva fidarsi di lui? Come avrebbe potuto dirle di ignorare i commenti che sarebbero venuti dai suoi amici? Perché quello che aveva detto Weasley era certo che lo pensassero anche gli altri. In fondo loro erano stati la sua famiglia molto prima che lui entrasse anche solo nel suo campo visivo. E George Weasley… questa volta di certo non l’avrebbe perdonato.

Già la prima volta era stato qualcosa di totalmente inaspettato, di cui sentiva ancora il senso di colpa. Se fosse stato a parti inverse, se qualcuno a cui lui teneva così tanto fosse morto per colpa delle scelte egoistiche e sbagliate di qualcun altro, non lo avrebbe mai perdonato, anzi, avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo possesso per distruggerlo.

Sorrise amaro… in lui c’era rimasta ancora qualcosa da distruggere al tempo? 

«Tua zia ha detto che devi riposare. E sono certa che le cure non prevedano del whiskey incendiario stravecchio». 

Sussultò, sentendo la mano delicata posarglisi sulla spalla, mentre Hermione si sedeva accanto a lui, con una gamba piegata sotto di lei e l’altra che ciondolava. Era così bella che per un attimo gli sembrò di non riuscire a non pensare ad altro dell’idea della sua pelle umida e morbida sotto la maglietta oversize di Grifondoro che si era messa addosso dopo la doccia.

«Mi ha anche detto di non farla troppo lunga, se ti ricordi bene. E, credimi, nessuno appartenente alla famiglia Black ti direbbe mai di non bere», sorrise, richiamando un bicchiere e versando una generosa dose di whiskey, prima di porgerglielo. «Volevo solo accertarmi che stessi bene, ora vado. Cockey sta già dormendo sul divano, chiamala se ti serve qualcosa».

Hermione prese un lungo sorso, guardandolo da oltre il bordo smerigliato. Poi, accarezzandogli la nuca, disse calma: «Io non sveglio proprio nessuno, figurati un elfo. Perché vuoi andare via?». 

Draco sospirò, continuando a guardare davanti a sé: «Marchio nero in cielo, partita di Quidditch, evento in memoria di un tuo amico rovinato, strage evitata solo perché sei fottutamente brillante… devo davvero stare qui ad attendere che ti renda conto che sono io il comune denominatore di tutto ciò?». 

Hermione lo guardò interrogativa: «Hai detto che il tatuaggio non si è attivato però. E anche Kingsley ha confermato che quello apparso in cielo aveva qualcosa che non andava, si è dissolto troppo velocemente, il che mi fa pensare che sia stato lanciato da qualcuno che non aveva una grande conoscenza di magia oscura». 

«O forse voleva che pensassimo questo, chi lo sa? Intanto quello che è caduto dalla scopa mentre il tuo ex fidanzato correva da te per proteggerti sono io: il più giovane Mangiamorte della Seconda Guerra Magica, quello la cui casa è stata usata come quartier generale, il figlio e nipote di alcuni dei suoi seguaci più fedeli», replicò cocciuto,prendendo un ultimo sorso di whiskey. «Avanti, sono certo che il tuo bel cervellino ci sia già arrivato: la nostra storia finisce questa sera. Ovviamente questa casa è già a tuo nome, non c’è bisogno di fare nulla».

«Draco…».

«Scriverò io un comunicato. Tu devi solo rilasciare un paio di interviste, sono certo che Potter sarà più che felice di aiutarti. E fatti vedere con i Weasley… deve essere chiaro che tu sei dalla loro parte…».

«Draco…». 

«Ovviamente continuerò a occuparmi della tua campagna, possiamo ancora farcela. Dobbiamo solo cambiare un paio di cose e essere sicuri che nessuno ci veda insieme… Sì, forse la Polisucco potrebbe funzionare… O forse possiamo chiedere ad Andromeda, se è riuscita lei a non farsi scoprire con Ted, sono certo che potrà darci qualche idea...». 

«Oh, per Merlino» sbuffò infine Hermione, sollevandosi sul ginocchio, per poi mettersi a cavalcioni su di lui, prendendogli il viso tra le mani. «Riesci a stare zitto per cinque minuti?». 

«Granger, sei ubriaca? O sei sotto Imperius? Dai, fammi controllare», replicò Draco, cercando di raggiungere la bacchetta posata sul tavolino accanto.

