Midnight Factory ; La Fabbrica di Mezzanotte.

di pralinedetective
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione. ***
Capitolo 2: *** Luna calante. ***
Capitolo 3: *** Precipitare. ***



Capitolo 1
*** Introduzione. ***


Brevissimo prologo per una long che conterà ancora non so quanti capitoli.
Vorrei dedicarla a chiunque, chiunque mi sopporti. Senza nomi ;D.

Nasce in maniera strana – mi stavo asciugando i capelli, lamentandomi per il taglio bello, sì, ma difficile da portare per una «mongospastica» come me, e ho pensato a cosa succederebbe se avessi avuto una testina a disposizione dove provare l’acconciatura e l’asciugatura in anteprima. Sì, sono malatissima XDD, però poi è nata questa.
Non so, l’idea mi attrae in maniera particolare, per questo ho deciso di provarci. Presto online una raccolta di spin-off che partecipa anche alla mezza dozzina – per ora ci accontentiamo della fan fiction originale XDD.

Non prometto aggiornamenti rapidissimi, anzi, pensavo di prendermela piuttosto con comodo, qualcosa come un capitolo al mese. Vedremo, vedremo.

Per quanto sia breve e Nonsense l’introduzione, auguro buona lettura ;D.














[Midnight Factory]
La Fabbrica di Mezzanotte.


Albert Einsten diceva: «Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere».
Forse è per questo che Vi siete rivolti alla nostra agenzia; le motivazioni di tale scelta sono completamente personali, l’ultima cosa che ho intenzione di fare in questo breve spazio a mia disposizione è psicanalizzarVi e distrarVi da questo evento.

Siete appena entrati a far parte del progetto Fabbrica di Mezzanotte, Signori.
Emozionante, non è così?

Il lavoro di due generazioni racchiuso in poche righe scritte stampate in carattere formale su carta preziosa e recapitatoVi insieme con il Vostro acquisto. Illustrerò in breve quel che i Signori hanno fra le mani – sono pressoché certo apprezzerete.



Un essere umano a tutti gli effetti, illustri Clienti.
Non un androide o una stupidissima chimera, non una bestia contro natura, non una creazione da laboratorio.

Un essere umano.
Immortale, certo, e incredibilmente servizievole, ma un essere umano.

L’etica della nostra azienda è contraria a scempi quali quelli elencati in precedenza, per questo i nostri prodotti non dispongono di particolari cip, bottoni, telecomandi o dispositivi da pellicola cinematografica.
Un semplice, eterno, banalissimo essere umano.



Per quale motivo, Vi chiederete, avreste dunque dovuto scegliere noi e il nostro lavoro?
Perché i nostri prodotti sono quello che Voi cercate. Il nostro prodotto nasce come il cliente desidera che nasca.

Uomo o donna? Uomo? Uomo sia!
Fertile? Assolutamente!
Intelligente, pensante? Ma è ovvio!
Particolari doti? Nei limiti imposti dalla scienza, tutto quel che volete!
Libero arbitrio? Se proprio insistete!



È per questo che Voi avete selezionato noi nell’ancora in via di sviluppo mercato delle Menti.
È proprio questo che Voi Vi trovate fra le mani in questo momento.

Non un qualsiasi essere umano che Vi obbedirà e Vi seguirà fin nella bocca dell’Inferno, non un semplice foglio di carta. Il futuro, miei Signori.



Complimenti per l’acquisto, i miei omaggi,

il direttore della Midnight Factory ®,
B.

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Capitolo 2
*** Luna calante. ***


Capitolo uno

[I Write Sins Not Tragedies – Panic! at the Disco
Maboroshi – Kanon Wakeshima
I'm Like A Lawyer With The Way I'm Always Trying To Get You Off (Me & You) – Fall Out Boy]




Dio, come mi sento in colpa XDD: tutto questo tempo per presentarvi un capitolo puramente inutile che contiene personaggi puramente inutili. Serve più che altro a descrivere come lavorano, come ossia ha origine il rapporto che coinvolge Prodotto e Cliente...

