La taverna del brivido.

di Saavik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La taverna, il matto e il diavolo. ***
Capitolo 2: *** La cosa veramente peggiore. ***
Capitolo 3: *** La famiglia perfetta. ***
Capitolo 4: *** Per sempre insieme. ***
Capitolo 5: *** I funghi e la torre. ***



Capitolo 1
*** La taverna, il matto e il diavolo. ***


“Cerca di mantenere il passo. Sei lento.”
A quelle parole naruto sbuffò vistosamente lasciando cadere a terra lo zaino che stava trasportando.
“ Sei bravo Sasuke a dare ordini agli altri, ma questo zaino pesa! Pesa veramente e io ho fame!”
“Cercate di non fare i bambini”
Gli interruppe Sakura osservandogli con aria severa
“ Appena troveremo una locanda sosteremo, siamo in missione lo sapete benissimo eppure devo sempre ricordarvelo ... E' una missione importante! Molto importante. Il maestro conta su di noi. Il villaggio conta su di noi.”
Sasuke non l’ascoltava, lui aveva proseguito beatamente il cammino, tanto che sia Sakura sia Naruto dovettero correre per raggiungerlo. Se una cosa del genere l’avesse fatta il biondo, la giovane genin avrebbe fatto senza dubbio avuto più che quattro paroline da dire ma, se ad ignorarla era il suo amato Sasuke allora … Allora tutto era concesso. Anche la scortesia. Avevano una missione semplice, molto semplice, portare un documento firmato dall’Hokage fino a Suna. Semplice, troppo semplice per Sasuke, che amava solo le sfide, troppo semplice per Naruto che non comprendeva che utilità potesse avere per lui quella cosa. Non l’avrebbe aiutato a diventare più forte dell’Uchiha e … E ciò che non serviva a tale scopo era inutile. Eppure una missione così doveva avere una sua utilità se gli era stata assegnata e doveva esserci una ragione se Kakashi non era con loro. Era la loro prima missione da soli e, a quanto pare, Sakura era l’unica che sembrava rendersene veramente conto. Denotava fiducia nei loro riguardi e lei voleva meritarsela tutta quella fiducia. Erano ore che camminavano in mezzo al nulla assoluto, il sole era tramontato, l’aria si faceva fredda e, soprattutto Naruto si faceva insopportabile. Era stanco, ma lo erano tutti. Anche Sasuke che, per difendere il suo dannato orgoglio, continuava a camminare a passo sostenuto ostentando fin troppa spavalderia. Anche lui era stanco, tanto che nemmeno rispondeva più alle lamentele del compagno.
Poi silenzio. Nella squadra scese un silenzio quasi irreale. Si sentivano solo il rumore dei passi, degli animali notturni e il vento. Solo questi rumori di fondo restavano a ricordare ai viandanti che non erano diventati improvvisamente sordi. Poi la videro. Una piccola locanda. Le finestre illuminate. Attraverso i vetri, negli spazzi lasciati dalle corte e candide tende, si intravedevano passare i camerieri con vassoi pieni e brocche colme. Eppure nessun rumore, anche i giovani genin, come in silenzio erano arrivati, in silenzio entrarono nel locale.
Davanti a loro si presentò una grande tavolata, molta gente mangiava in silenzio. Se volevano farsi passare qualcosa lo facevano a gesti e anche i camerieri servivano in assoluto silenzio. Un ragazzo fece loro un cenno, tre posti erano liberi e già apparecchiati. Naruto non se lo fece dire due volte e prima che Sakura potesse esprimere qualche perplessità, si era già seduto e servito da un gran vassoio pieno di carne arrosto. La ninja si voltò preoccupata verso Sasuke ma questi già si stava sedendo, a lei non restò che l’ultimo posto libero. In mezzo ai due. Naruto mangiava tranquillamente e di gusto. Sasuke selezionava con cura quello che gradiva, ben poco a dire il vero. Sakura si guardava nervosamente intorno. Troppo silenzio la innervosiva ed il fatto che solo lei sembrava farci caso la innervosiva ancora di più. Era strano come non riuscisse e vedere bene il volto dei commensali. Come se una fitta nebbia o un fumo denso riempissero la stanza.
Poi, quando il pasto fu finito nel silenzio in cui era iniziato, i piatti e i vassoi furono portati via e al suo posto fu portato un mazzo di carte. Era un mazzo di grandi tarocchi. Una mano chiara lo prese per primo. Che volesse chiedere qualcosa alle carte? Magari l’esito di un difficile viaggio.
Per la prima volta poté vedere il volto del ragazzo. Gaara stringeva il mazzo di carte. Ne scelse alcune e poggiò la prima sul tavolo. Tutti osservarono in silenzio. Sasuke aveva già compreso: Gaara avrebbe narrato una storia.
Gaara poggia sul tavolo lentamente cinque carte. Non sa come ma Sakura riuscì a darne una interpretazione più che plausibile, come se l’assenza di parole e commenti non costituisse affatto un problema. Come in quel contesto le parole fossero solo un impiccio.
La carte erano nell’ordine di comparsa: Il leone, l’eremita e la luna, il matto e il diavolo, il mondo, la morte.
Ecco la storia che la ragazza ne tirò fuori.

