Tutta la vita davanti di Elos (/viewuser.php?uid=75887)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oggi - Konoha - Paternità ***
Capitolo 2: *** 13 anni - Kusa - Terra di verde, mare di roccia ***
Capitolo 3: *** 16 anni - Kusa - Di curve, trappole e costoni ***
Capitolo 4: *** 20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Prima parte ***
Capitolo 5: *** 20 anni - Konoha - Tutta la vita davanti – Seconda parte ***
Capitolo 6: *** 24 anni - Konoha - Occhi, ricordo, mano. ***
Capitolo 7: *** 24 anni - Konoha - Ricordi, mani. Occhio. ***
Capitolo 8: *** Oggi - Konoha - Paternità / ripresa ***
Capitolo 1 *** Oggi - Konoha - Paternità ***
Be', tutto ciò comincia con Salice che mi
convince a partecipare a un concorso sui nuovi personaggi esattamente due giorni dopo che avevo detto "oh,
mai più storie con nuovi personaggi".
Di conseguenza, è tutta colpa sua. Io vi prego di fare pressione su di lei (lettere minatorie, ricatti,
minacce di rapimento di cani-gatti-criceti-pesci rossi) perché pubblichi anche la sua storia, perché io
l'ho letta e voglio rileggerla quando l'avrà scritta di nuovo con quella scena che mi ha promesso.
E me l'ha promessa.
Detto questo, ringrazio Verolax, Arwen88 e Araya94 per la disponibilità, la gentilezza
e la cortesia: malgrado il mio catastrofico ritardo hanno accettato di prendersi la storia e correggerla.
Le ringrazio anche per avermi permesso di partecipare, perché - dopo qualche iniziale mugugno ad uso e
consumo di Salice - mi sono davvero divertita.
Ho un paio di cosine ancora da dire, ma metto tutto a fondo pagina. Buona lettura!
Oggi - Konoha - Paternità
Finisce con il gomito contro la maniglia e la botta le comunica una spiacevole scossa elettrica: protesta
con un mugugno insoddisfatto - chi è stato il cretino abissale che ha avuto la gran pensata di mettere
una porta chiusa proprio qui? - e butta indietro una mano, staccandola di malavoglia da una delle
spalle dell'uomo e premendo alla cieca per aprire. Incespicano un po' nello stuoino steso all'ingresso,
arretrando lei butta giù il portaombrelli - il piede di lui si alza con uno scatto dolce a trattenerlo
prima che finisca per terra con un frastuono di metallo - e strisciano indietro come un bizzarro animale a
quattro zampe lungo il corridoio.
La spinta che lui le dà la schiaccia contro la parete: annaspa un po', la ragazza, cercando di trovare una
specie di equilibrio tra la gamba compressa e quell'altra che si è piegata autonomamente, scollegata dal
cervello, andando ad allacciarsi attorno al fianco dell'uomo. Gli affonda le mani nelle spalle, ché quei
cinque millimetri che li separavano le sembrano un po' troppi al momento, allegramente disinteressata allo
spigolo del quadro che le si è appena piantato dolorosamente nella costola.
Lo spigolo smette di farle male cinque minuti più tardi, quando, dopo l'ennesima spinta contro la parete,
la cornice si stacca e rovina sul pavimento.
Nota numero uno: trovare una spiegazione ragionevole per giustificare a Kurai il quadro rotto
nell'ingresso.
- Forse è meglio se... ci spostiamo altrove. - La voce esce fuori tutta spezzata, perché le labbra
dell'uomo si mangiano le sue attraverso la stoffa sottile della maschera, e si mangiano le parole, il
respiro, e sembrano maldisposte a staccarsi.
- Mh...? -
- Mh. - Conferma lei. - Non mi spiacerebbe... - Si interrompe quando una delle mani dell'uomo trova
finalmente l'orlo della sua maglia - nella testa della ragazza si accende tutto ad un tratto quello che
assomiglia terribilmente ad una specie di coro esultante - e si infila a contatto con la pelle. Le
occorre un'indescrivibile sforzo di volontà per riuscire ad estrarsi dal groviglio di piacere assurdo nel
quale il gesto l'ha cacciata e ritrovare la voce necessaria a concludere: - ... non mi spiacerebbe
conservare integra almeno una parte dell'arredamento, non so se rendo l'idea... -
Lui le ghigna contro la gola - quando diamine ci sono finite, le sue labbra, lì? - e, senza nemmeno
provare a staccarsi da lei, la spinge verso una delle porte. La ragazza finisce con la schiena contro lo
stipite e il mugolio sofferto che le scappa dalle labbra ha poco a che vedere con il piacere.
L'uomo si blocca e alza gli occhi, l'occhio, l'ha tirata su di peso tenendola sotto le gambe ed ora
la guarda dal basso verso l'alto:
- Tutto a posto? -
Lei ansima e ridacchia:
- Avevo una costola intera, lì, da quelle parti. - Non appena lui accenna a togliere la mano via dal suo
fianco, pelle contro pelle, la ragazza si affretta ad inchiodargliela lì dove si trova, stringendogli il
polso: - Non ci provare, caposquadra, o ti strappo l'occhio che ti è rimasto. -
Per sottolineare il concetto gli allaccia le gambe attorno alla vita, cercando di imprigionarlo. L'uomo
pare scarsamente dispiaciuto dalla cosa, perché le si strofina addosso.
