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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo (POV Jacob) *** Capitolo 2: *** 1. Ma quando è diventata così... STREGA? (POV Jacob/Renesmee) *** Capitolo 3: *** 2. Pessimi risvegli... solo per alcuni! (POV Jacob/Renesmee) *** Capitolo 4: *** 3. Ma perché mi devono sempre mandare di traverso il cibo? (POV Jacob/Renesmee) *** Capitolo 5: *** 4. Secondo te ti lascio campo libero? (POV Jacob/Renesmee) *** Capitolo 6: *** 5. Siamo di nuovo nei guai (POV Edward) *** Capitolo 7: *** 6. Amicizia (POV Bella) *** Capitolo 8: *** 7. Giuro che se non torna lo strangolo! (POV Renesmee) *** Capitolo 9: *** 8. Se mi ci metto sono più testarda di voi! (POV Renesmee) *** Capitolo 10: *** 9. Chi sono? Dove mi trovo? E soprattutto... che cos'è questa puzza tremenda? (POV Jacob) *** Capitolo 11: *** 10. Voglio indietro i ricordi... (POV Renesmee/Jacob) *** Capitolo 12: *** 11. Io e te... noi! (POV Renesmee/Jacob) *** Capitolo 13: *** 12. Finalmente Jacob... ancora una volta! (POV Jacob/Renesmee) *** Capitolo 14: *** 13. Di nuovo a casa... per sempre (POV Jacob/Renesmee) *** Capitolo 15: *** EPILOGO (POV Jacob) ***
Capitolo 2 *** 1. Ma quando è diventata così... STREGA? (POV Jacob/Renesmee) ***
Ma quando è diventata così STREGA?
Jacob
«Maledizione!» Mi svegliai imprecando. Era solo un sogno, ma come tutti
i sogni di quel tipo aveva lasciato un ricordo di sé sul mio corpo. E il fatto
che la mano della creatura che avevo a fianco fosse poggiata delicatamente
sulla mia coscia non aiutava affatto.
Nessie dormiva con me fin da quando era in fasce, ma allora la cosa non
creava problemi, né a me, né tantomeno a suo padre, che conosceva i miei
pensieri dal primo all’ultimo. Ultimamente però erano proprio i miei pensieri a
creare contrasti in casa Cullen. Ripensai al litigio di quella mattina. Bella
ed Edward avevano discusso per colpa mia, dato che lei continuava a proteggermi
col suo scudo ogni volta che ero a portata di mente da Edward.
Non che a lei facessero piacere i miei pensieri, bastava che la
guardassi negli occhi, era la mia migliore amica, la conoscevo bene, ed una
volta mi aveva detto: «Per Edward sarà sempre più difficile ascoltare i tuoi
pensieri, man mano che Nessie crescerà. Ti prometto, anzi, ti giuro, che quando
sarà il momento ti proteggerò da lui. E lo farò soprattutto per Renesmee. Ma in
cambio voglio due cose».
«Spara!» le avevo risposto.
Lei mi aveva guardato sorridendo e, mentre usciva
dalla cucina, si era rivolta a me dicendo: «Ogni cosa a suo tempo, Jake!». Era
come tutti i vampiri: il melodramma al primo posto.
E quel tempo era arrivato poco più di una settimana
prima. Ero entrato in cucina ridendo con Nessie ed avevo sentito Edward
ringhiare. Erano anni che non ringhiava al mio indirizzo. Più o meno da quando
avevo avuto l’imprinting con sua figlia, dimenticando sua moglie all’istante.
Nessie si era girata verso suo padre con uno
sguardo di rimprovero, e lui per tutta risposta mi aveva guardato, ignorandola,
e aveva detto: «Io non dormo. Mai!». Un altro con il melodramma nel DNA. Ma che
si era messo pure a controllare i miei sogni?
Comunque Bella aveva capito che era ora di fare le
sue richieste, e mi aveva detto: «Uno: aspetta la sua maturità completa. Due –
si fermò per stringere la mano di Edward – vorrei che prima vi sposaste».
Nessie si era quasi strozzata con il succo di
frutta che stava bevendo per colazione. Crescendo, a contatto con me, aveva capito
che il cibo umano era tutt’altro che sgradevole, una volta fatta l’abitudine.
«Mamma, ma cosa dici?» Nessie si rivolgeva a sua
madre così solo in casa, d’altronde per il loro aspetto dimostravano più o meno
la stessa età.
«Tesoro, conosco tuo padre. Il suo umore non era
così nero dal nostro viaggio di nozze. E penso di conoscere abbastanza bene
anche te, tanto da poter affermare che è per metà colpa tua, nonostante lui
vorrebbe che credessimo che è solo di Jake».
Renesmee arrossì. Bella aveva fatto centro. Ero
rimasto raggelato da quello scambio di battute tra madre e figlia. Sapevo
perfettamente quello che avevo sognato, e meritavo gli sguardi feroci di
Edward. Non sapevo però che i miei sogni fossero tanto simili a quelli di
Nessie.
Un suo movimento mi riportò al presente, capii che si era svegliata,
così spostai la sua mano.
«Jake!» mugolò. Era perfettamente consapevole dell’effetto che aveva su
di me. La abbracciai stretta al mio petto e respirai il suo profumo. Fu un
errore, quella strega approfittò della sua posizione per baciarmi. E non un
bacetto a fior di labbra, ma uno di quei baci che preludevano ad altro. Uno di
quei baci per cui suo padre mi avrebbe ucciso.
E visto che ormai sarei morto, mi abbandonai a quel bacio e ribaltai le
posizioni.
Mi ritrovai sopra di lei, in una situazione fin troppo simile a quella
del mio sogno.
Smisi per un attimo di baciarla e la guardai negli occhi. Troppo simili
a quelli di sua madre quando era ancora una semplice umana. Fu proprio in quel
momento che ricordai la promessa fatta ai suoi genitori: “sei mesi, non un
giorno di più. Il giorno della sua maturità sarà anche quello del nostro
matrimonio.”
Rotolai su un lato del letto, mi misi a sedere, e in un attimo decisi di
andarmene dalla camera.
Non avrei più dormito con lei. Almeno per quei sei mesi. Altrimenti
mantenere la promessa sarebbe stato difficile.
Renesmee
Che bacio! Jake era il miglior baciatore del mondo, sebbene non avessi granché
esperienza per poterlo affermare. Gli unici baci che avevo dato erano quelli
che avevo rubato a lui, e che in poco tempo, grazie alla mia crescita
accelerata perlopiù, si erano trasformati dai baci casti di una ragazzina alle
prime armi a quello di poco prima.
Forse lo avevo spaventato però. Si era alzato senza dire una parola, e
senza dire una parola se ne era andato dalla stanza. Mi sentivo triste.
Bussarono alla porta. Non era Jake, non avrebbe bussato, quella era la sua
camera. Ero io ad essere fuori posto. Comunque risposi, forse per
abitudine: «Avanti!». La mia voce era strana, piatta, atona, persino rotta in
alcuni punti. No, non mi sarei messa a piangere. Chiunque fosse entrato da
quella porta non avrei pianto.
La testa di nonno Carlisle fece capolino dalla
porta: «Si può?»
Abbandonai il mio proposito di trattenere le lacrime e mi lanciai al suo
collo.
«Oh, nonnino!» mi faceva sempre caso chiamare Carlisle
così, in fondo sembrava così giovane. Lui mi accarezzò la testa, possibile che
nonostante la mia maturazione tutti continuassero a vedermi come una bambina?
Anche Jacob me l’aveva dimostrato, stavamo per sposarci ma gli importava più di
una promessa che aveva fatto a mia madre che dei miei desideri. A volte pensavo
che non mi amasse davvero, e che stesse cercando solo un modo per restare
vicino a lei. Sapevo che l’aveva amata, e sapevo anche che non poteva fare a
meno di amare me, ma avevo in circolo gli ormoni di una qualsiasi adolescente
umana, e non potevo fare a meno di comportarmi come tale.
Quando mi fui calmata un po’ ci sedemmo sul letto e mi chiese: «E’
successo qualcosa? Ho visto Jacob sfrecciare nel salotto e trasformarsi appena
uscito di casa. Sembrava sconvolto».
Arrossii, il nome di Jake mi faceva quell’effetto ogni volta. Guardai il
nonno negli occhi, e fu un errore. Era impossibile mentire a quello sguardo
così buono.
«L’ho baciato» dissi, sentendomi improvvisamente colpevole. «E non
basta. Sono notti che sfrutto il mio potere per fargli sognare ciò che sogno
io. Nella speranza che si stufi di vederlo solo in sogno e si decida a fare
qualcosa di reale. E ci stavo quasi riuscendo, se non mi avesse guardata negli
occhi e non si fosse ricordato di quella stupida promessa che ha fatto a mamma
e papà».
Mi stavo comportando come una bambina capricciosa e lo sapevo. Il nonno
mi guardò con aria di rimprovero: «Renesmee – quando usava il mio nome completo
era sempre aria di guai – Jake è un uomo e sta cercando di comportarsi come
tale, mantenendo la parola data a Bella ed Edward. Certo che non gli stai
rendendo il compito più facile, cercando di ottenere quello che vuoi tu senza
preoccuparti di lui. Ti costa davvero così tanto aspettare altri sei mesi?
Pensa se la tua crescita fosse normale e lui avesse promesso di aspettare fino
alla tua maggiore età. Pensa a Quil, che dovrà aspettare altri dieci anni prima
che Claire diventi maggiorenne. Oppure pensi di essere la più sfortunata di
tutti solo perché i tuoi genitori hanno strappato a Jacob una promessa che
avrebbe comunque fatto a se stesso?».
Non aspettò che rispondessi. Si alzò silenzioso e veloce, come tutti in
quella casa, ed uscì dalla stanza, lasciandomi sola con i miei pensieri. E,
continuando a pensare a quello che mi aveva detto Carlisle,
e a Jacob, che ora era fuori sottoforma di lupo, mi distesi sul letto e mi
riaddormentai, sognando il giorno del mio matrimonio.
Capitolo 3 *** 2. Pessimi risvegli... solo per alcuni! (POV Jacob/Renesmee) ***
Pessimi risvegli. . . solo per alcuni!
Jacob
Il risveglio non fu dei migliori. Abituato come’ero a svegliarmi con la mia
adorata Renesmee tra le braccia, sapevo che quella mattina sarei stato di
pessimo umore fino a quando non l’avessi vista.
Ero tornato a dormire alla riserva. Papà non aveva fatto domande quando mi
aveva trovato alla porta di casa, sapeva che prima o poi sarebbe successo. Mi
conosceva, ero suo figlio. E soprattutto era un uomo.
Mentre correvo per raggiungere casa Cullen, ovviamente sottoforma di lupo,
mi venne il dubbio che forse lei non avrebbe voluto vedermi. Rallentai, preso
da questo timore. Quasi subito però ripresi il mio solito ritmo: anche fosse
stato così non le avrei permesso di fare il bello e il cattivo tempo. Eroio quello che si sarebbe dovuto sentire offeso dal suo
comportamento, non il contrario. Ed era lei quella che si sarebbe dovuta
sentire in colpa, quella che non stava rispettando né me, né i suoi genitori.
Ma in fondo aveva l’aspetto, e gli ormoni, di una qualunque adolescente. Seppur
infinitamente più bella ed aggraziata, era davvero strano che si comportasse
così?
Arrivato nei pressi di villa Cullen mi trasformai di nuovo e mi vestii. Ad
aspettarmi sulla porta, mano nella mano, c’erano Bella ed Edward.
Bene, l’ennesima ramanzina dal vampire, pensai. E tra l’altro non avevo nessuna colpa per quello
che era successo nella notte. Anzi, appena mi ero reso conto di quello che
stavo per fare me ne ero andato, non solo dalla stanza, ma addirittura dalla
casa. Ero fuggito a chilometri di distanza. Ma che vuoi che gli importasse. Se
la loro bella figlia aveva mostrato loro un ricordo distorto della nottata loro
avrebbero creduto a lei.
Ma Edward sorrideva serafico, guardandomi e ascoltando i miei pensieri. E
Bella, non mi sembrava arrabbiata. Non capivo. Poi ebbi un’illuminazione.
Edward aveva “origliato” tutta la notte.
All’improvviso mi sentii avvampare. Cioè, avrei dovuto saperlo che quel
vampiro mi avrebbe perseguitato per altri sei mesi.Chi diavolo me
l’aveva fatto fare ad avere l’imprinting con la figlia di un vampiro che sapeva
leggere nel pensiero.Ma così era veramente troppo. Zero privacy. Sì, avrei dormito alla riserva,
almeno i miei sogni non li avrei dovuti più tenere sotto controllo. Il resto
della giornata l’avrei passato con Nessie. Non riuscivo a stare senza di lei
per troppo tempo.
Salutai i due sulla porta con un cenno. Non avevano intenzione di fermarmi.
Non ancora, almeno. Probabilmente non aspettavano me.
Ed Edward doveva sapere perfettamente quale fosse il mio bisogno di vedere
sua figlia, di baciarla, dirle che l’amavo. In fondo era lo stesso che lui
aveva della madre.
Corsi nellamiacamera e mi fermai ad osservarla. Dormiva ancora. Sembrava un angelo. E lo
era davvero, benché fosse stata un demone tentatore la notte precedente.
Mi stesi di fianco a lei, fuori dalle coperte, e l’abbracciai per la vita,
appoggiando il mio mento alla sua spalla e schioccandole un bacio sul collo.
Sapevo che si sarebbe svegliata subito.
«Jake, sei tu?» mi disse, con quella sua voce scampanellante, benché piena
di sonno.
«Sì, amore mio, chi se no?» risposi, posando un altro bacio sul suo collo,
sull’altro lato, come a pareggiare i conti.
«Pensavo di non meritare un risveglio così dopo quello che ho combinato
ieri notte. Jake, mi dispiace, mi dispiace, mi…»
l’avevo girata verso di me e zittita con un bacio.
Staccandomi da lei, la guardai negli occhi e le dissi: «Lo so. Ti amo. E mi
dispiace essere fuggito così. Credimi. E’ solo che voglio rispettare la
promessa che ho fatto ai tuoi genitori. Ne va del mio onore. E, sinceramente,
con tuo padre che origlia è tutto fuorché intimo».
Nessie rise, e la baciai di nuovo. Quanto la amavo. Amavo tutto di lei, le
sue labbra, il suo naso, la sua risata, i suoi capelli. Ma soprattutto amavo
quel suo modo di essere così semplicemente Renesmee: mezza umana, e, per quanto
mi disgustasse la natura dei suoi parenti, mezza vampira.
Era l’incarnazione della perfezione.
Ero preso nelle mie riflessioni, tanto che quando tirò una mano fuori dalle
coperte pensai che volesse picchiarmi.
Lei però mi fissò intensamente e mi disse: «Voglio che tu veda quello che
ho sognato stanotte» e mi poggiò delicatamente la mano sul viso.
Renesmee
Un bacio sul collo. Un gesto semplice, ma pieno di significato. Nella mia
famiglia in particolar modo. Cosa avevo fatto per meritare Jacob? Se era lì era
solo perché mi aveva perdonata, o una via di mezzo. Era così testardo che avevo
temuto di non vederlo per giorni. Ma forse il suo bisogno di me era quasi pari
al bisogno che avevo io di lui. E se ci ripensavo era sempre stato così. Sapevo
fin dalla nascita che lui sarebbe statomio. E da quella notte sapevo anche che avrei potuto
aspettare altri sei mesi per avere quello che volevo, se questo l’avesse fatto
felice. Che differenza potevano fare sei mesi?
Decisi di fargli sapere che ero sveglia. «Jake, sei tu?»
Rise, la sua risata roca che mi elettrizzava sempre, e mi rispose: «Certo,
amore mio, chi se no?».
Amore mio, mi aveva chiamata amore mio. Era un nomignolo che usava
soltanto da poche settimane, eppure l’unico che mi sembrasse adatto. L’unico
che sentivo giusto. L’unico che avrebbe mai dovuto usare nei miei confronti. Il
suo amore per me era stato, e avrebbe continuato ad essere, infinito. Ed io
come lo ricambiavo? Cercando di compromettere il suo rapporto con i miei
genitori. Che razza di fidanzata ero?
«Pensavo di non meritare un risveglio così, dopo quello che ho combinato
ieri notte. Jake, mi dispiace, mi dispiace, mi…» ma
non potei continuare. Facendo perno con la mano che poggiava sulla mia vita mi
aveva girata verso di lui e zittita con un bacio.
Un bacio dolcissimo e pieno di amore. Nonché di scuse. Come se fosse stato
lui a doversi scusare.
«Lo so. Ti amo. E mi dispiace essere fuggito così. E’ solo che voglio
rispettare la promessa che ho fatto ai tuoi genitori. Ne va del mio onore. E,
sinceramente, con tuo padre che origlia è tutto fuorché intimo»
Risi, la mia risata lo metteva di buonumore, e mi baciò di nuovo.
Volevo che fosse felice. E decisi di mostrargli quello che avevo sognato
quella notte. Mi avrebbe detto che ero un’adolescente romantica, ma volevo
correre il rischio. E, ripensandoci, Jake non avrebbe mai detto qualcosa che
potesse ferire i miei sentimenti.
Tirai una mano fuori dalle coperte, lo fissai intensamente, pensando a
quale recondito ambito della sua testa avessero fatto visita i suoi pensieri.
Poi gli dissi: «Voglio che tu veda quello che ho sognato stanotte» e poggiai la
mano sul suo viso.
Rividi il mio sogno insieme a lui. Lo rividi sotto l’arco addobbato con
rose bianche mentre aspettava che arrivassi. Il completo che indossava faceva
risaltare la sua carnagione. Non che fosse quello che lo rendeva incredibile.
No, erano i suoi occhi fissi su di me, e pieni di orgoglio. Stavo per essere
sua, legalmente e per l’eternità, e sorrideva, guardandomi come se fossi stata
la cosa più preziosa della sua intera esistenza. Come se temesse che potessi
svanire da un momento all’altro.
Sentii la mano del Jacob reale stringersi di più attorno ai miei fianchi e
avvicinarmi al suo corpo più di quanto consentito.
Il sogno era più o meno terminato, perciò decisi di non prolungare oltre il
contatto. Ritornato sulla Terra Jake disse: «Hai intenzione di rubare il lavoro
a tua zia Alice? E comunque mi hai fatto più bello di quello che sono, ma in
fondo i sogni servono ad abbellire la realtà!».
Lo guardai seria: «Jake, tu sei molto più bello che nel mio sogno. E ti
amo»
«Lo so, ma mi piace sentirtelo dire» mi rispose, con quel sorriso furbetto
che aveva, e non capii se si riferiva al complimento o alti amo.
«Jacob Black, ho deciso di aiutarti a tenere fede alla tua promessa. Però,
ti prego, non mi lasciare dormire ancora da sola»
«Nessie, tesoro, io lo farei molto più che volentieri, ma temo che,
nonostante il tuo aiuto, prima o poi mancherei alla parola data. Certo che se
tu dormissi nella tua stanza io non dovrei andare alla riserva, e staremmo
comunque vicini!»
«Ma Jake…» mi interruppe.
