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Do you ever feel like breaking down?
Do you ever feel out of place?
Like somehow you just don't belong
And no one understands you
Simple plan-
Welcome to my life
Hermione Granger. L’ultima
volta che l’Inghilterra ebbe l’opportunità di vederla aveva
solo diciannove anni, una ragazzina con un cervello troppo grande per essere
sprecato. E qualcuno se n’era accorto.
Non ebbe nemmeno il tempo di uscire dalla scuola e
diplomarsi che il Dipartimento degli Studi Magici Avanzati di Vienna
l’aveva contattata offrendole un cospicuo posto di lavoro. Aveva
accettato. Senza troppi pensieri, senza troppo rimuginare.
Chiunque poteva capirla, era appena uscita da una guerra
dove aveva perso molti amici, conoscenti, e tutto quello che si vuole è
cercare di ricostruirsi una vita nuova, magari perché quella vecchia
è troppo difficile da mandare avanti, magari perché ci si rende
conto di non essere più gli stessi.
Aveva accettato. Punto.
Se n’era andata in una tipica giornata di pioggia
inglese, tra le sue valigie e vestita del suo cappotto preferito aveva mostrato
un sorriso che avrebbe dovuto essere rassicurante per chi restava ma che faceva
trasparire tutti i timori che si teneva dentro. Con un cenno forse un po’
troppo frettoloso era salita sull’aereo.
Ciao. Arrivederci. Addio.
Nessuno seppe mai cosa significava veramente quel gesto
veloce, quel mezzo sorriso, quella stessa partenza. Si era solo chiuso un
capitolo per aprirne un altro.
…
Però dite la verità, chi di voi non è
mai tornato almeno su un capitolo una seconda volta?
*
Era un giorno tipicamente inglese, come tanto piaceva
chiamare a sua madre. Pioggia a catinelle e un cielo grigio e denso di nuvole,
il traffico congestionato e la vita spenta e monotona. Lui, chiuso nel suo
impermeabile color cammello, che decisamente faceva a cazzotti col colore acceso
dei suoi capelli, camminava tra la gente in tranquillità come facendo
una passeggiata di piacere.
Sorrise incontrando con lo sguardo gli scatti nevrotici
delle persone accanto a lui che non avevano un secondo di tempo da perdere. Il
Ministero non era lontano da casa sua, solo qualche isolato, e ci si sarebbe
potuti risparmiare una bella fatica usando il camino di casa, ma in tanti anni
di carriera aveva sempre preferito camminare. Camminare lo rilassava, lo faceva
sentire diverso da tutte quelle persone che non si soffermavano un minuto
continuando freneticamente la loro vita, mentre lui oh se pensava. Camminare
era il suo rifugio dalla realtà.
In quelli che gli sembrarono davvero pochi minuti raggiunse
un immenso palazzo e furtivamente vi scivolò all’interno facendo
ben attenzione a non essere visto dai Babbani.
L’ascensore, secondo piano, quarta porta a sinistra.
Aprì la porta del suo ufficio senza ormai badare
più alla targa che vi luccicava sopra e la chiuse scaraventando il
cappotto contro l’attaccapanni alla sua destra. Due passi verso la
caffettiera e riempita una tazza diretti verso l’ufficio.
Passò un corridoio pieno di scrivanie salutando qua e
là gli impiegati e chiusosi la porta del suo personale ufficio alle
spalle, si lasciò andare sulla sedia rilassandosi completamente. Dopo
due minuti contati un colpo alla porta e l’entrata di Susan, la
segretaria.
“Signor Weasley, si
può?”
Ron rivolse un sorriso sereno alla signora ormai non
più giovane facendole cenno di entrare “La mia porta è
sempre aperta per te, lo sai. Dimmi pure”
“Vorrei solo ricordarle che questo è il mio
ultimo giorno” Ron la guardò perplesso “Oh, lo sapevo che se
n’era dimenticato, accidenti giovane, io sarò pure vecchia ma la
tua memoria ha davvero qualcosa che non va!”
Ron scoppiò in una risata. Susan le piaceva tanto e
lo faceva ridere. A suo modo le ricordava tanto sua madre coi suoi
atteggiamenti protettivi e materni, nonostante fosse un’eccellente
impiegata dava quella giusta intonazione come se non parlasse al suo capo ma a
suo nipote.
“Scusami Susan, lo sai come sono fatto. Dopo tutti
questi anni insieme mi lasci così, a cuor leggero?”
La donna si mise le mani sui fianchi “Senti un
po’ giovanotto, ho ottantadue anni io, quando vorresti farmi andare in
pensione? E scommettiamo che non farai fatica ad abituarti alla nuova
segretaria? E’ una bella ragazza di trent’anni
freschi freschi, proprio come il bel giovane che mi
siede davanti”
Ron rise di nuovo al tono malizioso della donna e scosse la
testa. Gli dispiacque pensare che non avrebbe più visto Susan in quel
ufficio, non poter ridere ai suoi modi di fare e sentirsi un po’ come a
casa sua.
“Spero che la nuova segretaria sappia il fatto suo,
non è facile rimpiazzare una come te”
“Se cerca di farmi arrossire non c’è riuscito,
Signor Weasley, la mia pensione me la deve tutta e
non le lascerò qualche centesimo di più solo per qualche
lusinga!” Ron nascose un sorriso “E la nuova segretaria l’ho
istruita io!”
Ron annuì distrattamente controllando alcuni fogli
che erano sparsi per la scrivania, alcuni provenienti da altri reparti del
Ministero, altri da esterni stessi, uffici privati. “Mh…e
come hai detto che si chiama?”
“Non l’ho detto, testone!” la donna
cominciava davvero a spazientirsi ma lei stessa non poté fare a meno di
sfociare in un sorrisetto divertito. “Sai che
faccio, ti fisso un appuntamento con lei stasera, almeno ci parli di persona”
Ron alzò la testa guardandola stranito “Da
quando mi dai del tu?”
“Da quando sto per andare in pensione!”
Susan uscì sbattendo la porta alle sue spalle e Ron
si lasciò sfuggire un’altra risata sommessa. Non aveva nessun
dubbio, nessuno sarebbe riuscita a rimpiazzare quella dolce vecchietta un
po’ strampalata con energia da vendere.
Dopo qualche minuto e diversi sorsi di caffè
decise di mettersi a lavoro e portatosi un pacco di fogli davanti agli occhi
cominciò ad esaminarli uno ad uno, firmandone alcuni, timbrandone altri,
trascrivendo il necessario su dei tabulati appositi e archiviarli.
Dipartimento degli Studi Magici Avanzati.
Suonava così fine detto così, eppure ogni
giorno di più si trovava a pensare che non ci fosse niente di
così affascinante in quel nome, tanto quanto il lavoro che doveva
svolgere. Doveva riconoscere che essendo il Capo aveva ben poco da fare
lì, assicurarsi che tutto andasse per il verso giusto e controllare
eventuali esami su incantesimi e cose di questo genere, ma d’altronde non
aveva le qualità per svolgere la parte più interessante del
lavoro: collaudare nuove fatture e incantesimi.
Tuttavia non poteva di certo lamentarsi, amministrava un
intero reparto e svolgeva un lavoro semplice ma allo stesso tempo piacevole,
poteva andare dovunque in quell’ufficio e
divertirsi tra i nuovi esperimenti. Un eterno bambino. Sua madre glielo diceva
sempre.
Un sonoro crack lo riscosse dal suo intrattenimento e alzata
la testa sorrise all’amico moro con dei brillantissimi
occhi verdi invariati negli anni. Harry Potter, Auror.
Harry era rimasto suo amico in tutti quegli anni nonostante
la sua notorietà come eroe del mondo magico. Era diventato un Auror proprio come avrebbe voluto, Ron aveva sempre scosso
la testa con un sorriso dicendo che quando Harry Potter
vuole qualcosa siamo sicuri che prima o poi la otterrà.
I suoi capelli spettinati e gli occhi della sua caratteristica
tonalità erano l’unica cosa che potesse ricordare all’Harry Potter bambino, il suo fisico si era irrobustito negli anni
e quello che era uno smilzo ragazzetto si era trasformato in un uomo a tutti
gli effetti con tanto di barba incolta.
“Ehi, turno di mattina? Allora, come va ai piani
alti?”
Harry alzò le spalle stancamente e si sedette sulla
sedia davanti a Ron mandando la testa all’indietro. Sbadigliò
sonoramente e tornò a guardare l’amico con uno sguardo provato.
“A dire il vero avevo turno di notte, ho appena finito
e ho pensato di fare un saluto veloce. Non è che hai del caffè, eh?”
Ron rovesciò la tazza con un sorriso “Finito. Com’è
che finisci un turno di notte alle…” diede uno sguardo
all’orologio “…quattro di pomeriggio?”
“I soliti teppisti hanno pensato che stregare
qualsiasi oggetto Babbano nel raggio di un chilometro
fosse la cosa più divertente da fare in una nottata come questa. E tu
cos’è quell’aria
malinconica?”
“Pare che oggi sia giorno di lutto, Harry”
Harry corrucciò la fronte un po’ allarmato
“Lutto? …non è…cioè…”
“Susan va in pensione, è il suo ultimo
giorno”
“No!” Harry si mise dritto sulla sedia con uno
sguardo incredulo. Susan era sempre piaciuta particolarmente ai due ragazzi,
forse appunto per i suoi modi protettivi, e anche Harry, sebbene non lavorasse
in quel dipartimento, l’aveva sempre vista come una zia. Le classiche zie
strampalate che abbiamo tutti, molte delle quali hanno la fissazione per i
gatti.
Ron annuì gravemente e Harry si trovò a
scuotere la testa. Rimasero in un religioso silenzio per i minuti seguenti fino
a che Harry prese un respiro demoralizzato.
“Possiamo sempre invitarla alla Tana, non è
vero? Ai tuoi piace Susan, si fanno sempre delle gran chiacchierate insieme.
Insomma, è una di famiglia ha il diritto anche lei di partecipare alle
cene”
“Sono sicuro che a mamma farà piacere. Susan
non si libererà di noi così facilmente”
Harry ridacchiò al pensiero di loro due che
infastidivano la vecchia segretaria e Susan che li inseguiva con un ombrello in
procinto di tirarglielo sulla zucca. Si illuminò di colpo.
“Ma se Susan se ne va adesso…”
Ron annuì risistemando dei fogli sulla scrivania
“Ho un colloquio con la nuova segretaria questa sera. Spero solo che sia
puntuale, non voglio arrivare a casa tardi per cena. Ma Susan dovrebbe saperlo,
quindi sono sicuro che le ha detto di venire massimo per le sei”
Harry abbozzò un sorriso “Sarai perso senza di
lei, lo sai?”
“Lo so” disse gravemente Ron “Era
l’unica che riusciva a salvarmi in ogni situazione, mi conosce meglio di
quanto mi conosca io, sa le mie abitudini. Amico, si prospettano tempi duri
senza Susan Walker qui dentro!”
Harry rise di nuovo ma si tranquillizzò distogliendo
lo sguardo. Lentamente si umettò un labbro quasi senza accorgersene, completamente
immerso tra i suoi pensieri. C’era solo una cosa che poteva distrarlo
così. Una sola cosa. Lei.
“Come sta Ginny?”
Ron si mosse irrequieto sulla sedia e decise di non alzare
lo sguardo su di lui. Odiava parlare di sua sorella con lui, odiava tutta
quella situazione perché lui ne era l’intermediario, ma capiva
Harry. Oh, se lo capiva.
“Sta bene, un po’ stanca. I bambini le portano
via molto tempo”
Harry non disse niente ma continuò a guardarlo
interessato. Stava morendo dalla curiosità di sapere ancora, di chiedere
quello che in realtà non avrebbe voluto sapere. Perché ogni volta
che chiedeva si più si sentiva morire dentro.
“E Mark?”
Questa volta Ron alzò i suoi occhi blu su Harry e
sospirando pesantemente mise via i fogli che stava consultando. Uno sguardo
compassionevole. Uno sguardo di qualcuno che ti capisce. Un amico.
“Loro… credo che non vada così bene,
ecco. Ginny, lei sta sempre a casa nostra o fuori coi bambini. Mamma ha fatto
due conti e ha notato che il tempo che passa a casa sua è durante
l’orario di lavoro di Mark. Ma non sono affari
nostri, giusto?”
Domanda retorica. Stupida domanda retorica. Invece sì
che erano affari suoi, eccome se erano affari loro. Ma Harry disse quello che
era più corretto dire in quel momento e si limitò a muovere la
testa da una parte con un cenno.
“Giusto” rispose.
Ancora silenzio. Ancora comprensione. Poi due parole
“Io vado”
Ron annuì e lo guardò uscire dalla porta,
niente smaterializzazione. E Ron lo conosceva troppo bene per sapere che se non
usava quella tecnica era perché era troppo demoralizzato e perso tra i
suoi pensieri. E Ron si conosceva troppo bene per non potergli dare ragione.
Ginny Weasley. No. Quella che un
tempo era Ginny Weasley adesso andava a giro col nome
di Ginny Tayler, casalinga e madre di due figli, Damian e Libby.
Come ci era finita in quella situazione non lo avrebbe
saputo dire nemmeno lei. Sapeva solo di aver deciso che la vita che conduceva
fino a quel momento non le andava più, che doveva cambiare aria, che
dopo aver passato una guerra come quella aveva bisogno di riscoprirsi.
E aveva conosciuto Mark.
Non si erano frequentati a lungo prima che lui le chiedesse
di sposarlo, neanche un anno di appuntamenti e tutte le classiche romanticherie
di coppia appena sbocciata che si erano trovati a convivere felici con un
anello al dito. E dopo due anni l’arrivo di Libby.
Harry non era mai riuscito a dimenticarla nonostante gli
anni trascorsi, era come un demone che tornava a tormentarlo nei suoi sogni
più proibiti, quelli in cui un tempo era costretto a dirsi che era la
sorella di Ron e che ora lo costringevano a ricordare che era una donna sposata.
Comprensibile, aveva affrontato una battaglia contro il Mago più potente
di tutti i tempi solo col pensiero di tornare da lei e avere una vita insieme.
Quello che aveva ottenuto era un cuore spezzato in due, totalmente.
Erano passati otto anni da quando Ginny si era sposata e
Harry non era uscito con nessun’altra. Il
motivo era semplice, non c’era nessun’altra
che potesse rimpiazzarla perché lei era unica e lui lo sapeva. Non
c’era ragione di cercare qualcun’altra perché lei era
l’unica che avesse amato nel vero senso della parola, non come una cotta
a cui va dato il giusto peso, il suo amore per lei non poteva avere misura.
Ron non aveva potuto dire una parola a riguardo o ci avrebbe
rimesso il legame con la sorella, ma dentro di sé non poteva far altro
che urlarle contro e di dare maledettamente ragione a Harry. Dentro di
sé non poteva che mandare il pensiero a lei, Hermione Granger.
Dentro di sé sapeva di non potere.
Si alzò dalla sedia lasciando dietro di sé i
suoi pensieri e uscito dall’ufficio prese a girare lungo le scrivanie
degli impiegati fino a una stanza a un lato e senza bussare entrò.
La nuova camera era di un accecante bianco, completamente
vuota ed enorme. Due uomini non troppo alti stavano l’uno davanti
all’altro entrambi con la schiena alla parete e si lanciavano incantesimi
tra di loro.
“Come procede qua dentro?”
I due si voltarono verso di lui, l’uomo più alto
tra i due si asciugò la fronte facendo qualche passo nella sua
direzione, entrambi a corto di fiato.
“Signore, non riusciamo a perfezionare
l’incantesimo che abbiamo inventato. Continua a dare effetti
collaterali”
Ron aggrottò la fronte “Effetti collaterali?
Che tipo di effetti collaterali?”
I due uomini si scambiarono uno sguardo, poi l’altro
uomo, più tarchiato e con una gran quantità di capelli biondo
sporco, diede loro le spalle e si tirò giù i pantaloni. Ron non
seppe se rimanere sconvolto o divertito dalla situazione che gli si presentava
davanti ma decise di mostrare una faccia neutrale e magari un po’
perplessa davanti ai suoi dipendenti.
“Ehm…capisco. Avete già idea di come
togliere quelle…ma cosa sono, vesciche?”
“Verruche, signore”
Ron si trovò a pensare che magari collaudare gli
incantesimi non era un lavoro poi così divertente, e neanche simpatico a
dirla tutta. Non avrebbe per nulla voluto ritrovarsi il sedere pieno di
verruche. Dallo sguardo afflitto dell’uomo capì che non dovevano
aver ancora trovato rimedio e sospirò pesantemente.
“Va bene, Smith puoi uscire
prima oggi e passa al S. Mungo, c’è un reparto antifatture al
terzo piano, sono sicuro che possono aiutarti”
I due annuirono e Ron lasciò la stanza non potendo
evitare che un sorrisetto divertito scappasse sulle
sue labbra. Verruche, roba da non crederci. Passando per il corridoio
principale incrociò lo sguardo con Susan che alzò le due mani con
un sorriso quasi di rimprovero.
Dieci minuti.
Ron alzò automaticamente gli occhi sull’orologio
appeso alla parete e sorrise scotendo la testa. Le cinque e venti. Susan lo
conosceva troppo bene.
Continuò a girovagare per l’ufficio
controllando che fosse tutto a posto e scambiando qualche parola con i
dipendenti di tanto in tanto, augurato buon lavoro a Betsy,
una signora cicciotella piuttosto simpatica che si occupava delle trascrizioni
di nuove pozioni, tornò nel suo ufficio per sbrigare alcune pratiche.
Si mise comodamente seduto alla scrivania attirando di nuovo
i fogli a sé, li stessi che stava esaminando poco prima
dell’arrivo di Harry. Ne firmò alcuni e ne timbrò altri
nella solita routine, si passò una mano sulla faccia stanco di tutte
quella parole scritte su un bianco accecante.
Neanche se avesse voluto farlo apposta ci sarebbe riuscito,
con un gomito urtò la tazza di caffè
che stava ancora sulla scrivania da quando vi era entrato quel pomeriggio e
questa si rovesciò rotolando sui fogli che si ricoprirono qua e
là da macchiette color bronzo.
“Oh, dannazione!”
In fretta prese ad asciugare i fogli e tamponarli con un
fazzoletto senza ottenere grandi risultati, non si sapeva spiegare come mai non
aveva mai la bacchetta a portata di mano quando serviva. Nello stesso momento
qualcuno bussò alla porta e Ron roteò gli occhi pensando che
quando ne combinava una oltre al danno doveva sempre arrivare la beffa.
Era matematico.
“Avanti” disse con aria seccata continuando a
ripulire le pratiche dal caffè. Non si
disturbò neanche ad alzare la testa, vide con la coda dell’occhio
Susan e al suo fianco la figura di una giovane donna con due gambe lunghe e
snelle.
“Non lo si può lasciare solo cinque minuti!
Cos’ha combinato adesso?”
“Niente Susan, ho solo…” alzò
appena la testa verso la ragazza senza veramente guardarla tornando subito ad
occuparsi dei suoi preziosissimi fogli “…mi scusi signorina, ho
combinato un disastro con delle pratiche importanti…sono subito da
lei”
“Gliel’avevo detto io che è peggio di un
bambino! Mi creda, se ha qualche referenza come baby-sitter questo lavoro le
calza a pennello, non avrà nessun tipo di problema!”
Per qualche attimo ci fu il silenzio fino a che Ron non
udì distintamente un paio di tacchi fare qualche passo avanti e una voce
a suo modo familiare.
“Ron?”
**
Lo so che non aggiorno
da una caterva di tempo ma avevo il pc che era andato
a farsi friggere di nuovo, comunque lo so anche che avrei dovuto aggiornare
l’altra storia ma mi andava di scrivere qualcosa di diverso e
così…
Insomma, dico solo che
da questo primo capitolo ancora non si è capito veramente niente di
quella che sarà la storia, fidatevi, anche se alla fine come storia
è abbastanza banale.
Siccome non so se poi
ce la faccio ad aggiornare così presto –anche se spero di
sì- oltre al mio compleanno il primo maggio si festeggia anche un anno
che sono su Efp, quindi mi faccio tanti auguri a me ^^
…ragazzi ma io
tra 5 giorni divento graaande…che emozione **
Tornò a guardare le pratiche che stava esaminando poco prima,
molti fogli riportavano solo dei rapporti su dei nuovi incantesimi usati e
sperimentati, altri venivano dalle filiali estere con le quali era obbligo
scambiarsi informazioni
Volevo fare gli auguri a Edvige86 che oggi compie 21 anni ^^
auguri di cuore amora!
HI MUM, THIS IS MY BOSS
2.
Regrets
And I've tried to spend my time with somebody
new
But everyone still reminds me of you
I tried to play some songs that'd changed my point of view
But every sound still reminds me of you
Anggun _ Still
reminds me
“Ron?”
Una voce. Quella voce. Lei.
Ron alzò perplesso la testa verso le due donne e con
uno scatto si mise dritto lasciando le pratiche dimenticate sul tavolo. Tra di loro uno sguardo allibito e nulla più, due
sguardi che non si incrociavano da anni tornarono a perdersi l’uno
nell’altro come era loro abitudine.
“Hermione?”
Susan batté le mani insieme. “Oh, che bello! Vi
conoscete già! Pensate un po’ quanto
è piccolo il mondo!”
I due portarono gli sguardi ancora allibiti sulla donna e
tornarono a guardarsi in pieno scompiglio. Una strana sensazione li avvolse, si
resero conto di essere così cambiati ma di essere allo
stesso tempo rimasti gli stessi, e scappare, dividersi, non cambiava
proprio niente perché ci sono quelle piccole cose nella vita di ogni
persona che rimarranno un punto fisso, come una stella polare.
E adesso loro erano lì e c’erano
cose che non tornavano. Tante. Troppe.
“Che ci fai tu qui?”
Ron alzò un sopracciglio. “Che
ci faccio io qui? Che
ci fai tu qui? Io qui ci lavoro da
dieci anni!”
Hermione sembrò esitare un attimo
prima di parlare, strano, Hermione non esitava mai per aprire bocca.
“Io ci lavoro qui. Da oggi. Come…tua segretaria, suppongo”
Uno sguardo incredulo e Ron scosse la testa con un sorriso. “Tu?
Tu lavori a Vienna! Te ne sei andata da qui per lavorare a Vienna! Il centro di
studi massimi di Vienna! E adesso mi vieni a dire che
dal tuo lavoro prestigioso passi a fare la segretaria qui? Mi prendi in
giro?”
Un nodo alla gola. Una testa abbassata. Un labbro morso. Una
spiegazione da dare. Le mani incrociate insieme come quando da ragazza le veniva chiesto qualcosa a cui non sapeva una risposta. Raro,
ma era successo.
“Io…ho dato le dimissioni. Un mese fa. E’
veramente una lunga storia”
“E adesso saresti la mia
nuova segretaria?”
Hermione scrollò le spalle con mezzo sorriso.
“A quanto pare…”
Ron rimase sbigottito a fissarla. Poi, inaspettatamente,
scoppiò in una fragorosa risata che risuonò in tutto
l’ufficio. La sua classica risata, ecco un’altra cosa che era rimasta
invariata nel tempo, ecco un’altra cosa da cui l’avrebbe
riconosciuto tra mille; il suono della sua risata.
Ron era piegato in due sotto lo sguardo basito delle due
donne, si rialzò un attimo appoggiandosi con una mano alla scrivania e
ridacchiando si rivolse alla vecchia segretaria.
“Susan, dico ma lo sai chi
è?”
La donna fece di no con la testa,
seriamente shockata dalla reazione di Ron, in tanti anni non lo aveva
mai visto così…beh, strano.
“Lei è…è la ragazza da cui copiavo
i compiti a scuola” disse continuando a ridere “E adesso…ora sono il suo Capo!”
Susan inarcò un sopracciglio guardando sospettosa la
ragazza e Hermione si morse un labbro trattenendo un risolino leggero. Era
bello essere a casa, era bello ritrovare quello che si era lasciato, era bello sapere di non essere mai andata via veramente. Si
lisciò la gonna in un gesto veloce e Ron seguì le sue mani con
uno sguardo piacevolmente sorpreso.
“Aspetta solo che lo dica a Harry”
Hermione sorrise con uno sguardo di rimprovero e scosse la
testa lasciando che i morbidi ricci scendessero giù dalle sue spalle.
Ron continuò ad osservarla interessato, l’ultima volta che
l’aveva vista era una ragazza appena sbocciata, forse ancora per
metà acerba, e adesso si ritrovava davanti una donna in piena regola.
“Parlami un po’ di te piuttosto, da quando sei
diventato un uomo?”
Ron sorrise compiaciuto e stette al gioco. “Chi lo sa,
magari quando tu sei diventata una donna. O magari sono ancora un bambino”
Susan roteò gli occhi e mise una smorfia di pieno
disgusto guardando i due studiarsi smielatamene e senza troppi convenevoli
uscì dalla stanza lasciando i due a stuzzicarsi l’un l’altra. Hermione sorrise apertamente e fece
qualche passo verso di lui studiandolo bene in volto.
“No, non lo sei. Il Ron che conoscevo io, quello
sì che era un bambino, aveva il viso ricoperto di lentiggini e arrossiva
sulle orecchie quando gli si diceva qualcosa di carino
o quando si arrabbiava, e non aveva nemmeno tutti quei muscoli da trascinarsi
addosso”
Ron abbozzò un sorriso incrociando le braccia al
petto e la guardò dall’alto stando ben dritto con la schiena,
senza dire una parola si portò dietro alla scrivania sedendosi sulla
sedia di pelle nera. Raggruppò i fogli macchiati sul tavolo mettendoli
in un angolo del tavolo e tornò a guardarla
divertito.
“Lo sai che stai parlando col tuo diretto superiore,
non è vero? Io starei attento a quello che dici se fossi
in te”
Hermione roteò gli occhi in un gesto che gli ricordo molto quando le chiedeva di poter copiare Trasfigurazioni
a scuola, e alla fine lui era sempre quello che vinceva. Ogni volta.
Inevitabilmente.
Si mise più dritta e con un atteggiamento del tutto
professionale. “Mi scusi, signore, posso avere il permesso di salutare il
mio vecchio amico Ron come si deve?”
Ron mascherò un sorriso del tutto soddisfatto e
alzatosi di nuovo non esitò a camminare da lei ed abbracciarla stretta.
Un profumo, un ricordo, una sensazione. Lei, di nuovo lì, di nuovo con lui. Rimasero ad abbracciarsi per
un’infinità entrambi catapultati indietro negli anni tramite un
contatto perso da tempo.
“Mi sei mancata” Tre parole. Semplici. Concise.
Sincere.
“Tu non puoi immaginare quanto sia
stata dura per me laggiù, neanche una faccia amica e un lavoro
massacrante. Mi sei mancato anche tu, tanto.”
Ron sciolse l’abbraccio indietreggiando di qualche
passo, si schiarì la gola e la sua solarità sparì in un
istante tornando serio. “Miss Granger, ci tengo
a dire che per me è davvero un piacere averla
di nuovo qui ma in questo studio non voglio convenevoli, esigo una certa
professionalità. Le varie formalità potranno avere sfogo fuori dall’ambiente del lavoro, sono stato abbastanza
chiaro?”
Hermione annuì con il suo solito cipiglio di chi sta ascoltando attentamente ogni minimo dettaglio
“Solo una domanda, signore”
Ron le fece cenno di andare avanti.
“Dove ha imparato a parlare
così impostato?”
