Cantami o diva di Afaneia (/viewuser.php?uid=67759)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Proemio ***
Capitolo 2: *** Canto I: Tra la rocca e il campo ***
Capitolo 3: *** Canto II: I patti giurati e l'arrivo del Ciclope. ***
Capitolo 4: *** Canto III: La tenda degli Atridi ***
Capitolo 5: *** Canto IV: L'impossibile prova e la comparsa di un mostro ***
Capitolo 6: *** Canto V - La pazza assemblea e le dee moleste. ***
Capitolo 7: *** Canto VI- Il duello e l'onore dell' Atride. ***
Capitolo 8: *** Canto VII- La Missione Tabacco e l'ira di Ares. ***
Capitolo 1 *** Proemio ***
SPAZIO AUTRICE
SPAZIO AUTRICE: Nei miei primi mesi di quarta
ginnasio, una mia amica mi raccontò una volta che la sua classe delle medie
aveva partecipato a un programma di scambio con la Francia e che pertanto lei e
i suoi compagni si erano ritrovati a ospitare in casa ragazzi e ragazze francesi
per un paio di settimane. Allora ci venne in mente che sarebbe stato
divertentissimo se gli eroi dell'Iliade fossero venuti in classe nostra a
insegnarci il VERO greco, quello che parlavano loro...La storia è un po'
cambiata da allora, ma quello che ne è venuto fuori è stato questo. Io lo posto,
dopo aver scritto i primi capitoli durante le ore di lezione (^^): fatemi sapere
che ve ne pare!
Questa è la storia di una classe
Una normale quinta alfa
Che si ritrovò in un posto nel quale
Non avrebbe mai voluto andare.
Ed è anche la storia di qualche eroe
Di quelli dei tempi andati
Di quelli che combattono, con le armi,
Che si ritrovò in un posto
Nel quale le armi non sarebbero servite.
Era una normalissima giornata scolastica di metà
febbraio e la nostra Valfa stava attendendo nella sua aula che arrivasse la
professoressa di geografia. Poiché tale professoressa era nota per tenere nel
terrore i suoi studenti,in quel momento stava svolgendosi una frenetica attività
di ripasso.
- Ahimè ahimè , speriamo non mi interroghi!!- ripeteva
l’ alunna Antos, china sul libro di geografia.
-Non mi ricordo la Corea!- si disperava l’alunna Ofis.
Ci si figuri un ambiente come questo, nel quale gli
unici ad essere tranquilli siano coloro che hanno già un voto sul registro.
Mentre attendevano alla porta si affacciò la Gina, la
mitica custode che tutti amavano, la quale disse:-Buongiorno! La professoressa
Oftalmos è in ritardo, arriverà tra dieci minuti.
La V alfa esplose in un allegro boato. Va detto che la
Oftalmos non era mai in ritardo e che, pertanto, quella era proprio la manna dal
cielo.
Appena la custode se ne fu andata la classe riprese
allegramente a studiare geografia, conscia che appena arrivata la Oftalmos
sarebbe stata ben poco disposta alla benevolenza. Durante questa attività così
intensa, ovviamente, nessuno di loro avrebbe mai potuto indovinare quale destino
il fato avesse in serbo per loro…
A un certo punto, non visto, arrivò un omino che, per
altezza, avrebbe potuto passare per un quartino ma che si differenziava da essi
per i seguenti segni particolari: 1)era pelato; 2) aveva una lunga barba bianca;
3) aveva un paio di occhiali spessissimi; 4) indossava una candida tunica alla
greca e sandaletti in pieno inverno; 5) era vecchio.
- Che sexy!- esclamò Margherites che era la più acida
della classe.
Offesissimo, il misterioso omino non la cagò neppure di
striscio e si arrampicò sulla cattedra vuota, da dove alzò i corti braccini
protendendoli verso di loro e proclamò: - Udite, udite! Io sono il messaggero
degli dei e vengo ad annunciarvi la volontà del fato! Egò eimi o ton teon…
- Basta greco!- esclamarono i giovani spaventati.
- Avete ragione, scusate! Ma il senso resta. Io sono il
messaggero degli dei e vengo ad annunciarvi la volontà del fato! Verrete
trasportati in un luogo lontanissimo e pericolosissimo dove dovrete sopravvivere
con le vostre sole forze e al vostro posto verranno qui degli aitanti giovani
che dovranno sopravvivere a loro volta! Ah ah ah ah ah!
E prima che la nostra classe potesse ribellarsi, l’omino
agitò il suo bastone e in un battito di ciglia i venti erano scomparsi. Al loro
posto, nell’aula c’erano altre dieci persone…
- Ecco qua!- esclamò l’Omino soddisfatto. – Questo è un
lavoro ben fatto!!
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Capitolo 2 *** Canto I: Tra la rocca e il campo ***
Eccomi qua con il primo capitolo
Eccomi qua con il primo capitolo, o canto che dir si
voglia... Redatto ovviamente durante le lezioni, sono riuscita a ricopiarlo dato
che oggi è domenica ^^ anche se non so se sarò così puntuale col prossimo
capitolo. Di sicuro posterò durante le vacanze di Pasqua, comunque.
Piccolo spazio per le recensioni:
ALYCH: spero che continuerai a seguirmi...
evidentemente siamo coetanee, allora, anche io faccio la quinta ginnasio! Un
bacione!
AMAERIZE: Attualmente ne sto postando solamente due
contemporaneamente! E poi spero proprio di farcela!
Nel frattempo vi lascio a questo chappy. Buon
divertimento!
- Accidenti a quell’Omino, se lo becco gli fo la testa
come un culo!- esclamò Emon quando, dopo chissà quanto, lui e pochi altri si
ritrovarono a terra in un campo di battaglia.
Perché quello era un campo di battaglia, poco ma sicuro:
un vero campo di battaglia, e lontano, alle loro spalle, i giovani videro
sorgere un’alta rocca, una cittadella fortificata…dall’altra parte, a poca
distanza da loro, si trovava un accampamento di tende dal quale si levavano dei
canti in una lunga nenia strascicata, in qualche lingua che forse conoscevano…
- Ma questa è Troia!
- Peggio: questo è greco!- urlò Emon terrorizzato
prendendosi il capo tra le mani.
- Noi non parliamo questa lingua!- gemette Futon
unendosi a lui.
- Cioè, la parleremmo se l’avessimo studiata- disse
Ghiuné con calma. – Ma tanto, ormai…
- Ehi, ma non manca qualcuno?- esclamò improvvisamente
Antos guardandosi attorno. Era vero: ora che qualcuno lo faceva notare, non
c’erano tutti. Per la precisione, lì c’erano soltanto Aiskuné, Ghiunè, Xene, Erè,
Antos, Margherites, Emon, Ybris, Futon e Glukutes. Poiché erano la metà esatta
della classe, la differenza numerica era piuttosto evidente.
- Che cosa facciamo?- gemette Ybris che solitamente si
dava tante arie.
- Non possiamo stare qui, questo è un campo di
battaglia- disse Glukutes con la sua calma voce adorabile.
- E allora dove andiamo?- chiese Antos che aveva molta
paura.
- Riflettiamo con calma- intervenne Margherites. – Qui
non ci possiamo stare, okay; a Troia però non ci possiamo andare, figuratevi se
aprono ai primi che vengono a bussare anche se sono innocenti come noi! Andiamo
dagli Achei, muoviamoci!
Così si alzarono e si diressero all’accampamento acheo.
Intanto, a Troia…
- Qualcunodivoisadovesiamo?- chiese Aner che solitamente
parlava velocissimo.
- Eh?- chiesero tutti contemporaneamente.
- Qualcuno di voi sa dove siamo?- si sforzò di scandire
quegli per rendersi comprensibile anche agli altri. Infatti, i dieci che non si
trovavano con gli altri erano ora in una stanza situata in una torre. Qualcosa
di questa stanza disse loro che era una stanza molto strana: sarà stato, voi
dite, il talamo odoroso nell’angolo?
- Siamo su una rocca!- gridò Pur guardando fuori della
finestra della stanza. – Siamo così in alto!
- E quello è un campo di battaglia!- aggiunse Kalepè
spaventatissima.
A un certo punto, mentre i nostri dieci si disperavano,
qualcuno venne a bussare alla porta della stanza dove si trovavano. All’udire
questi colpi, i giovani si guardarono.
- Chi è?- chiese Trikes preoccupata. La porta si
dischiuse e ne fece capolino proprio la sola persona di cui, in tutta la
faccenda, non avrebbero dovuto dimenticarsi…
- Omino maledetto!- gridarono tutti rivolti al povero
Omino che era appena entrato.
- Calma, ragazzi, calma! Egò eimi o ton teon angellos…ah
già, niente greco! Beh, non importa.
- Dovehaimessoinostricompagni?-chiese Aner velocissimo.
- Eh?- fece l’Omino.
- Dove hai messo i nostri compagni?- ripetè Aner.
- Ah, non potevi dirlo subito? I vostri compagni si
stanno dirigendo verso il campo acheo per trovarvi rifugio.
- Cosa?!- esclamarono tutti.
- Ma se loro sono al campo acheo allora noi siamo a…a…-
balbettò Filia.
L’Omino annuì. – Esattamente, ragazzi. Siete nella rocca
di Troia.
Frattanto, il primo gruppo che abbiamo lasciato per
pochi minuti era sopraggiunto al campo acheo, dove li attendeva una nuova
sorpresa. Infatti, appena arrivarono all’accampamento furono accolti da una gran
massa di Greci urlanti…e fu solo una nuova scoperta che impedì loro di scappare.
- Mio Dio! Ma io capisco quello che stanno dicendo!-
gridò Margherites ascoltando le parole dei Danai. – Ci stanno…ci stanno…
- Ci stanno salutando!- esclamò Aiskiunè.
- Ci dicono “bentornati”?- domandò Eirene attonita.
Era proprio così. Un soldato che si era avvicinato loro
disse: - Finalmente siete tornati!
- Eh? Ma tornati da dove?- protestò Futon. – Noi non ci
siamo mica mai stati qui!
- Ma come no, Patroclo!- esclamò lo stesso soldato di
prima mettendosi a ridere. – Magari! È dieci anni che siamo qui!
E Futon, momentaneamente azzittito dallo stupore, ebbe
bisogno di qualche momento per trovare il coraggio di rispondergli: - Ma io non
sono mica Patroclo!
E il soldato si mise a ridere. – Sì sì, ci credo,
guarda! Perché vi siete conciati così?- e indicò le scarpe da ginnastica
slacciate di Futon. Poiché questi non gli rispondeva, si rivolse a Glukutes,
dicendole:- Sai forse dircelo tu, saggio Nestore?
