Quattro anni dopo.
- Iridan, stai fermo! Devo metterti la tunichetta. Vuoi
andare a Gondor dallo zio in questo stato?
Sorridendo, Gimli fissava la scena dalla porta,
appoggiato allo stipite con le braccia incrociate.
Legolas tentava disperatamente di vestire Iridan che, in
piedi sul letto, era alquanto restio.
- Amore, lascialo stare. È estate e non gli farà certo
male. Tuo padre passa tra meno di cinque minuti.
- Tesoro, non possiamo mica arrivare a Gondor in queste
condizioni!
- Ma ci vorranno giorni per raggiungere Minas Tirith!
Legolas sbuffò, riponendo la tunichetta celeste.
- Va bene allora. Ma se non ti farai vestire prima di
arrivare a Imladris, Iridan, mi arrabbierò veramente, hai capito?
- Sììììì- rispose il bambino con un sorriso angelico,
cui Legolas rispose con un sorriso mascherato da occhiataccia.
- Allora, si parte?- domandò Gimli prendendo in braccio
il figlio. – Andiamo? Se ci facciamo trovare fuori, tuo padre eviterà di dover
scendere a chiamarci.
- Papi, ma il nonno non è mica vecchio!- esclamò Iridan
puntellandosi con le braccia alla sua spalla.
- No tesoro, il nonno non è vecchio. Però non è carino
farlo scendere.
- No- ripetè il bambino afferrandosi alla sua barba.
Gimli permetteva questo gesto solo e unicamente a lui.
Controllate le ultime cose, uscirono di casa. Thranduil
arrivò dopo poco a bordo di un carro.
- Buongiorno, papi- esclamò Legolas.
- ‘Giorno, tesoro- rispose di malavoglia Thranduil,
assai poco desideroso di viaggiare per giorni al solo scopo di vedere un odioso
genero. Certo, non che non morisse dalla voglia di rivedere il suo adorato
secondogenito e il nipotino: ma in fin dei conti, Aragorn restava sempre
Aragorn.
Il suo malumore si spense immediatamente quando Gimli,
per caricare i bagagli sul carro, gli mise in braccio Iridan.
- Ciao nonno- disse il bambino appoggiandosi a lui.
Come tutti i nonni, anche Thranduil stravedeva per il
nipote. Anche se essere chiamato nonno non lo faceva sentire propriamente
ringiovanito.
- Ciao tesoro- rispose illuminandosi mentre il bambino
giocherellava con i bottoni della sua veste da viaggio verde smeraldo. – Come
mai non hai il sopra della tunica?
Il bambino sbuffò e nascose la faccia nel suo petto.
Legolas assunse un’espressione contrariata salendo sul carro.
- Tuo nipote non ha voluto lasciarsi vestire, papà. –
spiegò.
Thranduil guardò allora il nipote.
- Come mai no? Iridan, queste cose non si fanno. Vero
che ti lasci vestire per far contento il nonno?
- No- replicò Iridan orgogliosamente.
- No?
- Sì.
- Visto che bravo?- esclamò Thranduil, passando il
bambino a Legolas. – Alla fine si lascia vestire, vero?
Legolas sorrise e, seduto sul retro del carro, si mise
il figlioletto sulle ginocchia e si adoperò per fargli indossare la veste
celeste.
Così l’allegro carro partì. Giunsero a Imladris, dove
dovevano fermarsi a trovare lo zio, sul far della sera. (ho consultato la
cartina del LOTR: considerate le distanze, dubito che un carro carico con a
bordo anche un bambino così piccolo possa fare la distanza Bosco Atro- Imladris
in una giornata. Ma mi tornava più comodo far così, perdonatemi questa
incongruenza. So anche che non ha senso passare da Gran Burrone per arrivare a
Minas Tirith, ma i nostri eroi hanno deciso di fare questa tappa per visitare lo
zio e i cugini.)
Via via che si avvicinavano a Imladris, il re
s’incupiva. Iridan, che andava pazzo per il nonno, lo osservava stupito.
- Mamma, il nonno è triste?- chiese a Legolas.
Legolas sospirò e Gimli si sbattè una mano sulla faccia.
- No amore, il nonno non è triste, sta solo pensando. Ma
non ti ricordi quello che avevamo detto?
- No…
- Iridan- disse Gimli in tono serio, attirandosi il
figlio sulle ginocchia. – Non devi dire mamma, te l’ho già spiegato.
- Sorella?- chiese il bambino concentrato.
- No- rispose Gimli.
- Zia.
- No.
- Cugina.
- No.
- Nonna.
- Iridan!- lo riprese Legolas offeso a morte.
Gimli gli fece cenno di lasciar correre e di nuovo si
rivolse al bambino. – Pulcino, no.
- Matrigna.
- No!
- Cognata.
- No!
- Suocera?
- Il problema non sta nel nome, pulcino- sospirò Gimli
sconsolato.
- Papi, ma allora dove? Dove?
- Tutti i nomi che tu hai elencato si riferiscono a
donne, Iridan. Ma Legolas è un maschio, come me e te.