Ron rise di gusto trascinando Hermione in una risata
contagiosa e si passò una mano tra i capelli “Fa parte del mio
lavoro, sono stato costretto. Tieniti pure il giorno libero,
oggi ti copre Susan, inizi domani mattina”
Hermione annuì di nuovo e si avviò verso la
porta, come posò la mano sulla maniglia si voltò nuovamente e si
schiarì la gola richiamando l’attenzione di Ron che si era rimesso
seduto alla sua scrivania.
“Signor Weasley?”
Ron alzò la testa. “Sì?”
Un sorriso. “Sarà un piacere lavorare per
lei.”
*
Harry rovistò ancora sul fondo di quella scatola di
cartoncino con le bacchette. Adorava il cibo cinese. Pratico e buono, perfetto
per uno scapolo d’oro come lui. Si occupò bene di ripulire
completamente il contenitore prima di riportare i suoi
occhi smeraldo su Ron.
“Aspetta un attimo, mi stai dicendo
che Hermione è di nuovo qui e che è la tua nuova segretaria? Mi
devo essere perso qualcosa nel mezzo…”
Ron scosse la testa bevendo un sorso di
birra “Lo so! Sono rimasto sorpreso anche io, insomma puoi
immaginarti lo shock! E’ stato strano rivederla, ma anche piuttosto
piacevole…devo esserle sembrato un coglione,
fermo immobile a guardarla con gli occhi fuori dalle
orbite”
“Aspettati che domani faccia una capatina in ufficio,
sono curioso da matti di rivederla!”
Uno sguardo. Uno sguardo strano a dirla tutta. “Perché sei curioso? Insomma, la vedrai comunque è pur sempre tua amica. Sai cosa dovremmo
fare, una di quelle belle rimpatriate dei tempi del
Golden Trio”
Harry roteò gli occhi annoiato
“Vuoi smetterla una buona volta di usare quello stupido attributo? Non siamo
il trio d’oro, non sono il prescelto, non sono un eroe e Voldemort può benissimo essere nominato!”
Ron alzò le spalle “Come vuoi.
Allora, per questa rimpatriata? Facciamola a casa tua,
casa mia non mi pare il caso contando…ecco…”
Un altro sguardo. Uno sguardo totalmente comprensibile
stavolta. “D’accordo, si può fare. Lascia solo che mi
organizzi un po’ coi turni, ultimamente sono
pieno di lavoro e ho dovuto fare degli straordinari per non ammazzarmi di
fatica in meno ore. Perché non da tua
madre?”
Ron alzò gli occhi su di lui e li distolse subito
dopo, a disagio “Io non credo… non è una buona
idea che tu e Ginny… è in un momento difficile adesso, ha
bisogno di stare tranquilla…senza troppi scossoni, sì”
Harry annuì. Silenzio. Succedeva raramente che se ne
stessero in silenzio, loro due.
Ron guardò di nuovo Harry e aprì le braccia in
segno di scusa “Senti, non sto cercando di fare lo stronzo
della situazione, lo so che non aspettavi altro da quando
si è sposata con Mark ma…insomma, non
è una buona idea.”
Harry annuì distrattamente e sospirò
distogliendo lo sguardo. “Sì, sì hai ragione. Parlami
ancora di Hermione, dimmi che ti ha detto. E’
cambiata o è sempre la solita vecchia cara mangialibri?”
Ron sprizzò in un sorriso malizioso “Tu hai mai
visto Hermione portare una minigonna che copre solo lo stretto
necessario?”
Harry spalancò la bocca e scoppiò a ridere
subito dopo. “Non ci credo! Giura! No, non è
possibile, ma cosa le hanno fatto a Vienna il lavaggio del cervello?”
Un sorriso. Un’alzata di spalle. “E’ solo
diventata una donna. Una bella donna a dirla tutta, con delle
lunghe gambe snelle e sode che…”
“Ehi, frena!” disse Harry ridendo “Devo essere io a ricordarti che non puoi guardare Hermione
da quel punto di vista? Andiamo Ron, sei persino il
suo capo! Datti una controllata o dovrò passare in ufficio più
spesso per assicurarmi che tu stia facendo il tuo lavoro”
Ron roteò gli occhi senza smettere
di sorridere “Non fare il coglione, stavo
solo facendo un apprezzamento su una bella ragazza. Tutto qui. Sono pur sempre
un uomo, miseriaccia, e ho gli ormoni completamente funzionanti
ma questo non vuol dire che abbia intenzioni malsane”
Harry rise di nuovo “Ti stavo
solo prendendo in giro, scemo! A proposito, come va a casa?”
Ron alzò le spalle indifferente
“Mh, bene…la solita solfa, niente di
particolarmente eccitante. Ho visto Fred
l’altro giorno, dice che il negozio va a gonfie
vele e che pensano di prendere un’altra filiale”
“Non c’è che dire, Fred
e George hanno una dote naturale per gli affari. E
pensare che noi ci siamo dovuti sbattere così tanto
per il nostro lavoro e a volte guadagnano più di noi! Questa si chiama
ingiustizia bella e buona! Nella prossima vita ricordami di aprire un negozio
di scherzi!”
Ron scosse la testa “Nella prossima vita ci saranno comunqueFred e George a farti concorrenza. Senti un po’, ma che fine
ha fatto quella Stacy? Pensavo ci uscissi
ancora”
Silenzio. Harry distolse di nuovo lo sguardo dagli occhi
indagatori dell’amico e si portò alla bocca la birra cercando di
lasciar cadere lì la conversazione ma Ron non demorse e rimase con lo
sguardo fisso su di lui.
“Credimi, non vuoi saperlo”
Ron incalzò “E invece sì che voglio saperlo! Insomma, cosa c’era questa volta che
non andava? Devi smetterla di pensare continuamente al
passato, devi andare avanti! Pensavo che Stacy
ti piacesse”
“Non sono stato io a lasciarla stavolta, mi ha mollato
lei”
“Oh, mi dispiace Harry io non…e come mai?”
Due occhi verdi. Colpevoli. Insicuri. Smarriti
“Io…l’ho chiamata Ginny mentre stavamo…mi
è sfuggito, non ci stavo neanche pensando e sono rimasto di sasso anche
io quando mi sono reso conto di quello che avevo detto. E
così si è rivestita e se n’è andata…come
biasimarla, dopotutto”
Ron posò la sua birra sul tavolinetto
e si fermò a guardarlo seriamente. C’era una cosa che lo stava
facendo pensare, la sua amicizia con Harry. Si trovava sempre più
stazionario, più prevedibile, senza inventiva. La cosa lo
spaventò.
“Ci pensi mai che parliamo sempre delle stesse cose? Anche non volendo dico, il discorso casca sempre su Ginny o
su Hermione o sulla mia famiglia”
Harry non rispose ma guardò
altrove. Si morse un labbro. “Pensi che siamo diventati
noiosi? Che non ci sia altro che riesca a stimolarci?”
Ron alzò le spalle con un sorriso
malinconico “Una volta ci piaceva parlare di Quidditch,
poi abbiamo smesso pure di seguire assiduamente il campionato. Non ti sembra
che la nostra vita sia un po’…vuota?”
“Non so” disse dubbioso Harry “Siamo stati
abituati a poter morire ogni giorno fin da quando
eravamo dei ragazzini, magari tutta questa calma ci ha reso pigri e ci fa
sentire la vita monotona. Non capita tutti i giorni di cavalcare un ippogrifo”
“Non capita tutti i giorni di doversi sottrarre a una banda di canarini inferociti.” Harry ridacchiò
“Sai qual è la verità, io li rimpiango quei tempi, sono
passati così in fretta e abbiamo sprecato così
tanto tempo per delle stupidaggini che non ce li siamo goduti quanto
avremmo dovuto”
Harry abbozzò un sorriso
“Cribbio, il ritorno di Hermione ti ha proprio segnato!”
“Lo sapevo” disse Ron
stancamente “Ci siamo cascati di nuovo. Non possiamo
farne a meno, è peggio di una droga”
Di nuovo un’alzata di spalle, di nuovo mezzo sorriso.
“E’ la nostra vita, Ron, non possiamo
sfuggirgli e neanche evitare di parlarne. Anche a me
piacerebbe poter vivere una vita diversa, ma ormai ci siamo dentro e non si
può tornare indietro e ci sono danni…”
Ron lo guardò commiserandolo.
“…che non si possono
riparare” Harry abbassò di nuovo la testa e Ron seppe immediatamente
a cosa stava pensando. Era inevitabile per Harry. Lei era la sua droga.
Ronfece finta di niente e schiarendosi la gola posò la birra
che aveva ripreso sul tavolo e si alzò in piedi. Harry non disse una
parola neanche quando lo vide indossare il cappotto e
aspettò che Ron parlasse per lui.
“Devo andare adesso, mia madre mi aspetta e poi devo
tornare a casa. Ci vediamo domani in ufficio, ok?”
“Ok” disse Harry
semplicemente “Ciao, coglione”
Ron sorrise e con un’ultima occhiata all’amico
si chiuse la porta alle spalle, pensando che erano davvero
diventati dei pappamolle se un tipo come Harry Potter
se ne stava a casa da solo a mangiare cibo cinese seduto sul pavimento del
salotto.
*
La signora Weasley era sempre
stata una donna energica e forte, ne aveva dovute
sopportare tante nel corso della sua vita sia da piccole marachelle dei suoi
numerosi figlioli sia da estranei spietati che non se ne mancavano una per
criticare aspramente. Ma lei non aveva mai abbassato
la testa. Mai.
Certo la stanchezza era comparsa sul suo viso, ma era più dovuto alla vecchiaia che ad altro, e forse
la solitudine che può avere una madre quando i figli lasciano il nido. O nel suo caso La Tana.Ma aveva continuato ad essere la
frizzante donna che era sempre stata aspettando che i suoi pargoli tornassero a
farle visita di tanto in tanto.
Ron bussò alla vecchia porta di legno, era parecchio
malridotta e si ripromise di aggiustarla quando ne
avrebbe avuto il tempo. Come sempre sua madre gli venne ad aprire non mancando
di soffocarlo coi suoi abbracci materni. Ron la lasciò fare, in fondo sapeva di averne bisogno.
“Ciao ma’”
“Ron caro, finalmente sei passato. Non ti si vede mai
ultimamente, te e il tuo lavoro! Vuoi qualcosa da mangiare, caro? Non so, della
carne o magari un’insalata veloce?”
Ron sorrise rassicurante. “No
mamma, grazie, sono appena stato a cena da Harry”
“E come sta?” la voce
di Ginny arrivò da dietro le sue spalle e Ron si voltò a
guardarla. Se ne stava appena sulla soglia con uno sguardo davvero interessato
come se la salute di Harry fosse davvero l’unica cosa importante. Il suo
volto, un tempo solare, adesso sembrava solo tanto stanco e infelice.
“Sta… sta come sempre,
Ginny. Lo sai meglio di me come sta.”
La vide mordersi un labbro e sedersi al suo fianco senza
incrociare il suo sguardo. Ron sospirò appena e
si voltò verso il salotto. Il suono di voci piccole e allegre che si
avvicinavano aveva richiamato la sua attenzione e due bambini comparvero sulla soglia di cucina.
“Zio Ron!” Libby, la
più grande dei due, corse in contro a lui e gli
saltò in braccio facendolo ridere come un bambino. Ron
passò una delle sue grandi mani sulla sua testa
fulva.
“Ehi, scricciolo! Come siamo diventate pesanti!”
La bambina mise su uno sguardo fiero, tipico di Ginny, e
sorrise apertamente “E’ perché sto diventando grande
adesso”
Ron le sorrise dolcemente. “Lo vedo, una donna matura
e bella! Ehi, Damian, vieni a dare un bacio allo
zio!”
Il piccoletto si avvicinò con un sorriso enorme e si
attaccò alla gamba di Ron che subito lo prese
in braccio posandolo sulla gamba sinistra mentre teneva Libby
con la destra. “Ciao zio”
Ron gli sorrise e alzò
appena lo sguardo per incontrare quello di Ginny che lo guardava sorridendo
malinconicamente. Diede un bacio sulla fronte ai due nipoti e li fece scendere,
quelli tornarono a giocare in salotto ridacchiando come matti.
Ron si voltò di nuovo verso la sorella.
“Mark lo sa che sei qui?
Ultimamente non passi molto tempo con lui a quanto mi hanno detto”
Ginny sospirò voltandosi appena verso il salotto
“Cerco solo di tenermi occupata come posso e ai
bambini piace stare qui. Tu, novità?”
Ron lanciò uno sguardo verso il giardino, dove la
signora Weasley stava cacciando alcuni gnomi, e
tornò a guardare Ginny umettandosi un labbro. “E’ tornata
Hermione”
Lo sguardo di Ginny tornò limpido dopo tanto tempo.
Troppo, a detta dei familiari. “L’hai vista? Ci hai parlato? Ma
quando è tornata, pensavo che mi avrebbe chiamato
se l’avesse fatto un giorno, anche se ormai non ci speravo
più”
Ron annuì e distolse lo sguardo “L’ho
incontrata. E’ la mia segretaria, adesso”
Ginny rise “Stai
scherzando?”
“No.”
Ginny lo guardò confusa e con un sorriso stranito in
volto. Brevemente Ron le raccontò tutto quello che era successo e lei si
trovò a ridere e a prenderlo in giro come non faceva da tempo. Ron sorrise vedendola così piena di vita, come se fosse
tornata ad avere quindici anni. Poteva davvero un ritorno cambiare la
vita di così tante persone?
“Cosa pensi di fare adesso,
voglio dire, è di nuovo qui, no?”
Ron la guardò per un po’ senza dire niente,
scrutò con lo sguardo la cucina attorno a lui e rispose lentamente.
“Niente, le farò da superiore e basta.
Non posso fare altro”
“Ron, lasciatelo dire, siamo stati proprio due
imbecilli”
Ron si voltò sorpreso verso di lei, il suo sguardo si
era fatto più serio e il suo tono sincero, si trovò a dare
mentalmente ragione alla sorella. Ormai era tardi. Per
lui. Per lei. Per Hermione e Harry. Per tutti.
“Ma non ridurti come me,
questo devi promettermelo”
Un fratello e una sorella. Complici perfetti. Prigionieri
dello stesso sbaglio compiuto ormai da anni.
“Come posso non diventare come te, Ginny?”
Ginny sorrise dolcemente e mandò nuovamente
uno sguardo verso il salotto. “Ci sono cose che non ho il coraggio di affrontare, ma tu…tu puoi farlo. Sei
più forte di me, lo sei sempre stato Ron.”
“No, non è vero. Sono solo un codardo”
Ginny lo guardò e gli posò una mano sulla sua.
“Forse, ma per te non è ancora troppo tardi”
Ron si alzò spaventato dai suoi stessi pensieri e si
avviò verso la porta. “Adesso devo andare a casa”
“Ron” si voltò ancora una volta. Un
sorriso, dolce proprio come lei. “Non commettere i miei stessi
errori”
**
Uffina! Lo so, e ripeto, lo so che devo
aggiornare l’altra ff ma non mi esce proprio sto capitolo acciderbola!!!
Lo sapevo che sarebbe andata a finire così!
Comunque, parliamo di questo nuovo prodotto. Dunque,
premetto che ancora da questo chap, nonostante si sia
capito qualcosina, rimangono ancora un paio di punti
oscuri… che non verranno svelati a minuti,
diciamo.Il tono dei due capitoli
è stato molto malinconico, ho sperimentato un nuovo tipo di scrittura e
sembra funzionare bene…ne sono soddisfatta.
KarmyGranger: Devo dire la
verità…non ho scalettato la storia e non ho idea di quanti
capitoli possa riuscire a sfornare, ho tutto nella mia testa…il che non
è molto rassicurante ^^” …ti lovvo
pure io cara!
Hiromi: Come faccio…mah, me lo chiedo sempre anche
io…probabilmente è che le ore di chimica son
così noiose che mi devo trovare qualcosa da fare XD
Herm90: Speriamo di non
cadere nel banale dopo allora, se te dici di no comunque
mi fido in fondo il pubblico siete voi ^^
Saty: Amor mio, conto sempre sulle
mie fedelissime per le nuove storie perché almeno mi potete fare
paragoni. Magari la vedo
banale io perché ho questa ff in mente da 5
mesi ^^” quindi a forza di elaborarla mi risulta
un po’…scontata. Speriamo vi piaccia ^^
Joannadellepraterie: Grazie mille ^^ sia per gli auguri che per aver letto la storia
PazzaWendy: Aaaaw, sono anni
che nessuno mi canta tanti auguri, grazie **… XD sì praticamente mi son fatta il
regalo da sola!
Robby: Nonostante mi rimanga oscura la parola rinfoltire –che comunque word mi da come esistente- grazie per i
complimenti. Avevo la tentazione di metterli insieme da subito ma poi mi son detta…ma che palle sempre insieme, facciamogli avere dei problemi pure a loro! Così ho
sposato Ginny con Mark ^^ XD grazie degli auguri!
Ramona55: Purtroppo devo
correggerti…ne penso venticinquemila e ne scrivo cento XD… è
che la mattina mi faccio un’ora di bus e non so mai cosa fare, allora la
fantasia vola! Ah, io su dei capitoli ci ritorno mille volte, li so a memoria
manca poco! Lo so che lascio i punti e le virgole molto spesso…la
verità è che ho iniziato a scrivere così e non mi riesce
togliermi il vizio!!^^ un
bacio grosso e grazie dei consigli!
London04: Potresti dirmi che leggerai le altre ff che
ho scritto XD…cerco di farmi pubblicità, non farci
caso…grazie mille, un bacio!
Funnynurse: *distogling
sguardo* ehm…sì, NTE…dunque…ti scoccia proprio tanto
aspettare un altro pochino? Nun mi riesce
scrivere çç…sono in crisi!
Su, che non vi lascio mai a secco, se non è una ff è un’altra ^^
Edvige86: Ti assumo come
critica delle mie ff, ormai riesci a coglierne ogni
minimo particolare, ci stai quasi più attenta di me XD magari farmi i
complimenti ti sembra superfluo…ma tu continua
XD mi gongolerò tra le tue parole! E auguri di
buon compleanno amora ^^
Nischino: Vi capisco se anche voi avete voglia di qualcosa di diverso da NTE,
alla lunga stanca ^^ …non posso segnalare tutto subito, altrimenti che la
leggete a fare la storia XD Ron come capo…chi non vorrebbe averlo, diciamoci la verità XD
Amy: XDD su, adesso non facciamone una tragedia che sono
anche operativa nell’aggiornare! Te stai male,
fatti curare, hai la funkite acuta!! XD! Grazie mille
degli auguri!
Fiamma90: Chi poteva
essere se non lei, la protagonista femminile della ffXD
Hermron: Evitiamo la catastrofe aggiornando in fretta, non voglio avere cadaveri
sulla coscienza…
Killer: Un altro sviato
suicidio da ff XD lo sapete
che son veloce dai, lo so che ultimamente ho la crisi
dello scrittore ma oggettivamente sono brava ad aggiornare ^^ un bacio!
I can make it through the rain
I can stand up once again
On my own and I know
That I’m strong enough to mend
And every time I feel afraid
I hold tighter to my faith
And I live one more day
And I make it through the rain
M.Carey- through the rain
Pioggia.Incessante e perenne pioggia. Anche quella mattina si era ritrovato a camminare nel centro
della città tra la gente isterica, ma non gli importava; erano appena le
otto del mattino e lui camminava, non c’era proprio niente che lo
rendesse più sereno di così. Si stava completamente inzuppando
d’acqua, ormai la mantellina aveva smesso di fare il suo dovere e la
pioggia era penetrata sotto i vestiti lasciandogli il disagio della stoffa
bagnata sulla pelle, ma lui era sereno.
Entrò in ufficio togliendosi il cappotto in un gesto
quotidiano e si passò una mano tra i capelli fradici. Una bacchetta, un
incantesimo e via di nuovo asciutti. Fece qualche
passo in avanti ma si bloccò scorgendo Hermione
sul fondo del corridoio, i loro sguardi si incrociarono.
Un sorriso. Un sorriso che non ha bisogno di parole.
Hermione gli venne incontro, i capelli raccolti in una
crocchia mal messa e il corpo stretto in un tailer che le dava un tono molto
professionale. A Ron scappò un sorriso che si impose
di contenere e per smorzare la tensione si voltò per prendere il suo
solito caffè. La caffettiera vuota.
Inarcò un sopracciglio.
“Dov’è il mio caffè?”
Hermione, ora davanti a lui, lo guardò un po’
perplessa senza sapere bene cosa dire. Uno sbuffo, uno scotimento di testa. Non
era Susan, era Hermione, e lui si era dimenticato di spiegarle piccoli dettagli
come quelli. Incrociò le braccia al petto e si schiarì la gola.
“Susan mi prepara il caffé ogni mattina,
è…è un abitudine, non riesco
più a lavorare se non ne bevo una tazza al mattino”
“Oh” disse imbarazzata Hermione fissando la caffettiera
completamente a secco, mise dei fogli in mano a Ron e cominciò ad
armeggiare cercando di rimediare all’errore “Posso farlo ora se
vuole, ci impiegherò solo cinque minuti”
Ron la guardò perplesso “No,
non importa. Posso farne a meno per una mattina, puoi farlo
quando finirai il lavoro che…”
“L’ho già finito, signore, e lo sta
tenendo in mano”
Abbassò lo sguardo sui fogli che teneva tra le mani.
Il lavoro, finito. Fece scorrere le dita tra la carta leggendo tutto ciò
che gli aveva consegnato ed osservò con stupore che anche alcune delle
pratiche che spettavano a lui erano state ordinatamente compilate e disposte in
ordine alfabetico.
“Qui ci sono…ci sono anche delle mie
carte”
Hermione si voltò verso di lui e inarcò un
sopracciglio “Io…ho pensato di avvantaggiarla un po’ sul
lavoro, visto che ha altre cose da fare e io avevo già finito il mio.
Non le dispiace, vero?”
“No” disse Ron scotendo la testa
“Ma non posso lasciarglielo fare, non è di sua competenza.
La prossima volta si limiti a svolgere il suo lavoro,
andrà benissimo così”
Lei gli sorrise. Un
bel sorriso, come non le vedeva da tempo. Qualcosa di strano si mosse in
lui ma lo represse sul nascere. Si incamminò
lungo il corridoio che arrivava fino al suo ufficio e ancora un po’
soprappensiero si voltò verso di lei e la richiamò facendo
sì che alzasse la testa verso di lui.
Abbozzò un sorriso “Il caffé. Me lo
porti in ufficio appena ha fatto”
Entrato in ufficio si sedette dietro alla scrivania
abbandonandosi completamente sulla poltrona e guardò fuori falla
finestra. Pioggia. Non aveva mai capito perché gli piacesse tanto.
Chiuse gli occhi per ascoltare le gocce picchiettare contro la finestra e
sorrise. Si sentì incredibilmente rilassato, come se niente al mondo
potesse disturbarlo, una ninna-nanna naturale.
Socchiuse appena le palpebre e una figura scura sulla soglia
della porta lo fece riscuotere e balzare a sedere
all’improvviso. Hermione fece qualche passo all’interno della
stanza con un sorriso gentile e posò una tazza di caffè
sulla scrivania.
“Mi scusi” disse sussurrando “Ho cercato
di fare più piano che ho potuto”
Ron la guardò con la bocca semichiusa e scosse la
testa “No, stavo solo…non si preoccupi. La
pioggia ha un effetto strano su di me”
Un sorriso. “E’ rilassante e musicale. La
pioggia si è portata con sé tanti dei miei ricordi”
Ron la fissò per qualche secondo
prima di bere un sorso di caffé bollente “Davvero?”
“Sì” disse lei lentamente, con un sorriso
malinconico stringendo a sé alcuni fogli “Era un giorno di pioggia quando me ne sono andata.”
I loro sguardi si incrociarono. Blu
e marrone. Ron sorrise dentro la tazza. “Magari è
per questo che mi piace tanto la pioggia, è l’ultima
immagine che mi è rimasta di te per anni. Te chiusa in quel cappotto che
ti piace tanto, i capelli gonfi dall’umidità e la pioggia
incessante”
Hermione gli rivolse un sorriso tenero e giocherellò
con le dita sulla scrivania. Era passato tanto tempo. Dieci anni. Erano sempre
stati convinti che sarebbero rimasti gli stessi per sempre, lui il solito
idiota imbranato e lei la solita mangialibri
perfezionista. Ma adesso si trovavano così
straordinariamente cambiati.
Lei. Non lo sapeva neanche perché aveva deciso di
accettare quel lavoro a Vienna e non sapeva nemmeno perché lo avesse
lasciato adesso, solo si era svegliata una mattina e si era resa conto di non
essere più in grado di fare una vita del genere, di non potersi alzare
dal letto con il solo desiderio di sperimentare un nuovo incantesimo. Ci doveva
essere qualcosa di più per lei.
Lui. Lui invece lo sapeva bene come ci era
finito a lavorare lì, aveva accettato il lavoro perché una
filiale del grande centro di Vienna, sperando di riuscire a conservare i
contatti con una cara amica e magari riuscire a strapparle qualche viaggio in
Inghilterra per lavoro. Tutto inutile. Aveva continuato a fare la sua vita
normalmente, era andato avanti, si era impegnato sul lavoro ed era diventato il
Capo. Ed era tutto quello che potesse avere.
Ron si riscosse dal suo momentaneo flusso di pensieri e
tornò a concentrarsi sul pacco di fogli che ancora risedeva
intatto sulla scrivania e aprendo il cassetto per estrarne una piuma
cominciò a leggerli e scribacchiare qua e là. Senza alzare la
testa si rivolse ad Hermione.
“Può andare, signorina, se avrò bisogno
di lei la chiamerò”
“Bene, signore”
Hermione raccolse alcuni fogli e camminando dritto verso la
porta uscì sotto lo sguardo interessato di Ron. Sorrise. Doveva ammetterlo, aveva davvero delle belle gambe.
Delle fiamme verdi nel camino dell’ufficio lo fecero balzare
inaspettatamente sulla sedia e guardò attentamente tra la cenere
sollevatasi la figura del suo migliore amico uscire completamente ricoperto di
fuliggine tossicchiando.
“Ma non lo pulisci mai quel
coso?”
Ron alzò un sopracciglio guardando ancora verso il
camino “E da quando usila Metropolvere
per venirmi a trovare? Ti smaterializzi sempre!”
Harry si sedette davanti a lui sprofondando nella sedia e
buttò la testa all’indietro “Ho fatto gli
straordinari, robaccia burocratica e cose del genere, ero stanco morto e
non avevo proprio la concentrazione per sballottarmi da una parte
all’altra. Hai del caffè?”
Ron finì di bere un sorso dalla sua tazza e
annuì “Hermione lo ha appena fatto”
Harry abbozzò un sorrisetto “Hermione ti ha appena fatto il caffè? Ma dove sono finiti i vecchi tempi in cui era lei ad averci sotto controllo?”
“Sono finiti quando se ne andata
dieci anni fa, e questo lo sai bene anche tu, Harry” disse Ron
incrociando le dita tra loro “Te la chiamo e le dico di portarti una
tazza”
Harry fece un sorrisino e annuì aspettando che
Hermione entrasse nella stanza. Quando la porta si
aprì nessuno dei due riuscì a contenere un sorriso alla faccia
esterrefatta di Hermione, Harry si alzò in piedi e l’abbraccio
stretta sentendola emettere un gridolino di gioia.
Ron sorrise. Il Golden Trio.
Stupido attributo, ma indimenticabile.
“Harry! Non pensavo di vederti…” Hermione
lanciò un’occhiata nervosa a Ron e si rassetto tornando ad
assumere un certo tono professionale “…beh, qui”
Harry la guardò divertito e rise “Non posso crederci! Ron, l’hai già messa in riga in
questo modo? Falla rilassare!”
