Lo strano caso di Fred Weasley ed Hermione Granger (Fred\Hermione)

di TushiUndDark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** due ***
Capitolo 3: *** tre ***
Capitolo 4: *** quattro ***
Capitolo 5: *** cinque ***
Capitolo 6: *** capitolo sei ***
Capitolo 7: *** capitolo sette ***
Capitolo 8: *** capitolo otto ***
Capitolo 9: *** nove ***
Capitolo 10: *** dieci ***
Capitolo 11: *** undici ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


Capitolo uno.

 

“Pix, diavolo di un Poltergeist! Se ti metto le mani addosso ti strasformo in un Molliccio, lo giuro!”

Hermione estrasse la bacchetta dalla tasca interna della divisa e con un colpo secco si ripulì dal letame che la insozzava quasi completamente, mentre la risata di Pix spariva echeggiando lontana lungo il corridoio del terzo piano.

Ripose la bacchetta e borbottando tra se si avviò spedita verso la porta di legno massiccio che solo due anni prima era stata l’entrata dell’ufficio polveroso di Lupin.

Erano cambiate molte cose da allora, troppe in effetti.

In due anni tutto il suo mondo era stato sconvolto terribilmente; prima il Marchio Nero alla Coppa del mondo, poi la morte di Cedric Diggory;nello stesso anno Barty Crouch Junior era riuscito ad infiltrarsi ad Hogwarts, aveva assassinato il padre e Harry aveva assistito alla resurrezione di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.

E come se tutto questo non fosse stato ancora abbastanza, quell’anno si era verificato un attacco di Dissennatori, in pieno giorno, in Privet Drive; un’evasione di massa da Azkaban e poi lei: Dolores Jane Umbridge.

La porta dell’ufficio si aprì rivelando così quell’abominevole rosa shocking delle pareti, dalle quali miagolavano una miriade di gatti taluni incorniciati, taluni dipinti in piatti di porcellana ed altri ricamati in orrendi centrini merlettati. Un odore acre aleggiava per la stanza, misto a quello del tè .

L’Inquisitore Supremo, nonché neo Preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts sedeva, come di consueto, dietro la sua scrivania dalla copertura di velluto tenuta in un perfetto ordine maniacale mentre osservava compiaciuta Seamus Finnigan massaggiarsi la mano rossa e sanguinante.

“Bene signor Finnigan, penso che per oggi possa bastare.”

Il ragazzo non se lo fece ripetere una seconda volta: raccattò al sua borsa con la mano buona e lasciò la stanza, non prima di aver lanciato ad Hermione uno sguardo di eloquente comprensione.

“È in ritardo Signorina Granger.” Trillò sorridente aggiustandosi il cappellino in bilico in cima alla testa.

“Mi scusi.” Biascicò. Tentare di spiegarle il motivo del suo cocente ritardo sarebbe stato del tutto inutile.

“Prego, si sieda.” Con un movimento fluido della bacchetta la poltroncina si spostò di lato quel tanto che bastava per permettere ad Hermione di accomodarvisi mentre, nervosa, si lisciava la divisa nera sulle gambe. “Di cosa voleva parlarmi, Signorina Granger?”

“Del Ballo di Halloween, Professoressa.” La Umbridge prese a bombardare la sua tazzina del tè con una quantità non indifferente di zucchero di canna, il che servì solo a provocare la nausea ad Hermione al solo pensiero di che sapore indescrivibilmente orrendo potesse avere quel liquido.

“Gli studenti chiedono, tramite la mia voce, l’autorizzazione per allestire la Sala Grande.”

Se non fosse stato che nessun Prefetto e nessun Capo Scuola aveva avuto il fegato di proporsi come portavoce degli studenti, Hermione non si sarebbe mai nemmeno sognata di scendere ad un livello tale da implorare quella donna.

Perché quella era un’implorazione e sia lei che la Umbridge lo sapevano.

Ma era pur sempre un dovere al quale, in quanto Prefetto, aveva sentito il dovere di adempire.

“Ma certo, mia cara.” Sorrise serafica dietro la sua tazzina invasa da motivi floreali che fluttuavano sulla porcellana bianca,”Parlerò con la Squadra d’Inquisizione;darò a loro il compito di organizzare tutto se a voi altri non dispiace, è ovvio.”

Rospo schifoso e bugiardo!

“Ma si figuri, Professoressa!” sibilò a denti stretti.

Se c’era una cosa che Hermione odiava della Umbridge più del suo profumo, del suo ufficio rosa e dei suoi orribili cappellini di lana messi assieme, quella era la sua dedizione alla Casa di Serpeverde e in particolar modo la sua predilezione per Malfoy.

Serrò i pugni talmente forte che le unghie le si conficcarono nei palmi;il Ballo di Halloween era sempre stato organizzato da tutte le Case di Hogwarts;ma da quando Silente era scomparso sembrava che la sola degna di considerazione fosse unicamente Serpeverde. E questa era una cosa che lei proprio non riusciva a mandar giù.

“La ringrazio infinitamente a nome di tutta la scuola. Ora, con permesso.” Fece scivolare la sedia sulle mattonelle rosa dello studio ed attese, in piedi, che la Preside le desse il permesso di uscire dalla stanza.

“Non così in fretta, Signorina Granger.” Il sorriso che non l’aveva mai abbandonata fino a quel momento si allargò sempre di più su quel faccione tozzo e vizzo e per un momento sembrò prendere la forma di un ghigno malefico;proprio come quello dei personaggi cattivi dei cartoni babbani che guardava da piccola.

“Ricopierà delle frasi per me, oggi.”

Istintivamente Hermione si afferrò la mano sinistra sulla quale erano ancora impresse verle parole ‘Non schianterò più Malfoy’. Era buffo. Da quando quel rospo infiocchettato aveva messo piede nella scuola, lei che non aveva mai scontato una sola ora di punizione nemmeno con Piton, – che aveva la fama di punire gli studenti di Grifondoro per qualsiasi sciocchezza – finiva in punizione come minimo due volte alla settimana.

E la cosa ancora più strana era che non si vergognava per niente, anzi.

Oramai i Grifondoro erano arrivati al punto tale che finire puniti dalla Umbridge era una sorta di merito che andava onorato e premiato;anziché un qualcosa di cui vergognarsi.

Ciò non toglie però che in quel momento davvero Hermione non riusciva a capacitarsi di cosa avesse fatto per meritare un punizione, così su due piedi.

“Che frasi, Professoressa?” chiese con voce forse un po’ troppo acuta.

“Scriverà ‘Non farò più aspettare nessuno’.“ sorrise di nuovo mentre la sedia si scostava per la seconda volta ed un foglio di pergamena appariva magicamente.

Hermione si sedette incredula e afferrò bruscamente la piuma che la Preside le offriva con finta gentilezza e cominciò a scrivere rabbiosamente incurante delle fitte lancinanti al dorso della mano sinistra dove, dopo la terza riga, la fase della settimana precedente si stava già confondendo con la nuova.

La Umbridge la osservava con aria divertita, proprio come poco prima scrutava il povero Seamus. Stava per dire qualcosa quando il bussare insistente alla porta la costrinse a concentrare la sua attenzione sul legno scuro.

Lanciò un’occhiata fugace all’orologio a forma di fiore affisso alla parete e un’ombra di disappunto fece capolino su quel viso paffuto prima di abbandonarlo veloce come era apparsa.

“A quanto pare ha compagnia Granger.” Vibrò facendo apparire dal nulla una seconda poltroncina mentre la porta si spalancava, “E’ in anticipo Signor Weasley.”

Hermione fece scattare la testa di lato tanto violentemente da far scricchiolare il collo trovandosi a fissare la faccia gioiosa di uno dei gemelli Weasley.

“Buonasera Professoressa!” salutò un po’ troppo contento.

“Prego, si sieda accanto alla signorina Granger e cominci a scrivere” senza smettere di sorridere, si sedette accanto ad Hermione che lo guardava ad occhi sgranati, “Non getterò più Caccabombe sui Prefetti di Serpeverde.”

Se c’era una cosa che ad Hogwarts non sarebbe mai cambiata, quella erano i gemelli Weasley. Sorrise istintivamente, senza riuscire a contenersi ricevendo, sì un’occhiataccia dalla Umbridge, ma anche un sorrisone spensierato da parte del ragazzo che avrebbe diviso con lei quel lungo pomeriggio di punizione.

***

Dopo un lasso di tempo che sembrava davvero interminabile la professoressa Umbridge decise che il messaggio era ‘penetrato’ abbastanza e diede il permesso ai ragazzi di tornare alla Torre dei Grifondoro, nei rispettivi dormitori.

Appena la porta si chiuse alle loro spalle Hermione si prese la mano sinistra nell’altra massaggiandosela senza più reprimere smorfie di dolore.

“Prima volta in punizione Herm?”

“Questa settimana si. Ma non preoccuparti, siamo solo a martedì!” rise ficcandosi la mano nell’ampia tasca del mantello nero.

“Cos’hai fatto?”

“Sono arrivata in ritardo nel suo ufficio perché quello schifoso di Pix ha avuto la brillante idea di giocare con le Caccabombe nel bel mezzo del corridoio.” Spiegò ancora fumante di rabbia, “Tu perché eri in anticipo?”

“Ron mi ha detto che avevi un colloquio con la Umbridge per il Ballo di Halloween e, considerando che mi aveva già sbattuto in punizione e dato che non ti vedevo tornare, ho pensato che era meglio controllare che non ti avesse sbranato viva.” Le fece l’occhiolino e si avviò lungo il corridoio.

“In ogni caso per il ballo?”

“Ha accordato il permesso,” sul volto di lui si spalancò un sorriso raggiante,”A patto che siano i Serpeverde a gestire tutto.” Concluse Hermione mentre l’espressione felice si tramutava in disgusto ed amarezza.

“Cercherò di focalizzarmi sul fatto che è già qualcosa che ci abbia dato il suo consenso. Grazie Hermione.”

“Dovere, Fred.”

In quel preciso istante Fred Weasley si bloccò, al centro del corridoio con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite, nemmeno gli avessero appena scagliato contro un Petrificus Totalus e la guardava come se si trattasse della cosa più stramba sulla faccia della Terra.

“Cos’è? Ho un Nargillo sulla testa per caso?” disse per poi riprendere a camminare.

“Mi spieghi come diavolo fai?” le chiese intontito.

“Come faccio a fare cosa, Fred?”

“A sapere che sono Fred;potrei anche essere George.”

“No, sei Fred.” Rispose sicura senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.

“Per le mutande sporche di Merlino! Come fai ad esserne sicura?”

“Non lo so di preciso. So soltanto che tu sei Fred.”

“Nemmeno nostra madre riesce a riconoscerci come è possibile che a te venga così naturale?”

Sin da quando erano piccoli nessuno era mai riuscito a distinguere lui e suo fratello George, neanche i componenti della sua famiglia potevano vantare di essere riusciti in un’impresa del genere senza incertezze;mentre Hermione sembrava  aver successo nella distinzione senza nessunissimo problema.

“Forse un giorno, quando saprò spiegarmelo, ti renderò partecipe.”

Ripresero a camminare silenziosi per i corridoi deserti di Hogwarts senza trovare nessun argomento di conversazione.

 Fred ed Hermione non erano mai stato molto legati;si, indubbiamente ognuno pensava che l’altro fosse parte integrante della propria vita, ma non avevano mai avuto un rapporto estremamente affiatato.

Nello svoltare l’angolo che li avrebbe portati al dipinto della Signora Grassa, immerso com’era nei suoi pensieri Fred andò a sbattere in pieno contro un’armatura che, ci avrebbe giurato, quando aveva lasciato i dormitori un paio d’ore prima non c’era.

Solo allora Hermione riuscì a vedere la sua mano che aveva tenuto gelosamente nascosta nella tasca dei pantaloni fino a quel momento.

“Oh mio Dio Fred! La tua mano!”

“Cos’ha la mia mano che non va?” chiese con nonchalance.

“Oh nulla. È solo tanto gonfia da sembrare una pagnotta, ha il colorito del budino alle more che ci hanno servito oggi a colazione e quei rivoletti rossi devono essere..si, sono decisamente succo di lampone!” rispose con un tono misto tra il divertito e l’arrabbiato.

“Dobbiamo andare assolutamente in infermeria.”

“No, non è niente.” Sbottò deciso.

“Niente?” sbraitò questa volta decisamente inferocita, “Smettila di fare l’idiota e sii serio per una volta. Quella mano è ridotta ai minimi termini!” lo afferrò per un braccio con la mano buona e prese a trascinarlo nella direzione opposta a quella dei dormitori.

“Dove stiamo andando?”

“Da Madama Chips.” Rispose testarda aumentando la velocità.

“Quale parte di ‘Non è niente’ non ti è chiara? ‘Non è’ oppure ‘Niente’?”

 Lei fece finta di non averlo sentito.

“Hermione non ce n’è bisogno e poi la Umbridge ha vietato a Madama Chips di curare le ferite dovute alle sue punizioni, lo sai bene.”

Era vero. L’ultima volta che aveva provato a far rimarginare le ferite alla mano di Colin Canon, Madama Chips stava rischiando il posto di lavoro.

“Fred tu non…”

“HO DETTO DI NO!” strattonò violentemente il braccio liberandolo dalla sua presa, “Non ho nessuna intenzione di dare soddisfazione a quella vecchia megera perché deve essere così difficile da capire?” le urlò in faccia furioso.

“Fred ma io..”

“No!”

Hermione gli diede le spalle, immobile come una statua di sale. Lo capiva, eccome. Ma era tutto troppo difficile, troppo complicato. Il mondo che amava le era crollato addosso e nel giro di pochi mesi anche Hogwarts, anche la sua seconda casa era diventata una prigione.

E lei aveva retto.

Aveva sopportato lo spadroneggiare dei Serpeverde, le punizioni assurde e le lezioni nozionistiche di Difesa contro le Arti Oscure. Aveva fatto tutto ciò che gli altri si aspettassero da lei, si era dimostrata forte diventando un punto di riferimento per molti.

Ma dovevano capire che anche lei stava male, forse più di tutti.

Inconsapevolmente calde lacrime le bagnarono il viso, senza che potesse far nulla per ricacciarle indietro. Le asciugò via rabbiosamente con la manica larga della divisa e tirò su col naso.

“Scusa Herm..” abbassò anche lui lo sguardo concentrandosi sulle stringe slacciate della sue scarpe, “Non volevo;ma non posso.”

“Capisco.” Sussurrò,“Se solo Silente fosse qui.”

“Silente non avrebbe potuto far nulla Hermione.”

“Lo so..” nuove gocce salate le solcarono il volto,”Ma mi piace pensare che sarebbe stato tutto diverso, con lui qui.”

 Si strinse forte nelle sue stesse braccia, come a voler trovare una forza che non aveva; come a volersi confortare in un abbraccio che non riceveva da tempo.

Fred la guardò triste. Era piccola e fragile in quel momento, come non l’aveva mai vista e senza pensarci due volte le afferrò il braccio l’attirò a se stringendola forte, cullandola nel corridoio deserto, mentre lei singhiozzava di più.

Aveva tante cose dentro Hermione, tante parole che avrebbe voluto dire;tante cose che avrebbe voluto fare. Cose che non le erano più concesse e lui la capiva. Comprendeva il suo stato d’animo, quel senso di vuoto che doveva divorarla dall’interno.

 La consapevolezza che quello che accadeva era ingiusto e la presa di coscienza che loro, quelle cose, non avrebbero mai potuto cambiare. Almeno non da soli. Avrebbero voluto essere lì fuori a combattere per quello in cui credevano, accanto alle persone che amavano.

Il loro mondo stava andando a rotoli ed erano costretti a guardare.

Nessuno dei due avrebbe saputo dire per quanto tempo restarono in quella posizione, ma quando sciolsero l’abbraccio il sole era tramontato dietro le cime degli alberi della foresta proibita e Sir Cadogan russava beatamente a cavallo del suo grasso pony nella cornice alle loro spalle.

“Faresti meglio a tornare al dormitorio Fred. Prima che Gazza ti ribecchi in giro per il castello senza permesso.” Lo allontanò da se asciugandosi le guance.

“Tu non vieni?”

“No, devo fare una cosa importante. Dì tu agli altri del ballo ok?”

“Si, non c’è problema.” Si aggiustò nervosamente il colletto della camicia.

“Su sbrigati zuccone! Ed invita Angelina prima che lo faccia George!” girò i tacchi e sparì dietro l’angolo buio.

La guardò finché il freddo muro di pietra non la precluse alla sua vista, poi, massaggiandosi la mano martoriata si incamminò verso il dormitorio.

 

Note: Ed ecco a voi il mio secondo lavoro su Harry Potter! Libro che adoro tra l’altro ;) Il primo capitolo è solo d’introduzione pensavo mi riuscisse un po’ meno lungo, ma in ogni caso è abbastanza breve per i miei standard! XD So che come inizio non è molto intrigante ma il resto della storia sta già prendendo forma nella mia testolina..e poi io adoro il pairing Fred\Hermione! Se non lo si è capito ci troviamo nel sesto libro. Cercherò di amalgamare, per quello che mi è possibile, la vicenda sentimentale con tutto quello che succede davvero in ‘Harry Potter e l’ordine della fenice’ ma premetto sin da ora che non so se rispetterò tutti i passaggi alla lettera. Beh, se almeno un po’ vi ho incuriosito, non vi resta che aspettare il prossimo aggiornamento!

Infine volevo concludere con il ringraziare chi ha recensito fino ad ora la mia One-Shot ‘Lost Without You (Fred\Hermione)’ . quindi ringrazio:

Hele.

