A good mistake

di Hi Ban
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A good mistake ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** A good mistake ***


A good mistake




Un’indaffarata Ino – l’aggraziata e fine Ino –, si accinse ad aprire con un calcio la porta del piccolo appartamento di Hinata, dal momento che le mani erano occupate da uno scatolone, contenente solo Ino sapeva cosa. E Sakura, la stessa Sakura che si era piazzata a casa sua alle dieci e mezza di sera, svegliandola a suon di pugni sulla porta senza un qualcosa che si potesse definire preavviso, blaterando qualcosa a riguardo di un imminente arrivo di Ino, stava rovistando per casa sua alla ricerca... di candele?
Alla domanda di perché tanto nervosismo e del perché si fosse messa alla ricerca di candele in casa sua aveva sbuffato e, alla scoperta che non vi erano candele giallo chiaro, aveva chiamato Ino e il tono concitato con cui parlavano le due era tutto tranne che rassicurante.
Aveva sentito Ino sbuffare e dire che doveva sempre pensare a tutto lei e poi doveva aver chiesto a Sakura qualcosa su di lei, poiché l’Haruno si volto verso di lei, con sguardo preoccupato e indagatore, dopodiché esclamò un ’peggio’ con fare critico. Sì, doveva senza dubbio preoccuparsi, sia per se stessa, giacché avere quelle due in casa insieme era una cosa tutt’altro che sicura, sia per la loro sanità mentale. Era sicura che Ino avesse chiesto a Sakura come stesse, poiché lo faceva in continuazione, ma lei stava bene. Cioè, non proprio bene come stava prima che accadesse, ma si era già ripresa in confronto ai primi giorni... mesi.
Circa tre mesi fa il suo neo fidanzato, Naruto, era morto in un incidente d’auto. Hinata ne era rimasta distrutta e per le settimane che seguirono aveva pianto ad ogni minimo accenno che poteva ricollegarsi a lui. Non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere senza di lui, ne era certa. Da allora aveva fatto dei passi avanti, come smettere di piangere. Beh, qualche volta piangeva, ma non ogni volta che metteva piede in casa perché gli ricordava lui. Ino e Sakura, dal canto loro, si erano premurate di non farla stare sola più del necessario, preoccupate che potesse avere un collasso.
Ovviamente esageravano: Hinata ormai aveva razionalizzato la cosa, rendendosi conto che era la verità e che sarebbe dovuta andare avanti.
Si poteva dire che erano diventate un po’ più apprensive, ma solo perché erano preoccupate per lei. Ogni tanto si chiedeva se non dovessero preoccuparsi più per Sakura che per lei, dal momento che Naruto era un grande amico di Sakura, ma non demordevano: Hinata era a rischio di cedimento, perciò era meglio fare il possibile per tenerla in vita.
Almeno era quello che aveva sentito dire a Ino una sera. Hinata sperò con tutte le sue forze che o fosse ubriaca o che stesse scherzando. Non tentò neanche di protestare dinnanzi alle loro richieste assurde: le conosceva da talmente tanto tempo che sapeva che sarebbe stato inutile. Ecco perché non aveva fatto più domande sul perché servissero le candele alle undici di sera e perché Ino fosse entrata sfondando la porta a quell’ora.
“Ciao, Hinata-chan! Come stai oggi?”
Dopo aver buttato, letteralmente, addosso a Sakura lo scatolone che doveva essere piuttosto pesante, visto che Sakura cadde all’indietro sul divano, lei si buttò al collo di Hinata, strangolandola quasi con uno dei suoi abbracci.
“B-bene, Ino-chan, grazie.”
La solita solfa da molto tempo, poiché l’antifona ogni volta che s’incontrava con la Yamanaka, era basata su ’come stai?’ e varianti.
Sembravano non accorgersi che il tempo era passato.
Ricevuta la sua risposta, la Yamanaka si diresse verso lo scatolone e iniziò a tirane fuori le famigerate candele che Sakura non aveva trovato in casa sua, seguite da una tovaglia bianco immacolato e una scatola di medie dimensioni che, andando per esclusione, a occhio e croce, poteva contenere qualsiasi cosa.
“Vieni Hinata, abbiamo una sorpresa per te!”
Dicendo così, Ino non si aspettava di certo che Hinata si muovesse con le sue gambe, infatti si era prodigata di trascinarla per un braccio verso la sua camera. Invero, la Hyuga era rimasta ferma a osservare le due amiche, non avendo la più pallida idea del perché avessero portato candele, tovaglie e quant’altro. Stavano combinando qualcosa e sicuramente avrebbe portato guai.
Arrivate alle scale, Hinata convenne mentalmente che forse era meglio se le faceva di sua spontanea volontà, o in cima non vi sarebbe arrivata viva.
All’interno della sua camera, Sakura aveva spostato il letto a due piazze, accantonandolo in un angolo alla bene e meglio e ricavando abbastanza spazio da poter adagiare per terra la tovaglia che ora stava poggiando sul pavimento.
Ok, forse era il caso che indagasse, magari avrebbe avuto modo di fermare quell’imminente catastrofe prima che la situazione degenerasse.
“R-ragazze… cosa state facendo?”
Il sorriso della Yamanaka non era rassicurante come voleva essere e fece insospettire di più la Hyuga che si chiese se non fosse stato meglio scappare o, in alterativa, minacciare di buttarsi giù dalla finestra. Ci avrebbero anche creduto: la credevano ancora in fase di stabilimento. Ino la prese per le spalle, scuotendola leggermente, il tutto coronato da quel delizioso sorriso che si addiceva più ad una serial killer.
“Hinata… Abbiamo notato che sei ancora triste, perciò… abbiamo deciso di aiutarti.”
“A-aiutarmi?”
Solitamente, i loro concetti differivano da quelli dei comuni mortali, solitamente più tendenti al disastroso, perciò il loro concetto di ‘aiuto’ comportava una catastrofe. Come se già non ne avessi subite abbastanza, si ritrovò a pensare la Hyuga, tutt’altro che felice di farsi aiutare.
“Certo! Sappiamo che ti senti in colpa per...”
Una candela si schiantò contro il muro, ma la sua vera meta era la testa della bionda, che osservava allibita l’artefice del tiro, ovvero Sakura che la fissava in cagnesco.
“Sakura! Santo Kami, sei impazzita?”
Ed eccole che si lanciavano in un’infervorata conversazione, centrata su offese reciproche delle due interlocutrici, completamente dimentiche di Hinata.
“Hai il tatto di una foca con le convulsioni, Ino!”
Ino, comunque, tatto o non tatto, aveva ragione: si sentiva in colpa, per la sua morte. In tanti le avevano detto che si sbagliava, che non c’entrava niente con la sua morte. Anche Neji, dall’alto del suo orgoglio, aveva provato a consolare la cugina, ma con scarsi – praticamente inesistenti – risultati. Si sentiva in colpa perché Naruto, quel giorno, era uscito in macchina per lei.
Anche se lei quel giorno non sapeva che era uscito per lei, era per lei comunque! Per andare a comprare un mazzo di fiori che aveva intenzione di regalarle! Non si sarebbe mai riuscita a togliere di dosso quella sensazione di colpevolezza e, per quanto il tempo potesse lenire il dolore e richiudere le ferite, era convinta della sua colpevolezza riguardo. Nessuno sarebbe riuscito a far cambiare la situazione, tanto meno il piano che avevano architettato le due. Tra l’altro, le due ragazze lì presenti non avevano ancora finito la loro colorita discussione, infatti erano passate alla tattica in cui si dava fondo a tutte le proprie conoscenze sul passato imbarazzante della nemica.
Perfetto, pensò Hinata, la cosa sarebbe andata avanti per nemmeno lei sapeva quanto e, sebbene si fosse guadagnata un mal di testa gratis, il piano diabolico era passato loro di mente.
Si sedette sul letto, nella vana speranza di riuscire a riposare con tutto il casino che facevano Ino e Sakura. Si lasciò completamente cadere sopra, senza fare caso alla busta bianca che si era fusa perfettamente con la coperta chiara del letto, al cui interno vi era la famosa scatola. La prese e la tolse dalla busta, curiosa di sapere cosa vi fosse al suo interno.
Non lo avesse mai fatto.
Dovette far ricorso a tutta la sua calma per non lasciar cadere la scatola di legno che teneva tra le mani tremanti.
Sopra vi era inciso ’Tavola Ouija’ e sotto, sempre inciso nel legno, ’Famiglia Yamanaka’.


