Tutta la vita davanti

di Elos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oggi - Konoha - Paternità ***
Capitolo 2: *** 13 anni - Kusa - Terra di verde, mare di roccia ***
Capitolo 3: *** 16 anni - Kusa - Di curve, trappole e costoni ***
Capitolo 4: *** 20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Prima parte ***
Capitolo 5: *** 20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Seconda parte ***
Capitolo 6: *** 24 anni - Konoha - Occhi, ricordo, mano. ***
Capitolo 7: *** 24 anni - Konoha - Ricordi, mani. Occhio. ***
Capitolo 8: *** Oggi - Konoha - Paternità / ripresa ***



Capitolo 1
*** Oggi - Konoha - Paternità ***


Be', tutto ciò comincia con Salice che mi convince a partecipare a un concorso sui nuovi personaggi esattamente due giorni dopo che avevo detto "oh, mai più storie con nuovi personaggi".
Di conseguenza, è tutta colpa sua. Io vi prego di fare pressione su di lei (lettere minatorie, ricatti, minacce di rapimento di cani-gatti-criceti-pesci rossi) perché pubblichi anche la sua storia, perché io l'ho letta e voglio rileggerla quando l'avrà scritta di nuovo con quella scena che mi ha promesso.
E me l'ha promessa.

Detto questo, ringrazio Verolax, Arwen88 e Araya94 per la disponibilità, la gentilezza e la cortesia: malgrado il mio catastrofico ritardo hanno accettato di prendersi la storia e correggerla. Le ringrazio anche per avermi permesso di partecipare, perché - dopo qualche iniziale mugugno ad uso e consumo di Salice - mi sono davvero divertita.
Ho un paio di cosine ancora da dire, ma metto tutto a fondo pagina. Buona lettura!






Oggi - Konoha - Paternità




Finisce con il gomito contro la maniglia e la botta le comunica una spiacevole scossa elettrica: protesta con un mugugno insoddisfatto - chi è stato il cretino abissale che ha avuto la gran pensata di mettere una porta chiusa proprio qui? - e butta indietro una mano, staccandola di malavoglia da una delle spalle dell'uomo e premendo alla cieca per aprire. Incespicano un po' nello stuoino steso all'ingresso, arretrando lei butta giù il portaombrelli - il piede di lui si alza con uno scatto dolce a trattenerlo prima che finisca per terra con un frastuono di metallo - e strisciano indietro come un bizzarro animale a quattro zampe lungo il corridoio.
La spinta che lui le dà la schiaccia contro la parete: annaspa un po', la ragazza, cercando di trovare una specie di equilibrio tra la gamba compressa e quell'altra che si è piegata autonomamente, scollegata dal cervello, andando ad allacciarsi attorno al fianco dell'uomo. Gli affonda le mani nelle spalle, ché quei cinque millimetri che li separavano le sembrano un po' troppi al momento, allegramente disinteressata allo spigolo del quadro che le si è appena piantato dolorosamente nella costola.
Lo spigolo smette di farle male cinque minuti più tardi, quando, dopo l'ennesima spinta contro la parete, la cornice si stacca e rovina sul pavimento.
Nota numero uno: trovare una spiegazione ragionevole per giustificare a Kurai il quadro rotto nell'ingresso.
- Forse è meglio se... ci spostiamo altrove. - La voce esce fuori tutta spezzata, perché le labbra dell'uomo si mangiano le sue attraverso la stoffa sottile della maschera, e si mangiano le parole, il respiro, e sembrano maldisposte a staccarsi.
- Mh...? -
- Mh. - Conferma lei. - Non mi spiacerebbe... - Si interrompe quando una delle mani dell'uomo trova finalmente l'orlo della sua maglia - nella testa della ragazza si accende tutto ad un tratto quello che assomiglia terribilmente ad una specie di coro esultante - e si infila a contatto con la pelle. Le occorre un'indescrivibile sforzo di volontà per riuscire ad estrarsi dal groviglio di piacere assurdo nel quale il gesto l'ha cacciata e ritrovare la voce necessaria a concludere: - ... non mi spiacerebbe conservare integra almeno una parte dell'arredamento, non so se rendo l'idea... -
Lui le ghigna contro la gola - quando diamine ci sono finite, le sue labbra, lì? - e, senza nemmeno provare a staccarsi da lei, la spinge verso una delle porte. La ragazza finisce con la schiena contro lo stipite e il mugolio sofferto che le scappa dalle labbra ha poco a che vedere con il piacere.
L'uomo si blocca e alza gli occhi, l'occhio, l'ha tirata su di peso tenendola sotto le gambe ed ora la guarda dal basso verso l'alto:
- Tutto a posto? -
Lei ansima e ridacchia:
- Avevo una costola intera, lì, da quelle parti. - Non appena lui accenna a togliere la mano via dal suo fianco, pelle contro pelle, la ragazza si affretta ad inchiodargliela lì dove si trova, stringendogli il polso: - Non ci provare, caposquadra, o ti strappo l'occhio che ti è rimasto. -
Per sottolineare il concetto gli allaccia le gambe attorno alla vita, cercando di imprigionarlo. L'uomo pare scarsamente dispiaciuto dalla cosa, perché le si strofina addosso.
E' caldo, ed ha un buon odore un po' aspro - devono essere state le due rampe di scale salite discretamente di fretta - e un po' verde, come l'odore di Kusa, boschi che si infilano nelle strade e ci si perdono dentro, e quell'odore sa tanto di nostalgia.

Gli affonda le mani tra i capelli - brillano anche nel buio, sembra, disumanamente chiari, argento chiaro - mentre lui la solleva di peso, staccandola dallo stipite e decidendosi a trasportarla attraverso la stanza. Si trova sdraiata sul tavolo, piacevolmente oppressa, e non è che abbia una gran voglia di protestare - la voglia viene via con le labbra che si aggrappano alla sua gola e sembra che vogliano divorarle il sangue senza rompere la pelle né la stoffa, e poi scendono, denti, la clavicola, ancora pelle, quella più morbida - però proprio non riesce a farne a meno:
- Guarda che ho un letto, sai? Siamo... - Le dita dell'uomo trovano sul suo corpo la fibbia che tiene su la maglia di rete e le strisce di stoffa dell'imbracatura. Armeggiano e la aprono, e lei si chiede, oziosamente, dove sia precisamente finito il giubbetto da jonin. - ... siamo ancora in grado di permettercelo, quello... -
- Kami! - Geme lui, più sconcertato che seccato, alzando la testa quel tanto che serve per guardarla in faccia. - Parli più di Naruto, e non credevo fosse umanamente possibile! -
Lei protesta lamentosamente, inchiodandolo nuovamente tra le gambe per impedirgli di ritrarsi:
- Sei troppo vestito! Se tu fossi meno vestito io starei più zitta! -
C'è ancora la maschera di mezzo, uno strato sottile di stoffa che si tende elastica sulla bocca e sul mento nascondendogli l'espressione: però, malgrado il buio, malgrado l'impiccio, si vede benissimo il sorriso che affiora, più un ghigno che un sorriso, mentre gli occhi, l'occhio, si socchiude divertito.
- E' un bel problema. Però credo si possa risolvere. -

E ci si adopera in tal senso, subito dopo, con le dita di lei che si chiudono attorno al bordo della maschera e la abbassano, e quello è un gesto più intimo che spogliarlo dei calzoni, e la mano dell'uomo che si stringe attorno al manicotto del braccio destro e con uno strattone lo tira via, la stoffa contro la pelle rovinata sembra quasi bruciare - freddo aria niente nuda - e le scappa un mezzo gemito.
Le strofina il braccio con gentilezza tra le dita lunghe, e non è che lei sia una cosina di quelle piccole, né esile né sottile, niente a che vedere con un giunco da spezzare, ma le mani dell'uomo sono comunque piacevolmente grandi e non sono ruvide per niente contro la carne delicata.


Restano un po' sdraiati sul tavolo anche dopo.
Il dopo è la parte che lei preferisce. Cioè: il prima è favoloso, sempre, e il durante è qualcosa che leva il fiato e le fa passare ogni voglia di protestare, obiettare o scherzare, con il calore che monta da una qualche parte che è giù però è anche vicina al petto, ma il dopo è meglio.
Il dopo è che lui rimane caldo un po' più a lungo di quanto non faccia il corpo di lei, e le si abbandona addosso con una specie di stanchezza fiduciosa.
Le rimane a respirare contro il collo, e la sensazione delle sue labbra senza maschera contro la pelle è qualcosa di indescrivibile, poterlo avere così è - semplicemente - assurdo e magnifico. E' qualcosa che le fa dimenticare quanto è scomodo il tavolo e quanto sia fredda la notte.
Nota numero due. Si dice improvvisamente. Pulire bene il tavolo prima che Kurai rientri.

- Kakashi? -
- Mh? -
D'accordo: Kakashi Hatake non è un tipo comunicativo. In genere si sforza per sembrarlo. Fa fatica, preme su sé stesso, per dare l'impressione di essere almeno due gradini sopra il livello di cortesia minimo per una civile quanto faticosa convivenza con il mondo.
Non è sgarbato, non è arrogante. E' un po' orgoglioso - tipico dei geni, pensa spesso Yoru con una punta di divertimento - ma sa riconoscere un errore ed è sempre pronto ad attribuirsene la responsabilità. E' solo che Kakashi proprio non ci sa fare con le persone. Non gli piace dover avere rapporti con loro in un certo modo: i convenevoli, le gentilezze, i modi di dire e di fare, i cerimoniali, le convenienze... Quando tutto questo diventa un po' troppo, Kakashi sorride.
Yoru l'ha conosciuto proprio nel periodo in cui Kakashi aveva cominciato a fare così: un sorriso per ogni problema, con la maschera che lo piega e lo esalta e quel sorriso che entra a farne parte, mascherata, divenendo finzione. E' una finzione di quelle buone, però: fatte per non ferire, fatte per cercare di comprendere, fatte per cercare di avere un rapporto più normale, più umano, perché a Kakashi certe volte spiace non riuscire ad esserlo come vorrebbe.
Gli spiace malgrado la maschera - contraddizione, pensa Yoru, che però capisce.
Comunque non è comunicativo. Dopo in genere è ancora meno comunicativo, perché è stanco, in pace, parlare non gli piace.
Yoru soffoca insieme un ghigno e uno sbadiglio:
- Stiamo sempre a casa mia per una qualche ragione particolare? Voglio dire, so di avere dei mobili straordinariamente comodi, ma è solo per questo? -
Kakashi bofonchia:
- Ti è tornato già tutto quel fiato, Yu? -
- Invecchi, Kakashi. Una volta saresti stato già pronto per un secondo giro. -
- Yoru... -
Lei si aspetta che lui se ne esca fuori con qualche commento un po' esasperato, un po', suo malgrado, divertito: e invece Kakashi si tira su, facendo leva sulle braccia, e la guarda in viso.
- Ti sei mai chiesta che cosa si prova ad avere un figlio? -

D'accordo: questa non se l'aspettava. Yoru rimane per un po' a bocca aperta, senza neanche preoccuparsi di tirare il fiato, finché il bisogno d'aria non la costringe ad inghiottirne un po': si strozza quasi per la fretta, annaspando con una risatina incredula e incerta.
- Kakashi... da dove ti è uscita fuori, questa? -
Gli occhi dell'uomo sopra di lei si socchiudono, per un attimo; si chiude quello nero, che nell'ombra è a malapena visibile, buio nel buio, e quell'altro, l'occhio del guercio, rosso e fiorito di segni che si muovono in circolo al suo interno:
- E' nato il bambino di Kurenai Yuhi. Il figlio di Asuma Sarutobi. E' sempre un po' strano vedere il figlio di un ninja, no? -
- Mah... - Yoru alza una mano, lentamente, per passarla sulla fronte dell'uomo e scansargli una ciocca chiara che il sudore gli ha incollato alla pelle. - ... non lo so. Neanche troppo, credo. Voglio dire... Noi due lo siamo. Non è detto che noi si muoia sempre prima di vederli, i nostri figli: se così non fosse, Konoha non esisterebbe. No? -
E poi, con un mezzo sogghigno che sembra un tentativo di riportare l'atmosfera a prima, al momento di calore e sudore dove erano stati bene e non c'era stato niente e nessuno con loro:
- Cos'è, caposquadra? Un improvviso desiderio di paternità? -
Gli occhi dell'uomo si riaprono, tutto ad un tratto, e Yoru pensa che le piacciono, asimmetrici e incompleti, con quel nero e rosso dentro che spicca contro la pelle chiara, la testa chiara, e anche l'occhio dello sharingan che solleva tante dicerie, tante malignità, per lei è solo l'occhio che in battaglia protegge i suoi compagni, ha protetto lei e Kurai e chissà quanti altri, ed un dono così è un dono buono, nulla che possa essere malvagio o innaturale.
Lui si china e le domanda placidamente, con un tono di noncuranza che stona con gli occhi vigili e attenti: - E se anche fosse? -


Si chiamava Yoru Kitamori.
La prima volta che l'ho vista avevamo tredici anni tutti e due: ma se i suoi erano stati tutto sommato lievi e l'avevano graziata, i miei pesavano come se invece che tredici fossero stati centotrenta.
Aveva il viso intatto e un corpo da adolescente maschio tutto ossa spigolose e curve mancate, alto precisamente quanto quello del fratello, Kurai, che, d'altronde, era uguale a lei in tutto e per tutto.

In quei giorni che abbiamo passato insieme Yoru diceva spesso - scherzando, ché scherzare le è sempre piaciuto - che i loro genitori dovevano aver deciso al momento del concepimento che una cosa perfetta andava buttata giù almeno in duplice copia, per essere preservata intatta per ogni evenienza.
- Se uno di noi due, poniamo caso, finisse con il naso contro una padella... - Se ne uscì fuori una volta. - ... la bella faccia che ci ritroviamo rimarrebbe così com'è sull'altro. -
Kurai sembrava seccato, ma Kurai sembra sempre seccato, e lei ghignava nel dirlo:
- E' meglio che guardarsi allo specchio, al mattino! -

Strano come tutto ciò sembri così simile ad una voce di profezia, a guardarlo con gli occhi di oggi.





Note

Al momento di pubblicare, grazie ai commenti puntuali di Araya94, Arwen88 e Verolax, mi sono trovata davanti alla scelta: correggo o non correggo?
Alla fine ho optato per una via di mezzo.
Qualche correzione (grammaticale, distrazione, errori di battitura, Orrori di ortografia e via discorrendo) ci sarà; ma per quanto riguarda le scelte di forma e stile non toccherò niente. Preferisco lasciarla così com'è, e così com'è stata giudicata.
Per il bando, i giudizi e i punteggi delle quattro storie partecipanti il link di riferimento è: Kakashi loves... SORPRESA!"
Questo, invece, è il link della storia di the forgotten dreamer, che l'ha pubblicata stamane:
Remember
Al prossimo capitolo e ancora grazie a chi mi ha permesso di giocare!