«Malfoy, per Merlino ma che problemi hai?» sbuffò esasperata la strega. «Ti sembra così strano che voglia passare cinque minuti senza pensare, facendo sesso con quello che dovrebbe essere il mio ragazzo?». 

«Cinque minuti? Abbiamo basse aspettative eh, Granger. Almeno sette».

«Realistiche, direi. Anzi, fin troppo elevate, visto che ti comporti come se fosse l’ultima cosa...», non riuscì a finire perché si era ritrovata le labbra di Malfoy addosso.

«Credo che la nostra dinamica di coppia in cui ci zittiamo baciandosi abbia bisogno di qualche aggiustamento», commentò Hermione, appena riuscì a staccarsi.

«Sei tu che l’hai iniziata, mi sembra», ghignò Draco, afferrandole i fianchi e spingendola verso di sé. 

«Perché tu hai il vizio di parlare troppo», rispose lei, chinandosi su per baciarlo nuovamente.

Quando si fermarono, si fissarono, ansanti.

«Sei sicura?» chiese di nuovo Draco con voce roca. «No, perché se continui a muoverti così non credo di riuscire a rimanere un gentiluomo ancora per molto e questi pantaloni non aiutano».

Per tutta risposta Hermione lo guardò con un ghigno e, senza dire nulla e senza togliergli gli occhi di dosso, si sfilò la maglietta.

«Direi che è un sì. Per Salazar Serpeverde se sei competitiva, però», rise piegandosi in avanti per baciarle la clavicola, mentre risaliva con una mano lunga la spina dorsale, mentre l’altra scendeva lungo la natica, infilandosi sotto il bordo degli slip di cotone nero.

Hermione non rispose, ma dal mugolio soddisfatto che fece inarcandosi mentre lui iniziava a scendere con la lingua lungo il petto, fermandosi a mordicchiarle appena la pelle tra i seni.

«Sai, ho fatto un paio di sogni così», mugugno Draco, la voce attutita dalla maglietta che stava tentando di sfilare dalla testa.

«Ah, sì? E questo è all’altezza?» rispose la strega sogghignando mentre lo aiutava, prima di chinarsi su di lui per baciarlo con foga.

«Uhm… meglio», riuscì a dire, prendendole il viso tra le mani e guardandola. «Tu sei meglio di qualsiasi fantasia abbia mai avuto».

Di nuovo Hermione non rispose, chinandosi per afferrargli il labbro inferiore tra i denti e iniziò a succhiarlo e a mordicchiare. Poi, tenendogli il volto tra le mani, sorrise:«Direi che sono almeno dieci punti a Grifondoro… Malfoy!».

Non era riuscita a finire la frase perché il mago aveva deciso quel momento per alzarsi, tenendola ben stretta, mentre lei d’istinto gli si aggrappava con le gambe ai suoi fianchi, mentre continuava a baciarlo.

«Aspetta a cantar vittoria», ghignò, appoggiandola sopra il grande tavolo, le mani sulle sue cosce invitandola con una leggera pressione a lasciarlo andare. «Chi l’avrebbe mai detto che questo è l’effetto che ti avrebbe fatto rischiare la vita…». 

«Nessuno era davvero in pericolo», riuscì a ribattere, cercando di ignorare la lingua di Malfoy che tracciava disegni fantasiosi e imprevedibili a partire dal suo collo e poi sempre più giù, con una lentezza esasperante.  Chiuse gli occhi, passandogli una mano tra i capelli biondissimi, così fini che le scivolavano tra le dita, mentre si lasciava cadere con la schiena sotto il tavolo.

Era quella l’Hermione nazionale che conoscevano tutti, l’eroina di guerra, l'efficiente burocrate del Ministero?

No di certo. Ma, in fondo era proprio per quello che aveva iniziato tutta quella storia, che era iniziata con una lista di pro e di contro e ora stava continuando… beh, con un pro che decisamente non aveva calcolato.

E poi era così stanca di giustificarsi, di essere sempre la persona responsabile. Lo aveva detto, voleva solo smettere di pensare per cinque minuti e comportarsi come una normale ragazza della sua età. Non aveva mai avuto problemi con il sesso, anche se negli ultimi tempi con Ron era diventato quasi meccanico, qualcosa che facevano più per rilasciare lo stress che per altro. Ed era stato proprio lì che aveva capito che poteva essere anche questo, semplicemente un modo per lasciarsi andare. Justin e Dean erano stati solo degli incontri casuali, un accordo comune senza impegno.

Ma Draco… Draco come doveva considerarlo?