***


Salve!^-^
Questa che vi sto rifilando, oltre ad essere la mia ennesima fan fiction, è una long di non molti capitoli, credo massimo cinque, forse di meno.
Era nata come una One Shot e l'idea di base mi era venuta in mente per il 'One Hundred Prompt Challenge', ma poi la cosa stava andando troppo per le lunghe, in quanto arrivata neanche a metà storia ero già a nove e rotte pagine. Non volendo far subire a nessuno al tortura di leggersi una storia così lunga, se po è anche la mia, ho deciso di farne una long!
Premetto subito che è una Hidan/Hinata scritta da me perciò non so quale cavolata ne possa uscire fuori.
Questo capitolo è corto, ma spezzettando ciò che avevo già scritto ho tentato anche di darci un senso.
Beh, spero che vi piaccia!^^
Bye!=3

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


A good mistake
Capitolo due




La riconobbe subito; era la stessa che Ino aveva mostrato a lei e a Sakura un pomeriggio, molto tempo fa’. Disse che apparteneva a sua nonna e che l’aveva data a lei per un suo compleanno, ma che non credeva che funzionasse davvero. Si era sempre rifiutata di usarla, poiché la paura aveva sempre preso il sopravvento. Anche per una questione di rispetto, in verità. Lei credeva nell’esistenza di spiriti e affini ed era più che convinta che fosse una mancanza di rispetto disturbarli a tal modo. Beh, però la paura incideva di più sulla decisione.
Perché ora quella stessa scatola, che si era rifiutata di vedere anche solo aperta, si trovava in casa sua? Grazie al cielo che era seduta quando fece un breve collegamento con le candele e il possibile utilizzo di una tovaglia in tutto quello. In verità, non sapeva nemmeno lei se essere arrabbiata o semplicemente sconvolta. Volevano richiamare lo spirito di Naruto, disturbare il suo sonno e, in caso avesse funzionato, anche il suo per parecchio tempo a venire, ecco ciò che sarebbe successo se avesse permesso a quelle due di fare di testa loro.
Era scandalizzata solo nel vedere la scatola: aprirla andava oltre le sue possibilità.
“R-ragazze…”
Si limitò semplicemente a chiamarle più volte e, quando ebbe la loro attenzione, impresa tutt’altro che semplice, sventolò la scatola, unica via di comunicazione utilizzabile in quel momento per esplicare il concetto. Ino si portò le mani alla bocca e si voltò verso Sakura, che si era girata per guardare lei. Nessuna delle due accennava a voler dare una spiegazione ma Hinata era sicura di una cosa: non avrebbe disturbato Naruto in qualunque posto lui si trovasse.
“S-scordatevelo. Portatela… via.”
Non voleva avere niente a che fare con quell’aggeggio.
Tanto bastò ad Ino per riprendersi, poiché lei non accettava mai come risposta qualcosa che scombussolasse i suoi piani.
“No, Hinata, tu devi parlare con lui! Ne hai bisogno, non puoi continuare a vivere nel senso di colpa!”
Sakura quella volta non ebbe da ridire sul poco tatto dell’amica, poiché anche secondo lei le cose stavano così.
Hinata però non poteva, non voleva.
“Ma… Io… Ino-chan… n-non posso…”
“Non vuoi rivederlo?”
Ino l’avrebbe spuntata, lo sapeva, ma la Hyuga provò comunque a dissuaderla.
Inutile.
“Bene, Sakura prepara tutto, che manca poco a mezzanotte!”
Hinata, intanto, si era lasciata cadere di nuovo sul letto, trattenendo le lacrime. Non era giusto disturbarlo così, né in quel momento né mai. Naruto poteva anche correre dei rischi, come rimanere bloccato a metà. Doveva ammetterlo, però; la possibilità di rivederlo era una vera e propria tentazione. Non era mancato giorno in cui aveva sperato di rivederlo, in qualunque forma si potesse presentare a lei. Sarebbe bastata anche la sua voce, per renderla felice.
“P-perché proprio mezzanotte?”
“Mmh…Non lo so, l’ho letto su internet. C’è scritto che funziona meglio.”
Hinata si premurò di non chiedere il perché delle candele giallo chiaro e la tovaglia bianca, la ritenne una cosa più che saggia.

