Baltimore's Rain

di domaris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note iniziali: questa breve storia (sono cinque capitoli più un epilogo) è nata da una bizzarra idea su cui io e la mia Beta ci siamo trovate a discutere e nonostante avessi già tre storie in corso non sono riuscita a non farmi prendere dall'entusiasmo e a non cominciare ad abozzarla. Ho finito di scriverla a Natale ed ora posso finalmente proporvela senza costringervi ad attese infinite. Molte cose nella storia sono state mantenute volutamente vaghe, spero che questo non vi rovinerà il piacere della lettura.

Dedicata a Joy

Baltimore's Rain

Capitolo 1

Leroy Jethro Gibbs era irritato oltre misura e ne aveva tutte le ragioni. Dato che era momentaneamente senza un suo team, Morrow lo aveva mandato a Baltimora per seguire un caso insieme alla polizia locale e tutto quello che aveva ottenuto fino a quel momento era un caffè imbevibile e delle indicazioni sbagliate per raggiungere la scena del crimine. Come se non bastasse gli si era scaricata la batteria del telefono e non aveva idea di come collegarlo alla macchina. Avrebbe dovuto scendere e andare a cercare un telefono pubblico sotto alla pioggia battente. Si guardò attorno senza scorgerne nessuno. C'erano però alcuni negozi, quindi scese e di corsa si avviò verso il più vicino. Un allegro tintinnio annunciò il suo ingresso in quello che aveva tutta l'aria di essere un incrocio tra un negozio di animali e una sala da tè. Si strofinò i capelli bagnati con una mano mentre si guardava attorno. Da una parte c'erano dei tavolini ricoperti da eleganti tovaglie ricamate su cui facevano bella mostra di sé dei vassoi pieni di dolci invitanti, mentre dalla parte opposta c'erano delle morbide cucce e un vecchio divano imbottito occupato da due cuccioli.
- Arrivo subito! - Annunciò una voce di donna, proveniente dal retro del locale, mentre Gibbs si avvicinava al divano. Uno dei cuccioli, apparentemente un lupacchiotto, alzò la testa e lo guardò dritto negli occhi per qualche istante prima di voltarsi verso il compagno e dargli dei piccoli colpi con la testa fino a quando non si svegliò protestando.
L'altro cucciolo, un giovane labrador dal pelo giallo, si alzò sulle quattro zampe e si stirò pigramente, prima di girarsi verso l'intruso e squadrarlo attentamente. Quando i loro occhi si incontrarono Gibbs rimase sorpreso. Gli occhi del cane erano verdi, un colore insolito per quella razza e invece di abbassare lo sguardo continuava a fissarlo come per decidere se fidarsi o meno di lui.
Un attimo dopo una giovane donna emerse dalla tenda dietro al bancone portando tra le braccia un vassoio pieno di pasticcini. Il lupacchiotto scese con un balzo dal divano e le andò incontro, fermandosi contro le sue gambe, coperte da una lunga gonna zingaresca. Lei sorrise e posò il vassoio su uno dei tavolini, prima di sistemarsi una ciocca di capelli scappata dalla treccia e pulirsi le mani nel grembiule e infine tese la mano verso Gibbs.
- Mi scusi se l'ho fatta aspettare, ma non volevo che questi si rovinassero. Anzi, si serva pure. Vuole qualcosa da bere? Scommetto che lei è tipo da caffè  forte e nero, - concluse sicura di sé.
- Mi chiamo Gibbs e sono un agente federale, ho bisogno di un telefono per contattare la polizia locale, - fu la risposta un po' brusca di Gibbs, ma poi aggiunse:
- Una tazza di caffè  come si deve però la accetterei volentieri prima di tornare in strada.
La donna annuì  e gli indicò il telefono del locale, un apparecchio di foggia antica che l'uomo guardò con sospetto.
- Ha detto che deve chiamare la polizia, giusto? - gli chiese, cercando di trattenere una risata. Al suo cenno affermativo prese in mano la cornetta e compose il numero.
- Ecco, faccia la sua telefonata, mentre vado a farle il caffè.
Detto questo la donna scomparve dietro la tenda, seguita dal lupacchiotto che non aveva lasciato il suo fianco per tutto il tempo. Gibbs aspettava impazientemente che qualcuno rispondesse all'altro capo della linea, quando sentì qualcosa contro le gambe. Abbassò lo sguardo e incontrò quello del labrador che, con la testa piegata da una parte, lo osservava con attenzione.
Distrattamente allungò una mano per accarezzare il cane, mentre aspettava che gli venisse passato il capitano della squadra con cui avrebbe dovuto lavorare.
Quando la donna tornò  con due tazze fumanti tra le mani e il lupacchiotto al seguito, non potè fare a meno di sorridere vedendo che l'uomo si era rilassato e si era accucciato in modo da poter accarezzare meglio il giovane labrador che scodinzolava contento e cercava di leccargli il volto.
- Vedo che avete fatto amicizia, - constatò allegramente la donna tendendogli la tazza.
- E' un bravo cane intelligente, - rispose Gibbs con un sorriso, prima di ringraziarla per l'ottimo caffè.
La donna sedette sul vecchio divano, subito seguita dall'altro cucciolo che le appoggiò  la testa sulle ginocchia.
- E' un peccato che non potremo portarlo con noi quando ci trasferiremo, - commentò guardando l'uomo attentamente per conoscerne la reazione.
Lui alzò la testa, lo sguardo improvvisamente freddo e accusatorio.
La donna deglutì, quell'uomo doveva essere pericoloso quando difendeva i suoi cari e questo le piaceva.
- Non mi guardi in quel modo, non ho mai abbandonato nessuno dei cuccioli che mi sono stati affidati e sono sicura che troverò una buona casa anche per lui, prima di dovermene andare. Anche se è sempre più difficile trovare persone disposte ad accoglierli nelle loro vite e ad amarli come meritano.
- Tutti amano i cani, - replicò Gibbs sorseggiando il caffè.
La donna sospirò  prima di rispondere.
- Lui è speciale, agente Gibbs e in questo mondo senza fantasia non ci sono più  molte persone capaci di accettarlo.
L'uomo la guardò  con sospetto, probabilmente pensava che avesse qualche rotella fuori posto, ma la donna sorrise. Il giovane labrador aveva seguito il dialogo attentamente ed ora stava cercando di richiamare l'attenzione dell'uomo tirandolo per una manica. Non c'erano più dubbi, il cucciolo aveva fatto la sua scelta, ora spettava a lei convincere Gibbs e fargli capire quanto era fortunato.
L'uomo nel frattempo aveva finito il caffè e si rialzò.
- Adesso devo proprio andare, - annunciò posando la tazza sul bancone mentre il cane drizzava le orecchie e si voltava verso di lei, pregandola con lo sguardo di fare qualcosa.
La donna era allarmata, a volte il suo compito era semplice ma aveva l'impressione che con quest'uomo non lo sarebbe stato.
Nel frattempo Gibbs aveva fatto qualche passo verso la porta, nonostante il giovane labrador si fosse aggrappato con i denti ai suoi pantaloni e cercasse di tirarlo indietro.
- Non morde, vero? - chiese preoccupato per la propria caviglia.
La donna sorrise dell'espressione indignata dell'animale.
- Solo quelli che non gli piacciono, ma sono sicura che con lei si comporterà bene, quasi sempre per lo meno.
Gibbs fissò lo sguardo su di lei.
- Non ho nessuna intenzione di adottare un cane, non ho il tempo di occuparmene.
La donna non si scompose, l'agente Gibbs avrebbe scoperto a breve che non sempre valeva la sua volontà. Diede una gentile pacca sulla testa del lupacchiotto, che si spostò quel tanto che bastava per lasciarla alzare e tolse dalla tasca del grembiule un biglietto da visita.
- Torni a trovarci prima di lasciare la città, non troverà da nessun'altra parte un caffè come questo, - gli disse amichevolmente.
Gibbs prese il biglietto, lo mise in tasca senza guardarlo e fece gli ultimi passi che lo separavano dalla porta.
Il cane guaì e si affrettò a porsi tra l'uomo e la via d'uscita. Gibbs guardò  l'animale negli occhi e sospirò, prima di accucciarsi e parlargli come ad una persona.
- Mi spiace, ma non vado bene per te. Faccio un lavoro pericoloso, resto a casa il meno possibile e sono sicuro che tu vorresti essere ricoperto di attenzioni che non potrei darti.
Il labrador, la testa inclinata da una parte, sembrava avere un'aria così triste che Gibbs non potè fare a meno di accarezzarlo un'ultima volta prima di rialzarsi e congedarsi.
La donna e i due cuccioli lo guardarono allontanarsi sotto la pioggia fino a quando non scomparve dalla loro vista.
- Non temere, Tony, lo rivedrai presto, - disse la donna con sicurezza.
- Ma riuscirà a convincerlo a portarlo con sé? - chiese una voce baritonale dal divano.
La donna si volse e si avvicinò sorridente al giovane sdraiato scompostamente dove prima era stato il lupacchiotto.
- Il nostro Tony sa essere molto persuasivo quando vuole e l'agente Gibbs scoprirà che addestrarlo sarà una delle sfide più interessanti della sua vita, - rispose lei sedendoglisi accanto.
- Devo lasciarvi soli? - chiese ironicamente il giovane che stava appoggiato alla porta a braccia incrociate.
- Ora che lo dici, io e Zara avremmo qualcosa da fare per cui tu saresti di troppo, - rispose allusivo il giovane sul divano.
- Logan! - esclamò  la donna tra il divertito e l'esasperato.
- Tony può restare quanto vuole e di sicuro si ferma a cena, ha bisogno di mettere un po' di carne intorno a quelle costole, - aggiunse la donna rivolgendogli un sorriso.
Il giovane sospirò  e si avvicinò ai due abbracciati sul divano.
- E' meglio che vada, Zara. Domani devo tornare al lavoro e devo studiarmi il caso di cui mi dovrò occupare, - disse ridendo mentre si piegava e le dava un bacio sulla guancia.
Lei alzò una mano ad accarezzargli il viso, guardandolo dritto negli occhi verdi che il riso non aveva raggiunto.
- Andrà tutto bene, Tony. Gli sei piaciuto e quando vedrà che ottimo poliziotto sei, gli piacerai ancora di più.
Lui annuì, anche se non sembrava particolarmente convinto. Poi si raddrizzò, indossò l'impermeabile appeso accanto alla porta e, dopo essersi messo un paio di pasticcini in una tasca e aver controllato che distintivo e pistola fossero nell'altra, salutò con la mano e uscì dal locale avviandosi nella stessa direzione presa dall'agente Gibbs.

