La taverna del brivido. di Saavik (/viewuser.php?uid=69170)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La taverna, il matto e il diavolo. ***
Capitolo 2: *** La cosa veramente peggiore. ***
Capitolo 3: *** La famiglia perfetta. ***
Capitolo 4: *** Per sempre insieme. ***
Capitolo 5: *** I funghi e la torre. ***
Capitolo 1 *** La taverna, il matto e il diavolo. ***
“Cerca
di mantenere il passo. Sei lento.”
A
quelle parole naruto sbuffò vistosamente lasciando cadere a
terra lo zaino che stava trasportando.
“
Sei bravo Sasuke a dare ordini agli altri, ma questo zaino pesa! Pesa
veramente e io ho fame!”
“Cercate
di non fare i bambini”
Gli
interruppe Sakura osservandogli con aria severa
“
Appena troveremo una locanda sosteremo, siamo in missione lo sapete
benissimo eppure devo sempre ricordarvelo ... E' una missione
importante! Molto importante. Il maestro conta su di noi. Il villaggio
conta su di noi.”
Sasuke
non l’ascoltava, lui aveva proseguito
beatamente il cammino, tanto che sia Sakura sia Naruto dovettero
correre per raggiungerlo. Se una cosa del genere l’avesse
fatta il
biondo, la giovane genin avrebbe fatto senza dubbio avuto
più che
quattro paroline da dire ma, se ad ignorarla era il suo amato Sasuke
allora … Allora tutto era concesso. Anche la scortesia.
Avevano una
missione semplice, molto semplice, portare un documento firmato
dall’Hokage fino a Suna. Semplice, troppo semplice per
Sasuke, che
amava solo le sfide, troppo semplice per Naruto che non comprendeva che
utilità potesse avere per lui quella cosa. Non
l’avrebbe aiutato a
diventare più forte dell’Uchiha e … E
ciò che non serviva a tale scopo
era inutile. Eppure una missione così doveva avere una sua
utilità se
gli era stata assegnata e doveva esserci una ragione se Kakashi non era
con loro. Era la loro prima missione da soli e, a quanto pare, Sakura
era l’unica che sembrava rendersene veramente conto. Denotava
fiducia
nei loro riguardi e lei voleva meritarsela tutta quella fiducia. Erano
ore che camminavano in mezzo al nulla assoluto, il sole era tramontato,
l’aria si faceva fredda e, soprattutto Naruto si faceva
insopportabile.
Era stanco, ma lo erano tutti. Anche Sasuke che, per difendere il suo
dannato orgoglio, continuava a camminare a passo sostenuto ostentando
fin troppa spavalderia. Anche lui era stanco, tanto che nemmeno
rispondeva più alle lamentele del compagno.
Poi
silenzio. Nella
squadra scese un silenzio quasi irreale. Si sentivano solo il rumore
dei passi, degli animali notturni e il vento. Solo questi rumori di
fondo restavano a ricordare ai viandanti che non erano diventati
improvvisamente sordi. Poi la videro. Una piccola locanda. Le finestre
illuminate. Attraverso i vetri, negli spazzi lasciati dalle corte e
candide tende, si intravedevano passare i camerieri con vassoi pieni e
brocche colme. Eppure nessun rumore, anche i giovani genin, come in
silenzio erano arrivati, in silenzio entrarono nel locale.
Davanti
a
loro si presentò una grande tavolata, molta gente mangiava
in silenzio.
Se volevano farsi passare qualcosa lo facevano a gesti e anche i
camerieri servivano in assoluto silenzio. Un ragazzo fece loro un
cenno, tre posti erano liberi e già apparecchiati. Naruto
non se lo
fece dire due volte e prima che Sakura potesse esprimere qualche
perplessità, si era già seduto e servito da un
gran vassoio pieno di
carne arrosto. La ninja si voltò preoccupata verso Sasuke ma
questi già
si stava sedendo, a lei non restò che l’ultimo
posto libero. In mezzo
ai due. Naruto mangiava tranquillamente e di gusto. Sasuke selezionava
con cura quello che gradiva, ben poco a dire il vero. Sakura si
guardava nervosamente intorno. Troppo silenzio la innervosiva ed il
fatto che solo lei sembrava farci caso la innervosiva ancora di
più.
Era strano come non riuscisse e vedere bene il volto dei commensali.
Come se una fitta nebbia o un fumo denso riempissero la stanza.
Poi,
quando il pasto fu finito nel silenzio in cui era iniziato, i piatti e
i vassoi furono portati via e al suo posto fu portato un mazzo di
carte. Era un mazzo di grandi tarocchi. Una mano chiara lo prese per
primo. Che volesse chiedere qualcosa alle carte? Magari
l’esito di un
difficile viaggio.
Per
la prima volta poté vedere il volto del
ragazzo. Gaara stringeva il mazzo di carte. Ne scelse alcune e
poggiò
la prima sul tavolo. Tutti osservarono in silenzio. Sasuke aveva
già
compreso: Gaara avrebbe narrato una storia.