MyBlindedEyes.

MissBlack a te grazie anche per la precisazione della data della battaglia, appena posso cambio ;)

Fredlove.

Daisy91. Graaaazie mi hai fatto davvero troppi complimenti!

 

Alla prossima!!

 

Vostra,

 

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Capitolo 2
*** due ***


La Sala Comune dei Grifondoro, quando Hermione finalmente rientrò, era buia e silenziosa, eccezion fatta per caminetto nel quale ardeva ancora una fiammella e per il lento e regolare respirare proveniente da uno dei divani rossi.

Tenendo qualcosa stretto sotto il pesante mantello nero percorse furtivamente tutta la Sala sporgendosi sul grande divano quel tanto che bastava per scorgere due testoline rosse poggiate l’una all’altra. Sorridendo, si portò di fronte ai gemelli Weasley, dando le spalle al camino ed estraendo la boccetta trasparente dalle pieghe della divisa.

Li osservò per una frazione di secondo, poi sicura, sfilò delicatamente la mano sinistra di Fred dalla tasca dei pantaloni rigirandosela nella mano libera reprimendo una smorfia di disgusto puro. Ne aveva viste di ferite, lei. Ma quella mano martoriata era capace di farle attorcigliare le budella al sol pensiero.

Stappò la fialetta e versò il liquido sulle ferite che presero immediatamente a rimarginarsi come d’incanto. Quando fu soddisfatta del risultato ripose la Pozione Rigenerante e fece per allontanarsi verso il dormitorio femminile.

“Ti avevo detto di non necessitare di cure, Hermione.” La voce impastata di Fred la costrinse a voltarsi quando era già sul secondo gradino della grande scala a chiocciola di pietra. Ma il suo tono non era arrabbiato, avrebbe giurato di aver sentito una punta di ironia mista a quella che sembrava gratitudine.

Tornò così sui suoi passi mentre Fred si alzava dal divano cercando di non svegliare George che, con un grugnito, si accasciò sul divano invadendo anche la metà che prima era stata occupata dal suo gemello.

“Sei uno zuccone.” Lo prese in giro lei controllando per la seconda volta l’effetto della Pozione sulla mano del ragazzo e constatando, con sua grande gioia che l’effetto ottenuto era esattamente quello desiderato: niente più, sul dorso della sua mano, faceva ricordare la punizione se non un leggera lividura tra pollice e polso.

“E tu sei una ladra.”

“Come prego?” rispose ritraendosi all’istante indignata, nemmeno l’avesse appena schiaffeggiata.

“Hai rubato questa” indicò la boccetta che faceva capolino tra il nero del mantello,”dalla riserva di Piton o da quella di Madama Chips?”

“Io non l’ho..”cerco di giustificarsi la ragazza balbettando parole senza senso.

 Nonostante nell’ultimo periodo avesse imparato, anche se con sua iniziale riluttanza, ad infischiarsene altamente delle regole, non era mai ‘fiera’ delle sue azioni illecite e di conseguenza non era incline a confessarle, ma il sopracciglio spaventosamente inarcato di Fred servì a farla arrendere;lui non se la sarebbe mai bevuta.

Lui non era Ron, era Fred.

 “Piton” soffiò.

“Tu non sei Hermione Granger.” Asserì convinto senza celare il sorriso che gli si stava disegnando in volto, “Prima organizzi l’ES, poi schianti Malfoy, poi sgraffigni pozioni dalla riserva personale di Piton;cosa devo aspettarmi più da te, signorina?” le scompigliò i capelli in un gesto affettuoso.

“Oh, smettila stupido di un Weasley! Io semplicemente mi adatto alle situazioni non è una cosa di cui andar fieri sai?” Sbuffò cercando di bloccare le mani di Fred che le stavano irrimediabilmente rendendo i capelli inguardabili.

“Hey voi!” i due si bloccarono con le braccia a mezz’aria mentre un intontito George cercava di issarsi dal divano;”Cos’è tutto questo trambusto a quest’ora? Per le mutande di pizzo di Morgana!”

“Niente George!” si affrettò a dire Hermione riprendendo a salire le scale rifugiandosi nel buio del corridoio per nascondere il rossore che le si era fatto largo sulle guance, “Filate a letto. Tutti e due!”

Il rosso non se lo fece ripetere due volte:s’infilò le pantofole e si avviò al dormitorio maschile trascinando i piedi mentre l’altro Weasley non accennava a schiodarsi da lì.

“Anche tu Fred, a letto!” ordinò con il tono migliore da Prefetto che riuscì a tirar fuori prima rendersi conto che, amici no, due studenti di Grifondoro e quindi sotto la sua supervisione si erano trattenuti in Sala Comune molto più al lungo di quello che gli era concesso: “Ma cosa ci facevate in Sala Comune a quest’ora?”

Aspettavo che tornassi perché mi hai fatto preoccupare, stupida!

“Oh, nulla. Ci siamo giocati Angelina.” Rispose con noncuranza, ignorando bellamente quel pensiero che gli si era formulato in testa inconsapevolmente e cominciando a seguire il gemello.

“Vi siete giocati CHI?”sbraitò Hermione senza badare al tono di voce. Che gli esemplari maschi della famiglia Weasley fossero degli squinternati quello era un fatto assodato;ma addirittura giocarsi una ragazza! Era il colmo!

“Sssh! Vuoi svegliare la Umbridge per caso?” la accusò prima di continuare, “abbiamo fatto una partita a scacchi ed abbiamo stabilito che il vincitore avrebbe portato Angelina al ballo.”

“Ma vi sembra il modo?” lo rimbeccò Hermione stizzita “Se fossi Angelina non andrei con nessuno di voi due!”

“Allora fortuna per George che tu sia Hermione altrimenti a quest’ora avrebbe vinto una partita a scacchi inutilmente.” Sorrise sornione prendendo a salire le scale.

“Notte Herm.”

“Idiota!”

***

 

Nei giorni che seguirono quella sera, Fred fu costretto in punizione dalla Umbridge tutti i pomeriggi. Qualche volta da solo e qualche volta con suo fratello George, tanto che riusciva a concentrarsi solamente sulla sua mano dolorante e sulle fialette di Pozione Rigenerante che Hermione si era offerta di procurargli una volta alla settimana.

Così, senza nemmeno accorgersene arrivò Halloween e lui non aveva ancora invitato nessuna ragazza al Ballo.

“Su Fred, non farne una tragedia. È solo uno stupido Ballo di Halloween!”

“No Ronald, cervello di Gorgosprizzo!” abbaiò furioso.

“È il suo ultimo Ballo di Halloween e non..” precisò George

“Posso permettermi di andarci..”

“Senza una ragazza!” gridarono insieme.

Erano già due ore che Fred girava in tondo per la Sala Comune sotto gli occhi annoiati di Ron e quelli comprensivi di George, mentre Harry era completamente immerso nella lettura; ogni tanto alzava lo sguardo dal suo libro, incontrava quello supplichevole di Ron, e tornava tranquillo a leggere.

“Ho chiesto a tutte ma..” si disperò accasciandosi sulla poltrona accanto ad Harry.

“..erano già tutte occupate.” Concluse l’altro gemello.

“E ci credo,Fred!” scoppiò Ron, “Il Ballo è stasera, stasera. Dove credi di trovarla una ragazza libera si può sapere! A meno che tu non voglia invitare Mirtilla Malcontenta penso che dovrai darti pace.”

Dallo sguardo che Fred lanciò al fratello minore si sarebbe detto che di li a poco avrebbe ingaggiato una lotta furiosa contro il sangue del suo sangue.

“Aspettate un momento!” gridò Harry chiudendo il libro con un tonfo, “Una ragazza che non è stata invitata al Ballo ci sarebbe..” guardò titubante il suo migliore amico.

Ron capì al volo.

“Harry! Qui serve una ragazza.” Scandì lentamente l’ultima parola portandosi le mani accanto alla faccia e flettendo medio ed indice a mo di virgolette, “Sai, di quelle a cui piace truccarsi, farsi carine e che andrebbero al Ballo con quello lì!” indicò suo fratello ancora abbandonato sulla poltrona.

“Si può sapere di chi diamine state parlando?” s’intromise George.

La porta della Sala si aprì all’improvviso per poi richiudersi poco dopo con un rumore sordo.

“Hermione!” esclamò Ron vedendola entrare nella Sala Comune con la solita pila di libri stretti tra le braccia.

Tre testoline rosse ed una mora spettinata si voltarono a guardarla.

“Salve ragazzi.” Rispose accennando un sorriso, “Ron! Cercavo proprio te, Calì mi ha detto..che Lavanda ha detto di dirti che il suo vestito sarà rosso e nero e pretende che tu trovi qualcosa che si accosti bene con questi due colori.” Recitò a memoria con gli occhi ridotti a fessure nel tentativo di riportare le testuali parole.

“Rosso e nero?” chiese incredulo, “cosa si aspetta che mi metta addosso quella li?”

“Saresti carino vestito da diavoletto Ron!” lo presero in giro i gemelli mentre Harry riprendeva la sua lettura.

“Ti conviene pensare a qualcosa prima delle sette, Ron.” Lo ammonì Hermione prima di sparire per le scale del dormitorio femminile.

Il silenzio calò pesante nella Sala Comune, il tempo che passava scandito solamente dal lento ticchettio dell’orologio a pendolo sospeso al centro della stanza.

“Ma certo!” scattò George facendo quasi perdere l’equilibrio al gemello che intuì il motivo dell’esclamazione prima ancora che l’altro potesse dar voce ai suoi pensieri.

“Tu credi..”

“Oh, certo che credo.”

“George ma sarebbe come andare al ballo..”

“..con Ginny. Lo so. Ma dopo tutto è..”

“..l’unica soluzione.” Fred si voltò verso l’altro Weasley. “ Ron, qualcuno ha già invitato..”

“..Hermione al Ballo?”

“Vi odio quando terminate l’uno le frasi dell’altro, lo sapete vero?!” ringhiò quello.

“Certo!” risposero questa volta in coro.

“Te l’avevo detto che era questa la soluzione!” snocciolò Harry rivolto a Ron senza staccare gli occhi dalle pagine sgualcite.

“Ma Fred” cominciò Ron riprendendo il discorso ‘ ragazza per il Ballo ’, “Hermione è Hermione. Cioè..tu non puoi portare al Ballo.. Hermione!”

In effetti la situazione sarebbe stata a dir poco stramba. Oramai Weasley, Granger e Potter erano come una grande ed allegra famigliola. Portare al Ballo Hermione sarebbe stata la stessa cosa che portare al Ballo Ginny, ma Fred non poteva negare che in verità d’invitarla ci aveva già pensato. In fondo non erano veri e proprio parenti.

 “Oh Ronald mi sembri la mamma!”

Avrebbe invitato Hermione al ballo come una semplice amica, come George avrebbe portato Angelina; no, in effetti forse quello non era l’esempio calzante per la sua situazione.

“Fa come credi!” e con un gesto della mano a sottolineare la sua competa dissociazione dalla faccenda si ritirò nella sua stanza a provvedere al costume per la festa.

Nell’istante in cui Ron sparì dietro la porta dei dormitori maschili, Hermione scese in fretta e furia da quelli femminili rischiando di farsi l’ultima rampa di scale con il sedere in terra.

Harry, Fred e George la guardarono con un sopracciglio alzato mentre lei, fregandosene altamente di essere osservata, vagava come una forsennata per tutta la Sala Comune cercando lei solo sapeva cosa.

“Penso che io andrò..da qualche parte!” soffiò George che dalle occhiate che Fred stava lanciando ad Hermione aveva intuito che quello era il momento di uscire di scena;e fischiettando sparì dietro il buco del rittratto.

Era arrivato il momento di prendere il coraggio a due mani, di trascurare il piccolissimo particolare rappresentato dal fatto che la ragazza che stava per invitare al Ballo era Hermione e di farla finita.

“Emh emh” Fred si schiarì la voce scagliando sguardi dardeggianti verso Harry che aveva ripreso beatamente a leggere senza chiaramente capire la delicatezza della situazione.

 D’accordo che si trattava di Hermione, ma un invito al Ballo era pur sempre un invito al Ballo; come minimo ci voleva atmosfera ed Harry spaparanzato sulla poltrona non supportava la causa.

Il ragazzo sembrò non sentirlo.

“Harry caro” esordì con un tono che ricordava tremendamente la Signora Weasley, “Non dovresti andare a prepararti per il Ballo?” sottolineò il verbo andare e poi quello preparare.

“No.” Rispose quello senza nemmeno guardarlo.

Fred scoccò un’occhiata ad Hermione che continuava a guardarsi attorno senza dare il minimo cenno di prestare attenzione a loro due. Sicuro di non essere ascoltato si voltò furibondo verso Harry.

“Potter, dileguati subito o domani non assaggerei il succo di zucca se fossi in te!” sibilò facendo schizzare via Harry come una freccia.

Si aggiustò il colletto della camicia, si passò una mano tra i capelli fiammeggiati e fece un bel respiro; si avvicinò ad Hermione che non sembrava degnarlo nemmeno di uno sguardo.

“Ciao Herm!”

“Heilà Fred.” Rispose continuando a frugare tra i cuscini del divano accanto al caminetto.

“Perso qualcosa?”

“Si, un libro.”

Sempre la solita, vecchia Hermione.

“Ma cosa te ne fai di un libro quando stasera c’è una festa!?” scherzò meritandosi nient’altro che un’occhiataccia. Gli sembrò di sentir squillare quella strana sirena che si usa nei quiz televisivi babbani, che il Signor Weasley seguiva, quando i concorrenti non davano la risposta esatta.

Affermazione errata!

L’approccio disinteressato era fallito. Non restava altro che andare dritti al punto e chiudere la faccenda, soltanto che la sola idea di chiederle di farle da cavaliere per il ballo lo metteva in uno strano stato di agitazione.

Oh, al diavolo! Sono o non sono Fred Weasley?

“Vuoi venire al ballo con me stasera?”sputò tutto d’un fiato mentre Hermione si bloccava con un cuscino a mezz’aria sopra la testa e la faccia di chi ha appena ricevuto l’invito a farsi un giretto nella Foresta Proibita.

“Come scusa?”

“Hermione Granger, posso farti da cavaliere per il Ballo di Halloween?” sorrise affabile inginocchiandosi di fronte ad un’ancora immobile Hermione.

“Potresti..emh abbassare quel cuscino per favore?”aggiunse poco dopo.

“Oh, si certo.” Scaraventò il cuscino sul divano e tornò a guardare Fred mentre il suo viso acquistava una strana colorazione porpora.

“Allora, ci stai?”

“Non saprei Fred.” Sbiascicò colta di sorpresa.

Nessuno l’aveva mai invitata ad alcun Ballo a parte Krum l’anno precedente, ma quello ora non contava niente. E che fosse Fred Weasley il primo a farlo non faceva altro che aumentare il suo shock.

“È un si?” chiese speranzoso senza alzarsi.

Avrebbe tanto voluto che quel suo ‘Non saprei’ fosse un si, ma, dopo il primo momento di sbandamento dovuto alla sorpresa la sua razionalità ed il suo essere cinica presero il sopravvento rendendola improvvisamente consapevole del fatto che se Fred Weasley si era ridotto ad invitarla al Ballo, significava che tutte le altre ragazze erano occupate e che si era rivolto a lei soltanto perché sperava che nessuno l’avesse invitata;come tutti gli anni del resto.

E non sapeva perché, ma questo le fece male. Tanto male.

Sentì una strana rabbia montargli dentro nemmeno avesse di fronte Lord Voldemort in persona, inchinato dinanzi a lei con un sorriso bello come quello di Fred stampato sulla faccia. Si sentiva indignata, come se con quelle parole non avesse fatto altro che schiaffeggiarla.

“Penso che stasera mi dedicherò alla lettura, Fred.” Rispose diventando gelida scavalcandolo mentre afferrava il libro che Harry aveva abbandonato sulla poltrona, “Ma grazie per il pensiero. Spero che troverai un’altra ragazza che la sera stessa del Ballo non è stata ancora invitata!” gridò salendo di corsa le scale a chiocciola e sbattendo la porta della sua camera.

Fred rimase con le ginocchia in terra per ancora un paio di minuti cercando di metabolizzare quello che era appena successo: Hermione Granger aveva appena rifiutato il suo invito al Ballo di Halloween e lui, Fred-Spaccacuori-Weasley avrebbe dovuto rassegnarsi e andarci da solo.

Hermione aveva rifiutato un invito di lui  inginocchiatoi nel bel mezzo della Sala Comune dei Grifondoro.

Lei lo aveva respinto.

Quella serata non avrebbe avuto alcun senso.

“Ti è andata male eh?” Ron fece capolino dalla scala dei dormitori maschili richiamato probabilmente dallo sbraitare inferocito di Hermione.

“Sparisci Ronald cervello di caccola di Troll!” gridò Fred prima di uscire dalla Sala Comune a grandi passi.

 

 

 

Note: Et voilà! Ecco il mio secondo capitolo. Innanzitutto ringrazio ChaneyRossa, pikappa93 e Ernil per le recensioni..davvero grazie mille; inoltre il mio ringraziamento va anche a coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti e tra le seguite. Detto questo spero che il capitolo vi piaccia e vi invito ad espormi le vostre impressioni, critiche se ci sono ben vengano, o qualsiasi cosa abbiate voglia di comunicarmi XD

Spero di riuscire a postare il terzo capitolo in una ventina di giorni, ma l’università mi sta uccidendo!

Un bacio a tutte.

