Wish I Could Fly

di _Ly_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo una Piccola Weasley ***
Capitolo 2: *** Essere un Malfoy ***
Capitolo 3: *** Non è Facile Essere Me ***
Capitolo 4: *** Dietro I Paravento ***
Capitolo 5: *** Puoi Scommetterci! ***
Capitolo 6: *** Nel Mondo ***
Capitolo 7: *** 7- Fallimenti ***
Capitolo 8: *** 8- Sotto Lo Stesso Tetto ***



Capitolo 1
*** Solo una Piccola Weasley ***


01 - Solo Una Piccola Weasley

WISH I COULD FLY

 

1-Solo una piccola Weasley

 

La piccola Weasley, chi parla mai di lei… quando si hanno troppi fratelli, uno più distinto dell’altro, chi vuole mai ricordare la piccola, dolce, anonima, innocente Ginny?

Ma che mi importa? Io non sono la piccola, fragile, innocente e timida ragazzina che loro conoscono… io sono quella che loro ignorano, che credono di sapere, ma credono male.

Ma che importa? Io voglio solo essere lasciata in pace, anche da chi sostiene di dovermi proteggere, anche da chi sostiene di volermi bene, che non è così…

Io… vorrei solo poter volare, in pace, dove voglio. Nell’aria, come voglio. Nel tempo, quando voglio…

Ma forse non ne sono capace…

 

Ginny si richiuse la pesante porta di legno alle spalle, sbuffando. La camera era deserta, le sue due compagne probabilmente si erano trattenute in Sala Comune, fino a tardi come erano solite fare.

Passò una mano nei capelli rossi, quasi disgustata. Detestava quei suoi capelli, quella spolverata di lentiggini sulle guance… “Una Weasley!”, glielo dicevano tutti, a prima vista. Un marchio, un peso da trascinarsi addosso, per tutta la vita. Non che odiasse la sua famiglia, anche se alle volte lo credeva.

Però si scaldava quando udiva dir male di loro… Però alle volte era la prima a pensare di averne abbastanza, di averne fin troppo di tutti quei capelli fiammanti, quei visi rubicondi. Pensava di non volere più avere nulla a che fare con quella famiglia che fingeva di preoccuparsi ma non aveva mai tempo per lei…

Dopotutto lei chiedeva solo che qualcuno le dedicasse solo un po’ di tempo in più, le bastava che qualcuno le concedesse una chiacchierata, che avesse la forza di riuscire a conoscere la vera Ginevra Weasley… Dopotutto, voleva solo un po’ attenzione…

Eppure, la contraddizione intrinseca in tutti i suoi sedici anni la spingeva giorno dopo giorno a cercare sempre più la solitudine. Ma non una solitudine indifferente, bensì un isolamento che gridava attenzione.

Sono sospesa su un ponte…

Sto aspettando nel buio…

Ho pensato che fossi qui, ora!

Non c’è nessun o che vuole provare a cercarmi?

Qualcuno vuole venire a portarmi a casa?

 

Si buttò stancamente su letto, strofinandosi gli occhi stanchi. Prese un libro da suo comodino e vi si immerse, alla pallida luce di una candela. La sua quotidiana e indispensabile fuga dalla realtà, un rito ormai. Leggeva la mattina, svegliandosi all’alba, nella pausa pranzo, all’intervallo, prima di cena, prima di addormentarsi…

Così potrai fare sogni d’oro, Ginevra…

Libri con storie divertenti e colorate, illustrazioni incantate, libri magici e babbani, non facevano differenza, purchè le loro pagine riuscissero a trasportarla lontano da quella che era la realtà che, come un corsetto troppo stretto, lentamente le stava mozzando il respiro.

Anche quella sera, si addormentò scivolando lungo le rive del Mississipi in compagnia di Huckleberry Finn, un bizzarro ragazzino babbano che ne combinava di tutti i colori, ma poteva quasi volare…

 

“Ginny Weasley, che cosa mai devo fare con lei? –tuonò all’improvviso il professor Piton- A quanto pare ho trovato qualcuno ancora più imbranato di Paciock, e mi creda signorina Weasley, non lo credevo possibile!”

Arrossì vistosamente, per la rabbia più che altro dal momento che odiava quell’uomo, annuendo mortificata al professor Piton che le assegnò l’ennesimo votaccio in Pozioni, rimescolando nel calderone con supremo disgusto il liquido verde e grumoso, pure un po’ bruciacchiato, che sarebbe dovuto essere un’incolore pozione leggera per la levitazione…

“Mi piacerebbe provare su di lei i risultati delle sue fatiche, signorina Weasley, se anche perdono un figlio, con tutti quelli che hanno, i suoi genitori non noteranno la differenza.”

Nell’aula, sia i Serpeverde che quelli che dovevano essere i compagni del Grifondoro ridacchiarono divertiti e qualcuno finse di scandalizzarsi un pò.

“Una bocca in meno da sfamare, per quegli straccioni…” mormorò qualche crudele Serpeverde.

Ginny strinse forte i pugni, maledetto aguzzino schiavista! Lei non è nemmeno degno di essere considerato professore per come tratta i suoi allievi, e poi non lo sa? Che la colpa non è mai tutta da una parte sola? Che io sarò anche una cattiva studentessa, ma lei certo non è un gran maestro!?

E tu, come ti permetti di ridere della mia famiglia? Mio padre lavora al Ministero, scommetto che il tuo è solo in grado di fare il leccapiedi di quel maledetto Signore Oscuro!

E voi che ridete, voi che vi fate chiamare compagni? Scommetto che non conoscete nemmeno il colore dei miei occhi… Mi fate pietà!

Oh, se avrebbe voluto gridarlo!

“Signorina Weasley? C’è qualche problema?” domandò ironico Piton.

Ecco, adesso avrebbe potuta gridarla la verità! E che le importava se si sarebbe presa una punizione? Se Piton avrebbe tolto cento punti alla sua casa?

Strinse maggiormente i pugni, serrò la mascella.. Poi però sorrise timidamente “No, professore…” rispose con un filo di voce.

Per l’ennesima volta non aveva detto nulla…

 

“Ginny, tutto ok?” le domandò Ron, seduto in fronte a lei alla tavolata del pranzo. Hermione e Harry, che stavano tranquillamente parlando tra di loro, rivolsero a lei improvvisamente la loro attenzione. Hermione le sorrise disponibile, lo stesso fece Harry…

Harry Potter, che più di una volta le aveva causato un sacco di problemi interiori, battaglie e battaglie con sé stessa…

Hermione Granger, la studentessa più brillante e in gamba della scuola, era un esempio per lei, ammirava Hermione…

E Ron, Ronald Weasley, il fratello immediatamente precedente a lei… Avrebbe dovuto capirla, sentirsi un po’ come lei, schiacciati dal peso di troppi fratelli, invece a Ron piaceva recitare la parte del fratello grande e protettivo che l’aveva a cuore, l’ennesimo fratello grande e protettivo che l’aveva a cuore e che tanto le stavano stretti… Quei fratelli che tiravano fuori gli artigli per lei, ma mai li ritraevano cercando minimamente di provare a capirla…

E le stavano chiedendo, questi tre, se andasse tutto bene. Che cosa ne potevano sapere, che cosa potevano capire? Che cosa mai poteva realmente interessare loro?

Avrebbe voluto dire a Ron di lasciarla respirare, di esserle amico, non guardia del corpo; a Harry di non evitarla come la peste, certo aveva avuto una gran bella cotta per lui, ma aveva così calpestato il suo cuore con quella distanza forzata che alla fine aveva spento tutto quanto; a Hermione di non essere sempre così perfetta, che la faceva sentire così inadeguata, a maggior ragione quando si faceva sua amica…

Scosse leggermente il capo “No… è che ho preso un altro brutto voto in Pozioni!” confessò, ma non era una confessione. In realtà non poteva che importargliene di meno di quelli che erano i suoi voti in pozioni, in quel periodo.

Ma urlare rabbia e frustrazione non sarebbe stato consono alla dolce e cara Ginny Weasley, avrebbe come minimo shockato tutti quanti se all’improvviso avesse gridato merda!, o vaffanculo!, avrebbe probabilmente creato maggiori problemi dei piccoli benefici che quello sfogo avrebbe arrecato al suo adolescente animo in subbuglio…

E allora tacque ancora, annuendo mentre Hermione si offriva gentilmente di darle qualche ripetizione, facendola sentire ancora più piccola e inadeguata e Ron annuiva soddisfatto, mentre Harry sorrideva cortese…

Tutto quello che più non voleva, se lo stava tirando addosso…

Sei decisamente un controsenso, Ginny Weasley…

 

Dopo essersi sorbita, a suon di sorrisi e continui cenni di assenso, due ore di ripasso di Pozioni con Herm, che tra l’altro continuava a parlarle di Ron, Ginny tornò a passo spedito verso il dormitorio… Aveva proprio voglia di una bella doccia… lasciar correre l’acqua sulla pelle banca, un’acqua scrosciante che cancellasse via tutto ciò che lei non voleva, tutto ciò che la appesantiva, che la infastidiva.

Si reinfilò di controvoglia la divisa, e pensare che al suo primo anno era così ansiosa di andare ad Hogwarts… si, quel primo anno da dimenticare… Come era stata sciocca… Quindi c’era stato un tempo, in cui lei era davvero la ragazzina timida e ingenua che tutti pensano, solo che era stato tanti anni prima, ma non era più riuscita a scrollarsi di dosso quell’immagine.

E brava piccola e dolce Ginny, sarà anche colpa tua, in fondo, che non riesci mai a farti valere… e a farti apprezzare…

Osservò la propria immagine riflessa nella specchio, con scarso entusiasmo, anzi con entusiasmo inesistente. Una ragazzetta nemmeno troppo alta, anzi bassotta e rotonda, come sua madre, con quel capelli rosso fuoco fino alle spalle, come i suoi genitori, come tutti i suoi fratelli… Con la carnagione chiara e cosparsa di leggere lentiggini… Quell’aria da brava ragazza, timida e impacciata…

Sembro tutto quello che non sono… Mentre vorrei solo poter volare…

 

Uscì per una breve passeggiata, un libro in mano, aperto nella lettura, diretta verso il parco al tramonto, non c’era mai nessuno lì, prima di cena, poteva leggere in tutta tranquillità. Evitare di pensare a quella giornataccia, non tuttavia differente da tutte le altre.

Stava per svoltare l’angolo, nascosta tra le sue pagine liberatorie, quando un pesante urto la riportò alla realtà, il libro le ruzzolò via di mano, finendo addosso allo sconosciuto passante, che tuttavia riuscì a mantenersi saldo in piedi.

Ginny si mise carponi, massaggiandosi il fondoschiena dolorante, e alzando gli occhi verso il malcapitato.

E la giornata di Ginny non poteva che proseguire nel peggiore dei modi, Draco Malfoy, con il suo libro in mano, si stagliava infuriato davanti a lei. Le riservò un’occhiataccia carica di disgusto “E stai attenda a dove vai, pezzente di una Weasley! Mi fa schifo anche solo il fatto che uno di voi mi possa toccare! E tieni questo, la stracciona fugge dalla realtà, sognando di essere una principessa, eh?” poi, scattando nervosamente, gettò il libro addosso a Ginny e si allontanò, con alle spalle le sue consuete guardie del corpo.

Solo lui mancava, quel giorno, solo lui, per rendere l’umore di Ginny ancora più nero…

Draco Malfoy, lo detestava… Dal primo anno.  Si, l’avrebbe preso a schiaffi, ma c’erano tante cose che avrebbe voluto fare e non aveva il coraggio di mettere in atto, tuttavia… Particolarmente odioso, se Ginny era triste, un suo sguardo sprezzante bastava a renderla depressa.  Se era serena, un singolo commento ribaltava quel raro sentimento… Non sapeva perché, ma era così crudele da riuscire a toccare ogni volta i suoi punti deboli… E lei ogni volta non riusciva a mandarlo al diavolo…

Sto accumulando troppe frustrazioni… E non riesco a capire come proprio lui possa avere il potere di pungermi sul vivo ogni volta e mandarmi in pezzi…

Non ce la faccio più!

Oh, perché è tutto così confuso?

Forse perché sono solo pazza… Si…

Vorrei solo poter volare…

 

 

 

 

Continua…

 

 

Bene bene, lo so che mi son sempre ripromessa di non fare troppe cose per volta… Anche perché, quando lo trovo il tempo?

Però… Mi è uscita questa! Prossimo capitolo è tutto per Draco…

Se volete commentare, mi fate un sacco di piacere! Come vi pare?

Come sempre, RINGRAZIO E LA DEDICO ALLA KIA!! Anche perché l’idea della fic Ginny-Draco è nata assieme a lei (come sempre mia maestra mi regala idee!!!!) e gliela dedico anche perché è l’amica migliore che si possa mai desiderare!!!! ^3^ Ti voglio tanto tanto bene, patata!

Un bacio a tutti quelli che leggeranno, due a chi si prenderà la briga di commentare!

Ly

 

Ps: alcune strofe tra i pensieri di Ginny (in corsivo, se non si era capito), sono del testo di I’m With You, Avil Lavigne, i personaggi sono di J.K. Rowling, grazie mille, santa donna!

 

 

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Capitolo 2
*** Essere un Malfoy ***


2-Essere un Malfoy

2-Essere un Malfoy

 

 

Questa davvero non la reggo più…

E quei due idioti alle mia spalle che fanno? Se la ridono, ma sono scemi o cosa? Che mi scrollino di dosso questo disgustoso e appiccicoso carlino malriuscito di Pansy Parkinson!

Perché devono essere tutti così idioti? Ho degli stupidi leccapiedi inutili!

E li ho voluti io…

Certo, perché sono un Malfoy, Draco Malfoy! E tutti devono portare rispetto a me… al nome che porto… a me!

Maledizione, perché diavolo tutti quanti si inchinano prima al mio nome che a me? Eh?

 

Draco Malfoy si scrollò fastidiosamente di dosso la compagna di casa, Pansy, lanciando un’occhiata esplicita a Tiger e Goyle, suoi inseparabili tirapiedi, lasciando loro intendere che non voleva più trovarsela nel raggio di mezzo miglio, mai più.  Era così fastidiosa, appiccicosa ed insulsa! Detestava le donne così, come sua madre Narcissa, lui non l’avrebbe mai voluta un tipo simile, sarebbe stata utile solo qualche volta tra le coperte, nulla di più. No, al suo fianco, lui che sarebbe stato importante, temuto e rispettato, accanto a lui ci voleva una donna degna, forte e decisa, una dona che sapesse sostenerlo, non una sciacquetta qualsiasi, quelle avrebbe potuto poi trovarle ogni notte, ogni volta ne avesse avuto voglia, poi le avrebbe gettate via con la stessa noncuranza con cui se le era prese. Già, perché lui era Draco Malfoy, e sarebbe stato grande, grandissimo. Rispettato. Imponente.

Come suo padre, più di suo padre. Non sarebbe stato tutta la vita il primo lecchino di Voldemort, lui. Oh, no! Ma non sarebbe nemmeno diventato un babbanofilo come Silente, questa era l’alternativa peggiore. Quello era peggio della morte, così gli aveva sempre insegnato Lucius, così lui era cresciuto. Tra le arti oscure, che erano ormai parte di lui. Doveva volare in alto, come voleva suo padre, non solo perché voleva suo padre. Ricco, potente… Ministro? Se ci era riuscito quell’idiota di Caramel, d’altronde, per lui sarebbe stata una passeggiata. Voleva sentire il potere scorrere tra le sua mani come acqua viva e argentea. Lo avrebbe ottenuto.

Perché era furbo, Draco Malfoy, e questo lo sapeva bene anche lui. Era astuto, intelligente e scaltro. E andava ottimamente a scuola… Anche se quella schifosissima Granger arrivava sempre prima di lui… Era la cocca della Mc Granitt, lo sapeva bene, era solo per quello!

“Ma quella dannata Mezzosangue ha voti migliori dei tuoi! Vergognati di te stesso, Draco! Disonorare il nome purosangue dei  Malfoy! Non voglio che si ripeta mai più!”

Non si ripeterà, signore! Te lo prometto, papà!

E Lucius aveva guardato duramente il figlio… “Mi aspetto grandi cose da te, Draco…”

Sii il migliore,

quello che hai fatto semplicemente non era abbastanza,

per renderci orgogliosi…

Farò grandi cose, sarò il migliore! Sarò e sarai orgoglioso di me. Io non sarò come te.

 

Entrò velocemente nella Sala Comune dei Serpeverde. Era orgoglioso, lui, di essere finito nella casa del grande Salazar… Uomini potenti erano stati lì, un giorno anche lui sarebbe comparso in quella lista! Era stato orgoglioso di sé quel giorno, primo giorno in quella scuola, la notte dello smistamento… neanche un’esitazione, quel cappello rattrappito l’aveva smistato subito dove più desiderava andare… Lì Draco Malfoy si sentiva un vero re, un vero signore, era il numero uno di quella casa, il numero uno, temuto e rispettato da tutti. Salutato con rispetto, adulato, circondato. Era un Leader, tutto quello che Draco voleva essere.

Sbattè pesantemente la porta dell’ingresso alle proprie spalle. Un imponente letto a baldacchino troneggiava al centro della enorme camera singola: un piccolo favoritismo che suo padre era riuscito ad ottenere presso il dirigente della casa di Serpeverde.

Suo padre…

A volte lo detestava, pur essendo fiero di essere un Malfoy, perché lo metteva in ombra. Certo, portavano rispetto a lui, tutti quanti, ma tutti ammutolivano quando nominava suo padre… Quel dannato padre che lo rendeva l’eterno secondo Malfoy, lo rendeva solo il figlio di Lucius Malfoy. Ombra della figura oscura e potente di lui.

E Dio solo sapeva quanto detestasse sentirsi in ombra, lui! Voleva attenzione… Fama, potere…

Era terribilmente assetato.

Anche ad Hogwarts, ma tutti non facevano che osannare quel perdente: Potter! San Potter, lo aveva ribattezzato doverosamente! Lui, quell’idiota… glielo aveva offerto al primo anno, di diventare uno dei suoi, ma si era rifiutato. Un’umiliazione del genere… avrebbe pagato, avevano riso di lui, lo ricordava ancora, anche se erano passati diversi anni, e tante cose erano accadute. Quel Potter e la sua banda era quanto più di disgustoso ci fosse in quella scuola, anzi, in tutto il Mondo Magico!

Conati di vomito lo assalivano, vedendoli assieme, ridere scherzare, e salvare la scuola, e sconfiggere Voldemort giocando agli eroi. Spregevoli! Semplicemente questo! Non lo avrebbe mai ammesso quello, ma sapeva che Potter godeva da morire di tutte quelle attenzioni. Era un infimo e basso ragazzino montato che trovava gusto a giocare all’eroe. Lo aveva battuto a Quidditch, anche! Maledetto! Se la sarebbe presa la rivincita, lui! Avrebbe giurato che ogni volta era stata colpa della dannatissima squadra che si portava alle spalle: un branco di incapaci che a malapena sapevano cavalcare una scopa! Non poteva certo fare tutto lui, no? Lo aveva detto a tutti, anche a suo padre, dopo ogni partita persa, dopo che ogni coppa era finita tra le mani di quel pacifisti babbanofili del Grifondoro, tra le mani dell’odiatissimo Potter!

Dannata combriccola di perdenti! A che vi serve cavalcare le migliori scope, se non siete capaci a usarle?

E’ tutta colpa vostra se mi tocca subire questa umiliazione!

 

Ma avrebbe sconfitto e umiliato anche lui… Lui e quella dannata mezzosangue, lui e il suo amichetto, quel pezzente disgustoso di un Weasley. Li detestava i Weasley, dal primo all’ultimo! Così insignificanti e vuoti, tutti uguali, babbanofili e straccioni. Bah! Odiava la povertà, lui! Odiava babbani e mezzosangue… Per questo detestava i Weasley, ma era estremamente divertente prendersi gioco di loro. Soprattutto di quell’irascibile sfigato di Ronald Weasley. Oh, era un vero spasso per lui umiliarlo e degradarlo, suonargliele di santa ragione, fargli perdere punti e tutto il resto. Si, tutto sommato doveva riconoscere che i Weasley avevano la loro utilità: erano ottimi per sfogarsi, per liberarsi dalle frustrazioni o dalla stanchezza. Degli straccetti con cui levarsi di dosso sporco e impurità a piacimento, si.

 

Un consueto giro prima di cena, stava per tornare in Sala Grande, l’ultimo pasto sarebbe stato servito di lì a mezz’oretta. Era in anticipo, quel giorno. Di solito arrivava sempre dopo tutti, facendo il suo ingresso trionfale sfilando davanti alla sua tavolata, con tutti gli occhi puntati addosso: questo lo riconosceva di sé stesso, era un vero egocentrico, ma trovava di avere ogni ragione d’esserlo.

Avanzava con consueto passo sicuro, lungo quei corridoi deserti che conducevano a destinazione, il portamento elegante, la divisa impeccabile, così come i capelli, accuratamente pettinati e senza la minima imperfezione. Dovevano ammirarlo, anche. Molti lo facevano, Draco era consapevole di quanto fosse anche bello.

Tuttavia, qualcuno proveniente dalla direzione opposta andò a sbatterci contro…

Maledizione! Chi diavolo è?! Adesso mi sente, senza guardare dove cammina, addosso a me! ME!

Imprecò mentalmente mentre, afferrato un libro che si dirigeva pericolosamente verso di lui, cercò di trattenere l’equilibrio ed evitarsi l’umiliazione di cadere a terra come un salame.

Guardò a terra avanti a sé. Un’espressione disgustata si dipinse sul suo volto: ecco un’altra da aggiungere all’odiato terzetto di Potter, quell’altra stracciona della Weasley! Davvero una delle persone più insulse che possano esistere sulla terra. Fatiscenti capelli rossi, espressione vacua, modi scialbi, poveraccia e pezzente, era uno spasso prenderla in giro, certo! C’erano così tanti spunti!

“E stai attenda a dove vai, pezzente di una Weasley! Mi fa schifo anche solo il fatto che uno di voi mi possa toccare! E tieni questo, la stracciona fugge dalla realtà, sognando di essere una principessa, eh?” disse con quanta più cattiveria possibile, sogghignando e osservando il libro tra le sue mani. Poi glielo lanciò addosso prepotentemente, sempre fissandola con naturale disgusto, certa gente non sarebbe  mai stata degna nemmeno di pronunciare il suo nome.

Meglio andarsene in fretta.

Fece un cenno del capo ai due gorilla alle sue spalle, la superò calpestando volutamente un lembo del suo mantello e si allontanò.

 

Io sarò importante, io sono Draco Malfoy! Mi fa schifo pensare di respirare la stessa aria di persone simili!

Dannazione!

Un giorno volerò più in alto di tutti gli altri.

 

 

Continua…

 

 

Ecco qui il promesso capitolo dal punto di vista di Draco… Come vi è sembrata la mia versione del personaggio? Se vi appare egocentrico, perfido, ambizioso, eccessivamente sicuro di sé, ma allo stesso tempo troppo insicuro (?? Ma sarà possibile???) allora ci ho preso, se vi sembra un simpatico ragazzetto alla mano, allora sono in altro mare… ToT

Quell’irascibile sfigato di Ronald Weasley. Da apprezzare lo sforzo dell’autrice che ha dovuto scrivere una simile eresia sul suo adoratissimo e veneratissimo Ron, la mia Kia capirà senza dubbio e immaginerà quante camicie ho sudato per scriverlo… SCUSA RON! ^^’’’

Allora aspetto come sempre i vostri commenti, che mi aiutano a continuare (un po’^^)…

Adesso passo ai saluti, né!

Top fo the list… KIAAAA!!! Patata di Eli! ^^ Ti ringrasio sempre di tutto quanto, tesoro! ^^ chi butterebbe giù una riga, senza tutte le cose carine che mi dici e fai per me!? ^3^ TVTB (PS: Quella cosa meravigliosa,,, il mondo ha il diritto di leggerla, sai? <-megalomane! ^^’’’)

Ci: Oh, Ciuccia cara! Bè, io invece Harry e Ginny non ce li vedo! Bè, se miss JK scriverà così, siccome è la mia dea, accetterò. Ma visto che qui la penna è in mano mia… :P Draco e Ginny! ^^ spero di sembrarti convincente, dai!

Cloe: ^^ Non sei stata l’unica a chiedermelo. Probabilmente ho reso male l’idea, ma a Piton da del lei, quando passa al tu si sta mentalmente rivolgendo al compagno di lezione che ha mormorato cattiverie alle sue spalle! ^^ Più chiaro, ora? Per quanto riguarda il nome, tutti la chiamano sempre Ginny, no? Visto che è considerata una ragazzina, il nomignolo lo trovo più azzeccato.

Shinko_88: Bè, per me Ginny è molto di più di quanto non mostri.. almeno nella mia mente malata e turbata! Ah, complimenti per l’ultima fic! Bella trovata! ^^

Nakoruru: Olè!!!! Un’altra persona che come me li vede bene assieme! ^^

Strekon: :P Bè, mi avrai influenzato con la tua fic, per quanto riguarda D&G (OOOh, come i vestiti! ^^), per quanto riguarda i personaggi... chi ti dice che cambieranno, Strekkù? :P mi spiace che l’inizio risulti banale, ma dovevo introdurre la mia versione di Draco e Ginny! ^^Ah, quando ce la fai vedere la tua nuova perla? *o*

Mikisainkeiko: grazie! ^3^

Miky: Bè, se non sopportavi Draco, questo capitolo non ti aiuta certo! ^^ però magari andando avanti… magari potresti scoprirti a preferire il vecchio Draco e odiarlo di più… ^_-

Fil: filuccia carissima di Ly, eh eh! Non ti preoccupare, non trascuro nessuno, io! Però di Ron ed Herm lascio scrivere gli altri, per ora! ^^

Serena: Tranquilla tranquilla, non abbandonerò MAI Lily&James, il prossimo chap è in via di scrittura, già avviato, ok? ^^ Non sono il tipo da mollare le cose per aria, MAI! >o< cmq, spero ti piacerà anche questa Serenella!

Pan_z: *O* Grandiosa Pan!!! Tu che fai i complimenti a me? Dopo quello che hai scritto???? Non se hai letto, ma la Eli ti ha lasciato una rece… ^_- Cmq, grazie tantissimo, tesoro! Se lo dici tu, che scrivi così bene, mi fido!

Sorti: quale onore! La divina spalla di Strekkù!! Sortuzzo, la mia conoscenza dell’animo umano deriva da cinque lunghi anni di ottimi voti in psicologia… :P No, scherzi a parte… *Ly rivela un segreto segretissimo che tra pochi attimi non sarà più tale* … Questa Ginny, l’ho fatta ricalcando me stessa. Più o meno!

Buffy: dalla mia mente malata al massimo escono tutte le mie malsane fantasticate, ma ti ringrazio! ^^

Maichy: Anche tu fan di Ginny e Draco, eh? Per quanto riguarda fare più cose per volta, con due fic mi destreggio ancora bene! Però… Io finisco i corsi tra poco, è vero, ma inizio gli esamiiiii!!! >o< AIUT-AIUT!!! Bè, che ci si può fare però? L’ispirazione è bastarda, mica arriva quando c’hai tempo, eh? ^_-

Adesso passo ai saluti, che devo andare  chattare con la Kia e poi a nanna, che son stanca morta! @_@ *La povera Ly lavora la domenica!*

Un baciotto e spero di leggere ancora i vostri commenti, a presto, Ly

 

 

 

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Capitolo 3
*** Non è Facile Essere Me ***


3- Non è facile essere me

3- Non è facile essere me

 

 

Una folata di vento gelido smosse a stento la pesante tenda vermiglia  che circondava il vecchio ma maestrale letto a baldacchino tipico di ogni dormitorio di Hogwarts. L’aria da neve pizzicò appena il suo naso spolverato di efelidi, tuttavia non la svegliò. E nemmeno ci riuscirono le voci argentine che cinguettavano nel corridoio felici di scendere per la colazione senza l’assillo delle lezioni, il sabato era infine arrivato portando con sé l’ennesima uscita ad Hogsmeade. Lei proseguì il suo caldo letargo, senza pensare a fine settimana di sorta. Quando Ginevra Weasley si buttava a capo fitto nel sonno lo faceva nel più serio dei modi, e soprattutto nel più lungo, pesante e duraturo di essi. 

Tuttavia non potè ignorare il tonfo pesante della coriacea porta della stanza che si richiudeva e lo schiamazzo festaiolo di Abigale e Gladies.  Aprì, di controvoglia naturalmente, un solo occhio e dopo una leggera stropicciata prese a sbirciare le compagne da uno spiraglio di tenda.

“…invitarmi a bere un tè e quindi mi devo sistemare questi capelli! Capisci? Potrebbe essere la mia buona occasione, ma non con questi capelli!”.

Vide Gladies spostarsi dal suo campo visivo, anzi, da quello che lo spiraglio nel tendaggio le permetteva di vedere, e immaginò fosse andata a pararsi davanti al grosso e pesante specchio lavorato in ferro battuto che troneggiava di fianco al letto della ragazza. Senza nemmeno guardare immaginò, con estrema esattezza, che si passasse prima una mano tra i folti e lunghi boccoli biondi e poi prendesse a ravvivarli e imbellettarli con uno dei mille prodotti babbani che solo lei conosceva.

“Abbie! Abbie, cosa dici? Gli piacerò?” domandò alzandosi di scatto. Ginny lo indovinò dal sobbalzo improvviso della poltrona. Immaginò anche che Abbie stesse puntando lo sguardo verso di lei indicandola al di là delle tende, portandosi al contempo un dito alle labbra, quando la sentì sussurrare “Parla piano o sveglierai Ginny…”

E Ginny sospirò, scostando le coperte e spuntando da dietro le tende “Tranquilla Abigale, sono già sveglia ormai…”. Si alzò non troppo felice di quel risveglio forzato senza tuttavia darlo a vedere.

Infilò le vecchie ciabatte di panno ormai troppo lise e si riassettò la camicia da notte stringendosi poi nelle spalle. Riavvolse le tende alle estremità del letto e rabbrividendo da capo a piedi si diresse alla finestra chiudendola, finalmente.

“Scusa per la finestra, Gin, ma sai com’è fatta Doris… se la sarà dimenticata!”, il tono allegro di Gladies non mostrava però un così eccessivo dispiacere, fu più che altro circostanziale.

Certo, certo…

“Non importa, non importa…” mentì. In realtà erano sei anni che la mania di ‘aria fresca’ di Doris la faceva congelare ogni mattina, per di più sapeva benissimo che probabilmente proprio Gladies l’aveva scordata aperta. Eppure c’era stato un tempo in cui riusciva ad andare più d’accordo con le sue compagne, anche se ora ci credeva a stento.

La biondissima Gladies terminò di sistemarsi i capelli e si avvolse nel mantello pesante rimirando nuovamente il proprio riflesso da ogni profilo. Abigale fece altrettanto calandosi anche un grosso berretto sopra la testa.

Ginny, dal canto suo, rimase ad osservare il cielo fuori dai vetri che iniziavano ad appannarsi. Di sicuro entro sera sarebbe nevicato, o per lo meno lo sperava. La neve le piaceva da matti, da sempre. I suoi migliori ricordi d’infanzia vi erano legati, ricordi che comprendevano tutta una varietà di lotte con le palle di neve e di architettonici progetti per erigere monumentali pupazzi. Credette di ricordare di divertirsi da matti con i suoi fratelli, in quei momenti. Poi però un piccolo brivido le rammentò le palle di neve in faccia, le riportò alla mente sua madre che la trascinava via da quelle scorrerie nemmeno troppo innocenti, Ginny, tesoro, prenderai un malanno, sei ancora così piccola!, le ricordò che non riusciva mai a mettere il suo berretto ad un pupazzo che fosse uno o a decidere a chi doveva somigliare. Semplicemente perché lo facevano sempre prima gli altri. Decisamente era dura essere la settima, l’unica femmina poi, anche quando c’era la neve.

