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La piccola Weasley, chi parla mai di lei… quando si hanno
troppi fratelli, uno più distinto dell’altro, chi vuole mai ricordare la
piccola, dolce, anonima, innocente Ginny?
Ma che mi importa? Io non
sono la piccola, fragile, innocente e timida ragazzina che loro conoscono… io
sono quella che loro ignorano, che credono di sapere, ma credono male.
Ma che importa? Io voglio
solo essere lasciata in pace, anche da chi sostiene di dovermi proteggere,
anche da chi sostiene di volermi bene, che non è così…
Io… vorrei solo poter
volare, in pace, dove voglio. Nell’aria, come voglio. Nel tempo, quando voglio…
Ma forse non ne sono
capace…
Ginny si richiuse la pesante porta di legno alle spalle,
sbuffando. La camera era deserta, le sue due compagne probabilmente si erano
trattenute in Sala Comune, fino a tardi come erano solite fare.
Passò una mano nei capelli rossi, quasi disgustata.
Detestava quei suoi capelli, quella spolverata di lentiggini sulle guance… “Una
Weasley!”, glielo dicevano tutti, a prima vista. Un marchio, un peso da
trascinarsi addosso, per tutta la vita. Non che odiasse la sua famiglia, anche
se alle volte lo credeva.
Però si scaldava quando udiva dir male di loro… Però alle
volte era la prima a pensare di averne abbastanza, di averne fin troppo di
tutti quei capelli fiammanti, quei visi rubicondi. Pensava di non volere più
avere nulla a che fare con quella famiglia che fingeva di preoccuparsi ma non
aveva mai tempo per lei…
Dopotutto lei chiedeva solo che qualcuno le dedicasse
solo un po’ di tempo in più, le bastava che qualcuno le concedesse una
chiacchierata, che avesse la forza di riuscire a conoscere la vera Ginevra
Weasley… Dopotutto, voleva solo un po’ attenzione…
Eppure, la contraddizione intrinseca in tutti i suoi
sedici anni la spingeva giorno dopo giorno a cercare sempre più la solitudine.
Ma non una solitudine indifferente, bensì un isolamento che gridava attenzione.
Sono sospesa su un ponte…
Sto aspettando nel buio…
Ho pensato che fossi qui, ora!
Non c’è nessun o che vuole provare a cercarmi?
Qualcuno vuole venire a portarmi a casa?
Si buttò stancamente su letto, strofinandosi gli occhi
stanchi. Prese un libro da suo comodino e vi si immerse, alla pallida luce di
una candela. La sua quotidiana e indispensabile fuga dalla realtà, un rito
ormai. Leggeva la mattina, svegliandosi all’alba, nella pausa pranzo,
all’intervallo, prima di cena, prima di addormentarsi…
Così potrai fare sogni d’oro, Ginevra…
Libri con storie divertenti e colorate, illustrazioni
incantate, libri magici e babbani, non facevano differenza, purchè le loro
pagine riuscissero a trasportarla lontano da quella che era la realtà che, come
un corsetto troppo stretto, lentamente le stava mozzando il respiro.
Anche quella sera, si addormentò scivolando lungo le rive
del Mississipi in compagnia di Huckleberry Finn, un bizzarro ragazzino babbano
che ne combinava di tutti i colori, ma poteva quasi volare…
“Ginny Weasley, che cosa mai devo fare con lei? –tuonò
all’improvviso il professor Piton- A quanto pare ho trovato qualcuno ancora più
imbranato di Paciock, e mi creda signorina Weasley, non lo credevo possibile!”
Arrossì vistosamente, per la rabbia più che altro dal
momento che odiava quell’uomo, annuendo mortificata al professor Piton che le
assegnò l’ennesimo votaccio in Pozioni, rimescolando nel calderone con supremo
disgusto il liquido verde e grumoso, pure un po’ bruciacchiato, che sarebbe
dovuto essere un’incolore pozione leggera per la levitazione…
“Mi piacerebbe provare su di lei i risultati delle sue
fatiche, signorina Weasley, se anche perdono un figlio, con tutti quelli che
hanno, i suoi genitori non noteranno la differenza.”
Nell’aula, sia i Serpeverde che quelli che dovevano
essere i compagni del Grifondoro ridacchiarono divertiti e qualcuno finse di
scandalizzarsi un pò.
“Una bocca in meno da sfamare, per quegli straccioni…”
mormorò qualche crudele Serpeverde.
Ginny strinse forte i pugni, maledetto aguzzino
schiavista! Lei non è nemmeno degno di essere considerato professore per come
tratta i suoi allievi, e poi non lo sa? Che la colpa non è mai tutta da una
parte sola? Che io sarò anche una cattiva studentessa, ma lei certo non è un
gran maestro!?
E tu, come ti permetti di ridere della mia famiglia?
Mio padre lavora al Ministero, scommetto che il tuo è solo in grado di fare il
leccapiedi di quel maledetto Signore Oscuro!
E voi che ridete, voi che vi fate chiamare compagni?
Scommetto che non conoscete nemmeno il colore dei miei occhi… Mi fate pietà!
Oh, se avrebbe voluto gridarlo!
“Signorina Weasley? C’è qualche problema?” domandò
ironico Piton.
Ecco, adesso avrebbe potuta gridarla la verità! E che le
importava se si sarebbe presa una punizione? Se Piton avrebbe tolto cento punti
alla sua casa?
Strinse maggiormente i pugni, serrò la mascella.. Poi
però sorrise timidamente “No, professore…” rispose con un filo di voce.
Per l’ennesima volta non aveva detto nulla…
“Ginny, tutto ok?” le domandò Ron, seduto in fronte a lei
alla tavolata del pranzo. Hermione e Harry, che stavano tranquillamente
parlando tra di loro, rivolsero a lei improvvisamente la loro attenzione.
Hermione le sorrise disponibile, lo stesso fece Harry…
Harry Potter, che più di una volta le aveva causato un
sacco di problemi interiori, battaglie e battaglie con sé stessa…
Hermione Granger, la studentessa più brillante e in gamba
della scuola, era un esempio per lei, ammirava Hermione…
E Ron, Ronald Weasley, il fratello immediatamente
precedente a lei… Avrebbe dovuto capirla, sentirsi un po’ come lei, schiacciati
dal peso di troppi fratelli, invece a Ron piaceva recitare la parte del
fratello grande e protettivo che l’aveva a cuore, l’ennesimo fratello grande e
protettivo che l’aveva a cuore e che tanto le stavano stretti… Quei fratelli
che tiravano fuori gli artigli per lei, ma mai li ritraevano cercando
minimamente di provare a capirla…
E le stavano chiedendo, questi tre, se andasse tutto
bene. Che cosa ne potevano sapere, che cosa potevano capire? Che cosa mai
poteva realmente interessare loro?
Avrebbe voluto dire a Ron di lasciarla respirare, di
esserle amico, non guardia del corpo; a Harry di non evitarla come la peste,
certo aveva avuto una gran bella cotta per lui, ma aveva così calpestato il suo
cuore con quella distanza forzata che alla fine aveva spento tutto quanto; a
Hermione di non essere sempre così perfetta, che la faceva sentire così
inadeguata, a maggior ragione quando si faceva sua amica…
Scosse leggermente il capo “No… è che ho preso un altro
brutto voto in Pozioni!” confessò, ma non era una confessione. In realtà non
poteva che importargliene di meno di quelli che erano i suoi voti in pozioni,
in quel periodo.
Ma urlare rabbia e frustrazione non sarebbe stato consono
alla dolce e cara Ginny Weasley, avrebbe come minimo shockato tutti quanti se
all’improvviso avesse gridato merda!, o vaffanculo!, avrebbe
probabilmente creato maggiori problemi dei piccoli benefici che quello sfogo
avrebbe arrecato al suo adolescente animo in subbuglio…
E allora tacque ancora, annuendo mentre Hermione si
offriva gentilmente di darle qualche ripetizione, facendola sentire ancora più
piccola e inadeguata e Ron annuiva soddisfatto, mentre Harry sorrideva cortese…
Tutto quello che più non voleva, se lo stava tirando
addosso…
Sei decisamente un controsenso, Ginny Weasley…
Dopo essersi sorbita, a suon di sorrisi e continui cenni
di assenso, due ore di ripasso di Pozioni con Herm, che tra l’altro continuava
a parlarle di Ron, Ginny tornò a passo spedito verso il dormitorio… Aveva
proprio voglia di una bella doccia… lasciar correre l’acqua sulla pelle banca,
un’acqua scrosciante che cancellasse via tutto ciò che lei non voleva, tutto
ciò che la appesantiva, che la infastidiva.
Si reinfilò di controvoglia la divisa, e pensare che al
suo primo anno era così ansiosa di andare ad Hogwarts… si, quel primo anno da
dimenticare… Come era stata sciocca… Quindi c’era stato un tempo, in cui lei
era davvero la ragazzina timida e ingenua che tutti pensano, solo che era stato
tanti anni prima, ma non era più riuscita a scrollarsi di dosso quell’immagine.
E brava piccola e dolce Ginny, sarà anche colpa tua,
in fondo, che non riesci mai a farti valere… e a farti apprezzare…
Osservò la propria immagine riflessa nella specchio, con
scarso entusiasmo, anzi con entusiasmo inesistente. Una ragazzetta nemmeno
troppo alta, anzi bassotta e rotonda, come sua madre, con quel capelli rosso
fuoco fino alle spalle, come i suoi genitori, come tutti i suoi fratelli… Con
la carnagione chiara e cosparsa di leggere lentiggini… Quell’aria da brava
ragazza, timida e impacciata…
Sembro tutto quello che non sono… Mentre vorrei solo
poter volare…
Uscì per una breve passeggiata, un libro in mano, aperto
nella lettura, diretta verso il parco al tramonto, non c’era mai nessuno lì,
prima di cena, poteva leggere in tutta tranquillità. Evitare di pensare a
quella giornataccia, non tuttavia differente da tutte le altre.
Stava per svoltare l’angolo, nascosta tra le sue pagine
liberatorie, quando un pesante urto la riportò alla realtà, il libro le ruzzolò
via di mano, finendo addosso allo sconosciuto passante, che tuttavia riuscì a
mantenersi saldo in piedi.
Ginny si mise carponi, massaggiandosi il fondoschiena
dolorante, e alzando gli occhi verso il malcapitato.
E la giornata di Ginny non poteva che proseguire nel
peggiore dei modi, Draco Malfoy, con il suo libro in mano, si stagliava
infuriato davanti a lei. Le riservò un’occhiataccia carica di disgusto “E stai
attenda a dove vai, pezzente di una Weasley! Mi fa schifo anche solo il fatto
che uno di voi mi possa toccare! E tieni questo, la stracciona fugge dalla
realtà, sognando di essere una principessa, eh?” poi, scattando nervosamente,
gettò il libro addosso a Ginny e si allontanò, con alle spalle le sue consuete
guardie del corpo.
Solo lui mancava, quel giorno, solo lui, per rendere
l’umore di Ginny ancora più nero…
Draco Malfoy, lo detestava… Dal primo anno.Si, l’avrebbe preso a schiaffi, ma c’erano
tante cose che avrebbe voluto fare e non aveva il coraggio di mettere in atto,
tuttavia… Particolarmente odioso, se Ginny era triste, un suo sguardo
sprezzante bastava a renderla depressa.Se era serena, un singolo commento ribaltava quel raro sentimento… Non
sapeva perché, ma era così crudele da riuscire a toccare ogni volta i suoi
punti deboli… E lei ogni volta non riusciva a mandarlo al diavolo…
Sto accumulando troppe frustrazioni… E non riesco a
capire come proprio lui possa avere il potere di pungermi sul vivo ogni volta e
mandarmi in pezzi…
Non ce la faccio più!
Oh, perché è tutto così confuso?
Forse perché sono solo pazza… Si…
Vorrei solo poter volare…
Continua…
Bene bene, lo so che mi son sempre ripromessa di non fare
troppe cose per volta… Anche perché, quando lo trovo il tempo?
Però… Mi è uscita questa! Prossimo capitolo è tutto per
Draco…
Se volete commentare, mi fate un sacco di piacere! Come
vi pare?
Come sempre, RINGRAZIO E LA DEDICO ALLA KIA!! Anche
perché l’idea della fic Ginny-Draco è nata assieme a lei (come sempre mia
maestra mi regala idee!!!!) e gliela dedico anche perché è l’amica migliore che
si possa mai desiderare!!!! ^3^ Ti voglio tanto tanto bene, patata!
Un bacio a tutti quelli che leggeranno, due a chi si
prenderà la briga di commentare!
Ly
Ps: alcune strofe tra i pensieri di Ginny (in corsivo,
se non si era capito), sono del testo di I’m With You, Avil Lavigne, i
personaggi sono di J.K. Rowling, grazie mille, santa donna!
E quei due idioti alle mia spalle che fanno? Se la
ridono, ma sono scemi o cosa? Che mi scrollino di dosso questo disgustoso e
appiccicoso carlino malriuscito di Pansy Parkinson!
Perché devono essere tutti così idioti? Ho degli
stupidi leccapiedi inutili!
E li ho voluti io…
Certo, perché sono un Malfoy, Draco Malfoy! E tutti
devono portare rispetto a me… al nome che porto… a me!
Maledizione, perché diavolo tutti quanti si inchinano
prima al mio nome che a me? Eh?
Draco Malfoy si scrollò fastidiosamente di dosso la
compagna di casa, Pansy, lanciando un’occhiata esplicita a Tiger e Goyle, suoi
inseparabili tirapiedi, lasciando loro intendere che non voleva più trovarsela
nel raggio di mezzo miglio, mai più.Era così fastidiosa, appiccicosa ed insulsa! Detestava le donne così,
come sua madre Narcissa, lui non l’avrebbe mai voluta un tipo simile, sarebbe
stata utile solo qualche volta tra le coperte, nulla di più. No, al suo fianco,
lui che sarebbe stato importante, temuto e rispettato, accanto a lui ci voleva
una donna degna, forte e decisa, una dona che sapesse sostenerlo, non una
sciacquetta qualsiasi, quelle avrebbe potuto poi trovarle ogni notte, ogni
volta ne avesse avuto voglia, poi le avrebbe gettate via con la stessa
noncuranza con cui se le era prese. Già, perché lui era Draco Malfoy, e sarebbe
stato grande, grandissimo. Rispettato. Imponente.
Come suo padre, più di suo padre. Non sarebbe stato tutta
la vita il primo lecchino di Voldemort, lui. Oh, no! Ma non sarebbe nemmeno
diventato un babbanofilo come Silente, questa era l’alternativa peggiore.
Quello era peggio della morte, così gli aveva sempre insegnato Lucius, così lui
era cresciuto. Tra le arti oscure, che erano ormai parte di lui. Doveva volare
in alto, come voleva suo padre, non solo perché voleva suo padre. Ricco,
potente… Ministro? Se ci era riuscito quell’idiota di Caramel, d’altronde, per
lui sarebbe stata una passeggiata. Voleva sentire il potere scorrere tra le sua
mani come acqua viva e argentea. Lo avrebbe ottenuto.
Perché era furbo, Draco Malfoy, e questo lo sapeva bene
anche lui. Era astuto, intelligente e scaltro. E andava ottimamente a scuola…
Anche se quella schifosissima Granger arrivava sempre prima di lui… Era la
cocca della Mc Granitt, lo sapeva bene, era solo per quello!
“Ma quella dannata Mezzosangue ha voti migliori dei
tuoi! Vergognati di te stesso, Draco! Disonorare il nome purosangue deiMalfoy! Non voglio che si ripeta mai più!”
Non si ripeterà, signore! Te lo prometto, papà!
E Lucius aveva guardato duramente il figlio… “Mi
aspetto grandi cose da te, Draco…”
Sii il migliore,
quello che hai fatto semplicemente non era abbastanza,
per renderci orgogliosi…
Farò grandi cose, sarò il migliore! Sarò e sarai
orgoglioso di me. Io non sarò come te.
Entrò velocemente nella Sala Comune dei Serpeverde. Era
orgoglioso, lui, di essere finito nella casa del grande Salazar… Uomini potenti
erano stati lì, un giorno anche lui sarebbe comparso in quella lista! Era stato
orgoglioso di sé quel giorno, primo giorno in quella scuola, la notte dello
smistamento… neanche un’esitazione, quel cappello rattrappito l’aveva smistato
subito dove più desiderava andare… Lì Draco Malfoy si sentiva un vero re, un
vero signore, era il numero uno di quella casa, il numero uno, temuto e
rispettato da tutti. Salutato con rispetto, adulato, circondato. Era un Leader,
tutto quello che Draco voleva essere.
Sbattè pesantemente la porta dell’ingresso alle proprie
spalle. Un imponente letto a baldacchino troneggiava al centro della enorme
camera singola: un piccolo favoritismo che suo padre era riuscito ad ottenere
presso il dirigente della casa di Serpeverde.
Suo padre…
A volte lo detestava, pur essendo fiero di essere un
Malfoy, perché lo metteva in ombra. Certo, portavano rispetto a lui, tutti
quanti, ma tutti ammutolivano quando nominava suo padre… Quel dannato padre che
lo rendeva l’eterno secondo Malfoy, lo rendeva solo il figlio di Lucius Malfoy.
Ombra della figura oscura e potente di lui.
E Dio solo sapeva quanto detestasse sentirsi in ombra,
lui! Voleva attenzione… Fama, potere…
Era terribilmente assetato.
Anche ad Hogwarts, ma tutti non facevano che osannare
quel perdente: Potter! San Potter, lo aveva ribattezzato doverosamente! Lui,
quell’idiota… glielo aveva offerto al primo anno, di diventare uno dei suoi, ma
si era rifiutato. Un’umiliazione del genere… avrebbe pagato, avevano riso di
lui, lo ricordava ancora, anche se erano passati diversi anni, e tante cose
erano accadute. Quel Potter e la sua banda era quanto più di disgustoso ci
fosse in quella scuola, anzi, in tutto il Mondo Magico!
Conati di vomito lo assalivano, vedendoli assieme, ridere
scherzare, e salvare la scuola, e sconfiggere Voldemort giocando agli eroi.
Spregevoli! Semplicemente questo! Non lo avrebbe mai ammesso quello, ma sapeva
che Potter godeva da morire di tutte quelle attenzioni. Era un infimo e basso
ragazzino montato che trovava gusto a giocare all’eroe. Lo aveva battuto a
Quidditch, anche! Maledetto! Se la sarebbe presa la rivincita, lui! Avrebbe
giurato che ogni volta era stata colpa della dannatissima squadra che si
portava alle spalle: un branco di incapaci che a malapena sapevano cavalcare
una scopa! Non poteva certo fare tutto lui, no? Lo aveva detto a tutti, anche a
suo padre, dopo ogni partita persa, dopo che ogni coppa era finita tra le mani
di quel pacifisti babbanofili del Grifondoro, tra le mani dell’odiatissimo
Potter!
Dannata combriccola di perdenti! A che vi serve
cavalcare le migliori scope, se non siete capaci a usarle?
E’ tutta colpa vostra se mi tocca subire questa
umiliazione!
Ma avrebbe sconfitto e umiliato anche lui… Lui e quella
dannata mezzosangue, lui e il suo amichetto, quel pezzente disgustoso di un
Weasley. Li detestava i Weasley, dal primo all’ultimo! Così insignificanti e
vuoti, tutti uguali, babbanofili e straccioni. Bah! Odiava la povertà, lui!
Odiava babbani e mezzosangue… Per questo detestava i Weasley, ma era
estremamente divertente prendersi gioco di loro. Soprattutto di
quell’irascibile sfigato di Ronald Weasley. Oh, era un vero spasso per lui
umiliarlo e degradarlo, suonargliele di santa ragione, fargli perdere punti e
tutto il resto. Si, tutto sommato doveva riconoscere che i Weasley avevano la
loro utilità: erano ottimi per sfogarsi, per liberarsi dalle frustrazioni o
dalla stanchezza. Degli straccetti con cui levarsi di dosso sporco e impurità a
piacimento, si.
Un consueto giro prima di cena, stava per tornare in Sala
Grande, l’ultimo pasto sarebbe stato servito di lì a mezz’oretta. Era in
anticipo, quel giorno. Di solito arrivava sempre dopo tutti, facendo il suo
ingresso trionfale sfilando davanti alla sua tavolata, con tutti gli occhi
puntati addosso: questo lo riconosceva di sé stesso, era un vero egocentrico,
ma trovava di avere ogni ragione d’esserlo.
Avanzava con consueto passo sicuro, lungo quei corridoi
deserti che conducevano a destinazione, il portamento elegante, la divisa
impeccabile, così come i capelli, accuratamente pettinati e senza la minima
imperfezione. Dovevano ammirarlo, anche. Molti lo facevano, Draco era
consapevole di quanto fosse anche bello.
Tuttavia, qualcuno proveniente dalla direzione opposta
andò a sbatterci contro…
Maledizione! Chi diavolo è?! Adesso mi sente, senza
guardare dove cammina, addosso a me! ME!
Imprecò mentalmente mentre, afferrato un libro che si
dirigeva pericolosamente verso di lui, cercò di trattenere l’equilibrio ed
evitarsi l’umiliazione di cadere a terra come un salame.
Guardò a terra avanti a sé. Un’espressione disgustata si
dipinse sul suo volto: ecco un’altra da aggiungere all’odiato terzetto di
Potter, quell’altra stracciona della Weasley! Davvero una delle persone più
insulse che possano esistere sulla terra. Fatiscenti capelli rossi, espressione
vacua, modi scialbi, poveraccia e pezzente, era uno spasso prenderla in giro,
certo! C’erano così tanti spunti!
“E stai attenda a dove vai, pezzente di una Weasley! Mi
fa schifo anche solo il fatto che uno di voi mi possa toccare! E tieni questo,
la stracciona fugge dalla realtà, sognando di essere una principessa, eh?”
disse con quanta più cattiveria possibile, sogghignando e osservando il libro
tra le sue mani. Poi glielo lanciò addosso prepotentemente, sempre fissandola
con naturale disgusto, certa gente non sarebbemai stata degna nemmeno di pronunciare il suo nome.
Meglio andarsene in fretta.
Fece un cenno del capo ai due gorilla alle sue spalle, la
superò calpestando volutamente un lembo del suo mantello e si allontanò.
Io sarò importante, io sono Draco Malfoy! Mi fa schifo
pensare di respirare la stessa aria di persone simili!
Dannazione!
Un giorno volerò più in alto di tutti gli altri.
Continua…
Ecco qui il promesso capitolo dal punto di vista di
Draco… Come vi è sembrata la mia versione del personaggio? Se vi appare
egocentrico, perfido, ambizioso, eccessivamente sicuro di sé, ma allo stesso
tempo troppo insicuro (?? Ma sarà possibile???) allora ci ho preso, se vi
sembra un simpatico ragazzetto alla mano, allora sono in altro mare… ToT
Quell’irascibile sfigato di Ronald Weasley. Da
apprezzare lo sforzo dell’autrice che ha dovuto scrivere una simile eresia sul
suo adoratissimo e veneratissimo Ron, la mia Kia capirà senza dubbio e
immaginerà quante camicie ho sudato per scriverlo… SCUSA RON! ^^’’’
Allora aspetto come sempre i vostri commenti, che mi
aiutano a continuare (un po’^^)…
Adesso passo ai saluti, né!
Top fo the list… KIAAAA!!! Patata di Eli! ^^ Ti ringrasio
sempre di tutto quanto, tesoro! ^^ chi butterebbe giù una riga, senza tutte le
cose carine che mi dici e fai per me!? ^3^ TVTB (PS: Quella cosa
meravigliosa,,, il mondo ha il diritto di leggerla, sai? <-megalomane!
^^’’’)
Ci: Oh, Ciuccia cara! Bè, io invece Harry e Ginny non ce
li vedo! Bè, se miss JK scriverà così, siccome è la mia dea, accetterò. Ma
visto che qui la penna è in mano mia… :P Draco e Ginny! ^^ spero di sembrarti
convincente, dai!
Cloe: ^^ Non sei stata l’unica a chiedermelo.
Probabilmente ho reso male l’idea, ma a Piton da del lei, quando passa al tu si
sta mentalmente rivolgendo al compagno di lezione che ha mormorato cattiverie
alle sue spalle! ^^ Più chiaro, ora? Per quanto riguarda il nome, tutti la
chiamano sempre Ginny, no? Visto che è considerata una ragazzina, il nomignolo
lo trovo più azzeccato.
Shinko_88: Bè, per me Ginny è molto di più di quanto non
mostri.. almeno nella mia mente malata e turbata! Ah, complimenti per l’ultima
fic! Bella trovata! ^^
Nakoruru: Olè!!!! Un’altra persona che come me li vede
bene assieme! ^^
Strekon: :P Bè, mi avrai influenzato con la tua fic, per
quanto riguarda D&G (OOOh, come i vestiti! ^^), per quanto riguarda i
personaggi... chi ti dice che cambieranno, Strekkù? :P mi spiace che l’inizio
risulti banale, ma dovevo introdurre la mia versione di Draco e Ginny! ^^Ah,
quando ce la fai vedere la tua nuova perla? *o*
Mikisainkeiko: grazie! ^3^
Miky: Bè, se non sopportavi Draco, questo capitolo non ti
aiuta certo! ^^ però magari andando avanti… magari potresti scoprirti a
preferire il vecchio Draco e odiarlo di più… ^_-
Fil: filuccia carissima di Ly, eh eh! Non ti preoccupare,
non trascuro nessuno, io! Però di Ron ed Herm lascio scrivere gli altri, per
ora! ^^
Serena: Tranquilla tranquilla, non abbandonerò MAI
Lily&James, il prossimo chap è in via di scrittura, già avviato, ok? ^^ Non
sono il tipo da mollare le cose per aria, MAI! >o< cmq, spero ti piacerà
anche questa Serenella!
Pan_z: *O* Grandiosa Pan!!! Tu che fai i
complimenti a me? Dopo quello che hai scritto???? Non se hai letto, ma la Eli
ti ha lasciato una rece… ^_- Cmq, grazie tantissimo, tesoro! Se lo dici tu, che
scrivi così bene, mi fido!
Sorti: quale onore! La divina spalla di Strekkù!!
Sortuzzo, la mia conoscenza dell’animo umano deriva da cinque lunghi anni di
ottimi voti in psicologia… :P No, scherzi a parte… *Ly rivela un segreto
segretissimo che tra pochi attimi non sarà più tale* … Questa Ginny, l’ho fatta
ricalcando me stessa. Più o meno!
Buffy: dalla mia mente malata al massimo escono tutte le
mie malsane fantasticate, ma ti ringrazio! ^^
Maichy: Anche tu fan di Ginny e Draco, eh? Per quanto
riguarda fare più cose per volta, con due fic mi destreggio ancora bene! Però…
Io finisco i corsi tra poco, è vero, ma inizio gli esamiiiii!!! >o<
AIUT-AIUT!!! Bè, che ci si può fare però? L’ispirazione è bastarda, mica arriva
quando c’hai tempo, eh? ^_-
Adesso passo ai saluti, che devo andarechattare con la Kia e poi a nanna, che son
stanca morta! @_@ *La povera Ly lavora la domenica!*
Un baciotto e spero di leggere ancora i vostri commenti,
a presto, Ly
Una folata di vento gelido smosse a stento la pesante
tenda vermigliache circondava il
vecchio ma maestrale letto a baldacchino tipico di ogni dormitorio di Hogwarts.
L’aria da neve pizzicò appena il suo naso spolverato di efelidi, tuttavia non
la svegliò. E nemmeno ci riuscirono le voci argentine che cinguettavano nel
corridoio felici di scendere per la colazione senza l’assillo delle lezioni, il
sabato era infine arrivato portando con sé l’ennesima uscita ad Hogsmeade. Lei proseguì
il suo caldo letargo, senza pensare a fine settimana di sorta. Quando Ginevra
Weasley si buttava a capo fitto nel sonno lo faceva nel più serio dei modi, e
soprattutto nel più lungo, pesante e duraturo di essi.
Tuttavia non potè ignorare il tonfo pesante della
coriacea porta della stanza che si richiudeva e lo schiamazzo festaiolo di
Abigale e Gladies.Aprì, di
controvoglia naturalmente, un solo occhio e dopo una leggera stropicciata prese
a sbirciare le compagne da uno spiraglio di tenda.
“…invitarmi a bere un tè e quindi mi devo sistemare
questi capelli! Capisci? Potrebbe essere la mia buona occasione, ma non con
questi capelli!”.
Vide Gladies spostarsi dal suo campo visivo, anzi, da
quello che lo spiraglio nel tendaggio le permetteva di vedere, e immaginò fosse
andata a pararsi davanti al grosso e pesante specchio lavorato in ferro battuto
che troneggiava di fianco al letto della ragazza. Senza nemmeno guardare
immaginò, con estrema esattezza, che si passasse prima una mano tra i folti e
lunghi boccoli biondi e poi prendesse a ravvivarli e imbellettarli con uno dei
mille prodotti babbani che solo lei conosceva.
“Abbie! Abbie, cosa dici? Gli piacerò?” domandò alzandosi
di scatto. Ginny lo indovinò dal sobbalzo improvviso della poltrona. Immaginò anche
che Abbie stesse puntando lo sguardo verso di lei indicandola al di là delle
tende, portandosi al contempo un dito alle labbra, quando la sentì sussurrare
“Parla piano o sveglierai Ginny…”
E Ginny sospirò, scostando le coperte e spuntando da
dietro le tende “Tranquilla Abigale, sono già sveglia ormai…”. Si alzò non
troppo felice di quel risveglio forzato senza tuttavia darlo a vedere.
Infilò le vecchie ciabatte di panno ormai troppo lise e
si riassettò la camicia da notte stringendosi poi nelle spalle. Riavvolse le
tende alle estremità del letto e rabbrividendo da capo a piedi si diresse alla
finestra chiudendola, finalmente.
“Scusa per la finestra, Gin, ma sai com’è fatta Doris… se
la sarà dimenticata!”, il tono allegro di Gladies non mostrava però un così
eccessivo dispiacere, fu più che altro circostanziale.
Certo, certo…
“Non importa, non importa…” mentì. In realtà erano sei
anni che la mania di ‘aria fresca’ di Doris la faceva congelare ogni mattina,
per di più sapeva benissimo che probabilmente proprio Gladies l’aveva scordata
aperta. Eppure c’era stato un tempo in cui riusciva ad andare più d’accordo con
le sue compagne, anche se ora ci credeva a stento.
La biondissima Gladies terminò di sistemarsi i capelli e
si avvolse nel mantello pesante rimirando nuovamente il proprio riflesso da
ogni profilo. Abigale fece altrettanto calandosi anche un grosso berretto sopra
la testa.
Ginny, dal canto suo, rimase ad osservare il cielo fuori
dai vetri che iniziavano ad appannarsi. Di sicuro entro sera sarebbe nevicato,
o per lo meno lo sperava. La neve le piaceva da matti, da sempre. I suoi
migliori ricordi d’infanzia vi erano legati, ricordi che comprendevano tutta
una varietà di lotte con le palle di neve e di architettonici progetti per
erigere monumentali pupazzi. Credette di ricordare di divertirsi da matti con i
suoi fratelli, in quei momenti. Poi però un piccolo brivido le rammentò le
palle di neve in faccia, le riportò alla mente sua madre che la trascinava via
da quelle scorrerie nemmeno troppo innocenti, Ginny, tesoro, prenderai un
malanno, sei ancora così piccola!, le ricordò che non riusciva mai a
mettere il suo berretto ad un pupazzo che fosse uno o a decidere a chi doveva
somigliare. Semplicemente perché lo facevano sempre prima gli altri. Decisamente
era dura essere la settima, l’unica femmina poi, anche quando c’era la neve.
Mutò la sua espressione storcendo leggermente il naso di
fronte a quel tempo carico di bufera, allora.
<> le
chiese ad un certo punto Abigale. La domanda non la sorprese nemmeno troppo,
tutte e tre le sue compagne erano sempre state educate nei suoi confronti,
glielo avevano chiesto sempre, negli ultimi quattro anni. E da diversi mesi
naturalmente aveva gentilmente declinato l’invito; le rare volte che era andata
a Hogsmeade nell’ultimo periodo lo aveva fatto da sola.
