Quello che conta - II - La sostanza e l'orpello (/viewuser.php?uid=15384) Lista capitoli: Capitolo 1: *** Capitolo 1 *** Capitolo 2: *** Capitolo 2 *** Capitolo 3: *** Capitolo 3 *** Capitolo 4: *** Capitolo 4 *** Capitolo 5: *** Capitolo 5 *** Capitolo 6: *** Capitolo 6 *** Capitolo 7: *** Capitolo 7 *** Capitolo 8: *** Capitolo 8 *** Capitolo 9: *** Capitolo 9 *** Capitolo 10: *** Capitolo 10 *** Capitolo 11: *** Capitolo 11 *** Capitolo 12: *** Capitolo 12 *** Capitolo 13: *** Capitolo 13 *** Capitolo 14: *** Capitolo 14 *** Capitolo 15: *** Capitolo 15 *** Capitolo 16: *** Capitolo 16 *** Capitolo 17: *** Capitolo 17 *** Capitolo 18: *** Capitolo 18 *** Capitolo 19: *** Capitolo 19 *** Capitolo 20: *** Capitolo 20 *** Capitolo 21: *** Capitolo 21 *** Capitolo 22: *** Capitolo 22 *** Capitolo 23: *** Capitolo 23 *** Capitolo 24: *** Capitolo 24 *** Capitolo 25: *** Capitolo 25 *** Capitolo 26: *** Capitolo 26 *** Capitolo 27: *** Capitolo 27 *** Capitolo 28: *** Capitolo 28 *** Capitolo 29: *** Capitolo 29 *** Capitolo 30: *** Capitolo 30 *** Capitolo 31: *** Capitolo 31 *** Capitolo 32: *** Capitolo 32 *** Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
|
Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***
Capitolo 13 Robert non era stato capace di
tornare subito a casa
dopo le rivelazioni inaspettate di Sean ed era già
abbastanza tardi quando
finalmente si decise a farlo. Ancora non sapeva come avrebbe dovuto
comportarsi
con la moglie. Provava a calmarsi dicendosi che avrebbe deciso sul
momento a
seconda del comportamento di lei. La sala da pranzo era deserta anche
se c’era già la
tavola apparecchiata. Salì al primo piano a lavarsi e a
cambiarsi prima di cena
ed il suono degli strilletti allegri di Neve, unito alle risate
argentine di
Charles, lo guidarono nel bagno annesso alla sua stanza. I due bambini
erano ambedue
nella grossa vasca di zinco e Barbara, inginocchiata accanto, reggeva
la più
piccola con un braccio cercando di difendersi dagli schizzi
d’acqua che il
maschietto si divertiva a lanciarle. Anche se rideva, con il vestito
leggero
tutto bagnato, cercava di fare lo stesso la severa e rimproverarlo. Nel
vedere
Robert, gli spiegò divertita: - Hai visto quale idea favolosa ho
avuto? Sarebbe
stato meglio andare a fare un tuffo giù al mare piuttosto
che fare il bagno
contemporaneamente a questi due! Basta Charles, smettila, tua sorella
si
avvilisce se le butti l’acqua in faccia. La bambina infatti adesso aveva
cominciato a piangere
impaurita. Lei la prese in braccio avvolgendola
nell’asciugamano e si rimise in
piedi. Poi si rivolse di nuovo al bimbo invitandolo ad uscire
dall’acqua: - Su fa presto, la vasca serve a
papà. Lui non è
disposto a tollerare le tue monellerie, non lo vedi che faccia
arrabbiata ha? Robert infatti se ne stava molto
torvo ad osservare la
scena, senza nemmeno darle una mano nonostante la donna fosse
visibilmente in
difficoltà con entrambi i figli nudi e bagnati. Ma non era
perché voleva la
vasca per sé. Era sconvolto. Si era aspettato di trovarla
tutta vergognosa a
cercare di nascondere il proprio comportamento disonesto o magari sentirla
gettarglielo in faccia come
un insulto, aggressiva e fiera come sapeva essere solo lei. Ora
trovarsi
davanti una giovane mamma affettuosa e felice con i propri
bambini lo
sconcertava. Gli venne spontaneo
chiedersi quale natura malvagia potesse nascondersi in una
donna che appena poche ore prima era stata capace di andarsi ad offrire
ad un uomo,
dimenticandosi di tutti i suoi affetti e doveri e che ora si
comportava, serena
e tranquilla, come se nulla fosse accaduto. Senza dire una parola
uscì per
andarsene in giardino, rinunciando persino a cambiarsi, tanto era stato
solo in
ufficio senza scendere in miniera ed aveva bisogno soltanto di lavarsi le mani. Anche durante la cena non disse
una parola. Mantenne
un comportamento così palesemente irritato che alla fine,
mentre impilava i
piatti sporchi che Nunzia era passata a ritirare, la moglie gli chiese
con
sarcasmo: - Abbiamo avuto una giornata storta
oggi, eh ingegnere? Lui la guardò dritto
negli occhi e rispose sullo
stesso tono: - Precisamente. E tu? La donna si fece seria, poi
distogliendo lo sguardo
gli rispose: - Normale. - Sei andata da Sean? - Sì. - E che ti ha trovato? Nulla di
importante, spero. Si divertiva a provocarla per
spiarne la reazione e
gli sembrò molto in imbarazzo. - Oh sì, nulla che non
si possa curare! È tutto a
posto – gli rispose in fine. Ma subito dopo prese Neve in
braccio e, con la massima
naturalezza, si rivolse al bambino. - Charles, mi accompagni a mettere
a letto la
sorellina? Se mi aiuti, quando ti sarai
lavato i dentini e coricato anche tu,
mamma finirà di leggerti la bella fiaba che
abbiamo incominciato ieri.
Ciao Nunzietta, ciao papà, buonanotte, Neve se ne va a fare
la nanna. Anche il bambino
salutò e poi seguì la donna che,
dopo aver porto la piccola al bacio dei
due adulti, se ne salì al primo piano. - Avete visto come si sta facendo
bella la nostra
Maria Neve? – gli chiese la servetta soddisfatta dei
progressi della
figlioccia, ma vedendolo tutto accigliato ad osservare il fumo del
sigaro
appena acceso, non aspettò risposta e si
allontanò. Robert rimase da solo a fumare e a
bere a dismisura
perché non riusciva a placare l’agitazione e la
rabbia che si sentiva dentro.
Malediva il momento in cui i suoi sentimenti per Barbara erano
cominciati ed
anche se aveva fatto di tutto perché ciò non
avvenisse, ora si rendeva conto
che la sofferenza che aveva voluto evitarsi era già
lì, amara e tangibile, e
non sapeva come uscire da una situazione così penosa. Quando finalmente si decise ad
andare a dormire, era
già molto tardi. Così come faceva di consueto,
passò nella stanza del figlio a
fargli un saluto e attraverso
la porta
di comunicazione lasciata aperta spiò la moglie che dormiva
con la bambina
nella stanza accanto. Quante volte nell’ultimo periodo aveva
provato fortissimo
l’impulso di entrare, stendersi accanto a lei, prenderla tra
le braccia e
fare all’amore.
Erano molti mesi oramai
che combatteva con il proprio struggente desiderio di provare ancora la
dolcezza trovata nell’indimenticabile settimana vissuta un
anno prima a
Cagliari. Ma era trascorso così tanto tempo da allora ed
erano successe così
tante cose! Del resto era stato lui stesso a voler
interrompere la loro nascente intimità anche
se le motivazioni che lo avevano spinto a farlo, ora gli sembravano
meno
importanti e l’attrazione per quella donna era ridiventata insostenibile come lo era
stata allora. Ma
era sicuro che adesso Barbara
lo avrebbe
respinto. Forse però sarebbe stato anche giusto: non aveva
nessun diritto
di prenderla e
lasciarla quando gli
pareva. Per questo ogni volta si era trattenuto, preferendo aspettare
ancora di
chiarire i propri sentimenti prima di farle capire il folle bisogno che
aveva
di amarla. Quella sera però, forse
per l’alcool, forse per la
rabbia di averla vista recitare con tanta falsità il ruolo
di moglie onesta,
ebbe voglia di andare da lei e possederla senza nessuna delicatezza.
Forse
era proprio la
mancanza di intimità la
cosa che differenziava il loro strano matrimonio dagli altri e
probabilmente
Barbara non riusciva a capire che aveva voluto ciò per un malinteso senso di
rispetto nei suoi
confronti e non certo perché non fosse abbastanza maschio da
sentirsene
attratto. Avrebbe dovuto fare come tanti uomini, non curarsi
dell’amore,
sottoporla alla sua libidine senza
preoccuparsi di essere ricambiato, senza porsi alcun
problema morale. Tanti matrimoni funzionavano
così. Quante donne subivano silenziose e rassegnate i loro
mariti, forse
arrivavano anche ad odiarli, ma
sapevano
di essere sottomesse e non si facevano venire nessun grillo per la
testa. Le
fosse piaciuto o no, sarebbe stata la stessa cosa anche per lei. Entrò e si
fermò accanto al letto a guardarla: era
bella così abbandonata nel sonno, supina, indifesa. Sarebbe
bastato tenerla
ferma ed anche se non avesse voluto, non avrebbe potuto certo
ribellarsi a lui
tanto più grosso e forte. Sentiva il calore del desiderio
crescere ad un
simile pensiero e
la voglia di
dimostrarle che era a lui che apparteneva e a nessun altro gli faceva
pulsare
le tempie con violenza. Fu quasi sul punto di farlo, ma poi, stringendo
i pugni,
riuscì a trattenersi perché il sentimento che
aveva provato nei confronti di
Barbara era sempre stato
infinitamente
più complesso.
Dal primo momento che
l’aveva vista aveva saputo di potersene innamorare e non
sentendosi pronto,
aveva preferito non averla affatto. Ma anche così non era
riuscito ad escluderla
dalla sua vita o a considerarla solo un oggetto da possedere con
distacco.
Erano sposati da tanto ma in fondo erano ancora due estranei e non
sapeva nemmeno
cosa provassero davvero l’uno per l’altra. Forse
era affetto o forse
risentimento. Forse tenerezza oppure odio. Non sapeva esattamente cosa
fosse. Aveva
solo una certezza e
cioè che non si
trattasse di indifferenza. Comunque, qualsiasi cosa fosse stata, ora toccava a lui fare in modo
che si tramutasse
in un amore vero e duraturo. A questo pensiero la rabbia gli sbollì ed anche
se la voglia di averla non gli
passò, capì che doveva controllarla ancora una
volta e cercare in tutta calma
la strada migliore per arrivare a risvegliare la passione in quella
donna
oramai al centro di tutti i suoi pensieri. Fece una carezza alla bimbetta e guardò ancora una volta le belle membra di Barbara addormentata, poi, in silenzio, si ritirò nella sua stanza. ******************************************************************************************************************* Innanzitutto
mi scuso per aver mancato al mio appuntamento di ieri. Purtroppo un
po’ di
problemini che sto avendo in questo periodo faranno sì che
di tanto in tanto
non troverete l’aggiornamento serale. Però sono
certa che avrete pazienza e
continuerete a seguirmi anche perché
sarò comunque sempre molto assidua e la vostra
curiosità di vedere come
va a finire questa ingarbugliata storia non resterà a lungo
inappagata. Dopo il
capitolo che vi ho postato stasera nel quale vi ho raccontato la
reazione del potenziale
“cornuto”, facciamo
un po’ il
punto della situazione. Come ha
fatto ben notare Arte, uno scossone ci voleva per smuovere un
po’ le acque e pare
che finalmente il nostro Robert abbia
capito i suoi errori ed abbia deciso di cambiare atteggiamento. Un
piccolo
spoiler: se fino ad ora lo avete considerato un santo, da ora in poi lo
adorerete addirittura, ne sono certa. Per quanto riguarda Barbara
invece, non
sarebbe realisticamente
possibile per
lei fare come se niente fosse successo in quasi due anni in cui ha
sofferto
come una bestia prima per l’indifferenza gentile ma granitica
del marito e poi
per la depressione post partum, però datele un po’
di tempo e vedrete che
ritornerà più serena. Con questo non voglio
difenderla, anzi, con l’occasione voglio
sottolineare
l’assoluto diritto di Cricri
e delle Nane di esprimere liberamente i
loro giudizi. Ci mancherebbe! Siete così care a recensire
ogni capitolo che
sarei davvero una dittatrice a costringervi
a non pensare con la vostra testa. Comunque,
come vi avevo promesso, da ora in poi la storia diventerà
davvero più dolce
anche se … insomma, da me le sorprese dovete sempre
aspettarvele . E vi
assicuro che ci saranno fino all’ultima pagina. |
Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***
Capitolo 14 Quando la domenica successiva
finalmente Robert passò
a prenderla per
andare dai Bradley, nel
montare sul calesse Barbara lo rimproverò: -
Pensavo non
venissi più! Ma che hai fatto? - Padre Giustino ha tenuto una
predica piuttosto lunga
oggi – si giustificò lui. - È per questo che ho
preferito andare alla funzione
delle sette e mezza: a quell’ora il nostro buon parroco ha
meno pubblico e non
la tira tanto per le lunghe. Come se la gente la domenica non avesse
altro da
fare che starsene tutto il giorno in chiesa! Robert notò come
si fosse preparata con particolare cura. Solo fino a
qualche giorno
prima se ne sarebbe sentito irritato a causa della gelosia provata per
Leonard,
ora invece era addirittura disperato avendo avuto la conferma che i
sentimenti della
moglie erano per un altro e che quest’altro era proprio il caro amico Sean. - Giusto! Noi dobbiamo correre da
lady Margaret. Quale
occupazione più piacevole potrebbe mai esserci? –
la prese in giro con marcato
sarcasmo. Barbara lo ignorò e
rimase ad osservare silenziosa il
panorama che si scorgeva nitido nella bella giornata di luglio. Quando arrivarono a Villa
Margherita, come di consueto
Leonard venne loro incontro al cancello e prese sottobraccio la donna
con
grande familiarità, incurante del marito che li seguiva a
pochi passi. Questa
volta però Robert si accorse benissimo che gli occhi di lei
cercavano un’altra
persona. Si avvide anche che non aveva avuto il coraggio di chiedere
dell’uomo
di cui era innamorata fino al momento di sedersi a tavola, quando,
vedendo un posto
in meno, la sentì domandare alla padrona di casa fingendo la
massima
indifferenza dove fosse il dottor Hopkins. - Ma come mia cara, non lo sapete?
