You are my sunshine

di Kagome_86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo (POV Jacob) ***
Capitolo 2: *** 1. Ma quando è diventata così... STREGA? (POV Jacob/Renesmee) ***
Capitolo 3: *** 2. Pessimi risvegli... solo per alcuni! (POV Jacob/Renesmee) ***
Capitolo 4: *** 3. Ma perché mi devono sempre mandare di traverso il cibo? (POV Jacob/Renesmee) ***
Capitolo 5: *** 4. Secondo te ti lascio campo libero? (POV Jacob/Renesmee) ***
Capitolo 6: *** 5. Siamo di nuovo nei guai (POV Edward) ***
Capitolo 7: *** 6. Amicizia (POV Bella) ***
Capitolo 8: *** 7. Giuro che se non torna lo strangolo! (POV Renesmee) ***
Capitolo 9: *** 8. Se mi ci metto sono più testarda di voi! (POV Renesmee) ***
Capitolo 10: *** 9. Chi sono? Dove mi trovo? E soprattutto... che cos'è questa puzza tremenda? (POV Jacob) ***
Capitolo 11: *** 10. Voglio indietro i ricordi... (POV Renesmee/Jacob) ***
Capitolo 12: *** 11. Io e te... noi! (POV Renesmee/Jacob) ***
Capitolo 13: *** 12. Finalmente Jacob... ancora una volta! (POV Jacob/Renesmee) ***
Capitolo 14: *** 13. Di nuovo a casa... per sempre (POV Jacob/Renesmee) ***
Capitolo 15: *** EPILOGO (POV Jacob) ***



Capitolo 1
*** Prologo (POV Jacob) ***


PROLOGO

Avete mai pensato a quale possa essere la nostra vita senza memoria degli eventi passati?

E’ un po’ come avere la sensazione di essere qualcuno che non si sa bene chi fosse. Siamo noi, ma al tempo stesso siamo un estraneo.

A me è capitato.

Per questo lo so.

 

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Capitolo 2
*** 1. Ma quando è diventata così... STREGA? (POV Jacob/Renesmee) ***


Ma quando è diventata così STREGA?

Jacob

 

«Maledizione!» Mi svegliai imprecando. Era solo un sogno, ma come tutti i sogni di quel tipo aveva lasciato un ricordo di sé sul mio corpo. E il fatto che la mano della creatura che avevo a fianco fosse poggiata delicatamente sulla mia coscia non aiutava affatto.

Nessie dormiva con me fin da quando era in fasce, ma allora la cosa non creava problemi, né a me, né tantomeno a suo padre, che conosceva i miei pensieri dal primo all’ultimo. Ultimamente però erano proprio i miei pensieri a creare contrasti in casa Cullen. Ripensai al litigio di quella mattina. Bella ed Edward avevano discusso per colpa mia, dato che lei continuava a proteggermi col suo scudo ogni volta che ero a portata di mente da Edward.

Non che a lei facessero piacere i miei pensieri, bastava che la guardassi negli occhi, era la mia migliore amica, la conoscevo bene, ed una volta mi aveva detto: «Per Edward sarà sempre più difficile ascoltare i tuoi pensieri, man mano che Nessie crescerà. Ti prometto, anzi, ti giuro, che quando sarà il momento ti proteggerò da lui. E lo farò soprattutto per Renesmee. Ma in cambio voglio due cose».

«Spara!» le avevo risposto.

Lei mi aveva guardato sorridendo e, mentre usciva dalla cucina, si era rivolta a me dicendo: «Ogni cosa a suo tempo, Jake!». Era come tutti i vampiri: il melodramma al primo posto.

E quel tempo era arrivato poco più di una settimana prima. Ero entrato in cucina ridendo con Nessie ed avevo sentito Edward ringhiare. Erano anni che non ringhiava al mio indirizzo. Più o meno da quando avevo avuto l’imprinting con sua figlia, dimenticando sua moglie all’istante.

Nessie si era girata verso suo padre con uno sguardo di rimprovero, e lui per tutta risposta mi aveva guardato, ignorandola, e aveva detto: «Io non dormo. Mai!». Un altro con il melodramma nel DNA. Ma che si era messo pure a controllare i miei sogni?

Comunque Bella aveva capito che era ora di fare le sue richieste, e mi aveva detto: «Uno: aspetta la sua maturità completa. Due – si fermò per stringere la mano di Edward – vorrei che prima vi sposaste».

Nessie si era quasi strozzata con il succo di frutta che stava bevendo per colazione. Crescendo, a contatto con me, aveva capito che il cibo umano era tutt’altro che sgradevole, una volta fatta l’abitudine.

«Mamma, ma cosa dici?» Nessie si rivolgeva a sua madre così solo in casa, d’altronde per il loro aspetto dimostravano più o meno la stessa età.

«Tesoro, conosco tuo padre. Il suo umore non era così nero dal nostro viaggio di nozze. E penso di conoscere abbastanza bene anche te, tanto da poter affermare che è per metà colpa tua, nonostante lui vorrebbe che credessimo che è solo di Jake».

Renesmee arrossì. Bella aveva fatto centro. Ero rimasto raggelato da quello scambio di battute tra madre e figlia. Sapevo perfettamente quello che avevo sognato, e meritavo gli sguardi feroci di Edward. Non sapevo però che i miei sogni fossero tanto simili a quelli di Nessie.

Un suo movimento mi riportò al presente, capii che si era svegliata, così spostai la sua mano.

«Jake!» mugolò. Era perfettamente consapevole dell’effetto che aveva su di me. La abbracciai stretta al mio petto e respirai il suo profumo. Fu un errore, quella strega approfittò della sua posizione per baciarmi. E non un bacetto a fior di labbra, ma uno di quei baci che preludevano ad altro. Uno di quei baci per cui suo padre mi avrebbe ucciso.

E visto che ormai sarei morto, mi abbandonai a quel bacio e ribaltai le posizioni.

Mi ritrovai sopra di lei, in una situazione fin troppo simile a quella del mio sogno.

Smisi per un attimo di baciarla e la guardai negli occhi. Troppo simili a quelli di sua madre quando era ancora una semplice umana. Fu proprio in quel momento che ricordai la promessa fatta ai suoi genitori: “sei mesi, non un giorno di più. Il giorno della sua maturità sarà anche quello del nostro matrimonio.

Rotolai su un lato del letto, mi misi a sedere, e in un attimo decisi di andarmene dalla camera.

Non avrei più dormito con lei. Almeno per quei sei mesi. Altrimenti mantenere la promessa sarebbe stato difficile.

 

Renesmee

 

Che bacio! Jake era il miglior baciatore del mondo, sebbene non avessi granché esperienza per poterlo affermare. Gli unici baci che avevo dato erano quelli che avevo rubato a lui, e che in poco tempo, grazie alla mia crescita accelerata perlopiù, si erano trasformati dai baci casti di una ragazzina alle prime armi a quello di poco prima.

Forse lo avevo spaventato però. Si era alzato senza dire una parola, e senza dire una parola se ne era andato dalla stanza. Mi sentivo triste.

Bussarono alla porta. Non era Jake, non avrebbe bussato, quella era la sua camera. Ero io ad essere fuori posto. Comunque risposi, forse per abitudine: «Avanti!». La mia voce era strana, piatta, atona, persino rotta in alcuni punti. No, non mi sarei messa a piangere. Chiunque fosse entrato da quella porta non avrei pianto.

La testa di nonno Carlisle fece capolino dalla porta: «Si può?»

Abbandonai il mio proposito di trattenere le lacrime e mi lanciai al suo collo.

«Oh, nonnino!» mi faceva sempre caso chiamare Carlisle così, in fondo sembrava così giovane. Lui mi accarezzò la testa, possibile che nonostante la mia maturazione tutti continuassero a vedermi come una bambina? Anche Jacob me l’aveva dimostrato, stavamo per sposarci ma gli importava più di una promessa che aveva fatto a mia madre che dei miei desideri. A volte pensavo che non mi amasse davvero, e che stesse cercando solo un modo per restare vicino a lei. Sapevo che l’aveva amata, e sapevo anche che non poteva fare a meno di amare me, ma avevo in circolo gli ormoni di una qualsiasi adolescente umana, e non potevo fare a meno di comportarmi come tale.

Quando mi fui calmata un po’ ci sedemmo sul letto e mi chiese: «E’ successo qualcosa? Ho visto Jacob sfrecciare nel salotto e trasformarsi appena uscito di casa. Sembrava sconvolto».

Arrossii, il nome di Jake mi faceva quell’effetto ogni volta. Guardai il nonno negli occhi, e fu un errore. Era impossibile mentire a quello sguardo così buono.

«L’ho baciato» dissi, sentendomi improvvisamente colpevole. «E non basta. Sono notti che sfrutto il mio potere per fargli sognare ciò che sogno io. Nella speranza che si stufi di vederlo solo in sogno e si decida a fare qualcosa di reale. E ci stavo quasi riuscendo, se non mi avesse guardata negli occhi e non si fosse ricordato di quella stupida promessa che ha fatto a mamma e papà».

Mi stavo comportando come una bambina capricciosa e lo sapevo. Il nonno mi guardò con aria di rimprovero: «Renesmee – quando usava il mio nome completo era sempre aria di guai – Jake è un uomo e sta cercando di comportarsi come tale, mantenendo la parola data a Bella ed Edward. Certo che non gli stai rendendo il compito più facile, cercando di ottenere quello che vuoi tu senza preoccuparti di lui. Ti costa davvero così tanto aspettare altri sei mesi? Pensa se la tua crescita fosse normale e lui avesse promesso di aspettare fino alla tua maggiore età. Pensa a Quil, che dovrà aspettare altri dieci anni prima che Claire diventi maggiorenne. Oppure pensi di essere la più sfortunata di tutti solo perché i tuoi genitori hanno strappato a Jacob una promessa che avrebbe comunque fatto a se stesso?».

Non aspettò che rispondessi. Si alzò silenzioso e veloce, come tutti in quella casa, ed uscì dalla stanza, lasciandomi sola con i miei pensieri. E, continuando a pensare a quello che mi aveva detto Carlisle, e a Jacob, che ora era fuori sottoforma di lupo, mi distesi sul letto e mi riaddormentai, sognando il giorno del mio matrimonio.


 

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Capitolo 3
*** 2. Pessimi risvegli... solo per alcuni! (POV Jacob/Renesmee) ***


Pessimi risvegli. . . solo per alcuni!

Jacob

 

Il risveglio non fu dei migliori. Abituato come’ero a svegliarmi con la mia adorata Renesmee tra le braccia, sapevo che quella mattina sarei stato di pessimo umore fino a quando non l’avessi vista.

Ero tornato a dormire alla riserva. Papà non aveva fatto domande quando mi aveva trovato alla porta di casa, sapeva che prima o poi sarebbe successo. Mi conosceva, ero suo figlio. E soprattutto era un uomo.

Mentre correvo per raggiungere casa Cullen, ovviamente sottoforma di lupo, mi venne il dubbio che forse lei non avrebbe voluto vedermi. Rallentai, preso da questo timore. Quasi subito però ripresi il mio solito ritmo: anche fosse stato così non le avrei permesso di fare il bello e il cattivo tempo. Ero io quello che si sarebbe dovuto sentire offeso dal suo comportamento, non il contrario. Ed era lei quella che si sarebbe dovuta sentire in colpa, quella che non stava rispettando né me, né i suoi genitori. Ma in fondo aveva l’aspetto, e gli ormoni, di una qualunque adolescente. Seppur infinitamente più bella ed aggraziata, era davvero strano che si comportasse così?

Arrivato nei pressi di villa Cullen mi trasformai di nuovo e mi vestii. Ad aspettarmi sulla porta, mano nella mano, c’erano Bella ed Edward.

Bene, l’ennesima ramanzina dal vampire, pensai. E tra l’altro non avevo nessuna colpa per quello che era successo nella notte. Anzi, appena mi ero reso conto di quello che stavo per fare me ne ero andato, non solo dalla stanza, ma addirittura dalla casa. Ero fuggito a chilometri di distanza. Ma che vuoi che gli importasse. Se la loro bella figlia aveva mostrato loro un ricordo distorto della nottata loro avrebbero creduto a lei.

Ma Edward sorrideva serafico, guardandomi e ascoltando i miei pensieri. E Bella, non mi sembrava arrabbiata. Non capivo. Poi ebbi un’illuminazione. Edward aveva “origliato” tutta la notte.

All’improvviso mi sentii avvampare. Cioè, avrei dovuto saperlo che quel vampiro mi avrebbe perseguitato per altri sei mesi. Chi diavolo me l’aveva fatto fare ad avere l’imprinting con la figlia di un vampiro che sapeva leggere nel pensiero. Ma così era veramente troppo. Zero privacy. Sì, avrei dormito alla riserva, almeno i miei sogni non li avrei dovuti più tenere sotto controllo. Il resto della giornata l’avrei passato con Nessie. Non riuscivo a stare senza di lei per troppo tempo.

Salutai i due sulla porta con un cenno. Non avevano intenzione di fermarmi. Non ancora, almeno. Probabilmente non aspettavano me.

Ed Edward doveva sapere perfettamente quale fosse il mio bisogno di vedere sua figlia, di baciarla, dirle che l’amavo. In fondo era lo stesso che lui aveva della madre.

Corsi nella mia camera e mi fermai ad osservarla. Dormiva ancora. Sembrava un angelo. E lo era davvero, benché fosse stata un demone tentatore la notte precedente.

Mi stesi di fianco a lei, fuori dalle coperte, e l’abbracciai per la vita, appoggiando il mio mento alla sua spalla e schioccandole un bacio sul collo. Sapevo che si sarebbe svegliata subito.

«Jake, sei tu?» mi disse, con quella sua voce scampanellante, benché piena di sonno.

«Sì, amore mio, chi se no?» risposi, posando un altro bacio sul suo collo, sull’altro lato, come a pareggiare i conti.

«Pensavo di non meritare un risveglio così dopo quello che ho combinato ieri notte. Jake, mi dispiace, mi dispiace, mi…» l’avevo girata verso di me e zittita con un bacio.

Staccandomi da lei, la guardai negli occhi e le dissi: «Lo so. Ti amo. E mi dispiace essere fuggito così. Credimi. E’ solo che voglio rispettare la promessa che ho fatto ai tuoi genitori. Ne va del mio onore. E, sinceramente, con tuo padre che origlia è tutto fuorché intimo».

Nessie rise, e la baciai di nuovo. Quanto la amavo. Amavo tutto di lei, le sue labbra, il suo naso, la sua risata, i suoi capelli. Ma soprattutto amavo quel suo modo di essere così semplicemente Renesmee: mezza umana, e, per quanto mi disgustasse la natura dei suoi parenti, mezza vampira.

Era l’incarnazione della perfezione.

Ero preso nelle mie riflessioni, tanto che quando tirò una mano fuori dalle coperte pensai che volesse picchiarmi.

Lei però mi fissò intensamente e mi disse: «Voglio che tu veda quello che ho sognato stanotte» e mi poggiò delicatamente la mano sul viso.

 

Renesmee

 

Un bacio sul collo. Un gesto semplice, ma pieno di significato. Nella mia famiglia in particolar modo. Cosa avevo fatto per meritare Jacob? Se era lì era solo perché mi aveva perdonata, o una via di mezzo. Era così testardo che avevo temuto di non vederlo per giorni. Ma forse il suo bisogno di me era quasi pari al bisogno che avevo io di lui. E se ci ripensavo era sempre stato così. Sapevo fin dalla nascita che lui sarebbe stato mio. E da quella notte sapevo anche che avrei potuto aspettare altri sei mesi per avere quello che volevo, se questo l’avesse fatto felice. Che differenza potevano fare sei mesi?

Decisi di fargli sapere che ero sveglia. «Jake, sei tu?»

Rise, la sua risata roca che mi elettrizzava sempre, e mi rispose: «Certo, amore mio, chi se no?».

Amore mio, mi aveva chiamata amore mio. Era un nomignolo che usava soltanto da poche settimane, eppure l’unico che mi sembrasse adatto. L’unico che sentivo giusto. L’unico che avrebbe mai dovuto usare nei miei confronti. Il suo amore per me era stato, e avrebbe continuato ad essere, infinito. Ed io come lo ricambiavo? Cercando di compromettere il suo rapporto con i miei genitori. Che razza di fidanzata ero?

«Pensavo di non meritare un risveglio così, dopo quello che ho combinato ieri notte. Jake, mi dispiace, mi dispiace, mi…» ma non potei continuare. Facendo perno con la mano che poggiava sulla mia vita mi aveva girata verso di lui e zittita con un bacio.

Un bacio dolcissimo e pieno di amore. Nonché di scuse. Come se fosse stato lui a doversi scusare.

«Lo so. Ti amo. E mi dispiace essere fuggito così. E’ solo che voglio rispettare la promessa che ho fatto ai tuoi genitori. Ne va del mio onore. E, sinceramente, con tuo padre che origlia è tutto fuorché intimo»

Risi, la mia risata lo metteva di buonumore, e mi baciò di nuovo.

Volevo che fosse felice. E decisi di mostrargli quello che avevo sognato quella notte. Mi avrebbe detto che ero un’adolescente romantica, ma volevo correre il rischio. E, ripensandoci, Jake non avrebbe mai detto qualcosa che potesse ferire i miei sentimenti.

Tirai una mano fuori dalle coperte, lo fissai intensamente, pensando a quale recondito ambito della sua testa avessero fatto visita i suoi pensieri. Poi gli dissi: «Voglio che tu veda quello che ho sognato stanotte» e poggiai la mano sul suo viso.

Rividi il mio sogno insieme a lui. Lo rividi sotto l’arco addobbato con rose bianche mentre aspettava che arrivassi. Il completo che indossava faceva risaltare la sua carnagione. Non che fosse quello che lo rendeva incredibile. No, erano i suoi occhi fissi su di me, e pieni di orgoglio. Stavo per essere sua, legalmente e per l’eternità, e sorrideva, guardandomi come se fossi stata la cosa più preziosa della sua intera esistenza. Come se temesse che potessi svanire da un momento all’altro.

Sentii la mano del Jacob reale stringersi di più attorno ai miei fianchi e avvicinarmi al suo corpo più di quanto consentito.

Il sogno era più o meno terminato, perciò decisi di non prolungare oltre il contatto. Ritornato sulla Terra Jake disse: «Hai intenzione di rubare il lavoro a tua zia Alice? E comunque mi hai fatto più bello di quello che sono, ma in fondo i sogni servono ad abbellire la realtà!».

Lo guardai seria: «Jake, tu sei molto più bello che nel mio sogno. E ti amo»

«Lo so, ma mi piace sentirtelo dire» mi rispose, con quel sorriso furbetto che aveva, e non capii se si riferiva al complimento o al ti amo.

