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Un raggio di sole colpì il mio viso, detestandomi malauguratamente
Fandom: Sherlock Holmes;
Pairing: Holmes/Watson;
Rating: Pg13 (ma
potrebbe salire);
Genere: Generale,
Introspettivo, Romantico.
Warning:
Flash-fic, Pre-Slash (per
ora);
Beta: Narcissa63;
Summary:
Una raccolta di flash su Sherlock e Watson, ognuna delle quali costituisce una
storia a sé.
(Per l’iniziativa Albero delle Drabble
di holmes_ita)
Note: Questa fic fa parte di un progetto che ho appena aperto sulla mia community, holmes_ita.
I capitoli, non sono legati tra loro, ciò che fa da
collante a questa raccolta sono le frasi - prese da drabble di altre autrici che lavorano al progetto -
che “ramificano” l’Albero partendo dalla prima che è
stata scritta e fa da “tronco”.
La flash che trovate qui è proprio il “tronco”
che attende solo di essere “coltivato”, venite a giocare con noi!
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti d’autore
sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed
appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché
altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.
ALBERO DELLE DRABBLE
0 - Tronco
Un raggio di sole colpì il mio viso, detestandomi con
malagrazia. In un primo momento mi chiesi come fosse possibile che avessi
dimenticato le tende aperte, non era affatto da me. Poi mi resi conto che non
mi trovavo affatto nella mia camera, bensì in salotto.
Il mio amico Sherlock Holmes ed io avevamo passato la notte
a svolgere delle laboriose ricerche e, con sommo disappunto della mia spalla
malandata, mi accorsi che mi ero assopito sopra al taccuino su cui stavo
prendendo appunti. Ad ogni modo, non potevo aver dormito più d’un paio d’ore.
«Buongiorno, mio caro Watson» la voce di Holmes provenne
dalla sua poltrona preferita, nella quale il mio
coinquilino, avvolto nella consueta vestaglia color topo, stava leggendo la
prima pagina del Times.
Dalla luce che albergava sul fondo dei suoi occhi
penetranti, compresi che doveva aver trovato l’indizio risolutivo per il nostro
nuovo caso.
«Le è rimasta l’impronta di una parola sulla
guancia. Un bell’impiccio, quell’inchiostro è quasi indelebile» aggiunse, risvegliandomi dalle mie osservazioni.
«Sta scherzando, spero!» esclamai, ma non gli diedi tempo di
replicare e mi rifugiai nella mia camera per rendermi presentabile.
Comparvi di nuovo in salotto, circa un quarto d’ora dopo,
sbarbato e vestito di tutto punto, per ritrovare il mio amico nella medesima
posizione, con l’unica variante della sua pipa d’argilla tra le labbra.
«Prima di mettersi a fumare, potrebbe almeno fare colazione»
lo rimproverai, accomodandomi di fronte a lui «comunque non ho avuto difficoltà
a lavare via l’inchiostro» lo informai soddisfatto.
La risata calda e leggera di Holmes mi prese totalmente alla
sprovvista, confermandomi con il suo buon umore come il caso fosse, di certo,
risolto.
«Lei è troppo buono con me,
dottore, davvero troppo buono» affermò con semplicità, facendomi capire di
avermi bellamente preso in giro.
Note: Questa fic fa parte di un progetto che ho appena aperto sulla mia community, holms_ita
e chiamato Albero
delle Drabble. I
capitoli, non sono legati tra loro, ciò che fa da collante a questa raccolta
sono le frasi - prese da drabble di altre autrici che
lavorano al progetto - che “ramificano” l’Albero
partendo dalla prima che è stata scritta e fa da “tronco”.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti
d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga
nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella
tomba, poverello.
ALBERO DELLE DRABBLE
I° Ramo
Una mano larga e
forte, col piccolo callo della penna sul dito medio, stava aperta su un
taccuino come la zampa di un leone da guardia sullo scrigno di un tesoro
orientale. (fiorediloto)
Una volta dissi al mio caro amico Watson che la mente umana
ha uno spazio ridotto per contenere le informazioni, quindi le nuove vanno
inevitabilmente a sovrascriversi sulle vecchie, eliminando così le precedenti.
Motivo per il quale ho sempre dimenticato con rapidità
le informazioni che non erano utili ai miei scopi.