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Capitolo 2
*** 13 anni - Kusa - Terra di verde, mare di roccia ***





13 anni - Kusa - Terra di verde, mare di roccia




C'è un profluvio rigoglioso e metodico di verde da quelle parti, che è quasi troppo per essere contenuto tutto negli occhi: un'orgia di colore vellutato ed uniforme che cresce in una distesa d'erba alta sino ai fianchi e, perso lì sopra a specchiarcisi, anche il cielo sembra verde, e pesante, carico di pioggia.
Camminano in silenzio uno dietro l'altro, con il ninja medico a chiudere la fila e sua sorella a precederlo nel mezzo; Kakashi li ha distanziati di qualche passo, avanzando sveltamente nell'erba folta.
Se Yoru, la ragazza, nel presentarsi ha abbozzato un inchino con uno sfoggio di sommaria formalità, sorridendo con quella che sembra una contentezza sincera, Kurai si è limitato ad assentire brevemente alle parole della sorella.
Lei - lui? - loro sono qualche centimetro più bassi di Kakashi, con i capelli neri raccolti in un ciuffo morbido sul lato sinistro della testa e visi sottili e perfettamente, completamente, inequivocabilmente identici.
Hanno gli stessi vestiti, la stessa veste bruna, gli stessi calzoni scuri. Hanno le stesse fasce sulle braccia, le stesse sacche alla cintura, lo stesso coprifronte con la foglia annodato attorno al collo. I lineamenti sono gli stessi, la corporatura è la stessa. Stanno tanto vicini l'uno all'altra che le braccia si sfiorano. Parlano, gesticolano, si muovono in simbiosi: si completano i gesti a vicenda senza nemmeno guardarsi ed è, be', inquietante.
Sono stati assegnati come squadra a Kakashi perché sono nati ai confini tra il Paese del Fuoco e le terre di Kusa, e conoscono la zona molto meglio di altri. Per il resto, di loro Kakashi sa solo che Yoru è stata promossa chunin da meno di un mese e che suo fratello è un bravo medico. Yoru - che si è rivelata una compagnia straordinariamente ciarliera - gli ha spiegato che in genere li mandano insieme ovunque - per qualcosa che ha a che fare con la distribuzione del chakra, Kakashi non ha ben compreso: ha annuito educatamente per tutto il tempo, senza curarsi in realtà di registrare nulla dopo la trececentoventunesima informazione superflua giunta in un minuto netto.
Ha sorriso di fronte alle chiacchiere di Yoru e di fronte all'atteggiamento neanche troppo vagamente indisponente di Kurai, con il sorriso ad alzare i bordi della maschera e l'occhio, il solo visibile, che si chiude, il capo piegato su una spalla. Non è sicuro che risulti del tutto naturale, ma è quanto di meglio riesce a produrre al momento.
E' strano sorridere loro - non gliene importa poi molto né dell'una né dell'altro - quando non sono passati neanche sei mesi dall'ultima volta che ha visto Obito - Obito al quale non ha mai sorriso - o Rin - neanche a lei, mai, mai, e magari se le avesse sorriso sarebbe riuscito a toglierle di dosso un poco di quel peso che sembrava averla schiacciata al ritorno dallo scontro sul ponte.
La voce acuta di Yoru Kitamori attira la sua attenzione:
- Quello è il villaggio che cerchiamo, caposquadra. -
E' un conglomerato di casupole di legno scuro che paiono emergere come funghi o isole in tutto quel mare verde. La recinzione è alta quanto un uomo, con sommità appuntite ed uno sgangherato portone che in caso d'emergenza si può richiudere verso l'interno. Chiamarlo villaggio è, viste le dimensioni, quantomeno ottimistico.
Si guarda intorno in cerca di campi coltivati, risaie, fattorie, una qualunque presenza che giustifichi la permanenza di esseri umani in zona, ma, eccezion fatta per un branco di vacche che, a dispetto di tutta quell'erba rigogliosa, sfoggiano un aspetto non troppo florido, non c'è altro.
C'è anche da chiedersi che cosa voglia Iwa da un posto come questo: ma, così vicini al confine, qualunque bersaglio è dopotutto un buon bersaglio.
- Conoscete qualcuno, lì? -
- Il capovillaggio. - Risponde Yoru. - E' un brav'uomo. Vedovo, con tre figli. Aveva segnalato altri attacchi anche in passato alle squadre di confine. -
- E sta arrivando. - La voce di Kurai, in fondo alla fila, è sempre piuttosto atona, appena un filo troppo brusca per essere cortese. Indica il villaggio e l'uomo che, uscito dal portone malmesso, arranca zoppicando verso di loro attraverso il mare d'erba.
Kakashi lo guarda, quel viso impassibile e un po' chiuso, scontroso e vagamente arrogante, e si chiede se qualche volta anche la sua voce è suonata così alle orecchie di Obito.
Non gliene è mai importato, prima. Ma pensarci adesso è solo dolore.

Il capovillaggio ha assegnato loro il secondo piano di una delle case più alte del villaggio: ha finestre su tutti e quattro i lati ed è alto a sufficienza da permettere di far spaziare la vista oltre la palizzata, sul mare d'erba mobile. Il verde ondeggia ad ogni colpo di vento, sfumandosi di blu o d'oro a seconda di come il sole al tramonto lo colpisce.
Kurai è salito sul tetto per andare di guardia e Yoru e Kakashi sono rimasti dentro a spartirsi quel che resta di una cena piuttosto frugale.
- Non hanno molto da condividere, in questo periodo. - Esclama Yoru tutto ad un tratto, spezzando il silenzio su una magra ciotola di riso. Pare voglia giustificare la cosa, come fosse colpa sua. - La guerra non ha lasciato loro molto, e gli scambi con l'esterno sono interrotti da anni. -
- E' così dappertutto. -
Yoru inclina il capo da una parte, e Kakashi ha l'improvvisa, nitida impressione di aver detto la cosa sbagliata. Ha cercato di trovare una frase per comunicare il suo assenso con quello che lei stava dicendo - qualunque cosa precisamente fosse - per tentare di essere cortese, ed ha pensato che assentire semplicemente, standosene zitto, potesse sembrare un po' secco.
Adesso che si riascolta, però, ha la sensazione che la sua risposta possa essere sembrata un'accusa indiretta: è così dappertutto, quindi che non si lamentino, oppure è così dappertutto, inutile parlarne o, peggio ancora, è così dappertutto, hai detto una cosa ovvia.
Non gliene importa molto di Yoru - non gliene importa molto di nessuno se non di pochi, tra i vivi e i morti - ma gli dispiace che sia così, vorrebbe che gliene importasse. Pensa che Obito non apprezzerebbe. Pensa che Obito vorrebbe che lui parlasse di più, socializzasse, che le cose che gli importano fossero di più.
Si schiarisce la voce, spiegandosi stentatamente:
- Intendevo dire che hai ragione. Sono stati gentili a offrirci vitto e alloggio. -
Vitto e alloggio. Kami, forse sarebbe stato più appropriato dire semplicemente cena? O magari sarebbe stato meglio lasciar perdere la prima frase? Fare apparire il proprio assenso come semplicemente scontato? Cosa è più opportuno fare?
Complicato. Gli viene da mugolare interiormente per il disappunto. E' inutilmente complicato!
Yoru, però, tiene la testa inclinata da una parte e gli sorride ancora. Sorride spesso - continuamente, a dire il vero - ed è un sorriso simpatico. Lei ritorna a rovistare nella propria ciotola, spolverandone accuratamente il fondo da qualunque chicco di riso possa essere sfuggito ad un primo passaggio.
- Come mai la maschera, caposquadra? - Si informa subito dopo, il tono distratto, prima di aggiungere: - Se posso chiedere. -
Kakashi si irrigidisce lievemente: ma il disturbo di dover rispondere qualsiasi cosa gli viene risparmiato dalla testa di Kurai, che, sporto dal tetto, fa tutto ad un tratto capolino attraverso una finestra.
- Arrivano da nord. - Sentenzia laconicamente. - Sono in tre. Hanno i coprifronte di Iwa. -

Sono tre, in effetti, come ombre brune che scorrono attraverso i flutti d'erba mossa, scuri nella luce d'ambra del tramonto. Procedono verso il villaggio con sicurezza, come non avessero visto le tre sentinelle adesso appostate a guardare sul tetto della casa o come si sentissero sufficientemente forti da poter essere noncuranti.
La cosa migliore, valuta Kakashi, è bloccarli in mezzo alla pianura: è vero che il terreno giocherebbe lì a favore degli avversari - che devono essere maggiormente abituati a tutto quello spazio aperto e senz'alberi, vuoto di verde - ma è preferibile comunque stare il più possibile alla larga dal villaggio, per non coinvolgere gli abitanti.
- C'è da intercettarli prima che arrivino alla staccionata. -
Yoru si offre, alzando una mano:
- Posso andare io, caposquadra. -
Sarebbe la cosa migliore. La ragazza è dopotutto una chunin, non proprio schifo, e sarebbe ad ogni modo meglio - a suggerire questo è una parte di sé che Kakashi preferisce ignorare il più possibile, ultimamente - mandare qualcuno a far da esca per spingere i nemici a mostrare cosa sanno fare.
Il pensiero di Obito cancella la voce che suggerisce quelle cose così pacate, intelligenti e fredde, e Kakashi scuote la testa:
- Vado io. Yoru, tu resta sulla palizzata nord e vienimi in supporto in caso di necessità. Kurai, rimani qui e sorveglia tutta la zona. Potrebbe essere una trappola per portarci allo scoperto mentre attaccano il villaggio. -

Yoru obbedisce senza una parola, ma Kurai ha una smorfia che pare insieme tensione e fastidio, mentre segue con gli occhi la sorella che si allontana. Resta però al suo posto sul tetto, gli occhi che spaziano attorno per sorvegliare il nulla che circonda il villaggio.
Kakashi scavalca la palizzata sulla cima della quale Yoru si ferma, acquattata con le ginocchia piegate e le mani aggrappate al legno aguzzo, e muove oltre nel mare d'erba. Fa scivolare sulla fronte la placca di metallo con il simbolo della foglia, scoprendo l'occhio di Obito, perché preferisce essere prudente ora che non pentirsene poi. Brucia un po' alla luce - è stato coperto molto a lungo, stavolta, perché è passato del tempo dall'ultimo scontro - e Kakashi fatica sempre a metterlo a fuoco.
Ma ci sono lui e Obito che guardano attraverso quest'occhio: ed è una delle ragioni per le quali combattere è ancora tollerabile.
In battaglia c'è Obito con lui, è quell'occhio, e ci sono le mani di Rin che l'hanno fuso al suo corpo e quelle di Minato che l'hanno salvato e sollevato dopo il crollo della grotta.
In battaglia è come se fossero tutti lì attorno, con lui: si affollano e chiamano e sono presenti, non lo lasciano da solo, ciascuno gli ha dato qualcosa di sé.
Sono le dita di Minato che guidano le sue attorno all'impugnatura del kunai, ed è Rin che lo bilancia come faceva lei - come si chiedesse sempre lo lancio o non lo lancio? - e la lama gli rimane sospesa in mano un minuto di più mentre guarda con l'occhio di Obito cosa fanno i suoi nemici.
Lancia e segue, e il suo corpo guida: una parte di lui è dentro la pupilla, nera nel rosso, a guardare cosa succede con distratta partecipazione mentre le sue mani si muovono e scattano. Trova sotto le dita lo sterno di uno e colpisce con un kunai che affonda nella pelle - il primo è andato a vuoto - fa scivolare indietro il busto perché la tecnica dell'altro gli passi sopra la testa, e quando la terra comincia a tremare salta da una parte per non finire con i piedi nella faglia che si è aperta.
Sembrano mediocri - sono mediocri - c'è una vocina sottile e aguzza, in lui, che ne sembra quasi infastidita: ma poi sente un grido d'allarme, breve e rauco, provenire dal villaggio alle sue spalle. Gira la testa e fa in tempo a vedere il ninja che, mimetizzato con una qualche tecnica fino a quel momento nell'erba alta, sotto la terra, salta sulla palizzata e punta a superarla.
Yoru gli va incontro, correndo sul bordo di legno, e Kakashi vorrebbe essere improvvisamente e qui, qui a finire lo scontro e lì a impedirle di danneggiarsi, in qualunque modo, che combatta meno che può e che non si faccia male, perché sono due perfetti sconosciuti dei quali gli interessa meno di niente, ma sono la sua squadra. Se avesse badato meglio alla sua squadra Obito e Rin sarebbero davvero con lui, ora, e non solo nel vento.
Il tempo che scorre lento nella sua testa è un frusciare rapido sull'erba: un nemico l'assale e gli fa ritrovare la concezione del luogo e dello scontro; ma riesce a girarsi, combattendo, quel tanto che serve a tener d'occhio il villaggio.
Arrivo subito. Si dice, serrando i denti. Mezzo minuto. Datemi mezzo minuto. Sulla palizzata Yoru ha colpito l'avversario, ricacciandolo giù, e si prepara a respingerlo di nuovo. Meno di mezzo minuto. Kakashi colpisce alla nuca un secondo avversario: quello non va a terra come dovrebbe, e allora scalcia di nuovo, ancora, e salta sul terzo per impedirgli di completare di nuovo la tecnica che smuove la terra.
Yoru scivola accovacciata, accartocciata e come contratta, e rilascia tutta sé stessa nel tallone che urta con violenza il nemico, buttandolo ancora giù. Gli lancia dietro le lame sottili dei kunai, e malgrado la distanza si sente benissimo l'urlo di dolore: l'ha colpito.
Ce n'è un altro, però, che emerge dalla terra e l'attacca alle spalle, ed anche il suo compagno, con un braccio penzolante lungo il fianco, risale la palizzata per andarle addosso.
Kurai, in piedi sul tetto, è immobile come una statua: osserva solo e non si muove.
A Kakashi vien voglia di imprecare.
Va' ad aiutarla! Gliel'ha ordinato lui di star fermo lì, e adesso vorrebbe non averlo mai detto. Va' ad aiutarla, di corsa, veloce!
Il terzo che si contorce sotto le sue braccia gli svicola da sotto, colpendolo all'addome con forza tale da levargli il fiato. Salta indietro e, mentre il suo compagno si butta su Kakashi per trattenerlo, disegna rapido le posizioni con le dita. Appoggia le mani a terra ed a levarsi, tutto ad un tratto, è un'onda bruna e verde di terra e roccia che solca il mare d'erba e cresce, cresce, cresce, muovendo verso il villaggio.

Accovacciato con una sensazione di nausea debole come un'eco a rafforzarsi dentro il suo stomaco, Kakashi prepara il Mille Falchi.
Lo stridore che si leva sembra percuotere la terra e il vento, l'energia crepitante che gli fa sfrigolare la pelle a contatto con i vestiti.
Quello sulla staccionata è Obito. Questi sono quelli che l'hanno ucciso, e la terra è - com'è stata - quella che gli si è chiusa sopra e intorno sino a spezzarlo e schiacciarlo. Obito non c'era già più quando Rin gli ha tolto l'occhio: era già oltre. Però Kakashi ha avuto il tempo di vedere le rocce serrarglisi attorno, di avvertire il lucido dolore al pensiero che lo stava abbandonando. Lo faceva per Rin, lo faceva perché non c'era altro da fare, ma lo abbandonava.
Il Mille Falchi non basta a scaricare tutto lo schifo che sente a quel pensiero.
Attraversa con la mano il torace di quello che gli sta addosso e, senza quasi badare, lo scaraventa addosso al suo compagno. Corre lungo l'onda di terra ed erba che però è più veloce, lo precede. Questione di istanti. Questione di istanti, secondi, frazioni, e sarà sul villaggio: sul villaggio e su Yoru e Kurai.
Vorrebbe urlare loro di scappare, ma in tutto quel fragore di pietra smossa non lo sentirebbero.
Yoru scivola dalla staccionata e sembra sia caduta: i suoi avversari le saltano dietro - e Kurai ancora non si muove - e lei cade con le gambe piegate e le mani sulla terra - Kurai non si muove, non si muove! – ed è mezza nascosta dall'erba, ma Kakashi vede benissimo l'uomo di Iwa più vicino alzare il braccio con la lama e mirare a lei.
Lo travolge con il braccio del Mille Falchi, scaraventandolo contro la palizzata di legno con forza tale che le assi si incrinano, spezzandosi.
Urla a Yoru:
- Via! -
S'aspetta che lei obbedisca e scappi prima che l'onda d'erba sia loro addosso - ed è altissima, adesso, più alta della palizzata e più alta della sommità delle case, immensa - e invece lei tira su la testa e lo guarda con occhi vacui, come non capisse bene, e poi alza le mani e, be', insieme alle mani viene su la terra, la roccia che c'è sotto, il verde che c'è sopra, tutto: una muraglia compatta che si erge di fronte al villaggio, e mentre Kakashi spacca con il Mille Falchi la cassa toracica dell'ultimo avversario di Yoru, l'onda d'erba la fa tremare al momento dell'impatto.
E' come un debole terremoto che scuote le case e la palizzata alle loro spalle, ma si spegne presto.
Kakashi, affannato, non riesce a far altro che guardare la meraviglia che Yoru ha tirato su e che ha impedito alla tecnica di quel figlio di donna dai facili costumi di Iwa di ridurre il villaggio ad una corposa composta di legno frantumato - con gli abitanti dentro, ovviamente - e si rende nebulosamente conto che la cosa migliore da fare sarebbe sciogliere la tecnica del Mille Falchi e andare su a controllare che al villaggio vada tutto bene, però non trova proprio la presenza di spirito necessaria, al momento.
- Caposquadra? - La voce di Yoru è un pigolio affaticato che gli fa riabbassare lo sguardo bruscamente. La ragazza se ne sta ancora rannicchiata, con le mani insanguinate poggiate sulla terra e le dita affondate nell'erba molle. - Kurai ne vede altri in arrivo da ovest. Sono in cinque. -
Kurai ne vede. C'è qualcosa di stonato nell'affermazione, ma Kakashi si sente tanto - immensamente - sollevato per il fatto che non sono morti, nessuno della sua squadra è ancora morto, che fatica a connettere le idee:
- Kurai ne vede...? - Fa eco, solo, il tono opaco.
- Msì, caposquadra. - Yoru pare sorpresa: - Quella cosa che io e Kurai, ecco, funziona che se lui guarda e si concentra vedo anche io, e viceversa, perché siamo gemelli, credo. Crediamo. Non ne siamo sicuri, però funziona. Funziona anche con il chakra. Anche con le cose che si ascoltano. - E poi, mentre la sorpresa si fa un poco vergognosa: - Non te l'ho detto? -
Kakashi scuote la testa, stancamente:
- No. Non l'hai fatto. -
Yoru sgrana gli occhi, stupita:
- Oh. Io... be', io credevo di averlo fatto. -
Aveva sprecato quasi mezz'ora a blaterare sull'odore di mucca che si sentiva nel sottotetto, sul fatto che doveva essersi scordata la coperta da qualche parte perché non la ritrovava - e invece era nel fondo della borsa - sui dintorni di Kusa e su quanto fosse meravigliosamente spaesante tutto quel verde, destabilizzante, sulle risaie che una volta c'erano ed ora non più, ma quel piccolo particolare doveva esserle evidentemente sfuggito dalla testa.
Dalla gola di Kakashi emerge una specie di mezzo sospiro rassegnato. Allunga una mano e l'appoggia sulla muraglia di terra che vien fuori dal mare verde d'erba:
- Bella tecnica. - Afferma, quieto.

