Angeli perduti

di Kastania
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Finì la dolce musica per noi ***
Capitolo 3: *** Nuovi ruoli ***
Capitolo 4: *** Confronti ***
Capitolo 5: *** Io confesso ***
Capitolo 6: *** Un regalo di nozze ***
Capitolo 7: *** Di notte venne a me,nel sonno mio.. ***
Capitolo 8: *** Dolci note udite già ***
Capitolo 9: *** Sono il tuo angelo vieni... ***
Capitolo 10: *** Una rosa è solo una rosa... ***
Capitolo 11: *** Giuramenti infranti ***
Capitolo 12: *** Angelo io non ti respingo... ***
Capitolo 13: *** Rimorso e rimpianto ***
Capitolo 14: *** Vicini e lontani ***
Capitolo 15: *** Notte stellata ***
Capitolo 16: *** La magia della luna piena ***
Capitolo 17: *** L'araba fenice ***
Capitolo 18: *** La luce di un giorno nuovo ***
Capitolo 19: *** Il valore dell'amicizia ***
Capitolo 20: *** La lunga attesa ***
Capitolo 21: *** Incubi inquieti ***
Capitolo 22: *** Deus ex machina ***
Capitolo 23: *** L'intollerabile abbandono ***
Capitolo 24: *** Tradimento e rassegnazione ***
Capitolo 25: *** il volto dell'Angelo ***
Capitolo 26: *** Il coraggio inatteso ***
Capitolo 27: *** La fine di tutto ***
Capitolo 28: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

PROLOGO

Nei sotterranei d'insondabile tristezza dove il Destino m'ha relegato e in cui mai può penetrare raggio rosa e gaio; in cui, tutto solo con la Notte, scontrosa ospite,

sto come un pittore che un Dio ironico condanna a dipingere, ahimè, nelle tenebre; e dove, cuoco dai funebri appetiti, faccio bollire e mangio il mio cuore,

a momenti brilla allungandosi, e distendendosi, un fantasma di grazia e di splendore.

Alla sua sognante andatura, quando raggiunge la sua totale estensione, riconosco la mia bella visitatrice: è Lei, nera e tuttavia luminosa.

Charles Baudelaire, Un fantasma

Il destino era sempre stato crudele con lui,sin dalla nascita gli aveva negato ogni possibilità di essere felice.

Aveva crudelmente giocato con lui come certi bambini di animo cattivo,che per assurdo si divertono a strappare le ali o le zampe a qualche innocente insetto,per vederlo agitarsi e contorcersi nella sofferenze,per poi morire nella completa desolazione.

Avrebbe vissuto e sarebbe morto senza vedere i propri desideri soddisfatti, i propri sentimenti ricambiati.

Era una consapevolezza che gli pesava nel petto come un macigno,che gli spezzava il fiato.

Il destino lo aveva marchiato sin dalla nascita, sfregiando il suo viso e la sua anima con un segno diabolico.

Questo lo aveva costretto a sfuggire alla persecuzione degli uomini,celandosi in un’oscura solitudine per l’eternità,seppellendolo nel buio quando lui desiderava soltanto la luce del sole e il contatto umano.

Lo aveva dannato per l’eternità…senza che lui ne avesse alcuna colpa.

Il destino lo aveva fatto nascere con due anime,quella di un angelo e quella di un diavolo.

Tutti potevano vedere chiaramente il suo aspetto diabolico,ma nessuno era mai riuscito ad indovinare che sotto quella apparenza spaventosa potesse celarsi un cuore puro,colmo d’amore.

Nessuno avrebbe osato neppure immaginare una simile dualità dietro lo stesso viso.

Nessuno tranne lei…

Nessuno aveva mai potuto fissare il suo volto senza esserne terrorizzato e disgustato….neppure sua madre. Quella madre che non lo aveva mai sfiorato,accarezzato,né tanto meno baciato.

Non aveva la bellezza necessaria a meritarsi l’amore di nessuno,e non l’avrebbe avuta mai.

Così si era affidato totalmente al suo vero grande amore,quello che non lo avrebbe mai abbandonato né tradito. La sua musica. Per essa il suo aspetto non aveva alcuna importanza,e lui ne era diventato signore e padrone incontrastato.

Era come un Dio nel suo regno,nel suo dominio artistico,e nessuno poteva sfuggire al suo potere implacabile senza incorrere nella sua ira, senza essere punito severamente,anche con la morte.

Nessuno poteva nascondersi,nessuno poteva permettersi di disobbedirgli.

Vedeva tutto,sapeva tutto..e agiva come meglio credeva,signore incontrastato.

Sappiate che se lui vorrà nessuno più si salverà…

Il suo regno sotterraneo,cupo più della notte e profondo come l’inferno,era sempre rimasto inviolato,in quegli anni di esilio volontario nelle viscere dell’Opera Populaire.

Tutti lo temevano,e non si sarebbero mai avventurati laggiù, per alcun motivo.

Chiunque gli disobbedisse poteva essere certo di andare incontro ad una morte terribile..e nessuno ne aveva mai avuto il nervo.

Solo la musica era la sua consolazione,unico conforto in una vita solitaria e dolorosa.

Ogni volta che componeva,ogni volta che suonava…lui lo faceva solo per essa,per magnificare la sua alta gloria. Il suo talento era la sua unica consolazione,e la musica non lo aveva mai deluso.

Aveva illuminato i lunghi giorni bui della sua vita solitaria, lo aveva blandito, accarezzato,soggiogato con il proprio meraviglioso incanto.

Lo aveva reso libero…anche se solo per pochi illusori momenti.

Aveva sfruttato la musica per attrarre a sé il suo angelo,per conquistarlo,per vincerne ogni resistenza.

Era la sola strada che sapeva percorrere,l’unico comportamento umano e civile che avesse mai appreso.

Aveva creduto di aver vinto la sua battaglia,che lei ormai fosse sua e sua soltanto.

Lei..lei aveva illuminato l’oscurità della sua via con la sua bellezza,la sua innocenza,la sua gaiezza acerba.

In sua compagnia,per la prima volta nella sua vita,si era sentito un uomo e non uno spettro,un mostro.

Aveva desiderato la sua presenza,le sue carezze..il suo corpo.

Aveva desiderato che lei fosse sua compagna per l’eternità,aveva desiderato che gli mostrasse il paradiso,a lui che non aveva mai conosciuto altro che l’inferno.

Aveva sognato,sognato…

Le loro anime si sarebbero fuse in una sola,e si sarebbero innalzate fino alla vera,benedetta libertà,non più prigioniere di questo mondo e delle sue leggi ingiuste e discriminatorie.

Il mondo che lui aveva creato sarebbe appartenuto soltanto a loro.

Ci sarebbero stati loro soltanto,per tutta l’eternità,accompagnati soltanto dalla loro musica.

Lei non lo avrebbe mai lasciato,lui era e sarebbe sempre stato il suo angelo,il suo dio della notte più oscura…

E invece lei lo aveva abbandonato.

Lui era stato il suo angelo,il suo dio,il suo maestro…eppure era fuggita inorridita,come se prima di allora non ci fosse mai stato altro che orrore fra loro.

Il richiamo della luce e di una sciocca passione infantile l’aveva attratta a sé,lontana dal suo abbraccio.

Il suo dolcissimo angelo se ne era andato.. il viso rigato di lacrime, il vestito da sposa zuppo e stracciato.

Il suo futuro,la sua vita,il suo cuore…tutto era sparito insieme a lei.

Lui era sempre stato spietato,potente,temuto.

Ma non era un mostro,…o almeno,non lo era mai stato con lei.

Non avrebbe potuto sopravvivere se lei avesse pensato che fosse un mostro..no,non avrebbe potuto.

Non poteva immaginare di svegliarsi ogni giorno con lei,e di vederla tremante di paura e di orrore.

Non poteva immaginare di svegliarsi con lei e di vedere il suo cuscino macchiato dalle lacrime.

Non poteva immaginare di infliggerle una simile inumana sofferenza.. quella a cui il mondo lo aveva condannato molti anni prima,senza mostrare la benché minima pietà.

Lui invece aveva avuto pietà di lei,e della sua paura. Aveva avuto pietà del suo sacrificio.

Aveva dovuto lasciarla andare.

Aveva sperato così a lungo che lei lo desiderasse,provasse affetto e tenerezza,che volesse vivere con lui…

Se l’angoscia tua fai diventare affetto poi

Poi dietro al mostro tu

Vedrai un cuore che

Sembra il mio ma dentro

Vuole amare,dentro sé,dentro sé…

Aveva sperato che un giorno potesse accadere. Con tutto stesso…

Non coscientemente,ma lo aveva sperato.

Inutilmente.

Non era altro che un uomo,un uomo che desiderava disperatamente l’amore di una donna.

Di una donna soltanto,la donna che per la prima volta aveva risvegliato in lui umani sentimenti..

La donna che il destino gli aveva affidato..o così almeno aveva creduto.

Il destino si era divertito a lasciargli assaporare per pochi istanti ciò che agli esseri umani spettava di diritto per l’eternità. Ma lui non era un essere umano,dopo tutto.

Prima o poi lei sarebbe tornata al suo angelo…o almeno,lui ci aveva creduto per mesi.

Ora non ne era più così sicuro.

Cosa rimaneva della sua vita? Un accozzaglia di gloriose rovine,simili al devastato spettacolo, nell’antichità classica,di una città appena rasa al suolo. Ma se in quella città distrutta dalla furia umana albergavano persone piene di speranza e di voglia di ricostruire,di erigere una città ancora più grande,bella,importante, in lui non albergava più nessun anelito,nessuna forza.

Nessuna anima.

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Capitolo 2
*** Finì la dolce musica per noi ***


CAPITOLO 1: FINI’ LA DOLCE MUSICA PER NOI

CAPITOLO 1: FINI’ LA DOLCE MUSICA PER NOI

 

 

Il giorno più felice - l'ora più felice
questo mio inaridito cuore ha già conosciuto;
ogni più alta speranza di trionfo e d' orgoglio
sento ch' é fuggita via.
Trionfo? oh sì, così fantasticavo;
ma da gran tempo svanirono ormai
le visione di quel mio giovanile tempo -
e sia pur così.
E quanto a te, orgoglio, che dirti?
Erediti pure un'altra fonte
quel veleno che approntasti per me -
Ora acquietati, o mio spirito.
Il giorno più felice - l'ora più felice -
che quest'occhi avrebbero visto - hanno già visto,
il rifulgente sguardo di trionfo e d' orgoglio
sento che é spento ormai.
Ma mi fosse pur riofferta quella speranza
di trionfo e d' orgoglio, e con la pena
che allora avvertivo - quella fulgente ora
io non vorrei riviverla:
giacche' oscure scorie erano su quelle ali
e, al loro agitarsi, una maligna essenza
ne pioveva - fatale per un' anima
che già l' ha conosciuta.

                                                        Edgar Allan Poe,Il giorno più felice

 

 

 

 

 

Mesta creatura lontana,quale esistenza è la tua? Tu non sei più solo al mondo,non ti lascerò..

 

Erik appoggiò la schiena contro il muro,mentre quelle parole gli tornavano alla mente. 

Il famigerato Fantasma dell’Opera si sentiva sconfitto.

Si sentiva solo e sperduto,come gli accadeva da bambino,prima in presenza di sua madre,che lo aveva sempre guardato solo con ribrezzo e disgusto,e poi presso la tribù di zingari,quando era stato esposto senza pietà al pubblico ludibrio e alle botte,agli insulti,alla degradazione. Quando era stato considerato da molti il vero Figlio del Diavolo.

 

Sei patetico… devi smetterla! Sussurrò a sé stesso con livore.

 

Colpì la parete con un pugno. Una,due,tre volte. Il dolore alla mano era più sopportabile di quello al cuore.

Chiuse gli occhi. Non indossava più la maschera,non l’aveva più indossata dopo quella sera.

Non dopo quello che lei gli aveva detto…

 

E’dentro te quella tua deformità..il volto tuo non mi turba più ormai..

 

Erik sei uno stupido pazzo!Perchè non riesci a dimenticarla?

Aveva il groppo alla gola.

 

Non aveva più avuto una notte di sonno da quando il suo angelo era fuggito con il Visconte de Chagny.

Ogni volta che chiudeva per un secondo le palpebre, gli balenava davanti quella scena straziante.

Christine che si voltava a guardarlo,l’espressione piena di angoscia e una mano appoggiata alla spalla del Visconte…

 

Raccolse da terra uno dei frammenti di vetro del grande specchio,che aveva infranto proprio quella fatidica notte. Non li aveva neppure spazzati via…erano rimasti a terra,a popolare il pavimento come un esercito di accusatori. Ogni volta che abbassava gli occhi,quei riflessi distorti e spaventosi gli rammentavano perché era accaduta tutto. Perché il suo viso era così aberrante.

 

Guardò i propri occhi riflessi in quel frammento. Erano cambiati,in quell’ultimo anno. Erano freddi e vuoti. I suoi occhi.. prima di quella sera,erano l’unico segno davvero umano sul suo viso. Occhi che minacciavano, odiavano, spaventavano…eppure erano capaci di incantare,stragare,sedurre. Erano capaci di amare davvero,ed esprimere tutta la forza disperata dei suoi sentimenti.

Non più. Del resto,non aveva nessun sentimento da mostrare al mondo. Il suo cuore era inaridito.

Neppure la musica era in grado di consolarlo,di lenire le sue pene. La musica,che per gran parte della sua vita gli era stata unica e fedele compagna.

 

Strinse il frammento fra le dita fino a farle sanguinare. Che importanza aveva una cicatrice in più o in meno? Rimaneva ugualmente un mostro rivoltante.

Lasciò cadere il vetro,mentre una voce gli riempiva la testa. La voce pura e ricca del suo angelo…

 

Dimmi che tu mi amerai per sempre,dimmi questo ed io con te sarò…

 

Tremò a quel ricordo. Christine,come hai potuto farmi questo? Perché lo hai fatto? Perché?

 

Si trascinò pesantemente fino all’organo a canne.

Sul polveroso strumento,che non aveva più toccato,c’era l’anello che Christine gli aveva donato.

Che gli aveva lasciato,come pietoso ricordo….

 

D’ora in poi questo ricordo non mi tormenterà più.

 

Strinse l’anello nel pugno,e per la prima volta da mesi le lacrime si affacciarono ai suoi occhi.

Non erano più lacrime di dolore,ma di rabbia.

Non avrò con me mai gli occhi tuoi….finì la dolce musica per noi..

 

Angelo,come puoi tradirmi?Io ti ho dato tutta me stessa,mi fidavo di te…

Christine glielo aveva sussurrato fra le lacrime,occhi sbarrati,d’un pallore quasi cadaverico,dibattuta fra l’orrore che provava per lui e il timore che potesse accadere qualcosa di male al suo Raoul. 

 

Aggrottò la fronte al ricordo di quel suo comportamento infantile.

Non si sarebbe più sentito in colpa per quello che aveva fatto,non più. Non era altro che una bambina…in fondo era davvero molto,troppo giovane. Non poteva biasimarla più di tanto.

Ma ne aveva abbastanza di sentirsi colpevole per ciò che era accaduto.

 

In quei mesi aveva a lungo meditato sulla possibilità di suicidarsi.

La sua vita non aveva più alcun senso,non dopo quanto era successo.

Non dopo che una dolorosa consapevolezza aveva tormentato i suoi giorni e le sue notti.

Christine non sarebbe mai più tornata da lui…

 

 

Quella notte salì sul palco deserto,e formò in fretta un cappio con il suo laccio del Punjab, annodandolo ad una delle corde che penzolavano sul palcoscenico,una di quelle a cui si appendevano gli scenari mobili. Rimirò soddisfatto il robusto nodo che aveva appena intrecciato. Era sempre stato bravo in questo genere di cose.

 

Gli era parso un modo sufficientemente ironico di togliersi la vita…appendersi alla stessa fune da cui aveva fatto penzolare il corpo di Joseph Buquet,molti mesi prima.

Chissà quanta soddisfazione avrebbero provato tutti i suoi nemici,al Teatro,nel vederlo cadavere.

 

Non aveva paura di morire. Non ne aveva mai avuta,in realtà.

Aveva paura di continuare a vivere con quel vuoto nel cuore,che sembrava risucchiarlo verso l’Inferno ogni giorno di più.

Si era gettato nel vuoto con un senso di vicinanza alla pace…

…a braccia aperte come un angelo che spicca il volo per ritornare al suo Cielo…

 

Purtroppo per lui,la corda si era spezzata di schianto,e si era schiantato dolorante al suolo.

Probabilmente quel rotolo di corda era marcio..

 

Maledizione! Non poteva credere alla sua sfortuna. Sono davvero un mostro forse,se mi merito tutto questo.

 

Aprì gli occhi lentamente,aspettando che il lancinante dolore alla schiena si affievolisse.

Lo scenario per la rappresentazione della sera successiva era già stato preparato,ed era tutto intorno a lui. L’Annibale di Chalumoux.

Il ricordo della prima esibizione pubblica di Christine lo sommerse come un’onda di rimpianto.
Era stato solo grazie alle sue lezioni di canto che la giovane e splendida ballerina di fila,nel volgere di una notte, era diventata stella del canto dell’Opera Popoluaire. Sorrise amaramente. Merito delle sue lezioni di canto,certo,del talento naturale della ragazza,certo..ma anche dei suoi continui “scherzi” al Teatro che avevano fatto infuriare la Carlotta,la Diva dell’Opera,e le avevano fatto abbandonare lo spettacolo in asso. Gli impresari,con l’acqua alla gola,avevano dovuto scritturare la giovane e sconosciuta Chistine Daae.
E non se ne erano pentiti un solo istante.

 

La ragazza quella sera era incantevole nel suo vestito bianco dall’ampia crinolina.,i capelli meravigliosamente acconciati ed intrecciati con dozzine di piccoli diamanti,che la facevano splendere come un astro del firmamento. Una visione quasi ultraterrena,mentre con grazia si esibiva nelle dolci note di Elissa.

 

Pensami…pensami mentre sei lontano ormai…

Tu pensami,vorrei scordarti ma non potrò mai…

Rimpiangerai tutte le cose che tu non hai fatto insieme a me..

Ogni ora che vivrò io penserò a te….

 

Tutte bugie,riflettè amaramente lui.

 

“Non dovresti covare pensieri così cupi per il tuo futuro. Il suicidio non è mai una soluzione”

La voce di Madame Giry risuonò risoluta alle sue spalle.

 

Erik non se ne stupì più di tanto.

Quella donna possedeva un impareggiabile talento nello spuntare dal nulla,e nell’andare sempre dritta alla questione. Anche in modo troppo diretto ed irritante. Come in questo caso,per esempio.

 

“Madame Giry…non posso dire che si tratti di una gradita sorpresa. Fossi in voi starei alla larga,come avete saggiamente fatto in questi mesi. Dopo il vostro ruolo doppiogiochista la notte della tragedia… Non crediate che non lo sappia! Quell’idiota non avrebbe mai trovato l’accesso ai sotterranei senza il vostro aiuto.”

Sospirò con cattiveria. “Avrei dovuto venirvi a cercare quella sera stessa,e ripagarvi a modo mio della cortesia che avete dimostrato. Non l’ho fatto solo per il bene di vostra figlia. So quanto sia duro crescere senza genitori. Ma non tentate due volte la vostra fortuna.”

 

Madame non mostrò alcuna paura, di fronte a quella velata minaccia.

Sapeva bene che nonostante il tono fosse incredibilmente crudele, non avrebbe alzato un dito su di lei.

Se avesse davvero avuto intenzione di vendicarsi,sarebbe stata cadavere già da molti mesi.

E senza dubbio senza alcun preavviso.

“Volevo solo farti sapere che la morte potrebbe non essere l’unica soluzione ai tuoi problemi. Casomai non lo sapessi,Christine Daae…”

 

“Non voglio sentirla nominare! Non dopo quello che mi ha fatto…ogni notte maledico il suo nome, e di giorno la odio con tutto me stesso. Quindi non mi importa un accidente di qualunque cosa la riguardi.”

L’aveva interrotta con veemenza,forza,rabbia. Una simile reazione contrastava apertamente con le sue parole di disprezzo e disinteresse.

 

Madame arricciò appena le labbra, perseverando nella sua spiegazione. “Posso solo immaginare il rancore che cova in te da un anno,ormai. Ma non credo affatto che tu abbia smesso di amarla. In ogni caso…”

 

“Tacete! Non voglio sentire un’altra parola o ne pagherete le conseguenze.”

Questa volte colse uno scintillio omicida nei suoi occhi furibondi e spalancati. Doveva agire d’astuzia.

 

Madame Giry tacque,e si voltò per andarsene.

Tuttavia si fermò sulla porta che dal backstage conduceva ai dormitori femminili,e lo guardò un’ultima volta,con espressione noncurante e al contempo maliziosa.

“Forse può comunque interessarti sapere che Christine e il Visconte non si sono ancora sposati. La cerimonia avrà luogo soltanto fra un mese.”

Inarcò allusivamente un sopracciglio. “Sembra che lei per un motivo o per l’altro non si sentisse mai pronta,e abbia fatto rimandare le nozze più di una volta. Chissà come mai…”

Detto questo,sparì inghiottita dal buio del corridoio.

 

Erik rimase steso a terra,accecato da una rabbia e un dolore che riusciva a malapena a tollerare.

 

Per tutti quei mesi aveva creduto..aveva pensato.. era sicuro che…

 

Dio,quante volte li aveva immaginati insieme,magari in attesa di un figlio,a godere di tutta quella felicità che lei gli aveva crudelmente negato. Li aveva immaginati persi nell’amore che provavano l’uno per l’altra.

E invece….era stata solo illusione.

 

Un mese. Un solo mese alle nozze.

 

Forse un mese era il tempo che mancava al compimento della sua vendetta su entrambi…

Un sorriso diabolico gli contorse le labbra. In quel momento sembrava davvero il Figlio del Diavolo.

Ringraziò silenziosamente quella dannata corda che si era spezzata.

 

Un mese,un solo mese alle nozze.

 

Incredibilmente il suo fallimento era diventato una vittoria che lo rendeva euforico.

Pochi minuti e non avrebbe mai potuto godere del dolce sapore della rivincita.

Ora invece….

 

Un mese,un solo mese alle nozze.

 

Aveva intenzione di infliggere ad entrambi un’adeguata punizione per il dolore che gli avevano fatto scoppiare nel cuore. Per il tormento che gli avevano inflitto,per la crudeltà che gli aveva dimostrato la sua Musa.

 

Oh sì,non aveva soltanto intenzione di punire quell’inopportuno bamboccio che era arrivato con i suoi soldi e la sua bellezza per rubargli ciò che aveva di più caro al mondo…

 

..la sua vendetta sarebbe stata soprattutto su Christine. Sul suo dolce “Angelo”.

 

Un mese, un solo mese alle nozze.

 

Quella piccola vipera che lo aveva illuso ed usato,prima di abbandonarlo con la stessa noncuranza con cui si abbandona un cappellino fuori moda… Avrebbe pagato per tutto…e molto presto.

 

In capo a un mese.

 

 

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Capitolo 3
*** Nuovi ruoli ***


CAPITOLO 2: NUOVI RUOLI

CAPITOLO 2: NUOVI RUOLI

 

 

Raoul de Chagny tamburellava nervosamente con le dita sulla scrivania.

Christine Daae,la sua fidanzata nonché futura sposa, era di nuovo in ritardo.

 

Eppure sapeva bene quanto lui tenesse alla puntualità,specialmente nelle occasioni mondane.

Quella sera erano stati invitati a cena dal Conte e la Contessa Pages. Un invito importantissimo.

Ci sarebbero stati tutti i suoi più cari amici… tutto il suo mondo insomma.

 

Christine per qualche strano motivo non gradiva queste occasioni mondane.

In queste serate si comportava come un timido topolino,nascondendosi in un angolino e non facendo parola con nessuno.  Un atteggiamento che lo irritava oltre ogni dire. Lei sapeva essere solare,intelligente,allegra,piena di vita. Sapeva far spuntare il sorriso ovunque andasse. Ma non durante queste cene.

Possibile che non capisse l’importanza di queste serate?

 

Fra poco meno di un mese sarebbe stata elevata al rango di Viscontessa.

Una donna di origini umili, neppure di sangue francese…sarebbe diventata l’ultima Viscontessa de Chagny. Un titolo rispettato oltre ogni dire,nella loro patria. Il suo casato era uno dei più antichi del regno.

 

La sua innata grazia e la sua incredibile bellezza non sarebbero state sufficienti a farla accettare in società,era indispensabile che acquisisse i modi delle altre nobildonne,che si mostrasse gentile e accattivante con loro. Accadeva raramente che un nobile si sposasse per amore e non per dovere di blasone,e in queste occasioni la gente amava sguazzare nel pettegolezzo,rimestando luoghi comuni e sordide cattiverie.

 

Il fatto che per di più lei non fosse una ragazza qualsiasi,ma una donna di spettacolo….ballerina di fila o primadonna non faceva alcuna differenza,ai loro occhi.

Per i nobili erano soltanto una categoria di meretrici di lusso,con cui passare qualche ora piacevole,ma senza dubbio non il tipo di ragazza da sposare.

Perfino suo fratello Philippe,a suo tempo, si era mostrato contrario a quel matrimonio. Proprio lui che collezionava artiste di teatro come un nobiluomo colleziona solitamente trofei di caccia.

Se fosse stato in vita certamente lo avrebbe diseredato,come aveva minacciato,se avesse avuto intenzione di perseverare in quel fidanzamento.

 

Ma grazie al Fantasma non ho di questi problemi,riflettè con amarezza.

Era solo al mondo,ora. Il suo unico fratello era stato strangolato,più o meno premeditatamente,da quell’odioso Fantasma dell’Opera.

L’unica speranza di vincere l’abissale solitudine che era calata su di lui,era proprio quel matrimonio con Christine, la sua cara,dolce,amata amica d’infanzia. L’unico legame con un passato idilliaco che,a conti fatti,non esisteva davvero più.

Era finito il tempo dorato dell’infanzia,della gioia,della spensieratezza..e lui si trovava troppo spesso inadeguato alle esigenze che il mondo reale ed adulto ci presenta ogni giorno. Le sfide quotidiane erano per lui ostacoli difficili se non insormontabili,e gli sembrava di aver perso del tutto il controllo sulla sua vita..

 

La porta dell’ingresso principale sbattè rumorosamente,seguita da un tramestio concitato su per le scale.

Meno di un minuto dopo,Christine Daae si affacciava alla porta del suo studio,le guance rosse per la corsa che spiccavano sulla sua pelle diafana,i capelli scompigliati ed umidi e il mantello bagnato di pioggia.
Era l’immagine vivente della salute e della gaiezza. Ma era quanto di più lontano ci si può immaginare rispetto alle nobili parigine,composte e perfette nella loro immobilità di corpo ed espressione.

 

Lei gli sorrise calorosamente,ma davanti alla sua espressione severa esibì immediatamente un viso contrito.

“Raoul…lo so che è tardissimo..ma sono stata fuori a passeggiare e mi sono completamente dimenticata della cena di questa sera. Io e Meg ci siamo divertite così tanto…sai abbiamo trovato il nido di un pettirosso e..”

 

“Christine” Raoul si schiarì la voce prima di parlare. “So benissimo che non siete andate a passeggiare. Trovo stupido che continui a mentirmi in questo modo. So tutto.”

 

Christine sbiancò d’improvviso.

 

“La scorsa settimana ho avuto modo di parlare con padre Gilles, per pianificare l’addobbo floreale della chiesa per il nostro matrimonio. Puoi immaginare quanto sia rimasto stupito nel sentir tessere le tue lodi come voce solista nel coro della chiesa. Soprattutto dal momento che ti avevo proibito di cantare.”

 

La ragazza non sollevò gli occhi dal pavimento.

 

“Sia chiaro,non ho nulla in contrario al fatto che tu frequenti la parrocchia…ma non il coro. Se abbiamo abbandonato Parigi,e abbiamo dovuto farlo per forza, è proprio perché la gente dimentichi i tuoi trascorsi di cantante lirica. Hai una voce meravigliosa,e lo sai..ma non è decoroso che una donna nobile si esibisca,neppure in chiesa. Credevo che il discorso fosse chiuso.”

