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Nei sotterranei
d'insondabile tristezza dove il Destino m'ha relegato
e in cui mai può penetrare raggio rosa e gaio; in cui, tutto solo con la Notte, scontrosa ospite,
sto come un pittore che un Dio ironico condanna a
dipingere, ahimè, nelle tenebre; e dove, cuoco dai
funebri appetiti, faccio bollire e mangio il mio cuore,
a momenti brilla allungandosi, e distendendosi, un fantasma di
grazia e di splendore.
Alla sua
sognante andatura, quando raggiunge la sua totale
estensione, riconosco la mia bella visitatrice: è Lei, nera e tuttavia
luminosa.
CharlesBaudelaire,
Un fantasma
Il
destino era sempre stato crudele con lui,sin dalla
nascita gli aveva negato ogni possibilità di essere felice.
Aveva
crudelmente giocato con lui come certi bambini di animo
cattivo,che per assurdo si divertono a strappare le ali o le zampe a qualche
innocente insetto,per vederlo agitarsi e contorcersi nella sofferenze,per poi
morire nella completa desolazione.
Avrebbe
vissuto e sarebbe morto senza vedere i propri desideri soddisfatti, i propri sentimenti ricambiati.
Era
una consapevolezza che gli pesava nel petto come un macigno,che
gli spezzava il fiato.
Il
destino lo aveva marchiato sin dalla nascita, sfregiando il suo viso e la sua anima con un segno diabolico.
Questo
lo aveva costretto a sfuggire alla persecuzione degli uomini,celandosi
in un’oscura solitudine per l’eternità,seppellendolo nel buio quando lui desiderava
soltanto la luce del sole e il contatto umano.
Lo
aveva dannato per l’eternità…senza che lui ne avesse
alcuna colpa.
Il
destino lo aveva fatto nascere con due anime,quella di
un angelo e quella di un diavolo.
Tutti
potevano vedere chiaramente il suo aspetto diabolico,ma
nessuno era mai riuscito ad indovinare che sotto quella apparenza spaventosa
potesse celarsi un cuore puro,colmo d’amore.
Nessuno
avrebbe osato neppure immaginare una simile dualità dietro lo stesso viso.
Nessuno
tranne lei…
Nessuno
aveva mai potuto fissare il suo volto senza esserne terrorizzato e disgustato….neppure sua madre. Quella madre che non lo aveva mai
sfiorato,accarezzato,né tanto meno baciato.
Non
aveva la bellezza necessaria a meritarsi l’amore di nessuno,e
non l’avrebbe avuta mai.
Così
si era affidato totalmente al suo vero grande amore,quello
che non lo avrebbe mai abbandonato né tradito. La sua musica. Per essa il suo aspetto non aveva alcuna importanza,e lui ne era
diventato signore e padrone incontrastato.
Era
come un Dio nel suo regno,nel suo dominio artistico,e
nessuno poteva sfuggire al suo potere implacabile senza incorrere nella sua
ira, senza essere punito severamente,anche con la morte.
Nessuno
poteva nascondersi,nessuno poteva permettersi di
disobbedirgli.
Vedeva
tutto,sapeva tutto..e agiva
come meglio credeva,signore incontrastato.
Sappiate
che se lui vorrà nessuno più si salverà…
Il
suo regno sotterraneo,cupo più della notte e profondo
come l’inferno,era sempre rimasto inviolato,in quegli anni di esilio volontario
nelle viscere dell’Opera Populaire.
Tutti
lo temevano,e non si sarebbero mai avventurati laggiù,
per alcun motivo.
Chiunque
gli disobbedisse poteva essere certo di andare incontro ad una morte terribile..e
nessuno ne aveva mai avuto il nervo.
Solo
la musica era la sua consolazione,unico conforto in
una vita solitaria e dolorosa.
Ogni
volta che componeva,ogni volta che suonava…lui lo
faceva solo per essa,per magnificare la sua alta gloria. Il suo talento era la
sua unica consolazione,e la musica non lo aveva mai
deluso.
Aveva
illuminato i lunghi giorni bui della sua vita solitaria, lo aveva blandito,
accarezzato,soggiogato con il proprio meraviglioso
incanto.
Lo
aveva reso libero…anche se solo per pochi illusori momenti.
Aveva
sfruttato la musica per attrarre a sé il suo angelo,per
conquistarlo,per vincerne ogni resistenza.
Era
la sola strada che sapeva percorrere,l’unico
comportamento umano e civile che avesse mai appreso.
Aveva
creduto di aver vinto la sua battaglia,che lei ormai
fosse sua e sua soltanto.
Lei..lei
aveva illuminato l’oscurità della sua via con la sua bellezza,la sua
innocenza,la sua gaiezza acerba.
In
sua compagnia,per la prima volta nella sua vita,si era
sentito un uomo e non uno spettro,un mostro.
Aveva
desiderato la sua presenza,le sue carezze..il suo corpo.
Aveva
desiderato che lei fossesua compagna per l’eternità,aveva desiderato che gli mostrasse il
paradiso,a lui che non aveva mai conosciuto altro che l’inferno.
Aveva
sognato,sognato…
Le
loro anime si sarebbero fuse in una sola,e si
sarebbero innalzate fino alla vera,benedetta libertà,non più prigioniere di
questo mondo e delle sue leggi ingiuste e discriminatorie.
Il
mondo che lui aveva creato sarebbe appartenuto soltanto a loro.
Ci
sarebbero stati loro soltanto,per tutta
l’eternità,accompagnati soltanto dalla loro musica.
Lei
non lo avrebbe mai lasciato,lui era e sarebbe sempre
stato il suo angelo,il suo dio della notte più oscura…
E invece lei lo aveva abbandonato.
Lui
era stato il suo angelo,il suo dio,il suo
maestro…eppure era fuggita inorridita,come se prima di allora non ci fosse mai
stato altro che orrore fra loro.
Il
richiamo della luce e di una sciocca passione infantile l’aveva attratta a sé,lontana dal suo abbraccio.
Il
suo dolcissimo angelose
ne era andato.. il viso rigato di lacrime, il vestito da sposa zuppo e
stracciato.
Il
suo futuro,la sua vita,il suo cuore…tutto era sparito
insieme a lei.
Lui
era sempre stato spietato,potente,temuto.
Ma
non era un mostro,…o almeno,non lo era mai stato con
lei.
Non
avrebbe potuto sopravvivere se lei avesse pensato che
fosse un mostro..no,non avrebbe potuto.
Non
poteva immaginare di svegliarsi ogni giorno con lei,e
di vederla tremante di paura e di orrore.
Non
poteva immaginare di svegliarsi con lei e di vedere il suo cuscino macchiato
dalle lacrime.
Non
poteva immaginare di infliggerle una simile inumana sofferenza.. quella a cui il mondo lo aveva condannato molti anni
prima,senza mostrare la benché minima pietà.
Lui
invece aveva avuto pietà di lei,e della sua paura.
Aveva avuto pietà del suo sacrificio.
Aveva
dovuto lasciarla andare.
Aveva
sperato così a lungo che lei lo desiderasse,provasse
affetto e tenerezza,che volesse vivere con lui…
Se
l’angoscia tua fai diventare affetto poi
Poi dietro
al mostro tu
Vedrai un
cuore che
Sembra il
mio ma dentro sé
Vuole
amare,dentro sé,dentro sé…
Aveva
sperato che un giorno potesse accadere. Con tutto sé
stesso…
Non
coscientemente,ma lo aveva sperato.
Inutilmente.
Non era altro che un uomo,un
uomo che desiderava disperatamente l’amore di una donna.
Di una donna soltanto,la
donna che per la prima volta aveva risvegliato in lui umani sentimenti..
La donna che il destino gli aveva affidato..o così
almeno aveva creduto.
Il destino si era divertito a lasciargli assaporare
per pochi istanti ciò che agli esseri umani spettava di diritto per l’eternità.
Ma lui non era un essere umano,dopo tutto.
Prima o poi lei sarebbe tornata al
suo angelo…o almeno,lui ci aveva creduto per mesi.
Ora non ne era più così
sicuro.
Cosa rimaneva della sua
vita? Un accozzaglia di gloriose rovine,simili al
devastato spettacolo, nell’antichità classica,di una città appena rasa al
suolo. Ma se in quella città distrutta dalla furia umana albergavano persone
piene di speranza e di voglia di ricostruire,di
erigere una città ancora più grande,bella,importante, in lui non albergava più
nessun anelito,nessuna forza.
Il giorno
più felice - l'ora più felice
questo mio inaridito cuore ha già conosciuto;
ogni più alta speranza di trionfo e d' orgoglio
sento ch' é fuggita via.
Trionfo? oh sì, così fantasticavo;
ma da gran tempo svanirono ormai
le visione di quel mio giovanile tempo -
e sia pur così.
E quanto a te, orgoglio, che dirti?
Erediti pure un'altra fonte
quel veleno che approntasti per me -
Ora acquietati, o mio spirito.
Il giorno più felice - l'ora più felice -
che quest'occhi avrebbero visto - hanno già visto,
il rifulgente sguardo di trionfo e d' orgoglio
sento che é spento ormai.
Ma mi fosse pur riofferta quella speranza
di trionfo e d' orgoglio, e con la pena
che allora avvertivo - quella fulgente ora
io non vorrei riviverla:
giacche' oscure scorie erano su quelle ali
e, al loro agitarsi, una maligna essenza
ne pioveva - fatale per un' anima
che già l' ha conosciuta.
Edgar Allan Poe,Il giorno più felice
Mesta
creatura lontana,quale esistenza è la tua? Tu non sei più solo al
mondo,non ti lascerò..
Erik
appoggiò la schiena contro il muro,mentre quelle parole gli tornavano
alla mente.
Il
famigerato Fantasma dell’Opera si sentiva sconfitto.
Si
sentiva solo e sperduto,come gli accadeva da bambino,prima in presenza di sua
madre,che lo aveva sempre guardato solo con ribrezzo e disgusto,e poi presso la
tribù di zingari,quando era stato esposto senza pietà al pubblico
ludibrio e alle botte,agli insulti,alla degradazione. Quando era stato
considerato da molti il vero Figlio del Diavolo.
Sei patetico… devi
smetterla!
Sussurrò a sé stesso con livore.
Colpì
la parete con un pugno. Una,due,tre volte. Il dolore alla mano era più
sopportabile di quello al cuore.
Chiuse
gli occhi. Non indossava più la maschera,non l’aveva più
indossata dopo quella sera.
Non
dopo quello che lei gli aveva detto…
E’dentro
te quella tua deformità..il volto tuo non mi turba più ormai..
Erik sei uno stupido
pazzo!Perchè non riesci a dimenticarla?
Aveva
il groppo alla gola.
Non
aveva più avuto una notte di sonno da quando il suo angelo era fuggito
con il Visconte de Chagny.
Ogni
volta che chiudeva per un secondo le palpebre, gli balenava davanti quella
scena straziante.
Christine
che si voltava a guardarlo,l’espressione piena di angoscia e una mano
appoggiata alla spalla del Visconte…
Raccolse
da terra uno dei frammenti di vetro del grande specchio,che aveva infranto
proprio quella fatidica notte. Non li aveva neppure spazzati via…erano
rimasti a terra,a popolare il pavimento come un esercito di accusatori. Ogni
volta che abbassava gli occhi,quei riflessi distorti e spaventosi gli
rammentavano perché era accaduta tutto. Perché il suo viso era
così aberrante.
Guardò
i propri occhi riflessi in quel frammento. Erano cambiati,in quell’ultimo
anno. Erano freddi e vuoti. I suoi occhi.. prima di quella sera,erano
l’unico segno davvero umano sul suo viso. Occhi che minacciavano,
odiavano, spaventavano…eppure erano capaci di incantare,stragare,sedurre.
Erano capaci di amare davvero,ed esprimere tutta la forza disperata dei suoi
sentimenti.
Non
più. Del resto,non aveva nessun sentimento da mostrare al mondo. Il suo
cuore era inaridito.
Neppure
la musica era in grado di consolarlo,di lenire le sue pene. La musica,che per
gran parte della sua vita gli era stata unica e fedele compagna.
Strinse
il frammento fra le dita fino a farle sanguinare. Che importanza aveva una
cicatrice in più o in meno? Rimaneva ugualmente un mostro rivoltante.
Lasciò
cadere il vetro,mentre una voce gli riempiva la testa. La voce pura e ricca del
suo angelo…
Dimmi che
tu mi amerai per sempre,dimmi questo ed io con te sarò…
Tremò
a quel ricordo. Christine,come hai potuto
farmi questo? Perché lo hai fatto? Perché?
Si
trascinò pesantemente fino all’organo a canne.
Sul
polveroso strumento,che non aveva più toccato,c’era l’anello
che Christine gli aveva donato.
Che
gli aveva lasciato,come pietoso ricordo….
D’ora in poi
questo ricordo non mi tormenterà più.
Strinse
l’anello nel pugno,e per la prima volta da mesi le lacrime si
affacciarono ai suoi occhi.
Non
erano più lacrime di dolore,ma di rabbia.
Non
avrò con me mai gli occhi tuoi….finì la dolce musica per noi..
Angelo,come
puoi tradirmi?Io ti ho dato tutta me stessa,mi fidavo di te…
Christine
glielo aveva sussurrato fra le lacrime,occhi sbarrati,d’un pallore quasi
cadaverico,dibattuta fra l’orrore che provava per lui e il timore che
potesse accadere qualcosa di male al suo Raoul.
Aggrottò
la fronte al ricordo di quel suo comportamento infantile.
Non
si sarebbe più sentito in colpa per quello che aveva fatto,non
più. Non era altro che una bambina…in fondo era davvero molto,troppo
giovane. Non poteva biasimarla più di tanto.
Ma
ne aveva abbastanza di sentirsi colpevole per ciò che era accaduto.
In
quei mesi aveva a lungo meditato sulla possibilità di suicidarsi.
La
sua vita non aveva più alcun senso,non dopo quanto era successo.
Non
dopo che una dolorosa consapevolezza aveva tormentato i suoi giorni e le sue
notti.
Christine
non sarebbe mai più tornata da lui…
Quella
notte salì sul palco deserto,e formò in fretta un cappio con il
suo laccio del Punjab, annodandolo ad una delle corde che penzolavano sul
palcoscenico,una di quelle a cui si appendevano gli scenari mobili.
Rimirò soddisfatto il robusto nodo che aveva appena intrecciato. Era
sempre stato bravo in questo genere di cose.
Gli
era parso un modo sufficientemente ironico di togliersi la
vita…appendersi alla stessa fune da cui aveva fatto penzolare il corpo di
Joseph Buquet,molti mesi prima.
Chissà
quanta soddisfazione avrebbero provato tutti i suoi nemici,al Teatro,nel
vederlo cadavere.
Non
aveva paura di morire. Non ne aveva mai avuta,in realtà.
Aveva
paura di continuare a vivere con quel vuoto nel cuore,che sembrava risucchiarlo
verso l’Inferno ogni giorno di più.
Si
era gettato nel vuoto con un senso di vicinanza alla pace…
…a
braccia aperte come un angelo che spicca il volo per ritornare al suo
Cielo…
Purtroppo
per lui,la corda si era spezzata di schianto,e si era schiantato dolorante al
suolo.
Probabilmente
quel rotolo di corda era marcio..
Maledizione! Non poteva credere alla
sua sfortuna. Sono davvero un mostro
forse,se mi merito tutto questo.
Aprì
gli occhi lentamente,aspettando che il lancinante dolore alla schiena si
affievolisse.
Lo
scenario per la rappresentazione della sera successiva era già stato
preparato,ed era tutto intorno a lui. L’Annibale di Chalumoux.
Il
ricordo della prima esibizione pubblica di Christine lo sommerse come
un’onda di rimpianto.
Era stato solo grazie alle sue lezioni di canto che la giovane e splendida
ballerina di fila,nel volgere di una notte, era diventata stella del canto
dell’Opera Popoluaire. Sorrise amaramente. Merito delle sue lezioni di
canto,certo,del talento naturale della ragazza,certo..ma anche dei suoi
continui “scherzi” al Teatro che avevano fatto infuriare la Carlotta,la Diva dell’Opera,e le
avevano fatto abbandonare lo spettacolo in asso. Gli impresari,con
l’acqua alla gola,avevano dovuto scritturare la giovane e sconosciuta
Chistine Daae.
E non se ne erano pentiti un solo istante.
La
ragazza quella sera era incantevole nel suo vestito bianco dall’ampia
crinolina.,i capelli meravigliosamente acconciati ed intrecciati con dozzine di
piccoli diamanti,che la facevano splendere come un astro del firmamento. Una
visione quasi ultraterrena,mentre con grazia si esibiva nelle dolci note di
Elissa.
Pensami…pensami
mentre sei lontano ormai…
Tu
pensami,vorrei scordarti ma non potrò mai…
Rimpiangerai
tutte le cose che tu non hai fatto insieme a me..
Ogni ora
che vivrò io penserò a te….
Tutte bugie,riflettè
amaramente lui.
“Non
dovresti covare pensieri così cupi per il tuo futuro. Il suicidio non
è mai una soluzione”
La
voce di Madame Giry risuonò risoluta alle sue spalle.
Erik
non se ne stupì più di tanto.
Quella
donna possedeva un impareggiabile talento nello spuntare dal nulla,e
nell’andare sempre dritta alla questione. Anche in modo troppo diretto ed
irritante. Come in questo caso,per esempio.
“Madame
Giry…non posso dire che si tratti di una gradita sorpresa. Fossi in voi
starei alla larga,come avete saggiamente fatto in questi mesi. Dopo il vostro
ruolo doppiogiochista la notte della tragedia… Non crediate che non lo
sappia! Quell’idiota non avrebbe mai trovato l’accesso ai sotterranei
senza il vostro aiuto.”
Sospirò
con cattiveria. “Avrei dovuto venirvi a cercare quella sera stessa,e
ripagarvi a modo mio della cortesia che avete dimostrato. Non l’ho fatto
solo per il bene di vostra figlia. So quanto sia duro crescere senza genitori.
Ma non tentate due volte la vostra fortuna.”
Madame
non mostrò alcuna paura, di fronte a quella velata minaccia.
Sapeva
bene che nonostante il tono fosse incredibilmente crudele, non avrebbe alzato
un dito su di lei.
Se
avesse davvero avuto intenzione di vendicarsi,sarebbe stata cadavere già
da molti mesi.
E
senza dubbio senza alcun preavviso.
“Volevo
solo farti sapere che la morte potrebbe non essere l’unica soluzione ai
tuoi problemi. Casomai non lo sapessi,Christine Daae…”
“Non
voglio sentirla nominare! Non dopo quello che mi ha fatto…ogni notte
maledico il suo nome, e di giorno la odio con tutto me stesso. Quindi non mi
importa un accidente di qualunque cosa la riguardi.”
L’aveva
interrotta con veemenza,forza,rabbia. Una simile reazione contrastava
apertamente con le sue parole di disprezzo e disinteresse.
Madame
arricciò appena le labbra, perseverando nella sua spiegazione.
“Posso solo immaginare il rancore che cova in te da un anno,ormai. Ma non
credo affatto che tu abbia smesso di amarla. In ogni caso…”
“Tacete!
Non voglio sentire un’altra parola o ne pagherete le conseguenze.”
Questa
volte colse uno scintillio omicida nei suoi occhi furibondi e spalancati.
Doveva agire d’astuzia.
Madame
Giry tacque,e si voltò per andarsene.
Tuttavia
si fermò sulla porta che dal backstage conduceva ai dormitori
femminili,e lo guardò un’ultima volta,con espressione noncurante e
al contempo maliziosa.
“Forse
può comunque interessarti sapere che Christine e il Visconte non si sono
ancora sposati. La cerimonia avrà luogo soltanto fra un mese.”
Inarcò
allusivamente un sopracciglio. “Sembra che lei per un motivo o per
l’altro non si sentisse mai pronta,e abbia fatto rimandare le nozze
più di una volta. Chissà come mai…”
Detto
questo,sparì inghiottita dal buio del corridoio.
Erik
rimase steso a terra,accecato da una rabbia e un dolore che riusciva a malapena
a tollerare.
Per
tutti quei mesi aveva creduto..aveva pensato.. era sicuro che…
Dio,quante
volte li aveva immaginati insieme,magari in attesa di un figlio,a godere di
tutta quella felicità che lei gli aveva crudelmente negato. Li aveva
immaginati persi nell’amore che provavano l’uno per l’altra.
E
invece….era stata solo illusione.
Un
mese. Un solo mese alle nozze.
Forse
un mese era il tempo che mancava al compimento della sua vendetta su
entrambi…
Un
sorriso diabolico gli contorse le labbra. In quel momento sembrava davvero il
Figlio del Diavolo.
Ringraziò
silenziosamente quella dannata corda che si era spezzata.
Un
mese,un solo mese alle nozze.
Incredibilmente
il suo fallimento era diventato una vittoria che lo rendeva euforico.
Pochi
minuti e non avrebbe mai potuto godere del dolce sapore della rivincita.
Ora
invece….
Un
mese,un solo mese alle nozze.
Aveva
intenzione di infliggere ad entrambi un’adeguata punizione per il dolore
che gli avevano fatto scoppiare nel cuore. Per il tormento che gli avevano
inflitto,per la crudeltà che gli aveva dimostrato la sua Musa.
Oh
sì,non aveva soltanto intenzione di punire quell’inopportuno
bamboccio che era arrivato con i suoi soldi e la sua bellezza per rubargli
ciò che aveva di più caro al mondo…
..la
sua vendetta sarebbe stata soprattutto su Christine. Sul suo dolce
“Angelo”.
Un
mese, un solo mese alle nozze.
Quella
piccola vipera che lo aveva illuso ed usato,prima di abbandonarlo con la stessa
noncuranza con cui si abbandona un cappellino fuori moda… Avrebbe pagato
per tutto…e molto presto.
Raoul
de Chagny tamburellava nervosamente con le dita sulla scrivania.
Christine
Daae,la sua fidanzata nonché futura sposa, era di nuovo in ritardo.
Eppure
sapeva bene quanto lui tenesse alla puntualità,specialmente nelle occasioni
mondane.
Quella
sera erano stati invitati a cena dal Conte e la Contessa Pages. Un invito
importantissimo.
Ci
sarebbero stati tutti i suoi più cari amici… tutto il suo mondo
insomma.
Christine
per qualche strano motivo non gradiva queste occasioni mondane.
In
queste serate si comportava come un timido topolino,nascondendosi in un
angolino e non facendo parola con nessuno. Un atteggiamento che lo irritava oltre
ogni dire. Lei sapeva essere solare,intelligente,allegra,piena di vita. Sapeva
far spuntare il sorriso ovunque andasse. Ma non durante queste cene.
Possibile
che non capisse l’importanza di queste serate?
Fra
poco meno di un mese sarebbe stata elevata al rango di Viscontessa.
Una
donna di origini umili, neppure di sangue francese…sarebbe diventata
l’ultima Viscontessa de Chagny. Un titolo rispettato oltre ogni
dire,nella loro patria. Il suo casato era uno dei più antichi del regno.
La
sua innata grazia e la sua incredibile bellezza non sarebbero state sufficienti
a farla accettare in società,era indispensabile che acquisisse i modi
delle altre nobildonne,che si mostrasse gentile e accattivante con loro.
Accadeva raramente che un nobile si sposasse per amore e non per dovere di
blasone,e in queste occasioni la gente amava sguazzare nel pettegolezzo,rimestando
luoghi comuni e sordide cattiverie.
Il
fatto che per di più lei non fosse una ragazza qualsiasi,ma una donna di
spettacolo….ballerina di fila o primadonna non faceva alcuna
differenza,ai loro occhi.
Per
i nobili erano soltanto una categoria di meretrici di lusso,con cui passare
qualche ora piacevole,ma senza dubbio non il tipo di ragazza da sposare.
Perfino
suo fratello Philippe,a suo tempo, si era mostrato contrario a quel matrimonio.
Proprio lui che collezionava artiste di teatro come un nobiluomo colleziona
solitamente trofei di caccia.
Se
fosse stato in vita certamente lo avrebbe diseredato,come aveva minacciato,se
avesse avuto intenzione di perseverare in quel fidanzamento.
Ma grazie al Fantasma
non ho di questi problemi,riflettè con amarezza.
Era
solo al mondo,ora. Il suo unico fratello era stato strangolato,più o
meno premeditatamente,da quell’odioso Fantasma dell’Opera.
L’unica
speranza di vincere l’abissale solitudine che era calata su di lui,era
proprio quel matrimonio con Christine, la sua cara,dolce,amata amica
d’infanzia. L’unico legame con un passato idilliaco che,a conti
fatti,non esisteva davvero più.
Era
finito il tempo dorato dell’infanzia,della gioia,della spensieratezza..e
lui si trovava troppo spesso inadeguato alle esigenze che il mondo reale ed
adulto ci presenta ogni giorno. Le sfide quotidiane erano per lui ostacoli
difficili se non insormontabili,e gli sembrava di aver perso del tutto il
controllo sulla sua vita..
La
porta dell’ingresso principale sbattè rumorosamente,seguita da un
tramestio concitato su per le scale.
Meno
di un minuto dopo,Christine Daae si affacciava alla porta del suo studio,le
guance rosse per la corsa che spiccavano sulla sua pelle diafana,i capelli
scompigliati ed umidi e il mantello bagnato di pioggia.
Era l’immagine vivente della salute e della gaiezza. Ma era quanto di
più lontano ci si può immaginare rispetto alle nobili
parigine,composte e perfette nella loro immobilità di corpo ed
espressione.
Lei
gli sorrise calorosamente,ma davanti alla sua espressione severa esibì
immediatamente un viso contrito.
“Raoul…lo
so che è tardissimo..ma sono stata fuori a passeggiare e mi sono
completamente dimenticata della cena di questa sera. Io e Meg ci siamo
divertite così tanto…sai abbiamo trovato il nido di un pettirosso
e..”
“Christine”
Raoul si schiarì la voce prima di parlare. “So benissimo che non
siete andate a passeggiare. Trovo stupido che continui a mentirmi in questo
modo. So tutto.”
Christine
sbiancò d’improvviso.
“La
scorsa settimana ho avuto modo di parlare con padre Gilles, per pianificare
l’addobbo floreale della chiesa per il nostro matrimonio. Puoi immaginare
quanto sia rimasto stupito nel sentir tessere le tue lodi come voce solista nel
coro della chiesa. Soprattutto dal momento che ti avevo proibito di cantare.”
La
ragazza non sollevò gli occhi dal pavimento.
“Sia
chiaro,non ho nulla in contrario al fatto che tu frequenti la
parrocchia…ma non il coro. Se abbiamo abbandonato Parigi,e abbiamo dovuto
farlo per forza, è proprio perché la gente dimentichi i tuoi
trascorsi di cantante lirica. Hai una voce meravigliosa,e lo sai..ma non
è decoroso che una donna nobile si esibisca,neppure in chiesa. Credevo
che il discorso fosse chiuso.”
Christine
si morse con forza il labbro per non rispondere.
“Per
quanto riguarda questa sera.. sono molto deluso,davvero. Sai bene che questa
serata era molto importante per me. Desideravo che tutti ti vedessero al mio
braccio,e imparassero a considerarti a tutti gli effetti la Viscontessa de Chagny.
Come presto sarai.” Le accarezzò piano la fronte,addolcendo il
proprio tono.