Sean è partito
ieri. Figuriamoci se uno come lui si tratteneva in un posto sperduto
come
questo! È schizzato via neanche
avesse
avuto il diavolo alle calcagna! Robert la vide farsi bianca in
volto e fingere di
ascoltare sir Paul che lo giustificava. - Cosa vuoi, Maggie, Sean
è una persona molto attiva
ed ora gli interessa un professore dell’università
di Vienna, un certo… non mi
ricordo come si chiama… - A tuo cognato interessa solo fare
il giramondo e non
legarsi mai a niente e a nessuno. Io sola so cosa ha passato per colpa
sua la
mia povera sorella! – lo interruppe la moglie. - Non dire sciocchezze! Sean ed
Henrietta si amavano
moltissimo e tua sorella è stata sempre felice con lui. E
poi il suo lavoro qui
era terminato, l’ospedale è perfetto e
funzionante, perché doveva rimanere
ancora? Per sorbirsi le tue frecciate al curaro per caso? Certe volte sir Paul proprio non la
sopportava più e
doveva sfogarsi, ma questa volta in difesa della
zia intervenne Leonard. - Ha ragione invece, è
stato molto scorretto a partire
così, senza alcun preavviso. Va bene con noi, ma con Barbara
che gli ha usato
tante cortesie proprio non doveva comportarsi in questo modo. Andarsene
senza
neanche salutarli! - Ti sbagli – lo corresse
Robert cercando di mantenere
la voce calma – a noi l’aveva detto che andava a
Vienna per seguire
le lezioni del professor Freud.
Non è così Barbara? La donna sollevò dal
piatto due occhi
così smarriti da fargli temere per
un attimo che non sarebbe stata capace
di nascondere la sua pena e si sarebbe messa a piangere
lì, davanti a
tutti. - Sì, ma aveva detto
anche che sarebbe partito più in
là. Se n’è andato senza nemmeno dirmi
una parola … - mormorò con un filo di
voce. - Ecco, lo vedete? Avevo ragione.
Naturalmente ci è
rimasta male dopo che è stata
così
gentile con lui – affermò il giovane, soddisfatto
di aver indovinato i
sentimenti della donna. - Di cosa vi meravigliate? Da uno
scozzese c’è da
aspettarsi questo ed altro – sentenziò lady
Margaret prima di cambiare
argomento. Per tutta la durata del pranzo,
Barbara se ne stette
silenziosa e triste. Poiché oramai tutti erano abituati alla
sua vivacità, sir
Paul osservò, sinceramente
preoccupato: - È la mancanza del
dottor Hopkins che con la sua
brillante conversazione stimolava il vostro
brio e la vostra arguzia o c’è
qualcosa che non va, figliola? Vi vedo
così strana oggi! La ragazza si fece ancora
più pallida e non rispose.
Per lei lo fece il marito, desideroso
di proteggerla dalle illazioni degli altri. - Purtroppo questa poverina da un
po’ di giorni non si
sente bene, ha un dolore in petto che la sta facendo penare. Non temere
cara,
anche se ti preoccupi perché ti stava curando Sean, ora ci
rivolgeremo al
dottor Bernardi o al dottor O’Connor e vedrai, verremo a capo
lo stesso del tuo
malanno. - Sì, ne sono certa.
Però è come dici tu, oggi non mi
sento per nulla bene. Si era subito aggrappata
all’appiglio fornitole da
Robert, ma il suo turbamento era palese e la manina che si stava
passando sulla
fronte un po’ sudata, tremava visibilmente. - Allora con il permesso di milady
e dei signori,
torniamo subito a casa, così ti riposi un po’. Che
ne dici? – le propose lui. - Abbiamo appena finito di
pranzare, non vorrei
apparire scortese. Invece lady Bradley si
mostrò molto magnanima
concedendole il suo permesso quasi con familiarità. - Ma no, non
c’è problema, si vede che non state bene.
Tornatevene a casa e
cercate di riposare
un po’. Per tutto il tragitto fin casa se
ne stette quasi
raggomitolata sul calesse come se avesse dovuto portare addosso un peso
enorme.
L’uomo non osò dirle nulla. Arrivata a casa andò di
filato nella sua stanza senza
nemmeno guardare i bambini che erano in compagnia di Nunzia e di Luigi.
Soltanto alle cinque riapparve e, presa in braccio Maria Neve, la portò con
sé in camera per darle latte. Dopo
la riaffidò alla
servetta che si mostrò
preoccupata per lo strano malessere della padrona e la
invitò a tornarsene
subito in camera a riposare. Era quasi il tramonto quando Robert
la cercò lì senza
trovarla. Aveva con sé i bambini perché aveva
dato il permesso ai due fidanzati
di fare un salto in paese, considerato che erano restati in casa tutto
il giorno.
Preoccupato per non
averla trovata, si
mise a cercarla insieme a Charles che gli dava fiduciosamente la manina
e a
Neve che se ne stava buona buona in braccio a lui osservando tutto con
il
visino attento come se capisse la situazione. La vide poco dopo in giardino,
seduta al tavolo sotto l’albero.
Aveva la testa poggiata sulle braccia. Quando lo sentì
avvicinarsi, si sollevò
e li fissò con gli occhi arrossati dal pianto. Il suo
aspetto era così
sofferente che gli fece quasi pietà anche se vederla
così a causa di un altro
gli provocava una pena infinita. Mentre le si accostava, intuì
che cosa avesse
dovuto provare lei quando lo aveva visto in quel medesimo stato a causa
di
Julie. Se davvero c’era stato un giorno in cui
l’aveva amato, forse aveva ugualmente
avvertito il sentimento di inutilità che provava lui adesso.
Ora soltanto
capiva quanto fosse orribile il
sentirsi
di non contare nulla ed essere come trasparente agli occhi della
persona
che ami e che
è lì, a due passi da te,
ma è perduta in una lontananza senza fine da cui non puoi farla tornare. - Come va? – le chiese
facendo sedere sul tavolo la piccina che tese le manine
verso la madre
nel tentativo di farsi prendere. Robert si sedette
a sua volta abbracciando Neve per
trattenerla, intanto che Charles, stupito da
quel comportamento strano, si gettava tra le braccia della mamma, mostrandosi anche lui
triste. Barbara rispose alla domanda del
marito annuendo con
un sorriso forzato ed accarezzò
il capo biondo del
bambino. - Ti è passato il
dolore? – insistette lui, pur
sapendo che quel dolore non
era certo
fisico. - Passerà.
Passerà anche questo – mormorò quasi
parlando
a se stessa. - Se posso fare qualcosa per te
devi solo chiedermelo
– la invitò Robert. Aveva voglia di stringerla tra le
braccia e
consolarla, anche se era una cosa assurda: come avrebbe mai potuto a
consolarla
per l’abbandono dell’uomo amato che non era lui
stesso? - Sì, per favore. Tieni
ancora un po’ tu i bambini, io
ho bisogno di fare quattro passi qui intorno prima che faccia buio.
Sta’
tranquillo però, tra un po’ starò
meglio. - Voglio venire con te, mammina
– la implorò il
maschietto aggrappandosi alle sue sottane. Il padre
lo
trattenne, dando la possibilità a Barbara di avviarsi verso
il boschetto lì
vicino. - No, Charles – gli disse
– ha
bisogno di stare un po’ da sola. Tu stai
buono qui con me e con la sorellina, tanto la mamma tornerà
presto, vedrai. Lo
sa quanto abbiamo bisogno di lei. A quelle parole Barbara si
voltò di scatto e fissò
quei tre visi che la osservavano malinconici. Si sentì
avvampare dalla vergogna
e dal senso di colpa e scappò via
in
fretta per non mostrare gli
occhi colmi
di lacrime. |
Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***
Eccomi di
nuovo qui e spero
che l’interruzione di
ieri non vi abbia dato troppo fastidio. Prima del nuovo capitolo una
parolina per
ringraziare oltre che le “fedelissime” anche te, Mirya, per la bella ed
articolata
recensione che mi hai lasciato e dirti che no, proprio no, purtroppo non sei più
attempata di me (e qui ci starebbe
bene la faccetta triste). E purtroppo so anche bene che quello che dici
è una
sacrosanta verità e cioè che i miei personaggi
risentono molto di una sorta di
forzatura narrativa per cui li costringo a cambiare in maniera tale da
farli
apparire addirittura nevrotici. La realtà è ben
diversa dai romanzi, lo so bene
anch’io, ed è difficile che i difetti delle
persone riescano a migliorare solo in
virtù dell’amore così come so bene che
certe parole lasciano il segno e certe
situazioni diventano insanabili. Per ovviare alla poca verosimiglianza
di certi
comportamenti almeno
cerco di fare in
modo che le mie storie si svolgano in periodi temporali piuttosto
lunghi e
provo a rendere quanto più è possibile
l’evolversi del pensiero e degli stati d’animo
dei miei personaggi. Probabilmente non è ancora
del tutto sufficiente ma intanto mi accontento di essere riuscita ad
avere anche i tuoi elogi e di
averti intrigato con i miei i romanzetti nei quali sei
riuscita a cogliere quella cura dei particolari che tanta fatica mi
è costata. Per quanto riguarda la passionalità,
benché anche le nanette stiano a chiedermi da tempo un
po’ di po-porno in più, ammetto
che fino ad ora in
questa storia ce n’è
stata ben poca ma chissà … può darsi
che Barbara si calmi e quel provolone (dai,
Cricri sarà pure santo
ma è anche un po’
provolone, per usare un termine tuo!) si svegli, finalmente. Ancora un bacio a tutte voi e un
grazie, grazie,
grazie davvero speciale ! Capitolo 15 La settimana seguente Robert
provò in ogni modo a
starle vicino ed anche se a volte si sentiva ancora mortificato ed
offeso da
quella specie di tradimento, le voleva troppo bene per
lasciarla ricadere nella depressione da cui
era miracolosamente uscita da così poco tempo. Aveva chiesto a Leonard di
sostituirlo un po’ di più
nelle incombenze lavorative e questi, ansioso di mostrarsi generoso
agli occhi
di Barbara, gli aveva detto che non c’era alcun problema in
tal senso e poteva
tornarsene a casa molto prima per farle compagnia. Purtroppo tutti i suoi tentativi
cadevano nel vuoto e
la donna, triste e chiusa in sé, sembrava non volersi
riscuotere. Decise allora
di passare alle vie di fatto e le propose di prendersi qualche giorno
di
vacanza per andare a trovare il fratello e Grazia Sulis ad Alghero. - Leonard ha detto che potrebbe
sostituirmi per un po’
di giorni ed a te un viaggetto a casa farebbe senz’altro
bene. Non desideri
rivedere la tua famiglia e farle conoscere nostra figlia? –
le propose una sera
mentre erano a tavola. Barbara si era inquietata a tale
prospettiva: non se
la sentiva, perlomeno in quel momento, di affrontare persone che
benché le
fossero care, le avrebbero fatto di sicuro mille domande. Per fortuna
aveva una
buona scusa per rifiutare. - Neve è troppo piccola
per affrontare un viaggio così
lungo. Ci andremo quando sarà un po’
più grande, se ancora lo vorrai. Il marito sospirò, in
effetti non era stata una buona
idea, però non si arrese. - Allora potresti andare alla
spiaggia con Nunzia ed i
bambini. L’anno scorso l’hai fatto e vi siete anche
divertiti. Domattina vi ci accompagnerò
e poi vi verrò a riprendere quando avrò finito di
lavorare. La cameriera che stava portando in
tavola le pietanze,
ne fu subito entusiasta. - Hai sentito? Andiamo alla
spiaggia! Ti ricordi lo
scorso anno com’è stato bello! – disse a
Charles, tutta allegra. - Sì, sì, che
bello! Andiamo! Andiamo! – convenne
subito il piccolo mostrandosi entusiasta. - Portaci loro due, Robert, io non
posso andarci. - Perché non puoi? Hai
bisogno di un po’ d’aria
aperta. - Te l’ho detto, Neve
è ancora troppo piccola, non le
farebbe bene stare sulla spiaggia tante ore. - Allora ti verrò a
prendere prima di mezzogiorno e ti
riporterò a casa, mentre incaricherò Luigi di
riaccompagnare la sera questi due
signori – sorrise l’uomo indicando la ragazza ed il
bambino che progettavano
già tutti eccitati le cose da fare. Anche Barbara sorrise intenerita,
ma rifiutò ancora. - No, è lontano e mi
stancherei inutilmente. Comunque
adesso che l’hai proposto non puoi tirarti indietro
altrimenti chi li sente
questi due! - In verità lo dicevo
più per te che per loro. - Non ti preoccupare, io me ne
starò tranquilla con la
piccina. Faremo qualche bella passeggiata nei dintorni ed anche qui
c’è l’aria
buona. D’altronde non sono i bagni di mare che mi possono far
stare meglio. - Ed allora
cos’è? – le chiese il marito fissandola
intensamente. - Niente. Passerà!