E' caldo, ed ha un buon odore un po' aspro - devono essere state le due rampe di scale salite
discretamente di fretta - e un po' verde, come l'odore di Kusa, boschi che si infilano nelle strade e
ci si perdono dentro, e quell'odore sa tanto di nostalgia.
Gli affonda le mani tra i capelli - brillano anche nel buio, sembra, disumanamente chiari, argento
chiaro - mentre lui la solleva di peso, staccandola dallo stipite e decidendosi a trasportarla
attraverso la stanza. Si trova sdraiata sul tavolo, piacevolmente oppressa, e non è che abbia una gran
voglia di protestare - la voglia viene via con le labbra che si aggrappano alla sua gola e sembra che
vogliano divorarle il sangue senza rompere la pelle né la stoffa, e poi scendono, denti, la clavicola,
ancora pelle, quella più morbida - però proprio non riesce a farne a meno:
- Guarda che ho un letto, sai? Siamo... - Le dita dell'uomo trovano sul suo corpo la fibbia che tiene su la
maglia di rete e le strisce di stoffa dell'imbracatura. Armeggiano e la aprono, e lei si chiede,
oziosamente, dove sia precisamente finito il giubbetto da jonin. - ... siamo ancora in grado di
permettercelo, quello... -
- Kami! - Geme lui, più sconcertato che seccato, alzando la testa quel tanto che serve per guardarla
in faccia. - Parli più di Naruto, e non credevo fosse umanamente possibile! -
Lei protesta lamentosamente, inchiodandolo nuovamente tra le gambe per impedirgli di ritrarsi:
- Sei troppo vestito! Se tu fossi meno vestito io starei più zitta! -
C'è ancora la maschera di mezzo, uno strato sottile di stoffa che si tende elastica sulla bocca e sul mento
nascondendogli l'espressione: però, malgrado il buio, malgrado l'impiccio, si vede benissimo il sorriso che
affiora, più un ghigno che un sorriso, mentre gli occhi, l'occhio, si socchiude divertito.
- E' un bel problema. Però credo si possa risolvere. -
E ci si adopera in tal senso, subito dopo, con le dita di lei che si chiudono attorno al bordo della
maschera e la abbassano, e quello è un gesto più intimo che spogliarlo dei calzoni, e la mano dell'uomo che
si stringe attorno al manicotto del braccio destro e con uno strattone lo tira via, la stoffa contro la
pelle rovinata sembra quasi bruciare - freddo aria niente nuda - e le scappa un mezzo gemito.
Le strofina il braccio con gentilezza tra le dita lunghe, e non è che lei sia una cosina di quelle piccole,
né esile né sottile, niente a che vedere con un giunco da spezzare, ma le mani dell'uomo sono comunque
piacevolmente grandi e non sono ruvide per niente contro la carne delicata.
Restano un po' sdraiati sul tavolo anche dopo.
Il dopo è la parte che lei preferisce. Cioè: il prima è favoloso, sempre, e il durante
è qualcosa che leva il fiato e le fa passare ogni voglia di protestare, obiettare o scherzare, con il
calore che monta da una qualche parte che è giù però è anche vicina al petto, ma il dopo è
meglio.
Il dopo è che lui rimane caldo un po' più a lungo di quanto non faccia il corpo di lei, e le si abbandona
addosso con una specie di stanchezza fiduciosa.
Le rimane a respirare contro il collo, e la sensazione delle sue labbra senza maschera contro la pelle è
qualcosa di indescrivibile, poterlo avere così è - semplicemente - assurdo e magnifico. E'
qualcosa che le fa dimenticare quanto è scomodo il tavolo e quanto sia fredda la notte.
Nota numero due. Si dice improvvisamente. Pulire bene il tavolo prima che Kurai rientri.
- Kakashi? -
- Mh? -
D'accordo: Kakashi Hatake non è un tipo comunicativo. In genere si sforza per sembrarlo. Fa fatica, preme
su sé stesso, per dare l'impressione di essere almeno due gradini sopra il livello di cortesia minimo per
una civile quanto faticosa convivenza con il mondo.
Non è sgarbato, non è arrogante. E' un po' orgoglioso - tipico dei geni, pensa spesso Yoru con una
punta di divertimento - ma sa riconoscere un errore ed è sempre pronto ad attribuirsene la responsabilità.
E' solo che Kakashi proprio non ci sa fare con le persone. Non gli piace dover avere rapporti con loro in
un certo modo: i convenevoli, le gentilezze, i modi di dire e di fare, i cerimoniali, le convenienze...
Quando tutto questo diventa un po' troppo, Kakashi sorride.
Yoru l'ha conosciuto proprio nel periodo in cui Kakashi aveva cominciato a fare così: un sorriso per ogni
problema, con la maschera che lo piega e lo esalta e quel sorriso che entra a farne parte,
mascherata, divenendo finzione. E' una finzione di quelle buone, però: fatte per non ferire, fatte
per cercare di comprendere, fatte per cercare di avere un rapporto più normale, più umano, perché a
Kakashi certe volte spiace non riuscire ad esserlo come vorrebbe.
Gli spiace malgrado la maschera - contraddizione, pensa Yoru, che però capisce.