***

Erano sedute in cerchie sulla tovaglia, intorno alle candele. Le fiamme sembravano ancora più inquietanti, poiché nella stanza erano l’unica fonte di luce. Le immagini che si crearono sui muri circostanti fecero chiedere più volte ad Hinata perché avesse permesso che tutto quello accadesse; perché era andata ad aprire la porta a Sakura; perché si era svegliata quella mattina.
Vi era un silenzio sovrumano nella camera, tutte le finestre erano chiuse, così come anche la porta. Secondo Ino quelle disposizioni davano un’aria più mistica alla situazione. C’era così tanto silenzio che a Hinata sembrò di sentire anche il rumore delle fiamme delle candele che si muovevano in una danza macabra.
Quando le campane suonarono la mezzanotte, alla giovane quasi non prese un infarto, tanto immersa in quel silenzio che il suono delle campane le era apparso ancora più forte dl solito.
“È il momento.”
Così dicendo, Ino prese la scatola dietro di sé, la aprì e la posizionò al centro, facendo posto tra le candele. Sakura si ravviò indietro i capelli rosa e si sedette meglio, con aria concentrata. Hinata voleva solo alzarsi e varcare la porta, andandosene, ma le gambe non volevano accennare a muoversi, per fare nessun movimento. Deglutì in preda al panico, quando lo sguardo di Ino si posò su di lei.
“È il tuo momento, Hinata. Chiamalo.”
No, quello non poteva farlo. Non ci sarebbe riuscita, era troppo per lei.
“Ok, ci penso io.” Ino aveva intuito lo stato d’animo dell’amica e aveva preso le redini della situazione. Tanto quanta differenza poteva fare se a chiamare Naruto fosse stata lei e non Hinata?
“E ora?”
“Te l’ho detto cosa bisogna fare, Sakura. Dobbiamo poggiare le mani su questo…” Disse posando la mano su un pezzo di legno intagliato che in teoria avrebbe dovuto avere la forma di una lancetta, ma in pratica era un pezzo di legno informe pieno di schegge.
“… e poi dobbiamo fare delle domande. Ma noi vogliamo che sia Naruto a rispondere.”
“E come facciamo a fare rispondere proprio lui?”
“Su internet c’è scritto che bisogna cercare… Perciò faremo domande finché non becchiamo Naruto!”
Ino era tutta fiera del suo piano, ma sia Hinata che Sakura avevano seri dubbi sul fatto che potesse funzionare. Come si faceva a cercare uno spirito? Male che fosse andata, non avrebbe risposto nessuno e sarebbe stato anche meglio.
“Visto che Hinata non se la sente, le domande le faccio io.”
Ino e Sakura collocarono le mani e attesero che lo facesse anche Hinata. Non avrebbe nemmeno appoggiato la mano se non fosse stato per l’occhiataccia che Ino le lanciò.
“Bene... C’è qualcuno?”
Se Ino credeva davvero che avrebbe funzionato chiedendo semplicemente ’c’è qualcuno?’ doveva davvero aver sopravvalutato le possibilità che vi erano che potesse davvero andare come previsto.
O aveva bevuto.
“Ino ma scherzi?” Disse Sakura, guardandola con sguardo stralunato: su quale sito aveva trovato le istruzioni per far funzionare quella tavola?
“Hai qualche idea migliore, Sakura? Vuoi mettere dei punti e dei cerotti alla tavola, credi che sia meglio?”
Rieccole che partivano.
“Tu cosa preferisci? Metterci dei fiori? Quelli li metto io sulla tua tomba se vuoi!”
“O vuoi farle un’autopsia?” Commentò nuovamente, facendo riferimento al lavoro dell’amica.
“Sieditici sopra Ino, così si rompe e il problema non si pone! Poi sì che avrò qualcosa da ricucire.”
Nonostante il battibecco che infervorava nella stanza, né Ino né Sakura avevano tolto la mano dal pezzo di legno.
Hinata continuava a fissare quel ritaglio di legno, quasi ne fosse stata stregata, pervasa da una malsana, per lei, intenzione. Aveva voglia di rivedere Naruto, in quel momento. Si ritrovò a pensare cose che andavano totalmente contro a ciò a cui si era aggrappata prima per dissuadere Ino. Non capiva perché, ma sentiva il forte impulso di provare a fare ciò che aveva eseguito poco prima Ino, forse lei ci sarebbe riuscita...
Non ebbe il tempo per fare niente, poiché il pezzo di legno di mosse da solo, spostandosi sul sì. Le altre due ragazze sobbalzarono e Hinata cacciò un urlo in gola, certa che non poteva essere reale. Non poteva essersi mosso. Non poteva. “Si è mosso!”
Ino era esultante, relativamente interessata che la risposta alla sua domanda fosse stata ‘sì’.
“Grazie, Ino, non ce ne eravamo accorte da sole.”
Hinata doveva fare qualcosa, se lo sentiva. Non sapeva nemmeno che domanda fare, ma sapeva che doveva farne una. Era importante, ma non capiva perché. Ino la precedette, completamente dimentica di qual era lo scopo dell’uso della tavola. Sakura rivolse uno sguardo dispiaciuto a Hinata, conscia che ormai Ino era troppo presa da quel suo nuovo divertimento per pensare alle cose serie.
“Mi sposerò giovane?”
“No, Ino, morirai brutta, zitella e vecchia.”
“Sakura, la vuoi smettere? È una cosa seria.”
“Oh, serissima.”
Il pezzo di legno si mosse di nuovo, questa volta verso il ‘no’.
Ino assunse un’espressione delusa; voleva chiaramente che la risposta andasse sul ‘sì’.
“Visto? Non avrai tempo per sposarti!” Sakura non credeva davvero in quella tavola, che reputava solo come uno dei modi che Ino voleva tentare per aiutare Hinata, perciò non si premurava di essere seria e dava libero sfogo alla sua euforia.
La Yamanaka, indispettita, pose un’altra domanda alla tavola, sicura che avrebbe avuto un responso negativo.
“Morirò giovane?”
Hinata era rimasta in silenzio fino a quel momento, convinta che non dovessero scherzare così. Era una cosa pericolosa quella e beffarsi dell’autorità degli spiriti era altrettanto azzardato e rischioso. Un brivido le corse lungo la schiena quando la lancetta di legno si posò sul ‘sì’.
Com’era possibile?
Nella stanza calò il silenzio; Ino, spaventata da quella risposta, tolse di colpo la mano, facendo spaventare Hinata che sobbalzo, graffiandosi con una scheggia del frammento di legno.
“Ok, non è divertente. Sakura, lo hai spostato tu, vero?”
“Certo che no, Ino!” La voce di Sakura trapelava ansia, spaventata oltremodo che potesse essersi davvero mosso da solo.
La paura si era impossessata di Ino, così come l’inquietudine di Sakura. Avevano acceso la luce nella stanza ed erano in piedi una di fronte all’atra. Il tentativo di Ino di apparire arrabbiata e calma al tempo stesso, non faceva altro che farla sembrare ancora più spaventata di quanto in realtà non fosse. Sakura non sapeva cosa fare, se non tentare di mantenere la calma quando rispondeva alle accuse infondate e false di Ino.
Hinata era ancora sul pavimento, mentre osservava il taglio sul dito: era piccolo, niente di che, ma la Hyuga era come rapita da quella gocciolina color cremisi che si stava formando sopra. Poi cadde, percorrendo tutto il suo dito fino ad infrangersi sulla tavola. Rimarcò delle linee su quel sottile piano di legno, formando prima un cerchio e poi un triangolo capovolto all’interno. Non aveva fatto caso prima che vi fosse quel disegno: che non ci fosse mai stato? La goccia però era una e, di conseguenza, il sangue era troppo poco per riportare alla luce un emblema di dimensioni non esigue.
“Hinata, vero che... Hinata?”
Hinata non le ascoltava. Era ancora intenta a fissare quel simbolo, portato alla luce dal passaggio del sangue, il suo. Ne era quasi affascinata, stregata da una magia che anche prima aveva tentato di catturarla.
“Hinata, cosa diavolo stai facendo? Da dove è uscito quel simbolo?”