 

Stavano ancora dormendo, abbracciati sul divano su cui erano crollati, quando iniziarono a sentire una voce stridula fin troppo vicina urlare qualcosa di incomprensibile, ma che sembrava pericolosamente vicino a “abbiamo ospiti”. 

Erano scattati in piedi, ancora frastornati e molto meno scattanti di quello che avrebbero voluto. Afferrate le bacchette, richiamarono i vestiti giusto in tempo prima che Pansy e Ginny facessero il loro ingresso nella stanza.

«Oh, per Merlino, ma non avete una camera… io mi ci siedo su quel divano!», lagnò Pansy, mentre Cockey sembrava palesemente divertita e iniziava a corricchiare avanti e indietro.

«A guardarli penso che non sia solo il divano il problema», rincarò Ginny, squadrando Hermione con uno sguardo indecifrabile.

«Per Salazar Serpeverde, Ginevra! Ma non hai un marito da assillare?» continuo Draco, che stava cercando di sistemarsi i capelli che gli ricadevano per una volta scomposti sul viso.

Hermione ricambio lo sguardo di entrambe. In fondo era stata lei a dirlo: andarci a letto per togliersi il pensiero… tanto a quanto sembrava la campagna era definitivamente compromessa.

«Hai ragione, conosco quella faccia. Complimenti, Granger, era da un bel po’ che non gliela vedevo. Sarà contento Theo, ha sempre detto che eri intrattabile ultimamente perché era da tempo che non…».

«Pans! Giuro che se dici un’altra parola compro Witchious e darò tutte le copertine a quell’idiota che odi tanto!». 

«Beh, avresti potuto comprarlo prima e metterci me, che dici? Invece di farmi perdere tutto questo tempo!». 

«Ma se hai detto che era giunto il momento che iniziassero a riconoscere i tuoi meriti». 

«Fortuna tua che sei ricco, perché a volte sei davvero ottuso».

«Disse quella che mi ha mandato tre gufi al giorno chiedendomi se fossi diventato impotente!».

«Beh, qualche dubbio iniziavamo a farcelo venire, vero rossa?», chiese Pansy sbuffando e incrociando le braccia davanti al petto, con fare scocciato.

«Primo, smettila di chiamarmi rossa. Secondo, Malfoy per carità di Godric Grifondoro, smetti di guardarti allo specchio per controllare se hai un succhiotto sul collo: te lo dico io, ce l’hai ed è anche abbastanza evidente. Terzo, io e Parkinson siamo venute a vedere se avessi già letto la Gazzetta, ma è evidente di no. Quarto, Hermione, non so se complimentarmi o mettermi a urlare per lo shock».

Hermione sbuffò, incamminandosi a testa alta verso la porta, i capelli ancora più leonini del solito. «Onestamente sono stufa di gente che pensa di poter entrare e uscire da casa mia come e quando vuole. Non vi è venuto in mente che no, stamattina non eravamo esattamente ansiosi di leggere gli insulti su un giornale che legge tutto il Regno Unito? No, non voglio sapere cosa stavate pensando e, soprattutto, perché lo stavate pensando insieme. Io ora vado a farmi una doccia e poi a bere un caffè. Poi, se smetterete di comportavi come due folli possiamo passare a questo piacevole diversivo che avete pensato…».

«Ottima idea, Granger. Caffè a parte, ovviamente. Se volete accomodarvi, sono certo che troverete ampi argomenti per passare il tempo», replicò Draco di rimando, lanciando un’occhiata sbieca alla Serpeverde, che lo guardò con aria offesa. «E questa storia che ogni volta che io e Hermione siamo in intimità appari tu sta diventando un cliché, Weasley-ora-Potter».

«Merlino, ma come parli? In intimità? Neanche mia madre si esprime così», pontificò Ginny, guardandolo come se gli fossero uscite due teste.

«Beh di certo non qui, voglio sperare. Non prima che sia passato un elfo a santificarla!» lagnò invece Pansy.

«Parkinson, lascia stare gli elfi!» avvertì Hermione, anche se era ormai sparita dalla vista.

«Forse non lo sai ma il tuo fidanzato non ha frequentato un piano di casa sua per mesi, per una cosa del genere!» urlò di rimando Parkinson con un ghigno, prima di sbattere la copia della Gazzetta sul petto di Draco. « Leggi».