Il matto e il diavolo.
Gaara aveva sempre dato fiducia alla sua forza, su di lei aveva sempre confidato. Pensava che la forza potesse risolvere tutto. Piccoli e grandi problemi. Una notte si trovò a camminare da solo in una notte senza stelle. Suna era splendida di notte con le dune che riflettevano come uno specchio opaco la luce della luna. Con i tetti chiari nella notte. Con le piccole finestre illuminate. Con il vento frusciante della sera che come una cantilena accompagnava i solitari passi dei viandanti. Era poco più di un bambino, ma un bambino già solo.
“ I soldi o la vita”
Una voce secca. Un bisbiglio rauco. Si voltò appena e si trovò davanti un estraneo. Un uomo armato di Kuani. Non lo conosceva perché nessuno di Suna avrebbe osato tentare di rapinarlo. Non era di Suna perché gli abitanti del villaggio sapevano tenere correttamente in mano un Kunai, non come lui, che lo teneva in mano quasi fosse un coltello da carne.
“vattene ... non voglio farti del male”
Ma l’uomo attaccò lo stesso e lui doveva difendersi. Gaara aveva confidato sempre nella sua forza ma sapeva dosarla male. Finì per ucciderlo. Ecco cosa succede se un matto incontra il diavolo. Il povero diavolo poi muore. Temeva il giudizio del villaggio, per lui il mondo e decise di rimediare a suo modo.
Prese il corpo con sé e lo portò nella sua piccola casetta.
“Tutto si può aggiustare”
ripeteva fra sé ricucendo il corpo
“Tutto si può aggiustare”
Ripeteva infilando l’ago e filo nella carne ormai già fredda.
“Tutto si può aggiustare, anche la morte”.
Il sole sorse in fretta e la sua opera era finita. Aveva lavorato tutta la notte per riassemblarlo alla fine il suo lavoro lo osservava serio. Lo osservava con il suo unico occhio rimasto aperto, con le sue mani cucite ai fianchi in una posa di finta serenità.
“Mi dispiace”
sussurrò il rosso
“ Ma ora devo andare”
Quando avevano sfondato la porta della sua casetta Gaara se n’era già andato. Ora vagava da solo senza né una meta né una fissa dimora.

Sakura osservava le carte a cui alla fine si erano aggiunte la fortuna e la temperanza. Si chiese se avesse compreso male il loro significato. Sicuramente aveva frainteso il loro significato. Ma non fece in tempo a dare una risposta, un nuovo commensale aveva preso per sé il mazzo.

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Capitolo 2
*** La cosa veramente peggiore. ***


itachi Osservò il volto , ma senza vederlo. Seguì attentamente i movimenti delle mani , le unghie curate, lo smalto nero, ma non poteva essere. Le carte: il mondo, la morte, il diavolo, il matto. Comprese più di quanto avrebbe pensato, più di quanto avrebbe voluto, ma non poteva essere. Quello, si disse Sakura, non poteva essere ... Itachi la osservava sorridendo freddamente. Ora toccava a lui narrare una nuova storia. La giovane genin si voltò istintivamente verso sasuke, ma non lo vide. Quando si voltò nuovamente verso il maggiore  degli Uchiha, sgomenta, si sorprese di quanto fosse intenso il rosso del suo sharingan. Rosso come il sangue, rosso come un rubino fra le fiamme, rosso coma lava incandescente eppure, eppure freddo come il ghiaccio. La sua innata era bella e fredda al tempo stesso, come una notte chiara d'invervo, come una rosa di cristallo finemente intagliata, come la sabbia chiara della spiaggia dopo un temporale. Avrebbe voluto cercare Sasuke, eppure sapeva che doveva attendere. Prima doveva ascoltare le parole del maggiore e poi, forse, avrebbe compreso sia la ragione della sua presenza lì, sia dove si trovava il minore. Osservò le carte disposte sul tavolo, poi una mano, quella di Itachi si poggiò sulla prima, 'il  mondo'.