 

Christine si morse con forza il labbro per non rispondere.

 

“Per quanto riguarda questa sera.. sono molto deluso,davvero. Sai bene che questa serata era molto importante per me. Desideravo che tutti ti vedessero al mio braccio,e imparassero a considerarti a tutti gli effetti la Viscontessa de Chagny. Come presto sarai.” Le accarezzò piano la fronte,addolcendo il proprio tono.

“Nessuno può amarti più di quanto ti ami io…”le sfiorò la guancia con le labbra”ma è necessario che gli altri si abituino alla tua presenza. Che imparino a rispettarti.. Pertanto la prossima volta” le tirò sorridendo un ricciolo”cerca di arrivare in tempo per cambiarti ed essere presentabile.”

Si staccò da lei e si diresse alla scrivania,dove prese guanti e cappello.

“Ora devo andare.”

 

Christine mostrò tutta la sua delusione, sgranando gli occhi.

“Andrai lo stesso,anche senza di me? Speravo che potessimo passare la serata insieme…sei stato via molti giorni per affari,e mi sei mancato tanto..”

 

“Tesoro,non posso rifiutare un invito del Conte Pages senza un valido motivo. Non è buona educazione.

Non temere,mi scuserò per te. Inventerò un’influenza o qualche altro malanno…che ci credano o meno. E prometto di non fare troppo tardi.”

Le diede un bacio frettoloso sui capelli. “Buona notte dolce Lottie. A domani.”

Ed uscì senza voltarsi indietro.

Christine sospirò di rabbia e delusione.

 

Ti sei stancata di portare il mio peso

ti sei stancata delle mie mani

dei miei occhi della mia ombra

dei miei tradimenti

le mie parole erano incendi

le mie parole erano pozzi profondi

le mie parole erano stanchezza, noia serale,

un giorno improvvisamente

sentirai dentro di te

il peso dei miei passi

che si allontanano esitando

quel peso sarà quello più grave.

                                                   Nazim Hikmet

 

 

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Capitolo 4
*** Confronti ***


CAPITOLO 3 : CONFRONTI

CAPITOLO 3 : CONFRONTI

 

 

Un angelo o un demone della notte soffia sull'incendio chiuso del mio occhio perduto.

                                                                                                   Gabriele D'annunzio

 

 

Quella sera Christine,nella propria stanza,diede sfogo a tutta la sua amarezza.

Sedeva alla propria toelette,spazzolando meccanicamente i lunghi capelli scuri,mentre la sua mente vagava.

 

Quando aveva accettato di sposare il suo caro amico d’infanzia,il dolce Raoul che aveva salvato la sua sciarpa rossa quando erano bambini,…non poteva certo immaginare quali problemi questa scelta avrebbe comportato.

 

Aveva dovuto abbandonare la musica,sua ragione di vita fino ad allora.

L’unica compagna negli anni trascorsi prima con suo padre,e poi all’Opera Populaire.

 

Aveva dovuto abbandonare tutti i suoi amici del teatro,eccetto Meg Giry,che aveva potuto rimanere con lei in quanto praticamente assunta come dama di compagnia.

E questo solo dietro le insistenze di Madame Giry,che non considerava decoroso il fatto che una ragazza non sposata vivesse senza protezione sotto lo stesso tetto del fidanzato.

 

Sorrise sarcasticamente a quel pensiero.

Anche senza Meg a dormire nella sua stessa stanza,sarebbe stata comunque al sicuro.

Raoul non l’aveva mai tentata con una parola scabrosa o un gesto irrispettoso.

Era troppo rispettoso della buona educazione per farlo. E a lei la cosa non era dispiaciuta affatto.

Questo le aveva concesso tempo sufficiente per scacciare il ricordo di..

I brutti ricordi del passato,si corresse mentalmente.

 

Aveva dovuto abbandonare Parigi,la città che ormai era la sua casa,e la sua promettente carriera di soprano,perché “le nobildonne non si esibiscono,e allontanandoti per qualche tempo da Parigi tutti dimenticheranno i tuoi trascorsi”.

..ne parlava come se fosse stata una cosa riprovevole!!

Proprio lui,che l’aveva applaudita ed amata dopo averla vista esibirsi!

 

In quei mesi trascorsi alla tenuta de Chagny aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere nel mondo crudele ed elitario dell’aristocrazia parigina.

 

Le donne le si erano mostrate subito ostili, invidiose della sua bellezza e del suo “talento nell’accalappiarsi un marito ricco”,come aveva udito con le sue stesse orecchie.

Era arrossita fino alla radice dei capelli per quel meschino commento..e aveva accantonato la speranza di avere delle nuove amiche. Per loro,lei avrebbe sempre rappresentato solo una minaccia.

 

Gli uomini invece erano stati molto più amichevoli.. anche troppo.

Innumerevoli i tentativi di sedurla,più o meno velatamente.

Per loro cantante era un equivalente più raffinato di sgualdrina.

E non si erano certo risparmiati nel dimostrarglielo, mostrandosi quasi stupiti ed offesi dalla serietà del suo comportamento, dall’imbarazzo che aveva dimostrato nei loro disgustiosi approcci e dalla fierezza dei suoi sdegnati rifiuti.

 

Ovviamente Raoul non si era mai accorto di nulla. Caro,generoso…ottuso Raoul,pensò con una smorfia seccata. Non si era MAI accorto di nulla…

 

Povero Raoul,si illudeva davvero che l’avrebbero mai accettata come loro pari?

Non sarebbe mai stato possibile…

 

La rabbia l’assalì a quel pensiero,come un fiume in piena.

Era migliore di molte di quelle persone,ma la mancanza di un cognome aristocratico la escludeva irrimediabilmente da ogni rapporto umano con loro. 

Si sentiva così sola…

 

Rabbrividì. Ogni volta che si sentiva sola,pensava al suo Angelo,che aveva dovuto abbandonare da mesi.

…era quasi un anno ormai. 

 

Come hai potuto Christine?Dopo tutto ciò che aveva fatto per te…

 

Meg sospirò,rigirandosi nel letto. Dormiva già da un pezzo,la sua più cara amica…l’unica che le fosse rimasta. L’unica persona che le avesse mai dimostrato vero affetto e fedeltà,insieme a sua madre.. e a…

Smettila!

 

Quella sera avrebbe davvero desiderato poter trascorrere un po’ di tempo con Raoul. Non si vedevano da giorni,e a lui la cosa sembrava importare poco o nulla.

 

Anche la sua vita matrimoniale sarebbe stata così?

Un marito che l’adorava,ma che aveva sempre troppi impegni per trascorrere del tempo con lei?

 

Dopo le nozze Meg sarebbe tornata a Parigi dalla madre.. e che ne sarebbe stato di lei?

Perfino l’innocente consolazione del canto le era stata negata.. non le rimaneva più nulla.

 

Lui non ti avrebbe mai costretta a rinunciare alla tua carriera.. lui non ti avrebbe mai chiesto di stravolgere la tua vita…

 

Basta!cercò di far tacere le voci nella sua testa,che da troppe settimane la tormentavano.

L’indomani mattina avrebbe dovuto confessarsi,a causa di quei pensieri.

 

Era in procinto di sposarsi,eppure di quando in quando si scopriva a ripensare a lui.. al suo Angelo..

..o meglio,all’uomo che si celava dietro all’Angelo della Musica.

 

All’uomo che quella notte maledetta e benedetta le aveva svelato un universo di sentimenti ed emozioni che lei non pensava di possedere,e non aveva mai provato.

All’uomo che l’aveva fatta sentire donna per la prima ed unica volta nella sua vita di bambina viziata.

All’uomo la cui voce l’aveva stregata ed ammaliata come un sortilegio,che l’aveva privata di ogni volontà ed allo stesso tempo l’aveva fatta sentire profondamente sé stessa…

 

Erik

 

Erano mesi che non pronunciava il suo nome.

Non poteva parlarne con nessuno,in realtà.

 

Raoul lo detestava con tutto stesso,e le sue ragioni erano più che comprensibili.

Aveva rapito la sua fidanzata,ucciso suo fratello,tentato più volte di uccidere lui stesso.. non poteva chiedergli  anche di provare pena o simpatia per la sua sorte. Gli era già grata per il fatto che non lo nominasse mai con disprezzo o cattiveria,cosa che l’avrebbe lacerata dentro.

 

Meg ne era sempre stata terrorizzata,da molto prima della famosa catastrofe del lampadario… Non la si poteva biasimare. Il Fantasma aveva creato una leggenda di puro terrore attorno a sé.

 

Dopo l’incendio erano in molti,fuori e dentro al teatro, a sostenere che il Fantasma fosse morto,in uno di quei passaggi segreti che conosceva lui soltanto. Non poteva essere altrimenti,era come scomparso nel nulla.

Christine si rifiutava di crederlo,sebbene non ne avesse mai fatto parola con nessuno.

 

Se lui fosse morto..io lo sentirei.  

 

Non c’erano spiegazioni razionali per questo. Era  semplicemente certa che in un modo o nell’altro ne avrebbe avuto consapevolezza. E invece lo sentiva spesso vicino a sé,come se fosse stato in quella stessa stanza…

 

Fissò tristemente lo specchio della sua camera,ricordando la porta nascosta dietro quello del suo camerino, all’Opera Populaire. Lui l’aveva fatta entrare nel suo mondo proprio attraverso quello specchio… Poteva ancora sentire la stravolgente carezza,la lusinga nella sua voce…

 

Sono il tuo angelo vieni…

Vieni tu sei la mia musa…

Bramo la dolce mia musa…

Dammi la mano mia musa…

 

Smetti di comportarti da sciocca Christine! Erik non è qui e non ha nessun senso che tu continui a tormentarti in questo modo. Hai fatto la tua scelta e ne affronterai le conseguenze. E ora,dritta a letto!

 

Si coricò con una strana pesantezza nel cuore. Le sembrava di avere su di sé gli occhi giudici ed inquisitori del suo angelo,le sembrava di averlo accanto….

 

…non sapeva quanto fosse veritiero quel presagio.

 

 

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Capitolo 5
*** Io confesso ***


CAPITOLO 4: IO CONFESSO

CAPITOLO 4:  IO CONFESSO

 

 

 

La vostra anima è sovente un campo di battaglia, dove il giudizio e la ragione fanno guerra all'appetito e discordia in armonia! La ragione e la passione sono il timone e la vela di quel navigante che è l'anima vostra.

                                                                                                                      Kahlil Gibran

 

L’indomani mattina Christine andò di buon’ora alla messa, alzandosi e vestendosi al buio per non destare l’amica,e non scendendo neppure in sala da pranzo a fare colazione. Non aveva appetito,solo un gran peso sul cuore.

 

Era sua abitudine recarsi alla funzione almeno tre volte alla settimana.

Era diventato l’unico momento di privacy della sua giornata, l’unico momento di serenità con stessa.

 

Era sempre stata molto devota,sin da bambina. Ricordava con nostalgia suo padre, che con pazienza le aveva insegnato canti e preghiere. Ora,era completamente sola in quelle occasioni.

 

Meg infatti non era particolarmente religiosa,e quindi non poteva imporle di partecipare alla funzione.

E, d’altro canto,neppure Raoul amava troppo la preghiera. Era un uomo intelligente,colto.. ma poco credente.

 

Nel buio e nella quiete della piccola cappella di campagna, Christine aveva modo di riflettere su di sé,sul proprio passato..e sul proprio futuro. Quanto le sembrava tutto incerto!

 

 

Quella mattina,come era già accaduto nei mesi passati,era molto stanca e provata.

Aveva trascorso la notte in balia di incubi orribili e realistici ,che l’avevano fatta destare con angoscia e rimorso.

Ed era pervasa da mille dubbi…

 

Era davvero la scelta più saggia per lei arrivare fino in fondo?

Accettare quel matrimonio e la vita che esso avrebbe comportato? Strinse con forza le mani congiunte.

Persa nei suoi pensieri, non ascoltava neppure più la celebrazione. Udiva solo un mormorio lontano..

Cercava a tutti i costi di rassicurarsi,di quietare quel turbamento che la divorava.

 

Raoul sarà senza dubbio un buon marito…è così caro e premuroso! E poi quando avrò dei bambini,sarà tutto diverso…senza dubbio.

 

Sorrise a quell’idea. Non aveva mai pensato ad avere figli,prima.

Si sentiva lei stessa una bambina…ma ora l’idea di un tenero fagottino,che dipendesse soltanto da lei,che l’amasse incondizionatamente….

 

Che l’amasse incondizionatamente…

 

Quel pensiero la attraversò come una scarica elettrica,ed involontariamente la sua mente corse di nuovo ad Erik…al suo amore che ormai aveva perso per sempre…

Raoul l’amava,di questo era sicura,ma pretendeva dei cambiamenti da lei,nel comportamento , nell’abbigliamento,nei modi.

Il suo Angelo invece non le aveva mai chiesto nulla,se non un po’ d’amore.

 

E tu gli hai negato anche quello. Forse meriti l’infelicità che stai vivendo.

 

Si accorse improvvisamente di essere rimasta sola.

La funzione era terminata senza che neppure se ne accorgesse.

Si alzò,infilandosi il mantello scuro ed i guanti per fare ritorno a casa.

Era quasi sulla soglia quando si fermò e si voltò indietro.

 

Gettò uno sguardo al confessionale. Non era occupato.

Forse mi sentirò meglio dopo essermi confessata. I pensieri che ho avuto in questi due giorni sono tutt’altro che adeguati ad una fanciulla che sta per sposarsi.

 

Si avvicinò e si inginocchiò all’interno del confessionale.

La finestrina di separazione si aprì,e il prete mormorò la formula in latino.

 

“Mi benedica padre,perché ho peccato.”

“Dimmi,ragazza.”

 

Non era la voce del suo solito confessore…doveva essere un nuovo fratello del convento.

 

Sono stata sgarbata con un servitore…ho litigato con la mia migliore amica per uno stupido nastro di raso…”

Si morse il labbro,sforzandosi di elencare in ordine di gravità.

“Ho fatto arrabbiare il mio fidanzato più volte con il mio comportamento,anche se non ne avevo l’intenzione. E poi…”esitò. “Io..”

 

“Non posso concederti l’assoluzione se prima non mi confessi ogni peccato.”

Il tono del suo confessore era fermo e deciso.

 

Christine si morse di nuovo le labbra prima di proseguire.

“Mi capita di fare…dei pensieri..dei sogni…non sul mio fidanzato,ma su un altro uomo.”

 

“Pensieri impuri,figliola?”

 

Christine arrossì vistosamente. Affrontare l’argomento la imbarazzava terribilmente, perfino con il suo confessore. Non sapeva come proseguire.

“Non precisamente.. Sono stata molto legata in passato a quest’uomo,e mi capita spesso di chiedermi.. come sarebbe ora la mia vita se avessi deciso di stare al suo fianco.”

 

“Lo amavi,figliola? Quest’uomo era degno del tuo amore?”

 

Christine spalancò gli occhi. Si era aspettata una lavata di capo terribile per il suo peccato di pensiero,per i suoi dubbi da vigliacca…non un simile interrogatorio. Deglutì a fatica per l’imbarazzo.

“Non so se si trattasse di vero amore. Non so se sia vero amore neppure quello che provo per il mio fidanzato…è proprio questo il problema,padre…non so se faccio bene a sposarlo…”

 

 Sperava in qualche parola di conforto da parte del religioso…ma quelle non vennero.

Schiarendosi la voce, il padre confessore la rassicurò placidamente.

 

“E’ naturale avere dei ripensamenti,prima del matrimonio. Credo che non dovresti prestare orecchio a questi dubbi che il Demonio ti mette nel cuore, e attendere felice le tue nozze. Dopo tutto migliorerà,vedrai. Ogni sposa pochi giorni prima ha di questi pensieri.

Christine chinò il capo,rasserenata,mentre il prete le impartiva la benedizione e la congedava.

 

Uscì dalla chiesa con il cuore più leggero.

Doveva smettere di pensare in negativo,e assaporare ciò che di bello la sua nuova vita le stava offrendo.

Presto la sua felicità sarebbe stata tangibile e completa.

 

 

Erik uscì furtivamente dal confessionale, devastato da uno strano senso di nausea. Aveva appena compiuto il primo passo della sua vendetta…perché si sentiva così?

 

Erano già quattro giorni che aveva raggiunto la cittadina di provincia dove Raoul si era rifugiato con la fidanzata,per sfuggire agli interminabili pettegolezzi parigini.

Non era stato difficile spiare i movimenti di Christine,e seguirla in chiesa,quel giorno.

Si confessava spesso,a quanto pareva.. aveva citato pochissimi peccati,rise fra sé.

 

Quali peccati poteva commettere d’altronde un angelo come lei…

 

Scacciò bruscamente il pensiero dalla propria mente. Non doveva provare pietà per lei.

Christine non ne aveva mostrata per lui,abbandonandolo al suo infame e d atroce destino per inseguire un’illusione di felicità con quel damerino.

 

Strinse con rabbia i pugni,provocandosi un rinnovato dolore alla recente ferita alla mano.

 

Doveva nutrire la sua rabbia.

Davanti al suono familiare ed ammaliante della voce di lei si era quasi sentito svenire.

Tutto il dolore accumulato nella separazione dei mesi passati lo aveva sommerso come un fiume in piena, minacciando di dissolvere tutti i suoi propositi di vendetta.

 

Non poteva permetterlo.

 

 

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Capitolo 6
*** Un regalo di nozze ***


CAPITOLO 5: UN REGALO DI NOZZE

CAPITOLO 5: UN REGALO DI NOZZE

 

 

Marguerite Giry non era una ragazza eccessivamente coraggiosa. Né la cosa aveva mai rappresentato un cruccio,per lei.


Sin dall’infanzia era sempre stata attaccata alle gonne di sua madre,l’energica e temibile Madame Giry, una sorta di leggenda vivente del Teatro, ed era solo merito della costanza implacabile della donna se lei aveva sviluppato le doti necessarie per essere una ballerina di fila dell’Opera Populaire.

 

Non sarebbe mai stata una diva delle punte come la Sorelli,le mancava lo spirito di sacrificio e la forza di volontà necessaria a diventarlo. Ma Meg non si faceva un cruccio neppure di questo.

 Adorava la vita che conduceva al Teatro,in quel modo fittizio ma affascinante,in compagnia della sua amica del cuore, Christine..quasi una sorella per lei.

 

Poi, a causa di quel dannato Fantasma dell’Opera, tutto era cambiato,nel volgere di pochi mesi.

 

Prima c’erano stati gli “incidenti”,che avevano gettato l’intero cast in un clima di continuo terrore, di sospetti reciproci ed infamanti.

 

Poi Christine,giorno dopo giorno,aveva perso salute ed allegria,e si era allontanata sempre più da lei. Spariva per giorni interi,senza dire a nessuno dove andasse, e tornando sempre più spaventata e stanca. Non si era voluta confidare neppure con lei,la sua migliore amica! Eppure l’aveva supplicata così tante volte…

 

Quando Christine le aveva parlato con adorazione del proprio Angelo della Musica, era stata percorsa da un fremito di incredulità. Non credeva agli spiriti, buoni o cattivi,e la storia della sua amica sembrava eccessivamente strana alle sue orecchie. Non solo non vi aveva creduto, ma aveva tentato di dissuaderla,di strapparla alle grinfie di questa sua fantasia.

Rammentava la loro discussione nella cappella del Teatro,la sera del debutto di Christine. Aveva tentato in ogni modo di strapparla a quell’adorazione per uno spirito inesistente.

 

Christine se parli di enigmi pace tu non avrai più

Questo tuo angelo è un sogno,

ci sei solo tu….

 

Si era sbagliata. Angelo o Demone,una presenza ai limiti del sovrannaturale incombeva sui loro destini.

 

La sera della rappresentazione de Il Muto Joseph Buquet era stato fatto penzolare sul palcoscenico durante un balletto, impiccato come un maiale al macello,terrorizzando pubblico e cast.  

Una scena a dir poco agghiacciante.

Nessuno di loro provava particolare simpatia per Buquet, uomo rozzo,maleducato ed ubriacone… ciononostante una morte simile li aveva fatti tremare.

 

E la sera del Don Juan Triumphant…un brivido le corse per la schiena. Non c’erano parole per descrivere efficacemente quell’Inferno.

 

Quella sera dopo aver sedotto Christine sul palco, il Fantasma l’aveva rapita,trascinandola nell’abisso infernale del suo covo sotterraneo,per costringerla a sposarlo,chiaramente contro la volontà della ragazza.

Non sapeva con precisione cosa fosse accaduto quella notte, né Christine né il Visconte, che era penetrato laggiù per salvarla, ne avevano mai fatto parola davanti a lei.

Probabilmente non ne avevano fatto parola affatto,neppure in privato. Il ricordo doveva ancora terrorizzarli.

 

Ricordava solo uno stralcio di conversazione,avvenuto quella notte,quando erano tornati in superficie.

 

La polizia stava interrogando Raoul,mentre Christine era stretta nel protettivo abbraccio di lei stessa e di sua madre. La ragazza era provata,ma sembrava quasi assente.

Raoul stava facendo una breve descrizione di quanto era accaduto fra loro e il “Mostro”, e Christine, gli occhi distanti,spalancati come quelli di una persona in trance,gli aveva mormorato soltanto “Non c’è nessun mostro là sotto Raoul..nessun mostro…soltanto un uomo…” ed una lacrima le era scivolata solitaria lungo la guancia,senza che quasi lei se ne rendesse conto.

Meg era stata così in pena per l’amica…chissà cosa aveva dovuto affrontare per essere così scioccata!

 

 

Sentì il rumore di una carrozza nella strada,e affacciandosi alla finestra vide Christine, trafelata,che stava tornando a casa. Sorrise nel vedere che l’amica era di buonumore.

Si sentiva sollevata,dal momento che la sera precedente l’aveva vista molto triste e a disagio.

Certo soffriva per le prolungate assenze di Raoul…. Ma d’altronde dopo la morte del fratello Philippe,

lui era diventato capofamiglia,e doveva necessariamente occuparsi degli affari.

Non poteva certo continuare a comportarsi come un ragazzino…possibile che Christine non lo capisse?

 

Possibile che non comprenda quanto è fortunata? Pensò con una punta di amarezza.

 

Meg non era innamorata di Raoul, ma invidiava lo stesso la felicità che fra poco sarebbe toccata alla sua amica. Un marito bello,ricco,d’animo buono,che la adorava e che non le avrebbe mai fatto mancare nulla…e lei?

Che sarebbe stato di lei?

 

Il sorriso le si spense in viso.

Avrebbe fatto ritorno a Parigi, da sua madre.

Avrebbe ripreso il balletto…ma era conscia che non avrebbe mai sfondato in quel mondo.

E di lì a qualche anno sarebbe stata troppo vecchia e troppo poco attraente per continuare a danzare.

Se avesse avuto fortuna,sarebbe finita a fare l’insegnante per qualche giovane e ricca allieva.

Altrimenti…

Rabbrividì. Molte ex ballerine avevano un futuro ben peggiore,l’unica risorsa di sopravvivenza che rimaneva loro era la strada.

 

Scacciando questi pensieri cupi, scese le scale ed andò incontro a Christine.

“Ben tornata Christine..sei andata alla Messa?”

 

L’amica le rivolse un sorriso radioso.

“Sì,sono stata a messa e mi sono confessata,..sono così felice Meg! Ci pensi? Manca soltanto un mese al mio matrimonio….oh,come ho potuto avere dubbi? Sono la ragazza più felice al mondo!” E lo sembrava davvero,mentre si toglieva il mantello e gli stivaletti,e li riponeva nell’armadio.

 

Meg sorrise a sua volta,nonostante la pena che portava in cuore.

“Hai ragione… a questo proposito ricordati che oggi nel pomeriggio dobbiamo andare dalla modista… ti aspetta per prendere le misure e scegliere la stoffa del tuo abito da sposa. Non è una cosa meravigliosa?”

 

Christine si battè una mano sulla fronte,con espressione stralunata.

“Me ne ero completamente dimenticata! Come farei se tu non fossi qui con me?”

L’abbracciò stretta, senza percepire l’improvviso sussulto di Meg.

“Ora andiamo a fare colazione,sono affamata! Raoul è già in sala da pranzo? Vado a salutarlo..” e staccandosi dall’amica fece per correre verso quella stanza.

 

“Christine..aspetta un secondo! ” Meg strinse le labbra in una smorfia dispiaciuta.

“Raoul è già uscito,non ha fatto colazione qui a casa…immagino che affari importanti lo attendessero in città.”

 

Christine mascherò malamente la propria delusione. Ogni luce sembrò spegnersi sul suo visetto.

“Capisco…beh immagino che tocchi a noi fare onore alla colazione. Sento un delizioso profumo di ciambelle e marmellata…è strano,quest’oggi ho davvero una gran fame!”

 

Meg sorrise,e prendendola per mano trascinò Christine verso la sala da pranzo.

 

 

La modista sembrava profondamente imbarazzata da quella strana situazione.

 

“Davvero mademoiselle Daaè.. non riesco a capire come sia potuto accadere! Parola mia…non è mai accaduta una cosa simile! Siamo state certamente vittima di qualche imbroglio,è ovvio,ma lei deve credere alla mia assoluta buona fede. Vede?”  disse a Christine, porgendole una busta.

“Questa è la nota che ci informava delle vostre misure,e dello schizzo dell’abito che desideravate,stoffe comprese…e siamo state pagate in anticipo.” La donna,rinfrancata dopo averle esibito quelle prove inconfutabili della propria innocenza,le sorrise maliziosamente.

“Siete certa che non si tratti di uno scherzo del vostro futuro sposo? Forse non si fidava eccessivamente del vostro gusto e ha pensato di scegliere al posto vostro,per farvi una sorpresa..”


Christine era stupita. Stupefatta,per la verità.

Possibile che Raoul le avesse taciuto una decisione così importante?

Dissimulando i suoi dubbi,sorrise alla modista.

“Probabilmente avete ragione voi,Madame.. Posso vedere il mio vestito,ora? Sono davvero curiosa di vederlo e provarlo. Dopo tutto…non manca molto alle nozze.”

 

La donna scomparì rassicurata nel retro del negozio,lasciando Meg e Christine sole per qualche minuto.

 

Anche Meg sembrava scettica riguardo a quanto era accaduto: Raoul non era certo un prevaricatore per natura,e non permettere ad una sposa di avere l’abito che desiderava sembrava proprio un azione indegna di lui… Vide che Christine la stava fissando,e distolse lo sguardo,temendo che l’amica indovinasse i suoi pensieri.

Davvero non riusciva a capacitarsi di quel gesto così poco carino.

 

“Ecco qui Mademoiselle… Lo abbiamo confezionato velocemente,ma è già pronto,ed è assolutamente splendido. Il vostro fidanzato ha un gusto davvero impeccabile.”

Aprì il pacco e spiegò il sontuoso abito sulla tavola della  sartoria.

 

Christine sbiancò improvvisamente,e le gambe cedettero sotto il suo peso.

Dovette fare uno sforzo inimmaginabile per rimanere in piedi,e dominare le sue reazioni.

Non riusciva a credere a quanto stava vedendo davanti a sé…doveva trattarsi di incubo.

Il peggiore incubo che potesse affliggerla in quel momento.

 

L’abito era di stoffa leggera ed impalpabile,probabilmente di seta e chiffon, di un bianco avorio assolutamente privo di imperfezioni.

L’ampia gonna formata da vari strati di tessuto scivolava leggera come le ali di un angelo sotto un corpetto stretto e scollato,senza maniche, impreziosito da perle e ricami in stile arabesco.

Il lungo velo candido e trasparente era orlato di raso color panna,ed era agganciato ad una coroncina di fiori morbidi e bianchi di seta.

 

Ho già indossato questo abito….


Fu l’ultima cosa che riuscì a pensare prima di cadere al suolo di schianto.