Ron scosse la testa ma non disse
niente, portò un’altra firma sul foglio che teneva in mano e si
rivolse gentilmente ad Hermione “Potrebbe portare una tazza di
caffé al signor Potter, se non le
dispiace?”
“Torno in un attimo” uscendo a passo svelto
dall’ufficio. Harry abbozzò un sorrisetto
guardandola andare via e si voltò verso Ron che era rimasto come
incantato verso la porta. Scosse la testa curvando le labbra in un sorriso.
“Che dici, glielo posso
chiedere dove se l’è comprata una minigonna tanto
attillata?”
Ron gli rivolse un’occhiataccia “Non ti permetto di mettere in imbarazzo i miei dipendenti, nemmeno
se sono amici di vecchia data!”
“Datti una calmata, stavo
solo scherzando!”
Silenzio. Ultimamente i silenzi stavano
diventando un po’ troppo frequenti tra loro. Harry guardò
di nuovo verso di lui cercando quasi di leggergli attraverso
mentre l’altro si era rimesso con la schiena curva sulle sue solite
carte sfuggendo al suo sguardo indagatore.
Per un momento Harry ebbe uno strano presentimento guardando
l’amico starsene così taciturno. “Non starai
pensando…”
“Non sto pensando proprio niente, Harry”
“Bene” disse Harry come per sottolineare
la cosa “Perché anche se tu volessi…”
Ron alzò finalmente lo sguardo su di lui, sembrava
piuttosto scocciato e sfuggente “Harry, non sto
pensando niente. Chiaro?”
“Cristallino”
Nello stesso momento Hermione rientrò nella stanza
con un’enorme tazza di caffè che porse ad Harry. Harry la guardò illuminandosi e
cominciò a trangugiare la bevanda bollente come se fosse ambrosia
lasciando Hermione piuttosto perplessa.
“Har- signor Potter, è sicuro di sentirsi bene?”
Harry la guardò un po’ senza capire e
fissò la tazza con occhi vacui “Oh! Per il caffè
intendi? Ne sono diventato schiavo da anni ormai, con tutti gli straordinari
che faccio non riesco a vivere senza. Ma parlami di
te, com’è che sei tornata?”
Ron li canzonò senza staccare lo sguardo dal foglio
“Non nel mio ufficio”
“Come?”
Hermione sorrise caldamente a Harry e gli posò una
mano sulla spalla “Ne riparliamo, adesso sto
lavorando. Perché non vieni a cena da me
stasera? Sono sicura che a Ginny non dispiacerà se…”
Si accorse di aver detto qualcosa di sbagliato
quando Ron alzò di scatto la testa con gli occhi sgranati e Harry
si incupì all’improvviso. Uno sguardo confuso e
una bocca che si apre ad intermittenza. Quando trovò la voce per parlare guardò Harry dritto negli occhi e non li vide
più brillare come un tempo.
“Voi non…”
“No” tagliò corto Harry ammutolendosi
subito dopo.
“Scusami, io… avevo sentito che fosse
sposata”
Harry non alzò lo sguardo su di lei
ma tornò a sedersi sorseggiando il suo caffè
“Lo è. Ma non con me. Ha anche due
bambini, Libby e Damian”
Hermione rimase a guardarlo per un’infinità di
tempo senza dire niente, poi sorrise e scosse la testa e una mano come per
scacciare una mosca “Va bene, non è il
caso di rattristarsi. Ci sei comunque tu, no? Ci
facciamo una cenetta tra amici e chiacchieriamo un po’ di quello che mi
sono persa”
Harry sorrise debolmente “Suona bene detto
così”
“Vieni anche tu-lei, signor Weasley?”
Ron alzò lo sguardo su di lei sorpreso e scosse la
testa “Oh, no, no grazie. Ho alcune faccende da sbrigare e ci
starò su fino a tardi. Magari un’altra volta”
La vide annuire con la coda dell’occhio e quasi gli dispiacque di averle dato un no come risposta Nonpoteva proprio. Magari un’altra
volta. Questo lo aveva già detto. Un’altra volta sarebbe stato
magnifico.
Hermione salutò Harry con la mano e lasciò la
stanza sotto lo sguardo dei due uomini. Harry bevve un sorso dalla sua tazza
tranquillamente rilassato sulla sedia mentre Ron lo
guardava con la coda dell’occhio ansiosamente. Si schiarì la gola
casualmente.
“Così vai a casa di Hermione, eh?”
Harry si voltò a guardarlo sorpreso e annuì
“Beh, sì. Mi sembra carino stare insieme dopo tutto questo tempo.
Ci sono tante cose da raccontare, non so neanche da
dove cominciare esattamente”
Ron parve distratto e Harry sorrise notando che continuava a
tenerlo d’occhio nonostante cercasse di fare l’indifferente
“Certo, mi sembra ovvio”
“Ron, non ho niente in mente. Non sono come te”
Ron alzò la testa di scatto punto sul vivo “Io
non ho un bel niente in mente, mi hai sentito bene?” Harry scoppiò
a ridere e Ron sbraitò “Aaah, fa come ti pare, basta che adesso te ne vai via, brutto
scocciatore che non sei altro!”
“Allora, buona giornata Ron” disse l’altro
sorridendo beffardo.
Uno sguardo. “Vaffanculo Harry”
*
Erano passate almeno due settimane da
quando Hermione era tornata e tutto sembrava procedere secondo la norma.
Ogni mattina in ufficio alle otto e dieci, un caffè bollente, pratiche da sbrigare, giro di
ricognizione, altre pratiche e infine di nuovo a casa. Niente che
uscisse dall’ordinario.
Hermione e Ron avevano stabilito una perfetta intesa
professionale, lasciandosi scappare ogni tanto qualche approccio più
formale, e lavoravano in sintonia perfetta. Nessuno in ufficio li avrebbe mai
detti amici d’infanzia.
Per quel poco di tempo che gli rimaneva
Ron pensava anche a Susan. Certo, gli mancava molto, la
faccetta allegra e rugosa che lo sgridava come un bambino, i suoi atteggiamenti
materni e duri, il suo tono autoritario. Susan era una segretaria
efficiente. Ma Hermione lo era ancora di più.
Ron si era sbalordito di come Hermione
fosse riuscita in poco tempo a cogliere tutte le sue abitudini e non
sgarrare di un passo, sempre puntuale e precisa. Il lavoro perfetto. Completo.
Efficiente.
Quella mattina, come tutte le mattine,
arrivò in ufficio alle otto e dieci pronto per la sua tazza di caffè e una full immersion tra le pratiche che
accatastavano la sua scrivania. Pioveva. Pioveva e lui non riusciva a smettere
di sorridere. Aveva incrociato Phil, l’addetto
agli sperimenti in Trasfigurazione, e quando quello gli aveva chiesto
perché fosse così di buon umore Ron aveva semplicemente alzato le
spalle e indicato la finestra.
“Piove”
Doveva ammetterlo, Phil
l’aveva guardato un po’ strano ma a lui
non importava. Pioveva, chissenefregava del resto!
Si chiuse nel suo ufficio rilassandosi completamente contro
la sedia e tornando ad ascoltare la pioggia picchiettare sui vetri come una
melodia. Tutto nell’ordinario. Ma quella mattina
gli sembrò di essere tornato un ragazzino, lo stesso ragazzino che si
emozionava per una partita di Quidditch e per qualche
nuovo trucchetto di Fred e George.
Era felice. Si sentiva bene. Pioveva.
Dandosi mentalmente dell’idiota tornò a
lavorare sulle solite carte, che a dire la
verità sembravano essere sempre le stesse e magari le rifirmava ogni giorno senza accorgersene. Dopo qualche
minuto fece capolino dalla porta Hermione.
“Posso, signore?”
“Certo” Ron le fece cenno di venire avanti e la
guardò camminare dritto davanti a sé con quei tacchi ai piedi,
completamente non da vecchia Hermione. Ron l’ascoltò
mentre parlava fluidamente di qualcosa che sicuramente riguardava il
lavoro non potendo fare a meno di passare gli occhi su tutto il suo corpo prima
di portare di nuovo la sua attenzione sul suo viso.
“…e poi sono andata da
Anna e ho chiesto se aveva altro lavoro da fare, mi ha dato altri fogli da
compilare e sono già tra questi qua, ma ancora non ho finito quelli di Martin perché stava ultimando un ultimo esperimento
e ho aspettato che terminasse, quindi qui c’è il lavoro di tutto
il Dipartimento tranne quello della sezione su le Arti Oscure”
Ron prese il pacco di fogli tra le mani
cominciando a sfogliarlo e a rileggerlo velocemente “Benissimo”
“C’è altro che posso fare per lei,
signore?”
Ron non alzò gli occhi dal lavoro
ma disse col tono più serio che potesse adottare “Indossare
una gonna più lunga”
La sentì rimanere in silenzio a
lungo prima di parlare con un tono incredulo “M-mi
scusi?”
Ron alzò finalmente lo sguardo su di lei ed
annuì “Indossare una gonna più lunga. Mi sta distraendo
tutti i dipendenti, se non ci fosse lei a fare il lavoro di tutti saremmo in rovina”
Hermione rimase spiazzata ma non disse
niente, esitò un po’ ma gli girò le spalle e si
incamminò verso la porta. La voce di Ron la richiamò
quando aveva appena appoggiato la mano sulla maniglia e si voltò
di nuovo.
Ron abbozzò un sorriso “Agganci anche un
bottone in più a quella camicia”
La vide uscire un po’ insicura e chiudersi la porta
alle spalle. Ritornò a leggere i fascicoli che teneva tra le mani con un
sorrisetto sulle labbra scotendo la testa. Neanche un
minuto dopo Hermione rientrò nella stanza
chiudendo la porta con la schiena e camminò a grandi falcate verso la
scrivania di Ron dove lui la guardava sbigottito.
“Lei mi sta guardando!”
Ron spalancò gli occhi stupidito
“Prego?”
Hermione aveva un’aria piuttosto frustrata e smaniosa,
si passò più volte le mani tra i capelli parlando “Lei mi sta guardando! Per questo si è accorto che la mia
gonna è troppo corta per i suoi standard e la mia camicia troppo aperta!
Non avrebbe potuto notarlo se non mi avesse guardato! Lei mi sta
guardando!”
Ron inarcò un sopracciglio e incrociò le mani
tra loro appoggiandovisi con il mento, i suoi occhi fissi su di lei “Io sono un uomo e lei è una donna affascinante, non
è più una ragazzina e con questo deve farci i conti. Se riesce a
distrarre il suo Capo può solo immaginare
l’effetto che ha sui suoi colleghi”
“Lei…” ripartì
rabbiosamente, calmandosi subito dopo con uno sguardo sconcertato
“…io…io sono una donna affascinante?”
Una risata. La sua risata. Ron scosse la testa senza
smettere di sorridere e le fece un cenno col capo “Chiuda la porta”
Hermione lo guardò dapprima con gli occhi sgranati ma poi decise di fare come le era stato detto e tirata
fuori la bacchetta sigillò la porta. Ron si alzò dalla sua
postazione e lentamente le girò intorno senza lasciare il suo sorriso,
la vide chiaramente arrossire e innervosirsi ma non ci diede peso.
“Dimmi perché non pensi di essere una donna che
merita delle attenzioni”
I suoi occhi castani si spalancarono dalla sorpresa e
l’istinto di tirarsi la gonna un po’ più giù sulle
gambe scoperte le venne irrefrenabile. Si lisciò la camicia schiarendosi
la gola e tornò a incrociare lo sguardo con gli
occhi chiari e limpidi di Ron. Barcollò.
“Io…non lo so. Nessuno mi aveva mai
detto…non lo pensavo e basta”
Ron sorrise maliziosamente guardandola di nuovo.
“Nessuno ti ha mai detto di essere una bella donna? Ma
dove sei stata?”
“Siamo passati a darci del tu?” chiese lei senza
smettere di guardarlo in faccia. Ron roteò gli occhi con quel sorrisino
strano che gli curvava le labbra piene e rispose quasi divertito dalla situazione.
“Sì, siamo passati a darci del tu”
Hermione inarcò un sopracciglio “Ron,
stai…stai per caso flirtando con me?”
Un ghigno. Un’alzata di spalle. “Può
darsi di sì…come può darsi di no. Tu cosa credi che stia facendo?”
Si trovò di nuovo spiazzata
ma uno strano sentimento si fece largo in lei. Non seppe dire se fosse paura o
semplice eccitazione. Arretrò di un passo. “Credo che tu stia
facendo del terrorismo psicologico, e questo non è corretto”
Ron non riusciva più a fermarsi. Provocarla era troppo
stimolante per lui. L’aveva sempre fatto fin da quando aveva undici anni. Ma ora, ora
sì che aveva assunto un gusto particolare. Il gusto del proibito.
Fece due passi verso di lei costringendola ad alzare la
testa per guardarlo negli occhi. Le loro labbra si schiusero automaticamente
sentendo il calore dei loro respiri così vicini, si sentivano ribollire
il sangue come se la vicinanza dei loro corpi avesse scatenato una violenta
reazione chimica. La vide mordersi il labbro e si avvicinò ancora di
più a lei, al suo viso. Alle sue labbra.
Il gusto del proibito. Si poteva assaggiare davvero il gusto
del proibito? Proibito. C’è sempre una ragione valida per
chiamarlo così, perché ci è
assolutamente vietato. E nel suo caso ce n’erano
almeno una decina di motivi.
Come si era avvicinato così si tirò
indietro continuando a guardarla e sussurrò “Credo che sia meglio
che torni al suo lavoro, c’è ancora molto da sbrigare”
Hermione fece un passo indietro guardandolo negli occhi come
a volerci leggere dentro, completamente smarrita e irritata per non aver saputo
mantenere il controllo ed essersi lasciata andare all’istinto
arretrò fino ad arrivare alla porta. Uscì in
tutta fretta, i suoi tacchi risuonarono per l’ufficio.
Ron la guardò uscire e sospirò tra sé
scotendo la testa.
“Ron, sei veramente un’idiota
vecchio mio!”
**
Çç lo so che lascio poche cosine da dire ma sono troppissimoimpegnatissima in questo periodo. Volevo solo dirvi che stavolta…niente spoilerini
XD, ve la faccio godere tutta in tutti i suoi pro e contro fino a che non vi
ucciderete dalla curiosità! *cucising
boccuccia* tanto ormai capite tutto da soli!!
Nana92, robby(ah stavolta non ti suggerisco niente! E’ un segreto!), Hermron, Saty( è un sollievo, di solito adulti non
piacciono mai),Karmygranger(ooc, suvvia, son passati dieci
anni, si cambia XD), Angelikfire( non ci credo! XD giuro puramente casuale, quel telefilm lo guarda mia mamma e io non ne so nulla), funnynurse, nischino11 (zia non dice
nulla…zia vi fa soffrire stavolta),
Johnny, Edvige86 (amora
ma quante volte posti XDDD?!), amy(eh, vi piacerebbe che bastasse un episodio per
raccontare tutto XD), killer, Hiromi, london04, lasagne80, fiamma90, greweasley90 (*cucising bocca* ^^)
Da quando si era alzato quella mattina aveva deciso che non poteva
andare a lavoro
HI MUM, THIS IS MY BOSS
4.
The taste of the forbidden
Can't focus I can't stop
You got me spinning round, round, round, round (like a record)
Can't focus it's too hot (inside)
You'll never get to Heaven, if your scared of getting high
Kylie Minogue- Red Blooded woman
Da quando si era alzato quella mattina aveva deciso che non
poteva andare a lavoro. Non se la sentiva semplicemente. Non per una ragione
particolare a dire il vero, non per il troppo lavoro, non per la presenza di
Hermione, non per le visite di Harry. Non ne aveva voglia. Aveva però
una gran voglia di parlare.
E quando aveva voglia di parlare c’era solo una cosa
che poteva fare.
Avvertì in ufficio dicendo che sarebbe passato tardi
in serata a raccogliere tutto il lavoro. Era malato. Aveva la febbre. Che
stupida scusa.
Senza indugiare oltre prese il cappotto appeso all’attaccapanni
di casa e uscì nelle strade della città respirando l’odore
di pioggia che aleggiava nell’aria. Quella sera sarebbe piovuto, ormai
aveva imparato. Camminò come sempre tra la folla nevrotica, scansando le
persone e avvolto tra i suoi pensieri.
Come un automa arrivò a destinazione. Una casa color
del cielo. La casa di Ginny.
Si avvicinò alla porta un po’ incerto e
esitò prima di bussare. Un colpo, secco, deciso. Una donna dai lunghi
capelli ramati gli venne ad aprire rivolgendogli un sorriso gentile. Senza dire
una parola lo fece entrare chiudendo la porta dietro alle sue spalle.
Ron conosceva la strada. Era una specie di protocollo,
ormai. Si sedette sul divano
aspettando di essere raggiunto dalla sorella che sedette su una poltrona
davanti a lui aspettando che fosse il primo a parlare. Uno sguardo. Ron non
seppe da dove cominciare. Non sapeva mai da dove cominciare, onestamente, ma
questa volta non sapeva neanche dove stava il problema.
Ginny gli venne incontro vedendolo così smarrito
“Comincia pure da dove ti pare Ron, sono qui e ti ascolto”
Ron alzò brevemente lo sguardo su di lei e si
umettò un labbro tornando a concentrarsi su quale potesse essere
effettivamente il problema. Perché diciamocelo, non ne aveva. O non ne
aveva o non li vedeva. Una delle due.
“Ecco, io non so neanche perché sono venuto qui
stamattina. Mi sono semplicemente alzato e non mi sentivo di andare a
lavoro”
Ginny sorrise carinamente “E’
comprensibile”
“Lo è?” chiese lui sorpreso sentendosi
del tutto un’idiota per non essere andato a lavoro soltanto per un
presentimento.
“Lo è. Capita a tutti di alzarsi e avere la
sensazione di dover rimanere a casa, siamo solo troppo confusi per poterci
concentrare su qualcosa e ci serve del tempo per riflettere.”
Ron guardò curiosamente la sorella, il suo sguardo
sembrava così stanco ma allo stesso tempo pieno di comprensione
“Io non mi sento confuso” disse lui sinceramente.
Ginny lo guardò dritto negli occhi “Qual
è veramente il tuo problema, Ron?” non rispose rimuginandoci su
“Ti senti confuso adesso?”
“Sì”
Ecco, si disse. Ecco il motivo per cui andava sempre da sua
sorella quando le cose non andavano. Ginny avrebbe dovuto fare la psicologa.
Lei e solo lei poteva trovare in un istante cosa c’era che non andasse in
lui, solo lei poteva trovare la soluzione con un battito di ciglia. La
soluzione ad un enorme enigma chiamato Ron.
Ron si passò una mano sulla barba incolta “Sto
pensando molto ultimamente”
Ginny non parve sorpresa, se ne rimase ferma col suo sorriso
calmo “Sì?”
“Sì” rispose lui lentamente rielaborando
i suoi pensieri “Penso, penso che la vita che facciamo ultimamente sia
diventata noiosa. Penso di aver bruciato tutto ciò che un tempo riusciva
a stimolarmi”
“Ma adesso Hermione è tornata, non è
vero?”
Ron alzò lo sguardo su di lei sbalordito e si chiese
come poteva rimanere così tranquilla dopo un’affermazione del
genere, come poteva starsene lì come un oracolo senza emozioni. Ginny
guardò fuori dalla finestra.
“Da quando è tornata i tuoi pensieri si sono
moltiplicati, non è così Ron?”
Lui scrollò le spalle “Penso sia normale.
Facciamo una vita monotona, ogni giorno la stessa identica cosa, gli stessi
orari, gli stessi posti. E’ normale che quando qualcosa cambia ti tocca
particolarmente”
“Giusta osservazione”
Ron la guardò inespressivo “Come sei diventata
così saggia?”
Ginny lasciò la finestra per guardare di nuovo il
fratello. Sorrise malinconicamente rannicchiandosi sulla poltrona. “In
questi anni ho avuto molto tempo per pensare”
E per pensare abbiamo bisogno di stare da soli. Pensare vuol
dire trovarsi un momento di solitudine. E Ron sapeva che i momenti di
solitudine di Ginny se li era ricreati da sola sfuggendo alla presenza del
marito.
C’era una cosa che aveva sempre voluto sapere da lei.
Una cosa che davvero non riusciva a spiegarsi, che per quanto razionale potesse
essere non aveva una risposta altrettanto logica. La fissò negli occhi.
“Perché hai sposato Mark?”
La vide stringersi nelle spalle con un sorriso sconfitto.
Gli sembrò quasi che da quando era entrato la sua espressione non fosse
cambiata di un attimo. C’erano i suoi occhi. I suoi occhi comunicavano
tutto quello che ci sarebbe stato da sapere.
“Perché lo amavo” rispose lei
semplicemente.
Ron parve rifletterci un attimo “E adesso? Adesso non
lo ami più?”
Ginny rise leggero come quando i bambini ti fanno sorridere con
le loro domande ingenue. Si umettò un labbro lisciandosi la gonna
“Non è che non lo amo più, Ron, è che lo amo di
meno. Semplicemente si cambia con il tempo e ci si rende conto degli errori
commessi quando è ormai troppo tardi. Io amo mio marito ma non
più come prima, è più affetto che altro”
“Ma non sei felice, giusto? Perché non lo lasci
e basta, Ginny? Puoi avere una vita davvero felice, sei ancora giovane e hai
tante opportunità davanti a te”
Un sospiro. “Sono sposata e in quanto tale ho dei
doveri nei confronti di mio marito, prima su tutto ho giurato di rispettarlo.
Lasciarlo per avere una vita migliore è una mancanza di rispetto. E sono
una mamma, Ron, sono una mamma di due splendidi bambini che hanno tutto il
bisogno di una famiglia”
Ron non rispose. Si limitò a vagare con la mente
rielaborando tutte le nozioni appena espresse cercando di arrivare ad una
conclusione. Si passò una mano tra i capelli. Si sentiva così
fragile e suscettibile in quel momento, ne ebbe paura.
“Tu lo sai qual è il mio problema,
Ginny?”
Gli sorrise dolcemente. “Sì”
Ron le prestò la sua completa attenzione curioso di
essere analizzato da lei come sempre “Qual è?”
Ginny scosse la testa “Non posso essere io a dirtelo
stavolta, rischierei di mettere più confusione di quanta già non
ce ne sia. Lo capirai con il tempo”
Ron si alzò dal divano e camminò a passo lento
verso di lei. Si abbassò sulle ginocchia e posò la sua grande
mano su quella piccola e graziosa di Ginny senza smettere di guardarla negli
occhi. La sua voce uscì come un sussurro.
“Ti voglio bene, lo sai questo, vero?”
Ginny riportò lo sguardo sulla finestra annuendo, i
suoi occhi castani si stavano riempiendo di lacrime. Ma non singhiozzò.
Non piangeva mai lei. Lacrimava e basta.
Lo scatto della porta d’ingresso li riscosse entrambi
e poco dopo l’alta figura di Mark fece la sua apparizione sulla soglia
del soggiorno. Guardò Ron sorpreso di trovarlo lì ma gli rivolse
un sorriso rilassato. In qualche passo li raggiunse e posò un bacio
sulla fronte di Ginny che stiracchiò un sorriso umido.
“Non pensavo di trovarti a casa” disse onestamente
lui. Ron non se ne stupì neanche tanto, in cuor suo sapeva che se non
fosse stato per lui Ginny si sarebbe dileguata da casa prima che tornasse il
marito. Ormai era abitudine.
Ginny gli accarezzò una mano che teneva lungo il
fianco “Non avevo molto da fare oggi e Ron è venuto a
trovarmi.”
“Certo” disse Mark ricambiando la stretta,
sorrise a Ron “Come va, Ronald? Tutto bene?”
Ron si alzò in piedi e gli strinse la mano per salutarlo.
Erano sempre rimasti molto informali tra loro. In un certo senso Ron si era
sempre sentito come traditore nei confronti di Harry nel prendersi confidenza
con Mark.
“Si va avanti, come al solito. Niente di
particolarmente eccitante o sconvolgente”
Mark annuì scambiando qualche altra parola di
circostanza “Mi hanno detto che in ufficio va tutto a meraviglia. State
progettando altre formule?”
“Ultimamente siamo più concentrati sugli
effetti di alcuni incantesimi in collaudo. Abbiamo avuto un paio di imprevisti,
piccoli incidenti, ma niente di cui preoccuparsi. Alla fine niente di
nuovo”
Ginny si intromise rivolgendo un sorriso al marito
“Hermione lavora per Ron adesso. Ti ricordi di lei, vero? Te ne ho
parlato a lungo”
“Sì. Sì, mi ricordo, è la tua
amica del liceo. Credevo si fosse trasferita definitivamente a Vienna, non era
impegnata in un prestigioso lavoro?”
Ron fece una smorfia insofferente verso la sorella “Lo
era, si è licenziata più di un mese fa. Ad ogni modo è
meglio che vada, non vorrei disturbare ulteriormente visto che per una volta
siete entrambi a casa. La vita frenetica che abbiamo non ci lascia neanche
cinque minuti per stare insieme, eh”
Mark sorrise annuendo fortemente “E’ proprio
così, pensa che io e Ginny non riusciamo mai a stare insieme! E’
da un sacco di tempo che non passiamo una giornata noi e i bambini, sembra
quasi di non essere più una famiglia”
Ginny sventolò una mano come per scacciare una mosca
“Ma che stai dicendo, amore, certo che siamo ancora una famiglia. Anzi perché
non vai di sopra a rilassarti, ti raggiungo appena ho finito di parlare con
Ron”
L’uomo le diede un veloce bacio sulla fronte e
sospirando pesantemente si trascinò su per le scale salutando Ron con la
mano. Non appena scomparve dalla loro vista Ginny si voltò annoiata
verso il fratello “Era proprio necessario?”
Un sorriso beffardo. “Era proprio necessario parlare
di Hermione? Andiamo, dì la verità, ti sei divertita a tirarla
fuori per vedere la mia reazione. Ti ho reso pan per focaccia, mia cara”
Ginny scosse la testa divertita “Pensa bene al tuo
problema, Ron. Pensaci”
Ron si diresse verso la porta d’ingresso seguito da
lei. Una mano sulla maniglia. Uno sguardo verso di lei. Un’espressione
seria, quasi grave.
“Anche tu Ginny, pensaci anche tu”
*
Aveva passato tutto il pomeriggio a giro per il centro. Non
aveva voglia di starsene rinchiuso a casa, né tanto meno di spendere del
tempo in qualche ufficio o peggio da sua madre. Povera donna, sua madre, buona
come il pane ma veramente logorroica.
Aveva mangiato un Hot Dog da un baracchino forse abusivo.
Gli piacevano gli Hot Dog. Si domandò perché non ne mangiava mai
se alla fine gli piacevano così tanto. Ne aveva mangiato un altro.
Il cielo era ancora nuvoloso ma non una goccia era ancora
caduta. Avrebbe piovuto. Lui lo sapeva. L’aveva annusato nell’aria
quella mattina. L’aria era fresca e frizzante quando stava per piovere,
aveva un odore particolare, forte e deciso, che spesso percepiamo solo nei
boschi per la terra bagnata e i tronchi che hanno assorbito la pioggia. Lui ci
sperava nella pioggia, camminare nella pioggia era fantastico.
Camminando tutto il pomeriggio per il centro si
ritrovò verso le sette e venti a dare un’occhiata verso Ben. Il
lavoro. Con uno sbuffo annoiato si ricordò di dover passare in ufficio a
ritirare il lavoro di un’intera giornata. In fondo era vicino, cinque
minuti massimo dieci.
Arrivò lentamente davanti al Ministero e come sempre
entrò velocemente. Ascensore, secondo piano, quarta porta a sinistra.