«Jacob Black, ho deciso di aiutarti a tenere fede alla tua promessa. Però, ti prego, non mi lasciare dormire ancora da sola»

«Nessie, tesoro, io lo farei molto più che volentieri, ma temo che, nonostante il tuo aiuto, prima o poi mancherei alla parola data. Certo che se tu dormissi nella tua stanza io non dovrei andare alla riserva, e staremmo comunque vicini!»

«Ma Jake…» mi interruppe.

«No, Nessie. Ho deciso così, e non sai quanto mi dispiaccia. E adesso, pigrona, è ora di colazione». Mi sollevò tra le sue braccia per portarmi in cucina.


 

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Capitolo 4
*** 3. Ma perché mi devono sempre mandare di traverso il cibo? (POV Jacob/Renesmee) ***


Ma perché mi devono mandare sempre di traverso il cibo?

Jacob

 

Era così leggera, e profumava di buono, nonostante fosse una mezza vampira. E si sa che i vampiri puzzano! Ma ormai avevo fatto l’abitudine a quell’odore fin troppo dolciastro. Averli continuamente intorno qualcosa doveva pur avermi dato.

Avrei dovuto essere grato a Bella per il resto della mia vita per aver messo al mondo quella splendida creatura che tenevo tra le braccia, e soprattutto per aver scelto Edward. Non l’avesse fatto, non avrei mai saputo cosa mi sarei perso.

Eravamo finalmente arrivati in cucina. Me l’ero presa comoda, non avevamo fretta, con tutta l’eternità di fronte.

La poggiai a sedere su uno sgabello dell’isola, ed iniziai a prepararle la colazione. La cucina era deserta, ma in fondo eravamo gli unici abitanti dell’intera casa a dover mangiare… perlomeno in maniera tradizionale!

Neanche un secondo dopo però, eravamo in compagnia. Non mi girai neanche, sapevo perfettamente chi fosse: Bella, Edward e…

«Zia Alice!» la sorpresa di Nessie era sincera. Alice e Jasper erano partiti per il Sud-America più o meno due mesi prima, e non avevano mandato neanche una cartolina. Continuai a preparare la colazione, certo di sapere il motivo del ritorno di Alice.

E infatti…

«Nessie! Ho saputo che ti devo fare gli auguri! Questo testone finalmente si è deciso a chiedere la tua mano!»

«Alice… non parlare di me come se non fossi qui. E sinceramente se fosse dipeso da me avremmo aspettato ancora un po’. Solo che… io ho ventiquattro anni, e lei gli ormoni di una diciottenne. Credo che tu possa immaginare, se non vedere il motivo della fretta». Edward ringhiò sommessamente. Beh, che ringhiasse quanto gli pareva. Io ero un ventiquattrenne del ventunesimo secolo, le cose non funzionavano più come quando aveva ricevuto la sua educazione. Ciò non mi impedì di arrossire pensando a quello che avevo appena detto ad Alice.

Maledizione. Ero arrossito.

Sbirciai Edward , se la rideva, lo spione.

Alice fece finta di non vederlo e rispose: «Beh, ho organizzato il matrimonio di Bella ed Edward in meno di un mese… organizzare il vostro in sei sarà una passeggiata! - si interruppe un attimo, durante il quale squadrò Nessie – dovrò fare una stima per eccesso con il vestito, ma vedrai che ne sarà estasiato quando avrò finito! >>

Le risposi ridendo: «Resterei estasiato anche se si presentasse coperta di stracci!»

Alice finse di offendersi.

Tornai ad occuparmi della colazione. Il mio naso fu però colpito da due nuove fragranze. Una era quella di Jasper, e l’altra… era un odore familiare, ma allo stesso tempo estraneo. Come se l’avessi sentito tanto tempo prima.

La colazione era ormai pronta, e mi voltai per servirla a Nessie. Il chiacchiericcio dei vampiri faceva da sfondo a quel momento, che sarebbe dovuto essere intimo, non fosse stato per la presenza di quell’estraneo che fissava la mia Renesmee con uno sguardo che doveva essere riservato a me.

Decisi di marcare il territorio, in fondo ero un lupo, no? Servii la colazione a Nessie e la baciai.

Con la coda dell’occhio sbirciai Edward, che mi guardava soddisfatto, come se non si aspettasse niente di meno e non volesse niente di diverso da me. Chissà cosa gli girava per la testa. Ma a me non era dato sapere, e, sinceramente, me ne fregavo altamente.

Edward rise apertamente, tanto che gli altri gli chiesero cosa avesse.

Mi staccai da Renesmee, ansimante, quel bacio mi aveva tolto un sacco di energie, ma ne era valsa la pena.

«Buon appetito, amore mio!» le dissi, poi iniziai a mangiare anche io.

Bella mi fissava imbronciata, probabilmente non aveva gradito la dichiarazione di possesso che avevo fatto su sua figlia, e probabilmente le piaceva ancora meno il fatto che stessi deliberatamente ignorando l’ospite. Nessie invece aveva l’espressione beata di chi aveva ottenuto quello che voleva.

Forse neanche a lei erano piaciuti gli sguardi dello sconosciuto.

Bella scosse la testa e si allontanò dalla compagnia, seguita a ruota da Edward. Quei due vivevano in simbiosi, non riuscivano a stare più distanti di due millimetri.

Si avvicinò a sua figlia e mi lanciò un’occhiata irata. Ma durò un istante, il tempo necessario a far sì che me ne accorgessi, un millesimo di secondo dopo sorrideva dicendo: «Jake, Nessie, vi presento il nostro ospite, anche se dovreste ricordarvi di Nahuel»

Inghiottii rumorosamente il boccone che stavo masticando e mi voltai verso l’ospite. Non l’avevo riconosciuto, ma non mi ci ero impegnato più di tanto. Ero infastidito dagli sguardi che lanciava alla mia Nessie.

Sorrisi come un imbecille che cerca una via di fuga. Il suo arrivo significava una cosa sola: guai. Perlomeno per me. “Alice ti odio” pensai, con tutto l’astio di cui ero capace, sperando che Edward glielo riferisse. Perché sapevo che la sua presenza era legata alla decisione di Nessie di sposarmi.

Voleva provare a portarmela via, finché non fosse stato troppo tardi.

Allungai una mano e dissi: «Bentornato Nahuel. Hai fatto un buon viaggio?»

 

Renesmee

 

L’espressione di Jacob non lasciava presagire nulla di buono. Non avevo bisogno dei poteri di mio padre per sapere cosa stesse passando per la testa al mio fidanzato. Contrariamente a mia madre non avevo alcuna difficoltà ad usare questa parola… forse perché nessuno, nella mia vita, me l’aveva fatta odiare.

Strinsi l’altra mano di Jake, quella che non era tesa nel vuoto ad aspettare la stretta di uno della mia specie che aveva la chiara intenzione di dichiarargli guerra.

Il silenzio imbarazzato che si era creato nella cucina mi faceva capire che tutti si erano resi conto di quello che significava la presenza di Nahuel lì, in quel momento. Guerra. Una guerra nella quale io sarei stata il premio per il vincitore.

Mi ritrovai a pensare che mi lusingava che quei due si ringhiassero contro, nel vero senso di queste parole, per me, ma mi lasciava interdetta il fatto che Jake fosse così insicuro e non ricordasse che proprio quella mattina gli avevo detto che lo amavo. E soprattutto mi infastidiva il fatto che nessuno dei due contendenti ricordasse che il premio fosse una persona senziente dotata di propri pensieri.

Jake lasciò cadere la mano che Nahuel non aveva stretto. Papà se la rideva. Stava per scoppiare il finimondo e lui se la rideva. Mi faceva arrabbiare fin troppo quando faceva così. Mi ricordava nonno Charlie.

Credo che papà avesse colto il paragone.

Iniziò a ridere da solo come un matto. E quando mamma gli chiese cosa avesse, rispose: «Chiedilo a tua figlia… dice che gli ricordo tuo padre… in effetti… Charlie non reagì in maniera differente, vero Jake

Tutti risero, salvo Jake che guardò storto mio padre, chissà a cosa si riferivano. Comunque la tensione che c’era stata fino a un secondo prima si sciolse. Poi mi ricordai una cosa, l’abitudine a fare senza di lui mi aveva fatto dimenticare quel particolare. Toccai la mano di zio Jasper. “Perché non hai cercato di calmare le acque?”.

Mi guardò, rise, e con la sua solita calma rispose: «Chiedi ad Edward!»

E ti pareva che non ci fosse lo zampino di mio padre? Ero sicura che si sarebbe divertito un mondo se Jacob e Nahuel si fossero picchiati.

Decisi di rovinargli il divertimento: “Papà, e se anticipassimo il matrimonio?”.

Esplose, come mi ero aspettata: «Cosa. Vorresti. Tu?».

Mamma gli poggiò una mano sulla spalla, e lui si calmò. Ma la calma con cui espose il pensiero seguente faceva ancora più paura delle urla che l’avevano preceduto.

«Niente ma, niente se, e niente forse. Sei mesi. Non vi sposerete prima del 10 settembre. Che poi ormai mancano poco più di cinque mesi».

Ecco, stare in balia di Nahuel per sei mesi era qualcosa che proprio non volevo. Sarei finita con l’odiare mio padre, zia Alice, zio Jasper e tutti quelli che avevano avuto parte con l’arrivo di quel mezzo vampiro nella mia casa.

Presi la mano di Jake, e lo trascinai con me fuori dalla cucina. Non mi illudevo di trovare privacy, quella era impossibile da avere in una casa piena di vampiri dai sensi acutissimi, pronti a sfruttarli per farsi gli affari degli altri. Chissà come mai zia Rose e zio Emmett non si erano ancora visti.

Lo guardai negli occhi. Era spaventato, come se temesse che l’avrei tradito, o, peggio, lasciato.

«Jacob Black, ascoltami bene. Io amo te, ti ho sempre amato, fin da quando ero una cellula del corpo di mia madre e tu pensavi di essere innamorato di lei. Non ho cambiato idea in quasi sette anni, e non la cambierò in questi sei mesi. Il 10 settembre sposerò te, e te soltanto. Staremo insieme per l’eternità. E avremo dei figli, tanti bambini che riempiranno le nostre esistenze – di questo non potevo essere sicura, d’altra parte, se erano rare le circostanze in cui avevo avuto la vita io, era unica una situazione in cui una mezza vampira avesse una relazione con un mutaforma votato a combattere i vampiri – e mio padre sarà il primo vampiro nonno biologico della storia – lo vidi sorridere – perciò stai sicuro che non ti lascerò andare tanto presto» per rimarcare quanto dannatamente serie fossero le mie promesse, presi il suo volto tra le mani e lo baciai, con tutto l’amore di cui ero capace.

Mi strinse contro il suo petto e capii che mi credeva.

Rimanemmo in quella posizione per qualche minuto, che mi sembrò un’eternità.

Quando ero con Jake il mondo si fermava.

Poi percepimmo una presenza. Era Nahuel.

Squadrò Jacob e gli disse: «Goditela ancora per un po’, finché puoi, perché lei alla fine sarà mia. E’ naturale che sia così. E’ nel nostro DNA»

«Senti un po’…» interruppi Jake nel momento esatto in cui parlò, chiudendo le sue labbra tra pollice ed indice, delicatamente.

Poi parlai al suo posto: «Non è più scritto di quanto non siano le nostre intere esistenze. E su questo zia Alice potrebbe darti una bella lezione. Io ho scelto Jacob. Sarà lui il mio compagno per la vita. E non cambierò idea»

Nahuel fece un sorrisetto e mi rispose: «Vedremo».

 

 

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Capitolo 5
*** 4. Secondo te ti lascio campo libero? (POV Jacob/Renesmee) ***


Secondo te ti lascio campo libero?

Jacob

 

Tre mesi passarono in fretta e, per quanto mi riguardava, non sarebbero potuti andare meglio.

Non dormivo più a casa Cullen, era più facile mantenere la promessa in questo modo, e, nonostante l’irritazione che mi provocava il sapere che Nahuel fosse più vicino a Nessie di quanto non fossi io, il fatto che lei cercasse sempre la mia compagnia e continuasse a dirmi che mi amava senza mai mostrare neanche l’ombra di un dubbio mi rendeva felice.

Vivendo insieme avevano stretto un rapporto che, per quanto la riguardava, era solo di amicizia, ma sapevo, come tutti in quella casa, che lui mirava ad altro. E, guardandola, chi non avrebbe mirato ad altro? Era sempre stata una creatura incantevole, ma ora che si avvicinava il momento della sua maturità completa stava diventando divina. Non esisteva un altro essere tanto bello su tutta la Terra, anzi, in tutto l’universo, ed era mia! L’osservai giocare a tennis con Nahuel nel campo che i Cullen si erano affrettati a costruire quando Nessie aveva manifestato una qualche attenzione per quello sport. Naturalmente era grande il doppio rispetto a un campo “normale”.

Lungi dall’avere gli stessi gusti di sua madre in fatto di abbigliamento, Nessie era attenta come Alice a quello che indossava. E con quel completino mozzava il fiato. Gambe lunghe, fianchi ben torniti, vita snella, seno messo in risalto dalla canotta in microfibra aderente, mani affusolate. Ma se il suo corpo era magnifico, il suo viso era un’opera d’arte. Gli occhi erano quelli di sua madre, castani, caldi, grandi abbastanza da far pensare a quelli di un cerbiatto, con le ciglia lunghissime che ombreggiavano ogni suo sguardo. La bocca, dalle labbra piene e sensuali… non riuscivo a trattenermi dal baciarla ogni volta che mi stava vicina. E i suoi capelli. Quei meravigliosi boccoli color del bronzo, eredità di suo padre, che le arrivavano a metà coscia. Adoravo mettere le mani nei suoi capelli. Erano morbidi e setosi al tatto, esattamente come apparivano alla vista…

«Jake?» una voce mi risvegliò da quei pensieri.

Era Bella. Senza Edward? La guardai interrogativo.

«Edward mi ha mandata a riferirti che se indugi ancora su quei pensieri sarà costretto a venire di persona a dimostrarti perché di solito ti copro io»

«Bella, i miei pensieri erano… del tutto innocenti!»

«Certo, come se non ti conoscessi!» rise lei.

«Ma davvero! Sono irritato da questa mancanza di fiducia nei miei confronti!» misi il broncio per qualche secondo, poi commisi l’errore di guardarla negli occhi e scoppiai a ridere insieme a lei.

Era sempre stato così. E la sua trasformazione non aveva cambiato nulla.

«Allora, si può sapere a cosa stavi pensando?»

«Edward non te l’ha detto?»

«No»

«Probabilmente non riteneva che fosse tanto grave da metterti in mezzo»

«O forse pensava che mi sarei molto arrabbiata»

«Ok, se ti arrabbi te lo dico. E’ tanto che non ti vedo furiosa!» la provocai facendole una boccaccia, lei scosse la testa.

«Sei sempre il solito, Jake»

«Sì, anche tu! – risposi – Comunque, per riassumerti quello che stavo pensando… E’ illegale mandare in giro Nessie vestita così e pretendere pure che non vinca sempre lei!»

«Quindi stavi facendo apprezzamenti mentali sul corpo di mia figlia… di nuovo»

«Beh… dovresti esserne felice, pensa se non li facessi!» Mi guardò di traverso.

«Comunque hai ragione. Ricordami di dirle di vestirsi un po’ di più la prossima volta che gioca» rise, e io con lei.

Edward scelse proprio quel momento per fare la sua comparsa.

«Posso sapere cosa c’è di tanto divertente?»

«Diciamo che quello per cui ti arrabbi mi fa un po’ ridere – gli disse sfiorandogli le labbra in un bacio adorante – Jake stava solo pensando che così com’è vestita Renesmee rende difficile la concentrazione a chiunque, figuriamoci a Nahuel»

«Quindi non eri tu che pensavi di portartela a letto subito» mi ringhiò contro Edward.

«Ma hai bevuto sangue avariato o che altro, vampiro? Sicuro di esserti sintonizzato sulla radio giusta? Perché se non ti fosse chiaro, i pretendenti di tua figlia sono due, e io sono l’unico che ha promesso di non combinarci niente fino al matrimonio. Tra l’altro mi sto vietando anche di farli i pensieri sconci su di lei. Un po’ per rispetto a te e un po’…» alzai le spalle senza finire il discorso.

Edward se ne accorse e mi riprese.

«E un po’?»

«Come se non lo sapessi – digrignai tra i denti – Non puoi lasciar perdere?»

«No» ripose arrogante.

«E va bene. E un po’ perché non pensarci mi rende più sopportabile la sua vicinanza senza che ogni volta che mi sfiora io abbia la tentazione di attraversare il confine, portandola con me per fare tutto ciò che finora mi hai impedito anche di sognare»

«Jake, Edward…» Bella si mise tra di noi mentre tentava di calmare le acque.

«Bella, sono calmo. Sono contento che sia stato così onesto – mi tese la mano, che subito strinsi – quindi a questo punto ne rimane uno solo… - si girò per guardare in cagnesco Nahuel – e forse quella di attraversare il confine con Nessie non è una cattiva idea. Di te mi fido… e poi hai promesso!» concluse con un sorriso sincero.

«Mi fa piacere che tu mi ritenga così irreprensibile… ma immagino che conoscerai i detti “l’occasione fa l’uomo ladro” e “quando il gatto non c’è i topi ballano”. Forse non sarebbe una così buona idea» dissi rassegnato.

La conversazione ebbe termine in quel momento. Nessie e Nahuel avevano terminato la loro partita e si stavano avvicinando a noi.

Poi accadde qualcos’altro.

 

Renesmee

 

Finalmente era finita. Quella partita era stata uno strazio. Nahuel non sapeva giocare, o – e il pensiero mi fece arrabbiare ancora di più – mi aveva lasciata vincere.

Vidi Jacob parlare rilassato con i miei genitori. Papà non era mai tanto a suo agio quando c’era Nahuel nei paraggi, e spesso lasciava la compagnia se lui si avvicinava.

L’avevo visto fare quel gioco più di una volta, e più di una volta mi aveva spiegato che era perché sentendo i suoi pensieri solo come un rumore di fondo gli era più facile ignorarli.

Mi avvicinai a Jake per baciarlo. E mi accorsi che era distratto, i suoi occhi erano concentrati su qualcosa che non ero io. Sulle prime questo fatto mi irritò un po’, ma poi, incuriosita, seguii la direzione del suo sguardo e vidi… due lupi di dimensioni abnormi – ma qual era la norma in fondo – avvicinarsi alla nostra casa.

Il colore del pelo dei due lupi mi fece subito capire chi fossero. Uno era color sabbia, l’altro marrone cioccolato. Erano Seth e Quil. Gli unici due, all’interno del branco di Jacob, che ancora non avevano smesso di trasformarsi. Uno perché non voleva, l’altro perché, come Jake, non poteva.

Quil non poteva permettersi di allentare il ritmo delle trasformazioni, almeno per il momento, perché se l’avesse fatto avrebbe ricominciato ad invecchiare, e Claire si sarebbe ritrovata con un compagno ormai di mezza età, una volta cresciuta.

