Rendez-vous felino

di Fuuma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Titolo: Rendez-vous felino

Serie: Full Metal Alchemist

Capitolo: 1 di ?

Rating: PG

Pairing: RoyxEd ma in questo chappo ancora nulla…

Note: Un giorno parlando del più e del meno con Slappo è saltata fuori la storia su che animali potrebbero essere stati Roy ed Ed… E quale belva famelica poteva andare meglio di un gattino per Pisellino XD? Nessuno, per l’appunto, quindi la cosa mi ha fatto venire voglia di scriverci su una fic (Come sempre del resto v_v). Ed alla fine et voilà, seconda ficcia per FMA targata Toy decisamente scritta al volo^^;;…

 

Zampettava tra la spazzatura e soffiava dispettosamente contro ogni cosa si muovesse, anche se era più grande di lui, e tutto lì intorno sembrava sovrastarlo.

Così l'aveva trovato.

I suoi occhietti dorati lo fissavano con una bizzarra espressione antipatica e la zampa si mosse per graffiarlo anche se una ferita di taglio la macchiava di cremisi.

- Uhm... ma guarda... -

Sorrise.

Quella palla di pelo aveva attirato il suo interesse.

Gli soffiava contro e mostrava i dentini affilati insieme alle unghie. Un cosino così piccolo... chissà che pensava di fargli.

- Molto bene. -

Senza preoccuparsi che lo graffiasse lo afferrò per la collottola portandolo via dai cartoni e dal puzzo di fogna, portandolo con sé lungo la strada che doveva percorrere e che era ancora lunga.

Chissà perché quel giorno qualcuno si era "dimenticato" di venirlo a prendere in macchina.

Maledetto idiota! Quando lo avrebbe beccato gli avrebbe mandato a fuoco il cervello altroché! Ma forse... forse quell'imbecille non ce l'aveva nemmeno un cervello, a pensarci bene era anche plausibile.

 

- Domani sarà sicuramente una bella giornata visto che è il primo giorno di primavera. - così gli aveva detto quell'idiota mentre finalmente potevano andarsene a casa abbandonando anche per quel giorno il lavoro.

- E allora? -

Fu la domanda che ne conseguì.

- Come sarebbe a dire e allora? Su, Roy, metti in funzione le tue celluline grigie! Te lo ricordi domani che giorno è? -

- Il ventuno marzo, l'hai appena fatto notare. E con questo? -

- Ma quanto sei ottuso! Domani torna Ed ci sei ora? -

Ovviamente sapeva benissimo anche questo. L’ultima missione che era stata affidata a quel ragazzino era stata portata a termine come al solito, ed aveva avuto notizia che sarebbe tornato l’indomani. Gli aveva telefonato personalmente per cui era naturale che lo sapesse, ma ancora non aveva colto il collegamento. Che diavolo aveva in mente Hughes? E soprattutto perché gli tirava sempre fuori il discorso di quel Fullmetal?!

- Roy, ormai hai una certa età, per cui dovresti pensare un po’ a metter su famiglia... - sorrise con quell'espressione che soltanto lui poteva avere e finalmente giunsero le parole che avrebbero spiegato una volta per tutte la situazione - Come me!!! -

Ma certo, come dargli torto, lui aveva una splendida moglie che amava ed una figlia fantastica per cui stravedeva. Era l'emblema della famiglia felice per cui sicuramente era il più indicato a dare consigli su un argomento del genere.

Roy annuì.

Finalmente aveva capito! Ora era tutto chiaro!

Sì... Maes Hughes era un idiota patentato!

 

Così alla fine non solo non era andato a prenderlo in macchina quel giorno, ma casualmente stava venendo giù il diluvio universale! Tutta la pioggia che poteva cadere in un anno intero cadde quel giorno!

- Una bella giornata, eh? Lo ucciderò dopo avergli fatto provare le pene dell’inferno. -

Il colonnello ghignò sadicamente assaporando il momento in cui si sarebbe trovato nella stessa stanza del collega e avrebbe potuto disporre di lui come meglio avrebbe preferito. Sì, già si sentiva meglio ad immaginare i mille modi per vendicarsi di quello scherzetto.

Scosse la testa togliendosi un po’ dell’acqua che gli bagnava i capelli corvini e affrettò il passo, come minimo, vista la fortuna di quel giorno avrebbe persino incontrato il nanerottolo dalla faccia sempre incazzata.

Sè, proprio, ci mancava soltanto lui in quella mattina, non gli bastava la belva che aveva appena raccolto e che gli stava martoriando il braccio... e a proposito...

- Ahia! Smettila gattaccio mi stai facendo male! - ringhiò alla piccola palla di pelo dal manto rossiccio e striato che si limitò a scoccargli uno sguardo pieno di ira senza nemmeno ascoltarlo, ma era soltanto un gatto non poteva pretendere che capisse le sue parole... Eppure quegli occhietti di un intenso giallo capace di illuminare la notte più nera gli portavano alla memoria altri occhi dell'altrettanto colore ambrato, persino con la stessa espressione perennemente imbronciata. O almeno quella era la faccia che lui spesso vedeva, non è che il Fullmetal gli avesse concesso una vasta gamma di espressioni...

Scrollò le spalle mentre la mano libera giocava con la catenina argentata del suo orologio e affrettò il passo scoprendosi in un ritardo mostruoso.

L’Headquarter pullulava di soldati ed un andirivieni lo sorprese mentre superava i cancelli aperti e si portava al suo ufficio.

C'era troppo movimento, strano data l'ora, per di più persino Armstrong nella piazza stava dando qualche ultima disposizione ad un gruppo di soldati impegnati ad annuire vigorosamente e a seguire con gli occhi, ma soprattutto con il corpo le sue particolari movenze. Muscoli addominali e lombari guizzavano all’unisono sotto i comandi del Maggiore.

Chiedergli spiegazioni era fuori discussione per cui si portò alle scale dell'edificio principale trovando Hughes che correva dalla parte opposta.

Proprio lui cercava.

- Dove stai andando? - domandò con voce pacata.

- Alla stazione, è meglio se vieni anche tu. -

Fantastico, era appena arrivato e già gli toccava uscire. Avrebbe anche chiesto spiegazioni più esaurienti se non fosse che il Tenente-Colonnello corse via prima che potesse aprire bocca e di lui non rimase che una nuvoletta bianca e qualche fotografia della figlia che doveva essergli caduta dalle sue tasche.

Roy lo guardò scomparire al piano di sotto ma prima di seguirlo si ricordò di un peso che aveva ancora tra le mani.

Era diventato più silenzioso, più calmo e con sospetto si fissava intorno cercando di analizzare come meglio poteva il luogo in cui si era ritrovato.

- Bè, dovrai startene buono qui fino al mio ritorno. -

Il micio scosse la testolina muovendola dall'altra parte, come a mostrarsi indifferente alle parole del Colonnello e l'uomo scrollò le spalle aprendo la porta del proprio ufficio.

La finestra aperta sbatteva in continuazione contro il muro e il polline aveva invaso la stanza volando di qua e di là e attaccandosi ai mobili e ai fogli appoggiati sulla scrivania.

La chiuse con cura appoggiando il gatto sulla scrivania e fissandolo con sguardo penetrante.

- Vedi di non fare troppo casino Gatto, io tornerò presto. -

Il micio soffiò irritato, saltando agilmente giù dalla scrivania per atterrare sul pavimento lucido e speculare. Per un momento sembrò perdersi nella contemplazione del proprio musetto e quello che parve un sospiro uscì dalla sua bocca, ma il Colonnello non ci fece caso. Chiuse la porta alle sue spalle e si avviò insieme a Hughes.

La vettura spense il motore a pochi metri dalla stazione.

Il flusso di gente era stato portato al limite e molti militari stavano svolgendo gli ultimi controlli del caso su una coppia di anziani occupati nelle loro lamentele per il pessimo servizio.

- Sono ore che aspettiamo di riavere le nostre cose, vi sembra il caso di trattarci? -

- Su, caro, non urlare, lo sai che poi ti sale la pressione. –

- Ma Benedict non vedi come ci trattano? E le nostre valige! Eh? Che ne è delle nostre valigie! Esigo di riaverle immediatamente! –

- Ci dispiace, ma per ora non è possibile, le assicuro che riavrà tutto indietro. –

- Me lo auguro per lei giovanotto! –

Un ragazzo in divisa sospirava pesantemente tentando nel meglio delle sue capacità di tener testa all’anziano uomo che non voleva sentir ragioni e, appurato che avrebbe avuto prima o poi la sua roba, tornò al discorso precedente, il suo gatto.

Da ore cercava il suo piccolo Murfy, un gattino dal manto rossiccio e striato che aveva miagolato per tutto il tragitto sul treno ed ora era sparito, spaventato per l’esplosione che aveva fermato il treno distruggendo i binari su cui viaggiava.

Erano stati fortunati ad essersi trovati subito alla stazione o le vittime sarebbero sicuramente state di più, merito anche di quel bambino biondo uscito dal nulla.

- Ha detto bambino biondo? -

Roy aveva ascoltato parte della loro conversazione e, una volta che Hughes lo aveva messo al corrente della situazione, era intervenuto pensando che si fosse trattato del Fullmetal.

- Certamente, giovanotto. Era un bambino dai lunghi capelli biondi, e li aveva raccolti in una treccia, me lo ricordo perché mia moglie gli aveva fatto giustamente notare che certe pettinature dovrebbero essere per le bambine e non per i maschietti. Ah, ma dovevate sentire come urlava e gridava persino che non lo chiamassimo bambino o piccoletto o altre cose che non ho compreso. Eh, i bambini di oggi mancano di buona educazione, lo sa questo? -

Parlava l’anziano signore, ma da un po’ parlava persino da solo.

Quello che Roy voleva sapere l’aveva saputo, era inutile per cui perdere altro tempo con quella seccatura con i baffi. Si allontanò dal vecchio udendo distintamente qualche insulto a lui rivolto e si portò vicino a Hughes che controllava i danni subiti dal treno.