Mutò la sua espressione storcendo leggermente il naso di fronte a quel tempo carico di bufera, allora.

<> le chiese ad un certo punto Abigale. La domanda non la sorprese nemmeno troppo, tutte e tre le sue compagne erano sempre state educate nei suoi confronti, glielo avevano chiesto sempre, negli ultimi quattro anni. E da diversi mesi naturalmente aveva gentilmente declinato l’invito; le rare volte che era andata a Hogsmeade nell’ultimo periodo lo aveva fatto da sola.

Per questo non si sorpresero né insistettero quando per l’ennesima volta rispose di no, senza nemmeno più accampare una scusa.

Uscirono accennando un saluto con il capo e nella stanza ricalò la quiete profonda.

 

Ginny scostò le coperte e si ributtò tra le lenzuola ancora calde, il viso schiacciato nel cuscino. Silenzio tutt’attorno. Anche i suoi pensieri rimasero momentaneamente immobili come il suo corpo. Ne riemerse qualche attimo dopo tirando un lungo respiro e rimettendosi in piedi. Impossibile dormire ancora, oramai.

Voltando le spalle allo specchio che piaceva tanto a Gladies si sfilò la camicia bianca. In imbarazzo con sé stessa, di sé stessa, prese a rovistare nel proprio baule alla ricerca di qualcosa di più caldo da indossare.

Optò per un vestito di lana sformato che sua madre aveva fatto a mano in uno dei suoi patetici tentativi di imitazione della moda dettata dal bisogno di risparmio.

Spazzolò i propri lunghi cappelli rossi e quando lo specchio del bagno le rimandò la sua immagine lo scontento dentro di lei crebbe maggiormente: le pareva che le lentiggini fossero quasi raddoppiate, così come la larghezza dei propri fianchi. Quello che invece doveva crescere, quello che disperatamente sperava crescesse, pareva ogni giorno più acerbo. Decisamente si sentiva un fagotto.

Non riuscì quasi a credere che ci fosse stato un periodo in cui avesse avuto addirittura un ragazzo…

Fu la porta della stanza che sbattè nuovamente a distrarla.

“Ginny, ti disturbo? Abbie mi ha detto che saresti rimasta in stanza…” la famigliare voce di Hermione la raggiunse fin nel bagno. Con un sospiro, Ginny posò la mano sulla maniglia e salutò la ragazza, cercando di sembrare serena.

“Hermione, che ci fai ancora qui? Non rinuncerai a Hogsmeade, né?”.

Domanda retorica Hermione, non rinunceresti a nulla cui prende parte anche mio fratello, ormai l’hanno capito anche i muri…

Per tutta risposta l’altra sorrise e porse a Ginny le scarpe consunte e il suo mantello “Ovviamente no, sono passata a dirti di fare alla svelta, stiamo aspettando solo te”.

Di spalle, sicura di non poter essere vista, Ginny chiuse gli occhi mordendosi il labbro inferiore e imprecando tra sé e sé educatamente “Ma io non vengo questa volta, non te l’ha detto Abigale?”, tirò un lungo sospiro pronta a sorbirsi quella che sarebbe stata la risposta di Hermione.

E le sue aspettative non furono deluse…

“Gin, andiamo, non farti pregare. Ultimamente ti ho visto un po’… come dire… mogia. Sì, forse è così. Non mi sembra da te startene qui a Hogwarts tutta sola. Non sorridere non è assolutamente da Ginny, ecco! Ho pensato che magari era un periodaccio e avevi voglia di un po’ di compagnia, quindi se ti va di unirti a me, Ron ed Harry farebbe piacere a tutti”

Quindi si affrettò ad aggiungere “Naturalmente se non ti va non fa nulla, non me la prendo”, frase che tradiva invece la reale disposizione di Hermione a farne una questione personale di ogni cosa.

In certe cose era quasi peggio di suo fratello Ron. Che bella coppia sarebbero stati…

Ginny trasse l’ennesimo respiro profondo…

Hermione, non è per te, non è per Ron o Harry, non è assolutamente una questione personale, o forse sì, ma non mi va assolutamente di venire. Quindi ora esci di qui ed evitami l’ennesima ramanzina da brava sorella maggiore che proprio non mi serve…

Ma rispose con un sorriso afferrando gli scarponcini e infilandoseli velocemente con gran soddisfazione dell’altra.

Fu con una nota di nostalgia che si richiuse la porta alle spalle.

 

“Ginny, ti va se ci prendiamo qualcosa di caldo?” Hermione posò a terra i propri pacchetti e le buste variopinte prendendo a strofinarsi le mani e soffiandoci sopra il proprio fiato caldo nel tentativo di combattere contro quella giornata sempre più fredda.

Ginny non rispose, rimase immobile e pensosa ad osservare suo fratello Ron togliersi i propri bitorzoluti guanti, uno dei tanti regali natalizi di mamma, e offrirli alla ragazza, che ricambiò con uno smielato sorriso e uno sguardo altrettanto dolce.

Pensò con nostalgia che le mancava qualcuno che si prendesse cura di lei in quelle piccole cose, i suoi fratelli parevano fare a botte tentando di indovinare i suoi problemi adolescenziali ed esistenziali di sedicenne ma nessuno mai si fermava ad osservare le piccole cose, nessuno mai aveva il tempo di porgerle una semplice carezza, o anche solo un sorriso.

“Gin?” le richiese Hermione, con una punta di impazienza, appena prima di sistemarsi per bene un guanto poco calzante e tornare a sorridere a Ron.

Sbatté un paio di volte gli occhi grigi sollevando lo sguardo “Cosa?”.

Ron ridacchiò “Decisamente ha bisogno anche lei di un bel posto caldo! Guarda, le si sta congelando  il cervello!”. Hermione e Harry accennarono due sorrisi divertiti.

Sbuffando leggermente e arricciando il naso, Ginny fece per ribattere ma si scoprì incapace, a rimanere con la bocca aperta senza riuscire a emettere parola. Prese fiato giusto un paio di volte quindi richiuse le labbra piegandole in un sorriso stonato. “Entriamo, dai…” propose per slegare la lingua.

Eppure c’era stato un tempo in cui, sotto l’influenza dei gemelli, era stata molto più scaltra. C’era stato sì, un tempo in cui era diversa da ora, in cui era riuscita a stare bene con sé stessa. Se lo avesse detto a Hermione probabilmente avrebbe liquidato la questione tirando in ballo la mancanza di certezze che l’adolescenza porta con sé, le avrebbe fatto un gran sorriso e detto che era tutto a posto, che avrebbe potuto sempre parlare con lei.

Ma Ginevra Weasley lo sapeva bene che non erano le certezze a mancarle di più, chi le ha mai quelle poi? Quello che le mancava era il coraggio. E la forza…

Il coraggio di riuscire a essere sé stessa e la forza per affrontare la propria maschera.

Incredibile quanto la gente possa usare i miei sedici anni come paravento dietro cui nascondere i miei problemi!

Tuttavia dovette ricredersi… Più che altro non aveva mai detto a nessuno quello che stava passando quindi non poteva sapere matematicamente come avrebbero risposto.

Afferrò il pomo gelido della porta d’ingresso dei Tre Manici di Scopa e si fece largo all’interno.

“Mettiamoci là”, senza ribattere seguì l’indicazione di Harry prendendo posto ad uno degli alti sgabelli che circondavano il tavolino rotondo, alla destra del ragazzo e alla sinistra di Hermione.

Prestissimo furono servite quattro Burrobirre calde e ristoratrici.

Prese molto poco parte alla conversazione che intavolarono Hermione, Ron ed Harry a proposito di quanto li stessero già facendo sgobbare in previsione dei MAGO, in fin dei conti lei con quegli argomenti c’entrava ben poco e altrettanto poco aveva da dire a riguardo. E comunque non aveva granchè voglia di partecipare alla conversazione.

Rispose solo tranquillamente quando venne chiamata in causa qualche volta, per lo più da Hermione.

Per il resto passò il poco tempo ad osservare una coppia di vecchi imbroglioni giocare a Scopa con delle carte magiche cambiasegno. Non si riusciva a concludere una partita con un risultato anche solo calcolabile. Badò comunque di annuire ogni tanto ai tre ragazzi e di seguire almeno in parte il discorso, non l’avrebbero più presa con la testa tra le nuvole, almeno.

Per il resto trovò la mattinata tutta particolarmente lunga e noiosa. L’apice giunse quando Ron ed Hermione si allontanarono mollando provvisoriamente i pacchi a lei ed Harry con la scusa di dover assolutamente cercare il fazzoletto di Hermione.

Quando quei due si allontanarono un imbarazzante mutismo calò tra i due rimasti.

Ginny non fece il minimo sforzo di intavolare una conversazione né mostrò di averne l’intenzione. Notò appena, sempre attenta ad osservare i due vecchi e fallimentari giocatori, che Harry aveva iniziato a giocherellare nervosamente con la cannuccia del suo bicchiere di Burrobirra vuoto.

Dopo qualche minuto di silenzio lo sentì schiarirsi la voce “Er… e con Piton, poi?”

Con Piton? Cosa vorrebbe dire?

“Scusa?” dovette chiedergli. Quindi, pronunciando quella parola, levò gli occhi dall’uomo con i capelli scuri che pretendeva di aver vinto la partita e li fissò interrogativi in quelli di Harry.

Lui si grattò una guancia, evidente segno di imbarazzo e tensione, come se non sapesse che fare in quel momento. Come se avesse parlato giusto per dire qualcosa. E Ginny era sicura fosse proprio così. “Bè… visto che avevi dei problemi con Piton volevo sapere se le lezioni con Hermione sono servite, no? Non avevi dei problemi in Pozioni?”

Si che li ho. E no, le lezioni di Hermione sono state inutili. Odio il professor Piton e odio Pozioni, non imparerò mai a mescolare intrugli corretti in quei dannati calderoni! E comunque potresti anche evitare di cercare scuse così banali per attaccare discorso. Detto tra noi, Harry, è meglio quando mi ignori!

Quindi abbozzò un sorriso “Oh, sì! Sono servite! Cioè, sto migliorando, grazie!” mentì. Al quattro  in Pozioni di quella volta era seguito un cinque, certo. Poi, però, uno zero… Addirittura uno zero… Decisamente i miglioramenti erano lontani.

“Oh, bene…”, rispose lui, guardando altrove.

“Già”. Non si sprecò a fornire una risposta migliore, più che altro non vedeva l’ora di terminarla con quel patetico tentativo di conversazione.  Meglio il silenzio…

Passarono ancora diversi attimi, Ginny era tornata ad interessarsi all’ennesima partita assurda, ora si erano formate due coppie di giocatori, uno di quelli pareva particolarmente seccato di aver appena perso. Harry invece aveva ripreso a giocherellare con la cannuccia, la stava annodando più volte su sé stessa dando vita a strane forme.

“Bè, lui è così… Piton, intendo dire. Credo che gioisca nel maltrattare i Grifondoro…” specificò presto, vedendo nuovamente l’espressione interrogativa di Ginny. Che questa volta rasentò l’apatia rispondendo solamente con un cenno del capo e un sorriso depresso.

Si chiese se fu la noia a spingere Harry a proporle, qualche attimo dopo, di uscire alla ricerca di Hermione e Ron, era passato un quarto d’ora abbondante e ancora non erano tornati…

Ginny si riavvolse nel mantello e annodò la sciarpa gialla e rossa attorno al collo, stando ben attenta a coprire un orlo sfilacciato del bavero. Quindi si caricò tra le braccia le spese che Hermione e Ron avevano abbandonato a loro.

“Lascia, faccio io!” si offrì gentilmente Harry.

Non erano particolarmente pesanti, né ingombranti, ma Ginny pensò che fosse giusto che una brava ragazza lasciasse portare i pesi al bravo ragazzo, i ruoli lo imponevano.  Prima però, bisognava rifiutare con garbo… “Non importa, non sono affatto pesanti!”. E qui non dovette poi mentire.

“Ma dai, ti daranno fastidio tutti quei pacchi, no? Danne un po’ a me…” insistette lui.

E allora passò gran parte dei sacchi al ragazzo, prendendo la via della porta e uscendo in strada. “Sei davvero gentile…” anche se in realtà pensò che fosse soprattutto patetico e poco naturale.

Piccoli fiocchi di neve avevano iniziato a scendere leggeri e imbiancare il sobborgo. Liberando una mano si alzò il cappuccio tirandolo fin sulla fronte. Rabbrividì alla prima ventata di aria gelida che la colse.

“Fa veramente un freddo tremendo…” commentò Harry, mentre avevano iniziato a camminare uno a fianco all’altra, occhi aperti nel disperato tentativo di trovare al più presto Ron ed Hermione.

Ginny si morse un labbro facendo roteare gli occhi al cielo, attenta a non essere vista. Se iniziava a parlare del tempo, allora erano proprio alla frutta…

Questa volta lo avrebbe fatto, si sarebbe voltata verso di lui e gli avrebbe detto che non c’era assolutamente bisogno che sforzasse sé stesso alla ricerca di noiosi tentativi di conversazione. Che avevano poco di cui parlare perché a parte una cotta infantile e unilaterale da parte di Ginny non erano nemmeno mai stati tanto in confidenza. Che non era un problema se rimaneva zitto assieme a lei, se non aveva voglia di parlarle, perché si dava il caso che nemmeno lei avesse voglia di conversazione. Si dava il caso che fosse venuta ad Hogsmeade non per rilassarsi in loro compagnia ma perché era una falsa codarda e non aveva avuto il coraggio di dire di no ad Hermione, perché tutto era sempre più facile assecondando gli altri, soprattutto quando non sono in grado di capirti.

Improvvisamente sentì un’ondata di caldo salirle dallo stomaco. Sentì le mani bruciare e la voglia di urlare. Si fermò in mezzo alla strada, il suo sguardo passò dal selciato, dove erano ormai impresse le prime orme nel leggero strato di neve, al cielo plumbeo. Trasse un gran respiro, come se di lì a poco avesse dovuto urlare a squarcia gola gettando fuori tutta l’aria che la soffocava all’interno, che le premeva dentro.

Si voltò di scatto e puntò i suoi occhi grigi, stesso colore del cielo sopra di loro, in quelli verdi di Harry: “Ascolta, Harry…” iniziò, ma non ebbe mai modo di gridare, di dirgli tutto quello che se ne stava ora posato sulle sue labbra, tutto quello che stava spingendo per uscire. No, dietro di loro la risata perfida di Draco Malfoy la interruppe.

 

Draco, che come al solito se ne stava in bella compagnia, circondato dagli immancabili Tiger e Goyle e dalla languida Pansy Parkinson, avanzava tra la folla: il bel mantello nero, con lo stemma perfetto e ricamato in oro dei Serpeverde, svolazzava sfiorando con l’orlo la neve posata a terra, i capelli biondissimi erano lucidi e pettinati come sempre. Come al solito suo sul viso pallido e appuntito era dipinta la classica espressione snob e antipatica: le labbra piegate in un ghigno perfido e le braccia incrociate al petto.

“Oh, oh, oh –cominciò, Ginny chiuse gli occhi traendo l’ennesimo profondo respiro- Guarda la coppietta del secolo… Lo Sfregiato e la Stracciona!” quindi rise in quella maniera fastidiosa e antipatica che solo a lui riusciva.

Dopo una noiosissima mattinata passata a girare per le vie di quello squallido paese di maghi e streghe di poco conto, finalmente forse aveva trovato come divertirsi. Non che vedere Potter e una Weasley fosse un divertimento, ma di certo sarebbe stato quasi meglio venire alle mani con lo Sfregiato piuttosto che ascoltare un minuto di più le fusa melense di Pansy che in nessun modo riusciva a scrollarsi di dosso. Comunque si sarebbe fatto meno male visto che Tiger e Goyle le avrebbero onorificamente prese al suo posto, se la situazione avesse preso una piega pesante.

“Lasciaci in pace Malfoy, e ritira quello che hai detto…” Harry mise a terra le borse degli acquisti. Ginny, che se ne stava ancora con gli occhi chiusi e il battito accelerato, immaginò dovesse aver portato una mano alla bacchetta sotto il mantello.

Ma Malfoy non se ne andò, tanto meno ritrattò quel che aveva detto.

“Vuoi fare a botte, Potter? Che nobile cavaliere, protegge la reputazione della sua dama… Peccato che non ci sia nessuna reputazione al di fuori di quella di poveracci per i Weasley né nessuna dama, piuttosto quella che ha l’aria della peggiore delle sguattere! –alle sue spalle gli altri grugnirono di soddisfazione e divertimento- Ooooh, mi commuovo! L’orfanello e quella stracciona poveraccia e patetica ragazzina!”

Questa volta non fece a tempo a sorridere deliziato delle proprie cattiverie gratuite…

Ginny si sentì ribollire dentro. Come osava… come osava chiamarla stracciona, patetica, ragazzina? Come poteva permettersi di andare in giro ogni giorno e ricoprirla delle più profonde cattiverie? Come poteva trovare il modo di farle sempre così male?

Fu un attimo, tutto ciò che teneva tra le mani cadde a terra e la sua bacchetta si allungò a mezz’aria. Con l’intenzione di essere crudele, di fare del male, la puntò dritta verso il viso pallido e quasi sorpreso del ragazzo.

Esilio!”

Lo gridò con quanto fiato aveva in corpo, con tutto l’ardore che sentiva dentro, con l’intenzione di infliggere un colpo potente a chi si trovava di fronte. E così fu, Draco Malfoy sbalzò in dietro di diversi metri, gettato per aria atterrò in mezzo ad un’aiola ricoprendosi di neve e fanghiglia.

Ginny rimase in posizione di attacco, avanzando a rapide falcate verso di lui.

Ebbene, ora non gliene importava assolutamente nulla se questo non era da lei, non le importava se la gente si sarebbe stupita, se si fosse arrabbiata, se avesse avuto da ridire sul suo comportamento. Non le importava di essere scorretta attaccando un avversario a terra, per di più disarmato... Fanculo la correttezza! E anche la dolce e cara Ginny!

Le importava solo di lasciar uscire tutta la voglia dentro di lei di gridare e di sfogarsi.

Wingardium Leviosa!” e Malfoy prese il volo agitandosi come un pesce fuor d’acqua, sul volto un’espressione di sorpresa mista a terrore e imbarazzo. Di certo questo non se lo aspettava proprio, né gli piaceva così tanto…

Meccanicamente e con un gesto rapidissimo Ginny riabbassò la propria bacchetta sbattendo prepotentemente a terra ciò che prima stava facendo galleggiare a mezz’aria.

Sangue prese a scorrere sul viso di Draco dopo l’impatto tremendo del suo naso con il suolo. Non aveva mai avvertito tanto male in vita sua, né tanta vergogna dal momento che fino ad un attimo prima diversa gente stava ridendo della situazione.

Eppure non riusciva a reagire, pietrificato com’era dalla stizza e dal dolore lancinante.

Ribalta!” gridò nuovamente Ginny, inarrestabile e potente come una bomba nucleare.

Draco venne prepotentemente voltato sulla schiena, questa volta sbattè le testa contro una panchina… gli scappò un gemito di dolore e persino delle lacrime. Dio, quanto stava odiando quella situazione! Quanto stava odiando quella dannata ragazza!!!

Ginny, rossa in volto e accaldata, pareva non voler accennare a smettere. Si stava prendendo la sua piccola rivincita, in barba ad ogni dannatissima regola, ad ogni bigotto e maledetto perbenismo. In barba alla sua etichetta di brava ragazza, gentile, educata e tranquilla.

Probabilmente non avrebbero capito nemmeno questo, loro che dopo l’avrebbero giudicata, ma era tanto tempo che non ci riuscivano ormai. Non faceva certo differenza…

Ormai aveva iniziato, non riusciva più a fermarsi, poi! Sarebbe andata avanti finchè non avesse rotto la faccia a quel maledetto ragazzo. A quel demonio. Poco le importava, al momento, se per farlo sarebbe diventata peggio di lui. Poco le importava pur di lasciar sfogare se stessa.

Ma improvvisamente due braccia forti la bloccarono, due braccia che poi diventarono quattro e si sentì trascinar via di peso. La rabbia esplose ancora più potente in lei, che prese a dimenarsi a scalciare. Come potevano fermarla ora? Come? Non riuscivano a capire che ne aveva bisogno?

“Mollatemi! Lasciatemi andare, merda!” gridò come un’ossessa.

“GINNY! Cosa diavolo fai? Fermati, maledizione! Ti sei ammattita? Che ti è preso tutto all’improvviso? Harry, prendile la bacchetta… Gin, merda! Stai ferma! Ahia!”

Ron, che aveva cercato di fermarla, si piegò per il dolore al ginocchio dove la sorella gli aveva appena mollato un calcio potente. Harry cercò di levarle la bacchetta con il risultato di vedersi sbalzare via gli occhiali con una indelicata manata.

In men che non si dica Ginny fu di nuovo libera, la sua furia non si era ancora placata e puntò nuovamente la bacchetta verso Draco, che si era rimesso precariamente in piedi appoggiandosi ad una staccionata. Fece per lanciargli l’ennesimo incantesimo ma esitò un solo misero istante. Il tempo sufficiente per dare al suo avversario la possibilità di smaterializzarsi lontano da lei, non senza prima averle gridato un famigerato “Me la pagherai, dannata megera! Quando lo dirò a mio padre allora saranno guai per te!”

Nemmeno la toccarono quelle parole, quasi non le udì neanche. Presa com’era da sé stessa.

E manco vide Hermione scattare veloce accanto a lei e sfilarle di mano la bacchetta, quando se ne accorse questa era già tra le mani della ragazza “Gin, calmati, ti prego!”

Non si calmò, non si calmò affatto, anzi prese ad urlare maggiormente, in preda a quella strana euforia distruttiva che le era esplosa dentro solo qualche minuto prima.

“La volete smettere di dirmi di calmarmi? Di dirmi cosa devo fare? Come devo comportarmi? Non – sono – una – bambola!” terminò scandendo bene le parole.

Suo fratello Ron si riavvicinò a lei “Ma cosa stai dicendo, Ginny?”

Doris, che aveva visto tutto lo spettacolo, disse “Chiamate la McGranitt o un insegnante, è impazzita!”

Questo fece saltare, se possibile, maggiormente i nervi di Ginny “Non sono impazzita! Non sono affatto impazzita!” Strillò battendo un piede a terra.  Fece per aprire bocca nuovamente ma una mano si posò sulla sua spalla.

“Cosa diavolo sta succedendo qui, signorina Weasley?” Piton era appena comparso dietro di lei, l’espressione severa di sempre dipinta sul volto che quel giorno pareva ancora più intransigente ed adirato. Dietro di lui, sorretto da Tiger e Goyle, Draco Malfoy si teneva un fazzoletto sul naso che ancora non aveva smesso di sanguinare, nei suoi occhi rabbia e voglia di vendetta.

“Ginevra Weasley! Torni subito al castello con me! Non voglio sentire una parola!” la professoressa McGranitt era infine arrivata, l’espressione più severa e oltraggiata che Ginny le avesse mai visto sul volto in sei lunghi anni.

Non le rimase che sospirare, ora sentiva venir meno anche la forza di controbattere, si sentiva stanca e svuotata, e seguire l’insegnante in un pesante silenzio carico di rimprovero e indignazione fino al castello.

Eppure, per un attimo dopo tanto tempo, si era sentita quasi bene. Era riuscita a respirare. E a spaccare la faccia a Draco Malfoy, anche quella era una bella soddisfazione.

Ora c’era il naturale scotto da pagare…

 

 

 

Continua…

 

 

Ma ciao, bella gente! Quanto tempo è passato da quando ho pubblicato i due capitoli introduttivi di questa fic!!! Deve essere qualcosa come un anno e un mesetto… INCREDIBILE!! E quanto tempo è passato anche da quando ho pubblicato qualcosa… è stato (ed è tutt’ora) un periodaccio frenetico.

Ma torniamo alla fic. Qualcuno di voi avrà senz’altro notato il cambiamento. In primis del nome di Ginny, da Virginia a Ginevra (ma mamma Rowla dice che così si chiama e mi è sembrato carino omaggiarla con il suo nome, bellissimo tra l’altro). E poi del resto. Trovo che questo capitolo sia molto più pesante dei precedenti… Naturalmente voglio la vostra opinione se siete lì a leggere, eh! A questo proposito vi ringrazio anche per le rece che mi avevate lasciato per il chap scorso, purtroppo quando è saltato il sito si sono perse tutte e io non ricordo che avevate scritto, ma vi ringrazio lo stesso.

Vi devo delle spiegazioni per essere sparita così a lungo con questa fic… tutto iniziò con l’uscita (quasi un anno fa!!! Il 21 giugno!!!) dell’Ordine della Fenice e con la scoperta di una Ginny diversa… Se nei libri scorsi era sempre stata un fantasma qui finalmente si mette in luce… Ho adorato questa Ginny combattiva, determinata e diretta… lo sapevo che era così!!! Però questa nuova cool-Ginny cozzava con la Ginny brava bambina repressa della mia fic… quindi sono entrata in crisi. Per di più ci si è messa la mia passione, sempre post lettura 5° libro, per il paring Ginny/Harry. Li ho trovati una coppia adattissima, e questo decisamente cozzava con il mio Ginny/Draco… Poi ci aggiungiamo che la storia che avevo in mente non mi piace più, o comunque non la sento più mia… e siamo arrivati ad una bella e grossa crisi!!!!

Ora, devo ringraziare MaryAngel che l’altro giorno mi ha ricordato questa storia chiedendomi in una mail se l’avrei continuata… Mi sono salite in testa una cifra di idee!!!!!!

Per quanto comunque preferisca ormai Ginny accanto a Harry, ho un paio di ideuzze simpatiche per questa storia, che non so ancora se finirà bene o male… oh oh!! Dopo tutto, quando due sono troppo diversi… si vedrà!

Quindi, se volete, mi farà tanto piacere se tornerete a seguirmi, prometto che non ci saranno aggiornamenti annuali e sarò più tempestiva… Università, lavoro e vita sociale permettendo, eh!!! Tanto per cominciare, ditemi cosa ne pensate di questo capitolo e anche degli scorsi, se siete nuovi lettori!

Un bacio a tutti, grazie della infinita pazienza che avete con me!! ^^’’’’

Ly

 

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Capitolo 4
*** Dietro I Paravento ***


4- Dietro i Paravento

4- Dietro i Paravento

 

 

“Ora mi spieghi, signorina Weasley, cosa diavolo le è saltato in testa! Stava per ammazzare il signor Malfoy!”

Ginny, catturata dall’intrecciarsi continuo delle stringhe nere e consunte degli stivaletti che aveva ai piedi, alzò lo sguardo fissandolo al di fuori della finestra. La neve aveva preso a cadere più fitta che mai e il cielo ormai iniziava a farsi scuro. La voce dell’insegnante le giunse come da lontano, come smorzata e fievole, ovattata. Si trovava nel suo ufficio ora, passò brevemente in rassegna con lo sguardo le mensole su cui numerosissimi volumi di pelle stavano ordinati, poi la parete scarna, sul muro spiccava solo un quadro scuro rappresentante una nemmeno troppo bella natura morta, ai suoi fianchi diverse fiaccole spente, quindi una credenza con vari oggetti semplici e in fine portò lo sguardo sulla scrivania ordinata: da un lato stava ben ammassata una pila di pergamene –probabilmente compiti di trasfigurazione di chissà quale classe- quindi un paio di penne ben pulite e riposte ad eccezione di una, lasciata accanto ad un calamaio, una candela spenta anch’essa, un vaso di fiori secchi e un libro di Trasfigurazione Avanzata che poggiava sopra un qualche registro di classe. Di colpo una mano battè forte su quel tavolo facendo saltare il tutto, Ginny compresa.

“Le ho fatto una domanda, Weasley!” tuonò la professoressa. Ginny non l’aveva mia vista così arrabbiata, le labbra erano tirate e gli angoli puntavano drasticamente all’ingiù, la fronte corrugata, gli occhi sottili e le narici allargate dalla rabbia.

Già, era il momento delle spiegazioni, ora. Ma non se la sentiva assolutamente di darne. Non c’era una ragione valida, in effetti, perché si fosse tanto accanita. Semplicemente aveva trovato spontaneo farlo, lo aveva trovato giusto.

L’ho fatto perché era giusto che lo facessi! Perché se lo meritava, e me lo meritavo anche io.

“L’ho fatto perché era giusto!” rispose con naturalezza incontrando lo sguardo altero e sconcertato della sua insegnante. Strinse con le mani, poggiate alle ginocchia, l’orlo della gonna. Di nuovo quella forza dentro, quel calore in tutto il corpo e quell’euforia…

Fingere. Non poteva più. Ormai era scattato qualcosa dentro di lei, aveva varcato un confine che decise di non voler o poter riattraversare. Sarebbe stata sé stessa, ora. Lo voleva ad ogni costo.

Infischiatene, Ginny! Infischiatene di tutto e di tutti!

“Le sembra giustizia infierire su un compagno di scuola?” incalzò la McGranitt.

A Ginny parve la domanda più sciocca del mondo, le aveva appena detto di sì.

“Dipende dai compagni di scuola, professoressa” rispose sfrontata, continuando a fissarla.

Un tremito nervoso scosse le narici della McGranitt “Per quanto possa essere insopportabilmente eccessivo e crudele il signor Malfoy, nulla l’autorizza a tenere un comportamento simile! Doveva controllarsi. Doveva venire da me, caso mai! Noi professori avremmo preso i provvedimenti necessari.”

Ginny attese paziente, ascoltando ogni singola parola di quel discorso scontato. Sapeva che glielo avrebbe detto. Come sapeva che presto o tardi sarebbero arrivare certe famose parole. Più presto che tardi.

Infatti, la professoressa trasse un respiro chiudendo gli occhi, per poi tornare a fissarla severamente “Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere proprio da lei, signorina Weasley!”

I battiti di Ginny accelerarono notevolmente e le mani che stringevano ancora il bordo della gonna iniziarono a sudare…

“Non se lo aspettava, eh? Nessuno si aspetta mai nulla da me purchè io sia buona, obbediente, sorridente ed educata! Nessuno si chiede mai cosa io mi aspetto da me, eh? Tutti troppo impegnati a dirmi quello che devo fare, quello che devo dire, come devo comportarmi. Tutti troppo impegnati ad aspettarsi che io sia come loro vogliono, eh? No! Mi sono stufata. Sono stufa marcia di essere tutto questo. Mi state tutti facendo soffocare, merda!” la boccetta di inchiostro sulla scrivania esplose in mille pezzi, così come una brocca d’acqua posata su un tavolino poco distante, e diversi volumi caddero dagli scaffali di fronte a lei che presero a tremare, nel gridare tutto questo si alzò di scatto spingendo a terra la propria sedia e picchiando forte entrambe le mani sul tavolo. Lo avrebbe rotto, se solo ne fosse stata in grado.

La McGranitt la stava ancora fissando sconcertata, occhi negli occhi, ora leggeva una punta di allarme nel suo sguardo.