Il bambino sbattè le palpebre. Evidentemente aveva perso
un passaggio.
- Lasciatelo fare- sospirò Thranduil continuando a
dirigere il carro. – In fin dei conti, non trovo che sia così sbagliato che dica
“mamma”.
- Ma papà, anche tu dovresti cercare di farglielo
capire!- protestò Legolas.
- Ma che cosa volete che capisca! Lasciate che dica come
vuole! Capirà quando sarà grande.
- Chissà come farà mio fratello- riflettè Legolas
riprendendosi di nuovo il figlio in collo. – Lo sai amore, che a Minas Tirith
troverai un bambino che è grande quasi quanto te? Tu l’hai già visto, ma tanto
tempo fa e non te ne puoi ricordare.
- No- rispose il bambino. – Quanto è grande?
- Ha circa tre anni- rispose Legolas.
Finalmente giunsero a Imladris. Elrond li attendeva.
- Parenti adorati!- esclamò tendendo le braccia quando
li vide arrivare. – Che gioia la vostra visita!
- Dacci un taglio, Elrond- replicò Thranduil aspramente.
– Guarda che non ti ho ancora perdonato.
- Ma papà, il completo intimo che ha inviato a Iridan
era veramente un amore- osservò Legolas.
- Per questo non l’ho ancora perdonato, Legolas- spiegò
Thranduil.
Elrond sbuffò. – Uffa, Thranduil! Dopo quattro anni,
potresti anche dimenticare quella storia! In fin dei conti, adesso sei nonno,
no? Un po’ di dignità!
- Dignità, Elrond?! Parla quello che da secoli gioisce
delle mie disgrazie!
- Forse non sono disgrazie le mie?- protestò Elrond
risentito. – Arwen è ancora in lutto perché entrambi i tuoi figli sono riusciti
ad accalappiarsi Aragorn, e invece lei no. E quando ha saputo del bambino, ci è
rimasta malissimo.
- Per forza- sospirò Thranduil. – Non più di me,
comunque.
- Mamma, chi è?- sussurrò Iridan aggrappandosi forte al
collo di Legolas.
- E’ tuo zio Elrond, amore- rispose Legolas facendo
scendere il bambino dal carro. – Vai a dargli un bacio.
Intimorito, il bambino si avvicinò allo zio, ma non ebbe
il coraggio di andargli vicino e tornò subito indietro.
- Si vergogna- spiegò Gimli. E rivolto al figlio: -
Iridan, vai a salutare Elrond.
Iridan tornò allora verso Elrond, ma non gli disse nulla
e si limitò ad appoggiarsi al suo stivale e a guardare per terra.
- Non ti ricordi di me?- gli chiese Elrond intenerito.
Il piccolo lo guardò senza reazione.
- Ciao- disse dopo un po’ chinando di nuovo gli occhi.
- PAPA’! QUELLA T***A DI MIO CUGINO HA AVUTO IL CORAGGIO
DI FARSI RIVEDERE A IMLADRIS?!
Tutti sollevarono lo sguardo sulla bella dama Arwen che
avanzava infuriata verso di loro. Tutti eccetto Elrond, che era troppo
rassegnato per poter prestare ancora attenzione alle storie della figlia.
Stella del Vespro si fermò accanto allo zio fissando
omicida il cugino. – Legolas! Hai anche il coraggio di rimettere piede a Gran
Burrone, dopo avermi rubato il fidanzato e aver aiutato tuo fratello ad
accalappiarlo?
- Carissima cugina, non è andata così- disse Legolas
stancamente.
- E come è andata allora?!
- Arwen, ti prego! C’è un bambino qui!- sospirò Elrond.
Guardandolo per un secondo, l’elfa vide i due occhioni di Iridan, che la
fissavano incantati e intimoriti.
- E’ lui?- chiese stupita guardandolo.
Legolas sospirò.
- Arwen, lui è mio figlio Iridan.
Arwen mise il broncio guardandolo. Probabilmente pensava
al mancato figlio che Aragorn avrebbe dovuto avere con lei.
- Ciao- disse il piccolo, affascinato dalla bellezza
della Stella del Vespro.
Arwen lo guardò un pochino addolcita.
- Legolas, non ti dirò in faccia quello che penso di te
solo perché non mi pare giusto che debba rimetterci tuo figlio, che in fin dei
conti non ha fatto nulla di male. Ma sappi che per quello che tu e Iridan mi
avete fatto non vi perdonerò mai e poi mai!
- Mamma, che ho fatto?- esclamò Iridan preoccupato
correndo di nuovo in braccio a Legolas.
- Niente amore, niente. Tu non hai fatto niente- rispose
lui accarezzandogli i capelli.
Arwen sollevò dignitosamente il mento e, rivolto un
saluto a Thranduil, che era l’unico col quale avesse conservato un buon
rapporto, se ne tornò dentro casa. Elrond sospirò di sollievo,
- Vi prego di scusare mia figlia. È ancora molto scossa
per via di quella serpe in seno di Aragorn- spiegò imbarazzato.
- Non è nulla, zio, non ti preoccupare- rispose Legolas
rimettendo Iridan sul terreno.