– gli disse con un sorriso dolce, poi,
cambiando argomento, si rivolse a Nunzia – Guai a te
però se non gli stai
attenta! Bada a non fargli prendere troppo sole e a non lasciarlo
andare a mare
da solo. - Non vi preoccupate. Lo sapete,
potete fidarvi di me.
- Va bene, allora andate a
preparare i secchielli e le
palette perché l’ingegnere domattina non
può certo aspettare i vostri comodi. - Grazie, grazie, siete un angelo!
Ed anche voi
ingegnere! – gorgheggiò la ragazza sinceramente
grata mentre con il piccolino
per mano correva a preparare l’occorrente per andare
l’indomani alla spiaggia. Neanche a farlo apposta la sera
dopo Robert fu
trattenuto di più dai
suoi impegni e
perciò mandò Luigi a riprendere la fidanzata e
Charles. Tornato a casa, la
trovò stranamente silenziosa. Per la sua natura molto
apprensiva, cominciò
subito a preoccuparsi. Per fortuna Barbara gli venne incontro e nel
vederla
serena, si tranquillizzò subito. -
Che fine
hanno fatto i bagnanti? – le chiese. - Non me ne parlare, erano
distrutti! Ho fatto appena
in tempo a dare a Charles una zuppa di latte e a lavarlo prima che
cadesse
addormentato. Ed anche Nunzietta era stanca. Poverina, non deve essere
stato
facile tenere a bada quella peste scatenata di tuo figlio!
Però era contenta. Certo
lo sarebbe stata ancora di più se tu invece di mandare Luigi
a riprenderli alle
sei, l’avessi mandato un po’ prima... Robert sorrise bonario
all’invito allusivo e la
rassicurò: - Va bene, vedremo domani cosa si
può fare. E la
piccina? - Siamo state così in
santa pace oggi noi due da sole
ed è stata così rilassata che alle otto si
è addormentata anche lei. - Finirà per non dormire
stanotte. - No, non ti preoccupare.
Più tardi la sveglio e la
faccio mangiare ancora, così si sazia e dorme. - Ed io non mangio? - No, tu rimani digiuno!
– scherzò lei, sorridendo. - Già, non ho visto la
tavola apparecchiata. - Che dici? È pronta
già da un bel po’. - Ah sì? Non mangiamo in giardino
stasera? È una bellissima
serata e c’è una luna stupenda. - La luna?! – gli chiese
stupita, poi però non
approfondì lo strambo desiderio del marito e con il suo
senso pratico, aggiunse
- Per te e me soli non vale la pena di fare tanta strada dalla cucina
fino al
tavolo sotto al pino. Mangeremo in sala da pranzo come sempre. Vatti a
lavare così
porto in tavola. Dopo cena Robert se ne stava a
fumare davanti alla
finestra spalancata, ammirando fuori la notte serena. Ad un tratto si
girò
verso la moglie seduta sul divano a ricamare e le propose: - Andiamo a fare un giretto in
giardino? Fa caldo e lì
fuori si sta benissimo. - Certo fa caldo, ma non come lo
scorso anno. Comunque
ti ringrazio, ma appena avrò finito di ricamare questa
rosellina, me ne andrò a
dormire anch’io. Lui la guardò
pensieroso. Non voleva lasciarla andare,
non in quella sera incantata. - Pensavo – le disse
– che dovremmo invitare ancora
Leonard a cena qualche volta. Lo facevamo spesso quando c’era Sean… Lei arrossì un poco.
Senza smettere di ricamare e
senza alzare la testa, confermò: - Sì, hai ragione,
potrebbe sembrare scortese se non
lo facessimo più. - Non è che mi faccia
piacere, mi sta antipatico, lo
sai, ma forse è l’unico sistema per far
sì che tu ti trattenga un po’ a parlare
e non te ne corra in camera tua subito dopo cena. - Perché? Non abbiamo
parlato stasera? - Sì, delle monellerie
di Charles, di quanto pesa
Neve, di quel ladro del macellaio che si fa pagare la carne come fosse
oro… - E non è parlare
questo? - No. Parlavamo di più
quando avevamo ospiti. Anche di
cose intime, non ti ricordi? - Non ho mai parlato davanti a
Leonard. - Lo so. Lo facevi solo quando
c’era Sean – affermò,
osservandola attento. Anche se non lo stava guardando in
faccia, lei si rese
conto che Robert stava spiando la sua reazione. Possibile avesse capito
che la
sua tristezza era dovuta alla partenza del loro amico?
Non riuscì a controllarsi e si punse con
l’ago. - Ahi! – si
lamentò e portandosi il dito alla bocca,
succhiò la goccia di sangue che ne usciva. - Ti sei fatta male? – le
chiese premuroso sedendosi
accanto a lei. - Niente, capita quando si ricama. Poi trovò il coraggio di
dirgli, simulando una
tranquillità che era ben lungi dal provare: -
Comunque Sean
se ne è andato. Evidentemente non gli interessava quello che
dicevo e forse non
interessa a nessuno – gli disse. Allora il marito le prese la mano
tra le sue e le
parlò accorato, guardandola negli occhi. - Non è vero, Barbara, a
me interessa moltissimo e mi
fa piacere anche parlarti di me. Forse non ce ne siamo resi conto, ma
in quelle
serate tranquille, non era solo con il nostro amico che parlavamo.
Certo lui ci
guidava con la sua
arguzia e la sua
sagacia, ma eravamo noi due ad aprire il nostro cuore e a dirci cose che non pensavamo mai
di poter rivelare
a nessuno. Sarebbe così bello se tornassimo a farlo, anche
se adesso Sean se n’è
andato! Io non sarò mai alla sua altezza, ma sarei felice se
potessimo
continuare a confidarci e a darci conforto l’uno con
l’altra. Non credi ci
farebbe bene e che anche
tu potresti sentirti
meglio se riuscissi a confidarmi le angustie che ti stanno facendo
stare così
male? Barbara provò a ritrarre
la manina tremante stretta
tra quelle di Robert e si mise subito sulle
difensive. - Non c’è
nulla, ingegnere, va tutto bene, è
tutto sotto controllo. Aveva usato la solita frase pur
avendo intuito da
tempo quanto lui la detestasse. Gli vide fare un viso talmente
dispiaciuto che
ne fu subito mortificata. Si vergognava molto dei sentimenti che
portava nell’animo
e si sentiva in colpa nei confronti
del marito, un uomo così corretto ed onesto a cui sapeva di
volere molto bene,
nonostante tutto. Non ritrasse più la mano, anzi mise anche
l’altra su quella
di lui e stringendogliela, gli parlò con dolcezza. - Davvero, caro, non devi
preoccuparti. Sto passando
un periodo un po’ difficile, è vero, ma
passerà presto, vedrai. Te lo prometto,
cercherò di controllare il mio caratteraccio e non
farò pesare su nessuno le
mie inquietudini. In fondo sono solo sciocchezze, è tempo
che io cresca
finalmente ed impari ad accettare la vita. - Neanche lo immagini quanto mi
dispiace vederti
soffrire per colpa mia – mormorò lui portandosi le
mani della moglie alle
labbra e baciandogliele appassionato. - Tu non hai nessuna colpa, mi
avevi promesso la stima
e l’amicizia e me le hai sempre date. Anch’io ti
stimo moltissimo, so quanto
sei buono e leale e nessuna potrebbe essere più fortunata di
me ad avere un
compagno come te. Lo vide rimanere pensieroso a
quelle parole, come se
avesse voluto ancora dirle qualcosa. Però Barbara non se la
sentiva di
continuare il discorso, aveva l’animo ancora troppo lacerato
per poter essere
serena, per cui aggiunse sorridendo mentre ritirava le mani con il
pretesto
di riporre il
lavoro: - Imparerò ad essere
più tranquilla e ci faremo buona
compagnia, proprio come volevi tu. Ora però lasciami andare
a fare il mio
dovere di nutrice perché se non lo faccio qui si rischia di
trascorrere una
notte in bianco – provò a scherzare - Buonanotte,
ingegnere - gli
sussurrò con dolcezza. Robert la guardò andare
via senza dire una parola. Aveva
il cuore stretto in una morsa. L’amicizia, la stima, una vita
tranquilla. Era
proprio tutto ciò che si era auspicato di trovare con lei
quando le aveva
proposto di sposarlo. Avrebbe dovuto essere contento adesso di aver
ottenuto quanto
sperava. Invece si sentiva morire di dolore e questa forse era la sua
punizione
per aver osato sfidare l’amore. |
Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***
Capitolo 16 Dopo aver allattato Maria Neve,
Barbara
la posò con delicatezza nella culletta guardandola con
grande amore perché
sembrava proprio un angioletto profondamente addormentato. Per lei
invece il
sonno oramai era un lusso raro ed anche la notte appena trascorsa
l’aveva
passata quasi tutta in bianco per i pensieri che la tormentavano quasi
quanto il
caldo di quei giorni di fine luglio. Sospirò e si
avvicinò alla finestra da cui
si godeva la vista magnifica del giardino dove ogni cosa era illuminata
dal
sole del primo mattino. Si sedette sul davanzale, incurante della
camiciola di
mussola leggera che le lasciava abbondantemente scoperte le spalle e
buona
parte del seno, tanto di fronte non c’era nessuno che potesse
vederla ad
eccezione di due merli che avevano fatto il nido su un albero. Erano passate solo due settimane da
quando Sean se n’era andato ma le sembrava passato un secolo
forse perché nelle
lunghe giornate trascorse in solitudine mentre Nunzietta e Charles
erano al
mare e Robert al lavoro, aveva avuto modo di riflettere molto sulla sua
situazione. Non senza un certo imbarazzo, era arrivata alla conclusione di essere stata troppo
precipitosa ed
impulsiva e non riusciva a perdonarselo. In quel momento, alla notizia
dell’improvvisa partenza di Sean, si era sentita smarrita,
aveva temuto di
perdere l’unico appiglio,l’unica persona che dopo
tanti anni avesse
mostrato un po’ di interesse nei suoi
confronti. Ma era stato amore quello che aveva provato per il maturo
medico? Se
si fosse trattato di questo ora si sarebbe dovuta sentire disperata per
il suo
abbandono, infelice e depressa come lo era stata quando Robert
l’aveva respinta
ed invece era solo confusa, spaventata, oppressa
dalla consapevolezza che
tutte le sue sofferenze non erano solo
colpa degli altri ma anche il frutto delle proprie scelte sbagliate.
Non era
più una ragazzina ormai e non doveva sbagliare ancora. Non
doveva più far confusione
tra il bisogno di affetto e di comprensione e l’amore
perché l’amore è una cosa
assai rara, un dono che si dà e si riceve, non un diritto
irrinunciabile da cercare
di ottenere a tutti i costi. Era stato un errore pretenderlo da Sean
così come
lo era stato pretenderlo da Robert. Essi probabilmente non volevano e
non
potevano darglielo e a niente valeva il suo sentirsene offesa. Se solo
avesse
potuto parlargli, adesso avrebbe spiegato al dottor Hopkins che aveva finalmente
capito questa amara
realtà e avrebbe potuto chiedergli scusa per una condotta
della quale ormai si
vergognava. Con lui non poteva più farlo ma con Robert
sì e lo avrebbe fatto
giorno per giorno, cercando di fargli dimenticare lo stupido
risentimento che aveva
nutrito nei suoi confronti. Così come avrebbe cercato anche
di non avere più
quel comportamento acido
ed infantile dettato
solo da una sciocca ripicca e dal suo pessimo carattere. Prima
dell’arrivo di
Sean, aveva passato momenti assai bui, si era chiusa nella torre della
sua
disperazione senza lasciare a nessuno la possibilità di
darle una mano, tantomeno
al marito che era arrivata a considerare quasi un nemico. Non voleva
farlo più
e se fosse stato necessario, gli avrebbe addirittura chiesto aiuto
perché era
ben chiaro che anche lui
oramai era cambiato. Non era stato mai un
uomo autoritario o prepotente e l’aveva trattata
sempre con gran riguardo, però solo ora le mostrava un
interessamento sincero
che andava ben oltre la fredda gentilezza di una volta. Forse aveva
capito le
sue colpe e desiderava anche lui trasformare lo strano
e
tormentato rapporto che li aveva uniti in una convivenza
più pacifica ed
affettuosa, se non altro per quei due bambini innocenti che meritavano
di
crescere sereni. Avevano sbagliato entrambi però si volevano
di sicuro bene e
allora perché non provare a vivere
insieme dandosi reciprocamente, se non
l’amore, almeno l’amicizia? Dovevano essere già le
sette perché ad
un tratto vide uscire di casa il marito che si recava al lavoro in
miniera. Si
nascose dietro la tenda perché era mezza nuda ma non smise
di osservarlo di
nascosto. Stava indossando la giacca e dalla camicia ancora un
po’ aperta
spuntavano il collo largo ed il petto leggermente villoso; quando
alzò il viso
per scrutare il cielo, il sole del mattino gli illuminò il
bel viso abbronzato
su cui spiccavano gli occhi incantevoli e magnetici. Robert era
affascinante, maledettamente
affascinante e lei, inutile
nasconderselo,ne era sempre stata attratta. Barbara sapeva bene che
cercava principalmente
una relazione fatta di comprensione, affetto, solidarietà ma
sapeva anche che era
lui solo l’uomo con cui avrebbe potuto appagare quella voglia
di amore fisico che
si portava dentro da tanto e che invece aveva
sempre dovuto soffocare. Il
desiderio sessuale
forse
era una cosa sconveniente ma
in
fondo è solo nell’ appagamento carnale che un uomo
e una donna diventano
veramente un’ unica cosa, quella che si era lusingata di
essere con Robert solo
per qualche fugace momento di passione. Basta! Non doveva ricominciare ad
illudersi come una sciocca che anche per lei potesse esserci
in questo mondo un briciolo d’amore
vero. Era meglio farsene una ragione e cercare di ritrovare
quell’equilibrio
che prima di accettare un matrimonio tanto strambo le aveva consentito
almeno
di vivere la sua infelicità dignitosamente e serenamente. Con questo pensiero, si
ritirò dalla
finestra e si preparò ad iniziare una nuova giornata. Purtroppo neanche la
tranquillità che si era ripromessa
di trovare durò a lungo anche se ciò che
arrivò finalmente a scuotere le
placide acque di quella calma apparente non fu un vento impetuoso ma
una brezza
leggera e a tratti piacevole. Stava preparando della pasta sul
tavolo di marmo in
cucina quando vide entrare Robert
con
una faccia talmente agitata che si spaventò e gli chiese
cosa fosse accaduto. - Sta arrivando mia madre a farci
visita - le spiegò. - Ebbene, non ti fa piacere? Ti
dirò, io sono contenta
di conoscerla. Ha fatto bene a venire anche se un viaggio
così lungo è un po’
azzardato per una persona anziana e sola. - Non sta venendo da sola, con lei
c’è mia sorella
Megan. - Meglio, è stato
più prudente. È una fortuna che il
marito l’abbia lasciata accompagnare la madre. - Sta venendo anche lui. - Robert, ma che fai, te li fai
uscire uno alla volta? - È stato trasferito a
Marsiglia dalla ditta dove
lavora e, trovandosi in viaggio, hanno deciso di allungarsi e passare prima di qui a
conoscere te ed i
bambini. - Anche loro hanno dei bambini
però, dove li hanno
lasciati? - Non li hanno lasciati, li stanno
portando con loro. - E quanti sono? – chiese
la donna, a questo punto
realmente preoccupata. - Cinque – le rispose in
un sussurro perché ne temeva
la reazione che puntualmente arrivò. - Otto persone! –
strillò lei infatti - E dove le
metto io otto persone!? E poi, benedetto Iddio, abbiamo fatto tanti
sacrifici
per mandare loro un po’ di soldi e che fanno? Li spendono
tutti mettendosi in
viaggio ben in otto! Robert aveva un viso talmente
mortificato da risultare
quasi comico. Barbara, benché fosse sul serio impensierita,
non poté fare a
meno di provarne tenerezza. Si pulì le mani con uno
strofinaccio e mise in atto
subito il suo senso pratico. - Quanti anni hanno i bambini?
