Quello che conta - I - Un patto matrimoniale di mamma Kellina (/viewuser.php?uid=15384)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 1 *** Prefazione ***
Questa volta
Sento l’esigenza di dire due parole prima di iniziare il
racconto.
Come ho accennato nella presentazione, si tratta di un vero e proprio
romanzo
che richiede un certo impegno anche da parte di chi legge. Ho deciso
quindi di
scinderlo in due parti perché è piuttosto lungo
in quanto era nato per essere
un libro e non per essere messo on line. Eccovi la prima che
però in
un certo senso arriva già
ad una conclusione. Sarà la verifica del
vostro gradimento a
dirmi se dovrò
postare anche la seconda o sarà
meglio
fermarmi qui.
Di solito amo descrivere luoghi che mi sono familiari, ma questa volta
la
fantasia mi imponeva una ambientazione in una zona mineraria. Come fare
allora ?
A Napoli e dintorni miniere non ce ne sono di certo! Per fortuna
però oggi non
occorre avere la genialità di un Salgari per parlare di
luoghi che non si è mai
visto, basta andare su Internet, e voilà, il gioco
è fatto! A me è successo
quasi un miracolo. Nelle mie ricerche ho trovato un sito molto
interessante che
si chiama “minieredisardegna.it”, l’ho
cliccato e mi sono persa in un viaggio
nel tempo e nello spazio. C’è la storia
affascinante di questi luoghi, legati
oramai all’archeologia mineraria, corredata di foto, cartine e
preziosi dettagli. Tutti i personaggi, frutto della mia
fantasia e dapprima
solo abbozzati nella mia mente, hanno preso magicamente vita e le loro
storie,
piene di sentimenti forti e di autentici momenti di vita vissuta,
alcuni dei
quali mi appartengono addirittura, hanno trovato una collocazione
ideale.
Per tutto questo desidero ringraziare
i
curatori del citato sito senza i quali
questo romanzo forse non sarebbe stato mai realizzato.
Inoltro mi scuso
con gli eventuali lettori
sardi per le possibili
inesattezze che ho potuto commettere. Mi perdonino e prendano comunque
il mio
lavoro come un atto d’amore da parte di una napoletana nei
confronti della loro
splendida terra.
Non mi resta che invitarvi ad iniziare la lettura sperando che vi venga
subito
la voglia di dirmi cosa ne pensate.
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Barbara aveva finito già da un pezzo di vestirsi, ma non
aveva nessuna voglia di andare in salotto. Sentiva le voci del fratello
Alfredo, della moglie Luisa e quelle degli ospiti tanto attesi che
dovevano essere arrivati da un bel po’. Non riusciva a capire
cosa dicessero ma udiva bene Grazia Sulis con il suo forte
accento sardo e la tipica risata acuta del marito Lino ma, pur
tendendo l’orecchio, non coglieva nemmeno una
parola pronunciata dall’ingegner Forrest che avrebbe dovuto
accompagnarli.
- Probabilmente non sarà nemmeno venuto o forse non conosce
l’italiano – si disse, pensando
all’assurdità dell’appuntamento che
l’anziano padrino aveva organizzato per cercare di combinare
un matrimonio tra lei e quel tipo inglese. Una cosa che non stava
né in cielo né in terra.
Il corso dei suoi pensieri fu interrotto dal violento spalancarsi
dell’uscio che la fece sobbalzare.
- Ragazze, ma che maniere sono queste!? Vi pare un modo
educato di entrare? – irritata, rimproverò le
nipoti che avevano fatto irruzione così poco
delicatamente.
Le due ragazze erano troppo eccitate per starla a sentire.
- Zia, c’è anche lui con i Sulis,
l’ingegnere Robert Forrest ed è…
– cominciò a dire Caterina,
agitatissima.
La sorella Carolina non le diede il tempo di finire la frase
perché voleva essere lei a dirlo:
- Bellissimo! Mamma mia, che uomo affascinante! Sei proprio fortunata,
sai?
Barbara restò perplessa a guardarle: non c’era
molto da fidarsi dell’impressione avuta da due
ragazzine di sedici e quindici anni, ma nonostante ciò,
ugualmente si sentì scossa. Non era mai stata convinta di
voler fare quella conoscenza e se aveva accettato, era stato solo per
accontentare il fratello. Si rendeva conto che a trent’anni,
senza un’ indipendenza economica e con un triste passato alle
spalle, per Alfredo lei era solo una grossa preoccupazione. Riuscire
ad accasarla in qualche modo gli avrebbe dato un grosso
sollievo.
Intanto Carolina continuava a descriverle con entusiasmo
l’uomo che era venuto a conoscerla. Neanche
l’ascoltava però, troppo preoccupata
dalla decisione da dover prendere. E ciò perché,
nonostante la sua vita si fosse fatta insostenibile, aveva comunque
paura di cambiarla.
Più pratica della sorella maggiore e brusca come la madre,
Carolina quasi la rimproverò:
- Ma insomma, sei vestita di tutto punto e di là ti stanno
aspettando. Ti decidi o no a venire?
Barbara suo malgrado si alzò e seguì le due
giovani in salotto. Luisa stava servendo il tè. Naturalmente
non era una loro abitudine prenderlo, ma poiché
l’ingegnere era inglese, anzi, per la precisione gallese, la
cognata aveva deciso di fare bella figura ed aveva preparato quella
bevanda accompagnata da prelibati pasticcini. Ora la stavano sorbendo
tutti con la massima naturalezza come se nella loro casa di Alghero lo
si facesse tutti i giorni. Colpita nel suo spiccato senso
dell’umorismo, la giovane donna non trattenne un sorriso
divertito mentre salutava gli ospiti.
I due uomini si alzarono entrambi in piedi. Lino Sulis le si
avvicinò e con estrema familiarità le
posò un bacio sulla guancia. La conosceva da quando aveva
sette o otto anni e le era stato sempre molto affezionato, anche nei
periodi peggiori. Anche lei gli voleva bene e lo aveva
considerato come uno zio buono sin da quando, tanti anni
prima, si erano trasferiti in Sardegna dalla natia Genova per seguire
il padre medico condotto.
Nel guardarlo Barbara notò che aveva perso quasi tutti i
capelli e anche il viso grassoccio e gioviale era molto invecchiato.
Nonostante ciò, sotto la pelata e la fronte oramai rugosa,
continuavano a brillare due occhietti scuri, intelligenti e simpatici.
Non lo vedeva dalla morte del padre. Nei due anni trascorsi, Lino Sulis
era stato a lavorare come contabile in una miniera di
proprietà di un inglese situata nel sud ovest della Sardegna
e lì aveva conosciuto l’ingegner Forrest che ne
era il direttore.
Finalmente alzò lo sguardo su quest’ultimo che nel
frattempo aveva posato la tazza e se ne stava tutto impettito ad
aspettare di essere presentato. Barbara pensò che le nipoti
non avevano detto una sciocchezza. Aveva davvero un aspetto gradevole
perché era alto e snello, con i corti capelli castani e una
barba rada dello stesso colore. Il viso in particolare era assai
piacente anche se gli occhi, di un azzurro intenso, sembravano tristi.
Si augurò di non tremare mentre gli porgeva la mano nel
saluto perché il sorriso che le stava rivolgendo in quel
momento era talmente accattivante da riuscire a turbarla.
- Lieto di conoscervi, signorina. Il vostro padrino mi ha parlato
talmente tanto di voi che non vedevo l’ora
d’incontrarvi - le disse in un italiano perfetto anche se con
un forte accento straniero.
- Davvero? E cosa vi ha raccontato di me, sentiamo?
- Che siete una splendida donna di casa, colta e signorile ed anche
molto carina. Ma su questo si è sbagliato: non siete carina,
siete davvero bella.