Comunque non è comunicativo. Dopo in genere è ancora meno comunicativo, perché è stanco, in pace,
parlare non gli piace.
Yoru soffoca insieme un ghigno e uno sbadiglio:
- Stiamo sempre a casa mia per una qualche ragione particolare? Voglio dire, so di avere dei mobili
straordinariamente comodi, ma è solo per questo? -
Kakashi bofonchia:
- Ti è tornato già tutto quel fiato, Yu? -
- Invecchi, Kakashi. Una volta saresti stato già pronto per un secondo giro. -
- Yoru... -
Lei si aspetta che lui se ne esca fuori con qualche commento un po' esasperato, un po', suo malgrado,
divertito: e invece Kakashi si tira su, facendo leva sulle braccia, e la guarda in viso.
- Ti sei mai chiesta che cosa si prova ad avere un figlio? -
D'accordo: questa non se l'aspettava. Yoru rimane per un po' a bocca aperta, senza neanche preoccuparsi di
tirare il fiato, finché il bisogno d'aria non la costringe ad inghiottirne un po': si strozza quasi per la
fretta, annaspando con una risatina incredula e incerta.
- Kakashi... da dove ti è uscita fuori, questa? -
Gli occhi dell'uomo sopra di lei si socchiudono, per un attimo; si chiude quello nero, che nell'ombra è a
malapena visibile, buio nel buio, e quell'altro, l'occhio del guercio, rosso e fiorito di segni che
si muovono in circolo al suo interno:
- E' nato il bambino di Kurenai Yuhi. Il figlio di Asuma Sarutobi. E' sempre un po' strano vedere il
figlio di un ninja, no? -
- Mah... - Yoru alza una mano, lentamente, per passarla sulla fronte dell'uomo e scansargli una ciocca
chiara che il sudore gli ha incollato alla pelle. - ... non lo so. Neanche troppo, credo. Voglio dire...
Noi due lo siamo. Non è detto che noi si muoia sempre prima di vederli, i nostri figli: se così non fosse,
Konoha non esisterebbe. No? -
E poi, con un mezzo sogghigno che sembra un tentativo di riportare l'atmosfera a prima, al momento di
calore e sudore dove erano stati bene e non c'era stato niente e nessuno con loro:
- Cos'è, caposquadra? Un improvviso desiderio di paternità? -
Gli occhi dell'uomo si riaprono, tutto ad un tratto, e Yoru pensa che le piacciono, asimmetrici e
incompleti, con quel nero e rosso dentro che spicca contro la pelle chiara, la testa chiara, e anche
l'occhio dello sharingan che solleva tante dicerie, tante malignità, per lei è solo l'occhio che in
battaglia protegge i suoi compagni, ha protetto lei e Kurai e chissà quanti altri, ed un dono così è un
dono buono, nulla che possa essere malvagio o innaturale.
Lui si china e le domanda placidamente, con un tono di noncuranza che stona con gli occhi vigili e attenti:
- E se anche fosse? -
Si chiamava Yoru Kitamori.
La prima volta che l'ho vista avevamo tredici anni tutti e due: ma se i suoi erano stati tutto sommato
lievi e l'avevano graziata, i miei pesavano come se invece che tredici fossero stati centotrenta.
Aveva il viso intatto e un corpo da adolescente maschio tutto ossa spigolose e curve mancate, alto
precisamente quanto quello del fratello, Kurai, che, d'altronde, era uguale a lei in tutto e per tutto.
In quei giorni che abbiamo passato insieme Yoru diceva spesso - scherzando, ché scherzare le è sempre
piaciuto - che i loro genitori dovevano aver deciso al momento del concepimento che una cosa perfetta
andava buttata giù almeno in duplice copia, per essere preservata intatta per ogni evenienza.
- Se uno di noi due, poniamo caso, finisse con il naso contro una padella... - Se ne uscì fuori una volta.
- ... la bella faccia che ci ritroviamo rimarrebbe così com'è sull'altro. -
Kurai sembrava seccato, ma Kurai sembra sempre seccato, e lei ghignava nel dirlo:
- E' meglio che guardarsi allo specchio, al mattino! -
Strano come tutto ciò sembri così simile ad una voce di profezia, a guardarlo con gli occhi di
oggi.
Note
Al momento di pubblicare, grazie ai commenti puntuali di Araya94, Arwen88 e Verolax,
mi sono trovata davanti alla scelta: correggo o non correggo?
Alla fine ho optato per una via di mezzo.
Qualche correzione (grammaticale, distrazione, errori di battitura, Orrori di ortografia e via discorrendo)
ci sarà; ma per quanto riguarda le scelte di forma e stile non toccherò niente. Preferisco lasciarla così
com'è, e così com'è stata giudicata.
Per il bando, i giudizi e i punteggi delle quattro storie partecipanti il link di riferimento è:
Kakashi loves... SORPRESA!"
Questo, invece, è il link della storia di the forgotten dreamer, che l'ha pubblicata stamane:
Remember
Al prossimo capitolo e ancora grazie a chi mi ha permesso di giocare!