Per questo non si sorpresero né insistettero quando per
l’ennesima volta rispose di no, senza nemmeno più accampare una scusa.
Uscirono accennando un saluto con il capo e nella stanza
ricalò la quiete profonda.
Ginny scostò le coperte e si ributtò tra le lenzuola
ancora calde, il viso schiacciato nel cuscino. Silenzio tutt’attorno. Anche i
suoi pensieri rimasero momentaneamente immobili come il suo corpo. Ne riemerse
qualche attimo dopo tirando un lungo respiro e rimettendosi in piedi.
Impossibile dormire ancora, oramai.
Voltando le spalle allo specchio che piaceva tanto a
Gladies si sfilò la camicia bianca. In imbarazzo con sé stessa, di sé stessa,
prese a rovistare nel proprio baule alla ricerca di qualcosa di più caldo da
indossare.
Optò per un vestito di lana sformato che sua madre aveva
fatto a mano in uno dei suoi patetici tentativi di imitazione della moda
dettata dal bisogno di risparmio.
Spazzolò i propri lunghi cappelli rossi e quando lo
specchio del bagno le rimandò la sua immagine lo scontento dentro di lei crebbe
maggiormente: le pareva che le lentiggini fossero quasi raddoppiate, così come
la larghezza dei propri fianchi. Quello che invece doveva crescere, quello che disperatamente
sperava crescesse, pareva ogni giorno più acerbo. Decisamente si sentiva un
fagotto.
Non riuscì quasi a credere che ci fosse stato un periodo
in cui avesse avuto addirittura un ragazzo…
Fu la porta della stanza che sbattè nuovamente a distrarla.
“Ginny, ti disturbo? Abbie mi ha detto che saresti
rimasta in stanza…” la famigliare voce di Hermione la raggiunse fin nel bagno.
Con un sospiro, Ginny posò la mano sulla maniglia e salutò la ragazza, cercando
di sembrare serena.
“Hermione, che ci fai ancora qui? Non rinuncerai a
Hogsmeade, né?”.
Domanda retorica Hermione, non rinunceresti a nulla
cui prende parte anche mio fratello, ormai l’hanno capito anche i muri…
Per tutta risposta l’altra sorrise e porse a Ginny le
scarpe consunte e il suo mantello “Ovviamente no, sono passata a dirti di fare
alla svelta, stiamo aspettando solo te”.
Di spalle, sicura di non poter essere vista, Ginny chiuse
gli occhi mordendosi il labbro inferiore e imprecando tra sé e sé educatamente
“Ma io non vengo questa volta, non te l’ha detto Abigale?”, tirò un lungo
sospiro pronta a sorbirsi quella che sarebbe stata la risposta di Hermione.
E le sue aspettative non furono deluse…
“Gin, andiamo, non farti pregare. Ultimamente ti ho visto
un po’… come dire… mogia. Sì, forse è così. Non mi sembra da te startene qui a
Hogwarts tutta sola. Non sorridere non è assolutamente da Ginny, ecco! Ho
pensato che magari era un periodaccio e avevi voglia di un po’ di compagnia,
quindi se ti va di unirti a me, Ron ed Harry farebbe piacere a tutti”
Quindi si affrettò ad aggiungere “Naturalmente se non ti
va non fa nulla, non me la prendo”, frase che tradiva invece la reale
disposizione di Hermione a farne una questione personale di ogni cosa.
In certe cose era quasi peggio di suo fratello Ron. Che
bella coppia sarebbero stati…
Ginny trasse l’ennesimo respiro profondo…
Hermione, non è per te, non è per Ron o Harry, non è
assolutamente una questione personale, o forse sì, ma non mi va assolutamente
di venire. Quindi ora esci di qui ed evitami l’ennesima ramanzina da brava
sorella maggiore che proprio non mi serve…
Ma rispose con un sorriso afferrando gli scarponcini e
infilandoseli velocemente con gran soddisfazione dell’altra.
Fu con una nota di nostalgia che si richiuse la porta
alle spalle.
“Ginny, ti va se ci prendiamo qualcosa di caldo?”
Hermione posò a terra i propri pacchetti e le buste variopinte prendendo a
strofinarsi le mani e soffiandoci sopra il proprio fiato caldo nel tentativo di
combattere contro quella giornata sempre più fredda.
Ginny non rispose, rimase immobile e pensosa ad osservare
suo fratello Ron togliersi i propri bitorzoluti guanti, uno dei tanti regali
natalizi di mamma, e offrirli alla ragazza, che ricambiò con uno smielato
sorriso e uno sguardo altrettanto dolce.
Pensò con nostalgia che le mancava qualcuno che si
prendesse cura di lei in quelle piccole cose, i suoi fratelli parevano fare a
botte tentando di indovinare i suoi problemi adolescenziali ed esistenziali di
sedicenne ma nessuno mai si fermava ad osservare le piccole cose, nessuno mai
aveva il tempo di porgerle una semplice carezza, o anche solo un sorriso.
“Gin?” le richiese Hermione, con una punta di impazienza,
appena prima di sistemarsi per bene un guanto poco calzante e tornare a
sorridere a Ron.
Sbatté un paio di volte gli occhi grigi sollevando lo
sguardo “Cosa?”.
Ron ridacchiò “Decisamente ha bisogno anche lei di un bel
posto caldo! Guarda, le si sta congelandoil cervello!”. Hermione e Harry accennarono due sorrisi divertiti.
Sbuffando leggermente e arricciando il naso, Ginny fece
per ribattere ma si scoprì incapace, a rimanere con la bocca aperta senza
riuscire a emettere parola. Prese fiato giusto un paio di volte quindi richiuse
le labbra piegandole in un sorriso stonato. “Entriamo, dai…” propose per
slegare la lingua.
Eppure c’era stato un tempo in cui, sotto l’influenza dei
gemelli, era stata molto più scaltra. C’era stato sì, un tempo in cui era
diversa da ora, in cui era riuscita a stare bene con sé stessa. Se lo avesse
detto a Hermione probabilmente avrebbe liquidato la questione tirando in ballo
la mancanza di certezze che l’adolescenza porta con sé, le avrebbe fatto un
gran sorriso e detto che era tutto a posto, che avrebbe potuto sempre parlare
con lei.
Ma Ginevra Weasley lo sapeva bene che non erano le
certezze a mancarle di più, chi le ha mai quelle poi? Quello che le mancava era
il coraggio. E la forza…
Il coraggio di riuscire a essere sé stessa e la forza per
affrontare la propria maschera.
Incredibile quanto la gente possa usare i miei sedici
anni come paravento dietro cui nascondere i miei problemi!
Tuttavia dovette ricredersi… Più che altro non aveva mai
detto a nessuno quello che stava passando quindi non poteva sapere
matematicamente come avrebbero risposto.
Afferrò il pomo gelido della porta d’ingresso dei Tre
Manici di Scopa e si fece largo all’interno.
“Mettiamoci là”, senza ribattere seguì l’indicazione di
Harry prendendo posto ad uno degli alti sgabelli che circondavano il tavolino
rotondo, alla destra del ragazzo e alla sinistra di Hermione.
Prestissimo furono servite quattro Burrobirre calde e
ristoratrici.
Prese molto poco parte alla conversazione che
intavolarono Hermione, Ron ed Harry a proposito di quanto li stessero già
facendo sgobbare in previsione dei MAGO, in fin dei conti lei con quegli
argomenti c’entrava ben poco e altrettanto poco aveva da dire a riguardo. E
comunque non aveva granchè voglia di partecipare alla conversazione.
Rispose solo tranquillamente quando venne chiamata in
causa qualche volta, per lo più da Hermione.
Per il resto passò il poco tempo ad osservare una coppia
di vecchi imbroglioni giocare a Scopa con delle carte magiche cambiasegno. Non
si riusciva a concludere una partita con un risultato anche solo calcolabile.
Badò comunque di annuire ogni tanto ai tre ragazzi e di seguire almeno in parte
il discorso, non l’avrebbero più presa con la testa tra le nuvole, almeno.
Per il resto trovò la mattinata tutta particolarmente
lunga e noiosa. L’apice giunse quando Ron ed Hermione si allontanarono mollando
provvisoriamente i pacchi a lei ed Harry con la scusa di dover assolutamente
cercare il fazzoletto di Hermione.
Quando quei due si allontanarono un imbarazzante mutismo
calò tra i due rimasti.
Ginny non fece il minimo sforzo di intavolare una
conversazione né mostrò di averne l’intenzione. Notò appena, sempre attenta ad
osservare i due vecchi e fallimentari giocatori, che Harry aveva iniziato a
giocherellare nervosamente con la cannuccia del suo bicchiere di Burrobirra
vuoto.
Dopo qualche minuto di silenzio lo sentì schiarirsi la
voce “Er… e con Piton, poi?”
Con Piton? Cosa vorrebbe dire?
“Scusa?” dovette chiedergli. Quindi, pronunciando quella
parola, levò gli occhi dall’uomo con i capelli scuri che pretendeva di aver
vinto la partita e li fissò interrogativi in quelli di Harry.
Lui si grattò una guancia, evidente segno di imbarazzo e
tensione, come se non sapesse che fare in quel momento. Come se avesse parlato
giusto per dire qualcosa. E Ginny era sicura fosse proprio così. “Bè… visto che
avevi dei problemi con Piton volevo sapere se le lezioni con Hermione sono
servite, no? Non avevi dei problemi in Pozioni?”
Si che li ho. E no, le lezioni di Hermione sono state
inutili. Odio il professor Piton e odio Pozioni, non imparerò mai a mescolare
intrugli corretti in quei dannati calderoni! E comunque potresti anche evitare
di cercare scuse così banali per attaccare discorso. Detto tra noi, Harry, è
meglio quando mi ignori!
Quindi abbozzò un sorriso “Oh, sì! Sono servite! Cioè,
sto migliorando, grazie!” mentì. Al quattroin Pozioni di quella volta era seguito un cinque, certo. Poi, però, uno
zero… Addirittura uno zero… Decisamente i miglioramenti erano lontani.
“Oh, bene…”, rispose lui, guardando altrove.
“Già”. Non si sprecò a fornire una risposta migliore, più
che altro non vedeva l’ora di terminarla con quel patetico tentativo di
conversazione.Meglio il silenzio…
Passarono ancora diversi attimi, Ginny era tornata ad
interessarsi all’ennesima partita assurda, ora si erano formate due coppie di
giocatori, uno di quelli pareva particolarmente seccato di aver appena perso.
Harry invece aveva ripreso a giocherellare con la cannuccia, la stava annodando
più volte su sé stessa dando vita a strane forme.
“Bè, lui è così… Piton, intendo dire. Credo che gioisca
nel maltrattare i Grifondoro…” specificò presto, vedendo nuovamente
l’espressione interrogativa di Ginny. Che questa volta rasentò l’apatia
rispondendo solamente con un cenno del capo e un sorriso depresso.
Si chiese se fu la noia a spingere Harry a proporle, qualche
attimo dopo, di uscire alla ricerca di Hermione e Ron, era passato un quarto
d’ora abbondante e ancora non erano tornati…
Ginny si riavvolse nel mantello e annodò la sciarpa
gialla e rossa attorno al collo, stando ben attenta a coprire un orlo sfilacciato
del bavero. Quindi si caricò tra le braccia le spese che Hermione e Ron avevano
abbandonato a loro.
“Lascia, faccio io!” si offrì gentilmente Harry.
Non erano particolarmente pesanti, né ingombranti, ma
Ginny pensò che fosse giusto che una brava ragazza lasciasse portare i pesi al
bravo ragazzo, i ruoli lo imponevano.Prima però, bisognava rifiutare con garbo… “Non importa, non sono
affatto pesanti!”. E qui non dovette poi mentire.
“Ma dai, ti daranno fastidio tutti quei pacchi, no? Danne
un po’ a me…” insistette lui.
E allora passò gran parte dei sacchi al ragazzo,
prendendo la via della porta e uscendo in strada. “Sei davvero gentile…” anche
se in realtà pensò che fosse soprattutto patetico e poco naturale.
Piccoli fiocchi di neve avevano iniziato a scendere
leggeri e imbiancare il sobborgo. Liberando una mano si alzò il cappuccio
tirandolo fin sulla fronte. Rabbrividì alla prima ventata di aria gelida che la
colse.
“Fa veramente un freddo tremendo…” commentò Harry, mentre
avevano iniziato a camminare uno a fianco all’altra, occhi aperti nel disperato
tentativo di trovare al più presto Ron ed Hermione.
Ginny si morse un labbro facendo roteare gli occhi al
cielo, attenta a non essere vista. Se iniziava a parlare del tempo, allora
erano proprio alla frutta…
Questa volta lo avrebbe fatto, si sarebbe voltata verso
di lui e gli avrebbe detto che non c’era assolutamente bisogno che sforzasse sé
stesso alla ricerca di noiosi tentativi di conversazione. Che avevano poco di
cui parlare perché a parte una cotta infantile e unilaterale da parte di Ginny
non erano nemmeno mai stati tanto in confidenza. Che non era un problema se
rimaneva zitto assieme a lei, se non aveva voglia di parlarle, perché si dava
il caso che nemmeno lei avesse voglia di conversazione. Si dava il caso che
fosse venuta ad Hogsmeade non per rilassarsi in loro compagnia ma perché era
una falsa codarda e non aveva avuto il coraggio di dire di no ad Hermione,
perché tutto era sempre più facile assecondando gli altri, soprattutto quando
non sono in grado di capirti.
Improvvisamente sentì un’ondata di caldo salirle dallo
stomaco. Sentì le mani bruciare e la voglia di urlare. Si fermò in mezzo alla
strada, il suo sguardo passò dal selciato, dove erano ormai impresse le prime
orme nel leggero strato di neve, al cielo plumbeo. Trasse un gran respiro, come
se di lì a poco avesse dovuto urlare a squarcia gola gettando fuori tutta
l’aria che la soffocava all’interno, che le premeva dentro.
Si voltò di scatto e puntò i suoi occhi grigi, stesso
colore del cielo sopra di loro, in quelli verdi di Harry: “Ascolta, Harry…”
iniziò, ma non ebbe mai modo di gridare, di dirgli tutto quello che se ne stava
ora posato sulle sue labbra, tutto quello che stava spingendo per uscire. No,
dietro di loro la risata perfida di Draco Malfoy la interruppe.
Draco, che come al solito se ne stava in bella compagnia,
circondato dagli immancabili Tiger e Goyle e dalla languida Pansy Parkinson,
avanzava tra la folla: il bel mantello nero, con lo stemma perfetto e ricamato
in oro dei Serpeverde, svolazzava sfiorando con l’orlo la neve posata a terra,
i capelli biondissimi erano lucidi e pettinati come sempre. Come al solito suo
sul viso pallido e appuntito era dipinta la classica espressione snob e
antipatica: le labbra piegate in un ghigno perfido e le braccia incrociate al
petto.
“Oh, oh, oh –cominciò, Ginny chiuse gli occhi traendo
l’ennesimo profondo respiro- Guarda la coppietta del secolo… Lo Sfregiato e la
Stracciona!” quindi rise in quella maniera fastidiosa e antipatica che solo a
lui riusciva.
Dopo una noiosissima mattinata passata a girare per le
vie di quello squallido paese di maghi e streghe di poco conto, finalmente
forse aveva trovato come divertirsi. Non che vedere Potter e una Weasley fosse
un divertimento, ma di certo sarebbe stato quasi meglio venire alle mani con lo
Sfregiato piuttosto che ascoltare un minuto di più le fusa melense di Pansy che
in nessun modo riusciva a scrollarsi di dosso. Comunque si sarebbe fatto meno
male visto che Tiger e Goyle le avrebbero onorificamente prese al suo posto, se
la situazione avesse preso una piega pesante.
“Lasciaci in pace Malfoy, e ritira quello che hai detto…”
Harry mise a terra le borse degli acquisti. Ginny, che se ne stava ancora con
gli occhi chiusi e il battito accelerato, immaginò dovesse aver portato una
mano alla bacchetta sotto il mantello.
Ma Malfoy non se ne andò, tanto meno ritrattò quel che
aveva detto.
“Vuoi fare a botte, Potter? Che nobile cavaliere,
protegge la reputazione della sua dama… Peccato che non ci sia nessuna
reputazione al di fuori di quella di poveracci per i Weasley né nessuna dama,
piuttosto quella che ha l’aria della peggiore delle sguattere! –alle sue spalle
gli altri grugnirono di soddisfazione e divertimento- Ooooh, mi commuovo!
L’orfanello e quella stracciona poveraccia e patetica ragazzina!”
Questa volta non fece a tempo a sorridere deliziato delle
proprie cattiverie gratuite…
Ginny si sentì ribollire dentro. Come osava… come osava
chiamarla stracciona, patetica, ragazzina? Come poteva permettersi di andare in
giro ogni giorno e ricoprirla delle più profonde cattiverie? Come poteva
trovare il modo di farle sempre così male?
Fu un attimo, tutto ciò che teneva tra le mani cadde a
terra e la sua bacchetta si allungò a mezz’aria. Con l’intenzione di essere
crudele, di fare del male, la puntò dritta verso il viso pallido e quasi
sorpreso del ragazzo.
“Esilio!”
Lo gridò con quanto fiato aveva in corpo, con tutto
l’ardore che sentiva dentro, con l’intenzione di infliggere un colpo potente a
chi si trovava di fronte. E così fu, Draco Malfoy sbalzò in dietro di diversi
metri, gettato per aria atterrò in mezzo ad un’aiola ricoprendosi di neve e
fanghiglia.
Ginny rimase in posizione di attacco, avanzando a rapide
falcate verso di lui.
Ebbene, ora non gliene importava assolutamente nulla se
questo non era da lei, non le importava se la gente si sarebbe stupita, se si
fosse arrabbiata, se avesse avuto da ridire sul suo comportamento. Non le
importava di essere scorretta attaccando un avversario a terra, per di più
disarmato... Fanculo la correttezza! E anche la dolce e cara Ginny!
Le importava solo di lasciar uscire tutta la voglia
dentro di lei di gridare e di sfogarsi.
“Wingardium Leviosa!” e Malfoy prese il volo
agitandosi come un pesce fuor d’acqua, sul volto un’espressione di sorpresa
mista a terrore e imbarazzo. Di certo questo non se lo aspettava proprio, né
gli piaceva così tanto…
Meccanicamente e con un gesto rapidissimo Ginny riabbassò
la propria bacchetta sbattendo prepotentemente a terra ciò che prima stava
facendo galleggiare a mezz’aria.
Sangue prese a scorrere sul viso di Draco dopo l’impatto
tremendo del suo naso con il suolo. Non aveva mai avvertito tanto male in vita
sua, né tanta vergogna dal momento che fino ad un attimo prima diversa gente
stava ridendo della situazione.
Eppure non riusciva a reagire, pietrificato com’era dalla
stizza e dal dolore lancinante.
“Ribalta!” gridò nuovamente Ginny, inarrestabile e
potente come una bomba nucleare.
Draco venne prepotentemente voltato sulla schiena, questa
volta sbattè le testa contro una panchina… gli scappò un gemito di dolore e
persino delle lacrime. Dio, quanto stava odiando quella situazione! Quanto
stava odiando quella dannata ragazza!!!
Ginny, rossa in volto e accaldata, pareva non voler accennare
a smettere. Si stava prendendo la sua piccola rivincita, in barba ad ogni
dannatissima regola, ad ogni bigotto e maledetto perbenismo. In barba alla sua
etichetta di brava ragazza, gentile, educata e tranquilla.
Probabilmente non avrebbero capito nemmeno questo, loro
che dopo l’avrebbero giudicata, ma era tanto tempo che non ci riuscivano ormai.
Non faceva certo differenza…
Ormai aveva iniziato, non riusciva più a fermarsi, poi!
Sarebbe andata avanti finchè non avesse rotto la faccia a quel maledetto
ragazzo. A quel demonio. Poco le importava, al momento, se per farlo sarebbe
diventata peggio di lui. Poco le importava pur di lasciar sfogare se stessa.
Ma improvvisamente due braccia forti la bloccarono, due
braccia che poi diventarono quattro e si sentì trascinar via di peso. La rabbia
esplose ancora più potente in lei, che prese a dimenarsi a scalciare. Come
potevano fermarla ora? Come? Non riuscivano a capire che ne aveva bisogno?
“Mollatemi! Lasciatemi andare, merda!” gridò come
un’ossessa.
“GINNY! Cosa diavolo fai? Fermati, maledizione! Ti sei
ammattita? Che ti è preso tutto all’improvviso? Harry, prendile la bacchetta…
Gin, merda! Stai ferma! Ahia!”
Ron, che aveva cercato di fermarla, si piegò per il
dolore al ginocchio dove la sorella gli aveva appena mollato un calcio potente.
Harry cercò di levarle la bacchetta con il risultato di vedersi sbalzare via
gli occhiali con una indelicata manata.
In men che non si dica Ginny fu di nuovo libera, la sua
furia non si era ancora placata e puntò nuovamente la bacchetta verso Draco,
che si era rimesso precariamente in piedi appoggiandosi ad una staccionata.
Fece per lanciargli l’ennesimo incantesimo ma esitò un solo misero istante. Il
tempo sufficiente per dare al suo avversario la possibilità di smaterializzarsi
lontano da lei, non senza prima averle gridato un famigerato “Me la pagherai,
dannata megera! Quando lo dirò a mio padre allora saranno guai per te!”
Nemmeno la toccarono quelle parole, quasi non le udì
neanche. Presa com’era da sé stessa.
E manco vide Hermione scattare veloce accanto a lei e
sfilarle di mano la bacchetta, quando se ne accorse questa era già tra le mani
della ragazza “Gin, calmati, ti prego!”
Non si calmò, non si calmò affatto, anzi prese ad urlare
maggiormente, in preda a quella strana euforia distruttiva che le era esplosa
dentro solo qualche minuto prima.
“La volete smettere di dirmi di calmarmi? Di dirmi cosa
devo fare? Come devo comportarmi? Non – sono – una – bambola!” terminò
scandendo bene le parole.
Suo fratello Ron si riavvicinò a lei “Ma cosa stai
dicendo, Ginny?”
Doris, che aveva visto tutto lo spettacolo, disse
“Chiamate la McGranitt o un insegnante, è impazzita!”
Questo fece saltare, se possibile, maggiormente i nervi
di Ginny “Non sono impazzita! Non sono affatto impazzita!” Strillò battendo un
piede a terra.Fece per aprire bocca
nuovamente ma una mano si posò sulla sua spalla.
“Cosa diavolo sta succedendo qui, signorina Weasley?”
Piton era appena comparso dietro di lei, l’espressione severa di sempre dipinta
sul volto che quel giorno pareva ancora più intransigente ed adirato. Dietro di
lui, sorretto da Tiger e Goyle, Draco Malfoy si teneva un fazzoletto sul naso
che ancora non aveva smesso di sanguinare, nei suoi occhi rabbia e voglia di
vendetta.
“Ginevra Weasley! Torni subito al castello con me! Non
voglio sentire una parola!” la professoressa McGranitt era infine arrivata,
l’espressione più severa e oltraggiata che Ginny le avesse mai visto sul volto
in sei lunghi anni.
Non le rimase che sospirare, ora sentiva venir meno anche
la forza di controbattere, si sentiva stanca e svuotata, e seguire l’insegnante
in un pesante silenzio carico di rimprovero e indignazione fino al castello.
Eppure, per un attimo dopo tanto tempo, si era sentita
quasi bene. Era riuscita a respirare. E a spaccare la faccia a Draco Malfoy,
anche quella era una bella soddisfazione.
Ora c’era il naturale scotto da pagare…
Continua…
Ma ciao, bella gente! Quanto tempo è passato da quando ho
pubblicato i due capitoli introduttivi di questa fic!!! Deve essere qualcosa
come un anno e un mesetto… INCREDIBILE!! E quanto tempo è passato anche da
quando ho pubblicato qualcosa… è stato (ed è tutt’ora) un periodaccio
frenetico.
Ma torniamo alla fic. Qualcuno di voi avrà senz’altro
notato il cambiamento. In primis del nome di Ginny, da Virginia a Ginevra (ma
mamma Rowla dice che così si chiama e mi è sembrato carino omaggiarla con il
suo nome, bellissimo tra l’altro). E poi del resto. Trovo che questo capitolo
sia molto più pesante dei precedenti… Naturalmente voglio la vostra opinione se
siete lì a leggere, eh! A questo proposito vi ringrazio anche per le rece che
mi avevate lasciato per il chap scorso, purtroppo quando è saltato il sito si
sono perse tutte e io non ricordo che avevate scritto, ma vi ringrazio lo
stesso.
Vi devo delle spiegazioni per essere sparita così a lungo
con questa fic… tutto iniziò con l’uscita (quasi un anno fa!!! Il 21 giugno!!!)
dell’Ordine della Fenice e con la scoperta di una Ginny diversa… Se nei libri
scorsi era sempre stata un fantasma qui finalmente si mette in luce… Ho adorato
questa Ginny combattiva, determinata e diretta… lo sapevo che era così!!! Però
questa nuova cool-Ginny cozzava con la Ginny brava bambina repressa della mia
fic… quindi sono entrata in crisi. Per di più ci si è messa la mia passione,
sempre post lettura 5° libro, per il paring Ginny/Harry. Li ho trovati una
coppia adattissima, e questo decisamente cozzava con il mio Ginny/Draco…
Poi ci aggiungiamo che la storia che avevo in mente non mi piace più, o
comunque non la sento più mia… e siamo arrivati ad una bella e grossa crisi!!!!
Ora, devo ringraziare MaryAngel che l’altro giorno
mi ha ricordato questa storia chiedendomi in una mail se l’avrei continuata… Mi
sono salite in testa una cifra di idee!!!!!!
Per quanto comunque preferisca ormai Ginny accanto a
Harry, ho un paio di ideuzze simpatiche per questa storia, che non so ancora se
finirà bene o male… oh oh!! Dopo tutto, quando due sono troppo diversi… si
vedrà!
Quindi, se volete, mi farà tanto piacere se tornerete a
seguirmi, prometto che non ci saranno aggiornamenti annuali e sarò più
tempestiva… Università, lavoro e vita sociale permettendo, eh!!! Tanto per
cominciare, ditemi cosa ne pensate di questo capitolo e anche degli scorsi, se
siete nuovi lettori!
Un bacio a tutti, grazie della infinita pazienza che
avete con me!! ^^’’’’
“Ora mi spieghi, signorina Weasley, cosa diavolo le è
saltato in testa! Stava per ammazzare il signor Malfoy!”
Ginny, catturata dall’intrecciarsi continuo delle
stringhe nere e consunte degli stivaletti che aveva ai piedi, alzò lo sguardo
fissandolo al di fuori della finestra. La neve aveva preso a cadere più fitta
che mai e il cielo ormai iniziava a farsi scuro. La voce dell’insegnante le
giunse come da lontano, come smorzata e fievole, ovattata. Si trovava nel suo
ufficio ora, passò brevemente in rassegna con lo sguardo le mensole su cui
numerosissimi volumi di pelle stavano ordinati, poi la parete scarna, sul muro
spiccava solo un quadro scuro rappresentante una nemmeno troppo bella natura
morta, ai suoi fianchi diverse fiaccole spente, quindi una credenza con vari
oggetti semplici e in fine portò lo sguardo sulla scrivania ordinata: da un
lato stava ben ammassata una pila di pergamene –probabilmente compiti di
trasfigurazione di chissà quale classe- quindi un paio di penne ben pulite e
riposte ad eccezione di una, lasciata accanto ad un calamaio, una candela
spenta anch’essa, un vaso di fiori secchi e un libro di Trasfigurazione Avanzata
che poggiava sopra un qualche registro di classe. Di colpo una mano battè forte
su quel tavolo facendo saltare il tutto, Ginny compresa.
“Le ho fatto una domanda, Weasley!” tuonò la
professoressa. Ginny non l’aveva mia vista così arrabbiata, le labbra erano
tirate e gli angoli puntavano drasticamente all’ingiù, la fronte corrugata, gli
occhi sottili e le narici allargate dalla rabbia.
Già, era il momento delle spiegazioni, ora. Ma non se la
sentiva assolutamente di darne. Non c’era una ragione valida, in effetti,
perché si fosse tanto accanita. Semplicemente aveva trovato spontaneo farlo, lo
aveva trovato giusto.
L’ho fatto perché era giusto che lo facessi! Perché se
lo meritava, e me lo meritavo anche io.
“L’ho fatto perché era giusto!” rispose con naturalezza
incontrando lo sguardo altero e sconcertato della sua insegnante. Strinse con
le mani, poggiate alle ginocchia, l’orlo della gonna. Di nuovo quella forza
dentro, quel calore in tutto il corpo e quell’euforia…
Fingere. Non poteva più. Ormai era scattato qualcosa
dentro di lei, aveva varcato un confine che decise di non voler o poter
riattraversare. Sarebbe stata sé stessa, ora. Lo voleva ad ogni costo.
Infischiatene, Ginny! Infischiatene di tutto e di
tutti!
“Le sembra giustizia infierire su un compagno di scuola?”
incalzò la McGranitt.
A Ginny parve la domanda più sciocca del mondo, le aveva
appena detto di sì.
“Dipende dai compagni di scuola, professoressa” rispose
sfrontata, continuando a fissarla.
Un tremito nervoso scosse le narici della McGranitt “Per
quanto possa essere insopportabilmente eccessivo e crudele il signor Malfoy,
nulla l’autorizza a tenere un comportamento simile! Doveva controllarsi. Doveva
venire da me, caso mai! Noi professori avremmo preso i provvedimenti
necessari.”
Ginny attese paziente, ascoltando ogni singola parola di
quel discorso scontato. Sapeva che glielo avrebbe detto. Come sapeva che presto
o tardi sarebbero arrivare certe famose parole. Più presto che tardi.
Infatti, la professoressa trasse un respiro chiudendo gli
occhi, per poi tornare a fissarla severamente “Non mi sarei mai aspettata una
cosa del genere proprio da lei, signorina Weasley!”
I battiti di Ginny accelerarono notevolmente e le mani
che stringevano ancora il bordo della gonna iniziarono a sudare…
“Non se lo aspettava, eh? Nessuno si aspetta mai nulla da
me purchè io sia buona, obbediente, sorridente ed educata! Nessuno si chiede
mai cosa io mi aspetto da me, eh? Tutti troppo impegnati a dirmi quello che
devo fare, quello che devo dire, come devo comportarmi. Tutti troppo impegnati
ad aspettarsi che io sia come loro vogliono, eh? No! Mi sono stufata. Sono
stufa marcia di essere tutto questo. Mi state tutti facendo soffocare, merda!”
la boccetta di inchiostro sulla scrivania esplose in mille pezzi, così come una
brocca d’acqua posata su un tavolino poco distante, e diversi volumi caddero
dagli scaffali di fronte a lei che presero a tremare, nel gridare tutto questo
si alzò di scatto spingendo a terra la propria sedia e picchiando forte
entrambe le mani sul tavolo. Lo avrebbe rotto, se solo ne fosse stata in grado.
La McGranitt la stava ancora fissando sconcertata, occhi
negli occhi, ora leggeva una punta di allarme nel suo sguardo.
Chiuse forte gli occhi, sentiva grosse lacrime di rabbia
e insoddisfazione pungere al di là delle palpebre, sentiva i suoi occhi
bruciare così come tutto il suo corpo, le tempie pulsare e il cuore battere
forte. Era così arrabbiata, ancora! Così frustrata e triste…
Sollevò il capo chino quando una mano gentile si posò
sulla sua spalla delicatamente, come una carezza. Voltando il capo incontrò lo
sguardo deciso ma benevolo del preside.
“Professor Silente…” balbettò confusa.
L’uomo le rivolse un profondo sorriso. Lo sguardo di
Silente sembrava sempre sapere e capire tutto, Ginny non sentì minimamente
l’impulso di dovere delle spiegazioni o delle scuse. Ammesso che poi ne dovesse
davvero.