La cosa veramente peggiore
Ogni bambino possiede un oggetto che per lui rappresenta il mondo. Un oggetto senza alcuna importanza e senza alcuna utilità apparente, ma che per lui rappresenta molto, tutto il suo universo. Il piccolo Itachi stringeva forte a sè il suo piccolo mondo, una lista che teneva praticamente da quando aveva imparato a scrivere. Una pergamena sgualcita color giallo indiano su cui usava segnare quella che per lui era la cosa veramente peggiore. Se una cosa lo infastidiva, lo spaventava o lo innervosiva, ecco che lui la metteva sulla lista. La lista delle cose veramente peggiori. Non che servisse veramente a qualcosa, ma a lui sembrava di sentirsi meglio. A lui sembrava che le cose, una volta messe sulla lista, gli facessero un po' meno paura. Itachi stringeva forte la sua lista nascondendola a fatica con le braccia. La nascondeva perchè
Shisui cerva ridendo di sottrargliela. Shisui rideva divertito davanti alla rabbia esagerata dell'amico.
" E' solo un foglio, Itachi e voglio solo dargli un'occhiata"
Itachi scosse forte la testa. Non gli avrebbe dato il suo piccolo tesoro. Nemmeno per un attimo.
"E' solo un foglio"
Ripeteva l'altro, poi, dopo averne afferrato a fatica un angolo prese a tirarlo con ampi strattoni.
"E' solo un foglio e voglio solo leggerlo, Itachi! Solo un ..."
Poi per il tanto strattonare il foglio si ruppe ed Itachi rimase con solo metà pergamena in mano e la guardava sconsolato.
"Mi dispiace"
Disse Shisui, ma l'Uchiha non l'ascoltava. Se n'era andato a testa bassa. Non disse più niente dell'accaduto, ma in segreto iniziò una nuova lista. Una nuova lista delle cose veramente peggiori e su cui cui scrisse, in bella grafia, 'le mani di Shis
ui'. Le mani che avevano distrutto il suo piccolo mondo.

I giorni passarono e il sole sorse e tramontò molte. Niente sembrava cambiato, eppure era cambiato tutto. Come spesso accade, i grandi cambiamenti passano inosservati e tutto nel villaggio e nel clan sembrava prosesuire al meglio.
Mani attaccate al vetro, occhi sgranati, Itachi osservava una vetrina, con precisione osservava un grande orsetto di peluche. Un orsetto azzurro.
Il padre lo strattonò con forza strattonandolo via dalla vetrina.
"Non sono cose da maschi"
Disse con voce severa. Itachi non disse niente, nè protesto. Abbassò lo sguardo ed annuì ... Poi giunto a casa aggiunse alla lista ' le braccia di papà', in bella grafia.
Le braccia del padre che lo avevano strattonato quel giono erano state la cosa veramente peggiore. Meritavano un posto sulla lista.

" Sei un disatro"
La madre lo dice spesso al piccolo Itachi. Tutti si aspettavano molto da lui e lui cercava di appagare tutte quelle aspettative come meglio poteva, ma non era mai abbastanza. Come ninja niente da ridire, era un combattente perfetto, senza paura, piccolo ma sapeva già padroneggiare alla perfezione le sue tecniche ed era velocissimo nell'attivarle, ma non era abbastanza. Non era mai abbastanza.
"Come persona sei un disatro, devi socializzare"
Gli ripeteva preoccupata.
Itachi rispondeva sempre allo stesso modo, alzata di spalle e via nella sua stanza. Eppure quella volta fece anche qualcos'altro, aggiunse nella lista " la voce della mamma". La voce che lo rimproverava sempre, la voce che per lui era la cosa veramente peggiore.
La lista cresceva ed aumentava con voci strane e note bizzarre.
Si aggiunsero ' i piedi dello zio', ' la testa del lattaio', 'il cuore del maestro' che era freddo come il ghiaccio ....
Poi la lista venne dimenticata e chiusa in un cassetto, Itachi crebbe e divenne un anbu perfetto.
Era il momento di riprendere la lista, si disse contento. Tante cose brutte erano sulla lista era giunto il momento di porre rimedio. Tutte le cose veramente peggiori sarebbero sparite. Era il momento che il suo tesoro svolgesse il suo ruolo.

Così cadono le foglie d'autunno, così anche i bravi bambini cadono e si fanno male, così terminano anche i giorni di festa e dalla primavera si passa all'inverno.
Allo stesso modo, con la stessa inesorabile conclusione Itachi prese la sua pergamena e la seguì con precisone.
Così cadderò le mani di 
Shisui dopo che con un macete le ebbe tagliate. Un rumore d'accetta, rumore di ossa che si sgretolano, molto sangue sporcò il candito pavimento e un sorriso ravvivò il volto di Itachi. Sembrava un mattatoio ora la sua vecchia cameretta eppure ogni cosa era stata perfetta. La lista seguova con diletto affinchè il suo compito non fosse interrotto prese ogni precauzione.
Itachi rientrò tardi a casa, quella sera
" Sono a casa"
Disse infilandosi con cura un paio di guanti in lattice.
Fu tardi quando la madre si accorse che qualcosa non andava, sbirciò nel sacco e vide rotolare a terra la testa di
Shisui. Si senti gelare il sangue nelle vene, aprì la bocca per gridare, ma le sue corde vocali erano già in mano al figlio che con rabbia le aveva strappate.
Allo stessò modo finirono recise le braccia del padre, i piedi dello zio, allo stesso modo finì su di un lettino d'acciaio, la testa del povero lattatio. Batte ora in una scatola di legno, il cuore del vecchio maestro. A ogni cosa sulla lsita fu messa una tecchetta. Che gran soddisfazione! Ogni cosa evava trovato la sua conclusione!
Eppure qualcosa lo tormentava. del clan solo Sasuke restava. Che sterminare il clan, la sua famiglia andasse sulla lista? Che fosse lui la cosa veramente peggiore adesso? Ma il suo lavoro non poteva restare in completo così prese una nuova pergamena. Un apergamena azzurra con bordi dorati su cui scrisse in bella grafia "Itachi" poi la consegnò a Sasuke che lo guardava con ochi pieni di lacrime.
"Un giorno verrai a cercarmi con i  miei stessi occhi"
Così se ne andò. Così lasciò il villaggio, così trovano posto nel racconto il diavolo la morte ed il matto.

