Chiuse la zip del suo trolley e lo
appoggiò vicino all’ingresso prendendo dall’appendiabiti
sciarpa giubbotto, cappello e guanti.
Fece rapidamente mente locale per capire se
aveva scordato qualcosa, non che fosse molto quello che si doveva portar
dietro, ma lei era un genio nel scordarsi le cose.
“Carta
d’identità…” aprì il portafoglio guardando
nella tasca grande, “ce l’ho…portafogli e carta di
credito…..presente…” si tastò la tasca interna
appurando che anche il cellulare era al suo posto quindi girò la chiave
e la estrasse dalla serratura, aprì la porta e diede un’ultima
sbirciata al sua appartamento ancora al buio vista la buonora.
Il salottino era perfettamente in ordine, la
porta che dava sulle scale della mansarda era chiusa, le finestre con le
persiane abbassate e anche la cucina era a posto, sul tavolino da quattro posti
c’erano i fiori secchi che le aveva regalato Sango nel loro bel vasetto
argentato, sorrise chiudendo la porta notando all’ultimo momento accanto
al vaso un cartoncino rettangolare.
“Eccolo li!”
Sbuffò andando a recuperare il suo
biglietto del treno, o meglio, la ricevuta del suo biglietto che aveva
prenotato telefonicamente e stampato dal computer, col cavolo che poi glielo
davano senza quella.
“Ok, sono pronta…”
Scese in strada alla fermata ad aspettare il
bus per la stazione, era ancora mezza addormentata, e le era scocciato un
po’ alzarsi così presto, dopotutto era in vacanza lei, ma al
centralino della stazione ferroviaria quando aveva chiamato la sera stessa che
aveva ricevuto l’invito, le avevano detto che gli unici posti liberi per
la città di Zuliana erano su un diretto che partiva alle sette meno
venti del giorno dopo, perciò eccola li, alle sei in punto e in anticipo
di un giorno rispetto all’evento ad aspettare il tram; fortuna che aveva
trovato una stanza in una piccola Ryokan dubitava che all’istituto
l’avrebbero ospitata.
Appena salì sull’autobus le
squillò il cellulare, ma chi diavolo è che la chiamava a
quell’ora assurda?
“Pronto?”
“Rin?”
“No Mastro Geppetto!”
“Scema…”
“Ah, io sarei scema? Non quella che mi
chiama alle sei di mattina?”
“Non ti arrabbiare, eri sveglia mi
pare, hai risposto subito…”
“Vero…comunque che
c’è?”
“Ti chiedevo se avevi voglia di venire
con me, Koga Kagome e Sango a Zuliana…”
“Zuliana?”
“Si, il coach ci ha detto che è
la squadra più forte del torneo perciò ieri sera abbiamo deciso
di andare a spiare le loro tattiche…pensavamo di partire questa sera, i genitori
di Koga hanno un appartamento lì, ci ospiterebbe lui…che ne
dici?”
“Aya…ma perché non me lo
hai chiesto ieri sera?”
“Perché me lo sono
scordata…”
“Ti ucciderei…”
“Perché?”
Trattenne il tono cercando di sembrare
neutra, dopotutto Ayame non poteva mica sapere dell’invito.
“Perché….io sono
sull’autobus per la stazione, dove prenderò un treno diretto
guarda caso proprio a Zuliana accidenti!”
Si morse la lingua, quell’imprecazione
non era proprio riuscita a trattenerla.
“Che ci vai a fare la da sola? Sei la
solita asociale cazzo!”
“Scema, ho ricevuto un invito per un
pranzo da dei conoscenti, sarebbe per domani, ma non c’erano treni liberi
e son dovuta partire ora…”
“Beh, ci vediamo là
allora?”
“A sto punto…”
“Scusa Rin-chan…”
“Ma no Aya, è tutto a posto
scusami tu…”
“Ok, a stasera!”
“A stasera…”
“Rin?”
“Si?”
“Porto la palla eh?!”
“Scema!”
Sorrise premendosi contro lo scomodo sedile
del mezzo cercando una posizione abbastanza comoda, erano a metà strada,
ancora dieci minuti e sarebbe arrivata in stazione.
