Il Quinto Stadio - Volume III di kannuki (/viewuser.php?uid=1781)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La soluzione al male ***
Capitolo 2: *** Il Quinto Stadio ***
Capitolo 3: *** Non dimenticarmi ***
Capitolo 4: *** Mistificazione ***
Capitolo 5: *** Il Sacro Dono ***
Capitolo 6: *** La via della Spada ***
Capitolo 7: *** Vittime e Carnefici ***
Capitolo 8: *** War Games ***
Capitolo 9: *** Freaks ***
Capitolo 10: *** Pedine ***
Capitolo 11: *** La Matta ***
Capitolo 12: *** La Variabile ***
Capitolo 13: *** Salta! ***
Capitolo 14: *** La Tana del Bianconiglio ***
Capitolo 1 *** La soluzione al male ***
“Regola
numero uno: ammazzali per primo... regola nuovo due: non
attirare l'attenzione... quella
che preferisco: tutto può essere usato come un'arma.”
Claire
biascicò le parole lentamente con lo sguardo ancora vitreo.
Trasse un sospiro ed uscì dal mondo buio e doloroso che la
possedeva. Si mise a sedere, avvertendo il lento scivolare di una
goccia di sangue dalla tempia sinistra fino al maglione bianco che
indossava. Di nuovo. Restò a fissare il vuoto
escludendo tutti i rumori attorno a se. Un singhiozzo incredulo, poi
un altro. Si confondeva con la risata isterica che sentiva prorompere
della gola. Era viva. Perché l'aveva lasciata vivere?
(Resterai
sempre con me?)
Non
li vide quando si gettarono su di lei, non vide Noah che la
scrollava, non udì le suppliche che pronunciava Meredith. Era
successo di nuovo. Dondolava con gli occhi fissi in un punto
lontano che non metteva a fuoco e non raggiungeva mai.
(Sei
sleale)
Perché?
Poi dolore, troppo, intenso. Come se le stessero stringendo le
spalle.
“Mi
fai male...” sussurrò con un filo di voce “mi stai
facendo male!” urlò dritta in faccia al padre che si
fermò e la guardò sconcertato. La cappa di silenzio che
l'avvolgeva esplose all'improvviso, e i suoni, come una lama affilata
le trafissero le orecchie costringendola a portare le mani alla
testa.
(Sei
sleale)
“State
zitti!” gridò chiudendo gli occhi. Il sangue le imbrattò
i palmi e Claire lo guardò impaurita muovendo appena le
labbra. Si voltò alla ricerca di uno specchio o di una
superficie riflettente e quando vide la linea sottile e rossa che le
incideva la fronte perfettamente a metà, si aggrappò al
tavolino tremando.
“Tesoro...”
Meredith la toccò e la vide scattare nervosa “cosa è
successo? E' stato Gabriel?”
(Vuoi
davvero che lo faccia?)
“Non...”
biascicò sentendo troppa saliva in bocca. La ingoiò e
tossì per qualche istante.
“Ma
Sylar l'avrebbe uccisa, può essere stato solo lui”
sussurrò la donna al padre che la guardava allibito. Le
pizzicò il braccio e Claire scattò come se l'avessero
punta.
“Provi
di nuovo dolore” mormorò osservando le sue reazioni.
(E'
colpa tua, se non sento più nulla!)
(Potrebbe
non piacerti)
“Gliel'ho
chiesto io...” sussurrò con un filo di voce. Si aggrappò
alle braccia di Meredith e le appoggiò la testa contro.
“E'
tutto a posto, piccola...” mormorò accarezzandola “è
tutto ok” disse ancora scoccando occhiate allibite verso
l'uomo. La sua espressione era un enorme punto interrogativo a cui
non sapeva dare risposta.
-
- -
Il
sangue si era raggrumato fra le dita e sotto le unghie. Non aveva
neppure pensato di lavarlo via. Gli serviva a ricordare chi era. Lo
convinceva d'aver fatto la cosa giusta.
(Fammi
sentire normale, non un mostro privo di recettori del dolore)
Glielo
doveva.
(Tu
non hai idea di quello che ho provato)
Doveva
farlo prima.
Non
dovevi lasciarla avvicinare, pensò posando i gomiti sulle
ginocchia e lasciando ciondolare le mani nel vuoto.
(Pensavo
di poter essere me stessa, con te)
Prese
un respiro e lo trattenne a lungo nei polmoni.
(Mi
hai fatto sentire minuscola)
Finiscila,
non ne vale mai la pena, si disse alzandosi dalla sponda del
letto sul quale era seduto. Spostò lo sguardo a terra. Una
macchia colorata. Lo prese con due dita e il sangue sporcò la
superficie lucida del tubetto a forma di goccia. Conteneva un liquido
denso e vischioso. Svitò il tappo e lo annusò. Odorava
di ciliegia. Quell'affare che si metteva sulle labbra e che le
portava via al primo bacio. Lo sguardo si incupì e lo fece
volare nel cestino.
(Voglio
stare con te)
Ma
io non voglio stare con te, pensò
indurendo il cuore.
(Io
ti amavo)
Doveva
fare un sacco di cose. Doveva avvertire Chuck e andare al funerale di
Milla. Doveva trovare il suo doppio e infliggergli la pena peggiore
che potesse concepire. Doveva trovare Arthur e toglierlo di mezzo.
Doveva sgozzare Angela e farle ingoiare la sua maledetta
premonizione. Doveva uccidere chiunque fosse lontanamente coinvolto
nella sua 'caduta' personale.
(Io
ti amavo)
La
premonizione, pensò con
un senso d'urgenza che gli bloccò il respiro. Come aveva fatto
a dimenticare una cosa del genere?!
-
- -
Angela
chiuse la rivista con un gesto elegante, quando la parrucchiera
personale finì di acconciarle i capelli. Sorrise per
ringraziarla e bevve un sorso di te che le andò di traverso
quando comparì nell'esatto istante in cui la donna usciva
dalla stanza. La prima cosa che vide, fu il suo sguardo cupo e
accigliato. La seconda, le mani sporche di sangue. Istintivamente
raddrizzò la schiena e un brivido la percorse. “Adesso
tocca a me?” domandò con un filo di voce.
Sylar
la guardò soppesando la domanda. Poi alzò un
sopracciglio e fece un mezzo ghigno che non riuscì a formarsi
completamente. “La tentazione è forte” affermò
sedendo rigido su una sedia di fronte alla sua. “Tu e la tua
maledetta premonizione” soffiò stringendo la mascella.
“Claire
sta bene?” domandò con un brutto presentimento “voci
ricorrenti affermano che andate d'amore e d'accordo.”
Sylar
la guardò senza battere ciglio.
“Una
tazza di te?”
Con
un gesto, fece volare a terra l'intero servizio. Angela lo guardò
tesa, poi osservò la porcellana infranta “bastava dire
no.”
“Hai
avuto altre premonizioni, mammina?”
Quel
tono era orribile. Graffiava e la incuteva timore. “Di chi è
quel sangue?”
“Della
tua adorata nipotina” affermò sorridendo “non
siamo così legati come pensi.”
“L'hai...
uccisa?” sussurrò immobile “perchè...”
“Disturbava
il mio stile di vita” sibilò avvicinandosi a lei “che
altro hai visto?”
Angela
lo guardava e taceva e le lacrime si stavano formando fra le ciglia
perfettamente truccate.
“Parla!”
gridò afferrandola per la camicetta e scrollandola “voglio
sapere cosa hai visto!”
Nell'esatto
momento in cui finì di sputarle in faccia le parole, Angela
sentì il corpo gelarsi e la mente aprirsi. “Fra due
anni...” balbettò nervosa “o mio dio...”
Gabriel
la guardò nervoso “continua!”
“Fra
due anni morirai.”
La
lasciò andare di scatto e Angela ricadde contro lo schienale
morbido della poltroncina su cui sedeva.
“Come?”
Il
tono era secco e teso. La donna battè le palpebre per tornare
in se “compirai un viaggio che ti porterà alla morte.
Qualcuno più potente di te, ti ucciderà.”
Un
viaggio?, si chiede sorpreso
“fisico... o temporale?”
Angela
spostò lo sguardo su di lui “fermati, finchè sei
in tempo.”
Sylar
la guardò e cominciò a ridere in modo folle. Un
viaggio temporale. Il suo
doppio. La realtà
alternativa di un futuro alternativo. Gliel'aveva
detto che era meglio rispedirlo a casa. “E' sempre un piacere
parlare con te, vecchia strega!” esclamò divertito
puntandole un dito alla fronte. Poi, un ricordo.
“E
che fine ha fatto, Angela?
Nella
sua realtà è morta.
Le
fortune sempre agli altri...
Dai!”
“Hai
ucciso Claire?” domandò artigliando i braccioli. Vide il
braccio abbassarsi di qualche millimetro e il suo sguardo farsi meno
duro. “L'hai uccisa perché non riuscivi a sopportare
l'idea di amarla?”
Silenzio.
Gabriel rimise la mano in tasca e scosse la testa impercettibilmente
“pensi davvero che.. l'amore
sia la soluzione ai mali del mondo... o a me?”
“Vuoi
la risposta che darei ai miei azionisti o quella che darei ai miei
figli?”
L'uomo
la fissò quasi divertito “ne abbiamo più di
una...”
“La
verità è fatta di molte facce” affermò
rilassandosi un poco “se fossi un mio cliente, ti parlerei di
denaro e potere.”
“Un
concetto interessante che mi appassiona sempre” ghignò
sforzandosi di essere freddo. Con un gesto veloce, si alzò
dalla poltroncina “ci si vede, strega.”
“Gabriel...”
Si
fermò un pò stupito che l'avesse chiamato in quel modo.
“Lavati
le mani, tesoro. Sembri un barbone” sussurrò
raccogliendo i cocci da terra.
Gabriel
ghignò e le spalle si scossero per la ridata incredula che lo
possedeva “s'è stravolto il mondo” borbottò
scomparendo.
Angela
guardò il vuoto che aveva preso il suo posto e gettò la
porcellana a terra. Poi afferrò il cordless e chiamò
Noah.
-
- -
“E
Claire?”
“In
camera sua, doveva restare sola”. Meredith lo guardò
inquieta con le mani sui fianchi “perché Gabe ha fatto
una cosa del genere? Claire non vuole dirmelo!”
Noah
la fissò pensieroso “ha rimesso a posto le cose. Lei
soffriva per la sua... 'anormalità'.”
“Lo
stai giustificando? Le ha aperto il cranio un'altra volta!”
esclamò abbassando subito la voce e guardando le scale che
portavano alla stanza della ragazza.
Claire
si appoggiò al muro restando in silenzio. Aveva i capelli
ancora bagnati ma sapeva che avrebbero approfittato della sua assenza
per commentare l'accaduto.
“Depreco
il suo modus operandi e lo trovo disgustoso, ma se l'ha fatto avrà
avuto un motivo.”
Non
fa mai niente per niente, pensò Claire abbassandosi un po'
sulle gambe.
“Non
vuoi neppure sbatterlo in una cella detentiva per punizione?”
la voce della madre era sorpresa e sconcertata.
“Mi
piacerebbe appenderlo per i testicoli” ammise scattando verso
il cellulare che squillava impazzito.
Angela
trattenne il respiro mentre rispondeva. “Claire sta bene?”
“Angela!”
esclamò alzando la voce e attirando l'attenzione di Meredith.
Claire sbiancò. Poteva aver avuto una premonizione di qualche
genere? Uscì dal suo nascondiglio e volò giù per
le scale con l'espressione tesa.
“Te
la passo” mormorò veloce porgendole il telefono “penso
sia molto importante.”
“Nonna...”
“Tesoro!”
esclamò sospirando “stai bene?”
“Più
o meno” sussurrò sentendo la tensione salire “hai
avuto una premonizione?”
“Anche.
Gray è stato qui e mi ha detto...”
“Quale
dei due?” domandò sbigottita “ti ha aggredito?”
“No.
Voleva uccidermi ma si è fermato” ammise scossa “Cosa
è successo?”
Claire
succhiò il labbro inferiore con aria nervosa “la
premonizione?”
Un
silenzio carico di tensione. “Claire, cosa è successo?”
“Non
ho tempo da perdere! Dimmi cosa diavolo hai visto!” eruttò
perdendo la pazienza “parla!”
“Ho
visto come e quando morirà” confessò non capendo
il suo impulso nervoso “non l'ha presa bene.”
“Ero
presente nella tua visione?”
“No”
mormorò concentrandosi per ricordare “ma non
dimenticherò mai la sua espressione mentre quell'uomo lo
uccideva...”
“Impossibile,
ha spostato il punto debole. Non è più dietro la nuca”
mormorò battendo le palpebre. “Ti sarai confusa.”
“Ragazza,
se dico una cosa, è quella!” esclamò offesa “hai
perso le buone maniere a stargli vicino?”
“Ho
perso la testa” borbottò succhiando un dito
“letteralmente!” esclamò un po' divertita dal lato
grottesco della faccenda “ti passo papà.”
Claire
gli lanciò il telefono e salì in camera mentre Meredith
le andava dietro. “Dove stai andando?”
“Ad
asciugarmi i capelli, ho freddo” borbottò afferrando il
fon. “Ho capito tutto!”
“Meno
male, qualcuno sa ancora trovarsi il culo con le mani” sbottò
sedendosi sul bordo del water e incrociando le gambe. “Avete
litigato e siete passati alle maniere forti? Si va in galera per
questo, è violenza domestica.”
“Non
siamo persone normali, non dimenticarlo” le ricordò
stirando i capelli. Le mani le tremavano e ogni tanto perdeva la
presa sulla spazzola. “Dov' è Adam?”
“Non
lo so e non mi interessa” esclamò dondolando una gamba
“vuoi che ti aiuti?”
“Sì,
grazie” soffiò lasciandola fare “perchè non
gli hai mai detto che tieni a lui?”
Meredith
non rispose ma per un attimo di fermò. “Non ho una
relazione con un uomo da tanti anni e non intendo cominciare ora.
Guardami, sembro Due Facce.”
“A
lui piacciono entrambe” mormorò soffiando quando le tirò
un capello. “Ahi!”
“Scusa,
tesoro...” lasciò cadere la spazzola e spense il fon
“sicura di aver fatto la scelta giusta? Avresti potuto
indossare tacchi altissimi e ballarci fino a crollare svenuta, senza
aver mai avuto mal di piedi!”
Claire
sorrise e si voltò verso di lei “non ci avevo pensato”
ammise togliendole gli strumenti di mano.
“Cosa
è successo, piccola?”
La
ragazza la guardò tesa e non rispose. “Ho bisogno che
chiami Adam e mi aiuti a tendere una trappola a Sylar Due”
disse invece “sono una sega a pianificare, ho bisogno di menti
sveglie.”
“E...
Gabriel?”
“Ha
deciso che sono un intoppo alla sua vita” affermò
stringendo il labbro inferiore fra i denti “sapevo che non
poteva durare.”
“Un
intoppo? Ma se stravede per te!”
Claire
la guardò con gli occhi lucidi. “Forse prima che...”
si morse la lingua e strinse la labbra. “Non importa...”
“Non
importa? Ma se ti ha aperto la testa!”
“Però
ha rimesso tutto a posto” le fece notare con voce leggera.
“Capito, Adam lo chiamo io...”
-
- -
“Ehi,
bambolina... hai scopato?”
Claire
lo guardò sgranando gli occhi e Meredith lasciò partire
un ceffone diretto alla nuca dell'uomo. “Che modo di fare è
questo?!” gridò sconcertata dalla mancanza di tatto e di
educazione di Adam “tappati la bocca, abbiamo un problema serio
da affrontare.”
“Non
gli si alza?” continuò abbassando la testa quando provò
a colpirlo di nuovo. “Avete delle facce, volevo sdrammatizzare
un pò...”
Claire
lo guardò a lungo, raggomitolata nella poltrona di casa della
madre. Era un casino e avrebbe avuto bisogno di una domestica fissa,
visto che Meredith si rifiutava di fare i lavori più semplici
che non fossero portare via la spazzatura e lavare i piatti.
Forse
lui era l'esperto che le serviva. Aveva alle spalle diciotto
matrimoni e innumerevoli amanti. Ma forse sarebbe riuscita a
parlargli solo dopo moltissime birre. E la cosa non la allettava
proprio.
Adam
la fissò a sua volta. Era cambiata ed era chiaro come il sole
che aveva assaggiato il frutto proibito. “E' stato una
delusione e ti vuoi vendicare?”
Scosse
la testa e spostò lo sguardo sulla madre “possiamo
parlare da soli?”
Meredith
la fissò un po' offesa “parli con lui e non con me?”
“E'
un uomo, mi serve un parere oggettivo.”
“Non
sono oggettiva?”
“Sei
mia madre e sei arrabbiata per quello che è successo” le
fece notare tranquilla “per favore?”
Con
un grugnito, Meredith si diresse fuori dell'abitazione. Claire
sospirò e lo guardò “non va, eh?”
Adam
scosse la testa e fissò la porta chiusa “è uno
scoglio pericoloso, quella donna...”
“Devi
dirmi dove ho sbagliato” mormorò a bassa voce “penso
di aver fatto un grosso errore.”
“Se
gli fai un pompino alla prima uscita, il vostro rapporto sarà
basato tutto sul sesso” dichiarò divertito. Smise di
sorridere quando si incupì. “Ok ok... non si può
mai scherzare!”
Alla
fine del racconto, Adam non parlava più. “Ma sei
deficiente?! Non si racconta mai la verità. Soprattutto
non a letto.”
“Tu
non lo conosci, quando agguanta l'osso non lo molla più!”
esclamò offesa. “Non sono masochista, non giudicarmi!”
“Ok!”
sbottò alzando le mani per fermarla “ricapitoliamo per
amore della logica. Vi correte appresso per settimane, finalmente
decidete di fare sesso. Ora. Nessun uomo degno di questo nome,
neppure quel cazzone moscio, ha interesse a far soffrire la donna che
ama e che sta cercando di trombarsi da tempo. Noi siamo semplici e
lineari. Sesso uguale piacere. E non affronto il tema delle
perversioni per non turbare la tua casta mente.”
“Ti
prego” soffiò a disagio “moderati!”
“Capisci
meglio, se uso un linguaggio crudo. Zitta e ascolta lo zio Adam.
Ripeto, nessun uomo vorrà sentir parlare di dolore. Se gli
capiterà la sventura di incontrare una ragazza
inesperta...”
Un
singulto imbarazzato fu la sola risposta.
“...
prenderà tutte le misure necessarie per non farla pentire di
essere andata a letto con lui. Nel tuo caso, metà del lavoro
era fatto!” esclamò battendo le mani sulle cosce.
“Dio,
perchè te ho parlato...” borbottò affondando la
faccia in un cuscino.
“Lasciami
finire. Gli hai tirato lo sgambetto facendo quel discorso. Ha capito
le tue ragioni ma il gesto l'ha ripugnato.”
“Ma
quello ammazza gente da anni!” esclamò impacciata
“Che
vuol dire? Mica se li scopa!”
Claire
lo guardò confusa cercando di trovare il filo. La sua
espressione era tragicomica e Adam se la rideva di gusto. Come fai
ad arrabbiarti con una così ingenua e candida? “Ascolta:
una cosa è far secco un perfetto estraneo, un'altra è
guardare la propria donna soffrire per causa tua nel momento più
intimo che potete condividere” ripetè serio “e hai
frignato! Un uomo non sopporta che lei frigni mentre sono a letto
insieme!”
“Erano
lacrime di gioia, ero felice, mi sentivo di nuovo normale!”
“Pensa
tu! E gliel'hai detto?”
“Non
subito” ammise a mezza bocca. “Pensavo si capisse...”
“Sei
un caso perso” sospirò scuotendo la testa “ti
conviene rimediare, bambolina.”
Claire
lo guardò con una faccia da funerale “non è
possibile...”
“Oh,
non vi sta mai bene niente..., troppo rude no, troppo dolce che
palle, la via di mezzo è noiosa. Io t'avrei fatta
volare dalla finestra!”
“S'è
limitato ad aprirmi il cranio” borbottò fra se.
Adam
la guardò pensando fosse un modo di dire, poi vide la sua
espressione e la fissò attentamente “è uno
scherzo?”
“No.
Non so cosa ha fatto la dentro, ma sono di nuovo in grado di sentire
dolore” affermò mordicchiando un'unghia.
“Ti
ha accontentato, qual è il problema?”
Ti
ha accontentato. Claire lo guardò pensierosa. Aveva
rifiutato anche solo di scansionarla mentalmente dopo il 'botto' che
aveva liberato i suoi poteri latenti, per paura di combinare altri
danni. Continuò a fissarlo senza vederlo. “Gli ho detto
che non aveva il coraggio di farlo di nuovo. L'ho provocato per farlo
esplodere e poi gli ho detto che non volevo più vederlo e che
mi ero pentita di essere andata a letto con lui” mormorò
con voce tenue.
Adam
la guardò placido poi annuì “una rettoscopia è
meno dolorosa. Guarda che ci vogliono due palle così, per fare
quello che ha fatto.”
(Questo
va ben oltre i miei limiti morali)
Claire
sospirò, tormentando il bordo dei jeans. “Non si è
mai fatto scrupoli ad infliggere dolore alla gente. Neppure a me...”
(Non
posso acconsentire a tutte le tue richieste)
“Ehi,
ragazzina! Non avevamo fatto un patto noi due?”
Claire
gli scoccò un'occhiata palesemente irritata “guarda che
non siamo stupidi. Avevamo un sacco di potenti mezzi umani, per
contrastare la maledizione che ci pende sulle teste...”
“Eh,
bravi...”
“Basta
ciance. Piano d'azione” soffiò incrociando le gambe
“dobbiamo attirare Sylar in un luogo aperto e farlo secco. E'
tempo di schioccare la frusta.”
-
- -
“E'
questo il tuo meraviglioso piano d'azione? Un cimitero deserto di
notte?”
Claire
annuì stringendosi nei vestiti pesanti. “Fa molto Buffy
l'Ammazzavampiri.”
Adam
scosse la testa “sei tutta matta, ragazza...”
“Vedremo
se ho ragione” mormorò a bassa voce “vai, ora.”
L'uomo
mugugnò qualcosa fra i denti e si alzò dalla panchina
fredda sulla quale era seduto “non farti ammazzare.”
“Come
se fosse possibile...” ridacchiò. Aveva il suo coltello
a serramanico e una pistola caricata ad 'acqua santa', come
l'aveva definita Meredith. Gliel'aveva data Noah alcune ore prima,
spiegandole il suo utilizzo.
“Non
è un pistola normale. Le pallottole contengono piccole dosi di
inibitore liquido super concentrato.”
“Geniale.
Pensavo di dovergliela lanciare in testa.”
“Se
dovesse servire...”
Sogghignò
e si concentrò il più possibile. Il modo migliore per
attirarlo, era esplodere. Ma per esplodere aveva bisogno di essere
particolarmente spaventata. E non sentiva paura, solo una fredda
calma che la paralizzava. Perché non ti do mai retta?, si
domandò cercando un ricordo opprimente da sfruttare. Sbuffò
e alzò la testa verso la notte stellata. Non doveva essere per
forza così estrema. Poteva semplicemente invitarlo a
raggiungerla. Ma quale dei due avrebbe risposto?, si domandò
massaggiando le tempie.
-
- -
Sylar
rizzò la testa come un cane a caccia che fiuta la preda per
capire da che parte muoversi. Innestò la retromarcia e si
diresse verso il punto da cui proveniva l'invito ad un tète a
tète a chiaro di luna. Sghignazzò follemente e spinse
sull'acceleratore. “Oh, happy day” ridacchiò fra i
denti, pensando che fa lì a pochi minuti sarebbe stato davvero
un lieto giorno, in quella realtà alternativa.
-
- -
Gabriel
la sentì e sbuffò divertito fra le labbra. Non
si arrende mai!, pensò osservando il lavandino sporco di
acqua rossa che colava giù per lo scarico. Sta bene, era da un
po' che non mandavano in tilt un quartiere. Finì di asciugarsi
le mani e gettò il telo nella cesta. Poi guardò le
lenzuola e fece per strapparle via, ma qualcosa lo trattenne. Non era
una sfida, era un invito. Stava provando a farsi ammazzare,
quella stupida mocciosa viziata!
-
- -
“I'm
your biggest fan I'll follow you until you love me...”
canticchiava ad occhi chiusi e con i senti all'erta. “Promise
i'll be kind, but i won't stop until that boy is mine... Baby you'll
be...”
Un
movimento laterale e Claire chiuse la bocca.
“Ciao,
stellina” soffiò allargando le braccia sullo schienale
della panchina e guardandosi attorno “un po' macabro come
appuntamento...”
Claire
guizzò la vista e vide i guanti neri che indossava “poteva
andarti peggio, poteva essere un centro commerciale.”
“Sei
troppo astiosa, splendore” commentò mettendole un
braccio sulle spalle e tirandola a se “dove eravamo rimasti,
l'ultima volta?”
“Tu
che provi a stuprarmi?” domandò abbassando la voce “non
mi hai fatto ridere, bambolo.”
“Hai
urlato abbastanza da tirare giù Dio in persona, non mi
sembrava ti dispiacesse” commentò volgendo lo sguardo
su di lei che era rimasta immobile e aveva trattenuto il fiato. Va
bene, non stava andando come pensava. Ignoralo. La stretta
intorno alle sue spalle era fastidiosa.
“Su,
non fare l'arrabbiata.”
Un
attimo dopo sentì il mento che veniva spostato alla sua
destra. Lo guardò e strinse la labbra. Tu sei la fonte di
tutte le mie disgrazie, qualunque sia la realtà da cui
provieni! Sorrise, poi gli incollò le labbra sulla bocca e
la sorpresa fu talmente forte da lasciarlo senza parole e gli impedì
ogni mossa.
“Ma
cosa fa!” soffiò Meredith nascosta “deve
ucciderlo, non pomiciarci!”
“E'
una tattica” disse sicuro che fosse tutt'altro. “Lascia
avvicinare il nemico per coglierlo di sorpresa. Cerca di avere
fid...” Adam si bloccò quando la vide sedergli a
cavalcioni addosso
“
'orca troia... l'ha
scambiati un'altra volta!”
Era
la mossa più stupida ed intelligente che potesse fare, pensò
stringendolo con ferocia, finchè non sentì che la
sorpresa in lui scemava e si trasformava in passione. Quando cominciò
ad accarezzarla lungo la schiena, infilò una mano nella tasca,
fece scattare il coltello a serramanico e glielo ficcò nello
stomaco. Dopo un lungo istante, lo estrasse per colpire dritto alla
gola. “Mi dispiace” sussurrò stringendo le dita
sul manico “non doveva andare così...” con un
gesto secco spostò la lama verso destra e un fiotto di sangue
la inondò. Veloce lo scavalcò lasciandolo cadere a
terra con le mani alla gola.
Adam
scattò nel momento in cui Sylar cadeva a terra ma fu
violentemente bloccato da un muro invisibile.
“Non
è la tua battaglia” mormorò una voce dura alle
sue spalle. Gabriel lo lasciò andare mentre osservava la
scena. “E' una faccenda privata.”
“Non
vai ad aiutarla?”
“Deve
combattere la sua paura e vincerla.”
“E
se l'ammazza?”
“Quando
smetterà di respirare o di muoversi, interverrò.”
“E
tu la lasceresti crepare, perché ti chiede di sculacciarla?”
Lo
sguardo che gli rivolse fu sorpreso e divenne subito duro. “Di
cosa stai...”
Due
spari e l'urlo di dolore di Claire fu così acuto da
interrompere la sua domanda. Gabriel udì i colpi ripetuti e
raggelò. C'era qualcosa di sbagliato. La scena a cui
stava assistendo era sbagliata. Non doveva essere lei, quella
stesa sul terreno a languire nel sangue.
Quando
la giacca si era aperta e Sylar aveva intravisto l'arma sotto il
braccio sinistro, l'aveva fatta volare fino a se con la telecinesi.
Il ragionamento era stato logico e sequenziale.
Claire
era impallidita. Se premeva il grilletto, l'inibitore liquido
l'avrebbe resa inoffensiva e non sarebbe stata in grado di
rigenerarsi. Non aveva avuto neppure il tempo di pensare ad altre
eventuali conseguenze che Sylar le aveva sparato un colpo dietro
l'altro. Ora giaceva sul terreno con le braccia perpendicolari al
corpo e un buco all'altezza del cuore. Il dolore era atroce e la
ferita non si richiudeva. Era senza poteri. E stava morendo. Dove
non arrivava uno, ci pensava l'altro, si disse con una smorfia
ridicola sul volto e la risata, triste ed isterica, che faceva
sobbalzare il corpo e sputare sangue dalla bocca.
(Vuoi
la guerra, splendore? Hai sempre perso)
Rassegnati.
E' più forte di te. Qualunque sia la realtà.
(Sei
la donna che amo, non la mia vittima)
“Bugiardo...”
balbettò a fior di labbra, la vista appannata dalla neve che
aveva cominciato a cadere.
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Capitolo 2 *** Il Quinto Stadio ***
L'ingresso
nel quinto stadio di consapevolezza richiede l'abbandono di ciò
che è il principio di moralità e cioè il
sentimento del giusto e
dello sbagliato. Richiede la
sublimazione dei sentimenti. E' la sfida per andare oltre il
giudicare. […] L'individuo
comprende che egli non è né vittima né carnefice
ma tutti e due. (Maud Nordwald Pollock)
Sylar
guardò l'arma con una smorfia “inibitore, eh? Brava
stupida” mormorò arrabbiato “sei sempre stata una
sega a pianificare strategie...”
Claire
non lo sentiva quasi più. Stava congelando sul terreno e il
dolore le offuscava la ragione.
(Fossi
in te venderei cara la pelle)
Ridacchiò
in gola, ricordando quella frase lontana nel tempo. Che ironia!
L'aveva portato lei, lì. Quando le avevano detto di non
lasciarlo uscire di cella, non aveva dato ascolto a nessuno. Quando
poteva ucciderlo, non l'aveva fatto. Spinse le braccia contro di lui
che la guardò poco interessato. A malapena riusciva a
toccarlo.
“Ultimo
desiderio?”
(Il
segreto non è pensarci, ma fare in modo che non accada più)
Combattendo
l'apatia che l'aveva aggredita, serpeggiò la mano sotto la
giacca in cerca del suo coltello a serramanico. Ma non era lì...
era caduto lontano, sull'erba gelata.
“Stai
cercando questo?” domandò mostrandole la lama. “Papà
ti ha mai detto che gli oggetti taglienti sono pericolosi?” la
prese in giro gettandolo da un lato.
Ecco,
adesso era senza più munizioni. Il torace le faceva un male
cane e il freddo la intorpidiva. Tossì e una fitta al cuore le
strappò un gorgoglio di sangue dalla bocca.
“Tutto
qui, non c'è altro?” domandò un'altra volta
sospirando “mi sto annoiando.”
Era
estenuante, pensò sentendo una punta di fastidio solleticarle
le sinapsi eccitate dall'adrenalina. Noah le aveva spiegato che
l'inibitore agiva in due tempi: il rilascio veloce, che bloccava gran
parte dei poteri, era seguito da uno lento che stordiva e rendeva
inoffensivi. E lei non era inoffensiva, non ancora. Non aveva bisogno
di armi, pensò posando la mano sulla ferita e gemendo fra i
denti. Troppo sangue.
“Guarda
tu, avrò perso cinque litri di sangue!
Quanto
pesi?
Cinquanta
chilogrammi, più o meno... perché?
Ne
devi perdere circa 4 litri per morire dissanguata.
Come
fai a... lascia perdere! Dimentico di parlare con Dexter Morgan...
Chi?!
Ti
piacerebbe, quel telefilm, fidati.”
Quelle
maledette pallottole non si muovevano da lì. Perché non
gli dava mai retta quando le diceva di allenare i suoi poteri? Perché
era più divertente fare shopping, sogghignò
divertita.
“Beh,
almeno morirai con un sorriso sulle labbra” le disse osservando
le sue mosse. Le prese la mano che teneva posata sul seno, sotto la
quale stava cercando di accumulare residui di telecinesi latente e
la baciò galante.
Claire
la vide apparire all'istante dietro di lui. Meredith era la vendetta
fatta persona. Lo colpì senza esitazioni alla nuca mandandolo
disteso da un lato. L'urto fu così forte che Sylar cadde a
terra con un gemito stordito.
“Non
toccare mia figlia!” sibilò calciandolo allo stomaco e
molto più in basso. “Ti ammazzerò a suon di
calci, dovessi impiegarci mille anni!” lo minacciò
mentre Claire respirava sempre più affannosamente e cercava di
concentrarsi per estrarre quei maledetti proiettili prima che
l'inibitore la rendesse del tutto inoffensiva.
Adam
scattò verso la donna quando la vide furibonda, la spada
stretta in mano e ben affilata. “Fermo!” lo bloccò
Gabriel nervoso “è anche la sua vendetta!”
“Fermo
un cazzo, non sto a guardare il massacro della donna che amo”
sibilò scansandolo “non sono mica come te!”
“Ce
la farà da sola!”
“E
se non ce la facesse?” gridò perdendo la pazienza “la
lascerai morire e poi dirai 'ops, mi sono sbagliato'?”
“Claire
non può morire.”
Adam
saettò lo sguardo su Meredith e storse la bocca “finora
bastava bruciare un corpo o tagliare via una testa, per uccidere un
immortale. Il tuo doppio ha trovato il terzo sistema” mormorò
indicandolo con il mento “un paio di colpi al cuore con
proiettili caricati ad inibitore liquido superconcentrato e addio
bambolina, ci rivediamo in paradiso.”
Il
viso del suo nemico si fece cinereo e Adam storse un'altra volta la
bocca. “Fa come ti pare...”
Si
doveva sbrigare, se non voleva che l'inibitore cancellasse anche quel
residuo di telecinesi che le era rimasta. I proiettili si muovevano,
ma facevano male e la costringevano ad urlare come se la stessero
squartando. Non hai tempo, ne altro fiato da sprecare, si
disse acuendo gli sforzi. Schizzarono verso l'alto e con un gemito
strozzato, Claire prese un respiro che si spezzò più
volte. Tossì e il sangue sprizzò fuori della ferita
imbrattandole il maglione. La vista si annebbiò e la luce calò
attorno a lei. Premi quella cazzo di ferita. L'hai visto fare su
House. Il problema ora, era rimettersi in piedi. Era pesante come
un macigno. Devi metterti a dieta, scherzò cercando di
puntare le mani a terra. Esisteva un antidoto? Dov'era Meredith, cosa
stava facendo? Udì le parole sarcastiche che Sylar rivolgeva a
sua madre e grugni di dolore. Non la smetteva mai.
“Carina”
ridacchiò guardando la fasciatura. Quella presa in giro fece
scattare un meccanismo nella sua testa. Un fuoco rosso divampò
dalle mani contratte e una colonna di fuoco lo incendiò da
capo a piedi.
Claire
raccolse coltello e pistola e si avvicinò all'uomo. Più
si muoveva e più perdeva sangue. Sbrigati, prima di
arrivare al quarto litro. Dubitava di avere la forza di
piantargli la lama nella nuca, ma poteva ancora premere il grilletto.
Bisognava solo centrarlo. Prima doveva metterlo a fuoco. E prima
ancora, doveva alzare quel braccio che sembrava incollato contro il
fianco.
“Spostati
bambolina, non fa per te” mormorò la voce bassa di Adam
che la afferrò per la vita e la scansò gentilmente da
un lato.
Claire
lo guardò attraverso una fitta nebbia rossastra, mentre Adam
faceva scivolare la lama dentro di lui causandogli più dolore
possibile. La estrasse con lentezza esasperante facendolo urlare e
gliela puntò alla gola. “Se hai qualche preghiera, dilla
in fretta” lo minacciò osservando come il metallo
sembrava arrugginito dopo quell'azione.
Sylar
cominciò a ridere e li fissò a turno “siete
patetici! Tutti, dal primo all'ultimo!” rantolò cadendo
in ginocchio. Puntò lo sguardo su Meredith che lacrimava di
rabbia poi lo spostò su Claire che stava per cadere a terra
“poteva essere diverso, amore mio...” disse perdendo
improvvisamente la furia che provava.
“Tu
non sei niente per me...” sussurrò traballando sulle
gambe. “Ti avrei aiutato, ti avrei fatto tornare nella tua
realtà...”
“O
dio, sta zitta!” esclamò esausto “la tua voce
angelica mi da sui nervi!”
“Anche
la tua!” sibilò una voce profonda dietro la testa di
Claire. Gabriel la guardò e non mosse un muscolo per aiutarla,
quando cadde improvvisamente a terra. Perdeva troppo sangue. Era
pallida da fare spavento.
“L'eroe
che corre in soccorso!” sputò nella sua direzione “Ti
ha raccontato quanto le è piaciuto il nostro piccolo
incontro?”
Gabriel
fissò lo sguardo sul suo doppio, poi si chinò a tastare
la ferita che gli imbrattò le dita di sangue caldo e rosso
vivo. I meccanismi si muovevano sempre più lentamente.
Spinse sul cuore, praticandole una specie di massaggio cardiaco, ma
un fiotto di sangue gli imbrattò la manica e lo convinse a
desistere. Curioso. Sapeva tutto quello che c'era da sapere
sul cervello, ma di quell'organo che si muoveva sotto le sue dita,
non aveva mai capito un accidente.
“Poteva
liberarsi in qualsiasi momento, poteva usare i suoi poteri... ugh!”
Sylar si bloccò e inclinò la testa da un lato
cominciando a gemere. Poi la fronte cominciò a colare sangue.
Guardò Gabriel sghignazzando, mentre la vista si offuscava e
un dolore tremendo gli annullava la coscienza. “Non hai
vinto...” rantolò un secondo prima che la calotta
cranica schizzasse di lato.
“Ma
va al diavolo” borbottò disturbato dal suo
chiacchiericcio. Il ticchettio
si affievoliva sempre di più. Se fosse morta, la premonizione
di Angela sarebbe andata in pezzi. Guardò il volto esanime e
gli occhi chiusi. Poteva togliere quella mano da lì e lasciare
che il cuore sputasse fuori altro sangue. Poteva liberarsi per sempre
di lei. Poteva tornare alla sua vita normale. I ricordi si sommarono
sovrapponendosi. Appostamenti notturni, serate passate con l'orecchio
sempre teso a captare nemici in agguato. Solitudine, tristezza. Le
dita si contrassero sulla ferita.
Claire
aprì gli occhi e lo riconobbe a stento. Il suo sguardo era un
misto di sorpresa, sollievo, dolore e quello che più lo
colpiva, si stava chiedendo se l'avrebbe lasciata morire. “Non...
dimenticarmi...” balbettò rendendosi conto di essere
arrivata all'ultimo litro di sangue.
“La
porto in ospedale. Tienilo d'occhio, non è morto” gridò
diretto ad Adam mente la prendeva in braccio. Comparì nei
corridoio dell'ospedale dell'Impresa e urlò ordini verso il
medico che detestava, quando lo riconobbe fra l'esigua folla che
componeva il settore, a quell'ora notturna. “Le hanno sparato
al cuore. Inibitore liquido” disse in fretta sdraiandola su una
barella. L'espressione che aveva il dottore era cupa e frettolosa.
Solo allora si accorse di essere imbrattato di sangue. Doveva essere
una visione poco piacevole, pensò quando si voltarono a
guardarlo mentre smanettava sul cellulare. “Vieni di corsa”
borbottò appoggiandosi alla parete per un attimo “Claire
sta morendo... ed io ho un lavoro da finire.” Il silenzio
sbigottito che udì, lo costrinse a proseguire “non ho
tempo di tenerle la manina, devo torturare quello stronzo!”
sbottò attaccando. Ricomparve nella raduna, dove Adam
pungolava Sylar a terra con la spada. Quando lo vide, si scansò.
“Vuoi approfondire la conoscenza?”
“Voglio
parlare con lui.” Lo sguardo che gli rivolse lo fece
allontanare in tutta fretta.
Non
era morto, come non era morta Claire quando le aveva rubato il
potere. Si sedette sul suo stomaco e lo fissò divertito “ora,
che giochino mi suggerisci per occupare insieme le prossime
dolorosissime ore?!”
-
- -
Angela
si costrinse a smettere di tormentare la collana di perle che
indossava. Erano passate tre ore da
quando Claire era entrata in sala operatoria. Meredith si era
letteralmente svenata per la figlia e Noah non faceva che passeggiare
su e giù nervoso. Chuck fumava alla finestra e attendeva che
Claire uscisse dalla rianimazione, per amplificare il suo potere e
aiutarla a rimettersi in piedi. “Dov'è Gray?”
domandò all'improvviso rendendosi conto che mancava una
persona fondamentale in quella faccenda. Noah scosse la testa e Chuck
la fissò per un istante. Meredith la guardò stringendo
il braccio su cui spiccava un livido vistoso “sta torturando il
suo doppio... e se la sta prendendo comoda, da quello che mi ha
appena scritto Adam.”
Angela
la guardò tesa, poi spostò lo sguardo su Noah “tutto
questo può tornare a nostro vantaggio.”
L'uomo
smise di vagare per il corridoio e sospirò “e come?”
“Facendo
una telefonata” mormorò con sguardo tagliente “Arthur
ha usato Sylar per cacciare Claire... possiamo fargli sapere che è
riuscito nell'intento, ma ahimè, è spirato dopo averla
uccisa.”
“Vuoi
fargli credere che Claire sia morta?”
“Prendiamo
tempo.”
Un
cenno di assenso “va bene. Fallo.”
“Con
permesso.”
Una
volta rimasta sola, Angela lasciò suonare il cellulare a lungo
e quando rispose, dovette sforzarsi di sembrare disperata. “Il
tuo meraviglioso piano ha funzionato. Stappa una bottiglia di
champagne e celebra la morte di Claire” mormorò con voce
tagliente.
Silenzio.
Uno schiocco di lingua. “Mister Gray l'ha uccisa?”
“Cosa
pensavi fosse successo, spedendo uno squilibrato maniaco omicida
sulle tracce di tua nipote?!” gridò lasciando uscire la
rabbia che la divorava.
Di
nuovo silenzio. “Non erano questi i miei ordini” ammise
sospirando “il catalizzatore è perduto...”
“Tua
nipote, il tuo sangue e la tua carne, è morta! Riesci a
pensare solo al catalizzatore?!”
“Provvederò
che Mister Gray si trovi presto a raggiungere cieli ben più
ampi.”
Angela
restò incredula. Ma cosa doveva aspettarsi dall'uomo che aveva
provato ad uccidere suo figlio? “Ci ha pensato Sylar”
sussurrò “guardati le spalle, Arthur... perchè
verrà presto a cercarti” staccò la comunicazione
con rabbia e quando marciò verso il corridoio in cui si
trovava il gruppo, vide Noah barcollare di fronte al medico. “Come
sta?!”
“Ha
perso troppo sangue, non riuscivamo a stabilizzare la pressione.”
“E...
ora?”
“E'
molto debole”
“Charles.”
Il
ragazzo la fissò e annuì “posso amplificare il
suo potere di guarigione, non posso fare altro...”
“La
paziente non si rigenera. Ha assunto una dose eccessiva di inibitore
liquido e non possiamo fare nulla, a parte pulire il sangue e
aspettare che l'organismo lo elimini da se. Abbiamo dovuto indurre un
coma farmaceutico per ridurre al minimo la sua attività
cerebrale... stavano succedendo strane cose, durante l'operazione...”
“Che
tipo di cose?”
Il
medico guardò Noah a disagio “gli oggetti... levitavano.
Rilevavamo continui picchi di attività neurale, come se fosse
immersa nella fase REM, sembrava che... qualcosa stesse per esplodere
dalla paziente.”
“Avete
fatto bene.”
“Il
problema si è verificato in seguito. I barbiturici devono aver
amplificato il potere inibente del siero che le è stato
inoculato. E' in overdose, il fegato e i reni sono affaticati. E' già
in dialisi ma è una corsa contro il tempo.”
“Ho
capito...”
“Noah,
posso essere franco? Se qualcuno di loro è in grado di
fare un miracolo... è il momento giusto. Tua figlia è
giovane e forte, ma sembra il suo organismo non abbia più
voglia di vivere.”
“Cosa
siete stati a fare la dentro, tutto questo tempo?!”
“Abbiamo
impedito che morisse! La persone normali lo fanno, quando gli sparano
al cuore” rispose trattenendo la reazione di Meredith.
“Mi dispiace. Abbiamo fatto quello che era umanamente
possibile.”
Angela
barcollò quando la donna si piegò sulle gambe piangendo
“smettila figliola, non è ancora morta!” esclamò
indurendosi di colpo. La mente lavorava frenetica “non avevamo
un guaritore fra le nostre file?” Ma Noah non la guardava e
fissava il vuoto. “Scivolerai nel dolore più tardi,
adesso accedi a quel maledetto schedario e trova qualcuno in grado di
aiutarla!” gridò scrollandolo. L'uomo tornò in se
di colpo e annuì. “Dobbiamo organizzare il suo funerale”
disse gelida “non guardatemi così, non ho chiesto io
tutto questo!” esclamò sentendosi improvvisamente
responsabile “dov'è finito quel maledetto orologiaio?!”
-
- -
“M'ha
rovinato la spada, quel figlio di puttana corrosivo.” Adam
grattò la punta sui vestiti del suo doppione e lo indicò
col mento “è morto morto o dobbiamo farlo morire di
più?”
“Tagliagli
la testa” borbottò rimettendosi in piedi e guardandosi
attorno. C'era giusto una fossa aperta da riempire. La lama fendette
l'aria e la testa rotolò via. Gabriel la lanciò nella
fossa e con un movimento della mano, la terra si compattò.
Diede fuoco ai resti e restò a guardare le ceneri, grigie come
il cielo.
“Non
vai da lei?”
“Per
fare cosa? Per vederla morire?”
Adam
lo agguantò per la spalla e Sylar lo fissò duro.
“Potresti darle una ragione per stringere i denti.”
“E
quale?! E' esausta, impaurita... la notte si sveglia piangendo”
esclamò allontanandolo da se “ho fatto quello che
potevo. L'ho aiutata ad aumentare i suoi poteri, ho fatto tutto
quello che mi chiedeva. La morte sarà una liberazione!”
Adam
lo guardò come si guarda un bambino ottuso. Poi sorrise.
“Quando avevo 225 anni, ho incontrato la principessa Rekiko...”
La
parabola della sera, pensò alzando gli occhi al cielo.
“Era
un vera principessa guerriera, dura come una roccia, tagliente come
la lama della spada più affilata” ricordò con
voce tenue. “Intelligente, bellissima... la sfidai a duello e
lei mi battè. Non la lasciai vincere, nota bene, me le diede
di santa ragione. Era rapida come una mangusta...”
“Va
al punto.”
“Diventai
il suo amante per qualche bizzarro capriccio del destino. Il giorno
era la gelida Dama delle Nevi... ma di notte...” di nuovo
sospirò “era tenera, deliziosa, innocente come una
bambina... cercava in me la liberazione del dover interpretare la
grigia guerriera che il suo popolo adorava. Capisci quel che intendo,
oppure ho condiviso con te un ricordo bellissimo che potevo
preservare per una migliore occasione?” domandò con la
spada rinfoderata sulla spalla “le lacrime che asciugai in
quelle notti non le numerai. Ma quando scivola via dal nostro
giaciglio, alle prime luci dell'alba, scompariva quella bellissima
creatura e tornava ad essere la fredda combattente che tutti
rispettavano. Mi dissero che morì di notte, durante
un'incursione nemica al suo villaggio. Dissero che morì col
mio nome sulle labbra. E mi danni l'anima per anni, perché la
notte prima dell'attacco, disdii il nostro convegno per ubriacarmi
con un capitano di guardia che giocava malissimo a dadi...”
sghignazzò con voce triste. “Per il vile denaro, persi
la donna che amavo.”
“Mi
sto commuovendo.”
Adam
lo guardò, ma non c'erano tracce di scherno nella sua voce “la
compassione ti è sconosciuta, perché nessuno ne ha mai
avuta con te.”
Gabriel
aprì bocca per replicare seccamente ma ci ripensò. “Non
mi conosci, non sai nulla di me.”
“Senti,
ragazzo...” mormorò avvicinandosi “il consiglio da
uno che ne ha viste parecchie... il potere, da solo, non conta un
cazzo.”
“Conosco
uno che direbbe l'esatto contrario” mormorò ripensando
alle parole del padre, molto tempo prima “'l'amore è
la più grande illusione del mondo, solo il potere conta.'”
“Eh”
ribattè Adam “scommetto che è morto solo e i cani
randagi ne hanno divorato i resti...”
“Non
so, non vado a trovare mio padre da un po'.”
L'uomo
lo guardò con una smorfia sarcastica “se stai cercando
di emularlo, sei sulla buona strada.”
(Se
sei un pesce devi nuotare, se sei un uccello devi volare. Tu devi
uccidere. E ti riesce piuttosto bene, vero?)
(Hai
ucciso mia madre, voglio sapere il perché)
(Non
lo ricordo... non me ne importava niente, allora. E ora anche meno)
“Vuoi
diventare come lui e passare il resto dei tuoi lunghissimi giorni a
rimpiangere la perdita della piccola?”
Quello
era un colpo basso. “No”
“Ne
ho visti tanti, perdere il bene più prezioso per stupidità,
orgoglio, vanagloria... sono morti soli, rimpiangendo quello che
avevano perduto. Non imitarli.”
(Sono
morti soli)
“Che
devo fare?”
“Se
ti chiede di abbracciarla, tu lo fai. Se ti piange addosso dopo aver
fatto l'amore, tu resti lì e le asciughi le lacrime. Non vuole
altro da te” insistette ancora una volta “va da lei.”
Sta
zitto, pensò a disagio, frastornato dalle sue parole.
“Venderesti ghiaccio al Polo” mormorò perso.
Tappò metaforicamente le orecchie alle parole dell'uomo e
si inoltrò per la strada deserta di notte, col gelo della neve
che non gli dava tregua.
(Non
dimenticarmi)
-
- -
“Lo
conosco” mormorò Chuck indicando la foto dell'archivio
elettronico. “E' un mio amico...”
“Non
potevi dirlo prima?” esclamò Meredith frettolosa.
“Andiamo a stanarlo, forza!”
Noah
la fermò all'istante. “Abbiamo perso le sue tracce da
tempo.”
“Per
forza. E' un hippy, sempre in viaggio su un furgone azzurro tutto
scassato con la sua banda di amici fumati e votati all'amore di
gruppo...” ne convenne il ragazzo, imperturbabile come al
solito.
“Stai
scherzando?”
Lo
sguardo che rivolse a Meredith fu sereno “lo so, è
intrigante soprattutto l'ultima parte...”
“Non
me ne frega niente! Come si chiama?
“Il
nome di battesimo o il nome spirituale?”
“Chuck,
sto perdendo la pazienza...”
“Felipe
Juan Carlos Alvarez...”
“Taglia!”
“Si
fa chiamare Aquila che Vola Alta nel Cielo. Aquila basta.”