“Ginevra, credo che tu abbia la febbre, Madama Chips ha
dei rimedi prodigiosi per questo, ce la fai a raggiungere l’infermeria o
preferisci che ti accompagni?” domandò educatamente.
“No, credo che ce la faccio…” rispose solo, quindi fece
un cenno del capo al preside e se ne uscì dallo studio ignorando completamente
la McGranitt. Ecco cos’era forse, quella maledetta sensazione. Si sentiva uno
straccio ora. Si pentì all’istante di aver rifiutato l’accompagnamento di
Silente e con l’ultimo briciolo di forza rimastale si trascinò rasento i muri
fino all’ingresso dell’infermeria con la vista che le faceva dannatamente
flip-flop.
Trasse un profondo respiro, pregando che Madama Chips non
la ricoprisse di domande e la lasciasse solo guarire e riposare, la lasciasse
in pace con sé stessa, quindi abbassò la maniglia della porta. Fece un passo
all’interno dell’asettica infermeria e si fermò sull’ingresso. La donna
sembrava affaccendata china su un letto nascosto.
“Madama, mi manda il professor Silente, io credo non
sentirmi molto… molto…”
FLOP!
Quando riaprì gli occhi, Ginevra avvertì un profondo
senso di nausea, la vista era leggermente sfocata e la testa così pesante!
Cercò di richiudere gli occhi e tornare a dormire ma le imprecazioni di Madama
Chips le fecero male alle orecchie e la costrinsero a ritornare al presente.
“Benedetta ragazza! Con uno sfogo come il suo, con tutta
la forza che ha messo nel pasticcio che ha combinato, signorina Weasley, non mi
sarei sorpresa se si fosse fatta scoppiare la testa! Una febbre da cavallo! Ed
è il minimo, dico io!” corse strepitante fino al suo capezzale. Senza troppi
complimenti Ginny si trovò ben presto un termometro infilato in bocca, Madama
Chips lo colpì un paio di volte con la bacchetta quindi prese ad osservare la
colonnina di mercurio avanzare velocemente. Con le stesse maniere lo sfilò e se
lo portò vicino agli occhi scuotendo la testa, quindi lo fece smaterializzare
con un gesto della mano.
“Incredibile! 39 e mezzo di febbre, preda questo senza
esitare troppo se vuole rimettersi in piedi alla svelta”
Ginny prese incerta un calice dalle mani dell’infermiera…
se c’era una cosa che detestava erano le pozioni di Madama Chips che erano, sì,
meravigliosamente curative ma altrettanto disgustose. Storcendo il naso portò
il tutto alla bocca. Bagnò appena le labbra e immediatamente provò un forte
desiderio di rimettere. Era disgustosa! Al gusto, all’olfatto e alla vista!
Ma si sentiva troppo debole al momento per mettersi a
discutere con Madama Chips sulla libertà di ogni individuo di rifiutare cure
mediche. E al colpo trangugiò l’intero contenuto del calice.
Sentì la gola bruciare e le viscere contrarsi per il
disgusto e si ributtò sul letto, il viso contratto in un’espressione di chiara
repulsione. Decise di non pensarci, di tornare a dormire chiudendo ogni canale
di contatto col mondo che aveva attorno, ogni minimo suono era un grido nella
sua testa che si protraeva con un’eco infinita, la luce le accecava la vista e
ogni movimento comportava un diffuso dolore osseo e muscolare diffuso.
Anche questa volta, però, il suo volere venne
completamente ignorato.
Di lì a pochi minuti, infatti, irruppero letteralmente in
infermeria suo fratello Ron, naturalmente accompagnato dall’ormai immancabile
Hermione e da Harry. Sulle facce di tutti e tre erano dipinte profonde
espressioni sconcertate e preoccupate.
Ginny sospirò preparandosi al peggio quando li vide
sedersi accanto al letto. Con lo sguardo rivolto al soffitto, gli occhi
socchiusi, non si sforzò nemmeno di salutarli né provò a intavolare una ben che
minima conversazione. Per alcuni lunghi istanti regnò il silenzio.
“Ginny, come stai?” il primo a parlare fu Ron, che le
rivolse un’occhiata a metà tra il perplesso e il preoccupato.
Che domanda assolutamente superflua…
“Tu che dici?” rispose lei, apatica. Doveva sapere
benissimo della febbre, dello svenimento e probabilmente anche di quella che
era stata considerata un’incresciosa sfuriata nell’ufficio della
McGranitt.
Ron deglutì a vuoto, chinando il capo con espressione
affranta.
Almeno lo aveva liquidato alla svelta, meno sentiva
parlare più la sua testa restava integra.
“Ehm, lungi da me difendere Malfoy, ma quello che hai fatto…
come dire, è stato piuttosto crudele…” la solita, titubante Hermione aveva
preso parola.
Ginny si limitò ad alzare vagamente le spalle, sempre
senza distogliere lo sguardo puntato verso il nulla. Che le importava di tutto
questo?
“Che ti succede Gin? Tutto questo… non è da te. Oggi
sembravi… sembravi quasi impazzita…” tentennò Ron.
Impazzita…
Già, la pazzia non è altro che l’altro lato della
medaglia della normalità. Nascosta, celata…
Tirò sul con naso, pensando tra sé e sé. E se fosse stata
davvero pazza? In fin dei conti aveva perso ogni controllo… Era esplosa, di
questo si rendeva benissimo conto.
Eppure si disse che non lo era, non lo era per nulla! La
lucidità non l’aveva mai abbandonata, la consapevolezza di quello che stava
facendo, di quello che pensava e diceva non si era mai minimamente incrinata.
Impazzita sì, forse agli occhi degli altri doveva essere sembrata così,
diametralmente opposta alla Ginny che tutti erano abituati a credere e quindi
impazzita.
Bene, sarebbe stata pazza per tutti, non le importava un
accidente, purchè l’avessero lasciata essere come voleva essere.
“Ron, e anche voi per favore, andatevene di qui.” Disse
loro a mezza voce ma con un tono che non ammetteva repliche. Per la prima volta
da diversi minuti rivolse loro anche lo sguardo. Uno sguardo di ghiaccio e
privo di scuse.
Ron scese dalla sua sedia avviandosi verso la porta,
seguito a ruota dagli altri, mormorando tra sé un “Mamma sarà furiosa…” che
Ginny ignorò completamente. Quando la porta si richiuse con uno scatto Ginny si
rilassò sospirando.
Nella luce fievole della stanza, cercando una posizione
per dormire che non le facesse avvertire tutto quel dolore lancinante alla
schiena, si voltò su un fianco. Dal separé del letto scostato intravide, nella
branda quasi dirimpetto alla sua, una figura profondamente addormentata.
I ciuffi platinati, quasi nivei, che spuntavano dalla
pesante fasciatura alla testa non le lasciarono dubbi. Quello doveva essere
proprio Malfoy. Alla debole luce della candela che volteggiava sopra il suo
letto pareva proprio malridotto.Non
potè fare a meno di trattenere un risolino alla vista del suo viso quasi
completamente nascosto dalle bende, al livido sulla mano che spuntava da sotto
le coperte e a quello che doveva essere un gesso alla gamba destra. Aveva dato
il meglio di sé stessa, allora!
Pensò che se lo fosse meritato, che qualcuno prima o poi
avrebbe dovuto dargli una lezione. Che non gliene importava nulla di possibili
ritorsioni o di punizioni purchè riuscisse a chiudere almeno per un po’ la
bocca acida di Draco Malfoy e levargli quel sorrisetto canzonatore e crudele
dal viso.
Missione riuscita, allora. Quella sul suo volto, o per lo
meno sulla parte rimasta visibile, era un’espressione di scontento e dolore, lo
dedusse dal solco che si era formato sulla fronte escoriata. La sconfitta
probabilmente bruciava anche nei sogni.
Eppure non era altro che un codardo figlio di papà, non
era stato in grado di difendersi, di contrattaccare una ragazza con una
conoscenza della magia scolasticamente più arretrata di lui, era solo riuscito
a scappare con la coda tra le gambe brandendo come arma di difesa il nome del
padre.
E se una volta il nome di Lucius Malfoy avrebbe suscitato
timorosa riverenza, ora non era altro che il nome di un volgare Mangiamorte
uscito da Azkaban grazie ad un giro di dubbie conoscenze che però non era più
nemmeno in grado di mettere un dito sul ministero.La sua brutta fama era nota ormai, nel bene e nel male.
Draco Malfoy era solo uno smidollato.
Sorrise compiaciuta a quell’idea, guardandolo dormire
agitato come un bambinetto malato. Sarebbe stato carino torturarlo, in quella
situazione, dargli fastidio, tormentarlo e rovinargli i bei sogni. Oh, sarebbe
stato uno spasso!
Si mise a sedere sul letto prendendosi un attimo per
permettere alla sua testa e alla sua vista di smettere di girare. Scivolò
silenziosamente dal letto appoggiando i piedi nudi sul linoleum chiaro del
pavimento. Era caldo al contrario di quanto si aspettasse, tutto l’ambiente lo
era nonostante un brivido febbrile le percorse le schiena.
Diede una sbirciata alla saletta di Madama Chips in fondo
alla stanza, era buia. Probabilmente l’infermiera era scesa per la cena…
Ottimo! Prese la sua bacchetta lasciata sul comodino accanto al letto e
trascinando i piedi si avvicinò cauta al letto del ragazzo.
Si sporse guardinga scostandosi i capelli e riponendoli
con cura dietro un’orecchia, prese ad osservarlo pensando da che parte avrebbe
potuto cominciare.
Un sorrisetto divertito le comparve sulle labbra quando
si ricordò di una reazione spropositata del ragazzo di fronte ad una grossa
lucertola, un pomeriggio di diverso tempo prima, sul nascere dell’estate,
mentre tutti gli studenti se ne stavano sdraiati a rosolare al sole nel parco
della scuola. Così a Malfoy non piacevano le lucertole…
Puntò la bacchetta verso le coperte e tre belle
lucertolone grosse e squamose comparvero attorno al ragazzo. Ne prese una per
la coda senza la minima esitazione, era cresciuta alla Tana immersa nella
campagna lei, e la posò adagio sul cuscino. L’animaletto si mosse complice
verso il capo di Draco, molto lentamente.
Ottimo! Sembrano aver capito tutto! E ora…
“Draco… Draco, avanti svegliati…” gli sussurrò cercando
di trattenere le risate.
Lui si mosse appena. Ginny tornò di corsa al proprio
giaciglio, scostando bene il paravento di ogni letto per godersi lo spettacolo.
“Draco… avanti, dormiglione!” continuò pregustandosi la
scena.
Draco mormorò qualcosa di incomprensibile, un farfuglio
confuso, e cambiò lentamente posizione. Ora la sua guancia era a pochissimi
centimetri dalla lucertolona che lo fissava pigra dal suo cuscino, le altre due
si stavano svogliatamente arrampicando sui pendii del suo corpo nascosto dalle
coperte.
Ginny dovette premersi forte una mano sulle labbra per
non ridere e non far scappare alcun suono, quindi, impaziente, sussurrò
nuovamente il suo nome. La lucertola le venne in aiuto pochi attimi dopo
cacciando fuori la lingua ruvida e accarezzando una palpebra sottile del
ragazzo.
Fu un attimo…
Draco sentì solleticare un occhio, una volta… due… alzò
un braccio indolenzito per strofinarselo leggermente, attento a non premere
troppo. Era ancora mezzo assopito ma il dolore diffuso per il corpo lo
avvertiva chiaramente. Ecco, qualcosa di fastidioso gli stava solleticando ora
una mano. Un elfo domestico in procinto di svegliarlo? No… sembrava qualcosa
di… sottile… e molto ruvido. Anche leggermente disgustoso.Inoltre percepiva benissimo qualcosa di
leggero zampettare sul suo corpo. Che strano…
Aprì leggermente gli occhi, il tempo di mettere a fuoco e
li rivolse alla sua mano…
Dio santo!
Una lucertola, cicciona, viscida e disgustosa stava a un
palmo dalla sua faccia!!!! Improvvisamente la sua lingua scura e biforcuta fece
capolino dalle fauci orride sfiorando un suo sopracciglio…
Una lucertola lo stava leccando! Si immobilizzò dal
terrore. ODIAVA le lucertole, lui! Lo disgustavano con tutto il cuore! E… ce
n’era più di una! Sul suo letto… SOPRA DI LUI!
Draco non ebbe tempo di ragionare, cacciando un urlo
colossale scostò le coperte gettando all’aria due delle schifose bestiacce.
Saltò in un lampo giù dal letto…
Idea tremenda, le due bestie erano lì, a poco più di un
metro da lui e pareva non avessero alcuna intenzione di andarsene… Fece per
correre verso una sedia poco distante ma il gesso pesante alla gamba lo bloccò,
assieme al dolore lancinante che superò anche il terrore non appena provò a
pesarsi su di essa.
Perse l’equilibrio e cadde su se stesso, lungo disteso
per terra, sbattendo tra l’altro la testa contro lo spigolo del comodino. Come
se già non fosse abbastanza malridotto!
E che dolore provava!
Imprecò mentalmente per la sua stupidità, ora era a
terra, stordito, mentre le due lucertolone si riavvicinavano e quella rimasta
sul letto aveva tutta l’intenzione voler sperimentare un tuffo dall’alto
proprio sulla sua faccia.
“Basta! BASTA MALEDETTE BESTIE! VIA!” gridò coprendosi la
faccia con un braccio e scalpitando e sgambettando per quanto possibile.
Di rimando alle sue grida udì chiaramente una risata
divertita, una risata prolungata e femminile. Qualcuno si stava divertendo alle
sue spalle. Come se la situazione non fosse già abbastanza terribile di per sé!
Ginny, dopo essersi gustata per bene tutta la scena, era
scoppiata in una profonda e liberatoria risata. Tutto era stato decisamente
troppo spassoso! Se solo avesse avuto una macchina fotografica per immortalare
quel momento e rivedere per sempre Draco Malfoy morire di spavento alla vista
di tre innocenti lucertole!! Sarebbe stata la sua cura perenne per qualunque
malumore, ne era certa.
E seguitò a ridere senza curarsi di nascondere la propria
presenza. Anzi, scese dal letto e lentamente si avvicinò al ragazzo, bacchetta
alla mano.
Quando la vide fare capolino sopra di lui, Draco rimase a
dir poco sconcertato. Quella maledetta Weasley! Ancora lei! Non si era
abbastanza presa gioco di lui quel pomeriggio? Decisamente lo stava
distruggendo! Una ragazza! E peggio… Una dannatissima femmina Weasley!
Cos’era quell’espressione di trionfo sul viso? Non era
mica che… avesse architettato tutto lei? Aveva sentito, ora che ci pensava, una
voce femminile chiamarlo… sussurrare il suo nome. Bè, naturalmente aveva
pensato che fosse parte di un sogno. Cosa stesse sognando prima di quella
bruttissima manciata di secondi neanche lui lo ricordava, ma non era
importante.
Glielo leggeva negli occhi grigi pieni di volontà di
sfida, che era stata lei, che lo aveva fatto per prendersi gioco di lui.
“Maledetta stronza stracciona! Fai sparire queste cose!”
le gridò contro.
Un secondo dopo la lucertola in procinto di gettarsi fece
il tuffo atterrando sulla sua faccia con suo grande orrore! Quella cosa
orribile stava camminando sulla sua faccia!
Si battè ripetutamente il volto, fregandoselo con il
braccio e con la mano, procurandosi tra l’altro un dolore non indifferente,
finchè non riuscì a scostare lontano la bestia.
“Hai sbagliato la formula, Malfoy!” fece lei, tra le
risate e il divertimento, la bacchetta sempre puntata.
Sentì la rabbia salirgli dentro, se solo avesse avuto tra
le mani quella schifosissima femmina l’avrebbe massacrata! Come osava!
Maledetta stronza!
“Ti ammazzo! Ti ammazzo se non le fai sparire subito!”
gridò in preda a collera e terrore al tempo stesso. Immobile a terra, non
riusciva a fare nulla se non passare lo sguardo agitato dalle due lucertole
sempre più vicine a quello della ragazza in piedi avanti a lui.
Ginny storse le labbra in un sorrisetto furbo “Come
vuoi…” disse tranquilla.
Un gesto della bacchetta e le lucertole… Triplicarono!
Ora sul pavimento in linoleum dell’infermeria stava un
piccolo esercito di bestiacce particolarmente grosse che puntavano tutte il
loro sguardo verso Draco, le lingue che a intermittenza sibilavano fuori dalle
fauci.
Draco cacciò un altro urlo provando a raggomitolarsi
nell’angolo in cui si era cacciato. Praticamente in trappola!
Tanti complimenti, Draco! Dannata Weasley!
Ginny lo fissò seria “Supplicami! Supplicami e le farò
sparire… altrimenti lascerò che si divertano a giocare con te”
Draco sudò maggiormente, il suo cuore aveva preso un
ritmo frenetico ed irregolare. Sentì che se quelle bestie schifose avessero
fatto un solo ennesimo passo avanti sarebbe svenuto per il terrore.
“E va bene! Ti prego, ti prego levamele! Falle sparire!
Falle sparire subito” la supplicò, gli occhi chiusi per non dover sopportare
anche visivamente quell’umiliazione che ora gli faceva più male della gamba,
del braccio e del naso rotto, persino dell’ennesimo buco in testa che si era
procurato pochi attimi prima.
La sentì tossire dopo pochi attimi che gli parvero eterni
mente un rivolo di sudore gli calava lungo la schiena, sotto il pigiama di
seta.
“Che cavolo aspetti! Levamele! LEVAMELE!” gridò ancora,
rannicchiandosi sempre di più.
Ginny lo guardò tranquilla, con un leggero sorriso sulle
labbra “Non ho sentito per favore” gli disse come se fosse la cosa più
ovvia di questo mondo.
Draco respirò profondamente, l’avrebbe strozzata in
quell’istante, se prima i Weasley gli suscitavano disgusto per la loro
condizione ora sentiva di provare un moto d’odio inarrestabile per quella
piccola dannata ragazzina.
Esitò un attimo, questo non l’avrebbe mai fatto! Mai!
Ma l’avanzata dell’ennesima bestia gli fece
immediatamente cambiare idea. Distolse lo sguardo, serro forte gli occhi e
pronunciò le parole più difficili ed umilianti che fossero mai uscite dalla sua
bocca fino a quel momento, con la promessa che gliel’avrebbe fatta pagare il
doppio “Per… per favore falle sparire… ti prego!”
Ginny sorrise compiaciuta. Aveva vinto! L’aveva
implorata! Aveva definitivamente umiliato Draco Malfoy! Onde evitare di avere
un morto di panico sulla coscienza con un semplicissimo gesto fece sparire
tutte le simpatiche bestiole dalla stanza e ripose la bacchetta in tasta.
Incrociò le braccia al petto e fissò Malfoy con un
sorrisetto soddisfatto tanto simile a quello altezzoso ed impertinente del
ragazzo.
“Fatto.”
Draco aprì un occhio alla volta, guardandosi attorno
innervosito. Pareva che ogni minima traccia delle bestiacce fosse sparita. Si
impose di ritrovare il controllo che aveva perso così alla svelta e trasse un
profondo respiro.
Quando incontrò il sorrisetto impertinente di Ginny provò
l’implacabile desiderio di spaccarle la faccia, ma quella dannata ragazzina
aveva ancora il coltello dalla parte del manico, anzi la bacchetta. E pareva
parecchio suonata al momento, quindi trovò saggio evitare di rivolgerle persino
la parola.
Cercò di rimettersi in piedi, a fatica, aggrappandosi al
comodino. Dio, sentì un dolore diffuso per tutto il corpo. E il desiderio di
farsi una doccia sterilizzante dopo che… Ah, non osava nemmeno pensare a quello
che era appena successo.
Ginny tossì nuovamente e lui fu costretto a rivolgerle
ancora lo sguardo.
“Non ho sentito un’altra parolina magica… un grazie”
fece lei, con il solito sorriso sornione dipinto sul volto pallido.
Draco grugnì e la fissò con astio “Ringraziarti? Devi
solo andare al diavolo maledetta stracciona!”. Ringraziarla! L’avrebbe
distrutta, altro che ringraziarla!
“Risposta sbagliata, Malfoy!” fece Ginny dura e sollevò
nuovamente la bacchetta nella sua direzione.
Bene, Draco non aveva atteso altro! La sua mano sana
scattò sul comodino e afferrò la sua bacchetta, era stordito ma era sempre
stato rapido e abile nei movimenti, ci mise un attimo a disarmarla. La
bacchetta della ragazza atterrò ai piedi di Draco e un attimo dopo un fiotto di
luce rossa partì dalla bacchetta di questo nella sua direzione.
Ginny sentì un rivolo di sangue caldo scenderle lungo la
guancia e un dolore lanciante picchiare proprio dove si era appena aperto uno
squarcio. Non indifferente, dedusse lei passandosi un dito tremante sopra.
Merda…
“Bene Weasley, ride bene chi ride ultimo!” fece Draco,
con la solita espressione di sempre.
Mosse di nuovo molto rapidamente la bacchetta, un colpo
di gomito, “Rictusempra” e Ginny si sentì colpire forte allo stomaco, si
piegò in due e cadde sulle ginocchia, il volto contratto dal dolore e dalla
rabbia di essersi fatta cogliere così alla sprovvista.
“Ora la pagherai cara per aver infangato il nome del
Malfoy… per aver umiliato me!” Sibilò Draco rabbioso movendo ancora la
bacchetta.
Ginny ridacchiò nuovamente suscitando maggiormente l’ira
di lui.
“Tu sei proprio suonata se ridi ora!” mormorò scuotendo
il capo.
“Veramente stavo ridendo di te… bello il nome dei Malfoy…
Un padre che fa la spola tra casa e Azkaban e un figlio che si fa mettere
rapidamente al tappeto da una ragazza più piccola… Mi fai ridere, Malfoy!”
pronunciò quel nome con scherno e la cosa fece ribollire il sangue nelle vene a
Draco.
Non si poteva offendere suo padre in quel modo, non si
poteva deridere fino a quel punto *lui*, non si poteva infangare il suo nome!
Forse… forse perché era tutto quello che di grande aveva.Esitò un attimo scosso dalla rabbia e quello
bastò perché Ginny riuscisse a richiamare a sé la sua bacchetta.
Ora stavano uno di fronte all’altra le bacchette puntante
ai rispettivi volti.
Draco si sentì tremare di rabbia e indignazione.
Possibile che riuscisse a prendersi così gioco di lui? Che non riuscisse e
metterla a terra una volta per tutte? Che fosse così maledettamente… crudele,
forse?
Ginny sorrise tetra al suo avversario “Adesso capisci
cosa si prova, eh?” mormorò appena, fissandolo dritto negli occhi ridotti a due
fessure.
Abbassò la bacchetta e si girò sui tacchi, le doleva
troppo la testa e per il momento era soddisfatta di quello che aveva fatto. Non
lo avrebbe tormentato oltre, lo aveva già massacrato in abbondanza, messo in
ridicolo, umiliato e fatto implorare, arrabbiare e… ne era sicura, lo aveva
fatto soffrire. Lo aveva fatto sentire una nullità. Per la prima volta nella
sua vita Draco Malfoy aveva provato sulla sua pelle tutto quello che per anni
aveva fatto passare agli altri.
Ginny si infilò nel suo letto afferrando un fazzoletto
dal comodino e tamponando il taglio che ancora non aveva smesso di sanguinare.
Allora si era messa comoda a letto e aveva spento la candela accanto al letto.
Decisamente aveva bisogno di dormire adesso, gli occhi le bruciavano per il
febbrone. La bacchetta sotto il cuscino che se Malfoy si fosse avvicinato
sarebbe stata pronta a rispondere. Ma la cosa non la preoccupava più di tanto,
aveva il presentimento, chissà perché poi, che non lo avrebbe fatto; e comunque
di lì a poco sarebbe tornata anche Madama Chips.
Draco abbassò il capo e la bacchetta, in collera con sé
stesso e con quella maledetta Weasley si buttò sul letto.
Umiliato e massacrato. La giornata più brutta della sua
vita.
Se suo padre lo avesse visto in quell’istante lo avrebbe
probabilmente diseredato.
Suo padre…
Un padre che fa la spola tra casa e Azkaban…
Già, il suo grande padre aveva perso il suo onore dietro
le sbarre di Azkaban. Adesso non era altro che il lecchino del Signore Oscuro.
Ok, lui oggi era probabilmente stato un fallimento, ma di certo anche suo padre
lo era stato nell’ultimo periodo, e su tutti i fronti. Come padre, come marito,
come uomo… persino come Mangiamorte.
Perché mai nutrisse, alle volte, tanta stima di lui non
lo sapeva proprio. Perché si sentisse così fiero di sentir dire che somigliava
tanto a suo padre, certe volte, non lo sapeva proprio.
Al momento provò un senso di nausea e disgusto all’idea
di dovergli assomigliare.
Bene, se c’era una cosa che oggi aveva definitivamente
capito, che quella schifosa rossa gli aveva fatto venire alla mente, era che
non avrebbe mai voluto somigliare a suo padre. Lui sarebbe stato grande e
avrebbe risollevato il nome del Malfoy, sì!
Alla fine la stracciona si era rivelata utile. Questo non
significava però che non gliela avrebbe fatta pagare, e pagare cara, un giorno.
Continua…
Ma io vi ringrazio!!Non credevo che vi ricordaste ancora
così in tanti di questa fan fiction, mamma mia! Sono commossa delle recensioni
che mi avete lasciato ancora. Grazie davvero!
Come potete vedere non ho impiegato un altro anno per
aggiornare, sono stata abbastanza svelta considerando che è un periodo
veramente molto… particolare, ecco!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Ho
grandi cose in mente… terribili, ma grandi! :P
No, staremo a vedere. Voi, nel frattempo continuate a
farmi sapere che cosa ne pensate, mi raccomando!!
Personalmente questa Ginny mi piace una cifra.. vai Gin,
spacca! ^o^ *Ly esaltata*
E ora… personal Thanks…
Buffy: Graaazie! Sono contentissima che ancora
segui la mia storia, ciccia! Ma dimmi una cosa… per caso ti devo ancora risp ad
una mail? Ho un po’ di casino in posta, fammi sapere! ^^’’ Baci!
Vale: ciao cara! Spero ti sia piaciuto anche
questo chap! Il What If… ehm… Paaaaasso!! ^^’’’ 1 bacio!
Tuz: Tranquilla, tranquilla! Qui niente
Ginny-Harry. Ho detto che mi piace questa coppia, non che sarà una storia su di
loro, puoi continuare a leggere e metterti il cuore in pace. Davvero riesci a
immedesimarti nella mia Ginny? UAAAO! Allora mi è riuscita proprio bene! Bè, è
difficile essere sempre sé stessi, soprattutto quando la gente si aspetta
determinate cose da te *Ly fischietta, ogni riferimento ha fatti e persone note
è puramente casuale*, quindi ti capisco! Dai, alle superiori si cambia giro,
nuove conoscenze e nuova gente, ti potrai porre nel modo che più preferisci,
sta a te! Un bacione, e tranquilla che non mi annoi!
Mary: Graaazie! Visto? Ho continuato =)
Vamasa: Coppia improbabile in effetti, ma c’è
molto da scrivere su di loro, sì!
Pan_z: Ciccì! Grazie per quello che hai scritto!
Eh eh, per questa Ginny ce l’ho messa tutta!!! Il vero problema è definire
Draco senza capitombolare Out Of Character… E tu, quando aggiorni? Bada che ho anche risp alla
mail, eh eh! Che brava che sonoro!! Ti vollio benissimo anche io, ciccia! Baci
Ale: Grazie per i complimenti per questa e tutte
le altre storie. Il What If al momento è un grosso punto interrogativo. Magari
con l’estate riuscirò a farlo diventare qualcosa di più corposo, cmq non lo
abbandonerò. Grazie ancora! ^^
Angèle87: Ciao cara! Grazie anche a te… visto che
anche in questo capito gliele ha suonate a Malfoy? Mamma come lo ha ridotto,
che donna violenta! ^^’’ Un baciotto a te
Milady: Eh eh, chi non muore si rivede!!!! Spero
ti sia piaciuto anche questo capitolo. Un baciotto
Bene, di nuovo un grazie a tutti quelli che hanno anche
solo letto, mi raccomando lasciatemi sempre due righe di parere che a me fa
solo piacere leggere (Di tutto, anche le care vecchie critiche!!)
Ginny rivolse alle compagne di camera un’occhiata
glaciale, tutte e tre la stavano guardando in modo molto strano, a cominciare
da Gladies che pareva avere di fronte una banshee. Gladies, con i suoi riccioli
perfetti, il suo fisico perfetto, il suo accento londinese e la sua media impeccabile
nutriva una profonda allergia per tutto ciò che era anche solo minimamente
atipico. Non che fosse cattiveria la sua, Ginny lo sapeva bene da ormai sei
anni, solo una sorta di inconsapevole spocchia che le dava tremendamente ai
nervi. Di fianco a lei Doris, una pila di libri in una mano e una mela rossa
nell’altra, la fissava come nel tentativo di leggere nella sua testa
nonostante, di questo Ginny era certa, fosse ben lontano dal conoscere anche
solo minimamente le tecniche della Legilimanzia. E in fine Abbie, lo sguardo
crucciato e preoccupato, che le aveva appena rivolto la domanda.
“Tutto bene, Abigale. E Gladies, smettila di fissarmi.”
Ordinò perentoria.
Gladies sbattè un paio di volte le palpebre, sconcertata.
“Oh… certo, certo.” Rispose in fretta, farfugliando.
Ginny scosse la testa, esasperata.
Naturalmente, tutto il mondo non si aspetta che la
piccola cara Ginny reagisca in questo modo, stai terrorizzando ogni povero
studente, Gin…
Scrollò le spalle e sistemò un paio di libri dentro alla
borsa a tracolla.
La febbre era sparita nel giro dell’intero giorno dopo,
la mattina del lunedì Madama Chips l’aveva dimessa, appena in tempo per
l’inizio della nuova settimana di lezione. Una vera fortuna! Si fa per
dire…La cosa assolutamente divertente
della domenica precedente era stato il fatto che non aveva sentito nemmeno un
sospiro di Draco Malfoy, che condivideva con lei la degenza, nascosto dietro il
paravento che circondava il suo letto. Nemmeno un’imprecazione, un lamento,
niente di niente. Avrebbe pensato che fosse stato rispedito nella sua Casa se
non fosse stato per Madama Chips che di tanto in tanto veniva a dargli
un’occhiata, somministragli bizzarri intrugli e cambiare qualche benda.
E così era tornata alla routine di ogni giorno,
attraversando i corridoi di Hogwarts, traboccanti di studenti affamati che
correvano verso i tavoli della colazione, si era ritrovata gli occhi di tutti
incollati addosso. Non era mai stata tanto al centro dell’attenzione da quando
era stata dimessa dall’infermeria, al secondo anno, dopo essere stata ‘salvata’
da Harry, all’interno della Camera dei Segreti.
Sguardi rapidi, occhiate sospettose, sussurri e
pettegolezzi. Ginny non faceva altro che avvalorare la loro tesi riservando
occhiate sprezzanti e gelide ad ognuno.
“Dicono che sia ammattita, la più piccola dei Weasley…
avete visto che sguardo da pazza? E quello che ha fatto a Malfoy… vabbè che si
tratta di lui, ma sembrava fuori di sé… sembra che Madama Chips abbia dovuto
addormentarla con un incantesimo e legarla al letto tanto scalpitava quando ve
l’hanno portata! Mamma mia!” era la diceria più gettonata.
Veramente assurdo… Infatti non dette il minimo peso alle
loro parole. Decise che li avrebbe ignorati, come loro avevano sempre fatto con
lei fino a solo due giorni prima.
Infilò una penna nell’astuccio di legno intagliato, e
rovinato anche, quindi chiuse la propria borsa con il suo laccio e se la mise
in spalla.
Si voltò tornando faccia a faccia con le compagne, che
non si erano schiodate.
“Che c’è?” domando infastidita, senza preoccuparsi
minimamente di celare la propria indisposizione.
Abigale deglutì, Gladies le diede un colpetto col gomito,
come per spingerla a parlare “Bè, ti aspettiamo per la colazione…” rispose
tesa.