«No, Nessie. Ho deciso così, e non sai quanto mi dispiaccia. E adesso,
pigrona, è ora di colazione». Mi sollevò tra le sue braccia per portarmi in
cucina.
Capitolo 4 *** 3. Ma perché mi devono sempre mandare di traverso il cibo? (POV Jacob/Renesmee) ***
Ma perché mi devono mandare sempre di
traverso il cibo?
Jacob
Era
così leggera, e profumava di buono, nonostante fosse una mezza vampira. E si sa
che i vampiri puzzano! Ma ormai avevo fatto l’abitudine a quell’odore fin
troppo dolciastro. Averli continuamente intorno qualcosa doveva pur avermi
dato.
Avrei
dovuto essere grato a Bella per il resto della mia vita per aver messo al mondo
quella splendida creatura che tenevo tra le braccia, e soprattutto per aver
scelto Edward. Non l’avesse fatto, non avrei mai saputo cosa mi sarei perso.
Eravamo
finalmente arrivati in cucina. Me l’ero presa comoda, non avevamo fretta, con
tutta l’eternità di fronte.
La
poggiai a sedere su uno sgabello dell’isola, ed iniziai a prepararle la
colazione. La cucina era deserta, ma in fondo eravamo gli unici abitanti
dell’intera casa a dover mangiare… perlomeno in
maniera tradizionale!
Neanche
un secondo dopo però, eravamo in compagnia. Non mi girai neanche, sapevo
perfettamente chi fosse: Bella, Edward e…
«Zia
Alice!» la sorpresa diNessieera
sincera. Alice e Jasper erano partiti per ilSud-Americapiù o meno due mesi prima, e non avevano
mandato neanche una cartolina. Continuai a preparare la colazione, certo di
sapere il motivo del ritorno di Alice.
E
infatti…
«Nessie! Ho saputo che ti devo fare gli auguri! Questo testone
finalmente si è deciso a chiedere la tua mano!»
«Alice…
non parlare di me come se non fossi qui. E sinceramente se fosse dipeso da me
avremmo aspettato ancora un po’. Solo che… io ho ventiquattro anni, e lei gli
ormoni di una diciottenne. Credo che tu possa immaginare, se nonvedere il motivo della fretta».
Edward ringhiò sommessamente. Beh, che ringhiasse quanto gli pareva. Io ero un
ventiquattrenne del ventunesimo secolo, le cose non funzionavano più come
quando aveva ricevuto la sua educazione. Ciò non mi impedì di arrossire
pensando a quello che avevo appena detto ad Alice.
Maledizione.
Ero arrossito.
Sbirciai
Edward , se la rideva,lo spione.
Alice
fece finta di non vederlo e rispose: «Beh, ho organizzato il matrimonio di
Bella ed Edward in meno di un mese… organizzare il
vostro in sei sarà una passeggiata! - si interruppe un attimo, durante il quale
squadròNessie– dovrò fare una stima per eccesso con il
vestito, ma vedrai che ne sarà estasiato quando avrò finito! >>
Le
risposi ridendo: «Resterei estasiato anche se si presentasse coperta di
stracci!»
Alice
finse di offendersi.
Tornai
ad occuparmi della colazione. Il mio naso fu però colpito da due nuove
fragranze. Una era quella di Jasper, e l’altra… era
un odore familiare, ma allo stesso tempo estraneo. Come se l’avessi sentito
tanto tempo prima.
La
colazione era ormai pronta, e mi voltai per servirla aNessie. Il
chiacchiericcio dei vampiri faceva da sfondo a quel momento, che sarebbe dovuto
essere intimo, non fosse stato per la presenza di quell’estraneo che fissava lamiaRenesmeecon uno sguardo che doveva essere riservato
a me.
Decisi
dimarcare il territorio, in
fondo ero un lupo, no? Servii la colazione aNessiee la
baciai.
Con la
coda dell’occhio sbirciai Edward, che mi guardava soddisfatto, come se non si
aspettasse niente di meno e non volesse niente di diverso da me. Chissà cosa
gli girava per la testa. Ma a me non era dato sapere, e, sinceramente, me ne
fregavo altamente.
Edward
rise apertamente, tanto che gli altri gli chiesero cosa avesse.
Mi
staccai daRenesmee,
ansimante, quel bacio mi aveva tolto un sacco di energie, ma ne era valsa la
pena.
«Buon
appetito,amore mio!» le dissi,
poi iniziai a mangiare anche io.
Bella
mi fissava imbronciata, probabilmente non aveva gradito la dichiarazione di
possesso che avevo fatto su sua figlia, e probabilmente le piaceva ancora meno
il fatto che stessi deliberatamente ignorando l’ospite.Nessieinvece aveva l’espressione beata di chi
aveva ottenuto quello che voleva.
Forse
neanche a lei erano piaciuti gli sguardi dello sconosciuto.
Bella
scosse la testa e si allontanò dalla compagnia, seguita a ruota da Edward. Quei
due vivevano in simbiosi, non riuscivano a stare più distanti di due
millimetri.
Si
avvicinò a sua figlia e mi lanciò un’occhiata irata. Ma durò un istante, il
tempo necessario a far sì che me ne accorgessi, un millesimo di secondo dopo
sorrideva dicendo: «Jake, Nessie,
vi presento il nostro ospite, anche se dovreste ricordarvi di Nahuel»
Inghiottii
rumorosamente il boccone che stavo masticando e mi voltai verso l’ospite. Non
l’avevo riconosciuto, ma non mi ci ero impegnato più di tanto. Ero infastidito
dagli sguardi che lanciava alla miaNessie.
Sorrisi
come un imbecille che cerca una via di fuga. Il suo arrivo significava una cosa
sola: guai. Perlomeno per me. “Alice ti odio”pensai, con tutto l’astio di cui ero
capace, sperando che Edward glielo riferisse. Perché sapevo che la sua presenza
era legata alla decisione diNessiedi
sposarmi.
Voleva
provare a portarmela via, finché non fosse stato troppo tardi.
Allungai
una mano e dissi: «Bentornato Nahuel. Hai fatto un buon viaggio?»
Renesmee
L’espressione
di Jacob non lasciava presagire nulla di buono. Non avevo bisogno dei poteri di
mio padre per sapere cosa stesse passando per la testa al mio fidanzato.
Contrariamente a mia madre non avevo alcuna difficoltà ad usare questa parola… forse perché nessuno, nella mia vita, me l’aveva
fatta odiare.
Strinsi
l’altra mano diJake,
quella che non era tesa nel vuoto ad aspettare la stretta di uno della mia
specie che aveva la chiara intenzione di dichiarargli guerra.
Il
silenzio imbarazzato che si era creato nella cucina mi faceva capire che tutti
si erano resi conto di quello che significava la presenza di Nahuel lì, in quel
momento. Guerra. Una guerra nella quale io sarei stata il premio per il
vincitore.
Mi
ritrovai a pensare che mi lusingava che quei due si ringhiassero contro, nel
vero senso di queste parole, per me, ma mi lasciava interdetta il fatto cheJakefosse così insicuro e non ricordasse che
proprio quella mattina gli avevo detto che lo amavo. E soprattutto mi
infastidiva il fatto che nessuno dei due contendenti ricordasse che ilpremiofosse unapersona senziente dotata di propri pensieri.
Jakelasciò cadere la mano che Nahuel non aveva stretto. Papà
se la rideva.Stava per scoppiare
il finimondo e lui se la rideva. Mi faceva arrabbiare fin troppo quando
faceva così. Mi ricordava nonno Charlie.
Credo
che papà avesse colto il paragone.
Iniziò
a ridere da solo come un matto. E quando mamma gli chiese cosa avesse, rispose:
«Chiedilo a tua figlia… dice che gli ricordo tuo
padre… in effetti… Charlie non reagì in maniera
differente, veroJake?»
Tutti
risero, salvo Jakeche
guardò storto mio padre, chissà a cosa si riferivano. Comunque la tensione che
c’era stata fino a un secondo prima si sciolse. Poi mi ricordai una cosa,
l’abitudine a fare senza di lui mi aveva fatto dimenticare quel particolare.
Toccai la mano di zio Jasper. “Perché non hai cercato di calmare le acque?”.
Mi
guardò, rise, e con la sua solita calma rispose: «Chiedi ad Edward!»
E ti
pareva che non ci fosse lo zampino di mio padre? Ero sicura che si sarebbedivertito un mondose Jacob e Nahuel si fossero picchiati.
Decisi
di rovinargli il divertimento: “Papà, e se anticipassimo il matrimonio?”.
Esplose,
come mi ero aspettata: «Cosa. Vorresti.Tu?».
Mamma
gli poggiò una mano sulla spalla, e lui si calmò. Ma la calma con cui espose il
pensiero seguente faceva ancora più paura delle urla che l’avevano preceduto.
«Niente
ma, niente se, e niente forse. Sei mesi. Non vi sposerete prima del 10
settembre. Che poi ormai mancano poco più di cinque mesi».
Ecco,
stare in balia di Nahuel per sei mesi era qualcosa che proprio non volevo.
Sarei finita con l’odiare mio padre, zia Alice, zio Jasper e tutti quelli che
avevano avuto parte con l’arrivo di quel mezzo vampiro nella mia casa.
Presi
la mano diJake,
e lo trascinai con me fuori dalla cucina. Non mi illudevo di trovare privacy,
quella era impossibile da avere in una casa piena di vampiri dai sensi
acutissimi, pronti a sfruttarli per farsi gli affari degli altri. Chissà come
mai zia Rose e zioEmmettnon si erano ancora visti.
Lo
guardai negli occhi. Era spaventato, come se temesse che l’avrei tradito, o,
peggio, lasciato.
«JacobBlack, ascoltami
bene. Io amo te, ti ho sempre amato, fin da quando ero una cellula del corpo di
mia madre e tu pensavi di essere innamorato di lei. Non ho cambiato idea in
quasi sette anni, e non la cambierò in questi sei mesi. Il 10 settembre sposerò
te, e te soltanto. Staremo insieme per l’eternità. E avremo dei figli, tanti
bambini che riempiranno le nostre esistenze – di questo non potevo essere
sicura, d’altra parte, se erano rare le circostanze in cui avevo avuto la vita
io, era unica una situazione in cui una mezza vampira avesse una relazione con
unmutaformavotato
a combattere i vampiri – e mio padre sarà il primo vampirononno biologicodella storia – lo vidi sorridere – perciò
stai sicuro che non ti lascerò andare tanto presto» per rimarcare quanto
dannatamente serie fossero le mie promesse, presi il suo volto tra le mani e lo
baciai, con tutto l’amore di cui ero capace.
Mi
strinse contro il suo petto e capii che mi credeva.
Rimanemmo
in quella posizione per qualche minuto, che mi sembrò un’eternità.
Quando
ero conJakeil mondo si fermava.
Poi
percepimmo una presenza. Era Nahuel.
Squadrò
Jacob e gli disse: «Goditela ancora per un po’, finché puoi, perché lei alla
fine sarà mia. E’ naturale che sia così. E’ nel nostro DNA»
«Senti
un po’…» interruppiJakenel momento
esatto in cui parlò, chiudendo le sue labbra tra pollice ed indice,
delicatamente.
Poi
parlai al suo posto: «Non è più scritto di quanto non siano le nostre intere esistenze.
E su questo zia Alice potrebbe darti una bella lezione. Io ho scelto Jacob.
Sarà lui il mio compagno per la vita. E non cambierò idea»
Nahuel
fece un sorrisetto e mi rispose: «Vedremo».
Capitolo 5 *** 4. Secondo te ti lascio campo libero? (POV Jacob/Renesmee) ***
Secondo te ti lascio campo libero?
Jacob
Tre mesi passarono in fretta e, per quanto mi riguardava, non sarebbero
potuti andare meglio.
Non dormivo più a casa Cullen, era più facile mantenere la promessa in
questo modo, e, nonostante l’irritazione che mi provocava il sapere che Nahuel
fosse più vicino a Nessie di quanto non fossi io, il fatto che lei cercasse
sempre la mia compagnia e continuasse a dirmi che mi amava senza mai mostrare
neanche l’ombra di un dubbio mi rendeva felice.
Vivendo insieme avevano stretto un rapporto che, per quanto la riguardava,
era solo di amicizia, ma sapevo, come tutti in quella casa, che lui mirava ad
altro. E, guardandola, chi non avrebbe mirato ad altro? Era sempre stata una
creatura incantevole, ma ora che si avvicinava il momento della sua maturità
completa stava diventando divina. Non esisteva un altro essere tanto bello su
tutta la Terra, anzi, in tutto l’universo, ed eramia!
L’osservai giocare a tennis con Nahuel nel campo che i Cullen si erano
affrettati a costruire quando Nessie aveva manifestato una qualche attenzione
per quello sport. Naturalmente era grande il doppio rispetto a un campo
“normale”.
Lungi dall’avere gli stessi gusti di sua madre in fatto di abbigliamento,
Nessie era attenta come Alice a quello che indossava. E con quel completino
mozzava il fiato. Gambe lunghe, fianchi ben torniti, vita snella, seno messo in
risalto dalla canotta in microfibra aderente, mani affusolate. Ma se il suo
corpo era magnifico, il suo viso era un’opera d’arte. Gli occhi erano quelli di
sua madre, castani, caldi, grandi abbastanza da far pensare a quelli di un
cerbiatto, con le ciglia lunghissime che ombreggiavano ogni suo sguardo. La
bocca, dalle labbra piene e sensuali… non riuscivo a
trattenermi dal baciarla ogni volta che mi stava vicina. E i suoi capelli. Quei
meravigliosi boccoli color del bronzo, eredità di suo padre, che le arrivavano
a metà coscia. Adoravo mettere le mani nei suoi capelli. Erano morbidi e setosi
al tatto, esattamente come apparivano alla vista…
«Jake?» una voce mi risvegliò da quei pensieri.
Era Bella. Senza Edward? La guardai interrogativo.
«Edward mi ha mandata a riferirti che se indugi ancora su quei pensieri
sarà costretto a venire di persona a dimostrarti perché di solito ti copro io»
«Bella, i miei pensieri erano… del tutto
innocenti!»
«Certo, come se non ti conoscessi!» rise lei.
«Ma davvero! Sono irritato da questa mancanza di fiducia nei miei
confronti!» misi il broncio per qualche secondo, poi commisi l’errore di
guardarla negli occhi e scoppiai a ridere insieme a lei.
Era sempre stato così. E la sua trasformazione non aveva cambiato nulla.
«Allora, si può sapere a cosa stavi pensando?»
«Edward non te l’ha detto?»
«No»
«Probabilmente non riteneva che fosse tanto grave da metterti in mezzo»
«O forse pensava che mi sarei molto arrabbiata»
«Ok, se ti arrabbi te lo dico. E’ tanto che non ti vedo furiosa!» la
provocai facendole una boccaccia, lei scosse la testa.
«Sei sempre il solito, Jake»
«Sì, anche tu! – risposi – Comunque, per riassumerti quello che stavo pensando… E’ illegale mandare in giro Nessie vestita così e
pretendere pure che non vinca sempre lei!»
«Quindi stavi facendo apprezzamenti mentali sul corpo di mia figlia… di nuovo»
«Beh… dovresti esserne felice, pensa se non li
facessi!» Mi guardò di traverso.
«Comunque hai ragione. Ricordami di dirle di vestirsi un po’ di più la
prossima volta che gioca» rise, e io con lei.
Edward scelse proprio quel momento per fare la sua comparsa.
«Posso sapere cosa c’è di tanto divertente?»
«Diciamo che quello per cui ti arrabbi mi fa un po’ ridere – gli disse
sfiorandogli le labbra in un bacio adorante – Jake stava solo pensando che così
com’è vestita Renesmee rende difficile la concentrazione a chiunque,
figuriamoci a Nahuel»
«Quindi non eri tu che pensavi di portartela a letto subito» mi ringhiò
contro Edward.
«Ma hai bevuto sangue avariato o che altro, vampiro? Sicuro di esserti
sintonizzato sulla radio giusta? Perché se non ti fosse chiaro, ipretendentidi tua
figliasono
due, eiosono l’unicoche ha promessodi non
combinarci niente fino al matrimonio. Tra l’altro mi sto vietando anche di
farli i pensieri sconci su di lei. Un po’ per rispetto a te e un po’…» alzai le
spalle senza finire il discorso.
Edward se ne accorse e mi riprese.
«E un po’?»
«Come se non lo sapessi – digrignai tra i denti – Non puoi lasciar perdere?»
«No» ripose arrogante.
«E va bene. E un po’ perché non pensarci mi rende più sopportabile la sua
vicinanza senza che ogni volta che mi sfiora io abbia la tentazione di
attraversare il confine, portandola con me per fare tutto ciò che finora mi hai
impedito anche di sognare»
«Jake, Edward…» Bella si mise tra di noi mentre
tentava di calmare le acque.
«Bella, sono calmo. Sono contento che sia stato così onesto – mi tese la
mano, che subito strinsi – quindi a questo punto ne rimane uno solo… - si girò
per guardare in cagnesco Nahuel – e forse quella di attraversare il confine con
Nessie non è una cattiva idea. Di te mi fido… e poi
hai promesso!» concluse con un sorriso sincero.
«Mi fa piacere che tu mi ritenga così irreprensibile…
ma immagino che conoscerai i detti “l’occasione fa l’uomo ladro” e “quando il
gatto non c’è i topi ballano”. Forse non sarebbe una così buona idea» dissi
rassegnato.
La conversazione ebbe termine in quel momento. Nessie e Nahuel avevano
terminato la loro partita e si stavano avvicinando a noi.
Poi accadde qualcos’altro.
Renesmee
Finalmente era finita. Quella partita era stata uno strazio. Nahuel non
sapeva giocare, o – e il pensiero mi fece arrabbiare ancora di più – mi aveva
lasciata vincere.
Vidi Jacob parlare rilassato con i miei genitori. Papà non era mai tanto a
suo agio quando c’era Nahuel nei paraggi, e spesso lasciava la compagnia se lui
si avvicinava.
L’avevo visto fare quel gioco più di una volta, e più di una volta mi aveva
spiegato che era perché sentendo i suoi pensieri solo come un rumore di fondo
gli era più facile ignorarli.
Mi avvicinai a Jake per baciarlo. E mi accorsi che era distratto, i suoi
occhi erano concentrati su qualcosa che non ero io. Sulle prime questo fatto mi
irritò un po’, ma poi, incuriosita, seguii la direzione del suo sguardo e vidi… due lupi di dimensioni abnormi – ma qual era la norma
in fondo – avvicinarsi alla nostra casa.
Il colore del pelo dei due lupi mi fece subito capire chi fossero. Uno era
color sabbia, l’altro marrone cioccolato. Erano Seth e Quil. Gli unici due,
all’interno del branco di Jacob, che ancora non avevano smesso di trasformarsi.
Uno perché non voleva, l’altro perché, come Jake, non poteva.
Quil non poteva permettersi di allentare il ritmo delle trasformazioni,
almeno per il momento, perché se l’avesse fatto avrebbe ricominciato ad
invecchiare, e Claire si sarebbe ritrovata con un compagno ormai di mezza età,
una volta cresciuta.