“Ultima
dimora?”
Il
ragazzo alzò le spalle.
“Come
trovo un barbone errante?!”
“Basta
fare una telefonata” rispose come se fosse la cosa più
naturale del mondo “il furgone è una stazione radio.
Trasmettono musica alternativa.”
“Chiamalo”
gli ordinò perdendo del tutto la pazienza “e nel
frattempo, fai quello che sai fare meglio.”
“Fumare?”
“Aiuta
Claire!”
“Sta
bene. Ma la innaffiamo di birra.”
“Tutto
quello che vuoi” sospirò grattando la testa nervosa.
“Chiama il tuo amico mentre io preparo il furgone.”
Dieci
minuti dopo, Meredith sentì le braccia che le cadevano.
“Stanno trasmettendo... dalla Death Valley?! Come ci arrivo
nella Valley in una notte?!”
“Troviamo
il nostro comune amico e ci facciamo trasportare” affermò
tranquillo.
Lo
sguardo di Meredith si fece astioso “non ha mosso un dito per
aiutarla! E' rimasto a guardare finchè non è crollata!”
sibilò attirando l'attenzione di Noah “non gli chiederò
mai più nulla!”
“Allora
dovrai prendere una aereo come tutti i comuni mortali” borbottò
il ragazzo un po' disturbato dalla veemenza dei suoi sentimenti.
“Noah,
prenotami un volo!” gridò già per strada “vado
a preparare i bagagli.”
Chuck
fu quasi costretto a correrle dietro. “Ci sono delle linee
guida da seguire.”
“Cosa?”
domandò stupita frenando. “Di che stai parlando?”
“Devi
portare delle cose con te. Alcool, droga e donne” annunciò
deciso “ti consiglio di fare la spesa, prima.”
“Non
c'è problema con l'alcool, ma non saprei dove prendere...”
“Le
droghe te le fornisco io” mormorò il ragazzo soffiando
via il fumo della sigaretta “in quanto alle donne... dovrai
sacrificarti.”
“Non
se ne parla, non pratico sesso di gruppo!” esclamò a
disagio “ma stiamo scherzando, ho dimenticato anche le basi!”
Chuck
alzò le spalle restando a fissarla “hai detto che
faresti tutto per lei.”
La
donna lo odiò per un lunghissimo istante. Guardò la
camera della figlia, l'espressione sofferente di Noah e la sua
evidente frustrazione, e fece un gesto brusco con la testa che parve
un assenso. Prima
di allontanarsi, gli gettò un'ultima occhiata astiosa. “Fa
sapere al tuo amico
la bella conseguenza del suo disinteresse” sibilò e le
parole parvero pietre aguzze “fagli sapere che Claire sta
morendo perché lui non ha mosso un dito per aiutarla!”
“Non
l'ho mai visto fare nulla per nulla” borbottò a sua
difesa.
La
reazione di Meredith fu violenta “sapeva che perdeva la ragione
ogni volta che lo vedeva! Quell'animale diceva di amarla e l'ha
lasciata crepare!”
“Non
è ancora morta” mormorò alzando le mani quando la
ritrovò a pochi centimetri dalla sua faccia “stai solo
perdendo tempo...”
Meredith
lo guardò in quei placidi occhi azzurri e gli ringhiò
contro. Poi si rivolse a Noah, sputando ancora veleno “invitalo
al funerale e riprendilo. Voglio vedere un bel filmato della sua
reazione!”
L'uomo
la fissò interdetto, e una sottile inquietudine lo pervase.
Organizzare il funerale di sua figlia, mentre era ancora viva.
Aspettò che la donna si fosse allontanata e attirò
l'attenzione del ragazzo. “Non possiamo ingannarlo su una cosa
del genere.”
Chuck
ne convenne con una semplice occhiata.
“Ok...”
sbottò prendendo un sospiro “ci penso io.”
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Capitolo 3 *** Non dimenticarmi ***
Doveva
togliere di mezzo quelle candele. Doveva aprire quella maledetta
finestra che non lasciava più entrare la luce del giorno, da
quando lei se n'era andata. Guardò il soffitto, sdraiato sul
letto disfatto. Non la sentiva. Per quanto la cercasse, non
riusciva a stabilire un contatto con lei. Aveva paura che Noah gli
dicesse che era morta. Quando il campanello suonò
ripetutamente, lo ignorò. Ma potrebbe essere importante,
pensò rimettendosi in piedi.
“Telegramma,
firmi qui!”
Troppo
sottile per essere una bomba, pensò strappando la busta.
Abbassò gli occhi sulla comunicazione all'interno e il cuore
si fermò.
La
mattina era gelida e grigia, come il suo volto. Strinse la mascella e
tirò su col naso. Tutta la maledetta famiglia Petrelli al
completo. Angela lo guardò attraverso gli occhiali
neri. Nathan ebbe una brutta reazione a vederlo lì e Peter
aggrottò la fronte. Noah non si accorse neanche di lui, preso
com'era dal cercare di calmare Sandra che piangeva disperata e non
riusciva quasi a stare in piedi. Gabriel li guardò per un
istante e rimase in disparte. Era a disagio. Il cimitero era desolato
e freddo ma la sua tomba era piena di fiori. Spazzolò la neve
dal cappotto nero e un dolore lancinante all'altezza del cuore lo
trafisse, impedendogli di respirare. Lo stavano guardando, sentiva i
loro occhi addosso. Che avete da fissare?, si chiese nervoso
scoccando occhiate in giro. Quello che provava non era
quantificabile, ne esprimibile a parole. Come aveva fatto ad arrivare
a quel punto? Il suo timore peggiore si era avverando. Quella
maledetta rompicoglioni era entrata nella sua vita, l'aveva
stravolta, l'aveva costretto a cambiare e ora si era permessa
di morire. Strinse le dita attorno al mazzo di rose bianche e guardò
la bara.
(Non
dimenticarmi)
Quello
era il motivo per cui non lasciava avvicinare nessuno, sebbene lo
desiderasse con tutto se stesso.
Prima o poi se ne vanno. E ti portano via qualcosa, pensò
i presenti con occhio clinico. La vocina interna gli diceva di non
fidarsi, di scoperchiare quella bara e ficcarci il muso dentro. Non
poteva essere morta, non poteva morire!
“Smettila
di piagnucolare come una femminuccia” lo riprese Chuck a bassa
voce, quando lo affiancò “ti prenderebbe per il culo se
ti vedesse...”
“Non
sto...” la voce si spezzò e non riuscì ad
ingoiare. Si stupì quando sentì le lacrime scorrere
lungo le guance. Erano calde e salate e gocciavano oltre il mento,
raffreddandosi nel lento cammino. Le asciugò con un gesto
titubante.
Chuck
lo guardò e restò immobile. Non si disturba
un uomo in un momento di dolore.
Si limitò ad
accendere una sigaretta e soffiare il fumo lateralmente. Vide
un'altra persona affiorare dalla disperazione della perdita. Vide
Sylar, non più il suo amichevole compagno di bevute. Inquieto,
tornò a fissare la terra. “Se hai un piano, voglio farne
parte.”
Gabriel
non disse nulla, fissò quella maledetta fotografia sorridente
e lasciò andare il mazzo di rose bianche ai suoi piedi. Era
cinereo e da come lo guardavano non riusciva a capire cosa pensavano.
Ma loro non erano nulla. Solo lei contava davvero qualcosa. Perché
ti ho lasciato fare di testa tua?
(Se
ammazzi il cuoco, chi cucina?)
(Mi
useresti come scudo umano? Che stronzo!)
Sorrise
per un minuscolo istante e la sua espressione tornò subito
cupa.
“Manca
ancora Arthur all'appello” mormorò la voce tenue e dura
di Angela che lo affiancò silenziosa. “Uccidilo e ti
darò ciò che vuoi.”
“Tutto
quello che voglio...” quella voce roca e stentata non era la
sua. “Puoi farla tornare in vita?” Non la vedeva neanche
più, tanto le lacrime gli offuscavano la vista. Non si accorse
che la visuale era cambiata e che qualcuno gli parlava cercando di
calmarlo, mentre infilava le dita nelle neve.
(Non
dimenticarmi)
Noah
spostò lo sguardo su di lui, quando Sandra smise di piangere e
lo indicò con un mormorio indistinto. “Cristo...”
sussurrò fra i denti staccandosi dal fianco della moglie.
Quella era una scena che mai avrebbe pensato di vedere nella sua
vita: Sylar in ginocchio che piangeva disperato sulla bara vuota
del finto funerale di sua figlia. “Non gli hai detto
niente?!” sbottò a bassa voce strattonando Angela
lontano da lui.
“Se
Gray la crederà morta, ci libereremo di Arthur più
velocemente!” sibilò “non t'azzardare a
dirglielo!”
“Non
hai un cuore, donna?!”
“Non
farmi credere che sia il tuo migliore amico, Bennet!” bisbigliò
fra i denti “fino a poco tempo fa lo volevi morto!”
“Le
cose cambiano! Amava Claire e avrebbe fatto tutto per lei!”
“Allora
lascialo fare” mormorò stringendosi nel cappotto.
“Va
al diavolo, Angela” Noah la lasciò andare con un gesto
secco e gli occhiali le caddero nella neve. Si chinò a
raccogliergli con un senso di pericolo. Poi volse la testa verso
sinistra e vide la la limousine parcheggiata poco distante. Arthur,
pensò muovendosi verso i due uomini. Aveva ricevuto il suo
bel telegramma ed era corso ad assicurarsi che fosse morta davvero.
Noah lo scuoteva
cercando di farlo tornare in se “ascoltami!” esclamò
duro “apri bene le orecchie...”
“Non toccarmi!”
sibilò alzando la testa “non ho fatto niente per
aiutarla, sono rimasto a guardare finchè non è caduta a
terra sanguinante!” ringhiò in faccia all'uomo “è
mor...” la fame dentro di lui si acuì,
impedendogli di respirare. Non aveva mai sentito una fonte di potere
simile, prima. Puntava dritto davanti a lui.
“Vuoi la tua
vendetta, accomodati!” sbottò Angela interrompendoli
“Arthur è qui!”
Nathan la guardò
sconcertato. Suo padre era morto da anni! “Papà...”
sussurrò aggrappandosi alla spalla del fratello e indicando
l'uomo davanti a loro. Peter lo fissò e distolse lo sguardo.
Quelle parole,
bloccarono la disperazione che sentiva prorompere dal cuore. Alzò
la testa verso la donna e quando visualizzò la figura
dell'anziano che si avvicinava con mazzo di fiori in mano, scansò
Noah con un gesto, superò il gruppo che lo seguì con lo
sguardo e marciò dritto verso il suo nemico. Li percepì
tutti attorno a se, i cecchini e gli scagnozzi che li tenevano sotto
tiro. Non era venuto impreparato. Non era importante. Dieci o mille,
li avrebbe uccisi tutti, uno ad uno. Le pallottole fischiarono, le
fermò con una mano mentre un'accozzaglia di uomini in nero
sbucava da tutte le parti. Li uccise uno ad uno, così
velocemente e con una tale rabbia che non ebbero neanche il tempo di
un ultimo pensiero. Alzò una mano verso Arthur e sentì
una forza immensa che resistette al suo attacco. Un sorriso folle si
allargava sul volto. Faceva paura e per un attimo, Chuck pensò
che fosse impazzito di dolore. Gettò la sigaretta a terra e
concentrò il suo potere su di lui.
L'uomo lo guardò
tenendo le braccia lungo i fianchi. Stringeva un mazzo di fiori
piuttosto sontuoso. Sorrideva pacifico. “La parte dell'eroe le
sta a pennello, Mister Gray” lo prese in giro con un sorrisetto
“ma l'assassino redento dall'amore di una ragazzina, è
un vecchio cliché”.
Sylar
sentì il malumore che lo colmava. Il cervello formicolava e
d'improvviso i suoi poteri erano raddoppiati d'intensità.
Chuck si dava particolarmente da fare, pensò in un lampo. Era
la stessa sensazione che aveva provato quando
gli aveva ceduto la
prima volta, con un gemito di piacere così intenso da farlo
rabbrividire fino alle ossa. Non poteva più fare l'amore con
lei.
(Non
dimenticarmi)
Gliel'aveva portata
via.
(Non
dimenticarmi)
Sorrise
cattivo. “Non sono un eroe” disse scaricandogli contro
una dose esagerata di elettricità che si disperse attorno
all'uomo dopo qualche secondo. Che
caz... Sylar lo vide,
con la coda dell'occhio. Identico all'Haitiano. Un altro
blocca-poteri. Ma
ammazzarli da piccoli, no?! Abbassò
le braccia, fumando dai vestiti “non importa, ne ho.. urgh!”
rantolò sentendo la gola stringersi all'improvviso. Arthur
torse il polso e lo sollevò a mezz'aria scaraventandolo contro
le lapidi. Sentì distintamente due costole fratturarsi a
livello dei polmoni e il dolore gli annebbiò la vista.
L'anziano si avvicinò e scosse la testa “dov'è
finito il suo leggendario sangue freddo, Mister Gray?” domandò
un po' divertito “questi giovani...” sussurrò
gettando i fiori a terra. “Mi aspettavo qualcosa di meglio,
figliolo. E' stato piuttosto una delusione.”
- - -
“Mi ha preso per
il culo...” sibilò sputando sangue “è
morto...”
“Benvenuto in
famiglia” borbottò Peter sopra di lui. “Ora fermo”
gli ordinò sistemando l'articolazione della spalla. Il dolore
lo fece urlare per un lungo attimo. “Non ho finito” disse
mentre muoveva la spalla dolorante “fa un respiro.”
“Non faccio...
cazzo!” gemette sentendo la schiena trafitta da mille aghi
acuminati. Smise di parlare e giacque a terra ansimando. Aveva perso
Claire. L'aveva preso per il culo. Un detestabile infermiere con la
faccia da bravo ragazzo gli stava rimettendo a posto le ossa. Poteva
andare peggio?, si domandò affondando la guancia nella neve.
Uno strepito lontano gli disse che c'era sempre qualcosa di
peggio. Volse la testa verso la coppia che discuteva e sollevò
gli occhi al cielo.
“Nathan!”
“Sta zitta!”
urlò l'uomo fuori di se “Spiegami” sibilò
investendolo di domande. “Cos'è questa storia, perché
nessuno mi ha messo al corrente della cosa?!”
“Il casino è
partito tutto da tua madre” mormorò poco intenzionato a
parlare e litigare mentre si rialzava tremando dal terreno gelido.
“Non mi fido di
lei” annunciò ad alta voce “sei un serpente, ma
non menti. Dimmi la verità!”
“Cosa vuoi
sapere?” domandò alzando il mento “vuoi che
cominci dall'inizio? Da quella bella premonizione che ha partorito
dopo una cena troppo pesante?!” chiese spolverando i vestiti
dalla neve.
Lo sguardo si fece
dubbioso “premonizione? Io volevo sapere perché mio
padre...”
“Un morto che
cammina. Parla con tuo fratello.”
“Tu lo sapevi?”
disse rivolgendosi a Peter che annuì più volte "La
scelta per il bene superiore" recitò alzando gli occhi al
cielo. “Sembra che papino abbia provato ad ucciderti e che la
mamma non si sia fatta scrupoli a fargliela pagare.”
“E cosa centra
Claire... perché...” sussurrò e gli occhi si
inumidirono. Passò una mano sul viso e ingoiò le
lacrime. “Lei cosa centrava in tutto questo?!”
“Sono sempre gli
innocenti che pagano, non lo sai?” domandò con una nota
sarcastica nella voce mentre infilava il cappotto e guardava la fossa
riempita.
(Non
dimenticarmi)
Si incupì e
quello sguardo non passò inosservato.
“Claire ti
detestava” disse frastornato “perchè sei qui? Cosa
significava quella scenetta patetica?!”
Gabriel lo guardò
duro, poi si mosse verso le rose bianche che giacevano a terra e le
depose ordinate sulla tomba. Si alzò e quando si voltò,
Nathan era dietro di lui. “Cos'è, uno scherzo?”
Perché quella
famiglia era così angosciante?, pensò rivolgendogli
un'occhiataccia. “Mi vedi ridere?” domandò
sarcastico ma con la voce incrinata “pensa, potevi ritrovarmi
alla cena di Natale come invitato!” esclamò battendogli
una mano sulla spalla con finta allegria. Voltò sui tacchi
guardando la distesa di cadaveri che aveva lasciato attorno a se. Un
secondo dopo presero fuoco e l'aria si scaldò. Passò di
fronte ad Angela e si fermò disgustato. “Non avevi
previsto la morte di… tua nipote?”
“Non ho controllo
sulle mie previs...” Angela si interruppe quando la afferrò
per il suo bel cappotto elegante e nessuno mosse un dito per fermarlo
“Te
la faccio io, una bella previsione. Prevedo che morirai fra atroci
tormenti. Ma non sarà oggi, ne domani. Prima o poi verrò,
e te la farò pagare per quello che hai fatto” ringhiò
arrivando quasi a sfiorarla. “Sta sempre attenta, Angela, non
saprai mai
quando un respiro sarà l'ultimo.”
La donna lo guardò
tacendo e non abbassò mai lo sguardo “potresti
pentirtene, Gray.”
“Non mi pento mai
di nulla” ringhiò scostandosi e intravedendo Sandra fra
le persone che li guardavano. Sandra lo fissò stringendo le
labbra. Lo toccò su un braccio e Gabriel pensò che era
la cosa peggiore che potesse fare. Se l'avesse colpito, sarebbe stato
meno penoso. Le diede le spalle per non cedere alla disperazione
un'altra volta.
“Dove vai?”
Noah gli corse quasi dietro e quando lo fermò, Sylar lo fissò
irrequieto. “Ho da fare, spostati.”
“Vuoi cercare
Arthur e fargliela pagare? Hanno un Haitiano anche loro, se l'hai
dimenticato.”
“Non dimentico
niente” sibilò frustrato “la mia pazienza ha un
limite, vecchio!”
“Non vuoi vedere
Claire?”
L'espressione di
sorpresa e incredulità che si manifestò sul volto, fu
più eloquente di mille parole. Si fermò e non riuscì
più a muovere un muscolo.
“Vieni con me.”
- - -
Cos'erano quei tubicini
che si infilavano sotto le lenzuola? Gabriel la guardò
saettando lo sguardo veloce sulle apparecchiature mediche e tornando
a concentrarsi su di lei. Aveva gli occhi chiusi e le labbra
semiaperte. Era pallida. Il tubo del respiratore era un tentacolo
trasparente che spariva nella sua bocca. “Non riesco a
sentirla.”
“L'hanno messa in
coma farmaceutico per ridurre al minimo la sua attività
cerebrale. L'inibitore non blocca i poteri latenti, sono andati fuori
controllo e i medici non riuscivano ad operarla.”
“Sopravvivenza”
mormorò fra se “le ho sempre detto di allenare i suoi
poteri...” Gabriel scostò il lenzuolo e la pelle nuda
spiccò abbagliandolo. Sollevò un lembo della
medicazione e sbiancò. L'aveva operata un macellaio?! Se
fosse stata una persona normale, le sarebbe rimasta la cicatrice per
tutta la vita. “Perchè non si rigenera?”
“Forse sono i
barbiturici... o forse l'inibitore... o la soluzione di entrambi. I
medici non sono certi.”
“Non esiste un
antidoto?”
“Suresh ci sta
lavorando, ma dubito nella riuscita. L'unica è aspettare”
mormorò con le mani in tasca. Concentrò l'attenzione su
Gabriel che sembrava stesse per crollare da un momento all'altro e
gli accostò una sedia. Era palese che fosse sollevato e
angosciato al tempo stesso.
“E' stata tutta
una messinscena per attirare Arthur.”
“Perchè
non me l'hai detto?” mormorò astioso “per vedermi
frignare?!”
“Ho incaricato
Angela di farti avere il telegramma con una lettera di spiegazioni,
mentre mi occupavo del resto.”
“Ha dimenticato
la lettera” rispose scoccandogli un'occhiata nervosa. “Mi
ha usato di proposito!”
“Se può
consolarti, non ero d'accordo sul tenerti all'oscuro.”
Gabriel lo guardò
dubbioso “non ti sono mai piaciuto, perché il
voltafaccia?”
Noah lo fissò
duro e spostò lo sguardo su Claire “non ti sta mai bene
niente” disse in tono più leggero notando che aveva
perso la sua attenzione del tutto. Uscì dalla stanza in
silenzio.
Gabriel prese la mano
che giaceva inerte sul letto e la portò alle labbra, con la
mente in bianco. Era viva. Potevano ancora tirare giù intere
civiltà, quando litigavano. Poteva ancora sentirla borbottare
perché non aveva un fon dentro casa. Le accarezzò il
viso. Aveva la pelle tiepida. Strofinò il dorso delle dita
sulla guancia e sorrise. Si era rovinato salute e reputazione per
quella cosettina indifesa. Come poteva avere così tanto potere
su di lui?
“Chi le ha dato
il permesso di stare qui?”
Quando si voltò
a guardare il medico che lo detestava, storse la bocca e lo mandò
al diavolo dentro di se. “Ho la dispensa papale e il permesso
della Sacra Famiglia.”
“Deve uscire,
devo fare dei controlli” borbottò fissando la cartella.
Poi si mise a guardarlo e attese in silenzio.
Senza dire una parola,
Gabriel si alzò e gli cedette il posto di malavoglia.
“Guarirà?”
“Non lo sappiamo.
Sembra che non abbia molta voglia di tornare alle realtà”
mormorò chinandosi su di lei “sa fare miracoli?”
“Siamo attrezzati
per tutto” disse muovendosi verso la porta “posso trovare
qualcuno...”
“Ma non erano già
in viaggio?” domandò a mezza bocca mentre le misurava la
pressione.
“Non ho capito”
disse facendo un passo verso di lui “la smetta di far finta di
avere una laurea in medicina e mi dica cosa sta succedendo!”
Il dottore lo guardò
appena, annoiato. “Ne parli con Bennet” rispose secco
“ora si tolga dai piedi!”
Sylar lo fissò
nervoso e lo mandò al diavolo. Poi marciò verso i
corridoi scoccando occhiate a destra e sinistra finché non lo
trovò. “Dov'è Meredith?” domandò
circuendolo “non l'ho vista, ne qui, ne al funerale!”
Noah lo guardò
sereno “è con Adam nella Death Valley.”
“Sono in viaggio
di nozze?” domandò sarcastico. “Ma che carini...”
“Stanno cercando
di raggiungere un guaritore amico di Chuck” disse osservando la
sua repentina reazione.
“E quando cazzo
me lo dici?!” sibilò arrabbiato “non resto a
tenerle la manina, quando potrei fare qualcosa di utile!”
L'uomo lo fissò
soffiando fra i denti “questa è la mappa, questa la
targa della macchina in cui stanno viaggiando e questa la foto del
tipo che dovete portare qui. Va e divertiti!” sbottò
accorgendosi di parlare al nulla. Non aveva fatto in tempo ad
avvertirlo della furia di Meredith nei suoi confronti. Se ne
accorgerà presto, pensò sospirando allegro. Sputare
sangue gli sta facendo bene.
Il medico ripose la
penna dopo aver scribacchiato sulla cartella e, quando sollevò
una palpebra per controllare la contrazione della pupilla alla luce,
una grossa lacrima scivolò lungo la tempia. Per essere una
paziente in coma, era stranamente idratata, pensò stupito.
Reazione alla terapia, scrisse fra i vari sintomi.
-
- -
“Il
mio amico guaritore sa fare meraviglie.”
“Ho
bisogno delle sue meraviglie. Non sopporto più queste continue
fitte di dolore...”
“Mh,
c'è una cosa che non è riportata in quel fascicolo”
mormorò guardandosi attorno “è un attrattore. Di
quelli con i contro... mi hai capito?”
“Allora?”
“Se
te ne senti attratta, ti sta facendo un incantesimo.”
“Premi su quel
maledetto acceleratore!” esclamò irrequieta, gli stivali
appoggiati sul cruscotto dell'auto a noleggio.
“Sono già
a 130” le fece notare calmo. Cominciava a pentirsi di averla
accompagnata, ma qualcuno doveva pur tenerla d'occhio, mentre
isterizzava per la figlia. “Sta tranquilla...”
“Non dirmi di
stare calma!” eruppe muovendosi nervosa “vorrei prenderlo
per il collo e dagliene tante...”
“Con chi ce
l'hai, ora?”
Adam frenò
bruscamente sentendo una voce alle sue spalle “cristo santo,
Gray! Non farlo più!”
Gabriel li guardò
a turno “mi piace arrivare alle spalle. Ho interrotto
qualcosa?”
“Cosa sei venuto
a fare?” gridò Meredith voltandosi dalla sua parte
“vattene via!”
Era la prima volta che
gli urlava contro in quel modo. Girò lo sguardo su Adam che lo
fissava dal specchietto. “Sei stato al funerale?” domandò
vedendo il volto arrossato in prossimità delle gote e gli
occhi lucidi e rossi.
Annuì senza una
parola “Ho fatto amicizia con Arthur” annunciò
mettendosi comodo “oh, ma non interrompete il tete a tete per
me, continuate pure.”
Adam si voltò
verso di lui, posando una mano sul sedile di Meredith che fissava un
punto lontano e sembrava stesse per esplodere di rabbia. “L'hai
ucciso?”
“No, ci siamo
scambiati i biglietti da visita” rispose spostando lo sguardo
sulla donna. Adam sollevò gli occhi a cielo e gli fece cenno
di ignorarla. “Siamo quasi arrivati” annunciò ad
alta voce “il tipo ha chiesto alcool, droga e donne... se
arriviamo in due, potrebbe prenderla a male.”
Gabriel la guardò
con un sopracciglio alzato. “Il festino l'ho capito. Ogni
essere umano ha diritto di sbronzarsi, nella sua vita. O di pestarsi
di droga fino a morire. Ma non capisco cosa centrano le donne in
tutto questo.”
“Se provano a
coinvolgermi in qualche orgia, posso sempre pestarli a sangue”
annunciò Meredith nervosa “non sono brava a trattare con
gli spostati drogati e sessuomani.”
Orgia?, pensò
allibito. C'era anche quella possibilità? “E con
lui come fai?” domandò alle sue spalle indicando Adam
che soffiò divertito.
“Non parlarmi,
animale” sibilò voltando il collo “Claire sta
morendo per colpa tua!”
Il senso di colpa lo
invase un'altra volta. Inclinò la testa e guardò fuori
del finestrino il paesaggio che scorreva. “Se vuoi una donna,
fermati nel primo autogrill sulla strada.”
“Hai intenzione
di metterti a rimorchiare?” domandò sorpreso
scoccandogli un'occhiata.
“Mentre la donna
che dici di amare giace in un letto d'ospedale...”
sibilò Meredith davanti a lui. Gabriel la guardò di
nuovo e non commentò. “Fa come ti ho detto.”
- - -
La brunetta dagli occhi
scuri che sedeva sul sedile posteriore, era imbronciata e cupa.
“Quanto ci vuole ancora?” domandò dondolando una
gamba nervosa “mi annoio.”
“Non seccarmi”
sibilò Meredith guardandola male “quel potere è
disgustoso.”
“Ma utile”
commentò tirando giù la gamba e assumendo la classica
posizione da uomo.
“Non parlarmi. E
chiudi quelle gambe, sei una donna, ora!” lo rimproverò
Con molto fastidio, si
sforzò di accavallarle. Toh, aveva un'articolazione in più.
“Va bene?” domandò sarcastico.
“E cerca di
essere un po' femminile!”
“C'è
qualcosa di me che non ti urta?”
“No!” disse
chiudendo l'argomento “sta zitto e cerca quell'orso
ballerino!”
“Aquila. Aquila
che Vola” la riprese Adam divertito dallo scambio di battute.
Lanciò un'occhiata al corpo che aveva 'preso in prestito'
dalla cameriera della tavola calda in cui si erano fermati e sorrise.
“L'hai scelta bene!”
L'occhiataccia che gli
arrivò fu nera.
“Resta con quel
corpo e potrei scordarmi chi sei... ma forse solo dopo una quantità
smodata di alcool” affermò divertito mentre Meredith lo
guardava di traverso “che c'è? Sono un uomo, ho i miei
bisogni!”
“Anche io ho i
miei bisogni, ma a differenza tua, so controllarmi” rispose
nervosa.
“E fai male”
risposero in coro.
“Non mettertici
anche tu” borbottò in direzione della brunetta. “Quelle
tette sono esagerate!”
Gabriel sospirò
di dolore “sono quelle della cameriera...”
“No, sono più
grosse”
“Va bene”
esclamò per farla stare zitta “sono più grosse!”
“Fissato come
tutti gli uomini...” sibilò a mezza bocca mentre
superava un'altra volta il limite di velocità e accendeva la
radio. “Non mi piace questa faccenda. Non provate a vendermi
a quel tipo in cambio di aiuto!”
Adam la guardo e non
rispose. Gabriel la fissò e sentì la sua agitazione
inondarlo. “Proprio tu che professi la libertà dei
costumi...” sparò per testare la sua reazione. Mancò
poco che Meredith frenasse e lo prendesse per il collo “t'avverto,
Gray! Se provi ad avvicinarti a qualche femmina lussuriosa, mentre
Claire è in letto d'ospedale, fai la fine di Giovanna d'Arco!”
Gabriel la guardò
nervoso. “Ti dispiace lasciarmi discutere con la signora?”
mormorò in direzione di Adam che li fissava. Non aveva neanche
finito di dirlo che era già smontato. La brunetta scavalcò
il sedile posteriore e franò a sedere un'altra volta. “Perchè
ce l'hai con me?”
“Non puntarmi
addosso quei meloni!” esclamò arrabbiata “le hai
aperto la testa un'altra volta!”
“Per un buon
mo...”
Meredith gli mollò
un ceffone che gli chiuse la bocca. La guardò allibito e si
strofinò la guancia “ahio... mi hai fatto male...”
cos'era quel miagolio?!
“Mi hai fatto
male!” gli fece il verso furiosa. “Lei si fidava di
te e tu...”
“Ci sono cose
...”
“Claire rifiuta
di parlarmi!” la voce si stava incrinando ed era sull'orlo
delle lacrime. Era frustrata. “Torno a casa e la trovo
sanguinante... ma tu non dovresti proteggerla? È la tua donna,
cazzo! Non puoi farle del male a quel modo!” Meredith lo guardò
sulla difensiva “tu non mi piaci” annunciò con
sguardo di disprezzo. “Pensavo che fossi un bravo ragazzo,
sotto quell'aria da duro tutto d'un pezzo con le manie di
grandezza... invece sei un pezzo di merda come tutti gli altri.”
“Non sai niente
di me” rispose duro tornando sul sedile posteriore e bussando
contro il vetro per attirare l'attenzione di Adam.
“Beh, niente
lotta nel fango?” domandò scherzando e la sua battuta
cadde nel silenzio più assoluto.
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Capitolo 4 *** Mistificazione ***
C'erano poche cose al
mondo che le toglievano le parole di bocca. Una specie di modello
hippy che si fa chiamare Aquila che Vola Alta in Cielo, era una di
quelle. Meredith pensò che non aveva mai visto un uomo così
bello nella sua vita. Aveva i capelli castani schiariti dal sole in
lunghe ciocche bionde, e il pizzetto che incorniciava un sorriso
bianchissimo che si aprì facilmente, quando le vide
avvicinarsi. Occhi verdi. Nell'insieme era uno schianto. Strimpellava
una chitarra scordata in mezzo ad un gruppetto di persone che avranno
avuto si e no la sua età, vestiti come i figli dei fiori. A
sua volta indossava cotone bianco, come un vero santone.
“Siamo tornati
indietro nel tempo?” domandò Adam dopo una lunga
occhiata.
“Mi sa”
commentò concentrandosi sul bellissimo essere che, anche da
seduto, manifestava una ragguardevole altezza. Si schiarì la
voce prima di avvicinarsi e quando lo fecero, una foresta di mani li
salutarono festosi. “Beh, almeno sono amichevoli”
borbottò in direzione dei due uomini che sorridevano stentati
a loro volta. “Comportati bene e non farmi sfigurare. Non
uccidere nessuno e non essere sgarbato. Quello è capace di
schiacciarti con il pollice, se ne ha voglia” sibilò
fermando la brunetta che era rimasta impassibile ad osservare il
gruppo. Quando si avvide che l'uomo lo stava fissando, restò
immobile.
“Care amiche!”
esclamò il gigante alzandosi in piedi. Gabriel dovette alzare
la testa per guardarlo. Oscurava il sole. “Venite, sedetevi e
dividete la vostra conoscenza con noi” esclamò indicando
due posti liberi.
“Condividere la
conoscenza, sta per 'tira fuori la droga che hai portato'?”
borbottò Meredith con la bocca storta
“Chi puoi
dirlo...” sussurrò restando in piedi e guardando
direttamente l'uomo “Aquila, ho bisogno che faccia una cosa per
me.”
“Siediti,
siediti” insistette ignorando le sue parole “c'è
tempo, abbiamo tutto il tempo del mondo.”
“Sì”
borbottò fermo sulle gambe. Stava parlando con uno specialista
e non lo sapeva. “Ma la mia donna sta morendo.”
Un coro di 'ohhh'
dispiaciuto si levò attorno a lui.
“Perfetto, fai la
parte della lesbica!” borbottò Adam divertito “voglio
vedere come va a finire...”
Aquila lo fissò
sorridendo. “Beh amica mia...”
Gabriel lo guardò
in attesa. Milla diceva che doveva essere gentile. Era stato gentile,
per i suoi standard.
“Sono cose che
capitano” concluse sospirando “ora sedetevi con noi e
dividete il nettare degli dei” esclamò alzando una
bottiglia di whisky.
Meredith lo sentì
fremere di incredulità e scambiò con lui uno sguardo
basito. “Tutto qui?” domandò diretta all'uomo “mia
figlia sta morendo e tu sai dire solo questo?”
Di nuovo, l'uomo alzò
le spalle “non posso mica battermi il petto per la morte di una
ragazzina che neanche conosco” commentò divertito “che
hai fatto?”
La donna lo guardò
e lo ignorò. Sedette a terra, afferrando un passante dei jeans
del suo compagno e costringendolo a sedersi a sua volta. “Abbiamo
la bumba” dichiarò posando il sacchetto che teneva fra
le braccia in mezzo alla compagnia “e il resto” disse
guardando Adam che la fissava e non parlava. Il sacchetto di iuta
finì accanto ai piedi dell'uomo e lui li guardò a
lungo, a turno, fissandosi un po' troppo sul corpo femminile che
'indossava' Gabriel. “Resterete qui, stanotte. Dividerete le
vostre esperienze con noi e domattina verrò con voi.”
Un singulto doloroso.
Meredith fissò la brunetta e fece una smorfia.
“Perfetto”
sghignazzò Adam entrando nella parte. Gli mollò una
gomitata che lo fece gemere. “Vero?!”
“Sta bene”
mormorò Meredith allungando le gambe e puntellandosi sui
gomiti “vero, Gabe?”
Annuì poco
convinto e quando si porse per dirle sottovoce cosa ne pensava
veramente, la donna lo fermò “ricordati di Claire!”
“Non ho
intenzione di drogarmi e sbronzarmi in mezzo a questi pazzoidi, ne di
sprecare una notte inter ...”
“Tu farai tutto
quello che ti chiederanno” lo bloccò arrabbiata “se
dovrai metterti a quattro zampe ad ululare alla luna, tu lo farai!”
“E con quel
corpicino... chissà cosa può succedere” lo prese
in giro l'uomo “sarà una lunga notte!”
“Ti pareva...”
sibilò frustrato “t'avverto, sono monogamo e molto
etero... e non ho intenzione di fare ammucchiate!”
“Come se non
l'avessi mai fatta una in vita tua!” borbottò nervosa
“cosa credi, che sia felice di starmene qui, mentre mia figlia
langue in un letto d'ospedale?”
“Mi secca
deluderti, ma le mie relazioni si contano sulle dita una mano!”
“Non parlo di
relazioni, parlo di sesso. Sesso a tre, sesso scacciapensieri, la
botta e via. Ne hai mai fatto, al college?”
“No. Le ragazze
non mi hanno mai trovato interessante.”
“Sei un perdente.
Se trombassi di più, non saresti sempre di cattivo umore”
borbottò Adam stirandosi “non capisco che ci trova
quella bambolina in te...”
“Non lo so
nemmeno io” disse con un moto di stizza.
Meredith lo guardò
e ammutolì. Non aveva mai visto nessuno così
imbarazzato. Il gruppo li stava ascoltando e Aquila annuiva. “Questo
è condividere” spiegò mentre Gabriel scuoteva la
testa e guardava altrove “prendi un sorso, ragazza.”
Adesso lo uccido,
pensò allungando la mano e buttando giù un po' di
liquido. Aveva l'avversione a quella roba. Inoltre, il corpo che
aveva preso in prestito era minuscolo rispetto al suo e non ci
avrebbe messo niente ad ubriacarsi. Cominciava ad avere un po' troppo
caldo.
“La tua bellezza
è pari alla tua forza, donna. Il tuo nome è altrettanto
bello?” disse rivolto all'unica vera donna fra loro tre.
“Meredith”
mormorò poco propensa alla condivisione. Afferrò
la bottiglia e ingoiò un lungo sorso. Prima o poi sarebbe
morta di cirrosi epatica.
“L'ostilità
non vi renderà migliori, amiche mie” disse insinuante,
fissandole negli occhi a turno. Meredith lo vide spostare
l'attenzione su Gabriel e si morse un labbro. Soprattutto quando lo
vide scostare dalle spalle la maglia che indossava.
“Non abbiamo
alcun motivo di essere allegri. Allegre” borbottò
Gabriel dondolando furioso una gamba “stiamo perdendo solo
tempo!”
“E' per Claire,
va bene?!” esclamò la donna alzando una mano “non
l'aiuti per niente, facendo ostruzionismo!” Meredith esplose di
rabbia che tratteneva da troppo tempo “tu sei la radice di
tutti i mali e di tutti i problemi!” urlò per
sovrastarlo “da quando sei entrato nella sua vita, le cose sono
andate di male in peggio! E' colpa tua se sta morendo!”
Quell'accusa gli chiuse
la bocca e andò a colpire un punto che teneva nascosto. Si
chiuse in un silenzio ermetico e le diede ragione. Ma l'espressione
che videro sul viso della brunetta, fu un broncetto irresistibile.
“Scusa Gabe...
non volevo essere così brutale.”
“Starebbe molto
meglio senza di me “ mormorò a bassa voce togliendole la
bottiglia di mano.
Meredith lo guardò
e si morse la lingua.
“Qualcuno di voi
fuma?” Aquila sorrideva e preparava una pipa ficcando
all'interno il contenuto del sacchetto di iuta “ahh... sentite
che aroma...”
“Passa”
borbottò Meredith allungando la mano “lei ti ama, dio
solo sa il perchè...” Aveva colpito un po' troppo a
fondo. L'espressione che aveva era incommentabile. E continuava a
sventolarsi e scostare la maglietta dalla generosa scollatura. Forse
doveva dirglielo. O forse no, pensò sogghignando.
Gabriel la guardò
di sottecchi, perso nei pensieri. Quell'odore era strano, stimolava
ricordi sepolti che preferiva non toccare. “Una volta mi ha
detto 'ricordami perchè ti amo'... e io non ho saputo
risponderle” mormorò a bassa voce. “E la risposta
mi è ignota, tutt'ora...
Adam gli battè
una mano sulle spalle e lo strinse “ti sta già salendo
la sbronza?”
“Sei un essere
privo di sentimenti...” borbottò prendendo un altro
sorso e allontanandolo da se con un gestaccio. “Ricordati chi
sono!”
“Fra poco, vedrò
solo due tette che camminano” l'avvisò sorridendo
sbilenco.
“Fa un accidenti
di caldo...”
“Non fa caldo, ci
sono diciotto gradi.”
“Beh, mi sto
letteralmente squagliando!”
Meredith li stava
osservando e ogni tanto spostava lo sguardo su Aquila che non perdeva
una mossa. Vide Gabriel alzare lo sguardo su di lui e restare a
fissarlo con un'espressione dubbiosa. “Tesoro, mi accompagni al
bagno?” sibilò rimettendosi in piedi “torniamo
subito!”
Aquila le osservò
allontanarsi e fece un cenno con la mano “dove stanno andando?”
“A fare pipì”
esclamò Adam distogliendo l'attenzione “le donne vanno
sempre al bagno in due, non lo sai?”
Meredith si allontanò
il più possibile e solo allora lasciò andare il braccio
della brunetta che la guardò senza capire. “Ascoltami
bene. Chuck mi ha detto che quel tipo è un attrattore.
Ti ha puntato e ti sta mandando a fuoco.”
“Mi ha puntato?”
“Ti si vuole
fare!” esclamò “e sorvolo il fatto che io sono la
vera donna, qui!”
Gabriel la guardò
un po' allibito “non scherziamo...”
Meredith allargò
le braccia e posò le mani sui fianchi “scommetto che ti
sei già bagnata tutta, vogliosa puttanella...” la prese
in giro restando di stucco da come arrossiva. “Posso venderti
a lui in cambio di aiuto.”
“Non lo farai”
sibilò a disagio.
“E' ora di
scoprire il tuo lato femminile, Gabe!” ridacchiò
spingendolo verso il gruppetto. Meredith svoltò il furgone e
trovò Aquila ad aspettarle. “Sono venuto a cercarvi,
pensavo vi foste perse...” mormorò spostando lo sguardo
dietro la donna “vi siete divertite?”
“La mia amica
preferisce la compagnia maschile stasera” esclamò
tirandogliela fra le braccia “ricordati di Claire”
Brutta stronza,
pensò stringendosi nelle spalle quando l'uomo la toccò.
“Le piace scherzare” mormorò a disagio.
“Non incontravo
una donna così timida da tempo. Sei deliziosa” mormorò
stringendola.
“Non mi toccare”
sibilò tenendo bassa la voce. Ma non erano le sue corde
vocali. E quello che le era uscito di bocca era simile ad uno
squittio. “Smettila...” ansimò per il caldo e lo
scostò da se. Poi gli stimoli gli diedero alla testa e quando
lo baciò, restò inerme. Lo sdegno raggiunse il culmine,
quando sentì la lingua lambirlo. Con un gemito di
indignazione, lo scagliò lontano da se e avvampò di
indignazione. “Non farlo mai più!” esclamò
con voce rotta strofinando una mano sulle labbra e pulendola con
disgusto sui jeans che indossava “che schifo, mi sento
violentato!”
“Per così
poco...” ridacchiò a sua volta “sono stato troppo
frettoloso.”
“Inopportuno”
dichiarò aggirandolo “sono quelli come te che rovinano
la categoria degli uomini!”
“Quante storie
per un bacetto” mormorò restando a guardarlo mentre si
allontanava. Gabriel sentì di nuovo quella fastidiosa e
disagevole sensazione allo stomaco e al ventre e si chiese come
facessero le donne a sopravvivere, con tutti quei punti deboli sparsi
ovunque.
“Già
fatto?!” ridacchiò Meredith un po' alticcia “sei
sempre così veloce?”
Adam la guardò
interrogativo “veloce a fare cosa?”
La donna lo indicò
con la bottiglia di birra in mano “Aquila la sta puntando.”
Adam ridacchiò
di gusto quando si accorse del disagio che provava “sono le
tette, lasciatelo dire.”
“Per ora, mi ha
tastato il culo.”
“Ora sai cosa si
prova” mormorò la donna con aria perfida “Ti fa
bene stare dall'altra parte” ridacchiò ancora
spettinandolo con un gesto affettuoso “è tutta un'altra
cosa, vero?”
“Questa cosa mi
perseguiterà per anni!”
“Smettila di fare
la donnicciola, ti ha solo baciato” lo prese in giro osservando
le sue reazioni.
“Solo?!”
esclamò furibondo “dovrebbero dargli l'ergastolo e
staccargli la lingua con un colpo secco!” abbassò la
voce quando lo vide scrutarlo “sto per ucciderlo!”
“Prima deve
guarire Claire, poi farai quello che vuoi” sibilò la
donna prendendolo quasi per i capelli “e ora fila a fare la
gattina!”
“Mi rifiuto!”
sussurrò quando vide Aquila sopra di se. Gli scoccò
un'occhiataccia, ma quando lo vide allungare la mano e lo guardò
negli occhi, si accorse di stare seguendolo verso una tenda isolata.
“Non ci credo”
borbottò Adam basito “sono indeciso se lasciare andare
la cosa e vedere come va a finire o intervenire per impedire un
massacro.”
Meredith lo guardò
alla stesso modo. “Sono io, la donna fra i due... e lui
sceglie...” indicò la tenda ed emise un gemito “il
mio fascino è in ribasso...”
“Gliel'avevo
detto che quelle tette erano troppo grosse” sospirò
alzandosi “vado a fermarli prima che rotoli una te...”
Adam si interruppe
quando una fiammata azzurra e un grido, esplosero poco lontani da
loro. Con un balzo si diresse verso il punto, quando vide volare
fuori dalla tenda, seguito da un Gabriel particolarmente infuriato a
torso nudo. “Tu sei morto!” sibilò furioso
prendendolo per il collo e inchiodandolo a terra.
“Gabe, fermo!”
esclamò Meredith allarmata aggrappandosi al suo braccio “non
puoi ucciderlo!”
“Posso fare tutto
quello che voglio, donna!” sibilò continuando a
stringere l'uomo sotto di se che aveva alzato le mani, indifeso.
“Lascialo”
insistette tirandolo indietro con tutta la forza che aveva “non
poteva saperlo.”
Il suono dell'ukulele
si era fermato. Li stavano guardando tutti.
“Non me ne frega
niente! Ho condiviso anche troppo” sibilò
arrabbiato “adesso vieni con me!”
Gabriel ricomparì
nella stanza di Claire in tempo per svegliare Chuck di colpo e far
prendere un infarto a Noah che stava sonnecchiando accanto alla
figlia.
Il ragazzo li guardò
ad occhi sgranati, poi tornò serio “siete in anticipo.”
“Siamo puntuali!”
esclamò liberando l'uomo dalla stretta e spingendolo verso il
letto “guariscila o la tua calotta cranica rotolerò
molto lontano dalla Death Valley!” sibilò fuori di se.
Aquila si erse in tutta
la sua statura e tossicchiò “mi rifiuto” disse
semplicemente sorridendo. “Sono stato ingannato con un bieco
trucco.”
“Quale trucco?”
Chuck li guardò a turno, notando l'assenza di qualche capo di
abbigliamento e non commentò.
“Ma che sta
succedendo?” esclamò Noah alterato “che hai
combinato, Gray?”
“Mi ha fatto
credere di essere una donna” mormorò Aquila sulle sue
“mi ritrovo un bocconcino niente male fra le braccia...”
lo indicò con un gesto della mano e grugnì di sdegno.
“Questa è mistificazione!”
“Ti mistifico
io, pezzo di m..”
“Ho seguito solo
il mio istinto!” si difese alterato “due bocce del genere
quando le ritrovi?!”
“Il tuo istinto
mi ha quasi violentato!”
Chuck guardò
altrove sorridendo e le spalle si scossero per le risate “potete
lasciarci soli?”
Gabriel grugnì
di disappunto e Noah lo spinse fuori chiudendosi la porta alle
spalle. Non commentò e non lo guardò. Si limitò
a schiarire la voce divertito. “Mi sono sempre chiesto dove
metti il DNA in eccesso...”
“Nelle tette!”
rispose immusonito “vuoi altri dettagli?!”
- - -
“Il tuo amico ha
un brutto carattere” commentò guardando la ragazza che
giaceva nel letto “che ha fatto?”
“Sta morendo.
Perde la testa quando si tratta della piccola.”
“Mh”
commentò guardando Claire “carina. Un po' corta. Niente
tette.”
“Dai” lo
sgomitò sorridendo “è questione di pochi minuti.”
Aquila sbuffò e
risistemò i capelli con un gesto della mano. “Va bene”
sospirò scroccando le dita “come si chiama?”
“Claire.”
L'uomo la fissò
a lungo, posando una mano sul petto della ragazza. “Voglia di
vivere, zero. So riconoscere uno spirito forte da uno che non ha più
voglia di combattere. Non penso sia la scelta giusta” disse
sollevando la mano dal lenzuolo.
Chuck sollevò le
sopracciglia rapido “mettiamola in un modo semplice da capire.
O lo fai di tua spontanea volontà... o Sylar ti uccide.”
“Sylar?”
borbottò a bassa voce “quel tipo iracondo..”
Chuck annuì.
“Ferma le danze”
esclamò sollevandosi dal letto “mi stai dicendo che quel
cane secco senza un briciolo di muscoli e che sa a malapena baciare -
appuntatelo perché è maledettamente importante - è
il grande Sylar, il più potente fra tutti? Ma uno se lo
immagina...” fece una smorfia e cercò le parole adatte
“come il replicante cattivo di Blade Runner. O il T –
1000.”
“La realtà
è sempre diversa da come ce l'aspettiamo” concluse
diplomatico.
“Che
delusione...” sospirò comico “costei sarebbe la
sua donna?” guardò Claire e la sua espressione si
schiarì “piccina e insignificante.”
“Non dovresti
essere scevro dai giudizi?”
Aquila lo fissò
stirando le labbra in un sorrisetto duro “la leggenda più
succosa degli ultimi tre anni crollata in un batter d'occhio.
Permettimi di essere alterato!”
“La curerai?”
“Non vuole essere
curata” ripetè serio “non possiamo forzare la
Natura, se ha deciso di intraprendere un altro cammino.”
Chuck lo guardò
e sorrise “bene. Spiegaglielo.”
“Le tue parole
risuonano minacciose...”
Di nuovo, il ragazzo
sorrise “credimi, non sei mai stato minacciato in tutta la tua
vita, finchè non è lui ad averlo fatto.”
Gabriel si scostò
dall'uscio quando il ragazzo apparve. “Scegli bene le parole,
la sua guarigione dipende da come risponderai alle domande”
disse pacato “mantieni la calma.”
Con un sospiro di
frustrazione, Gabriel entrò nella stanza e lo fissò con
aria cattiva. “Sarò gentile con te.”
“Te ne sono
grato. Prego, siediti” mormorò indicandogli la
poltroncina dall'altra parte del letto “innanzitutto le tue
scuse per l'inganno.”
“Era a fin di
bene” mormorò nervoso.
“Non ti ho
sentito pronunciare le giuste parole” insistette posando una
mano sui capelli di Claire.
“Scusa. E non
toccarla.”
“Farò
finta di aver sentito solo la prima parte” sogghignò
sedendosi accanto a lei e prendendole il polso. “Giravano delle
voci, poco tempo fa...” mormorò sfiorandole le dita una
ad una. “Si raccontava che l'assassino avesse perso la testa
per una delle sue vittime. L'unica che non fosse riuscito ad
uccidere. Una fanciulla dallo sguardo del colore del cielo e
dall'animo così nobile da far sgorgare l'amore anche nel più
duro dei cuori.”
“Animo nobile”
soffiò ridacchiando “è una gran rompicoglioni, se
vuoi la verità. Viziata, capricciosa... fa sempre di testa
sua” mormorò abbassando la voce “sempre...”