Chiuse forte gli occhi, sentiva grosse lacrime di rabbia e insoddisfazione pungere al di là delle palpebre, sentiva i suoi occhi bruciare così come tutto il suo corpo, le tempie pulsare e il cuore battere forte. Era così arrabbiata, ancora! Così frustrata e triste…

Sollevò il capo chino quando una mano gentile si posò sulla sua spalla delicatamente, come una carezza. Voltando il capo incontrò lo sguardo deciso ma benevolo del preside.

“Professor Silente…” balbettò confusa.

L’uomo le rivolse un profondo sorriso. Lo sguardo di Silente sembrava sempre sapere e capire tutto, Ginny non sentì minimamente l’impulso di dovere delle spiegazioni o delle scuse. Ammesso che poi ne dovesse davvero.

“Ginevra, credo che tu abbia la febbre, Madama Chips ha dei rimedi prodigiosi per questo, ce la fai a raggiungere l’infermeria o preferisci che ti accompagni?” domandò educatamente.

“No, credo che ce la faccio…” rispose solo, quindi fece un cenno del capo al preside e se ne uscì dallo studio ignorando completamente la McGranitt. Ecco cos’era forse, quella maledetta sensazione. Si sentiva uno straccio ora. Si pentì all’istante di aver rifiutato l’accompagnamento di Silente e con l’ultimo briciolo di forza rimastale si trascinò rasento i muri fino all’ingresso dell’infermeria con la vista che le faceva dannatamente flip-flop.

Trasse un profondo respiro, pregando che Madama Chips non la ricoprisse di domande e la lasciasse solo guarire e riposare, la lasciasse in pace con sé stessa, quindi abbassò la maniglia della porta. Fece un passo all’interno dell’asettica infermeria e si fermò sull’ingresso. La donna sembrava affaccendata china su un letto nascosto.

“Madama, mi manda il professor Silente, io credo non sentirmi molto… molto…”

FLOP!

 

Quando riaprì gli occhi, Ginevra avvertì un profondo senso di nausea, la vista era leggermente sfocata e la testa così pesante! Cercò di richiudere gli occhi e tornare a dormire ma le imprecazioni di Madama Chips le fecero male alle orecchie e la costrinsero a ritornare al presente.

“Benedetta ragazza! Con uno sfogo come il suo, con tutta la forza che ha messo nel pasticcio che ha combinato, signorina Weasley, non mi sarei sorpresa se si fosse fatta scoppiare la testa! Una febbre da cavallo! Ed è il minimo, dico io!” corse strepitante fino al suo capezzale. Senza troppi complimenti Ginny si trovò ben presto un termometro infilato in bocca, Madama Chips lo colpì un paio di volte con la bacchetta quindi prese ad osservare la colonnina di mercurio avanzare velocemente. Con le stesse maniere lo sfilò e se lo portò vicino agli occhi scuotendo la testa, quindi lo fece smaterializzare con un gesto della mano.

“Incredibile! 39 e mezzo di febbre, preda questo senza esitare troppo se vuole rimettersi in piedi alla svelta”

Ginny prese incerta un calice dalle mani dell’infermiera… se c’era una cosa che detestava erano le pozioni di Madama Chips che erano, sì, meravigliosamente curative ma altrettanto disgustose. Storcendo il naso portò il tutto alla bocca. Bagnò appena le labbra e immediatamente provò un forte desiderio di rimettere. Era disgustosa! Al gusto, all’olfatto e alla vista!

Ma si sentiva troppo debole al momento per mettersi a discutere con Madama Chips sulla libertà di ogni individuo di rifiutare cure mediche. E al colpo trangugiò l’intero contenuto del calice.

Sentì la gola bruciare e le viscere contrarsi per il disgusto e si ributtò sul letto, il viso contratto in un’espressione di chiara repulsione. Decise di non pensarci, di tornare a dormire chiudendo ogni canale di contatto col mondo che aveva attorno, ogni minimo suono era un grido nella sua testa che si protraeva con un’eco infinita, la luce le accecava la vista e ogni movimento comportava un diffuso dolore osseo e muscolare diffuso.

Anche questa volta, però, il suo volere venne completamente ignorato.

Di lì a pochi minuti, infatti, irruppero letteralmente in infermeria suo fratello Ron, naturalmente accompagnato dall’ormai immancabile Hermione e da Harry. Sulle facce di tutti e tre erano dipinte profonde espressioni sconcertate e preoccupate.

Ginny sospirò preparandosi al peggio quando li vide sedersi accanto al letto. Con lo sguardo rivolto al soffitto, gli occhi socchiusi, non si sforzò nemmeno di salutarli né provò a intavolare una ben che minima conversazione. Per alcuni lunghi istanti regnò il silenzio.

“Ginny, come stai?” il primo a parlare fu Ron, che le rivolse un’occhiata a metà tra il perplesso e il preoccupato. 

Che domanda assolutamente superflua…

“Tu che dici?” rispose lei, apatica. Doveva sapere benissimo della febbre, dello svenimento e probabilmente anche di quella che era stata considerata un’incresciosa sfuriata nell’ufficio della McGranitt. 

Ron deglutì a vuoto, chinando il capo con espressione affranta.

Almeno lo aveva liquidato alla svelta, meno sentiva parlare più la sua testa restava integra.

“Ehm, lungi da me difendere Malfoy, ma quello che hai fatto… come dire, è stato piuttosto crudele…” la solita, titubante Hermione aveva preso parola.

Ginny si limitò ad alzare vagamente le spalle, sempre senza distogliere lo sguardo puntato verso il nulla. Che le importava di tutto questo?

“Che ti succede Gin? Tutto questo… non è da te. Oggi sembravi… sembravi quasi impazzita…” tentennò Ron.

Impazzita…

Già, la pazzia non è altro che l’altro lato della medaglia della normalità. Nascosta, celata…

Tirò sul con naso, pensando tra sé e sé. E se fosse stata davvero pazza? In fin dei conti aveva perso ogni controllo… Era esplosa, di questo si rendeva benissimo conto.

Eppure si disse che non lo era, non lo era per nulla! La lucidità non l’aveva mai abbandonata, la consapevolezza di quello che stava facendo, di quello che pensava e diceva non si era mai minimamente incrinata. Impazzita sì, forse agli occhi degli altri doveva essere sembrata così, diametralmente opposta alla Ginny che tutti erano abituati a credere e quindi impazzita.

Bene, sarebbe stata pazza per tutti, non le importava un accidente, purchè l’avessero lasciata essere come voleva essere.

“Ron, e anche voi per favore, andatevene di qui.” Disse loro a mezza voce ma con un tono che non ammetteva repliche. Per la prima volta da diversi minuti rivolse loro anche lo sguardo. Uno sguardo di ghiaccio e privo di scuse.

Ron scese dalla sua sedia avviandosi verso la porta, seguito a ruota dagli altri, mormorando tra sé un “Mamma sarà furiosa…” che Ginny ignorò completamente. Quando la porta si richiuse con uno scatto Ginny si rilassò sospirando.

Nella luce fievole della stanza, cercando una posizione per dormire che non le facesse avvertire tutto quel dolore lancinante alla schiena, si voltò su un fianco. Dal separé del letto scostato intravide, nella branda quasi dirimpetto alla sua, una figura profondamente addormentata.

I ciuffi platinati, quasi nivei, che spuntavano dalla pesante fasciatura alla testa non le lasciarono dubbi. Quello doveva essere proprio Malfoy. Alla debole luce della candela che volteggiava sopra il suo letto pareva proprio malridotto.  Non potè fare a meno di trattenere un risolino alla vista del suo viso quasi completamente nascosto dalle bende, al livido sulla mano che spuntava da sotto le coperte e a quello che doveva essere un gesso alla gamba destra. Aveva dato il meglio di sé stessa, allora!

Pensò che se lo fosse meritato, che qualcuno prima o poi avrebbe dovuto dargli una lezione. Che non gliene importava nulla di possibili ritorsioni o di punizioni purchè riuscisse a chiudere almeno per un po’ la bocca acida di Draco Malfoy e levargli quel sorrisetto canzonatore e crudele dal viso.

Missione riuscita, allora. Quella sul suo volto, o per lo meno sulla parte rimasta visibile, era un’espressione di scontento e dolore, lo dedusse dal solco che si era formato sulla fronte escoriata. La sconfitta probabilmente bruciava anche nei sogni.

Eppure non era altro che un codardo figlio di papà, non era stato in grado di difendersi, di contrattaccare una ragazza con una conoscenza della magia scolasticamente più arretrata di lui, era solo riuscito a scappare con la coda tra le gambe brandendo come arma di difesa il nome del padre.

E se una volta il nome di Lucius Malfoy avrebbe suscitato timorosa riverenza, ora non era altro che il nome di un volgare Mangiamorte uscito da Azkaban grazie ad un giro di dubbie conoscenze che però non era più nemmeno in grado di mettere un dito sul ministero.  La sua brutta fama era nota ormai, nel bene e nel male.

Draco Malfoy era solo uno smidollato.

Sorrise compiaciuta a quell’idea, guardandolo dormire agitato come un bambinetto malato. Sarebbe stato carino torturarlo, in quella situazione, dargli fastidio, tormentarlo e rovinargli i bei sogni. Oh, sarebbe stato uno spasso!

Si mise a sedere sul letto prendendosi un attimo per permettere alla sua testa e alla sua vista di smettere di girare. Scivolò silenziosamente dal letto appoggiando i piedi nudi sul linoleum chiaro del pavimento. Era caldo al contrario di quanto si aspettasse, tutto l’ambiente lo era nonostante un brivido febbrile le percorse le schiena.

Diede una sbirciata alla saletta di Madama Chips in fondo alla stanza, era buia. Probabilmente l’infermiera era scesa per la cena… Ottimo! Prese la sua bacchetta lasciata sul comodino accanto al letto e trascinando i piedi si avvicinò cauta al letto del ragazzo. 

Si sporse guardinga scostandosi i capelli e riponendoli con cura dietro un’orecchia, prese ad osservarlo pensando da che parte avrebbe potuto cominciare.

Un sorrisetto divertito le comparve sulle labbra quando si ricordò di una reazione spropositata del ragazzo di fronte ad una grossa lucertola, un pomeriggio di diverso tempo prima, sul nascere dell’estate, mentre tutti gli studenti se ne stavano sdraiati a rosolare al sole nel parco della scuola. Così a Malfoy non piacevano le lucertole…

Puntò la bacchetta verso le coperte e tre belle lucertolone grosse e squamose comparvero attorno al ragazzo. Ne prese una per la coda senza la minima esitazione, era cresciuta alla Tana immersa nella campagna lei, e la posò adagio sul cuscino. L’animaletto si mosse complice verso il capo di Draco, molto lentamente.

Ottimo! Sembrano aver capito tutto! E ora…

“Draco… Draco, avanti svegliati…” gli sussurrò cercando di trattenere le risate.

Lui si mosse appena. Ginny tornò di corsa al proprio giaciglio, scostando bene il paravento di ogni letto per godersi lo spettacolo.

“Draco… avanti, dormiglione!” continuò pregustandosi la scena.

Draco mormorò qualcosa di incomprensibile, un farfuglio confuso, e cambiò lentamente posizione. Ora la sua guancia era a pochissimi centimetri dalla lucertolona che lo fissava pigra dal suo cuscino, le altre due si stavano svogliatamente arrampicando sui pendii del suo corpo nascosto dalle coperte.

Ginny dovette premersi forte una mano sulle labbra per non ridere e non far scappare alcun suono, quindi, impaziente, sussurrò nuovamente il suo nome. La lucertola le venne in aiuto pochi attimi dopo cacciando fuori la lingua ruvida e accarezzando una palpebra sottile del ragazzo.

Fu un attimo…

 

Draco sentì solleticare un occhio, una volta… due… alzò un braccio indolenzito per strofinarselo leggermente, attento a non premere troppo. Era ancora mezzo assopito ma il dolore diffuso per il corpo lo avvertiva chiaramente. Ecco, qualcosa di fastidioso gli stava solleticando ora una mano. Un elfo domestico in procinto di svegliarlo? No… sembrava qualcosa di… sottile… e molto ruvido. Anche leggermente disgustoso.  Inoltre percepiva benissimo qualcosa di leggero zampettare sul suo corpo. Che strano…

Aprì leggermente gli occhi, il tempo di mettere a fuoco e li rivolse alla sua mano…

Dio santo!

Una lucertola, cicciona, viscida e disgustosa stava a un palmo dalla sua faccia!!!! Improvvisamente la sua lingua scura e biforcuta fece capolino dalle fauci orride sfiorando un suo sopracciglio…

Una lucertola lo stava leccando! Si immobilizzò dal terrore. ODIAVA le lucertole, lui! Lo disgustavano con tutto il cuore! E… ce n’era più di una! Sul suo letto… SOPRA DI LUI!

Draco non ebbe tempo di ragionare, cacciando un urlo colossale scostò le coperte gettando all’aria due delle schifose bestiacce. Saltò in un lampo giù dal letto…

Idea tremenda, le due bestie erano lì, a poco più di un metro da lui e pareva non avessero alcuna intenzione di andarsene… Fece per correre verso una sedia poco distante ma il gesso pesante alla gamba lo bloccò, assieme al dolore lancinante che superò anche il terrore non appena provò a pesarsi su di essa.

Perse l’equilibrio e cadde su se stesso, lungo disteso per terra, sbattendo tra l’altro la testa contro lo spigolo del comodino. Come se già non fosse abbastanza malridotto! 

E che dolore provava!

Imprecò mentalmente per la sua stupidità, ora era a terra, stordito, mentre le due lucertolone si riavvicinavano e quella rimasta sul letto aveva tutta l’intenzione voler sperimentare un tuffo dall’alto proprio sulla sua faccia.

“Basta! BASTA MALEDETTE BESTIE! VIA!” gridò coprendosi la faccia con un braccio e scalpitando e sgambettando per quanto possibile.

Di rimando alle sue grida udì chiaramente una risata divertita, una risata prolungata e femminile. Qualcuno si stava divertendo alle sue spalle. Come se la situazione non fosse già abbastanza terribile di per sé!

 

Ginny, dopo essersi gustata per bene tutta la scena, era scoppiata in una profonda e liberatoria risata. Tutto era stato decisamente troppo spassoso! Se solo avesse avuto una macchina fotografica per immortalare quel momento e rivedere per sempre Draco Malfoy morire di spavento alla vista di tre innocenti lucertole!! Sarebbe stata la sua cura perenne per qualunque malumore, ne era certa.

E seguitò a ridere senza curarsi di nascondere la propria presenza. Anzi, scese dal letto e lentamente si avvicinò al ragazzo, bacchetta alla mano.

 

Quando la vide fare capolino sopra di lui, Draco rimase a dir poco sconcertato. Quella maledetta Weasley! Ancora lei! Non si era abbastanza presa gioco di lui quel pomeriggio? Decisamente lo stava distruggendo! Una ragazza! E peggio… Una dannatissima femmina Weasley!

Cos’era quell’espressione di trionfo sul viso? Non era mica che… avesse architettato tutto lei? Aveva sentito, ora che ci pensava, una voce femminile chiamarlo… sussurrare il suo nome. Bè, naturalmente aveva pensato che fosse parte di un sogno. Cosa stesse sognando prima di quella bruttissima manciata di secondi neanche lui lo ricordava, ma non era importante.

Glielo leggeva negli occhi grigi pieni di volontà di sfida, che era stata lei, che lo aveva fatto per prendersi gioco di lui.

“Maledetta stronza stracciona! Fai sparire queste cose!” le gridò contro.

Un secondo dopo la lucertola in procinto di gettarsi fece il tuffo atterrando sulla sua faccia con suo grande orrore! Quella cosa orribile stava camminando sulla sua faccia!

Si battè ripetutamente il volto, fregandoselo con il braccio e con la mano, procurandosi tra l’altro un dolore non indifferente, finchè non riuscì a scostare lontano la bestia.

“Hai sbagliato la formula, Malfoy!” fece lei, tra le risate e il divertimento, la bacchetta sempre puntata.

Sentì la rabbia salirgli dentro, se solo avesse avuto tra le mani quella schifosissima femmina l’avrebbe massacrata! Come osava!

Maledetta stronza!

“Ti ammazzo! Ti ammazzo se non le fai sparire subito!” gridò in preda a collera e terrore al tempo stesso. Immobile a terra, non riusciva a fare nulla se non passare lo sguardo agitato dalle due lucertole sempre più vicine a quello della ragazza in piedi avanti a lui.

Ginny storse le labbra in un sorrisetto furbo “Come vuoi…” disse tranquilla.

Un gesto della bacchetta e le lucertole… Triplicarono!

Ora sul pavimento in linoleum dell’infermeria stava un piccolo esercito di bestiacce particolarmente grosse che puntavano tutte il loro sguardo verso Draco, le lingue che a intermittenza sibilavano fuori dalle fauci.

Draco cacciò un altro urlo provando a raggomitolarsi nell’angolo in cui si era cacciato. Praticamente in trappola!

Tanti complimenti, Draco! Dannata Weasley!

Ginny lo fissò seria “Supplicami! Supplicami e le farò sparire… altrimenti lascerò che si divertano a giocare con te”

Draco sudò maggiormente, il suo cuore aveva preso un ritmo frenetico ed irregolare. Sentì che se quelle bestie schifose avessero fatto un solo ennesimo passo avanti sarebbe svenuto per il terrore.

“E va bene! Ti prego, ti prego levamele! Falle sparire! Falle sparire subito” la supplicò, gli occhi chiusi per non dover sopportare anche visivamente quell’umiliazione che ora gli faceva più male della gamba, del braccio e del naso rotto, persino dell’ennesimo buco in testa che si era procurato pochi attimi prima.

La sentì tossire dopo pochi attimi che gli parvero eterni mente un rivolo di sudore gli calava lungo la schiena, sotto il pigiama di seta.

“Che cavolo aspetti! Levamele! LEVAMELE!” gridò ancora, rannicchiandosi sempre di più.

Ginny lo guardò tranquilla, con un leggero sorriso sulle labbra “Non ho sentito per favore” gli disse come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.

Draco respirò profondamente, l’avrebbe strozzata in quell’istante, se prima i Weasley gli suscitavano disgusto per la loro condizione ora sentiva di provare un moto d’odio inarrestabile per quella piccola dannata ragazzina.

Esitò un attimo, questo non l’avrebbe mai fatto! Mai!

Ma l’avanzata dell’ennesima bestia gli fece immediatamente cambiare idea. Distolse lo sguardo, serro forte gli occhi e pronunciò le parole più difficili ed umilianti che fossero mai uscite dalla sua bocca fino a quel momento, con la promessa che gliel’avrebbe fatta pagare il doppio “Per… per favore falle sparire… ti prego!”

 

Ginny sorrise compiaciuta. Aveva vinto! L’aveva implorata! Aveva definitivamente umiliato Draco Malfoy! Onde evitare di avere un morto di panico sulla coscienza con un semplicissimo gesto fece sparire tutte le simpatiche bestiole dalla stanza e ripose la bacchetta in tasta.

Incrociò le braccia al petto e fissò Malfoy con un sorrisetto soddisfatto tanto simile a quello altezzoso ed impertinente del ragazzo.

“Fatto.”

 

Draco aprì un occhio alla volta, guardandosi attorno innervosito. Pareva che ogni minima traccia delle bestiacce fosse sparita. Si impose di ritrovare il controllo che aveva perso così alla svelta e trasse un profondo respiro.

Quando incontrò il sorrisetto impertinente di Ginny provò l’implacabile desiderio di spaccarle la faccia, ma quella dannata ragazzina aveva ancora il coltello dalla parte del manico, anzi la bacchetta. E pareva parecchio suonata al momento, quindi trovò saggio evitare di rivolgerle persino la parola.

Cercò di rimettersi in piedi, a fatica, aggrappandosi al comodino. Dio, sentì un dolore diffuso per tutto il corpo. E il desiderio di farsi una doccia sterilizzante dopo che… Ah, non osava nemmeno pensare a quello che era appena successo.

Ginny tossì nuovamente e lui fu costretto a rivolgerle ancora lo sguardo.

“Non ho sentito un’altra parolina magica… un grazie” fece lei, con il solito sorriso sornione dipinto sul volto pallido.

Draco grugnì e la fissò con astio “Ringraziarti? Devi solo andare al diavolo maledetta stracciona!”. Ringraziarla! L’avrebbe distrutta, altro che ringraziarla!

“Risposta sbagliata, Malfoy!” fece Ginny dura e sollevò nuovamente la bacchetta nella sua direzione.

Bene, Draco non aveva atteso altro! La sua mano sana scattò sul comodino e afferrò la sua bacchetta, era stordito ma era sempre stato rapido e abile nei movimenti, ci mise un attimo a disarmarla. La bacchetta della ragazza atterrò ai piedi di Draco e un attimo dopo un fiotto di luce rossa partì dalla bacchetta di questo nella sua direzione.

Ginny sentì un rivolo di sangue caldo scenderle lungo la guancia e un dolore lanciante picchiare proprio dove si era appena aperto uno squarcio. Non indifferente, dedusse lei passandosi un dito tremante sopra.

Merda…

 

“Bene Weasley, ride bene chi ride ultimo!” fece Draco, con la solita espressione di sempre.

Mosse di nuovo molto rapidamente la bacchetta, un colpo di gomito, “Rictusempra” e Ginny si sentì colpire forte allo stomaco, si piegò in due e cadde sulle ginocchia, il volto contratto dal dolore e dalla rabbia di essersi fatta cogliere così alla sprovvista.

“Ora la pagherai cara per aver infangato il nome del Malfoy… per aver umiliato me!” Sibilò Draco rabbioso movendo ancora la bacchetta.

Ginny ridacchiò nuovamente suscitando maggiormente l’ira di lui.

“Tu sei proprio suonata se ridi ora!” mormorò scuotendo il capo.

“Veramente stavo ridendo di te… bello il nome dei Malfoy… Un padre che fa la spola tra casa e Azkaban e un figlio che si fa mettere rapidamente al tappeto da una ragazza più piccola… Mi fai ridere, Malfoy!” pronunciò quel nome con scherno e la cosa fece ribollire il sangue nelle vene a Draco.

Non si poteva offendere suo padre in quel modo, non si poteva deridere fino a quel punto *lui*, non si poteva infangare il suo nome! Forse… forse perché era tutto quello che di grande aveva.  Esitò un attimo scosso dalla rabbia e quello bastò perché Ginny riuscisse a richiamare a sé la sua bacchetta.

Ora stavano uno di fronte all’altra le bacchette puntante ai rispettivi volti.

Draco si sentì tremare di rabbia e indignazione. Possibile che riuscisse a prendersi così gioco di lui? Che non riuscisse e metterla a terra una volta per tutte? Che fosse così maledettamente… crudele, forse?

Ginny sorrise tetra al suo avversario “Adesso capisci cosa si prova, eh?” mormorò appena, fissandolo dritto negli occhi ridotti a due fessure.

 

Abbassò la bacchetta e si girò sui tacchi, le doleva troppo la testa e per il momento era soddisfatta di quello che aveva fatto. Non lo avrebbe tormentato oltre, lo aveva già massacrato in abbondanza, messo in ridicolo, umiliato e fatto implorare, arrabbiare e… ne era sicura, lo aveva fatto soffrire. Lo aveva fatto sentire una nullità. Per la prima volta nella sua vita Draco Malfoy aveva provato sulla sua pelle tutto quello che per anni aveva fatto passare agli altri.

Ginny si infilò nel suo letto afferrando un fazzoletto dal comodino e tamponando il taglio che ancora non aveva smesso di sanguinare. Allora si era messa comoda a letto e aveva spento la candela accanto al letto. Decisamente aveva bisogno di dormire adesso, gli occhi le bruciavano per il febbrone. La bacchetta sotto il cuscino che se Malfoy si fosse avvicinato sarebbe stata pronta a rispondere. Ma la cosa non la preoccupava più di tanto, aveva il presentimento, chissà perché poi, che non lo avrebbe fatto; e comunque di lì a poco sarebbe tornata anche Madama Chips.

 

Draco abbassò il capo e la bacchetta, in collera con sé stesso e con quella maledetta Weasley si buttò sul letto.

Umiliato e massacrato. La giornata più brutta della sua vita.

Se suo padre lo avesse visto in quell’istante lo avrebbe probabilmente diseredato.

Suo padre…

Un padre che fa la spola tra casa e Azkaban…

Già, il suo grande padre aveva perso il suo onore dietro le sbarre di Azkaban. Adesso non era altro che il lecchino del Signore Oscuro. Ok, lui oggi era probabilmente stato un fallimento, ma di certo anche suo padre lo era stato nell’ultimo periodo, e su tutti i fronti. Come padre, come marito, come uomo… persino come Mangiamorte.

Perché mai nutrisse, alle volte, tanta stima di lui non lo sapeva proprio. Perché si sentisse così fiero di sentir dire che somigliava tanto a suo padre, certe volte, non lo sapeva proprio.

Al momento provò un senso di nausea e disgusto all’idea di dovergli assomigliare.

Bene, se c’era una cosa che oggi aveva definitivamente capito, che quella schifosa rossa gli aveva fatto venire alla mente, era che non avrebbe mai voluto somigliare a suo padre. Lui sarebbe stato grande e avrebbe risollevato il nome del Malfoy, sì!

Alla fine la stracciona si era rivelata utile. Questo non significava però che non gliela avrebbe fatta pagare, e pagare cara, un giorno.

 

 

Continua…

 

 

 

Ma io vi ringrazio!!Non credevo che vi ricordaste ancora così in tanti di questa fan fiction, mamma mia! Sono commossa delle recensioni che mi avete lasciato ancora. Grazie davvero!

Come potete vedere non ho impiegato un altro anno per aggiornare, sono stata abbastanza svelta considerando che è un periodo veramente molto… particolare, ecco!

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Ho grandi cose in mente… terribili, ma grandi! :P

No, staremo a vedere. Voi, nel frattempo continuate a farmi sapere che cosa ne pensate, mi raccomando!!

Personalmente questa Ginny mi piace una cifra.. vai Gin, spacca! ^o^ *Ly esaltata*

E ora… personal Thanks…

Buffy: Graaazie! Sono contentissima che ancora segui la mia storia, ciccia! Ma dimmi una cosa… per caso ti devo ancora risp ad una mail? Ho un po’ di casino in posta, fammi sapere! ^^’’ Baci!

Vale: ciao cara! Spero ti sia piaciuto anche questo chap! Il What If… ehm… Paaaaasso!! ^^’’’ 1 bacio!

Tuz: Tranquilla, tranquilla! Qui niente Ginny-Harry. Ho detto che mi piace questa coppia, non che sarà una storia su di loro, puoi continuare a leggere e metterti il cuore in pace. Davvero riesci a immedesimarti nella mia Ginny? UAAAO! Allora mi è riuscita proprio bene! Bè, è difficile essere sempre sé stessi, soprattutto quando la gente si aspetta determinate cose da te *Ly fischietta, ogni riferimento ha fatti e persone note è puramente casuale*, quindi ti capisco! Dai, alle superiori si cambia giro, nuove conoscenze e nuova gente, ti potrai porre nel modo che più preferisci, sta a te! Un bacione, e tranquilla che non mi annoi!

Mary: Graaazie! Visto? Ho continuato =)

Vamasa: Coppia improbabile in effetti, ma c’è molto da scrivere su di loro, sì!

Pan_z: Ciccì! Grazie per quello che hai scritto! Eh eh, per questa Ginny ce l’ho messa tutta!!! Il vero problema è definire Draco senza capitombolare Out Of Character… E tu, quando aggiorni? Bada che ho anche risp alla mail, eh eh! Che brava che sonoro!! Ti vollio benissimo anche io, ciccia! Baci

Ale: Grazie per i complimenti per questa e tutte le altre storie. Il What If al momento è un grosso punto interrogativo. Magari con l’estate riuscirò a farlo diventare qualcosa di più corposo, cmq non lo abbandonerò. Grazie ancora! ^^

Angèle87: Ciao cara! Grazie anche a te… visto che anche in questo capito gliele ha suonate a Malfoy? Mamma come lo ha ridotto, che donna violenta! ^^’’ Un baciotto a te

Milady: Eh eh, chi non muore si rivede!!!! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Un baciotto

 

Bene, di nuovo un grazie a tutti quelli che hanno anche solo letto, mi raccomando lasciatemi sempre due righe di parere che a me fa solo piacere leggere (Di tutto, anche le care vecchie critiche!!)

Un baciotto e a presto,

 

Ly

 

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Capitolo 5
*** Puoi Scommetterci! ***


5- Puoi scommetterci

5- Puoi scommetterci!

 

 

“Tutto bene, Ginny?”

Ginny rivolse alle compagne di camera un’occhiata glaciale, tutte e tre la stavano guardando in modo molto strano, a cominciare da Gladies che pareva avere di fronte una banshee. Gladies, con i suoi riccioli perfetti, il suo fisico perfetto, il suo accento londinese e la sua media impeccabile nutriva una profonda allergia per tutto ciò che era anche solo minimamente atipico. Non che fosse cattiveria la sua, Ginny lo sapeva bene da ormai sei anni, solo una sorta di inconsapevole spocchia che le dava tremendamente ai nervi. Di fianco a lei Doris, una pila di libri in una mano e una mela rossa nell’altra, la fissava come nel tentativo di leggere nella sua testa nonostante, di questo Ginny era certa, fosse ben lontano dal conoscere anche solo minimamente le tecniche della Legilimanzia. E in fine Abbie, lo sguardo crucciato e preoccupato, che le aveva appena rivolto la domanda.

“Tutto bene, Abigale. E Gladies, smettila di fissarmi.” Ordinò perentoria.

Gladies sbattè un paio di volte le palpebre, sconcertata. “Oh… certo, certo.” Rispose in fretta, farfugliando.

Ginny scosse la testa, esasperata.

Naturalmente, tutto il mondo non si aspetta che la piccola cara Ginny reagisca in questo modo, stai terrorizzando ogni povero studente, Gin…

Scrollò le spalle e sistemò un paio di libri dentro alla borsa a tracolla.

La febbre era sparita nel giro dell’intero giorno dopo, la mattina del lunedì Madama Chips l’aveva dimessa, appena in tempo per l’inizio della nuova settimana di lezione. Una vera fortuna! Si fa per dire…  La cosa assolutamente divertente della domenica precedente era stato il fatto che non aveva sentito nemmeno un sospiro di Draco Malfoy, che condivideva con lei la degenza, nascosto dietro il paravento che circondava il suo letto. Nemmeno un’imprecazione, un lamento, niente di niente. Avrebbe pensato che fosse stato rispedito nella sua Casa se non fosse stato per Madama Chips che di tanto in tanto veniva a dargli un’occhiata, somministragli bizzarri intrugli e cambiare qualche benda.

E così era tornata alla routine di ogni giorno, attraversando i corridoi di Hogwarts, traboccanti di studenti affamati che correvano verso i tavoli della colazione, si era ritrovata gli occhi di tutti incollati addosso. Non era mai stata tanto al centro dell’attenzione da quando era stata dimessa dall’infermeria, al secondo anno, dopo essere stata ‘salvata’ da Harry, all’interno della Camera dei Segreti.

Sguardi rapidi, occhiate sospettose, sussurri e pettegolezzi. Ginny non faceva altro che avvalorare la loro tesi riservando occhiate sprezzanti e gelide ad ognuno.