Gaara
poggia sul tavolo
lentamente cinque carte. Non sa come ma Sakura riuscì a
darne una
interpretazione più che plausibile, come se
l’assenza di parole e
commenti non costituisse affatto un problema. Come in quel contesto le
parole fossero solo un impiccio.
La
carte erano nell’ordine di comparsa: Il leone,
l’eremita e la luna, il matto e il diavolo, il mondo, la
morte.
Ecco
la storia che la ragazza ne tirò fuori.
Il
matto e il diavolo.
Gaara
aveva sempre dato fiducia alla sua forza, su di lei aveva sempre
confidato. Pensava che la forza potesse risolvere tutto. Piccoli e
grandi problemi. Una notte si trovò a camminare da solo in
una notte
senza stelle. Suna era splendida di notte con le dune che riflettevano
come uno specchio opaco la luce della luna. Con i tetti chiari nella
notte. Con le piccole finestre illuminate. Con il vento frusciante
della sera che come una cantilena accompagnava i solitari passi dei
viandanti. Era poco più di un bambino, ma un bambino
già solo.
“
I soldi o la vita”
Una
voce secca. Un bisbiglio rauco. Si voltò appena e si
trovò davanti un
estraneo. Un uomo armato di Kuani. Non lo conosceva perché
nessuno di
Suna avrebbe osato tentare di rapinarlo. Non era di Suna
perché gli
abitanti del villaggio sapevano tenere correttamente in mano un Kunai,
non come lui, che lo teneva in mano quasi fosse un coltello da carne.
“vattene
... non voglio farti del male”
Ma
l’uomo attaccò lo stesso e lui doveva difendersi.
Gaara aveva confidato
sempre nella sua forza ma sapeva dosarla male. Finì per
ucciderlo. Ecco
cosa succede se un matto incontra il diavolo. Il povero diavolo poi
muore. Temeva il giudizio del villaggio, per lui il mondo e decise di
rimediare a suo modo.
Prese
il corpo con sé e lo portò nella sua piccola
casetta.
“Tutto
si può aggiustare”
ripeteva
fra sé ricucendo il corpo
“Tutto
si può aggiustare”
Ripeteva
infilando l’ago e filo nella carne ormai già
fredda.
“Tutto si
può aggiustare, anche la morte”.
Il
sole sorse in fretta e la sua opera era finita. Aveva lavorato tutta la
notte per riassemblarlo alla fine il suo lavoro lo osservava serio. Lo
osservava con il suo unico occhio rimasto aperto, con le sue mani
cucite ai fianchi in una posa di finta serenità.
“Mi
dispiace”
sussurrò
il rosso
“
Ma ora devo andare”
Quando
avevano sfondato la porta della sua casetta Gaara se n’era
già andato.
Ora vagava da solo senza né una meta né una fissa
dimora.
Sakura
osservava le carte a cui alla fine si erano aggiunte la fortuna e la
temperanza. Si chiese se avesse compreso male il loro significato.
Sicuramente aveva frainteso il loro significato. Ma non fece in tempo a
dare una risposta, un nuovo commensale aveva preso per sé il
mazzo.
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Capitolo 2 *** La cosa veramente peggiore. ***
itachi
Osservò
il volto , ma senza vederlo. Seguì attentamente i movimenti
delle mani , le unghie curate, lo smalto nero, ma non poteva essere. Le
carte: il mondo, la morte, il diavolo, il matto. Comprese
più di
quanto avrebbe pensato, più di quanto avrebbe voluto, ma non
poteva essere. Quello, si disse Sakura, non poteva essere ... Itachi la
osservava sorridendo freddamente. Ora toccava a lui narrare una nuova
storia. La giovane genin si voltò istintivamente verso
sasuke,
ma non lo vide. Quando si voltò nuovamente verso il
maggiore degli Uchiha, sgomenta, si sorprese di quanto fosse
intenso il rosso del suo sharingan. Rosso come il sangue, rosso come un
rubino fra le fiamme, rosso coma lava incandescente eppure, eppure
freddo come il ghiaccio. La sua innata era bella e fredda al tempo
stesso, come una notte chiara d'invervo, come una rosa di cristallo
finemente intagliata, come la sabbia chiara della spiaggia dopo un
temporale. Avrebbe voluto cercare Sasuke, eppure sapeva che doveva
attendere. Prima doveva ascoltare le parole del maggiore e poi, forse,
avrebbe compreso sia la ragione della sua presenza lì, sia
dove
si trovava il minore. Osservò le carte disposte sul tavolo,
poi
una mano, quella di Itachi si poggiò sulla prima, 'il
mondo'.