***


Salve!^-^
Tralasciando il fatto che è la terza volta che provo a postare questo capitolo e il computer mi muore nel momento cruciale, se leggete queste note autore vuol dire l'ho spuntata su questo ammasso di fili!
Il capitolo non è molto lungo, ma sicuramente lo è u po' di più dell'altro!^^
Chissà di chi è quel fantomatico simbolo!xD
Eheh! A chi lo sa do una falce in testa in regalo!^O^
Ok, nel prossimo capitolo dovrebbe comparire Hidan!*O*
Beh, ringrazio Sadi per aver messo la storia tra le seguite!
E ovviamente mizukage per aver recensito il primo capitolo!**

Sono rimasta imbambolata davanti allo schermo per un bel po' quando ho letto la recensione e la faccia pressapoco era questa: O_O
Nessuno mi ha mai detto così tante volte che sono un genio... anzi, non me lo dicono quasi mai!xD
Davvero, mi hai reso felicissima! Non so come ringraziarti, perché ho l'impressione che scrivere solo grazie sia un po' poco!^^'
Beh, inizio scrivendotelo, che è sempre meglio di niente!xD
Grazie mille!**
E stai tranquilla, non odio né la frase (**) né te (figuriamoci se ti odio!**)!
La recensione andava benissimo così! Anzi, ti ringrazio perché con quelle piche righe mi hai risollevato il morale!** Quando ho letto che hai recensito ciò che hai recensito perché mio davvero, sono rimasta di sasso!O_O
Poi ho inziato a gongolare come una scema e lo stato catatonico è durato sia sul pullman, sia a scuola e per i giorni seguenti, ma quello è relativo!ù_ù
Ti ringrazio anche per aver recensito le altre storia!** Davvero, dirti grazie è davvero troppo poco!
Oh, beh, sì, scritto anche un'altra shonen ai per un contest e, per la tua felicità xD, non è Sasuke/Naruto!**
Ora sloggio o la risposta è più lunga della storia!x°D Grazie ancora!**