“Nessuno
può amarti più di quanto ti ami io…”le sfiorò
la guancia con le labbra”ma è necessario che gli altri si abituino
alla tua presenza. Che imparino a rispettarti.. Pertanto la prossima
volta” le tirò sorridendo un ricciolo”cerca di arrivare in
tempo per cambiarti ed essere presentabile.”
Si
staccò da lei e si diresse alla scrivania,dove prese guanti e cappello.
“Ora
devo andare.”
Christine
mostrò tutta la sua delusione, sgranando gli occhi.
“Andrai
lo stesso,anche senza di me? Speravo che potessimo passare la serata
insieme…sei stato via molti giorni per affari,e mi sei mancato
tanto..”
“Tesoro,non
posso rifiutare un invito del Conte Pages senza un valido motivo. Non è
buona educazione.
Non
temere,mi scuserò per te. Inventerò un’influenza o qualche
altro malanno…che ci credano o meno. E prometto di non fare troppo tardi.”
Le
diede un bacio frettoloso sui capelli. “Buona notte dolce Lottie. A
domani.”
Un angelo
o un demone della notte soffia sull'incendio chiuso del mio occhio perduto.
Gabriele D'annunzio
Quella
sera Christine,nella propria stanza,diede sfogo a tutta la sua amarezza.
Sedeva
alla propria toelette,spazzolando meccanicamente i
lunghi capelli scuri,mentre la sua mente vagava.
Quando
aveva accettato di sposare il suo caro amico d’infanzia,il
dolce Raoul che aveva salvato la sua sciarpa rossa quando erano bambini,…non
poteva certo immaginare quali problemi questa scelta avrebbe comportato.
Aveva
dovuto abbandonare la musica,sua ragione di vita fino
ad allora.
L’unica
compagna negli anni trascorsi prima con suo padre,e
poi all’Opera Populaire.
Aveva
dovuto abbandonare tutti i suoi amici del teatro,eccetto
MegGiry,che aveva potuto
rimanere con lei in quanto praticamente assunta come dama di compagnia.
E
questo solo dietro le insistenze di Madame Giry,che non considerava decoroso il fatto che una ragazza non
sposata vivesse senza protezione sotto lo stesso tetto del fidanzato.
Sorrise
sarcasticamente a quel pensiero.
Anche
senza Meg a dormire nella sua stessa stanza,sarebbe stata comunque al sicuro.
Raoul
non l’aveva mai tentata con una parola scabrosa o un gesto irrispettoso.
Era
troppo rispettoso della buona educazione per farlo. E
a lei la cosa non era dispiaciuta affatto.
Questo
le aveva concesso tempo sufficiente per scacciare il ricordo di..
I
brutti ricordi del passato,si corresse mentalmente.
Aveva
dovuto abbandonare Parigi,la città che ormai
era la sua casa,e la sua promettente carriera di soprano,perché
“le nobildonne non si esibiscono,e allontanandoti per qualche tempo da
Parigi tutti dimenticheranno i tuoi trascorsi”.
..ne
parlava come se fosse stata una cosa riprovevole!!
Proprio
lui,che l’aveva applaudita ed amata dopo averla
vista esibirsi!
In
quei mesi trascorsi alla tenuta de Chagny aveva
dovuto lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere nel mondo crudele
ed elitario dell’aristocrazia parigina.
Le
donne le si erano mostrate subito ostili, invidiose
della sua bellezza e del suo “talento nell’accalappiarsi un marito
ricco”,come aveva udito con le sue stesse orecchie.
Era
arrossita fino alla radice dei capelli per quel meschino commento..e
aveva accantonato la speranza di avere delle nuove amiche. Per loro,lei avrebbe sempre rappresentato solo una minaccia.
Gli
uomini invece erano stati molto più amichevoli..
anche troppo.
Innumerevoli
i tentativi di sedurla,più o meno velatamente.
Per
loro cantante era un equivalente più raffinato di sgualdrina.
E non si erano certo risparmiati nel dimostrarglielo,
mostrandosi quasi stupiti ed offesi dalla serietà del suo comportamento,
dall’imbarazzo che aveva dimostrato nei loro disgustiosi
approcci e dalla fierezza dei suoi sdegnati rifiuti.
Ovviamente
Raoul non si era mai accorto di nulla. Caro,generoso…ottuso
Raoul,pensò con una smorfia seccata. Non si era MAI accorto di
nulla…
Povero
Raoul,si illudeva davvero che l’avrebbero mai
accettata come loro pari?
Non
sarebbe mai stato possibile…
La
rabbia l’assalì a quel pensiero,come un
fiume in piena.
Era
migliore di molte di quelle persone,ma la mancanza di
un cognome aristocratico la escludeva irrimediabilmente da ogni rapporto umano
con loro.
Si
sentiva così sola…
Rabbrividì.
Ogni volta che si sentiva sola,pensava al suo Angelo,che
aveva dovuto abbandonare da mesi.
…era
quasi un anno ormai.
Come hai
potuto Christine?Dopo tutto
ciò che aveva fatto per te…
Meg sospirò,rigirandosi nel
letto. Dormiva già da un pezzo,la sua
più cara amica…l’unica che le fosse rimasta. L’unica
persona che le avesse mai dimostrato vero affetto e fedeltà,insieme a sua madre.. e a…
Smettila!
Quella
sera avrebbe davvero desiderato poter trascorrere un po’ di tempo con
Raoul. Non si vedevano da giorni,e a lui la cosa
sembrava importare poco o nulla.
Anche la sua vita matrimoniale sarebbe stata così?
Un
marito che l’adorava,ma che aveva sempre troppi
impegni per trascorrere del tempo con lei?
Dopo
le nozze Megsarebbe tornata
a Parigi dalla madre.. e che ne sarebbe stato di lei?
Perfino
l’innocente consolazione del canto le era stata
negata.. non le rimaneva più nulla.
Lui non ti
avrebbe mai costretta a rinunciare alla tua carriera..
lui non ti avrebbe mai chiesto di stravolgere la tua vita…
Basta!cercò di far
tacere le voci nella sua testa,che da troppe settimane
la tormentavano.
L’indomani
mattina avrebbe dovuto confessarsi,a causa di quei
pensieri.
Era
in procinto di sposarsi,eppure di quando in quando si
scopriva a ripensare a lui.. al suo Angelo..
..o
meglio,all’uomo che si celava dietro all’Angelo
della Musica.
All’uomo
che quella notte maledetta e benedetta le aveva svelato un universo di
sentimenti ed emozioni che lei non pensava di possedere,e
non aveva mai provato.
All’uomo
che l’aveva fatta sentire donna per la prima ed unica volta nella sua
vita di bambina viziata.
All’uomo
la cui voce l’aveva stregata ed ammaliata come un sortilegio,che l’aveva privata di ogni volontà ed allo
stesso tempo l’aveva fatta sentire profondamente sé stessa…
Erik…
Erano
mesi che non pronunciava il suo nome.
Non
poteva parlarne con nessuno,in realtà.
Raoul
lo detestava con tutto sé stesso,e le sue
ragioni erano più che comprensibili.
Aveva
rapito la sua fidanzata,ucciso suo fratello,tentato
più volte di uccidere lui stesso.. non poteva chiedergli anche di provare pena o simpatia per la
sua sorte. Gli era già grata per il fatto che non lo nominasse mai con
disprezzo o cattiveria,cosa che l’avrebbe
lacerata dentro.
Megne era sempre stata
terrorizzata,da molto prima della famosa catastrofe del lampadario… Non
la si poteva biasimare. Il Fantasma aveva creato una leggenda di puro terrore
attorno a sé.
Dopo
l’incendio erano in molti,fuori e dentro al
teatro, a sostenere che il Fantasma fosse morto,in uno di quei passaggi segreti
che conosceva lui soltanto. Non poteva essere altrimenti,era
come scomparso nel nulla.
Christine si rifiutava di crederlo,sebbene
non ne avesse mai fatto parola con nessuno.
Se lui
fosse morto..io lo sentirei.
Non
c’erano spiegazioni razionali per questo. Erasemplicemente certa che in un modo
o nell’altro ne avrebbe avuto consapevolezza. E invece lo sentiva spesso
vicino a sé,come se fosse stato in quella
stessa stanza…
Fissò
tristemente lo specchio della sua camera,ricordando la
porta nascosta dietro quello del suo camerino, all’Opera Populaire. Lui l’aveva fatta entrare nel suo mondo
proprio attraverso quello specchio… Poteva ancora sentire la stravolgente carezza,la lusinga nella sua voce…
Sono il
tuo angelo vieni…
Vieni tu sei la mia musa…
Bramo la
dolce mia musa…
Dammi la
mano mia musa…
Smetti di comportarti da
sciocca Christine! Erik non è qui e non ha
nessun senso che tu continui a tormentarti in questo modo. Hai fatto la tua
scelta e ne affronterai le conseguenze. E ora,dritta a letto!
Si
coricò con una strana pesantezza nel cuore. Le sembrava di avere su di
sé gli occhi giudici ed inquisitori del suo angelo,le
sembrava di averlo accanto….
La vostra
anima è sovente un campo di battaglia, dove il giudizio e la ragione
fanno guerra all'appetito e discordia in armonia! La ragione e la passione sono il timone e la vela di quel navigante che è
l'anima vostra.
KahlilGibran
L’indomani
mattina Christine andò di buon’ora
alla messa, alzandosi e vestendosi al buio per non destare l’amica,e non scendendo neppure in sala da pranzo a fare colazione.
Non aveva appetito,solo un gran peso sul cuore.
Era
sua abitudine recarsi alla funzione almeno tre volte alla
settimana.
Era
diventato l’unico momento di privacy della sua giornata, l’unico
momento di serenità con sé stessa.
Era
sempre stata molto devota,sin da bambina. Ricordava
con nostalgia suo padre, che con pazienza le aveva insegnato
canti e preghiere. Ora,era completamente sola in
quelle occasioni.
Meg infatti non era particolarmente
religiosa,e quindi non poteva imporle di partecipare alla funzione.
E,
d’altro canto,neppure Raoul amava troppo la
preghiera. Era un uomo intelligente,colto.. ma poco
credente.
Nel
buio e nella quiete della piccola cappella di campagna, Christine
aveva modo di riflettere su di sé,sul proprio
passato..e sul proprio futuro. Quanto le sembrava
tutto incerto!
Quella
mattina,come era già accaduto nei mesi
passati,era molto stanca e provata.
Aveva
trascorso la notte in balia di incubi orribili e
realistici ,che l’avevano fatta destare con angoscia e rimorso.
Ed era pervasa da mille dubbi…
Era
davvero la scelta più saggia per lei arrivare fino in fondo?
Accettare
quel matrimonio e la vita che esso avrebbe comportato? Strinse con forza le
mani congiunte.
Persa
nei suoi pensieri, non ascoltava neppure più la celebrazione. Udiva solo
un mormorio lontano..
Cercava
a tutti i costi di rassicurarsi,di quietare quel
turbamento che la divorava.
Raoul sarà senza dubbio un buon marito…è
così caro e premuroso! E poi quando avrò dei bambini,sarà tutto diverso…senza dubbio.
Sorrise
a quell’idea. Non aveva mai pensato ad avere
figli,prima.
Si
sentiva lei stessa una bambina…ma ora
l’idea di un tenero fagottino,che dipendesse soltanto da lei,che
l’amasse incondizionatamente….
Che l’amasse incondizionatamente…
Quel
pensiero la attraversò come una scarica elettrica,ed
involontariamente la sua mente corse di nuovo ad Erik…al
suo amore che ormai aveva perso per sempre…
Raoul
l’amava,di questo era sicura,ma pretendeva dei
cambiamenti da lei,nel comportamento , nell’abbigliamento,nei modi.
Il
suo Angelo invece non le aveva mai chiesto nulla,se
non un po’ d’amore.
E tu gli hai negato anche quello. Forse meriti
l’infelicità che stai vivendo.
Si
accorse improvvisamente di essere rimasta sola.
La
funzione era terminata senza che neppure se ne accorgesse.
Si
alzò,infilandosi il mantello scuro ed i guanti
per fare ritorno a casa.
Era
quasi sulla soglia quando si fermò e si
voltò indietro.
Gettò
uno sguardo al confessionale. Non era occupato.
Forse mi
sentirò meglio dopo essermi confessata. I pensieri che ho avuto in
questi due giorni sono tutt’altro
che adeguati ad una fanciulla che sta per sposarsi.
Si
avvicinò e si inginocchiò
all’interno del confessionale.
La
finestrina di separazione si aprì,e il prete
mormorò la formula in latino.
“Mi
benedica padre,perché ho peccato.”
“Dimmi,ragazza.”
Non
era la voce del suo solito confessore…doveva
essere un nuovo fratello del convento.
“Sono stata sgarbata con un servitore…ho litigato con
la mia migliore amica per uno stupido nastro di raso…”
Si
morse il labbro,sforzandosi di elencare in ordine di
gravità.
“Ho
fatto arrabbiare il mio fidanzato più volte con il mio comportamento,anche se non ne avevo l’intenzione. E poi…”esitò. “Io..”
“Non
posso concederti l’assoluzione se prima non mi confessi
ogni peccato.”
Il
tono del suo confessore era fermo e deciso.
Christine
si morse di nuovo le labbra prima di proseguire.
“Mi
capita di fare…dei pensieri..dei sogni…non sul mio fidanzato,ma su un altro
uomo.”
“Pensieri
impuri,figliola?”
Christine arrossì vistosamente.
Affrontare l’argomento la imbarazzava terribilmente, perfino con il suo
confessore. Non sapeva come proseguire.
“Non
precisamente.. Sono stata molto legata in passato a quest’uomo,e mi capita spesso di chiedermi.. come
sarebbe ora la mia vita se avessi deciso di stare al suo fianco.”
“Lo
amavi,figliola? Quest’uomo
era degno del tuo amore?”
Christine spalancò gli occhi. Si era aspettata una
lavata di capo terribile per il suo peccato di pensiero,per
i suoi dubbi da vigliacca…non un simile interrogatorio. Deglutì a
fatica per l’imbarazzo.
“Non
so se si trattasse di vero amore. Non so se sia vero
amore neppure quello che provo per il mio fidanzato…è proprio
questo il problema,padre…non so se faccio bene a
sposarlo…”
Sperava in qualche parola di conforto da
parte del religioso…ma quelle non vennero.
Schiarendosi
la voce, il padre confessore la rassicurò placidamente.
“E’
naturale avere dei ripensamenti,prima del matrimonio.
Credo che non dovresti prestare orecchio a questi dubbi che il Demonio ti mette
nel cuore, e attendere felice le tue nozze. Dopo tutto
migliorerà,vedrai. Ogni sposa pochi giorni prima ha di questi pensieri.”
Christine chinò il capo,rasserenata,mentre
il prete le impartiva la benedizione e la congedava.
Uscì
dalla chiesa con il cuore più leggero.
Doveva
smettere di pensare in negativo,e assaporare
ciò che di bello la sua nuova vita le stava offrendo.
Presto
la sua felicità sarebbe stata tangibile e completa.
Erik uscì furtivamente dal confessionale, devastato da
uno strano senso di nausea. Aveva appena compiuto il primo passo della sua
vendetta…perché si sentiva così?
Erano
già quattro giorni che aveva raggiunto la cittadina di provincia dove
Raoul si era rifugiato con la fidanzata,per sfuggire
agli interminabili pettegolezzi parigini.
Non
era stato difficile spiare i movimenti di Christine,e seguirla in chiesa,quel giorno.
Si
confessava spesso,a quanto pareva.. aveva citato
pochissimi peccati,rise fra sé.
Quali
peccati poteva commettere d’altronde un angelo
come lei…
Scacciò
bruscamente il pensiero dalla propria mente. Non doveva provare pietà
per lei.
Christine non ne aveva mostrata
per lui,abbandonandolo al suo infame e d atroce destino per inseguire
un’illusione di felicità con quel damerino.
Strinse
con rabbia i pugni,provocandosi un rinnovato dolore
alla recente ferita alla mano.
Doveva
nutrire la sua rabbia.
Davanti
al suono familiare ed ammaliante della voce di lei si
era quasi sentito svenire.
Tutto
il dolore accumulato nella separazione dei mesi passati lo aveva sommerso come
un fiume in piena, minacciando di dissolvere tutti i suoi propositi di
vendetta.
Marguerite
Giry non era una ragazza eccessivamente coraggiosa. Né la cosa aveva mai
rappresentato un cruccio,per lei.
Sin dall’infanzia era sempre stata attaccata alle gonne di sua
madre,l’energica e temibile Madame Giry, una sorta di leggenda vivente
del Teatro, ed era solo merito della costanza implacabile della donna se lei
aveva sviluppato le doti necessarie per essere una ballerina di fila
dell’Opera Populaire.
Non
sarebbe mai stata una diva delle punte come la Sorelli,le mancava lo
spirito di sacrificio e la forza di volontà necessaria a diventarlo. Ma
Meg non si faceva un cruccio neppure di questo.
Adorava la vita che conduceva al
Teatro,in quel modo fittizio ma affascinante,in compagnia della sua amica del
cuore, Christine..quasi una sorella per lei.
Poi,
a causa di quel dannato Fantasma dell’Opera, tutto era cambiato,nel
volgere di pochi mesi.
Prima
c’erano stati gli “incidenti”,che avevano gettato
l’intero cast in un clima di continuo terrore, di sospetti reciproci ed
infamanti.
Poi
Christine,giorno dopo giorno,aveva perso salute ed allegria,e si era
allontanata sempre più da lei. Spariva per giorni interi,senza dire a
nessuno dove andasse, e tornando sempre più spaventata e stanca. Non si
era voluta confidare neppure con lei,la sua migliore amica! Eppure
l’aveva supplicata così tante volte…
Quando
Christine le aveva parlato con adorazione del proprio Angelo della Musica, era
stata percorsa da un fremito di incredulità. Non credeva agli spiriti,
buoni o cattivi,e la storia della sua amica sembrava eccessivamente strana alle
sue orecchie. Non solo non vi aveva creduto, ma aveva tentato di dissuaderla,di
strapparla alle grinfie di questa sua fantasia.
Rammentava
la loro discussione nella cappella del Teatro,la sera del debutto di Christine.
Aveva tentato in ogni modo di strapparla a quell’adorazione per uno
spirito inesistente.
Christine
se parli di enigmi pace tu non avrai più
Questo tuo
angelo è un sogno,
ci sei
solo tu….
Si
era sbagliata. Angelo o Demone,una presenza ai limiti del sovrannaturale
incombeva sui loro destini.
La
sera della rappresentazione de Il Muto
Joseph Buquet era stato fatto penzolare sul palcoscenico durante un balletto, impiccato
come un maiale al macello,terrorizzando pubblico e cast.
Una
scena a dir poco agghiacciante.
Nessuno
di loro provava particolare simpatia per Buquet, uomo rozzo,maleducato ed
ubriacone… ciononostante una morte simile li aveva fatti tremare.
E
la sera del Don Juan Triumphant…un
brivido le corse per la schiena. Non c’erano parole per descrivere
efficacemente quell’Inferno.
Quella
sera dopo aver sedotto Christine sul palco, il Fantasma l’aveva
rapita,trascinandola nell’abisso infernale del suo covo sotterraneo,per
costringerla a sposarlo,chiaramente contro la volontà della ragazza.
Non
sapeva con precisione cosa fosse accaduto quella notte, né Christine
né il Visconte, che era penetrato laggiù per salvarla, ne avevano
mai fatto parola davanti a lei.
Probabilmente
non ne avevano fatto parola affatto,neppure in privato. Il ricordo doveva
ancora terrorizzarli.
Ricordava
solo uno stralcio di conversazione,avvenuto quella notte,quando erano tornati
in superficie.
La
polizia stava interrogando Raoul,mentre Christine era stretta nel protettivo
abbraccio di lei stessa e di sua madre. La ragazza era provata,ma sembrava
quasi assente.
Raoul
stava facendo una breve descrizione di quanto era accaduto fra loro e il
“Mostro”, e Christine, gli occhi distanti,spalancati come quelli di
una persona in trance,gli aveva mormorato soltanto “Non c’è
nessun mostro là sotto Raoul..nessun mostro…soltanto un
uomo…” ed una lacrima le era scivolata solitaria lungo la
guancia,senza che quasi lei se ne rendesse conto.
Meg
era stata così in pena per l’amica…chissà cosa aveva
dovuto affrontare per essere così scioccata!
Sentì
il rumore di una carrozza nella strada,e affacciandosi alla finestra vide
Christine, trafelata,che stava tornando a casa. Sorrise nel vedere che
l’amica era di buonumore.
Si
sentiva sollevata,dal momento che la sera precedente l’aveva vista molto
triste e a disagio.
Certo
soffriva per le prolungate assenze di Raoul…. Ma d’altronde dopo la
morte del fratello Philippe,
lui
era diventato capofamiglia,e doveva necessariamente occuparsi degli affari.
Non
poteva certo continuare a comportarsi come un ragazzino…possibile che
Christine non lo capisse?
Possibile
che non comprenda quanto è fortunata?Pensò con una
punta di amarezza.
Meg
non era innamorata di Raoul, ma invidiava lo stesso la felicità che fra
poco sarebbe toccata alla sua amica. Un marito bello,ricco,d’animo buono,che
la adorava e che non le avrebbe mai fatto mancare nulla…e lei?
Che
sarebbe stato di lei?
Il
sorriso le si spense in viso.
Avrebbe
fatto ritorno a Parigi, da sua madre.
Avrebbe
ripreso il balletto…ma era conscia che non avrebbe mai sfondato in quel
mondo.
E
di lì a qualche anno sarebbe stata troppo vecchia e troppo poco
attraente per continuare a danzare.
Se
avesse avuto fortuna,sarebbe finita a fare l’insegnante per qualche
giovane e ricca allieva.
Altrimenti…
Rabbrividì.
Molte ex ballerine avevano un futuro ben peggiore,l’unica risorsa di
sopravvivenza che rimaneva loro era la strada.
Scacciando
questi pensieri cupi, scese le scale ed andò incontro a Christine.
“Ben
tornata Christine..sei andata alla Messa?”
L’amica
le rivolse un sorriso radioso.
“Sì,sono
stata a messa e mi sono confessata,..sono così felice Meg! Ci pensi?
Manca soltanto un mese al mio matrimonio….oh,come ho potuto avere dubbi?
Sono la ragazza più felice al mondo!” E lo sembrava davvero,mentre
si toglieva il mantello e gli stivaletti,e li riponeva nell’armadio.
Meg
sorrise a sua volta,nonostante la pena che portava in cuore.
“Hai
ragione… a questo proposito ricordati che oggi nel pomeriggio dobbiamo
andare dalla modista… ti aspetta per prendere le misure e scegliere la
stoffa del tuo abito da sposa. Non è una cosa meravigliosa?”
Christine
si battè una mano sulla fronte,con espressione stralunata.
“Me
ne ero completamente dimenticata! Come farei se tu non fossi qui con me?”
L’abbracciò
stretta, senza percepire l’improvviso sussulto di Meg.
“Ora
andiamo a fare colazione,sono affamata! Raoul è già in sala da
pranzo? Vado a salutarlo..” e staccandosi dall’amica fece per
correre verso quella stanza.
“Christine..aspetta
un secondo! ” Meg strinse le labbra in una smorfia dispiaciuta.
“Raoul
è già uscito,non ha fatto colazione qui a casa…immagino che
affari importanti lo attendessero in città.”
Christine
mascherò malamente la propria delusione. Ogni luce sembrò
spegnersi sul suo visetto.
“Capisco…beh
immagino che tocchi a noi fare onore alla colazione. Sento un delizioso profumo
di ciambelle e marmellata…è strano,quest’oggi ho davvero una
gran fame!”
Meg
sorrise,e prendendola per mano trascinò Christine verso la sala da pranzo.
La
modista sembrava profondamente imbarazzata da quella strana situazione.
“Davvero
mademoiselle Daaè.. non riesco a capire come sia potuto accadere! Parola
mia…non è mai accaduta una cosa simile! Siamo state certamente
vittima di qualche imbroglio,è ovvio,ma lei deve credere alla mia
assoluta buona fede. Vede?”disse a Christine, porgendole una busta.
“Questa
è la nota che ci informava delle vostre misure,e dello schizzo
dell’abito che desideravate,stoffe comprese…e siamo state pagate in
anticipo.” La donna,rinfrancata dopo averle esibito quelle prove
inconfutabili della propria innocenza,le sorrise maliziosamente.
“Siete
certa che non si tratti di uno scherzo del vostro futuro sposo? Forse non si
fidava eccessivamente del vostro gusto e ha pensato di scegliere al posto
vostro,per farvi una sorpresa..”
Christine era stupita. Stupefatta,per la verità.
Possibile
che Raoul le avesse taciuto una decisione così importante?
Dissimulando
i suoi dubbi,sorrise alla modista.
“Probabilmente
avete ragione voi,Madame.. Posso vedere il mio vestito,ora? Sono davvero
curiosa di vederlo e provarlo. Dopo tutto…non manca molto alle nozze.”
La
donna scomparì rassicurata nel retro del negozio,lasciando Meg e
Christine sole per qualche minuto.
Anche
Meg sembrava scettica riguardo a quanto era accaduto: Raoul non era certo un
prevaricatore per natura,e non permettere ad una sposa di avere l’abito
che desiderava sembrava proprio un azione indegna di lui… Vide che
Christine la stava fissando,e distolse lo sguardo,temendo che l’amica
indovinasse i suoi pensieri.
Davvero
non riusciva a capacitarsi di quel gesto così poco carino.
“Ecco
qui Mademoiselle… Lo abbiamo confezionato velocemente,ma è
già pronto,ed è assolutamente splendido. Il vostro fidanzato ha
un gusto davvero impeccabile.”
Aprì
il pacco e spiegò il sontuoso abito sulla tavola della sartoria.
Christine
sbiancò improvvisamente,e le gambe cedettero sotto il suo peso.
Dovette
fare uno sforzo inimmaginabile per rimanere in piedi,e dominare le sue
reazioni.
Non
riusciva a credere a quanto stava vedendo davanti a sé…doveva
trattarsi di incubo.
Il
peggiore incubo che potesse affliggerla in quel momento.
L’abito
era di stoffa leggera ed impalpabile,probabilmente di seta e chiffon, di un
bianco avorio assolutamente privo di imperfezioni.
L’ampia
gonna formata da vari strati di tessuto scivolava leggera come le ali di un
angelo sotto un corpetto stretto e scollato,senza maniche, impreziosito da
perle e ricami in stile arabesco.
Il
lungo velo candido e trasparente era orlato di raso color panna,ed era
agganciato ad una coroncina di fiori morbidi e bianchi di seta.
Ho
già indossato questo abito….
Fu l’ultima cosa che riuscì a pensare prima di cadere al suolo di
schianto.
Capitolo 7 *** Di notte venne a me,nel sonno mio.. ***
CAPITOLO 6: DI NOTTE VENNE A ME,NEL SONNO MIO…
CAPITOLO 6:DI NOTTE VENNE A ME,NEL SONNO MIO…
Il destino
guida chi lo segue, trascina chi si ribella.
Seneca
Meg
teneva premurosamente la mano dell’amica,in attesa che rinvenisse.
Ultimamente
sta mangiando così poco… Non c’erano altre possibili cause
per il suo svenimento.
Fissò
l’abito da sposa ancora dispiegato sul tavolo.