Cominciò a guardare fuori dal
finestrino e ripensando alla conversazione di poco prima le venne da pensare
che Ayame e le altre la pensavano spesso, nel senso che se decidevano di fare
qualcosa le chiedevano di unirsi a loro anche se spesso doveva declinare per
via del lavoro; si chiedeva come mai tenessero così tanto a lei, va bene
che giocavano nella stessa squadra, ma avevano interessi totalmente differenti,
inoltre a scuola non si vedevano praticamente mai dato che le loro sezioni
erano separate.
La classe di Sango, che frequentava il
quarto anno era nella sede principale della scuola, assieme ai corsi di Ayame e
Kagome che erano in classe assieme, lei invece, che era appena al primo anno
doveva andare alla succursale che distava cinque minuti dalla principale,
perciò non avevano modo di vedersi molto se non agli allenamenti o ai
rari pomeriggi nei quali non lavorava oppure nei finesettimana, ma tenendo
conto che alla sera lei aveva il turno al ristorante le occasioni si riducevano
all’osso poiché le sue amiche al mattino, quando lei tecnicamente
poteva uscire, dormivano dato che la sera dei giorni prima stavano fuori fino a
tardi.
In conclusione si vedevano le due ore
quotidiane degli allenamenti, e alle partite ufficiali, tutto qui.
Per questo non capiva, insomma,
c’erano la Sato e la Miyazawa in classe con Sango o la Tachibana, la
Yoshizumi o la Eiido in classe con Kagome ed Ayame, che erano molto affiatate con le altre,
ma la cosa sembrava ridursi agli orari scolastici, fuori dalla scuola ognuna
andava per la sua strada, certo, se ci si incrociava per strada il saluto era
d’obbligo e magari ci
scappavano anche un caffè e due chiacchiere in compagnia, ma in genere
il quartetto principale erano loro.
Era strano, tutto qui, se ripensava al fatto
che per anni erano state rivali poi… sorrise pensando che non c’era
mai stata nemmeno una volta, quando andava al Clementine, che la squadra del
St. Thomas fosse riuscita a vincere contro di loro.
Lei invece da parte sua era il mistero
totale, più volte Aya glielo aveva detto e ripetuto, non parlava quasi
mai di sé e non aveva nemmeno mai spiegato loro perché vivesse da
sola.
Affari miei ripeteva, a volte anche in
maniera seccata e riusciva a stupirsi sempre del fatto che non l’avessero
mai mandata al diavolo per quelle sue risposte sfacciate.
La verità era che aveva paura di
esser trattata in modo diverso o più semplicemente, dopo la bastardata
di Kanna non era più capace di fidarsi totalmente delle persone.
“Ultima fermata! Scendere
prego!”
Si riprese da quei pensieri prendendo il
trolley e scendendo dal mezzo, ringraziando e salutando il conducente,
dopodiché andò a ritirare il biglietto, lo pagò e si
diresse al suo treno che stava già per partire.
Una volta al suo posto si rilassò
cercando di dormire per il tempo che ci voleva per arrivare a Zuliana.
……………………………
“Come stava giusto andandoci?”
“Così ha detto, pare che abbia
dei conoscenti laggiù, è stata vaga come sempre
però…”
“Quella Rin non cambierà
mai…”
“Lasciatela perdere ochette e pensate
a filare a fare i bagagli perché vi avverto che alle sei e mezza si
parte e se non vi trovo pronte vi lascio a piedi intesi?”
Koga zittì le tre amiche che stavano
ragionando sul perché Rin fosse già in viaggio per Zuliana, era
da quando si erano incontrati al loro solito bar che le tre ragazze stavano
discutendo, ordinando frappé e capuccini a manetta che poi lui, da buon
gentiluomo avrebbe dovuto pagare.
“Si capo!”
“Bene…”
Finì di bersi la sua birra prima di
afferrare le chiavi della macchina e la giacca di pelle.
“Ci vediamo A-chan…”
Diede un bacio alla rossa fregandosene dei
commentini scemi delle altre due.
“Ciao anche a voi arpie!”
“Ciao!”
“E…Kagome?”
“Nh?”
“Le sei e mezza!”
“Mamma che palle, ho capito! Manco
fossi solo io quella che…”
Il coro di si che si vide rivolgere la
costrinse a tacere e mandar giù le lamentele, in effetti avevano
ragione….era solo lei quella che ritardava sempre.