Ginny provò l’irresistibile impulso di scoppiare a
ridere. Storse ironicamente le labbra in un sorriso stonato “No, andate pure.
Potrei infastidirmi della vostra presenza e lanciarvi un incantesimo…”
Tutte e tre strabuzzarono gli occhi sgattaiolando via di
corsa. L’ultima ad uscire, Abbie, chiuse la porta alle sue spalle lanciando
l’ennesima occhiata preoccupata a Ginny.
Rimase immersa nel silenzio tranquillo della stanza,
dalla finestra giungevano ovattate le voci di alcuni studenti impegnati a
ridere a suon di palle di neve, neve che era scesa incessantemente da quel
sabato ad Hogsmeade e che solo da un paio d’ore concedeva la sua tregua.
Si sorprese, la finestra era, per la prima volta da anni,
chiusa!!! Probabilmente le altre erano terrorizzate che, al suo risveglio,
avesse potuto inscenare una piazzata e stordirle di incantesimi.
Cavolo, non si era resa conto di essere diventata così
terrificante!
Scese in religioso silenzio le scale della Torre, entrò
in Sala Comune evitando di prestare attenzione al centinaio di sguardi puntati
addosso e si sedette in una zona libera del tavolo della propria casata. Poco
lontano, Hermione, Ron e Harry avevano preso a lanciarle eloquenti occhiate
preoccupate, sperando che si unisse a loro.
Per cosa? Per parlare? Per farmi dire che sono una
pazza?
No, grazie…
Non ho bisogno di voi e del vostro falso aiuto.
Evitò di incrociare lo sguardo con loro, per dirla tutta
evitò di farlo con chiunque e quella mattina si prestò ad iniziare il periodo
più difficile che Ginevra Weasley avesse mai affrontato.
Ad alimentare le voci sul suo presunto stato di
instabilità mentale fu soprattutto Draco Malfoy, le sue maldicenze superarono
ogni limite nel giro di una decina di giorni.
Prese a diffondere la notizia, ovviamente falsa, che
mentre era ricoverato in Infermeria, Madama Chips avesse prescritto
obbligatoriamente a Ginny dei potenti sedativi, che da una perizia accurata era
emerso che aveva quasi completamente perso il senno e che Albus Silente
lasciava che proseguisse a frequentare Hogwarts per pura carità ai genitori e
sotto promessa che Ginny avesse preso tutte le sue medicine per tenere almeno
un po’ a freno la pazzia galoppante.
Tra sé pensò che essere messo al tappeto da una
squilibrata mentale fosse decisamente meno umiliante che da una ragazzina
sveglia e decisamente molto forte.
Così, lagnandosi del trattamento subito da quella
‘dissennata pazza isterica di una Weasley’, si aggirava per i corridoi
compiangendosi.
Ne era consapevole, anche se cercava di ignorarlo, che la
sua lingua biforcuta poteva arrivare molto più lontano del suo braccio e che
non era cosa di cui essere esattamente fieri.
Ma non aveva altra scelta, al momento.
“Già, e cosa ho saputo, poi? Che la lasceranno terminare
gli studi qui, ma solo perché costerebbe troppo ricoverarla al San Mungo…
Sapete benissimo che i Weasley fanno la fame, no?” disse a Tiger a Goyle,
ridacchiando. Un paio di pettegole ragazzine di Tassorosso avevano ascoltato
con interesse la conversazione e Draco aveva ‘leggermente’ alzato il volume
della voce per rendere loro più udibile il tutto, nella speranza che anche
questa diceria andasse presto ad infangare la reputazione di quella dannata
ragazzina.
“Maledetto stronzo…”
Si voltò in direzione di quell’insulto, Draco, ma non
fece nemmeno in tempo ad accorgersi di chi glielo avesse rivolto che presto si
trovò buttato a terra, schiacciato completamente dal corpo di un misterioso
individuo che lo stava tenendo per la collottola.
“Ron! Ron, che fai? Mollalo!” questa era di sicuro la
Granger, avrebbe riconosciuto quel tono petulante e saccente fra mille, quindi
l’altro Weasley aveva sentito quello che aveva appena detto.
Cercò di scrollarselo di dosso scotendolo via e
scalciando ma era, seppur molto magro, più alto e più forte di lui. E per di
più pesantemente incazzato.
Impossibile contare sull’aiuto di Tiger e Goyle, Potter
si era parato davanti a loro, bacchetta alla mano, minacciandoli. Davvero due
cretini senza un minimo di utilità.
“La verità fa male, Lenticchia?” lo provocò con una
risatina, riuscendo a levarselo da sopra la faccia. Per tutta risposta Ron gli
sferrò un pugno allo zigomo “Ritira quello che hai detto, bastardo!”
Draco deglutì a fatica, vide le stelle (ed erano davvero
tantissime) per quel colpo inferto su un altro colpo in via di guarigione, ma
cercò di non darlo a vedere. Di certo non si sarebbe fatto mettere sotto ed
umiliare da un altro Weasley. Pur avendo poca libertà di movimento riuscì a
tirare una gomitata al suo avversario, rompendogli un labbro.
“No, siete solo dei ridicoli straccioni! E tua sorella è
suonata!” rincarò con orgoglio, agitandosi sotto il peso del rosso.
Ron avvampò di rabbia e cercò di colpire ancora Draco,
che però riuscì a bloccarlo appena in tempo. Per pura fortuna tra l’altro, non
era un gran lottatore corpo a corpo. La sua sola arma era appunto la lingua
tagliente.
“Ti faccio rimangiare le cattiverie che hai detto su mia
sorella a suon di sberle! Sei tu che vai dicendo tutte queste stronzate, eh? Ti
faccio vedere io cosa si paga a rovinare la reputazione della mia Gin!” e gli
mollò una gran ginocchiata in un fianco.
Decisamente questi stramaledetti Weasley riuscivano
sempre a riempirlo di botte e metterlo KO, aveva già provato i pugni di alcuni
di loro, al quinto anno, e non era stata un’esperienza piacevole. Questo
spilungone qui, poi, sembrava ancora più maledettamente forte. E per la seconda
volta era riuscito inconsciamente a colpirgli una parte non ancora del tutto
rimessa, la gamba destra.
“Oh, ma che bravo fratello. La tua sorellina picchiatella
è così fuori di sé da non sapersi più difendere… un’altra bella notizia da
divulgare. La Weasley ha bisogno delle guardie dal corpo perché non è più
capace nemmeno di tirar fuori la lingua. La tratti proprio come una bambolina,
eh, la sorellina?” rise malignamente riuscendo per la prima volta a scrollarsi
di dosso Ron e a riprendere un attimo il fiato.
Il rosso, furente, fece per avventarglisi contro di
nuovo, preparandosi a mollargli l’ennesimo cazzotto ma una voce lo interruppe.
“Io non ho bisogno delle guardie del corpo. Mollalo,
Ron!” Ginny stava in piedi in mezzo al corridoio fissando la rissa. Le braccia
incrociate al petto e lo sguardo furioso.
“Gin, hai sentito cos’ha detto?” domandò sconcertato il
fratello, strattonando il biondino.
Draco sorrise decisamente divertito, celando abilmente la
fitta di fifa che lo aveva colto alla comparsa della Weasley pericolosamente
infuriata. Sarebbe stato umiliante se avesse fatto ricomparire uno di quei
sudici animali dell’altra volta o lo avesse di nuovo battuto con un paio di
semplici incantesimi.
“Mollami, Lenticchia!” e con uno scrollone si liberò
della sua presa rimettendosi seduto e sistemandosi la divisa ora sgualcita sul
collo.
“Ti ho detto che non ho bisogno di guardie del corpo. Non
sono una bambina.” Insistette lei, dura e inflessibile, senza degnare Draco di
uno sguardo e fissando gli occhi grigi in quelli più blu, ma tuttavia molto
simili, del fratello.
“Ma ti ha insultato! Ho detto delle cattiverie su di te,
sulla nostra famiglia!” si inferocì Ron, rimettendosi in piedi e indicando
furente Malfoy, poco di fianco a lui.
Ginny tacque e Draco, che si stava ancora sistemando i
vestiti scuotendo via il terriccio che vi si era attaccato, sentì il suo
sguardo insistente su di lui. Alzò gli occhi e la vide fissarlo
insistentemente, per attimo pensò che lo avrebbe di nuovo massacrato a suon di
bacchetta, quindi portò acutamente la mano in tasca cercando la sua, pronto a
non farsi cogliere impreparato. Ma la Weasley era rimasta immobile, non dava
segno di voler prendere la bacchetta in mano, seguitava solo a fissarlo con una
strana espressione, lo stava scrutando, ne era consapevole. Le fece un cenno
col capo, inarcando un sopracciglio, come a chiederle che diavolo avesse da
fissarlo in quel modo, cosa avesse intenzione di fare.
Ginny non fece una piega e senza battere ciglio si
allontanò in religioso silenzio, a passo spedito, verso la propria aula. Tutti
i presenti rimasero sorpresi della reazione della ragazza, Ron rimase a
fissarla lungo il corridoio finchè non fu scomparsa voltando l’angolo. Nel
silenzio solamente i suoi passi decisi e veloci risuonavano, il rumore delle
ballerine scure a contatto con il pavimento in cotto, finchè anche quelli si
spensero.
Il primo a riscuotersi fu Draco, che approfittando della
distrazione di Ron si diede alla fuga mollando uno spintone per passare a
questo e allontanandosi velocemente.
Tuttavia rimase sconcertato di quella reazione e di
quello sguardo indagatore che sembrava dire tutto e nulla. Semplicemente
incomprensibile.
Quando svoltò l’angolo, Ginny iniziò a correre finchè non
raggiunse un piccolo squarcio di cortile. Si buttò su una panchina in marmo,
completamente sdraiata e incurante della neve che vi stava adagiata sopra e che
ora iniziava ad impregnarle il mantello.
Lasciò che il proprio sguardo indugiasse nel cielo di
metà mattina e corresse liberamente dietro ad un nuvolone che in quel preciso
istante attraversava la sua visuale.Rimase così per diverso tempo, incurante dei vestiti che andavano
bagnandosi e della sua lezione di Incantesimi che si stava tenendo in quel
momento.
Che rabbia le era salita vedendo suo fratello comportarsi
in quel modo, difendendola come se fosse una bambola di cristallo! Possibile
che nessuno capisse?
O ancora peggio, possibile che tra tutti quello che aveva
detto le cose più sagge, che più si avvicinavano ai suoi pensieri, fosse
proprio quel maledetto Malfoy?
Ron la trattava come una bambolina eppure lei non aveva
bisogno di guardie del corpo, né di essere difesa. Né lei né la sua
reputazione.
Ron non ci era arrivato, come nessuno dei suoi fratelli
che per lei avevano sempre assunto quel tipo di atteggiamento, ma lo aveva
capito quel disgraziato di Malfoy.
La cosa le fece ancora più rabbia. A parte quello scemo,
nessuno! Nessuno sarebbe mai riuscito a capire come Ginevra Weasley avrebbe
voluto che andassero le cose. Sentì il cuore battere più forte e lacrime di
rabbia e frustrazione premere dietro le palpebre ora abbassate. Le ricacciò
deglutendo ripetutamente.
Si sentiva di nuovo così scoraggiata, così insoddisfatta.
Rimase senza pensieri a fissare il cielo ancora diverso
tempo poi iniziò a sentire davvero troppo freddo e rapidamente tornò al proprio
dormitorio per cambiarsi.
Ma nulla cambiò.
Per tutti era diventata la squinternata di turno e il
fatto che solo Luna Lovegood la salutasse ancora con entusiasmo, se poi quel
suo saluto a trecentosessanta gradi accompagnato dall’aria sognante poteva
dirsi tale, non facilitava le cose. Ma certo questo non le faceva né caldo né
freddo, aveva deciso che non le sarebbe più importato cosa gli altri avessero
pensato di lei, cosa avessero detto. Lasciò che fosse bollata come squinternata
della scuola, sempre pronta a saltar lezioni, quando non se la sentiva, a
ignorare saluti forzati, a essere diretta a costo di risultare sfacciata. Questa
Ginny divenne l’abitudine.
E presto in molti, moltissimi, presero ad evitarla
costantemente. Gli unici strascichi di conversazione forzata, giusto uno
scambio di battute di necessità, li aveva solo con Ron, sempre per litigare tra
l’altro, e qualche volta con le compagne di stanza o gli inseparabili altri due
pilastri del trio.
Naturalmente escludendo Luna che ogni tanto la affiancava
commentando articoli bizzarri pubblicati dal padre sul Cavillo, o
uscendosene con frasi apparentemente senza senso.
Forse fu l’unica compagnia che Ginny non disprezzò. Luna
almeno non si aspettava nulla da lei, in positivo o in negativo che fosse,
poteva persino stare seduta accanto a lei senza proferire parola che non
sarebbe stata esortata a nessuna conversazione forzata per spezzare
l’imbarazzo, che imbarazzo poi non veniva mai a crearsene.
Tuttavia si riscoprì sola.
Si sentiva così da tanto, ma mai così irrimediabilmente
sola con sé stessa. E così triste.
Ginevra Weasley non era mai stata tanto triste in vita
sua.
Forse perché prima perdeva troppo tempo ad essere
arrabbiata con sé stessa, dentro di sé, e con quanti non la capivano. Ma ora,
ora che la rabbia l’aveva lasciata sfogare, era solo un gran vuoto che sentiva
e una tristezza disarmante.
Quel pomeriggio di fine febbraio, un freddissimo febbraio
ancora ricoperto di neve, se ne stava da sola accoccolata tra le radici di una
grossa quercia che sprofondavano nel vasto lago ora ghiacciato. La maggior
parte degli studenti in quel momento stava probabilmente scemando per le vie
festose di Hogsmeade dentro e fuori da un negozio, ridendo e divertendosi. Ma
lei non ricordava il tempo che era passato dall’ultima volta che si era
divertita per davvero, che aveva genuinamente riso a suo agio con sé stessa.
Sorrise malinconicamente all’idea che si doveva però escludere quell’episodio
delle lucertole in infermeria. Allora Malfoy l’aveva fatta davvero divertire, a
suo discapito naturalmente, il che aveva resto il tutto ancora più gustoso.
Ma erano passati dei mesi ormai, mesi che le erano
sembrati lunghissimi. Non aveva quasi più nemmeno incrociato quel maledetto
Malfoy lungo i corridoi, nemmeno per potersi gustare la sua faccia che, lo
aveva notato, si crucciava appena di un leggero timore quando la vedeva,
soprattutto quando sembrava arrabbiata.
E così se ne stava lì per conto suo, avvolta nel mantello
pesante, nella sciarpa che si prodigava in numerosi giri attorno al collo.
Teneva il mento appoggiato alle ginocchia, che a loro volta teneva strette
presso di sé tra le braccia. Lo sguardo indugiava sul lago deserto. Diversi
inverni aveva pattinato su quella lastra di cristallo, da sola o in compagnia.
E con il vento tra i capelli era stata bene, correndo forte senza nessuno
accanto, sfrecciando sul ghiaccio, si era sentita a suo agio per un po’. Pensò
che magari avrebbe potuto farlo anche ora, che magari sarebbe stata bene come
le altre volte, ma no. Non lo fece. E non per qualche motivo particolare,
semplicemente le sue gambe non risposero al suo desiderio di alzarsi e salire
in camera per prendere i pattini. I vecchi pattini che una volta erano stati di
Bill. Quando era ancora molto piccolo, naturalmente, e nonostante ciò stavano
ancora piuttosto larghi ai suoi piedi femminili.
Pensò ai proprio fratelli, a tutti quanti. E ai suoi genitori.
Sua madre era così arrabbiata con lei, così disperata per la Ginny che era
‘diventata’. Provò una fitta al cuore, un leggero senso di colpa per il
menefreghismo che stava mostrando. Ma poi decise che non le importava, che
tutti se lo erano meritati, perché non avevano mai capito assolutamente nulla
di lei.
Ripensò alla sfuriata che le aveva fatto quando era stata
riportata a forza a casa, sotto Natale. Era arrabbiatissima per quel suo
comportamento indifferente che aveva assunto, era delusa per i voti bassi che
stava prendendo ultimamente a scuola. Era triste perché la sua bambina si
comportava in quel modo. Ma Molly non lo aveva capito che Ginny non era più la
sua bambina, che era quasi una donna, ormai. Che nonostante da una parte
avvertisse una forte repulsione per la crescita, perché avrebbe dovuto assumere
per forza una posizione nella società, dall’altro non vedeva l’ora di essere
finalmente trattata da adulta responsabile, non come l’eterna piccina di casa
Weasley.
E si sentì irrimediabilmente triste…
Non si curò delle voci chiassose dei primi studenti che
rientravano e correvano a rotta di collo verso il lago per l’ultima pattinata
prima di rientrare per la cena. Sprofondò dentro sé stessa e per la prima volta
da tanto, tantissimo tempo, pianse. Singhiozzò con il volto sprofondato tra le
pieghe del mantello scuro, nascosta in mezzo alle ginocchia.
Non le cacciò come avrebbe fatto altrimenti, lasciò che
le lacrime sfogassero tutto il suo vuoto.
Forse, si disse, aveva solo una gran voglia e un gran
bisogno di piangere.
Lasciò che il suo corpo sussultasse in preda ai
singhiozzi, si soffiò ripetutamente il naso colante nel fazzoletto e pianse,
pianse a lungo senza un motivo apparente.
Era buio quando si asciugò gli occhi arrossati e prese a
camminare velocemente verso il castello, spazzando via accumuli di neve
sollevata dal vento e posata sulle spalle. Nonostante la tristezza il
languorino allo stomaco si stava facendo sentire insistentemente, peccato
perché una saltuaria mancanza d’appetito le avrebbe fatto comodo per
rimodellare almeno in parte il suo corpo, soprattutto in certi punti.
Percorse lentamente i corridoi quasi deserti, in
direzione della Torre di Grifondoro, tutti dovevano essere già a tavola, doveva
sbrigarsi o ci sarebbe rimasto ben poco, tanto più che ormai nessuno le
conservava più il pasto. Salì rapida le scale ma queste cambiarono
all’improvviso, portandola nella direzione opposta.
Sbuffò contrariata, aveva imparato ad odiare quelle
dannate scale, quanto più era in ritardo, tanto più quelle la dirigevano
lontano dalla sua meta.
Dovette attraversare mezza scuola perdendo diverso tempo
e quando arrivò trovò la Sala Grande ormai praticamente deserta, i tavoli
sgombri.
Sospirando si lasciò sedere alla base di uno dei tanti
camini spenti.
Quante cose le andavano male, accidenti!
E si sentì nuovamente triste. Triste e sfortunata.
Commiserando sé stessa fece per tornare alla propria
stanza, si sarebbe infilata sotto le coperte più velocemente possibile evitando
ogni altra cosa. Per il cibo, poi, si sarebbe rifatta l’indomani a colazione.
Con ancora gli occhi lucidi per quella goccia che aveva
fatto nuovamente traboccare il vaso si allontanò dalla Sala.
Una voce pungente la riscosse dai suoi pensieri “Andiamo,
sarai abituata a saltare pasti a casa tua Weasley!”
Alzò lo sguardo dal pavimento e incontrò innanzi a sé,
quello di Malfoy. Istintivamente posò una mano sull’impugnatura della
bacchetta, che spuntava dalla tasca.
Vide gli occhi chiarissimi del ragazzo correre da lei
alla sua arma, quindi nuovamente a lei.
“E tu sei abituato a essere battuto da me, ormai, ci hai
preso gusto per caso?” domandò stringendo forte la bacchetta e sfoderandola,
fissandolo con astio.
Malfoy rise acidamente ma non rispose, rimase solo a
fissarla con quella sua espressione snob, senza muovere un muscolo.
Ginny lasciò cadere il braccio armato che tendeva verso
di lui.
“Triste, vero?” domandò lui ad un certo punto, serio.
Poi non attese risposta e se ne andò a grandi passi per
la sua strada.
Ginny abbassò lo sguardo, fissando un punto imprecisato
del pavimento poco avanti le sue scarpe.
Già, era dannatamente triste che lei lo fosse e che solo
lui se ne fosse accorto.
Quel ragazzo riusciva ad irritarla in ogni modo,
prendendola in giro, offendendola, attaccandola, umiliandola, persino
capendola. E questo le dava dannatamente sui nervi.
Senza fiatare si ritirò nella sua stanza, tirando come di
consueto le tende del letto e sprofondando presto in un sonno senza sogni.
Draco Malfoy non riuscì a capacitarsi di quello che gli
stava succedendo, nei giorni successivi si riscoprì sempre più bisognoso di
punzecchiare, offendere, insultare la Weasley. Persino di guardarla.
Non che le piacesse, no! Buon Dio, lui era un Malfoy! Lei
era una schifosa Weasley! Una Weasley rossa, lentigginosa, bassa, quasi piatta
e dai fianchi persino troppo generosi, per di più.
Non era attrazione la sua, di questo era ben sicuro,
eppure ne aveva bisogno.
E ne fu disgustato, però non riuscì ad impedirselo.
Si scandalizzò di sé stesso, di come si era ridotto,
quando si scoprì a desiderare di volere i suoi occhi pungenti puntati addosso,
ad ogni costo.
E cercò di dissuadersi, ma fu inutile.
E allora si disse che probabilmente dipendeva dal fatto
che quella maledetta ragazzina era l’unica cosa divertente che ci fosse in giro
in quel periodo dove tutto era diventato pesante e noioso ad Hogwarts. Forse
era perché, più o meno celatamente, aveva osato sfidarlo quella volta ad
Hogsmeade, e anche la volta dopo in infermeria, quando aveva parlato senza timore
di suo padre e di lui stesso. Forse questo c’era di interessante in lei, ecco!
Era, da un certo punto di vista, stimolante litigare con
lei.
Un bel gioco, sì! Almeno lei non acconsentiva
incondizionatamente a tutto quello che diceva come quelle due capre di Tiger e
Goyle, o come quell’altra fastidiosissima Pansy. Lei ribatteva, attaccava, non
si tratteneva e non si preoccupava, ed era assolutamente divertente. Bè, tranne
quando lo metteva al tappeto, soprattutto se c’era qualcuno in giro, perché allora
tutto si faceva dannatamente umiliante e credeva di odiarla più di ogni altra
cosa. Ma poi, chissà perché, si dimenticava di quel rancore ed ogni volta che
la incrociava quella voglia di beccarsi a vicenda tornava a farsi sentire.
Quel pomeriggio di marzo la seguì che si avviava
solitaria nei corridoi semibui del terzo piano, verso chissà quale meta, poi su
per le scale, fino in alto. Stava progettando un modo per comparirle davanti
all’improvviso e una cattiveria nuova da rivolgerle. Però un ostacolo si
frappose tra lui e il suo intento.
Lei era appena entrata nella Guferia, lui odiava quel
postaccio!
In sette anni di scuola mai ci si era recato e mai si era
servito dei piccioni spelacchiati della scuola, lui aveva il suo bellissimo e
fiero barbagianni personale assieme ad un trespolo privato piazzato fuori dalla
finestra proprio per quello. Mai avrebbe messo piede in quel postaccio che
odorava di escrementi come un volgare pollaio e pullulava di pennuti orrendi e
chiassosi.
Optò quindi per un’attesa all’esterno. Prese a camminare
avanti e indietro per il corridoio, aspettando che si sbrigasse a spedire
qualunque maledetta lettera avesse tra le mani e uscisse alla svelta. Poteva
già sentire l’odore nauseabondo che infestava il corridoio in prossimità e iniziava
a salirgli la nausea.
Eppure i minuti passavano e non un gufo o una civetta
aveva preso il volo partendo dalla postazione di lancio della stanza. Che
cavolo ci stava a fare allora in quel posto orrendo? Era un quarto d’ora di
orologio che era là dentro. Iniziò ad innervosirsi e parecchio.
Si stava facendo una chiacchierata con un piccone per
caso?
La curiosità vinse sulla sua sofisticatezza e la sua
repulsione per quel luogo.
Si avvicinò con passo felpato alla porta. Provò ribrezzo
e portò meccanicamente una mano a coprire il naso quando aprì uno spiraglio di
porta e sbirciò dentro. Niente, quella era scomparsa!
Mosse, seppure con repulsione, il suo primo passo
all’interno di quella cagnara, le assi sotto i suoi piedi scricchiolarono
sonoramente e diversi uccelli si mossero, presero a pigolare, quindi volarono
via disturbati. In mezzo a tutto quello schiamazzo Draco riuscì a scorgere
Ginny Weasley. Se ne stava seduta sul bordo di una finestra arrampicata sopra
un soppalco. Attirata da tutto quello svolazzare abbandonò la contemplazione
del panorama e diede un’occhiata all’interno della Guferia.
Draco rimase immobile sull’ingresso, una mano in tasca e
l’altra ancora schiacciata sul naso che ormai portava solo il ricordo
dell’isteria di Ginny, quel pomeriggio ad Hogsmeade: conservava infatti una
piccola cicatrice sotto l’occhio sinistro. Per il resto era tornato dritto e
all’insù con la solita aria snob che aveva sempre avuto.
Beccato! Merda, non penserà mica che l’ho seguita!…
Le rivolse un solo cenno col capo quindi prese a
guardarsi attorno distrattamente, avanzando a stenti nella stanza tra i diversi
volatili “Io…cercavo il mio barbagianni. Sai cos’è un barbagianni Weasley, o i
tuoi non ne hanno mia visto neanche uno, dal momento che costano un occhio
della testa?” la provocò, in preda ad un ormai consueto desiderio.
Lei fece spallucce “Non rompere, Malfoy…” rispose piatta,
tornando a guardare fuori dalla finestra e gelando le provocazioni del ragazzo.
Malfoy storse il naso, scontento. Di certo non si aspettava
di essere liquidato in quattro e quattr’otto, o peggio… ignorato!
Sbuffò contrariato e si arrampicò sul soppalco sempre
controllando ogni rapace, portando avantila sceneggiata per cui stava cercando il suo barbagianni.
“Non-rompere-Malfoy? Siamo nervosetti oggi? Oh, scusa è
vero! Lo siamo da parecchio ormai…”
rincarò, avvicinandosi a lei, entrambi le mani in tasca e
il solito ghigno strafottente sulla faccia.
Sentì la rabbia salire quando lei non fece nemmeno una
piega, ignorò completamente la sua presenza e le sue parole, come se fosse sola
in quel luogo.Strinse i pugni, dentro
le tasche dei pantaloni, in preda al nervoso.
“Bè, cos’è? Ci sentiamo soli e tristi e quindi ignoriamo
le provocazioni della gente? Andiamo, credevo sapessi essere molto più
divertente di così, Weasley!” e rise sarcastico delle sue parole.
Bingo!
Ginny prese fiato diverse volte, con sua somma gioia
stava per avere almeno una qualche reazione. Ma quella che vide lo spiazzò
completamente giungendo del tutto inaspettata.
La rossa si voltò di scatto, tirando su col naso e
strofinandosi gli occhi con il polso della maglia, stava piangendo…
“Ti prego, lasciami in pace!” gli gridò contro.
E Draco rimase a bocca aperta, incapace di rispondere. Si
sentì per la prima volta, forse, seriamente in imbarazzo. Spiazzato
completamente. Non era umiliazione, non era sconcerto. Era quasi… quasi
dispiacere sì, era non avere più una singola parola in bocca. Distolse lo
sguardo da quel volto triste e da quegli occhi arrossati.
Guardano altrove diede un calcetto ad un biscotto per
gufi a terra e buttò lì la prima frase per smorzare quel silenzio che avvertiva
pesante “Il tuo cavaliere Potter ti ha mollato, Weasley?”
Lesto uno schiaffo gli girò il volto da una parte
all’altra. Draco sbattè gli occhi un paio di volte fissando la ragazza
infuriata e piangente avanti a sé stagliarsi furiosa contro il cielo blu
racchiuso nella finestra alle sue spalle. Forse aveva reagito un po’ troppo per
i suoi gusti. Sembrava lì per buttare fuori la sfuriata del secolo, e di fatti
non si sbagliò.
Nemmeno un attimo dopo un fiume di parole lo investì.
“Stai zitto, Malfoy! Che cosa puoi capire, tu? Tu che
stai sempre a prendere in giro, a ferire la gente solo per il gusto di farlo.
Solo perché non sei in grado di fare altro. Tu che vai pavoneggiandoti per i
corridoi dando addosso a tutto e tutti. Tu, spocchioso, viziato, insopportabile
ragazzino superficiale! Non sai niente! Sei solo capace di farti servire e di
nasconderti dietro il nome che porti. Ma sei una nullità, non hai sostanza! E
non capisci e non capirai mai nulla! Parli di Potter, eh? Giusto, perché Ginny
Weasley da sempre pende dalle sue labbra, no? Perché così dovrebbe essere. No,
no! Non è così. Ne è passata di acqua sotto i ponti, le persone cambiano, ma le
aspettative nei loro confronti no, eh? E allora tutti continuano ad aspettarsi
cose da te. La gente pretende che tu resti fede all’immagine che hanno di te,
senza preoccuparsi di chiederti se questa ti va stretta o no, senza
preoccuparsi di quello che vuoi o non vuoi. Siete un branco di stronzi egoisti
e ipocriti. E tu, tu che non fai che sparare cattiverie a raffica, sei il più
superficiale, vuoto e insensibile di tutti. Mi dai la nausea, Malfoy!” gridò
fuori di sé, stringendo i pungi.
Draco deglutì a vuoto, rimanendo senza parole a fissarla
“Non sono l’unico che pensa per preconcetti e vive di apparenze, allora…”
rispose a voce bassa, senza distogliere lo sguardo.
Il silenzio calò attorno a loro, un silenzio compensato
dallo spessore degli sguardi fermi che si stavano scambiando. Anche i vari gufi
e civette parvero tacere, storditi dalle parole di Ginny.
Rimasero a fissarsi a lungo, senza mai distogliere un
attimo lo sguardo.
Draco la osservò asciugarsi gli occhi e le guance con il
dorso della mano e scostarsi la frangia troppo lunga dalla faccia. Aveva smesso
di piangere e seppure pareva in subbuglio e scossa stava lentamente
riacquistando il fiato. Si sentì inspiegabilmente più sollevato e si sorprese
di non aver minimamente pensato di portare mano alla bacchetta per rispondere
ad un suo ipotetico attacco, che comunque non era arrivato.
La vide stringere i pugni e torturarsi le dita. Doveva
stare veramente uno schifo, questo glielo riconobbe. Forse, ma solo forse,
pensò per la prima volta di aver esagerato.
Levò una mano dalle tasche per passarsela tra i capelli
biondi perfettamente pettinati. E poi non seppe neanche lui quello che fece
finchè non si ritrovò con le labbra incollate sulle sue.
Porco cavolo, stava baciando la Weasley!!!
E cosa ancora peggiore, non aveva la minima intenzione di
fermarsi. Schiacciandola contro il parapetto della finestra annullò ogni minima
distanza e prese maggior confidenza con quel bacio afferrandole la nuca con una
mano e tenendola stretta.
La baciò ed aveva un gusto maledettamente buono, vicino a
lei non sentiva più nemmeno il puzzo rancido di quel postaccio.
Stava baciando Ginevra Weasley. E lei stava baciando lui!
O comunque si stava lasciando baciare senza prenderlo a scarpate o gettarlo
dalla finestra alle sue spalle.
Quando questa consapevolezza salì alla coscienza di
entrambi il bacio si spezzò all’istante.
Draco si passò una mano sulle labbra per ripulirsele e si
guardò attorno sospettoso, nemmeno lui sapeva perché. Poi rivolse uno sguardo
sconcertato alla ragazza che pareva ancora più scossa e frastornata di lui.
“Merda…” mormorarono nel medesimo istante.
Draco arretrò di qualche passo, quasi terrorizzato di
quanto successo, come se improvvisamente quella ragazza e il contatto con lei
scottasse.
“Prima ed ultima volta! E non una parola su questo,
Weasley!” ordinò perentorio.
Lei scosse il capo, come inorridita “Puoi contarci,
Malfoy!”