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Capitolo 2 *** 13 anni - Kusa - Terra di verde, mare di roccia ***
13 anni - Kusa - Terra di verde, mare di roccia
C'è un profluvio rigoglioso e metodico di verde da quelle parti, che è quasi troppo per essere
contenuto tutto negli occhi: un'orgia di colore vellutato ed uniforme che cresce in una distesa d'erba alta
sino ai fianchi e, perso lì sopra a specchiarcisi, anche il cielo sembra verde, e pesante, carico di
pioggia.
Camminano in silenzio uno dietro l'altro, con il ninja medico a chiudere la fila e sua sorella a precederlo
nel mezzo; Kakashi li ha distanziati di qualche passo, avanzando sveltamente nell'erba folta.
Se Yoru, la ragazza, nel presentarsi ha abbozzato un inchino con uno sfoggio di sommaria formalità,
sorridendo con quella che sembra una contentezza sincera, Kurai si è limitato ad assentire brevemente alle
parole della sorella.
Lei - lui? - loro sono qualche centimetro più bassi di Kakashi, con i capelli neri raccolti in un
ciuffo morbido sul lato sinistro della testa e visi sottili e perfettamente, completamente,
inequivocabilmente identici.
Hanno gli stessi vestiti, la stessa veste bruna, gli stessi calzoni scuri. Hanno le stesse fasce sulle
braccia, le stesse sacche alla cintura, lo stesso coprifronte con la foglia annodato attorno al collo. I
lineamenti sono gli stessi, la corporatura è la stessa. Stanno tanto vicini l'uno all'altra che le braccia
si sfiorano. Parlano, gesticolano, si muovono in simbiosi: si completano i gesti a vicenda senza nemmeno
guardarsi ed è, be', inquietante.
Sono stati assegnati come squadra a Kakashi perché sono nati ai confini tra il Paese del Fuoco e le terre
di Kusa, e conoscono la zona molto meglio di altri. Per il resto, di loro Kakashi sa solo che Yoru è stata
promossa chunin da meno di un mese e che suo fratello è un bravo medico. Yoru - che si è rivelata
una compagnia straordinariamente ciarliera - gli ha spiegato che in genere li mandano insieme ovunque - per
qualcosa che ha a che fare con la distribuzione del chakra, Kakashi non ha ben compreso: ha annuito
educatamente per tutto il tempo, senza curarsi in realtà di registrare nulla dopo la trececentoventunesima
informazione superflua giunta in un minuto netto.
Ha sorriso di fronte alle chiacchiere di Yoru e di fronte all'atteggiamento neanche troppo vagamente
indisponente di Kurai, con il sorriso ad alzare i bordi della maschera e l'occhio, il solo visibile, che si
chiude, il capo piegato su una spalla. Non è sicuro che risulti del tutto naturale, ma è quanto di meglio
riesce a produrre al momento.
E' strano sorridere loro - non gliene importa poi molto né dell'una né dell'altro - quando non sono
passati neanche sei mesi dall'ultima volta che ha visto Obito - Obito al quale non ha mai sorriso - o Rin -
neanche a lei, mai, mai, e magari se le avesse sorriso sarebbe riuscito a toglierle di dosso un poco
di quel peso che sembrava averla schiacciata al ritorno dallo scontro sul ponte.
La voce acuta di Yoru Kitamori attira la sua attenzione:
- Quello è il villaggio che cerchiamo, caposquadra. -
E' un conglomerato di casupole di legno scuro che paiono emergere come funghi o isole in tutto quel mare
verde. La recinzione è alta quanto un uomo, con sommità appuntite ed uno sgangherato portone che in caso
d'emergenza si può richiudere verso l'interno. Chiamarlo villaggio è, viste le dimensioni, quantomeno
ottimistico.
Si guarda intorno in cerca di campi coltivati, risaie, fattorie, una qualunque presenza che giustifichi la
permanenza di esseri umani in zona, ma, eccezion fatta per un branco di vacche che, a dispetto di tutta
quell'erba rigogliosa, sfoggiano un aspetto non troppo florido, non c'è altro.
C'è anche da chiedersi che cosa voglia Iwa da un posto come questo: ma, così vicini al confine, qualunque
bersaglio è dopotutto un buon bersaglio.
- Conoscete qualcuno, lì? -
- Il capovillaggio. - Risponde Yoru. - E' un brav'uomo. Vedovo, con tre figli. Aveva segnalato altri
attacchi anche in passato alle squadre di confine. -
- E sta arrivando. - La voce di Kurai, in fondo alla fila, è sempre piuttosto atona, appena un filo troppo
brusca per essere cortese. Indica il villaggio e l'uomo che, uscito dal portone malmesso, arranca
zoppicando verso di loro attraverso il mare d'erba.
Kakashi lo guarda, quel viso impassibile e un po' chiuso, scontroso e vagamente arrogante, e si chiede se
qualche volta anche la sua voce è suonata così alle orecchie di Obito.
Non gliene è mai importato, prima. Ma pensarci adesso è solo dolore.
Il capovillaggio ha assegnato loro il secondo piano di una delle case più alte del villaggio: ha finestre
su tutti e quattro i lati ed è alto a sufficienza da permettere di far spaziare la vista oltre la
palizzata, sul mare d'erba mobile. Il verde ondeggia ad ogni colpo di vento, sfumandosi di blu o d'oro a
seconda di come il sole al tramonto lo colpisce.