Vostra,

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Capitolo 3
*** tre ***


La notte calava scura dietro le cime degli alberi della Foresta Proibita mossi dal vento gelido di fine Ottobre, mentre le ultime luci del sole morente illuminavano fiocamente la torre di Grifondoro vuota, o quasi.

Hermione era nella sua stanza, sdraiata sul suo letto a baldacchino dalle tende rosse e dorate, con le braccia incrociate dietro la nuca e lo sguardo perso nel soffitto dove il crepuscolo formava stupefacenti giochi di luci ed ombre che si rincorrevano, poi si incontravano, si avvicinavano quasi a sfiorarsi per poi perdersi di nuovo nel legno scuro delle travi di ciliegio.

Fissava quelle luci vedendoci dentro chissà quali meravigliose figure fino a che non credette di scorgere il volto di Voldemort ghignare beffardo sul soffitto e allora distolse lo sguardo scaraventando bruscamente il libro che aveva in grembo contro la parete.

Era stufa marcia, di tutto;ma soprattutto di se stessa.

Era stanca di essere la cinica, noiosa e presuntuosa Hermione Granger; il topo da biblioteca che nessun ragazzo avrebbe mai invitato al Ballo di Halloween, la ragazzetta che voleva cambiare il mondo ma che aveva finito per essere cambiata da esso.
No, quel ruolo cominciava ad andarle veramente stretto.

Era stanca di doversi preoccupare di Voldemort, Umbridge, Ministero della Magia, Arti Oscure e quant’altro. Voleva lisciarsi i capelli, truccarsi e farsi bella. Come Padma, come Calì o come Lavanda Brown. Crogiolarsi in una tiepida e luminosa ignoranza che le avrebbe permesso di fare tutto ciò che sino ad allora le era stato negato;o meglio tutto ciò che lei stessa aveva preferito mettere da parte.

Perché lei, che aveva fatto tanto per tanti e mai per se stessa, pensava di meritarsi qualcosa di più. E se non fossero stati gli altri a darglielo, beh, se lo sarebbe conquistato da sola.

 “Tu non sei Hermione Granger, prima organizzi l’ES, poi schianti Malfoy, poi sgraffigni pozioni dalla riserva personale di Piton;cosa devo aspettarmi più da te, signorina?” [cit. capitolo due]

Quelle parole le balenarono in mente dardeggiando e mandando fulmini e saette per tutto il suo cervello.
Cos’era che gli altri non si sarebbero mai aspettati da lei? Cosa che li avrebbe fatti rimanere a bocca aperta?

Quel qualcosa era quello che aveva in mente di fare; così che tutti capissero che in fondo, non tutte le persone sono realmente come sembrano.

Nemmeno la prevedibile e scontata Hermione Granger.

Quella sera sarebbe cambiata.

Avrebbe finalmente ripreso in mano la sua insulsa e deludente esistenza;e Fred Weasley sarebbe stato il primo a rendersene conto.

***

Era difficile ammetterlo ma questa volta, cosa che capitava molto di rado, Ronald aveva ragione.

Era stato un illuso a pensare di poter trovare una ‘ragazza di scorta’ da portare al Ballo un paio d’ore prima della festa. E cosa che gli faceva ancora più rabbia era, non tanto che Hermione l’avesse rifiutato, ma il fatto che con quel suo comportamento aveva finito per ferire i suoi sentimenti.

E l’ultima cosa che voleva era ferire qualcuno come Hermione;qualcuno che facesse parte della sua famiglia, che capiva le condizioni nelle quali riversava la sua psiche quando non aveva voglia di parlare o quando si chiudeva in se stesso;qualcuno che in ogni caso ed in ogni situazione era sempre stato pronto a dare una mano.

Ed ora era lì, con le spalle poggiate al muro tra la grande scala di marmo ed il pesante portone di legno massiccio a guardare tutte le coppiette sfilargli sotto in naso, a beccarsi le occhiate comprensive degli amici e a darsi dello stupido ad intervalli regolari di tre secondi netti.

Si lisciò la lunga tunica nera sulle gambe e si calcò il cappuccio nero a punta sulla testa; il costume da Mangiamorte avrebbe fatto davvero un grande effetto se solo fosse stato in vena di calcare le scene come faceva di solito;mentre l’unica cosa sensata da fare che la sua testa riuscisse a concepire era di sgattaiolare via dalla festa e rifugiarsi nel dormitorio maschile, magari a mettere a punto qualche nuovo Tiro Vispo Weasley.

Si voltò a guardare la Sala Grande che presentava troppe decorazioni verdi per essere stata addobbata per un Ballo di Halloween, mentre il Professor Vitorious apriva le danze invitando timidamente la Professoressa McGrannit al centro della pista;onere che di solito spettava al Preside della scuola, a Silente.

Ma Silente non era lì.

Al suo posto c’era una sorridente Umbridge che aveva preso a picchiettare, con la scarpetta rosa dal tacco basso che le faceva il piede più tozzo di quello che già non fosse, un ritmo che solo lei riusciva a sentire mentre con la bacchetta faceva volare incantesimi per la sala ogni qual volta scorgeva ragazzi in atteggiamenti troppo intimi per i suoi gusti.

Fece scivolare lo sguardo sulle facce sorridenti degli studenti di Hogwarts, fino ad incontrare quella di Cho la quale, con la bocca spalancata, fissava qualcosa oltre la scalinata di marmo che il muro al quale era stancamente afflosciato precludeva alla sua vista.

La ragazza, senza staccare gli occhi da chissà quale pietrificante visione diede una gomitata ad fianco sinistro di Harry che dopo un primo momento di perplessità assunse la sua stessa identica espressione, prima di tiare una manata a Ron;che la tirò a Calì che a sua volta scosse Padma che sussurrò qualcosa a Lee Jordan che spintonò Angelina che, con la  bocca a sfiorare il freddo pavimento di pietra fece voltare suo fratello George che dopo aver ripreso il controllo del suo corpo lo cercò con lo sguardo indicandogli qualcosa in cima alla scala.

Senza capire bene cosa diamine stesse succedendo fece capolino al dilà del muro spesso dietro il quale si era rifugiato e se non avesse avuto il cappuccio nero a coprirgli per intero il volto, la sua espressione sarebbe stata di certo non molto diversa da quella dei suoi amici che guardavano ancora increduli una splendida, incantevole e indescrivibile Hermione.

Abbandonò il suo nascondiglio parandosi, in tutta la sua altezza, di fronte alla ragazza che quella sera era senza nessun’ombra di dubbio la più bella della scuola.

La gonna vaporosa, resa ancora più rigida dal tulle nero che le sfiorava le gambe snelle, arrivava di poco al di sopra del ginocchio; su tutta la circonferenza si rincorrevano delle carte da gioco francesi mentre sul corpetto rosso e bianco era stampato, in bella vista un Asso di cuori.
I calzettoni neri con dei fiocchi di raso rosso in cima terminavano in scarpe di vernice nera dalla punta rotonda;il viso perfettamente truccato era incorniciato gentilmente dalle ciocche castane che erano state lasciate libere di cadere dalla complicata acconciatura che raccoglieva il resto dei capelli rigorosamente lisciati a dovere.

Fred fece scivolare via il cappuccio incrociando lo sguardo duro e freddo di Hermione, sfavillante nel suo vestito da Regina di Cuori. Qualcosa nello stomaco gli si strinse talmente tanto da farlo quasi boccheggiare mentre l’espressione gelida di lei lasciava il posto ad un sorriso caldo e raggiante.

Scese le scale con grazia incomparabile circondata da un luccichio che ricordava terribilmente la prima neve quando si scioglie al sole o il riflesso della luna piena che si specchia nelle acque scure del Lago Nero o anche la rugiada di un mattino d’inverno.

Miliardi furono le similitudini che in quel momento gli vorticarono in mente fino a che, quando finalmente si trovò a poco più che due passi da lei, tutto sparì lasciando il posto esclusivamente alla sua terribilmente disarmante figura.

“Ciao Fred.” Sorrise scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.

“Mhm..” mugugnò quasi terrorizzato.

“H-ho qualcosa che non va?” chiese allarmata guardando il suo vestito.
“No, affatto. Sei bellissima.”

“Oh, grazie.”

“Scusa Hermione, davvero io non..” le parole gli morirono in gola quando un secondo sorriso si aprì sulla sua bocca rossa.

“No Fred, non devi scusarti. Sei mio amico e non potrei mai avercela con te..” Gli passò una mano sotto il gomito prendendolo a braccetto, “In fondo, chi avrebbe invitato Hermione Granger al Ballo come prima scelta?” chiese mentre scendevano l’ultima rampa.

“Dalle occhiate che ti stai guadagnando Herm, penso che molti si siano pentiti di non averlo fatto!”

Indicò Jacobs, qualche altro Serpeverde che la guardavano come se non fosse la ‘Sporca Mezzosangue’ che deridevano nei corridoi tra una lezione e l’altra e Zacarias Smith che si era versato tutto il succo di zucca sul suo costume da Pirata.

 “Bene Signor Weasley, posso avere l’onore di averla come cavaliere questa sera?” chiese con una spigliatezza che non aveva mai mostrato di possedere e che lo spiazzò, se possibile, ancora di più.

“L’onore è mio signorina Granger.”

Sfilarono sotto gli occhi increduli di Hogwarts, Mangiamorte e Regina di Cuori, fino a  fermarsi accanto a Angelina e George;la  prima con una cappellino di lana rosa in bilico sulla cima della testa intonato con il tailleur dello stesso colore, e il secondo sfoggiante un’acconciatura unticcia e nera attaccata ai lati della faccia ed una lunga e svolazzante tunica nera.

“George!” esclamò Hermione stupefatta, “Ti sei travestito da Piton!” mentre il suo Super Ego da Prefetto cominciava a prendere il sopravvento.

“Sei un genio!” Fred batté il cinque al fratello e ad Angelina complimentandosi anche per il costume da Umbridge.

“Hermione, tu sei davvero bellissima!” trillò la ragazza di colore prendendole le mani tra le sue sorridendole benevola mentre al gruppetto si aggiungevano anche una Vampira accompagnata dal suo Conte Dracula ed un imbronciatissimo Diavoletto che veniva scorrazzato a destra e a manca da un Papavero.

“Harry!” George lo salutò con una pacca sulla spalla.

“Fao rafazzi, Hefione..è increfifile!” cercò di dire incontrando però l’insormontabile ostacolo di quegli sporgenti incisivi di gomma.

Una risata generale si propagò all’istante.

“Vieni qui Harry!” Hermione lo strattonò per il mantello strappandogli gli incisivi di gomma e facendone comparire altri due, veri, con un colpo di bacchetta.

“Ah, grazie Herm!” sorrise mentre Cho gli si affiancava. “Ma, li farai tornare come prima dopo, vero?”

“Ma certo, stupido!” gli diede un buffetto affettuoso dietro la testa.

In quel momento anche Ron e Calì si avvicinarono al resto della compagnia;la seconda con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia ed il primo con un broncio da fare invidia a Malocchio.

“Ronald!” esclamarono i gemelli non appena il fratello minore entrò nel loro campo visivo.

“Oh Ronladuccio sei proprio..”

“..Un tesoruccio vestito da..”

“.. diavoletto! Se la..”

“..mamma potesse vederti ora..”

“..darebbe di matto!”

“Piantatela!” sbraitò Ron visibilmente a disagio in quella tuta rossa agitando minacciosamente il forcone di plastica.

“Dai Ron!” lo rimbeccò Calì nel suo vestito da Papavero, “Sei così carino vestito così!” trillò pizzicandogli la guancia non facendo altro se non minare al già precario equilibrio psicologico del minore dei fratelli Weasley.

“Si Ron, sei..”

“..proprio carino..”

“Vestito così!” esclamarono per la seconda volta all’unisono Fred e George portandosi di fianco al fratello e scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia, uno per parte, mentre le orecchie di Ron diventavano di qualche tonalità più scura dei suoi capelli;e di certo non solo per l’imbarazzo.

La serata non avrebbe potuto prendere una piega migliore, almeno non per Fred Weasley. Nonostante tutto era riuscito ad andare al ballo con una ragazza;e che ragazza! Hermione attirava gli sguardi languidi di tutti i ragazzi ai quali passava accanto e non ne sembrava per niente dispiaciuta.

Per di più era sollevato perché lei non aveva mostrato rancore nei suoi confronti per quello che era successo quel pomeriggio; ed era quella la cosa più importante.

Si stavano divertendo, dimentichi per una sola sera di tutto quello che gli era intorno. Di tutti i problemi ancora irrisolti che il giorno seguente gli si sarebbero riversati di nuovo sulle spalle ancora più pesanti del giorno precedente. Liberi da ogni onere che fino ad allora non aveva fatto altro che opprimerli. Si stavano comportando da quello che erano, da ragazzi normali, in un mondo normale.. o quasi.
Anche se ognuno, in cuor suo, sapeva che niente di tutto quello sarebbe durato.

                                                                          ***

A metà serata la situazione stava davvero cominciando a degenerare, come del resto ad ogni Ballo di Halloween.

I primi a dare di matto erano stati Tiger e Goyle che avevano iniziato a cantare a squarciagola una canzone irriconoscibile dopo una buona dose di Whisky Incendiario mentre la Parkinson aveva preso a strusciarsi in modo a dir poco osceno contro  Draco che l’aveva sbattuta davvero con la finezza degna di un Mangiamorte al muro più vicino in preda a chissà quale animalesca pulsione repressa.

Ovviamente la Umbridge aveva lasciato correre facendo semplicemente finta di non vedere e non sentire, mentre gli altri professori si erano già ritirati nelle rispettive stanze.

George era quasi agli stessi livelli dei due gorilla di Malfoy e minacciava di far vedere a tutti le ‘mutande unticce e sudaticce di Piton’ mentre Angelina cercava inutilmente di fargli mollare con la forza la quarta Burrobirra.

Fred e Hermione erano seduti lontano dal fracasso, insieme a Cho ed Harry che dopo il quarto tentativo fallito di baciare la ragazza, tre volte a causa della Umbridge ed una volta a causa dei dentoni da vampiro, aveva deciso che era meglio consolarsi con una dose industriale di Whisky.

“Grazie Fred.”

Il ragazzo si volto di scatto verso Hermione che si torturava incessantemente il fiocco rosso al ginocchio.
“Di cosa?” chiese incredulo, “Giuro che non sono stato io a dare le Pasticche Vomitose a Gazza, per quello devi ringraziare George!”

“Ma no stupido!” lo zittì lei, “Per tutto questo.” Indicò la Sala Grande.

“Se non fosse stato per te probabilmente a quest’ora sarei chiusa in dormitorio a leggere quello stupido libro sulle creature incantate estinte!”

Fred inarcò un sopracciglio senza capire;lui l’aveva invitata al Ballo, quello era vero, ma di certo non poteva davvero volerlo ringraziare per averla fatta sentire l’eterna ruota di scorta!

“Ricordi la sera di qualche settimana fa, nella Sala Comune, quando ti ho curato la mano?” chiese aspettando che lui annuisse prima di continuare, “Mi hai detto una cosa. Una frase che qualche ora fa mi ha fatto molto riflettere Fred.”

Era inutile, davvero continuava a non capire. Era una pecca dei Weasley parlare talmente tanto, e la maggior parte delle volte a vanvera, da non ricordare un accidente di quello che dicevano. Hermione sbuffò fingendosi scocciata.

“Hai detto che dopo aver fondato l’ES, aver schiantato Malfoy ed aver sgraffignato la Pozione Rigenerante dalla riserva di Piton, non sapevi cos’altro aspettarti da me.”

Ora ricordava! E con quella frase lui avrebbe fatto cosa?

“Si, ricordo! E cosa ci troveresti di tanto psichedelico in queste parole da farti cambiare da così a così?” chiese voltando il palmo della mano dal basso verso l’alto.

“Davvero non ci arrivi da solo, troll di un Weasley?” rise divertita accavallando una gamba.

Fred mise il finto broncio e si strinse tra le braccia; “Io non sono un Troll!” bofonchiò, “Lo stupido della famiglia è Ronald, non io!” si difese cercando di reprimere un sorriso.

Difficile dirlo, ma doveva ammetterlo, con Hermione stava bene. Cosa davvero molto strana contando che l’aveva sempre considerata la migliore amica secchiona del suo fratello preferito.

“Si certo, in ogni caso” continuò, “Mi hai fatto capire che io non sono l’Hermione che avete conosciuto sin ora;sono io ma non sono io..oh Fred, è così difficile da spiegare!”

“In fondo stai parlando con un Troll!” esclamò stavolta senza poter impedire al sorriso di affiorare sul suo volto contagiando anche Hermione che cominciò a ridere di gusto.

 “Va bene Fred, non fa niente!” asserì quando l’attacco di ridarella le fu passato, “L’importante è che l’abbia capito io.. Grazie.”

“Prego.” Rispose con una scrollata di spalle, non avrebbe mai capito quello che voleva cercare di dirgli. Ma andava bene anche così.

Invitala a ballare! Su, testa di caccola di Molliccio rinsecchita, cosa diamine stai aspettando? Che qualcuno con più coraggio di te arrivi e te la soffi da sotto il naso?

Sfortunatamente per lui, il suo corpo sembrava non reagire agli impulsi propagati dal suo cervello, tanto che rimasero in silenzio ed immobili per una buona ventina di minuti prima che Hermione decidesse di prendere in mano la situazione.

“Allora, mi inviti a ballare oppure no?” Non c’era ombra di rammarico nella sua voce, solo una punta quasi impercettibile di velata ironia.

***

Hermione inarcò un sopracciglio alla faccia tremendamente imbarazzata di Fred che non accennava ad emettere alcun suono riconducibile ad essere umano.