E quella fu la loro ultima conversazione.
Continua…
Oh oh, brava Ly! Bravissima! Hai già finito un altro
capitolo, vai così! A discapito dello studio pre-esame che dovrebbe affliggermi
in questo periodo. Bè, ultimamente ho il rigetto universitario, pace e amen!
Allora, che ve ne pare di questo capitolo? Dulcis in
fundo… the kissss! Anche se non adagiatevi sugli allori, siamo proprio ancora
fuori strada per questi due.
Come al solito vi esorto a lasciarmi una bella
recensioncina per dirmi che ne pensate. Io sono felicissima se lo fate, suuu!
Non siate timidi!
Soprattutto mi interessa sapere se questo Draco risulta
troppo melenso o patetico. Insomma, qui volevo arrivare ma non volevo che
sembrasse una cosa non da Draco, non voglio proprio finire OOC!! Quindi, fatemi
sapere. ^^
Ah, sono contenta che nel capitolo scorso abbiate
apprezzato Malfoy e la sua avventura con le lucertole…
E inoltre perdonatemi alcuni errori in questi chaps ma la
mia beta-Ran è impegnata con gli esami, appena mi corregge tutto io
riposto e intanto pubblico questo perché li devo a qualcuno… Sorry Ran se non
aspetto la tua supervisione, vedrò di rifarmi dopo… ^^
Ora, ringrazio come sempre tutti i miei cari
commentatori, MaryAngel come al solito, grazie grazie cara!! E tutti
quelli dell’EFP, grazie a:
Vale: Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo,
che ne dici?
Buffy: ciccia, allora ti rispondo alla mail al più
presto possibile… e perdonami!!!!
Cloe: Graaazie!! ^^ Troppo buona… si ammazzano
anche qui, ma alla fine.. uh uh!
Angèle: Ho aggiornato presto, visto? Sì, Draco e
le lucertole erano uno spasso! Io mi son divertita una cifra a scriverlo…
Kiara: Uh, ma sei la *mia* Kiara o un’altra Kiara?
No, perché se sei la mia Kia ciccia potevi mica dirmelo due ore fa al telefono
che avevi letto ficcy? Se non sei la mia Kia… ignora questo passaggio! Cmq,
grazie mille!! Eh, Draco è odioso, niente da dire! Baciotti.
Angi&Gius: Caaare!! Quanto tempo che non vi
leggo… mi siete mancate! Io vi rispondo assieme perché per me siete più che
gemelle, siete siamesi! ^^ Grazie di aver letto e commentato anche questo… E
grazie di tutti i complimenti. Un bacio tesssore!
Dark Crystal: Oh, Malfoy se li merita eccome un
po’ di cazziatoni!! E questi non saranno né i primi né gli ultimi.
Personalmente lo trovo spesso molto infantile, forse ha bisogno di qualcuno che
lo aiuti a crescere… Gin? Ci dai una mano? ^^ Grazie mille, eh!
Anonimo: Su su, firmati la prossima volta, non
posso lasciarti senza nome! Grazie però di aver commentato, non ho fatto
aspettare molto, visto?
Ale: ciao cara! Per le lucertole, pensavo a
qualcosa di divertente che però fosse anche un po’ fobico. Dici che ci stava
bene? Grazie delle rece e un bacione. Che ne dici del nuovo chap?
Ok, Finite! Grazie come sempre a chiunque legga questa
storia.
“Nella posizione in cui ti trovi, dubito che tu possa
esserci utile. Tu o le tue continue e per nulla costruttive contestazioni sul
nostro approccio, tesoro. Te lo avevo detto più di una volta, mi pare. Forse
hai bisogno di una vacanza piuttosto lunga, gioia. Diciamo pure che potrai
anche considerare la libertà di cercarti un altro lavoro… Che ne dici? Per il
tuo bene…”
Sbattè gli occhi un paio di volte seppure quella
comunicazione, velata di visibilmente falsa comprensione, non giungesse per
nulla inaspettata. Inspirò profondamente quindi sfoderò un gran sorriso. “Con
gran piacere, cara!” rispose sottolineando malignamente quel fastidioso
epiteto che, parte di un vasto e simile corollario, gli era stato ripetutamente
rivolto per tutto il percorso di lavoro svolto fino a quel momento. Ringraziò
iddio di non doverlo sentire, con un po’ di fortuna, mai più. Arcuò le
sopracciglia riservandole un’occhiataccia gelida e di disappunto quindi girò
sui tacchi e camminando rapidamente si allontanò da quel posto che, se
all’inizio aveva trovato entusiasmante, ora soffocava.
Ispirò profondamente l’aria gelida della via babbana di
Londra. Uscì dal piccolissimo vicolo che fungeva da passaggio per il personale,
O ex personale…, e si guardò attorno. Poca gente transitava per quei
viali cadenti e principalmente adibiti all’attività industriale, quei pochi, poi,
correvano davvero di fretta senza prestare attenzione a nulla che non fosse il
tempo scandito dal proprio orologio o il passaggio delle macchine al momento di
attraversare la strada. Il San Mungo sorgeva proprio in una posizione ideale,
fuori dagli sguardi curiosi dei babbani eppure sotto il loro naso.
Ginevra pensò che per quelle persone frettolose imparare
a smaterializzarsi sarebbe stato davvero utile. Lei ne era certamente in grado
ma da sempre preferiva fare quattro passi per tornare dal lavoro, soprattutto
quando la Londra babbana era ricoperta di neve, come in quel periodo. Perdeva
tutto il suo grigiore invernale e sembrava quasi bella. Persino quella
squallida via popolata di casermoni e vetri rotti di magazzini che furono.
Si accomodò meglio la berretta di lana, in modo da
proteggersi più adeguatamente le orecchie contro il freddo pungente, e strofinò
tra loro le mani guantate prima di infilarle in tasca e avviarsi.
La sua attenzione, per la strada, venne catturata da un
vecchio uomo calvo e infreddolito che chiedeva la carità invocando il nome di
Dio. Aveva le gote rosse per il freddo e il volto magro per la fame. Frugò
nella tasca e ne trasse una moneta da due falci… difficile pensare che
l’avrebbe accettata. Infilò allora una mano nella borsa alla ricerca del
portamonete in cui teneva sempre, come scorta durante le sue passeggiatine in
terra babbana, qualche moneta inglese. Quando l’uomo le si avvicinò lasciò
scivolare nella sua mano tre sterline, senza nemmeno sapere quanto gli stesse
lasciando. L’uomo le sorrise, si inchinò e la benedisse più volte.
“Grazie, grazie bella signorina! Dio la benedica, la sua
sarà senza dubbio un’esistenza felice e con Dio al suo fianco.”
Ginny fece un sorriso stentato all’uomo che si
allontanava facendo tintinnare le monete nelle proprie vecchie mani callose.
Storse il naso, di certo la sua non era esattamente una vita fortunata. Proprio
mezz’ora prima aveva anche perso il lavoro.
Si ritrovò presto a pensare come sarebbe stato non avere
un lavoro, con un affitto da pagare ogni mese, il cibo da comprare, le spese di
ogni giorno… Avrebbe dovuto muoversi a trovare dell’altro ma era consapevole di
quanto non fosse facile.
E poi aveva fatto così tanti sacrifici per avere quel
posto in Ospedale! Per un intiero anno era andata avanti quasi senza dormire la
notte per poter seguire i corsi magici da infermiera il giorno e lavorare come
cameriera la sera. Tutto per potersi permettere gli studi supplementari e
soprattutto… un tetto sopra la testa.
E alla fine ce l’aveva fatta! Dal Natale scorso era
ufficialmente entrata al San Mungo, reparto Lesioni da Incantesimo,divisione Esplosione di Magia Accidentale,
sezione Pediatrica. Davvero un’infinità di termini per dire che si occupava di
quei bambini che, per svariati motivi, davano origine a manifestazioni di magia
incontrollata e prolungata. E le piaceva davvero, tutto quello.
Naturalmente prima di entrare in rotta di collisione con
la coordinatrice medimagica: Harrietta Stone. Per l’appunto quella che le aveva
appena concesso una vacanza prolungata. Anzi, senza scadenza.
Ora era di nuovo punto e a capo.
Cercò di non pensarci ma l’immagine di lei, vestita di
stracci e vagabonda alla ricerca di qualche moneta per vivere le invase
prepotentemente il cervello.
Seppure non fosse così tardi era già buio quando
raggiunse Dragon Lane. Si trattava di un vialetto secondario nemmeno troppo
lontano dalla principale Diagon Alley e ugualmente esclusivamente popolato di
maghi e streghe. Le facciate delle case apparivano rovinate, vecchie e consunte,
e non godevano di un quarto di quelli che erano lo sfarzo e il vitalismo del
quartiere principale, ma qui Ginevra aveva trovato una soluzione comoda e
tranquilla, non troppo lontana dal San Mungo e non troppo fuori mano rispetto
al quartiere principale. E soprattutto una soluzione economica.
Varcò il portone in legno del numero 3 e salì le scale
fino al quinto piano. Infilò la chiave nella toppa dell’interno 9 e le diede un
colpo di bacchetta lasciando che la porta si aprisse e le ripresentasse l’ormai
famigliare odore di casa sua e l’immagine dell’ingresso.
Si sfilò il mantello, lo appese ad un non troppo
elaborato appendiabiti accanto alla porta, assieme alla sciarpa e alla
berretta, e si richiuse l’uscio alle spalle. Con un movimento rapido e ormai
naturale accese il fuoco nel camino che prese a scoppiettare allegramente
illuminando tutta la stanza. La piccola stanza del modesto appartamento.
Bè, modesto era un sottile eufemismo dal momento che, lei
ne era ben consapevole, era davvero minuscolo. Un soggiorno che riuniva in sé
l’essenziale di una cucina e di un salotto, un microscopico sgabuzzino, un
bagno semplice e una camera da letto piccola ma tutta per sé.Ginny amava definire la sua casa ‘intima’. E
così era… Si era data da fare per renderla il più accogliente possibile, e ci
era riuscita in pieno, e nonostante le dimensioni ridotte trovava che quello
spazio per la prima volta tutto per sé fosse largamente sufficiente.
Probabilmente si sarebbe sentita sola in una grande casa.
Senza contare che si sarebbe anche sentita affamata dal momento che avrebbe
dovuto spendere un intiero stipendio solo per pagarne l’affitto.
Si abbassò per dare una grattatina di saluto a Trixy, il
suo micione giallo ambra, che si stiracchiò appena sul pavimento prima di mettersi
a girovagare pigramente sotto al tavolo e infine accoccolarsi sulle mattonelle
accanto al fuoco. Aveva imparato ad amare i gatti quando Hermione aveva preso
con sé Grattastinchi, e ora lei aveva preso con sé Trixy. Anzi, era stata Trixy
ad accoglierla, dal momento che risiedeva in quella vecchia mansarda da prima
dell’arrivo di Ginny, senza compagni e senza padroni. E doveva dire che era la
compagna di casa ideale, Trixy sapeva starsene in silenzio, non chiedeva
spiegazioni, mangiava quando aveva fame e dormiva quando aveva sonno, non
esigeva continue coccole né continue attenzioni, più di ogni altra cosa era in
grado di acciambellarsi accanto a lei, sul morbido divano, e di rimanere lì per
ore a ronfare se Ginny non voleva giocare o altrimenti a strusciarsi contro le
sue gambe e coccolarla se la vedeva particolarmente giù di morale. Molto di più
di un semplice gatto, molto meglio di tante persone.
Riempì la ciotola della miciona con degli avanzi di
pasticcio di carne che il giorno prima l’aveva vista gradire particolarmente
quindi si fiondò dritta in bagno per una bella doccia calda.
L’acqua che scrosciava bollente sulla pelle nuda e
pallida, colorita solo di un numero accettabile di lentiggini, riusciva sempre
a rilassarla almeno quanto una sana dormita, che si sarebbe concessa senza
problemi di levatacce poco più tardi.
Rimase a strofinarsi a lungo, a massaggiarsi la pelle e i
capelli, a coccolarsi e a prendersi cura di sé senza preoccuparsi di fare alla
svelta per dover fare, dover sistemare, dover mangiare, dover essere puntuale.
Tra le gioie che aveva scoperto connesse alla vita da sola la più grande era
proprio la conquista dei propri ritmi.
Girovagò per casa avvolta nel
morbido accappatoio sistemando un paio di cose, si infilò una camiciona da notte
in pile e cenò in tutta
tranquillità con una vaschetta di gelato, buttata sul divano e seppellita sotto
una grossa coperta di lana lasciandosi incantare dalle mille storie di Pippi
Calzelunghe.
Si addormentò con ancora i
capelli umidi, sdraiata sul divano comodo, con Trixy appollaiata sui suoi piedi
e il fuoco nel camino che andava lentamente spegnendosi. Tranquilla, rilassata
e tremendamente stanca. Per quella sera decise di non pensare al fatto che non
aveva più un lavoro. Quello sarebbe stato un problema riservato esclusivamente
al giorno dopo.
E dormì. Dormì profondamente e
a lungo fino a pomeriggio inoltrato. Si stupì di trovare il sole già basso
dietro i tetti aprendo gli occhi dopo quel lungo riposo.
Si stiracchiò e si massaggiò il
collo che le doleva tremendamente, si maledisse per essersi addormentata con i
capelli ancora bagnati, e lentamente si rimise in piedi.
Aprì brevemente le finestre per
far cambiare l’aria viziata e riaccese il fuoco nel camino, ormai spento. Si
preparò una tazzona abbondante di tè caldo e rise al ricordo di tutte le tazze
di tè che aveva tenuto in mano quando era ancora una studentessaad Hogwarts, nella Torre Nord dove era
l’aula di divinazione con la professoressa Cooman. Sarebbe stata felice in quel
momento, la vecchia insegnante, di prevederle un nero periodo di disoccupazione
e difficoltà vista la sua personale e spiccata inclinazione alle disgrazie e
alle catastrofi personali.Accantonò le
rovinose previsioni e si preparò rapidamente per uscire.
Era un dato di fatto non
ignorabile la sua recente perdita del posto di lavoro. Così come non era
ignorabile l’affitto che sarebbe arrivato di lì a pochi giorni e la camera
blindata alla Gringot che però conteneva praticamente solo aria ad eccezione di
qualche sacchettino di Galeoni.
Si sarebbe lanciata in giro per
Diagon Alley, per Hogsmeade, per qualsiasi luogo alla ricerca di un nuovo
lavoro.
La nottata di riposo l’aveva
ricaricata: dopo tutto era una ventenne piena di energie e voglia di lavorare,
molto sveglia e diligente, un lavoro lo avrebbe trovato di sicuro.
Infilò i piedi nei comodi e
caldi stivali invernali, si avvolse nel mantello e nascose i lunghi capelli
rossi con la solita berretta di lana. Finì di bardarsi e si buttò nel freddo
del pomeriggio inoltrato. Forse era un po’ tardi, magari avrebbe avuto poco
tempo quel giorno, ma si sentiva agguerrita e non aveva assolutamente voglia di
rimanere in casa ad aspettare un niente.
In una ventina di minuti,
camminando rapida, raggiunse le vie affollate che conducevano a Diagon Alley.
Non trovò nulla che la
entusiasmasse, tuttavia, a parte qualche posto part-time come cameriera o
qualche ricca signora alla ricerca di una baby sitter disponibile ventiquattro
ore su ventiquattro.
Quella sera tornò a casa
infreddolita e con le pive nel sacco ma per nulla scoraggiata.
La mattina seguente puntò la
sveglia dell’orologio a cucù sul primo mattino e ancora più carica e
determinata si materializzò piena di voglia di trovare qualcosa fino a
Hogsmeade.
Scioccamente si dimenticò che era
l’ultimo sabato prima delle vacanze di Natale e così, appena materializzata, si
trovò circondata di ragazzini allegri avvolti negli scuri mantelli che portavo
impressi gli stemmi delle case. Ragazzini che le ricordarono i suoi passati
anni in quella scuola e parte di un periodo nero da dimenticare che dentro le
pesava ancora molto. Cercò di mimetizzarsi impedendo così che qualche
professore la riconoscesse. Di certo non aveva la minima voglia di incontrare
una McGranitt severa o un Hagrid in vena di reminescenze.
Si presentò alle porte di
uffici, distretti, negozi e ogni genere di posto ma tutto quello che ne ricavò
furono una valanga di no. Risposte negative alla sua domanda di assunzione.
Dovette ammettere che non era
così facile come pensava, probabilmente la cosa non dipendeva nemmeno da lei.
Tutti erano così poco disponibili e sospettosi da quando Lord Voldemort era
tornato più potente che mai che le sembrava di essere in quel periodo babbano
dell’Inquisizione… panico diffuso, sospetto che si insidia ovunque e tante,
tante porte chiuse.
Fortunatamente, fino a quel
momento, Lord Voldemort non le aveva ancora procurato gravi problemi… Non aveva
perso nessuno di importante, non che poi fossero tante le persone che
considerava tali, né le aveva mai impedito di vivere una vita normale. Si era
infatti molto spesso domandata come una volta avesse potuto seminare tanto
terrore e rovinare la vita a tante persone: la risposta la conosceva benissimo
però, tante estati trascorse in mezzo ai componenti dell’Ordine le aveva fatto
capire che questa volta la gente era molto più preparata a proteggersi e
respingere Voldemort che durante la Prima Guerra. E poi doveva ammettere di
essere in buone mani, c’erano una squadra di auror scelti, tra cui
l’immancabile Harry, a dar del filo da torcere a Voldemort e ai suoi pochi
Mangiamorte rimasti.Harry e
praticamente la sua famiglia per intiero. Fatta eccezione di lei, lei che non
ne aveva voluto sapere di rimanere in quella casa, fare parte dell’Ordine.
Nemmeno lei ne conosceva il motivo, tuttavia non si era sentita di farlo, e
aveva intrapreso la sua strada tra liti e disappunti.
Questo pensiero le fece
ricordare che era di nuovo alla ricerca di un suo cammino, se voleva mantenete
la sua indipendenza e la sua dignità. Era ancora pomeriggio e si disse che
avrebbe potuto ritentare la ricerca a Londra, forse con più tempo a
disposizione riusciva a cavare qualcosa dal buco.
Cercò un viale appartato e
concentrandosi completamente mise a fuoco la sua destinazione. In un batter
d’occhio si rimaterializzò nella capitale.
Prese nuovamente tutta la sua
determinazione a due mani e partì ancora nella sua ricerca, fece richiesta
persino alla Gringot, per quanto quel luogo non le fosse mai piaciuto e per
quanto poco tenesse a lavorare per loro. Non dovette comunque sforzarsi di
farsi piacere ciò che non le andava a genio dal momento che non ebbe nessuna
risposta affermativa: era come se il mondo, in quel preciso istante, fosse
saturo di lavoratori.
Le sembrò tutto ad un tratto
logico: Ginevra Weasley non aveva mai avuto la vita facile, di certo non
avrebbe trovato un nuovo lavoro semplicemente schioccando le dita delle mani!
Il fato era contro di lei, ma lei sapeva mordere molto più forte del suo
destino…
Ritirò quasi tutti gli ultimi
soldi, ormai conscia del fatto che non avrebbe trovato un lavoro così presto, e
lasciò quel luogo che le era sempre apparso quasi sinistro.
Si incamminò tranquillamente
nel sole del tramonto per le vie tranquilla immersa nei suoi cupi pensieri
riguardo il suo ora piuttosto precario futuro economico e si lasciò trasportare
dai propri piedi per una meta ignota quando all’improvviso uno sconosciuto la
urtò facendola dolorosamente cadere a terra.
“Oh, mi scusi, mi scusi!”
azzardò l’uomo, un apparentemente distinto signore moro sulla trentina,
tendendole una mano.
Ginny afferrò quella mano
irritata, rimettendosi in piedi e scuotendo via la neve sporca e il fango dai
vestiti. “Fantastico! Se vado così conciata alla ricerca di un lavoro non mi
prenderanno mai!” si lamentò sbuffando.
L’uomo le porse ancora delle
scuse e si lanciò verso terra per raccogliere la borsa che le era caduta di
mano. La aprì e lanciò un’occhiata all’interno.
Ginny la riafferrò all’istante
“Ehi! Come si permette?”
“Oh… guardavo se c’era tutto… ecco
sì! Non le è caduto nulla, certo! Non vedo nulla a terra. Ancora tante scuse!”
e senza lasciarle un minuto per risponderle si smaterializzò all’istante.
Ginny sbuffò ancora seccata,
controllò che nulla fosse rimasto a terra quindi, scotendo il capo contrariata,
cercò di ritornare sulle vie principali.
Si stava facendo tardi e prima
di rincasare pensò bene di fermarsi a fare qualche indispensabile acquisto
alimentare per riempire almeno in parte la credenza quasi completamente sgombra
e potersi concedere una cena almeno un po’ decente.
Comprò del latte fresco, del
pane, qualche uovo, bacon, carne, un po’ di verdure e varie piccole cose in una
piccola gastronomia in cui non era mai stata, il proprietario pareva
decisamente scocciato di quell’entrata all’ultimo minuto, proprio mentre era in
procinto di chiudere. Ginny cercò di non prestare attenzione alle occhiate
losche che le mandava di continuo imperandole di muoversi alla svelta: dopo
tutto era nei pressi di Notturn Alley e la gente non era mai molto disponibile
da quelle parti, liquidò il tutto con una rapida alzata di spalle rivolta più
che altro a sé stessa.
Quando il proprietario le
presentò il conto, Ginevra infilò la mano nella grossa borsa che portava al
braccio e solo allora si accorse che il suo portamonete si era volatilizzato.
Di primo acchito pensò di averlo lasciato a casa ma poi si ricordò di essersi
pagata un breve pasto a Hogsmeade e improvvisamente la sua memoria focalizzò
sulla figura dello sconosciuto che, dopo aver afferrato la sua borsa, se la
defilava alla chetichella veloce come un fulmine.
“Oh, no! Il mio portamonete!”
esclamò disperata, fissando accigliata l’oste.
Questo inarcò un sopracciglio
molto scettico “Ve lo ha mangiato il gatto, signorina?”
Ginny si morse nervosamente un
labbro “No… io… mi è stato rubato! Deve essere stato quel tizio, quel maledetto
a Hogsmeade!”, si appoggiò con le braccia al bancone innanzi a lei sentendo le
forze venire mano… come era potuta essere così stupida? I pochi galeoni che le
rimanevano erano in quel portamonete… quindi erano ormai scomparsi. Poteva
considerarsi praticamente sul lastrico. Sentì un nodo di rabbia e rammarico
formarsi nella gola.
“Allora? Mi vuol dire come
pagherà questa roba?” incalzò l’uomo frettoloso e piuttosto divertito.
Ginny respirò a fondo, non
aveva più un soldo con sé, poteva tornare a casa, prendere quel poco che le
restava e usarlo in parte per quegli acquisti ma quelli erano i soldi che
avrebbe dovuto utilizzare per l’affitto, di lì a un paio di giorni, e quella
vecchiaccia di Mrs Smith, acida e taccagna, non concedeva proroghe o sconti, su
questo era stata chiara fin dal loro primo incontro.
Raccolse il coraggio dentro di
sé e spinse lontano, verso il proprietario, le due buste di carta colme di
spesa “Mi spiace, al momento non la posso pagare. Rinuncio alla mia spesa…”
Odiava questo genere di
umiliazione da poveri… Fin da quando era piccola aveva sempre e solo indossato
abiti di seconda mano, fuori moda, sformati e fatti in casa, ricavati da abiti
ancora più vecchi. In vent’anni lei e la sua famiglia si erano concessi solo un
paio di vacanze economiche ospitati da svariati parenti, escludendo la volta
dell’Egitto naturalmente; non compravano mai cibi pregiati e c’era sempre da
fare mille calcoli cercando di non sforare quando bisognava comprare libri di
scuola. Se da una parte era abituata a non sguazzare nella ricchezza, da un
altro punto di vista questo l’aveva resa orgogliosa, le aveva fatto promettere
a sé stessa che il resto della sua vita non sarebbe stata così. E invece al
momento stava andando anche peggio…
Ma l’uomo avanti a lei parve
contrariato, molto contrariato “Eh no, bella mia! Questa roba è tagliata, incartata,
confezionata ormai! E quindi va comprata. Per me sarebbe una perdita!”
Ginny ingoiò il grossissimo
groppo in gola e si fissò le scarpe, umiliata “Ma non ho con che pagarla, mi
spiace. Mi hanno appena rubato gli ultimi risparmi e non ho altro. Non saprei
nemmeno a chi chiedere. Per questa volta non potrebbe chiudere un occhio?” la
sua voce era stentata, il tono sempre più basso.
Quello sorrise malignamente e
le afferrò il polso “Questo! Forse non coprirebbe la spesa per intiero ma
potrebbe essere un risarcimento.”
Ginevra scostò malevolmente la
manona dell’uomo dal proprio polso, portandoselo al petto e avvolgendo l’altra
mano attorno ad esso e all’orologio che indossava. Di certo non glielo avrebbe
dato, eh no! Quello era un regalo, un prezioso regalo che sua nonna le aveva
lasciato, solo a lei, unica femmina di tutta la famiglia. Era vecchioccio e anche
pacchiano, fuori moda e nemmeno così bello, forse non valeva nemmeno tanti
soldi, ma per lei era inestimabile.
“Non se ne parla proprio!”
rispose a muso duro.
L’uomo parve irritarsi “Ah no?
E come la mettiamo? Vuole la sua spesa? Qui ha comprato roba per almeno una
quindicina di galeoni! E io non posso riprendermela. Trovi un altro modo di
pagarmi, su!”
Lui la guardò con un sorriso
bieco e lei si scostò rapidamente indietro, disgustata dalla persona che si
trovava di fronte. Come poteva essere così priva di tatto, poco disponibile e
soprattutto pervertita, certa gente? Avvertì il bisogno di uscire alla svelta
da quel luogo, di tornare presto a casa, mangiare qualcosa di caldo, concedersi
la doccia più lunga del secolo e non pensare più a quelle giornate nere.
Velocemente si slacciò l’orologio, gli occhi chiusi come a negare a sé stessa
l’approvazione di ciò che stava facendo, e lo gettò senza troppi complimenti
all’uomo che lo afferrò contrariato, quasi si aspettasse, ormai, altri tipi di
pagamenti. Prese i suoi tre sacchi della spesa e se ne uscì di corse, corse per
diversi metri finchè fu lontana da quel postaccio.
Frustrata e arrabbiata si
maledisse per essere arrivata fin lì. Attraversò la via rapidamente e nel
mentre uno dei sacchi che teneva precariamente tra le braccia si ruppe sul
fondo riversando la maggior parte del suo contenuto in mezzo alla strada.
Imprecando contro il fato
avverso che accompagnava quella giornataccia, Ginevra si chinò sulle ginocchia
per raccogliere il tutto, bacchetta alla mano riparò alla meglio il sacco e
ricacciò tutto dentro malamente. Le uova che fortunatamente erano rimaste tra
le sue braccia e quindi intatte si ruppero e si congraturò nervosamente con sé
stessa.
Si smaterializzò all’istante,
desiderosa di null’altro che fosse il suo letto caldo ma qualcosa andò storto,
forse per il nervosismo, forse per la tensione, forse perché non si concentrò
abbastanza.
Si rimaterializzò infatti in un
vicolo scuro e sconosciuto, ma soprattutto in un vicolo spazzato da un temporale
colossale. Nemmeno un paio di secondi per rendersi conto di ciò che le stesse
capitando che si ritrovò bagnata fin nel midollo. Corse al riparo sotto la
prima tettoia che intravide. Si accostò ad una vetrina nera di rabbia e
terribilmente contrariata, la spesa completamente annacquata, e dietro quei
vetri impolverati e scusi un luccichio attirò la sua attenzione.
C’era qualcosa in quella
vetrina piena di vecchie cianfrusaglie, qualcosa che in un attimo le fece
dimenticare la giornata nera, il freddo che sentiva sotto la pelle portato
dall’acqua gelida. Qualcosa che la attrasse ineluttabilmente. Era un vecchio
carillon, di quelli fatti a portagioie, con una ballerina di cristallo che,
incantata, ballava instancabilmente con il suo cavaliere di piombo su di una
piccola pista di specchi. Era impossibile a dirsi, eppure le pareva di sentire
forte e chiara, nelle orecchie, la musica nostalgica e ripetitiva suonata dal
meccanismo all’interno.
Appoggiò entrambe le mani sul
vetro, dopo aver rapidamente posato a terra la propria spesa, vi premette anche
la fronte, quasi cercasse di entrare all’interno, come se si trattasse di una
porta da spingere, o una cascata da oltrepassare oltrepassare, per poter
afferrare quel vecchio carillon di legno scuro. Insieme al suono quasi stonato
poteva percepirne anche l’odore di antico.
Si chiese come fosse possibile.
Gli odori non passano attraverso i vetri… E allora si accorse che la cosa era
plausibile nella misura in cui la porta d’entrata del negozio era aperta e il
profumo del legno vecchio, gli odori della carta ingiallita, delle stoffe
impregnate di naftalina, delle erbe, dei fumi magici e delle pozioni più strane
l’attiravano allettanti.
Raccolse le proprie borse,
entrò piano e si richiuse la porta alle spalle che la congedò con uno
scampanellio debole e ovattato. Quando la cascata di campanelle sopra la sua
testa terminò di tintinnare tornò a sentire il suono ripetitivo e affascinante
del carillon. Si avvicinò cauta alla vetrina, quasi camminando in punta di
piedi, affacciandosi appena verso di essa come per paura di interferire nelle
danze della bella ballerina e del suo cavaliere gentile.Le sembrava che i sensi le si assopissero,
ne era catturata, stregata, attirata. Si chinò su di esso allungando una mano,
stava quasi per sfiorarlo quando il rumore forte di una porta sbattuta la colse
di sorpresa, spaventandola, si rialzò di scatto urtando con un fianco il piano
rivestito di velluto rosso su cui stava esposto il carillon che si richiuse con
un tonfo sordo sbuffando polvere attorno a sé. Ginevra sembrò svegliarsi in
quel momento, improvvisamente tornò a sentire il rumore sordo ma intenso della
pioggia scrosciante che cadeva sui tetti, sulle strade, al di fuori,
accompagnato del suono secco di qualcosa che regolarmente picchiettava sul
vecchio pavimento ligneo di quel luogo.
Quando si voltò si trovò
davanti… non lo sapeva nemmeno lei! Un uomo, forse. Un uomo molto vecchio però,
e molto piccolo. Era basso e ricurvo, il suo volto pallido era solcato da così
tante rughe e la sua pelle era così cadente che sembrava scivolare via troppo
larga per un omuncolo di quelle dimensioni. I capelli bianchi e crespi erano
radi sul capo seminascosto da un vecchio cappello di tweed. Ma gli occhi,
quelli erano neri come la notte e vividi come pochi. E la scrutavano curiosi e
al tempo stesso infastiditi.
Si imbambolò a fissarlo a
lungo, con la bocca semi aperta e il volto ancora contratto nell’espressione di
stupore che l’aveva colta appena se lo era trovato innanzi. Poi quegli occhi la
fecero sentire a disagio.
“Ehm…” fece mordendosi
nervosamente un labbro.
“Cosa vuole?” domandò l’uomo
sempre fissandola dritta negli occhi. La sua voce era bassa e roca ma sicura e
chiara al contempo.
“Oh, io… Ecco, stavo- stavo
guardando quello e…” Ginny indicò il carillon in vetrina. Adesso che era
chiuso, scuro, impolverato e silenzioso le sembrava quasi sinistro, minaccioso.
Rabbrividì.
“Quello non è in vendita. Non
per lei. Quindi se ne vada.” rispose risoluto l’uomo.
Ginny scosse il capo stringendo
le borse e retrocedendo “Oh no! Non avevo intenzione di comprarlo. Io… stava
suonando e, bè, è stupido ma era come se mi chiamasse. Però non potrei
comprarlo, non potrei comprare nulla in effetti…” disse mestamente.