“Cosa sei
disposto a fare per lei?”
C'è sempre la
controindicazione, pensò inclinando la testa “falla
breve, cosa vuoi che faccia?”
“Rispondi”
lo sollecitò con voce tenue. “Sei disposto a dare la
vita per lei?”
“A parte il fatto
che non posso morire...” sospirò sorridendo “questa
è una domanda a trabocchetto.” Il suo sguardo si fece
duro e profondo. Abbassò la voce senza rendersene conto “sono
disposto a molto.”
“Non a tutto?”
lo stuzzicò giocando con i suoi capelli “ucciderai il
drago e scalerai la torre, ma non berrai la coppa di veleno?”
“Posso sterminare
un intera razza di draghi e scalare tutte le torri di questo mondo,
per lei!” sibilò fissandolo negli occhi “e posso
portare l'Anello sul Monte Fato e tornare indietro fresco come una
rosa di campo!”
“Non è
abbastanza” disse lasciandola andare “mentre noi
parliamo, lei fluttua nell'oblio e insegue la morte. E' stanca, non
ha nessuno a cui aggrapparsi.” Aquila sorrise comprensivo “il
tuo animo è inquieto. Hai paura di perderla.”
Lo guardò e
restò in silenzio.
“Perchè
lei? Perché fra tutte... più belle, più alte”
ridacchiò senza malizia. “E' la sua giovane età,
è la freschezza del suo corpo...”
“Attento a come
parli” sibilò perdendo la calma “se avessi la
risposta....” abbassò la voce e sospirò “te
la darei.”
Aquila continuò
a fissarlo, implacabile. “Lo chiederò a lei, quando si
sveglierà.”
“La guarirai?”
“Se non avessi
visto del buono in te, non avrei mai acconsentito alla richiesta. Mi
è bastato toccarla per capire che ha perso la voglia di
vivere. Questa forzatura avrà delle conseguenze fra voi.”
Un colpo al cuore.
Spostò lo guardo su Claire e si incupì. “Non
posso perderla.”
“L'egoismo degli
uomini...” sospirò spostando una ciocca di capelli “esci
dalla stanza, per favore.”
Con molto sforzo obbedì
e quando Chuck lo guardò, capì che, per la prima volta,
l'aveva 'tradita'. Aveva scelto per lei e non gliel'avrebbe
perdonata. - - -
Stava soffocando.
Claire rantolò sentendo un corpo estraneo in gola. Lo tastò
con la lingua e sentì che il dente era ricresciuto. Il panico
salì violento e lo afferrò con una mano cercando di
estrarlo.
“Tiri indietro la
testa.”
Conosceva quella voce,
era il medico che detestavano. Era viva, era in ospedale. Il suo
corpo era un concentrato di dolore. Cosa le avevano infilato
sottopelle? Vide un ago piantato nella carne, sentì una
sensazione di costrizione al petto, mille fitte le avvolgevano la
vita. Cosa le avevano fatto?! Chi era quell'uomo biondo che l'aveva
strappata dal suo mondo fatto di silenzio e assenza di sensazioni,
per gettarla in quella trita realtà? Le lacrime cominciarono a
colare lungo le tempie e si mosse debolmente sul letto.
“Stia ferma...”
“Tesoro, non ti
muovere...”
C'era anche suo padre.
Perché non l'aveva lasciata andare?
Tossì in preda
alla nausea, quando il dottore estrasse il tubicino sottile. Una mano
calda sulla fronte, parole sussurrate per tranquillizzarla che non
sortivano l'effetto desiderato. Perché la toccavano, cosa
aveva sul seno? Abbassò lo sguardo sull'enorme medicazione che
le tirava la pelle e emise un gemito di sorpresa. Sylar. Le aveva
sparato al cuore, due volte. L'aveva quasi uccisa. “Papà..”
singhiozzò voltando la testa “papà...”
“Sono qui, stai
tranquilla. Adesso il medico ti...”
“Dov'è?”
piagnucolò aggrappandosi con le unghie al suo braccio.
“E' tutto finito.
Calmati, adesso.”
“Dov'è?!”
“E' morto. Ci ha
pensato Gray.”
Gabriel. Il suo ultimo
pensiero prima di svenire. Allora non l'aveva lasciata morire,
l'aveva portata in ospedale. Perché non l'aveva lasciata
andare?
“Uscite tutti,
devo occuparmi della paziente” esclamò il medico con
voce autoritaria cacciandoli dalla stanza.
- - -
“Come sta?”
“Non dev'essere
stato un bel risveglio.”
Gabriel lo guardò
cupo, poi spostò lo sguardo sulla porta che si chiudeva. Fece
appena in tempo ad intravederla. Sedette paziente fissando il vuoto.
Non l'avrebbe perdonato.
“Vestiti, non
dare spettacolo” mormorò Noah gettandogli una maglietta
bianca che prese con un moto di disgusto “non è il mio
colore.”
“Adeguati. La
prossima volta evita di...” si interruppe con un risolino che
non fece in tempo a mascherare.
“Non c'è
niente da ridere” sibilò fissando Aquila che discuteva
poco lontano con Chuck. “Lo rispedisco a calci nel deserto...”
“Aspettiamo,
potrebbe tornarci utile” disse dopo un calcolo rapido. Smise di
parlare quando la porta si aprì e il dottore li squadrò
a turno “Uno alla volta e non più di cinque minuti”
disse fissando soprattutto Gray che gli rimandò uno sguardo
cattivo.
“Vai.”
Incredulo, lo fissò
in silenzio.
“Darà la
colpa a qualcuno. E io sono il padre...”
“Ti pareva...”
mormorò aggirandolo “ci godi a sentirla urlare contro di
me.”
“Moltissimo.”
- - -
Era rossa in volto e
non sembrava tanto felice di essere di nuovo in piedi. Aveva gli
occhi lucidi e lacrimosi. “Perchè non mi hai lasciato
andare?”
“Dovevo farlo?”
domansò restando a distanza.
“Chi sei tu, per
decidere per me?!” esclamò con voce roca “non ti
ho chiesto di salvarmi la vita!”
Gabriel la guardò
innervosito. Aveva voglia di prenderla a schiaffi. “Nel
contratto sta scritto che devo restarti incollato alle chiappe, non
ti faccio crepare tanto facilmente!”
Claire lo fissò
negli occhi e poi battè le palpebre. Aveva l'aria drogata e la
barba lunga. Lei moriva e lui andava ai rave? “Il contratto si
può annullare. Non posso tenerti legato a me per sempre...”
“Non mi costa
alcuna fatica.”
“E il
laboratorio? Scommetto che hai un sacco di lavoro accumulato”
insistette “l'hai pagato, l'affitto?”
“Sì”
rispose pensando che presto l'avrebbero sfrattato per le continue
dimenticanze.
“Hai fatto il
bucato selvaggio?” mormorò indicando la maglia che
indossava “non è il tuo colore.”
La voglia di scherzare
non le era passata. Si avvicinò a lei e sedette sul letto
sfiorandole il viso con una mano. Quando si tirò indietro,
capì che non sarebbe stato così facile come pensava.
“Non ho mosso un dito per aiutarti. Era la tua vendetta, dovevi
affrontare il mostro da sola” disse secco “Vuoi sapere se
ti avrei lasciata morire? La risposta è sì.”
Claire lo guardò
e aprì lievemente le labbra per la sorpresa.
“Sei esausta. Ti
alzi la mattina chiedendosi se sarà quella fatale, vai a
dormire la sera con la luce accesa per paura dell'Uomo Nero. Non è
così, Claire?” sussurrò avvicinandosi “non
hai nessuno a cui aggrapparti, ti mentono, abusano della tua fiducia.
Abusano di te” disse con un sguardo che conosceva bene. L'aveva
visto troppe volte. Senza pensarci, strinse il lenzuolo addosso. “Hai
dormito con me e ti ho sentita piangere in preda agli incubi. Pensi
che la morte sia la soluzione... io dico che prendere a calci chi ti
ha fatto del male, da molta più soddisfazione.”
Non faceva una piega.
Eppure. “Perchè non mi hai lasciato...” si
interruppe un'altra volta mordendo un labbro con forza. Era stanca.
Aveva sognato, aveva visto mondi futuri e passati, aveva ricostruito
la storia in tutte le sfumature. Aveva voltato angoli sbagliati e si
era persa nei labirinti cupi. Lo guardò affranta. Lui era il
punto nero dove annegare e la luce che tutto svela. Abbassò le
spalle e si lasciò abbracciare. Doveva solo riequilibrare le
sensazioni che provava. Doveva tornare indietro nel tempo e trovare
la soluzione. Doveva vedere universi alternativi e scoprire la
verità. Perché sentirsi così legati ad una
persona non era umanamente concepibile. “Pensate di sapere
quello che è bene per me, ma nessuno chiede mai il mio
parere...”
“L'ho mai fatto?”
“Ti ho fatto
credere che me ne importasse davvero qualcosa dei tuoi sentimenti...
io non ti amo” mormorò lenta “ti ho preso in giro,
ti ho usato come hanno fatto gli altri.”
Gabriel la fissò
divertito “menti piuttosto male, splendore.”
“Usa il tuo
potere, scoprilo da te” disse improvvisamente stanca dandogli
le spalle. “Vattene via, per favore...”
Note:
ragazze, vi ringrazio tantissimo per i commenti. Questo è un
capitolo di passaggio che si avvia alla conclusione (ce ne vorrà,
eh...) Dopo la visione della nuova puntata (4x16) mi passa la voglia
di scrivere... agh!
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Capitolo 5 *** Il Sacro Dono ***
“E'
un po' diversa dall'idea che mi ero fatto. Me la immaginavo un po'
più...” mosse le mani davanti al torace in un gesto
inequivocabile “capisci?”
“Perfettamente.”
“Ascolti
le leggende e te la immagini tipo... che so... la principessa Leila!”
“La
legge del contrappasso assocerebbe un fenotipo alla Arwen, per
contrastare e riequilibrare l'immagine dell'assassino” ribattè
con cognizione di causa. “Ma se lo guardi bene, è un
tipo normale. Acciocché si riconduce la scelta di una donzella
di pari grado!”
“Cosa
state dicendo?” mormorò Noah allibito “esiste una
leggenda su mia figlia?”
Aquila
annuì deciso “le voci corrono veloci, nel nostro
mondo.”
“Ma
chi mette i pettegolezzi in giro?” domandò pulendo gli
occhiali da vista. La porta si aprì e un cupissimo Gray
attraverso il gruppo senza degnarli di uno sguardo.
“Il
potente Sylar scaricato dalla donna, scompare nella notte col cuore
infranto...” mormorò Aquila osservandolo allontanarsi
“questa è la bomba della settimana.” Occhieggiò
la stanza e entrò senza degnarsi di bussare. “Ciao,
piccola.”
“Non
chiamarmi piccola” mormorò meccanicamente con aria
triste. Lo riconobbe come l'uomo del sogno che l'aveva trascinata via
dal suo mondo fatto di silenzio. “Chi sei?”
“Quello
che ti ha salvato la vita” disse accomodandosi vicino a lei “il
tuo uomo mi ha minacciato.”
“Lo
fa con tutti” commentò a bassa voce “che cosa
vuoi?”
Aquila
la studiò a lungo prima di posarle una mano sui capelli “ho
interrotto il tuo cammino, me ne scuso.”
Claire
alzò le spalle che a dire che non aveva importanza “sono
abituata alla gente che fa come vuole... e non chiede mai il mio
permesso...”
“Sei
troppo giovane per aver accumulato così tanta amarezza e
disillusione. Non ti fidi più di nessuno” le disse
ignorando la sua apatia “il mio maestro diceva sempre che
'la roccia non poteva cambiare forma, se la pioggia non scorreva e il
vento non soffiava'...” si avvicinò a lei e le posò
l'incide sulla fronte, lasciandolo scivolare lungo il naso fino alle
labbra. “Sii vento e acqua. Sii la roccia che si muove e muta
d'aspetto.”
Claire
lo guardò assente. Non aveva capito molto del suo discorso, ma
aveva qualcosa che la toccava nel profondo e portava a galla la sua
amarezza.
“Ho
guarito le ferite del corpo. Per quelle dell'animo, così
profonde e radicate, non posso fare nulla” continuò
notando i suoi occhi che si riempivano di lacrime. “Non perdere
la speranza...” disse sorridendo e si avvicinò fino a
posare le labbra sulle sue. Claire restò immobile, frastornata
dal gesto, poi sentì una pesantezza dentro che svaniva. Era
come se la stesse risucchiando via, pensò con la testa
leggera. Quando la lasciò, il volto era un po' arrossato
“scommetto che hai una vita sociale divertente...”
sussurrò imbarazzata coprendosi il volto con una mano.
“Lo
faccio solo con le belle ragazze” scherzò rimettendosi
in piedi “posso dire di aver baciato la donna di Sylar ed
esserne uscito vivo.”
Al
solo sentirlo nominare, Claire tornò cupa.
“Per
la cronaca. Baci molto bene. Meglio del tuo uomo.”
La
ragazza fissò la porta con aria sgomenta e quando il padre
entrò nella visuale era ancora troppo stupita per parlare. “Ma
dove lo avete trovato?” domandò sedendosi sul letto.
“Come
ti senti?”
Claire
sorrise appena e si lasciò abbracciare. “Meglio... quel
tipo assurdo mi ha fatto qualcosa e ora mi sento una meraviglia.”
“Arthur
pensa che tu sia morta.”
“Davvero?”
“Abbiamo
inscenato il tuo funerale.”
(Ti
mentono, abusano della tua fiducia. Abusano di te)
A
quelle parole, Claire sentì un pezzo di animo cedere alla
disperazione “pensano tutti che sia morta? La mamma... Lyle...”
“Era
una messinscena per attirare Arthur in una trappola. Lo sapevano
quasi tutti... tranne Gray... e Nathan. Ma questo è un altro
discorso.”
“Non
gliel'avete detto...”
“Angela
ha usato Gray, sapeva che la disperazione l'avrebbe fatto agire più
velocemente.”
“E
tu non gli hai detto nulla...” sussurrò scostandolo da
se “papà...”
“Non
ho fatto in tempo!” sibilò a bassa voce “non
sapevo che Angela gliel'avrebbe tenuto nascosto. Ho sbagliato, ero
sconvolto e mi sono fidato di lei!”
Claire
lo guardò a bocca aperta e dovette fare un serio sforzo, per
non mostrare i suoi sentimenti. “Se mi credono morta... posso
scomparire.. anche... per sempre” balbettò con gli occhi
lucidi “bene” la voce era triste, il tono così
depresso che Noah sentì il cuore stringersi di pena. “Pensavo
di allontanarti un po' dalla città...”
(Pensate
di sapere quello che è bene per me, ma nessuno chiede mai il
mio parere)
“Va
bene” rispose annuendo “posso scegliere la destinazione?”
“Certo.”
“Perchè
non gli hai impedito di portare qui il guaritore?”
“Claire...
non potevamo lasciarti morire” mormorò posandole un
braccio sulle spalle “non potevo lasciarti andare. Sei la cosa
più preziosa che ho. Sei mia figlia!”
(Dovevo
lasciarti morire?!)
Fece
un cenno con la testa, non fidandosi della voce. “Dove sono i
miei vestiti?”
-
- -
Questa
è l'ultima cosa che ti aspetti di vedere, mentre sei ancora
viva. Claire rabbrividì di fronte alla propria tomba. Era
dura da mandare giù. Osservò i fiori sparsi a terra e
l'erba calpestata intorno. Si abbassò sul terreno, piegando le
gambe fino a posare una mano a terra. Se si concentrava abbastanza,
riusciva a vedere il passato. Una scarica di immagini le
soffocò la mente e restò col fiato sospeso finchè
non interruppe il flusso. Era peggiore di quanto avesse immaginato.
Non c'era limite alla crudeltà di quella gente. Tutti,
compreso suo padre. Strinse meglio la sciarpa attorno al collo e si
mosse verso l'uscita, scavalcandola agilmente così come era
entrata. Noah l'aspettava in macchina, col riscaldamento acceso.
Quando montò e chiuse lo sportello, Claire mantenne uno
sguardo neutro, i lineamenti contratti dall'amarezza.
-
- -
Un
ticchettio. Gabriel aprì un occhio e lo richiuse, si sdraiò
meglio sul divano e spense la TV che trasmetteva senza sonoro.
Qualcuno bussava alla sua porta. Via, pensò
ignorandoli. Poi il campanello suonò, si alzò
imprecando a mezza bocca e quando aprì l'uscio e la trovò
ad aspettare, con un cartone della pizza in mano e l'aria persa, come
se avesse smarrito la strada, restò così sorpreso da un
riuscire a dire una sola parola. Era vestita di nero da capo a piedi,
il che era strano. Gli unici abiti scuri che le aveva visto indosso,
erano i suoi.
“Posso
entrare?” domandò a bassa voce. Quel tono l'aveva
sentito parecchie volte, precludeva un tracollo di nervi.
Nessuna
risposta. Claire dondolò la pizza in mano “sei stato il
mio funerale. Com'era?” domandò di punto in bianco.
“Tragico.
Un sacco di fiori in giro” le disse restando a studiarla.
“Gente che si strappava i vestiti e i capelli dal dolore... le
solite cose” mormorò restando immobile a braccia
incrociate sulla porta.
“Ti
sei strappato i capelli anche tu?” domandò conoscendo
bene la risposta.
“Ho
pianto lacrime di sangue” abbassò lo sguardo su quello
che aveva in mano e tornò a fissarla “la cena alle tre
di notte?”
Claire
annuì ed evitò di guardarlo “sto partendo e sono
venuta di persona ad avvisarti, non mi fido più di nessuno.”
“Brava,
l'hai capito. Quando vieni qui, è sempre per una ragione”
mormorò sospettoso “cosa vuoi da me?”
“Ringraziarti
delle rose. Era stupende” mormorò abbassando le spalle
“beh, addio.” Girò sui tacchi e quando la chiamò,
si fermò di colpo. Lo guardò titubante e tornò
indietro.
“Quella
puoi anche lasciarla” dichiarò togliendole la pizza di
mano. La salutò con un sorrisetto e Claire restò a
guardare la porta che si chiudeva. Poteva andare peggio, si
disse infilando le mani in tasca. Le veniva da ridere. Non sarebbe
tornata tanto presto. Non avrebbe più vissuto con i suoi. Si
sarebbe allontanata da tutti loro.
“Scherzavo,
vieni dentro...” mormorò una voce accanto a lei. Mise
piede nell'abitazione e un calore artificiale la avvolse. Slacciò
il cappotto ma lo lasciò indosso. “Quando ho comprato
questo completo, pensavo di metterlo per un colloquio di lavoro... ho
scoperto che andava bene per visitare la propria tomba” disse
con voce inesistente “appropriato all'occasione...”
La
guardò un po' interrogativo, poi il suo sguardo si incupì.
Quando parlava in quel modo, del tutto fuori dai ragionamenti logici,
voleva dire che era sconvolta. “Non potevo lasciarti morire”
mormorò avvicinandosi “chi mi avrebbe portato la cena?”
“Non
pensavo che ti avrebbero mentito anche su una cosa del genere. Non
pensavo che avrebbero sfruttato la mia morte per i loro scopi”
disse improvvisamente dura “mi dispiace averti coinvolto in
tutto questo.”
“Tanto
non avevo niente di meglio da fare” rispose alzando le spalle.
Poteva sentire il suo profumo da quella distanza “perchè
sei qui?”
“Perchè
ti ho mentito. Non ho mai...”
“Lo
so” rispose fermandola “non sai mentire.”
“Mi
hanno detto che hai avuto un'esperienza mistica con Aquila...”
rise d'un tratto “è vero che ti è saltato
addosso?”
“Questa
cosa finirà in qualche blog...” sospirò alzando
gli occhi al cielo “fame?”
Claire
scosse la testa e fece un passo indietro “vado a
casa, a preparare i bagagli. Ho il volo fra due ore...”
“Destinazione?”
Era
inquieto e sospettoso. Morse un labbro a disagio “preferisco
che resti un segreto... non lo sa nessuno, neppure mio padre.”
Gabriel
pensò che era un avvenimento da celebrare. Tenerlo all'oscuro
delle sue intenzioni, significava dare un taglio secco al cordone
ombelicale. “Non tornerai più, vero?”
“Tornerò
quando riuscirò a capire cosa c'è che non va in me”
borbottò sempre più a disagio. “Ciao...”
poteva sentire i suoi occhi addosso, mentre scendeva le scale e
usciva all'aperto. Sapeva che la stava guardando dalla finestra,
anche se la luce era spenta. Non aveva avuto il coraggio di
avvicinarlo. Erano successe troppe cose e tutte spiacevoli. C'era un
oceano fra loro.
Solo
se lo vuoi, le disse una vocina interna. Torna da lui. Invece
ingranò la marcia e si allontanò il più
velocemente possibile.
Gabriel
lasciò andare la tendina che oscurò il vetro,
isolandolo dal mondo esterno e ascoltò il vuoto assordante di
una casa senza mobili. Non tornerà più, pensò
cercando di somatizzare la notizia. Una volta era più veloce.
Una volta ci voleva poco a dimenticare, a lasciarsi tutto alle
spalle. Hai ottenuto quello che volevi, mormorò
insinuante la vocetta che parlava sempre nei momenti peggiori. Puoi
tornare alla tua vita.
“Non
mi piace, la mia vita” disse fra se. Poteva restarci a
rimuginare tutta la notte, non l'avrebbe riportata indietro. C'erano
delle cose che neppure lui era in grado di fare. Guardò il
cartone della pizza che giaceva sul tavolo ancora chiuso e quando lo
aprì, un odore paradisiaco si levò dal contenitore. Da
voltastomaco. Con un gesto violento la lanciò lontano da
se. Poi qualcuno bussò alla porta e quando la aprì con
un grugnito cattivo e l'aria poco raccomandabile, restò a
guardarla. La fissò negli occhi, scese lungo le labbra, lungo
il cappotto aperto che lasciava intravedere qualcosa del suo
abbigliamento, risalì rapido e si concentrò sulla bocca
che si aprì pronunciando il suo nome. La afferrò con
una mano e la trascinò dentro, sentendola tremare per
quell'esplosione di violenza che non riusciva a trattenere. Era
rossa, tremava come una foglia e lo stava mordendo mentre la baciava.
Poteva sentire il sangue che si mescolava alla saliva. Allentò
la presa quando la sentì irrigidirsi. “Ricordati di me.
Non dare retta ai tipacci, non fare accordi svantaggiosi, non giocare
troppo da sola... e chiamami se stai per sfracellarti” mormorò
guardandola negli occhi socchiusi, le labbra lucide e gonfie per quel
bacio che si erano appena scambiati. Claire annuì
meccanicamente e lo afferrò per il collo, inondandolo di
desiderio che gli mozzò il respiro. La slealtà degli
uomini. Così la costringeva a tornare da lui.
-
- -
Claire
si tolse gli occhiali da sole e li infilò nella tasca del
cappotto. Faceva freddo, ma almeno non c'era la neve, pensò
guardandosi attorno. Non capiva un accidenti di quella lingua ma il
suo contatto parlava inglese. Fermò un taxi e diede
l'indirizzo della residenza all'autista. Studiò la città
frenetica che scorreva davanti ai finestrini e sospirò
inquieta. Era sola, con un biglietto di sola andata e troppi soldi in
tasca. Doveva cavarsela senza l'aiuto di nessuno. Hai fatto
di peggio, si disse prendendo un
respiro profondo. Strinse le gambe e infilò le mani dentro,
stirando la schiena intorpidita come un gatto assonnato. Il jet lag
su di lei non funzionava. Quando il taxi fermò di fronte al
palazzo, Claire diede il suo nome alla bellissima donna giapponese
della reception. Poi attese nell'atrio che il suo contatto venisse a
prenderla. Gli uomini la guardavano, incuriositi. Per i
capelli, pensò lisciando
la chioma bionda. Per i suoi occhi azzurri truccati con attenzione.
Era piacevole essere ammirata senza sentirsi minacciata. Per
un attimo, intravide un riflesso, come il sorriso di uno stregatto
particolarmente malizioso. Scosse
la testa ridacchiando quando l'ascensore si aprì. L'uomo le
fece cenno di accomodarsi e Claire
mosse un passo all'interno, sorridendo serena. “Grazie
dell'aiuto” disse inchinandosi all'uomo di fronte a lei. Più
profondo è l'inchino, maggiore è il rispetto che
dimostri alla persona, ricordò
sperando che fosse abbastanza.
“Dovere
di eroe, miss Claire Bennet” rispose e il suo inchino fu
simile.
Bene,
pensò. La riteneva sua pari. “Claire” mormorò
compita “ho bisogno dei suoi insegnamenti, mister Nakamura.”
L'erede
dell'impero Nakamura, era un ragazzo piuttosto curioso la faccia
tonda da luna piena e l'animo nobile dell'antico guerriero
giapponese. Seguiva la via del Bushido, il rispetto dei valori come
onestà, lealtà, giustizia, pietà, dovere e
onore. Li avrebbe perseguiti fino alla morte.
-
- -
Quell'abitazione
avrebbe potuto contenere casa sua, compreso giardino e box auto,
pensò guardandosi attorno. Ed era spoglia, sinonimo di lusso
estremo per un giapponese. Sebbene avesse a sua disposizione
moltissimo spazio, Hiro occupava la sua vecchia stanza da ragazzo,
stracolma di fumetti e modellini delle serie televisive. Suo fratello
sarebbe impazzito, la dentro.
La
stanza che aveva scelto per lei era bellissima e molto femminile,
pensò quando vide le delicate stampe alle pareti e l'enorme
specchiera. Restò senza parole per la generosità
dimostrata e si inchinò profondamente. “Non ho parole
per dimostrarti la mia riconoscenza” disse a bassa voce.
Comportati bene e sii educata, pensò ricordando gli
insegnamenti della madre. Hiro la lasciò sola e lei tolse il
cappotto che appese direttamente nell'armadio. Poi lisciò i
pantaloni lungo i fianchi, con mani nervose, e studiò la
stanza. Aveva fatto presente più volte che avrebbe soggiornato
in un albergo, per tutta la durata del suo 'addestramento', ma Hiro
non l'aveva capita. O aveva fatto finta di non capire. Sotto
il suo sguardo limpido, la studiava interessato. Si avvicinò
alla finestra, la vista era meravigliosa e toglieva il fiato. Il
parco che circondava la dimora era tenuto con gran cura e avrebbe
avuto l'invidia di sua madre. Per un breve momento, Claire si sentì
bene, respirò la fragranza dell'erba fresca e chiuse gli
occhi. Ma non era venuta lì a fare turismo, pensò
chiudendo la finestra e isolando la stanza dal mondo esterno. Sistemò
il suo essenziale bagaglio e guardò il letto. Lei non aveva
bisogno di tutto quello spazio. Sbuffò, posò il laptop
sulla consolle del trucco e cominciò a disfare i bagagli.
-
- -
Non
ci riesco, pensò seduta in terra, una settimana dopo.
Sviluppare i riflessi e il sangue freddo. Questi erano i punti
salienti che si era prefissata. I riflessi erano migliorati, ma per
il resto, era sempre un disastro. Hiro le girava attorno e quando la
vedeva distrarsi, la colpiva. Come nei cartoni animati, pensò
sospirando. “Non so concentrarmi” ammise abbassando le
spalle. Il suo insegnante era molto diverso dal precedente. Non la
prendeva mai in giro, manteneva una calma olimpionica e non la
defenestrava se sbagliava. Le lezioni con Sylar si erano sempre
tenute in un clima di terrore che le stimolavano l'adrenalina e a
costringevano ad agire d'impulso.
“La
tua mente sta vagando, cheerleader” mormorò sedendosi di
fronte a lei “scopri la radice del problema ed eliminala. Non
stai facendo alcun progresso. Il cammino è lungo e richiede
tempo.”
Come
se fosse facile, pensò posando i gomiti sulle ginocchia
piegate “sono impulsiva, non riesco a mantenere la calma tanto
facilmente. Sono più... da azione...” disse titubante.
Doveva imparare a dominare la paura. Difficile farlo in un ambiente
così tranquillo e pacifico senza minacce esterne. “Forse
è meglio che ti racconti tutto.”
Mezz'ora
dopo, Hiro era disturbato. Non alterato, non sorpreso. La
guardava a bocca aperta, cosa che non rendeva la sua espressione
molto intelligente. Si era permesso un respiro solo quando aveva
parlato del catalizzatore. “Sei la fonte... come mia okasa, mia
madre, prima di te” mormorò a bassa voce “vuol
dire che ho il sacro dovere di proteggerti.”
Un
altro, pensò esausta “ti ringrazio ma sono qui per
imparare a cavarmela da sola!” puntualizzò “ho già
una guardia del corpo che fa gli extra anche di notte.” Eh,
proprio, ridacchiò fra se.
Il
ragazzo la fissò battendo le palpebre, titubante “e
dov'è?”
Claire
mosse la mano come a significare che non era importante “guarda”
mormorò sollevando un soprammobile a mezz'aria “ho
acquisito molti poteri, ma non sono in grado di usarli correttamente.
Quando cerco di reagire ad una situazione di pericolo, mi blocco.”
Hiro
lasciò sfuggire un'esclamazione che Claire non capì.
“Tre giorni fa, stavo morendo” continuò spostando
la sua attenzione dal soprammobile alla sua persona. “Non sono
immortale, Hiro. Posso morire, posso provare dolore. E ho paura di
non riuscire a difendermi da chi cerca il catalizzatore.” Ora
che l'aveva detto, si sentiva più leggera. Strano, ne aveva
parlato anche... no, non gliel'aveva mai detto. Lui le diceva cosa
provava e lei si limitava ad assentire. Ma non parlava mai così
liberamente. Con nessuno di loro.
Il
ragazzo la guardò a lungo. Claire capì che non trovava
le parole per esprimere cosa provava. Sorrise incoraggiante “è
molto peggio, quando ti trovi da questa parte” mormorò
giocando con il lembo della maglia che indossava “tua madre era
in grado di usare il suo potere?”
“Lei
guariva le mie colombe, quando loro erano malate” rispose perso
nel ricordo “le volevo molto bene.”
“Come
posso liberarmene?”
Hiro
la guardò come se avesse detto una bestemmia “il sacro
dono non può essere passato con tanta leggerezza!”
“Il
sacro dono ha sconvolto la mia vita!” esclamò
sentendo le lacrime salire “non hai idea di razza di gente mi
insegue! Non riesco più a frequentare le lezioni e ho gli
esami, quest'anno! Tu non hai idea di chi sia la mia guardia del
corpo!” esclamò sorridendo isterica “ho una
maledizione che mi pende sulla testa, ogni volta che mi avvicino a
lui, e un vecchio pazzo che sta dandomi la caccia per appropriarsi di
questo sacro dono!”
“Mi
dispiace, cheerleader. La trasmissione può avvenire solo in
punto di morte” mormorò a bassa voce “quando mia
madre è spirata, il dono è passato a te.”
In
punto di morte, pensò infastidita. Sgranò gli occhi
allarmata “tre giorni fa, una specie di guaritore hippy mi ha
riportata in vita... potrebbe essere passato a lui?”
Hiro
la guardò titubante “Il suo animo dovrebbe essere puro,
incontaminato.”
Claire
ripensò al discorso che le aveva fatto e alzò un
sopracciglio in modo comico. “Sulla purezza ho i miei dubbi, ma
professa l'amore in tutte le sue forme. Credo sia una persona a
posto.”
“Sapresti
rintracciare costui?” domandò alzandosi in piedi. Claire
lo seguì e notò una luce diversa sul suo volto. “Posso
chiedere a mio padre” disse in fretta fermando i suoi passi.
“Hiro, sono qui per un altro motivo, non lo chiederei se non
fosse molto importante.”
Il
giapponese annuì e quando Claire parlò, la sorpresa non
lasciò spazio ad altri sentimenti. “Ti insegnerò
a saltare. Ma ora torna alla meditazione. Il tuo animo è
troppo inquieto.”
Claire
sollevò gli occhi al cielo e si rimise a sedere. Sviluppa
la pazienza, pensò prendendo un respiro. Se fosse
stata con lui, l'avrebbe fatto volare dalla finestra. Dio,
come le mancavano le vecchie risse!
-
- -
Lo
sentiva apparire e sparire attorno a se. Chiudi gli occhi e
respira. Stava per colpirla, pensò quando sentì uno
spostamento d'aria accanto al suo orecchio. Claire alzò la
mano e afferrò al volo la spada di bambù, lo schiocco
contro il palmo risuonò nella stanza silenziosa.
“Molto
bene” commentò tornando in posa. “ma sapresti
farlo durante una battaglia?”
“Non
lo so” rispose sincera.
“Non
hai fiducia nelle tue capacità” mormorò “molto
grave per un guerriero Jedi.”
Claire
sorrise alla battuta “conosco qualcuno che sarebbe bel lieto di
dare una mano.”
“Andiamo
a prenderlo.”
Claire
lo guardò titubante. Portarlo lì, voleva dire
interrompere il suo allenamento. Sarebbe stata distratta da troppe
cose. Da troppe sensazioni. Un brivido lungo la schiena le ricordò
che era passato troppo tempo dall'ultima volta che l'aveva toccato.
Ma poteva sempre rivolgersi a qualcun altro.
Quella
telefonata giungeva inaspettata e puzzava di marcio, pensò
Adam pulendo la spada bene affilata. La rinfoderò e aspettò
nel punto prestabilito. Quando Claire entrò nel suo campo
visivo, sorrise. Ma quando vide l'uomo dietro di lei, si
irrigidì.“Hiro Nakamura!” sibilò estraendo
la spada “cosa ci fai qui?!”
“Takezo
Kensei” esclamò facendo altrettanto “come hai
fatto a liberarti dalla tua prigione?”
Claire
li fissò allibita: non solo si conoscevano, ma avevano anche
qualche conto in sospeso. La spada vibrò il primo colpo e lei
si ritirò istintivamente. Conoscendo un po' di psicologia
maschile, se le sarebbero date fino a cadere a terra esausti, si
sarebbero fatti una risata e una birra e sarebbero stati amici come
prima.
Sono
già passati venticinque minuti e ancora si guardano in
cagnesco, pensò seccata adocchiando l'orologio. “Scusate,
potreste rimandare il vostro scontro ad un altro momento?”
domandò ad alta voce “siamo qui per un motivo serio!”
“Come
fai a conoscere questo tipo?” domandò Adam indicandolo
con un gesto della testa “ehi, ma dove eri finita, bambolina?”
“Sono
in missione segreta. Puoi aiutarmi?”
“Lo
devo affettare?”
Uomini,
pensò sospirando comica “vieni con noi” disse
afferrandolo per la manica del giubbotto e porgendo l'altra a Hiro
“per favore, è l'unico a cui posso chiedere una mano.”
“E
quel cane secco, dove l'hai lasciato?”
Claire
gli scoccò un'occhiata che gli chiuse la bocca “non
centra in questa storia” sussurrò. “Fa il bravo e
staserà berrai sakè fino a svenire.”
“Mi
piace, sta bene” sorrise e rinfoderò la spada “per
la mia bambolina questo e altro” disse e le mollò una
pacca sul sedere che la fece trasalire.
-
- -
“Ho
capito...” mormorò ingoiando altro sakè “eh,
non è male come cosa. Se quel cazzone barbuto che piace tanto
a tua madre ha il catalizzatore, io direi di lasciarglielo e tanti
saluti al vecchio!”
“Ma
quello cerca me! E non può sapere che è finito in quel
tipo assurdo!” esclamò alterata “e poi, tu
vorresti che un vecchio barbogio si mettesse a fabbricare altri come
noi? Siamo già in troppi e non tutti sono brave persone!”
“Come
quel cazzone moscio” singhiozzò “mi hanno detto
che l'hai mollato.”
“Non
è vero, è una voce falsa e tendenziosa” riferì
sporgendosi verso di lui “sa che sto facendo una cosa molto
importante, ma non sa dove sono. Non lo sa nessuno, neppure mio
padre.”
“Fai
bene. Bocca chiusa e occhi aperti, bambina!”
Claire
lo fissò e annuì con forza. Si sentiva un po' ubriaca.
“Perchè vi detestate?”
“Vecchie
ruggini” borbottò alzando le spalle “ehi, guarda
che non lo reggi st'alcool.”
“Non
ho toccato un goccio” rispose singhiozzando “forse...
oddio, non era acqua?”
“No.
Puro sakè al cento per cento. Sei ubriaca” disse
togliendole il bicchierino di mano.
Un
singhiozzo e Claire perse un po' di visione d'insieme “Meredith?”
L'uomo
allargò le braccia “non la vedo da quando siamo tornati
dalla comunità dell'amore. L'ha guarita, sai?” Un altro
singulto e la vide appoggiarsi pesantemente alla mano che sosteneva
il mento. “Ti porto a casa” decise alzandosi.
“Grazie...”
borbottò infilando il cappotto con difficoltà “sono
stanca, stanca morta. Sono una sega, non riesco ad utilizzare più
di un potere alla volta, non riesco a concentrarmi... e voglio fare
sesso!” esclamò facendolo sorridere “come faccio a
concentrarmi, in queste condizione?!”
“Il
tuo uomo non fa il suo dovere?”
“Non
ricordo neppure come è fatto” esclamò affranta
“non ho avuto il coraggio di chiedergli nulla, quando sono
andata a salutarlo.”
“Perchè?”
“Mi
sembrava inappropriato” affermò con espressione
tragicomica “avevo appena visitato la mia tomba... e ti
assicuro, non è un bello spettacolo leggere il proprio nome su
una fredda lastra di marmo!”
“Una
bella sferzata di vita era quello che ci voleva, credi a me!”
esclamò divertito “quando avevo la tua età...”
Claire
lo lasciò parlare senza mai interromperlo, finchè il
taxi non li scaricò di fronte la lussuosa abitazione.
Sonnecchiare ascoltando una voce così calma e profonda, la
rilassava. La luce della stanza di Hiro era accesa. Stava leggendo
fumetti o vedendo la tv fino a tardi?, si domandò scalciando
le scarpe e abbassando di parecchio la sua statura. “Notte...”
mugugnò infilandosi nella stanza e chiudendo a chiave per la
prima volta da quando era lì.
Adam
fissò la luce che proveniva dalla porta e poi bussò
alla stanza del ragazzo.
“Ti
stavo aspettando, Takezo Kensei” disse quando aprì
l'uscio. Non stava giocando o leggendo. Stava affilando la spada.
Note
commenti: Attenzione spoiler!
Flori:
è sempre un piacere averti come lettrice!
Doralice:
a volte penso di buttarla troppo sui sentimenti a discapito della
trama. Se piace, ben venga! Penso di non aver mai scritto una storia
così complicata, spiegare cosa succede nel mondo e descrivere
il rapporto odio - amore di sti due sta cominciando a diventare
faticoso.
Jennifer
+ MalkContent: pensavo che la parte finale del I volume fosse più
lenta... sarà destino, il II volume di Heroes era una
schifezza (e grazie agli sceneggiatori per essere riusciti a rovinare
anche questa serie che prometteva bene)
Nomad:
la storia va avanti, ormai ci siamo e la finiamo. Penso di non aver
mai visto una puntata più brutta di quella. Ma che problemi
hanno col personaggio di Claire? Ha fatto la sua storia e si può
anche togliere dalle balle insieme a Hiro redivivo e a PacMan, che
non servono più a nulla!) Non fa che piagnucolare e fare la
vittima in quattro serie. Il suo grado di rincoglionimento è
così elevato da lasciarti senza parole. Chiunque la può
raggirare come vuole. Ma insieme ai poteri hanno sviluppato anche la
sfiga? Non ce n'è uno che non abbia problemi di 'cuore'.. sono
tutte persone tristi e sole. All'inizio c'era Peter... erano carini
insieme, ma non se pò fa, è parente. E vabbè.
Poi c'era quello che volava. E neanche quello. Quello con le branchie
(discretamente carino). E no, al papà non piace. L'unico
rimasto era Sylar e... toh! E' lesbica! Tutto insieme! Uno pensa 'va
che se la stropiccia' ... e niente! E' stato come vedere Brooke e
Ridge che non si sposavano! Preferivo uno scontro millenario
all'ultimo sangue, che una stronzata del genere! Per il resto sono
riusciti a gettare 15 puntate nel cesso, facendo naufragare anche la
buona idea iniziale. Se Sylar si fa togliere i poteri, giuro, non lo
vedo più!!!!
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Capitolo 6 *** La via della Spada ***
L'aveva
investita un autotreno, pensò quando si svegliò con la
testa che scoppiava e una colata di cemento in bocca. La sensazione
era simile: una volta si era fatta davvero investire da un
mezzo pesante, per testare i suoi poteri. Dio, rimuginò
arrancando fra le lenzuola con aria disfatta, non dovrebbe essere
legale vendere quella roba. Il
fattore rigenerativo gli faceva il solletico. Sospirò e
strinse la testa fra le mani per calmare il picchio che aveva fatto
il nido nel suo cervello. Quando Sylar agiva era meno
doloroso, pensò gemendo
fra i denti.
Ficcò la testa sotto l'acqua, sedette davanti al
laptop, infilò le cuffiette e lanciò Skype. I
potenti mezzi tecnologici battono il teletrasporto, pensò
sbadigliando. Ma che ore saranno in America?
Dov'era
quel maledetto cellulare?, si chiese udendo un distinto ronzio poco
lontano da se. Con un grugnito, lo fece volare in mano. “Mh...”
borbottò sentendo una comunicazione disturbata.
“Stavi
dormendo?” mormorò con la faccia affondata sulle
braccia.
“Mh...
sì” sospirò e si voltò sulla schiena “come
va?”
“Sono
una sega” rispose alzando la testa e posando la fronte sulla
mano sinistra per sorreggerla.
“Dove
sei?”
Claire
ci pensò su con l'unico neurone che si era svegliato con lei e
sospirò “Giappone.”
“Terra
di pervertiti...” mormorò sbadigliando “quando
torni?”
“Quando
avrò imparato qualcosa” biascicò “non dire
a nessuno dove sono.”
“Ok...”
mormorò sentendo la linea cadere. Chi c'era in Giappone che
Claire conosceva?, si domandò aprendo un occhio. Nakamura.
A cosa le serviva un tipo grassotello che sapeva trasportarsi, quando
aveva lui? Il re dei cretini teneva in ostaggio la sua donna. Tzè,
la starà seducendo con una raccolta di fumetti, pensò
ficcando la testa sotto il cuscino. Nakamura. Quel tipo gli aveva
predetto che sarebbe morto solo. Riemerse dalla coperte e ciondolò
la testa da un lato. Sapeva trasportarsi. E viaggiare nel tempo,
pensò stropicciando la faccia. Che doveva fare, a spasso per
il tempo? Cambiare il passato o il futuro?
-
- -
La
sala era silenziosa. Si studiavano a vicenda analizzando i punti
deboli dell'uno e dell'altro. Quando arrivò il primo colpo,
Claire era impreparata e lo ricevette dritto alla schiena. Fece una
smorfia e si rimise dritta.
“Non
sei concentrata!”
No,
non riusciva a concentrarsi con quei due che le danzavano intorno
silenziosi come ombre. Era così che l'aveva fregata Sylar, la
prima volta. Non l'aveva sentito arrivare. Il secondo colpo la
raggiunse allo stomaco, lo deviò e fu colpita ai polpacci.
Cadde a terra con un gemito e si rialzò sbuffando. I suoi
nemici facevano molto più rumore di loro, pensò tetra,
il doppione di Gabriel si muoveva come un bufalo, eppure l'aveva
sopraffatta contando sul fattore psicologico. Doveva dominare la sua
paura. Doveva crederci, era una guerriera Jedi, no?! “Attaccatemi
insieme” propose spavalda rimangiandosi le parole un attimo
dopo. Pensa. Fra tutti i poteri che hai acquisito, cosa può
tornare veramente utile in questo momento? Claire li guardò
stringendo le palpebre. I lividi non si contavano, ma per fortuna
guarivano da soli. Facevano male, però, rimuginò
massaggiandone uno. Un sottile ringhio interno l'avvertì che
c'era un pericolo in agguato. Abbassò istintivamente a testa e
Adam la fissò “brava. Mi hai sentito arrivare?”
“Diciamo
di sì” mormorò senza riuscire a darsi una
spiegazione. Ma certo! Che stupida! Lei capiva come
funzionavano le cose, aveva il potere di Sylar, se si concentrava,
sentiva chiaramente i loro muscoli muoversi come se fossero
meccanismi. Parò un colpo e ne deviò un altro. Forse
era così che lui la trovava sempre. No, era un questione di
empatia, gliel'aveva spiegato più volte. Non distrarti,
pensò quando un colpo si abbatté sulle spalle e la
spostò di qualche metro in avanti. “Ci sono!”
esclamò rimettendosi in piedi. “Sto cominciando a
capire.”
“Sta
bene, bimba. Ma in guerra non puoi chiedere al nemico di aspettare”
le fece notare Adam giocherellando con la spada di bambù. “Io
dico di fare sul serio” posò la canna e prese la lama
che balenò nella stanza. “Il pericolo mette il pepe al
culo.”
Claire
lo guardò un po' inquieta e annuì e stento.
“Hai
paura?”
“Sì”
ammise osservando Hiro fare la stessa cosa “e sto cominciando
ad agitarmi.”
“E
cosa succede, se ti agiti?” domandò scherzoso puntandole
la spada alla gola.
“Esplodo,
idiota!” sibilò scostandola da se con un dito. La lama
la ferì sul braccio e il sangue spillò e si ritirò
subito nella ferita. “Mi hai fatto male!”
“Non
piagnucolare e concentrati. Ehi, amico!” urlò in
direzione del giapponese “stasera avremo roast – beef di
cheerleader!”
“Non
sono più una cheerleader” gli fece notare un po' offesa.
Smise di lamentarsi un secondo dopo, quando vide lo scintillare delle
lame contro di lei. Cominciò a sudare freddo e si impose la
calma. Non ci pensare!
“Pausa?”
“No!”
gridò alterata “posso farcela!”
Adam
alzò gli occhi al cielo e rinfoderò la spada.
Claire
crollò seduta a terra e mugugnò arrabbiata. “Non
riesco a concentrarmi per più di tre minuti d'orologio!”
“Ricordo
come perdevi la testa quando litigavi col cazzone moscio. Ci
vorrebbe...”
“No.
Devo cavarmela da sola” ribattè guardando la maglietta
tagliuzzata, così come i pantaloni della tuta che indossava.
“Riproviamo!”
Claire
li fissò uno alla volta acuendo le sue sensazioni. Adam era
stanco, ma sarebbe andato avanti a lungo. Hiro aveva la testa da
un'altra parte. Sentiva i loro pensieri, pensò stupita,
sentiva quello che provavano. Adam stava per alzare la spada.
L'avrebbe abbattuta su di lei dall'altro verso il basso, mentre Hiro
da destra a sinistra, a livello dello stomaco. Poteva schivarli,
pensò contenta, poteva lasciarli esaurire e poi colpire! Anche
una volta sola sarebbe bastato. Con una piroetta, schivò il
colpo del giapponese e fermò la lama di Adam alzando una mano.
“Brava”
commentò immobile. “Riproviamo.”
Il
ginocchio sinistro di Hiro scricchiolò quando mosse un passo
verso di lei, Claire sentì 'a livello fisico'
l'articolazione flettersi. Lo schivò un'altra volta, afferrò
la spada di bambù e lo colpì sul braccio,
“Molto
bene, miss Bennet” dichiarò massaggiando il punto “ma
nella lotta, il nemico è sempre in agguato.”
Claire
non capì le sue parole e quando un ruggito interno le scosse
il sistema nervoso, trattenne il respiro, voltò come un
fulmine su se stessa e bloccò una spada corta che volava
contro la nuca. Claire trattenne il respiro e lo osservò
emergere dal buio.
“Bravissima”
mormorò fermandosi a pochi passi da lei “non ti avevo
detto di spostare il punto debole?”
“Ma
come... hai fatto...” balbettò abbassando le braccia e
guardandolo stupita.
“Non
ti distrarre” mormorò guardando i due che erano con lei
“migliora o dobbiamo bastonarla di più?”
“La
frusta funziona sempre” sghignazzò Adam indicandola “tu
sarai l'azione di disturbo.”
“Sta
bene” disse tornando a guardarla “mh, sexy”
ridacchiò osservando la mogliettina floscia per i vari tagli
nel tessuto. Continuava a guardarlo come se non credesse che fosse
lì.
“Ricominciamo”
Adam alzò la spada verso la sua gola e Claire spostò lo
sguardo su di lui “non perdere la testa!”
Non
riusciva a concentrarsi con quel rumore di sottofondo. Claire
diede una craniata ottimale a terra quando scivolò sui propri
piedi. Il rumore che intendeva, era dato dal ringhio basso e
minaccioso che sentiva provenire da quel bastardo sputato
dall'inferno che se ne stava seduto in disparte ad osservare.
Raramente interveniva. Ma quando lo faceva, Claire finiva
puntualmente gambe all'aria. Battè la nuca contro il pavimento
e la massaggiò dal dolore. Si mise a sedere e lo guardò
di traverso. “Pausa” mormorò affranta e
infastidita.
“Direi
che può bastare per stasera” esclamò Adam in
direzione di Hiro che annuì e continuò a guardare Sylar
che lo salutò con un cenno della mano. “Ci si rivede,
eh?”
“Perché
sei qui, Uomo dei Cervelli?” domandò ponendosi fra lui e
Claire che lo guardò sorpresa. “Se cerchi lo scontro,
questo non il luogo adatto” affermò sbarrandogli il
passo. “Al rintocco della mezzanotte...”
Gabriel
guardò l'orologio e sorrise “mezzanotte passata da un
pezzo” annunciò divertito “magari un'altra volta.”
“Non
farai del male alla cheerleader!” esclamò “come
eroe ho il sacro dovere di proteggerla e morire per lei!”
Adam
mugugnò di dolore e scosse la testa “questo ha la mente
bacata...”
Dalla
sua reazione, era evidente che non gli aveva raccontato nulla della
loro relazione. Claire si rimise in piedi con uno sbuffo “è
tutto a posto, Hiro. Lui...”
“Sono
la guardia del corpo!” esclamò vedendo il suo impaccio
“nonché unico signore e padrone...”
Claire
lo fulminò con un'occhiata e Gabriel sentì la bocca
sigillarsi da sola. Potè sentirlo sogghignare anche in quel
modo. “Non è pericoloso. Basta sfamarlo ed evitare di
bagnarlo dopo la mezzanotte” disse arrossendo e mordendosi un
labbro quando lo udì chiaramente scoppiare a ridere. “Non
c'è bisogno di trovargli una cuccia per la notte, ora se ne
torna dritto da dove è venuto!” sibilò nella sua
direzione.
“Tranquilla,
cheerleader” la prese in giro con sguardo altezzoso
“sono qui per fare del turismo e i miei bagagli sono in
albergo” si voltò verso Adam e gli fece un cenno con la
testa “andiamo a fare il giro dei locali?”