Non molti.

Quel vecchio aveva ragione, erano stati fortunati.

- Notizie di Ed? – domandò il Tenente-Colonnello guardando l’uomo con la coda dell’occhio mentre scriveva qualcosa sul taccuino.

- Uhn. È stato qui sicuramente, molto probabilmente è stato lui a fermare il treno in tempo. –

Un’ipotesi più che plausibile. Ora restava da scoprire dove quel ragazzino potesse essersi cacciato, neppure del fratello avevano notizie. Un’armatura così grande era quasi impossibile passasse inosservata… ma nessuno sembrava averla vista…

- Credi che siano stati costretti a scappare? -

Fu Hughes a chiederlo.

Era una domanda lecita, forse l’unica soluzione che era possibile trovare alla scomparsa del piccolo Alchemist.

- È probabile. -

A quel punto le cose da fare erano molto poche.

Per le ultime ispezioni e ricerche erano lì i militari, il loro compito quindi era finito, ma prima che potessero arrivare alla macchina la coppia di anziani li raggiunse nuovamente piazzandosi di fronte a Roy con sguardo arcigno.

- Caro, non pensi di star esagerando? -

- Zitta Benedict, lasciami fare. Giovanotto! – l’indice grassoccio dell’uomo puntò verso il Colonnello e un paio di occhialetti rotondi furono pigiati maggiormente sul volto paffuto, gli davano un’aria ancora più bizzarra ma la gente spesso non ci faceva caso. Pensava soltanto a liberarsi di quel ciarlone, nient’altro. E così pensò anche Roy.

- Proprio lei cercavo. –

- Ma non mi dica… - mormorò l’uomo alzando gli occhi al cielo e strofinando lentamente le dita della mano destra. Avrebbe fatto meglio a carbonizzare lui e la moglie, ma poverini, infondo non potevano considerarsi nemici del governo… Peccato.

- Mi hanno detto che lei può aiutarmi. – continuò quindi l’anziano.

- Chiunque sia stato sarà presto licenziato… -

- Io sto cercando il nostro Murfy, è importante che lo ritrovi, mi ha capito? –

Uno sguardo disinteressato lo raggiunse e Roy si limitò ad annuire. Non si preoccupò nemmeno di domandargli chi mai potesse essere quel Murfy, non gli interessava né pensava potesse essere di qualche rilevanza per le indagini, finché non fu lo stesso uomo a parlargliene.

- Deve sapere che teniamo molto al nostro Murfy! Lui è il gattino del nostro amato nipotino, dobbiamo assolutamente ritrovarlo! -

- Un gatto? –

- Esattamente. Vedo che finalmente mi sta ascoltando giovanotto! –

Era irritante quell’uomo.

Con fare altezzoso gli parlava senza nemmeno preoccuparsi di comprendere che la divisa che portava meritava per lo meno il suo rispetto, e poi con quale enfasi lo chiamava “giovanotto”.

Era irritante e fastidioso.

- E’ un gattino dal manto rosso. -

Fu l’unica frase che sentì, il resto lo rimosse dalla testa, oppure non lo ascoltò mai e terminando lì il discorso fece gesto a qualche soldato lì vicino che caricasse su un auto quei vecchietti e li seguissero all’HQ dove probabilmente li aspettava il loro micio.

Più volte ringraziò Dio una volta che fu riuscito a sedersi comodamente sui sedili della loro vettura, non si accorse nemmeno della presenza di Hughes accanto a sé, l’unico suo pensiero, a parte all’essersi liberato dei vecchietti, correva ad Ed di cui ancora non avevano notizie.

 

- Aspettate un attimo qui, prego. -

Hawkeye aveva fatto accomodare la coppia di anziani signori nell’atrio dell’Edificio militare e li teneva sott’occhio chiedendo al Colonnello cosa ci facessero dei civili lì.

- Lascia perdere. – gli mormorò lui salendo al proprio ufficio dove ritrovò la piccola palla di pelo che quella mattina si era portato appresso, ed insieme a lui… il caos!

Fogli sparsi ovunque, penne e matite mangiucchiate in gran parte erano cadute a terra e le tende della finestra strappate in più punti. Al centro della stanza, mentre combatteva per uscire da sotto un grosso cestino della cartastraccia, il gattino si dimenava e miagolava per liberarsi.

Roy rimase per qualche istante a bocca aperta.

La giornata volgeva di bene in meglio…

Con un paio di veloci falcate si portò al cestino alzandolo dal piccolo prigioniero che prese tra le braccia fissandolo incattivito.

- Ti avevo detto di fare il bravo… -

- Miah…? Miao, fhffff!!! –

Ah, maledetto gatto, ancora gli soffiava!

Lo portò giù per mostrarlo ai vecchietti quasi certo che si trattasse del loro Murfy e i due lo fissarono a lungo, lo accarezzarono persino e il micio soffiò anche a loro con la solita espressione antipatica e seccata.

Poi finalmente arrivò il responso che tanto attendevano.

- Giovanotto, dico, sta scherzando? È ovvio che questo non è il nostro Murfy! -

E per un attimo lui ci aveva sperato davvero.

- Fantastico, ma che bella notizia… -

La giornata andava avanti e le cose non facevano altro che peggiorare.

Li congedò in fretta ritirandosi silenziosamente nel suo ufficio e raccogliendo qualcuno dei fogli che il simpatico micio si era premurato di buttare all’aria.

- Miao, tsk! -

Anche il gattino sembrava di pessimo umore.

Appoggiate le zampine sul pavimento si era seduto a fissare il Colonnello che camminava avanti e indietro per la stanza con aria assorta.

Strano tipo quello, chissà che aveva tanto da pensare.

- Dannato ragazzino potrebbe muoversi e farci sapere dove si trova. – sbottò all’improvviso e il gattino drizzò le orecchie.

- Miao? –

Ma il suo non era altro che un miagolio, l’uomo lo sentì appena e si voltò verso di lui.

- Vieni qui Gatto. - disse laconico indicando accanto a sé.

Il micio non si mosse, sembrò persino fargli il verso.

- Gatto, ho detto vieni qui. -

Medesima reazione di prima.

A quel punto fu lui ad andare dal piccolo animale. Lo afferrò per la collottola avvicinando di più il viso al suo musetto.

- La prossima volta obbedisci. –

Una zampata.

Fu veloce, mosse la zampa estraendo gli artigli verso il viso dell’uomo. Ma lui lo fu di più e con l’altra mano bloccò la zampa scuotendo il capo.

- Se continui a muovere la zampa in quel modo non smetterà di sanguinare. -

La fasciò con il suo fazzoletto per poi lasciare il gattino sulla sua scrivania a fissare stranito la bendatura di fortuna e poi il Colonnello. Una spruzzata di rosso colorava il suo musetto ma non si sarebbe vista la differenza tra il colore del suo pelo, così, con passi incerti si mosse più al centro della scrivania a cui anche l’uomo si era seduto. Si mosse verso la sua mano e lì si fermò puntando i suoi occhietti dorati verso l’altro che distrattamente gli accarezzò la testolina e sospirò ancora guardando il telefono che non squillava.

Odiava dover attendere.

Specie quando si trattava del Fullmetal.

Specie se a pervenirgli sarebbero state brutte notizie.

Eppure non restava altro da fare…

- Colonnello, non pensa che sia ora di andare a casa? -

Era stata Hawkeye a parlare.

Non l’aveva nemmeno sentita entrare, persino il piccolo micio che ora teneva sulle gambe si era abbandonato alle sue carezze e docilmente faceva le fusa assopendosi lentamente in quel torpore.

Sbatté d’improvviso le palpebre. Tutti e due, svegliandosi completamente dai loro pensieri o qualsiasi altra cosa fosse e l’uomo guardò l’ora.

- Non avete avuto nessuna novità sul Fullmetal? -

- No, signore, nemmeno del fratello. –

Ma dove poteva cacciarsi un’armatura di quella grandezza? Quei ragazzini erano proprio delle spine nel fianco.

- Hn. -

- Colonnello? –

Hawkeye stava per richiudere la porta alle sue spalle quando un miagolio soffocato la raggiunse e due occhietti dorati si specchiarono nel suo sguardo.

- Pensa di tenerlo lei? – gli chiese ricordando piuttosto bene la sua teoria sui cani e sperando non ne avesse una simile anche per i felini.

- Bè, è utile come scaldino. – affermò senza pensare troppo ad una risposta, infondo per qualche giorno avrebbe anche potuto tenerselo, poi probabilmente lo avrebbe mollato al fratello del Fullmetal, l’amante dei gatti.

- Capisco. A questo punto le auguro buonanotte. –

Senza tergiversare oltre uscì richiudendo la porta, ma fu riaperta dall’entrata di Hughes che teneva tra le mani un paio di scatole di fazzoletti.

Non si annunciò nemmeno bussando, entrò spalancando con forza la porta e sbattendo sulla scrivania le scatole.

- Roy tieni, ho pensato che queste potessero servirti! -

- Come scusa? –

Hughes gli posò una mano sulla spalla sospirando tristemente.

- Su, su, non devi fingere con me. Siamo amici, capisco la tua disperazione, non devi preoccuparti che prenda come debolezze le tue lacrime, per cui forza, piangi pure quanto vuoi. -

- Piangere? –

- Ma certo, per Ed ovviamente. So che sei disperato perché non lo troviamo, ma non temere, vedrai che starà benone! E non appena lo troveremo potrai dar vita anche tu alla primavera del tuo cuore! –

L’altro non parlò, né emise alcun suono. Fu veloce e scattante, come uno schiocco di dita, come la scintilla che si mostrò dai suoi guanti candidi mentre il portamatite accanto a Hughes prendeva fuoco e l’amico lo fissava con timore.

Chiaramente il Colonnello non aveva alcuna intenzione di piangere, o di ascoltare le sue sciocchezze.