E Seth… beh, Seth non aveva ancora trovato la sua metà, e, a sentir Jake,quell’idiota
avrebbe smesso di trasformarsi solo se avesse avuto l’imprinting con un’umana,
anche se fosse arrivato dopo cento anni. Tutto sommato però, in quel
momento fui contenta che le cose stessero così. Guardando la faccia di mio
padre, infatti, mi resi conto che quella non era una visita di cortesia.
D’altronde, quando venivano in visita, Quil e Seth non venivano mai sottoforma
di lupi. Era successo qualcosa di grave.
Sentii le labbra di Jacob sfiorarmi i capelli mentre mi stringeva a sé.
Poi mi disse: «Tesoro, ti spiace se mi trasformo? Odio far fare da
interprete a Edward se posso risolvere da me. Ti giuro che non ti nasconderò
nulla – sorrise ironico, ma di un’ironia triste – d’altra parte, come potrei?»
Si trasformò, lasciandomi le sue scarpe in custodia. Furono momenti di attesa
terribili, durante i quali osservavo di nascosto le espressioni di mio padre,
che non dicevano nulla di buono. Come la visita in sé d’altra parte.
Nahuel mi si faceva sempre più vicino, così mi spostai in modo tale da
avere mia madre tra me e lui.
Mamma fissava ora Jacob, ora papà, alternando sguardi di preoccupazione a
sguardi di frustrazione.
Perché papà non diceva nulla? Di solito ci faceva resoconti dettagliati di
quegli strani, e per fortuna ormai rari, consigli. Strinsi la mano di mia
madre. Ero preoccupata, quanto e forse più di lei. E temevo che lei avesse
capito cosa avrebbe detto mio padre quando avesse aperto bocca.
La guardai, mi sorrise e mi abbracciò. Aspettammo così che finisse il
consiglio.
Passò forse mezz’ora. Eravamo rimasti tutti immobili, in attesa. L’unico
che già sapeva era papà.
Capii che il consiglio era finito quando lui si girò verso me e la mamma,
guardandoci apprensivo. O forse guardava solo me in questo modo. Cosa c’era che
poteva far paura ad un vampiro tanto da far apparire quello sguardo sul volto
di mio padre? Poi ci abbracciò entrambe.
Silenzioso, Jake si era ritrasformato e rivestito. Quil e Seth erano
rimasti immobili ad attenderlo.
Con due lunghissimi passi superò tutti e sette i gradini della veranda.
Si avvicinò a me, mi strinse – mi accorsi solo allora che i miei genitori
si erano dileguati silenziosamente, Nahuel era ancora lì, ma era invisibile ai
nostri occhi – mi allontanò, mi guardò negli occhi e mi baciò.
Non era uno dei nostri soliti baci. Era più… un bacio di addio, disperato e
assurdamente protettivo.
Mi sollevò tra le sue braccia e ci sedemmo su una delle poltroncine della
veranda. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, con lui che mi accarezzava i
capelli distrattamente e che ogni tanto mi baciava la fronte. Ero tornata una
bambina da proteggere.
Finalmente si decise a parlare.
«Nessie, devo partire. Normalmente dovremmo astenerci dal proteggere tribù
che non siano la nostra, ma ci sono forti sospetti che giù alla riserva dei Makah un vampiro stia organizzando un banchetto. Tuo padre
ti spiegherà meglio. Io devo andare»
Ci alzammo in piedi. Piangevo, e non me ne ero neanche accorta. Avvicinò le
labbra al mio viso, e con quelle asciugò le mie lacrime. Poi mi baciò con
trasporto e amore.
Mi staccai da lui, riluttante a vederlo andare via, senza sapere quando
sarebbe tornato. Ma volevo dirgli qualcosa. Qualcosa che gli ricordasse perché
non doveva mettere in pericolo la sua vita.
«Jake – era più difficile di quanto mi aspettassi riuscire a parlargli
serenamente – ti stai portando via metà di me. Non cercherò di fermarti, ti
conosco quel tanto che basta per sapere che riuscirei solo a farti arrabbiare.
Perciò… vai, ma torna. Io sarò qui ad aspettarti»
Mi sorrise e mi baciò di nuovo.
«Tornerò sano e salvo – promise – non solo per riportarti la metà di te che
sarà con me, ma anche per venire a riprendere la metà di me che resterà qui con
te»
Mi resi conto di non avergli mai dato nulla di mio, e che in quel
particolare momento volevo che fosse chiaro a tutti che mi apparteneva, come io
appartenevo a lui. Mi sfiorai il collo, e le mie dita toccarono una catenina.
Un dono di mia madre per il mio primo Natale. Nel medaglione c’era una foto di
mia madre, mio padre e me da piccola, oltre ad un’incisione in francese, “Plus
que ma même vie”.
Decisi che sarebbe stato quello il mio ricordo per lui. Feci scattare il
gancetto e velocemente gliela legai al collo. «Ricorda che ti amo più della mia
stessa vita» gli dissi.
Poi lo allontanai da me e gli dissi: «E’ ora che tu vada, ti stanno
aspettando». Un ultimo bacio e, voltandogli le spalle mi rintanai in casa. Non
volevo che vedesse che stavo piangendo. Anche se, sicuramente, aveva sentito
l’odore delle mie lacrime.
Capitolo 6 *** 5. Siamo di nuovo nei guai (POV Edward) ***
Siamo di nuovo nei guai
Edward
Nel momento in cui si trasformò,Jacobpensò un
avvertimento per me.
Non fare la telecronaca in diretta, chiaro?
Annuii. Probabilmente non aveva la più pallida idea del perchéSeth e Quilfossero tanto
in agitazione.
Mi preparai all’ascolto.
Jake, disseSeth,siamo
venutiquiappenaSamci ha detto
che non riusciva a mettersi in contatto con te per avvisarti della minaccia
incombente.
Parla. RisposeJacob.
Probabilmente lo avresti già saputo se qualcuno avesse risposto al
telefono.
Sefossi potuto arrossire, l’avrei fatto seduta stante.
Non avevo voglia di parlare conSam, e così avevo tolto la suoneria al telefono senza farmi
troppi scrupoli. Da quandoJakepassava il
suo tempo più da noi che alla riserva le telefonate diSamerano sempre più frequenti,nonchéinutili.
Spesso lo chiamava solo per accertarsi chefosseancora vivo.
Dopo tutti quegli anni non riusciva ancora a fidarsi completamente di noi.
E dire cheCarlisleaveva fatto nascere più della metà dei figli dei licantropi, e che moltiQuileuteerano in vita solo per la sua capacità di non arrendersi di fronte alle
difficoltà, oltre che per la sua impossibilità a stancarsi. Pensavo non fosse nientediimportante.
Tornai a fare attenzione, forse mi ero perso qualche battuta, perchéJacobmi fissava.
Sanguisuga ci sei o ti sei perso nei meandri del tuo cervello?Jakedoveva essere parecchio irritato, non mi chiamava
sanguisuga da quando gli avevamo imposto il fidanzamento conRenesmee. Sapeva
che lei non gradiva. Ma dubitavo che ne sarebbe maivenuta a conoscenzavisto che lo stava solo pensando.
State aspettando visite?Mi chiese.
Scossi la testa.
Fece un cenno aSeth, come per incoraggiarlo a continuare.
Come tistavodicendo, eravamo a pranzo da mamma eCharlie, quandoSamè venuto a bussare alla porta di casa. Era
inc***ato nero, aveva il telefono in mano e continuava ad urlare qualcosa come
“A che c***oservonoi cellulari e i sensisuper sviluppatise poi non li usano?”. Così abbiamo cercato
di farlo calmare e ci siamo fatti raccontare tutto.Samaveva appena ricevuto una visita dagli
anzianiMakah. C’è stata una serie di rapimenti alla loro
tribù. E nonostante le ricerche non sonostatitrovati né
cadaveri, nétantomenotracce che potessero condurre alle vittime.Samsi è trasformato, nonostante stesse
cercando di smettere, ed è andato a controllare.
Sethsi interruppe, lasciando che fosseQuila continuare. Sembrava che si fossero
spartiti bene il discorso.
Arrivato alla riserva, ha subito capito di cosa si trattava. C’era una scia dolciastra, e, seguendola, hasentito odore di sangue. C’è un vampiro in
circolazione. E’ subito tornatoa LaPush. Sa che
da solo nonce l’avrebbe
mai fatta. Ti ha subito cercato permettere a puntoun
piano, ma non ti ha trovato e così è venuto a cercare noi. Dobbiamo andare alla
riserva. C’è bisogno di tutti quanti.
Jakenon era d’accordo. Di tutti per un solo vampiro?
Sethscosse la testa.Non
sappiamo di quanti vampiri sitratti.Sampensa che
all’iniziofossesolo uno, ma dalla frequenza degli attacchi
è disposto a pensare che qualcuna delle vittime non sia stato solo un pasto.
Non possiamo permetterci di sottovalutarli.
Da quando sua sorella seneera andataSethera cresciuto molto.Elo stava dimostrando in quel frangente,
dimostrandosi molto meno impulsivo diJacob.MaJake stava semplicemente pensando a quanto tempo gli
avrebbe tolto quella caccia, e a quanto sarebbe dovuto stare lontano daNessie.
Bene,Seth,
hai ragione. Dobbiamo tornare alla riserva emettere a puntoun
piano. Aspettatemi per qualche istante. Devo salutareNessie. Non so
quando la rivedrò.
Mi voltai verso mia moglie e mia figlia. Ero terrorizzato dall’idea che per
l’ennesima volta la mia famigliafossein pericolo.
Beh,Jacobnon era a tutti glieffetti un membro
della famiglia.Malo sarebbe stato presto. CheNahuelfosse d’accordo o meno.
Le abbracciai entrambe, preoccupato per la sofferenza che avrebbe toccato
entrambe. In due modi diversi. Inoltre, Alice era davvero troppo lontana dalla
riserva, e non aveva percepito l’arrivo di quella nuova minaccia, se così si
poteva definire.Enon c’era neanche modo di prevedere come
sarebbe andata a finire, con i licantropi in mezzo.
Speravo solo che la faccenda non sfuggisse dalle mani diquell’unico vampiro
che stava costruendo la sua armata: i Volturi, arrivando così vicini a noi,
sarebbero stati ben contenti di venire a farci visita.Ed era l’ultima
cosa che volevamo.
Jakesi stava avvicinando. In un soffio, il posto mio e di
Bella accanto aRenesmeefu occupato da lui, e noi ci ritirammo in
casa. Dovevo parlare con Alice. Inevitabilmente, la mia decisione le avevaportatouna visione. E non avevo neanche terminato
il pensiero che laritrovaiaccanto a me.
«Alice…» sussurrai, ma lei mi interruppe.
«So già cosa stai pensando.E mi sono già attivata. Per il momento iVolturi non sannoancora nulla di questa storia. Li sto
tenendo d’occhio e non appena avranno deciso qualcosa,sapremo, e saremo
pronti ad accoglierli» mi sorrise
«Mi chiedo perché da dieci anni a questa parte attiriamo tanti guai» dissi
sconsolato. SubitoBella
mi fu accanto prontaa
consolarmi.
«Siamo felici. La felicità attira l’invidia.El’invidia attira guai.Epoi io sono una calamita per le disgrazie,
ricordi?» sentenziò.
«E da quando la mia Bella sarebbe tanto saggia?» dissi baciandola. Stavamo
insieme da piùdiotto anni, e non ero mai sazio di lei.Da quando era una vampira
inoltre era sempre fin troppo facile.
La tenni stretta a me. Aspettavamo entrambi di vedere nostra figlia entrare
in lacrime, era inevitabile che accadesse. Non era abituata a stare senzaJacoba lungo, e tra l’altroJakenonavrebbe avutoil
tempo di raccontarle tutto quello che era successo. Doveva sbrigarsi.Ela sua preoccupazione era più quella di salutare
decentementeNessieche quella di spiegarle l’accaduto.
La porta si aprì e si richiuse.Renesmeesi
rifugiò nelle braccia di sua madre, come sempre, fin da quando era piccola.
Per qualche istante non dicemmo nulla, ascoltavamo i suoi singhiozzi, che
erano delle coltellate, sia per me che per sua madre.Seavessi potuto, quello sarebbe stato uno dei
momenti in cui avrei pianto.
Quandosi sentì pronta si allontanò da sua madre e decise di
parlare. Sapevo già cosa avrebbe chiesto, ero suo padre e leggevo nel pensiero.
Si voltò verso di me, e mi disse: «Perché? »
«Nessie, il fatto che il vampiro non sia entrato nel loroterritorionon significa che il branco non si senta
obbligato a rispondere ad una richiesta di aiuto.Jakenon voleva andare, maSamnonèconvinto che ci
sia solo uno dinoiin giro. CosìSethlo ha convinto che più saranno meno
pericolo correranno»
«Benissimo – rispose lei – perciò dovrò ringraziareSethseJacobnondovessetornare» La guardai sgomento.
«Credi che non lo sappia? – gridò lei – Credi che nonsappiacheJakepotrebbe
anche non tornare?» le sue lacrime erano sempre più difficili
da tollerare «Vorreiessere con
lui ogni momento. E pensavo che dopo quella storia con iVolturisarebbe andato tutto bene, che nessuno ci
avrebbe infastiditi e che nessuno sarebbe tornato a disturbare la nostra pace.
E invece ci ritroviamo qui, con un vampiro che minacciadiestinzione un’intera tribù di indigeni
americani, un inutile pretendente che non capirà mai che io non abbandonerò mai
volontariamente il mioJacob, e lui che se ne va a spasso a cercare di farsi
ammazzare nel peggior modo possibile. Sono preoccupata ed infuriata con lui.Egiuro che se non rientrerà da quella porta
sarà meglio per lui che io non finisca mai all’inferno o in qualunque posto
finirà.Perché
altrimenti lo ucciderei di nuovo con le mie mani».
Bella prese la parola.
Un paio di frasi diNessiel’avevanolasciata
pensare, ma come al solito non ero riuscito a sentire nulla.
Quello scudo maledetto.
Comunquequando parlò fu solo per consolare sua figlia.
«Renesmee, ora calmati.Non dire cose di cui
potresti pentirti. Vedrai che tra qualche giornoJakerientrerà da quella porta sorridendo comealsolito.Etu gli salterai
al collo per baciarlo. Noncambierà assolutamente nulla»
«Mamma, io houna
paura terribile. Sono rimasti in pochi quelli che riescono o vogliono
trasformarsi.Ese il clan che devono combattere si
rivelasse troppo numeroso?»
«Allora vedrai che si ritireranno per elaborare una nuova strategia, e
chiederanno il nostro aiuto.Comunquedubito del
fatto che non chiederanno l’aiuto di tutti coloro che riescono ancora a
trasformarsi. Immagino che rientrerà alla riserva ancheLeah. E poi tuo
zioEmmettnon vedeva l’ora che cifosseun po’ d’azione».
«Perbacco Bella, hai proprio ragione. Quistava diventando un mortorio…»
disseEmmett.
Le grida diNessiedovevano aver richiamato lui e Rose,
qualsiasi cosastesserofacendo.
La battutadiEmmettrilassò l’ambiente. Tanto cheRenesmeesi permise un sorriso, eNahuelsi avvicinò a lei.
Odiavo quel ragazzo, anche se da una parte gli sarei stato per sempre
grato, visto che mi aveva permesso di vederesalvala mia
famiglia.Main quel momento la sua presenza era di
troppo. Bella mi mise una mano sul braccio. Non sapeva leggere nel pensiero ma
mi conosceva fin troppo bene. Respirai profondamente e mi rilassai.
Poi Alice diede il telefono a Bella. «Tre. Due. Uno.» disse. Al termine del
suo conto alla rovescia il telefono trillò.
Bella rispose. «Pronto?»
EraCharlie.
Era, ovviamente, preoccupato perSethe perJacob,nonchéper tutto il resto del branco. Sposando Sue
era entrato a pieno titolo nel nostro mondo. Per fortuna era stato preparato,
altrimentitemoche gli sarebbe venuto un infarto, quando
seppe che Bella non aveva il permesso di entrare nella riserva perché era un
vampiro.
«Bella.Renesmeecome sta?»
«Bene, papà. Come dovrebbe stare?» disse Bella, nel
tentativo malriuscito di tranquillizzare suo padre.
«Bella non mi freghi. Jakese ne sta
andando a spasso per aiutare un’altra riserva e lei, che lo sta per sposare,
non è neanche un po’ preoccupata? Neanche se la vedo!»
«Ok,Charlie. E’ preoccupata. Come tutti. –tagliò corto lei – Haiqualcos’altro da dire? »
«Sì,Jakemi ha lasciato un messaggio per te»
«E…»
«Evorrebbeche venissi a portartelo. Mi ha detto: “lo
scrivo. Nonloleggere e consegnaglielo. Ho pensato che seaveva sceltodi fare così c’era un motivo. Quindi vorrei
che venissiqui»
«Sai che non posso venire alla riserva»
«Si, lo so. Sono alla nostra vecchia casa».
La casa di Bella.Charlienon
l’aveva venduta nella speranza cheJakel’avrebbe
accettata come regalo di nozze. L’avevo letto nella sua testa nello stesso momento
in cui l’aveva pensato.Enon l’avevo detto
a nessuno.Tranne aEsme,
che aveva ricevuto l’incarico di sistemarla daCharliestesso, e che l’aveva resa perfetta per
quella strana coppia.
«Sono lì in un minuto»
Meno di un secondo dopo era fuori dalla porta di casa.
Chissà cosa doveva
dirmi Jacob che non potevo far sapere agli altri.
Era estremamente
strano, ma mi fidavo di lui, e volevo fare come desiderava.
Bussai lievemente
alla porta di casa mia. Mio padre venne ad aprirmi.
Erano mesi che non
ci vedevamo, ma ci sentivamo quasi tutti i giorni.
Ormai si era
abituato al mio aspetto. E sapeva che non sarebbe mai cambiato. Come non
sarebbe mai cambiato l’affetto che nutrivo per lui.
«Papà – lo abbracciai
delicatamente – come va?»
«A parte il fatto
che devo tranquillizzare Sue e Billy per la partenza dei loro figli, va alla
grande. Sai, la pesca al fiume va una meraviglia da quando mi avete regalato
quel sistema di pesca al sonar qualche Natale fa. E la Major League quest’anno
è incredibile» tipico di Charlie parlare di stupidaggini per non farmi capire
quanto fosse preoccupato.
Decisi di non farmi
ingannare.
«Papà, sei
preoccupato anche tu? »
«Centrato. Sono
terrorizzato. Per Jake, per Seth e per gli altri ragazzi. Ma soprattutto sono
preoccupato per Nessie. Se dovesse succedere qualcosa a Jake la prenderebbe
molto male»
Ringhiai.
Mi guardò
spaventato, e subito mi calmai.
»Papà siamo tutti
preoccupati per Jake. Ma pensare al peggio, e portare Nessie a pensare al
peggio, non condurrà da nessuna parte. E comunque Jake è troppo furbo perché
gli possa capitare qualcosa – conclusi con un sorriso – Ora, hai qualcosa da
darmi?»