Era
abbastanza bello,tutto sommato, certamente le stoffe erano preziose ed il
disegno piuttosto originale...
Ma
non avrebbe mai pensato che Raoul desiderasse un abito così provocante,
così particolare ed attraente per la sua fidanzata. Davvero strano.
Dopo
tutto c’erano stati già tanti pettegolezzi su di loro…fece
spallucce,scuotendo il capo.
Evidentemente
al ragazzo interessavano meno di quanto avesse dimostrato nei mesi passati.
Finalmente
Christine aprì gli occhi.
Per
meglio dire,li spalancò,come se fosse stata terrorizzata da qualcosa.
Meg
le accarezzò la mano con tenerezza. L’emozione di
quell’attesa era evidentemente troppo per lei.
“Christine”scherzò
“se questa è la tua reazione al vedere
l’abito…”,abbassò le voce e le sussurrò
all’orecchio,con fare misterioso,“non voglio immaginare quale
sarà la tua reazione la prima notte di nozze!Povero Raoul!”
Christine scoppiò involontariamente a ridere, seguita da Meg.
L’innocente
battuta della ragazza le aveva reso il buonumore. L’incidente del vestito
era già dimenticato.
Ovviamente
Meg non aveva potuto notare la forte rassomiglianza di quel vestito con
quello…con quello che Erik aveva preparato per lei,e che le aveva fatto
indossare in quella tragica notte,quando le aveva domandato di sposarlo. Non
avrebbe potuto.
Meg
l’aveva vista molte ore dopo,quando il prezioso abito era lacero,sporco
di fango,zuppo d’acqua.. in condizioni pietose,in verità. Era
stato probabilmente gettato via da qualche cameriera,come uno straccio di
nessuna importanza..non era più riuscita a trovarlo,e non aveva osato
farne parola con Raoul,com’è ovvio.
Per
fortuna Meg non aveva collegato il suo svenimento alle emozioni di quella
notte. Non avrebbe saputo trovare giustificazioni per quella sua imperdonabile
debolezza.
Ma questa
sera Raoul mi sentirà…mi ha giocato davvero uno scherzo di pessimo
gusto. Sospirò.
Certo
sapeva quanto mi avrebbe fatto infuriare.. deve essere stata la sua punizione
per il mio deplorevole comportamento delle ultime settimane. Il mio padre
confessore ha ragione,devo smettere di sognare e concentrarmi sulla famiglia
che stiamo per formare.
Il
Visconte de Chagny era immerso nel proprio lavoro,quando la sua
fidanzata,quella sera, bussò timidamente alla porta del suo studio
privato.
“Vieni
avanti Christine…non dovresti bussare. Lo sai che vorrei sempre averti
intorno.”
Gli
occhi chiari del ragazzo le sorridevano innocenti e felici…ma lei non era
venuta per fargli compagnia.
Christine
esigeva delle spiegazioni.Strinseforte i pugni dietro
la schiena mentre lui l’abbracciava e la baciava con trasporto.
Non
penserà di cavarsela con qualche smanceria!
Si
sottrasse al suo abbraccio,e si avvicinò al caminetto,tendendo le mani,
fingendo di essere infreddolita.
L’aria
della sera infatti,nonostante fosse primavera inoltrata,era ancora piuttosto
fresca.
“Raoul…devo
parlarti.” Gli voltava le spalle,perché non potesse decifrare la
sua espressione.
“Si
tratta del mio vestito da sposa…oggi sono andata da Madame Lertain,la
modista,e lei…”
Lui
la circondò protettivamente con le braccia. “Shhhh…non
aggiungere altro.”Le baciò le nuca.
“Non
voglio assolutamente sapere nulla del tuo vestito. Sono certo che ne avrai
scelto uno stupendo…e voglio rimanere senza fiato,quando ti vedrò
entrare in chiesa,quel giorno. Voglio poter pensare che un angelo sceso dal
Cielo è lì per me,e che da quel momento in poi sarà sempre
mio,e mio soltanto.”
Christine
si irrigidì improvvisamente sotto il suo tocco.
Com’è
possibile che…Raoul non sa fingere.. non può essere…
Sentì
il respiro indebolirsi,e si sciolse dall’abbraccio.
Con
un sorriso nervoso,si voltò verso il fidanzato.
“Non
mi ero accorta di quanto fosse tardi…Sono davvero stanca Raoul. Vado a
letto.”
Il ragazzo ne sembrò sorpreso e deluso. “Ma non è tardi
Christine…e Meg è in biblioteca,non è ancora salita in
camera. Perché non rimani ancora un po’? potresti leggermi
qualcosa…”
La ragazza si diresse velocemente alla porta, senza esitazioni. Sulla soglia si
voltò.
“Davvero
Raoul,sono esausta. Domani.. domani passeremo un po’ di tempo
insieme.”
Il
tono di lui si indurì di nuovo. “Mi sembrava di avertelo detto a
cena. Per un paio di giorni sarò ospite in città del mio amico,il
Duca di Sigognac. Non tornerò che venerdì.”
Lei
sembrò dispiaciuta per quell’ulteriore piccola separazione. Se ne
era completamente dimenticata… durante la cena la sua mente aveva vagato
altrove,lontana dalla brillante conversazione dei suoi commensali.
Tornò
sui suoi passi e lo abbracciò teneramente,quasi a farsi perdonare del
comportamento sgarbato di poco prima. Raoul non la rimproverava quasi mai,ma
lei si rendeva perfettamente conto di quando lui si sentiva ferito..povero
Raoul!Non meritava un compagno tanto paziente..
Il
giovane le accarezzò piano i capelli,sussurrandole all’orecchio con
straordinaria tenerezza.
“Se
penso che fra poche settimane sarai mia moglie.. mia moglie Christine! Ci
sveglieremo insieme ogni giorno,ed ogni notte dormiremo abbracciati. Sarai la
madre dei nostri figli…solo a pensarci sento il cuore che scoppia di gioia.”
Perché
io invece sento il cuore pesante? Dovrei essere felice anch’io come
lui,perfino più di lui… Dopotutto io non sono altro che
un’orfana sola al mondo,e lui è sempre stato così caro e
buono con me…
Non
poteva fare a meno di sentire un nodo alla gola.
Lo
stretto nodo alla gola tipico del senso di colpa.
Qualche
minuto più tardi si trovava al sicuro nella propria camera da letto.
Si
sentiva incredibilmente stanca, aveva le palpebre pesanti e non vedeva
l’ora di coricarsi.
Non
sarebbe riuscita neppure ad attendere l’arrivo di Meg.
La
ragazza, sprofondata nella lettura dell’ultimo romanzo di grido,non
sarebbe venuta a letto molto presto,del resto. Spense quasi tutte le candele
della camera,rimanendo ferma un attimo ad assaporare quell’atmosfera
romantica e soffusa.
Era
notte di luna piena,notò con uno sguardo rapido fuori dalla finestra
semichiusa.
Le
notti di luna piena..si dice che in queste notti il potere della Luna spinga
gli esseri umani a seguire le proprie passioni,i propri istinti,senza badare
alle conseguenze.
Sorrise
fra sé e sè.
Ricordava
quante volte,all’Opera Populaire, aveva sentito parlare di seduzioni
lascive e proibite proprio nel periodo della luna piena..tutte
scuse,certamente. Ma l’immagine aveva colpito la sua mente
impressionabile di bambina,e l’aveva fatta a lungo fantasticare,ogni
nuovo ciclo lunare.
Dopo
aver indossato la semplice camicia da notte di lino azzurro, procedette con il
suo solito rituale.
Cento
colpi di spazzola la sera,cento la mattina. Il segreto dei suoi capelli
perfetti.
Sorrise
di nuovo, al ricordo dei saggi insegnamenti di Madame Giry,la donna che in
pratica le aveva fatto da madre,quando al mondo non le rimaneva più
nessuno.
Era
solo merito suo se Christine era riuscita ad ottenere un posto all’Opera
Populaire, prima come ballerina di fila e poi come ragazza del coro. E in
seguito,come primadonna…
…solo
merito di Madame,certo. E del suo angelo…
Per
una sorta di strana suggestione, dovuta a quei nostalgici pensieri, le sembrava
di udire un lontano richiamo,nell’aria. Dalla finestra aperta le
giungevano dolci note udite già… come il richiamo inesorabile
di una vita precedente..
Sapeva
che tutto ciò era impossibile…ma avrebbe giurato di udire,chiara e
squillante, nascosta nell’oscurità del parco adiacente alla villa,
la voce inconfondibile del suo Angelo della Musica. Rammentava quel canto..
“Sei
con me qui
Dove regna
la musica
Dove perdo
per sempre memoria del mondo
sempre
Ti ho
sentita
Era un
palpito il canto tuo
e ho
voluto portarti con me,
ho voluto
te qui per cantarmi così
le mie
note,
mia
musa...”
Come
le sembrava lontano quel tempo…la notte in cui le aveva fatto
attraversare lo specchio,e scoprire un mondo nuovo e completamente
diverso…il suo mondo.
Un
mondo fatto di cose terribili e fantastiche, pure e perverse, luminose ed
oscure.
Il
mondo che avrebbe desiderato condividere con lei.
“Quando
brami strane tentazioni
Quando
vuoi oscure sensazioni
Nella
notte senti
Immensi
sogni ardenti
Notte
lieve, colma di splendore
Chiama,
senti, offrile il tuo cuore
Guarda gli
occhi miei
Come in
sogno ti vorrei
Non
sarà la luce che davvero vuoi
La notte
è dolce musica per noi”
Chiuse
gli occhi,abbandonandosi come priva di volontà contro lo schienale della
seggiola.
Poi,sempre
come se fosse attratta da una forza ammaliante,si alzò e uscì in
corridoio,senza neppure infilarsi una vestaglia sulla leggera camicia da notte.
Cominciò
a scendere lentamente i gradini della scalinata che portava alla grande
terrazza esterna.
Aprì
piano la porta,senza far rumore. Nessun servo la udì.
Quelle
note che le risuonavano nella mente sembravano guidarla,attrarla a loro come
una forza incontrastabile..
..e
lei si sentiva così debole,debole..
“Chiudi
gli occhi ed arrenditi, adesso puoi
Per
salvarti i tuoi sogni infiammerò
Chiudi gli
occhi e il tuo angelo sarò
Fantasie
nel tuo calice berrò”
Uscì
nella fredda aria della notte.
Non
vide nessuno nel buio che circondava la casa,e continuò a seguire quel
canto,alla cieca,inciampando con i piedi nudi negli sterpi che crescevano
selvaggi oltre il giardino ben curato della villa.Neppure quel piccolo dolore la
ridestò dalla trance in cui era sprofondata.
Non
poteva più fermarsi…
“Notte
nera che ti avvolge adesso
Tinte
tetre, sei in mio possesso
Vivi e
capirai, nell'immenso volerai
Se non hai
confini, so che tu lo puoi
La notte
è dolce musica per noi”
E
poi finalmente lo vide. Il suo Angelo della Musica,il diavolo che ancora le
bruciava nel cuore e nel sangue.
La figura alta ed imponente,come sempre avvolta in un lungo mantello nero.
I lucidi capelli neri ordinatamente ravviati all’indietro.
E
la maschera…la mezza maschera bianca come la porcellana, che mandava
sinistri bagliori alla luce della luna e a quella più minacciosa della
torcia accesa che reggeva.
L’ultima
volta che lo aveva visto era senza maschera….le era difficile riabituarsi
a quella strana presenza tra loro.
Avrebbe
voluto voltarsi e fuggire il più velocemente possibile,il più
lontano possibile da quell’uomo che dominava la sua vita con il semplice
esercizio della propria voce.
Ma
non riusciva a sottrarsi al suo incantesimo, e continuava ad avanzare verso di
lui.
Erik,la
cui espressione era rimasta impassibile,proseguì nel suo canto.
“Senti,
ormai la ragione è muta, fugge via
Coi
pensieri di un mondo non più tuo
Volerò
dove offenderci non può
Con l'idea
che persa in me ti avrò”
Avvicinandosi,
le prese la mano,come tanto tempo prima,e se la portò alle labbra in un
rispettoso gesto di saluto. Lo aveva sempre fatto..
Christine
rabbrividì alrinnovato
contatto con quelle mani gelide come la morte stessa,ma non ritirò la
propria mano da quella di lui,che iniziò a girarle intorno,fino a
trovarsi alle sue spalle.
Da
quella posizione la circondò con le braccia,attraendola contro di
sé, e terminò la canzone.
Christine
chiuse gli occhi,completamente perduta nella magia di quel canto.
“Folle
scorre velenosa ebbrezza
Dammi,
ama, prendi ogni carezza
Resteremo
qui, lascia nascere così
Quell'immagine
d'amore che tu vuoi
Può
tutto questa musica per noi
Evochi,
mia musa, se lo vuoi
Sempre
immensa musica per noi”
Non
appena luitacque, la magia si
spezzò.
Christine
con un brivido di terrore assoluto realizzò di essere sola,di notte,in
camicia…con il fantasma del suo passato. Come aveva potuto essere così
sciocca…lasciarsi sedurre a quel modo?
Ora,chissà
quali cose terribili le sarebbero accadute….
Ma
qualsiasi inizio non è che un seguito, in realtà, ed il libro del
destino è sempre aperto a metà.
Wislawa
Szymborska
“Vedo
che la mia voce ti fa sempre il medesimo effetto…”
Christine si slanciò in avanti,liberandosi dalla stretta avvolgente del
suo antico mentore.
Lo
guardò con occhi spalancati, un’espressione sbigottita che svelava
solo in parte il risentimento e la sorpresa che provava in quel momento.
Così
era stata tutta un’idea sua…era stato lui a farle preparare il
vestito da sposa, dolorosamente identico a quello che le aveva donato quella
notte… Sentì le lacrime minacciare di salirle agli occhi,ma si
dominò.
Non
voleva fargli percepire il proprio sconcerto. Non poteva mostrarsi debole ed
indifesa,o lui ne avrebbe approfittato,come un predatore.
Purtroppo
per lei,gli occhi di Erik erano giudici inesorabili.
Si
era aspettato di trovarsi davanti una persona diversa,cambiata nell’anno
che li aveva visti separati.
Si era aspettato che il condurre una vita agiata ed elegante l’avesse
trasformata in una delle tante pompose e tracotanti nobildonne che avevano
sempre affollato il suo teatro.
Si
era aspettato che il tempo avesse sciupato almeno un po’ la sua fresca
bellezza,e l’avesse resa più umana.
E
invece,si era sbagliato. Alla luce della luna comprese che non l’aveva
mai vista così bella.
Gli
occhi brillavano di rabbia e sorpresa,scintillando come piccole stelle di color
verde smeraldo.
Le
guance erano in fiamme, e contrastavano con il cereo,perfetto candore della sua
carnagione.
I
capelli,sciolti nell’ora di andare a letto,le ricadevano sulle spalle
come un mantello di seta morbida e scura.
La
camicia da notte azzurra era quasi trasparente alla luce lunare,e dovette
dominarsi per non indugiare a lungo su quel corpo dalle fattezze perfette.
Ripensando
a come lei lo avesse lasciato,a quale sofferenza gli avesse volontariamente
provocato, in un attimo tutto il suo desiderio per lei sfociò in aggressivo rancore.
Fece
un ghigno crudele nel notare il disagio della ragazza.
“Sembri
incredibilmente sorpresa di vedermi,mia cara. Pensavi anche tu che fossi
morto,dunque? Forse te lo auguravi perfino.”
“Non
l’ho mai pensato.” Rispose lei,il tono di voce assai più
tranquillo di quanto lui si aspettasse.
Sembrava
aver recuperato perfettamente la padronanza dei suoi nervi.
Maledizione,il
mio piano non sta funzionando! Si inquietò lui.
Christine
sollevò sul suo Angelo gli occhi,ora quasi timidi ed imploranti.
“Se
tu fossi morto…lo avrei sentito. Lo avrei saputo,in qualche modo.”
Lui
rise sprezzante,mascherando l’emozione che provava.
“Certamente…Madame
Giry te lo avrebbe scritto immediatamente. Avreste tirato entrambe un bel
sospiro di sollievo,immagino, nel pensare che non sarei più tornato a
tormentarvi.”
I
suoi occhi erano gelide fessure piene di odio, ben diverse dagli occhi colmi di
affetto e gentilezza che aveva imparato a conoscere in passato,quando lui era
stato suo amico e maestro...e non solo.
Christine
deglutì,cercando di pensare. Cosa poteva rispondergli? E poi,cosa ci
faceva lui lì? Cosa voleva da lei? Troppe domande le siaffollarono contemporaneamente in testa.
Come
se le leggesse nella mente, Erik proseguì.
“Non
dovresti avere quell’aria afflitta e preoccupata,Angelo.” Pronunciò l’ultima parola con una punta
di disprezzo,digrignando i denti..
“Non
sono qui per sciupare il tuo perfetto matrimonio con il Visconte,anzi. Ben lungi da me quella sconsiderata idea.
Mi sono permesso perfino di portarti un piccolo regalo di nozze.”
Le
ammiccò in maniera grottesca. “Lo hai già provato? E’
l’esatta copia del vestito che avevo creato per te. Immagino che
l’originale fosse andato irrimediabilmente rovinato,durante la vostra
fuga precipitosa…”
Di
nuovo sorrise crudelmente, prendendosi gioco di lei.
“Sono
altrettanto certo che tuo marito sarà entusiasta ne vedertelo indossare.
Lo hai già informato? Immagino quanto la cosa lo avrà
rallegrato…”
Christine
reagì a quella prolungata offesa.
“Non
lo vedrà mai,invece! Domattina stessa mi recherò di nascosto da
un’altra modista…eavrò il MIO abito, un vestito che sceglierò
personalmente,e non a tuo gusto. Non hai più nulla a che fare con me.
Non puoi più comandarmi,Erik. Non hai mai potuto!”
La
risposta lo fece infuriare enormemente.
Avanzò
minaccioso verso Christine,che iniziò a tremare,ma non arretrò di
un passo.
Si
fermò proprio davanti a lei. I loro visi erano solo a pochi centimetri
di distanza…lui poteva sentire il delicato profumo di mughetto che lei
indossava.
Il
suo preferito,da sempre,forse perché da sempre lo associava a lei.
Quel
delicato profumo gli andò alla testa,facendolo quasi impazzire.
Afferrò
di scatto il braccio della ragazza e lo strinse con forza.
Lei
sbiancò, ma non disse una parola,lanciandogli uno sguardo di sfida.
“Vedo
che in questi mesi hai sviluppato un bel caratterino…Il Visconte gradisce
che sua moglie pensi con la propria testa?” fece un ghigno diabolico.
“Buffo,avrei
pensato che un damerino come lui fosse schiavo dell’etichetta e delle
regole della società. In paese ho sentito parlare di voi…pare che
la famosa soprano abbia deciso,di sua
spontanea volontà e per amore del futuro sposo,” le fece
crudelmente il verso,”di non esibirsi mai più. E’ vero
Christine? Hai venduto l’anima al diavolo…a me!,per diventare una
stella del canto.. e dopo tutti quei sacrifici…getti all’aria tutto
per una villa piena di servitù ed un marito ricco ed assente? Era
davvero questo il sogno della tua vita?”
Non
c’era più crudeltà nella sua voce,solo
un’incommensurabile pietà.
Una
pietà che ferì Christine.
“E’
stata la mia scelta Erik! Io amo Raoul…”distolse lo sguardo.
Non
riusciva a mentire fissando quegli occhi, che la trapassavano come la lama di
un coltello,e la ferivano allo stesso modo.
“Non
te l’ho neppure domandato,Christine. Non vedo che bisogno ci sia di
rimarcarlo, d’altronde.
Dal
momento che hai accettato di sposarlo,sono assolutamente sicuro che tu lo ami…”
Sospirò,impaziente.
“E come ti ho già detto,non sono qui per provare a separarvi.
Oh,no.”
Lei
lo guardò con improvviso stupore. “Ma..allora..”
Rise
davanti alla timidezza che le impediva di finire la domanda.
“Cosa
diavolo ci faccio qui?” La sua bocca assunse una piega amara.
“Volevo rivedere per un’ultima volta la mia allieva…sentirla
cantare un’ultima volta per me,per me soltanto.”
I
suoi occhi erano come infuocati,mentre la fissava implacabile. “Chiedo forse
troppo?”
Christine
avvampò a quel pensiero. “Lo sai che non posso. Se Raoul scoprisse..”
“Non
ho detto che tuo marito debba esserne messo al corrente.” Di nuovo
sogghignò.
”Non è ancora mio marito,e lo sai.” Sembrava offesa,adesso.
Lui
sentì il sangue ribollirgli per la rabbia,ma si impose la calma.
“Certo,certo,perdonami.”
Rimasero
in silenzio per alcuni istanti, ascoltando l’uno il respiro
dell’altra, in maniera quasi famelica.
Era
come se nessuna parola potesse farli sentire più intimi e vicini di quei
respiri.
Non
si sfioravano neppure, ma in qualche modo erano come in comunione,una comunione
desiderata da troppo tempo ormai,troppo a lungo negata.
Poi
lui spezzò quello strano incanto.
“Non
pretendo nulla da te,e non ho bisogno di costringerti. Se desidererai vedermi,
io sarò alla locanda giù in paese. Non dovrai far altro che
chiedere del mercante arabo…”mascherò un risolino.
“Beh,ho
trovato più opportuno travestirmi,affinché nessuno vedesse
l’orrore della mia faccia. Sono sicuro che la voce di un uomo sfigurato
appena arrivato nei dintorni sarebbe giunta troppo presto all’orecchio
del nostro caro Raoul de Chagny.”
Le
fece un inchino beffardo e cerimonioso,e se ne andò.
Christine
lo guardò montare sulla cavalcatura che aveva nascosto fra gli alberi, e
galoppare via silenziosamente,nella notte.
Ancora
non riusciva a capacitarsi di quanto era successo. Chiuse strettamente gli
occhi,come faceva da bambina ogni volta che si svegliava dopo un incubo.
Forse
quando li riaprirò scoprirò che si è trattato soltanto di
un sogno,uno stupidissimo sogno…
Ma
quando riaprì gli occhi,vide a terra qualcosa che non lasciava spazio ai
dubbi.
Sull’erba,
davanti a lei, il suo angelo aveva lasciato cadere una rosa. Un rossa
d’acceso color cremisi.
La
raccolse lentamente da terra,e ne aspirò il delicato profumo. Un
pensiero le attraversò la mente.
Mio
nemico, sei tutto il bene mio .
Col cuore e l'anima, anche tu lo sai che ferita è
Tu sai ... Io t'amo e tu, ami me .
Mio nemico e bene mio
L'amor non ha più pietà.
E' ferita in noi
Amedeo
Minghi
Raoul
in quei mesi l’aveva letteralmente ricoperta di premure,attenzioni e
regali.
Ogni
settimana non mancava mai di farle consegnare un mazzo di fragranti ed eleganti
fiori di serra, dei più svariati colori e di esotica provenienza.
Erano
mazzi sontuosi,costosi,degni di una principessa.
“Della
mia dolce principessa Lottie”,scherzava lui.
Quella
rosa era invece il più comune dei fiori che si trovavano in Francia.
Rossa,a
stelo lungo,come quelle che si vendono ad ogni angolo di strada,a Parigi,per le
coppie innamorate. Solo il nastro di raso nero,accuratamente annodato attorno
al gambo, era il tratto distintivo di Erik.
Annusò
ancora una volta la corolla screziata,come se quel profumo producesse in lei lo
stesso magico effetto di una droga orientale. Nessuna sfarzosa composizione
floreale poteva competere con quel semplice bocciolo.
Non
per lei,almeno…
…e
il Fantasma lo sapeva bene. Ancora una volta,l’aveva stregata.
Pochi
minuti più tardi, in punta di piedi, Christine rientrava nella villa,e
si faceva lentamente strada al buio verso la sua camera.
Non
voleva accendere alcuna luce,per non attirare l’attenzione di qualche
servitore ancora sveglio.
Scivolò
in camera,e mentre richiudeva la porta udì nel buio la voce assonnata di
Meg.
“Chris…ma
dov’eri? Sono arrivata in camera e non c’eri..” Meg
sbadigliò.
“Lo
sai che non dovresti restare alzata fino a tardi in compagnia di Raoul
soltanto.. se lo sapesse maman…”
Christine
cercò di forzare la propria voce in un tono leggermente colpevole ed
accondiscendente.
“Hai
ragione Meg..ti chiedo scusa. Non accadrà più,lo giuro.”
Meg
brontolò qualcosa,e si voltò nel letto,rannicchiandosi sotto le
coperte.
Prima
di scivolare nel sonno per l’ennesima volta,un pensiero le balenò
in mente.
Il roseto
deve essere già tutto in fiore. Sento quel penetrante profumo sin da
qui,con una sola finestra aperta…
“Davvero
amico mio non so come tu possa commettere una sciocchezza simile!”
Il
duca di Sigognac scoppiò in una rumorosa risata, notando che Raoul
impallidiva per la stizza.
“Oh,andiamo!
Non prendertela…stiamo solo conversando. So bene che ami quella
ragazza… Dio mi è testimone,ho difeso la tua scelta di un
matrimonio disinteressato con quella bella figliola davanti a un mucchio di
vecchie cariatidi! Devo ammettere soltanto che non mi aspettavo che una
mammoletta come te fosse in grado di dar scandalo in questo modo. Tutto
qui.”
Raoul
tacque. Lui e Jules de Sigognac erano amici da anni.
Figli
di famiglie aristocratiche,avevano frequentato le stesse scuole e la stessa
accademia militare.
In
realtà nessuno avrebbe potuto immaginarsi, giudicando dall’esterno,che
due individui così completamente diversi potessero essere davvero amici.
Raoul
de Chagny possedeva modi garbati,una voce pacata e lineamenti fini e
delicati,quasi femminei.
Era
amante delle arti e della musica,e possedeva un animo gentile.
Jules
de Sigognac era invece un uomo robusto,dall’aria sprezzante, rude nel
comportamento e rozzo nel modo di pensare. Amante più delle donne e
dell’alcool che dello studio,era stato la pecora nera del loro collegio.
Era
sempre stato il leader di ogni spedizione e bravata, la faccia di bronzo che
sfidava i professori, ben consapevole che il suo rango lo salvaguardava da
qualunque punizione o espulsione.
Jules trattenne a stento un sorriso,mentre versava del brandy per sé e
per l’amico.
Il
Duca era stato il primo fra i nobili della loro cerchia a provare a sedurre la
fidanzata dell’amico.
Non
solo per provarne l’effettiva fedeltà,come aveva sottolineato
raccontando divertito l’episodio ad alcuni amici comuni, ma soprattutto
perché si sentiva incredibilmente attratto da lei.
Quella
semplice ragazzina,così poco appariscente,così diversa sia dalle
fredde e imbellettate nobili che frequentava in società che dalle
sguaiate e volgari donne di piacere con cui si intratteneva spesso e volentieri,
gli aveva letteralmente incendiato il sangue.
Non
riusciva a togliersi dalla testa il modo sdegnoso e furibondo con il quale si
era sottratta al suo approccio.
Lo
aveva guardato con odio ed orrore,ed era fuggita prima che lui potesse dire una
parola in sua difesa.