Kurai è salito sul tetto per andare di guardia e Yoru e Kakashi sono rimasti dentro a spartirsi quel che
resta di una cena piuttosto frugale.
- Non hanno molto da condividere, in questo periodo. - Esclama Yoru tutto ad un tratto, spezzando il
silenzio su una magra ciotola di riso. Pare voglia giustificare la cosa, come fosse colpa sua. - La guerra
non ha lasciato loro molto, e gli scambi con l'esterno sono interrotti da anni. -
- E' così dappertutto. -
Yoru inclina il capo da una parte, e Kakashi ha l'improvvisa, nitida impressione di aver detto la cosa
sbagliata. Ha cercato di trovare una frase per comunicare il suo assenso con quello che lei stava dicendo -
qualunque cosa precisamente fosse - per tentare di essere cortese, ed ha pensato che assentire
semplicemente, standosene zitto, potesse sembrare un po' secco.
Adesso che si riascolta, però, ha la sensazione che la sua risposta possa essere sembrata un'accusa
indiretta: è così dappertutto, quindi che non si lamentino, oppure è così dappertutto, inutile
parlarne o, peggio ancora, è così dappertutto, hai detto una cosa ovvia.
Non gliene importa molto di Yoru - non gliene importa molto di nessuno se non di pochi, tra i vivi e i
morti - ma gli dispiace che sia così, vorrebbe che gliene importasse. Pensa che Obito non apprezzerebbe.
Pensa che Obito vorrebbe che lui parlasse di più, socializzasse, che le cose che gli importano fossero di
più.
Si schiarisce la voce, spiegandosi stentatamente:
- Intendevo dire che hai ragione. Sono stati gentili a offrirci vitto e alloggio. -
Vitto e alloggio. Kami, forse sarebbe stato più appropriato dire semplicemente cena? O
magari sarebbe stato meglio lasciar perdere la prima frase? Fare apparire il proprio assenso come
semplicemente scontato? Cosa è più opportuno fare?
Complicato. Gli viene da mugolare interiormente per il disappunto. E' inutilmente
complicato!
Yoru, però, tiene la testa inclinata da una parte e gli sorride ancora. Sorride spesso - continuamente, a
dire il vero - ed è un sorriso simpatico. Lei ritorna a rovistare nella propria ciotola, spolverandone
accuratamente il fondo da qualunque chicco di riso possa essere sfuggito ad un primo passaggio.
- Come mai la maschera, caposquadra? - Si informa subito dopo, il tono distratto, prima di aggiungere: - Se
posso chiedere. -
Kakashi si irrigidisce lievemente: ma il disturbo di dover rispondere qualsiasi cosa gli viene risparmiato
dalla testa di Kurai, che, sporto dal tetto, fa tutto ad un tratto capolino attraverso una finestra.
- Arrivano da nord. - Sentenzia laconicamente. - Sono in tre. Hanno i coprifronte di Iwa. -
Sono tre, in effetti, come ombre brune che scorrono attraverso i flutti d'erba mossa, scuri nella luce
d'ambra del tramonto. Procedono verso il villaggio con sicurezza, come non avessero visto le tre sentinelle
adesso appostate a guardare sul tetto della casa o come si sentissero sufficientemente forti da poter
essere noncuranti.
La cosa migliore, valuta Kakashi, è bloccarli in mezzo alla pianura: è vero che il terreno giocherebbe lì a
favore degli avversari - che devono essere maggiormente abituati a tutto quello spazio aperto e
senz'alberi, vuoto di verde - ma è preferibile comunque stare il più possibile alla larga dal villaggio,
per non coinvolgere gli abitanti.
- C'è da intercettarli prima che arrivino alla staccionata. -
Yoru si offre, alzando una mano:
- Posso andare io, caposquadra. -
Sarebbe la cosa migliore. La ragazza è dopotutto una chunin, non proprio schifo, e sarebbe ad ogni
modo meglio - a suggerire questo è una parte di sé che Kakashi preferisce ignorare il più possibile,
ultimamente - mandare qualcuno a far da esca per spingere i nemici a mostrare cosa sanno fare.
Il pensiero di Obito cancella la voce che suggerisce quelle cose così pacate, intelligenti e fredde, e
Kakashi scuote la testa:
- Vado io. Yoru, tu resta sulla palizzata nord e vienimi in supporto in caso di necessità. Kurai, rimani
qui e sorveglia tutta la zona. Potrebbe essere una trappola per portarci allo scoperto mentre attaccano il
villaggio. -
Yoru obbedisce senza una parola, ma Kurai ha una smorfia che pare insieme tensione e fastidio, mentre segue
con gli occhi la sorella che si allontana. Resta però al suo posto sul tetto, gli occhi che spaziano
attorno per sorvegliare il nulla che circonda il villaggio.
Kakashi scavalca la palizzata sulla cima della quale Yoru si ferma, acquattata con le ginocchia piegate e
le mani aggrappate al legno aguzzo, e muove oltre nel mare d'erba. Fa scivolare sulla fronte la placca di
metallo con il simbolo della foglia, scoprendo l'occhio di Obito, perché preferisce essere prudente ora che
non pentirsene poi. Brucia un po' alla luce - è stato coperto molto a lungo, stavolta, perché è passato del
tempo dall'ultimo scontro - e Kakashi fatica sempre a metterlo a fuoco.