 

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Capitolo 7
*** Di notte venne a me,nel sonno mio.. ***


CAPITOLO 6: DI NOTTE VENNE A ME,NEL SONNO MIO…

CAPITOLO 6:  DI NOTTE VENNE A ME,NEL SONNO MIO…

 

 

Il destino guida chi lo segue, trascina chi si ribella.

                                                                                           Seneca

 

 

 

Meg teneva premurosamente la mano dell’amica,in attesa che rinvenisse.

Ultimamente sta mangiando così poco… Non c’erano altre possibili cause per il suo svenimento.

Fissò l’abito da sposa ancora dispiegato sul tavolo.

Era abbastanza bello,tutto sommato, certamente le stoffe erano preziose ed il disegno piuttosto originale...

 

Ma non avrebbe mai pensato che Raoul desiderasse un abito così provocante, così particolare ed attraente per la sua fidanzata. Davvero strano.

Dopo tutto c’erano stati già tanti pettegolezzi su di loro…fece spallucce,scuotendo il capo.

Evidentemente al ragazzo interessavano meno di quanto avesse dimostrato nei mesi passati.

 

Finalmente Christine aprì gli occhi.

Per meglio dire,li spalancò,come se fosse stata terrorizzata da qualcosa.

Meg le accarezzò la mano con tenerezza. L’emozione di quell’attesa era evidentemente troppo per lei.

 

“Christine”scherzò “se questa è la tua reazione al vedere l’abito…”,abbassò le voce e le sussurrò all’orecchio,con fare misterioso,“non voglio immaginare quale sarà la tua reazione la prima notte di nozze!Povero Raoul!”


Christine scoppiò involontariamente a ridere, seguita da Meg.

L’innocente battuta della ragazza le aveva reso il buonumore. L’incidente del vestito era già dimenticato.

 

Ovviamente Meg non aveva potuto notare la forte rassomiglianza di quel vestito con quello…con quello che Erik aveva preparato per lei,e che le aveva fatto indossare in quella tragica notte,quando le aveva domandato di sposarlo. Non avrebbe potuto.

Meg l’aveva vista molte ore dopo,quando il prezioso abito era lacero,sporco di fango,zuppo d’acqua.. in condizioni pietose,in verità. Era stato probabilmente gettato via da qualche cameriera,come uno straccio di nessuna importanza..non era più riuscita a trovarlo,e non aveva osato farne parola con Raoul,com’è ovvio.

 

Per fortuna Meg non aveva collegato il suo svenimento alle emozioni di quella notte. Non avrebbe saputo trovare giustificazioni per quella sua imperdonabile debolezza.

 

Ma questa sera Raoul mi sentirà…mi ha giocato davvero uno scherzo di pessimo gusto. Sospirò.

Certo sapeva quanto mi avrebbe fatto infuriare.. deve essere stata la sua punizione per il mio deplorevole comportamento delle ultime settimane. Il mio padre confessore ha ragione,devo smettere di sognare e concentrarmi sulla famiglia che stiamo per formare.

 

 

 

Il Visconte de Chagny era immerso nel proprio lavoro,quando la sua fidanzata,quella sera, bussò timidamente alla porta del suo studio privato.

 

“Vieni avanti Christine…non dovresti bussare. Lo sai che vorrei sempre averti intorno.”

Gli occhi chiari del ragazzo le sorridevano innocenti e felici…ma lei non era venuta per fargli compagnia.

 

Christine esigeva delle spiegazioni.  Strinse  forte i pugni dietro la schiena mentre lui l’abbracciava e la baciava con trasporto.

 

Non penserà di cavarsela con qualche smanceria!  

 

Si sottrasse al suo abbraccio,e si avvicinò al caminetto,tendendo le mani, fingendo di essere infreddolita.

L’aria della sera infatti,nonostante fosse primavera inoltrata,era ancora piuttosto fresca.

 

“Raoul…devo parlarti.” Gli voltava le spalle,perché non potesse decifrare la sua espressione.

“Si tratta del mio vestito da sposa…oggi sono andata da Madame Lertain,la modista,e lei…”

 

Lui la circondò protettivamente con le braccia. “Shhhh…non aggiungere altro.”Le baciò le nuca.

“Non voglio assolutamente sapere nulla del tuo vestito. Sono certo che ne avrai scelto uno stupendo…e voglio rimanere senza fiato,quando ti vedrò entrare in chiesa,quel giorno. Voglio poter pensare che un angelo sceso dal Cielo è lì per me,e che da quel momento in poi sarà sempre mio,e mio soltanto.”

 

Christine si irrigidì improvvisamente sotto il suo tocco.

Com’è possibile che…Raoul non sa fingere.. non può essere…

 

Sentì il respiro indebolirsi,e si sciolse dall’abbraccio.

Con un sorriso nervoso,si voltò verso il fidanzato.

“Non mi ero accorta di quanto fosse tardi…Sono davvero stanca Raoul. Vado a letto.”


Il ragazzo ne sembrò sorpreso e deluso. “Ma non è tardi Christine…e Meg è in biblioteca,non è ancora salita in camera. Perché non rimani ancora un po’? potresti leggermi qualcosa…”


La ragazza si diresse velocemente alla porta, senza esitazioni. Sulla soglia si voltò.

“Davvero Raoul,sono esausta. Domani.. domani passeremo un po’ di tempo insieme.”

 

Il tono di lui si indurì di nuovo. “Mi sembrava di avertelo detto a cena. Per un paio di giorni sarò ospite in città del mio amico,il Duca di Sigognac. Non tornerò che venerdì.”

 

Lei sembrò dispiaciuta per quell’ulteriore piccola separazione. Se ne era completamente dimenticata… durante la cena la sua mente aveva vagato altrove,lontana dalla brillante conversazione dei suoi commensali.

 

Tornò sui suoi passi e lo abbracciò teneramente,quasi a farsi perdonare del comportamento sgarbato di poco prima. Raoul non la rimproverava quasi mai,ma lei si rendeva perfettamente conto di quando lui si sentiva ferito..povero Raoul!Non meritava un compagno tanto paziente..

 

Il giovane le accarezzò piano i capelli,sussurrandole all’orecchio con straordinaria tenerezza.

“Se penso che fra poche settimane sarai mia moglie.. mia moglie Christine! Ci sveglieremo insieme ogni giorno,ed ogni notte dormiremo abbracciati. Sarai la madre dei nostri figli…solo a pensarci sento il cuore che scoppia di gioia.”

 

Perché io invece sento il cuore pesante? Dovrei essere felice anch’io come lui,perfino più di lui… Dopotutto io non sono altro che un’orfana sola al mondo,e lui è sempre stato così caro e buono con me…

 

Non poteva fare a meno di sentire un nodo alla gola.

Lo stretto nodo alla gola tipico del senso di colpa.

 

 

Qualche minuto più tardi si trovava al sicuro nella propria camera da letto.

 

Si sentiva incredibilmente stanca, aveva le palpebre pesanti e non vedeva l’ora di coricarsi.

Non sarebbe riuscita neppure ad attendere l’arrivo di Meg.

La ragazza, sprofondata nella lettura dell’ultimo romanzo di grido,non sarebbe venuta a letto molto presto,del resto. Spense quasi tutte le candele della camera,rimanendo ferma un attimo ad assaporare quell’atmosfera romantica e soffusa. 

 

Era notte di luna piena,notò con uno sguardo rapido fuori dalla finestra semichiusa.

 

 Le notti di luna piena..si dice che in queste notti il potere della Luna spinga gli esseri umani a seguire le proprie passioni,i propri istinti,senza badare alle conseguenze.

Sorrise fra sé e sè.

Ricordava quante volte,all’Opera Populaire, aveva sentito parlare di seduzioni lascive e proibite proprio nel periodo della luna piena..tutte scuse,certamente. Ma l’immagine aveva colpito la sua mente impressionabile di bambina,e l’aveva fatta a lungo fantasticare,ogni nuovo ciclo lunare.

 

Dopo aver indossato la semplice camicia da notte di lino azzurro, procedette con il suo solito rituale.

Cento colpi di spazzola la sera,cento la mattina. Il segreto dei suoi capelli perfetti.

 

Sorrise di nuovo, al ricordo dei saggi insegnamenti di Madame Giry,la donna che in pratica le aveva fatto da madre,quando al mondo non le rimaneva più nessuno.

Era solo merito suo se Christine era riuscita ad ottenere un posto all’Opera Populaire, prima come ballerina di fila e poi come ragazza del coro. E in seguito,come primadonna…

 

…solo merito di Madame,certo. E del suo angelo…

 

Per una sorta di strana suggestione, dovuta a quei nostalgici pensieri, le sembrava di udire un lontano richiamo,nell’aria. Dalla finestra aperta le giungevano dolci note udite già… come il richiamo inesorabile di una vita precedente..

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Dolci note udite già ***


CAPITOLO 7: DOLCI NOTE UDITE GIA’

CAPITOLO 7: DOLCI NOTE UDITE GIA’

 

 

Non c'è figlia della Bellezza

D'un incanto simile al tuo;

Come musica sulle acque

La tua voce è dolce per me:

Quando, come se avesse posa

L'oceano ammaliato a quel suono,

Scintillano calme le onde,

Placati i venti sembrano sognare:

 

E la luna di mezzanotte

Tesse una trama lucente sul mare

Che lieve solleva il suo petto

Come un fanciullo addormentato:

Così l'anima a te s'inchina

Per ascoltare ed adorarti,

Con emozione profonda e soave

Come d'estate l'onda dell'oceano.

 

                                                             Stanze per musica, Lord Byron

 

 

 

 

La testa iniziò a girarle vorticosamente.

Sapeva che tutto ciò era impossibile…ma avrebbe giurato di udire,chiara e squillante, nascosta nell’oscurità del parco adiacente alla villa, la voce inconfondibile del suo Angelo della Musica. Rammentava quel canto..

 

“Sei con me qui

Dove regna la musica

Dove perdo per sempre memoria del mondo

sempre

 

Ti ho sentita

Era un palpito il canto tuo

e ho voluto portarti con me,

ho voluto te qui per cantarmi così

le mie note,

mia musa...”

 

 

Come le sembrava lontano quel tempo…la notte in cui le aveva fatto attraversare lo specchio,e scoprire un mondo nuovo e completamente diverso…il suo mondo.

Un mondo fatto di cose terribili e fantastiche, pure e perverse, luminose ed oscure.

Il mondo che avrebbe desiderato condividere con lei.

 

 

“Quando brami strane tentazioni

Quando vuoi oscure sensazioni

Nella notte senti

Immensi sogni ardenti

 

Notte lieve, colma di splendore

Chiama, senti, offrile il tuo cuore

Guarda gli occhi miei

Come in sogno ti vorrei

Non sarà la luce che davvero vuoi

La notte è dolce musica per noi”

 

 

 

Chiuse gli occhi,abbandonandosi come priva di volontà contro lo schienale della seggiola.

Poi,sempre come se fosse attratta da una forza ammaliante,si alzò e uscì in corridoio,senza neppure infilarsi una vestaglia sulla leggera camicia da notte.

Cominciò a scendere lentamente i gradini della scalinata che portava alla grande terrazza esterna.

Aprì piano la porta,senza far rumore. Nessun servo la udì.

Quelle note che le risuonavano nella mente sembravano guidarla,attrarla a loro come una forza incontrastabile..

 

..e lei si sentiva così debole,debole..

 

 

 

“Chiudi gli occhi ed arrenditi, adesso puoi

Per salvarti i tuoi sogni infiammerò

Chiudi gli occhi e il tuo angelo sarò

Fantasie nel tuo calice berrò”

 

 

 

Uscì nella fredda aria della notte.

Non vide nessuno nel buio che circondava la casa,e continuò a seguire quel canto,alla cieca,inciampando con i piedi nudi negli sterpi che crescevano selvaggi oltre il giardino ben curato della villa.  Neppure quel piccolo dolore la ridestò dalla trance in cui era sprofondata.

 

Non poteva più fermarsi…

 

 

“Notte nera che ti avvolge adesso

Tinte tetre, sei in mio possesso

Vivi e capirai, nell'immenso volerai

Se non hai confini, so che tu lo puoi

La notte è dolce musica per noi”

 

 

 

E poi finalmente lo vide. Il suo Angelo della Musica,il diavolo che ancora le bruciava nel cuore e nel sangue.


La figura alta ed imponente,come sempre avvolta in un lungo mantello nero.
I lucidi capelli neri ordinatamente ravviati all’indietro.

 

E la maschera…la mezza maschera bianca come la porcellana, che mandava sinistri bagliori alla luce della luna e a quella più minacciosa della torcia accesa che reggeva.

 

L’ultima volta che lo aveva visto era senza maschera….le era difficile riabituarsi a quella strana presenza tra loro.

 

Avrebbe voluto voltarsi e fuggire il più velocemente possibile,il più lontano possibile da quell’uomo che dominava la sua vita con il semplice esercizio della propria voce.

Ma non riusciva a sottrarsi al suo incantesimo, e continuava ad avanzare verso di lui.

 

Erik,la cui espressione era rimasta impassibile,proseguì nel suo canto.

 

 

“Senti, ormai la ragione è muta, fugge via

Coi pensieri di un mondo non più tuo

Volerò dove offenderci non può

Con l'idea che persa in me ti avrò”

 

 

Avvicinandosi, le prese la mano,come tanto tempo prima,e se la portò alle labbra in un rispettoso gesto di saluto. Lo aveva sempre fatto..

 

Christine rabbrividì al  rinnovato contatto con quelle mani gelide come la morte stessa,ma non ritirò la propria mano da quella di lui,che iniziò a girarle intorno,fino a trovarsi alle sue spalle.

 

Da quella posizione la circondò con le braccia,attraendola contro di sé, e terminò la canzone.

Christine chiuse gli occhi,completamente perduta nella magia di quel canto.

 

 

“Folle scorre velenosa ebbrezza

Dammi, ama, prendi ogni carezza

Resteremo qui, lascia nascere così

Quell'immagine d'amore che tu vuoi

Può tutto questa musica per noi

 

Evochi, mia musa, se lo vuoi

Sempre immensa musica per noi”

 

 

Non appena lui  tacque, la magia si spezzò.

 

Christine con un brivido di terrore assoluto realizzò di essere sola,di notte,in camicia…con il fantasma del suo passato. Come aveva potuto essere così sciocca…lasciarsi sedurre a quel modo?

Ora,chissà quali cose terribili le sarebbero accadute….

 

 

 

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Capitolo 9
*** Sono il tuo angelo vieni... ***


CAPITOLO 8: SONO IL TUO ANGELO,VIENI

CAPITOLO 8:  SONO IL TUO ANGELO,VIENI..

 

 

Ma qualsiasi inizio non è che un seguito, in realtà, ed il libro del destino è sempre aperto a metà.

Wislawa Szymborska

 

 

“Vedo che la mia voce ti fa sempre il medesimo effetto…”


Christine si slanciò in avanti,liberandosi dalla stretta avvolgente del suo antico mentore.

Lo guardò con occhi spalancati, un’espressione sbigottita che svelava solo in parte il risentimento e la sorpresa che provava in quel momento.

 

Così era stata tutta un’idea sua…era stato lui a farle preparare il vestito da sposa, dolorosamente identico a quello che le aveva donato quella notte… Sentì le lacrime minacciare di salirle agli occhi,ma si dominò.

Non voleva fargli percepire il proprio sconcerto. Non poteva mostrarsi debole ed indifesa,o lui ne avrebbe approfittato,come un predatore.

 

Purtroppo per lei,gli occhi di Erik erano giudici inesorabili.

 

Si era aspettato di trovarsi davanti una persona diversa,cambiata nell’anno che li aveva visti separati.
Si era aspettato che il condurre una vita agiata ed elegante l’avesse trasformata in una delle tante pompose e tracotanti nobildonne che avevano sempre affollato il suo teatro.

Si era aspettato che il tempo avesse sciupato almeno un po’ la sua fresca bellezza,e l’avesse resa più umana.

 

E invece,si era sbagliato. Alla luce della luna comprese che non l’aveva mai vista così bella.

 

Gli occhi brillavano di rabbia e sorpresa,scintillando come piccole stelle di color verde smeraldo.

Le guance erano in fiamme, e contrastavano con il cereo,perfetto candore della sua carnagione.

I capelli,sciolti nell’ora di andare a letto,le ricadevano sulle spalle come un mantello di seta morbida e scura. 

La camicia da notte azzurra era quasi trasparente alla luce lunare,e dovette dominarsi per non indugiare a lungo su quel corpo dalle fattezze perfette.

 

Ripensando a come lei lo avesse lasciato,a quale sofferenza gli avesse volontariamente provocato, in un attimo tutto il suo desiderio per lei  sfociò in aggressivo rancore.

 

Fece un ghigno crudele nel notare il disagio della ragazza.

“Sembri incredibilmente sorpresa di vedermi,mia cara. Pensavi anche tu che fossi morto,dunque? Forse te lo auguravi perfino.”

 

“Non l’ho mai pensato.” Rispose lei,il tono di voce assai più tranquillo di quanto lui si aspettasse.

Sembrava aver recuperato perfettamente la padronanza dei suoi nervi.

 

Maledizione,il mio piano non sta funzionando! Si inquietò lui.

 

Christine sollevò sul suo Angelo gli occhi,ora quasi timidi ed imploranti.

“Se tu fossi morto…lo avrei sentito. Lo avrei saputo,in qualche modo.”

 

Lui rise sprezzante,mascherando l’emozione che provava.

 

“Certamente…Madame Giry te lo avrebbe scritto immediatamente. Avreste tirato entrambe un bel sospiro di sollievo,immagino, nel pensare che non sarei più tornato a tormentarvi.”

 

I suoi occhi erano gelide fessure piene di odio, ben diverse dagli occhi colmi di affetto e gentilezza che aveva imparato a conoscere in passato,quando lui era stato suo amico e maestro...e non solo.

Christine deglutì,cercando di pensare. Cosa poteva rispondergli? E poi,cosa ci faceva lui lì? Cosa voleva da lei?  Troppe domande le si  affollarono contemporaneamente in testa.

 

Come se le leggesse nella mente, Erik proseguì.

“Non dovresti avere quell’aria afflitta e preoccupata,Angelo.” Pronunciò l’ultima parola con una punta di disprezzo,digrignando i denti..

“Non sono qui per sciupare il tuo perfetto matrimonio con il Visconte,anzi.  Ben lungi da me quella sconsiderata idea. Mi sono permesso perfino di portarti un piccolo regalo di nozze.”

Le ammiccò in maniera grottesca. “Lo hai già provato? E’ l’esatta copia del vestito che avevo creato per te. Immagino che l’originale fosse andato irrimediabilmente rovinato,durante la vostra fuga precipitosa…”

Di nuovo sorrise crudelmente, prendendosi gioco di lei.

“Sono altrettanto certo che tuo marito sarà entusiasta ne vedertelo indossare. Lo hai già informato? Immagino quanto la cosa lo avrà rallegrato…”

 

Christine reagì a quella prolungata offesa.

“Non lo vedrà mai,invece! Domattina stessa mi recherò di nascosto da un’altra modista…e  avrò il MIO abito, un vestito che sceglierò personalmente,e non a tuo gusto. Non hai più nulla a che fare con me. Non puoi più comandarmi,Erik. Non hai mai potuto!”

 

La risposta lo fece infuriare enormemente.

Avanzò minaccioso verso Christine,che iniziò a tremare,ma non arretrò di un passo.

Si fermò proprio davanti a lei. I loro visi erano solo a pochi centimetri di distanza…lui poteva sentire il delicato profumo di mughetto che lei indossava.

Il suo preferito,da sempre,forse perché da sempre lo associava a lei.

Quel delicato profumo gli andò alla testa,facendolo quasi impazzire.

Afferrò di scatto il braccio della ragazza e lo strinse con forza.

Lei sbiancò, ma non disse una parola,lanciandogli uno sguardo di sfida.

 

“Vedo che in questi mesi hai sviluppato un bel caratterino…Il Visconte gradisce che sua moglie pensi con la propria testa?” fece un ghigno diabolico.

“Buffo,avrei pensato che un damerino come lui fosse schiavo dell’etichetta e delle regole della società. In paese ho sentito parlare di voi…pare che la famosa soprano abbia deciso,di sua spontanea volontà e per amore del futuro sposo,” le fece crudelmente il verso,”di non esibirsi mai più. E’ vero Christine? Hai venduto l’anima al diavolo…a me!,per diventare una stella del canto.. e dopo tutti quei sacrifici…getti all’aria tutto per una villa piena di servitù ed un marito ricco ed assente? Era davvero questo il sogno della tua vita?”

Non c’era più crudeltà nella sua voce,solo un’incommensurabile pietà.

 

Una pietà che ferì Christine.

 

“E’ stata la mia scelta Erik! Io amo Raoul…”distolse lo sguardo.

Non riusciva a mentire fissando quegli occhi, che la trapassavano come la lama di un coltello,e la ferivano allo stesso modo.

 

“Non te l’ho neppure domandato,Christine. Non vedo che bisogno ci sia di rimarcarlo, d’altronde.

Dal momento che hai accettato di sposarlo,sono assolutamente sicuro che tu lo ami…”

Sospirò,impaziente. “E come ti ho già detto,non sono qui per provare a separarvi. Oh,no.”

 

Lei lo guardò con improvviso stupore. “Ma..allora..”

 

Rise davanti alla timidezza che le impediva di finire la domanda.

“Cosa diavolo ci faccio qui?” La sua bocca assunse una piega amara. “Volevo rivedere per un’ultima volta la mia allieva…sentirla cantare un’ultima volta per me,per me soltanto.”

I suoi occhi erano come infuocati,mentre la fissava implacabile. “Chiedo forse troppo?”

 

Christine avvampò a quel pensiero. “Lo sai che non posso. Se Raoul scoprisse..”

 

“Non ho detto che tuo marito debba esserne messo al corrente.” Di nuovo sogghignò.


”Non è ancora mio marito,e lo sai.” Sembrava offesa,adesso.

 

Lui sentì il sangue ribollirgli per la rabbia,ma si impose la calma. “Certo,certo,perdonami.”

 

Rimasero in silenzio per alcuni istanti, ascoltando l’uno il respiro dell’altra, in maniera quasi famelica.

Era come se nessuna parola potesse farli sentire più intimi e vicini di quei respiri.

Non si sfioravano neppure, ma in qualche modo erano come in comunione,una comunione desiderata da troppo tempo ormai,troppo a lungo negata.

 

Poi lui spezzò quello strano incanto.

 

“Non pretendo nulla da te,e non ho bisogno di costringerti. Se desidererai vedermi, io sarò alla locanda giù in paese. Non dovrai far altro che chiedere del mercante arabo…”mascherò un risolino.

“Beh,ho trovato più opportuno travestirmi,affinché nessuno vedesse l’orrore della mia faccia. Sono sicuro che la voce di un uomo sfigurato appena arrivato nei dintorni sarebbe giunta troppo presto all’orecchio del nostro caro Raoul de Chagny.”

Le fece un inchino beffardo e cerimonioso,e se ne andò.

 

Christine lo guardò montare sulla cavalcatura che aveva nascosto fra gli alberi, e galoppare via silenziosamente,nella notte.

 

Ancora non riusciva a capacitarsi di quanto era successo. Chiuse strettamente gli occhi,come faceva da bambina ogni volta che si svegliava dopo un incubo.

Forse quando li riaprirò scoprirò che si è trattato soltanto di un sogno,uno stupidissimo sogno…

 

Ma quando riaprì gli occhi,vide a terra qualcosa che non lasciava spazio ai dubbi.

Sull’erba, davanti a lei, il suo angelo aveva lasciato cadere una rosa. Un rossa d’acceso color cremisi.

La raccolse lentamente da terra,e ne aspirò il delicato profumo. Un pensiero le attraversò la mente.

Una strana riflessione…

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Una rosa è solo una rosa... ***


CAPITOLO 9: UNA ROSA E’ SOLO UNA ROSA

CAPITOLO 9:  UNA ROSA E’ SOLO UNA ROSA..

 

 

Mio nemico, sei tutto il bene mio .
Col cuore e l'anima, anche tu lo sai che ferita è
Tu sai ... Io t'amo e tu, ami me .
Mio nemico e bene mio
L'amor non ha più pietà.
E' ferita in noi

                                                                 Amedeo Minghi

 

 

Raoul in quei mesi l’aveva letteralmente ricoperta di premure,attenzioni e regali.

Ogni settimana non mancava mai di farle consegnare un mazzo di fragranti ed eleganti fiori di serra, dei più svariati colori e di esotica provenienza.

Erano mazzi sontuosi,costosi,degni di una principessa.

“Della mia dolce principessa Lottie”,scherzava lui.

 

Quella rosa era invece il più comune dei fiori che si trovavano in Francia.

Rossa,a stelo lungo,come quelle che si vendono ad ogni angolo di strada,a Parigi,per le coppie innamorate. Solo il nastro di raso nero,accuratamente annodato attorno al gambo, era il tratto distintivo di Erik.

 

Annusò ancora una volta la corolla screziata,come se quel profumo producesse in lei lo stesso magico effetto di una droga orientale. Nessuna sfarzosa composizione floreale poteva competere con quel semplice bocciolo.

Non per lei,almeno…

 

…e il Fantasma lo sapeva bene. Ancora una volta,l’aveva stregata.

 

 

Pochi minuti più tardi, in punta di piedi, Christine rientrava nella villa,e si faceva lentamente strada al buio verso la sua camera.

Non voleva accendere alcuna luce,per non attirare l’attenzione di qualche servitore ancora sveglio.

Scivolò in camera,e mentre richiudeva la porta udì nel buio la voce assonnata di Meg.

 

“Chris…ma dov’eri? Sono arrivata in camera e non c’eri..” Meg sbadigliò.

“Lo sai che non dovresti restare alzata fino a tardi in compagnia di Raoul soltanto.. se lo sapesse maman…”

 

Christine cercò di forzare la propria voce in un tono leggermente colpevole ed accondiscendente.

“Hai ragione Meg..ti chiedo scusa. Non accadrà più,lo giuro.”

 

Meg brontolò qualcosa,e si voltò nel letto,rannicchiandosi sotto le coperte.

Prima di scivolare nel sonno per l’ennesima volta,un pensiero le balenò in mente.

 

Il roseto deve essere già tutto in fiore. Sento quel penetrante profumo sin da qui,con una sola finestra aperta…

 

 

 

 

 

“Davvero amico mio non so come tu possa commettere una sciocchezza simile!”

 

Il duca di Sigognac scoppiò in una rumorosa risata, notando che Raoul impallidiva per la stizza.

“Oh,andiamo! Non prendertela…stiamo solo conversando. So bene che ami quella ragazza… Dio mi è testimone,ho difeso la tua scelta di un matrimonio disinteressato con quella bella figliola davanti a un mucchio di vecchie cariatidi! Devo ammettere soltanto che non mi aspettavo che una mammoletta come te fosse in grado di dar scandalo in questo modo. Tutto qui.”

 

Raoul tacque. Lui e Jules de Sigognac erano amici da anni.

Figli di famiglie aristocratiche,avevano frequentato le stesse scuole e la stessa accademia militare.

In realtà nessuno avrebbe potuto immaginarsi, giudicando dall’esterno,che due individui così completamente diversi potessero essere davvero amici.

 

Raoul de Chagny possedeva modi garbati,una voce pacata e lineamenti fini e delicati,quasi femminei.

Era amante delle arti e della musica,e possedeva un animo gentile.

 

Jules de Sigognac era invece un uomo robusto,dall’aria sprezzante, rude nel comportamento e rozzo nel modo di pensare. Amante più delle donne e dell’alcool che dello studio,era stato la pecora nera del loro collegio.

Era sempre stato il leader di ogni spedizione e bravata, la faccia di bronzo che sfidava i professori, ben consapevole che il suo rango lo salvaguardava da qualunque punizione o espulsione.

 
Jules trattenne a stento un sorriso,mentre versava del brandy per sé e per l’amico.

 

Il Duca era stato il primo fra i nobili della loro cerchia a provare a sedurre la fidanzata dell’amico.

Non solo per provarne l’effettiva fedeltà,come aveva sottolineato raccontando divertito l’episodio ad alcuni amici comuni, ma soprattutto perché si sentiva incredibilmente attratto da lei.