Tra le risatine maliziose delle ragazze ed i sorrisi compiaciuti dei
parenti, la giovane donna si sentì avvampare e si
vergognò ancora di più per questo. Non aveva
più quindici anni, ma un complimento da un uomo
così affascinante non poteva non colpirla.
- Grazie ingegnere, ma volete essere galante e perciò
esagerate. So che le donne del vostro paese sono assai attraenti e non
vedo come il mio aspetto possa apparirvi tale.
Robert restò un momento in silenzio. In effetti non aveva
detto una bugia, la giovane davanti a lui era di sicuro bella, ma la
bionda grazia della sua Julie gli era rimasta talmente dentro
che mai e poi mai si sarebbe sognato di fare un complimento ad una
donna se non fosse stato per una questione di pura educazione.
Però, poiché era lì con uno scopo ben
preciso, era meglio sforzarsi di apparire cortese.
- Siete troppo modesta. Le donne italiane non hanno nulla da invidiare
alle altre in quanto ad avvenenza e voi ne siete la testimonianza
vivente - aggiunse.
- Certo, però vostra moglie era davvero un incanto,
consentitemi di dirlo, Robert – intervenne
l’anziano amico e poi rivolto agli ospiti spiegò
– Io ho avuto l’onore di conoscere la sfortunata
signora Forrest e vi assicuro che era più bella di un raggio
di sole. Purtroppo il Signore l’ha voluta con sé
ed il mio povero amico è rimasto solo con un bambino appena
nato. Per questo mi sono permesso di parlargli di te, Barbara,
perché sono sicuro che la tua bellezza e la tua
dolcezza potrebbero dare sollievo ad un dolore
così immenso.
Come un’ombra nera era passata sul bel volto di lui a quelle
parole e la giovane donna lo aveva notato. Non riusciva a capire
perché un uomo tanto attraente e con una posizione di
prestigio avesse avuto voglia di farsi un viaggio così
lungo per venire a conoscere una zitella qualunque
quando avrebbe potuto avere quante donne voleva per consolarsi della
perdita della moglie. Probabilmente Lino aveva un vero talento come
sensale di matrimoni.
Doveva pensarlo anche la moglie perché intervenne
compiaciuta:
- Avete visto come il nostro ingegnere parla bene l’italiano?
Eppure, pensate, è in Sardegna da soli tre anni.
- Come mai siete venuto a lavorare qui? – gli chiese Luisa,
fingendo di non saperlo.
- Noi gallesi le miniere ce l’abbiamo nel sangue. Mio nonno
era minatore e dopo di lui, mio padre. Anch’io lo
sarei stato, ma grazie ad un piccolo lascito di un fratello
di mia madre, ho potuto studiare e prendere la laurea in ingegneria
mineraria. Ho cominciato a lavorare subito dopo nelle miniere di
proprietà di sir Paul Bradley e quando mi ha
proposto di aiutarlo nella conduzione di quelle di piombo e zinco di
cui aveva appena avuto la concessione qui, non ho esitato un attimo a
seguirlo.
- Sir Bradley è davvero una gran brava persona, ha molto a
cuore il benessere dei suoi minatori e degli impiegati –
osservò Lino.
- E vostra moglie non si è opposta a seguirvi in un posto
così sperduto e lontano da casa sua? – gli chiese
ancora la donna, molto curiosa di conoscere qualcosa sul passato di
quel bel giovane.
- Non ero ancora spostato all’epoca. Julie era una nipote di
Lady Margaret Bradley e, anche se ci eravamo già conosciuti
ad una festa, abbiamo deciso di sposarci l’estate successiva
quando è venuta qui in Sardegna a far visita alla
zia.
Ora il volto di Robert si era rabbuiato e le parole sembravano venir
fuori a forza. Barbara intuì che non amava raccontare della
moglie.
- Avete un maschietto, non è così? –
gli chiese per cambiare argomento.
All’ingegner Forrest si illuminarono gli occhi.
- Sì, si chiama Charles ed è la mia gioia
– disse – È molto bello ed
è anche buono. Purtroppo ho difficoltà a
crescerlo da solo perché sono molto preso dal lavoro.
Sapete, ad Ingurtosu non c’è nulla, è
un posto molto isolato dove è difficile trovare qualcuno in
grado di occuparsi degnamente di un bambino di poco più di
un anno. Per questo ho pensato di riammogliarmi e quando il
signor Sulis mi ha parlato della signorina Barbara, ho immaginato che
potesse essere la persona adatta a me.
Aveva rivolto le ultime parole ad Alfredo che lo seguiva con un sorriso
compiaciuto. Sentendosi chiamare in causa, Barbara però non
poté trattenersi dall’osservare scherzosamente:
- Noto con piacere che andate dritto al sodo, ingegnere!
Le appariva una persona molto franca, così decise di andare
fino in fondo anche lei ed esprimere i propri dubbi.
- Scusatemi, ma non riesco a spiegarmi come mai un uomo di
bell’aspetto e con una buona posizione sociale come voi abbia
difficoltà a trovare una nuova compagna e decida piuttosto
di affidarsi ad un vecchio signore che decanta le doti della sua
figlioccia!
- Ve l’ho detto, signorina, sono molto preso dal lavoro e non
ho tempo per cercarmi una moglie. Ad Ingurtosu poi
c’è molta carenza di ragazze da marito, perlomeno
quelle ad un certo livello sociale.
- Quindi preferite sposare qualcuna che nemmeno conoscete e che di
sicuro non amate solo per non prendervi il fastidio di cercare una
moglie?
- Esattamente. Il matrimonio d’amore l’ho
già fatto una volta e purtroppo è finito quando
la mia adorata Julie è morta di febbre puerperale.
Potrà sembrare strano che dopo appena un anno io stia
pensando di risposarmi, ma ho la necessità di una donna su
cui poter fare affidamento per crescere Charles ed aiutarmi a tenere la
casa.
- Perché non prendete una governante allora? –
osservò la ragazza assai piccata e guardandolo dritto negli
occhi.
- Non mi serve una governante, mi serve una moglie – le
rispose lui sostenendone lo sguardo mentre gli occhi gli
balenavano freddi come il ghiaccio.
- Se potreste andarla a comprare in un negozio sarebbe ancora meglio,
non è così? – osservò ancora
lei con marcato sarcasmo.
- Certo, sarebbe meglio, ma non credo ce ne sarà
bisogno. Troverò di certo qualcuna disposta a
sposarmi. Non pretendo molto, in fondo, vorrei solo che fosse onesta e
disposta a prendersi cura di me e di mio figlio.
- È naturale, ogni uomo ha bisogno della guida di una donna!
– intervenne Alfredo – Del resto i migliori
matrimoni nascono sulle basi della reciproca utilità e
collaborazione. Solo tu ti ostini, alla tua non più tenera
età, a credere ancora all’amore!
- E lo fa come se non ne fosse già rimasta abbastanza
scottata poi! – aggiunse acida Luisa che non perdeva mai
l’occasione per rinfacciarle il passato.
Barbara ne fu molto irritata ed alzandosi in piedi, con un sorriso
cortese, prese congedo dall’ingegnere Forrest e dai Sulis.
- Bene, mister Forrest, sono sicura che ben presto troverete una donna
molto più saggia di me disposta a seguirvi in quel solitario
paesino di minatori e che invece di un regolare stipendio quale
governante, sarà contenta di ricevere un bel certificato di
matrimonio. Vi faccio i miei migliori auguri e vi saluto.
Lasciò il salotto con altezzosità, non senza aver
lanciato prima uno sguardo alle persone sedute lì
che non riuscivano a nascondere i propri sentimenti: irritazione il
fratello e la moglie, smarrimento i coniugi Sulis, curiosità
le due ragazze. Solo Robert Forrest la guardava calmo con un mezzo
sorrisino sulle labbra.