“Ok ok avete vinto…ora fila tu,
o farai tardi al lavoro…”
“A differenza di te io parto sempre in
anticipo…”
“Vai!”
Sango rise alla faccia di Kagome, era buffo
come fosse possibile avere così tanta confidenza con un ragazzo come
Koga, non che fosse un cattivo ragazzo, solo che era strano, lui era
l’intruso che da un mese e mezzo era piombato nella loro quotidianità,
le seguiva con pazienza e si prendeva anche il grande disturbo di scarrozzarle
in giro senza mai dire “Bah” , voleva un gran bene ad Ayame questo
era risaputo ma concedeva le sue gentilezze anche a loro, scherzava e le prendeva
in giro comportandosi da bravo fratello maggiore, con Kagome poi c’era
quel rapporto di prese in giro continue che era un vero spasso.
Scostò lo sguardo sulla testolina
rossa di Ayame, che bello era vederla innamorata, vederle negli occhi quella
scintilla di furore che da quando s’era accesa l’aveva cambiata
totalmente, era sempre stata vitale e un tantino irresponsabile ma da quando
c’era Koga era esplosa totalmente.
Chissà se un giorno anche lei avrebbe
trovato qualcuno di altrettanto dolce…e carino!
“Terra chiama Sango…?!”
“Nh?”
“Ci sei?”
“Si Aya, ci sono…”
“Mi guardavi in modo strano!”
“Oh, mi stavo gingillando
nell’invidiarti, tutto qui…”
“Invidiare me? Sei scema?”
“No, sono in-vi-dio-sa! Lo voglio anche io un bel ragazzo uffa!”
“Già Sango, hai
ragione…” Kagome piombò nel discorso piagnucolando
“…anche io lo voglio…voglio un bel tipetto che mi porti
ovunque voglia andare…”
“Si, che mi guardi come se fossi
l’unica sulla faccia della terra…”
“Che mi coccoli e mi riempia di
attenzioni…”
“Che mi…”
“Ok ok ora basta dire scemenze!
Alzatevi che dobbiamo andare a casa su!”
“Tsè…eccola qui la
guastafeste, fa la superiore adesso, ma due mesi fa stavi nella nostra stessa
barca…”
“Sceme, chissà che nei prossimi
giorni non siate voi a venire sulla mia allora!”
La guardarono non troppo convinte.
Un ragazzo non lo si trovava certo un una
manciata di giorni e lei lo doveva sapere benissimo visto che con Koga
c’erano volute settimane di lezioni di pattinaggio e cinque o sei
appuntamenti prima che si piacessero al punto da dirsi ti amo in tutte quelle
maniere sdolcinate.
“Stai zitta!”
……………………………………
Stava ad arrovellarsi il cervello da circa
un quarto d’ora su come smontare quella dannata pompa dell’olio
quando il telefono appoggiato sul carrello degli attrezzi squillò
vibrando fra la ferraglia unta e arrugginita rischiando di cadere a terra.
Fu allora che Koga sbuffando decise di
rispondere.
“Chi è?”
“Il lupo!”
“Quello sono io semmai…comunque
ciao cugino! Come mai chiami?”
“Volevo sapere quando accidenti arrivi,
qui ti stiamo aspettando tutti sai?”
“Ma tu i messaggi li leggi ogni tanto?
Ti ho scritto ieri sera dicendoti che sarei partito alle sei e
mezza…”
Ci fu una breve pausa in cui probabilmente
quel cretino allontanò il cellulare dall’orecchio per guardare il
display.
“Cazzo è vero
scusami…porca puttana! Beh ora vado che sennò quello mi lascia
qui, ci vediamo stasera ok?”
“Solito pub?”
“Solito pub!”
Detto questo l’altro riattaccò
lasciando Koga basito.
Ogni volta la sua sbadataggine lo lasciava di
stucco, quello si sarebbe dimenticato anche della sua donna, se mai ne avesse
avuta una.
“Scemo…”
Stava per rimettersi al lavoro che il
cellulare squillò di nuovo ma stavolta era un messaggio.
“Ciao
Bu! Che fai? ”
Sorrise, l’aveva salutata neanche mezz’ora
prima e già cominciava a scrivergli, non che gli desse fastidio ma
quella scaricava ricariche su ricariche solo per chiedergli cosa stesse facendo
al lavoro.