Ma ci sono lui e Obito che guardano attraverso quest'occhio: ed è una delle ragioni per le quali combattere
è ancora tollerabile.
In battaglia c'è Obito con lui, è quell'occhio, e ci sono le mani di Rin che l'hanno fuso al suo corpo e
quelle di Minato che l'hanno salvato e sollevato dopo il crollo della grotta.
In battaglia è come se fossero tutti lì attorno, con lui: si affollano e chiamano e sono presenti, non lo
lasciano da solo, ciascuno gli ha dato qualcosa di sé.
Sono le dita di Minato che guidano le sue attorno all'impugnatura del kunai, ed è Rin che lo bilancia come
faceva lei - come si chiedesse sempre lo lancio o non lo lancio? - e la lama gli rimane sospesa in
mano un minuto di più mentre guarda con l'occhio di Obito cosa fanno i suoi nemici.
Lancia e segue, e il suo corpo guida: una parte di lui è dentro la pupilla, nera nel rosso, a guardare cosa
succede con distratta partecipazione mentre le sue mani si muovono e scattano. Trova sotto le dita lo
sterno di uno e colpisce con un kunai che affonda nella pelle - il primo è andato a vuoto - fa scivolare
indietro il busto perché la tecnica dell'altro gli passi sopra la testa, e quando la terra comincia a
tremare salta da una parte per non finire con i piedi nella faglia che si è aperta.
Sembrano mediocri - sono mediocri - c'è una vocina sottile e aguzza, in lui, che ne sembra quasi
infastidita: ma poi sente un grido d'allarme, breve e rauco, provenire dal villaggio alle sue spalle. Gira
la testa e fa in tempo a vedere il ninja che, mimetizzato con una qualche tecnica fino a quel momento
nell'erba alta, sotto la terra, salta sulla palizzata e punta a superarla.
Yoru gli va incontro, correndo sul bordo di legno, e Kakashi vorrebbe essere improvvisamente lì e
qui, qui a finire lo scontro e lì a impedirle di danneggiarsi, in qualunque modo, che combatta meno
che può e che non si faccia male, perché sono due perfetti sconosciuti dei quali gli interessa meno di
niente, ma sono la sua squadra. Se avesse badato meglio alla sua squadra Obito e Rin sarebbero davvero con
lui, ora, e non solo nel vento.
Il tempo che scorre lento nella sua testa è un frusciare rapido sull'erba: un nemico l'assale e gli fa
ritrovare la concezione del luogo e dello scontro; ma riesce a girarsi, combattendo, quel tanto che serve a
tener d'occhio il villaggio.
Arrivo subito. Si dice, serrando i denti. Mezzo minuto. Datemi mezzo minuto.
Sulla palizzata Yoru ha colpito l'avversario, ricacciandolo giù, e si prepara a respingerlo di nuovo.
Meno di mezzo minuto. Kakashi colpisce alla nuca un secondo avversario: quello non va a terra come
dovrebbe, e allora scalcia di nuovo, ancora, e salta sul terzo per impedirgli di completare di nuovo la
tecnica che smuove la terra.
Yoru scivola accovacciata, accartocciata e come contratta, e rilascia tutta sé stessa nel tallone che urta
con violenza il nemico, buttandolo ancora giù. Gli lancia dietro le lame sottili dei kunai, e malgrado la
distanza si sente benissimo l'urlo di dolore: l'ha colpito.
Ce n'è un altro, però, che emerge dalla terra e l'attacca alle spalle, ed anche il suo compagno, con un
braccio penzolante lungo il fianco, risale la palizzata per andarle addosso.
Kurai, in piedi sul tetto, è immobile come una statua: osserva solo e non si muove.
A Kakashi vien voglia di imprecare.
Va' ad aiutarla! Gliel'ha ordinato lui di star fermo lì, e adesso vorrebbe non averlo mai detto.
Va' ad aiutarla, di corsa, veloce!
Il terzo che si contorce sotto le sue braccia gli svicola da sotto, colpendolo all'addome con forza tale da
levargli il fiato. Salta indietro e, mentre il suo compagno si butta su Kakashi per trattenerlo, disegna
rapido le posizioni con le dita. Appoggia le mani a terra ed a levarsi, tutto ad un tratto, è un'onda bruna
e verde di terra e roccia che solca il mare d'erba e cresce, cresce, cresce, muovendo verso il
villaggio.
Accovacciato con una sensazione di nausea debole come un'eco a rafforzarsi dentro il suo stomaco, Kakashi
prepara il Mille Falchi.
Lo stridore che si leva sembra percuotere la terra e il vento, l'energia crepitante che gli fa sfrigolare
la pelle a contatto con i vestiti.
Quello sulla staccionata è Obito. Questi sono quelli che l'hanno ucciso, e la terra è - com'è stata -
quella che gli si è chiusa sopra e intorno sino a spezzarlo e schiacciarlo. Obito non c'era già più quando
Rin gli ha tolto l'occhio: era già oltre. Però Kakashi ha avuto il tempo di vedere le rocce
serrarglisi attorno, di avvertire il lucido dolore al pensiero che lo stava abbandonando. Lo faceva
per Rin, lo faceva perché non c'era altro da fare, ma lo abbandonava.
Il Mille Falchi non basta a scaricare tutto lo schifo che sente a quel pensiero.