Si girò verso l’entrata e fece
per andarsene “Mi scusi, non volevo disturbarla”. Allungò una mano verso la
maniglia ma questa si abbassò appena prima. La pesante porta di legno si riaprì
nascondendola in un angolo alla vista del misterioso cliente. Di nuovo le
campanelline trillarono sopra la sua testa ma presto furono sovrastate dalla
voce forte e squillante di un giovane uomo.
“Rubenius, buongiorno! Ho
bisogno che mi incanti queste chiavi. Temo che qualcuno dei miei sottoposti
apra un po’ troppo spesso le casse. Voglio vedere la mano che le toccherà segnata
a fuoco dall’acciaio rovente di questa chiave, e allora potrò licenziare in
tutta tranquillità il malfattore.”
“Ma naturalmente. Saranno
pronte entro un giorno, come al solito Signore! Buona giornata.” Rispose la
voce del vecchio. Rubenius, quindi si chiamava così.
Ginny sentì il rumore di
qualcosa di solido che veniva posato su una superficie di marmo, probabilmente
le famigerati chiavi, e la risata acuta e fastidiosa del giovane che era appena
entrato.
Qualcosa di quella risata le
diede i brividi. Quella risata antipatica, snob e… famigliare. Malfoy! Ne ebbe
la conferma quando, pochi istanti dopo lo vide di spalle dalla vetrina. I
soliti impeccabili capelli biondi cenere e l’andatura fiera. Fiera di che cosa,
poi, si domandò.
La porta si richiuse ancora e
questa volta le svelò l’immagine del vecchio di poco prima che tentava
pericolosamente di arrampicarsi sulla sporgenza inferiore di una libreria alla
ricerca di un testo collocato troppo in alto. Ginny sorrise di fronte a quella
scena divertente. Si avvicinò e sovrastandolo afferrò il grosso volume
ingiallito, che sulla fiancata portava scritto ‘Incantesimi Di Fuoco’ a lettere
sbiadite una volta probabilmente dorate, semplicemente alzandosi appena sulle
punte.
“Ecco signore…” disse
cortesemente porgendolo al piccolo uomo grinzoso che era tornato a scrutarla.
Lui lo prese con un piccolo
cenno del capo avviandosi accompagnato dal proprio bastone verso il bancone in
marmo, quasi completamente ingombro della roba più svariata. Si accomodò su un
alto sgabello di legno si piegò sopra le pagine ingiallite e apparentemente
molto vecchie del libro che teneva tra le mani.
Dopo qualche istante alzò il
capo e, sfilandosi l’occhiale, fissò sorpreso Ginny “Bè, cosa ci fai ancora
qui?”
Ginny parve esitare, incerta. In
effetti non lo sapeva nemmeno lei cosa stesse facendo ancora lì dentro, poi
ebbe un’idea. Una trovata che la fece sorridere “Stavo per chiederle se le
serve un’aiutante. Questo posto è… ehm… piuttosto impolverato. Ne deduco che
per lei è faticoso badargli tutto solo, no? Che ne direbbe di una giovane
aiutante in gamba? Ho vent’anni, una manciata di Mago significativi, un diploma
in medimagia di primo livello, tanta voglia di fare e soprattutto… un bisogno
disperato di lavorare.”
“Non se ne parla proprio! Non
ho bisogno di una giovane ficcanaso tra i piedi.” Il piccolo ometto la guardò
quasi irritato, storcendo il lungo naso baffuto.
“Non le ho detto che sono anche
molto discreta! Mi metta alla prova. Potrei semplicemente tenerle in ordine il
negozio, sistemare le sue carte, tenerle i conti e darle una mano come
assistente” insistette Ginevra, supplichevole.
“Lei non sa nemmeno quale sia
il mio lavoro…” fece acutamente notare lui.
Ginny dovette ammettere che
aveva appena segnato un punto a suo sfavore. Non aveva la più pallida idea di
cosa si occupasse, ma tentò “Lei è, chiaramente, un incantatore… no?”
Il suo interlocutore sollevò
entrambe le sopracciglia bianche e folte “Non solo, mia cara…” e indugiò.
Ginny scostò il peso delle
buste della spesa sul braccio sinistro e tese la mano destra “Ginevra! Ginevra
Weasley…” terminò esitante. Il suo cognome non era esattamente il miglior
biglietto da visita, era convinta.
Lui sorrise compiaciuto
“Rubenius Berthalanphy. Mi dica solo una cosa, lo vuole quel carillon, signorina
Ginevra?” domandò socchiudendo gli occhi, in attesa della risposta corretta.
Lei rivolse gli occhi grigi
alla vetrina, adocchiando la scatolina in legno antico finemente intagliata. Di
nuovo un brivido le corse lungo la schiena, un brivido scuso. Dubbiosa se fosse
o no la risposta corretta tornò a parlare con Rubenius “Ecco io… no. All’inizio
ne sono stata attratta ma adesso, non so. Trovo che abbia molto di sinistro. Mi
da i brividi. Non lo riaprirei mai, credo. E non lo vorrei assolutamente nella
mia casa.”
Le labbra sottili e
seminascoste dai baffi di Rubenius parvero incresparsi in un sorriso
interessato, mormorò tra sé e sé qualcosa che suonò come “Forse potrebbe essere
adatta” e si strofinò il mento con la mano rugosa e sottile.
“Bene, a domani mattina
signorina Ginevra. L’aspetto per le nove” concluse tornando a rivolgere la
propria attenzione al vecchio testo innanzi a sé.
Ginny spalancò la bocca
stupita, non si aspettava certo di trovare un lavoro! Era stato un moto
improvviso, qualcosa che era uscito dalla sua bocca inaspettatamente quella
proposta. Ed era andata a buon fine! Quel posto poteva apparire tetro ad una
prima occhiata, ma a lei piaceva già così tanto. Ed aveva di nuovo un lavoro!
Cosa di preciso ancora non se lo spiegava, ma non era così importante. Era
stranamente fiduciosa. “Oh… GRAZIE! Allora, sì! A domani alle nove, Grazie e
buona serata signor Rubenius. Grazie!” sorridente si avviò alla porta e fece
per uscire.
“Ah, signorina Ginevra…
Incantatore, spezzaincantesimi, traduttore di formule remote, ricercatore di
testi antichi e rari nonché rispettabilissimo antiquario. Il mio lavoro. Si
prepari, allora. Buona serata. E ora si affretti, smetterà di piovere solo per
pochi minuti.”
Come per magia la pioggia cessò
e Ginny riuscì ad arrivare in un attimo a casa senza bagnarsi ulteriormente.
“Ciao Trixy!” lasciò che la
gattona si strofinasse un po’ contro le sue gambe quindi la prese tra le
braccia coccolandola un po’, le preparò una ciotola di bocconcini e la lasciò
cenare in pace. Dopo aver messo qualcosa sotto i denti ed essersi concessa il
beneficio di una doccia bollente e rilassante si infilò sotto le coperte. Era
stata la settimana probabilmente più nera in tutta la sua vita ma per lo meno
era riuscita a ritrovare un lavoro.
Non sarebbe finita sul
lastrico.
Improvvisamente si domandò se
fosse stato prudente accettare quel lavoro così improvviso e così
indefinitamente bizzarro. Nemmeno lei sapeva ancora cosa avrebbe dovuto fare. E
se fosse stato qualcosa di losco? Eppure qualcosa negli occhi neri di Rubenius
le diceva che poteva fidarsi, che le sarebbe piaciuto, che era il lavoro per
lei. Che sarebbe stata una possibilità. Sì, una possibilità, anche se non
riuscì a mettere chiaramente a fuoco quel pensiero.
Si addormentò con una leggera
morsa di curiosità e ansia allo stomaco augurandosi che il suo primo giorno di
lavoro sarebbe stato meno disastroso del suo primo al San Mungo, che era stato
assolutamente da dimenticare. E presto non ci pensò più sprofondando nel caldo
mondo dei sogni.
Continua…
Salve a tutti, ragazzi! Con un
po’ di ritardo sulla tabella di marcia ma eccomi qui. E’ un periodaccio,
esami-eami-esami, relazioni da consegnare, la mia cuginetta da esaurimento
nervoso stanziata a casa mia che se n’è andata solo oggi e una serie di sfighe…
Ginny è così autobiografica in questa parte della storia!!! ^^’’’ *Sigh, il mio
portafoglio…*
Bè, torniamo a noi, c’è uno
stacco improvviso, lo so. Ma è volutissimo. Tutto si capirà dopo, con calma!!
^^ Qui si vede solo Ginny, ho preferito inquadrare solo lei in questo capitolo.
Naturalmente per compensare nel prossimo metterò a fuoco la posizione di Draco,
che qui si è appena intravisto. Ah, che ne dite del nuovo lavoretto di Ginny?
E soprattutto, che ne dite di
questo capitolo? A me piace perché ci ho messo tanto tanto di mio, ma voglio
sapere come risulta? E’ troppo pieno di cose? Cioè, da sedici sono saltata a
vent’anni!! O forse è troppo introspettivo? Mi raccomando aspetto qui
fiduciosa!!
E intanto vi ringrazio subito
perché siete stati così tanti a commentare l’ultimo capitolo che mi viene da
piangere… T______T
Passiamo ai saluti, che è
meglio! *Ly si asciuga occhietti*
Mary1986: Grazie! Ecco
l’aggiornamento!
Nyla: Oh, grazie! Sono
contenta che la mia Gin ti piaccia! Spero continuerai ad apprezzarla…
Claudia: Oh, ti piaceva
WAL&J? T.T Che nostalgia…grazie cara! Sei stata un tesoro!! ^^
Angi e Gius: Gius cara,
viva le pazze! ^^ Io adoro il not-conventional ^^ E Angi, anche la sottoscritta
è una rompi******!! Ah, in bocca al lupo per gli esami, Gius! E buone vacanze,
Angi, tu almeno già ti rilassi! ^^ Grazie per le solite spassosissime
recensioni. Baciotti care!
Strekon: figlio mio, non
ti rinnegherò, tranquillo! Eh, questa Gin spiazza? Bene, sono contenta! Più di
ogni altra cosa non voglio che risulti banale ^^ Come al solito continua a
dirmi che ne pensi perché il tuo parere, oh grande guru delle fic, è oro! Baci
baci figliolo ^^
Kiara: Oh, ciccia mia
allora sei tu! Sei tu che in questo momento sarai a rosolare su una spiaggia
dell’Adriatico… *Ly guarda i libri degli esami e si morde le mani* ma Londra è
vicina… molto vicina!!! Grazie e a presto ciccia! ^3^
ANONIMO: ma perché non
ti firmi mai? Bè, grazie comunque. ^^
MaryAngel: Ma ciao cara!
Come al solito a te devo sempre molto perché mi hai spronato dopo un anno. E
tranquilla, la trappola insidiosa del romanticismo è ben lontana da me! Non
concepisco un Draco tutto miele, no no! ^^’’’ Grazie come sempre per i commenti
troppo buoni ^3^
Buffy: Grazie mille,
cara! Eh, Draco fa tanto lo (come si dice dalle mie parti) sborone ma sotto
sotto… aha!
Cloe: Graaazie! Spero di
non deluderti ^^
Angele87: Ma grazie
ciccia!! Eh eh, hai la netta sensazione che succederà qualcosa? Solo qualcosa?
Stai vedere.. soprattutto cos’ho in serbo per il piccolo povero Draco… ^^
Pan_z:Tesssora cara, ho
salvato la tua fic e appena stacco qui la leggo… *.* Grazie come al solito
della recensione, lo sai che tengo tantissimo al tuo parere, sì sì! Davvero ti
riconosci nella mia Gin? Ne sono lusingata, anche se spero ti sia ripresa, eh!!
Ah, aspetto mail io :P Baci baciotti cara!!
Ale:Ma ciao cara! Grazie
mille per gli in bocca al lupo (speriamo durino anche per l’ultimo esame) e
soprattutto grazie per quello che hai scritto, mi ha fatto tanto piacere. Che
ne pensi di questa Ginny quasi adulta? Ah, tranquilla, goditi pure la vacanza!!
*Grrrr… invidia…* beata te!
Dark Crystal: Richiamo
dell’amore? Mah… non è stato proprio quello… c’è ancora un po’ da lavorarci
sopra. Comunque grazie per la recensione ^^
Isilascar: Sono contenta
che pian piano la storia ti abbia convinti, davvero! Bè, i Weasley non sono
degli adoni, la bowling non li descrive per la loro bellezza e mi piace
immaginare una Ginny imperfetta. ^^ Somigliante alla madre, magari! E così
eccola qui! Spero ti piaccia anche andando avanti. Grazie per il commento, sei
stata un tesoro! ^3^
Hermy88: Ciao! Ma quanto
tempo, che fine avevi fatto? Grazie per i complimenti e soprattutto grazie per
essere la mia PR ufficiale!! Un baciotto ^^
Eccoci alla fine, siete stati carinissimi!
Spero vogliate recensire anche questo capitolo
Un piccolo ed intimorito elfo
domestico fece capolino timidamente dietro la porta, un gonnellino sgualcito e
sudicio come vestito e le solite orecchie da pipistrello timorosamente
abbassate ai lati del viso. Con gli occhioni nocciola titubanti scrutò il
lussuoso letto a baldacchino al centro della grande e raffinata camera, dalla
fessura al centro del tendaggio in seta nera finemente bordato spuntò un
cuscino che lo mancò solo perché il piccolo elfo ebbe la prontezza di chiudersi
rapidamente la porta davanti. Il cuscino ricadde sulle lucidissime lastre in
marmo pregiato del pavimento.
Dietro le tende qualcosa
mormorò infastidito, o meglio qualcuno.
Maledizione! Odio quando
questi dannati cosi vengono a svegliarmi!
Draco si girò ripetutamente
sotto le coperte per poi nascondere il viso in un altro grosso cuscino.
Detestava essere svegliato presto la domenica ma quella seccatrice di sua madre
era arrivata giusto un paio di giorni prima e quella donna teneva molto a quel
genere di formalità famigliari di cui nell’ultimo periodo Draco aveva fatto
volentieri a meno.
“Che seccatura…” sbiascicò
sbadigliando.
Presto una mano candida spuntò
dal groviglio di coperte al suo fianco e gli carezzò leggiadra la nuca
biondissima “Andiamo tesoro, sai che per tua madre è importante…”. Alla mano
seguì un esile braccio bianco quindi una schiena liscia e un capo di donna dai
lunghi capelli biondo scuro.
La donna si adagiò su un fianco
sorreggendosi il capo con un braccio e fissando l’uomo accanto a lei, con la
mano rimasta libera prese a giocare con i suoi capelli quindi scese a
solleticargli il collo e la schiena.
Draco grugnì irritato, con un
gesto brusco la scostò e di controvoglia si rimise in piedi avvolgendosi nel
kimono verde “Sai che detesto queste cose la mattina, quando mi sveglio voglio
solo essere lasciato in pace!” fece con la voce impastata, accompagnandosi con
uno sbadiglio.
“Avanti chérie, vatti a vestire da qualche altra
parte, ci vediamo di sotto… Ah, mia madre odia il beige, vedi non indossare
niente di quel colore, le da una specie di crisi nervosa. Intesi? Ora fuori.”
Dalla stentata dolcezza delle prime parole passò al tono perentorio delle
ultime, accompagnando la voce con l’apertura secca di una piccola porta di
servizio.
“Certo tesoro” la ragazza
bionda si infilò rapida la sottoveste chiara e sgattaiolò fuori dalla stanza.
Draco fece per ributtarsi
ancora un attimo sul letto quando quella rifece capolino.
“Tesoro… a tua madre il verde
non da noia, vero?” fece con voce stridula.
Draco inarcò entrambe le
sopracciglia, certe volte aveva l’impressione che fosse davvero molto stupida,
come si faceva a chiedere ad una famiglia di nobili Serpeverdi DOC se dava noia
il verde? Scosse il capo e la guardò bieco, lei non rispose, si limitò a
fissarlo istupidita prima di sparire di nuovo con le idee ancora confuse.
Lui fece scoccare la lingua
prendendo a massaggiarsi le tempie, la voce di Victoria –ma anche la sua
presenza- la mattina lo rendeva nervoso e gli dava un tremendo fastidio.
Si concesse ancora cinque
minuti di relax poi decise che forse era il caso di prepararsi. Si rasò
meticolosamente, adorava sapere la sua pelle liscia e perfetta, e si riempì
della sua solita acqua di colonia. Scelse un completo scuro, non che possedesse
completi chiari poi, la sua gamma di colori passava dal nero al grigio-nero al
grigio canna di fucile al color fumo e al grigio chiaro con qualche eccezione
per il verde scuro e il blu notte, quindi si sistemò i capelli pettinandoli
alla solita maniera: accuratamente all’indietro.
Controllò che la propria
immagine fosse perfetta, Impeccabilmente affascinante come al solito, Draco!,e infilate un paio di scarpe preparate su misura iniziò a percorrere con
sicurezza i corridoi bui di Malfoy Manor: le mani al solito infilate nelle tasche e l’andatura
fiera. Sbuffò passando dinnanzi alla camera che era stata di suo padre. Lo
stesso padre che ora lo disgustava, quello che era ancora dietro le sbarre di
Azkaban, che aveva clamorosamente fallito: la prima volta era stato alla fine
del suo quinto anno ad Hogwarts, tutto era andato storto in quella dannata
notte al Ministero della Magia e Lucius era stato preso e incarcerato assieme
ad un altro cospicuo gruppetto di Mangiamorte. Ma i Malfoy erano ancora
potenti, il suo nome aveva ancora un certo valore e suscitava ancora rispetto e
c’era stato chi, sentendo sussurrare quel nome, era stato pronto ad aiutare
Lucius Malfoy ad uscire rapidamente dalla galera. Poi di nuovo… il suo
schieramento al fianco di Voldemort lo aveva portato ancora a toccare il fondo,
questa volta per sempre. Ormai aveva perso credibilità e da che, due anni
prima, era finito ad Azkaban non ne era più uscito. Ma ormai Draco aveva
imparato a gestire la situazione egregiamente. Senza giurare cieca fedeltà al
Signore Oscuro, rischiando di affondare con lui al primo piccolo crollo, aveva
iniziato però a frequentarne gli ambienti.E aveva fatto le amicizie giuste senza dare troppo nell’occhio. Si era
fatto furbo dai tempi di Hogwarts in cui non faceva altro che sbraitare per i
corridoi il proprio odio per i mezzosangue e ammiccare alle arti oscure. Ora
aveva imparato a tenere per sé le proprie convinzioni condividendo con gli
altri meno di quello che questi erano disposti accettare. Insomma,
apparentemente cercava di mantenersi le mani pulite e non inimicarsi le persone
sbagliate, di qualsiasi schieramento fossero…
Questo glielo aveva insegnato
certo suo padre, la piccola differenza tra loro due stava nel fatto che, Draco
ne era convinto, non avrebbe mai fatto la stessa fine: lui sarebbe divenuto
importante, ricco, rispettato e, perché no… anche piuttosto temuto.
E sono già sulla buona
strada!
Intanto aumentava gli introiti
alle già ricche casseforti della famiglia Malfoy gestendo un commercio
apparentemente legale di diamanti, pietre preziose e gioielli: un po’ più
segrete erano le sue compravendite di ingredienti illegali per pozioni
piuttosto pericolose e altrettanto fuorilegge… veleni potenti che gli rendevano
ancor più di ogni suo altro commerci messo assieme.
Commerci che potevano mantenere
costanti gli altissimi livelli di vita cui era abituato e che, ne era convinto,
gli spettassero.
Aprì con una spinta la porta
d’entrata del salone. Sua madre era già seduta al lungo tavolo e stava
rimproverando la cameriera, da quello che Draco ne potè capire aveva salato
eccessivamente una delle pietanze della cena precedente col risultato di aver
impercettibilmente screpolato le labbra perfette della sua perfetta madre.
Draco inarcò un sopracciglio scettico, quella donna era davvero maniacale e
devota solo al proprio corpo, il risultato però era spettacolare: all’età non
più così fresca di quarantatre anni riusciva ancora a sembrare una giovane
donna. Gli occhi maliziosi erano sempre perfettamente truccati così come il suo
perfetto naso all’insù. I capelli biondissimi e all’occasione abboccolati
cadevano leggiadri sulle spalle. E poi, Draco dovette ammetterlo, il fisico di
sua madre era impeccabile. Persino quasi migliore di quello già spettacolare di
Victoria. Quasi… per questo a sua madre risultava così antipatica.
Per Draco tutto quell’astio era
solo un’inutile spreco d’energia, era fermamente convinto che sarebbero andate
molto d’accordo se solo non avessero passato il tempo a essere gelose l’una
dell’altra.
“Buongiorno mamma” salutò
cortese posandole una mano sulla spalla e prendendo posto a capotavola. La
donna lo salutò con un sorriso altezzoso “Buongiorno mio caro”.
Non ebbero bisogno di
confrontarsi per decidere di iniziare la colazione senza dover attendere
Victoria, in fin dei conti lei non era proprio nessuno in quella casa, nemmeno
Draco la considerava così importante. Di certo non era la donna che avrebbe
sposato, di quello era sicuro, ma al momento il matrimonio era l’ultimo dei
suoi pensieri mentre il sesso stava decisamente in una posizione migliore, e in
questo Victoria si era rivelata particolarmente dotata. In più era davvero
molto carina da sfoggiare in giro. Quindi al momento soddisfava due delle sue
priorità: una fisica e l’altra d’immagine. Poteva bastare.
“Caro, come vanno gli affari?”
domandò Narcissa dopo essersi accuratamente ripulita le labbra dal succo di
pompelmo.
Draco sollevò le spalle “Al solito,
quindi molto bene”
Narcissa proseguì a fissare il
figlio seriamente, un lampo di nervosismo si avvertiva nei suoi occhi “Bene.
Voglio dire, sono sicuri, no? Li controlli e vanno… come dite voi del settore?
A gonfie vele! Non abbiamo problemi finanziari, giusto?”
Draco bloccò a mezz’aria la
tazza di caffè nero che stava per sorseggiare e prese a scrutare curiosamente
sua madre, l’attenzione di Narcissa agli affari di famiglia non erano mai
andati oltre un ‘come-vanno’ che nascondeva uno ‘spero-bene-perché-voglio-questo-e-quello’,
era quasi inquietante ora vederla seduta lì, leggermente nervosa, a fare
domande seriamente approfondite. “Certo che sì! Ci sono problemi, mamma?”
Lei esitò e si torturò un
boccolo biondo “Effettivamente figliolo… pare che quello sciagurato di tuo
padre abbia qualche questione in sospeso con alcuni vecchi ‘amici’ che ora
pretendono un picco…ehm, risarcimento per alcuni favori che non hanno mai più
ottenuto che li hanno inguaiati parecchio.”
Draco increspò le labbra, suo
padre riusciva ancora a creargli dei grossi problemi. Non voleva guai in giro,
se volevano dei soldi, lui soldi gli avrebbe dato. In fondo ne aveva a
montagne.
“Capisco… e quanto è ‘piccolo’
questo risarcimento?” bevve tutto d’un fiato il caffè amaro, come preparando lo
stomaco ad incassare una notizia che sapeva non sarebbe certo stata tanto
dolce.
Narcissa torturò un
tovagliolino fissando apprensiva il figlio “Centomila galeoni” rispose d’un
colpo.
Mancò poco che Draco si
soffocasse sol caffè. Prese a tossire freneticamente senza riuscire a fermarsi,
solo un provvidenziale bicchiere di acqua fresca riuscì a calmarlo, ma rimase
parecchio scombussolato. Per il caffè andato di traverso ma soprattutto per la
notizia. Centomila galeoni erano una cifra enorme, anche per i Malfoy.
Certo, era sicuro che nelle
loro camere blindate alla Gringott ci fossero tutti quei soldi, ma pagarli
significava dimezzare il loro denaro! E avevano già perso due grosse proprietà
quindi non restava che da vendere la terra sotto i loro piedi se fossero
rimasti al verde… Cosa improbabile.
Rimanere al verde: rise
dell’idea, povertà e Malfoy erano due termini che non sarebbero mai rientrati
nella stessa frase. Sembrava addirittura ridicolo! Cercò di mantenere il sangue
freddo e la concentrazione, si asciugò il sudore che all’improvviso gli aveva
imperlato la fronte e si mise a pensare.
“E se noi non paghiamo?” provò
a chiedere.
Narcissa spalancò gli occhi
“Vuoi dire che non abbiamo quei soldi?” domandò stridula.
Draco s’innervosì,
probabilmente pensava che non si sarebbe più potuta permettere la sarta
personale ogni benedetta settimana, o i continui viaggi a Parigi. Lui amava la
sua vita lussuosa, ma sua madre era veramente esagerata: “Ma certo che li
abbiamo!”, scosse rapidamente e nervosamente la mano.
Lei tirò un sospiro di sollievo
“Bè, se non pagheremo hanno detto che si prenderanno la casa…” terminò
afflitta.
“Mai! Questa casa non si tocca,
è dei Malfoy da generazioni e dei Malfoy sarà ancora a lungo.” Draco fu
irremovibile, si alzò da tavola con uno scatto facendo precipitare dietro di sé
la pesante sedia. Strinse forte i pugni pieno di rabbia, era costretto a pagare
allora. Ma poi non gli rimanevano tutti quei soldi e per commerciare prima
bisognava comprare. E i suoi acquisti non erano mai cos’ economici. Per di più
nell’ultimo periodo aveva avuto la netta sensazione che qualcosa bollisse in
pentola tra i suoi compagni ma che lui ne fosse tenuto ampliamente all’oscuro.
Nel mentre Victoria, agghindata
e truccata di tutto punto, fece il suo ingresso in sala con un sorriso da
stampa sulle labbra, osservò sorniona prima Narcissa poi Draco “Scusate il
ritardo… mi sono persa qualcosa?”
“Il cervello, mio cara…”
mormorò Narcissa a denti stretti, in modo che solo Draco ancora vicino a lei
potesse sentirla.
E il biondino pensò che fosse
una perdita comune alle donne di casa. Ignorando palesemente la compagna se ne
uscì dalla stanza a grandi falcate. Detestava avere ‘problemi finanziari’.
Si rinchiuse nel proprio studio
a riflettere, tutto si sarebbe sistemato: lui era Draco Malfoy!
Riuscì di casa lo stesso
pomeriggio, avrebbe incontrato a cena Stuart Robinson, di tutti quelli che si trovavano nel suo giro
era l’unico che si avvicinasse almeno un po’ all’idea che Draco aveva di una
persona quasi di fiducia, o per lo meno ragionevole.
“Dannazione Stuart, sono nella
merda con questa storia dei vecchi giri di mio padre! A quanto pare qualche suo
compare vuole un piccolo risarcimento per i guai che il vecchio gli ha
causato.”
Robinson lo fissò da dietro gli
occhiali quadrati, assaporando un pezzetto dell’aragosta che la cameriera del
lussuoso ristorante di Diagon Alley aveva appena servito loro “Sabbiosa”
commentò tra sé e sé.
“Non avrai mica bisogno di un
prestito voglio sperare!”
Draco storse il naso, nemmeno a
lui quell’aragosta
risultava particolarmente gradevole.
“Certo che no, mica verrei a
chiedere centomila galeoni a degli stronzi avari come voi! Credi che io non
abbia tutti questi soldi già da me? Sono qui solo per chiederti di coprirmi un
po’ le spalle con il giro… per un po’ non potrò acquistare, non potrò mettere
la mia parte. Tu sei un po’ il nostro contabile, no? Basta che scarabocchi
qualche conto in più o in meno… Sai, tu copri le spalle a me e io poi le copro
a te… così magari vediamo di guadagnarci qualcosa in più di quei cretini di
Goyle, Fitz e Grant. Che ne dici? In fondo l’idea di tutto questo era stata
nostra, no?”
Robinson chiamò un cameriere
per riempirgli il calice di vino, lo assaporò e di nuovo non fu soddisfatto, un
leggero sapore di tappo lo guastava. Se ne fece immediatamente portare un
altro.
“Ho capito. Quindi vorresti che
modificassi qualche carta per te e tu poi copriresti me se un giorno decidessi
di volerne ricavare qualcosa in più… un piccolo scambio tra amici, insomma.”
“Esattamente”, Draco annuì con
un sorriso compiaciuto e soddisfatto, a quanto pare Robinson sembrava essere
allettato dalla proposta.
Si alzarono e Draco fece per
sfoderare il portamonete ma l’altro glielo impedì con un gesto impaziente della
mano “Suvvia Draco, lascia che ci pensi io!”
Il biondo accettò di buon
grado, tutto poteva fare brodo in quella maledetta situazione in cui dalla
mattina alla sera si era ritrovato.
“Allora?” chiese mentre si
avviavano all’uscita, in procinto di smaterializzarsi.
“Ci penserò su, sembra molto
interessante!” Robinson si sistemò gli occhiali sul naso con un gesto rapido
quindi sparì nel nulla, subito dopo Draco fece lo stesso.
“Sei tutto contratto… devi
rilassarti tesoro… c’è qualche problema forse?” Victoria aveva preso a
massaggiargli sensualmente le spalle seduta dietro di lui con le gambe
avvinghiate alla sua schiena.
Draco lasciò che quel massaggio
lo distendesse, o per lo meno lasciò che fosse così per poco perché un attimo
dopo la ragazza premette il punto sbagliato facendogli saltare un nervo.
“Cazzo!” Draco se la scrollò di
dosso, finendo di spogliarsi e infilandosi sotto le coperte, in mezzo secondo
Victoria lo raggiunse.
“Levati Vic, stasera non ho
proprio voglia di sentire i tuoi miagolii. Vattene!” grugnì scontroso facendole
segno di allontanarsi con la mano.
Lei si imbronciò e si mise in
ginocchio sul letto incurvando le labbra verso il basso e giocando nervosamente
con una ciocca di capelli lisci, proprio come una stupida bimba viziata e
fastidiosa.
“Ma tesoro… andiamo, so farti
distrarre molto bene, lo sai…” disse abbassandosi su di lui e catturando le sue
labbra.
E Draco non seppe resistere al
fascino della sua bella compagna “Vieni qua, chèrie come posso dirti di no?”
E in effetti per parte della
notte seguente Draco riuscì a non pensare alle proprie spinose questioni
finanziarie.
Il mattino seguente la prima
cosa che fece fu ritirare quei dannati soldi per gli aguzzini di suo padre,
augurandosi che quell’uomo non avesse mai ad uscire da Azkaban, o gli avrebbe
rifilato centomila calci nel sedere. Lasciò che della questione si occupasse la
madre, non voleva nemmeno sapere chi fossero quei famosi tizi.
Poi si recò al più presto
possibile al covo che utilizzavano come ritrovo, nel retro di quello che alla
facciata era un innocuo banco di scambio di pietre e diamanti.
“Buongiorno cari compari!”
salutò allegramente. A Robinson riservò un occhiolino carico di significati.
Ma non udì risposta, il
silenzio gelido albergava nella piccola stanza piena di scartoffie e scatole di
legno contenenti i più svariati ingredienti.
“Bè?”
“Cinquemila galeoni, Malfoy.”
Irruppe all’improvviso la voce strascicata di Fitz.
Draco lo guardò senza capire,
provando a cercare un segno negli sguardo degli altri che però non riuscì a
incrociare, sembravano tutti molto impegnati in mille cose diverse. “Cosa,
scusa? Di che diavolo parli?”
“Cinquemila, è la cifra per
uscire dal giro. Tu avevi imposto questa regola, no? Se si sa troppo e si vuole
uscire, si paga. In più ci devi anche ottantasettemila galeoni di debiti
arretrati, più la restituzione dei guadagni degli ultimi tre mesi… quindi in
tutto fanno… duecentotrentasei. Mila, naturalmente….” Fitz alzò finalmente lo
sguardo per incontrare quello del giovane Draco, ancora spiazzato.
“Ma che diamine stai dicendo,
scusa?” incalzò lui. Debiti arretrati? Guadagni da rendere? Uscire dal giro?!?
Ma erano impazziti? E poi si era appena accordato con Robinson!
“Stuart ci ha detto che volevi
fregarci, Draco… Così abbiamo pensato che poteva non essere la prima volta.