“Dicono che sia ammattita, la più piccola dei Weasley… avete visto che sguardo da pazza? E quello che ha fatto a Malfoy… vabbè che si tratta di lui, ma sembrava fuori di sé… sembra che Madama Chips abbia dovuto addormentarla con un incantesimo e legarla al letto tanto scalpitava quando ve l’hanno portata! Mamma mia!” era la diceria più gettonata.

Veramente assurdo… Infatti non dette il minimo peso alle loro parole. Decise che li avrebbe ignorati, come loro avevano sempre fatto con lei fino a solo due giorni prima.

Infilò una penna nell’astuccio di legno intagliato, e rovinato anche, quindi chiuse la propria borsa con il suo laccio e se la mise in spalla.

Si voltò tornando faccia a faccia con le compagne, che non si erano schiodate.

“Che c’è?” domando infastidita, senza preoccuparsi minimamente di celare la propria indisposizione.

Abigale deglutì, Gladies le diede un colpetto col gomito, come per spingerla a parlare “Bè, ti aspettiamo per la colazione…” rispose tesa.

Ginny provò l’irresistibile impulso di scoppiare a ridere. Storse ironicamente le labbra in un sorriso stonato “No, andate pure. Potrei infastidirmi della vostra presenza e lanciarvi un incantesimo…”

Tutte e tre strabuzzarono gli occhi sgattaiolando via di corsa. L’ultima ad uscire, Abbie, chiuse la porta alle sue spalle lanciando l’ennesima occhiata preoccupata a Ginny.

Rimase immersa nel silenzio tranquillo della stanza, dalla finestra giungevano ovattate le voci di alcuni studenti impegnati a ridere a suon di palle di neve, neve che era scesa incessantemente da quel sabato ad Hogsmeade e che solo da un paio d’ore concedeva la sua tregua.

Si sorprese, la finestra era, per la prima volta da anni, chiusa!!! Probabilmente le altre erano terrorizzate che, al suo risveglio, avesse potuto inscenare una piazzata e stordirle di incantesimi.

Cavolo, non si era resa conto di essere diventata così terrificante!

Scese in religioso silenzio le scale della Torre, entrò in Sala Comune evitando di prestare attenzione al centinaio di sguardi puntati addosso e si sedette in una zona libera del tavolo della propria casata. Poco lontano, Hermione, Ron e Harry avevano preso a lanciarle eloquenti occhiate preoccupate, sperando che si unisse a loro.

Per cosa? Per parlare? Per farmi dire che sono una pazza?

No, grazie…

Non ho bisogno di voi e del vostro falso aiuto.

Evitò di incrociare lo sguardo con loro, per dirla tutta evitò di farlo con chiunque e quella mattina si prestò ad iniziare il periodo più difficile che Ginevra Weasley avesse mai affrontato.

 

Ad alimentare le voci sul suo presunto stato di instabilità mentale fu soprattutto Draco Malfoy, le sue maldicenze superarono ogni limite nel giro di una decina di giorni.

Prese a diffondere la notizia, ovviamente falsa, che mentre era ricoverato in Infermeria, Madama Chips avesse prescritto obbligatoriamente a Ginny dei potenti sedativi, che da una perizia accurata era emerso che aveva quasi completamente perso il senno e che Albus Silente lasciava che proseguisse a frequentare Hogwarts per pura carità ai genitori e sotto promessa che Ginny avesse preso tutte le sue medicine per tenere almeno un po’ a freno la pazzia galoppante.

Tra sé pensò che essere messo al tappeto da una squilibrata mentale fosse decisamente meno umiliante che da una ragazzina sveglia e decisamente molto forte.

Così, lagnandosi del trattamento subito da quella ‘dissennata pazza isterica di una Weasley’, si aggirava per i corridoi compiangendosi.

Ne era consapevole, anche se cercava di ignorarlo, che la sua lingua biforcuta poteva arrivare molto più lontano del suo braccio e che non era cosa di cui essere esattamente fieri.

Ma non aveva altra scelta, al momento.

“Già, e cosa ho saputo, poi? Che la lasceranno terminare gli studi qui, ma solo perché costerebbe troppo ricoverarla al San Mungo… Sapete benissimo che i Weasley fanno la fame, no?” disse a Tiger a Goyle, ridacchiando. Un paio di pettegole ragazzine di Tassorosso avevano ascoltato con interesse la conversazione e Draco aveva ‘leggermente’ alzato il volume della voce per rendere loro più udibile il tutto, nella speranza che anche questa diceria andasse presto ad infangare la reputazione di quella dannata ragazzina.

“Maledetto stronzo…”

Si voltò in direzione di quell’insulto, Draco, ma non fece nemmeno in tempo ad accorgersi di chi glielo avesse rivolto che presto si trovò buttato a terra, schiacciato completamente dal corpo di un misterioso individuo che lo stava tenendo per la collottola.

“Ron! Ron, che fai? Mollalo!” questa era di sicuro la Granger, avrebbe riconosciuto quel tono petulante e saccente fra mille, quindi l’altro Weasley aveva sentito quello che aveva appena detto.

Cercò di scrollarselo di dosso scotendolo via e scalciando ma era, seppur molto magro, più alto e più forte di lui. E per di più pesantemente incazzato.

Impossibile contare sull’aiuto di Tiger e Goyle, Potter si era parato davanti a loro, bacchetta alla mano, minacciandoli. Davvero due cretini senza un minimo di utilità.

“La verità fa male, Lenticchia?” lo provocò con una risatina, riuscendo a levarselo da sopra la faccia. Per tutta risposta Ron gli sferrò un pugno allo zigomo “Ritira quello che hai detto, bastardo!”

Draco deglutì a fatica, vide le stelle (ed erano davvero tantissime) per quel colpo inferto su un altro colpo in via di guarigione, ma cercò di non darlo a vedere. Di certo non si sarebbe fatto mettere sotto ed umiliare da un altro Weasley. Pur avendo poca libertà di movimento riuscì a tirare una gomitata al suo avversario, rompendogli un labbro.

“No, siete solo dei ridicoli straccioni! E tua sorella è suonata!” rincarò con orgoglio, agitandosi sotto il peso del rosso.

Ron avvampò di rabbia e cercò di colpire ancora Draco, che però riuscì a bloccarlo appena in tempo. Per pura fortuna tra l’altro, non era un gran lottatore corpo a corpo. La sua sola arma era appunto la lingua tagliente.

“Ti faccio rimangiare le cattiverie che hai detto su mia sorella a suon di sberle! Sei tu che vai dicendo tutte queste stronzate, eh? Ti faccio vedere io cosa si paga a rovinare la reputazione della mia Gin!” e gli mollò una gran ginocchiata in un fianco.

Decisamente questi stramaledetti Weasley riuscivano sempre a riempirlo di botte e metterlo KO, aveva già provato i pugni di alcuni di loro, al quinto anno, e non era stata un’esperienza piacevole. Questo spilungone qui, poi, sembrava ancora più maledettamente forte. E per la seconda volta era riuscito inconsciamente a colpirgli una parte non ancora del tutto rimessa, la gamba destra.

“Oh, ma che bravo fratello. La tua sorellina picchiatella è così fuori di sé da non sapersi più difendere… un’altra bella notizia da divulgare. La Weasley ha bisogno delle guardie dal corpo perché non è più capace nemmeno di tirar fuori la lingua. La tratti proprio come una bambolina, eh, la sorellina?” rise malignamente riuscendo per la prima volta a scrollarsi di dosso Ron e a riprendere un attimo il fiato.

Il rosso, furente, fece per avventarglisi contro di nuovo, preparandosi a mollargli l’ennesimo cazzotto ma una voce lo interruppe.

“Io non ho bisogno delle guardie del corpo. Mollalo, Ron!” Ginny stava in piedi in mezzo al corridoio fissando la rissa. Le braccia incrociate al petto e lo sguardo furioso.

“Gin, hai sentito cos’ha detto?” domandò sconcertato il fratello, strattonando il biondino.

Draco sorrise decisamente divertito, celando abilmente la fitta di fifa che lo aveva colto alla comparsa della Weasley pericolosamente infuriata. Sarebbe stato umiliante se avesse fatto ricomparire uno di quei sudici animali dell’altra volta o lo avesse di nuovo battuto con un paio di semplici incantesimi.

“Mollami, Lenticchia!” e con uno scrollone si liberò della sua presa rimettendosi seduto e sistemandosi la divisa ora sgualcita sul collo.

“Ti ho detto che non ho bisogno di guardie del corpo. Non sono una bambina.” Insistette lei, dura e inflessibile, senza degnare Draco di uno sguardo e fissando gli occhi grigi in quelli più blu, ma tuttavia molto simili, del fratello.

“Ma ti ha insultato! Ho detto delle cattiverie su di te, sulla nostra famiglia!” si inferocì Ron, rimettendosi in piedi e indicando furente Malfoy, poco di fianco a lui.

Ginny tacque e Draco, che si stava ancora sistemando i vestiti scuotendo via il terriccio che vi si era attaccato, sentì il suo sguardo insistente su di lui. Alzò gli occhi e la vide fissarlo insistentemente, per attimo pensò che lo avrebbe di nuovo massacrato a suon di bacchetta, quindi portò acutamente la mano in tasca cercando la sua, pronto a non farsi cogliere impreparato. Ma la Weasley era rimasta immobile, non dava segno di voler prendere la bacchetta in mano, seguitava solo a fissarlo con una strana espressione, lo stava scrutando, ne era consapevole. Le fece un cenno col capo, inarcando un sopracciglio, come a chiederle che diavolo avesse da fissarlo in quel modo, cosa avesse intenzione di fare.

Ginny non fece una piega e senza battere ciglio si allontanò in religioso silenzio, a passo spedito, verso la propria aula. Tutti i presenti rimasero sorpresi della reazione della ragazza, Ron rimase a fissarla lungo il corridoio finchè non fu scomparsa voltando l’angolo. Nel silenzio solamente i suoi passi decisi e veloci risuonavano, il rumore delle ballerine scure a contatto con il pavimento in cotto, finchè anche quelli si spensero.

Il primo a riscuotersi fu Draco, che approfittando della distrazione di Ron si diede alla fuga mollando uno spintone per passare a questo e allontanandosi velocemente.

Tuttavia rimase sconcertato di quella reazione e di quello sguardo indagatore che sembrava dire tutto e nulla. Semplicemente incomprensibile.

 

Quando svoltò l’angolo, Ginny iniziò a correre finchè non raggiunse un piccolo squarcio di cortile. Si buttò su una panchina in marmo, completamente sdraiata e incurante della neve che vi stava adagiata sopra e che ora iniziava ad impregnarle il mantello.

Lasciò che il proprio sguardo indugiasse nel cielo di metà mattina e corresse liberamente dietro ad un nuvolone che in quel preciso istante attraversava la sua visuale.  Rimase così per diverso tempo, incurante dei vestiti che andavano bagnandosi e della sua lezione di Incantesimi che si stava tenendo in quel momento.

Che rabbia le era salita vedendo suo fratello comportarsi in quel modo, difendendola come se fosse una bambola di cristallo! Possibile che nessuno capisse?

O ancora peggio, possibile che tra tutti quello che aveva detto le cose più sagge, che più si avvicinavano ai suoi pensieri, fosse proprio quel maledetto Malfoy?

Ron la trattava come una bambolina eppure lei non aveva bisogno di guardie del corpo, né di essere difesa. Né lei né la sua reputazione.

Ron non ci era arrivato, come nessuno dei suoi fratelli che per lei avevano sempre assunto quel tipo di atteggiamento, ma lo aveva capito quel disgraziato di Malfoy.

La cosa le fece ancora più rabbia. A parte quello scemo, nessuno! Nessuno sarebbe mai riuscito a capire come Ginevra Weasley avrebbe voluto che andassero le cose. Sentì il cuore battere più forte e lacrime di rabbia e frustrazione premere dietro le palpebre ora abbassate. Le ricacciò deglutendo ripetutamente.

Si sentiva di nuovo così scoraggiata, così insoddisfatta.

Rimase senza pensieri a fissare il cielo ancora diverso tempo poi iniziò a sentire davvero troppo freddo e rapidamente tornò al proprio dormitorio per cambiarsi.

 

Ma nulla cambiò.

Per tutti era diventata la squinternata di turno e il fatto che solo Luna Lovegood la salutasse ancora con entusiasmo, se poi quel suo saluto a trecentosessanta gradi accompagnato dall’aria sognante poteva dirsi tale, non facilitava le cose. Ma certo questo non le faceva né caldo né freddo, aveva deciso che non le sarebbe più importato cosa gli altri avessero pensato di lei, cosa avessero detto. Lasciò che fosse bollata come squinternata della scuola, sempre pronta a saltar lezioni, quando non se la sentiva, a ignorare saluti forzati, a essere diretta a costo di risultare sfacciata. Questa Ginny divenne l’abitudine.

E presto in molti, moltissimi, presero ad evitarla costantemente. Gli unici strascichi di conversazione forzata, giusto uno scambio di battute di necessità, li aveva solo con Ron, sempre per litigare tra l’altro, e qualche volta con le compagne di stanza o gli inseparabili altri due pilastri del trio.

Naturalmente escludendo Luna che ogni tanto la affiancava commentando articoli bizzarri pubblicati dal padre sul Cavillo, o uscendosene con frasi apparentemente senza senso.

Forse fu l’unica compagnia che Ginny non disprezzò. Luna almeno non si aspettava nulla da lei, in positivo o in negativo che fosse, poteva persino stare seduta accanto a lei senza proferire parola che non sarebbe stata esortata a nessuna conversazione forzata per spezzare l’imbarazzo, che imbarazzo poi non veniva mai a crearsene.

Tuttavia si riscoprì sola.

Si sentiva così da tanto, ma mai così irrimediabilmente sola con sé stessa. E così triste.

Ginevra Weasley non era mai stata tanto triste in vita sua.

Forse perché prima perdeva troppo tempo ad essere arrabbiata con sé stessa, dentro di sé, e con quanti non la capivano. Ma ora, ora che la rabbia l’aveva lasciata sfogare, era solo un gran vuoto che sentiva e una tristezza disarmante.

Quel pomeriggio di fine febbraio, un freddissimo febbraio ancora ricoperto di neve, se ne stava da sola accoccolata tra le radici di una grossa quercia che sprofondavano nel vasto lago ora ghiacciato. La maggior parte degli studenti in quel momento stava probabilmente scemando per le vie festose di Hogsmeade dentro e fuori da un negozio, ridendo e divertendosi. Ma lei non ricordava il tempo che era passato dall’ultima volta che si era divertita per davvero, che aveva genuinamente riso a suo agio con sé stessa. Sorrise malinconicamente all’idea che si doveva però escludere quell’episodio delle lucertole in infermeria. Allora Malfoy l’aveva fatta davvero divertire, a suo discapito naturalmente, il che aveva resto il tutto ancora più gustoso.

Ma erano passati dei mesi ormai, mesi che le erano sembrati lunghissimi. Non aveva quasi più nemmeno incrociato quel maledetto Malfoy lungo i corridoi, nemmeno per potersi gustare la sua faccia che, lo aveva notato, si crucciava appena di un leggero timore quando la vedeva, soprattutto quando sembrava arrabbiata.

E così se ne stava lì per conto suo, avvolta nel mantello pesante, nella sciarpa che si prodigava in numerosi giri attorno al collo. Teneva il mento appoggiato alle ginocchia, che a loro volta teneva strette presso di sé tra le braccia. Lo sguardo indugiava sul lago deserto. Diversi inverni aveva pattinato su quella lastra di cristallo, da sola o in compagnia. E con il vento tra i capelli era stata bene, correndo forte senza nessuno accanto, sfrecciando sul ghiaccio, si era sentita a suo agio per un po’. Pensò che magari avrebbe potuto farlo anche ora, che magari sarebbe stata bene come le altre volte, ma no. Non lo fece. E non per qualche motivo particolare, semplicemente le sue gambe non risposero al suo desiderio di alzarsi e salire in camera per prendere i pattini. I vecchi pattini che una volta erano stati di Bill. Quando era ancora molto piccolo, naturalmente, e nonostante ciò stavano ancora piuttosto larghi ai suoi piedi femminili.

Pensò ai proprio fratelli, a tutti quanti. E ai suoi genitori. Sua madre era così arrabbiata con lei, così disperata per la Ginny che era ‘diventata’. Provò una fitta al cuore, un leggero senso di colpa per il menefreghismo che stava mostrando. Ma poi decise che non le importava, che tutti se lo erano meritati, perché non avevano mai capito assolutamente nulla di lei.

Ripensò alla sfuriata che le aveva fatto quando era stata riportata a forza a casa, sotto Natale. Era arrabbiatissima per quel suo comportamento indifferente che aveva assunto, era delusa per i voti bassi che stava prendendo ultimamente a scuola. Era triste perché la sua bambina si comportava in quel modo. Ma Molly non lo aveva capito che Ginny non era più la sua bambina, che era quasi una donna, ormai. Che nonostante da una parte avvertisse una forte repulsione per la crescita, perché avrebbe dovuto assumere per forza una posizione nella società, dall’altro non vedeva l’ora di essere finalmente trattata da adulta responsabile, non come l’eterna piccina di casa Weasley. 

E si sentì irrimediabilmente triste…

Non si curò delle voci chiassose dei primi studenti che rientravano e correvano a rotta di collo verso il lago per l’ultima pattinata prima di rientrare per la cena. Sprofondò dentro sé stessa e per la prima volta da tanto, tantissimo tempo, pianse. Singhiozzò con il volto sprofondato tra le pieghe del mantello scuro, nascosta in mezzo alle ginocchia.

Non le cacciò come avrebbe fatto altrimenti, lasciò che le lacrime sfogassero tutto il suo vuoto.

Forse, si disse, aveva solo una gran voglia e un gran bisogno di piangere.

Lasciò che il suo corpo sussultasse in preda ai singhiozzi, si soffiò ripetutamente il naso colante nel fazzoletto e pianse, pianse a lungo senza un motivo apparente.

Era buio quando si asciugò gli occhi arrossati e prese a camminare velocemente verso il castello, spazzando via accumuli di neve sollevata dal vento e posata sulle spalle. Nonostante la tristezza il languorino allo stomaco si stava facendo sentire insistentemente, peccato perché una saltuaria mancanza d’appetito le avrebbe fatto comodo per rimodellare almeno in parte il suo corpo, soprattutto in certi punti.

Percorse lentamente i corridoi quasi deserti, in direzione della Torre di Grifondoro, tutti dovevano essere già a tavola, doveva sbrigarsi o ci sarebbe rimasto ben poco, tanto più che ormai nessuno le conservava più il pasto. Salì rapida le scale ma queste cambiarono all’improvviso, portandola nella direzione opposta.

Sbuffò contrariata, aveva imparato ad odiare quelle dannate scale, quanto più era in ritardo, tanto più quelle la dirigevano lontano dalla sua meta. 

Dovette attraversare mezza scuola perdendo diverso tempo e quando arrivò trovò la Sala Grande ormai praticamente deserta, i tavoli sgombri.

Sospirando si lasciò sedere alla base di uno dei tanti camini spenti.

Quante cose le andavano male, accidenti!

E si sentì nuovamente triste. Triste e sfortunata.

Commiserando sé stessa fece per tornare alla propria stanza, si sarebbe infilata sotto le coperte più velocemente possibile evitando ogni altra cosa. Per il cibo, poi, si sarebbe rifatta l’indomani a colazione.

Con ancora gli occhi lucidi per quella goccia che aveva fatto nuovamente traboccare il vaso si allontanò dalla Sala.

Una voce pungente la riscosse dai suoi pensieri “Andiamo, sarai abituata a saltare pasti a casa tua Weasley!”

Alzò lo sguardo dal pavimento e incontrò innanzi a sé, quello di Malfoy. Istintivamente posò una mano sull’impugnatura della bacchetta, che spuntava dalla tasca.

Vide gli occhi chiarissimi del ragazzo correre da lei alla sua arma, quindi nuovamente a lei.

“E tu sei abituato a essere battuto da me, ormai, ci hai preso gusto per caso?” domandò stringendo forte la bacchetta e sfoderandola, fissandolo con astio.

Malfoy rise acidamente ma non rispose, rimase solo a fissarla con quella sua espressione snob, senza muovere un muscolo.

Ginny lasciò cadere il braccio armato che tendeva verso di lui.

“Triste, vero?” domandò lui ad un certo punto, serio.

Poi non attese risposta e se ne andò a grandi passi per la sua strada.

Ginny abbassò lo sguardo, fissando un punto imprecisato del pavimento poco avanti le sue scarpe.

Già, era dannatamente triste che lei lo fosse e che solo lui se ne fosse accorto.

Quel ragazzo riusciva ad irritarla in ogni modo, prendendola in giro, offendendola, attaccandola, umiliandola, persino capendola. E questo le dava dannatamente sui nervi.

Senza fiatare si ritirò nella sua stanza, tirando come di consueto le tende del letto e sprofondando presto in un sonno senza sogni.

 

Draco Malfoy non riuscì a capacitarsi di quello che gli stava succedendo, nei giorni successivi si riscoprì sempre più bisognoso di punzecchiare, offendere, insultare la Weasley. Persino di guardarla.

Non che le piacesse, no! Buon Dio, lui era un Malfoy! Lei era una schifosa Weasley! Una Weasley rossa, lentigginosa, bassa, quasi piatta e dai fianchi persino troppo generosi, per di più.

Non era attrazione la sua, di questo era ben sicuro, eppure ne aveva bisogno.

E ne fu disgustato, però non riuscì ad impedirselo.

Si scandalizzò di sé stesso, di come si era ridotto, quando si scoprì a desiderare di volere i suoi occhi pungenti puntati addosso, ad ogni costo.

E cercò di dissuadersi, ma fu inutile.

E allora si disse che probabilmente dipendeva dal fatto che quella maledetta ragazzina era l’unica cosa divertente che ci fosse in giro in quel periodo dove tutto era diventato pesante e noioso ad Hogwarts. Forse era perché, più o meno celatamente, aveva osato sfidarlo quella volta ad Hogsmeade, e anche la volta dopo in infermeria, quando aveva parlato senza timore di suo padre e di lui stesso. Forse questo c’era di interessante in lei, ecco!

Era, da un certo punto di vista, stimolante litigare con lei.

Un bel gioco, sì! Almeno lei non acconsentiva incondizionatamente a tutto quello che diceva come quelle due capre di Tiger e Goyle, o come quell’altra fastidiosissima Pansy. Lei ribatteva, attaccava, non si tratteneva e non si preoccupava, ed era assolutamente divertente. Bè, tranne quando lo metteva al tappeto, soprattutto se c’era qualcuno in giro, perché allora tutto si faceva dannatamente umiliante e credeva di odiarla più di ogni altra cosa. Ma poi, chissà perché, si dimenticava di quel rancore ed ogni volta che la incrociava quella voglia di beccarsi a vicenda tornava a farsi sentire.

Quel pomeriggio di marzo la seguì che si avviava solitaria nei corridoi semibui del terzo piano, verso chissà quale meta, poi su per le scale, fino in alto. Stava progettando un modo per comparirle davanti all’improvviso e una cattiveria nuova da rivolgerle. Però un ostacolo si frappose tra lui e il suo intento.

Lei era appena entrata nella Guferia, lui odiava quel postaccio!

In sette anni di scuola mai ci si era recato e mai si era servito dei piccioni spelacchiati della scuola, lui aveva il suo bellissimo e fiero barbagianni personale assieme ad un trespolo privato piazzato fuori dalla finestra proprio per quello. Mai avrebbe messo piede in quel postaccio che odorava di escrementi come un volgare pollaio e pullulava di pennuti orrendi e chiassosi.

Optò quindi per un’attesa all’esterno. Prese a camminare avanti e indietro per il corridoio, aspettando che si sbrigasse a spedire qualunque maledetta lettera avesse tra le mani e uscisse alla svelta. Poteva già sentire l’odore nauseabondo che infestava il corridoio in prossimità e iniziava a salirgli la nausea.

Eppure i minuti passavano e non un gufo o una civetta aveva preso il volo partendo dalla postazione di lancio della stanza. Che cavolo ci stava a fare allora in quel posto orrendo? Era un quarto d’ora di orologio che era là dentro. Iniziò ad innervosirsi e parecchio.

Si stava facendo una chiacchierata con un piccone per caso?

La curiosità vinse sulla sua sofisticatezza e la sua repulsione per quel luogo.

Si avvicinò con passo felpato alla porta. Provò ribrezzo e portò meccanicamente una mano a coprire il naso quando aprì uno spiraglio di porta e sbirciò dentro. Niente, quella era scomparsa!

Mosse, seppure con repulsione, il suo primo passo all’interno di quella cagnara, le assi sotto i suoi piedi scricchiolarono sonoramente e diversi uccelli si mossero, presero a pigolare, quindi volarono via disturbati. In mezzo a tutto quello schiamazzo Draco riuscì a scorgere Ginny Weasley. Se ne stava seduta sul bordo di una finestra arrampicata sopra un soppalco. Attirata da tutto quello svolazzare abbandonò la contemplazione del panorama e diede un’occhiata all’interno della Guferia.

Draco rimase immobile sull’ingresso, una mano in tasca e l’altra ancora schiacciata sul naso che ormai portava solo il ricordo dell’isteria di Ginny, quel pomeriggio ad Hogsmeade: conservava infatti una piccola cicatrice sotto l’occhio sinistro. Per il resto era tornato dritto e all’insù con la solita aria snob che aveva sempre avuto.

Beccato! Merda, non penserà mica che l’ho seguita!…

Le rivolse un solo cenno col capo quindi prese a guardarsi attorno distrattamente, avanzando a stenti nella stanza tra i diversi volatili “Io…cercavo il mio barbagianni. Sai cos’è un barbagianni Weasley, o i tuoi non ne hanno mia visto neanche uno, dal momento che costano un occhio della testa?” la provocò, in preda ad un ormai consueto desiderio.

Lei fece spallucce “Non rompere, Malfoy…” rispose piatta, tornando a guardare fuori dalla finestra e gelando le provocazioni del ragazzo.

Malfoy storse il naso, scontento. Di certo non si aspettava di essere liquidato in quattro e quattr’otto, o peggio… ignorato!

Sbuffò contrariato e si arrampicò sul soppalco sempre controllando ogni rapace, portando avanti  la sceneggiata per cui stava cercando il suo barbagianni.

“Non-rompere-Malfoy? Siamo nervosetti oggi? Oh, scusa è vero! Lo siamo da parecchio ormai…”

rincarò, avvicinandosi a lei, entrambi le mani in tasca e il solito ghigno strafottente sulla faccia.

Sentì la rabbia salire quando lei non fece nemmeno una piega, ignorò completamente la sua presenza e le sue parole, come se fosse sola in quel luogo.  Strinse i pugni, dentro le tasche dei pantaloni, in preda al nervoso.

“Bè, cos’è? Ci sentiamo soli e tristi e quindi ignoriamo le provocazioni della gente? Andiamo, credevo sapessi essere molto più divertente di così, Weasley!” e rise sarcastico delle sue parole.

Bingo!

Ginny prese fiato diverse volte, con sua somma gioia stava per avere almeno una qualche reazione. Ma quella che vide lo spiazzò completamente giungendo del tutto inaspettata.

La rossa si voltò di scatto, tirando su col naso e strofinandosi gli occhi con il polso della maglia, stava piangendo…

“Ti prego, lasciami in pace!” gli gridò contro.

E Draco rimase a bocca aperta, incapace di rispondere. Si sentì per la prima volta, forse, seriamente in imbarazzo. Spiazzato completamente. Non era umiliazione, non era sconcerto. Era quasi… quasi dispiacere sì, era non avere più una singola parola in bocca. Distolse lo sguardo da quel volto triste e da quegli occhi arrossati.

Guardano altrove diede un calcetto ad un biscotto per gufi a terra e buttò lì la prima frase per smorzare quel silenzio che avvertiva pesante “Il tuo cavaliere Potter ti ha mollato, Weasley?”

Lesto uno schiaffo gli girò il volto da una parte all’altra. Draco sbattè gli occhi un paio di volte fissando la ragazza infuriata e piangente avanti a sé stagliarsi furiosa contro il cielo blu racchiuso nella finestra alle sue spalle. Forse aveva reagito un po’ troppo per i suoi gusti. Sembrava lì per buttare fuori la sfuriata del secolo, e di fatti non si sbagliò.

Nemmeno un attimo dopo un fiume di parole lo investì.

“Stai zitto, Malfoy! Che cosa puoi capire, tu? Tu che stai sempre a prendere in giro, a ferire la gente solo per il gusto di farlo. Solo perché non sei in grado di fare altro. Tu che vai pavoneggiandoti per i corridoi dando addosso a tutto e tutti. Tu, spocchioso, viziato, insopportabile ragazzino superficiale! Non sai niente! Sei solo capace di farti servire e di nasconderti dietro il nome che porti. Ma sei una nullità, non hai sostanza! E non capisci e non capirai mai nulla! Parli di Potter, eh? Giusto, perché Ginny Weasley da sempre pende dalle sue labbra, no? Perché così dovrebbe essere. No, no! Non è così. Ne è passata di acqua sotto i ponti, le persone cambiano, ma le aspettative nei loro confronti no, eh? E allora tutti continuano ad aspettarsi cose da te. La gente pretende che tu resti fede all’immagine che hanno di te, senza preoccuparsi di chiederti se questa ti va stretta o no, senza preoccuparsi di quello che vuoi o non vuoi. Siete un branco di stronzi egoisti e ipocriti. E tu, tu che non fai che sparare cattiverie a raffica, sei il più superficiale, vuoto e insensibile di tutti. Mi dai la nausea, Malfoy!” gridò fuori di sé, stringendo i pungi.

Draco deglutì a vuoto, rimanendo senza parole a fissarla “Non sono l’unico che pensa per preconcetti e vive di apparenze, allora…” rispose a voce bassa, senza distogliere lo sguardo.

Il silenzio calò attorno a loro, un silenzio compensato dallo spessore degli sguardi fermi che si stavano scambiando. Anche i vari gufi e civette parvero tacere, storditi dalle parole di Ginny.

Rimasero a fissarsi a lungo, senza mai distogliere un attimo lo sguardo.

Draco la osservò asciugarsi gli occhi e le guance con il dorso della mano e scostarsi la frangia troppo lunga dalla faccia. Aveva smesso di piangere e seppure pareva in subbuglio e scossa stava lentamente riacquistando il fiato. Si sentì inspiegabilmente più sollevato e si sorprese di non aver minimamente pensato di portare mano alla bacchetta per rispondere ad un suo ipotetico attacco, che comunque non era arrivato.

La vide stringere i pugni e torturarsi le dita. Doveva stare veramente uno schifo, questo glielo riconobbe. Forse, ma solo forse, pensò per la prima volta di aver esagerato.

Levò una mano dalle tasche per passarsela tra i capelli biondi perfettamente pettinati. E poi non seppe neanche lui quello che fece finchè non si ritrovò con le labbra incollate sulle sue.

Porco cavolo, stava baciando la Weasley!!!

E cosa ancora peggiore, non aveva la minima intenzione di fermarsi. Schiacciandola contro il parapetto della finestra annullò ogni minima distanza e prese maggior confidenza con quel bacio afferrandole la nuca con una mano e tenendola stretta.

La baciò ed aveva un gusto maledettamente buono, vicino a lei non sentiva più nemmeno il puzzo rancido di quel postaccio.

Stava baciando Ginevra Weasley. E lei stava baciando lui! O comunque si stava lasciando baciare senza prenderlo a scarpate o gettarlo dalla finestra alle sue spalle.

Quando questa consapevolezza salì alla coscienza di entrambi il bacio si spezzò all’istante.