Insomma, puramente inutile <3



@ DiraReal; La traduzione del titolo mi serve a distinguere questa, che è un po’ come la «fan fiction principale», dalle successive (per ora due) raccolte che coinvolgeranno tema e personaggi. Grazie per l’entusiasmo, sei carissima *O*, spero i primi sviluppi, per quanto ancora lenti e poco significativi, possano piacerti ^^.
@ BloodNyar; Voglio dalla vita tutto meno che un’Asami sulla coscienza, per questo aggiorno il prima possibile XDD. Ancora introduzione, lunga introduzione, tanta introduzione – più lunga è l’introduzione più bella sarà la fan fiction (?), non lo sapevi? XDD Ho fatto una ricerca sul manga da te nominato poiché anche Elisa ha fatto quel nome °^°, spero sia meno shoujo di come lo presenta Wiki XDD Comunque sembra belloccio mki-, magari lo cercherò (c’è anche l’anime oppure ho fatto confusione? XDD) Be’, se ho capito correttamente, la mia idea era sostanzialmente molto diversa riguardo l’impiego di questi «prodotti», non vorrei evolvesse durante la scrittura in una direzione tanto da commedia, proprio non è il mio genere di scrittura òwò.
@ _BellaBlack_; Ricevere una tua recensione è per me un onore *__*, spero di non deludere le tue aspettative con questo primo puramente inutile capitolo =3.
@ Nene; Ohh, padre mio! Le vostre dimostrazioni d’affetto mi commuovono XDD, spero tu non ti sia scervellata troppo ;D
@ Pierrot; Spiacente, posso offrirle solo un Matsuda-pensante [?]. Spero di poter essere perdonata con questo capitoluSSo *huhu*
@ keli; Salve, bellissima *O* È un po’ difficilotto definirla geniale, dato che ancora non è stato il via alla storia – spero di poterci riuscire con il secondo capitolo, questo introduce in maniera piuttosto sommaria i nuovi ruoli dei personaggi... Be’, indubbiamente una vostra recensione fa sempre piacere ;D Fammi sapere, neh!

Grazie alle splendide persone che hanno aggiunto nei preferiti o nei seguiti. Buona lettura!














[Midnight Factory]
La Fabbrica di Mezzanotte.



La donna canta fra sé, prendendo fra le mani la piccola busta blu.
In testa ha ancora le parole di quel giovane che, a distanza di appena una settimana, le ha descritto con gentile professionalità pregi, difetti e modalità d’utilizzo.

Prende una sedia del soggiorno e la trascina verso l’atrio, dove l’appoggia a un paio di metri dalla porta. Si siede con un verso di soddisfazione, la lettera in grembo.
Osserva il nome dell’azienda stampato in un elegante carattere tutto curve. Segue l’andamento delle linee bianche sulla superficie morbida, le traccia con il dito, l’unghia dipinta di rosa pallido che sfiora il cartone.

Gonfia le guance, lasciandosi sfuggire un sospiro.
Alza poi gli occhi in direzione dell’orologio a muro. Sono ancora le dieci e un diciassette minuti.

Si alza e cammina rapidamente in direzione della cucina. Uno, due bicchieri d’acqua. La gola gratta un po’ – forse dovrebbe prendere un cucchiaio di miele, così da evitare che la sua voce risulti sgraziata; si convince a non pasticciare troppo durante l’attesa.

«Sei riuscita a resistere tre lunghe settimane», si dice, «Perché dovresti farti dei problemi adesso?»


«Oltre a crearli», sorrise come per discolparsi: «Questo termine è sostanzialmente errato, spero di non averla spaventata, signorina Gomez».
«Continui, per favore», si chinò in avanti. Il discorso l’attraeva profondamente, quelle informazioni dopotutto frammentarie la incuriosivano non poco sul fantomatico Prodotto che tanto l’aveva resa dubbiosa.

Lui si schiarì la voce e la donna si riprese, indietreggiando improvvisamente sulla propria sedia.
«Oltre a crearli e avendo delle richieste da soddisfare senza poter installare programmi di comportamento da noi, li sottoponiamo a dei corsi rapidi e molto efficaci che stimolino in loro l’interesse nella direzione corretta. Avete indicato sul vostro modulo – indicò con la mano sinistra il foglio poggiato sulla scrivania – di star cercando una compagnia con la quale poter discutere d’arte».

Serena abbassò gli occhi, arrossendo.
Come le era venuto in mente?, andare a cercare un «amico» in una fabbrica di esseri umani! Si giustificò mentalmente, incolpando nuovamente quella società troppo frenetica che si rifiutava di dar tempo al tempo, vietandosi un momento di stasi durante il quale restare a gioire del calore di un salotto confortevole durante una tormenta.