Forse
quella ragazza è l’eccezione che conferma la regola…le
attrici hanno sempre avuto un prezzo. O la ragazza è davvero
l’innocentina che finge di essere,.. o dovrò solo trovare il
prezzo per arrivare a lei.
Davvero
non sapeva darsi pace che una donna così bella avesse scelto di sposare
quell’insignificante Visconte. Sì,lui e Raoul erano amici…ma in
fondo in amore tutto è concesso,no?ridacchiò.
E
poi erano anni che il modo di comportarsi e di agire di Raoul lo aveva seccato.
Non ne poteva più di sentirlo continuamente citare,da uomini e
donne,come esempio di coraggio, intelligenza, bellezza e fulgida virtù.
Lo
si sarebbe creduto un Dio sceso in terra,stando a questi racconti,e non quella
mammoletta che era in realtà.
Doveva
giocare d’astuzia.
Se,come
avevano fatto altre famiglie dell’aristocrazia,avesse voltato le spalle a
Raoul de Chagny, non avrebbe più avuto occasione di incontrare la
ragazzina.
Invece,mostrandosi
dalla loro parte…non gli importava sapere quanto avrebbe dovuto
attendere.
L’avrebbe
avuta prima o poi,anche se fosse già stata sposata.
In
fondo, lui non sarebbe mai stato stupido quanto Raoul.
Una
donna così non si può né si deve sposare… si passa
con lei qualche piacevole ora,la si ricompensa adeguatamente con qualche
regalo.. e poi addio!
Porse
il bicchiere a Raoul.
“Allora?
Quando si celebrerà finalmente questo matrimonio? Alla fine del mese?”
Raoul
abbozzò un debole sorriso.
“Credo
di sì,è quasi tutto pronto. Soltanto che…” Il ragazzo
abbassò gli occhi,giocherellando nervosamente con il bicchiere. Non gli
piaceva il liquore,non ne aveva assaggiato ancora neppure una goccia.
L’amico invece era già al terzo bicchiere. Sospirò.
“Sai,ogni
tanto ho l’impressione che Christine non sia ancora pronta per un passo
simile. E’così giovane…e nell’ultimo anno ha patito
enormemente. La morte di alcuni suoi amici,l’aver dovuto lasciare Parigi
e il teatro dell’Opera che era stato tutta la sua vita.. Ogni tanto mi
chiedo se ho fatto bene a chiederle di rinunciare al canto. Da allora mi
è sembrata così triste e sperduta…”
Jules
fece una gran risata.
“Amico
mio,che cuore tenero che ti ritrovi! Fossi in te non mi preoccuperei
eccessivamente per la tua mogliettina. Non appena avrà tre o quattro
marmocchi a cui badare non avrà il tempo materiale per struggersi di
nostalgia al ricordo dei suoi giorni da diva. Falle vedere chi è che
comanda.. le donne hanno bisogno che il loro uomo si comporti come una guida
severa. Questo le rassicura. Non puoi continuare a fare tutto ciò che ti
chiede lei.”
Raoul
sembrò rassicurato. “Forse hai ragione,Jules. Non ci avevo
pensato.. come sempre tu sai dire le parole giuste al momento giusto. Come
farei senza di te?”
“Già…come
faresti…” mormorò sarcastico il Duca.
Christine
fu svegliata dalla strana sensazione di essere osservata.
Aprì
lentamente gli occhi.
Nel
breve lasso di tempo fra il sonno e la piena coscienza, cercò di convincere
sé stessa di aver avuto soltanto un incubo. Non era possibile che fosse
accaduto davvero…
Ma
appena mise a fuoco la stanza nella pallida luce del mattino, vide Meg,tremante
e concitata, che stringeva in mano una rosarossa.
La
rosa di Erik…
Meg
non aveva bisogno di fare domande. Sapeva benissimo chi firmava i propri doni
floreali con quel nastro.
Ecco
cos’era il profumo di ieri sera…altro che roseto in fiore!
A
onor del vero non aveva frugato fra le cose di Christine.
Aveva
semplicemente notato,appena sveglia, la macchia cremisi del bocciolo spiccare
sulle coltri celesti del letto dell’amica,che si era addormentata
stringendo il fiore fra le mani.
Non
aveva intenzione di spiarla,né del resto poteva in alcun modo sospettare
che il Fantasma fosse tornato.
Era
così sicura che fosse morto un anno prima…quando proprio lei
stessa aveva ritrovato la sua maschera.
Ora
fissava l’amica,una muta ostinazione e un velato rimprovero negli occhi.
Christine
avvampò. “Meg..non è successo nulla. Non è come
pensi..”
”Come puoi sapere quello che penso Christine? Non te lo immagini
nemmeno!” l’aggredì,con le lacrime agli occhi. Sembrava
distrutta da quella nuova rivelazione.
“Capisco
solo che hai rivisto quell’orribile demonio,quell’assassino senza
pietà.. e ho lo strano presentimento che non sarà l’ultima
volta. Quel bastardo è tornato a tormentarci! E tu sei cascata nella sua
trappola! Saremo tutti perduti.. un’altra volta!”
Chrstine
si alzò,ed impeto corse ad abbracciare l’amica,cullandola
piano,come se fosse una bambina.
“No
Meg…non andrà così, te lo posso giurare.. E’voluto
venire.. soltanto per salutarmi,per.. farmi i suoi auguri per le mie nozze.
Nient’altro. Calmati…”
Meg
si sciolse dall’abbraccio,e la guardò fra le lacrime.
“Dio,Christine,lo
dici quasi con un tono dispiaciuto! Avresti per caso voluto che tornasse a
rapirti? Che uccidesse Raoul magari? Sei impazzita!? ”
Christine
rabbrividì. “Non dire stupidaggini! Certo che no..Come puoi anche
solo pensare ad un’eventualità così tremenda!”
Ma
in fondo al cuore sentiva di mentire.
Non
avrebbe certo voluto che accadesse qualcosa di male al suo caro,dolce
Raoul…ma al contempo soffriva nel vedere che Erik l’aveva
così facilmente dimenticata. L’aveva cancellata come un brutto
ricordo.
Quella
dolorosa consapevolezza aveva spalancato la porta a tutto il dolore che aveva
provato quella notte…
…quella
notte….
…la
notte in cui il suo mondo precedente era andato in pezzi.
La
notte in cui,per la prima volta,aveva capito con stupore di amarlo,di averlo sempre
amato,e di non essersene mai resa pienamente conto.
Quella
notte aveva trovato il coraggio di esprimergli i suoi sentimenti, e di
baciarlo.
Erik
un tempo le aveva confessato che neppure la sua stessa madre aveva mai avuto il
coraggio necessario per baciarlo, dimenticando per un attimo la sua orribile
deformità.
Mesta
creatura lontana,quale esistenza è la tua? Tu non sei più solo al
mondo…non ti lascerò!
Aveva
creduto alle parole che stava pronunciando.
E
poi si era sollevata in punta di piedi,e lo aveva baciato,infilandosi al dito
l’anello.
Non
lo aveva fatto semplicemente per salvare Raoul, che era stato impiccato da
Erik.
Lo
aveva fatto perché aveva finalmente compreso la profondità dei
suoi stessi sentimenti.
Quel
bacio le bruciava ancora sulle labbra.
Non
era stato nulla di lontanamente paragonabile ai baci freschi e teneri di Raoul.
Era
stato un bacio oscuro,avvolgente,che l’aveva pervasa come un fulmine.
Quando
si erano staccati,ansanti,lei gli aveva sorriso teneramente,gli occhi splendenti
di felicità.
E
a quel punto era accaduto l’inimmaginabile.
Erik
aveva iniziato a piangere,e poi..
Lui
l’aveva scostata,con un secco movimento del braccio.
E
senza neppure voltarsi,aveva lasciato cadere la corda che imprigionava Raoul e
gli aveva detto di fuggire,di portarla via.
Ricordava
le sue brusche e crudeli parole, come se fossero state pugnalate al petto.
Basta,andate,tu
portala via! Io resterò,lasciatemi qui…forza,o vi troveranno! Sono
già quasi qui…
La barca
è laggiù…e non dite mai chi vedeste quaggiù…
Va’via,va’via
per sempre!
Lei
era rimasta così sbigottita da quelle parole da essersi lasciata
trascinare via da Raoul senza dire una parola. Si era fermata un solo
istante,per sfilarsi dal dito l’anello,e posarlo sull’organo,con
uno sguardo ferito e triste al suo Angelo.
Ancora
mentre la piccola barca scivolava sulle acque,si era voltata indietro.
Erik
era immobile sulla riva,e li guardava allontanarsi. Non disse nulla…
Oh Dio,se
solo avesse detto una parola mi sarei gettata in acqua e sarei ritornata da lui
a nuoto!
Pensò tristemente. E invece nulla di questo era accaduto.
Strano
come per tutti quei mesi avesse rifiutato ostinatamente di ripensare a quella
notte.
Solo
adesso si rendeva conto di quanto ancora le bruciasse quell’abbandono.
Adesso
che era ormai inutile ripensarci,ora che nulla poteva più cambiare.
I ricordi
tengono unito ciò che il destino ha diviso.
Anonimo
“Christine!Christine
cos’hai? Mi fai paura!!”
La
ragazza si riscosse dai propri pensieri…cosa le era successo? Lo sguardo
di Meg la spaventò.
L’amica
la stava fissando ad occhi sbarrati,scuotendole vigorosamente un braccio.
“Continuavi
a fissare il vuoto,lo hai fatto per minuti interi.. ma cosa ti succede? Ti
senti bene?”
Christine
le sorrise debolmente, stringendole la mano per rassicurarla.
“Non
ci badare Meg…stavo solo pensando al passato.”
Si
fece incredibilmente seria. “Ora però devi promettermi che non
dirai nulla a Raoul di quanto è accaduto. Devi giurarmelo…non ne
farai parola. Né dell’abito da sposa,né di quanto accaduto
questa notte.”
Meg
sembrava disorientata.
Non
era mai stata brava a mantenere i segreti,neppure gli innocenti pettegolezzi
che giravano fra le ballerine.
E
quello era un segreto maledettamente difficile da tacere…soprattutto
perché poteva cambiare da un momento all’altro la vita di tutti
loro.
Sospirò
pesantemente,indecisa sul da farsi.Non poteva negare un favore alla sua migliore amica,anche se pensava che
il suo comportamento fosse sbagliato.. e profondamente stupido.
D’altra
parte che altro avrebbe potuto fare? Non avrebbe mai avuto il coraggio di
spiattellare una simile verità al Visconte. Era troppo buono per
crederci,e forse si sarebbe solo inutilmente adirato con lei.
“Lo
prometto. Ma tu, promettimi di non fare sciocchezze.” Le puntò
contro l’indice,minacciosa.
“E’inutile
che ti chieda di promettermi di non vederlo più.. so che non manterresti
il giuramento.”A questo
punto sembrava quasi rassegnata.
Christine
sembrò soddisfatta dalla sua risposta,ed annuì solenne.
“Cercherò
di comportarmi nel modo più sensato possibile,lo giuro.”
Meg
inarcò un sopracciglio. Con quelle parole,aveva promesso tutto e non
aveva promesso nulla. La sua amica si stava rivelando più astuta del
previsto.
Christine
a quel punto le rivolse un sorriso smagliante e divertito,per cambiare
discorso.
“Ma
lo sa,mademoiselle Giry,che ogni giorno che passa lei assomiglia sempre di
più a quella saggia donna di sua madre?? Chi l’avrebbe mai
detto!!!”
Ed
entrambe risero.
Ma
quella innocente battuta aveva dato un’ottima idea all’ingenua Meg.
Io non ho
idea di come affrontare una situazione come questa…ma maman certamente
saprà cosa è meglio! Le scriverò oggi stesso,e
seguirò i suoi consigli.
Trascorsero
un paio di giorni,nella quiete più totale. Le due ragazze passeggiavano,
leggevano, chiacchieravano e scherzavano… il tutto senza far parola degli
ultimi avvenimenti.
Raoul
non tornò in anticipo dalla città,ed Erik non si fece più
vivo.
All’apparenza,la
vita era tornata normale. Ma non era affatto così.
Christine
si sentiva profondamente turbata,ma davanti all’amica non lasciò
trapelare il suo stato di crescente nervosismo. Le pesava averla costretta al
silenzio,ma era un sacrificio necessario.
Non
poteva smettere di pensare ad Erik,ed all’enorme potere che aveva ancora
su di lei.
L’aveva
stregata e aveva vinto ogni sua resistenza con una semplice canzone…
avrebbe potuto fare molto di peggio,con lei in quello stato di impotenza,eppure
si era comportato da gentiluomo.
Non
si era concesso alcuna libertà con lei…per pudore o perché
non gli importava più?
Nel
primo caso…voleva dire che ancora l’amava. Nel secondo,che vedeva
in lei solo un’anima del passato.
Non
riusciva neppure a smettere di pensare a Raoul.
Cosa
sarebbe accaduto se avesse saputo del ritorno dell’antico rivale?
La
situazione sarebbe ovviamente degenerata,e ancora una volta le avrebbero
imposto di scegliere.
No,questo
non è vero. La tua scelta l’hai già fatta…più
o meno spontaneamente. Sarai la
Viscontessa di Chagny fra poco più di tre settimane.
Erik non ti ha voluta,è inutile continuare a pensarci.
Scuotendo
energicamente la testa,si immerse nuovamente nella lettura.
Il
venerdì sera Raoul entrò in casa sorretto da un servitore. Non si
reggeva quasi in piedi.
Christine
fece una smorfia seccata.
Accadeva
sempre così,ogni volta che il ragazzo andava a far visita al duca di
Sigognac.
Non
aveva mai potuto sopportare quell’uomo,i suoi modi grossolani e
l’ostinato sguardo lascivo con il quale sembrava volerla spogliare ogni
volta che si incontravano.
Ma
ancora di più detestava la sua pericolosa passione per l’alcool.
Normalmente
Raoul toccava a malapena il vino ai pasti,ma sotto l’influenza
dell’amico perdeva ogni freno,e tornava a casa solennemente sbronzo.
“Andate
pure Jean,aiuterò io il Visconte se avrà bisogno di
qualcosa.”
Il
servitore fece un inchino ed uscì.
Raoul
sprofondò pesantemente nella sua poltrona preferita, ridendo
stupidamente.
“Ti
comporti già come una moglie,lo sai?”
Christine
evitò di guardarlo in quello stato pietoso.
“Immagino
che uno di noi due debba comportarsi da adulto responsabile,tutto qui.”
“Spero
che tu non mi stia rimproverando per qualcosa. Sono stato in città per
affari,non certo a divertirmi.”
Il
tono del Visconte era diventato improvvisamente cupo.
La
ragazza sentì la rabbia montarle dentro inesorabile.
“Capisco.
E’ per questo che puzzi di brandy come un vecchio ubriacone
d’osteria?”
Raoul
balzò in piedi,in un solo scatto. Si avvicinò a lei e le
sollevò il mento fra le mani.
“Sai…mi
sei mancata tanto in questi due giorni…”
La
baciò con irruenza,e lei provò un fremito di disgusto per
l’alito terribile del ragazzo e per il suo comportamento indecoroso.
Cercò di spingerlo via,ma era troppo debole.
“Christine..”sussurrò
lui continuando a baciarla,”in fondo manca un mese soltanto,e poi sarai
mia moglie..”
“NO!!”gridò
lei terrorizzata,cercando di sottrarsi alla sua stretta.
Nella
lotta che ne seguì, Christine riuscì a divincolarsi,ma ricadde a
peso morto all’indietro,e urtò violentemente contro lo stipite del
caminetto.
Spalancò
gli occhi dopo qualche istante di dolore,completamente stordita e disorientata.
Sentì
il calore appiccicoso del sangue scorrerle sulla nuca e sulla parte del viso
sinistra.
Raoul
si era abbattuto pesantemente a terra,e giaceva immobile lamentandosi
sommessamente.
Christine
si portò una mano alla bocca,terrorizzata,un senso di nausea che la
pervadeva tutta.
E’questo
l’uomo con cui ho scelto di vivere il resto della mia vita? Il padre dei
miei figli?
Senza
ulteriore indugio,si alzò a fatica e si diresse alle scuderie.
Per
fortuna c’era già un cavallo sellato,a malapena riusciva a
reggersi alle redini mentre galoppava verso il paese,verso la locanda…
Nessun
altro,oltre ad Erik,avrebbe potuto confortarla.
Vieni tu
dal cielo profondo o sorgi dall'abisso, Beltà? Il tuo sguardo, infernale
e divino, versa, mischiandoli, beneficio e delitto: per questo ti si può
comparare al vino.
Riunisci
nel tuo occhio il tramonto e l'aurora, diffondi profumi come una sera di
tempesta; i tuoi baci sono un filtro, la tua bocca un'anfora, che rendono
audace il fanciullo, l'eroe vile.
Sorgi dal
nero abisso o discendi dagli astri? Il Destino incantato segue le tue gonne
come un cane: tu semini a casaccio la gioia e i disastri, hai imperio su tutto,
non rispondi di nulla.
Cammini
sopra i morti, Beltà, e ti ridi di essi, fra i tuoi gioielli l'Orrore
non è il meno affascinante e il Delitto, che sta fra i tuoi gingilli
più cari, sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.
La
farfalla abbagliata vola verso di te, o candela, e crepita, fiammeggia e dice:
"Benediciamo questa fiaccola!" L'innamorato palpitante chinato sulla
bella sembra un morente che accarezzi la propria tomba.
Venga tu
dal cielo o dall'inferno, che importa, o Beltà, mostro enorme, pauroso,
ingenuo; se il tuo occhio, e sorriso, se il tuo piede, aprono per me la porta
d'un Infinito adorato che non ho conosciuto?
Da Satana
o da Dio, che importa? Angelo o Sirena, che importa se tu - fata dagli occhi
vellutati, profumo, luce, mia unica regina - fai l'universo meno orribile e
questi istanti meno gravi?
Charles Baudelaire,Inno alla bellezza
Erik
sedeva immerso nei propri pensieri,completamente immobile da ore.
Da
due giorni non dormiva e non toccava cibo. Non era strano,già in passato
nella sua vita era riuscito a sopravvivere in quelle condizioni precarie e
disagevoli.
Si
sentiva enormemente sconfitto ed abbattuto.
Aveva
creduto che il suo brillante piano di vendetta sarebbe stato facile da attuare.
Credeva
di aver estromesso la ragazza dai propri pensieri e dal proprio cuore,ma ora
malediceva la sua imbecillità.Come aveva potuto essere così cieco ed ottuso?
Christine
possedeva ancora il suo spirito.
E
a quanto pare, lei lo aveva completamente dimenticato.
Era
così sicuro di averla soggiogata per l’ennesima volta,con quella
sua rinnovata serenata notturna..
..e
invece di lei nessuna notizia. Ed erano trascorsi già parecchi giorni.
Quando
udì bussare piano alla porta, quasi sentì il respiro morirgli in
gola.
Aprì
lentamente la porta,ed ecco la sua Christine.
Non
l’aveva mai vista in quello stato,e non potè reprimere la propria
angoscia.
Il
viso era gonfio e tumefatto su un lato,e dalla nuca scendeva un rivolo di
sangue secco.
Doveva
aver cavalcato sotto la pioggia incessante,perché gli abiti e i capelli
erano completamente fradici.
Le
guance erano arrossate per la febbre,e gli occhi lucidi di lacrime.
La
bocca tremava leggermente,come non osando parlare.
Lui
la sorresse,mentre la ragazza incespicava oltre la soglia, gettandosi fra le
sue braccia.
Rimase
immobile per qualche momento,assaporando quella sensazione familiare eppure
dolorosa,prima di parlare con astio.
“E’stato
il tuo meraviglioso fidanzato a conciarti in questo stato? Immagino che il
vostro sarà un matrimonio perfetto,di questi tempi potrebbe capitarti di
peggio.”
Con
il cuore pesante,la strinse più forte a sé,mentre lei iniziava a
singhiozzare senza dire una parola.
Erik
era combattuto. Sarebbe riuscito a resisterle?
Sarebbe
riuscito davvero a vendicarsi anche di lei?
Si staccò con lentezza da lei.
Con
quell’aspetto sembrava così debole ed indifesa….
Ricordava
il giorno in cui aveva cantato per lei sulla tomba del padre.
Quel
giorno la ragazza aveva negli occhi la stessa luce triste e senza
speranza,senza fiducia nel futuro…si sentiva stringere il cuore a
ripensarci..
Bimba
smarrita senza pace,cerchi la mia guida..
Troppo hai
vagato nel vento,troppo lontana da me…
No
maledizione!! Lei ti ha lasciato solo come un cane,ricordi? Ti ha lasciato per
quel bastardo che ora la tratta in quel modo…lei,che tu avresti adorato
come una regina!
Il
suo cuore improvvisamente si indurì.
“Christine..quando
ti avevo chiesto di farmi visita non intendevo in piena notte. Se qualcuno ti
ha visto entrare qui,potrebbe essersi fatto delle idee sbagliate. Non vorrai
che la gente inizia a fare pettegolezzi su di te,vero? Solo a pochi giorni
dalle nozze…è assolutamente inaccettabile.” Parlava come un
automa.
Lei
lo fissò,spalancando gli occhi gonfi per il pianto.
Perché
la trattava di nuovo in quel modo…con quella fredda indifferenza?
Eppure
i suoi occhi non mentivano.. l’avevano guardata con lo stesso sentimento
di un tempo.
Chiuse
la porta dietro di sé con un calcio.
“Erik…”si
schiarì la voce e proseguì.
“Non
capisco a che gioco tu stia giocando. Hai stravolto la mia vita, ricomparendo
dal nulla in quel modo. Mi hai già allontanato una volta senza
spiegazioni,non te lo lascerò fare una seconda volta!”
Sembrava
arrabbiata ora,ferma e decisa,in netto contrasto con il pietoso aspetto.
Lui
la guardò con occhi fiammeggianti.
“Come
osi dire una cosa simile?!”
Stringeva
con forza i pugni,per evitare nella rabbia dilagante di farle del male.
Conosceva bene il violento effetto che poteva seguire un suo accesso
d’ira.
“Come
osi,piccola sfacciata? Dopo tutto quello che mi hai fatto?”
Lei
sembrava allibita,sconcertata,dimentica di quella tragedia che li aveva visti
tetri protagonisti.
“Dopo
quello..che io ti avrei fatto!?!
Forse non ricordi come mi hai trattata quella notte,dopo che finalmente avevo
fatto la mia scelta? Mi hai rifiutata,respinta…mi hai buttata
letteralmente fra le braccia di Raoul,ordinando ad entrambi di sparire! Ti
sembra che sia stata una mia scelta?”
Erik
battè con violenza inaudita il pugno sullo stipite.
“Quella
notte mi hai baciato per compassione,o forse nemmeno per quella…solo per
salvare quell’idiota! Non ho assolutamente intenzione di discuterne
ancora…. E ora vattene!”
Le
voltò le spalle,come ignorando la sua presenza.
Ma
dal suo affannoso respiro era facile indovinare quanto quel ricordo lo
sconvolgesse ancora nel profondo.
Christine
esitò un attimo,poi aprì la porta ed uscì.
Non
aveva senso rimanere lì.
Non
sapeva dove sarebbe andata,certo non a casa.
Probabilmente
Raoul si era ripreso,e stava impazzendo a cercarla.
Non
aveva intenzione di rendergli così facile il compito.
Stava
scendendo le scale,quando la mano di Erik si posò sulla sua spalla,e lei
si sentì scuotere da una scarica elettrica. Non le disse nulla.
Semplicemente
le prese la mano,ed insieme ritornarono nella stanza. Se non era pace, si
trattava perlomeno di una tregua delle ostilità.
Erik
le medicò provvisoriamente le ferite.
Non
erano gravi,la rassicurò,si sarebbero cicatrizzate perfettamente in una
paio di settimane al massimo.
“Così
nessuno vedrà cosa ha passato la bella sposina prima di arrivare
all’altare”aggiunse crudelmente,bendandole il collo.
Christine
deglutì a fatica,con disagio.
Non
era più molto sicura di voler percorrere la navata della chiesa..non per
sposare Raoul,almeno.
Ma
non gli disse nulla.
Le
mani di Erik sulla sua pelle…aveva dimenticato quella inebriante
sensazione.
La
stava solo medicando, per compassione certamente…eppure quel tocco
evocava in lei sensazioni che aveva sopito,ma non scacciato definitivamente dal
suo spirito.
Dagli
occhi le cadde una lacrima di nostalgia,troppo a lungo repressa.
Senza
parlare Erik le sfiorò la guancia,asciugandola.
Christine
voltò lentamente la testa,e baciò le sue dita tremanti.
D’improvviso
Erik sprofondò nell’abisso che gli aveva annebbiato la mente tanti
mesi prima.
Si
avventò letteralmente su Christine,baciandola con un impeto che travolse
entrambi.
Il
respiro affannoso,le mani tremanti, Christine si aggrappò a lui.
Il
bacio stava diventando profondo,sempre di più, sempre di più..
La
respinse.
Senza
preavviso,la respinse violentemente.
I
suoi occhi ardevano di desiderio,ma la respinse.
Arretrò di qualche passo,e sempre
voltandole le spalle,con voce roca,le sussurrò:
“Ora
vai. E’ molto tardi,e non sarai a casa prima dell’alba.”
Ancora
una volta,nonostante la confusione e l’angoscia che portava nel cuore,lei
si limitò ad obbedire.
Si
sentiva stravolta,come febbricitante,incredibilmente confusa.
Aveva però un salda certezza,anche in quell’istante di
smarrimento.
Non
si poteva discutere con Erik,nemmeno in un momento simile.
L'anima
è la parte del corpo che gioisce, soffre e ama di più. Il dolore
fisico è nulla in confronto al dolore dell'anima.
Silvana Stremiz
Raoul
de Chagny sedeva ancora sul pavimento,la testa fra le mani,il corpo indolenzito per essere
rimasto troppo a lungo sdraiato a terra in una posizione così scomoda.
La
gola gli bruciava,sentiva gli occhi lacrimargli
involontariamente,aveva il fiato corto e non riusciva a coordinare bene i
propri movimenti. Per questo,non aveva neppure cercato
di rimettersi in piedi.
Aveva
tutti i peggiori postumi possibili di una sbronza. Proprio lui,che non toccava quasi mai l’alcool.
Aveva
ricordi confusi su quanto era accaduto qualche ora prima.
Rammentava
bene di come Jules lo avesse fatto caricare a peso
morto nella sua carrozza,per ricondurlo a casa. Lo
aveva anche schernito per la sua poca resistenza al bere,chiamandolo
come sempre mammoletta.
Dio quanto detesto quel soprannome….
Doveva
essersi addormentato durante il tragitto in carrozza.
Quando
di era risvegliato ricordava che Jean
lo aveva sorretto fino al suo studio…e che Christine
era lì… e che lo aveva guardato con rimprovero…
Per
lunghi minuti,nonostante lo sforzo,non aveva ricordato
altro.
Poi
improvvisamente.. aveva notato una piccola striatura
rossa contro lo spigolo del caminetto.
D’un tratto l’orrore di quello che aveva
fatto, del suo abominevole comportamento, lo aveva sopraffatto.
La
vergogna e il rimorso lo avevano devastato.
Fissava
il vuoto,ad occhi sbarrati.
Pochi minuti prima avevano bussato alla porta. Lui non aveva
neppure risposto.
Dopo
qualche istante la giovane Giry,con
un’espressione tesa e preoccupata, si era affacciata alla porta.