Draco si passò una mano sulle labbra per ripulirsele e si guardò attorno sospettoso, nemmeno lui sapeva perché. Poi rivolse uno sguardo sconcertato alla ragazza che pareva ancora più scossa e frastornata di lui.

“Merda…” mormorarono nel medesimo istante.

Draco arretrò di qualche passo, quasi terrorizzato di quanto successo, come se improvvisamente quella ragazza e il contatto con lei scottasse.

“Prima ed ultima volta! E non una parola su questo, Weasley!” ordinò perentorio.

Lei scosse il capo, come inorridita “Puoi contarci, Malfoy!”

E quella fu la loro ultima conversazione.

 

 

 

Continua…

 

 

 

Oh oh, brava Ly! Bravissima! Hai già finito un altro capitolo, vai così! A discapito dello studio pre-esame che dovrebbe affliggermi in questo periodo. Bè, ultimamente ho il rigetto universitario, pace e amen!

Allora, che ve ne pare di questo capitolo? Dulcis in fundo… the kissss! Anche se non adagiatevi sugli allori, siamo proprio ancora fuori strada per questi due.

Come al solito vi esorto a lasciarmi una bella recensioncina per dirmi che ne pensate. Io sono felicissima se lo fate, suuu! Non siate timidi!

Soprattutto mi interessa sapere se questo Draco risulta troppo melenso o patetico. Insomma, qui volevo arrivare ma non volevo che sembrasse una cosa non da Draco, non voglio proprio finire OOC!! Quindi, fatemi sapere. ^^

Ah, sono contenta che nel capitolo scorso abbiate apprezzato Malfoy e la sua avventura con le lucertole…

E inoltre perdonatemi alcuni errori in questi chaps ma la mia beta-Ran è impegnata con gli esami, appena mi corregge tutto io riposto e intanto pubblico questo perché li devo a qualcuno… Sorry Ran se non aspetto la tua supervisione, vedrò di rifarmi dopo… ^^

Ora, ringrazio come sempre tutti i miei cari commentatori, MaryAngel come al solito, grazie grazie cara!! E tutti quelli dell’EFP, grazie a:

Vale: Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, che ne dici?

Buffy: ciccia, allora ti rispondo alla mail al più presto possibile… e perdonami!!!!

Cloe: Graaazie!! ^^ Troppo buona… si ammazzano anche qui, ma alla fine.. uh uh!

Angèle: Ho aggiornato presto, visto? Sì, Draco e le lucertole erano uno spasso! Io mi son divertita una cifra a scriverlo…

Kiara: Uh, ma sei la *mia* Kiara o un’altra Kiara? No, perché se sei la mia Kia ciccia potevi mica dirmelo due ore fa al telefono che avevi letto ficcy? Se non sei la mia Kia… ignora questo passaggio! Cmq, grazie mille!! Eh, Draco è odioso, niente da dire! Baciotti.

Angi&Gius: Caaare!! Quanto tempo che non vi leggo… mi siete mancate! Io vi rispondo assieme perché per me siete più che gemelle, siete siamesi! ^^ Grazie di aver letto e commentato anche questo… E grazie di tutti i complimenti. Un bacio tesssore!

Dark Crystal: Oh, Malfoy se li merita eccome un po’ di cazziatoni!! E questi non saranno né i primi né gli ultimi. Personalmente lo trovo spesso molto infantile, forse ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a crescere… Gin? Ci dai una mano? ^^ Grazie mille, eh!

Anonimo: Su su, firmati la prossima volta, non posso lasciarti senza nome! Grazie però di aver commentato, non ho fatto aspettare molto, visto?

Ale: ciao cara! Per le lucertole, pensavo a qualcosa di divertente che però fosse anche un po’ fobico. Dici che ci stava bene? Grazie delle rece e un bacione. Che ne dici del nuovo chap?

Ok, Finite! Grazie come sempre a chiunque legga questa storia.

Un bacio e a presto,

 

Ly

 

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Capitolo 6
*** Nel Mondo ***


6- Nel Mondo

6- Nel Mondo

 

 

 

“Nella posizione in cui ti trovi, dubito che tu possa esserci utile. Tu o le tue continue e per nulla costruttive contestazioni sul nostro approccio, tesoro. Te lo avevo detto più di una volta, mi pare. Forse hai bisogno di una vacanza piuttosto lunga, gioia. Diciamo pure che potrai anche considerare la libertà di cercarti un altro lavoro… Che ne dici? Per il tuo bene…”

Sbattè gli occhi un paio di volte seppure quella comunicazione, velata di visibilmente falsa comprensione, non giungesse per nulla inaspettata. Inspirò profondamente quindi sfoderò un gran sorriso. “Con gran piacere, cara!” rispose sottolineando malignamente quel fastidioso epiteto che, parte di un vasto e simile corollario, gli era stato ripetutamente rivolto per tutto il percorso di lavoro svolto fino a quel momento. Ringraziò iddio di non doverlo sentire, con un po’ di fortuna, mai più. Arcuò le sopracciglia riservandole un’occhiataccia gelida e di disappunto quindi girò sui tacchi e camminando rapidamente si allontanò da quel posto che, se all’inizio aveva trovato entusiasmante, ora soffocava.

Ispirò profondamente l’aria gelida della via babbana di Londra. Uscì dal piccolissimo vicolo che fungeva da passaggio per il personale, O ex personale…, e si guardò attorno. Poca gente transitava per quei viali cadenti e principalmente adibiti all’attività industriale, quei pochi, poi, correvano davvero di fretta senza prestare attenzione a nulla che non fosse il tempo scandito dal proprio orologio o il passaggio delle macchine al momento di attraversare la strada. Il San Mungo sorgeva proprio in una posizione ideale, fuori dagli sguardi curiosi dei babbani eppure sotto il loro naso.

Ginevra pensò che per quelle persone frettolose imparare a smaterializzarsi sarebbe stato davvero utile. Lei ne era certamente in grado ma da sempre preferiva fare quattro passi per tornare dal lavoro, soprattutto quando la Londra babbana era ricoperta di neve, come in quel periodo. Perdeva tutto il suo grigiore invernale e sembrava quasi bella. Persino quella squallida via popolata di casermoni e vetri rotti di magazzini che furono.

Si accomodò meglio la berretta di lana, in modo da proteggersi più adeguatamente le orecchie contro il freddo pungente, e strofinò tra loro le mani guantate prima di infilarle in tasca e avviarsi.

La sua attenzione, per la strada, venne catturata da un vecchio uomo calvo e infreddolito che chiedeva la carità invocando il nome di Dio. Aveva le gote rosse per il freddo e il volto magro per la fame. Frugò nella tasca e ne trasse una moneta da due falci… difficile pensare che l’avrebbe accettata. Infilò allora una mano nella borsa alla ricerca del portamonete in cui teneva sempre, come scorta durante le sue passeggiatine in terra babbana, qualche moneta inglese. Quando l’uomo le si avvicinò lasciò scivolare nella sua mano tre sterline, senza nemmeno sapere quanto gli stesse lasciando. L’uomo le sorrise, si inchinò e la benedisse più volte.

“Grazie, grazie bella signorina! Dio la benedica, la sua sarà senza dubbio un’esistenza felice e con Dio al suo fianco.”

Ginny fece un sorriso stentato all’uomo che si allontanava facendo tintinnare le monete nelle proprie vecchie mani callose. Storse il naso, di certo la sua non era esattamente una vita fortunata. Proprio mezz’ora prima aveva anche perso il lavoro.

Si ritrovò presto a pensare come sarebbe stato non avere un lavoro, con un affitto da pagare ogni mese, il cibo da comprare, le spese di ogni giorno… Avrebbe dovuto muoversi a trovare dell’altro ma era consapevole di quanto non fosse facile.

E poi aveva fatto così tanti sacrifici per avere quel posto in Ospedale! Per un intiero anno era andata avanti quasi senza dormire la notte per poter seguire i corsi magici da infermiera il giorno e lavorare come cameriera la sera. Tutto per potersi permettere gli studi supplementari e soprattutto… un tetto sopra la testa.

E alla fine ce l’aveva fatta! Dal Natale scorso era ufficialmente entrata al San Mungo, reparto Lesioni da Incantesimo,  divisione Esplosione di Magia Accidentale, sezione Pediatrica. Davvero un’infinità di termini per dire che si occupava di quei bambini che, per svariati motivi, davano origine a manifestazioni di magia incontrollata e prolungata. E le piaceva davvero, tutto quello.

Naturalmente prima di entrare in rotta di collisione con la coordinatrice medimagica: Harrietta Stone. Per l’appunto quella che le aveva appena concesso una vacanza prolungata. Anzi, senza scadenza.

Ora era di nuovo punto e a capo.

Cercò di non pensarci ma l’immagine di lei, vestita di stracci e vagabonda alla ricerca di qualche moneta per vivere le invase prepotentemente il cervello.

Seppure non fosse così tardi era già buio quando raggiunse Dragon Lane. Si trattava di un vialetto secondario nemmeno troppo lontano dalla principale Diagon Alley e ugualmente esclusivamente popolato di maghi e streghe. Le facciate delle case apparivano rovinate, vecchie e consunte, e non godevano di un quarto di quelli che erano lo sfarzo e il vitalismo del quartiere principale, ma qui Ginevra aveva trovato una soluzione comoda e tranquilla, non troppo lontana dal San Mungo e non troppo fuori mano rispetto al quartiere principale. E soprattutto una soluzione economica.

 

Varcò il portone in legno del numero 3 e salì le scale fino al quinto piano. Infilò la chiave nella toppa dell’interno 9 e le diede un colpo di bacchetta lasciando che la porta si aprisse e le ripresentasse l’ormai famigliare odore di casa sua e l’immagine dell’ingresso.

Si sfilò il mantello, lo appese ad un non troppo elaborato appendiabiti accanto alla porta, assieme alla sciarpa e alla berretta, e si richiuse l’uscio alle spalle. Con un movimento rapido e ormai naturale accese il fuoco nel camino che prese a scoppiettare allegramente illuminando tutta la stanza. La piccola stanza del modesto appartamento.

Bè, modesto era un sottile eufemismo dal momento che, lei ne era ben consapevole, era davvero minuscolo. Un soggiorno che riuniva in sé l’essenziale di una cucina e di un salotto, un microscopico sgabuzzino, un bagno semplice e una camera da letto piccola ma tutta per sé.  Ginny amava definire la sua casa ‘intima’. E così era… Si era data da fare per renderla il più accogliente possibile, e ci era riuscita in pieno, e nonostante le dimensioni ridotte trovava che quello spazio per la prima volta tutto per sé fosse largamente sufficiente.

Probabilmente si sarebbe sentita sola in una grande casa. Senza contare che si sarebbe anche sentita affamata dal momento che avrebbe dovuto spendere un intiero stipendio solo per pagarne l’affitto.

Si abbassò per dare una grattatina di saluto a Trixy, il suo micione giallo ambra, che si stiracchiò appena sul pavimento prima di mettersi a girovagare pigramente sotto al tavolo e infine accoccolarsi sulle mattonelle accanto al fuoco. Aveva imparato ad amare i gatti quando Hermione aveva preso con sé Grattastinchi, e ora lei aveva preso con sé Trixy. Anzi, era stata Trixy ad accoglierla, dal momento che risiedeva in quella vecchia mansarda da prima dell’arrivo di Ginny, senza compagni e senza padroni. E doveva dire che era la compagna di casa ideale, Trixy sapeva starsene in silenzio, non chiedeva spiegazioni, mangiava quando aveva fame e dormiva quando aveva sonno, non esigeva continue coccole né continue attenzioni, più di ogni altra cosa era in grado di acciambellarsi accanto a lei, sul morbido divano, e di rimanere lì per ore a ronfare se Ginny non voleva giocare o altrimenti a strusciarsi contro le sue gambe e coccolarla se la vedeva particolarmente giù di morale. Molto di più di un semplice gatto, molto meglio di tante persone.

Riempì la ciotola della miciona con degli avanzi di pasticcio di carne che il giorno prima l’aveva vista gradire particolarmente quindi si fiondò dritta in bagno per una bella doccia calda.

L’acqua che scrosciava bollente sulla pelle nuda e pallida, colorita solo di un numero accettabile di lentiggini, riusciva sempre a rilassarla almeno quanto una sana dormita, che si sarebbe concessa senza problemi di levatacce poco più tardi.

Rimase a strofinarsi a lungo, a massaggiarsi la pelle e i capelli, a coccolarsi e a prendersi cura di sé senza preoccuparsi di fare alla svelta per dover fare, dover sistemare, dover mangiare, dover essere puntuale. Tra le gioie che aveva scoperto connesse alla vita da sola la più grande era proprio la conquista dei propri ritmi.

Girovagò per casa avvolta nel morbido accappatoio sistemando un paio di cose, si infilò una camiciona da notte in pile e cenò in tutta tranquillità con una vaschetta di gelato, buttata sul divano e seppellita sotto una grossa coperta di lana lasciandosi incantare dalle mille storie di Pippi Calzelunghe.

Si addormentò con ancora i capelli umidi, sdraiata sul divano comodo, con Trixy appollaiata sui suoi piedi e il fuoco nel camino che andava lentamente spegnendosi. Tranquilla, rilassata e tremendamente stanca. Per quella sera decise di non pensare al fatto che non aveva più un lavoro. Quello sarebbe stato un problema riservato esclusivamente al giorno dopo.

E dormì. Dormì profondamente e a lungo fino a pomeriggio inoltrato. Si stupì di trovare il sole già basso dietro i tetti aprendo gli occhi dopo quel lungo riposo.

Si stiracchiò e si massaggiò il collo che le doleva tremendamente, si maledisse per essersi addormentata con i capelli ancora bagnati, e lentamente si rimise in piedi.

Aprì brevemente le finestre per far cambiare l’aria viziata e riaccese il fuoco nel camino, ormai spento. Si preparò una tazzona abbondante di tè caldo e rise al ricordo di tutte le tazze di tè che aveva tenuto in mano quando era ancora una studentessa  ad Hogwarts, nella Torre Nord dove era l’aula di divinazione con la professoressa Cooman. Sarebbe stata felice in quel momento, la vecchia insegnante, di prevederle un nero periodo di disoccupazione e difficoltà vista la sua personale e spiccata inclinazione alle disgrazie e alle catastrofi personali.  Accantonò le rovinose previsioni e si preparò rapidamente per uscire.

Era un dato di fatto non ignorabile la sua recente perdita del posto di lavoro. Così come non era ignorabile l’affitto che sarebbe arrivato di lì a pochi giorni e la camera blindata alla Gringot che però conteneva praticamente solo aria ad eccezione di qualche sacchettino di Galeoni.

Si sarebbe lanciata in giro per Diagon Alley, per Hogsmeade, per qualsiasi luogo alla ricerca di un nuovo lavoro.

La nottata di riposo l’aveva ricaricata: dopo tutto era una ventenne piena di energie e voglia di lavorare, molto sveglia e diligente, un lavoro lo avrebbe trovato di sicuro.

Infilò i piedi nei comodi e caldi stivali invernali, si avvolse nel mantello e nascose i lunghi capelli rossi con la solita berretta di lana. Finì di bardarsi e si buttò nel freddo del pomeriggio inoltrato. Forse era un po’ tardi, magari avrebbe avuto poco tempo quel giorno, ma si sentiva agguerrita e non aveva assolutamente voglia di rimanere in casa ad aspettare un niente.

In una ventina di minuti, camminando rapida, raggiunse le vie affollate che conducevano a Diagon Alley.

Non trovò nulla che la entusiasmasse, tuttavia, a parte qualche posto part-time come cameriera o qualche ricca signora alla ricerca di una baby sitter disponibile ventiquattro ore su ventiquattro.

Quella sera tornò a casa infreddolita e con le pive nel sacco ma per nulla scoraggiata.

 

La mattina seguente puntò la sveglia dell’orologio a cucù sul primo mattino e ancora più carica e determinata si materializzò piena di voglia di trovare qualcosa fino a Hogsmeade.

Scioccamente si dimenticò che era l’ultimo sabato prima delle vacanze di Natale e così, appena materializzata, si trovò circondata di ragazzini allegri avvolti negli scuri mantelli che portavo impressi gli stemmi delle case. Ragazzini che le ricordarono i suoi passati anni in quella scuola e parte di un periodo nero da dimenticare che dentro le pesava ancora molto. Cercò di mimetizzarsi impedendo così che qualche professore la riconoscesse. Di certo non aveva la minima voglia di incontrare una McGranitt severa o un Hagrid in vena di reminescenze.

Si presentò alle porte di uffici, distretti, negozi e ogni genere di posto ma tutto quello che ne ricavò furono una valanga di no. Risposte negative alla sua domanda di assunzione.

Dovette ammettere che non era così facile come pensava, probabilmente la cosa non dipendeva nemmeno da lei. Tutti erano così poco disponibili e sospettosi da quando Lord Voldemort era tornato più potente che mai che le sembrava di essere in quel periodo babbano dell’Inquisizione… panico diffuso, sospetto che si insidia ovunque e tante, tante porte chiuse.

Fortunatamente, fino a quel momento, Lord Voldemort non le aveva ancora procurato gravi problemi… Non aveva perso nessuno di importante, non che poi fossero tante le persone che considerava tali, né le aveva mai impedito di vivere una vita normale. Si era infatti molto spesso domandata come una volta avesse potuto seminare tanto terrore e rovinare la vita a tante persone: la risposta la conosceva benissimo però, tante estati trascorse in mezzo ai componenti dell’Ordine le aveva fatto capire che questa volta la gente era molto più preparata a proteggersi e respingere Voldemort che durante la Prima Guerra. E poi doveva ammettere di essere in buone mani, c’erano una squadra di auror scelti, tra cui l’immancabile Harry, a dar del filo da torcere a Voldemort e ai suoi pochi Mangiamorte rimasti.  Harry e praticamente la sua famiglia per intiero. Fatta eccezione di lei, lei che non ne aveva voluto sapere di rimanere in quella casa, fare parte dell’Ordine. Nemmeno lei ne conosceva il motivo, tuttavia non si era sentita di farlo, e aveva intrapreso la sua strada tra liti e disappunti.

Questo pensiero le fece ricordare che era di nuovo alla ricerca di un suo cammino, se voleva mantenete la sua indipendenza e la sua dignità. Era ancora pomeriggio e si disse che avrebbe potuto ritentare la ricerca a Londra, forse con più tempo a disposizione riusciva a cavare qualcosa dal buco.

Cercò un viale appartato e concentrandosi completamente mise a fuoco la sua destinazione. In un batter d’occhio si rimaterializzò nella capitale.

 

Prese nuovamente tutta la sua determinazione a due mani e partì ancora nella sua ricerca, fece richiesta persino alla Gringot, per quanto quel luogo non le fosse mai piaciuto e per quanto poco tenesse a lavorare per loro. Non dovette comunque sforzarsi di farsi piacere ciò che non le andava a genio dal momento che non ebbe nessuna risposta affermativa: era come se il mondo, in quel preciso istante, fosse saturo di lavoratori.

Le sembrò tutto ad un tratto logico: Ginevra Weasley non aveva mai avuto la vita facile, di certo non avrebbe trovato un nuovo lavoro semplicemente schioccando le dita delle mani! Il fato era contro di lei, ma lei sapeva mordere molto più forte del suo destino…

Ritirò quasi tutti gli ultimi soldi, ormai conscia del fatto che non avrebbe trovato un lavoro così presto, e lasciò quel luogo che le era sempre apparso quasi sinistro.

Si incamminò tranquillamente nel sole del tramonto per le vie tranquilla immersa nei suoi cupi pensieri riguardo il suo ora piuttosto precario futuro economico e si lasciò trasportare dai propri piedi per una meta ignota quando all’improvviso uno sconosciuto la urtò facendola dolorosamente cadere a terra.

“Oh, mi scusi, mi scusi!” azzardò l’uomo, un apparentemente distinto signore moro sulla trentina, tendendole una mano.

Ginny afferrò quella mano irritata, rimettendosi in piedi e scuotendo via la neve sporca e il fango dai vestiti. “Fantastico! Se vado così conciata alla ricerca di un lavoro non mi prenderanno mai!” si lamentò sbuffando.

L’uomo le porse ancora delle scuse e si lanciò verso terra per raccogliere la borsa che le era caduta di mano. La aprì e lanciò un’occhiata all’interno.

Ginny la riafferrò all’istante “Ehi! Come si permette?”

“Oh… guardavo se c’era tutto… ecco sì! Non le è caduto nulla, certo! Non vedo nulla a terra. Ancora tante scuse!” e senza lasciarle un minuto per risponderle si smaterializzò all’istante.

Ginny sbuffò ancora seccata, controllò che nulla fosse rimasto a terra quindi, scotendo il capo contrariata, cercò di ritornare sulle vie principali.

Si stava facendo tardi e prima di rincasare pensò bene di fermarsi a fare qualche indispensabile acquisto alimentare per riempire almeno in parte la credenza quasi completamente sgombra e potersi concedere una cena almeno un po’ decente.

Comprò del latte fresco, del pane, qualche uovo, bacon, carne, un po’ di verdure e varie piccole cose in una piccola gastronomia in cui non era mai stata, il proprietario pareva decisamente scocciato di quell’entrata all’ultimo minuto, proprio mentre era in procinto di chiudere. Ginny cercò di non prestare attenzione alle occhiate losche che le mandava di continuo imperandole di muoversi alla svelta: dopo tutto era nei pressi di Notturn Alley e la gente non era mai molto disponibile da quelle parti, liquidò il tutto con una rapida alzata di spalle rivolta più che altro a sé stessa.

Quando il proprietario le presentò il conto, Ginevra infilò la mano nella grossa borsa che portava al braccio e solo allora si accorse che il suo portamonete si era volatilizzato. Di primo acchito pensò di averlo lasciato a casa ma poi si ricordò di essersi pagata un breve pasto a Hogsmeade e improvvisamente la sua memoria focalizzò sulla figura dello sconosciuto che, dopo aver afferrato la sua borsa, se la defilava alla chetichella veloce come un fulmine.

“Oh, no! Il mio portamonete!” esclamò disperata, fissando accigliata l’oste.

Questo inarcò un sopracciglio molto scettico “Ve lo ha mangiato il gatto, signorina?”

Ginny si morse nervosamente un labbro “No… io… mi è stato rubato! Deve essere stato quel tizio, quel maledetto a Hogsmeade!”, si appoggiò con le braccia al bancone innanzi a lei sentendo le forze venire mano… come era potuta essere così stupida? I pochi galeoni che le rimanevano erano in quel portamonete… quindi erano ormai scomparsi. Poteva considerarsi praticamente sul lastrico. Sentì un nodo di rabbia e rammarico formarsi nella gola.

“Allora? Mi vuol dire come pagherà questa roba?” incalzò l’uomo frettoloso e piuttosto divertito.

Ginny respirò a fondo, non aveva più un soldo con sé, poteva tornare a casa, prendere quel poco che le restava e usarlo in parte per quegli acquisti ma quelli erano i soldi che avrebbe dovuto utilizzare per l’affitto, di lì a un paio di giorni, e quella vecchiaccia di Mrs Smith, acida e taccagna, non concedeva proroghe o sconti, su questo era stata chiara fin dal loro primo incontro.

Raccolse il coraggio dentro di sé e spinse lontano, verso il proprietario, le due buste di carta colme di spesa “Mi spiace, al momento non la posso pagare. Rinuncio alla mia spesa…”

Odiava questo genere di umiliazione da poveri… Fin da quando era piccola aveva sempre e solo indossato abiti di seconda mano, fuori moda, sformati e fatti in casa, ricavati da abiti ancora più vecchi. In vent’anni lei e la sua famiglia si erano concessi solo un paio di vacanze economiche ospitati da svariati parenti, escludendo la volta dell’Egitto naturalmente; non compravano mai cibi pregiati e c’era sempre da fare mille calcoli cercando di non sforare quando bisognava comprare libri di scuola. Se da una parte era abituata a non sguazzare nella ricchezza, da un altro punto di vista questo l’aveva resa orgogliosa, le aveva fatto promettere a sé stessa che il resto della sua vita non sarebbe stata così. E invece al momento stava andando anche peggio…

Ma l’uomo avanti a lei parve contrariato, molto contrariato “Eh no, bella mia!                         Questa roba è tagliata, incartata, confezionata ormai! E quindi va comprata. Per me sarebbe una perdita!”

Ginny ingoiò il grossissimo groppo in gola e si fissò le scarpe, umiliata “Ma non ho con che pagarla, mi spiace. Mi hanno appena rubato gli ultimi risparmi e non ho altro. Non saprei nemmeno a chi chiedere. Per questa volta non potrebbe chiudere un occhio?” la sua voce era stentata, il tono sempre più basso.

Quello sorrise malignamente e le afferrò il polso “Questo! Forse non coprirebbe la spesa per intiero ma potrebbe essere un risarcimento.”

Ginevra scostò malevolmente la manona dell’uomo dal proprio polso, portandoselo al petto e avvolgendo l’altra mano attorno ad esso e all’orologio che indossava. Di certo non glielo avrebbe dato, eh no! Quello era un regalo, un prezioso regalo che sua nonna le aveva lasciato, solo a lei, unica femmina di tutta la famiglia. Era vecchioccio e anche pacchiano, fuori moda e nemmeno così bello, forse non valeva nemmeno tanti soldi, ma per lei era inestimabile.

“Non se ne parla proprio!” rispose a muso duro.

L’uomo parve irritarsi “Ah no? E come la mettiamo? Vuole la sua spesa? Qui ha comprato roba per almeno una quindicina di galeoni! E io non posso riprendermela. Trovi un altro modo di pagarmi, su!”

Lui la guardò con un sorriso bieco e lei si scostò rapidamente indietro, disgustata dalla persona che si trovava di fronte. Come poteva essere così priva di tatto, poco disponibile e soprattutto pervertita, certa gente? Avvertì il bisogno di uscire alla svelta da quel luogo, di tornare presto a casa, mangiare qualcosa di caldo, concedersi la doccia più lunga del secolo e non pensare più a quelle giornate nere. Velocemente si slacciò l’orologio, gli occhi chiusi come a negare a sé stessa l’approvazione di ciò che stava facendo, e lo gettò senza troppi complimenti all’uomo che lo afferrò contrariato, quasi si aspettasse, ormai, altri tipi di pagamenti. Prese i suoi tre sacchi della spesa e se ne uscì di corse, corse per diversi metri finchè fu lontana da quel postaccio.

Frustrata e arrabbiata si maledisse per essere arrivata fin lì. Attraversò la via rapidamente e nel mentre uno dei sacchi che teneva precariamente tra le braccia si ruppe sul fondo riversando la maggior parte del suo contenuto in mezzo alla strada.

Imprecando contro il fato avverso che accompagnava quella giornataccia, Ginevra si chinò sulle ginocchia per raccogliere il tutto, bacchetta alla mano riparò alla meglio il sacco e ricacciò tutto dentro malamente. Le uova che fortunatamente erano rimaste tra le sue braccia e quindi intatte si ruppero e si congraturò nervosamente con sé stessa.

 

Si smaterializzò all’istante, desiderosa di null’altro che fosse il suo letto caldo ma qualcosa andò storto, forse per il nervosismo, forse per la tensione, forse perché non si concentrò abbastanza.

Si rimaterializzò infatti in un vicolo scuro e sconosciuto, ma soprattutto in un vicolo spazzato da un temporale colossale. Nemmeno un paio di secondi per rendersi conto di ciò che le stesse capitando che si ritrovò bagnata fin nel midollo. Corse al riparo sotto la prima tettoia che intravide. Si accostò ad una vetrina nera di rabbia e terribilmente contrariata, la spesa completamente annacquata, e dietro quei vetri impolverati e scusi un luccichio attirò la sua attenzione.

C’era qualcosa in quella vetrina piena di vecchie cianfrusaglie, qualcosa che in un attimo le fece dimenticare la giornata nera, il freddo che sentiva sotto la pelle portato dall’acqua gelida. Qualcosa che la attrasse ineluttabilmente. Era un vecchio carillon, di quelli fatti a portagioie, con una ballerina di cristallo che, incantata, ballava instancabilmente con il suo cavaliere di piombo su di una piccola pista di specchi. Era impossibile a dirsi, eppure le pareva di sentire forte e chiara, nelle orecchie, la musica nostalgica e ripetitiva suonata dal meccanismo all’interno.

Appoggiò entrambe le mani sul vetro, dopo aver rapidamente posato a terra la propria spesa, vi premette anche la fronte, quasi cercasse di entrare all’interno, come se si trattasse di una porta da spingere, o una cascata da oltrepassare oltrepassare, per poter afferrare quel vecchio carillon di legno scuro. Insieme al suono quasi stonato poteva percepirne anche l’odore di antico.

Si chiese come fosse possibile. Gli odori non passano attraverso i vetri… E allora si accorse che la cosa era plausibile nella misura in cui la porta d’entrata del negozio era aperta e il profumo del legno vecchio, gli odori della carta ingiallita, delle stoffe impregnate di naftalina, delle erbe, dei fumi magici e delle pozioni più strane l’attiravano allettanti.

Raccolse le proprie borse, entrò piano e si richiuse la porta alle spalle che la congedò con uno scampanellio debole e ovattato. Quando la cascata di campanelle sopra la sua testa terminò di tintinnare tornò a sentire il suono ripetitivo e affascinante del carillon. Si avvicinò cauta alla vetrina, quasi camminando in punta di piedi, affacciandosi appena verso di essa come per paura di interferire nelle danze della bella ballerina e del suo cavaliere gentile.  Le sembrava che i sensi le si assopissero, ne era catturata, stregata, attirata. Si chinò su di esso allungando una mano, stava quasi per sfiorarlo quando il rumore forte di una porta sbattuta la colse di sorpresa, spaventandola, si rialzò di scatto urtando con un fianco il piano rivestito di velluto rosso su cui stava esposto il carillon che si richiuse con un tonfo sordo sbuffando polvere attorno a sé. Ginevra sembrò svegliarsi in quel momento, improvvisamente tornò a sentire il rumore sordo ma intenso della pioggia scrosciante che cadeva sui tetti, sulle strade, al di fuori, accompagnato del suono secco di qualcosa che regolarmente picchiettava sul vecchio pavimento ligneo di quel luogo.

Quando si voltò si trovò davanti… non lo sapeva nemmeno lei! Un uomo, forse. Un uomo molto vecchio però, e molto piccolo. Era basso e ricurvo, il suo volto pallido era solcato da così tante rughe e la sua pelle era così cadente che sembrava scivolare via troppo larga per un omuncolo di quelle dimensioni. I capelli bianchi e crespi erano radi sul capo seminascosto da un vecchio cappello di tweed. Ma gli occhi, quelli erano neri come la notte e vividi come pochi. E la scrutavano curiosi e al tempo stesso infastiditi.

Si imbambolò a fissarlo a lungo, con la bocca semi aperta e il volto ancora contratto nell’espressione di stupore che l’aveva colta appena se lo era trovato innanzi. Poi quegli occhi la fecero sentire a disagio.

“Ehm…” fece mordendosi nervosamente un labbro.

“Cosa vuole?” domandò l’uomo sempre fissandola dritta negli occhi. La sua voce era bassa e roca ma sicura e chiara al contempo.

“Oh, io… Ecco, stavo- stavo guardando quello e…” Ginny indicò il carillon in vetrina. Adesso che era chiuso, scuro, impolverato e silenzioso le sembrava quasi sinistro, minaccioso. Rabbrividì.

“Quello non è in vendita. Non per lei. Quindi se ne vada.” rispose risoluto l’uomo.