«Bella. So che
siete tutti preoccupati per Jake, ma bisogna pensare…»
«Papà, credi che
non ci abbiamo già pensato abbastanza? – gridai. Mi dispiaceva urlargli contro,
ma aveva superato ogni limite – so perfettamente come la prenderebbe Renesmee,
ha un carattere che è un via di mezzo tra il mio e quello di Edward, con
influenze della testardaggine di Rosalie. E sarebbe peggio…
sarebbe peggio di quando Edward mi lasciò per andarsene con la sua famiglia» non
volevo ripensare a quel periodo, non era stato un gran periodo.
«Calmati, Bella.
Hai ragione, è stato stupido pensare che non vi foste già allarmati abbastanza.
Ma sai, non posso fare a meno che preoccuparmi per te e tua figlia. Anche se
ormai tu sei un’adulta, e lei… anche»
Lo abbracciai,
cercando di fare attenzione.
«Lo so papà, e
vorrei tornare ad occuparmi della mia figliaquasiadulta nel
minor tempo possibile. Ora, vuoi darmi il biglietto di Jake?»
«Ecco, Bella» mi
consegnò un foglio di carta stropicciato.
«Mi auguro che tu
non l’abbia letto» dissi, guardandolo di traverso.
«Come se non
fossero bastate le raccomandazioni di Jacob a riguardo. No, non l’ho letto. Jake
era abbastanza serio quando ha elencato le ripercussioni che avrebbe avuto un
mio tentativo di leggere questo biglietto»
«Perfetto – decisi
di non leggerlo di fronte a lui – papà, ora se non ti dispiace, me ne andrei a
casa. Ci vediamo». Spero il più presto possibile, aggiunsi mentalmente.
Feci uno sforzo per
allontanarmi normalmente dalla casa. Arrivata a metà strada tra le mie due case
mi sedetti su un tronco, sradicato all’occorrenza, ed aprii il biglietto di
Jake.
Cara Bella,
sto scrivendo a te perché sei la mia migliore amica, lo sei sempre stata, ed ho bisogno di parlare
delle mie paure con qualcuno. Ho cercato di non far preoccupare né Renesmee né gli altri, ma la situazione è veramente pessima. C’è una seria possibilità che io non riesca a tornare, almeno da
vivo, o che non riesca a tornare affatto. In fondo si tratta di una sanguisuga
come le altre – famiglia esclusa.
Se dovesse accadermi qualcosa vai a casa mia – questo biglietto sarà la tua eccezione al patto, e il tuo
biglietto di ingresso alla riserva – entra nella mia stanza e prendi lo
scatolone che c’è nell’armadio.
Dallo a Renesmee. Le servirà a ricordare quanto l’amo, se ionon dovessi farcelanon sarò lì per farlo.
Con affetto
Jake
Se avessi potuto
sono certa che avrei pianto. Jake aveva scritto quel biglietto nel pieno della
disperazione. Non si era potuto confidare con nessuno, dopo essersene andato
dalla villa, ed aveva scelto me. Quella poteva essere la sua ultima confidenza
con qualcuno, e lui aveva scelto me.
«Jake, anche tu sei
il mio migliore amico. E lo sarai sempre, come lo sei sempre stato» sussurrai
al vento.
Diedi un altro
sguardo al foglio. Sembrava che Jake avesse pianto mentre scriveva quel
biglietto.
Specialmente le
ultime righe. Lo piegai di nuovo e lo misi nella tasca dei jeans che indossavo
quel giorno. Sperando di non doverlo mai più usare.
Anni di pratica mi
avevano insegnato ad essere una buona attrice, così misi sul mio volto una
maschera di allegria, o perlomeno di serenità, e mi avviai verso casa.
Al mio ingresso Nessie
si avvicinò immediatamente.
«Allora, mamma,
cosa ti ha scritto Jake?» mi chiese curiosa, ma allo stesso tempo preoccupata.
«Niente di che
Nessie, solo che non sa quanto starà via e che mi devo prendere cura di te,
perché sei la cosa più importante della sua vita. Ora se non ti spiace, devo
salutare come si deve tuo padre… e fare un po’ di pulizia in questa casa»
Mi avvicinai ad
Edward e lo baciai. Era un bacio disperato, ma feci in modo che gli altri non
se ne accorgessero. Solo a lui avrei fatto leggere il biglietto. Speravo solo
che non si sarebbe fatto sfuggire nulla con sua figlia.
In effetti, non
c’era possibilità che accadesse. Tendeva sempre a nasconderci le cose quando
pensava che potessero infastidirci, o farci preoccupare.
Mi guardò con quel
suo sguardo penetrante. Era chiaro che avesse capito che volevo dirgli qualcosa
che non volevo far sapere agli altri. Con cautela alzai lo scudo dalla mia
mente. Ormai ero pratica anche di questo.Jacob potrebbe…
ha paura di non riuscire a tornare. Pensai. Non riuscivo neanche a
formularlo un pensiero del genere. Edward non diede segno di aver percepito il
mio pensiero, ma ero sicura di aver visto un lampo di panico attraversare i
suoi occhi.
Comunque, mi dovevo
impegnare in un altro modo. Per Jake.
«Nahuel, come avrai
capito siamo in mezzo a un delirio collettivo. I licantropi sono dovuti andare
a svolgere il loro servizio fuori dai confini della riserva. Quindi ora
dobbiamo impegnarci al massimo per proteggere anche la loro parte di
territorio, anche se sono sicura che non l’abbiano lasciata sguarnita. Dobbiamo
organizzare turni di guardia e picchettaggi. Se non sei certo di poter essere
d’aiuto ti prego di andartene di qui»
Annuì appena con la
testa. Pensavo che se ne sarebbe andato… e invece…
«Rimango. Sono
certo che uno in più su cui contare non potrà fare male»
L’avevo giudicato
male. Ma non ero disposta a cambiare il mio giudizio solo per qualche moina.
«Nahuel, sono certo
che potresti essere d’aiuto, ma dovrai sforzarti per aderire alla nostra dieta.
O quantomeno per nutrirti con cibo umano» era stato Carlisle
a parlare.
«Va bene. Sono
pronto»
«Nessie, tu –
sospirò Edward – starai con nonno Charlie per il momento»
«Edward, ma…» dissi
io
«Ti spiegherò più
tardi, Bella» mi interruppe lui.
Nessie mi guardò.
Annuii.
«Bene, vado a
preparare la borsa, visto che avete già deciso anche per me»
«Avverto Charlie e
Sue, la verranno a prendere al confine» dissi io.
Chiamai mio padre,
certa che sarebbe stato felice di avere la sua nipotina a casa per qualche
tempo.
In effetti,
ripensandoci, la scelta di Edward mi pareva sensata. Sarebbe stata con le
compagne degli altri lupi, e le avrebbero fatto coraggio, come si sarebbero
fatte coraggio tra loro. Avevo un presentimento. E purtroppo non era buono.
Jacob non era mai stato così poco fiducioso nelle proprie possibilità.
Nessie scese con un
borsone nel quale aveva infilato un bel po’ di vestiti alla rinfusa. Speravo
che almeno avesse scelto qualcosa di pratico, ma che la coprisse un po’, ormai
il suo guardaroba era fuori dal mio controllo – ma quando mai lo era stato, con
Alice che faceva acquisti per tutti?
Ci avviammo veloci
al garage. Salimmo sulla Ferrari e partimmo alla volta del confine con la
riserva. Neanche dieci minuti dopo eravamo lì. Charlie e Sue ci aspettavano.
Consegnai mia figlia a mio padre.
«Fai il tuo lavoro,
Sceriffo» gli dissi sorridendo.
Mi sorrise a sua
volta prima di rispondermi.
«Sai perfettamente
che è in mani sicure»
«Papà – dissi prima
di salire sull’auto per allontanarmi – sai dirmi chi è rimasto alla riserva?»
«Sono rimasti solo
Lee e Leah»
«Capisco»
Sue prese la
parola. «Bella, non essere in pena per i ragazzi. Sono forti e sanno quello che
fanno»
La sua forza
d’animo era notevole. Suo figlio era con gli altri, e lei di certo sapeva che
era quasi un gioco al massacro, ma cercava di consolareme.
«Grazie Sue. Ma so
come stanno le cose. Proteggeteleidalla verità» dissi, indicando con un cenno
della testa mia figlia, completamente conscia del fatto che con i suoi sensi
acuti quasi quanto i miei stesse ascoltando tutta la nostra conversazione.
Poi salii sulla
macchina e rientrai a casa Cullen, la mia casa.
Avevo qualcosa da
dire a mio marito, lontana da orecchie indiscrete.
Capitolo 8 *** 7. Giuro che se non torna lo strangolo! (POV Renesmee) ***
Giuro che se non torna lo strangolo!
Renesmee
I giornipassavano lenti alla riserva, erano segnati
dalle stesse attività, ripetitive eppure confortanti.
Ma io odiavo laripetitività. Così come
odiavo quella situazione. Sapevo perfettamente cheLeahconosceva
la situazione giù alla riserva deiMakah, eppure per qualche strano
motivo non voleva dirmi niente. No, non per qualche strano motivo. Leice l’aveva con me. A morte.Fin da quando ero venuta al mondo.
Chefosse gelosa dell’imprinting diJacob? Non mi sembrava
possibile.
Comunquequesto non cambiava le cose.
Non sapevo come stava andando la caccia.E,
colmo dei colmi, ero obbligata a mangiare solo cibo umano, perché non
permettevano a me di andare a caccia.
Ero prigioniera
della riserva.
Immaginai che mio
padre avesse dato disposizioni precise in merito.Edimmaginavo
anche cheJakestesse
dando disposizioni precise aLeah.
Non dovevo allontanarmi dalla sua protezione per nessun motivo al mondo. In
quasi un mese che avevo trascorso lì, ero giunta almeno ad una conclusione. I
miei mi avevano speditoa
LaPush
per fare un favore aJacob.
Non poteva esserci
altro motivo.
Loro non potevano
venirmi a trovare, e volontariamente non sisarebbero
mai privatidella mia presenza. Erano quasi asfissianti
con le loro manie di avermi sempre sotto controllo. Mio padre poi stava
diventando sempre più ossessivo.
Almeno qui non
dovevo controllare i miei pensieri, ed ogni giorno, con la testa tra le nuvole,
camminavo sulla spiaggia pensando a quale benvenuto avrei riservato a Jake. Promessa o non
promessa, la sua lontananza mi faceva male. E mio padre doveva capire che ero
grande abbastanzaperfare le
mie scelte.
Da lontano, un
ululato straziante interruppe il flusso dei miei pensieri.Dovevano averlo sentito fino a casa mia,
tanto eraintenso.Maquello che
colpiva non era il volume, bensì il fatto che fosse pieno di dolore, un dolore
struggente.Quello che si prova per la morte di
qualcuno.
Tornai di corsa al
villaggio. Con i miei poteri di mezza vampira non impiegai molto ad arrivare.
TrovaiLeahin forma
umana, attorniata da Sue,Charlie,
Emily,Kim,
Rachel eBilly.
Aspettavanome. Sentii lo
stomaco contrarsi e un ostacolo in gola chemiimpediva
di respirare.
Perchémi guardavano così?Perché?
Guardai le loro
facce e capii. Fuggii via, ma non sapevo dove andare. Nel mio vagare, arrivai
alla casa diBillyeJacob. Mi sedetti sui
gradini della veranda. Poi mi ricordai che lì alla riserva le porte erano
sempre aperte. Entrai in casa, andai nella cameretta diJake, e, piangendo, mi
addormentai abbracciata al suo cuscino.
Sognai. Cosa strana
per una che aveva appena perso l’amore della sua vita e che avrebbe dovuto
avere solo degli incubi.Maio non ero
mai stata normale.
SognaiJacob. Aveva in braccio un
bambino, con i capelli color del bronzo e la carnagione appena un po’ più
chiara della sua. Quel bambino mi guardava e mi cercava, tendendosi verso di me
con lebraccinepaffute.
Lo osservai meglio. Aveva gli occhi e il sorriso diJake. Era impossibile non
capirecosa stessisognando.
Erano le due cose che la vita mi aveva negato:Jacobe un
figliosuo.
Ricordo solo questo
sogno, perché mi svegliai di soprassalto, cercando di fissarlo nella mia
memoria.
Non sapevo quantoavessi dormito. Poteva
essere passato un giorno, una settimana, un mese. Non mi sarebbe importato. Non
senzaJake. Prima ancora di
aprire gli occhi avvertii una presenza strana in quella casa. Ma era anche
possibile che mi avesseroriportataa casa
mia. Non sarebbe stata la prima volta. Inspirai profondamente. No, non ero a
casa mia. Erano troppo forti l’odore diJakeeBilly.EBillynon
frequentava casaCullen.
E allora per quale
motivo i miei genitori erano lì?
Avevano forse
deciso di rompere il patto? Oppure, dato che iQuileutefacevanoparte
della famigliaCullene
viceversa, si erano decisi a dimenticare quella ridicola storia dei confini?
Era ridicolo che fosse successo proprio ora cheJacob… proprio ora cheJacob… mi rifiutavo
persino di pensarlo.
Non avrei più
abbandonato la riserva. L’avrei aspettato lì per l’eternità. Lui non poteva
esseremorto.
Aprii gli occhi.Di nuovo pienidi
lacrime. Come quando mieroaddormentata.
Mio padre fece unsospiro di sollievo, e così
mamma, che era seduta per terra ai piedi del letto diJake, con il contenuto di
uno scatolone sparso sul pavimento.
Incuriosita mi
avvicinai a lei. Con uno scatto fulmineo mi fece sedere sulle sue ginocchia,
come quando ero bambina – fisicamente parlando, sapevo che lo sarei stata per
sempre nella sua mente – e mi poggiò sul suo petto, cullandomi dolcemente.
Mio padre si avvicinò
e si sedette di fianco a noi. Circondò le spalle di mia madre con un braccio e
ci avvicinò a sé. Rimanemmo in quella posizione per qualche minuto. Loro non
avevano bisogno di muoversi, ed io non ne sentivo la necessità. Ormai non
sentivo la necessità quasi di nulla. Mio padre cominciò a canticchiare la ninna
nanna che aveva scritto per mia madre, ed io riacquistai un po’ di serenità.Chissà perché zioJaspernon era con loro. Questo
lavoro l’avrebbe fatto meglio di mio padre e con uno sforzo minimo. Ah, già. I
turni di guardia. Cominciavo a rimettere ogni pezzo al suo posto.Estranamente
questo non serviva a farmi stare meglio. Anzi. Ricominciai a piangere.
Mia madre mi
baciava dolcemente i capelli.
Perchéancora non dicevano nulla? Quel
silenzio mi distruggeva i nervi, così decisi di spezzarlo.
«Papà, com’è…»
«Successo? –miinterruppe
lui – Avevano trovato la tana dei vampiri e avevano stabilito una strategia per
combatterli. Non si aspettavano che fossero così tanti, ed erano in minoranza.
Sonocomunqueriusciti a
sterminarli tutti, eJacobaveva già
ordinato agli altri di tornare a casa, lui sarebbe rimasto a fare un
sopralluogo, per vedere se la situazione fosse stata veramente risolta. A quel
punto ha avuto una sorpresa. Il più vecchio di loro era rimasto in disparte.Con tre creature che all’apparenza
sembravano umane.Jakeha provato
a salvarle, ma è stato attaccato dal quartetto. Il vampiro è morto, maJacoberaferito
gravemente e non se l’è sentita di uccidere le tre giovani, che gli ricordavano…» non finì di formulare la frase, come se
avesse un groppo ingola.
Leah entrò nella stanza «Perché
nonfinisci,Edward? – urlò tra le
lacrime, poi mi fissò furiosa – Jakenon si è
sentito di ucciderle perché il loro odore gli ricordava te.Erano
delle mezzosangue.Same il suo
brancosonotornati
indietro e hanno ucciso le tue simili, che dopo aver lasciatoJakein fin di
vita stavano fuggendo. Poi sono tornati a cercareJacob, ma il suo corpo era
scomparso, e noi nonriuscivamopiù a
percepirlo. E’ stato in quel momento che mi haisentitaululare».
Era colpa mia. Era
solo colpa mia seJakenon c’era
più.
«Leah, calmati – ringhiò
mio padre –Nessiestagià
abbastanza male per conto suo, senza che ti ci metta anche tu ad accusarla»
Durante quel
litigio io non riuscivo ad aprire bocca.Leahaveva perfettamente ragione ad essere
furiosa con me. Eratutta colpa mia.
Mia madre aveva uno
sguardo lontano, assorto. Mi domandavo come mai ecosa stessepensando.
Non credoce l’avesse con mio padre,
la sua reazione era del tutto normale.
Normale, per essere
lui.
Quando aprì la
bocca perparlarefu
stranamente titubante, come se non volesse che altri sentissero quello che
aveva da dire, ma allo stesso tempo come se fosse necessario che altri ascoltassero.
«Edward,ricordi quello che ti dissi
quando tornai a casa dopo aver accompagnatoNessiequi a La
Push?»checavolo di
domanda era, papà ricordava perfettamente, era un vampiro. L’avrei ricordato
anche io, che ero vampira solo per metà, se avessi saputo di cosa stavano
parlando.
Mio padre annuì.
Ovvio. Poi disse qualcosa che mi spiazzò.
«Seisempre del parere che c’entriNahuel?»
Li guardai
sbalordita. Quel vampirastro era la persona – con dovuto rispetto parlando –
più innocua della Terra. Come poteva essere implicatonell’assassinio di Jake? In effetti, però… mi venne in mente un particolare. Il giorno del suo
arrivoNahuelera stato
troppo sicuro cheprima o poimi avrebbe
portata via aJacob. Sbarrai gli occhi,
sconvolta. Erano troppe le coincidenze. Un vampiro, tre sangue misto donne. Ma
perché doveva aver chiesto aiuto a suo padre?
Miamadremi guardò
e rispose. «C’è arrivata ancheNessie.
Guardala in faccia.Edè l’unica
spiegazione che faccia quadrare i conti»
Capitolo 9 *** 8. Se mi ci metto sono più testarda di voi! (POV Renesmee) ***
Se mi ci metto sono più testarda di voi!
Renesmee
Leah
ringhiò. Il suo dolore si era trasformato in rabbia. Ero certa che l’avrebbe
fatta pagare cara a Nahuel, in qualche modo. Sempre che avesse modo di arrivare
a lui prima di me.
Altrimenti
non ci sarebbe stato nessun Nahuel su cui vendicarsi.
«Leah,
Nessie, calmatevi. Cedere alla rabbia e agli istinti non serve a nulla. Solo a
mettervi nei guai, e Jake non l’avrebbe voluto – Papà ci guardò entrambe, ma si
soffermò un po’ più su di me – Per nessuna delle due»
Parlava
bene lui, non aveva mai perso mia madre, che ne poteva sapere.
«Ma ho
pensato che fosse successo. E il dolore non è stato minore. Tra l’altro non
avevo nessuno con cui prendermela, se non me stesso»
Jake mi
aveva detto che mamma e papà erano stati lontani per un certo periodo. Periodo
durante il quale lui e mia madre erano diventati grandi amici. Mi aveva detto
che per poco non finiva in tragedia. Non pensavo certo che si riferisse a una
tragedia vera.
«Beh, ora
lo sai»
«Papà per
favore usciresti dalla mia testa?» dissi irritata. Una cosa era condividere con
lui i pensieri che volevo condividere. Un’altra era… questo.