E Seth… beh, Seth non aveva ancora trovato la sua metà, e, a sentir Jake, quell’idiota avrebbe smesso di trasformarsi solo se avesse avuto l’imprinting con un’umana, anche se fosse arrivato dopo cento anni. Tutto sommato però, in quel momento fui contenta che le cose stessero così. Guardando la faccia di mio padre, infatti, mi resi conto che quella non era una visita di cortesia. D’altronde, quando venivano in visita, Quil e Seth non venivano mai sottoforma di lupi. Era successo qualcosa di grave.

Sentii le labbra di Jacob sfiorarmi i capelli mentre mi stringeva a sé.

Poi mi disse: «Tesoro, ti spiace se mi trasformo? Odio far fare da interprete a Edward se posso risolvere da me. Ti giuro che non ti nasconderò nulla – sorrise ironico, ma di un’ironia triste – d’altra parte, come potrei?» Si trasformò, lasciandomi le sue scarpe in custodia. Furono momenti di attesa terribili, durante i quali osservavo di nascosto le espressioni di mio padre, che non dicevano nulla di buono. Come la visita in sé d’altra parte.

Nahuel mi si faceva sempre più vicino, così mi spostai in modo tale da avere mia madre tra me e lui.

Mamma fissava ora Jacob, ora papà, alternando sguardi di preoccupazione a sguardi di frustrazione.

Perché papà non diceva nulla? Di solito ci faceva resoconti dettagliati di quegli strani, e per fortuna ormai rari, consigli. Strinsi la mano di mia madre. Ero preoccupata, quanto e forse più di lei. E temevo che lei avesse capito cosa avrebbe detto mio padre quando avesse aperto bocca.

La guardai, mi sorrise e mi abbracciò. Aspettammo così che finisse il consiglio.

Passò forse mezz’ora. Eravamo rimasti tutti immobili, in attesa. L’unico che già sapeva era papà.

Capii che il consiglio era finito quando lui si girò verso me e la mamma, guardandoci apprensivo. O forse guardava solo me in questo modo. Cosa c’era che poteva far paura ad un vampiro tanto da far apparire quello sguardo sul volto di mio padre? Poi ci abbracciò entrambe.

Silenzioso, Jake si era ritrasformato e rivestito. Quil e Seth erano rimasti immobili ad attenderlo.

Con due lunghissimi passi superò tutti e sette i gradini della veranda.

Si avvicinò a me, mi strinse – mi accorsi solo allora che i miei genitori si erano dileguati silenziosamente, Nahuel era ancora lì, ma era invisibile ai nostri occhi – mi allontanò, mi guardò negli occhi e mi baciò.

Non era uno dei nostri soliti baci. Era più… un bacio di addio, disperato e assurdamente protettivo.

Mi sollevò tra le sue braccia e ci sedemmo su una delle poltroncine della veranda. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, con lui che mi accarezzava i capelli distrattamente e che ogni tanto mi baciava la fronte. Ero tornata una bambina da proteggere.

Finalmente si decise a parlare.

«Nessie, devo partire. Normalmente dovremmo astenerci dal proteggere tribù che non siano la nostra, ma ci sono forti sospetti che giù alla riserva dei Makah un vampiro stia organizzando un banchetto. Tuo padre ti spiegherà meglio. Io devo andare»

Ci alzammo in piedi. Piangevo, e non me ne ero neanche accorta. Avvicinò le labbra al mio viso, e con quelle asciugò le mie lacrime. Poi mi baciò con trasporto e amore.

Mi staccai da lui, riluttante a vederlo andare via, senza sapere quando sarebbe tornato. Ma volevo dirgli qualcosa. Qualcosa che gli ricordasse perché non doveva mettere in pericolo la sua vita.

«Jake – era più difficile di quanto mi aspettassi riuscire a parlargli serenamente – ti stai portando via metà di me. Non cercherò di fermarti, ti conosco quel tanto che basta per sapere che riuscirei solo a farti arrabbiare. Perciò… vai, ma torna. Io sarò qui ad aspettarti»

Mi sorrise e mi baciò di nuovo.

«Tornerò sano e salvo – promise – non solo per riportarti la metà di te che sarà con me, ma anche per venire a riprendere la metà di me che resterà qui con te»

Mi resi conto di non avergli mai dato nulla di mio, e che in quel particolare momento volevo che fosse chiaro a tutti che mi apparteneva, come io appartenevo a lui. Mi sfiorai il collo, e le mie dita toccarono una catenina. Un dono di mia madre per il mio primo Natale. Nel medaglione c’era una foto di mia madre, mio padre e me da piccola, oltre ad un’incisione in francese, “Plus que ma même vie”. Decisi che sarebbe stato quello il mio ricordo per lui. Feci scattare il gancetto e velocemente gliela legai al collo. «Ricorda che ti amo più della mia stessa vita» gli dissi.

Poi lo allontanai da me e gli dissi: «E’ ora che tu vada, ti stanno aspettando». Un ultimo bacio e, voltandogli le spalle mi rintanai in casa. Non volevo che vedesse che stavo piangendo. Anche se, sicuramente, aveva sentito l’odore delle mie lacrime.

 

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Capitolo 6
*** 5. Siamo di nuovo nei guai (POV Edward) ***


Siamo di nuovo nei guai

Edward

 

Nel momento in cui si trasformò, Jacob pensò un avvertimento per me.

Non fare la telecronaca in diretta, chiaro?

Annuii. Probabilmente non aveva la più pallida idea del perché Seth e Quil fossero tanto in agitazione.

Mi preparai all’ascolto.

Jake, disse Seth, siamo venuti qui appena Sam ci ha detto che non riusciva a mettersi in contatto con te per avvisarti della minaccia incombente.

Parla. Rispose Jacob.

Probabilmente lo avresti già saputo se qualcuno avesse risposto al telefono.

Se fossi potuto arrossire, l’avrei fatto seduta stante.

Non avevo voglia di parlare con Sam, e così avevo tolto la suoneria al telefono senza farmi troppi scrupoli. Da quando Jake passava il suo tempo più da noi che alla riserva le telefonate di Sam erano sempre più frequenti, nonché inutili.

Spesso lo chiamava solo per accertarsi che fosse ancora vivo.

Dopo tutti quegli anni non riusciva ancora a fidarsi completamente di noi.

E dire che Carlisle aveva fatto nascere più della metà dei figli dei licantropi, e che molti Quileute erano in vita solo per la sua capacità di non arrendersi di fronte alle difficoltà, oltre che per la sua impossibilità a stancarsi. Pensavo non fosse niente di importante.

Tornai a fare attenzione, forse mi ero perso qualche battuta, perché Jacob mi fissava.

Sanguisuga ci sei o ti sei perso nei meandri del tuo cervello? Jake doveva essere parecchio irritato, non mi chiamava sanguisuga da quando gli avevamo imposto il fidanzamento con Renesmee. Sapeva che lei non gradiva. Ma dubitavo che ne sarebbe mai venuta a conoscenza visto che lo stava solo pensando.

State aspettando visite? Mi chiese.

Scossi la testa.

Fece un cenno a Seth, come per incoraggiarlo a continuare.

Come ti stavo dicendo, eravamo a pranzo da mamma e Charlie, quando Sam è venuto a bussare alla porta di casa. Era inc***ato nero, aveva il telefono in mano e continuava ad urlare qualcosa come “A che c***o servono i cellulari e i sensi super sviluppati se poi non li usano?”. Così abbiamo cercato di farlo calmare e ci siamo fatti raccontare tutto. Sam aveva appena ricevuto una visita dagli anziani Makah. C’è stata una serie di rapimenti alla loro tribù. E nonostante le ricerche non sono stati trovati né cadaveri, né tantomeno tracce che potessero condurre alle vittime. Sam si è trasformato, nonostante stesse cercando di smettere, ed è andato a controllare.

Seth si interruppe, lasciando che fosse Quil a continuare. Sembrava che si fossero spartiti bene il discorso.

Arrivato alla riserva, ha subito capito di cosa si trattava. C’era una scia dolciastra, e, seguendola, ha sentito odore di sangue. C’è un vampiro in circolazione. E’ subito tornato a La Push. Sa che da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Ti ha subito cercato per mettere a punto un piano, ma non ti ha trovato e così è venuto a cercare noi. Dobbiamo andare alla riserva. C’è bisogno di tutti quanti.

Jake non era d’accordo. Di tutti per un solo vampiro?

Seth scosse la testa. Non sappiamo di quanti vampiri si tratti. Sam pensa che all’inizio fosse solo uno, ma dalla frequenza degli attacchi è disposto a pensare che qualcuna delle vittime non sia stato solo un pasto. Non possiamo permetterci di sottovalutarli.

Da quando sua sorella se ne era andata Seth era cresciuto molto. E lo stava dimostrando in quel frangente, dimostrandosi molto meno impulsivo di Jacob. Ma Jake stava semplicemente pensando a quanto tempo gli avrebbe tolto quella caccia, e a quanto sarebbe dovuto stare lontano da Nessie.

Bene, Seth, hai ragione. Dobbiamo tornare alla riserva e mettere a punto un piano. Aspettatemi per qualche istante. Devo salutare Nessie. Non so quando la rivedrò.

Mi voltai verso mia moglie e mia figlia. Ero terrorizzato dall’idea che per l’ennesima volta la mia famiglia fosse in pericolo. Beh, Jacob non era a tutti gli effetti un membro della famiglia. Ma lo sarebbe stato presto. Che Nahuel fosse d’accordo o meno.

Le abbracciai entrambe, preoccupato per la sofferenza che avrebbe toccato entrambe. In due modi diversi. Inoltre, Alice era davvero troppo lontana dalla riserva, e non aveva percepito l’arrivo di quella nuova minaccia, se così si poteva definire. E non c’era neanche modo di prevedere come sarebbe andata a finire, con i licantropi in mezzo.

Speravo solo che la faccenda non sfuggisse dalle mani di quell’unico vampiro che stava costruendo la sua armata: i Volturi, arrivando così vicini a noi, sarebbero stati ben contenti di venire a farci visita. Ed era l’ultima cosa che volevamo.

Jake si stava avvicinando. In un soffio, il posto mio e di Bella accanto a Renesmee fu occupato da lui, e noi ci ritirammo in casa. Dovevo parlare con Alice. Inevitabilmente, la mia decisione le aveva portato una visione. E non avevo neanche terminato il pensiero che la ritrovai accanto a me.

«Alice…» sussurrai, ma lei mi interruppe.

«So già cosa stai pensando. E mi sono già attivata. Per il momento i Volturi non sanno ancora nulla di questa storia. Li sto tenendo d’occhio e non appena avranno deciso qualcosa, sapremo, e saremo pronti ad accoglierli» mi sorrise

«Mi chiedo perché da dieci anni a questa parte attiriamo tanti guai» dissi sconsolato. Subito Bella mi fu accanto pronta a consolarmi.

«Siamo felici. La felicità attira l’invidia. E l’invidia attira guai. E poi io sono una calamita per le disgrazie, ricordi?» sentenziò.

«E da quando la mia Bella sarebbe tanto saggia?» dissi baciandola. Stavamo insieme da più di otto anni, e non ero mai sazio di lei. Da quando era una vampira inoltre era sempre fin troppo facile.

La tenni stretta a me. Aspettavamo entrambi di vedere nostra figlia entrare in lacrime, era inevitabile che accadesse. Non era abituata a stare senza Jacob a lungo, e tra l’altro Jake non avrebbe avuto il tempo di raccontarle tutto quello che era successo. Doveva sbrigarsi. E la sua preoccupazione era più quella di salutare decentemente Nessie che quella di spiegarle l’accaduto.

La porta si aprì e si richiuse. Renesmee si rifugiò nelle braccia di sua madre, come sempre, fin da quando era piccola.

Per qualche istante non dicemmo nulla, ascoltavamo i suoi singhiozzi, che erano delle coltellate, sia per me che per sua madre. Se avessi potuto, quello sarebbe stato uno dei momenti in cui avrei pianto.

Quando si sentì pronta si allontanò da sua madre e decise di parlare. Sapevo già cosa avrebbe chiesto, ero suo padre e leggevo nel pensiero.

Si voltò verso di me, e mi disse: «Perché? »

«Nessie, il fatto che il vampiro non sia entrato nel loro territorio non significa che il branco non si senta obbligato a rispondere ad una richiesta di aiuto. Jake non voleva andare, ma Sam non è convinto che ci sia solo uno di noi in giro. Così Seth lo ha convinto che più saranno meno pericolo correranno»

«Benissimo – rispose lei – perciò dovrò ringraziare Seth se Jacob non dovesse tornare» La guardai sgomento.

«Credi che non lo sappia? – gridò lei – Credi che non sappia che Jake potrebbe anche non tornare?» le sue lacrime erano sempre più difficili da tollerare «Vorrei essere con lui ogni momento. E pensavo che dopo quella storia con i Volturi sarebbe andato tutto bene, che nessuno ci avrebbe infastiditi e che nessuno sarebbe tornato a disturbare la nostra pace. E invece ci ritroviamo qui, con un vampiro che minaccia di estinzione un’intera tribù di indigeni americani, un inutile pretendente che non capirà mai che io non abbandonerò mai volontariamente il mio Jacob, e lui che se ne va a spasso a cercare di farsi ammazzare nel peggior modo possibile. Sono preoccupata ed infuriata con lui. E giuro che se non rientrerà da quella porta sarà meglio per lui che io non finisca mai all’inferno o in qualunque posto finirà. Perché altrimenti lo ucciderei di nuovo con le mie mani».

Bella prese la parola.

Un paio di frasi di Nessie l’avevano lasciata pensare, ma come al solito non ero riuscito a sentire nulla.

Quello scudo maledetto.

Comunque quando parlò fu solo per consolare sua figlia.

«Renesmee, ora calmati. Non dire cose di cui potresti pentirti. Vedrai che tra qualche giorno Jake rientrerà da quella porta sorridendo come al solito. E tu gli salterai al collo per baciarlo. Non cambierà assolutamente nulla»

«Mamma, io ho una paura terribile. Sono rimasti in pochi quelli che riescono o vogliono trasformarsi. E se il clan che devono combattere si rivelasse troppo numeroso?»

«Allora vedrai che si ritireranno per elaborare una nuova strategia, e chiederanno il nostro aiuto. Comunque dubito del fatto che non chiederanno l’aiuto di tutti coloro che riescono ancora a trasformarsi. Immagino che rientrerà alla riserva anche Leah. E poi tuo zio Emmett non vedeva l’ora che ci fosse un po’ d’azione».

«Perbacco Bella, hai proprio ragione. Qui stava diventando un mortorio…» disse Emmett. Le grida di Nessie dovevano aver richiamato lui e Rose, qualsiasi cosa stessero facendo.

La battuta di Emmett rilassò l’ambiente. Tanto che Renesmee si permise un sorriso, e Nahuel si avvicinò a lei.

Odiavo quel ragazzo, anche se da una parte gli sarei stato per sempre grato, visto che mi aveva permesso di vedere salva la mia famiglia. Ma in quel momento la sua presenza era di troppo. Bella mi mise una mano sul braccio. Non sapeva leggere nel pensiero ma mi conosceva fin troppo bene. Respirai profondamente e mi rilassai.

Poi Alice diede il telefono a Bella. «Tre. Due. Uno.» disse. Al termine del suo conto alla rovescia il telefono trillò.

Bella rispose. «Pronto?»

Era Charlie. Era, ovviamente, preoccupato per Seth e per Jacob, nonché per tutto il resto del branco. Sposando Sue era entrato a pieno titolo nel nostro mondo. Per fortuna era stato preparato, altrimenti temo che gli sarebbe venuto un infarto, quando seppe che Bella non aveva il permesso di entrare nella riserva perché era un vampiro.

«Bella. Renesmee come sta?»

«Bene, papà. Come dovrebbe stare?» disse Bella, nel tentativo malriuscito di tranquillizzare suo padre.

«Bella non mi freghi. Jake se ne sta andando a spasso per aiutare un’altra riserva e lei, che lo sta per sposare, non è neanche un po’ preoccupata? Neanche se la vedo!»

«Ok, Charlie. E’ preoccupata. Come tutti. – tagliò corto lei – Hai qualcos’altro da dire? »

«Sì, Jake mi ha lasciato un messaggio per te»

«E…»

«E vorrebbe che venissi a portartelo. Mi ha detto: “lo scrivo. Non lo leggere e consegnaglielo. Ho pensato che se aveva scelto di fare così c’era un motivo. Quindi vorrei che venissi qui»

«Sai che non posso venire alla riserva»

«Si, lo so. Sono alla nostra vecchia casa».

La casa di Bella. Charlie non l’aveva venduta nella speranza che Jake l’avrebbe accettata come regalo di nozze. L’avevo letto nella sua testa nello stesso momento in cui l’aveva pensato. E non l’avevo detto a nessuno. Tranne a Esme, che aveva ricevuto l’incarico di sistemarla da Charlie stesso, e che l’aveva resa perfetta per quella strana coppia.

«Sono lì in un minuto»

Meno di un secondo dopo era fuori dalla porta di casa.

 

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Capitolo 7
*** 6. Amicizia (POV Bella) ***


Amicizia

Bella

 

Chissà cosa doveva dirmi Jacob che non potevo far sapere agli altri.

Era estremamente strano, ma mi fidavo di lui, e volevo fare come desiderava.

Bussai lievemente alla porta di casa mia. Mio padre venne ad aprirmi.

Erano mesi che non ci vedevamo, ma ci sentivamo quasi tutti i giorni.

Ormai si era abituato al mio aspetto. E sapeva che non sarebbe mai cambiato. Come non sarebbe mai cambiato l’affetto che nutrivo per lui.

«Papà – lo abbracciai delicatamente – come va?»

«A parte il fatto che devo tranquillizzare Sue e Billy per la partenza dei loro figli, va alla grande. Sai, la pesca al fiume va una meraviglia da quando mi avete regalato quel sistema di pesca al sonar qualche Natale fa. E la Major League quest’anno è incredibile» tipico di Charlie parlare di stupidaggini per non farmi capire quanto fosse preoccupato.

Decisi di non farmi ingannare.

«Papà, sei preoccupato anche tu? »

«Centrato. Sono terrorizzato. Per Jake, per Seth e per gli altri ragazzi. Ma soprattutto sono preoccupato per Nessie. Se dovesse succedere qualcosa a Jake la prenderebbe molto male»

Ringhiai.

Mi guardò spaventato, e subito mi calmai.

»Papà siamo tutti preoccupati per Jake. Ma pensare al peggio, e portare Nessie a pensare al peggio, non condurrà da nessuna parte. E comunque Jake è troppo furbo perché gli possa capitare qualcosa – conclusi con un sorriso – Ora, hai qualcosa da darmi?»