 

Quella semplice ragazzina,così poco appariscente,così diversa sia dalle fredde e imbellettate nobili che frequentava in società che dalle sguaiate e volgari donne di piacere con cui si intratteneva spesso e volentieri, gli aveva letteralmente incendiato il sangue.

Non riusciva a togliersi dalla testa il modo sdegnoso e furibondo con il quale si era sottratta al suo approccio.

Lo aveva guardato con odio ed orrore,ed era fuggita prima che lui potesse dire una parola in sua difesa.

 

Forse quella ragazza è l’eccezione che conferma la regola…le attrici hanno sempre avuto un prezzo. O la ragazza è davvero l’innocentina che finge di essere,.. o dovrò solo trovare il prezzo per arrivare a lei.

 

Davvero non sapeva darsi pace che una donna così bella avesse scelto di sposare quell’insignificante Visconte. Sì,lui e Raoul erano amici…ma in fondo in amore tutto è concesso,no?ridacchiò.

E poi erano anni che il modo di comportarsi e di agire di Raoul lo aveva seccato. Non ne poteva più di sentirlo continuamente citare,da uomini e donne,come esempio di coraggio, intelligenza, bellezza e fulgida virtù.

Lo si sarebbe creduto un Dio sceso in terra,stando a questi racconti,e non quella mammoletta che era in realtà.

 

Doveva giocare d’astuzia.

Se,come avevano fatto altre famiglie dell’aristocrazia,avesse voltato le spalle a Raoul de Chagny, non avrebbe più avuto occasione di incontrare la ragazzina. 

Invece,mostrandosi dalla loro parte…non gli importava sapere quanto avrebbe dovuto attendere.

L’avrebbe avuta prima o poi,anche se fosse già stata sposata.

In fondo, lui non sarebbe mai stato stupido quanto Raoul.

Una donna così non si può né si deve sposare… si passa con lei qualche piacevole ora,la si ricompensa adeguatamente con qualche regalo.. e poi addio!

 

Porse il bicchiere a Raoul.

“Allora? Quando si celebrerà finalmente questo matrimonio? Alla fine del mese?”

 

Raoul abbozzò un debole sorriso.

“Credo di sì,è quasi tutto pronto. Soltanto che…” Il ragazzo abbassò gli occhi,giocherellando nervosamente con il bicchiere. Non gli piaceva il liquore,non ne aveva assaggiato ancora neppure una goccia. L’amico invece era già al terzo bicchiere. Sospirò.

“Sai,ogni tanto ho l’impressione che Christine non sia ancora pronta per un passo simile. E’così giovane…e nell’ultimo anno ha patito enormemente. La morte di alcuni suoi amici,l’aver dovuto lasciare Parigi e il teatro dell’Opera che era stato tutta la sua vita.. Ogni tanto mi chiedo se ho fatto bene a chiederle di rinunciare al canto. Da allora mi è sembrata così triste e sperduta…”

 

Jules fece una gran risata.

“Amico mio,che cuore tenero che ti ritrovi! Fossi in te non mi preoccuperei eccessivamente per la tua mogliettina. Non appena avrà tre o quattro marmocchi a cui badare non avrà il tempo materiale per struggersi di nostalgia al ricordo dei suoi giorni da diva. Falle vedere chi è che comanda.. le donne hanno bisogno che il loro uomo si comporti come una guida severa. Questo le rassicura. Non puoi continuare a fare tutto ciò che ti chiede lei.”

 

Raoul sembrò rassicurato. “Forse hai ragione,Jules. Non ci avevo pensato.. come sempre tu sai dire le parole giuste al momento giusto. Come farei senza di te?”

 

“Già…come faresti…” mormorò sarcastico il Duca.

 

 

Christine fu svegliata dalla strana sensazione di essere osservata.

 

Aprì lentamente gli occhi.

Nel breve lasso di tempo fra il sonno e la piena coscienza, cercò di convincere sé stessa di aver avuto soltanto un incubo. Non era possibile che fosse accaduto davvero…

 

Ma appena mise a fuoco la stanza nella pallida luce del mattino, vide Meg,tremante e concitata, che stringeva in mano una rosa  rossa.

La rosa di Erik…

 

Meg non aveva bisogno di fare domande. Sapeva benissimo chi firmava i propri doni floreali con quel nastro.

Ecco cos’era il profumo di ieri sera…altro che roseto in fiore!

 

A onor del vero non aveva frugato fra le cose di Christine.

Aveva semplicemente notato,appena sveglia, la macchia cremisi del bocciolo spiccare sulle coltri celesti del letto dell’amica,che si era addormentata stringendo il fiore fra le mani.

 

Non aveva intenzione di spiarla,né del resto poteva in alcun modo sospettare che il Fantasma fosse tornato.

Era così sicura che fosse morto un anno prima…quando proprio lei stessa aveva ritrovato la sua maschera.

 

Ora fissava l’amica,una muta ostinazione e un velato rimprovero negli occhi.

 

Christine avvampò. “Meg..non è successo nulla. Non è come pensi..”


”Come puoi sapere quello che penso Christine? Non te lo immagini nemmeno!” l’aggredì,con le lacrime agli occhi. Sembrava distrutta da quella nuova rivelazione.

“Capisco solo che hai rivisto quell’orribile demonio,quell’assassino senza pietà.. e ho lo strano presentimento che non sarà l’ultima volta. Quel bastardo è tornato a tormentarci! E tu sei cascata nella sua trappola! Saremo tutti perduti.. un’altra volta!”

 

Chrstine si alzò,ed impeto corse ad abbracciare l’amica,cullandola piano,come se fosse una bambina.

“No Meg…non andrà così, te lo posso giurare.. E’voluto venire.. soltanto per salutarmi,per.. farmi i suoi auguri per le mie nozze. Nient’altro. Calmati…”

 

Meg si sciolse dall’abbraccio,e la guardò fra le lacrime.

“Dio,Christine,lo dici quasi con un tono dispiaciuto! Avresti per caso voluto che tornasse a rapirti? Che uccidesse Raoul magari? Sei impazzita!? ”

 

Christine rabbrividì. “Non dire stupidaggini! Certo che no..Come puoi anche solo pensare ad un’eventualità così tremenda!”

 

Ma in fondo al cuore sentiva di mentire.

Non avrebbe certo voluto che accadesse qualcosa di male al suo caro,dolce Raoul…ma al contempo soffriva nel vedere che Erik l’aveva così facilmente dimenticata. L’aveva cancellata come un brutto ricordo.

Quella dolorosa consapevolezza aveva spalancato la porta a tutto il dolore che aveva provato quella notte…

 

…quella notte….

 

…la notte in cui il suo mondo precedente era andato in pezzi.

La notte in cui,per la prima volta,aveva capito con stupore di amarlo,di averlo sempre amato,e di non essersene mai resa pienamente conto.

Quella notte aveva trovato il coraggio di esprimergli i suoi sentimenti, e di baciarlo.

Erik un tempo le aveva confessato che neppure la sua stessa madre aveva mai avuto il coraggio necessario per baciarlo, dimenticando per un attimo la sua orribile deformità.

 

Mesta creatura lontana,quale esistenza è la tua? Tu non sei più solo al mondo…non ti lascerò!

Aveva creduto alle parole che stava pronunciando.

 

E poi si era sollevata in punta di piedi,e lo aveva baciato,infilandosi al dito l’anello.

Non lo aveva fatto semplicemente per salvare Raoul, che era stato impiccato da Erik.

Lo aveva fatto perché aveva finalmente compreso la profondità dei suoi stessi sentimenti.

 

Quel bacio le bruciava ancora sulle labbra.

 

Non era stato nulla di lontanamente paragonabile ai baci freschi e teneri di Raoul.

Era stato un bacio oscuro,avvolgente,che l’aveva pervasa come un fulmine.

 

Quando si erano staccati,ansanti,lei gli aveva sorriso teneramente,gli occhi splendenti di felicità.

E a quel punto era accaduto l’inimmaginabile.

 

Erik aveva iniziato a piangere,e poi..

 

Lui l’aveva scostata,con un secco movimento del braccio.

E senza neppure voltarsi,aveva lasciato cadere la corda che imprigionava Raoul e gli aveva detto di fuggire,di portarla via.

Ricordava le sue brusche e crudeli parole, come se fossero state pugnalate al petto.

 

Basta,andate,tu portala via! Io resterò,lasciatemi qui…forza,o vi troveranno! Sono già quasi qui…

La barca è laggiù…e non dite mai chi vedeste quaggiù…

Va’via,va’via per sempre!

 

Lei era rimasta così sbigottita da quelle parole da essersi lasciata trascinare via da Raoul senza dire una parola. Si era fermata un solo istante,per sfilarsi dal dito l’anello,e posarlo sull’organo,con uno sguardo ferito e triste al suo Angelo.

 

Ancora mentre la piccola barca scivolava sulle acque,si era voltata indietro.

Erik era immobile sulla riva,e li guardava allontanarsi. Non disse nulla…

 

Oh Dio,se solo avesse detto una parola mi sarei gettata in acqua e sarei ritornata da lui a nuoto! Pensò tristemente. E invece nulla di questo era accaduto.

 

Strano come per tutti quei mesi avesse rifiutato ostinatamente di ripensare a quella notte.

Solo adesso si rendeva conto di quanto ancora le bruciasse quell’abbandono.

Adesso che era ormai inutile ripensarci,ora che nulla poteva più cambiare.

 

 

 

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Capitolo 11
*** Giuramenti infranti ***


CAPITOLO 10: GIURAMENTI INFRANTI

CAPITOLO 10:  GIURAMENTI INFRANTI

 

I ricordi tengono unito ciò che il destino ha diviso.

                                                                                             Anonimo

 

 

“Christine!Christine cos’hai? Mi fai paura!!”

 

La ragazza si riscosse dai propri pensieri…cosa le era successo? Lo sguardo di Meg la spaventò.

 

L’amica la stava fissando ad occhi sbarrati,scuotendole vigorosamente un braccio.

“Continuavi a fissare il vuoto,lo hai fatto per minuti interi.. ma cosa ti succede? Ti senti bene?”

 

Christine le sorrise debolmente, stringendole la mano per rassicurarla.

“Non ci badare Meg…stavo solo pensando al passato.”

Si fece incredibilmente seria. “Ora però devi promettermi che non dirai nulla a Raoul di quanto è accaduto. Devi giurarmelo…non ne farai parola. Né dell’abito da sposa,né di quanto accaduto questa notte.”

 

Meg sembrava disorientata.

Non era mai stata brava a mantenere i segreti,neppure gli innocenti pettegolezzi che giravano fra le ballerine.

E quello era un segreto maledettamente difficile da tacere…soprattutto perché poteva cambiare da un momento all’altro la vita di tutti loro.

Sospirò pesantemente,indecisa sul da farsi.  Non poteva negare un favore alla sua migliore amica,anche se pensava che il suo comportamento fosse sbagliato.. e profondamente stupido.

D’altra parte che altro avrebbe potuto fare? Non avrebbe mai avuto il coraggio di spiattellare una simile verità al Visconte. Era troppo buono per crederci,e forse si sarebbe solo inutilmente adirato con lei.

 

“Lo prometto. Ma tu, promettimi di non fare sciocchezze.” Le puntò contro l’indice,minacciosa.

“E’inutile che ti chieda di promettermi di non vederlo più.. so che non manterresti il giuramento.”  A questo punto sembrava quasi rassegnata.

 

Christine sembrò soddisfatta dalla sua risposta,ed annuì solenne.

“Cercherò di comportarmi nel modo più sensato possibile,lo giuro.”

 

Meg inarcò un sopracciglio. Con quelle parole,aveva promesso tutto e non aveva promesso nulla. La sua amica si stava rivelando più astuta del previsto.

 

Christine a quel punto le rivolse un sorriso smagliante e divertito,per cambiare discorso.

“Ma lo sa,mademoiselle Giry,che ogni giorno che passa lei assomiglia sempre di più a quella saggia donna di sua madre?? Chi l’avrebbe mai detto!!!”

Ed entrambe risero.

 

Ma quella innocente battuta aveva dato un’ottima idea all’ingenua Meg.

 

Io non ho idea di come affrontare una situazione come questa…ma maman certamente saprà cosa è meglio! Le scriverò oggi stesso,e seguirò i suoi consigli.

 

 

 

 

Trascorsero un paio di giorni,nella quiete più totale. Le due ragazze passeggiavano, leggevano, chiacchieravano e scherzavano… il tutto senza far parola degli ultimi avvenimenti.

Raoul non tornò in anticipo dalla città,ed Erik non si fece più vivo.

 

All’apparenza,la vita era tornata normale. Ma non era affatto così.

 

Christine si sentiva profondamente turbata,ma davanti all’amica non lasciò trapelare il suo stato di crescente nervosismo. Le pesava averla costretta al silenzio,ma era un sacrificio necessario.

 

Non poteva smettere di pensare ad Erik,ed all’enorme potere che aveva ancora su di lei.

L’aveva stregata e aveva vinto ogni sua resistenza con una semplice canzone… avrebbe potuto fare molto di peggio,con lei in quello stato di impotenza,eppure si era comportato da gentiluomo.

Non si era concesso alcuna libertà con lei…per pudore o perché non gli importava più?

Nel primo caso…voleva dire che ancora l’amava. Nel secondo,che vedeva in lei solo un’anima del passato.

 

Non riusciva neppure a smettere di pensare a Raoul.

Cosa sarebbe accaduto se avesse saputo del ritorno dell’antico rivale?

La situazione sarebbe ovviamente degenerata,e ancora una volta le avrebbero imposto di scegliere.

 

No,questo non è vero. La tua scelta l’hai già fatta…più o meno spontaneamente. Sarai la Viscontessa di Chagny fra poco più di tre settimane. Erik non ti ha voluta,è inutile continuare a pensarci.

 

Scuotendo energicamente la testa,si immerse nuovamente nella lettura.

 

 

 

 

Il venerdì sera Raoul entrò in casa sorretto da un servitore. Non si reggeva quasi in piedi.

 

Christine fece una smorfia seccata.

Accadeva sempre così,ogni volta che il ragazzo andava a far visita al duca di Sigognac.

Non aveva mai potuto sopportare quell’uomo,i suoi modi grossolani e l’ostinato sguardo lascivo con il quale sembrava volerla spogliare ogni volta che si incontravano.

 

Ma ancora di più detestava la sua pericolosa passione per l’alcool.

Normalmente Raoul toccava a malapena il vino ai pasti,ma sotto l’influenza dell’amico perdeva ogni freno,e tornava a casa solennemente sbronzo.

 

“Andate pure Jean,aiuterò io il Visconte se avrà bisogno di qualcosa.”

 

Il servitore fece un inchino ed uscì.

Raoul sprofondò pesantemente nella sua poltrona preferita, ridendo stupidamente.

“Ti comporti già come una moglie,lo sai?”

 

Christine evitò di guardarlo in quello stato pietoso.

“Immagino che uno di noi due debba comportarsi da adulto responsabile,tutto qui.”

 

“Spero che tu non mi stia rimproverando per qualcosa. Sono stato in città per affari,non certo a divertirmi.”

Il tono del Visconte era diventato improvvisamente cupo.

 

La ragazza sentì la rabbia montarle dentro inesorabile.

“Capisco. E’ per questo che puzzi di brandy come un vecchio ubriacone d’osteria?”

 

Raoul balzò in piedi,in un solo scatto. Si avvicinò a lei e le sollevò il mento fra le mani.

“Sai…mi sei mancata tanto in questi due giorni…”

 

La baciò con irruenza,e lei provò un fremito di disgusto per l’alito terribile del ragazzo e per il suo comportamento indecoroso. Cercò di spingerlo via,ma era troppo debole.

 

“Christine..”sussurrò lui continuando a baciarla,”in fondo manca un mese soltanto,e poi sarai mia moglie..”

 

“NO!!”gridò lei terrorizzata,cercando di sottrarsi alla sua stretta.

Nella lotta che ne seguì, Christine riuscì a divincolarsi,ma ricadde a peso morto all’indietro,e urtò violentemente contro lo stipite del caminetto.

 

Spalancò gli occhi dopo qualche istante di dolore,completamente stordita e disorientata.

Sentì il calore appiccicoso del sangue scorrerle sulla nuca e sulla parte del viso sinistra.

Raoul si era abbattuto pesantemente a terra,e giaceva immobile lamentandosi sommessamente.

 

Christine si portò una mano alla bocca,terrorizzata,un senso di nausea che la pervadeva tutta.

E’questo l’uomo con cui ho scelto di vivere il resto della mia vita? Il padre dei miei figli?

 

Senza ulteriore indugio,si alzò a fatica e si diresse alle scuderie.

Per fortuna c’era già un cavallo sellato,a malapena riusciva a reggersi alle redini mentre galoppava verso il paese,verso la locanda…

 

Nessun altro,oltre ad Erik,avrebbe potuto confortarla.

 

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Capitolo 12
*** Angelo io non ti respingo... ***


CAPITOLO 11: ANGELO IO NON TI RESPINGO…

CAPITOLO 11: ANGELO IO NON TI RESPINGO…

 

 

Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall'abisso, Beltà? Il tuo sguardo, infernale e divino, versa, mischiandoli, beneficio e delitto: per questo ti si può comparare al vino.

Riunisci nel tuo occhio il tramonto e l'aurora, diffondi profumi come una sera di tempesta; i tuoi baci sono un filtro, la tua bocca un'anfora, che rendono audace il fanciullo, l'eroe vile.

Sorgi dal nero abisso o discendi dagli astri? Il Destino incantato segue le tue gonne come un cane: tu semini a casaccio la gioia e i disastri, hai imperio su tutto, non rispondi di nulla.

Cammini sopra i morti, Beltà, e ti ridi di essi, fra i tuoi gioielli l'Orrore non è il meno affascinante e il Delitto, che sta fra i tuoi gingilli più cari, sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.

La farfalla abbagliata vola verso di te, o candela, e crepita, fiammeggia e dice: "Benediciamo questa fiaccola!" L'innamorato palpitante chinato sulla bella sembra un morente che accarezzi la propria tomba.

Venga tu dal cielo o dall'inferno, che importa, o Beltà, mostro enorme, pauroso, ingenuo; se il tuo occhio, e sorriso, se il tuo piede, aprono per me la porta d'un Infinito adorato che non ho conosciuto?

Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena, che importa se tu - fata dagli occhi vellutati, profumo, luce, mia unica regina - fai l'universo meno orribile e questi istanti meno gravi?

                                                                                                             Charles Baudelaire,Inno alla bellezza

 

 

 

Erik sedeva immerso nei propri pensieri,completamente immobile da ore.

Da due giorni non dormiva e non toccava cibo. Non era strano,già in passato nella sua vita era riuscito a sopravvivere in quelle condizioni precarie e disagevoli.

 

Si sentiva enormemente sconfitto ed abbattuto.

Aveva creduto che il suo brillante piano di vendetta sarebbe stato facile da attuare.

Credeva di aver estromesso la ragazza dai propri pensieri e dal proprio cuore,ma ora malediceva la sua imbecillità.  Come aveva potuto essere così cieco ed ottuso?

 

Christine possedeva ancora il suo spirito.

E a quanto pare, lei lo aveva completamente dimenticato.

Era così sicuro di averla soggiogata per l’ennesima volta,con quella sua rinnovata serenata notturna..

..e invece di lei nessuna notizia. Ed erano trascorsi già parecchi giorni.

 

Quando udì bussare piano alla porta, quasi sentì il respiro morirgli in gola.

 

 

Aprì lentamente la porta,ed ecco la sua Christine.

Non l’aveva mai vista in quello stato,e non potè reprimere la propria angoscia.

 

Il viso era gonfio e tumefatto su un lato,e dalla nuca scendeva un rivolo di sangue secco.

Doveva aver cavalcato sotto la pioggia incessante,perché gli abiti e i capelli erano completamente fradici.

Le guance erano arrossate per la febbre,e gli occhi lucidi di lacrime.

La bocca tremava leggermente,come non osando parlare. 

 

Lui la sorresse,mentre la ragazza incespicava oltre la soglia, gettandosi fra le sue braccia.

Rimase immobile per qualche momento,assaporando quella sensazione familiare eppure dolorosa,prima di parlare con astio.

“E’stato il tuo meraviglioso fidanzato a conciarti in questo stato? Immagino che il vostro sarà un matrimonio perfetto,di questi tempi potrebbe capitarti di peggio.”

Con il cuore pesante,la strinse più forte a sé,mentre lei iniziava a singhiozzare senza dire una parola.

 

Erik era combattuto. Sarebbe riuscito a resisterle?

Sarebbe riuscito davvero a vendicarsi anche di lei?


Si staccò con lentezza da lei.

Con quell’aspetto sembrava così debole ed indifesa….

 

Ricordava il giorno in cui aveva cantato per lei sulla tomba del padre.

Quel giorno la ragazza aveva negli occhi la stessa luce triste e senza speranza,senza fiducia nel futuro…si sentiva stringere il cuore a ripensarci..

 

Bimba smarrita senza pace,cerchi la mia guida..

Troppo hai vagato nel vento,troppo lontana da me…

 

No maledizione!! Lei ti ha lasciato solo come un cane,ricordi? Ti ha lasciato per quel bastardo che ora la tratta in quel modo…lei,che tu avresti adorato come una regina!

 

 

 

Il suo cuore improvvisamente si indurì.

 

“Christine..quando ti avevo chiesto di farmi visita non intendevo in piena notte. Se qualcuno ti ha visto entrare qui,potrebbe essersi fatto delle idee sbagliate. Non vorrai che la gente inizia a fare pettegolezzi su di te,vero? Solo a pochi giorni dalle nozze…è assolutamente inaccettabile.” Parlava come un automa.

 

Lei lo fissò,spalancando gli occhi gonfi per il pianto.

Perché la trattava di nuovo in quel modo…con quella fredda indifferenza?

Eppure i suoi occhi non mentivano.. l’avevano guardata con lo stesso sentimento di un tempo.

Chiuse la porta dietro di sé con un calcio.

 

“Erik…”si schiarì la voce e proseguì.

“Non capisco a che gioco tu stia giocando. Hai stravolto la mia vita, ricomparendo dal nulla in quel modo. Mi hai già allontanato una volta senza spiegazioni,non te lo lascerò fare una seconda volta!”

Sembrava arrabbiata ora,ferma e decisa,in netto contrasto con il pietoso aspetto.

 

Lui la guardò con occhi fiammeggianti.

“Come osi dire una cosa simile?!”

Stringeva con forza i pugni,per evitare nella rabbia dilagante di farle del male. Conosceva bene il violento effetto che poteva seguire un suo accesso d’ira.

“Come osi,piccola sfacciata? Dopo tutto quello che mi hai fatto?”

 

Lei sembrava allibita,sconcertata,dimentica di quella tragedia che li aveva visti tetri protagonisti.

“Dopo quello..che io ti avrei fatto!?! Forse non ricordi come mi hai trattata quella notte,dopo che finalmente avevo fatto la mia scelta? Mi hai rifiutata,respinta…mi hai buttata letteralmente fra le braccia di Raoul,ordinando ad entrambi di sparire! Ti sembra che sia stata una mia scelta?”

 

Erik battè con violenza inaudita il pugno sullo stipite.

“Quella notte mi hai baciato per compassione,o forse nemmeno per quella…solo per salvare quell’idiota! Non ho assolutamente intenzione di discuterne ancora…. E ora vattene!”

 

Le voltò le spalle,come ignorando la sua presenza.

Ma dal suo affannoso respiro era facile indovinare quanto quel ricordo lo sconvolgesse ancora nel profondo.

 

Christine esitò un attimo,poi aprì la porta ed uscì.

Non aveva senso rimanere lì.

 

Non sapeva dove sarebbe andata,certo non a casa.

Probabilmente Raoul si era ripreso,e stava impazzendo a cercarla.

Non aveva intenzione di rendergli così facile il compito.

 

Stava scendendo le scale,quando la mano di Erik si posò sulla sua spalla,e lei si sentì scuotere da una scarica elettrica. Non le disse nulla.

Semplicemente le prese la mano,ed insieme ritornarono nella stanza. Se non era pace, si trattava perlomeno di una tregua delle ostilità.

 

 

Erik le medicò provvisoriamente le ferite.

Non erano gravi,la rassicurò,si sarebbero cicatrizzate perfettamente in una paio di settimane al massimo.

 

“Così nessuno vedrà cosa ha passato la bella sposina prima di arrivare all’altare”aggiunse crudelmente,bendandole il collo.

Christine deglutì a fatica,con disagio.

Non era più molto sicura di voler percorrere la navata della chiesa..non per sposare Raoul,almeno. 

Ma non gli disse nulla.

 

Le mani di Erik sulla sua pelle…aveva dimenticato quella inebriante sensazione.

La stava solo medicando, per compassione certamente…eppure quel tocco evocava in lei sensazioni che aveva sopito,ma non scacciato definitivamente dal suo spirito. 

Dagli occhi le cadde una lacrima di nostalgia,troppo a lungo repressa.

 

Senza parlare Erik le sfiorò la guancia,asciugandola.

Christine voltò lentamente la testa,e baciò le sue dita tremanti.

 

D’improvviso Erik sprofondò nell’abisso che gli aveva annebbiato la mente tanti mesi prima.

Si avventò letteralmente su Christine,baciandola con un impeto che travolse entrambi.

Il respiro affannoso,le mani tremanti, Christine si aggrappò a lui.

Il bacio stava diventando profondo,sempre di più, sempre di più..

 

La respinse.

Senza preavviso,la respinse violentemente.

I suoi occhi ardevano di desiderio,ma la respinse.

 

 Arretrò di qualche passo,e sempre voltandole le spalle,con voce roca,le sussurrò:

“Ora vai. E’ molto tardi,e non sarai a casa prima dell’alba.”

 

Ancora una volta,nonostante la confusione e l’angoscia che portava nel cuore,lei si limitò ad obbedire.

Si sentiva stravolta,come febbricitante,incredibilmente confusa.
Aveva però un salda certezza,anche in quell’istante di smarrimento.

Non si poteva discutere con Erik,nemmeno in un momento simile.

Sarebbe stato troppo rischioso.

 

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Capitolo 13
*** Rimorso e rimpianto ***


CAPITOLO 12: RIMORSO E RIMPIANTO

CAPITOLO 12: RIMORSO E RIMPIANTO

 

L'anima è la parte del corpo che gioisce, soffre e ama di più. Il dolore fisico è nulla in confronto al dolore dell'anima.

                                                                        Silvana Stremiz

 

Raoul de Chagny sedeva ancora sul pavimento,la testa fra le mani,il corpo indolenzito per essere rimasto troppo a lungo sdraiato a terra in una posizione così scomoda.

 

La gola gli bruciava,sentiva gli occhi lacrimargli involontariamente,aveva il fiato corto e non riusciva a coordinare bene i propri movimenti. Per questo,non aveva neppure cercato di rimettersi in piedi.

Aveva tutti i peggiori postumi possibili di una sbronza. Proprio lui,che non toccava quasi mai l’alcool.

 

Aveva ricordi confusi su quanto era accaduto qualche ora prima.

Rammentava bene di come Jules lo avesse fatto caricare a peso morto nella sua carrozza,per ricondurlo a casa. Lo aveva anche schernito per la sua poca resistenza al bere,chiamandolo come sempre mammoletta.

 

Dio quanto detesto quel soprannome….

 

Doveva essersi addormentato durante il tragitto in carrozza.

Quando di era risvegliato ricordava che Jean lo aveva sorretto fino al suo studio…e che Christine era lì… e che lo aveva guardato con rimprovero…

 

Per lunghi minuti,nonostante lo sforzo,non aveva ricordato altro.

Poi improvvisamente.. aveva notato una piccola striatura rossa contro lo spigolo del caminetto.

D’un tratto l’orrore di quello che aveva fatto, del suo abominevole comportamento, lo aveva sopraffatto.

La vergogna e il rimorso lo avevano devastato.

 

Fissava il vuoto,ad occhi sbarrati.

 

Pochi minuti prima avevano bussato alla porta. Lui non aveva neppure risposto.