“Vedi?
La vita sociale comincia a migliorare, se la smetti di ammazzare le
persone!”
-
- -
Claire
trasalì sentendo un rumore infernale provenire dal corridoio.
Qualcuno rideva un po' troppo forte alle tre di notte e sapendo
benissimo di chi si trattava, saltò giù dal letto
assonnata e infuriata. Una cosa era svegliare lei, un'altra il padron
di casa che li ospitava e la mattina andava a lavorare! “Basta
fare casino!” sibilò guardando i due ubriachi di sakè
che sedevano a terra e continuavano a ridere “tu tornatene in
albergo e tu vattene in camera tua” ordinò in tono
perentorio. La guardarono e dopo un secondo scoppiarono a ridere
stupidamente. Con uno sguardo, Claire gli paralizzò le corde
vocali e il silenzio scese di nuovo nel corridoio. “Oh!”
esclamò a bassa voce tornandosene nella sua stanza. Si infilò
sotto le coperte e chiuse gli occhi cercando di riprendere sonno. Le
sembrò, mentre scivolava nel dormiveglia, che qualcuno la
abbracciasse, ma non ne era sicura. E forse era solo un bel sogno.
Arrancò con gli occhi chiusi e spense l'abat jour, godendosi
l'oscurità. Non aveva più paura del buio. E quel letto
era diventato improvvisamente comodissimo.
-
- -
Gabriel
si svegliò sentendo un piacevole solletico sotto il mento e un
profumo paradisiaco che andava a colpire i centri del piacere. La
strinse contro di se e spostò i capelli che gli facevano il
solletico sulla gola. Era arrivato il momento di andarsene, pensò
aprendo un occhio e trovandola accucciata contro di lui. Qualsiasi
cosa stesse facendo, la stava facendo bene. Era più veloce,
più decisa. Lo vedeva da come si muoveva per evitare un colpo
e da come reagiva al pericolo imminente. Tornare a provare dolore
aveva stimolato il suo istinto di sopravvivenza. Se non voleva
soffrire, doveva muoversi in fretta. Era sempre stata una creatura
fragile e timorosa che se la faceva sotto al minimo rumore. Aveva
sempre avuto paura di portare a termine quello che cominciava. Non
dormiva più con la luce accesa. Non aveva più paura
dell'Uomo Nero. Aveva uno scopo nella vita. Non si muoveva a
casaccio, sperando che la tirasse fuori dai guai, ma seguiva un
pensiero preciso. Si scostò da lei e la guardò dormire.
Se la fissava troppo a lungo, sentiva il suo istinto risvegliarsi e
ordinargli di prenderla e di farla gridare finchè non avesse
avuto più voce. Era sua. Gli apparteneva. Prese un respiro e
passò i polpastrelli lungo il viso e la gola. Reagì
scostando la testa di qualche centimetro e sorridendo appena. Aprì
la bocca quando la sfiorò, e gli intrappolò il pollice
fra le labbra morbide. Aveva la lingua calda. Il respiro accelerò
quando lo lasciò scivolare lungo il mento e una scia umida le
illuminò la pelle. Frastornato da quel gesto che l'aveva
risvegliato del tutto, si chinò su di lei respirandole sulle
guance, sfiorandola con il dorso delle dita. Qualche secondo dopo la
sentì reagire al contatto, le sue mani toccarlo, le gambe
muoversi. Restò sdraiato accanto a lei, la vide aprire gli
occhi, assonnata e interrogativa. Lo riconobbe e per un lungo momento
non disse nulla. Afferrò il lembo della maglia che indossava e
la tirò via, lasciandola avvolta lungo le braccia, esponendo
il seno che nella pallida luce lo abbagliava e cancellava parte della
ragione. Scivolò lento lungo lo stomaco e fin sulla pelle
delicata, mentre inarcava la schiena e chiedeva ancora, non a parole,
ma con un movimento naturale che non sapeva di fare ma la rendeva una
calamita vivente. Raramente si era soffermato a guardare così
lungo una donna, quasi mai ne aveva ammirato le imperfezioni. Avrebbe
potuto tracciare una mappa dei nei del suo corpo. Conosceva l'esatta
ubicazione del tesoro, il più dolce che avesse mai gustato
nella sua vita. La circondò con le braccia, tirandola verso di
se. Era nuda, eccettuato quelle sottile mutandine quasi trasparenti
dal tessuto così delicato che bastava guardarle, per farle
cadere a pezzi. Le sollevò il viso mentre lei infilava le dita
nei capelli e posava la fronte contro la sua. “Mi sei
mancato...” sussurrò con un filo di voce.
La
baciò una volta, gustandone le labbra, la seconda
intrappolando la lingua che l'aspettava vibrante e morbida. Come la
pelle che stringeva sotto le mani. Come il seno che gli schiacciava
addosso, sul torace denudato mentre lo baciava. “Potrebbe
essere diverso, ora...” mormorò nel suo orecchio
sentendo il corpo tremare. Non gli rispose, si limitò a
scivolare su di lui come acqua sul fondo del mare. “Strappale”
bisbigliò prendendogli le mani e posandole sui fianchi. La
guardò e poi fece come gli aveva chiesto. Sussultò
quando il tessuto la graffiò, ma tenne lo sguardo incollato al
suo. La pelle si arrossò e il respiro divenne affannoso, come
se avesse corso per miglia senza mai fermarsi. Era quella lenta
agonia a farla eccitare, pensò mentre gli slacciava i jeans e
li tirava via. C'era sempre un gesto che abbatteva le sue difese. Non
importava quale, bastava che applicasse un po' di forza e perdeva il
controllo. Le dita scivolarono lungo le gambe incontrando il punto
più delicato del suo corpo. Trattenne il respiro quando udì
il gemito che emise. Cominciava a perdere la testa, lo vedeva da come
si muoveva e da come vagava su di lui senza capire bene da che parte
cominciare. Con un gesto delicato, si tirò a sedere premendole
contro. Un altro gemito che stracciava la mente e faceva perdere il
poco autocontrollo che era rimasto.
-
- -
Claire
si svegliò di soprassalto e strinse il lenzuolo sotto le
unghie. Si guardò attorno non riconoscendo la stanza e per un
momento andò nel panico. Aveva perso il controllo di se
stessa, e la cosa l'aveva scossa a tal punto che non era riuscita a
trattenere le lacrime. Si sentiva vulnerabile quando la toccava, la
costringeva a tirare fuori una parte oscura che doveva restare chiusa
a chiave dentro di lei. La rabbia che provava e che pensava fosse
svanita durante l'addestramento, era rimasta nascosta per tutto il
tempo. In agguato, pronta a colpirla quando aveva abbassato la
guardia. Aveva voglia di fare del male, aveva voglia di torturare chi
l'aveva fatta sempre soffrire. Aveva voglia di prendere quel vecchio
malefico e ridurlo un cumulo di carne sanguinolenta. Voleva punire
suo padre per le bugie che le aveva detto. Far soffrire Angela per
tutto quello che le aveva fatto. Voltò lo sguardo verso il suo
amante addormentato. Se non fosse stato per Angela, tutto questo
non sarebbe mai successo, pensò rabbiosa, gli occhi che
rilucevano disperati. Voleva punire lui per tutto il dolore che le
aveva arrecato. Soffiò con forza dalle narici e cercò
di calmarsi, il corpo scosso da brividi improvvisi. Se non fosse mai
entrato nella sua vita, non avrebbe perso l'innocenza della sua
anima. Sedette sul bordo del letto stringendo la testa fra le mani,
mentre ricordi delle ore precedenti si sommavano a quelli di molto
tempo prima. Come poteva essere così dolce con lei e
dannatamente perfido, il resto del tempo? Cominciò a piangere,
in piccoli singhiozzi che diventarono sempre più profondi e
disperati. Cos'era giusto e cosa sbagliato? Chi la vittima, chi il
carnefice, se si scambiavano così volentieri i ruoli quando si
spogliavano delle vesti abituali? Come poteva dirle che la amava e
trapassare senza ritegno alcuno la sua carne, costringendola a godere
della sua corruzione?
“Claire...”
Si
avvicinò cauto e la toccò sulle spalle, lasciando
scivolare le mani lungo le braccia. La tenne contro di se finchè
non smise di piangere. Alla fine si quietò, stanca o arresa ad
una testa più dura della sua. “Incubo?”
Un
debole assenso. Poi una negazione. Con delicatezza le sollevò
il viso e quando lo guardò, si accorse che c'era qualcosa che
gli sfuggiva e non riusciva a mettere a fuoco. “Raccontamelo.”
Claire
scosse la testa e tornò ad accucciarsi nelle sue braccia,
ascoltando il battito del cuore. Il suo odore la risvegliò una
seconda volta, ma il sentimento che la spingeva a toccarlo non
centrava con la passione o il desiderio. Era pura disperazione. Con
un gesto brusco che non si aspettava, lo sdraiò sotto di se
affondando la bocca nella carne, mordendo fino a farlo gemere. Le
afferrò i capelli alla nuca, costringendola a smettere. La
guardò negli occhi e strinse più forte. C'era da
perdersi in quelle pupille, era come fissare il centro dell'inferno.
“Usami” sussurrò invitante “fammela pagare”
continuò mentre le unghie gli entravano nella pelle “sfogati
per tutto quello che ti ho fatto passare...” una smorfia di
dolore quando lo graffiò a sangue “e poi fottimi... ”
-
- -
Claire
scrutò la stanza vuota e la luce che proveniva dalla finestra
socchiusa. Non l'ho fatto davvero, pensò sentendo il
corpo pesante e languido che giaceva sul letto sfatto. Era svuotata,
senza forze. Posò un braccio sugli occhi e il buio calò
immediato, regalandole un momento di incoscienza. Ma si può
violentare un uomo?, si chiese con un mugolio distorto. Adesso si
sentiva meglio, molto meglio. Dovevano farlo più spesso.
Migliorava l'autostima, pensò guardando il posto vuoto.
Se n'era andato. Morse un labbro e si tirò a sedere. Lo vide
accanto a se, un biglietto ripiegato. Vi girò attorno come se
potesse morderla. Lo aprì piano e restò titubante a
guardarlo.
Claire
si avvicinò alla porta della cucina e lo osservò
trafficare con la colazione. Le gambe si mossero da sole e prima che
se ne rendesse conto, gli aveva cinto la vita con le braccia e posato
la guancia contro la schiena. Profumava di buono, di pulito.
Un
sorriso gli si formò sulle labbra, quando lo abbracciò.
Guardò dietro di se, notando solo una testolina di capelli
biondi che rischiarava la maglia nera che indossava. Godette quella
sensazione
di intimità con piacere. Da che riuscisse a ricordare, non
avevano mai avuto gesti d'affetto fra loro. O si picchiavano o si
amavano senza troppi fronzoli.
Forse era lì, l'errore.
Claire
lo sentì torcere il busto, allargando un braccio per cingerla.
Si staccò appena, scivolò fra le sue braccia e sorrise
affondando contro di lui. C'era un motivo, allora, se i ragazzi li
fabbricavano più alti, pensò sorridendo un po'
svanita.
Era
morbida e profumava come il più dolce dei peccati. Le baciò
la fronte strofinando il mento sulla testa. “Ti va di fare la
turista, oggi?” sussurrò vedendola alzare la testa.
Sorrideva, era felice. Come la mattina dopo la loro prima volta. Le
accarezza una guancia col dito. Lei continua a sorridere e annuisce.
Si alza sulle punte per baciarlo. Gli cinge il collo con le braccia e
posa le labbra sulle sue. Sono morbide e calde. Piega il collo
approfondendo il bacio. E' tenero e affettuoso. Dovrebbero coccolarsi
di più, pensa staccandosi con il batticuore. Da quando ne è
innamorata? Quando ha imparato ad essere così dolce?,
si domanda col cuore gonfio e le labbra socchiuse. La sta guardando,
la accarezza lungo il viso. “Ti hanno scambiato nel sonno... tu
non sei così...”
“Sono
proprio così” afferma infilando le dita fra i capelli
“sono sempre stato così... ”
“Mi
piace... ti rende...”
“Umano?”
“Sexy.”
Claire
lo baciò un'altra volta, poi afferrò a tazza di caffè
poco distante e si mise a sedere al tavolo della cucina
sorridendogli. “Mi stai preparando la colazione?”
Invece
di risponderle, le diede le spalle. Claire lo osservò
intenerita dal suo comportamento e quando vide svolazzare un
fiorellino dalla finestra fino a lei, mugolò di felicità,
rigirandolo fra le dita. “Posso scrivere sul mio blog quanto
sei adorabile?”
“Sì...”
“Non
ce l'ho, il blog” ridacchiò arrossando “grazie...”
“Aprine
uno.”
Il
tempo si fermò all'istante. Hiro scongelò la ragazza e
la sua voce risuonò stranamente acuta. “Cosa fa l'Uomo
dei Cervelli nella mia cucina?”
“Prepara
la colazione” commentò un po' stranita da
quell'invasione inaspettata “cosa pensi che faccia con un
mestolo in mano? Vuoi un po' di caffè?”
Il
giapponese lo guardò ancora e Claire attirò la sua
attenzione “potresti ripristinare il tempo? E' la prima volta
che mi cucina qualcosa e sto morendo di fame!”
Il
ragazzo balbettò qualcosa a bassa voce e si sedette quando gli
ordinò di farlo. “Non è pericoloso, non per noi”
mormorò paziente “è la mia guardia del corpo,
è... come Gollum!” esclamò sicura che avrebbe
capito. Si interruppe e lo guardò. La sua espressione era
assai perplessa. “Non fa più...” un gesto veloce e
Hiro annuì, ancora scosso.
“Anche
il più malvagio degli uomini può trovare la sua strada,
allora...” commentò osservandolo “le mie parole
non sono state vane.”
“Cosa?”
lo fissò negli occhi ed ebbe uno strano brivido.
“Ho
visto il suo futuro. La brama di poteri lo porterà alla
solitudine. Morirà solo e nessuno piangerà la sua
morte.”
Claire
battè le palpebre piano e girò la tazza fra le mani.
Non era una cosa carina da dire... un tremendo dubbio la scosse e le
impedì anche di respirare. E se la stesse usando per impedire
l'avverarsi del suo futuro?! Restò congelata sulla sedia,
mentre Hiro ripristinava il tempo.
“Merda!”
esclamò guardando la maglia che indossava “potresti
evitare di farlo mentre cucino?” domandò gettando
un'occhiata alla macchia che deturpava il tessuto e al volto
sbigottito di Claire. Immediatamente perse il buonumore. Lo fissava
come se avesse appena commesso un orrendo omicidio. Lasciò
cadere il fiorellino sul tavolo, inghiottendo. E se si fosse
sbagliata un'altra volta? “Mi stai usando?” sussurrò
con le labbra che tremavano “hai paura di morire solo e...
hai...”
“Mi
credi capace di una cosa del genere?” domandò con voce
roca e lo sguardo cupo “è l'unico dolore che non
infliggerei ad una persona...”
“Scusa...”
biascicò col batticuore allungando le braccia verso di lui
“scusami...”
Gabriel
l'abbracciò con cuore pesante. Sarebbe stato sempre così?
Non si sarebbe mai fidata di lui? Dopo tutto quello che avevano
passato, pensava davvero che avrebbe potuto ingannarla su una
cosa del genere? “Non lo farò mai. Te lo prometto...”
mormorò nel suo orecchio “mi credi, amore mio?”
Claire
lo ascoltò raggelata. Il cuore smise di pompare sangue e
riprese più forte di prima. “Sì... sì, ti
credo” sussurrò stringendo più forte. Amore
mio. Come erano arrivati a quel punto?
Gabriel
spostò lo sguardo sul giapponese e si incupì. “Prova
a dirle di nuovo una cosa del genere e i piccoli boy scout giapponesi
ritroveranno le tue membra sparse sul monte Fujiama per i secoli in
avvenire!” lo minacciò stringendo Claire a se “sono
stato chiaro?”
“Dio...
ma come fai ad essere così lucido e così incazzato a
quest'ora del mattino...” gracchiò la voce
assonnatissima di Adam. Marciò davanti a tutti, sedette a
sinistra di Hiro che teneva lo sguardo fisso sulla coppia. “Come
il più anziano della casa, pretendo di sapere cosa sta
succedendo...” farfugliò stropicciando la faccia “ce
n'è anche per me?”, domandò indicando la tazza di
caffè che gli spostò davanti senza un commento.
“Le
ha detto che la sto manipolando!”
“E'
quello che fai di solito, di che ti stupisci?” Adam sospirò
e li guardò a turno “cristo santo... abbassa la voce!”
“Il
passato non si cambia, Uomo dei Cervelli!” esclamò il
giapponese deciso. “Come eroe, ho il dovere di proteggere...”
“Che
palle...” sbottò Adam stringendo le tempie fra le dita
“nessuno ti ha chiesto di proteggerla! E' la sua donna, ci
pensa lui!” ribattè abbassando subito la voce. “Ma
cosa hai nel cervello, polpette?”
“Possiamo
sempre aprirlo e controllare” sibilò lanciandogli
un'occhiataccia malevola.
Claire
lo fissò incupita e si morse le labbra. L'amore fa brutti
scherzi, pensò deviando lo sguardo. Ti fa dimenticare
chi sei, ti pone troppo domande e ti fa sentire deboli.
-
- -
Non
le avrebbe perdonato quel momento di incertezza, pensò mentre
lo raggiungeva nella sua stanza. Fissava fuori della finestra e la
sua espressione era dolorosa e arrabbiata. “Non sono un santo,
ma non giocherei mai con i tuoi sentimenti. Credi davvero che
ti stia usando?” domandò come la sentì
avvicinarsi.
Claire
si fermò sulla soglia della stanza e delicatamente chiuse la
porta appoggiandosi contro. Le sue parole nascondevano un'amarezza
che raramente gli aveva sentito nella voce. “L'hai già
fatto...”
Si
voltò verso di lei e annuì con una smorfia “sono
colpevole fino alla fine dei miei giorni? Non merito un briciolo di
fiducia?”
“Non
ho detto questo...” mormorò staccandosi dall'uscio
“stanotte non piangevo per l' incubo... quello è stato
la miccia” sedette ai piedi del letto e lo guardò “sto
cercando di capire cosa c'è che non va in me...”
“Non
c'è niente che non va in te” borbottò
avvicinandosi.
“Mi
dispiace...”
“Come
la rivolviamo, splendore?” domandò sedendo a gambe
incrociate di fronte a lei “che devo fare?”
“Non
devi fare niente... tocca a me, stavolta.” Strinse i denti ed
evitò il suo sguardo. Era così innocente e limpido che
stentava a riconoscerlo. “Ho appena scoperto una cosa che
potrebbe cambiare la situazione. Hiro afferma che la trasmissione del
catalizzatore avviene in punto di morte. Aquila mi ha riportato in
vita...”
“E
potrebbe essere finito dentro di lui.”
“Meredith
è rimasta nella comunità dell'amore. Da quando Aquila
l'ha guarita, secondo Adam, è andata in botta per il tipo...
potresti controllare, ho paura che si metta nei guai...”
“Certo”
rispose abbracciandola. “Continua ad allenarti e ricordati di
spostare il punto debole. Stai migliorando.”
“Davvero?!”
Gabriel
la guardò interrogativo. Metteva il dubbio il suo amore, ma se
faceva un complimento alla sua tecnica distruttiva, risplendeva come
una stella. “Mi credi quando dico che ti amo?” domandò
di punto in bianco facendola trasalire. Annuì, senza
indecisioni. E' già qualcosa. Alzò una mano e le
tirò indietro i capelli. “Pensi di non essere in grado
di stare con me?” Di nuovo annuì e guardò
altrove. A quello potevano lavorarci. “Pensi che questa
felicità sia solo un inganno momentaneo?”
Claire
spostò lo sguardo su di lui e annuì con molta
difficoltà.
“Mi
detesti ancora?”
Un
altro assenso. Stavolta doloroso.
Gabriel
abbassò le spalle e morse l'interno della guancia. Eccolo lì,
il problema.
Nota
solo per chi vede la serie: se non recensite, vengo a casa vostra con
Parkman e alzo un muro di mattoni!! x)
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Capitolo 7 *** Vittime e Carnefici ***
“Non
la smetti mai...”
Meredith
chiuse lo specchietto che portava con se e sorrise. “Sto
diventando vanitosa” ammise lisciando la guancia con la punta
delle dita.
“La
vanità non ti appartiene, donna” mormorò con voce
tenue. “Il tuo volto risplende di una luce segreta che non
deriva dalla pura fisicità. Sei come le stelle, continuerai a
brillare finché essa non si esaurirà... e questo
avverrà fra molto, molto tempo.”
Meredith
pensò che era un vero paroliere, ma era piacevole starsene
sdraiata sul cofano della macchina a guardare il cielo mentre un uomo
bellissimo le tubava nelle orecchie. Sospirò e sbadigliò
chiedendosi dove fosse finita Claire. Lo sentì muoversi e per
una volta non lo prese a calci, non lo scacciò e non fece del
sarcasmo. Lo lasciò avvicinare finchè non sentì
un profumo avvolgerla. Allora sollevò la testa e lo vide su di
se che la osservava “non appartieni a questo posto, mia dolce
stella della sera. Hai ancora molte battaglie da combattere”
mormorò accarezzandola lungo la guancia “le ferite del
corpo sono guarite, ma la tua anima ha bisogno di un balsamo
speciale...”
“Davvero?”
domandò socchiudendo le palpebre al solletico che provava
lungo il collo.
“Il
tuo cuore non crede che sarei in grado di aiutarti... e non lo credo
neppure io” disse sorridente.
Meredith
lo osservò allontanarsi e lasciò ricadere la testa sul
parabrezza. Poi ficcò la mano in tasca alla ricerca del
cellulare. Niente linea. Poteva essere un segno del destino. O
forse solo una stupida coincidenza. Scivolò a terra,
salutò l'uomo con un cenno del mento e si infilò nella
vettura. La città più vicina distava solo un'ora e
mezza. Poteva prenotare il primo volo e tornare a casa. Ma per
fare cosa?, si domandò frenando in mezzo alla strada
deserta. Per dire ad uno stupido babbeo che teneva a lui? Tornò
indietro tenendo i giri bassi e quando Aquila la vide scendere
dall'auto, capì che dovevano farne di strada prima della vera
'guarigione'.
Meredith
sollevò la testa, quando udì il motore di quello che
sembrava un elicottero. Strinse gli occhi, ma le luci dei fari
l'accecarono. Istintivamente pensò che non avevano buone
intenzioni. Non era un mezzo militare e puntava deciso verso
l'accampamento hippy. Aquila restò a guardarlo, mentre i suoi
seguaci facevano altrettanto. Un fruscio di corde e due secondi dopo
si sentì sollevare verso l'alto da una presa d'acciaio che gli
conficcava le dita nella carne. Urlò quando i piedi
abbandonarono la terra, guardò le braccia che lo stringevano e
voltò la testa verso l'uomo incappucciato “cosa volete
da me?" gridò con quanto fiato aveva in gola per
sovrastare il rumore delle pale dell'elicottero. Meredith restò
inebetita a guardare l'azione. Non poteva fare nulla per fermarli,
rischiava di mandare a fuoco tutti.
Una
volta a bordo, Aquila si liberò della stretta con una gomitata
furiosa.
“Cerchi
di stare calmo e nessuno le farà del male” gli suggerì
una voce tenue e pacata.
“Trasmettiamo
da una stazione perfettamente legale” mormorò l'uomo non
capendo cosa cercassero da lui quei tipi strani.
“Oh,
non siamo qui per ...” l'elicottero si inclinò
pericolosamente sui lati e Aquila cadde fuori dal mezzo volante
fluttuando a terra fino all'ultimi dieci centimetri. Gabriel lo
lasciò andare e ascoltò deliziato le sue imprecazioni
di dolore. “Ringraziami” ridacchiò muovendo il
polso e indirizzando l'elicottero verso la montagna più
vicina, dove esplose qualche secondo dopo.
“Grazie”
disse spolverando i pantaloni bianchi “amici tuoi?”
“Gentaglia”
commentò salutando Meredith con la mano. “Qualcuno ha
tradito” disse rabbuiandosi “e penso proprio di sapere
chi ha fatto la spia...”
-
- -
“Te
lo chiedo un'altra volta...” sospirò lasciando
volteggiare tutti i oggetti taglienti che aveva a disposizione.
“Mi
lasci andare, squilibrato!” sibilò mentre lo teneva
inchiodato al muro sotto la minaccia di morte. “Mr Bennet sarà
informato di questo!”
“Cerca
di farmi paura, secondo te?” domandò a Meredith che
avvampava fuoco a tratti. La donna annuì e fece un sorriso al
medico che detestavano.
Aquila
la guardò titubante “non vi sembra una soluzione...
estrema?”
“Nah”
ridacchiò piantando in bisturi a pochi centimetri
dall'orecchio sinistro. L'uomo sudò e respirò affannoso
per la paura.
“Che
state facendo?!” La voce alterata di Noah risuonò nel
corridoio. Aquila lo guardò con un sorriso di scuse “hanno
deciso che era la soluzione migliore per farlo parlare. Ho provato a
fermarli...”
“Silenzio!”
gli intimò rivolgendosi ad una sola persona “Gray,
mettilo a terra!”
“Ha
venduto Claire” mormorò duro “sapevi che il
catalizzatore poteva essere trasmesso solo in punto di morte da un
recipiente umano ad un altro?”
“No...”
sussurrò incredulo “e tu come fai a saperlo?”
“Ho
le mie fonti” disse enigmatico “te lo ripeto un'altra
volta e poi ti pianto le forbici nei polmoni” lo minacciò
cattivo “lavori per Arthur?”
L'uomo
lo guardò e assentì dopo un lungo istante. La furia di
Noah si manifestò all'improvviso “Ti affido quello che
ho di più prezioso al mondo e tu mi tradisci?!” sbottò
colpendolo allo stomaco “cosa gli hai dato?”
“Sangue”
rispose Sylar al posto suo “per cercare il catalizzatore.
Peccato che non sia più dentro di lei” lasciò
andare l'uomo che cadde a terra con un tonfo. Si rivolse ad Aquila
che aveva capito tutto e aveva assunto un'aria nervosa. “Sapevo
che era una cattiva idea, guarirla...”
Noah
li guardò mentre gli agenti portavano via l'uomo “sai
dove si trova Claire, al momento?”
“E'
al sicuro...”
“Dove?”
Gray
fece finta di non aver sentito e batté una mano sulla spalla
del guaritore “gioisci, non è ancora arrivata la tua
ora.”
“C'era
anche questa possibilità?” domandò un po' scosso.
Con
un ghigno perfido, Sylar ridacchiò “quando sei nelle mie
mani, è una garanzia!”
-
- -
Adam
la sgomitò per farla uscire dalla lieve apatia che l'aveva
colta. Claire dondolò da un lato e tornò dritta. “La
smetto” promise a bassa voce “pensa, non ho neppure
voglia di fare shopping...”
“Una
tragedia.”
“Eh
si” mormorò adocchiando le vetrine “non so più
distinguere fra il bene e il male...”
Adam
si fermò accanto ad un negozio di animali e la guardò
in attesa. Aveva una brutta espressione. Le brillavano gli occhi di
rabbia e vendetta.
“L'ho
sempre detestato per quello che faceva... per quello che aveva fatto
a me” mormorò con un lampo negli occhi “ora
comincio a pensare che ci sia andato sempre troppo leggero, con
quella gente! Vorrei prenderli uno ad uno e spellarli vivi” si
interruppe e guardò altrove “sto sbagliando?”
Adam
smise di masticare la gomma e la guardò senza rispondere.
“Come
si può amare una persona e detestarla al tempo stesso?”
“Può
succedere se cuore e mente non vanno di pari passo.”
“Quando
siamo insieme...” arrossì e ficcò le mani nel
cappotto “lui è così...”
“Incredibilmente
dolce mentre ti sbatte come un animale?” la prese in giro
vedendola sgranare gli occhi, impallidire e arrossire nel giro di un
secondo “e te ne lamenti pure?”
“Perchè
sto parlando con te...” bisbigliò con un filo di voce a
se stessa. “Il succo è quello, ma detto in modo meno
trito” commentò imbarazzata.
“Bambolina,
un uomo non è fatto solo di bene o di male. Ci sono mille
sfumature in mezzo che non potrà mai comprendere.”
“Quando
è con me, è come se il resto di lui non esistesse”
commentò appoggiandosi al muro divisorio di due negozi. “E'
destabilizzante. Sono sempre stata io, l'eroina della storia, la
vittima dell''Uomo dei Cervelli'. Fra virgolette.”
“Allora
dovresti essere contenta. Quel lato, lo vedi solo tu” mormorò
incoraggiante “a dirla tutta, sentirlo miagolare frasi d'amore
mi farebbe venire la diarrea.”
“Non
miagola e non dice stronzate sull'amore” affermò seria
“non dice proprio niente. Non ce n'è bisogno...”
sussurrò un attimo dopo.
“E'
quello, il problema?”
“Non
lo so” mormorò titubante “chiedimi qual è
il suo colore preferito.”
“Il
nero?”
Claire
alzò le mani e le lasciò ricadere “grigio piombo.
E sai come l'ho scoperto? Si lamenta di più quando il sangue
non va via dalle maglie di quel colore.”
“Ed
è fondamentale, in una relazione...” la prese in giro
divertito. “Ma chi se ne frega di che colore ha le mutande.
L'importante è che non se le tolga con un'altra a parte te.”
“Sei
pessimo” disse seccata. “Non so niente di lui!”
“Gli
hai chiesto di raccontarti la sua vita?”
“Sì.
E mi ha risposto 'ero uno stupido nerd con gli occhiali e le
ragazze non mi filavano'” esclamò “tutto qui!”
Spostò lo sguardo sulla punta della scarpa e inclinò la
testa “a volte vorrei tornare indietro nel tempo...” si
interruppe e strinse i denti “vorrei che Angela non avesse mai
avuto quella premonizione. Vorrei non essermi mai ubriacata.”
“Mh?”
“La
sera in cui finimmo a letto per la prima volta, ero ubriaca fradicia”
mormorò un pò stupita dalla sua assenza di reazione.
“La mattina dopo tornai da lui per sapere se avevamo...”
“Avevate?”
“No”
sussurrò stringendosi nel cappotto “mi aveva riportato a
casa.”
“Nobile”
scherzò, ma Claire non rise “avevo la scusa perfetta.
Ero alterata e non ricordavo quasi nulla. Potevo ancora guardarmi
allo specchio... ma la mattina...”
“Avete
concluso il discorso?”
“No...”
confessò immergendo il viso nella sciarpa azzurra. Girò
gli occhi su di lui e per una volta non si sentì giudicata
“lui sapeva che ero... non ricordo se glielo dissi io,
annebbiata dall'alcool, o se mi lesse nel pensiero... o se lo scoprì
da solo...”
“Non
ci vuole molto” commentò preso dalla storia “sei
scappata, eh?”
Un
assenso imbarazzato e Adam sorrise non aspettandosi una risposta
diversa.
“Ho
cominciato a capire che c'era qualcosa che non andava, in me. Non ero
la stessa persona della mattina precedente. Avevo sentito qualcosa in
lui... avevo visto... qualcosa che non riuscivo a mettere a
fuoco... non t'azzardare a fare battutacce!” lo avvisò
quando aprì bocca. La richiuse con un sogghigno.
“Non
potevo fermarmi ad analizzare, perché c'era sempre altro da
fare, gente con cui parlare, persone da cui difendersi”
continuò come un fiume in piena “la sensazione era
rimasta lì. Per tutto il tempo. Non riuscivo a vedere oltre la
maschera. Poi successe un fatto” mormorò incupita “mi
invitò a cena. Sì, ho avuto anche io quell'espressione,
per circa tre ore” disse indicando la sua faccia sorpresa “la
verità venne a galla in sette minuti netti: stava dando la
caccia ad un mutaforma e gli serviva una copertura.”
“Non
cambia mai...” disse sorridendo “va avanti.”
“Poteva
chiedermi il favore di fare da esca. Invece mi ha obbligato.
Me ne sono andata, dopo avergli gettato un bicchiere d'acqua in
faccia...”
“Vino
rosso. È terribile da smacchiare.”
“...
e il mutaforma mi ha aggredito in un vicolo” concluse cupa
“...e lì è cambiato tutto...”
“Ti
ha aggredito? Perché?”
Claire
alzò le spalle amara “perchè un uomo lo fa?”
Adam
la guardò e non rispose.
“Non
l'avevo mai visto così arrabbiato. Il mutaforma aveva assunto
i suoi lineamenti, pensavo fosse infuriato per quello... ma ha detto
delle cose che mi sono rimaste impresse a fuoco nella mente. 'Una
cosa è dire stronzate di dubbio gusto, e un'altra è
fare davvero del male ad una donna'... e lì ho capito che
non mi avrebbe mai...” Claire si morse un labbro ed evitò
di guardarlo “mi tolse un bel peso di dosso. Era indignato
per il mio errore. 'Come cazzo hai fatto a scambiarlo per me?'”
borbottò impostando la voce “per la prima volta ho visto
il suo aspetto umano. Ero sconvolta e cercavo di non darlo a vedere.
Mi ha abbracciato, mi ha tenuto stretta finchè non siamo
arrivati a casa di Angela. E poi è successo il casino... ha
liberato i miei poteri latenti e all'improvviso potevo fare un sacco
di cose, avevo premonizioni a rotta di collo, come toccavo un
oggetto, ne leggevo la storia... potrei raccontare per tutta la
notte...”
“Fallo”
mormorò porgendole il braccio “andiamo a cena e continua
a raccontare.”
“Non
ti annoi?”
“Stai
scherzando?” domandò allegro “la conoscenza è
potere. Tira fuori qualche altro pezzo come quello del bicchiere
d'acqua, e potrò prenderlo per il culo a vita!”
“Tu
non eri presente quando comparve il suo doppione... era come se il
mio peggiore incubo si fosse materializzato sotto i miei occhi”
continuò smettendo di mangiare. Non che avesse toccato cibo,
fino ad allora. “D'improvviso dovevo ricominciare tutto da
capo. Mi ha mandato di traverso anche la serata più importante
della mia vita.”
“Si
è auto invitato?”
“No,
ma l'effetto è stato identico. Penso che l'esasperazione mi
abbia portato a fare quello che non avrei fatto, in altre
circostanze” mormorò giocherellando con le bacchette e
il cibo nel piatto “ero frustrata... e gli sono saltata
addosso.”
“Brava!”
“Brava
un corno” mormorò fra se “gli sono saltata addosso
e mi sono fermata. Mi sono bloccata! Ha dovuto fare tutto lui...”
“Credimi,
la cosa non gli è dispiaciuta.”
“Non
importa, è dispiaciuto a me” insistette un po'
imbarazzata “volevo essere più... seduttiva.”
“Non
c'è nulla di più seduttivo di una ragazza inesperta che
scopre per la prima volta un uomo...”
Claire
lo guardò sventolandosi con il tovagliolo “le cose che
dici sono imbarazzanti. Dio, mi fai venire caldo!” ingoiò
un sorso d'acqua mentre rideva sotto i baffi “a parte la magra
figura...”
“Non
è stata magra!” insistette ridendo apertamente. “Sei
molto dolce, bimba, capisco come possa aver perso la testa per te.”
“Non
sono sempre dolce” mormorò strofinando la mano sul collo
nudo “sono viziata, testarda, egoista... e sono arrabbiata!”
esclamò d'un tratto “ci hanno messo nella merda per i
loro maledetti scopi! Non c'è più distinzione fra bene
e male! Cosa è giusto, cosa è sbagliato? Chi è
la vittima, chi è il carnefice?!”
Adam
la fissò negli occhi e vide solo rabbia e dolore.
“Tu
non hai idea di cosa ho fatto, per cercare di capire dove fosse
finito l'assassino che mi aveva infilato le dita nel cervello”
mormorò vergognandosi di se stessa “non hai idea di
quello che sono arrivata a chiedergli, pur di ricollocarlo nella
casellina 'cattivo' un'altra volta...”
“Hai
presente il detto 'in amore e in guerra, è tutto concesso?'
Scordatelo, è una cazzata. Ogni frase, ogni gesto, ha la sua
conseguenza.”
“Da
vittima sono diventata carnefice. Per qualche istante, il tempo di
ribaltare di nuovo i ruoli. Non dimenticherò mai la sua
espressione...” con un sospiro portò le mani sulla
fronte e nascose il viso “pensavo fosse disgustato... invece
era solo preoccupato per me.”
“Stanotte
non ve ne siete stati con le mani in mano. Come è andata?”
“Ci
hai sentiti?” sussurrò imbarazzata.
“Ti
ho sentita piangere.”
Claire
si adombrò e voltò lo sguardo sulla sala gremita di
avventori “ho avuto un incubo... mi sono svegliata intontita,
piena di rabbia, fuori di me. Mi sono chiesta lo scopo di tutto
questo... e poi l'ho visto dormire con un'espressione così
innocente, così fastidiosa… e mi sono detta che non era
giusto... che ero io la vittima... perché dovevo stare di
merda, quando lui, che non aveva fatto altro che far soffrire le
persone nella sua vita, dormiva tranquillo, come se la coscienza non
lo toccasse?!” esclamò con voce dolorosa “l'ho
odiato... mi ha costretto a rivelare una parte di me che non
conoscevo e che non volevo conoscere!”
“Prima
o poi sarebbe venuta fuori...”
“E
se non fosse mai accaduto?!”
Adam
le scoccò un'occhiata perplessa “allora avresti vissuto
una vita a metà, senza mai capire quel lato che ti rende
quello che sei ora.”
“E
come sono ora?” sussurrò impaurita “dimmelo...”
“Umana.
Finisci il racconto” insistette cupo. “Intanto ordino il
dolce.”
“Non
lo voglio” mormorò tormentando un'unghia “mi ha
sentito piangere... si è avvicinato e mi ha abbracciato... e
ho ricordato quello che mi aveva detto, molto tempo fa... lui non era
così... è stato costretto dalle circostanze... mi sono
sentita una stronza egoista senza cuore.” Claire lo guardò
quando le toccò il braccio per attirare la sua attenzione.
“Bambolina,
la maschera la indossa contro il mondo. Quando ti abbraccia e ti
asciuga le lacrime, quello è il suo vero io.”
“Mi
ha preparato la colazione...”
“Visto?”
esclamò alzando le mani “cosa vuoi di più?”
Di
nuovo, Claire lo guardò cupa “a volte mi chiedo se non
mi sono legata a lui per sopravvivere.”
“E'
una possibilità” ammise sovrappensiero “la femmina
sceglie sempre il maschio più forte per generare la prole e
difendere il nido.”
Un
altro argomento che non voleva toccare tanto facilmente. Si scurì
in volto e non parlò.
“Ohi,
mica mi sfornerete un piccolo immortale da un momento all'altro?”
domandò facendola avvampare.
“Ma
sei scemo?!” sibilò arrossendo “quella
premonizione è assurda! Hai visto 'Highlander'? Lui non
poteva avere figli! Tu non ne hai avuti!”
“Ti
consiglio...” mormorò abbassando la voce per farla
calmare “di pensarci bene prima di prendere qualsiasi
decisione.”
Claire
smise di parlare e lo guardò preoccupata.
Adam
fece una smorfia mentre leggeva l'importo del conto “stia
cercando scuse per lasciarlo, non c'è altro da dire.”
Uscirono
nella notte affollata e fredda stringendosi nei cappotti. Dopo tanto
parlare, Claire si sentiva finalmente svuotata da un peso che aveva
portato dentro per troppo tempo.
“Perchè
sei venuta qui?” le domandò all'improvviso, fermandosi
in mezzo alla strada. “Qual è il vero tuo scopo?”
“Ho
chiesto a Hiro di insegnarmi a saltare” mormorò
“saltare significa viaggiare fra universi paralleli
senza bisogno di esplodere.”
Adam
la fissò inquieto “perché, che devi fare?”
“Voglio
vedere con i miei occhi se siamo davvero destinati a stare
insieme” affermò tremando per uno spiffero freddo dietro
il collo “ma c'è un problema.”
“Questa
è la cosa più stupida...”
“Se
salto, potrei non essere più in grado di tornare
indietro” disse scossa “viaggiare nel tempo, a confronto,
è una stupidaggine.”
Adam
la guardò trattenendo il respiro e Claire lo fissò
disperata “non dirglielo.”
“Tu
sei completamente pazza, ragazza!” esclamò costernato
“ma non sei in grado di trasportarti!”
“Oh,
sì invece...” sussurrò infilando le mani nelle
tasche del soprabito “ho assorbito il potere di Hiro. Il vero
allenamento comincia ora.”
“E
se non riesci più a tornare indietro?” domandò
preoccupato “Claire, non è una stronzata...”
“E'
un biglietto di sola andata ma non prenderò quel volo, non
ora” lo rassicurò. “Prima voglio prendere a calci
nel sedere quel vecchio barbogio.” Il suo sguardo si fece cupo,
abbassò la testa e con un gesto affettuoso, Adam la abbracciò.
Claire restò per un momento sospesa nel nulla e poi si lasciò
coccolare da quel vecchio saggio che la metteva continuamente in
imbarazzo.
-
- -
“Sei
proprio sicuro che sia il posto giusto?”
“Fidati,
ho il GPS integrato!” ridacchiò lasciandola andare.
“Nausea?”
“Un
pò” ammise prendendo un respiro quando un movimento
catturò la sua attenzione. Gli diede una gomitata poco gentile
e li indicò col dito che nascose subito sotto il braccio.
Gabriel alzò un sopracciglio. Impossibile.
“Prova
dire 'non è come pensi, sono solo amici' e giuro, ti
prendo a schiaffi” mormorò Meredith poco allegra.
“Possiamo andarcene?”
“No”
disse muovendosi nella loro direzione “mi piace l'espressione
che fanno quando compaio alle loro spalle.”
Claire
lo lasciò andare con un gesto che stava a significare che era
tutto a posto. L'uomo la colpì sulla spalla e la spinse verso
la strada aperta. Meredith afferrò Gabriel per la giacca e lo
nascose contro l'angolo posandogli una mano sulla bocca con poca
grazia. Quello non era un gesto da amanti.
“La
tua idea è folle.”
“Non
siamo immortali davvero” mormorò Claire alzando gli
occhi all'improvviso. “Siamo solo difficili da far fuori...”
“Come
dice il tuo uomo, 'è una figata'.”
“E'
davvero una figata?”
“No,
per questo ho lasciato perdere tua madre...”
Meredith
sbiancò e per un attimo si irrigidì.
“L'immobilità
uccide...”
“La
gabbia uccide” la riprese sventolando un dito “ti
chiedi perché non faccio la mia mossa. Beh, bimba. Ho avuto
diciotto moglie e innumerevoli amanti. Le ho perse tutte. Perderei
anche lei.”
“Ma
ne frattempo saresti felice...”
“Trent'anni
insieme e altri trenta di sofferenza. Non lo augurerei a nessuno. La
vedrei appassire e poi morire.”
Meredith
strinse le labbra e perse la presa sul suo compagno che ne stava
osservando tutte le reazioni. Per la prima volta, Gabriel la vide
scrollarsi di dosso la corazza dura che indossava e percepì i
suoi sentimenti, restando abbagliato dalla profondità di essi.
Era quasi imbarazzante penetrare così la psiche di una donna.
Volse la testa altrove cercando di annullare il contatto. Si
concentrò sui due e quando Meredith gli si appoggiò
contro, la guardò titubante. “E' questo il motivo,
vero?” domandò a bassa voce. La donna annuì e
sospirò. “Sono ridotta male se mi faccio consolare da un
ragazzino...” sibilò arrabbiata con se stessa.
Gabriel
la guardò e non rispose a tono. Non era Claire, era una donna
adulta. Non poteva scompigliarle i capelli e coccolarla come faceva
con lei. Allungò lo stesso le braccia e la strinse a se,
sentendola resistere per qualche secondo. Ecco da chi aveva preso,
pensò quando gli si afflosciò addosso abbassando la
testa. “Vuoi passare il resto della tua vita a chiederti come
sarebbe stato?” le chiese osservando i due che parlavano.
“Te
l'hanno mai detto che sei un bravo ragazzo?”
“Una
volta, tanto tempo fa...” mormorò tenendola contro di se
“togliti dai piedi, forza...” aprì le braccia e
Meredith si staccò con un sospiro. “Stavo comoda. Avevo
dimenticato quanto è piacevole stare...” si interruppe e
lo guardò stringendo gli occhi “guai a te, se si viene a
sapere che ho frignato” lo minacciò puntandogli un dito
contro. “E ora sta zitto e lasciami origliare.”
Claire
lo guardò in silenzio “è per quello che mi hai
detto...”
“Sei
vuoi chiudere per le ragioni che mi hai detto, ripensaci. Non ce n'è
una che stia in piedi.”
Gabriel
restò congelato e si irrigidì e Meredith lo guardò
a sua volta. L'errato pensiero iniziale di entrambi era stato
cancellato da una verità che avrebbero preferito non sapere.
“Sei
troppo dura con lui. Guarda che non è davvero un supereroe.”
“Non
l'ho mai pensato.”
“Allora
perchè ti ostini ad etichettarlo come il cattivo della
storia, quando sono gli altri, i veri mostri?”
Le
aveva già sentite quelle parole. Claire lo guardò cupa,
poi la sua ansia scemò e rilassò le spalle. “Hai
ragione.” Alzò lo sguardo all'improvviso e fissò
il vicolo nel quale erano nascosti. Si mosse verso di loro, ma
quando svoltò l'angolo non c'era nessuno. Titubante restò
a guardare la stradina vuota. Poi annusò l'aria. Quello era il
profumo di sua madre. O forse solo una strana coincidenza,
pensò guardinga.
-
- -
Meredith
non sapeva cosa dire. Non a lui, non quando aveva quell'espressione
di incredula sofferenza. “Un dubbio viene a tutti.”
“E'
più di un dubbio...” rispose a bassa voce “Claire
continua ad odiarmi e pensa che la stia usando per i miei scopi.
L'unica volta che non ho uno scopo da perseguire.”
“Te
l'ha detto lei?” domandò schiacciando lo scheletro di
una sigaretta morta ai suoi piedi. C'era un panorama fantastico da
quel palazzo.
Gabriel
annuì e fissò lo sguardo lontano. Pensava che la notte
passata fosse stata sufficiente a lenire parte della sua rabbia. Lo
detestava e non le sarebbe passata tanto facilmente. Lo amava e
voleva stare con lui a dispetto del resto. Come poteva conciliare i
due sentimenti senza impazzire? Forse doveva lasciarla andare....
forse doveva...
“Ehi,
smettila di pensarci!”
Gli
leggeva nella mente?, pensò notando la sua espressione nervosa
“non puntami addosso quei fanali, sono debole di cuore e
sentimentalmente depresso, in questo momento” scherzò
per deviare l'attenzione della sua tragedia personale.
“Cretino”
borbottò restando a guardarlo. “Fai un sacco di rumore e
tutto quello che vuoi, è qualcuno che ti ami.”
“Io
non mi nascondo dietro un dito.”
“Ma
Claire è come te. Siete così simili...” sospirò
e scosse la testa “... così immortali. Avete una pelle
perfetta! Tutti e due!”
“Pensi
sia un vantaggio? Adam ha ragione. Vedremo appassire e morire tutti
quello che ci circondano senza poter mai raggiungerli” mormorò
serio. “Questo me lo sono meritato. Così imparo ad
essere ingordo di poteri.”
“Te
lo dici anche da solo...”
Gabriel
si voltò a guardarla, quando la sentì sogghignare. Era
seduta nell'esatta posizione di Claire, la prima volta che l'aveva
convocato per una riunione segreta. Arrampicata su un cornicione, con
le gambe che dondolavano appena. Era inguainata in un paio di jeans
così aderenti che sembravano dipinti addosso.
“Che
stai guardando?”
“Te”
rispose sincero insistendo a fissarla. “Sei una donna molto
bella.”
Meredith
lo fissò negli occhi e scosse la testa “è
impazzito...” cantilenò balzando a terra.
“Pensi
che stia mentendo?” domandò ancora avvicinandosi e
sbarrandole il passo. “Ci sarà mai qualcuno che crederà
alle mie parole?!”
Meredith
lo guardò e avvampò vicino alla sua faccia. “Ho
già fatto flambè il tuo doppio...”
“Smettila”
sussurrò spostandole il braccio da un lato. Per lo stupore, la
fiamma scomparve e la donna lo fissò incredula. “Gabe...”
“Ti
faccio paura?”
“No”
mormorò sincera “dovrei avere paura di un ragazzino col
cuore a pezzi in cerca di risposte?”
La
sua voce era dolce. Posò le mani sul cornicione, attorno alla
vita della donna e abbassò la testa sospirando. “Già...”
mormorò fra i denti. “Quello che faccio non è mai
abbastanza. Oppure è sbagliato” sussurrò
frustrato “voleva morire. L'abbiamo riportata in vita e si è
risentita!”
“Cosa
ha fatto, quella scema?” domandò esterrefatta piegando
la testa per guardarlo.
“Hai
capito bene” affermò alzando lo sguardo su di lei. Era
duro e gli occhi luccicavano. “Pensavo che lasciarla sola fosse
la soluzione migliore. Ma basta una parola a far crollare tutto. Non
si fida di me, non l'ha mai fatto.”
“Ma
non verrebbe a letto con te se non...”
“Brava,
hai centrato il punto” sibilò frustrato “passa il
tempo a detestarmi, ma non si fa scrupolo ad usarmi...” Sta
zitto, gridò una voce dentro di lui. Stai parlando
troppo. E con la persona sbagliata, pensò rendendosi conto
di come lo guardava. Inspirò per calmarsi e il suo profumo gli
riempì le narici. Quando aveva assunto quella posizione? La
costringeva a piegarsi all'indietro per non stargli addosso. La
guardò negli occhi e tirò indietro la testa di qualche
centimetro. “Scusa...” borbottò scuotendo la testa
“ho un po' di problemi, al momento.”
Meredith
lo scrollò per i capelli tirandoli leggermente, come faceva
con la figlia. “Capitano a tutti” concesse appoggiando la
fronte contro la sua. Come faceva con Claire. Lo sentì
inspirare per calmarsi e muovere il viso contro il suo. Era troppo
tempo che non toccava un uomo. Le strofinò la guancia sul
collo, spedendole brividi lungo la colonna vertebrale. Le sue mani si
mossero da sole, la strinse a se infilando le dita fra i capelli.
Aveva le labbra socchiuse, il respiro affannoso e la pelle morbida.
“Profumi di buono...” sussurrò immergendo il viso
fra le ciocche bionde, sollevandole il viso con delicatezza. Abbassò
la testa e la baciò.
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Capitolo 8 *** War Games ***
C'era
un motivo per cui era sempre scontrosa. Gli uomini i limitava a farli
flambè, quando si allargavano troppo. L'unico che non era
riuscito a sopraffare era stato il suo doppio, quando l'aveva
aggredita dentro casa. Troppo stupita per reagire. Poi troppo
impaurita. Gli ubriaconi e i molestatori sapeva affrontarli, ma non
riusciva a muovere un muscolo quando la raggiravano in quel modo.