La cosa veramente peggiore
Ogni bambino possiede
un oggetto che per lui
rappresenta il mondo. Un oggetto senza alcuna importanza e senza alcuna
utilità apparente, ma che per lui rappresenta molto, tutto
il
suo universo. Il piccolo Itachi stringeva forte a sè il suo
piccolo mondo, una lista che teneva praticamente da quando aveva
imparato a scrivere. Una pergamena sgualcita color giallo indiano su
cui usava segnare quella che per lui era la cosa veramente peggiore. Se
una cosa lo infastidiva, lo spaventava o lo innervosiva, ecco che lui
la metteva sulla lista. La lista delle cose veramente peggiori. Non che
servisse veramente a qualcosa, ma a lui sembrava di sentirsi meglio. A
lui sembrava che le cose, una volta messe sulla lista, gli facessero un
po' meno paura. Itachi stringeva forte la sua lista nascondendola a
fatica con le braccia. La nascondeva perchè Shisui
cerva ridendo di sottrargliela. Shisui rideva divertito davanti alla
rabbia esagerata dell'amico.
" E' solo un foglio,
Itachi e voglio solo dargli un'occhiata"
Itachi
scosse forte la testa. Non gli avrebbe dato il suo piccolo tesoro.
Nemmeno per un attimo.
"E' solo un foglio"
Ripeteva l'altro, poi, dopo averne afferrato a fatica un
angolo prese a tirarlo con ampi strattoni.
"E' solo un foglio e
voglio solo leggerlo, Itachi! Solo un ..."
Poi per il tanto strattonare il foglio si ruppe ed Itachi
rimase
con solo metà pergamena in mano e la guardava sconsolato.
"Mi dispiace"
Disse Shisui, ma l'Uchiha non l'ascoltava. Se n'era andato
a
testa bassa. Non disse più niente dell'accaduto, ma in
segreto
iniziò una nuova lista. Una nuova lista delle cose veramente
peggiori e su cui cui scrisse, in bella grafia, 'le mani di Shisui'.
Le mani che avevano distrutto il suo piccolo mondo.
I giorni passarono e il sole sorse e tramontò molte. Niente
sembrava cambiato, eppure era cambiato tutto. Come spesso accade, i
grandi cambiamenti passano inosservati e tutto nel villaggio e nel clan
sembrava prosesuire al meglio.
Mani attaccate al vetro, occhi sgranati, Itachi osservava una vetrina,
con precisione osservava un grande orsetto di peluche. Un orsetto
azzurro.
Il padre lo strattonò con forza strattonandolo via dalla
vetrina.
"Non sono cose da maschi"
Disse con voce severa. Itachi non disse niente,
nè
protesto. Abbassò lo sguardo ed annuì ... Poi
giunto a
casa aggiunse alla lista ' le braccia di papà', in bella
grafia.
Le braccia del padre che lo avevano strattonato quel giono erano state
la cosa veramente peggiore. Meritavano un posto sulla lista.
" Sei un disatro"
La madre lo dice spesso al piccolo Itachi. Tutti si
aspettavano
molto da lui e lui cercava di appagare tutte quelle aspettative come
meglio poteva, ma non era mai abbastanza. Come ninja niente da ridire,
era un combattente perfetto, senza paura, piccolo ma sapeva
già
padroneggiare alla perfezione le sue tecniche ed era velocissimo
nell'attivarle, ma non era abbastanza. Non era mai abbastanza.
"Come persona sei un
disatro, devi socializzare"
Gli ripeteva preoccupata.
Itachi rispondeva sempre allo stesso modo, alzata di spalle e via nella
sua stanza. Eppure quella volta fece anche qualcos'altro, aggiunse
nella lista " la voce della mamma". La voce che lo rimproverava sempre,
la voce che per lui era la cosa veramente peggiore.
La lista cresceva ed aumentava con voci strane e note bizzarre.
Si aggiunsero ' i piedi dello zio', ' la testa del lattaio', 'il cuore
del maestro' che era freddo come il ghiaccio ....
Poi la lista venne dimenticata e chiusa in un cassetto, Itachi crebbe e
divenne un anbu perfetto.
Era il momento di riprendere la lista, si disse contento. Tante cose
brutte erano sulla lista era giunto il momento di porre rimedio. Tutte
le cose veramente peggiori sarebbero sparite. Era il momento che il suo
tesoro svolgesse il suo ruolo.
Così cadono le foglie d'autunno, così anche i
bravi bambini cadono e si fanno male, così terminano anche i
giorni di festa e dalla primavera si passa all'inverno.
Allo stesso modo, con la stessa inesorabile conclusione Itachi prese la
sua pergamena e la seguì con precisone.
Così cadderò le mani di Shisui
dopo che con un macete le ebbe tagliate. Un rumore d'accetta,
rumore di ossa che si sgretolano, molto sangue sporcò il
candito pavimento e un sorriso ravvivò il volto di Itachi.
Sembrava un mattatoio ora la sua vecchia cameretta eppure ogni cosa era
stata perfetta. La lista seguova con diletto affinchè il suo
compito non fosse interrotto prese ogni precauzione.
Itachi rientrò tardi a casa, quella sera
" Sono a casa"
Disse infilandosi con cura un paio di guanti in lattice.
Fu tardi quando la madre si accorse che qualcosa non andava,
sbirciò nel sacco e vide rotolare a terra la testa di Shisui.
Si senti gelare il sangue nelle vene, aprì la bocca per
gridare, ma le sue corde vocali erano già in mano al figlio
che con rabbia le aveva strappate.