“Sono
un meccanico A-chan, che vuoi che faccia?”
….
Attese quanto, dieci secondi? E subito gli
arrivò la risposta, per quanto se lo chiedesse non riusciva a capire
come facesse Ayame a scrivere così veloce col cellulare.
“Potresti
tradirmi con una cliente che ne so…<_<….”
Sorrise.
“Se
così fosse credi che te lo direi solo perche me lo domandi? XD”
Stavolta i secondi furono sette.
“Scemo
Bu!
A dopo! ^w^”
Digitò quattro lettere e
inviò.
“Ciao”
……………………………………
L’aria
fresca le scompigliò i
capelli non appena scese anche l’ultimo gradino del treno.
Si guardò intorno curiosa scoprendo
che la grande stazione di Zuliana non era cambiata per niente.
Aveva mantenuto il suo stile antico coi
grandi portici che delimitavano la zona dei binari, il lungo sottopassaggio che
portava alla biglietteria e i manifesti pubblicitari appesi alle pareti.
Erano appena le otto meno venti
perciò prima di tutto decise di andare a far colazione così prese
il suo trolley ed entrò.
Sospirò soffiando leggermente sul suo
cappuccino bollente, essere li dopo così tanto tempo le aveva messo addosso
una strana agitazione, era contenta, quasi eccitata, anche se nel profondo del
suo cuore albergava sempre un minimo di tristezza.
Pagò il conto salutando
distrattamente dirigendosi all’uscita.
“Rin?”
Si bloccò all’uscita della
stazione, erano passati anni ma quella voce era inconfondibile ed eterna nei
suoi ricordi.
Si voltò incrociando lo sguardo
commosso di una bellissima donna dai lunghi capelli nocciola legati un una
raffinata treccia che le cadeva soffice sulla spalla destra.
Sorrise, era bella come sempre.
“Buon giorno…”
Non riuscì a chiamarla per nome dal
momento che venne abbracciata e che per lo slancio che questa aveva preso
rischiò di cadere all’indietro.
“Sei davvero tu?”
“Già!”
“Quanto tempo piccola, oddio come sei cresciuta,
ti sei fatta una signorina ormai…come stai gioia?”
“Molto bene grazie, vedo che anche lei
è in gran forma!”
“Tu trovi? Dimmi ti fermerai o sei di
passaggio?”
“Domani sera torno a St
Thomas…”
“Che peccato, e dimmi hai già
un posto dove stare o…”
“Avevo prenotato una stanza alla
Ryokan in centro ma all’ultimo le mie compagne di squadra mi hanno detto
che verranno stasera, e che il suo ragazzo ci ospita dato che a quanto pare
abita qui… ”
La donna la guardò spiazzata e
confusa, Rin aveva parlato così in fretta che non aveva capito nulla.
“Beh, veramente anche io ci ho capito
ben poco ma sono a posto grazie…suo marito?”
“Che vuoi che ti dica, lavora sempre,
fra poco gli dovrò portare il letto in ospedale dato che ormai vive li
dentro…”
“È una gran brava
persona…me lo saluti tanto!”
“Farò di meglio!”
“Nh?”
“Vi farò incontrare!”
“Cosa?”
“Voltati cara…”
Come le era stato suggerito si voltò
ed il suo viso esplose in un grido di gioia assoluta.
Di fronte a lei, accanto alla portiera di
una lussuosa berlina bianca c’era l’uomo che le aveva salvato la
vita e la vista operandola di sua iniziativa e che aveva fatto molto, molto di
più.
Le era stato accanto durante il ricovero, le
faceva degli scherzi per farla ridere e parlare, le aveva tenuto compagnia
fermandosi oltre l’orario di lavoro ed era persino andato a trovarla
all’istituto.
“Rin?”
Si accorse in quel momento che i suoi occhi
avevano preso a lacrimare e che era rimasta immobile persa nei suoi pensieri
dei ricordi passati, ma anche lui non scherzava, aveva appena chiuso la
portiera e si ostinava a rimanere immobile guardando lei e poi sua moglie per
trovare conferma.
“Rin!”