Yoru e Kurai, questo l'ho scoperto nei giorni successivi, erano in grado di trasmettersi vicendevolmente il chakra. Yoru ne possedeva una quantità meno che mediocre, a malapena sufficiente per le tecniche di base; Kurai, al contrario, era sorprendentemente dotato. Era un po' come se l'uno avesse risucchiato il chakra all'altra nel ventre, prima ancora della nascita, e così glielo restituiva ad ogni scontro: e le dava una seconda coppia d'occhi che la seguiva - un po' come quell'occhio di Obito che mi segue sempre - mentre combatteva, permettendole di guardarsi le spalle. Non l'ho mai trovato inquietante. Io - io e quel che in me è di Obito - li capiamo.
Yoru si rischiara in viso:
- Grazie, caposquadra! -
Pensa che dovrebbe dirle di smetterla di chiamarlo così: ma c'è Kurai e - ecco che le priorità tornano giustamente al loro posto - i nemici che arrivano.
- Sei in grado di combattere? -
A quella domanda lei salta in piedi come se non se ne fosse stata rannicchiata ad ansimare fino a quel momento, balzando su per la staccionata e fermandosi ad osservarlo solo dalla cima: se non altro, riflette Kakashi oziosamente, non difetta d'entusiasmo.
Passa la mano ancora una volta sulla muraglia di terra, e la sente compatta e resistente sotto le sue mani. Protegge. Si dice. Ripara.
Bella tecnica.


La tecnica di Yoru si chiama Porta della Terra: è una tecnica di richiamo e di sacrificio che prevede che il sangue si versi in misura direttamente proporzionale alle dimensioni della barriera che si vuole ergere.
Non era - è - niente di speciale, ma lì, in quel momento, mi piacque. Forse perché aveva appena impedito che la mia squadra venisse sterminata - di nuovo - o forse perché era una tecnica di difesa, una tecnica come uno scudo, ed io non ne avevo mai imparate di simili.

Qualche anno più tardi mi sarebbe stata insegnata da qualcun altro una tecnica che non era proprio la sua, perché la Porta della Terra era frutto di Yoru e di Kurai, grossolana e spontanea, opera loro: ma una tecnica che ci assomigliava - come uno scudo - e che mi sarebbe servita tante e tante e tante volte. Perché ci tenevo alle mie squadre, adesso. Sapevo di tenerci.
Volevo restassero vive.

Ed era proprio una bella tecnica, quella.





Note

In questo capitolo c'è stato un passaggio che tutte e tre le giudici mi hanno segnalato in quanto sgradevole: ossia quel non proprio schifo riferito alle capacità di Yoru.
Era pensato inizialmente per essere molto colloquiale, qualcosa che fosse coerente in quanto pensiero (di Kakashi, in questo caso): mi spiace non abbia reso l'idea! Ho deciso di tenerlo perché non è errore grammaticale o di battitura, e preferisco conservare il più possibile la stesura originale del concorso.

Torno a segnalare, prima di passare alle risposte ai commenti, il link dove si possono recuperare bando, giudizi e punteggi delle quattro storie partecipanti:
"Kakashi loves... SORPRESA!"

Al prossimo capitolo e ancora grazie a chi mi ha permesso di giocare, a chi legge e a chi commenta!


Salice: Tu mi hai costretta! xD E' coercizione psicologica, tu lo sai che non puoi chiedermi le cose facendo la vocina dolce e pretendere anche che io dica di no, è impossibile! Io spero tanto che Kishimoto non decida mai di trasformar Kakashi in un papà. Sarebbe tremendo. O.o Cioè, non riesco neanche ad immaginarlo.

the forgotten dreamer: Maggrazie! *_* Grazie davvero per tutti i complimenti!

araya: Grazie di cuore, detto da uno delle giudicesse (xD) fa malissimo al mio ego, che poi si monta e si gonfia, però io ne sono tanto contenta. Nel caso gli attappo le orecchie (sempre all'ego) e ascolto solo io!

Hinata_Dincht: Sì, non so se dipenda dalla maschera e dal fascino del misterioso, tipo Zorro, o dall'atteggiamento da imbranato desolato, ma in un fumetto dove i personaggi maschili bellissimi si sprecano e abbondano, be', Kakashi spicca malgrado tutto. xD Kurai, purtroppo, a me non sta simpatico per niente: mi ricorda sfortunatamente qualcuno che ho moooooolto vicino. Grazie per i complimenti! ^^

verolax: Oltre a ringraziarti ancora per la cortesia che mi hai dimostrato malgrado il ritardo catastrofico, più che disastroso, lo faccio anche per il punteggio decisamente lusinghiero e per i commenti più che graditi, tutti. ^^
Se per il "non proprio schifo" ho spiegato sopra la mia scelta (e il "poterli ignorarli" lo correggerò, grazie davvero! xD), il "vienimi in supporto" era preso proprio da una puntata dell'anime di Naruto (tra l'altro una delle poche che ho seguito), traduzione italiana. Anche se, effettivamente, è fastidioso da sentirsi! Il te era in effetti una scelta voluta... in certi casi, almeno. O.o Sto rileggendo per controllare, però, non vorrei averlo sparso come semina! E tu non puoi capire fino a che punto sia contenta che ti sia piaciuta la descrizione di Iwa...
Per quanto riguarda cavi ed elettricità in Naruto: al capitolo 330, per fare un esempio, numero 37 dell'edizione italiana, nella scena in cui Shikamaru annuncia a Kurenai della morte di Asuma sono inquadrate centraline elettriche e cavi sulla destra; Naruto ha un frigorifero, poi, e nel numero 7, capitolo 57, Gaara, Temari e Kankuro vengono ripresi da telecamere di sorveglianza, collegate a dei cavi. Più che altro, a Suna mi pare non se ne vedano mai! O.o
Ancora, davvero, grazie! ^^

slice: Grazie grazie grazie! *_* Soprattutto per l'italiano... (*finge di ignorare d'aver scritto per tutto il tempo "qualcun'altro" con l'apostrofo... coff coff!*).

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Capitolo 3
*** 16 anni - Kusa - Di curve, trappole e costoni ***





16 anni - Kusa - Di curve, trappole e costoni




C'è qualcosa di stranamente familiare nel modo in cui se ne sta appollaiata su quel costone aguzzo di roccia, più un'impressione che un ricordo, con quelle gambe flesse verso l'esterno, le punte delle dita e dei piedi che reggono il peso del corpo e le spalle ripiegate verso la testa mezza inclinata da un lato.
Porta il coprifronte sulla gola, il simbolo tutto da una parte, e i capelli raccolti in un ciuffo sparato nella direzione opposta: anche alla luce danzante di una luna nuvolosa si vedono brillare il metallo e gli occhi, che affiorano a malapena dalla frangia.

Avrei dovuto essere sorpreso di trovarmela davanti. Incontrarla di nuovo da quelle parti, con tutte le squadre che c'erano di stanza ai confini, sembrava una possibilità tanto lontanamente remota che...
Diciamo solo che era improbabile.
Avrei dovuto essere sorpreso. Però non ero sorpreso. Non quanto sarebbe stato ragionevole esserlo.

E' che avevo pensato a loro - lei, il fratello, la mia ultima squadra quasi normale - nell'esatto momento in cui avevo messo piede nelle terre di Iwa: così, a vederla, avevo pensato per un attimo che fosse sbucata fuori dritta dritta dalla mia testa.


- Vi stavo aspettando. -
Sorride esattamente come Kakashi ricorda, allegra e trasognata, mentre si lascia cadere dallo spuntone di roccia di fronte alla squadra in arrivo. Anche i vestiti sono come lui ricorda: vestiti da uomo, che sarebbero andati bene sia addosso a lei che al fratello, e anche l'andatura un poco dinoccolata da persona troppo alta è la stessa.
Quel che lui non ricorda e che è, diamine, una sorpresa sono quelle - diciamo - curvilineità all'altezza del torace e dei fianchi che, ne è sicuro, tre anni prima non c'erano state. E' certo che non se ne sarebbe dimenticato, nel caso.
E' intensamente soddisfatto, al momento, di essere entrato negli ANBU: ANBU con una comodissima divisa dotata fortuitamente di una provvidenziale maschera di legno che copre la sua faccia, tutta, così che il sangue che gli è andato al viso non si vede affatto.
E' l'adolescenza, si dice con rassegnazione, adolescenza e ormoni. Con la maturità passano.

Una cosa è certa: difficilmente potrebbero scambiarla, ora come ora, per il fratello.

- Il passaggio corre attraverso le montagne. E' il modo più veloce per tagliare oltre il Paese dell'Erba e raggiungere Iwa: ma l'Hokage ha proibito che venissero stese mappe dei cunicoli, e giù nelle gole ci si perde facilmente. -
Un'altra cosa che è rimasta immutata è la scarsa propensione di Yoru al silenzio: chiacchiera cinguettando come se avere come uditorio un gruppo di maschere bianche e inespressive dai contorni vagamente mostruosi non la disturbi minimamente.
Nel periodo passato con gli ANBU Kakashi si era quasi dimenticato com'è avere in squadra qualcuno che parla, che - Kami! - fa rumore muovendosi, perché i passi di Yoru sono spontaneamente lievi, sì, ma sono passi di grazia da guerriera, non il suono estinto degli assassini e dell'infiltrato.
Alle sue orecchie risuonano morbidamente tra le pareti di pietra con echi dolci di compagnia.
Non è come muoversi con gli spettri: è stare con qualcuno che c'è. E' viva e respira. Se dopo Obito - e dopo Minato, e dopo Rin - fosse rimasto in una squadra, avrebbe avuto attorno altri come lei.
- Mio fratello... - A quelle parole Kakashi torna ad ascoltarla: s'è distratto, per un po', perso su altri pensieri. Anche questo è come era stato tre anni fa, a sentire quel cinguettio troppo a lungo ci si distrae e non si bada più a seguirlo. - … è andato avanti nel passaggio per controllare che non ci siano intrusi: Konoha non ha l'esclusiva sulla conoscenza del posto. -
Rallenta appena, Yoru, girandosi per guardare verso gli ANBU che la seguono: anche nella penombra delle gole strette di roccia si vedono splendere gli occhi scurissimi al di sotto della frangia.
- Se ci saranno ostacoli dovremo deviare verso ovest, e il tragitto sarà più lungo. -
Kakashi vorrebbe chiederle se Kurai sta bene. Non gliene importa davvero - non troppo, comunque - però Kurai è stato uno della sua squadra - la sua ultima squadra normale. Ha diviso tre giorni con Yoru e Kurai, e sono stati probabilmente tre tra i migliori giorni di vita dopo Obito, Minato, Rin e prima degli ANBU. Quella con gli ANBU non è proprio vita, sembra più un sogno, e non è ancora del tutto sicuro che gli piaccia davvero esserci finito in mezzo.
Comunque ad aprire bocca e parlare è possibile che Yoru lo riconosca: e questo, davvero, è meglio che non accada.
- C'è da scendere. - Annuncia Yoru tutto ad un tratto, fermandosi proprio sull'orlo di una grotta nera, fonda e buia in tutto e per tutto simile ad un pozzo del quale non si vede il fondo: lei se ne sta sorridente e disinvolta in punta di piedi sul bordo del nulla. - Giù comincia il tratto sotterraneo e si sta piuttosto stretti, eh? Attenzione alla testa, comunque, che il soffitto è basso... - Un altro minuscolo passetto, distrattamente, e poi tutti e due i piedi sono oltre l'orlo. Sparisce inghiottita dal pozzo.
Uno degli ANBU della squadra emette una specie di breve sibilo, una via di mezzo tra un sogghigno e un verso di disappunto, alzando due dita a battere su una tempia con un gesto piuttosto eloquente. Una parte di Kakashi è perfettamente d'accordo con lui - non tutta la testa di Yoru funziona come dovrebbe - ma un'altra parte in lui disapprova sentitamente: Yoru non è matta, è solo un po' stramba.
Preferisce non chiedersi quale percentuale di questa considerazione dipenda dalle precedentemente rilevate curvilineità del soggetto in questione - sospetta si tratti di una cifra alta in una maniera desolante - e si affaccia al bordo del pozzo.
A guardarlo così, be', sembra ancora più profondo e scuro di quanto non sembrasse ad una prima occhiata.
Con un mezzo sospiro, si lascia cadere.

Una parete è ruvida come carta vetrata all'impatto con il suo braccio. Lo ritrae di scatto, finendo per sbattere sulla parete alle sue spalle: e che, scopre, è stata lavorata per essere levigata, una specie di scivolo di pietra che si inclina sempre più, rallentandolo, mentre ci punta sopra i piedi per evitare altri sgradevoli incidenti.
Il fondo è buio, ma meno di quanto si aspettasse: il corridoio nel quale finisce alla fine ha file sottili di lampade verdi piccole come lucciole disposte a intervalli regolari.
- Non si vedono a guardare da sopra. - Gli spiega Yoru, rannicchiata sotto ad una di esse: se ne sta curva perché il soffitto, in effetti, è terribilmente basso. - E' una questione di riflessione, posizione dello scivolo e dell'ingresso, roba così. Non so bene: una volta mio fratello ha provato a spiegarmelo, ma non ci ho capito niente. - Conclude con candore. - E' andata bene la discesa, caposquadra? -
- Avresti potuto dircelo, che c'era uno scivolo. - Risponde lui, meccanicamente.
Gli occhi di Yoru si sgranano ancora un po', facendosi semplicemente enormi: quella parte che Kakashi sospetta disperatamente influenzata da ormoni e adolescenza rileva che anche il viso della ragazza è tutt'altro che disprezzabile. Approva. Approva sentitamente.
- Ho dimenticato di dirvelo, caposquadra? -
- Già. - A Kakashi occorre mezzo secondo di troppo per realizzare che c'è qualcosa fuori posto:
- Com'è che mi hai chiamato? -
Il sorriso di Yoru si allarga, per quanto sembri impossibile, ulteriormente:
- Scusa, caposquadra, ma è stato Kurai a dirmi che ti aveva riconosciuto. Ci ho messo un po' a dargli ragione, ma, sai, è diventato un sacco un bravo medico, ed è sempre meglio dargli ragione quando dice qualcosa, tanto ha sempre e comunque ragione lui ed anche quando ha torto si ostina a dire di avere ragione. E' più facile dirgli di sì da subito. E insomma: mi sembrava scortese non salutarti. -
Kurai. Medico. Riconoscere. Kakashi provvede, rassegnato, ad isolare le informazioni essenziali in quell'inondazione chiacchierante che Yoru gli somministra.
- Kurai è nelle vicinanze, allora. -
- Sei ore di cammino da qui. - Esclama Yoru, allegramente. - Saremo da lui prima che fuori sorga il sole, come da programma, caposquadra. -
Alle sue spalle, lungo lo scivolo, Kakashi sente un sibilo lieve che preannuncia l'arrivo di un altro degli ANBU.
- Non chiamarmi così davanti agli altri, Yoru. Non è una buona cosa che tu mi abbia riconosciuto. -
La ragazza chiude insieme pollice ed indice, appoggiando i polpastrelli alle labbra e facendoli scorrere da una parte all'altra: mi cucio la bocca, dice il gesto. Sorride ancora, con il capo inclinato da una parte e gli occhi un po' persi nel vuoto, ma contenti:
- Anche Kurai mi ha detto che avrei fatto meglio a star zitta. Me lo dice sempre, e comunque ha sempre ragione. Però sono davvero felice di vederti, caposquadra, sai? -
La voce si è abbassata, nel dir questo, e adesso è meno che un sussurro, appena percettibile; e il sorrisino che lei gli rivolge è sveglio e un po' ironico, un sorriso da adulta. Ha una faccia svagata da testa tra le nuvole, Yoru, ma non è scema per niente.
A Kakashi piace, questo. Se lo appunta, quello sguardo assente e quel sorriso che pare voler dire non sono in casa, perché sembra una maschera migliore di quella di legno bianco che si porta sulla faccia: una cosa buona da tirar fuori quando serve.
Yoru si gira e, sempre rannicchiata, muove qualche passo avanti nel cunicolo. Gli occhi di Kakashi scivolano verso il basso prima che lui riesca a controllarli, e si trova a fissare i fianchi della ragazza e più giù, dove quei fianchi divengono gambe snelle e spariscono nei calzoni tagliati sotto al ginocchio.
- Ti trovo bene, Yoru. - Mormora, distratto e un po' impacciato: non è sicuro che sia la cosa giusta da dire, ma la ragazza si gira e gli sorride ancora. Stavolta è lei a guardarlo, osservandolo con una specie di interesse curioso. Kakashi sente il sangue andargli alla faccia - di nuovo e con suo grande disappunto - quando realizza che quello sguardo, esattamente come dev'essere il suo dietro la maschera, esprime una certa approvazione.
Ha per un attimo l'impressione che il sorriso della ragazza si faccia malizioso; la voce, però, è solo trasognata:
- Anche te stai bene, caposquadra. -


Come aveva promesso, ci vollero meno di sei ore per uscire fuori dai cunicoli.
Vorrei poter dire che furono sei meravigliose ore - e, in effetti, il mio umore aveva la tendenza a migliorare ogni volta che mi capitava per caso, sempre per caso, di buttare l'occhio verso Yoru e di osservare che quelle gambe e quello che c'era sopra, sotto, davanti, era tutto egualmente ottimo - ma Yoru, e in questo non è cambiata affatto, mai, ha la tendenza a dimenticarsi di comunicare parecchi dettagli di non irrisoria importanza.
Ad esempio, si scordò di avvertirci che in un passaggio immerso nel buio si erano formate tante piccole e graziose stalattiti che pendevano dal soffitto e che avevano la tendenza a frapporsi nei momenti meno opportuni proprio di fronte alla testa di chi passava.
Sono stato un ANBU niente male, e quello che ho sul lato sinistro della faccia è uno degli ultimi occhi degli Uchiha - il che è incredibilmente comodo in certe occasioni - ma, decisamente, percepire stalattiti lunghe venti centimetri in un cunicolo largo circa mezzo metro, alto nemmeno quattro volte tanto e completamente immerso nell'oscurità non è una delle tecniche di cui dispongo.
Oppure si dimenticò di informarci che c'era una trappola, sopra una grande, grossa e profonda crepa nel terreno, che doveva essere stata proprio ben nascosta, perché nessuno di noi se ne accorse. Non dimenticherò mai la reazione di Genzo, che la scoprì inaspettatamente: non ne fu proprio per nulla contento.