Ginny scosse il capo stringendo le borse e retrocedendo “Oh no! Non avevo intenzione di comprarlo. Io… stava suonando e, bè, è stupido ma era come se mi chiamasse. Però non potrei comprarlo, non potrei comprare nulla in effetti…” disse mestamente.

Si girò verso l’entrata e fece per andarsene “Mi scusi, non volevo disturbarla”. Allungò una mano verso la maniglia ma questa si abbassò appena prima. La pesante porta di legno si riaprì nascondendola in un angolo alla vista del misterioso cliente. Di nuovo le campanelline trillarono sopra la sua testa ma presto furono sovrastate dalla voce forte e squillante di un giovane uomo.

“Rubenius, buongiorno! Ho bisogno che mi incanti queste chiavi. Temo che qualcuno dei miei sottoposti apra un po’ troppo spesso le casse. Voglio vedere la mano che le toccherà segnata a fuoco dall’acciaio rovente di questa chiave, e allora potrò licenziare in tutta tranquillità il malfattore.”

“Ma naturalmente. Saranno pronte entro un giorno, come al solito Signore! Buona giornata.” Rispose la voce del vecchio. Rubenius, quindi si chiamava così.

Ginny sentì il rumore di qualcosa di solido che veniva posato su una superficie di marmo, probabilmente le famigerati chiavi, e la risata acuta e fastidiosa del giovane che era appena entrato.

Qualcosa di quella risata le diede i brividi. Quella risata antipatica, snob e… famigliare. Malfoy! Ne ebbe la conferma quando, pochi istanti dopo lo vide di spalle dalla vetrina. I soliti impeccabili capelli biondi cenere e l’andatura fiera. Fiera di che cosa, poi, si domandò.

La porta si richiuse ancora e questa volta le svelò l’immagine del vecchio di poco prima che tentava pericolosamente di arrampicarsi sulla sporgenza inferiore di una libreria alla ricerca di un testo collocato troppo in alto. Ginny sorrise di fronte a quella scena divertente. Si avvicinò e sovrastandolo afferrò il grosso volume ingiallito, che sulla fiancata portava scritto ‘Incantesimi Di Fuoco’ a lettere sbiadite una volta probabilmente dorate, semplicemente alzandosi appena sulle punte.

“Ecco signore…” disse cortesemente porgendolo al piccolo uomo grinzoso che era tornato a scrutarla.

Lui lo prese con un piccolo cenno del capo avviandosi accompagnato dal proprio bastone verso il bancone in marmo, quasi completamente ingombro della roba più svariata. Si accomodò su un alto sgabello di legno si piegò sopra le pagine ingiallite e apparentemente molto vecchie del libro che teneva tra le mani.

Dopo qualche istante alzò il capo e, sfilandosi l’occhiale, fissò sorpreso Ginny “Bè, cosa ci fai ancora qui?”

Ginny parve esitare, incerta. In effetti non lo sapeva nemmeno lei cosa stesse facendo ancora lì dentro, poi ebbe un’idea. Una trovata che la fece sorridere “Stavo per chiederle se le serve un’aiutante. Questo posto è… ehm… piuttosto impolverato. Ne deduco che per lei è faticoso badargli tutto solo, no? Che ne direbbe di una giovane aiutante in gamba? Ho vent’anni, una manciata di Mago significativi, un diploma in medimagia di primo livello, tanta voglia di fare e soprattutto… un bisogno disperato di lavorare.”

“Non se ne parla proprio! Non ho bisogno di una giovane ficcanaso tra i piedi.” Il piccolo ometto la guardò quasi irritato, storcendo il lungo naso baffuto.

“Non le ho detto che sono anche molto discreta! Mi metta alla prova. Potrei semplicemente tenerle in ordine il negozio, sistemare le sue carte, tenerle i conti e darle una mano come assistente” insistette Ginevra, supplichevole.

“Lei non sa nemmeno quale sia il mio lavoro…” fece acutamente notare lui.

Ginny dovette ammettere che aveva appena segnato un punto a suo sfavore. Non aveva la più pallida idea di cosa si occupasse, ma tentò “Lei è, chiaramente, un incantatore… no?”

Il suo interlocutore sollevò entrambe le sopracciglia bianche e folte “Non solo, mia cara…” e indugiò.

Ginny scostò il peso delle buste della spesa sul braccio sinistro e tese la mano destra “Ginevra! Ginevra Weasley…” terminò esitante. Il suo cognome non era esattamente il miglior biglietto da visita, era convinta.

Lui sorrise compiaciuto “Rubenius Berthalanphy. Mi dica solo una cosa, lo vuole quel carillon, signorina Ginevra?” domandò socchiudendo gli occhi, in attesa della risposta corretta.

Lei rivolse gli occhi grigi alla vetrina, adocchiando la scatolina in legno antico finemente intagliata. Di nuovo un brivido le corse lungo la schiena, un brivido scuso. Dubbiosa se fosse o no la risposta corretta tornò a parlare con Rubenius “Ecco io… no. All’inizio ne sono stata attratta ma adesso, non so. Trovo che abbia molto di sinistro. Mi da i brividi. Non lo riaprirei mai, credo. E non lo vorrei assolutamente nella mia casa.”

Le labbra sottili e seminascoste dai baffi di Rubenius parvero incresparsi in un sorriso interessato, mormorò tra sé e sé qualcosa che suonò come “Forse potrebbe essere adatta” e si strofinò il mento con la mano rugosa e sottile.

“Bene, a domani mattina signorina Ginevra. L’aspetto per le nove” concluse tornando a rivolgere la propria attenzione al vecchio testo innanzi a sé.

Ginny spalancò la bocca stupita, non si aspettava certo di trovare un lavoro! Era stato un moto improvviso, qualcosa che era uscito dalla sua bocca inaspettatamente quella proposta. Ed era andata a buon fine! Quel posto poteva apparire tetro ad una prima occhiata, ma a lei piaceva già così tanto. Ed aveva di nuovo un lavoro! Cosa di preciso ancora non se lo spiegava, ma non era così importante. Era stranamente fiduciosa. “Oh… GRAZIE! Allora, sì! A domani alle nove, Grazie e buona serata signor Rubenius. Grazie!” sorridente si avviò alla porta e fece per uscire.

“Ah, signorina Ginevra… Incantatore, spezzaincantesimi, traduttore di formule remote, ricercatore di testi antichi e rari nonché rispettabilissimo antiquario. Il mio lavoro. Si prepari, allora. Buona serata. E ora si affretti, smetterà di piovere solo per pochi minuti.”

Come per magia la pioggia cessò e Ginny riuscì ad arrivare in un attimo a casa senza bagnarsi ulteriormente.

 

“Ciao Trixy!” lasciò che la gattona si strofinasse un po’ contro le sue gambe quindi la prese tra le braccia coccolandola un po’, le preparò una ciotola di bocconcini e la lasciò cenare in pace. Dopo aver messo qualcosa sotto i denti ed essersi concessa il beneficio di una doccia bollente e rilassante si infilò sotto le coperte. Era stata la settimana probabilmente più nera in tutta la sua vita ma per lo meno era riuscita a ritrovare un lavoro.

Non sarebbe finita sul lastrico.

Improvvisamente si domandò se fosse stato prudente accettare quel lavoro così improvviso e così indefinitamente bizzarro. Nemmeno lei sapeva ancora cosa avrebbe dovuto fare. E se fosse stato qualcosa di losco? Eppure qualcosa negli occhi neri di Rubenius le diceva che poteva fidarsi, che le sarebbe piaciuto, che era il lavoro per lei. Che sarebbe stata una possibilità. Sì, una possibilità, anche se non riuscì a mettere chiaramente a fuoco quel pensiero.

Si addormentò con una leggera morsa di curiosità e ansia allo stomaco augurandosi che il suo primo giorno di lavoro sarebbe stato meno disastroso del suo primo al San Mungo, che era stato assolutamente da dimenticare. E presto non ci pensò più sprofondando nel caldo mondo dei sogni.

 

 

Continua…

 

 

Salve a tutti, ragazzi! Con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia ma eccomi qui. E’ un periodaccio, esami-eami-esami, relazioni da consegnare, la mia cuginetta da esaurimento nervoso stanziata a casa mia che se n’è andata solo oggi e una serie di sfighe… Ginny è così autobiografica in questa parte della storia!!! ^^’’’ *Sigh, il mio portafoglio…*

Bè, torniamo a noi, c’è uno stacco improvviso, lo so. Ma è volutissimo. Tutto si capirà dopo, con calma!! ^^ Qui si vede solo Ginny, ho preferito inquadrare solo lei in questo capitolo. Naturalmente per compensare nel prossimo metterò a fuoco la posizione di Draco, che qui si è appena intravisto. Ah, che ne dite del nuovo lavoretto di Ginny?

E soprattutto, che ne dite di questo capitolo? A me piace perché ci ho messo tanto tanto di mio, ma voglio sapere come risulta? E’ troppo pieno di cose? Cioè, da sedici sono saltata a vent’anni!! O forse è troppo introspettivo? Mi raccomando aspetto qui fiduciosa!!

E intanto vi ringrazio subito perché siete stati così tanti a commentare l’ultimo capitolo che mi viene da piangere… T______T

Passiamo ai saluti, che è meglio! *Ly si asciuga occhietti*

Mary1986: Grazie! Ecco l’aggiornamento!

Nyla: Oh, grazie! Sono contenta che la mia Gin ti piaccia! Spero continuerai ad apprezzarla…

Claudia: Oh, ti piaceva WAL&J? T.T Che nostalgia…grazie cara! Sei stata un tesoro!! ^^

Angi e Gius: Gius cara, viva le pazze! ^^ Io adoro il not-conventional ^^ E Angi, anche la sottoscritta è una rompi******!! Ah, in bocca al lupo per gli esami, Gius! E buone vacanze, Angi, tu almeno già ti rilassi! ^^ Grazie per le solite spassosissime recensioni. Baciotti care!

Strekon: figlio mio, non ti rinnegherò, tranquillo! Eh, questa Gin spiazza? Bene, sono contenta! Più di ogni altra cosa non voglio che risulti banale ^^ Come al solito continua a dirmi che ne pensi perché il tuo parere, oh grande guru delle fic, è oro! Baci baci figliolo ^^

Kiara: Oh, ciccia mia allora sei tu! Sei tu che in questo momento sarai a rosolare su una spiaggia dell’Adriatico… *Ly guarda i libri degli esami e si morde le mani* ma Londra è vicina… molto vicina!!! Grazie e a presto ciccia! ^3^

ANONIMO: ma perché non ti firmi mai? Bè, grazie comunque. ^^

MaryAngel: Ma ciao cara! Come al solito a te devo sempre molto perché mi hai spronato dopo un anno. E tranquilla, la trappola insidiosa del romanticismo è ben lontana da me! Non concepisco un Draco tutto miele, no no! ^^’’’ Grazie come sempre per i commenti troppo buoni ^3^

Buffy: Grazie mille, cara! Eh, Draco fa tanto lo (come si dice dalle mie parti) sborone ma sotto sotto… aha!

Cloe: Graaazie! Spero di non deluderti ^^

Angele87: Ma grazie ciccia!! Eh eh, hai la netta sensazione che succederà qualcosa? Solo qualcosa? Stai vedere.. soprattutto cos’ho in serbo per il piccolo povero Draco… ^^

Pan_z:Tesssora cara, ho salvato la tua fic e appena stacco qui la leggo… *.* Grazie come al solito della recensione, lo sai che tengo tantissimo al tuo parere, sì sì! Davvero ti riconosci nella mia Gin? Ne sono lusingata, anche se spero ti sia ripresa, eh!! Ah, aspetto mail io :P Baci baciotti cara!!

Ale:Ma ciao cara! Grazie mille per gli in bocca al lupo (speriamo durino anche per l’ultimo esame) e soprattutto grazie per quello che hai scritto, mi ha fatto tanto piacere. Che ne pensi di questa Ginny quasi adulta? Ah, tranquilla, goditi pure la vacanza!! *Grrrr… invidia…* beata te!

Dark Crystal: Richiamo dell’amore? Mah… non è stato proprio quello… c’è ancora un po’ da lavorarci sopra. Comunque grazie per la recensione ^^

Isilascar: Sono contenta che pian piano la storia ti abbia convinti, davvero! Bè, i Weasley non sono degli adoni, la bowling non li descrive per la loro bellezza e mi piace immaginare una Ginny imperfetta. ^^ Somigliante alla madre, magari! E così eccola qui! Spero ti piaccia anche andando avanti. Grazie per il commento, sei stata un tesoro! ^3^

Hermy88: Ciao! Ma quanto tempo, che fine avevi fatto? Grazie per i complimenti e soprattutto grazie per essere la mia PR ufficiale!! Un baciotto ^^

 

Eccoci alla fine, siete stati carinissimi! Spero vogliate recensire anche questo capitolo

Un baciotto, a presto

Ly

 

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Capitolo 7
*** 7- Fallimenti ***


7- Fallimenti

7- Fallimenti

 

 

 

“Signor Malfoy, la colazione è pronta…”

Un piccolo ed intimorito elfo domestico fece capolino timidamente dietro la porta, un gonnellino sgualcito e sudicio come vestito e le solite orecchie da pipistrello timorosamente abbassate ai lati del viso. Con gli occhioni nocciola titubanti scrutò il lussuoso letto a baldacchino al centro della grande e raffinata camera, dalla fessura al centro del tendaggio in seta nera finemente bordato spuntò un cuscino che lo mancò solo perché il piccolo elfo ebbe la prontezza di chiudersi rapidamente la porta davanti. Il cuscino ricadde sulle lucidissime lastre in marmo pregiato del pavimento.

Dietro le tende qualcosa mormorò infastidito, o meglio qualcuno.

Maledizione! Odio quando questi dannati cosi vengono a svegliarmi!

Draco si girò ripetutamente sotto le coperte per poi nascondere il viso in un altro grosso cuscino. Detestava essere svegliato presto la domenica ma quella seccatrice di sua madre era arrivata giusto un paio di giorni prima e quella donna teneva molto a quel genere di formalità famigliari di cui nell’ultimo periodo Draco aveva fatto volentieri a meno.

“Che seccatura…” sbiascicò sbadigliando.

Presto una mano candida spuntò dal groviglio di coperte al suo fianco e gli carezzò leggiadra la nuca biondissima “Andiamo tesoro, sai che per tua madre è importante…”. Alla mano seguì un esile braccio bianco quindi una schiena liscia e un capo di donna dai lunghi capelli biondo scuro.

La donna si adagiò su un fianco sorreggendosi il capo con un braccio e fissando l’uomo accanto a lei, con la mano rimasta libera prese a giocare con i suoi capelli quindi scese a solleticargli il collo e la schiena.

Draco grugnì irritato, con un gesto brusco la scostò e di controvoglia si rimise in piedi avvolgendosi nel kimono verde “Sai che detesto queste cose la mattina, quando mi sveglio voglio solo essere lasciato in pace!” fece con la voce impastata, accompagnandosi con uno sbadiglio.

“Avanti chérie, vatti a vestire da qualche altra parte, ci vediamo di sotto… Ah, mia madre odia il beige, vedi non indossare niente di quel colore, le da una specie di crisi nervosa. Intesi? Ora fuori.” Dalla stentata dolcezza delle prime parole passò al tono perentorio delle ultime, accompagnando la voce con l’apertura secca di una piccola porta di servizio.

“Certo tesoro” la ragazza bionda si infilò rapida la sottoveste chiara e sgattaiolò fuori dalla stanza.

Draco fece per ributtarsi ancora un attimo sul letto quando quella rifece capolino.

“Tesoro… a tua madre il verde non da noia, vero?” fece con voce stridula.

Draco inarcò entrambe le sopracciglia, certe volte aveva l’impressione che fosse davvero molto stupida, come si faceva a chiedere ad una famiglia di nobili Serpeverdi DOC se dava noia il verde? Scosse il capo e la guardò bieco, lei non rispose, si limitò a fissarlo istupidita prima di sparire di nuovo con le idee ancora confuse.

Lui fece scoccare la lingua prendendo a massaggiarsi le tempie, la voce di Victoria –ma anche la sua presenza- la mattina lo rendeva nervoso e gli dava un tremendo fastidio.

Si concesse ancora cinque minuti di relax poi decise che forse era il caso di prepararsi. Si rasò meticolosamente, adorava sapere la sua pelle liscia e perfetta, e si riempì della sua solita acqua di colonia. Scelse un completo scuro, non che possedesse completi chiari poi, la sua gamma di colori passava dal nero al grigio-nero al grigio canna di fucile al color fumo e al grigio chiaro con qualche eccezione per il verde scuro e il blu notte, quindi si sistemò i capelli pettinandoli alla solita maniera: accuratamente all’indietro.

Controllò che la propria immagine fosse perfetta, Impeccabilmente affascinante come al solito, Draco!, e infilate un paio di scarpe preparate su misura iniziò a percorrere con sicurezza i corridoi bui di Malfoy Manor: le mani al solito infilate nelle tasche e l’andatura fiera. Sbuffò passando dinnanzi alla camera che era stata di suo padre. Lo stesso padre che ora lo disgustava, quello che era ancora dietro le sbarre di Azkaban, che aveva clamorosamente fallito: la prima volta era stato alla fine del suo quinto anno ad Hogwarts, tutto era andato storto in quella dannata notte al Ministero della Magia e Lucius era stato preso e incarcerato assieme ad un altro cospicuo gruppetto di Mangiamorte. Ma i Malfoy erano ancora potenti, il suo nome aveva ancora un certo valore e suscitava ancora rispetto e c’era stato chi, sentendo sussurrare quel nome, era stato pronto ad aiutare Lucius Malfoy ad uscire rapidamente dalla galera. Poi di nuovo… il suo schieramento al fianco di Voldemort lo aveva portato ancora a toccare il fondo, questa volta per sempre. Ormai aveva perso credibilità e da che, due anni prima, era finito ad Azkaban non ne era più uscito. Ma ormai Draco aveva imparato a gestire la situazione egregiamente. Senza giurare cieca fedeltà al Signore Oscuro, rischiando di affondare con lui al primo piccolo crollo, aveva iniziato però a frequentarne gli ambienti.  E aveva fatto le amicizie giuste senza dare troppo nell’occhio. Si era fatto furbo dai tempi di Hogwarts in cui non faceva altro che sbraitare per i corridoi il proprio odio per i mezzosangue e ammiccare alle arti oscure. Ora aveva imparato a tenere per sé le proprie convinzioni condividendo con gli altri meno di quello che questi erano disposti accettare. Insomma, apparentemente cercava di mantenersi le mani pulite e non inimicarsi le persone sbagliate, di qualsiasi schieramento fossero…

Questo glielo aveva insegnato certo suo padre, la piccola differenza tra loro due stava nel fatto che, Draco ne era convinto, non avrebbe mai fatto la stessa fine: lui sarebbe divenuto importante, ricco, rispettato e, perché no… anche piuttosto temuto.

E sono già sulla buona strada!

Intanto aumentava gli introiti alle già ricche casseforti della famiglia Malfoy gestendo un commercio apparentemente legale di diamanti, pietre preziose e gioielli: un po’ più segrete erano le sue compravendite di ingredienti illegali per pozioni piuttosto pericolose e altrettanto fuorilegge… veleni potenti che gli rendevano ancor più di ogni suo altro commerci messo assieme.

Commerci che potevano mantenere costanti gli altissimi livelli di vita cui era abituato e che, ne era convinto, gli spettassero.

Aprì con una spinta la porta d’entrata del salone. Sua madre era già seduta al lungo tavolo e stava rimproverando la cameriera, da quello che Draco ne potè capire aveva salato eccessivamente una delle pietanze della cena precedente col risultato di aver impercettibilmente screpolato le labbra perfette della sua perfetta madre. Draco inarcò un sopracciglio scettico, quella donna era davvero maniacale e devota solo al proprio corpo, il risultato però era spettacolare: all’età non più così fresca di quarantatre anni riusciva ancora a sembrare una giovane donna. Gli occhi maliziosi erano sempre perfettamente truccati così come il suo perfetto naso all’insù. I capelli biondissimi e all’occasione abboccolati cadevano leggiadri sulle spalle. E poi, Draco dovette ammetterlo, il fisico di sua madre era impeccabile. Persino quasi migliore di quello già spettacolare di Victoria. Quasi… per questo a sua madre risultava così antipatica.

Per Draco tutto quell’astio era solo un’inutile spreco d’energia, era fermamente convinto che sarebbero andate molto d’accordo se solo non avessero passato il tempo a essere gelose l’una dell’altra.

“Buongiorno mamma” salutò cortese posandole una mano sulla spalla e prendendo posto a capotavola. La donna lo salutò con un sorriso altezzoso “Buongiorno mio caro”.

Non ebbero bisogno di confrontarsi per decidere di iniziare la colazione senza dover attendere Victoria, in fin dei conti lei non era proprio nessuno in quella casa, nemmeno Draco la considerava così importante. Di certo non era la donna che avrebbe sposato, di quello era sicuro, ma al momento il matrimonio era l’ultimo dei suoi pensieri mentre il sesso stava decisamente in una posizione migliore, e in questo Victoria si era rivelata particolarmente dotata. In più era davvero molto carina da sfoggiare in giro. Quindi al momento soddisfava due delle sue priorità: una fisica e l’altra d’immagine. Poteva bastare.

“Caro, come vanno gli affari?” domandò Narcissa dopo essersi accuratamente ripulita le labbra dal succo di pompelmo.

Draco sollevò le spalle “Al solito, quindi molto bene”

Narcissa proseguì a fissare il figlio seriamente, un lampo di nervosismo si avvertiva nei suoi occhi “Bene. Voglio dire, sono sicuri, no? Li controlli e vanno… come dite voi del settore? A gonfie vele! Non abbiamo problemi finanziari, giusto?”

Draco bloccò a mezz’aria la tazza di caffè nero che stava per sorseggiare e prese a scrutare curiosamente sua madre, l’attenzione di Narcissa agli affari di famiglia non erano mai andati oltre un ‘come-vanno’ che nascondeva uno ‘spero-bene-perché-voglio-questo-e-quello’, era quasi inquietante ora vederla seduta lì, leggermente nervosa, a fare domande seriamente approfondite. “Certo che sì! Ci sono problemi, mamma?”

Lei esitò e si torturò un boccolo biondo “Effettivamente figliolo… pare che quello sciagurato di tuo padre abbia qualche questione in sospeso con alcuni vecchi ‘amici’ che ora pretendono un picco…ehm, risarcimento per alcuni favori che non hanno mai più ottenuto che li hanno inguaiati parecchio.”

Draco increspò le labbra, suo padre riusciva ancora a creargli dei grossi problemi. Non voleva guai in giro, se volevano dei soldi, lui soldi gli avrebbe dato. In fondo ne aveva a montagne.

“Capisco… e quanto è ‘piccolo’ questo risarcimento?” bevve tutto d’un fiato il caffè amaro, come preparando lo stomaco ad incassare una notizia che sapeva non sarebbe certo stata tanto dolce.

Narcissa torturò un tovagliolino fissando apprensiva il figlio “Centomila galeoni” rispose d’un colpo.

Mancò poco che Draco si soffocasse sol caffè. Prese a tossire freneticamente senza riuscire a fermarsi, solo un provvidenziale bicchiere di acqua fresca riuscì a calmarlo, ma rimase parecchio scombussolato. Per il caffè andato di traverso ma soprattutto per la notizia. Centomila galeoni erano una cifra enorme, anche per i Malfoy.

Certo, era sicuro che nelle loro camere blindate alla Gringott ci fossero tutti quei soldi, ma pagarli significava dimezzare il loro denaro! E avevano già perso due grosse proprietà quindi non restava che da vendere la terra sotto i loro piedi se fossero rimasti al verde… Cosa improbabile.

Rimanere al verde: rise dell’idea, povertà e Malfoy erano due termini che non sarebbero mai rientrati nella stessa frase. Sembrava addirittura ridicolo! Cercò di mantenere il sangue freddo e la concentrazione, si asciugò il sudore che all’improvviso gli aveva imperlato la fronte e si mise a pensare.

“E se noi non paghiamo?” provò a chiedere.

Narcissa spalancò gli occhi “Vuoi dire che non abbiamo quei soldi?” domandò stridula.

Draco s’innervosì, probabilmente pensava che non si sarebbe più potuta permettere la sarta personale ogni benedetta settimana, o i continui viaggi a Parigi. Lui amava la sua vita lussuosa, ma sua madre era veramente esagerata: “Ma certo che li abbiamo!”, scosse rapidamente e nervosamente la mano.

Lei tirò un sospiro di sollievo “Bè, se non pagheremo hanno detto che si prenderanno la casa…” terminò afflitta.

“Mai! Questa casa non si tocca, è dei Malfoy da generazioni e dei Malfoy sarà ancora a lungo.” Draco fu irremovibile, si alzò da tavola con uno scatto facendo precipitare dietro di sé la pesante sedia. Strinse forte i pugni pieno di rabbia, era costretto a pagare allora. Ma poi non gli rimanevano tutti quei soldi e per commerciare prima bisognava comprare. E i suoi acquisti non erano mai cos’ economici. Per di più nell’ultimo periodo aveva avuto la netta sensazione che qualcosa bollisse in pentola tra i suoi compagni ma che lui ne fosse tenuto ampliamente all’oscuro.

Nel mentre Victoria, agghindata e truccata di tutto punto, fece il suo ingresso in sala con un sorriso da stampa sulle labbra, osservò sorniona prima Narcissa poi Draco “Scusate il ritardo… mi sono persa qualcosa?”

“Il cervello, mio cara…” mormorò Narcissa a denti stretti, in modo che solo Draco ancora vicino a lei potesse sentirla.

E il biondino pensò che fosse una perdita comune alle donne di casa. Ignorando palesemente la compagna se ne uscì dalla stanza a grandi falcate. Detestava avere ‘problemi finanziari’.

Si rinchiuse nel proprio studio a riflettere, tutto si sarebbe sistemato: lui era Draco Malfoy!

 

Riuscì di casa lo stesso pomeriggio, avrebbe incontrato a cena Stuart Robinson, di tutti quelli che si trovavano nel suo giro era l’unico che si avvicinasse almeno un po’ all’idea che Draco aveva di una persona quasi di fiducia, o per lo meno ragionevole.

“Dannazione Stuart, sono nella merda con questa storia dei vecchi giri di mio padre! A quanto pare qualche suo compare vuole un piccolo risarcimento per i guai che il vecchio gli ha causato.”

Robinson lo fissò da dietro gli occhiali quadrati, assaporando un pezzetto dell’aragosta che la cameriera del lussuoso ristorante di Diagon Alley aveva appena servito loro “Sabbiosa” commentò tra sé e sé.

“Non avrai mica bisogno di un prestito voglio sperare!”

Draco storse il naso, nemmeno a lui                         quell’aragosta risultava particolarmente gradevole.

“Certo che no, mica verrei a chiedere centomila galeoni a degli stronzi avari come voi! Credi che io non abbia tutti questi soldi già da me? Sono qui solo per chiederti di coprirmi un po’ le spalle con il giro… per un po’ non potrò acquistare, non potrò mettere la mia parte. Tu sei un po’ il nostro contabile, no? Basta che scarabocchi qualche conto in più o in meno… Sai, tu copri le spalle a me e io poi le copro a te… così magari vediamo di guadagnarci qualcosa in più di quei cretini di Goyle, Fitz e Grant. Che ne dici? In fondo l’idea di tutto questo era stata nostra, no?”

Robinson chiamò un cameriere per riempirgli il calice di vino, lo assaporò e di nuovo non fu soddisfatto, un leggero sapore di tappo lo guastava. Se ne fece immediatamente portare un altro.

“Ho capito. Quindi vorresti che modificassi qualche carta per te e tu poi copriresti me se un giorno decidessi di volerne ricavare qualcosa in più… un piccolo scambio tra amici, insomma.”

“Esattamente”, Draco annuì con un sorriso compiaciuto e soddisfatto, a quanto pare Robinson sembrava essere allettato dalla proposta.

Si alzarono e Draco fece per sfoderare il portamonete ma l’altro glielo impedì con un gesto impaziente della mano “Suvvia Draco, lascia che ci pensi io!”

Il biondo accettò di buon grado, tutto poteva fare brodo in quella maledetta situazione in cui dalla mattina alla sera si era ritrovato.

“Allora?” chiese mentre si avviavano all’uscita, in procinto di smaterializzarsi.

“Ci penserò su, sembra molto interessante!” Robinson si sistemò gli occhiali sul naso con un gesto rapido quindi sparì nel nulla, subito dopo Draco fece lo stesso.

 

“Sei tutto contratto… devi rilassarti tesoro… c’è qualche problema forse?” Victoria aveva preso a massaggiargli sensualmente le spalle seduta dietro di lui con le gambe avvinghiate alla sua schiena.

Draco lasciò che quel massaggio lo distendesse, o per lo meno lasciò che fosse così per poco perché un attimo dopo la ragazza premette il punto sbagliato facendogli saltare un nervo.

“Cazzo!” Draco se la scrollò di dosso, finendo di spogliarsi e infilandosi sotto le coperte, in mezzo secondo Victoria lo raggiunse.

“Levati Vic, stasera non ho proprio voglia di sentire i tuoi miagolii. Vattene!” grugnì scontroso facendole segno di allontanarsi con la mano.

Lei si imbronciò e si mise in ginocchio sul letto incurvando le labbra verso il basso e giocando nervosamente con una ciocca di capelli lisci, proprio come una stupida bimba viziata e fastidiosa.

“Ma tesoro… andiamo, so farti distrarre molto bene, lo sai…” disse abbassandosi su di lui e catturando le sue labbra.

E Draco non seppe resistere al fascino della sua bella compagna “Vieni qua, chèrie come posso dirti di no?”

E in effetti per parte della notte seguente Draco riuscì a non pensare alle proprie spinose questioni finanziarie.

 

Il mattino seguente la prima cosa che fece fu ritirare quei dannati soldi per gli aguzzini di suo padre, augurandosi che quell’uomo non avesse mai ad uscire da Azkaban, o gli avrebbe rifilato centomila calci nel sedere. Lasciò che della questione si occupasse la madre, non voleva nemmeno sapere chi fossero quei famosi tizi.

Poi si recò al più presto possibile al covo che utilizzavano come ritrovo, nel retro di quello che alla facciata era un innocuo banco di scambio di pietre e diamanti.

“Buongiorno cari compari!” salutò allegramente. A Robinson riservò un occhiolino carico di significati.

Ma non udì risposta, il silenzio gelido albergava nella piccola stanza piena di scartoffie e scatole di legno contenenti i più svariati ingredienti.

“Bè?”

“Cinquemila galeoni, Malfoy.” Irruppe all’improvviso la voce strascicata di Fitz.

Draco lo guardò senza capire, provando a cercare un segno negli sguardo degli altri che però non riuscì a incrociare, sembravano tutti molto impegnati in mille cose diverse. “Cosa, scusa? Di che diavolo parli?”

“Cinquemila, è la cifra per uscire dal giro. Tu avevi imposto questa regola, no? Se si sa troppo e si vuole uscire, si paga. In più ci devi anche ottantasettemila galeoni di debiti arretrati, più la restituzione dei guadagni degli ultimi tre mesi… quindi in tutto fanno… duecentotrentasei. Mila, naturalmente….” Fitz alzò finalmente lo sguardo per incontrare quello del giovane Draco, ancora spiazzato.