Dopo qualche istante la giovane Giry,con un’espressione tesa e preoccupata, si era affacciata alla porta.

 

“Perdonatemi,Monsieur le VicomteChristine non è salita in camera,e non riesco a trovarla…ho guardato in ogni stanza,e..”si era morsa nervosamente il labbro inferiore “un servo mi ha detto che dalla stalla manca un cavallo. Sapete…dove possa essere andata? E’ piena notte,potrebbe essere pericoloso…”

 

Lui non le aveva neppure risposto,continuando a fissare ostinatamente il vuoto.

Meg in silenzio era uscita.

 

Raoul sospirò pesantemente,tentando di mettere a fuoco i propri pensieri.

Christine potrai mai perdonarmi?

 

Era terrorizzato.

Non sapeva dove fosse in quel momento la sua fidanzata,sola di notte in piena campagna…ma la cosa che lo terrorizzava di più era che lei lo potesse lasciare.

 

Aveva fatto di tutto per dominare i suoi istinti,il suo desiderio di lei,in quei mesi.

Compito che non era stato semplice, dal momento che vivevano sotto lo stesso tetto.

Per questo aveva accolto con entusiasmo il consiglio di Madame Giry,e aveva fatto andare Meg a vivere con loro. E sempre per questo motivo era continuamente in viaggio per affari.

 

Era determinato a mettere il numero più alto di ostacoli fra lui e le proprie pulsioni.

Amava Christine con tutto stesso, e mai e poi mai avrebbe voluto approfittarsi di lei.

E ora,proprio ora che erano così vicini ai voti nuziali,che li avrebbero uniti per l’eternità…che avrebbero reso la sua amata sua e sua soltanto.. proprio ora aveva rovinato ogni cosa a causa di qualche maledetto bicchiere di brandy!

 

Cos’avrebbe fatto se lei se ne fosse andata?

Non riusciva più ad immaginare la sua vita senza di lei… senza il suo sorriso,la sua voce,i suoi modi gentili.

Lo faceva sentire importante,amato. Era l’unico raggio di sole della sua vita ormai solitaria…

 

Ma forse lei non se ne rendeva neppure conto…

Nel tentativo di allontanarla da sé per non avere tentazioni, forse l’aveva convinta di uno scarso interesse nei suoi confronti.

 

La stessa cosa era accaduta per il canto.

Adorava ascoltare la celestiale voce di Christine.

Era assolutamente deliziosa,e lo aveva stregato proprio cantando sul palcoscenico dell’Opera Populaire,.quella sera di tanti mesi prima…nel ruolo di Elissa.

 

Ma era stato costretto ad impedirle di cantare.

 Sapeva che i suoi amici,quelli del suo rango,avrebbero fatto fatica in ogni caso ad accettarla come una di loro…doveva assolutamente farle perdere le abitudini ed i modi di un tempo,anche a costo di sacrificare una parte di sé stessa.

 

Avrebbe dovuto parlarle,spiegarle tutto…e scusarsi,oh sì,certamente scusarsi per il modo disgustoso in cui l’aveva trattata. Madove sarà in questo momento?

 

 

 

Al piano di sopra Meg Giry continuava a passeggiare nervosamente per il corridoio.

Alla fine si decise a rientrare in camera,e spostò una poltroncina accanto alla finestra.

Vi si raggomitolò sopra, avvolgendosi in una coperta leggera e continuando a fissare la vasta distesa erbosa che spaziava attorno alla casa,immersa nell’oscurità. Erano evidentemente ore ed ore che Christine era uscita a cavallo. E non era da lei sparire di notte,senza dire nulla a nessuno…non senza un valido motivo.

 

Senza alcun dubbio è andata da lui.

 

Non riusciva a togliersi dalla mente quel raccapricciante pensiero.

Si era comportata piuttosto spesso da sciocca,in passato…ma ora stava davvero esagerando!

 

Le si era stretto il cuore a vedere il povero Raoul, distrutto dal dolore e dalla preoccupazione, raggomitolato sul pavimento del suo studio…sembrava come stordito,a malapena un essere umano.

 

Christine è davvero crudele a trattarlo così, dopo tutto quello che ha fatto per lei.

 

Era anche incredula.

Cosa aveva raccontato l’amica al fidanzato,prima di sparire a quel modo?

Perché aveva certo inventato una qualche scusa…Raoul non le avrebbe mai permesso di uscire sola la notte.

La provincia poteva anche essere più pericolosa della città, quando era deserta e silenziosa…come ogni notte.

Rabbrividì al pensiero di quanti pericoli avrebbero potuto minacciare l’amica.

 

E tutto per quel mostro….

Di nuovo un brivido la scosse.

 

Sua madre le aveva raccontato tante volte la triste storia di quell’uomo sfigurato,della sua infanzia distrutta, della sua mancanza di contatti con il mondo umano…del suo disperato bisogno di amore.

 

Ma nonostante la pena che aveva provato per lui in un primo momento,non riusciva ad evitare odio e disgusto solo a pensarlo.

Quell’uomo aveva ucciso senza pietà molti innocenti,senza nemmeno pensarci,solo per capriccio o rabbia.

Aveva rapito la sua amica,dopo averla soggiogata,e certo l’avrebbe obbligata a sposarlo..o peggio…se Raoul non fosse giunto in tempo,quella maledetta notte.

Non c’era passato difficile o dolore che potesse giustificare un comportamento simile.

 

Meg continuava a fissare fuori dalla finestra, pregando silenziosamente fra sé e sé perché Christine potesse tornare sana e salva a casa,al più presto.

 

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Capitolo 14
*** Vicini e lontani ***


CAPITOLO 13: VICINI E LONTANI:

CAPITOLO 13: VICINI E LONTANI:

 

Non avessi mai visto il sole avrei sopportato l'ombra ma la luce ha aggiunto al mio deserto una desolazione inaudita.

                                                                                                         Emily Dickinson

 

 

Erik sedeva al tavolo della sua stanza,la testa fra le mani.

La camera era ridotta ad uno sfacelo.

 

Subito dopo aver allontanato Christine,la sua furia era esplosa in modo più che violento.

Aveva schiantato una sedia contro la parete,aveva strappato con furia le tende che ora giacevano scomposte sul pavimento…e aveva gettato lo specchio fuori dalla finestra.

Non sopportava un secondo di più il riflesso beffardo della sua maschera,che come sempre lo irrideva.

 

Idiota! Lei è venuta da te e tu l’hai scacciata come un’appestata…non avrai mai più un’occasione simile!

 

Sapeva che quella voce che gli risuonava ostinata nella testa diceva la verità.

Christine era stata sconvolta dal comportamento del fidanzato,che aveva sempre idealizzato come un uomo perfetto e virtuoso…e da chi si era rifugiata se non da lui?

Maledizione! 

Avrebbe dovuto farla sentire protetta,al sicuro…amataed invece l’aveva respinta.

 

Lo aveva accusato di averla scacciata,quella notte.

Quanto c’era di vero nelle sue parole?

E’vero,lei avrebbe potuto ribellarsi alle sue parole…avrebbe dovuto,se davvero lo avesse amato.

Ma era solo una bambina…allora come adesso.

Forse semplicemente non ne aveva avuto il coraggio,non dopo i sanguinosi e tragici eventi di quelle ore.

 

Ed ora era di nuovo sola,in piena notte… senza protezione alcuna.

 

Stupido,stupido,stupido!

 

Non aveva mai provato per nessuno ciò che aveva provato per la piccola Christine Daae.

 

Quando ormai si era rassegnato ad una vita di completa solitudine,di esilio dal mondo dell’umanità, all’Opera Populaire era arrivata una bambina,spaventata ed infelice. Da poco orfana,era stata per così dire adottata da madame Giry,donna dall’aspetto severo ma dal cuore incredibilmente grande.

 

Subito aveva avvertito uno strano sentimento di protezione per quell’angioletto impaurito e solo…come era stato lui,da bambino. Ma a differenza di lui quella bambina possedeva una bellezza eccezionale,che con il passare degli anni l’aveva fatta sbocciare nella fanciulla più affascinante che avesse mai visto.

 

Aveva vissuto con angoscia la propria tenerezza verso quella ragazza.

Sapeva bene,nelle profondità del suo cuore, che non avrebbe mai potuto osare di sperare che lei ricambiasse il suo sentimento.

 

Era come Icaro,aveva voluto spingersi oltre i confini a lui concessi…ma a differenza del figlio di Dedalo sapeva che le sue ali di cera si sarebbero sciolte, se si fosse avvicinato troppo al sole.

E il suo sole era proprio Christine.

 

Eppure,nonostante fosse completamente cosciente dell’impossibilità del suo desiderio… il suo cuore non aveva abbandonato l’insana idea di farla sua.

Aveva tremato di paura,la notte in cui si era rivelato a lei,ed aveva avuto una violenta reazione quando lei,per curiosità,gli aveva sfilato per la prima volta la maschera.

Lo rammentava dolorosamente in ogni dettaglio.

 

Il colore aveva abbandonato le sue guance, gli occhi spalancati si erano colmati di un orrore indescrivibile.

E subito dopo l’orrore…ecco,la maledetta,odiosa compassione che avvelenava ogni sentimento.

Lo aveva ferito in profondità,quello sguardo,lo aveva trapassato come una spada.

Era convinto che non l’avrebbe mai più rivista.

 

E invece…invece nonostante l’orrore provato,lei era tornata da lui.

Aveva vinto ogni paura e gli era rimasta accanto.

Aveva duettato con lui,nella sua Opera,cantando con tutta sé stessa i versi che aveva composto pensando a lei…

 

Era entrata in scena, piena di sensualità nel suo costume,ma con lo sguardo sognante ed innocente di una bambina.

 

Non ho timor di te, mai non ne avrò

Nel cuore regnerà soltanto amor.....

 

Tutti si aspettavano che in scena entrasse quel pallone gonfiato di Ubaldo Piangi…ma erano bastati pochi versi perché tutti trasalissero.

Quello sul palco era proprio il famigerato Fantasma!

 

Tu che fremi per placare la fiamma tua

Per placare l'istinto che in te sempre tace, tace

T'ho sognata per gustare ogni voluttà

Più che mai destinata a soccombermi,

Tu puoi negarlo ma stai per soccombermi

Ed ora sei con me, non dire no

Puoi restare, restare

 

Christine aveva socchiuso gli occhi,sul viso un’espressione estatica.

Non aveva bisogno di voltarsi a guardare per riconoscere il suo Angelo della Musica.

 

 

Passa il ponte fra noi due

Non dubitare

La tua, la mia bugia finisce qui

Mai, mai più "non so", né "ma"

Nessun indugio

Dimentica chi sei e dimmi Sì

 

 

Che fuoco mai ci inonderà

Che voluttà è rinchiusa in noi

Malia recondita, preziosa

 

L’aveva sentita tremare sotto le sue carezze…l’aveva sentita fremere al suo tocco,come se lui fosse stato un uomo normale,e non un essere deforme ed orribile,nel corpo e nell’anima.

 

Passa il ponte fra noi due

Non esitare

Dell'anima il segreto tu vivrai

Se passi il ponte fra noi due

 

 

Dopo averlo sentito cantare per lei, dopo aver inteso quali promesse,quale dichiarazione si celassero dietro i versi del libretto, gli aveva risposto con passione e ardore.

Non c’era né orrore né pietà nei suoi occhi mentre riprendeva a cantare,solo lo sguardo di una donna innamorata e sicura del proprio sentimento.

 

Sei con me qui

Non abbiamo che il fuoco in noi

Non abbiamo di più, oramai tutto tace, tace

 

Aveva sollevato per un attimo gli occhi verso il palco cinque,incontrando lo sguardo stravolto ed impotente del fidanzato. Ma neppure questo l’aveva fermata o intimorita.

 

Qui con te io

La ragione non chiesi mai

Come un mare al mio corpo intrecciarti

A me nei miei sogni per sempre avvinghiarti

Ed ora mi vedrai

Decisa, sì

A restare, restare

 

Passa il ponte fra noi due

Nessun rimorso

La tua passione infine vincerà

Sì, che sia sbagliato o no

Ti chiedo questo

Sarà infinita attesa o io ti avrò?

Se non si placa qui con te

La mia marea dilagherà

Sei tu la fiamma che consuma

 

Al centro del ponte costruito sul palcoscenico, si erano finalmente ritrovati. Persi in un abbraccio che non aveva nulla di umano,dimentichi del pubblico che li stava osservando affascinato e terrorizzato, avevano avuto il coraggio necessario per gridare la forza dirompente della loro passione.

 

Passa il ponte fra noi due

Non esitare

Ti perderai qui tra le braccia mie

Se passi il ponte fra noi due...

 

Tutto era perfetto. Poi,con totale mancanza di buonsenso,lui aveva commesso un errore. Un errore imperdonabile. Le aveva sussurrato le stesse parole che aveva usato il Visconte per la sua dichiarazione, sul tetto,la notte della morte di Buquet.

 

Dimmi che tu mi amerai per sempre

Dimmi che mai più mi lascerai

Se tu colmi il vuoto mio, d'incanto

Dove andrò io voglio ci sia tu

Christine, nient'altro chiedo....

 

Non gli aveva lasciato terminare la frase.

Gli aveva strappato la maschera di fronte a tutti, gettando l’intera Opera nel panico.

 

Pronunciando insensatamente quelle parole,quella sera, le aveva rammentato in maniera dolorosa ed insopportabile i suoi crimini passati. Nonostante la tenerezza e l’amore che provava verso di lui,non era in grado di sopportare l’idea che fosse un assassino a sangue freddo,un’anima sprofondata per anni nel peccato. In qualche modo temeva di esserne contaminata,avvinta,trascinata in un’oscurità da cui non sarebbe più stata in grado di uscire.

 

 

 

 

Christine non frenò le lacrime che le stavano sgorgando dagli occhi.

 

Stupida! Stupida! Stupida!

 

Aveva creduto che Erik fosse un mostro, e Raoul un uomo perfetto.

Ora scopriva di aver sbagliato tutto,e di non poter più rimediare. Questo l’atterriva.

Avrebbe avuto il coraggio di lasciare Raoul? O da vigliacca,come al solito, avrebbe subito in silenzio e senza protestare quella che sarebbe stata la prima di forse molte altre vessazioni?

 

Il cavallo era irrequieto,e Christine tornando a concentrarsi sulla strada si rese conto di essersi persa.

Smontò, e dopo aver legato l’animale ad un albero, sedette a gambe incrociate sull’erba umida.

Quella sensazione di freschezza e di contatto con la natura riuscirono a calmarla,almeno in parte.

Sollevò gli occhi verso il cielo,un’abitudine che conservava dalla sua infanzia.

 

“Papà..” sussurrò soltanto,la voce arrochita dal pianto.

 

Pensava spesso a suo padre, Charles Daae.

Era stato un uomo buono e paziente con lei,l’aveva adorata come una piccola principessa.

E a causa di questo lei era diventata quel mostro di egoismo e fragilità che non aveva saputo affrontare neppure l’amore,quando lo aveva trovato.

 

Nonostante la propensione a darle tutte vinte alla giovane figlia, soprattutto dopo la prematura scomparsa della moglie, Charles Daae era stato un uomo saggio.

Avrebbe senz’altro saputo aiutarla,se le fosse ancora stato accanto.

 

Christine fissava ostinatamente le fredde e brillanti stelle,lontane da lei quanto suo padre.

Malediva il cielo che l’aveva privata del suo amore e del suo conforto,lasciandola sola e disperata in un mondo che non capiva e non sapeva fronteggiare.

 

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Capitolo 15
*** Notte stellata ***


CAPITOLO 14 : NOTTE STELLATA

CAPITOLO 14 : NOTTE STELLATA

 

Non occorre dunque che tu passi attraverso l'inferno per incontrare un angelo.

                                                                                                                                  Kahlil Gibran

 

 

Non si era resa conto di essere rimasta tanto a lungo immobile.

Quando si massaggiò la nuca, dolente per la ferita e per l’umidità della notte,trasalì.

Aveva sentito un impercettibile rumore dietro di sé.

 

Con un movimento fluido,quasi felino, Erik si sedette sull’erba accanto a lei.

 

Era giunto alle sue spalle già da un bel pezzo.

Ma era smontato da cavallo,e aveva legato l’animale sufficientemente lontano perché lei non lo sentisse sbuffare o nitrire. In perfetto silenzio era rimasto a fissarla, appoggiato ad un tronco d’albero.

Non sapeva cosa avrebbe potuto dirle,non sapeva se lei in ogni caso lo avrebbe ancora voluto ascoltare.

 

Senza dire una parola,Erik si sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle. Lei si strinse addosso l’indumento, confortata dal calore e dal profumo che poteva percepire attraverso la stoffa.

 

Erik si sdraiò, perdendosi anche lui a contemplare la volta stellata.

Gli acquazzoni degli ultimi giorni avevano spazzato ogni nube dal cielo, che ora scintillava terso e limpido alla luce della luna piena.

 

Non aveva mai guardato il cielo.

Solo raramente,durante i suoi eterni vagabondaggi,aveva sollevato lo sguardo a contemplare quella bellezza del creato, e sempre per una mera constatazione del tempo.

Non aveva mai assaporato quella vista come un piacere,un regalo del mondo.

Non aveva mai creduto che il mondo potesse regalargli alcunché.

 

Per la prima volta da mesi, steso su quel campo di erba umida, vicino a Christine abbastanza per aspirare il suo profumo,ma senza poterla sfiorare,si sentiva inebriato,e al tempo stesso in pace.

 

“Hai mai pensato a quelle stelle,Christine? Alcune di loro sono morte da secoli,millenni… eppure noi non lo sappiamo,e le vediamo splendere ancora in tutta la loro magnificenza.”

 

Anche per noi è così.”

 

Erik si voltò di scatto. “Cosa vuoi dire?”

 

Lei volse il viso,rigato di lacrime,verso di lui,un’espressione ferita e disperata.

“Alcuni di noi sembrano felici e soddisfatti della propria vita e delle proprie scelte. Nessuno può immaginare invece quanto vorrebbero poter tornare indietro e fare tutto diversamente.

 

Erik deglutì. Questa era l’ennesima tortura a cui lo sottoponeva.

“Il passato non si cambia,Christine. E ognuno di noi paga per le scelte che ha fatto. Ora forza,alzati. Ti scorterò fino a villa de Chagny. Non potevo starmene tranquillo all’albergo sapendo che eri sola qui fuori, alla mercè magari di qualche malvivente.

 

“Non tornerò a casa. Non ora,comunque.” Christine parlava quietamente ora,come in trance.

 

 

Sono le stelle, le stelle sopra di noi, che governano la nostra condizione.

                                                                                                          William Shakespeare

 

Erik sospirando si rimise a sedere.

Non voleva abbandonarla,ma temeva ciò che sarebbe potuto succedere se continuava a rimanerle accanto.

La desiderava,troppo per poterle resistere a lungo.

D’altro canto,il solo pensiero di poterla in qualche modo oltraggiare,o forzare ad un passo simile,lo riempiva di vero orrore.

 

La ragazza riprese a guardare il cielo.

“Sai Erik? C’è una cosa che avrei sempre voluto chiederti.. e non ho mai potuto farlo.  Ci ho pensato spesso,e non ne sono mai venuta a capo. Perché mi hai mandata via quella notte?” 

Il tono di voce era basso,quasi ipnotico. Erik si trovava senza difese davanti a quella semplice domanda.

 

Si schiarì la voce. “Prima che arrivasse il tuo prezioso Visconte… ricordi cosa mi dicesti quella sera?”

 

Christine scosse il capo confusa.

 

“Avevi appena indossato l’abito da sposa…ed io ti avevo riconsegnato l’anello. Per un folle momento avevo pensato che… che tu avresti accettato di essere mia moglie. Ma poi tu..

 

Quel ricordo lo feriva ancora in profondità.

Scoprendo uno dei tanti specchi celati dietro ad un tendaggio, Christine si era voltata verso di lui,e gli aveva sussurrato:

 

E’ dentro te quella tua deformità…

 

“Non ti facevo soltanto orrore per la mia deformità…ma anche per la mia anima. Ed avevi ragione. Ho commesso colpe terribili in passato,e ancora non ne ho pagato il prezzo. Nonostante il tuo..il tuo bacio dettato dalla compassione,non potevo trattenerti. Non potevo costringerti a vivere per sempre accanto ad un uomo..ad una bestia,che temevi e disprezzavi.”

Chiuse gli occhi. “Ti amavo troppo per farlo.

 

“Io ricordo di aver detto un’altra cosa quella sera.

 

Cosa?” lo aveva colto di sorpresa.

 

E’ dentro te quella tua deformità…il volto tuo non mi turba più ormai..

 

Lui sorrise amaro. “Che importanza ha cosa ci siamo detti quella sera? E’ una discussione ridicola,non trovi?”

 

“Non per me Erik. Non ho fatto che pensarci per mesi.

 

Lui scoppiò a ridere. “Decisamente,Christine,tuo marito può averti impedito di esibirti su un palcoscenico…ma come attrice non hai davvero pari! Non penserai che io ci creda? Mentre preparavi il corredo e la casa perfetta per il tuo perfetto maritino e i vostri perfetti pargoli…avresti pensato a me?”

L’amarezza del tono si era convertita di nuovo in rabbia.

 

Sei libero di crederci oppure no. Non mi riguarda. So che da un pezzo non ti importa più nulla di me.”

Christine non sapeva dove aveva trovato il coraggio di pronunciare quelle parole.

Chiuse gli occhi. Sicuramente lo avrebbe fatto di nuovo infuriare,ed Erik sapeva essere così pericoloso…anche se a lei non aveva mai fatto alcun male.

Si aspettava una reazione violenta. Ma non ci fu.

 

Nel tuo petto sono le stelle del tuo destino.

Carl Gustav Jung

 

 

Quando riaprì gli occhi,vide che lui si era slacciato il primo bottone della camicia,e giocherellava con le dita su una catenina. Appeso a quella catenina…il suo anello di fidanzamento.

 

Rammentava bene il momento in cui glielo aveva lasciato.

Non sapeva neppure lei perché lo avesse fatto.

Forse perché una piccola parte di sé sperava che tramite quell’oggetto lui avrebbe continuato a pensare a lei,ad amarla,a ricordare i giorni felici trascorsi insieme…

 

“Vedi,Christine? Laddove gli uomini che hanno fede in Dio tengono una croce,io tengo il tuo anello.

La mia unica fede sei sempre stata tu.”

 

La voce era roca,il tono carico di rimpianto e al tempo stesso di risentimento.

Si era sentito tradito da lei come si era sempre sentito abbandonato da Dio,in passato.

Si sganciò lentamente la catenina,e ne sfilò l’anello.

Lo porse a Christine.

 

“Questo non mi appartiene. E’ tuo,riprendilo.”

 

La ragazza tese la mano per afferrare il piccolo monile,e nel farlo sfiorò le mani gelide di lui.

Sapeva cosa doveva fare.

 

Sollevandogli il mento con una mano,affinché la guardasse in viso,gli sorrise.

Poi,con gesti lenti e misurati,si infilò l’anello al dito…per la seconda volta.

 

 

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Capitolo 16
*** La magia della luna piena ***


CAPITOLO 15: : LA MAGIA DELLA LUNA PIENA

CAPITOLO 15: : LA MAGIA DELLA LUNA PIENA

 

A volte gli uomini sono padroni del loro destino; la colpa, caro Bruto, non é delle nostre stelle, ma nostra, che noi siamo dei subalterni.

                                                                                                                  William Shakespeare

 

 

Erik la fissò sbigottito,lo stesso tuffo al cuore di quando le aveva visto compiere quel gesto mesi prima.

 

Per pochi misericordiosi istanti aveva sfiorato la felicità del Paradiso…sino a quando l’irrealtà della situazione non lo aveva colpito come un doloroso pugno allo stomaco.

Una felicità simile può durare pochi istanti,non per sempre.

Non aveva nutrito illusioni su questo.

 

E invece ora…

 

Aprì la bocca per parlare,ma Christine gli fece segno di tacere.

 

Christine in quel momento si sentiva preda di una forza più grande di lei.

Fissò con tenerezza gli occhi magici di Erik, pensando alla soave e pura bellezza della sua voce,e comprese di essere profondamente avvinta da quel sortilegio che era stato gettato su di loro dal destino.

Non provava più alcuna ripugnanza per il suo viso deforme,ne percepiva soltanto l’immensa forza vitale.

 

Sollevando nuovamente lo sguardo verso la volta stellata, che in quel momento ai loro occhi sembrava risplendere di una luce particolarmente intensa e meravigliosa, pronunciò con solennità queste semplici parole…

 

Erik, con questo anello io ti sposo. Ti sposo sotto questa luna piena,sotto queste stelle…sono loro i nostri testimoni.Gli unici di cui abbiamo bisogno.”

Si sporse leggermente verso di lui,e tremando gli sfiorò appena le labbra con le proprie.

 

 

Erik rimase completamente immobile per qualche secondo, stordito da ciò che era appena successo..dalla promessa che aveva appena udito.

 

Poi d’impulso la strinse a sé, serrandole le labbra in un bacio disperato ed incredulo.

Lei gli toccò gentilmente il volto,e lui la strinse ancora più forte.

Una mano goffa le si insinuò fra i capelli. Di nuovo le cercò le labbra con le labbra,non più con delicatezza ma avidamente,come un affamato.

Per un momento la sorpresa la fece restare immobile nella stretta,poi sentì una smania altrettanto intensa,e le sue labbra si schiusero per accoglierlo.

 

Christine gli sfiorò con una mano il collo,e quel contatto la riempì di desiderio.

Vide le pupille di Erik dilatarsi, e comprese quale effetto stesse avendo quella situazione su di lui.

Involontariamente si sentì sopraffatta,posseduta dalla forza di quel bacio,ed istintivamente si staccò da lui,tremante.

 

Erik la lasciò,quasi stordito.

Dopo un momento mormorò,confuso: “Perdonami…perdonami amore..perdonami…non sono altro che un uomo…Sei spaventata,è naturale.. la mia deformità è orribile a vedersi,ma sono sempre un uomo in carne ed ossa.. non un fantasma.”

L’ultima parola fu a malapena udibile.

 

“Non devi scusarti.. perdonami tu. Volevo che tu mi baciassi,ma il tuo ardore mi ha spaventata.

Non…non ci sono abituata.”aggiunse imbarazzata.

 

Erik le coprì le mani di baci contriti. “Non volevo spaventarti. Ma ti amo tanto da non resisterti.”

Lei sorrise. Erik la fissò implorante. “Dimmi che anche tu mi ami…se è vero.”

 

Christine si fece seria. “Ti amo” disse semplicemente, come se fosse sotto il potere di un incantesimo.

“E lo sai.”

 

“Dimmi…dimmi che mi darai tutto il tuo amore. Oh,Chrtistine..sei così giovane,e bella!Ed io sono deforme ed orribile.. Non posso credere che tu mi ami.”

Socchiuse gli occhi. “Perfino ora temo che tu ti stia burlando di me..”

 

“No!”rispose lei in fretta,e come se fosse impaurita della propria audacia,gli posò un bacio lieve in mezzo agli occhi. Christine sentì che le mancavano le forze.

Si aggrappò a lui,e il peso li trascinò sull’erba verde.

 

 

Erik l’attrasse a sé, stringendole il polso con tenerezza.

Quel tocco intimo eppure innocente le accese il sangue.  La baciò,ed entrambi si distesero sull’erba umida.

 

Le mani di Erik indugiarono a lungo a carezzarle il viso,fino a scendere tremando sull’allacciatura del vestito di lei. La baciò piano sul seno,percependone il calore attraverso la stoffa sottile e serica del corpetto.

“Sono felice che sia così buio..”mormorò piano. “Il mio viso sfigurato non ti farà orrore…”

 

Lei con un gesto delicato gli sfilò la maschera,e lo guardò con tenerezza.

“Non è buio,la luna ti illumina con i suoi raggi..ma tu non puoi farmi orrore,amore mio. Cosa pensavi?”

 

In quel momento Erik non riusciva a pensare a nulla.

Avrebbe soltanto voluto sussurrarle…grazie Christine.

Ma l’emozione gli serrava la gola con un nodo che non si scioglieva.