- Ok, ok, scherzi a parte. Chi è quella palla di pelo rossa che ti sta sulle gambe? -

Soltanto in quel momento aveva notato il gattino che diffidente muoveva la bocca come a pronunciare qualche parola che mai sarebbe potuta uscire dalla sua gola e, a parte qualche miagolio incomprensibile, non aveva un’espressione molto simpatica.

Lo guardò bene colpito particolarmente dallo sguardo felino che tanto gli ricordava quello di Ed.

Strano.

Ma infondo era Ed avere quel particolare colore di occhi, per un micio invece era piuttosto normale.

- Lui è Gatto. -

Lo disse come se l’ultima parola pronunciata fosse stato un nome proprio. Come se Gatto potesse essere considerato come il nome di quella bestiola, che storse il nasino a sentirlo.

Persino lui pensava che il Colonnello avesse ben poca fantasia.

- Gatto? Non puoi chiamare un gatto Gatto… -

- Certo che posso. Se lo chiamo Gatto lui capirà presto in che posto si trova nella scala dell’evoluzione e comprenderà ancora meglio chi tra noi è il padrone e che è a me che deve obbedienza. –

Chiaro e conciso.

- Roy, ti ha mai detto nessuno che non sei tipo da animali? -

- Sciocchezze. Vedrai che piacerà anche a lui. –

- Pfff… -

Era stato il micio a fare quel suono sottolineando ciò che un gattino poteva pensare di un nome tanto stupido.

- D’accordo, allora tu che proponi? -

E sul volto di Hughes un sorriso beota increspò le labbra mentre pronunciava una sola parola, La sola parola che aveva in bocca praticamente da sempre.

- Elisya! –

- Daresti il nome di tua figlia ad un gatto? –

- Ovviamente non ad un gatto qualsiasi. –

Purtroppo la domanda gliel’aveva posta stupidamente Roy per cui tanto valeva ascoltare tutta la risposta.

- Lo darei al tuo gatto in questo modo tutte le volte che lo chiamerai penserai anche a quanto sia bello il nome Elisya! Non lo trovi fantastico? Anzi, guarda, giusto ieri sono andato a ritirare le fotografie di quando ha messo il suo primo dentino, ecco… aspetta… ma… ma dove le ho messe??? Elisya, ma dove… dove sei tesoro di papà? -

Una catastrofe!

Aveva perso le sue preziosissime fotografie ed ora il panico si era impossessato di lui!

Correva intorno alla stanza urlando che non riusciva a trovarle per poi abbandonare di punto in bianco l’amico e scappare alla ricerca del suo tesoro, lasciandosi dietro soltanto un ultimo grido di battaglia – Elisyaaaaaaa!!!! –

Poi il silenzio e le fusa tornarono a riempire la stanza finché anche per Roy non venne l’ora di tornare a casa.

Non avrebbe risolto nulla stando lì ad attendere inutilmente. Hawkeye aveva il suo numero di telefono, se mai qualcuno avesse scoperto qualcosa sicuramente gli avrebbe telefonato anche a tarda notte se fosse stato necessario.

 

>1°CAPITOLO FINE<

 

Uhn-.-… Primo capitolo terminato ed è stato pure una faticaccia sebbene l’abbia scritto così per caso=_=… Ma ora mi chiedo… Che cavolo di fine ha fatto Al O.o? Perché Ed è palese dove stia, ma un’armatura così grossa… ci credete che ancora non ho idea di che fine fargli fare T_T? Riuscirò mai a giustificare la sua scomparsa e ciò che è accaduto al povero Pisellino^^? Pedo!Roy si farà mai Ed XD? Ed io mi farò mai Roy*-*? (Tutti: No=_=!) Lo scoprirete*__*v…

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Titolo: Rendez-vous felino

Autore: Toy

Serie: Full Metal Alchemist

Capitolo: 2 di ?

Rating: PG

Pairing: RoyxEd

Note: OMG, le cose stanno peggiorando, non è possibile, ma perché tutte le volte che ho in mente una cosa si deve poi sconvolgere nel corso degli eventi T_T??? E che ne so io>.< ! Probabilmente è sfiga=.=! Cmq, ahi voi, qui c’è il secondo chappo^^;;… Forse era meglio se mi fermavo al primo e scappavo in Mexico eh XD? Purtroppo ancora non succede nulla di profondo tra i due piccioncini (Ed: Ma non ero già un gatto??? Adesso anche un piccione>_< ?) ma un giorno le cose cambieranno… forse^^;;… Infondo c’è tempo visto che ancora non ho idea di quanti capitoli saranno in totem^^;;… Né è detto che li scriverò mai conoscendomi^^””…

 

L’appartamento del Colonnello era piuttosto distante dall’HQ ma quando ci arrivarono nulla sembrò più bello di quel comodo letto che troneggiava nella camera pulita e spaziosa.

Sbadigliando si sedette sul materasso spogliandosi della giacca della divisa e staccando la Cipolla argentata dai passanti dei pantaloni, per poggiarla sul comò in cui un libro era stato lasciato aperto a metà.

Ai piedi del letto, con sguardo sospettoso il piccolo micio passeggiava sul tappeto osservando attentamente centimetro per centimetro quella casa. Carina, non l’avrebbe mai detto ma quel posto era di suo gradimento e nonostante tutto quel Colonnello aveva buon gusto persino nell’arredamento.

La lampada poggiata sul comò accese la sua luce flebile e i suoi occhi si mossero a fissarla. Sopra di essa, appeso alla parete ricoperta di una carta da parati di un chiaro beige con qualche ghirigoro di una sfumatura più scura, era stato appeso un quadro. E vicino, il letto dava bella mostra di sé mentre l’uomo vi si sdraiava sbottonando lentamente la camicia nivea.

- Miao, tsk. - fu il solito miagolio rantolato e seccato del micino. Sbuffò anche, scuotendo la testolina e zampettando verso la porta alla ricerca di qualcosa che somigliasse alla cucina.

Aveva fame, da quel che ricordava non mangiava da quella mattina e il suo stomaco continuava a brontolare.

- Ehy Gatto, dove te ne stai andando? -

Sentì a malapena la voce dell’uomo e alzò gli occhietti al soffitto a sentire ancora in che stupido modo si ostinava a chiamarlo.

Ma si poteva essere meno fantasiosi di quello lì?

Poi dei passi lo raggiunsero e una mano lo strinse portandolo verso l’alto.

Di nuovo.

Lo aveva afferrato per l’ennesima volta e per l’ennesima volta lo fissava, come se con un’occhiata potesse capire che cosa aveva in mente di fare. Aveva fame, ecco cosa voleva fare, prendersi del cibo, ciiiboooo!

Ma l’unico suono che uscì dalla sua bocca fu un altro stupido ed inutile miagolio e al Colonnello Mustang non rimase che interpretarlo.

- Hai fame? -

Non ci credeva. Aveva indovinato, al miracolo!

- Miao! -

Lo portò in una cucinotta abitabile dalle piastrelle bianche in cui nel mezzo un grosso tavolo in legno era circondato soltanto da un paio di sedie. Armeggiò a lungo tra le credenze, non era sicuro di cosa mangiassero i gatti, ma una cosa era certa, sicuramente bevevano il latte. In pochi secondi una grossa tazza di latte fu posata sul pavimento e il micio la fissò crudelmente, maledicendo il suo stato di felino.

“Dannato Colonnello, come ti permetti di darmi il latte?! Io odio il latte!” pensò il gattino soffiando contro la ciotola in cui il liquido bianco aspettava solo di essere bevuto da lui che mai e poi mai gli si sarebbe avvicinato.

- Allora? Non ti piace il latte forse? -

Ah, non ci credeva, aveva indovinato di nuovo!

- Miao! -

- Ma figurati, a tutti i gatti piace il latte! Ah, ah, ah! –

E che si rideva ora quello?

Con un sospiro il piccolo felino si avvicinò alla tazza e ne posò sull’estremità una zampina per poi premere con forza in modo che si rovesciasse a terra. Bene, addio odioso latte.

- Ma che?! Perché l’hai fatto Gatto? -

- Miaaaooooo!!! Fhffff!!! –

Il micio soffiò anche contro l’uomo. Voleva che la finisse di chiamarlo Gatto, non era un nome quello, e soprattutto lui non era un gatto! Ma dove ce li aveva gli occhi?!

Eppure l’altro era troppo impegnato a pulire il pavimento dal latte versato per accorgersi delle occhiate del piccolo animale, soltanto dopo molto le notò e anche in quel momento il suo pensiero non fu certo quello di pensare bene a chi o cosa si trovasse davanti. Chi mai avrebbe potuto credere che quel felino in realtà fosse un essere umano? Era impossibile, per cui pensò soltanto a trovare un nome più consono e che andasse bene anche alla palla di pelo.

- Potrei rispedirti nel buco puzzolente da cui ti ho trovato. – mormorò il Colonnello con una punta di sadismo nella voce e un sorrisino maligno – Per cui ricorda che sono io ad avere il coltello dalla parte del manico. -

Il gatto gli tirò un’occhiata impertinente. Dannato Colonnello, persino con i gatti se ne approfittava per ricattarli.

- Quindi vediamo di trovare un accordo. Io ti trovo un nome e mi prendo cura di te per un po’ e tu in cambio obbedirai ai miei ordini. -

“Manco morto, piuttosto me ne torno nel buco puzzolente!”

- Miao, miao, miaaaoooo! Tsk! -

E il Colonnello non poté far altro che prenderlo per un sì.

Quella palla di pelo gli era antipatica e lui stava antipatico a lei, ma sicuramente a lungo andare si sarebbe arreso all’evidenza che il padrone aveva sempre ragione!

- Molto bene, allora come devo chiamarti. -

“Ma sei scemo? Cosa lo chiedi a me?!”