«Grazie per avermi ricordato quel trauma, è la seconda volta in pochi mesi, ne avevo davvero bisogno guarda. E smettila di colpirmi con quel coso! Weasley…Potter… insomma, dove stai andando!» tentò il mago, mentre la testa rossa di Ginevra Potter si era già infilata dietro Hermione. Vedendo che era del tutto inutile, prese in mano finalmente la copia del giornale dalle mani di una soddisfatta Pansy Parkinson.

«Ecco, sei contenta? Sei felice di guardarmi mentre leggo del mio …. oh, cazzo!».

«Già. Due pagine intere di complimenti a quella che è risultata una giovane donna che riesce a mantenere il sangue freddo in ogni situazione, riuscendo a risolvere con grazia una situazione potenzialmente tragica…», citò. «Chissà perché ma non mi sembra farina del tuo sacco».

Giovane donna

Risolvere con Grazia

Potenzialmente tragica.

No, lui non c’entrava niente con quell’articolo. Ma sapeva perfettamente chi ci avesse messo mano. Il che poteva significare anche un’altra cosa, vista la prontezza con cui era riuscita a intervenire.

C’era sua madre dietro quell’articolo.

Che ci fosse solo lei, però era tutto da dimostrare.

«Io devo andare. Dì a Granger che ci vediamo più tardi», sibilò, afferrando la borsa piena di vestiti che Pansy gli stava dondolando davanti agli occhi con un sorrisetto.

«Oh, credimi, ci arriverà anche lei… e spero che avrai una buona scusa al tuo rientro». 

Si, doveva dare di matto con qualcuno, ma prima aveva bisogno di una doccia ghiacciata, o rischiava di arrivare nel Wiltshire con il fumo che gli usciva dalle orecchie.






 

Draco si era smaterializzato nel vialetto principale della casa, il grande cancello di metallo con lo stemma dei Malfoy che si era aperto docile al suo passaggio, senza neanche il bisogno di tirare fuori la bacchetta. Era proprio quello che odiava in quel posto, la sensazione che ogni angolo, ogni pietra, ogni marmo lo risucchiasse, ricordandogli che, in fondo, lui non era niente più del suo cognome.

Il Maniero lo reclamava, sembrava quasi volerlo avviluppare con le sue edere rampicanti e i cespugli di rose, promettendogli di dimenticare tutto quello che era accaduto quando Il Signore Oscuro ne aveva preso possesso. Ma lui era ben deciso ad ignorarlo, anzi a fuggire il più che poteva dalla sua vista e dai suoi ricordi, mettendo ben in chiaro che lui non solo non aveva alcuna intenzione di tornare a vivere lì, ma che, se tutto andava come previsto, ben presto non sarebbe più neanche stato un Malfoy.

Non ebbe però neanche la soddisfazione di far risuonare il grande batacchio dorato contro la porta di ingresso che Krippy, il capo elfo da quando lui ne aveva memoria, aveva già aperto la porta e si era profuso in un profondo inchino.

«La padrona è nella sala orientale a fare colazione, padroncino. Il padroncino vuole mangiare? E perché il padroncino è apparso nel giardino? Il padroncino non ricorda come materializzarsi dentro casa? Il padroncino ha forse battuto la testa? La padrona era tanto preoccupata quando è tornata! Lei lo aveva detto che era pericoloso!». 

Draco lo ignorò, dirigendosi a grandi passi verso la sala da pranzo, registrando solo in parte quell’insensato piagnucolio.

Come aveva anticipato l’elfo, sua madre era nella sala adiacente al giardino d’inverno, le grandi vetrate che davano sull’esterno rendevano quella una delle stanze più luminose e confortevoli, dalle grandi pareti azzurro polvere e i mobili chiari e delicati.  Sua madre era seduta ad una delle estremità del grande tavolo di marmo appena rosato, la tazza da tè di porcellana laccata ancora in mano mentre guardava un punto indefinito del giardino. Davanti a sé aveva la Gazzetta e un’altra decina di giornali.

«Speravo che saresti venuto ieri sera, o che almeno mi avresti dato tue notizie. Mi hai fatto preoccupare molto, Draco», disse con un tono di voce fin troppo calmo, girandolo per fissarlo con i suoi occhi azzurri.  «Sono contenta di vedere che stai bene. Siediti, prendi una tazza di tè, Estive ti porterà la colazione, ha preparato i tuoi pancake preferiti».

«C’entrate voi, vero? Lui dov’è?» chiese invece il giovane, rimanendo in pieni e scandagliando la stanza furioso. 