“Ma che diamine stai dicendo, scusa?” incalzò lui. Debiti arretrati? Guadagni da rendere? Uscire dal giro?!? Ma erano impazziti? E poi si era appena accordato con Robinson!

“Stuart ci ha detto che volevi fregarci, Draco… Così abbiamo pensato che poteva non essere la prima volta. Sai, la questione di quei soldi spariti ultimamente, e poi tu hai sempre avuto libero accesso alle carte dei saldi e alle casse… Così abbiamo scoperto tutti assieme che le hai manomesse. Bravo Malfoy, credevi di fregarci a lungo?” Grant sogghignò malvagio mostrando le carte manipolate.  Tutti e cinque in quella stanza erano ben consapevoli del fatto che Draco non aveva mai fatto nulla di simile ma loro avevano il coltello dalla parte del manico. Per la prima volta in tutta la sua vita Draco Malfoy era stato fregato, e in un modo ottimo tra l’altro. Non poteva chiedere aiuto alla giustizia perché si trattava di un’attività illegale e non gli restava molto da fare.

Sentì la rabbia esplodergli in gola, si avventò prepotentemente addosso a Robinson che lo aveva largamente preso in giro e gli appioppò un pugno tanto forte da rompergli, oltre alla faccia, anche gli occhiali.

Fu Goyle, incitato da Fitz, a bloccarlo. Draco gli riservò una delle sue occhiate più crudeli. Quel tirapiedi ignorante pendeva dalle sue labbra quando ancora erano ad Hogwarts, ora invece…

“Suvvia Malfoy, siamo uomini di una certa classe, comportiamoci a modo!” lo prese in giro Grant, accompagnando la sua risatina e quella dei compagni alla propria battuta senza spessore.

“Te lo spacco quel culo da uomo a modo che hai. Sei solo un bastardo!” gli gridò contro furioso Draco.

Grant sorrise ancora compiaciuto “Lo siamo tutti, finchè hai fregato gli altri andava tutto bene, vero? Andava bene anche quando cercavi di fotterci, è così? Ma la ruota della fortuna non può sempre girare dalla tua parte Malfoy, e ora ti sta schiacciando letteralmente.”

Rise ancora in quel modo insopportabile poi si fece di nuovo serio “Paga Malfoy, niente storie o in men che non si dica vedrai questa storia dei traffici in prima pagina con il tuo nome scritto sotto. Solo che lo leggerai da una cella di Azkaban, magari accanto al tuo paparino. E non sto scherzando. Sai che siamo in grado di farlo, tu stesso hai calcolato questa manovra… grazie di averci fatto trovare il lavoro pronto! E ora sparisci da qui, ma non andare troppo lontano, sarà inutile. Noi abbiamo comunque questa….” E come a fargli capire che in un modo o nell’altro lo avevano in pugno mostrò lui la seconda chiave di sicurezza della sua camera blindata alla Gringott.

Draco non fece a tempo a chiedersi come diavolo l’avesse avuta che Goyle lo portò fuori e gli assestò, sempre su ordine di Fitz, un pugno ben piazzato dritto nello stomaco.

Quando si rialzò da terra si sentì nel modo peggiore di tutta la sua vita. In soli due giorni tutto il su bel mondo sicuro era crollato ancora. Pagati Robinson e compagnia, null’altro poteva fare e mai e poi mai avrebbe rischiato la sua giovane e bella pelle o avrebbe messo piede in una cella –era ancora dannatamente codardo per quanto riguardava queste questioni-, non rimasero che una manciata di galeoni nelle sue tasche.

Fece piazza pulita a Malfoy Manor di quanto di oscuro gli fosse stato possibile rivendere. Di certo non sarebbe andato da quell’aguzzino di Sinister, per quanto ne sapeva invece Rubenius Berthalanphy aveva ancora le vecchie mani rugose invischiate in traffici particolari, era un suo cliente da anni ormai, sapeva di potersi fidare. A suo modo era una persona molto onesta.

“Dove vai, tesoro?” la voce cinguettina di Victoria lo colse proprio un attimo prima della partenza.

“Da Berthalanphy. Devo rivendere alcune cosette. Senti chèrie, ultimamente ho qualche piccolo guaio finanziario e…” ma non riuscì a concludere la frase che Victoria si era staccata bruscamente dal suo abbraccio.

“Guaio finanziario? Uhm… io ti definirei proprio nella melma, tesoro!” fece lei, ridacchiando.

Draco sbattè gli occhi sorpreso “Scusa?” cosa poteva saperne lei di quello che era accaduto negli ultimi due giorni? Lei che a malapena era in grado di capire come funzionasse un calcolo matematico… La questione iniziava a puzzargli…

“Bè, io e Stuart siamo dispiaciuti, tesoro… Ma io mi ero stancata delle tue lune e dei tuoi atteggiamenti e anche i tuoi cari ‘soci’. Ora voglio vederti camminare ancora un metro sopra gli altri quando sarai solo coperto di stracci. E giusto perché magari ancora non ci eri arrivato, ho dato io a Stuart e gli altri la chiave di sicurezza.” Victoria osservò la propria eterea immagine nel grosso specchio accanto a loro, si sistemò i capelli, annodò meglio la sciarpa attorno al mantello e sorrise raggiante a Draco.

“Fregato! Ah, per concludere… sei anche cornuto! Addio, chèrie!” gli lasciò un bacio sulla guancia e si smaterializzò in un istante.

Dopo qualche attimo di apatia e immobilità Draco avvertì l’irrefrenabile istinto di spaccare ogni cosa, qualsiasi cosa, e sfogare la rabbia che lo stava spaccando. Era stata una dannatissima congiura!

Assestò un pugno ben piazzato allo specchio in cui un attimo prima si rifletteva Victoria ma si pentì all’istante, un paio di schegge lo graffiarono in diversi punti e dovette ricorrere ad un piccolo incantesimo automedicante.

Si buttò su un sofà con il fiato corto, quei maledetto stronzì l’avrebbero pagata un giorno! E anche quella sgualdrina di Victoria. Quello che poi più di ogni altra cosa non sopportava era che lo avessero colpito nell’onore. Preso in giro ed umiliato, tradito da una donna del genere, sul lastrico!

Non poteva andare peggio!

 

Doveva andarsene da quel luogo più alla svelta possibile, in un baleno arrivò al negozio di Berthalanphy. Aprì rudemente la porta lasciando che uno buffetto di neve esterna entrasse sollevato dal suo lungo mantello.

Fissò gli occhi grigi sul bancone ma non vide nessuno. Allora diede un’occhiata tra gli scaffali e quello che scorse non era certo il vecchio. Abbarbicata su una scala stava una donna, la poteva vedere da dietro, i fianchi morbidi stretti in un vestito pesante che le arrivava quasi al ginocchio, le gambe toniche velate dalle calze. I suoi capelli ramati erano raccolti in una crocchia, sembrava particolarmente indaffarata a cercare un libro.

Draco sollevò un sopracciglio in segno di gradimento, forse era la prima cosa carina che vedeva in quei giorni “Non sapevo che Rubenius avesse una così graziosa aiutante… Può aiutarmi signorina? Sto cercando il padrone del locale.” Disse cortesemente, sfilandosi il cappuccio dalla testa.

La ragazza scese rapida dalla scala “Mi perdoni, non l’ho sentita entrare! Il signor Rubenius è nel retro, glielo… chiamo… se vuole…”.

Il tono gentile che aveva utilizzato all’inizio era diventato strascicato e volutamente sgarbato non appena la rossa aveva alzato gli occhi e incontrato quelli di Draco. E anche lui capì subito il perché.

“Ginevra Weasley…” mormorò storcendo il naso.

“Draco Malfoy…” rispose lei asciutta, continuando a fissarlo con astio.

“Bè? Che ci fai qui? La donna delle pulizie? Chiamami Rubenius. Non ho alcuna intenzione di parlare con te.” fece perentorio.

Ginevra gli riservò un’occhiata bieca e carica di odio quindi si fiondò nel retrobottega.

Un attimo dopo ne emerse preceduta dal piccolo, vecchio e grinzoso Berthalanphy.

 “Giovane Draco, che cosa la porta da me? Ha risolto il piccolo problema di furti, poi?” sorrise arrampicandosi su uno sgabello a pochi passi dal ragazzo.

Draco sentì nuovamente la rabbia esplodergli dentro. Strinse i pugni nelle tasche del mantello e distolse lo sguardo “Diciamo che… si è risolta, sì, ma non come speravo. Al momento sono qui per chiederle se è interessato a compare questi” con un movimento rapido della bacchetta fece comparire una cassetta di legno chiusa a chiave, l’aprì in un attimo e ne tirò fuori svariati ingredienti e cose oscure.

Il vecchio e piccolo Rubenius storse il naso “Ho paura di essere fuori da un bel pezzo da questo tipo di commerci, signore. Se intendevate saldare il conto del mese di novembre con questi devo dirle che non è possibile, accetto solo galeoni.”

Per Draco fu un fulmine a ciel sereno… si era completamente dimenticato di dover pagare il mese precedente al vecchio. E gli doveva ricompensare parecchie ricerche e diversi piccoli ‘favori’… E la  cosa divertente era che non aveva più nemmeno un soldo. Sbattè gli occhi sorpreso mordendosi nervosamente un labbro. Fece per accennare ai suoi ‘piccoli problemi’ ma prima lanciò un’occhiataccia a Ginevra invitandola ad andarsene.

“Devo parlarti, Rubeus, ma fammi sparire quella.”

Rubenius sbuffò contrariato e così Ginevra che fece per controbattere. Il vecchio però la fermò “Sono anni che non metto mani in affari sporchi, o più illegali di qualche incantesimo di poco conto. Se c’è qualche affare che vuole propormi, Signor Draco, si senta libero di farlo davanti alla mia nuova assistente, nuova ma degna di fiducia.” Sembrava irremovibile.

Draco sbuffò nervosamente, non avrebbe mai raccontato quello che gli stava capitando davanti a quella stracciona solo per darle in gusto di assaporare una piccola rivincita “Non sono affari, si tratta di questioni personali.” Spiegò rapidamente.

Vide Ginevra storcere il naso “Se credi che possa anche solo importarmi qualcosa dei tuoi affari personali ti sbagli di grosso. Comunque ho da fare.” si allontanò rapidamente prendendo a catalogare diversi libri nello scaffale più lontano dal banco, comunque soddisfatta di come aveva parlato il buon vecchio Rubenius.

Draco incrociò lo le braccia al petto fissandola nervosamente, almeno ora aveva la possibilità di parlare in tranquillità con Berthalanphy “Ecco Rubenius, è un periodo molto particolare e…credo di non poterle saldare il mese precedente. Vecchi creditori di mio padre mi hanno quasi mandato sul lastrico e… quel maledetti bastardi del mio giro mi hanno sbattuto fuori. Quindi… ho poca disponibilità di liquidi in questo periodo, quindi se almeno lei potesse attendere…”

Fu la confessione più brutta di tutta la sua vita: Draco Malfoy che chiedeva aiuto. Draco Malfoy che ammetteva i propri guai ad un vecchio semi-estraneo. Draco Malfoy che si stava *umiliando*.

Il vecchio scattò giù dallo sgabello grattandosi la barba bianca e ricciuta che gli copriva il mento “Uhm… signor Malfoy, ormai io e lei ci conosciamo da qualche anno quindi non vedo perché non dovrei fidarmi di lei e concederle del tempo, ma qui si parla di affari e, me lo lasci dire, il mese scorso mi ha commissionato diversi lavori… Tuttavia non mi resta che lasciarle altro tempo ed essere clemente sperando che le sue sorti si risollevino, giovane Draco.”

Draco annuì “Grazie”. Poi rapidamente scomparve dal locale.

 

Durante la settimana seguente tutto il resto del suo mondo crollò come un castello, proprio come in un domino si era innestata una catena di reazioni che lo condusse presto a non avere più nulla. Forse fu la voce che Malfoy era stato buttato fuori dai suoi affari e che non aveva più la bellezza di un soldo a far saltar fuori ovunque debiti vecchi e nuovi, rivendicazione e piccoli ricatti. Per la leggere, lui era nel torto. Legalmente e non gli fu sfilato fino all’ultimo zellino e il peggio venne quando gli fu anche tolta la casa.

“Questa è casa mia, dannazione! Ehi, giù le mani da quel manufatto! Non potete togliermi tutto, non potete, cazzo!”

A Draco sembrava di vivere in un incubo, pian piano si vide portar via anche le cose più elementari, improvvisamente ogni sorta di ‘amico’ sparì e nessuno volle mettere le mani in quella rovinosa faccenda.

Dieci giorni dopo l’annuncio di sua madre a colazione, sua madre che era scappata indignata rifugiandosi da un lontano parente facoltoso della sua famiglia natale, Draco si trovò con un pugno di sabbia tra le mani.

Malfoy Manor venne prelevata dal fisco e quanto era rimasto al suo interno veduto a varie aste. Non aveva mai immaginato che la sua vita avrebbe potuto andare tanto male.

Quando lasciò la propria casa sotto gli sguardo curiosi e stupefatti, ma anche affamati di vendetta e compiaciuti, di vicini e conoscenti aveva con sé solamente un grosso baule con alcuni effetti personali e qualche libro antico e di valore che era riuscito a sgraffignare dalla biblioteca del maniera.

Per la prima volta Draco non seppe che ne sarebbe stato della propria vita. Non aveva soldi, non aveva un lavoro e non aveva più nemmeno una casa. Soprattutto non aveva nemmeno lo straccio di un parente o di un amico disposto ad accoglierlo.

Per la prima volta si rese conto di quanto il mondo che prima tanto amava facesse invece veramente schifo. Di quando fosse falso ed egoista, di quando fosse meschino e superficiale, effimero e maledetto. E di quanto lo fosse sempre stato anche lui.

Per la prima volta Draco Malfoy pianse, un misto tra un pianto capriccioso che gli faceva desiderare di riavere presto quanto aveva perso, un pianto auto-commiserante e un pianto di rabbia e tristezza per la persona che era.

 

Restava il fatto che non aveva dove andare. Si materializzò a Notturn Alley, poteva ancora permettersi una camera in qualche bettola di quella strada oscura forse. Al resto, bè avrebbe pensato poi.

Mentre trascinava mollemente il suo pesante baule, camminava lento ma non aveva perso la regalità che aveva sempre accompagnato la sua andatura, la peggiore delle umiliazioni sbucò da una porta a vetri e legno accompagnata da un famigliare scampanellio.

Ginevra Weasley annunciò il proprio ingresso –o meglio, la propria uscita- con una risatina “Abbiamo ancora la lingua lunga ed acida che avevamo ad Hogwarts, Malfoy? Vorrei proprio sentirti offendermi ora… La ruota della fortuna non gira mai dalla stessa parte…” decretò con un fare da saputella stronza che gli diede terribilmente ai nervi.

Grugnì tra sé lanciandole un’occhiata di ghiaccio “Allora potrai sperare che prima o poi giri anche dalla tua parte, piccola stracciona sfigata!” ribadì con la stessa acidità di quando aveva sedici anni, osservando il vestito fuori moda e leggermente liso che indossava lei.

Si scambiarono sguardo di puro disprezzo. Quella dannata ragazzina così irritante non era cambiata di una virgola!

Volarono lampi e saette, ma non certo per via dei loro atteggiamenti, un secondo dopo un temporale epocale scoppiò sopra le loro teste e Draco si fiondò all’interno del famigliare negozio per ripararsi di quel gelido e prepotente temporale improvviso.

Si levò dalle spalle il mantello già fradicio e lasciò che gocciolasse formando una piccola pozza sotto l’appendiabiti antico che si stagliava in un angolo della bottega.

Da dietro una pila di scartoffie disordinate emerse con il solito sorriso saggio il vecchio padrone.

“Buonasera, Draco. Mi dispiace, ho saputo delle sue controversie…” disse sinceramente rammaricato.

Draco annuì cupo torcendosi le mano “Rubenius, purtroppo non sono qui per saldarti i lavori di novembre, forse non riuscirò nemmeno a pagarti l’unica piccola commissione che ti ho richiesto a dicembre. Mi dispiace, sono sul lastrico.” Tanto valeva ammetterlo a testa alta piuttosto che ostinarsi. Non gliene importò un accidenti del fatto che Ginevra Weasley fosse lì nella stessa stanza, che magari stesse gioendo infinitamente di vederlo ridotto uno schifo e senza più nulla di cui vantarsi, l’unica cosa che voleva al momento era un po’ di tregua e un tetto sopra la testa per quella notte gelida.

Alla fine aveva perso tutto, compresa la faccia. Esattamente come suo padre, avevano fatto entrambi le mosse sbagliate ed erano finiti nel peggiore dei modi. L’uomo che tanto ammirava da piccolo, l’uomo che aveva odiato nella sua giovinezza, ora era esattamente come lui. Fregato e giocato dalle sue stesse scelte sbagliate, il coltello che prima teneva ben saldo per il manico si era improvvisamente rivoltato verso di lui. Non aveva più ricchezza, non aveva più fama ed onori, non aveva più rispetto. Presto probabilmente avrebbe perso anche quel briciolo di orgoglio a cui cercava disperatamente di aggrapparsi ancora.

Rubenius annuì grave “Capisco. Non posso chiederti quello che non hai. Sono sicuro che quando la situazione si riprenderà potremo sistemarci. Nel frattempo buona fortuna giovane Draco. Sono sicuro che ci rivedremo presto.” Sorrise compiaciuto col fare di chi la sapeva molto lunga.

Draco rispose con un cenno del capo “Arrivederci”, si ricacciò velocemente il mantello sulle spalle, riagguantò il proprio baule e lo trascinò fuori, sotto la pioggia che iniziava calmarsi.

Passò accanto alla Weasley senza degnarla di uno sguardo, le riservò solo un “Ciao” strascicato e nessuna cattiveria, quindi sparì dietro la porta.

 

Qualcosa in quell’aria abbattuta e rassegnata colpì Ginevra, Draco Malfoy aveva toccato il fondo e lei sapeva bene come ci si potesse sentire. Per un brevissimo istante lo sentì vicino e dimenticò la gioia che la notizia della sua disfatta aveva generato inizialmente in lei. Quello che fece dopo non se lo seppe mai spiegare, salutò Rubenius, prese il suo mantello e corse seguendo un impulso fuori dal locale, si bloccò sull’ingresso per non prendere la pioggia e lo chiamò a gran voce “Malfoy, ehi Malfoy!”

Draco, che era qualche metro più avanti, si voltò inespressivo “Che c’è?”

“Dove andrai?” domandò decisa.

“Che t’importa!?” non riusciva a capire dove volesse andare a parare. Forse voleva solo prendersi un po’ gioco di lui, quella dannata strega.

“Bè, visto che non hai più niente… io non so perché ti sto proponendo questa cosa ma… non abito molto distante da qui e c’è un bel divano comodo nel mio salottino.” Improvvisamente iniziò a chiedersi cosa diavolo stesse facendo.

Draco inarcò le sopracciglia con quel fare che tanto le dava ai nervi “Non metterei piede a casa tua nemmeno se fosse l’unico posto al mondo, Weasley!”

Ginevra ebbe modo di pentirsi all’istante di quel gesto di gentilezza immeritato, doveva saperlo come avrebbe reagito! In fin dei conti aveva passato sei lunghi anni ad entrare in conflitto con lui.

Un tuono potente ruppe il silenzio che era calato, lei si risistemò meglio il berretto sul capo e aprì il proprio grosso ombrello blu cercando riparo. Lanciò una significativa occhiata al cielo plumbeo e sentì l’acqua scrosciare più forte attorno a sé, si avviò per la strada superandolo rapidamente e senza degnarlo di attenzioni.

In men che non si dica Draco si ritrovò bagnato fin nel midollo. Bè, non aveva più nulla ormai, se anche rinunciava ad un po’ di orgoglio e accettava una mano tesa non faceva differenza, non aveva niente da perdere. Lei era stata… gentile. Nessuno era mai stato così con lui. Forse poteva provare.

“Ehi, aspetta… Weasley!” la richiamò correndole dietro e trascinando nelle pozze d’acqua il baule in mogano.

“Weasley! Forse ho cambiato idea…” insistette vedendo che lei non rallentava.

Gin si bloccò di scatto e voltandosi replicò con tono arrogante “Cosa ti fa credere che lo abbia fatto anche io?”. Però rise divertita e questo tradì le sue false intenzioni.

Draco sogghignò “Mi auguro che tu viva da sola perché non potrei mai reggere altri Weasley, tu sei già una sofferenza. Ma ce l’hai una camera degli ospiti, vero?”

Lei gli coprì il capo con il grosso ombrello facendo strada “Un gatto e un divano.”

“Eh?”

Rise di nuovo “Il mio unico coinquilino è un gatto, anzi una micia, e dovrai accontentarti del divano. Non sei certo costretto ad accettare…” aggiunse rapida vedendo il naso all’insù del ragazzo arricciarsi per il disappunto.

“Peggio di così… mi ricatti e ti prendi gioco di me solo perché non sono in condizioni di rifiutare o controbattere!” Draco incrociò le braccia al petto dopo aver incantato con un Locomotor il proprio baule.

Lei alzò le spalle civettuola “Forse… E mi sto anche divertendo un mondo!”

Lui sbuffò contrariato continuando a seguirla chissà dove. Non si chiese dove stesse andando, né cosa ne sarebbe stato di lui. Semplicemente camminò sotto la pioggia mezzo riparato da un grosso e vecchio ombrello lasciando che quella che in fondo era ancora una ragazzina si prendesse gioco di lui. O forse se ne prendesse cura.

 

 

Continua….

 

 

Eccomi qui! Scusate il ritardo ma mi son goduta le mie belle vacanze a spasso per Londra (Sììì!! Sono stata a King’s Cross!! *.* Binario 9 e ¾!! Peccato che avessi un largo mese d’anticipo sulla partenza x Hogwarts…). Ma sono tornata. ^^

Come c’era d’aspettarsi questo è il capitolo introduttivo su Draco. Ormai avrete capito che amo mandare sul lastrico i miei personaggi. Bè, volevo colpirli con qualche piccola sfiga che facesse cambiare direzione alla loro vita e li portasse lungo lo stesso binario. E non credo che il Draco Malfoy spocchioso, ricco e altolocato si sarebbe mai avvicinato a Ginevra se non in caso di emergenza. Come vedete anche questo personaggio è un po’ cambiato, lo snobbismo draconiano è rimasto di fondo ma per il resto un pochetto è cresciuto anche lui.

Mi raccomando, tengo tanto ai vostri pareri quindi fatemi sapere che ve ne sembra di lui e questo capitolo in generale.

^^

Ora vi ringrazio tutti come al solito per le belle recensioni ^3^

Nyla: grazie grazie!! Eh, povera Ginny… e povero Draco aggiungerei!!!!! Anche se gli sta bene :P

Luna Malfoy: Ooooh, ma che tesoro!! Grazie grazie!! Anche io vado pazza per le Ron/Herm… non potrebbe essere altrimenti. Sono contentissima che segui anche questa mia storia, mi raccomando fammi sempre sapere che ne pensi. ^3^ Baciii!

Angele87: Ciao cara! Visto come è messo Dracù? Povero! Il salto temporale era necessario, volevo mostrare i personaggi già avviati per la loro strada, per come stavano ad Hogwarts non riuscivo a combinare nulla di buono per avvicinarli senza stonare, ora sì! Grazie di tutto ^3^ ciù!

Anonimo:Ma perché non ti firmi!!! ACCIDENTI! *Ly scalpita* Comunque grazie, io continuo sempre… prima o poi…

Buffy: ciao carissima! Grazie per la bella recensione come sempre *ops, devo ancora mailarti!!!*. Naturalmente sul distacco che c’è tra gin e la famiglia salteranno fuori molte cose a suo tempo… nel frattempo che ne dici di Draco? Un baciottone, Buffy! Ah, grazie per i complimenti per il negozio, vado molto fiera di quella parte!! ^//^

Vale: grazie! Sul What If sto macchinando… magari presto arriverà un capitolo (Forse…) ^^

Isilascar: ciao cara! ^^ Tranquilla per la pastrugnata di commenti, a me fa solo piacere vedere che qualcuno si impegna tanto per commentare… GRAZIE!! Ed ecco il seguito, un po’ in ritardo causa pausa vacanze, eh eh! Che ne dici? Oh, allora ringrazierò Pan cara per avermi procurato una super commentatrice come te ^^. Cosa studio io? Devo iniziare il terzo anno per Scienze Dell’Educazione. Tranquilla non mi ruba così tanto tempo da non riuscire a scrivere (T.T Bè, inzomma…), poi ora non ho esami… evviva!! Ma dovrei studiare… si devo! Corri Ly, vai a studiare! Baci baci

Klaretta: caspita, ti è piaciuto così tanto il capitolo di Gin? Oh, sono contenta!! Spero di non deluderti con gli altri. Ciao!

Dark Crystal: Triste capitolo? Bè, anche questo è un po’ grigio… Però quello di gin era un po’ spietato, lo ammetto! Bè, se anche tu sei moooolto sfigata quando la dea nera ti tocca… BENVENUTA NEL CLUB!!! ^^ grazie e baci!

Ryta Holmes: ciao cara! Oh, sono contentissima che ti piaccia!!!! ^^ Più che altro spero continuerai ad apprezzarla, la Gin tormentata dalla maschera ora respira un po’, come avrai letto nello scorso capitolo. Però ci sono altre grane. Mi piace torturare questi due. Soprattutto Malfoy… oh oh! Un baciotto!

Too: ecco qui la mia recensionista più sincera!! Grazie di aver letto e commentato anche questo, cara! Immedesimarmi in Malfoy è stato difficile, sono il contrario di lui per cui è stato uno sforzo, però ci ho provato. Sinceramente non mi sembrava malaccio, ma se da questa impressione… Ok, sono troppo pigra per modificare il capitolo. Resta com’è!! Aha!! Fatti sentire ancora! Baci

Pan_z: spiazzata? OTTIMO!!! Adoro spiazzare… spero che però tutto diventi più coerente più avanti, altrimenti ho fatto fiasco… In effetti quel cap doveva proprio essere uno stacco netto. Mi farai sapere allora a che conclusione giungerai? Un baciottissimo, tesssora! Ti scrivo presto e tu… AGGIORNA!!!! >.<

Ale: Hai fatto in tempissimo, ciccia! E grazie come al solito, sapere che riesci sempre ad immedesimarti mi fa piacere!!! Eh, anche io la vedo molto bene nei lavori a contatto con le persone, ha estro ed è comprensiva, Gin! Però al San Mungo non ha funzionato… speriamo che con Rubenius vada meglio! Tranquilla, si vedrà spesso il nostro vecchio amico. Ed ecco qui il chap tutto scavature di Draco… che ne dici? Baci baci e grazie, gli esami sono andati discretamente sul 28! L’ultimo l’ho saltato clamorosamente privilegiando la partenza per le vacanze :P

Angi e Gius: E infine voi care!! Ecco l’aggiornamento richiesto, eh eh! Che ne dite? Sono stata perfiducccia anche con Draco o troppo poco? Un baciotto gemelline!

E poi… grazie anche a Ran che prima o poi riemergerà dai libri di matematica e biologia e si sparerà tutta sta sfilza di capitoli, ti ringrazio anticipatamente ciccia!! ^3^

 

Buone vacanze a tutti, a presto e grazie come sempre, siete stupendi!! =^.^=

 

Ly

 

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Capitolo 8
*** 8- Sotto Lo Stesso Tetto ***


8 – Sotto Lo Stesso Tetto

8 – Sotto Lo Stesso Tetto

 

 

Quando Draco vide spalancarsi il portoncino in legno della vecchia - ed era fare un complimento - palazzina si sentì mancare. All’interno la luce era fioca ma il suo occhio abituato a ben altri tenori riuscì clinicamente a scorgere l’intonaco giallino dei muri scrostato, il corrimano delle scale in radica decisamente troppo tarlato e i ripidi gradini in pietra eccessivamente consumati. Il suo naso si arricciò automaticamente mentre il portone si chiudeva alle sue spalle con un tonfo smorzando lo scrosciare della pioggia e Ginevra, davanti a lui, saliva velocemente le scale.

“Forza! Non ti aspetterai che degli elfi domestici vengano a prendere il tuo baule e ti diano il benvenuto levandoti di spalla il mantello, vero?” lo canzonò la rossa.

Lui grugnì infastidito “Per la verità sì. Ma anche se lo facessi tu, portare il baule intendo, andrebbe bene lo stesso.”

“Rimarrai deluso allora” E Ginevra sparì su per le scale lasciandolo solo nell’ingresso.

Sospirò scuotendo la testa bionda, ancora ammantata. Ma cosa diavolo stava facendo? Lui! Lì! In quel posto sudicio e da pezzenti. Lui che… Lui che non valeva più nulla in effetti…

Raggiunse un compromesso con sé stesso, sarebbe rimasto lì il minimo indispensabile per guadagnarsi in qualche rapido modo almeno una manciata di galeoni dopodiché avrebbe cancellato quell’umiliazione da ogni suo ricordo. Avrebbe cancellato quell’orribile palazzina e quella fastidiosa e maleducata rossa. Senza troppo entusiasmo incantò il proprio baule e salì le scale tortuose, tenendo il proprio bagaglio sollevato davanti a sé. Raggiunse la cima ansante, appesantito dalla stanchezza di quella bruttissima giornata, e trovò Ginevra alle prese con chiave e bacchetta, intenta ad aprire la vecchia porta scura. Stava osservando scettico il tappeto davanti all’uscio che dava il benvenuto a lettere colorate, fermamente convinto che non sarebbe comunque stato un piacevole soggiorno, quando l’aprirsi di una porta alle loro spalle ne richiamò l’attenzione.

“Oh, Ginny! E’ sempre un piacere…” un ragazzotto dall’aria scialba si illuminò alla vista di quella che doveva essere la vicina di casa. Draco capì al volo che quello scemo ne doveva essere tremendamente invaghito e attratto: un attimo dopo infatti vide il suo sguardo scivolare sul fondoschiena della ragazza, che era tornata a dargli di spalle.

“Stuart… buona giornata” rispose telegrafica lei infilandosi dietro l’uscio e richiudendoselo alle spalle. Draco sghignazzò divertito dell’elettricità che in pochi attimi aveva riempito l’aria.

Poi sentì lo sguardo del sempliciotto fisso su di sé e gli rivolse uno sguardo glaciale, molto più chiaro di mille inviti a guardare altrove. Il ragazzotto balbettò uno stentato “Mi scusi… non la guarderò più!” quindi partì alla discesa delle scale, con le mani infilate nelle tasche del mantello.

Grugnì appagato del fatto che la sua sola presenza serviva ancora ad intimorire qualche stupido e aprì l’uscio dell’appartamento di Ginny.

Abituato a ben altre dimensioni credette di poter essere colto da un attacco di claustrofobia quando vide il piccolissimo salotto dal soffitto spiovente gremito di scaffali ricoperti di libri arredato solo con un vecchio divano cremisi, un tavolino di legno sovrastante un tappeto smunto, un comò fuori moda e un focolare acceso ad accoglierlo. Sembrava tutto vecchio e sbiadito in quel minuscolo buco, un po’ come la vecchia carta da parati color salmone. Ginny accese rapida con un colpo di bacchetta una lampada incantata in ferro battuto e carta di riso e una luce tenue si diffuse nella stanza. La vide scostare una tenda colorata per tutta la sua lunghezza e rivelare un tavolo da pranzo –ma possibile che lo fosse davvero, poi, così piccolo e corto com’era?- e qualche sedia sparuta, delle credenze in legno chiaro, quello che sembrava un vecchio forno e dei fornelli e una di quelle cose babbane che dovevano probabilmente chiamarsi televistore appoggiata su una mensola un po’ storta. Nemmeno il suo secondo bagno era piccolo come quelle due stanze messe insieme! Sfiorando appena una mensola accanto a lui constatò che per lo meno tutto quell’ammasso di roba vecchia non era anche coperto di polvere. La Weasley doveva essere valida come elfa domestica! Ridacchiò della sua battuta e fu riscosso dai suoi pensieri solo quando una piccola palla di pelo iniziò a farsi le unghie contro la fiancata del suo baule.