 

Grazie Christine,di poter amare un peccatore senza redenzione come me.

Dopo tutto l’orrore che ho vissuto e compiuto nella vita, non merito il tuo amore,la tua innocenza. 

 

Non riusciva a credere che fosse pronta a darsi a lui,perché era l’uomo che lei amava con tutta sé stessa.

Non riusciva a credere che fosse tutto vero.. quel corpo che fremeva impaziente sotto le sue carezze.

Lo aveva immaginato,sognato,troppo a lungo. Il corpo di lei, nudo sotto la sua mano..e lei ora era lì.

 

In quel momento ebbe la consapevolezza di essere il  solo ed unico padrone del suo cuore…lui,non quell’imberbe ragazzo che stava per sposarla.

 

La strinse a sé. Aveva paura di farle male,non sapeva come comportarsi.

Non si era mai trovato così vicino ad una donna.. in una situazione simile.

Intrecciò strettamente le proprie dita sottili a quelle di lei,come a cercare un conforto,un appiglio in quel mare di emozioni in cui sembrava annegare.

La prima volta che le aveva preso la mano era quasi impazzito di felicità.,mentre la guidava nel suo mondo…

 

Sono il tuo Angelo,vieni…vieni,tu sei la mia Musa…

Bramo la dolce mia Musa…

Dammi la mano,mia Musa…

 

Christine si sentiva trasognata, quasi impotente di fronte a ciò che stava accadendo.

Non poteva ribellarsi,e non voleva farlo.

Sentiva su di sé lo sguardo bruciante ed appassionato di lui,che sembrava prendere possesso di ogni suo pensiero e volontà.

 

Ma sto sognando o no,io vedo te…

Fantasma dell’Opera tu sei insieme a me..

 

Mentre si baciavano gli cinse il collo con le braccia, e i capelli, liberati dall’acconciatura,si sciolsero completamente sulle sue spalle seminando una scia di forcine sull’erba.

Erik gemette attirandola a sé. Adesso Christine avvertiva la forza del suo desiderio.

Erik le passò le mani dalle spalle alla schiena,avvincendola a sé.

 

 

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Capitolo 17
*** L'araba fenice ***


CAPITOLO 16: L’ARABA FENICE

CAPITOLO 16: L’ARABA FENICE

 

Tra la nostra anima e il nostro corpo ci sono tante piccole finestre,

da lì, se sono aperte, passano le emozioni, se sono socchiuse filtrano appena,

solo l'amore le può spalancare tutte insieme e di colpo, come una raffica di vento.

                                                                                                                   Susanna Tamaro

 

 

Nel momento in cui non esistè più alcuna barriera fra loro,lui gemette con delicatezza,senza distogliere per un attimo lo sguardo dal suo. Entrambi pensarono di essere sul punto di morire, ed un misto di dolore e piacere fluì nelle loro vene come una droga.

 

Fecero l’amore pervasi da una disperazione indescrivibile,quasi a voler sfidare gli dei,a volerli punire per aver inflitto loro un destino che aveva tentato troppe volte di dividerli, per gridare a pieni polmoni il desiderio di eternità del loro sentimento.

 

Gridarono entrambi,disperati e feriti dall’intensità di quelle sensazioni che non erano abituati a dominare.

 

I loro corpi intrecciati sembravano incapaci di allontanarsi l’uno dall’altra.

Christine scoprì il suo stesso corpo attraverso quello di lui.. si sentiva pervasa da un desiderio insopprimibile,insaziabile,selvaggio.

 

Inebriato di incredulo stupore, Erik esplorava con la bocca quelle mani,quel viso,quei capelli, completamente stregato dai gemiti e dai mormorii che sfuggivano alle labbra di Christine. 

Non aveva mai avuto alcuna donna,in passato: fu lei a fargli scoprire la vita.

 

Christine si donava a lui fiduciosa,senza limiti.

Non il cielo stellato,non la luna. Era Christine,ai suoi occhi,la vera meraviglia del creato.

 

Erik non aveva quasi più fiato. Continuava a baciarla,sentendosi completamente sopraffatto da quell’esserino così piccolo e delicato.

Era come se lei gli avesse spalancato la porta di un mondo nuovo,come se lo avesse battezzato con il suo stesso corpo, assurgendolo al Cielo.

 

Erik avrebbe voluto cristallizzare il tempo in quegli istanti,sentire per sempre le  sue mani fra i capelli,sulla schiena,sul viso.

Avrebbe voluto chiedere clemenza al tempo inesorabile,che lo aveva derubato di giorni,mesi ed anni, lasciandolo languire nell’agonia della solitudine…avrebbe voluto reclamare in cambio solo quei pochi istanti,per poterli rivivere per sempre.

 

Il Fantasma dell’Opera,l’atroce ed ingegnoso assassino di Mazenderan, il mostro che aveva compiuto crimini inenarrabili nel proprio passato,era morto su un rogo di ricordi dolorosi,quella notte.

Entrambi erano bruciati,su quel rogo. 

E dalle loro ceneri era rinato un nuovo Erik, dentro quel cuore innocente e quell’anima pura che gli era stata donata direttamente da Dio.

 

 

Christine gli cosparse il viso di piccoli baci infantili,soffermandosi più a lungo dove le deformità della carne erano più evidenti. Lo accarezzò con dita delicate,sfiorandogli i capelli arruffati.

Come una farfalla,la sua bocca si posò leggera sulle labbra di lui,mentre le dita scivolavano sul collo e sulle braccia di lui.

“Non sai quanto a lungo ho sognato queste braccia che mi stringevano..

 

Erik sorrise impercettibilmente. “Non devi più sognarle.

 

Lei gli si raggomitolò contro,esausta e felice. Piccola e fragile,sembrava sepolta contro il petto di Erik,e ne ascoltava il battito del cuore. Scoprì che quel piccolo gesto era incredibilmente confortante.

Di lì a poco il sonno la vinse.

 

Erik la strinse un poco a sé,quasi cullandola.

Come tutti gli innamorati avrebbe voluto escludere il resto del mondo,perché nessuno era necessario a loro,se non loro stessi. Aveva ormai la certezza che Christine fosse la donna che il destino aveva tenuto in serbo per lui,e che tutto quello che aveva dovuto affrontare nella vita fosse finalizzato al loro incontro,alla loro unione.

 

Pensò che, nei disegni misteriosi della sorte,fosse stato sempre da sempre concepita,per lui,quella silenziosa notte stellata e primaverile, la fresca sensazione del prato erboso e quella magnifica giovane donna che dava finalmente una forma compiuta ai lunghi anni di attesa.

Christine era il fiore di una pianta rara che era sbocciata soltanto per lui.

 

Ricordò la creaturina spaurita che era arrivata all’Opera Populaire in un lontano pomeriggio di inverno.

La sorte gliela aveva affidata,e lui aveva fatto tutto quanto era in suo potere per darle una vita migliore.

Ora che ne aveva fatto una donna,poteva ancora garantirle una uguale serenità?

 

 

Erik rimase sveglio a lungo,sotto il mantello che li celava entrambi alla fredda brezza del primo mattino.

 

 

Ora dovresti essere soddisfatto.

 

Hai compiuto la tua vendetta. L’hai avuta,e non hai neppure dovuto studiare un modo artefatto per sedurla. Si è offerta spontaneamente a te. Che grande vittoria!

 

Il tuo don Juan è stato davvero trionfante.

 

Ora puoi lasciarla. L’hai rovinata per sempre,e quando dopo le nozze il Visconte saprà cosa è successo… la tua vendetta sarà completa.

 

 

 

Questi pensieri gli affollavano la mente.

E’vero,questo era stato il suo piano sin dall’inizio,sin da quando era partito da Parigi.

Voleva farla soffrire in maniera indicibile,voleva che pagasse per tutto quello che gli aveva fatto passare.

Ma ora.. si sentiva dilaniato.

 

Da una parte aveva tutta l’intenzione di compiere fino in fondo la sua vendetta. Troppo a lungo l’aveva attesa.

 

Dall’altra non poteva pensare di ferirla.

In fondo al suo cuore si era risvegliato tutto il sentimento che aveva annegato per mesi nell’odio e nel rancore. Lo aveva sopito..ma non era stato in grado di ucciderlo.

 

Si sentì ribollire il sangue al pensiero che fra pochi giorni lei avrebbe potuto essere la Viscontessa di Chagny, anziché sua moglie,la sua amante,la sua compagna.

 

Se quella notte la corda non si fosse spezzata

Non osava pensarci.

 

Oramai il dado era tratto. Voleva disperatamente,violentemente possederla.

Non gli bastava l’effimero piacere di una notte. Doveva essere sua per sempre.

 

No,non poteva continuare con il suo piano. Neppure per vendicarsi di quel babbeo.

 

L’amava troppo… e poi quel bastardo,che aveva osato alzare le mani sulla sua Christine,molto presto avrebbe avuto ciò che si meritava.

 

Sorrise crudelmente a quel pensiero,prima di sprofondare nel primo sonno senza incubi della sua vita.

 

 

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Capitolo 18
*** La luce di un giorno nuovo ***


CAPITOLO 17 : LA LUCE DI UN GIORNO NUOVO

CAPITOLO 17 : LA LUCE DI UN GIORNO NUOVO

 

È finita la notte.

Spegni la lampada fumante

nell'angolo della stanza.

Sul cielo d'oriente

è fiorita la luce dell'universo:

è un giorno lieto.

Sono destinati a conoscersi

tutti coloro che cammineranno

per strade simili.

 Ranbindranath Tagore

 

 

 

Christine era sveglia da molto tempo,ma non si era mossa.

Non voleva rischiare di rompere quell’incantesimo…temeva che tutto si rivelasse un ennesimo sogno soltanto.

 

Stava ripensando al bacio della sera precedente,al primo bacio dopo mesi di separazione.. il bacio che era stato preludio della loro perfetta unione.

Quando le loro labbra si erano incontrate,sfiorate,cercate affannosamente,le era sembrato che quello fosse l’attimo per cui era valsa la pena attendere tutti quei mesi.

Sorrise. Lo aveva pensato perché non si immaginava ancora cosa sarebbe accaduto dopo.

 

Anche Erik era sveglio.

E come Christine non osava muoversi per non spezzare quell’incantesimo.

Per fortuna la sera prima si erano rivestiti… sarebbe stato imbarazzante se qualche contadino li avesse scorti dalla strada principale,da cui non erano troppo lontani.

 

Come sembrava tutto diverso,alla luce del sole..

Socchiudendo gli occhi,guardò la ragazza.

Non smetteva mai di essere inebriato dalla sua dirompente bellezza.

Dal suo corpo sottile e flessuoso,dalla sua pelle dalle trasparenze delicate,dal suo volto rosato e dai lineamenti perfetti esaltati dalle piccole lentiggini che punteggiavano lievemente naso e gote,dai capelli che scendevano indomabili ed orgogliosi a larghe onde,accarezzandole il lungo collo e le spalle.

 

In lontananza si sentivano rumori di carri e cavalli che transitavano sulla strada.

Christine fece un piccolo sbadiglio,e si sollevò.

Erik aprì completamente gli occhi,ed i loro sguardi si incontrarono.

 

Aveva temuto quel momento per ore.

Christine avrebbe potuto scoppiare in pianto, terrorizzata nel vederlo accanto a sé. Avrebbe potuto avere una reazione terribile al pensiero di ciò che era accaduto quella notte.

Un conto è agire sotto l’influsso stregato della luna piena,della paura,della violenza appena subita dalla persona che dovrebbe amarti più di ogni altra..

Un conto è ripensare a tutto quanto a mente lucida, faccia a faccia con il mostro che ti ha cambiato la vita.

 

Christine gli baciò la punta del naso.

“Non ricordo da quante notti non dormivo così bene.

Sembrava tutto fuorché una donna atterrita e pentita.

Sarebbe quasi sembrata un angelo, baciata in quel modo dal sole del mattino,distesa fra l’erba punteggiata di fiori dai colori tenui…

 

…se non avesse recato sul viso e sul collo i segni inequivocabili della violenza di Raoul.

 

Il suo sguardo si fece involontariamente duro,e Christine rendendosene conto si portò istintivamente una mano alla gola.

Il bendaggio della notte precedente si era ovviamente sciolto.

Arrossì sotto lo sguardo irato di lui,e tentò di difendere,con foga forse eccessiva,il suo amico d’infanzia.

 

“Erik..ero sconvolta,e non ho avuto modo di spiegarti. Non è stato altro che uno stupido incidente..lui era ubriaco, voleva..baciarmi..ed io l’ho respinto,e sono scivolata battendo contro il camino…insomma non è successo nulla di grave..”

 

“Nulla di grave?”ruggì lui con disperazione,afferrandole il viso con le mani.

“Non ti rendi conto che se il colpo fosse stato un po’ più forte,un po’ più centrale…avresti potuto morire? Quell’idiota avrebbe potuto ucciderti!! E solo perché non si rende conto…” deglutì.

“Non si rende conto del tesoro che ha accanto,e pensa di trovare sollazzo in fondo a una bottiglia. Dio lo maledica per questo!” Le volse le spalle.

“E quello che è peggio,tu lo difendi. Quante donne subiscono in silenzio sorti anche peggiori della tua…immagino che la gioia di diventare Viscontessa valga anche qualche piccolo problemino ogni tanto.

 

La durezza del suo tonò esasperò Christine.

“Come puoi dirmi questo! Come puoi dopo questa notte! Credi davvero che potrei rimanere con lui ora?”

 

Erik trasalì. Aveva davvero intenzione di lasciare una vita agiata,alla luce del sole, rispettata e ammirata…per vivere insieme a lui?

 

Poteva fidarsi di lei…fidarsi per l’ennesima volta? In fondo in passato lo aveva tradito.

Si girò e la guardò negli occhi. Occhi dove non regnavano più sgomento e confusione,ma una nuova e serena consapevolezza. Lo amava davvero.

Non era comprensibile, non era in alcun modo spiegabile.. ma era vero.

 

Le si avvicinò piano,temendo che lei si ritraesse,anche solo per un arcaico impulso. Non lo fece.

Le sfiorò piano la fronte con le labbra,senza quasi osare baciarla.

Lei sospirò. Ora aveva due grandi problemi a cui pensare. Affrontare Meg…e lasciare Raoul.

 

“Devo tornare alla villa Erik. Devo almeno spiegarmi…non posso lasciarlo senza dirgli nulla. Impazzirebbe. E poi mi farebbe cercare dovunque…. Non avremmo mai pace. Devo almeno spiegargli perché lo lascio,e perché non potrò mai..amarlo come dovrebbe fare una moglie. Semplicemente perché amo già te.”

 

Quelle parole gli bruciarono nel cuore in una fiammata di gioia guizzante ed impalpabile,ma subito la fredda logica razionale ebbe il sopravvento.

 

“Come puoi pensare che ti lasci andare così,senza provare a trattenerti? Se tu mai avessi il coraggio di farmi un discorso del genere…”le strinse le mani,con rabbia furibonda.

“Non ti permetterei mai di parlarmi così! E soprattutto non ti lascerei mai scappare con un altro.

Si morse le labbra. “Non una seconda volta. Non posso lasciarti andare da lui.

 

Christine scoppiò a ridere,sentendosi stranamente leggera,quasi euforica. Il panico era scomparso.

“E’naturale che tu non ti comporteresti così…” gli carezzò la guancia,prima che lui si rimettesse la maschera. “Siete completamente diversi. Raoul è un caro ragazzo…ma tu sei un uomo. Il mio uomo.”

 

Come sembravano potenti e ammalianti quelle tre piccole parole sulle sue labbra… Il mio uomo.

 

Nessuno si era mai rivolto a lui definendolo uomo. Fantasma,mostro,assassino… uomo mai.

tantomeno era mai stato usato l’aggettivo mio…

Pensava che nessuno avrebbe mai rivendicato con orgoglio un diritto di possesso sulla sua persona..ed invece era appena accaduto.

 

Christine si staccò da lui e cominciò a ricomporsi. “Ora dobbiamo davvero tornare.

 

“Come faremo…dopo?”

 

“Non mi interessa” lo rassicurò lei. “Appena avrò parlato con Raoul e Meg salterò sul mio cavallo,e ce ne andremo …in qualunque posto tu vorrai. Sei tu la mia casa,non il paese o la città che abiteremo. Ma devi fidarti di me…devi permettermi di tornare.

 

Erik chinò il capo,rinunciando a lottare.

Era d’accordo con lei, almeno in linea teorica…ma aveva troppa paura di ciò che avrebbe potuto succedere. Aveva paura che il suo meraviglioso sogno si spezzasse.

 

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Capitolo 19
*** Il valore dell'amicizia ***


CAPITOLO 18: IL VALORE DELL’AMICIZIA

CAPITOLO 18:  IL VALORE DELL’AMICIZIA

 

 

Alla villa,Meg spalancò gli occhi di colpo.

Doveva essersi addormentata inavvertitamente,durante le lunghe ore strascorse alla finestra,di vedetta.

 

La porta della camera era aperta,e Christine era entrata come un tornado.

Lei,di solito così pacata e quieta…sembrava incredibilmente agitata,mentre si rivolgeva al valletto che l’aveva seguita,e lo scacciava con ampi cenni della mano.

“No Jean..in questo momento non ho intenzione di scendere a parlare con il Visconte. Ditegli che sto bene e che andrò a trovarlo più tardi nel suo studio. Ora ho ben altro da fare.”

Chiuse la porta in faccia all’attonito ragazzo,e vestita com’era si buttò esausta sul letto.

 

Meg era inorridita.

Christine aveva le vesti e le scarpe imbrattate di terriccio,fili d’erba nei capelli,una guancia sporca…eppure non era mai stata così radiosa.

La ragazza impallidì però,notando dei brutti lividi ed un taglio verso la sua nuca.

 

Non aveva dubbi su dove fosse stata,e con chi.

Ma non si aspettava che lui l’avesse trattata in un modo simile..e che lei nn avesse reagito,anzi ne sembrasse felice…doveva essere impazzita.

Si mise minacciosamente le mani sui fianchi,cercando di assumere un’aria severa,cosa impossibile dato il suo aspetto tenero e fanciullesco.

 

“Esigo una spiegazione Christine. Sei sparita per ore,sei stata fuori tutta la notte…come hai potuto?!?! Raoul era distrutto,io ero preoccupatissima…Che stai facendo!? Vuoi mandare a monte le tue nozze?”

 

Christine si sentiva a disagio davanti allo sguardo accusatorio di Meg.

Come poteva..spiegarle il suo sentimento?

Non poteva farlo,perché non esistevano parole che avrebbero potuto descrivere efficacemente quella strana magia che la legava ad Erik.

 

“E non provare a inventare scuse. So benissimo da chi sei andata…non ci vuole molto per capirlo! Cosa ti ha fatto…ti ha forse costretto a…” sbarrò gli occhi per l’orrore,di fronte a quel pensiero.

Sfiorò gentilmente,quasi timidamente, con una mano i lividi dell’amica.

 

Christine sbiancò, comprendendo l’errore di giudizio dell’amica.

“No Meg…non è stato lui. E’stato Raoul…è per questo che sono fuggita questa notte. Era ubriaco,ha tentato di approfittarsi di me…sono caduta,si è trattato di un incidente. Ma non è stato Erik. Anzi, lui mi ha medicata. Sarei in uno stato molto più pietoso,altrimenti.”

 

Meg indietreggiò confusa. Raoul?

Il dolce,paziente,educato Raoul..ubriaco?

 

“Lo so che ti sembra incredibile,ma devi credermi. In ogni caso Meg…non ci saranno alcune nozze. Almeno,”aggiunse con un mezzo sorriso,”non in questa casa. Fra poco scenderò a parlare con Raoul e gli dirò che ho intenzione di lasciarlo.”

 

“Christine…ci hai riflettuto? Ha sbagliato,questo è certo…ma è motivo sufficiente per rompere il vostro fidanzamento? Sono certa che sia pieno d rimorsi per ciò che ha fatto,che sia disposto a qualunque cosa per fare ammenda…non puoi semplicemente lasciarlo,così d’impulso!”

 

Christine sospirò esasperata.

La sua amica era più ottusa di quanto avesse immaginato.

“Meg,perché sei così ostinata? Non lo lascio perché abbiamo litigato o perché era ubriaco. Lo lascio perché non lo amo. E perché amo un altro uomo.”


Meg era pallida e preoccupata. A quel punto non aveva più argomenti.

 

Aveva scritto alla madre per averne consiglio,e ne aveva ricevuto invece una risposta sconcertante.

 

Madame Giry nella sua lettera la pregava di non impicciarsi negli affari dell’amica,e di non difendere la sua relazione con Raoul. Le aveva spiegato che quel matrimonio non sarebbe stato un bene per Christine.

 

Non si era aspettata una risposta simile da parte di sua madre.

Dopo tutto quella notte aveva fatto di tutto per aiutare il Visconte…o forse no?

Quel pensiero non l’aveva mai sfiorata prima. Ma alla luce di questo suo voltafaccia…

 

Sua madre conosceva bene i trabocchetti e i passaggi segreti del regno del fantasma,ma non aveva accompagnato il Visconte che fino ad un certo punto del percorso.

Perché non lo aveva condotto perlomeno fino al lago?

Voleva forse che si perdesse…che non arrivasse a tempo per fermare la passione furiosa di quel mostro?

Di quell’assassino spietato che Christine ora con tanta semplicità definiva uomo?

 

La sua rabbia esplose di colpo.

“Perché hai accettato di sposarlo allora? Perché per mesi hai finto di amarlo? Sei davvero un’attrice nata Christine…non avevi ingannato lui soltanto,ma tutti noi!”

Era risentita per quel tradimento della loro amicizia.

Per mesi Christine non aveva neppure nominato quell’essere,ed era così sicura che lo avesse escluso dal suo cuore, bandito dai suoi pensieri…nemmeno per un attimo aveva immaginato quanta passione ardesse ancora sotto la cenere della rassegnazione.

 

Christine lasciò ricadere le braccia in un gesto rassegnato e sconsolato.

“Non avevo intenzione di far soffrire nessuno,almeno su questo credimi. Pensavo che.. lui non mi volesse più. Sapevo che non avrei mai amato nello stesso modo nessun altro. Perché allora non sposare Raoul? Mi ama,ed io nutro per lui un grandissimo affetto. Sarebbe stato un buon marito e padre,un compagno gentile e premuroso.” Chiuse gli occhi.

“Non lo avrei mai tradito..con nessun altro. Ma ora Erik è ritornato,e ha dimostrato di volermi ancora con sé,nonostante il passato,nonostante tutto. Che altro avrei dovuto fare? Sacrificare ogni possibile felicità sull’altare di un matrimonio già deciso?”

 

Si accorse di aver iniziato a piangere,come una bambina. Come aveva sempre fatto.

Pensava che la notte appena trascorsa l’avesse resa più donna…ma davanti ai problemi che la sua nuova vita avrebbe creato,si sentiva ancora troppo fragile ed impotente.


Quando nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo può superare molte sofferenze.

                                                                                                       William Shakespeare

 

Meg d’impeto la abbracciò stretta. La cullò piano,fino a calmarla.

Poi si staccò da lei e le sorrise,cercando di rassicurarla con un sorriso fiducioso.

“ Non mi importa di quello che dirà Raoul. Sarò al tuo fianco Christine,anche se non sarà facile. Anche mamma vi darà tutto il suo appoggio. Non ti abbandonerò proprio ora. Sei un’amica,una sorella.”

 

Christine le sorrise debolmente. Sì,si sentiva meglio ora. Più forte.

Si sarebbe ripulita,avrebbe fatto una nuova medicazione e poi sarebbe scesa a parlare con Raoul.

 

Circa due ore dopo Christine bussò piano alla porta dello studio.

Non ebbe risposta.

Aprì piano la porta. Lo studio era deserto. 

Ma sulla scrivania c’era una busta. 

 

 

A Christine.

 

La ragazza prese perplessa la busta fra le mani,e lentamente l’aprì.

 

Mia adorata,

non riesco quasi a credere che tu sia ritornata da me. Non lo merito.E capisco che tu non abbia voglia di parlarmi.

Non dopo quello che ti ho fatto, da quella bestia che mi sono rivelato.

Spero tu mi crederai,non avevo intenzione di farti del male.. non sono riuscito semplicemente a dominare con sufficiente efficacia tutto il desiderio che provo per te. E che avevo sempre represso,da sobrio.

 

Ho deciso di assentarmi per qualche giorno,per darti modo di stare un po’sola. E cercare di perdonarmi.

Spero che tu ci riesca Christine,perché non sopporterei di guardarti negli occhi e leggervi disprezzo.

Ti amo,e non te ne farò una colpa,se tu non riuscirai a perdonarmi. Sarà soltanto colpa mia,se ti avrò perso.

A presto amore mio.

Raoul

 

Christine impallidì.

La resa dei conti era stata momentaneamente rimandata.

 

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Capitolo 20
*** La lunga attesa ***


CAPITOLO 19: LA LUNGA ATTESA

CAPITOLO 19: LA LUNGA ATTESA

 

 

Dio ha donato lo spirito di ali, perchè volassimo nel firmamento immenso di amore e libertà. Quanto è meschino mozzare le ali con le proprie mani e lasciare che lo spirito strisci come un verme sulla terra.

Kahlil Gibran

 

 

Non fu facile spiegarlo ad Erik.

Impaziente, lui avrebbe voluto affrettare i tempi,partire subito.


Quel bastardo riesce a metterci i bastoni fra le ruote anche involontariamente!! Pensò con rabbia.

 

Christine aveva dovuto sfoggiare tutta la diplomazia di cui era capace,per convincerlo a calmarsi e a rimanere.

Aveva sollevato su di lui occhi supplichevoli ,imploranti.

Capisci Erik non posso! Non posso soltanto scomparire,te l’ho già spiegato!! Rimarrò qui fino al suo ritorno.. ti prometto che gli parlerò subito. Senza indugi. Quella sera stessa ce ne andremo.”

 

Non ebbe risposta,solo un silenzio rabbioso.

 

Si erano incontrati nella stessa macchia di bosco della notte precedente.

Christine sospirò,ed appoggiò la testa sul petto di Erik, ascoltandone il battito irregolare. Era arrabbiato,e teso.

Cercò di blandirlo.

 

“E nel frattempo..gli sorrise maliziosa.

“Verrai ogni notte alla villa. E passeremo almeno qualche ora insieme. Non è molto,ma dopo mesi di separazione non posso pensare di non vederti più nemmeno per due settimane.”

 

Erik si irrigidì.

“Sei impazzita? Ho tenuto d’occhio la villa per giorni,prima di avvicinarti. Ci sono dozzine di servitori che vanno e vengono ad ogni ora del giorno. Come..”

 

Lei gli serrò la bocca con un bacio.

“Certo sarebbe difficile se io rimanessi a dormire nella stanza al piano superiore,con Meg..ma vedi,oggi pomeriggio abbiamo messo in scena una bella litigata davanti a più di metà della servitù.”ammiccò divertita al racconto di quell’innocente astuzia femminile.

“Immagino che non abbia insospettito nessuno il fatto che, furibonda,abbia chiesto di farmi preparare una delle camere degli ospiti,per stanotte…precisamente quella sul retro. La quale,per combinazione, dà sulla terrazza… insomma,non ti dovrebbe essere difficile scivolare attraverso la finestra alla sera ed uscire alla mattina.. Famigerato Fantasma!”

 

Risero entrambi di gusto alla facezia,ed Erik smise di essere arrabbiato.

Qualunque guaio combinasse,quella piccola peste riusciva a farsi perdonare!

 

 

E così fecero.

Ogni notte,con la protezione dell’oscurità, Erik si introduceva furtivo nella villa,e seppelliva la propria angoscia fra le braccia di Christine,fino al mattino.

All’alba la prudente Meg,dal sonno leggero, bussava di nascosto alla loro porta,per avvertirli.

Immediatamente Erik scivolava fuori dalla casa,il cuore pieno di rimpianto,mormorando silenziose preghiere affinché la nuova notte calasse il più presto possibile.

Non viveva che per quelle poche ore.

 

Arrivavano sporadiche,brevi missive da parte di Raoul.