Insomma: furono sei lunghe - molto lunghe - ore.
Fuori ci aspettava Kurai. Fu un po' sconcertante, per me, ritrovarmi davanti una copia pressoché identica del viso di Yoru montata su un corpo che, be', non era quello di Yoru.
Erano identici - ancora - e la cosa continuava, a distanza d'anni, ad inquietarmi: tra l'altro adesso non riuscivo proprio a fare a meno di sovrapporre la faccia scontrosa di Kurai - Kurai, maschio, suscettibile, irritabile, maschio, arrogante,
maschio - e quella di Yoru.
Diamine, non è che ci volesse molto a sovrapporle: la faccia era la stessa!
Lui fece finta di niente, io feci finta di niente. Yoru cinguettò allegramente ancora per un po', causando in Genzo un vago attacco di aggressività del quale lei non si accorse -o finse di non accorgersi, con Yoru rimane sempre il dubbio - e ci accompagnò ancora per un tratto, lasciando indietro il fratello.

E' un buon ricordo, quello.
E' il suo viso che si affaccia dalla roccia, sempre appollaiata a quel modo un po' buffo e un po' felino, come una specie di gatto sornione e trasandato, e lo conservo, quel viso, come la faccia di quelli che dovrebbero essere i sedici anni: i miei, i suoi, sedici anni.
Era lieve, era integra e intatta. Sorrideva ed era - Kami - era una cosa bellissima.

Sapevo che, malgrado Obito - e Rin e Minato e il bimbo con la spirale sulla pancia che avevo tenuto per un po' tra le braccia, e gli AMBU, mio padre e gli altri - io - e lei - avevamo tutta la vita davanti.






Note

Salice, che questa storia l'ha letta quand'era ancora in fase di stesura, mi ha fatto notare che questo capitolo rispetto agli altri risulta molto meno scorrevole, come inceppato. In effetti è una sensazione che ho avuto anche io, ma ormai è così com'è, e dato che mentre lo scrivevo ero in catastrofico ritardo, non mi è passato neanche per la testa di provare a riscriverlo... xD
Detto questo vi invito ad andare a vedere anche la sua storia - che sì, ha finalmente pubblicato - a questo indirizzo:
Le cicatrici del cuore

Ringrazio di cuore Bimba_Chic_Aiko per i quattro bellissimi banner, e ne approfitto per inserire subito quello per Tutta la vita davanti:



the forgotten dreamer: Io toglierei il "caro", ultimamente più leggo più mi deprimo, e questo non è bene. Era cominciato come un fumetto tanto carino ed amichevole, adesso mi fa venir voglia di frullarlo fuori dalla finestra! Grazie per i complimenti! *_*

slice: Fino a "l'ha" come articolo ancora non sono arrivata, ma non scommetterei sul futuro. Sì, Kakashi passa l'80% del suo tempo a preoccuparsi e deprimersi: è assurdo quanto riesca a sembrare notevole malgrado questo, però... xD Temo che l'idea dei gemelli in simbiosi sia tutto meno che originale, quindi io per prima dovrei andare a cercare il primo creatore/la prima creatrice e farmi firmare una liberatoria. Grazie! ^^

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Capitolo 4
*** 20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Prima parte ***





20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Prima parte




A Kakashi piace, al mattino, camminare per le strade di Konoha: c'è poca gente in giro prima dell'ora di pranzo, perché quelli che hanno qualcosa da fare - una missione, ad esempio, sorveglianza, ronde - sono tutti fuori dalle mura, e quelli che restano sono in genere di riposo ed hanno poca voglia di alzarsi presto ed uscire.
Basta evitare le strade principali.
Ha lasciato casa di suo padre - stanze vuote grumi di polvere ricordi sbagliati li ha sognati per anni e se piove sente ancora l’odore delle cose - abbandonandola a sé stessa, ed ha preso un appartamento minuscolo in un quartiere periferico.
Doveva essere minuscolo. Doveva essere in alto e minuscolo: lo voleva proprio così. E' in cima a un palazzo dalle mura scrostate, con un grosso cavo elettrico che si attorciglia attorno alle tubature proprio sotto alla sua finestra, e c'è spazio solo nel soggiorno, perché la camera in cui dorme contiene a malapena il letto ed un armadio.
In una casa più grande gli verrebbe da sentirsi solo. Lì, invece, c'è giusto il posto per uno.
Tiene una sola foto sopra la testiera del letto: Obito, Rin e Minato sono lì e sorridono, e poi da una parte c’è lui con il muso - gli sembra di aver tenuto il muso al mondo per anni - ché tanto ai morti non si può fare più alcun danno. Nell'armadio, nascosto sotto un cumulo di vecchi maglioni che si guarda bene dall'indossare, c'è quel che resta di una spada rotta, e poi una sacca che a fiutarla da vicino, a fiutarla bene, ha ancora il profumo delle mani di Rin.
Si tengono compagnia, lui e la foto, quand'è il momento di dormire. E' come un amuleto che allontana i sogni: sa solo un po' di rimpianto, adesso, con un retrogusto amarognolo di nostalgia.
Non li avrò mai più, si dice, non li potrò avere mai più.
Ma il dolore, quello cocente quanto una lama piantata nello sterno, se lo sono portato via gli anni.

Qualche volta è contento, adesso. Qualche volta sorride e sente di star bene, pienamente, come non gli capitava più dalla morte di Sakumo.
E' un regalo, pensa ogni tanto. E' un regalo, ed è un regalo di Obito.

Proprio accanto al palazzo di Kakashi c'è un malandato negozio di elettrodomestici gestito da un vecchietto che lo saluta tutte le mattine. Un po' più in là, sopra ad una lavanderia automatica di quelle che stanno aperte anche la notte, un'insegna rossa mostra sgangherate lettere luminose. Il forno all'angolo manda un odore di cose calde, farina e sale, che gli risparmia di dover cucinare quando torna da una missione.
Compra un involto di verdure e pregusta già il momento in cui farà colazione mentre cammina, il libro aperto in una mano e il cartoccio nell'altra. Una squadra in partenza passa sopra la sua testa, saltando da un tetto all'altro, diretta alle mura. Il gatto in fondo alla strada cade in un cassone dell'immondizia con un suono di vetri smossi. Qualcuno parla nel negozio di dolciumi del vicolo accanto.
Non è proprio facile isolare tutti quei suoni - rumori di fondo - per poterli ignorarli. Colpa degli AMBU, si dice, che non riesce bene a capire se l'hanno reso semplicemente cauto o anche un po' paranoico. Gli capita di rimpiangere, ogni tanto, i bei vecchi tempi dove non bastava un gatto curioso a metterlo in allarme.
Qualcuno gli viene incontro lungo la strada: mantiene una strana andatura un po' zigzagante, e Kakashi si sposta a sinistra, senza alzare la testa dal libro, per non finirgli addosso; quasi contemporaneamente anche l'altro deve farsi passare per la mente un'intenzione del genere, perché muove un passo distratto che è sfortunatamente speculare al suo, ed a quel punto sono troppo vicini per potersi schivare con disinvoltura.
Kakashi inchioda sul posto, ma l'altro, in un mezzo tentativo goffo di spostarsi all'ultimo momento gli finisce sul piede, calpestandolo, e poi gli si accartoccia addosso.
L'involto di verdure o il libro? Il paradiso della pomiciata non merita di finire ingloriosamente sul selciato, ché tra l'altro ha anche piovuto e rischierebbe di cadere in una pozzanghera. Kakashi molla d'istinto la colazione, allungando la mano ora libera per afferrare la spalla di chi lo ha appena investito.
Questi - uomo? donna - questa, alta per il suo sesso, fissa per un attimo il cartoccio finito per terra ed il suo contenuto, pietosamente sparpagliato sul selciato, prima di cominciare a scusarsi:
- Mi dispiace… Oh, accidenti, era... mh... era il vostro pranzo? Sono desolata! Stavo leggendo questo... - Sventola un corposo fascicolo con la sinistra, minacciando nel gesto di sbatterlo sulla fronte di Kakashi. - … e non ho badato molto a dove mettevo i... sono davvero desolata. Mi spiace terribilmente. Davvero. -
Kakashi vorrebbe aprir bocca e dir qualcosa: non importa andrebbe benissimo, o anche non fa niente, ma ora cinque minuti di silenzio, per cortesia, oppure ti perdono tutto se levi il tuo piede dal mio, quello sarebbe fantastico e opportuno, ma l'occhio gli è appena finito sulla testa, la faccia, di chi ha davanti, e la voce stenta ad uscir fuori.
E' una ragazza. Ha il coprifronte stretto al collo, una massa liscia di capelli nerissimi e un modo di tenere il capo piegato da una parte che è decisamente familiare.
Lei alza la testa, fissandolo finalmente, e sgrana gli occhi:
- Salve, caposquadra! Non ti avevo mica riconosciuto, io! Stai bene, msì? Mi spiace averti fatto cadere la colazione. Sei di passaggio per una missione? - E poi, adocchiando con curiosità il libro che il ragazzo tiene ancora in mano: - Cos'è che leggi di bello? -
- Yoru... - Bene: è riuscito a ritrovare la voce. E' un passo avanti. Si schiarisce la gola, tossicchiando: - … ti seccherebbe levare il piede? -
Gli occhi della ragazza si fanno, se possibile, ancora più spalancati:
- Il pied...? Oh! - Alza la gamba di scatto, rischiando di assestare nel farlo un calcio allo stinco destro di Kakashi. - Scusa tanto, caposquadra! - Ridacchia, trasognata. - Non so proprio dove ho la testa oggi... -
E' dove l'hai avuta ieri, pensa Kakashi con una specie di mugugno interiore, e dove l'avrai domani, e dopodomani: ma poi Yoru alza di nuovo gli occhi e gli rivolge quel sorrisino un po' divertito e parecchio adulto che è proprio come e dove lui lo ricorda, e il mugugno si dissolve.
Sorriderle è più facile.

Non riesce a fare a meno di guardarle i fianchi e giù mentre lei sposta la sedia e si sistema al tavolo, e negli anni - ne deve avere venti, adesso, pensa - è solo che migliorata: curva e snella e slanciata, tutto al posto giusto e nelle giuste dimensioni, e il viso ha ancora quello strano tratto che lo renderebbe adatto anche ad un corpo d'uomo. Non sembra per nulla un uomo, ma sarebbe giusta anche se lo fosse.
E' un'impressione strana.
Kakashi cerca di ricostruire mentalmente come lo scambio iniziale di battute e convenevoli si sia trasformato in un invito a colazione, e non riesce proprio a ricordarsi se sia stato lui o Yoru a proporre la cosa.
Si schiarisce la gola, rassegnandosi ad azzardare una domanda di circostanza:
- Come stai? -
Yoru gli offre la versione più adulta del suo sorriso:
- Sto bene, caposquadra. Anche te stai bene. -
Non suona come una domanda, il che leva a Kakashi l’impiccio di dover rispondere.
- Chiamami per nome, Yoru. -
- Sicuro! - Il sorriso della ragazza si allarga, sperdendosi e facendosi trasognato e ingenuo, mentre un cameriere si accosta a prendere le ordinazioni: - Io vorrei un caffè e una fetta di torta. - Si gira verso Kakashi, interrogandolo allegramente: - A te cosa piace? Qui fanno una torta buonissima con le fragole. Ci mettono un sacco di fragole. Anche un sacco di panna. -
L’immagine nitida che gli si forma nella testa è quella di un cumulo umidiccio di roba lattiginosa e di mollicci pezzi rossi di frutta che ci annegano in mezzo. Si sforza di ignorare la vaga nausea che gli monta dentro al pensiero e il rimpianto per nulla vago del suo cartoccio di pasta e verdura finito ad ammollarsi in una pozzanghera.
- Vorrei solo un caffè, grazie. -
Mentre il cameriere si allontana, Yoru gli sorride maliziosamente:
- Hai paura di ingrassare, Kakashi? -
Ha un modo simpatico di pronunciare il suo nome: allarga tutte le vocali e scivola distrattamente sul suono che lo chiude, più un fruscio che un sibilo, morbido morbido.
- Non mi piacciono molto i dolci. Come sta Kurai? -
- Sta bene, caposquadra. Kakashi. E’ in missione, adesso. -
- E le tue… - Cosa gli aveva detto, di avere due sorelle e un fratello? Solo due sorelle? Una sorella e due fratelli? Miseria! - … i tuoi fratelli? -
La malizia di quel sorriso delizioso si accentua di un soffio:
- Anche le mie sorelline stanno bene, ed anche il più piccolo, grazie. Ce la caviamo. - Yoru appoggia un gomito sul tavolo, posando il mento alla mano: - Adesso, però, abbiamo esaurito i parenti di cui parlare. -
A Kakashi viene di nuovo da sorridere e, mentre lo fa, si accorge che Yoru gli guarda le labbra attraverso la maschera. E’ una cosa che fanno tutti, parlando con lui, forse nel tentativo di capire meglio che forma ha mai quel viso sotto la stoffa: ma, mentre in genere la gente cerca di fissarlo con la coda dell’occhio, per non farsi notare, Yoru lo fa apertamente e candidamente.
- Sei in vacanza, Kakashi? -
- Oggi sono di riposo, sì. Tu? Come mai sei a Konoha? -
Il cameriere torna in quel momento: Kakashi stringe tra le mani la tazza di caffè, senza accennare a berla, e Yoru, dopo avergli rivolto una lunga occhiata curiosa, si china e affonda con entusiasmo il cucchiaio nella fetta di torta.
- E' buona, Kakashi. Sicuro di non volerne neanche un po'? -
Kakashi adocchia la cosa nel piatto. E' bianca. E' flaccida. E' molliccia. Scuote la testa:
- No, grazie. -
- Il prossimo anno le mie sorelline diventano grandi abbastanza per poter entrare in Accademia. - Comincia a spiegare lei, allegra. - Kurai vuole cercarsi un lavoro in ospedale, qui, e prendere una piccola casa: così almeno uno di noi due starà sempre accanto a loro. -
- Tu, invece? -
Yoru alza le spalle:
- Io non sono fatta per Konoha. Non è il mio posto. - Affonda ancora il cucchiaio, chinandosi per osservare con espressione deliziata un grosso pezzo di fragola. - Non sono mai stata un granché come ninja, caposquadra, lo sai: quelli come me vanno bene ai confini e sulle strade, a fare le ronde. Per le missioni, di ninja mediocri ce ne sono già in abbondanza. -
- Avevi una buona tecnica. - Afferma Kakashi, mitemente. - Non eri mediocre, Yoru. -
Lei inclina il capo da una parte, con un'espressione contenta che le rischiara gli occhi:
- Detto da Kakashi Hatake è un gran complimento. -
- Sto dicendoti quel che penso. -
- So che lo pensi: è per questo che è un gran complimento. - Ribatte lei, prontamente. - Non mi sembri in grado di elaborare complimenti di circostanza. Ci vuole tecnica anche con quelli. -
Sorride ancora e Kakashi le guarda il viso - i denti sembrano chicchi di riso bianco tra le labbra rosse, sembrano morbide, le è rimasto uno sbuffo di panna su un angolo e chissà che sapore ha - e pensa che è carina davvero, Yoru, come a sedici anni.
Di bello ha il collo, lungo e bianco, i polsi sottili, il viso che è mobile e che fa da specchio ai suoi pensieri, tutti, ironia, malizia, curiosità, felicità, sono minuscole lucciole che passano dalle labbra agli occhi e si dispiegano nei lineamenti.
Ci rimugina su per un po', su quel collo e su tutto il resto. Ci sta ancora rimuginando quando Yoru adocchia l'orologio fissato a una parete e sussulta:
- Cribbio! Avrei dovuto essere mezz'ora fa dalla parte opposta della città! - Scatta in piedi con una specie di mezzo gemito divertito: - Questa è la volta buona che Kurai si decide a scuoiarmi viva! Kakashi, io... -
- Mi farebbe piacere rivederti. -