“Ehi! Lontano da me e dalle mie cose, bestiaccia!” lo allontanò con un calcetto poco gentile e in tutta risposta il gattone arcuò la schiena e gli soffiò contro. Malfoy lo fece allontanare con un minaccioso movimento della gamba e un verso rauco. Sbuffò tremendamente infastidito: se c’era una cosa che detestava ancora più della miseria erano i gatti!

“Ehi, lascia in pace Trixy! Se non ti piacciono i gatti sono fatti tuoi, torcile un solo baffo e ti ritroverai sulla strada. Scaraventato dalla finestra però” iniziò lei minacciosa, sbattendo avanti a sé un grosso cucchiaio di legno. “E ora puoi anche levarti il mantello e andare a farti un bagno se vuoi, hai un aspetto veramente orribile!” lo canzonò lei tornando alle sue faccende.

Era stanco ed aveva veramente un aspetto orribile, tanto che non trovò nemmeno la forza di replicare alla piccola provocazione di lei. Si sfilò nervosamente il mantello, appendendolo all’attaccapanni e cercò a naso il bagno. La sua esperienza con quello fu ancora più traumatica del primo incontro con il salottino e la cucina.

Quando si fu spogliato e schizzinosamente infilato sotto la doccia scheggiata girò lentamente i rubinetti opachi. Sentì gorgogliare qualcosa e ben presto si ritrovò rivestito di melma verdognola da capo a piedi. Imprecò diverse volte e la rabbia crebbe quando sentì la rossa ridacchiare aldilà del vetro smerigliato della porta.

“Oh, scusami! Forse ho dimenticato di dirti che prima di aprire il rubinetto dovevi fargli un piccolo incantesimo di spurgo… Sai, queste cose succedono ogni tanto quando le tubature sono vecchie… Mi dispiace tantissimo!” fece tutta ironicamente mortificata.

“Dannata Weasley! Te la rinfresco io la memoria dopo!” rispose lui tra i denti, raschiandosi di dosso quello schifo, ora che l’acqua aveva preso a scorrere calda e cristallina.

Quando, troppo tempo dopo, rifece capolino nel soggiorno trovò la Weasley seduta al tavolo che torturava distrattamente con una forchetta qualcosa che aveva nel piatto. Quando lo vide arrivare si riscosse “Oh, finalmente! Erano tre mesi che non ti lavavi per caso? Ce ne hai messo di tempo…”

Draco si indispettì “No, è che per colpa di una stronzetta di mia conoscenza ho dovuto passare mezz’ora a levare lo schifo che esce dai tuoi lavandini dai miei bei capelli!” ringhiò.

“Bè, come vuoi. Ora mangiamo, ho una fame tremenda!” e senza aspettare risposta inforcò un boccone di spezzatino dal piatto.

Draco si sedette titubante al tavolo, fissò col naso storto quella roba informe che si trovava nel piatto davanti a lui. Non riusciva nemmeno a capire cosa fosse…

“Senti, non sarà mica una cena questa roba? Dov’è la prima portata? E non c’è nemmeno del vino su questo tavolo…” precisò fissando la caraffa di semplice acqua vicino al bicchiere. Non aveva mai mangiato in condizioni tanto misere!

Lei alzò le spalle “Nessuna prima portata, signorino! Questo passa il convento e se vorrai mangiare lo spezzatino bene, altrimenti farai digiuno! E io di vino non ne ho mai bevuto, senza contare che soldi da spendere in bevande superflue non ne ho quindi, se hai proprio sete, ti farai bastare l’acqua. Se il servizio non è di tuo gradimento puoi anche andartene subito” e continuò tutta tranquilla a mangiare il proprio delizioso pasto, complimentandosi con se stessa perché le patate erano riuscite davvero ottimamente.

Draco sbattè forte le mani sul tavolo, scostò così bruscamente la sedia all’indietro che questa ricadde con un tonfo, sorprendendo Ginny che rialzò immediatamente la testa dal piatto.

“Non accetto oltre questa stupida umiliazione!” e senza aggiungere altro si alzò e se ne uscì sbattendo la porta.

Ginevra rimase frastornata a fissare l’uscio chiuso, la forchetta con infilzata una patata ancora a mezz’aria e la bocca semiaperta per lo stupore. Cercò di ignorare la situazione e addentò il proprio boccone nervosamente. Tuttavia fece molta fatica a mandarlo giù. O forse fece fatica a mandar giù quella brutta sensazione che la sua coscienza le stava procurando… Era una sorta di dispiacere, lo stesso che aveva provato qualche ora prima quando aveva visto Malfoy andarsene mestamente dal negozio di Rubenius bagnato fradicio e trascinando il proprio baule sotto l’acquazzone. Perché doveva essere così dannatamente sensibile? Perché ora che poteva riprendersi la sua rivincita di tanti anni di dispetti e beffe doveva provare dispiacere per lui? Perché ci era passata e sapeva quanto fosse brutto sentirsi così miserevoli e senza valore. Si alzò rapidamente dal tavolo, pensò che avrebbe potuto cercarlo e dirgli di tornare, ma sarebbe stato così umiliante per lui! Non se la sentiva di essere cattiva, in quel momento. Avrebbe potuto tormentarlo poi, si promise, ma non quella sera. Sapeva quando era il momento di lasciar perdere lei.

Poi vide il grosso baule ancora accanto al sofà e il mantello appeso alla gruccia, se non era così pazzo sarebbe tornato… Conosceva bene il tipo che era, non se ne sarebbe andato in giro per la città deserta e senza uno straccio di mantello a ripararlo dalla neve e dal freddo invernale nemmeno in preda al più lancinante attacco di pazzia. Si sedette sul divano e attese paziente dopo aver messo al caldo la cena di entrambi con un piccolo incantesimo casalingo.

Che strano, si ritrovò a pensare, se solo la mattina prima mi avessero detto che me ne sarei stata qui sul mio divano ad aspettare Draco Malfoy per cena non ci avrei creduto, probabilmente avrei riso dell’assurdità… Le persone sono davvero originali…

Si torturò un poco l’orlo della maglia che indossava lanciando occhiate fugaci alla porta. Presto due colpi decisi rimbombarono dall’esterno.

Ginny schizzò in piedi e aprì la porta con un colpo rapido di bacchetta riponendola poi lesta nella tasca. Stava per esortare il suo nervoso ospite ad entrare quando si trovò davanti la figura minuta di Stuart.

“Ciao Ginny! Ecco, volevo solo salutarti, magari invitarti per un caffè… Come stai? Chi è quello strano ragazzo di prima? E’ ancora qui?” domandò adocchiando circospetto la stanza davanti a lui per poi tornare a guardare imbambolato il volto scocciato di Ginevra.

Lei sospirò alzando il capo al cielo. Quel ragazzo che sembrava la persona più gentile del mondo, all’inizio, si era rivelato una vera tortura “Ciao Stuart, scusa ma non ho tempo per un caffè. E sto aspettando… il mio amico… che è uscito un attimo a prendere una cosa. Dobbiamo ancora cenare, mi spiace. Ciao” e fece per richiudergli la porta in faccia ma questo manifestò un’inaspettata forza riuscendo a riaprirsi un varco e a intrufolarsi in casa.

“Ma Ginny –protestò fermamente contrariato- Lo sai quanto tempo è che non usciamo assieme? Stiamo trascurando la nostra relazione!” obiettò diventando nervoso.

Lei sbuffò ancora “Non abbiamo nessunissima relazione, Stuart!”. Ora iniziavano le note dolenti. Avrebbero di nuovo finito per litigare, lei si sarebbe infuriata, lui si sarebbe innervosito, le avrebbe fatto la solita scenata e poi se ne sarebbe andato con le lacrime agli occhi facendola sentire un verme. Non aveva mia conosciuto un ragazzo più fastidioso di lui! Ma come diavolo aveva fatto a… Oh, non voleva nemmeno pensarci! Scacciò lesta quel brutto ricordo dalla mente e portò le mani ai fianchi, attendendo la sua risposta.

“Ma… e quello che c’è stato tra di noi? Ginny, non puoi trattarmi così, maledizione! Noi abbiamo condiviso qualcosa di importante, di fondamentale! Abbiamo avuto una storia meravigliosa!” iniziò a strillare.

“Proprio per niente! Siamo usciti solo un paio di volte e… e poi abbiamo commesso un errore! Tutto qui! Non farmelo ripetere ogni volta” chiuse gli occhi esasperata.

“Un errore? –il tono di voce del ragazzo crebbe di un’ottava- Ma io ti amo, Ginny! Non posso assolutamente credere che non provi lo stesso per me! Oh, Ginny, ti prego! Non trattarmi così… vorrei solo uscire con te ancora una volta, solo una parola gentile, un bacio… -la supplicò sull’orlo delle lacrime- Sei crudele con me…”

Lei perse definitivamente la pazienza, non che le bastasse così poco per incollerirsi ma quella era con tutta probabilità la centesima volta dalla primavera passata che si ripeteva quella scena. Fece per rispondere seccata quando vide Draco nel pianerottolo delle scale guardarli allibito e, non le sfuggì, anche divertito. La manna dal cielo!

Si illuminò corse fuori superando il ragazzetto di fronte a lei e si portò alle spalle di Malfoy spingendolo garbatamente dentro casa “Oh, eccoti finalmente! Ce ne hai messo del tempo, mi hai fatto stare in pensiero! Avanti tesoro, ceniamo che sto morendo di fame!” e ridacchiò giuliva.

Spinse fuori poco garbatamente Stuart e gli richiuse l’uscio dritto sul naso senza dargli la possibilità di proferire verbo.

La porta sbattè e quando tutto fu silenzioso sospirò sollevata.

Malfoy, infastidito, si scrollò le mani di lei ancora appoggiate sulle spalle “Ehi, levami le zampe di dosso! E poi cos’è questa confidenza? E guarda che sono tornato per prendere le mie cose e andarmene, sei la donna più fastidiosa e grossolana che conosca. Non accetterò la tua falsa pietà e le tue prese in giro un minuto di più” sibilò con capo alto e orgoglioso.

Lei annuì col capo “Aha, andiamo a tavola, l’incantesimo di riscaldamento non durerà per sempre. Mangiamo o tutto si fredderà” rispose come se non avesse ascoltato una sola parola del ragazzo.

Draco rimase spiazzato. Quella era un’altra provocazione, ne era sicuro. Fece per rispondere quando un sonoro brontolio di stomaco lo mise a tacere ricordandogli che non toccava cibo dalla sera prima, col trambusto che c’era stato in quella orribile giornata da dimenticare. Lei gli lanciò una significativa occhiata divertita e a lui non rimase che arrendersi miseramente.

Schizzinoso e diffidente avvicinò un boccone di cibo alle labbra… Quella maledetta megera avrebbe anche potuto avvelenarlo! O mettere chissà cosa nella sua cena per prenderlo in giro come aveva fatto fino a quel momento… Non poteva mangiare così a cuor leggero! L’ennesimo brontolio tuttavia cancellò ogni diffidenza dalla sua mente e addentò con avidità il boccone di carne. E scoprì che, nonostante l’aspetto orrendo di quello spezzatino brodoso era davvero buonissimo. Si sforzò di non sembrare troppo deliziato però, non le avrebbe mai dato anche questa soddisfazione!

Divorò rapido e silenzioso tutto il contenuto del suo piatto e la porzione di macedonia che lo seguì.

Per tutto il pasto non si cambiarono una sola parola, perlomeno per evitare di litigare anche con il cibo in bocca. Gli unici rumori erano quelli delle posate che tintinnavano contro la porcellana economica dei piatti e qualche sporadica parola di Ginevra che si rivolgeva al suo bel gattone, anche lui intento a divorare il suo pasto in una ciottolina col suo nome posta ai piedi del tavolo.

Quando ebbe sparecchiato il tutto la ragazza prese ad armeggiare sul divano tirando fuori cuscini vari e una grossa coperta pesante fatta a patchwork. Draco si guardò attorno curioso chiedendosi dove sarebbe stata la sua camera, tutta quella orribile avventura si era abbattuta su di lui con la forza di un ciclone causandogli una tremenda emicrania e non vedeva l’ora di mettersi a letto e dormire a lungo.

“La mia stanza?” domandò senza troppi fronzoli.

“Ci sei già” rispose con semplicità Ginevra sistemando un lume sul tavolino davanti al divano.

“Come scusa?” domandò lui senza capire ma col vago sospetto che quelle parole non promettevano nulla di buono.

“Intendo che non c’è nessuna altra stanza. Dormirai qui, sul divano” specificò indicando quella che sembrava la cuccia di un cane di grossa taglia.

Draco sollevò entrambe le sopracciglia, incredulo, non aveva mai dormito su un letto con meno di due piazze e ora gli si stava proponendo di dormire su… su un coso di almeno trenta centimetri più corto di lui, vecchio e che con molta probabilità dava di muffa, scomodo e duro… Era improponibile! Non poteva mandar giù anche questo affronto! Quella megera di una Weasley si stava deliberatamente prendendo gioco di lui, non avrebbe permesso che quella presa in giro si protraesse oltre.

“Mi prendi in giro? Io – non –ci – dormo – su – un – divano – muffoso!” sibilò stando ben attendo a scandire ogni singola parola. Strinse i pugni, sentiva la rabbia fargli ribollire il sangue, il suo cuore aveva iniziato a battere furiosamente. Con due minacciose falcate si era stagliato davanti a lei, chinando il capo fiero solo per incontrare gli occhi di lei, appena qualche centimetro più in basso.

Le avrebbe mollato un pugno se solo… Ma che diamine, non si era mai fatto scrupoli di spintonare una donna se questa se lo fosse meritato! In effetti dovette ammettere che le avrebbe mollato un ceffone se non avesse avuto una fifa tremenda delle conseguenze… Già una volta era finito in un letto d’ospedale per mano di Genera Weasley e non era stata una piacevole esperienza.

D’un tratto si sentì miserevole. Era in balia di lei e delle sue prese in giro. Non aveva abbastanza spina dorsale per reagire e nemmeno per andarsene di lì. Il suo orgoglio si fece in mille pezzi.

Distolse lo sguardo da quello di lei, così irritantemente tranquillo e divertito.

Diede un calcio nervoso al baule ai piedi del suo nuovo letto –che gioia!- e lo aprì rabbiosamente afferrando un pigiama e quella che doveva essere una vestaglia da camera.

“Te ne vuoi andare, almeno mi cambio?” ringhiò sull’orlo di una crisi di nervi.

Ginevra sorrise, sempre profondamente divertita “Certo, vado a farmi una doccia. Buonanotte signorino viziato!” quindi sparì nel minuscolo e claustrofobico corridoietto ingombro di roba che conduceva al piccolo bagno profumato.

Draco cercò di cambiarsi nervosamente, non riusciva di certo a sentirsi a suo agio in quella topaia con la Weasley. E se quella pazza fosse sbucata all’improvviso dal bagno? Mica si poteva cambiare lì per farsi trovare all’improvviso magari nudo come un verme! Non c’era nemmeno lo straccio di una porta in quel… come lo aveva chiamato? Soggiorno…

Attese che ebbe finito. E attese così a lungo che quasi perse la pazienza “Ti vuoi muovere? Non c’è niente che tu possa fare per migliorare quel tuo aspetto scialbo in ogni caso, Weasley! E io mi devo cambiare e lavare i denti!” imprecò rivolto alla porta.

La sentì sbuffare irritata ed ebbe la certezza che quelle sue parole avrebbero sortito l’effetto opposto, probabilmente stava facendo tutto ancora più lentamente ora. Si maledisse per questo e maledisse anche lei.

Quando ben mezz’ora dopo ebbe finito, Draco si infilò dentro al bagno e rimase infastidito dall’odore dolciastro che permeava la stanza. Così diverso dai profumi seducenti che usava Victoria! Era davvero una sempliciotta la Weasley! Aprì la finestrella ad oblò che dava nel buio della notte e respirò l’aria fredda dell’inverno cercando di distendere i nervi e rilassarsi mentre si pettinava i capelli sempre biondissimi.

Quando uscì, comodo nel suo pigiama di seta e avvolto dalla vestaglia raffinata, sentì la ragazza augurargli sarcasticamente sogni d’oro dalla stanza accanto. Probabilmente la piccola porta rossa situata nell’angolo dava nella sua stanza. Cercò di non pensare a chi si trovava aldilà di quel muro vecchio e non rispose nemmeno. In silenzio e massaggiandosi le tempie per la stanchezza si buttò sul divano.

Al buio rischiarato appena dalle braci del camino che si stavano lentamente spegnendo lanciò un’occhiata attorno a sé. Non aveva mai visto una casa tanto piccola e tanto vecchia, nemmeno la più umile stanza di quella che era Malfoy Manor era paragonabile a quel buco! Però dovette riconoscere che aveva qualcosa di particolare, quel piccolo buchetto. Con le sue carte da parati scolorite, con i soprammobili bizzarri, il grosso orologio a cucù, le tende colorate e i vecchi mobili acciaccati, e persino con quei ridicoli disegni di bambini attaccati in qualche angolo era… accogliente, sì. Era una tana calda. E non voleva certo riferirsi al grosso camino di fronte a lui…

Quando si infilò sotto le coperte fu sorpreso di notare che riusciva a entrare tutto e perfettamente nella lunghezza del divano –la Weasley doveva averlo incantato in qualche strana maniera! La cosa lo irritò…non si aspettava quell’atto di cortesia. Ma soprattutto fu sorpreso di quanto fu piacevole addormentarsi sprofondato nei grossi cuscini morbidi che non davano certo di muffa ma profumavano deliziosamente di casa, sapevano di tenero.

 

Quando Ginevra si svegliò, richiamata dal cicaleccio della sveglia sul comodino che le ripeteva in continuazione “Alzati, pigrona! Rubenius ti aspetta in negozio! Al lavoro, al lavoro!”, ed uscì dalla propria stanza fu sorpresa di andare a sbattere contro un grosso baule.

Ma cosa diamine ci fa un baule qui?

La risposta si affacciò immediatamente alla sua mente assieme ai ricordi della sera precedente quando intravide dei ciuffi biondo platino spuntare da una massa confusa di coperte sul suo divano.

Ridacchiò all’idea di Malfoy dormiente su un vecchio divano, lo superò facendo attenzione a non fare casino sbattendo qua e là, non voleva certo svegliarlo! Se non altro per non averlo fra i piedi sin dal primo mattino.

Mise a preparare la colazione incantando frusta e uova per una bella porzione abbondante di pancake e la caffettiera per la sua dose mattutina di caffeina quindi sgattaiolò in bagno dove si preparò alla benemeglio per affrontare un’altra simpatica giornata di lavoro.

Si trovava benissimo da Rubenius, ringraziò se stessa per essere stata così avventata da avergli chiesto lavoro quel pomeriggio di qualche settimana prima. Certo, certe volte non faceva altro che levare polvere a destra e a manca –incredibile la quantità di polvere che si depositava ogni giorno in quel vecchio negozio!- ma spesso Rubenius le chiedeva di darle una mano con qualche pozione particolare, con qualche difficile ricerca sui libri e soprattutto adorava quando le raccontava delle sue vecchie avventure, quando invece che starsene seduto su un vecchio traballante sgabello dietro al bancone ingombro Rubenius girava il mondo come ricercatore di manufatti antichi e preziosi… Su commissione e non.

La sua storia preferita era quella che narrava la ricerca di una piccola e consumata statuina di gesso rappresentante un Drago. Un’avventura bellissima che l’aveva portato fino in Cina. A Ginny pareva di stare a leggere uno dei suoi libri meravigliosi!

Così, ogni mattina, si svegliava sempre molto volentieri per raggiungere il vecchio negozio e il suo gentile padrone.

Sentì la caffettiera gorgogliare e tornò rapida in cucina per servirsi una grossa tazza di caffè ben zuccherato mentre gli strumenti incantati sfornavano la sua razione di pancake.

Si accomodò al tavolo sulla sua solita sedia, quella con il cuscino rosso di velluto un po’ rovinato, e dopo una coccola a Trixy che si strofinava contro le sue gambe lanciò un’occhiata a Draco che dormiva beatamente.

Tutte quelle storie per stare sul divano e poi guardatelo, dorme come se non avesse un solo problema al mondo!

Sbuffò ma decise che lo avrebbe lasciato dormire ancora un po’. In fondo le faceva un po’ pena… Anche lei dopo quella orribile giornataccia in cui aveva perso il lavoro aveva avuto bisogno di dormire a lungo per riprendersi di tutto lo stress.

Lanciò un’occhiata all’orologio, le nove meno venti. Era ora di andare. Si avvolse nel mantello, si legò stretta la sciarpa attorno al collo e si calò il berretto fin sugli occhi, afferrò la borsa e si preparò ad uscire.

Lanciò un’ultima occhiata a Malfoy e la tentazione fu troppo forte… Si avvicinò e prendendo fiato gli gridò dritto in un orecchio “Sveglia Malfoy! Non si può sempre dormire, pelandrone!”

Si spostò appena in tempo da evitare una capocciata. Il ragazzo infatti era balzato immediatamente a sedere imprecando contro la fonte di quelle urla acute. Mezzo incastrato nelle lenzuola e in bilico sull’orlo del sofà era però caduto come una pera cotta ritrovandosi sdraiato sul parquet.

Ginevra poco distante si sbellicava dalle risate. Il biondo, ancora frastornato, si grattò la testa cercando di districarsi da quel groviglio di coperte pesanti. Grugnì risedendosi sul divano e guardandosi attorno spaesato. La Weasley non gli lasciò il tempo di risvegliarsi o di porsi domande, con la sua voce acuta gli ricordò che “Ci sono ancora tutti i piatti da lavare da ieri, e naturalmente quelli della colazione di oggi.”

Lui la guardò incredulo.

Lei sbuffò portando le mani ai fianchi “Non crederai che faccia tutti io, mio caro! Io ho cucinato, tu lavi! Facile, no?” fece con un sorriso sornione.

Facile? Per qualcun altro forse! Draco non aveva la minima intenzione di rovinarsi le mani lavando piatti e padelle “Io non ho mai lavato i piatti in vita mia e non inizierò di certo ora! Queste sono cose da donne!” rispose pronto.

Lei sollevò un sopracciglio sarcastica “Ora ti viene in mente che sono una donna? Un po’ ipocrita da parte tua! Lava i piatti, è la mia ultima parola. Io ora devo andare al negozio, resterai a casa da solo” lo informò infilandosi anche i guanti.

“Oh oh, ti fidi di me fino a questo punto, Weasley?” la stuzzicò lui.

“Non mi fido di te proprio per niente, ma sei talmente derelitto che se scappassi di qui con la mia roba non avresti nemmeno dove andare. E poi, per inciso, non ho nemmeno nulla che possa valere la pena di essere rubato in questa casa…” ironizzò ridacchiando.

Lui grugnì infastidito, quella uscita sul nulla di valore che aveva in casa l’aveva in programma lui “Sì, vattene che è meglio! Sarà un bene non avere il tuo maleodorante fiato da contadina sul collo per qualche ora” rispose strascicato, essendo stato derubato della sua migliore battuta.

“Sì, condivido il piacere di andarmene da te. Vedi di lasciare in pace il mio gatto anche. Per ogni pelo che gli torci io ti cavo cento capelli, intesi? Ah, domani che sono a casa ti porto io a cercare un lavoro, così te ne vai alla svelta! Ora vado, buona giornata! Divertiti con i piatti!” e se ne uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Draco rimase a bocca aperta. Quella contadina pretendeva anche di comandarlo a bacchetta! Incredibile! E quei suoi maledetti modi di fare grossolani, era davvero una persona priva di maniere. Quindi oltre che essere bruttina e tremendamente sgraziata era anche antipatica, fastidiosa e grossolana. Come si permetteva di dargli ordini a quel modo? A lui!

Aveva detto che doveva lavare i piatti! Tremendo!

E poi…

Cosa? Trovare un lavoro?

Draco rimase a bocca aperta. Si ributtò sul divano e si coprì la faccia con un cuscino maledicendo sé stesso per la brutta situazione in cui si era cacciato.

Ora più che mai avrebbe voluto gettare la Weasley dalla finestra della sua piccola tana da contadina.

 

 

Continua…

 

 

Ciao a tutti, ragazzi! Quanto, tempo è passato… state tutti bene? Tanto per iniziare vi faccio i miei migliori auguri di buon anno, anche se arrivano con quasi una settimana di ritardo… ^^’’’

Bè, ma in quanto a ritardi ormai avete imparato a conoscermi, no? Accidenti, era da settembre che non aggiornavo questa storia, mi dispiace tanto di avervi lasciato in sospeso così a lungo. Diciamo che questo capitolo è stato parecchio complicato, infilare un Malfoy e una Weasley sotto lo stesso tetto è una manovra rischiosa, diversi pezzi li ho riscritti più volte nell’ultimo periodo, ho cercato di rimanere federe all’idea che avevo dato di loro negli ultimi due capitoli, di questa Gin forte e battagliera e di un Malfoy viziato e snob… Che ne dite voi? Come risulta questo capitolo? Non è nemmeno molto lungo, lo so, ma volevo dedicare la mia attenzione solamente a questo momento di passaggio, la prima serata assieme a casa Weasley…

Mi raccomando, lasciatemi qualche commento perché è un cap spinoso… Ci tengo ai vostri pareri sinceri. Tanto più che siete stati meravigliosi commentando il mio ultimo capitolo, ancora una stagione fa *ah ah ah, Ly ride da sola delle sue mancanze*

Ci tengo a ringraziarvi tutti, chi ha letto, chi mi ha mandato mail e chi ha commentato…

Angèle87: Ciao carissima!!! Lo sai che ho letto tutta la tua “Da Auror A Babbani”? E’ incredibile!!! Sei fantastica!!!!!!! Grazie per la recensione e scusa se invece ci ho messo così tanto ad aggiornare!! E tu, invece? A quando il nuovo cap? Un bacio grande

Meiko: Oh, grazie!! La mia fic è fantastica? Sei davvero gentilissima, è un po’ crudele ok, però è così che funziona il mondo purtroppo… Dimmi che ne pensi di questo cap. Un bacione

Cloe: visto com’è andata la convivenza? Non esattamente bene, quei due si prendono a capelli per nulla, e Ginny è particolarmente dispettosa… Che simpatica! Che ne pensi tu? Grazie e baci

Nyla: ecco un’altra curiosa di vedere il funzionamento della convivenza… siamo solo all’inizio e non va molto bene, ma ce ne saranno delle belle! A presto =)

Dark Crystal: eh eh, il nostro Malfoy pezzente fa un po’ ridere, ma se lo merita!!! Grazie per la recensione. La tua fic, poi? ^^

Strekon: ehi, signorino! Ho aggiornato, finalmente, visto? Ed eccoli qui, due cuori e una catapecchia, ah ah! A Draco è proprio toccato il divano, anche se non era molto contento. Come ti sembra la situazione? Ho quasi paura di aver tirato un po’ troppo la corda… Mi raccomando fammi sapere! Un baciottissimo e spero che tu sia bene ^.^

Ale: ciao carissima!!! Ed ecco qui come volevi Gin all’opera. Hai visto che polso che ha? Mi sa che ce lo mette in riga Malfoy, una volta per tutte! O forse no… eh eh!! Mi raccomando, fammi sapere che te ne pare del primo frammento di convivenza… Un baciottone

Buffy: tesoro! Sei la nuova regina della centesima recensione! Ah ah!! Hai vinto… una mail al più presto, ti devo ancora rispondere! Lo farò sicuramente entro il fine settimana, tranquilla! Grazie per la recensione, mi ha fatto piacerissimo. Hai colto proprio quello che volevo trasmettere e non sai che gioia mi hai dato! Un bacio grande grande grande.

Ryta Holmes: Ciao carissima! Sono contenta che le disavventure di Draco ti abbiano divertito, in effetti sono contenta che i miei capitolo non siano troppo pesanti… Di questo che te ne pare? E anche io sono contentissima di essere ben recensita da una bravissima autrice di fic come te! Un bacetto

Malesia: Tadan! Mistero svelato!!! ^^ Grazie per esserti firmata, sono felice! E sono contenta che ti piaccia tanto la mia fic… Draco riavere tutte le sue ricchezze? Per il momento non se ne parla, eh eh! ^^ Baci

Isilascar: la mia commentatrice più impegnativa e una di quelle che mi rende più felice. Sono contenta di aver descritto un Draco a regola d’arte fin qui… Ora arrivano le note dolenti. Non sai quanto sia difficile!!!! Forse qui ti sarà sembrato un po’ floscio… Un buono non lo sarà mai ma un po’ l’ho piegato qui. Diciamo che può risultare forzato questo capitolo sotto una certa luce ma ricorda che Draco è tremendamente coniglio e che pur di non essere in mezzo ad una strada a morir di stenti secondo me accetterebbe anche questo. Vergognandosene ma lo accetterebbe. E poi in fin dei conti è una persona con un cuore da qualche parte quindi ho anche trovato opportuno farlo segretamente compiacere per la comodità del divano e per il calore che l’appartamentino di Gin emana, no? Tu che ne pensi? Fammi sapere  che mi sei preziosa! E scusa il ritardo dell’aggiornamento… Ah, appena pubblico questa poi mi leggo anche la tua shot che mi era sfuggita. Grazie per l’invito! ^^ Baci baci

PS: King’s Cross è una forza!!! Come si vede nel fil, però i binari filmati in realtà sono il 4 e il 5, mi pare… in compenso hanno messo una piccola commemorazione: una ricostruzione della barriera con un cartello che recita binario 9 e ¾ in un angolino della stazione, che carini!!!!

Luna Malfoy: Ciao tesoro!!! Grazie ancora per la dedica, sai? E grazie dei tuoi sempre bellissimi commenti, ecco qui la faccia di Draco che varca la soglia di casa Weasley!!! Eh eh, come ti sembra? Mi raccomando fammi sapere che i tuoi commenti mi sono carissimi. Un bacione gigante

Pan_z: Paaaaaaan, tesoro ma dove sei finita anche tu? Ti ho risposto alla mail tempo fa ma poi nulla… T_________T E TèF… l’ultimo aggiornamento era grandioso!!!! ^^ Grazie delle belle recensioni che mi lasci sempre. Un bacio grandissimissssssimo!

Florinda: ah ah ah! Sarebbe bellissima se la aggiornassi? Hai ragione, ed ecco qui l’aggiornamento! ^^

Sissichi: Per innamorarsi questi due ora non se ne parla, sarà lunga credo, troppo diversi al momento… ma potrebbe succedere! Grazie del commento, ciao ciao!

Lollosa: Oddio, mi spiace di averti quasi fatto impazzire… ecco qui in mega ritardo l’aggiornamento… Ma dimmi, cosa non ti era chiaro? ^^

 

Ok, credo di aver risposto a tutti. Grazie ancora, tantissimo! E mi raccomando, commentate ancora!

Vi voglio bene ragazzi! Un bacio enorme e scusate il solito ritardo

 

Ly

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