Il signor Hunt s’interruppe per un istante, riprendendo poi con la propria spiegazione.
«Perché soddisfino le richieste del Cliente, sottoponiamo quindi il cervello del Prodotto a stimolazioni che favoriscano la successiva interazione e l’attenzione rivolta alla materia. Sono come dei bambini affascinati dal mondo che li circonda – noi forniamo i confini di quel mondo da apprezzare, consci che tali limiti verranno raggiunti e superati con l’intervento del Cliente».


Nel momento in cui il campanello suona, il cuore di lei fa un balzo.
Interrogativi di ogni sorta si accavallano nella sua mente – c’è qualche possibilità che lui la rifiuti? E se quel mix di fattori avesse dato origine a un individuo che le fosse incompatibile? Per quanto secondario, quale sarebbe stato il suo aspetto?

Respira a bocca aperta per tranquillizzarsi, poi apre (finalmente) la busta che le è stata consegnata la mattina.


«Noi forniamo un’identità al Prodotto. Non tutti approvano questa procedura, perciò consegniamo il nome e altre informazioni personali al Cliente; sarà questo a decidere di utilizzarle o meno».

La donna si trattenne dallo storcere il naso.
Porre il nome fra le mani dell’acquirente equivaleva a privare della libertà prima dell’essere umano, quella cioè di possedere una propria individualità, un qualcosa che mai avrebbe potuto andar perduto.

Alec lasciò cadere uno studiato silenzio sulla conversazione, contando sulla risposta di lei.




Il momento in cui quelle precise parole avevano lasciato le labbra di Lawliet, quasi con noncuranza, una risata era nata spontaneamente in “Beyond”.

«Devi essere molto disperato, ottimista o stupido per chiedermi una cosa del genere, L», aveva risposto, il volto trasformato da quel ghigno. «Quel che mi chiedo è contro ogni tuo precedente».
«Questo significa che hai già provato a creare un essere umano al di là degli stupidi giocattoli che rifili ai “clienti”».
«Sì, la curiosità mi ha già vinto una volta, però non lascio di certo simili mostri in vita – l’uomo è capace di tutto, nessuno meglio di noi può saperlo; immagina dunque uno di questi privo di limiti quali l’età e le capacità».

“L” si concentrò sulla tazza di tè che aveva di fronte.
«Se dovessero rendere l’umanità immortale non ci sarebbe alcun problema, giusto?»



Il primo tentativo aveva inorgoglito non poco il direttore.
Brillante e indipendente, nutriva una predilezione per le materie inquadrate con una logica rigida, confine sul quale giocava più che volentieri. Aveva l’aspetto di un giovane di circa vent’anni e nei suoi occhi viveva una gloriosa ribellione.

Dopo i primi esami, “B” lo aveva visitato a propria volta.
L’aveva trovato seduto sulla piccola branda, vestito con una tuta grigia; i capelli biondi ricadevano sul volto pallido. In lui, Beyond aveva visto il riflesso di un uomo sull’orlo del suicidio, alieno a quel mondo sconosciuto, quasi irreale.
Gli aveva affidato un nome, «Mihael Keehl», da custodire gelosamente. Aveva parlato per qualche minuto, sicuro che la mente ancora vergine avrebbe ricordato e interpretato le sue parole in un secondo momento.

«Non sarai l’ultimo», si era congedato, «però esigo che tu resti il primo».
Aveva quindi salutato con un cenno del capo, imitato prontamente dal ragazzo, ed aveva abbandonato definitivamente la stanza.

Quell’esperimento si era scoperto essere intelligente, molto più dei suoi predecessori. Gli scienziati si chiedevano se la ragione risiedesse nel DNA, nel maggior tempo d’incubazione o, ugualmente probabile, nelle continue stimolazioni a cui era sottoposto da “L”.


Dopo quasi due mesi, era stato presentato al primo vincitore un nuovo risultato: i capelli rossi erano un tratto decisamente insolito – genotipi rari venivano inseriti su richiesta del Cliente e solo in quel caso, la tendenza era rendere i Prodotti il più anonimi possibile. “Mello” aveva alzato gli occhi dal libro di Fisica e, senza aprir bocca, aveva passato velocemente la mano fra i capelli di “Matt”, come per assicurarsi che non si trattasse di una parrucca; era quindi tornato alle sue letture.
Mail Jeevas era dotato di minori capacità non per mano degli studiosi: l’intento era quello di avvicinarlo alla tecnologia, nei confronti della quale il precedente tentativo nutriva una quasi completa insofferenza.