Barbara non riuscì a spiegarsi se la stesse apprezzando per
la dignità mostrata o la stesse deridendo per
l’occasione che si stava lasciando sfuggire.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Grazie,
grazie, grazie a tutte per la vostra bella accoglienza alla mia nuova
storia ed
un particolare benvenuto a Badkaty che si è aggiunta alle
mie carissime
lettrici di sempre. Vi confesserò che questo romanzone
avrebbe potuto intitolarsi
“La fifa nell’anima” per quanto mi
preoccupava! In effetti mi preoccupa ancora
perché la strada che abbiamo da percorrere è
ancora lunga. Già me le sento le
mie nanette che s’ incazzano con questo o con quella e la
dolce Cricri che
perde la pazienza per la perfidia con la quale farò soffrire
qualcuno … In
compenso, ne sono certa, le passioni, le
emozioni, la personalità che ho cercato di dare ai
personaggi e le loro complicate
vicende finiranno per intrigarvi. Per quanto riguarda gli
aggiornamenti,
tranquille, salute permettendo, li farò spessissimo tanto
è mia abitudine
pubblicare solo storie finite che hanno bisogno unicamente di una
revisione
(quelle non mancano mai dato che scrivo senza beta!). Anzi, visto che
come vi
dicevo è una fiction
è molto lunga, per
farvi entrare meglio nello spirito della storia, stasera vi
posterò sia
il secondo che il terzo capitolo.
Incrocio le dita sperando che questo romanzo che
ho avuto l’ambizione di scribacchiare
sperando di avvicinarmi a quelli classici continui
a piacervi e che magari possa attirare
anche nuove lettrici.
Un bacio a
tutte.
Quel
colloquio era avvenuto nel mese di giugno e fino a settembre il
fratello e la cognata
non avevano fatto altro che ripetere ogni giorno a Barbara quanto
avesse
sbagliato a rifiutare la proposta dell’ingegnere. Lei non ce la faceva
più a sopportare i loro
continui rimbrotti, ma doveva farlo perché non sapeva dove
andare. Tra pochi
giorni, esattamente il 19 settembre del 1902,
avrebbe compiuto trent’anni
ed il
destino di una donna rimasta ancora zitella a
quell’età era irrimediabilmente
segnato. Sarebbe dovuta rimanere per tutto il resto
dell’esistenza in casa di
Alfredo come un’intrusa, sopportando il carattere infernale
di sua moglie ed
accontentandosi del po’ d’amore
riservatole dai quattro nipoti, senza alcun diritto, senza
alcuna
pretesa.
I genitori non le avevano lasciato nulla e se dopo la loro morte non ci
fosse
stato il fratello, non avrebbe avuto neanche da mangiare o da vestirsi
e tanto
meno un tetto sulla testa. Più volte aveva cercato di
convincerlo a lasciarle
trovare un lavoro, magari come governante, ma nel piccolo ambiente
della loro
cittadina, per lui sarebbe stata una vergogna permetterle di servire in
casa di
estranei. E poi Alfredo preferiva non suscitare altre chiacchiere
perché tutti
conoscevano bene lo sciagurato passato della sorella. Un passato che
solo
tredici anni di condotta irreprensibile e di abnegazione accanto ai
genitori
erano bastati a far dimenticare a qualcuno, ma nemmeno a tutti.
Barbara sapeva che soltanto se si fosse maritata avrebbe potuto
lasciare quella
prigione, ma nonostante fosse ancora molto bella, nessuno
l’aveva chiesta in
moglie. Con il passare degli anni, aveva ormai perso ogni speranza di
potersi
creare una famiglia propria e allontanarsi da un luogo così
pieno di ricordi
dolorosi. Però non aveva rimpianti, aveva potuto dedicarsi
ai genitori e la
loro amorosa presenza era riuscita per molti anni a
colmare il vuoto della sua vita.
Durante la lunga malattia della mamma, nelle notti insonni passate al
suo
capezzale a tenerle la mano o a bagnarle la fronte cocente di febbre,
si era
detta che forse la propria esistenza non era stata inutile
perché negli occhi
della moribonda aveva visto più volte un’enorme
gratitudine. Anche quando la
mamma era finita ed era restata con il padre, occuparsi di lui le aveva
dato un
enorme conforto. Tra loro c’era sempre stata
un’intesa perfetta che niente aveva
mai potuto spezzare. A volte, nelle sere d’inverno, mentre
sedevano vicini nel
salotto e lui le leggeva qualche bel libro mentre le fiamme crepitavano
nel
camino ed il vento faceva vibrare i vetri, si era sentita persino
felice e la
tranquillità così faticosamente conquistata, le
era sembrata la ricompensa a
tutte le sofferenze passate.
Purtroppo anche il vecchio dottor Rispoli se n’era andato
dopo qualche anno. Già
nei giorni successivi al funerale, quando ancora le lacrime per la
perdita
dell’adorato genitore le scorrevano sul volto, Barbara aveva
intuito dalle
parole del fratello che il suo destino sarebbe stato ancora
più amaro.
- Papà non ha lasciato nulla – le aveva detto
senza mezzi termini - ed io non posso consentirmi la spesa
di mantenere te
e questa casa. Vuol dire che verrai a stare da noi.
-
Sei impazzito?
Dove la mettiamo? – aveva obiettato la cognata che mal la
sopportava e non
aveva nemmeno mai amato i suoceri.
-
Federico tra poco partirà per il servizio militare. La
metteremo nella sua
stanza, poi si vedrà.
-
La
voleva Luigino quella stanza!
-
Luigino ha solo otto anni, può continuare a dormire con noi.
E poi vedrai che
Barbara ti sarà anche molto utile, potrà darti
una mano in casa e con i bambini.
Non è vero, mia cara?
Lei
lo
aveva guardato stralunata perché aveva intuito che da quel
momento in poi doveva
dire addio alla dignità ed alla sua vita privata per
diventare la vecchia zia
zitella, quella che si tiene in casa solo per pietà, quella
che deve lavorare,
silenziosa e muta, per guadagnarsi quanto le viene dato.
Però non aveva altra
scelta. Annuendo tra le lacrime, aveva risposto:
-
Sì,
certo.
Da
allora erano passati due anni e tutte le più nere previsioni
si erano avverate
in pieno. Nonostante cercasse di rendersi utile, la cognata la
considerava
sempre un peso e talvolta doveva farsi forza per non risponderle a
puntino.
Una mattina di settembre, parlando dell’imminente rientro a
casa di Federico che
aveva terminato la leva militare, Luisa le aveva annunciato che i figli
maschi
avevano anch’essi bisogno di una stanza per cui lei si
sarebbe dovuta adattare
a dormire su di una
brandina in salotto.
Timidamente Alfredo aveva obiettato che la sorella avrebbe potuto
dormire nella
stanza delle ragazze, ma la moglie lo aveva guardato storto,
zittendolo. Più
tardi, mentre portava i piatti i cucina, Barbara l’aveva
sentita dire al marito
senza neanche avere
la creanza di non
farsi udire:
-
Non
voglio che quella stia troppo a contatto
con le mie figlie, non è certo una buona compagnia per due
ragazze che tra poco
dovranno trovare marito!
La
giovane donna aveva inghiottito amaro. Ricacciando indietro le lacrime,
si era augurata che
almeno arrivasse presto la
sera.
Era il tardo pomeriggio, infatti, l’unico momento bello della
sua giornata. Andava
in chiesa ad ascoltare i Vespri, poi proseguiva la passeggiata fino ai
Bastioni
e si sedeva lì, a guardare il mare. Se ne stava a fissare il
disco del sole che
lentamente calava all’orizzonte cercando di far scendere
nella propria anima il
silenzio e la calma.