- Cosa? Io?- balbettò la giovane stravolta.
A un certo punto, durante la sequela di questi bei
discorsi, Ghiunè udì una strana risatina e si voltò giusto in tempo per vedere
l’Omino fare capolino da una tenda.
- Figlioli, guardate, è l’Omino!- gridò indicandolo ai
compagni.
- Tu!- urlarono tutti precipitandosi sull’Omino. Per
tutta risposta questi proseguì nella sua risatina.
- Cos’avete tutti da urlarmi contro, ragazzi? Io sono
solo il messaggero degli dei e vengo a illustrarvi il vostro fato!
- Bene, dicci!- esclamò Emon agguantandolo per
costringerlo a parlare.
- Calma, calma! Posso rispondere tranquillamente alle
tue domande!- rispose l’Omino che, sollevato a mezz’aria dal ragazzo, scalciava
con le sue ridicole gambette da vecchino.
- Cosa ci facciamo qui? E dove hai nascosto i nostri
compagni?- tuonò il ragazzo scuotendolo.
- I vostri compagni sono al sicuro nella rocca di Troia.
- E la prima domanda? Perché ci hai portati qui?
- Questo è il volere del fato! Tutti voi dovete vivere
qui e interpretare la storia dell’Iliade per tutta la durata del poema. Adesso
infatti sta per arrivare Crise per riavere la figlia e Achille e Agamennone
devono litigare per Briseide! Potrete tornarvene a casa vostra solo quando
Achille avrà reso a Priamo il corpo del suo figliolo!
- Aspetta un minuto…ciascuno di noi ha una parte?-
chiese Antos.
- Certo! Tu, Antos, sei Menelao e Margherites è tuo
fratello l’Atride Agamennone. Emon è Achille, Futon è Patroclo, Aiskiunè è Aiace
Telamonio; poi c’è Ybris che fa Odisseo, Glukutes che interpreta il saggio
Nestore, Xene invece è Diomede…gli altri invece sono soldati semplici.
- Dunque anche i nostri compagni a Troia hanno dei
personaggi? E noi dovremmo combattere contro di loro?- chiese Margherites.
- Sì, Trikes è Paride Alessandro, Pur è Ettore domatore
di cavalli, Sophia è Andromaca dalle candide braccia, mentre Aner interpreta
Elena bella cintura.- spiegò l’Omino pazientemente. – Però non preoccupatevi:
quando ucciderete qualcuno dei vostri compagni non morirà, ma tornerà in classe
avendo terminato il suo compito e tornerà qui il personaggio originale.
- Già! Scusate, che fine hanno fatto quelli di prima?-
domandò Aiskiuné.
L’Omino le strizzò l’occhio. – Sono dove eravate voi
qualche minuto fa…
- Ah, sul campo di battaglia!- disse Ghiunè.
- Beh- rispose l’Omino ridacchiando – Più o meno…
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Capitolo 3 *** Canto II: I patti giurati e l'arrivo del Ciclope. ***
In effetti i veri eroi
Un ringraziamento ad Amaerize, che ha recensito e
aggiunto alle preferite,e a reader, che ha aggiunto la storia a quelle seguite.
Posto in fretta perché prima o poi devo decidermi a farli questi compiti di
Pasqua e sapete com'è: chi ben comincia è a metà dell'opera...
Bene, ora vi lascio a sostenere i nostri poveri Achei
&Troiani alle prese con la loro prima ora di lezione e con l'Omino
superstressato... Buona lettura! Ciau!
In effetti i veri eroi, gli eroi del
poema, erano su un campo di battaglia. Non, beninteso, su quello dove da dieci
anni combattevano abitualmente, no; ma se con campo di battaglia vogliamo
intendere un luogo dove si combatta contro un nemico, anche se non con le armi
ma a parole, allora i nostri eroi erano su un campo di battaglia, e cioè l’aula
della V alfa.
In piena ora dell’Oftalmos,
l’arrabbiatissima prof di geografia, incastrata da mezz’ora nel traffico.
- Oggi interrogo cinque persone!- sbraitò
entrando in classe tutta stravolta.
- AAAAAAAAAAAAAAAAAARGH! I capelli di
Medusa!- strillò Achille quando la vide e tutti si buttarono per terra dietro ai
banchi.
- Emon! Interrogato su tutto il programma di
geografia!- disse la prof, che aveva molta poca voglia di scherzare.
Nessuno si mosse.
- Emon! Vieni alla cattedra o ti metto 2!-
urlò la Oftalmos con la voce rovinata dal fumo, indicando direttamente il punto
dove si trovava Achille. Sentendosi chiamato in causa cos’ direttamente, il
Pelide non potè fare a meno di sollevarsi lentamente.
- Chi? Io?
- Qualcun altro si chiama Emon qui?- replicò
la Oftalmos alzandosi.
D’un tratto, forse accorgendosi che i
capelli della donna non erano serpenti, per quanto selvaggi, né i suoi occhi
assassini, per quanto ci andassero vicino, Achille ritrovò tutto il suo
coraggio.
- Tu, donna! Come ti permetti di chiamarmi
Emon? Io sono il Pelide Achille, figlio di Peleo e Teti!
Così concluse la sua arringa Achille,
raggiungendo di corsa la cattedra, tutto arrabbiato.
Abbiamo già detto che la Oftalmos non era in
vena di scherzare, quel giorno; così, colta l’occasione, mise una seggiola sotto
il culo di Achille e spalancò il registro: - Oggi interrogo anche Ybris,
Glukutes, Margherites e Aner! E state attenti che non risparmio!
Poiché aveva pronunciato questi nomi
guardando negli occhi, volta a volta, ciascun alunno interpellato (o presunto
tale)coloro che interpretavano per volontà del fato gli studenti chiamati non
poterono fare a meno di alzarsi e di avvicinarsi a quella donna che dimostrava
di non aver paura neppure di Achille. Si trattava, nell’ordine, di Odisseo re di
Itaca, Nestore il cavaliere gerenio, l’Atride Agamennone ed Elena di Troia.
- Margherites, spiegami le ragioni del
debito in Africa!- ordinò la Oftalmos come se non sapesse che stavano studiando
l’America Latina.
Noi non sappiamo se Margherites avrebbe
saputo rispondere a questa domanda; in ogni caso, purtroppo per lei, la nostra
povera alunna si trovava ora in un posto dove assai difficilmente le sarebbe
stato chiesto di enumerare le cause del debito africano.
Al suo posto, si trovava ora alla cattedra
l’anax Agamennone il quale forse sapeva pressappoco dov’era l’Africa, ma
disgraziatamente non aveva mai sentito parlare del suo debito pubblico e a sua
discolpa possiamo dire che non abbiamo notizie di nulla del genere all’epoca
della guerra di Troia. Non c’è pertanto nulla di cui sorprendersi se, quella
volta, Agamennone fece scena muta.
- Margherites, anche tu sei impreparata, eh?
E l’Oftalmos girò tra gli interrogati la stessa domanda. – Ybris, tu lo sai?
Odisseo, cui la donna si rivolgeva ora
direttamente, cercò di sfruttare la sua ben nota furbizia.
- No, non lo so!- esclamò pensando che
quella fosse una domanda a trabocchetto e che la sua risposta fosse molto
pronta, con in faccia un sorriso furbo che somigliava più a un sorriso cretino.
E in effetti la differenza tra i due può essere molto labile…tanto che la
Oftalmos interpretò quel sorrisetto nella seconda versione.
- Mio Dio, dove sono capitata?- gemette. –
Pipini, ma che cos’avete oggi? Glukutes, tu sai rispondere alla mia domanda?
E Nestore, il cavaliere gerenio, alzandosi
disse parole, parlò così, sperando di tirar fuori sé e i compagni da quella
brutta situazione. – Donna strani capelli, ascoltami! Noi non siamo i tuoi
studenti, siamo eroi del poema epico di Omero, l’Iliade! Non conosciamo la
risposta alle tue domande e vogliamo tornarcene a casa!
A queste parole seguì un attimo di silenzio.
Poi, molto, molto lentamente, la Oftalmos si alzò e guardandoli con
condiscendenza disse a bassa voce: - Ci deve essere una perdita di qualche gas
strano…
- Donna! Dillo ad alta voce se hai coraggio!
Parla come si deve davanti al grande Achille!- gridò il Pelide alzandosi in
piedi.
- Va tuuuutto beeeene- disse la prof andando
a piccoli passi verso la porta. – Ora vado a parlare con il preside…voi state
molto, molto calmi…- e uscì di corsa portandosi dietro la borsa.
I nostri eroi rimasero lì tutti spiazzati.
Poi Achille, trovando sul banco di Pur la sua solita bottiglietta d’acqua
rimasta aperta, vi si chinò sopra e cominciò a chiamare la sua mamma per farla
uscire dalle profondità degli abissi. Ettore dava l’addio ad Andromaca temendo
l’evolversi della situazione. Menelao si avvicinava di soppiatto a Paride con
l’intento di accopparlo. E tutti gli altri iniziarono a parlare a gran voce,
mentre Nestore cercava di farli tacere.
In tutta questa bella scena, credete che sia
così strano che sia passato inosservato l’arrivo dell’Omino? Il quale, passando
non visto tra le gambe di quegli omoni giganteschi, raggiunse la cattedra e vi
montò sopra per rendersi più visibile. Da lì tese le braccia e gridò: - Eroi,
ascoltatemi! Io sono il messaggero degli dei e vengo ad annunciarvi il vostro
fato! Vi state facendo prendere dal panico come un branco di inetti! Ma non vi
vergognate? Persino una ventina di quindicenni l’ha presa meglio di voi!
A quelle parole, gli eroi si misero tutti a
sedere con la coda tra le gambe. Solo Diomede osò chiedere: - E’ questo che dice
il fato?
- No, questo è quello che dico io- rispose
l’Omino. – Ora vi dico quello che dice il fato, poi me ne torno a casa perché
non ce la fo più…voi vivrete qui e prenderete il posto degli studenti che ora
sono nella Troade al posto vostro!
- Ehh?
- Ma non è possibile! Il grande Achille non
può essere sostituito da un miserevole studentello!- gridò Achille balzando in
piedi.
- E neanche Agamennone sire di genti!-
rincarò la dose Agamennone.
- In effetti, è una studentella- disse
l’Omino tra sé.
- Che cosa?!- gridarono entrambi.
- Solo a fare Agamennone, però. A fare
Achille è uno studentello- riprese tranquillamente l’Omino.