Attraversa con la mano il torace di quello che gli sta addosso e, senza quasi badare, lo scaraventa addosso
al suo compagno. Corre lungo l'onda di terra ed erba che però è più veloce, lo precede. Questione di
istanti. Questione di istanti, secondi, frazioni, e sarà sul villaggio: sul villaggio e su Yoru e
Kurai.
Vorrebbe urlare loro di scappare, ma in tutto quel fragore di pietra smossa non lo sentirebbero.
Yoru scivola dalla staccionata e sembra sia caduta: i suoi avversari le saltano dietro - e Kurai ancora
non si muove - e lei cade con le gambe piegate e le mani sulla terra - Kurai non si muove, non si
muove! – ed è mezza nascosta dall'erba, ma Kakashi vede benissimo l'uomo di Iwa più vicino alzare il
braccio con la lama e mirare a lei.
Lo travolge con il braccio del Mille Falchi, scaraventandolo contro la palizzata di legno con forza tale
che le assi si incrinano, spezzandosi.
Urla a Yoru:
- Via! -
S'aspetta che lei obbedisca e scappi prima che l'onda d'erba sia loro addosso - ed è altissima, adesso, più
alta della palizzata e più alta della sommità delle case, immensa - e invece lei tira su la testa e lo
guarda con occhi vacui, come non capisse bene, e poi alza le mani e, be', insieme alle mani viene su la
terra, la roccia che c'è sotto, il verde che c'è sopra, tutto: una muraglia compatta che si erge di
fronte al villaggio, e mentre Kakashi spacca con il Mille Falchi la cassa toracica dell'ultimo avversario
di Yoru, l'onda d'erba la fa tremare al momento dell'impatto.
E' come un debole terremoto che scuote le case e la palizzata alle loro spalle, ma si spegne presto.
Kakashi, affannato, non riesce a far altro che guardare la meraviglia che Yoru ha tirato su e che ha
impedito alla tecnica di quel figlio di donna dai facili costumi di Iwa di ridurre il villaggio ad una
corposa composta di legno frantumato - con gli abitanti dentro, ovviamente - e si rende nebulosamente conto
che la cosa migliore da fare sarebbe sciogliere la tecnica del Mille Falchi e andare su a controllare che
al villaggio vada tutto bene, però non trova proprio la presenza di spirito necessaria, al momento.
- Caposquadra? - La voce di Yoru è un pigolio affaticato che gli fa riabbassare lo sguardo bruscamente. La
ragazza se ne sta ancora rannicchiata, con le mani insanguinate poggiate sulla terra e le dita affondate
nell'erba molle. - Kurai ne vede altri in arrivo da ovest. Sono in cinque. -
Kurai ne vede. C'è qualcosa di stonato nell'affermazione, ma Kakashi si sente tanto - immensamente -
sollevato per il fatto che non sono morti, nessuno della sua squadra è ancora morto, che fatica a
connettere le idee:
- Kurai ne vede...? - Fa eco, solo, il tono opaco.
- Msì, caposquadra. - Yoru pare sorpresa: - Quella cosa che io e Kurai, ecco, funziona che se lui guarda e
si concentra vedo anche io, e viceversa, perché siamo gemelli, credo. Crediamo. Non ne siamo sicuri, però
funziona. Funziona anche con il chakra. Anche con le cose che si ascoltano. - E poi, mentre la sorpresa si
fa un poco vergognosa: - Non te l'ho detto? -
Kakashi scuote la testa, stancamente:
- No. Non l'hai fatto. -
Yoru sgrana gli occhi, stupita:
- Oh. Io... be', io credevo di averlo fatto. -
Aveva sprecato quasi mezz'ora a blaterare sull'odore di mucca che si sentiva nel sottotetto, sul fatto che
doveva essersi scordata la coperta da qualche parte perché non la ritrovava - e invece era nel fondo della
borsa - sui dintorni di Kusa e su quanto fosse meravigliosamente spaesante tutto quel verde,
destabilizzante, sulle risaie che una volta c'erano ed ora non più, ma quel piccolo particolare doveva
esserle evidentemente sfuggito dalla testa.
Dalla gola di Kakashi emerge una specie di mezzo sospiro rassegnato. Allunga una mano e l'appoggia sulla
muraglia di terra che vien fuori dal mare verde d'erba:
- Bella tecnica. - Afferma, quieto.
Yoru e Kurai, questo l'ho scoperto nei giorni successivi, erano in grado di trasmettersi vicendevolmente
il chakra.
Yoru ne possedeva una quantità meno che mediocre, a malapena sufficiente per le tecniche di base; Kurai, al
contrario, era sorprendentemente dotato. Era un po' come se l'uno avesse risucchiato il chakra all'altra
nel ventre, prima ancora della nascita, e così glielo restituiva ad ogni scontro: e le dava una seconda
coppia d'occhi che la seguiva - un po' come quell'occhio di Obito che mi segue sempre - mentre combatteva,
permettendole di guardarsi le spalle.
Non l'ho mai trovato inquietante. Io - io e quel che in me è di Obito - li capiamo.
Yoru si rischiara in viso:
- Grazie, caposquadra! -
Pensa che dovrebbe dirle di smetterla di chiamarlo così: ma c'è Kurai e - ecco che le priorità tornano
giustamente al loro posto - i nemici che arrivano.