«Bella,
per favore, spiegheresti anche a me cosa c’entra Nahuel con tutto questo?»
disse Leah, che scuoteva la testa per il mio litigio “mentale” con mio padre.
«Beh,
Leah, non è che ci sia molto da spiegare – disse mia madre – Sai che Nahuel è
venuto qui con l’intenzione di conquistare Renesmee. All’inizio ci ha provato
con le sue sole forze e ad armi pari, ma Ness
continuava a preferire Jake».
«Mi sembra
il minimo, mamma. Io lo amo»
Usai il
presente senza rendermene conto. Ma Leah aveva parlato di “corpo sparito” e non
di “cadavere”. Continuavo a sperare, forse un po’ ingenuamente, che fosse
ancora vivo, e che il mio sogno potesse diventare realtà. Mio padre mi sorrise
triste. Non era ancora uscito dalla mia testa.
Bene…
l’aveva voluta lui.
Mi
“distrassi” con pensieri di me e Jacob in atteggiamenti decisamente intimi. Mi
guardò storto. Ma almeno era uscito dalla mia testa.
Mia madre
ci fissava incredula, quasi le veniva da ridere. Che avesse assistito alla
nostra intera schermaglia mentale? La sentii riprendere a parlare.
«Immagino
che dopo tre mesi abbia capito che se Jake fosse rimasto vicino a Nessie non ce
l’avrebbe mai fatta. Così deve aver contattato i suoi parenti, suo padre e le
sue sorelle, chiedendo loro di creare un diversivo, per farlo allontanare ed
avere campo libero. Non credo avesse previsto che l’avremmo spedita alla
riserva in modo che Jake avesse sempre sue notizie»
«Sospettavo
che fosse per questo» sbottai.
Avevo
iniziato a guardare il contenuto dello scatolone. Erano foto. Foto di me e Jake
in quei sette anni. Il suo sguardo era sempre lo stesso. Adorante e pieno di
gioia. C’era anche una foto del giorno del suo diploma. Chissà perché l’aveva
messa lì.
Forse per
creare un po’ di contrasto.
Aveva uno
sguardo vittorioso, ma allo stesso tempo triste.
Sapevo
perché. Io non ero lì.
All’epoca
non era stata ancora concessa l’eccezione al patto per la quale io potessi entrare
liberamente alla riserva, così non ero potuta andare. Da allora erano passati
sei anni. Ed erano cambiate molte, troppe, cose.
In fondo
allo scatolone trovai un libro. Cioè, aveva quelle dimensioni, ma non era un
vero e proprio libro. Era un… diario. Era rilegato in
pelle e sulla copertina c’era scritto “Jacob” con una scrittura elegante ed
elaborata, quale era quella di mio padre. Mi incuriosì. I miei continuavano a
parlare con Leah.
Aprii il
diario. Sulla prima pagina, con la scrittura di mio padre, c’era scritto:
10
settembre
A Jacob,
nemico,
fratello, figlio.
Nella
speranza che questo
Serva a
ricordarti
Chi sei e Perche’ esisti.
Edward
Una frase
strana da usare come dedica per un diario.
Voltai
pagina, e mi trovai di fronte alla scrittura disordinata del mio Jake.
10 settembre
Bella è morta.
E’ morta nel dare alla luce un esserino che fino a
qualche ora fa odiavo, ma che mi ha incatenato a sé con un solo sguardo, e che
ora dorme in braccio alla bionda psicopatica.
E’ morta, eppure è viva. Edward
è riuscito
a strapparla alla morte rendendola una di loro.
Ma non posso odiarla. E non perché fino a qualche ora fa pensavo di amarla. Non posso
odiarla perché ha messo
al mondo la creatura più
meravigliosa della Terra.
Lei ancora non lo sa, e immagino che andrà su tutte le furie non appena si renderà conto che sua figlia è l’oggetto del mio
imprinting. Ma alla fine so che sarà felice. Felice perché io sarò felice. E felice perché saprà che ogni cosa ha acquisito
il suo posto nelle nostre vite.
Renesmee è incredibile,
e non soltanto perchéè l’emisfero mancante del
mio pianeta. Cioè, non è incredibile solo per me.
Ha poche ore, eppure già comunica
in modo efficace. Appena mi ha visto, oggi, ha messo una manina paffuta sul
viso, e mi ha mostrato a ripetizione l’unica immagine di Bella che aveva. L’ultima
che abbia anche io. Devo dire che sulle prime mi sono spaventato un po’. E’
stato Edward a spiegarmi che cosa stesse facendo la bambina. Mi stava mostrando
i suoi pensieri. Era preoccupata per Bella. Per sua madre.
Non riesco ad odiare più neanche Edward, ora che la rivalitàè scomparsa. E devo
ringraziare anche lui, visto che il cinquanta per cento del patrimonio genetico
di quella bambolina è il suo. Quando
ha saputo che sua figlia era il mio imprinting si è arrabbiato un po’. E’
sparito per un paio d’ore, forse per cacciare, ora che Bella non è più in pericolo di vita e che
tutti stiamo aspettando che si svegli. Poi è tornato con questo diario. Sono sicuro che fosse un
regalo di benvenuto in famiglia, ma quando ho letto la frase che aveva scritto
come dedica non mi sono potuto trattenere dal pensare che era proprio un
vampiro, troppo teatrale.
Ora però basta
scrivere. Devo prendere la bambina dalle braccia di quella Rosalie – è l’unica Cullen che ancora non mi accetta, sperando che
Bella si ricordi di me quando si sveglierà – ho paura che soffra il freddo. Lei ha la pelle
calda, un cuore che batte e ha bisogno di respirare per vivere. Se non fosse
per il piccolo particolare che beve sangue non sarebbe neanche tanto male. Ma l’adoro,
e non riesco ad odiare neanche questo di lei.
Jacob
Sfogliai
il diario distrattamente, soffermandomi qua e là su qualche frase. Era, in
sintesi, la storia dei nostri sette anni insieme, e la dolcezza con cui
descriveva ogni cambiamento del mio comportamento con lui mi fece di nuovo
salire le lacrime agli occhi. Ma queste erano lacrime di gioia, non di dolore.
Sapere quanto mi amava mi faceva credere che lui ci sarebbe stato sempre, anche
se non ci fosse stato più. Ed io di questo non ero tanto sicura.
Arrivai
alle ultime pagine scritte. E rimasi stupita.
7 giugno
Cara Renesmee,
sto per partire per una missione difficile. Sicuramente tuo padre ti avrà spiegato cosa mi hanno
detto Quil e Seth quando sono venuti a casa tua. Beh, la situazione si è rivelata più complicata di quanto sembrasse.
Ho paura. Paura di non poter tornare a riabbracciarti, baciarti e sposarti. E’
la prima volta che mi succede, forse perché sono cresciuto, o forse perché ora ho qualcosa di importante
da perdere. Comunque ho chiesto a tua madre di consegnarti lo scatolone nel
quale tengo nascosto questo diario e tutti i ricordi che ho di te. Ci sono
persino le scarpe che mi hai tirato contro durante il nostro primo litigio. Avevi
solo tre anni, l’aspetto di una bambina di nove ed una gran mira. E menomale
che erano solo ballerine, un tacco 12 immagino che avrebbe fatto più male. E Carlisle avrebbe dovuto lavorare di più, mise solo tre punti sul
sopracciglio che prendesti in pieno.
Se stai leggendo queste righe vuol dire che non ci sono più. Fa strano pensare alla
morte, ma nonostante tutto vorrei che tu sappia che ti amo. Leggi tutto questo
diario. Conoscendoti avrai letto le prime pagine e poi sarai saltata
direttamente alla conclusione. Ci troverai dentro tutto l’amore che ho sempre
avuto per te. Non so se hai già guardato le foto. Hai notato che l’unica in cui il
mio sorriso non è sincero è quella del diploma?
Nessie ti amo talmente tanto da avere una richiesta da farti. Rifatti
una vita. Sei talmente bella e piena di vita che non avrai difficoltà a trovare qualcuno che ti
ami. Dubito che lo farà mai con
la stessa intensità che ci
ho sempre messo io, ma sicuramente ti amerà.
Sposati. Fai dei bambini stupendi come te. E – richiesta stupida lo so –
se il primo sarà un
maschio dagli il mio nome.
Ti prego di non dimenticarmi, ma lasciami andare. Non sarei felice
neanche dove sto andando se non lo fossi tu.
Ti amo.
Jacob
«Ti amo
anch’io, Jake » sussurrai baciando il diario, per poi richiuderlo.
Lo
infilai nella sacca di stoffa che usavo come borsa.
Mi alzai
e guardai i miei genitori.
«Mamma,
papà, tornate a casa e costringete Nahuel a confessare. La sua famiglia è stata
sterminata, non ha più nulla da perdere. Ed io non sarò mai sua»
Mio padre
mi guardò negli occhi. Sembrava che non riuscisse a capire quello che stavo
pensando. E mia madre non mi stava proteggendo con lo scudo, lo sapevo per
certo. Dovevo aver sviluppato una sorta di immunità anche dal suo potere, o
forse non riusciva a credere a quello che stavo pensando.
«Renesmee,
tu cos’hai intenzione di fare?»
«Io andrò
a cercare Jacob. Se è ancora vivo, come sento che sia, lo riporterò qui, e
vivrò con lui il resto della mia vita».
«Vai da
sola?» mi chiese Leah, improvvisamente timida.
«No,
volevo chiederti di venire con me. Ho bisogno di una persona che mi indichi la
via, e che abbia visto dove si è svolto il combattimento» le risposi, sicura
che mi avrebbe accompagnata. In fondo Jake era un fratello per lei. Ormai
l’avevo capito. Le mie gelosie erano stupide.
«Edward,
puoi uscire un attimo?» mia madre mi sorprese con questa domanda, non c’entrava
niente con quello che stavamo decidendo. Ma mio padre l’ascoltò, come sempre.
«Tesoro,
credo che questo lutto improvviso abbia accelerato ulteriormente la tua
crescita»mi disse.
«Cosa
dici mamma?»
«Immagino
che tu non senta l’odore del tuo sangue, vero?»
Leah annuì.
«E’ vero, c’è odore di sangue» disse arricciando il naso.
«Leah…puoi…»
«Certamente»
scomparve per qualche secondo e riapparve con in mano una scatolina
blu.
Assorbenti.
Era
assurdo
Nonno Carlisle aveva detto che non avrei mai avuto le
mestruazioni, visto che alle umane normali venivano intorno ai dodici anni, e
in quella fase della mia maturazione io non le avevo avute. Era per questo che dubitavo
di poter avere dei figli con Jacob.
Già, ma
in fondo ero un caso indice per mio nonno. L’unico al quale avrei potuto
chiedere era Nahuel, ed ora come ora lo odiavo.
Mia mamma
diede una risposta esauriente alla domanda inespressa nei miei occhi.
«Probabilmente
alle donne della tua specie il ciclo inizia ad apparire alla loro piena maturità… e non scompare più per tutta l’eternità – scoppiò
a ridere – buona fortuna!» riuscì a dire tra le risate.
Andai in
bagno. Mi feci una doccia e mi vestii con gli abiti puliti che Leah aveva riportato
da casa sua. Era una fortuna che fosse successo con mia madre presente. Quando
rientrai nella cameretta di Jacob c’era anche mio padre. Arrossii. Ringraziando
il cielo mia madre gli aveva vietato qualsiasi espressione ottocentesca da
riferire alla mia situazione.
«Allora…
buon viaggio» mi disse.
«Grazie
papà – risposi – e dite a zia Alice di continuare con i preparativi per il
matrimonio. Ritornerò, con Jake, entro il 10 settembre»
Mio padre
guardò sconcertato mia madre.
«Papà, Jake
è vivo. Me lo sento»
«Me lo
auguro per te… e per lui». Nonostante tutto, gli
voleva bene anche lui.
Capitolo 10 *** 9. Chi sono? Dove mi trovo? E soprattutto... che cos'è questa puzza tremenda? (POV Jacob) ***
Chi sono? Dove mi trovo? E soprattutto...
che cos’è questa puzza tremenda?
Jacob
Era buio intorno a me.
Da quanto tempo mi trovavo lì? Non avrei saputo dirlo.
Chi ero, come mi chiamavo? Non ne avevo idea.
Avevo in mente solo un nome.Renesmee.
E non era il mio.
No, perché c’era solo una cosa di cui ero sicuro. Ero un uomo.
Provai a muovermi. Gemetti. Dovevo essere conciato piuttosto male, ma non
ricordavo perché.
«Non ti muovere, peggiori solo le cose» mi ordinò una vocina infantile.
Aprii gli occhi. Quello non faceva male.
Era una ragazza di circa diciotto, venti anni.
Di una bellezza sconvolgente. Pallida come la luna e con un odore che mi
faceva arricciare il naso.
Troppo dolce. Mi ricordava qualcosa. Ma non riuscivo a ricollegare i pezzi
della mia vita.
«Come ti chiami, giovanotto?»
Parlava come mia nonna. Eppure doveva avere più o meno la mia età. Non che
io sapessi quanti anni avessi, di preciso.
«Io… non lo so»
«Beh, prima o poi lo ricorderai – tagliò corto lei – io sono Vanessa, oNess,
se preferisci. Ti abbiamo trovato giù nei pressi delle grotte. Eri conciato
piuttosto male. E pensavamo che saresti diventato uno di noi. Ma dopo una
settimana sei ancora umano. Chissà come hai resistito a tutto quel veleno »
«Ness, tu parli sempre troppo» disse un uomo sulla trentina.
Potevano passare per fratelli.
Stessa carnagione pallida, stesso odore nauseabondo e stessi occhi color
topazio.
«Piacere, io sono Gabriel.GaboGabese preferisci»
«Mi piacerebbe sapere il mio nome, almeno potrei presentarmi» sputai tra i
denti, irritato.
«Beh, per il momento potremmo chiamartiJohn.
Che ne dici?» disse la biondina. Erano veramente una bella coppia. Chissà
perché il loro odore mi infastidiva tanto.
«Uhm. Ora so quello che intendevano tutti. Tu puzzi,Jacob»
«Senti chi parla»
Un ricordo. Una voce trillante che mi diceva che puzzavo.
Ma non era la voce che cercavo.
«Jacob– dissi – il mio
nome èJacob»
«Hai ricordato qualcosa?» mi chieseGabegentilmente.
«Niente di particolare. Era solo… una sciocchezza»
«Ehi, Jacob– disseNess– chi è
questaRenesmee?»
«Non lo so. Ma so che se non fosse stato per quel nome che mi rimbombava
nella testa non sarei mai uscito dal buio che mi circondava – osservai le bende
che mi ricoprivano dalla testa ai piedi – beh, ovviamente devo ringraziare
anche voi»
«Sai,Jacob, stai guarendo più
velocemente di quanto mi aspettassi. Tra qualche giorno sarai in grado di
muoverti perfettamente»
«Gabe, immagino che tu sia impaziente di riacquistare la tua
intimità conNess.
Perciò, appena sarò guarito, me ne andrò da qui» dissi deciso.
«E dove andrai? – mi chiese lui per tutta risposta – Non ti muoverai di qui
finché non ritroverai la memoria. Io eNesssiamo felici di ospitarti. E sappiamo
aspettare. Dobbiamo saperlo fare. Per forza» l’ultima frase la borbottò tra sé
e sé. Mi stupii persino di averla sentita, tanto era basso il tono di voce che
aveva usato.
Passai da loro più di un mese dopo essermi risvegliato. Non avevo ancora
idea di chi fossi, ma ogni tanto avevo dei flashback. Sapevo che da qualche
parte c’era qualcuno che mi amava, sperando che non mi avesse dimenticato. Mi stavano
cercando o avevano pensato che fossi morto? Non ne avevo idea, e continuavo a
torturare il medaglione che avevo al collo. Un pegno d’amore, stando alla frase
che era incisa al suo interno. Ma di chi? E chi era quellaRenesmeedi cui
erano pieni i miei sogni?
Cominciavo a pensare che non avrei mai riacquistato la memoria.
Questi pensieri mi facevano soffrire, così ritornai a riflettere sulle
stranezze dei miei coinquilini.
Oltre al loro odore, che mi faceva ancora prudere il naso, c’era il fatto
che non mangiassero, nonostante ogni giorno preparassero montagne di cibo per
me.
Inizialmente ero ritroso a mangiare in maniera spropositata, in fondo erano
estranei, chissà cosa avrebbero pensato di me, anche se il poco che mangiavo
non mi saziava. Così, poco a poco, anche rendendomi conto che quello che non
mangiavo io finiva nella spazzatura, iniziai a cercare la sazietà a tavola. Ma,
nonostante lo stomaco pieno, mi sentivo sempre vuoto. Come se non fossi
completo. Come se mi mancasse un pezzo. Ma forse era solo la memoria che mi
giocava brutti scherzi a farmi provare quellasensazione.
Gabeinterruppe il corso
dei miei pensieri.
«Eh Jake! Io eNessstiamo
andando a fare la spesa giù alla riserva. Vuoi venire con noi?»
La prospettiva di farmi una passeggiata con quel tempo – pioveva a dirotto
– non mi attirava poi molto. Ma era sempre meglio che rimanere là da solo. E
poi non ero mai stato alla riserva. Vedere un po’ di gente non mi avrebbe certo
fatto male.
Non ero preparato alla sensazione sconvolgente che avrei provato.
Arrivati alla riserva – a piedi, nonostante la pioggia, eravamo veloci –
entrammo in un piccolo negozio di alimentari.
La commessa era impegnata con un altro cliente e ci voltava le spalle.
Notai l’eleganza dei suoi movimenti e i lunghissimi boccoli color bronzo.
Si muoveva con la leggiadria di una ballerina.
Mi aveva incantato e non l’avevo ancora neanche guardata in volto. Ma
magari ne sarei stato deluso.
Non appena ebbe terminato di servire il cliente si voltò verso di noi con
un sorriso. Mi ero sbagliato. Non ero deluso. Era la creatura più incantevole
che avessi mai incontrato. Ma il suo sorriso si gelò quando posò gli occhi su
di me.
«Jake– disse titubante –
sei proprio tu? »
Sentii il vuoto, che c’era stato fino a qualche secondo prima, riempirsi.
Ero di nuovo completo.
Non ricordavo nulla, se non piccoli particolari della mia vita passata, ma
appena posai gli occhi su quella fanciulla meravigliosa ogni cosa andò al suo
posto.
Ed io mi sentivo… felice.
Era sbagliato? Non lo so. Ma la ragazza mi guardava come se avesse visto un
fantasma.
Non riuscivo a parlare.Gabelo fece al mio posto.
«Lo conosci?» le chiese.
La ragazza annuì, continuando a fissarmi. Sembrava che stesse per scoppiare
a piangere da un momento all’altro.
«Leah, puoi venire un attimo? » parlò come se si stesse
rivolgendo a qualcuno nella stanza, ma a parte noi non c’era nessuno. E nessuno
di noi si chiamavaLeah.
Apparve una ragazza. Capelli corti, carnagione scura, come la mia. Non
l’avrei definita brutta, ma c’era un che di maschile nel suo portamento.
Non ci degnò di uno sguardo. Sembrava piuttosto infastidita del fatto che
l’altra ragazza l’avesse disturbata.