– gli chiese. - La più grande dodici,
il più piccolo sei. - E quando arrivano? - Lunedì prossimo credo.
La lettera con cui mi
annunciavano il loro arrivo è arrivata in ritardo. - Quanto tempo si tratteranno? - Almeno due settimane. Non credo
abbiano fatto un
viaggio così lungo per trattenersi di meno. - Bene, faremo così:
darò la stanza di Charles a tua
sorella ed al marito che terranno a dormire con loro il figlio
più piccolo,
mentre tua madre potrà dormire nella mia con la nipote
più grande. - Già, ma ne avanzano
sempre altri tre. - Ci procureremo delle assi e dei
materassi e li
metteremo a dormire nel salottino accanto alle camere da letto. - C’entrano tre lettini
lì? - Certo non staranno larghissimi,
ma pazienza. Per fortuna
è estate e basteranno dei materassi di vegetale: se avessimo
dovuto acquistarne
di lana, la visita della tua famiglia ci sarebbe costata un patrimonio. - Anche così
però… - obiettò lui, sempre molto
confuso. - Non ti preoccupare di questo, me
la vedo io – gli sorrise
rassicurante – piuttosto prepariamoci
all’invasione. Qui ci toccherà lavorare
tutti sodo, ragazzi miei. Che c’è, Nunzia, sei
rimasta impietrita dalla
prospettiva? Forza, figlia mia, fatti coraggio ed accompagnami a
contare le
lenzuola di cui disponiamo. Anzi, fa una cosa prima: va’ da
Maria e dille che
domani deve venire a darci una mano. Quando la ragazza si fu
allontanata, approfittando di
essere soli, Robert chiese alla moglie: - Noi dove
dormiremo? - Io mi metterò con
Charles e Neve nella tua stanza e
tu ti arrangerai un po’ sul divano in salotto. Qualche
sacrificio in più potrai
anche farlo per i tuoi parenti, no? – aggiunse ridendo nel
vederlo fare un viso
ancora più desolato. - Non è questo.
È che mia sorella è una grande
impicciona e sicuramente comincerà a chiedere
perché dormo sul divano in
salotto e non nel
letto matrimoniale con
te. - Già, il nostro famoso
segreto! – osservò lei
sarcastica. Ma il marito la implorò
con un’espressione che lo
faceva assomigliare tantissimo a Charles quando le faceva gli occhi
dolci per
ottenere qualcosa. - Ti prego, Barbara, fammi stare
nella stanza con voi.
Posso dormire anche per terra con un cuscino, tanto è estate
e fa caldo. Ti
giuro, non ti darò fastidio, ma per favore, non costringermi
a diventare
l’oggetto delle chiacchiere di Megan. Finirebbe per
annientarmi, tu non la
conosci. Quando il lunedì
successivo la numerosa famiglia di
Robert arrivò, Barbara non ci mise molto a capire che
effettivamente Megan
doveva essere un tipo particolare. Era alta e bella come il fratello,
ma al
contrario di lui, dimostrava un’esuberanza esagerata,
superiore persino a
quella della truppa vociante dei suoi figlioli, due femmine e tre
maschi. A
confronto della vivacità della famiglia, il rispettivo
marito e padre, un omone
dai capelli rossi e dagli enormi favoriti, sembrava quasi scomparire,
così come
la povera Kate. A vedere quest’ultima molto smarrita e stanca
per il viaggio,
la nuora ne fu talmente intenerita che per prima cosa
l’accompagnò in camera
per farla un po’ rinfrescare. Lungo il tragitto la
osservò bene. Non era troppo
anziana, aveva gli occhi chiari come quelli del figlio ed i capelli
ancora
tutti castani raccolti in una semplice crocchia al centro della testa.
Era
piuttosto grassa e di corporatura un po’ tozza, ma il viso
dolcissimo e la
malinconia dei suoi occhi e del suo sorriso gliela resero subito
simpatica. Così
come Robert, doveva essere una persona di poche parole e come lui
sembrava
quasi scusarsi di tutto, rispondendo con timidezza e gratitudine alle
gentilezze che le venivano fatte. La lasciò a riposare e
tornò ad occuparsi
della cognata e dei nipotini. Per fortuna aveva già
preparato le loro stanze,
rimaneva solo da spostare il lettino e la culla dei bambini in camera
di Robert. Vi si
stava dedicando insieme a lui pensando
che gli ospiti fossero tutti già nelle loro camere a
riposare, quando si
accorse che Megan era entrata e con la massima disinvoltura si era
messa a
guardarsi intorno, sotto lo sguardo desolato del fratello. - Accidenti, come fa caldo qui!
– stava commentando la
donna mentre dalla finestra osservava il paesaggio
- Però com’è tutto bello,
i colori, la
limpidezza dell’aria…! Continuò così
per un po’, raccontando diecimila cose e
intavolando mille argomenti, senza cessare mai di parlare, tanto che
Barbara si
chiese come facesse a respirare. Intanto non stava nemmeno ferma,
girava per la
stanza osservando ogni cosa e toccando tutti gli oggetti. Ad un certo
punto si
fermò accanto al comodino e, preso in mano il ritratto di
Julie, osservò
stupita: - E questo
cos’è? - È il ritratto di
Julie, la prima moglie di Robert –
rispose lei mentre il marito si rifugiava nel gabinetto accanto con la
scusa di
dovervi posare
qualcosa. - Questo l’ho capito, ci
devono essere almeno dieci
suoi ritratti in questa casa! Però qui sul comodino proprio
non me l’aspettavo!
Ma non vi dà fastidio quando… Barbara arrossì
violentemente e non
sapeva cosa
rispondere. Per fortuna in suo soccorso intervenne Robert il quale
tolse la fotografia
di mano alla sorella e cambiando argomento, le disse severo: - Bada bene, questa stanza ed il
gabinetto con la
vasca da bagno qui accanto, per te e per la tua truppa, sono off
limits, dovete
usare il bagno a pian terreno. Guai
a
voi se vi becco in questo! - Il solito dittatore! Anche a casa
faceva la stessa
cosa: povero chi toccava la sua roba. È stato sempre un
egoista – raccontò
Megan rivolta alla cognata. - Già, come quando
scrivesti la lista della spesa sul
compito di greco che dovevo consegnare il giorno dopo e che mi era
costato
tutta una notte di fatica! – le ricordò il
fratello ridendo. - Cosa vuoi, e chi
l’aveva capito che quegli
scarabocchi fossero un compito! E poi come la facesti pesante!
Ammettilo, era
come se reggessi il mondo sulle spalle per le quattro fesserie che
facevi a
scuola. Per fortuna Robert
riuscì a portarla fuori e Barbara
pensò di aver fatto proprio bene a non preparargli il letto
in salotto perché
davvero in quel caso sarebbe stato un vero disastro. Dalla finestra aperta entrava la
dolce brezza
notturna, mentre la stanza era illuminata solo dalla tenue luce della
lampada
accesa sul comodino. Nell’entrare Robert si avvide che
Barbara stava dando
latte a Maria Neve. Era da tanto che non glielo vedeva fare e fu
colpito
dall’enorme dolcezza della scena. La donna aveva i capelli
sciolti ed il viso
chino sulla bambina a cui sorrideva con amore. La piccola mangiava
beata e intanto
carezzava il volto della mamma con la manina. Incantato, si
avvicinò a loro ed
abbassandosi sulle gambe, posò un lieve bacio sulla testina
della figlia che
smise per un attimo di succhiare e si voltò a guardarlo, gli
occhietti un po’
velati dal sonno. Alzando lo sguardo sul
viso della moglie, Robert notò quanto fosse bella. - Sei stupenda così
– le disse sincero – sembri una
Madonna. La giovane si mise a ridere. - A quanto pare sto salendo ancora
di più nella tua
considerazione: prima ero solo una santa, ora sono diventata addirittura una Madonna! Anche lui sorrise e carezzandole
con tenerezza una
guancia, le domandò: - Ce la fai a reggere tutto questo
per quindici giorni
ancora? - Ci proverò, anche se
tua sorella e la sua famiglia
sono quasi una piaga d’Egitto! – scherzò
lei. - Mi dispiace –
mormorò Robert abbassando lo sguardo,
mortificato – Io non mi sarei mai sognato di farli venire,
è stata lei che ha
fatto tutto, è sempre stata molto invadente. - Non ti preoccupare, stavo
scherzando. In fondo sono
solo quindici giorni e per fortuna uno è già
passato. Parlando gli aveva fatto una
carezza tra i folti
capelli castani e Robert si sentì felice per questo. Quasi
con allegria, le
chiese: - Allora? Come mi sistemo?
C’è una coperta o qualcosa
di simile da mettere per terra accanto alla finestra per prepararmi la
cuccia? - Ma dai, non fare lo stupido. Come
fai a dormire per
terra come un cane? - Non ti preoccupare, fa caldo e
starò benissimo. Barbara si mostrò un
po’ infastidita. - Fai come vuoi, io lo dicevo per
te – gli disse con
una certa freddezza. - Devi
lavorare in
questo periodo ed hai bisogno di dormire bene la notte. Poi non mi
sembra il
caso di fare tante storie: se abbiamo preso una decisione, non vedo
perché
dovremmo essere tanto incoerenti da non rispettarla solo
perché riposiamo nello
stesso letto! - Davvero mi lasceresti dormire con
te? - Sì, dormire
– precisò la donna. - Certo, dormire –
assentì anche se in cuor suo sapeva
che averla accanto e non toccarla gli sarebbe costato un enorme sforzo. Comunque prese le sue cose ed
andò in bagno a
spogliarsi. Quando ritornò, Barbara
stava mettendo nella culla
Maria Neve che si era addormenta. Lo vide prendere la fotografia di
Julie e
riporla nel cassetto del comodino. - Che fai? – gli chiese
stupita. - Sai, Megan sarà anche
impicciona ed invadente, però
su certe cose ha ragione. - Guarda che noi non dobbiamo fare
ciò immagina tua
sorella, puoi benissimo lasciarla lì –
osservò la donna mentre si coricava. - Non è per questo
– le rispose a voce bassissima stendendosi a sua volta e guardandola
con gli occhi che brillavano nella penombra – però
davvero non posso più
tenerla qui, non è certo questo il posto di Julie. - Ah no? E
dov’è finita, poverina? –
osservò lei
fissandolo ironica ed incuriosita. - Forse in cielo,
dov’è la mamma di Charles. Non è
così che gli hai insegnato a pregare ogni sera? Vi ho
sentiti, sai: “Mamma
Julie, tu che sei in cielo, chiedi a Gesù di proteggere me,
papà, la sorellina,
Nunzietta e mamma
Barbara”. Ecco,
forse è davvero lì che è Julie,
è
divenuta il nostro angelo
custode. - Che c’entra –
protestò la donna in un bisbiglio
sommesso mentre si metteva supina – questo va bene per un
bambino di tre anni,
ma per te… Robert sospirò, forse
era venuto il momento di
esprimere ciò
che si portava dentro da
tanto tempo, solo era assai difficile farlo.