- Uhm… -

Lo aveva riafferrato posandolo delicatamente sul tavolo e si era seduto su una sedia, poggiando il capo sulle braccia incrociate sulla superficie legnosa. E con cipiglio fissava il micio dilettandosi a volte a punzecchiargli la fronte con un dito.

Era un gatto particolare. Il suo manto rossiccio era stato spruzzato da striature più chiare, simili all’arancio o persino al giallo e nei suoi occhi dorati si rispecchiava quel tipico sguardo diffidente e impertinente che lo avevano sempre fatto sorridere.

Gli somigliava.

Aveva un nonsoché che apparteneva al Fullmetal.

E a lui pensò quando gli diede finalmente un nome. Un nome vero, uno di quei nomi con cui venivano chiamati gli animali domestici, fedeli e graziosi, come quel gattino, anche se di fedele aveva ben poco…

- Mame. –

- Miah? –

- Ti chiamerò così, Mame. –

- MIAH?!? –

- E’ perfetto. –

Annuì soddisfatto rialzandosi dalla sedia per voltarsi un attimo e tornare alla sua ricerca di qualche cibo per il piccolo Mame.

E il piccolo Mame ne avrebbe avute di cose da dire. Insulti per lo più, e maledizioni contro quel Colonnello che da quando aveva conosciuto non faceva che prenderlo in giro, soprattutto per la sua statura. Ed ora quello? Era un affronto!

Sicuramente quel Mustang aveva capito che in realtà lui era Ed e adesso lo pigliava nuovamente per il culo.

Ma se sperava che lui se ne stesse lì buono buono a fargli le fusa si sbagliava di grosso!

Con uno scatto felino piegò le zampe per finire alle spalle dell’uomo ed iniziare la sua battaglia contro i Titani.

Era come vedere il duello tra Davide e Golia. Il gattino graffiava e soffiava crudelmente contro Roy, mentre l’uomo tentava invano di toglierselo di dosso e imprecava contro il micio urlando di dolore.

Una battaglia che non avrebbe potuto che terminare con la vittoria del Fullmetal, avvantaggiato per una volta dalla sua statura e dall’agilità felina che il “nuovo” corpo gli consentiva. Ma anche per quello l’ira del Colonnello si abbatté più ferocemente una volta che riuscì a catturarlo e toglierselo di dosso.

- Maledetto gattaccio! - ringhiò ancora dolorante, con lunghi graffi sulla schiena e sulla guancia.

E quel piccolo pestifero maledetto gattaccio sghignazzava contento e compiaciuto della sua opera. Quella palla di pelo alta sì e no una ventina di centimetri, bè, forse un pochino di più, ma ciò non toglieva che era un gatto e come tale doveva starsene al suo posto!

- D’accordo, se la metti così dovrò prendere provvedimenti. –

Lo fece.

Un lungo spago resistente si legava intorno al collo del micino e inutilmente le sue zampate lo graffiavano per tentare di slegarsi. L’altra estremità era stata legata al letto in cui finalmente Roy riposava tranquillamente ghignando perfido per la sua opera.

Così imparava quel coso peloso.

Lo guardò sorridendo. Sì, aveva fatto proprio un bel lavoro, lo vedeva nello sguardo iroso del povero felino che ancora non si era dato per vinto e testardamente tentava ancora di liberarsi finché non fu la stanchezza a fermarlo e allora si accucciò stanco sul tappeto.

“Uffa, che razza di sfortuna!” borbottò tra un pensiero e l’altro mentre i suoi sensi si assopivano e gli occhietto dorati si illuminavano nella notte per poi spegnersi lentamente per il sonno.

“Chissà se Al mi sta ancora cercando… Devo trovare il modo di andare da lui…” fu il suo ultimo pensiero prima di cadere addormentato…

- Uhm… -

Al…?

Ma dove caspita era finito?

Aprì lentamente gli occhi trovandosi immerso in una stanza troppo grande per lui che faticava persino a riconoscere.

E Al?

Dov’era suo fratello?

Sbadigliò portando una mano davanti alla bocca, stupendosi per non aver udito il solito rumore metallico che accompagnava i movimenti del suo arto destro e lo fissò rimanendo senza fiato.

Ma cosa?

E tutto quel pelo da dove diamine arrivava?!?

- Miah… Miao?!? – era tutto quello che riusciva a dire. Miagolii. Era diventato un gatto!

Ma allora non aveva sognato!

E quindi ora… si trovava…

Alzò il musetto fino ad incontrare la stoffa scura delle coperte di un letto su cui qualcuno dormiva indisturbato.

…a casa del Colonnello…

Con il morale a terra spiccò un balzo giungendo sul materasso per zampettare senza problemi sul corpo addormentato dell’uomo. Non si accorse di nulla, continuò a dormire mentre dalle labbra socchiuse scivolava via il suo respiro regolare.

“Ma come fa a dormire così mentre io sono scomparso?” si domandò Ed senza riflettere molto, come se la preoccupazione per lui gli fosse dovuta, fermandosi al cuscino da cui poteva meglio ammirare il viso dell’altro.

I capelli corvini scivolavano sulla fronte, verso il cuscino e il capo si spostò dalla sua parte sfiorandogli con le labbra il pelo morbido mentre storceva il naso in un movimento involontario, infastidito dal solletico che gli provocava.

“Certo che poteva almeno evitare di legarmi.”

Con un movimento cauto la sua zampetta poggiò alla fronte dell’uomo rimanendo per qualche istante immobile per non rischiare che si svegliasse, ma quasi lo avrebbe preferito, almeno lo avrebbe potuto costringere a togliergli quello spago che gli aveva ficcato al collo. Tsk, aveva di meglio da fare lui, non poteva certo rimanersene lì con le mani in mano fingendo di fare il gatto per tutta la vita!

E magari rimanere per sempre a casa di quell’uomo? Oh, no! sarebbe stata una tragedia!!!

A quel pensiero Ed perse l’equilibrio scivolando pesantemente con la zampa sul volto dell’altro che si ritrovò un altro graffio a marcargli la pelle.

“Ops…”

Quello non era proprio nei programmi…

- Uhm… dannato gattaccio… - sussurrò Roy ancora addormentato.

…ma ben gli stava! Infondo se l’era cercata ecco, non aveva nulla di cui rimproverarsi!

Si fermò a lungo a fissarlo tra il dispiaciuto e l’irritato senza mai decidersi nei suoi pensieri contro il Colonnello e alla fine il telefono squillò. Una sola volta. Uno squillo solo e gli occhi di Roy si erano già aperti alla notte per afferrare subitamente la cornetta e rispondere con voce pronta, come se non avesse aspettato altro, come se il suo sonno non avesse colto anche i suoi sensi che svelti si riattivarono soltanto per udire le notizie che aspettava del FullMetal.

- Avete scoperto dove si trova Alphonse Elric? – domandò pacato per avere conferma di quello che gli era appena stato detto. Era una buona notizia, ma il fatto che gli avessero nominato soltanto uno dei fratelli di certo non lo rallegrava… e per di più, gli dispiaceva pensarlo per il ragazzo ma… era pure il fratello sbagliato…

- Mhm. Molto bene, domani mattina aspetto il rapporto… d’accordo. –

Riagganciò la cornetta respirando a fondo e un calore morbido si irradiò per il petto. Abbassò lo sguardo tra le coperte in cui il piccolo Mame si era accoccolato posandogli le zampette al petto per avere la sua attenzione.

- A proposito, mi hai fatto male. -

Era stato sveglio per tutto il tempo, o meglio in un dormiveglia in cui aveva sentito perfettamente perfino il graffio che il gattino gli aveva procurato e che ora lo fissava dispiaciuto, miagolando qualche parola incomprensibile per l’uomo.

Mosse la mano ad accarezzarlo dolcemente e tornò ad appoggiare il capo sul cuscino fissando il soffitto, non che ci fosse nulla di interessante lassù, ma era sempre meglio che farsi troppi problemi per il ragazzino. Infondo sapeva che se la sarebbe cavata da solo… Era un tappo, ma aveva molte buone qualità, ottime qualità.

Un sorriso increspò le sue labbra mentre il gattino saliva di più verso il suo viso e si dedicava a leccare la piccola ferita che gli aveva inferto, non sanguinava nemmeno ma a quanto pare si sentiva in dovere di essere un minimo gentile con l’uomo.

- Uff, se almeno anche quel piccoletto fosse così gentile. -

- Miah?! –

Sto Colonnello del cazzo! Com’è che lo aveva chiamato? Piccoletto?

Era certo che si stesse riferendo a lui, figurati, quanti piccoletti poteva conoscere? In realtà dato il numero della popolazione mondiale, anche molti, ma non era quello il punto!

I canini bianchissimi brillarono sinistramente nella stanza buia e le piccole fauci del gattino si spalancarono prima di potersi richiudere sul naso dell’uomo, ma lui parlò ancora.

- Tu che gli somigli non hai una qualche idea di dove si possa essere cacciato? –

Mame si fermò con la bocca semi aperta per poi allontanare il musetto dal Colonnello e muovere su e giù la testolina come ad annuire alle sue parole. Eppure era soltanto un gattino, e l’altro lo credeva tale per cui perché avrebbe dovuto dare peso ai suoi gesti…

Rassegnandosi entrambi rimasero lì, a guardare la notte che lentamente se ne andava e faceva spazio ad una palla luminosa che li colse svegli e impreparati.

- E’ già mattina? – si domandò stupidamente Roy stiracchiandosi senza accorgersi che il micio si era appisolato su di lui, si tirò a sedere invece ed ebbe appena il tempo di vedere il povero gattino che volava giù dal letto per la caduta.

- Ops… -

“Ma che cazzo?!? Chi è stato che lo ammazzo?!?”

Dal basso del letto due occhietti dorati riluccicavano pronti per la loro vendetta incontrando lo sguardo di Roy che spuntava da sopra per spiare le sue malefatte.