Quasi sempre rimaneva da sola, a volte veniva a sederle accanto Gavino,
un
vecchio che era stato pescatore di coralli, solido e scuro come una
spranga di
ferro, con il quale scambiava qualche parola. Lo conosceva sin da
piccola
perché era stato molto amico di
suo
padre. Le era sempre piaciuto
per la sua
saggezza e per i modi gentili e rispettosi. Anche se era un estraneo,
le
ispirava fiducia più di chiunque altro, e così un
giorno aveva trovato persino il
coraggio di parlargli brevemente della strana proposta di matrimonio
ricevuta e
subito rifiutata con tanto sdegno.
Il vecchio non aveva commentato mai nulla, ma quella sera di settembre,
quando
in un momento di sconforto gli aveva confidato le proprie pene, le
aveva detto:
-
Avete
fatto male a non accettare il matrimonio con quel forestiero, signorina
mia. Se
vi foste sposata, ora non dovreste fare la serva in casa di vostra
cognata.
-
Già,
farei la serva in casa di mister Forrest! –
mormorò, amara.
-
Lui
vi aveva offerto di essere sua moglie e a meno che non consideriate
tutte le
mogli delle serve…
-
No,
certo. Come si fa a considerarsi serve quando ciò che si fa
è per il proprio
uomo e per i propri figli? Ma
un
matrimonio combinato, fatto solo per
opportunità…no, è una cosa orribile,
non è
per me!
-
Forse
con il tempo
avreste potuto conoscervi
meglio ed allora … chissà! Però, se
non vi piaceva e trovavate disgustosa persino
l’idea di dovergli stare vicino, avete fatto bene a rifiutare.
Barbara
non trovava il coraggio di parlare perché temeva di apparire
una sfacciata.
Però voleva bene a Gavino e poi il vecchio pescatore
conosceva la sua storia,
non c’era pericolo di essere fraintesa. Aveva troppo bisogno
di una parola
amica così decise di confidarsi.
-
È stato
proprio perché mi piaceva moltissimo che non ho voluto
accettare. Ho avuto
paura, in realtà. Lo sapete, amico mio, non posso
più mettere la mia vita nelle
mani di un uomo, il lusso di innamorarmi non me lo posso più
concedere.
-
E
perché? Il vostro padrino gli avrà sicuramente
parlato della vostra vicenda e
se l’ingegnere ha deciso lo stesso di chiedervi in moglie,
vuol dire che non
gliene importa poi tanto. Forse nel loro paese a certe cose non ci
tengono. E
poi, credetemi, per sposarsi non sempre l’amore è
essenziale.
-
Ma come
può funzionare un’unione se non
c’è
l’amore?
-
Quello che conta è essere sinceri, desiderare di aiutarsi
l’uno con l’altra,
affrontare insieme la vita, crescere i figli con affetto. È
questo quello che
conta davvero, ragazza mia, quello
che
fa diventare un uomo e una donna una famiglia, non l’amore
che può anche ardere
come un fuoco, ma bruciare troppo in fretta.
-
Proprio a me lo dite? Forse avete ragione, ma oramai è
troppo tardi.
L’ingegnere avrà di certo trovato qualcuna
disposta a sposarlo ed a seguirlo in
quel posto sperduto. Pazienza! Vuol dire che mi rassegnerò a
prepararmi il
lettuccio nel salotto tutte le sere e a sperare che i miei nipoti si
sposino
presto, così potrò riavere finalmente una stanza
per me – concluse lei con un
amaro sorriso, ma decisa a convincersi di prendere la cosa con
filosofia.
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Anche
se
il viaggio da Ingurtosu era molto lungo, i Sulis venivano
spesso ad
Alghero perché avevano la figlia Marina che viveva ancora
lì. Ogni volta non
mancavano di andare a trovare Alfredo Rispoli e la sua famiglia.
In previsione della loro visita, Barbara era stata tutto il giorno in
cucina a
preparare una cena speciale, aveva tirato fuori il servizio di piatti
buono,
aveva lucidato le posate d’argento ed apparecchiato per bene
la tavola. Avrebbe
voluto che perlomeno Luisa le avesse detto un grazie invece la cognata
non solo
non l’aveva fatto, ma ora si lamentava con gli ospiti
perché la vita era assai
cara e mantenere oltre ai loro quattro figli anche la sorella del
marito, era
una cosa che li costringeva a fare i salti mortali.
-
Non esagerare – le aveva detto Alfredo –
adesso chissà Lino e Grazia cosa penseranno di noi.
-
Cosa dovremmo pensare mai! La vita è dura
per tutti. Prendete noi, ci siamo dovuti adattare a vivere in un
paesino
minerario quando avremmo preferito restare qui a casa nostra
– convenne la
signora Sulis, molto solidale con Luisa.
-
Adesso sei tu ad esagerare. Credetemi, lì
si sta davvero bene. Sir Bradley è proprio un bravo padrone.
Pensate, adesso
farà costruire persino un ospedale – la
rimproverò il marito, sempre entusiasta
del suo nuovo incarico.
-
Sì, è proprio un santo! – lo
rintuzzò la
moglie con ironia – Sei proprio un ingenuo se pensi che sia
una brava persona,
quello lì pensa solo al suo tornaconto, non certo ai
minatori.
-
Va bene, ma l’ospedale…
La
moglie non lo lasciò neanche finire.
-
È stato l’ingegnere Forrest a convincerlo a
farlo costruire. L’ha detto proprio a me che se sua moglie
avesse avuto le cure
adatte e non fosse stata costretta a partorire come una selvaggia con
una
mammana qualsiasi, forse si sarebbe salvata.
-
A proposito, come sta l’ingegnere? Ha
trovato poi una moglie? – si informò subito Luisa.
-
Non me ne ha più parlato. Ogni tanto lo
vedo andare a Cagliari, ma più che altro
per…affari suoi! – rispose Lino,
sottolineando maliziosamente la frase per spiegare quali potessero
essere gli
affari che richiamavano a Cagliari l’uomo. Poi, cercando di
farsi capire dagli
adulti senza essere troppo esplicito per rispetto ai commensali
più giovani,
aggiunse – Non sono però
le sue
frequentazioni in città la cosa più adatta a
fargli trovare una giovane onesta
che si prenda cura di lui e del bambino.
-
Povera creatura! – commentò la moglie –
È
proprio macilento e sciupato e quella stupida di Angelina non lo sa
proprio
crescere. Lady Margaret mi ha confidato una volta che la sorella
è molto
preoccupata per il nipote.
Lino
proruppe in una sonora risata.
-
Chi te l’ha detto? - chiese divertito -
Lady Margaret? Ma non statela a sentire, miei cari! Lady Margaret sta
talmente
sulle sue! Lei, che è
una nobildonna e
la moglie del padrone, figuriamoci se si confidava con la consorte di
un povero
contabile!
-
E va bene, me l’ha detto Giovanna –
sbottò
la donna, irritata
per essere stata
sbugiardata – ed è una fonte molto attendibile.
Dovete sapere che Giovanna fa
la governante alla villa dei Bradley
ed
un giorno, servendo a tavola, ha udito una conversazione tra
l’ingegnere e
loro.
-
Già, sono parenti – osservò Alfredo.
-
Erano parenti. Ora la nipote è morta e la
zia lo rimprovera spesso per il modo in cui sta facendo crescere il
bambino
affidato, come vi dicevo prima, alla moglie di un minatore che
è una povera
ignorante.
-
Ma cosa può farci il
povero ingegnere se è stato così
sfortunato da perdere la giovane moglie!