- Nessuno può essere tanto bello da passare
per me- proclamò Paride mentre Elena scuoteva il capo sconsolata.
- Giudica tu- replicò l’Omino: tirò fuori la
foto di classe di IV (quella di V ancora la dovevano fare) e gliela porse
indicandogli Trikes.
- Ma è una femmina!
- In questa classe però ci sono solo quattro
maschi, e io che ci posso fare?- sbottò l’Omino con le lacrime agli occhi. – A
nessuno sta mai bene niente, però! Uffa!
- Dai, non ti preoccupare- gli disse
dolcemente la bella Elena. – Non è così importante.
- Davvero?- chiese l’Omino sollevato.
- Ma sì, certo, in fondo non è colpa tua.
- Ah, sono contento- esclamò il messaggero
degli dei. – Perché al posto tuo c’è questo qui, capisci, mi fa piacere che tu
lo dica- E le indicò Aner nella foto di classe. Elena rabbrividì.
Poi, tutto a un tratto, la terra incominciò
a tremare. Subito Andromaca si gettò tra le braccia di Ettore esclamando: - Ho
paura!
- Anch’io, Andromaca… anch’io!- rispose
Ettore deglutendo.
Tutti guardarono l’Omino. – Che cos’è
questo?
- E’ il preside che arriva- replicò
tranquillamente l’Omino.
Bum, bum, bum faceva il pavimento, che
tremava come scosso da un terremoto cui si inframezzassero i passi di un
gigante. – Tranquilli, è solo pancia…- riprese il messaggero degli dei assai
ambiguamente. – Ora devo andare. Cercate di cavarvela. In bocca al lupo!- e
schioccando le dita sparì.
Un istante dopo , la porta si spalancò e l’Oftalmos
sgattaiolò in classe, mentre alle sue spalle la luce veniva oscurata da una
gigantesca, quasi abominevole pancia…
Fu così che avvenne il loro primo incontro
con il preside. Ecco apparire ai loro occhi un paio di bambine corte corte,
sovrastate da una mostruosa pancia perfettamente sferica su cui scendeva,
perpendicolare al terreno, una cravatta di seta rossa; una giacca grigio scuro,
un quadruplo mento, e un paio di bellissimi, spessissimi occhiali rossi…
- AAAAAAAAAARRRRRRRRRGGGHHHH! Il ciclope si
è operato agli occhi!- strillarono tutti buttandosi per terra.
- Preside, è vergognoso!- esclamò l’Oftalmos.
– Dev’esserci una perdita, è l’unica spiegazione! Una classe così buona…
- Niente perdite, professorèssa- replicò il
preside col suo bellissimo accento e la sua voce vagamente nasale. – Lasci fare
a me.- Si pose davanti alla classe, prese fiato (un uomo della sua mole aveva il
fiatone già dopo aver pronunciate queste poche parole) e iniziò: - Ragazzi, voi
avete fatto arrabbiare la professorèssa. Sapete bene che queste cose non si
fanno. – Riprese fiato. – Perciò comportatevi bene. È tutto chiaro?- E si fermò
ansimando, incapace di continuare.
Tra i nostri sventurati Achei e Troiani
incominciarono a correre sguardi perplessi a quel discorso così poco
illuminante. Finalmente Nestore, in qualità di portavoce della classe, si alzò
in piedi e disse: - Certo, certo, uomo grande stazza…come vuole lei!
- Visto professorèssa? Ci voleva poco!-
disse allora il preside, che credeva col suo contributo di aver risolto chissà
cosa. – Bene, io vado, perché sono un uomo…molto impegnato!- Riprese fiato. –
Allora comportatevi bene. Buono studio!- e uscì, lasciando l’Oftalmos ancora più
confusa di prima.
Finalmente suonò la campanella e la prof
colse l’occasione per uscire di corsa coi capelli al vento.
A quel punto Agamennone prese la parola e
disse parole, parlò così:
- O Achei, o Troiani, questa è una
situazione molto strana! Per sopravvivere dovremo collaborare. Ve ne rendete
conto prima di me! Dunque mettiamo da parte il nostro odio reciproco, i nostri
rancori, e alleiamoci per superare la situazione! E ricordatevi che se non
finite di litigarvi la bella Elena faremo decidere a questo Ciclope che è appena
uscito chi se la debba prendere!
E poiché tutti si mostravano d’accordo, ma
nessuno aveva neanche un misero bue da sacrificare agli dei, raccolsero il
prosciutto dai panini che gli studenti si erano portati per merenda e gli
diedero fuoco per consacrare i patti che avevano giurato.
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Capitolo 4 *** Canto III: La tenda degli Atridi ***
Eccomi con un nuovo canto
Eccomi con un nuovo canto! Durante queste vacanze,
e oggi in particolare, ho trovato abbastanza ispirazione da scrivere anche
questo e una piccola parte del successivo. Nel frattempo posto questo, ma il
prossimo dovrà aspettare ancora qualche giorno!
Prima del capitolo i ringraziamenti:
AMAERIZE: eh, come mi è venuta in mente... è un
bel mistero XD! Anche se non lo scopro mi accontento di sapere che a qualcuno
piace!
AMERICANPEOPLE95: thank you! Io ho adorato
l'Iliade in quarta ginnasio, per questo ho sempre amato scriverci sopra! Mi fa
piacere se continui a seguirmi!
SMOLLY_SEV: macché genio e genio! sono altri i
geni, e tra quelli che conosco uno si chiama Smolly... XD
Benissimo, godetevi questo nuovo capitolo. Un
bacione!
Torniamo ora ai poveri fanciulli sperduti
nella Troade, che abbiamo lasciato per occuparci dei VERI eroi. L’Omino era
appena andato via dall’accampamento. La maggior parte delle ragazze stava avendo
una crisi d’identità assai profonda…
- IO NON SONO UN ATRIDEEEEEEEE!
- NEANCHE IOOOOOOOOOOOOOOOOOO!
- Sì, neanche io sono un Telamonio!- gemette
Aiskiuné/Aiace piagnucolando.
- Su, su! Neanche io sono Nestore, che è
pure vecchio e per niente fico, però non c’è nulla di cui preoccuparsi!- cercò
di tranquillizzarle la dolcissima Glukutes/Diomede, che non se la prendeva mai
per niente, se non per le angherie della Oftalmos.
- Io sono Achille- disse tranquillamente
Emon, che non le capiva affatto ed era assai soddisfatto della situazione, anche
se non tifava Achei, solitamente.
- Emon, credo che l’abbiano capito- gli fece
notare Ybris/Odisseo ridendo senza motivo.
- Figlioli, io credo che dovremmo fare
qualcosa…se stiamo qui in eterno…non otterremo niente- intervenne Xene/Diomede.
– Su, facciamo qualcosa!
Come in risposta alle sue parole, proprio in
quel momento arrivò Taltibio, l’araldo, che andò a fare toc toc sulla spalla di
Margherites e frapponendosi tra lei e Antos disse: - O Atridi, è arrivato Crise
che porta doni infiniti per riscattare la propria creatura!
Una cosa che non bisognerebbe MAI fare con
due ragazze di sedici anni, due ragazze per di più frustrate dalle solite
paturnie adolescenziali riguardo a seno, pancia e sedere, è paragonarle a un
maschio. Taltibio scoprì a sue spese questo piccolo dettaglio.
- TI SEMBRO UN ATRIDEEEEEEEEEEEEEEEE?!
- O poveri noi…- commentò candidamente
Eirene, impassibile come suo solito.
- Figliole, stiamo calme! Sennò veramente da
qui non se ne esce più- disse Ghiuné mettendosi tra le compagne e il corpo
tumefatto dell’araldo che giaceva per terra in una pozza di sangue. – Qui
bisogna trovare una soluzione, altrimenti…
- Scusate- intervenne Glukutes – Ma l’Omino
non ha detto che possiamo andare via di qui solo quando sarà terminata l’Iliade?
- Già, quel maledetto Omino- replicò Emon,
che aveva una spiccata antipatia per il messaggero degli dei.
- Qualcuno di voi si ricorda per caso quanti
giorni dura l’Iliade? L’abbiamo studiato l’anno scorso con il professor
Kallistos- ricordò la ragazza.
- Era qualcosa come una cinquantina di
giorni- disse immediatamente Antos che l’anno precedente era stata perdutamente
innamorata del Kallistos (e non solo lei), professore che però li aveva lasciati
e si era trasferito in un altro liceo.
- Beh, voi non credete che possiamo farcela
a sopravvivere per una cinquantina di giorni?
- No- replicò immediatamente Emon, che non
amava prendere in considerazione ipotesi troppo azzardate.
- Dopotutto non sono neppure due mesi che
potremmo trascorrere lontano dai libri! E poi sarebbe tutto perfettamente
sicuro. Nessuno di noi rischia di morire anche se la storia lo prevede- osservò
Glukutes. – No? Non vi sembra?
- Beh, in effetti è come prendersi una bella
vacanza- commentò Eirene.
- E forse potremmo imparare un po’ di
salutare greco- soggiunse Ybris, che amava molto trovare il senso pratico nelle
situazioni.
Calò il silenzio tra i giovinetti. Taltibio
cercò di rialzarsi ma immediatamente Antos gli tirò un calcio per rispedirlo per
terra- ovviamente in perfetto silenzio.
Un silenzio molto riflessivo.
Finalmente…
- Scusate, ma Crise sarebbe qui e alla sua
età non si sa mica quanto può permettersi di aspettare…- disse un certo Euribate
che faceva le veci di Taltibio in casi del genere (anche il vero Agamennone era
assai irascibile, perciò occorreva un sostituto fisso).
- Oh, e va bene! Antos, andiamo e
facciamogliela vedere a quel sacerdotucolo troiano!- gridò Margherites,
avviandosi a grandi passi. – Speriamo almeno che ne valga la pena!
In massa, la classe si precipitò al seguito
delle due ragazze nella piazza dell’accampamento, dove nel vuoto lasciato dalla
folla stava in piedi un vecchino ossuto ossuto, che faceva quasi pietà a
vederlo…
- Atridi, e voi tutti, Achei schinieri
robusti, a voi diano gli dei che hanno le case d’Olimpo d’abbattere la città di
Priamo, di ben tornare in patria: e voi liberate la mia creatura, accettate il
riscatto, venerando il figlio di Zeus, Apollo che lungi saetta!- esclamò il
povero vecchietto, tendendo verso le due adolescenti le bende di Apollo. Dono
che, per le due ragazze, davvero non significava nulla.