Un sorrisino piuttosto stupido gli era stampato sul volto e facendo finta di nulla si portò celermente alla porta per scappare dalle ire funeste della piccola belva pronta a saltargli addosso per il modo brutale in cui lo aveva risvegliato.

- Mame, stai a cuccia! –

“Mame ci chiamerai tua sorella!”

- No, in effetti non sei un cane… Uhm… Allora… Mame stattene buono lì! –

“Ancora mi chiami a quel modo? Io ti disintegro!!!”

Gli corse dietro, veloce e preciso si gettò su di lui portando l’enorme fardello della responsabilità di avergli scelto quel nome e le grida di dolore dell’altro non furono che un canto di beatificazione per le orecchie di Ed.

“Così impari!”

- Dannato gattaccio, non conta niente quello che c’è stato tra di noi? –

“Miah?” era talmente abituato a sentirsi miagolare che persino il suo pensiero si riassunse in quell’insulsa parola e gli occhioni si spalancarono stupiti a guardare il Colonnello che si asciugava una lacrima dagli occhi.

- Pensavo che grazie a te avrei potuto dimenticare quel piccoletto ma a quanto pare mi sbagliavo. – la sua voce profonda si concentrò nel pronunciare con enfasi le ultime parole e il gattino non riuscì a staccargli gli occhi di dosso – Invece non c’è niente da fare. –

“Quello ha proprio dei seri problemi…” finalmente il suo cervello era tornato in moto e, mentre il rosso imbarazzo dipingeva il suo musetto, continuava ad osservare l’uomo ora scoppiato in una risata derisoria.

- Naturalmente scherzavo! –

Le lunghe dita scompigliarono il suo morbido pelo sulla testolina e Roy se la filò in bagno facendo capolino con il capo per ricambiare lo sguardo ancora stupito del piccolo felino.

- Su, non guardarmi così… Mi metti in imbarazzo! –

- Miao!!! –

“Idiota!!!”

Era scattato nuovamente.

- Ahahah, bene, molto bene. –

Ma quella volta ad accogliere il suo balzo ci fu soltanto la porta chiusa, il tonfo sordo che si udì e il dolore al musetto dopo aver sbattuto pesantemente contro la dura superficie.

E ovviamente dall’altra parte l’uomo rideva tutto contento entrando sotto la doccia e terminando di prepararsi per uscire.

Bene. Molto bene.

La giornata aveva avuto un inizio piacevole tutto sommato, sperò che così potesse proseguire.

“Io lo detesto!”

E con questo pensiero Ed miagolò per tutto il tempo come un dolce gattino mentre invece avrebbe voluto urlargli contro di tutto, ed anche la voce di Roy si fece sentire al di là della porta, in un tono sensuale e provocante.

- Se vuoi venire a fare il bagnetto con me basta che lo dici. –

“Io lo voglio morto!!! Ma come cavolo fa a provarci pure con un gatto?!?”

 

>2°CAPITOLO FINE<

 

Mi fa male la testolina-ina-ina T_T!!! Ehm, sì, cioè, volevo dire che anche il secondo chappo è finito. Due capitoli in due giorni… sono stata brava dai O.o/… Peccato che per gli altri le cose si fanno sempre ardue XD!

Dubbi di rito và: Riuscirà il nostro Colonnello a capire che al micio il nome Mame fa schifo? Riuscirà Mame a capire che ormai ha quel nome e se lo deve tenere XD? E, cosa più importante, riuscirà Al a capire che se continua a starsene fuori dai piedi mi fa un favore e lo fa a tutta la cominutà*__*””?

Tutte le risposte nella prossima puntata XD… Ma anche no*-*v!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


New Page 1

Titolo: Rendez-vous felino

Serie: Full Metal Alchemist

Capitolo: 3 di ?

Rating: PG

Pairing: RoyxEd

Note: Chiedo scusa per l’enorme ritardo nella pubblicazione di questo capitolo.

Per ora le cose stanno andando per un verso… che è completamente sbagliato>.< ! No, no, non va bene, non si può continuare così è_é! Io mi licenzio T_T!

Uff, in sto capitolo deve per forza arrivare tra i piedi Al>_> e la stupidissima spiegazione per la trasformazione di Ed in gatto (Giuro che non avevo per niente idee a riguardo ç_ç, mi dispiace ma ho sparato la prima cosa che mi è venuta in mente!)… Vi lascio alle avventure del povero Mame và XD e ricordate: c’è un Pisellino-Fagiolino in tutti noi*__*v… Soprattutto in Ed XD!

 

- Colonnello Mustang la stavano aspettando. -

- Sono arrivati anche gli altri? –

- Sì Signore. Il Tenente-Colonnello Hughes e il Maggiore Armstrong sono già sul posto. –

- Perfetto. –

Tra le macerie di una casa diroccata uomini in uniforme perimetravano la zona per tenere lontano gli sguardi indiscreti della folla che si era formata. Nei resti dell’abitazione soltanto mattoni e mura bruciate, qualche frammento di vetro ed infine un libro che per miracolo non era stato divorato dalle fiamme.

- Cos’è successo? - domandò il Colonnello entrando in quella che presumibilmente era stata un tempo una camera da letto.

- Qualcuno si è divertito ad appiccare il fuoco ieri notte. – rispose Hughes indicandogli poi una tanica di benzina dimenticata sulla strada, probabilmente per la troppa fretta.

- Uhm. Testimoni? Sopravvissuti? –

- Nessuno. C’era una famiglia che abitava in questo appartamento, da tempo era stata sfrattata ma continuava abusivamente a rimanere qui. Un uomo e sua moglie, entrambi di quarant’anni. Lui era appena stato licenziato e lei aspettava un figlio. –

Una tragedia.

Ma cose del genere capitavano ogni santo giorno.

Inutile dispiacersi per qualcuno che “fortunatamente” non aveva mai conosciuto, in quel modo i sentimenti venivano tenuti meglio fuori dal lavoro.

- E per quanto riguarda il FullMetal e suo fratello? - domandò dirottando il discorso verso qualcosa che più gli premeva di conoscere.

Gli avevano detto di portarsi lì, nel luogo dell’incidente, ma ancora nessuno si era degnato di dargli le informazioni che richiedeva.

Hughes sospirò senza trovare le parole giuste per spiegarsi con l’amico, allora gli disse di rivolgersi ad Armstrong. Lui aveva ritrovato Al, per cui era meglio che parlasse con lui.

- Con la tecnica segreta tramandata nella famiglia Armstrong tirare su questa trave sarà un gioco da ragazzi!!! -

L’omone abbracciò la grossa trave di legno per poi sostenerne alla perfezione il peso e spostarla lontano, facendola atterrare su un mucchio di mattoni sfaldati per il calore provocato dell’incendio.

- Molto bene. Ora un’altra volta! – si disse per dedicarsi ad una colonna caduta a terra da tempo, ma la sua attenzione cadde prima sull’uomo che gli si stava avvicinando con cautela e un piccolo micino saltò giù dalle sue braccia per correre velocemente dalla parte opposta, di nuovo verso il punto in cui avevano trovato la tanica di benzina. Il suo fine udito felino aveva percepito un odore che gli era divenuto familiare ed ora voleva esserne certo.

- Oh, Colonnello, è qui per Alphonse Elric, non è vero? –

- Ehm… Esatto… -

- Molto bene. Uhm… Ha qualche problema? –

Roy rimase per qualche secondo sconcertato dalle bizzarre movenze del collega che si dilettava a mettere in mostra i muscoli delle braccia e del petto.

- No. Assolutamente. Guidami dal ragazzo. -

Eppure di quello che una volta era un ragazzino era rimasto ben poco. Non la possente armatura in cui il fratello aveva compiuto in un gesto disperato la trasmutazione dell’anima, ma soltanto un elmo, persino ridotto male e smangiato dal fuoco.

- Che cosa è successo? – domandò il Colonnello fissando il metallo vuoto e silenzioso.

- Ancora non lo sappiamo, l’abbiamo trovato a qualche metro dalla porta. –

- E il resto? –

Armstrong non rispose.

- Capisco. -

Non c’era un resto.

Quello era tutto quello che avevano trovato.

Molto poco.

Finché…

- Nii-saaaaan… -

…una vocina disperata non si udì da dietro un armadio sfasciato e caduto sul pavimento ormai distrutto completamente. Una vocina che sicuramente apparteneva ad Al.

A grandi falcate i due uomini si mossero nel punto in cui proveniva ed Armstrong fece nuovamente guizzare i suoi muscoli tirando in alto l’armadio, sollevandolo sopra la sua testa, ma di Al nessuna traccia… e probabilmente non avevano mai sentito per davvero la sua voce…

- Sono quiiiii… - biascicò nuovamente la vocina. Questa volta proveniva dall’alto, da sopra il Maggiore!

I due alzarono il capo e una grossa armatura metallica penzolava senza testa dalle ante distrutte di un vecchio armadio in legno.

- Alphonse Elric! –

- Mhmmm… -

Gli restituirono l’elmo e due bianche palle luminose andarono ad illuminare lo sguardo artificiale di una vecchia armatura.

- Dunque, raccontaci cos’è successo? -

Allora Al cominciò il racconto dall’inizio, da quando, terminato il lavoro di suo fratello, avevano preso il treno che li avrebbe ricondotti ad East City. Non era stato male il viaggio, Ed si era addormentato tranquillamente ed aveva dormito per la maggior parte del tempo, finché non erano stati in dirittura d’arrivo per l’ultima stazione. Allora erano cominciati i casini e un incendio nelle prime carrozze aveva peggiorato le cose.

Era stato un tipo dalla parlata lunga e stupida, che per tutto il tragitto non aveva fatto altro che parlare di cose incomprensibili, ascoltato soltanto da due vecchietti con un gatto rosso e grasso.

Ed si era impegnato per fermarlo e contemporaneamente spegnere l’incendio ma, proprio mentre stava compiendo una trasmutazione…

…quello stupido gattaccio gli era saltato in mezzo…

Così terminava il racconto di Al.