Meredith assorbì il suo bacio impassibile. Sapeva riconoscere
la disperazione nell'animo di un uomo, ma questo non lo avrebbe
salvato da una strinata di pelo, appena si fosse staccato da lei.
L'avrebbe preso a calci per tutto il tetto del palazzo! Tirò
indietro il collo mentre la baciava lungo il mento e scendeva fino al
seno. Il suo corpo reagì all'improvviso ordinandole di
prenderlo a schiaffi. Invece restò immobile, le mani puntate
sul bordo del cornicione dietro di lei. “Ok, basta...
smettila!” sbottò con voce rotta spingendo contro di
lui.
Sbilanciato
dal gesto, Gabriel barcollò e riacquistò la lucidità.
La sua espressione era indescrivibile, mentre la guardava.
“Se
sei triste, sbatti la testa al muro, parla con lei, stroncati di
alcool ma non fare il coglione con me... e smettila di guardarmi in
quel modo.”
“Io
non... mi dispiace” mormorò allontanandosi da lei.
Meredith
lo fissò cattiva e dopo qualche minuto, scosse la testa con
una smorfia. "Non fa niente" mugugnò dandogli le
spalle "non è successo niente. Un momento di debolezza
capita a tutti..."
"A
me no" mormorò strofinando il viso con forza.
“Smettila
e guardati il panorama” borbottò costringendosi ad
osservare la città sotto di se. “Non lo dirò a
Claire, sta tranquillo. Avete già abbastanza problemi.”
“Non
ho paura che tu glielo dica” rispose duro “c'è
qualcosa che non va in me! Io non sono così, non faccio queste
cose!”
“Adeguati,
sei umano anche tu.”
Era
così nervosa che si tratteneva dal tirarlo di sotto, pensò
quando la vede dondolare una gamba istericamente. “Qual è
il problema?” domandò facendole voltare appena la testa.
Meredith lo fissò negli occhi con un certo disprezzo. “Non
c'è problema.”
“Non
è vero.”
Che
fastidio! “Ha ragione Claire, quando mordi l'osso non lo
lasci più!” esclamò arrabbiata colpendo il
cornicione con entrambe la mani “non vado a letto con un uomo
da tre anni, mi stupisco di essere ancora viva e il primo che riesce
ad arrivare a me, è il ragazzo di mia figlia! Due volte! Sono
incazzata!”
“Mi
sono già scusato” mormorò restando lontano da lei
“qual è il vero problema?”
Meredith
girò la testa e appoggiò il mento sulle mani “il
tuo doppio.”
Lo
stupore fu talmente tanto che non riuscì a formulare un solo
pensiero. “Cosa vuol dire 'due volte'?”
“Credevi
che mi avesse solo deturpato la faccia?” domandò ostile
e un silenzio impaurito cadde fra loro. “Non potevo dirvelo.
Non volevo che Claire lo sapesse...” sussurrò mordendosi
le labbra “non è stata una bella esperienza e non volevo
farvi preoccupare. E' andata, è morto, ha avuto la sua
punizione” concluse drizzando la schiena. “Adesso arrivi
tu, con la tua aria innocente da bambino che ha perso il giocattolo
e mi fai ricordare cosa manca nella mia vita...”
“Meredith...”
La
donna si voltò a guardarlo e scrollò le spalle.
"Tesoro, va tutto bene."
"Non
va bene!"
"Te
lo fai andare bene, d'accordo?" lo rimbeccò un pò
seccata. “Portami a casa.”
-
- -
Claire
calcolò male la distanza e finì dritta contro la
parete, cadendo a terra con un gemito.
“Devi
imparare a visualizzare esattamente il luogo, rischi di trasportarti
all'interno di muro o di una persona.”
Rabbrividì
al pensiero e si alzò in piedi. “Ma se non conosco il
luogo, come faccio a visualizzarlo?”
“Devi
fidarti del tuo istinto.”
Che
risposta del cavolo, pensò concentrandosi e osservando i
due che le giravano intorno. Se chiudeva gli occhi continuava a
'vedere' i loro movimenti, come se qualcuno le suggerisse
all'orecchio. Abbassò la testa, quando fu certa di sentire il
rumore tagliente di una spada che lacerava l'aria. Alzò una
mano e scaraventò Adam lontano da se. Ma non aveva calcolato
Hiro alle sue spalle. Si voltò giusto in tempo per vederlo
affondare e con un gemito scomparve e riapparve dietro di lui,
immobilizzandolo.
Il
giapponese si inchinò e tornò alla giusta distanza
“ottima mossa, Portatrice.”
“Claire”
mormorò un po' stanca. “Possiamo fare una pausa? Non
pensavo che trasportarsi succhiasse tutte queste energie...”
“Saltare
ti lascerà senza forze” l'avvertì rinfoderando la
spada. “Avrai bisogno di una grande forza d'animo, Portatrice.
Dovrai tenerti ancorata ad un pensiero per tornare a casa. Non dovrai
mai dubitarne. Dovrà essere il tuo faro nella notte.”
Annuì
abbassando le spalle e inchinandosi a terra per riprendere fiato.
Sembrava che qualcuno le avesse risucchiato anche le scorte di
emergenza. Le girava la testa e il corpo era diventato
improvvisamente pesante. Ma anche così lo sentì
arrivare. Fece appena in tempo a bloccare la spada che le arrivò
a piena velocità contro la sua fronte. Si fermò a un
centimetro e volteggiò su se stessa. Claire la guardò
ad occhi sgranati e barcollò all'indietro, finendo a sedere
mentre l'arma cadeva a terra con un rumore metallico. Strisciò
verso la parete e appoggiò la schiena.
“Non
abbiamo finito” l'avvertì troneggiando su di lei “fammi
vedere cosa sai fare.” Con un gesto brusco, Sylar l'afferrò
per la maglia e la rimise in piedi sbattendola contro il muro. “Non
abbassare la guardia” mormorò sollevandola a mezz'aria.
Claire sentì il fresco del pavimento lasciare posto al calore
del soffitto. Aveva lo stomaco sottosopra e la nausea non la faceva
respirare. Un attimo dopo la lasciò cadere e quando fluttuò
sopra la sua testa, lo vide ghignare. Era una mossa inconscia ma
efficace, pensò notando solo allora il suo sguardo
annebbiato. Non era arrabbiata e non era impaurita. Allungò le
braccia e l'afferrò tirandola verso di se. Cedette di colpo e
gli finì addosso. Non aveva neppure la forza di restare in
piedi. Le alzò la testa e la guardò interrogativo. Gli
rimandò uno sguardo esausto e supplichevole.
“Forse
è il caso di rimandare” mormorò Adam alle sue
spalle “l'abbiamo torchiata troppo, stasera.”
Gabriel
annuì e gli rivolse un'occhiata strana mentre la prendeva in
braccio. “Penso che Meredith voglia parlarti.”
“E'
qui?” domandò rinfoderando la spada.
“Uomo
dei Cervelli. Aspetta.”
Ora
lo strangolo, pensò voltandosi verso il giapponese. Il
ragazzo si inchinò e lo fissò dritto negli occhi “non
sapevo che tu fossi il Guardiano della Portatrice. Le mie scuse.”
Guardiano
della Portatrice?, si domandò con una smorfia. “Mh...
ok” disse facendo un passo laterale “ce l'ho, un nome...”
Il
ragazzo lo guardò e non sapendo cosa fare, si inchinò
una seconda volta.
“Ahhh,
lascia stare” sbottò scuotendo la testa. Era finito in
una gabbia di matti. Guardiano suona meglio di babysitter, pensò
adagiandola sul letto. Era come spostare un sacco di patate.
Claire
lo guardò fra le ciglia e ci mise un po' a metterlo a fuoco
“sei tornato...” sussurrò restando immobile.
“Indovina
chi è stato attaccato, qualche ora fa. Arthur aveva una spia
all'Impresa. Tuo padre ha dato di matto.”
“Chi
era?” domandò issandosi suoi cuscini. Le restava
lontano, era sulla difensiva. Ma c'era altro, dietro
quell'espressione impenetrabile.
“Il
tuo medico. La prima impressione è sempre giusta.”
Claire
lo guardò pensando che stesse scherzando, fece una smorfia e
tirò indietro i capelli. “Eravate nel vicolo, avete
ascoltato la nostra conversazione” disse notando che restava
impassibile. Era bravissimo a mascherare i suoi sentimenti.
“Quando
avremo finito sparirò, potrai riprendere la vita di sempre,
non mi vedrai mai più...” Il suo sguardo divenne cupo e
la voce si abbassò di un tono. “Ti sei legata a me
perché non potevi fare altrimenti” continuò
ignorando l'espressione che aveva. “Dovevi sopravvivere in
qualche modo.”
“Un
cavolo, non ti ho chiesto di… stare con me perché
ero costretta dagli eventi!”
“Quella
è l'unica parte che non so spiegarmi.” Sorrise ma era un
sorriso amaro. Le accarezzò il mento e la tirò verso di
se. “Tu mi detesti ancora... sarà sempre così.
Anche fra cento anni.”
No...
non è vero, pensò magnetizzata dalla sua voce e
dalla carezza lungo il viso che si interruppe quasi subito. “Ti
odio perché mi hai costretto ad aprire gli occhi. Ho paura di
perdermi, di diventare...”
“Come
me?”
Claire
annuì e lo guardò “ma non per il motivo che credi
tu” mormorò “sei così triste e
amareggiato... io vorrei aiutarti. Non so aiutare me stessa, ma con
gli altri riesce meglio.”
Un
fremito di ciglia. “Anche tu non scherzi, splendore. Sei molto
diversa da alcuni mesi fa...”
“Invecchiando
si peggiora” mormorò sorridendo un po' triste “devo
solo imparare a scindere Gabriel da Sylar...”
A
quelle parole, la guardò incupito “ma a te piacciono
entrambi.”
Claire
lo guardò e trattenne il fiato. Ecco una delle tante verità
che non andavano dette ad alta voce. Annuì e abbassò la
testa “sì, mi piacciono entrambi. Ma ti preferisco
quando eviti...” indicò la fronte con una smorfia.
“Raccontami come eri prima dell'eclissi.”
“Un
tipo assolutamente anonimo. Uno come tanti. Se mi avessi incontrato
per strada, non ti saresti mai fermata a parlare con me”
mormorò sdraiandosi sul letto con le braccia dietro la testa.
“Se non ci fosse stata quella maledetta eclissi, non ti avrei
mai trovata...” lasciò scivolare lo sguardo lungo il suo
viso e si soffermò agli occhi. “Mi rendi una persona
migliore.”
“Io
ti ho visto, la prima volta che sono venuta da te...”
sussurrò avvicinandosi “quella mattina pioveva... ero
terrorizzata, in preda al dubbio...”
“Non
ti avrei mai fatto del male...”
“Ma
non potevo saperlo” bisbigliò seguendo i suoi movimenti,
mentre si rimetteva seduto e la guardava in attesa. “Mi hai
preso in giro, mi ha fatto credere che avevamo...”
“Volevi
sentirti desiderata, volevi che ti guardassi come ti avevano guardato
quegli uomini nel locale...” sussurrò accarezzandola
lungo il braccio “all'improvviso non eri più la piccola
Claire ubriaca che si diverte ad infrangere le regole di papà,
ma una donna con delle necessità... mi hai chiesto di baciarti
e io l'ho fatto. Mi hai chiesto di toccarti...” continuò
vedendola avvampare e abbassare la testa “hai detto che
nessuno...”
“Ok,
basta... me la ricordo un po', quella parte...” sbottò
violacea sventolando le mani e alzando la testa quando le sollevò
il mento.
“Eri
bellissima, indifesa... e la mattina dopo sei tornata da me. Tremavi
così tanto che potevo sentire il tuo cuore battere dalla porta
d'ingresso. Non potevo non prenderti in giro. Ti rilassava e rendeva
tutto più facile” sorrise e Claire lo guardò
timida. “Non potevo avvicinarmi, dovevi essere tu a decidere.
Poi mi sei finita fra le braccia... e non potevo lasciarti
scappare... eri così innocente e pura... tu non hai idea di
cosa ho provato...”
“Dimmelo”
mormorò avvicinando incanta dalla sue parole.
“Volevo
corromperti, anima e corpo... volevo che fossi mia, solo mia”
ansimò tirandola a se “volevo farti gridare il mio nome,
volevo che mi implorassi di farti godere... c'era una parte che
chiedeva 'ancora e ancora' e tutto il resto che mi lottava
contro... come pensi mi sia sentito ad averti nuda nel letto?”
“Non
lo so...” biascicò con un filo di voce “dimmelo...”
“Non
cercare di entrare nella mente di un uomo, non potresti sopportarlo”
mormorò nel suo orecchio insinuante, mentre la stringeva
conficcandole le dita nella carne “volevi essere corrotta, da
me, da chi ti aveva fatto del male... e cristo, l'avrei fatto
volentieri se non mi avessi detto che eri vergine.”
Claire
trattenne il respiro e non fiatò. “Ed è
bastato... a fermarti?”
“Non
potevo farlo, avevi iniziato a fidarti. Anche se il resto del tempo
eri terrorizzata da me, quello che sentivo quando mi abbracciavi, era
sufficiente ad impedirmi di approfittare della tua ingenuità.
Ho aspettato... il tempo non è mai stato un problema... e più
aspettavo, più ti avvicinavi e ti aprivi. Mi cercavi, anche
solo con lo sguardo. Non mi capitava da tempo, di sentire l'interesse
di una donna. Un interesse puro, senza doppi fini. C'era una parte
di te che non mi lasciava mai. Era bello... mi faceva sentire...”
“Desiderato?”
domandò imbarazzata “io ti volevo, volevo il ragazzo che
mi sussurrava all'orecchio, che mi abbracciava quando ero triste, che
mi rompeva le scatole quando si annoiava” mormorò
guardandolo negli occhi “ma tu eri sempre così
ambiguo... e certe volte... Gabriel spariva e restava solo Sylar... e
io mi sentivo...”
“...
eccitata...” mormorò afferrandole i capelli alla nuca e
scoprendo la gola “come adesso...”
“Sì...
e non sapevo fin dove potevo arrivare. Non avevo il coraggio di
scoprirlo...”
Con
un gesto brusco, la strinse di più “Claire, io sono
entrambi. Posso essere l'uomo che ti asciuga le lacrime e l'assassino
senza scrupoli” continuò abbassando la voce “sono
Gabriel e sono Sylar... sarà sempre così.”
“Lo
so...”
“Puoi
accettarmi e andare avanti?”
“Non
lo so” confessò sentendo che la stretta si allentava.
“Ti svegli mai, la notte, in preda al rimorso per quello che
hai fatto?”
“E'
capitato...” mormorò non capendo dove voleva condurre il
discorso.
“E
cosa hai fatto?”
“All'inizio
mi giravo nel letto e mi rimettevo a dormire... ma ora mi domando
sempre più spesso se non c'era un altro modo. Di solito la
risposta è 'sì'” concluse sciogliendo le dita dai
suoi capelli.
“Ho
capito cosa c'è che non va in me. Non sono buona come
credevo...” mormorò assente “sono arrabbiata,
voglio vederli soffrire tutti, dal primo all'ultimo... e mi sento in
colpa, perché non dovrei provare questi sentimenti.”
“Perchè
no, se hanno reso la tua vita un inferno?”
“Non
siamo gente normale e non abbiamo i problemi della gente normale”
gli ricordò affranta “hai perso la tua anima dopo
quell'eclissi... e io sto perdendo la mia, da quando Angela ha avuto
la premonizione.” Il letto si inclinò da un lato e
quando le abbracciò le spalle, chiuse gli occhi e si lasciò
cullare. “Che diavolo faremo, quando questa storia sarà
finita?”
La
grande domanda, pensò guardando il vuoto. “Non
pianificare la tua vita, Claire. Vivi alla giornata. Non puoi sapere
quando la Nera Signora verrà a prenderti...”
“...
o te” rispose voltandosi con espressione divertita “me le
togli di bocca, le battute...”
“Confermo,
se fossi rimasto un orologiaio sfigato del Queens, non mi avresti mai
notato.”
“Non
sei sfigato” ribattè sorridendo “e sei piuttosto
fico per essere un orologiaio... ehi!” esclamò quando la
sdraiò sul letto con un sorriso malizioso. Lo guardò e
perse la sua ilarità. “Stavamo parlan..”
Fra
due giorni, io verrò trasportata qui da un'esplosione, ti
porterò con me e nel mio tempo morirai! Sono due
gemelli...
Non
me l'avevi detto
Non
me l'avevi mai chiesto Non fare di testa tua come al solito! E'
ubriaca e indifesa, guai a te se ne approfitti! Resta qui. Su
questo angolo. Ho contato le righe, se ti muovi me ne accorgo!
Claire tornò in
se con un respiro strozzato. Passò le mani sul corpo mentre
Gabriel la guardava stupito. Era asciutta, al sicuro ed era più
che certa di non essere incinta. Quella premonizione era confusa, non
riusciva a capire bene come si collegavano tutte le scene sognate.
Aveva la testa annebbiata e tremava da capo a piedi. Acqua.
C'era molta acqua intorno a lei, sopra di lei. Sembrava stesse
annegando. Per ora, qualcuno la stava scrollando delicatamente.
“Hai avuto una
visione?”
Claire annuì
inghiottendo la saliva. Sono due gemelli. Inghiottì
un'altra volta. Non era incinta.. ma nel futuro... Qual era
lo spazio di tempo nel quale si avverava la premonizione? “Quanti
figli hai detto che volevi?” domandò stentata, col viso
arrossato e il fiato corto “due bastano?”
La sua espressione era
tragica e comica al tempo stesso. “Direi di sì”
rispose allibito “hai visto...”
“Non lo so, cosa
ho visto!” esclamò allarmata affrettandosi a mettere
maggior distanza possibile fra loro. Gabriel la guardò
interrogativo, e la sua espressione cambiò e divenne
seducente. Sorrise malizioso e attese.
“Scordatelo,
stanotte ognuno per se!” ribattè cercando di ignorarlo.
“Fare gli occhioni non mi convincerà...” Oh, al
diavolo! “Sono stanca e non sono al meglio della forma... e
domattina devo alzarmi presto per allenarmi con Hiro!”
“E hai mal di
testa. E il ciclo” concluse abbracciandola “lei hai
finite?”
“Le scuse? Sì...”
-
- -
“Ti
aspettavo, Portatrice”. Hiro sollevò gli occhiali sul
naso e la sua faccia da luna piena restò immutata. Prendeva
il suo impegno sul serio, pensò arrotolando le maniche e
sedendo di fronte a lui. Erano le
sei dei mattino. Sbadigliò e chiese scusa. “Non
ho dormito molto...”
“Il
male non dorme mai.”
Dorme,
dorme, pensò ironica stirando la schiena. A quell'ora
infame, anche il vecchio barbogio che voleva disossarla, era ancora
immerso nel mondo dei sogni. “Quante sono le possibilità
che possa perdermi nel Multiverso?”
“Infinite.”
“Perfetto”
disse sospirando “cominciamo...”
-
- -
“Hai
ascoltato le mie ragioni, voglio sapere la tua risposta”
mormorò fermandosi ai piedi di un albero. In quel gigantesco
parco che circondava la dimora di Nakamura, c'era spazio per tutto.
Anche per un laghetto con i pesci. Meredith lo guardò
incerta “non ho una relazione con un uomo da troppo tempo..”
“Mai
avuta una” scherzò strappandole un sorriso.
“Senti...”
borbottò fermandosi davanti a lui “eliminiamo le
tragedie e concentriamoci su un unico punto.”
“E'
quello che dico sempre anche io” ridacchiò con le mani
dietro la schiena.
“Invecchierò
e tu resterai per sempre giovane.”
“E'
vero.”
“Un
marito giovane fa scena, ai pranzi con le amiche. Sai come si dice,
la carne fresca è la migliore...”
“Concordo”
disse avvicinandosi “ma potrebbe finire per mille altre cause.
Non solo naturali.”
Meredith
annuì suo malgrado e si strinse nel cappotto “sto
congelando... perché restiamo fuori?”
“C'è
un panorama magnifico” disse stendendo il braccio “scommetto
che il tuo santone ti tubava nelle orecchie romanticherie di ogni
genere...”
“Non
tubava particolarmente” scherzò “la maggior parte
del tempo non ascoltavo...”
Adam
la guardò sorpreso.
“Avevo
bisogno di stare sola” confessò prendendolo sotto
braccio “andiamo dentro.” Con passo incerto, la seguì
e quando chiusero l'enorme porta finestra il caldo dell'abitazione li
stordì. “Perchè Claire è venuta qui?”
domandò d'un tratto “non mi dice più nulla, anche
Noah cade delle nuvole e non conosce l'esatta ubicazione della
figlia. Claire ha pagato il volo in contanti, in modo che l'estratto
conto della carta di credito non riportasse ne la compagnia, ne il
luogo prescelto. Non è mai stata così...
pianificatrice!”
“Allenamento”
disse guardingo “e nessuna interferenza esterna.”
“E
tu perché sei qui?”
“Faccio
parte del programma addestramento ex cheerleaders” scherzò
senza convincerla. Meredith lo fissò di traverso “cosa
mi nascondi?”
“Niente”
disse tranquillo “se vuoi sapere cosa è in grado di
fare, resta da queste parti...”
“Mh...”
bofonchiò colpevole. “Se ha bisogno di isolarsi,
preferisco togliermi dai piedi.”
“Non
mi hai risposto.”
La
donna sollevò gli occhi al cielo e sbuffò “ok ok.
Basta che la finisci!”
“Fortuna
che tua figlia non ha preso da te” borbottò a bassa voce
“nel medioevo, le donne le frustavano...”
“Puoi
sempre provarci” ridacchiò fiammeggiando dal palmo delle
mani.
“E
le streghe le bruciavano! Non c'è bisogno di fare la spaccona”
esclamò avvicinandosi a lei “metti via i fiammiferi, non
ho intenzione di scottarmi, bimba.”
Meredith
sorrise ficcò le mani in tasca. “Si può avere un
caffè o devo accontentarmi di una colazione giapponese?”
“Accomodati,
la cucina è di la.”
“Lo
sapevo” sospirò passandogli davanti e facendo un saltino
quando le sferrò una pacca sul sedere “non ti allargare
troppo, ragazzino” sibilò tornando indietro “non
ho ancora deciso che puoi prenderti tali lib...” Meredith
s'interruppe quando sentì un frastuono assordante provenire
dalla sala in cui facevano allenamento. Spalancò la porta, ma
fu scansata brutalmente da una seminuda massa corporea maggiore delle
sua.
“Toglila,
toglila!”
Gabriel
la guardò sudando freddo. Qualsiasi cosa stessero facendo,
avevano divelto la rastrelliera delle spade e Claire ci era finita
dritta sopra, trapassandosi da parte a parte. Cosa ancora più
strana, era bagnata dalla testa ai piedi.
Il
dolore era lacerante e le toglieva il fiato, non riusciva a piangere
e aveva smesso di gridare.
“Tienila”
disse ad Adam che osservava la scena raggelato. Girò lo
sguardo su Hiro che era rimasto a sua volta sconvolto. “Come è
successo?!”
“Ho
calcolato male le distanze” disse freddo “le avevo
detto...”
“Tu
hai fatto anche troppo!”
Claire
urlò pensando che sarebbe impazzita dal dolore, quando sentì
distintamente la lama uscirle dalle carni con una violenza inaudita
che le mozzò il fiato. Un attimo dopo svenne sul pavimento
insanguinato e zuppo d'acqua.
“Le
hai insegnato a trasportarsi, vero?” la voce di Gray era una
stilettata dura alle orecchie. “Per quello era esausta!”
Il
ragazzo annuì e sollevò gli occhiali sul naso. Gabriel
pensò che più di tanto non poteva arrabbiarsi con lui.
Le sue lezioni erano state molto più distruttive.
“Acqua
di mare” mormorò Adam leccando la goccia che aveva
raccolto col dito dalla guancia di Claire. “Questa non la
capisco...”
“Come
Guardiano delle Portatrice, ti ordino di dirmi cosa sta succedendo!”
esclamò pensando che così avrebbe avuto una risposta
sincera e diretta. Non importava che fosse in boxer e maglietta, era
il tono che contava!
Hiro
lo fissò compito “sono legato da un giuramento lealtà
e segretezza...”
Un
mugolio di dolore da parte di Adam che lo guardò di traverso
“nessuno ti sta chiedendo di rompere il patto, ma certe volte
dobbiamo passare sopra...”
“Ho
dato la mia parola” esclamò duro “sono vincolato.”
“E'
vincolato” sussurrò Sylar con un mezzo sorrisetto,
volgendo lo sguardo su Adam “eh!” Afferrò Hiro
alla gola e lo tirò a se “posso sempre aprirti la testa
e frugare fra i ricordi!”
“Fe...
fermo...”
Meredith
si chinò sulla figlia. Era guarita, ma era scossa, come se
avesse subito un brutto trauma psicologico. “Come ti senti,
tesoro?”
“Bagnata...
e non è un battuta a doppio senso...” ridacchiò
un po' fuori di se “comincio a dire stronzate come Adam...”
sghignazzò e per un lungo istante pensarono che avesse perso
la ragione. “Aiutami...”
Meredith
la rimise in piedi e lo sguardo della ragazza si fissò sulla
mano che teneva stretta la gola del giapponese “lascialo...”
Gabriel
lo lasciò all'istante ma la guardò seccato.
“Ricominciamo con i segreti? Che hai in mente, splendore?”
“Per
adesso, una doccia calda.”
C'era
una discrepanza fra gli occhi e la voce. La osservò cercando
di captarla nuovamente ma si arrese. “Va bene, fa come ti pare”
sbottò allontanandosi da lei.
Claire
si afflosciò a terra e ansimò cercando Hiro con lo
sguardo “non so cosa hai visto... ma non morirà di
solitudine” disse a bassa voce mentre il giapponese s'inchinava
su di lei.
“Non
ho mai previsto la sua morte” rivelò con un sorrisetto
“l'ho ingannato.”
“Verrà
privato dei suoi poteri e sarà ucciso” continuò
“è ufficialmente estromesso dai WarGames” disse
facendo forza sulle gambe. “Affilate le spade, stiamo per fare
una visitina ad Arthur.”
“E
come pensi di scovarlo?!” Meredith la voltò verso di se
con un gesto brusco “ non gettarti in pasto al nemico perché
sei sconvolta!”
“Non
sono mai stata così lucida prima d'ora.”
Adam
le guardò distrattamente. Era preso dalla contemplazione della
spada. Estrasse la propria e la studiò. Erano perfettamente
identiche. “Ehi, bambolina...”
Claire
lo guardò e per un istante Adam vide qualcosa passare fra i
lineamenti. “Scommetto la testa che questa proviene dal mio
fodero...”
Annuì
ed evitò ostinatamente l'occhiata allibita di Meredith.
Con
una smorfia, Adam la lasciò cadere a terra “quando
giunge la propria ora, c'è poco da fare” disse
sfoderando un sorriso divertito alla donna che era impallidita
“sembra che la nostra relazione finirà per cause
naturali, amore mio. Prima di quanto tu creda.”
-
- -
“Essere
ucciso non è una causa naturale!” esclamò
arrabbiata andandogli dietro.
“Come
no!” ribattè divertito “ho vissuto anche troppo e
francamente, mi sono rotto le scatole di essere sempre solo”
mormorò voltando su se stesso “è ora di darci un
taglio” ribattè indicando la gola “se devo morire,
lo farò per una giusta causa.”
“Non
mi interessano queste stronzate da samurai!” gridò
alzando la voce “non puoi lasciarmi adesso!”
Adam
la guardò aggrottando la fronte e scosse la testa, voltando le
spalle “egoista come tutte le donne...”
“Sto
parlando con...” Meredith lo afferrò per il braccio, ma
fu troppo veloce e dopo un istante si ritrovò ad osservarlo
molto da vicino “... te” concluse chiudendo a bocca.
“Non
è la morte a spaventarmi, amore mio” sussurrò
sorridendo “è l'eternità. La grigia eternità
senza nessuno con cui condividerla” la lasciò andare
continuando a sorridere “andiamo, ti mostro le bellezze di
Tokyo...”
“Non
me ne frega niente delle bellezze di To...”
“Mamma.”
Meredith
la guardò un po' seccata “scusa tesoro, non è..”
Claire
l'afferrò per il polso e un momento dopo si ritrovarono in una
cella del Settore Cinque. “Scusami, ma non puoi venire con noi”
mormorò allontanandosi “non dopo quello che ho visto.”
Scomparve
e Meredith si ritrovò a battere contro il vetro esterno.
“Fatemi uscire di qui!”
-
- -
Claire
si avvicinò al laboratorio di Suresh e bussò
discretamente. Era l'ultima persona che si permetteva di sorprendere,
mentre lavorava con provette e chissà che altra diavoleria.
“Ehi!”
esclamò facendole segno di entrare “non ti vedo da un
po'!”
“Già”
mormorò tenendo le mani in tasca “ho bisogno di alcun
fiale di inibitore super concentrato” disse captando una sua
occhiata inquieta “un bel po', a dire la verità.”
Il suo sguardo limpido era difficile da sostenere e per qualche
oscuro motivo si sentì in colpa.
Senza
chiedere alcuna spiegazione, l'uomo le porse un contenitore medico.
Claire l'apri e vide le fialette all'interno. “Mi serve anche
una siringa. E un anestetico da elefanti” disse pacata “la
cella di Sylar è ancora tarata sui livelli psichici dell'ex
proprietario?”
Mohinder
annuì ancora senza dire una parola.
“Bene.
Stai per ospitare qualcuno.”
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Capitolo 9 *** Freaks ***
Ciao
a tutti! Come vedete gli aggiornamenti sono rapidi. Finalmente la
storia è conclusa e posso postarla velocemente. Ringrazio
tutti coloro che hanno seguito e commentato. Uff, non pensavo fosse
'sta faticaccia...
Ho
già idee per la prossima storia (ho buttato giù qualche
capitolo) che riguarderà - in parte - alcune vecchie
conoscenze ma non sarà inserita nella serie di Heroes. Un Noir
ambientato nel futuro con un personaggio particolarissimo e
schizzato! Mi aspetto grandi cose da voi! =) Un bacione e buona
lettura
“Signore,
c'è un ospite inatteso nella cella numero tre del Settore
Cinque!”
Il
tecnico indicò la telecamera di sorveglianza e Noah si piegò
buffamente verso di essa. Meredith? “Fammi vedere la
registrazione.” Spalancò gli occhi quando vide apparire
e svanire la figlia e lasciò quasi cadere a terra i fogli che
aveva in mano. “Sbaglio o il nostro concetto di sicurezza
lascia un po' a desiderare?” domandò a bassa voce mentre
pensava velocemente. “Ci penso io, ma bisogna fare qualcosa per
questi maledetti trasportatori!” Marciò nel corridoio
fino alle celle e quando Meredith lo vide, saltò in piedi.
“Fammi uscire di qui! Tua figlia ha perso la testa!”
“Avete
litigato?”
“A
meno che Gray non abbia aperto la sua boccaccia un'altra volta, non
c'è alcun motivo per rinchiudermi qui!”
“Il
che vuol dire?”
Meredith
sventolò una mano sorvolando l'argomento “Claire ha
imparato a viaggiare nel tempo ed è tornata indietro con una
spada conficcata nel fegato! Ha visto qualcosa, ha previsto la morte
di Adam...” d'un tratto si bloccò e smise di gridare “e
forse anche la mia...”
Noah
strinse le palpebre dietro gli occhiali di corno “dov'è
Gray?”
“Non
ne ho la più pallida idea” mormorò sudando freddo
“fammi uscire!”
“Mettiti
comoda. Ti faccio avere qualche rivista...” disse fingendo di
non sentirla. Uscì sul corridoio con passo veloce e tornò
in ufficio.
Claire
alzò la testa colta sul fatto, quando la porta si aprì
e suo padre la guardò sorpreso. “Cosa stai...”
abbassò lo sguardo su quello che aveva in mano e si incupì
“che sta succedendo? A cosa ti servono quei cicalini?”
“Le
ricetrasmittenti satellitari sono difficili da occultare” si
giustificò infilandoli in tasca e chiudendo la zip. “Dov'è
il guaritore, dove l'avete nascosto?”
“E'
al sicuro.” Noah incrociò le braccia e assunse
quell'aria fastidiosa che Claire detestava. Stava per mettersi a fare
il padre. “Ok, lo scopro da me.”
“Dove
sei stata e quando sei tornata?” la interrogò serio
“perchè ti sei messa a viaggiare nel tempo?”
“Ho
una maledizione che mi pende sulla testa, voglio sapere come chiamerò
i futuri figli” scherzò un po' agitata “dio mio...
quando ci penso mi viene la nausea...”
“Meglio,
non mi piacerebbe avere Gray come genero” borbottò
perdendo la sua posa da padre.
“Figurati
quanto mi piacerebbe averti sempre fra i piedi...” borbottò
una voce sarcastica alle loro spalle. Teneva in mano il fascicolo
stilato dai profiler e alzava le sopracciglia perplesso. “Non è
vero... non mi piace... è completamente falso... ma chi ha
scritto questa roba? Posso fare le correzioni?” domandò
con una penna in mano. Si appoggiò alla scrivania dell'uomo e
Claire lo guardò. Abbassò il foglio e la fissò a
sua volta in attesa di spiegazioni.
Perfetto,
pensò guardando i due uomini “mi avete
accerchiata...” ficcò la mano in tasca come se fosse un
gesto casuale e sentì uno sguardo cupo su di lei “Meredith
è in pericolo di vita...”
Gabriel
continuava a guardarla e ogni tanto saettava lo sguardo sulle sue
mani. “E anche Adam...”
“Capita”
borbottò posando i fascicoli sulla scrivania e appoggiando i
palmi al bordo “cosa vorresti fare da sola?”
“Assolutamente
niente” mormorò avvicinandosi e continuando a guardarlo
negli occhi “ma tu sei stato estromesso dai WarGames. Hai avuto
la pagliuzza più corta, mi dispiace..”
“Vuoi
farti disossare dal vecchio senza di me?”
“Esatto!”
esclamò colpendolo all'improvviso con la siringa. Non fece in
tempo ad afferrarle il braccio. Era diventata veloce!, pensò
sentendo le gambe piegarsi e la nausea sopraffarlo. Qualunque cosa
gli avesse iniettato, lo mandò disteso nel giro di trenta
secondi. Claire lo trattenne e lo lasciò scivolare
delicatamente a terra. “Non posso permettere che tu muoia”
disse a bassa voce “scusami, amore mio.”
-
- -
Gabriel
aprì un occhio e grugnì di disappunto. Le aveva
insegnato troppo bene. Allora mi ascoltava quando pensavo di
parlare al vuoto. Si rizzò a sedere con la testa che
girava per l'anestetico ancora in circolo e quando vide Meredith poco
lontano da se, si scambiarono un'occhiata allibita.
“Siamo
senza poteri” gli fece notare indicando l'aerazione che
liberava inibitore gassoso nell'aria.
Un
rumore di tacchi e Claire superò la porta guardandoli a turno.
Gabriel
la fissò senza parlare. Si limitò a guardarla. La posa
parlava da sola: quando sarebbe uscito da lì, i pilastri della
terra avrebbero tremato. Superò la cella tenendogli gli occhi
incollati addosso e si diresse dalla madre che non aveva
un'espressione felice “scusami” mormorò un po' in
colpa “non ho potuto fare altrimenti.”
La
donna annuì poco convinta e si tenne a distanza “cerca
di non farti ammazzare e sta attenta a quello scimunito.”
“Certo”
sorrise stentata. Se sopravvivo. Lo
guardò appena quando gli passò davanti velocemente.
“Pensi
che questa gabbia per pulcini mi fermerà? Hai pensato bene ai
pro e i contro? I tuoi piani fanno sempre acqua da tutte le parti.”
“Ti
ho iniettato l'inibitore super concentrato oltre all'anestetico”
disse un po' in colpa “e sei rinchiuso nella cella di Sylar. Se
non è uscito lui, non uscirai neppure tu.”
“Non
sfidarmi, splendore” sibilò appiccicando quasi la faccia
al vetro “se vai a farti ammazzare, voglio godermela tutta!”
“Suresh
ha detto che il tuo doppio era molto più forte di te”
insistette ignorandolo con difficoltà per come la guardava
“sei inoffensivo, non ti fa infuriare?”
Gabriel
la fissò senza parlare e poi fece una smorfia “non verrò
al tuo secondo funerale.”
“Non
penso resterà qualcosa di me da seppellire” disse con
voce tirata. Una scrollata di spalle e Claire sorrise baciando la
parete separatrice e lasciandovi una traccia di rossetto sopra “sai
una cosa? Sai un po' di vetro” lo prese in giro alzando una
mano in cenno di saluto.
“Stronza!”
Claire
si chiuse la porta alle spalle e dovette fare uno sforzo per non
tornare indietro a tirarlo fuori di lì. Meglio incazzato
che polverizzato.
-
- -
Nathan
la vide apparire nel suo ufficio e trasalì con un gemito
strozzato. “Diosanto, non farlo più!” Un tremito
di ciglia, poi guardò i due con lei. Nakamura lo conosceva...
e quello biondo l'aveva già visto. “Che sta succedendo?”
“Tua
figlia rediviva si è appena trasportata nel tuo ufficio e sai
dire solo 'che sta succedendo'?” lo prese in giro un po'
ironica “ma sei davvero mio padre?” scherzò
abbracciandolo. Era come abbracciare una sequoia “sei un po'
ingrassato...” disse a bassa voce. Le vennero in mentre tre o
quattro battute degne di Sylar ma le tenne per se. “Puoi
prestarmi il tuo potere?”
“Cosa?!”
Con
un sospiro, Claire alzò gli occhi al cielo “hai capito
benissimo. Ma quante puntate hai perso?” domandò
concentrandosi su di lui.
Una
linea di dolore lo percorse dalla fronte al naso e Nathan si toccò
la testa con una smorfia infastidita. “Tutte... quando hai
imparato a farlo?”
“Ad
andare con lo zoppo...” sospirò sollevandosi in volo di
qualche centimetro. Tornò seria quando lo vide restare a bocca
aperta “so fare un sacco di cose, ma rischio di distruggere
l'ufficio” l'avvisò. “Ehi, vuoi sapere chi ha
fatto sesso su quella scrivania in tua assenza?” domandò
d'un tratto sorridendo divertita “stai per avere un infarto?”
“L'ho
avuto al tuo funerale” mormorò toccandola sulle spalle
per assicurarsi che fosse viva “insieme ad un ictus quando ho
visto Sylar piangere disperato sulla tua bara.”
“Se
ne sta pentendo, in questo momento. Dio, non farmici pensare...”
sospirò alzando gli occhi al cielo. “Sarà un
bagno di sangue quando uscirà da lì...”
“Che
gli hai fatto?” La voce di Adam risuonò divertita fra le
mura dell'ufficio governativo.
“L'ho
rinchiuso in una cella del settore cinque privo di poteri”
mormorò mordendosi un labbro “non posso lasciarlo
morire!”
“Ma
chi l'ammazza quello...” borbottò sbracandosi su una
poltrona. Cominciò a ridere divertito e Nathan lo fissò
interrogativo “tu chi sei?”
“L'ex
amante di tua madre” rispose secco “ahh... lascia stare,
roba antica...”
Claire
gli sventolò una mano davanti per attirare la sua attenzione
“ignoralo, sporca ma non da fastidio. Adam è immortale e
sembra che tantissimo tempo fa, uscisse con Angela...”
“Prima
che tuo padre mi desse la caccia per farmi la pelle!”
L'uomo
li guardò a turno, sempre più incredulo. Si soffermò
sulla figlia che attendeva con aria divertita. “Da capo. Prima
devi spiegarmi perché un assassino efferato viene al tuo
funerale e abbraccia tua madre.”
“Ha
carenze affettive” rispose allegra di fronte alla sua faccia
esterrefatta “tranquillo, non lo porto alle cene di famiglia.
Non sopporta Angela” scherzò quando lo vide impallidire.
“Dove posso trovare Arthur?”
“Nella
tomba di famiglia, per quando ne so... sto cercando di assorbire
tutte queste novità. Ho bisogno di un attimo...” mormorò
spostando lo sguardo sui due samurai “la tua non è una
visita di cortesia.”
“Potrebbe
diventarlo se inviti tua figlia a pranzo. Il teletrasporto toglie un
mucchio di energie e devo essere in forma” disse prendendolo
sottobraccio “hai un branco di stagisti, scaricagli un po' di
lavoro sulle spalle” ridacchiò perfida.
“Quando
toccherà a te, signorina, capirai cosa vuol dire...” la
rimbeccò infilando la giacca e conducendola fuori della
stanza.
Claire
si guardò attorno mentre sfilava col padre fra i business man
in giacca e cravatta. Un tremito e si fermò scrutando
l'ambiente. Un omino qualsiasi che faceva il suo lavoro e cercava
senza successo di attirare l'attenzione di una bionda. Spostò
lo sguardo su un altra persona e sorrise cattiva. “Quei due in
fondo a sinistra, lavorano per te?”
Il
padre annuì e Claire sorrise “li conosco. Sono spie di
Arthur. L'omino insignificante che volteggia attorno alla biondona,
ha provocato il disastro sul ponte di Brooklyn, due mesi fa e
l'altro... è l'Uomo Nero” sospirò scroccando le
dita “mi ha costretto a dormire con la luce accesa per mesi!”
“L'Uomo
Nero?”
“Quello
che esce dal buio e spaventa i bambini.”
“Non
sei più una bambina.”
“Puoi
scommetterci quello che vuoi” mormorò andandogli dritta
incontro.
“Dove
vai?” le sussurrò andandole dietro “non puoi usare
i tuoi poteri qui!”
“Voglio
solo farmi vedere” disse con un luccichio negli occhi “voglio
mandare un messaggio ad Arthur.”
Claire
oltrepassò la folla che si muoveva lenta fra le scrivanie,
puntò verso i due, si fermò avanti a loro e sorrise.
L'Uomo Nero la guardò impassibile e Claire sostenne il suo
sguardo con un sorrisetto fastidioso che raramente Nathan le aveva
visto. Poi anche l'omino spostò l'attenzione su di lei e una
certa sorpresa passò fra i lineamenti.
“Dite
a quel vecchio barbogio che non sono morta. Se vuole il
catalizzatore, si presenti di persona.”
-
- -
Quella
traccia di rossetto spiccava sul vetro e lo costringeva a guardarla.
Era quasi ammirato per il modo in cui l'aveva fregato. Ehh, pensò
divertito sdraiandosi sulla brandina con le braccia dietro la testa,
sono uno stronzo sentimentale.
“Gabe!”
“Che
vuoi?” domandò a bassa voce ”sto dormendo.”
Meredith
sorrise suo malgrado “come fai a non perdere il buonumore?”
“Chi
ti ha detto che sono di buonumore?” domandò ad occhi
chiusi “a che ora passa il rancio?”
“Continui
a scherzare” gli fece notare vagando per la cella. Da
quell'angolazione riusciva a vederlo a malapena. “Siediti,
devo dirti una cosa non molto piacevole...”
“Spara.”
“Claire
ha viaggiato nel futuro...” disse facendogli aprire un occhio
“ha detto che verrai privato dei poteri e ucciso.”
“Tzè,
come se fosse possibile” ridacchiò con poca voce. Alzò
un sopracciglio e guardò la traccia di rossetto. Si rimise
seduto, inquieto. Doveva uscire da li. Doveva solo aspettare che
l'inibitore liquido cessasse il suo effetto e poi sarebbe... un lampo
alla sua sinistra e il camice bianco di Suresh sventolò
davanti alla porta della cella. Sbloccò la serratura a
combinazione e fece la stessa cosa con Meredith che lo guardò
sorpresa. “Prendete questi” mormorò veloce “è
l'antidoto all'inibitore. Ci ho lavorato giorno e notte quando Claire
è stata ferita.”
“La
cavalleria arriva sempre in ritardo” scherzò iniettando
il composto. “Tempo di azione?”
“Quasi
immediato” disse frettoloso “Claire si trova negli uffici
governativi di Nathan.”
“E
tu come fai a saperlo?”
“Noah
le ha attaccato una pulce addosso.”
“Che
papà premuroso” ridacchiò scaricando un po' di
elettricità fra le dita “vabbè, ci si vede!”
“Dove
vai?!” esclamò Meredith stupita.
“Tu
non vieni.”
“So
difendermi” ribattè fiammeggiandogli vicino ai vestiti
“per aiutare Claire questo e altro!”
“Tu.
Non. Vieni!”
“Prova
ad impedirmelo, ragazzino!”
-
- -
Angela
se li ritrovò davanti e per un momento chiuse gli occhi,
pregando fra i denti. Li lasciò entrare aspettando la tempesta
abbattersi sulle sua chioma perfettamente pettinata.
“Questa
volta sei andata oltre i limiti, mamma” mormorò
arrabbiato con Claire alla sua destra che la fissava. Era dura
sopportare quello sguardo, pensò tornando a rivolgersi al
figlio.
“Come
stai, vecchia gallina?!”
“Mio
dio...” Angela sospirò palesemente “perchè
sei qui?”
“Per
aiutare queste chiappette d'oro a fare a fettine tuo marito!”
esclamò Adam divertito quando Nathan lo abbrancò per la
spalla e lo portò a pochi centimetri dalla sua faccia “attento
a come parli di mia figlia...”
La
voce di Claire risuonò di punto in bianco facendoli voltare
dalla sua parte. “Gli hai fatto credere che fossi morta! L'hai
usato per arrivare ad Arthur!” gridò in direzione di
Angela.
“Sì
e lo rifarei se dovesse servire a proteggerti!” esclamò
un po' rossa sentendo che perdeva la stima della sua famiglia.
“Dovresti ringraziarmi, signorina. Se non fosse stato per me,
non avresti mai capito cosa provavi per...”
“Dovrei
ringraziarti per aver reso la mia vita un inferno?” gridò
interrompendola “dovrei ringraziarti per avermi dato in pasto
ad un assassino?”
“Non
fare la vittima. È passata molta acqua sotto i ponti da
allora” mormorò guardandola fissa negli occhi “non
è vero?”
Nathan
la fissò sulle spine. Aveva capito vagamente che centrava
Sylar in tutto quello, ma non collegava i tasselli. “Claire...”
La
ragazza lo guardò nervosa e prima ancora che riuscisse ad
aprire bocca, Angela rispose per lei. “Tua figlia ha una
relazione con Gray. Non te l'ha detto?”
L'uomo
la guardò un po' sconvolto, non riuscendo a somatizzare la
notizia. “Ma sei...”
“Una
bambina?” concluse amara guardando la donna “non ero una
bambina quando ha avuto la premonizione e mi ha gettato fra le sue
braccia!”
“E'
la seconda volta che sento questa parola. Mamma, cosa hai visto?”
Claire
alzò le mani e lo fermò “c'è un problema
urgente da affrontare! Voglio sapere dove trovare Arthur per chiudere
questa faccenda una volta per tutte!”
“Non
ho potere sulle premonizioni. A quanto pare, tua figlia è
destinata a stare con quell'uomo” disse ostinata vedendo la
ragazza avvampare di rabbia e imbarazzo. “E da come vanno le
cose, farò in tempo a diventare bisnonna prima di morire.”
Claire
avrebbe voluto che a terra si aprisse e la divorasse, quando si sentì
gli occhi del padre addosso.
“Claire...
esci con quel tipo e sono l'ultimo a saperlo?”
“Non
è che usciamo...” sussurrò imbarazzata muovendosi
a disagio “noi...”
“Scopiamo
e basta” rispose una voce profonda e divertita alle spalle di
Nathan che trasalì “mi hai fatto prendere un infarto!”
“Magari”
sospirò alzando una mano in cenno di saluto. Si concentrò
sulla ragazza, era il ritratto dello stupore.
“Come
hai fatto ad uscire?” gli domandò sorpresa e arrabbiata
“anzi, chi ti ha fatto uscire?!”
“Sono
pieno di risorse” rispose quando fu distratto da un corpo
massiccio che lo afferrò per i vestiti. “Cos'è
questa storia che esci con mia figlia?”
“Uscire
è una parola grossa” ridacchiò divertito “non
siamo intimi fino a quel punto!”
Ma
Nathan non aveva alcuna voglia di scherzare “non mi piaci tu e
non mi piace vederti ronzare attorno a mia figlia...” sibilò
cambiando espressione quando lo vide incattivirsi.
Claire
si avvicinò ancora a disagio “papà, è
vero... smettila, dai. Lascialo...”
“Come
sarebbe a dire?” aveva i sudori freddi lungo la schiena “ma...”
“E'
troppo lunga da spiegare” esclamò imbarazzata “ti
farò lo schemino appena avremo finito.”
“E
parla come te!” ribattè allibito “cosa le hai
fatto?!”
E
ti pareva, pensò sbuffando “l'ho portata nel mio
antro e l'ho sedotta con la collezione di cervelli sotto formalina!”
Claire
strangolò un risolino e abbassò la testa.
“E
mi ha fatto anche i complimenti per la tecnica!”
Le
spalle le sobbalzavano dalle risate.
“Credi
di essere spiritoso?!”
Gabriel
scrollò le spalle e lo fissò “è sempre un
piacere prenderti per il culo...” ridacchiò battendogli
una mano sulla spalla e scansandolo con un colpetto. “Allora,
splendore! Cos'è sta storia che morirò?”
Claire
smise di ridere e si fece tremendamente seria “te l'ha detto
Meredith?”
“Eggià”
rispose incrociando le braccia. “Sei riuscita a fregarmi. Non
ci riesce mai nessuno.”
“Posso
morire felice, allora” mormorò guardandolo. Aveva
bisogno di un abbraccio. “Brucia?”
“Le
mie lezioni non sono state vane” rispose solamente “quindi
ascoltavi, quando pensavo di gettare parole al vento.”
“Ricordo
ogni singolo momento passato vicino a te! Le tue lezioni si
svolgevano sempre in un clima di terrore!” ribattè con
le mani sui fianchi “grattacieli, recinzioni elettrificate...
devo continuare?”
“Tzè!”
soffiò con un sorrisetto che Claire avrebbe cancellato
volentieri eliminato a suon di schiaffoni. Si avvicinò fino ad
arrivargli sui piedi. “Se finisci polverizzato, non prendertela
con me...” sibilò spingendolo su un braccio.
“Non
arriverà neanche a toccarmi.”
“Speriamo
sia così” disse sventolandogli un dito in faccia. Le
afferrò la mano e le torse il braccio dietro la schiena
costringendola ad abbracciarlo. “Non sottovalutarmi,
splendore...”
Claire
si inclinò appena e lo guardò negli occhi. “Vedi
di restare in vita...”
Gabriel
la guardò con un sorrisetto fastidioso, infilò la mano
fra i capelli tirandola verso di se. Per un istante, prima che la
baciasse, Claire pensò che dopo quella scena avrebbe avuto un
padre in meno a renderle l'esistenza fastidiosa. Poi si perse nel suo
abbraccio e lo ricambiò con un'intensità che lo fece
tremare.