Quel che mancava agli esperimenti era un bugiardino per segnalare modalità di somministrazione ed effetti indesiderati – non che questi si manifestassero al pari di comuni rash, spasmi muscolari, ritardi nella crescita, tremori, vertigini o cataratte in coloro che si trovavano, fortunatamente o meno, a dialogare con «le due Emme della parola Inferno».

Come fosse una barzelletta, talvolta si raccontava di quel professore giunto in gran segreto da Greenwich per interessare il duo alla scienza astronomica e che si era trovato, dopo un’importante discussione con i «mocciosi senza fede alcuna», uscito pazzo e rinchiuso in istituto d’igiene mentale.
Uno studioso di Teologia era invece incorso nell’improvvisa e ingiustificata ira di Mello, il quale non aveva ucciso l’ospite per miracolo, fermato prima da Matt e poi dalla sicurezza. Conserva da quel giorno il ciondolo strappato allo sfortunato visitatore, e rimane in silenzio di fronte a ogni domanda che gli si rivolga al riguardo.


Trascorso un anno e qualche mese di relativa pace, si era aggiunto a loro «l’Acca di Paradiso»; a Nate River il destino aveva riservato le sembianze di un sedicenne albino, capelli tanto chiari da parer bianchi e occhi grigi. Gli scienziati si erano mostrati più che scettici – il suo fisico era debole, il meglio sarebbe stato riprovare con le stesse premesse ma attraverso un procedimento differente.

Contrariamente a quel parere, dopo due settimane “Near” era stato sottoposto al suo primo test.
I risultati avevano lasciato allibiti ed estasiati i ricercatori, anche un sorriso sorpreso aveva approfittato dell’occasione e si era fatto strada sul volto di Lawliet.

Oltre a grandi capacità logiche e mnemoniche, dimostrava una destrezza non da poco nell’utilizzo di sofisticate strumentazioni avvicinategli dallo stesso L. Il ragazzino, il cui sviluppo era stato seguito non con indifferenza da Matt e Mello, si era ritrovato ben presto trascinato in una sfida che aveva dell’incredibile.
All’ombra della già soffusa figura del loro «maestro», i tre impegnavano la sorprendente intelligenza artificiale nella risoluzione di casi presentati loro sotto forma di giochi ed enigmi.

Così un pericoloso serial-killer attivo nella zona di Dallas diventava il protagonista della tragedia opera di un autore sconosciuto, il bottino di una consistente frode informatica la fuga estiva del signor Pierre, gli indizi di una scaltra coppia di ladri in Italia l’unico modo per avere accesso al dolce.
Con l’avanzare del tempo, anche il modo di pensare degli impegnati assistenti mutava, si evolveva seguendo il normale corso vitale forse in maniera più rapida e consapevole.

Mihael era attivo da undici anni, Matt da dieci e Near quasi nove, quando Lawliet li coinvolse per la prima volta nel caso «Kira».







[Prossimo capitolo: «Precipitare».]

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Capitolo 3
*** Precipitare. ***


Midnight (2)

[I Want It All – Queen
Disturbia – Rihanna
Russian – Sting]




Sono soddisfattissima *O*
Non per il capitolo in sé, va be’, quello è davvero brutto XD, per mi piace che la trama inizi a svilupparsi – mi sento incredibilmente realizzata XD, non posso proprio negarlo!
Presentiamo la situazione attuale dei personaggi e (in maniera piuttosto superficiale) le relazioni che intercorrono fra essi: dipingiamo a grandi linee, dopo l’antefatto, i primi accenni di trama. C’è anche un personaggio originale *mki-*, peccato muoia XD! Chi individua la citazione vince un biscotto :D
Felice perché sto andando a trovare la mia teeneeraa E-chan e Noemi... Aww, che cosa splendida! XD
Mini-pubblicità: ho vinto il contest “New Couples” indetto da amimy con una mia storia già edita e che forse alcuni di voi già conosceranno, «Save the last dance for me»: se per caso vi dovesse capitare di passare di là... XD