Per il resto aveva passato tutto il tempo a cercare il fratello maggiore finché, stanco, aveva trovato rifugio sotto il portico malridotto di un edificio lì vicino che credeva disabitato. Almeno fin quando l’uomo che avevano visto sul treno non si era messo a dargli fuoco…

- Quindi nemmeno tu sai dove si trovi tuo fratello? -

- No… -

- Nh. D’accordo, torna al Quartier Generale, qui ci pensiamo noi. –

- Sì, ma, mio fratello? –

- Lo troveremo. –

- Mhm… -

Le parole del Colonnello non gli avevano certo ridato fiducia e avrebbe preferito di gran lunga partecipare alle ricerche, ma la sua presenza per certi versi poteva soltanto essere loro d’intralcio…

Li abbandonò lì, accompagnato da Armstrong che a sua volta lo rassicurava, e nemmeno si accorse di un gattino dal manto rossiccio che zampettava lontano da quel luogo per portarsi verso l’altra parte della città seguendo le tracce del pesante dopobarba di uno sconosciuto che il giorno prima aveva sentito su un treno…

Zampettava il gattino muovendo di volta in volta il musetto prima a sinistra poi a destra cercando di individuare l’uomo che cercava, ma a nulla valsero le sue ricerche e l’odore del dopobarba si fermò lungo un canale di scolo troppo profondo e viscido per un gattino come lui.

Sconsolato fece dietro front accorgendosi soltanto in quel momento di essersi completamente perso.

“Oh no… Ma dove sono finito?!?”

Una domanda più che lecita, ma la risposta era certo che non gliel’avrebbe data nessuno finché, dietro di sé, un’ombra nera scattò veloce mettendo in allerta i suoi sensi più sviluppati.

“E quello cos’era stato?”

Girò il musetto allarmato ma c’era soltanto il nulla ad aspettarlo.

“Me lo sarò immaginato…”

Si voltò di nuovo e questa volta gli occhietti dorati si specchiarono in uno sguardo penetrante e malizioso che brillava sinistro mentre lo osservava. Occhi furbi e beffardi. Occhi fatti per sedurre ed ingannare, per soggiogare e canzonare.

“Co… colonnello…?”

Eppure quello che aveva davanti non poteva essere il Colonnello Roy Mustang.

- Miao. -

Era un gatto dal nerissimo pelo che sembrava ghignare furbescamente.

Chissà perché i brividi attraversarono la sua schiena e il pensiero di allontanarsi alla svelta da lì diveniva più forte.

- Miao. -

Il gatto nero si avvicinò a lui, miagolando con aria sorniona.

Ebbe la spiacevole sensazione che ciò che sarebbe venuto poi non gli avrebbe fatto piacere.

- Miao! -

“Waaaaa, ma… ma che stai facendo maledetto gatto maniaco?! Stammi lontano, non lo vedi che sono un maschio anche io!!!”

Rotolò sull’asfalto freddo nel tentativo di liberarsi dal placcaggio di un gatto nero come la pece che lo aveva scelto come oggetto del proprio desiderio.

Le zampette si portarono a scavalcare il muro di cinta dell’abitazione più vicina pur di scappare da quell’animale che, a quanto pare, provava fin troppa simpatia nei suoi confronti.

E se c’era una cosa che Edward Elric odiava più del latte erano le effusioni d’amore, specialmente quelle a sfondo sessuale, specialmente se a farle era un dannatissimo gattaccio con lo sguardo simile ad un militare di sua conoscenza.

 

- Ma dove si è cacciato quel gattaccio? -

Il Colonnello Mustang imprecò mentalmente quando si accorse della scomparsa del piccolo Mame.

- Prima il Fullmetal e ora la Palla-di-pelo. E’ un vizio quello di sparire! -

- Colonnello Mustang, venga a vedere presto! –

Riza Hawkeye lo chiamò a gran voce da una delle stanza distrutte dell’appartamento e, quando Roy la raggiunse, gli indicò un punto preciso del pavimento su cui qualcosa scivolava spostato dal vento.

Un pezzo di stoffa rossa.

Probabilmente il frammento di un giaccone.

Familiare per di più.

L’uomo lo osservò per qualche istante come se da esso avrebbe potuto ricevere chissà quali informazioni che, per lui, erano diventate di vitale importanza.

- Signore, cosa sta guardando? -

Hawkeye si mostrò perplessa, fissandolo con cipiglio.

- Quel pezzo di stoffa… - mormorò lui senza rendersene conto, troppo preso dalle proprie macchinazioni e supposizioni – Chissà da quanto tempo è lì… -

- Da nemmeno cinque minuti. –

- Cosa? – aveva aggrottato la fronte quando portò lo sguardo sulla donna bionda.

- E’ il fazzoletto del Tenente-Colonnello. –

Oh.

Effettivamente ora che lo guardava bene sembrava proprio un fazzoletto… tanto più che in oro era stata cucita la scritta “I love Elisya. And you?”.

- Eh? Ohooo, ma… ma certo, sì, lo sapevo! – mentì spudoratamente ricomponendosi con un colpo di tosse – Dunque. – tentò di darsi un certo tono - Perché mi hai chiamato? -

- E’ per quello. –

Indicò in basso.

Di nuovo.

Sul pavimento.

Il frammento di giaccone di Ed, che si era rivelato invece il fazzoletto di Hughes.

- Che centra il fazzoletto di Hughes? -

- Signore, la smetta di guardare quel fazzoletto e pensi al resto! – sbottò spazientita la collega.

Roy allargò la sua visuale e finalmente lo vide.

Enorme.

Creato nel fuoco.

Probabilmente era stato fatto con la benzina che in un secondo tempo avevano incendiato.

Un cerchio di trasmigrazione che comprendeva tutto il pavimento e si allargava in modo concentrico al resto delle stanze, a guardar bene c’erano segni perfino sull’asfalto che circondava la casa.

- Ma chi diavolo…? -

- Mhmmm… A quanto pare è il lavoro di un alchimista, eh, Roy-chan? –

A seguire la frase, bisbigliata direttamente nell’orecchio del colonnello come una sorta di seconda coscienza, ci fu il braccio di Hughes posato direttamente sulle sue spalle.

Roy storse il naso, pericolosamente disgustato, e alzò la mancina davanti al viso dell’altro mostrando il pollice ed il medio già pronti allo schiocco.

- Ah! Ma guarda, ecco dov’era finito il mio fazzoletto!!! – si affrettò a dire Hughes per poi correre a recuperarlo e mettere distanza tra lui e l’amico.

- Non sappiamo chi può essere stato? -

- Non ancora, ma stiamo facendo ricerche sulla famiglia che abitava qui. Abbiamo anche preso le impronte sulla tanica di benzina che abbiamo rinvenuto. –

- Bene, non appena sapete qualcosa avvertitemi. –

- Sissignore! –

Sospirò portando le dita ai capelli, chiudendo un attimo gli occhi.

Doveva pensare. Riflettere. Riordinare quel poco di idee che si era fatto.

Aveva il sentore che Edward Elric centrasse qualcosa con tutto quello e, allo stesso tempo, c’era qualcosa che gli sfuggiva.

Ma cosa?

- Pensa Roy. Pensa. – appena un sussurro.

- Dove cavolo può trovarsi quel Fullmetal? – un mormorio. Nella sua testa o altrove?

- E perché non mi sono ancora dichiarato? A quest’ora potevo finalmente metter su famiglia come il mio fantastico amicone Maes! –

Ok. Ormai aveva capito che la solita voce della coscienza non era la sua!

Si voltò di scatto incontrando il sorriso trasognante di Hughes e il suo segno della vittoria.

Grosso sbaglio per il Tenente-Colonnello.

Roy schioccò le dita.

Una sola volta e l’ossigeno mutò le sue particelle unendosi alla scintilla e creando il fuoco.

Mai provocare l’ira di Roy Mustang…

- Argh, qui va a fuoco tutto!!! –

…soprattutto in un luogo impregnato dei fumi della benzina…

- Ma chi è l’idiota che si è messo a fare scintille?!? –

Inutile dire che tutti sapevano già a chi dare la colpa.

- Ah… Ehm… Io veramente… - abbozzò un sorriso tirato mentre indietreggiava con le braccia alzate e Hawkeye lo fissava con occhi truci, alzando la canna della pistola verso la sua faccia.

- Lei è un idiota!!! –

Bang! Bang! Bang!

- Ahaaa, noooo, Tenente Hawkeye, così non fa altro che alimentare il fuoco!!! -

 

Occhietti dorati e ferini vennero abbacinati da una grande esplosione a qualche chilometro di distanza e l’aria fu subito impregnata del forte odore di bruciato e polvere da sparo.

Reclinò il musetto ramato grattandosi un orecchio con la zampetta.

“Se seguo l’odore dovrei ritrovare il punto da cui sono partito.” Riflettè leccandosi la zampetta.

“E forse, tornando sui miei passi ricorderò qualche particolare importante che mi è sfuggito su quell’uomo.” Pensò leccando ora l’altra zampetta.

“Mhm?”

Immobilizzò i muscoli fissandosi la zampa.

Crucciato.

Una vena ballerina pulsava alla tempia.

“Ma perché cavolo mi sto comportando come un gatto?!?”

Domanda che sarebbe rimasta senza risposta a causa dell’arrivo del nuovo “amico” che si era fatto in quella forma e che, con un agile scatto, gli fu subito sopra iniziando a strisciarsi morbosamente sopra di lui, miagolando e miagolando ancora.

“Ahaaaa, di nuovo il gatto maniaco! Nooo, lasciamo stare, io sono un umano! Che qualcuno mi saaaalviii!!!”

 

>3°CAPITOLO FINE<

 

Perché questo capitolo fa così schifo ç_ç? Perché Roy e Hawkeye stanno cercando di fare strage di militari innocenti bruciandoli vivi XD? E perché soltanto dopo anni e anni di vuoto totale ho pubblicato finalmente il terzo capitolo ò_o? La risposta è… BOH >XD!