«Non penserai vero che nasconda tuo padre in un vaso di orchidee, vero tesoro?» lo blandì sua madre.

«Non mi stupirei più di nulla. Allora, siete stati voi? Avete provocato voi l’incidente alla partita?».

Narcissa lo guardò perplessa: «Credo che tu debba farti visitare, evidentemente hai sbattuto anche la testa ieri, stai vaneggiando».

«Vaneggiando? Io starei vaneggiando? Vuoi forse negare che gli articoli che sono usciti siano frutto del tuo intervento?».

«Quindi secondo te sarei responsabile sia dell’incidente, secondo la tua prosaica definizione, che dell’aver usato le mie risorse e abilità per aiutarti con un pasticcio dal quale non sapevi come uscire? Interessante, e io pensavo che passare del tempo con una ragazza intelligente come la Granger ti avrebbe reso meno incline al melodramma. Ma d’altronde se tuo padre non è cambiato dopo quasi trent’anni di matrimonio, era impensabile che lo facessi tu in pochi mesi», sospirò, poggiando la tazza sul piattino. «Visto che mi hai fatto la cortesia di mostrarti nuovamente in questa casa senza essere costretto, siediti, dobbiamo parlare. Se la cosa ti fa stare più tranquillo, anche se sarebbe decisamente tempo che iniziassi di nuovo a parlare con tuo padre, lui non è qui, è fuori per un impegno di lavoro».

«Come se avesse un lavoro. Chi vuoi che gli dia fiducia dopo quello che ha fatto?».

Narcissa sospirò di nuovo: «Non è sempre tutto bianco o nero, tesoro, tu dovresti saperlo più di tutti.  Abbiamo cercato di aiutarti nell’unico modo in cui ce l’hai permesso. Davvero avresti voluto che oggi i giornali parlassero solo di quel finto Marchio Nero?». 

«Quindi lo ammetti! Come hai potuto farmi una cosa del genere, sapevi quanto fosse importante la partita per me. Capisco lui, ma tu…».

«Talmente importante da non invitarmi neanche a vedere mio figlio che partecipava a una partita di Quidditch dopo anni!  E anche se avevi quell’assurda maglietta con cui pensavi di infastidire tuo padre, dopo tanto tempo sembravi contento di fare qualcosa di… normale»,  tentò di nuovo la donna, alzandosi fino a raggiungere il figlio.

«Dopo l’imboscata al Ballo come posso fidarmi di voi?».

«Tesoro, è tutto nella tua mente. Io e tuo padre non faremo mai nulla che possa farti del male…». 

Fu il turno di Draco di interromperla con uno sbuffò nauseato. «Si, certo come no».

«Tesoro, ne abbiamo già parlato. Quello che è successo…Draco dove stai andando?» alzò la voce Narcissa, mentre le sue mani si chiudevano nel vuoto. Lui si era già smaterializzato, lontano da quella casa, cercando di afferrare la manica della camicia del figlio. E, soprattutto, quella volta anche da lei.

 





 

Hermione aveva letto e riletto non solo l’articolo della Gazzetta, ma anche ogni parola scritta su ogni giornale mai pubblicato nel mondo magico. E tutte, inesorabilmente e invariabilmente, erano impeccabili: non solo non c’era traccia delle accuse mosse da Ron contro Draco, ma anche l’intera narrazione, in cui era indubbio fosse lei quella che spiccava maggiormente, era stata fatta con una tale maestria che si nascondeva nelle pieghe del racconto senza risultare stucchevole.

La Gazzetta, infatti, nonostante i passi che Pansy continuava a ripetere a memoria, aveva dedicato la maggior parte dell’articolo non a quello che era successo, ma alla storia di Fred Weasley, in toni leggeri e accattivanti. C’era poi stata l’intervista alla McGranitt, la storia della Fondazione, persino l’elenco aggiornato dei donatori per la campagna e la somma raccolta. Somma, che contro ogni previsione, continuava ad aumentare e aumentare. 

Guardò la foto, in cui lei era ben visibile eppure in maniera discreta, quasi casuale, accanto a Kingsley con il quale stava parlando animatamente, mentre l’attuale Ministro della Magia le sorrideva benigno. Era stata scattata poco prima dello scoppio, il bracciale a forma di edera, quello che Draco le aveva regalato dopo la cena all’Experimentum, che raccoglieva la luce, mentre indicava qualcosa sul campo. 