Allo stessò modo finirono recise le braccia del padre, i
piedi dello zio, allo stesso modo finì su di un lettino
d'acciaio, la testa del povero lattatio. Batte ora in una scatola di
legno, il cuore del vecchio maestro. A ogni cosa sulla lsita fu messa
una tecchetta. Che gran soddisfazione! Ogni cosa evava trovato la sua
conclusione!
Eppure qualcosa lo tormentava. del clan solo Sasuke restava. Che
sterminare il clan, la sua famiglia andasse sulla lista? Che fosse lui
la cosa veramente peggiore adesso? Ma il suo lavoro non poteva restare
in completo così prese una nuova pergamena. Un apergamena
azzurra con bordi dorati su cui scrisse in bella grafia "Itachi" poi la
consegnò a Sasuke che lo guardava con ochi pieni di lacrime.
"Un giorno verrai a
cercarmi con i miei stessi occhi"
Così se ne andò. Così
lasciò il villaggio, così trovano posto nel
racconto il diavolo la morte ed il matto.
Saskura osservò le carte con aria disgustata, poi Itachi che
ora guardava un punto imprecisato davanti a sè, fra il pane
ed i suo bicchiere.
Era il momento di cercare Sasuke, si disse alzandosi da tavola.
Lo trovò da solo, stava tornando lentamente al suo posto. lo
vide mettere un foglio azzurro in tasca. Non fece parola nè
dell'accaduto, nè della lista, nè del fratello.
Si risedette a tavola con aria seria. Solo Naruto mangiava
tranquillamente. Sakura avrebbe voluto parlare con sasuke, sapere se
stava bene. Aiutarlo se poteva, ma non trovava le parole e non trovava
la voce. Poi il giovane Uchiha prese per sè il mazzo e alla
ragazza non restò che aspettare e ... osservare.
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Capitolo 3 *** La famiglia perfetta. ***
La famiglia perfetta
Non esiste persona al
mondo che non abbia almeno un sogno. Sakura, osservando le carte che
erano state scelte e disposte con cura sul tavolo potè
capire subito con chiarezza, quale fosse il sogno si Sasuke. Sasuke
sognava una famiglia perfetta. Da quando aveva perso la sua ogni
momento libero, ogni pausa, ogni respiro lo passava e sprecava pensando
a come sarebbe stata la sua famiglia ideale. Sasuke non giocava con gli
altri, Sasuke non giocava a pallone, non sprecava il suo tempo con le
prove del coro, Sasuke non si confondeva con i tornei di scacchi, no
... Ogni attività che per chiunque altro sarebbe stata
normale, per lui divenne superflua.
Lui aveva un progetto da realizzare, solo quello era veramente
importante.
Sasuke, braccia conserte sull'erba seccata dal sole osservava con aria
annoiata un pallone bianco e nero correre sulla sabbia.
Più volte lo avevano chiamato per giocare con loro sul
piccolo campo, ma lui aveva altri progetti che riteneva più
importanti.
"Dai, Sasuke! Vieni, con
te vinceremo di sicuro!"
Naruto si sbracciava con fin troppo entusiasmo. Entusiasmo
e calore che Sasuke non comprendeva e preferiva evitare. Lui sorrideva,
scuoteva la testa e riprendeva scrivere. Aveva deciso che,
per realizzare il suo grande sogno occorreva un progetto dettagliato
prima di tutto. Occorreva chiarire con esattezza quali caratteristiche
doveva avere la sua famiglia ideale. Una volta chiarito questo
l'avrebbe potuta realizzare. Ciò che non c'era si poteva
creare, lui ci credeva e continuava a sperare.
la lista era già lunga e complessa. Niente era lasciato al
caso. nessun dettaglio doveva essere trascurato!
Volave una madre cortese, gentile e premurosa, un fratello leale ed un
padre presente. La madre la immaginava bionda, brava in cucina e sempre
gentile, il padre alto e robusto, forte e coraggioso....
sì... tutto sarebbe stato perfetto, non era accetto nemmeno
un minimo difetto!
Spense la luce. la piccola luce sul comodino si spense di malavoglia
con un leggero cigolio. Tutto in quella stanza sapeva di ricordi
vecchi, logori e polverosi. tutto era rimasto come quella sera,
l'ultima sera che aveva visto sua madre. La stessa coperta, anche
d'estate. Le stesse tendine ormai cadenti. La stessa tazza vuota
dimenticata sulla scrivania. lo stesso calendario appeso alla parete.
Sembrava che di colpo quella casa si fosse congelata lasciando tutto
com'era, come un polveroso fermo immagine. Come una vecchia foto. Come
un dipinto che invecchia ma senza cambiare. Ancora oggi, se chiudeva
gli occhi gli sembrava di sentirla:
"spegni la luce, Sasuke,
è tardi! Domani ti attende una lezione ..."
Ma sasuke scosse la testa, non la voleva ascoltare. sapeva
che non era reale ed illudersi gli faceva solo del male. Una volta sola
Naruto era entrato in quella stanza. si era guardato intorno con aria
strana. Poi aveva guardato Sasuke con aria triste.