Erano già passate due settimane,ed il ragazzo non accennava ancora ad un ritorno.

 

Erik era a dir poco furibondo.

Ogni giorno spiava la villa, nascosto nell’ombra come solo lui era in grado di fare.

Ogni giorno la servitù si affaccendava per la villa, preparando ogni salone, ogni terrazza,ogni remoto angolo dell’ampio parco in previsione del giorno delle nozze.

Giungevano numerose carrozze,ognuna con il suo stemma blasonato,a consegnare pacchi e pacchetti, i regali di nozze per la coppia di novelli sposi. 

 

Tutto questo gli dava una sensazione di nausea,di capogiro…soprattutto vedere come Christine sembrasse completamente indifferente a tutto questo trambusto, come si comportasse in modo assolutamente naturale. Era davvero straordinaria nel recitare,bisognava riconoscerglielo..ma il dubbio che non si trattasse di finzione lo aveva sfiorato più di una volta.

 

Se alla fine Christine ci avesse ripensato?

Nessuno a parte Meg era stato messo al corrente del suo ritorno…di quanto era accaduto fra loro.

Se dopo tutto… avesse cambiato di nuovo idea?

Quella era un’idea che non gli dava requie.

 

Certo,in quel caso avrebbe avuto la sua vendetta.

Ma a quel punto,che importanza avrebbe potuto avere?

 

La vendetta,potente pulsione che lo aveva fatto sentire vivo per lunghissimi anni di fredda solitudine, gli sembrava ora soltanto uno stupido artificio,non un sentimento capace di infiammare le vene,il cuore.

Questo perché un nuovo sentimento fluiva liberamente in lui,ora.

Qualcosa che non aveva mai assaporato,e da cui ora sapeva di dipendere come un neonato inerme.

 

 

 Senza di te che cosa sarei stato?

Senza di te che cosa non sarei?

Destinato a paure e smarrimenti,

solo mi sentirei nel vasto mondo.

Non amerei più nulla con certezza,

sarebbe un cupo baratro il futuro;

se nel profondo il cuore si turbasse,

a chi potrei svelare la mia pena?

Solo, da amore e nostalgia consunto,

non dissimile il giorno dalla notte

mi sembrerebbe; e seguirei con caldo

pianto il corso selvaggio della vita.

Troverei nel tumulto inquietudine,

dentro la casa angoscia disperata.

Chi reggerà senza un amico in cielo,

chi reggere potrà qui sulla terra?

                                                    Novalis

 

 

Una notte,mentre riposavano esausti,allacciati strettamente l’uno all’altra, aveva trovato il coraggio di raccontarle del suo piccolo trucchetto nel confessionale!

Quanto si era arrabbiata Christine!

Lo aveva pizzicato, morsicato, schiaffeggiato..per gioco certo,con una certa furia infantile che lo aveva deliziato.

 

Gli  piaceva quell’atmosfera intima e giocosa che oramai aleggiava fra loro, quel tipo di quieta armonia che solo gli innamorati amano e comprendono fino in fondo.

Quella sensazione lo faceva sentire uomo, non più solo e disperato,ma amato e protetto.

Non lo avrebbe mi creduto possibile.

 

Il problema è che un tale squisito incantesimo non poteva durare per sempre.

In ogni fiaba arrivava il momento in cui la magia si spezzava, in cui il protagonista doveva pagare il fio per la felicità assaporata… ed Erik temeva l’arrivo di quel momento con tutto stesso, benché cercasse di negarlo.

 

 

 

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Capitolo 21
*** Incubi inquieti ***


CAPITOLO 20: INCUBI INQUIETI

CAPITOLO 20: INCUBI INQUIETI

 

 

Mai le nostre anime sono così distanti come quando i nostri corpi sono vicini.

anonimo

 

 

Una notte, mentre Christine giaceva addormentata nel suo abbraccio,non riuscì a smettere di pensare a come era cambiata la sua vita nel volgere di pochi giorni. Non aveva mai conosciuto il calore di un corpo umano, l’estremo conforto di una lacrima o di un abbraccio, la dolcezza indimenticabile di un bacio.

Quelle sensazioni si erano ora impresse dentro di lui come un marchio di dannazione.

Dannazione,sì.. perché se ne avesse dovuto fare a meno,sarebbe morto.

 

Meno di un anno fa ero rassegnato a passare il resto della mia vita fra le pareti dell’Opera,nei suoi sotterranei.

Pensavo di vivere il resto della mia vita in solitudine,senza pensare ad alcuna donna,non dopo che Christine mi aveva lasciato. Fissò intento il visetto profondamente addormentato della donna che stringeva contro di sé. Ora so che mi si spezzerebbe il cuore se dovessi allontanarmi da lei.

 

Come risvegliata dal suo sguardo fisso,Christine aprì gli occhi,splendidi e brillanti anche nella semioscurità.

 

 

….aveva negli occhi la forza del suo cuore.. 

                                                                                Charles Baudelaire

 

 

Si aggrappò al suo braccio come una bambina che si stringe al proprio orsacchiotto,un sorriso soddisfatto che le attraversava il volto,dandole un’aria birichina. Si erano amati a lungo quella sera,prima con tenerezza e poi quasi con rabbia, come se entrambi fossero stati posseduti da una furia,una paura di distacco, apparentemente immotivata…oppure no?

 

Christine non era del tutto tranquilla.

Raoul non era ancora ritornato,e lei non aveva idea del perché. Ogni giorno che passava si sentiva sempre più oppressa dal peso del matrimonio che incombeva su di lei,ormai prossimo ed implacabile come una spada di Damocle. Raoul aveva forse intenzione di tornare esattamente il giorno delle nozze? Un piccolo ricatto morale per essere certo di ottenere il suo perdono e la sua mano?

 

Non voleva che le sue preoccupazioni fossero eccessivamente visibili. Erik mostrava segni di insofferenza,negli ultimi giorni, e lei non voleva aggravare le sue preoccupazioni. Perciò tentava di mostrarsi il più possibile gaia e spensierata.

In realtà l’unico momento in cui non sentiva il cuore stretto in una morsa d’acciaio era proprio la notte,quando poteva seppellire ogni affanno contro la pelle bruciante di lui,contro le sue labbra che la cercavano e sembravano volerla divorare.

 

Disegnò pigramente il profilo di lui con un dito,sospirando.

“Cosa c’è?”le chiese lui. “Ti ho svegliato io?”

 

Mhhhh…”rispose lei. “Stavo facendo un sogno strano.”

 

“Raccontamelo..” la incoraggiò. Lei represse un risolino divertito.

 

“certo che no! Non ti vergogni? Non si chiedono certe cose ad una signora!” gli sferrò giocosamente una pacca sul petto. Lui rise e voltandola di scatto le imprigionò le braccia al di sopra della testa, stringendole i polsi con una mano senza però farle male.

 

“Adesso sei in mio potere Christine…” scherzò lui con un sorriso ironico. “ti conviene iniziare ad implorare pietà..” Gli occhi di lei erano così sereni e gai da infliggergli quasi un dolore fisico,un sordo tuffo al cuore.

 

“Non ho paura di te,bruto…”gli fece una linguaccia.

 

“Ah no? Se le cose stanno così…”senza preavviso iniziò a farle il solletico. Non lo aveva mai fatto a nessuno in vita sua,e la cosa lo divertì immensamente. Christine iniziò a scalciare come un’ossessa e a ridere forte. Dovette lasciarla andare,e con un’aria fintamente scandalizzata le disse: “Mia cara…di questo passo sveglierai non solo tutta la casa,ma tutto il vicinato..” Sorrise malizioso. “Fra queste rumorose risate..e gli strilli di qualche ora fa…”la canzonò abbassando il tono di voce.

 

“Smettila!”  La ragazza era arrossita di colpo,dietro quella veritiera accusa. “Non ti permetto di parlarmi così!!!” Altra linguaccia.

 

“Forse non posso farlo ora.. ma un giorno..”

 

“Quale giorno??” gli fece il verso lei.” Non ti sarà mai permesso!”

 

“..quando saremo sposati..”

 

Piombò il silenzio fra di loro. L’incanto giocoso si era spezzato.

Non erano due bambini che giocavano e si prendevano in giro,ma due adulti che ancora non avevano pianificato la loro vita.

 

Erik si alzò bruscamente dal letto.

Come aveva potuto tradurre in parole il suo pensiero?

Si sentiva un perfetto imbecille. Erano giorni che aspettava il momento giusto per affrontare l’argomento con Christine..ma si era reso dolorosamente conto che non ci sarebbe mai stato un momento ideale.

Quel discorso avrebbe portato immediatamente a dei litigi, a delle incomprensioni.

 

Iniziò a rivestirsi con furia,strappandosi anche inavvertitamente un bottone della camicia.

Christine accese il lume, trovò il bottone sul pavimento,ed estraendo un astuccio da cucito dal suo secretaire gli si avvicinò.

 

Lui si ritrasse.

“Cosa diavolo hai intenzione di fare?”

 

Lei lo guardò con un’espressione stranita. Non era forse ovvio??

“Voglio,..soltanto riattaccare quel bottone. Non mi sembra che sia una cosa…”

 

Lui diede un fragoroso pugno alla parete.

“Quindi le cose stanno così! Sei disposta a ricucire i miei vestiti,a venire a letto con me…” il tono si fece esageratamente crudele,”ma di sposarmi non se ne parla!!! Beh certamente,…le prime due cose immagino che si possano anche fare per sola compassione…ma la terza andrebbe fatta per amore,non è vero Christine?” le girava intorno come un ossesso. “Già..ma tu che ne sai,poi?  Stavi per sposarti già una volta senza amore…immagino che tu non intenda correre due volte lo stesso rischio!!” Le ringhiò quasi in faccia. Lo sguardo compassionevole ed allo stesso tempo implorante di lei lo fece infuriare ancora di più. Tacque, il petto in tumulto per lo sfogo.

 

Christine teneva gli occhi bassi,ora. Non trovava le parole per spiegargli ciò che provava.

Quando lui aveva pronunciato quelle parole… quando saremo sposati.. si era sentita morire,ma di felicità.

 

Il pensiero che lui la desiderasse accanto a sé per il resto della vita era più di quanto potesse sopportare.

Per un secondo avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, ricoprirlo di baci,dire sìsìsìsìsìsìsì….

 

Ma non aveva potuto. Un senso di gelo l’aveva pervasa al pensiero di non essere all’altezza della situazione. Troppe volte nella sua vita si era trovata a fare marcia indietro davanti alle difficoltà.

 

La notte in cui lo aveva “sposato” sotto la volta stellata aveva agito quasi come in trance,spinta dall’impulso momentaneo,dal bisogno di protezione, dalla suggestiva magia della luna piena che faceva sembrare la loro storia una fiaba. Ma ora? Come poteva fra comprendere queste sue paure ad Erik?

Ormai lui si era convinto che lei lo rifiutasse per ben altri motivi.

 

“Certo,povera bambina. Pensare di legare la propria anima a quella di un rospo ripugnante come me,che cosa terribile. Non ti si può dar torto. Posso dirti una cosa soltanto,Christine. Va’ all’Inferno!”

Detto questo uscì precipitosamente dalla finestra,senza neppure aver finito del tutto di rivestirsi,la giacca buttata con noncuranza su un braccio.

 

Christine rimase interdetta.

Non aveva saputo trattenerlo…e ora lo aveva perso un’altra volta.

 

Si coricò,nel letto che ora le sembrava così incredibilmente grande,vuoto e freddo…

Dormì un sonno agitato e popolato di incubi.

 

And it's gonna be a long night
And it's gonna be cold without your arms
And I`m gonna get stage fright caught
in the headlights
It's gonna be a long night
And I know I'm gonna lose this fight

                                                                    The Corrs,Long night

 

 

 

Al suo risveglio, sperò di aver soltanto sognato…ma sul ripiano del suo secretaire,ecco il bottone sfuggito alla camicia di Erik. Non era stato un sogno,ma un incubo reale.

 

 

 

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Capitolo 22
*** Deus ex machina ***


CAPITOLO 21: DEUS EX MACHINA

CAPITOLO 21: DEUS EX MACHINA

 

 

Et voilà qu'elle aime et voilà qu'elle danse
Elle me dit je l'aime elle sort de l'enfance
Et moi qui suis là qui regarde et qui voit
Je donnerai tout de même ma vie
Pour cette enfant qui grandit

Et voilà qu'elle aime et voilà qu'elle ose
Que son cœur explose et voilà qu'elle aime
Et vous qui savez que l'amour peut tuer
Donnez-moi la force, le courage
De la conduire jusqu'au mariage
Et voilà qu'elle aime
Et voilà qu'elle danse
Et voilà qu'elle aime

                                                                                            Et voilà qu’elle aime, Romeo et Juliette

 

 

 

Madame Giry sedeva inquieta nella carrozza del Visconte de Chagny, giocherellando con i guanti e la borsa,e sentendosi davvero a disagio per la prima volta da anni.Non era sicura di aver preso una saggia decisione, questa volta.

 

 

Il ragazzo era stato al teatro,solo poche ore prima, e con le lacrime agli occhi le aveva raccontato cosa era accaduto fra lui e Christine,della sua fuga precipitosa,dell’imminenza del loro matrimonio e della paura di aver ormai irrimediabilmente incrinato il rapporto con quello che considerava il vero amore della sua vita.

 

Ovviamente lui non sapeva nulla del regolare carteggio fra Madame e sua figlia Meg,che l’aveva tenuta al corrente di ogni cosa. Finse sorpresa,sgomento,rimprovero. Recitò perfettamente la parte della donna scandalizzata.

Ma non fu capace di sottrarsi efficacemente all’accorata supplica del ragazzo,che le suscitava davvero una pena infinita.

 

“Madame Giry” aveva esordito,guardandola con occhi a dir poco imploranti,”per me sarebbe importantissima la vostra presenza alla mia tenuta. Mancano pochi giorni alle nozze,alle quali in ogni caso avreste partecipato.. ho già parlato con gli impresari,e la vostra temporanea assenza non nuocerà alla preparazione dell’ultimo spettacolo. Inoltre,potreste riabbracciare vostra figlia,è molto che non la vedete… Vi prego! Solo voi potete far ragionare Christine,in caso voglia andarsene! Siete come una madre per lei,una guida. Vi ascolterà. Ve ne prego,accettate!”

 

Spinta dalla compassione,aveva accettato.

Ma ora se ne pentiva.

Durante il viaggio guardava di sottecchi il giovane Visconte,trepidante ed insicuro, che si torceva nervosamente le mani, incapace di celare la propria ansia.

 

Mentre Madame Giry fingeva educatamente di non notarlo,l’altro occupante della carrozza,il duca di Sigognac, gli lanciava eloquenti sguardi di profondo ed indissimulato disprezzo.

Dovendo essere il testimone di Raoul alle nozze,il duca a quanto pareva aveva insistito per passare qualche giorno con lui alla tenuta.. per godere delle tue ultime ore da uomo libero, aveva aggiunto con una grassa risata e una pacca sulle spalle.

 

 

Madame era rimasta senza parole davanti a quell’uomo.

La donna si era sempre vantata di poter percepire l’indole delle persone a pelle,con una semplice occhiata.

Quello che aveva provato alla vista di quell’uomo l’aveva sconcertata.

Quell’individuo le aveva dato i brividi sin dal primo istante,nonostante il comportamento che aveva avuto nei suoi riguardi fosse stato assolutamente ineccepibile… eppure,del tutto irrazionalmente forse, quell’uomo decisamente non le piaceva.

 

Forse stava perdendo il suo precedentemente infallibile fiuto…dopo tutto quell’uomo era amico di Raoul de Chagny,il ragazzo più buono che avesse mai conosciuto. Il visconte non si sarebbe certo circondato di cattive compagnie..non consapevolmente, per lo meno.

 

 

Non è solo l'uomo più buono che io conosco...purtroppo è anche il più debole,rimuginò fra sé e sé.

Quel ragazzino non aveva proprio capito nulla della vita.

 

Non aveva capito quale strana attrazione insopprimibile esistesse fra Christine ed Erik.

Finchè uno dei due avesse avuto fiato in gola e spirito in corpo, avrebbe cercato ovunque l’altro,con tutto sé stesso.

Nulla aveva potuto separarli,neppure un anno di lontananza, neppure la tragedia avvenuta nei sotterranei.

E sicuramente non ci sarebbe riuscito quel teatrino di finte nozze,concluse con amarezza.

 

 

Alla villa,Christine udì il rumore della carrozza che entrava nel vialone principale del parco.

 

Era seduta da ore alla finestra, spiando il tramonto dissolversi nelle tenebre, sperando con tutta stessa di vedere la familiare sagoma oscura scivolare furtiva fra le piante secolari,strisciare sul tappeto erboso ed entrare sorridente dalla finestra…stringerla forte e dirle che era stato tutto un equivoco,che lui l’amava…ne avrebbero riso,scherzato,e lei avrebbe avuto il coraggio di spiegargli il comportamento della notte passata.

 

Ma Erik non era venuto.

Lei sapeva bene quanto poteva essere lungo e frustrante il suo rancore.

Un tempo,quando lei credeva ancora innocentemente che fosse il suo Angelo della Musica, non le era apparso, neppure come voce,per più di un mese,solo perché lei aveva mostrato indolenza durante una lezione di canto.

 

Non può abbandonarmi proprio ora….pensò con un brivido. Non può. Lo sa quanto ho bisogno di lui! Deve tornare!

 

 

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Capitolo 23
*** L'intollerabile abbandono ***


CAPITOLO 22: L’INTOLLERABILE ABBANDONO

CAPITOLO 22: L’INTOLLERABILE ABBANDONO

 

 

La carrozza si era già fermata da tempo all’ingresso della villa.

Christine ne aveva sentito sbattere le porte,aveva udito lo scalpiccio dei servi che accorrevano a presentarsi per salutare il padrone. Sospirò. Non sarebbe scesa,non subito almeno.

Doveva calmarsi,recuperare le idee,preparare un discorso coerente ed efficace che…

 

Christine!!”

 

La porta della sua camera si spalancò,e Meg entrò,entusiasta e sorridente!! “Christine!”

La ragazza le scoccò uno sguardo interrogativo. Tutto questo entusiasmo per il ritorno di…

“C’è la mamma!!

 

Dietro a Meg comparve la figura alta e sottile di Madame.

La donna non disse una sola parola, del resto non ne aveva bisogno. Fece solo un eloquente e dolcissimo sorriso, aprendo le braccia. Christine vi si tuffò letteralmente, assetata di conforto e consiglio. La donna le diede qualche amichevole e leggera pacca sulla schiena.

 

Christine aprì la bocca per parlare,ma Madame la zittì immediatamente.

Shhh” le sibilò all’orecchio. “Non dire nulla..Il Visconte  sta arrivando,era solo pochi passi dietro a noi. Dovete parlare. Fatti coraggio bambina mia.

 

La sciolse dall’abbraccio,e in quel preciso istante Raoul comparve sulla soglia,un mazzo di fiori in mano e un’espressione impacciata e colpevole sul viso.

Madame trascinò via sua figlia,curiosa e recalcitrante,e li lasciò soli.

 

“Ci pensi, dolce Lottie?” esordì Raoul con un sorriso.

“Sono settimane che non ci vediamo.. mi sei mancata terribilmente.”

Posò il mazzo di fiori sul secretaire, e le prese teneramente le mani. Gliele baciò piano,con rispetto e premura. Era un gesto che faceva spesso, da quando si erano ritrovati.

 

Christine socchiuse gli occhi,mentre un fiume di ricordi le invadeva la mente.

Raoul bambino,quando entrambi giocavano spensierati e danzavano come folletti al suono del violino di suo padre.

Raoul appena ragazzo, al funerale di suo padre, quando lei aveva dovuto partire per Parigi,che agitava una mano in segno di saluto,con il viso sofferente per il distacco.

Raoul già uomo,che le chiedeva di sposarlo sotto la Lira di Apollo,sulla terrazza dell’Opera Populaire.

E il nomignolo con cui la chiamava,..dolce Lottie… lo aveva usato anche la sera in cui si erano ritrovati.

 

D’istinto quel pensiero la strappò da quei dolci ricordi.

Quella stessa sera in cui aveva ritrovato il suo amico d’infanzia,aveva anche scoperto che il suo Angelo della Musica era un uomo.

Un uomo che l’amava oltre ogni umana ragione,e che in quel momento non sapeva ancora di amare anche lei.

 

Liberò le proprie mani da quella stretta gentile,e cercò di assumere un tono convincente e pacato.

Il ragazzo,nell’impeto di farsi perdonare,non aveva neppure notato l’anello che un tempo le aveva regalato, l’anello che lei aveva regalato ad Erik…e che ora indossava di nuovo.

Se lo avesse notato, non ci sarebbe stato bisogno di parole.

Ma gli uomini,più o meno coscientemente,sono spesso ciechi e ottusi.

 

“Raoul..hai ragione,è molto che non ci vediamo. Ed è proprio per questo che ho un assoluto bisogno di parlarti. Il giorno delle nozze si avvicina,e..”

 

Il sorriso dilagò sul volto del Visconte.

“Oh Christine,sono così sollevato!! Intendi dire che mi hai perdonato,che mi sposerai! Quasi non mi sembra vero…” Fece un passo verso di lei,a braccia tese per stringerla a sé,ma Christine arretrò intimidita.

 

“Raoul,ti prego,lasciami finire….non posso sposarti! Non posso! E questo non ha nulla a che fare con il nostro litigio…. Il suo tono era quasi vergognoso,ora.

 

L’espressione del ragazzo si fece dapprima sbigottita ed incredula,poi incredibilmente seria.

Sicuramente Christine,se lo aveva perdonato per quell’abominevole comportamento, ora aveva questa crisi per il timore pudibondo e comune che attanaglia tutte le giovani spose.

Christine…capisco che tu sia nervosa. E?naturale. Ma credimi, sarà il giorno più bello della nostra vita.

 

“Raoul…non ti amo. Non ti ho mai davvero amato. Fece una pausa,addolorata dal dovergli svelare un simile peccato. “Me ne sono accorta tardi,è vero,e per questo dovrei essere io a chiederti scusa. Ma purtroppo non posso far tornare indietro le lancette dell’orologio del tempo… e non posso neppure proseguire in questa finzione. Farò le valigie questa sera stessa,se preferisci. Capirò,se non vorrai più vedermi,e…”

 

Raoul non disse nulla. Mille pensieri gli frullavano nella testa.

Abbracciò Christine,e le posò un piccolo,dolcissimo bacio sulla fronte.

 

Nessuno dei due si accorse della figura ammantata di nero che li spiava,dall’esterno.

 

Una figura che aveva ricacciato indietro l’orgoglio per la prima volta nella sua vita,e aveva deciso di perdonare l’affronto subito la notte precedente.

Una figura che si era aspettata di trovare Christine sola,e non nell’abbraccio tenero e affettuoso del suo futuro marito.

Una figura che ingoiando l’amarezza e il dolore soffocante al petto,scivolò di nuovo via,furtiva nelle ombre della notte ormai prossima.

 

Erik fece male ad andarsene così.

Se fosse rimasto solo qualche secondo in più,le cose avrebbero preso una piega completamente diversa…ma nessuno conosce davvero il proprio destino finchè non lo ha vissuto fino in fondo.

 

Raoul sospirò,staccandosi dalla fidanzata.

Le carezzò ancora una volta,dolcemente,la guancia.

Poi le diede una spinta,forte abbastanza da farla ricadere sul letto.

 

Christine,colta alla sprovvista,non riuscì a mantenere l’equilibrio,e Raoul fulmineo come un serpente ne approfittò per sgusciare fuori dalla stanza e chiudere la porta a chiave.

Invano Christine si accanì con i propri piccoli pugni sul legno massiccio.

Non sarebbe mai riuscita ad abbatterla.

 

La voce di Raoul le arrivava tremula ed indistinta dal corridoio.

“Perdonami Christine. Non posso lasciare che una tua crisi di nervi rovini il nostro futuro. Avrai tutta la notte per riflettere,e e vedrai che domattina tutto ti sembrerà diverso. Non volermene,amore mio. Lo faccio per il nostro bene.”

 

Christine si accasciò a terra. Non aveva più forze in corpo.

Chi l’avrebbe salvata,ora che il suo Angelo se ne era andato per sempre?? Non riuscì a trattenere le lacrime.

 

Madame Giry non aveva perso il maledetto vizio di nascondersi nei recessi dei corridoi.

Così,senza che Raoul se ne avvedesse,aveva assistito all’intera scena.

 

La sua mente correva veloce. Non poteva semplicemente aprire la porta e far uscire Christine,sarebbe incorsa soltanto nelle ire del Visconte. Doveva studiare un piano alternativo.

Di lì a poco avrebbero cenato,e poi certamente il Visconte ed il Duca si sarebbero chiusi nella biblioteca, a bere e discorrere fra uomini,come era uso nella loro cerchia.

 

A quel punto adducendo come scusa la stanchezza del viaggio avrebbe finto di ritirarsi..e avrebbe raggiunto Erik alla locanda.

Quell’idiota avrebbe dovuto darsi una mossa,se non avesse voluto perdere Christine per sempre.

 

 

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Capitolo 24
*** Tradimento e rassegnazione ***


CAPITOLO 23: TRADIMENTO E RASSEGNAZIONE

CAPITOLO 23: TRADIMENTO E RASSEGNAZIONE

 

 

Quando noi ci lasciammo

In silenzio e in lacrime,

Spezzato a mezzo il cuore

Nel doverci dividere per anni,

La tua guancia divenne fredda e pallida

E più freddo il tuo bacio;

Quell'ora veramente fu presagio

Del dolore di questa.

La rugiada dell'alba

Scese gelida sopra la mia fronte:

Io sentii come il monito

Di ciò che sento ora.

Son spezzati i tuoi voti,

Hai fama di volubile:

Sento dire il tuo nome

E ne divido l'onta.

Chi innanzi a me ti nomina

Suona a morto al mio orecchio;

Un brivido mi scuote:

Perché eri tanto cara?

Essi non sanno che ti ho conosciuta,

Che ti ho conosciuta troppo bene:

A lungo a lungo avrò di te un rimpianto

Troppo profondo a dirsi.

C'incontrammo in segreto: in silenzio

Mi dolgo che il tuo cuore

Possa avermi scordato,

Tradito la tua anima.

Se dovessi incontrarti

Dopo lunghi anni,

Come salutarti?

Con silenzio e con lacrime

                                              George  Byron , Quando noi ci lasciammo

 

 

Erik sedeva in camera sua,gli occhi fissi a terra,le mani serrate a pugno e l’espressione vuota.

 

Negli ultimi giorni aveva vissuto una felicità inimmaginabile..ed ora ne stava pagando il prezzo. Il prezzo della separazione,il prezzo dell’assenza di qualcosa che in passato non aveva mai conosciuto davvero. Il senso di vuoto di un cuore che ama appassionatamente,disperatamente,e che ha la certezza agghiacciante di non essere riamato.

Sentì bussare alla porta. Non rispose neppure. Qualche visitatore che aveva sbagliato porta,senza dubbio.


Di nuovo risuonarono tre colpi secchi.

 

“Andatevene!”gridò esasperato. “Qui non c’è nessuno!”

 

Erik apri immediatamente questa porta. Non sono abituata a fare anticamera.”

 

Attraverso la nebbia che gli avvolgeva la mente,Erik credette di avere un’allucinazione. Gli era parso di udire la voce severa di Madame Giry. Un altro colpo alla porta,probabilmente sferrato con la canna d’ebano da cui Madame non si separava mai.

 

“Apri immediatamente,accidenti a te! Sai che non sarei qui se non ce ne fosse un serio motivo!!

 

Erik si decise a trascinarsi fino all’uscio. A fatica girò il chiavistello e socchiuse la porta.

 

No,non l’aveva immaginata. Avvolta in un mantello blu scuro,celata sotto un ampio cappuccio,ecco Madame. Il volto era teso e pallido,quasi affannato. Lo squadrò con un misto di sorpresa e pietà. Sicuramente il suo aspetto doveva essere più orribile del consueto.