«Devo ammettere che Dennis ha davvero talento, questa foto è stupenda. Potremmo davvero usarla per la tua di campagna elettorale», commentò Ginny, sedendosi accanto a lei in cucina, addentando un muffin farcito con uovo e pancetta che Cockey le aveva appena servito. «Ammetto che è un po’ strano che abbia la stessa passione di suo fratello, ma in fondo ognuno reagisce al lutto come può… Parkinson non guardarmi come se non avessi idea di chi stessi parlando. Ricordi Colin, il ragazzino che seguiva Harry ovunque con la macchina fotografica?».

«Perché per Merlino dovrei ricordare uno squilibrato dalla vita noiosa al punto da seguire quello sfigato?».

«Perché avete tormentato Harry, accusandolo di voler essere al centro dell’attenzione, ad esempio. O forse perché Colin è morto durante la Battaglia di Hogwarts, dove era riuscito a intrufolarsi pur essendo un Nato Babbano?», sbuffò Ginny, fulminandola con lo sguardo.

Pansy non rispose, limitandosi a scuotere le spalle con noncuranza. O almeno quello era quello che voleva far credere, visto che Hermione aveva notato quel suo modo di ravvivarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro quando qualcosa la colpiva. 

«Una volta tanto che Potter si rivelava quasi divertente. Comunque chissà quanto sarà felice, non è semplice essere pubblicati in quella posizione», disse infine, con tono fintamente casuale.

Hermione guardò meglio la foto e la piccola didascalia accanto. Come aveva fatto a non riconoscerlo? Era vero che dopo aver concluso il suo anno a Hogwarts dopo la guerra non aveva più modo di frequentare Dennis, troppa la differenza di età e gli interessi, ma doveva essere sincera con sé stessa: non solo non l’aveva riconosciuto, ma non lo aveva neanche notato tra la folla. 

«Come sta George?», domandò invece Hermione, cercando di mettere a tacere quella voce che le diceva che George Weasley non l’avrebbe mai perdonata.

«Sta lanciando un nuovo prodotto: un boccino che quando lo acchiappi si dissolve in una nuvola di fumo che dice Voldemort faccia di cacca. Ah, e il fumo è edibile, ha il sapore di cioccolata» .

«Non so se essere stupita dallo spirito imprenditoriale di tuo fratello o dalla sua faccia di bronzo. Comunque, ora che il dramma la-stampa-ci -distruggerà è finito, diciamo che possiamo passare alla parte interessante», tagliò corto Pansy, indicandola con una fragola, prima di staccarne un morso. «Tu e Draco…». 

«Passato il prurito?»  si intromise Ginny. 

«Weasley, come sei triviale».

«Sono pragmatica, e se avessi avuto sei fratelli lo saresti anche tu».

«Se avessi avuto qualcuno dei tuoi fratelli mi sarei fatta mandare a Ilvemore. E a proposito di gente con cui questa qui è imparentata… non è che l’hai fatto solo per ripicca verso il tuo stupido ex?».

Hermione batté gli occhi, perplessa. 

«Io non faccio le cose per ripicca, Parkinson. Vi sembra davvero così strano che abbia voluto fare sesso con il ragazzo che sto frequentando? Ginny, non mi sembra che tu abbia fatto tante storie con Dean o Justin. E neanche con tuo fratello se è per questo!», rispose piccata, cercando di ignorare Pansy che faceva finta di vomitare.

«Vorrei solo che tu non ti affezionassi a lui», replicò Ginny calma, mentre con nonchalance dava una spinta alla Serpeverde, facendola quasi cadere dalla sedia. 

«Guarda che è il mio migliore amico, non un cucciolo di Crup», commentò Pansy, sistemandosi la camicetta. «Però concordo con  Sua Eleganza qui vicino, non mi torna tutta questa storia. Non ho ben capito quando hai deciso di passare dall’odiarlo, a lavorarci insieme, a odiarlo di nuovo, a permettergli di baciarti senza pietrificarlo, a… questo. Per Merlino, sempre meglio di vedervi arrossire appena vi sfioravate… quello sì, stava diventando davvero troppo».

«E tu non li hai beccati a pomiciare al parco … per Godric Grifondoro, non farmici pensare, ho i brividi».