-
Secondo loro dovrebbe mandare il piccolo a
Londra dai nonni. Là potrebbe avere l’educazione
che gli spetta, ma di questo
l’ingegnere non ne vuole neppure sentir parlare. Sei stata
una vera stupida a
rifiutare la sua proposta – aggiunse rivolgendosi a Barbara - È vero,
Ingurtosu non è un granché, ma con la
tua cultura e la tua educazione avresti potuto fare la signora e
neanche la
lady con la puzza sotto al naso avrebbe avuto niente da ridire su di te.
Era
un rimprovero che Grazia Sulis si portava
dentro da tanto, ma la giovane, già piuttosto depressa per
conto suo, rimase
muta.
Dopo
cena andò in cucina a preparare
il caffè e mentre aspettava che
fosse pronto, andò sul balcone a respirare una boccata
d’aria fresca. In cuor
suo sperava che gli ospiti se ne andassero presto perché era
assai affaticata e
non vedeva l’ora di prepararsi il suo lettuccio di fortuna.
Non si avvide
neanche di Lino fin quando non se lo ritrovò accanto.
La sera era fresca e l’odore del mare arrivava fin
lì.
Il vecchio amico si riempì i polmoni dell’aria
dolce e profumata e sospirò.
-
Che hai, non ti senti bene?- le chiese con
dolcezza - È
tutta la sera che te ne
stai zitta.
-
E cosa devo dire, padrino, già c’è
Luisa e,
perdonatemi, vostra moglie che parlano tanto!
Lui
rise e, sedutosi vicino alla figlioccia,
le prese affettuosamente una mano tra le sue.
-
Lo so, non tutte le donne sono come te, non
tutte hanno la tua grazia e la tua intelligenza. Tuo padre ti ha
allevato
proprio bene, Barbarella mia.
Stette
un po’ zitto poi tornò alla carica.
-
Quando ce ne siamo
andati la volta scorsa ho chiesto
a Robert che impressione avesse avuto di te. Mi ha detto di averti
apprezzato
molto, anche se lo avevi rifiutato con tanto sdegno, ed ha aggiunto che
avrebbe
voluto sposare proprio
una donna come
te. Non credo abbia cambiato idea, sai. Se ci hai ripensato, sei ancora
in
tempo.
Barbara
non rispose, ma rientrò in cucina e
si mise a versare il caffè nelle tazze.
-
Perché non ci fai un pensiero? Tu qui non
stai bene, si vede chiaramente, ed ogni anno sarà sempre
peggio – continuò
l’anziano signore che l’aveva seguita dal terrazzo.
-
Ho paura. Sarebbe un salto nel buio che mi
spaventa. Qui perlomeno so cosa mi aspetta.
-
Già, un lettuccio nel salotto e sentirsi
rinfacciare ogni boccone. Questo ti aspetta!
Barbara
lo guardò.
-
Cosa ne sapete voi?
-
Lo so. Invece Robert ha una bella casa e tu
ne saresti la padrona. Poi non mi sembra un uomo tanto male o mi
sbaglio?
-
No,
anzi, è fin troppo bello –
mormorò lei arrossendo ed abbassando la
testa.
-
E allora? Perché non vieni a vedere
Ingurtosu perlomeno?
Così poi decidi.
Senza impegno.
-
Non credo che lui sarebbe disposto a darmi
un’altra possibilità.
-
Te l’ho detto, è proprio una donna come te
che cerca. In fondo mia moglie ha ragione: sei bella, educata,
signorile. Con
una come te, lady Margaret non potrebbe nemmeno aprire bocca. Dove la
trova
Robert un’altra così? Facciamo in questo modo:
quando ripartiremo verrai con
noi, così lo rivedrai. Poi magari tuo fratello
verrà a riprenderti dopo qualche
giorno.
-
No, per carità! Mi vergognerei troppo a
fargli capire di averci ripensato.
-
Ma sei stupida? Vuoi vedere che adesso la
mia figlioccia non è neanche libera di venirmi a trovare!
-
Non lo so, devo pensarci un po’ su.
-
Pensaci allora, tanto noi rimaniamo qui
fino a domenica prossima.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Eccovi
un nuovo
capitolo e solo due parole per ringraziare delle recensioni. Oltre ad
esservi veramente
grata, sono anche molto contenta perché vedo che state
cominciando ad entrare
nella psicologia dei personaggi, indovinando già la
personalità che ho voluto
dare loro. Io li ho molto amati e con il proseguire della narrazione
capirete
il perché. Tutti tranne uno che apparirà proprio
in questo capitolo per cui dico
a Vale e Lucy: fatene ciò che volete, tanto sta antipatica
persino a me che l’ho
inventata!
A
Cricri voglio
dire che anche stavolta mi sono ispirata ad attori per le descrizioni
fisiche
dei personaggi, anzi, in verità ho messo su un cast talmente
“all stars” che
neanche il kolossal più costoso di Hollywood! Magari, alla
fine di questo lungo
viaggio, ci divertiremo a dirci reciprocamente chi abbiamo immaginato a
“recitare”
le vari parti!
Vorrei
ringraziare e dire qualcosa ad ognuna di voi ma penso sia meglio
partire subito
con il capitolo senza farvi perdere ancora tempo. Buona lettura.
Capitolo
4
Forse
fu per la stanchezza del lungo viaggio
o forse per le tante notti agitate
trascorse a girarsi e a rigirarsi
nella
sua brandina senza poter dormire a causa dell’importante
decisione da dover
prendere, ma la prima l’impressione
che
Barbara ebbe del piccolo villaggio minerario fu molto sgradevole. Non era brutto
però era tetro ed isolato e
mentre si recavano alla casa dei Sulis, ai loro occhi apparve il
palazzo della
Direzione che sovrastava tutto con la sua imponente mole. Era molto
bello ma
chissà perché le diede l’impressione di
un grosso uccello rapace che dispiegasse
le ali sulle sue prede. Gli
alloggi degli impiegati e la piccola piazza del paese,
benché non privi di una
certa dignità, sembravano essere ai piedi della palazzina.
Lino le spiegò che
era soprannominata “Il Castello” ed infatti proprio
all’abitazione di un re
rassomigliava e le piccole case a quelle dei suoi umili sudditi.
-
È lì che abita Robert Forrest? – chiese
un
po’ spaventata all’idea che si potesse vivere
lì.
-
No, lì c’è solo la Direzione delle
miniere, Forrest
abita in un villino
poco lontano. È un vero incanto, vedrai.
-
Mai quanto quello di sir Bradley, però –
soggiunse la moglie.
Già
il giorno successivo, dopo essersi
riposati dal lungo viaggio, andarono a fare un giro per la miniera e
Lino portò
Barbara fino alle laverie e ai pozzi. Lungo la strada si fermava
continuamente
a parlare con questo e con quello, presentando a tutti con molto
orgoglio la
figlioccia venuta a trovarlo. In realtà
quest’ultima riceveva molti sguardi di
ammirazione dagli impiegati e dai minatori perché era assai
graziosa. Era alta,
con una figurina sottile e slanciata, il seno prosperoso e la vita
sottile.
Bruna di capelli, ma chiara di carnagione, aveva lineamenti decisi, la bocca carnosa e grandi
occhi dalle iridi
del colore dell’ambra. Da ragazza aveva avuto una grande
bellezza, ma poi la
vita, le delusioni ed i molti dispiaceri l’avevano un
po’ offuscata. Il suo
carattere orgoglioso, che la portava a tenersi tutto dentro, le aveva
scavato una
precoce ruga sulla fronte che però non la imbruttiva
affatto.
Passeggiando,
erano arrivati fino alle
scuderie ed all’improvviso si trovarono di fronte Robert
Forrest che rimase
molto stupito nel vedersi davanti la bella ragazza sdegnosa che solo
qualche
tempo prima l’aveva congedato con tanta decisione.