"io ti posso capire
Sasuke, ma...."
Lui non voleva essere commiserato, lui non sapeva cosa farsene della
sua comprensione. Lui lo poteva capire? Forse, ma non gli importava.
Lui a differnza di Naruto sapeva cosa voleva e l'avrebbe ottenuto.
Guardò nell'ocurità in direzione del suo
libricino. Non gli serviva vederelo, sapeva che il suo lavoro era quasi
concluso. Aveva anche scelto la famiglia che avrebbe reso la sua
famiglia. Abitava a pochi isolati di distanza. Certo, ora non era
perfetta, ma lo sarebbe stata. Con le giuste modifiche sarebbe stata la
sua famiglia ideale, molto presto.
"Sasuke?"
Kakashi guardava con aria perplessa sakura e Naruto.
"Non avave mai mancato un
giorno di lezione... sapete cosa gli è successo?"
Non avava nemmeno finito di fornulare la frase che Sakura
aveva preso ad agitarsi con la mano alzata. Naruto sbuffò,
quando faceva così, veramente la odiava.
"Possiamo andarlo a
trovare? potrebbe essere malato?"
Un po' per l'insistenza della ragazza, un po' per
curriosità Il sensei acconsentì.
Ma Sasuke non era in casa. Trovarlo non fu facile.
Quando lo trovarono aprì la porta non sua con grande
entusiamo, salì le scale di legno come se fossero state da
sempre le sue. Fece accomodare Kakashi e i compagni come se fosse
normale ricevere ospiti in una casa non propria.
" Ma questa adesso
è la mia casa!"
Rispose in tono brusco quando gli venne fatto notare che
si trovava in casa d'altri.
Poi
un ampio sorriso gli illuminò il viso "Ora ho la mia famiglia ideale.
venite, ve la faccio incontrare!"
Kakashi scosse la testa. Lo aveva visto infelice tanto a lungo che,
vederlo finalmente sorridere lo rendeva immensamente felice e questo
gli bastava. Lo avrebbe lasciato per quel giorno libero con la sua
famiglia proseguendo da soli gli allenamenti. Sakura e Naruto erano
curiosi ma riuscì a trattenerli. Non era caso di impicciarsi
in tanti. Ora era felice e per questo dovevano essere lieti tutti
quanti.
Fu un peccato che non conobbero la famiglia Ideale.
Se l'avessero conosciuta sarebbero stati sorpresi dalle modifiche fatte
Sasuke. La famiglia in origine aveva due femminucce che L'uchiha non
voleva. fu con grande fatica che Sasuke le rincorse su per le scale e
da lì le fece ruzzolare. la piccola era bionda come lui
voleva la madre, per questò usò la testa della
piccola per sostituirla con quella della mamma dopo che quella mora era
stata mozzata. Poi l'aveva sistemata ai fornelli. Stecchi e pali la
tenevano ferma in posa da brava massaia, un po' rigida ma ...
che ci poteva fare? Non teneva in mano il mestolo così
nell'osso lo aveva dovuto piantare. Il padre sedeva in poltrona con il
telecomando cucito ad una mano. Che fatica farlo sorridere! E certo le
battute non potevano bastare, ma ago e filo ed un amo per pescare.
Mancava un fratello, ma per ora poteva bastare. Niente liti, niente
discussioni la sua famiglia era veramente perfetta! Sempre sorridente,
Sempre allegra, sempre cordiale.
Di una cosa si rese conto molto in fretta! La sua famiglia richiedeva
grande manutenzione, ma pazienza! Qualche parassita non l'avrebbe resa
men perfetta! E qualche pezzo di ricambio era da mettere in conto. A
volte la testa di mamma cadeva, il braccio del babbo era stato cucito
troppo corto, ma era la sua famiglia e adorava il suo lavoro. Presto
avrebbe avuto un fratello era la sua decisione. non restava che
aspettare la giusta occasione.
L'ultima carta. la morte.
Sasuke la osservava come se lui stesso non ne
comprendesse a fondo il significato. Come se la storia non l'avesse
raccontata lui, ma qualcun'altro. Poi riprese tranquillo a mangiare. Solo
una persona sembrava sconvolta.
Sakura si alzò di scatto. Si portò la mano alla
bocca poi corse in bagno. Quella storia era troppo... quel posto era
troppo... se ne dovevano andare.
In bagno si bagnò il viso era pallida. Di colpo si
sentì una stupida. in fondo era solo una storia. Solo una
storia. Solo una storia. Doveva convincersene era solo una storia e
Sasuke non aveva ucciso nessuno. Nessuno. Si lavò il viso.
Era proprio una stupida suggestionabile. Solo una storia.
Quando tornò nella sala da pranzo tutti sembravano
tranquilli. Anche Sasuke mangiava tranquillo. Un nuovo commensale aveva
preso il mazzo. Forse l'unica cosa che poteva fare era sedere ed
ascoltare. Prima o poi avrebbe capito l'origine di quella follia, o
almeno lo sperava.