- Mamma, che vuol dire “t***a”?- chiese il bambino
preoccupato.
Tutti impallidirono.
- E’ una parola molto brutta, Iridan, e tu non la devi
dire, non la devi dire mai, capito?- si raccomandò Gimli chinandosi per guardare
direttamente negli occhi il bambino.
- Ma lei l’ha detta…
- Sì, infatti ha fatto male a dirla. Hai capito
passerotto? Non devi dire questa parola.
- No- ripeté il piccolo rigirandosi tra le braccia di
Legolas. Gimli si tirò su e gettò uno sguardo assassino a Elrond.
- Ringrazia tua figlia per l’aiuto che ci dà
nell’educare nostro figlio.
- Amore, in fondo posso capire mia cugina. È molto
arrabbiata. Anch’io la odierei a morte se ti seducesse- osservò Legolas, che non
sembrava particolarmente scosso per l’accaduto.
Thranduil sospirò e guardò Elrond.
- Diamine, Elrond, prima o poi finiranno i guai che ci
porta la tua famiglia!
- Non è colpa mia se Aragorn è molto sensibile alla
bellezza elfica- replicò saggiamente Elrond. Guardò Iridan e gli tese le
braccia. – Nipotino caro, vuoi venire con me a vedere che bel regalo ti ho fatto
preparare?
- Sì- replicò Iridan e si affrettò a correre verso di
lui.
La famigliola restò per la nottata a Imladris. Il
mattino dopo ripartirono per la seconda tappa del viaggio: Lothlorien.
- Troppo rare sono le visite dei nostri parenti del
Nord!- esclamò Galadriel quando furono arrivati. – Che gioia ricevervi!
Thranduil la guardò male. – Guarda Galadriel, che per
quanto mi riguardava le visite avrebbero anche potuto farsi ben più rare, eh! E
piantala con questa pappardella!
- Papà!- lo sgridò Legolas picchiandogli un braccio
colla mano bianchissima.
Celeborn sospirò. – Thranduil, dopotutto non vedo per
quale motivo tu debba portarci tanto rancore! In fin dei conti, tuo nipote è
bellissimo no?
- Ci sono dei problemi che non riusciremo mai a
risolvere, Celeborn- replicò il re del nord fissandolo con odio.
- E chi è questo bel principino elfico?- esclamò
Galadriel chinandosi su Iridan, il quale avvampò e si nascose dietro le gambe di
Gimli. – Come ti chiami?
- Iridan- borbottò il bambino premendo il volto contro
lo stivale del padre, il quale cercò pazientemente di allontanarlo dalla propria
gamba.
- Come sei bello!
- Zia, se continui a dirglielo finirà per montarsi la
testa!- le fece notare Legolas sorridendo.
- Per carità! Non vorremmo mai che diventasse una
stupida oca bionda come sua madre- commentò Celeborn candidamente, prima di
ricevere alcune occhiate assassine. Per distrarre gli animi esclamò: – Per caso,
Legolas, hai qualche idea di quanto verrà alto? Non sarebbe male che prendesse
dalla nostra parte della famiglia.
- Non lo so- ammise quegli guardando il figlio, ancora
scocciato per la faccenda della stupida oca. – Davvero non so quanto alto possa
diventare.
- Chissà che non prenda da me- suggerì Gimli.
A quelle parole Thranduil, Galadriel e Celeborn si
figurarono un Legolas basso e ben piantato con una lunga barba bionda.
E rabbrividirono.
- Forte e robusto quanto un nano!- proseguì Gimli ignaro
del pericolo.
- Latte!- esclamò Celeborn. – Ci vuole del latte perché
si sviluppino le ossa!
- Caro, l’hai allattato o gli davi il biberon?- domandò
Galadriel accorata.
Legolas non fece neanche in tempo a rispondergli perché
suo padre lo precedette:
- Biberon! Ogni volta che andavo a trovarlo ne stava
scaldando uno!
- Male, molto male Legolas!- lo redarguì Galadriel. – I
bambini devono avere il latte della mamma!
- Ma io non sono una mamma!- le fece notare Legolas.
Galadriel incassò il colpo. – E glielo fai mangiare il
formaggino?
L’elfo sospirò. – Sì.
- E la mattina lo beve un po’ di latte?
- Certo, zia.
- Quindi ha la sua razione di calcio…
- Sì!- strillò Legolas isterico.
Naturalmente questo non bastò a tranquillizzare i
parenti.
- Amore, lo vuoi un bel bicchiere di latte caldo?-
chiese Celeborn chinandosi sul nipotino.
- Ci vuoi anche la schiuma?- soggiunse Galadriel
premurosa.
Iridan li guardò intimorito e non rispose, spaventato
dai visi assatanati dei parenti.
- Sì, sì, dateglielo, ma questo non lo farà diventare
più alto di quanto non debba venire- sbuffò Legolas che aveva capito dove
andavano a parare.
Galadriel si affrettò quindi a mettere a scaldare il
latte e tirò fuori la macchinetta per fare la schiuma, mentre Celeborn correva a
tirare fuori una tazza coi manici, probabilmente ricordo dell’infanzia di
Celebrìan.