Spero vi piaccia!^_-

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


A good mistake
Capitolo tre




“N-non lo so... il mio sangue...”
Le due si risedettero, facendosi spiegare cosa centrasse il sangue, esaminando poi la tavola, alla ricerca di un qualche segno. La studiarono per diversi minuti, senza trovare niente di rilevante.
“Ino, la tavola era tua, non ti ricorda niente quel segno?”
“No...”
Ino e Sakura ripresero a discutere, mentre Hinata continuava a fissare il simbolo. Le faceva venire i brividi, ma non centrava il fatto che vi fosse implicato l’uso del sangue. Era il simbolo in sé. Fece vagare lo sguardo in giro per la camera, quasi certa di ritrovarsi davanti da un momento all’altro qualcosa. O qualcuno.
Rabbrividì.
Avrebbe potuto provare comunque a richiamare Naruto, però. Magari, ora che era comparso quel simbolo avrebbe funzionato meglio. Era vero, tra l’altro che lei aveva bisogno di vedere Naruto, doveva chiedergli scusa. Solo il suo ricordo le fece pizzicare gli occhi e le diede la conferma che avrebbe fatto qualsiasi cosa per poterlo rivedere o risentire.
Allungò la mano verso il pezzo di legno, tentando di non far prendere il sopravvento alla paura. Alzò lo sguardo verso le due amiche, sperando che non facessero caso a ciò che stava per fare. Non lo avrebbero trovato molto etico visto ciò che era successo neanche cinque minuti prima e sicuramente glielo avrebbero impedito.
“N-Naruto... Ci... sei?”
Fece in modo di dirlo nel tono più basso che potette, ma Ino si girò nella sua direzione proprio in quel momento, cogliendola sul fatto. Istintivamente, tentò di togliere la mano di Hinata dalla tavola, ma quando il cursore iniziò a muoversi nemmeno lei ebbe cuore di fare un movimento in più. A discapito delle sue speranze, che avrebbe preferito che, se proprio doveva muoversi, si muovesse verso il sì, la mano fu portata verso il centro, nel mezzo del cerchio. Nessuna delle tre si aspettava quella risposta, e rimasero ugualmente basite. Cosa voleva dire?
Il silenzio rendeva il tutto più inquietante di quanto non fosse e ogni cosa sembrava essere diventata fredda, gelida. Quella stessa luce che donava luminosità a quella piccola stanza sembrava opprimente e glaciale.
Nessuno diceva niente, fissavano la tavola, in attesa di un segno o nella desiderio più disperato che non accadesse più niente. Non era più divertente, non c’era più niente di ‘mistico’ o ‘utile’, come lo aveva definito Ino agli albori di quell’iniziativa. La Hyuga alzò lo sguardo, per incontrare quello delle coetanee che non avevano dato più segni di vita, ma oltre ai loro incontrò anche due occhi ametista che la osservavano ironici.
“Buh!”
Hinata gridò con tutte le forze che aveva in corpo, facendo gridare anche le altre due, anche se non sapevano per cose, per riflesso condizionato. La Hyuga si mise la testa tra le braccia, sperando che non avesse incontrato per davvero quei due occhi, che fosse stato solo uno scherzo della sua immaginazione troppo provata da quella serata che avrebbe preferito passare nel letto, tranquilla. Aveva avuto modo, non seppe come e non seppe quando, visto che aveva urlato immediatamente dopo aver visto cosa vi era alle spalle delle amiche, di notare qualcos’altro, oltre agli occhi. Quelle ametiste appartenevano ad un ragazzo dai capelli color platino che le sorrideva crudelmente, pesantemente appoggiato a quella che le era parsa una falce. No, non poteva essere reale, andava contro ogni logica possibile. Non aveva sentito la porta aprirsi e, anche se fosse giunto tramite essa, non lo aveva sentito salire le scale, tantomeno entrare nella stanza; il silenzio macabro che si era venuto a creare non faceva altro che accreditare la teoria che formulò in pochi attimi nella sua mente. Come ci era arriva quell’individuo lì?
Aveva smesso di gridare da un po’, ma non aveva avuto il coraggio di alzare la testa, troppo spaventata dall’eventualità di incontrare quello sguardo. Anche Sakura e Ino non gridavano più: perché non le parlavano o dicevano qualcosa? Cercò il loro sguardo, utilizzando un coraggio che le era sconosciuto fino a quel momento e alzò il capo, ma vide solo i loro corpi stesi sul pavimento.
Cos’era successo?
Non sapeva cosa fare, non aveva idea di cosa fosse accaduto mentre teneva gli occhi chiusi e la testa china ed era ancora più spaventata, ma si mosse verso di loro. Il suo breve tragitto che aveva iniziato a intraprendere a gattoni fu interrotto, poiché davanti a lei si piazzò una falce con tre lame che apparteneva a quel ragazzo che sperava aver solo immaginato.
Si impose con tutte le sue forze di non urlare, certa che non sarebbe servito a niente. Era tutto reale ed era inutile tentare di convincersi del contrario. Non si era mai aspettata di dover incappare in una situazione simile e, per quanto surreale e spaventosa fosse, tentò di essere forte. Vedendo la falce, era caduta all’indietro e da quella nuova angolazione poteva vedere bene la figura che si stagliava davanti a lei. La persona che aveva visto prima, non c’erano dubbi. Portava un mantello nero che lasciava intravedere il petto e su di esso pendeva una collana che, sorprendendo Hinata, aveva come ciondolo lo stesso simbolo che i era venuto a creare sulla tavola.
Ora, però, al posto del sorriso sarcastico vi era un’espressione pensierosa sul suo volto e la stava studiando. Rivolse nuovamente un’occhiata verso le sue amiche, riverse sul pavimento e tentò di infondersi coraggio pensando a loro e a Naruto, che le aveva sempre detto di essere coraggiosa.
Le aveva detto, però, che a proteggerla ci sarebbe sempre stato lui, ma in quel momento non c’era.
“Non sono morte, purtroppo.” Disse, con una nota di rimpianto nella voce, facendo cenno verso Ino e Sakura. “Perché mi hai chiamato?” Disse noncurante, rivolgendosi a lei nuovamente, che non aveva idea di come risponderli.
Lei non aveva chiamato proprio nessuno, almeno di quello era certa. Lo sguardo indagatore di quel ragazzo non le permetteva di pensare, di razionalizzare e finì col perdere quel poco di autocontrollo che aveva. Prese a tremare e la falce che aveva a pochi millimetri dal piede non facilitò la situazione. Vedendo lo sguardo che Hinata rivolse all’arma, l’albino fece perno sull’ultima lama, facendo brillare le altre alla luce della lampadina. Così facendo aveva accorciato la distanza, fino a far si che la lama toccasse la suola delle sue scarpe.
La paura impediva ad Hinata anche il minimo movimento.
“Io n-non ti ho chiamato...” Tentò, sperando – ma non credendosi neanche lei – che forse così se ne sarebbe andato. Come in un film a lieto fine, dove i buoni vincevano i cattivi. Perché lei sapeva che quel ragazzo non era buono, anzi. Era malvagio e ciò la spaventava ancora di più. “Sì, mi hai chiamato. O non sarei qui!” Disse, piuttosto spazientito. Sbuffò, intuendo che la cosa sarebbe andata per le lunghe.
Vedendo che Hinata non accennava a dire e a fare niente, ormai immobilizzata sul pavimento, riprese la parola.
“Il tuo sangue ha formato quel simbolo” disse, indicando il famigerato disegno che si era formato sulla tavola. L’albino confidò nel fatto che, ricordandole cosa avesse fatto di preciso, avrebbero chiuso la faccenda.
“Tramite quello, mi hai chiamato qui. Perché?”
Unica pecca nel suo brillante piano: Hinata non lo voleva richiamare, non sapeva neanche come aveva fatto.
Lei voleva Naruto, soltanto quello.
“Deve esserci stato un e-errore. Volevo richiamare un’altra p-persona.”
“Perfetto, mi hai fatto solo sprecare tempo. Grazie tante!”
Hinata si ritirò ancora di più su se stessa, spaventata dalla veemenze con l’albino aveva caricato le ultime parole. Continuò ad arretrare finché non incontrò il muro, che terminò la sua corsa. Non sapeva cosa fare, non riusciva neanche più a muoversi.
Seguirono attimi di silenzio, rotti soltanto dagli sbuffi infastiditi del ragazzo.
“C-chi sei?”
“Te lo devo anche dire? Tutti mi conoscono...” Attese che Hinata facesse un qualunque tipo di collegamento, ma non avvenne e ciò fece stizzire il ragazzo.
“... Evidentemente no. Io sono Hidan, protettore della terza porta.”
Protettore di cosa? Ok, quello andava oltre le conoscenze spiritiche di Hinata. Lei sapeva solo che dopo vi era qualcosa e qualcuno, ma non sapeva niente che riguardasse porte e quant’altro. Anche se era più plausibile credere che non voleva sapere altro.
“Terza... porta?”
“Certo! La porta del sommo Jashin! Le anime dannate vengono mandate verso la Terza Porta.”
Oddio, cos’aveva fatto Naruto per finire nella Terza Porta? Naruto era sempre stato un ragazzo dal cuore d’oro, generoso e pronto ad aiutare gli altri, non poteva che finire in paradiso, l’unico posto che avrebbe rispecchiato appieno il suo animo.
Hinata era seriamente spaventata. Non ci capiva più niente. Cosa centrava Naruto con la Terza Porta e quel Jashin? Lui non era cattivo, non aveva mai fatto niente di male! Le vennero le lacrime agli occhi al solo pensare che Naruto potesse essere finto in posto come quello, perché sapeva che era male, e tutto solo per colpa sua. Lei era la causa di ogni sua sofferenza.
“Perché cazzo piangi? Non ci devi andare tu, devi mandarci qualcuno!”
Era seriamente spazientito e Hinata smise di piangere, sia perché far spazientire Hidan che aveva una falce in mano era male, sia perchè era incuriosita da ciò che aveva detto.
“N-no! Io non voglio mandare n-nessuno! È stato un errore!”
“Beh, che tu lo voglia o no, ti tocca condannare qualcuno. Capitasse a me, una tale fortuna, ma io ho già la fede verso Jashin.”
Ora Hinata iniziava a preoccuparsi anche per la sanità mentale dell’albino, che farneticava cose senza senso. Almeno, così giungevano alle orecchie della Hyuga, che non vedeva possibilità di salvezza nella situazione. Rimase spiazzata dalla tranquillità con cui quello che si professava adepto di Jashin potesse parlare così tranquillamente di condannare qualcuno. Era orribile e lei, anche se fosse stata obbligata, non avrebbe mai avuto il coraggio di avere sulle spalle un tale senso di colpa. Le bastava già sapere che aveva messo fine ad una vita che era per lei più importante della sua.
“Perché stavi usando la tavola?”
Il tono di Hidan si era fatto, tutto d’un tratto, severo. Le ritornò in mente Naruto, con tutte le angosce che quel pensiero si portava appresso. Doveva mettere chiarezza sulla faccenda, non poteva lasciare che Naruto, se c’era davvero, rimanesse in quel posto.
“Per caso... Naruto Uzumaki ha varcato la terza porta?” Chiese, sperando che la risposta fosse negativa.
“Tu credi che io mi ricordo nome e cognome di quelli che attraversano la porta, ragazzina? Sono troppi e poi non me ne frega.”
Si sentì immensamente stupida per quella sua uscita, ma mise da parte l’imbarazzo: doveva mettere fine a quella faccenda.
“È biondo, c-con gli occhi azzurri...” Tentò nuovamente, cercando di fare qualcosa che potesse andare a beneficio di Naruto. L’unica cosa che poteva fare per lui.
Hidan si spazientì ancor di più, sbattendo la falce per terra. Non becca il piede di Hinata per un pelo, ma lei sentì una scossa attraversarle il corpo. Era arrabbiato e Hinata sapeva che non era una cosa buona. Lo avrebbe capito chiunque, ma se prima aveva qualche possibilità di uscire illesa dalla situazione, ora erano molte di meno.
“Ti sembro un cazzo di registro ragazzina?”
“N-no...”
Calò il silenzio e nessuno dei due lo ruppe per un tempo interminabile. Hinata non aveva idea di cosa fare. Doveva scappare o, perlomeno, fare in modo che Hidan se ne andasse. Lei voleva solo poter rivedere Naruto, un’ultima volta, ma se questo comportava mettere a repentaglio la vita di qualcun altro non poteva correre il rischio. La sua bontà di cuore l’aveva messa davanti ad un bivio e aveva scelto la strada a malincuore. Non si parlava della sua vita, perché quella l’avrebbe sacrificata più e più volte per Naruto, ma di vite altrui e, stando a quello che aveva detto Hidan avrebbe dovuto sacrificarne una.
“Allora, perché stavi usando la tavola?”
“Volevo rivedere una persona...”
Mentire non sarebbe servito a niente, perciò tanto valeva dirgli quali erano state le sue intenzioni – che fossero state di Ino non aveva più importanza – fino a poco prima. Dubitava che l’avrebbe aiutata nella sua ricerca, ma la speranza in Hinata non mancava mai.