Ci tentò. - Sai, ho provato a far finta che
non fosse mai accaduto,
a fare come se Julie fosse ancora viva, a tenermi stretto il suo
ricordo
vincendo la morte che ci aveva separati. Per un po’ ci sono
anche riuscito, ma
poi, a poco a poco, ho capito che qualcosa stava cambiando.
È stato quando ho
incominciato a dimenticare il suono della sua voce, quando ho visto che
potevo carezzare il
suo ritratto anche
tutta la notte, ma non provavo più
la
dolcezza di quando
carezzavo il suo viso
e sentivo il tepore della sua carne. Ho ancora
parlato con lei, ci ho ragionato e
persino litigato, rispondendomi da me e facendole dire le
cose che
volevo io. Per un po’ mi è bastato, poi mi sono
reso conto che non erano le sue
opinioni o i suoi
pensieri, quelli non
avrei più potuto conoscerli perché Julie non
avrebbe più potuto averne. Ho
provato con tutte le mie forze a trattenerla, ma
all’improvviso mi sono trovato
ad ascoltare altre voci, a vedere altri visi,
ad amare altre persone e mi sono reso conto che se
n’era andata, non
certo dal mio cuore, ma dalla mia vita che stava continuando anche
senza di
lei. Barbara trattenne il fiato ad una
simile confessione
così sincera ed inaspettata. Per un po’ non
parlò rispettando il silenzio commosso
dell’uomo, poi però gli disse: - Lo vedi allora che sei stato
troppo precipitoso a
risposarti? Forse avresti potuto rifarti una vita sul serio e provare
ancora ad
essere felice senza scendere a compromessi assurdi così come
hai fatto senza
nemmeno rifletterci su. Robert si alzò sul
gomito e la guardò, corrugando la
fronte. - Io non mi sono mai pentito di
avere sposato te,
nemmeno per un minuto! E ti assicuro che non esiterei a rifarlo ancora
– le
rispose. - Non dire bugie – lo
contraddisse con un sorriso un
po’ amaro – L’hai detto un sacco di volte
che ho un caratteraccio
insopportabile e poi nemmeno ti piace come sto educando Charles. - Non è vero.
Sì, a volte abbiamo avuto dei contrasti
sulla sua educazione ma non più di quanto avvenga tra tutti
i papà e le mamme
di questo mondo. Te lo giuro, Barbara, spesso me lo dimentico
addirittura che
non sei stata tu a darmi Charles
così
come hai fatto con Maria Neve. Lei lo guardò assorta e
per un attimo si sentì molto turbata.
Ma poi si riprese e cercando di scherzare, soggiunse: - Però bisbetica lo
sono, questo non puoi negarlo e se
lo fai, non ti credo. D’altronde anche tu non hai un
caratterino troppo facile,
ingegnere mio! Gli sorrise ed anche lui lo fece
poi le carezzò il
viso con una dolcezza infinita. Barbara però gli
fermò la mano e sussurrando piano,
gli disse: - Adesso basta però di
parlare. Anche se stiamo
bisbigliando appena, quel monello potrebbe svegliarsi e sarebbero guai!
Ora sta
ronfando tranquillo, ma se sapessi quanto ho dovuto penare per farlo
addormentare eccitato com’era per l’arrivo dei
cuginetti! Buonanotte,
ingegnere, spegni la lampada. La vide voltargli le spalle ed in
silenzio le ubbidì,
poi le rispose a sua volta: - Buonanotte, cara, dormi bene. |
Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***
Capitolo 17 Per il primo onomastico di Maria
Neve, la mamma le
aveva cucito un vaporoso vestitino bianco su cui aveva ricamato delle
roselline
rosse. Anche sulla cuffietta c’era lo stesso ricamo ed ai
minuscoli piedini le
aveva messo delle scarpette di filo bianche e rosse. Oramai, a cinque
mesi
compiuti, la bambina era diventata molto bella e così
abbigliata sembrava
davvero una bambolina, anche perché sul visetto grazioso e
paffuto ogni tanto
spuntava un sorriso che le faceva brillare come due stelle gli
occhietti azzurri
dalle ciglia lunghissime. Appena la vide così
vestita, Robert arrossì d’orgoglio
e per tutta la serata della festa della Madonna volle tenerla lui in
braccio.
Si beava dei complimenti che tutti gli rivolgevano per quella splendida
creaturina
e nel notarlo Barbara ne era intenerita e compiaciuta al tempo stesso.
Quando
incontrarono Rosa Barone con il suo bambino nato la stessa sera di
Maria Neve, il
giovane direttore si fermò anche a parlare con lei e volle
presentarla alla
moglie. Dopo che si furono separati, quest’ultima
osservò: - Hai
visto
com’è grosso il piccolo Antonio?
Certo
nostra figlia è proprio piccolina al suo confronto! - E allora? Neve è una
bambolina ed anche se sarà
piccola piccola sarà sempre meravigliosamente bella. E poi a
me piacciono le
donne piccoline ed anche ad un sacco di uomini piacciono. Mi sa che
questa qui
ne avrà tantissimi di spasimanti e chissà quanto
filo da torcere daranno al suo
povero papà! Nel pronunciare queste ultime
parole, incurante di
tutto e di tutti, posò dei grossi baci sulla guancia della
bimba la quale per
risposta al solletico che gli faceva con la
barba, scoppiò in una risatella gorgogliante ed
acuta che fece girare
molti passanti. - Tu stai diventando scemo!
– commentò intenerita la
donna entrando in chiesa per la funzione. In verità si sentiva
assai contenta e sorrise al
piccolo Charles che portava per mano, raccomandandogli di starsene
buono. Comunque non fu Charles a fare il
monello, ma la
piccina che infastidita dall’odore dell’incenso o
da chissà cos’altro, ad un
certo punto cominciò a piangere talmente forte che il padre
fu costretto ad
uscire per non disturbare i fedeli. Terminata la messa, Barbara,
accompagnata dalla
cognata con la sua numerosa famiglia, uscì sul sagrato
tenendo sotto braccio la
suocera. Già in chiesa lady
Margaret aveva notato la presenza
dei parenti di Robert e, curiosa come una scimmia,
approfittò dell'occasione per avvicinarsi
alla signora Forrest che educatamente glieli
presentò. La povera Kate, con la sua aria umile
e rispettosa, si
affrettò a farle un inchino mentre Megan, per niente
intimidita, cominciò a
parlare senza freni: - Oh Santi Numi, siete proprio lady
Margaret Bradley
in persona! E questo distinto signore deve essere vostro marito sir
Paul Bradley.
Che piacere, che piacere! Pensare che siamo quasi parenti! Ma ditemi,
milady,
questo giovanotto così affascinante è vostro
figlio? – soggiunse indicando
Leonard il quale la guardava ammirato perché in
realtà Megan Forrest era
davvero un gran bel pezzo di ragazza. Purtroppo il suo indubbio fascino
era rovinato dalla
smisurata logorrea e dalla superficialità che traspariva dai
suoi discorsi.
Anche durante quel breve colloquio sembrava non doversi fermare mai e
continuava imperterrita a dire che anche lei avrebbe voluto
imparentarsi con
una famiglia così nobile, solo che a sedici anni si era
spostata con il lì
presente Ewan Rutherfurd il quale era sì un gran
brav’uomo - anche se come
potevano vedere non era certo un Adone - che
le aveva subito fatto fare una carretta di
figli (s’interruppe per presentarli ad uno ad uno convincendo
con uno
scappellotto quelli più restii a fare un inchino educato) e
che quindi aveva
dovuto mettere una pietra sopra ai sogni di ragazza. Lady Margaret non si aspettava una
simile valanga di
chiacchiere e quasi barcollava stordita tanto che a Barbara venne quasi
da
ridere. Un po’ impietosita, invitò la cognata a
non trattenere più la
nobildonna e aiutare invece lei a
cercare Robert di cui non c’era più traccia.
Approfittando della via di fuga,
Maggie si congedò e preso sottobraccio il consorte, si
allontanò borbottando
con lui sulla incoscienza della buonanima di Julie che si era
incaponita a sposare
il giovane ingegnere senza considerare con quale famiglia si andava ad
imparentare. Leonard non li seguì
perché la giovane donna lo
intrigava moltissimo. Approfittando che Ewan si era allontanato con i
bambini e
la vecchia signora Forrest se ne stava tutta silenziosa e compunta da
una
parte, decise di rimanere a fare quattro chiacchiere con Megan. - Vi è piaciuta la
funzione? – le domandò. - Moltissimo! Non pensavo che in un
posto così
sperduto si facessero funzioni così belle. Anche la
chiesetta è abbastanza
carina, il parroco l’ha addobbata proprio bene
però… - Però? - Non so se posso
dirlo…ma sì, lo dico! Ci vorrebbe
un parroco un po’ più giovane, quello
che c’è sembra una vecchia tartaruga! Leonard rise divertito ed aggiunse,
mostrandosi anche
lui pungente: - Ed avete notato la sua tonaca?
È così lisa ed
impillaccherata da essere un’indecenza! Devo chiedere a mio
zio sir Paul di
comprargliene una nuova. Barbara protestò
infastidita: - Padre Giustino è
un’ottima persona. E poi da noi c’è
un proverbio che dice “l’abito non fa il
monaco”. - Già –
convenne la cognata un po’ pentita di essersi
mostrata troppo sfacciata - E meno male, mia cara, altrimenti
sarebbe un monaco
veramente pietoso! Non trovate Megan? – rispose il giovane
cercando di entrare
subito in confidenza con la bella signora. Scoppiarono a ridere entrambi molto
divertiti. Barbara
decise di non poterne
proprio più di
quei due che a quanto pareva erano fatti della stessa pasta. Pregando
la suocera
di badare un po’ a Charles che correva lì intorno
con il cugino più piccolo,
cominciò a cercare Robert da sola. Non lo trovò da nessuna
parte, ma poi Giovanna le riferì
di averlo visto entrare in chiesa e così andò a
cercarlo lì. Non c’era più
nessuno ma ai piedi dell’altare della Madonna scorse il
marito con la
bambina in braccio
che parlava proprio
con don Giustino. Si avvicinò ed il buon sacerdote
l’accolse con un sorriso che
lei ricambiò con un cenno della testa. - Ma insomma, è tutta la
sera che ti cerco! – disse
rivolta al marito con un tono di rimprovero nella voce. - Perdonatelo, figliola,
l’ingegnere mi ha chiesto di
benedire la bambina e l’abbiamo appena fatto. A quelle parole del prete, Barbara
guardò stupita il
marito. Lui non disse nulla, solo ricambiò lo sguardo con
una strana
espressione sul viso, come se si sentisse molto imbarazzato. Il vecchio sacerdote intanto
riprese il discorso interrotto
all’arrivo della donna. - Ve la ricordate la notte di
tempesta dello scorso
febbraio quando vi trovai qui piangente e sconsolato proprio ai piedi
dell’altare? Lo avreste detto allora che appena pochi mesi
dopo le persone
della cui salvezza disperavate sarebbero state ora accanto a voi in
perfetta
salute? Non ci credevate alla forza della preghiera ed invece
guardatele: vostra
moglie è sana e salva e questa piccina è bella e
santa come la Madonna a cui
chiedeste la grazia. Per un po’ il giovane
esitò a rispondere per pudore
nei confronti di Barbara che continuava a guardarlo stupefatta, ma poi
mormorò
con la voce quasi incrinata da un nodo di pianto: - Lo so, padre, e vi
sarò sempre grato per le buone
parole che mi diceste. Forse il coraggio di vivere non l’ho
ancora trovato, ma
da allora la lotta mi sembra meno dura ed ho sentito rinascere in me la
speranza. È per questo che stasera vi ho chiesto di affidare
la mia piccolina
alla Madonna di cui porta il nome. Lei saprà sicuramente
proteggerla e guidarla
meglio di quanto non possiamo fare io o sua madre. - Siate dei buoni cristiani,
ragazzi miei – li esortò
il vecchio guardandoli entrambi con dolcezza – ed insegnate
ai vostri figli ad
essere onesti e leali, fate che imparino ad amare il prossimo e a
distinguere
la sostanza dall’orpello.
Questo è
davvero importante nella religione, ma soprattutto nella vita. Ora
però devo
andare, mi aspettano per i festeggiamenti. Voi rimanete ancora un
po’, se vi
va. Si girò verso
l’altare e s’inchinò. -
Guardate come
è radiosa stasera Maria della Neve, la Vergine che fece
nevicare ad agosto per
dimostrare agli uomini quanto nulla sia impossibile per i cuori davvero
puri! –
disse sorridendo ai due giovani. Così dicendo si
allontanò con il suo passo un po’
barcollante, seguito dallo sguardo stupefatto di Barbara la quale
ancora non
riusciva a capacitarsi. Si sedette sulla panca e tenendo le mani
inguantate
congiunte, rimase un momento a guardare il quadro con la Sacra Effige. - Allora eri qui la sera che ho
partorito?- chiese a
Robert in un sussurro. - Sì, dove pensavi che
fossi? – le rispose il marito
facendo adagiare sulla sua spalla la bimba che nel frattempo si era
addormenta. - Credevo che fossi andato a cenare
dai Bradley – gli
rispose, ma subito lo incalzò con una nuova domanda la cui
risposta le stava
molto a cuore. -
Hai voluto
chiamarla Maria Neve perché avevi fatto un voto? - Sì, se vi salvavate
tutt’e due, avevo giurato di
chiamarla così. E con lei è successo per ben due
volte, se te lo ricordi,
quando è nata e quando stava morendo subito dopo. - Perché non me
l’hai mai detto? - Perché mi vergognavo. - Cosa c’era da
vergognarsi? - Nulla o forse sì. Non
volevo farti sapere quanto
sono debole a volte. - Non puoi nemmeno immaginare come
sarebbe stato
diverso se l’avessi saputo, invece. Anche se non te
l’ho mai confessato, ero
arrivata a detestarti credendo che ti eri disinteressato a me quella
sera
terribile. E poi mi innervosì moltissimo pensare che avevi
voluto chiamare la
bimba Neve solo per farti bello con la gente del paese, anche se a me
quel nome
non piaceva. - Ora però ti piace, non
è così? Barbara lo guardò: la
luce tenue delle candele gli
rischiarava appena il viso dall’ovale perfetto ed un sorriso
dolcissimo gli
illuminava anche gli occhi che brillavano azzurri sul volto abbronzato.