Tempo due secondi e si ritrovò nel
suo tiepido abbraccio così simile a quello del suo papà,
così rassicurante e…cribbio quanto le era mancato!
“Signor…No-”
“Lascia perdere il
“signor” Rin…che bello vederti, sei cresciuta un sacco
dall’ultima volta, ti trovo in splendida forma tesoro!”
“Già, pensa che al caffè
l’ho guardata per dieci minuti buoni per capire se era davvero lei, ma
poi quando è uscita mi è venuto di chiamarla e
basta…”
Sorrise commossa all’inaspettata
sorpresa che l’aveva accolta a Zuliana facendosi abbracciare e coccolare,
mentre rientravano al bar dato che il dottore non aveva ancora fatto colazione,
rispose alle loro domande e ne fece altrettante, così per vedere che
novità c’erano.
Così fra una chiacchiera e
l’altra si erano fatte le dieci passate, era ora di andare, aveva
disturbato anche troppo secondo lei ma prima che potesse alzarsi e salutare venne
anticipata dalla donna.
“Pranzi con noi Rin?”
“Veramente io non vorrei…”
“Di di si peste, non ci vediamo da una
vita e non ti sei più fatta sentire, pretendi che ti lasciamo scappare
così?”
Scostò gli occhi imbarazzata annuendo
timidamente.
“Ottimo, così se non hai altro
da fare potresti tenermi compagnia, questo qui all’una comincia a
lavorare e sarò a casa da sola fino a stasera, pensa che non ci vediamo
da tre settimane e se non fosse stato per le mie insistenze avrebbe mandato
l’autista a prendermi, che razza di marito che ho…”
“Non è un disturbo per
voi?”
“Assolutamente no! E poi così
potremmo aspettare assieme i tuoi amici no? Hai detto che arriveranno
stasera?”
“Infatti…beh allora grazie
mille, sono commossa!”
“Poche chiacchiere e monta in macchina
marmocchia!”
Sorrise appoggiando la fronte al finestrino
osservando lo scorrere del paesaggio al di fuori del vetro.
Stavano percorrendo il lungo viale dei tigli
che dal centro città portava alla stazione e viceversa ricordandosi che
da piccola in autunno, quando sia le carreggiate che i marciapiedi che le
costeggiavano si riempivano di foglie adorava affondarci dentro i piedi e
scalciare in aria quelle schegge di bosco ridendo e danzando con loro mentre il
suo cane, Dick, saltava e abbaiava contento acchiappandole correndo in cerchio.
Percorreva sempre quel viale di ritorno da
scuola con sua madre che la andava a prendere dopo le lezioni e spesso si
fermavano al piccolo forno a comperare i dolcetti per la merenda.
Eccolo infatti, il negozio della signora
Miyaka, l’avevano appena superato ed era esattamente come se lo ricordava
ma lo superarono troppo in fretta e non riuscì a capire, se la sagoma
che aveva potuto scorgere oltre il bancone fosse quella dell’anziana
proprietaria o meno.
“Tutto a posto tesoro?”
“Si…è solo un po’
strano…non sono mai più tornata
perché…beh…”
Non continuò la frase ma non lo fece
per timidezza o altro, successe semplicemente che il suo sguardo finì col
ricadere sul gruppo di villette che sorgevano in cima alla collina dove un
tempo c’era casa sua, e anche se il dottore fu svelto ad imboccare una
deviazione opposta i suoi occhi poterono vedere.
E quello che vide non le piacque affatto.
“…”
“Chi ci vive li?”
“Nh?”
“La mia casa…c’è di
nuovo, l’hanno ricostruita ma…chi?”
Vide nello specchietto retrovisore lo
sguardo della signora intristirsi di colpo, così come quello del
dottore, con l’unica differenza che in quello di lui vi leggeva anche
rabbia.
“…Andiamo a casa
Rin…parleremo lì di tutto…”
Si rimise comoda contro il sedile mentre
mille domande le frullavano in testa.
Era certa di quello che aveva visto, la
collinetta era sicuramente quella, le case anche, e dove doveva esserci un buco
in mezzo a quella arancione e quella azzurrina….perchè invece
c’era una nuova villetta? Chi poteva aver acquistato il terreno?
Perché lei non ne sapeva nulla? Cosa diavolo era successo?
Non passò molto prima che i suoi
pensieri venissero fermati.