L'ha detto?
L'ha detto.
Non riesce a crederci.
L'ha detto.
Ha detto: mi farebbe piacere rivederti.
Con un po' di fortuna Yoru non l'avrà sentito. Distratta com'è, è capacissimo che non si sia nemmeno accorta che lui ha aperto bocca. Altrimenti - Kami, fate che la interpreti come una frase d'occasione... Com'è che si dice in questi casi? Sono felice di averti visto, mi ha fatto piacere rivederti. Ecco: mi ha fatto piacere rivederti, potrebbe essere suonato così.
Neutro, educatissimo e neutro. Soprattutto neutro.
Yoru inclina il capo da una parte, guardandolo, osserva prima le labbra dietro la maschera e poi l'occhio, l'unico scoperto, che affiora sopra il collo alzato e sotto il coprifronte, nella sola striscia di pelle libera che Kakashi si concede sul viso.
- Sicuro. Dove? -
Dove. Dove significa che non l'ha interpretata come una frase di circostanza? O sta chiedendo... gli ha chiesto dove si possono rivedere? E' prevista una sua risposta, immagina Kakashi. Deve risponderle - in qualche modo - e rapidamente, anche.
- Be'... - Dove, dove, dove, dove?
Yoru continua a sorridere e a guardarlo mentre, dietro alla sua compostissima maschera ed alla sua ancor più composta espressione di vacua cortesia, Kakashi si interroga febbrilmente su quel dannato dove. L'attimo di silenzio si protrae, si fa lungo, poi eccessivamente lungo, poi intollerabilmente lungo, e infine la ragazza propone, serenamente:
- Vuoi venire da me? -
Kakashi sgrana gli occhi - l'occhio - con aperta perplessità:
- A Kusa? -
Yoru scoppia a ridere allegramente, di nuovo, scuotendo la testa:
- Anche, se preferisci. Ma ho una camera anche qui, e... non te l'ho detto? Abbiamo preso una stanza in una locanda, io e Kurai. -
Il pensiero di Kurai ha qualcosa, Kakashi se ne rende conto con vaga sorpresa e notevole disappunto, di deludente.
- Sarei contento di salutarlo. -
Spera di essere riuscito a produrre una convincente imitazione di un tono di sincero interesse, ma è disperatamente consapevole di dover essere suonato un po' troppo piatto per poter essere credibile. Non che Kurai gli dispiaccia - non troppo, almeno - ma non è che provi precisamente un acuto desiderio di vederlo, ecco. Non acuto. Neanche vago.
Ma Yoru scuote la testa:
- E' in missione, te l'ho detto... Te l'ho detto, vero? Mi sembrava di avertelo detto. Comunque è in missione. - Cinguetta, trasognata. - Torna tra tre giorni, se vuoi venire tra tre giorni. Altrimenti, puoi venire prima. -
Di nuovo, la ragazza si esibisce nel sorriso che Kakashi preferisce: due dosi di acuta malizia ed una di divertimento, un sorriso da adulta sotto quegli occhi da ingenua distratta.
- Non ti offendere, caposquadra, ma è che non mi sembri tipo da appuntamento a cena fuori e cose così, ecco. -
Kakashi si chiede se sia, effettivamente, il caso di offendersi. Almeno un po'.
Si chiede anche se sia il caso di obiettare. Si domanda se ne valga la pena - lo sforzo - perché ha come l'impressione che Yoru abbia fatto tutto da sola, però c'è quel sorriso edito solo per lui, a suo uso e consumo, e Yoru, insomma, è carina sul serio.
E' davvero più facile, di nuovo, sorriderle.
E basta.





Note

Ringrazio come sempre tutti coloro che seguono questa storia: chi legge, chi la aggiunge tra le seguite o i preferiti e, soprattutto, chi passa e commenta.


Salice: Ma tu devi essere la mia criticona! O_O Se non lo fai tu, chi lo farà, scusa? Il mio frigorifero? le ragazze ninja molto carine... xD Oddio, Sal! A me piace molto di più questo capitolo. Sono in dubbio su quale sia il mio preferito, ma forse è questo: è stato anche il più facile da scrivere, praticamente ha fatto tutto da solo!

slice: Kakashi ha una laurea in Sfigologia applicata, comunque. E' tanto notevole quanto sfigato: ha alle spalle una storia familiare e personale che ti viene voglia di fargli pat pat sulla testa e dirgli "dai, su, che peggio di così non può andare!". Sì, io li ho fatti gemelli praticamente solo per metterli davanti a Kakashi e fargli confrontare la faccia uguale che hanno. xD Grazie mille per i complimenti!

Niggle: Oh, sì, mi ricordo sia di te che della tua recensione! Ti ringrazio moltissimo per il commento: e, in effetti, soprattutto nei primi capitoli Kakashi è una figura piuttosto slavata, non interessante. Forse avrei dovuto affiancargli un personaggio meno "brillante" per farlo risaltare di più! Per quanto riguarda il "te": lo trovo spesso nei testi di tipo colloquiale, soprattutto in alcune regioni italiane, per cui mi è sembrato un buon compromesso tra una forma gradevole e una forma sostanzialmente corretta. Non sei la prima, però, ad osservare che suona un po' fuori linea! Grazie sia per l'apprezzamento che per i suggerimenti! ^^

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Capitolo 5
*** 20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Seconda parte ***





20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Seconda parte




Abbiamo tutta la vita davanti.
Kakashi se lo ripete ogni volta che escono - escono spesso in quei giorni, e sembrano una coppia di amici vecchia di anni, vecchia di secoli, di un'eternità passata a raccontarsi ogni cosa, anche quelle cose fastidiose che si raccontano a pochi o a nessuno, ché Yoru ha una maniera lieve e insolita di rendere tutto immediatamente familiare - quando si impone di tornare lucido e pensare, ovviamente.
Per il resto del tempo è tutto piuttosto strano e notevolmente piacevole.
Yoru ride sempre, se non ride sorride, e se non ride né sorride è solo perché sta parlando, cinguettando, allegrissima ed entusiasta di qualunque cosa.
Sorride anche nel sonno, Kakashi l'ha scoperto subito, ed è una cosa fantastica spostarle i capelli dal viso, una ciocca alla volta, per scoprirle la fronte bianca e le labbra rosse piegate all'insù, gli occhi chiusi e il respiro quieto.
Abbiamo tutta la vita davanti, mentre la osserva dormire, tutta la vita davanti, a Yoru piace il gelato, piace la torta, il frullato, tutto quello che è dolce e zuccheroso, tutta la vita davanti, si siedono su un punto delle mura che Kakashi ha trovato anni prima e c'è tutta Konoha davanti a loro: al tramonto la città è favolosa, le crepe sui muri e le tubature esposte sembrano una rete di ragno bizzarra e scura attraverso le strade.
Con quel abbiamo tutta la vita davanti si spiega perché continui a interrogarsi anche adesso, oziosamente, su quel che accade: ché a Yoru non ha mai detto nulla di più di quel mi farebbe piacere rivederti che gli è scappato fuori la prima volta, e magari non lo pensa neanche, nulla di più.
Dal canto suo Yoru non sembra farsi domande.
Forse non le interessa, pensa Kakashi, forse non lo pensa nemmeno lei, nulla di più.

La prima volta lei, tolti i vestiti, sfilata la giacca e sotto è bianca e candida e slanciata proprio come l'aveva immaginata, intatta e flessuosa, bella, tanto, ha proteso le mani e, alla cieca, ha cercato di sfilargli la maschera.
Prima ancora di pensare, prima di riflettere, prima di qualunque altra cosa, Kakashi le ha afferrato i polsi, mugugnando:
- No...! -
Il verso gli è uscito fuori simile a un lamento soffocato, ma Yoru ha sorriso solo, ha allargato le dita e l'ha lasciato stare.
Baciarla con la stoffa sulle labbra gli impedisce di sentire che sapore ha sulla pelle, se è zucchero, sale, cos'altro, ma sotto e sopra le coperte ha un buon profumo che è un miscuglio strano di sudore e qualcos'altro che forse è bagnoschiuma, camomilla.

Forse non le interessa, pensa Kakashi.
La guarda mentre, seduta sul bordo di un tetto con le gambe pendenti nel vuoto, sgranocchia un ghiacciolo che le si scioglie liquido e appiccicoso sulle dita sottili: ha lo sguardo un po' perso nel vuoto, il sorriso aperto, fa venire voglia di allungare una mano e passargliela sulle labbra arrossate solo per scaldarle un po'.
Di giorni ne sono passati tre, poi quattro, Kurai è tornato ed è sparito di nuovo: Kurashi non si interroga in proposito perché non è sicuro di voler sapere se Yoru è rimasta a Konoha per lui o per qualche altra ragione. Non saperlo, almeno, gli dà una scusa per non parlarne.
- Ne vuoi un po'? - Gli offre Yoru.
- No, grazie. - E poi, gentilmente: - Sembra buono. -
- Davvero? -
Kakashi tende una mano e le passa prima il pollice e poi l'indice sulle labbra umide. Yoru sgrana gli occhi, un po' sorpresa, ma non si ritrae né lo ferma. Il ragazzo riporta la mano verso di sé, infilando le dita sotto la maschera e assaggiando.
- Alla menta. - Afferma in tono distratto. - E' molto buono, in effetti. -
Dalle labbra della ragazza, ancora piegate in un'espressione sconcertata, sfugge una specie di sibilo di disappunto:
- Aaaah... - Si mette in ginocchio, Yoru, scavalcandogli le gambe con una delle sue e fissandolo da una distanza pressoché inesistente, punta del naso contro punta del naso: - Così non vale, Kakashi, però! -
Ha degli occhi bellissimi a guardarli da vicino, con un velo di ciglia scure a disegnare ombre lunghe sulle guance lisce. Distratto a guardarli, Kakashi si finge stupito:
- No? -
- Direi di no. - Inclina il capo da una parte per osservarlo, per un attimo, prima di proporgli: - Proviamo così? -
Kakashi non ha il tempo di chiederle che cosa precisamente abbia intenzione di provare, perché subito dopo si trova con le labbra di lei premute sulle sue attraverso la maschera: le ha dischiuse un po', ci passa il respiro, che filtra nella stoffa ed è caldo. E' un bacio strano, e gli viene da pensare che è anche il primo, per lui, e che è curioso, se non altro, che sia arrivato prima il resto e poi quello.
Yoru gli lambisce le labbra coperte con la punta della lingua, gentilmente, come una specie di gatto curioso, prima di tirare indietro la testa e osservare:
- E' stato strano. - Fa una smorfia, divertita e perplessa, socchiude gli occhi e arriccia il naso. Se ne sta zitta per esattamente mezzo secondo, poi, prima di esclamare allegramente, strofinandogli il naso contro il mento: - Ci riproviamo, dopo? -
Tutta la vita, pensa Kakashi.
Tutta la vita davanti.

Quel mantra che accompagna con costanza ogni momento che trascorre con Yoru, tutta la vita davanti, che è un po' come dirsi c'è sempre tempo, prende una diversa consistenza il giorno il giorno in cui Kakashi si sveglia nel proprio letto e c'è il peso caldo della ragazza a opprimergli il torace.
Semisdraiata su di lui con i gomiti puntati sul letto e il ventre posato sul suo addome, Yoru ha le mani strette attorno a qualcosa che, un poco intorpidito dal sonno, Kakashi sul momento stenta a identificare. Tra l'altro è piacevole, il calore, la muscolatura rilassata della ragazza distesa in uno stato di quiete, il silenzio - ahimé - tanto raro di un momento di riflessione, e la cosa che lei regge tra le dita è così poco interessante, nel confronto, che il primo impulso che il ragazzo ha è quello di protendere una mano e passargliela lungo la schiena.
Al tocco Yoru gira la testa e gli sorride:
- Buongiorno. Ti peso? -
- No. - Lei non è un fuscello, è alta ed ha carne addosso, sulle ossa lunghe, ma non gli spiace che gli stia sdraiata sopra. - Sei sveglia da molto? -
- Mh, no. E' bella questa foto, sai? Non l'avevo mai notata. -
Il piacere, la quiete, il calore: tutto sembra dissolversi in un attimo di cristallizzato stupore, mentre Kakashi realizza di cosa Yoru sta parlando.
Adesso la riconosce, la foto che la ragazza ha tra le mani, e Obito, Minato e Rin gli sorridono, oltre la morte, dalla stampa a colori.
Scatta bruscamente per strappargliela dalle dita e la foto finirebbe in due pezzi se Yoru non avesse la prontezza di riflessi di lasciare immediatamente la presa: Kakashi lo realizza in un attimo di lucidità, prima che una specie di inquieta, appiccicosa angoscia salga a soffocarlo. Si sente schiacciare, improvvisamente, e cerca di mettersi a sedere.
Yoru scivola via e si accoccola in fondo al letto. Inclina la testa da una parte e Kakashi le vede affiorare sul viso l'espressione adulta che le esce fuori certe volte, oltre i sorrisi distratti e le occhiate sognanti.
Lei domanda prudentemente:
- Va tutto bene, Kakashi? -
- Perché l'hai presa? -
La domanda gli è uscita fuori di getto. Stringe in una mano la foto, con infinita cautela, e cerca di nascondere con le dita i visi, Obito che sorride con una pagliuzza tra i denti e Rin che è venuta con gli occhi chiusi, e Minato dietro tutti loro, contento: ma ogni volta che abbassa lo sguardo Kakashi li vede, ancora, ancora, ancora, e tutto ad un tratto realizza di essere in un letto, il suo, e di aver passato la notte - la settimana - con una ragazza - con Yoru.
Tutto ad un tratto le cose sembrano aver assunto una consistenza diversa.
- Non pensavo di far del male. - Risponde Yoru, mite. - Era sul comodino. -
Kakashi la ascolta a malapena. E' ragionevole quel che lei dice: la foto era in effetti sulla testiera del letto, in bella vista, e non ci sarebbe stato comunque nulla di male nel guardarla, è una foto, soltanto una foto. Quel che non è ragionevole, Kakashi lo ha compreso d'improvviso, è che ci sia qualcuno nella sua stanza, qualcuno che non sia lui, qualcuno che possa tendere le mani e poggiarle tra le sue cose, sulla sua foto, su di lui. Non è ragionevole. Non è prudente, è sbagliato.
Gli viene da chiedersi con rabbia, stupefatto, che cosa gli sia passato per la testa fino a quel momento. C'è stato bisogno di guardare le facce nella foto - Obito? - per ricordarsi il giusto peso delle cose?
Replica a Yoru con una gentilezza un po' faticosa:
- Giusto. Sì, non... Non è un problema, Yoru. Non c'è nessun problema. -
Non è necessario avere gli occhi dello sharingan o un intuito da ANBU per capire che Yoru non gli crede: ad ogni modo la ragazza non apre bocca, ma gli sorride.
Kakashi abbassa lo sguardo sulla foto - anche lì tutti sorridono - e afferma lentamente:
- Devo andare. -
- Hai una missione? -
No. - Sì. - Si alza in piedi, cercando alla cieca i vestiti attorno al letto. - Io devo uscire. Tu puoi... puoi restare a farti una doccia, se vuoi. -
Non guarda verso di lei ma, con la coda dell'occhio, la vede irrigidirsi. Una parte di lui si rende conto di quanto debba essere suonata cruda, quella frase, se anche una come Yoru, candida Yoru, se n'è sentita disturbata. Non è che lei abbia colpe - è stato lui, non lei - e non c'è ragione di ferirla: ma poi guarda la foto, e i sensi di colpa, il rammarico, finiscono in un limbo dove tutto sembra più freddo e tagliente.
La voce di Yoru si leva nel solito cinguettio allegro, il sorriso che è tornato impeccabile in un attimo:
- No, esco anche io. Ho fame e voglia di fare colazione. -
Recuperano i vestiti senza toccarsi, senza guardarsi, e Yoru, dopotutto, è la prima ad uscire. Sulla soglia esita solo per un attimo prima di girarsi verso l'interno ed esclamare con noncuranza:
- Ci vediamo stasera, Kakashi, eh? Non fare troppo tardi, se riesci, ché mi hanno detto che forse piove e ad aspettare tre ore e mezza come l'altra volta sotto la pioggia mi verrà l'influenza. Mi porto l'ombrello, nel caso, ma... Buona giornata! -
Kakashi si ricorda con un sussulto che le aveva già detto di sì, per uscire, la sera prima. Adesso sembra un'altra vita; meglio ancora, sembra un altro sogno, come quello degli ANBU. Ha sognato una settimana con Yoru, e poi c'è stata la foto, la sveglia.
Fa per replicare, inventarsi una scusa, dirle di no, che non può, ma Yoru è già sparita giù per le scale, di fretta come scappasse.
Il rumore della porta che si chiude è una specie di tonfo sordo. Sa di tagliola.