***


Salve!*___*
Mmh... questo capitolo è di sole tre pagine, ma è comparso lui, l’unico ed inimitabile! Sì, lui! Proprio lui, che tutto vede e tutto può!*O* No, non parlo di Superman, anche perché mi sta antipatico <_<, ma di Hidan!*____*
*stato catatonico*
Non ho altro da dire sul capitolo, anche perché si commenta da solo!xD
Allora, il prossimo, molto probabilmente, sarà l’ultimo e insieme a questa lieta novella, ne ho anche una brutta o orrenda: il finale lo avevo già scritto, ma visto che sono scema e i miei neuroni non esistono, l’ho cancellato ed è in fase di scrittura. Quello che avevo scritto non mi piaceva, perciò ho optato per la riscrittura in sede demente!*O*
Bene, bene!
Se vi state chiedendo se sono scema potete rispondervi di sì, non mi offendo mai dinanzi alla verità!XD
Ringrazio quelle tre anime pie che hanno messo la storia tra le seguite!*___* Thank you very much!^____^


mizukage: adoro ricevere tue recensioni!*-* Sono sempre così lunghe – e ti assicuro che le adoro, le recensioni lunghe – e... recensionose! Sì, mi sono espressa come un cane, però il concetto era quello!xD Mi dispiace, ma Ino non è morta e non è solo a te che dispiace!xD Hidan è dello stesso avviso!U_U Vai tranquilla, non mi stancherò mai di vedere scritto sei un genio! Sembro scema se ti dico che mi commuovi quasi?ç_ç Si, sembro scema, ma te lo dico lo stesso!xD
Anche io ho un indole molto simile a quella di Kakuzu se si parla di soldi, ma il problema non si pone perché sono sempre al verde!T_T
Risposta OTosa: no, la storia non ha come protagonisti membri dell’Akatsuki!^^ A breve dovresti poterla leggere perché fra un po’ di giorni scade il contest, quindi no problem!xD Ti tengo un po’ sulle spine, non volermene!xp
Spero di non averti delusa con questo capitolo!*____*

Bene miei cari! Ci sentiamo con l’ultimo capitolo che non so quando arriverà perché quando si parla i finali in genere io divento un caso problematico!ç_ç