Thranduil seguiva preoccupato le operazioni. Legolas era
incredulo e qualche volta ripeteva: che famiglia, che famiglia. Gimli, dal canto
suo, cercava di evitare al figlio la desolante vista dei suoi parenti che si
umiliavano a correre in giro per la cucina cercando di ricordare come preparare
una tazza di latte con la schiuma.
Era uno di quei padri che cercavano di risparmiare ai
figli le scene troppo impressionanti.
Per finire, dopo questo lungo viaggio, giunsero a
Gondor.
I quattro fieri parenti entrarono nella sala del trono
e, con loro grande stupore, la trovarono vuota.
Rimasero stupiti a guardare la sala lugubre e vuota.
- Ma siamo sicuri che fossimo attesi?- chiese Gimli
perplesso.
In quel momento si udì l’alto suono di un corno da
caccia. Riconoscendone immediatamente il suono, Legolas si sorrise.
- E’ il corno da caccia di mio fratello, lo riconoscerei
tra tutti!
- Vuoi dire che Iridan è a caccia?- protestò Thranduil.
– Non può essere! Sapeva benissimo che saremmo arrivati oggi!
In effetti, entrambi avevano ragione. Pochi secondi
dopo, una figuretta esile comparve nella sala, mascherata dalla penombra
perenne. Alla sua comparsa si udì un altro squillare di corno.
- THRANDUIL! SMETTILA DI GIOCARE COL CORNO DA CACCIA DI
TUA MADRE!-
- E’ Aragorn!- osservò Gimli prima che Aragorn, per
l’appunto, entrasse di corsa al seguito del bambino. Il sire di Gondor si fermò
vedendoli.
- Ah, siete arrivati…passerottino! Vieni qui, ti ricordi
del nonno?
A quelle parole il bambino si fermò e si gettò di corsa
tra le braccia del padre. Sorridente, Aragorn venne verso di loro.
- Benarrivati, carissimi parenti!- esclamò lieto, mentre
il piccolo Thranduil nascondeva vergognoso il volto contro il suo petto. –
Lasciate che vada a cercare Iridan, ci vorrà un minuto, è al piano di sopra.
Fate come se foste a casa vostra!
Li lasciò immediatamente per andare a cercare il marito;
quando tornò, il principe Iridan era con lui.
Era raggiante; la maternità aveva conferito una bellezza
ancora più profonda ai suoi tratti e ai suoi occhi già tanto belli. Come tutti
gli elfi, aveva ripreso la propria forma smagliante praticamente subito dopo il
parto.
- Papi!- esclamò tutto contento, gettando le braccia al
collo del padre non appena lo vide.
- Non vedeva l’ora che arrivaste- spiegò Aragorn,
deponendo in terra il figlio. – Thranduil, fatti guardare.
- No- rispose il bambino nascondendosi tra le sue gambe.
Pazientemente, Aragorn lo staccò a poco a poco dalle proprie ginocchia, come un
cerotto, e lo spinse verso il nonno, mettendolo alla luce.
- Quant’è cresciuto!- esclamò ammirato Legolas.
Thranduil JR aveva fluenti riccioli neri e occhioni
azzurri (alla Viggo Mortensen nda), e, cosa straordinaria, aveva le orecchie
arrotondate.
Thranduil quello vero, insomma quello vecchio,
rabbrividì a quella vista. Ovviamente, quando l’aveva visto per la prima volta,
non aveva fatto caso alle orecchie, era troppo desolato per farlo, né si sarebbe
comunque preoccupato: molti caratteri somatici si rivelano col tempo, e poi, non
si sarebbe stupito se a un mezz’elfo le orecchie si fossero appuntate solo dopo
qualche settimana.
Tre anni e mezzo, no.
- Iridan!- esclamò infuriato – Cosa ti è saltato in
mente? Partorirmi un nipote con le orecchie tonde!
- Hai visto quanto sono carine?- replicò Iridan che, come suo solito, non aveva
capito nulla. – Sono deliziose! Thranduil, vienimi in collo, fai vedere le
orecchie al nonno!
Legolas si chinò stupito sulle orecchie del nipote,
deliziato a quella vista; Thranduil le guardò con orrore; Aragorn era
evidentemente molto soddisfatto dei geni che aveva trasmesso; solo Gimli, a
quanto pareva, sembrava non trovare particolarmente interessante lo spettacolo
fornito da due orecchie umane.
Neanche Thranduil, in effetti.
- IRIDAN! Ho tollerato la tua unione con questo
piagnucolone solo perché è ricco sfondato e perché a quanto pare ti ama da
impazzire, ma questo no, questo non lo posso sopportare!- proclamò
maestosamente.
- Mamma, che ho fatto?- piagnucolò Iridan JR
nascondendosi in seno a Legolas (cito Dumas: Aramis trasse dal seno…quando
ero piccola mi faceva tanto ridere...adesso no, ma è un bellissimo ricordo,
bisogna che rilegga quel libro!), il quale gli sorrise dolcemente cercando di
spiegargli che il nonno parlava con lo zio.