Che stesse esagerando? Che il suo atteggiamento fosse davvero troppo spiazzante da essere addirittura psicologicamente insostenibile anche per uno come Fred che in quanto a disturbi psicopatici aveva una grande esperienza alle spalle?
Si sentì tremendamente ridicola e goffa in quella gonna troppo corta e in quelle scarpe dal tacco vertiginoso che avevano cominciato anche a torturarle i piedi.

Tutte le belle parole che le erano vorticate in testa nemmeno tre ore prima ora sembravano soltanto gusci vuoti e sterili, privi di qualsiasi realtà; parole ingannatrici che l’avevano portata a tutto quello.

Abbassò gli occhi dandosi della stupida mentre con le dita torturava il fiocco rosso sul ginocchio destro e mentre si autoconvinceva che la cosa migliore da fare,l’unica cosa da fare in quel momento, era alzarsi ed andare via. Smetterla di dare spettacolo e tornare l’Hermione che tutti si aspettavano che lei fosse.

Nemmeno quel pensiero le avesse trasmesso una scossa elettrica da milioni di volt, scattò in piedi facendo ribaltare la poltroncina che andò a urtare contro il muro di pietra alle sue spalle.

“Io vado.” vomitò tutto d’un fiato sfrecciando a passo incerto tra la folla, verso la grande scalinata centrale, seguita dagli occhi di Fred ancora pietrificato con la sua burrobirra stretta tra le mani.

Percorse tutto il salone ignorando bellamente Zacarias Smith che aveva tentato di trascinarsela in pista e Harry che l’aveva pregata di togliergli quei maledetti denti da vampiro; salì le scale a due alla volta infischiandosene dei tacchi alti e dei piedi doloranti, fino a che qualcosa le afferrò la caviglia sinistra facendola rovinare  sull’ultima rampa di scale prima del dormitorio.

Gli occhi cominciarono a bruciarle tremendamente e qualcosa di caldo prese a scioglierle il trucco preparato con tanta cura, mentre la risata di Pix echeggiava per il corridoio deserto sparendo dietro l’angolo buio.

Liberò i piedi da quelle maledette scarpe e le scaraventò nella direzione in cui il poltergaist era scomparso;sciolse i capelli che le ricaddero pesantemente sulle spalle e si perse in un pianto che sapeva di frustrazione ed amarezza.

Cosa le era saltato in mente? Cosa diavolo aveva pensato di dimostrare con quella scena patetica? Di essere forte? Di essere un’altra persona?

 Si.

Di illudersi di poter essere qualcosa di diverso da un grande cervello e tanta buona volontà?

Si.

Ma lei era solo la piccola e brillante Hermione;la migliore Grifondoro e studentessa modello della scuola di Magia  e Stregonerie di Hogwarts. L’amica con la quale tutti si confidavano, alla quale raccontavano tutti i problemi senza mai fermarsi a  pensare che forse anche lei avrebbe voluto parlare dei suoi.

 Destinata a combattere qualcosa più grande di lei; a vivere ogni giorno a contatto con la consapevolezza che forse sarebbe morta nell’intento; nella paura che avrebbe potuto perdere amici e parenti così, come foglie in bilico sui rami spazzate via dal freddo vento d’autunno.

Cercò di ricordare quella poesia babbana che sua madre le aveva insegnato da piccola. Aveva a che fare con l’autunno e con le foglie, ma in quel momento la sua testa era soltanto un enorme, gigantesco buco nero.

Si tirò su lentamente, cercando invano di impedire ad un insieme vorticoso di pensieri di bombardarla con la loro violenza straziante.

Svegliò la Signora Grassa che rissava beatamente nella sua cornice ed entrò nella Sala Comune deserta. Estrasse la bacchetta dalle pieghe della gonna e sussurrò un incantesimo: immediatamente un allegro fuocherello comparve nell’incavo buio del camino. Hermione si sedette sul grande divano rosso e rimase lì, sola con i suoi funesti pensieri, fino a che il sonno non prese il sopravvento e la trascinò nel suo buio mondo governato da spiriti e paure.




NOTE:
Salve a tuttiiiii! Chiedo venia per il mio incommensurabile ritardo ma ho avuto problemi a casa e quindi la storia ha avuto un pesante rallentamento. Il capitolo non è dei migliori, non ne sono pienamente soddisfatta, ma penso che possa uglualmente andare. Cercherò di farmi perdonare con il prossimo. Ringrazio tutte per i tanti complimenti *w* davvero non me lo aspettavo.
Allora, alla prossima!
Vostra,

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Capitolo 4
*** quattro ***


Quando Hermione riaprì gli occhi, o almeno quando ci provò, maledisse se stessa per non essersi tolta quella diavoleria babbana dalle ciglia.

Tutto il mascara le era colato sul viso e quello che miracolosamente era rimasto incollato alle sue ciglia, solo Merlino sa come, le aveva rese estremamente appiccicose tanto che dovette sbattere più volte le palpebre appesantite e gonfie prima di riuscire a  vedere normalmente.

la stanza era ancora per metà avvolta nell’oscurità il che le suggerì che non doveva essere passato molto tempo, massimo un paio d’ore, da quando si era addormentata sul divano rosso della Sala Comune.

Una sensazione di freddo pulsava sul suo braccio destro, come se qualcuno che le fosse stato accanto fino a  quel momento si fosse bruscamente alzato o come se il camino che prima la riscaldava si fosse di colpo spento.
Ed in verità la cenere era l’unica cosa che rimaneva del fuoco che poco prima l’aveva calorosamente accolta, l’unica fonte di luce era una lampada poggiata sul tavolino di fronte a lei che prima, lo avrebbe giurato su sua madre, non c’era.

Come era anche  sicura allo stesso modo di non aver avuto quella coperta marrone lavorata a maglia addosso.

Prese il caldo tessuto tra le mani e se lo rigirò tra le dita, facendole scorrere lungo tutta la lunghezza cercando invano di riconoscerla nella penombra, quando un lavoro a merletto in rilievo sulla lana la fece ritrarre sconcertata.

Una effe.

Poteva essere?

Si voltò di scatto cercando, con scarso successo, di far abituare gli occhi al buio della stanza;sbuffando spazientita afferrò la bacchetta dal calzettone sinistro e mormorò qualcosa a fior di labbra. Una fiamma corse dalla sua bacchetta al camino fluttuando nell’aria illuminando la stanza quel tanto che bastò ad Hermione per scorgere la sagoma raggomitolata sulla poltrona accanto all’entrata dei dormitori maschili.

Fred era là, appallottolato su se stesso con un braccio penzoloni dal bracciolo sinistro della poltrona ed i capelli rosso vivo scompigliati che gli ricadevano ribelli sul viso.

La sensazione che qualcuno l’avesse abbracciata mentre dormiva si fece sempre più forte e spiacevolmente insistente mentre non riusciva a togliere gli occhi di dosso alla massa informe che ingombrava la poltrona.

Magari lo avrebbe svegliato, anche solo per augurargli la buonanotte, anche solo per chiedergli se la sua sensazione era solo tale, o magari no.

Che senso avrebbe avuto a questo punto? Nessuno.

Non avrebbe fatto alcuna differenza, o al massimo avrebbe finito per ingarbugliare una situazione già di per se poco comprensibile persino per una come lei.

Magari sarebbe andata dritta filata nella sua stanza, si sarebbe tolta di dosso quei ridicoli vestiti e li avrebbe chiusi nel baule, proprio come avrebbe fatto con quello che era successo: avrebbe rinchiuso tutto in un cassetto remoto della sua mente, avrebbe continuato come se niente di quella giornata fosse mai realmente accaduto.

Forse, qualche volta avrebbe riaperto quel cassetto, quando era sola di notte, e avrebbe contemplato di nuovo quel sorriso, quel suo sorriso, che per una volta era stato tutto suo, solamente suo e sempre lo sarebbe stato; avrebbe riso nel ripensare a quella sua fugace follia, a quella notte nella quale non era stata più Hermione.

Solo una notte, prima di ritornare sui noiosi binari della sua vita già scritta da qualcun altro.
Si alzò cercando di fare il meno rumore possibile, tacchi permettendo, e si avvicinò alla poltrona;distese la coperta sul corpo infreddolito di Fred contemplando silenziosamente il suo viso, dopodichè cominciò a salire le scale del dormitorio, ringraziando mentalmente il sonno pesante targato Weasley.

Non appena il rimbombare dei suoi tacchi sparì su per le scale e tutto fu nuovamente inghiottito dal silenzio nero della notte, Fred spalancò gli occhi nocciola e si tirò su a sedere. Forse, dopotutto, non era stata una cattiva idea fingere di dormire; se Hermione avesse voluto dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, di certo lo avrebbe svegliato. A costo di subirsi una miriade di colorite imprecazioni, Fred lo sapeva.

Evidentemente quella serata doveva esserle sembrata un completo ed insuperabile disastro...ma cosa andava blaterando? Non lo era semplicemente sembrato, lo era stato. E tutto per colpa sua.

Se solo l’avesse invitata prima, se solo le avesse chiesto di ballare.

Conosceva Hermione quel tanto che bastava per ipotizzarne una possibile reazione: avrebbe ignorato tutto, rinnegato tutto, fatto come se niente fosse mai successo. E il fatto che non l’avesse svegliato prima di lasciare la Sala Comune ne era la conferma.

E lui poteva biasimarla? No.

Poteva soltanto accettare la sua più che lecita decisione e costringersi anche lui ad ignorare l’accaduto, se era questo che voleva, almeno in questo l’avrebbe accontentata.

Si alzò dalla poltrona e si strinse nella coperta di scarsa fattura confezionata da sua madre il Natale passato, entrò nei dormitori maschili e si buttò sul letto accanto a quello dove il gemello russava allegramente: non si era nemmeno accorta che, fino a quando non l’aveva sentita muoversi, l’aveva tenuta stretta tra le braccia mentre si lamentava nel sonno.


***

Il mattino seguente, a colazione, la metà degli studenti non aveva la forza nemmeno di alzare la testa dal proprio bicchiere di succo di zucca; mentre qualcun altro non era nemmeno capace di guardare nulla che avesse forma liquida e che ricordasse anche solo vagamente qualcosa di alcolico.

Harry si precipitò verso il tavolo dei Grifondoro travolgendo Colin Canon nella sua corsa disperata farfugliando una scusa frettolosa tenendo ben stretta la mano contro la bocca.

“Hermione!”gridò non appena intravide la massa di capelli ricci spuntare tra la capigliatura fulva di Ron e quella di Seamus Finnigan.

La ragazza si girò rivolgendogli uno sguardo stanco.

“Aiutami!”gridò il ragazzo scostando la mano dalla bocca e mostrando ancora i canini da vampiro che la sera prima Hermione gli aveva fatto comparire al posto di quelli ridicoli di gomma.

“Oddio Harry scusami!” si affrettò a dire scattando in piedi ed estraendo la bacchetta dalla tasca della gonna, “Mi sono completamente dimenticata di te!”

“Si, me ne sono accorto!” bofonchiò il Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto mentre con un magistrale colpo di bacchetta i suoi denti tornavano alle loro dimensioni reali, “E anche Cho.”

“Mi dispiace tanto Harry!”

“Fa niente Herm.” risposte con una scrollata di spalle lasciandosi cadere sulla panca accanto a George, il quale si teneva la testa tra le mani e la scuoteva sistematicamente a destra e a sinistra.

“Serata pesante eh?”

“Mhm.”

“Dopo le lezioni pensavo di riunire l’ES.”

“Mhm.”

“Bene.”

“Mhm.”

“Spargi la voce.”

“Mhm.”

Harry si rassegnò al fatto che non avrebbe cavato altro dalla bocca di George se non mugugni insensati, e si vide costretto ad usare il vecchio metodo delle monete augurandosi che questa volta nessuno avesse speso il galeone come Neville la settimana prima.





La lezione di Pozioni fu più noiosa del solito e come sempre sia Ron che Harry riuscirono a guadagnarsi un paio di librate da parte di Piton ciascuno ed altrettante occhiate truci da Hermione ma, tutto sommato, la giornata trascorse tranquilla senza intralcio alcuno da parte dell’Inquisitore Supremo.

Nel pomeriggio tutti i membri dell’ES erano riuniti nella stanza delle necessità.

“Bene, oggi proveremo qualcosa di più complicato.” disse Harry quando tutti ebbero preso posizione, “Cercheremo di evocare un Patronus.”

Un brusio eccitato percorse la sala.

“Ma Harry!”esclamò Neville esterrefatto, “é un incanto dei più potenti al mondo!”

“Ma anche uno dei più efficaci, e poi, se siete arrivati fin qui vuol dire che avete le capacità per evocare un Patronus. Quindi, Neville, su prova!”

Il ragazzo si umettò le labbra e strinse la presa malferma sulla sua bacchetta.

“Expecto P-patronus!”

Non accadde nulla.

“Prendi un ricordo felice Neville, lascia che ti colmi interamente.”

“Expecto Patronus!”

Una scintilla argentata si liberò dalla sua bacchetta senza però dar forma a nessun tipo di animale.

“Ci sei andato vicino Neville. Su, ora provate tutti!”

Hermione estrasse la sua bacchetta, lo sguardo concentrato e le labbra serrate cercando nella sua mente il ricordo di un momento felice; quando ad un tratto quel cassetto che solo la sera prima aveva chiuso nell’angolo remoto della sua mente si aprì improvvisamente.

Fred la aspettava sulla scala della Sala Grande con un sorriso sfavillate disegnato sul volto e l’espressione di chi ha appena visto la cosa più bella del mondo.

Quel pensiero la colmò interamente e le parole fecero schiudere la sua bocca prima che potesse fermarle.

“Expecto Patronus!”

Mille fili argentati esplosero dalla sua bacchetta intrecciandosi e ricorrendosi per tutta la stanza fino a prendere la forma di una donnola che saltellava allegramente nell’aria fredda delle pareti di pietra.

“Ecco! E’proprio questo quello che intendevo!”esclamò Harry indicando l’animale che non smetteva di volteggiare.

Dopo poco una decina di creature argentate si rincorrevano sul pavimento grigio accompagnati delle risa di chi li aveva evocati.

“Pensiero felice, pensiero felice, pensiero felice!” farfugliò Fred mentre si sentiva tanto quel ragazzino delle favole babbane che il padre si ostinava a raccontargli di tanto in tanto. Qualcosa che aveva a che vedere con il Pane comunque.

Rassegnato a non riuscire a trovare niente che gli permettesse di evocare un Patronus completo ripose la bacchetta ed incrociò le braccia imbronciato mentre i due Patronus di Ron e George, due cani di razza diversa, trottellavano felici vicino alle sue gambe.

“Non ci riesco Harry!”

“Non c’è niente che ti rende felice Fred?” Harry gli si avvicinò dimenticando per un attimo che Ginny era riuscita ad evocare il suo Incanto. “Che so, tuo fratello, gli scherzi, Zonko! Improvvisa!”

“Si certo, come se fosse una cosa semplice!”

Sfilò nuovamente al bacchetta dalla tasca dei calzoni, intenzionato a concedere a quel maledetto incanto di venir fuori dalla sua bacchetta per un’ultima volta;dopodichè sarebbe andato dritto filato nella Torre Grifondoro a godersi la sua scorta segreta di Cioccorane.

Ok Patronus, io non piaccio  a te e tu non piaci a me, ma per l’amor di Morgana esci da questo stupido pezzo di legno!

Nel mentre stava per pronunciare la formula dell’incanto una risata esplose nelle sue orecchie come miliardi di Caccabombe impazzite; si girò, forse senza nemmeno volerlo davvero incrociando lo sguardo di una raggiante Hermione che cercava di allontanare la lepre argentata che le solleticava le gambe.

La sua voce fu poco meno di un sussurro, ma un fiotto di luce proruppe dalla bacchetta dividendosi in mille filamenti luminescenti che si intrecciarono fino a formare un bellissimo levriero.

Fred aveva trovato il suo pensiero felice.


Proprio in quel momento, mentre i loro occhi erano ancora incatenati gli uni agli altri da un qualcosa che aveva tutto o forse niente a che vedere con la magia, un’esplosione fece tremare gli specchi che ricoprivano le pareti tutt’intorno.

Il silenzio calò tombale mentre tutti i presenti si riunivano dietro le spalle di Harry che impugnava la bacchetta sopra la testa nemmeno questa avrebbe potuto salvarli dal destino che purtroppo li attendeva.

Destino, che fu chiaro a tutti quando una vocina stridula e mielosa esclamò dall’altro lato del muro: “Bombarda Maxima!”

Il muro che divideva la stanza delle necessità dal corridoio del terzo piano venne fatto saltare in aria e i mattoni scaraventati per ogni dove mentre una densa coltre di fumo impediva ai ragazzi di contemplare il sorriso sadico che si era aperto sul volto della Umbridge e della sua Squadra d’Inquisizione.

Ma la cosa che più sconcertò i membri dell’Esercito di Silente fu che, proprio accanto a Gazza, trattenuta per un braccio da un sorridente Malfoy c’era una sconvolta, ma inconfutabilmente colpevole Cho Chang.





Note:
Vi prego di perdonarmi per il mio incommensurabile ritardo. Inutile farcirvi scuse pregne del fatto che ho gli esami tra meno di 15 gg ed ancora non ho combinato un bel niente perchè non sono nemmeno lontanamente accettabili. So anche che il capitolo è molto corto e che dopo un mese di silenzio vi aspettavate qualcosa di più corposo ma penso che vi risolleverò il morale informandovi che il prossimo è già pronto, steso, rivisto e lungo. aggiornerò quindi tra una quindicina di giorni connessione permettendo. Grazie per la vostra pazienza, per i complimenti e per le recensioni; mi rendete davvero felice.

un bacio e buon anno.

vostra

Fé.