«Bella. So che siete tutti preoccupati per Jake, ma bisogna pensare…»

«Papà, credi che non ci abbiamo già pensato abbastanza? – gridai. Mi dispiaceva urlargli contro, ma aveva superato ogni limite – so perfettamente come la prenderebbe Renesmee, ha un carattere che è un via di mezzo tra il mio e quello di Edward, con influenze della testardaggine di Rosalie. E sarebbe peggio… sarebbe peggio di quando Edward mi lasciò per andarsene con la sua famiglia» non volevo ripensare a quel periodo, non era stato un gran periodo.

«Calmati, Bella. Hai ragione, è stato stupido pensare che non vi foste già allarmati abbastanza. Ma sai, non posso fare a meno che preoccuparmi per te e tua figlia. Anche se ormai tu sei un’adulta, e lei… anche»

Lo abbracciai, cercando di fare attenzione.

«Lo so papà, e vorrei tornare ad occuparmi della mia figlia quasi adulta nel minor tempo possibile. Ora, vuoi darmi il biglietto di Jake?»

«Ecco, Bella» mi consegnò un foglio di carta stropicciato.

«Mi auguro che tu non l’abbia letto» dissi, guardandolo di traverso.

«Come se non fossero bastate le raccomandazioni di Jacob a riguardo. No, non l’ho letto. Jake era abbastanza serio quando ha elencato le ripercussioni che avrebbe avuto un mio tentativo di leggere questo biglietto»

«Perfetto – decisi di non leggerlo di fronte a lui – papà, ora se non ti dispiace, me ne andrei a casa. Ci vediamo». Spero il più presto possibile, aggiunsi mentalmente.

Feci uno sforzo per allontanarmi normalmente dalla casa. Arrivata a metà strada tra le mie due case mi sedetti su un tronco, sradicato all’occorrenza, ed aprii il biglietto di Jake.

 

Cara Bella,

sto scrivendo a te perché sei la mia migliore amica, lo sei sempre stata, ed ho bisogno di parlare delle mie paure con qualcuno. Ho cercato di non far preoccupare né Renesmee né gli altri, ma la situazione è veramente pessima. C’è una seria possibilità che io non riesca a tornare, almeno da vivo, o che non riesca a tornare affatto. In fondo si tratta di una sanguisuga come le altre – famiglia esclusa.

Se dovesse accadermi qualcosa vai a casa mia – questo biglietto sarà la tua eccezione al patto, e il tuo biglietto di ingresso alla riserva – entra nella mia stanza e prendi lo scatolone che c’è nell’armadio. Dallo a Renesmee. Le servirà a ricordare quanto l’amo, se io non dovessi farcela non sarò lì per farlo.

Con affetto

Jake

 

Se avessi potuto sono certa che avrei pianto. Jake aveva scritto quel biglietto nel pieno della disperazione. Non si era potuto confidare con nessuno, dopo essersene andato dalla villa, ed aveva scelto me. Quella poteva essere la sua ultima confidenza con qualcuno, e lui aveva scelto me.

«Jake, anche tu sei il mio migliore amico. E lo sarai sempre, come lo sei sempre stato» sussurrai al vento.

Diedi un altro sguardo al foglio. Sembrava che Jake avesse pianto mentre scriveva quel biglietto.

Specialmente le ultime righe. Lo piegai di nuovo e lo misi nella tasca dei jeans che indossavo quel giorno. Sperando di non doverlo mai più usare.

Anni di pratica mi avevano insegnato ad essere una buona attrice, così misi sul mio volto una maschera di allegria, o perlomeno di serenità, e mi avviai verso casa.

Al mio ingresso Nessie si avvicinò immediatamente.

«Allora, mamma, cosa ti ha scritto Jake?» mi chiese curiosa, ma allo stesso tempo preoccupata.

«Niente di che Nessie, solo che non sa quanto starà via e che mi devo prendere cura di te, perché sei la cosa più importante della sua vita. Ora se non ti spiace, devo salutare come si deve tuo padre… e fare un po’ di pulizia in questa casa»

Mi avvicinai ad Edward e lo baciai. Era un bacio disperato, ma feci in modo che gli altri non se ne accorgessero. Solo a lui avrei fatto leggere il biglietto. Speravo solo che non si sarebbe fatto sfuggire nulla con sua figlia.

In effetti, non c’era possibilità che accadesse. Tendeva sempre a nasconderci le cose quando pensava che potessero infastidirci, o farci preoccupare.

Mi guardò con quel suo sguardo penetrante. Era chiaro che avesse capito che volevo dirgli qualcosa che non volevo far sapere agli altri. Con cautela alzai lo scudo dalla mia mente. Ormai ero pratica anche di questo. Jacob potrebbe… ha paura di non riuscire a tornare. Pensai. Non riuscivo neanche a formularlo un pensiero del genere. Edward non diede segno di aver percepito il mio pensiero, ma ero sicura di aver visto un lampo di panico attraversare i suoi occhi.

Comunque, mi dovevo impegnare in un altro modo. Per Jake.

«Nahuel, come avrai capito siamo in mezzo a un delirio collettivo. I licantropi sono dovuti andare a svolgere il loro servizio fuori dai confini della riserva. Quindi ora dobbiamo impegnarci al massimo per proteggere anche la loro parte di territorio, anche se sono sicura che non l’abbiano lasciata sguarnita. Dobbiamo organizzare turni di guardia e picchettaggi. Se non sei certo di poter essere d’aiuto ti prego di andartene di qui»

Annuì appena con la testa. Pensavo che se ne sarebbe andato… e invece…

«Rimango. Sono certo che uno in più su cui contare non potrà fare male»

L’avevo giudicato male. Ma non ero disposta a cambiare il mio giudizio solo per qualche moina.

«Nahuel, sono certo che potresti essere d’aiuto, ma dovrai sforzarti per aderire alla nostra dieta. O quantomeno per nutrirti con cibo umano» era stato Carlisle a parlare.

«Va bene. Sono pronto»

«Nessie, tu – sospirò Edward – starai con nonno Charlie per il momento»

«Edward, ma…» dissi io

«Ti spiegherò più tardi, Bella» mi interruppe lui.

Nessie mi guardò. Annuii.

«Bene, vado a preparare la borsa, visto che avete già deciso anche per me»

«Avverto Charlie e Sue, la verranno a prendere al confine» dissi io.

Chiamai mio padre, certa che sarebbe stato felice di avere la sua nipotina a casa per qualche tempo.

In effetti, ripensandoci, la scelta di Edward mi pareva sensata. Sarebbe stata con le compagne degli altri lupi, e le avrebbero fatto coraggio, come si sarebbero fatte coraggio tra loro. Avevo un presentimento. E purtroppo non era buono. Jacob non era mai stato così poco fiducioso nelle proprie possibilità.

Nessie scese con un borsone nel quale aveva infilato un bel po’ di vestiti alla rinfusa. Speravo che almeno avesse scelto qualcosa di pratico, ma che la coprisse un po’, ormai il suo guardaroba era fuori dal mio controllo – ma quando mai lo era stato, con Alice che faceva acquisti per tutti?

Ci avviammo veloci al garage. Salimmo sulla Ferrari e partimmo alla volta del confine con la riserva. Neanche dieci minuti dopo eravamo lì. Charlie e Sue ci aspettavano. Consegnai mia figlia a mio padre.

«Fai il tuo lavoro, Sceriffo» gli dissi sorridendo.

Mi sorrise a sua volta prima di rispondermi.

«Sai perfettamente che è in mani sicure»

«Papà – dissi prima di salire sull’auto per allontanarmi – sai dirmi chi è rimasto alla riserva?»

«Sono rimasti solo Lee e Leah»

«Capisco»

Sue prese la parola. «Bella, non essere in pena per i ragazzi. Sono forti e sanno quello che fanno»

La sua forza d’animo era notevole. Suo figlio era con gli altri, e lei di certo sapeva che era quasi un gioco al massacro, ma cercava di consolare me.

«Grazie Sue. Ma so come stanno le cose. Proteggete lei dalla verità» dissi, indicando con un cenno della testa mia figlia, completamente conscia del fatto che con i suoi sensi acuti quasi quanto i miei stesse ascoltando tutta la nostra conversazione.

Poi salii sulla macchina e rientrai a casa Cullen, la mia casa.

Avevo qualcosa da dire a mio marito, lontana da orecchie indiscrete.

 

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Capitolo 8
*** 7. Giuro che se non torna lo strangolo! (POV Renesmee) ***


Giuro che se non torna lo strangolo!

Renesmee

 

I giorni passavano lenti alla riserva, erano segnati dalle stesse attività, ripetitive eppure confortanti.

Ma io odiavo la ripetitività. Così come odiavo quella situazione. Sapevo perfettamente che Leah conosceva la situazione giù alla riserva dei Makah, eppure per qualche strano motivo non voleva dirmi niente. No, non per qualche strano motivo. Lei ce l’aveva con me. A morte. Fin da quando ero venuta al mondo.

Che fosse gelosa dell’imprinting di Jacob? Non mi sembrava possibile.

Comunque questo non cambiava le cose. Non sapevo come stava andando la caccia. E, colmo dei colmi, ero obbligata a mangiare solo cibo umano, perché non permettevano a me di andare a caccia.

Ero prigioniera della riserva.

Immaginai che mio padre avesse dato disposizioni precise in merito. Ed immaginavo anche che Jake stesse dando disposizioni precise a Leah. Non dovevo allontanarmi dalla sua protezione per nessun motivo al mondo. In quasi un mese che avevo trascorso lì, ero giunta almeno ad una conclusione. I miei mi avevano spedito a La Push per fare un favore a Jacob.

Non poteva esserci altro motivo.

Loro non potevano venirmi a trovare, e volontariamente non si sarebbero mai privati della mia presenza. Erano quasi asfissianti con le loro manie di avermi sempre sotto controllo. Mio padre poi stava diventando sempre più ossessivo.

Almeno qui non dovevo controllare i miei pensieri, ed ogni giorno, con la testa tra le nuvole, camminavo sulla spiaggia pensando a quale benvenuto avrei riservato a Jake. Promessa o non promessa, la sua lontananza mi faceva male. E mio padre doveva capire che ero grande abbastanza per fare le mie scelte.

Da lontano, un ululato straziante interruppe il flusso dei miei pensieri. Dovevano averlo sentito fino a casa mia, tanto era intenso. Ma quello che colpiva non era il volume, bensì il fatto che fosse pieno di dolore, un dolore struggente. Quello che si prova per la morte di qualcuno.

Tornai di corsa al villaggio. Con i miei poteri di mezza vampira non impiegai molto ad arrivare.

Trovai Leah in forma umana, attorniata da Sue, Charlie, Emily, Kim, Rachel e Billy.

Aspettavano me. Sentii lo stomaco contrarsi e un ostacolo in gola che mi impediva di respirare.

Perché mi guardavano così? Perché?

Guardai le loro facce e capii. Fuggii via, ma non sapevo dove andare. Nel mio vagare, arrivai alla casa di Billy e Jacob. Mi sedetti sui gradini della veranda. Poi mi ricordai che lì alla riserva le porte erano sempre aperte. Entrai in casa, andai nella cameretta di Jake, e, piangendo, mi addormentai abbracciata al suo cuscino.

Sognai. Cosa strana per una che aveva appena perso l’amore della sua vita e che avrebbe dovuto avere solo degli incubi. Ma io non ero mai stata normale.

Sognai Jacob. Aveva in braccio un bambino, con i capelli color del bronzo e la carnagione appena un po’ più chiara della sua. Quel bambino mi guardava e mi cercava, tendendosi verso di me con le braccine paffute. Lo osservai meglio. Aveva gli occhi e il sorriso di Jake. Era impossibile non capire cosa stessi sognando. Erano le due cose che la vita mi aveva negato: Jacob e un figlio suo.

Ricordo solo questo sogno, perché mi svegliai di soprassalto, cercando di fissarlo nella mia memoria.

 

Non sapevo quanto avessi dormito. Poteva essere passato un giorno, una settimana, un mese. Non mi sarebbe importato. Non senza Jake. Prima ancora di aprire gli occhi avvertii una presenza strana in quella casa. Ma era anche possibile che mi avessero riportata a casa mia. Non sarebbe stata la prima volta. Inspirai profondamente. No, non ero a casa mia. Erano troppo forti l’odore di Jake e Billy. E Billy non frequentava casa Cullen.

E allora per quale motivo i miei genitori erano lì?

Avevano forse deciso di rompere il patto? Oppure, dato che i Quileute facevano parte della famiglia Cullen e viceversa, si erano decisi a dimenticare quella ridicola storia dei confini? Era ridicolo che fosse successo proprio ora che Jacob… proprio ora che Jacob… mi rifiutavo persino di pensarlo.

Non avrei più abbandonato la riserva. L’avrei aspettato lì per l’eternità. Lui non poteva essere morto.

Aprii gli occhi. Di nuovo pieni di lacrime. Come quando mi ero addormentata.

Mio padre fece un sospiro di sollievo, e così mamma, che era seduta per terra ai piedi del letto di Jake, con il contenuto di uno scatolone sparso sul pavimento.

Incuriosita mi avvicinai a lei. Con uno scatto fulmineo mi fece sedere sulle sue ginocchia, come quando ero bambina – fisicamente parlando, sapevo che lo sarei stata per sempre nella sua mente – e mi poggiò sul suo petto, cullandomi dolcemente.

Mio padre si avvicinò e si sedette di fianco a noi. Circondò le spalle di mia madre con un braccio e ci avvicinò a sé. Rimanemmo in quella posizione per qualche minuto. Loro non avevano bisogno di muoversi, ed io non ne sentivo la necessità. Ormai non sentivo la necessità quasi di nulla. Mio padre cominciò a canticchiare la ninna nanna che aveva scritto per mia madre, ed io riacquistai un po’ di serenità. Chissà perché zio Jasper non era con loro. Questo lavoro l’avrebbe fatto meglio di mio padre e con uno sforzo minimo. Ah, già. I turni di guardia. Cominciavo a rimettere ogni pezzo al suo posto. E stranamente questo non serviva a farmi stare meglio. Anzi. Ricominciai a piangere.

Mia madre mi baciava dolcemente i capelli.

Perché ancora non dicevano nulla? Quel silenzio mi distruggeva i nervi, così decisi di spezzarlo.

«Papà, com’è…»

«Successo? – mi interruppe lui – Avevano trovato la tana dei vampiri e avevano stabilito una strategia per combatterli. Non si aspettavano che fossero così tanti, ed erano in minoranza. Sono comunque riusciti a sterminarli tutti, e Jacob aveva già ordinato agli altri di tornare a casa, lui sarebbe rimasto a fare un sopralluogo, per vedere se la situazione fosse stata veramente risolta. A quel punto ha avuto una sorpresa. Il più vecchio di loro era rimasto in disparte. Con tre creature che all’apparenza sembravano umane. Jake ha provato a salvarle, ma è stato attaccato dal quartetto. Il vampiro è morto, ma Jacob era ferito gravemente e non se l’è sentita di uccidere le tre giovani, che gli ricordavano…» non finì di formulare la frase, come se avesse un groppo in gola.

Leah entrò nella stanza «Perché non finisci, Edward? – urlò tra le lacrime, poi mi fissò furiosa – Jake non si è sentito di ucciderle perché il loro odore gli ricordava te. Erano delle mezzosangue. Sam e il suo branco sono tornati indietro e hanno ucciso le tue simili, che dopo aver lasciato Jake in fin di vita stavano fuggendo. Poi sono tornati a cercare Jacob, ma il suo corpo era scomparso, e noi non riuscivamo più a percepirlo. E’ stato in quel momento che mi hai sentita ululare».

Era colpa mia. Era solo colpa mia se Jake non c’era più.

«Leah, calmati – ringhiò mio padre – Nessie sta già abbastanza male per conto suo, senza che ti ci metta anche tu ad accusarla»

Durante quel litigio io non riuscivo ad aprire bocca. Leah aveva perfettamente ragione ad essere furiosa con me. Era tutta colpa mia.

Mia madre aveva uno sguardo lontano, assorto. Mi domandavo come mai e cosa stesse pensando.

Non credo ce l’avesse con mio padre, la sua reazione era del tutto normale.

Normale, per essere lui.

Quando aprì la bocca per parlare fu stranamente titubante, come se non volesse che altri sentissero quello che aveva da dire, ma allo stesso tempo come se fosse necessario che altri ascoltassero.

«Edward, ricordi quello che ti dissi quando tornai a casa dopo aver accompagnato Nessie qui a La Push?» che cavolo di domanda era, papà ricordava perfettamente, era un vampiro. L’avrei ricordato anche io, che ero vampira solo per metà, se avessi saputo di cosa stavano parlando.

Mio padre annuì. Ovvio. Poi disse qualcosa che mi spiazzò.

«Sei sempre del parere che c’entri Nahuel

Li guardai sbalordita. Quel vampirastro era la persona – con dovuto rispetto parlando – più innocua della Terra. Come poteva essere implicato nell’assassinio di Jake? In effetti, però… mi venne in mente un particolare. Il giorno del suo arrivo Nahuel era stato troppo sicuro che prima o poi mi avrebbe portata via a Jacob. Sbarrai gli occhi, sconvolta. Erano troppe le coincidenze. Un vampiro, tre sangue misto donne. Ma perché doveva aver chiesto aiuto a suo padre?

Mia madre mi guardò e rispose. «C’è arrivata anche Nessie. Guardala in faccia. Ed è l’unica spiegazione che faccia quadrare i conti»

 

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Capitolo 9
*** 8. Se mi ci metto sono più testarda di voi! (POV Renesmee) ***


Se mi ci metto sono più testarda di voi!

Renesmee

 

Leah ringhiò. Il suo dolore si era trasformato in rabbia. Ero certa che l’avrebbe fatta pagare cara a Nahuel, in qualche modo. Sempre che avesse modo di arrivare a lui prima di me.

Altrimenti non ci sarebbe stato nessun Nahuel su cui vendicarsi.

«Leah, Nessie, calmatevi. Cedere alla rabbia e agli istinti non serve a nulla. Solo a mettervi nei guai, e Jake non l’avrebbe voluto – Papà ci guardò entrambe, ma si soffermò un po’ più su di me – Per nessuna delle due»

Parlava bene lui, non aveva mai perso mia madre, che ne poteva sapere.

«Ma ho pensato che fosse successo. E il dolore non è stato minore. Tra l’altro non avevo nessuno con cui prendermela, se non me stesso»

Jake mi aveva detto che mamma e papà erano stati lontani per un certo periodo. Periodo durante il quale lui e mia madre erano diventati grandi amici. Mi aveva detto che per poco non finiva in tragedia. Non pensavo certo che si riferisse a una tragedia vera.

«Beh, ora lo sai»

«Papà per favore usciresti dalla mia testa?» dissi irritata. Una cosa era condividere con lui i pensieri che volevo condividere. Un’altra era… questo.

«Bella, per favore, spiegheresti anche a me cosa c’entra Nahuel con tutto questo?» disse Leah, che scuoteva la testa per il mio litigio “mentale” con mio padre.