In effetti dato il contenuto forse era meglio se evitavo ò_o… Comunque a quanto pare Al ha fatto il suo ingresso in scena (peccato, preferivo quando non c’era é_è!), Mame si è perso e rischia di avere una storia d’amore con un gatto-maniaco XD e Roy… bè, meglio non parlarne va >XD!

Ci vediamo al prossimo capitolo… spero-_-””… incrociate le dita e abbiate fede nel cuore delle carte*___*”””…

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Titolo: Rendez-vous felino

Autore: Toy

Serie: Full Metal Alchemist

Capitolo: 4 di ?

Rating: PG-13

Pairing: RoyxEd

Note: Oh ma guarda, c’è anche un capitolo 4 ò.o? Ma pensa te, i casi della vita XD! Well, effettivamente il mio sense of humour quest’oggi è un po’ scarso quindi il capitolo è possibile che risulti poco comico *_*””… a parte questo finalmente Mame-chan è vicino al recuro del suo benedetto corpo… siamo tutti felici vero X3? Bravi… ma non siatelo troppo perché la fic non finisce mica così XD! Ci vorrà ancora un pochetto perché sono in arrivo un paio di sorprese e nuove esilaranti(diciamo così và XD) scemenze *_*””…

 

Ad ogni passo il fiato si condensava in pesanti nuvolette biancastre.

Ansimava.

Il volto deformato dal sadico ghigno con cui aveva assistito all’ennesimo spettacolo di fuoco e fiamme, la prigione mortale in cui aveva rinchiuso una povera famiglia di disgraziati.

E come urlavano!

Come si contorcevano.

Come bruciavano. Oh Dio, come bruciavano!!!

- Ahahahah! Sono il re dell’inferno! Sono il re dell’inferno!!! – berciò folle, gettandosi in una risata grottesca.

Dietro di lui una scia bagnata segnava il percorso che aveva compiuto.

Acqua?

No, puzzava troppo ed in modo nauseante.

Benzina.

Era benzina.

Qualcuno lo seguiva a distanza, nascondendosi alla vista come meglio fosse stato concesso ad un essere ingombrante come lui.

Dannata armatura! A volte non capiva perché suo fratello non avesse trasmutato la sua anima in qualcosa di un po’ più piccolo!

Possibile che nella loro soffitta si dovesse trovare proprio un’armatura così brutta e retrò?

A quel punto si ritrovò a pensare come sarebbe stata la sua vita se -per fortuna o no- Edward avesse trasmutato la sua anima in una scopa… o in una di quelle matriosche con cui una volta avevano giocato ma che poi avevano gettato annoiati in soffitta.

A quel punto l’idea di essere un’armatura non era più così malvagia…

Un battito d’ali attirò la sua attenzione ed un piccolo usignolo si posò alla sua possente spalla di metallo, pungolandola con il becco.

- Argh! No, vai via, via! – esclamò tappandosi subito dopo la bocca.

Così si sarebbe fatto scoprire!

A qualche metro di distanza, più avanti, seguendo la scia di benzina e la roca risata di un pazzo che urlava la sua follia al vento, l’uomo non sembrava essersi accorto di niente.

Occhi bianchi, che occhi non erano, lo spiarono da lontano attendendo il momento buono per tornare a respirare… non che effettivamente un’armatura respirasse per davvero.

- Fiu… -
Tirò un sospiro di sollievo, rilassandosi.

L’usignolo sulla sua spalla mosse di scatto la testolina fissando i bianchi balugini nelle cavità dell’elmo.

Zampettò piano verso di lui.

Alphonse abbozzò un sorriso tirato e perplesso.

E…

- Ah! No, aspetta! Cosa… cosa stai facendo?!? -
E l’uccellino ebbe l’ardore di entrare nell’elmo attraverso quelle cavità, trovandosi prigioniero dell’armatura ed iniziando a sbatacchiare qua e là contro il metallo all’ossessiva ricerca di un’uscita.

Aveva paura.

Era in trappola.

Voleva uscire.

Continuava a sbattere il musetto.

Aveva sempre più paura.

E si sa cosa succede quando la paura ti assale…

È un naturale impulso animale.

Anche se Alphonse lo trovò assolutamente disgustoso.

- Noooo, che schifo, non farla nella mia armatura!!! Ma perché a meee?!? -

C’era da chiedersi chi avrebbe pulito quelle chiazze bianche, gentile ricordino dell’usignolo.

 

- Roy-chan! -

L’infrangersi di un piatto a pochissima distanza dal volto di Maes Hughes fu la risposta.

Il tenente-colonnello sbiancò di colpo sorridendo a stento al superiore che aveva cercato di colpirlo.

- Ehm… dicevo… - ricominciò l’amico prendendo coraggio – Ma dove lo hai trovato quel piatto che mi hai lanciato? -

Domanda idiota, ma non del tutto fuoriluogo, a cui Roy Mustang decise che poteva rispondere, anche per il bene dei lettori che ebbero gli stessi dubbi.

- Non lo so. È la prima cosa che mi è capitata tra le mani e, visto che Riza mi ha vietato categoricamente di usare l’alchimia, pena la castrazione… - e a questo punto il Colonnello pensò bene di toccarsi le parti basse in una sorta di rito scaramantico - …sono obbligato a cercare un rimpiazzo. -

Insomma…

Non aveva spiegato proprio nulla!

Hughes annuì mostrandosi comprensivo, alzò la braccia avanzando verso di lui con quello sguardo da tipico padre di famiglia e lo abbracciò calorosamente.

- Che. Cosa. Stai. Facendo. – sibilò Roy.

- Ti do un po’ di conforto! –

- Se non ti togli subito il conforto lo dovranno dare alla tua famiglia perché ti avrò ucciso!!! – (1)

- Non essere così astioso Roy-chan, impara a goderti la vita come me! –

- Hughes, dico davvero, mollami! –

- Ok, ma prima… -

No.

Tutto ma non quello.

No.

Hughes aveva lasciato libero l’amico ma prima di staccare del tutto le braccia dal suo collo lui… lui… aveva… aveva…

- HUGHES CHE CAZZO TI E’ SALTATO IN MENTE?!? – gracchiò Roy pulendosi più volte e con forza la guancia su cui il tenente-colonnello aveva osato lasciare l’impronta di un bacio.

- Su Roy-chan, non fare tutte queste scene, la mia Elisya quando è triste si risolleva sempre di morale dopo che il suo paparino l’ha riempita di bacini, dovresti essermi grato! –

- Ma io non sono tuo figlio, razza di cretino!!! -

- Questo lo so anche io. Considerando  la bellezza innata di mia moglie e di mia figlia non potevi esserlo di certo. –

Roy lo fissò iroso, pronto a fare una strage.

- Oseresti dire che sono brutto? –

- Colonnello Mustang forse non dovrebbe perdere tempo con disquisizioni sul suo aspetto fisico. – lo interruppe il maggiore Luis Armstrong concedendo ad entrambi il lusso di ammirare i muscoli del torace che ballavano ad ogni parola da lui pronunciata.

Uno spettacolo che sotto certi versi risulto raccapricciante.

Eppure gli occhi di Hughes e Mustang non riuscirono a distogliersi da quei pettorali che si muovevano su e giù al ritmo della voce dell’uomo.

- Abbiamo problemi ben più gravi. –

Erano come ipnotizzati da essi.

- Il piccolo Alphonse Elric è scappato. –

Finalmente Roy riuscì a rinsavire e alzare lo sguardo al volto del maggiore.

- Il *piccolo* Alphonse Elric? – domandò perplesso.

- Sì signore. –

Non era proprio la definizione adatta a quell’enormità di armatura ma soprassedette.

- E tu come hai fatto a lasciartelo scappare? –

- Ecco, mi stava raccontando nuovamente di come lui ed Edward Elric erano riusciti magistralmente a salvare il treno diretto a Central City e mi sono commosso. Ho cercato di fermare le lacrime, di non lasciarmi trascinare dalle mie emozioni ma… ma… - la voce era spezzata e sinceramente commossa e lacrime d’argento fecero capolino dagli occhi azzurri di Armstrong rigando le gote rosate - …E’ stato più forte di me!!! –

E scoppiò in un pianto liberatorio coprendosi il viso con entrambe le mani.

Ecco come aveva fatto Al a scappare.

Aveva approfittato di quell’attimo di distrazione…

- Bohoooo!!! Che giovani coraggiosi!!! Bohoooo!!! –

Che poi era risultato essere ben più di un attimo…

- Va bene, va bene, ma ora sarà meglio mandare qualcuno a cercarlo, probabilmente sarà andato da solo a cercare il FullMetal. –

- Vai tu. –

Roy rimase a bocca aperta per l’uscita del tenente-colonnello.

Per una volta aveva detto una cosa intelligente e su cui erano entrambi d’accordo.

- Hai ragione, andrò io. –

Hughes sorrise poggiandogli una mano sulla spalla e portandosi più vicino a lui per potergli sussurrare all’orecchio: - E quando trovi Ed non maltrattarlo troppo. –

Roy evitò di rispondere ma corse via lasciando ai due il compito di avvertire il tenente Hawkeye e di tenersi pronti per ogni eventualità.

 

Non ne poteva più.

Davvero.

Era una cosa inconcepibile, assurda, impossibile.

Basta!

Si fece forza puntellandosi sulle zampette anteriori e trattenendo lacrime di disperazione cercando di strisciare via, il più lontano possibile.

Tutto inutile.

“Noooo… voglio tornare umano! Voglio tornare umaaaanoooo!!!”

Un gatto, evidentemente più grosso di lui, dal manto nero era comodamente spaparanzato sopra di lui e, dopo averlo coccolato, leccato, essersi strusciato su di lui senza ritegno e aver provato più volte ad andare contro la naturale legge divina cercando di procreare con un gatto del suo stesso sesso, si era addormentato.