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Capitolo 5
*** cinque ***


Alla fine era successo.

Quello che tutti si auguravano non dovesse mai accadere, era infine accaduto.

Come ombre scure in mantelli pesanti quanto il loro animo ed i loro pensieri, i membri dell’Es sfilavano a testa alta tra i corridoi dell’oramai irriconoscibile Hogwarts sotto gli occhi vigili della Squadra d’Inquisizione.

Le mani frementi per la rabbia e gli occhi ludici, il cuore stretto in una morsa gelida come il vento che scuoteva le chiome degli alberi della Foresta Proibita, la mente che correva vorticosamente da un pensiero ad un altro;tra la paura per se stessi, per i compagni e per ciò che li attendeva, mista alla consapevolezza che l’inevitabile era proprio dietro l’angolo, oltre quella soglia, tra i gatti merlettati ed i candidi centrini.

Se solo quella mattina non avessero deciso di riunirsi, se solo la Chang avesse tenuto chiusa quella sua boccaccia velenosa. . . se solo quell’odioso rospo imbellettato non gli avesse rovinato quel momento idilliaco. . . già,se.

Troppi ‘se’ imperversavano negli angosciosi pensieri  di Fred Weasley mentre ripercorreva il momento in cui aveva liberato il suo Patronus soffermandosi in modo particolare su cosa, o chi, glielo avesse permesso mentre chiudeva la fila che camminava verso l’ufficio della Umbridge, dietro un tremante Colin Canon.

Il ragazzino di Corvonero era più spaventato di quanto lui lo fosse mai stato in tutta la sua vita, o almeno più di quanto lui avrebbe mai ammesso ad altri al di fuori di se stesso.
Per qualche inspiegabile motivo una sensazione lo pervase facendosi strada tra le fibre pulsanti del suo essere fino riempirlo totalmente, sensazione che non sapeva bene come catalogare.

Pena, compassione, comprensione.

E si rese conto che la pena, l’odio e la frustrazione che Colin doveva provare in quel momento erano esattamente le stesse sensazioni, le stesse emozioni che provava lui. Solo da un pò più di tempo.

Il ragazzino non riusciva ancora a controllarle, lui ci conviveva da quasi quattro anni.

“Hey, Colin!” gli sussurrò sporgendosi quel tanto per sfiorargli l’orecchio. Questi sobbalzò per poi voltarsi piantando i suoi occhioni marroni e umidi nei suoi, “non aver paura, andrà tutto bene sta. . .”

“Zitto Weasley!” berciò Draco nemmeno ad un metro di distanza, con un sorriso malevolo e la sua solita chioma bionda che splendeva di un bagliore sinistro alla luce dei pochi raggi di sole che filtravano dalle alte finestre del castello in quel pomeriggio nuvoloso.

Nemmeno a dirlo, quel cane non fece che rendere la situazione ancora peggiore, tanto che Colin scoppiò in un pianto disperato nascondendo al piccola testolina bruna nelle pieghe del mantello di Fred.

 “Sta tranquillo.” disse posandogli una mano sulla spalla per confortarlo rivolgendo al biondino uno sguardo dei più sprezzanti che avesse mai fatto.

Non era giusto, non potevano continuare in quel modo.

Non poteva.


***

L’interrogatorio fu interminabile; ci vollero ore per torcere tutti i ragazzi portati al cospetto della Umbridge, e tutti erano poco propensi a collaborare tanto che l’Inquisitore Supremo si vide costretta a prosciugare le riserve di Veritaserum del Professor Piton che con molta riluttanza le concedette di accedere al suo scaffale personale.

Era illegale, certo, ma chi l’avrebbe fermata?

Quello che successe più avanti non fu tanto difficile da immaginare: dopo l’interrogatorio, ovviamente la punizione inflitta ai membri dell’ES fu durissima.

Ogni giorno, dopo le lezioni, erano convocati nell’aula di Difesa e costretti a copiare per centinaia e centinaia di volte frasi lunghissime, interminabili, fino a quando tutte le mani non prendevano a sanguinare copiosamente.

Neville era anche svenuto dal dolore, per tre volte.

Nonostante le varie suppliche da parte di Hermione e persino da parte di Ron, nessun ragazzo venne esonerato; nemmeno i più piccoli.

Come Colin.

“-Ci vuole disciplina! E se Silente non è riuscito ad insegnarvela fin ora, ci penserò io!-, ecco cosa mi ha risposto quella stupida. .stupida. . .vecchia megera rugosa e rimbecillita!!”
aveva esordito Hermione mentre il buco nel muro tornava ad essere reso invisibile dalla tela del quadro della Signora Grassa, che oramai non sorrideva neanche più.

La ragazza andava avanti e indietro per la stanza, descrivendo ampi cerchi con il suo girare in tondo.

“Non so più cosa fare!” si abbandonò sulla prima poltrona a tiro nascondendo la testa tra le mani martoriate. “Colin! Il povero Colin Canon non mangia da una settimana, non reggerà il ritmo ancora per molto!”

“Hermione, devi calmarti.” Harry emerse dalle pile di libri che invadevano il tavolo al centro della Sala.

“No non devi calmarti, devi rassegarti alla sua superiorità, ecco cosa devi fare. Io l’ho fatto.” Ron gli fece eco spuntando dietro il libro di Cura delle Creature Magiche che stava fingendo di leggere da più di un’ora.

“No Ronald,” scandì lentamente ogni singola lettera, come se ogni suono potesse sottolineare il suo totale dissenso, o al massimo scagliare frecce velenose.

 “Io non devo, non posso! In fondo se siamo in questo guaio è principalmente per colpa mia. . “

“Quinsquiglie!”

“Ma Harry!”

“No Hermione, è colpa mia. . .anzi, ora che ci penso non è affatto colpa mia! Come non è assolutamente colpa tua. Artefice di tutto questo, e quando dico tutto intendo davvero tutto, è lei!”

Obiettivamente parlando, Harry non aveva nemmeno tutti i torti: se non fosse stato per il suo stupido metodo si insegnamento, se non fosse stato che il Ministero della Magia preferiva avere giovani incapaci ed inesperti piuttosto di maghi e streghe competenti e pronti a difendersi in caso di attacchi, se solo Silente non fosse stato costretto a sparire o la Umbridge non avesse cominciato a dettare quelle sue assurde regole. . . no, tutto questo non sarebbe successo.

Tutti sapevano che era così ma nessuno poteva sperare di cambiare le cose.

Ci fu un attimo di silenzio dove ognuno, in quella stanza, soppesò le parole di Harry. Un attimo interminabile dove l’unico suono era quello dell’allegro scoppiettare della legna nel caminetto.

“Devo andare!” scattò Hermione fiondandosi verso il ritratto.

“Dove stai andando!” le gridò Harry alle spalle gettando un paio di fogli in aria.

“Da Luna, Harry sta tranquillo! Non ho in mente nessun tipo di sommossa. . .al momento!” e così docendo sparì veloce in un turbine di capelli castani proprio com’era apparsa.


***

Come sempre, i corridoi erano bui, freddi e deserti. Niente tradiva la presenza di alcuno studente se non che una piccola luce posta all’entrata di una porta rosa confetto illuminava il viso di tre giovani.

Due di loro avevano i capelli color delle fiamme.

Hermione era sul punto di svoltare l’angolo, quando un pianto sommesso la fece bloccare con un piede a mezz’aria ed il corpo semi nascosto nell’ombra della sera.

“Hey hey!” una voce calda avvolse il silenzio, attutendo i singhiozzi “Colin, devi smetterla di piangere.”

La ragazza si affacciò quel tanto che bastava per vedere il piccolo corpicino del Corvonero immerso nel mantello di uno dei gemelli Weasley.

Non ci mise molto a capire di quale gemello si trattasse.

“Non servirà a nulla, se non a far compiacere lei di tutto quello che sta creando.” Silenzio. “Colin, mi stai ascoltando! Non piangere, sìì forte e le cose andranno meglio.”

“Ma la mia mano” i singhiozzi che sembravano essere stati anestetizzati dalle parole confortanti di Fred ricomparvero con una violenza triplicata quando Colin si strinse il polso sanguinante. “Fa male, troppo male!”

“Devi resistere” George lo prese per le spalle scuotendolo con dolce forza, “Sei un guerriero Colin Canon! Tutti noi lo siamo, e non abbiamo nessuna intenzione di perderla questa battaglia.”

Hermione socchiuse gli occhi mentre il cuore le si stringeva per quel gesto di inconsueta tenerezza che nessuno dei due avrebbe mai confessato di aver avuto.

Ma in fondo lei lo aveva sempre saputo, che non c’erano solo scherzi e segatura dietro quei capelli rossi scarmigliati e dietro quei maglioni fatti a mano. Ma c’erano dei cuori, grandi, enormi e generosi.

“Ho qualcosa per la tua mano” disse lasciando definitivamente l’accogliente sicurezza del buio del corridoio per farsi investire dalla luce arancione delle candele.

Estrasse la boccetta trasparente, la stessa che aveva rubato qualche settimana prima dalla riserva personale di Piton. Avrebbe dovuto portarne a Luna, perchè la sua compagna di stanza aveva fitte lancinanti alla mano destra tanto da non riuscire nemmeno a dormire, ma questa sembrava una cosa più importante.

Tre teste scattarono fulminee verso di lei, una mostrava occhi pieni di ansia e speranza, mentre le altre due erano semplicemente incredule e. . .sì, forse un pò terrorizzate.

Stappò al fialetta e ne versò parte del contenuto sulle ferite di Colin che ripresero immediatamente a rimarginarsi per incanto.

“Non basterà a curarle tutte, ma ci sono altri che ne hanno bisogno Colin, forse anche più di te.”

“Grazie Hermione.” Rispose il Corvonero con gli occhi che scintillavano ancora per le lacrime versate.

“Ora sarà meglio che torni al dormitorio.”

“Si. . .Grazie ancora Herm.”

“Di nulla Colin, di nulla. . .”

“Andiamo sù, ti accompagno io.” Geroge si mosse veloce dietro di lei prendendo Colin per un braccio e avviandosi dalla parte dove prima Hemrione era diretta.

“George! Aspetta!”

Il ragazzo si voltò quando lei lo chiamò. “Porta questo a Luna, dille che sarebbe meglio che non lo usasse tutto per una persona;è l’unica fiala che mi è rimasta. Dopo di questa non resterà che sopportare.”

Lanciò la boccetta che atterrò delicatamente nelle mani di George che annuì scomparendo nel buio con Colin.

Silenzio.







Di nuovo.






Silenzio da affettare, con una lama sottile, affilata e scintillante.






Silenzio palpabile, tangibile e pesante.




“Da quanto tempo eri li?”

“Abbastanza da dirti che non hai niente di che vergognarti.”

“Era solo. . .era solo per tirargli un pò su il morale, tutto qui.”

“Non fare il finto idiota Frederick Weasley” fece scattare lo sguardo su di lui.

 “E’ stata davvero la cosa più bella, più generosa e. . .” sospirò rumorosamente avvicinandosi di un lunghissimo, chilometrico millimetro “. . .e la cosa più vera che avessi mai potuto dire. Sia a lui, che a te stesso.”

Fred incrociò le braccia cercando deliberatamente di non guardarla dritto negli occhi; per evitare di perdersi in quell’ambra, in quell’oro, in quel marrone profondo, immenso, sconfinato e terribile.

“Oh, beh. . .”

Calamite.

Quegli occhi erano calamite.

Non riusciva a resistere alla voglia di specchiarvisi, di perdersi.

“Non sei il belloccio burlone senza cervello che vuoi far credere di essere, ne tu e ne quell’altro esemplare raro di tuo fratello. Solo che, mi sfugge il motivo.”

“Ad Hermione Granger sfugge qualcosa? Cosa odono le mie sporche orecchie?!” declamò teatralmente come era solito quando metteva in scena una delle sue recite drammatiche.

“Ecco. lo vedi? Lo stai facendo di nuovo!” Sbottò Hermione riducendo gli occhi a fessure, nemmeno volesse provare a leggergli l’anima.

Si sentì improvvisamente nudo e vulnerabile.

Al diavolo! Aveva ragione!

Un altro sospiro ruppe il silenzio quella notte, un sospiro che sapeva di rassegnazione, di resa.

Via la maschera Weasley.

Con lei non attacca più.

“Maschere Hermione.”

Lei inarcò un sopracciglio.

“Maschere. Tutti ne portiamo una, o due; dipende da quanto sei bravo a nasconderti dietro di essa. E la mia è questa.”

Lasciò scivolare le mani lungo i fianchi serrando le mascelle per il dolore causatogli dall’improvviso flusso sanguigno che le aveva investite.

“Credo. . crediamo, io e Geroge, non giovi a nessuno crogiolarsi nel dolore causato dagli eventi. E’ inutile starsene lì a piangersi addosso, a rimuginare su quanto la nostra vita faccia schifo, sia ingiusta e terrificante; a cosa ci aspetta lì fuori,a cosa siamo destinati, senza poter scappare o divincolarsi.”

Pausa.

“Si, abbiamo una scelta.”

Fece un passo.

“La scelta tra lo scappare come un coniglio mentre la tua famiglia ed i tuoi amici restano per combattere oppure rimanere al loro fianco e forse morire nell’intento. Ebbene, Hermione! Tu cosa sceglieresti? Cosa faresti?”

Altro passo, sempre più vicino, ma ancora lontano.

“Noi abbiamo fatto la nostra scelta, molto tempo fa. E anche se alle volte sembra dura, come se il cuore ti scoppiasse nel petto, anche se a volte vorrei scappare il più lontano possibile da tutto questo, io resto. Come fa Ron, come fa Harry, Ginny, Neville, Luna, George e anche tu. Resto per qualcosa in cui credo. Per restare vicino alle persone che amo.”

Gli occhi di Hermione cominciarono a riempirsi si lacrime calde come aghi incandescenti.

“Ron fa quel che può per non crollare, Harry cerca di sopravvivere alla meno peggio, Neville cerca di vincere le sue paure, Luna. . .oh beh, Luna. . . tu provi ad aiutare come puoi, facendoti in quattro pur di star dietro a tutto questo,” fece un ampio gesto con il braccio, “quanto a me e a George, tentiamo almeno di far sorridere quelli che possiamo, di convincerli che in fondo è tutto un gioco, che sorridere aiuterà ma non è così! E noi siamo i primi a saperlo credimi!”

Gocce bollenti sgorgarono dai suoi occhi, e lui le vide bagnarle il viso.

“Un sorriso non ucciderà Tu-Sai-Chi, non schianterà nessun Mangiamorte, nè salverà nessuno dei nostri amici o fratelli. Nessun sorriso può salvarci eppure sorridiamo. Nonostante questo cerchiamo di far sorridere quante più persone possibile perchè non puoi immaginare che gioia che sia. . .veder sorridere qualcuno a cui vuoi bene, a cui tieni, qualcuno che non vuoi perdere. E il giorno ti fa meno paura, Hermione.”

“Fred io. . .”

“Ecco la mia maschera.”

E lo disse guardandola negli occhi.

“E me l’hai tolta tu.”

Finalmente specchiandosi.

“E’ tua.”

Finalmente perdendosi.

“Fanne ciò che vuoi.”

Allungò una mano per catturare con un dito una lacrima salata, poi cingendole il viso con entrambe le mani mentre gli occhi sembravano incatenati.

“Con te oramai non mi serve più.”

Intrappolati.

“Una volta,” Hermione tirò su con il naso prima di parlare, “mi hai chiesto come facessi a distinguere te e George così facilmente come nessuno.”

Fred annuì, senza toglierle le mani del viso umido.

“Mi dicesti di non saperlo.”

“Beh, ora l’ho capito.”

“E . . .?”

“E, Fred Weasley, il fatto è che il mio cuore batte più forte quando ci sei tu.”

Trasse un respiro profondo, si issò sulle punte e annullò la distanza tra le loro bocche, cingendogli il collo con le mani fredde, inspirando il suo profumo di Primavera e Biancospino;mentre quelle di lui corsero veloci tra i suoi capelli.

Labbra su labbra, mani nelle mani, cuore su cuore così, semplicemente vivi, semplicemente limpidi.

Semplicemente senza maschera.





Note: Here I am. . .si lo so, ancora una volta in ritardo.
Beh, dote di famiglia, ce la passiamo di generazione in generazione purtroppo.
Bene, questo è il capitolo in cui qualcosa si smuove. Sò di aver fatto abbastanza un casino cornologicamente parlando, ma avevo già avvertito che molto probabilmente non avrei rispettato la successione originale degli eventi dato che, molto spesso, scrivo di getto e non bado molto a queste cose. Si, lo so, dovrei.
Credo che basti così xD
Spero, invano come sempre di aggiornare al pù presto, ringrazio le 44 persone che hanno aggiunto la storia tra preferiti e seguite e a coloro che recensiscono costantemente *__* grazie davvero.

Vostra, Fé.











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Capitolo 6
*** capitolo sei ***


Quando la luce dell’alba fece capolino dalle vetrate opache delle finestre di Hogwarst, sorprese due ragazzi nella gufiera, abbracciati ed infreddoliti ma illuminati da un sorriso che salutava con aria di sfida il sole nascente.

I mantelli erano zuppi di umidità, i capelli gonfi e gli occhi stanchi; ma almeno, per quelle poche ore che avevano passato li, abbracciati e al freddo, senza parlarsi ma solo sfiorandosi semplicemente, erano stati felici.