«Beh, Leah, non è che ci sia molto da spiegare – disse mia madre – Sai che Nahuel è venuto qui con l’intenzione di conquistare Renesmee. All’inizio ci ha provato con le sue sole forze e ad armi pari, ma Ness continuava a preferire Jake».

«Mi sembra il minimo, mamma. Io lo amo»

Usai il presente senza rendermene conto. Ma Leah aveva parlato di “corpo sparito” e non di “cadavere”. Continuavo a sperare, forse un po’ ingenuamente, che fosse ancora vivo, e che il mio sogno potesse diventare realtà. Mio padre mi sorrise triste. Non era ancora uscito dalla mia testa.

Bene… l’aveva voluta lui.

Mi “distrassi” con pensieri di me e Jacob in atteggiamenti decisamente intimi. Mi guardò storto. Ma almeno era uscito dalla mia testa.

Mia madre ci fissava incredula, quasi le veniva da ridere. Che avesse assistito alla nostra intera schermaglia mentale? La sentii riprendere a parlare.

«Immagino che dopo tre mesi abbia capito che se Jake fosse rimasto vicino a Nessie non ce l’avrebbe mai fatta. Così deve aver contattato i suoi parenti, suo padre e le sue sorelle, chiedendo loro di creare un diversivo, per farlo allontanare ed avere campo libero. Non credo avesse previsto che l’avremmo spedita alla riserva in modo che Jake avesse sempre sue notizie»

«Sospettavo che fosse per questo» sbottai.

Avevo iniziato a guardare il contenuto dello scatolone. Erano foto. Foto di me e Jake in quei sette anni. Il suo sguardo era sempre lo stesso. Adorante e pieno di gioia. C’era anche una foto del giorno del suo diploma. Chissà perché l’aveva messa lì.

Forse per creare un po’ di contrasto.

Aveva uno sguardo vittorioso, ma allo stesso tempo triste.

Sapevo perché. Io non ero lì.

All’epoca non era stata ancora concessa l’eccezione al patto per la quale io potessi entrare liberamente alla riserva, così non ero potuta andare. Da allora erano passati sei anni. Ed erano cambiate molte, troppe, cose.

In fondo allo scatolone trovai un libro. Cioè, aveva quelle dimensioni, ma non era un vero e proprio libro. Era un… diario. Era rilegato in pelle e sulla copertina c’era scritto “Jacob” con una scrittura elegante ed elaborata, quale era quella di mio padre. Mi incuriosì. I miei continuavano a parlare con Leah.

Aprii il diario. Sulla prima pagina, con la scrittura di mio padre, c’era scritto:

 

10 settembre

A Jacob,

nemico, fratello, figlio.

Nella speranza che questo

Serva a ricordarti

Chi sei e Perche’ esisti.

Edward

 

Una frase strana da usare come dedica per un diario.

Voltai pagina, e mi trovai di fronte alla scrittura disordinata del mio Jake.

 

10 settembre

Bella è morta. E’ morta nel dare alla luce un esserino che fino a qualche ora fa odiavo, ma che mi ha incatenato a sé con un solo sguardo, e che ora dorme in braccio alla bionda psicopatica.

E’ morta, eppure è viva. Edward è riuscito a strapparla alla morte rendendola una di loro.

Ma non posso odiarla. E non perché fino a qualche ora fa pensavo di amarla. Non posso odiarla perché ha messo al mondo la creatura più meravigliosa della Terra.

Lei ancora non lo sa, e immagino che andrà su tutte le furie non appena si renderà conto che sua figlia è l’oggetto del mio imprinting. Ma alla fine so che sarà felice. Felice perché io sarò felice. E felice perché saprà che ogni cosa ha acquisito il suo posto nelle nostre vite.

Renesmee è incredibile, e non soltanto perché è l’emisfero mancante del mio pianeta. Cioè, non è incredibile solo per me. Ha poche ore, eppure già comunica in modo efficace. Appena mi ha visto, oggi, ha messo una manina paffuta sul viso, e mi ha mostrato a ripetizione l’unica immagine di Bella che aveva. L’ultima che abbia anche io. Devo dire che sulle prime mi sono spaventato un po’. E’ stato Edward a spiegarmi che cosa stesse facendo la bambina. Mi stava mostrando i suoi pensieri. Era preoccupata per Bella. Per sua madre.

Non riesco ad odiare più neanche Edward, ora che la rivalità è scomparsa. E devo ringraziare anche lui, visto che il cinquanta per cento del patrimonio genetico di quella bambolina è il suo. Quando ha saputo che sua figlia era il mio imprinting si è arrabbiato un po’. E’ sparito per un paio d’ore, forse per cacciare, ora che Bella non è più in pericolo di vita e che tutti stiamo aspettando che si svegli. Poi è tornato con questo diario. Sono sicuro che fosse un regalo di benvenuto in famiglia, ma quando ho letto la frase che aveva scritto come dedica non mi sono potuto trattenere dal pensare che era proprio un vampiro, troppo teatrale.

Ora però basta scrivere. Devo prendere la bambina dalle braccia di quella Rosalie – è l’unica  Cullen che ancora non mi accetta, sperando che Bella si ricordi di me quando si sveglierà – ho paura che soffra il freddo. Lei ha la pelle calda, un cuore che batte e ha bisogno di respirare per vivere. Se non fosse per il piccolo particolare che beve sangue non sarebbe neanche tanto male. Ma l’adoro, e non riesco ad odiare neanche questo di lei.

Jacob

 

Sfogliai il diario distrattamente, soffermandomi qua e là su qualche frase. Era, in sintesi, la storia dei nostri sette anni insieme, e la dolcezza con cui descriveva ogni cambiamento del mio comportamento con lui mi fece di nuovo salire le lacrime agli occhi. Ma queste erano lacrime di gioia, non di dolore. Sapere quanto mi amava mi faceva credere che lui ci sarebbe stato sempre, anche se non ci fosse stato più. Ed io di questo non ero tanto sicura.

Arrivai alle ultime pagine scritte. E rimasi stupita.

 

7 giugno

Cara Renesmee,

sto per partire per una missione difficile. Sicuramente tuo padre ti avrà spiegato cosa mi hanno detto Quil e Seth quando sono venuti a casa tua. Beh, la situazione si è rivelata più complicata di quanto sembrasse. Ho paura. Paura di non poter tornare a riabbracciarti, baciarti e sposarti. E’ la prima volta che mi succede, forse perché sono cresciuto, o forse perché ora ho qualcosa di importante da perdere. Comunque ho chiesto a tua madre di consegnarti lo scatolone nel quale tengo nascosto questo diario e tutti i ricordi che ho di te. Ci sono persino le scarpe che mi hai tirato contro durante il nostro primo litigio. Avevi solo tre anni, l’aspetto di una bambina di nove ed una gran mira. E menomale che erano solo ballerine, un tacco 12 immagino che avrebbe fatto più male. E Carlisle avrebbe dovuto lavorare di più, mise solo tre punti sul sopracciglio che prendesti in pieno.

Se stai leggendo queste righe vuol dire che non ci sono più. Fa strano pensare alla morte, ma nonostante tutto vorrei che tu sappia che ti amo. Leggi tutto questo diario. Conoscendoti avrai letto le prime pagine e poi sarai saltata direttamente alla conclusione. Ci troverai dentro tutto l’amore che ho sempre avuto per te. Non so se hai già guardato le foto. Hai notato che l’unica in cui il mio sorriso non è sincero è quella del diploma?

Nessie ti amo talmente tanto da avere una richiesta da farti. Rifatti una vita. Sei talmente bella e piena di vita che non avrai difficoltà a trovare qualcuno che ti ami. Dubito che lo farà mai con la stessa intensità che ci ho sempre messo io, ma sicuramente ti amerà.

Sposati. Fai dei bambini stupendi come te. E – richiesta stupida lo so – se il primo sarà un maschio dagli il mio nome.

Ti prego di non dimenticarmi, ma lasciami andare. Non sarei felice neanche dove sto andando se non lo fossi tu.

Ti amo.

Jacob

 

«Ti amo anch’io, Jake » sussurrai baciando il diario, per poi richiuderlo.

Lo infilai nella sacca di stoffa che usavo come borsa.

Mi alzai e guardai i miei genitori.

«Mamma, papà, tornate a casa e costringete Nahuel a confessare. La sua famiglia è stata sterminata, non ha più nulla da perdere. Ed io non sarò mai sua»

Mio padre mi guardò negli occhi. Sembrava che non riuscisse a capire quello che stavo pensando. E mia madre non mi stava proteggendo con lo scudo, lo sapevo per certo. Dovevo aver sviluppato una sorta di immunità anche dal suo potere, o forse non riusciva a credere a quello che stavo pensando.

«Renesmee, tu cos’hai intenzione di fare?»

«Io andrò a cercare Jacob. Se è ancora vivo, come sento che sia, lo riporterò qui, e vivrò con lui il resto della mia vita».

«Vai da sola?» mi chiese Leah, improvvisamente timida.

«No, volevo chiederti di venire con me. Ho bisogno di una persona che mi indichi la via, e che abbia visto dove si è svolto il combattimento» le risposi, sicura che mi avrebbe accompagnata. In fondo Jake era un fratello per lei. Ormai l’avevo capito. Le mie gelosie erano stupide.

«Edward, puoi uscire un attimo?» mia madre mi sorprese con questa domanda, non c’entrava niente con quello che stavamo decidendo. Ma mio padre l’ascoltò, come sempre.

«Tesoro, credo che questo lutto improvviso abbia accelerato ulteriormente la tua crescita»mi disse.

«Cosa dici mamma?»

«Immagino che tu non senta l’odore del tuo sangue, vero?»

Leah annuì. «E’ vero, c’è odore di sangue» disse arricciando il naso.

«Leah… puoi…»

«Certamente» scomparve per qualche secondo e riapparve con in mano una scatolina blu.

Assorbenti.

Era assurdo

Nonno Carlisle aveva detto che non avrei mai avuto le mestruazioni, visto che alle umane normali venivano intorno ai dodici anni, e in quella fase della mia maturazione io non le avevo avute. Era per questo che dubitavo di poter avere dei figli con Jacob.

Già, ma in fondo ero un caso indice per mio nonno. L’unico al quale avrei potuto chiedere era Nahuel, ed ora come ora lo odiavo.

Mia mamma diede una risposta esauriente alla domanda inespressa nei miei occhi.

«Probabilmente alle donne della tua specie il ciclo inizia ad apparire alla loro piena maturità… e non scompare più per tutta l’eternità – scoppiò a ridere – buona fortuna!» riuscì a dire tra le risate.

Andai in bagno. Mi feci una doccia e mi vestii con gli abiti puliti che Leah aveva riportato da casa sua. Era una fortuna che fosse successo con mia madre presente. Quando rientrai nella cameretta di Jacob c’era anche mio padre. Arrossii. Ringraziando il cielo mia madre gli aveva vietato qualsiasi espressione ottocentesca da riferire alla mia situazione.

«Allora… buon viaggio» mi disse.

«Grazie papà – risposi – e dite a zia Alice di continuare con i preparativi per il matrimonio. Ritornerò, con Jake, entro il 10 settembre»

Mio padre guardò sconcertato mia madre.

«Papà, Jake è vivo. Me lo sento»

«Me lo auguro per te… e per lui». Nonostante tutto, gli voleva bene anche lui.

 

 

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Capitolo 10
*** 9. Chi sono? Dove mi trovo? E soprattutto... che cos'è questa puzza tremenda? (POV Jacob) ***


Chi sono? Dove mi trovo? E soprattutto... che cos’è questa puzza tremenda?

Jacob

 

Era buio intorno a me.

Da quanto tempo mi trovavo lì? Non avrei saputo dirlo.

Chi ero, come mi chiamavo? Non ne avevo idea.

Avevo in mente solo un nome. Renesmee. E non era il mio.

No, perché c’era solo una cosa di cui ero sicuro. Ero un uomo.

Provai a muovermi. Gemetti. Dovevo essere conciato piuttosto male, ma non ricordavo perché.

«Non ti muovere, peggiori solo le cose» mi ordinò una vocina infantile.

Aprii gli occhi. Quello non faceva male.

Era una ragazza di circa diciotto, venti anni.

Di una bellezza sconvolgente. Pallida come la luna e con un odore che mi faceva arricciare il naso.

Troppo dolce. Mi ricordava qualcosa. Ma non riuscivo a ricollegare i pezzi della mia vita.

«Come ti chiami, giovanotto?»

Parlava come mia nonna. Eppure doveva avere più o meno la mia età. Non che io sapessi quanti anni avessi, di preciso.

«Io… non lo so»

«Beh, prima o poi lo ricorderai – tagliò corto lei – io sono Vanessa, o Ness, se preferisci. Ti abbiamo trovato giù nei pressi delle grotte. Eri conciato piuttosto male. E pensavamo che saresti diventato uno di noi. Ma dopo una settimana sei ancora umano. Chissà come hai resistito a tutto quel veleno »

«Ness, tu parli sempre troppo» disse un uomo sulla trentina. Potevano passare per fratelli.

Stessa carnagione pallida, stesso odore nauseabondo e stessi occhi color topazio.

«Piacere, io sono Gabriel. Gab o Gabe se preferisci»

«Mi piacerebbe sapere il mio nome, almeno potrei presentarmi» sputai tra i denti, irritato.

«Beh, per il momento potremmo chiamarti John. Che ne dici?» disse la biondina. Erano veramente una bella coppia. Chissà perché il loro odore mi infastidiva tanto.

«Uhm. Ora so quello che intendevano tutti. Tu puzzi, Jacob»

«Senti chi parla»

Un ricordo. Una voce trillante che mi diceva che puzzavo.

Ma non era la voce che cercavo.

«Jacob – dissi – il mio nome è Jacob»

«Hai ricordato qualcosa?» mi chiese Gabe gentilmente.

«Niente di particolare. Era solo… una sciocchezza»

«Ehi, Jacob – disse Ness – chi è questa Renesmee

«Non lo so. Ma so che se non fosse stato per quel nome che mi rimbombava nella testa non sarei mai uscito dal buio che mi circondava – osservai le bende che mi ricoprivano dalla testa ai piedi – beh, ovviamente devo ringraziare anche voi»

«Sai, Jacob, stai guarendo più velocemente di quanto mi aspettassi. Tra qualche giorno sarai in grado di muoverti perfettamente»

«Gabe, immagino che tu sia impaziente di riacquistare la tua intimità con Ness. Perciò, appena sarò guarito, me ne andrò da qui» dissi deciso.

«E dove andrai? – mi chiese lui per tutta risposta – Non ti muoverai di qui finché non ritroverai la memoria. Io e Ness siamo felici di ospitarti. E sappiamo aspettare. Dobbiamo saperlo fare. Per forza» l’ultima frase la borbottò tra sé e sé. Mi stupii persino di averla sentita, tanto era basso il tono di voce che aveva usato.

 

Passai da loro più di un mese dopo essermi risvegliato. Non avevo ancora idea di chi fossi, ma ogni tanto avevo dei flashback. Sapevo che da qualche parte c’era qualcuno che mi amava, sperando che non mi avesse dimenticato. Mi stavano cercando o avevano pensato che fossi morto? Non ne avevo idea, e continuavo a torturare il medaglione che avevo al collo. Un pegno d’amore, stando alla frase che era incisa al suo interno. Ma di chi? E chi era quella Renesmee di cui erano pieni i miei sogni?

Cominciavo a pensare che non avrei mai riacquistato la memoria.

Questi pensieri mi facevano soffrire, così ritornai a riflettere sulle stranezze dei miei coinquilini.

Oltre al loro odore, che mi faceva ancora prudere il naso, c’era il fatto che non mangiassero, nonostante ogni giorno preparassero montagne di cibo per me.

Inizialmente ero ritroso a mangiare in maniera spropositata, in fondo erano estranei, chissà cosa avrebbero pensato di me, anche se il poco che mangiavo non mi saziava. Così, poco a poco, anche rendendomi conto che quello che non mangiavo io finiva nella spazzatura, iniziai a cercare la sazietà a tavola. Ma, nonostante lo stomaco pieno, mi sentivo sempre vuoto. Come se non fossi completo. Come se mi mancasse un pezzo. Ma forse era solo la memoria che mi giocava brutti scherzi a farmi provare quella sensazione.

Gabe interruppe il corso dei miei pensieri.

«Eh Jake! Io e Ness stiamo andando a fare la spesa giù alla riserva. Vuoi venire con noi?»

La prospettiva di farmi una passeggiata con quel tempo – pioveva a dirotto – non mi attirava poi molto. Ma era sempre meglio che rimanere là da solo. E poi non ero mai stato alla riserva. Vedere un po’ di gente non mi avrebbe certo fatto male.

Non ero preparato alla sensazione sconvolgente che avrei provato.

Arrivati alla riserva – a piedi, nonostante la pioggia, eravamo veloci – entrammo in un piccolo negozio di alimentari.

La commessa era impegnata con un altro cliente e ci voltava le spalle.

Notai l’eleganza dei suoi movimenti e i lunghissimi boccoli color bronzo. Si muoveva con la leggiadria di una ballerina.

Mi aveva incantato e non l’avevo ancora neanche guardata in volto. Ma magari ne sarei stato deluso.

Non appena ebbe terminato di servire il cliente si voltò verso di noi con un sorriso. Mi ero sbagliato. Non ero deluso. Era la creatura più incantevole che avessi mai incontrato. Ma il suo sorriso si gelò quando posò gli occhi su di me.

«Jake – disse titubante – sei proprio tu? »

Sentii il vuoto, che c’era stato fino a qualche secondo prima, riempirsi.

Ero di nuovo completo.

Non ricordavo nulla, se non piccoli particolari della mia vita passata, ma appena posai gli occhi su quella fanciulla meravigliosa ogni cosa andò al suo posto.

Ed io mi sentivo… felice.

Era sbagliato? Non lo so. Ma la ragazza mi guardava come se avesse visto un fantasma.

Non riuscivo a parlare. Gabe lo fece al mio posto.

«Lo conosci?» le chiese.

La ragazza annuì, continuando a fissarmi. Sembrava che stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.

«Leah, puoi venire un attimo? » parlò come se si stesse rivolgendo a qualcuno nella stanza, ma a parte noi non c’era nessuno. E nessuno di noi si chiamava Leah.

Apparve una ragazza. Capelli corti, carnagione scura, come la mia. Non l’avrei definita brutta, ma c’era un che di maschile nel suo portamento.

Non ci degnò di uno sguardo. Sembrava piuttosto infastidita del fatto che l’altra ragazza l’avesse disturbata.

«Che c’è Nessie? Ti avevo detto che avevo da fare. Non avrai mica combinato qualche altro guaio dei tuoi, vero? Altrimenti la zia di Embry chi la sente! >> disse tutto d’un fiato.

L’altra per tutta risposta puntò un dito verso di me. Ora mi stavano facendo girare le scatole. Che cosa avevano contro di me?