Dal suo
viso traspariva un sincero affetto e la cosa la colpì non
poco. In un sussurro
gli disse timidamente, ma con trasporto: - Sai, in fondo hai ragione,
dobbiamo parlare un po’
di più noi due, forse non ci conosciamo abbastanza.
Però se dobbiamo
farlo, dobbiamo
trovare il coraggio di
mostrarci per ciò che siamo, con i nostri difetti e le
nostre debolezze. - E se poi queste cose dovessero
allontanarci? - Non deve succedere,
dobbiamo imparare ad accettarci se vogliamo vivere insieme
anche senza
l’amore vero e proprio. Robert corrugò la
fronte, smarrito ed addolorato. Gli
stava dicendo senza mezzi termini che non lo amava. Si sentì
stringere il
cuore, ma neanche trovò il coraggio di dirle cosa fosse
diventata per lui. La
donna interpretò l’ombra passata sul suo viso per
la malinconia
suscitatagli dalla prospettiva di
una vita senza amore. Si affrettò a sorridergli per
rassicurarlo. - Non ti preoccupare, ingegnere,
andrà tutto benissimo.
Saremo degli ottimi compagni di viaggio ed almeno proveremo ad essere
sereni. E
poi ci tocca crescere due creature, non l’hai sentito don
Giustino? Aveva cercato di usare un tono
quasi allegro, ma la
tristezza che non era riuscita a cancellare dal viso di lui, la fece un
po’
scoraggiare. Non era mai stata molto religiosa, ma ugualmente in quel
momento
alzando lo sguardo sul quadro della Vergine, le venne spontaneo
parlarle,
invocandola dentro di sé. - Madonna mia – la
implorò – ti prego, aiutaci Tu. È tutto
così difficile! Dopodiché si
portò la mano sul petto e strinse
fiduciosa il piccolo crocifisso di corallo, restandosene in silenzio
assai
assorta fino a quando il marito non la prese con delicatezza per un
braccio. - Vieni cara, raggiungiamo gli
altri. A quest’ora ci staranno
cercando dappertutto – la esortò. |
Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***
Capitolo
18 Fortunatamente i lunghi giorni di
permanenza ad Ingurtosu
della rumorosa e vivace famiglia
Rutherfurd passarono abbastanza tranquilli grazie anche ad
un’idea geniale
venuta a Robert. Il giovane ingegnere, infatti, provvide a noleggiare
un bel
carrozzino ed incaricò Giosuè di accompagnare
tutti i giorni i bambini della
sorella ed il loro papà alla spiaggia. Davvero contenti, gli
ospiti
accettarono l’occasione
di godersi il
mare cristallino e il bellissimo litorale e ben presto a loro si
unirono anche Nunzietta
e Charles. I primi giorni Megan si rifiutò di accompagnarli
per timore di
abbronzarsi la bella pelle chiara, ma poi un po’ il caldo, un
po’ il fatto che
Barbara le prestò la sua tenda sotto la quale poteva
tranquillamente stare
all’ombra, finì per andarci pure lei visto che in
quel posto desolato l’unica
distrazione alternativa sarebbe stata andare a guardare le miniere. Barbara e Kate rimasero
così molte giornate da sole in
compagnia della bimbetta che la nonna aveva preso ad adorare. Si
trovavano
davvero bene insieme. Barbara apprezzava moltissimo il carattere dolce
e
riservato della suocera ed a mano a mano che tra loro due
s’instaurava una
certa confidenza, riuscì anche a farla parlare di
più. La povera donna, di
famiglia molto perbene, aveva avuto davvero un’esistenza
travagliata. Aveva
sposato il suo Edward con grande amore, ma la vita che il giovane
minatore
aveva potuto offrirle era stata molto misera anche se né
questo né la disgrazia
di aver perduto i primi due figli li aveva mai allontanati
l’uno dall’altra.
Purtroppo quando le cose sembravano essersi messe meglio
perché Robert e Megan
stavano crescend sani ed un
fratello monsignore le aveva
lasciato una discreta sommetta in eredità, era avvenuto il
disastro in miniera
nel quale il marito era rimasto gravemente offeso e da allora in poi
tutto era
cambiato. Barbara aveva capito come la donna
avesse investito
tutte le sue aspirazioni nei figli e ne fosse ora davvero orgogliosa.
Di sé
parlava poco, ma in compenso le raccontava sempre di loro, tanto che
alla fine
si ritrovò a sapere della loro infanzia ed adolescenza molto
più di quanto non ricordassero
essi stessi. Però le piaceva starla ad ascoltare
così come le piaceva
raccontarle di sé quando, nei pomeriggi assolati, dopo aver
finito le numerose
faccende in cui erano state impegnate tutto il giorno, si sedevano a
prendere
il fresco e a riposare nel portico
o in
giardino in attesa del ritorno dei bagnanti e di Robert. La suocera la
stava ad
ascoltare sempre con enorme benevolenza e Barbara pensò che
si sarebbe potuta
affezionare a lei come ad una seconda madre. Tra l’altro Kate
le aveva dato un
notevole aiuto in cucina perché i bambini e lo stesso Ewan
non gradivano del
tutto la cucina italiana. Così ne aveva approfittato per
farsi insegnare qualche
ricetta gallese, sicura che avrebbe fatto piacere anche al marito
mangiare
qualche piatto della sua terra di tanto in tanto. L’ultima domenica di
permanenza degli ospiti, verso la
fine di agosto, lei e Kate avevano preparato un pranzo davvero speciale
con
piatti della cucina gallese e sarda. Si erano divertite ad allestire
una
bellissima tavola imbandita sotto il pino in giardino e per
intrattenere i più
piccoli, Barbara aveva organizzato con l’aiuto di Luigi anche
una
rappresentazione di marionette. Nel pomeriggio tranquillo, le
risate dei bambini
risuonarono allegre ed anche gli adulti si divertirono a seguire la
storia
buffa ed originale che la donna fece recitare ai suoi
pupazzi. Alla fine
si guadagnò molti applausi entusiastici. Dopo aver ringraziato la platea,
rossa in volto e
contenta, Barbara si avvicinò al tavolo per bere un
bicchiere di limonata.
Mentre lo faceva notò che la piccola Neve aveva in mano una
grossa fetta di
melone e se la portava alla bocca. Assai spaventata, si
lanciò verso di lei per
togliergliela, ma la suocera la trattenne con un sorriso. - No, lasciala stare, ci sono io
qui e la sorveglio
con attenzione. Sta mettendo un dentino e la fetta di melone, fredda e
dolce
com’è, le dà molto sollievo anche se
è dura e non riuscirà a staccarne un
pezzo. Intanto la piccina si agitava
felice sul seggiolone e,
sollevando il visino tondo verso la mamma, le fece un sorriso radioso
con la
sua boccuccia tenera dove spiccava come una perlina un primo, solitario
incisivo. Barbara
che non lo aveva ancora notato, ne fu
commossa e si chinò a baciarla. Era una scenetta talmente
tenera che sul viso
di Megan seduta lì accanto si dipinse
un’espressione di affetto. - Però, sei davvero una
gran brava ragazza tu. Mio
fratello non poteva trovare di meglio! – disse alla cognata,
con sincerità. Mentre Barbara la ringraziava con
un sorriso, Robert intervenne. - È normale, ho saputo
ben scegliere! – affermò
sorridendo a sua volta ma il sorriso gli si raggelò sulle
labbra quando sentì la
sorella dire: - Secondo me la prima volta non
avevi scelto
abbastanza bene. Certo io non ho conosciuto Julie, ma dubito che
un’aristocratica come lei avrebbe potuto sfacchinare in casa,
fare economie e
pulire culetti come fa dalla mattina alla sera questa poverina.
Probabilmente
avevi sperato che sposando la nipote di sir Paul Bradley avresti potuto fare una carriera
ben diversa e ti saresti consentito
un altro tenore di vita. Però, se ti fossi sbagliato ed il
massimo che poteva
offrirti suo zio era questo, allora è stata una fortuna che
a farti da moglie ora
non ci sia più lei ma Barbara. Solamente una donna sposatasi
all’età in cui le
altre donne si rassegnano ad essere rimaste zitelle poteva accettare
una casa
senza pretese, una vita così monotona e come unico aiuto
alle sue fatiche, una
sola servetta macilenta e due vecchi mezzo rimbambiti. A dirti il vero
non mi
aspettavo di trovarvi in queste condizioni, se l’avessi
saputo, neanche sarei
venuta a darvi fastidio. Pensare che rimproveravo sempre questo
poveretto di
Ewan perché con il suo misero stipendio non mi ha mai fatto
fare la signora,
anzi portavo ad esempio sempre te che eri diventato addirittura il
direttore di
una miniera! Avevamo persino deciso di chiederti un prestito, ma
considerato
come stai messo, forse a tuo confronto Ewan, che non è mai
stato una cima,
questo lo dobbiamo riconoscere, ha fatto più strada di
te… Alfred, così la
strozzi tua sorella, smettila immediatamente o vengo lì e ti
faccio nero! Per fortuna fu costretta dal
comportamento del figlio
ad interrompere quel fiume di parole e quando stava per riprendere dal
punto in
cui si era interrotta, quasi si meravigliò di vedere i visi
degli astanti che
la guardavano esterrefatti, incapaci di pronunciare anche una sola
sillaba. Alla fine solo Kate
parlò e fu molto dura con la
figlia. - Se qualche volta riflettessi un
momento prima di
abbandonarti ai tuoi sproloqui! – la rimproverò -
Ma ti rendi conto che non hai
mancato di offendere nessuno con le cose che hai detto? Chiedi scusa a tutti ed a tuo fratello
specialmente! Sembrava quasi strano che
l’anziana signora si
mostrasse così severa e Megan avvampò come una
brace. Nella sua esuberanza non
riteneva affatto di aver detto cattiverie ed il comportamento della
madre la
sdegnò moltissimo perché lo riteneva davvero
ingiusto. E poi, accidenti, era
una vita che sopportava la sua spiccata preferenza per il figlio
maschio! Si
ribellò subito: - Perché, quale bugia ho
detto? Perché mi devo scusare?
Tu, piuttosto, quando ti si tocca il figliolo ti risenti subito,
ammettilo.
Guarda che non la merita la tua adorazione, non te lo sei trovato nel
momento
del bisogno. Lui nemmeno lo sa che sei andata a fare la lavandaia per
tirare
avanti. - Mamma, cosa sta dicendo!?
– le chiese Robert,
davvero addolorato e stupito. - Sciocchezze, figlio mio, sta
dicendo sciocchezze. - Davvero? –
urlò la giovane oramai fuori dalla grazia
di Dio – Non sei andata a lavare i panni dai Moore e dai
Mongomery? - È stato solo quando
tuo padre era agli sgoccioli ed
avevamo bisogno di pagare un infermiere. - Perché non me
l’hai fatto sapere? – la rimproverò il
figlio. - Perché non ti voleva
turbare, poverino! Ebbene è
meglio che tu lo sappia: quando
se ne
tornerà a casa rimarrà davvero sola e
senza mezzi perché io non la potrò portare a
Marsiglia con me, già lo sa Dio
come faremo noi! - Non c’è
alcun bisogno di preoccuparsi per questo. Ho
le mie cugine a Cardiff e le cognate, non sarò sola
– obiettò l’anziana signora
con dignità. - Giusto, quelle che già
affermano che è stato un vero
peccato sprecare tanti soldi e fare tanti sacrifici per far studiare un
figlio che
nemmeno pensa alla tua vecchiaia! A questo punto Robert
scattò in piedi, pallido in
volto. - Hanno ragione, Megan, hanno
ragione su tutto. Io
sono solo un povero fallito che non è in grado di pensare a
sua madre, di consentire
una vita dignitosa alla moglie o di dare un aiuto alla sorella. Io non
sono
capace di rendere felice nessuno e ve ne chiedo scusa. Era visibilmente sconvolto e si
allontanò senza dire
più nulla mentre un silenzio imbarazzato scendeva sulla
tavola. Persino i
bambini avevano smesso di giocare e un po’ smarriti
osservavano gli adulti
senza riuscire a capire perché la bella giornata di festa si
stesse
trasformando così. Fu Barbara a rompere il silenzio
dopo qualche minuto e
lo fece con una voce così calma che i più piccoli
si tranquillizzarono subito e
ripresero le loro serene occupazioni. La donna infatti parlava piano,
scegliendo con cura le parole per riuscire a fare un discorso pacato
pur toccando
i sentimenti più intimi. - È vero, Megan
– disse alla cognata – tu non hai
detto alcuna bugia. Ma vedi, mia cara, il tuo difetto è
fermarti sempre alla
superficie, senza guardare cosa c’è dietro gli
accadimenti e quali sono le
molle che spingono le persone ad agire in un certo modo. - La molla che spinge mia madre la
conosco più che
bene: è la sua preferenza per Robert. È sempre
stato così, non negarlo! –
protestò la giovane con gli occhi pieni di lacrime facendo
un gesto con la mano
alla madre che negava risolutamente con il capo. - No, non credo sia
così, vostra madre vi adora
entrambi. Forse hai scambiato l’orgoglio che prova per Robert
per una
predilezione, ma non è così, e, se ci pensi bene,
anche tu dovresti essere
orgogliosa di tuo fratello. Non è stato lui forse a portare
avanti la famiglia
dopo che vostro padre aveva avuto l’incidente? Te lo
ricorderai anche tu come
sfacchinava tutto il giorno accettando anche i lavori
più umili pur di portare i soldi a casa
continuando
nello stesso tempo a studiare. Eppure non ha mai consentito che tu
andassi a
lavorare, addirittura voleva che i soldi di zio Thomas fossero usati
per
mandare a scuola anche te. Sei stata tu a non volerla proseguire perché ti sei
voluta sposare a sedici anni. - Come le sai queste cose?