Note: il secondo capitolo sarò pubblicato tra mercoledì e giovedì.


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nota: in fondo al capitolo le risposte alle recensioni.

Capitolo 2

Gibbs era, se possibile, più irritato del giorno prima. La omicidi di Baltimora aveva apparentemente assegnato il caso ad un giovane detective che avrebbe ripreso servizio solo quella mattina e che quindi ne avrebbe saputo quanto lui se non meno. Inoltre continuava a piovere e non beveva un caffè che si potesse definire tale da quando era finito in quello strano locale, il pomeriggio precedente. Mise la mano in tasca e ne tirò fuori il biglietto da visita. C'era scritto, in caratteri eleganti, “Zara's Corner – Sweets and Puppies”. Dolci e cuccioli, un connubio decisamente originale, ma un'altra tazza del caffè di quella donna l'avrebbe bevuta volentieri. Al momento però doveva accontentarsi della brodaglia distribuita dalla macchinetta della Centrale di Polizia, in attesa che il detective DiNozzo si decidesse a farsi vivo.
Passarono altri cinque minuti prima che un giovane che dimostrava a malapena trent'anni entrasse nella stanza, richiamando l'attenzione di tutte le donne presenti. Il nuovo venuto sembrava appena uscito dal letto, i capelli bagnati di pioggia sparati in ogni direzione e un sorriso che dava l'idea che in quel letto non ci fosse stato da solo. Gibbs si augurò che non fosse il detective con cui avrebbe lavorato, anche se non si aspettava molta competenza da un poliziotto, sperava almeno in qualcuno che sapesse cosa fosse la professionalità.
Le sue speranze si dissolsero non appena il capitano, dalla porta del suo ufficio, richiamò a gran voce il detective.
- DiNozzo, subito nel mio ufficio! Agente Gibbs, venga anche lei, - aggiunse con espressione tempestosa.
Il giovane si volse nella loro direzione e per qualche secondo riuscì a mantenere un'espressione vagamente colpevole, prima che un sorriso impenitente tornasse ad apparire sul suo viso nel momento in cui i suoi occhi incontrarono quelli freddi e penetranti di Gibbs. L'ex marine scosse lievemente la testa infastidito, gli ci mancava soltanto un dannato bel ragazzo pronto a flirtare con chiunque invece di fare la sua parte di lavoro.
Date le premesse riuscì a malapena a nascondere la sorpresa quando DiNozzo tirò fuori dalla tasca un taccuino, si sistemò sull'orlo della scrivania del capitano e cominciò a riassumere il caso, dimostrando una competenza che non si sarebbe mai aspettato.
Quando ebbe finito, fu il capitano ad intervenire.
- Agente Gibbs, siamo a corto di uomini per cui tutta la collaborazione che posso offrirle è questa. DiNozzo risponderà direttamente a lei per tutta la durata del caso, a patto che in seguito l'NCIS ci fornisca un rapporto completo e dettagliato.
Detto questo fece un vago cenno con la mano che indicava chiaramente il desiderio di essere lasciato solo nel suo ufficio.
Non appena la porta si fu chiusa dietro di loro il giovane si volse verso di lui e gli chiese, con voce carica di entusiasmo:
- Allora signore, da dove cominciamo?
L'ex marine gli rivolse una delle sue famose occhiatacce, prima di replicare, convogliando tutta la propria irritazione nel tono di voce.
- Gibbs, non signore. Io lavoro per vivere.
DiNozzo non si lasciò intimorire, guadagnandosi una punta di rispetto dall'uomo più anziano.
- Voglio che il rapporto del coroner venga inviato immediatamente al Dottor Mallard, all'NCIS di Washington. Noi andremo ad interrogare i testimoni, - ordinò.
- E' lei il capo, – rispose il giovane con un altro sorriso.
Gibbs sospirò, irritato. Sarebbe stata una collaborazione snervante se già ora avvertiva l'impulso di dare uno scappellotto al poliziotto, per fargli entrare un po' di sale in zucca.
Il detective, senza dire nulla, si avviò verso la scrivania di una bionda provocante e flirtò con lei per qualche momento, prima di passarle il fascicolo. Poi si volse verso Gibbs.
- Julia farà le scannerizzazioni del rapporto e potrò mandare l'email al suo dottore, - spiegò il giovane spostandosi ad un'altra postazione che si distingueva dalle altre per il totale disordine che la caratterizzava. Indicandogli una sedia, sedette dietro alla scrivania e cominciò a digitare lentamente qualcosa sulla tastiera, con due dita. Poi aprì il cassetto e ne tirò fuori un cartone che conteneva due bomboloni alla crema.
- Vuole favorire, agente? - chiese mentre si metteva comodo.
Gibbs decise che fare una scenata nel bel mezzo della centrale sarebbe stato controproducente, quindi si limitò a rispondere con tono tagliente.
- Per quale motivo la sua collega non può mandare l'email, facendoci risparmiare tempo?
- Chi, Julia? - rispose ridendo il giovane. E poi spiegò:
- Mi creda, se non la mandiamo noi difficilmente verrà inviata in giornata, qui non c'è molto spirito di collaborazione, - terminò con un sospiro rassegnato.
Gibbs stava per dire qualcosa quando un suono proveniente dal computer attirò l'attenzione del giovane.
- Allegato pronto, vuole scrivere lei l'indirizzo? - chiese girando verso di lui la tastiera.
L'agente guardò con diffidenza il computer e, preso il portafogli dalla tasca del pantaloni, ne tirò fuori un biglietto da visita che tese al detective.
Il giovane annuì e, dopo aver dato un morso al suo dolce, procedette all'invio dell'email.
Quando riportò lo sguardo verso l'agente Gibbs scoprì che si stava già dirigendo verso l'uscita. Scrollando la testa, si alzò di scatto, diede un ultimo morso al bombolone e seguì l'altro uomo fuori dall'edificio.
Dopo aver discusso animatamente su quale mezzo prendere e chi avrebbe guidato, Tony salì rassegnato sull'auto di Gibbs, reprimendo uno sbadiglio. Il paio d'ore di sonno che si era concesso in mattinata, dopo aver passato la notte a documentarsi sul caso, non era di certo bastato ed ora gli sarebbe piaciuto poter chiudere gli occhi per qualche minuto. Ma appena l'altro partì sgommando sull'asfalto bagnato spalancò gli occhi e gli rivolse un'occhiata decisamente preoccupata.
- Vorrei restare tutto intero, agente Gibbs, se non le dispiace, - disse preoccupato mentre sbandavano pericolosamente in una curva.
- Mai fatto un incidente in vita mia, - dichiarò l'ex marine sicuro di sé.
Tony immaginò che gli altri automobilisti fossero stati sempre abbastanza intelligenti da fargli largo e si aggrappò alla maniglia sopra la portiera, pregando che questo non fosse un giorno sfortunato per l'uomo al volante. Fece per aprire la bocca ma decise di non distrarlo. Appena fosse stato al sicuro si ripromise di chiamare Zara e chiederle se poteva essersi sbagliata perché non era affatto sicuro che quest'uomo potesse veramente aver a che fare con il suo futuro.
Nel frattempo Gibbs, pur apparentemente assorto nella guida, osservava il giovane con la coda dell'occhio, le labbra appena increspate in un tenue sorriso soddisfatto alla vista dell'espressione preoccupata e della forza con cui stringeva la maniglia. Detestava avere a che fare con novellini entusiasti e irriverenti, era per questo che aveva persuaso il direttore a lasciargli scegliere i nuovi membri della sua squadra, ma in questo caso avrebbe potuto essere un vantaggio. Il ragazzo sembrava abbastanza disposto a seguire i suoi ordini mentre sapeva bene che un detective esperto avrebbe preteso di gestire l'investigazione per conto proprio.