“Serve
un'ambulanza, presto!” La voce scherzosa di Adam confermò
la sua impressione iniziale. Si voltarono a guardarlo ancora
abbracciati. Era bianco da morire. E Angela li guardava sbattendo le
palpebre, compiaciuta. “Che ti avevo detto?” disse con
voce morbida ed insinuate.
Con
un moto di rabbia, Claire lo lasciò andare e le sputò
in faccia tutto il suo disprezzo. “Tu sei l'unica che non
dovrebbe giudicare gli altri! Cosa ne penserebbe tuo figlio se
sapesse come hai giocato con noi? Cosa direbbe di sua madre che non
si è fatta scrupolo alcuno, a lasciarmi vivere con un uomo che
la prima volta che mi ha visto ha provato ad uccidermi?”
Nathan
spostò lo sguardo dalla figlia alla madre, poi direttamente su
Gray che la ascoltava con aria impenetrabile.
“Hai
fatto un piccolo errore” continuò stringendo le palpebre
“non hai calcolato tutte le eventualità.”
“Ho
fatto solo quello...”
“Non
hai calcolato lui” disse indicandolo alle sue spalle “e
se non fosse stato una brava persona?” la spronò
avvicinandosi “se non avesse avuto un'anima e un cuore, cosa ne
sarebbe stato di me?!”
“Un'anima
e un cuore!” esclamò drammatica “non
attribuiamo qualità inesistenti al demone incarnato! Stai
dimenticando il suo passato!” insistette alzando la voce.
“No,
ricordo perfettamente ogni singola e dannata virgola del passato!”
esclamò arrabbiata “ma lui non ha mai giocato con i miei
sentimenti e mi ha sempre detto la verità, anche quando era
insopportabile! E' sicuramente migliore della donna che ha mentito ai
suoi figli sulla morte del padre!”
Il
ceffone di Angela arrivò forte e le fece voltare la testa.
Claire girò il collo, un po' stupita, poi la fissò
negli occhi.
“Mamma,
stai perdendo la ragione?”
“Lascia
stare, papà” mormorò risistemando i capelli “non
mi aspettavo una reazione migliore.”
“Abbassa
il tono, nipote” la rimproverò perdendo terreno “quello
che faccio è per il tuo bene!”
“Tu
non hai idea di cosa voglia dire, volere bene alle persone”
rispose amara. Spostò lo sguardo su Nathan e si costrinse a
sorridere, ma le uscì solo una smorfia.
Gabriel
la vide attraversare vari stadi fino ad arrivare all'amarezza piena e
alla disillusione. Claire inclinò la testa e sorrise, ma era
un sorriso strano, che nessuno le aveva mai visto. Nathan sentì
un brivido percorrerlo da capo a piedi. Poi Angela cominciò a
gridare di dolore e una linea rossa si delineò lungo la
fronte.
Gabriel
la afferrò al volo, costringendola a smettere. “No”
mormorò voltandola contro di se. Non lo ascoltava, persa nel
suo mondo fatto di dolore. “Ehi!” esclamò
catturando la sua attenzione “guardami.”
Obbedì,
rassegnata o per pura reazione meccanica. Quello che provava lo
sommergeva, lasciandolo senza respiro. Una volta non era così
difficile scindere le sensazioni dentro di lei. Ora si accatastavano
e si sommavano e avevano una profondità nuova, difficile da
sopportare. Allentò la presa per qualche secondo, mentre la
fissava. “Non ne vale la pena, non sporcarti le mani”
mormorò infine non trovando le parole.
Claire
lo ascoltò frastornata dalla rabbia. Aveva una gran voglia di
piangere. Annuì con ferocia, ma il modo in cui si aggrappava
ai suoi vestiti gli fece capire che era stata ferita troppo a fondo,
perché bastassero due parole a consolarla.
“L'hai
fatta diventare un mostro come te!” esclamò Angela
alterata e impaurita.
“Mamma,
adesso basta! Hai trasceso i limiti!”
Claire
sussultò ascoltando quelle parole e si morse le labbra a
sangue abbassando la testa. Gabriel la guardò inquieto
aspettandosi un'esplosione di lacrime, invece lo lasciò e si
voltò verso la donna “Se non fosse stato per lui, a
quest'ora saresti morta” mormorò con voce rotta “il
circo dei mostri toglie le tende. Dimmi dove possiamo trovare Arthur
e non ci vedrai mai più.”
“Se
sapessi dove si trova, avrei già fatto la mia mossa. E' il
presidente fantasma di una società di Biotecnologie.”
“La
conosco” mormorò Nathan fa se “so dov'è.”
Claire
lo guardò di sottecchi “indirizzo?”
“Non
potete andare lì da soli” affermò duro “è
pericoloso.... ah!” esclamò toccandosi la testa
“cosa...”
“Ho
l'indirizzo” mormorò Gray con un sorrisetto stentato.
L'aria era irrespirabile.
“Non
lasciarti toccare. E' in grado di assorbire i poteri” borbottò
l'uomo massaggiando la fronte. “Mi dispiace” sussurrò
abbassando la voce. “Ti chiedo scusa. Anche per mia madre.”
Sylar
spostò lo sguardo su Angela e si indurì. Il modo in cui
la fissò, le risultò insopportabile.
-
- -
La
finestra le rimandava un mondo piatto e grigio. La neve si stava
sciogliendo ma il freddo che provava non l'avrebbe scacciato in
nessun modo. Strinse un cuscino contro lo stomaco e continuò a
guardare fuori, persa in qualche pensiero che nessuno di loro
riusciva ad indovinare.
“Perchè
siete tutti qui?” domandò un po' alterato, continuando a
gettare occhiate a Claire che si era appropriata del divano e l'aveva
eletto a pensatoio.
“Aspettiamo
che il vecchio rompicoglioni si presenti e nel frattempo ti
devastiamo casa” borbottò Adam divertito “non che
ci sia molto da devastare... sai che il minimalismo non è più
in voga?”
Hiro
battè la punta della spada a terra e annuì “in
Giappone, l'essenzialità è sinonimo di lusso.”
Gabriel
lo guardò con una battuta sulla punta della lingua, poi spostò
lo sguardo su Claire che continuava a tormentare una ciocca di
capelli. “Fuori dai piedi!” esclamò di nuovo
tornando a guardarli.
“Andiamocene,
sti due devono fare le cose sozze” lo prese in giro Adam con un
mezzo ghigno che non riscontrò la sua approvazione “Meredith
è in cella?”
“No.
Le ho vietato di intromettersi e ha giurato di farmela pagare.”
“Lo
standard” commentò pacato scomparendo insieme a Hiro.
“Non
volevo rovinare la giornata dei ragazzi” mormorò una
voce debole lontano da lui “scusami..”
“Li
avrei sbattuti fuori comunque” disse sedendosi ai suoi piedi.
“Non sono un tipo socievole.” La scrutò, ma Claire
non resse il suo sguardo e abbassò la testa. “Non
tormentarmi, non ho la forza di risponderti a tono.”
“Non
intendo farlo.”
“E'
una brutta stronza manipolatrice...”
“Lo
è sempre stata. Stavolta è toccata a te.”
“Non
tornerò a casa” disse di punto in bianco “non
voglio più vedere nessuno di loro.”
“E
dove andrai?”
Claire
sollevò le spalle e scosse la testa “troverò un
posto dove stare... sono solo pochi mesi, poi andrò al
college.” Tenne lo sguardo fisso fuori della finestra e sospirò
“meglio per strada che vicino a quella gente!”
Faceva
sul serio, pensò studiandola. “Resta qui.”
A
sentire quelle parole, un fremito la percorse da capo a piedi. “Non
posso vivere con te, mi sopporti poche ore al giorno...” si
morse un labbro e lo guardò spaventata. Claire pensò
che avesse parlato a sproposito o non avesse calcolato la sua
reazione. “Dici sul serio?”
“Sarebbe
solo per pochi mesi, no?”
Claire
annuì un po' scattosa e restò a fissarlo.
“C'è
una stanza in più e un sacco di spazio... senza mobili è
tutto più grande” scherzò notando che aveva
assunto una strana colorazione. “Non vomitare sul divano, è
nuovo.”
Si
riprese con uno scatto e scosse la testa per schiarirsela “non
me l'aspettavo. Posso pensarci?”
“Da
quanto tempo non vedi Sandra?”
Troppo,
pensò sentendosi in colpa. “Dovrei...”
“Dovresti.”
La
ragazza annuì e rimise i piedi a terra, afferrando gli
stivaletti.
“Claire...”
Lo
guardò e restò in attesa. Se n'era già pentito?
“Forse
dovresti portare qui le tue cose” mormorò osservando le
sue reazioni. Era raggelata.
“Ok...”
sussurrò schiarendosi la voce. Scomparve e Gabriel restò
a guardare lo spazio vuoto. Cercò uno spigolo appuntito per
sbatterci la testa contro e tornare in se, ma non ne trovò uno
appropriato.
-
- -
Meredith
si lanciò sulla porta appena il campanello suonò. Era
di malumore, oltre che frustrata per la piega che avevano preso gli
eventi. Claire non si confidava più con lei e la allontanava
nel momento di maggiore bisogno. Quando aprì la porta e si
trovò Adam davanti, perse un battito e si incupì un
secondo dopo “sei ancora vivo!” esclamò
arrabbiata.
“Dammi
tempo, la sfida è stata appena lanciata!” ribattè
un po' divertito “siamo in attesa di...”
si
interruppe quando Meredith l'abbracciò e lo tirò dentro
casa. Sorpreso, non mosse un muscolo. “E' una nuova mossa di
judo che non conosco?”
“Sì”
sussurrò alzando la testa e baciandolo all'improvviso. Lo
stupore gli impedì di ricambiarla, ma quando sentì la
morbidezza del suo corpo addosso, la strinse contro di se e lasciò
cadere la spada a terra.
-
- -
“Mamma...”
Aveva una brutta espressione quando si voltò a guardarla.
Claire si sentì in colpa per averla 'abbandonata'. “Sono
venuta a salutati... sto andando via” mormorò
aspettandosi una reazione di rabbia o di dolore. “Non posso più
restare vicino a quelle persone.”
La
donna si avvicinò e la abbracciò “Lo capisco.
Sono stata al funerale. Tuo padre ha passato il segno” disse
alterata “ho visto Gabriel disperato e ho sentito cosa ha detto
quella donna perfida” continuò “resterai con lui?”
“Ah...”
perse la voce e la guardò stupita. Non si aspettava nulla del
genere “sì, mi ha proposto di restare finchè non
andrò al college...” mormorò mordendosi le labbra
“mi ha messo una paura... è così sicuro che andrà
tutto bene...”
“Tesoro,
gli uomini fingono. In questo momento starà sbattendo la testa
al muro, in preda al terrore” ridacchiò notando la sua
espressione “non sei la sola a lasciare questa casa.”
Claire
la guardò a bocca aperta “te ne stai andando?”
“Ho
chiesto il divorzio” annunciò lasciandola senza parole
“ho sopportato fin troppo le sue bugie, i suoi inganni.
Seppellire la propria figlia per i loschi scopi di quella strega
imbellettata e ingioiellata, è stata la goccia finale!”
“E'
stata un'idea di Angela” lo difese suo malgrado “papà
era sconvolto...”
“Le
sue decisioni in merito al tuo bene, sono sempre state discutibili!
Sono stanca di vivere con un uomo che passa gran parte del tempo a
mentire.”
Come
darle torto? Claire annuì e la guardò di sottecchi
“devo fare i bagagli...”
“Non
sarò io a fermarti.”
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Capitolo 10 *** Pedine ***
La
sera stava calando lentamente, Claire si fermò sul tetto del
grattacielo ad ammirare il panorama. Due mesi prima stava per
sfracellarsi e Sylar l'aveva salvata. Sedette sul cornicione
lasciando dondolare le gambe nel vuoto. Il vento le sferzava il viso,
graffiando la sua pelle perfetta. Il tramonto colorava il cielo di
rosso offuscandole la vista. Quella notte sarebbe stata priva di
stelle.
Le
valige c'erano. E la proprietaria?, si domandò notando
due bagagli ingombranti all'ingresso.
“Ehi,
Gray...” sussurrò sdraiata sul divano a guardare fuori
della finestra. “Hai il frigo vuoto...”
“Non
più” rispose osservandola attentamente mentre
rosicchiava un'unghia e lasciava pendere il braccio verso il
pavimento. Sentiva il suo cuore battere irregolarmente. Posò
la spesa sul tavolo della cucina e quando si voltò, la trovò
dietro di se. Aveva gli occhi lucidi e le gote arrossate come se
avesse pianto a lungo.
“I
miei stanno divorziando” borbottò sentendosi il suo
sguardo addosso. Infilò la faccia in un sacchetto e rovistò
fra le cibarie.
Quello
non ci voleva, pensò osservandola riporre le cose
meccanicamente. “Claire... dai, lascia stare” mormorò
togliendole dalle mani i pacchettini. Li lasciò cadere come se
si fosse scottata e posò i palmi sul tavolo, piegando la
testa. Cominciò a piangere in piccoli singhiozzi. “La
mamma... ha deciso lei... non sopportava più... le bugie...
come me...”
La
ascoltò e il suo viso era una maschera impenetrabile. Aveva
perso la sua famiglia. Aveva perso tutti i punti di riferimento. Era
completamente sola.
“Non
li ho persi... vivono solo in due case diverse” mormorò
cercando di convincersi che tutto andava bene. “Ha detto... che
sei invitato a pranzo tutte le volte che vuoi.”
“Grazie”
rispose assente “si sta squagliando il gelato.”
“Siamo
in inverno...”
“Per
quello era in offerta” mormorò rigirandolo fra le mani.
Era l'ultima persona capace di dare consigli sulla famiglia.
“Io...
vado a fare un giro...” sussurrò asciugando la guancia
sulla manica.
“Claire...
non è morto nessuno” le disse a bassa voce con la lingua
legata “potrai vederli quando vorrai.”
“Ma
non è la stessa cosa...”
“Almeno
sono vivi” concluse incupito dandole le spalle.
-
- -
Il
chimico si è dato da fare per creare un arancione così
intenso, pensò affondando lo sguardo nel bicchiere intonso
davanti a lei. Non doveva berlo, le piaceva guardarlo. Era dello
stesso colore del tramonto. Il barista la fissò a lungo, poi
le sbattè davanti alla faccia un bicchiere d'acqua. “Non
sembri una che affoga i dispiaceri nell'alcool.”
“Non
lo sono” mormorò strofinando la fronte con le dita
“cos'è?”
“Acqua.”
“Grazie...”
“Problemi
col tuo ragazzo?”
Claire
strusciò più forte le dita nell'esatto punto in cui le
aveva aperto il cranio per ben due volte. “I miei genitori
stanno divorziando...”
L'uomo
fece una smorfia e posò i gomiti sul bancone “Vedi
quello la?” le disse indicando un uomo solo che sedeva in
disparte “la moglie l'ha lasciato dopo trent'anni di
matrimonio. Non sopportava più che facesse gli straordinari
tutte le sere.”
“E'
una cosa assurda” mormorò senza riflettere “cosa
c'è di male...”
“Si
portava a letto la socia di dieci anni più vecchia di lei”
bisbigliò sorridendole. L'uomo le indicò la ragazza sul
fondo della sala. Claire fu costretta ad osservarla perché
sebbene fosse una tipa del tutto anonima, sentiva una grande
tristezza provenire da lei. Invece, quell'uomo abbandonato dalla
moglie era... rassegnato, pensò riconoscendo i diversi
stati d'animo.
“Viene
qui tutte le sere, da quando la sua compagna l'ha lasciata...”
“Il
tuo bar attira sono cuori infranti?” domandò un po'
scherzosa gingillandosi col bicchiere vuoto. “Claire”
mormorò allungando la mano che l'uomo strinse dopo un attimo
di esitazione.
“Kaine.”
Claire
sentì una fitta alla spina dorsale e una scarica di immagini
che l'accecavano. In fretta ritirò la mano e lo guardò
stupita.
“Beh,
non capita tutti i giorni di incontrare un'altra come me...”
“La
fuori è pieno di gente come noi!” sussurrò
sporgendosi verso di lui “cosa sei in grado di fare?”
“Non
lo so” mormorò frettoloso “mi sono svegliato una
mattina e sentivo i pensieri della gente. Era come un brusio di
sottofondo che aumentava, se la persona che si avvicinava stava
soffrendo, in quel momento...”
“Percepisci
il dolore dell'anima.”
“Qualunque
cosa sia, è una dannazione” sibilò piegandosi su
di lei “non hai idea di quanto dolore questa gente rechi con
se. Io non so cosa fare... quando ti sei avvicinata ho capito subito
di cosa avevi bisogno.”
Claire
lo guardò con una certa paura “di cosa ho bisogno?”
“Sostegno
morale, affetto. Certezze. La tua vita ha subito uno scossone che ne
ha disintegrato le fondamenta. Non ti fidi di nessuno... neppure di
lui” continuò guardandola attentamente “hai paura
di fare un altro errore.”
Detta
così, era dura da somatizzare.
“E
di un bicchiere d'acqua” concluse sorridendo di traverso.
Quando lo faceva, sembrava che la faccia si arricciasse. Era
simpatico, pensò sorridendo a sua volta. “Scommetto che
i suoi clienti lasciano sempre una buona mancia.”
“Una
volta lo facevano. Quando mi fermavo a parlare con loro. Ho smesso
dopo qualche settimana. Non sopportavo...” Kaine spostò
lo sguardo dietro di lei e Claire si voltò.
Il
barista le fece un cenno di saluto e Claire rispose con una smorfia.
“E' uno di noi...” disse quando sedette accanto a lei.
“Porta
guai. Non mi piace.”
“Che
novità” rispose amara spostando il bicchiere d'acqua e
bevendo il suo cocktail “chiariamo un punto. Se vivere con te,
vuol dire renderti conto di ogni mia mossa, me ne torno dritta da
Noah” sbottò arrabbiata “non ti ho chiesto di
venirmi a cercare, non farlo più!”
Tutta
quella rabbia era inspiegabile e fuori luogo. Gabriel la guardò
sorpreso, poi indurì i lineamenti, si scostò dal
bancone e si allontanò in silenzio. Non centrava il divorzio
dei suoi genitori. Neppure la sindrome premestruale, pensò
alzando un sopracciglio.
Perchè
l'hai aggredito?, si domandò frustrata. Il fastidio che
aveva provato quando le aveva rivolto la parola, era difficile da
spiegare.
“Quel
tipo è inquietante” mormorò il barista tornando
da lei “E' il tuo ragazzo?”
“Già...”
rispose dura “e ha trasformato la mia vita in un inferno.”
“C'è
solo un modo per uscirne” borbottò senza guardarla. “Tu
sai quale.”
“E'
proprio quello che farò, una volta fuori di qui” rispose
lasciando i soldi sul bancone e marciando verso l'uscita.
Kaine
la osservò allontanarsi e quando fu certo di non vederla più,
si diresse verso la parte più buia della sala. “Il loro
legame è appeso ad un filo” disse cercandolo con lo
sguardo nell'ombra. “Sarà facile spezzarlo del tutto.”
“Molto
bene...”
“Posso
chiedere il perché di tutto questo?” domandò
guardandosi attorno. La mazzetta di denaro finì ai suoi piedi
dopo qualche attimo di silenzio.
“No”
rispose la voce nell'ombra “limitati a fare il tuo lavoro.”
-
- -
Era
notte fonda e la casa taceva. C'era troppo buio attorno a lei. Claire
accese l'abat jour e si guardò attorno. Nessuno. Non
era ancora rientrato e lei non riusciva a dormire. Inquieta, strinse
le gambe contro il petto e fissò la porta e poi la finestra
dalle tende tirate. Infilò la vestaglia ai piedi del letto e
la strinse addosso sentendo un enorme vuoto dentro. Non le piaceva
stare lì da sola. Non le piaceva litigare con lui. Il suo
istinto all'erta captò la minuscola variazione della realtà
attorno a se. Si mosse lungo il corridoio, guardando la luce della
stanza filtrare da sotto la porta. Bussò piano e attese.
Quando la serratura scattò e la porta si aprì, preparò
mentalmente una scusa per il suo irritante comportamento.
Gabriel
la guardò con il viso tirato dall'amarezza. “Non sono
tuo padre, non mi devi alcuna spiegazione” mormorò
mentre si spogliava dei vestiti pesanti.
“Scusami”
sussurrò strofinando le mani lungo i fianchi “non volevo
aggredirti...”
Senza
rispondere si lasciò cadere sul letto e le fece cenno di
avvicinarsi. Quando fu davanti a lui, appoggiò la testa sullo
stomaco e Claire si irrigidì per la sorpresa. Si aspettava
tuoni e fulmini, non quella resa incondizionata, pensò
infilando le dita fra i capelli e massaggiandogli la cute.
“Non
so aiutarti stavolta...” mormorò con la voce soffocata
dal tessuto pesante “non ho tutte le risposte.”
“Non
fa niente” rispose abbassandosi sulle gambe catturando la sua
attenzione. Con un gesto tenero, gli accarezzò la guancia e
sorrise. “Posso dormire con te?”
-
- -
“Non
siamo ancora aperti!” gridò una voce dall'interno,
quando Sylar oltrepassò la soglia del bar.
Kaine
stava pulendo il bancone e non alzò gli occhi su di lui. Lo
vide quando fu troppo tardi.
“Io
dico che possiamo fare uno strappo alla regola” mormorò
alzando una mano e stringendolo alla gola. “Cosa hai fatto a
Claire?”
“Niente!”
rantolò terrorizzato “le ho solo servito da bere!”
Sylar
sorrise e il suo ghigno era preludio ad un bagno di sangue. “E'
da un po' di tempo che faccio il bravo ragazzo...” mormorò
restando a guardarlo “la cosa comincia ad annoiarmi.” Con
calma afferrò una sedia, la mise a terra e vi sedette sopra,
le braccia posate sullo schienale. “Potrei cominciare dal
basso. Potrei affettarti piano piano... scommetto che all'altezza
della caviglia, staresti cantando come un uccellino...”
“Mi
hanno pagato, ok?”
Quella
vecchia minaccia funzionava sempre, pensò sorridendo pacato.
“Scommetto cento a uno che c'è il vecchio Petrelli,
dietro tutto questo...”
“Chi?”
domandò sudando freddo “senti, non so neppure che faccia
abbia quel tipo! Era avvolto dall'ombra!”
Claire
sarebbe stata felice di sapere che l'Uomo Nero era ancora a piede
libero. Si accomodò meglio e attese il resto della
confessione.
“Riesco
a sentire la disperazione delle persone e quando è entrata da
quella porta, sapevo benissimo che era lei che dovevo manipolare...”
“Cosa
le hai fatto?”
“Le
ho instillato il dubbio” bofonchiò impaurito “non
c'è voluto molto. E' così spaventata e sola che...”
Sylar
lo fece volare contro la parete vetrata e le schegge gli ferirono la
pelle e lo fecero gemere di dolore.
“Non
ti ammazzo perché sei solo un'insulsa pedina, sulla scacchiera
di questa storia malata” sibilò piegandosi su di lui “ma
se provi a metterla contro di me, ti apro la testa e ti lobotomizzo
davanti a tutti” lo minacciò lasciandolo andare di
scatto.
“Se
tu sei Sylar, ho un messaggio per te” rantolò facendolo
voltare su se stesso “mi hanno incaricato di dirti di stare
attento, quando lasci incustoditi gli oggetti preziosi.
Non so cosa vuol dire...”
“Lo
so io” mormorò scomparendo nel nulla.
-
- -
Claire
uscì dalla doccia drappeggiandosi l'asciugamano attorno al
corpo. Cominciava a piacerle quell'idea della convivenza, anche se
era terrorizzata dal futuro prossimo.
Un
rumore improvviso.
Girò
la testa verso a porta e si affacciò sul piccolo corridoio che
collegava le stanze. C'era qualcuno. Qualcuno che non voleva farsi
vedere in faccia. Strinse l'asciugamano sotto il braccio e si
diresse in camera, chiudendosi dentro, mentre afferrava i vestiti al
volo e li infilava impacciata. Era appena arrivata ad allacciare il
reggiseno quando sentì una presenza oscura dietro le sue
spalle. Le stava scoppiando il cuore dalla paura. Figlio di
puttana, pensò voltandosi di scatto e trattenendolo a
pochi centimetri da se.
“Io
sono ovunque” disse una voce tutto attorno a lei “non
puoi fermarmi.”
“Ma
posso farti molto male!” esclamò sollevando le braccia e
colpendolo con qualsiasi oggetto fosse in grado di arrecare danni al
suo nemico. Quando giacque a terra, colpito alla testa da un
soprammobile e trafitto dal torace da un tacco a spillo, Claire
dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere. Gli aveva detto molte
volte che gli stiletti avevano innumerevoli funzioni, ma di solito si
trattava di uno scherzo. Muovendosi rapida, accese tutte le luci e lo
legò su se stesso, con tutto l'intento di strappargli una
confessione.
-
- -
“Te
lo chiedo un'altra volta e poi ti pianto quello stiletto nel posto
meno piacevole per un uomo” sibilò spingendogli la testa
con un piede mentre finiva di vestirsi. “Perchè Arthurr
manda te invece di venire di persona?”
Di
nuovo l'Uomo Nero non rispose e Claire perdette la pazienza. Aggrottò
la fronte e il tacco si piantò di più nel torace “ti
avverto, sono molto nervosa!” esclamò non ottenendo
alcuna reazione. “Non parli? Bene! Posso diventare sgradevole
se mi ci metto!”
Gabriel
comparve nell'abitazione udendo solo gemiti strozzati. Il sudore
freddo gli corse lungo la schiena mentre spalancava la porta della
stanza di Claire. “Bello” commentò dopo qualche
minuto di silenzio. “Giocate al piccolo chirurgo?”
“Leggi
qui: 'il tranciare le viscere, partendo da sinistra verso destra,
significa colpire il centro della vita dell’essere umano, la
parte più intima, per distruggere il tutto.'” Claire
lasciò cadere il libro e guardò l'uomo un po'
sconvolta, continuando a leggere. “Il cibo introdotto e poi
assorbito come energia o espulso è la sua linfa vitale. Ed è
questa che bisogna colpire per eliminare l’Io alla radice”
concluse seria “se ti
sventro, non infrango nessuna legge universale!”
“Vaffanculo”
mormorò guardandola male.
“Ehi,
non rispondere male alla signora” borbottò fosco. “Bel
libro, non ricordavo di averlo” commentò togliendoglielo
dalle mani. “La Via del Samurai...
e quando mai...”
“Me
l'ha prestato Adam” mormorò arrabbiata col prigioniero.
“Non parla.”
“Se
non scorre un po' di sangue, non lo farà mai” rispose
immergendosi nella lettura “mh... bella filosofia...”
“Dove
possiamo trovare Arthur?” domandò con un battito di
ciglia che doveva essere seduttivo.
L'uomo
la ignorò e tenne la bocca chiusa.
“D'accordo”
sibilò strappandogli dal torace il tacco piantato dentro
“l'hai voluto tu.”
“Claire...
se sporchi, pulisci” l'avviso senza alzare gli occhi dal libro
e mettendosi comodo.
-
- -
“Non
parla!” esclamò imbufalita un'ora dopo.
“Hai
mai pensato di lasciar fare allo specialista?” domandò
un po' distratto da un passaggio avvincente “vatti a fare un
giro.”
Claire
grugnì e gli lasciò campo libero. Uscì di casa
frustrata, non le piaceva ricorrere alla violenza ingiustificata e se
cercava di sondarlo mentalmente, gli alzava un muro contro che non
riusciva ad abbattere. Le sue gambe la spedirono dritta nel bar di
Kaine e quando si sedette al bancone, si chiese perché era
diretta proprio lì. “Un bicchiere d'acqua, grazie”
mormorò sulle sue. Aveva l'impressione di muoversi come una
scheggia impazzita, senza che le sue azioni avessero un motivo di
esistere.
“Fammi
vedere la patente.”
Vide
subito i graffi e le ferite che gli correvano lungo il braccio e il
sottile taglietto sullo zigomo sinistro. Con un gesto veloce, Kaine
abbassò la manica e le sorrise “incidente con un tipo
poco raccomandabile” scherzò voltando gli occhi presso
la parete vetrata che era stata coperta da un sottile foglio di
plexiglas. Se c'era una cosa che aveva imparato a fare, da quando
girava con Sylar, era osservare. Confrontò l'altezza del
barista con il punto di frattura del vetro e capì che
l'angolazione non era quella giusta. Un metro abbondante sopra il
notevole metro e ottanta dell'uomo. Si incupì e aggrottò
la fronte. “E' stato lui” disse senza riferirsi a nessuno
in particolare “ti ha minacciato?”
“Più
o meno” mormorò sporgendosi verso di lei “ma
perchè resti con uno così?”
“Me
lo chiedo anche io” rispose provando di nuovo quel fastidio
insopportabile alle sinapsi quando parlava di Gray. Si avvicinò
alla parete chiedendosi se fosse sono un tragico caso di gelosia o ci
fosse qualcosa in più. Non fa mai nulla per nulla, pensò
distratta appoggiando la mano su un tavolino poco distante. Si
irrigidì quando la visione d'insieme degli avvenimenti nella
sala la travolse. Vide il passaggio di mano del denaro, vide Sylar
scaraventarlo contro la parete e si rese conto che era stata
manipolata. Una rabbia furiosa la invase all'istante. C'era una
cospirazione per allontanarli l'uno dall'altro, pensò
dirigendosi verso il bagno per sciacquare la faccia e rimettersi in
sesto. Quando entrò, scambiò un sorrisetto con la
ragazza che stava truccandosi davanti allo specchio. La serratura
scattò stranamente quando la sconosciuta uscì e Claire
la guardò pensò fosse difettosa. Poi l'acqua cominciò
a fuoruscire violenta dai rubinetti e si guardò attorno un po'
allarmata. Si diresse verso la finestra bloccata dall'esterno. L'uomo
appoggiato contro di essa sobbalzò, quando spinse con tutte le
sue forze. “Di qui non si esce” mormorò sorridendo
“goditela, non si vorrà molto.”
Accidenti
come somigliava a Renè, pensò per un breve istante.
“Col cavolo” esclamò alzando la mano verso di lui
e restando a guardare il suo sorriso divertito, quando provò a
usare i poteri. Claire guardò il palmo della mano e grugnì
“non vale usare trucchi!” L'acqua continuava a salire e
lei non poteva fare nulla per fermarla. Non poteva trasportarsi e non
poteva chiamarlo mentalmente. L'acqua giunse alla vita e le congelò
le gambe. Rabbiosa cominciò a battere contro la porta
chiudendo aiuto. Qualcuno sarebbe arrivato, un cameriere, una cliente
che aveva bisogno della toilette!
La
sconosciuta bloccò la porta principale che dava sulle toilette
e applicò il cartello 'fuori servizio'. Gettò
le chiavi nel primo cestino a portata di mano e tornò nella
sala principale.
Claire
annaspò, schiacciando la testa contro il soffitto, in cerca di
aria. Il liquido la sommerse del tutto, il neon del soffitto si
spense e la stanza calò nel buio.
-
- -
Claire
aprì gli occhi e li richiuse. La realtà faceva schifo.
Voleva tornare a sognare. La realtà era una stanzetta asettica
senza finestre. La realtà era lei che giaceva su un letto, al
caldo, con una specie di divisa grigia che le stava malissimo. Odiava
il grigio. Si era fatta fregare come una stupida. Mai abbassare la
guardia, aveva ragione lui. Quando una luce si accese, alzò la
testa di pochi centimetri. Guardò l'uomo anziano davanti a se
e strizzò gli occhi, asciugandoli con una mano. Arthur,
n'est pas?
Lo
fissava con malcelata circospezione. Voleva apparire tranquilla ma il
continuo ticchettare dei polpastrelli sul tavolo tradiva il suo
nervosismo. L'uomo sorrise bonario e si sedette di fronte a lei. "Mi
aspettavo una reazione, a dire il vero" confessò
appoggiandosi allo schienale della sedia.
"Vuoi
una reazione? Fammi uscire di qui!" gridò balzando in
piedi furente.
"Per
andare dove, Claire?" mormorò pacifico allargando le
braccia "vuoi tornare da Noah... da Nathan... o da Gabriel?"
La
ragazza lo fissò negli occhi e non rispose. L'uomo sorrise
ancora. Le dava sui nervi. "Angela ha cercato di unirvi per
creare una stirpe di immortali" spiegò restando a
studiarla "ma non funziona proprio così. Nessuno dei
nostri figli ha ereditato i nostri poteri. Non è un'eredità
genetica come i capelli scuri o gli occhi azzurri."
"Che
stronzata!" esclamò perdendo un pò di controllo.
"Piano,
nipote. Non tollero parolacce in mia presenza" la rimproverò
serio. Riprese a parlare più calmo, incrociando le dita fra
loro "il catalizzatore è nel sangue, Claire."
Questo
lo dici tu, pensò divertita. "Sono brava in biologia
e ancora di più nel ragionamento logico" lo avvisò
con una smorfia. "Sylar è in grado di rigenerarsi da
quando ha rubato il mio potere, non mi ha mai estratto una pinta di
sangue."
“Non
basta per generare un immortale. Gabriel ti ha protetto dall'attacco
e le pallottole che hanno trafitto lui sono arrivate fino a te. Il
vostro sangue si è mescolato."
"Beh,
uno di noi due dovrebbe essere un donatore universale, visto che..."
le parole le morirono in bocca. “Quindi... noi siamo perfetti"
sussurrò inclinando la schiena come schiacciata da un peso
enorme "il sangue... e il potere..."
"Ho
mandato IO gli uomini a casa, quella sera. Ma non potevo prevedere
che Gray avrebbe fatto l'eroe. Non era previsto che ti proteggesse.
E' fuori dai suoi schemi comportamentali. Continua a stupirmi, quel
ragazzo” sospirò e la guardò “è
cambiato molto... solo per te.”
“Non
gli ho chiesto io di farlo” mugugnò a bassa voce.
“Angela
ha avuto la premonizione la notte stessa. Per quello ti ha affidato a
lui. Sperava che un uomo e una donna soli, in una situazione di
pericolo scatenassero i loro istinti più oscuri."
Chiamali
oscuri, pensò sarcastica.
"Ti
sei affezionata, da quello che vedo anche innamorata" sorrise
comprensivo "voi siete simili. Tutti e due alla ricerca di
affetto, comprensione, amore."
"Non
mi piace essere usata!" urlò saltando in piedi, ma una
forza invisibile la rimise a sedere all'istante.
"Tranquilla,
nipote, non pretendo che ti capisca cosa ci spinge ad agire così."
"Il
potere..." sussurrò "tu vuoi il potere, come Angela.
Come Sylar..."
"Gray
è un caso diverso. Pensa in piccolo, lo fa per una
rivendicazione personale. Non ha mai avuto quello che hai avuto tu,
un padre e una madre che lo amassero. Ha cercato le sue origini per
avere risposte e ha trovato quel povero, vecchio patetico che ha
cercato di ucciderlo...” continuò incrociando le braccia
e sedendosi vicino a lei "era solo, disperato, malleabile e si è
aggrappato a qualcuno che in quel momento aveva bisogno di lui."
"Non
ho mai avuto bisogno di lui" borbottò sottovoce "l'ho
usato anche io..."
Arthur
sorrise ancora "dimenticavo quanto è difficile parlare ad
una giovane donna... forse perché non ho mai avuto una figlia"
specificò con un'alzata di spalle "hai fatto emergere i
suoi lati più puri e protettivi. Non ti ha mai fatto del male
in alcun modo.”
Lo
dici tu, pensò grattando una tempia “ok. Mi hai
preso. Ora cosa ci fai con me?” alzò gli occhi su di lui
e si rese conto che la scrutava incuriosito. “Mi toglierai i
poteri, ti prenderai il catalizzatore e comincerai a fabbricare
supereroi... cosa?” domandò facendo una buffa smorfia.
“Niente
di tutto questo” affermò compito “il potere non va
distribuito, ma concentrato.”
Claire
lo guardò battendo appena le palpebre.
“C'è
gente disposta a pagare molto, forse anche troppo, per ottenere
quello che vuole.”
“E
tu cosa vuoi?” domandò sporgendosi verso di lui “vendere
l'immortalità e il potere al migliore offerente”
Arthur
sorrise un po' beffardo “stai cominciando a capire.”
Claire
tornò a sedere in silenzio. “Perchè quegli
attacchi? Non potevi semplicemente... fare quello che hai fatto
stasera?” domandò confusa “che senso ha avuto...”
“All'inizio
mi divertiva osservare le mosse di Angela. Il suo patetico tentativo
di farvi avvicinare, quando la sola cosa che provavate l'uno per
l'altro era indifferenza” sorrise e Claire restò di
sasso “mi piaceva vederla in difficoltà mentre tentava
disperatamente il tutto per tutto. Vi siete girati intorno, fiutati e
alla fine avete deciso che non eravate una minaccia. Molto
romantico.”
“Pedine,
siamo solo questo per voi” sibilò arrabbiata “non
ho sputato sangue per ritrovarmi intrappolata in un cubo... con
questo orrore addosso!” esclamò tirando un lembo della
maglia. “Fammi tornare a casa!”
L'uomo
alzò le mani per calmarla e Claire si allontanò con uno
scatto.
“Quando
avremo finito, sarai libera di tornare dalla tua famiglia. E da Gray.
Se ancora vorrà saperne qualcosa di te.”
Claire
impallidì. Quanto tempo era passato?
“Abbiamo
fatto un piccolo raid nel suo appartamento, mentre era fuori a
disfarsi del cadavere” rispose tranquillo. “Per lui, sei
semplicemente andata via. Hai portato via le tue cose. E il suo
cuore” mormorò abbassando la voce .“E' abituato ad
essere abbandonato dalle persone che ama. Non gli ci vorrà
molto a dimenticarti.”
“Non
hai mai voluto prenderlo... non ti è mai servito...”
Arthur
scosse la testa e sorrise “l'ho fatto credere ad Angela. In
realtà, la sola cosa mi interessa in questo momento, sei tu,
nipote mia. La vicinanza con Mr Gray ha portato un cambiamento
notevole in te. Ti ha trasformata.”
“Farai
esperimenti su di me?” mormorò scostandosi dal tavolo
“mi aprirai da capo a piedi per cercare il catalizzatore?”
“Che
sciocchezza!” esclamò muovendosi verso di lei “scommetto
che centra Angela. E' sempre stata portata per le tragedie...”
alzò una mano verso di lei e Claire la fissò ansiosa.
Qualche secondo dopo, Arthur la fissò stringendo le labbra
“non è possibile...”
Allora
era vero, pensò un po' sollevata. Il nuovo Portatore era quel
tipo pazzo che girava nel suo furgone radio. “Brutte notizie?”
disse un po' divertita. “Il catalizzatore non c'è più”
sorrise e si avvicinò alla porta. “Se non avessi mandato
l'altro Sylar a cacciarmi, a quest'ora avresti festeggiato...”
“Cosa
stai dicendo?” le domandò alterato “non può
essere sparito nel nulla!”
Claire
lo guardò sempre più allegra “se non fossi quasi
morta, il catalizzatore sarebbe ancora dentro di me... e con tutte le
visite che ho ricevuto...” sospirò e lo guardò
battendo le ciglia “chissà dov'è finito! O in
chi!”
Arthur
la lasciò uscire e Claire corse per un corridoio strano e
privo di riferimenti esterni. Quando uscì all'aperto, si
arrestò sulle gambe guardandosi attorno. Dove diavolo...
Udì il rumore dell'oceano e un ricordo la trafisse violento.
Acqua di mare.
“Sei
del tutto priva dei tuoi poteri” le disse muovendosi piano
sull'enorme piattaforma petrolifera “abbiamo migliorato
l'inibitore liquido e la sua azione non è più
concentrata in ore, ma in giorni.”
La
ragazza lo guardò senza riuscire a credere alle sue orecchie.
Si accasciò sulle gambe demoralizzata. “Poteva andare
peggio...” sussurrò con il broncio.
“E
non sei in grado di rigenerarti” concluse restando accanto a
lei.
“Questo
è il peggio...” borbottò malmostosa. Starnutì
e tirò su col naso. “Perfetto!”
Commento
alla 4x19 (per chi segue)
Arggggghhhhhhhhhhhhhh!!!!
Hanno
ucciso Heroes!!!!
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Capitolo 11 *** La Matta ***
"Fi-iico....”
“Se
ci sono bene tre i, la cosa è seria.” Chuck
accese la sigaretta e soffiò via il fumo. L'amico indicò
lo schermo del pc e sorrise con tutto il volto. “Questo
è fico!”
L'amplificatore
si sporse a guardare e non mostrò alcun sentimento in merito.
“E' un grattacielo...”
“E'
IL grattacielo! Porta rispetto, cristo” lo rimproverò
leggendo i dati tecnici “ricordi cosa è successo quando
ci siamo lanciati dal Taipei 101?”
“Perfettamente”
mormorò ricordando la folle fuga in auto prima che la polizia
li prendesse e gli facesse passare la più brutta notte della
loro vita.
“Dobbiamo
farlo!”
“Non
mi lancio da quel punteruolo arabo” affermò schiacciando
a sigaretta a metà nel portacenere “non senza una buona
ragione.”
“Non
l'ha mai fatto nessuno prima di noi.”
Chuck
guardò l'amico a lungo e il suo volto non mostrò alcun
sentimento. “Ma stavolta proviamo la wing-suit” disse
solamente dopo una lunghissima pausa carica di attesa. “Calcola
le correnti ascensionali.
-
- -
Claire
starnutì e gettò il fazzoletto di carta ormai
inutilizzabile a terra. Rabbrividì sotto le coperte e si
rannicchiò su se stessa. Quanto sarebbe dovuta rimanere sulla
piattaforma petrolifera?, si chiese assonnata e frastornata dal
raffreddore. Starnutì un'altra volta e rimpianse il suo potere
rigenerante. Perché ti lamenti sempre? Hai ottenuto quello
che volevi. Non sei più la ragazza indistruttibile del
circo dei mostri, ma una normalissima diciannovenne inchiodata a
letto dal raffreddore più devastante della tua vita.
Arthur non aveva specificato quanti giorni durava l'effetto
dell'inibitore, ma ne erano passati tre e ancora non riusciva a
smuovere di una virgola il bicchiere appoggiato sul tavolino poco
distante. Quell'uomo era stato estremamente diretto con lei. Le aveva
spiegato i suoi piani nei minimi dettagli. L'aveva trattata come
un'adulta e non come una ragazzina. Le aveva offerto la possibilità
di andarsene, quando aveva scoperto che non portava più il
catalizzatore dentro di se. Non aveva bisogno di altro sangue: il
medico che detestavano l'aveva salassata durante la degenza in
ospedale e ne avevano in quantità. Ma avrebbe rapito i suoi
cari, dal primo all'ultimo, per cercare in ognuno di essi la sorgente
di ogni potere. Non posso permettere che faccia loro del male,
pensò tirando su col naso. Come se potessi fare
qualcosa, le disse la vocina fastidiosa che parlava sempre nei
momenti meno opportuni. Claire si alzò sui cuscini e allungò
la mano verso il bicchiere. Niente. Era inchiodato. La frustrazione
salì ancora. Cosa vorresti fare, tirarglielo in testa?
“Va
al diavolo” borbottò fra i denti. Poteva sperare che
Gabriel non fosse così stupido da lasciarsi fregare dal
vecchio barbogio. Non ci crederà mai! Un fremito di
ciglia e gli occhi si inumidirono di più. Dove non arrivava la
forza fisica, arrivava l'astuzia. Picchiare sodo sul lato
sentimentale – per loro, così fragili e soli –
equivaleva alla morte dell'individuo. Perché dovrebbe anche
solo degnarsi di pensare a te?
Claire
affondò il viso nel cuscino e sospirò, massaggiando lo
stomaco contratto. Tre mesi prima l'aveva fatto lui, quando era
tornata la mattina dopo la sbronza mortale. Il tuono che era
scoppiato all'improvviso le aveva fatto chiudere gli occhi e
incassare la testa nelle spalle, nello stesso momento in cui l'aveva
abbracciata. Chissà perché, nella memoria erano rimasti
scolpiti atti del genere. Il suo abbraccio, quel bacio lungo il collo
mentre le mormorava di non avere paura di lui. Era terrorizzata,
inibita ed eccitata come non lo era mai stata. Ricordava il suo odore
e addirittura il colore delle lenzuola. Le aveva tolto i jeans
bagnati di pioggia e la maglia senza parlare, e poi la sua mano era
risalita lungo la coscia sinistra mentre con l'altra, le teneva la
testa sollevata per baciarla meglio. Per non lasciarla scappare. Come
se fosse riuscita a farlo. Si era insinuata fra le gambe, aveva
premuto leggermente sul pube facendola gemere nella sua bocca e come
se non fosse successo niente, le aveva massaggiato il ventre e lo
stomaco contratto, sussurrandole cose carine all'orecchio che non
ricordava assolutamente, la mente offuscata dal piacere che la
rendeva sorda al mondo. All'improvviso non era più il suo
nemico ma un ragazzo qualsiasi che la stava mandando fuori di testa.
La consapevolezza era venuta dopo, insieme alla vergogna e
all'imbarazzo. Ok, smettila di pensarci, si disse annegando
nel ricordo di quelle sensazioni. La porta si stava aprendo. Avevano
bussato?, si chiese alzando di poco la testa dal cuscino.
“L'elicottero è venuto a prenderci” le annunciò
l'uomo restando immobile. “Come va?”
“Malissimo”
mormorò col viso arrossato “quanto dura l'effetto...”
“Preparati”
le disse lasciandola un'altra volta sola.
Beh...
non lo sapremo mai, decise infilando gli abiti pesanti che le
aveva dato. Che cattivo gusto, pensò guardando il
maglione con aria disgustata.
-
- -
Il
ragazzo gettò la penna sul foglio e indicò il grafico
sul monitor “dai miei calcoli, il sette gennaio è il
giorno più favorevole al lancio.”
“Ne
sei certo? Non troveremo mai un volo in tempo. Mancano due giorni.”
“Ne
sono certo? Ti sei scordato...” il ragazzo indicò la
tempia e sorrise “la mia intelligenza superiore?”
“Bryce,
la tua intelligenza superiore sta dimenticando che non abbiamo
abbastanza denaro per un volo fino a Dubai. Non conosco nessuno in
grado di volare fin lì...” Chuck si interruppe e alzò
le sopracciglia “ma ho un amico che mi deve un sacco di favori”
sussurrò estraendo il cellulare.
“Ha
un aereo privato?”
“Meglio”
mormorò sentendo un clic dall'altro lato del telefono “ciao
amico... ti va una birra stasera?”
-
- -
“Il
tuo amico cosa è in grado di fare?”
“Un
sacco di cose” mormorò posando i piedi sulla sedia
libera del locale irlandese che festeggiava San Patrizio molto in
anticipo o molto in ritardo. “Ma lascia parlare me. E' un tipo
pericoloso...”
Bryce
fece una smorfia e si guardò intorno. “Andiamo bene...”
“E'
amichevole, se non gli pesti i piedi e non tenti di raggirarlo”
continuò fumando come una ciminiera. Spostò lo sguardo
sull'entrata e lo vide varcare la soglia con aria infastidita e la
barba lunga di tre giorni. “Cazzo...” bofonchiò
all'amico “sarà più dura del previsto.”
“Da
cosa lo capisci?”
Chuck
non rispose, spostò la sedia verso di lui e quando Sylar si
mise a sedere e lo fissò direttamente negli occhi, tirò
indietro la testa di un paio di centimetri.
“Lui
è Bryce.”
Lo
guardò e non mutò la sua espressione cupa.
“E'
un genio.”
“Ciao
genio” mormorò con poca voce, tornando a rivolgersi al
ragazzo “sapevo che mi avresti presentato il conto, prima o
poi...”
Chuck
spostò la birra verso di lui e si avvicinò
impercettibilmente “hai mai fatto base jump?”
“No.
Ma ho una certa esperienza con le altezze e le cadute” affermò
secco, sollevando le sopracciglia quando finì di bere “è
fantastica.”
“C'è
questo grattacielo vergine da deflorare. Ottocento e passa metri di
vetro e cemento, con venti d'alta quota che sfiorano non so quanti
chilometri orari...” mormorò pacato attirando la sua
scarsa attenzione. “Ma non abbiamo i soldi per un viaggio fino
a Dubai.”
“Mi
stai chiedendo un passaggio?” domandò perdendo un po' di
nervosismo “tutto qui?”
“No.
Ti sto chiedendo di venire con noi, infilarti una wing-suit e
lanciarti nel vuoto con un paracadute.”
“Non
mi serve il paracadute” commentò addossandosi allo
schienale e fermando la cameriera per un altro giro.
Bryce
alzò un angolo della bocca a sentire quelle parole “il
problema non è il volo... è l'atterraggio”
commentò un po' sulle sue.
Sylar
gli scoccò un'occhiata secca e non commentò. Si limitò
a sogghignare.
“Andata?”
“Andata”
disse rilassandosi “Claire è scomparsa” mormorò
all'improvviso. Chuck smise di arrotolare il tabacco e lo guardò.
“Non
riesco a trovarla.”
“Chi
è...”
“La
sua donna” rispose il ragazzo velocemente “è
scomparsa o è stata rapita?” domandò con le
sopracciglia aggrottate.
“Questa
è una buona domanda.” Sylar sospirò e si guardò
attorno “non riesco a captarla. Succedeva la stessa cosa quando
era priva di poteri.”
Bryce
li guardò un'altra volta a turno “mi fate paura, voi due
superfighi” disse alzandosi con cautela “vado al cesso.”
“Restaci”
commentò Chuck riprendendo il suo lavoro, ma mescolando il
tabacco con altre sostanze. “Non mi piace.”
“Penso
sia inutile” disse indicando col dito la canna che stava
elaborando. “La caccia è aperta. Devo solo trovare una
pista iniziale. Quando è il lancio?”
“Il
sette gennaio.”
“Dopodomani”
commentò a bassa voce, guardandolo “all'inaugurazione
del grattacielo.”
“Vedo
che leggi i giornali” ridacchiò “è una pura
coincidenza, una fortunata interazione di venti ascensionali etc...”
“Mi
piacciono lo coincidenze” commentò posando il bicchiere
vuoto. “Vabbè, stasera offro io.”
-
- -
O
mio dio, pensò alzando la testa sempre di più. Un
altro po' e sarebbe caduta all'indietro. “O mio dio!”
esclamò attirando l'attenzione di Arthur che sorrise. “E'...
o mio dio!”
“Non
per merito di dio, ma dell'uomo” commentò aprendole il
passaggio “cominci a capire a cosa porta, il potere e la
ricchezza?”
“Ad
un grattacielo molto alto” sussurrò fra se “lavoro
per centinaia di persone...”
“Lustro.