Anche lei sussultò nello scorgerlo ed ancora una volta fu
attratta dal suo
aspetto. Portava un cavallo baio per la briglia ed era in tenuta da lavoro, ma
quell’abbigliamento gli
donava assai di più del vestito con il quale si era
presentato a casa loro.
Indossava gli stivali ed un pantalone aderente con una camicia bianca
un po’
aperta sul petto. Sopra aveva uno spolverino di pelle nera ed un
cappello,
anch’esso di pelle, con le falde piuttosto larghe.
La
donna sperò di non arrossire quando lui,
guardandola, scoprì i denti piccoli e perfetti in un sorriso
-
Quale sorpresa, signorina! Alla fine vi
siete decisa a venire a vedere questo misero villaggio – le
disse non senza una
certa ironia.
-
Il mio padrino ha insistito tanto e non ho
potuto rifiutarmi - si giustificò lei.
-
Già, sono stato io ad insistere per farla
venire e starà con noi qualche giorno, fino a quando il
fratello non verrà a
riprenderla. Perché non vieni a cena da noi stasera, Robert?
-
No, stasera non posso. Sto andando a
controllare la partenza del materiale estratto giù al mare e
farò tardi. Verrò
domani, sempre se l’invito sarà ancora valido,
s’intende.
Aveva
parlato senza staccare gli occhi da
Barbara e la donna, suo malgrado, si sentì come stordita.
Udì Lino rispondere:
-
Certo che è valido. Ti aspettiamo.
-
Allora a domani.
Salì
sul cavallo e dopo aver fatto un cenno
di saluto togliendosi il cappello, se ne andò. Ancora una
volta lei pensò che
le piaceva molto.
I
giorni trascorsero in fretta e Robert si
mostrò molto più simpatico e cortese di quanto
non avesse immaginato. Quando
si conobbero un
po’ meglio, lui le
raccontò della cittadina nei pressi
Cardiff dove era nato trentatré anni prima, dei
suoi studi, del padre
che un incidente in miniera aveva reso gravemente invalido, del
coraggio di sua
madre e della simpatica stravaganza della sorella, ma Barbara
notò che della
defunta moglie invece non parlava mai.
Si stava bene in sua compagnia e quel villaggio sperduto, con la sua
pace e
l’aria buona, a poco a poco incominciò a sembrarle
anche un posto meno
spiacevole.
In
parecchi non mancarono di notare quella
coppia passeggiare a sera per le stradine del paese e in parecchi si
chiesero
se l’ingegner Forrest non avesse trovato
una nuova moglie. Le voci giunsero anche alle orecchie di
lady Margaret
la quale in quel periodo si trovava a Ingurtosu nella sua bella villa
da cui si
godeva tutto il paesaggio fino al mare. Incuriosita, invitò
a cena il direttore
della miniera e lo mise per bene sotto torchio fino a quando questi le
confessò
la sua intenzione di chiedere in moglie la giovane donna.
-
Povera nipote mia, se n’è andata da
così
poco e tu già stai pensando a metterti un’altra
accanto! – commentò allora la
nobildonna.
-
Margaret, Robert è molto giovane ancora,
non pretenderai che faccia il vedovo tutta la vita – la
redarguì il marito.
-
Non tutta la vita, ma almeno due anni di
lutto glieli doveva a quella povera Julie. Lei, per amor suo, ha
rinunciato al
suo rango e alla sua fortuna, non scordartelo.
Il
giovane non parlava, ma se ne stava con
gli occhi bassi, molto pensieroso.
-
Charles ha bisogno di una madre e Barbara è
la donna più adatta a farlo - disse infine.
-
Sarebbe molto più logico mandare il piccolo
da mia sorella Ilary piuttosto che prendere in moglie una mezza
calzetta di
italiana. Sicuramente non saprà neanche allevarlo!
-
Non è come dite. È una giovane di buona
famiglia, capace ed istruita. Suo padre era medico e studioso e le ha
dato
un’educazione perfetta. Sa parlare abbastanza bene anche in
inglese, lo abbiamo
fatto più volte in questi giorni, ed è
un’ottima donna di casa oltre ad essere
anche bella. Non potrei volere di più.
-
Eccolo l’amore degli uomini! Avevano
ragione Ilary
ed Arnold a rifiutarsi
di darti
in moglie la povera Julie. Se penso che è anche
colpa di questo sconsiderato di mio marito se quella
povera ragazza ti
ha sposato, mi viene quasi da piangere. Sei stato la sua rovina!
-
Io ho molto amato vostra nipote, mylady!
-
Già l’hai amata talmente che dopo un anno
dalla sua morte ne sposi un’altra!
-
Quando lo farai? – gli chiese Bradley, meno
offeso della moglie alla prospettiva di un matrimonio.
-
Non lo so, signore, al più presto spero.
-
Va’ via! Vattene e non farti vedere per un
po’, non ti sopporto più! – gli
urlò indispettita la nobildonna scacciandolo in
malo modo.
Era così adirata che l’uomo si alzò
immediatamente e prese congedo con un
compito inchino.
Stava
prendendo il cappello ed il soprabito
dalle mani di Giovanna, quando si sentì chiamare da Paul che
lo aveva raggiunto
nell’atrio.
-
Aspetta, aspetta un attimo.
Il
giovane si fermò e si voltò a guardarlo.
-
Ascolta – gli disse l’anziano signore –
non
dar retta a mia moglie: è ferita e triste per la morte della
nipote, ma è
ingiusta con te. In fondo lo sappiamo tutti che mia cognata sta per
iniziare
una vera e propria battaglia legale per avere l’affidamento
di Charles e se tu
ti sposerai avrà di certo meno possibilità di
averlo. Però, figliolo, sei
sicuro di voler fare questo passo? Ti stai legando ad una donna per la
vita,
non lo dimenticare.
Sir
Bradley era stato come un secondo padre
per Robert e forse aveva intuito i veri motivi che lo spingevano a quel matrimonio così
affrettato e strano.
-
Per me non ci sarà mai
nessuna donna che possa prendere il posto di
vostra nipote. È a lei che mi sono legato per tutta la vita,
con un’altra
potrò solo fare un contratto
matrimoniale – gli disse in tutta sincerità.
-
Lo so, amavi Julie sinceramente e ne eri
ricambiato, per questo vi ho aiutato a sposarvi, nonostante
l’opposizione dei
suoi genitori e di mia moglie. Ma è proprio per questo
motivo che ora ti chiedo
di pensarci bene: potresti rovinarti la vita e non solo la tua.
Potresti
rovinare anche quella giovane donna che accetterà di
sposarti perché magari si
è innamorata di te.
-
Non c’è pericolo,
siamo abbastanza adulti entrambi per sapere
cosa stiamo facendo. Comunque è mia intenzione esporle
chiaramente come stanno
i fatti. Non potrei mai ingannarla, non è nella mia natura.
-
Bene. Fai ciò che
ritieni più opportuno allora
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Ed
eccovi uno dei
capitoli più importanti di tutta la storia dove scoprirete
le motivazioni che
spingono questi due individui a ficcarsi in una trappola quale
può essere un “patto
matrimoniale”. Credo di aver immaginato delle ragioni
abbastanza plausibili e consone
alla personalità che ho dato loro.
Come
sempre in
gran sintonia con me, Arte è riuscita a fare una buona
analisi del carattere di
Robert. Lui, all’apparenza freddo e calcolatore, in
realtà è molto buono e fragile.
Quella forte in questa storia è Barbara, una che non si fa
mettere sotto i
piedi da nessuno, quasi una femminista ante litteram, ma non per questo
meno infelice
e degna di simpatia.