«Che c’èNessie? Ti avevo detto che
avevo da fare. Non avrai mica combinato qualche altro guaio dei tuoi, vero?
Altrimenti la zia diEmbrychi la
sente! >> disse tutto d’un fiato.
L’altra per tutta risposta puntò un dito verso di me. Ora mi stavano
facendo girare le scatole. Che cosa avevano contro di me?
Quella che si chiamavaLeahsi girò, e
sul suo volto comparve la stessa espressione che aveva l’altra. Come l’aveva
chiamata? Ah, sì,Nessie. Questo nome mi
diceva qualcosa, ma forse era solo la somiglianza conNess.
Come quello di Vanessa, però, doveva trattarsi di un diminutivo. Mi azzardai a
parlare.
«Come… come ti chiami?» le chiesi.
Mi guardò disperata. Poi mi rispose.
«Nessie… cioèRenesmee.
Il nome completo è quello che ha scelto mia madre, ma il diminutivo lo
scegliesti tu».
Leahsi avvicinò aJake. Lo guardò negli
occhi. Poi parlò.
«I tuoi gusti in fattodiamicizie
non sono migliorati.Dovevaivai, ti ritrovi sempre in
mezzo aivampiri»
I due che stavano conJacobsussultarono
impercettibilmente. Notai i loro occhi color topazio. Erano gli stessi che avevano
tutti i miei familiari, ma nonsapevoche ci
fosse qualcun altro, oltre a loro e al clan diDenali, ad aver adottato
la dieta vegetariana.
«Che cosa sta dicendo, signorina?GabeeNesssono delle
persone normalissime, definirle vampiri mi sembratutt’altro che educato».
Lezioni di bon ton daJake?
Aveva realmente perso la memoria.
La ragazza che stava conJakeprese la
parola.
«Perciò… tu seiRenesmee.
– misquadrò da capo a piedi, lentamente – Haiun odore
strano.Cosasei di
preciso?»
GuardaiJacobaccigliarsi.
Forse era diventato troppo educato.
Entrò un cliente.
«Possiamorimandare la
discussione? Diteci dove vi possiamo trovare e vi raggiungeremo questa sera.
Con la spesasiintende.Lasciateci la vostra lista» disse Leah affabile. Aveva ragione.
Quello non era proprio il posto adatto per mettersi a parlare di vampiri e
licantropi.
«Benissimo – rispose il vampiro alto,Jakel’aveva
chiamatoGabe–sapeteraggiungere
la casa sulla cima del costone? Più in alto delle grotte, dirigendosiaEst verso
il lago» disse affabile.
«Se marcate bene le vostre scie dovremmo riuscire a seguirle» risposi io.
Beh, almeno quella diJakesareiriuscita a
seguirla fino in capo al mondo.
«Bene, a stasera» disse laragazza.
Jacobfece un segno di
saluto. Poi si dileguarono sotto la pioggia.
Io eLeahservimmoil
cliente.Ecosì
continuammo fino al termine dell’orario di lavoro. Poi preparammo la spesa da
portare al rifugio. In fondo era cibo perJacob,
non c’erano dubbi che quei due fossero vampiri.
Uscite dal negozio, salutammoEileen,
la ziadiEmbryche ci
aveva ospitate per tutto il tempo che eravamo rimaste alla riserva. Avevamo
lavorato al suo negozio per ringraziarla dell’ospitalità, e la sera ci
affannavamo nella ricerca diJacob.Fino a quel giorno con scarsi risultati.E pensare che era stato lui a venire da
noi!
Mentre ci avviavamo, pensavo a quello che
avrei voluto dirgli.Masembrava
non ricordarmi.Cosa potevo… ma certo, il diario.
Decisi di restituirgli il suo diario.
Finalmente arrivammo alla casa checiera stata
indicata. Chissà come mai nessuno ceneaveva mai
parlato. Forse nessuno si avventurava mai finlassù.
Leahmi guardò. «Nessie, prima di venire ho
chiamato i tuoi genitori. Non si sentivano tranquilli quando hanno sentito che
saresti entrata in una casa di vampiri, anche se credo sia un po’ ipocrita da
parte loro, ma sono stati molto felici di sapere cheJakeè vivo. Ti
salutano e sperano di vederti presto».
Leahsapevache i miei genitori erano terreno minato in quel periodo.
Quei due mi avevanotraditanel
peggiore dei modi. Avevano perdonatoNahuel.
Avevano creduto ad una storia secondo la quale il padre diNahuel, e le sue sorelle,eranostate
risparmiate dai Volturi solo perchéJohanaveva
promesso loro il primogenito della seconda generazione di ibridi.
Come se io avessi mai potuto pensare di sposare qualcuno che non fosseJacob.
Non l’avrei fatto neanche se fosse morto veramente.Esicuramente
non senza averlo cercato per millenni. Il tempo non è un problema quando hai di
fronte l’eternità.
Comunquenon li sentivo da
quando mi avevano dato quella bella notizia.
Zia Alice ogni tanto mi chiamava per dirmi dei preparativi del matrimonio,
ed io le ero grata perché non nominava mai mio padre, o mia madre.
Sapevo che loro ricevevano mie notizie daLeah,
anche se indirettamente. Lei chiamavaSue
ogni sera. Sue viveva conCharlie.
ECharliesicuramente
si dava da fare perché la sua figlia preferita –nonchéunica –
fosse serena. Poco importava che avesse perdonato il quasi assassino – mi rifiutavo
di considerarlo un innocente – del mio fidanzato.
Le sorrisi per tranquillizzarla. Nonce
l’avevo con lei. Sapevo che l’aveva fatto solo perché sentiva che
era la cosa giusta.
Bussammo alla porta.
Jacob
Sentii bussare alla porta. Mi alzai da tavola, ma non feci in tempo ad
aprire.Gabeera già
lì. Fece accomodare le nostre ospiti – ormai mi consideravo a casa – e sistemò
la spesa in pochi secondi. Ci sedemmo sui divani del soggiorno.Nessaveva
preparato il tè e una torta dimele.
Gabeera impaziente di
sapere.
Sapere qualcosa di me, ma anche delle due
ragazze che l’avevano subito riconosciuto per quello che era.
Quel pomeriggio, infatti, mi aveva detto che l’accusa di Leahera
fondata. Lui eNesserano dei
vampiri. Vampiri buoni, non aggredivano le persone, ma solo gli animali.
Nessfu la prima a
rompere il silenzio.
«Allora,Renesmee. Vuoi dircicosa sei?»
La ragazza mi guardò.
Aveva uno sguardo felice, ma allo stesso tempo pieno di tristezza.
Questo pensiero mi riempì di dolore.
Quella ragazza non doveva essere triste, e soprattutto non doveva esserlo
per causa mia.
Dovevo fare qualcosa per renderla veramente felice.
E forse la chiave era nei miei ricordi perduti.
Rispose. «Sono un ibrido.Mezza
vampira, per parte di padre, e mezza umana, per parte di madre.
Mia madre è quasi morta dandomi alla luce, e mio padre, dopo molte indecisioni,
è stato costretto a trasformarla in vampiro per trattenerla con sé.Jacobè il
migliore amico di mia madre.Nonchéil mio
unico amore».
Quella dichiarazione mi mise in imbarazzo.
Leicomunquesembrò non
farci caso. Continuò a parlare. «Jacobèil maschio alfadi un
branco di licantropi – vidiGabeeNesssbarrare
gli occhi – ma forse è meglio chiamarlimutaforma,
del resto, come mi ha spiegato papà, è un puro caso che si trasformino in lupi,
potrebbe trattarsi di qualsiasi altro animale. Dello stesso branco è parte
ancheLeah. Quello che mi chiedo
è perché la vostra vicinanza non abbia scatenato la trasformazione. Di solito
glibasta un niente per prendere fuoco» risesommessamente.
Prese la parolaLeah. «Poco
più di un mese fa c’è stata una battaglia, scatenata da un vampiro che voleva
creare un diversivo mentre suo figlio corteggiavaNessie. Il nostro branco è
stato chiamato a combattere.Jacobdeve essere
rimasto gravemente ferito. Ma non abbiamo mairinvenutoil corpo,
e pensammo che fosse morto. Tra l’altro… -siinterruppe,
guardandomi. Era come se aspettasse da me il permesso di continuare –Nessie,puoicontinuare
tu? A me non è permesso raccontare i segreti del branco.EJakein questo
momento non ricorda chi sei tu, figuriamoci se può ricordare chi è lui»
Che cosa significava? Quella ragazza sembrava nata per irritarmi.
Le mie mani cominciarono a tremare.
Respirai a fondo cercando di calmarmi.
Nell’aria percepivo solo il profumo diRenesmee.
La più perfetta armonia tra il dolce dei vampiri e il salmastro degli
umani.
Era un profumo perfetto.
Lei era perfetta.
Ed era mia.
Mi spaventai per la verità del mio pensiero nel momento stesso in cui loformulai.
Nessieassentì a
continuare. «Tra l’altro, i membri del branco possono comunicare tra loro
quando sono in forma di lupo.Cioè…
si leggono nel pensiero, a qualsiasi distanza si trovino.Jacobera
scomparso dalla percezione del branco.Equesto
succede solo per due motivi. Il primo è che il lupo sia ritornato umano. Il
secondo… è che sia morto»
Leahcontinuò.
«Ovviamente, data la situazione, abbiamo dato per scontato che il motivo
per il qualeJakefosse
scomparso dalla nostra percezionefosseil
secondo.MaNessie, dopo aver dormito
per una settimana da quando aveva ricevuto la notizia, si è risvegliata certa
cheJacobfosse
ancora in vita. Mi hatrascinata fino
alla riserva deiMakah…»
«Devo ricordarti che ti sei offerta volontaria per seguirmi?» la interruppe
con un sorrisoNessie.
Si stava rilassando, ed era ancora più bella.
Forse stava iniziando a pensare che non fossi un sogno.
E che fossi realmente in vita.
Quantoavreivoluto
ricordare cosa avevo fatto per meritare tanto amore!
«Mi ha trascinata fino alla riserva deiMakah– continuò
imperterritaLeah– e
abbiamo cercatoJacobfino a
oggi. Passavamo notti intere senza dormire, nella speranza di incrociare il suo
odore, o qualcosa di simile.Nessievoleva
essere certa di aver fatto tutto il possibile, prima di rinunciare a lui»
Cosache non sarebbe mai
successa a giudicare dall’espressione diRenesmee.
Avevano finito di raccontare la loro storia.
Il silenzio che seguì sembrò eterno.
Ma passarono solopochi istanti primacheGabeiniziasse
a commentare.
«E’ interessante sapere quantoabbia
dormitoRenesmeeprima di
risvegliarsi certa cheJacobfosse
ancora in vita – disse. Io non avevo notato questo particolare, ma certo era
strano –Jakeha combattutotra la
vita e la morte esattamente per una settimana, da quando l’abbiamo soccorso.
Era conciato veramente male. E con tutto il veleno cheavevain circolo
ci saremmo aspettati che diventasse un vampiro entro pochi giorni. Non solo non
lo è diventato, ma dalle ferite che aveva riportato è guarito in meno di dieci
giorni. Era qualcosadiincomprensibile
per me. La sua memoria era pari a zero, ma con tutti i traumi che aveva subito
mi sembrava il minimo. Ora voi mi dite che è una specie di macchina costruita
per distruggere vampiri. Forse il veleno è riuscito ad arrecare solo danni
neurologici»
«Parli come mio nonno – sbottòRenesmee– e dire
che di vampiri saputellineavevo
piene le tasche. Non è facile vivere con persone onniscienti. Tra l’altroJake normale non lo è mai
stato»
«Che vorresti dire?» lainterruppeNess.
«Beh, pensavofosse chiaro. Sono
figlia di un vampiro, anzi di due, allo stato attuale delle cose, e vivo con la
mia famiglia di vampiri.NonnoCarlisle, nonnaEsme, papà, mamma e i miei quattro zii.
Alice,Jasper, Rosalie edEmmett. Ognuno di loro è
speciale a modo suo. Ma zia Alice e mio padre losonopiù degli
altri»
«Edwardlegge nel
pensiero e Alice riesce a prevedere il futuro. Anche sepotremmodire che
più che prevedere il futuro riesce a vedere le conseguenze di determinate
decisioni».
Ero stato io a parlare. Non sapevo da dove mivenissequell’informazione, eppure
l’avevo usata come se ne fossi sicuro al mille permille.
RenesmeeeLeahmi
guardarono sorprese.
«Nessie, hai detto nonnoCarlisle?»
chieseGabesorpreso
ed incuriosito.
«Si, perché?» rispose lei.
«Perchéè statolui ad
ispirarmi, e a spingermi verso la vita di vampiro vegetariano. Probabilmente
non sene èneanche
reso conto, lo ascoltai di sfuggita mentre cercava di convincere qualcun altro.Mami fece un
gran regalo. Ero un medico, da umano.Econ il suo
esempio posso continuare a farlo tuttora. Devi farmelo conoscere» le disse
calorosamente.
«Sì, sono sicura cheCarlislene sarà
molto felice – risposeLeahironica –
la sua missione è convertire quanti piùvampiri
possibileal suo credo.Comunqueora
vogliamo lasciare un po’ sola questa coppietta? Vorrei tornare a casa il più
presto possibile, ora che abbiamo ritrovato questo testone» decisamente irritante come intervento.Manon poteva
essere più giusto.
Manonimportava.
Cinque secondi dopo la battuta diLeahmiritrovavoa fissare
il mioJakenegli
occhi.Ecapivo che
stare sola con lui era tutto quello che desideravo.Leahera
impagabile.
Mi avvicinai a lui,
timorosa di essere respinta.Manon si
mosse quando mi sedetti sulle sue ginocchia, anzi. Mi avvicinò al suo petto,
come faceva sempre quando voleva tranquillizzarmi.
Non ricordava
nulla, eppure il suo istinto lo spingeva a proteggermi, soprattutto quando
sapeva che era lui a ferirmi.
Rannicchiata sul
suo petto, sentivo le scosse che lo attraversavano. Cambiai posizione, per
guardarlo in volto.Emi accorsi
che piangeva.
Gli feci una
carezza, ed asciugai le sue lacrime con le labbra. Le lacrime erano salate, ma
sapevano di lui.Epoi
scendevano fino alle sue labbra. Così lo baciai. Era tutto il giorno che volevo
farlo. Gli sarei saltata addosso nel negoziodiEileense non mi
avesse guardata con gli occhi di un cucciolo smarrito.
Maora, ora era l’unica cosa che
mi andava di fare.
Ela sua reazione non fu di
rifiuto. Rispose al mio bacio.
Era come se le sue
labbra ricordassero le mie.
Dischiusi le labbra,
che stava esplorando con la lingua, elasciaiche
prendesse possesso della mia bocca. Volevo che quel bacio non fosse casto.Eil mio
desiderio fu esaudito. La sua lingua danzava con la mia in un giocoeccitantee allo
stesso tempo appagante.
Avevo voglia di
lui, ma allo stesso tempo volevo che ricordasse chi era e perché il suo corpo
reagiva così alla mia presenza. Misi fine a quel bacio, e lo guardai negli
occhi. Sembrava… felice.
Maleggevo la confusione nei suoi
occhi.
Mi ricomposi, e,
continuando a stare tra le sue braccia – quanto era buono il suo odore, e
quanto mi era mancato – mirivolsia lui,
cercando le parole giuste per non rovinare il più perfetto dei momenti.
«Jake, so che sei confuso.Mati amo, e
voglio aiutarti. Dimmi se c’è qualcosa che posso fare»
Lui miguardò. Uno sguardo dolce,
da innamorato. Ma non era possibile, a meno che non siricordassedi me.
«Nessie– mi disse
– io non so chi sei, e non so neanche se tutte le storie che mi avete
raccontato oggi siano vere.Macredo di amarti.
Prima di incontrarti sentivo un vuoto, e quando ti ho vista, giù alla riserva,
mi sono sentito completo. Credi che sia sbagliato sentirmi così?»
«JacobBlack –
gli risposi io – noncredoaffatto
che sia sbagliato. Prima di andartene mi facesti una promessa.Etu le tue
promesse le mantieni sempre»
«Che promessa?» mi
chiese lui.
«Voglioche te la ricordi da solo. Soltanto allora
sarò sicura che l’avraimantenuta»
gli dissi con un sorriso. Prima di posare un altro bacio sulle sue labbra.
Poggiai la testa
sulla sua spalla, e mi addormentai, sorridendo.
Mi svegliai
sentendo la voce allegra diLeah.
Pensai di aver sognato tutto quanto, quando mi accorsi che ero tra le braccia
diJacob. Sicuramente in
quella posizione non aveva chiuso occhio. Odiava dormire seduto.
Lo rimproverai
scherzosamente.
«Jake. Mi avrestidovutasvegliare!
Non è stato carino da parte mia addormentarmi così»
Mirisposedolcemente,
con un sorriso che gli illuminava gli occhi.
«Già, avrei dovuto.Manon mi
dispiace aver passato la notte in bianco. Guardarti dormire è l’esperienza più
piacevolecheio abbia
mai fatto.ELeahmi ha
tenuto compagnia tutta la notte. Mi ha raccontato un po’ della riservadi LaPush, e
siamo riusciti a mettere insieme un po’ dei miei flash. –siinterruppe,
come qualcuno che ha improvvisamente ricordato un appuntamento importante – Ma
non hai fame?»
«Sì, ma
sinceramente sono stufa del cibo umano. Sono due mesi che non mangio altro!»
«Diciamo che la mia
dieta è molto variata –risposicon un
sorriso. La presenza diJakebastava a
trasformare la musonaNessienell’infinitamente
più simpatica Renesmee gioiosa
–Jakemi
accompagnava a caccia tre volte la settimana, ma per il resto pretendeva che
mangiassi cibo normale»
«Ti accompagnava a
caccia? – disse lei sconvolta – un umano così vicino mentrecacci. Non è pericoloso?»
La guardai
strabuzzando gli occhi.
«Finora non ho
incontrato nessuno checlassificassel’odore diJacobcome
umano. Di solito gli dicono tutti che il suo odore rende facile il non
mangiarlo. Per me non vale. Ha l’odore più buono dell’universo.Manon sa di
cibo!»
Risero tutti.
Com’era belloJacobquando il
sorriso gli illuminava il viso.
«Comunquepotresti accontentarti. Almeno finché nonrecuperola memoria…» disseJake.
Era sempre stato
bravo a far leva sui miei sensi di colpa per farmi fare quello che voleva lui.
Lo fissai
fintamente corrucciata. «Va bene.Maquesta è
una mossa scontata,
Jake.
Sicuro di aver perso la memoria?»
Per tutta risposta
mi baciò. Dolcemente. Lentamente. Approfondendo il bacio a poco a poco.
Quandosi fu saziato si staccò. «L’amore
per te, e qualche altra piccola sciocchezza,sonotutto ciò
che ricordo della mia vecchia vita. E’ come se senzateio non
avessi motivo di esistere».
Questa frase mi
fece venire in mente la dedica sul diario che gli aveva regalato mio padre. Con
gli occhi cercai la mia borsa.Leahme la
passò. Non era mio padre, perciò non poteva saperecosa stessicercando.Male avevo
letto quel diario così tante volte che la frase diJakedoveva
aver fatto pensare la stessa cosa anche a lei.