Come aveva previsto le luci erano già tutte spente, i dipendenti
già a casa. Come si poteva biasimarli, era venerdì.
A passo calmo si avviò verso l’ufficio con il
cappotto su un braccio e aprì la porta rimanendo in un primo momento
sorpreso di scorgere una figura dietro alla sua scrivania china su dei fogli.
“Miss Granger!”
La donna balzò su spaventata urtando la piccola
lampada a olio che cadde a terra spengendosi e lasciandoli tra l’ombra.
Rimasero un attimo in silenzio a fissarsi senza sapere bene cosa dire, entrambi
sorpresi della presenza dell’altro. Hermione si alzò dalla sedia
di scatto e lasciò la scrivania torturandosi le mani in grembo. Ron la
fissò stupito senza riuscire a muovere un muscolo.
“Signor Weasley, pensavo che sarebbe passato
più tardi”
Ron aggrottò la fronte “Che ci fa in ufficio a
quest’ora? Sono già andati via tutti”
Hermione si morse il labbro appoggiandosi alla scrivania e
arrossì leggermente “I-io… pensavo che stesse male e quindi
stavo… la stavo avvantaggiando sul lavoro”
Due passi. Una porta chiusa. Ron si avvicinò a lei a
bocca aperta “Credevo di averle detto che non fosse di sua competenza.
Io… la ringrazio, ma non era necessario che si fermasse oltre
l’orario di lavoro per fare dei compiti che spettano a me”
Hermione si piegò per prendere i fogli scritti che
giacevano dalla parte opposta del tavolo “Sì, lo so ma non avevo
niente in programma stasera e comunque non mi pesa. Ecco, ho compilato
ques…”
Lasciò cadere lì la frase. Voltandosi si era
ritrovata Ron davanti a una distanza minima, le sue gambe erano completamente
pressate contro la scrivania e le difese al minimo. Hermione rilasciò
tutta quell’inutile carta sulla scrivania, sentendo il respiro caldo di
Ron sulle sue labbra. Respirò profondamente.
Ron non seppe dire cosa gli fosse preso. Aveva lasciato il
giaccone su una sedia e si era avvicinato a lei. Pericolosamente e senza
pensare. Lasciò cadere lo sguardo sulle sue labbra che lei morse senza
accorgersene. Non resistette più, tra la penombra della stanza la sagoma
di Hermione era troppo eccitante per essere ignorata. Si chinò su di lei
a baciarla. Intensamente, caldamente, passionalmente.
Allora ce lo aveva veramente un sapore il gusto del
proibito.
Ron non si fece nessuno scrupolo quando la sentì
ricambiare con fervore forse anche maggiore del suo e afferratala per le cosce
la sollevò fino a farla sedere sulla scrivania. Trovando la gonna
veramente attillata di Hermione come un impedimento, la fece scorrere su per le
sue gambe snelle fino a che non riuscì a posizionarsi tra esse.
Un gemito sommesso si levò dalle labbra di Hermione e
la camicia di Ron scivolò sul pavimento. Le sue spalle. Le sue spalle
così ampie e scolpite. Il suo petto così forte e seducente.
Hermione lambì con le labbra le sue ampie spalle passando le mani sul
petto sentendo i muscoli contrarsi al suo tocco, mentre Ron le strappava
letteralmente la camicetta e la giacca di dosso.
Sospiro. Gemito. Sospiro.
Ron affondò una mano tra i suoi capelli scendendo a
baciarle il collo facendole reclinare la testa indietro, famelicamente e
vogliosamente. Lei si aggrappò alle sue spalle affondandovi le unghie e
sospirò rumorosamente.
“…Ron…”
Ron spinse il bacino verso quello di Hermione in un
movimento involontario e la sentì fremere, il suo respiro affannato.
Sganciò velocemente la cintura continuando a baciarla e lasciò
che i pantaloni gli arrivassero alle caviglie, con una mano liberò la
scrivania e vi adagiò Hermione.
“Da quant’è che non…”
Hermione respirò affannosamente, il suo petto si
alzava e si riabbassava a una velocità folle “Qualche
mese…tanti mesi…troppo tempo…”
Ron annuì piegandosi completamente su di lei. Era
così strano stare lì a quel modo, baciandosi famelicamente e
febbrilmente. Spogliandosi. Amandosi. Unendosi.
Si mosse in lei dapprima lentamente fino ad aumentare il
ritmo progressivamente, sentendola gemere sotto di sé sempre più
forte, le sue unghie conficcate nella pelle della schiena. Hermione. Hermione
era tornata. Hermione era tornata e lui la stava facendo sua.
Con un gemito più acuto da parte di entrambi si
lasciò andare su di lei. La pelle sudata si appiccicava insieme, come se
fossero destinati a rimanere incollati per sempre. I respiri affannosi erano
l’unica cosa che si sentiva in tutta la stanza. Quasi l’unica.
“La sentì anche tu?”
Hermione si voltò verso Ron con la fonte aggrottata e
il respiro ancora irregolare “Che cosa?”
Ron appoggiò la fronte contro la sua.
“Piove”
**
Ragazzi, mi dispiace
un casino ma mi tocca postare anche stavolta senza i ringraziamenti
perché il pc mentre ero a metà ha deciso di chiudermi il file e
non farmelo più riaprire…valli a capire i computer!!
Constatando che
più o meno volete tutti sapere la solita cosa XD vi dico solo che
c’è ancora da aspettare un capitoletto e poi tutto l’alone
misterioso che avvolge Ron sarà svelato! Promessissimo!!!
Mi piange il cuore
çç mi ero pure impegnata nei ringraziamenti
stavolta…uffa!!!
Grazie a Karmygranger, funnynurse, robby, fiamma90, Edvige86, Amy,
Mione90, PazzaWendy, lasagne80, Saty, greweasley90, hermron, Nana92,
Nischino11, Nunki, GiulyWeasley eJoannadellepraterie
Quella mattina Ron sedeva sul letto con il volto tra le mani sapendo di
aver fatto qualcosa di tremendamente sbagliato
HI MUM, THIS IS MY BOSS
5. Mistakes and discovers
Girl, I know I cheated on you before
I can't say I won't do it again What would I do without you
Cheat-
Marques Houston
Quella mattina Ron sedeva sul letto con il volto tra le mani
sapendo di aver fatto qualcosa di tremendamente sbagliato. Poteva solo
ringraziare che fosse sabato. Il sabato
l’ufficio era chiuso. Perché rientrare in quell’ufficio avrebbe comportato ricordare di aver
fatto qualcosa di veramente, esageratamente sbagliato. Per tre volte.
Si chiese per un momento dove diavolo fosse
finito il suo cervello solo qualche ora prima, quando si era fatto Hermione
sulla sua scrivania. Per tre volte. Cosa diavolo
c’era che non funzionava in lui? Era stupido o cosa?
Sospirò pensando a Ginny. Adesso
sì che l’aveva trovato un problema a cui pensare.
L’aveva creato lui. Stupido.
Alzò lo sguardo blu scrutando al di
là del vetro che dava sulla città. C’era il sole.
Non si prospettava mai niente di buono quando
c’era il sole e questo non faceva che buttarlo ancora più
giù del dovuto. Si stese di nuovo sul letto. Quella era una classica
mattinata in cui si doveva rimanere a letto, sfuggendo
a tutte le catastrofi che implicherebbe alzarsi e stare a contatto col mondo.
Si sentiva male. Moralmente e fisicamente.
Non era da lui comportarsi in quel modo, d’accordo a scuola era un genio
per trasgredire alle regole e infrangere qualsiasi norma ma adesso non si
trattava di sgattaiolare per i corridoi di notte per arrivare alle cucine.
Adesso era un uomo.
Che razza d’uomo.
Doveva assolutamente parlare con qualcuno. In quel periodo
non faceva altro. Ma non poteva andare da Ginny
stavolta, non poteva raccontarle quello che aveva fatto, non a lei. Gli serviva
Harry. Gli serviva il suo amico Harry, che doveva ascoltarlo e farlo ragionare.
Avrebbe dormito altri dieci minuti e poi sarebbe andato da
Harry.
*
Ron camminò a passo svelto lungo le vie di Londra.
Altro che dieci minuti, aveva dormito due ore ed era quasi ora di pranzo. Poco
male, si stava auto-invitando a casa di Harry che sicuramente si stava
preparando a ordinare cibo cinese.
Svoltate un paio di strade si
trovò davanti alla familiare palazzina. Kessy,
la portinaia, stava dando lo straccio lungo l’ingresso
ma non mancò di salutarlo facendogli cenno di passare. La
ringraziò cordialmente e salì di tutta fretta le scale arrivando
in pochissimo tempo al terzo piano.
H.Potter.
Bussò.
L’amico venne ad aprire la porta solo dopo qualche
secondo rivolgendogli un sorriso sorpreso ma contento,
non gli diede nemmeno il tempo di parlare che si scaraventò dentro
l’appartamento gettando il cappotto sul divano. Harry lo guardò
interrogativo.
“Dobbiamo parlare” disse agitato passandosi una
mano tra i capelli.
Harry alzò un sopracciglio “D’accordo.
Stavo giusto per chiamarti e invitarti a pranzo a dire il vero…”
“Sì, bene” disse
sbrigativo l’altro “Harry, stavolta ho combinato veramente
un casino. Di quelli grossi però, non quelli stupidi e insignificanti,
questo è davvero enorme”
Harry lo guardò interessato e si sedette sul
bracciolo del divano facendogli cenno di andare avanti “Comincia a
raccontare Ron, quando fai così mi spaventi”
Ron si passò di nuovo una mano tra i capelli al
limite della frustrazione “Ieri non sono andato a lavoro, non chiedermi
perché ma avevo questa bruttissima sensazione e me ne sono
rimasto a letto. Non è la prima volta che lo faccio, ormai mi
conosci. Solo che era venerdì e non potevo lasciare il lavoro in
ufficio, dovevo finire delle pratiche per il weekend.
Ho chiamato in ufficio dicendo di lasciare il lavoro come al
solito sulla mia scrivania. Allora sono passato al Ministero e quando ho aperto
la porta del mio studio chi ci ho trovato
dentro?”
Harry cominciò ad avvertire un brutto presentimento
“Chi ci hai trovato dentro?”
“Hermione! Hermione era lì e stava facendo il
mio lavoro! Te ne rendi conto, stava lavorando oltre
il suo orario in un ufficio completamente deserto!”
“E questo sarebbe il
problema?” chiese Harry stralunato.
Ron lo guardò male “Mi prendi
in giro? Certo che no! Il problema è che io… lei stava lì davanti
a me, l’hai vista che genere di vestiti porta adesso, e io non…
insomma, Harry mi sono fatto Hermione nel mio ufficio!”
Harry sbiancò per un attimo cercando con tutte le sue
forze di rimanere neutrale, fece una strana espressione che Ron non seppe
interpretare “Ah. Beh, non ci vedo poi questo gran problema”
“Non ci vedi questo gran problema?!
Harry, ti ho appena detto che mi sono scopato Hermione
sulla mia scrivania e tutto quello che mi sai dire è che non ci vedi
questo gran problema?! Come diavolo pensi che possa dirle
che sono sposato!”
Un rumore di piatti infranti lo fece sobbalzare paurosamente
e si voltò di scatto trovando Hermione a pochi metri da lui con
un’espressione sconvolta e le mani tremanti, il pavimento cosparso di
cocci. Ron allargò gli occhi a dismisura e si voltò terrorizzato
verso Harry che sospirò sconsolato.
“Beh, così”
“Perché non mi hai detto
che era qui?”
La voce di Harry uscì appena udibile “Ho cercato di fartelo capire quando… sono anni che mi
conosci possibile che tu non riesca a capire quando ti guardo in un certo
modo!”
Ron tornò a focalizzare la sua attenzione su Hermione
che era rimasta come paralizzata a fissarli. La bocca semiaperta e le mani
ancora a mezz’aria. La sua voce tremò.
“Se-sei sposato?”
Ron chiuse gli occhi maledicendosi mentalmente. Avrebbe voluto sparire. Una voragine sotto i suoi piedi sarebbe stata molto gradita. Tutto piuttosto che dirle la verità. Si umettò un labbro.
Annuì.
Hermione sembrò per un momento
disorientata. Ron sentì chiaramente un peso al centro dello
stomaco guardandola stare lì al centro della stanza con quell’espressione bianca e persa. Aveva sbagliato.
Aveva commesso un errore enorme.
Hermione sembrò risvegliarsi e guardarlo lucida ma
ancora un po’ scossa. Si mosse appena e schiarì la voce.
“La…la conosco?”
Harry e Ron si scambiarono mortificati uno sguardo. Nessuno
dei due avrebbe voluto dirglielo. Non a lei. Non ricordando il passato.
Hermione non era una persona stupida,
conosceva fin troppo bene quello sguardo colpevole. Sette anni di
scuola, sette anni di quello sguardo. Chiuse gli occhi
cercando di calmare il battito che martellava nel petto.
“Chi è?”
Harry distolse lo sguardo e Ron fece un respiro profondo
sussurrando appena “Lavanda”
Una lama d’acciaio nello stomaco. Ecco
cosa l’aveva appena trafitta. Non c’era altro modo per
descriverla, la sensazione appena ricevuta era stata di un dolore così
acuto che non poteva che essere una lama affilata.
Un groppo alla gola. Un paio d’occhi scuri che
cercando di respingere le lacrime. Hermione camminò a passo svelto verso
la porta d’ingresso, come una furia, ma Ron fu
più veloce di lei e riuscì a prenderla per un braccio.
“Lasciami stare!” urlò lei cercando di
divincolarsi, non seppe più se fosse per rabbia o per dolore che le
lacrime stavano scendendo copiose sul suo volto. Ron mantenne
salda la presa su di lei.
“Hermione, aspetta un secondo…
miseriaccia, lascia che ti spieghi…”
“Lasciami! Lasciami andare, Ron, maledizione!”
Ron la fissò esasperato “Non
l’ho fatto con l’intenzione di ferirti! Non ci ho neanche
pensato! Mi dispiace, io non so cosa mi sia preso! Ho agito
d’impulso!”
Hermione si scrollò la mano di Ron di dosso e gli
urlò contro rossa in volto “Ringrazia che sia
io a non agire d’impulso adesso, Ronald, perché
ti farei davvero molto male!”
“Ma cosa credi, che sia fiero di quello che ho fatto? Maledizione Hermione, ho tradito mia moglie!!”
Hermione si zittì rimanendo a fissarlo negli occhi.
Dopo qualche attimo Ron sospirò stancamente e tornando sui suoi passi si
sedette sul divano affondando la faccia tra le mani. Lei lo guardò
freddamente.
“Lavanda lo sa che sei qui?”
Ron alzò la testa per fissarla
negli occhi “No. Lavora fino a tardi il sabato. Cosa
ci sarebbe di male a stare qui poi, questa è casa di Harry”
Hermione sospirò “Giusto. Riformulo la domanda:
Lavanda lo sa che lavoro per te?”
Ron respirò profondamente e voltò la testa
altrove “Senti…”
“Ron, non posso crederci! Non solo hai mentito a me,
ma anche a Lavanda! Lavanda ma come… no, non voglio saperlo. Preferisco
pensare che tu ti sia rimbecillito tutto di un colpo”
Harry scosse la testa guardandola “Non èla
Lavanda che conosci tu, Hermione, è cambiata. E’
stata l’unica ad essere rimasta sempre a fianco di Ron quando tu…
beh, quando te ne sei andata”
Hermione si voltò nuovamente verso Ron stupita da
questa nuova informazione, trovandolo mentre cercava
di guardare ovunque tranne che nella sua direzione. Si morse furiosamente un
labbro torturandosi l’orlo della maglia.
“Hai…avete
dei…”
Lui scosse la testa “No. No, noi non… Ginny
è l’unica di noi ad avere dei bambini, a parte Bill”
Hermione si sentì svuotata. Non sapeva più
come reagire. Da una parte si sentiva felice, felice
di aver saputo che Ron non aveva figli. Dall’altra si sentiva debole e
triste per la consapevolezza di essere stata l’amante di un uomo sposato.
“Perché l’hai fatto, allora? Se sei sposato perché sei stato con me? Se non volevi
ferirmi perché non mi hai detto subito la
verità?”
Ron la fissò. Non trovò altro da fare. Il suo
sguardo profondo sembrava attraversarla. “Non… nella mia vita non
pensavo che avrei mai tradito mia moglie, sinceramente non ne ho motivo. Lavanda è…è dolce, premurosa
e non ti fa mancare niente. Ma tu, diavolo Hermione, tu mi fai sentire come non
mi sentivo da anni, non mi sentivo così emozionalmente incasinato da quando ero un adolescente in piena tempesta ormonale. E
io non riesco a pensare mentre ti sto vicino, agisco e
basta!”
Hermione sorrise appena nonostante gli occhi lucidi
“Non so se prenderlo come un complimento”
“Lo è” si intromise
Harry con un sorrisetto “Ron non fa spesso di
questi discorsi”
Ron gli mandò un’occhiataccia. Ammutolì
e guardò Hermione. Entrambi sapevano che
c’era ancora una domanda che doveva essere fatta. Ron la temeva, sapeva
quale sarebbe stata la sua risposta. Non aveva scelta.
Le labbra di Hermione si curvarono in una strana smorfia
“Cos’hai intenzione di fare adesso?”
Ron scosse la testa in segno di resa
“E’ mia moglie, Hermione. Non posso lasciarla
così…”
Lei annuì senza guardarlo. Ron si voltò
verso Harry e con una muta richiesta questi lasciò la stanza
lasciandoli da soli. Hermione lo vide alzarsi lentamente dal divano e camminare
incerto verso di lei prima di circondarla con le sue forti braccia e affondare
la testa nel suo collo respirando il suo profumo. Rimase
immobile a sentirlo respirare contro la sua pelle.
“Ieri sera è stato…
è stato fantastico, davvero. E credimi se ti dico
che se potessi lo rifarei ancora ed ancora perché stare con te è
meraviglioso e non mi riferisco soltanto al sesso, ma… ma io sono
sposato, lo capisci questo?”
Hermione si morse un labbro “Quando
ti ho visto in quell’ufficio dopo tanti anni ho
pensato che forse c’era ancora qualche speranza per me di avere una vita
come volevo, ma dovrei davvero smetterla di sognare ormai non sono più
una ragazzina”
“No, non lo sei” sussurrò Ron “Sei
una donna bellissima adesso”
Strinse i pugni sul suo maglione “Devi dirle la verità. Non tutta la verità. Devi dirle che ora sono qui e che lavoro per te”
“Mi dispiace, Hermione”
“Lo so”
“Non ho cercato di usarti”
“Lo so”
Silenzio. Il silenzio sembrò quasi assordante
mentre entrambi vagavano con la mente. Quello che è stato
spezzato a volte non si può più
incollare insieme. Si commettono errori, continuamente. Ron seppe di averne
commessi due. Due errori a cui si poteva dare un nome
e un cognome.
Si staccò da lei raccogliendo il cappotto dal divano
e lo mise in tutta fretta “Devo andare adesso.
Ci vediamo in ufficio lunedì. Salutami Harry”
Hermione lo seguì con gli occhi “Ron?”
Due sguardi che si incrociano. Un
sorriso triste. “Salutami Lavanda”
Annuì distrattamente e si chiuse la porta alle
spalle. Per un attimo rimase immobile con la schiena appoggiata alla parete.
Hermione riusciva sempre a sorprenderlo. Era stato con lei il
giorno prima e adesso gli chiedeva tranquillamente di salutare sua
moglie. Da pazzi.
Sospirò. Quella sera avrebbe dovuto parlare con
Lavanda. Non era mai stato particolarmente bravo a mentire. Quello era un dono
che avevanoFred e George. Avrebbe dovuto imparare e in fretta.
Quella sera avrebbe dovuto mentire a sua moglie.
*
Mentire e omettere la verità. Ron rifletteva su
questi concetti da quando era tornato a casa e si era
nuovamente buttato sul letto. Ne era convinto, fino a
quel momento non aveva mai mentito. Né con
Lavanda, né con Hermione.
Per mentire bisogna dire bugie.
Mentire è dire il falso. Ma lui aveva sempre detto
la verità.
Il suo peccato stava in quello che non aveva detto. Omettere
la verità. Questo era quello che aveva fatto. Ed
era quello che avrebbe continuato a fare perché in qualche modo doveva
sopravvivere in quella situazione.
Lo scatto della porta d’ingresso lo
riscosse facendogli voltare la testa in direzione del corridoio. Sentì
uno sbuffo stanco provenire dall’altra stanza e il rumore di alcuni sacchetti posati sul tavolo. La voce di Lavanda
gli arrivò in lontananza.
“Amore sono a casa, ci sei?”
Si umettò un labbro e deglutì pesantemente
“Sì, sono qui”
Il rumore dei tacchi risuonò
familiare nelle sue orecchie e in pochi secondi la slanciata figura di sua
moglie apparve sulla soglia. Lavanda non sembrava
affatto quella che era un tempo. La sua immagine frivola, fatta di
vestiti cosparsi di fiocchetti e trucco fin troppo pesante per
un’adolescente, era stata sostituita da una ben più matura e
consapevole.
I capelli biondi, un tempo usati come la maggiore delle sue
armi di seduzione, scendevano liberi sulle spalle esili
come il suo corpo. Era una bella donna, senza dubbio, snella, alta e con un
viso di porcellana. Gli occhi sembravano due diamanti
azzurri, parevano brillare sul viso candido.
Con un sorriso dolce si avvicinò al letto e si
sedette sul bordo togliendosi le scarpe. Ron si spostò verso di lei
aspettando che si accoccolasse sul suo petto come era
solita fare, cercando di ignorare il groppo alla gola che non lo lasciava
respirare.
“Sono distrutta, oggi a lavoro mi
hanno veramente massacrato. Beato te che sei il Capo e non devi prendere
ordini da nessuno, potessi farlo io. Tu cos’hai
fatto oggi?”
Ron la fissò piatto “Niente. Sono stato da
Harry per pranzo”
Le labbra di Lavanda si curvarono in un
sorrisino divertito “Hai di nuovo dormito tutto il giorno, non
è vero?”
“Sì” ammise Ron “Senti,
c’è una cosa che devo proprio dirti”
Lavanda si mise più dritta e lo guardò
curiosamente. Gli accarezzò il petto “Va bene, dimmi”
“Hermione è tornata” disse di getto
curvando un po’ la testa nella sua direzione per guardarla meglio negli
occhi, abbozzò un sorriso “E lo sai qual
è la cosa assurda? E’ la mia segretaria!”
Lavanda rimase un attimo in silenzio alzandosi a sedere e
scrutandolo in volto. Improvvisamente scoppiò a ridere
portandosi una mano davanti alla bocca “Mi prendi in giro?
Hermione Granger è la tua segretaria?!Ma se copiavi sempre da lei a scuola!”
Ron rise con lei alzando le spalle “Assurdo vero? Non
riesco ancora a capacitarmene, insomma Susan entra e mi dice
che va in pensione e che devo conoscere la nuova segretaria e mi ritrovo quella
che un tempo era la mia migliore amica davanti! E’ stato uno
shock!”
“E perché è
tornata? Credevo fosse partita per lavoro. Hai avuto modo di parlarci?”
Ron fu sollevato di vedere sua moglie così serena a
riguardo “Sì e no, non abbiamo ancora parlato propriamente di
tutto. Non so perché sia tornata non l’ha detto. Ma meglio così, il lavoro si sfoltisce molto di
più con lei in squadra, dovresti vedere come lavora!”
Lavanda rise nuovamente “Sempre la solita vecchia Hermione.
Ehi, perché non la inviti a pranzo? Sarebbe carino da parte tua e mi
farebbe piacere rivederla”
Tonfo allo stomaco. Non c’è cosa più
frustrante per un uomo di avere le due donne che ama
nella stessa stanza. Ron alzò un sopracciglio
“Sei sicura?”
“Ma certo che sono sicura,
Ron.”
“Sì, io… se capita le chiederò di venire… quando c’è poco lavoro magari,
adesso siamo un po’ in arretrato”
Lavanda alzò un sopracciglio accarezzandogli il
braccio pigramente “Ma se hai appena detto che
con Hermione il lavoro si dimezza? Andiamo, non fare il burbero e invitala. Spero che tu non stia abusando di lei!”
Ron soffocò quasi. Si voltò terrorizzato verso
la moglie. “Come scusa?”
“Sì, insomma, spero che tu non faccia come si
sente dire in giro. Il Capo scorbutico e esigente. Non
stai approfittando del fatto che adesso puoi essere tu a comandare lei, non
è vero?”
Un sorrisetto sprizzò sulle
sue labbra. “Beh…”
“Ron!” disse lei ridendo e tirandogli una pacchetta sulla spalla “Sei
incredibile!”
“Sto scherzando, te lo giuro.
Cerco solo di essere il più professionale possibile e Harry non mi rende
le cose facili presentandosi in ufficio almeno tre volte al
giorno.”
Il sorriso di Lavanda si addolcì “Dev’essere bello per voi stare di
nuovo tutti insieme, mh?”
Ron la guardò. La guardò nel
vero senso della parola, scrutandola attentamente. Alzò una mano
posandola dolcemente sulla sua guancia e si alzò su un gomito per
arrivare a baciarla. La baciò gustandola a pieno, come un animale a cui
si è tolto il cibo.
Lavanda si staccò lentamente da lui sghignazzando e
guardandolo interrogativa. Ron la fissò intensamente.
“Ti va di fare l’amore?”
Lavanda lo guardò spiazzata. In anni di matrimonio
non gli era mai arrivata una domanda del genere. Gli sorrise
quasi imbarazzata e annuì.
“Sì. Sì che mi va”
“Bene”
Ron le prese il viso tra le mani e con un fervore che mai
aveva manifestato con lei la baciò di nuovo, facendola stendere
lentamente sul letto. Non pensava. Aveva trovato una momentanea soluzione ai
suoi problemi: non pensare.
Con un sospiro spense l’abatjour sul comodino e si lasciò andare a quel
turbinio di sensazioni che lo stavano avvolgendo lentamente. Il buio li avvolse
piano piano, il silenzio interrotto solo da qualche
sospiro pesante. Si sforzò di non pensare, tentò con tutte le sue
forze, ma c’era soltanto una cosa che non riusciva a togliersi dalla
testa.
Hermione.
**
Eccumi subito tornata da la
fresca e ventilata Spagna e le sue meraviglie *zia deprimising*
ora faccio come la pubblicità della crociera coste…ma che me
l’ha fatto fare di tornare?!
** e pensare che a
Barcellona ho anche visto Ron, Charlie e Fred (giuro erano come li descrive la Row
nei libri, come me li immaginavo io) aaahquemaravilla!!!
Me spera di aver fatto veloce a
postare…sì, che son veloce ^^ dite la
verità, che zia vi vuol bene!