Nonostante ciò, ogni momento trascorso con lui - dai nostri
primi anni in Baker Street, sino al momento in cui mi
ritirai per sempre dall’attività lavorativa - è indelebilmente scolpito nella
mia memoria. Probabilmente gran merito di questo va ai racconti scritti dal mio
leale Boswell, che rivelano al pubblico le nostre
avventure e mi ricordano costantemente i nostri tempi d’oro.
Eppure, non credo sia solo questo, perché altrimenti non si
spiegherebbe come ogni ricordo, perfino il più insignificante, mi appaia nitido
come se la scena si trovasse ancora davanti ai miei occhi.
Come quando si osserva troppo a lungo il sole e, persino
chiudendo gli occhi, si continua a vederlo; allo stesso modo, così mi sembra di
avere ancora davanti il Watson giovane e scattante dei
nostri primi casi, proprio lì, seduto di fronte a me, nonostante allora ci
trovassimo nell’appartamento 221B.
Le sopracciglia corrugate per la concentrazione, gli occhi
lontani che rivivono scene cruente, ed una mano larga
e forte, col piccolo callo della penna sul dito medio, aperta su un taccuino
come la zampa di un leone da guardia sullo scrigno di un tesoro orientale. Alza
il capo dal suo lavoro e mi sorride, togliendomi il fiato.
Non mi sono mai pentito, vecchio mio,
di aver dato ascolto al cuore e non alla ragione, quel giorno.
Note finali:
Questa drabblesi ispira ad
una scena di “Uno Studio in Rosso”,
in cui Holmes dice: «Secondo me, in origine
il cervello umano è come un attico vuoto che uno deve riempire con i mobili che
preferisce. Uno sciocco assimila ogni sorta di ciarpame gli viene a tiro, così
che le nozioni che potrebbero essergli utili vengono
spinte fuori o, nella migliore delle ipotesi, accatastate alla rinfusa insieme
con un’infinità di altre cose, di modo che ha difficoltà a ritrovarle. Un
operaio abile, invece, sta molto attento a ciò che immagazzina nel suo
attico-cervello. Non vi metterà altro che gli strumenti che possono aiutarlo
nel suo lavoro, ma di questi strumenti ne ha un vasto assortimento, e tutti in
perfetto ordine. E’ sbagliato pensare che quella piccola stanza abbia pareti
elastiche che possono allargarsi a piacimento. Creda a me, viene sempre un
giorno in cui ogni nozione in più gliene fa dimenticare un’altra che aveva
prima. E’ estremamente importante, quindi, che le
nozioni inutili non estromettano quelle utili». Il fatto che l’informazione che Sherlock ritiene inutile sia il fatto che
la terra giri intorno al sole, è un mero dettaglio che ha scioccato il povero
Watson XD
Note: Questa fic fa parte di un progetto che ho appena aperto sulla mia community, holms_ita
e chiamato Albero
delle Drabble. I
capitoli, non sono legati tra loro, ciò che fa da collante a questa raccolta
sono le frasi - prese da drabble di altre autrici che
lavorano al progetto - che “ramificano” l’Albero
partendo dalla prima che è stata scritta e fa da “tronco”.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti
d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga
nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella
tomba, poverello.
II° Ramo
…ancora una volta e
per sempre (xel189)
E’ una questione nota a pochi il fatto che io soffra
d’incubi. Il mio amico e coinquilino Holmes, prima, e mia
moglie Mary, dopo, hanno assistito più volte ai miei a dir poco bruschi
risvegli, aiutandomi a dissipare le ombre dell’Afghanistan quando ancora mi
circondavano, nonostante avessi aperto gli occhi.
Il sogno che feci quella notte fu
uno dei più belli e crudeli di tutta la mia vita.
Elementi di fantasia devono essersi fusi con i ricordi,
perché mi trovavo nel vecchio appartamento di Baker Street,
che condividevo con Holmes, ed eravamo entrambi lì, accomodati nelle nostre
poltrone, fumando e chiacchierando amabilmente. Il mio amico rideva – allegro
come sempre, dopo la risoluzione d’un caso - facendomi
desiderare di non allontanarmi mai, restando accanto a lui ancora una volta e
per sempre. Poi Holmes si era sporto verso di me ed
aveva posato le labbra sulle mie.
Mi svegliai urlando, con il volto rigato di lacrime, nel
letto freddo e vuoto in cui, dalla morte di Mary, dormivo da solo.
Lei non c’era più.