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Capitolo 4 *** Per sempre insieme. ***
n
Sakura
rimase ferma in silenzio ad osservare. Osservava con attenzione le
carte che lentamente venivano scoperte sul tavolo. Sapeva che la storia
si sarebbe formata rapidamente nella sua mente, che lo volesse oppure
no. Quindi scelse la cosa più logica da fare: scelse di
ascoltare.
Per sempre insieme.
Anche se lei non rispondeva,
Sasori capiva sempre quello che lei gli voleva dire. Lei lo guardava,
con i suoi grandi occhi chiari e lui capiva che in ogni sua parola ci
avrebbe trovato solo affetto, amore e comprensione. Parlava spesso e a
lungo con la madre, una donna gracile e dalla carnagione chiara come la
sua. Dai capelli rossi, come i suoi. Con occhi verdi in cui rivedeva i
propri. Parlavano a lungo e di tutto. Gli raccontava le sua paure, la
sua angoscia, la sua ansia di ragazzino. Tutto. Sicuro che lei avrebbe
capito. Lei non diceva mai molto, ma sapeva ascoltare. Una dote rara e
preziosa. Sasori si sentiva sempre meglio dopo le loro lunghe
chiaccherate. Sentiva il proprio animo più leggero, sentiva
che sarebbe riuscito ad affrontare ogni cosa. Si sentiva più
forte.
"Gli altri ragazzi mi
prendono in giro. Dicono che sono uno stupido mammone, tu non lo pensi,
vero mamma?"
Era notte, una fresca notte di settembre, e solo la luce
della luna illuminava lievemente le due figure sedute sulla veranda.
La madre in risposta scosse la testa. Sorrise e scosse appena la testa.
Sasori parve soddisfatto della risposta e bevve un ampio sorso del suo
the freddo alla pesca. Era un bicchiere di vetro grande e pieno fino
all'orlo di ghiaccio a cubetti e the freddissimo. Un brivido lo scosse.
Persino troppo freddo.
"Lo sapevo, tu non sei
come loro tu.... Tu non mi lascerai, vero? Vero? Mi lascerai?"
Gli tremavano le mani, ma non per il freddo. Una goccia di
the ambrato scivolò lungo lo spesso bordo di vetro
"Tu mi lascerai?"
Ripetè ancora con voce tremante.
La donna sorridendo scosse la testa con maggiore vigore facendo
ondeggiare i lunghi capelli rossi.
Il tremore passò. La paura che in un secondo aveva
annebbiato la mente di Sasori, come era arrivata scomparve. Con la
medesima velocità.
Il rosso osservò il bicchiere della madre, il bicchiere era
ancora pieno fino all'orlo, non era stato toccato.
"Dimentico
sempre che a te non piace il the alla pesca, perdonami. Ne vuoi un
bicchiere al limone?"
La donna
fece educatamente cenno di no con la testa
" Se lo vuoi non mi
disturbi, sai che farei qualsiasi cosa per te? vero?"
Il rosso sorrise osservando il cielo. C'era la luna piena
quella notte. Una splendida luna piena circondata da un mare di stelle.
"Non ho mai visto tante
stelle, e tu?"
La donna scosse la testa con un mezzo sorriso.
"Già,
è raro vedere tante stelle in città. vero mamma?
Le stelle sono le custodi della notte, come mi dicevi sempre tu, quando
ero bambino, e dall'alto vegliano su di noi. E non mi importa se gli
altri non ci credono e mi deridono. Io so che è vero. Lo so.
Perchè quello che mi dici tu è sempre vero."
Sasori si sdraiò poggiando la testa sul grembo
della madre. Lei lo guardò con un mezzo sorriso.
" So che sono troppo
grande per queste cose, ma non mi importa"
La donna scosse la testa seria.
" Ma tu mi vorrai sempre
bene. So che mi vorrai sempre bene. So che sarò sempre il
tuo bambino per te"
Per lunghi minuti madre e figlio rimasero in silenzio. Con
loro solo il rumore del vento e il fruscio delle foglie. Il vecchio
Kimono della madre era sempre morbido, e anche se ingiallito dal tempo,
era sempre bellissimo. Sasori passò lentamente la mano sugli
ornamenti dorati, sui fiori ricamati, sul nastro arancio macchiato di
rosso.
"Vuoi un Kimono nuovo,
mamma?"
La donna scosse la testa.
"Sì, hai
ragione. Anch'io sono affezionato al tuo Kimono. Mi ricorda quando ero
piccolo e tu mi portavi sempre al parco. E indossavi spesso questo. Con
i sandali gialli che mi divertivano tanto. Gialli come il sole, come...
l'estate. Non l'hai scordato, vero?"
"No" fu nuovamente la risposta silenziosa della donna.
"Sono momenti preziosi
anche per me, mamma"
Si mise seduto, poi con un gesto nervoso
scacciò una mosca.
"Sai quando mi hai
chiesto quale fosse il mio ricordo più doloroso. Ricordi che
non volli rispondere? Oggi voglio dirtelo"
La donna scosse bruscamente la testa. Sasori sorrise
comprensivo.