- Margherites, ascoltami!- mormorò Antos
all’orecchio della compagna. – Rendiamogli subito Criseide, così non succede
niente! Se la storia finisse oggi, potremmo tornarcene tranquillamente a casa e
sbattercene le palle dell’ira di Achille!
- Antos, purtroppo non credo che si possa…
- Perché no?
- Ma dai, se fosse così semplice, credi che
Omero non ci avrebbe già pensato? Di sicuro se facessimo così la storia
diventerebbe ancora più lunga e complessa e non ne usciremmo mai! Andiamo sul
sicuro, Antos, se diamo retta a Omero almeno abbiamo la certezza di poterne
uscire, prima o poi, da questa situazione!- osservò Margherites. – Se ora ci
mettiamo pure a cambiare la trama, chissà quando torneremo a casa nostra!
- Acci, hai ragione…- mormorò Antos
pensierosa. – Dici di no, eh?
Margherites fece una faccia dubbiosa, poi si
rivolse a Crise.
- Vecchietto, ascolta…-
Le sue parole furono coperte dal gran
vociare degli Achei che suggerivano di accettare l’infinito riscatto offerto dal
vecchio e di rendergli la sua creatura. A questo punto la povera fanciulla, già
frustrata per l’andamento della giornata e per essere stata scambiata per un
Atride, con gli occhi iniettati di sangue cercò di far valere la sua femminea
voce…
- PORCO CANE! MA MI LASCIATE PARLARE SI O
NO?!
Gli Achei si chetarono d’un colpo.
Margherites, sorridendo più o meno soddisfatta (ma ancora con gli occhi
iniettati di sangue) si mise le mani sui fianchi e rivolta al vecchietto disse:
- Crise, non fraintendermi, non è per te, ma non posso renderti tua figlia. Mi
dispiace molto, ma ora te ne devi andare.
A queste parole, Crise la guardò a occhi
sgranati e fece per aprire la bocca e dirle qualcosa… Euribate arrivò alle
spalle della ragazza e, come Taltibio prima di lui, le fece toc toc sulla
spalla.
- Ehi, capo…
- Dimmi, Euribate.
- Mica per fare il precisino…ma ti consiglio
di correggere quello che hai appena detto…
- Senti, possibile che debba rendergli la
sua creatura perché lo dite voi? Io ho detto di no e no rimane!- sbottò
Margherites, pensando che al vero Agamennone non facevano mai tutte
queste storie nell’Iliade, anzi solitamente quando diceva una cosa tutti a parte
Achille e Diomede gli davano sempre ragione.
- Non è per quello…è solo che tu hai detto
che non puoi rendergli sua figlia, capisci, e sai com’è…
- E che palle! E lasciatemi un po’ in pace!
Mandate quel vecchietto fuori dell’accampamento e non fatemi tutte queste
prediche!- sbottò la ragazza spingendo da parte l’araldo e tornando a grandi
passi verso dai compagni. – Tanto lo so io chi ve la farà la predica per i
prossimi dieci giorni!
- Strano però, che ti abbiano detto queste
cose- osservò Ybris appena la ragazza ebbe raggiunto il gruppo della classe. –
Agamennone nel libro non viene contrastato quando rifiuta di rendere Criseide a
Crise…
- Forse non gli somigli abbastanza- suggerì
Antos raggiungendo il “fratello” e i compagni.
- Su, siamo solo molto stanchi!- disse
Aiskiunè tentando di risollevare il morale degli amici. – Per questo tutto ci
sembra così strano! Dopotutto io non ci trovo nulla di anormale. Non abbiamo
fatto abbastanza versioni da capire quanto sono strani i Greci? Andiamo ciascuno
dalla propria parte, facciamoci un sonnellino e domani staremo molto meglio…
- Già, saremo pronti ad affrontare le saette
di Apollo- commentò amaramente Emon.
- Via, non si può mica avere tutto!
- Beh, Aiskiunè ha ragione. Su figlioli,
ciascuno di noi se ne vada a dormire nella tenda del suo personaggio.- disse
Xene col suo solito ottimismo. – Domattina ci ritroveremo proprio qui per
consultarci e decidere se qualcosa non va.
- Xene, qui TUTTO non va- le ricordò Emon
con moltissima dolcezza.
- Beh, dai, non proprio tutto…
- C’è qualcosa di buono in questa
situazione?
- Sì, che siamo praticamente immortali e che
nessuno ci interrogherà per i prossimi cinquantuno giorni! E che abbiamo saltato
il compito di latino della prossima ora.
- Beh, ci mancherebbe altro- borbottò Emon.
– Pure il compito avevano a farci fare, e vedevi che ira di Achille gli
scatenavo!
- Anch’io propongo di andare a dormire. Ho
un sonno che non sto in piedi!- aggiunse Futon che si stava già arrotolando un
drummino.
- Guarda che voi due dovete dormire insieme-
disse Antos rivolgendosi a lui e Emon.
- Eh?
- Ma sì, Patroclo e Achille. Non ve lo
ricordate? Loro due convivono perciò dovrete sopportarvi- riprese lei
candidamente.
- EEEEEHHHHH?
- Tu nella tenda non fumi.- stabilì Emon
guardando Futon dall’alto in basso. – E neppure tiri fuori il tabacco.
- Ma che c’è di male? Anche tu fumi!
- Sì, però fuori e di sicuro non tiri fuori
quelle schifezze puzzolenti accanto a me.
Lasciamoli discutere…
- Basta lamentarsi! Anch’io ho sonno e pure
fame, voglio andare a mangiare e a farmi una bella dormita.- disse Margherites
che quando era stanca diventava molto irritabile.
- Bene, allora ci vediamo domani mattina qui
appena ci svegliamo- disse Glukutes. – Buona notte a tutti!
Finalmente, gli alunni della classe si
divisero e ciascuno andò a cercare la tenda del suo personaggio. Margherites e
Antos si avviarono insieme alla tenda più grande di tutte, perché sebbene
probabilmente i veri Atridi avessero le tende separate loro non se la sentivano
di dormire da sole, almeno per quella notte. Così, entrate nella tenda, si
guardarono un po’ attorno e infine, forti della nuova potenza, diedero ordine
alle ancelle di preparare loro i letti e una bella cena.Attendendo il momento del pasto, si fecero
poi portare dei pepli alla greca per non essere un pugno in un occhio in
quell’accampamento.
- Guarda come sono belli! Ho sempre sognato di
indossare uno di questi!- disse Margherites stendendo il peplo e ingegnandosi
per indossarlo.
- Vedi, un lato buono di questa situazione
c’è- osservò la compagna gettando da una parte i propri jeans. – Almeno possiamo
vestirci come le strafighe dell’epoca! Sai, come Elena, Clitemnestra, e
Cassandra di Troia.
Costò loro un po’ di fatica indossare i
candidi abiti di allora, ma quando ebbero terminato poterono specchiarsi in
sorta di piccoli specchi dorati, che riflettevano male ma almeno davano loro
un’idea del loro aspetto.
- Accidenti, mi taglia un sacco questo coso-
borbottò Margherites osservando l’effetto generale. – Mi fa sembrare ancora più
tappa di quanto già non sia!
Proprio allora, tornarono le ancelle che
portavano loro la cena. Le due ragazze erano affamate.
- Ecco la cena! Ho una fame!- esclamò Antos
precipitandosi sul cibo appena lo vide arrivare.
- Uh, che si mangia?- le fece eco
Margherites sporgendosi dietro le spalle della compagna. Appena vide le
“portate”, Antos si immobilizzò.
- Oddio che schifo! Non pretenderete che si
mangi questa roba qui, spero!- gemette vedendo il cibo: solo dura e stoppacciosa
carne, arrostita in tutte le maniere. E non un po’ di verdura o frutta!
- Guarda il lato positivo…la carne è
dietetica…- mormorò Margherites un po’ delusa, ma troppo affamata per fare
storie.
Alla fine si risolsero a mangiare tutta
quella carne, per quanto dura, e rispedirono indietro i cesti vuoti del pane e i
resti di ciò che non erano proprio riuscite a mandar giù.
- Non era tanto male…- cercò di consolarla
Margherites.
- Faceva schifo. Mi sembrava di stare
mangiando il mio cane!- replicò Antos piccata. – Era durissima. Ecco, ora inizio
a pensare che non sopravvivremo tutti e cinquantuno i giorni!
Margherites scoppiò a ridere all’espressione
sconsolata dell’altra. Proprio allora, udirono qualcuno che chiedeva di poter
entrare.
- Chi è che rompe ora?- esclamarono le due
all’unisono.
E incredibilmente, dalla porta fece capolino
un ragazzo alto, biondo, bellissimo, strafighissimo… subito le due si guardarono
con la bava alla bocca, sentendosi in colpa all’idea di avergli risposto male.
- Ehm…scusa è che siamo un po’ stanche…chi
sei?
Il ragazzo le guardò incredulo e
rivolgendosi a Margherites: - Non mi riconosci più?
- Aaaaaaaaaaaaah…no. Se te lo chiedo un
motivo ci sarà!- esclamò la classicista infastidita. Poteva essere anche Brad
Pitt, ma di sicuro Margherites non voleva essere contraddetta.
- Sono il figlio di Crise, lo schiavo che ti
conquistasti col bottino, glorioso Agamennone figlio di Atreo!
E bum!, le due ragazze erano in terra,
svenute!
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Capitolo 5 *** Canto IV: L'impossibile prova e la comparsa di un mostro ***
Questo canto è brevissimo
Questo canto è brevissimo, ma purtroppo per un po' non
potrò fare di meglio: domani inizia per me una lunga serie di compiti e
interrogazioni che si concluderà solo il tre di giugno (o così speriamo). Perciò
mi scuso in anticipo... ma se non voglio andare a settembre...
Grazie ad Amaerize e ad americanpeople95 per le
recensioni. Un bacione!
Torniamo a far visita ai “veri” eroi epici, che si
trovavano ancora in classe e si erano ormai rassegnati a restarci almeno per
qualche settimana. Avevano appena consacrato i loro patti giurati, bruciando
come abbiamo detto il prosciutto dei panini, quando entrò in classe la Gerè
(=vecchia) , la professoressa di latino e greco, esclamando: - Ragazzi, forza,
dividete i banchi! Ho trovato solo questa versione da 120 righe da farvi fare,
perciò vi conviene spicciarvi!