Holmes non c’era più.
Le tenebre mi avvolsero come un sudario, mentre quella
risata familiare mi risuonava ancora nelle orecchie.
La sera dopo, un vecchio libraio entrò nel mio ambulatorio,
scusandosi per avermi risposto tanto bruscamente quando, poco prima, gli ero
andato a sbattere addosso. Mi indicò i libri alle mie
spalle, li guardai distrattamente e, quando mi voltai di nuovo, al suo posto
c’era Sherlock Holmes.
Tutto si fece buio e, contro ogni ragionevolezza, pregai non
fosse l’ennesimo incubo.
Note finali:
Ovviamente l’episodio conclusivo a cui faccio
riferimento è quello de “Il Ritorno di
Sherlock Holmes - L’avventura della casa vuota”.
Note: Questa fic fa parte di un progetto che ho appena aperto sulla mia community, holms_ita
e chiamato Albero
delle Drabble. I capitoli, non sono legati tra
loro, ciò che fa da collante a questa raccolta sono le frasi - prese da drabble di altre autrici che lavorano al progetto - che “ramificano” l’Albero partendo dalla prima che è stata
scritta e fa da “tronco”.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti
d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga
nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella
tomba, poverello.
III° Ramo
…il dottor John Watson
(Xel1980)
La persona che mi trovavo davanti era un uomo
straordinariamente attraente, preciso e metodico, come dimostrava la cura con
cui aveva scelto i sobri abiti scuri.
I grandi occhi turchesi svelavano la sua natura onesta e le
pagliuzze indaco che li ombreggiavano, celavano incubi vissuti in prima persona
e non ancora sopiti. Le labbra morbide parlavano della sua generosità e le
piccole virgole ai lati della bocca testimoniavano come fosse un ragazzo più
portato al sorriso che al malumore.
Una certa rigidità nella spalla sinistra denunciava una
brutta ferita, di quelle che lasciano inevitabili strascichi. La mascella
squadrata, il collo massiccio, la muscolatura atletica - perfettamente
intuibile anche sotto gli strati di vestiti - e la postura elegante ma
energica, lo identificavano come un uomo d’azione.
Le mani grandi e dalle dita ben curate, con un piccolo callo
sul polpastrello del dito medio destro, lo contraddistinguevano come un
individuo colto ed amante della scrittura.
Un medico militare, congedato con onore; non avevo dubbi.
Scrutandolo con attenzione compresi subito
perché Sherlock lo avesse portato da me. Era un evento straordinario, non era
mai capitato che desiderasse farmi conoscere qualcuno, e mi fu subito chiaro
che il dottor John Watson – come mi venne in seguito presentato –fosse una
creatura speciale; non poteva essere altrimenti, vista la facilità con cui
aveva abbattuto il muro di diffidenza dietro cui si
trincerava costantemente il mio fratellino.
Se riusciva a sopportare di vivere accanto a Sherlock, era
di certo una persona paziente e premurosa; lo dedussi dalla cravatta di mio
fratello, il quale non era affatto bravo ad
allacciarla ed invece, oggi, sfoggiava un nodo perfetto ed identico a quello
del suo amico.
Quando, poi, Sherlock ed io cominciammo a fare le nostre
osservazioni su un uomo lì presente, e vidi lo sguardo curioso ed ammirato che il dottor Watson ci dedicò – ben diverso da
quelli della gente qualunque, che di solito ci prendevano per pazzi o per
illusionisti – capii cosa avesse conquistato tanto il mio consanguineo.
Colsi un’occhiata complice, tra loro, ed
un sorriso sereno sul volto di Sherlock, che raramente aveva mostrato in
presenza d’altri.
E, mentre accennavo a quest’ultimo
la singolare storia che avevo ascoltato qualche giorno prima, mi augurai che
quella relazione durasse il più a lungo possibile. Pensai non potesse venirne
altro che bene.
Note finali: Come
penso sia chiaro, questa flash è un Missing Moment di “Le
memorie di Sherlock Holmes – L’avventura dell’interprete greco” in POV Mycroft.
Note: Questa fic
fa parte di un progetto che ho appena aperto sulla mia community,
holmes_ita
e chiamato Albero delle Drabble. I capitoli, non sono
legati tra loro, ciò che fa da collante a questa raccolta sono le frasi - prese
da drabble di altre autrici che lavorano al progetto - che “ramificano”
l’Albero partendo dalla prima che è stata scritta e fa da “tronco”.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti d’autore sono ormai scaduti,
stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene
beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché altrimenti il
succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.