Il primo interrogatorio non diede loro nessun elemento utile, mentre DiNozzo riuscì a strappare qualcosa di promettente ad una cameriera che lavorava accanto al luogo dell'omicidio. Sembrava che il detective non potesse fare a meno di flirtare con qualsiasi bella ragazza che si trovasse nel suo raggio d'azione, facilitato dal fisico e da quel sorriso fanciullesco che sfoggiava ad ogni occasione.
- DiNozzo! - lo richiamò all'ordine, irritato dal tempo che stava sprecando a conversare con una collega della testimone.
Neanche a dirlo il giovane si volse verso di lui sorridendo, e dopo un veloce saluto alla donna si affrettò a raggiungerlo.
- Eccomi! Betty mi stava dicendo che uno dei loro clienti potrebbe conoscere l'uomo dell'identikit, - gli comunicò soddisfatto.
Gibbs digrignò i denti.
- Avrebbe potuto farci risparmiare tempo e dirlo subito alla polizia. L'indirizzo? - chiese con tono urgente.
- Dietro l'angolo. Non c'è bisogno dell'auto, - rispose l'altro sollevato di poter dare un altro po' di respiro al suo stomaco, per niente contento degli scossoni che prendeva con Gibbs al volante.
Una volta a destinazione, un edificio semi abbandonato, capirono subito che c'era qualcosa che non andava. La porta dello spazio adibito ad abitazione era accostata e dall'interno proveniva un tanfo che non indicava nulla di buono. Entrarono con circospezione, con le pistole in pugno controllarono ogni stanza prima di soffermarsi accanto al cadavere.
- Non toccare niente! - intimò al giovane e poi, lanciandogli il mazzo di chiavi, aggiunse: - prendi la macchina fotografica e il kit che troverai nel bagagliaio dell'auto.
Nel frattempo aveva tirato fuori di tasca il cellulare e digitato un numero.
- Ducky? Ho un altro cadavere correlato al caso che sto seguendo, te lo faccio arrivare appena possibile, voglio che sia tu a fare l'autopsia questa volta.
Chiuse la comunicazione prima che l'altro potesse dire qualcosa e fece un'altra chiamata.
Si guardò attorno, le stanze erano sottosopra, i quadri erano stati staccati dalle cornici e le tappezzerie erano strappate in più punti, sarebbe stato difficile capire se, chiunque fosse stato, aveva trovato o meno quello che stava cercando.
- Non sarebbe meglio chiamare la scientifica? - chiese il detective appena tornato, distogliendolo dai suoi pensieri.
- Da quanto sei alla omicidi? - si informò Gibbs.
- Da quando sono qui a Baltimora, quasi due anni, - rispose l'altro orgogliosamente.
- E non hai ancora imparato a gestire una scena del crimine? - rincarò la dose con tono alquanto sarcastico.
Il giovane rimase a bocca aperta. Nessuno gli aveva mai chiesto di occuparsi di quella parte dell'investigazione ed ora gli brillavano gli occhi dall'eccitazione.
- Se mi mostra cosa fare io imparo in fretta, agente Gibbs.
L'ex marine represse ancora una volta la tentazione di colpire il giovane. Ci sarebbe stato tempo più tardi per metterlo in riga, adesso aveva altro a cui pensare.
- Metti questi, - gli disse sbrigativamente tendendogli un paio di guanti di lattice.
Poi gli porse la macchina fotografica.
- Sai usarla? - al cenno affermativo del detective, proseguì: - Fotografa il cadavere e il resto della stanza da ogni angolazione, senza tralasciare niente. Io mi occupo degli schizzi e del resto.
I due uomini lavorarono in silenzio, ognuno impegnato nel proprio compito e perso nei propri pensieri. Tony era ammirato dalla competenza dimostrata dall'agente federale ed era intenzionato ad imparare il più possibile da lui, oltre a cercare di conoscerlo meglio. Nonostante l'istintiva fiducia che aveva provato nei suoi confronti durante il primo incontro e le rassicurazioni di Zara, tendeva ad essere piuttosto diffidente quando si trattava di rivelare a qualcuno la sua 'particolare' natura e non intendeva correre rischi.
Più tardi, quando i CSI di Baltimora erano finalmente arrivati ed avevano portato via il cadavere, Gibbs aveva preteso di interrogare gli abitanti della palazzina di fronte allo stabile e di ottenere ogni informazione possibile sul morto. Quando Tony gli aveva detto che avrebbero dovuto tornare in centrale per farlo, gli mise in mano un computer portatile che aveva tutta l'aria di non essere mai stato usato prima.
- Problemi con l'elettronica? - non riuscì ad evitare di chiedergli, guadagnandosi un grugnito e la sensazione che avrebbe fatto meglio ad affrettarsi ad ottenere quelle informazioni, nonostante lo stomaco gli stesse ricordando che in tutto il giorno non aveva toccato cibo a parte il bombolone della mattina.
La risata di Gibbs lo colse di sorpresa.
- C'è un posto decente in cui mangiare da queste parti? Non me ne faccio niente di un partner svenuto dalla fame, - disse l'agente facendolo arrossire.
DiNozzo lo portò in un piccolo ristorante sgangherato con le tovaglie a quadretti sui tavoli e foto di località italiane appese alle pareti, dove vennero serviti in fretta e con grande cordialità dal proprietario.
- Vengo sempre qui, quando sono in questa parte della città, - spiegò prima di trasferire tutta la propria attenzione al piatto di pasta che aveva davanti.
L'ex marine lo osservò attentamente. Sembrava che il giovane di origine italiana avesse una grande scorta di entusiasmo e, per qualche strana ragione, gli tornò alla mente il labrador del giorno prima, decidendo che in qualche modo glielo ricordava.
“Chissà se DiNozzo si offenderebbe se sapesse che lo sto paragonando ad un cane!”, pensò divertito.
Poco più tardi lo riaccompagnò alla centrale notando che il giovane cominciava ad essere meno rigido durante il tragitto in auto. Gli ordinò di terminare le ricerche che gli aveva richiesto e di non passare la notte sveglio, poi tornò in albergo, fece un paio di telefonate a Washington e bevve un'ultima pessima tazza di caffè prima di andare a dormire, sperando contro ogni previsione che per lo meno smettesse di piovere.

Note: il terzo capitolo sarà pubblicato sabato.

Risposte ai commenti:

Fange69: Ammetto che l'idea di partenza è un po' strana (anche se in inglese questo è un genere piuttosto diffuso) e non ci saranno molte spiegazioni sul come, ma principalmente la storia racconta di come Gibbs e Tony hanno imparato a conoscersi ed apprezzarsi, quindi spero che continuerai a seguirla.

Ametista: sono contenta che ti piaccia! E non preoccuparti, la storia è già tutta scritta quindi continuerò a pubblicare i capitoli alla distanza di pochi giorni uno dall'altro.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Nota: in fondo al capitolo le risposte alle recensioni.

Capitolo 3

Il terzo giorno il cielo di Baltimora era ancora plumbeo e minaccioso e Gibbs si svegliò con la fastidiosa impressione che qualcosa sarebbe andato storto. Una volta sceso nella saletta della colazione si disse che doveva essere colpa del pessimo caffè che circolava in città.
“La prossima volta che vado in trasferta mi porto il mio”, decise facendo una smorfia dopo aver inghiottito un altro sorso della brodaglia che aveva nella tazza. Stava per alzarsi con l'intenzione di risolvere il caso il più in fretta possibile, quando una voce dal tono vivace lo fece voltare verso la porta.
- Buongiorno agente Gibbs, - esclamò DiNozzo, avanzando speditamente nella sua direzione, un sorriso sul volto.
Prima che l'ex marine riuscisse ad esprimere la propria disapprovazione, il detective si accomodò sulla sedia accanto a lui, aprì il portatile che aveva sottobraccio, sparpagliando sul tavolo dei fogli e cominciando ad esporgli quanto aveva scoperto la sera prima. Quando gli squillò il cellulare, lo zittì con un'occhiataccia e si apprestò ad ascoltare il rapporto di Ducky. Mentre l'anziano patologo si perdeva in una delle sue solite storie, Gibbs osservò il giovane.
Nonostante l'irritante entusiasmo da novellino, il ragazzo cominciava a piacergli. Se non altro aveva spirito di iniziativa, lavorava sodo ed aveva un buon intuito anche se era troppo inesperto per fare i giusti collegamenti.
Guardò l'ora e spazientito chiese a Ducky di arrivare al punto. Ottenuto quello che voleva, chiuse la comunicazione e si alzò risolutamente.
- Andiamo DiNozzo, le indagini non si svolgono da sole.
- Arrivo capo! - rispose Tony affrettandosi a raccogliere tutte le sue carte.
Gibbs gli lanciò un'occhiata penetrante. Se fosse stato davvero il suo capo gli avrebbe fatto passare lui la voglia di sorridere in continuazione, anche se aveva l'impressione che non fosse un'impresa facile.
Per prima cosa andarono alla scientifica dove Gibbs ottenne un rapporto preliminare sul ritrovamento del giorno prima e richiese l'invio delle prove al laboratorio dell'NCIS, poi Tony chiese di passare dal suo ufficio a controllare le segnalazioni della mattina, spiegando che il capitano faceva inserire i dati nell'archivio online soltanto a fine giornata.
L'ex marine scrollò il capo, infastidito. Capiva benissimo l'antipatia per le nuove tecnologie, lui stesso meno aveva a che fare con quegli aggeggi più contento era, ma non sfruttare adeguatamente chi sapeva usare quelle risorse era uno spreco di tempo ed energie.
Alla centrale DiNozzo gli consegnò metà dei documenti e sorprese l'agente mettendosi un paio di occhiali che gli davano l'aspetto di un ragazzino, prima di immergersi nella lettura.
Gibbs lo osservava con la coda dell'occhio tra un foglio e l'altro, fu per questo che notò il breve lampo di esasperazione quando venne apostrofato dai colleghi.
- Hey DiNozzo, non ti sei ancora stancato di giocare al poliziotto? - disse ridendo uno dei nuovi venuti.
- Lascialo stare Martin, - disse un altro prima di ridere ancora più forte ed aggiungere:
- Almeno non tocca a noi intrattenere rapporti con i federali.
Il giovane non alzò nemmeno lo sguardo e poco dopo saltò su dalla sedia.
- Gibbs, l'ho trovato! - esclamò mostrandogli il fascicolo che aveva in mano.
L'agente diede un'occhiata annuendo, poi guardò Tony dritto negli occhi, vedendo che attendeva da lui un riconoscimento di qualche tipo.
- Che aspetti? Andiamo a prenderlo, - disse sbrigativamente. Il suo ex capo gli aveva insegnato a complimentarsi con i sottoposti solo quando era necessario.
Gibbs partì dal parcheggio sgommando e si immerse nel traffico incurante degli altri automobilisti a cui aveva tagliato la strada. Subito dopo prese il telefono e fece una chiamata.
Tony sentiva solo una parte della conversazione ma era evidente che l'agente dell'NCIS stesse parlando con un qualche tecnico forense della sua agenzia.
- Perché far rifare i test? - chiese più tardi.
- Non credere a quello che ti dicono, controlla sempre. E io mi fido solo dei risultati di Abby, - rispose Gibbs mentre pigiava sull'acceleratore dell'auto.
- Abby? - chiese il giovane prima di trattenere il fiato durante l'azzardato sorpasso di un bus.
Gibbs non rispose e lui si immerse nei propri pensieri. Non aveva idea di come sarebbero andate le cose ma in un modo o nell'altro non sarebbe rimasto a lungo a Baltimora. Si volse a guardare l'uomo al volante. Gibbs era il tipo che si focalizzava su un obbiettivo e non si fermava fino a quando non aveva ottenuto il suo scopo, brusco e di poche parole ma era impossibile ignorare la sua presenza autoritaria e quei suoi occhi azzurri e penetranti. La sera prima aveva fatto una veloce indagine ma aveva scoperto ben poco. Nato in una cittadina mineraria della Pennsylvania, Leroy Jethro Gibbs era stato sergente nei Marines e tiratore scelto fino al '91 quando era diventato un agente federale della marina. Non c'erano dettagli sulla vita privata fino a dopo il '91, da allora si era sposato e aveva divorziato per ben tre volte. Tony lanciò un'altra occhiata all'uomo al volante e sospirò chiedendosi perché la sua vita doveva essere così complicata. Non era per niente convinto che rivelare i propri segreti a Gibbs non sarebbe stato un suicidio nonostante le rassicurazioni di Zara. Sorrise ricordando la conversazione della notte prima.
“Tre ex mogli in così breve tempo sono tutt'altro che una brutta notizia. Vuol dire che il tuo agente Gibbs non sa scegliere o non è compatibile con le donne”, gli aveva detto prima di aggiungere maliziosamente: “sono certa che dopo averti conosciuto meglio non avrà dubbi sulle sue preferenze.”
- Se hai finito di sognare ad occhi aperti potresti renderti utile, - disse freddamente Gibbs mentre frenava bruscamente all'incrocio evitando per un pelo di farsi investire da un TIR.
- Scusa capo! - rispose istintivamente il giovane, cercando tra le carte che aveva in mano la cartina e indicandogli di svoltare a destra.
- Non scusarti mai, DiNozzo, è segno di debolezza, - decretò l'ex marine mentre ripartiva.
Poco dopo frenava bruscamente di fronte ad una casa di periferia e scesi dall'auto si avvicinavano con circospezione alla porta.