La Gerè, che in ottemperanza al suo nome si presentava
come una donna piuttosto vecchia, aveva delle stranissime idee sulla fattibilità
delle versioni di greco o di latino che assegnava ai suoi studenti. Trattavano
sempre di argomenti che ancora non avevano affrontato, erano lunghissime e
spesso adatte più al terzo anno che non al secondo: insomma, nove volte su dieci
era costretta ad annullarle o a toglierne più della metà. Altra cosa era
notevole in lei: e cioè che era assolutamente BRUTTISSIMA. Quando, l’anno
precedente, i ragazzi di terza media interessati all’indirizzo di studio erano
venuti ad assistere a una lezione aperta, gli attuali studenti avevano impedito
loro di guardarla direttamente per timore che ne rimanessero troppo spaventati e
che rinunciassero in partenza. Sfortunatamente, i nostri eroi non avevano
nessuno che, con eguale premura, li preservasse da una vista tanto sconvolgente.
Perciò, appena la Gerè entrò in classe, Elena esclamò: - O Giunone, così mi
punisci per il mio peccato?- e svenne, prontamente sorretta sia da Paride che da
Menelao. E Andromaca, in maniera un po’ meno spettacolare, perse allo stesso
modo i sensi…ma a sorreggerla non furono due mariti, e in effetti neanche il
solo che aveva: dovette prestarsi Patroclo, dato che Ettore, con gli altri eroi,
si era schierato per affrontare il Mostro…
In prima linea, con le spade sguainate, pronti alla
battaglia, si schierarono per l’appunto i più valorosi guerrieri: Achille,
Agamennone, Diomede, Ettore, il Telamonio e Odisseo. Nestore, quel povero
vecchiuccio, non poteva combattere con tale scherzo della natura e si stava
occupando del fuoco ancora acceso del sacrificio.
- Mostro nato da una pietra, fatti avanti e combatti!-
urlò Achille, uno dei due guerrieri più impulsivi del manipolo. L’altro,
Diomede, non fu da meno e avanzato di qualche passo con la spada tesa, esclamò:
- Forza, o creatura che fosti allattata da una tigre ircana! Affrontaci o
gettati ai corvi!
Dopo tutti questi insulti di eccellente tradizione
ellenistica, finalmente la Gerè sollevò lo sguardo dalla cattedra e li guardò
con due occhi enormi color marrone chiunque-capisce-a-cosa-paragonabile ed
esclamò: - …Che bellini i miei bambini! Hanno studiato tutti gli insulti greci
per farmi piacere! Ma li sapete dire anche in greco antico?
E i poveretti, già smarriti, confusi, sballottati, ora
pure ignorati, si guardarono e dissero: - …eh?
La prof continuava sul suo spartito. – Bellini che
siete! Grazie! Ma ora concentratevi sulla versione…spero che abbiate studiato
latino, ieri!
Tali erano il candore, l’innocenza, e soprattutto la
perseveranza nel non prenderli sul serio in quel mostro tanto gentile, che i
nostri eroi non se la sentirono di insultarlo ancora e, loro malgrado, andarono
ai loro banchi e si sedettero iniziando a dividerli tra loro come la donna aveva
ordinato. Nel frattempo, da una parte c’era la Gerè che passava distribuendo due
pagine di versione di latino…dall’altra c’era Nestore che cercava, invano, di
spengere il resto della pira, ignaro del fatto che stava prendendo fuoco un
astuccio…
Tranquilla, la Geré consegnava i compiti ripetendo: - I
miei bambini! Bellini! Hanno studiato le offese greche per me! Ma ora bisogna
che vi impegnate a fare il compito di latino!
Frattanto iniziava a diffondersi una gran puzza di
bruciato,causata dall’astuccio che ormai ardeva sul pavimento, che Achei e
Troiani non potevano in nessun modo ignorare ma della quale la professoressa non
si accorgeva neppure. Solo a un certo punto, quando tornata alla cattedra si
apprestava a leggere la versione, si avvide del fumo che saliva ed esclamò: -
Ma…c’è un po’ di fumo in classe?
- Ma no, donna terribili fattezze…è nebbia!- rispose
Odisseo facendo appello alla sua ben nota furbizia.
- Ma certo…nebbia! Continuiamo pure tranquilli!- e la
donna iniziò a leggere la prima riga della versione, che era un brano
lunghissimo dell’Eneide originale.
I nostri eroi non le facevano molto caso, erano
piuttosto interessati ai tentativi di Nestore di domare le fiamme che
rischiavano di sfuggire al suo controllo. Erano tutti voltati verso l’ultimo
banco, dove il cavaliere gerenio stava prendendo a calci l’astuccio (la pira non
era più un pericolo), quando la Geré si accorse della loro distrazione ed
esclamò: - Insomma, ragazzi! Ascoltate il sesto canto dell’Eneide…ehi, voi non
sentite un odore strano?
- Viene da fuori, donna strane fattezze…- spiegò Achille
infastidito.
- Certo, certo…da fuori! Bene…ma forse è meglio se non
ve la leggo, dal momento che è un po’ lunga, forse è meglio che iniziate subito
a farla!
Finalmente, distogliendo lo sguardo da Nestore e dal suo
incendio, i guerrieri si voltarono e guardarono la versione… quelle 120 righe di
purissima Eneide virgiliana, senza note né commenti…
Trascorsero dieci minuti durante i quali non si udì
volare una mosca. Dopodiché Patroclo osò dar voce a una domanda che tutti si
stavano ponendo da un po’:
- Ma che lingua è?!
- Via ragazzi! So che questo non è proprio il latino che
siete abituati a tradurre, ma…
Così calò di nuovo il silenzio e tutti iniziarono a
fissare quei due fogli di compito in classe senza sapere da che parte mettere le
mani…solo Nestore continuava a cercare di spegnere il suo piccolo incendio.
Ogni tanto si sentiva chiedere: - Ma…ma siete sicuri di
non sentire una terribile puzza di bruciato?
- Ma no…è solo una sensazione, donna terribili fattezze!
Due ore dopo suonò la campanella…
- Ragazzi, dovete consegnare!- disse immediatamente la
Gerè alzandosi (la donna aveva strane idee sul tempo che gli alunni potevano
impiegare per fare una versione originale di Virgilio di 120 righe).
Tutti alzarono lo sguardo e si fissarono increduli per
qualche secondo.
- Ragazzi ma…ma…ma non avete scritto niente! Com’è
possibile che questa versione fosse così impossibile?
Non ci fu risposta alla sua domanda. La donna non
credeva ai propri occhi…com’era possibile che l’intera classe consegnasse
COMPLETAMENTE in bianco?
- Ma…ma cosa vi è successo? Spero che almeno il compito
di greco di giovedì si sollevi un po’ da questo disastro!- esclamò, poi ritirò i
compiti e uscì dall’aula per accorrere al compito successivo in quarta alfa: in
quella classe insegnava italiano ed era essenziale per lei arrivare in orario,
almeno per dare il tempo ai suoi studenti di riprendersi dopo aver letto le sue
ridicole tracce (confronta Omero e Shakespeare e roba del genere) . Quando fu
uscita, i nostri eroi si voltarono gli uni verso gli altri e iniziarono a
guardarsi…per trovare il conforto di uno sguardo, se non amico, almeno noto.
- Ma…ma in che posto siamo capitati?- domandò Achille
incredulo.
Non ci fu risposta. Si udì soltanto lo sbuffo di Nestore
mentre, ormai relativamente in salvo, sollevava il piede e trovava che la
plastica fusa si era attaccata alla suola…
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Capitolo 6 *** Canto V - La pazza assemblea e le dee moleste. ***
Finalmente sono riuscita a concludere questo canto
Finalmente sono riuscita a concludere questo
canto, che a dirla tutta mi ha fatto proprio disperare ^^ Chiedo venia, ma fa
così caldo che... *smile*
In ogni caso grazie ad Amaerize per la
recensione e il supporto continuo ^^ e in generale a chi continua a seguire. Un
bacione, spero che questo canto possa rinfrescarvi un po' da quest'afa!! Ciau!
Finalmente, il decimo giorno della
pestilenza, Emon fece di corsa il giro di tutto il campo per radunare
l’assemblea. Raccolta che fu, dal suo posto il ragazzo si alzò in piedi e
rivolgendosi a Margherites disse: - Margherites, direi che adesso è ora di
restituire il tuo moccioso!
La ragazza sbuffò e rispose: - Come vuoi,
Emon, dato che in ogni caso non ci serve a un granché: occupa solo spazio… Ma mi
domandavo se, al posto della tua ancella, non si potrebbe avere qualcos’altro…
- Del genere?
- Magari qualche versioncina quando torniamo
a casa- disse Margherites speranzosa. – Che cosa ne dici?
- Ma dobbiamo proseguire con la storia!-
protestò il ragazzo. – Che ne sarebbe dell’ira di Achille senza Briseide?
Inutile dire che praticamente nessuno in
quella stanza erra in grado di capire di che cosa stessero parlando “Achille” e
“Agamennone” e che anzi praticamente su di loro erano puntati solo occhi
stravolti e perplessi. Ciò nonostante i due compagni non se ne curavano molto e
anzi proseguivano indifferenti sul loro spartito.
- Oh, uffa, va bene…allora manderò i miei
araldi a prendere Briseide- disse Margherites un po’ delusa.
- Bene, allora siamo d’accordo- disse Emon
facendo per allontanarsi. Prima che però potesse uscire dalla tenda, Glukutes lo
afferrò per il mantello ed esclamò: - Emon, dovete litigare, altrimenti che ira
di Achille c’è?
- Ah, già- disse Emon battendosi una mano
sulla fronte. E presa la spada su scagliò contro Margherites urlando: -
AAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRRGGGGGGGHHHHH! MUORI!!!
Ma nel momento in cui strillando si
avventava su di lei, improvvisamente sentì una forza invisibile afferrare il suo
braccio e, voltandosi, vide una donna bellissima di aspetto magnifico e
terribile dal volto nobile e maestoso…
- Senti cocca, che vuoi?- sbottò, poco
propenso a perdere tempo.
- Cocca lo dici a tua sorella- lo rimbrottò
la donna bellissima, visibile solo a lui. – Io sono la dea Atena, signora della
guerra e della conoscenza!
Purtroppo Atena, dea della conoscenza e di
tutto quello che poteva volere, non “conosceva”, per l’appunto, una cosa: che
Emon aveva effettivamente una sorella più piccola che adorava…
- Cocca lo dico a te, e mia sorella non la
devi neanche nominare! E ora spiegami che cosa vuoi!
- Non uccidere Agamennone e in cambio avrai
da me doni immaginifici!- disse Atena.