“Perdonatemi,Monsieur le Vicomte…
Christine non è salita in camera,e non riesco
a trovarla…ho guardato in ogni stanza,e..”si era morsa nervosamente
il labbro inferiore “un servo mi ha detto che dalla stalla manca un
cavallo. Sapete…dove possa essere andata?
E’ piena notte,potrebbe essere
pericoloso…”
Lui
non le aveva neppure risposto,continuando a fissare
ostinatamente il vuoto.
Meg in silenzio era uscita.
Raoul
sospirò pesantemente,tentando di mettere a
fuoco i propri pensieri.
Christine potrai mai perdonarmi?
Era
terrorizzato.
Non
sapeva dove fosse in quel momento la sua fidanzata,sola
di notte in piena campagna…ma la cosa che lo terrorizzava di più
era che lei lo potesse lasciare.
Aveva
fatto di tutto per dominare i suoi istinti,il suo
desiderio di lei,in quei mesi.
Compito
che non era stato semplice, dal momento che vivevano
sotto lo stesso tetto.
Per
questo aveva accolto con entusiasmo il consiglio di Madame Giry,e aveva fatto andare Meg a vivere
con loro. E sempre per questo motivo era continuamente
in viaggio per affari.
Era
determinato a mettere il numero più alto di ostacoli
fra lui e le proprie pulsioni.
Amava
Christine con tutto sé
stesso, e mai e poi mai avrebbe voluto approfittarsi di lei.
E
ora,proprio ora che erano così vicini ai voti
nuziali,che li avrebbero uniti per l’eternità…che avrebbero
reso la sua amata sua e sua soltanto.. proprio ora aveva rovinato ogni cosa a
causa di qualche maledetto bicchiere di brandy!
Cos’avrebbe
fatto se lei se ne fosse andata?
Non
riusciva più ad immaginare la sua vita senza di lei… senza il suo
sorriso,la sua voce,i suoi modi gentili.
Lo
faceva sentire importante,amato. Era l’unico
raggio di sole della sua vita ormai solitaria…
Ma forse lei non se ne rendeva neppure conto…
Nel
tentativo di allontanarla da sé per non avere tentazioni, forse
l’aveva convinta di uno scarso interesse nei suoi confronti.
La
stessa cosa era accaduta per il canto.
Adorava
ascoltare la celestiale voce di Christine.
Era
assolutamente deliziosa,e lo aveva stregato proprio
cantando sul palcoscenico dell’Opera Populaire,.quella sera di tanti mesi prima…nel ruolo di Elissa.
Ma era stato costretto ad impedirle di cantare.
Sapeva che i suoi amici,quelli
del suo rango,avrebbero fatto fatica in ogni caso ad accettarla come una di
loro…doveva assolutamente farle perdere le abitudini ed i modi di un
tempo,anche a costo di sacrificare una parte di sé stessa.
Avrebbe
dovuto parlarle,spiegarle tutto…e scusarsi,oh
sì,certamente scusarsi per il modo disgustoso in cui l’aveva trattata.
Ma…dove
sarà in questo momento?
Al
piano di sopra MegGiry
continuava a passeggiare nervosamente per il corridoio.
Alla
fine si decise a rientrare in camera,e spostò
una poltroncina accanto alla finestra.
Vi
si raggomitolò sopra, avvolgendosi in una coperta leggera e continuando
a fissare la vasta distesa erbosa che spaziava attorno alla casa,immersa nell’oscurità. Erano evidentemente ore
ed ore che Christine era
uscita a cavallo. E non era da lei sparire di notte,senza
dire nulla a nessuno…non senza un valido motivo.
Senza alcun dubbio è andata da lui.
Non
riusciva a togliersi dalla mente quel raccapricciante pensiero.
Si
era comportata piuttosto spesso da sciocca,in
passato…ma ora stava davvero esagerando!
Le si era stretto il cuore a vedere il povero Raoul,
distrutto dal dolore e dalla preoccupazione, raggomitolato sul pavimento del
suo studio…sembrava come stordito,a malapena un essere umano.
Christine è davvero crudele a trattarlo
così, dopo tutto quello che ha fatto per lei.
Era
anche incredula.
Cosa
aveva raccontato l’amica al fidanzato,prima di
sparire a quel modo?
Perché
aveva certo inventato una qualche scusa…Raoul non
le avrebbe mai permesso di uscire sola la notte.
La
provincia poteva anche essere più pericolosa della città, quando
era deserta e silenziosa…come ogni notte.
Rabbrividì
al pensiero di quanti pericoli avrebbero potuto minacciare l’amica.
E tutto per quel mostro….
Di
nuovo un brivido la scosse.
Sua
madre le aveva raccontato tante volte la triste storia di quell’uomo
sfigurato,della sua infanzia distrutta, della sua
mancanza di contatti con il mondo umano…del suo disperato bisogno di
amore.
Ma
nonostante la pena che aveva provato per lui in un primo momento,non riusciva ad evitare odio e disgusto solo a pensarlo.
Quell’uomo aveva ucciso senza
pietà molti innocenti,senza nemmeno pensarci,solo per capriccio o
rabbia.
Aveva
rapito la sua amica,dopo averla soggiogata,e certo
l’avrebbe obbligata a sposarlo..o
peggio…se Raoul non fosse giunto in tempo,quella maledetta notte.
Non
c’era passato difficile o dolore che potesse
giustificare un comportamento simile.
Meg continuava a fissare fuori dalla
finestra, pregando silenziosamente fra sé e sé perché Christine potesse tornare sana e salva a casa,al più
presto.
Non avessi
mai visto il sole avrei sopportato l'ombra ma la luce ha aggiunto al mio
deserto una desolazione inaudita.
Emily Dickinson
Erik
sedeva al tavolo della sua stanza,la testa fra le mani.
La
camera era ridotta ad uno sfacelo.
Subito
dopo aver allontanato Christine,la sua furia era esplosa in modo più che
violento.
Aveva
schiantato una sedia contro la parete,aveva strappato con furia le tende che
ora giacevano scomposte sul pavimento…e aveva gettato lo specchio fuori
dalla finestra.
Non
sopportava un secondo di più il riflesso beffardo della sua maschera,che
come sempre lo irrideva.
Idiota!
Lei è venuta da te e tu l’hai scacciata come
un’appestata…non avrai mai più un’occasione simile!
Sapeva
che quella voce che gli risuonava ostinata nella testa diceva la verità.
Christine
era stata sconvolta dal comportamento del fidanzato,che aveva sempre
idealizzato come un uomo perfetto e virtuoso…e da chi si era rifugiata se
non da lui?
Maledizione!
Avrebbe
dovuto farla sentire protetta,al sicuro…amata…ed invece l’aveva respinta.
Lo
aveva accusato di averla scacciata,quella notte.
Quanto
c’era di vero nelle sue parole?
E’vero,lei
avrebbe potuto ribellarsi alle sue parole…avrebbe dovuto,se davvero lo
avesse amato.
Ma
era solo una bambina…allora come adesso.
Forse
semplicemente non ne aveva avuto il coraggio,non dopo i sanguinosi e tragici
eventi di quelle ore.
Ed
ora era di nuovo sola,in piena notte… senza protezione alcuna.
Stupido,stupido,stupido!
Non
aveva mai provato per nessuno ciò che aveva provato per la piccola
Christine Daae.
Quando
ormai si era rassegnato ad una vita di completa solitudine,di esilio dal mondo
dell’umanità, all’Opera Populaire era arrivata una
bambina,spaventata ed infelice. Da poco orfana,era stata per così dire
adottata da madame Giry,donna dall’aspetto severo ma dal cuore
incredibilmente grande.
Subito
aveva avvertito uno strano sentimento di protezione per quell’angioletto
impaurito e solo…come era stato lui,da bambino. Ma a differenza di lui
quella bambina possedeva una bellezza eccezionale,che con il passare degli anni
l’aveva fatta sbocciare nella fanciulla più affascinante che
avesse mai visto.
Aveva
vissuto con angoscia la propria tenerezza verso quella ragazza.
Sapeva
bene,nelle profondità del suo cuore, che non avrebbe mai potuto osare di
sperare che lei ricambiasse il suo sentimento.
Era
come Icaro,aveva voluto spingersi oltre i confini a lui concessi…ma a
differenza del figlio di Dedalo sapeva che le sue ali di cera si sarebbero
sciolte, se si fosse avvicinato troppo al sole.
E
il suo sole era proprio Christine.
Eppure,nonostante
fosse completamente cosciente dell’impossibilità del suo
desiderio… il suo cuore non aveva abbandonato l’insana idea di
farla sua.
Aveva
tremato di paura,la notte in cui si era rivelato a lei,ed aveva avuto una
violenta reazione quando lei,per curiosità,gli aveva sfilato per la
prima volta la maschera.
Lo
rammentava dolorosamente in ogni dettaglio.
Il
colore aveva abbandonato le sue guance, gli occhi spalancati si erano colmati
di un orrore indescrivibile.
E
subito dopo l’orrore…ecco,la maledetta,odiosa compassione che
avvelenava ogni sentimento.
Lo
aveva ferito in profondità,quello sguardo,lo aveva trapassato come una
spada.
Era
convinto che non l’avrebbe mai più rivista.
E
invece…invece nonostante l’orrore provato,lei era tornata da lui.
Aveva
vinto ogni paura e gli era rimasta accanto.
Aveva
duettato con lui,nella sua Opera,cantando con tutta sé stessa i versi
che aveva composto pensando a lei…
Era
entrata in scena, piena di sensualità nel suo costume,ma con lo sguardo
sognante ed innocente di una bambina.
Non ho
timor di te, mai non ne avrò
Nel cuore
regnerà soltanto amor.....
Tutti
si aspettavano che in scena entrasse quel pallone gonfiato di Ubaldo
Piangi…ma erano bastati pochi versi perché tutti trasalissero.
Quello
sul palco era proprio il famigerato Fantasma!
Tu che
fremi per placare la fiamma tua
Per
placare l'istinto che in te sempre tace, tace
T'ho
sognata per gustare ogni voluttà
Più
che mai destinata a soccombermi,
Tu puoi
negarlo ma stai per soccombermi
Ed ora sei
con me, non dire no
Puoi
restare, restare
Christine
aveva socchiuso gli occhi,sul viso un’espressione estatica.
Non
aveva bisogno di voltarsi a guardare per riconoscere il suo Angelo della
Musica.
Passa il
ponte fra noi due
Non
dubitare
La tua, la
mia bugia finisce qui
Mai, mai
più "non so", né "ma"
Nessun
indugio
Dimentica
chi sei e dimmi Sì
Che fuoco
mai ci inonderà
Che
voluttà è rinchiusa in noi
Malia
recondita, preziosa
L’aveva
sentita tremare sotto le sue carezze…l’aveva sentita fremere al suo
tocco,come se lui fosse stato un uomo normale,e non un essere deforme ed
orribile,nel corpo e nell’anima.
Passa il
ponte fra noi due
Non
esitare
Dell'anima
il segreto tu vivrai
Se passi
il ponte fra noi due
Dopo
averlo sentito cantare per lei, dopo aver inteso quali promesse,quale
dichiarazione si celassero dietro i versi del libretto, gli aveva risposto con
passione e ardore.
Non
c’era né orrore né pietà nei suoi occhi mentre
riprendeva a cantare,solo lo sguardo di una donna innamorata e sicura del
proprio sentimento.
Sei con me
qui
Non
abbiamo che il fuoco in noi
Non abbiamo
di più, oramai tutto tace, tace
Aveva
sollevato per un attimo gli occhi verso il palco cinque,incontrando lo sguardo
stravolto ed impotente del fidanzato. Ma neppure questo l’aveva fermata o
intimorita.
Qui con te
io
La ragione
non chiesi mai
Come un
mare al mio corpo intrecciarti
A me nei
miei sogni per sempre avvinghiarti
Ed ora mi
vedrai
Decisa,
sì
A restare,
restare
Passa il
ponte fra noi due
Nessun
rimorso
La tua
passione infine vincerà
Sì,
che sia sbagliato o no
Ti chiedo
questo
Sarà
infinita attesa o io ti avrò?
Se non si
placa qui con te
La mia
marea dilagherà
Sei tu la
fiamma che consuma
Al
centro del ponte costruito sul palcoscenico, si erano finalmente ritrovati.
Persi in un abbraccio che non aveva nulla di umano,dimentichi del pubblico che
li stava osservando affascinato e terrorizzato, avevano avuto il coraggio
necessario per gridare la forza dirompente della loro passione.
Passa il
ponte fra noi due
Non
esitare
Ti
perderai qui tra le braccia mie
Se passi
il ponte fra noi due...
Tutto
era perfetto. Poi,con totale mancanza di buonsenso,lui aveva commesso un
errore. Un errore imperdonabile. Le aveva sussurrato le stesse parole che aveva
usato il Visconte per la sua dichiarazione, sul tetto,la notte della morte di
Buquet.
Dimmi che
tu mi amerai per sempre
Dimmi che
mai più mi lascerai
Se tu
colmi il vuoto mio, d'incanto
Dove
andrò io voglio ci sia tu
Christine,
nient'altro chiedo....
Non
gli aveva lasciato terminare la frase.
Gli
aveva strappato la maschera di fronte a tutti, gettando l’intera Opera
nel panico.
Pronunciando
insensatamente quelle parole,quella sera, le aveva rammentato in maniera
dolorosa ed insopportabile i suoi crimini passati. Nonostante la tenerezza e
l’amore che provava verso di lui,non era in grado di sopportare
l’idea che fosse un assassino a sangue freddo,un’anima sprofondata
per anni nel peccato. In qualche modo temeva di esserne
contaminata,avvinta,trascinata in un’oscurità da cui non sarebbe
più stata in grado di uscire.
Christine
non frenò le lacrime che le stavano sgorgando dagli occhi.
Stupida!
Stupida! Stupida!
Aveva
creduto che Erik fosse un mostro, e Raoul un uomo perfetto.
Ora
scopriva di aver sbagliato tutto,e di non poter più rimediare. Questo
l’atterriva.
Avrebbe
avuto il coraggio di lasciare Raoul? O da vigliacca,come al solito, avrebbe
subito in silenzio e senza protestare quella che sarebbe stata la prima di
forse molte altre vessazioni?
Il
cavallo era irrequieto,e Christine tornando a concentrarsi sulla strada si rese
conto di essersi persa.
Smontò,
e dopo aver legato l’animale ad un albero, sedette a gambe incrociate
sull’erba umida.
Quella
sensazione di freschezza e di contatto con la natura riuscirono a
calmarla,almeno in parte.
Sollevò
gli occhi verso il cielo,un’abitudine che conservava dalla sua infanzia.
“Papà..”
sussurrò soltanto,la voce arrochita dal pianto.
Pensava
spesso a suo padre, Charles Daae.
Era
stato un uomo buono e paziente con lei,l’aveva adorata come una piccola
principessa.
E
a causa di questo lei era diventata quel mostro di egoismo e fragilità
che non aveva saputo affrontare neppure l’amore,quando lo aveva trovato.
Nonostante
la propensione a darle tutte vinte alla giovane figlia, soprattutto dopo la
prematura scomparsa della moglie, Charles Daae era stato un uomo saggio.
Avrebbe
senz’altro saputo aiutarla,se le fosse ancora stato accanto.
Christine
fissava ostinatamente le fredde e brillanti stelle,lontane da lei quanto suo
padre.
Malediva
il cielo che l’aveva privata del suo amore e del suo conforto,lasciandola
sola e disperata in un mondo che non capiva e non sapeva fronteggiare.
Non
occorre dunque che tu passi attraverso l'inferno per incontrare un angelo.
KahlilGibran
Non
si era resa conto di essere rimasta tanto a lungo immobile.
Quando
si massaggiò la nuca, dolente per la ferita e per l’umidità della notte,trasalì.
Aveva
sentito un impercettibile rumore dietro di sé.
Con
un movimento fluido,quasi felino, Erik
si sedette sull’erba accanto a lei.
Era
giunto alle sue spalle già da un bel pezzo.
Ma
era smontato da cavallo,e aveva legato l’animale
sufficientemente lontano perché lei non lo sentisse sbuffare o nitrire. In
perfetto silenzio era rimasto a fissarla, appoggiato ad un tronco d’albero.
Non
sapeva cosa avrebbe potuto dirle,non sapeva se lei in
ogni caso lo avrebbe ancora voluto ascoltare.
Senza
dire una parola,Erik si
sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle. Lei si strinse addosso
l’indumento, confortata dal calore e dal profumo che poteva percepire
attraverso la stoffa.
Erik si sdraiò, perdendosi anche lui a contemplare la volta
stellata.
Gli
acquazzoni degli ultimi giorni avevano spazzato ogni nube dal cielo, che ora
scintillava terso e limpido alla luce della luna piena.
Non
aveva mai guardato il cielo.
Solo
raramente,durante i suoi eterni vagabondaggi,aveva
sollevato lo sguardo a contemplare quella bellezza del creato, e sempre per una
mera constatazione del tempo.
Non
aveva mai assaporato quella vista come un piacere,un
regalo del mondo.
Non
aveva mai creduto che il mondo potesse regalargli alcunché.
Per
la prima volta da mesi, steso su quel campo di erba
umida, vicino a Christine abbastanza per aspirare il
suo profumo,ma senza poterla sfiorare,si sentiva inebriato,e al tempo stesso in
pace.
“Hai
mai pensato a quelle stelle,Christine?
Alcune di loro sono morte da secoli,millenni… eppure
noi non lo sappiamo,e le vediamo splendere ancora in tutta la loro
magnificenza.”
“Anche per noi è così.”
Erik si voltò di scatto. “Cosa vuoi
dire?”
Lei
volse il viso,rigato di lacrime,verso di
lui,un’espressione ferita e disperata.
“Alcuni
di noi sembrano felici e soddisfatti della propria vita e delle proprie scelte. Nessuno può immaginare invece quanto vorrebbero
poter tornare indietro e fare tutto diversamente.”
Erik deglutì. Questa era l’ennesima tortura a cui lo
sottoponeva.
“Il
passato non si cambia,Christine.
E ognuno di noi paga per le scelte che ha fatto. Ora
forza,alzati. Ti scorterò fino a villa de Chagny. Non potevo starmene tranquillo all’albergo sapendo
che eri sola qui fuori, alla mercè magari di qualche malvivente.”
“Non
tornerò a casa. Non ora,comunque.” Christine
parlava quietamente ora,come in trance.
Sono le
stelle, le stelle sopra di noi, che governano la
nostra condizione.
William Shakespeare
Erik sospirando si rimise a sedere.
Non
voleva abbandonarla,ma temeva ciò che sarebbe potuto
succedere se continuava a rimanerle accanto.
La
desiderava,troppo per poterle resistere a lungo.
D’altro
canto,il solo pensiero di poterla in qualche modo
oltraggiare,o forzare ad un passo simile,lo riempiva di vero orrore.
La
ragazza riprese a guardare il cielo.
“Sai
Erik? C’è una cosa che avrei sempre
voluto chiederti.. e non ho mai potuto farlo.Ci ho pensato spesso,e
non ne sono mai venuta a capo. Perché mi hai mandata via quella notte?”
Il
tono di voce era basso,quasi ipnotico. Erik si trovava senza difese davanti a quella semplice
domanda.
Si
schiarì la voce. “Prima che arrivasse il tuo prezioso Visconte… ricordi cosa mi
dicesti quella sera?”
Christine scosse il capo confusa.
“Avevi
appena indossato l’abito da sposa…ed io ti avevo riconsegnato l’anello. Per un
folle momento avevo pensato che… che tu avresti accettato di essere mia moglie.
Ma poi tu..”
Quel
ricordo lo feriva ancora in profondità.
Scoprendo
uno dei tanti specchi celati dietro ad un tendaggio, Christine
si era voltata verso di lui,e gli aveva sussurrato:
E’ dentro te quella tua deformità…
“Non
ti facevo soltanto orrore per la mia deformità…ma anche per la mia anima. Ed avevi ragione. Ho
commesso colpe terribili in passato,e ancora non ne ho
pagato il prezzo. Nonostante il tuo..il tuo bacio dettato dalla compassione,non potevo
trattenerti. Non potevo costringerti a vivere per sempre accanto ad un uomo..ad una
bestia,che temevi e disprezzavi.”
Chiuse
gli occhi. “Ti amavo troppo per farlo.”
“Io
ricordo di aver detto un’altra cosa quella sera.”
“Cosa?” lo aveva colto di sorpresa.
E’ dentro te quella tua deformità…il volto tuo non mi turba più
ormai..
Lui
sorrise amaro. “Che importanza ha cosa ci siamo detti
quella sera? E’ una discussione ridicola,non trovi?”
“Non
per me Erik. Non ho fatto che pensarci per mesi.”
Lui
scoppiò a ridere. “Decisamente,Christine,tuo
marito può averti impedito di esibirti su un palcoscenico…ma come attrice non
hai davvero pari! Non penserai che io ci creda? Mentre preparavi il corredo e
la casa perfetta per il tuo perfetto maritino e i vostri perfetti pargoli…avresti pensato a me?”
L’amarezza
del tono si era convertita di nuovo in rabbia.
“Sei libero di crederci oppure no.
Non mi riguarda. So che da un pezzo non ti importa più
nulla di me.”
Christine non sapeva dove aveva trovato il coraggio di
pronunciare quelle parole.
Chiuse
gli occhi. Sicuramente lo avrebbe fatto di nuovo infuriare,ed
Erik sapeva essere così pericoloso…anche se a lei non
aveva mai fatto alcun male.
Si
aspettava una reazione violenta. Ma non ci fu.
Nel tuo
petto sono le stelle del tuo destino.
CarlGustavJung
Quando
riaprì gli occhi,vide che lui si era slacciato il
primo bottone della camicia,e giocherellava con le dita su una catenina. Appeso
a quella catenina…il suo anello di fidanzamento.
Rammentava
bene il momento in cui glielo aveva lasciato.
Non
sapeva neppure lei perché lo avesse fatto.
Forse
perché una piccola parte di sé sperava che tramite quell’oggetto
lui avrebbe continuato a pensare a lei,ad amarla,a
ricordare i giorni felici trascorsi insieme…
“Vedi,Christine? Laddove gli uomini che
hanno fede in Dio tengono una croce,io tengo il tuo
anello.
La mia unica fede sei sempre stata tu.”
La
voce era roca,il tono carico di rimpianto e al tempo
stesso di risentimento.
Si
era sentito tradito da lei come si era sempre sentito abbandonato da Dio,in passato.
Si
sganciò lentamente la catenina,e ne sfilò l’anello.
Lo
porse a Christine.
“Questo
non mi appartiene. E’ tuo,riprendilo.”
La
ragazza tese la mano per afferrare il piccolo monile,e
nel farlo sfiorò le mani gelide di lui.
Sapeva
cosa doveva fare.
Sollevandogli
il mento con una mano,affinché la guardasse in
viso,gli sorrise.
Poi,con gesti lenti e misurati,si infilò l’anello al dito…per
la seconda volta.
A volte gli uomini sono padroni del loro
destino; la colpa, caro Bruto, non é delle nostre stelle, ma nostra, che noi
siamo dei subalterni.
William
Shakespeare
Erik la fissò sbigottito,lo
stesso tuffo al cuore di quando le aveva visto compiere quel gesto mesi prima.
Per pochi misericordiosi istanti aveva sfiorato
la felicità del Paradiso…sino a quando l’irrealtà della situazione non lo aveva
colpito come un doloroso pugno allo stomaco.
Una felicità simile può durare pochi istanti,non
per sempre.
Non aveva nutrito illusioni su questo.
E invece ora…
Aprì la bocca per parlare,ma Christine
gli fece segno di tacere.
Christine in quel momento si sentiva preda di
una forza più grande di lei.
Fissò con tenerezza gli occhi magici di Erik, pensando alla soave e pura bellezza della sua voce,e
comprese di essere profondamente avvinta da quel sortilegio che era stato
gettato su di loro dal destino.
Non provava più alcuna ripugnanza per il suo
viso deforme,ne percepiva soltanto l’immensa forza vitale.
Sollevando nuovamente lo sguardo verso la volta
stellata, che in quel momento ai loro occhi sembrava risplendere di una luce
particolarmente intensa e meravigliosa, pronunciò con solennità queste semplici
parole…
“Erik, con questo
anello io ti sposo. Ti sposo sotto questa luna piena,sotto queste stelle…sono
loro i nostri testimoni.Gli unici di cui abbiamo
bisogno.”
Si sporse leggermente verso di lui,e tremando
gli sfiorò appena le labbra con le proprie.
Erik rimase completamente
immobile per qualche secondo, stordito da ciò che era appena successo..dalla promessa che aveva appena udito.
Poi d’impulso la strinse a sé, serrandole le
labbra in un bacio disperato ed incredulo.
Lei gli toccò gentilmente il volto,e lui la
strinse ancora più forte.
Una mano goffa le si insinuò fra i capelli. Di
nuovo le cercò le labbra con le labbra,non più con delicatezza ma avidamente,come
un affamato.
Per un momento la sorpresa la fece restare
immobile nella stretta,poi sentì una smania altrettanto intensa,e le sue labbra
si schiusero per accoglierlo.
Christine gli sfiorò con una mano
il collo,e quel contatto la riempì di desiderio.
Vide le pupille di Erik
dilatarsi, e comprese quale effetto stesse avendo quella situazione su di lui.
Involontariamente si sentì sopraffatta,posseduta
dalla forza di quel bacio,ed istintivamente si staccò da lui,tremante.
Erik la lasciò,quasi stordito.
Dopo un momento mormorò,confuso:
“Perdonami…perdonami amore..perdonami…non sono altro
che un uomo…Sei spaventata,è naturale.. la mia deformità è orribile a
vedersi,ma sono sempre un uomo in carne ed ossa.. non un fantasma.”
L’ultima parola fu a malapena udibile.
“Non devi scusarti.. perdonami tu. Volevo che tu
mi baciassi,ma il tuo ardore mi ha spaventata.
Non…non ci sono abituata.”aggiunse imbarazzata.
Erik le coprì le mani di
baci contriti. “Non volevo spaventarti. Ma ti amo tanto da non resisterti.”
Lei sorrise. Erik la
fissò implorante. “Dimmi che anche tu mi ami…se è vero.”
Christine si fece seria. “Ti amo”
disse semplicemente, come se fosse sotto il potere di un incantesimo.
“E lo sai.”
“Dimmi…dimmi che mi darai tutto il tuo amore.
Oh,Chrtistine..sei così giovane,e bella!Ed io sono
deforme ed orribile.. Non posso credere che tu mi ami.”
Socchiuse gli occhi. “Perfino ora temo che tu ti
stia burlando di me..”
“No!”rispose lei in fretta,e come se fosse
impaurita della propria audacia,gli posò un bacio lieve in mezzo agli occhi. Christine sentì che le mancavano le forze.
Si aggrappò a lui,e il peso li trascinò
sull’erba verde.
Erik l’attrasse a sé,
stringendole il polso con tenerezza.
Quel tocco intimo eppure innocente le accese il
sangue.La baciò,ed entrambi si
distesero sull’erba umida.
Le mani di Erik
indugiarono a lungo a carezzarle il viso,fino a scendere tremando
sull’allacciatura del vestito di lei. La baciò piano sul seno,percependone il
calore attraverso la stoffa sottile e serica del corpetto.