Iridan quello vecchio (che casino c’è con ‘sti nomi…)si
stupì.
- Ma che c’è papino, cosa non puoi sopportare?- chiese
confuso. – Eppoi Aragorn non è un piagnucolone, e non l’ho sposato solo perché è
ricco sfondato!
- Peccato, ho sempre creduto che fosse la sua unica
qualità- riflettè Legolas a bassa voce verso il fratello. – Ma allora perché
l’hai sposato?
- Perché lo amo!- sbottò Iridan colpendogli un braccio.
Tornò a rivolgersi al padre: - Papà, cosa c’è?
- Tuo figlio non può avere le orecchie rotonde! È
un insulto alla razza elfica!
- Ma Thranduil è un mezz’elfo come lo zio Elrond!
- TI PARE CHE IO SIA IN BUONI RAPPORTI CON TUO ZIO?!
Iridan non seppe cosa rispondere e tacque; Aragorn
intervenne mettendosi tra il suocero e il marito.
- Sire Thranduil, suvvia! Le orecchie le ha prese da me,
ma non vedo cosa ci sia di male!
- NON VEDI COSA C’E’ DI MALE? QUESTO BAMBINO NON SARA’
MAI UN VERO ELFO!
- Ma non successe una cosa simile quando ci si accorse
che Elrond e tutti i suoi figli erano mori?- intervenne Legolas. – Pure, non
puoi negare che nostra cugina dama Arwen sia una donna bellissima anche se non è
bionda come tutti gli elfi!
- Ma non è solo questo! Thranduil ha gli occhi chiari, i
capelli scuri e le orecchie tonde! CREDI CHE POSSIAMO CONSIDERARLO UN ELFO?!
Stava per avere un attacco di cuore. Thranduil JR e
Iridan erano stravolti. Legolas era confuso e cercava di riportare l’ordine.
Aragorn iniziava a sentirsi in colpa. Gimli, per finire, era l’unico che non
capiva per davvero cosa ci fosse da discutere.
- Va bene, ha le orecchie tonde, e allora?! Che
facciamo, Beautiful sulle orecchie di un principino mezzelfo? Se a nessuno
piacciono, mettetegli un cappellino!
I nani hanno uno spaventoso senso pratico. Rassegnato,
Legolas cercò di spiegargli la situazione.
- Amore, tutti gli elfi hanno le orecchie a punta e sono
alti, biondi e bellissimi. Questo bambino non è biondo e ha le orecchie tonde…
- Per forza, è un mezzelfo! Come pretendevi che gli
venissero le orecchie, a cuore?! E poi scusa, ma se Iridan restasse della mia
altezza, tu e tuo padre fareste tante storie?! Io non vedo il motivo di
discutere tanto per qualche caratteristica somatica, non si può mica fare una
tragedia di ogni cosa!
Sire Thranduil lo fissò alterato. – Mastro Gimli, mi
pare evidente che voi non comprendete la situazione.
- No e trovo tutti voi molto ridicoli!
- Papi, anch’io?- chiese preoccupato Iridan JR,
protendendosi dalle braccia di Legolas verso di lui.
- No amore, tu no.
- Benissimo mastro Gimli, allora vorreste uscire
portando con voi sire Aragorn, di modo che io e i miei figli possiamo discutere
con tutta calma di quest’offesa alla purissima razza elfica?- chiese Thranduil
gelidamente.
- Con vero piacere, mi rifiuto di unirmi a una simile
pagliacciata!- replicò Gimli. Prese il figlio dalle braccia del marito, Aragorn
prese a sua volta il piccolo Thranduil, e uscirono dalla sala, andando a
sedersi, mentre la porta si chiudeva alle loro spalle, sui bianchi gradini là
davanti.
- Parola mia, non avrei mai creduto che mio figlio
potesse portare tanto scompiglio in famiglia!- borbottò Aragorn risentito,
lasciando che il piccolo Thranduil giocasse felice, a pochi passi da lui, col
corno da caccia di Iridan e che Iridan JR andasse a giocare con lui.
- Dovevi vedere quanto ne ha portato il mio- borbottò
Gimli. – Tu eri a sbaciucchiarti tranquillo e beato col tuo fidanzatino mentre
Legolas partoriva, sai, e a farlo partorire c’eravamo io, mio padre e sire
Thranduil!
- Uh, non dev’essere stato facile- riflettè Aragorn.
- Ma no! Tu dici!- lo rimbeccò il nano sarcasticamente.
Aragorn lo guardò male.
- Guarda che potresti anche smetterla di portarmi
rancore, sai! In fin dei conti, la mia sbandata momentanea è stata, per
l’appunto, solo momentanea.
- Sbandata?! Eri innamorato pazzo di Legolas! Non ci
lasciavi vivere!
- Quisquilie!- replicò Aragorn dignitosamente. – Pinzillacchere. Bazzecole. Ora
ho trovato l’amore vero, e tu non riuscirai a portarmelo via!
- Guarda che eri tu quello che voleva rubare il ragazzo
a me, non l’incontrario, cerca di ricordartene!