- Sei in grado di combattere? -
A quella domanda lei salta in piedi come se non se ne fosse stata rannicchiata ad ansimare fino a quel
momento, balzando su per la staccionata e fermandosi ad osservarlo solo dalla cima: se non altro, riflette
Kakashi oziosamente, non difetta d'entusiasmo.
Passa la mano ancora una volta sulla muraglia di terra, e la sente compatta e resistente sotto le sue mani.
Protegge. Si dice. Ripara.
Bella tecnica.
La tecnica di Yoru si chiama Porta della Terra: è una tecnica di richiamo e di sacrificio che prevede
che il sangue si versi in misura direttamente proporzionale alle dimensioni della barriera che si vuole
ergere.
Non era - è - niente di speciale, ma lì, in quel momento, mi piacque. Forse perché aveva appena impedito
che la mia squadra venisse sterminata - di nuovo - o forse perché era una tecnica di difesa, una tecnica
come uno scudo, ed io non ne avevo mai imparate di simili.
Qualche anno più tardi mi sarebbe stata insegnata da qualcun altro una tecnica che non era proprio la sua,
perché la Porta della Terra era frutto di Yoru e di Kurai, grossolana e spontanea, opera loro: ma una
tecnica che ci assomigliava - come uno scudo - e che mi sarebbe servita tante e tante e tante volte.
Perché ci tenevo alle mie squadre, adesso. Sapevo di tenerci.
Volevo restassero vive.
Ed era proprio una bella tecnica, quella.
Note
In questo capitolo c'è stato un passaggio che tutte e tre le giudici mi hanno segnalato in quanto
sgradevole: ossia quel non proprio schifo riferito alle capacità di Yoru.
Era pensato inizialmente per essere molto colloquiale, qualcosa che fosse coerente in quanto pensiero (di
Kakashi, in questo caso): mi spiace non abbia reso l'idea! Ho deciso di tenerlo perché non è errore
grammaticale o di battitura, e preferisco conservare il più possibile la stesura originale del
concorso.
Torno a segnalare, prima di passare alle risposte ai commenti, il link dove si possono recuperare bando,
giudizi e punteggi delle quattro storie partecipanti:
"Kakashi loves... SORPRESA!"
Al prossimo capitolo e ancora grazie a chi mi ha permesso di giocare, a chi legge e a chi commenta!
Salice: Tu mi hai costretta! xD E' coercizione psicologica, tu lo sai che non puoi chiedermi le cose
facendo la vocina dolce e pretendere anche che io dica di no, è impossibile! Io spero tanto che Kishimoto
non decida mai di trasformar Kakashi in un papà. Sarebbe tremendo. O.o Cioè, non riesco neanche ad
immaginarlo.
the forgotten dreamer: Maggrazie! *_* Grazie davvero per tutti i complimenti!
araya: Grazie di cuore, detto da uno delle giudicesse (xD) fa malissimo al mio ego, che poi si monta
e si gonfia, però io ne sono tanto contenta. Nel caso gli attappo le orecchie (sempre all'ego) e ascolto
solo io!
Hinata_Dincht: Sì, non so se dipenda dalla maschera e dal fascino del misterioso, tipo Zorro, o
dall'atteggiamento da imbranato desolato, ma in un fumetto dove i personaggi maschili bellissimi si
sprecano e abbondano, be', Kakashi spicca malgrado tutto. xD Kurai, purtroppo, a me non sta simpatico per
niente: mi ricorda sfortunatamente qualcuno che ho moooooolto vicino. Grazie per i complimenti! ^^
verolax: Oltre a ringraziarti ancora per la cortesia che mi hai dimostrato malgrado il ritardo
catastrofico, più che disastroso, lo faccio anche per il punteggio decisamente lusinghiero e per i commenti
più che graditi, tutti. ^^
Se per il "non proprio schifo" ho spiegato sopra la mia scelta (e il "poterli ignorarli" lo
correggerò, grazie davvero! xD), il "vienimi in supporto" era preso proprio da una puntata dell'anime di
Naruto (tra l'altro una delle poche che ho seguito), traduzione italiana. Anche se, effettivamente, è
fastidioso da sentirsi! Il te era in effetti una scelta voluta... in certi casi, almeno. O.o Sto
rileggendo per controllare, però, non vorrei averlo sparso come semina! E tu non puoi capire fino a che
punto sia contenta che ti sia piaciuta la descrizione di Iwa...
Per quanto riguarda cavi ed elettricità in Naruto: al capitolo 330, per fare un esempio, numero 37
dell'edizione italiana, nella scena in cui Shikamaru annuncia a Kurenai della morte di Asuma sono
inquadrate centraline elettriche e cavi sulla destra; Naruto ha un frigorifero, poi, e nel numero 7,
capitolo 57, Gaara, Temari e Kankuro vengono ripresi da telecamere di sorveglianza, collegate a dei cavi.
Più che altro, a Suna mi pare non se ne vedano mai! O.o
Ancora, davvero, grazie! ^^
slice: Grazie grazie grazie! *_* Soprattutto per l'italiano... (*finge di ignorare d'aver scritto
per tutto il tempo "qualcun'altro" con l'apostrofo... coff coff!*).
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