Fiamma90, Nana92(no
nessun pezzo perso XD sono io che corro),
funnynurse (perfida e malefica oserei dire), greweasley,
Mione09, Killer, nischino11 (te mi leggi nel pensiero -___- non
c’è manco gusto a tenervi i segreti), robby, hermron, amy(se prima o poi mi muori
io non me ne prendo la responsabilità, sappilo!) , saty(io non so bene come siano i
rapporti tra fratelli…essendo figlia unica, spero di trattarli bene lo
stesso…! Ah sì…’piove’…come mi piace
mettere ste cose **),Joannadellepraterie, Kaho_chan,
PazzaWendy(magari avessi un Ron che mi adagia
sulla sua scrivania…aaah), KarmyGranger, Edvige86 (so mica se
abbia fatto tanto bene sai… ^^”), lasagne80, Mey( ti chiami come un mio
personaggio dell’altra ff ** che bellu…solo che lei è May con la
‘a’! Diamo tempo al tempo ^^), angelikfire (oddio la tua recensione mi
ha fatto morire XD tranquilla, succede! Grazie^^)
Quella mattina era più fresca del solito, fuori ci doveva essere
vento ma questo non sembrò preoccupare gli abitanti della città
che di solito la domenica se ne rimanevano a casa a rilassarsi
HI MUM, THIS IS MY BOSS
6. Insecure
I don't believe that things are said and done
I only hope there's still time to be the one
we can work it out
If only you let me, oh
I
promise you that- Westlife
Quella mattina era più fresca del solito, fuori ci
doveva essere vento ma questo non sembrò
preoccupare gli abitanti della città che di solito la domenica se ne
rimanevano a casa a rilassarsi. Ron sospirò amareggiato guardando fuori dalla finestra mentre con una mano accarezzava i
capelli della moglie che si era dolcemente accoccolata sul suo petto ancora
nudo.
I suoi capelli. Biondi.
Guardando i fili d’oro tra le sue dita percorse con lo
sguardo il suo braccio fino arrivare lentamente al
viso candido di Lavanda. Non riusciva proprio a capire. Non riusciva proprio a
capire come avesse potuto sposare una donna tanto diversa da Hermione.
Si maledisse mentalmente. Da quando
era tornata non faceva che pensare a lei. Doveva smetterla.
Senza fare movimenti bruschi scivolò giù dal
letto appoggiando il corpo della moglie sul suo cuscino. Si infilò
i pantaloni e le scarpe e prese ad agganciarsi la cintura. Una voce delicata
alle sue spalle lo riscosse.
“Dove stai andando?”
Si umettò un labbro e sentì la gola stringersi
“Da Harry”
S’infilò la maglia sentendo gli occhi di sua
moglie puntati sulla schiena. Si avviò verso di lei per un bacio veloce
e lasciatola lì in mezzo alle lenzuola prese le chiavi e uscì di casa.
Il suo passo era urgente, non gli capitava
spesso di camminare di fretta. Adorava camminare e adorava
godersi la passeggiata. Ma quella mattina non era in
vena. Quella mattina il suo obbiettivo era uno e unico.
Ragionando razionalmente si rese conto di non avere tempo da
perdere. Non voleva perdere tempo. Fece una cosa che in vita sua non aveva mai
fatto: prese la Metropolitana.
Controllando ripetutamente le stazioni e innervosito da un
tizio poco distante da lui che sembrava non sapere dell’esistenza della
doccia, batté un piede a terra ripetutamente.
Una volta sceso e travolto da un
fiume di gente cercò di orientarsi e trovata l’aria aperta,
svoltati due vicoli, trovò la sua meta. Rimase qualche
attimo a guardare quella casa di un rosa pallido con delle orribili tende
trinate. Erano anni che non metteva piede in quel quartiere.
Tremando appena si avvicinò alla
casa e prima di bussare prese un bel respiro profondo. La donna che gli
venne ad aprire gli lanciò un’occhiata curiosa con i suoi occhi castani
che gli rimasero così familiari. Sorrise tra sé e si
schiarì la gola.
“Buongiorno signora Granger,
c’è per caso Hermione?”
La donna lo fissò un attimo di più poi tutto
il suo volto si illuminò in
un’espressione di chi ha appena capito “Ronald,
sei proprio tu? Ah, sono passati anni dall’ultima volta che sei passato a
trovarci”
Ron sorrise leggermente imbarazzato “Sì, io ho
lavorato parecchio. Spero di non disturbare”
“Ma no, no” si
spostò dalla soglia con un sorriso gentile “Vieni entra, sei sempre
il benvenuto. Hermione è in salotto, oggi non si sente tanto bene, è
strana…” abbassò la voce protendendosi verso di lui
“Detto tra noi credo sia per via di un ragazzo,
fa sempre così quando è depressa”
Ron deglutì sforzando un sorriso sentendosi preso in
causa e seguì la donna che gli fece strada
verso la sala. Fu enormemente sorpreso di trovare Hermione seduta sul divano
con addosso un pigiama felpato e un barattolo di
gelato tra le gambe, la televisione accesa su un film d’amore
strappalacrime. Molto più Hermione di quando indossava quei succinti
abiti a lavoro.
La voce della signora Granger
squillò per la stanza “Hermione, guarda chi è venuto a
trovarti”
Appena lo sguardo di Hermione si posò su di lui i
suoi occhi si dilatarono in maniera disumana,
balzò in piedi a bocca aperta e si sistemò nervosamente i capelli
in una pinza avanzando incerta verso di lui “Che ci fai qui?”
Ron si schiarì la gola imbarazzato
dalla presenza della signora Granger e disse piano
“Avevo…avevo voglia di vederti”
Hermione continuò a fissarlo incredula,
abbassò lo sguardo imbarazzato sul suo pigiamone
e si strinse con le braccia “Non era necessario, bastava aspettare fino a
domani…”
La signora Grangersi illuminò “Oh…oh voi vi
frequentate?”
Ron scosse la testa e Hermione si dondolò sui piedi
“No mamma, Ron…cioè, il signor Weasley… lui è il mio Capo”
Ron la guardò negli occhi
“Possiamo parlare…” mandò un’occhiata
alla donna a suo fianco “…in privato?”
Hermione annuì e gli fece cenno di seguirla su per le
scale. Per Ron fu come fare un tuffo nell’infanzia, era stato poche volte a casa della sua amica e solo quando era
un ragazzino. La vide mordersi un labbro tenendo la porta della sua camera
aperta e vi entrò in fretta.
Hermione si avvicinò a lui chiudendo la porta alle sue
spalle “Cosa devi dirmi di così
importante da venire fino a casa mia?”
“Ieri sera ho fatto l’amore con Lavanda”
Lei lo fissò confusa “Ah. Beh, mi fa piacere
che tu abbia questo bel rapporto con tua moglie ma non
vedo perché…”
Ron scosse la testa frenandola “No, voglio dire…
ieri sera ho fatto l’amore con lei mentre… mentre pensavo a
te”
Stavolta lei lo fissò smarrita e rimase in silenzio
per un po’. Ron sospirò frustrato chiudendo gli occhi e si
passò le mani sul volto.
“Perché me lo stai
dicendo?”
“Perché non so cos’altro fare, Hermione, sto impazzendo. Da quando sei tornata non faccio altro che
pensare a te, giorno e notte, a occhi aperti e chiusi,
ovunque sia, con chiunque sia e qualunque cosa stia facendo”
Hermione arrossì appena e abbozzò un sorriso
“E’ la dichiarazione più dolce che abbia mai ricevuto”
Ron stiracchiò un sorriso amaro e si sedette sul
letto appoggiandosi coi gomiti sulle ginocchia.
Hermione respirò profondamente e si sedette accanto a lui posandogli una
mano sul braccio. Uno sguardo. Lo stesso sguardo che si erano
scambiati quella sera. In un gesto veloce le labbra di Ron si
incollarono a quelle di Hermione, la sua mano si posò
delicatamente sulla sua guancia per attirarla più a sé.
Hermione rispose istintivamente ma
aprì gli occhi di scatto quando sentì la pressione del corpo di
Ron spingerla verso il materasso e si staccò dalle sue labbra ansimando
quando la sua schiena toccò il letto.
“Ron, no! Lavanda…”
Ron respirò affannosamente contro le sue labbra, gli
occhi blu puntati nei suoi “Non posso fermarmi, Hermione, non ci
riesco”
Tornò a baciarla con impeto, le sue
mani grandi scivolarono sotto il pigiama di felpa risalendo lentamente
il suo addome e soffermandosi sui suoi seni. Hermione mugolò
ma si staccò ancora una volta quando sentì le mani di Ron
giocare col bottone del suo pigiama.
“Aspetta, aspetta, ci sono i
miei di sotto”
“Chiudi la porta allora” rispose semplicemente
lui.
“Guarda che i miei non sono sordi, non ci metteranno
molto a fare due più due”
“Faremo un incantesimo imperturbabile”
“Ron” disse implorante lei. Ron la guardò
un attimo e sospirando si rialzò a sedere sul letto leccandosi
lentamente le labbra umide dai baci. Hermione si alzò a sedere poggiando
la schiena alla spalliera del letto e si morse un labbro guardando altrove.
“Tutto questo è sbagliato”
Ron la fissò vergognandosi di se stesso “Credi
che non lo sappia? Lo vedi come mi sono ridotto, come
un ragazzino arrapato che non riesce a stare cinque minuti senza la sua
ragazza. Mi sento un’idiota”
Hermione si voltò verso di lui e alzò la voce
“Forse perché lo sei, Ronald!
Sei stato un’idiota ad essere venuto qui,
avresti dovuto rimanere a casa tua con tua moglie a goderti la tua vita da uomo
sposato, perché questo è quello che fanno le persone normali!”
Ron arrossì di rabbia “Oi, non puoiincazzarti
con me per essermi innamorato di te!”
Rimasero entrambi sorpresi dalle parole di Ron. Lo sapevano
entrambi, in fondo. Ma sentirlo dire era
un’altra musica. Ron si avvicinò di nuovo a lei
scivolando sul letto e con due dita le alzò il mento affondando
gli occhi nei suoi.
“Non puoi arrabbiarti solo perché ti amo”
Gli occhi di Hermione si inumidirono
“No…no, mi arrabbio perché ti amo anch’io”
Ron la fissò per un momento di più negli occhi
finendo per abbassare la testa sconsolato.
Sospirò. “Adesso sì che siamo in un immenso, gigantesco,
infinito casino!”
Hermione si morse di nuovo un labbro
trattenendo le lacrime, la sua voce uscì strozzata “Torna a
casa, Ron, per favore”
Ron si alzò dal letto senza guardarla,
continuò a morsicarsi un labbro non sapendo più come reagire e
rimase immobile per qualche minuto. Hermione dal suo canto non sembrava per niente contrariata dal suo starsene immobile, evitava
di parlare o di guardarlo.
“Lavanda… lei mi ha chiesto di invitarti a casa
una di queste sere”
Hermione alzò sorpresa la testa
verso di lui, i suoi occhi si allargarono stupiti “Allora…
allora le hai detto di me?”
Lui fece un sorriso triste guardandola di sbieco “Nei
limiti del possibile, sì”
Silenzio. Entrambi persi nei propri
pensieri. Entrambi senza sapere cosa fare, come reagire. Alzarono minimamente
la testa e i loro sguardi si incrociarono di nuovo.
Incertezza. Paura.
Ron parlò di nuovo “Non sono sicuro di volere
che tu venga”
“Perché?” Una
domanda. Semplice e senza doppi fini.
“Perché non so se sono in grado di avervi accanto entrambe e fare finta di niente. Lei non se lo
merita, davvero Hermione, l’ho già fatta soffrire abbastanza in
passato e non è il caso di ferirla di nuovo”
Hermione deglutì “Hai
intenzione di chiudere con me allora?”
“No”
La sua voce le era arrivata calma alle orecchie. No. Non era
possibile. La risposta giusta sarebbe stata un sì
netto e deciso. Hermione alzò di nuovo lo sguardo su di lui che
sembrava più determinato che mai. Ron sapeva cosa voleva, il solo
problema era che tutto quello non era possibile.
“Odio doverlo dire Ron ma credo che tu debba fare una scelta. Non dirle niente e continuare a stare
con me non le sarà certo benefico”
Ron sospirò un attimo “Non posso farlo”
“Devi”
“Mi serve tempo”
“So aspettare”
Ron la fissò brevemente cercando di capire cosa le passasse per la testa “Senti, Harry mi ha chiesto se
ti va una cena con noi. Intendo io, te e Harry. Come ai vecchi tempi”
Hermione annuì con lo sguardo a terra “Certo
che mi va”
“Bene”
“Bene”
Un sospiro. “Quando stavamo a
litigare era dannatamente più facile, bastava ignorarti per il
resto della giornata ed era fatta”
Hermione sorrise nostalgica “Potresti provarci anche
adesso, Ron, non deve esserti così difficile”
“E’ impossibile ignorare la persona che si
ama”
“Mi amavi anche allora, eppure ci riuscivi” Ron
la fissò curioso mentre lei continuava a
sorridergli saccente. Le ricordò per un attimo Ginny
quando sembrava essere l’Oracolo di Delfi. Scosse la testa.
“Ero solo un ragazzino, adesso sono un uomo”
Hermione si alzò dal letto lentamente e quando fu
più vicina lo abbracciò stretto appoggiando la testa contro il
suo petto e facendo scorrere le mani lungo il suo corpo lasciandolo un
po’ spiazzato. Inspirò il suo profumo con un sorriso sereno.
“Rimpiango di non essere stata qui
per vederti crescere Ron, deve essere stato uno spettacolo meraviglioso.
Prima eri un ragazzo carino e un po’ goffo, adesso sei…”
Hermione fece una pausa come per pensare alla parola giusta
e Ron le venne incontro “Cambiato?”
Lei rise “Sì. Sì sei cambiato ma non era
quello che volevo dire. Adesso sei perfetto”
Ron rimase un po’ in silenzio sorpreso dalle parole di
Hermione. Si cullò ancora affondando il viso nella spalla di Hermione e
poi improvvisamente si tirò indietro dandole le spalle. Hermione lo
guardò perplessa e lui respirò a fondo prima
di fare un passo verso la porta.
“Devo andare”
Silenzio. “Sì. Sì, devi andare”
Un ultimo sguardo. Una porta che si chiude.
Due cuori che si frantumano.
*
Era già passata una settimana dall’ultima volta
che erano riusciti a parlare faccia a faccia a casa di
Hermione. Ron lo sapeva, lei lo stava evitando con
tutte le sue forze. Per tutta la settimana in ufficio non gli aveva rivolto
parola se non strettamente necessario e in quelle occasioni teneva lo sguardo
basso.
Ron sospirò a fondo quel noiosissimo venerdì
pomeriggio, in tutto l’ufficio calma piatta. Si passò una mano tra
i capelli arruffati e con uno sbadiglio si alzò dalla scrivania
stiracchiandosi. Neanche Harry era passato a trovarlo per fare due chiacchiere,
niente di niente. Pensò di dilettarsi un po’ curiosando i
dipendenti che collaudavano nuovi incantesimi.
Aprì la porta del suo ufficio con svogliatezza ma
quando alzò lo sguardo il cuore si fermò. Lavanda. Hermione.
Lavanda e Hermione insieme sul fondo del corridoio. Sentì il suo corpo estremamente rigido e si trovò a stringere
convulsamente la maniglia.
Lavanda alzò lo sguardo su di lui, sorrise e i suoi
occhi azzurri si illuminarono. Sorriderle di ricambio
fu una conseguenza, come la fu incrociare lo sguardo di Hermione un secondo
dopo. Le due donne si avvicinarono.
“Ciao amore” disse gentilmente
Lavanda salutandolo con un veloce bacio sulle labbra, Ron si sforzò
di sorriderle senza guardare Hermione.
“Amore, che… che bella sorpresa!”
Lavanda sorrise alzando un sopracciglio e scosse la testa
“Te l’ha mai detto nessuno che sei un
pessimo bugiardo? Lo so che non ti piace avermi intorno per l’ufficio e infatti non sono venuta per te”
Ron sentì una fitta allo stomaco ma
cercò di non dargli peso “Ah no?”
“No, sono venuta per Hermione”
Ron si voltò di scatto verso Hermione che sorrise in
un modo che lui riconobbe essere falsissimo e annuì “Lavanda mi ha
invitato a cena a casa vostra” improvvisamente parve risvegliarsi
“Oh, mi scusi non volevo darle del ‘tu’,
non succederà più”
Ron sembrò imbarazzato dall’occhiata che gli
rivolse Lavanda “Ti avevo detto di non
approfittarti della tua posizione o sbaglio?”
“Andiamo Lavanda, non posso
trattarla diversamente dagli altri dipendenti! Non voglio sentire che faccio
favoritismi o cose del genere!”
“L’unico motivo per cui
ti fai dare del lei è perché vuoi sentirti apprezzato e vuoi far
credere di essere un livello sopra agli altri ma con Hermione te lo puoi
risparmiare, tanto lo sa già che sei un’idiota”
Ron la guardò male fintamente offeso e lei rise di
gusto voltandosi verso Hermione.
“Non farci caso, facciamo
sempre così”
Hermione sforzò di nuovo un sorriso “Devo proprio tornare a lavoro adesso, appena avrò un
momento libero te lo farò sapere. Grazie dell’invito”
Lavanda annuì “E’ sempre un piacere
Hermione”
Ron la guardò congedarsi e andarsene via. Finire il
lavoro, come no, il suo lavoro l’aveva
già consegnato due ore prima. Si voltò verso Lavanda, al suo
fianco, e le sorrise appena. Lei lo guardò dubbiosa.
“Non ti sembra che abbia un’aria un po’
triste?”
Ron si sentì un verme. “Dici?”
Lavanda arricciò il naso e la guardò da
lontano “Hermione è sempre stata un libro aperto, non ci si mette
molto a vedere quando ha qualcosa che non va. Chissà, magari è successo qualcosa a
Vienna. Ti ha raccontato qualcosa?”
“No” disse Ron scotendo la testa “No, a me
no”
“Magari è per un uomo”
Ron maledì mentalmente il sesto senso di Lavanda per
questo genere di cose. Dopo anni di scuola era talmente abituata a rielaborare
pettegolezzi che era diventata un’esperta.
Scosse la testa.
“Non credo, Hermione non è il tipo che si fa
buttare giù da queste cose”
Lavanda lo fissò incerta. “No, non direi
proprio. Mi ricordo bene quando andavamo a scuola, era
sempre imbronciata quando… sei proprio sicuro di non saperne
niente?”
Ron sorrise genuinamente “L’unica cosa che so
è che mia moglie è gelosa di me e della mia segretaria”
“Non essere ridicolo! Non sono
affatto gelosa… stavo solo, chiedendo ecco”
Ron annuì “Non hai niente di cui
preoccuparti”
“Bene. Adesso devo andare, ci vediamo a casa” Lo
salutò di nuovo con un bacio e stavolta Ron con un sorriso più
convinto la salutò con la mano fino a che lei non si chiuse la porta
dell’ufficiò alle spalle. Il sorriso
sparì dalle sue labbra e il suo braccio ricadde
al suo fianco continuando a guardare fissò il punto dove era uscita.
Scosse la testa tra sé “Che
ipocrita…”
**
E’ tantissimo
che non aggiorno e mi scuso *vergognising* è
che davvero stavolta non mi usciva sto capitoletto, e
infatti non è che sia venuto su proprio una meraviglia… ma non ci
lamentiamo sennò qui stiamo sempre a criticare, accontentiamoci ^^
Grandi cose su questo chap non ci sono da dire, visto che alla fine si spiega da
solo, tutti i segreti sono stati svelati, l’infarto ve lo siete preso XD direi che siamo a posto!
Grazie ancora a tutti!! Mi fa piacere che abbiate apprezzato Lavanda, a me
personalmente fa una pena assurda çç
povera, e mi è piaciuta l’idea di farla un po’ diversa, di farla ‘cresciuta’ come una donna sana di mente,
ecco. Un’ultima cosa da dire è che voi siete veramente fissati col
passato di Hermione… ma nel passato di Hermione
non è successo proprio niente di eclatante XD
Nischino11 (hai capito
tutto perché sei la perfidia fatta persona come la sottoscritta XD), angelikfire (la
tua sì che è una domanda intelligente… non ne ho idea!! Pochi comunque), ginny89Potter, giulyweasley
(nonna sadica mode on XD), amy (te mi preoccupi sempre di più, mentre leggo la
tua recensione mi agito come te), saty (ho pensato che in fondo per quanto cretina fosse
Lavanda doveva pur crescere un po’, no?) , Nana92, flyingstar16, mey (non so se
Ginny voglia uccidere Ron, infondo lo capisce…) , Greweasley, lasagne80, edvige86 (non spoilero per
nessuno stavolta XD), Ramona55,
fiamma90, robby (viaggia, viaggia che dici cose
interessanti XD), karmygranger, funnynurse,
lola82, hermron
Due bicchieri di Firewhiskey giacevano quasi pieni su un tavolinetto al
centro della stanza
HI MUM, THIS IS MY BOSS
7.
I’m not leaving you now
Please forgive me
I know not what I do
Please forgive me
I can’t stop loving you
Don’t deny me
This pain I’m going through
Please forgive me
If I need you like I do
Please believe it every word I say is true
Please forgive me
I can’t stop loving youBryan Adams- please forgive me
Due bicchieri di Firewhiskey giacevano quasi pieni su un
tavolinetto al centro della stanza. Nella casa regnava il silenzio, Harry
tamburellava ripetutamente un piede sul pavimento seduto a terra
mentre Ron al suo fianco fissava con occhi vuoti il muro dalla parte
opposta della stanza. Sembravano due perfetti idioti.
Harry si voltò appena verso Ron e facendo una smorfia riprese i due bicchieri dal tavolino e ne porse
uno all’amico. Ron sospirò e senza staccare gli occhi dal muro lo
afferrò e ne bevve un sorso enorme, cercando forse di affogarsi.
“Sono un’idiota”
Harry gli diede un altro sguardo di sbieco e sospirò.
“Benvenuto nel club”
Ron scosse la testa “Non posso
crederci. Tutto questo è assurdo. Ho sposato Lavanda per dimenticare del
tutto Hermione. Hermione torna e in un secondo il mio matrimonio è
crollato. Io amo Lavanda. E amo Hermione. Harry, cosa
diavolo devo fare?”
Harry alzò un sopracciglio e lo guardò come se
fosse pazzo “La donna di cui sono innamorato da anni mi ha lasciato quando ero ancora un adolescente e si è
sposata con un altro da cui ha avuto dei bambini, e io ancora non riesco a
dimenticarla. Pensi che possa darti dei consigli?”
“Ci siamo davvero ridotti così per due
donne?”
“Tre” lo riprese Harry “Tu ne hai due
adesso”
Una capocciata contro al divano. Due capocciate contro al
divano. Un sospiro grave, rassegnato, sconfitto. “Non ricordarmelo per
favore. Lavanda ha persino invitato a cena Hermione, questo sì che
è grandioso!” disse con falso entusiasmo.
“Ieri ho visto Mark”
“Oh, bene” Ron si voltò di scatto non
appena ebbe realizzato “Cosa?”
Harry sospirò di nuovo “Ho
visto Mark. Si è sfogato con me, dice che le
cose tra lui e Ginny non vanno bene e mi ha chiesto consigli su come far andare
meglio le cose. A me. Non solo devo saperla con un altro ma
devo pure fare da consulente matrimoniale. Fantastico”
“E’ per questo che stai
bevendo Firewhiskey?”
“Cosa credevi che fosse,
solidarietà?”
Un busso alla porta. Due sguardi che si incrociano.
Ron inarcò le sopracciglia. “Aspettavi qualcuno?”
Harry scosse la testa ma si
alzò in piedi e barcollando un po’ andò ad aprire. Ron
buttò la testa indietro appoggiandola stancamente al divano e non si
scompose neanche quando sentì la voce di
Hermione salutare l’amico che ricambiò subito. Fu solo quando sentì uno strano silenzio che alzò
la testa e si rimise in piedi raggiungendo l’amico alla porta,
spalancò gli occhi quando dietro a Hermione scorse la sorella.
Harry la guardava ancora ad occhi sgranati e sussurrò
piano “Ginny…”
Lei si limitò a sorridere timidamente
ma con quel calore che la contraddistingueva sempre “Ciao
Harry”
Hermione si schiarì la gola passandosi una ciocca di
capelli dietro l’orecchio e umettandosi il labbro inferiore
“Avevamo detto di fare una cena insieme e ho incontrato Ginny per strada
così ho pensato che magari… possiamo
entrare?”
Harry si spostò dalla porta senza proferire una
parola e le due donne entrarono silenziosamente. Ron e Harry si scambiarono uno
sguardo. Il loro solito sguardo. Lo sguardo che urlava un sos
gigantesco. Perché lo sapevano entrambi che dopo tutto quello che avevano bevuto le loro difese erano ridotte
al minimo.
“Stavate… bevendo?” chiese
incerta e un po’ incredula Ginny guardando la bottiglia di
Firewhiskey ormai ridotta agli sgoccioli. Ron e Harry si guardarono di nuovo.
Beccati. Hermione, al fianco di Ginny, si chinò un po’ e prese in
mano un’altra bottiglia che giaceva completamente vuota sotto al divano.
“Ma quanto diavolo avete
bevuto?”
Ron si schiarì la gola strappandogliela di mano
“Ehm… era solo una serata tra uomini, tutto qui”
“Una serata tra uomini disperati?” disse Ginny
alzando un sopracciglio “Ron, quante volte ti ho detto
che affogare i dispiaceri nell’alcol non serve a niente, non puoi
continuare a…”
“Non un’altra parola” la avvertì
lui puntandogli un dito contro “Come se non avessi imparato da qualcuno a
bere per sentirmi meglio! Come se fossi il solo a bere
perché si è accorto di aver sposato la persona sbagliata!”
Tutti trattennero il fiato stavolta,
calò di nuovo il silenzio. Ron si umettò un labbro
evitando con tutte le sue forze di guardare verso Hermione e si passò
stancamente una mano sulla faccia. Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo
veloce e abbassarono la testa senza dire niente.
“Forse… forse dovremmo cucinare qualcosa,
mh?”
Harry, Ginny e Ron alzarono lo sguardo su Hermione che si
stava sforzando di sorridere rigirandosi le mani in grembo. “In fondo
doveva essere una cena tra noi, come ai vecchi tempi. Solo…
solo noi quattro”
Ginny sorrise appena e annuì “Giusto, ci penso io. Mettetevi pure comodi”
“Aspetta, ti faccio vedere dove stanno le cose”
Harry le andò dietro sparendo dalla vista di Ron e Hermione che rimasero da soli in quel salotto a guardarsi ancora molto
imbarazzati. Ron si schiarì di nuovo la gola e le fece cenno di
accomodarsi, sedendosi poco distante da lei.
“Mi dispiace per quello che ho detto, io…”
Hermione alzò una mano scotendo la testa “Non
è niente, Ron, non… non sono io a dover mettere parola sul tuo
matrimonio”
“Beh, dovresti” Hermione si voltò
a guardarlo negli occhi “Io non so più davvero cosa fare.
Mi manchi, ogni minuto che non sei con me e so che è sbagliato, che non
dovrei. Pensavo di averti dimenticato totalmente ma
poi sei riapparsa e mi sono accorto che non era cambiato proprio niente”
Lei sorrise in evidente imbarazzo “Ron, non puoi dirmi
queste cose. Sei un uomo sposato”
Ron la guardò rapito “E innamorato. Lo so che
è da pazzi ma non posso farne a meno. Perché per una sera non possiamo tornare ad avere
diciassette anni?”
“Ron” disse lei con un mezzo sorriso “A
diciassette anni stavi già con Lavanda”
“Va bene, allora facciamo sedici”
“Ron…”
“Per favore” la implorò
lui “Ti devo ancora una festa da Lumacorno. Lì non posso
più portarti ma posso portarti alla festa di
Harry, che si dà il caso che sia stasera proprio qui. E’
una vecchia rimpatriata tra compagni di scuola, ti va di venirci?”
Hermione rise “Ci sono già”
“Vedi, mi fai anche risparmiare sulla
Metropolvere!”
Hermione gli prese una mano arrossendo un po’ sulle
guance “Non hai più bisogno di fare colpo su di me”
Ron girò la mano fino ad intrecciare le dita con le
sue, poi alzò serio lo sguardo su di lei e si umettò un labbro
guardando verso la cucina. Si chinò su di lei ed abbassò la voce
ovviamente preoccupato che gli altri potessero
sentirlo “Senti, cerchiamo solo di contenerci davanti… davanti a Ginny
e Harry, va bene? E’ la prima volta che si rivedono dopo anni e…”
“Ok” si morse un labbro guardando verso la
cucina “Credi sia prudente che stiano da
soli?”