IV° Ramo
Eppure ci sono tante
cose che vorrei dire, adesso. (xel1980)
«Quello è un libro di fiabe, Holmes?» la voce di Watson mi
riscuote dalla lettura.
Lui è accovacciato accanto ad un baule, dentro cui sta stipando tutti i suoi taccuini; i nostri ricordi di
questi anni. Sta facendo i bagagli, sta per andarsene,
a breve si trasferirà nella sua nuova casa in attesa del suo matrimonio, che si
celebrerà molto presto.
Chiudo delicatamente il volume che tengo in grembo e le mie
dita tracciano lente il titolo: “La Sirenetta”
di Hans Christian Andersen. La favola preferita di mia madre, quella che
leggeva ogni sera. Una storia crudele, come qualsiasi fiaba
d’altronde. Secondo lei racchiudeva tutte le verità sull’amore. Non
sapevo nemmeno di averla conservata, è saltata fuori mentre il dottore
sistemava le sue cose.
«L’amore non è come nelle fiabe
delle Principesse, Sherlock. Oh, certo, è anche quello» soleva dire la mia
genitrice «ma soprattutto è compromesso, sacrificio e rinuncia di sé. La Sirenetta ha preferito
diventare spuma di mare, piuttosto che uccidere la persona che amava».
Sono d’accordo con lei, questa favolaesemplifica quanto si possa diventare
sciocchi, a causa di quel sentimenti estremo.
Sento il mio amico avvicinarsi per posarmi una mano sulla
spalla ed alzo lo sguardo sino ad incontrare i suoi
occhi chiari. Vorrei dire tante cose adesso, eppure ho l’impressione di aver
perso la voce. Ci sono scelte che, semplicemente, vanno fatte; a volte è
necessario lasciar andare la persona che si ama pur di vederla felice.
«Va tutto bene, vecchio mio?»
domanda lui, con la fronte corrugata per l’apprensione.
«E’ tutto a posto. Sto solo
aspettando di tramutarmi in spuma di mare» rispondo
distrattamente, prima di riportare l’attenzione sul libro.
Note: Ehm… questa
cosina orrida non è betata, perché voglio dedicarla
all’inguaribile cuore di panna di Narcissa63 ed al suo
maritino, che è appena uscito dall’ospedale. Inoltre è fluff -schifosamente
fluff!, aggiungerei - quindi avete tutti i diritti di
tirarmi addosso la frutta marcia, perché mi rendo onestamente conto che Holmes
fluff non lo si può guardare… o leggere. E prometto che l’ho finita di
farfugliare .__.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti
d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga
nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella
tomba, poverello.
V° Ramo
Mi soffermai a
contemplare i dettagli, perché è ciò che so fare
meglio, memorizzando disperatamente ogni sfumatura. (fiorediloto)
Solitamente, quando sono preso da delle indagini o comunque
nei miei periodi migliori, ho l’abitudine di alzarmi di buon
ora. Tuttavia quella mattina, la prima in cui mi svegliai accanto a Watson, il
risveglio aveva un sapore differente.
Mi puntellai s’un gomito e mi soffermai a contemplare i
dettagli, perché è ciò che so fare meglio, memorizzando disperatamente ogni
sfumatura – il modo in cui la luce, filtrando dalle persiane, delineava la curva decisa della sua spalla e rendeva quasi
dorati i suoi capelli arruffati, le lenzuola che gli si arricciavano intorno ai
fianchi, l’espressione serena del suo volto, le labbra distese in un inconscio sorriso,
il calore del suo palmo sul mio torace – e detestai la sola idea di dover
lasciare il letto.
Confesso che quel sentimento così improvviso e violento mi inquietò tanto che considerai la possibilità di lasciare
il più in fretta possibile quella camera, ma poi immaginai l’espressione che il
dottore avrebbe avuto al suo
risveglio e pensai che, una volta tanto, sarei potuto rimanere esattamente lì
dov’ero.
E se qualcuno avesse suonato al campanello… be’, ci avrei pensato a tempo debito.
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti
d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed
appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché
altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.