Gibbs odiava aspettare nelle salette d'attesa di un pronto soccorso. Il caffè era talmente imbevibile che lo aveva buttato dopo il primo sorso e nessuno voleva dirgli come stava DiNozzo. Strinse i pugni ripensando all'accaduto e una coppia seduta vicino alla finestra lo guardò allarmata. Tutto era avvenuto talmente in fretta che non era riuscito ad impedire al detective di mettersi in mezzo e di conseguenza il loro sospettato era riuscito a fuggire mentre lui si accertava che il giovane fosse ferito solo superficialmente. A meno che non ci fosse qualcosa di cui non si era accorto, era ormai più di mezzora che lo avevano portato dentro a fare chissà cosa.
Le porte dell'area riservata si aprirono per l'ennesima volta tanto che quasi Gibbs non ci fece caso. Una seconda occhiata gli fece riconoscere il giovane che si avvicinava con un braccio al collo. Era pallido ma sembrava non aver perso il sorriso mentre parlava con il dottore che lo accompagnava. Gibbs si accorse con una certa sorpresa che DiNozzo stava flirtando apertamente con il medico ma decise che al momento non era importante.
- Allora? - chiese più bruscamente del solito, avendo ormai esaurito la pazienza.
Tony si volse verso di lui con gli occhi che brillavano di eccitazione.
- Hey, agente Gibbs! Era solo un graffio, Josh ha fatto un così bel lavoro che probabilmente non resterà alcun segno, - rispose il giovane gesticolando vistosamente.
Il dottore arrossì leggermente, prima di intervenire.
- Gli abbiamo dato un forte antidolorifico e apparentemente il detective DiNozzo ha una lieve reazione allergica a questo tipo di farmaco. Ad ogni modo gli abbiamo dato alcuni punti e a patto che tenga il braccio a riposo per le prossime ventiquattro ore non dovrebbe esserci nessuna conseguenza.
- Può tornare al lavoro? - chiese Gibbs sbrigativamente osservando con sospetto il giovane che sembrava affascinato dalla propria mano.
- Sarebbe meglio se lasciasse passare l'effetto dell'antidolorifico fino a domattina, - replicò il medico.
L'ex marine annuì e prese il giovane detective per il braccio sano.
- Andiamo DiNozzo, a quanto pare devo portarti a letto prima di poter tornare alle mie indagini.
Più tardi si disse che se il sorriso del giovane si era allargato a dismisura era solo a causa delle medicine che aveva in circolo e che l'espressione delusa quando lo aveva lasciato davanti al suo appartamento era dovuta allo stesso motivo.
Il resto della giornata per Gibbs era trascorso senza incidenti, tuttavia l'assenza del poliziotto si era fatta sentire, soprattutto quando si era trovato a districarsi contro l'aperta ostilità del capitano e la scarsa, se non quasi nulla, collaborazione dei colleghi di DiNozzo. Era estremamente frustrato e cominciava a chiedersi come il giovane potesse lavorare in un ambiente simile. Ripensò alla discussione che aveva avuto con il direttore poco prima della partenza, alle qualità che aveva notato nel detective e al modo in cui, incurante della propria incolumità, si era fatto avanti quella mattina, rimanendo ferito al posto suo. Un mezzo sorriso gli increspò le labbra. Generalmente avrebbe preferito degli agenti esperti per il proprio team ma avvertiva in DiNozzo una grande potenzialità che non avrebbe mai potuto sviluppare se fosse rimasto dove si trovava ora. Se il suo intuito si fosse rivelato corretto alla fine della trasferta avrebbe avuto più di un caso risolto da portare a Washington. Nel frattempo però aveva bisogno di un caffè decente e conosceva un solo posto in città che ne facesse uno degno di essere bevuto.

Mezzora più tardi il tintinnio del campanello dello Zara's Corner annunciò il suo arrivo. Gibbs rimase un attimo sulla porta, sconcertato. La proprietaria del locale era seduta sul divano, il giovane labrador accucciato con la testa sulle sue gambe e quella che sospettava essere una frittella tra i denti, mentre l'altro animale stava sulla soglia del retrobottega con aria minacciosa ed esprimeva il proprio disappunto con un ringhio basso. Nell'aria, invece dell'invitante profumo di dolci, avvertiva odore di bruciato.
Tutti si volsero verso di lui e per un attimo parvero indecisi su come accoglierlo. Il cane lasciò cadere il resto del dolce e cercò di nascondere il muso contro il fianco della donna mentre il lupacchiotto avanzò verso di lui, mostrando i denti.
- Logan! - intervenne Zara con un tono che non ammetteva repliche.
Poi si rivolse a Gibbs.
- E' un piacere rivederla, agente. Non faccia caso a lui, - aggiunse indicando il lupacchiotto. E proseguì: - E' geloso delle attenzioni che non gli vengono rivolte.
Gibbs avanzò nella stanza, senza però perdere di vista l'animale. Quando Logan rivolse la propria attenzione alla donna, lui fece altrettanto.
- Speravo che l'offerta di una tazza del suo ottimo caffè fosse ancora valida, - disse sfoggiando il sorriso che usava nelle rare occasioni in cui gli interessava fare una buona impressione.
Zara allontanò gentilmente il muso del cane da sé e si alzò.
- Certamente! Si metta comodo mentre lo preparo e guardo se si è salvato qualcosa dall'ultima infornata. Era una vita che non mi succedeva di bruciare qualcosa, - dichiarò con costernazione, mentre si dirigeva verso l'altra stanza continuando a parlare, seguita dal lupacchiotto.
L'ex marine ascoltava solo in parte, per niente interessato all'argomento e avanzò verso il divano, incuriosito dal fatto che il cane in tutto quel tempo non si era mosso. Solo quando gli fu vicino Gibbs notò che aveva una fasciatura sulla zampa sinistra e sembrava che cercasse di nasconderlo.
- Hey, che hai combinato? - chiese con tono leggero, allungando una mano per accarezzarlo, sorpreso dell'espressione intimorita del cucciolo.
Sedette accanto a lui e gentilmente lo accarezzò dietro le orecchie, fino a quando non lo sentì rilassarsi.
Zara tornò in quel momento con due tazze fumanti e un piatto di frittelle calde e profumate che attirarono immediatamente l'attenzione del cane.
Il giovane labrador si mise faticosamente in piedi e cercò di sporgersi verso i dolci.
Gibbs rise, allontanando il piatto dalla sua portata, guadagnandosi un'occhiata sbieca da parte di quei brillanti occhi verdi.
- Non dovrebbe mangiare dolci, - disse l'agente con tono severo, smentito dall'azione successiva.
Il caffè in una mano e una frittella nell'altra, sembrava che l'agente Gibbs non avesse alcuna preoccupazione al mondo se non quella di starsene seduto lì a offrire l'invitante dolce al cane che, dopo avergli leccato le dita, si accomodò soddisfatto contro di lui.
Zara osservava attentamente l'interazione tra i due, sorridendo del modo aperto in cui Tony dimostrava il proprio affetto quando era libero dalla sua forma umana. Era quasi tentata di lasciarli soli ma sapeva che il giovane non era ancora pronto a rivelare la sua natura a Gibbs, così aspettò pazientemente.
Tuttavia non era sicura di aver fatto la scelta migliore quando l'uomo alzò uno sguardo freddo su di lei e le chiese a bruciapelo: - Come si è ferito?
- E' impulsivo, agente Gibbs e non sempre fa quello che sarebbe più sicuro per lui. Ma starà di nuovo bene in brevissimo tempo, - rispose dopo una breve esitazione. Non le piaceva essere accusata ingiustamente ma per il momento non poteva fare altro che mordersi la lingua.
Gibbs continuò ad osservarla per alcuni estenuanti secondi prima di fare un leggero cenno di assenso, riprendere a bere il suo caffè e riportare la propria attenzione al giovane labrador.
- Sei proprio come il detective DiNozzo, vero? Anche lui è impulsivo e si caccia nei guai senza pensare alle conseguenze. Ma è in gamba, come sospetto sia tu, - disse a bassa voce accarezzandolo.

Note: il quarto capitolo sarà pubblicato lunedì.

Risposte ai commenti:

Fange69: lieta di sapere che continua a piacerti ^__^

Ametista: la reazione di Tony al paragone tra lui e il labrador l'avremo nel prossimo capitolo, spero di non deluderti.

jaspe: ti ringrazio per i complimenti (in entrambe le recensioni) e sono lieta che tu sia riuscita a superare le perplessità riguardo la parte "sovrannaturale" della storia. Personalmente non ci avrei mai pensato senza aver letto diverse fan fictions in inglese sui "shapeshifters" (mutaforma) o le storie di Akane che girano attorno al "fedele san bernardo". Ma una volta che l'idea ha preso piede mi sono trovata a portarla avanti entusiasticamente.Ti rispondo qui anche riguardo Almost Without Notice. La serie, come tutti gli altri progetti in corso, non è abbandonata ma in attesa di ispirazione. Purtroppo sono molto lenta nello scrivere e quando non riesco a proseguire un progetto mi butto su un altro per non perdere "il vizio". Ma ho tutta l'intenzione di lavorarci entro i prossimi mesi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Nota: in fondo al capitolo le risposte alle recensioni.