@ Thyarna: Grazie per la recensione d’apprezzamento *O*, spero di riuscire a mantenere lo stesso alto profilo da te descritto ;D
@ redseaperl: Ciao :D Be’, grazie ^^, il «L e B alleati» verrà chiarito e si prolungherà – un elemento che tornerà, in un modo o nell’altro XD
@ BloodNyar: Aww, che donna dolce siete XD Il tuo aiuto è stato fondamentale per la messa online dello scorso capitolo O__O, lo sai? Non penso mi sarei convinta prima di un paio i giorni a postare XD Grazie per l’entusiasmo dimostrato *__*, mi doni gioia ogni volta XD
@ Nene: XDD Mi ero quasi illusa che non ti fosse piaciuto *sasa*, ero pronta a eliminarlo *amykettismo all’ennesima potenza* Con questa parte, due baci e un pullman 13 in omaggio ;D!
@ _BellaBlack_: A quel “l’unica cosa che non mi è piaciuta” mi è venuto un colpo che non immagini XD Grazie, grazie, grazie *w*

Grazie, come al solito, a chiunque degni questa storia anche solo di una lettura.
*Au revooiir!*














[Midnight Factory]
La Fabbrica di Mezzanotte.



«Perché così incredulo, Mello?»
Non aveva avuto bisogno di voltarsi, Lawliet: conosceva la risposta di ognuno, una volta che avesse dato le proprie ragioni.

«La teoria ci aiuta a sorreggere la nostra ignoranza sui fatti», citò Mihael: «Perché non vuoi credere che si tratti di una semplice mandria di idioti al seguito di una moda particolarmente cruenta?»
«Non riconosci uno schema fra quei nomi?»

L. sorrise nel prendere la propria tazza di tè; «Mi deludi».



Lancia uno sguardo all’orologio da polso, abbandonandosi poi a una manifestazione di sconforto più totale.
Ancora dieci minuti, si promette, e darà il via all’«inondazione». Nove minuti e mezzo.

Si costringe a non contare le macchine che passano nella stradina secondaria sulla quale si affaccia la finestra; appoggiato al davanzale della stessa con il gomito, prende il portasigarette dalla tasca con un gesto quasi istintivo. Mentre una mano allontana e riporta la stecca di tabacco alle labbra, meccanicamente, l’altra tiene stretto l’astuccio di metallo, accarezzando con il polpastrello il punto d’incontro, nell’angolo basso destro, con una pallottola vagante,.
Quell’ennesimo momento di vuoto dura anche troppo poco: quando controlla nuovamente l’orario, si accorge che l’ora X è vicina.

Un brivido lo scuote; «Basta così», mormora quasi senza aprire la bocca.
Afferra il gilet e il laptop, chiuso e tenuto sotto il braccio mentre scavalca il davanzale. Percorre a tre a tre i gradini della scala antincendio, adocchiando la propria automobile, all’interno della quale una ragazzina, non più di quattordici anni, attende con tranquillità.

«Tu»: attira la sua attenzione aprendo la portiera, «scendi».
Obbedisce, attardandosi un attimo per recuperare dal sedile del passeggero una giacca in pelle e un paio di jeans. China il capo di lato, come in cerca di approvazione. A un cenno positivo di Matt, lei indossa gli abiti sopra al vestito bianco.
Silenziosa, accetta il casco che le viene porto.

«Aspetta qui per cinque minuti», le ordina. «Se non succede nulla, sei libera di tornare alla fabbrica».
La sottoposta annuisce, voltandosi in direzione della strada.


I midnighters, affettuoso nomignolo dato ai primi prototipi di SP, Prodotti di Supporto, non sono dotati di particolare intelligenza né carattere: loro principali caratteristiche sono il fisico, spropositatamente forte ma facile da condizionare e rendere inutilizzabile, e la durata massima è di metà giornata, due giornate al mese.
Allo scattare dell’«ora X», ossia la mezzanotte, qualsiasi ordine impartito dal Prodotto Affidatario sparisce dalla memoria del midnighter, il quale si può solo avviare alla volta della propria fabbrica o quartier generale.


Mancano quattro minuti al nuovo giorno, quando a Lady Midday è finalmente permesso di adempiere al proprio compito.
Una moto accosta rumorosamente al marciapiede, la figura familiare del guidatore smonta e, prima che la sostituta prenda posto, apre velocemente il vano portaoggetti.

Cartellina di cartone blu, «Vai!», sgommata.


«Sembra tutto sia andato secondo il mio piano»; Mello si inginocchia al fianco della macchina rossa e si sfila il casco con un sospiro soddisfatto, al riparo dalle auto che passano all’inseguimento del suo precedente mezzo.
Matt lo riprende. «Per ora, idiota».