Liberi.

Normali.

Così come avrebbero dovuto essere.

Ma come tutte le più belle cose, anche quel momento quasi perfetto durò poco: un centinaio di gufi di tutte le dimensioni e i piumaggi affollò la torre più alta del castello gracchiando e sbatacchiando rumorosamente le ali.

“Hey”, Fred sobbalzò e poi scosse Hermione carezzandole i capelli fino a portarglieli dietro l’orecchio “dovremmo andare.”

“Mhm” mugugnò infastidita mentre poggiava entrambe le mani sulla fredda pietra del pavimento e si issava in piedi; poi si voltò verso di lui e si passò una mano sugli occhi stanchi sbavandosi tutto il trucco.

“Ma che ore sono?”

“Le sette e mezza. . .credo” le rispose assonnato mentre cercava di toglierle quell’enorme striscia nera che aveva sotto l’occhio destro, “ di solito la posta arriva per quell’ora no?”

“Già.”

Il silenzio che seguì fu il più imbarazzante che Fred avesse mai dovuto sopportare. Lui odiava i silenzi, non gli erano mai piaciuti ma in quel momento niente di ciò che gli passava per la testa avrebbe potuto essere espresso a parole.

Niente.

Rimasero in silenzio per un pò, così a guardarsi, sperando entrambi che l’altro prendesse coraggio per aprir bocca.

“Beh, io. . .a questo punto. . .andrei” sussurrò balbettando Hermione colorandosi di un’indecente tonalità di bordeux.

“S-si, certo. Vai. . .”

Lei gli lanciò un’ultima occhiata fugace, poi girò i tacchi e scomparve dietro l’angolo senza più voltarsi.

“Ciao Hermione.” bisbigliò tra i denti.

                                                                    ***
Mentre camminava per i corridoi deserti diretta verso la Sala Grande, Hermione sembrava aleggiare in una gigantesca, splendente, insonorizzata e semi-opaca bolla di sapone profumata.

Si sentiva leggera come una piuma e sospettava che se si fosse lanciata dalla finestra più alta del castello con un ombrello aperto stretto tra le mani avrebbe cominciato a volare come la protagonista di una delle favole babbane che il padre le raccontava sempre prima di metterla a letto.

Dimentica del fatto che si trovava da sola nei corridoi del castello ad un orario alquanto insolito, decise di prendere la strada più lunga per giungere alla Sala Grande per godersi ancora quella sensazione di spensieratezza che la pervadeva.

Per la prima volta in tanti mesi la giornata era cominciata con il piede giusto, poteva essere una giornata quasi perfetta. . .a meno che. . .

“GRANGER!”

Hermione si voltò di scatto ritrovandosi a pochi centimetri da un ciuffo biondo platino che la sovrastava di almeno dieci centimetri.

“Dileguati Malfoy!” sbotto voltandosi e riprendendo a camminare infastidita dal fatto che quello sgorbio platinato avesse rotto la sua armonia interiore.

“Non così in fretta Granger!”

Lei non si voltò.

“Granger! Dieci punti in meno per Grifondoro per. . .” fumante di rabbia per essere stato bellamente ignorato Draco cercava un qualsiasi pretesto che gli permettesse di togliere punti alla Casa di Hermione, “essere stata beccata nei corridoi in orari proibiti!”

Hermione rise senza voltarsi mentre scompariva dietro l’angolo che portava alla Sala Grande; Malfoy stava bluffando. Nessun prefetto aveva il diritto di togliere o aggiungere punti alle clessidre delle Case di Hogwarts. Solo i professori e il Preside erano investiti di tale potere.

O almeno così pensava fino a che non mise piede nella Sala Grande.
La stanza era gremita come sempre ad ora di colazione ma la cosa che attrasse il suo sguardo fu un’altra: le gigantesche clessidre incastonate nella parete.

Quelle di Grifondoro, Tassorosso e Corvonero sembravano impazzite; le pietre scintillanti continuavano a cadere dall’alto verso il basso togliendo punti alle rispettive case mentre l’unica che sembrava rimanere stabile col suo punteggio era quella di Serpeverde dove l’altezza degli smeraldi rimaneva invariata.

Per un paio di secondi rimase li impalata, con la bocca aperta e gli occhi sgranati per i terrore.

“NO!” gridò facendo sobbalzare un paio di ragazzini del primo anno, “non è possibile!”

“Oh lo è Hemrione! Tiger e Goyle ci hanno appena tolto un sacco di punti!” sbraitò Ron alle sue spalle mentre le si affiancava seguito a ruota da un Harry scurissimo in volto.

“Ma non possiamo permetterlo!” strillò isterica mentre agguantava un toast a del succo di zucca lasciandosi cadere pesantemente sulla grande panca di legno scuro.

“Concordiamo!” trillò una voce familiare.

“Non possiamo assolutamente. . .”

“. . .permettere una cosa. . .”

“. . .del genere!”

“Per le mutande sudicie di Merlino! La piantate di parlare in questo modo!” ringhiò Ron ai gemelli quando si sedettero accanto a loro.

“è uno scandalo, Montague ha. . .”

“. . .tentato di toglierci cinquanta punti. . .”

“. . .a testa!”

“Ma. . .?” chiese Harry non sicurissimo di voler udire la risposta.

“Ma l’abbiamo imbottito di pasticche vomitose e non è riuscito a concludere la frase!” rise Fred porgendo il cinque al fratello.

“Da oggi, ragazzi miei, si cambia musica! Vero Fred?”

“Giustissimo Geogre!”

“Cosa volete dire con questo?” chiese Hermione guardando George con aria interrogativa cercando di evitare accuratamente lo sguardo do Fred che le bruciava addosso.

“Vedrai piccola Granger. . .”

“. . .vedrai.”



                                                                        ***



Capitolo piccolissimo, giusto per farvi capire che sono tornata operativa! Si lo so, non merito nemmeno di essere guardata più in faccia. Lo so. Chiedo venia.

Come già detto il capitolo è davvero molto piccolo ma un altro è già pronto e lo porterò a breve, stavolta per davvero.

Per rispondere alle recensioni al capitolo precedente mi dispiace che a qualcuno non piaccia il mio modo di scrivere ma purtroppo più di cercare di migliorare non posso e poi, tra l’altro, non credo di essere questa così pessima “scrittrice”. Se il genere della mia scrittura non vi piace evitate di leggere le mie ff.

Altro appunto che mi sembra doveroso fare:
Io ho avvertito i lettori dall’INIZIO della ff che non avrei rispettato passaggi cronologici, personaggi e fatti che si possono trovare all’interno dei libri. Tra l’altro ancora devo leggere l’ultimo capitolo della Saga e mi sono rifatta per lo più ai film. Di conseguenza non vedo proprio il bisogno di criticare su questi aspetti della storia perchè come ripeto avevo avvertito di ciò in precedenza.

Detto questo ringrazio chi ha recensito! Grazie per la vostra pazienza!

Vostra, Fé :*

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Capitolo 7
*** capitolo sette ***


capitolo 7


“George!”

Hermione si catapultò nel corridoio affollato appena scorse la testolina rossa tra i migliaia di studenti in giro per il castello all’ora di pranzo.

“George Weasley! Fermati immediatamente!” sbraitò facendo sobbalzare un paio di studenti del primo anno che la guardarono terrorizzati; ma George niente, non dava il minimo accenno a volersi fermare; anzi, aumentava sempre d più l’andatura.

Facendosi avanti a suon di spintoni dopo aver attraversato il corridoio del primo e del secondo piano, finalmente riuscì ad afferrargli un braccio.

“George! Per Dio!” esclamò per poi portarsi una mano alla bocca per la bestemmia che aveva appena proferito.

Il ragazzo inarcò un sopracciglio e finalmente si fermò.

“Oh Herm, non ti avevo sentito sai?”

“Bugiardo idiota di un Weasley!” sibilò senza allentare la presa sul suo braccio, “Parla!”.

“Oh, certo. Di cosa vuoi parlare?” chiese con la faccia seria, “di come fosse delizioso il succo di zucca stamattina, o delle gambe di Katie Bell. Volendo potremmo anche disquisire lungamente su quanto sia efficiente la caccola di troll per fabbricare delle CaccaBombe miciadiali ma dubito che ti interessi una cosa del genere.”

Sorrise beota mentre gli occhi di Hermione si riducevano a spilli finissimi.

“Cosa avete intenzione di fare vuoi due?”

“Noi due chi?”

“Greoge..”

“Oh e va bene, va bene!” si arrese sventolando entrambe le mani in segno di resa, “però giurami che non ci intralcerai. Per nessun motivo. Nemmeno se ti sembrasse la cosa più stupida del mondo.”

“Perchè ho la sensazione ce mi sembrerà esattamente tale?”

George la guardò serio e lei lo fissò per un paio di minuti come per provare a leggere nei suoi occhi quello che le avrebbe detto. Cosa avevano in mente e soprattutto se fosse pronta a lasciarli fare, pronta a promettere. Ma aveva scelta?

“Ok. Spara.”
 

                                                                          ***


“Hey Herm!”

“Umh?”

Hermione alzò il capo distogliendo lo sguardo dalla mattonella che stava intensamente fissando da almeno una decina di minuti.

“Deve avere qualcosa di veramente interessante.” Harry indicò la lastra di pietra scura facendosi scivolare sul gradino accanto a lei.

“Si, molto interessante.” rispose sarcastica tornando a guardarla.

“Cosa c’è Herm?”.

“Cosa c’è, cosa?”.

“Non fare l’idiota, è una cosa che non ti è mai riuscita”.

“Ma io non sto cercando di fare l’idiota”.

“Lo stai facendo di nuovo”.

“Oh Harry, cosa vuoi che ti dica!”

“Voglio che tu mi dica che sei innamorata di Fred”.

Hermione sgranò gli occhi e si voltò di scatto trattenendo il respiro.

“Ma cosa diavolo vai blaterando!” strillò, “io? Fred Weasley? Ma sei impazzito o cosa?”

Harry inarcò un sopracciglio con fare saputo.

“Smettila di guardarmi così!”

Il sopracciglio si arcuò ancor di più.

“Harry, stai prendendo un granchio!”

Silenzio.

“Oh al diavolo!”

Scattò in piedi e si avviò a passo svelto lungo il corridoio del secondo piano cercando di ignorare il sorriso che si era aperto sul volto di uno dei suoi migliori amici.

Non poteva essere davvero tanto evidente! Harry non poteva essersene accorto, di quel passo gli unici talmente idioti da non capirlo sarebbero stati Tiger, Golye e Ron. Ma tanto non aveva più tutta questa grande importanza. Tra poco sarebbe tutto finito.

Svoltò l’angolo a tutta velocità senza accorgersi di Fred appoggiato al muro fino a che non gli fu accanto.

“OH!” sobbalzò facendo un saltello all’indietro e cercando di nascondere l’imbarazzo.

“Hey” sorrise il ragazzo scostandosi dal muro per pararglisi di fronte, “ti stavo cercando”.

“D-davvero?”

“Volevo scusarmi con te”.

“Oh..” rispose, “e per cosa?” chiese abbassando lo sguardo e poggiandosi al muro.

Non aveva nessun motivo per scusarsi e ne aveva mille allo stesso tempo. Ma questa era l’unica frase che non avrebbe voluto sentore in quel momento. Perchè quella frase sapeva di rimorso, e lo aveva capito.

“Per quello che è successo ieri, per il ballo, per stamattina...per..” si fermò un istante scuotendo la testa, rabbuiandosi in volto.

“Per quello che farai tra due giorni?” chiese lei staccandosi dal muro e guardandolo finalmente in faccia.

“Si, anche per quello.” Non sembrava stupito più di tanto che lei sapesse, forse George l’aveva già avvertito o forse Fred l’aveva semplicemente intuito.

“Fa come vuoi Fred, è una scelta tua e io non c’entro niente. Non devi scusarti con me. Non ne vedo il motivo. Tu hai la tua vita e e tue scelte da portare avanti. Buona fortuna.”

Detto questo riprese a camminare verso il dormitorio.

“Hermione cerca di capire,” le urlò dietro iniziando a seguirla “io non posso più restare qui. Io e George non possiamo.”

“Ti ho già detto che non è affar mio Fred. L’unica cosa che davvero mi fa incazzare è” si voltò di scatto tanto che per poco non gli andò a sbattere contro “che ora capisco che tutto quello che è successo...in questi giorni,tutto! Non vale assolutamente niente; va bene, fai come vuoi!”

Fred rimase pietrificato nella posizione in cui era: un braccio teso verso di lei, la bocca semi aperta e sul volto un’espressione indecifrabile.

“Non è come voglio”.

“Ah ma davvero? E com’è che vorresti Fred?”.

“Non lo so.”

“Perchè vai via?”

“Perchè è inutile restare qui. La mamma, papà, l’ordine. Hanno bisogno di noi e qui  serviamo a poco.”

“Hanno bisogno di te; e io no?”

“Non lo so Hermione”.

“Non sai cosa? Te lo sto dicendo io!”

“Io non posso restare.”

“E io ti ripeto, fai come ti pare, non mi interessa! Tanto è come parlare con un muro. Bene. Arrangiati. Non se un problema mio, e fino a che la tua risposta ad ogni mia domanda sarà - non lo so -, la situazione rimarrà tale. Se niente cambierà..di nuovo problemi tuoi. Amen.”

“Non trattarmi così Hermione.” I suoi occhi erano lucidi e lei non lo aveva mai visto in quel modo. MAI. Ma l’unica cosa da fare era quella. Voleva andarsene? Bene. Che lo facesse, ma lasciandosi tutto alle spalle. Non avrebbe sopportato la sua lontananza, preferiva che gli dicesse che lei non valeva niente, che era un gioco, uno sbaglio. Quello avrebbe potuto superarlo, tutto il resto no.

“E perchè no?”

“Perchè sei importante.”

“Importante in che modo?”

“Tu..in che modo vorresti esserlo per me?”

Lo guardò e per un secondo le sue gambe si fecero di burro. Maledetto Harry, aveva ragione.

Sospirò e fece un paio di passi in avanti.

“Lo sai benissimo.” piantò i suoi occhi in quelli di lui, “Quel modo”.

“Quel modo?” chiese interrogativo senza indietreggiare.

“Si,” fece scivolare la mano sulla sua guancia e gli posò un bacio delicato sull’angolo della bocca, “questo modo.”

“Non posso.” La voce era strozzata.

“Lo so Fred. Addio.”

Con queste parole lo lasciò nel corridoio scomparendo dietro il quadro della Signora Grassa. Fred si poggiò al muro scivolandovi rasente fino a che non si sedette sulla fredda pietra.

Un paio di studenti di Tassorosso gli passarono accanto guardandolo con aria interrogativa, ma lui nemmeno li vide; persino Pix, che  era sopra di lui con il  braccio teso, e una CaccaBomba nella mano si volatilizzò con uno sbuffo e un filo di fumo. Nessuno aveva mai visto Fred Weasley piangere

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Capitolo 8
*** capitolo otto ***


capitolo otto

Il giorno seguente i suoi doveri da Prefetto e gli esami che incombevano, per non parlare dello Snaso che qualcuno aveva introdotto di nuovo nell’ufficio della Umbridge, tennero Hermione costantemente occupata;tanto da non lasciarle né il tempo per lasciare in giro qualche indumento per gli elfi domestici di Hogwarts né per pensare a Fred.

E di questo fu più che lieta.

Aveva deciso di cancellare dalla sua mente ogni pensiero che lo includesse, il che non si era rivelato nemmeno tanto difficile dal momento in cui aveva passato più della metà della giornata a sfogliare il libro di Trasfigurazione.

Quando Harry venne a chiamarla per scendere in Sala Grande per la cena era ancora completamente immersa nella lettura.

Attraversarono silenziosi in quadro della Signora Grassa, e si affacciarono sul grande corridoio.

“Dov’è Ron?” chiese ad Harry mentre insieme lo percorrevano verso la Sala Grande.

L’amico fece spallucce, continuando a camminare, “Non lo vedo da stamattina. Dopo la lezione di Piton mi ha detto che aveva voglia di prendersi un paio d’ore di relax, ed è sparito.” Spiattellò senza curarsi del fatto che ciò che Ron aveva fatto, e che lui aveva appena confessato, avrebbero fatto peggiorare e non di poco, l’umore di Hermione.

“Invece di studiare per gli esami!” ringhiò infatti appena Harry ebbe finito di parlare; “Ha passato tutta la settimana ad assillarmi, come se non fossi già occupata di mio, sul fatto che la madre l’avrebbe ucciso se non avesse superato gli esami.” strillò sventolando freneticamente le mani avanti a se.
“Ha farfugliato ore ed ore su torture e impiccagioni e,” socchiuse gli occhi nello sforzo di ricordare, “di un qualcosa a che vedere con un gomitolo di lana color prugna.” disse mentre Harry non riuscì a trattenere una risata.

Ron era convinto che la Signora Weasley avrebbe rivendicato la sua testa se non avesse superato gli esami e affermava con sicurezza che lo avrebbe impiccato usando la lana necessaria per i soliti maglioni natalizi che tutti i Weasley, e da un paio di anni anche Harry e Hermione, ricevevano.

“E ha il barbaro coraggio di prendersi un paio d’ore di relax?” concluse sapendo che da poche ore, il tempo che Ron aveva dedicato alla sua salute psicologica si erano trasformate in qualcosina in più.

“E’ Ron, Hermione” dichiarò Harry come se questo bastasse a giustificarne le azioni, “sai che non riuscirebbe mai a reggere una giornata intera di studio;come sai anche che supererà i G.U.F.O” assenti; “E’ Ron!”.