Capitolo 4

Gibbs aveva sperato di trovare il detective pronto ad aspettarlo in strada, prima di ricordarsi la reazione che aveva avuto ai farmaci. Bussò con forza alla porta dopo aver suonato impazientemente il campanello fino a quando non sentì dei passi avvicinarsi.
Quando finalmente la porta si aprì l'ex marine dovette ricorrere a tutta la propria autodisciplina per non fare qualcosa di sconveniente. DiNozzo aveva gli occhi semichiusi, i capelli arruffati e indossava soltanto i pantaloni di una tuta. Quando lo riconobbe sembrò illuminarsi e sfoggiò un sorriso che gli dava tutta l'aria di un monello pronto a fare qualche birichinata.
- Gibbs, pensavo che ci saremmo visti in centrale! - esclamò il giovane sorpreso.
- E come pensavi di arrivarci? - gli chiese ironicamente guardandolo dritto negli occhi.
Il detective arrossì leggermente e annuì mentre spalancava la porta per farlo entrare.
- Dammi dieci minuti e sono pronto. C'è del caffè fresco in cucina se vuoi servirti...
Gibbs seguì con lo sguardo il giovane fino a quando non sparì dietro ad una porta, poi lasciò vagare lo sguardo per la stanza. L'appartamento non era diverso da centinaia di bilocali ammobiliati abitati da poliziotti scapoli e, a parte alcuni dvd e altri oggetti sparsi sul tavolino posto davanti al divano, non c'erano molte indicazioni dei gusti e delle preferenze di chi lo abitava. Non c'erano fotografie, soltanto un paio di manifesti cinematografici appesi al muro. Per un attimo si chiese se anche la camera da letto era così impersonale ma risolutamente si avviò verso il cucinino, dove la macchina del caffè lo aspettava invitante.
Se ne versò una tazza e la annusò sospettosamente prima di berne un sorso, sorpreso di trovarlo, anche se troppo leggero per i suoi gusti, fatto con una buona miscela stranamente familiare.
Tony lo raggiunse in quel momento e Gibbs lo osservò mentre si versava il caffè e vi aggiungeva una quantità esorbitante di zucchero e crema. Il giovane colse l'espressione disgustata e non poté fare a meno di ridere.
- Mi piace lo zucchero, è la mia unica debolezza, - disse prima di bere.
- Non dovresti portare il braccio appeso al collo? - chiese Gibbs seccamente, avendo notato che il giovane cercava di muoverlo il meno possibile.
Tony sorrise, facendo roteare il braccio.
- Mi limita troppo nei movimenti, e poi non fa così male.
La malcelata smorfia di dolore smentiva l'affermazione. Gibbs rimase a fissarlo dritto negli occhi per alcuni lunghi attimi, prima di avviarsi alla porta.
- In tal caso finiamola di perdere tempo, abbiamo un colpevole da arrestare.
Il resto della mattinata lo trascorsero alla centrale cercando qualcosa che permettesse loro di ritrovare il sospettato tra una telefonata e l'altra da parte del medico legale e del tecnico di laboratorio dell'NCIS. Finalmente riuscirono a trovare una pista che li portò ad appostarsi in una strada alla periferia della città, poco distante dalla casa della sorella dell'uomo che stavano cercando.
Tony era eccitato, gli piacevano gli appostamenti ed era passato diverso tempo dall'ultima volta. Ma soprattutto gli piaceva l'idea di restare per qualche ora in compagnia di Gibbs senza nient'altro da fare che assaporarne la presenza e cercare di conoscerlo meglio. La sera prima lo aveva spiazzato, non tanto per lo spirito di osservazione, sapeva che l'agente dell'NCIS era considerato un eccellente investigatore, ma per quello che aveva detto su di lui. Non era abituato a ricevere complimenti ed aveva la netta impressione che Gibbs non fosse abituato a farne. Certo non glielo aveva esattamente detto in faccia e sospettava che se fosse mai accaduto sarebbe stato un avvenimento eccezionale, ma era bello sapere che pensava questo di lui. Zara aveva ragione, doveva dirgli la verità prima che le cose si complicassero ulteriormente. Il peggio che poteva accadere era che lo prendesse per pazzo o che lo scacciasse disgustato. Nulla che non gli fosse già accaduto in passato. Scosse la testa e decise che si sarebbe preoccupato più tardi, si volse verso Gibbs e gli chiese se poteva andare a comprare qualcosa da mangiare in un take away nelle vicinanze.
L'ex marine lo osservò allontanarsi e fece un mezzo sorriso mentre prendeva il telefono per chiamare Abby. Le avrebbe fatto compilare un dossier su DiNozzo per rispettare i regolamenti ma per quanto lo riguardava la decisione era ormai presa. Non sarebbe stato difficile convincere il giovane detective a lavorare per lui anche se questo avrebbe impedito qualsiasi altro tipo di rapporto. Si passò una mano tra i capelli, spazientito. Che diavolo andava a pensare adesso? Era passato del tempo da quando un bel viso e un sorriso ad illuminarlo erano stati capaci di coinvolgerlo, soprattutto se appartenenti ad un altro uomo. Gli sarebbe passata, si disse. E poi c'era la regola dodici e non era disposto ad infrangerla per nessuno.
Un paio d'ore dopo Gibbs era pronto a piantargli una pallottola in fronte. Per un po' lo aveva lasciato fare, considerandone le chiacchiere al pari di un rumore di sottofondo, ma dopo avergli ordinato un paio di volte di tacere con scarso risultato aveva i nervi a fior di pelle e, quando il giovane si mise a succhiare rumorosamente con la cannuccia, la mano partì istintivamente.
- Hey! - esclamò il detective, strofinandosi la testa.
- Abituati DiNozzo, o non diventerai mai un agente federale, - rispose Gibbs osservandone attentamente la reazione.
Tony spalancò gli occhi, incapace di nascondere la sorpresa.
- Che significa, agente Gibbs? - chiese sospettoso, incapace di credere a quello che sperava significasse.
L'ex marine riportò lo sguardo verso l'esterno per non rischiare di perdere movimenti sospetti, poi rispose con una domanda.
- Perché ti hanno scelto per questa collaborazione?
Il giovane incurvò le spalle impercettibilmente.
- Nessuno vuole lavorare con i federali, soprattutto con il famoso agente Gibbs dell'NCIS, - replicò ritrovando il sorriso sull'ultima battuta.
- E il tuo partner non ha nulla in contrario al fatto che tu lavori con me per tutto questo tempo? - chiese con tono sospettoso.
Il giovane mascherò il suo vero stato d'animo dietro un sorriso brillante, prima di replicare con noncuranza.
- Non ne ho uno, sono il jolly del dipartimento, vado dove serve.
DiNozzo aveva i modi di chi proveniva da una famiglia agiata e gli avevano affidato il ruolo del tappabuchi perché non lo volevano tra loro, questo era evidente.
- Quando avremo finito qui, presenterai domanda di assunzione all'NCIS e verrai a lavorare per me.
- E' un ordine? - chiese dubbioso e al tempo stesso divertito. Sperava soltanto che Gibbs sarebbe stato ancora disposto a lavorare con lui, dopo aver saputo la verità.
- A Washington ci sono casette come queste a non molta distanza dal Navy Yard. Potresti persino prenderti un cane, - disse Gibbs con noncuranza, pensando improvvisamente all'amichevole giovane labrador che cercava un padrone.
Tony pensò di essere fortunato a non avere più niente di liquido per le mani. Ma l'espressione di comico orrore che gli attraversò il volto non passò inosservata.
- Non ti piacciono gli animali, DiNozzo? - chiese l'agente con un'espressione che il giovane cominciava a riconoscere come di mascherato divertimento. Lo squillo del cellulare di Gibbs lo sollevò dal trovare una risposta.