"No, non mi sento
costretto a farlo, voglio farlo. Veramente. Il giorno più
brutto della mia vita lo ricordo ancora bene. Il giorno del tuo
funerale. Il giorno che ti hanno portato via da me in una bellissima ma
fredda bara bianca"
Le lacrime rigavano le guance del ragazzo, ma lui non ci
badava. pur singhiozzando riprese a parlare.
"Ti hanno portata via da
me, fra i fiori e le lenzuola di seta. Ma io ti ho ripresa, ti ho
liberata dalla terra, non importa quanto ho dovuto scavare. Tu sei di
nuovo con me e non importa se il tuo corpo decade, se le larve di
infestano, tu sei sempre la mia mamma"
La strinse forte, ormai non faceva più caso
all'odore, quando sarebbe diventato più bravo avrebbe
trasformato la madre in un manichino migliore. per ora si accontentava
di cospergarle di olii profumati, di cucire le sue dolci
labbraperchè sorridesse e di vedere il suo volto ondeggiare
al vento come un tacito diniego. Il filo si era spezzato. Si
alzò e rientrò in casa per ritornare con ago e
filo, presto avrebbe sorriso di nuovo.
"Scusa"
Borbottò quando un pezzo di guancia cadde sul
pavimento di legno lasciando scoperto un pezzo di osso bianco
e liscio.
"Fra poco sarai di nuovo
bellissima"
Arrossì facendo un nodo al filo e spezzandolo
con i denti.
" Ma tu sei sempre
bellissima. E noi saremo sempre insieme, vero?"
Sakura, finita
la storia, si alzò di scatto facendo cadere la sedia.
malgrado il rumore nessuno dei presenti si mosse. Sarebbe scappata se
Sasuke non l'avesse trattenuta afferrandola per un braccio. Doveva
farsene una ragione, non sarebbero potuti uscire da lì
finchè anche l'ultimo dei narratori non avesse detto la sua
storia. E il mazzo già veniva ripassato. di mano in mano. Si
detette di nuovo e attese.
Nota: L'aspetto
della madre di Sasori è puramente inventato XD In merito mi
sono presa... "qualche licenza poetica". mi scuso in anticipo per
qualsiasi errore di battitura.
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Capitolo 5 *** I funghi e la torre. ***
fine
La
bambina dai capelli neri teneva in mano un grande fungo stringendone il
capello con le piccole manine paffute
"Hai visto che bello
mekare? e l'ho trovata tutta da sola!"
La maggiore dai lunghi capelli rossi non
potè che
sorridere, sia per il grande fungo dal colore bruno intenso, sia per la
gioia della sorella. Con lei tutto diventava importante, tutto
diventava sorprendente, anche le piccole cose.
" è bellissimo
Alessa. è un fungo bellissimo"
La minore rise allegramente, la sua risata era come il
suono di
mille campanelli. Mekare e Alessa erano l'una l'opposto dell'altra: la
prima seria e taciturna, la seconda sempre allegra e spensierata,
eppure stavano bene insieme. Eppure stavano sempre insieme. La sorella
dai capelli rossi e quella dai capelli neri, come il giorno e la notte.
" Sai Mekare? sono
convinta che dietro al grande albero ce ne siano di ancora
più belli"
La rossa non rispose subito. Sapeva che la sorellina ci
voleva
andare. la sorellina... tanto coraggiosa e cocciuta... ma lei, la
maggiore, sapeva che per due bambine oltre il torrente era un luogo
pericoloso. O almeno così aveva sempre pensato... e anche
attraversare il piccolo torrente non era poi tanto sicuro. Bisognava
stare attente, molto attente.
Visto che non rispondeva Alessa la punzecchiò un po'...
" Non avrai paura, vero
sorellona? Lo sai che oltre il torrente ci sono solo gli antichi alberi"
La rossa scosse la testa facendo ondeggiare i lunghi
capelli ricci
" sai che non ho paura,
la mia è solo prudenza"
La minore si mise a ridere
" Hai paura! hai paura!"
Cantilenava e l'allegria contagiò anche la
sorella
prudente che ridendo e un po' sbuffando prese in mano il grande cesto
già pieno per metà di funghi di ogni forma e
dimensione.
" Va bene.... va bene...
ma poi torneremo diritte a casa..."
Le immagini scomparvero in fretta come erano comparse e
Sakura
si torvò ad osservare ancora lui... l'ultimo narratore.
Orochimaru aveva riposto le carte appena usate e ne stava scegliendo di
nuove. Le ripose con cura sul tavolo. Poi la stanza scomparve di nuovo
e al suo posto comparve una torre. Una torre buia e sinistra,
illuminata solo da una torcia. la torcia le teneva inmano Jiraya.
Orochimaru lo seguiva in silenzio lungo la stretta schiala a
chiocciola, scendevano in basso, scendevano verso l'oscurità.