Saskura osservò le carte con aria disgustata, poi Itachi che ora guardava un punto imprecisato davanti a sè, fra il pane ed i suo bicchiere.
Era il momento di cercare Sasuke, si disse alzandosi da tavola.
Lo trovò da solo, stava tornando lentamente al suo posto. lo vide mettere un foglio azzurro in tasca. Non fece parola nè dell'accaduto, nè della lista, nè del fratello. Si risedette a tavola con aria seria. Solo Naruto mangiava tranquillamente. Sakura avrebbe voluto parlare con sasuke, sapere se stava bene. Aiutarlo se poteva, ma non trovava le parole e non trovava la voce. Poi il giovane Uchiha prese per sè il mazzo e alla ragazza non restò che aspettare e ... osservare.




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Capitolo 3
*** La famiglia perfetta. ***


La famiglia perfetta

Non esiste persona al mondo che non abbia almeno un sogno. Sakura, osservando le carte che erano state scelte e disposte con cura sul tavolo potè capire subito con chiarezza, quale fosse il sogno si Sasuke. Sasuke sognava una famiglia perfetta. Da quando aveva perso la sua ogni momento libero, ogni pausa, ogni respiro lo passava e sprecava pensando a come sarebbe stata la sua famiglia ideale. Sasuke non giocava con gli altri, Sasuke non giocava a pallone, non sprecava il suo tempo con le prove del coro, Sasuke non si confondeva con i tornei di scacchi, no ... Ogni attività che per chiunque altro sarebbe stata normale, per lui divenne superflua.
Lui aveva un progetto da realizzare, solo quello era veramente importante.

Sasuke, braccia conserte sull'erba seccata dal sole osservava con aria annoiata un pallone bianco e nero correre sulla sabbia.
Più volte lo avevano chiamato per giocare con loro sul piccolo campo, ma lui aveva altri progetti che riteneva più importanti.
"Dai, Sasuke! Vieni, con te vinceremo di sicuro!"
Naruto si sbracciava con fin troppo entusiasmo. Entusiasmo e calore che Sasuke non comprendeva e preferiva evitare. Lui sorrideva, scuoteva la testa e riprendeva  scrivere. Aveva deciso che, per realizzare il suo grande sogno occorreva un progetto dettagliato prima di tutto. Occorreva chiarire con esattezza quali caratteristiche doveva avere la sua famiglia ideale. Una volta chiarito questo l'avrebbe potuta realizzare. Ciò che non c'era si poteva creare, lui ci credeva e continuava a sperare.
la lista era già lunga e complessa. Niente era lasciato al caso. nessun dettaglio doveva essere trascurato!
Volave una madre cortese, gentile e premurosa, un fratello leale ed un padre presente. La madre la immaginava bionda, brava in cucina e sempre gentile, il padre alto e robusto, forte e coraggioso.... sì... tutto sarebbe stato perfetto, non era accetto nemmeno un minimo difetto!

Spense la luce. la piccola luce sul comodino si spense di malavoglia con un leggero cigolio. Tutto in quella stanza sapeva di ricordi vecchi, logori e polverosi. tutto era rimasto come quella sera, l'ultima sera che aveva visto sua madre. La stessa coperta, anche d'estate. Le stesse tendine ormai cadenti. La stessa tazza vuota dimenticata sulla scrivania. lo stesso calendario appeso alla parete. Sembrava che di colpo quella casa si fosse congelata lasciando tutto com'era, come un polveroso fermo immagine. Come una vecchia foto. Come un dipinto che invecchia ma senza cambiare. Ancora oggi, se chiudeva gli occhi gli sembrava di sentirla:
"spegni la luce, Sasuke, è tardi! Domani ti attende una lezione ..."
Ma sasuke scosse la testa, non la voleva ascoltare. sapeva che non era reale ed illudersi gli faceva solo del male. Una volta sola Naruto era entrato in quella stanza. si era guardato intorno con aria strana. Poi aveva guardato Sasuke con aria triste.
"io ti posso capire Sasuke, ma...."
Lui non voleva essere commiserato, lui non sapeva cosa farsene della sua comprensione. Lui lo poteva capire? Forse, ma non gli importava. Lui a differnza di Naruto sapeva cosa voleva e l'avrebbe ottenuto. Guardò nell'ocurità in direzione del suo libricino. Non gli serviva vederelo, sapeva che il suo lavoro era quasi concluso. Aveva anche scelto la famiglia che avrebbe reso la sua famiglia. Abitava a pochi isolati di distanza. Certo, ora non era perfetta, ma lo sarebbe stata. Con le giuste modifiche sarebbe stata la sua famiglia ideale, molto presto.