Non ci andrò. Si è detto per tutto il giorno. Non andrò.
Yoru l'aspetterà per una, due, tre ore, come sempre, e poi non aspetterà più. Tornerà a casa e forse, forse, capirà da sola. Forse invece ha già capito. Yoru è bizzarra, e proprio per questo comprende molte cose bizzarre.
Si dice per tutto il giorno che non andrà: ma, alla fine, è lì. In orario. Disperatamente in orario, e Yoru sgrana gli occhi al vederlo arrivare:
- Niente frane? Niente vecchiette da aiutare per la strada? Alluvioni? Terremoti? Neanche una piccola inondazione? -
E' bellissima, non riesce a non pensarlo, è bellissima, è bellissima, sorridente e integra e intatta e pulita e candida e luminosa e felice.
Alla fine è lì perché non vuole essere un vigliacco neanche in questo. Non sa bene cosa dirle - cosa vuole dirle - non sa neanche se vuole dirle qualcosa. Sa solo che la foto, quella mattina, è stata una rivelazione accecante di come tutta la vita che avevano davanti, tutto il tempo, fosse...
Obito.
Kakashi si schiarisce la voce:
- Yoru... -
- Domattina parto. -
La ragazza ha iniziato prima di lui, svelta e lieve, con il sorriso che Kakashi preferisce e le mani intrecciate dietro la schiena in una postura disinvolta.
- Forse avrei dovuto dirtelo prima. Mi spiace molto, ma... Kurai ha trovato quel che cercava, il lavoro, e io devo tornare a casa dai miei fratelli. Hanno bisogno di me, sono troppo piccoli per star soli. - C'è una punta di tristezza nel sorriso tutto malizia e allegria, come un filtro che si insinua sporcandolo appena: - Scusami, caposquadra. -
Non sa cosa prova, Kakashi, se è sollievo, sconcerto, disappunto. Riesce a sentire solo un grande grumo di niente sospeso tra lo stomaco e il petto, e non è proprio spiacevole, non è neanche piacevole, non fa male, non fa nulla. Non riesce a sentirsi, così apre bocca e commenta, solo:
- Capisco. -
Yoru lo guarda e sembra aspettarsi che lui dica qualcos'altro, pare come sospesa, in attesa, ma Kakashi ricambia lo sguardo con il suo, l'occhio, e alla fine il silenzio si protrae così tanto che la ragazza se ne esce fuori con un altro sorriso:
- Be'... vogliamo andare? - Alza la testa, adocchiando il cielo: - Tra un po' piove. Ti porto in un posto dove fanno degli involtini fantastici. - Promette allegramente. - L'ho scoperto l'altra mattina. Ti piacciono gli involtini? -
Forse dovrebbe dirle davvero qualcos'altro. Qualunque cosa. Qualunque cosa che abbia un senso, meglio di quel capisco che è venuto fuori dal niente che ha nello stomaco al momento, ma poi c'è la foto, i sorrisi, che emergono a tratti come lampi chiari sopra ad ogni altro pensiero.
- Mi piacciono, sì. -
Yoru sorride sempre, mentre si gira e si incammina, e poi cinguetta qualcosa di entusiasta sugli involtini, su come sia buono il ripieno e come vada fatto per cuocersi facilmente.
Quando comincia a piovere, piove di acqua lieve e fitta, fredda, che scorre su Konoha e trasforma le case in cascate. Le strade sono piene di pozze.


Una volta gliel'ho chiesto.

- E perché te ne sei andata? -
- Non eri pronto te, non ero pronta io. Tu avevi paura ed io ero inadeguata. Insistere sarebbe stato un macello, caposquadra, un vero macello. -

E' più bello vedere il suo sorriso, adesso. Quando l'ho trovata - ritrovata - aveva smesso di sorridere come sorrideva una volta - sedici anni intatta candida felice con tutta la vita davanti – ma le è occorso poco per tornare ad essere sé stessa, sempre Yoru.

- Io non avevo paura. -
- Sai che hai ragione, caposquadra? Paura non rende bene l'idea. Tu eri terrorizzato. Cioè, io avevo paura, mi tremavano le mani e non sapevo mai bene che farci, con te, con me, ma tu eri semplicemente terrorizzato. Ti è bastato buttare un occhio a quella roba, la foto, e ecco lì che eri tornato a rimuginare. Per farti avanti e voltare pagina ti ci vogliono dieci anni, ma rimuginare, rimugini un sacco bene, caposquadra. -





Note

slice: La cosa che preferisco in un manga (dopo le scene di combattimento, ovviamente U.u) sono i momenti di "stacco". Tra una cosa seria e l'altra, tra uno che muore, uno che combatte, uno che fa l'ennesima scoperta drammatica e uno che se ne va, be', mi piace tantissimo trovare i momenti sereni. Non devono necessariamente far ridere, ma devono dare il senso della normalità: trovo che rendano molto più coinvolgente la storia. Al momento ho un amore folle, ad esempio, per il 17 di D.Gray-Man, che è incantevole in questo senso. Per cui capisco benissimo! Grazie mille per i complimenti! *_*

Niggle: Hai una percentuale di commenti intelligenti parecchio più alta della mia, per cui... xD Ti dirò: malgrado il pasticcino di oggi, molto pannoso e fragoloso, mi abbia riconciliata con la Terra e con l'umanità, la torta panna e fragole non è precisamente la mia passione... Sono per la cioccolata, io. Banalissima cioccolata. Io devo sperare che Kakashi, malgrado la dose abnorme di sfiga che si porta appresso, abbia anche dieci minuti di non dico fortuna, eh, ma diciamo neutra convivenza con il mondo... Grazie per i complimenti! ^^

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Capitolo 6
*** 24 anni - Konoha - Occhi, ricordo, mano. ***





24 anni - Konoha - Occhi, ricordo, mano.




Ogni tanto ci pensavo ancora, alla schiena di Yoru sotto la pioggia, ed il ricordo aveva qualcosa di profondamente disturbante, come quando reggevo tra le mani la foto.
In uno scontro cogliere l'attimo giusto è fondamentale: conta più che essere forti, più che essere valorosi, abili, intelligenti, vale più che essere geni, perché basta saper individuare il momento esatto in cui affondare il colpo per riuscire a vincere, a salvarsi, a sopravvivere.
Ogni volta che ricordavo Yoru, come ogni volta che ricordavo Obito, Rin, Minato, ero sopraffatto dalla sensazione di aver perso l'attimo dell'affondo.

C'erano giorni in cui non ci pensavo per niente, magari settimane di fila in cui non mi passava nemmeno per la testa, e poi vedevo qualcuno che teneva la schiena e il capo piegati proprio come faceva lei, il coprifronte sulla gola - mezza Konoha lo portava così, la cosa non mi aiutava - o una massa di capelli lisci e neri, ed eccola lì, Yoru, come l'avevo lasciata.

Nel frattempo, mi veniva da dirmi, forse si era sposata. Forse aveva un marito e bambini a frotte: le piacevano i bambini, era affettuosa, li capiva - era un po' bambina anche lei, nella testa. Forse qualcun altro aveva quello che io avevo respinto.
Me la immaginavo sempre contenta. Ferma ai suoi vent'anni, come cristallizzata nell'ultima volta in cui l'avevo vista, limpidissima e sorridente, perpetuamente entusiasta di tutto.
Nella mia testa sorrideva.

Non mi aspettavo che l'avrei mai rivista: era come Obito, come Rin, come Minato, persa.
Però era viva.
Non sarebbe mai stata come i visi nella foto: perché lei era viva.


Quando gliel'ho raccontato - mi sembrava più
normale, poi, spiegarle che cosa mi era passato per la testa quella mattina - Yoru ha riso:
- Caposquadra, sai, io non sono intelligente come te o Kurai, e sicuramente non sono un genio, proprio no: però a casa ho un sacco di foto dei miei genitori, che sono morti, e le guardo tutti i giorni, e non è che ho mai cercato di ignorare qualcuno per quasi cinque anni a causa di quelle. Secondo te, vorrà dire qualcosa? -



Se c'è una cosa di quell'occhio di Obito che proprio non sopporta è la frequenza con la quale lo costringe a finire in ospedale.
E' stressante, ripetitivo e, tra le altre cose, anche vagamente umiliante: basta tenere il coprifronte sollevato un minuto di troppo durante uno scontro ed ecco che si ritrova con le ginocchia tremanti, la schiena molle e a malapena l'energia necessaria per accumulare un faticosissimo respiro dopo l'altro.
Farsi raccattare semisvenuto dal campo di battaglia non fa bene alla sua nomea - e per quella passi, non è che gliene sia mai importato davvero qualcosa - ma, soprattutto, gli punzecchia la dignità. E' per questo che, quando viene con suo immenso sollievo dimesso, raccatta la sua roba in tutta fretta e abbozza quello che ha tutte le caratteristiche di un tentativo di fuga verso l'uscita.
Se ne sta sgattaiolando per i corridoi dell'ospedale anche in questo momento, mimando una noncuranza ammirevole - ma i reparti sanno di medicinale, certuni di sangue, non un buon odore - quando qualcuno gli taglia la strada d'improvviso, sbucando fuori in tutta fretta da una stanza.
Kakashi inchioda e l'altro gli finisce addosso, rimbalzandogli - non c'è migliore definizione per la cosa - contro il torace e ritrovandosi per terra insieme alla voluminosa pila di fogli che teneva tra le mani... Non c'è da sorprendersi, pensa Kakashi con un miscuglio di rassegnazione ed esasperazione, che con un cumulo del genere tra le mani non riuscisse neanche a vedere dove metteva i piedi.
- E' tutto a posto? - Si azzarda a chiedere gentilmente, piegandosi un po' verso la persona seduta per terra; che alza la testa, adocchiandolo con aperta irritazione, e bofonchia:
- Non è evidente? -
Il bofonchio si spegne mentre sgrana gli occhi - sgranano gli occhi, entrambi - e Kakashi si trova a fissare un volto familiare come quelli dolci che in una foto gli sorridono tutte le mattine, ed è in un déjà vu accecante che riconosce il viso e la scena.
- Yoru...? -
Il volto familiare si aggrotta, corrucciandosi, e la voce, già irritata di suo, si fa decisamente poco amichevole:
- Hai sbagliato fratello, Kakashi. -
Kurai. Oh, dannazione...

Non è migliorato neanche un po' con il tempo. Tutte quelle storie sugli anni che stemperano le asperità e addolciscono il carattere... be', deduce Kakashi, sono precisamente solo quello, storie. Balle. Kurai è lì ed è suscettibile, scontroso, saccente e indisponente esattamente come il giorno in cui l'ha conosciuto.
Ed ha, ma a dir questo è una vocina nella sua testa che preferirebbe non ascoltare, sempre la stessa faccia - che poi è quella di Yoru - ma questo non conta niente, giusto?
Giusto.
L'aiuta a raccattare da terra i fogli, che si sono sparpagliati un po' dappertutto lungo il corridoio e ad ogni spiffero che filtra dalle porte e dalle finestre si allontanano ulteriormente, trasformando la raccolta in una specie di inseguimento forsennato.
Disinvoltura, si raccomanda interiormente. Disinvoltura e cortesia. - Come vanno le cose? -
- Bene. -
Non è facile essere né disinvolticortesi con Kurai, perché la tentazione è quella di abbandonarlo a sé stesso lì nel corridoio con i suoi fogli caduti, girarsi e andarsene senza perdere nemmeno il decimo di secondo necessario a salutare.
Kakashi riesce finalmente a sommare la presenza del ragazzo in quel posto con un qualche ricordo che scatta tutto ad un tratto nella sua testa:
- Hai trovato lavoro qui, allora? -
- No. - Lo interrompe Kurai, il tono piatto. - Lavoro con la squadra di analisi. -
Ben sette parole per una risposta. Gli si saranno grattugiate le corde vocali, con tutto questo fiato sprecato...
Kurai gli rivolge una strana occhiata piuttosto penetrante al di sopra di un foglio, prima di abbassare lo sguardo e soggiungere:
- Sono venuto qui a trovare Yoru. -
A Kakashi quasi sfugge di mano la pila di carte raccolte.
Yoru, Yoru, Yoru. La vocina nella sua testa lo scandisce in una cantilena. E' venuto a trovare Yoru. Yoru è in ospedale.
- Non sta bene? -
Kami, per cortesia, fate che sia suonato molto noncurante ma non troppo noncurante. Diciamo amichevolmente noncurante, ecco.
- Adesso sì. -
Adesso sì. Un adessoprevede un prima no. Prima no?
- E' stata male? -
- E' stata ferita, qualche mese fa. -
E' stata ferita qualche mese fa ed è in ospedale ora?
- Comunque, se vuoi andarla a trovare, è al terzo piano. - Kurai gli sfila i fogli dalle dita e Kakashi lo lascia fare, recuperando appena in tempo la prontezza di spirito necessaria ad allentare la stretta delle dita: si rende conto d'averle serrate, per un attimo, in una specie di morsa che ha lasciato segni stropicciati sulle carte.
- Mh, già. -
Kurai pare prendere il mezzo mugugno che gli è scappato dalle labbra come una risposta completa, coerente e, soprattutto, dotata di senso: perché gli rivolge un cenno del capo a mo' di commiato, piegando a malapena la testa, prima di allontanarsi con la sua roba tra le mani.
E lasciando Kakashi, fermo in mezzo al corridoio, alle prese con un dilemma morale di proporzioni epiche.

Che cosa si dice in questi casi?
Sono felice di vederti...? Come, come? Sono felice di vederti... in ospedale? Non ne sono del tutto sicuro, ma direi che potrebbe non essere adatto. Scartiamo il sono felice.
Mi spiace vederti qui? Che, tenendo conto dei precedenti, potrebbe anche suonare come un mi spiace vederti ovunque...
Spero che tu stia bene? Spero che tu stia bene potrebbe andare. Prima o dopo di un come stai?
Si scopre sull'ultimo gradino della scala, ormai al terzo piano, colto da un'improvvisa tentazione di girarsi e andarsene.
L'ha lasciata quattro anni prima con nulla più che un fatti pure la doccia, se proprio ti serve: non capisce bene cosa sia, adesso, tutta questa smania di andare a informarsi sulla sua salute. Kurai ha detto che è a posto, ora, no? E' in ospedale. E' stata ferita in missione. Be', è una ninja, dannazione. E' previsto, no, che possano essere feriti, uccisi...?
Sobbalza, un po' per il pensiero che si è insinuato all'improvviso - è che sommare quelle due parole, Yoru e uccisa, gli assesta una specie di fitta che passa attraverso lo sterno e gli si pianta dritta dritta sopra la bocca dello stomaco - e un po' perché si rende conto che, malgrado tutto, ancora sta camminando
. E' già a metà del corridoio e c'è una parte di lui, quella che nel frattempo non è intensamente occupata a rimuginare, che sbircia in ogni stanza in cerca di un viso familiare. Non qui, non qui, non qui, forse - no, non qui. E poi, ecco, finalmente, qui.

Ha i capelli cortissimi: più corti di quelli di un maschio, tanto corti che le orecchie piccole affiorano ai lati della testa tra le ciocche folte, bianche nel nero, tanto corti che i lineamenti del viso sono come un disegno senza contorni. Sta seduta sul bordo di uno di quei lettini asettici e tanto scomodi che si usano negli ospedali, con una maglia di lana dal collo altissimo e asimmetrico sotto al quale si perdono il suo mento e parte di una guancia. E' più magra di come la ricordasse, le dita sono più sottili, ma ha le spalle sempre larghe, la schiena diritta. Dalla lana della veste emerge una gamba scoperta e un'altra fasciata da una guaina elastica. Anche le braccia sono così, una nuda ed una vestita, ed è piacevole e curioso il contrasto tra la stoffa e la pelle.
Non sorride: e Kakashi, che da quattro anni a questa parte la vede solo sorridente, in ciascuno di quei ricordi che si ostinano a fare capolino nella sua testa, si sente come defraudato di qualcosa. Yoru alza la testa di scatto e lo inquadra. Con gli occhi sgranati, sorpresi, a Kakashi sembra di rivedere la faccia che aveva suo fratello solo pochi minuti prima.
- Kakashi? -
Non caposquadra, ma Kakashi. Di nuovo, qualcuno gli ha tolto da sotto le mani qualcosa che nemmeno sapeva di aver conservato.
- Ciao. -
Il come stai, il spero che tu stia bene, il ti trovo in forma e via discorrendo sono spariti tutti in quel sorriso che manca e che non era mai mancato, prima. Cerca di ricordare se l'ha mai vista seria - seria davvero - ma è lo sguardo un po' opaco a fare davvero la differenza.
- Che ci fai qui? - Domanda Yoru, stupita.
Ho incontrato tuo fratello e l'ho scambiato per te - dannazione - e lui mi ha detto che stavi male e se è davvero così è sbagliato, perché tu dovresti stare bene, sempre bene, sempre sorridente e sempre con la testa altrove, sempre come l'ultima volta in cui ti ho visto, ché era quello che volevo ottenere spingendoti via - credo.
- Mi hanno dimesso oggi. -
- Non sei stato bene? -
- Niente di grave. E' solo l'occhio. Tu? -
Yoru sorride, inclinando il capo da una parte: ma, per la terza volta, Kakashi ha l'impressione netta del furto, perché quello non è il sorriso di Yoru. C'è qualcun'altra, dietro la sua pelle, che finge di essere contenta e non lo sembra per niente, e lei se ne sta seduta sul bordo del letto e stringe con le mani il materasso.
- Sono qui per una visita di controllo. Ne devo fare una al mese, sai, per un anno almeno. -
- Per cosa? -
- Per i danni. Quelli che sono rimasti, msì. - Yoru piega la testa sulla spalla e poi la fa dondolare su e giù, lentamente, in un gesto che Kakashi le ha visto fare infinite volte. - Kurai dice che non ci saranno problemi, non ci sarà rigetto né niente, ma i dottori qui ci tengono a controllare. -
Rigetto. Kakashi vorrebbe riuscire ad assimilare quella parola, appropriarsene, ma l'occhio gli è caduto su qualcosa che affiora dal collo della maglia, bianco più bianco della pelle: Yoru segue il suo sguardo e avvampa. Alza le dita per sollevare un altro po' il bordo di lana, e contro il rosso improvviso delle guance la cicatrice spicca candida come latte.