“E’ uno stupido Weasley!” gridò più nervosa del dovuto accellerando il passo e scomparendo dietro al grande porta di legno, lasciando Harry sulla soglia a guardarla stranito.

  ***
Perfetto.

Aveva passato una giornata intera ad evitare di aprire il discorso Weasley; a tentare di non pensare all’unica cosa che avrebbe potuto distoglierla da tutto il resto, e proprio quando pensava di esserci riuscita, eccolo lì!

Il pensiero che aveva rinnegato le si era infilato nel cervello come un tarlo in un pacco di pasta lasciato aperto nella credenza;e ora non riusciva a mandarlo via.
 
Saltò deliberatamente la cena e ritornò nella Sala Comune dei Grifondoro, dove ignorò bellamente le domande di Padma sul terzo capitolo di Incantesimi e una volta messa a letto fece finta di dormire per evitare le chiacchiere notturne delle sue compagne di stanza.

Cercò di pensare a qualcos’altro, ma non ci fu verso;fu impossibile anche dormire.

***




La mattina degli esami era calda e limpida.
La luce che filtrava dalle finestre del castello era intensa e accogliente.

Un ragno si inerpicava indisturbato sulla parete di pietra.
Un moscerino finiva impigliato nella tela appena sopra la finestra.

Harry, Ron e Hermione si sentivano esattamente come quel moscerino mentre percorrevano il lungo corridoio che li avrebbe portati nella Sala Grande con solo il rumore dei loro passi a rompere il silenzio.

Nessuno aveva una gran voglia di parlare.

Harry si voltava ad osservare ogni quadro beccandosi occhiate malevole dalla maggior parte degli abitanti delle cornici dorate che, da quando la Umbridge aveva preso pieno potere ad Hohwarts, esano sempre più scontrosi; Ron teneva lo sguardo fisso di fronte a se con gli occhi spenti e la bocca semi aperta, mentre Hermione ripeteva febbrilmente a mente ogni incantesimo le passasse per la testa.

La Sala Grande era gremita come ogni mattina.

I ragazzi del quinto e del settimo anno se ne stavano tutti seduti ai tavoli delle rispettive case in una condizione non molto diversa da quella di Ron che, appena giunto alla tavola dei Grifondoro, di accasciò pesantemente su una delle panche poggiando i gomiti sul legno scuro e affondando la testa tra le mani sudate.

“Non ce la farò mai” farfugliò, “non supererò gli esami” continuò con gli occhi colmi di lacrime.

Hermione sbuffò pesantemente sedendosi sulla panca di fronte quella di Ron che, dal giorno prima, non aveva più smesso di piagnucolare.

“Anzi peggio!” deglutì, “la mamma mi ucciderà..oh se lo farà! Mi spellerà vivo e pianterà un’asta con la mia testa fuori la Tana”.

Hermione e Herry lo fissarono per qualche secondo, poi decisero di ignorarlo.

“Mi ucciderà!” e irruppe in un pianto disperato che fece sobbalzare Calì che gli era seduta di fianco.

“Ronald finiscila”, lo bacchettò finalmente Hermione servendosi della brodaglia dal colore dubbio.

“No Hermione, tu non conosci...lei” bisbigliò con voce terrifica sporgendosi di una ventina di centimetri verso di lei restando con il mento rasente al tavolo.

“Zitto e mangia” rincarò mentre l’amico di portava le mani al collo, “se davvero sei così preoccupato come dieci, ieri avresti passato la giornata a studiare come me e come Harry!”.

Il ragazzo tossì mandandosi di traverso un pò di succo di zucca;in realtà aveva passato quasi l’intera giornata con Ginny, ma questo Hermione non avrebbe mai dovuto saperlo.
Ron intanto sembrava non aver minimamente accusato le parole dell’amica.

“Sai cosa farà?” continuò ignorando il sopracciglio di Hermione che aveva pericolosamente quasi raggiunto la sommità della fronte, “mi impiccherà. E lo farà con tutta la lana che le sarebbe servita per il maglione di Natale.”

Sgranò gli occhi figurandosi mentalmente la scena ed Harry soffocò una risata.

“Morirò contorcendomi in un gomitolo color prugna” affermò stringendo la presa sul proprio collo diventando paonazzo.

“E’ buona” esordì poi Harry tentando invano di sviare il discorso, indicando la zuppa che aveva davanti e che Hermione stava rigirando con il cucchiaio da un pò troppo tempo.

“Il mio ultimo pasto!” sussurrò Ron contemplando il liquido giallognolo.

Hermione gli avrebbe tirato volentieri una sberla e di sicuro l’avrebbe fatto se un rumore di piatti e posate rotte non l’avesse fatta bloccare con la mano a mezz’aria e la bocca semi aperta pronta per urlar qualcosa: Ernie Mcmillan era svenuto andando a finire con la faccia dritta nella zuppa che aveva davanti scivolando poi a terra tirandosi dietro piatto, cucchiaio e anche Seamus Finnigan.

“Ragazzi su!”

“In fondo è..”

“..solo uno stupido esame, prendetelo con..”

“..più filosofia Weasley! Giusto Fred?”

“Ben detto George!”

I gemelli passarono accanto a Ernie, ancora privo di sensi e a pancia in giù guardandolo come se fosse la cosa più buffa del mondo mentre Madama Chips accorreva per portare il ragazzo in infermeria.

“Oh no” pregò Ron sottovoce tentando di nascondersi dietro la ciotola mentre i gemelli avanzavano, “loro no”.

Inutile.

“Ronalduccio-uccio-uccio!”

“Perfetto!” sbraitò rassegnato ingoiando una fatta di pane tostato e marmellata senza neanche masticare.

“Pronto per..”

“..il grande giorno?”

“Smammate piattole!”

“Oooh, non trattarci così tesoruccio...” iniziò George, somigliando in maniera impressionante alla Signora Weasley, sedendosi accanto a Hermione.

“...siamo i tuoi fratelloni preferiti no?” continuò Fred accomodandosi accanto a Ron arrufandogli i capelli mente questi ingurgitava altro pane.

“..e abbiamo il pesante onere di..”

“..assicurarci che tu sia pronto per gli esami...”, si guardarono per una frazione di secondo.

“...per la fuga, si intende...” incalzò Fred come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“...se non superi l’esame la mamma ti ucciderà...” assentì George fingendo preoccupazione.

“Ma non preoccuparti,” dichiarò Fred, “ti ricorderemo per sempre Ron.” Detto questo entrambi si fecero il segno della croce.

“Smettetela!” sbraitò Hermione sbattendo il cucchiaio sul tavolo,”Ron supererà brillantemente gli esami, capitolo chiuso”.

“Penso sia più probabile che la McGrannit irrompa nella Sala Grande...”

“..con un gonnellino hawaiano...”

“...ballando la hula...”

“...e distribuendo corone di fiori ai Serpeverde”.

I gemelli si diedero al di sopra del tavolo il cinque mentre Hermione li guardava malevola, il cuore batteva a mille, e Ron vomitava dietro la panca di legno massiccio.


***

Dopo il primo esame teorico gli studenti del quinto anno pranzarono con tutti gli altri attendendo di essere chiamati per affrontare la prova pratica che si sarebbe tenuta quel pomeriggio.

“Ma dai Hermione è solo un errore!” la rassicurò per la quinta volta Ron mentre si avviavano verso la Sala Grande.

“Non è solo un errore Ronald” ripose facendogli il verso, “potrebbe essere l’errore decisivo, quello che decide la promozione o la bocciatura. E non penso che potrei continuare a vivere sapendo di essere stata bocciata ai G.U.F.O per aver confuso ehwaz con eihwaz. E’ un errore da dilettanti!”

“Che orribile tragedia.” Ironizzò Ron beccandosi il libro di Trasfigurazione dritto in fronte.

“Haia!” gridò massaggiandosi la parte lesa con aria imbronciata mentre Hermione, che aveva già perso l’attenzione per lui, consultava una delle mappe celesti socchiudendo ogni tanto gli occhi nello sforzo di ricordare qualche nozione.

“E’ matta” sospirò Ron senza rivolgersi a nessuno in particolare, “è tutta matta”; detto questo si sedette accanto a Neville che tentava invano di far diventare giallo Oscar, il suo rospo.

Hermione stava completando la costellazione di Orione quando una mano le si posò delicatamente sulla spalla sinistra. Voltarsi sarebbe stato inutile, avrebbe riconosciuto quelle mani e quel profumo ovunque.

“Cosa vuoi Weasley?”

“Una volta mi chiamavi per nome, e senza nemmeno confondermi con George”, Fred le scivolò di fianco accomodandosi accanto a lei sulla panca scura.

“Ripeto la domanda” la voce forse un pò troppo fredda del necessario, “cosa vuoi..Weasley?” ripetè mentre Fred si rabbuiava.

Era così strano non vederlo felice.

“Devo parlarti”.

“Di nuovo?” chiese senza alzare gli occhi dalla mappa celeste che aveva in grembo.

“Non lo faccio più”.

“Cosa?” domandò, “gettare Snasi nell’ufficio della Umbridge?”

“No, l’altra cosa”.

Hermione fece saettare il suo sguardo sul suo viso serio e per un secondo i loro occhi si incontrarono;tornò a fissare Orione.

“Perchè?” il cuore batteva all’impazzata;era sicura che se non ci fosse stato quel chiacchiericcio incessante tutti avrebbero potuto sentirlo andare un pò troppo veloce.

“Perchè non è quello che voglio”.

“Questa frase l’ho già sentita”.

Fred inspirò a fondo, più di una volta, portò i gomiti sul tavolo e incrociò le dita delle mani premendosele forte sulla fronte liscia;lei spostò impercettibilmente lo sguardo su di lui scrutandolo attentamente mentre non la guardava: se non l’avesse conosciuto avrebbe detto che stava per scoppiare.

“Smettila di fissarmi.” Soffiò senza voltarsi.

“Come vuoi”.

“Resto perchè penso che..” si morse la lingua e si umettò le labbra incapace di continuare, “oh, lascia perdere!” si alzò di scatto e percorse tutta la sala a grandi falcate sparendo dietro le scale.

Hermione scattò in piedi facendo cadere tutti i libri che aveva sulle gambe, indecisa sul da farsi.

Doveva corrergli dietro? Dopotutto aveva deciso di restare.
O doveva starsene li, impalata, aspettando che lui ci ripensasse e andasse via?

Il panico la invase,poi una faccia amica le sorrise.

“Vai Hermione, fai la cosa giusta”.

Annuì e gli corse dietro perdendo l’elastico che aveva tra i capelli;Harry, ancora sorridendo   la guardò allontanarsi e scomparire dietro l’angolo.












*Eccomi qui! Questa volta non in ritardo bensì in anticipo! ^^
 Capitolo più corposo del precedente, spero vi piaccia; in questo ultimo periodo ero un pò a corto di idee, ma sto cercando di recuperare.
Volevo ringraziarvi di cuore, davvero, grazie mille per aver continuato a seguire la fic anche se avevo fatto perdere le mie tracce. Mi commuovete. Spero di postare il prossimo capitolo altrettanto velocemente. Grazie a tutte voi.


Vostra, Fé!*





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Capitolo 9
*** nove ***


capitolo nove.

“Maledetto d’un Weasley!” ringhiò Hermione al corridoio vuoto mentre lo percorreva per la decima volta nel giro di un quarto d’ora.
Quella sera avrebbe dovuto sostenere l’esame di Astronomia e doveva ancora finire di ripetere tutte le mappe celesti prima di salire nella torre più alta di Hogwarts.

“Ma dove diavolo si è cacciato!” bofonchiò irritata battendo un pugno contro il muro di pietra facendosi male la mano.

Poteva essersi cacciato dappertutto!

Gli unici posti dove non aveva ancora controllato erano la biblioteca e il piano proibito e in uno sarebbe stato davvero inutile cercare;sospirò rumorosamente e si incamminò, rassegnata verso il terzo piano quando un fracasso infernale la fece bloccare.

“Sono qui” disse poco dopo una voce calda alle sue spalle, ma lei non si voltò.

“Mi stavi cercando?”

“Oh..si” bisbigliò improvvisamente imbarazzata, “ti cercavo”, continuò ringraziando il celo che lui non potesse vedere il rossore farsi strada sulle sue guance.

Porca Morgana!
 
Aveva seguito Fred senza avere la benchè minima idea di cosa dirgli.

Resta con me?

Non andare?

In quel momento avrebbe potuto dire di tutto e non avrebbe fatto alcuna differenza.
Chiuse gli occhi serrando forte le palpebre pregando che Pix apparisse improvvisamente armato di Caccabombe per toglierla da quella situazione spinosa;ma nessun Poltergaist accorse in suo aiuto, e quando riaprì gli occhi, si ritrovò nello stesso corridoio polveroso, con Fred qualche metro da lei e assolutamente niente da dire.

I minuti scorrevano inesorabili, respirò un paio di volte con al testa che vorticava freneticamente alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa.

***

Fred corse via dalla Sala Grande lasciando Hermione ancora china sulle sue maledette mappe astronomiche, celesti, o come cavolo si chiamavano.

Furioso, triste, rassegnato? Non avrebbe saputo dirlo neanche lui.
Le aveva detto che sarebbe rimasto li, con lei e per lei; stava rinunciando al suo dovere, per lei.
La sua famiglia, i suoi amici, la popolazione magica, tutti, avrebbero avuto bisogno di lui fuori da quella prigione di pietra e, oramai, pizzo e merletto ma lui;lui aveva deciso di restare. Di lasciare solo anche suo fratello George per cosa?

Stava ponendo la stessa domanda a se stesso da una buona decina di minuti steso a pancia in su sul grande tavolo di legno che occupava quasi tutta la stanza invasa dalle ragnatele e dalla sporcizia di Mrs Pussy, quando la sentì.

Non poteva non essere lei. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.

Hermione.

Si catapultò fuori dalla stanza andando a sbattere in una pila si secchi vecchi e ingialliti facendo un rumore infernale; poi la vide, di spalle, e fece un passo in avanti.

“Sono qui”.

Lei non si mosse;restò li, con il mantello nero immobile nemmeno fosse fissato in quella posizione da un incantesimo pietrificante e il piede destro più avanti di quello sinistro.
Ma non si girò.

“Mi stavi cercando?” continuò incerto sul fa farsi.

“Oh..si” rispose in un soffio, “ti cercavo” concluse ancora tutto d’un fiato;nemmeno ora si voltò a guardarlo, il che lo stava uccidendo.

Per le mutande di Merlino Hermione!

Si ritrovò a serrare i pugni tanto da farsi male mentre agognava una risposta, una qualsiasi! Gli sarebbe bastato un nulla, nulla che non arrivava.
Nello stesso momento in cui stava per girare i tacchi e andare via, per sempre, Hermione si voltò: gli occhi lucidi e il labbro inferiore tremante.

Com’era bella.

Fece un tre passi verso di lui, tremendamente lenta; li contò, restando stavolta lui immobile con il cuore che batteva a mille quasi volesse schizzar via dal petto e mettersi ad urlare come la Strillettera che Ron aveva ricevuto qualche anno prima dalla signora Weasley.

Hermione prese un respiro profondissimo e poi:

“Trentatrètrentiniandaronoatrentotuttietrentatrètrotterellando!” sputò tutto d’un fiato.

Fred inarcò un sopracciglio e incrociò le braccia al petto interrogativo, “Trentatrè cosa?” chiese prima di aprirsi in un sorriso sincero e bellissimo.


***

“Trentini” rispose Hemrione alquanto imbarazzata portandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio destro mentre si torturava il labbro inferiore con il canino sinistro.

Ma cosa diavolo le era preso? Per il calderone ammuffito di Merlino cosa le era saltato in mente? Avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, qualsiasi! Invece di tirar fuori quello stupido scioglilingua babbano. Fatto stava che, mentre lei era intenta a darsi sberle immaginarie, Fred sorrideva.
Sorrideva sinceramente, come non lo vedeva fare da molto tempo e le si strinse il cuore.

Le si avvicinò più velocemente di quanto avrebbe desiderato perchè non sapeva che effetto avrebbe potuto procurarle quella pericolosissima vicinanza; lui le prese la mani, stringendole forte tra le sue mentre non riusciva a staccare gli occhi dai suoi.

“Resta qui, stupido di un Weasley!” disse con finta seccatura liberando una mano dalle sue e dandogli una manata sulla spalla.

“Per te brutto topo da biblioteca!” e annullò la distanza tra le loro bocche che si bramavano oramai da giorni interminabili.


*Fè:* ragazze, ho una domanda per voi. vorrei pubblicare una FF su ink exchange di Melissa Marr ma la categoria non c'è.. come faccio? baci <3

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Capitolo 10
*** dieci ***


capitolo dieci.


La notte era calma e serena; nemmeno una nuvola indugiava nel cielo di Hogwarts lasciando le stele libere di brillare con una lucentezza che Hermione giurò di non aver mai visto prima mentre, lentamente, si incamminava verso al Torre di Astronomia.
Erano le undici in punto quando raggiunse Ron e Harry che avevano già preso posto lungo il parapetto e puntavano i propri telescopi verso la frizzante notte estiva.

“Dove diavolo eri finita Hermione!” chiese burbero Ron srotolando la pergamena mentre Harry estraeva piuma e inchiostro.

“Da nessuna parte” rispose con un’aria sognante che ricordava terribilmente Luna;ma i due, troppo agitati per la prova imminente, non ci fecero molto caso e non aggiunsero altro mentre il professor Tofty e la professoressa Marchbanks davano il via allo scorrere del tempo.