Sai, la questione di quei soldi spariti ultimamente, e poi tu hai sempre avuto
libero accesso alle carte dei saldi e alle casse… Così abbiamo scoperto tutti
assieme che le hai manomesse. Bravo Malfoy, credevi di fregarci a lungo?” Grant
sogghignò malvagio mostrando le carte manipolate.Tutti e cinque in quella stanza erano ben consapevoli del fatto
che Draco non aveva mai fatto nulla di simile ma loro avevano il coltello dalla
parte del manico. Per la prima volta in tutta la sua vita Draco Malfoy era
stato fregato, e in un modo ottimo tra l’altro. Non poteva chiedere aiuto alla
giustizia perché si trattava di un’attività illegale e non gli restava molto da
fare.
Sentì la rabbia esplodergli in
gola, si avventò prepotentemente addosso a Robinson che lo aveva largamente
preso in giro e gli appioppò un pugno tanto forte da rompergli, oltre alla
faccia, anche gli occhiali.
Fu Goyle, incitato da Fitz, a
bloccarlo. Draco gli riservò una delle sue occhiate più crudeli. Quel tirapiedi
ignorante pendeva dalle sue labbra quando ancora erano ad Hogwarts, ora invece…
“Suvvia Malfoy, siamo uomini di
una certa classe, comportiamoci a modo!” lo prese in giro Grant, accompagnando
la sua risatina e quella dei compagni alla propria battuta senza spessore.
“Te lo spacco quel culo da uomo
a modo che hai. Sei solo un bastardo!” gli gridò contro furioso Draco.
Grant sorrise ancora
compiaciuto “Lo siamo tutti, finchè hai fregato gli altri andava tutto bene,
vero? Andava bene anche quando cercavi di fotterci, è così? Ma la ruota della
fortuna non può sempre girare dalla tua parte Malfoy, e ora ti sta schiacciando
letteralmente.”
Rise ancora in quel modo
insopportabile poi si fece di nuovo serio “Paga Malfoy, niente storie o in men
che non si dica vedrai questa storia dei traffici in prima pagina con il tuo
nome scritto sotto. Solo che lo leggerai da una cella di Azkaban, magari
accanto al tuo paparino. E non sto scherzando. Sai che siamo in grado di farlo,
tu stesso hai calcolato questa manovra… grazie di averci fatto trovare il
lavoro pronto! E ora sparisci da qui, ma non andare troppo lontano, sarà
inutile. Noi abbiamo comunque questa….” E come a fargli capire che in un modo o
nell’altro lo avevano in pugno mostrò lui la seconda chiave di sicurezza della
sua camera blindata alla Gringott.
Draco non fece a tempo a
chiedersi come diavolo l’avesse avuta che Goyle lo portò fuori e gli assestò,
sempre su ordine di Fitz, un pugno ben piazzato dritto nello stomaco.
Quando si rialzò da terra si
sentì nel modo peggiore di tutta la sua vita. In soli due giorni tutto il su
bel mondo sicuro era crollato ancora. Pagati Robinson e compagnia, null’altro
poteva fare e mai e poi mai avrebbe rischiato la sua giovane e bella pelle o
avrebbe messo piede in una cella –era ancora dannatamente codardo per quanto
riguardava queste questioni-, non rimasero che una manciata di galeoni nelle
sue tasche.
Fece piazza pulita a Malfoy
Manor di quanto di oscuro gli fosse stato possibile rivendere. Di certo non
sarebbe andato da quell’aguzzino di Sinister, per quanto ne sapeva invece
Rubenius Berthalanphy aveva ancora le vecchie mani rugose invischiate in
traffici particolari, era un suo cliente da anni ormai, sapeva di potersi
fidare. A suo modo era una persona molto onesta.
“Dove vai, tesoro?” la voce cinguettina
di Victoria lo colse proprio un attimo prima della partenza.
“Da Berthalanphy. Devo
rivendere alcune cosette. Senti chèrie, ultimamente ho qualche piccolo guaio
finanziario e…” ma non riuscì a concludere la frase che Victoria si era
staccata bruscamente dal suo abbraccio.
“Guaio finanziario? Uhm… io ti
definirei proprio nella melma, tesoro!” fece lei, ridacchiando.
Draco sbattè gli occhi sorpreso
“Scusa?” cosa poteva saperne lei di quello che era accaduto negli ultimi due
giorni? Lei che a malapena era in grado di capire come funzionasse un calcolo
matematico… La questione iniziava a puzzargli…
“Bè, io e Stuart siamo
dispiaciuti, tesoro… Ma io mi ero stancata delle tue lune e dei tuoi
atteggiamenti e anche i tuoi cari ‘soci’. Ora voglio vederti camminare ancora
un metro sopra gli altri quando sarai solo coperto di stracci. E giusto perché
magari ancora non ci eri arrivato, ho dato io a Stuart e gli altri la chiave di
sicurezza.” Victoria osservò la propria eterea immagine nel grosso specchio accanto
a loro, si sistemò i capelli, annodò meglio la sciarpa attorno al mantello e
sorrise raggiante a Draco.
“Fregato! Ah, per concludere…
sei anche cornuto! Addio, chèrie!” gli lasciò un bacio sulla guancia e si
smaterializzò in un istante.
Dopo qualche attimo di apatia e
immobilità Draco avvertì l’irrefrenabile istinto di spaccare ogni cosa,
qualsiasi cosa, e sfogare la rabbia che lo stava spaccando. Era stata una
dannatissima congiura!
Assestò un pugno ben piazzato
allo specchio in cui un attimo prima si rifletteva Victoria ma si pentì
all’istante, un paio di schegge lo graffiarono in diversi punti e dovette
ricorrere ad un piccolo incantesimo automedicante.
Si buttò su un sofà con il
fiato corto, quei maledetto stronzì l’avrebbero pagata un giorno! E anche
quella sgualdrina di Victoria. Quello che poi più di ogni altra cosa non
sopportava era che lo avessero colpito nell’onore. Preso in giro ed umiliato,
tradito da una donna del genere, sul lastrico!
Non poteva andare peggio!
Doveva andarsene da quel luogo
più alla svelta possibile, in un baleno arrivò al negozio di Berthalanphy. Aprì
rudemente la porta lasciando che uno buffetto di neve esterna entrasse
sollevato dal suo lungo mantello.
Fissò gli occhi grigi sul
bancone ma non vide nessuno. Allora diede un’occhiata tra gli scaffali e quello
che scorse non era certo il vecchio. Abbarbicata su una scala stava una donna,
la poteva vedere da dietro, i fianchi morbidi stretti in un vestito pesante che
le arrivava quasi al ginocchio, le gambe toniche velate dalle calze. I suoi
capelli ramati erano raccolti in una crocchia, sembrava particolarmente
indaffarata a cercare un libro.
Draco sollevò un sopracciglio
in segno di gradimento, forse era la prima cosa carina che vedeva in quei
giorni “Non sapevo che Rubenius avesse una così graziosa aiutante… Può aiutarmi
signorina? Sto cercando il padrone del locale.” Disse cortesemente, sfilandosi
il cappuccio dalla testa.
La ragazza scese rapida dalla
scala “Mi perdoni, non l’ho sentita entrare! Il signor Rubenius è nel retro,
glielo… chiamo… se vuole…”.
Il tono gentile che aveva
utilizzato all’inizio era diventato strascicato e volutamente sgarbato non
appena la rossa aveva alzato gli occhi e incontrato quelli di Draco. E anche
lui capì subito il perché.
“Ginevra Weasley…” mormorò
storcendo il naso.
“Draco Malfoy…” rispose lei
asciutta, continuando a fissarlo con astio.
“Bè? Che ci fai qui? La donna
delle pulizie? Chiamami Rubenius. Non ho alcuna intenzione di parlare con te.”
fece perentorio.
Ginevra gli riservò un’occhiata
bieca e carica di odio quindi si fiondò nel retrobottega.
Un attimo dopo ne emerse
preceduta dal piccolo, vecchio e grinzoso Berthalanphy.
“Giovane Draco, che cosa la porta da me? Ha risolto il piccolo
problema di furti, poi?” sorrise arrampicandosi su uno sgabello a pochi passi
dal ragazzo.
Draco sentì nuovamente la
rabbia esplodergli dentro. Strinse i pugni nelle tasche del mantello e distolse
lo sguardo “Diciamo che… si è risolta, sì, ma non come speravo. Al momento sono
qui per chiederle se è interessato a compare questi” con un movimento rapido
della bacchetta fece comparire una cassetta di legno chiusa a chiave, l’aprì in
un attimo e ne tirò fuori svariati ingredienti e cose oscure.
Il vecchio e piccolo Rubenius
storse il naso “Ho paura di essere fuori da un bel pezzo da questo tipo di
commerci, signore. Se intendevate saldare il conto del mese di novembre con
questi devo dirle che non è possibile, accetto solo galeoni.”
Per Draco fu un fulmine a ciel
sereno… si era completamente dimenticato di dover pagare il mese precedente al
vecchio. E gli doveva ricompensare parecchie ricerche e diversi piccoli
‘favori’… E lacosa divertente era che
non aveva più nemmeno un soldo. Sbattè gli occhi sorpreso mordendosi nervosamente
un labbro. Fece per accennare ai suoi ‘piccoli problemi’ ma prima lanciò
un’occhiataccia a Ginevra invitandola ad andarsene.
“Devo parlarti, Rubeus, ma
fammi sparire quella.”
Rubenius sbuffò contrariato e
così Ginevra che fece per controbattere. Il vecchio però la fermò “Sono anni
che non metto mani in affari sporchi, o più illegali di qualche incantesimo di
poco conto. Se c’è qualche affare che vuole propormi, Signor Draco, si senta
libero di farlo davanti alla mia nuova assistente, nuova ma degna di fiducia.”
Sembrava irremovibile.
Draco sbuffò nervosamente, non
avrebbe mai raccontato quello che gli stava capitando davanti a quella
stracciona solo per darle in gusto di assaporare una piccola rivincita “Non
sono affari, si tratta di questioni personali.” Spiegò rapidamente.
Vide Ginevra storcere il naso
“Se credi che possa anche solo importarmi qualcosa dei tuoi affari personali ti
sbagli di grosso. Comunque ho da fare.” si allontanò rapidamente prendendo a
catalogare diversi libri nello scaffale più lontano dal banco, comunque
soddisfatta di come aveva parlato il buon vecchio Rubenius.
Draco incrociò lo le braccia al
petto fissandola nervosamente, almeno ora aveva la possibilità di parlare in
tranquillità con Berthalanphy “Ecco Rubenius, è un periodo molto particolare
e…credo di non poterle saldare il mese precedente. Vecchi creditori di mio
padre mi hanno quasi mandato sul lastrico e… quel maledetti bastardi del mio
giro mi hanno sbattuto fuori. Quindi… ho poca disponibilità di liquidi in
questo periodo, quindi se almeno lei potesse attendere…”
Fu la confessione più brutta di
tutta la sua vita: Draco Malfoy che chiedeva aiuto. Draco Malfoy che ammetteva
i propri guai ad un vecchio semi-estraneo. Draco Malfoy che si stava
*umiliando*.
Il vecchio scattò giù dallo
sgabello grattandosi la barba bianca e ricciuta che gli copriva il mento “Uhm…
signor Malfoy, ormai io e lei ci conosciamo da qualche anno quindi non vedo
perché non dovrei fidarmi di lei e concederle del tempo, ma qui si parla di
affari e, me lo lasci dire, il mese scorso mi ha commissionato diversi lavori…
Tuttavia non mi resta che lasciarle altro tempo ed essere clemente sperando che
le sue sorti si risollevino, giovane Draco.”
Draco annuì “Grazie”. Poi
rapidamente scomparve dal locale.
Durante la settimana seguente
tutto il resto del suo mondo crollò come un castello, proprio come in un domino
si era innestata una catena di reazioni che lo condusse presto a non avere più
nulla. Forse fu la voce che Malfoy era stato buttato fuori dai suoi affari e
che non aveva più la bellezza di un soldo a far saltar fuori ovunque debiti
vecchi e nuovi, rivendicazione e piccoli ricatti. Per la leggere, lui era nel
torto. Legalmente e non gli fu sfilato fino all’ultimo zellino e il peggio
venne quando gli fu anche tolta la casa.
“Questa è casa mia, dannazione!
Ehi, giù le mani da quel manufatto! Non potete togliermi tutto, non potete,
cazzo!”
A Draco sembrava di vivere in
un incubo, pian piano si vide portar via anche le cose più elementari,
improvvisamente ogni sorta di ‘amico’ sparì e nessuno volle mettere le mani in
quella rovinosa faccenda.
Dieci giorni dopo l’annuncio di
sua madre a colazione, sua madre che era scappata indignata rifugiandosi da un
lontano parente facoltoso della sua famiglia natale, Draco si trovò con un
pugno di sabbia tra le mani.
Malfoy Manor venne prelevata
dal fisco e quanto era rimasto al suo interno veduto a varie aste. Non aveva
mai immaginato che la sua vita avrebbe potuto andare tanto male.
Quando lasciò la propria casa
sotto gli sguardo curiosi e stupefatti, ma anche affamati di vendetta e
compiaciuti, di vicini e conoscenti aveva con sé solamente un grosso baule con
alcuni effetti personali e qualche libro antico e di valore che era riuscito a
sgraffignare dalla biblioteca del maniera.
Per la prima volta Draco non seppe
che ne sarebbe stato della propria vita. Non aveva soldi, non aveva un lavoro e
non aveva più nemmeno una casa. Soprattutto non aveva nemmeno lo straccio di un
parente o di un amico disposto ad accoglierlo.
Per la prima volta si rese
conto di quanto il mondo che prima tanto amava facesse invece veramente schifo.
Di quando fosse falso ed egoista, di quando fosse meschino e superficiale,
effimero e maledetto. E di quanto lo fosse sempre stato anche lui.
Per la prima volta Draco Malfoy
pianse, un misto tra un pianto capriccioso che gli faceva desiderare di riavere
presto quanto aveva perso, un pianto auto-commiserante e un pianto di rabbia e
tristezza per la persona che era.
Restava il fatto che non aveva
dove andare. Si materializzò a Notturn Alley, poteva ancora permettersi una
camera in qualche bettola di quella strada oscura forse. Al resto, bè avrebbe
pensato poi.
Mentre trascinava mollemente il
suo pesante baule, camminava lento ma non aveva perso la regalità che aveva
sempre accompagnato la sua andatura, la peggiore delle umiliazioni sbucò da una
porta a vetri e legno accompagnata da un famigliare scampanellio.
Ginevra Weasley annunciò il
proprio ingresso –o meglio, la propria uscita- con una risatina “Abbiamo ancora
la lingua lunga ed acida che avevamo ad Hogwarts, Malfoy? Vorrei proprio
sentirti offendermi ora… La ruota della fortuna non gira mai dalla stessa
parte…” decretò con un fare da saputella stronza che gli diede terribilmente ai
nervi.
Grugnì tra sé lanciandole
un’occhiata di ghiaccio “Allora potrai sperare che prima o poi giri anche dalla
tua parte, piccola stracciona sfigata!” ribadì con la stessa acidità di quando
aveva sedici anni, osservando il vestito fuori moda e leggermente liso che
indossava lei.
Si scambiarono sguardo di puro
disprezzo. Quella dannata ragazzina così irritante non era cambiata di una
virgola!
Volarono lampi e saette, ma non
certo per via dei loro atteggiamenti, un secondo dopo un temporale epocale
scoppiò sopra le loro teste e Draco si fiondò all’interno del famigliare
negozio per ripararsi di quel gelido e prepotente temporale improvviso.
Si levò dalle spalle il
mantello già fradicio e lasciò che gocciolasse formando una piccola pozza sotto
l’appendiabiti antico che si stagliava in un angolo della bottega.
Da dietro una pila di
scartoffie disordinate emerse con il solito sorriso saggio il vecchio padrone.
“Buonasera, Draco. Mi dispiace,
ho saputo delle sue controversie…” disse sinceramente rammaricato.
Draco annuì cupo torcendosi le
mano “Rubenius, purtroppo non sono qui per saldarti i lavori di novembre, forse
non riuscirò nemmeno a pagarti l’unica piccola commissione che ti ho richiesto
a dicembre. Mi dispiace, sono sul lastrico.” Tanto valeva ammetterlo a testa
alta piuttosto che ostinarsi. Non gliene importò un accidenti del fatto che
Ginevra Weasley fosse lì nella stessa stanza, che magari stesse gioendo
infinitamente di vederlo ridotto uno schifo e senza più nulla di cui vantarsi,
l’unica cosa che voleva al momento era un po’ di tregua e un tetto sopra la
testa per quella notte gelida.
Alla fine aveva perso tutto,
compresa la faccia. Esattamente come suo padre, avevano fatto entrambi le mosse
sbagliate ed erano finiti nel peggiore dei modi. L’uomo che tanto ammirava da
piccolo, l’uomo che aveva odiato nella sua giovinezza, ora era esattamente come
lui. Fregato e giocato dalle sue stesse scelte sbagliate, il coltello che prima
teneva ben saldo per il manico si era improvvisamente rivoltato verso di lui.
Non aveva più ricchezza, non aveva più fama ed onori, non aveva più rispetto.
Presto probabilmente avrebbe perso anche quel briciolo di orgoglio a cui
cercava disperatamente di aggrapparsi ancora.
Rubenius annuì grave “Capisco.
Non posso chiederti quello che non hai. Sono sicuro che quando la situazione si
riprenderà potremo sistemarci. Nel frattempo buona fortuna giovane Draco. Sono
sicuro che ci rivedremo presto.” Sorrise compiaciuto col fare di chi la sapeva
molto lunga.
Draco rispose con un cenno del
capo “Arrivederci”, si ricacciò velocemente il mantello sulle spalle,
riagguantò il proprio baule e lo trascinò fuori, sotto la pioggia che iniziava
calmarsi.
Passò accanto alla Weasley
senza degnarla di uno sguardo, le riservò solo un “Ciao” strascicato e nessuna
cattiveria, quindi sparì dietro la porta.
Qualcosa in quell’aria
abbattuta e rassegnata colpì Ginevra, Draco Malfoy aveva toccato il fondo e lei
sapeva bene come ci si potesse sentire. Per un brevissimo istante lo sentì
vicino e dimenticò la gioia che la notizia della sua disfatta aveva generato
inizialmente in lei. Quello che fece dopo non se lo seppe mai spiegare, salutò
Rubenius, prese il suo mantello e corse seguendo un impulso fuori dal locale,
si bloccò sull’ingresso per non prendere la pioggia e lo chiamò a gran voce
“Malfoy, ehi Malfoy!”
Draco, che era qualche metro
più avanti, si voltò inespressivo “Che c’è?”
“Dove andrai?” domandò decisa.
“Che t’importa!?” non riusciva
a capire dove volesse andare a parare. Forse voleva solo prendersi un po’ gioco
di lui, quella dannata strega.
“Bè, visto che non hai più
niente… io non so perché ti sto proponendo questa cosa ma… non abito molto
distante da qui e c’è un bel divano comodo nel mio salottino.” Improvvisamente
iniziò a chiedersi cosa diavolo stesse facendo.
Draco inarcò le sopracciglia
con quel fare che tanto le dava ai nervi “Non metterei piede a casa tua nemmeno
se fosse l’unico posto al mondo, Weasley!”
Ginevra ebbe modo di pentirsi
all’istante di quel gesto di gentilezza immeritato, doveva saperlo come avrebbe
reagito! In fin dei conti aveva passato sei lunghi anni ad entrare in conflitto
con lui.
Un tuono potente ruppe il
silenzio che era calato, lei si risistemò meglio il berretto sul capo e aprì il
proprio grosso ombrello blu cercando riparo. Lanciò una significativa occhiata
al cielo plumbeo e sentì l’acqua scrosciare più forte attorno a sé, si avviò
per la strada superandolo rapidamente e senza degnarlo di attenzioni.
In men che non si dica Draco si
ritrovò bagnato fin nel midollo. Bè, non aveva più nulla ormai, se anche
rinunciava ad un po’ di orgoglio e accettava una mano tesa non faceva
differenza, non aveva niente da perdere. Lei era stata… gentile. Nessuno era
mai stato così con lui. Forse poteva provare.
“Ehi, aspetta… Weasley!” la
richiamò correndole dietro e trascinando nelle pozze d’acqua il baule in
mogano.
“Weasley! Forse ho cambiato
idea…” insistette vedendo che lei non rallentava.
Gin si bloccò di scatto e
voltandosi replicò con tono arrogante “Cosa ti fa credere che lo abbia fatto anche
io?”. Però rise divertita e questo tradì le sue false intenzioni.
Draco sogghignò “Mi auguro che
tu viva da sola perché non potrei mai reggere altri Weasley, tu sei già una
sofferenza. Ma ce l’hai una camera degli ospiti, vero?”
Lei gli coprì il capo con il
grosso ombrello facendo strada “Un gatto e un divano.”
“Eh?”
Rise di nuovo “Il mio unico
coinquilino è un gatto, anzi una micia, e dovrai accontentarti del divano. Non
sei certo costretto ad accettare…” aggiunse rapida vedendo il naso all’insù del
ragazzo arricciarsi per il disappunto.
“Peggio di così… mi ricatti e
ti prendi gioco di me solo perché non sono in condizioni di rifiutare o
controbattere!” Draco incrociò le braccia al petto dopo aver incantato con un Locomotor
il proprio baule.
Lei alzò le spalle civettuola
“Forse… E mi sto anche divertendo un mondo!”
Lui sbuffò contrariato
continuando a seguirla chissà dove. Non si chiese dove stesse andando, né cosa
ne sarebbe stato di lui. Semplicemente camminò sotto la pioggia mezzo riparato
da un grosso e vecchio ombrello lasciando che quella che in fondo era ancora
una ragazzina si prendesse gioco di lui. O forse se ne prendesse cura.
Continua….
Eccomi qui! Scusate il ritardo
ma mi son goduta le mie belle vacanze a spasso per Londra (Sììì!! Sono stata a
King’s Cross!! *.* Binario 9 e ¾!! Peccato che avessi un largo mese d’anticipo
sulla partenza x Hogwarts…). Ma sono tornata. ^^
Come c’era d’aspettarsi questo
è il capitolo introduttivo su Draco. Ormai avrete capito che amo mandare sul
lastrico i miei personaggi. Bè, volevo colpirli con qualche piccola sfiga che
facesse cambiare direzione alla loro vita e li portasse lungo lo stesso
binario. E non credo che il Draco Malfoy spocchioso, ricco e altolocato si
sarebbe mai avvicinato a Ginevra se non in caso di emergenza. Come vedete anche
questo personaggio è un po’ cambiato, lo snobbismo draconiano è rimasto di
fondo ma per il resto un pochetto è cresciuto anche lui.
Mi raccomando, tengo tanto ai
vostri pareri quindi fatemi sapere che ve ne sembra di lui e questo capitolo in
generale.
^^
Ora vi ringrazio tutti come al
solito per le belle recensioni ^3^
Nyla: grazie grazie!!
Eh, povera Ginny… e povero Draco aggiungerei!!!!! Anche se gli sta bene :P
Luna Malfoy: Ooooh, ma
che tesoro!! Grazie grazie!! Anche io vado pazza per le Ron/Herm… non potrebbe
essere altrimenti. Sono contentissima che segui anche questa mia storia, mi
raccomando fammi sempre sapere che ne pensi. ^3^ Baciii!
Angele87: Ciao cara!
Visto come è messo Dracù? Povero! Il salto temporale era necessario, volevo
mostrare i personaggi già avviati per la loro strada, per come stavano ad
Hogwarts non riuscivo a combinare nulla di buono per avvicinarli senza stonare,
ora sì! Grazie di tutto ^3^ ciù!
Anonimo:Ma perché non ti
firmi!!! ACCIDENTI! *Ly scalpita* Comunque grazie, io continuo sempre… prima o
poi…
Buffy: ciao carissima!
Grazie per la bella recensione come sempre *ops, devo ancora mailarti!!!*.
Naturalmente sul distacco che c’è tra gin e la famiglia salteranno fuori molte
cose a suo tempo… nel frattempo che ne dici di Draco? Un baciottone, Buffy! Ah,
grazie per i complimenti per il negozio, vado molto fiera di quella parte!!
^//^
Vale: grazie! Sul What
If sto macchinando… magari presto arriverà un capitolo (Forse…) ^^
Isilascar: ciao cara! ^^
Tranquilla per la pastrugnata di commenti, a me fa solo piacere vedere che
qualcuno si impegna tanto per commentare… GRAZIE!! Ed ecco il seguito, un po’
in ritardo causa pausa vacanze, eh eh! Che ne dici? Oh, allora ringrazierò Pan
cara per avermi procurato una super commentatrice come te ^^. Cosa studio io? Devo
iniziare il terzo anno per Scienze Dell’Educazione. Tranquilla non mi ruba così
tanto tempo da non riuscire a scrivere (T.T Bè, inzomma…), poi ora non ho
esami… evviva!! Ma dovrei studiare… si devo! Corri Ly, vai a studiare! Baci
baci
Klaretta: caspita, ti è
piaciuto così tanto il capitolo di Gin? Oh, sono contenta!! Spero di non
deluderti con gli altri. Ciao!
Dark Crystal: Triste
capitolo? Bè, anche questo è un po’ grigio… Però quello di gin era un po’
spietato, lo ammetto! Bè, se anche tu sei moooolto sfigata quando la dea nera
ti tocca… BENVENUTA NEL CLUB!!! ^^ grazie e baci!
Ryta Holmes: ciao cara!
Oh, sono contentissima che ti piaccia!!!! ^^ Più che altro spero continuerai ad
apprezzarla, la Gin tormentata dalla maschera ora respira un po’, come avrai
letto nello scorso capitolo. Però ci sono altre grane. Mi piace torturare
questi due. Soprattutto Malfoy… oh oh! Un baciotto!
Too: ecco qui la mia
recensionista più sincera!! Grazie di aver letto e commentato anche questo,
cara! Immedesimarmi in Malfoy è stato difficile, sono il contrario di lui per
cui è stato uno sforzo, però ci ho provato. Sinceramente non mi sembrava
malaccio, ma se da questa impressione… Ok, sono troppo pigra per modificare il
capitolo. Resta com’è!! Aha!! Fatti sentire ancora! Baci
Pan_z: spiazzata?
OTTIMO!!! Adoro spiazzare… spero che però tutto diventi più coerente più
avanti, altrimenti ho fatto fiasco… In effetti quel cap doveva proprio essere
uno stacco netto. Mi farai sapere allora a che conclusione giungerai? Un
baciottissimo, tesssora! Ti scrivo presto e tu… AGGIORNA!!!! >.<
Ale: Hai fatto in
tempissimo, ciccia! E grazie come al solito, sapere che riesci sempre ad
immedesimarti mi fa piacere!!! Eh, anche io la vedo molto bene nei lavori a
contatto con le persone, ha estro ed è comprensiva, Gin! Però al San Mungo non
ha funzionato… speriamo che con Rubenius vada meglio! Tranquilla, si vedrà
spesso il nostro vecchio amico. Ed ecco qui il chap tutto scavature di Draco…
che ne dici? Baci baci e grazie, gli esami sono andati discretamente sul 28!
L’ultimo l’ho saltato clamorosamente privilegiando la partenza per le vacanze
:P
Angi e Gius: E infine
voi care!! Ecco l’aggiornamento richiesto, eh eh! Che ne dite? Sono stata
perfiducccia anche con Draco o troppo poco? Un baciotto gemelline!
E poi… grazie anche a Ran
che prima o poi riemergerà dai libri di matematica e biologia e si sparerà
tutta sta sfilza di capitoli, ti ringrazio anticipatamente ciccia!! ^3^
Buone vacanze a tutti, a presto
e grazie come sempre, siete stupendi!! =^.^=
Quando Draco vide spalancarsi
il portoncino in legno della vecchia - ed era fare un complimento - palazzina
si sentì mancare. All’interno la luce era fioca ma il suo occhio abituato a ben
altri tenori riuscì clinicamente a scorgere l’intonaco giallino dei muri
scrostato, il corrimano delle scale in radica decisamente troppo tarlato e i
ripidi gradini in pietra eccessivamente consumati. Il suo naso si arricciò
automaticamente mentre il portone si chiudeva alle sue spalle con un tonfo
smorzando lo scrosciare della pioggia e Ginevra, davanti a lui, saliva
velocemente le scale.
“Forza! Non ti aspetterai che
degli elfi domestici vengano a prendere il tuo baule e ti diano il benvenuto
levandoti di spalla il mantello, vero?” lo canzonò la rossa.
Lui grugnì infastidito “Per la
verità sì. Ma anche se lo facessi tu, portare il baule intendo, andrebbe bene
lo stesso.”
“Rimarrai deluso allora” E
Ginevra sparì su per le scale lasciandolo solo nell’ingresso.
Sospirò scuotendo la testa
bionda, ancora ammantata. Ma cosa diavolo stava facendo? Lui! Lì! In quel posto
sudicio e da pezzenti. Lui che… Lui che non valeva più nulla in effetti…
Raggiunse un compromesso con sé
stesso, sarebbe rimasto lì il minimo indispensabile per guadagnarsi in qualche
rapido modo almeno una manciata di galeoni dopodiché avrebbe cancellato
quell’umiliazione da ogni suo ricordo. Avrebbe cancellato quell’orribile
palazzina e quella fastidiosa e maleducata rossa. Senza troppo entusiasmo
incantò il proprio baule e salì le scale tortuose, tenendo il proprio bagaglio
sollevato davanti a sé. Raggiunse la cima ansante, appesantito dalla stanchezza
di quella bruttissima giornata, e trovò Ginevra alle prese con chiave e
bacchetta, intenta ad aprire la vecchia porta scura. Stava osservando scettico
il tappeto davanti all’uscio che dava il benvenuto a lettere colorate,
fermamente convinto che non sarebbe comunque stato un piacevole soggiorno,
quando l’aprirsi di una porta alle loro spalle ne richiamò l’attenzione.
“Oh, Ginny! E’ sempre un
piacere…” un ragazzotto dall’aria scialba si illuminò alla vista di quella che
doveva essere la vicina di casa. Draco capì al volo che quello scemo ne doveva
essere tremendamente invaghito e attratto: un attimo dopo infatti vide il suo
sguardo scivolare sul fondoschiena della ragazza, che era tornata a dargli di
spalle.
“Stuart… buona giornata”
rispose telegrafica lei infilandosi dietro l’uscio e richiudendoselo alle
spalle. Draco sghignazzò divertito dell’elettricità che in pochi attimi aveva
riempito l’aria.
Poi sentì lo sguardo del
sempliciotto fisso su di sé e gli rivolse uno sguardo glaciale, molto più
chiaro di mille inviti a guardare altrove. Il ragazzotto balbettò uno stentato
“Mi scusi… non la guarderò più!” quindi partì alla discesa delle scale, con le
mani infilate nelle tasche del mantello.
Grugnì appagato del fatto che
la sua sola presenza serviva ancora ad intimorire qualche stupido e aprì
l’uscio dell’appartamento di Ginny.
Abituato a ben altre dimensioni
credette di poter essere colto da un attacco di claustrofobia quando vide il
piccolissimo salotto dal soffitto spiovente gremito di scaffali ricoperti di
libri arredato solo con un vecchio divano cremisi, un tavolino di legno
sovrastante un tappeto smunto, un comò fuori moda e un focolare acceso ad
accoglierlo. Sembrava tutto vecchio e sbiadito in quel minuscolo buco, un po’
come la vecchia carta da parati color salmone. Ginny accese rapida con un colpo
di bacchetta una lampada incantata in ferro battuto e carta di riso e una luce
tenue si diffuse nella stanza. La vide scostare una tenda colorata per tutta la
sua lunghezza e rivelare un tavolo da pranzo –ma possibile che lo fosse
davvero, poi, così piccolo e corto com’era?- e qualche sedia sparuta, delle
credenze in legno chiaro, quello che sembrava un vecchio forno e dei fornelli e
una di quelle cose babbane che dovevano probabilmente chiamarsi televistore appoggiata
su una mensola un po’ storta. Nemmeno il suo secondo bagno era piccolo come
quelle due stanze messe insieme! Sfiorando appena una mensola accanto a lui
constatò che per lo meno tutto quell’ammasso di roba vecchia non era anche
coperto di polvere. La Weasley doveva essere valida come elfa domestica!