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


A good mistake
Capitolo quattro





Hinata doveva ammettere che Hidan non era la miglior persona – o spirito, non aveva ancora capito cosa fosse – con cui intrattenere una discussione e la pazienza non rientrava tra le sue doti. Era calato il silenzio rotto solo dagli sbuffi dell’albino impaziente e dalle sue imprecazioni. Hinata non avrebbe mandato nessuno ad attraversare la terza porta, ma non c’era, a quanto pareva, nessun altro modo per mandarlo via.
L’unica cosa che poteva fare era stare lì e osservarlo, cercando di trovare altre soluzioni, qualsiasi via d’uscita che avrebbe permesso a lei, alle sue amiche e quanti altri di uscire indenni da quella situazione.
Era colpa sua, di nuovo.
Aveva rovinato la vita di auto nel momento in cui l’aveva incontrato e quando aveva trovato il coraggio di smettere di osservarlo solo da lontano e di palarci, conoscerlo. Aveva sbagliato, aveva giocato con il destino. Era evidente che loro non si sarebbero mai dovuti incontrare, ma lei aveva perseverato, continuato a lottare per ciò che voleva lei. Era stata egoista.
In quel momento aveva errato ancora e quella volta rischiava di rovinare la vita di qualcun altro. Aveva messo a rischio la vita delle sue amiche, che ora giacevano addormentate – così aveva detto lui – sul pavimento ed era colpa sua se, malauguratamente, non si fossero svegliate.
Avrebbe dovuto mandarle via quella sera, non assecondarle, ma loro non ne avevano colpa. Avevano solo tentato di aiutarla e lei si era comportata da egoista, di nuovo.
Hinata aveva voluto rivedere Naruto, anche nel moment in cui la situazione aveva preso una piega che avrebbe dovuto intimarle di smettere.
Era solo un egoista…
“E da quando assecondare se stessi è essere egoiste, eh?”
La voce di Hidan la riscosse dai suoi pensieri, lasciandola più completamente basita: come faceva a sapere ciò che stava pensando? Poi i suoi non erano neanche pensieri coerenti, erano un’accozzaglia di sensazioni e consapevolezze che si vergognava di esporre a voce.
“Io posso tutto grazie a Jashin. O quasi…” Aggiunse pensieroso poi, dopo aver intercettato i pensieri di Hinata per una seconda volta, lasciandola sconvolta come la prima.
Lui poteva leggerle nel pensiero, scoprire cosa pensava, limitare le sue possibilità di uscire viva da quella situazione. Il fattore sorpresa era quello che, il più delle volte, salvava le situazioni più disperate.
Arrossì di botto quando si rese conto che la stava ascoltando anche in quel momento. Era un vero e proprio libro aperto per lui in quel frangente.
Hidan ghignò al suo indirizzo, lieto che nei suoi pensieri percepisse quell’inconfondibile nota di paura che stava dilagando, giacché aveva visto il suo sorriso.
Era consapevole di avere un sorriso affascinante, ma mai si sarebbe aspettato che riportasse risultati così soddisfacenti.
“No, tu non se egoista, sei una stupida. Hai approfittato dell’occasione che ti veniva posta, ma sei stupida perché rimpiangi di averlo fatto.”
Non poteva credere che una persona potesse ragionare in quel modo, ma era evidente che per qualcuno erano ideologie radicate nell’animo. Dall’aspetto non sembrava ciò che in realtà era, ma non si diceva proprio che l’apparenza ingannava?
Sembrava diverso, quasi… puro? I capelli grigio platino poteva trarre in inganno, certo, ma Hinata non aveva basato la sua constatazione su ciò, bensì sul suo sesto senso. Nonostante si fosse dimostrato subito per quel che era – al servizio di un Dio malvagio, per quanto assurdo potesse apparire –, poteva sembrare diverso, più buono.
Le attraversala mente il paragone automatico che fece tra Lucifero e Hidan che in fondo avevano tanto in comune. Il primo, il più bello tra gli angeli, aveva tradito Dio, passando al male; il secondo, anch’esso bello, era dalla parte del male e, così facendo, doveva aver voltato le spalle al bene.
Sospirò rassegnata quando Hidan rise spudoratamente delle suo constatazioni, perché lui aveva ‘ascoltato’ tutto in prima persona. Doveva tirarsi fuori da quella situazione, c’era poco da fare: lui sapeva ciò che pensava, ma, d’altro canto, non poteva fermare il flusso dei suoi pensieri. L’unica cosa che poteva fare era di far finire quell’incubo e tornare alla vita reale.
Perché, in fondo, niente era infinito, no?
Non lo era stata la sua felicità con Naruto, perciò non poteva esserlo quella tortura.
“Sì, tutto ha una fine mocciosetta, ma c’è una sola via da prendere.” Disse sorridendo, felice che poteva metterla alle strette e giocare con lei, distruggendole i castelli di carte che si creava, per farsi coraggio.
“Te l’ho detto… non manderò nessuno… lì.” Era decisa, determinata come non mai.
“Oh, e cosa vorresti fare? Chiedere aiuto allo spirito del moccioso biondo?” Infierì su Hinata, certo che quelle parole avrebbero sortito un effetto devastante su quella fragile umana.
Deglutì a fatica, lei, e incastrò il suo sguardo ametista nel suo perlaceo.
Doveva farcela.
“Perché prima n-non hai detto che sapevi cosa pensavo?”
Decise di prendere tempo, giocando una carta che non era stata mai brava a mettere in campo: tergiversare per lei si era dimostrata sempre una mossa inutile e imbarazzante.
“Perché non lo stavo facendo. Non credevo che avrei potuto.” Ammise sprezzante, come se fosse qualcosa di deplorevole.
“Cosa vuol dire?”
“Raramente mi capita. Si può soltanto con qualcuno che non ha niente da nascondere e tu, sciocca, sei limpida come uno specchio d’acqua.”
Cadde nuovamente il silenzio nella stanza perché la Hyuuga non si sarebbe mai aspettata una risposta del genere e quella situazione, che non aveva precedenti se non in film horror e libri del medesimo genere, divenne ancora più sconvolgente e crederci diveniva davvero un’impresa ardua.
Lei? Pura? Era solo un egoista, aveva ucciso Naruto, lei…
“Smettila di dire stupidaggini!” Esplose Hidan, che spaventò Hinata con quel tono infuriato a cui non trovava una motivazione apparente. La osservò con occhi adirati e assestò con la falce un colpo al pavimento, tale che Hinata credé che le avesse potuto sfondare il pavimento.
Cos’aveva pensato di tanto scandaloso da farlo arrabbiare a tal modo?
“Sei solo una sciocca! Gli egoisti sono ben altri, non tu. Ti credi tanto malvagia da poterti collocare nella schiera dei ‘cattivi’? Tzé, sciocca.” Il tono era sprezzante e quasi incredulo.
Hidan, in verità, non poteva credere che quella ragazzina fosse tanto stupida da credere di essere malvagia, cattiva. Lei era bianca, pura, nulla a che vedere con la cattiveria.
Si ritrovò lui stesso spaesato in quella visione che aveva di quella ragazza.
Non capiva neanche lui e quello era ciò che più lo spaventava.
E il tempo continuava a scorrere; il silenzio era il padrone assoluto in quella camera, ma fu presto sostituito dal rintocco del campanile vicino alla casa ella Hyuuga. Erano le due.
“Allora? Hai intenzione di darmi un nome o devo cercarne uno?” Disse brutalmente, facendola sobbalzare.
Cercare?
“Sì, cercare, nella tua mente. Potrebbe essere interessante.”
Hinata convenne che non sarebbe stato interessante, per niente e che Hidan si stava spazientendo.
“Come si chiama la bionda, mh? Mi sta più antipatica dell’altra, magari posso mandare lei.” Il tono era euforico, come se uccidere una persona fosse la cosa più bella al mondo.
No, non poteva lasciare che le venisse fatto del male, non lo avrebbe sopportato.
Volse un breve sguardo verso Ino e Sakura e decise che era il momento di creare una strada.
Niente si creare, niente si distrugge, ma tutto si trasforma.(*)
Avrebbe preso la strada che gli aveva imposto lui e l’avrebbe trasformata in una strada che avrebbe giovato a tutti, non ci sarebbero stati rimpianti.
Non suoi.
“Tu sei pazza!” Hidan era sconvolto da lei, dalla persona che aveva davanti. Non poteva essere tanto ingenua, tanto buona. L’idea che voleva attuare era folle, niente che avrebbe preso in considerazione una persona normale. Quella ragazza non lo era per niente.
“È l’unica soluzione…” Ammise, dal momento che lo sguardo di Hidan la penetrava, alla ricerca di una risposta.
“Cosa succede a chi… ci va?”
Era la sua scelta.
Non sarebbe venuta meno a ciò che era di sua competenza: poteva salvare qualcuno, perché non sacrificarsi?
Sarebbe andata lei alla terza porta, l’avrebbe attraversata e avrebbe risparmiato la vita a qualche innocente. Era colpa sua, in fondo, se si era creata quella situazione.
“Chi la attraversa passerà le più subitanee pene dell’inferno, per sempre. Non avrà una fine, non ci sarò una via che metterà fine a tutto” Rimarcò quel particolare a cui si era affidata prima, cercando di farla ravvedere sulla sua scelta, di cambiare idea.
Hidan non credeva a ciò che faceva: stava tentando di evitare il dolore – ciò di cui lui gioiva, di cui viveva – ad una sciocca umana ce era troppo buona.
“Non importa… V-vado io.”
E tentò di tirarsi in piedi, ma Hidan piazzò la falca davanti a lei, facendola ricadere all’indietro.
Era furioso.
“Smettila di blaterale cazzate e dammi un fottuto nome!”
La sua impugnatura al manico della falce a tre lame si fece più salda e, tanta la foga nel dirle cosa fare, il ciondolo al suo collo sbatté sul suo petto.
“No!” Hinata non poteva lasciare che altri morissero, non poteva.
Le lacrime ripresero a scorrere e la disperazione crebbe.
Non sapeva più cosa fare.
“Smettila, dammi un nome!”
Hinata non rispose e abbassò la testa, mostrando in quel solo gesto il suo diniego verso quel comando.
La disperazione che l’attanagliava era ovvia, tanto che giunse anche a Hidan e si trovò interdetto. Mai - mai - si era trovato in una situazione del genere.
E mai avrebbe fatto ciò che stava per fare se non fosse stato per quella stesa mocciosetta.
“Nah, voi umani siete una perdita di tempo.” Così dicendo prese il ciondolo di metallo che portava al collo e lo strinse tra le mani, chiudendo gli occhi.
Hinata alzò lo sguardo e lo trovò immerso in una litania che lo vedeva immerso in chissà quale dimensione. Temette subito il peggio, credendo che stesse sacrificando qualcuno a quel Dio di cui non aveva mai sentito parlare e volse subito lo sguardo verso Ino e Sakura. Quando smise di pregare respiravano ancora, stavano bene.
Forse, però…
“Cazzo, non ho sacrificato nessuno, non morire di crepacuore!” Disse, alzando gli occhi al cielo.
“Cos… cosa…”
“Ti ho parato il culo mocciosa!” Annunciò spavaldo, mentre si dirigeva verso la tavola Ouija, che giaceva incustodita da quando era apparso lui.
Tirò verso di sé la falce la issò sulla testa, abbattendola su quella tavola, di valore inestimabile per la famiglia Yamanaka. Hinata, visti i disguidi che si erano venuti a creare, non si sentì in dovere di ribattere su ciò che aveva fatto il ragazzo, nonostante ne fosse rimasta stupita.
Si girò poi verso di lei e la osservò. Un ghigno si aprì sulle sue labbra e poi si poggiò la falce sulle spalle.
“Cosa fai?” Chiese Hinata, che ormai osservava ogni sua azione con la bocca socchiusa per la sorpresa. Non ci capiva più niente, non che all’inizio la situazione fosse stata differente.
“Cosa vuoi che faccia?” Rispose come se fosse una cosa ovvia.
Calò nuovamente il silenzio e Hinata era in attesa in una nuova azione dell’albino e tramite essa sperava di capire cosa avesse intenzione di fare. Aveva un bel po’ di cose da chiedergli, voleva sapere perché aveva fatto ciò.
“Oh!” Sul voltò di Hidan, mentre osservava un punto impreciso sulla parete alle spalle di Hinata, comparve un’espressione sconvolta. La Hyuuga non era certa che girarsi sarebbe stata una buona idea, ma lo fece e si chiese cosa stesse esattamente osservando e che lo avesse tanto sconvolto. Lei vedeva solo la parete e dubitava che potesse cambiare qualcosa dal punto di vista di Hidan.
“Ehi ragazzina, c’è un ragazzo biondo… Lo conosci?” Chiese all’indirizzo di Hinata, che per poco non svenne dall’emozione.
L’unica persona che conosceva con i capelli biondi era lui.
Non le importava sapere come facesse a vedere la gente sulla parete della sua camera, non le importava.
Era Naruto quello e tanto bastava.
“S-sì!”
“Dice qualcosa sul ramen. Dice che devi vivere, Hinata. Che tu non hai sbagliato, che non sei egoista.”
Non faceva caso al tono usato da Hidan, non faceva caso alla sua espressine. Vedeva la faccia di Naruto nella sua mente, vivida come non gli capitava da tanto. Era lui, in tutta la sua bellezza, nella sua bontà.
Lo vedeva, lo sentiva.
“Vuole che tu vada avanti. Ti ama” Lei non vide la sua espressione disgustata: fu un gesto incondizionato.
Poi nessuno disse più niente, Hidan si voltò verso Hinata e lei teneva la testa bassa. Non lo aveva visto, ma le aveva parlato.
Per lei bastava, sarebbe sempre bastato.
Avrebbe fatto come diceva, senza mancare a ciò che le aveva chiesto.
“Lo hai visto d-davvero?” Chiese, alla ricerca di una prova che quella era la verità, che Naruto aveva detto davvero quelle parole.
“Sì.”
E scomparve, senza lasciarle il tempo di dire e di fare nulla.
Se ne andò, certo che ciò che aveva fatto non era coerente, non era etico per lui.
Era giusto, però.
Hinata sarebbe vissuta nella tranquillità, il fantasma dei sensi di colpa le avrebbe lasciato via libera verso la vita che meritava.
Tutto sarebbe stato perfetto.
La Hyuuga poi attese il risveglio delle ragazze, con una scusa già pronta da rifilare loro quando avrebbero trovare la tavola distrutta.
Il progetto non era andato in porto, loro si erano addormentate e lei era inciampata sulla tavola, niente di più semplice.
Tutto sarebbe stato perfetto. Le altre due ragazze non avrebbero saputo di Hidan ma nel cuore della Hyuuga ci sarebbe stato il segno del so passaggio: le aveva dato una mano, l’aveva aiutata.
Hinata avrebbe vissuto la sua vita, con la consapevolezza che Naruto l’amava e lei non aveva colpe.
La vita sarebbe andata avanti, tutto si trasformava, ma niente si sarebbe distrutto.
L’unica cosa che Hinata non avrebbe mai saputo sarebbe stata che Hidan non aveva visto niente nel muro, nessun biondino che blaterava sul ramen.
Sapeva, però, che era vero; infondo lui poteva, no?
Quella di Hidan sarebbe stata la sua prima bugia a fin di bene, ma Hinata non lo avrebbe mai saputo.