Quella che si chiamava Leah si girò, e sul suo volto comparve la stessa espressione che aveva l’altra. Come l’aveva chiamata? Ah, sì, Nessie. Questo nome mi diceva qualcosa, ma forse era solo la somiglianza con Ness. Come quello di Vanessa, però, doveva trattarsi di un diminutivo. Mi azzardai a parlare.

«Come… come ti chiami?» le chiesi.

Mi guardò disperata. Poi mi rispose.

«Nessie cioè Renesmee. Il nome completo è quello che ha scelto mia madre, ma il diminutivo lo scegliesti tu».


 

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Capitolo 11
*** 10. Voglio indietro i ricordi... (POV Renesmee/Jacob) ***


Voglio indietro i ricordi...

Renesmee

 

Leah si avvicinò a Jake. Lo guardò negli occhi. Poi parlò.

«I tuoi gusti in fatto di amicizie non sono migliorati. Dove vai vai, ti ritrovi sempre in mezzo ai vampiri»

I due che stavano con Jacob sussultarono impercettibilmente. Notai i loro occhi color topazio. Erano gli stessi che avevano tutti i miei familiari, ma non sapevo che ci fosse qualcun altro, oltre a loro e al clan di Denali, ad aver adottato la dieta vegetariana.

«Che cosa sta dicendo, signorina? Gabe e Ness sono delle persone normalissime, definirle vampiri mi sembra tutt’altro che educato».

Lezioni di bon ton da Jake? Aveva realmente perso la memoria.

La ragazza che stava con Jake prese la parola.

«Perciò… tu sei Renesmee. – mi squadrò da capo a piedi, lentamente – Hai un odore strano. Cosa sei di preciso?»

Guardai Jacob accigliarsi. Forse era diventato troppo educato.

Entrò un cliente.

«Possiamo rimandare la discussione? Diteci dove vi possiamo trovare e vi raggiungeremo questa sera. Con la spesa si intende. Lasciateci la vostra lista» disse Leah affabile. Aveva ragione.

Quello non era proprio il posto adatto per mettersi a parlare di vampiri e licantropi.

«Benissimo – rispose il vampiro alto, Jake l’aveva chiamato Gabe sapete raggiungere la casa sulla cima del costone? Più in alto delle grotte, dirigendosi a Est verso il lago» disse affabile.

«Se marcate bene le vostre scie dovremmo riuscire a seguirle» risposi io. Beh, almeno quella di Jake sarei riuscita a seguirla fino in capo al mondo.

«Bene, a stasera» disse la ragazza.

Jacob fece un segno di saluto. Poi si dileguarono sotto la pioggia.

Io e Leah servimmo il cliente. E così continuammo fino al termine dell’orario di lavoro. Poi preparammo la spesa da portare al rifugio. In fondo era cibo per Jacob, non c’erano dubbi che quei due fossero vampiri.

Uscite dal negozio, salutammo Eileen, la zia di Embry che ci aveva ospitate per tutto il tempo che eravamo rimaste alla riserva. Avevamo lavorato al suo negozio per ringraziarla dell’ospitalità, e la sera ci affannavamo nella ricerca di Jacob. Fino a quel giorno con scarsi risultati. E pensare che era stato lui a venire da noi!

Mentre ci avviavamo, pensavo a quello che avrei voluto dirgli. Ma sembrava non ricordarmi. Cosa potevo… ma certo, il diario. Decisi di restituirgli il suo diario.

Finalmente arrivammo alla casa che ci era stata indicata. Chissà come mai nessuno ce ne aveva mai parlato. Forse nessuno si avventurava mai fin lassù.

Leah mi guardò. «Nessie, prima di venire ho chiamato i tuoi genitori. Non si sentivano tranquilli quando hanno sentito che saresti entrata in una casa di vampiri, anche se credo sia un po’ ipocrita da parte loro, ma sono stati molto felici di sapere che Jake è vivo. Ti salutano e sperano di vederti presto».

Leah sapeva che i miei genitori erano terreno minato in quel periodo.

Quei due mi avevano tradita nel peggiore dei modi. Avevano perdonato Nahuel.

Avevano creduto ad una storia secondo la quale il padre di Nahuel, e le sue sorelle, erano state risparmiate dai Volturi solo perché Johan aveva promesso loro il primogenito della seconda generazione di ibridi.

Come se io avessi mai potuto pensare di sposare qualcuno che non fosse Jacob.

Non l’avrei fatto neanche se fosse morto veramente. E sicuramente non senza averlo cercato per millenni. Il tempo non è un problema quando hai di fronte l’eternità.

Comunque non li sentivo da quando mi avevano dato quella bella notizia.

Zia Alice ogni tanto mi chiamava per dirmi dei preparativi del matrimonio, ed io le ero grata perché non nominava mai mio padre, o mia madre.

Sapevo che loro ricevevano mie notizie da Leah, anche se indirettamente. Lei chiamava Sue ogni sera. Sue viveva con Charlie. E Charlie sicuramente si dava da fare perché la sua figlia preferita – nonché unica – fosse serena. Poco importava che avesse perdonato il quasi assassino – mi rifiutavo di considerarlo un innocente – del mio fidanzato.

Le sorrisi per tranquillizzarla. Non ce l’avevo con lei. Sapevo che l’aveva fatto solo perché sentiva che era la cosa giusta.

Bussammo alla porta.

 

Jacob

 

Sentii bussare alla porta. Mi alzai da tavola, ma non feci in tempo ad aprire. Gabe era già lì. Fece accomodare le nostre ospiti – ormai mi consideravo a casa – e sistemò la spesa in pochi secondi. Ci sedemmo sui divani del soggiorno. Ness aveva preparato il tè e una torta di mele.

Gabe era impaziente di sapere.

Sapere qualcosa di me, ma anche delle due ragazze che l’avevano subito riconosciuto per quello che era.

Quel pomeriggio, infatti, mi aveva detto che l’accusa di Leah era fondata. Lui e Ness erano dei vampiri. Vampiri buoni, non aggredivano le persone, ma solo gli animali.

Ness fu la prima a rompere il silenzio.

«Allora, Renesmee. Vuoi dirci cosa sei

La ragazza mi guardò.

Aveva uno sguardo felice, ma allo stesso tempo pieno di tristezza.

Questo pensiero mi riempì di dolore.

Quella ragazza non doveva essere triste, e soprattutto non doveva esserlo per causa mia.

Dovevo fare qualcosa per renderla veramente felice.

E forse la chiave era nei miei ricordi perduti.

Rispose. «Sono un ibrido. Mezza vampira, per parte di padre, e mezza umana, per parte di madre. Mia madre è quasi morta dandomi alla luce, e mio padre, dopo molte indecisioni, è stato costretto a trasformarla in vampiro per trattenerla con sé. Jacob è il migliore amico di mia madre. Nonché il mio unico amore».

Quella dichiarazione mi mise in imbarazzo.

Lei comunque sembrò non farci caso. Continuò a parlare. «Jacob è il maschio alfa di un branco di licantropi – vidi Gabe e Ness sbarrare gli occhi – ma forse è meglio chiamarli mutaforma, del resto, come mi ha spiegato papà, è un puro caso che si trasformino in lupi, potrebbe trattarsi di qualsiasi altro animale. Dello stesso branco è parte anche Leah. Quello che mi chiedo è perché la vostra vicinanza non abbia scatenato la trasformazione. Di solito gli basta un niente per prendere fuoco» rise sommessamente.

Prese la parola Leah. «Poco più di un mese fa c’è stata una battaglia, scatenata da un vampiro che voleva creare un diversivo mentre suo figlio corteggiava Nessie. Il nostro branco è stato chiamato a combattere. Jacob deve essere rimasto gravemente ferito. Ma non abbiamo mai rinvenuto il corpo, e pensammo che fosse morto. Tra l’altro… - si interruppe, guardandomi. Era come se aspettasse da me il permesso di continuare – Nessie, puoi continuare tu? A me non è permesso raccontare i segreti del branco. E Jake in questo momento non ricorda chi sei tu, figuriamoci se può ricordare chi è lui»

Che cosa significava? Quella ragazza sembrava nata per irritarmi.

Le mie mani cominciarono a tremare.

Respirai a fondo cercando di calmarmi.

Nell’aria percepivo solo il profumo di Renesmee.

La più perfetta armonia tra il dolce dei vampiri e il salmastro degli umani.

Era un profumo perfetto.

Lei era perfetta.

Ed era mia.

Mi spaventai per la verità del mio pensiero nel momento stesso in cui lo formulai.

Nessie assentì a continuare. «Tra l’altro, i membri del branco possono comunicare tra loro quando sono in forma di lupo. Cioè… si leggono nel pensiero, a qualsiasi distanza si trovino. Jacob era scomparso dalla percezione del branco. E questo succede solo per due motivi. Il primo è che il lupo sia ritornato umano. Il secondo… è che sia morto»

Leah continuò.

«Ovviamente, data la situazione, abbiamo dato per scontato che il motivo per il quale Jake fosse scomparso dalla nostra percezione fosse il secondo. Ma Nessie, dopo aver dormito per una settimana da quando aveva ricevuto la notizia, si è risvegliata certa che Jacob fosse ancora in vita. Mi ha trascinata fino alla riserva dei Makah…»

«Devo ricordarti che ti sei offerta volontaria per seguirmi?» la interruppe con un sorriso Nessie.

Si stava rilassando, ed era ancora più bella.

Forse stava iniziando a pensare che non fossi un sogno.

E che fossi realmente in vita.

Quanto avrei voluto ricordare cosa avevo fatto per meritare tanto amore!

«Mi ha trascinata fino alla riserva dei Makah – continuò imperterrita Leah – e abbiamo cercato Jacob fino a oggi. Passavamo notti intere senza dormire, nella speranza di incrociare il suo odore, o qualcosa di simile. Nessie voleva essere certa di aver fatto tutto il possibile, prima di rinunciare a lui»

Cosa che non sarebbe mai successa a giudicare dall’espressione di Renesmee.

Avevano finito di raccontare la loro storia.

Il silenzio che seguì sembrò eterno.

Ma passarono solo pochi istanti prima che Gabe iniziasse a commentare.

«E’ interessante sapere quanto abbia dormito Renesmee prima di risvegliarsi certa che Jacob fosse ancora in vita – disse. Io non avevo notato questo particolare, ma certo era strano – Jake ha combattuto tra la vita e la morte esattamente per una settimana, da quando l’abbiamo soccorso. Era conciato veramente male. E con tutto il veleno che aveva in circolo ci saremmo aspettati che diventasse un vampiro entro pochi giorni. Non solo non lo è diventato, ma dalle ferite che aveva riportato è guarito in meno di dieci giorni. Era qualcosa di incomprensibile per me. La sua memoria era pari a zero, ma con tutti i traumi che aveva subito mi sembrava il minimo. Ora voi mi dite che è una specie di macchina costruita per distruggere vampiri. Forse il veleno è riuscito ad arrecare solo danni neurologici»

«Parli come mio nonno – sbottò Renesmee – e dire che di vampiri saputelli ne avevo piene le tasche. Non è facile vivere con persone onniscienti. Tra l’altro Jake normale non lo è mai stato»

«Che vorresti dire?» la interruppe Ness.

«Beh, pensavo fosse chiaro. Sono figlia di un vampiro, anzi di due, allo stato attuale delle cose, e vivo con la mia famiglia di vampiri. Nonno Carlisle, nonna Esme, papà, mamma e i miei quattro zii. Alice, Jasper, Rosalie ed Emmett. Ognuno di loro è speciale a modo suo. Ma zia Alice e mio padre lo sono più degli altri»

«Edward legge nel pensiero e Alice riesce a prevedere il futuro. Anche se potremmo dire che più che prevedere il futuro riesce a vedere le conseguenze di determinate decisioni».

Ero stato io a parlare. Non sapevo da dove mi venisse quell’informazione, eppure l’avevo usata come se ne fossi sicuro al mille per mille.

Renesmee e Leah mi guardarono sorprese.

«Nessie, hai detto nonno Carlisle?» chiese Gabe sorpreso ed incuriosito.

«Si, perché?» rispose lei.

«Perché è stato lui ad ispirarmi, e a spingermi verso la vita di vampiro vegetariano. Probabilmente non se ne è neanche reso conto, lo ascoltai di sfuggita mentre cercava di convincere qualcun altro. Ma mi fece un gran regalo. Ero un medico, da umano. E con il suo esempio posso continuare a farlo tuttora. Devi farmelo conoscere» le disse calorosamente.

«Sì, sono sicura che Carlisle ne sarà molto felice – rispose Leah ironica – la sua missione è convertire quanti più vampiri possibile al suo credo. Comunque ora vogliamo lasciare un po’ sola questa coppietta? Vorrei tornare a casa il più presto possibile, ora che abbiamo ritrovato questo testone» decisamente irritante come intervento. Ma non poteva essere più giusto.

Desideravo rimanere da solo con la mia Renesmee.

 

 

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Capitolo 12
*** 11. Io e te... noi! (POV Renesmee/Jacob) ***


Io e te... noi!

Renesmee

 

Da sola con Jacob? Ma cosa saltava in mente a Leah?

Ma non importava. Cinque secondi dopo la battuta di Leah mi ritrovavo a fissare il mio Jake negli occhi. E capivo che stare sola con lui era tutto quello che desideravo. Leah era impagabile.

Mi avvicinai a lui, timorosa di essere respinta. Ma non si mosse quando mi sedetti sulle sue ginocchia, anzi. Mi avvicinò al suo petto, come faceva sempre quando voleva tranquillizzarmi.

Non ricordava nulla, eppure il suo istinto lo spingeva a proteggermi, soprattutto quando sapeva che era lui a ferirmi.

Rannicchiata sul suo petto, sentivo le scosse che lo attraversavano. Cambiai posizione, per guardarlo in volto. E mi accorsi che piangeva.

Gli feci una carezza, ed asciugai le sue lacrime con le labbra. Le lacrime erano salate, ma sapevano di lui. E poi scendevano fino alle sue labbra. Così lo baciai. Era tutto il giorno che volevo farlo. Gli sarei saltata addosso nel negozio di Eileen se non mi avesse guardata con gli occhi di un cucciolo smarrito.

Ma ora, ora era l’unica cosa che mi andava di fare.

E la sua reazione non fu di rifiuto. Rispose al mio bacio.

Era come se le sue labbra ricordassero le mie.

Dischiusi le labbra, che stava esplorando con la lingua, e lasciai che prendesse possesso della mia bocca. Volevo che quel bacio non fosse casto. E il mio desiderio fu esaudito. La sua lingua danzava con la mia in un gioco eccitante e allo stesso tempo appagante.

Avevo voglia di lui, ma allo stesso tempo volevo che ricordasse chi era e perché il suo corpo reagiva così alla mia presenza. Misi fine a quel bacio, e lo guardai negli occhi. Sembrava… felice.

Ma leggevo la confusione nei suoi occhi.

Mi ricomposi, e, continuando a stare tra le sue braccia – quanto era buono il suo odore, e quanto mi era mancato – mi rivolsi a lui, cercando le parole giuste per non rovinare il più perfetto dei momenti.

«Jake, so che sei confuso. Ma ti amo, e voglio aiutarti. Dimmi se c’è qualcosa che posso fare»

Lui mi guardò. Uno sguardo dolce, da innamorato. Ma non era possibile, a meno che non si ricordasse di me.

«Nessie – mi disse – io non so chi sei, e non so neanche se tutte le storie che mi avete raccontato oggi siano vere. Ma credo di amarti. Prima di incontrarti sentivo un vuoto, e quando ti ho vista, giù alla riserva, mi sono sentito completo. Credi che sia sbagliato sentirmi così?»

«Jacob Black – gli risposi io – non credo affatto che sia sbagliato. Prima di andartene mi facesti una promessa. E tu le tue promesse le mantieni sempre»

«Che promessa?» mi chiese lui.

«Voglio che te la ricordi da solo. Soltanto allora sarò sicura che l’avrai mantenuta» gli dissi con un sorriso. Prima di posare un altro bacio sulle sue labbra.

Poggiai la testa sulla sua spalla, e mi addormentai, sorridendo.

Mi svegliai sentendo la voce allegra di Leah. Pensai di aver sognato tutto quanto, quando mi accorsi che ero tra le braccia di Jacob. Sicuramente in quella posizione non aveva chiuso occhio. Odiava dormire seduto.

Lo rimproverai scherzosamente.

«Jake. Mi avresti dovuta svegliare! Non è stato carino da parte mia addormentarmi così»

Mi rispose dolcemente, con un sorriso che gli illuminava gli occhi.

«Già, avrei dovuto. Ma non mi dispiace aver passato la notte in bianco. Guardarti dormire è l’esperienza più piacevole che io abbia mai fatto. E Leah mi ha tenuto compagnia tutta la notte. Mi ha raccontato un po’ della riserva di La Push, e siamo riusciti a mettere insieme un po’ dei miei flash. – si interruppe, come qualcuno che ha improvvisamente ricordato un appuntamento importante – Ma non hai fame?»

«Sì, ma sinceramente sono stufa del cibo umano. Sono due mesi che non mangio altro!»

Ness saltò fuori dalla cucina, improvvisamente curiosa. «Cosa mangi di solito, Renesmee

«Diciamo che la mia dieta è molto variata – risposi con un sorriso. La presenza di Jake bastava a trasformare la musona Nessie nell’infinitamente più simpatica Renesmee gioiosa – Jake mi accompagnava a caccia tre volte la settimana, ma per il resto pretendeva che mangiassi cibo normale»

«Ti accompagnava a caccia? – disse lei sconvolta – un umano così vicino mentre cacci. Non è pericoloso?»

La guardai strabuzzando gli occhi.

«Finora non ho incontrato nessuno che classificasse l’odore di Jacob come umano. Di solito gli dicono tutti che il suo odore rende facile il non mangiarlo. Per me non vale. Ha l’odore più buono dell’universo. Ma non sa di cibo!»

Risero tutti. Com’era bello Jacob quando il sorriso gli illuminava il viso.

«Comunque potresti accontentarti. Almeno finché non recupero la memoria…» disse Jake.

Era sempre stato bravo a far leva sui miei sensi di colpa per farmi fare quello che voleva lui.

Lo fissai fintamente corrucciata. «Va bene. Ma questa è una mossa scontata, Jake. Sicuro di aver perso la memoria?»

Per tutta risposta mi baciò. Dolcemente. Lentamente. Approfondendo il bacio a poco a poco.

Quando si fu saziato si staccò. «L’amore per te, e qualche altra piccola sciocchezza, sono tutto ciò che ricordo della mia vecchia vita. E’ come se senza te io non avessi motivo di esistere».

Questa frase mi fece venire in mente la dedica sul diario che gli aveva regalato mio padre. Con gli occhi cercai la mia borsa. Leah me la passò. Non era mio padre, perciò non poteva sapere cosa stessi cercando. Ma le avevo letto quel diario così tante volte che la frase di Jake doveva aver fatto pensare la stessa cosa anche a lei.