Presi la borsa e mi
alzai in piedi.Jakeera
riluttante a farmi allontanare da lui, perciò si alzò insiemeame e mi
tenne stretta per la vita. La sua presa era dolce e affettuosa, ma allo stesso
tempo decisa e salda. Mi avvicinai al suo orecchio. «Jacob, ti andrebbe di fare una passeggiata
fuori? – sussurrai, inutile dire che la privacy che cercavo non l’avrei ottenuta
così – Io e te da soli» poi posai un bacio dietro il suo orecchio. Due mesi di
lontananza e non riuscivo più a saziarmi di lui. Main effettiquella
parte non mi era mai riuscita bene.
«Va bene. Sento il
bisogno di stare un po’ solo con te» sussurròinrisposta
lui.
Uscimmo tenendoci
per mano.
Jacob
La mano diRenesmeeera così
morbida e piccola nella mia. La sua presenza mi faceva stare bene, e credevo
che non avrei mai sopportato la sua lontananza.Mail nostro
bisogno reciproco era sempre stato così forte, oppure era solo una reazione ai
due mesi di lontananza? Non ricordavo.
Camminammo per un
po’ in silenzio,godendo dellareciproca
compagnia e del calore del sole sui nostri corpi. La tempesta della notte
precedente aveva lasciato spazio ad un cielo azzurro privo di nuvole. Era come
se il cielo sapesse checieravamo
ritrovati e stesse festeggiando con noi.
All’improvviso si
fermò. Eravamo arrivati su uno spuntone di roccia solitario, che dominava tutta
la valle. Era uno spettacolo che avrei definito mozzafiato, se a fianco a me
non ci fosse stataRenesmee.
Si sedette, e io
con lei.Masi oppose
al fatto che la prendessi sulle mie ginocchia.
«Quella posizione
mi rende difficile la concentrazione. Eneavrò
bisogno per le prossime ore» disse sorridendo.
Estrasse un vecchio
libro piuttosto malconcio dalla sua borsa. Eravamo andati fin lassù per
leggere? Non potevamo farlo più comodamente sul divano della baita? Dovevo
avereun espressione molto eloquente,
perchéRenesmeerise. Una
risata argentina, squillante. Mi rendeva allegro, oltre a farmi venire una gran
voglia di baciarla.
«Jakenon sei
proprio cambiato di una virgola. –disse
tra le risate – Non vogliofarti leggere, tranquillo!Omeglio,
voglio che tu legga, ma è qualcosa che hai scritto tu.Espero che
possa aiutarti a ritrovare la memoria»
Mi poggiò il libro
sulle gambe. C’era scrittoJacobsopra, ma
qualcosa mi diceva che la grafia non era la mia. Non avevo mai scritto nulla da
quando mi ero svegliato, quindi non ne potevo essere sicuro.
Aprii il diario e
lessi la dedica. Era firmata “Edward”.
Il padre diNessiese non andavo errato.Perchéavrebbe
dovuto regalarmi un diario quasi sette anni prima? A meno che io eNessienonstessimoinsieme da
sette anni.
Non c’era
più niente; solo io, solo lui.
Ad accanirci
su un cadavere.
Tutto ciò che rimaneva della ragazza che avevamo amato. Quel cadavere spezzato, dissanguato, martoriato. Non potevamo ricomporre
Bella.
Sapevo che
era troppo tardi. Sapevo che era morta.Neero sicuro
perché la sua attrazione era sparita. Non sentivo più alcuna ragione per
rimanere lì accanto a lei.Leinon
c’era più. Per me quel corpo non esercitavaalcunaattrazione.
Il bisogno irragionevole di esserle accanto era svanito.Omeglio si
eraspostato.
Un altro ricordo.
Bella. Bella era la madre diNessie.E la mia migliore amica, stando a quello
che le mie sensazioni mi avevano suggerito.Mal’avevo
amata. Come potevoaverla
dimenticata così in fretta dopo la sua morte?
Girai la pagina. Mi
trovai di fronte la mia scrittura. Lessi attentamente. Sotto lo sguardo curioso
diRenesmee,arrivai in fondo alla pagina
«E’ così? – chiesi – Mi
sono innamorato di te la prima volta che ti ho vista?»
Arrossì e sorrise. «Più
o meno »
«Che significa?»
«Tu credevi di
essere innamorato di mia madre.E
stando a quanto mio padre si arrabbia ogni volta che gli chiedo di questa
storia anche lei doveva aver confessato di amarti. Meno di quanto
amasse lui,comunque, visto che lo
sposò. Ma quando nacqui la tua attrazione per miamadrecessò.
Papà dice che inizialmente pensasti che fosse perché mamma era morta, ma quando
ti avvicinasti a me per uccidermi, il solo guardarmi in viso scatenò in te una
reazione incontrollata…» disse.
«L’imprinting» concludemmoinsieme.
«Dimmi che
non è vero», mi ringhiò contro Bella.
Indietreggiai
a mani alzate, cercando di farla ragionare. «Sai che è una cosa che non si può
controllare»
«Stupido
imbecille! Comehaipotuto? La
mia bambina!»
Mentre mi
prendeva di mira, mi rifugiaifuori
dallaporta di ingresso, indietreggiando di corsa sui gradini. «Mical’ho
deciso io, Bella!»
« L’ho
tenuta in braccio una sola volta, e già pensi di avere qualche pretesa idiota
da lupo su di lei? Lei è mia»
«Me ne basta
un po’»,dissiimplorante
mentre mi ritiravo attraverso il prato.
«Come hai
osato avere l’imprinting con mia figlia? Seifuori
di testa?!»
«Non è una
cosa volontaria!», insistetti, arretrando tra gli alberi.
«Perchédovreiascoltarti?»,
sibilò. La furia si era impadronita di lei. Cancellava ogni altra cosa.
«Perché eri
stata tu a dirmelo. Ti ricordi? Tu mi hai detto che le nostre vite si
appartenevano, giusto?Che eravamo
una famiglia. Hai detto che era così che doveva andare, fra noi.Eora…eccoci. E’ ciò che volevi»
Miguardòcon
ferocia.
«Pensi di
poter far parte della mia famiglia come genero?» strillò.
Insistetti: «No!
Come puoi vederla così? E’ poco più che una neonata, maledizione!»
«E’ questo
il punto!», urlò.
«Ma lo sai
anche tu come funziona! Pensi cheEdwardmiavrebbe lasciatovivo, se
fosse stato così? Desidero soltanto che lei sia al sicuro e felice. E’
sbagliato? E’ così diverso da quello che vuoi tu?» gridai.
Mi riscossi dai
miei pensieri. La faccia diRenesmeeera
eloquente. Dovevo essere rimasto imbambolato come un idiota per qualche minuto.
Tanto da scatenare la sua preoccupazione.
La abbracciai per
rassicurarla.Trascorremmo il resto della giornata
leggendo quel diario, ogni pagina mi facevavenire in
mente nuovi ricordi. L’ultima pagina che avevo scritto risaliva ormai a due
mesi e mezzo prima.Edera per
lei. Main fondo tuttala mia
vita era per lei.
Io c’ero per lei.
Ilmotivo della mia esistenza era lei.
Ora avevo capito il
senso della frasediEdward.
Pensavo che
avessimo finito, ma il diario continuava con una scrittura diversa. Doveva
essere quella diRenesmee, tutta ghirigori
e cuoricini.
Aveva scritto una
decina di pagine dedicate a me. La prima delle quali recitava questo:
14 luglio
Mio amatoJacob,
una settimana fa mi hanno dato la
notizia della tua scomparsa. Non so se crederci. Leggendo quello che mihai lasciatoho pensato
che tu fossi preparato.Manon lo ero
io.Enon lo
sono tuttora. Mi sto preparando per partire conLeahalla tua
ricerca.
Ho bisogno di sapere se sei ancora
vivo. Il mio istinto mi dice di sì. L’amore per te non è diminuito. Ho passato
una settimana a letto, o almeno così dice mio padre. Erano talmente tutti
preoccupati per me da non considerare l’esistenza del patto. ICullensono
entrati al gran completo nella Riserva.
Mamma mi ha detto di cercarti, se
questopotessecontribuire,
tra dieci, cento o mille anni a farmi essere ancora felice. Papà non è molto
d’accordo, ma non riesce a contraddire mamma, lo sai! Ecomunquenon mi
sarei lasciata convincere.
Mi manchi da morire. Ti sei portato via
metà di me promettendo che me l’avresti riportata. Sono sicura che manterrai la
tua promessa. Me l’avresti già restituita se fossi morto. Non riusciresti ad
essere tranquillo sapendo che per colpa tua potrei non sentirmi mai più felice.
E il fatto che misentoancora
svuotata di ogni sentimento, lontana da te, mi fa pensare che io abbia ragione.
Ese ho ragione ti ritroverò, costi quel
che costi.
Ora ti lascio. È arrivataLeah.
Tiamo.
Più della mia stessavita.
Renesmee
Più della mia
stessa vita.
Più della mia
stessa vita.
Le mie mani
scivolarono al medaglione che avevo al collo.
Improvvisamente, in
un soffio di vento, ritrovaiilJacobBlack che
ero stato.
Tutti i miei
ricordi tornarono. L’umano, il lupo.
EstrinsiNessie, la miaNessie, in un abbraccio
stritolante. Baciandola fino a perdere il fiato.
«Torniamo a casa» le sussurraiin un
orecchio.
Citazioni: I ricordi di Jacob sono presi interamente da Breaking Dawn, di Stephenie Meyer, così come la frase "più della mia stessa vita" incisa nel medaglione.
Capitolo 13 *** 12. Finalmente Jacob... ancora una volta! (POV Jacob/Renesmee) ***
FinalmenteJacob... ancora
una volta!
Jacob
Mi ero trasformato
in lupo.
Dopo più di un
mese.
E non avevo perso il controllo.
Nella mia pazza
gioia caricaiNessiesulla
schiena, e corsi fino alla baita che mi aveva ospitato per tutto quel tempo.
Nel vedere un lupo
rossiccioLeahuscì di
corsa dalla casa.
Era rimasta con
quei vampiri più di quanto miaspettassi.
Mi venne incontro e
mi abbracciò. O per meglio dire mi saltò al collo quasivolessestrangolarmi.
Marideva, era felice.
PosaiRenesmeea terra.
Feci il giro della casa e ricomparii vestito.
«Nessiepuoipassarmi
le mie scarpe?» chiesi, con un sorriso da ebete stampato in viso.
L’avevo ritrovata.
Anzi.
Miavevaritrovato.
Enon avrei permesso a nessuno di
separarci dinuovo.
Leahmi fissava, palesemente felice.
«Come ci sei
riuscita?» disse aRenesmee.
«Hafatto tutto da solo – rispose
lei – abbiamo passato la mattinata a leggere un certo diario. Quando è arrivato
all’ultimapaginasi è
raggelato, ha fissato il vuoto per qualche istante, e poi mi ha stretta in uno
dei suoi soliti abbracci stritolanti chiedendomi di tornare a casa. Insomma le
sue solite cose» concluseridendo.
«Beh, che facciamo
ora?» chiesi io, impaziente di tornare ad abbracciare i miei familiari.
«Per stanotte direi
di dormire qui, seGabeeNesssaranno
così gentili da permettercelo» disseNessie.
Per tutta risposta,Gabe,
che si era affacciato sulla porta sentendo il suo nome, fece un cenno
affermativo.
«Poi domattina –
continuò guardandoLeah– andremo
giù alla riserva a recuperare le nostre cose, a salutareEileene a farle
sapere chesiamoancora
vive.E finalmente torneremo a
casa» sospirò, avvicinandosi a me ed abbracciandomi.
«Continuo a credere
che sia un sogno. Non solo questo testone è ancora vivo, ma siete persino in
tempo per il matrimonio» sorriseLeah.
«Oh. Il matrimonio
–dissi shockato io – non l’haiannullato?»
chiesi aRenesmee.
«No, caro il mio
smemorato. Ero certa che ti avrei ritrovato vivo. Non ho permesso a zia Alice
di abbandonare l’organizzazione.Edoggi è il
20 agosto. Mancano solo 21 giorni!» concluse, con un sorriso incredibile.
«Per non parlare
delle novità» aggiunseLeah,
rivolgendosi aRenesmeecon aria
cospiratoria.
Lei arrossì.
E io non capii.
«Di quali novità
state parlando?» chiesi.
«Leah ti odio» disseRenesmeein
risposta, facendole una linguaccia per rendere l’affermazione meno seria. Poi
avvicinò una mano al mio viso, e mi mostrò un ricordo.
Erano lei, sua madre eLeah, e parlavano di…maturità
completa?!
Quando tolse la
mano dal mio viso era rossa di vergogna, e non riusciva a guardarmi in volto.
Presi il suo viso tra le mie mani, e, guardandola negli occhi, avvicinai le mie
labbra alle sue, e la baciai.
Presto sarebbe
stata mia moglie.Enulla
avrebbe più potuto dividerci.
«A cosa pensi?» mi chiese.
«A quanto sarai bella vestita di bianco.Etu a cosa
pensi? >>risposi.
«Possiamo dormire
insieme stanotte?»
Leahscoppiò a ridere.
La guardai storto.
La mia paura più
grande era quella di non riuscire a trattenermi seavessi dormitonel suo
stesso letto.
Mai suoiocchioniche mi
guardavano speranzosi ebbero la meglio.
Acconsentii con un
cenno del capo.
«Dormire e basta,
però» affermai deciso.
La vidi sorridere e
la baciai dinuovo.
Leahsi sentiva di troppo, così
disse: «Nessieti
dispiace se torno daEileen?Inizio a sistemare le nostre cose e ad
avvisarla che partiamo. E soprattutto devo far sapere a casa che
saremo di ritorno domani»
Nessieannuì.
Erano diventate
amiche ormai.
E capiva come si sentivaLeah.
«Puoi fare tutto
quello che hai detto, ma non avvertire a casa. Voglio che sia una sorpresa. Per
una volta che zia Alice nonpuòrovinare
tutto»
Ci salutammo con un
abbraccio e un appuntamento per la mattina dopo, poiLeahsi
trasformò e corse via verso la riserva deiMakah.
Io eNessieentrammo
incasa.
Gabeci accolse con un
sorriso triste.
«Perciò, domani veneandate» era
ovvio che già sapesse tutto.
Con i supersensi
dei vampiri non si poteva mantenere un segreto neanche volendo.
«Già – risposi io –
ma ci tengo a ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me. Mi auguro
checiincontreremo
ancora. In fondo nonsiete poi tanto
diversi dalla nostra famiglia» era strano chiamare iCullencosì.
Ma in fondo era
questo chesarebberodiventati:
la mia famiglia.
«Beh, a questo
proposito avrei qualcosa da chiedervi – aggiunseRenesmee– Non ne
ho parlato conJacob, ma immagino che
sarà d’accordo. Il 10 settembre celebreremo il nostro matrimonio. Vorrei che
foste presenti. In fondo è anche merito vostro se si terrà» miguardòincerta.
Poi sul suo viso si
aprì un sorriso gioioso.
Forse aveva letto
l’approvazione nel mio sguardo.
«Certo che ci
saremo – esordìNessprima
ancora cheGabepotesseaprire
bocca – non vedo un matrimonio da quando sono diventata una vampira!»
«Perfetto. Ci
tengo. Farò aggiungere due invitati alla lista di zia Alice!» disse lei
allegra, come se non si aspettasse niente di meno.
Ci sedemmo a tavola
parlando del più e del meno.
Era passata la
mezzanotte quando ciritirammonella
stanza che era stata la mia per tutta la permanenza. Mi sarebbe mancata quella
casetta di legno e pietra.
Mi sdraiai sul
letto trascinandoNessiecon me, e
ci addormentammo abbracciati.
Fiduciosi nel
futuro che ci aspettava.
Renesmee
Misvegliai da sola in quel letto, che senzaJake, mi sembravavuoto ed
enorme.
Il sole era ormai
sorto. Mi chiedevo perché non mi avessesvegliata.
Andai in bagno e mi
feci una doccia veloce, cambiandomi con i vestiti che avevo nella borsa.
Un paio di jeans
scoloriti e attillati, e una maglietta arancione che metteva in risalto
l’abbronzatura cheavevoacquisito
il giorno prima stando sotto il sole tutto il giorno.
Zia Alice non
avrebbe approvato la scelta, ma almeno sarei stata comoda durante ilviaggio.
Jacobinsisteva perché viaggiassi
sulla sua schiena, in modo tale da potergli raccontare, come solo io sapevo
fare, tutto ciò che era successo da quando era partito.
Lo trovai seduto al
tavolo da pranzo, intento a trangugiare tutto il trangugiabile.
Bevvi una tazza di
latte e caffè e mangiucchiai qualche biscotto.
Ero stufa di quella
dieta e non vedevo l’ora di tornare a casa.
Raccogliemmo le
nostre cose, molto poche per la verità e ci trovammo nel soggiorno conGabeeNess.
«Allora civediamoil dieci!»
disseJakefacendo un
gran sorriso ai suoi nuovi amici.
«Perfetto!»
risposero loro in coro.
«Questo è il numero
di casa mia – dissi scrivendo su un biglietto un numero di telefono – se non doveste trovare la casa
chiamateci. Vi aspettiamo per
qualche giorno prima ad ogni modo. Così Gabepotrà conoscere mio nonno»
conclusi con dolcezza.
«Nesareimolto
onorato – disseGabe– sempre
che non rechiamo troppo disturbo!»
«Immagino che Alice
sarà talmente indaffarata coni
preparativi da essere grataa chiunque le toglierà dai piedi un
familiare.ENessandrà
perfettamente d’accordo conEsme» disseJacobtranquillo.
Parlava della mia
famiglia come se nefacesseparte.Main fondo
era così.
Ci salutammo con
degli abbracci.
Poi, usciti dalla
baita,Jakemi
consegnò le sue scarpe, che infilai in una busta prima di metterle in borsa,
fece il giro della casa, si trasformò e ritornò da me con i suoi vestiti in
bocca.
Li piegai e infilai
anche quelli nella borsa. Poi salii agilmente sulla sua schiena e ci dirigemmo
verso il paese.
A qualche
chilometro dalla strada, quando eravamo ancora nel bosco,Jacobriprese le
sue sembianze eciincamminammo
mano nella mano.
Con calma.
Arrivati alla
riserva trovammoLeah,Eileene le
cuginediEmbryad
attenderci.
Erano dispiaciute
di vederci andare via, ma in fondo erano felici per noi.
Avevamo raggiunto
il nostro obiettivo e stavamo tornando a casa.
I saluti furono
infinitamente più lacrimevoli. («Per forza, i vampiri non piangono» mi disse Jakequando
commentai la cosa, inutile dire che si prese uno schiaffo sulla nuca per
l’indelicatezza, e un bacio per le scuse).
Partimmo da lì che
il sole era ormai alto, maLa
Pushera
decisamente vicina per la nostra velocità.
E nonmiimportava
che il sole sarebbe presto scomparso.
Il mio sole, io,
l’avevo appena ritrovato, e nonsarebbe
maipiù
tramontato.
L’andatura che
avevaJacobera
rassicurante.
Così, dopo aver
esaurito tutto quello che avevo da dirgli, mi addormentai sulle sue spalle.