Ormai era quasi notte e l'aria all'interno della macchina era gelida. Per un attimo Tony pensò di chiedere a Gibbs di accendere il riscaldamento ma sapeva che non lo avrebbe fatto per evitare di rivelare la loro posizione. Così incrociò le braccia, prima di ricordarsi della ferita e lanciare un'esclamazione di dolore.
Gibbs gli diede un'occhiataccia per poi puntare l'attenzione verso l'auto che stava arrivando.
- Che diavolo... - esclamò rendendosi conto che si trattava di un'auto della polizia che si fermava proprio davanti alla casa che stavano tenendo d'occhio.
Lui e DiNozzo uscirono di corsa dalla loro auto cercando di intercettare i due uomini in divisa ma prima che potessero evitarlo uno di loro aveva bussato alla porta intimando agli occupanti della casa di aprire.
L'appostamento era sfumato e Gibbs era talmente furibondo che non degnò neppure di una parola i poliziotti e aspettò a malapena che il detective fosse risalito in macchina per partire a tutta velocità verso la centrale, dove intendeva dirne quattro all'idiota che aveva approvato quell'operazione mandando all'aria la sua.
Dopo essersi sfogato urlando contro il capitano e facendo rapporto sull'accaduto al proprio direttore, decise di riguardare tutti i documenti che avevano raccolto sul caso fino a trovare una nuova pista da seguire per intrappolare il loro assassino. Dopo aver lanciato un'occhiata gelida e sprezzante agli occupanti della centrale, raccolse il portatile e alcune carte, facendo cenno a Tony di prendere il resto e si avviò all'uscita, sicuro che il giovane lo avrebbe seguito. Non aveva intenzione di passare un minuto più del necessario in presenza di quegli incompetenti.
- DiNozzo, hai ancora caffè in casa? - chiese improvvisamente.
Il giovane sembrò pensarci un attimo prima di sfoggiare uno dei suoi sorrisi e rispondere.
- Sicuro, ma dovresti fare qualcosa per questa dipendenza dalla caffeina, agente Gibbs. Non è salutare.
Gibbs gli lanciò un'occhiataccia e replicò duramente.
- Mai mettersi tra un marine e il suo caffè, ti conviene impararlo se vuoi sopravvivere.
- Sissignore! - esclamò il giovane accennando un saluto militare prima di aggrapparsi alla maniglia, mentre l'ex marine frenava bruscamente.
Più tardi, i resti di una pizza e di un paio di birre sul tavolino in mezzo alle carte relative al caso, Tony si sentiva piacevolmente rilassato e pronto ad una azione che in un momento di maggior lucidità avrebbe considerato incosciente. Aveva pensato tutto il giorno a come introdurre il discorso ma non era venuto a capo di nulla ed ora non gli restava che buttare la bomba e sperare che le conseguenze non fossero disastrose.
- Ancora caffè? - chiese alzandosi dal divano.
Gibbs si limitò a fare un cenno di diniego e Tony si diresse al mobiletto dove teneva i liquori, pensando che nei prossimi minuti qualcosa di forte sarebbe servito ad entrambi.
- Cognac o scotch? - propose dopo aver constatato che la sua collezione di alcolici lasciava alquanto a desiderare.
L'ex marine lo scrutò sospettosamente, notando che il giovane non era più tranquillo quanto prima.
- Scotch e faresti meglio a dire quello che hai sullo stomaco prima di farmi decidere che assumerti sarebbe una pessima idea.
Tony si sentiva un nodo in gola, ma ormai non poteva tirarsi indietro. Versò lo scotch e ne porse un bicchiere a Gibbs. Prese un lungo respiro e si buttò, parlando a tutta velocità per non perdere il coraggio.
- Talvolta_mi_trasformo_in_un_cane.
Gibbs era piuttosto perplesso.
- Ripeti staccando le parole, - ordinò bruscamente.
Il giovane aveva le guance rosate dall'imbarazzo quando trovò il coraggio di riprovarci.
- A volte, ma non spesso, di solito quando sono agitato o stanco oppure ho bisogno di distrarmi o scaricare la tensione...
- Oggi DiNozzo! - ringhiò Gibbs infastidito da tutto quel parlare che non portava a niente.
Tony sarebbe scappato volentieri, ma erano nel suo appartamento e nelle orecchie gli risuonavano le parole di Zara.
“E' importante che lo sappia e ti accetti così come sei, con tutti i tuoi pregi e difetti. Solo così diventerà la persona che cerchi, quella con cui ti sentirai completamente amato e al sicuro.”
Deglutì e questa volta si costrinse a parlare a velocità normale, guardando Gibbs dritto negli occhi per osservarne la reazione.
- Io posso cambiare aspetto e assumere quello di un cane.
L'ex marine rimase lungamente in silenzio, mentre cercava di decidere se il giovane lo stava prendendo in giro o se la stanchezza e l'alcool avevano avuto il sopravvento e questo non era nient'altro che un sogno.
- Non sei ubriaco o addormentato. E non mi sto inventando una storiella per ridere, - disse improvvisamente il detective, come se gli avesse letto nella mente. E poi aggiunse:
- Non è difficile immaginare cosa ti sta passando per la testa, Gibbs. L'unica altra opzione sarebbe stata quella di chiamare soccorso per farmi internare. Ma posso provarti che sto dicendo la verità.
- Ne dubito, - borbottò l'altro prima di svuotare il bicchiere.
Tony sorrise, il fatto che Gibbs non fosse scappato urlando era tutto sommato un buon segno, e gli diede la necessaria confidenza per proseguire.
- In effetti mi hai già visto nell'altra forma e sei stato molto più gentile in quelle due occasioni di quanto tu non lo sia stato durante il tempo che siamo stati insieme come colleghi.
Gibbs aveva uno sguardo interrogativo e Tony decise di non lasciargli il tempo di fare domande, preferendo proseguire a modo suo.
- Non sei così vecchio da aver perso i ricordi a breve termine, vero? Lo Zara's Corner, il caffè migliore della città, lo stesso che hai bevuto tutta la sera per altro. E poi il cane ferito, le frittelle di mele, Logan che ti ringhiava contro...
A questa provocazione Gibbs si alzò di scatto e fatti i pochi passi che li separavano, lo prese per le spalle e lo spinse contro al muro.
- Non sopporto gli stupidi. Tanto meno quelli che si credono troppo furbi, - gli sibilò in un orecchio.
- Non sto mentendo e non ti ho seguito, lo giuro! Io ero già lì a leccarmi, letteralmente, le ferite. Se mi lasci andare te lo dimostro in un attimo, - esclamò precipitosamente il giovane, consapevole della presa d'acciaio dell'ex marine e di non essere in condizione di difendersi.
Gli occhi azzurri di Gibbs sembravano volerlo trafiggere.
- Hai la possibilità di dimostrare che non sei completamente fuori di senno. Sfruttala bene o non troverai un altro lavoro tra le forze dell'ordine nemmeno in Alaska, - minacciò prima di lasciarlo andare e fare un passo indietro.
Tony rilasciò il respiro che aveva inconsciamente trattenuto e si passò nervosamente la mano tra i capelli.
- Immagino che l'offerta di un posto nel tuo team sia fuori questione adesso, - disse lasciando trapelare la delusione.
Gibbs gli prese il mento tra le mani, costringendolo a guardarlo. E si sorprese a confrontare il colore di quelle iridi con quelle del giovane labrador.
- Non se riesci a convincermi, ragazzo, - disse con un tono quasi gentile, lasciandolo andare.
Il giovane annuì e si toccò dove per un attimo era stata la mano dell'altro uomo. Poi si diresse verso il divano.
Avvenne sotto i suoi occhi ma se c'era un trucco Gibbs non aveva fatto in tempo a vederlo. Un attimo prima il detective DiNozzo era davanti a lui, quello successivo un familiare giovane labrador era disteso sul divano, gli occhi insolitamente verdi fissi su di lui. Sconcertato, si avvicinò lentamente, attento all'umore dell'animale che sembrava pronto a scappare da un momento all'altro. Quando gli fu davanti vide chiaramente la ferita sulla zampa, corrispondente a quella che il poliziotto si era procurato il giorno prima.
- Com'è possibile? - chiese fra sé, mentre tendeva la mano aperta, cercando di non sembrare minaccioso.
Il cucciolo guaì ma non si mosse e timidamente lo leccò. Un momento dopo al suo posto c'era nuovamente DiNozzo, lo stesso sguardo incerto del cane.
- Non so bene come, so solo di averlo ereditato da mia madre e che ci sono altri come me. Anche se questo l'ho scoperto solo recentemente. Zara saprebbe spiegarti, ma probabilmente sei disgustato come mio padre e...
Lo scappellotto lo prese talmente alla sprovvista che ammutolì completamente, restando a bocca aperta.
- Sospetto che dovrò usare spesso i metodi del mio ex capo per metterti in riga, DiNozzo, - sentenziò Gibbs prima di lasciarsi sfuggire un mezzo sorriso davanti all'espressione offesa del giovane.
- Intendi dire che mi vuoi lo stesso? - chiese Tony speranzoso.
- Non ho alcuna intenzione di lasciarti andare, - chiarì l'ex marine, prima di aggiungere: - anche se mi aspetto di svegliarmi da un momento all'altro e scoprire di essere nel mio letto a Washington.
Il sorriso che illuminò il volto del giovane era talmente gioioso da risultare irresistibile e Gibbs non poté fare a meno di avvicinarsi fino a sfiorargli le labbra con le proprie prima di bloccarsi.
Tony sospirò, rassegnato.
- Ci hai già ripensato, vero?
- DiNozzo, ho visto cose che non avrei mai immaginato possibili ed è tardi, credo di aver diritto a un ultimo bicchiere prima di andare a dormire e sperare di digerire tutto quanto, - rispose onestamente.
Il giovane fece un'espressione contrita ma non si scusò.
- Senti, puoi dormire qui se vuoi. Non sembra a vederlo ma è molto comodo, - offrì indicando il divano.
Gibbs lanciò un'occhiata verso la finestra. Pioveva a dirotto e in albergo avrebbe trovato ad attenderlo solo un letto con le molle rotte e un wisky di infima qualità. Per non parlare del caffè imbevibile.
Più tardi, comodamente sistemato sul divano, ripensò a tutto quello che gli era capitato da quando era giunto a Baltimora, cercando una spiegazione logica che gli sfuggiva. Alla fine il rumore della pioggia contro i vetri e il leggero russare proveniente dalla stanza accanto lo cullarono fino a farlo addormentare.

Note: il quinto capitolo sarà pubblicato venerdì.

Risposte ai commenti:

jaspe e fange69: grazie, sono abituata a scrivere per me stessa e un paio di amiche, è davvero un piacere trovare qualcun altro che apprezzi le mie storie.

Ametista: in bocca al lupo per il compito di latino!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Nota: in fondo al capitolo le risposte alle recensioni.

Capitolo 5

Gibbs si era svegliato poco dopo l'alba e una rapida occhiata all'ambiente circostante lo aveva costretto ad accettare come realtà il fatto di trovarsi a Baltimora, di aver dormito sul divano del detective DiNozzo e, considerata la mancanza di alternative, dopo una tazza o due di caffè probabilmente sarebbe stato capace di accettare anche il fatto che quello che era avvenuto sotto ai suoi occhi doveva essere vero.
Tony apparve circa un'ora dopo, quando Gibbs era ormai alla fine della seconda tazza e stava meditando di buttare il suo ospite giù dal letto. Come d'abitudine cercò di mascherare il disagio parlando di cose del tutto irrilevanti, fino a quando l'ex marine non ne ebbe abbastanza e lo fece tacere con uno scappellotto.
- Abbiamo un caso da risolvere, - decretò guardandolo negli occhi.
Il giovane lo fissò per qualche momento, poi con un sorriso genuino chiese:
- Devi proprio continuare a colpirmi?
- Se lo meriti. Ed ora hai dieci minuti per fare colazione prima di rimetterti al lavoro, - fu la risposta secca di Gibbs, stemperata da un mezzo sorriso.
La frustrazione dell'ex marine era sempre più palpabile man mano che il tempo passava senza trovare nulla e DiNozzo stava cominciando a preoccuparsi per la propria incolumità, quando finalmente il telefono dell'agente squillò e dall'altra parte una voce eccitata salutò Gibbs. Pochi minuti dopo l'uomo scrisse qualcosa sul suo blocchetto e chiuse la comunicazione, poi si diresse alla porta.
- Abbiamo un nuovo indizio, - disse sbrigativamente aspettandosi che Tony lo seguisse.
Le precise indicazioni che Gibbs aveva ricevuto li avevano portati nella zona portuale, tra capannoni e containers dove, secondo Abby, si nascondeva il loro uomo.
Avanzavano con circospezione, DiNozzo davanti e Gibbs a coprirgli le spalle, sapendo che doveva esserci un complice. Quando il primo proiettile sibilò nell'aria i due uomini si affrettarono a cercare riparo. Tony era vicino ad un camion e vi si nascose dietro cominciando a rispondere al fuoco, mentre Gibbs corse verso un cassonetto. Era quasi in salvo quando gli spari raddoppiarono e un dolore lancinante alla gamba destra lo fece barcollare, prima di riuscire a fare gli ultimi passi che lo portavano fuori tiro e rispondere al fuoco. Tra lui e DiNozzo riuscirono a colpire l'uomo a cui stavano dando la caccia, il complice invece riuscì a dileguarsi mentre il detective si accertava delle condizioni di Gibbs nonostante le sue proteste.