"Sasuke?"
Kakashi guardava con aria perplessa sakura e Naruto.
"Non avave mai mancato un giorno di lezione... sapete cosa gli è successo?"
Non avava nemmeno finito di fornulare la frase che Sakura aveva preso ad agitarsi con la mano alzata. Naruto sbuffò, quando faceva così, veramente la odiava.
"Possiamo andarlo a trovare? potrebbe essere malato?"
Un po' per l'insistenza della ragazza, un po' per curriosità Il sensei acconsentì.
Ma Sasuke non era in casa. Trovarlo non fu facile.
Quando lo trovarono aprì la porta non sua con grande entusiamo, salì le scale di legno come se fossero state da sempre le sue. Fece accomodare Kakashi e i compagni come se fosse normale ricevere ospiti in una casa non propria.
" Ma questa adesso è la mia casa!"
Rispose in tono brusco quando gli venne fatto notare che si trovava in casa d'altri.
 Poi un ampio sorriso gli illuminò il viso "Ora ho la mia famiglia ideale. venite, ve la faccio incontrare!"
Kakashi scosse la testa. Lo aveva visto infelice tanto a lungo che, vederlo finalmente sorridere lo rendeva immensamente felice e questo gli bastava. Lo avrebbe lasciato per quel giorno libero con la sua famiglia proseguendo da soli gli allenamenti. Sakura e Naruto erano curiosi ma riuscì a trattenerli. Non era caso di impicciarsi in tanti. Ora era felice e per questo dovevano essere lieti tutti quanti.

Fu un peccato che non conobbero la famiglia Ideale.
Se l'avessero conosciuta sarebbero stati sorpresi dalle modifiche fatte Sasuke. La famiglia in origine aveva due femminucce che L'uchiha non voleva. fu con grande fatica che Sasuke le rincorse su per le scale e da lì le fece ruzzolare. la piccola era bionda come lui voleva la madre, per questò usò la testa della piccola per sostituirla con quella della mamma dopo che quella mora era stata mozzata. Poi l'aveva sistemata ai fornelli. Stecchi e pali la tenevano ferma in  posa da brava massaia, un po' rigida ma ... che ci poteva fare? Non teneva in mano il mestolo così nell'osso lo aveva dovuto piantare. Il padre sedeva in poltrona con il telecomando cucito ad una mano. Che fatica farlo sorridere! E certo le battute non potevano bastare, ma ago e filo ed un amo per pescare. Mancava un fratello, ma per ora poteva bastare. Niente liti, niente discussioni la sua famiglia era veramente perfetta! Sempre sorridente, Sempre allegra, sempre cordiale.
Di una cosa si rese conto molto in fretta! La sua famiglia richiedeva grande manutenzione, ma pazienza! Qualche parassita non l'avrebbe resa men perfetta! E qualche pezzo di ricambio era da mettere in conto. A volte la testa di mamma cadeva, il braccio del babbo era stato cucito troppo corto, ma era la sua famiglia e adorava il suo lavoro. Presto avrebbe avuto un fratello era la sua decisione. non restava che aspettare la giusta occasione.

L'ultima carta. la morte.
Sasuke la osservava come se lui stesso non ne comprendesse a fondo il significato. Come se la storia non l'avesse raccontata lui, ma qualcun'altro. Poi riprese tranquillo a mangiare. Solo una persona sembrava sconvolta.
Sakura si alzò di scatto. Si portò la mano alla bocca poi corse in bagno. Quella storia era troppo... quel posto era troppo... se ne dovevano andare.
In bagno si bagnò il viso era pallida. Di colpo si sentì una stupida. in fondo era solo una storia. Solo una storia. Solo una storia. Doveva convincersene era solo una storia e Sasuke non aveva ucciso nessuno. Nessuno. Si lavò il viso. Era proprio una stupida suggestionabile. Solo una storia.
Quando tornò nella sala da pranzo tutti sembravano tranquilli. Anche Sasuke mangiava tranquillo. Un nuovo commensale aveva preso il mazzo. Forse l'unica cosa che poteva fare era sedere ed ascoltare. Prima o poi avrebbe capito l'origine di quella follia, o almeno lo sperava.