Presi la borsa e mi alzai in piedi. Jake era riluttante a farmi allontanare da lui, perciò si alzò insieme a me e mi tenne stretta per la vita. La sua presa era dolce e affettuosa, ma allo stesso tempo decisa e salda. Mi avvicinai al suo orecchio. «Jacob, ti andrebbe di fare una passeggiata fuori? – sussurrai, inutile dire che la privacy che cercavo non l’avrei ottenuta così – Io e te da soli» poi posai un bacio dietro il suo orecchio. Due mesi di lontananza e non riuscivo più a saziarmi di lui. Ma in effetti quella parte non mi era mai riuscita bene.

«Va bene. Sento il bisogno di stare un po’ solo con te» sussurrò in risposta lui.

Uscimmo tenendoci per mano.

 

Jacob

 

La mano di Renesmee era così morbida e piccola nella mia. La sua presenza mi faceva stare bene, e credevo che non avrei mai sopportato la sua lontananza. Ma il nostro bisogno reciproco era sempre stato così forte, oppure era solo una reazione ai due mesi di lontananza? Non ricordavo.

Camminammo per un po’ in silenzio, godendo della reciproca compagnia e del calore del sole sui nostri corpi. La tempesta della notte precedente aveva lasciato spazio ad un cielo azzurro privo di nuvole. Era come se il cielo sapesse che ci eravamo ritrovati e stesse festeggiando con noi.

All’improvviso si fermò. Eravamo arrivati su uno spuntone di roccia solitario, che dominava tutta la valle. Era uno spettacolo che avrei definito mozzafiato, se a fianco a me non ci fosse stata Renesmee.

Si sedette, e io con lei. Ma si oppose al fatto che la prendessi sulle mie ginocchia.

«Quella posizione mi rende difficile la concentrazione. E ne avrò bisogno per le prossime ore» disse sorridendo.

Estrasse un vecchio libro piuttosto malconcio dalla sua borsa. Eravamo andati fin lassù per leggere? Non potevamo farlo più comodamente sul divano della baita? Dovevo avere un espressione molto eloquente, perché Renesmee rise. Una risata argentina, squillante. Mi rendeva allegro, oltre a farmi venire una gran voglia di baciarla.

«Jake non sei proprio cambiato di una virgola. – disse tra le risate – Non voglio farti leggere, tranquillo! O meglio, voglio che tu legga, ma è qualcosa che hai scritto tu. E spero che possa aiutarti a ritrovare la memoria»

Mi poggiò il libro sulle gambe. C’era scritto Jacob sopra, ma qualcosa mi diceva che la grafia non era la mia. Non avevo mai scritto nulla da quando mi ero svegliato, quindi non ne potevo essere sicuro.

Aprii il diario e lessi la dedica. Era firmataEdward”. Il padre di Nessie se non andavo errato. Perché avrebbe dovuto regalarmi un diario quasi sette anni prima? A meno che io e Nessie non stessimo insieme da sette anni.

 

Non c’era più niente; solo io, solo lui.

Ad accanirci su un cadavere.

Tutto ciò che rimaneva della ragazza che avevamo amato. Quel cadavere spezzato, dissanguato, martoriato. Non potevamo ricomporre Bella.

Sapevo che era troppo tardi. Sapevo che era morta. Ne ero sicuro perché la sua attrazione era sparita. Non sentivo più alcuna ragione per rimanere lì accanto a lei. Lei non c’era più. Per me quel corpo non esercitava alcuna attrazione. Il bisogno irragionevole di esserle accanto era svanito. O meglio si era spostato.

 

Un altro ricordo. Bella. Bella era la madre di Nessie. E la mia migliore amica, stando a quello che le mie sensazioni mi avevano suggerito. Ma l’avevo amata. Come potevo averla dimenticata così in fretta dopo la sua morte?

Girai la pagina. Mi trovai di fronte la mia scrittura. Lessi attentamente. Sotto lo sguardo curioso di Renesmee, arrivai in fondo alla pagina

«E’ così? – chiesi – Mi sono innamorato di te la prima volta che ti ho vista?»

Arrossì e sorrise. «Più o meno »

«Che significa?»

«Tu credevi di essere innamorato di mia madre. E stando a quanto mio padre si arrabbia ogni volta che gli chiedo di questa storia anche lei doveva aver confessato di amarti. Meno di quanto amasse lui, comunque, visto che lo sposò. Ma quando nacqui la tua attrazione per mia madre cessò. Papà dice che inizialmente pensasti che fosse perché mamma era morta, ma quando ti avvicinasti a me per uccidermi, il solo guardarmi in viso scatenò in te una reazione incontrollata…» disse.

«L’imprinting» concludemmo insieme.

 

«Dimmi che non è vero», mi ringhiò contro Bella.

Indietreggiai a mani alzate, cercando di farla ragionare. «Sai che è una cosa che non si può controllare»

«Stupido imbecille! Come hai potuto? La mia bambina!»

Mentre mi prendeva di mira, mi rifugiai fuori dalla porta di ingresso, indietreggiando di corsa sui gradini. «Mica l’ho deciso io, Bella!»

« L’ho tenuta in braccio una sola volta, e già pensi di avere qualche pretesa idiota da lupo su di lei? Lei è mia»

«Me ne basta un po’», dissi implorante mentre mi ritiravo attraverso il prato.

«Come hai osato avere l’imprinting con mia figlia? Sei fuori di testa?!»

«Non è una cosa volontaria!», insistetti, arretrando tra gli alberi.

«Perché dovrei ascoltarti?», sibilò. La furia si era impadronita di lei. Cancellava ogni altra cosa.

«Perché eri stata tu a dirmelo. Ti ricordi? Tu mi hai detto che le nostre vite si appartenevano, giusto? Che eravamo una famiglia. Hai detto che era così che doveva andare, fra noi. E ora… eccoci. E’ ciò che volevi»

Mi guardò con ferocia.

«Pensi di poter far parte della mia famiglia come genero?» strillò.

Insistetti: «No! Come puoi vederla così? E’ poco più che una neonata, maledizione!»

«E’ questo il punto!», urlò.

«Ma lo sai anche tu come funziona! Pensi che Edward mi avrebbe lasciato vivo, se fosse stato così? Desidero soltanto che lei sia al sicuro e felice. E’ sbagliato? E’ così diverso da quello che vuoi tu?» gridai.

 

Mi riscossi dai miei pensieri. La faccia di Renesmee era eloquente. Dovevo essere rimasto imbambolato come un idiota per qualche minuto. Tanto da scatenare la sua preoccupazione.

La abbracciai per rassicurarla. Trascorremmo il resto della giornata leggendo quel diario, ogni pagina mi faceva venire in mente nuovi ricordi. L’ultima pagina che avevo scritto risaliva ormai a due mesi e mezzo prima. Ed era per lei. Ma in fondo tutta la mia vita era per lei.

Io c’ero per lei. Il motivo della mia esistenza era lei.

Ora avevo capito il senso della frase di Edward.

Pensavo che avessimo finito, ma il diario continuava con una scrittura diversa. Doveva essere quella di Renesmee, tutta ghirigori e cuoricini.

Aveva scritto una decina di pagine dedicate a me. La prima delle quali recitava questo:

 

14 luglio

Mio amato Jacob,

una settimana fa mi hanno dato la notizia della tua scomparsa. Non so se crederci. Leggendo quello che mi hai lasciato ho pensato che tu fossi preparato. Ma non lo ero io. E non lo sono tuttora. Mi sto preparando per partire con Leah alla tua ricerca.

Ho bisogno di sapere se sei ancora vivo. Il mio istinto mi dice di sì. L’amore per te non è diminuito. Ho passato una settimana a letto, o almeno così dice mio padre. Erano talmente tutti preoccupati per me da non considerare l’esistenza del patto. I Cullen sono entrati al gran completo nella Riserva.

Mamma mi ha detto di cercarti, se questo potesse contribuire, tra dieci, cento o mille anni a farmi essere ancora felice. Papà non è molto d’accordo, ma non riesce a contraddire mamma, lo sai! E comunque non mi sarei lasciata convincere.

Mi manchi da morire. Ti sei portato via metà di me promettendo che me l’avresti riportata. Sono sicura che manterrai la tua promessa. Me l’avresti già restituita se fossi morto. Non riusciresti ad essere tranquillo sapendo che per colpa tua potrei non sentirmi mai più felice.

E il fatto che mi sento ancora svuotata di ogni sentimento, lontana da te, mi fa pensare che io abbia ragione.

E se ho ragione ti ritroverò, costi quel che costi.

Ora ti lascio. È arrivata Leah.

Ti amo.

Più della mia stessa vita.

Renesmee

 

Più della mia stessa vita.

Più della mia stessa vita.

Le mie mani scivolarono al medaglione che avevo al collo.

Improvvisamente, in un soffio di vento, ritrovai il Jacob Black che ero stato.

Tutti i miei ricordi tornarono. L’umano, il lupo.

E strinsi Nessie, la mia Nessie, in un abbraccio stritolante. Baciandola fino a perdere il fiato.

«Torniamo a casa» le sussurrai in un orecchio.


 

Citazioni: I ricordi di Jacob sono presi interamente da Breaking Dawn, di Stephenie Meyer, così come la frase "più della mia stessa vita" incisa nel medaglione.

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Capitolo 13
*** 12. Finalmente Jacob... ancora una volta! (POV Jacob/Renesmee) ***


Finalmente Jacob... ancora una volta!

Jacob

 

Mi ero trasformato in lupo.

Dopo più di un mese.

E non avevo perso il controllo.

Nella mia pazza gioia caricai Nessie sulla schiena, e corsi fino alla baita che mi aveva ospitato per tutto quel tempo.

Nel vedere un lupo rossiccio Leah uscì di corsa dalla casa.

Era rimasta con quei vampiri più di quanto mi aspettassi.

Mi venne incontro e mi abbracciò. O per meglio dire mi saltò al collo quasi volesse strangolarmi.

Ma rideva, era felice.

Posai Renesmee a terra. Feci il giro della casa e ricomparii vestito.

«Nessie puoi passarmi le mie scarpe?» chiesi, con un sorriso da ebete stampato in viso.

L’avevo ritrovata.

Anzi.

Mi aveva ritrovato.

E non avrei permesso a nessuno di separarci di nuovo.

Leah mi fissava, palesemente felice.

«Come ci sei riuscita?» disse a Renesmee.

«Ha fatto tutto da solo – rispose lei – abbiamo passato la mattinata a leggere un certo diario. Quando è arrivato all’ultima pagina si è raggelato, ha fissato il vuoto per qualche istante, e poi mi ha stretta in uno dei suoi soliti abbracci stritolanti chiedendomi di tornare a casa. Insomma le sue solite cose» concluse ridendo.

«Beh, che facciamo ora?» chiesi io, impaziente di tornare ad abbracciare i miei familiari.

«Per stanotte direi di dormire qui, se Gabe e Ness saranno così gentili da permettercelo» disse Nessie.

Per tutta risposta, Gabe, che si era affacciato sulla porta sentendo il suo nome, fece un cenno affermativo.

«Poi domattina – continuò guardando Leah – andremo giù alla riserva a recuperare le nostre cose, a salutare Eileen e a farle sapere che siamo ancora vive. E finalmente torneremo a casa» sospirò, avvicinandosi a me ed abbracciandomi.

«Continuo a credere che sia un sogno. Non solo questo testone è ancora vivo, ma siete persino in tempo per il matrimonio» sorrise Leah.

«Oh. Il matrimonio – dissi shockato io – non l’hai annullato?» chiesi a Renesmee.

«No, caro il mio smemorato. Ero certa che ti avrei ritrovato vivo. Non ho permesso a zia Alice di abbandonare l’organizzazione. Ed oggi è il 20 agosto. Mancano solo 21 giorni!» concluse, con un sorriso incredibile.

«Per non parlare delle novità» aggiunse Leah, rivolgendosi a Renesmee con aria cospiratoria.

Lei arrossì.

E io non capii.

«Di quali novità state parlando?» chiesi.

«Leah ti odio» disse Renesmee in risposta, facendole una linguaccia per rendere l’affermazione meno seria. Poi avvicinò una mano al mio viso, e mi mostrò un ricordo.

Erano lei, sua madre e Leah, e parlavano di… maturità completa?!

Quando tolse la mano dal mio viso era rossa di vergogna, e non riusciva a guardarmi in volto. Presi il suo viso tra le mie mani, e, guardandola negli occhi, avvicinai le mie labbra alle sue, e la baciai.

Presto sarebbe stata mia moglie. E nulla avrebbe più potuto dividerci.

«A cosa pensi?» mi chiese.

«A quanto sarai bella vestita di bianco. E tu a cosa pensi? >> risposi.

«Possiamo dormire insieme stanotte?»

Leah scoppiò a ridere.

La guardai storto.

La mia paura più grande era quella di non riuscire a trattenermi se avessi dormito nel suo stesso letto.

Ma i suoi occhioni che mi guardavano speranzosi ebbero la meglio.

Acconsentii con un cenno del capo.

«Dormire e basta, però» affermai deciso.

La vidi sorridere e la baciai di nuovo.

Leah si sentiva di troppo, così disse: «Nessie ti dispiace se torno da Eileen? Inizio a sistemare le nostre cose e ad avvisarla che partiamo. E soprattutto devo far sapere a casa che saremo di ritorno domani»

Nessie annuì.

Erano diventate amiche ormai.

E capiva come si sentiva Leah.

«Puoi fare tutto quello che hai detto, ma non avvertire a casa. Voglio che sia una sorpresa. Per una volta che zia Alice non può rovinare tutto»

Ci salutammo con un abbraccio e un appuntamento per la mattina dopo, poi Leah si trasformò e corse via verso la riserva dei Makah.

Io e Nessie entrammo in casa.

Gabe ci accolse con un sorriso triste.

«Perciò, domani ve ne andate» era ovvio che già sapesse tutto.

Con i supersensi dei vampiri non si poteva mantenere un segreto neanche volendo.

«Già – risposi io – ma ci tengo a ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me. Mi auguro che ci incontreremo ancora. In fondo non siete poi tanto diversi dalla nostra famiglia» era strano chiamare i Cullen così.

Ma in fondo era questo che sarebbero diventati: la mia famiglia.

«Beh, a questo proposito avrei qualcosa da chiedervi – aggiunse Renesmee – Non ne ho parlato con Jacob, ma immagino che sarà d’accordo. Il 10 settembre celebreremo il nostro matrimonio. Vorrei che foste presenti. In fondo è anche merito vostro se si terrà» mi guardò incerta.

Poi sul suo viso si aprì un sorriso gioioso.

Forse aveva letto l’approvazione nel mio sguardo.

«Certo che ci saremo – esordì Ness prima ancora che Gabe potesse aprire bocca – non vedo un matrimonio da quando sono diventata una vampira!»

«Perfetto. Ci tengo. Farò aggiungere due invitati alla lista di zia Alice!» disse lei allegra, come se non si aspettasse niente di meno.

Ci sedemmo a tavola parlando del più e del meno.

Era passata la mezzanotte quando ci ritirammo nella stanza che era stata la mia per tutta la permanenza. Mi sarebbe mancata quella casetta di legno e pietra.

Mi sdraiai sul letto trascinando Nessie con me, e ci addormentammo abbracciati.

Fiduciosi nel futuro che ci aspettava.

 

Renesmee

 

Mi svegliai da sola in quel letto, che senza Jake, mi sembrava vuoto ed enorme.

Il sole era ormai sorto. Mi chiedevo perché non mi avesse svegliata.

Andai in bagno e mi feci una doccia veloce, cambiandomi con i vestiti che avevo nella borsa.

Un paio di jeans scoloriti e attillati, e una maglietta arancione che metteva in risalto l’abbronzatura che avevo acquisito il giorno prima stando sotto il sole tutto il giorno.

Zia Alice non avrebbe approvato la scelta, ma almeno sarei stata comoda durante il viaggio.

Jacob insisteva perché viaggiassi sulla sua schiena, in modo tale da potergli raccontare, come solo io sapevo fare, tutto ciò che era successo da quando era partito.

Lo trovai seduto al tavolo da pranzo, intento a trangugiare tutto il trangugiabile.

Bevvi una tazza di latte e caffè e mangiucchiai qualche biscotto.

Ero stufa di quella dieta e non vedevo l’ora di tornare a casa.

Raccogliemmo le nostre cose, molto poche per la verità e ci trovammo nel soggiorno con Gabe e Ness.

«Allora ci vediamo il dieci!» disse Jake facendo un gran sorriso ai suoi nuovi amici.

«Perfetto!» risposero loro in coro.

«Questo è il numero di casa mia – dissi scrivendo su un biglietto un numero di telefono – se non doveste trovare la casa chiamateci. Vi aspettiamo per qualche giorno prima ad ogni modo. Così Gabe potrà conoscere mio nonno» conclusi con dolcezza.

«Ne sarei molto onorato – disse Gabe – sempre che non rechiamo troppo disturbo!»

«Immagino che Alice sarà talmente indaffarata con i preparativi da essere grata a chiunque le toglierà dai piedi un familiare. E Ness andrà perfettamente d’accordo con Esme» disse Jacob tranquillo.

Parlava della mia famiglia come se ne facesse parte. Ma in fondo era così.

Ci salutammo con degli abbracci.

Poi, usciti dalla baita, Jake mi consegnò le sue scarpe, che infilai in una busta prima di metterle in borsa, fece il giro della casa, si trasformò e ritornò da me con i suoi vestiti in bocca.

Li piegai e infilai anche quelli nella borsa. Poi salii agilmente sulla sua schiena e ci dirigemmo verso il paese.

A qualche chilometro dalla strada, quando eravamo ancora nel bosco, Jacob riprese le sue sembianze e ci incamminammo mano nella mano.

Con calma.

Arrivati alla riserva trovammo Leah, Eileen e le cugine di Embry ad attenderci.

Erano dispiaciute di vederci andare via, ma in fondo erano felici per noi.

Avevamo raggiunto il nostro obiettivo e stavamo tornando a casa.

I saluti furono infinitamente più lacrimevoli. («Per forza, i vampiri non piangono» mi disse Jake quando commentai la cosa, inutile dire che si prese uno schiaffo sulla nuca per l’indelicatezza, e un bacio per le scuse).

Partimmo da lì che il sole era ormai alto, ma La Push era decisamente vicina per la nostra velocità.

E non mi importava che il sole sarebbe presto scomparso.

Il mio sole, io, l’avevo appena ritrovato, e non sarebbe mai più tramontato.

L’andatura che aveva Jacob era rassicurante.

Così, dopo aver esaurito tutto quello che avevo da dirgli, mi addormentai sulle sue spalle.

Quando mi risvegliai eravamo ormai arrivati alla riserva.

La Push.

Casa.