L’altro storce il naso, nascondendo un sorriso divertito. Prende possesso del posto del passeggero con un altro sbuffo.

«Per ora».



Near resta in silenzio, le parole che scorrono senza sosta sul monitor.
Nero su bianco, nero su bianco – lettere che si allontanano e s’incontrano nuovamente in un ordine differente, lettere a formulare pensieri e ipotesi immediatamente scartati, poi ripresi, infine cancellati dall’attuale monologo.

Un odore di malattia, quasi un sapore sul palato a disturbare la sua opera di riflessione. Un gesto della mano, e al fastidio viene posto rimedio.

Le labbra di Nate si muovono senza produrre alcun suono, le dita della mano sinistra che si alternano nella tortura di una ciocca di capelli chiari; di tanto in tanto esordisce qualcosa, eppure ogni domanda o richiesta dei collaboratori cade nel silenzio.

«Ricominciamo da capo», afferma all’improvviso.
«Come?»

Per la prima volta da ore, il giovane solleva lo sguardo dallo schermo per rivolgersi a Stephen.
«Gevanni, reset». Aggrappandosi all’aria, si tira in piedi: «Domani partiremo da zero. Potete andare».
L’uomo non sa cosa rispondere, solo segue con gli occhi il superiore mentre questi si allontana e infine sparisce in direzione delle scale. Sospira dolorosamente, avviando la procedura.


Anche ora che «
L» ha gli occhi chiusi e cerca di riposare sul duro materasso, il volto al soffitto e le mani sulla pancia come un morto, le informazioni viaggiano frenetiche sotto le palpebre.
Per ogni informazione un’immagine, collegamenti infiniti con altre nozioni, una lettera dopo l’altra come marchi a freddo – il fuoco si è raffreddato, negli ultimi anni: l’improvvisa scomparsa di Lawliet ha spento ogni fiamma di competizione nel giovane River, accendendo invece un odio del tutto nuovo in Mihael.

È difficile individuare un vero schema: forse il collega aveva ragione a dubitarne, magari si tratta sul serio solo del timore causato da una massa di persone incitate alla vendetta in criminali particolarmente conosciuti e altri di secondaria importanza.
Eppure non è molto difficile individuare quei particolari nomi e volti fra i tanti – non è difficile, quando si ha imparato a riconoscere ogni singolo nome e volto. Surreale il comportamento di alcuni «seguaci», suicidatisi dopo aver diffuso messaggi sotto il nome di Kira.

“Perdonami,
ho deluso te e il mondo”.

Messaggi senza firma né destinatari reali.
La madre di Helena Cross aveva dichiarato che «mia figlia non era capace di usare il computer, non sapeva farlo! Com’è possibile che si sia spacciata per qualcun altro quando neppure sa ap—... sapeva aprire la casella di posta elettronica?»

«Com’è possibile che individui tanto differenti fra loro abbiano assunto la falsa identità di Kira, abbiano redatto messaggi nel suo stesso stile e si siano suicidati senza essere a conoscenza dei precedenti?»
Nate mormora fra sé, non ascoltandosi più di tanto. La mano sinistra gioca con i capelli, la seconda poggiata sul petto, resta sdraiato sul pavimento a osservare il soffitto.



Per l’ultima volta, guarda per intero il proprio ufficio: tutto appare in ordine e non gli sembra di aver dimenticato nulla. Eppure ha una strana sensazione, come se qualcosa gli stesse sfuggendo, come se qualcosa stesse per accadere – come se qualcosa fosse appena cominciato.
Scuote il capo.

Afferra la ventiquattrore e finalmente apre la porta, chiudendola poi con particolare cura alle proprie spalle. Già quella mattina ha trovato le proprie carte in un ordine differente: vuole essere sicuro che sia tutto chiuso a chiave e perfettamente inaccessibile.
Sta per chiamare l’ascensore, quando la voce della segretaria chiede la sua attenzione.

«Signor Mikami!», gli si affianca, trafelata. «Mi perdoni, ero in pausa caffè...»
«Io sto andando a casa, se è qualcosa d’importante manda via mail e lavorerò dopo cena».

«A dire il vero», la donna recupera un foglio dalla cartellina che tiene sotto braccio, «quella donna vi ha contattato nuovamente. Questa volta ha mandato questa busta chiusa».
Nel dire ciò, estrae una lettera scura. «A domani», gli sorride.








[Prossimo capitolo: «Perfezione».]

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