Nel buio non ho bisogno di vederla per poterla seguire con le dita, anche se è liscia e compatta e non è affondata nella pelle morbida. So dov'è perché le mie dita ci sono passate sopra a sufficienza da poterla imparare a memoria: l'ho odiata, all'inizio, perché aveva rotto la foto di Yoru che mi era rimasta in testa - sedici anni intatta candida felice con tutta la vita davanti - e non riuscivo a perdonarglielo, ma adesso è lei anche quella.
Se la cerco Yoru sorride ed è bellissima - più bella dei suoi sedici anni, dei venti, più bella di quanto lo possa essere chiunque mai in qualunque modo o tempo o dimensione - perché come per Obito stava per scivolarmi via dalle mani, rotta, ma poi non era il momento, così, ecco, adesso è viva.



- Ho fatto una sciocchezza. Abbiamo fatto una sciocchezza tutti e due, a dire il vero, io e Kurai. -
Parla svelta e un po' distratta, il capo piegato da una parte e le mani strette attorno ad una tazza di caffè caldissimo.
Caffè che, per inciso, odora di morto. Kakashi ha buttato appena un'occhiata alla tazza prima di allontanarla impercettibilmente da sé, facendola strisciare sul tavolino del locale: il suo istinto di sopravvivenza gli ha suggerito amabilmente che il suo stomaco potrebbe non apprezzare l'immonda brodaglia.
Yoru, che forse non è dotata di un fiuto altrettanto buono - o che più probabilmente ha un istinto di sopravvivenza piuttosto scarno - trangugia il liquido scuro della tazza a lunghi sorsi.
- Avrei dovuto pensare che poteva non essere una buona idea infilarci nelle gallerie quando sapevamo che ci stavano seguendo, mh? Ma poi ci siamo trovati in mezzo al crollo e c'era questo tizio, fuori, che cercava con la sua accidenti di tecnica di farci cadere tutti i tunnel addosso per schiacciarci... -
Oltre all'odore disgustoso ha anche un aspetto non del tutto rassicurante, quel caffè. E' marrone fango, quasi verdognolo - come ci si aspetta che qualcuno, chiunque, sano di mente, beva quella roba?
Kakashi si concentra intensamente sul caffè nella speranza che nessuna immagine di crolli e persone schiacciate gli salga alla testa, ma non è sicuro che il metodo funzioni.
- Comunque adesso va meglio, davvero. Sono in vacanza. - Conclude, contenta, ed è una contentezza che sa di falso dalla prima all'ultima sillaba e dal primo all'ultimo dente che si scopre in quel dannatissimo sorriso che è la brutta copia d'un sorriso alla Yoru. - Niente missioni per Yoru, per un po', finché il braccio non torna a posto. -
- Cos'ha il tuo braccio che non va? -
Lei lo guarda un po' sorpresa: forse, dopo quasi mezz'ora di silenzio, non si aspettava di vederlo decidersi tutto ad un tratto a partecipare al discorso.
- L'osso era rovinato. Anche il muscolo, e il tendine, ma l'osso era peggio. Kurai ha fatto tutto quel che ha potuto e molto di più, anche, ma ci vuole tempo per queste cose. Però tornerà a funzionare esattamente come prima, ne sono tutti convinti... - Una scheggia di sorriso più sincero. - Si tratta solo di aspettare. -
Ha ripiegato il collo alto della maglia da una parte, Yoru, ma tiene il capo inclinato per nascondere più che può la cicatrice dietro la lana. Kakashi sente di capirla, la capisce, certo, ma non c'è niente di più tremendo di quello. Yoru non - è Yoru, Kami!, Yoru, candida, pulita, è sbagliato - non è fatta per aver disagio di una cicatrice.
- Posso vedere? -
Se anche lei gli risponderà di no, forse, cercherà di forzarla. Vuole vederla, quella cosa che lei nasconde, perché pensa che se potesse vederla magari si sentirebbe un po' meno sporco e colpevole. Non è ragionevole sentircisi: però ci si sente, con Minato, Obito, Rin, e la faccia di Yoru e dei suoi vent'anni, tutto buttato nello stesso calderone.
Yoru, comunque, alza le mani e abbassa la maglia per scoprire la guancia, il mento, il collo e un pezzo di spalla: la cicatrice si mantiene liscia e appena frastagliata lungo lo zigomo, si approfondisce nella piega molle della gola e poi si dirama come acqua increspata in prossimità della clavicola, allargandosi.
Lei afferma, con un tono allegro che è come una lama rigirata a fondo, ad ogni parola una coltellata sporca di sale:
- La gamba è un po' peggio. Il braccio è un po' più che un po' peggio. -
Ecco spiegati la manica e il gambale. La manica, soprattutto: lunga fino alle nocche, stretta, con un buco per far scappare via il pollice. Sotto la stoffa liscia e tesa non si vede niente di più che la forma del gomito, sottile come Kakashi la ricorda, la piega esilissima del polso, la curva più ampia del muscolo che si fonde e poi, nella spalla, si fa forte e nervoso.
- Mi dispiace molto, Yoru. -
Il sorriso di lei si ingentilisce, addolcendosi:
- Grazie, caposquadra. -
E' sentirsi chiamare così che gli fa montare dentro una voglia furiosa di scusarsi con lei per quel capisco con il quale l'aveva congedata mentre lei sembrava chiedergli se andava bene chiudere in quel modo, andarsene, e di scusarsi per la foto, e per la cicatrice - che non è dipesa da lui, se ne rende conto davvero, lui non c'entra niente, però non riesce a fare a meno di sentirsi in colpa anche per quella.
Yoru è ancora bellissima con quei capelli che non ci sono più - ma ricresceranno - ed il viso che la cicatrice fa solo un po' meno bianco, nel contrasto, e la muscolatura è intatta sotto la pelle lesa, il suo sorriso è diritto e perfetto come prima, anche se sembra spento, anche se sembra incerto.
- Mi spiace anche per la doccia, Yoru. -
- … doccia? Che doccia? -
- Quella storia della doccia. -
Lei sgrana gli occhi, piuttosto perplessa, e c'è proprio tutta Yoru così come dovrebbe essere dietro a quegli occhi spalancati e stupiti, mentre esita per un po' prima di affermare cauta:
- Scusami tanto, caposquadra, ma non è che ti seguo proprio bene. Di che cosa stai parlando, precisamente? -
Spiegare è complicato, pensa Kakashi. E' che la doccia e quella sua stupidissima frase cattiva, detta in un attimo di - paura? - qualcosa che adesso non sa bene cosa sia stato, gli è rimasta a metà della gola e ha contribuito a inacidirgli la vita per tutti quegli anni.
- Hai una stanza a Konoha, Yoru? -
Vede gli occhi sgranati farsi ancora più grandi, se possibili, nello sconcerto:
- E' una specie di domanda trabocchetto, la risposta alla mia domanda o cos'altro...? -
- Yoru... - Gli scappa da mugolare, esasperato.
- Non ho una stanza, Kakashi, perché non mi serve. Quando vengo per le visite sto a casa di Kurai: lui ha un appartamento, lo divide con Hime e Kasumi, le bambine... adesso sono tutte e due all'Accademia, sai? -
- E resti per qualche giorno? -
- Msì, credo, forse fino a dopodom... -
- Stai da me, stasera? -
Ha una foto da farle vedere, forse, e qualche altra cosa di cui scusarsi, sicuramente.
Trecentosessantacinque giorni moltiplicato per quattro anni e rotti trascorsi fanno un sacco di giorni per i quali scusarsi: si può cominciare un po' alla volta, magari, e poi dirle che gli spiace per quella volta che l'ha baciata solo attraverso la stoffa, e per tutte quelle altre in cui avrebbe dovuto capire quanto è stato fantastico averla a vent'anni - ma con un po' di fortuna non è troppo tardi per quello - e poi, soprattutto, spiegarle perché ha da chiederle scusa per una doccia.
Yoru fa una faccia strana, esterrefatta al punto da sembrare comica, e poi si oscura: è come se si spegnesse, prima le labbra che scivolano verso il basso, poi le guance che si piegano con la cicatrice che sembra aumentare in bella evidenza, e infine gli occhi, opachi. Era così, all'ospedale, un po' triste, molto incerta, niente sorriso.
- Non mi pare una buona idea, Kakashi. -
Suona molto come un no.
Be', in quei quattro anni potrebbe aver trovato un marito, una frotta di figli - quelli che Kakashi aveva immaginato per lei - o, semplicemente, potrebbe aver perso d'interesse. D'altro canto non era mai stato in grado di quantificarlo, quell'interesse, di dire se era poco, abbastanza o molto.
Sono passati quattro anni e magari lui non è più sufficientemente interessante. Di che si lamenta, in ogni caso? Non è stata lei a sbatterlo fuori di casa, all'epoca...
Fa per aprire bocca e scusarsi, cercando stentatamente le parole giuste per mascherare la delusione, ma Yoru tutto ad un tratto allunga una mano di scatto attraverso il tavolo: prima la sinistra, che è quella fasciata dalla manica lunga, che però si ferma a mezz'aria e viene sostituita subito dall'altra. Le dita sottili della ragazza gli si posano sul polso con incertezza:
- Scusa. - Mormora rauca. - Non è un granché da vedere, tutto qui: e ti prego di credermi sulla parola. -
Kakashi guarda la mano sul suo braccio e prova un miscuglio di sollievo - non ha detto di no - nostalgia - quel gesto delicato non assomiglia molto a quelli ingombranti di Yoru, improvvisi e inaspettati, gli sembra gli strazi le viscere il ricordo - calore - non sa bene cosa vuole ma sa che cosa non vuole: non vuole che resti così, non vuole che non sorrida, non vuole che se ne vada.
- Se è tutto qui, ti credo sulla parola, Yoru, e vorrei che tu restassi. -
La faccia di Yoru si rompe, è proprio così che la vede, rotta, mentre pare sull'orlo del pianto. Non l'ha mai vista piangere - Kami, prima di oggi non l'ha mai nemmeno vista se non sorridente! - e non sa bene come affrontare la cosa, però Yoru inghiotte a vuoto due volte e si ricompone; e pure la voce esce distesa, quasi naturale:
- Non ti piacevo, Kakashi? -
Per un po' non sa cosa rispondere, ma poi decide che la verità, per una volta, forse è la cosa migliore:
- Molto. - Molto, ed anche per quello non aveva voluto che Yoru diventasse ciò che erano i volti sulla foto, cose preziose, perché le cose preziose si perdono e poi restano solo nomi da rimpiangere su un sasso bianco.
- Allora non ti piacerei, adesso. -
E' candida anche in questo, assolutamente franca.
Kakashi pensa che forse sarebbe opportuno dire qualcosa di rassicurante, qualcosa che le dia la certezza che non sarà come lei crede, che sarà tutto giusto e perfetto, ma di fronte a tanta franchezza, be', non sarebbe solo crudele, sarebbe osceno rispondere qualcosa che non si pensa.
- Lasciami almeno provare. -

Yoru si tortura il labbro inferiore con i denti - incertezza, una parte di Kakashi che ancora pensa da ANBU quasi si aspetta di sentire l'odore della paura gocciare fuori dalla sua pelle - ma poi alza gli occhi e assente:
- D'accordo. -
E gli occhi, gli occhi, gli occhi, non sono più opachi.





Note

E io mi sono resa conto da un paio di giorni di aver rubato il titolo a qualcosa che già esiste: Tutta la vita davanti è infatti un film di Paolo Virzì, uscito forse due anni fa, che ruota attorno alle vicende di Marta (interpretata da Isabella Ragonese), neolaureata con lode che si trova suo malgrado a lavorare in un call center gestito da una inquietantissima direttrice (interpretata da Sabrina Ferilli).
Il film trae a sua volta ispirazione dal libro Il mondo deve sapere, di Michela Murgia.

Avevo già visto il film qualche tempo fa - e avevo trovato apocalittiche somiglianze tra me e la protagonista, a cominciare dal nome (ahi, ahi, ahi xD) per terminare con la tipologia di laurea scelta - ma no, il titolo non viene da lì. Devo anzi dire che non ci avevo pensato per niente, e che se ci avessi pensato qualche riferimento dentro, magari, ce l'avrei inserito.

Il titolo nasce invece dall'ennesima rilettura de L'Ultimo Orco, uno dei meravigliosi romanzi di Silvana De Mari, che io considero tra le autrici italiane insieme più brave e meno considerate di questi anni.
Scrive fantasy come fantasy comanderebbe, in un italiano che è come l'italiano istesso chiede d'essere scritto, per parafrasare Camilleri, ed è insieme originale, profonda, ironica e lieve.
E, ovviamente, è misconosciuta: per cui io mi trovo le librerie intasate da trilogie che sono copie di copie di copie, ma per recuperare una buona edizione dei suoi libri debbo prenotarla. Ho deciso pertanto che la mia missione sarà pubblicizzarla ovunque, ferocemente.
Uno degli ultimi capitoli de L'Ultimo Orco - del quale no, non racconterò niente - mi ha fatto nascere una riflessione su questa vita che resta dopo qualcosa: da cosa nasce cosa, da riflessione riflessione, e siamo arrivati al titolo che c'è ora.


... in realtà mi sono trovata a due ore dalla consegna a interrogarmi disperatamente su un titolo, sperando nella divina illuminazione. Ma questi sono dettagli, ovviamente.


Salice: Io trovo che Kakashi sia, come Sasuke, una di quelle persone che, se fossero reali e ti capitasse di incontrarle, ti verrebbe solo che voglia di prendere a schiaffi. Quando nel manga s'atteggia con tre tredicenni (ehi, sono tredicenni, miseria! xD Sono piccini, piccinissimi, perché li tratti così, se non serve?), quando fa finta con Sasuke che non gliene importi niente e sorride, e invece magari se gli avesse spiegato sarebbe cambiato qualcosa, quando se ne va in giro depresso perché ha trattato a pesci in faccia Obito, e poi non è che sia migliorato tanto... Però, che personaggio bellissimo che è. *_*

slice: No, è verissimo! xD Come ho già detto su a Salice, anche il Kakashi del fumetto certe volte mi ispira insieme di autolesionista e vagamente intollerante ai problemi degli altri. E' un po' come se non li capisse, o non si rendesse conto di quanto possono essere gravi o delicati: è un po' come se decidesse di farsi carico del peso del mondo, e per questo decidesse di scavalcare, magari, i pesi più piccoli che vede sulle spalle di chi ha attorno a sé. Penso sia anche questo che lo renda affascinante. Grazie per i complimenti! ^^ Spero che questo capitolo ti sia piaciuto di più...!

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Capitolo 7
*** 24 anni - Konoha - Ricordi, mani. Occhio. ***





24 anni - Konoha - Ricordi, mani. Occhio.