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Capitolo 4
*** Per sempre insieme. ***


n Sakura rimase ferma in silenzio ad osservare. Osservava con attenzione le carte che lentamente venivano scoperte sul tavolo. Sapeva che la storia si sarebbe formata rapidamente nella sua mente, che lo volesse oppure no. Quindi scelse la cosa più logica da fare: scelse di ascoltare.

Per sempre insieme.

Anche se lei non rispondeva, Sasori capiva sempre quello che lei gli voleva dire. Lei lo guardava, con i suoi grandi occhi chiari e lui capiva che in ogni sua parola ci avrebbe trovato solo affetto, amore e comprensione. Parlava spesso e a lungo con la madre, una donna gracile e dalla carnagione chiara come la sua. Dai capelli rossi, come i suoi. Con occhi verdi in cui rivedeva i propri. Parlavano a lungo e di tutto. Gli raccontava le sua paure, la sua angoscia, la sua ansia di ragazzino. Tutto. Sicuro che lei avrebbe capito. Lei non diceva mai molto, ma sapeva ascoltare. Una dote rara e preziosa. Sasori si sentiva sempre meglio dopo le loro lunghe chiaccherate. Sentiva il proprio animo più leggero, sentiva che sarebbe riuscito ad affrontare ogni cosa. Si sentiva più forte.
"Gli altri ragazzi mi prendono in giro. Dicono che sono uno stupido mammone, tu non lo pensi, vero mamma?"
Era notte, una fresca notte di settembre, e solo la luce della luna illuminava lievemente le due figure sedute sulla veranda.
La madre in risposta scosse la testa. Sorrise e scosse appena la testa.
Sasori parve soddisfatto della risposta e bevve un ampio sorso del suo the freddo alla pesca. Era un bicchiere di vetro grande e pieno fino all'orlo di ghiaccio a cubetti e the freddissimo. Un brivido lo scosse. Persino troppo freddo.
"Lo sapevo, tu non sei come loro tu.... Tu non mi lascerai, vero? Vero? Mi lascerai?"
Gli tremavano le mani, ma non per il freddo. Una goccia di the ambrato scivolò lungo lo spesso bordo di vetro
"Tu mi lascerai?"
Ripetè ancora con voce tremante.
La donna sorridendo scosse la testa con maggiore vigore facendo ondeggiare i lunghi capelli rossi.
Il tremore passò. La paura che in un secondo aveva annebbiato la mente di Sasori, come era arrivata scomparve. Con la medesima velocità.
Il rosso osservò il bicchiere della madre, il bicchiere era ancora pieno fino all'orlo, non era stato toccato.
"Dimentico sempre che a te non piace il the alla pesca, perdonami. Ne vuoi un bicchiere al limone?"
La donna fece educatamente cenno di no con la testa
" Se lo vuoi non mi disturbi, sai che farei qualsiasi cosa per te? vero?"
Il rosso sorrise osservando il cielo. C'era la luna piena quella notte. Una splendida luna piena circondata da un mare di stelle.
"Non ho mai visto tante stelle, e tu?"
La donna scosse la testa con un mezzo sorriso.
"Già, è raro vedere tante stelle in città. vero mamma?
Le stelle sono le custodi della notte, come mi dicevi sempre tu, quando ero bambino, e dall'alto vegliano su di noi. E non mi importa se gli altri non ci credono e mi deridono. Io so che è vero. Lo so. Perchè quello che mi dici tu è sempre vero."
Sasori si sdraiò poggiando la testa sul grembo della madre. Lei lo guardò con un mezzo sorriso.
" So che sono troppo grande per queste cose, ma non mi importa"
La donna scosse la testa seria.
" Ma tu mi vorrai sempre bene. So che mi vorrai sempre bene. So che sarò sempre il tuo bambino per te"
Per lunghi minuti madre e figlio rimasero in silenzio. Con loro solo il rumore del vento e il fruscio delle foglie. Il vecchio Kimono della madre era sempre morbido, e anche se ingiallito dal tempo, era sempre bellissimo. Sasori passò lentamente la mano sugli ornamenti dorati, sui fiori ricamati, sul nastro arancio macchiato di rosso.
"Vuoi un Kimono nuovo, mamma?"
La donna scosse la testa.
"Sì, hai ragione. Anch'io sono affezionato al tuo Kimono. Mi ricorda quando ero piccolo e tu mi portavi sempre al parco. E indossavi spesso questo. Con i sandali gialli che mi divertivano tanto. Gialli come il sole, come... l'estate. Non l'hai scordato, vero?"
"No" fu nuovamente la risposta silenziosa della donna.
"Sono momenti preziosi anche per me, mamma"
Si mise seduto, poi con un gesto nervoso scacciò una mosca.
"Sai quando mi hai chiesto quale fosse il mio ricordo più doloroso. Ricordi che non volli rispondere? Oggi voglio dirtelo"
La donna scosse bruscamente la testa. Sasori sorrise comprensivo.
"No, non mi sento costretto a farlo, voglio farlo. Veramente. Il giorno più brutto della mia vita lo ricordo ancora bene. Il giorno del tuo funerale. Il giorno che ti hanno portato via da me in una bellissima ma fredda bara bianca"
Le lacrime rigavano le guance del ragazzo, ma lui non ci badava. pur singhiozzando riprese a parlare.
"Ti hanno portata via da me, fra i fiori e le lenzuola di seta. Ma io ti ho ripresa, ti ho liberata dalla terra, non importa quanto ho dovuto scavare. Tu sei di nuovo con me e non importa se il tuo corpo decade, se le larve di infestano, tu sei sempre la mia mamma"
La strinse forte, ormai non faceva più caso all'odore, quando sarebbe diventato più bravo avrebbe trasformato la madre in un manichino migliore. per ora si accontentava di cospergarle di olii profumati, di cucire le sue dolci labbraperchè sorridesse e di vedere il suo volto ondeggiare al vento come un tacito diniego. Il filo si era spezzato. Si alzò e rientrò in casa per ritornare con ago e filo, presto avrebbe sorriso di nuovo.
"Scusa"
Borbottò quando un pezzo di guancia cadde sul pavimento di legno lasciando scoperto un pezzo di osso bianco  e liscio.
"Fra poco sarai di nuovo bellissima"
Arrossì facendo un nodo al filo e spezzandolo con i denti.
" Ma tu sei sempre bellissima. E noi saremo sempre insieme, vero?"