Credo
che le perplessità
di Cricri su Robert saranno presto superate perché lui
è molto meno drastico di
Christopher e non è superficiale quanto Massimo. Sono certa
che pur non volendo,
finirete tutte per affezionarvi a lui e perdonarlo per i suoi
inevitabili
sbagli. In questo capitolo scoprirete anche quanto una supposizione di
Cricri
sia esatta.
Per
quanto
riguarda l’aspetto fisico dei mie protagonisti, mi dispiace,
ma non posso
rivelare chi me li ha ispirati perché un autore non deve mai
imporre la propria
visione. Per cui immaginateli pure
come
più vi aggrada, è nel vostro pieno diritto di
lettrici. Posso mai deludere
Cricri, ad esempio, che vede Robert con l’aspetto di
Pattinson se è lui che le
accende il cuore ed i sensi? Immaginare qualcuno che vi piace molto
“interpretare”
la mia storia non può che rendervela più gradita,
magari a compensazione della
mia poca bravura a farvi innamorare dei miei protagonisti, soprattutto
quelli
maschili, per
cui…
Per
quanto
riguarda la lunghezza dei capitoli, non
so. Oramai è fatta e cambiarla mi rallenterebbe. Prometto
però che magari
quelli più interlocutori li posterò a due a due.
Va
bene nanette
mie? Ma quanto siete dolci!
Tutte
siete dolci!
Capitolo 5
Robert
Forrest aveva detto la verità. Sapeva
di dover chiarire a Barbara
le sue vere
intenzioni, ma fino a quel momento non aveva ancora trovato il coraggio
di
farlo. Oramai però si doveva decidere. Barbara non sarebbe
rimasta ancora molto
ad Ingurtosu perché il fratello era già venuto
riprenderla.
Così li aveva invitati insieme ai Sulis
a Villa Bianca e si era ripromesso di chiedere
ufficialmente la mano
della giovane ad Alfredo.
Mentre li aspettava nel portico spiando ansiosamente il vialetto di
ingresso,
si era sentito molto agitato, ma la sua irrequietezza si
trasformò in fredda
calma quando infine vide arrivare la carrozza con gli ospiti. Nel
rivedere
Barbara dovette ammettere che era davvero bella. Se ne compiacque ma
solo
perché era un ulteriore buon motivo per chiederla in moglie.
Nessuno avrebbe
potuto biasimare un uomo ancora giovane che si fosse sentito attratto
da una
ragazza tanto seducente.
Dopo i soliti convenevoli, rimasero un po’ a parlare del
più e del meno.
Intanto il comportamento di Alfredo denotava una certa inquietudine per
l’ansia
di ricevere finalmente quella domanda di matrimonio che lo aveva spinto
a fare
un viaggio così lungo.
Robert si avvide che era venuto il momento di parlare chiaro.
Così chiese il
permesso di conferire in privato con la ragazza e la condusse in un
salottino
al primo piano della villetta.
Barbara
lo seguì e si accomodò su di una
poltrona aspettando di udire cosa avesse da dirle. In quegli ultimi
giorni si
era sentita molto presa da lui e non vedeva l’ora di sentirsi
ripetere quella
proposta ricevuta solo pochi minuti dopo averlo conosciuto che adesso
il
giovane sembrava così riluttante a rifarle.
Dopo
qualche attimo di riflessione, Robert
esordì dicendo:
-
Ascoltate, mia cara, credo che abbiate
capito che ho intenzione di chiedere a vostro fratello la vostra mano.
Prima
però ho bisogno di chiarire alcune cose con voi e sapere le
vostre intenzioni.
Io non vi chiedo in moglie per amore.
La
ragazza sussultò: non le sembrava certo il
modo migliore per fare una domanda di matrimonio,
ma non disse nulla.
Robert continuò:
-
Però vi ho apprezzato sin dal primo momento
che vi ho vista e sono sicuro che non c’è persona
migliore a cui potrei
chiedere di sposarmi. Volete farlo?
Rincuorata,
lei gli sorrise.
-
Sì Robert, lo voglio. Ve lo prometto, sarò
una buona moglie.
Con
il viso molto serio ed addolorato, lui la
fermò con un gesto della mano.
-
Aspettate, non ho finito. Io non vi propongo un matrimonio
d’amore, e
questo pare che lo accettiate, ma non posso offrirvi neanche un
matrimonio di
convenienza. Il nostro sarà solo un patto. Io vi
sposerò, ma tra noi non dovrà
mai esserci nulla. Ho giurato a mia moglie sul suo letto di morte che
non avrei
mai più amato un’altra donna ed intendo mantenere
la parola.
Sconvolta
Barbara si alzò in piedi, ma era
talmente agitata che non riuscì a dirgli altro che:
-
Ma allora perché volete risposarvi?
-
I miei suoceri intendono portarmi via
Charles. Io sono di una condizione sociale molto inferiore alla loro e
dopo la
morte di mia moglie non
ho saputo fare
di meglio che affidare il mio bambino ad una balia ignorante.
Potrebbero
portarmelo via, e molto facilmente. È per questo che ho
bisogno di una moglie:
un vedovo risposato con una donna di buona famiglia e ben educata è
più rispettabile di un uomo solo e
sbandato. Proprio come sono diventato io - aggiunse con molta amarezza.
Dopo
una breve pausa, proseguì - Se così fosse,
qualsiasi giudice ci penserebbe bene
a dar ragione ai miei suoceri, per quanto potenti essi possano essere.
Per
questo motivo vi sto chiedendo di diventare mia moglie, ma lo saremo
solo agli
occhi del mondo. Tra di noi non ci sarà mai alcun rapporto
se non la stima, la
collaborazione e,
perché no, una
profonda amicizia.
Barbara
sentì salirsi le lacrime agli occhi
per la delusione, ma le trattenne e con la voce rotta dal pianto,
proruppe:
-
È perché ho avuto un bambino senza essere
sposata, non è così? È
per questo che mi
state chiedendo questo, per disprezzo.
Lui
fu sconcertato da quella accusa. Davvero
quella era una cosa a cui non aveva mai pensato.
-
No, per carità, non dite così! – si
giustificò - Ho saputo della vostra triste storia e del
fatto che avete poi
perduto quella creatura, ma non lo sto facendo per questo, ve lo giuro,
soltanto ho immaginato che la condizione in cui vi trovate in casa di
vostro
fratello possa essere peggiore di quella che vi offro io. Se
accettaste, io non
vi farei mancare mai nulla e vi riserverei
sempre una gratitudine immensa.
-
Già, è logico, avete pensato che una povera
zitella miserabile e con un passato come il mio avesse potuto trovare
apprezzabile una tale proposta! Vi siete sbagliato, caro signore, io
ero già
preparata a non essere ancora amata, però così mi
sembrerebbe di svendere
completamente la mia dignità. Chiedetemi di diventare la
vostra governante e lo
farò, ma non pronunciate più la parola
“matrimonio”. È un Sacramento e sarebbe
un vero e proprio sacrilegio sposarci a queste condizioni!
Robert
rimase zitto con il capo chino, poi
mormorò molto addolorato:
-
Lo farei, ma non posso. Una governante non
sarebbe una soluzione definitiva ed i miei suoceri continuerebbero ad
insistere
per avere la tutela del nipote. Devo risposarmi se voglio tenere il mio
piccino. Forse sono un pazzo, forse sarebbe meglio per Charles andare a
vivere
con i nonni, ma io ho già perduto sua madre e non voglio
perdere anche lui. Vi
supplico, pensateci.
-
No, Robert, non posso accettare.
Perdonatemi.
Senza
voltarsi indietro, Barbara lasciò la
stanza. Soltanto pochi passi dopo però si fermò
perché i singhiozzi le salivano
dal petto. Aveva bisogno di farsi un bel pianto, uno di quelli
disperati a cui
si era abbandonata tante volte, sin da quando aveva diciassette anni,
da quando
cioè il suo amore per Filippo l’aveva perduta.