L'ex marine era furioso. Per essersi fatto colpire, perché il detective aveva optato per lasciar scappare il furfante che gli aveva sparato e in generale per tutta la situazione che si era venuta a creare da quando era stato mandato a Baltimora. Sistemato contro la sua volontà in una stanza del pronto soccorso, la gamba che martellava nonostante gli analgesici somministrati attraverso la flebo, aveva litigato con il personale fino a quando non era riuscito a farsi procurare un telefono. Solo dopo aver parlato con il direttore si era permesso di rilassarsi. Apparentemente DiNozzo aveva avuto il buon senso di avvertire l'NCIS e, considerato tutto il tempo trascorso, Ducky doveva essere arrivato sulla scena e probabilmente si stava occupando del cadavere e più tardi sarebbe passato a trovarlo. In attesa che l'amico si facesse vivo ripensò all'ostinato giovane che, oltre a tutto il resto, si era permesso di sfidare la sua autorità. Stava seriamente riesaminando la possibilità di prenderlo a lavorare con sé quando il rumore di pesanti stivali colse la sua attenzione. Un attimo dopo la porta della sua stanza si spalancò lasciando entrare un'alta figura femminile che si precipitò ad abbracciarlo con tutte le sue forze togliendogli il respiro mentre si lanciava in un monologo su quanto si era preoccupata per lui.
- Abs, va tutto bene, tra un paio di giorni sarò fuori. Ma tu cosa ci fai qui? - chiese quando riuscì a districarsi dalla sua stretta.
Abby protestò vivamente prima di togliersi dalle spalle un curioso zainetto a forma di bara dal quale tirò fuori un fascicolo.
- Dovevo vedere come stavi! Lo so che sei capace di mentire e dire che stai bene quando non è vero. E poi dovevo farti avere queste carte su quell'orribile poliziotto che non è stato capace di coprirti le spalle, - aggiunse passandogli i fogli.
Nel frattempo la porta si era riaperta e il nuovo venuto era fermo sulla soglia, indeciso.
Gibbs sospirò. Nessuno lo aveva mai accusato di essere diplomatico ma la sua tecnica forense preferita era volatile come la dinamite.
- DiNozzo non ha alcuna colpa, Abby. A parte quella di non avermi ancora fatto rapporto, - aggiunse rivolto a lui, con tono impaziente.
Ma prima che Tony avesse fatto due passi, la giovane goth si era avventata su di lui.
- Come hai potuto lasciare che accadesse? Cosa vi insegnano all'accademia di polizia? - chiedeva piantandogli il dito contro il petto ogni volta.
- Abby! - l'ammonì Gibbs con un tono che non ammetteva repliche.
Lei mise il broncio, rivolse un'espressione di sfida a DiNozzo, poi annunciò che sarebbe andata a vedere cosa c'era nel distributore di bevande della sala d'attesa e, velocemente com'era arrivata, si allontanò lasciandosi dietro un uomo divertito e uno imbarazzato e perplesso.
- Il rapporto, - ordinò nuovamente Gibbs. E Tony si affrettò ad accontentarlo mentre con una mano si massaggiava il punto in cui Abby lo aveva ripetutamente colpito.
Alla fine del rapporto, l'ex marine chiese, duramente:
- Se sai dove rintracciarlo, cosa ci fai qui?
- Aspetto i rinforzi. Non sarò abbastanza in gamba da coprire le spalle ad un superiore che le sta coprendo a me, ma non sono così novellino da buttarmi in una situazione del genere da solo, - rispose con un tono teso e serio che un po' sorprese Gibbs.
- Imparerai, - replicò con altrettanta serietà l'altro uomo prima di essere interrotto dal ritorno di Abby, questa volta in compagnia di Ducky.
- Jethro, vedo che l'abitudine di metterti nei guai ti ha seguito fino a Baltimora, - disse l'anziano patologo prima di rivolgersi allo sconosciuto, tendendogli amichevolmente la mano.
- Il detective DiNozzo, presumo. Sono il dottor Mallard, Ducky per gli amici.
I due fecero appena in tempo a scambiarsi i convenevoli che Gibbs chiese all'amico quando avrebbe potuto uscire dall'ospedale e il telefono del giovane si mise a squillare costringendolo ad uscire dalla stanza, mentre Abby si teneva impegnata sorseggiando una enorme bibita.

Tony era in corridoio, lo sguardo rivolto verso una finestra, frastornato dagli avvenimenti. Ancora non sapeva esattamente come Gibbs avesse preso la sua confessione. Non lo aveva cacciato via inorridito, ma non c'era nemmeno più stato modo di parlarne e si chiedeva se veramente l'offerta di un lavoro fosse ancora valida adesso che aveva dimostrato tutta la propria inettitudine. La telefonata che aveva appena ricevuto lo aveva informato che aveva fallito nel tentativo di convincere il capitano a dargli due uomini per stanare l'uomo ancora in fuga, ma sentiva che Gibbs si aspettava da lui che portasse a termine l'incarico e non intendeva deluderlo.
- Hey Tony! E' così che lavori? - gli chiese improvvisamente una voce a lui ben nota, facendolo sussultare.
Lo sguardo ironico di Logan divenne truce nel momento in cui Zara si fece avanti per abbracciarlo affettuosamente. Tony rise e di proposito le diede un bacio sulla guancia prima di lasciarla andare.
- Grazie di essere venuti, - disse seriamente rivolto ad entrambi, poi aggiunse: - stavo per essere infilzato come un pollo allo spiedo da una tipa strana che lavora per Gibbs.
Zara scosse la testa, divertita e lo guardò fisso negli occhi.
- Qual'è il problema, Tony?
- Mi sono lasciato sfuggire uno degli uomini che ci hanno sparato contro, - rispose guardando Logan con uno sguardo eloquente.
- Io ti aspetto fuori, - disse lasciando intendere che era pronto ad aiutarlo e a coprirgli le spalle. Fece qualche passo verso l'uscita, si volse e lo avvertì:
- La reticenza non funziona con lei.
Tony sospirò e si appoggiò al muro, fingendo una noncuranza che non provava.
- Gliel'ho detto e poi gli ho dimostrato che non valgo niente, - disse.
Zara gli posò una mano sul braccio, in un gesto rassicurante ma il tono era tagliente.
- Tesoro, ripetilo un'altra volta e ti do un cazzotto. O meglio te lo faccio dare da Logan!
Il giovane sorrise, borbottò un “sissignora” e si voltò verso la stanza di Gibbs, la cui voce tuonava contro qualche malcapitata infermiera.
- Sarà meglio andare a salvare quella poverina? - chiese ironicamente Zara.
- Sono sicuro che saprà vendicarsi, - rispose lui, ripensando alle occasioni in cui si era trovato al posto dell'ex marine.
- Vieni, ti presento agli altri, prima di raggiungere Logan, - disse avviandosi.
Entrambi sorrisero alla vista che li accolse. Abby era seduta ai piedi del letto e chiacchierava allegramente con il dottor Mallard mentre Gibbs aveva un'espressione esasperata sul volto.
Un lampo di sorpresa gli attraversò gli occhi quando riconobbe la donna e tutto quello che era avvenuto negli ultimi giorni assumeva un significato inconfutabile. Volse lo sguardo verso Tony e scorse nel giovane una vulnerabilità che lo turbava più di quanto avrebbe voluto ammettere.
Zara sorrise tra sé, consapevole di molto di quello che passava per la testa dei due uomini.
- Agente Gibbs, è un piacere rivederla, anche se avrei preferito che tornasse a trovarmi nel mio locale, - disse facendosi avanti.
Subito dopo le necessarie presentazioni Zara ruppe il ghiaccio chiedendo alla giovane goth dove aveva trovato l'intrigante zainetto, rendendosela amica in un istante e Tony approfittò di quel momento per parlare con Gibbs.
- Mi stanno aspettando di sotto, - disse con noncuranza.
- Colleghi? - chiese Gibbs poco convinto.
- Un amico, - chiarì il giovane.
- DiNozzo?
- Gibbs?
- Non farti ammazzare prima che ti abbia insegnato a seguire gli ordini - gli disse con tono severo.
- Sì capo! - esclamò sorridendo prima di andarsene.
Poco dopo la partenza del detective, Ducky annunciò che lui e Abby dovevano tornare a Washington e, nonostante le proteste della ragazza, la condusse fuori distraendola con il racconto di un suo ricordo di gioventù.
Zara avvertì immediatamente l'attenzione di Gibbs su di sé e, come nelle precedenti occasioni, provò l'impulso di scappare. Ma l'uomo non gliene diede il tempo, chiedendole aspramente:
- Si è divertita abbastanza?
La donna scrollò la testa, esasperata.
- Le avevo detto chiaramente che si trattava di un cucciolo speciale. E può non crederci ma io mi preoccupo per lui e non è divertente quando un amico è ferito o triste.
L'ex marine rimase per un lungo momento in silenzio, assorbendo le sue parole. Poi, spinto dalla curiosità, disse:
- DiNozzo ha detto che lei ne sa molto più di lui.
Zara si accomodò sulla sedia accanto alla finestra e narrò di antichi popoli con caratteristiche che il mondo odierno era per lo più incapace di accettare e che per questo avevano imparato a nascondersi così bene che spesso i loro discendenti non sapevano nemmeno di esserlo. Alcuni di loro non lo scoprivano mai, altri improvvisamente scoprivano di essere in grado di azioni o mutamenti che per la comune razza umana sono sovrannaturali. A questo punto la donna passò a raccontare la storia di un ragazzino che aveva coltivato la propria fantasia nonostante l'ambiente in cui era cresciuto e si era inaspettatamente trovato in grado di fare qualcosa di sorprendente. Purtroppo non era una storia lieta e il padre aveva allontanato da sé l'unico figlio quando aveva scoperto di cosa fosse capace. Zara non aggiunse altro. Se Gibbs voleva conoscere i dettagli dell'esperienza di Tony avrebbe dovuto chiederglielo personalmente.
L'ex marine rimase in silenzio mentre confrontava mentalmente il racconto della donna con i dati del dossier consegnatogli poco prima da Abby. Sulla carta sembrava un giovane privilegiato, nato e cresciuto a Long Island e istruito nelle migliori scuole, compresa l'accademia navale di Rhode Island. Eppure in seguito il giovane aveva frequentato la Ohio State University, grazie ad una borsa di studio per meriti sportivi, e dopo un incidente di gioco che gli aveva impedito il passaggio al professionismo era entrato in polizia. Era un curriculum insolito per l'unico figlio di un magnate della finanza ma Gibbs ricordava le parole che erano sfuggite al giovane il giorno prima riguardo suo padre. Disgustato era il termine che aveva usato.
Rabbrividì al pensiero di un padre incapace di accettare il proprio figlio, e in quel momento seppe di non avere scelta.
- Io non lo abbandonerò, - dichiarò ad alta voce.
Zara saltò su dalla sedia con un grande sorriso e per un attimo gli ricordò Abby e temette che stesse per abbracciarlo. Poi la donna si lisciò la gonna e si ricompose.
- Non sarà facile, agente Gibbs. Ma nessun rapporto lo è mai, indipendentemente dalla piega che prende.
L'uomo avrebbe voluto ribattere qualcosa ma prima che ne avesse il tempo la porta si aprì e un'infermiera dai modi sbrigativi annunciò che l'orario di visite era terminato e il paziente doveva riposare. Nonostante le proteste di Gibbs, inserì il contenuto di una siringa nella flebo e in pochi minuti l'agente si era addormentato.