*
“Pensi che sia stata una mossa intelligente lasciarli
da soli?”
Harry, che era completamente assorto tra i suoi pensieri, si
riscosse incrociando lo sguardo con Ginny. Le rivolse mezzo sorriso gettandosi
un’occhiata alle spalle prima di scrollarle “Non lo so, non faccio
più niente di intelligente da molto tempo
ormai”
Ginny sorrise appena continuando a tirare fuori vari
ingredienti dalla dispensa che Harry le aveva mostrato. Si voltò di
nuovo verso di lui sentendosi osservata ma distolse
subito lo sguardo quando constatò che effettivamente Harry la stava
fissando ammaliato. La sua voce la richiamò.
“Ti trovo bene”
Frase di circostanza. Ginny sorrise politicamente e
annuì appena squadrandolo un attimo. “Sì, anche tu”
Harry la sorprese ridendo e quando
la vide corrucciare la fronte si spiegò “No io… io non sto
affatto bene” disse con un sorriso sereno “Ma sono contento che
sembri così, almeno non avrò gente che continua a chiedermi cosa
c’è che non va”
Ginny lo guardò quiete per un po’ e poi disse
con una voce bassissima “Perché in realtà c’è qualcosa che non va?”
Harry si appoggiò al ripiano della cucina con un
fianco e incrociò le braccia al petto con un viso sereno “Nessuno ha una vita perfetta. Diciamo che
soffro spesso di solitudine, ma alla fine non mi lamento, avrebbe potuto
andarmi molto peggio. Sono sopravvissuto a una guerra,
mi sento abbastanza fortunato in effetti”
“E per come volavi avresti
potuto romperti l’osso del collo” ridacchiò appena
“Voli ancora?”
“No” una risposta secca “Ho smesso di fare molte cose che facevo prima. Ron dice che sto diventando noioso, suppongo abbia
ragione”
Le labbra di Ginny si piegarono in una smorfia infelice ma per tutto il tempo della conversazione aveva
usato la scusa di cucinare per non alzare gli occhi su di lui. Aggiunse un
po’ di sale e puntò lo sguardo sul fondo della pentola.
“Come stanno i bambini?”
Ginny si voltò di scatto a guardarlo, le labbra
schiuse e gli occhi scuri allargati dalla sorpresa. Balbettò
“Con-conosci i bambini?”
Harry annuì semplicemente “Libby e Damian,
certo. Ron li porta qui qualche volta, quando deve tornare in ufficio e Lavanda
è ancora a lavoro. Pensavo lo sapessi”
“Tu guardi i miei figli?” chiese ancora
più stupita lei “Loro… loro sanno
chi sei?”
“Mi conoscono solo come Harry, l’amico di zio
Ron. Libby mi fa sempre le treccine quando viene a
casa, dice che i miei capelli sembrerebbero molto più domati” rise
appena “Sono dei bravi ragazzi, non mi danno mai alcun fastidio”
Ginny richiuse lentamente la bocca e prese
a mescolare con un mestolo di legno senza smettere di fissarlo. “I
bambini non mi hanno mai detto niente su di te”
Lui scrollò le spalle “Probabilmente Ron gli ha
fatto promettere di non dire nulla, sapeva che non ne saresti stata
felice”
“Non mi crea problemi, avrei solo voluto
saperlo”
Harry la guardò ancora facendo viaggiare gli occhi
verdi lungo il suo corpo. Si umetto un labbro e chiuse forte gli occhi voltando
la testa da un’altra parte. La sua voce stavolta uscì spezzata.
“Ieri ho visto Mark”
Di nuovo Ginny si voltò verso di lui completamente
basita. Stavolta però non disse niente e aspettò che fosse Harry
a raccontare.
“L’ho incontrato in un pub ieri sera, abbiamo
scambiato due chiacchiere” Sia nella gola di Harry che
in quella di Ginny si formò un nodo “Ha… ha detto che le
cose non vanno molto bene a casa e mi ha- mi ha chiesto dei
consigli…”
Ginny riportò il suo sguardo sulla pentola “E
tu cosa gli hai detto?”
“La verità: che se avessi saputo come
comportarmi con te non sarei ridotto in questo stato adesso”
“Non è colpa tua se… non eri tu il
problema” disse mordendosi un labbro.
Silenzio. I ricordi che riaffiorarono.
Due sguardi che si incrociano. Fanno così male
i ricordi quando ci si accorge di aver preso la strada
sbagliata, quando ci si rende conto che invece di svoltare avremmo dovuto
proseguire dritto. Ginny socchiuse gli occhi controllando di tanto in tanto la
pentola, Harry inspirò profondamente svuotando completamente i polmoni.
“Vorrei che fosse tutto più semplice adesso,
poter tornare sui miei passi senza dare conto a nessuno e agire solo per
me”
Harry la guardò senza mutare la sua espressione
“Io sono qui, non vado da nessuna parte”
Ginny si asciugò una lacrima furtiva e scosse la
testa “Io non posso Harry, io sono in obbligo
verso Mark. E i bambini…”
“Pensi davvero che continuare a stare con un uomo che
non ami sia un gesto corretto?” la interruppe lui con voce calma e
ragionevole “Pensi davvero che crescere dei
figli in un matrimonio inesistente sia benefico per loro? E’ vero, non se
lo meritano, nessuno di loro lo merita, ma sarebbe
molto più onesto, Ginny”
“Che cosa ne sai tu, tu non
sei neanche sposato e non sei un padre!”
“No, non mi hai mai permesso di esserlo”
Ginny lasciò andare il mestolo e arretrò di un
passo affondando il viso tra le mani, scosse un paio di volte
la testa e alzò le mani in segno di resa “Io lo sapevo che
non ci sarei dovuta venire qui, non avrei mai dovuto farmi convincere da
Hermione. Ron aveva ragione, rivederti sarebbe stato
il più grosso errore che avessi potuto fare”
Gli diede le spalle e fece per uscire dalla cucina ma Harry la riprese per un polso tirandola indietro.
La fronteggiò e solo allora entrambi si accorsero
di quanto fosse diventato alto in tutti quegli anni, adesso lei doveva alzare
completamente la testa per guardarlo negli occhi. Harry scosse la testa
“Non ci provare, non scappare di nuovo. Una
volta la sopporto, la seconda mi uccide”
Ginny lo guardò sconsolata “Che cosa vuoi da
me, Harry?”
“Solo che rimani per stasera, come mia ospite”
disse lui cercando di fare un sorriso “Non ti chiederò
altro”
Lei esitò un attimo guardando tra Harry e i fornelli
e sospirò “D’accordo, ma solo perché sono
l’unica qui che sappia cucinare qualcosa di decente”
Harry le sorrise “Sei sempre la migliore”
*
La cena era passata tranquillamente, nessuno aveva
più tirato fuori frasi equivoche e imbarazzanti e la tensione si era
dissolta in poco tempo. Adesso ridevano come dei ragazzini, tutti e quattro
seduti per terra in salotto, un po’ per via di tutto l’alcol che
avevano bevuto e un po’ per i ricordi divertenti dei tempi della scuola.
Dopo aver ricordato quando Fred e George avevano messo della
polvere pruinosa addosso a Vitious e il poveretto non aveva smesso di grattarsi
per tre giorni Ginny prese un altro bicchiere di Firewhiskey e lo buttò
giù alla goccia.
Ron alzò un sopracciglio “Dovresti smetterla di
buttare giù quella roba, sei già abbastanza ubriaca per
stasera”
Ginny lo guardò e scoppiò a ridergli in faccia
“Senti chi parla! Perché
poi non ti preoccupi della tua ragazza, lei sì che mi sembra veramente
ubriaca”
Ron si voltò lentamente verso la sua destra, sentiva
la testa pesante e evitava di fare movimenti bruschi.
Proprio al suo fianco Hermione aveva buttato la testa indietro sul divano e
ridacchiava tra sé. Harry e Ron si scambiarono un’occhiata
preoccupata.
“Hermione, quante volte hai bevuto in vita tua?”
Hermione alzò su la testa sorpresa, le sue guance colorate
di un rosso ciliegia, e guardò Ron come se
fosse pazzo “Scherzi vero? Tutti i giorni, non sono mica un
cammello!”
Ron tornò a scambiarsi uno sguardo apprensivo con
Harry “Intendevo dire quante volte hai bevuto alcol”
“Oh” rispose guardandolo, poi all’improvviso
scoppiò a ridere di nuovo. Si alzò dal pavimento
barcollando e si sedette sulle gambe di Ron accarezzandogli il viso con una
mano come una bambina prima di abbandonare la testa sulla sua spalla
“E’ la prima volta, questa”
Ginny spalancò gli occhi incredula
“La prima volta?! Ma dove diavolo vivevi a
Vienna, in un convento?”
Hermione rise ancora e scosse la testa “No, lavoravo e
basta. Per questo ho mollato, immaginati di far girare
la tua vita solo attorno al tuo lavoro.
All’inizio non era male ma a lungo andare…”
Ginny alzò un attimo gli occhi su Ron e tornò
a guardare Hermione avvicinandosi a lei abbassando la voce, cosa del tutto
inutile dato che continuava comunque a tenere la voce
molto alta e sia Harry che Ron potevano sentire chiaramente tutto quello che
diceva “Non dirmi che non hai mai neanche avuto un uomo”
Ron si irrigidì
all’istante, a questo non aveva mai pensato veramente. Un altro uomo.
Quando era stato con Hermione quella sera nel suo ufficio
le aveva chiesto da quanto… lei aveva detto da alcuni mesi. Sudò
freddo.
Hermione si mosse tranquilla tra le sue braccia posando una
mano sul suo torace “Sì, due. Due
colleghi appunto, siamo finiti insieme più per noia che per altro. E poi…” alzò la testa verso Ron e
arrossì rivolgendogli un bel sorriso “…beh…”
Ron rimase zitto a guardarla ridacchiare. Alzò la
testa verso Ginny che scoteva la testa divertita e
Harry che lo guardava con un sorrisino compiaciuto “Cosa?”
Harry scrollò le spalle “Niente, è che
pensavo che fa uno strano effetto vedervi insieme adesso”
“Io e Ron non stiamo insieme” disse Hermione praticamente abbandonata contro il petto di Ron con un tono
che ricordava molto Luna Lovegood “Lui è sposato”
Ron si schiarì la gola nervosamente e si
grattò la nuca. I rimorsi. Ti divorano, i rimorsi. Sempre
che non sia tu a mangiare loro. “Sì, beh… Lavanda non
è qui, giusto?”
Ginny e Harry si scambiarono uno sguardo veloce seriamente preoccupati ma la risatina acuta di Hermione li fece voltare
entrambi. Sorrideva. Non era il solito sorriso di Hermione. Hermione non aveva
un sorriso malizioso. Si fermarono a guardarsi lei e Ron, un
secondo soltanto, prima che si appropriasse delle sue labbra come una
ragazzina che è stata troppo tempo senza il suo ragazzo.
Ron non si fece pregare, si abbassò su di lei senza
scollare le labbra dalle sue e posò le sue grandi mani sui suoi fianchi attirandola verso di sé. Hermione lo
faceva impazzire. Stava pomiciando con Hermione nel bel mezzo del salotto di
una casa che non era la sua sotto gli occhi di sua
sorella e del suo migliore amico. E non gliene
importava niente. Pomiciava? Erano anni che non pomiciava più, ma
cos’era un adolescente?
Sentì la voce di Ginny bisbigliare qualcosa “Capisco che debbano recuperare anni, ma devono farlo proprio
adesso?”
Harry rise appena, sottovoce. “Io non so tu ma non ho intenzione di stare a guardare, vado di
là. Se li conosco non dovrò mettere
piede in salotto fino a domani mattina”
Dopodichè alcuni passi, poi il silenzio. Silenzio.
Solo il rumore dei loro baci. Dei vestiti che sfregano l’un l’altro. Delle bottiglie che cadevano mano a mano che si stendevano a terra. Ron si staccò
da lei senza fiato, lasciò andare la testa contro il pavimento freddo e
si leccò le labbra. Sapevano d’alcol.
“Hermione, sei ubriaca” disse, la sua voce roca.
Lei rise e si alzò sugli avambracci per non
ricadergli pesantemente addosso “E allora? Come se non sapessimo entrambi
che saremmo finiti in questa situazione anche da sobri”
Ron la guardò negli occhi “Io non sono mai sobrio quando ci sei di mezzo tu”
Hermione gli sorrise dolcemente e
si piegò ancora su di lui portando le mani sul colletto della sua
camicia e cominciando a sbottonare con le sue piccole dita il primo bottone.
Ron respirò pesantemente nella sua bocca mentre
la lasciava sbottonare la camicia, si tirò indietro quanto bastava per
staccarsi dalle sue labbra e sorrise appena nervosamente.
“Hermione, siamo in casa di Harry. Non possiamo farlo
qui e adesso!”
Hermione mandò fuori un risolino e si alzò a
sedere mettendosi cavalcioni su di lui, senza dire niente si sfilò la maglia
e la gettò alle sue spalle “Chissenefrega. Harry
se n’è andato di là e adesso siamo qui da soli. E come hai detto tu, Lavanda non c’è”
Errore. Lo senti l’allarme rosso. Una
spia luminosa che lampeggia e ti sta urlando di non farlo, di fermarti.
Ron si umettò un labbro guardandola negli occhi. E di nuovo si trovò a pensare che fosse uno
spettacolo troppo invitante, lei mezzanuda che lo invitava ad approfittarsi
della situazione. Chiuse gli occhi abbandonando la testa contro al pavimento.
Li riaprì, uno sguardo verso la camera di Harry: chiusa. Si
maledì mentalmente.
Aveva appena spento quell’allarme.
***
Vi sono mancata dite la verità? XD
Lo so che stavate
attendendo NTE3 e ho una buona notizia, sono quasi pronta per postare. Il
problema è che non so ancora quanto durerà quel quasi ^^”
sono work in progress comunque, non disperate
Vi lascio questo
chappino nel frattempo, mi dispiaceva lasciarvi senza leggere nulla – zia
è troppo buona con voi- mi raccomando fate i bravi e
buone vacanze.
Zia Fufù (senza
commenti perché il pc oggi ha deciso così -______-“)
They say I'll understand it all in good time But age ain'tnothin' but a number in my mind Goin' crazy with this push me pull me
Caught between wrong and right
Play- I must not chase the boys
Freddo.Non il freddo totale, solo un leggero
venticello sulle spalle. Storse il naso. Era una strana sensazione, metà
del suo corpo andava a fuoco e l’altra metà rabbrividiva dal
freddo. Magari era malato. In quel momento gliene importava meno di zero, aveva
ancora sonno e si sentiva distrutto. Voleva dormire. Voltò
la testa da un lato e con un leggero mormorio cercò di tornare
completamente nel mondo dei sogni.
Improvvisamente un urlo. La cosa lo incuriosì
ma non lo fece sobbalzare, non era un urlo di terrore era
più… non avrebbe saputo spiegarlo a parole, comunque sia tese le
orecchie senza aprire del tutto gli occhi. Un paio di voci arrivavano
da non molto lontano, poi dei passi veloci. Urgenti. Qualcuno era entrato nella
stanza e aveva trattenuto sonoramente il respiro.
Si decise ad aprire gli occhi. Davanti a lui, coperta da una
vestaglia troppo lunga per essere sua, Ginny lo guardava con
un’espressione persa e terrorizzata. Scattò a sedere preoccupato
realizzando solo in quel momento che quello che faceva ribollire il suo corpo
era lo stesso corpo nudo di Hermione che gli dormiva
ancora accanto, coperta da un leggero lenzuolo.
“Dimmi che non l’hai
fatto.” Si dissero contemporaneamente. Ginny si portò una mano
alla bocca e Ron allargò gli occhi talmente tanto
che l’azzurro delle iridi diventò quasi trasparente.
“Accidentaccio!” La sentì mormorare mentre affondava il viso tra le mani. Altri passi
li riscossero entrambi, Harry camminò lentamente con
un’espressione colpevole e si appoggiò alla parete che faceva
angolo con la cucina. Ron notò, indossava solo
dei boxer.
“Mi dispiace.” Disse debolmente.
Ginny scosse la testa e alzò una mano verso di lui
infastidita. “Per favore, Harry. Non dire niente.”
Harry rimase in silenzio come gli era stato ordinato. Ron
guardò prima uno, poi l’altro e fu
riscosso solo dal corpo di Hermione che si muoveva su di lui e un mugolio
leggero. In un batter d’occhio si ritrovò completamente nudo su
quel divano, Hermione appena sveglia aveva ricollegato
tutto e aveva tirato a sé il lenzuolo per coprirsi senza dare il tempo a
Ron di reagire.
Ginny mandò fuori un verso disgustato. “Oh per
favore, Ron, copriti!”
Harry guardò altrove indifferente. “Beh, dubito
che ci sia qualcuno in questa stanza che non abbia ancora visto Ron nudo.”
Hermione arrossì abbassando la testa
ma Ron lo fulminò con lo sguardo infilandosi i boxer. “Non
mi sembra una buona ragione per rimanere in bella mostra, Harry, e ti
dirò non sono neanche in vena di fare dell’umorismo stamattina.”
Ginny si passò una mano tra i capelli. “Oddio,
io… io dovrei essere già a casa! I bambini! I bambini saranno
preoccupati, non ho mai passato la notte fuori da
quando… Mark! Oddio, cosa diavolo gli racconto?!”
Ron le mise una mano sulla spalla. “Vai a vestirti, a Markdici che sei rimasta a casa
mia perché Lavanda era fuori città e mi sono sentito male. Adesso
però non piangere, Libby e Damian
ti staranno aspettando.”
Ginny annuì asciugandosi le guance e se ne andò silenziosamente in camera sorpassando Harry
senza rivolgergli uno sguardo. Ron alzò tristemente gli occhi
sull’amico che non si era mosso di un millimetro da
quando era entrato. Uno sguardo. Ultimamente si scambiavano un po’
troppi sguardi. Non era una buona cosa. Harry si schiarì la gola.
“Mi dispiace davvero.”
“Lo so.” Disse quiete Ron umettandosi un labbro.
“Lo so, non avrei mai dovuto lasciarvi da soli.
Non avrei dovuto… è che dopo tutto quel Firewhiskey
non capivo neanche quello che stavo facendo… cioè
lo capivo ma…”
Il frusciare delle lenzuola attorno al corpo di Hermione li
fece voltare verso di lei. Aveva l’aria smarrita. Confusa. I suoi occhi
cercavano quelli di Ron senza veramente trovare una meta. “Non fami bere
mai più.” Disse infine.
Ron la guardò per un lungo attimo durante il quale
sembrava bruciare del rimorso, nonostante fosse più dispiaciuto per lei
che per se stesso. Sospirò pesantemente. La cosa che
gli riusciva meglio, di recente. Avrebbe potuto benissimo fare
l’attore, recitare in soap opera dove tutti sono sempre tristi e
sconvolti. Quel ruolo gli calzava a pennello.
“Scusa, è colpa mia. Sono stato un
idiota.”
Hermione abbassò la testa, colpevole. “Non sei
tu che hai detto ‘chissenefrega se è casa di Harry’
ieri sera.”
Harry rise appena rimanendo serio allo stesso tempo e Ron si
guardò le mani. “Forse.” Disse infine. “Ma non sei tu quella sposata dei due. Sto veramente cercando
di non farvi soffrire, ad entrambe, ma sono un coglione
e io non ci riesco. Coglione ed egoista.”
“Senti coglione.” Li
riscosse la voce urgente di Ginny, che entrò nella stanza completamente vestita mentre cercava di sistemarsi i capelli nel migliore
dei modi sembrando fresca come una rosa. “Devi reggermi il gioco con Mark, non fare gaffe come al tuo solito perché
questa è la volta che ti uccido!”
Ron la guardò male e replicò acido. “Beh
a quanto pare non sono l’unico ad essere il coglione qua dentro.”
“Già.” Disse amaramente Ginny guardando
di sbieco Harry mentre si allacciava il cappotto.
“Pensa che io ho incontrato persino la testa di cazzo.”
Harry, che se n’era stato zitto e buono fino a quel
momento, scattò su come una molla e fece qualche passo verso di lei
puntandole un dito contro visibilmente furioso. “Ehi stammi bene a
sentire, sarò anche stato un deficiente a farmi
prendere in giro un’altra volta da te ma almeno sono stato onesto! Non
sono io quello stronzo qui, non sono io che dopo aver
dormito con un altro uomo me ne torno da mio marito come se nulla fosse!”
Ginny rimase a bocca aperta. “Cosa
pretendi che faccia? Che lasci Mark solo per… per una notte passata insieme? Harry,
quella è la mia famiglia!”
“Una famiglia dalla quale cerchi di scappare ogni
giorno! Per favore, non prenderti in giro da sola!”
Lei rimase un attimo ferma a
fissarlo, poi come se non avesse sentito quello che le aveva appena detto
raccolse la borsa da dietro il divano e si diresse verso la porta. “Devo
andare adesso.”
Lanciò un ultimo sguardo a Ron e Hermione prima di
chiudersi la porta alle spalle e lasciare i tre nel completo silenzio. Harry se
ne uscì con un’imprecazione incamminandosi verso la camera mentre
Ron e Hermione si scambiarono uno sguardo imbarazzati.
“Restate pure quanto volete.” Arrivò la
voce di Harry dall’altra stanza. “Tanto me ne starò buono in
camera per il resto della giornata.”
*
Erano già passati quattro giorni da
quando era successo l’inevitabile a casa di Harry. Tutto era
tornato alla normalità. Alla monotonia, come avrebbe
detto Ron. Semplicemente svolgevano il loro lavoro come avevano sempre
fatto. Efficienti. Svelti. Senza una parola di troppo.
Harry aveva più volte visitato Ron a casa sua, e
l’amico non aveva esitato a farlo entrare. Non dopo quello
che era successo. Non dopo Ginny. Harry si limitava a sorridergli riconoscente
e sedersi al tavolo aspettando di bere qualcosa insieme a
lui.
Lavanda non si era scomposta nemmeno quella sera quando avevano bussato alla porta e, andandoad aprire, si era trovata Harry davanti
che la salutava con un cenno della mano. Si scostò per lasciarlo passare
e Ron lo accolse con una pacca sulla spalla. Quando si
fu allontanato Lavanda si chinò appena verso di lui.
“Si può sapere cosa succede?”
Ron alzò un sopracciglio. Ipocrita. “Niente. Cosa vuoi che sia successo? Perché
deve essere successo qualcosa?”
Lavanda chiuse la porta e
guardò verso la cucina facendo attenzione a non essere sentita da Harry
che aspettava seduto al tavolo. “Ron, è la quarta sera di fila che
Harry viene a farti un saluto.”
“Si sentirà solo.”
Lei si limitò a fissarlo negli occhi, come se
cercasse di capire se le stesse mentendo. Gli occhi di Ron rimasero
trasparenti, come sempre. Non stava mentendo. Harry si sentiva solo e questo
era un dato di fatto. Se solo Lavanda si fosse
soffermata un attimo prima su quegli occhi.
Ron fece per andare dall’amico ma
la mano di Lavanda lo tirò per una manica facendolo voltare di nuovo
verso di lei. La vide mordersi un labbro, incerta. “Non mi stai nascondendo qualcosa, non è vero?”
Mentire. Non era la prima volta che mentiva, da piccolo lo
aveva fatto tante volte con sua madre. Coi suoi
fratelli. Piccole bugie, a volte a fin di bene. Era la prima volta che si
trovava a mentire a lei così spudoratamente. E
lo fece. Mentì. “No, niente.”
La mano di Lavanda lo lasciò andare lentamente e
schiaritosi la gola si avviò verso la cucina, sentendo ogni passo farsi
sempre più pesante, il peso del senso di colpa. Lo schiacciava. Sentiva
lo sguardo di Lavanda, di sua moglie, sulla schiena e fece di tutto per non
voltarsi e urlarle tutta la verità. Urlare che era un
verme, che l’aveva tradita. Che
l’aveva tradita per amore.
Harry lo guardò e gli sorrise
appena. “Come stai?”
Ron scosse la testa prendendo due bicchieri dalla dispensa.
“Uno schifo. E’ snervante dover lavorare con lei senza poter…
senza poter far niente.”
“Guardala dal lato positivo.”
Disse Harry facendo alzare la testa a Ron che già lo stava servendo.
“Tu la vedi.”
Ron sospirò e si umettò un labbro. Per un
attimo il suo sguardo chiaro volò a Lavanda, lontana
nell’ingresso, e di nuovo su di lui. Si toccò la fede con il
pollice. “Pensi davvero che sia positivo?
Questo…” Indicò la fede. “… dovrebbe impedirmi
di fare parecchie cose che invece sto continuando a fare.”
Harry piegò la testa da un lato e fece spallucce.
“Sei solo un uomo, la carne è debole… come si è
visto.”
Ron strinse le labbra in una linea continua. “Non sai
le cazzate che ho dovuto rifilare a Mark di recente.” Harry lo
guardò improvvisamente interessato. “Ginny ha fatto come le avevo
detto, lui non se l’è bevuta minimamente.
Ho cinque fratelli e una madre ossessiva, perché tra tutte queste
persone avrei dovuto pescare Ginny che è l’unica
che deve occuparsi di figli e famiglia?”
“E allora? Cos’è
successo?”
“E’ successo che si è presentato qui
l’altra mattina. Ringrazio ancora che Lavanda non fosse
a casa.”
Harry sorrise appena. “Tutto questo mistero non ti
ricorda qualcosa?”
“Intendi dire mentire per salvarsi le chiappe?”
Ron rispose con un altro sorriso. “Sì, ma di solito dovevo farlo
con un insegnante, il che rendeva la cosa estremamente
più divertente.”
“Già…”
Dal fondo dell’ingresso qualcuno bussò alla
porta. Harry e Ron si guardarono
curiosamente, dagli occhi confusi dell’amico Harry
capì che non aspettava altre visite. Il passo svelto di Lavanda
risuonò per il corridoio e i due uomini tesero le orecchie. La voce
sorpresa di Lavanda arrivò qualche secondo dopo.
“Oh, Hermione!”
Ron gelò sul posto. Non
c’è niente di più freddo di una scarica di
adrenalina che ti penetra nelle ossa. Si scambiò uno sguardo
allarmato con Harry, entrambi balzarono
in piedi e si affacciarono alla soglia della cucina quanto bastava per poter
vedere chiaramente le due donne. Hermione li fissò per qualche secondo, poi abbassò la
testa umettandosi un labbro.
Lavanda la fece entrare. “Che
bella sorpresa! Come mai da queste parti?”
Hermione mandò un fugace
sguardo a Ron e ingoiò il vuoto.
“Io… ho cercato di fare finta di nulla ma
non ce la faccio più, devo confessare. Ho bisogno che tutti sappiano cosa sta succedendo.”
Lavanda aspettò quiete ma
con un sorriso le fece cenno di andare avanti, alle sue spalle Ron scoteva la testa freneticamente, gli occhi gli stavano
uscendo dalle orbite. Hermione aprì la bocca
per parlare ma non ne uscì alcun suono. Doveva
dirlo. Il senso di colpa l’avrebbe uccisa.
“Avanti Hermione, cosa devi
dire?” La incitò Lavanda.
Lei passò lo sguardo da Ron
a Harry e sputò fuori. “Io e Harrystiamo insieme.”