«Ok, ora vi siete divertite? Avete finito di comportarvi come se fossimo a scuola e voi foste gelose che vi abbiano tolto il giochino? Io e Draco stiamo insieme e facciamo le cose che fanno tutte le persone della nostra età che stanno insieme, quindi fatevene una ragione. Ed evitate di comparire all’improvviso, aiuterebbe davvero molto. Ora, se non c’è niente altro di cui volete sparlare, direi che possiamo passare oltre».

«Quindi non sei arrabbiata per l’articolo? E neanche del fatto che Malfoy sia scomparso appena ci ha viste arrivare, lasciandoti qui da sola. Non hai neanche idea di dove sia andato», continuò Ginny.

«Da sua madre»  risposero in coro Hermione e Pansy, lanciandosi uno sguardo d’intesa.

«E quindi tornerà di pessimo umore. Io me ne vado, l’ho già sentito abbastanza lamentarsi nel corso degli anni, ora tocca a te», concluse la mora, alzandosi e dirigendosi verso il camino, dove il canale era stato riaperto. «A proposito, hai abbastanza vestiti per il viaggio? O te ne devo mandare qualcuno? Ricordati il vestito da sera, quello bordeaux, ti ho messo anche i gioielli».

Fu la volta di Hermione e Ginny di guardarsi, spaesate.

«Quale viaggio? Io non ho nessun viaggio in programma, tanto meno un'occasione per cui mettere il vestito da sera. Se è un’idea di Draco se lo può…», contestò la strega, afferrando al volo l’agenda che stava fluttuando davanti a lei.

«Ho dato un’occhiata mentre stavi facendo la doccia, tanto per non avere sorprese. E ho fatto bene! Vedi? Hai un viaggio di due giorni, devi accompagnare Macduff alla Conferenza Europea delle Creature Magiche o come poltergeist si chiama il noioso dipartimento dove lavori. Senza contare che di là ti sono arrivati dei faldoni polverosi, accompagnati da uno stucchevole bigliettino di quell’idiota di Fitch-coso»,sbuffò Pansy, guardandola con fare sospettoso. «C’è qualcosa che devo sapere, Granger? Granger? Dove stai andando? Ecco, su questa cosa della comunicazione ci dobbiamo lavorare, eh?».

Ma Hermione non la stava già ascoltando, le lettere sulla sua agenda parlavano chiaro. Eppure era certa che l’ultima volta che aveva controllato i suoi impegni non c’era nessun viaggio in programma. Né Macduff né Justin avevano detto nulla, anche se era pur vero che si erano visti per pochissimo prima che la partita iniziasse. Ma neanche una parola?

Richiamò i documenti che Justin le aveva mandato, osservandoli per la prima volta con sgomento: erano ricerche fatte mesi prima, appunti da sistemare… davvero si aspettava che preparasse una relazione in poco meno di un giorno? Diede una rapida occhiata alla bozza di Justin, giusto per avere un’idea della mole di lavoro da fare.

Ma era davvero buona, molto più di qualsiasi lavoro che avessero mai fatto insieme. 

Molto, molto buona.

Forse persino troppo.







 

Hermione era immersa nei suoi appunti quando le fiamme del camino si illuminarono di verde, pochi minuti prima che Draco facesse la sua apparizione nel suo salotto, ridotto a un campo di battaglia.

«Granger, cos’è successo qui? Hai lanciato bombarde a caso? Ti ho mandato tre gufi e non mi hai risposto, il mio orgoglio potrebbe uscirne gravemente ferito, sai?».

«Draco, il tuo ego è talmente grande e ben nutrito che non penso che ignorare un paio di gufi, dopo che ti ho risposto al primo dicendoti che dovevo lavorare, possa arrecare alcun danno», disse, sollevando il viso per permettergli di baciarla.

«Beh, se la ragazza con cui ho passato la notte -una notte molto soddisfacente per quanto mi riguarda, tanto per essere chiari-  parla della grandezza del mio ego invece di qualcos’altro…», sospirò con fare melodrammatico, sedendosi in terra dietro di lei e abbracciandola. Poi le baciò il collo. «Sai che ho sempre trovato eccitante quando mi insulti?».

Hermione rise, accarezzandogli i capelli, mentre lui continuava a baciarle quello che aveva ben presto individuato come un punto sensibile. «Non credo di averlo voluto sapere, ma sempre meglio che se mi avessi chiesto se mi fosse piaciuto fare sesso con te».

«Speravo che cogliessi i miei messaggi subliminali e me l’avresti detto, ma visto che preferisci verbalizzare…», iniziò a vagheggiare stringendola verso di sé, mentre lei si girava per dargli un bacio.