– le chiese l’altra
esterrefatta. - Me l’ha raccontate
Kate. Non credere però che io
voglia rimproverarti, hai fatto benissimo. È così
bello sposarsi giovani quando
s’incontra l’uomo giusto! Perché tu
l’hai incontrato, non è vero? Anche se lo
disprezzi così spesso, lo sai meglio di chiunque altro che
Ewan ti tratta come
una principessa e nessuno mai avrebbe potuto darti più amore
e considerazione. - Io non me la prendo,
lei è fatta così, dice le cose senza
pensare, ma in realtà è una gran
brava persona – intervenne timidamente il grosso marito
rivolgendo uno sguardo
di tenerezza alla bella consorte che lo ricambiò
guardandolo a sua volta con gratitudine. - Lo so, Ewan, noi tutti lo
sappiamo, ma solo perché
non ci fermiamo alle apparenze come fa lei. Se lo facessimo, dovremmo
affermare
che la nostra Megan è una persona sgradevole
perché dice cose davvero brutte
sugli altri. - Cosa ho detto di tanto malvagio
in fondo? Forse ti
sei offesa perché ho fatto notare che ti sei sposata
tardi… - Assolutamente no, non
è questo. Io davvero mi sono
maritata tardi, ma solo perché non ho avuto la fortuna di
incontrare prima una
persona come Robert. Ma come è possibile che tu, proprio tu,
possa aver pensato
che lui abbia sposato Julie per imparentarsi con dei nobili o per far
carriera
nelle società minerarie dello zio della moglie! Non sai
quanto è orgoglioso e
dignitoso tuo fratello? Lui e Julie
avevano rinunciato a tutto pur di stare insieme e
sarebbero stati molto
felici se la morte non li avesse separati. E lei fu ben contenta di
lasciare il
suo status di aristocratica pur di stare accanto ad un uomo
così buono, leale,
onesto e generoso come è Robert. Sono sicura che
l’amore tra loro fu quanto di
più meraviglioso ci possa essere stato a questo mondo, un
po’ come quello tra
tua madre e tuo
padre. Non è così, Kate? La suocera accennò di
sì con il capo, il cuore gonfio
di rimpianto e di dolore. Continuando a parlare a lei,
Barbara proseguì, sempre
con infinita dolcezza. - Per quanto riguarda voi, anche se
questo posto è
quello che è e dovreste abituarvi a tante cose nuove,
potreste rimanere qui con
noi e non tornare da sola a Cardiff. Sempre se vi fa piacere,
naturalmente. - Ma no, non
c’è bisogno! – si schernì
l’altra
arrossendo. Per darsi un contegno e non
mostrare il proprio imbarazzo,
prese dal
seggiolone la piccola Neve che
cominciava a ciondolare dal sonno e la mise a riposare con la testina
poggiata
sul suo grosso seno sfiorito. La nuora sorrise nel vedere la
scena. - Non ce n’è
bisogno dite? – le chiese con fare
allegro – Io ho un gran bisogno del vostro aiuto per crescere
i miei bambini,
Megan ha bisogno di cominciare tranquilla la sua nuova vita a Marsiglia
senza
la preoccupazione di sapere che la sua cara mamma è sola e
Robert... – esitò un
poco - Robert ha tanto bisogno di essere amato e chi può
farlo di più se non
sua madre? - Mamma, davvero – la
implorò la figlia – rimani qui
con loro, te lo sta chiedendo con il cuore, non è
così Barbara? Scusami per
prima, io non volevo essere cattiva. - Questo l’abbiamo
capito. Però una piccola punizione
ti tocca lo stesso: adesso aiuti questa povera ragazzina macilenta a
lavare i
piatti perché io vado a recuperare tuo fratello che
è capace di fare una
tragedia per quattro parole sconsiderate – le disse allegra e
poi rivolta alla
cameriera, aggiunse - Dimmi un po’, hai visto
dov’è andato l’ingegnere? Nunzia, che arrivava in quel
momento dalla cucina, la
guardò stupita perché non avendo
seguito il discorso precedente non capiva
perché la padrona la stesse chiamando macilenta, ma poi
pensò che l’inglese non
lo conosceva bene e doveva aver capito per forza male. - L’ho visto prendere
Thunder – le rispose mentre
cominciava a togliere i piatti aiutata da Megan. - Bene, allora so dove andarlo a
cercare. Nonna, per
favore, badate un po’ voi ai nipotini? Se ne andò a prendere il
calesse e con decisione si
diresse alla spiaggia dove c’era l’imbarcadero
della miniera. La strada era
parecchia, ma a dire il vero l’inaspettata passeggiata
pomeridiana le faceva
anche bene. Aveva bisogno di stare un po’ a pensare
perché le cose che aveva
detto su Robert erano tutte sincere e sentite. Guardandosi dentro,
scopriva che
oramai il rancore ed il risentimento nutriti solo poco tempo prima per
lui
erano totalmente scomparsi perché quell’uomo, il
cui unico difetto era solo una
eccessiva lealtà, meritava di avere accanto una compagna che gli facesse ritrovare
la fiducia in se
stesso. Arrivata alla meta, ebbe subito la
conferma dell’esattezza
della sua intuizione quando vide il bel baio scorazzare libero sulla
spiaggia.
Poco più in là, seduto su una duna di sabbia
bianchissima, c’era il marito. Si
era tolto la giacca e la cravatta, aveva rimboccato le maniche ed
aperto il
colletto. Il vento caldo proveniente dal mare gli scompigliava i folti
capelli
castani e quando si voltò nel sentirla arrivare, i suoi
occhi avevano lo stesso
luccichio azzurro delle onde del mare poco lontano. - Cosa ci fai qui? – le
chiese stupito. - Me l’hai detto tu una
volta che quando avevi bisogno
di startene un po’ in pace te ne venivi qui. - Già, avevo bisogno di
starmene un po’ in pace.
Perché sei venuta? Barbara finse di non cogliere la
freddezza della
domanda e provò a scherzare: - Perché, solo tu hai
diritto a cercare la pace?
Guarda che anch’io ho bisogno di riposarmi un po’
dalle chiacchiere della
signora Rutherfurd! Lungi dall’accettare lo
scherzo, lui replicò,
mostrando quanto fosse addolorato: - Eppure te l’ho detto:
Megan parla tanto ma ha quasi
sempre ragione nel dire le cose. - Non farmi ridere, ha detto tante
di quelle
sciocchezze e ti assicuro che l’ha riconosciuto quando te ne
sei andato! L’uomo la
guardò con un sorriso sarcastico e triste. Barbara ne fu così
intenerita che provò un moto
d’affetto e non poté trattenersi dal mettergli una
mano sul braccio. - Tu sei l’uomo migliore
del mondo, invece. Io non ho
mai conosciuto nessuno che si prenda tanta briga per gli altri e si
sacrifichi
come fai tu. Sei stato per Julie un marito perfetto, sei un padre
meraviglioso,
un figlio devoto ed un fratello buonissimo. E per me sei un amico
generoso e
sincero. Cosa vorresti essere di più? Guarda che non sei
solo tu a dover dare
agli altri, anche gli altri ti devono qualcosa, non credi? Robert non parlò,
restando con la testa china,
pensieroso e smarrito. La moglie continuò il suo discorso in
tono più leggero: - A proposito, ho chiesto a tua
madre di restare con
noi… - No, non voglio. - Non vuoi tenere con te tua
madre!? – gli chiese
stupita dalla reazione strana. - Certo che vorrei, volevo solo
dire che mi
dispiacerebbe se tu ti accollasi anche una persona anziana… - Persona anziana tua madre?
Accidenti, quella è così
arzilla e forte che mi dà dei punti! E poi è
dolce e buona come sei tu. Vedrai,
ingegnere, andrà tutto benissimo, staremo davvero bene tutti
insieme – aggiunse
con dolcezza stringendogli ancora l’avambraccio. Il giovane l’osservava
dubbioso: si stava chiedendo se
non fosse venuto il momento di dirle quanto l’amava. Forse lo
avrebbe fatto,
finalmente, se Barbara non fosse schizzata in piedi strillando: - Mamma mia
com’è tardi! Ho lasciato Neve a dormire
beata tra le braccia della nonna, ma devo allattarla ed
è una cosa che posso fare io sola, purtroppo!
Lui le afferrò una mano
per trattenerla. - Aspetta – le disse
– devo dirti una cosa. - Cosa? Che sono stata una stupida
a farmi tutta questa
strada per venirti a ricordare delle verità che se fossi
rimasto a riflettere
un po’ avresti capito da solo? Ebbene sì, lo sono,
ma ora fammi scappare. Senza dargli la
possibilità di aggiungere altro, cominciò
a scendere dalla duna. Ad un tratto un pensiero
la colse e si girò a guardarlo. - Non dovevi accompagnare tua
sorella alla festa a
Montenuovo stasera? – gli chiese. - Sì, dovevo. - Perché non torni con
me allora? - No, ho ancora voglia di starmene
un pochino da solo.
Dici a Giosuè che vi portasse lui con il carrozzino, io
magari vi raggiungerò dopo
lì. - Va bene. Io però non
ci vado. Charles è molto
raffreddato e voglio cercare di non farlo uscire stasera. Forse
è davvero meglio
se tu non passi per casa, così tuo figlio non ti si
appiccica e posso provare a
distrarlo per non farlo piangere. Vado, ora. Ciao. Seguendo con lo sguardo la sua
figurina sottile
vestita di bianco che si allontanava sulla sabbia dorata, Robert si
chiese
quando avrebbe trovato di nuovo il coraggio per confessarle che
l’amava da
morire. |
Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***
Capitolo 19 Era già abbastanza tardi
quando tornarono da
Montenuovo. Megan ed Ewan si ritirarono subito in camera portando in
braccio i
due figli più piccoli addormentati. Anche i più
grandicelli cadevano dal sonno,
soddisfatti e felici della bella giornata che gli zii avevano regalato
loro.
Robert stava per andarsene anche lui a dormire, ma notò la
madre ancora seduta
nel portico e le si avvicinò. - Che ci fai qui tutta da sola?
Dov’è Barbara? - Ha portato Charles a dormire
perché ha un po’ di
tosse e non voleva fargli prendere l’umidità della
sera. Io invece avevo un
gran caldo ed ho preferito stare ancora un po’ qui. Ora
però rientro
anch’io perché tira molto vento. - Già –
convenne il figlio – qui fa molto caldo e
spesso c’è un gran vento però vedrai
che ti ci abituerai presto, io adoro
questa terra! - Robert… - gli disse la
vecchia signora un po’
esitante – io non so se è il caso… mi
dispiacerebbe se tu avessi imposto a tua
moglie anche questo sacrificio. - Ti assicuro che non sono stato io
a proporlo, anzi,
a dire il vero non ci avevo nemmeno pensato. Però mi sembra
una soluzione
perfetta. - E se poi non vi trovate a stare
con me? - Non dire sciocchezze, Barbara mi
ha detto che le sei
molto simpatica e ti trova molto dolce e buona ed
io…insomma, lo sai. La guardò con gli occhi
dolcissimi colmi di affetto,
ma neanche con sua madre riusciva ad aprirsi del tutto e a dirle
apertamente
quanto le voleva bene. - Forse non è soltanto
perché le sono simpatica. Lei
deve amarti davvero molto, me ne sono accorta. Sapessi come ti ha
difeso con
tua sorella prima! - Non è questo,
probabilmente ritiene che io non
sappia difendermi da solo. Forse ha ragione, piuttosto che affrontare
chi mi
attacca, spesso preferisco battere in ritirata. Lei invece è
una donna fiera e
forte anche se sa essere molto dolce. Purtroppo non
lo so se è amore quello che prova per me. - Certo che lo è!
– insistette la madre – Però anche
tu l’ami, non è
così? - Sì, anche se a volte
mi chiedo come abbia potuto
amare allo stesso modo due donne così diverse come lei e
Julie. - Succede, figlio mio, le
capacità di amare di ognuno
di noi sono infinite ed in fondo loro due non devono essere state poi
tanto
diverse. - Forse è come dici tu,
entrambe mi hanno saputo dare
la forza di credere di nuovo in me stesso e nella vita. In ogni modo
torniamo a
noi, cosa hai deciso di fare? - Non lo so, sono molto indecisa,
è un passo così
importante per me! - Ascolta allora, facciamo
così: per il momento non
toglieremo la casa di Cardiff così
potrai sempre ritornarci se non ti andrà più di
stare con noi. Però sono sicuro
che ti troverai benissimo e tu stessa deciderai di rimanere. Va bene? - Sì, va bene. Spero
soltanto di non darvi troppo
fastidio. - Incomincia allora a non fare i
capricci e vieni a
dormire perché devo
chiudere la casa! –
scherzò il giovane prendendola in giro mentre le posava un bacio sulla
fronte per salutarla. Dopo poco si ritirò
anche lui nella sua
stanza dove già la moglie ed i
bambini erano a letto. C’era una luce particolare
perché sul comò adesso c’era un
quadretto della Madonna della Neve davanti al quale Barbara aveva
acceso un
lumino rosso. Dalla finestra aperta entrava il fresco vento della notte
di
agosto e c’era un gran silenzio, rotto soltanto dal respiro
un po’ pesante di
Charles. Si avvicinò al lettino per guardarlo e vide che
respirava con la
boccuccia aperta perché doveva avere il nasino otturato.