I due uomini spalancarono gli occhi, Harry soffocò quasi. Lavanda, al contrario,
dopo un momento di pura incredulità si voltò verso di lui con un
sorriso enorme tutta eccitata. “Harry! E’
la verità?”
Harry si schiarì la gola.
“Beh, io…” Sorrise, cercando di essere
più naturale possibile. “Sì. Sì, è vero. Ma Hermione, credevo avessimo deciso di dirglielo insieme.”
Lei si avvicinò a lui con un sorriso gentile e
posò una mano sul suo braccio mettendosi al suo
fianco, Harry le passò un braccio attorno ai
fianchi e le baciò la fronte, Hermione lo
guardo pienamente riconoscente. “Lo so, ma sapevo
che eri qui e ho pensato… non sei arrabbiato, vero?”
Harry scosse la testa
accarezzandole i capelli. “Perché dovrei
esserlo? Devo ammettere che anche io non ce la facevo
più a tenere tutto nascosto a Ron, è il
mio migliore amico.”
Ron sorrise sforzatamente guardandoli, sentendosi veramente un
ipocrita da manuale. Lavanda li guardò con puro
affetto, il suo sguardo si addolcì. “Oh, Ron, non sono carini?”
Ron annuì. “Certo,
congratulazioni ragazzi! Meritate davvero quello che abbiamo…” Mandò uno sguardo alla moglie con un sorriso.
“…io e Lavanda.”
“Bugie e
finzione?” Sussurrò Harry in modo
che solo Ron potesse sentire, per tutta risposta Ron gli rifilò un calcio negli stinchi stando ben
attento a non farsi notare da Lavanda. “Grazie, sono felice che tu
approvi!”
“Con una notizia così bisogna festeggiare!
Aspettatemi qui, vado in cantina a vedere se trovo quel vino buono che ci hanno regalato lo scorso natale.”
Tutti e tre sorrisero e annuirono. Non appena la chioma di
Lavanda scomparve dalla loro vista il sorriso
svanì. Harry li guardò male entrambi e
sospirò sconsolato scotendo la testa, Hermione
si umettò un labbro abbassando lo sguardo.
“Grazie mille per avermi messo in mezzo.”
Ron si passò una mano sulla
faccia. “Ma dico sei impazzita?! Come diavolo ti
è saltato in mente di presentarti qui, e per dire tutto a mia moglie
poi! Ma non eri tu quella che diceva che dovevo
smetterla di vederti per rimanere al suo fianco?”
“Mi dispiace.” Mormorò. “Io non so
cosa mia sia preso, ero a casa da sola e ho pensato che invece lei era qui con te e può… lei può averti
quando le pare. Penso, sì insomma, penso di essere diventata un
po’ gelosa.”
Lui la fissò a bocca aperta. “Cero che
può avermi quando le pare, è mia moglie!
Dannazione Hermione…” Sospirò.
“… credi che io non voglia stare con te ogni momento della
giornata?”
Harry si schiarì la gola
richiamando la loro attenzione, con ancora un braccio attorno adHermione alzò un
sopracciglio. “Scusate se vi disturbo ma cosa avete intenzione di fare
adesso, esattamente? Lo chiedo solo perché adesso ci siamo dentro in tre, così mi regolo anche io.”
Ron li fissò. “Harry, ho bisogno di te.”
Lui spalancò gli occhi. “Non vuoi davvero che
finga di stare con Hermione?!”
“Hai qualcosa di meglio? Ormai la frittata è
fatta, se vi lasciate subito Lavanda si insospettirà.
Facciamo durare questa cosa per un po’ e poi…”
“…e poi le dirai la
verità?” Chiese Hermione perplessa. Ron non rispose. Lei sospirò voltandosi verso Harry. “Non ti dispiace, vero?”
“Meglio con te che con un’altra, per lo meno i
gesti affettuosi verso di te verranno naturali.”
Si voltò vero Ron. Un altro sguardo.
L’ennesimo. Cosa sarebbe l’amicizia senza uno
sguardo pieno di parole. “Mi devi un favore enorme.”
Ron sospirò.
“Grazie.”
“…Amore, puoi venire giù a darmi una
mano? Non riesco a trovare quella bottiglia.”
Ingoiò il vuoto. Chiuse gli occhi e come un attore
cercò di entrare nella sua parte, il marito perfetto che va ad aiutare la moglie in difficoltà. Si faceva
sempre più schifo. Con un ultimo sguardo ai due amici si
incamminò lungo l’ingresso.
“Arrivo amore.”
*
*vergognising*
era un tempo sovraumano che non postavo questa ff, me si vergogna da morire!! Il punto è che ero partita bene con l’ispirazione ma poi se
n’è andata tutta di colpo… eh, non sono più quella
d’una volta, sto invecchiando!
Il punto è che son anche sempre di corsa, e già non ho tempo di
scrivere NTE3, figuriamoci questa che mi devo impegnare a far uscire
l’ispirazione -_____-“ sono un disastro!!
Abbiate pazienza, spero il chap vi piaccia comunque!
How many times?
How many lies?
How long you've been sneaking?
How long you've been creeping around?
How many lies?
How many times?
Were you here deceiving
When I was here believing in you
How
many times, how many lies – Pussycat dolls-
Si erano messi in un bel casino. Un casino di quelli enormi,
da cui non puoi uscire perché sono solo a senso unico e tornare indietro
ti costerebbe più caro di quanto non sia andare avanti. Erano spacciati.
Il trio era tornato, come sempre, a condividere un segreto che li avrebbe
portati in guai seri.
Ron fissò il soffitto senza espressione mentre
Lavanda, appoggiata al suo petto nudo, lo accarezzava lentamente con un bel
sorriso sulle labbra rosee. Era lì, su quel letto, con sua moglie che lo
coccolava. E in realtà non c’era. Avrebbe voluto esserci, ma non
era lì con Lavanda in quel momento.
“E’ carino che Harry e Hermione si siano
ritrovati dopo tutto questo tempo. A cena sembravano davvero felici. Harry era
così solo, mi sento quasi sollevata che abbia trovato qualcuno con cui
stare.”
Ron ingoiò il vuoto e si mosse appena irrequieto.
“Sì, però Lavanda… non c’è bisogno di
invitarli ogni domenica, davvero. E’ un mese che non facciamo
altro.”
Lavanda smise di accarezzarlo e si tirò su, su un
gomito, guardandolo stupita. “Oh, pensavo che ti facesse piacere stare
con i tuoi amici.”
“Non è questo è che…” Si
umettò un labbro. “Non c’è bisogno di invitarli a
cena. Vedo Hermione tutti i giorni in ufficio e Harry passa a fare un saluto
due volte al giorno. Davvero, non c’è alcun bisogno.”
Gli occhi azzurri di Lavanda lo fissarono persi e
annuì appena. “Va bene.”
Ron le sorrise e la fece stendere di nuovo al suo fianco
baciandole la fronte in modo affettuoso. “Non è che non apprezzi
ciò che fai per me, Lavanda, è stato molto carino da parte tua.
Ma conoscendo quei due penso anche che vorrebbero passare la domenica sera da
soli.”
Lei ridacchiò accarezzandogli una guancia.
“Sai, adesso che mi ci fai pensare penso che anche io preferirei passare
la domenica sera da soli.”
Ron sforzò un sorriso. Verme. Era solo un viscido verme.
Draco Malfoy a confronto era un angioletto.
“Certo.”
Lavanda lo baciò su una guancia. “E poi questa
settimana li vedremo a cena comunque, tua madre li ha invitati venerdì
alla Tana.”
“Mia madre… cosa?!”
Ron balzò a sedere sul letto così velocemente
che per un momento vide tutto nero. Fissò Lavanda con gli occhi fuori
dalle orbite, non poteva credere alle sue orecchie.
“Tu hai detto a mia madre di Harry e Hermione?!”
Lavanda lo guardò basita. “Sì, siamo
entrate in argomento… tesoro, qual è il problema
esattamente?”
Ron cercò velocemente qualcosa da dire.
Improvvisamente un pensiero ancora più terrificante gli passò per
la mente. “Ginny e Mark sono invitati alla cena?”
Lavanda esitò. “Io… penso di
sì.”
Ron scostò le coperte di lato e si alzò in piedi
cominciando a rivestirsi velocemente. Zoppicando si infilò i pantaloni e
cercò una maglia da infilarsi. Lavanda era incredula e lo guardava ad
occhi spalancati e la bocca semiaperta.
Ron la precedette. “Devo andare da Harry… devo
avvertirlo… vedere Ginny, così presto… devo andare.”
Lavanda si alzò dal letto tenendo le lenzuola ancora
attorno al corpo senza smettere di fissarlo attonita mente si dirigeva verso la
porta. “Ron, ma cosa… Ron!”
Ma Ron si era già chiuso la porta alle spalle.
Lavanda rimase immobile al centro della stanza a fissare la porta. Se
n’era andato. E lei come al solito rimaneva lì. Da sola.
*
Ron entrò trafelato nel portone e salutò Kessy
che gli rivolse un sorriso, in meno di un secondo salì le scale fino a
raggiungere la ormai conosciuta porta. Bussò urgentemente e
imprecò che l’amico venisse a rispondere in fretta. Dovette
bussare ancora due volte prima che gli venisse aperto.
Harry venne ad aprire lasciando solo un piccolo spiraglio,
Ron notò indossava solo dei boxer e non aveva gli occhiali sul naso.
Spalancò gli occhi verdi quando lo vide.
“Ron!”
Ron spalancò la porta entrando
nell’appartamento e si passò una mano tra i capelli. “Harry,
mi dispiace se stavi dormendo ma abbiamo un problema, e stavolta ce lo abbiamo
tutti e due.”
Harry guardò ansioso verso la fine del corridoio.
“Senti, non è proprio il momento adatto.”
“Non capisci! Questo non può proprio aspettare!
Non c’è niente che possa essere più importante di
questo!”
“Ron, per favore…”
“Harry, chi era alla porta?” Ron si gelò
sul posto sentendo quella voce alle sue spalle e quando vide impallidire
l’amico non ebbe più alcun dubbio. Si voltò di scatto
trovandosi davanti Ginny con una camicia che di certo non apparteneva a lei che
lo fissava a bocca aperta senza sapere cosa dire.
Con uno scatto improvviso e furioso si voltò di nuovo
verso Harry e alzò la voce esasperato. “Che diavolo stai
combinando con mia sorella?!”
Harry gli fece cenno di abbassare la voce disperato e
sospirò. “Mi dispiace, volevo dirtelo ma…”
“Ma cosa?!” Fece Ron allucinato mandando un
fugace sguardo a Ginny che aveva preso a guardarsi la punta dei piedi
mordendosi un labbro. “Da quanto va avanti?”
Ron spalancò gli occhi e si voltò verso Ginny.
“Ma tu non te ne eri andata incazzata nera?!”
Lei alzò appena lo sguardo per poi riabbassarlo un
secondo dopo. “Sono tornata dopo qualche giorno.”
“E i bambini?”
Ginny si morse un labbro voltando la testa. “Sono da
mamma. Le ho detto che sto facendo degli extra a lavoro.”
Ron scosse lentamente la testa. “Oh,
Ginny…”
“Non guardarmi in quel modo, Ron, non te lo permetto.
Sei un uomo sposato e vai a letto con un’altra donna, non ti permetto in
nessun modo di giudicarmi. Sei proprio la persona meno indicata.”
Ron si umettò un labbro e annuendo andò a
sedersi sul divano sospirando, il capo basso. Errori. Uno dopo l’altro.
Tanti errori che stavano cambiando le loro vite monotone.
Harry si mosse a disagio. “Cos’era questa cosa
tanto importante che dovevi dirmi?”
Tirò su la testa di scatto. Come aveva potuto
dimenticarlo? Un errore dietro l’altro, era una catena che sembrava non
finire più. Senza uscita.
Esitò un attimo, più per preparare se stesso
che Harry. “Hai accettato un invito a cena da mia madre venerdì
sera.”
Harry parve preso in contropiede, per un attimo non
riuscì a capire cosa c’entrasse con tutta quella faccenda, poi
sentì Ginny sospirare al suo fianco e la vide passarsi una mano sul viso
prima di fissare gli occhi nei suoi. “Harry, non lo sai che
venerdì sera è cena con la famiglia?”
Ron scosse la testa. “E non è tutto
Ginny…” Si voltò verso Harry. “Lavanda ha detto a mia madre
di te e Hermione, devi venire con lei.”
Harry sospirò e fissò Ron duramente.
“Questa gliela spieghi tu!”
Ron roteò gli occhi. “Harry sta fingendo di
stare con Hermione per me. Andava bene così?”
Harry gli lanciò un’occhiataccia ma non disse
nulla, al contrario Ginny li fissò stralunata e si sedette al fianco del
fratello stirandosi la camicia sulle cosce. Rimase un po’ in silenzio
come se stesse cercando di ricollegare tutto.
“No, aspetta un minuto. Tu sei sposato con Lavanda e
vai a letto con Hermione, io sono sposata con Mark e sto con Harry e Harry e
Hermione fingono di stare insieme?! Cosa mi sono persa?”
“E’ una lunga storia.” La liquidò
Ron. “Il problema è che venerdì saremo tutti a cena a casa
di mamma… beh, a dire il vero il problema non si pone perché io
ero venuto qui per dire a Harry che ci saresti stata anche tu, ma dato che sei
qui… insomma, basterà che… che…”
“Che facciamo tutti i bugiardi.” Concluse Harry
per lui, annuendo.
“Ehi! Non è carino detto così!”
“Ma è la verità e tu lo sai!”
Disse puntandogli un dito contro. “Tu ci hai messo in questo casino e
adesso siamo tutti costretti a mentire per te!”
Ron lo fissò incredulo. “Ah beh, certo! Se non
fosse per me sono sicuro che saresti andato a dire a Mark che ti scopi sua
moglie, come no!”
Ginny si mise in mezzo dividendoli. “Ok, adesso basta.
Abbiamo… abbiamo fatto un errore, tutti quanti, è vero ma litigare
non ci porterà da nessuna parte.”
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo e sospirarono.
“Cosa proponi?”
Lei si passò una mano tra i capelli.
“Temporeggiare.”
*
La cena era più silenziosa del solito, né il
trio né Ginny si era azzardato a dire una sola parola da quando si erano
messi a tavola e Molly guardava sospettosa da uno all’altro cercando di
capire cosa non andasse. Lavanda guardò il piatto, ancora pieno, del
marito e alzò preoccupata lo sguardo su di lui.
“Tesoro, non ti senti bene?”
Ron non si mosse, rigirò l’orlo della tovaglia
tra le dita guardando dritto davanti a sé. “No, penso… penso
di avere un po’ d’influenza.”
Molly si alzò in piedi scotendo la testa e si diresse
in cucina. “Te l’avevo detto io che quell’impermeabile era
troppo leggero per vivere a Londra. Non mi dai mai ascolto.”
“L’impermeabile va benissimo, mamma.”
Disse apaticamente.
Ginny lo fissò impotente e sforzò un sorriso
verso gli altri. “Allora Hermione, come va il lavoro? Ron ci ha detto che
con te nella squadra vi siete molto avvantaggiati.”
Hermione sorrise appena. “Diciamo che non è
cambiato niente da quando andavamo ad Hogwarts, io faccio il lavoro e Ron si
prende il merito.”
La rossa ridacchiò appena e Lavanda alzò un sopracciglio
verso il marito che non ebbe nessuna reazione. Damian, che non aveva ascoltato
una sola parola di tutto il discorso, si dondolò sulla sedia leccandosi
un dito.
“Dopo cena possiamo giocare a Sparaschiocco,
Harry?”
Harry alzò la testa su di lui, sorpreso. Sia Ginny
che Mark voltarono la testa verso di lui, la prima senza sapere cosa dire e
l’ultimo evidentemente sorpreso e con la fronte corrucciata. Harry
sorrise cercando di non deludere il bambino. “Se per mamma e papà
va bene.”
“Possiamo mamma?” Chiese speranzosa Libby affiancata
dal fratellino che sfoderò i suoi occhioni da cucciolo.
Ginny si voltò appena verso Mark che la fissava alla
ricerca di una spiegazione e annuì con un sorriso leggero. “Certo,
ma senza far stancare troppo Harry. E alle nove e mezza vi voglio a letto tutti
e due.”
I bambini gioirono entusiasti e Mark si voltò
minaccioso verso Harry. “Da quando esattamente giochi con i miei
figli?”
Tutti si voltarono verso di lui, Ron sospirò afflitto
e Ginny si morse un labbro. Harry, dopo un momento di confusione, sorrise di
nuovo cordialmente cercando di non portare tempesta. “A volte quando Ron
e Lavanda sono troppo impegnati lasciano Libby e Damian da me.”
“Perché io non ne sapevo niente?”
Ginny alzò le mani. “Non guardare me, Mark, io
l’ho scoperto solo qualche giorno fa.”
“E’ colpa mia.” Disse Ron annuendo.
“Temevo che Ginny si sarebbe arrabbiata a sapere i suoi figli con Harry,
ma non potevo fare altrimenti sono state urgenze sul lavoro e Harry era
l’unico a cui potevo affidarli.”
Arthur si intromise alzando per la prima volta la testa dal
piatto. “Potevi portarli qui.”
“Ci ho provato.” Annuì Ron guardando i
bambini con un sorriso furbo. “Ma dopo la prima volta che sono stati con
Harry non hanno più voluto saperne di venire alla Tana.”
Harry arrossì sotto lo sguardo di Molly e Arthur.
“Oh è solo per via dei giochi, Libby si diverte a
pettinarmi.”
Ginny ridacchiò appena ma ammutolì per
l’occhiata che le rivolse Mark. Un improvviso rumore sul fondo della
tavola li riscosse, tutti si voltarono verso Hermione che aveva lasciato la
forchetta sul piatto facendo un gran fracasso e si teneva saldamente al tavolo
con le mani. Molly si alzò in piedi allarmata.
“Oh per l’amor del Cielo, Hermione cara, stai
bene?”
Hermione si portò una mano alla tempia cercando di
riprendersi. “Sì, è tutto a posto… solo un
mancamento…”
Lavanda si passò una ciocca bionda dietro
l’orecchio. “Vuoi che chiamiamo un dottore? Sicura di star
bene.”
“No, davvero non c’è alcun bisogno…
mi succede spesso ultimamente, non…”
“Ti succede spesso?” Saltò su Molly.
“Oddio, Arhur chiama qualcuno! Potrebbe sentirsi male di nuovo!”
“No, no, io…” Hermione espirò
profondamente reggendosi la testa tra le mani e sospirò afflitta.
“… sono solo incinta.”
Ci fu un attimo di silenzio. Incinta. Ginny mandò uno
sguardo di puro terrore a Ron. Incinta. Ron e Harry si scambiarono uno sguardo
disperati. Incinta. Lavanda e Molly la fissarono allibite. Incinta.
Ron parlò con voce strozzata. “Tu… tu sei
che cosa?!”
“Incinta, Ron.” Lo fissò Hermione.
“Sono incinta.”
Errori. Uno dopo l’altro.
“A-anche tu?”
Hermione fissò Lavanda quasi come se qualcuno le
avesse tolto il respiro. Si voltò a fissare Ron, che a sua volta stava
fissando Lavanda a bocca aperta e lo vide di nuovo portare lo sguardo su di
lei. Ron affondò il viso tra le mani. Era impossibile.
Harry e Ginny si scambiarono uno sguardo. Mark sembrò
sorpreso. “Oh,
congratulazioni Harry. Ron.”
Harry
sospirò. “Grazie.” Alzò gli occhi
sull’amico. “Già… congratulazioni Ron.”
Ron non seppe più che fare, gli veniva quasi da
piangere. Si guardò intorno, guardando tutti uno per uno e decise. Era
il momento di farla finita, tutta quella storia doveva farla finita. Scosse la
testa chiudendo gli occhi.
“Il bambino di Hermione non è di Harry.”
Ginny e Harry trattennero il respiro, Hermione lo
fissò con gli occhi sgranati mentre gli altri lo fissavano increduli.
Lavanda lo guardò senza capire.
“Amore, ma che stai dicendo?”
Ron si voltò verso Lavanda mortificato. “Mi
dispiace.”
Lavanda si voltò verso Hermione, che evitò il
suo sguardo imbarazzata, e di nuovo verso Ron. “Ron…”
Ci sono momenti nella vita di un uomo che andrebbero freddati
HI
MUM, THIS IS MY BOSS
10. Flatness
It's the simple things in life we forget
You hear her talkin' but don't hear what she said
Why do you make something so easy so complicated?
Searching for what's right in front of your face
But you can't see it
Simple things- Usher
Ci sono momenti nella vita di un uomo che andrebbero
freddati. Fermati per qualche attimo. Ibernati. Giusto il tempo di fermarsi a
riflettere, capire cosa fare e scongelarli. Ma ci sono momenti nella vita di un
uomo in cui non basterebbero millenni per capire come reagire. Per risolvere i
problemi. Non ci sono soluzioni. Solo scelte. A volte obbligate.
Come la sua. Era rimasto a fianco di sua moglie. Incinta.
Però aveva lasciato la sua amante. Incinta. Qualunque cosa avesse fatto
sarebbe comunque rimasto dell’idea di aver fatto la scelta sbagliata.
Perché quella situazione era tutta sbagliata.
Fissò il profilo di sua moglie mentre si cambiava per
infilarsi il pigiama. Lo sguardo cadde sulla sua pancia, così piatta e
morbida. Non poteva pensare che là dentro ci fosse un bambino. Si morse
un labbro sprofondando nel cuscino e aspettò che lei lo raggiungesse.
Sentì il letto piegarsi sotto al suo peso leggero ma
non la sentì accoccolarsi al suo fianco come al solito. Le ferite sono
lente a rimarginarsi. Si schiarì la gola.
“Hai avuto una buona giornata?”
Lavanda sospirò pesantemente. “Sì, solo
un po’ stancante.”
“Bene.”
Bene. Bene non andava proprio niente.
“E tu?”
Ron ripensò alla sua giornata in ufficio, Hermione
aveva preso una settimana di ferie da quella sera e non l’aveva
più vista. “Harry è passato a salutare in ufficio oggi. Sta
passando un momento difficile.”
“Già, immagino che la rottura con Hermione sia
stata dura per lui.” Disse ironicamente Lavanda mandandogli
un’occhiata di sfuggita.
Ron la fissò e chiuse gli occhi.
“Lavanda…”
“Per favore Ron, non dire niente.”
Rotolò su un fianco dandogli le spalle e la luce sul
suo comodino si spense. Ron sospirò pesantemente e sistemò le
coperte prima di spengere la luce anche dalla sua parte del letto. Anche tra il
buio continuò a tenere gli occhi aperti, puntati contro il soffitto
quasi stesse cercando di perforarlo con lo sguardo.
Stava quasi per rassegnarsi ad avere una notte insonne con
mille pensieri in testa quando la voce di Lavanda gli arrivò alle
orecchie leggera e sfinita.
“Dopo tutto quello che ho sopportato per te, Ron,
pensavo di meritare almeno… almeno…”
Ron si voltò verso di lei di scatto. “Io ti amo
ancora.” Disse in fretta. “Solo…”
Lavanda rotolò di nuovo su un fianco per lanciargli
uno sguardo. “Solo sono sempre la numero due, non è vero? Lo sono
sempre stata.”
“Possiamo non parlarne più?”
Lavanda sospirò. “Certo, come vuoi.”
Si girò
di nuovo dandogli le spalle. Ron fissò la curva della sua schiena
umettandosi un labbro prima di rotolare su un fianco e passarle un braccio
attorno ai fianchi stringendosi a lei. Posò la guancia contro la sua tempia
per un attimo, senza dire nulla. Rafforzò la presa sui suoi fianchi.
“Mi dispiace. Mi dispiace avrei dovuto dirtelo subito,
avremmo dovuto parlarne tra di noi. Non ne parliamo più, sono sposato e
lo rispetto. Sono qui con te adesso, non c’è niente di cui
preoccuparsi.”
“E’ incinta, Ron.” Fece lei con il respiro
pesante. “E’ incinta. E’ incinta di un bambino tuo. Come
pensi che possa dimenticare tutto e fingere che tutto vada bene? Sei sposato ma
sei anche un padre adesso, e hai responsabilità differenti. Vorrei tanto
proibirti di vederla ancora, Ron, ma come posso proibirti di stare accanto a
tuo figlio?”
Ron si strinse a lei affondando la faccia nell’incavo
del suo collo. “Tu sei troppo buona con me. Questo è sempre stato
il tuo più grosso sbaglio. Me le hai sempre perdonate tutte.”
“Forse.” Sospirò stanca. “Il tuo
è sempre stato quello di aver fatto il coglione, però.”
“Perché stai con me, Lavanda, perché hai
continuato a starmi accanto per tutti questi anni dopo quello che ti ho
fatto?”
La voce di Lavanda uscì strozzata. Un sussurro. Un
singhiozzo. “Perché ti amo, Ron.”
Rimasero un attimo in silenzio fino a che Lavanda non
tirò su col naso e si voltò sciogliendosi dall’abbraccio.
Ron giurò di averla vista mentre si asciugava gli occhi dalle lacrime.
“Adesso dormi, domattina ti devi alzare presto.
Buonanotte.”
Ron la fissò con un groppo alla gola.
“Buonanotte.”
**
Ron si rigirò tra le mani la penna guardando il
foglio sotto di sé. Lo stesso foglio. Da almeno mezz’ora. La
verità è che stava aspettando impaziente che Hermione entrasse
nel suo ufficio. Voleva vederla. Voleva sapere come stava. Voleva lei.
Una nuvola nera dal camino lo fece sobbalzare. Qualcuno
tossì. Piano piano dal nuvolone di fuliggine venne fuori Harry.
“Non hai proprio intenzione di pulirlo quel coso,
eh?”
Ron fece un mezzo sorriso. Gli fece cenno di sedersi. Non ce
la faceva proprio a sorridere sincero quel giorno.
“Che mi racconti di nuovo?”
Harry si sedette precario, lo fissò un po’
cercando di capire se fosse aria. Ron si spaventò, Harry non gli
lanciava mai uno sguardo del genere se non era qualcosa di grosso. Si
schiarì la gola mettendosi dritto e si passò una mano tra i
capelli tutti in disordine.
“Ginny… lei… ha lasciato Mark.”
Ron spalancò la bocca incredulo. “Ha
lasciato… e tu come diavolo fai a saperlo?”
Harry esitò. Di nuovo. Brutto segno.
“Perché adesso vive a casa mia.”
“Lei… che cosa?!” Gli occhi di Ron
raggiunsero le dimensioni di due palline da tennis. “Ma come…?
Perché? E i bambini?”
Harry si rigirò le mani in grembo. Sistemò gli
occhiali sul naso. Sembrava cercasse di prendere tempo e cercare una risposta
degna. Alla fine sospirò. “Da quando… sì, insomma,
dalla cena a casa di tua madre Mark si è insospettito. Da lì le
cose sono andate sempre peggio. Abbiamo evitato di vederci per giorni, poi due
giorni fa si è presentata sulla soglia di casa mia in lacrime. Ci sono
voluti dieci minuti buoni per farla calmare ma poi mi ha detto di aver
raccontato tutto a Mark, che non ce la faceva più e che avevano litigato
furiosamente.”
Ron lo fissò sconvolto. Sorpreso. Semplicemente
allibito. Non aveva ancora risposto alla domanda che più gli premeva.
“I bambini?”
“Stanno bene.” Rispose Harry tranquillo.
“Anche loro sono a casa. Libby passa metà del tempo a cercare di
pettinarmi i capelli.” Disse con un sorrisino. “Non credo che
abbiano capito bene la situazione.”
Ron alzò un sopracciglio. “Qualcuno di voi si
è preso la briga di spiegarglielo?”