Non potendo restare in quel corridoio, aprì una porta a caso
e si infilò nella
stanza buia. Solo allora diede sfogo al dolore per
l’umiliazione subita che,
unita alla paura di dover rivelare a qualcuno i motivi del suo rifiuto
alla
proposta di matrimonio dell’ingegnere Forrest, la ferivano
profondamente
nell’orgoglio.
Si
accasciò per terra mentre le lacrime le
scendevano copiose ed appoggiò la testa al muro
abbandonandosi all’onda della
propria pena, aspettando che passasse, così come aveva fatto
tante volte nella
vita. Infatti dopo un po’ si calmò ed asciugandosi
gli occhi, già stava
preparando il sorriso di circostanza da sfoggiare nel momento in cui
avrebbe
raggiunto gli altri, quando udì il pianto di un bambino
provenire dalla stanza
accanto. Incuriosita, si alzò ed aprì la porta.
Scorse seduto sul lettino un
bambino piccolo tutto nudo: doveva essere Charles, il quale,
abbandonato a se
stesso, piangeva disperato.
Stupita
che lo avessero lasciato così da
solo, la donna gli si avvicinò ed il bimbo alzò
il faccino verso di lei. Con i
riccioli biondi ed i lineamenti delicati, sembrava uno di quei puttini raffigurati nei dipinti
del Rinascimento. I
suoi occhi erano simili a quelli del padre anche se il loro splendido
colore
azzurro era velato dalle lacrime.
Nello scorgere una persona mai vista prima, il piccolo si
stupì un po’ e smise
di piangere, la boccuccia che gli tremava ancora. Era talmente tenero
che
Barbara non riuscì a frenarsi e lo prese in braccio.
-
Che c’è, tesoro, che c’è?
– gli disse
mentre stringeva quel corpicino nudo a sé.
Quando il bambino riprese a piangere, sempre parlandogli con dolcezza,
accostò
il viso al suo e tenendolo per la nuca, lo strinse ancora
più amorosamente. Nel
percepire il tipico odore dei bambini piccoli fatto di sudore, di
latte, di
pelle tenerissima, fu presa come da una vertigine e fu costretta a
chiudere gli
occhi. Per un attimo le parve di avere ancora tra le braccia il suo
Giacomino e
la commozione che gliene derivò fu immensa. Quante volte
aveva sognato di
averlo ancora, quante volte si era risvegliata da quel sogno con
l’amara
consapevolezza che il suo piccolo angelo se n’era tornato in
Paradiso! Adesso,
stringendo Charles, si avvide di quanto amore materno portasse ancora
dentro e
quanto fosse ancora viva la sofferenza per la perdita della sua
creatura. Ora,
accarezzando la pelle tenera di quel cucciolo solo ed indifeso, sentiva
come
una corrente di tenerezza passarle attraverso i sensi e riscaldarle
l’anima.
Forse anche il bambino l’avvertì
perché
si calmò ed, appoggiata la testina sulla sua spalla, si
abbandonò fiducioso.
Ben presto però nel rendersi conto che il piccino era
gelato, lo spirito
pratico di Barbara prese il sopravvento sull’emozione.
Aprì un comò e con una
mano sola, rovistò nei cassetti fin quando non
riuscì a trovare una copertina
di lana con cui gli avvolse il corpicino nudo e tremante. Solo dopo si
accorse
della foto incorniciata sul mobile: ritraeva una ragazza molto giovane,
bionda
e bellissima. Intuì dai suoi lineamenti delicati che doveva
essere la madre di
Charles, la dolce ed angelica Julie di cui Robert non parlava mai.
Fissò il
ritratto con interesse ed ebbe la sensazione che la donna raffigurata
la
guardasse quasi con
un’espressione molto
seria negli occhi, come a volerle dire qualcosa.
-
Non ti preoccupare – le disse mentalmente –
mi prenderò cura del tuo piccino, non lo lascerò
solo, te lo prometto.
Le
erano salite di nuovo le lacrime agli
occhi, ma tutto sommato adesso si sentiva meno infelice con il bimbo
tra le
braccia. Lo avvolse nella copertina poi gli asciugò le
lacrime con un
fazzoletto e gli pulì il nasino, stringendolo sempre
più forte al seno e
cullandolo con dolcezza. Il piccolo a poco a poco non solo si
calmò, ma le fece
anche un sorrisino mostrandole i teneri dentini. Anche Barbara gli
sorrise ed
andò a sedersi su di una poltrona accanto alla finestra da
dove si intravedeva
il sole ormai al tramonto che aveva tinto di porpora il cielo e faceva
risaltare la vegetazione già
del bel
colore rosso
dell’autunno.
Nella luce del crepuscolo, una sensazione di pace avvolse la donna ed
il
bambino che rimasero dolcemente abbracciati quasi come se il tempo si
fosse
fermato.
Chissà quanto ne era passato quando si spalancò
la porta. Entrò una donnetta di
una quarantina d’anni la quale, vedendo la scena,
sembrò restare interdetta.
Subito dietro di lei apparvero Grazia,
Robert ed Alfredo.
-
Insomma, si può sapere cosa stai
combinando? Ti stavamo cercando per tutta la casa! - proruppe
quest’ultimo,
molto adirato. La sorella non si curò di lui e, rivolta alla
donna, le chiese
molto duramente:
-
Vi occupate voi di questo piccino?
Vedendo che l’altra annuiva, continuò:
–
Allora spiegatemi come mai lo avete lasciato nudo e da solo. Siete
pazza per
caso? Non vedete che fa freddo ed è già molto
raffreddato?
-
Ma io ho aiutato i signori a cercare voi! –
si giustificò la domestica, prontamente e con furbizia.
-
Non dite sciocchezze! Ho udito il bambino
piangere disperato non appena ho lasciato il salotto e
chissà da quanto tempo
stava in queste condizioni! Ma ora basta, andate a preparargli un
bagnetto
caldo perché dobbiamo farglielo subito!
Mentre
la donna si affrettava ad obbedire,
Alfredo obiettò, sempre più innervosito:
-
No mia cara, non gli farai nessun bagnetto.
Dobbiamo ripartire domattina presto e ora ce ne dobbiamo andare. E poi
mi
spieghi cos’è questa pretesa?
L’ingegnere mi ha appena detto che hai rifiutato
la sua proposta di matrimonio.
-
Ho cambiato idea – rispose calma la
ragazza, senza smettere di guardare il bambino che ora stava giocando
con le manine
sul suo viso.
-
Finiscila con questi capricci da stupida! –
le urlò il fratello fuori di sé dalla rabbia
– Forse tutti noi, e soprattutto
il signor Forrest, dovremmo stare ai tuoi comodi?
-
Ma perché non stai un po’ zitto tu e non
fai parlare l’ingegnere? – lo rimproverò
Grazia alla quale non era sfuggito
l’intenso sguardo che i due giovani si stavano scambiando.
Robert
non aveva aperto bocca fino a quel
momento ed era rimasto ad osservare con tenerezza la donna ed il
bambino.
Chiamato in causa, affermò:
-
Io invece non ho cambiato idea: sono sempre
di più dell’avviso che siate la donna che cercavo.
Ve lo ripeto, Barbara, sarei
felicissimo se mi diceste che volete sposarmi.
-
Sì e voglio prendermi cura di questo
angioletto – gli rispose subito lei.
Gli
stava sorridendo e negli occhi dell’uomo
si dipinse un’enorme gratitudine perché sapeva che
pronunciando quelle parole,
la ragazza aveva accettato anche l’assurdo patto che le aveva
proposto.
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