" Sono tutti convinti che
siano state
qui. Che dopo aver raccolto i funghi abbiano attraversato il torrente e
sia siano addentrate in questa vecchia torre. poi nessuno le ha
più viste"
Spiegò orochimaru in tono pacato
" Si chiamavano Marake ed
Alessa, rispettivamente di 8 e 6 anni"
Jiraya annuì, lui non era calmo come l'altro.
Aveva un
brutto presentimento, lo aveva da quando avevano trovato il cestino con
i funghi abbandonato all'inizio di quella stretta scala.
" Hai fatto
bene a chiamarmi Orochimaru. è strano che qui scompaiano
tante persone... con loro due fanno 12"
Mekare prese in mano il fungo con entrambe
le mani, le dimensioni le avrebbero consentito di prenderlo anche con
una, ma non voleva rischiare di rovinarlo, era un fungo molto bello. In
fondo la sorellina aveva avuto ragione sui funghi, Alessa sapeva
trovare sempre i funghi migliori, ma lei era troppo orgogliosa per
ammetterlo ad alta voce.
"Direi che possono
bastare Alessa, i funghi sono già molti e la nonna ci
starrà aspettando..."
Ma la minore non rispose, immobile stava osservando
qualcosa che pensava di non aver mai visto prima, una vecchia torre.
Non un castello diroccato, solo una vecchia torre...
" Alcune voci dicono che
questa torre sia comparsa dal nulla nel giro di una notte, che prima
non ci sia mai stato nulla del genere qui... è vero
Orochimaru?"
Il ninja dai capelli neri sorrise.
"Molte cose ci sembrano
sconosciute solo perchè non le abbiamo notate prima"
Jiraya annuì
"Forse hai ragione,
sì.... forse hai ragione"
"Tu l'avevi mai vista
Mekare?"
La rossa scosse energicamente la testa
facendo oscillare i lunghi ricci rossi
" Sono già
venuta qui con la vecchia madre, ma non ho mai visto una torre qui.
Nè una torre nè niente di costruito dall'uomo a
dire il vero"
La più giovane sembrava morire dalla voglia di
entrare... faceva finta di niente, ma poi trovava ogni scusa possibile
per avvicinarsi a quel portone, anche solo di un passo. Anche solo di
mezzo passo. Prima era un fiore che doveva assolutamente cogliere, poi
un uccellino che doveva vedere, poi un ramo che sembrava spezzato...
La scala era ripida e stetta, ma finalmente ne ne vedeva il fondo.
La torre che esternamente appariva al piano del terreno continuava in
realtà molto oltre un dirupo
e l'edificio che sembrava di modeste dimensioni era invece altissimo
" Come può
esistere un edificio così? Come può stare in
piedi una cosa come questa?"
Orochimaru sorrise, ma non rispose.
"Come può un
edificio così alto reggere e perchè porre una
porta qui... la base è laggiù... in fondo al
dirupo... come può esistere un edificio così?"
Alessa scosse la testa osservando la scala che iniziava
proprio da quella piccola porta. La maggiore aveva ragione. Mekare era
sempre la più saggia e sagge erano le sue domande, ma lei,
la minore, non aveva con sè tutte le risposte.
e poi la piccola porta si era chiusa alle loro spalle. Non gli restava
che scendere.
"Perchè ridi
Orochimaru? Cosa trovi di divertente in questo?"
La scala portava in una piccola stanza con il pavimento
pieno di ossa umane e non.
"Rido perchè
è la stessa domanda che mi pongono tutti ed a tutti do la
medesima risposta"
Jiraya deglutì. Pur avendo paura della risposta
non riuscì ad impedirsi di porre la domanda.
" Quale risposta?"
Orochimaru osservò il tetto che scomparve, il
pavimento che si dissolse lasciando solo le ossa bianche,
osservò le pareti che diventarono trasparenti mostrando
quello che è per ciò che era... una grotta.
"Questa torre non esiste"
Disse con calma.... poi la sua veste cadde... la sua pelle
di venne bianca... il suo corpo di serpente...
"Questa torre non esiste
esiste solo la mia grotta e la tua vita non esiste, esiste solo la mia
cena"
Poi il gigantesco serpente bianco divorò Jiraya
come aveva divorato Alessa e Mekare.
Poi avrebbe dormito e nessuno avrebbe più rivisto la vecchia
torre... Almeno finchè fosse stato sazio.
Poi tutto scomparve e Sakura si trovò nuovamente nella
locanda. Orochimaru le sorrise tenendo in mano due sole carte, in modo
che le potesse vedere: La torre e l'impiccato.
Poi si alzò di colpò... la sua sedia cadde e la
ninja si trovò distesa a terra, ma quando aprì
gli occhi...
Poteva sentire l'erba sotto la sua pelle
il vento sui suoi capelli... ed udire... dopo tanto silenzio udire un
suono, la Voce di Kakashi.
"Pausa finita ragazzi"
Aprì lentamente gli occhi in modo che si
riadattasserò al sole. Era solo un sogno, pensò...
Poi vide un gatto persiano allontanarsi furtivo e un solo dubbio le
restò nella mente:
"Era il suo sogno oppure
il mio?"
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