VI° Ramo
Mi si perdoni la
metafora di maniera. In vecchiaia si diventa più sdolcinati. (Fiorediloto)
C’era stato un periodo, nella mia lunga amicizia con
Sherlock Holmes, in cui credevo fossimo immortali. Non letteralmente, sia ben
chiaro; un reduce di guerra come me, scampato alla morte per miracolo, non è
tanto sciocco da ritenere per davvero di essere invulnerabile. Ma in quegli
anni, i primi della nostra convivenza in Baker Street, forse ero tanto
affascinato dal mio nuovo coinquilino ed avido delle avventure in cui mi
coinvolgeva da credere che saremo stati sempre più forti degli altri, più
furbi, più intelligenti.
Mi auguro che il lettore sia indulgente, non era altro che
arroganza giovanile, che col tempo s’è dissipata – anche se non saprei ben dire
quando. Con tutta probabilità, è accaduto quando il terrore di poter perdere
Holmes si è insinuato nel mio cuore e stabilito lì a perpetuo monito.
Temevo che potesse accadergli qualcosa durante le sue
indagini, o che i veleni di cui faceva sporadico uso – quelle droghe che tanto
detestavano – potessero definitivamente rovinarlo.
D’altronde, quando si ama con tanta intensità, si ha paura
perfino degli sbuffi d’aria. Ed io – mi si perdoni la metafora di maniera, in
vecchiaia si diventa più sdolcinati – non ero certo di avere delle braccia
abbastanza robuste da proteggerlo.
Spazio Autore: Ne
approfitto per ringraziare tutte le persone che hanno recensito le altre mie fic. Mi dispiace non avere il tempo di rispondere ad ognuno
di voi, ma sappiate che leggo i vostri commenti e li apprezzo tantissimo
*inchino*
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti
d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga
nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella
tomba, poverello.
VII° Ramo
Holmes mi guardò con aspettativa e una specie di sollievo esasperato in fondo
agli occhi, come un maestro quando uno scolaro lento arriva a sfiorare il
concetto, ma è ancora al di qua dall’afferrarlo. (fiorediloto)
Holmes era fermo davanti alla finestra, le spalle rigide, la
testa china e le braccia distese in avanti ad afferrare il davanzale.
«Non lo farò» dichiarai per l’ennesima volta, osservandolo
dalla poltrona in cui ero seduto.
Lui si voltò appena il tanto da occhieggiarmi con
disappunto, mentre accavallavo le gambe e accendevo un’altra sigaretta. Il fumo
bluastro si arricciò e ascese verso l’alto, infiltrandosi fra le assi del soffitto
di quella baita sulle Alpi.
«Watson…» cominciò, ma lo interruppi sul nascere.
«Non la lascerò combattere da solo questa battaglia, vecchio mio. La mia mente non sarà eccelsa quanto la sua o
quella del Professor Moriarty, ma che io si dannato
se la abbandonerò adesso» asserii.
Non era altro che l’ennesima discussione sul medesimo
argomento. Più volte Holmes mi aveva chiesto di rientrare in Inghilterra e ad ognuna di esse mi ero opposto fermamente.
«È troppo pericoloso» fu quasi un sibilo e non lo avrei
colto se non fossi stato tanto attento alle sue
reazioni o tanto avvezzo ai suoi modi; contrariamente alla maggior parte degli
uomini, quando era irritato Sherlock Holmes non alzava la voce e, più sommesso
era il suo tono, più era evidente era la sua collera.
«Appunto» convenni.
«Watson» stavolta suonò come un avvertimento e, se
possibile, la sua voce si fece ancora più sottile.
«Perché ha voluto che la seguissi?» ribattei.
Si voltò, poggiando i fianchi contro il davanzale e sfilò la
pipa dalla tasca interna della giacca. Nella penombra della stanza, la luce del
fiammifero illuminò per un attimo il suo volto, concedendomi un’istantanea dei
suoi occhi d’acciaio socchiusi, poi la sua presenza tornò ad
essere una sagoma in controluce stagliata sul crepuscolo.
«È stato un errore di valutazione» asserì e mi ritrovai a
mordermi la lingua, soffocando una risposta stizzita, la quale avrebbe palesato
più dolore di quanto desiderassi mostrare.
«Perché ha voluto
che la seguissi?» ripetei, non accettando quella risposta ed
accesi la lampada più vicina, perché non intendevo dargli modo di nascondersi.