Ridacchiò della sua battuta e fu riscosso dai suoi pensieri solo quando una piccola
palla di pelo iniziò a farsi le unghie contro la fiancata del suo baule.
“Ehi! Lontano da me e dalle mie
cose, bestiaccia!” lo allontanò con un calcetto poco gentile e in tutta
risposta il gattone arcuò la schiena e gli soffiò contro. Malfoy lo fece allontanare
con un minaccioso movimento della gamba e un verso rauco. Sbuffò tremendamente
infastidito: se c’era una cosa che detestava ancora più della miseria erano i
gatti!
“Ehi, lascia in pace Trixy! Se
non ti piacciono i gatti sono fatti tuoi, torcile un solo baffo e ti ritroverai
sulla strada. Scaraventato dalla finestra però” iniziò lei minacciosa,
sbattendo avanti a sé un grosso cucchiaio di legno. “E ora puoi anche levarti
il mantello e andare a farti un bagno se vuoi, hai un aspetto veramente orribile!”
lo canzonò lei tornando alle sue faccende.
Era stanco ed aveva veramente
un aspetto orribile, tanto che non trovò nemmeno la forza di replicare alla
piccola provocazione di lei. Si sfilò nervosamente il mantello, appendendolo
all’attaccapanni e cercò a naso il bagno. La sua esperienza con quello fu
ancora più traumatica del primo incontro con il salottino e la cucina.
Quando si fu spogliato e
schizzinosamente infilato sotto la doccia scheggiata girò lentamente i
rubinetti opachi. Sentì gorgogliare qualcosa e ben presto si ritrovò rivestito
di melma verdognola da capo a piedi. Imprecò diverse volte e la rabbia crebbe
quando sentì la rossa ridacchiare aldilà del vetro smerigliato della porta.
“Oh, scusami! Forse ho
dimenticato di dirti che prima di aprire il rubinetto dovevi fargli un piccolo
incantesimo di spurgo… Sai, queste cose succedono ogni tanto quando le tubature
sono vecchie… Mi dispiace tantissimo!” fece tutta ironicamente mortificata.
“Dannata Weasley! Te la
rinfresco io la memoria dopo!” rispose lui tra i denti, raschiandosi di dosso
quello schifo, ora che l’acqua aveva preso a scorrere calda e cristallina.
Quando, troppo tempo dopo,
rifece capolino nel soggiorno trovò la Weasley seduta al tavolo che torturava
distrattamente con una forchetta qualcosa che aveva nel piatto. Quando lo vide
arrivare si riscosse “Oh, finalmente! Erano tre mesi che non ti lavavi per
caso? Ce ne hai messo di tempo…”
Draco si indispettì “No, è che
per colpa di una stronzetta di mia conoscenza ho dovuto passare mezz’ora a
levare lo schifo che esce dai tuoi lavandini dai miei bei capelli!” ringhiò.
“Bè, come vuoi. Ora mangiamo,
ho una fame tremenda!” e senza aspettare risposta inforcò un boccone di
spezzatino dal piatto.
Draco si sedette titubante al
tavolo, fissò col naso storto quella roba informe che si trovava nel piatto
davanti a lui. Non riusciva nemmeno a capire cosa fosse…
“Senti, non sarà mica una cena
questa roba? Dov’è la prima portata? E non c’è nemmeno del vino su questo
tavolo…” precisò fissando la caraffa di semplice acqua vicino al bicchiere. Non
aveva mai mangiato in condizioni tanto misere!
Lei alzò le spalle “Nessuna
prima portata, signorino! Questo passa il convento e se vorrai mangiare lo
spezzatino bene, altrimenti farai digiuno! E io di vino non ne ho mai bevuto,
senza contare che soldi da spendere in bevande superflue non ne ho quindi, se
hai proprio sete, ti farai bastare l’acqua. Se il servizio non è di tuo
gradimento puoi anche andartene subito” e continuò tutta tranquilla a mangiare
il proprio delizioso pasto, complimentandosi con se stessa perché le patate
erano riuscite davvero ottimamente.
Draco sbattè forte le mani sul
tavolo, scostò così bruscamente la sedia all’indietro che questa ricadde con un
tonfo, sorprendendo Ginny che rialzò immediatamente la testa dal piatto.
“Non accetto oltre questa
stupida umiliazione!” e senza aggiungere altro si alzò e se ne uscì sbattendo
la porta.
Ginevra rimase frastornata a
fissare l’uscio chiuso, la forchetta con infilzata una patata ancora a
mezz’aria e la bocca semiaperta per lo stupore. Cercò di ignorare la situazione
e addentò il proprio boccone nervosamente. Tuttavia fece molta fatica a
mandarlo giù. O forse fece fatica a mandar giù quella brutta sensazione che la
sua coscienza le stava procurando… Era una sorta di dispiacere, lo stesso che
aveva provato qualche ora prima quando aveva visto Malfoy andarsene mestamente
dal negozio di Rubenius bagnato fradicio e trascinando il proprio baule sotto
l’acquazzone. Perché doveva essere così dannatamente sensibile? Perché ora che
poteva riprendersi la sua rivincita di tanti anni di dispetti e beffe doveva
provare dispiacere per lui? Perché ci era passata e sapeva quanto fosse brutto
sentirsi così miserevoli e senza valore. Si alzò rapidamente dal tavolo, pensò
che avrebbe potuto cercarlo e dirgli di tornare, ma sarebbe stato così
umiliante per lui! Non se la sentiva di essere cattiva, in quel momento.
Avrebbe potuto tormentarlo poi, si promise, ma non quella sera. Sapeva quando
era il momento di lasciar perdere lei.
Poi vide il grosso baule ancora
accanto al sofà e il mantello appeso alla gruccia, se non era così pazzo
sarebbe tornato… Conosceva bene il tipo che era, non se ne sarebbe andato in
giro per la città deserta e senza uno straccio di mantello a ripararlo dalla
neve e dal freddo invernale nemmeno in preda al più lancinante attacco di
pazzia. Si sedette sul divano e attese paziente dopo aver messo al caldo la
cena di entrambi con un piccolo incantesimo casalingo.
Che strano, si ritrovò a
pensare, se solo la mattina prima mi avessero detto che me ne sarei stata
qui sul mio divano ad aspettare Draco Malfoy per cena non ci avrei creduto,
probabilmente avrei riso dell’assurdità… Le persone sono davvero originali…
Si torturò un poco l’orlo della
maglia che indossava lanciando occhiate fugaci alla porta. Presto due colpi
decisi rimbombarono dall’esterno.
Ginny schizzò in piedi e aprì
la porta con un colpo rapido di bacchetta riponendola poi lesta nella tasca.
Stava per esortare il suo nervoso ospite ad entrare quando si trovò davanti la
figura minuta di Stuart.
“Ciao Ginny! Ecco, volevo solo
salutarti, magari invitarti per un caffè… Come stai? Chi è quello strano
ragazzo di prima? E’ ancora qui?” domandò adocchiando circospetto la stanza
davanti a lui per poi tornare a guardare imbambolato il volto scocciato di
Ginevra.
Lei sospirò alzando il capo al
cielo. Quel ragazzo che sembrava la persona più gentile del mondo, all’inizio,
si era rivelato una vera tortura “Ciao Stuart, scusa ma non ho tempo per un
caffè. E sto aspettando… il mio amico… che è uscito un attimo a prendere una
cosa. Dobbiamo ancora cenare, mi spiace. Ciao” e fece per richiudergli la porta
in faccia ma questo manifestò un’inaspettata forza riuscendo a riaprirsi un
varco e a intrufolarsi in casa.
“Ma Ginny –protestò fermamente
contrariato- Lo sai quanto tempo è che non usciamo assieme? Stiamo trascurando
la nostra relazione!” obiettò diventando nervoso.
Lei sbuffò ancora “Non abbiamo
nessunissima relazione, Stuart!”. Ora iniziavano le note dolenti. Avrebbero di
nuovo finito per litigare, lei si sarebbe infuriata, lui si sarebbe
innervosito, le avrebbe fatto la solita scenata e poi se ne sarebbe andato con
le lacrime agli occhi facendola sentire un verme. Non aveva mia conosciuto un
ragazzo più fastidioso di lui! Ma come diavolo aveva fatto a… Oh, non voleva
nemmeno pensarci! Scacciò lesta quel brutto ricordo dalla mente e portò le mani
ai fianchi, attendendo la sua risposta.
“Ma… e quello che c’è stato tra
di noi? Ginny, non puoi trattarmi così, maledizione! Noi abbiamo condiviso
qualcosa di importante, di fondamentale! Abbiamo avuto una storia
meravigliosa!” iniziò a strillare.
“Proprio per niente! Siamo
usciti solo un paio di volte e… e poi abbiamo commesso un errore! Tutto qui!
Non farmelo ripetere ogni volta” chiuse gli occhi esasperata.
“Un errore? –il tono di voce
del ragazzo crebbe di un’ottava- Ma io ti amo, Ginny! Non posso assolutamente
credere che non provi lo stesso per me! Oh, Ginny, ti prego! Non trattarmi
così… vorrei solo uscire con te ancora una volta, solo una parola gentile, un
bacio… -la supplicò sull’orlo delle lacrime- Sei crudele con me…”
Lei perse definitivamente la
pazienza, non che le bastasse così poco per incollerirsi ma quella era con
tutta probabilità la centesima volta dalla primavera passata che si ripeteva
quella scena. Fece per rispondere seccata quando vide Draco nel pianerottolo
delle scale guardarli allibito e, non le sfuggì, anche divertito. La manna dal
cielo!
Si illuminò corse fuori
superando il ragazzetto di fronte a lei e si portò alle spalle di Malfoy
spingendolo garbatamente dentro casa “Oh, eccoti finalmente! Ce ne hai messo
del tempo, mi hai fatto stare in pensiero! Avanti tesoro, ceniamo che sto
morendo di fame!” e ridacchiò giuliva.
Spinse fuori poco garbatamente
Stuart e gli richiuse l’uscio dritto sul naso senza dargli la possibilità di
proferire verbo.
La porta sbattè e quando tutto
fu silenzioso sospirò sollevata.
Malfoy, infastidito, si scrollò
le mani di lei ancora appoggiate sulle spalle “Ehi, levami le zampe di dosso! E
poi cos’è questa confidenza? E guarda che sono tornato per prendere le mie cose
e andarmene, sei la donna più fastidiosa e grossolana che conosca. Non
accetterò la tua falsa pietà e le tue prese in giro un minuto di più” sibilò
con capo alto e orgoglioso.
Lei annuì col capo “Aha,
andiamo a tavola, l’incantesimo di riscaldamento non durerà per sempre.
Mangiamo o tutto si fredderà” rispose come se non avesse ascoltato una sola
parola del ragazzo.
Draco rimase spiazzato. Quella
era un’altra provocazione, ne era sicuro. Fece per rispondere quando un sonoro
brontolio di stomaco lo mise a tacere ricordandogli che non toccava cibo dalla
sera prima, col trambusto che c’era stato in quella orribile giornata da
dimenticare. Lei gli lanciò una significativa occhiata divertita e a lui non
rimase che arrendersi miseramente.
Schizzinoso e diffidente
avvicinò un boccone di cibo alle labbra… Quella maledetta megera avrebbe anche
potuto avvelenarlo! O mettere chissà cosa nella sua cena per prenderlo in giro
come aveva fatto fino a quel momento… Non poteva mangiare così a cuor leggero!
L’ennesimo brontolio tuttavia cancellò ogni diffidenza dalla sua mente e
addentò con avidità il boccone di carne. E scoprì che, nonostante l’aspetto
orrendo di quello spezzatino brodoso era davvero buonissimo. Si sforzò di non
sembrare troppo deliziato però, non le avrebbe mai dato anche questa
soddisfazione!
Divorò rapido e silenzioso
tutto il contenuto del suo piatto e la porzione di macedonia che lo seguì.
Per tutto il pasto non si
cambiarono una sola parola, perlomeno per evitare di litigare anche con il cibo
in bocca. Gli unici rumori erano quelli delle posate che tintinnavano contro la
porcellana economica dei piatti e qualche sporadica parola di Ginevra che si
rivolgeva al suo bel gattone, anche lui intento a divorare il suo pasto in una
ciottolina col suo nome posta ai piedi del tavolo.
Quando ebbe sparecchiato il
tutto la ragazza prese ad armeggiare sul divano tirando fuori cuscini vari e
una grossa coperta pesante fatta a patchwork. Draco si guardò attorno curioso chiedendosi dove
sarebbe stata la sua camera, tutta quella orribile avventura si era abbattuta
su di lui con la forza di un ciclone causandogli una tremenda emicrania e non
vedeva l’ora di mettersi a letto e dormire a lungo.
“La mia stanza?” domandò senza
troppi fronzoli.
“Ci sei già” rispose con
semplicità Ginevra sistemando un lume sul tavolino davanti al divano.
“Come scusa?” domandò lui senza
capire ma col vago sospetto che quelle parole non promettevano nulla di buono.
“Intendo che non c’è nessuna
altra stanza. Dormirai qui, sul divano” specificò indicando quella che sembrava
la cuccia di un cane di grossa taglia.
Draco sollevò entrambe le
sopracciglia, incredulo, non aveva mai dormito su un letto con meno di due
piazze e ora gli si stava proponendo di dormire su… su un coso di almeno trenta
centimetri più corto di lui, vecchio e che con molta probabilità dava di muffa,
scomodo e duro… Era improponibile! Non poteva mandar giù anche questo affronto!
Quella megera di una Weasley si stava deliberatamente prendendo gioco di lui,
non avrebbe permesso che quella presa in giro si protraesse oltre.
“Mi prendi in giro? Io – non
–ci – dormo – su – un – divano – muffoso!” sibilò stando ben attendo a scandire
ogni singola parola. Strinse i pugni, sentiva la rabbia fargli ribollire il
sangue, il suo cuore aveva iniziato a battere furiosamente. Con due minacciose
falcate si era stagliato davanti a lei, chinando il capo fiero solo per
incontrare gli occhi di lei, appena qualche centimetro più in basso.
Le avrebbe mollato un pugno se
solo… Ma che diamine, non si era mai fatto scrupoli di spintonare una donna se
questa se lo fosse meritato! In effetti dovette ammettere che le avrebbe
mollato un ceffone se non avesse avuto una fifa tremenda delle conseguenze… Già
una volta era finito in un letto d’ospedale per mano di Genera Weasley e non
era stata una piacevole esperienza.
D’un tratto si sentì
miserevole. Era in balia di lei e delle sue prese in giro. Non aveva abbastanza
spina dorsale per reagire e nemmeno per andarsene di lì. Il suo orgoglio si
fece in mille pezzi.
Distolse lo sguardo da quello
di lei, così irritantemente tranquillo e divertito.
Diede un calcio nervoso al
baule ai piedi del suo nuovo letto –che gioia!- e lo aprì rabbiosamente
afferrando un pigiama e quella che doveva essere una vestaglia da camera.
“Te ne vuoi andare, almeno mi
cambio?” ringhiò sull’orlo di una crisi di nervi.
Ginevra sorrise, sempre
profondamente divertita “Certo, vado a farmi una doccia. Buonanotte signorino
viziato!” quindi sparì nel minuscolo e claustrofobico corridoietto ingombro di
roba che conduceva al piccolo bagno profumato.
Draco cercò di cambiarsi
nervosamente, non riusciva di certo a sentirsi a suo agio in quella topaia con
la Weasley. E se quella pazza fosse sbucata all’improvviso dal bagno? Mica si
poteva cambiare lì per farsi trovare all’improvviso magari nudo come un verme!
Non c’era nemmeno lo straccio di una porta in quel… come lo aveva chiamato?
Soggiorno…
Attese che ebbe finito. E
attese così a lungo che quasi perse la pazienza “Ti vuoi muovere? Non c’è
niente che tu possa fare per migliorare quel tuo aspetto scialbo in ogni caso,
Weasley! E io mi devo cambiare e lavare i denti!” imprecò rivolto alla porta.
La sentì sbuffare irritata ed
ebbe la certezza che quelle sue parole avrebbero sortito l’effetto opposto,
probabilmente stava facendo tutto ancora più lentamente ora. Si maledisse per
questo e maledisse anche lei.
Quando ben mezz’ora dopo ebbe
finito, Draco si infilò dentro al bagno e rimase infastidito dall’odore
dolciastro che permeava la stanza. Così diverso dai profumi seducenti che usava
Victoria! Era davvero una sempliciotta la Weasley! Aprì la finestrella ad oblò
che dava nel buio della notte e respirò l’aria fredda dell’inverno cercando di
distendere i nervi e rilassarsi mentre si pettinava i capelli sempre
biondissimi.
Quando uscì, comodo nel suo
pigiama di seta e avvolto dalla vestaglia raffinata, sentì la ragazza
augurargli sarcasticamente sogni d’oro dalla stanza accanto. Probabilmente la
piccola porta rossa situata nell’angolo dava nella sua stanza. Cercò di non
pensare a chi si trovava aldilà di quel muro vecchio e non rispose nemmeno. In
silenzio e massaggiandosi le tempie per la stanchezza si buttò sul divano.
Al buio rischiarato appena
dalle braci del camino che si stavano lentamente spegnendo lanciò un’occhiata
attorno a sé. Non aveva mai visto una casa tanto piccola e tanto vecchia,
nemmeno la più umile stanza di quella che era Malfoy Manor era paragonabile a
quel buco! Però dovette riconoscere che aveva qualcosa di particolare, quel
piccolo buchetto. Con le sue carte da parati scolorite, con i soprammobili
bizzarri, il grosso orologio a cucù, le tende colorate e i vecchi mobili
acciaccati, e persino con quei ridicoli disegni di bambini attaccati in qualche
angolo era… accogliente, sì. Era una tana calda. E non voleva certo riferirsi
al grosso camino di fronte a lui…
Quando si infilò sotto le
coperte fu sorpreso di notare che riusciva a entrare tutto e perfettamente
nella lunghezza del divano –la Weasley doveva averlo incantato in qualche
strana maniera! La cosa lo irritò…non si aspettava quell’atto di cortesia. Ma
soprattutto fu sorpreso di quanto fu piacevole addormentarsi sprofondato nei
grossi cuscini morbidi che non davano certo di muffa ma profumavano
deliziosamente di casa, sapevano di tenero.
Quando Ginevra si svegliò,
richiamata dal cicaleccio della sveglia sul comodino che le ripeteva in
continuazione “Alzati, pigrona! Rubenius ti aspetta in negozio! Al lavoro, al
lavoro!”, ed uscì dalla propria stanza fu sorpresa di andare a sbattere contro
un grosso baule.
Ma cosa diamine ci fa un
baule qui?
La risposta si affacciò
immediatamente alla sua mente assieme ai ricordi della sera precedente quando
intravide dei ciuffi biondo platino spuntare da una massa confusa di coperte
sul suo divano.
Ridacchiò all’idea di Malfoy
dormiente su un vecchio divano, lo superò facendo attenzione a non fare casino
sbattendo qua e là, non voleva certo svegliarlo! Se non altro per non averlo
fra i piedi sin dal primo mattino.
Mise a preparare la colazione
incantando frusta e uova per una bella porzione abbondante di pancake e la
caffettiera per la sua dose mattutina di caffeina quindi sgattaiolò in bagno
dove si preparò alla benemeglio per affrontare un’altra simpatica giornata di
lavoro.
Si trovava benissimo da
Rubenius, ringraziò se stessa per essere stata così avventata da avergli
chiesto lavoro quel pomeriggio di qualche settimana prima. Certo, certe volte
non faceva altro che levare polvere a destra e a manca –incredibile la quantità
di polvere che si depositava ogni giorno in quel vecchio negozio!- ma spesso
Rubenius le chiedeva di darle una mano con qualche pozione particolare, con
qualche difficile ricerca sui libri e soprattutto adorava quando le raccontava
delle sue vecchie avventure, quando invece che starsene seduto su un vecchio
traballante sgabello dietro al bancone ingombro Rubenius girava il mondo come
ricercatore di manufatti antichi e preziosi… Su commissione e non.
La sua storia preferita era
quella che narrava la ricerca di una piccola e consumata statuina di gesso
rappresentante un Drago. Un’avventura bellissima che l’aveva portato fino in
Cina. A Ginny pareva di stare a leggere uno dei suoi libri meravigliosi!
Così, ogni mattina, si
svegliava sempre molto volentieri per raggiungere il vecchio negozio e il suo
gentile padrone.
Sentì la caffettiera
gorgogliare e tornò rapida in cucina per servirsi una grossa tazza di caffè ben
zuccherato mentre gli strumenti incantati sfornavano la sua razione di pancake.
Si accomodò al tavolo sulla sua
solita sedia, quella con il cuscino rosso di velluto un po’ rovinato, e dopo
una coccola a Trixy che si strofinava contro le sue gambe lanciò un’occhiata a
Draco che dormiva beatamente.
Tutte quelle storie per
stare sul divano e poi guardatelo, dorme come se non avesse un solo problema al
mondo!
Sbuffò ma decise che lo avrebbe
lasciato dormire ancora un po’. In fondo le faceva un po’ pena… Anche lei dopo
quella orribile giornataccia in cui aveva perso il lavoro aveva avuto bisogno
di dormire a lungo per riprendersi di tutto lo stress.
Lanciò un’occhiata
all’orologio, le nove meno venti. Era ora di andare. Si avvolse nel mantello,
si legò stretta la sciarpa attorno al collo e si calò il berretto fin sugli
occhi, afferrò la borsa e si preparò ad uscire.
Lanciò un’ultima occhiata a
Malfoy e la tentazione fu troppo forte… Si avvicinò e prendendo fiato gli gridò
dritto in un orecchio “Sveglia Malfoy! Non si può sempre dormire, pelandrone!”
Si spostò appena in tempo da
evitare una capocciata. Il ragazzo infatti era balzato immediatamente a sedere
imprecando contro la fonte di quelle urla acute. Mezzo incastrato nelle
lenzuola e in bilico sull’orlo del sofà era però caduto come una pera cotta
ritrovandosi sdraiato sul parquet.
Ginevra poco distante si
sbellicava dalle risate. Il biondo, ancora frastornato, si grattò la testa
cercando di districarsi da quel groviglio di coperte pesanti. Grugnì
risedendosi sul divano e guardandosi attorno spaesato. La Weasley non gli
lasciò il tempo di risvegliarsi o di porsi domande, con la sua voce acuta gli
ricordò che “Ci sono ancora tutti i piatti da lavare da ieri, e naturalmente
quelli della colazione di oggi.”
Lui la guardò incredulo.
Lei sbuffò portando le mani ai
fianchi “Non crederai che faccia tutti io, mio caro! Io ho cucinato, tu lavi!
Facile, no?” fece con un sorriso sornione.
Facile? Per qualcun altro
forse! Draco non aveva la minima intenzione di rovinarsi le mani lavando piatti
e padelle “Io non ho mai lavato i piatti in vita mia e non inizierò di certo
ora! Queste sono cose da donne!” rispose pronto.
Lei sollevò un sopracciglio
sarcastica “Ora ti viene in mente che sono una donna? Un po’ ipocrita da parte
tua! Lava i piatti, è la mia ultima parola. Io ora devo andare al negozio,
resterai a casa da solo” lo informò infilandosi anche i guanti.
“Oh oh, ti fidi di me fino a
questo punto, Weasley?” la stuzzicò lui.
“Non mi fido di te proprio per
niente, ma sei talmente derelitto che se scappassi di qui con la mia roba non
avresti nemmeno dove andare. E poi, per inciso, non ho nemmeno nulla che possa
valere la pena di essere rubato in questa casa…” ironizzò ridacchiando.
Lui grugnì infastidito, quella
uscita sul nulla di valore che aveva in casa l’aveva in programma lui “Sì,
vattene che è meglio! Sarà un bene non avere il tuo maleodorante fiato da
contadina sul collo per qualche ora” rispose strascicato, essendo stato
derubato della sua migliore battuta.
“Sì, condivido il piacere di
andarmene da te. Vedi di lasciare in pace il mio gatto anche. Per ogni pelo che
gli torci io ti cavo cento capelli, intesi? Ah, domani che sono a casa ti porto
io a cercare un lavoro, così te ne vai alla svelta! Ora vado, buona giornata!
Divertiti con i piatti!” e se ne uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Draco rimase a bocca aperta.
Quella contadina pretendeva anche di comandarlo a bacchetta! Incredibile! E
quei suoi maledetti modi di fare grossolani, era davvero una persona priva di
maniere. Quindi oltre che essere bruttina e tremendamente sgraziata era anche
antipatica, fastidiosa e grossolana. Come si permetteva di dargli ordini a quel
modo? A lui!
Aveva detto che doveva lavare i
piatti! Tremendo!
E poi…
Cosa? Trovare un lavoro?
Draco rimase a bocca aperta. Si
ributtò sul divano e si coprì la faccia con un cuscino maledicendo sé stesso
per la brutta situazione in cui si era cacciato.
Ora più che mai avrebbe voluto
gettare la Weasley dalla finestra della sua piccola tana da contadina.
Continua…
Ciao a tutti, ragazzi! Quanto,
tempo è passato… state tutti bene? Tanto per iniziare vi faccio i miei migliori
auguri di buon anno, anche se arrivano con quasi una settimana di ritardo…
^^’’’
Bè, ma in quanto a ritardi
ormai avete imparato a conoscermi, no? Accidenti, era da settembre che non
aggiornavo questa storia, mi dispiace tanto di avervi lasciato in sospeso così
a lungo. Diciamo che questo capitolo è stato parecchio complicato, infilare un
Malfoy e una Weasley sotto lo stesso tetto è una manovra rischiosa, diversi
pezzi li ho riscritti più volte nell’ultimo periodo, ho cercato di rimanere
federe all’idea che avevo dato di loro negli ultimi due capitoli, di questa Gin
forte e battagliera e di un Malfoy viziato e snob… Che ne dite voi? Come
risulta questo capitolo? Non è nemmeno molto lungo, lo so, ma volevo dedicare
la mia attenzione solamente a questo momento di passaggio, la prima serata
assieme a casa Weasley…
Mi raccomando, lasciatemi
qualche commento perché è un cap spinoso… Ci tengo ai vostri pareri sinceri. Tanto
più che siete stati meravigliosi commentando il mio ultimo capitolo, ancora una
stagione fa *ah ah ah, Ly ride da sola delle sue mancanze*
Ci tengo a ringraziarvi tutti,
chi ha letto, chi mi ha mandato mail e chi ha commentato…
Angèle87: Ciao carissima!!!
Lo sai che ho letto tutta la tua “Da Auror A Babbani”? E’ incredibile!!! Sei
fantastica!!!!!!! Grazie per la recensione e scusa se invece ci ho messo così
tanto ad aggiornare!! E tu, invece? A quando il nuovo cap? Un bacio grande
Meiko: Oh, grazie!! La
mia fic è fantastica? Sei davvero gentilissima, è un po’ crudele ok, però è
così che funziona il mondo purtroppo… Dimmi che ne pensi di questo cap. Un
bacione
Cloe: visto com’è andata
la convivenza? Non esattamente bene, quei due si prendono a capelli per nulla,
e Ginny è particolarmente dispettosa… Che simpatica! Che ne pensi tu? Grazie e
baci
Nyla: ecco un’altra
curiosa di vedere il funzionamento della convivenza… siamo solo all’inizio e
non va molto bene, ma ce ne saranno delle belle! A presto =)
Dark Crystal: eh eh, il
nostro Malfoy pezzente fa un po’ ridere, ma se lo merita!!! Grazie per la
recensione. La tua fic, poi? ^^
Strekon: ehi, signorino!
Ho aggiornato, finalmente, visto? Ed eccoli qui, due cuori e una catapecchia,
ah ah! A Draco è proprio toccato il divano, anche se non era molto contento.
Come ti sembra la situazione? Ho quasi paura di aver tirato un po’ troppo la
corda… Mi raccomando fammi sapere! Un baciottissimo e spero che tu sia bene ^.^
Ale: ciao carissima!!!
Ed ecco qui come volevi Gin all’opera. Hai visto che polso che ha? Mi sa che ce
lo mette in riga Malfoy, una volta per tutte! O forse no… eh eh!! Mi
raccomando, fammi sapere che te ne pare del primo frammento di convivenza… Un
baciottone
Buffy: tesoro! Sei la
nuova regina della centesima recensione! Ah ah!! Hai vinto… una mail al più
presto, ti devo ancora rispondere! Lo farò sicuramente entro il fine settimana,
tranquilla! Grazie per la recensione, mi ha fatto piacerissimo. Hai colto
proprio quello che volevo trasmettere e non sai che gioia mi hai dato! Un bacio
grande grande grande.
Ryta Holmes: Ciao
carissima! Sono contenta che le disavventure di Draco ti abbiano divertito, in
effetti sono contenta che i miei capitolo non siano troppo pesanti… Di questo
che te ne pare? E anche io sono contentissima di essere ben recensita da una
bravissima autrice di fic come te! Un bacetto
Malesia: Tadan! Mistero
svelato!!! ^^ Grazie per esserti firmata, sono felice! E sono contenta che ti
piaccia tanto la mia fic… Draco riavere tutte le sue ricchezze? Per il momento
non se ne parla, eh eh! ^^ Baci
Isilascar: la mia
commentatrice più impegnativa e una di quelle che mi rende più felice. Sono
contenta di aver descritto un Draco a regola d’arte fin qui… Ora arrivano le
note dolenti. Non sai quanto sia difficile!!!! Forse qui ti sarà sembrato un
po’ floscio… Un buono non lo sarà mai ma un po’ l’ho piegato qui. Diciamo che
può risultare forzato questo capitolo sotto una certa luce ma ricorda che Draco
è tremendamente coniglio e che pur di non essere in mezzo ad una strada a morir
di stenti secondo me accetterebbe anche questo. Vergognandosene ma lo
accetterebbe. E poi in fin dei conti è una persona con un cuore da qualche
parte quindi ho anche trovato opportuno farlo segretamente compiacere per la
comodità del divano e per il calore che l’appartamentino di Gin emana, no? Tu
che ne pensi? Fammi sapereche mi sei
preziosa! E scusa il ritardo dell’aggiornamento… Ah, appena pubblico questa poi
mi leggo anche la tua shot che mi era sfuggita. Grazie per l’invito! ^^ Baci
baci
PS: King’s Cross è una forza!!!
Come si vede nel fil, però i binari filmati in realtà sono il 4 e il 5, mi
pare… in compenso hanno messo una piccola commemorazione: una ricostruzione
della barriera con un cartello che recita binario 9 e ¾ in un angolino della
stazione, che carini!!!!
Luna Malfoy: Ciao
tesoro!!! Grazie ancora per la dedica, sai? E grazie dei tuoi sempre bellissimi
commenti, ecco qui la faccia di Draco che varca la soglia di casa Weasley!!! Eh
eh, come ti sembra? Mi raccomando fammi sapere che i tuoi commenti mi sono
carissimi. Un bacione gigante
Pan_z: Paaaaaaan, tesoro
ma dove sei finita anche tu? Ti ho risposto alla mail tempo fa ma poi nulla…
T_________T E TèF… l’ultimo aggiornamento era grandioso!!!! ^^ Grazie delle
belle recensioni che mi lasci sempre. Un bacio grandissimissssssimo!
Florinda: ah ah ah!
Sarebbe bellissima se la aggiornassi? Hai ragione, ed ecco qui l’aggiornamento!
^^
Sissichi: Per
innamorarsi questi due ora non se ne parla, sarà lunga credo, troppo diversi al
momento… ma potrebbe succedere! Grazie del commento, ciao ciao!
Lollosa: Oddio, mi
spiace di averti quasi fatto impazzire… ecco qui in mega ritardo
l’aggiornamento… Ma dimmi, cosa non ti era chiaro? ^^
Ok, credo di aver risposto a
tutti. Grazie ancora, tantissimo! E mi raccomando, commentate ancora!
Vi voglio bene ragazzi! Un
bacio enorme e scusate il solito ritardo