“Questo dannato gatto obeso mi sta usando come un materasso!!!”

Edward Elric imprecò mentalmente più e più volte, urlando interiormente la propria frustrazione.

Riusciva a malapena a respirare sotto tutta quel pelo, era sicuro che, da un momento all’altro, i suoi piccoli e fragili polmoni sarebbero collassati lasciando la sua carcassa in balia di un gatto maniaco.

“Maledetto Colonnello è sempre colpa tua! Persino la tua controparte felina doveva essere un maniaco e cercare di mettermi i bastoni tra le ruote!!!”

Nonostante tutto suonava dolce il modo in cui riusciva sempre ad inserire Roy Mustang nei suoi discorsi.

“Se mai dovessi rivederti ancora trasformato da gatto giuro che ti strappo la lingua con gli artigli!”

Bè… forse dolce non era proprio la parola adatta.

Eppure chissà perché non faceva altro che pensare al colonnello, dargli la colpa di tutto, imprecare contro di lui, maledirlo, berciare insulti…

C’era sempre Roy Mustang su quella bocca.

“Stupido… stupido colonnello…” si acchetò allungando un’ultima volta le zampette nel vano tentativo di scappare da sotto il peso del gatto “…almeno vieni ad aiutarmi…”

In quell’istante soltanto ringraziò di essere un gatto e di non possedere la facoltà di parlare. Nessuno avrebbe potuto sentirlo e assistere a quell’unico momento di debolezza. Perché Edward Elric non chiedeva aiuto. Mai! Assolutamente! Edward Elric non aveva bisogno di aiuto!

Era troppo orgoglioso!

Orgoglioso o stupido?

- Miao… - bofonchiò tristemente alzando il musetto verso il cielo che iniziava ad scurirsi.

Una scia di fumo nero si innalzava sinuosa come un serpente verso il cielo, due isolati più avanti.

Storse il nasino infastidito da un forte puzzo di…

“Benzina!”

Oh no...

E ricominciò a dimenarsi per liberarsi dal peso di un gatto troppo cresciuto finché quello, finalmente, si decise a spostarsi sul fianco rotolando via.

Edward si alzò su tutte e quattro le zampette e corse veloce verso la scia di fumo nero con un pessimo presentimento.

 

- Credevi di farmela eh? Ma io sono più furbo! Io sono più intelligente! Io sono IL RE! –

Se avesse potuto, Al avrebbe spalancato gli occhi.

- Allora è vero che Elvis Preslie non è morto! – (2)

- … -

Ci fu una pausa di imbarazzato silenzio alla sciocchezza che il minore dei fratelli Elric era riuscito a dire e l’uomo riprese con un colpo di tosse.

- Io sono il Re dell’Inferno! – spiegò con una punta di irritazione e stizza nella voce.

- Ahaaaa. Mi scusi tanto. – fece educato l’altro, prodigandosi perfino in un piccolo inchino.

L’uomo mosse un gesto della mano per cancellare le sue scuse.

Poca roba di poco interesse.

Sorrise invece. Inquietante e crudele osservando divertito l’armatura che, sapeva, lo stava pedinando da una buona oretta.

Stupido.

Come se non se ne fosse accorto.

Stupido.

Perché credeva avesse lasciato colare la sua preziosa benzina sull’asfalto?

Stupido.

Poggiò in terra la tanica e indietreggiò di qualche passo.

Alphonse lo guardò perplesso.

Stupido.

Ancora non capiva?

Stupido, stupido, era proprio un essere stupido!

Ci fu una fiammella che tremava dalle mani dell’uomo: un fiammifero appena acceso.

L’odore dello zolfo si sparse nell’aria, venne trascinato via dal vento e poi la mano dell’uomo lo tirò in terra.

In un liquido che non era acqua.

In un liquido che emanava un lezzo fastidioso.

Nella benzina che prese fuoco all’istante e lingue rosse e gialle divorarono la scia bagnata.

- Ahahahah!!! Brucia! Brucia tutto! È il Re dell’Inferno che te lo ordina!!! –

Un muro di fiamme si levò alto.

Rosso, giallo e nero.

Bruciava davvero come l’inferno e presto il fuoco andò a formare un cerchio, un pentacolo, segni arcani familiari ad un alchimista.

- Ma quello… è un cerchio di trasmutazione. –

- Che intuito! Che acume! Che grande osservatore! – lo schernì l’uomo, autonominatosi Re dell’Inferno.

- Anche lei è un alchimista… – bisbigliò l’armatura, stupito nell’apprenderlo.

L’uomo fece spallucce e sputò a terra.

- E con questo? – domandò disgustato da quell’ennesimo futile commento.

- Perché? –

Occhi bianchi e tremanti si puntarono sull’uomo.

- Perché? – ripetè la sua voce di bambino.

- Perché?!? –

Non riusciva a dire molto alto.

Soltanto: Perché.

Perché faceva una cosa del genere? Perché bruciava abitazioni e persone? Perché gioiva del potere distruttivo del fuoco? Perché… gli esseri umani sanno essere così crudeli?

- Perché sì! -

- Lei è un mostro! -

Rise l’uomo, infilando una mano nella tasca di un lungo giubbotto lercio e strappato estraendo una bottiglietta metallica.

Liquore.

Ne svitò il tappo abbeverandosi di qualche goccia di quell’intruglio velenoso.

Spostò lo sguardo su Alphonse.

Occhi piccoli e sadici. Occhi che brillavano di una luce sinistra e perversa.

Gli occhi di un pazzo.

- Siamo tutti mostri. -

E gettò il resto del contenuto della bottiglietta in faccia all’armatura accendendo al volo l’ennesimo fiammifero, tirandogli anche quello e godendo del fuoco che si impossessava dell’elmo, divorandone il metallo argentato.

- Ahahah! Brucia! Brucia anche tu bastardo! –

Rise talmente forte che la sua voce si sarebbe sentita realmente fino all’inferno dove, sicuramente, un posto in prima fila lo attendeva.

La testa di Alphonse intanto andava a fuoco.

Non sentiva dolore, non percepiva nemmeno il calore in modo fisico, ma vedeva le fiamme cibarsi del suo elmo.

- Ahahahah!!! E ora? Che cosa farai bastardo? Crepa! Vattene all’inferno e dì che ti ci ha spedito il Re dei Demoni! Ahahah!!! –

Era rivoltante il modo in cui si rallegrava della sorte degli altri.

Alphonse lo fissò con rabbia e disgusto prima di togliersi l’elmo e farlo cadere sull’asfalto a rotolare per qualche metro.

L’uomo smise di ridere all’istante.

Gli occhi concentrati all’armatura, là dove prima si trovava un elmo e dove adesso si sarebbe dovuto trovare una testa.

Una testa che non trovò.

L’armatura era cava.

L’armatura era Viva!

Lanciò un urlo strozzato.

- Io non so perché lei ha fatto tutto questo ma la fermerò ad ogni costo! – esclamò quell’ammasso di latte che camminava e parlava da solo.

- Un… un… un mostro!!! –

- No, il vero mostro è lei! –

Avanzò in tutta la sua possanza.

L’uomo indietreggiò intimorito.

Ma aveva ancora un asso nella manica.

Si piegò in avanti.

Uno scatto e via.

Corse incontro all’armatura “posseduta” saltandogli addosso e disegnando con un pezzo di cenere, che usava per i suoi cerchi di trasmutazione, un nuovo cerchio alchemico.

Un ghigno orribile gli piegò il viso quando fece per accendere un fiammifero, ma qualcosa gli afferrò il polso penetrando fin nella carne.

Si ritrovò a cadere, spinto anche dalle forti braccia di Alphonse che riconobbero un piccolo gattino dal manto rosso che mordeva a sangue il braccio del piromane.

- Ahaaaa!!! Bestiaccia maledetta! Lascia il mio braccio! Lasciami! Lasciamiii!!! – gridò l’uomo sbattendo ripetutamente il gattino sull’asfalto.

Ma quello non mollava la presa.

Resisteva ai colpi e affondava maggiormente le piccole zanne perlacee nella carne, beandosi del sangue che versava.

Perché nessuno, nessuno poteva osare anche solo pensare di far del male al suo fratellino!!!

- Nii-san! –

 

>4° CAPITOLO FINE<

 

Dov’è finito l’usignolo imprigionato nell’armatura di Al XD? Perché Roy e Hughes non fanno altro che perdere tempo a punzecchiarsi invece di completare seriamente le indagini ed evitare di allungare inutilmente la fic rischiando di farla diventare ripetitiva>_>? Perché il povero Mame/Ed è circondato sempre da maniaci XD? Perché Roy non è ancora riuscito a dichiararsi a Fagiolino>_>? Perché il pazzo piromane non ha ancora un nome ò_o? Ma è davvero importante che lo abbia? E soprattutto perché utilizza dei cerchi di trasmutazione se tanto per dar fuoco accende la benzina come ogni comune mortale XD?

Perché l’autrice della fic sembra diventare più scema ogni capitolo che passa XD? Non preoccupatevi, è normale*__*!
Per il resto lo scoprirete… un giorno, forse, chi lo sa, ma non contateci troppo eh*__*””!

 

-Note *super-ultra-mega-extra-lungamente* inutili-

1. Ok… frase decisamente infelice visto che Hughes è morto davvero ç__ç, ma non si poteva evitare di fargliela dire a Pedo!Roy XD! Probabilmente se non lo avesse fatto Envy prima o poi ci avrebbe pensato Roy a mandare Hughes al creatore ò_o”””… Pover’uomo, è così adorabile con tutte le cavolate che riesce a sparare sempre e comunque XD!

2. Dite che me la potevi evitare sta battuta scema ò_o? Effettivamente XD! Mi sa pure che non c’era proprio traccia di Elvis nell’ambientazione temporale FMAniana.

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