- Sì, ma all’inizio sei stato tu!
- Ma era stata solo una notte, dai, so che non è
onorevole per Legolas ma onestamente è andata così!
- Beh, che importa ora? Ora c’è solo un uomo che contende il posto nel mio cuore
a Iridan, ed è nostro figlio. di Legolas non mi ricorderei neppure se non fosse
il fratello del mio amato!
- Bene- rispose Gimli distratto che si concentrava più
sui giochi dei bambini che non sul discorso del cognato acquisito (ma si dirà
così?? Mah…appena torna lo chiedo a mia madre).
Frattanto, all’interno della sala, continuava la
discussione.
- QUEL BAMBINO NON E’ UN ELFO! CHE DIREMO AI PARENTI?!
AGLI ALTRI ELFI?! È UN PRINCIPE ELFICO SENZA ORECCHIE A PUNTA, PENSERANNO TUTTI
CHE SIA UN BASTARDO!
- PAPA’, MA C’ERANO TUTTI AL NOSTRO MATRIMONIO!
- QUESTO LO RENDE UN BAMBINO PIU’ NORMALE?!
- PAPI, MA CHE VUOI CHE SIA? ZIO ELROND E’ MORO, E’
FORSE UN RE ELFICO MENO IMPORTANTE? NESSUNO METTE IN DUBBIO LA SUA AUTORITA’
ANCHE SE SUL CAMPANELLO HA SCRITTO GROSSO COME UNA CASA “ELROND MEZZELFO”!
- NON SO SE HAI NOTATO LEGOLAS CHE IN PRIMA FILA TRA
QUELLO CHE METTONO IN DUBBIO L’AUTORITA’ DI TUO ZIO, CI SONO IO!
- SI MA PERCHE’ HA FATTO CONOSCERE ME E GIMLI E ARAGORN
E MIO FRATELLO! È SOLO PER QUESTO CHE TI STA ANTIPATICO, NON PERCHE’ E’ UN
MEZZELFO!
- QUEL MEZZELFO NON SARA’ MAI UN MEMBRO DELLA NOSTRA
FAMIGLIA!
- PAPI, NON TI PERMETTO DI USARE ESPRESSIONI RAZZISTE NEI CONFRONTI DI MIO
FIGLIO!- strillò Iridan con gli occhi spaventosamente lucidi e le mani che
tremavano, il viso arrossato.
Okay, una cosa va detta a proposito di sire Thranduil,
ed è questa. Era capace di sopportare praticamente tutto, matrimoni, suoceri,
parenti eccetera, ma non era capace di vedere suo figlio piangere.
Non tanto Legolas, che in fin dei conti era il maggiore,
quanto Iridan, che era il minore e che quindi era sempre rimasto l’angioletto di
papà. Anche per un altro motivo però, ed era questo: la natura del bel
principino elfico era una natura allegra e spensierata, molto leggera. Se
piangeva, significava che stava davvero molto, molto male.
E Thranduil non era un padre che amasse far star male i
suoi figli.
Perciò quando vide le prime lacrime solcare le guance
del suo adorato figlioletto, sire Thranduil ebbe la piena coscienza di essersi
spinto troppo in là.
Istintivamente Legolas si gettò sul fratello e lo
strinse tra le braccia accarezzandogli i capelli; Thranduil era incapace di
reagire.
Iridan non singhiozzava, piangeva solamente, perciò
poteva ancora parlare; tra le lacrime, cacciò il fratello da sé, ma senza
cattiveria, e indicando la porta gridò:
- Papà, se devi umiliare mio figlio dicendo che non è un
vero elfo, evita di farlo davanti a me e in questa casa! Se sei capace di
rinnegare il tuo stesso nipote, esci immediatamente da quella porta e non avere
mai più il coraggio di presentarti davanti a me! Tieniti lontano dalla mia
famiglia!
E voltandosi si allontanò furente, ma deciso, o almeno
deciso a dar l’impressione di esserlo. Legolas rimase nel mezzo e guardò
alternativamente il padre e il fratello, poi si lanciò all’inseguimento di
Iridan, che non aveva resistito appena fuori della porta e piangeva senza
ritegno.
Un po’ confuso, ma infuriato, Thranduil uscì a sua volta
dalla sala, ma passando per il portone, trovandosi quindi a passare nel mezzo
tra Aragorn e Gimli, i quali sollevarono sorpresi lo sguardo su di lui.
- Sire Thranduil, che è successo?- chiese Gimli
perplesso. Intanto Aragorn si voltava a guardare Legolas che, protendendosi per
quanto gli era possibile dall’interno della sala, gli faceva cenno di venire.
Aragorn non capiva, ma si voltò di nuovo sentendo Thranduil rivolgersi a lui.
- Aragorn, ti ricordi quella volta che ti dissi che se
avessi fatto soffrire Iridan te l’avrei fatta pagare?
- Sì, sire Thranduil: tre anni e mezzo fa- replicò
Aragorn senza capire.
- Ci sono riuscito prima io- mormorò sire Thranduil
allontanandosi senza voltarsi.