- Che cretina che sei, ma se lo sai
benissimo che non la voglio uccidere sul serio e che stiamo solo fingendo per
tirarci fuori dal casino in cui ci avete infilato!- replicò il ragazzo. Poi
s’illuminò. – Ehi, ma te sei una di quelli che ci ha voluto qui! Ma io ti
ammazzo!- E cercò di lanciarsi su di lei, ma la dea lo bloccava.
- Tanto prima o poi mi ringrazierai- gli
disse con un sorriso misterioso.
- Vattene al diavolo! Ma perché vieni a
dirmi di non uccidere Margherites se sai che non lo farò?
- In realtà ero venuta a dirti che sei
proprio un bel figliolo e a chiederti se vuoi farti un giro con me.- rispose la
donna con la massima tranquillità.
A questo punto Emon divenne miracolosamente
prima tutto rosso, poi tutto viola, infine verde, buttò la spada per terra e
scappò via a gambe levate.
Nella tenda scese un lungo silenzio
imbarazzante.
- Bene…non è successo niente- disse Antos in
tono conciliante. – Va tutto bene!
- Va tutto bene- rispose Margherites
annuendo con calma. – Tuuuuuutto beeeene…
Finalmente si decise di mandare Taltibio ed
Euribate a prendere Briseide e di rimandare il figlio di Crise a casa facendolo
accompagnare da Odisseo, ossia da Ybris che, armata una nave e caricata
un’ecatombe, prese il ragazzo e salpò. Nel frattempo Margherites mandò, senza
dar troppa importanza alla cosa, Taltibio ed Euribate a prendere Briseide alla
tenda di Achille. I due araldi trovarono Emon seduto per terra tutto sconvolto a
tenersi le ginocchia piegate contro il petto e Futon, da vero amico quale era,
che fumava una sigaretta seduto tranquillamente accanto a lui.
I due araldi si fermarono davanti ai due ed
esclamarono: - Patroclo stirpe divina, conduci fuori la giovane che il nostro
signore Agamennone sire di genti ci ha ordinato di consegnargli!
- Bah! Evidentemente Margherites ha cambiato
genere- commentò flemmaticamente Futon e si limitò a entrare nella tenda e a
chiamare Briseide guancia graziosa. Dopodiché consegnò la ragazza ai due araldi
e li mandò via.
È inutile dire che Emon era ancora sconvolto
a causa delle “molestie” subite da una donna molto, ma molto più anziana di lui,
ma che non poteva sfogarsi col suo compagno di tenda in quanto, come dire, Futon
aveva la sensibilità di una svizzera di tacchino. Perciò il povero ragazzo,
sballottato, torturato psicologicamente e ora persino molestato da una vecchia
(perché Atena per lui era una vecchierella) se ne andò a passeggio sul mare
tutto solo. A un certo punto sentì una voce che chiedeva: - Ma Emon, perché
piangi?
Si voltò stupito in quanto non stava affatto
piangendo (era disperato, ma non così tanto) e vide una donna bellissima ma
comunque vecchia quanto Atena che usciva dalle acque seminuda. – E te chi sei?
- Sono Teti, la madre dell’eroe di cui
prendi il posto- disse saggiamente la donna.
- Bene, e allora cosa vuoi?
- Poverino, sei stato molestato da Atena…ma
lasciala fare quella vecchietta, vieni piuttosto a fare un giro con me che sono
molto più bella e più giovane di lei!
…
- AAAAAARRRRRRGGGGGHHHHHH!- urlò Emon e
subito si lanciò di corsa contro la propria tenda, vi si rinchiuse dentro e là
rimase per i molti giorni successivi senza uscire praticamente mai. E per
qualche tempo noi cessiamo di occuparci di lui.
Così Teti, tutta imbronciata per essere
stata rifiutata, se ne andò da Zeus a lamentarsi: s’inginocchiò ai suoi piedi,
gli prese il mento con la mano e lo implorò: - O grande Zeus, oggi per la prima
volta sono stata rifiutata da un mortale, Emon che ora si fa chiamare Achille.
Egli è uno di quegli scolaretti che abbiamo portato a Ilio, anzi per la
precisione è uno di coloro che ora vivono nel campo Acheo: ti prego, per punire
questi scolaretti della loro arroganza fai vincere sempre i loro
compagni/avversari Troiani! (per i
greci non esisteva la nostra concezione della responsabilità individuale nda).
E fu così che Zeus, il quale trovava
un’ottima scusa, sebbene non quella tradizionale, per far vincere Troia proprio
come voleva la trama originale, decise di dar retta a Teti…
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Capitolo 7 *** Canto VI- Il duello e l'onore dell' Atride. ***
Eccomi
di nuovo qui, dopo tutti questi mesi. Non posso
promettere che da qui in poi la pubblicazione si farà
più regolare, ma ho
passato una lunga fase di crisi di scrittura, dalla quale inizio a
riprendermi
solo ora, e chiedo scusa: ieri l’aver visto due nuove
recensioni a un capitolo
così vecchio mi ha fatto molto piacere e mi ha dato lo
stimolo per questo nuovo
capitolo, scritto durante le sei ore di lezione di oggi ^^
Ringraziamenti:
Amaerize:
grazie per il tuo sostegno continuo Elly!! E
per i complimenti. Un bacio!
Arwins:
mi manca moltissimo la lettura in traduzione
integrale dell’Iliade, risalente alla mia quarta
ginnasio…leggerla al liceo non
è la stessa cosa, purtroppo. Ho amato tantissimo il poema e
questa non è la
prima opera che scrivo al riguardo, ma sono contenta che ti piaccia! E
come
vedi ho aggiornato presto rispetto alla tua recensione. Spero che
continuerai a
seguirmi!
Elessary:
beh, eccoti un capitolo sui “veri” eroi alle
prese cogli insegnanti…e non solo! Sono felice che il mio
racconto ti piaccia,
spero che questo capitolo non ti deluda!
Un
saluto poi a tutti quelli che continuano a seguire.
Buon capitolo, e scusate ancora per l’attesa!
Canto
VI-
Il duello e l’onore dell’Atride.
Suonò
la ricreazione e, quando il suono
della campanella si spense, i nostri eroi erano già
schierati gi uni contro gli
altri come al suono della tromba di battaglia, senza sapere
perché, per
abitudine. Solo Elena si era arrampicata sull’armadio, come
sulla rocca, per
non restare coinvolta nella lotta.
In
quel momento la porta si spalancò ed
entrò Kakos, il fidanzato di Antos, che si gettò
su Menelao esclamando: -
Principessa!
Sentendosi
afferrare tanto
appassionatamente per i fianchi da un perfetto sconosciuto, e
soprattutto
sentendosi chiamare “principessa”, Menelao
sgranò gli occhi e reagì colpendo
con lo scudo il ragazzo nella pancia. – Figlio di tigre
ircana, Troiana e non
Troiano! Principessa sarai tu!
Ma
poiché il povero fanciullo era abituato
a essere maltrattato dalla sua principessa, non demorse, e afferrato
l’Atride
per le spalle lo coinvolse in un bacio appassionato…
Nell’aula
calò un silenzio di tomba. Dieci
secondi dopo, quando Menelao si fu staccato dalle labbra del ragazzo e
gli eroi
si furono ripresi dallo sconvolgimento, Agamennone avanzò
con la spada
sguainata e la puntò al petto del giovane, esclamando: - Tu!
Come osi attentare
all’onore dell’Atride Menelao?
Va
detto che quello era il primissimo caso
in cui qualcuno “attentava all’onore” di
un comandante dell’esercito e non, che
ne so, di una bella schiava.
-
Oddio,
si vede che avete appena finito l’ora di greco!-
commentò il giovane, senza per
questo lasciar andare la vita della sua ragaz…di Menelao.
– Ehi, principessa,
riprenditi!
-
Ma
buttati ai corvi!- replicò poco dignitosamente Menelao
spingendolo via.
-
Antos,
ma che ti ho fatto stavolta? Stavo solo scherzando!- sbottò
Kakos; e
d’improvviso, illuminandosi: - Ah, certo, ho capito!
-
Davvero?-
chiese Menelao speranzoso.
-
Stai
facendo l’offesa per farti fare le coccole! Vieni qui,
principessa!- e
afferrato il braccio dell’ormai stravolto Menelao, lo
trascinò fuori della
classe…e cominciò a tempestargli il collo di baci.
-
Ci
si figuri a questo punto la reazione degli altri eroi, increduli e
sconvolti.
Riportiamo solo quella di Agamennone, il quale avanzò a
grandi passi e,
afferrato Kakos per le spalle, lo strattonò allontanandolo
dal fratello.
-
Ehi,
se sei invidiosa trovati un uomo anche te!- replicò il
ragazzo barcollando. A
queste parole Agamennone avvampò per la rabbia e, ripresa la
spada, la puntò di
nuovo al petto di Kakos e gridò: - Figlio d’un
cane, solo d’insulti è capace il
tuo cuore, non d’atti. Forza, vesti corazza e scendi in -
battaglia! Io ti
sfido, ché me l’ha messo in cuore la dea Atena,
per difendere l’onore di mio
fratello!
-
Ma
cosa stai…- balbettò confuso il ragazzo senza
capire…questo, prima che Diomede,
il quale per la prima volt si trovava pienamente d’accordo
con Agamennone, lo
afferrasse a sua volta e lo trascinasse dentro
Intervenne
a questo punto
Nestore, con i sandali carbonizzati in mano, dicendo rivolto ad
Agamennone: -
Atride, signore di genti, è giusto che tu difenda
l’onore di tuo fratello,
sebbene questa sia la prima volta che vedo accadere qualcosa del
genere. Ma
osserva il ragazzo, com’è disarmato: gli venga
prestata un’armatura e le armi,
perché non si dica che tu hai combattuto contro un inerme!
E
senza che avesse modo di
opporsi , nel tempo di dieci minuti Kakos si ritrovò vestito
dell’armatura di
Pilarte, il soldato semplice di cui aveva preso il posto
Ghiuné, e collocato al
centro dell’aula sgombra dei banchi con la spada in mano.
Subito
Agamennone gli si
buttò addosso menando grandi fendenti con la spada e a
stento Kakos riuscì a
difendersi con lo scudo. Come tradurre in parole lo stupore di quel
povero,
innocente fidanzato che si trovava aggredito tanto barbaramente da
un’amica
della sua fidanzata, e soltanto per aver baciato la suddetta fidanzata?
-
Margherites, ma che
cazzo fai?!- sbottò riparandosi dietro lo scudo, mentre
arretrava
inesorabilmente sotto i colpi incessanti dell’Atride.