“Eccoci cara…”
Aprì la portiera dell’auto
osservando il palazzo di fronte a loro.
Erano in pieno centro città si
ricordava benissimo quel posto perché ci era passata davanti moltissime
volte da bambina, ma non immaginava che loro vivessero li.
Era una casa antica attaccata ad altri
palazzi simili con un grande portone che dava ad un cortile interno lastricato
dove avevano parcheggiato, da questo salivano delle piccole scalinate che
davano ad un balcone che seguiva tutto il perimetro del grande cortile nel cui
centro si trovava un pozzo di pietra col secchio pieno di fiori sbocciati.
“È molto bello!”
“Non eri mai stata qui?”
“No, cioè si…insomma
avevo visto la facciata esterna, quando venivo in centro con la mamma passavamo
spesso di qua, c’era la nostra banca più avanti mi pare…”
“Si, è circa cinquanta metri
più avanti…”
“…comunque non sapevo che
abitaste qui…”
“Entriamo su…”
Se da fuori quella casa era una meraviglia,
dall’interno lo era ancora di più.
Era bella da togliere il fiato, enorme e spaziosa,
arredata con linee semplici e minimaliste con mobili dai colori chiari e lucidi
e le finestre…ce n’erano ovunque e illuminavano il piano senza
problemi nonostante le numerose tende che le abbellivano.
“…caspita…”
“Ti piace eh?”
“Fantastica!”
“Vieni, ti mostro il
giardino…”
Rimase basita a quell’affermazione.
Un giardino? In una casa in centro? Di
sicuro pensò Rin, si trattava di uno straccio di prato tanto per fare
colore ma quando si affacciò alla finestra la sua idea venne cancellata
all’istante.
Altro che fazzoletto, era…immenso.
Era praticamente un prato enorme,
dall’erba verde e ben curata che riempiva ogni centimetro oltre i portico
che circondavano la casa.
Un po’ come il cortile dove avevano
parcheggiato, ma più grande e più verde…e poi i portici,
che meraviglia che erano, ad ogni colonna era appeso un vaso di fiori ricolmi
di boccioli e petali dai colori gradevoli e ben assortiti.
“Stupita eh?”
“Caspita se lo sono!”
“Facciamo un giro?”
“Volentieri!”
Si avvicinò alla signora dirigendosi verso
la porta finestra che dava sul giardino.
“Faccio preparare un aperitivo intanto
va bene?”
“Grazie caro!”
Due minuti dopo stavano chiacchierando
seduti tutti e tre attorno ad un antico tavolo in ferro battuto mentre una
domestica serviva loro l’aperitivo.
“Riguardo a prima Rin…”
“Ditemi…”
“Beh…hanno iniziato i lavori la
scorsa primavera…”
“Di chi è adesso il
terreno?”
“Ci sono passato davanti un giorno per
caso non avevo idea ma…”
“Mi dica di chi è ora il
terreno per favore…”
Non se lo sapeva spiegare ma in un certo
senso immaginava, temeva la risposta che le avrebbe dato il dottore.
“Appartiene ai
coniugi…Ryugi…”
“I miei zii?”
Rispose ancor prima di rendersi conto che
ciò che aveva pensato era il giusto.
“….”
“I miei…zii?”
“Si…ho provato a chieder loro
spiegazioni, gli ho chiesto come mai non avessero risposto alle telefonate ne
si fossero mai fatti vivi ma…”
“Non vi hanno risposto…”
“….”
Chissà perché non c’era
rimasta male.
Sostenne gli sguardi dei suoi interlocutori
prima di sorridere e riprendere a parlare.
“Hanno fatto lo stesso con
me…una volta arrivata a St. Thomas, dopo aver trovato casa e ritrovato un
ritmo decente ho provato a scrivere loro una lettera, non ero arrabbiata ma
volevo solo capire…a quella ne sono seguite altre, in tutto una decina mi
pare…”
“Tesoro…”
“Le ho ritrovate tutte assieme nella
busta delle lettere circa tre mesi dopo…erano impacchettate tutte con
degli elastici non ne mancava nemmeno una e non erano neanche state aperte.