Gibbs non vedeva l'ora di lasciare Baltimora, intenzionato a non tornarci per meno di una minaccia alla sicurezza nazionale. Come se non fosse bastata la pioggia, il pessimo caffè, un sospetto che continuava a sfuggirgli e un detective che si trasformava in un cane, adesso doveva vedersela anche con un'infernale capo infermiera che dalla sera prima rifiutava categoricamente di fargli avere un telefono e aveva minacciato di legarlo al letto se avesse provato ancora una volta ad alzarsi per raggiungere quello nel corridoio.
Non voleva ammetterlo ma era preoccupato per DiNozzo. Il ragazzo era ancora troppo inesperto e non avrebbe dovuto trovarsi là fuori senza qualcuno a coprirgli le spalle, preferibilmente lui stesso.
Come se lo avesse evocato il giovane entrò in quel momento nella stanza, il solito sorriso sul volto e tra le mani due tazze di caffè e un sacchetto di dolci.
- Era ora! - Ringhiò Gibbs, afferrando il caffè e bevendone un lungo sorso.
- Lo avete preso? - domandò con tono imperioso.
Tony si accomodò sull'orlo del tavolino e addentò una ciambella prima di riferire dettagliatamente come, grazie all'aiuto dell'amico, l'uomo che aveva sparato a Gibbs attualmente si trovasse in cella.
- Forse dovrei assumere il tuo amico, - commentò ironicamente l'ex marine alla fine del racconto, facendo mettere il broncio al giovane.
- Non accetterebbe mai. A Logan non piace fermarsi troppo a lungo in un posto, - replicò sulla difensiva.
- Logan? - chiese Gibbs ricordando il lupacchiotto che gli aveva ringhiato contro un paio di giorni prima.
Il sorriso di Tony si fece imbarazzato e si limitò ad annuire. Per un po' i due uomini restarono in silenzio, ma c'era una cosa che il giovane doveva sapere e, finita la seconda ciambella, disse:
- Gibbs, so che due sere fa hai detto che l'offerta di un lavoro all'NCIS era ancora valida ma non c'è stato veramente tempo di parlarne e capirei se avessi cambiato idea. Voglio dire, so che è difficile da accettare, è per questo che non l'ho detto che a poche persone e quasi sempre è finita male...
- DiNozzo! Parli sempre così tanto? - lo interruppe l'ex marine con tono infastidito.
- Ehm, sì? - confermò con un sorriso da monello colto sul fatto.
Gibbs scosse la testa, indeciso se essere esasperato o divertito.
- Per un marine la parola data è vincolante, ma fammi pentire di averti dato fiducia e ti ritrovi per la strada senza capire come ci sei arrivato, - minacciò guardandolo fisso negli occhi.
Un altro sorriso illuminò il volto del giovane che, presa confidenza, decise di spingersi oltre.
- E il resto? Non guardarmi come se non capissi, Gibbs. Ci siamo quasi baciati l'altra sera ed è stato dopo che ti avevo confessato il mio, diciamo piccolo, segreto. Ci sarà un seguito?
Se DiNozzo fosse stato più vicino niente lo avrebbe salvato da uno scappellotto che lo avrebbe fatto girare su se stesso.
- Sei una tentazione vivente, - ammise Gibbs facendo una smorfia. Uno scappellotto ben assestato avrebbe fatto bene anche a lui.
E si affrettò ad aggiungere:
- Ma stai per diventare un mio subordinato e le relazioni tra colleghi non funzionano mai.
- Non stai dicendo sul serio, vero? - il tono preoccupato.
- E' la regola numero 12.
- All'NCIS si preoccupano se le relazioni funzionano? - domandò perplesso Tony.
- Sono le mie regole e mi aspetto che tu le impari e le segua alla lettera, - dichiarò.
Il giovane lo osservò attentamente e vide nello sguardo di Gibbs la serietà e la convinzione di essere nel giusto. Sicuramente c'era una storia alla base di questa regola e Tony capiva meglio di chiunque altro il bisogno di proteggersi per non essere feriti e quello di rischiare per ottenere qualcosa di veramente importante. E sentiva che quello che c'era tra lui e l'ex marine era qualcosa di importate anche se era solo una scintilla di interesse che l'altro già cercava di soffocare.
Quella mattina aveva consegnato la lettera di dimissioni e non vedeva l'ora di cominciare la nuova vita a Washington, nel team del temibile agente speciale Leroy Jethro Gibbs. Sarebbe diventato un agente di cui Gibbs avrebbe potuto essere orgoglioso e forse con il tempo sarebbe riuscito a fare breccia nelle sue difese e a conquistarsi un posto nella sua vita oltre che nella sua squadra.

Note: il breve epilogo sarà pubblicato domani, almeno spero!

Risposte ai commenti:

Lights: grazie per i divertenti commenti! Sono contenta che rileggendola ti piaccia maggiormente e che tu stia cadendo inesorabilmente nella nostra visione delle cose... anzi del giovane Tony che non si può non amare! Continua così, sei sulla buona strada!

Jaspe: grazie, soprattutto per il commento sulla dolcezza di Tony. In molti lo vedono solo come un personaggio superficiale ma basta rivedere le prime due stagioni (le mie preferite) per rendersi conto della profondità di questo ragazzo che si nasconde dietro gli scherzi e i sorrisi.

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Nota: in fondo al capitolo le risposte alle recensioni.

Epilogo

Washington, 25 dicembre 2009

Lo scantinato era ancora ingombro di tavoli, attrezzi e pezzi di legno avanzati. Gibbs era andato a portare i giocattoli ai bambini dell'ospedale con suo padre e aveva aspettato che si addormentasse prima di tornare di sotto. Non aveva ancora deciso quale sarebbe stato il suo prossimo progetto ma immaginava che sarebbe stato qualcosa di semplice, adatto ad insegnare l'uso degli attrezzi a qualcuno alle prime armi.
Scese le scale e sorrise scorgendo il cane addormentato sul vecchio divano nell'angolo in ombra dello stanzone. L'animale, un labrador dal pelo dorato, occupava tutto lo spazio disponibile e Gibbs gli diede un colpetto sulla nuca. Il cane aprì un occhio e lo guardò in modo accusatorio prima di stirarsi e mettersi seduto, lasciandogli abbastanza spazio per sedersi a sua volta. Poi cercò di intrufolarsi con il muso tra il fianco e il braccio di Gibbs, non riuscendoci si sporse a leccargli il viso. L'ex marine alzò il braccio, permettendogli così di accucciarsi sulle sue gambe e lo accarezzò dietro alle orecchie.
- Sei troppo pesante DiNozzo, non sei più un cucciolo, - disse con un tono che era un misto di esasperazione e affetto.
Un attimo dopo al posto del cane c'era il suo secondo in comando che cercava di non cadere dal divano.
- Lo sai, dovresti proprio deciderti a cambiarlo con qualcosa di più lungo, - disse prendendo una scatola da terra e passandogliela.
Gibbs cercò di decifrare l'indirizzo del mittente ma non c'era abbastanza luce.
- Florida, - venne in suo soccorso il giovane, aggiungendo con aria sognante: - sarebbe bello poter essere là con loro invece che in mezzo a tutta questa neve.
- Sei pentito di essere rimasto qui? - chiese Gibbs con tono serio.
Tony rise.
- Mai! Sono esattamente dove voglio essere.
Gibbs sorrise soddisfatto e aprì la scatola, rivelandone il contenuto. Un dolce a forma di ciambella bicolore, accompagnato da un biglietto di auguri che Tony gli tolse dalle mani con impazienza e lesse velocemente.
- Zara dice che questa è la sua nuova creazione. La parte scura è al caffè e qui ci sono le istruzioni per aggiungere lo zucchero a velo e l'agrifoglio per decorarlo.
L'ex marine tirò fuori il coltello dalla tasca e, incurante dell'espressione del giovane, ne tagliò una fetta.
- C'è altro? - chiese passandogliela e tagliandone un'altra.
- Solo che Logan si diverte dando la caccia agli alligatori e sperano di venire a Washington la prossima primavera.
Gibbs gli diede una lunga occhiata, soppesandolo.
- Allora sarà meglio andare di sopra a fare un po' di movimento. Devi ancora smaltire le frittelle che ti ha mandato il mese scorso, per non parlare dei cioccolatini di Jack che hai mangiato ieri.
Tony mise il broncio, ma nel frattempo Gibbs gli si era avvicinato e aveva posato una mano sul suo fondoschiena.
- Andiamo. E non dimenticare il dolce, non vorrei che dimagrissi troppo.

Fine

Note: grazie a tutti quanti per aver letto questa storia, soprattutto chi l'ha inserita tra i preferiti e chi ha commentato lungo la strada. Per chi fosse interessato, esiste anche un breve fuori scena ambientato alla fine del quarto capitolo. E' stato scritto dalla mia amica e beta Joy e potete leggerlo qui sul mio livejournal. Risponderò alle eventuali recensioni su questa stessa pagina, datemi solo un po' di tempo dal momento che normalmente non vengo molto spesso su EFP.

Risposte ai commenti sul quinto capitolo:

Jaspe: Divertire era il mio scopo principale, quindi sono lieta di esserci riuscita. Tony è troppo adorabile quando parla a vanvera. Sono particolarmente contenta che ti sia piaciuta Zara, dal momento che mi sono ispirata ad una carissima amica (con il suo divertito consenso). E in quanto alla regola 12... beh, era inevitabile che Gibbs cedesse, anche se non sapremo mai quando è avvenuto, almeno non in questa storia ^__^

Risposte ai commenti sull'epilogo:

Jaspe: Innanzi tutto mi scuso per non aver risposto prima, ma come avvisato nelle note non vengo molto spesso su questo sito. Grazie (anche da parte della mia amica) per aver apprezzato l'epilogo e il fuori scena di questa storia. Nel frattempo mi sono presa una pausa dalle fanfictions a capitoli (nonostante mi senta in colpa per averle trascurate) ed ho lavorato ad alcune flash-fic assegnatemi come "compito a casa" da una beta che è tanto cara quanto esigente e che pubblicherò il mese prossimo. Alcune seguono un comune filo conduttore, altre sono a se stanti e i pairing sono vari, anche se posso confermare la presenz di un paio di Gibbs/Tony. Spero che avrai voglia di leggerle e, perché no, anche di farmi sapere se ti saranno piaciute o meno. A presto!

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