«C’è davvero bisogno che le risponda?» Holmes mi scrutò con
uno sguardo indecifrabile, in fondo ai suoi occhi lessi una traccia – non più
di un barlume – di fragilità abilmente celata sotto un velo d’aspettativa; l’attesa di un maestro dinnanzi ad uno scolaro
lento, che arriva a sfiorare il concetto, ma è ancora al di qua
dall’afferrarlo.
«No. Ma, a
maggior ragione, allora dovrebbe capirmi» sospirai e Holmes chiuse gli occhi.
Mi sentii invadere dal sollievo, interpretando quel gesto
per ciò che era: un segno di resa. E, tuttavia, avevo vinto una battaglia, non
la guerra.
Spazio Autore: Baldi giovani di belle speranze, ne approfitto per pubblicizzare la nuova iniziativa di holmes_ita; direttamente dal fandom anglofono e da wolfstar_ita, che ha importato qui l'idea, annuncio l'apertura del primo Sherlock Holmes Remix!
Che picchio è? Direte voi, con gli occhioni ancora cisposi di sonno *Hikaru beve il suo capuccino con calma faraonica* ed io sono qui per rispondere ad ogni vostra curiosita:
Il remix è un fest che si basa sul concetto di uno scambio equo di fanfic; un gioco nel quale, se tutti fanno il loro dovere, ciascuno scrive una fic e ciascuno ne riceve una. Ma, in particolare, questo fest si basa sul concetto che ogni storia può essere raccontata in molti modi. Quindi i partecipanti sono invitati a mettere in gioco i propri lavori perché siano remixati da qualcun altro, e insieme a produrre a loro volta un remix. Il sistema, inoltre, si basa sugli abbinamenti: ad ogni remixer sarà assegnato dalle mod un autore tra le cui opere scegliere quella da remixare, il quale deve rimanere segreto fino alla fine del fest.
Ulteriori informazioni: QUI.
Il Remix è aperto non solo alle fic canonverse, ma a qualunque fandom abbia a che fare con Sherlock Holmes: movieverse, Sherlock BBC, Crossover, RPS, etc etc.
Quindi non abbiate indugi e fatevi avanti! Vi aspettiamo fiduciosi *C*
Summary:
Una raccolta di flash su Sherlock e Watson, ognuna delle quali costituisce una
storia a sé.
Dedica:
Pensierino per DiraReal, che oggi compie gli anni e si è ricordata di
avvisare all’ultimo minuto è_é
Sì, è un rimprovero, ma comunque ti auguro una giornata splendida e piena di
felicità, tesoro ;) Buon compleanno e 100
di questi giorni!
DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle
saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir
Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti
d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed
appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché
altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.
VIII° Ramo
Vederlo, per qualche
motivo, mi tolse il fiato, come fossi di fronte ad un raro spettacolo della
natura. (Xel1980)
E’ difficile – o addirittura impossibile – cercare di
spiegare l’emozioni che provai quella mattina, al primo risveglio dal mio
ritorno in Baker Street.
Ancora prima di aprire gli occhi, fui colpito da un tale
senso di familiarità che mi sfuggì un sospiro.
Riconoscevo il profumo delle lenzuola lavate dalla signora Hudson, il vocio
concitato delle persone in strada, il sapore dell’aria… perfino la luce che
filtrava dagli scuri aveva una tinta intima e nota.
Allungai un braccio verso l’altro lato del materasso; lo
spazio era vuoto, ma ancora caldo, così mi convinsi ad
alzarmi, assaporando il piacevole scricchiolio delle assi sotto ai piedi, e mi resi
presentabile, prima di scendere di sotto.
Holmes era già seduto al tavolo, davanti alla colazione, con
il Times e
la prima pipa della giornata tra le mani, e vederlo, per qualche motivo mi
tolse il fiato, come se fossi di fronte ad un raro spettacolo della natura. Lo
avevo creduto perso per tanto di quel tempo, che ancora facevo fatica a credere
che fosse davvero vivo e di nuovo a Londra.
Rimasi immobile, pigramente poggiato contro lo stipite della
porta, sino a quando il mio amico non mi riscosse da quella contemplazione,
augurandomi il buongiorno. Quindi – approfittando dei rumori che provenivano
dal pianterreno e mi assicuravano che la signora Hudson fosse impegnata nelle
sue faccende – mi accostai a lui e mi chinai a posargli un bacio sulle labbra,
prima di accomodarmi al mio posto e versarmi una tazza di tea.