(*) la frase usata è quella di Lavoisier, la legge della conservazione della massa.


Ed è finita!*____*
Chiedo scusa per il ritardo, ma i finali mi mandano in crisi!ç___ç
In verità, non era proprio Hidan/Hinata, più Naruto/Hinata, ma l’idea di fondo era HidaHina!xD Spero di aver sfornato qualcosa di vagamente decente e vi posso assicurare che scrivere questo capitolo conclusivo è stato davvero faticoso!
Sperando ce vi piaccia, ringrazio tutti quelli che hanno letto questa storia, chi l’ha messa tra i seguiti e Tomoyo_hana per averla messa tra quelle da ricordare!
Ringrazio:

Akkarin_a
Bekka_chan
Didyme
Sadi


Per averla messa tra le seguite!
Sono felice che questa storia sia piaciuta e ringrazio Mizukage per aver recensito!
Davvero, le tue recensioni mi fanno davvero molto piacere e sapere che pensi queste cose su ciò che scrivo non può che rendermi felice!^___^
I finali per e sono come le ore di chimica!xD n disastro dopo l’altro! Ho il terrore per entrambi e non so quale sceglierei se dovessi!XD
Ci tengo a farti notare la tendenza che aveva Hidan in questo capitolo contro Ino! Notando che ti stava molto simpatica ho messo questo pezzo! Spero ti piaccia!*___*
Davvero, sono contentissima che questa storia ti sia piaciuta! Mi hai reso felice una fanwriter felice!xD Ti ringrazio anche per aver recensito la storia su ‘Merlin’!*___*
Tranquilla, la parola genio va sempre bene, specialmente se associata a me!XD
Spero che questo capitolo non ti abbia deluso e spero continuerai a seguirmi!^^
(Oh, manca poco e pubblicherò la shonen ai, anche se non credo sia un granché!xD)
A presto!*___*
E che l’HidaHina sia con voi! Convertitevi a questo pairing, forza!*W*

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