 

“Andatevene Madame. Non c’è nulla che possiate fare qui. Avete sbagliato a dirmi di venire qui..più o meno implicitamente. Christine non mi ama. La scorsa notte ha reagito inorridita al mio solo accennare ad un nostro matrimonio. E poco fa l’ho vista aggrappata al suo prezioso,inestimabile Visconte de Chagny. Non posso più fare nulla ormai.” Fece una risata gutturale. “E poi,almeno,la mia vendetta è compiuta. Ho avuto Christine,in un modo o nell’altro. E ho privato quel damerino del suo diritto nuziale. Il tono ora era caustico e crudele.

 

Madame sembrò barcollare sotto il peso di quella nuova notizia. Non aveva immaginato neppure per un attimo che Erik avesse potuto agire spinto dalla vendetta,neppure all’inizio. Ma la cosa non era difficile a credersi. Per anni solo la vendetta lo aveva animato,unico sentimento umano che la gente non aveva potuto sottrargli,e che aveva anzi ingigantito con la propria crudeltà.

Recuperò comunque in fretta il proprio sangue freddo,e lo sfidò apertamente.

 

“Quella corda non avrebbe dovuto spezzarsi,quella notte,se è così che la pensi. Sarebbe stato meglio per tutti che fossi diventato un pendaglio da forca!”

 

La reazione non si fece attendere. Lui la fissò con occhi belluini,e digrignò i denti.

“Andatevene,pazza…prima che non riesca più a trattenermi!”


Lei non si mosse. “In questo momento Christine è chiusa nella sua camera come una prigioniera. Il Visconte non ha intenzione di farla uscire fino a quando non acconsentirà alle nozze. Ti pare il comportamento di una ragazza entusiasta di andare all’altare? Fino a che punto riesci a renderti cieco,con la sciocca compassione per te stesso? Credi davvero che lei non possa amarti per il tuo aspetto? AH!” fece un gesto teatrale,puntandogli contro la propria canna. “Mi chiedo piuttosto come possa amarti nonostante questo tuo insopportabile ed orgoglioso caratteraccio!!!

 

Erik era allibito. Mai nella sua vita nessuno aveva osato parlargli con tanta durezza e così poca paura.

Poteva essere vero,ciò che gli stava raccontando? Che motivi avrebbe avuto Madame Giry di mentirgli,d’altronde? Non ci avrebbe guadagnato nulla.

 

Rimase immobile,scuotendo appena il capo per raccogliere le idee.

 

Che fare?ritornare alla villa per liberare Christine oppure no? D’altronde lui l’aveva pregata per giorni di partire con lui,di non attendere il ritorno del fidanzato. Sapeva bene che un uomo innamorato può comportarsi in modo estremamente sciocco. Lo aveva sperimentato sulla propria pelle.

D’altra parte…l’idea di Christine rinchiusa contro la sua volontà..Christine che credeva che ormai il suo angelo l’avesse abbandonata… Christine che per disperazione cedeva all’insistenza del Visconte…

 

No,non poteva permetterlo! Lo avrebbe ucciso a mani nude,piuttosto!

 

Si voltò verso Madame. “Non rimanete lì impalata. Siete venuta in carrozza? Altrimenti saliremo entrambi sul mio cavallo. Dobbiamo fare presto.”

 


Nella biblioteca de Chagny era calato il silenzio.

 

Il Duca d Sigognac era molto soddisfatto di stesso.

Con la scusa di dover festeggiare adeguatamente gli ultimi giorni da scapolo dell’amico,aveva alzato molte volte il bicchiere in brindisi di felicità per la giovane coppia,durante e dopo la cena.
Quello stupido di Raoul aveva bevuto,e come al solito ora giaceva sfinito e provato in poltrona, già preda di quel sonno pesante che solo l’alcool sa indurre. Non si sarebbe svegliato che dopo ore.

 

Con studiata lentezza,gli sbottonò la tasca del panciotto,e ne estrasse la chiave della stanza di Christine.

Finalmente stava per dar vita ai propri sogno oscuri.

 

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Capitolo 25
*** il volto dell'Angelo ***


CAPITOLO 24: IL VERO MOSTRO

CAPITOLO 24: IL VERO MOSTRO

 

 

Christine era distesa sul letto,nel dormiveglia. Lacrime,suppliche ed imprecazioni l’avevano letteralmente sfinita,e così si era coricata,sperando nel sollievo di qualche ora di sonno. Sentì la chiave girare nella toppa,ed istintivamente si drizzò a sedere sul letto.

 

Alla fioca luce della candela, ridotta quasi ad un moccolo ormai, si avvide con orrore che non si trattava di Meg o di Madame Giry, come aveva immaginato. E neppure di Raoul.

 

Sulla porta, stava il Duca di Sigognac, un ghigno crudele che gli attraversava la faccia e rendeva il suo aspetto ancora più inquietante e sinistro del solito.

 

Christine istintivamente si strinse il lenzuolo addosso, grata nel ricordare di non essersi spogliata per dormire, ma di indossare ancora il suo semplice vestito da giorno.  Era in trappola. Non ci voleva molto per immaginare cosa volesse un uomo ubriaco,a quell’ora, nella camera di una ragazza.

 

Deglutì,serrando con forza la mascella. Doveva trovare un modo per sfuggirgli, ma la situazione sembrava disperata.

 

“Ottima idea, mademoiselle, esservi trasferita a dormire sola in questa stanza. Così non dovrò togliermi dai piedi quella ragazzina petulante che vi segue dovunque come un cagnolino. Irritante,molto irritante.”

 

L’uomo avanzò di qualche passo, e diede un calcio noncurante alla porta per richiuderla dietro di sé. La luce della candela proiettava ombre lunghe e cupe, e lo faceva sembrare un qualche orco di una fiaba.

Ma questa non è una fiaba,pensò con amarezza Christine. E nessun Principe verrà a salvarmi,maledizione!

 

Lui arrivò accanto al letto,e pur da quella ancora accettabile distanza lei potè percepire in pieno viso il soffio avvinazzato.

“Una cosa che considero veramente intollerabile,dall’alto del mio rango” le sibilò con disprezzo e crudeltà

“è di farmi aizzare come un toro da piccole smorfiose della vostra specie..della vostra umile condizione. Donne appena sollevatesi dal fango che esigono il rispetto e la deferenza dovuti alle nobildonne di nascita. Ma sapete una cosa? Ho un modo decisamente diverso,io, di trattare le donne come voi.”

 

Prima che Christine potesse compiere un qualunque gesto di difesa, il duca l’aveva brutalmente afferrata per un braccio,e l’aveva gettata riversa sul materasso, dove si era poi rapidamente inginocchiato anch’egli. Le aveva premuto con insopportabile violenza la bocca con le proprie labbra,umide e pregne di alcool.

Il desiderio di quel bastardo la insultava oltre ogni dire,non solo per l’aberrante gesto in sé,ma per la volgare sicurezza di sé e per il disprezzo che le dimostrava.

La stava trattando come l’ultima delle serve o delle sguattere di cucina, che avrebbe preso con noncuranza anche in un campo,fra le siepi.

La stringeva e le pesava addosso con tale brutalità che lei si sentiva soffocare,e non riusciva a liberarsi e a chiamare aiuto.

Ma dentro di sé sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di gridare,di svegliare la casa intera..no, troppa la vergogna e l’umiliazione che avrebbe provato!!

Tentò di lottare,di contrastarlo con le unghie e con i denti,ma il duca era forte,massiccio,pesante, implacabile..

Nonché completamente accecato dall’ubriachezza.

 

Mantenendola stesa sul letto,premendole un ginocchio con forza sul petto, il duca afferrò con una mano l’orlo del corsetto di raso,e tirò con forza. La stoffa sottile si squarciò,con un serico stridore. Era ormai quasi alla sua mercè.. nondimeno,sempre in silenzio,lottava coraggiosamente contro il suo aggressore,pur sentendosi mancare le forze.

 

D’un tratto la porta si aprì. Il Visconte de Chagny spalancò gli occhi per la sorpresa.


Svegliandosi dal suo sonno etilico,si era reso conto di non trovare la chiave della stanza di Christine. Era pressoché sicuro che le Giry gliela avessero sottratta durante il sonno per fare visita a Christine..e forse la saggia madame aveva ricondotto la ragazza alla ragione.

 

Neppure per un istante si era aspettato di trovarsi davanti ad una scena simile…il suo migliore amico che stava tentando di abusare della sua Christine! La rabbia quasi lo ottenebrava.

 

Il Duca sollevò lo sguardo sogghignante sul Visconte. “Accidenti a te Raoul.. ti stai abituando troppo rapidamente al brandy..mesi fa avresti dormito come un bambino per ore ed ore.”

 

Christine tremava e piangeva,agitandosi semispogliata sotto il suo aggressore. “Raoul, ti prego..aiutami..”

 

“Zitta sgualdrina!” Il duca la schiaffeggiò con forza tale da farle quasi perdere i sensi,spaccandole un labbro.

 

Prima che Raoul potesse accorrere in aiuto,con lucida freddezza il Duca estrasse una pistola,e la puntò contro il giovane.

 

“Sei sempre stato di impiccio, Raoul de Chagny. Dal giorno malaugurato in cui ci incontrammo in quel collegio. Una mammoletta,ecco cosa sei. Ho sperato a lungo di farti cambiare,di renderti uomo,ma…” lo guardò con malcelato disprezzo “con te non c’è nulla da fare. Sei e rimarrai un’idiota buono a nulla. E se proprio vuoi saperlo…ti ho sempre ferocemente detestato. Tutti amavano il buon Raoul. Avevi le simpatie di tutti,e l’adorazione di ogni donna. Quel tempo è finito Raoul. Ne ho abbastanza.

 

E fece fuoco.

 

Christine gridò terrorizzata. Raoul era stato colpito al petto,e si accasciò istantaneamente a terra,senza un grido. Probabilmente era morto sul colpo.

 

“Ed ora” le alitò addosso il suo aggressore “torniamo a noi.”

 

Prima che potesse proseguire la sua feroce violenza, accadde qualcosa di inaspettato. In pochi,rapidi secondi il Duca strabuzzò gli occhi in una smorfia di dolore,e crollò riverso sopra al corpo di Christine. La ragazza neppure si rese conto di quanto stava accadendo. Sentì solo due mani che l’afferravano,le coprivano pietosamente il corpo spogliato..

 

…e poi,prima che perdesse i sensi,credette di udire la voce pietosa del suo Angelo…

 

Christine….

 

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Capitolo 26
*** Il coraggio inatteso ***


CAPITOLO 25: IL CORAGGIO INATTESO

CAPITOLO 25: IL CORAGGIO INATTESO

 

Quel che rende indissolubili le amicizie e ne raddoppia l'incanto è un sentimento che manca all'amore: la sicurezza.

                                                      Honorè de Balzac

 

 

 

Marguerite Giry era sconvolta per ciò che aveva appena fatto.

 

In vita sua non era mai stata neppure in grado di scacciare una mosca.

Non aveva mai avuto senso pratico né spirito di iniziativa.

A vegliare su di lei, su tutti loro, c’era sempre stata quella saggia ed energica donna di sua madre.

Sempre…ma non quelle dannata notte vomitata dall’Inferno.

 

Si era svegliata di soprassalto per degli strani rumori provenienti dal pianoterra.

La preoccupazione per la sorte dell’amica le aveva reso il sonno leggero, e dal momento che la sua camera era esattamente al piano di sopra di quella in cui era stata rinchiusa Christine,si era insospettita.

Aveva visto il letto vuoto della madre,e aveva pensato che fosse scesa a confortare e consigliare la povera Christine.

Gettandosi una vestaglia leggera sulla camicia da notte,aveva deciso di raggiungerle.


Aveva svoltato l’angolo del corridoio proprio nel momento in cui il Duca, tenendo sotto tiro l’incredulo Visconte, gli esprimeva ad alta voce tutto il suo cocente disprezzo.

Aveva visto scintillare e risuonare lo sparo,e il povero giovane che si accasciava esanime al suolo,colpito al petto dall’implacabile proiettile.

 

In un primo tempo aveva pensato,preda di un inimmaginabile terrore, che l’unica cosa fattibile fosse fuggire, correre nell’altra ala della casa ed allertare immediatamente la servitù…ma ci avrebbe messo troppo tempo,e la sua amica non si sarebbe salvata!!

 

Così aveva frettolosamente sciolto uno spesso cordone del tendaggio di velluto verde che copriva le grandi vetrate del corridoio,e sfruttando la leggerezza nel passo,tipica di chi ha studiato danza efficacemente e per anni, si era insinuata fino alle spalle del Duca,che ubriaco com’era non s’era avveduto di nulla.

Non c’era voluto molto per far scivolare il cappio attorno al suo collo.. ma non credeva che avrebbe posseduto la forza necessaria per strangolarlo.

Forse tutt’al più per stordirlo.

 E invece la forza della disperazione,coniugata con lo stato di ubriachezza dell’uomo e con l’elemento sorpresa, aveva prodotto un risultato letale.

Non che le dispiacesse per quell’uomo ormai cadavere,in realtà.

Era un bastardo disgustoso, e meritava di essere morto prima di fare del male ad altre persone…

 

 

Ogni mezzo é lecito se annienta il nemico.

                                                                                    Pindaro

 

Ma ora Meg provava orrore per le proprie mani,le vedeva sporche di un sangue che non si sarebbe mai lavato, che avrebbe continuato a lordarle i palmi per il resto della vita.

Si sentiva simile a quel disgustoso assassino,simile all’efferato Fantasma.

Aveva ucciso come lui uccideva.

Aveva ucciso per la stessa persona per cui lui uccideva.

Cosa li rendeva diversi?

Nulla,assolutamente nulla.

Entrambi avevano ucciso spinti dall’esigenza,dalla paura, dall’istinto di sopravvivenza,per salvare sé stessi o le persone che amavano.

Il Fantasma non era mai stato davvero un mostro: solo un uomo che aveva dovuto affrontare più volte un destino crudele,e che aveva forse fatto scelte sbagliate..ma senza una reale colpa.

Come aveva appena dovuto fare lei…aveva ucciso,ma questo non la rendeva una spietata assassina!!!

 

I nostri peggiori nemici,e quelli contro cui dobbiamo combattere più di tutti,spesso sono dentro di noi.

                                                                                                    Miguel de Cervantes

 

Reprimendo un brivido, continuò ad agire come un automa.

Rivestì Christine con mani pietose.

La ragazza era quasi in stato di semi-incoscienza,e la spostò su un lato del letto.

Sudando e sbuffando fece rotolare il cadavere del duca sul pavimento,e sollevò e coricò a fatica sull’altro lato del letto il Visconte.

 

Si era resa conto che la sua ferita era seria,ma non letale.

Il ragazzo respirava ancora…debolmente,ma respirava. Forse sarebbe sopravvissuto,ma le ferite di quella notte in lui sarebbero state più profonde di una semplice cicatrice.

 

Dopo vari tentativi infruttuosi riuscì a cavare,con l’aiuto di un valletto che era accorso,unico ad avere udito quel trambusto poiché ancora sveglio,e a cui aveva ordinato immediatamente di chiudere la porta a chiave (meno persone vedevano quel disastro, meglio sarebbe stato per tutti!), aveva estratto il proiettile dalla spalla del Visconte.

Lo aveva lavato e bendato con tutta la cura di cui era stata capace.

Sembrava che il ragazzo stesse meglio ora,la febbre stava scendendo.

 

D’un tratto il vetro della finestra rimbombò fragorosamente sotto i forti pugni che provenivano dall’esterno,anzi parve quasi piegarsi alla violenza di quei colpi.

Alla luce della candela ormai quasi spenta,Meg riconobbe a fatica sua madre..ed il Fantasma.

 

Spalancò la finestra,e prima che sua madre potesse dire una parola,le si slanciò fra le braccia, mentre i nervi finalmente le cedevano,ed iniziava a singhiozzare e smaniare in modo irrefrenabile.

Non ci volle molto ai due nuovi arrivati per comprendere la gravità di ciò che era appena accaduto.

 

 

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Capitolo 27
*** La fine di tutto ***


CAPITOLO 26: LA FINE DI TUTTO

CAPITOLO 26: LA FINE DI TUTTO

 

Vagare alla deriva dietro ogni passione finché l'anima mia
Sia un liuto accordato su cui tutti i venti possano suonare;
Per questo dunque ho abbandonato
La mia antica saggezza e il mio controllo austero?
La mia vita mi sembra un palinsesto
Su cui durante un ozio di ragazzi
Siano state vergate futili canzoni per zampogna e virelai,
Buone solo a sciupare il segreto del testo.
Certo vi fu un tempo in cui avrei potuto percorrere
Le sommità assolate, e dalla dissonanza della vita
Trarre un limpido accordo, onde raggiungere le orecchie di Dio:
Quel tempo è morto? Ah! Con una bacchettina
Sfiorai appena il miele dell'avventura...
E debbo perdere il retaggio di un'anima?

                                                                                Oscar Wilde,Ahimè!

 

Erik per la prima volta in vita sua non sapeva che fare. Si sentiva svuotato, colpevole, incapace.

 

Se la piccola Meg non avesse trovato la forza di un leone nel suo spirito mite da agnellino, la sua preziosa Christine ora… non poteva neppure pensarci lucidamente.

 

La ragazza giaceva pallida,esausta e svenuta nello stesso letto in cui Meg aveva coricato anche il Visconte.

Le condizioni del ragazzo apparivano senz’altro gravi,ma non disperate.

 

Cosa sarebbe stato più giusto fare?

Arrendersi una volta per tutte,oppure ricacciare indietro l’orgoglio e far di tutto perché lei lo scegliesse di nuovo come compagno,questa volta per sempre?

 

Lentamente,come se avesse avvertito il peso ed il dolore di questi suoi pensieri, Christine socchiuse gli occhi, ed immediatamente li spalancò,rivivendo l’orrore di poco prima.

Erik dovette trattenerla con la forza, perché la ragazza iniziò a scalciare ed agitarsi senza controllo.

Poi Christine  si avvide di chi la stava trattenendo amorevolmente.

Immediatamente si calmò, e gli buttò disperata le braccia al collo,iniziando a piangere sommessamente.

 

“Grazie,amore mio….grazie di avermi salvata,…di essere tornato per me..”

 

Lui la scostò, a disagio.

“Non sono stato io,Christine. Se sei ancora viva,e salva..lo devi alla tua amica Meg. Prega di avere sempre nella vita un’amica tanto fedele.

 

Christine spalancò gli occhi per la sorpresa,e cercò lo sguardo di Meg.

La ragazza appariva esausta fra le braccia della madre, ma le scoccò un’occhiata di tenerezza e fiducia.

Gli occhi di Christine si riempirono di lacrime di gratitudine,ed alzandosi a fatica dal letto,incespicando,si gettò fra le braccia della giovane Giry.

Le due ragazze rimasero a lungo abbracciate, dando sfogo alle loro lacrime,ai loro sentimenti di paura e rinnovato sollievo.

 

Madame Giry  guardava sua figlia con un’espressione indecifrabile.

L’aveva sempre sottovalutata, considerata una bambina sciocca e pettegola,senza nervo..e invece,nell’ora della necessità,la ragazza aveva dimostrato un coraggio ed una fedeltà assoluta che neppure lei,forse,avrebbe trovato in sé.

Per la prima volta nella vita, era davvero molto orgogliosa della sua piccola,tenera Meg.

 

Erik sentiva il cuore scoppiare d’amarezza.

Non era stato in grado di occuparsi di lei,di proteggerla.

Non la meritava.

 

Fece per andarsene,ma il tocco gentile di una mano sulla spalla lo fermò. Si volse a guardare gli occhi increduli di Christine. “Dove stai andando?”

 

“Me ne vado Christine. Non ho più motivo di star qui. Il Visconte..è salvo, TU sei salva. Non so cosa sarebbe successo se  Meg non fosse stata qui. Non voglio nemmeno pensarci,comunque.”

Le accarezzò lievemente una mano. 

 

Lei gli strinse forte la sua,tranquilla e sicura.

“Tu non vai da nessuna parte,non senza di me,almeno. Mi devi ancora fare una domanda.Sono giorni che l’aspetto ormai,e non credevo che saresti più tornato a farmela.”

 

Erik la guardò,abbastanza confuso.

 

..have never felt like this
For once I'm lost for words
Your smiles has really thrown me.
This is not like me at all
I never thought I'd know
The kind of love you've shown me.

Now, no matter where I am
No matter what I do
I see your face appearing
Like an unexpected song
An unexpected song
That only we are hearing

I don't know what's going on
Can't work it out at all
Whatever made you choose me?
I just can't believe my eyes
You look at me as though
You couldn't bare to lose me.

Now, no matter where I am
No matter what I do
I see your face appearing
Like an unexpected song
An unexpected song
That only we are hearing

I have never felt like this
For once I'm lost for words
Your smiles has really thrown me.
This is not like me at all
I never thought I'd know
The kind of love you've shown me

                                                                        Andrew Lloyd Webber, Unexpected song

 

 

“Non mi hai ancora chiesto di sposarti. E non posso farlo io,lo sai. Non è buona educazione” aggiunse  Christine con un debole sorriso,che tradiva la sua tumultuosa emozione.

 

Erik sentì il cuore balzargli furiosamente in petto. La ragazza era seria.

Non avrebbe scherzato,in un momento del genere,non avrebbe potuto.

Stringendo quella manina cerea fra le sue,si inginocchiò davanti a lei.

Christine Daae…misterioso angelo che l’imperscrutabile destino ha messo sulla mia strada.. vuoi diventare mia moglie?”

La guardò con un sorriso sornione,ed aggiunse “Davanti a Dio e agli uomini,oltrechè alla luna?”

 

“Sì,sì,sì!” rispose lei,attirandolo a sé,e serrandogli la bocca con un bacio.


Meg,al sicuro e ormai tranquilla fra le braccia di sua madre, sospirò.

Immagino che dovrò imparare a convivere con quell’uomo,riflettè,se d’ora in poi lui e Christine saranno sposati.

 

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Capitolo 28
*** Epilogo ***


EPILOGO

EPILOGO

 

 

Si sposarono la mattina seguente. La cerimonia fu semplicissima e breve, ma a nessuno dei due importò.

In fondo,era soltanto una formalità. I loro cuori erano già sposati davanti a Dio da tempo.

 

Christine indossava il famoso anello, e il vestito da sposa che lui aveva fatto confezionare..per la seconda volta. Ma in questa occasione non si inzuppò di acqua e fango nei sotterranei bui di un teatro.

Christine avanzò per la navata al braccio di Madame Giry. Era radiosa e splendente come una stella.

 

Decisero di partire per un po’,di raggiungere un villaggio nel nord del paese dove Erik aveva vissuto per qualche tempo in gioventù,durante la sua vita girovaga.

 

Christine fece visita per l’ultima volta,prima della partenza, al Visconte.

Il ragazzo dormiva profondamente,ancora sotto l’effetto del laudano che Erik,per lenirgli il dolore,gli aveva somministrato.

 

Christine gli passò pietosamente una pezza intinta nell’acqua fredda sul viso.

Era colpa sua di tutto quanto era successo.

Se avesse dato retta ad Erik,e se ne fosse andata al momento giusto..

 

Raoul forse avrebbe sofferto, ma non sarebbe stato tradito e ferito da quello che a torto considerava il suo migliore amico.

Lei stessa non avrebbe patito l’umiliazione ed il terrore di una simile aggressione.

E quell’uomo non sarebbe morto..no,di questo non si rammaricava.

Quell’uomo era feccia,e come feccia era morto.

 

Erik l’aiutò a rialzarsi dal capezzale del ragazzo.

Christine,tesoro…dobbiamo proprio andare adesso.”la sollecitò.

 

Lei si voltò a guardare quell’uomo potente e gentile,che d’ora in poi sarebbe stato al suo fianco ogni giorno. Socchiuse gli occhi,inseguendo un ricordo ormai lontano,quasi sbiadito..

 

Dimmi che tu mi amerai per sempre

Dimmi che mai più mi lascerai

Se tu colmi il vuoto mio d’incanto

Dove andrò io voglio ci sia tu

Christine nient’altro chiedo

 

Gli prese la mano,sorridendo. “Andiamo.”

 

 

 

 

Erano passati già due anni dal loro matrimonio,che nel frattempo era  stato benedetto dall’arrivo di due gemelli, un maschio ed una femmina.

Entrambi bellissimi, senza alcuna traccia della deformità del padre, ma che recavano il suo marchio inconfondibile: occhi profondi e dal colore azzurro indefinibile.

I due piccini si chiamavano come il padrino e la madrina che li avevano tenuti a battesimo.

Si chiamavano Raoul e Marguerite.

 

Dopo un primo momento di sofferenza,dovuto all’abbandono della sua fidanzata e alla sua precaria condizione fisica, Raoul de Chagny aveva accettato con rassegnazione il proprio destino, ed aveva iniziato a guardare con occhi diversi la giovane Giry,che dopo avergli salvato la vita con uno spaventoso atto di coraggio, era rimasta a vegliarlo e ad assisterlo nei lunghi giorni tediosi della convalescenza.

 

I due giovani,entrambi di buon cuore,ed entrambi spaventosamente rattristati dall’assenza di Christine, fulcro su cui fino a poco prima giravano entrambe le loro vite, avevano allacciato un’amicizia sempre più stretta,che inevitabilmente era sfociata in un sentimento più tenero,più duraturo.

 

Il Visconte e la Viscontessa de Chagny erano andati spesso in visita dai loro amici, e avevano ammirato la perfetta felicità del loro matrimonio, sperando di poterli imitare.

 

Nonostante la freddezza iniziale che era intercorsa fra Erik ed il Visconte de Chagny, dolorosa memoria di quanto era accaduto all’Opera Populaire soltanto un paio di anni prima, ora ogni problema sembrava essere definitivamente risolto.

Anche Meg ora era in dolce attesa,e aveva già implorato Christine di essere madrina del nascituro.

 

A turbare questa perfetta felicità,solo un evento.

L’inaspettata morte della buona Madame Giry.

La donna si era spenta così com’era vissuta, in silenzio,nel sonno.

Aveva ripetuto spesso,nei giorni precedenti alla scomparsa, che ora era davvero felice.

I suoi quattro ragazzi avevano trovato finalmente il loro posto nel mondo.

 

 

 

 

Pioveva a dirotto,quella notte.

I bambini,dopo mille capricci,erano finalmente sprofondati nel sonno.

 

Erik raggiunse la giovane moglie a letto.

La baciò piano,a lungo,assaporando per l’ennesima volta il gusto di quelle labbra,che lo avevano stregato.

Christine appoggiò la testa sul suo petto.

”Non riesci a dormire?”

La donna scosse piano il capo. Poi disse,scherzosamente:”Lo sai cosa voglio,non è vero?”

 

Erik sospirò,fintamente scandalizzato. “Queste cose una signora non dovrebbe dirle.”

 

“Ma cosa hai capito???” gli fece l’ennesima linguaccia. “Voglio che canti per me, finchè non mi sarò addormentata. Cantami la nostra canzone, quella che hai scritto per il nostro matrimonio.

 

Lui sembrò rassegnato. “Va bene,va bene…questa sera mi è andata male!”le fece l’occhiolino,e sopportò stoicamente il pizzicotto con cui lei rispose alla provocazione.

Si schiarì la voce ed iniziò piano a cantare.

 

E l’uomo attraversò la dimensione sua

Sotto il cielo più nero e più pesto visto mai

La donna attraversò la dimensione sua

Il silenzio pervase e si stese accanto a lei

Fu lungo un attimo

Nell’incantesimo

Il vento raccolse i suoi occhi dentro quelli di lui

“Ti porterò con me,piccola come sei

Sarò dentro gli occhi tuoi”

Poi ridipinse il cielo

L’aria per respirare

Sotto gli occhi di un mondo che inerme continuava a morire

Lei prese i sogni suoi

Li strinse intorno a lui

Con le mani disciolse il suo cuore

Sbandando un po’

Prese un respiro e poi disse

“promettimi che non staccherai mai i tuoi occhi da me

Io ti amerò lo so per sempre e d’ora in poi

Sarò dentro gli occhi tuoi…”

 

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