Ricorda che toccarla era stato naturale, la prima volta: ricorda che Yoru gli si era come sciolta sotto le dita, liquida e fusa, ma che quello sciogliersi era stato combattivo e divertito, uno sciogliersi salace in una risata che non l'aveva disturbato nemmeno un po'.
Yoru era un corpo forte e uno spirito sereno che si piegavano senza rompersi. Aveva avuto paura d'aver esagerato - l'aveva morsa in un attimo di desiderio ed il segno violaceo le era rimasto sul fianco, spingendola contro la testiera del letto le aveva fatto sbattere la testa con forza - ma Yoru si lamentava in una risatina o in un sogghigno.
E' diverso, adesso, averla davanti che pare stringersi in sé stessa anche mentre se ne sta con le braccia lungo i fianchi: tutta la postura parla di rigidità e di panico e di angoscia, ed è desolante. Non sorride e lo guarda come aspettasse qualcosa.
Kakashi si rende conto solo adesso che è stata sempre Yoru a iniziare: Yoru a piombargli addosso a Konoha, Yoru a scorrergli davanti nei cunicoli di Kusa e a guardarlo con un'espressione che pareva portarlo scritto sopra, desidero, Yoru a spogliarlo e Yoru a baciarlo sulla maschera, a salirgli addosso e a stuzzicarlo, a portarlo fuori casa.
Gli piace - piace? - anche per questo. Ma, adesso che lei non può, non ne sembra più in grado, la mano è passata a lui.
La fa sedere sul tavolo: piano, la solleva reggendola sotto le ginocchia e la mette sul bordo. Fa scorrere le mani sulle gambe - sente sotto la stoffa della sinistra qualcosa di spezzato - e le ferma sui fianchi, alla fine, chinandosi per sfiorarle il mento con la punta del naso.
L'odore è sempre quello, lo ritrova con piacere: sa un po' di camomilla, ha il profumo di qualcosa che cresce selvatico nei campi e ingentilisce il vento nella fioritura, ha il colore delle corolle bianche e dei cuori gialli. Si mescola con quello di cui sa la pelle.
Yoru esita contro la sua gola, per un attimo, prima di chinarsi a baciargli la spalle, lieve lieve, a fior di labbra. C'è la stoffa della maglia tra la bocca di lei ed il suo collo, e Kakashi si tira indietro quel tanto che gli serve per armeggiare con la giubba da jonin, sfilandola e lasciandola cadere a terra senza cura.
Alza le mani per passargliele sulle guance: sono lisce, tutte e due, come velluto sotto i calli dei polpastrelli.
Yoru si lascia maneggiare con espressione cauta. Non si scansa, ma gli tiene le mani sulle spalle in punta di dita, senza muoverle. Lui le abbassa il collo della tunica per sfiorarle la gola con le labbra e la sente irrigidirsi, pietrificarsi, ogni volta che si accosta alla cicatrice.
Prende un respiro profondo, Kakashi, come prima di un tuffo: le passa le dita sotto la veste, facendole scorrere lungo i fianchi fino alle gambe, e la solleva, poi, cercando di sfilargliela. Yoru lo asseconda inarcando la schiena, e la tunica che viene via lascia in vista la fascia scura che le stringe il seno e quell'imbracatura fitta di lacci e cinghie sottili che le tiene su la manica e il gambale.
La cicatrice scorre giù per la gola, si intreccia sul seno, sul fianco, e sparisce sotto la stoffa proprio dove comincia a farsi più profonda.
Il brivido della ragazza quando la accarezza con il palmo aperto è tanto violento da parere un accenno di convulsione: e quando cerca di stringere la manica per sfilarla, Yoru gli serra il polso con forza.
- Lasciala lì. - Mugola sordamente. - Lasciala. -
- Perché? -
- Giochi scorretto, Kakashi. Io non ti faccio domande sulla maschera, tu non farne a me su... sul braccio. Per favore. Lasciala lì dov'è. -
- Vuoi che la levi? -
- Ma se ti ho appena detto di no...! -
Kakashi si decide a riformulare la domanda, pazientemente:
- Vuoi che levi la maschera? -
Esita, Yoru, con le tracce dell'interesse sulla faccia:
- Lo faresti? -
- La maschera in cambio della manica. - Puntualizza Kakashi. - E del resto. -
C'è da prenderla prima che cambi idea, gli viene da pensare, o prima che la cambi io. Allunga la mano e, frettolosamente, fa per cercare di tirarsi giù la stoffa dalla faccia.
Yoru gli si aggrappa alle braccia, trattenendolo:
- No! Io non... aspetta, Kakashi, miseria! -
La vede stringere i pugni sulle ginocchia, serrare le labbra e guardarlo combattiva e infelice - e meglio quello che l'apatia, pensa, meglio quello che la paura, la preferisce arrabbiata piuttosto che desolata.
Yoru emette un verso strozzato che suona insieme come un sospiro e come un gemito d'esasperazione, mentre fa salire le dita per cominciare a slacciare le cinghie:
- Me la levo. - Bofonchia. - E' più giusto adesso che dopo aver cominciato, comunque, ma io ti ho avvisato, d'accordo? Te l'avevo detto. Te l'ho detto, no? -
Kakashi si impone di star fermo: di tenerle le mani accanto ai fianchi ma non addosso, posate con i palmi sul tavolo, di restarle vicino ma non troppo. Yoru è visibilmente rigida già così, e le dita sembrano tremare a ogni nodo che scioglie.
Viene via prima il gambale, e la cicatrice lì è profonda come un fiume che taglia la carne, bianchissima, con il fondo che si riempie d'azzurro nei punti dove scorrono le vene sottopelle, tutta diramazioni sottili che si allargano sul ginocchio e la caviglia - le giunture, valuta Kakashi, i punti più fragili.
Ma quella è niente a confronto di quel che ha sul braccio.
Sembra che abbiano cominciato a scarnificarle l'osso senza avere il tempo di finire l'opera, perché da una parte manca un pezzo di carne grosso due dita, sotto la spalla c'è un buco, e la cicatrice scorre come una gola, una voragine, fin quasi al polso. La pelle è pallida e frastagliata, tesa sulle ossa, sottilissima.
- La pelle non è la mia. - Gli spiega Yoru in un orecchio, pianissimo: - E' di Korui. E anche il muscolo, parte delle fibre, sono sue. Siamo rimasti bloccati nei tunnel per quasi tre giorni, ed io non c'ero molto con la testa, però ogni tanto mi svegliavo e lo trovavo che operava. E' un genio, sai? L'hanno detto anche quelli delle squadre mediche, quando ci hanno tirati fuori. Mi ha salvata. -
Kakashi fa scorrere un dito in corrispondenza della cicatrice, senza sfiorarla. Sente l'occhio pulsargli nella cavità, il sangue che batte contro l'osso quasi dolorosamente, l'occhio, quello di Obito, e pensa guardando la pelle bianca che quello è un regalo.
La voce di Yoru sembra fatta di vetro sottile, pronta ad andare in pezzi:
- E' rimasta la cicatrice anche a lui. Si vede appena, però c'è, io lo so. Avremmo dovuto stare più attenti. Avremmo dovuto prevederlo. Averne cura. - Quando il vetro si infrange, però, non lo fa nel pianto, ma in una risatina nervosa. - Be', adesso non c'è rischio che ci scambino l'uno per l'altra, no? Non c'è più nessuno che possa confonderci, a guardarci in faccia. -
Se la sente scivolare contro, ma non lo sta abbracciando; è semplicemente scesa dal tavolo, mettendosi in piedi, e adesso cerca di passargli sotto al braccio:
- Io vado, caposquadra. -
Senza una parola, Kakashi l'afferra di nuovo per le ginocchia e la rimette a sedere sul piano di legno. Si piega per bloccarla, mentre la ragazza lo guarda stupita, e poi china la testa e fa una cosa che sembra inchiodarla sul posto, gelarla, spezzarle il fiato in gola: le poggia il viso sul braccio e bacia la voragine che ci passa attraverso.
Fa scorrere le labbra piano, su e giù, dalla spalla al gomito. Le solleva un polso per poterci strofinare contro una guancia, e Yoru rabbrividisce, e poi di nuovo a baciare la cicatrice, tutta, ogni graffio e riga e taglio e sfregio e piega e segno, delicato sul tessuto rimarginato e mordendo piano i bordi.
- Aaaah... - Nel silenzio, la voce di Yoru sembra ancora rotta, il sorriso dolorante. - Così non vale, Kakashi, però. -
Ghiacciolo, pensa Kakashi, ghiacciolo alla menta. Ha le labbra più sottili, Yoru, sul viso scavato di stanchezza e tensione, però sono ancora rosse e sembrano morbide, morbidissime, da baciare. Come da copione, continua:
- No? -
- Direi di no. - Subito Yoru lo butta via, quel copione, e socchiude gli occhi e bisbiglia senza smettere di sorridere di quel sorriso rannicchiato e tutto curvo: - Mi spezzi dentro, così. -
Non ti rompo. Non ti rompo, io.
Si allunga per baciarle le labbra. Con la maschera non sente che sapore ha quella bocca morbida che deve essere piegata solo per la gioia, e per ridere e per ciarlare, per essere Yoru, così propone con noncuranza:
- Me la togli, adesso? -
E Yoru lo fa.

Le tengo le mani sul braccio e la gamba finché lei non torna ad essere fusa. Si scioglie piano, liquidamente, e non mi guarda più come in attesa d'un colpo.
Quando decido che forse è il caso di spostarci verso il letto, la sollevo e lei, agitandosi goffamente per la sorpresa, dà una ginocchiata alla testiera del letto. Mugola e si lamenta e scoppia a ridere, tutto ad un tratto, e quella risata mi scende nello stomaco come alcool, calore, è bollente e vorrei solo baciarla per berle il sorriso, che è tornato ad essere quello giusto.

Si stanca facilmente: il braccio è debole, la gamba fragile. Sul letto la sorreggo e me la passo sullo stomaco: pesa ancora, ma meno di quanto ricordassi. E' dimagrita. Si sentono le costole sotto le dita, a passarci sopra i polpastrelli.
- Mi spiace. - Mormora. - Non è come prima. -
- Va benissimo così. - E' perfetto così. - Sei bella. -
Non ne sembra convinta, mentre ride ancora in quel modo un po' dolente:
- Cosa vedi con quell'occhio, Kakashi? -
Ed io non lo so bene che cosa vedo adesso, precisamente, se non che c'è Yoru.
So, però, cos'è che
non vedo.
Non vedo nessuna faccia sorridente di tredicenne, né il viso di Minato buono e dolce e a darmi il senso della perdita.
E' quasi strano.


Al mattino glielo racconto, a Yoru, dopo averci rimuginato su un altro po' mentre lei dormiva:

- Quella nella foto è la mia squadra. La mia vecchia squadra, ed il ragazzo al centro si chiama... -
- E' Obito Uchiha. - Mi interrompe lei immediatamente, a disagio. - Io, uhm... io lo so già, caposquadra, ecco. -

Ed è così che scopro che Yoru conosceva tutta la storia da anni, da sempre, da prima ancora di conoscermi: perché io ero famoso e Obito era famoso e Minato era famosissimo, e la sua squadra era rimasta a Konoha con una storia di morti che poi è diventata anche quella del mio occhio, la mia storia.
- Me l'avevano già raccontato ed io l'avevo capito subito chi erano quelli nella foto. L'ho presa apposta, quella volta, perché volevo vedere cosa mi avresti detto. Scusami tanto, Kakashi. -
- Mh. Sai una cosa? -
- Cosa? -
- Che non è molto importante. -

Prima o poi, sì, mi scuserò per quella doccia.





Note

slice: Mi piace la cosa dell'animale maltrattato... xD Ecco, Yoru è uno di quei personaggi che mi piace. Se per Hanako ho una vaga intolleranza, per Yoru nutro accese simpatie: mi diverte, è piacevole scriverne perché ride, miseria, e dice cose talmente sceme da essere perfino intelligenti. A me piacciono le tue recensioni, mi sanno di chiacchierata... ^^ Grazie!

Salice: Sì, però, mia Sal, Kakashi certe volte è molto, molto tonno. E' tanto tonno da sembrare balenottero, più che tonno, non so se mi spiego... Cioè, quando nel fumetto invece di prendere Sasuke per una spalla e sbattergli la testa contro il tronco si limita a sorridergli e a dirgli che sono tutti morti? Sorride! Non è che gli smonta la capoccia, sorride! ... verrebbe da ammazzarlo.

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Capitolo 8
*** Oggi - Konoha - Paternità / ripresa ***





Oggi - Konoha - Paternità / ripresa




- Kakashi? -
- Mh? -
- Stiamo sempre a casa mia per una qualche ragione particolare? Voglio dire, so di avere dei mobili straordinariamente comodi, ma è solo per questo? -
- Ti è tornato già tutto quel fiato, Yu? -
- Invecchi, Kakashi. Una volta saresti stato già pronto per un secondo giro. -
- Yoru... -

- Ti sei mai chiesta che cosa si prova ad avere un figlio? -
- Kakashi... da dove ti è uscita fuori, questa? -

- E' nato il bambino di Kurenai Yuhi. Il figlio di Asuma Sarutobi. E' sempre un po' strano vedere il figlio di un ninja, no? -
- Mah... non lo so. Neanche troppo, credo. Voglio dire... Noi due lo siamo. Non è detto che noi si muoia sempre prima di vederli, i nostri figli: se così non fosse, Konoha non esisterebbe. No? Cos'è, caposquadra? Un improvviso desiderio di paternità? -
- E se anche fosse? -

Se anche fosse è che Kakashi le piace per l'odore di verde, per il ricordo di Kusa e Konoha e degli anni che sono passati e per quello che ha fatto, guarirla, perché Kurai l'ha salvata e Kakashi l'ha guarita, ed è perfetto così.
Se anche fosse è che lei non dice mai noi ma sempre me e te, per scaramanzia, per girarci attorno così che lui non torni a rimuginare tutto ad un tratto su quanto sia triste la vita e quanto sia vicina la morte, ché quei quattro anni sprecati non le sono andati giù davvero, però lui qualche volta se lo fa scappare dalla bocca, andiamo a prendere un caffè? e c'è un noi dietro alla domanda, o anche ti ricordi quella volta che noi...?
Yoru se le ricorda tutte, quelle volte, le conserva con cura ed amore.
Si ricorda quella volta che è arrivato con la notizia che aveva una squadra e chissà a che accidenti stava pensando mentre lo diceva, però sembrava tutto sommato contento.
Una squadra significa tre poco più che bambini, poco meno che adolescenti, di cui aver cura come cose delicate. Lei ha già una specie di squadra in casa, Hime e Kasumi e Hikari, i suoi fratellini, per cui lo capisce bene, ecco.
Ha capito anche quella volta in cui Kakashi è tornato e uno dei tre non bambini non adolescenti se n'era andato via verso nord. Kakashi era stato triste come un mattina nuvolosa d'ottobre, e lei si era chiesta quanto profondamente fosse riuscito a deludersi, così.
E quella volta in cui il bambino era tornato, adulto o quasi, salvo, il mattino si era riempito di sole.
Se le ricorda tutte, quelle volte, che sono volte e non anni perché lei è un uccellino, sfregiato ma un uccellino, e svolazza tra Kusa e Konoha senza continuità, smaniando quando cercano di tenerla lontana dalla sua bellissima terra verde di luce e di pioggia, e Kakashi è un leone irrequieto: e non si tengono i leoni irrequieti in gabbia, mai, non ci si prova neanche.
Se anche fosse, quindi, adesso si poteva aspettare un sacco di cose, ma quella no.

Due cosi straziati, ecco cosa siamo, pensa, rotti e aperti e ne siamo usciti vivi solo perché qualcuno ci ha regalato dei pezzi di ricambio.


Si chiamava Kakashi Hatake.
La prima volta che l'ho visto portava una maschera, ed anche la seconda volta, e la terza. Ne porta una anche oggi, perché tutti noi ne abbiamo, nel cuore se non sul viso, e ci nascondiamo dietro i nostri pensieri per non essere feriti.
Mi piaceva il viso che aveva, sottile, e i capelli che erano come luce ogni volta che il sole ci passava sopra.

Mi piace anche oggi.



Gli accarezza la faccia con la mano aperta e nasconde il viso nella piega del gomito devastato, con una risatina che è un sogghigno lievissimo, ovattato:
- Non so. - Bisbiglia piano. - Se ti gira puoi provare a chiedermelo, caposquadra, e vedere cosa ti rispondo. -

Dopotutto ce l'abbiamo, sai? - grazie a quelli che ci hanno dato i loro pezzi e la loro vita, quelli che non ci hanno abbandonati anche se era almeno un po' colpa nostra e quelli che ci hanno curati salvati preservati amati - per viverla, adesso.
Tutta una vita davanti.



Fine.





Note

E qui si chiude la storia di Yoru e Kakashi. Ne approfitto, finchè ancora posso, per gli ultimi ringraziamenti.
Un grazie a Salice, senza la quale questa storia non avrebbe visto la luce; e che ancora si ostina a lamentarsi della sua gentile Le cicatrici del Cuore, che è una cosa dolce e delicata e bella proprio per questo, perchè è leggera. Yoru è Yoru perchè Salice è Salice.
Ancora un grazie a verolax, che ha indetto il concorso; ad araya e Arwen88, che insieme a lei sono state giudici; a Bimba_Chic_Aiko, per le bellissime immagini fatte; alle altre partecipanti, per avermi permesso di leggere le loro storie.
Un grazie a tutti quelli che hanno letto, seguito, commentato questa storia: e in particolar modo a slice, che ha scelto di partecipare al programma adotta una storia anche tu e che ha seguito Tutta la vita davanti fin dall'inizio. Grazie, davvero.


... cribbio, che tristezza abissale mi mette addosso chiudere.


slice: E' una tecnica segreta, la conosco! Si chiama arrampicata sugli specchi. Un giorno un professore durante l'esame mi ferma, mi guarda e fa:
- Lo sente questo rumore? -
Ed io, perplessa:
- No, che rumore? -
- Questo skreeeek che si sente. Lo sa cos'è? Il suono di unghie che scivolano su di una superficie liscia e ripida. -
Poi non si dica che i professori di lettere non sono dotati di senso dell'umorismo. Grazie a te, spero che la conclusione ti sia piaciuta! A un'altra storia! xD

Aiko92: Quella frase piace tantissimo anche a me (no, non me lo dico solo perchè l'ho scritta io, giuro xD) ed è una delle poche delle quali sono tanto, tanto soddisfatta. Sono davvero felice che Yoru ti piaccia, è un personaggio del quale sono stata contenta di scrivere. Ti ringrazio per i complimenti (grazie, grazie, grazie!) e mi auguro che la conclusione ti abbia soddisfatta! A una prossima storia, magari... ^^

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