L’Uomo avrebbe continuato a non capire se, dall’interno,
Legolas non si fosse deciso a chiamarlo: - Aragorn, vieni, è per tuo marito!
Allora intuì quel che doveva essere successo e si lanciò
dentro la sala, mentre Gimli, sconsolato e un po’stufo di quelle liti in
famiglia, si ritrovava a essere preda dei giochi dei bambini che avevano
intrapreso un’avvincente partita di macchinine su per le curve. Le braccia di
Gimli, ovviamente, facevano le curve.
La cena era stata consumata in un silenzio di tomba.
Subito dopo, i due fratelli si erano dati la buonanotte e si erano ritirati coi
rispettivi consorti.
Iridan aveva ancora gli occhi rossi e il naso un po’
lucido. Guardandolo pettinarsi nervosamente seduto davanti alla specchiera,
Aragorn si sentì drammaticamente spaesato e andò a inginocchiarsi accanto a lui,
prendendogli una mano.
- Come stai amore?
- Come dovrei stare?- replicò Iridan tirando su col
naso.
- Sono sicuro che tuo padre…
- Amore, io amo moltissimo mio padre, quanto amo mio
fratello, e so che per lui è un dolore che io non sia come lui crede che io
meriti di essere: sposato a una bellissima principessa elfica con tanto
bellissimi bambini elfici. – Tirò di nuovo su col naso a appoggiò la spazzola.
Gli tremava la mano e Aragorn prese anche quella. – Però io non sono disposto a
tollerare che insulti mio figlio perché è un mezzelfo. Io la penso come Gimli:
non penso che sia una cosa così grave, non mi pareva neanche il caso di starci a
discutere, come sui suoi capelli. Ma a papà non va giù e io non lo posso
sopportare.
Esitò, guardando il suo riflesso nello specchio.
- Amore, ma io ho fatto male a cacciarlo?
Aragorn sospirò. – No marionetta, penso che sia naturale
che una madre tenti di difendere suo figlio.
Iridan sospirò e tornò ad abbassare lo sguardo.
- Sarà, però vorrei che sapesse che mi dispiace…
- Perché non ne parli con tuo fratello? Sono sicuro che
dopo saresti molto più tranquillo.
- Ottima idea!- esclamò l’elfo illuminandosi. Balzò in
piedi. – Vado da lui- esclamò uscendo a grandi passi dalla stanza. Aragorn non
fece in tempo a fargli notare che sarebbe stato meglio aspettare domattina.
Comunque, Iridan si risparmiò di dover andare a bussare
alla porta della camera del fratello, perché fortunatamente lo trovò nel
corridoio che andava a prendere il pigiamino di seta rosa (che aveva comprato di
nascosto perché Gimli non lo voleva rosa sostenendo che per un maschietto è
molto più adatto l’azzurro o almeno il rosso) del bambino dal carro che
Thranduil non aveva mosso.
- Legolas, ho bisogno di parlarti.- disse accostandosi
al fratello con aria preoccupata.
- Dimmi- rispose Legolas dispiegando il delizioso
pigiama coi piedini (certe volte ne vorrei uno anch’io…specie in inverno…)(ora
che ci penso, non riesco a figurarmi un pigiama di seta coi piedini. Ma insomma,
lasciamo perdere! In fondo è Legolas, no?). Guardò con apprensione il fratello
minore e, vedendo ancora arrossate le sue palpebre, gli prese la mano. – Sono
sicuro che papà non intendeva dire quello che ha detto, sai. È solo che era
molto arrabbiato.
- Credi che mi vorrà rivedere?- chiese Iridan a bassa
voce.
Legolas sorrise. – Credo che ora sia molto più
preoccupato dal fatto di averti visto piangere per la prima volta dopo molti
anni, che non arrabbiato con te. In fondo, la verità è molto semplice: è
dispiaciuto perché Thranduil non è il principino elfico che lui avrebbe tanto
desiderato. Cerca di capirlo, lui ha sempre voluto un nipotino elfo che
tramandasse i tratti della famiglia. Ma lo conosci, è proprio un nonno: va pazzo
per suo nipote. Mettigli Thranduil in collo, e non capirà più niente.
A quelle parole, Iridan si risollevò leggermente.
- Tu dici?
- Fidati. Sono sicuro che adesso il suo unico rammarico
è di averti fatto piangere.- E vedendo il fratello un po’ dubbioso ancora, si
affrettò ad aggiungere: - Domattina andremo a cercarlo e vi chiarirete. Alla
fine lo sai, lui ci ama troppo per non capire dov’è la nostra felicità.
Così Iridan si calmò un pochino e sorrise; abbracciò il
fratello augurandogli la buonanotte, poi entrambi si diressero verso le
rispettive camere.
A un tratto Legolas, che faceva per risalire le scale,
si fermò e tornò di corsa verso il fratello il quale, sentiti i suoi passi, si
era fermato ad aspettarlo.
- Ah Iridan, volevo dirti…
- Sì?
- Sai bene che io ti avrei suggerito un nano, perché
secondo me sono i partiti migliori, così forti, virili, mascolini, sexy…
- Vieni al dunque- lo interruppe Iridan che si era già
sentito propinare molte volte questa lista.