“Sono felice che sia così buio..”mormorò piano.
“Il mio viso sfigurato non ti farà orrore…”
Lei con un gesto delicato gli sfilò la
maschera,e lo guardò con tenerezza.
“Non è buio,la luna ti illumina con i suoi
raggi..ma tu non puoi farmi orrore,amore mio. Cosa
pensavi?”
In quel momento Erik
non riusciva a pensare a nulla.
Avrebbe soltanto voluto sussurrarle…grazie Christine.
Ma l’emozione gli serrava la gola con un nodo
che non si scioglieva.
Grazie Christine,di
poter amare un peccatore senza redenzione come me.
Dopo tutto l’orrore che ho vissuto e compiuto
nella vita, non merito il tuo amore,la tua innocenza.
Non riusciva a credere che fosse pronta a darsi
a lui,perché era l’uomo che lei amava con tutta sé stessa.
Non riusciva a credere che fosse tutto vero..
quel corpo che fremeva impaziente sotto le sue carezze.
Lo aveva immaginato,sognato,troppo a lungo. Il
corpo di lei, nudo sotto la sua mano..e lei ora era
lì.
In quel momento ebbe la consapevolezza di essere
ilsolo ed unico padrone del suo
cuore…lui,non quell’imberbe ragazzo che stava per
sposarla.
La strinse a sé. Aveva paura di farle male,non
sapeva come comportarsi.
Non si era mai trovato così vicino ad una
donna.. in una situazione simile.
Intrecciò strettamente le proprie dita sottili a
quelle di lei,come a cercare un conforto,un appiglio in quel mare di emozioni
in cui sembrava annegare.
La prima volta che le aveva preso la mano era
quasi impazzito di felicità.,mentre la guidava nel suo mondo…
Sono il tuo Angelo,vieni…vieni,tu sei la mia
Musa…
Bramo la dolce mia Musa…
Dammi la mano,mia Musa…
Christine si sentiva trasognata,
quasi impotente di fronte a ciò che stava accadendo.
Non poteva ribellarsi,e non voleva farlo.
Sentiva su di sé lo sguardo bruciante ed
appassionato di lui,che sembrava prendere possesso di ogni suo pensiero e
volontà.
Ma sto sognando o no,io vedo te…
Fantasma dell’Opera tu sei insieme a me..
Mentre si baciavano gli cinse il collo con le
braccia, e i capelli, liberati dall’acconciatura,si sciolsero completamente
sulle sue spalle seminando una scia di forcine sull’erba.
Erik gemette attirandola a
sé. Adesso Christine avvertiva la forza del suo
desiderio.
Erik le passò le mani dalle
spalle alla schiena,avvincendola a sé.
Tra la
nostra anima e il nostro corpo ci sono tante piccole
finestre,
da lì, se sono aperte, passano le emozioni, se sono socchiuse
filtrano appena,
solo l'amore le può spalancare tutte insieme e di
colpo, come una raffica di vento.
Susanna Tamaro
Nel
momento in cui non esistè più alcuna barriera fra
loro,lui gemette con delicatezza,senza distogliere per
un attimo lo sguardo dal suo. Entrambi pensarono di
essere sul punto di morire, ed un misto di dolore e piacere fluì nelle loro
vene come una droga.
Fecero
l’amore pervasi da una disperazione indescrivibile,quasi
a voler sfidare gli dei,a volerli punire per aver inflitto loro un destino che
aveva tentato troppe volte di dividerli, per gridare a pieni polmoni il
desiderio di eternità del loro sentimento.
Gridarono
entrambi,disperati e feriti dall’intensità di quelle
sensazioni che non erano abituati a dominare.
I
loro corpi intrecciati sembravano incapaci di allontanarsi l’uno dall’altra.
Christine scoprì il suo stesso corpo attraverso quello di
lui.. si sentiva pervasa da un desiderio
insopprimibile,insaziabile,selvaggio.
Inebriato
di incredulo stupore, Erik esplorava
con la bocca quelle mani,quel viso,quei capelli, completamente stregato dai
gemiti e dai mormorii che sfuggivano alle labbra di Christine.
Non
aveva mai avuto alcuna donna,in passato: fu lei a
fargli scoprire la vita.
Christine si donava a lui fiduciosa,senza
limiti.
Non
il cielo stellato,non la luna. Era Christine,ai suoi occhi,la vera meraviglia del creato.
Erik non aveva quasi più fiato. Continuava a baciarla,sentendosi completamente sopraffatto da quell’esserino
così piccolo e delicato.
Era
come se lei gli avesse spalancato la porta di un mondo nuovo,come
se lo avesse battezzato con il suo stesso corpo, assurgendolo al Cielo.
Erikavrebbe voluto cristallizzare il
tempo in quegli istanti,sentire per sempre lesue mani fra i capelli,sulla schiena,sul viso.
Avrebbe
voluto chiedere clemenza al tempo inesorabile,che lo
aveva derubato di giorni,mesi ed anni, lasciandolo languire nell’agonia della
solitudine…avrebbe voluto reclamare in cambio solo quei pochi istanti,per
poterli rivivere per sempre.
Il
Fantasma dell’Opera,l’atroce ed ingegnoso assassino di
Mazenderan, il mostro che aveva compiuto crimini
inenarrabili nel proprio passato,era morto su un rogo di ricordi
dolorosi,quella notte.
Entrambi
erano bruciati,su quel rogo.
E dalle loro ceneri era rinato un nuovo Erik,
dentro quel cuore innocente e quell’anima pura che
gli era stata donata direttamente da Dio.
Christinegli cosparse il viso
di piccoli baci infantili,soffermandosi più a lungo dove le deformità della
carne erano più evidenti. Lo accarezzò con dita delicate,sfiorandogli
i capelli arruffati.
Come
una farfalla,la sua bocca si posò leggera sulle labbra
di lui,mentre le dita scivolavano sul collo e sulle braccia di lui.
“Non
sai quanto a lungo ho sognato queste braccia che mi stringevano..”
Erik sorrise impercettibilmente. “Non devi più sognarle.”
Lei
gli si raggomitolò contro,esausta e felice. Piccola e
fragile,sembrava sepolta contro il petto di Erik,e ne ascoltava il battito del cuore. Scoprì che quel
piccolo gesto era incredibilmente confortante.
Di
lì a poco il sonno la vinse.
Erik la strinse un poco a sé,quasi
cullandola.
Come
tutti gli innamorati avrebbe voluto escludere il resto
del mondo,perché nessuno era necessario a loro,se non loro stessi. Aveva ormai
la certezza che Christinefosse
la donna che il destino aveva tenuto in serbo per lui,e che tutto quello che
aveva dovuto affrontare nella vita fosse finalizzato al loro incontro,alla loro
unione.
Pensò
che, nei disegni misteriosi della sorte,fosse stato
sempre da sempre concepita,per lui,quella silenziosa notte stellata e
primaverile, la fresca sensazione del prato erboso e quella magnifica giovane
donna che dava finalmente una forma compiuta ai lunghi anni di attesa.
Christine era il fiore di una pianta rara che era sbocciata soltanto per lui.
Ricordò
la creaturina spaurita che era arrivata all’Opera Populaire in un lontano pomeriggio di inverno.
La
sorte gliela aveva affidata,e lui aveva fatto tutto
quanto era in suo potere per darle una vita migliore.
Ora
che ne aveva fatto una donna,poteva ancora garantirle
una uguale serenità?
Erik rimase sveglio a lungo,sotto il
mantello che li celava entrambi alla fredda brezza del primo mattino.
Ora
dovresti essere soddisfatto.
Hai
compiuto la tua vendetta. L’hai avuta,e non hai
neppure dovuto studiare un modo artefatto per sedurla. Si è offerta
spontaneamente a te. Che grande vittoria!
Il tuo don
Juan è stato davvero trionfante.
Ora puoi
lasciarla. L’hai rovinata per sempre,e quando dopo le
nozze il Visconte saprà cosa è successo… la tua vendetta sarà completa.
Questi
pensieri gli affollavano la mente.
E’vero,questo era stato il suo piano sin dall’inizio,sin da quando
era partito da Parigi.
Voleva
farla soffrire in maniera indicibile,voleva che
pagasse per tutto quello che gli aveva fatto passare.
Ma
ora.. si sentiva dilaniato.
Da
una parte aveva tutta l’intenzione di compiere fino in fondo la sua vendetta.
Troppo a lungo l’aveva attesa.
Dall’altra
non poteva pensare di ferirla.
In
fondo al suo cuore si era risvegliato tutto il sentimento che aveva annegato
per mesi nell’odio e nel rancore. Lo aveva sopito..ma non era stato in grado di ucciderlo.
Si
sentì ribollire il sangue al pensiero che fra pochi giorni lei avrebbe potuto
essere la Viscontessa
di Chagny, anziché sua moglie,la
sua amante,la sua compagna.
Se quella notte la corda non si fosse spezzata…
Non
osava pensarci.
Oramai
il dado era tratto. Voleva disperatamente,violentemente
possederla.
Non
gli bastava l’effimero piacere di una notte. Doveva essere sua per sempre.
No,non poteva continuare con il suo piano. Neppure per
vendicarsi di quel babbeo.
L’amava
troppo… e poi quel bastardo,che aveva osato alzare le
mani sulla sua Christine,molto presto avrebbe avuto
ciò che si meritava.
Sorrise
crudelmente a quel pensiero,prima di sprofondare nel
primo sonno senza incubi della sua vita.
Christine
era sveglia da molto tempo,ma non si era mossa.
Non
voleva rischiare di rompere quell’incantesimo…temeva che tutto si
rivelasse un ennesimo sogno soltanto.
Stava
ripensando al bacio della sera precedente,al primo
bacio dopo mesi di separazione.. il bacio che era stato preludio della loro
perfetta unione.
Quando
le loro labbra si erano incontrate,sfiorate,cercate
affannosamente,le era sembrato che quello fosse l’attimo per cui era
valsa la pena attendere tutti quei mesi.
Sorrise.
Lo aveva pensato perché non si immaginava
ancora cosa sarebbe accaduto dopo.
Anche Erik era sveglio.
E come Christine non osava muoversi per non spezzare
quell’incantesimo.
Per
fortuna la sera prima si erano rivestiti… sarebbe stato imbarazzante se
qualche contadino li avesse scorti dalla strada principale,da
cui non erano troppo lontani.
Come
sembrava tutto diverso,alla luce del sole..
Socchiudendo
gli occhi,guardò la ragazza.
Non
smetteva mai di essere inebriato dalla sua dirompente bellezza.
Dal
suo corpo sottile e flessuoso,dalla sua pelle dalle
trasparenze delicate,dal suo volto rosato e dai lineamenti perfetti esaltati
dalle piccole lentiggini che punteggiavano lievemente naso e gote,dai capelli
che scendevano indomabili ed orgogliosi a larghe onde,accarezzandole il lungo
collo e le spalle.
In
lontananza si sentivano rumori di carri e cavalli che transitavano sulla
strada.
Christine
fece un piccolo sbadiglio,e si sollevò.
Erik
aprì completamente gli occhi,ed i loro sguardi
si incontrarono.
Aveva
temuto quel momento per ore.
Christine
avrebbe potuto scoppiare in pianto, terrorizzata nel
vederlo accanto a sé. Avrebbe potuto avere una reazione terribile al
pensiero di ciò che era accaduto quella notte.
Un
conto è agire sotto l’influsso stregato della luna piena,della paura,della violenza appena subita dalla persona che
dovrebbe amarti più di ogni altra..
Un
conto è ripensare a tutto quanto a mente lucida, faccia
a faccia con il mostro che ti ha cambiato la vita.
Christine
gli baciò la punta del naso.
“Non
ricordo da quante notti non dormivo così bene.”
Sembrava
tutto fuorché una donna atterrita e pentita.
Sarebbe
quasi sembrata un angelo, baciata in quel modo dal sole del mattino,distesa fra l’erba punteggiata di fiori dai colori
tenui…
…se non avesse recato sul viso e sul collo i segni
inequivocabili della violenza di Raoul.
Il
suo sguardo si fece involontariamente duro,e Christine
rendendosene conto si portò istintivamente una mano alla gola.
Il
bendaggio della notte precedente si era ovviamente sciolto.
Arrossì
sotto lo sguardo irato di lui,e tentò di difendere,con
foga forse eccessiva,il suo amico d’infanzia.
“Erik..ero sconvolta,e non ho avuto modo di spiegarti. Non
è stato altro che uno stupido incidente..lui
era ubriaco, voleva..baciarmi..ed io l’ho respinto,e sono scivolata
battendo contro il camino…insomma non è successo nulla di
grave..”
“Nulla
di grave?”ruggì lui con disperazione,afferrandole
il viso con le mani.
“Non
ti rendi conto che se il colpo fosse stato un po’ più forte,un po’ più centrale…avresti potuto
morire? Quell’idiota avrebbe potuto ucciderti!!
E solo perché non si rende conto…”
deglutì.
“Non
si rende conto del tesoro che ha accanto,e pensa di
trovare sollazzo in fondo a una bottiglia. Dio lo maledica
per questo!” Le volse le spalle.
“E
quello che è peggio,tu lo difendi. Quante donne
subiscono in silenzio sorti anche peggiori della tua…immagino che la
gioia di diventare Viscontessa valga anche qualche piccolo problemino ogni
tanto.”
La
durezza del suo tonò esasperò Christine.
“Come
puoi dirmi questo! Come puoi dopo questa notte! Credi davvero che potrei
rimanere con lui ora?”
Erik
trasalì. Aveva davvero intenzione di lasciare una vita agiata,alla luce del sole, rispettata e ammirata…per vivere
insieme a lui?
Poteva
fidarsi di lei…fidarsi per l’ennesima
volta? In fondo in passato lo aveva tradito.
Si
girò e la guardò negli occhi. Occhi dove non regnavano più
sgomento e confusione,ma una nuova e serena
consapevolezza. Lo amava davvero.
Non
era comprensibile, non era in alcun modo spiegabile.. ma
era vero.
Le si avvicinò piano,temendo che lei si ritraesse,anche
solo per un arcaico impulso. Non lo fece.
Le
sfiorò piano la fronte con le labbra,senza
quasi osare baciarla.
Lei
sospirò. Ora aveva due grandi problemi a cui pensare. Affrontare
Meg…e lasciare Raoul.
“Devo
tornare alla villa Erik. Devo almeno spiegarmi…non
posso lasciarlo senza dirgli nulla. Impazzirebbe. E poi mi farebbe
cercare dovunque…. Non avremmo mai pace. Devo
almeno spiegargli perché lo lascio,e
perché non potrò mai..amarlo come dovrebbe fare una moglie.
Semplicemente perché amo già te.”
Quelle
parole gli bruciarono nel cuore in una fiammata di gioia guizzante ed
impalpabile,ma subito la fredda logica razionale ebbe
il sopravvento.
“Come
puoi pensare che ti lasci andare così,senza
provare a trattenerti? Se tu mai avessi il coraggio di
farmi un discorso del genere…”le strinse le mani,con rabbia
furibonda.
“Non
ti permetterei mai di parlarmi così! E soprattutto non ti lascerei mai
scappare con un altro.”
Si
morse le labbra. “Non una seconda volta. Non posso lasciarti andare da
lui.”
Christine
scoppiò a ridere,sentendosi stranamente
leggera,quasi euforica. Il panico era scomparso.
“E’naturale
che tu non ti comporteresti così…” gli carezzò la
guancia,prima che lui si rimettesse la maschera.
“Siete completamente diversi. Raoul è un caro ragazzo…ma
tu sei un uomo. Il mio uomo.”
Come
sembravano potenti e ammalianti quelle tre piccole parole sulle sue
labbra… Il mio uomo.
Nessuno
si era mai rivolto a lui definendolo uomo. Fantasma,mostro,assassino…
uomo mai.
Né tantomeno era mai stato usato l’aggettivo
mio…
Pensava
che nessuno avrebbe mai rivendicato con orgoglio un diritto di possesso sulla
sua persona..ed invece era appena accaduto.
Christine
si staccò da lui e cominciò a ricomporsi. “Ora dobbiamo
davvero tornare.”
“Come
faremo…dopo?”
“Non
mi interessa” lo rassicurò lei.
“Appena avrò parlato con Raoul e Meg salterò sul mio
cavallo,e ce ne andremo …in qualunque posto tu
vorrai. Sei tu la mia casa,non il paese o la
città che abiteremo. Ma devi fidarti di me…devi permettermi di
tornare.”
Erik
chinò il capo,rinunciando a lottare.
Era
d’accordo con lei, almeno in linea teorica…ma
aveva troppa paura di ciò che avrebbe potuto succedere. Aveva paura che
il suo meraviglioso sogno si spezzasse.
Doveva
essersi addormentata inavvertitamente,durante le lunghe ore strascorse alla
finestra,di vedetta.
La
porta della camera era aperta,e Christine era entrata come un tornado.
Lei,di
solito così pacata e quieta…sembrava incredibilmente
agitata,mentre si rivolgeva al valletto che l’aveva seguita,e lo
scacciava con ampi cenni della mano.
“No
Jean..in questo momento non ho intenzione di scendere a parlare con il
Visconte. Ditegli che sto bene e che andrò a trovarlo più tardi
nel suo studio. Ora ho ben altro da fare.”
Chiuse
la porta in faccia all’attonito ragazzo,e vestita com’era si
buttò esausta sul letto.
Meg
era inorridita.
Christine
aveva le vesti e le scarpe imbrattate di terriccio,fili d’erba nei
capelli,una guancia sporca…eppure non era mai stata così radiosa.
La
ragazza impallidì però,notando dei brutti lividi ed un taglio
verso la sua nuca.
Non
aveva dubbi su dove fosse stata,e con chi.
Ma
non si aspettava che lui l’avesse trattata in un modo simile..e che lei
nn avesse reagito,anzi ne sembrasse felice…doveva essere impazzita.
Si
mise minacciosamente le mani sui fianchi,cercando di assumere un’aria
severa,cosa impossibile dato il suo aspetto tenero e fanciullesco.
“Esigo
una spiegazione Christine. Sei sparita per ore,sei stata fuori tutta la
notte…come hai potuto?!?! Raoul era distrutto,io ero
preoccupatissima…Che stai facendo!? Vuoi mandare a monte le tue
nozze?”
Christine
si sentiva a disagio davanti allo sguardo accusatorio di Meg.
Come
poteva..spiegarle il suo sentimento?
Non
poteva farlo,perché non esistevano parole che avrebbero potuto
descrivere efficacemente quella strana magia che la legava ad Erik.
“E
non provare a inventare scuse. So benissimo da chi sei andata…non ci
vuole molto per capirlo! Cosa ti ha fatto…ti ha forse costretto
a…” sbarrò gli occhi per l’orrore,di fronte a quel
pensiero.
Sfiorò
gentilmente,quasi timidamente, con una mano i lividi dell’amica.
Christine
sbiancò, comprendendo l’errore di giudizio dell’amica.
“No
Meg…non è stato lui. E’stato Raoul…è per questo
che sono fuggita questa notte. Era ubriaco,ha tentato di approfittarsi di
me…sono caduta,si è trattato di un incidente. Ma non è
stato Erik. Anzi, lui mi ha medicata. Sarei in uno stato molto più
pietoso,altrimenti.”
Meg
indietreggiò confusa. Raoul?
Il
dolce,paziente,educato Raoul..ubriaco?
“Lo
so che ti sembra incredibile,ma devi credermi. In ogni caso Meg…non ci
saranno alcune nozze. Almeno,”aggiunse con un mezzo sorriso,”non in
questa casa. Fra poco scenderò a parlare con Raoul e gli dirò che
ho intenzione di lasciarlo.”
“Christine…ci
hai riflettuto? Ha sbagliato,questo è certo…ma è motivo
sufficiente per rompere il vostro fidanzamento? Sono certa che sia pieno d
rimorsi per ciò che ha fatto,che sia disposto a qualunque cosa per fare
ammenda…non puoi semplicemente lasciarlo,così
d’impulso!”
Christine
sospirò esasperata.
La
sua amica era più ottusa di quanto avesse immaginato.
“Meg,perché
sei così ostinata? Non lo lascio perché abbiamo litigato o
perché era ubriaco. Lo lascio perché non lo amo. E perché
amo un altro uomo.”
Meg era pallida e preoccupata. A quel punto non aveva più argomenti.
Aveva
scritto alla madre per averne consiglio,e ne aveva ricevuto invece una risposta
sconcertante.
Madame
Giry nella sua lettera la pregava di non impicciarsi negli affari
dell’amica,e di non difendere la sua relazione con Raoul. Le aveva
spiegato che quel matrimonio non sarebbe stato un bene per Christine.
Non
si era aspettata una risposta simile da parte di sua madre.
Dopo
tutto quella notte aveva fatto di tutto per aiutare il Visconte…o forse
no?
Quel
pensiero non l’aveva mai sfiorata prima. Ma alla luce di questo suo
voltafaccia…
Sua
madre conosceva bene i trabocchetti e i passaggi segreti del regno del
fantasma,ma non aveva accompagnato il Visconte che fino ad un certo punto del
percorso.
Perché
non lo aveva condotto perlomeno fino al lago?
Voleva
forse che si perdesse…che non arrivasse a tempo per fermare la passione
furiosa di quel mostro?
Di
quell’assassino spietato che Christine ora con tanta semplicità
definiva uomo?
La
sua rabbia esplose di colpo.
“Perché
hai accettato di sposarlo allora? Perché per mesi hai finto di amarlo?
Sei davvero un’attrice nata Christine…non avevi ingannato lui
soltanto,ma tutti noi!”
Era
risentita per quel tradimento della loro amicizia.
Per
mesi Christine non aveva neppure nominato quell’essere,ed era così
sicura che lo avesse escluso dal suo cuore, bandito dai suoi
pensieri…nemmeno per un attimo aveva immaginato quanta passione ardesse
ancora sotto la cenere della rassegnazione.
Christine
lasciò ricadere le braccia in un gesto rassegnato e sconsolato.
“Non
avevo intenzione di far soffrire nessuno,almeno su questo credimi. Pensavo
che.. lui non mi volesse più. Sapevo che non avrei mai amato nello
stesso modo nessun altro. Perché allora non sposare Raoul? Mi ama,ed io
nutro per lui un grandissimo affetto. Sarebbe stato un buon marito e padre,un
compagno gentile e premuroso.” Chiuse gli occhi.
“Non
lo avrei mai tradito..con nessun altro. Ma ora Erik è ritornato,e ha
dimostrato di volermi ancora con sé,nonostante il passato,nonostante
tutto. Che altro avrei dovuto fare? Sacrificare ogni possibile felicità
sull’altare di un matrimonio già deciso?”
Si
accorse di aver iniziato a piangere,come una bambina. Come aveva sempre fatto.
Pensava
che la notte appena trascorsa l’avesse resa più donna…ma
davanti ai problemi che la sua nuova vita avrebbe creato,si sentiva ancora
troppo fragile ed impotente.
Quando
nel dolore si hanno compagni che lo condividono, l’animo può
superare molte sofferenze.
William Shakespeare
Meg
d’impeto la abbracciò stretta. La cullò piano,fino a
calmarla.
Poi
si staccò da lei e le sorrise,cercando di rassicurarla con un sorriso
fiducioso.
“
Non mi importa di quello che dirà Raoul. Sarò al tuo fianco
Christine,anche se non sarà facile. Anche mamma vi darà tutto il
suo appoggio. Non ti abbandonerò proprio ora. Sei un’amica,una
sorella.”
Christine
le sorrise debolmente. Sì,si sentiva meglio ora. Più forte.
Si
sarebbe ripulita,avrebbe fatto una nuova medicazione e poi sarebbe scesa a
parlare con Raoul.
Circa
due ore dopo Christine bussò piano alla porta dello studio.
Non
ebbe risposta.
Aprì
piano la porta. Lo studio era deserto.
Ma
sulla scrivania c’era una busta.
A
Christine.
La
ragazza prese perplessa la busta fra le mani,e lentamente l’aprì.
Mia
adorata,
non riesco
quasi a credere che tu sia ritornata da me. Non lo merito.E capisco che tu non
abbia voglia di parlarmi.
Non dopo
quello che ti ho fatto, da quella bestia che mi sono rivelato.
Spero tu
mi crederai,non avevo intenzione di farti del male.. non sono riuscito
semplicemente a dominare con sufficiente efficacia tutto il desiderio che provo
per te. E che avevo sempre represso,da sobrio.
Ho deciso
di assentarmi per qualche giorno,per darti modo di stare un po’sola. E
cercare di perdonarmi.
Spero che
tu ci riesca Christine,perché non sopporterei di guardarti negli occhi e
leggervi disprezzo.
Ti amo,e
non te ne farò una colpa,se tu non riuscirai a perdonarmi. Sarà
soltanto colpa mia,se ti avrò perso.
A presto
amore mio.
Raoul
Christine
impallidì.
La
resa dei conti era stata momentaneamente rimandata.
Dio ha
donato lo spirito di ali, perchè volassimo nel
firmamento immenso di amore e libertà. Quanto è meschino mozzare le ali con le
proprie mani e lasciare che lo spirito strisci come un verme sulla terra.
KahlilGibran
Non
fu facile spiegarlo ad Erik.
Impaziente,
lui avrebbe voluto affrettare i tempi,partire subito.
Quel
bastardo riesce a metterci i bastoni fra le ruote anche involontariamente!! Pensò con rabbia.
Christine aveva dovuto sfoggiare tutta la diplomazia di cui
era capace,per convincerlo a calmarsi e a rimanere.
Aveva
sollevato su di lui occhi supplichevoli ,imploranti.
“Capisci Erik non posso! Non posso
soltanto scomparire,te l’ho già spiegato!! Rimarrò qui
fino al suo ritorno.. ti prometto che gli parlerò subito.
Senza indugi. Quella sera stessa ce ne andremo.”
Non
ebbe risposta,solo un silenzio rabbioso.
Si
erano incontrati nella stessa macchia di bosco della notte precedente.
Christine sospirò,ed appoggiò la
testa sul petto di Erik, ascoltandone il battito
irregolare. Era arrabbiato,e teso.
Cercò
di blandirlo.
“E
nel frattempo..” gli sorrise
maliziosa.
“Verrai
ogni notte alla villa. E passeremo almeno qualche ora
insieme. Non è molto,ma dopo mesi di separazione non
posso pensare di non vederti più nemmeno per due settimane.”
Eriksi irrigidì.
“Sei
impazzita? Ho tenuto d’occhio la villa per giorni,prima
di avvicinarti. Ci sono dozzine di servitori che vanno e vengono ad ogni ora
del giorno. Come..”
Lei
gli serrò la bocca con un bacio.
“Certo
sarebbe difficile se io rimanessi a dormire nella stanza al piano superiore,con Meg..ma vedi,oggi pomeriggio
abbiamo messo in scena una bella litigata davanti a più di metà della
servitù.”ammiccò divertita al racconto di quell’innocente
astuzia femminile.
“Immagino
che non abbia insospettito nessuno il fatto che, furibonda,abbia
chiesto di farmi preparare una delle camere degli ospiti,per
stanotte…precisamente quella sul retro. La quale,per
combinazione, dà sulla terrazza… insomma,non ti dovrebbe essere difficile scivolare
attraverso la finestra alla sera ed uscire alla mattina.. Famigerato Fantasma!”
Risero
entrambi di gusto alla facezia,ed Erik
smise di essere arrabbiato.