-
E io non mi chiamo
Margherites!- gemette Agamennone disperato, mentre la sua spada
s’infrangeva
contro lo scudo del ragazzo.
In
quel momento preciso
suonò di nuovo la campanella, segnalando il termine
dell’intervallo, ma
stavolta, tutti presi dal combattimento, nessuno si degnò di
disporsi in
posizione di battaglia. E fu d’altro canto un bene che
suonasse la campanella,
in quanto subito dopo entrò la professoressa Esthes,
insegnate di italiano, con
in mano un volume dei Promessi Sposi.
-
Bambini! Ma cosa state
facendo? Che sta succedendo?- esclamò stravolta la povera
donna, poiché era
questa la scena che si presentava ai suoi occhi: Margherites,
l’alunna più
tranquilla e sobria, che presa da un raptus di follia aggrediva, spada
in mano,
il fidanzato di una sua compagna di classe che si difendeva con uno
scudo
gigantesco comparso chissà da dove.
Immediatamente
tutti si
volsero verso la porta, e videro una donna di piccole proporzioni che
indossava
una gonna fucsia, una maglia nera, scarpe zeppate fucsia, un foulard
rosa e una
borsa di paglia con decorazioni fucsia.
-
Donna strane vesti,
ascolta le nostre parole: noi non sappiamo chi tu sia, se donna o
mortale, ma
quest’uomo ha attentato all’onore
dell’Atride Menelao, sire di Sparta, e ora
sconta la sua pena con la spada!- proclamò Agamennone
indicando Kakos steso per
terra sotto lo scudo gigantesco.
-
O mio Dio! Quando la
professoressa Oftalmos mi ha parlato non pensavo che fosse
così grave!-
balbettò l’Esthes avvicinandosi cautamente alla
cattedra.
Chiunque
potrebbe pensare
che una donna tanto stravolta a questa scena, una donna dedita solo
allo studio
del latino, del greco e dell’italiano, avrebbe desistito
facilmente all’idea di
confrontarsi con una classe tanto pazza. Ma prima di pensarlo,
bisognerebbe
conoscere bene l’indole di questa donna tanto
risoluta…
-
Niente che un buon libro
non possa risolvere!- proclamò la donna tirando fuori i
Promessi Sposi. –
Esistono libri sulle malattie mentali che possono risolvere i vostri
problemi!
Ed esistono terapie a base di letture!
Era
una di quelle persone
che pensano che un libro sia la soluzione a qualunque cosa, comprese le
malattie veneree, la fame nel mondo, la borsa in calo.
-
Tornate a posto e tirate
fuori i Promessi Sposi! Normalmente vi dovrei denunciare al preside per
aver
picchiato uno studente…ma essendo uno studente del liceo
scientifico, posso
chiudere un occhio. Fila!- soggiunse aspramente rivolta a
Kakos…il quale,
stravolto, colse l’occasione e prese la via della fuga.
E
così iniziò una
tranquilla, pallosa lezione di italiano, che si sostituì
nelle menti degli
eroi, loro malgrado, alla tenzone e alla questione dell’onore
di Menelao…
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Capitolo 8 *** Canto VII- La Missione Tabacco e l'ira di Ares. ***
Allora...mi
scuso come sempre per l'ormai inevitabile ritardo. Sebbene il capitolo
fosse già pronto da un bel pezzo (lo ammetto) non sono mai
riuscita a ricopiarlo tutto a causa dei numerosi impegni che mi portano
via anche gran parte delle serate. COmunque, colgo l'occasione per
salutare di cuore i lettori e per augurare loro un magnifico anno nuovo!
Passiamo
ora ai ringraziamenti: un calorosissimo grazie ad Amaerize, Arwins ed
Elessary per le cortesi recensioni, che mi hanno fatto davvero molto
piacere; ad Amaerize e a Karin93 per aver aggiunto la storia alle
preferite; ad americanpeople95, Arwins, Beatriz Aldaya, ginnyx, reader
e Smolly_sev per averla infine messa tra le seguite.
Infine
non mi resta altro da augurarvi se non una buona lettura e, ancora, un
buon anno!
Canto
VII- La "Missione Tabacco" e l'ira di Ares.
Frattanto,
al campo Acheo si stava affrontando, a dire il vero senza grande
successo, una
fase di crisi profonda. Alle ragazze mancavano i loro fidanzati, i loro
vestiti, i loro trucchi e le loro docce. Ai ragazzi mancavano le loro
fidanzate, le loro Play-Station, i loro computer e le loro felpe. Ma
soprattutto, in tutto il campo si stava diffondendo una drammatica
crisi
d’astinenza da tabacco. Almeno per quanto riguardava i
fumatori, ossia Antos,
Ghiuné, Eirene, Xene e Futon. Praticamente mezza classe.
Soli, i non fumatori
sopravvivevano tranquillamente senza dolersi di non poter fumare.
Il
problema saltò fuori quando Erè, passeggiando con
Glukutes, vide Futon e Xene
che, stesi in un prato vicino all’accampamento, cercavano di
accendersi dei fili
d’erba usando due sassi come pietre focaie. A questo punto si
rivelò necessario
convocare in fretta un’assemblea di classicisti nella tenda
dei due Atridi.
Solo Emon rimase chiuso nella sua tenda, perché come abbiamo
detto non usciva
granché da lì, e non ne sarebbe uscito ancora per
diversi canti.
-
Gente, il problema è serio: voi senza sigarette non potete
sopravvivere ancora
a lungo, perciò dobbiamo trovare una soluzione!-
proclamò Margherites, salita
in piedi sul tavolo per farsi vedere. – Bisogna bene che ve
ne procuriate in
qualche modo, perché vi ricordo che abbiamo ancora quaranta
giorni da
trascorrere qui!
-
E abbiamo scoperto che il nostro metodo non funziona-
commentò Xene a bassa
voce, guardando Futon.
-
Insomma, il punto è che dovete procurarvi delle sigarette,
ma purtroppo
l’America verrà scoperta solo tra
tremilacinquecento anni!- intervenne
dolcemente Glukutes.
-
Scusate, ma se qualcuno di noi a Troia avesse portato delle sigarette
dalla
classe, dovreste solo incontrarlo e farvele dare…- disse
Ybris.
Improvvisamente
Antos saltò su esclamando: - Aner!
-
Ce le ha lui?
-
Ho visto che si metteva in tasca il pacchetto mentre entrava in classe
quel
giorno! Speriamo solo che non se le sia già fumate!
-
Non credo, lui fuma poco…- borbottò
Ghiunè. – Chi mi preoccupa è Pur, lei
sì
che fuma a camionate!
-
Beh, tentar non nuoce…- commentò Margherites a
bassa voce, seduta ora sul bordo
del tavolo. – Se riuscite a incontrarlo…ma di
certo non potrete andargli a
bussare a casa chiedendogli di darvele, dato che è a Troia!
A meno che qualcuno
di voi fumatori abbia fiato a sufficienza da introdursi
all’interno delle mura,
o da incontrarlo fuori, se solo la storia lo prevedes…
La
fanciulla aveva pronunciato le ultime parole via via più
lentamente e in tono
sempre più sbasso e ispirato, voltandosi a poco a poco sul
tavolo; e
progressivamente anche tutti gli altri studenti avevano finito per
voltarsi a
loro volta verso un unico punto, che poi tutti insieme cominciarono a
guardare
con eguale fissità…
-
Figlioli? Perché guardate tutti me?- chiese Antos
nervosamente.
Il
giorno dopo, di buon mattino, le due fanciulle si fecero aiutare a
indossare l’armatura,
convocarono l’assemblea e chiamarono all’assalto
della città, sostenendo che
entro breve essa sarebbe caduta nelle loro mani Sapevano entrambe che
avrebbero
dovuto interrogare i soldati sulla loro volontà di
proseguire o meno la guerra,
ma avevano deciso di saltare quella parte per evitare perdite di tempo,
dato
che la crisi d’astinenza si aggravava di minuto in minuto. Ma
le due non
avevano fatto i conti con Tersite, il soldato semplice che ne secondo
canto si
oppone ad Agamennone insultandolo. Ebbero bene a ricordarsene quando il
soldato, brutto come la fame e spaventoso nel modo di parlare,
levò la sua voce
sopra il clamore dell’esercito e gridò: - Atride,
di che ti lamenti? Che brami
ancora? Piene di bronzo hai le tende, e molti donne sono nelle tue
tende,
scelte, ché a te noi le diamo per primo, quando abbiam preso
una rocca; e
ancora hai sete d’oro, che ti porti qualcuno dei Teucri
domatori di cavalli,
riscatto pel figlio preso e legato da me o da un altro dei Danai? O
vuoi…
-
Ehi, tizio! Piantala, insomma, di che oro parli?- sbottò la
fanciulla adirata,
dato che il solo metallo che l’aveva colpita nella sua tenda
era quello delle
armi e dell’armatura, pesantissima, che le serrava il petto e
le era larga di
spalle (in quanto non esisteva una sola armatura da donna in tutto
l’esercito
acheo, purtroppo) e pertanto s’irritava molto al sentir
nominare
quell’argomento. Frattanto Antos si chinava su di lei e
mormorava:
-
Probabilmente non è possibile saltare a piè pari
certi brani del poema, alcune
cose le dobbiamo affrontare per forza! D’altronde se saltiamo
certi pezzi così
importanti…
-
Hai ragione, per caso ti ricordi come finiva la faccenda nel…
In
quel momento le due giovani udirono un colpo secco e si voltarono verso
Tersite…ma Tersite non c’era più. Al
suo posto videro Ybris, in piedi tutto
gongolante con lo scettro in mano, che esclamò:
- E’ così facile picchiar la gente,
qui!
-
Ybris! Che cosa hai fatto?- esclamò Antos, vedendo Tersite
steso a terra, con
una gran macchia violacea sulla schiena, nel punto dov’era
stato colpito.
-
Antos, è così che si risolve la cosa nel secondo
canto, non ti ricordi?
Nella
loro mente si aprì d’improvviso un panorama di
ricordi sulle loro letture
iliadiche di quarta ginnasio: Odisseo che picchia Tersite…
-
Eh, si vede che eravate troppo prese a guardare il culo del professor
Kallistos!- commentò Ybris scuotendo il capo.
I
due Atridi guidavano la moltitudine immensa dell’esercito
Acheo, silente e
minaccioso, spalleggiate da vicino dai loro compagni di classe; ed era
la prima
volta che nell’aria c’era una tale tensione, al
punto che la classe, di solito
tanto allegra e chiassosa, avanzava cupamente senza troppo entusiasmo.