Nome ricordato nei secoli” rettificò indirizzandola
verso un ascensore “favori.”
Calcò
su quell'ultima parola e Claire lo guardò. Do
ut des. Aveva giocato anche a lei a quel gioco, ma in
piccolo. Starnutì e il ragazzo dell'ascensore la guardò
per un istante. Non era chic avere il raffreddore, la dentro?,
si domandò un po' intimorita dal lusso che la circondava.
“L'inaugurazione
è domani” le annunciò una volta all'interno di
una stanza che lasciava a bocca aperta. Si sforzò di restare
neutrale, ma non poteva evitare di guardarsi attorno. La residenza
Nakamura in confronto era una topaia.
“Immagino
che tu non abbia nulla, adatto all'occasione.”
Claire
lo guardò incredula. “Vuoi che partecipi? Perché?”
“Perchè
è un evento irripetibile nella vita. Perché devi
cominciare a capire e a pensare in grande” mormorò
pacato “non sei costretta a farlo. Puoi restare qui, a pensare
alla tua vita passata, a struggerti per Mr Gray fino a consumare il
cuscino di lacrime.”
“Non
fai ridere” mormorò a bassissima voce “non so
intrattenere rapporti internazionali con gli Emirati Arabi.”
“La
tua presenza, mi dispiace dirlo così francamente, è
puramente decorativa. Per ora.”
“Grazie
tante...”
“Nipote,
non pretendo tu capisca. Hai ancora molto da vedere e da
sperimentare. Questo non è un gioco. È la vita.”
“Non
intendo partecipare al party di un paese in cui la tratta delle
bianche è molto di moda.”
Arthur
rise di gola “conosco uomini che pagherebbero fior di milioni
per un ragazza come te.”
Claire
lo fissò e battè le palpebre una volta sola “vuoi
vendermi al miglior offerente?” domandò stentando a
trattenere la rabbia “stai scherzando?!”
“La
tua giovane bellezza attira molti sguardi, nipote mia. Non te ne sei
accorta?”
No,
non me ne sono accorta, pensò imbarazzata. “Sono
vestita come una stracciona, per forza....”
“Mi
stupisco che Mr Gray non te l'abbia mai fatto notare.”
Non
affondiamo il dito nella piaga. “Passavamo molto tempo a
massacrarci l'un l'altro. Era più divertente. Cosa vuol dire
'per ora'?” Claire lo guardò un po' preoccupava.
Aveva anche lui un piano per il suo futuro?
L'uomo
sospirò dentro di se “la gestione di due figli maschi è
stata più semplice. Mi risulta che la tua famiglia si sia
scissa...”
Un
fremito di ciglia. Annuì suo malgrado.
“Se
resti con me, potrai frequentare le migliori scuole, sviluppare le
tue capacità e un giorno, passare alla guida dell'azienda.”
Claire
lo guardò ad occhi sgranati e non riuscì ad articolare
una sola parola.
“Pensa
in grande. Pensa a cosa potrai fare, con i tuoi poteri. Avresti i
migliori consulenti dalla tua parte e potere di vita e di morte.
Vivere per sempre ha indubbi vantaggi...”
“Ma
io...” faceva sul serio? Credeva davvero che sarebbe stata in
grado di portare avanti un impero? “E i tuoi figli?”
“Si
sono rivelati entrambi una delusione.”
Claire
lo guardò sulla difensiva “non è vero! Peter è
adorabile e Nathan... beh... penso sarebbe stato un buon padre se…
l'avesse fatto” sussurrò con un filo di voce. “Come
loro genitore, avevi il dover di aiutarli a migliorare se stessi.”
“Con
una moglie come Angela?”
Era
dura non ridere. Claire sogghignò ma tornò subito seria
“per Angela, il mondo è una scacchiera e noi siamo le
pedine da muovere a piacimento...”
“Ho
sempre preferito i giochi con le carte” le disse muovendosi
verso l'uscita “e tu, Claire?”
“Non
mi piace giocare” affermò un po' scura. “Non so
bluffare...”
(Non
sai mentire)
“Peccato.
La matta è sempre una buona carta” disse enigmatico.
“Claire, non vivrò per sempre. I miei poteri stanno
svanendo...” l'occhiata allibita lo fece sorridere “non
lo sapevi? L'ho scoperto con il tempo. Hai conosciuto Samson Gray.
Era il più forte di tutti noi, il più spietato. La sua
brama di poteri l'ha portato ad abbandonare il figlio e uccidere la
moglie. Non mi stupisco che Gabriel abbia calpestato le sue orme...”
“No,
non è così!” sbottò arrabbiata “non
lo conosci, non sai niente di lui!”
Quella
foga inaspettata lo fece sorridere. “Troverai le tue valige in
camera da letto. Pensa alla mia proposta.”
Appena
la porta si chiuse, Claire inghiottì lo sconcerto. Si guardò
un'altra volta intorno e posò le mani sui fianchi. Quella
faccenda stava andando in una direzione del tutto inaspettata. Si
aspettava uno scontro sanguinoso... non fragole e champagne, pensò
guardando la bottiglia nel cestello del ghiaccio e il coppetta di
frutta coperta da un delicato tovagliolo di lino. Questa gente fa
sul serio, pensò voltando su se stessa. Allungò la
mano verso un soprammobile casuale e si concentrò. Niente. No
hay poteri, mugugnò
sbuffando e tormentando i capelli. Bleah, avevano bisogno di
una bella lavata. Cosa troverò nel bagno? Una piscina?
Spalancò la porta e allargò gli occhi: quella era
LA vasca da bagno! La più stupenda e meravigliosa vasca da
bagno che avesse mai visto in tutta la sua vita. Lucida, incassata
nel pavimento, di un colore avorio che rischiarava la stanza. E c'era
l'idromassaggio! “Dio ti ama, ragazza” sussurrò
facendo scorrere l'acqua. Guardò le valige e si chiese se le
avevano aperte e passate allo scanner. Tirò la zip rivelando
il contenuto. Il suo disordine sarebbe stato sufficiente a
scoraggiare chiunque. Tastò un paio di jeans e ci infilò
la mano entro. Le boccette urtarono fra loro con un rumore di vetro.
L'inibitore che le aveva dato Mohinder in laboratorio. Potevano
tornare utili, in qualche modo. Saltò a piè pari la
giacca sulla quale Noah aveva attaccato la pulce. Il segnale era
ancora forte e pulsava a sua insaputa.
-
- -
L'espressione
cupa e la barba lunga confermavano i suoi sospetti. Non l'aveva
ancora trovata. “Sicuro che non vuoi...”
“No”
affermò secco. Si sentiva impotente e frustrato. “Cos'è
questa?”
“La
wing-suit” mormorò occhieggiandolo “provatela.”
“Mi
va bene” sbottò rimettendola insieme alle altre. Di
nuovo sospirò frustrato e Bryce lo guardò “non so
come ti chiami, ma il genio qui presente ha molte...” Sylar lo
fulminò con lo sguardo e il ragazzo abbassò la voce
“... frecce al suo arco. Dove l'hai... persa?”
“Nel
bagno del ristorante ***” mormorò cercando di
riacquistare la calma. “Cinque giorni fa.”
“Mh...”
mugolò pestando velocemente i tasti del pc. “Mh!”
“Cosa?”
esclamò avvicinandosi. Il ragazzo indicò lo schermo
“c'è stato uno strano fenomeno di alta marea.”
“Nel
bagno di un ristorante?!”
“Una
cliente ha cercato di aprire la porta, ma era chiusa dall'interno e
quando sono riusciti a forzare la serratura, sono stati investiti da
sette metri cubi d'acqua.”
Chuck
lo fissò arrotolando i dreadlock su di se “uno di noi.”
“Cognome
della tua ragazza?”
“Bennet.
A cosa serve?”
“A
scovare una sua fotografia recente. Carina!” esclamò
quando apparve la foto insieme a molti dati personali “vediamo...
prima o poi, tutti vengono ripresi, nella loro vita” affermò
con un filo di voce. “Il computer sta cercando la sua faccia
fra i database internazionali. Fotografie, video... tutto fa...”
si interruppe e sgranò gli occhi “... brodo! Eh, è
questa la tua ragazza?”
Gabriel
girò il video verso di se e annuì.
“Che
diavolo ci fa la tua ragazza a Dubai?!” domandò con una
smorfia “ti ha lasciato per un emiro impaccato di soldi?”
“Sta
zitto” sbottò Chuck colpendolo alla nuca con uno
scappellotto “a quando risale la registrazione?”
Bryce
pigiò sui tasti rendendosi conto che l'amico cupo di Chuck era
rimasto raggelato. “Calcolando il fuso orario, a questa
mattina. E' scesa da un elicottero su una pista privata e una
limousine l'ha trasportata fino al Burj Khalifa.”
“Fermo
così” lo interruppe il ragazzo “zooma sull'uomo
accanto a lei...” sollevò un sopracciglio su Sylar che
lo fissò a sua volta “non penso che Claire sia lì
per una visita di piacere.”
“Potrebbe
averla privata dei suoi poteri” mormorò inquieto “devo
andare a riprenderla...”
“Calma!”
Chuck alzò le mani fermandolo “domani c'è la
festa inaugurale. La nostra azione non passerà inosservata. Ci
serve un piano di azione.”
Sylar
lo fissò in silenzio e mosse appena a testa “sono un
drago a pianificare.” Di solito, pensò muovendosi
nervoso per la stanza. “Grazie...” borbottò in
direzione di Bryce che lo guardava di sottecchi “voi due
superfighi e testosteronici avete pensato che potrebbe essere lì
di sua spontanea volontà?” l'occhiataccia che arrivò
da entrambi lo fece tacere per qualche istante “insomma... non
ha provato a scappare neppure una volta” mormorò
indicando i video che riprendevano la sua discesa dalla limousine e
l'entrata nell'albergo. “Ha una camera registrata a suo nome e
nessuna guardia alla porta.”
“Riesci
a vedere anche quello?” domandò un po' sorpreso.
“Telecamere.
Ascensore e corridoio” rispose a sua discolpa. “Ha
persino sorriso al fattorino. Nessun rapito...”
“Ho
capito” sbottò frustrato “ma non possiamo saperlo
con certezza!” Gabriel li guardò scuotendo la testa.
Perché no? Poteva aver scelto di passare al lato oscuro della
forza, dopo tutto quello che era successo. Lui aveva fatto molte
scelte discutibili nella sua vita. Perché Claire non avrebbe
dovuto?
“Non
ci credo” mormorò Chuck pacato “dico di recarci lì
di persona e vedere con i nostri occhi.
Bryce
sollevò gli occhialini dal naso e guardò l'amico un po'
preoccupato “sai che c'è la pena di morte, in quel
paese? Se ci prendono, prima ci frustano a sangue e poi ci
ammazzano.”
“Quella
parte è affar mio” mormorò Sylar sempre più
nervoso. Aveva l'espressione acuta e
concentrata e continuava a guardare lo schermo. “Luogo
d'appuntamento e orario” mormorò nella sua direzione.
“Devo pianificare.”
- - -
Quella casa era
tremendamente vuota senza la sua famiglia. C'era solo la tv a far
rumore e a spezzare il silenzio. Sandra era andata e Claire non
voleva più avere niente a che fare con lui. Non rispondeva
alle sua chiamate.
“Ehi...”
Noah trasalì e
spostò i piedi al tavolino guardando dietro di se “ma
non bussi mai?”
“Hai attaccato
una pulce alla giacca di Claire” mormorò facendo il giro
della poltrona “dov'è il rilevatore?”
L'uomo lo guardò
senza capire “il rilevatore?”
“La pulce fa bip
e da qualche parte il segnale finirà, no?!” domandò
sarcastico “Claire è stata rapita!” sbottò
per farlo muovere. Un secondo dopo Noah schizzava sul portatile
pigiando una serie di tasti. “Non posso crederci...”
“E' a Dubai,
vero?”
“E tu come fai...
no, non rispondere” sbottò guardando la schermata del
satellite. “Per quello non rispondeva alle mie telefonate...”
si voltò verso di lui ma era giù sparito.
- - -
“Ehi... guarda
che così affoghi!”
Claire sentì un
mormorio indistinto accanto al suo orecchio, sobbalzò e
schizzò acqua da tutte le parti. La ragazza dietro di lei rise
divertita e quando si voltò a guardarla, la riconobbe come la
sconosciuta che aveva incontrato nella toilette del ristorante.
“Scusa, non
volevo spaventarti” disse restando seduta sulle ginocchia, con
le mani puntate a terra vicino all'idromassaggio “ti ho portato
il vestito per la festa.”
“Chi sei?”
domandò sputando acqua dalla bocca. Le passò un
asciugamano e Claire la guardò di traverso. “La fatina
buona?”
La ragazza rise
nuovamente. Aveva un fisico minuto, corti e ricci capelli castani e
grandi occhi nocciola che sorridevano con lei. Le labbra rosse, di
quel tipo che non ha bisogno di rossetto. La detestò per un
breve stante.
“Il topolino
operoso” rispose sedendo a terra a gambe incrociate. Indossava
un paio di jeans scuri infilati in una paio di stivali di pelle nera
che aveva visto su un catalogo di moda e costavano come l'affitto di
casa sua. Anche la giacca di pelle grigia da motociclista era
l'ultimo grido. “Io sono Katrina. Chiamami Kat. Scusa per lo
scherzo nel bagno.”
Claire la guardò
malmostosa e pigiando tasti a caso, spense l'idromassaggio. “Sei
la mia carceriera?”
La ragazza sollevò
le spalle “per ora, sono quella che ti ha portato il vestito.”
“Arthur ti paga
per questo?”
“Mi paga per un
sacco di lavori.”
“Svenalo”
borbottò asciugando il viso “sei una Elementare, come
mia madre.”
Kat sembrò
interessata. “Cosa fa, tua madre?”
“A parte molto
rumore... controlla il Fuoco.”
“La mia nemesi”
scherzò strappandole un sorriso “no, sul serio. Questo è
un postaccio e non puoi andartene in giro come...”
“Lo sapevo, dovrò
infilarmi in un burqa” borbottò nervosa interrompendola
“se avessi i miei poteri, potrei difendermi da sola!”
Kat sollevò le
spalle sorridendo “niente di così estremo. Sei sempre la
nipote di un dei più potenti uomini d'affari residenti in
questo grattacielo” affermò “sei intoccabile.”
La cosa cominciava a
darle sui nervi. “Potresti...” fece un cenno col dito
invitandola a voltarsi.
“Oh, scusa”
esclamò rigirandosi “tu cosa sai fare?”
“Un sacco di
cose. Per la maggior parte del tempo mi rigenero.”
“In che senso?”
domandò dondolando su se stessa.
“Se mi taglio un
dito, ricresce... se vengo ferita, guarisco” sussurrò
“non posso ammalarmi, non sento il jet lag... ma non so perché,
riesco ad ubriacarmi.”
“Forte!”
“Già.”
Claire pensò che non averne mai sentito così fortemente
la mancanza. Prima era indistruttibile. Ora, solo umana.
“Muovo gli oggetti, leggo il futuro, il passato... e un altre
cose”
Stavolta, Kat la guardò
basita “e come è possibile?”
“E' una storia
lunga” mormorò “e non voglio parlarne.”
La ragazza dondolò
una gamba e la guardò col broncio “scusa. Volevo fare
amicizia...”
Claire si sentì
in colpa per qualche secondo “sono poco incline alle amicizie
di questi tempi” disse drappeggiando l'asciugamano addosso.
“Lui mi trova sempre!” esclamò con gli occhi pieni
di lacrime “mi ha dato la caccia per tre anni! Ogni volta che
succedeva qualcosa, potevo stare certa che entro ventiquattro l'avrei
visto piombare su di me come un falco sulla preda... invece sono
passati cinque giorni...”
“Ho un'idea”
mormorò abbassando la voce vicino al suo orecchio “c'è
una sala conferenze al ventisettesimo piano. Con un mucchio di
telefoni e connessioni ad internet a disposizione...” alzò
le sopracciglia e sorrise furba ma Claire la scostò da se “non
ti conosco, non mi fido di te” ribatté nervosa “chi
mi dice che non è una trappola per attirarlo qui, privarlo dei
suoi poteri ed ucciderlo?”
Kat si allontanò
di poco ma assunse un'aria infastidita “lavorare per tuo nonno
non vuol dire accettare le sue decisioni. Non sapevo neppure che il
tuo ragazzo fosse uno di noi!”
Sembrava sincera.
Claire la guardò interrogativa “Davvero tu non sai ...”
La ragazza scosse la
testa e la guardò dritta negli occhi. “Se vuoi
rivederlo, o per lo meno sentirlo, devi fidarti di me.”
- - -
Kat occhieggiò
la stanza e si diresse verso il telefono più lontano di tutti.
Sedette davanti al pc con fare noncurante e appoggiò il
pezzetto di carta col numero di cellulare vicino alla tastiera.
Squillava ma non rispondeva nessuno. Insistette, continuando a
mantenere lo sguardo neutro. La voce che rispose era nervosa e le
provocò un brivido di paura lungo la schiena. “Ascoltami
e non mettere giù il telefono” sussurrò veloce
“ti chiamo da parte di Claire.”
Chuck lo vide
irrigidirsi e tendere i muscoli pronto a scattare. “Dov'è?”
“Burj Khalifa,
Dubai, Hotel Armani, stanza sette A” mormorò aprendo una
pagina di internet a caso.
“E chi mi dice
che non si tratta di una trappola?” domandò duro
piegandosi sul telefono “tu chi sei?”
Kat abbassò le
spalle scoraggiata. Ma che avevano quei due?! “Claire ha detto
che il suo superfichissimo ragazzo sa individuare le bugie quando le
sente. Forse dovresti sbrigarti a venire qui” disse rapida “E'
confusa, preoccupata e senza poteri.”
Sylar fissò lo
sguardo sul ragazzo e mosse appena la mascella “a tempo debito”
mormorò staccando la comunicazione.
Kat restò
raggelata dal gesto e posò piano la cornetta. Non era quella
la risposta che si aspettava.
Chuck lo osservò
dondolare il cellulare con aria concentrata “beh?”
“E'
stata molto brava” mormorò serio “non ha risposto
alla mia domanda e si è limitata all'indispensabile.”
“Cosa hai
intenzione di fare?”
“Un'azione al di
fuori dei soliti schemi” rispose accorgendosi un attimo dopo di
come lo guardava. Inclinò la testa e grattò un angolo
della barba, sovrappensiero. Indicò la tuta che giaceva
ripiegata insieme alle altre e ficcò il cellulare in tasca.
“Trovamene una nera. Il rosso non è il mio colore.”
Le dita toccarono qualcosa di vetroso che tintinnò
delicatamente. Estrasse le fialette dalla tasca e le guardò.
L'antidoto all'inibitore che gli aveva dato Suresh. Sogghignò
dentro di se. Il destino ha un bizzarro senso dell'umorismo.
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Capitolo 12 *** La Variabile ***
“Non
posso prestarti un aereo!”
Non
posso non è mai stata una frase accettabile, nel lessico
di Sylar. Puntò i pugni sulla scrivania di Nathan e lo fissò
rabbioso. “Perchè no?”
“Non
possiamo scatenare un conflitto con gli Emirati Arabi, invadendo il
loro territorio con un aereo d'attacco americano!” spiegò
alzando appena la voce “questa è politica, non una
scaramuccia nel cortile della scuola!”
“E'
tenuta prigioniera contro la sua volontà! Americana in terra
straniera! Pubbliche relazioni, diplomatici, ambasciate! Questo è
il tuo pane quotidiano, non il mio!” ribattè sollevando
il busto.
Nathan
alzò le mani per calmarlo “perchè non ti
teletrasporti lì e la finisci?!”
“Hanno
un Haitiano anche loro” sibilò sarcastico “credi
che non ci abbia già pensato?!”
L'uomo
inclinò la testa e sollevò appena un sopracciglio
“abbiamo qualcosa che testimoni il suo rapimento?”
Gabriel
ripensò alle immagini scaricate da Bryce e si incupì.
“No.”
Nathan
allargò le braccia senza controbattere “solo tu sai che
è stata rapita. Per i comuni mortali, sono nonno e nipote in
vacanza nel grattacielo più alto del mondo!”
Una
penna nell'occhio è meno fastidiosa di quel rifiuto, pensò
girovagando per la stanza come una tigre rabbiosa.
“Ci
tieni davvero a lei. Non è uno scherzo.”
“Mi
vedi ridere?” domandò crollando a sedere su una
poltroncina. Tutti i piani che avevano elaborato finivano
negativamente. Aveva bisogno di una variabile.
“Va
bene... daremo la colpa a qualcun altro, come al solito”
mormorò prendendo il telefono. “Il terrorismo
è sempre una buona scusa.”
-
- -
“Accetto
la tua proposta.”
Arthur
la guardò un po' sorpreso “non mi aspettavo una risposta
così rapida.”
Neppure
lei se l'aspettava, ma aveva fatto due più due. Era zeppa di
poteri e, cosa non indifferente, era immortale. Avrebbe potuto
guidare quella società di Biotecnologie verso una giusta
causa, per tutto il tempo che le era concesso di vivere. Il suo
sangue poteva essere analizzato e utilizzato per guarire numerose
malattie. Non cercava il potere e la gloria. Non puntava alla
ricchezza. Era una stupida sentimentale come Peter. Voleva aiutare le
altre persone. Incredibile, come i discorsi di Noah, di Mohinder e di
Angela, le tornassero in mente un po' alla volta, incastrandosi fra
loro come i pezzi di un puzzle. Li ascoltare e li incamerava senza
rendersene conto. Abbassò un attimo gli occhi a terra e si
morse un labbro “ma c'è una condizione.” Do ut
des, pensò rapida.
(Non
fare accordi svantaggiosi per te)
“Voglio
che lasci in pace i miei amici e i miei genitori” mormorò
stentata.
(Tira
fuori le palle!)
Raschiò
la gola e riprese più decisa. “So dove è finito
il catalizzatore. Se vuoi che te lo dica, dovrai accettare la mia
proposta.”
Il
vecchio uomo aveva ascoltato in silenzio per tutto il tempo. Al
momento, la guardava un po' divertito. “Ora vedo la
lunga ombra di Mr Gray su di te.”
“I
miei genitori staranno in pensiero. Devo avvisarli... che va tutto
alla perfezione.” Lo guardò negli occhi e si irrigidì
“devo fare un po' di telefonate.”
“Fa
pure” borbottò adocchiando l'orologio da tasca “non
mi ha più dato problemi da quando ci ha messo le mani.”
Sorrise, Claire non raccolse e prese il cordless. “Quanto dura
l'effetto dell'inibitore?” Nessuna risposta. “Non è
il modo migliore per fidarmi di te” gli fece notare alterata.
“Non
ne ho la più pallida idea!” rispose tranquillo “ho
perso l'appunto del mio ricercatore.”
Sta
scherzando?, si domandò all'istante. “Ok... ho
capito” sbottò saltando giù dalla poltrona.
“Si
cena presto, in questo Paese.”
“Non
ho fame” esclamò sbattendo la porta alle spalle. Marciò
fino alla sua stanza e chiuse la porta con forza. Poi infilò
le mani nei capelli e sentì la frustrazione salire di parecchi
gradi. Calciò tutto quello che le venne a tiro e sentì
una rabbia profonda pervaderla.
(L'immobilità
uccide)
“Il
dubbio uccide” mormorò immobile al centro della stanza
con il telefono in mano.
-
- -
I
cicalini suonarono in contemporanea. Hiro lo fissò e strinse
la spada nel pugno. Adam rovistò nella tasca dei pantaloni
sbuffando. Si voltò a guardare Meredith un'ultima volta e le
accarezzò il viso disturbando il suo sonno. “Dove vai?”
domandò mentre si rivestiva.
“Tempo
di guerra” decretò gettandole un'occhiata “su, non
darmi per spacciato.”
La
donna non disse nulla ma distolse lo sguardo “vedi di non
morire inutilmente...”
-
- -
“L'ONU
ci farà un culo così” sbottò allacciando
le cinture di sicurezza.
“Così
impari a farti eleggere con elezioni truccate...” lo prese in
giro guardando fuori dell'aereo.
“Perchè
loro vengono con noi?” domandò indicando la combriccola
poco distante.
Chuck
alzò una mano e lo salutò, stravaccato con Bryce che
teneva il portatile sulle ginocchia. “Grazie del passaggio,
amico.”
“Dovresti
spegnerlo, stiamo per decollare” lo rimproverò
sorvolando capelli e abbigliamento “amici tuoi?” domandò
rivoltò a Gray che lo guardò appena.
“Così
si dice” mormorò tornando a guardare il cielo scuro. Il
vecchio barbogio non sapeva cosa gli piombava addosso, pensò
raddrizzando la schiena inquieto.
-
- -
Claire
picchiettò le dita sul bicchiere sentendosi tremendamente a
disagio. Quel vestito era fantastico e le dava un'aria esotica. Ma
mai come allora, avrebbe preferito indossare Converse e jeans. La
stavano guardando tutti. Si chiedevano cosa ci facesse una ragazzina
in mezzo agli 'adulti' che governavano il mondo... o quanti soldi
avrebbero fatto al mercato della carne bianca? Il problema era
mascherare i capelli biondi e gli occhi azzurri, in una sala dove il
più pallido aveva il colore dell'uva matura. Nervosa, si
avvicinò ad una finestra e guardò di sotto. Il panorama
era mozzafiato. Tutta quell'acqua di mare. Si chiese quando ci
sarebbe finita dentro, con una spada conficcata nel fegato.
“Ti
stai ambientando?”
“No”
mormorò voltandosi verso Arthur “preferirei tornare in
camera mia”.
“Vieni
cara, ti faccio conoscere coloro che un giorno avrai sotto i tuoi
eleganti piedini ben calzati.”
“Non
faccio amicizia con quella gente!” esclamò ritraendosi
su se stessa. “Non trascinarmi la in mezzo!”
Arthur
la guardò divertito “hai paura di questo branco di
idioti?”
“Sì.
Da morire” affermò nervosa “mi guardano tutti!”
Per
forza, pensò osservandola. Era di una bellezza
abbagliante. “Kat, tesoro, puoi restare con Claire e aiutarla a
relazionarsi con i nostri invitati?”
“Certamente”
esclamò una voce divertita alla sinistra della ragazza. Claire
la guardò e rimpianse di non essere più alta. Era molto
bella e sembrava completamente a suo agio. Ed era vestita di rosso.
Quel colore non avrebbe mai potuto indossarlo. “Allora?”
domandò quando l'uomo si fu allontanato “l'hai trovato?”
“Sì.
Malfidato anche lui” mormorò con una smorfietta “non
penso mi abbia creduto...”
Claire
la guardò e le sembrò sincera. Annuì un po'
triste. “Gli hai detto che sono senza poteri?”
“Sì
e non ha fatto una piega. Cerca di sorridere, ti prego, o tuo nonno
mi licenzia.”
Non
aveva nulla da sorridere, pensò triste. I muscoli erano
saldamente inchiodati al loro posto.
“Ho
bisogno... vado un attimo alla toilette.”
“Ti
accompagno”
“No,
resta...”
“Devo
accompagnarti” sussurrò prendendola per il braccio “è
il mio lavoro!”
Claire
sospirò e si liberò della presa. Doveva essersi
abituata alla gente che faceva come voleva e che non chiedeva mai il
suo permesso. Gettò un'occhiata al buffet e ai bicchieri colmi
di champagne e dopo poco ne vide ribaltarsi uno. Il cameriere lo
sostituì in fretta. Un sottilissimo ringhio le offuscò
la mente e capì che l'inibitore stava perdendo il suo potere.
Ma forse sbagliava, quello che captava era... assurdo! Guardò
le persone nella stanza e pensò che qualcuno di loro era uno
'speciale'.
Kat
la fissò senza capire. Era cementata sulle gambe e aveva una
strana espressione negli occhi. Come...
se fosse affamata, pensò scostandosi da lei.
Tutti
quei poteri... non c'era singola persona la dentro, che non avesse
qualcosa da prendere per se. La copia di Renè era la macchia
nera che offuscava la visione.
“Claire?”
“Cosa
c'è?!” domandò con voce cupa. Perché la
distraeva mentre si inebriava del nettare degli dei? Se ci fosse
stato lui, sarebbe impazzito di felicità. Perché
no?, si domandò seria. Perché non poteva regnare
su quella gente, con lui accanto? Avrebbero avuto il mondo
sotto i piedi. Per sempre insieme. Immortali.
“Non
dovevi andare alla toilette?”
“No”
mormorò persa nella contemplazione della sala. I poteri si
intrecciavano come colori di un arcobaleno. Doveva solo eliminare
quella macchia scura.
“Cominci
a farmi paura...” sussurrò la voce tenue della ragazza.
Claire
voltò il capo verso di lei e Kat alzò un sopracciglio.
Quella non era la stessa ragazzina spaventata che non voleva dare la
mano al primo ministro iraniano.
“Devi
averne” concluse mentre la bestia ruggiva impazzita. Uccidili
tutti, pensò staccandosi dal fianco della sua guardia del
corpo e camminando verso la copia dell'Haitiano che le dava le
spalle.
-
- -
Sylar
sobbalzò svegliandosi di colpo. La poteva fiutare a distanza,
non aveva mai sentito una manifestazione così potente. Strinse
i braccioli mentre Nathan lo scuoteva. “Forza, l'elicottero ci
aspetta.”
“Claire”
mormorò aggrottando la fronte. “E' andata in
berserker...”
“Che
significa?”
“Sta
per fare un massacro.”
-
- -
Claire
infilò la mano nella scollatura e con un gesto veloce, spezzò
la fialetta di inibitore liquido e pugnalò il collo dell'uomo,
lasciando che penetrasse in circolo. Un rantolo e il sangue spillò
sulla giacca elegante inzuppando la camicia bianca. La macchia nera
non c'era più. Adesso avevano un buon motivo per guardarla!
Alzò
lo sguardo su Arthur, pronta a scattare “mi chiedevo quanto ci
avresti messo a tornare in auge” mormorò fissando l'uomo
a terra “mostra loro cosa sai fare. Avanti, nipote. Fagli
capire con chi hanno a che fare.”
Claire
non lo sentiva, offuscata dalla fame che non la lasciava quasi
respirare.
(Ammazzali
per primo)
Con
un gesto secco li scaraventò tutti lontano da se, mandandoli a
sbattere contro le vetrate che si infransero in mille pezzi.
(Colpisci
duro e forte)
Un
uomo del colore del vino la aggredì alle spalle scaricandole
addosso elettricità. Come quella puttana di Elle, pensò
incattivita, urlando per il dolore e allontanandolo da se con la
telecinesi.
(Nessuna
pietà e nessuna indecisione)
Lo
cristallizzò contro la parete e il lungo gemito di morte che
accompagnò la sua dipartita fu un incentivo a continuare. La
vetrata si frantumò del tutto contro un corpo vi fu lanciato
contro e Chuck indicò col dito il punto “mi sa che c'è
una battaglia in corso, la dentro” mormorò mentre
Gabriel si sporgeva a guardare dall'elicottero. “Sta cadendo
gente di sotto... e sono un sacco di piani.”
“Le
ho insegnato bene” disse indossando la tuta da uomo ragno col
paracadute incorporato.
“E
se non fosse lei?” domandò Nathan sudando freddo “come
fai ad essere così sereno?”
“Tua
figlia ha le palle quadrate” rispose avvicinandosi al
portellone spalancato. Guardò i due ragazzi e fece una smorfia
“dove vi porto?”
“Sulla
cima, grazie.”
Kat
arretrò contro l'uscita. Claire sembrava impazzita e rimanere
lì equivaleva al suicidio. Il vento spirava forte a
quell'altezza, il vestito rosso e lungo che indossava sventolò
sbilanciandola contro la finestra. Kat scivolò sui vetri e
finì fuori come tutti gli altri, urlando a pieni polmoni,
quando la caduta rallentò e due mani l'afferrarono al volo.
Chiunque fosse, avrebbe avuto la sua riconoscenza per il resto della
vita! Si aggrappò all'uomo con tutta la forza che aveva e
quando fu all'interno della sala, l'adrenalina le impedì di
sciogliere le dita dalla tuta ruvida.
“Ti
conviene prendere le scale” l'avvertì una voce
frettolosa e profonda mentre sganciava l'imbracatura che lo collegava
all'elicottero e toglieva il cappuccio che indossava.
“Claire
è impazzita, li sta uccidendo tutti!” urlò in
preda ad una crisi di nervi “devo aiutarla ma non so...”
“Ci
penso io” sospirò staccandola da se a forza. “Sei
quella che mi ha telefonato?”
La
ragazza lo guardò cercando di calmarsi. Annuì
ripetutamente “sei Gabriel?”
“Eggià...”
“Io
sono Kat” mormorò tirando su col naso “ha detto
che sei uno di noi.”
“Tzè,
sono meglio” ridacchiò scoccandole un sorriso divertito
“vabbè, vediamo di mettere a posto sto casino...”
sbuffando la rimise in piedi e la guardò attentamente. “Dov'è
il vecchio?”
Kat
indicò la sala un po' nervosa “vuole che Claire diriga
la baracca” mormorò bloccandone i passi. Di fronte al
suo sguardo interrogativo, la ragazza abbassò la voce a mo di
scusa “ho origliato..”
“Continua.”
“Quando
le ha iniettato l'inibitore, Arthur sapeva che l'effetto sarebbe
cessato durante la giornata. Hanno aggiunto un composto che amplifica
i poteri, per quello è impazzita. Penso che la stia usando per
mostrare ai suoi 'nemici' di cosa è capace” continuò
spostando lo sguardo dietro di lui “Arthur ha un sacco di
vecchie ruggini con quella gente. Se Claire erediterà il suo
impero, la Petrelli Enterprise continuerà il suo dominio
sotterraneo sul mondo fino alla fine dei tempi.”
“E
perché lo stai raccontando a me?” domandò sulla
difensiva, lo sguardo indagatore.
Kat
lo guardò di traverso “perchè sono una romantica”
borbottò imbarazzata lisciando il vestito sui fianchi. “Non
si dividono due innamorati...”
Gabriel
la guardò senza parole.
“Claire
ha accettato!” sbottò per distrarre l'attenzione dal suo
imbarazzo. Subito, lo vide incupirsi “hanno fatto uno scambio
alla pari. Lei farà quel che chiede e lui lascerà
perdere la sua famiglia. E hanno parlato di un catalizzatore, ma non
ho capito molto”
“Le
ho detto di non fare accordi con i tipacci...” ringhiò a
mezza bocca “non mi da mai retta!”
“Non
penso avesse molta scelta. Claire ha perso la sua famiglia, è
sola e lui le ha proposto un piano per il futuro che nessuno avrebbe
rifiutato. Migliori scuole, migliori insegnanti, completa autonomia
alla sua morte...” continuò abbassando la voce.
“Non
è sola, c'è molta gente che le vuole bene.”
Un'occhiata
dubbiosa. “Il problema sei tu” mormorò scostandosi
un po' “poichè non sei venuto a cercarla, crede che tu
non voglia avere niente a che fare con lei...”
La
sua espressione si ammorbidì e un sorrisetto derisorio
comparve sul viso. Kat lo fissò con una smorfia “hai mai
pensato che potresti darle una mano?”
“Sono
venuto per questo.”
Non
ha capito, pensò schiarendosi la voce “una mano...
nella gestione...”
Gabriel
la fissò e non rispose.
“Era
un'idea...” si difese con tono da bambina “scusa!”
“Vattene,
va” borbottò marciando verso la sala “ma resta nei
paraggi, il tuo potere potrebbe far comodo”
“Che
ne sai...”
“Io
so sempre tutto!” ridacchiò scavalcando un paio di corpi
con una lunga falcata. Guarda che casino! “Splendore,
dacci un taglio!” gridò nella sua direzione quando la
vide. “Ingorda” sibilò frustrato. Non gliene aveva
lasciato neanche uno! La guardò mentre gettava a terra un
altro corpo morente. Una lenta nebbia si sollevò dalla sua
mano e Claire fece una smorfia soddisfatta.
“Utile
nelle feste a tema” scherzò facendole voltare la testa.
Era lorda di sangue. Lo fissava ma non lo riconosceva. “Prova a
saltarmi addosso e ti...” la fermò al volo mentre si
scagliava verso di lui. Con un gesto violento la mandò a
terra. Un gemito strozzato e Claire rantolò senza ossigeno. La
faccia premeva sul pavimento e la guancia era piena di sangue. Si
chinò su di lei prendendola per i capelli “hai finito?”
La
ragazza annuì con la testa ottenebrata. Il cervello stava
scoppiando dal dolore. Troppi poteri, non riusciva a controllarli. Il
suo corpo emetteva elettricità e avvampava a tratti.
“Hai
esagerato” mormorò spostando le mani prima di prendere
la scossa. Frugò fra le tasche in cerca della pistola a
pressione piena di inibitore liquido, ma una potente manifestazione
di potere lo fece voltare di scatto.
“Questo
è un party in smoking” lo prese in giro l'anziano uomo
sorridendo pacifico. “Spero ne abbia uno, sotto quella tuta.”
Che
simpatico, pensò sarcastico “l'ho lasciato sotto la
muta da sub” ridacchiò lanciando un'occhiata al corpo di
Claire che scattava e sobbalzava a tratti. “Era proprio
necessario usarla in questo modo?”
Una
smorfia e un cenno col capo “questa organizzazione segreta
esiste da più di cinquant'anni e non ha mai avuto una donna al
comando. I metodi si sono... imbarbariti, col passare del tempo”
spiegò guardando la nipote che singhiozzava “Claire
potrebbe essere la domanda a tutte le risposte. Ha accettato la mia
proposta, studierà per amministrare...”
“Non
penso proprio” mormorò toccandola su una spalla nuda
“lei vuole una vita normale, non...”
“Mr
Gray, quello che dice e quello che vuole sono due cose diverse e lei
dovrebbe averlo capito da tempo” lo rimproverò serio
“Claire vuole fare la differenza. Bene, lasciamoglielo fare.”
Gabriel
lo guardò incupito. Non mentiva, ma i suoi scopi non erano
puri come voleva far credere “non ha più il
catalizzatore dentro di se” borbottò “a cosa ti
serve?”
“Sto
morendo, Mr Gray, i miei poteri stanno svanendo. Ogni giorno nuove
minacce si profilano all'orizzonte e persone come lei compaiono dal
nulla” continuò “preferisco averle come amici che
come nemici, non me ne voglia...”
Claire
si alzò sui gomiti, sentendo quel parlottare confuso.
“Gabriel...” l'aveva visto, non se l'era sognato. L'aveva
trovata.
“Sto
contrattando con tuo nonno” mormorò lanciandole
un'occhiata “come va?”
“Mi
viene a vomitare” sussurrò sedendosi pesantemente a
terra “abbiamo fatto un patto...”
“Cosa
ti è saltato in mente?!” sibilò voltandosi verso
di lei. Era l'immagine della fragilità. Poteva essere zeppa di
poteri, ma era debole come un gattino.
“Ascoltami...
per una volta” sussurrò guardandosi le mani sporche di
sangue. Scosse la testa per non pensarci “se non avessi
accettato, le cose non sarebbero mai cambiate. Non ho nulla da
perdere, ormai.”
“La
tua vita normale, la tua umanità” elencò veloce
“i discorsi che abbiamo fatto, li hai già dimenticati?”
“Potrei
fare del bene alla gente” sibilò sporgendosi verso di
lui “io non sono come te, non inseguo la gloria e il potere.
Non me ne frega niente della ricchezza! Voglio solo essere felice e
fare felice la gente attorno a me!”
“Claire,
questa è una cosa grossa. Non è un passatempo” la
rimbeccò agitato. “Questa è la vita vera ed è
piena di grosse sorprese!”
“Vuoi
lavorare insieme a me?” domandò d'un tratto “hai
sempre voluto essere qualcosa in più. Hai sempre voluto essere
altro! Arthur vuole rendere il potere accessibile a pochi. Vuole
venderlo al migliore offerente. Possiamo lasciarglielo fare finché
non passeremo alla guida... poi potremmo fare quello che ci pare.”
“L'ascolti,
Mr Gray. Mia nipote ha vagliato bene tutte le possibilità, in
questi giorni.”
Gabriel
lo incenerì con un'occhiata e tornò a guardarla. “La
paura ti rende reattiva, come il dolore ti ha insegnato ad essere più
veloce per evitarlo” continuò attirando la sua
attenzione “se vuoi cambiare le cose, devi farti venire il pelo
sullo stomaco e...”
“Vedi?”
domandò con voce tenue “faccio la domanda e tu hai la
risposta. Frigno e tu mi consoli... succederà mai il
contrario?”
“Non
ho tutte le risposte” ribattè serio “c'è
stato un periodo in cui l'unico pensiero alla mattina era 'che
potere ruberò oggi?' Ora mi sveglio e mi chiedo cosa
succederà appena messo piede fuori casa.”
“Prima
era più semplice...”
“...
e più noioso” concluse fermandosi. La guardava negli
occhi e cercava qualcosa che non riusciva a trovare. “Devo
pensarci. Non è una cosa da niente.”
“Tu
cosa vorresti? Per il tuo futuro?”
“Non
lo so, non ci ho mai pensato” ammise “condurre una vita
normale... come tutti gli altri.”
“Non
ho mai pensato di poter svolgere una vita normale. Lo crede solo
Noah! Quante volte mi hai detto di darmi una svegliata?”
“E
se ad un certo punto capissi che non fa per te?” domandò
duro “non potresti lasciare perdere tutto! Se assecondi il
progetto di tuo nonno, dovrai vedere e fare cose che non ti
sembreranno giuste.””
“Lo
so...”
“Non
sarà una passeggiata” continuò facendola
ragionare “guardati attorno e dimmi come ti senti”
Claire
voltò rapidamente gli occhi sulla sala. “Non l'ho fatto
consciamente...”
“Brava,
la scusa che ho utilizzato dopo il primo omicidio” mormorò
bloccandole il respiro. “Cosa sei in grado di fare, quanti
poteri hai assorbito per ridurti in questo modo?”
“Troppi...”
Sussurrò raccogliendo il vestito attorno a se “mi
formicola la pelle come se avessi preso la scossa...”
“Eccheccavolo!”
Gabriel
si voltò quando sentì la voce di Adam “non si può
fare affidamento su di voi!”
“E'
già finita la festa?”
“Non
penso, amico mio.”
Adam
fu lesto ad alzare la spada che volò via dopo un istante.
Merda, pensò restando immobile. “Mica te la sarai
presa per Angela? Non c'è stato niente... quattro bacetti...”
La
lama fendette l'aria e roteò su se stessa, puntò dritto
contro il torace dell'uomo e prima che Adam riuscisse a muovere un
solo passo, si conficcò nel fianco di Claire, apparsa dal
nulla. Gridò di dolore e barcollò sulle gambe. Gabriel
restò a guardarla allibito. Claire si mosse all'indietro,
sbilanciata dal dolore e cadde fuori della finestra.
Troppo
stupiti per muovere un solo muscolo, restarono a guardare tutti -
compreso Arthur - la scena incredibile che si era appena manifestata
ai loro occhi. La variabile, pensò alzando una
mano e staccando di netto la testa di Arthur che rotolò ai
piedi del giapponese. Il corpo si afflosciò a terra e Adam
ansimò per lo scampato pericolo. “Porca puttana... ”
cadde seduto a terra e restò a guardare la finestra. “Quella
bambolina mi ha salvato la vita!”
“Un
buon momento per saltare” mormorò Hiro compito.
“Saltare?!”
gridò Gabriel guardandolo “cosa vuol dire che vuole
saltare?!”
“Vuol
dire che viaggerà fra universi paralleli...” sibilò
Adam mettendosi in piedi “vuol dire che se non imbrocca quello
giusto, non la rivedremo più!”
“Ma
lei è...” si voltò verso il punto in cui sedeva
Claire e lo scoprì vuoto. Un brivido feroce gli percorse la
colonna vertebrale e lo stupore gli tolse le parole di bocca. Scattò
sulle gambe e si affacciò alla finestra. La vide cadere a
corpo morto da settecento metri d'altezza. Sarebbe stata una caduta
interminabile, pensò voltando lo sguardo su uno svolazzate
tessuto rosso.
“Così
si ammazzerà!” urlò Kat sbiancando di paura
“l'acqua è troppo bassa!”
“Hai
un'idea?”
“Si
si si! Reggimi!” sbottò affacciandosi dalla finestra. Il
mare si sollevò come un'immensa colonna d'acqua e i primi
centro piani del grattacielo furono travolti.
-
- -
L'aria era fredda e le
strappava gemiti che si perdevano nel vento che le trapassava la
pelle disperdendo il calore corporeo. Stava volando. No, pensò
quando le piscine sottostanti si fecero più vicine. Stava
cadendo.
Una tremenda sensazione
la strappò dalla sua atarassia ormai protratta nel tempo.
Claire guardò l'acqua farsi sempre più vicina, sempre
di più, finchè non la colpì in pieno e la calma
superficie esplose verso l'alto, chiudendosi su di lei dopo un
istante. Piombò a velocità folle nell'acqua ghiacciata
e la botta di freddo le trapassò il corpo, bloccandole i
polmoni.
Silenzio.
Claire pensò la
morte aveva quell'aspetto lì. Fredda e soffocante. Cercava di
tornare a galla, ma l'acqua la tirava a fondo, i vestiti pesavano
come macigni e stava cominciando a respirare il liquido gelato. Non
li avrebbe più rivisti, nessuno di loro... mamma... papà...
Lyle.. pensò sentendo un torpore sconosciuto aggredirle le
membra... non poteva morire, ma poteva restare per sempre lì...
nell'acqua gelida... La tomba liquida era accogliente e
smorzava i suoni della superficie. Le trapassava le orecchie
cullandola, quando l'aria cominciò a mancarle e il panico si
impossessò di lei. Claire aprì gli occhi, ma l'acqua la
rendeva cieca. Sentiva il calore delle lacrime che le orlavano le
ciglia e il freddo che le faceva tremare i muscoli.
(Tieni
la mente fissa su un pensiero, sarà il tuo faro nella notte)
Mosse le braccia
cercando di ricordare le sensazione di essere stretta al suo corpo,
ma era passato troppo tempo e le corde del cuore avevano scordato la
melodia che suonavano, quando sfiorava gli accordi giusti e le
strappava una sinfonia che risuonava nell'universo. La pelle pulsò,
e la sensazione di tiepida malinconia venne cacciata da una nostalgia
atroce che non la faceva respirare.
Gabriel osservò
la superficie incresparsi ritmicamente, ondate circolari che si
allargavano sempre di più, sempre più numerose. Un
maremoto, pensò innervosito. E' esplosa e sta
provocando un maremoto che colpirà la costa! Il corpo di
Kat si fece pesante e gli scivolò contro. Era svenuta per lo
sforzo e non c'era nessuno a controllare la massa liquida.
L'onda
si innalzò maestosa e per un istante, Claire sentì la
pelle riscaldarsi e il corpo che rovinava dolorosamente contro le
rocce del fondo oceanico. “Oddio...” sussurrò
guardandosi attorno, credendo di trovarsi in un incubo o in un film
con effetti speciali piuttosto realistici. Il riflusso fu così
violento che la frustò sulla pelle scoperta e la costrinse a
raggomitolarsi su se stessa, mentre ingoiava acqua e lo tsunami che
aveva provocato si dirigeva a pieno regime verso il porto. L'oceano
si richiuse sulla sua testa e la spinta la portò verso l'alto
mentre annaspava per trovare ossigeno. Salta, cazzo! Salta!
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Capitolo 13 *** Salta! ***
Un altro
Universo, un'altra Terra
Fra due anni.
Claire ricomparve ai
piedi della maestosa abitazione di Angela e come aveva sempre fatto,
suonò il campanello. Una voce maschile, profonda e nervosa,
gridò qualcosa all'interno e Claire fece un passo indietro
tremando.
Sylar la fissò
da capo a piedi e tirò indietro la testa “non eri uscita
a fare shopping?” Aveva i capelli più lunghi e
l'espressione più dura e cattiva. Le vennero i brividi lungo
la schiena. “In che giorno siamo?” sussurrò
stringendosi nei vestiti bagnati.
“Sei impazzita?”
borbottò cambiando radicalmente espressione quando vide che
non aveva il pancione.
Il rumore di una
macchina che frenava poco distante le fece voltare la testa verso la
figuretta bionda che trafficava con i pacchetti nel portabagagli.
Sylar la guardò,
seguì la sua occhiata e sbiancò “18 novembre
2011” sussurrò facendo un passo avanti “ma tu chi
sei?”
“Fra due giorni a
partire da oggi, Claire sarà in ritardo come al solito e tu
uscirai a cercarla” mormorò osservando le manovre della
sua sosia. “Non devi andare al cimitero!” esclamò
attirando la sua attenzione “resta a casa, non uscire!”
“Ma tu chi cavolo
sei?” ripetè facendo un altro passo verso di lei “è
uno scherzo?!”
“Non è uno
scherzo!” urlò spingendolo via “fra due giorni, io
verrò trasportata qui da un'esplosione, ti porterò con
me e nel mio tempo morirai!” gli gridò contro
“impazzirai e verrai ucciso!”
Sylar la fissò a
lungo con espressione sconvolta “la premonizione di Angela...”
mormorò sconvolto “allora è vero... qualcuno più
potente di me...”
“Il te stesso di
un'altra dimensione” affermò guardando l'altra Claire
che si avvicinava e aveva alzato la testa verso di lei. Claire si
voltò in fretta “diglielo che la ami...”
L'uomo la fissò
e divenne cinereo “come fai...”
“Me lo dirai tu”
sussurrò occhieggiando alle sue spalle “dimmi la verità:
quando le hai rubato il potere, l'hai...”
“No!”
esclamò con espressione orribile “ma tu come fai...”
“Ti ha cercato
lei? Ti ha sedotto?”
Sylar la guardava e non
parlava “è venuta da me. Ha trovato il mio indirizzo sui
documenti di Noah, ha letto il mio profilo. Era ossessionata dalla
vendetta e voleva farmela pagare” spiegò lentamente
sempre studiandola, sulla difensiva. “Qualcosa cambiò...
tornai di notte... la trovai addormentata sullo zerbino ad
aspettarmi.”
O mio dio, pensò
tremando per il freddo.
“Non le importava
delle conseguenze, mi voleva e basta, era fuori controllo... non ero
dell'umore migliore e la cacciai, ma lei tornò... tornava
sempre, finchè un giorno non acconsentii alla sua richiesta e
la presi. Mi chiese lei di farlo!” esclamò abbassando la
voce “e da quel momento in poi è stata la rovina... per
entrambi.”
“Noah l'ha
cacciata di casa?”
Annuì e il suo
sguardo si fece meno duro “vuoi un asciugamano?”
Claire scosse la testa
lentamente. “Dille che l'ami, accompagnala a fare shopping
anche se ti annoi... ma resta a casa, ti prego!” esclamò
sentendola alle sue spalle. Udì il rumore di un sacchetto che
cadeva per la sorpresa.
“Ma chi... sei
tu?”