«Ti facevo più bravo a capire le donne», gli disse sorridendo contro le sue labbra.

«Le donne, forse. Tu, di sicuro no. Quando ti ho baciato eri certo che mi avresti schiantato», continuò, baciandole la tempia. 

«Onestamente anche io. Fortuna che non l’ho fatto. Ora, però da bravo, lasciami lavorare, domani devo partire e vorrei evitare di fare la figura dell’idiota».

«Come se questa fosse una cosa possibile. Granger, siamo onesti tu saresti in grado di annoiare a morte chiunque su qualsiasi argomento… ahia! Mi hai dato una gomitata?».

«Secondo te dirmi che annoio le persone è un complimento? O pensi che mi lasci distrarre così facilmente?», sbuffò Hermione di rimando, senza troppa convinzione.

«Uh po’ ci speravo a essere onesti», la stuzzico Malfoy, continuando a baciarle la mascella, approfittando che fosse ancora voltata verso di lui. « Neanche una pausa piccina piccina?».

La vecchia Hermione, quella di Hogwarts non avrebbe mai accettato una proposta del genere. Ma lei non era più quella Hermione…

« Poi però mi prometti che andrai a casa tua senza fare storie?».

Draco sospirò platealmente :«Sedotto e abbandonato due volte in un giorno» .

Ma il lampo che aveva negli occhi mostrava davvero tutto tranne che disperazione.

E, in fondo, una pausa non poteva che farle bene.







 

«Sei stata magnifica», le aveva detto Justin porgendole il braccio mentre si incamminava al piano sottostante, per il ricevimento che avrebbe seguito la conferenza. «Se finalmente inizieremo il progetto con la Bulgaria sarà solo merito tuo. A proposito credi che ci faranno mangiare qualcosa di strano, oggi? Merlino, spero niente di troppo stravagante, io sono per il caro vecchio cibo inglese».

Hermione annuì, distratta: la conferenza era stata estremamente interessante e quando era venuto il loro turno di parlare, anche se le scocciava ammettere che Malfoy aveva avuto ragione, era stata in grado di rispondere a ogni domanda, anche molto più di Justin. Ma non era stato Dimitrov che la preoccupava, lui sapeva come gestirlo ormai. Era l’uomo seduto accanto a lui, quello cui Macduff si era rivolto tutto il pomeriggio in tono più che reverenziale.

Alistair Thorn non si era perso una parola di quello che avevano detto, scandagliando la sala con i suoi occhi impenetrabili, come se volesse imprimersi ogni volto.

Aveva provato a chiamare Draco, ma la linea internazionale era talmente disturbata che non era riuscita a scambiare più di qualche parola, e, di certo se avesse saputo di Thorn avrebbe dato di matto. Anzi, sarebbe stato capace di prendere la prima Passaporta e presentarsi lì, lui è il suo vizio di voler controllare tutto.

Forse fu per quello che per un attimo, quando le pareti della sala si aprirono ed entrò insieme a Justin, le sembrò di vederlo, proprio tra Alistair e il Ministro.

Le bastò un attimo di secondo per capire, però, che quello non era Draco, nonostante gli somigliasse molto. 

O meglio, Draco gli avrebbe assomigliato tra un venticinque anni, circa.

«Miss Granger, è incantevole questa sera».

Occhi grigi gelidi come l’acciaio, un sorriso accattivante che nascondeva ogni emozione.

Lucius Malfoy.



 

Ti rubo solo un minuto perché tengo a fare una precisazione: la scelta di far passare Hermione e Draco da i bacini al parco a una notte di sesso è stata voluta, capisco che possa non essere universalmente apprezzata, ma credo che dopo lo stress dei giorni precedenti, finalmente questi due si siano sbloccati. Nella gran parte delle ff che ho letto, specialmente in inglese, Hermione è sempre quella più sessualmente inesperta e ingenua, mentre Draco viene rappresentato come un amante esperto. Ecco, io sono un po' stufa di questa visione, anzi, vedo Draco molto più propenso ad avere rapporti solo con persone cui è sentimentalmente legato, mentre Hermione a viversela più liberamente. E, credo, vada benissimo in entrambi i casi.
La luna di miele tra questi due, però, sta per subire un duro colpo.
CI vediamo il 30, se ne avrai voglia.
Nel frattempo, grazie di cuore di aver letto fino a qui.
Flo






 

 

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