 

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Capitolo 14
*** 13. Di nuovo a casa... per sempre (POV Jacob/Renesmee) ***


Di nuovo a casa... per sempre!

Jacob

 

Non volevo svegliarla, aveva un aspetto così sereno quando dormiva, ma era necessario se mi volevo ritrasformare per cercare mio padre.

Billy.

Mi sembrava passato un secolo dall’ultima volta che l’avevo visto. Chissà se l’avrei trovato cambiato.

Sentii Nessie muoversi sulla mia schiena.

Si era svegliata.

Mi accucciai per permetterle di scendere più facilmente.

Quando non sentii più il suo peso mi alzai di nuovo.

Era davanti a me.

«Grazie Jake! Di tutto» mi disse sorridendo mentre mi porgeva i miei vestiti.

Li presi con la bocca e mi allontanai per qualche secondo.

Leah era già rientrata a casa.

Per ordinare a Charlie di non chiamare Bella o qualcun altro dei Cullen.

Nessie era stata perentoria.

Non voleva che lo sapessero da altri.

Voleva che fosse una sorpresa.

Sebbene nell’arco di qualche chilometro saremmo stati alla mercé del potere di suo padre.

Ritornai da lei, che nel frattempo aveva preparato le mie scarpe perché potessi indossarle.

Presi il suo viso tra le mani e mi chinai per baciarla. Poi le strinsi la mano, che sembrava così piccola e fragile in confronto alla mia e ci avviammo verso casa.

Era tutto spento.

Strano.

Aprii la porta. Non appena mettemmo piede nella stanza improvvisamente si accesero le luci.

«Sorpresa!» ci salutarono in coro Sam, Emily, Paul, Rachel, Seth, Leah, Billy, Charlie, Sue, Quil ed Embry.

Gli ultimi due mi vennero incontro e mi stritolarono nei loro abbracci.

«Ci hai fatto preoccupare»

«Menomale che Nessie è testarda»

«Sei un idiota»

«Hai abitato con due vampiri e non ti sei trasformato neanche una volta?»

«Ti vogliamo bene»

C’era una confusione assurda.

Non capivo chi dicesse cosa. Ma sorridevano tutti. Ero di nuovo a casa.

Dopo aver abbracciato tutti e festeggiato a lungo, iniziai a sbadigliare.

Chiaro segno che li stavo sfrattando da casa mia.

«Jake» mi chiamò Nessie.

Mi voltai verso di lei.

«Volevo solo dirti che per stasera dormo da nonno Charlie e da Sue. Tuo padre ha bisogno di averti un po’ tutto per sé»

Le sorrisi.

Sapevo che l’avrebbe fatto.

Forse era proprio per questo che aveva insistito perché dormissimo insieme la notte precedente.

«Va bene, amore mio. Ci vediamo domattina» la strinsi a me, respirando il suo profumo. Poi posai un bacio sulle sue labbra e la lasciai andare.

La mattina dopo chiacchierai allegramente con mio padre come non succedeva da un sacco di tempo, assenza forzata esclusa. Parlammo molto, e mi resi conto, attraverso le sue parole, che Alice stava esagerando un po’ con l’organizzazione del mio matrimonio. Ma Nessie aveva preso i gusti elaborati da lei. Quindi non potevo lamentarmi.

Lo salutai promettendogli che per le diciannove mattine successive avrei fatto colazione con lui.

Non aggiunsi che non avevo intenzione di dormire lì.

Gli ero mancato.

Non mi avrebbe mai strappato quella promessa se non fosse stato così.

Uscito di casa salii sulla mia vecchia Volksvagen.

Non avevo voluto lasciarla, nonostante Bella mi avesse chiesto un’infinità di volte se volessi una macchina nuova e più veloce, una macchina da vero Cullen – nonostante lei la sua Ferrari l’avesse tirata fuori dal garage forse tre volte in sette anni – per regalo

Ci ero affezionato, che ci potevo fare? Quella macchina aveva visto un sacco di avventure.

E spesso lei ne era stata la protagonista. Quindi un po’ capiva come mi sentivo.

Mi mancava.

Non come mi mancava Nessie, era diverso.

Mi mancava la mia amica.

Quella che mi capiva al volo e mi consolava senza dire una parola. E presto sarebbe stata mia suocera.

Risi di quel pensiero, e mi avviai verso casa di Charlie e Sue scuotendo la testa.

Dall’esterno sentivo già che l’aria non era delle migliori.

Mi accolse infatti una Renesmee furiosa.

Cosa poteva aver fatto di male Charlie per meritarsi un trattamento del genere?

Decisi di entrare, pronto a porre fine alla disputa.

 

Renesmee

 

Jake arrivò a casa di Sue nel momento peggiore.

Nonno Charlie mi aveva appena detto che Nahuel era ancora a casa mia, ed ero in piena crisi isterica.

Che cosa credevano di fare i miei genitori?

Forse era la volta buona che a casa non ci tornavo più.

Ma forse era anche il momento migliore in cui potesse arrivare.

La sua presenza ebbe un effetto calmante su di me.

«Forse è meglio che rimandiamo la visita a casa tua» mi disse Jacob.

«E a cosa servirebbe? Prima o poi saprebbero che siamo tornati. Seth non riuscirà a tenere il segreto con mio padre a lungo. E verrebbero qui. Ti ho detto che ormai vanno e vengono dalla riserva come vogliono?» risi, scuotendo la testa, anche se ero ancora arrabbiata.

Jake capì perché lo facevo.

Ogni volta che volevo fuggire di casa mi rifugiavo a La Push.

Mio padre impazziva.

Se veramente ormai non importava più niente a nessuno del confine, non potevo essere lasciata in pace neanche lì.

E rise con me.

«Va bene. Ho la macchina qui fuori. Andiamo?» mi disse.

«Sì, e mi assicurerò di avere abbastanza pensieri ostili affinché mio padre capisca che non è il caso di rovinarmi la “sorpresa”. E se non lo fa so come infastidirlo abbastanza a lungo da farmi lasciare in pace. Ormai sono un’adulta. Lo riconosce anche mia madre» affermai seria.

Mi prese in braccio e mi trascinò in macchina. Avevo le mie gambe, lo sapevo fare da sola. Eppure lo lasciai fare.

Era bello farsi coccolare un po’.

Durante il tragitto ascoltammo la radio. Aveva inserito l’ultimo CD che gli avevo regalato.

C’erano le “nostre” canzoni.

A una distanza congrua perché mio padre mi sentisse iniziai a pensare a ripetizione: Se mi rovini la sorpresa ti faccio a pezzi. Letteralmente. Anche se sei mio padre.

Si sarebbe infuriato di brutto per la mia mancanza di rispetto.

Ma a chi importava?

Lui non mi stava rispettando affatto permettendo a quell’ibrido di rimanere a casa mia.

Parcheggiammo di fronte al garage.

Sapevamo che avevano sentito arrivare la macchina.

E ci aspettavamo il comitato di benvenuto.

Ma c’era solo zio Emmett sulla porta.

Vedendolo non riuscii a trattenere la gioia, nonostante fossi arrabbiata con tutti quanti.

E gli corsi incontro.

Era lo zio più simpatico e giocherellone del mondo.

Tra lui e zio Jazz preferivo infinitamente lui.

Almeno era divertente.

«Bambolina! Sei tornata! E hai portato anche il cucciolotto!» disse strapazzandomi ben bene.

«Pensavi che non ci sarei riuscita, vero?» risposi io guardandolo con aria critica.

«Beh, a dire il vero c’è solo una persona che guadagnerà una fortuna dalle scommesse» affermò con un sorriso sornione.

Non chiesi chi.

Lo sapevo per certo.

C’era solo una persona che mi aveva appoggiata incondizionatamente.

«Mia madre» gli dissi. Lui annuì. Poi salutò Jacob.

«Ehi lupacchiotto! – disse scherzosamente – ci hai fatto preoccupare!»

«Ciao Emm! – rispose Jake – ma dove sono tutti?»

«Immagino che siano in salotto ad aspettarvi. Volevo essere il primo a riabbracciare la mia dolce nipotina!»

«E volevi stare alla larga da Nahuel, vero?»

«In realtà… ma lo vedrete da voi» disse ridendo.

Presi per mano Jake e ci avviammo verso la porta.

Zio Emmett ci seguiva.

La prima ad entrare nel mio campo visivo fu mia madre.

Mi abbracciò per un istante, poi strinse Jacob.

«Jake la prossima volta che mi fai spaventare così ti ammazzo con le mie mani. Per fortuna che la piccola non si è arresa e ti ha riportato qui. – si allontanò – Come state?» ci chiese.

Per due ore non facemmo altro che rispondere a domande su domande.

Volevano il racconto nei minimi dettagli.

Zia Alice si irritò un po’ quando le dicemmo che ci sarebbero stati due invitati in più e si dileguò con zio Jazz per ridistribuire i posti a tavola e alla cerimonia.

Mi dissero che Nahuel si era dileguato pochi minuti prima.

Appena si era reso conto che eravamo tornati.

Almeno una mossa intelligente nella sua vita l’aveva fatta, il ragazzo.

Forse alla fine l’avrei perdonato.

In fondo con l’eternità davanti di tempo  avevo.

Ma avrei lasciato passare almeno una decina d’anni, prima.

L’unico che non si fece vedere fu mio padre.

La mia felicità era turbata da quel particolare.

Quando chiesi notizie a mia mamma disse: «Pensava che non volessi vederlo. In fondo nell’ultimo mese se non fosse stato per Leah ed Alice non avremmo avuto affatto tue notizie»

«Mamma, ero arrabbiata con voi. Lo sarebbe stato chiunque al mio posto. In fondo avete perdonato il responsabile della quasi morte del mio fidanzato – sorrisi – ma questo non vuol dire che io non lo voglia vedere. Cavolo è mio padre! La mia felicità senza di lui non è completa!»

Che mi avesse sentito dire questa frase, o che avesse scelto proprio quel momento per comparire, il tempismo di papà fu perfetto.

Mi strinse in un abbraccio deciso ma rassicurante, e sfiorò i miei capelli con le sue labbra di marmo ghiacciato.

«Mi sei mancata, piccola mia» disse in un sussurro.

La mia rabbia si sciolse come neve al sole al sentirlo così insicuro.

E i miei occhi si sciolsero in lacrime.

«Mi sei mancato anche tu, papà. Sei ancora disponibile per accompagnarmi all’altare?» gli dissi scherzando, asciugandomi le guance con il dorso della mano.

«Certo che sì. Questo e altro per la mia unica figlia!» rispose sorridendo.

Jacob si avvicinò per dire qualcosa a mio padre.

E lui, stranamente, gliela lasciò dire, senza rispondergli prima che aprisse bocca.

«Edward, non so come ringraziarti – disse – Renesmee è riuscita a trovare il modo per farmi tornare la memoria solo grazie a te. E ora finalmente ho capito la dedica che mi facesti sette anni fa».

Li vidi stringersi la mano.

Ghiaccio nel fuoco.

E fui certa che non avrebbero più litigato.


 

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Capitolo 15
*** EPILOGO (POV Jacob) ***


EPILOGO

Jacob

 

A venti giorni dal nostro ritorno mi trovavo in un gigantesco gazebo bianco nel giardino di casa Cullen.

Alice aveva organizzato le cose in grande stile: gli invitati erano più di duecento – e mi chiedo ancora dove avesse trovato tutta quella gente – e, ancora una volta, il branco e i vampiri si trovavano riuniti insieme per festeggiare.

Le nostre vite erano ormai legate più di quanto ci si potesse immaginare.

La mia anima sarebbe stata legata indissolubilmente a quella di Nessie, lì, quel giorno, da un sacerdote ignaro della natura degli sposi e delle loro famiglie.

Alice e Jasper erano andati a prenderlo a Seattle, e lì l’avrebbero riportato non appena fosse terminata la cerimonia.

Ero lì, di fronte all’altare, ad attendere la mia dolcissima Renesmee, che non vedevo da più di un giorno ormai – Alice aveva tenuto alla tradizione, non permettendomi di avvicinarmi a lei la notte precedente, nonostante dal nostro ritorno fossi tornato a vivere stabilmente a casa Cullen – nervoso ed irrequieto, tanto che Seth, il mio testimone, mi aveva dovuto raccomandare più volte di mantenere la calma.

Fissavo continuamente l’ingresso del gazebo, ornato con un arco di rose rosso sangue avvolte nel tulle bianco. Il colpo d’occhio era meraviglioso.

Dovevo ammetterlo, Alice ci sapeva proprio fare. Non che già non lo sapessi, ma vederla all’opera in quegli ultimi giorni era stato veramente emozionante.

L’arrivo di Gabe e Ness l’aveva messa a dura prova, ma dopo averli conosciuti si era resa conto che il suo nervosismo era stato del tutto ingiustificato. Si affezionò a loro come se fossero due di famiglia, e li invitò a tornare con più calma dopo il matrimonio, quando io e Nessie ci saremmo trasferiti e ci sarebbe stata una stanza libera per ospitarli. Credo che Alice ogni tanto si scordi di essere una vampira, tanto è presa nella sua finzione di umanità, ma è pur vero che ogni coppia ha bisogno della sua intimità.

Il momento più intenso di quei giorni era stato sentire il racconto di Gabe.

Carlisle era stato felice di sapere che qualcuno aveva seguito il suo esempio, nonostante non fosse stato coinvolto da lui in prima persona, e già faceva strane congetture matematiche su quanti vampiri potessero essere coinvolti in quel modo di vivere senza che lui ne fosse a conoscenza. Al secondo “se” mi scoppiava già la testa, e Nessie che si era accorta della mia faccia stravolta, mi aveva trascinato fuori dalla stanza, baciandomi fino a farmi passare il mal di testa e a farmi venire i rimorsi per la promessa che avevo fatto ai suoi.

I suoi.

Bella, la mia migliore amica, stava per diventare mia suocera, ed era una cosa completamente anomala: le suocere non possono essere amiche degli sposi, per definizione.

Edward dal mio ritorno era stato meno scontroso verso di me. Il fatto che sua figlia fosse felice ormai gli bastava. Il che mi faceva ben sperare per il futuro.

Mentre facevo queste riflessioni, i quartetto d’archi che Alice aveva assunto per l’occasione iniziò a suonare la marcia nuziale. Alzando gli occhi incrociai quelli splendidi della mia Renesmee.

La osservai, mentre lentamente attraversava il grande gazebo al braccio di suo padre, visibilmente emozionato.

I suoi lunghi capelli color del bronzo erano raccolti in uno chignon che lasciava libere alcune ciocche che, in una cascata di boccoli, incorniciavano il lato destro del suo viso. Il vestito che indossava era principesco. Il corpetto, senza maniche, in raso di seta ricamato, si stringeva sulla vita per allargarsi sulla gonna di seta damascata, che scivolava verso terra in onde morbide. Il colore, bianco, oltre ad incarnare la purezza della donna che sarebbe stata mia per sempre, metteva in risalto il colore dorato che la sua carnagione aveva assunto stando al sole.

Era semplicemente perfetta.

Ma questo, lo sapevo da sempre.

Dopo la cerimonia, il ricevimento, al termine del quale scoprimmo che Charlie ci aveva regalato la sua casa, poco prima che i fuochi d’artificio dichiarassero chiusi i festeggiamenti.

Alice e Bella aiutarono Nessie ad uscire dal vestito da sposa e le fecero indossare un tubino di seta blu. Al collo portava la collana di perle che mio padre le aveva regalato.

Andammo a casa nostra.

 

Dove siamo anche ora. Carlisle è nella nostra stanza da letto. Nessie ha insistito così tanto per partorire in casa. Dice che altrimenti Bella non sarebbe potuta stare con lei. Eppure non posso fare a meno di pensare che questa mi abitudine a lasciarla fare come vuole l’abbia condotta a questa sofferenza non necessaria.

Edward sta ascoltando i miei pensieri.

Mi guarda e mi sorride.

Ma è un sorriso triste.

Questo momento lo riporta al giorno in cui è nata Renesmee.

So che quando ci pensa si sente ancora morire. So che una parte di lui è morta con l’umanità di Bella.

Ma so anche che lui sa che questa volta andrà in maniera diversa.

Per quanto stia soffrendo nel momento del parto, la gravidanza di Nessie è trascorsa serena, il suo corpo si è arrotondato in maniera “naturale” – per quanto mi riguarda a quella parola metterò sempre le virgolette, non credo più che ci sia una cosa che possa essere definita “naturale” in senso assoluto – ed ha aumentato anche il suo appetito per il cibo umano, soprattutto nell’ultimo periodo.

Concludo questo pensiero nel momento in cui Bella apre la porta della camera che è stata di Charlie per quasi vent’anni, prima che la casa diventasse di mia proprietà.

Mi guarda sorridendo e mi dice: «Congratulazioni papà! E’ nato un bel maschietto!»

«Congratulazioni anche a te, nonna!» le dico, facendo una linguaccia ed entrando di corsa nella stanza un po’ per evitare lo scappellotto che sicuramente mi avrebbe tirato, un po’ perché sono realmente impaziente di vedere mio figlio.

E’ tra le braccia di sua madre.

Carnagione di uno strano miscuglio tra il mio color bronzo e il pallore vampiresco di Nessie.

Occhi verdi.

Carlisle sorride quando si accorge che ho notato questo particolare.

«Sono della stessa tonalità degli occhi di Edward quando era umano» mi dice.

Sono felice che abbia preso qualcosa di lui. Ma non lo ammetterò mai.

Cavolo! Mi scordo sempre che sa leggere nel pensiero. Sicuramente lo saprà già.

«Jake?» chiede Nessie senza aprire gli occhi. E’ stanchissima, e voglio lasciarla riposare, ma prima devo stringerla tra le mie braccia.

«Cosa c’è dolcezza?»le rispondo.

«Come lo chiamiamo?» mi chiede.

Ci penso un po’ su, poi le rispondo.

«Che ne diresti di Nathan Ephraim

«Nathan? Come mai questo nome? Ephraim è il nome del tuo bisnonno, quindi posso capirlo, ma Nathan è insolito, sia per la mia famiglia che per la tua» mi dice scaldandosi un po’.

«Beh, pensavo che con il fatto dell’immortalità non ci sia da scherzare, dare lo stesso nome a più persone in questa famiglia potrebbe diventare problematico! E soprattutto voglio qualcosa che sia semplice pronunciare» le dico ridendo.

Lei mi sorride di rimando.

«E vada per Nathan Ephraim. Ma il nome del prossimo lo scelgo io!»

Il piccolo sceglie quel momento per agitarsi un po’.

Lo prendo dalle braccia della mamma per stringerlo al mio petto. Ancora non mi sembra reale che quel fagottino sia mio figlio.

Nathan smette di agitarsi. Il suo respiro si regolarizza. Si è addormentato.

Lo poso di nuovo tra le braccia della mia Nessie, ed abbraccio entrambi, certo che da questo momento in poi il sole non tramonterà più sulla mia vita, perché il mio sole splendente sono loro.

 

 

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