Claire si voltò
e la guardò. Quel pancione era inquietante “trattalo
bene. Si strapperebbe un braccio per te” mormorò con le
lacrime agli occhi “non lasciarlo uscire di casa, il venti
novembre, o quel bimbo resterà orfano...”
“Sono due
gemelli...” sussurrò suo malgrado, bianca come un
cencio.
“Non me l'avevi
detto” rispose una voce tenue e sorpresa alle sue spalle.
“Non me l'avevi
mai chiesto” rispose l'altra Claire saettando lo sguardo
da uno all'altro. Nel momento in cui guardò verso Claire, la
vide scomparire, lasciò cadere un altro sacchetto e si portò
una mano alla bocca. Poi, un tocco delicato sulla spalla “stai
bene, piccola?”
“Non chiamarmi
piccola” mormorò meccanicamente “ma era... era...
me!”
“E' pieno di
mutaforma al giorno d'oggi” scherzò dirigendola
nell'abitazione “insomma, di che colore le dobbiamo dipingere,
le pareti?”
Claire lo guardò
titubante “quale ti piacerebbe?”
“Chiedi il mio
parere, ora?” domandò frugando fra le buste. Sorrise
tirando fuori un sonaglino con un fiocco rosa. “Capito...”
poi ne tirò fuori un altro, azzurro. E sogghignò
apertamente. “Distruggeranno il mondo quei due...”
sospirò sedendosi di schianto su una poltrona. “Perchè
non te l'ho mai fatta pagare, per quello che mi avevi fatto?”
“Perchè mi
ami alla follia!” ridacchiò guardandola di traverso.
“Senti chi
parla...”
Oggi
Angela
si svegliò di soprassalto. Si era addormentata a teatro, il
più imperdonabile dei peccati. La donna accanto a lei la
guardò con riprovazione e Angela si schiarì la voce.
Non c'era più nulla. Il futuro era stato cambiato, Gray non
sarebbe morto. Era stata Claire, l'aveva vista
in cima all'onda, poi era scomparsa... come se non fosse mai
esistita.
Altrove.
“Che hanno le tue
amiche da guardare?”
Claire lo guardò
di sottecchi, poi ghignò soddisfatta “mah... chissà...”
commentò a mezza bocca aggiustando il tocco “come sto?”
“Come una che si
diploma” rispose rimediando una gomitata “sono fiero di
te.”
“Parli come mio
padre. Vatti a sedere e non attirare l'attenzione.”
“Non attiro mai
l'attenzione” mormorò sentendo la nuca trafitte da mille
occhiatine “ma continuo a sentirmi osservato...”
“Sei paranoico”
rispose a mezza bocca staccandosi dal suo fianco quando il Preside li
chiamò “fa il bravo! E ricordami che devo dirti una cosa
molto importante!”
“Faccio il bravo”
sospirò voltandosi verso le amiche di Claire e salutandole con
un cenno della mano. Sghignazzò quando le sentì ridere.
“Questo non capitava, quando avevo la sua età.”
“Bei tempi”
ne convenne Noah quando si sedette accanto a lui “ora che non
hai più uno scopo cosa farai?”
“Posso sempre
tormentare te” ghignò allargando un sorriso divertito e
incrociando le braccia. Fissò lo sguardo su Claire che lo
stava guardando e le strizzò l'occhio. Poi smise di sorridere
e si voltò verso il fondo della sala. C'era qualcuno come
loro. Saettò rapido in tutti gli angoli e la vide. Rabbrividì
e pensò di aver visto male. Poi si alzò e si mosse
verso la porta.
Claire lo vide venirle
incontro e si mosse rapida verso l'uscita. Gabriel la bloccò e
lei ringhiò di frustrazione “avevamo detto niente
poteri”
“Chi sei?”
sibilò portandola via “perchè...” Gabriel
la guardò attentamente e sgranò gli occhi.
“Qualunque sia la
realtà, siamo destinati a stare insieme...” sussurrò
sorridendo amara “ricordati il preservativo!” esclamò
saltando un'altra volta.
Altrove.
Claire si stirò
languida sulla sabbia e lasciò che il sole la inondasse
completamente. Il cane continuava ad abbaiare e ne aveva fin sopra la
cima dei capelli “Gray! Lascia stare quel povero animale!”
“Stiamo solo
giocando!” esclamò lanciando la palla lontana, quasi in
mezzo all'acqua “ti detesto quando mi chiami così...”
“Non è
vero, mi ami alla follia” mormorò sorridendo pacifica
“come fai ad essere così abbronzato?” esclamò
notando la colorazione forte che aveva assunto “siamo qui solo
da due giorni!”
Gabriel sghignazzò
e osservò l'oceano con aria rilassata. Il cane cominciò
ad abbaiare sempre più forte e lo guardò male “ora
gli blocco le corde vocali...”
“Magari!”
esclamò tappandosi l'orecchio con un dito e guardando nella
direzione dei latrati “ma che ha da isterizzare così?”
con un movimento veloce, Claire si alzò e si diresse verso il
bastardino che avevano adottato durante la vacanza “smettila,
cane...” borbottò guardando la ragazza bionda riversa
sulla sabbia. Troppi festini fanno male, pensò
scrollandola con decisione “ehi, stai bene?” la voltò
sulla schiena e rantolò per la sorpresa. Era identica a
lei!
Claire rinvenne,
tossendo e sputando sabbia e la guardò con le ciglia socchiuse
“bel bikini...”
“Grazie”
mormorò meccanicamente “ma tu sei... uguale a me?”
“Un'altra
dimensione” rispose togliendo la sabbia dai capelli. Poi alzò
la testa verso l'uomo dietro di lei e mugugnò di dolore “state
insieme?”
“Ehm, si...”
rispose l'altra Claire titubante “che vuol dire,
un'altra dimensione?”
“Allora devo
tornare all'inizio” borbottò fra se “Oh,
preservativo!” esclamò saltando di nuovo.
“Cosa ha detto?!”
Claire lo guardò
storcendo la bocca “ehm... mi ha ricordato una cosuccia... ma è
meglio che ti metti seduto...”
Prima.
Che puzza, pensò
aprendo gli occhi su un vicolo umido e freddo, in mezzo alla
sporcizia. Sapeva che una volta fatto il salto, sarebbe stato
difficile tornare indietro. Sperò di aver imbroccato
l'universo giusto. Hiro le aveva dato un sacco di informazioni utili.
Si tirò a sedere posando la mano su un topo che squittì
lontano da lei. La allontanò con un senso di disgusto. Poi un
rumore di passi che si fermarono e Claire guardò un paio di
jeans scuri che conosceva bene.
“Che ci fai in
mezzo ai rifiuti, ragazzina?” le domandò una voce dura e
senza alcuna traccia di calore. Una mano forte la rimise in piedi e
Claire lo guardò nervosa prima di essere inchiodata contro il
muro. “Esperimento scientifico.”
“Il che vuol
dire?” domandò tenendola ferma.
Lo conosceva bene, quel
ghigno sarcastico. Un gruppo di cheerleaders passò rasente il
muro, urlando e agitando i pon pon, Sylar fissò lo sguardo
sulla Claire di quella realtà che si fermò ad
allacciare una scarpa e corse via, dietro le amiche. Si volse a
guardarla con aria interrogativa.
Era ancora in tempo per
cambiare il destino. “Se prenderai il suo potere, la tua vita
cambierà” mormorò immobile. “Te la farà
pagare, verrà da te e...” la stretta si acuì
intorno alla gola e le impedì di continuare.
“E' un
avvertimento, splendore?” la interruppe alterato dalla
confusione che provava.
“Chiamalo come ti
pare” mormorò svanendo.
Sylar grattò la
fronte sotto il berretto che indossava, si guardò attorno
stringendo la mascella. Si avviò sorridendo dietro il gruppo
di cheerleaders. C'è sempre un buon motivo per alzarsi, la
mattina.
Novembre. "Ti
dice male, sono un bravo ragazzo che non si approfitta delle
fanciulle ubriache" mormorò perdendo la voce per un
istante quando arrivò alla cintura. "Claire, smettila...
non sei in te..."
"Tu non sei un
bravo ragazzo... i cattivi non sono mai... bravi ragazzi..."
Claire sentì il calore del suo respiro e mosse la testa
stringendo la presa su di lui. Poi la baciò e fu come se si
spegnesse un interruttore, mandandole in blackout il cervello.
Aveva le labbra piene e
gonfie ed era troppo tempo che non stava con una donna. Non importava
chi fosse, quella che stringeva contro di se. Il suo seno gli premeva
addosso e la schiena si inarcava seducente. Una mano lo afferrò
alla spalla e Sylar si voltò di scatto.
“Non farlo”
mormorò Claire rabbrividendo quando vide la scena “se
passerai la notte con lei, non potrai più tornare indietro.
Non portartela a letto! Ricorda la premonizione!”
“Indietro per
cosa?” domandò nascondendo la ragazza contro di se.
“Quale premonizione, ma chi sei?!”
Claire vide quel
movimento e sospirò. Non poteva più fermarlo. “Non
fare di testa tua come al solito! E' ubriaca e indifesa, guai a te se
ne approfitti!” esclamò arrossendo “riportala a
casa!”
“Non
approfitterei mai di una svenuta!” ribattè a disagio
“neanche mi piace!”
“Bugiardo”
sussurrò divertita svanendo un'altra volta.
Sylar si guardò
attorno restando in allerta. Abbassò lo sguardo sulla ragazza
quasi addormentata e aprì la porta con un gesto.
Oggi.
Sei mesi dopo.
Gabriel
lanciò un sassolino nell'acqua e restò a guardarlo
rimbalzare. Erano passati più di sei mesi da quando Claire era
scomparsa in mare. Non erano riusciti a trovarla. Non riusciva a
captarla da nessun angolo del globo. E
non era un modo di dire. Si
era trasportato in ogni singolo centimetro del pianeta. Guardò
il cielo di luglio e capì che sarebbe stata una lunghissima
giornata senza sole, deprimenti come le altre, umida e appiccicosa.
Seduto sulla spiaggia, osservò la gente attorno a se. Molto
poca. Coppiette che si tenevano per mano. Loro non l'avevano mai
fatto. Lanciò un altro sassolino che finì a piombo
nell'acqua. Un cane trotterellò fino a lui, lo annusò,
lo aggirò e corse via quando il padrone lo chiamò. Il
mare si stava ingrossando. Era nero come il cielo. Era piuttosto
strano, pensò rimettendosi in piedi e scuotendo i jeans dalla
sabbia. Alzò la testa sentendo una goccia d'acqua colpirlo
sulla guancia e
sul collo. Iniziò a piovere a catinelle e Gabriel fece una
smorfia. Come
nelle migliori sit-com,
pensò rassegnandosi a inzupparsi del tutto. Poteva
trasportarsi a casa. Ma da quando Claire era scomparsa, usava
pochissimo i suoi poteri. Non servivano a nulla. Non avevano
importanza. Ma è
stupido restare a bagnarsi.
Stava per trasportarsi quando un lampo l'accecò e un tuono
esplose molto vicino. Gli si rizzarono i peli delle braccia e una
sensazione di paura primordiale
lo colpì al cervelletto. Stava cambiando qualcosa, in quella
realtà. Restò a guardare il
mare che si ingrossava, sempre di più, finché l'onda
non gli fece alzare la testa allibito.
Claire
piombò nell'acqua gelida e la botta di freddo le strappò
un urlo. Immediatamente il liquido le entrò in bocca e soffocò
le sue grida di paura. Sentiva l'onda alzarsi e quando fu un cima,
guardò la città con gli occhi pieni di lacrime. Sentiva
di essere a casa, non sbagliava! Quella sensazione di nostalgia non
tradiva il suo istinto. Se saltava
un'altra volta, poteva non tornare più. Non doveva rischiare,
ora che aveva imbroccato l'universo giusto. E
sia,
pensò immergendosi nell'onda come se nuotasse. Ci aveva
provato ad cambiare le cose, ma forse il suo destino non poteva
cambiare, pensò quando l'onda la lanciò verso la costa.
C'era
qualcuno la sopra.
“Claire...” sussurrò vedendo un lampo di capelli
biondi e una maglia bianca “Claire!!”
Due braccia dure la
afferrarono alla vita quando ormai avevano superato la spiaggia.
Claire gli si strinse contro con tutta la forza che aveva. Rotolò
per molti metri, in mezzo alle corsie delle macchine, sentendo la
presa allentarsi e farsi di nuovo ferrea, udendo i suoi grugniti di
dolore quando strusciò con la spalla sull'asfalto asciutto e
la pelle si bruciò per l'attrito. Vide l'enorme bisarca carica
di macchine correre verso di loro ma Gabriel alzò una mano per
fermarla. Le aveva protetto la testa con una mano mentre rimbalzavano
a terra e il dorso era completamente insanguinato. Ci avrebbe messo
poco a guarire, pensò quando le gomme stridettero e tagliarono
l'aria, riempiendola di un odore spaventoso che le fece venire il
voltastomaco.
“Ma siete
pazzi?!” urlò la voce altera del conducente, mentre
Claire sputava acqua e sentiva il cervello ingombro dai pesci che si
erano infilati nelle orecchie. Aveva travolto qualche poveraccio nel
suo lunghissimo volo. “Grazie... chiunque tu sia...”
singhiozzò tossendo altra acqua.
“Claire...”
La sua voce era
sorpresa e le fece alzare la faccia da terra. “Gabriel...”
sussurrò incredula. Ripeté il suo nome più
volte, toccandolo per sentire se era vero “ho preso l'universo
giusto?!” domandò affannata “non c'è
un'altra me stessa con giro?!”
“Dove sei stata
in questi mesi?” domandò sconvolto “sono passati
sei mesi da quando sei saltata!”
“Sei mesi!?”
ansimò stordita. Stava esplodendo il dramma attorno a loro.
Non capitava tutti i giorni un fenomeno del genere! Gabriel la
afferrò e dopo qualche istante, il rumore del traffico
impazzito e delle urla svanì, e restò solo il tiepido
silenzio di un'abitazione che non riconosceva.
Claire aprì gli
occhi impaurita. Cominciava ad averne abbastanza del teletrasporto.
Il tessuto che artigliava sotto le dita era ancora lì. Lo
guardò titubante, poi l'abbracciò di slancio. Scattò
come se avesse messo piede in una trappola per conigli e la stritolò
contro di se. “Questa è stata un'idea pessima,
splendore” mormorò con una nostalgia nel cuore che non
lo faceva respirare. “Non dovevi farmelo...”
“Ho dovuto”
sussurrò lasciandolo andare per un istante e tornando subito a
stringerlo. “Ho visto cose che voi umani...” recitò
scherzando per alleggerire l'atmosfera. Lo scapaccione che le arrivò
diretto sul sedere, la fece trasalire e le strappò un urletto.
“Ehi!” sbottò allontanandolo da se. Era stato un
riflesso condizionato di quello che provava, pensò notando la
sua espressione. “Ok, penso di meritarmelo, stavolta...”
concesse con una smorfietta.
“Sei scomparsa
sei mesi! Ti ho cercata in ogni dannatissimo angolo del globo, i tuoi
padri hanno sguinzagliato i servizi segreti per trovarti, c'è
mancato poco che comparisse la tua faccia sul cartone del latte!”
esclamò furioso. “Vaglielo a spiegare che la figlia
adorata si è messa a vagare fra le dimensioni!”
“Ho dovuto,
volevo vedere...”
“Sta zitta o te
ne do un altro!” l'avvertì fremendo di rabbia e altro
che si frapponeva fra lui e un giusto omicidio. “Non mi hai
detto nulla...” mormorò abbassando la voce “sei
mesi senza di te, sono stati sei anni...”
Claire lo guardò
dispiaciuta. E in colpa. Ma per lei erano passati solo pochi minuti.
Lo abbracciò di nuovo tenendolo contro di se. “Mi
dispiace... mi dispiace tantissimo! Non volevo farvi preoccupare!”
“Deve
dispiacerti! Stavolta la mia vendetta sarà...” Gabriel
sentì quel corpicino addosso, caldo e morbido, e perse tutta
la rabbia che provava “stai sgocciolando sul tappeto nuovo...”
mormorò guardando il tessuto bagnato.
“Hai arredato”
commentò guardando la stanza al di sopra della sua spalla “è
molto carino...”
“Avevo un sacco
di tempo libero...”
- - -
“Posso
allontanarmi cinque minuti per una doccia, o hai intenzione di
svanire un'altra volta?”
“Ti aspetterò
qui” mormorò guardandolo negli occhi. Aveva voglia di
baciarlo, le era mancato terribilmente. Aveva voglia di fare l'amore
con lui. Non avrebbe dovuto provare nostalgia, in fin dei conti, in
ogni singolo universo l'aveva incontrato.
Lo guardava così,
tanto tempo fa. Alzò una mano per accarezzarla ma si bloccò
quando la vide socchiudere le labbra. Se la toccava, non sarebbe
riuscito a fermarsi. “Resta qui. Su questo angolo. Ho contato
le righe, se ti muovi me ne accorgo.”
“Resto”
promise incrociando le gambe sul letto e allacciando tre bottoni
della camicia scura mentre asciugava i capelli. Con il fon. Quel
gesto scoprì il collo e la clavicola attirando il suo sguardo.
"I tuoi rapitori
hanno dimenticato qualche vestito. Sono la dentro.” mormorò
indicando col pollice un cassetto che si aprì all'istante.
“Grazie...”
sussurrò a mezza bocca. Alzò la testa e lo vide che la
osservava “resto qui!” ripetè spostando la gamba
di una riga “non ti fidi di me!”
“Neanche un pò!”
Rimasta
sola, Claire sentì la stanchezza pervaderla. Hiro l'aveva
avvertita che i troppi salti temporali l'avrebbero spossata. Aveva
bisogno di dormire. E
tanto, pensò
sbadigliando. Si chinò a frugare nel cassetto e scoprì
un mucchio di roba che non ricordava neppure di avere. Infilò
le mutandine ma restò con la sua camicia addosso. Le piaceva e
le dava un senso di appartenenza. E
aveva il suo profumo, pensò
stringendo un cucino contro la pancia. Si addormentò di colpo
mentre il suo compagno non riusciva a capacitarsi che fosse tornata a
casa.
Almeno
era rimasta, pensò
trovandola addormentata nel suo letto. Si chinò su di lei e la
accarezzò sul viso e per un istante la vide sorridere. Non
aveva intenzione di infastidirla mentre dormiva. Ma era passato
troppo tempo e quella vocetta nella testa era difficile da zittire,
se se ne stava mezza nuda fra le lenzuola con quell'aria innocente
sul viso che gli faceva deviare dai buoni propositi. La carezza scese
verso la gola e la spalla scoperta e si fermò quando la sentì
mugolare. Si avvicinò di qualche centimetro e risalì
verso il viso. Gli
intenti sono sempre nobili. Si
sdraiò accanto a lei circondandole la vita con il braccio. E
la guardò dormire per paura che se avesse chiuso gli occhi,
sarebbe scomparsa un'altra volta.
- - -
Quella letargia
cominciava a diventare preoccupante, pensò picchiettando un
dito sul braccio. Stava dormendo da più di quattordici ore.
Doveva chiamare il reparto rianimazione? Proprio in quel momento la
vide muoversi, sollevare la testa e ricadere sdraiata con un sospiro.
“Che ore sono?”
“Le dieci del
mattino” mormorò sedendosi accanto a lei “hai
dormito parecchio.”
“Sto morendo di
fame” disse sollevandosi sui gomito “non hai idea delle
cose che devo raccontarti...”
“Me le racconti
durante la colazione.”
“Spero che il tuo
frigo possa supportare il mio assalto...” borbottò
mettendosi a sedere. Aveva l'aria sfatta, come se non avesse dormito.
La barba un po' lunga che ombreggiava il viso. Gattonò fino a
lui e lo abbracciò mentre le infilava il viso fra i capelli.
La camicia cadde oltre le spalle e la pelle spiccò
bianchissima e profumata. Il desiderio bloccò ogni pensiero,
divenne solo istinto ma la scostò da se con forza. Lo sguardo
che gli rivolse non fu dei più felici, anzi, era piuttosto
sorpreso. “Devi avvertire i tuoi che sei tornata” mormorò
sfiorandola con i polpastrelli e provocandole la pelle d'oca in tutto
il corpo. “Ah, Meredith...”
“Cosa?”
domandò improvvisamente nervosa “che le è
successo?”
“E' scomparsa
quando ha scoperto...” Gabriel la guardò mordendo un
lato della guancia “è un po'... incinta...”
“Cosa?!”
esclamò ad alta voce “e di chi?”
“E' quello il
problema” borbottò strusciando un lato del mento “non
lo sa.”
Claire lo guardò
sgranando gli occhi. Non riusciva quasi a respirare. “Adam?”
suggerì speranzosa.
“O il mio doppio”
sussurrò a voce così bassa che Claire intuì le
sue parole, più che capirle. “Ho sentito male, vero?”
domandò alterata “non è successo quello che
penso!”
Gabriel annuì a
disagio.
“Cazzo!”
urlò stupendolo “maledetto imbecille, sono stata da lui,
gli ho detto di restarsene a casa, di badare a Claire e ai bambini...
e lui.. cazzo!” urlò un'altra volta colpendo il letto
con i pugni.
“Bambini?”
domandò d'un tratto. “Quanti?”
“Due. Gemelli.
Rassegnati” borbottò frustrata “in ogni singola
realtà avremo due figli, un maschio e una femmina.”
“Quando?”
Claire alzò le
spalle come se non avesse importanza. “Più in la.”
“Quanto 'in
là'?” ripetè improvvisamente teso.
“Non ha
importanza! Adam ha detto che non ha mai avuto figli e con diciotto
mogli e innumerevoli amanti, un bimbo ci sarà scappato!”
gridò fuori di se “quel testa di cazzo! Come si è
permesso di toccare Meredith?!”
“Quand'è
stata l'ultima volta che hai avuto il ciclo?” domandò
inchiodato al pensiero iniziale.
La ragazza lo guardò
di traverso “sei mesi fa!” scherzò sapendo di
uccidere un morente.
“Non dirlo
neanche per scherzo” la riprese nervoso. Stava letteralmente
sudando.
“Sei pallido...”
sussurrò vedendolo sbiancare “ehi... guarda che non sono
incinta.”
“E' stato il
pensiero di tuo padre perennemente fra i piedi a debilitarmi”
mormorò prendendo un respiro. “Chiama... i tuoi
genitori... io vado... a fare un giro” borbottò
mettendosi in piedi rigido.
Claire lo guardò
un po' stupita e un po' delusa. Ma non aveva tempo per preoccuparsi
delle sue crisi da paternità immaginaria. Gettò
un'occhiata al calendario. Era sfasata dagli avvenimenti. Si sentiva
un po' debole, anche se aveva dormito parecchio. Si vestì con
quello che aveva a disposizione e uscì in strada. Taxi.
Fanculo al teletrasporto! C'era un sole fantastico e faceva
caldo. Inclinò il collo e sorrise. Poi perse ogni traccia di
piacere sul viso. Il ciclo. Cazzo!
- - -
La porta della stanza
di Claire sbattè violenta e Noah alzò la testa
allarmato. Teneva in mano la penna con cui avrebbe vergato la fine
del suoi matrimonio. La lasciò cadere delicatamente sul
documento e allungò l'altra a prendere la pistola. La strinse,
poi allargò le dita. Una corrente d'aria, pensò
sospirando. In sei mesi era invecchiato di dieci anni. Claire,
pensò strusciando la testa con le dita. Come gli mancava,
la sua orsetta...
“Papà...”
Gli mancava anche
quell'idiota che appariva dentro casa senza mai bussare...
“Papà-à...”
cantilenò una vocetta scuotendolo per un braccio.
“Tesoro, non
è...” Noah si interruppe col sangue gelato. Si voltò
a guardarla e impallidì come se avesse visto un fantasma.
Quando la strinse,
Claire alzò gli occhi al cielo. Non c'è niente di
meglio che essere stritolati mentre si è in preda ai dolori
mensili. Troppi viaggi l'avevano esaurita e il fisico non aveva
retto. Per la sua agenda era in anticipo. Per il resto del mondo,
aveva un ritardo spaventoso. Amore, ho un ritardo di sei mesi, ma
tranquillo non sono incinta!, ridacchiò fra se ricordando
la faccia sconvolta e in preda al dubbio di Gray. Non si
avvicinerà per i prossimi dieci anni! “Mi dispiace,
non pensavo ci avrei messo tanto. Per me il tempo non scorreva...”
spiegò a bassa voce ricambiando il suo abbraccio “come
sta la mamma?”
“Bene. Esce con
un tipo. Me l'ha presentato.”
La figlia lo guardò
a bocca aperta. “Ma che sta succedendo?! Meredith è
incinta, la mamma esce con un altro! Lyle va ancora a scuola o è
entrato nella legione straniera?”
“Si è
fatto un piercing” sospirò alzando le spalle “ha
detto che tu avevi un tatuaggio, quindi non potevo sgridarlo.”
“Altre
rivelazioni scandalose?” domandò con le mani sui fianchi
“Peter è gay?!”
Noah la guardò
titubante.
“Non dirmi che
davvero...”
“No”
mormorò rimettendosi a sedere e prendendola sulle ginocchia
come quando era piccola. “Non li vedo da sei mesi. Ma è
arrivata questa, ieri” mormorò indicandole una busta “da
parte di un ufficio notarile.”
“Angela è
schiattata e queste sono le ultime volontà?” sogghignò
cattiva strappando la busta. Lesse il foglio all'interno e restò
raggelata. Aprì la bocca per parlare ma ne uscirono solo suoni
confusi.
“E c'è
altro” continuò implacabile “Samson Gray è
morto.”
“Come fai...”
“L'abbiamo sempre
tenuto d'occhio. È morto solo, nella sua baracca nel Nord.
Quando siamo arrivati... beh, non è stato un bello
spettacolo.”
“Gabriel lo sa?”
Noah scosse la testa e
la guardò “non ho contatti con lui da più di
quattro mesi. Ha collaborato alle ricerche per un po', poi ha deciso
che eravamo un peso morto e si è messo in testa di fare da
solo.”
Claire annuì e
cercò di assorbire la notizia. Tutte le notizie,
soprattutto quella che teneva in mano. “Papà, mi serve
la Carta Oro” mormorò con aria di scuse “i miei
vestiti sono rimasti a Dubai.”
“Fra tutte le
scuse per fare shopping...” la prese in giro infilando la mani
nel portafogli “... questa è la più originale!”
Penultimo
capitolo, lo strazio giunge alla fine.
E'la
prima volta che pubblico una storia che è partita bene e ho
finito per detestare, incredibile...
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Capitolo 14 *** La Tana del Bianconiglio ***
“Non possiamo
procedere alla lettura del testamento senza la signorina Bennet.”
Il notaio era
inflessibile e la sua rigidità disturbava Angela. “Mia
nipote è scomparsa da sei mesi” spiegò compita
un'altra volta. “Stiamo rimandando la lettura del testamento
già da tre!”
“Senza un
certificato che ne attesti la morte...” Una bussata leggera
interruppe l'uomo la sua reprimenda “avanti.”
Claire fece capitolino
nello studio con aria tirata “scusate il ritardo.”
“La scomparsa
signorina Bennet?”
“Già...”
sussurrò chiudendosi la porta alle spalle. C'erano proprio
tutti. E la guardavano come se fosse un fantasma. “Le
spiegazioni più avanti” mormorò mettendosi seduta
accanto a Peter che la guardò con un sorriso che stentava a
nascere. “Ma dove sei stata?”
“A spasso nel
Multiverso” sussurrò sostenendo con odio lo sguardo
allibito di Angela. “Noi fenomeni da baraccone facciamo un
sacco di cose strane.” Guardò Nathan con aria di scuse
“mi dispiace d'avervi fatto preoccupare...”
“Me lo
racconterai dopo, ora... sentiamo le ultime volontà di nostro
padre. Un'altra volta” ironizzò distendendo di poco la
muscolatura. Le afferrò la mano e la strinse “sei stata
inclusa nel testamento di Arthur.”
“Che bellezza...”
sussurrò fra i denti. Angela la guardava ancora. Claire la
fissò con astio e si appoggiò alla poltroncina. Stava
per succedere qualcosa di inaspettato.
Era assurdo,
pensò dieci minuti dopo aggrappandosi ai braccioli e sporgendo
il busto verso il notaio “può rileggere... la parte
dell'erede universale... non l'ho capita.”
“Ha capito
benissimo. Il signor Petrelli le ha lasciato tutto il suo
patrimonio.”
“Ma...”
indicò i due uomini attorno a lei e fece una smorfia “ma
loro sono...”
“E' stata
disposta una quota più che adeguata per i figli… ma
niente per l'ex moglie..” sussurrò scorrendo una nota.
“Strano.”
“Ma io non ne so
niente di questa roba! Sono una ragazzina, non so gestire patrimoni,
non so governare un impero! Devo ancora andare al college!”
Quel figlio di puttana l'aveva fregata!
“Può fare
una rinuncia, è nei suoi diritti. In questo caso l'intera
eredità passerebbe ai figli e ai discendenti...”
“No”
esclamarono i due uomini in coro. Claire li guardò allarmata
“perche no?!”
“Io sono un
infermiere” mormorò Peter rilassato “mi piace il
mio lavoro e non intendo cambiarlo.”
“Idem per me.
Studierai, avrai i migliori insegnanti e consulenti al tuo fianco.
Farai un ottimo lavoro. Nessuno si aspetta che tu sappia gestire una
società dall'oggi al domani. Pensi che capisca ogni singola
manovra governativa?”
Claire si aggrappò
ai braccioli e scosse la testa “ma io...”
“Oh... manca una
persona. Scusatemi” mormorò prendendo il telefono.
Claire voltò la
testa verso il notaio e lo guardò sorpresa. “Un altro
parente? Qualcuno che sappia come si gestisce un'azienda?”
“Eppure la
raccomandata è stata consegnata...” disse una volta
messo giù la cornetta. “Anche il signor Gray è
scomparso come la signorina Bennet?”
Quella era l'ultima
goccia. Si guardarono l'un l'altro senza riuscire a dire una parola.
Claire sentì la rabbia montarle dentro. Un'altra partita a
scacchi! “Non è scomparso, è...”
La porta si aprì
silenziosamente e uno sfattissimo Gabriel in jeans laceri e maglietta
irruppe all'interno della stanza. Li guardò interrogativo, poi
abbassò lo sguardo su Claire e girò gli occhi sul
notaio “non sapevo ci volesse l'abito da sera.”
“Gabriel Gray?”
“Vuoi vedere la
carta d'identità?” sibilò sarcastico.
“Si sieda,
giovanotto!” eruppe rimediando un'occhiata feroce. Gabriel
piombò a sedere accanto ad Angela e fece un sorriso smagliante
“come va, strega?”
“Il tuo fetore
appesta l'aria della stanza” sibilò arricciando il naso.
“Spostati, mi dai la nausea!”
Il notaio si schiarì
la voce per attirare la sua attenzione “lei è stato
incluso nel testamento del signor Petrelli come consulente della
signorina Bennet.”
“Che bello...
adesso mi pagano per fare il babysitter...” sibilò
intrecciando le dita dietro la testa e stravaccandosi meglio.
“Ti piaceva di
più Guardiano?” domandò a bassa voce
l'interessata. “Lui ne sa meno di me di come si muove una
baracca di questa portata” disse diretta al notaio infastidito
dalle continue interruzioni.
“Il signor
Petrelli ritiene che lei sia l'unico in grado di indirizzare le
scelte della signorina Bennet nella giusta direzione.”
Gabriel lasciò
scivolare le mani avanti e scompigliò le ciocche che fino a
quel momento erano state impeccabili. “Non ho capito bene. Cosa
diavolo volete da me?”
“Volente o
nolente, Arthur ci ha fregato” mormorò Claire voltandosi
dalla sua parte. “Mi ha nominato erede universale..”
L'uomo fece una smorfia
e sorrise “così la smetterai di brasare la carta di
Noah...”
“... ma sembra
che tu, dovrai darmi una mano...”
“E se non volessi
partecipare al carosello?”
“In tal caso, il
beneficio decadrebbe e la gestione dell'azienda passerebbe ad Angela
Petrelli.”
Gabriel guardò
il notaio e l'espressione perplessa di Claire. Poi si voltò
verso la donna che sembrava aver ingoiato un limone. “Dove
metto la firma?”
Le sopracciglia di
Angela fremettero e quando lo guardò negli occhi, Gabriel
lesse solo disprezzo. E la cosa gli piacque tantissimo. Sogghignò
e con la coda dell'occhio vide Claire rabbuiarsi. “Non puoi
mettere nei guai me per fare un dispetto ad Angela!”
“E tutto il
discorsetto che mi hai fatto sei mesi fa? Te lo sei dimenticato?”
La ragazza scosse la
testa e si appoggiò alla poltroncina “no. La penso
tutt'ora in quel modo...”
mordicchiò un
labbro strofinandolo lentamente con le dita. Era un gesto nuovo che
non le aveva mai visto fare. Anche la postura era diversa.“E
allora...” sospirò tamburellando le dita sullo stomaco.
“Posso andarmene?”
“Non abbiamo
finito. Il signor Petrelli ha disposto che la signorina Bennet entri
a far parte dell'amministrazione al compimento del ventitreesimo anno
di età.”
“Mi sembra
saggio” commentò Nathan guardando la figlia “così
avrai tutto il tempo per studiare ed entrare nel meccanismo.”
“Se lo dici tu”
commentò pacata “che altro? Devo anche sformare un
marmocchio?”
“Entro il
venticinquesimo anno di età” confermò facendola
sbiancare. Claire rise una volta, poi sogghignò, infine la sua
voce si fece isterica e si mise in piedi, appoggiando le mani sulla
scrivania dell'uomo “mi lasci indovinare chi dovrebbe essere il
padre...”
“Il temine esatto
è 'marito'” corresse stupito dalla sua reazione. Claire
rise un'altra volta e piombò a sedere “voi siete
pazzi... e tu non dire niente, mi raccomando!”
“Sono raggelato”
ammise immobile quando la furia di Claire si abbatté sulle sue
spalle “la premonizione mi ha fatto meno paura.”
“In caso
contrario, cosa succederebbe?” domandò stentando a
trattenere l'ira.
Il notaio si fece serio
e sventolò una lettera chiusa. “La risposta è qua
dentro” le porse la lettera che Claire strappò con
attenzione. I suoi occhi volarono fra le righe e si inchiodarono su
un punto che la lasciò a bocca aperta. “Ci sono
riusciti...”
“Cosa c'è?”
Peter si piegò verso di lei e occhieggiò il documento.
Claire si alzò, afferrò Gabriel per la maglietta
trascinandolo sulle rotelline della sedia e quando furono fuori, la
guardò divertito. “Leggi!” sbottò
mettendogli la lettera a pochi centimetri dalla faccia. Crollò
a sedere sulle sue gambe mentre parlottava a bassa voce. “Qui!”
“Togli il
dito...”
“Più
giù!!”
L'uomo sollevò
la testa e la guardò allibito “come hanno fatto?!”
Claire sollevò
le braccia e le lasciò ricadere. “Non lo so ma io non ci
sputerei sopra...”
“E già...”
mormorò abbracciandola e allargando un po' le gambe per farla
stare più comoda. “Posso sacrificarmi per una
cosa del genere.”
“Idem. Chi
potrebbe sopportarti per tutta l'eternità?”
Gabriel la fissò
con aria cupa “e se fosse una trappola?”
“Lo scopriremo
fra qualche anno” sbottò togliendogli la lettera di
mano. Si piegò da un lato e fece una smorfia “maledetto
ciclo, mi sento uno schifo.”
La guardò e per
un attimo Claire vide passare qualcosa che sembrava delusione “te
l'avevo detto!” La smorfia che fece la rabbuiò “tu
saresti capace di sposarmi e mettermi incinta domani stesso per avere
la cura all'immortalità!”
La sua reazione non fu
quella che si aspettava. La fissò e basta senza dire una
parola.
“C'è una
cosa che devi sapere. Noah mi ha detto che tuo padre è morto
pochi giorni fa.” Forse doveva smetterla. Non respirava e non
batteva nemmeno le palpebre.
“Dovrei esserne
contento” mormorò d'un tratto “ma non me ne frega
niente.”
Mentiva e anche male.
Gli appoggiò una mano sulla spalla e quando la prese e la
baciò, Claire capì che stava per congedarsi. “Ci
gettiamo nella tana del Bianconiglio?”
“Non abbiamo
niente da perdere” mormorò rimettendola in piedi.
“Quella è meglio tenerla segreta.”
“La cassaforte a
tempo si aprirà fra sei anni, il giorno del mio compleanno”
borbottò scorrendo le righe della lettera. “Pensi che
riusciremo ad aprila prima con qualche trucchetto?”
“Non ho alcuna
fretta.”
Claire lo guardò.
Sembrava stranamente assente. Aveva bisogno di isolarsi. “Torno
dentro a reclamare il patrimonio. Spero che i loro consulenti siano
dannatamente bravi come dicono...”
“Tuo padre sa
dove è stato seppellito quel bastardo?” domandò
distraendola dalle sue elucubrazioni.
“Sicuramente”
rispose restando a guardarlo “posso accompagnarti?”
“Vuoi rovinarti
la giornata?”
“Sono stata nella
stessa stanza con Angela per venti minuti. Un cimitero sarà
più divertente!”
- - -
“Pensavo peggio”
mormorò guardando una tomba simile a tante altre. “Vabbè,
è andata!” sospirò allegro strappandole un mezzo
gemito di sorpresa. “Andiamo a mangiare, ereditiera?”
“Non chiamarmi
così” borbottò abbracciandolo alla vita. “Vuoi
vedere una cosa carina?”
“Certo.”
“In tutti gli
universi in cui sono stata, questo è quello che mi è
piaciuto di più” mormorò indicando la testa
“assorbi e preparati al botto!”
Un bisonte impazzito
avrebbe fatto meno rumore, pensò alzando la testa dal
rettangolo di tessuto nero sul quale era posato un meccanismo
piuttosto semplice da riparare “che vuoi?”
“Claire sta
per partorire” esclamò fermandosi di fronte al tavolo.
La sorpresa che gli lesse sul volto fu sufficiente a fargli capire
che non ne sapeva nulla. “Vieni o resti a giocherellare con gli
orologi?”
Gabriel lo guardò
ammutolito e non mosse un muscolo.
“Non mi
importa se avete litigato, non lascerai quel bambino crescere da
solo” sbottò cattivo “tu non sei come tuo padre.”
“Su tesoro,
non fare quella faccia” mormorò Sandra stringendogli un
braccio “e non svenire.”
“Non svengo”
borbottò lasciandosi condurre verso una serie di poltroncine
“non ancora... io non ne sapevo nulla” disse a sua difesa
quando Noah lo incenerì con un'occhiata “non mi ha detto
niente!”
“Avrei dovuto
ammazzarti quando ne avevo la possibilità!” sibilò
tappandogli la bocca.
“Noah, sta
buono” lo redarguì la ex moglie “non siamo qui per
litigare.”
“Salve!”
La donna sobbalzò quando l'infermiera arrivò presso di
loro “chi è il padre?!” Li guardò a turno e
si concentrò su Gabriel che era sbiancato. Padre. Lui. Alla
sua età.
“Complimenti!
Sono due gemelli!” esclamò stringendogli la mano con
forza.
“Sono
bellissimi, li vuole vedere? Mai avuto bimbi così belli in
tutto il reparto!” L'infermiera continuava a parlare incessante
e Gabriel quasi non l'ascoltava “e... Claire...”
“Sta
benissimo, mai avuto una paziente così forte. Ha giurato di
ucciderla la prossima volta che si sarebbe avvicinato a lei, ma sono
cose che le partorienti dicono normalmente!” scherzò
scambiando un'occhiata con Sandra che annuiva. Gli mise una mano
sulla spalla e lo scrollò. Era rigido come il marmo. “Noi
andiamo da Claire, tu vai a vedere quelle due meraviglie e fa
amicizia con loro.”
Gabriel annuì
basito e seguì la donna fino a reparto. Lui. Padre. Alla sua
età. E non gli aveva detto niente. Scoccò un'occhiata
al di la del vetro e vide due esserini minuscoli con gli occhi chiusi
e i pugnetti stretti che dormivano placidi nelle loro culle.
“Sono un
maschio e una femmina! Così non abbiamo scontentato nessuno!”
ridacchiò la donna prendendone uno fra le braccia. “La
madre sta ancora decidendo i nomi, lei ha qualche suggerimento?”
Nomi. Bambini. Due.
Aveva due figli. La guardò con la stessa espressione che ha
una mucca che osserva i fari della macchina che si avvicina. “No”
mormorò concentrandosi su quell'esserino che si era svegliato
e sorrideva. Sorrideva a lui. Il fagottino mugolò qualcosa di
incomprensibile.
“Non facciamo
distinzioni, eh” borbottò mettendogli in braccio anche
l'altro. “E' la mia preferita. Non dovrei dirlo perché
sono adorabili entrambi... ma guardi che carina! Così
piccola...” mugugnò mentre Gabriel la fissava come se
fosse impazzita. Le donne, sospirò osservando la piccola. Era
minuscola, gli scatenava un terribile senso di protezione. “Virginia”
mormorò senza pensarci “come mia madre.”
“E' un
bellissimo nome!” ribattè infermiera “però
deve stare attento a lei, quando piange... beh fa piuttosto rumore.”
“Cosa?”
domandò senza capire.
“Onde sonore
piuttosto alte. E' il suo potere” mormorò accarezzando
la testa della piccola. “E si rigenerano entrambi”
concluse con un sorriso smagliante “che c'è? Non è
contento?”
Annuì
meccanicamente e glieli rimise in braccio. “Forse devo parlare
con la madre...”
'Non lo farei, fossi
in te...'
“Chi ha
parlato?”
'Il figlio senza
nome... cominciamo già a fare distinzioni?' Domandò una
vocina infantile nella sua testa. 'Chiamami Noah e facciamola
finita.'
“Noah è
un bel nome!” esclamò l'infermiera annuendo.
Gabriel li guardò
a turno, poi si concentrò sul piccolo che aveva aperto gli
occhi. Erano grigi e assonnati. Aveva i capelli neri. 'La mamma è
arrabbiata. Ha detto che l'hai abbandonata quando più aveva
bisogno di te e ha giurato di fartela pagare appena finita la
gestazione.'
“Questo non è
carino” mormorò l'infermiera restando appoggiata alla
culla 'non essere crudele con tuo padre.'
'Sei davvero mio
padre?' Gabriel annuì e lo guardò. Il piccolo sorrise.
'La mamma ha detto che sai fare un sacco di cose, oltre a farla
impazzire di rabbia.'
“Eggià”
sospirò allungando un dito che afferrò saldamente fra
le manine.
'La mamma ti ama
ancora.'
'E io amo lei' gli
sorrise e sentì una specie di risolino nella testa. 'Sei il
più sveglio fra i due, quindi dovrai badare a tua sorella' lo
avvisò preventivamente. 'Vado a vedere come sta... tu... fai
quello che fanno i bambini appena nati.'
'Sarebbe?'
“Non lo so.
Piangi. Fa la cacca. Dormi...” propose un po' divertito da
quella follia.
'Sono un genio e
sono dotato di una lunga memoria. Ricomincia!' esclamò quando
la sorella si mise a piangere. Gabriel dovette tapparsi le orecchie,
sentendo il cervello esplodere di dolore. “Zitta!” urlò
nella sua direzione. La bimba smise di piangere all'istante e
l'infermiera lo guardò ammirato. “Mano ferma,
bravissimo! Ha già capito come si allevano i figli!”
'Papà...'
“Che c'è?”
borbottò in direzione di Noah 'dio, mi ha sfondato un
timpano!'
'Mi prendi un
braccio un'altra volta?'
La sua vocina era
esitante. Sorrise, arreso a quella tenerezza che lo invadeva.
'Certo.'
'L'imprinting dice
che devo assorbire gli odori dei miei genitori' spiegò
facendolo ridere 'quindi scordati che ti richieda di rifarlo tanto
presto.”
“Quando avrai
il pannolino sporco, lo cambierai da solo, va bene?”
“Quando sarà
sporco, te ne accorgerai. Adesso mettimi giù, ho incamerato le
informazioni che mi servivano' ordinò con voce ironica. 'La
scimmietta antropomorfa ne ha bisogno più di me. E'
un'empatica e ha sofferto tanto, quando la mamma piangeva perché
le mancavi. Mi ha angosciato per mesi! Non sai cosa significa stare
in uno spazio tanto stretto con una piagnucolona attaccata alle
chiappe.'
'Non s'è mai
degnata di cercarmi' borbottò a sua difesa abbracciando la
bambina che frignava 'non sapevo fosse incinta.' Il corpicino della
bimba gli si adagiò addosso lasciandolo senza parole. Si
limitò ad accarezzarle la testina coperta di capelli neri.
'Virginia dice che
ti vuole bene. Nella sua mente minore non ha idea di cosa significhi.
Ma non stiamo a polemizzare.'
"Tu fai un pò
troppo il superiore, ragazzo" lo sgridò con voce tenera.
Era minuscola, era nata per ultima. Avrebbe dovuto proteggerla dal
mondo esterno. Cominciava a capire le parole di Noah. Le accarezzò
la schiena e la bimba frignò contro di lui. Gabriel la guardò,
sembrava gli chiedesse qualcosa. “Che c'è, piccola?”
Virginia mosse le braccine contro di lui e gli agguantò un
dito portandolo alla bocca. Lo ricoprì di saliva e la cosa lo
fece sorridere.
'Santo cielo... è
amore a prima vista' sospirò il bimbo 'sarà una
lunghissima infanzia...'
“Sei troppo
ironico per uno appena nato.”
'Passa tu attraverso
un'esperienza del genere! O svieni o sviluppi subito senso
dell'umorismo!'
Strangolando una
risata, camminò lentamente fino alla stanza di Claire con i
due piccini in braccio e quando Sandra lo vide ululò di gioia,
mentre Noah restò raggelato. Non quanto Claire che sbiancò,
come se avesse visto un fantasma. “Non farli cadere!”
esclamò come prima cosa “che diavolo ci fa qui?”
“Secondo te?”
domandò ironico sentendo un risolino infantile nella testa.
Claire lo guardò
e non rispose “mi hanno detto che si rigenerano...”
“Fosse solo
quello!” scherzò accarezzando la schiena della piccola
che passò delicatamente a Sandra che uggiolava di felicità.
“Lui è un genio e abbiamo appena fatto un discorso
niente male. Si è anche scelto il nome” ridacchiò
passando il piccolo Noah al 'nonno'. “E si chiama come te!”
esclamò dandogli il colpo di grazia. “Virginia spacca le
vetrate e i timpani quando piange... ed è empatica!”
“Scegli i nomi
senza consultarmi?” domandò seccata e nervosa “mi
piace Virginia...”
“Mia madre”
mormorò sedendosi accanto a lei “perchè non me
l'hai detto?”
“Ero
arrabbiata con te.”
“Come va la
conduzione dell'impero?”
“E' difficile”
ammise stringendosi nelle spalle “studio cose che non
capisco... ma migliora ogni giorno...”
“Bene”
mormorò guardandola. Allungò una mano e le accarezzò
il viso. Subito la vide chiudere gli occhi con piacere “potreste...”
si voltò ma i due erano già spariti. Chiuse la porta
con un gesto. “Claire se sei arrabbiata con me, va bene, ma
lasciami vedere quelle due meraviglie.”
“Non te lo
impedirei mai” lo rassicurò con voce debole. “Mi
sei mancato tanto...”
“Anche tu”
sussurrò baciandola sulle labbra un po' screpolate “io
ti amo ancora...”
Claire lo guardò
e non rispose. Nei suoi occhi c'era un interrogativo.
“C'è....
un uomo nella tua vita?” non aveva calcolato quella
possibilità.
Una negazione.
“Anche io ti amo. E ho bisogno di te. So che non vuoi essere
intromesso nella faccenda, ma potresti... fare il padre mentre
conduco l'impero?”
“Certo...”
le sorrise e Claire si illuminò e gli gettò le braccia
al collo.
“Scusate,
penso che questa piccolina abbia bisogno della mamma...”
mormorò Sandra rientrando discretamente nella stanza.
Claire allungò
le braccia e la strinse a se. Gabriel le passò un dito sulla
testolina e il piccolo Noah sospirò ironico 'cominciamo col
complesso di Elettra!' esclamò agitandosi in braccio al nonno
'è passata dal volerti bene all'essere innamorata di te.'
'E' giusto'
ridacchiò prendendolo in braccio “cosa ne sai tu del
complesso di Elettra?” domandò diretto al bimbo.
'Sono un genio, so
tutto. Non chiedermi come faccio, ma posso dirti anche quanti peli
hai nella barba.'
“Sentiamo.”
'Tremilasettecentocinquantasette.
Sulla guancia destra' affermò compito.
“Tuo figlio mi
fa paura” mormorò diretta a Claire che li aveva guardati
per tutto il tempo con una strana espressione di dolcezza che non le
aveva mai visto.
'Non l'ho chiesto
io, sono nato così!' ribattè aprendo la bocca e
gorgogliando saliva 'dio, odio quando succede!'
“Cambio”
borbottò la ragazza “sta dormendo, sta attento...”
“Ho mai
lasciato cadere te?”
“No”
mormorò stampandogli un bacio sulle labbra.
'Ci sono dei minori
qui!'
“Sta zitto”
borbottò “fa l'infante.”
“Amore, stai
parlando con un bimbo che ha poche ore di vita... non è
normale” gli fece notare preoccupata “sicuro che la
paternità non ti ha dato alla testa?”
Gabriel si staccò
con un gemito mentre Claire si massaggiava la testa. “Ma un
metodo indolore non l'hai ancora trovato?” lo guardò di
sottecchi e ammutolì. Era commosso? Ma lui voltò
la testa e le spalle e si incamminò per il cimitero da solo.
Preoccupata, gli andò dietro in fretta e quando lo afferrò
alla vita, la strinse contro di se. Gli fremevano i muscoli. “E'
la cosa più bella che abbia mai visto...”
“E' solo uno dei
futuri ipotetici, ce n'erano altri meno strappacuore e molto più
realistici...”
“Mi piace questo”
mormorò con gli occhi lucidi. “Voglio questo!”
Sembrava un bambino
impunito. “Non cominciamo con le pretese! Ho pianto come una
fontana quanto ti ho visto con la bimba” mugugnò a sua
volta. “Sarai un padre schifosamente bravo e premuroso ed io
una madre lavoratrice e stressata che dimentica il compleanno dei
figli...”
“Avrai una
segretaria che te lo ricorderà.”
“Piuttosto mi
sparo un colpo alla nuca.”
“Non ti avevo
detto di spostare il punto debole?”
“Ma dove lo
metto?!” esclamò fermandosi in mezzo alla strada. “Ma
quando muti forma...” Claire lo guardò con un sorrisetto
malizioso e attese.
“Sei pessima...”
Squillino
le trombe! È finita! Deo gracias! Grazie a tutti coloro che
hanno seguito e recensito. Ci si vede alla prossima!
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