Sakura, finita la storia, si alzò di scatto facendo cadere la sedia. malgrado il rumore nessuno dei presenti si mosse. Sarebbe scappata se Sasuke non l'avesse trattenuta afferrandola per un braccio. Doveva farsene una ragione, non sarebbero potuti uscire da lì finchè anche l'ultimo dei narratori non avesse detto la sua storia. E il mazzo già veniva ripassato. di mano in mano. Si detette di nuovo e attese.
Nota: L'aspetto della madre di Sasori è puramente inventato XD In merito mi sono presa... "qualche licenza poetica". mi scuso in anticipo per qualsiasi errore di battitura.

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Capitolo 5
*** I funghi e la torre. ***


fine La bambina dai capelli neri teneva in mano un grande fungo stringendone il capello con le piccole manine paffute
"Hai visto che bello mekare? e l'ho trovata tutta da sola!"
La maggiore dai lunghi capelli rossi non potè che sorridere, sia per il grande fungo dal colore bruno intenso, sia per la gioia della sorella. Con lei tutto diventava importante, tutto diventava sorprendente, anche le piccole cose.
" è bellissimo Alessa. è un fungo bellissimo"
La minore rise allegramente, la sua risata era come il suono di mille campanelli. Mekare e Alessa erano l'una l'opposto dell'altra: la prima seria e taciturna, la seconda sempre allegra e spensierata, eppure stavano bene insieme. Eppure stavano sempre insieme. La sorella dai capelli rossi e quella dai capelli neri, come il giorno e la notte.
" Sai Mekare? sono convinta che dietro al grande albero ce ne siano di ancora più belli"
La rossa non rispose subito. Sapeva che la sorellina ci voleva andare. la sorellina... tanto coraggiosa e cocciuta... ma lei, la maggiore, sapeva che per due bambine oltre il torrente era un luogo pericoloso. O almeno così aveva sempre pensato... e anche attraversare il piccolo torrente non era poi tanto sicuro. Bisognava stare attente, molto attente.
Visto che non rispondeva Alessa la punzecchiò un po'...
" Non avrai paura, vero sorellona? Lo sai che oltre il torrente ci sono solo gli antichi alberi"
La rossa scosse la testa facendo ondeggiare i lunghi capelli ricci
" sai che non ho paura, la mia è solo prudenza"
La minore si mise a ridere
" Hai paura! hai paura!"
Cantilenava e l'allegria contagiò anche la sorella prudente che ridendo e un po' sbuffando prese in mano il grande cesto già pieno per metà di funghi di ogni forma e dimensione.
" Va bene.... va bene... ma poi torneremo diritte a casa..."