Quando mirisvegliaieravamo
ormai arrivati alla riserva.
Capitolo 14 *** 13. Di nuovo a casa... per sempre (POV Jacob/Renesmee) ***
Di nuovo a casa... per sempre!
Jacob
Non volevo svegliarla, aveva un aspetto così sereno quando dormiva, ma era
necessario se mi volevo ritrasformare per cercare mio padre.
Billy.
Mi sembrava passato un secolo dall’ultima volta che l’avevovisto. Chissà se l’avrei trovato cambiato.
SentiiNessiemuoversi
sulla mia schiena.
Si era svegliata.
Mi accucciai per permetterle di scendere più facilmente.
Quando non sentii più il suopesomi alzai
di nuovo.
Era davanti a me.
«GrazieJake! Di tutto» mi disse
sorridendo mentre mi porgeva i miei vestiti.
Li presi con la bocca e mi allontanai per qualchesecondo.
Leahera già rientrata a
casa.
Per ordinare aCharliedi non chiamare
Bella o qualcun altro deiCullen.
Nessieera stataperentoria.
Non voleva che lo sapessero da altri.
Voleva che fosse una sorpresa.
Sebbene nell’arco di qualche chilometro
saremmo stati alla mercé del potere di suo padre.
Ritornai da lei, che nel frattempo aveva preparato le mie scarpe perché
potessi indossarle.
Presi il suo viso tra le mani e mi chinai per baciarla. Poi le strinsi la
mano, che sembrava così piccola e fragile in confronto alla mia e ci avviammo
verso casa.
Era tutto spento.
Strano.
Apriila porta. Non
appena mettemmo piede nella stanzaimprovvisamentesi
accesero le luci.
«Sorpresa!» ci salutarono in coroSam,Emily,Paul, Rachel,Seth,Leah,Billy,Charlie, Sue,QuiledEmbry.
Gli ultimi due mi vennero incontro e mistritolarononei loro
abbracci.
«Ci hai fatto preoccupare»
«Menomale cheNessieè testarda»
«Sei un idiota»
«Hai abitato con due vampiri e non ti sei trasformato neanche una volta?»
«Tivogliamo bene»
C’erauna confusione
assurda.
Non capivo chidicessecosa.Masorridevano
tutti. Ero di nuovo a casa.
Dopo aver abbracciato tutti e festeggiato a lungo, iniziai a sbadigliare.
Chiaro segno che li stavo sfrattando da casa mia.
«Jake» michiamòNessie.
Mi voltai verso di lei.
«Volevo solo dirti che per stasera dormo da nonnoCharliee da Sue.
Tuo padre ha bisogno di averti un po’ tutto per sé»
Lesorrisi.
Sapevo che l’avrebbe fatto.
Forse era proprio per questo che aveva insistito perché dormissimo insieme
la notte precedente.
«Va bene, amore mio. Civediamo
domattina» la strinsia me, respirando il suo profumo. Poi posai
un bacio sulle sue labbra e la lasciai andare.
La mattina dopo chiacchierai allegramente con mio padre come non succedeva
da un sacco di tempo, assenza forzata esclusa. Parlammo molto, e mi resi conto,
attraverso le sue parole, che Alicestavaesagerando
un po’ con l’organizzazione del mio matrimonio.MaNessieaveva
preso i gusti elaborati da lei.Quindinon potevo
lamentarmi.
Lo salutai promettendogli che per le diciannove mattine successive avrei
fatto colazione con lui.
Non aggiunsi che non avevo intenzione di dormire lì.
Gli ero mancato.
Non mi avrebbe mai strappato quella promessa se non fosse stato così.
Uscito di casa salii sulla mia vecchiaVolksvagen.
Non avevo voluto lasciarla, nonostante Bella mi avesse chiesto un’infinità
di volte se volessi una macchina nuova e più veloce, una macchina da veroCullen–
nonostante lei la suaFerraril’avesse
tiratafuori dalgarage
forse tre volte in sette anni – per regalo
Ciero affezionato,
che ci potevo fare? Quella macchina aveva visto un saccodiavventure.
E spesso leineera stata
la protagonista.Quindiun po’
capiva come mi sentivo.
Mi mancava.
Non come mi mancavaNessie,
era diverso.
Mi mancava la mia amica.
Quella che mi capiva al volo e mi consolava
senza dire una parola.E presto sarebbe stata miasuocera.
Risi di quel pensiero, e mi avviai verso casa diCharliee Sue
scuotendo la testa.
Dall’esterno sentivo già che l’aria nonera
delle migliori.
Mi accolseinfattiunaRenesmeefuriosa.
Cosapoteva aver fatto
di maleCharlieper
meritarsi un trattamento del genere?
Decisi di entrare, pronto a porre fine alla disputa.
Renesmee
Jakearrivò a casa di
Sue nel momento peggiore.
NonnoCharliemi aveva
appena detto cheNahuelera ancora
a casa mia, ed ero in piena crisi isterica.
Checosa credevano di
fare i miei genitori?
Forse era la volta buona che a casa non ci tornavo più.
Ma forse era anche il momento migliore in cuipotessearrivare.
La sua presenza ebbe un effetto calmante su di me.
«Forseèmeglio che
rimandiamo la visita a casa tua» mi disseJacob.
«E a cosa servirebbe?Prima
o poisaprebbero che siamo tornati.Sethnon
riuscirà a tenere il segreto con mio padre a lungo. E verrebberoqui. Ti ho detto che ormai
vanno e vengono dalla riserva come vogliono?» risi, scuotendo la testa, anche se ero ancoraarrabbiata.
Jake capì perché lo
facevo.
Ogni volta che volevo fuggire dicasami
rifugiavo a La Push.
Mio padre impazziva.
Severamente ormai non
importava più niente a nessuno del confine, non potevo essere lasciata in pace
neanche lì.
Erise con me.
«Va bene. Ho la macchina qui fuori. Andiamo?» mi disse.
«Sì, e mi assicurerò di avere abbastanza pensieri ostili affinché mio padre
capisca che non è il caso di rovinarmi la “sorpresa”.Ese non lo fa
so come infastidirlo abbastanza a lungo da farmi lasciare in pace. Ormai sono
un’adulta. Lo riconosce anche mia madre» affermaiseria.
Mi prese in braccio e mi trascinò in macchina.Avevo le mie gambe, lo sapevofare da
sola.Eppurelo lasciai
fare.
Era bello farsi coccolare un po’.
Durante il tragittoascoltammola radio.
Aveva inserito l’ultimo CD che gliavevoregalato.
C’erano le “nostre” canzoni.
Auna distanza
congrua perché mio padre mi sentisse iniziai a pensare a ripetizione:Se mi
rovini la sorpresa ti faccio a pezzi. Letteralmente. Anche se sei mio padre.
Si sarebbe infuriato di brutto per la mia mancanza di rispetto.
Maa chi importava?
Lui non mi stava rispettando affatto permettendo aquell’ibrido di rimanere a
casa mia.
Parcheggiammo di fronte al garage.
Sapevamo che avevano sentito arrivare la macchina.
Eci aspettavamo il
comitato di benvenuto.
Mac’era solo zioEmmettsulla
porta.
Vedendolo non riuscii a trattenere la gioia, nonostante fossi arrabbiata
con tutti quanti.
Egli corsi incontro.
Era lo zio più simpatico e giocherellone del mondo.
Tra lui e zio Jazzpreferivoinfinitamente
lui.
Almeno era divertente.
«Bambolina! Sei tornata!Ehai
portato anche ilcucciolotto!»
disse strapazzandomi ben bene.
«Pensavi che non ci sarei riuscita, vero?» risposi io guardandolo con aria
critica.
«Beh, a dire il vero c’èsolo una
persona che guadagnerà una fortuna dalle scommesse» affermò con un sorriso
sornione.
Non chiesi chi.
Lo sapevo per certo.
C’era solo una persona che mi avevaappoggiataincondizionatamente.
«Mia madre» gli dissi. Lui annuì. Poi salutòJacob.
«Ehilupacchiotto! –disse scherzosamente – ci haifatto
preoccupare!»
«CiaoEmm!
– risposeJake– ma dovesonotutti?»
«Immagino che siano in salotto ad aspettarvi. Volevo essere il primo a
riabbracciare la mia dolce nipotina!»
«E volevistare alla largadaNahuel, vero?»
«In realtà… ma lo vedrete da voi» disseridendo.
Presi per manoJakee ci
avviammo verso la porta.
ZioEmmettci
seguiva.
La prima ad entrare nel mio campo visivo fu mia madre.
Mi abbracciò per un istante, poi strinseJacob.
«Jakela
prossima volta che mifaispaventare
così ti ammazzo con le mie mani.Per
fortuna che la piccola non si è arresa e ti ha riportato qui. –
si allontanò – Come state?» ci chiese.
Per due ore non facemmo altro che rispondere a domandesudomande.
Volevano il racconto nei minimi dettagli.
Zia Alicesiirritò un
po’ quando le dicemmo che ci sarebbero stati due invitati in più e si dileguò
con zio Jazz per ridistribuire i posti a tavola e alla cerimonia.
Mi dissero cheNahuelsi era
dileguatopochi minuti prima.
Appena si era reso conto che eravamo tornati.
Almeno una mossa intelligente nella sua vita l’aveva fatta, il ragazzo.
Forse alla fine l’avrei perdonato.
In fondo con l’eternità davanti di tempoavevo.
Maavrei lasciato
passare almeno una decina d’anni, prima.
L’unico che non si fece vedere fu mio padre.
La mia felicità era turbata da quel particolare.
Quando chiesi notizie amia
mammadisse: «Pensava che non volessi vederlo. In fondo nell’ultimo
mese se non fosse stato perLeahed Alice
non avremmo avuto affatto tue notizie»
«Mamma,eroarrabbiata
con voi. Lo sarebbe stato chiunque al mio posto. In fondo avete perdonato il
responsabile della quasi morte del mio fidanzato – sorrisi – ma questo non vuol
dire che io non lo voglia vedere. Cavolo è mio padre! La mia felicità senza di
lui non è completa!»
Chemi avesse sentito
dire questa frase, o che avesse scelto proprio quel momento per comparire, il
tempismo di papà fu perfetto.
Mi strinse in un abbraccio deciso ma rassicurante, e sfiorò i miei capelli
con le sue labbra di marmo ghiacciato.
«Mi sei mancata, piccola mia» disse in un sussurro.
La mia rabbia si sciolse come neve al sole al sentirlo così insicuro.
Ei miei occhi si
sciolsero in lacrime.
«Mi sei mancato anche tu, papà. Sei ancora disponibile per accompagnarmi
all’altare?» gli dissi scherzando, asciugandomi le guance con il dorso della
mano.
«Certo che sì. Questo e altro per la mia unica figlia!» risposesorridendo.
Jacobsi avvicinò per
dire qualcosa a mio padre.
E lui, stranamente, gliela lasciò dire, senza rispondergli prima che
aprisse bocca.
«Edward, nonsocome
ringraziarti – disse –Renesmeeè riuscita
a trovare il modo per farmi tornare la memoria solo grazie a te. E ora
finalmente ho capito la dedica che mifacestisette anni
fa».
A venti giorni dal nostro ritorno mi trovavo in un gigantesco gazebo bianco
nel giardino di casaCullen.
Alice aveva organizzato le cosein
grande stile: gli invitati erano più di duecento – e mi chiedo
ancora dove avesse trovato tutta quella gente – e, ancora una volta, il branco
e i vampiri si trovavano riuniti insieme per festeggiare.
Le nostre vite erano ormai legate più di quanto ci sipotesseimmaginare.
La mia anima sarebbe stata legata indissolubilmente a quella diNessie, lì, quel giorno,
da un sacerdote ignaro della natura degli sposi e delle loro famiglie.
Alice eJaspererano
andati a prenderlo a Seattle, e lì l’avrebbero
riportatonon appena fosse terminata la cerimonia.
Ero lì, di fronte all’altare, ad attendere la mia dolcissimaRenesmee, che non vedevo
da più di un giorno ormai – Alice aveva tenuto alla tradizione, non
permettendomi di avvicinarmi a lei la notte precedente,nonostante dalnostro
ritorno fossi tornato a vivere stabilmente a casaCullen– nervoso
ed irrequieto, tanto cheSeth,
il mio testimone, mi aveva dovuto raccomandare più volte di mantenere la calma.
Fissavo continuamente l’ingresso del gazebo, ornato con un arcodi rose rosso sangue avvoltenel tulle
bianco. Il colpo d’occhio era meraviglioso.
Dovevo ammetterlo, Alice ci sapevaproprio fare. Non
che già non lo sapessi, ma vederla all’opera in quegli ultimi giorni era stato
veramente emozionante.
L’arrivo diGabeeNessl’aveva
messa a dura prova, ma dopo averli conosciuti si era resa conto che il suo
nervosismo era stato del tutto ingiustificato. Si affezionò a loro come se
fossero due di famiglia, e li invitò a tornare con più calma dopo il
matrimonio, quando io eNessiecisaremmotrasferiti
e ci sarebbe stata una stanza libera per ospitarli. Credo che Alice ogni tanto
si scordi di essere una vampira, tanto è presa nella sua finzionediumanità,
ma è pur vero che ogni coppia ha bisogno della sua intimità.
Il momento più intensodiquei
giorni era stato sentire il racconto diGabe.
Carlisleera stato felice di
sapere che qualcuno aveva seguito il suo esempio, nonostante non fosse stato
coinvolto da lui in prima persona, e già faceva strane congetture matematiche
su quanti vampiri potessero essere coinvolti in quel modo di vivere senza che
lui ne fosse a conoscenza. Al secondo “se” mi scoppiava già la testa, eNessieche si era
accorta della mia faccia stravolta, mi aveva trascinatofuori dallastanza,
baciandomi fino a farmi passare il mal di testa e a farmi venire i rimorsi per
la promessa che avevo fatto ai suoi.
I suoi.
Bella, la mia migliore amica, stava per diventare mia suocera, ed era una cosa
completamente anomala: le suocere non possono essere amiche degli sposi, per
definizione.
Edward… dal mio
ritorno era stato meno scontroso verso di me. Il fatto che sua figlia fosse
felice ormai gli bastava.Il
che mi faceva ben sperare per il futuro.
Mentre facevo queste riflessioni, i quartetto d’archi che Aliceavevaassunto
per l’occasione iniziò a suonare la marcia nuziale. Alzando gli occhi incrociai
quelli splendidi della miaRenesmee.
Laosservai, mentre lentamente
attraversava il grande gazebo al braccio di suo padre, visibilmente emozionato.
I suoi lunghi capelli color del bronzoeranoraccolti
in uno chignon che lasciava libere alcune ciocche che, in una cascata di
boccoli, incorniciavano il lato destro del suo viso. Il vestito che indossava
era principesco.Il corpetto, senza maniche, in raso di
seta ricamato, si stringeva sulla vita per allargarsi sulla gonna di seta
damascata, che scivolava verso terra in onde morbide. Il colore,
bianco, oltre ad incarnare la purezza della donna che sarebbe stata mia per
sempre, metteva in risalto il colore dorato che la sua carnagione aveva assunto
stando al sole.
Era semplicemente perfetta.
Maquesto, lo sapevo
da sempre.
Dopo la cerimonia, il ricevimento, al termine del quale scoprimmo cheCharlieci aveva
regalato la sua casa, poco prima che i fuochi d’artificio dichiarassero chiusi
i festeggiamenti.
Alice e Bella aiutaronoNessiead uscire
dal vestito da sposa e le fecero indossare un tubino di seta blu. Al collo
portava la collana di perle che mio padre le aveva regalato.
Andammo a casa nostra.
Dove siamo anche ora.Carlisleè nella
nostra stanza da letto.Nessieha
insistito così tanto per partorire in casa. Dice che altrimenti Bella nonsarebbe potutastare con
lei. Eppure non posso fare a meno di pensare che questamiabitudine
a lasciarla fare come vuole l’abbia condotta a questa sofferenza non
necessaria.
Edwardsta ascoltando i
miei pensieri.
Mi guarda e mi sorride.
Maè un sorriso
triste.
Questo momento lo riportaalgiorno in
cui è nataRenesmee.
So che quando ci pensa si sente ancora morire. So che unaparte di luiè morta
con l’umanità di Bella.
Ma so anche che lui sa che questa volta andrà in maniera diversa.
Per quantostiasoffrendo
nel momento del parto, la gravidanza diNessieè
trascorsa serena, il suo corpo si è arrotondato in maniera “naturale” – per
quanto mi riguarda a quella parola metterò sempre le virgolette, non credo più
che ci sia una cosa che possa essere definita “naturale” in senso assoluto – ed
ha aumentato anche il suo appetito per il cibo umano, soprattutto nell’ultimo
periodo.
Concludoquesto pensiero nel
momento in cui Bella apre la porta della camera che è stata diCharlieper quasivent’anni, prima che la
casa diventasse di mia proprietà.
Mi guarda sorridendo e mi dice: «Congratulazioni papà! E’ nato un bel
maschietto!»
«Congratulazioni anche a te,nonna!» le dico, facendo una
linguaccia ed entrando di corsa nella stanza un po’ per evitare lo scappellotto
che sicuramente mi avrebbe tirato, un po’ perché sono realmente impaziente di
vedere mio figlio.
E’ tra le braccia di sua madre.
Carnagione di uno strano miscuglio tra il mio colorbronzoe il
pallorevampirescodiNessie.
Occhi verdi.
Carlislesorride quando si
accorge che ho notato questo particolare.
«Sono della stessa tonalità degli occhi diEdwardquando era
umano» mi dice.
Sono felice che abbia preso qualcosa di lui.Manon lo
ammetterò mai.
Cavolo!Mi scordo sempre che sa leggere nel pensiero. Sicuramente lo saprà già.
«Jake?» chiedeNessiesenza
aprire gli occhi. E’ stanchissima, e voglio lasciarla riposare, ma prima devo
stringerla tra le mie braccia.
«Cosa c’è dolcezza?»le rispondo.
«Come lochiamiamo?» mi chiede.
Ci penso un po’ su, poi le rispondo.
«Che ne diresti diNathanEphraim?»
«Nathan? Come
mai questo nome? Ephraim è il nome del tuo bisnonno,
quindi posso capirlo, maNathanè
insolito, sia per la mia famiglia che per la tua» mi dice scaldandosi un po’.
«Beh, pensavo che con il fatto dell’immortalità non ci sia da scherzare,
dare lo stesso nome a più persone in questa famiglia potrebbe diventareproblematico! E soprattutto
voglio qualcosa chesiasemplice
pronunciare» le dico ridendo.
Lei mi sorride di rimando.
«EvadaperNathanEphraim.Mail nome
del prossimo lo scelgo io!»
Il piccolosceglie quel momento per agitarsi un po’.
Lo prendodalle braccia della
mamma per stringerlo al mio petto. Ancora non mi sembra reale che quel
fagottino sia mio figlio.
Nathansmette di agitarsi.
Il suo respiro siregolarizza. Si è addormentato.
Lo poso di nuovo tra le braccia della miaNessie,
ed abbraccio entrambi, certo che da questo momento in poi il sole non
tramonterà più sulla mia vita, perché il mio sole splendentesonoloro.