Erano trascorsi si e no una quarantina di minuti quando qualcosa distrasse Harry dalla posizione di Venere e di Orione;si sporse un pò di più dal parapetto scrutando il prato illuminato dalla luce lunare.

Nulla.

Tutto era calmo e silenzioso come avrebbe dovuto essere.
Si stropicciò forte gli occhi tanto che mille frammenti argentati esplosero dietro le palpebre serrate e si disse che dopo gli esami si sarebbe concesso una lunga e rigenerante dormita quando, facendo vagare per l’ultima volta lo sguardo sul prato, li vide.

Cinque sagome scure si affrettavano verso un punto ancora indistinto del grande prato;Harry ridusse gli occhi a due fessure per riuscire a distinguere i cinque maghi che si dirigevano velocemente in direzione della capanna di Hagrid.

L’andatura goffa, la statura e la sagoma inconfondibile di un fiocco tradirono l’identità della Umbridge.

Il professor Tofty tossicchiò e Harry rammentò di trovarsi nel bel mezzo di un esame; così riportò la sua attenzione alla posizione di Venere  ma, quando si chinò per trascriverla, un boato assordante proveniente dal prato lo riscosse nuovamente.

La porta della capanna di Hagrid era spalancata e il guardiacaccia stava agitando i pugni in aria imprecando in malo modo contro la Umbridge che, divertita, se ne stava sulla soglia mentre gli altri maghi tentavano invano di schiantare il gigante.

Nessuno oramai badava più alle stelle o ai pianeti: Hermione aveva le mani sul viso e osservava la scena sconvolta; Ron aveva la bocca spalancata e ancora la piuma in mano; Lavanda e Padma si stringevano le mani l’una con l’altra mentre Ernie e Calì avevano estratto le bacchette.

“Ragazzi!” li richiamò la professoressa Marchbanks, “mancano quindici minuti alla fine della prova!” ma nessuno l’ascoltava.

Ad un tratto il massiccio portone di legno si spalancò ed una sesta figura affollò il prato di Hogwarts; irriconoscibile fino a che la luna non la illuminò per intero.

Hermione trasse un sospiro di sollievo.

“Laciatelo!” gridò la McGranitt adirata, “come osate; come osi!” si rivolse alla Umbridge per poi continuare, “non avete il diritto di fare ciò! Cosa vi ha fatto?” sbraitò ancora avvicinandosi sempre più alla capanna di Hagrid.

“Vi ordino immediatamente di..”

Calì, Padma ed Hermione lanciarono un urlo soffocato quando il corpo della professoressa si afflosciava sull’erba umida investito da tre schiantesimi in pieno petto.

“Per tutti i calderoni ammuffiti!” squittì il professor Tofty estraendo la bacchetta. Ma tutti sapevano che non avrebbe fatto niente, non avrebbe potuto.

La Torre di Astronomia attendeva silenziosa, trattenendo il respiro fino a che un latrato non squarciò di nuovo il silenzio della notte.

“NO! THOR!” Ron si sporse così tanto che Harry dovette afferrarlo per il colletto per evitare che perdesse l’equilibrio e finisse di sotto;Hagrid nel frattempo stava lottando come meglio poteva appioppando sberle e pugni mandando a gambe all’aria tre dei suoi aggressori dopodichè, prese il corpo inerme di Thor caricandoselo sulle spalle e cominciò a correre verso al Foresta Proibita.

Un ultimo schiantesimo gli sfiorò quasi la spalla poi, nulla più si mosse.

Nella stanza calò un silenzio pesante che durò per quella che parve una vita intera, poi, il professor Tofty si schiarì la gola: “Mancano cinque minuti, ragazzi” e portandosi una mano alla fronte vizza si abbandonò su una sedia libera, “Sbrigatevi.”



***

“Ma come ha potuto!” Ron precedeva Harry ed Hermione nel corridoio che li avrebbe condotti nella Sala Comune. “Quel vecchio rospo obeso e rugoso!” sbraitò facendo voltare Lavanda ed Ernie McMillan che camminavano a passo svelto avanti a loro.

“Perchè Hagrid?” chiese Lavanda affiancandosi a Hemrione mentre varcavano la soglia del ritratto.
“E’ un semiumano, mezzo gigante. La Umbridge lo ha odiato dal primo istante e poi penso che sospettasse di Hagrid per la faccenda degli Snasi.”

“Ma lo avrebbe buttato fuori comunque.” Concluse Harry sprofondando in una poltrona;

“Pensate stia raggiungendo Silente?”

“Sicuramente” affermò vigorosamente Hermione sicura di quel che diceva, “spero solo che la McGranitt stia bene.”

“Starà bene” rispose Lavanda, “l’abbiamo vista mentre la portavano in infermeria, ha avuto un brutto colpo, ma si riprenderà.”

“Lo spero per la Umbridge.” tuonò George entrando nella Sala Comune seguito a ruota da Fred.

“Quella vecchia..”

“..strega rattappita e boriosa..”

“..la pagherà.”

Hermione alzò lo sguardo a cercare quello di Fred, ma il ragazzo lo teneva fisso sulla punta delle sue scarpe mentre serrava i pugni talmente forte che le nocche sembravano nudo osso;e lei capì.

In quell’istante lei seppe cosa sarebbe accaduto dopo. Si morse il labbro, ricacciò le lacrime all’interno e gli si avvicinò.

“Fa ciò che devi.”

Gli sfiorò le labbra con un bacio mentre nessuno guardava e dopo aver dato la buonanotte ri ritirò nel dormitorio.







Eccomi qua! Savle a tutti, spero di non avervi fatto aspettare troppo.
Allora, ripeto ancora una volta che gli eventi - cronologicamente parlando - della storia non coincidono né a quelli del libro né tanto meno a quelli del film. Infatti Fred e George lasciano la scuola prima che Hermione affronti l’esame di astronomia. Di conseguenza c’è uno slittamento di tutti gli eventi successivi. So che può essere scocciante dover leggere una storia che non rispetta i tempi di quella originale, chiedo scusa, ma questo è il mio modo di scrivere. Detto questo ringrazio tutti per le recensioni, siete davvero fantastici.
Spero che il capitolo vi piaccia!
alla prossima
<3

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Capitolo 11
*** undici ***



Quella mattina Hermione si alzò di buon’ora sebbene non avesse quasi chiuso occhio per tutta la notte.

Il sole splendeva alto nel cielo di Hogwarts ed una leggera brezza carezzava le cime verdi degli alberi della foresta proibita;i pini ondeggiavano tranquilli come cullati da una dolce musica e il vento disegnava delle strane increspature sulla superficie del Lago Nero.

“Hermione” una voce la riscosse dai suoi pensieri costringendola ad allontanarsi dalla finestra socchiusa, “tutto ok?” chiese Padma scendendo dal letto ed infilando le pantofole.

“Certo” rispose senza troppa convinzione indossando al divisa con gesti veloci e meccanici.

Quella notte era stata davvero infinita.

Da quando aveva lasciato la Sala Comune la sera precedente un caos assordante aveva invaso la sua testa.

Era in pensiero per Hagrid, preoccupata per la professoressa McGranitt e, soprattutto, era triste. Dopo gli avvenimenti della sera prima Fred aveva deciso di partire; glielo aveva letto negli occhi appena li aveva incrociati, l’aveva sentito, percepito e anche se lui non gliel’aveva detto direttamente, era certa di ciò che sentiva.

Ci aveva pensato tutta la notte, dandosi della stupida e dell’egoista.
La scelta di Fred era giusta fin dall’inizio, ed andava accettata come tale.

Hermione non aveva mai avuto qualcosa di realmente suo in tutta la sua vita, niente.
Ed ora che aveva trovato qualcosa che forse avrebbe potuto diventarlo voleva starci talmente attaccata che aveva sacrificato il bene degli altri, di Fred, delle persone a cui voleva bene, per il suo.

Cosa era diventata?

Ma ora aveva capito. Doveva lasciare che Fred prendesse il posto che aveva scelto in quel barbaro mondo che andava a rotoli e lei, doveva prendere il suo; accanto a lui, per sempre.

Sorrise.

“Herm” continuò la ragazza avvicinandosi e togliendole la tunica nera dalle mani facendola voltare, “io sono tua amica. A me puoi dire tutto sai?” le sorrise in un modo così dolce e sincero che ad Hermione le si sciolse il cuore.

Aveva sempre pensato che Padma fosse una ragazza d’oro e in quegli anni, essendo anche sempre state compagne di stanza, aveva imparato ad apprezzarla e a volerle bene;ma nonostante ciò non si era mai aperta completamente con lei. Non le aveva mai confessato segreti o chiesto consigli ma se mai un giorno ne avesse avuto bisogno, si era sempre detta, sarebbe corsa da lei.

Padma la fissò per qualche secondo con le lunghe ciglia nere come la pece perfettamente curve ad incorniciare il suo sguardo profondo, poi, chiuse le mani sulle sue e la fece sedere sul letto ancora sfatto;incrociò le gambe e attese.

Era il momento, ed Hermione lo sapeva bene.
Finalmente, era arrivato il suo turno.
Mai si era aperta completamente con qualcuno.
Certo aveva Harry e Ron che erano i suoi migliori amici e con cui avrebbe potuto sempre e comunque parlare di qualsiasi cosa;e sapeva anche che sarebbero stati ben lieti di ascoltarla ma erano sempre così presi dai loro problemi, dalle loro storie, che Hermione non aveva mai avuto il coraggio di scaricare anche i suoi macigni sulle loro spalle.

Né loro le avevano mai chiesto di farlo; non l’avevano mai guardata come stava facendo Padma in quel momento.

Su Hermione, ce la puoi fare. Io sono qui.

Le parve di cogliere quelle parole nel suo sguardo ed infatti, dopo pochi minuti di silenzio, si portò una ciocca ribelle dietro l’orecchio, si umettò le labbra e sorrise.

“Mi sono innamorata.”

Padma le regalò uno dei sorrisi più belli che avesse mai visto e le si buttò al collo avvolgendola in un abbraccio.

“Finalmente lo hai ammesso Herm!” trillò con la sua voce acuta portandosi le mani al viso ed affondandovici felice, “ci chiedevamo tutti quando diamine vi sareste decisi a confessarlo a voi stessi!”

“Voi cosa?” chiese sgranando gli occhi e accomodandosi meglio sul suo letto, “chi? Cioè..che?”

“Tu e Fred!” snocciolò come se fosse la cosa più palese del mondo, “si vedeva lontano un miglio che sbavavate l’uno dietro l’altra!” concluse senza abbandonare quel sorriso che oramai sembrava andarle da un orecchio all’altro.

“Già dal Ballo del Ceppo.”

“Il Ballo del Ceppo?” chiese incredula Hermione.

“Certo, il Ballo del Ceppo!”

Se sento di nuovo la parola ‘Ballo cel Ceppo’ vomito pensò Hermione.

“Ma, Padma” la contraddisse alzando un sopracciglio, “in quell’occasione il mio accompagnatore era Krum! Anzi” continuò decisa, “penso di non aver nemmeno intravisto Fred quella sera!”

“E’ ovvio” rispose la ragazza schioccando la lingua, “non appena ti ha vista Fred ha mollato li Angelina ed è letteralmente scomparso. Nessuno l’ha visto per tutto il resto della serata ed Angelina era a dir poso furiosa!”

“Oh,n-non lo sapevo” riuscì a dire mentre il colorito pallido lasciava il porto ad un lieve rossore, “in ogni caso, e-era tanto evidente? Voglio dire..” si coprì la faccia con il cuscino mentre non riusciva a trattenete il sorriso.

“Abbastanza mia cara, ce ne siamo accorti tutti subito!”

“Benissimo” ironizzò Hermione diventando paonazza.

“Su, smettila!” la rimbeccò Padma, “e poi non lo sai che le ragazze innamorate sono molto più belle?” continuò scompigliandole i capelli con un gesto affettuoso.

“Allora” le chiese ancora, “passerai le vacanze da lui?”

“Penso di si” rispose dubbiosa postandosi l’indice alle labbra evitando accuratamente di fare anche il benché minimo accenno all’imminente fuga dei gemelli Weasley: Fred avrebbe voluto che tenesse quel segreto per se fino al momento della partenza e lei, dal canto suo, voleva che la loro grande uscita di scena fosse come l’avevano sempre desiderata.

E poi, ora che ci pensava, non sapeva né riusciva proprio ad immaginare cosa quei due avessero potuto combinare.

“E’ una cosa fantastica Hermione, sono davvero felice per te” Padma si alzò dal letto e cominciò a vestirsi, “te lo meriti, davvero.”

“Ti voglio bene zuccona.”

“Anche io Herm.”



***




A colazione tutti i ragazzi presenti nella Sala Grande non facevano altro che parlare di ciò che era accaduto la sera prima nonostante né la Umbridge, né altri professori avessero minimamente accennato ai fatti.

“La McGranitt?”

“Oh Merlino, salvaci.”

“Al San Mungo? Quando?”

“Tre schiantesimi in pieno petto, non è più una ragazzina”

“E’ stata fortunata a non lasciarci la bacchetta!”

Hermione passò tra gli studenti in evidente agitazione prestando attenzione alle frasi che volavano intorno a lei.

La McGranitt al San Mungo pensò frustrata, siamo messi proprio bene!

Raggiunse il tavolo dei Grifondoro e, senza dire una parola, si accomodò pesantemente sulla lunga panca di legno esattamene tra Harry e Ron; si riempì il calice con del succo di zucca e prese a sfogliare la Gazzetta del Profeta che il solito gufo le aveva appena poggiato accanto.

“Hermione..” tentò Harry.

“Sssh!”

“Herm..”

“Sssh!”

“Ma..”

“La vuoi piantare?” sbraitò posando il bicchiere sul tavolo, “sto cercando leggere il giornale. Sono curiosa di vedere come il Ministero insabbierà questa storia. Magari diranno che un Troll di montagna si è materializzato all’improvviso ad Hogwarts, abbia rubato la bacchetta alla professoressa e l’abbia schiantata!” ironizzò spalmando del burro su un toast.

“Ma Hermione, i Troll non possono usare la magia” cominciò Ron ingoiando un pezzo enorme di pane e marmellata, “e non possono nemmeno materializzarsi!”

“Ron” sospirò la ragazza portandosi le mani alle tempie e massaggiandole con foga, “era appunto per l’impossibilità della cosa che l’ho usata come esempio.”

“Eh?” chiese il rosso al cui espressione vacua ricordava terribilmente ad Hermione quella di, appunto, un Troll.

“Oh, lascia perdere!” gridò infastidita, “è inutile parlare con voi Weasley. Avete il cervello talmente rinsecchito che non riesco a capire come faccia a non scivolarvi dall’orecchio mentre dormite!”

“Non generalizzare Hermione..”

“..non tutti i Weasley sono..”

“..idioti..”

“..e brutti..”

“..come Ronald” la canzonarono in coro i gemelli.

“Ooh, morite voi due!” bofonchiò Ron agguantando un’altra fetta di pane, sentendosi terribilmente stupido.

“Ad ogni modo” cominciò Fred scostando in malo modo suo fratello per sedersi accanto a Hermione, mentre George si accomodava accanto a Harry, “non troverai assolutamente niente su quello stupido pezzo di carta” concluse indicando la Gazzetta.

“Nemmeno una riga..”

“..niente di niente!” terminò George furioso versandosi del succo.
“Ma, non è possibile” li contraddisse Hermione riprendendo a sfogliare il giornale come una forsennata, “non possono sorvolare su una cosa del genere. L’abbiamo visto tutti!”

“E’ la dittatura Granger” snocciolò George ingurgitando una quantità davvero improbabile di latte e cereali, “non una parola.”

Hermione restò per qualche secondo a fissarlo con gli occhi spalancati e la bocca semi-aperta. Quello era davvero il colmo.

“Quella..quella..quella brutta..”

“Hermione, calmati” fece Harry notando la rabbia che montava nell’amica, “è inutile arrabbiarsi, finirai soltanto per prendertela con me e Ron!” supplicò con una vocina piccola piccola.

La ragazza sbuffò sonoramente poggiando la testa sulla spalla di Fred che sorrise carezzandole una guancia. Harry aveva ragione, non aveva senso.
Dopotutto poi, come faceva ad essere arrabbiata quando aveva accanto il ragazzo più bello della scuola che le accarezzava i capelli?

Sorrise sognante abbandonandosi completamente e quei tocchi leggeri, dolci, delicati; avrebbe potuto restare tutta la vita in quel modo.

“HERMIONE!” gridò Ron facendola sobbalzare e mandando Fred a gambe all’aria giù dalla panca.

“Ronald Weasley, brutto cervello di caccola di Snaso!” imprecò porgendo la mano a Fred che si alzò massaggiandosi il fondoschiena.

“Non devi toccare Fred!” continuò il suo migliore amico con una serietà inaudita, “potrebbe essere infetto” concluse sputacchiando pezzetti di pane dappertutto.

Hermione lo guardò stralunata mentre Geroge e Harry non riuscivano a trattenere le risa.

“Ron, caro” sorrise malignamente Fred mentre Ron scattava in piedi arretrando, “meglio che cominci a correre, spero ti piaccia il budino stamattina” continuò appropinquandosi al fratello che, nell’aggirare una sedia era andato a sbattere contro Luna versandole tutto il succo di zucca sulla camicetta a fiori.

“Perchè, Fred?” deglutì sonoramente.

“Perchè ho intenzione di ficcartela tutta nelle orecchie brutto cervello di paramecio!”

“Cos’è un paramecio?”

“Rooooooooon!” urlò mentre cominciava a rincorrerlo per tutta la Sala Grande fino a che le loro voci non sparirono nei corridoi.

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