Non mi hanno risposto, ma si sono presi la
briga di portarmele sotto casa ed andarsene via….per questo non mi
stupisco neanche tanto…in fondo non ho 18 anni, non rientro nelle persone
da avvisare in caso di….beh di queste cose…”
“Dovresti invece, sei l’unica
erede spetterebbe tutto a te, e diamine se lo so che questo è
l’ultimo dei tuoi pensieri, ma quelli non sono esseri umani
non…”
“Non fa nulla…sto bene
adesso…non c’è bisogno di…”
WOHF!
Ad interrompere il suo discorso
arrivò una piccola palla di pelo nera e arruffata che si infilò
sotto al tavolo passando fra le loro gambe, annusandola e abbaiando a
più non posso cercando inutilmente di saltarle in grembo.
“Da dove sbuchi Tafi?”
“Tafi?”
“Beh è il cane di mio figlio ma
di solito non è così festaiola…”
“Tafi?”
Era troppo presa a fissare quella bestiola
per rendersi conto delle loro
parole e degli sguardi che si erano spostati alle sue spalle sulla soglia della
portafinestra spalancata.
“Oh ciao figliolo come mai già
a casa?”
“Ho dimenticato dei libri e sono
venuto a prenderli quando ‘sta pazza mi è scappata dalla macchina,
non so cosa ha sentito di solito non fa co-”
Non c’era dubbio era proprio lei, il
cucciolo che aveva trovato quel giorno di pioggia in una scatola di cartone
accanto ad un cassonetto proprio fuori dall’Istituto ma che ci faceva li?
Le l’aveva dato a, insomma,
alla fine se l’era preso lui.
“…Rin!?”
Si riscosse sentendosi chiamata guardando
prima il dottore credendo che fosse stato lui a chiamarla, ma poi vedendo che
questo la guardava si, ma non accennava a parlare si girò lentamente
rimanendo letteralmente di sasso.
“Sesshomaru?”
“Che fai qui?”
“…io….non sapevo
che…”
“Che cafone che sei! Non si parla
così!”
“Già figliolo, Izayoi
l’ha incontrata alla stazione stamattina e l’abbiamo invitata a
pranzo…”
Il dottore passò da Sesshomaru a lei.
“Ma non lo sapevi che era mio figlio,
non te lo ha detto?”
“…no…non…”
“Ci andavo a far volontariato forzato
a quell’Istituto, mica a raccontare i fatti miei…”
Ok….non ci capiva più niente,
era ufficiale.
Sesshomaru era il figlio del dottore che
l’aveva aiutata? Era figlio del Signor No Taisho?
Rimaneva muta spostando lo sguardo da uno
all’altro accorgendosi solo in quel momento di ciò che era sempre
stato evidente.
Insomma, non tutti avevano capelli argentati
e occhi ambrati come diamine le era potuta sfuggire una cosa tanto palese?
“Rin tesoro tutto bene?”
“L’hai tenuta
davvero…”
“Nh?”
Tutti e tre la guardarono non capendo a cosa
si riferiva mentre lei aveva detto la prima cosa che le era venuta in mente.
“…l’hai
tenuta….davvero…la mia Tafi…grazie!!!”
Fu tutto quello che riuscì a dire
prima di scoppiare a piangere come una bambina dopo aver preso in braccio
l’animale per stringerlo al petto.
TH
……caspita, di solito non scrivo
così tanto, ma calcolando che son due settimane che ci son dietro
è naturale…se poi contiamo anche che appena credo di poterlo
chiudere mi salta in mente da scrivere dell’altro siamo a cavallo….
Anche ora infatti potrei continuare ma ho
sonno!!!! È l’una di notte e devo portar fuori la mia pantegana a
fare i bisogni sennò inonda casa =)
Perciò ringrazio di cuore Samirina, che ha commentato il chappy
precedente ^w^ !!! spero ti piaccia questo capitolo dato che finalmente Rin e
Sesshomaru si sono incontrati XD bacio stella!!!!!
E ringrazio Celina: certo che si ricorda
di lei, è stata la sua prima “vittoria” di può dire,
poi spiegherò perché =) le ha anche tenuto il
cane….(spiegherò anche la storia di Tafi nel prossimo chappy
don’t worry)
Grazie a coloro che leggono, commentano e
salvano in preferiti o seguite!!!
Tomo arigatou!! E buona notte! ^w^