A
un tratto apparve davanti a loro lo spettacolo terribile delle mura di
Troia
dalle quali sgorgava, ininterrotto, il fiume dei soldati; e li
capeggiavano Trikes
e Pur, le due classiciste, che avanzavano coraggiosamente sui loro
carri
da guerra.
Immediatamente
Antos, memore del piano formulato coi compagni, balzò
giù dal carro e si gettò
di corsa contro Trikes; la quale, pensando che semplicemente
l’amica stesse
rispettando la trama originale dell’Iliade, si
girò e tornò di corsa verso
Troia.
Terrorizzata
all’idea di perdere quella magnifica occasione, Antos che
tutti conoscevano
come “la poltronaia” raddoppiò la
velocità di corsa e si mise a urlare: -
Trikes! Trikes, vieni qui!
Per
sua fortuna, in quel momento furono chiuse le porte di Troia e la
classicista
rimase miseramente chiusa fuori. La compagna ebbe così modo
di raggiungerla e
le saltò addosso con tutta l’armatura esclamando:
- Trikes, un momento!
-
Antos! Cosa c’è?- chiese a bassa voce la ragazza,
stupita da quell’espressione
confidenziale che, certo, stonava un po’ con un campo di
battaglia omerico.
-
Sai se Aner ha qualche sigaretta?
-
Mi pare di avergli visto il pacchetto ieri, però non
so…- balbettò la
classicista confusa. - Perché me lo chiedi?
-
Forza, noi siamo tutti in crisi d’astinenza, io non ce la
faccio più a stare
senza e c’è Futon che tra un po’ si fuma
anche i buoi sacrificali! Puoi
mandarlo a chiamare?
-
Ma Aner è Elena, non può uscire dalla
rocca…- obiettò Trikes.
-
Infatti io e te adesso diremo di voler combattere tra di noi e
manderemo un
araldo a chiamare Priamo; all’araldo daremo un biglietto da
consegnare ad Aner,
per dirgli di dare il pacchetto a Priamo e di farglielo portare
giù!
-
E…chi ha progettato questa genialata?- domandò
Trikes, alquanto scettica.
-
Tutti noi- replicò Antos fieramente.
In
pochi minuti fu allora deciso che si mandasse un araldo a cercare
Priamo
all’interno della rocca; e, un momento prima che questi
partisse, Antos
gli affidò un’anfora da consegnare a Elena,
all’interno della quale aveva
lasciato scivolare un biglietto, scritto di suo pugno, così
concepito:
“URGENTE
Aner,
se hai delle sigarette mettile nell’anfora e dalla a Priamo,
qui al campo sono
tutti in crisi d’astinenza da tabacco!”
Curiosamente
armato d’anfora, l’araldo venne allora spedito a
Troia e si recò subito sulla
torre, dove sedevano gli anziani, tra cui Priamo, ed Elena la bella,
ovverossia
Aner, che se ne stava rannicchiato in un angolo, imbarazzato e
arrabbiato
perché quei vecchi porci non facevano altro che fissarlo con
la bava alla bocca
come se fosse stato una bella ragazza. Subito l’araldo si
appressò a Priamo e
gli riferì l’invito dei capi degli Achei; e mentre
il vegliardo faceva
preparare il carro per sé e per Antenore, egli si rivolse ad
Aner e gli porse
l’anfora, dicendo: - Sire Menelao ti manda questo, Elena
Tindarea!
Perplesso,
Aner prese dalle sue mani l’anfora e la scrutò
senza troppa convinzione.
Supponendo che certamente la compagna doveva avere qualche motivo per
inviargli un
oggetto del genere, immediatamente vi guardò dentro e
trovò il biglietto; alla
cui lettura, piuttosto sorpreso, tirò fuori dalla tasca del
chitone un
pacchetto di sigarette e lo lasciò cadere dentro
l’anfora con un profondo
sospiro. Fatto ciò, restituì l’anfora
all’araldo perché questi la riportasse a
sire Mene…pardon, ad Antos.
Quando
dunque sire Priamo fu in procinto di partire sul suo carro, Ideo (tale
era il
nome dell’araldo) si aggregò a lui per ritornare
nella pianura. Là, mentre
Margherites, Ybris e Aiskiuné intrattenevano il vecchio re
coi giuramenti e i
sacrifici, Antos, Ghiuné, Eirene e Xene si appartarono e
aprirono l’anfora.
-
Finalmente!- esclamò Antos, estraendo avidamente il
pacchetto. – Mi sento
rinascere!
Ma
quando l’aprì, la classicista vide al suoi interno
una sola sigaretta.
Occorsero
alle fanciulle tre minuti interi per riprendersi dallo shock e dalla
delusione…ma come accade a tutte le ragazze, allo shock e
alla delusione si
sostituì una tremenda incazzatura.
-
Quel maledetto di Aner! Poteva dircelo semplicemente che ne aveva una
sola! Che
bisogno c’era di prenderci in giro?
-
Eppure lo sa benissimo in quanti siamo a fumare qua al campo!
-
Vi giuro che quando torniamo in classe gli faccio la testa come un culo!
Fu
in quel preciso momento che si udì, al di là dei
vari gemiti di sconforto e
delle varie promesse di vendetta, una flebile risatina ormai troppo
nota…
lentamente, ormai conoscendo la risposta, le quattro si volsero.
-
E ora ditemi come pensate di fare fino alla fine dell’Iliade
con una sola
sigaretta in tutte quante siete!- disse l’Omino, che quel
giorno indossava,
oltre alla sua solita tunichetta bianca, anche una sorta di mantellina
rossa
fiammante (probabilmente per rendersi visibile sul campo e non essere
calpestato dai soldati).
-
Guarda che bastardo questo Omino!- sbottò Xene contrariata.
-
Ma non è giusto! Noi dobbiamo interpretare gli eroi
dell’Iliade, ma sarebbe più
giusto se fossimo ad armi pari! Loro erano certamente avvantaggiati
rispetto a
noi perché non erano in crisi d’astinenza!-
protestò Antos imbronciata.
L’Omino,
che stava per risponderle argutamente come al solito,
d’improvviso si fermò e
retrocedette, fregato: - Non ci avevo pensato!
Subito
i classicisti gli furono addosso per approfittare del guadagnato
vantaggio e
anzi lo pressarono tanto con parole, che l’Omino esplose in
questa
esclamazione: - Va bene, va bene, basta, avete ragione!
-
E quindi…?- domandarono i fanciulli, angosciati e speranzosi.
-
Quindi basta! Acconsento a che voi non soffriate maggiormente la
mancanza di
fumo fino alla fine del poema, sebbene la vostra condizione non mi
convinca più
di tanto. Comunque accontentatevi di questo prima che io cambi idea! E
datemi
quella sigaretta! Non proverete più il bisogno fisico di
fumare finché sarete
qui, ma se toccherete del tabacco fino ad allora tornerete al punto di
partenza! Ah ah ah ah!
E
con la sua solita risatina, l’Omino scomparve portandosi
dietro il pacchetto
pressoché vuoto di sigarette.
In
quel momento le classiciste udirono la voce di Margherites chiamare: -
Antos,
vieni! Preparati a combattere!
Ora,
ci si figuri la situazione di Antos e Trikes. Due ragazze egualmente
giovani,
egualmente pigre, due ragazze che come massimo peso nella loro vita
avevano
portato una o due buste piene d’abiti dopo una giornata di
shopping.
Immobile
davanti alla compagna tremante, Antos pose mano alla spada e
cercò di tirarla
fuori dal fodero, ma poiché risultava troppo pesante per la
sua mano, la ragazza
si buttò in ginocchio e si protese verso il terreno, vi
appoggiò la fronte
sollevando il sedere e iniziò a far scivolare verso il basso
l’arma
pesantissima, facendosi aiutare dalla forza di gravità.
-
Che figura, che figura- mormoravano gli adolescenti nascondendosi il
viso tra
le mani, mentre i guerrieri osservavano la scena a occhi sgranati e
l’esile
classicista si rotolava sul terreno per sguainare la spada. Frattanto
Trikes,
sollevata timidamente la lancia con ambo le mani, provò a
scagliarla…riuscendo
a stento a ricoprire una miserevole parabola di un metro e mezzo.
In
quel momento, giunse dal cielo a sottrarla dal ridicolo una candida
nuvola
bianca; una nebbia avvolse la classicista e sostò un poco
sul campo di
battaglia, al punto da impedire e distogliere lo sguardo dei due
eserciti. Al
momento del suo discioglimento, Trikes non c’era
più.
Pochi
momenti dopo, infatti, la ragazza si ritrovò nelle sue
stanza sulla rocca, già
aspettandosi di vedere, voltandosi, Afrodite e di doverla ringraziare.
Ma quando
si volse, non c’era nessuna Afrodite.
C’era
invece un uomo alto e bellissimo dai folti ricci neri e dai chiari
occhi
azzurri del colore del ghiaccio, i quali a dire la verità,
per com’erano
sgranati e stranamente fissi, parevano un po’ quelli di un
drogato.
-
Ehm…sei Afrodite Citerea?- chiese timidamente Trikes,
pensando che la dea si
sarebbe offesa se lei non fosse stata in grado di riconoscerla in tutte
le sue
forme.
-
Macché Afrodite!- sbottò l’uomo,
sgranando ancor di più i suoi -già di per
sé
inquietanti- occhioni blu. – Io sono Ares distruttore di
uomini, il dio della
guerra lacrimosa!
-
Eccoci, perfetto!- replicò Trikes, tutta rossa, spalancando
le braccia per la
figuraccia appena fatta. – Dimmi!
-
Fanciulla candido peplo, vengo a dirti che bramo i tuoi occhi neri
quali
tizzoni ardenti!
-
Sono fidanzata!- disse immediatamente Trikes, mostrandogli un sottile
anello
d’argento all’anulare che, nonostante tutto, non si
era voluta togliere.
-
E’ un rifiuto questo, Trikes bella cintura?
-
Accidenti, sì!
-
Mortale maledetta!- gridò Ares, arrossandosi tutto in viso
per la furia. – Mai
nessuno, uomo o donna, mortale o immortale, ha osato rifiutarsi a me,
Ares
distruttore di uomini! Possa nessun uomo mai interessarsi a te, e possa
tu morire inviolata nel tuo letto,
sventurata mortale!
E
detto ciò, Ares si allontanò, andò su,
verso le cime d’Olimpo, proprio mentre
anche l’Omino (il quale ancora si chiedeva se aveva fatto
bene o male a
concedere quella grazia agli studenti) ritornava alla sua dimora alle
falde
dell’inviolabile montagna.
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