Le immagini scomparvero in fretta come erano comparse e Sakura si torvò ad osservare ancora lui... l'ultimo narratore. Orochimaru aveva riposto le carte appena usate e ne stava scegliendo di nuove. Le ripose con cura sul tavolo. Poi la stanza scomparve di nuovo e al suo posto comparve una torre. Una torre buia e sinistra, illuminata solo da una torcia. la torcia le teneva inmano Jiraya. Orochimaru lo seguiva in silenzio lungo la stretta schiala a chiocciola, scendevano in basso, scendevano verso l'oscurità.
" Sono tutti convinti che siano state qui. Che dopo aver raccolto i funghi abbiano attraversato il torrente e sia siano addentrate in questa vecchia torre. poi nessuno le ha più viste"
Spiegò orochimaru in tono pacato
" Si chiamavano Marake ed Alessa, rispettivamente di 8 e 6 anni"
Jiraya annuì, lui non era calmo come l'altro. Aveva un brutto presentimento, lo aveva da quando avevano trovato il cestino con i funghi abbandonato all'inizio di quella stretta scala.
" Hai fatto bene a chiamarmi Orochimaru. è strano che qui scompaiano tante persone... con loro due fanno 12"

Mekare prese in mano il fungo con entrambe le mani, le dimensioni le avrebbero consentito di prenderlo anche con una, ma non voleva rischiare di rovinarlo, era un fungo molto bello. In fondo la sorellina aveva avuto ragione sui funghi, Alessa sapeva trovare sempre i funghi migliori, ma lei era troppo orgogliosa per ammetterlo ad alta voce.
"Direi che possono bastare Alessa, i funghi sono già molti e la nonna ci starrà aspettando..."
Ma la minore non rispose, immobile stava osservando qualcosa che pensava di non aver mai visto prima, una vecchia torre. Non un castello diroccato, solo una vecchia torre...

" Alcune voci dicono che questa torre sia comparsa dal nulla nel giro di una notte, che prima non ci sia mai stato nulla del genere qui... è vero Orochimaru?"
Il ninja dai capelli neri sorrise.
"Molte cose ci sembrano sconosciute solo perchè non le abbiamo notate prima"
Jiraya annuì
"Forse hai ragione, sì.... forse hai ragione"

"Tu l'avevi mai vista Mekare?"
La rossa scosse energicamente la testa facendo oscillare i lunghi ricci rossi
" Sono già venuta qui con la vecchia madre, ma non ho mai visto una torre qui. Nè una torre nè niente di costruito dall'uomo a dire il vero"
La più giovane sembrava morire dalla voglia di entrare... faceva finta di niente, ma poi trovava ogni scusa possibile per avvicinarsi a quel portone, anche solo di un passo. Anche solo di mezzo passo. Prima era un fiore che doveva assolutamente cogliere, poi un uccellino che doveva vedere, poi un ramo che sembrava spezzato...

La scala era ripida e stetta, ma finalmente ne ne vedeva il fondo.
La torre che esternamente appariva al piano del terreno continuava in realtà molto oltre un dirupo
e l'edificio che sembrava di modeste dimensioni era invece altissimo
" Come può esistere un edificio così? Come può stare in piedi una cosa come questa?"
Orochimaru sorrise, ma non rispose.

"Come può un edificio così alto reggere e perchè porre una porta qui... la base è laggiù... in fondo al dirupo... come può esistere un edificio così?"
Alessa scosse la testa osservando la scala che iniziava proprio da quella piccola porta. La maggiore aveva ragione. Mekare era sempre la più saggia e sagge erano le sue domande, ma lei, la minore, non aveva con sè tutte le risposte.
e poi la piccola porta si era chiusa alle loro spalle. Non gli restava che scendere.

"Perchè ridi Orochimaru? Cosa trovi di divertente in questo?"
La scala portava in una piccola stanza con il pavimento pieno di ossa umane e non.
"Rido perchè è la stessa domanda che mi pongono tutti ed a tutti do la medesima risposta"
Jiraya deglutì. Pur avendo paura della risposta non riuscì ad impedirsi di porre la domanda.
" Quale risposta?"
Orochimaru osservò il tetto che scomparve, il pavimento che si dissolse lasciando solo le ossa bianche, osservò le pareti che diventarono trasparenti mostrando quello che è per ciò che era... una grotta.
"Questa torre non esiste"
Disse con calma.... poi la sua veste cadde... la sua pelle di venne bianca... il suo corpo di serpente...
"Questa torre non esiste esiste solo la mia grotta e la tua vita non esiste, esiste solo la mia cena"
Poi il gigantesco serpente bianco divorò Jiraya come aveva divorato Alessa e Mekare.
Poi avrebbe dormito e nessuno avrebbe più rivisto la vecchia torre... Almeno finchè fosse stato sazio.

Poi tutto scomparve e Sakura si trovò nuovamente nella locanda. Orochimaru le sorrise tenendo in mano due sole carte, in modo che le potesse vedere: La torre e l'impiccato.
Poi si alzò di colpò... la sua sedia cadde e la ninja si trovò distesa a terra, ma quando aprì gli occhi...

Poteva sentire l'erba sotto la sua pelle
il vento sui suoi capelli... ed udire... dopo tanto silenzio udire un suono, la Voce di Kakashi.
"Pausa finita ragazzi"
Aprì lentamente gli occhi in modo che si riadattasserò al sole. Era solo un sogno, pensò...
Poi vide un gatto persiano allontanarsi furtivo e un solo dubbio le restò nella mente:
"Era il suo sogno oppure il mio?"

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