Harry assunse un’aria colpevole.
“No…”
“Beh, allora non credo che abbiano capito.”
Rimasero in silenzio. Harry alzò colpevole gli occhi
su di lui ancora una volta. “Non avercela con me, Ron. Tu fra tutti
dovresti capirmi in una situazione come questa. Io la amo. L’ho sempre
amata.”
Ron sospirò e annuì. “Lo so.”
Qualcuno bussò. Sia Ron che Harry voltarono lo
sguardo verso la porta. Hermione fece capolino qualche secondo dopo. Si mordeva
un labbro.
“Signor Weasley, le ho portato il lavoro della
settimana scorsa.”
Ron si mise dritto guardandola bene. Avrebbe così
voluto alzarsi e abbracciarla. Confortarla. Farle sapere che era lì con
lei. Si limitò a fare un cenno col capo.
“Bene, grazie. Può lasciarlo sulla mia
scrivania.”
Hermione entrò con passo indeciso, posò i
fogli sulla scrivania facendo un debole sorriso a Harry. “Ciao
Harry.”
Lui rispose con un sorriso altrettanto amaro.
“Hermione.”
Se ne andò lasciandoli di nuovo da soli. Ron
rilasciò il fiato facendo crollare la testa sulla scrivania e Harry lo
guardò con affetto. “Beh, non eri tu che ti lamentavi di quanto monotona
fosse la nostra vita?”
**
Quella sera Ron esitò qualche secondo davanti alla
porta. Stava cercando di ritardarsi il più possibile l’entrata in
quella casa. Verso una vita che non sentiva più sua.
Prese un bel respiro prima di girare la chiave nella toppa
ma quando l’aprì gli si presentò davanti una scena che non
avrebbe certo immaginato. Lavanda. In lacrime. Seduta sul bordo del letto.
Ron la fissò un po’ stupito e si
avvicinò fino ad arrivarle davanti. Un po’ sconcertato
cercò di parlare dolcemente. “Amore… cosa-”
“Non sono incinta.” Disse lei tra i singhiozzi.
La terra traballò. O forse era lui che aveva perso
l’uso delle gambe. Del corpo. La fissò qualche secondo a bocca
aperta senza riuscire a connettere.
Lavanda continuò alzando gli occhi di un azzurro
intenso su di lui. I capelli biondi le cadevano sulle spalle. Il suo viso
perfetto. Era bellissima. “Non sono incinta.” Ripeté.
“Sono andata dal medico per un controllo. E’ stato un falso
allarme. Non sono incinta.”
Ron la guardò ancora qualche secondo, preso in
contropiede. Si sedette accanto a lei e le passò un braccio attorno alle
spalle.
“Non… non fa niente, non c’è
bisogno di piangere. Sei ancora molto giovane, c’è ancora tempo
per…”
Lei si asciugò gli occhi. “Oh andiamo Ron, non
essere stupido. Non è per questo che sto piangendo.”
Ron la guardò, sapeva cosa stava per arrivare.
“Mi lascerai. Andrai da lei. Lo so, Ron, non sono
stupida. Lo so che sei rimasto con me solo perché pensavi che fossi
incinta.”
Lui non disse niente. Si limitò a fissarla.
La monotonia non era poi una così brutta cosa a
confronto.
**
-_____-“ come
sempre sono di fretta… scusatemi ma sto veramente morendo!
Cerco di fare del mio
meglio per aggiornare e non tenervi troppo senza ff, perdonatemi se non sempre
sono puntuale.
Leggo sempre le vostre
recensioni, sono bellissime e giuro che sono l’unica cosa che mi incita a
scrivere!
Spero che questo
periodo di caos mentale finisca presto, un bacio
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One step at a timeOne step a time- Jordin Sparks
Pioggia. Ancora pioggia. Eppure quella mattina non riusciva
a sorridere.
Era entrato in ufficio alle sette e mezzo dopo una notte
passata in bianco. Non aveva guardato in faccia nessuno. Erano le nove e ancora
non aveva visto nessuno. Se ne stava lì, fermo, dietro alla sua
scrivania a fissare la pioggia che sbatteva contro la finestra del suo ufficio.
La finestra incantata del suo ufficio.
Sospirò e abbassò la testa. La sua vita faceva
schifo. Lui si faceva schifo. Avrebbe solo voluto che il tempo potesse fermarsi
e rimanere così per sempre. Ma nemmeno un mago può fermare il
corso della storia.
Qualcuno bussò alla porta. Un tocco leggero. Lei. Entrò
senza dire una parola, con il suo solito passo sostenuto, e posò un
plico sulla scrivania del suo capo. Non accennò ad alzare lo sguardo, si
voltò e si diresse di nuovo verso la porta.
“Hermione…” La sua voce era uscita come un
sospiro ma lei l’aveva sentito benissimo. Si arrestò.
“… chiuda… chiudi la porta per favore.”
Hermione fece come le era stato detto e senza un’altra
parola si voltò verso di lui guardandolo per la prima volta dopo una
settimana. I suoi occhi erano spaventati.
“Signor Weasley, io…”
Ron si mise più dritto dietro alla scrivania e
sospirò solenne facendo cenno alla sedia vuota davanti a lui.
“Siediti.”
E lei si sedette, in tutta la sua compostezza. Si mordeva un
labbro, era nervosa.
“Lavanda non è incinta.” Buttò
fuori. Non avrebbe saputo dirlo in altro modo, non voleva girarci troppo
intorno. Non era mai stato bravo a fare discorsi. La vide alzare la testa di
scatto, sconvolta. “Era un falso allarme.”
Hermione schiuse appena la bocca. “Non è…
non è incinta?”
“No.”
Silenzio.
“Questo vuol dire...” Hermione sentì un
nodo alla gola. “… che c’è ancora…
speranza?”
Ron si passò una mano sulla faccia e la fissò.
“Lo vorrei. Tanto.” Distolse lo sguardo. “Hermione, non so
più che cosa fare. Tutto quello che voglio sei tu. Tutto quello a cui
penso sei tu. Ed è sbagliato. Ma sono umano.”
Hermione lo guardò determinata. “Tu vuoi che ti
dica di lasciare tua moglie, non è vero?” Ron ricambiò lo
sguardo. “Vuoi sentirlo dire da me, così da non sentirti uno
stronzo dopo.”
“Sono già uno stronzo, Hermione.”
“Lo sei.”
Ron si appoggiò su una mano. “Potremmo essere
felici io e te.”
Hermione abbassò la testa. “Lo so.”
“Io, te e … il nostro bambino.”
“E’ davvero la cosa più giusta da fare,
Ron?” Chiese lei scotendo la testa.
Ron si alzò in piedi lentamente e prese a camminare
per la stanza. “Cosa credi che sia giusto, Hermione? Vivere un matrimonio
senza amore? Lavanda sa tutto e nonostante sia disposta a perdonarmi, a stare
al mio fianco, non posso farle di nuovo del male. Non potrei mai dimenticarti,
neanche se tu non fossi incinta.”
“Ci vorrà del tempo, lo sai?” Fece lei
piano. “Per essere di nuovo felici. Completamente felici. Per non avere
rimorsi.”
Ron si voltò verso di lei e esitò qualche
istante prima di parlare. “Ginny adesso vive da Harry. Lo sapevi?”
Hermione spalancò gli occhi per un secondo. Solo un
secondo. Si ricompose in fretta.
“Vive… e i bambini?”
“Da Harry. Certo sia Libby che Damian non hanno ancora
ben capito la situazione, ma non sembrano così dispiaciuti di passare
del tempo extra con Harry.” Ron sospirò. “Non sono felici,
né Harry né Ginny, si stanno solo… riaccomodando”
Hermione non disse nulla. Lo fissò cercando di capire
dove voleva andare a parare.
“Nessuno ha detto che sarà facile.”
Riprese Ron. “Ma perché non tentare?”
Hermione si alzò dalla sedia. Camminò
lentamente verso di lui e in silenzio gli prese la mano. La strinse forte e lo
guardò negli occhi.
Perché non tentare?
**
Era davanti al portone di casa da almeno dieci minuti.
Rigirava le chiavi tra le dita in scatti nervosi. Come poteva entrare e dirle
che se ne andava via? Come poteva ferirla di nuovo? Lo avrebbe fatto. Aveva
deciso che lo avrebbe fatto. Gli serviva solo del tempo.
Sospirò abbassando la testa e tirò due calci
sullo zerbino. “Benvenuto.”. Dubitò altamente che Lavanda
gli avrebbe dato il benvenuto in quel momento. Si decise ad entrare ma appena
aprì la porta si trovò del tutto impreparato.
Lavanda era nell’ingresso, seduta su una piccola sedia
di legno presa dalla cucina. Davanti a lei un paio di valige. I loro sguardi si
incrociarono.
“Volevo aspettare che tu tornassi a casa
per…” La sua voce si spezzò.
Ron passò lo sguardo da lei alle valigie. Le valige.
Lei. Lei. Le valige. “Che stai facendo?”
“Me ne vado, Ron. Torno a vivere dai miei.”
“Non puoi!” Urlò facendola sobbalzare.
Entrò in casa e chiuse la porta alle sue spalle. “Lavanda, non sei
tu che devi andartene, sono io! Io sono lo stronzo della situazione! Io devo
fare le valige…”
Lavanda fece un sorriso amaro. “E dove pensi di
andare, Ron, da tua madre? Pensi davvero che ti lascerà in pace dopo
quello che è successo a cena l’ultima volta? E poi questa è
casa tua, era tua prima che ci sposassimo, prima che venissi a vivere
qui.”
Ron non seppe cosa dire. Sentiva la gola secca.
Lavanda si alzò voltando la testa da un lato.
“E avrai bisogno di posto per il bambino.”
“Lavanda…”
“Per favore, Ron, non dire niente.”
Un silenzio imbarazzato. Gli venne quasi da ridere. Non
capitava mai di stare in silenzio con Lavanda, non era nel suo DNA rimanersene
zitta da una parte. Ma adesso non c’era più niente da dire.
Con passo pesante Lavanda afferrò il manico della sua
valigia, poi l’altra e rialzò lo sguardo su Ron. Le mancavano le
parole.
“Allora… ciao Ron.”
Lui la fissò. Scosse la testa. “E’ stato
un errore.”
Lavanda fece di nuovo un sorriso amaro. “Se stai
parlando del nostro matrimonio, sì lo è stato.” Ron la
fissò sorpreso. “Se stai parlando di te e Hermione, no, non credo.
Sapevo che sarebbe andata così, lo sapevo fin dal primo giorno.”
“Come hai potuto sopportarlo, Lavanda?” Chiese
lui con rassegnazione.
“Ero la numero due.” Scrollò le spalle
lei. “Non sarei mai stata la numero uno, ma ero comunque la numero due.
Vedi, in fondo sono una donna che si accontenta di poco.”
“Non pensare che non ti ami, Lavanda.” Disse lui
facendo un passo avanti. “Perché ti amo e ti ho sempre
amato.”
Lei annuì. “Lo so. Ma non abbastanza.”
Di nuovo silenzio. Ron la fissò da capo a piedi e si
chiese come potesse amare due donne tanto diverse. Il sole e la luna. I capelli
biondi di Lavanda ricaddero sul suo petto mentre abbassava la testa.
“Non è un addio, vero?”
Lavanda alzò la testa di scatto. Lo fissò
presa alla sprovvista. Un sospiro e voltò la testa. “Dammi del
tempo, Ron… stavolta sono io a dover guarire.”
Ron annuì. “Ti darò tutto il tempo del
mondo. Ma non voglio che sia un addio.”
Lavanda non disse niente. Lo guardò un’ultima
volta, aprì la porta ed uscì. Ron si ritrovò solo in
quella casa, per la prima volta dopo anni. Si guardò attorno. Si sentiva
impotente.
*
Mezz’ora dopo si trovava davanti alla casa di
Hermione. Fissava la porta, la mano a mezz’aria e il dito indice teso
verso il campanello. Era lì da almeno dieci minuti e non aveva ancora
avuto il coraggio di suonare. Spostò lo sguardo sul campanello. Il suo
dito era a pochi millimetri dal pulsante. Lo tirò un po’ indietro.
“Ma che diavolo sto facendo…” Si disse tra
sé e sé.
Riportò il dito più vicino al pulsante. Non
aveva paura di confrontarsi con Hermione. Aveva paura dei suoi genitori. Cosa
avrebbe dovuto dire? Sapevano che Hermione era incinta?
Suonò.
Prese un lungo respiro e trattenne il fiato quando la
signora Granger venne ad aprire. Lei lo guardò piacevolmente sorpresa.
“Ron, che bella sorpresa!”
Ron sorrise brevemente. La sorpresa doveva ancora venire.
“Signora Granger.”
La signora lo fece accomodare in casa e richiuse la porta.
Ron si sentiva a disagio. Era ovvio che non sapevano niente. La signora Granger
continuava a sorridergli.
“Diventi più bello ogni giorno che passa.”
Commentò. “Non ci siamo visti molto durante questi anni, ma
ricordo quando eri ancora un ragazzino tutto pelle e ossa…”
“Già.” Tagliò corto Ron con un
sorriso nervoso. “Hermione?”
La signora Granger si avvicinò alle scale e
gridò verso il piano di sopra. “Hermione, hai visite!”
Hermione apparve in cima alle scale qualche secondo dopo.
Guardò Ron sorpresa e scese le scale andandogli incontro, senza smettere
un attimo di guardarlo. Si voltò verso sua madre e si morse un labbro.
Si schiarì la gola.
“Che mi sono persa?”
La signora Granger scosse la testa. “Niente, stai
tranquilla. Non ho spettegolato su di te.” Si voltò verso Ron e
ridacchiò. “Ultimamente è un po’ irrequieta.”
Ron rimase serio. “Temo sia per colpa mia.”
La signora Granger aggrottò la fronte e passò
lo sguardo da Ron a sua figlia. “Ci sono problemi a lavoro?”
Ron scosse la testa. “Non si tratta di lavoro.”
Hermione sospirò passandosi una mano sugli occhi. La
sua voce uscì quasi come un sussurro. “Dov’è
papà?”
La signora Granger ebbe il buon senso di non chiedere
niente. Si mosse allarmata e sparì dietro alla soglia del salone, verso
la cucina. Ne riemerse qualche minuto dopo, accompagnata dal marito. Il signor
Granger sembrava preoccupato, si avvicinò e posò una mano sulla
testa di Hermione.
“Cosa succede, tesoro?”
Hermione si morse un labbro e gesticolò verso Ron.
“Papà, ti ricordi di Ron, il mio… capo?”
Ron allungò la mano verso al signor Granger che
gliela strinse con un sorriso. “Sì, certo che mi ricordo. Come va,
Ronald?”
“Ho vissuto momenti migliori.” Disse
sinceramente.
La signora Granger aggrottò la fronte verso Hermione
che se ne stava tesa da una parte. “Tesoro?”
Hermione alzò la testa e guardò i suoi
genitori. Era indecisa. Spaventata. Poi dal nulla buttò fuori. “Sono
incinta.”
“Sei…” In un momento iniziale di
confusione i due coniugi fissarono Hermione. Poi l’epifania. Si voltarono
di scatto verso Ron, che si irrigidì notevolmente.
“Pensavo che fosse il tuo capo.” Disse sconvolta
la signora Granger. “Pensavo fossi sposato.” Disse a Ron.
Ron e Hermione si guardarono in difficoltà. Molta
difficoltà. Sembrava che attorno a loro l’ambiente si fosse
ghiacciato.
“Sono sposato.” Disse Ron. “Ero.” Si
corresse. “Cioè, io…”
I signori Granger spostarono lo sguardo da uno
all’altro senza riuscire a dire una sola parola. C’era
sconcertamento nei loro occhi. Confusione. Sbigottimento. Hermione incinta. La
loro bambina era incinta. Incinta di un uomo sposato con un’altra donna.
Il signor Granger scosse la testa e sospirò tra sé.
“Hermione…”
“Papà, prima che tu dica qualunque cosa.”
Hermione si spostò al fianco di Ron e gli prese la mano. “Io amo
Ron.”
La signora Granger scoppiò in un singhiozzo.
“Come hai potuto, Hermione, come hai potuto andare con un uomo sposato?
Non ti ho insegnato niente?”
“Non sapevo che fosse sposato… la prima
volta.” Disse con la voce spezzata.
Ron si schiarì la gola e si rivolse soprattutto al
signor Granger. “Io non sto chiedendo di capirmi, non sto neanche
chiedendo di essere clementi o di appoggiarci. Tutto questo è sbagliato,
tremendamente sbagliato. La mia vita è stato un intero sbaglio.”
Sospirò. “Ma l’unica cosa giusta è proprio qui al mio
fianco. Lei sa cosa vuol dire essere sicuro di aver trovato la donna
giusta?”
Il signor Granger si voltò appena verso la sua
consorte e annuì. “Sì, Ronald, lo so bene.”
“Che cosa avrebbe fatto lei se l’avesse persa e
l’avesse ritrovata al momento sbagliato?”
L’uomo tacque e Ron capì che era
d’accordo. Hermione si strinse di più a Ron.
“Ci vorrà del tempo ma noi… noi siamo
pronti a ricominciare una nuova vita… insieme.”
La signora Granger guardò Ron. “Non lo fai per
il bambino, vero? Non lo fai perché hai paura che…”
“Io amo Hermione, l’ho sempre amata, e mi
dispiace dirlo ma avrei lasciato mia moglie anche se Hermione non fosse stata
incinta.”
Hermione rialzò gli occhi sui genitori quasi con
vergogna. “Mi dispiace se vi ho deluso, ma io…”
Il signor Granger, all’improvviso e sorprendendo
tutti, si slanciò verso Hermione e la accolse in un abbraccio. Hermione
spalancò gli occhi ma poi si rilassò e si strinse a suo padre. Il
signor Granger le accarezzò i capelli. “Non ci hai deluso, tesoro,
mai. L’importante è che tu sia felice, per un padre è
l’unica cosa che conta.”
Hermione annuì contro la spalla di suo padre. Un
sorriso debole. Una lacrima fuggitiva. “Io sono felice con Ron.”
“Per noi è questo l’importante.”
Il signor Granger si tirò indietro e fissò la
figlia con sguardo dolce. Spostò lo sguardo su Ron e si scurì un
attimo. Non aveva gli occhi cattivi. Solo seri, di chi sta per dire una cosa
importante.
“Ron.” Sospirò. “Se fossi un altro
non so quanto sarei stato clemente. Non so se avrei reagito come sto reagendo
adesso. Ma ti conosco, ho sentito tanto parlare di te e so che in fondo sei un
bravo ragazzo.”
Ron si schiarì la gola quasi con vergogna delle sue
azioni. “Grazie signore.”
“Ho però una richiesta.” Ron lo
guardò sorpreso e il signor Granger inspirò appena.
“Prenditi cura di Hermione. Trattala come se fosse fatta di cristallo e
non farmi pentire di averti dato fiducia.”
Ron sorrise appena e guardò Hermione.
“Lo farò.”
La signora Granger scosse la testa ancora scossa. “Oh
cielo… ma come farete adesso, come pensate di andare avanti?”
Hermione scrollò le spalle echeggiando le parole di Ron.
“Nessuno ha detto che sarà facile.”
**
Chiedo umilmente
perdono per il super ritardo… me ne vergogno per davvero…
Sto passando un
periodo non molto felice nella mia vita e ho poco tempo per scrivere,
purtroppo, contando anche che la mia ispirazione sembra essere svanita nel
nulla ci metto il doppio del tempo a scrivere… e si vede!
Chiedo ancora scusa,
cercherò di essere più veloce!
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Era stanca e affaticata. I piedi gonfi e le caviglie
pesanti. Aveva caldo, poi freddo, poi di nuovo caldo. Ma era felice,
finalmente.
Era felice di esibire la sua bella pancia rotonda, abbinata
ad un sorriso caldo e raggiante. Era felice di avere al suo fianco l’uomo
dei suoi sogni. Era felice perché l’uomo dei suoi sogni era il
padre del suo bambino.
E pioveva.
Camminò a passo lento lungo le vie di Londra, per
quei pochi isolati che la separavano dalla casa del suo migliore amico. Harry
Potter. E della sua migliore amica. Ginny Weasley.
“Sei stanca? Vuoi riposarti un po’?”
Ron le posò delicatamente una mano sul braccio,
tenendo un ombrellino con l’altra, e lei si voltò per guardarlo
negli occhi. Sorrise e scosse la testa facendo ballare i riccioli sulle spalle.
“No, va bene. Siamo quasi arrivati”
Ron annuì e continuò a camminare al suo
fianco, passandole delicatamente un braccio attorno alle spalle. Delicatamente.
Da quando il pancione aveva cominciato a gonfiare, Ron la trattava come se
fosse diventata di cristallo. Aveva paura di romperla.
Hermione si accomodò nel suo abbraccio e
allungò un po’ il collo per guardare sul fondo della strada. La
casa di Harry si vedeva già.
Sulle scale dell’ingresso, Kessy, la portinaia,
spazzava via l’acqua piovana che si era depositata sugli scalini ora
scivolosi. Sorrise quando li vide arrivare da lontano e fece un cenno col capo
verso Ron in segno di saluto. Ron ricambiò con un sorriso quasi
imbarazzato, imbarazzato da essere lì con Hermione e non con Lavanda.
“Quando scade il tempo?” Chiese Kessy
cordialmente, riferendosi al pancione di Hermione.
Hermione si accarezzò il pancione con tenerezza.
“Ancora un paio di mesi.”
“Fatemi sapere del lieto evento, mi raccomando.”
Hermione e Ron annuirono cominciando a salire le scale
interne al palazzo. Con un po’ di fatica da parte di Hermione, riuscirono
ad arrivare davanti alla porta con la targhetta che luceva e che ora diceva
‘Potter’. Non H. Potter, ma solo Potter. Ron bussò.
Un passo. Due passi. Tre passi. Poi la porta si aprì
e i due occhi cioccolato di Ginny li accolsero calorosamente. Un sorriso
gentile. Provato, ma gentile.
Hermione sorrise di rimando. Ron piegò appena le
labbra. Era una situazione strana. Surreale. Eppure era tutto vero.
“Entrate.” Disse Ginny con calma, spostandosi
dalla porta. “Harry si sta cambiando.”
“Zia Hermione!”
Due furie si scaraventarono sulla porta e si attaccarono con
l’orecchio sul pancione di Hermione. Hermione sorrise e alzò lo
sguardo su Ginny che accennò un sorriso. Il braccio di Ron le
circondò la vita. Caldo. Gentile. Pronto a sorreggerla.
“Ciao bambini.” Fece lei con un sorriso.
“Lasciate che la zia si sieda, va bene?”
Hermione entrò con i bambini e si sedette sul divano.
I due fratelli rimasero sulla porta. Si fissarono. Si compresero. Sospirarono.
Ginny cercò di abbozzare un sorriso. “Serve
tempo.”
Ron abbassò la voce e scosse la testa. “Ho
tutto quello che voglio adesso, Ginny, però…”
“Serve tempo.” Ripeté lei.
**
“Stai bene?”
Hermione si voltò verso di lui con un sorriso. Un
sorriso rassegnato. “Sono solo un paio di scale.”
Ron la prese sottobraccio per sorreggerla, aiutandola a
finire gli ultimi scalini. Risalutò Kessy, prima di avviarsi per la
città. Pioveva. Sorrise tra sé.
Alzò la testa verso l’alto e chiuse gli occhi.
La pioggia gli bagnò la fronte, le palpebre, le labbra. Inspirò.
Adorava la pioggia. Adorava il profumo della pioggia.
Qualcuno lo urtò improvvisamente.
“Scusi.” Disse istintivamente. Poi un profumo
familiare. Due occhi chiari. Una chioma bionda. Il fiato gli morì in
gola. “Lavanda…”
“Ron!”
Per un breve attimo il tempo attorno a loro si fermò.
Hermione fece un passo avanti. Timidamente. Lavanda la
accolse con un sorriso. “Hermione! … Come… come state?”
“Ah… noi… bene.” Riuscì
appena a dire Ron.
“Tesoro, andiamo siamo in ritardo.”Un uomo alto fasciò il bacino di
Lavanda con un braccio. “Oh, salve Ron!”
Hermione e Ron non poterono fare a meno di spalancare gli
occhi dalla sorpresa. Mark stava al fianco di Lavanda con una naturalezza
disarmante. Lavanda fece un piccolo sorriso.
“Va’ avanti, ti raggiungo.” Disse
flebilmente.
Mark annuì e sporse la mano verso Ron, che gliela
strinse di rimando. “E’ stato un piacere rivederti, anche se per
poco tempo.” Fece un piccolo inchino. “Hermione.”
Hermione sorrise di rimando. Tossicchiò “Devo
aver lasciato la mia sciarpa in casa di Ginny. Torno subito.”
Ron annuì e capì. Lui e Lavanda si trovarono
da soli sul marciapiede. Sotto la pioggia. L’uno immersi negli occhi
dell’altra.
“Non sapevo… tu e Mark…”
“Oh.” Disse Lavanda imbarazzata. “Beh, ci
siamo trovati fuori per caso e abbiamo preso un caffè insieme e
poi… una cosa tira l’altra… ma tu questo dovresti
saperlo.”
Ron si sentì un verme. “Potrai mai
perdonarmi?”
“Tu la ami?”
Silenzio.
Lavanda si passò una ciocca bionda dietro
l’orecchio. “Tu la ami, Ron?”
“Sì.” Sussurrò. “Io la
amo.”
“Allora non c’è niente da
perdonare.” Scosse la testa. “Hai agito solo secondo il tuo cuore.
E ho sempre saputo di non essere la numero uno, è un rischio che ho
corso fin dall’inizio.”
Ron sorrise amaramente. “E tu, Lavanda? Tu sei
felice?”
Esitò. “Io…” Si morse un labbro.
“E’ ancora presto per dirlo.”
“Già.”
Cominciò a piovere più forte. Ron si morse un
labbro. Si sentì un bambino. Non ricordava di essere mai stato
così imbarazzato.
“Lavanda…”
“Sì?”
Silenzio.
Aveva paura. Paura di dire la cosa sbagliata. Ma doveva
dirglielo.
“Anche… anche se adesso il nostro matrimonio
è finito… sono stato felice con te.”
Lavanda piegò le labbra in un sorriso e annuì.
“Anche per me è stato lo stesso Ron.”
“Ti ho amata.”
“Lo so.” Sospirò. “Ma adesso ami
lei.” Si voltò verso il fondo della strada. “E spero un
giorno di potermi innamorare di Mark.”
“Me lo auguro.”
Dei passi delicati li interruppero. Hermione era riapparsa
al fianco di Ron. Lavanda sorrise di nuovo e indicò il fondo della
strada.
“Devo andare.” Cominciò a camminare.
“Spero che siate felici. Davvero.”
I due annuirono e Lavanda si allontanò. Rimasero a
guardarla finché i suoi capelli biondi non si videro più.
Hermione strinse il braccio di Ron.
“Tutto bene?”
Ron fissò il fondo della strada. Alzò gli
occhi su di lei. Sorrise.
“Mai stato meglio.”
**
Lo so che è
stato un finale un po’ deludente, pensavate ad uno dei miei soliti
eclatanti e pensati finaloni… invece voglio lasciarla un po’ in
sospeso così che ognuno di voi possa fantasticare sul resto.
Vorrei dirvi che mi
arrivano e leggo tutte le vostre mail, non temete, ma non posso rispondere a
tutti perché non ho tempo. Sto lavorando parecchio in questo periodo e
non sono quasi mai a casa.
Saluti a tutti i
fedelissimi e fedelissime e non!
Un baciotto forte forte da zia Fufù! E (spero) a presto con una nuova ff