Qualunque
guaio combinasse,quella piccola peste riusciva a farsi
perdonare!
E così fecero.
Ogni
notte,con la protezione dell’oscurità, Erik si introduceva furtivo nella villa,e seppelliva la
propria angoscia fra le braccia di Christine,fino al
mattino.
All’alba
la prudente Meg,dal sonno
leggero, bussava di nascosto alla loro porta,per avvertirli.
Immediatamente
Erik scivolava fuori dalla
casa,il cuore pieno di rimpianto,mormorando silenziose preghiere affinché la
nuova notte calasse il più presto possibile.
Non
viveva che per quelle poche ore.
Arrivavano
sporadiche,brevi missive da parte di Raoul.
Erano
già passate due settimane,ed il ragazzo non accennava
ancora ad un ritorno.
Erik era a dir poco furibondo.
Ogni
giorno spiava la villa, nascosto nell’ombra come solo lui era in grado di fare.
Ogni
giorno la servitù si affaccendava per la villa, preparando ogni salone, ogni
terrazza,ogni remoto angolo dell’ampio parco in
previsione del giorno delle nozze.
Giungevano
numerose carrozze,ognuna con il suo stemma blasonato,a
consegnare pacchi e pacchetti, i regali di nozze per la coppia di novelli sposi.
Tutto
questo gli dava una sensazione di nausea,di
capogiro…soprattutto vedere come Christine sembrasse
completamente indifferente a tutto questo trambusto, come si comportasse in
modo assolutamente naturale. Era davvero straordinaria nel recitare,bisognava riconoscerglielo..ma il
dubbio che non si trattasse di finzione lo aveva sfiorato più di una volta.
Se alla fine Christine ci avesse
ripensato?
Nessuno
a parte Meg era stato messo al
corrente del suo ritorno…di quanto era accaduto fra loro.
Se
dopo tutto… avesse cambiato di nuovo idea?
Quella
era un’idea che non gli dava requie.
Certo,in quel caso avrebbe avuto la sua vendetta.
Ma
a quel punto,che importanza avrebbe potuto avere?
La
vendetta,potente pulsione che lo aveva fatto sentire
vivo per lunghissimi anni di fredda solitudine, gli sembrava ora soltanto uno
stupido artificio,non un sentimento capace di infiammare le vene,il cuore.
Questo
perché un nuovo sentimento fluiva liberamente in lui,ora.
Qualcosa
che non aveva mai assaporato,e da cui ora sapeva di
dipendere come un neonato inerme.
Senza di te che cosa sarei stato?
Senza di
te che cosa non sarei?
Destinato
a paure e smarrimenti,
solo mi sentirei nel vasto mondo.
Non amerei
più nulla con certezza,
sarebbe un cupo baratro il futuro;
se nel profondo il cuore si turbasse,
a chi potrei svelare la mia pena?
Solo, da amore e nostalgia consunto,
non dissimile il giorno dalla notte
mi sembrerebbe; e seguirei con caldo
pianto il corso selvaggio della vita.
Troverei
nel tumulto inquietudine,
dentro la casa angoscia disperata.
Chi
reggerà senza un amico in cielo,
chi reggere potrà qui sulla terra?
Novalis
Una
notte,mentre riposavano esausti,allacciati
strettamente l’uno all’altra, aveva trovato il coraggio di raccontarle del suo
piccolo trucchetto nel confessionale!
Quanto
si era arrabbiata Christine!
Lo
aveva pizzicato, morsicato, schiaffeggiato..per gioco certo,con una
certa furia infantile che lo aveva deliziato.
Glipiaceva quell’atmosfera intima e giocosa che oramai aleggiava fra
loro, quel tipo di quieta armonia che solo gli innamorati amano e comprendono
fino in fondo.
Quella
sensazione lo faceva sentire uomo, non più solo e disperato,ma
amato e protetto.
Non
lo avrebbe mi creduto possibile.
Il
problema è che un tale squisito incantesimo non poteva durare per sempre.
In
ogni fiaba arrivava il momento in cui la magia si spezzava, in cui il
protagonista doveva pagare il fio per la felicità assaporata… ed Erik temeva l’arrivo di quel momento con tutto sé stesso, benché cercasse di negarlo.
Mai le
nostre anime sono così distanti come quando i nostri corpi sono vicini.
anonimo
Una
notte, mentre Christine giaceva addormentata nel suo
abbraccio,non riuscì a smettere di pensare a come era cambiata la sua vita nel volgere
di pochi giorni. Non aveva mai conosciuto il calore di un corpo umano,
l’estremo conforto di una lacrima o di un abbraccio, la dolcezza
indimenticabile di un bacio.
Quelle
sensazioni si erano ora impresse dentro di lui come un marchio di dannazione.
Dannazione,sì..
perché se ne avesse dovuto fare a meno,sarebbe morto.
Meno di un
anno fa ero rassegnato a passare il resto della mia vita fra le pareti
dell’Opera,nei suoi sotterranei.
Pensavo di
vivere il resto della mia vita in solitudine,senza pensare ad alcuna donna,non
dopo che Christine mi aveva lasciato. Fissò
intento il visetto profondamente addormentato della donna che stringeva contro
di sé. Ora so che mi si spezzerebbe il cuore se dovessi allontanarmi da lei.
Come
risvegliata dal suo sguardo fisso,Christine aprì gli
occhi,splendidi e brillanti anche nella semioscurità.
….aveva negli occhi la
forza del suo cuore..
CharlesBaudelaire
Si
aggrappò al suo braccio come una bambina che si stringe al proprio
orsacchiotto,un sorriso soddisfatto che le attraversava il volto,dandole
un’aria birichina. Si erano amati a lungo quella sera,prima con tenerezza e poi
quasi con rabbia, come se entrambi fossero stati posseduti da una furia,una
paura di distacco, apparentemente immotivata…oppure no?
Christine non era del tutto tranquilla.
Raoul
non era ancora ritornato,e lei non aveva idea del perché. Ogni giorno che
passava si sentiva sempre più oppressa dal peso del matrimonio che incombeva su
di lei,ormai prossimo ed implacabile come una spada di Damocle.
Raoul aveva forse intenzione di tornare esattamente il giorno delle nozze? Un
piccolo ricatto morale per essere certo di ottenere il suo perdono e la sua
mano?
Non
voleva che le sue preoccupazioni fossero eccessivamente visibili. Erik mostrava segni di insofferenza,negli ultimi giorni, e
lei non voleva aggravare le sue preoccupazioni. Perciò tentava di mostrarsi il
più possibile gaia e spensierata.
In
realtà l’unico momento in cui non sentiva il cuore stretto in una morsa
d’acciaio era proprio la notte,quando poteva seppellire ogni affanno contro la
pelle bruciante di lui,contro le sue labbra che la cercavano e sembravano
volerla divorare.
Disegnò
pigramente il profilo di lui con un dito,sospirando.
“Cosa
c’è?”le chiese lui. “Ti ho svegliato io?”
“Mhhhh…”rispose lei. “Stavo facendo un sogno strano.”
“Raccontamelo..”
la incoraggiò. Lei represse un risolino divertito.
“certo
che no! Non ti vergogni? Non si chiedono certe cose ad una signora!” gli sferrò
giocosamente una pacca sul petto. Lui rise e voltandola di scatto le imprigionò
le braccia al di sopra della testa, stringendole i polsi con una mano senza
però farle male.
“Adesso
sei in mio potere Christine…” scherzò lui con un
sorriso ironico. “ti conviene iniziare ad implorare pietà..” Gli occhi di lei
erano così sereni e gai da infliggergli quasi un dolore fisico,un sordo tuffo
al cuore.
“Non
ho paura di te,bruto…”gli fece una linguaccia.
“Ah
no? Se le cose stanno così…”senza preavviso iniziò a farle il solletico. Non lo
aveva mai fatto a nessuno in vita sua,e la cosa lo divertì immensamente. Christine iniziò a scalciare come un’ossessa e a ridere
forte. Dovette lasciarla andare,e con un’aria fintamente scandalizzata le
disse: “Mia cara…di questo passo sveglierai non solo tutta la casa,ma tutto il
vicinato..” Sorrise malizioso. “Fra queste rumorose risate..e
gli strilli di qualche ora fa…”la canzonò abbassando il tono di voce.
“Smettila!”La ragazza era arrossita di colpo,dietro
quella veritiera accusa. “Non ti permetto di parlarmi così!!!” Altra
linguaccia.
“Forse
non posso farlo ora.. ma un giorno..”
“Quale
giorno??” gli fece il verso lei.” Non ti sarà mai permesso!”
“..quando
saremo sposati..”
Piombò
il silenzio fra di loro. L’incanto giocoso si era spezzato.
Non
erano due bambini che giocavano e si prendevano in giro,ma due adulti che
ancora non avevano pianificato la loro vita.
Erik si alzò bruscamente dal letto.
Come
aveva potuto tradurre in parole il suo pensiero?
Si
sentiva un perfetto imbecille. Erano giorni che aspettava il momento giusto per
affrontare l’argomento con Christine..ma si era reso
dolorosamente conto che non ci sarebbe mai stato un momento ideale.
Quel
discorso avrebbe portato immediatamente a dei litigi, a delle incomprensioni.
Iniziò
a rivestirsi con furia,strappandosi anche inavvertitamente un bottone della
camicia.
Christine accese il lume, trovò il bottone sul
pavimento,ed estraendo un astuccio da cucito dal suo secretaire gli si avvicinò.
Lui
si ritrasse.
“Cosa
diavolo hai intenzione di fare?”
Lei
lo guardò con un’espressione stranita. Non era forse ovvio??
“Voglio,..soltanto riattaccare quel bottone. Non mi sembra che sia
una cosa…”
Lui
diede un fragoroso pugno alla parete.
“Quindi
le cose stanno così! Sei disposta a ricucire i miei vestiti,a venire a letto
con me…” il tono si fece esageratamente crudele,”ma di sposarmi non se ne
parla!!! Beh certamente,…le prime due cose immagino che si possano anche fare
per sola compassione…ma la terza andrebbe fatta per amore,non è vero Christine?” le girava intorno come un ossesso. “Già..ma tu che ne sai,poi?Stavi per sposarti già una volta senza amore…immagino che tu non intenda
correre due volte lo stesso rischio!!” Le ringhiò quasi in faccia. Lo sguardo
compassionevole ed allo stesso tempo implorante di lei lo fece infuriare ancora
di più. Tacque, il petto in tumulto per lo sfogo.
Christine teneva gli occhi bassi,ora. Non trovava le
parole per spiegargli ciò che provava.
Quando
lui aveva pronunciato quelle parole… quando
saremo sposati.. si era sentita morire,ma di felicità.
Il
pensiero che lui la desiderasse accanto a sé per il resto della vita era più di
quanto potesse sopportare.
Per
un secondo avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, ricoprirlo di
baci,dire sìsìsìsìsìsìsì….
Ma
non aveva potuto. Un senso di gelo l’aveva pervasa al pensiero di non essere
all’altezza della situazione. Troppe volte nella sua vita si era trovata a fare
marcia indietro davanti alle difficoltà.
La
notte in cui lo aveva “sposato” sotto la volta stellata aveva agito quasi come
in trance,spinta dall’impulso momentaneo,dal bisogno di protezione, dalla
suggestiva magia della luna piena che faceva sembrare la loro storia una fiaba.
Ma ora? Come poteva fra comprendere queste sue paure ad Erik?
Ormai
lui si era convinto che lei lo rifiutasse per ben altri motivi.
“Certo,povera
bambina. Pensare di legare la propria anima a quella di un rospo ripugnante
come me,che cosa terribile. Non ti si può dar torto. Posso dirti una cosa
soltanto,Christine. Va’ all’Inferno!”
Detto
questo uscì precipitosamente dalla finestra,senza neppure aver finito del tutto
di rivestirsi,la giacca buttata con noncuranza su un braccio.
Christine rimase interdetta.
Non
aveva saputo trattenerlo…e ora lo aveva perso un’altra volta.
Si
coricò,nel letto che ora le sembrava così incredibilmente grande,vuoto e
freddo…
Dormì
un sonno agitato e popolato di incubi.
And it's gonna
be a long night
And it's gonna be cold without your arms
And I`mgonna get stage
fright caught
in the headlights
It's gonna be a long night
And I know I'm gonna lose this fight
The Corrs,Long night
Al
suo risveglio, sperò di aver soltanto sognato…ma sul ripiano del suo
secretaire,ecco il bottone sfuggito alla camicia di Erik.
Non era stato un sogno,ma un incubo reale.
Et voilà qu'elle aimeet voilà qu'elle danse
Elle me ditje l'aime elle sort de l'enfance Etmoi qui suis là qui regardeet qui voit Jedonnerai tout de même ma
vie
Pour cette enfant qui grandit
Et voilà qu'elle aimeet voilà qu'elle
ose Quesoncœurexploseet voilà qu'elle aime Etvous qui savezque l'amour peuttuer Donnez-moi la force, le courage
De la conduirejusqu'aumariage Et voilà qu'elle aime Et voilà qu'elle danse Et voilà qu'elle aime
Et voilà qu’elle aime, Romeo etJuliette
Madame
Giry sedeva inquieta nella carrozza del Visconte de Chagny, giocherellando con i guanti e la borsa,e sentendosi davvero a disagio per la prima volta da anni.Non era sicura di aver preso una saggia decisione, questa
volta.
Il
ragazzo era stato al teatro,solo poche ore prima, e
con le lacrime agli occhi le aveva raccontato cosa era accaduto fra lui e Christine,della sua fuga precipitosa,dell’imminenza del
loro matrimonio e della paura di aver ormai irrimediabilmente incrinato il
rapporto con quello che considerava il vero amore della sua vita.
Ovviamente
lui non sapeva nulla del regolare carteggio fra Madame e sua figlia Meg,che l’aveva tenuta al corrente
di ogni cosa. Finse sorpresa,sgomento,rimprovero.
Recitò perfettamente la parte della donna scandalizzata.
Ma
non fu capace di sottrarsi efficacemente all’accorata supplica del ragazzo,che le suscitava davvero una pena infinita.
“Madame
Giry” aveva esordito,guardandola
con occhi a dir poco imploranti,”per me sarebbe importantissima la vostra
presenza alla mia tenuta. Mancano pochi giorni alle nozze,alle
quali in ogni caso avreste partecipato.. ho già parlato con gli impresari,e la
vostra temporanea assenza non nuocerà alla
preparazione dell’ultimo spettacolo. Inoltre,potreste
riabbracciare vostra figlia,è molto che non la vedete… Vi prego! Solo voi
potete far ragionare Christine,in
caso voglia andarsene! Siete come una madre per lei,una
guida. Vi ascolterà. Ve ne prego,accettate!”
Spinta
dalla compassione,aveva accettato.
Ma ora se ne pentiva.
Durante
il viaggio guardava di sottecchi il giovane Visconte,trepidante
ed insicuro, che si torceva nervosamente le mani, incapace di celare la propria
ansia.
Mentre
Madame Giry fingeva educatamente di non notarlo,l’altro occupante della carrozza,il duca di Sigognac, gli lanciava eloquenti sguardi di profondo ed indissimulato disprezzo.
Dovendo
essere il testimone di Raoul alle nozze,il duca a
quanto pareva aveva insistito per passare qualche giorno con lui alla tenuta..
per godere delle tue ultime ore da uomo libero, aveva aggiunto con una grassa
risata e una pacca sulle spalle.
Madame
era rimasta senza parole davanti a quell’uomo.
La
donna si era sempre vantata di poter percepire l’indole delle persone a pelle,con una semplice occhiata.
Quello
che aveva provato alla vista di quell’uomo l’aveva sconcertata.
Quell’individuo le aveva dato i brividi sin dal primo
istante,nonostante il comportamento che aveva avuto
nei suoi riguardi fosse stato assolutamente ineccepibile… eppure,del tutto
irrazionalmente forse, quell’uomo decisamente non le
piaceva.
Forse
stava perdendo il suo precedentemente infallibile
fiuto…dopo tutto quell’uomo era amico di Raoul de Chagny,il ragazzo più buono che avesse mai conosciuto. Il
visconte non si sarebbe certo circondato di cattive compagnie..non consapevolmente, per
lo meno.
Non
è solo l'uomo più buono che io conosco...purtroppo è
anche il più debole,rimuginò fra sé e sé.
Quel
ragazzino non aveva proprio capito nulla della vita.
Non
aveva capito quale strana attrazione insopprimibile esistesse
fra Christine ed Erik.
Finchè uno dei due avesse avuto fiato in gola e
spirito in corpo, avrebbe cercato ovunque l’altro,con
tutto sé stesso.
Nulla
aveva potuto separarli,neppure un anno di lontananza,
neppure la tragedia avvenuta nei sotterranei.
E
sicuramente non ci sarebbe riuscito quel teatrino di finte nozze,concluse con amarezza.
Alla
villa,Christine udì il
rumore della carrozza che entrava nel vialone
principale del parco.
Era
seduta da ore alla finestra, spiando il tramonto dissolversi nelle tenebre,
sperando con tutta sè stessa
di vedere la familiare sagoma oscura scivolare furtiva fra le piante
secolari,strisciare sul tappeto erboso ed entrare sorridente dalla
finestra…stringerla forte e dirle che era stato tutto un equivoco,che lui
l’amava…ne avrebbero riso,scherzato,e lei avrebbe avuto il coraggio di
spiegargli il comportamento della notte passata.
MaErik non era venuto.
Lei
sapeva bene quanto poteva essere lungo e frustrante il suo rancore.
Un
tempo,quando lei credeva ancora innocentemente che
fosse il suo Angelo della Musica, non le era apparso, neppure come voce,per più
di un mese,solo perché lei aveva mostrato indolenza durante una lezione di
canto.
Non
può abbandonarmi proprio ora….pensò con un brivido.
Non può. Lo sa quanto ho bisogno di lui! Deve tornare!
La
carrozza si era già fermata da tempo all’ingresso della villa.
Christinene aveva sentito
sbattere le porte,aveva udito lo scalpiccio dei servi che accorrevano a
presentarsi per salutare il padrone. Sospirò. Non sarebbe scesa,non subito almeno.
Doveva
calmarsi,recuperare le idee,preparare un discorso
coerente ed efficace che…
“Christine!!”
La
porta della sua camera si spalancò,e Meg entrò,entusiasta e sorridente!! “Christine!”
La
ragazza le scoccò uno sguardo interrogativo. Tutto questo
entusiasmo per il ritorno di…
“C’è
la mamma!!”
Dietro
a Meg comparve la figura alta e sottile di Madame.
La
donna non disse una sola parola, del resto non ne aveva
bisogno. Fece solo un eloquente e dolcissimo sorriso, aprendo le braccia. Christine vi si tuffò letteralmente, assetata di
conforto e consiglio. La donna le diede qualche amichevole e leggera pacca
sulla schiena.
Christine aprì la bocca per parlare,ma Madame la zittì immediatamente.
“Shhh” le sibilò all’orecchio. “Non
dire nulla..Il Viscontesta
arrivando,era solo pochi passi dietro a noi. Dovete parlare. Fatti coraggio
bambina mia.”
La
sciolse dall’abbraccio,e in quel preciso istante
Raoul comparve sulla soglia,un mazzo di fiori in mano e un’espressione
impacciata e colpevole sul viso.
Madame
trascinò via sua figlia,curiosa e
recalcitrante,e li lasciò soli.
“Ci
pensi, dolce Lottie?” esordì Raoul con
un sorriso.
“Sono
settimane che non ci vediamo.. mi sei mancata
terribilmente.”
Posò
il mazzo di fiori sul secretaire, e le prese
teneramente le mani. Gliele baciò piano,con
rispetto e premura. Era un gesto che faceva spesso, da quando
si erano ritrovati.
Christine
socchiuse gli occhi,mentre un fiume di ricordi le
invadeva la mente.
Raoul
bambino,quando entrambi giocavano spensierati e
danzavano come folletti al suono del violino di suo padre.
Raoul
appena ragazzo, al funerale di suo padre, quando lei aveva
dovuto partire per Parigi,che agitava una mano in segno di saluto,con il
viso sofferente per il distacco.
Raoul
già uomo,che le chiedeva di sposarlo sotto la Lira di Apollo,sulla terrazza
dell’Opera Populaire.
E
il nomignolo con cui la chiamava,..dolceLottie… lo aveva usato anche la sera in cui si
erano ritrovati.
D’istinto
quel pensiero la strappò da quei dolci ricordi.
Quella
stessa sera in cui aveva ritrovato il suo amico d’infanzia,aveva anche scoperto che il suo Angelo della Musica era un
uomo.
Un
uomo che l’amava oltre ogni umana ragione,e che
in quel momento non sapeva ancora di amare anche lei.
Liberò
le proprie mani da quella stretta gentile,e
cercò di assumere un tono convincente e pacato.
Il
ragazzo,nell’impeto di farsi perdonare,non aveva
neppure notato l’anello che un tempo le aveva regalato, l’anello
che lei aveva regalato ad Erik…e che ora
indossava di nuovo.
Se lo avesse notato, non ci sarebbe stato bisogno di parole.
Ma
gli uomini,più o meno coscientemente,sono
spesso ciechi e ottusi.
“Raoul..hai
ragione,è molto che non ci vediamo. Ed è
proprio per questo che ho un assoluto bisogno di parlarti. Il giorno delle
nozze si avvicina,e..”
Il
sorriso dilagò sul volto del Visconte.
“Oh
Christine,sono così
sollevato!! Intendi dire che mi hai perdonato,che mi
sposerai! Quasi non mi sembra vero…” Fece
un passo verso di lei,a braccia tese per stringerla a sé,ma Christine
arretrò intimidita.
“Raoul,ti prego,lasciami finire….non
posso sposarti! Non posso! E questo non ha nulla a che fare con il nostro
litigio….” Il suo tono era quasi
vergognoso,ora.
L’espressione
del ragazzo si fece dapprima sbigottita ed incredula,poi
incredibilmente seria.
Sicuramente
Christine,se lo aveva
perdonato per quell’abominevole comportamento,
ora aveva questa crisi per il timore pudibondo e comune che attanaglia tutte le
giovani spose.
“Christine…capisco che tu sia nervosa. E?naturale. Ma credimi, sarà il giorno più
bello della nostra vita.”
“Raoul…non
ti amo. Non ti ho mai davvero amato.” Fece una
pausa,addolorata dal dovergli svelare un simile
peccato. “Me ne sono accorta tardi,è
vero,e per questo dovrei essere io a chiederti scusa. Ma
purtroppo non posso far tornare indietro le lancette dell’orologio del
tempo… e non posso neppure proseguire in questa finzione. Farò le
valigie questa sera stessa,se preferisci.
Capirò,se non vorrai più
vedermi,e…”
Raoul
non disse nulla. Mille pensieri gli frullavano nella testa.
Abbracciò
Christine,e le posò
un piccolo,dolcissimo bacio sulla fronte.
Nessuno
dei due si accorse della figura ammantata di nero che li spiava,dall’esterno.
Una
figura che aveva ricacciato indietro l’orgoglio per la prima volta nella
sua vita,e aveva deciso di perdonare l’affronto
subito la notte precedente.
Una
figura che si era aspettata di trovare Christine sola,e non nell’abbraccio tenero e affettuoso del suo
futuro marito.
Una
figura che ingoiando l’amarezza e il dolore soffocante al petto,scivolò di nuovo via,furtiva nelle ombre della notte
ormai prossima.
Erik fece male ad andarsene così.
Se
fosse rimasto solo qualche secondo in più,le
cose avrebbero preso una piega completamente diversa…ma nessuno conosce
davvero il proprio destino finchè non lo ha
vissuto fino in fondo.
Raoul
sospirò,staccandosi dalla fidanzata.
Le
carezzò ancora una volta,dolcemente,la guancia.
Poi
le diede una spinta,forte abbastanza da farla ricadere
sul letto.
Christine,colta alla
sprovvista,non riuscì a mantenere l’equilibrio,e Raoul fulmineo
come un serpente ne approfittò per sgusciare fuori dalla stanza e
chiudere la porta a chiave.
Invano
Christine si accanì con i propri piccoli pugni
sul legno massiccio.
Non
sarebbe mai riuscita ad abbatterla.
La
voce di Raoul le arrivava tremula ed indistinta dal corridoio.
“Perdonami
Christine. Non posso lasciare che una tua crisi di
nervi rovini il nostro futuro. Avrai tutta la notte per riflettere,e e vedrai che domattina tutto ti sembrerà diverso.
Non volermene,amore mio. Lo faccio per il nostro
bene.”
Christine si accasciò a terra. Non aveva
più forze in corpo.
Chi
l’avrebbe salvata,ora che il suo Angelo se ne
era andato per sempre?? Non riuscì a trattenere le lacrime.
Madame
Giry non aveva perso il maledetto vizio di
nascondersi nei recessi dei corridoi.
Così,senza che Raoul se ne avvedesse,aveva assistito
all’intera scena.
La
sua mente correva veloce. Non poteva semplicemente aprire la porta e far uscire
Christine,sarebbe incorsa
soltanto nelle ire del Visconte. Doveva studiare un piano alternativo.
Di
lì a poco avrebbero cenato,e poi certamente il
Visconte ed il Duca si sarebbero chiusi nella biblioteca, a bere e discorrere
fra uomini,come era uso nella loro cerchia.
A
quel punto adducendo come scusa la stanchezza del viaggio
avrebbe finto di ritirarsi..e avrebbe raggiunto Erik alla locanda.
Quell’idiota avrebbe dovuto darsi una mossa,se non avesse voluto perdere Christine
per sempre.
Erik sedeva in camera sua,gli occhi fissi a
terra,le mani serrate a pugno e l’espressione vuota.
Negli ultimi giorni aveva vissuto una felicità
inimmaginabile..ed ora ne stava pagando il prezzo. Il prezzo della
separazione,il prezzo dell’assenza di qualcosa che in
passato non aveva mai conosciuto davvero. Il senso di vuoto di un cuore che ama
appassionatamente,disperatamente,e che ha la certezza
agghiacciante di non essere riamato.
Sentì bussare alla porta. Non rispose neppure. Qualche visitatore che aveva
sbagliato porta,senza dubbio.
Di nuovo risuonarono tre colpi secchi.
“Andatevene!”gridò esasperato. “Qui non c’è
nessuno!”
“Erik apri immediatamente
questa porta. Non sono abituata a fare anticamera.”
Attraverso la nebbia che gli avvolgeva la mente,Erikcredette
di avere un’allucinazione. Gli era parso di udire la voce severa di Madame Giry. Un altro colpo alla porta,probabilmente
sferrato con la canna d’ebano da cui Madame non si separava mai.
“Apri immediatamente,accidenti
a te! Sai che non sarei qui se non ce ne fosse un serio motivo!!”
Erik si decise a trascinarsi fino all’uscio. A fatica girò il chiavistello e
socchiuse la porta.
No,non l’aveva immaginata.
Avvolta in un mantello blu scuro,celata sotto un ampio
cappuccio,ecco Madame. Il volto era teso e pallido,quasi
affannato. Lo squadrò con un misto di sorpresa e pietà. Sicuramente il suo
aspetto doveva essere più orribile del consueto.
“Andatevene Madame. Non c’è nulla che possiate fare
qui. Avete sbagliato a dirmi di venire qui..più o meno implicitamente. Christine
non mi ama. La scorsa notte ha reagito inorridita al mio solo accennare ad un
nostro matrimonio. E poco fa l’ho vista aggrappata al suo prezioso,inestimabile Visconte de Chagny.