- Ma sai, ci ho pensato e ho deciso che Aragorn è
davvero l’uomo che fa per te: e poi, come ha detto papi, ti ama da impazzire!
Allora Iridan si mise a ridere e spinse via il fratello,
con decisione, ma contento.
Thranduil tornò sui suoi passi prima ancora che Legolas
e Iridan fossero riusciti a vestire i loro figli per andare a cercarlo.
In effetti, quando tornò entrambi i suoi figli erano in
giardino. Legolas cercava di infilare i sandaletti a Iridan JR, Iridan invece
rincorreva Thranduil JR perché, per l’ennesima volta, stava giocando col corno
da caccia.
Thranduil restò fermo per qualche istante a contemplare
quella scena, un po’ patetica, un po’ ironica, ma pur sempre bellissima.
- Thranduil, rendi il corno alla mamma, non lo fai
neppure se te lo chiede il nonno?
A quelle parole entrambi i due principi elfici si
voltarono a guardare il padre.
Iridan si fermò e lasciò che il piccolo corresse
indisturbato a rifugiarsi tra le braccia dello zio, col quale del resto aveva
stabilito fin da subito un eccellente rapporto.
- Ciao, papà.- disse lentamente.
Thranduil sorrise. Teneva ancora in mano la tazza di
latte non più caldo che conservava da quasi cinque anni e che ancora non si era
deciso a bere, forse anche perché avevano iniziato a galleggiarci cose strane, e
poi anche perché il latte si era inacidito, o perché ogni tanto, quando si
deprimeva, lo consolava tornare a fissarla; la teneva in mano, abbiamo detto, ed
era evidente che aveva passato tutta la notte a guardarla negli occhi.
- Allora…stavo pensando che non sono male, le orecchie
tonde. Meglio a punta, ma insomma, non si noteranno molto. E poi, ha due
bellissimi occhi.
- Gli occhi di suo padre- rispose Iridan a bassa voce
(okay: odio Aragorn, ma Viggo Mortensen resta sempre Viggo Mortensen…).
- Purtroppo, gli occhi di un cretino- replicò Thranduil.
– Ma va bene, sai: non è una principessa elfica, ma è ricco sfondato.
- Le due cose si compensano- commentò Legolas,
avvicinandosi con in collo i due bambini, che del resto non pesavano molto.
- Allora fai il nonno?- domandò Iridan speranzoso.
- Ma sì- sospirò Thranduil.
Iridan si mise a ridere, infinitamente sollevato; e
Legolas, avvicinandosi al padre, mormorò:
- Aragorn anche se non è una principessa elfica, è ricco
sfondato, e ti va bene; ma il mio, cos’ha che ti va bene?
- Niente- sospirò Thranduil – Ma quando dovetti
acconsentire al matrimonio, ero di fronte al fatto compiuto; aspettavi un
bambino, che dovevo fare, lasciarti disonorare?
Legolas sfruttò l’occasione per dare un insegnamento di
vita al suo bambino.
- Iridan, se tuo papà non dovesse lasciarti sposare chi
preferisci, fatti mettere incinto, semplifica molto le cose!
- Legolas!- esclamò Thranduil scandalizzato e anche
Iridan si precipitò a strappargli di mano il proprio figlio nel timore che
apprendesse concetti troppo sbagliati.
- Hai ragione- ammise Legolas. – Il papà ti lascerebbe
senza dubbio sposare un nano, e tu vorrai un nano, vero amore? Perché ricorda, i
nani sono gli unici che ti fanno go…
- Legolas, lascia stare- sbottò Iridan grande
colpendogli un braccio con la sua grazia infantile; e ne approfittò anche per
prendere il corno dalle mani del figlio, che immediatamente si mise a
piagnucolare tendendo le braccia per riaverlo.
- Via, lasciaglielo, che male può fargli?- protestò
Thranduil, che, nonno DOC, non poteva vedere un nipote piangere più di quanto
potesse veder farlo un suo figlio.
E la sua capacità di sopportazione in merito alle
lacrime familiari era assai scarsa.
- Lo stai proprio viziando- disse Iridan lasciando, a
malincuore, il corno al bambino.
- Credi che vostra madre non mi dicesse la stessa cosa
quando nasceste voi?
- Davvero?- chiese Legolas incuriosito. – Ci lasciavi
fare tutto?
- Sì, lasciavo continuamente che Legolas giocasse con le
bambole e si mettesse i tacchi della mamma, e invece che Iridan giocasse il mio
arco scarico- sospirò Thranduil. – Bei tempi!
- Se sei così paziente, puoi giocare coi bambini per un
po’- esclamarono felici i due fratelli, che s’intendevano perfettamente; e gli
mollarono i bambini per andare a ritrovare i loro mariti finiti chissà dove.
Così Thranduil, camomilla alla mano, ma non troppa
(cercava di disintossicarsi coi cerotti tipo quelli per smettere di fumare), si
ritrovò a giocare coi nipotini per una mattinata o più, trasformandosi nella
vera immagine del Nonno Thranduil.
Fine.