Non posso più fare nulla ormai.” Fece una risata gutturale. “E poi,almeno,la mia vendetta è compiuta. Ho avuto Christine,in un modo o nell’altro.
E ho privato quel damerino del suo diritto nuziale.”
Il tono ora era caustico e crudele.
Madame sembrò barcollare sotto il peso di quella
nuova notizia. Non aveva immaginato neppure per un attimo che Erikavesse potuto agire spinto
dalla vendetta,neppure all’inizio. Ma la cosa non era
difficile a credersi. Per anni solo la vendetta lo aveva animato,unico sentimento umano che la gente non aveva potuto
sottrargli,e che aveva anzi ingigantito con la propria crudeltà.
Recuperò comunque in
fretta il proprio sangue freddo,e lo sfidò apertamente.
“Quella corda non avrebbe dovuto spezzarsi,quella notte,se è così che la pensi. Sarebbe stato meglio
per tutti che fossi diventato un pendaglio da forca!”
La reazione non si fece attendere. Lui la fissò con
occhi belluini,e digrignò i denti.
“Andatevene,pazza…prima
che non riesca più a trattenermi!”
Lei non si mosse. “In questo momento Christine è
chiusa nella sua camera come una prigioniera. Il Visconte non ha intenzione di
farla uscire fino a quando non acconsentirà alle
nozze. Ti pare il comportamento di una ragazza entusiasta di andare all’altare?
Fino a che punto riesci a renderti cieco,con la
sciocca compassione per te stesso? Credi davvero che lei non possa amarti per
il tuo aspetto? AH!” fece un gesto teatrale,puntandogli
contro la propria canna. “Mi chiedo piuttosto come possa amarti nonostante
questo tuo insopportabile ed orgoglioso caratteraccio!!!”
Erik era allibito. Mai nella sua vita nessuno aveva osato parlargli con
tanta durezza e così poca paura.
Poteva essere vero,ciò che
gli stava raccontando? Che motivi avrebbe avuto Madame
Giry di mentirgli,d’altronde? Non ci avrebbe
guadagnato nulla.
Rimase immobile,scuotendo
appena il capo per raccogliere le idee.
Che fare?ritornare alla villa per liberare Christine
oppure no? D’altronde lui l’aveva pregata per giorni di partire con lui,di non attendere il ritorno del fidanzato. Sapeva bene che
un uomo innamorato può comportarsi in modo
estremamente sciocco. Lo aveva sperimentato sulla propria pelle.
D’altra parte…l’idea di Christine
rinchiusa contro la sua volontà..Christine che credeva che ormai il suo angelo l’avesse
abbandonata… Christine che per disperazione cedeva
all’insistenza del Visconte…
No,non poteva permetterlo!
Lo avrebbe ucciso a mani nude,piuttosto!
Si voltò verso Madame. “Non rimanete lì impalata. Siete venuta in carrozza? Altrimenti
saliremo entrambi sul mio cavallo. Dobbiamo fare presto.”
Nella biblioteca de Chagny era calato il silenzio.
Il Duca d Sigognac era
molto soddisfatto di sé stesso.
Con la scusa di dover festeggiare adeguatamente gli
ultimi giorni da scapolo dell’amico,aveva alzato molte
volte il bicchiere in brindisi di felicità per la giovane coppia,durante e dopo
la cena.
Quello stupido di Raoul aveva bevuto,e come al solito
ora giaceva sfinito e provato in poltrona, già preda di quel sonno pesante che
solo l’alcool sa indurre. Non si sarebbe svegliato che dopo ore.
Con studiata lentezza,gli
sbottonò la tasca del panciotto,e ne estrasse la chiave della stanza di Christine.
Finalmente stava per dar vita ai propri sogno oscuri.
Christine era distesa sul letto,nel
dormiveglia. Lacrime,suppliche ed imprecazioni
l’avevano letteralmente sfinita,e così si era coricata,sperando
nel sollievo di qualche ora di sonno. Sentì la chiave girare nella toppa,ed istintivamente si drizzò a sedere sul letto.
Alla fioca luce della candela, ridotta quasi ad un
moccolo ormai, si avvide con orrore che non si trattava di Meg o di Madame
Giry, come aveva immaginato. E neppure di Raoul.
Sulla porta, stava il Duca di Sigognac, un ghigno
crudele che gli attraversava la faccia e rendeva il suo aspetto ancora
più inquietante e sinistro del solito.
Christine istintivamente si strinse il lenzuolo addosso, grata nel ricordare di non essersi
spogliata per dormire, ma di indossare ancora il suo semplice vestito da
giorno.Era in trappola. Non ci
voleva molto per immaginare cosa volesse un uomo ubriaco,a
quell’ora, nella camera di una ragazza.
Deglutì,serrando
con forza la mascella. Doveva trovare un modo per sfuggirgli, ma la situazione
sembrava disperata.
“Ottima idea, mademoiselle, esservi
trasferita a dormire sola in questa stanza. Così non dovrò
togliermi dai piedi quella ragazzina petulante che vi segue dovunque
come un cagnolino. Irritante,molto irritante.”
L’uomo avanzò di qualche passo, e
diede un calcio noncurante alla porta per richiuderla dietro di sé. La
luce della candela proiettava ombre lunghe e cupe, e lo faceva sembrare un
qualche orco di una fiaba.
Ma questa non è una fiaba,pensò
con amarezza Christine. E nessun Principe verrà a salvarmi,maledizione!
Lui arrivò accanto al letto,e pur da quella ancora accettabile distanza lei potè
percepire in pieno viso il soffio avvinazzato.
“Una cosa che considero veramente
intollerabile,dall’alto del mio rango” le
sibilò con disprezzo e crudeltà
“è di farmi aizzare come un toro da
piccole smorfiose della vostra specie..della vostra
umile condizione. Donne appena sollevatesi dal fango che
esigono il rispetto e la deferenza dovuti alle nobildonne di nascita. Ma sapete una cosa? Ho un modo decisamente
diverso,io, di trattare le donne come voi.”
Prima che Christine potesse
compiere un qualunque gesto di difesa, il duca l’aveva brutalmente
afferrata per un braccio,e l’aveva gettata riversa sul materasso, dove si
era poi rapidamente inginocchiato anch’egli. Le aveva premuto con insopportabile
violenza la bocca con le proprie labbra,umide e pregne
di alcool.
Il desiderio di quel bastardo la insultava oltre
ogni dire,non solo per l’aberrante gesto in
sé,ma per la volgare sicurezza di sé e per il disprezzo che le
dimostrava.
La stava trattando come l’ultima delle serve
o delle sguattere di cucina, che avrebbe preso con noncuranza anche in un campo,fra le siepi.
La stringeva e le pesava addosso con tale
brutalità che lei si sentiva soffocare,e non
riusciva a liberarsi e a chiamare aiuto.
Ma dentro di sé sapeva che non avrebbe avuto
il coraggio di gridare,di svegliare la casa
intera..no, troppa la vergogna e l’umiliazione che avrebbe provato!!
Tentò di lottare,di
contrastarlo con le unghie e con i denti,ma il duca era forte,massiccio,pesante,
implacabile..
Nonché completamente accecato dall’ubriachezza.
Mantenendola stesa sul letto,premendole
un ginocchio con forza sul petto, il duca afferrò con una mano
l’orlo del corsetto di raso,e tirò con forza. La stoffa sottile si
squarciò,con un serico stridore. Era ormai
quasi alla sua mercè.. nondimeno,sempre in
silenzio,lottava coraggiosamente contro il suo aggressore,pur sentendosi
mancare le forze.
D’un tratto la porta si aprì. Il Visconte de Chagny spalancò
gli occhi per la sorpresa.
Svegliandosi dal suo sonno etilico,si era reso conto
di non trovare la chiave della stanza di Christine. Era pressoché sicuro
che le Giry gliela avessero sottratta durante il sonno
per fare visita a Christine..e forse la saggia madame aveva ricondotto la ragazza
alla ragione.
Neppure per un istante si era aspettato di trovarsi
davanti ad una scena simile…il suo migliore amico che stava tentando di
abusare della sua Christine! La rabbia quasi lo ottenebrava.
Il Duca sollevò lo sguardo
sogghignante sul Visconte. “Accidenti a
te Raoul.. ti stai abituando troppo rapidamente al
brandy..mesi fa avresti dormito come un bambino per ore ed ore.”
Christine tremava e piangeva,agitandosi
semispogliata sotto il suo aggressore. “Raoul, ti prego..aiutami..”
“Zitta sgualdrina!” Il duca la
schiaffeggiò con forza tale da farle quasi perdere i sensi,spaccandole un labbro.
Prima che Raoul potesse
accorrere in aiuto,con lucida freddezza il Duca estrasse una pistola,e la
puntò contro il giovane.
“Sei sempre stato di impiccio,
Raoul de Chagny. Dal giorno malaugurato in cui ci incontrammo
in quel collegio. Una mammoletta,ecco cosa sei. Ho
sperato a lungo di farti cambiare,di renderti
uomo,ma…” lo guardò con malcelato disprezzo “con te
non c’è nulla da fare. Sei e rimarrai un’idiota
buono a nulla. E se proprio vuoi
saperlo…ti ho sempre ferocemente detestato. Tutti amavano il buon Raoul.
Avevi le simpatie di tutti,e l’adorazione di
ogni donna. Quel tempo è finito Raoul. Ne ho abbastanza.”
E fece fuoco.
Christine gridò terrorizzata. Raoul era
stato colpito al petto,e si accasciò
istantaneamente a terra,senza un grido. Probabilmente era morto sul colpo.
“Ed ora” le alitò addosso il suo aggressore “torniamo a noi.”
Prima che potesse proseguire la sua feroce
violenza, accadde qualcosa di inaspettato. In pochi,rapidi secondi il Duca strabuzzò gli occhi in una
smorfia di dolore,e crollò riverso sopra al corpo di Christine. La
ragazza neppure si rese conto di quanto stava accadendo. Sentì solo due
mani che l’afferravano,le coprivano pietosamente
il corpo spogliato..
…e poi,prima che
perdesse i sensi,credette di udire la voce pietosa del suo Angelo…
Quel che rende indissolubili le
amicizie e ne raddoppia l'incanto è un sentimento che
manca all'amore: la sicurezza.
Honorè de Balzac
MargueriteGiry era sconvolta per ciò che aveva appena
fatto.
In vita sua non era mai stata neppure in grado di
scacciare una mosca.
Non aveva mai avuto senso pratico né spirito di iniziativa.
A vegliare su di lei, su tutti loro, c’era sempre
stata quella saggia ed energica donna di sua madre.
Sempre…ma non quelle dannata notte vomitata
dall’Inferno.
Si era svegliata di soprassalto per degli strani
rumori provenienti dal pianoterra.
La preoccupazione per la sorte dell’amica le aveva
reso il sonno leggero, e dal momento che la sua camera
era esattamente al piano di sopra di quella in cui era stata rinchiusa Christine,si era insospettita.
Aveva visto il letto vuoto della madre,e aveva pensato che fosse scesa a confortare e consigliare
la povera Christine.
Gettandosi una vestaglia leggera sulla camicia da
notte,aveva deciso di raggiungerle.
Aveva svoltato l’angolo del corridoio proprio nel momento in cui il Duca,
tenendo sotto tiro l’incredulo Visconte, gli esprimeva ad
alta voce tutto il suo cocente disprezzo.
Aveva visto scintillare e risuonare lo sparo,e il povero giovane che si accasciava esanime al
suolo,colpito al petto dall’implacabile proiettile.
In un primo tempo aveva pensato,preda
di un inimmaginabile terrore, che l’unica cosa fattibile fosse fuggire, correre
nell’altra ala della casa ed allertare immediatamente
la servitù…ma ci avrebbe messo troppo tempo,e la sua amica non si sarebbe
salvata!!
Così aveva frettolosamente sciolto uno spesso
cordone del tendaggio di velluto verde che copriva le grandi vetrate del
corridoio,e sfruttando la leggerezza nel passo,tipica
di chi ha studiato danza efficacemente e per anni, si era insinuata fino alle
spalle del Duca,che ubriaco com’era non s’era avveduto di nulla.
Non c’era voluto molto per far scivolare il cappio
attorno al suo collo.. ma non credeva che avrebbe
posseduto la forza necessaria per strangolarlo.
Forse tutt’al più per stordirlo.
E invece la
forza della disperazione,coniugata con lo stato di
ubriachezza dell’uomo e con l’elemento sorpresa, aveva prodotto un risultato letale.
Non che le dispiacesse per quell’uomo
ormai cadavere,in realtà.
Era un bastardo disgustoso, e meritava di essere
morto prima di fare del male ad altre persone…
Ogni
mezzo é lecito se annienta il nemico.
Pindaro
Ma ora Meg provava orrore
per le proprie mani,le vedeva sporche di un sangue che
non si sarebbe mai lavato, che avrebbe continuato a lordarle i palmi per il
resto della vita.
Si sentiva simile a quel disgustoso assassino,simile all’efferato Fantasma.
Aveva ucciso come lui uccideva.
Aveva ucciso per la stessa persona per cui lui uccideva.
Cosa li rendeva diversi?
Nulla,assolutamente nulla.
Entrambi avevano ucciso
spinti dall’esigenza,dalla paura, dall’istinto di sopravvivenza,per salvare sé
stessi o le persone che amavano.
Il Fantasma non era mai stato davvero un mostro:
solo un uomo che aveva dovuto affrontare più volte un destino crudele,e che aveva forse fatto scelte sbagliate..ma senza una reale colpa.
Come aveva appena dovuto fare lei…aveva ucciso,ma questo non la rendeva una spietata assassina!!!
I nostri peggiori nemici,e quelli contro cui
dobbiamo combattere più di tutti,spesso sono dentro di noi.
Miguel de Cervantes
Reprimendo un brivido, continuò ad agire come un
automa.
Rivestì Christine con
mani pietose.
La ragazza era quasi in stato di semi-incoscienza,e la spostò su un lato del letto.
Sudando e sbuffando fece rotolare il cadavere del
duca sul pavimento,e sollevò e coricò a fatica
sull’altro lato del letto il Visconte.
Si era resa conto che la sua ferita era seria,ma non letale.
Il ragazzo respirava ancora…debolmente,ma respirava. Forse sarebbe sopravvissuto,ma
le ferite di quella notte in lui sarebbero state più profonde di una semplice
cicatrice.
Dopo vari tentativi infruttuosi riuscì
a cavare,con l’aiuto di un valletto che era accorso,unico ad avere udito quel
trambusto poiché ancora sveglio,e a cui aveva ordinato immediatamente di
chiudere la porta a chiave (meno persone vedevano quel disastro, meglio sarebbe
stato per tutti!), aveva estratto il proiettile dalla spalla del Visconte.
Lo aveva lavato e bendato con tutta la cura di cui
era stata capace.
Sembrava che il ragazzo stesse meglio ora,la febbre stava scendendo.
D’un tratto il vetro della finestra rimbombò
fragorosamente sotto i forti pugni che provenivano dall’esterno,anzi parve quasi piegarsi alla violenza di quei colpi.
Alla luce della candela ormai quasi spenta,Meg riconobbe a fatica sua madre..ed il Fantasma.
Spalancò la finestra,e
prima che sua madre potesse dire una parola,le si slanciò fra le braccia,
mentre i nervi finalmente le cedevano,ed iniziava a singhiozzare e smaniare in
modo irrefrenabile.
Non ci volle molto ai due nuovi arrivati per
comprendere la gravità di ciò che era appena accaduto.
Vagare alla deriva dietro ogni passione finché l'anima mia Sia un liuto accordato su cui tutti i
venti possano suonare; Per questo dunque ho abbandonato La mia antica saggezza e il mio controllo
austero? La mia vita mi sembra un palinsesto Su cui durante un ozio di ragazzi Siano state vergate futili canzoni per zampogna e virelai, Buone solo a sciupare il segreto del
testo. Certo vi fu un tempo in cui avrei potuto
percorrere Le sommità assolate, e dalla dissonanza
della vita Trarre un limpido accordo, onde
raggiungere le orecchie di Dio: Quel tempo è morto? Ah! Con una bacchettina Sfiorai appena il miele dell'avventura... E debbo perdere
il retaggio di un'anima?
Oscar Wilde,Ahimè!
Erik per la prima volta in vita sua non sapeva che fare. Si sentiva
svuotato, colpevole, incapace.
Se la piccola Meg non avesse trovato la forza di un leone nel suo spirito mite da
agnellino, la sua preziosa Christine ora… non poteva
neppure pensarci lucidamente.
La ragazza giaceva pallida,esausta
e svenuta nello stesso letto in cui Meg aveva
coricato anche il Visconte.
Le condizioni del ragazzo apparivano senz’altro
gravi,ma non disperate.
Cosa sarebbe stato più giusto fare?
Arrendersi una volta per tutte,oppure
ricacciare indietro l’orgoglio e far di tutto perché lei lo scegliesse di nuovo
come compagno,questa volta per sempre?
Lentamente,come se avesse
avvertito il peso ed il dolore di questi suoi pensieri, Christine
socchiuse gli occhi, ed immediatamente li spalancò,rivivendo l’orrore di poco
prima.
Erik dovette trattenerla con la forza, perché la ragazza iniziò a scalciare
ed agitarsi senza controllo.
Poi Christinesi avvide di chi la
stava trattenendo amorevolmente.
Immediatamente si calmò, e gli buttò disperata le
braccia al collo,iniziando a piangere sommessamente.
“Grazie,amore mio….grazie di avermi salvata,…di essere tornato per me..”
Lui la scostò, a disagio.
“Non sono stato io,Christine. Se sei ancora viva,e
salva..lo devi alla tua amica Meg.
Prega di avere sempre nella vita un’amica tanto fedele.”
Christine spalancò gli occhi per la sorpresa,e cercò lo
sguardo di Meg.
La ragazza appariva esausta fra le braccia della
madre, ma le scoccò un’occhiata di tenerezza e fiducia.
Gli occhi di Christine si
riempirono di lacrime di gratitudine,ed alzandosi a
fatica dal letto,incespicando,si gettò fra le braccia della giovane Giry.
Le due ragazze rimasero a lungo abbracciate, dando
sfogo alle loro lacrime,ai loro sentimenti di paura e
rinnovato sollievo.
Madame Giryguardava sua figlia
con un’espressione indecifrabile.
L’aveva sempre sottovalutata, considerata una
bambina sciocca e pettegola,senza nervo..e invece,nell’ora della necessità,la ragazza aveva dimostrato
un coraggio ed una fedeltà assoluta che neppure lei,forse,avrebbe trovato in
sé.
Per la prima volta nella vita, era davvero molto
orgogliosa della sua piccola,tenera Meg.
Erik sentiva il cuore scoppiare d’amarezza.
Non era stato in grado di occuparsi di lei,di proteggerla.
Non la meritava.
Fece per andarsene,ma il
tocco gentile di una mano sulla spalla lo fermò. Si volse a guardare gli occhi
increduli di Christine. “Dove
stai andando?”
“Me ne vado Christine.
Non ho più motivo di star qui. Il Visconte..è salvo, TU sei salva.
Non so cosa sarebbe successo seMeg non fosse stata
qui. Non voglio nemmeno pensarci,comunque.”
Le accarezzò lievemente una mano.
Lei gli strinse forte la sua,tranquilla
e sicura.
“Tu non vai da nessuna parte,non
senza di me,almeno. Mi devi ancora fare una domanda.Sono
giorni che l’aspetto ormai,e non credevo che saresti
più tornato a farmela.”
Erik la guardò,abbastanza confuso.
..have never felt
like this
For once I'm lost for words
Your smiles has really thrown me.
This is not like me at all
I never thought I'd know The kind of love you've shown me.
Now, no matter where I am
No matter what I do
I see your face appearing
Like an unexpected song
An unexpected song
That only we are hearing
I don't know what's going on
Can't work it out at all
Whatever made you choose me?
I just can't believe my eyes You look at me as though
You couldn't bare to lose me.
Now, no matter where I am
No matter what I do
I see your face appearing
Like an unexpected song
An unexpected song
That only we are hearing
I have never felt like this
For once I'm lost for words
Your smiles has really thrown me.
This is not like me at all
I never thought I'd know The kind of love you've shown me
AndrewLloydWebber, Unexpectedsong
“Non mi hai ancora chiesto di sposarti. E non posso
farlo io,lo sai. Non è buona educazione” aggiunseChristine
con un debole sorriso,che tradiva la sua tumultuosa emozione.
Erik sentì il cuore balzargli furiosamente in petto. La ragazza era seria.
Non avrebbe scherzato,in
un momento del genere,non avrebbe potuto.
Stringendo quella manina cerea fra le sue,si inginocchiò davanti a lei.
“ChristineDaae…misterioso angelo che l’imperscrutabile destino ha
messo sulla mia strada.. vuoi diventare mia moglie?”
La guardò con un sorriso sornione,ed
aggiunse “Davanti a Dio e agli uomini,oltrechè alla
luna?”
“Sì,sì,sì!” rispose
lei,attirandolo a sé,e serrandogli la bocca con un bacio.
Meg,al sicuro e ormai
tranquilla fra le braccia di sua madre, sospirò.
Immagino che dovrò imparare a convivere con quell’uomo,riflettè,se d’ora in poi lui e Christine
saranno sposati.
Si sposarono la mattina seguente. La cerimonia fu
semplicissima e breve, ma a nessuno dei due importò.
In fondo,era soltanto una
formalità. I loro cuori erano già sposati davanti a Dio da tempo.
Christine indossava il famoso anello, e il vestito da sposa che lui aveva fatto
confezionare..per la seconda volta. Ma in questa occasione
non si inzuppò di acqua e fango nei sotterranei bui di un teatro.
Christine avanzò per la navata al braccio di Madame Giry.
Era radiosa e splendente come una stella.
Decisero di partire per un po’,di
raggiungere un villaggio nel nord del paese dove Erik
aveva vissuto per qualche tempo in gioventù,durante la sua vita girovaga.
Christine fece visita per l’ultima volta,prima della
partenza, al Visconte.
Il ragazzo dormiva profondamente,ancora
sotto l’effetto del laudano che Erik,per lenirgli il
dolore,gli aveva somministrato.
Christine gli passò pietosamente una pezza intinta nell’acqua fredda sul viso.
Era colpa sua di tutto quanto era successo.
Se avesse dato retta ad Erik,e se ne fosse andata al momento giusto..
Raoul forse avrebbe sofferto, ma non sarebbe stato
tradito e ferito da quello che a torto considerava il suo migliore amico.
Lei stessa non avrebbe patito l’umiliazione ed il
terrore di una simile aggressione.
E quell’uomo non sarebbe
morto..no,di
questo non si rammaricava.
Quell’uomo era feccia,e come feccia era morto.
Erik l’aiutò a rialzarsi dal capezzale del ragazzo.
“Christine,tesoro…dobbiamo proprio andare adesso.”la sollecitò.
Lei si voltò a guardare quell’uomo
potente e gentile,che d’ora in poi sarebbe stato al
suo fianco ogni giorno. Socchiuse gli occhi,inseguendo
un ricordo ormai lontano,quasi sbiadito..
Dimmi che tu mi amerai per sempre
Dimmi che mai più mi lascerai
Se tu colmi il vuoto mio
d’incanto
Dove andrò io voglio ci sia tu
Christine nient’altro chiedo…
Gli prese la mano,sorridendo.
“Andiamo.”
Erano passati già due anni dal loro matrimonio,che nel frattempo erastato benedetto dall’arrivo di due gemelli, un maschio ed una femmina.
Entrambi bellissimi, senza alcuna
traccia della deformità del padre, ma che recavano il suo marchio
inconfondibile: occhi profondi e dal colore azzurro indefinibile.
I due piccini si chiamavano come il padrino e la
madrina che li avevano tenuti a battesimo.
Si chiamavano Raoul e Marguerite.
Dopo un primo momento di sofferenza,dovuto all’abbandono della sua fidanzata e alla sua
precaria condizione fisica, Raoul de Chagny aveva
accettato con rassegnazione il proprio destino, ed aveva iniziato a guardare
con occhi diversi la giovane Giry,che dopo avergli
salvato la vita con uno spaventoso atto di coraggio, era rimasta a vegliarlo e
ad assisterlo nei lunghi giorni tediosi della convalescenza.
I due giovani,entrambi di
buon cuore,ed entrambi spaventosamente rattristati dall’assenza di Christine, fulcro su cui fino a poco prima giravano
entrambe le loro vite, avevano allacciato un’amicizia sempre più stretta,che
inevitabilmente era sfociata in un sentimento più tenero,più duraturo.
Il Visconte e la Viscontessa de Chagny erano andati spesso in visita dai loro amici, e
avevano ammirato la perfetta felicità del loro matrimonio, sperando di poterli
imitare.
Nonostante la freddezza iniziale che era intercorsa
fra Erik ed il Visconte de Chagny,
dolorosa memoria di quanto era accaduto all’Opera Populaire
soltanto un paio di anni prima, ora ogni problema
sembrava essere definitivamente risolto.
Anche Meg ora era in
dolce attesa,e aveva già implorato Christine
di essere madrina del nascituro.
A turbare questa perfetta felicità,solo un evento.
L’inaspettata morte della buona MadameGiry.
La donna si era spenta così com’era vissuta, in
silenzio,nel sonno.
Aveva ripetuto spesso,nei
giorni precedenti alla scomparsa, che ora era davvero felice.
I suoi quattro ragazzi avevano trovato finalmente
il loro posto nel mondo.
Pioveva a dirotto,quella
notte.
I bambini,dopo mille
capricci,erano finalmente sprofondati nel sonno.
Erik raggiunse la giovane moglie a letto.
La baciò piano,a
lungo,assaporando per l’ennesima volta il gusto di quelle labbra,che lo avevano
stregato.
Christine appoggiò la testa sul suo petto.
”Non riesci a dormire?”
La donna scosse piano il capo. Poi disse,scherzosamente:”Lo sai cosa voglio,non è vero?”
Erik sospirò,fintamente scandalizzato. “Queste cose
una signora non dovrebbe dirle.”
“Ma cosa hai capito???”
gli fece l’ennesima linguaccia. “Voglio che canti per me, finchè
non mi sarò addormentata. Cantami la nostra canzone,
quella che hai scritto per il nostro matrimonio.”
Lui sembrò rassegnato. “Va bene,va
bene…questa sera mi è andata male!”le fece l’occhiolino,e sopportò stoicamente
il pizzicotto con cui lei rispose alla provocazione.
Si schiarì la voce ed iniziò piano a cantare.
E l’uomo attraversò la dimensione sua
Sotto il cielo più nero e più pesto visto mai
La donna attraversò la dimensione sua
Il silenzio pervase e si stese accanto a lei
Fu lungo un attimo
Nell’incantesimo
Il vento raccolse i suoi occhi dentro quelli di
lui
“Ti porterò con me,piccola come sei
Sarò dentro gli occhi tuoi”
Poi ridipinse il cielo
L’aria per respirare
Sotto gli occhi di un mondo che inerme continuava a morire
Lei prese i sogni suoi
Li strinse intorno a lui
Con le mani disciolse il suo cuore
Sbandando un po’
Prese un respiro e poi disse
“promettimi che non staccherai mai i tuoi occhi da me