Sembrava tranquillo
però. Gli fece una carezza ed andò in bagno a
lavarsi e a prepararsi per la
notte. Si stava ancora asciugando quando sentì Neve piangere. Entrando nella stanza
udì la moglie che con
un soffio di voce le diceva: - No, piccina, per favore dormi,
dormi! Purtroppo la figlia non si calmava
e lei sbottò,
infastidita e stanca: - Uffa, ma cosa vuoi adesso!? Ti ho
dato da mangiare e
ti ho cullato tanto, che devo farti di più! Si stava rialzando quasi
piagnucolando, ma l’uomo le
si avvicinò e le fece cenno di coricarsi di nuovo. - Ci penso io. – le
sussurrò – Forse alla nostra
bambolina fanno
male i dentini, per
questo piange. Presa in braccio la figlia,
cominciò a passeggiare per
la stanza - Già, però
così finirà per svegliare anche Charles e
stasera non si sente bene neanche lui, povero angioletto –
mormorò la donna
appoggiandosi di nuovo sul cuscino. Robert cominciò a
cantare pian piano una canzoncina e
la sua voce era così calda e dolce che la bambina smise di
piangere e dopo
qualche minuto di carezze, si addormentò addirittura. Intanto lui guardava la moglie. Gli
facevano un’enorme
tenerezza i suoi occhi belli che si chiudevano dal sonno, come se anche
su di
lei la dolce ninna-nanna avesse effetto. Sorrise tra sé e
rimise la bimba nella
culla. Si coricò a sua volta e posò un lieve
bacio sul braccio nudo di Barbara
che dormiva tranquilla su di un fianco, dandogli le spalle. Era stato l’affetto a
spingerlo a compiere quel gesto,
ma la sensazione della morbidezza della sua pelle sotto le labbra, gli
impedì
di allontanarsi. Sfiorandola con la bocca, ne aspirò
l’odore e la levigatezza
ed ebbe l’impressione che la donna rabbrividisse al suo
contatto senza
sottrarsi ai lievi baci che le posava con sensualità lungo
tutto il braccio.
Incapace di trattenersi ancora, Robert salì con le labbra
lungo la spalla e la
baciò piano sulla nuca, sotto l’orecchio, laddove
avvertiva ancora più forte il
profumo di lavanda dei suoi capelli. Barbara restava ancora immobile ed
addormentata, ma il desiderio dell’uomo oramai era esploso.
Non riuscì a
contenersi. Le carezzò piano il seno, il fianco ed il ventre
e poi infilò una
mano sotto la camicia risalendo su per la pelle serica delle cosce fino
ad
incontrare il tepore umido del
sesso. Con molta
delicatezza la fece girare supina,
continuando le sue calde carezze. La donna non accennava nessuna
reazione, ma
anche se se ne stava immobile con le braccia abbandonate ai lati del
cuscino e
gli occhi chiusi, lui avvertiva chiaramente il fremito che la scuoteva.
Con
entrambe le mani allora le prese il viso e cominciò a
carezzarle le guance, il
naso, le tempie, poi passò il pollice sulle sue belle labbra
sensuali
facendogliele dischiudere
leggermente.
Solo allora Barbara aprì gli occhi e nel tenue chiarore del
lumino, Robert intravide
in essi un languore che
gli fece perdere
completamente ogni controllo. Senza più temere di essere
respinto, la baciò.
Lei allora lo
strinse in un morbido
abbraccio, abbandonandosi con un lieve sospiro, pronta a dargli e a
ricevere
l’amore. Dopo Robert aspettò che
il cuore gli smettesse di
battere all’impazzata. La passione poco prima lo aveva
travolto come un vento
impetuoso, ma quell’emozione nasceva soprattutto
dall’enorme felicità. Per la
prima volta dopo tanto tempo, aveva assaporato il piacere di fare
all’amore con
una donna davvero amata. Si diceva tra sé che era una gioia
talmente sublime da
riuscire da sola a rendere degna la vita di essere vissuta. Si
girò verso la
moglie e vide che si era già ricomposta addosso la camicia
ed ora si nascondeva
il viso con un braccio, il respiro ancora un po’ affannoso. Era successo tutto così
inaspettatamente, ma era stato
bellissimo e non soltanto perché aveva ritrovato la magica
intesa che li
attirava così tanto l’uno verso l’altra,
ma anche perché adesso c’era un tenero
amore a guarirlo dalla disperazione
in
cui era caduto e a donargli una nuova gioia di vivere. Avvertì impellente il
bisogno di dirle quanto l’amava.
Provò a chiamarla pianissimo. Per tutta risposta lei si
voltò sul fianco,
dandogli di nuovo le spalle. - Barbara… - la
chiamò ancora in un mormorio. - Dormi – gli disse lei
con lo stesso tono usato prima
con la figlia. Robert non sapeva cosa fare,
avrebbe voluto parlarle,
ma poi Charles fece un colpo di tosse
e
si svegliò frignando e lamentandosi per la sete. Così si
alzò e gli versò
da bere dalla bottiglia d’acqua che era
sul comodino. Quando il bambino si rimise a dormire, si distese di nuovo accanto a lei,
mettendole un braccio
intorno ai fianchi ed attirandola a sé. In un primo momento
ebbe la sensazione
che s’irrigidisse, ma poi gli si abbandonò contro
ed addirittura gli mise una
mano sulla sua, stringendogliela forte in un gesto di affetto e di
complicità.
Robert si sentì il cuore balzare nel petto dalla gioia: quel
gesto era stato
ancora più meraviglioso di tutta l’estasi che gli
aveva dato l’amore fisico. Con la dolcezza di un uomo
innamorato, aspettò che la
sua donna si addormentasse prima di scivolare nel sonno anche lui,
provando la
sorprendente consapevolezza di starla stringendo finalmente tra le
braccia. ******************************************************************************************************************** Anche se
questo capitolo è stato molto breve, ritengo che possa
esservi piaciuto perché
finalmente c’è stato un riavvicinamento tra i
nostri due protagonisti, almeno a
letto. Non voglio anticiparvi la trama, però mi
interesserebbe sapere se nell’ottica
di questa storia, a vostro avviso, il
fatto che abbiano fatto di nuovo all’amore sia un punto di
partenza o di arrivo.
L’unica cosa che voglio dirvi è che ho cercato di
tracciare un percorso
interiore che sia Robert che Barbara stanno percorrendo grazie al quale
entrambi
abbiano la possibilità di passare
dall’indifferenza o dal risentimento all’amore,
attraverso un
profondo cambiamento che
ho tentato (e
tenterò) di spiegare
capitolo per
capitolo. Nel
contempo ho provato
a dare ai loro
rapporti un’impronta di
maggiore disponibilità e comprensione reciproca senza le
quali questo passaggio
forse non sarebbe stato plausibile. Probabilmente non ci sono riuscita
e sono stata
capace di tracciare solo due personalità abbastanza
lunatiche ma sono certa che
comunque non vi stancherete di loro e resterete a leggere anche i
prossimi
aggiornamenti (che riprenderanno dopodomani) nei quali vedrete come ho
immaginato, in maniera sempre molto dolce e
tranquilla nonostante le cose che succederanno, come un
amore che
sembrava sopito o mai nato possa finalmente incominciare a far parte
della vita
di due persone. Un grosso grazie a tutte quelle che mi stanno seguendo
ed in particolare alle mie dolci "fedelissime" per i loro preziosi
commenti. |
Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***
Ed eccomi
pronta con l’aggiornamento che vi avevo preannunciato per
stasera. Prima però
devo ringraziare le mie cinque (anzi sei, le nane sono due!)
recensitrici le
quali sono il mio termometro di autrice per misurare quanto siano
plausibili le
cose che invento. E devo dire che ho visto che siete tutte
d’accordo sul fatto
che il rapporto
sessuale avvenuto sia
solo un punto di partenza perché è proprio così che l'ho inteso. Non so se sbaglio, ma ho sempre pensato che
l’attrazione fisica sia
alla base di ogni autentica unione amorosa ma da sola non sia
sufficiente a
creare un legame davvero profondo ed indissolubile. È questo
il motivo per cui ho
immaginato di far compiere a Barbara e a Robert
un percorso un po’ più lungo nel quale
però possano giorno per giorno scoprirsi,
apprezzarsi, innamorarsi. Alla
fine sarete
voi a dirmi se ci sarò riuscita. Ci conto , eh? Allora, vediamo
un po’ cosa succede la mattina dopo … ********************************************************************************************************************** Capitolo 20 Il mattino dopo Robert si
svegliò come al solito presto
per andare alla miniera e come di consueto cercò di fare il
più silenziosamente
possibile per non svegliare i dormienti. La felicità della
notte prima non lo
aveva ancora abbandonato e si sentiva il cuore leggero. Nel prendere l’orologio
riposto nel cassetto del
comodino, gli cadde lo sguardo sul ritratto di Julie. Lo prese in mano
e restò
assorto a guardarlo. Un’ondata di malinconia lo
assalì. Si rammentò di tutte le
volte che lo aveva fissato nelle lunghe e solitarie ore della sua
disperazione
durante le quali aveva desiderato con tutto se stesso di poterla
seguire. Aveva
tradito il loro amore innamorandosi di Barbara? Per un momento
l’angoscia ed il
senso di colpa per non aver mantenuto la promessa gli attanagliarono lo
stomaco, ma poi, fissando il ritratto, gli venne in mente
l’immagine di un
posto dove era solito andare a giocare da bambino. Era una vecchia casa
diroccata. Kate gli aveva narrato i racconti tramandati dagli anziani
sulla
nobile famiglia che vi aveva vissuto tanti anni addietro e delle feste sontuose che vi si
erano svolte prima
che i proprietari cadessero in miseria. Oramai erano rimasti solo pochi
ruderi
che parlavano di morte, di decadenza, di abbandono e così
gli aveva suggerito
di non andarci
più perché la riteneva un
posto molto malinconico ed anche pericoloso per un bambino. Eppure lui amava rifugiarsi
lì. Gli piaceva soprattutto
un angolino, dove, tra i resti di mura ancora a tratti ricoperte dai
brandelli
di una sontuosa tappezzeria oramai scolorita dal tempo e ciò
che rimaneva delle
pregevoli maioliche di quello che era stato un dì il
meraviglioso pavimento di un
gran salone da ballo, era sbucato un alberello alla cui ombra
crescevano
primule e violette nel verde splendore di un mare d’erba. Se ne stava ore silenzioso ed
assorto ad ammirare lo
spettacolo del sole che filtrava tra le foglie, il via vai degli
insetti nel
prato, le mille farfalle colorate posate sui fiori, gli uccellini che
rallegravano il silenzio con il loro canto armonioso. Ora, da adulto,
improvvisamente intuì perché quel posto gli fosse
piaciuto tanto: in
esso aveva avvertito il pulsare della vita
che ritorna a riportare la bellezza e a cancellare con la sua armonia i
segni
della desolazione. Ecco, questo era ciò che
era avvenuto anche per lui: la
vita si era di nuovo impossessata della sua esistenza e aveva dovuto
piegarsi
ad essa, non ne aveva potuto fare a meno. Non c’era nessuna
colpa da parte sua
e per questo, con un sorriso e l’animo rasserenato,
baciò il ritratto di Julie
e lo ripose amorosamente nel cassetto, dopodiché fece una
carezza a Barbara
ancora addormentata ed ai suoi bimbi e poi uscì per andare a
lavoro.
Quella però non fu di
certo una giornata come le altre.
Il pensiero di Robert andava di continuo alla felicità
appena trovata,
soprattutto perché le cose erano state molto più
semplici e naturali di quanto
non si fosse aspettato. Ora poteva finalmente ricominciare ad
assaporare il
gusto della vita e cercare di liberarsi dalla paura del futuro che gli
aveva
impedito sempre di assaporare la gioia del presente. Tutto gli sembrò
più facile, persino sopportare
Leonard, saccente e borioso come al solito. Aveva solo voglia di
tornare a casa
ed a stento riuscì a resistere fino all’ora di
pranzo quando se ne andò,
lasciando il nipote di sir Paul un po’ stupito dalla sua
insolita allegria. Portando Thunder nella stalla,
notò la madre e la
sorella che stavano piegando delle lenzuola di bucato. Si
ricordò che il giorno
dopo Megan sarebbe partita ed in cuor suo la ringraziò
perché era stata proprio
la presenza della sua numerosa famiglia a consentirgli di ritrovare
l’intimità
con la moglie. Le si avvicinò sorridente. - Cosa c’è,
ingegnere, oggi non abbiamo la solita
faccia da funerale?- lo prese in giro lei. Robert sorrise ancora di
più, rispondendo dispettoso: - E come potrei averla se la
signora Rutherfurd finalmente
se ne va? La vide fare un viso dispiaciuto ed
in un moto di sincero
affetto, l’abbracciò stretta. - Dai, stavo scherzando! Lo sai
quanto ti voglio bene
ed anche se la tua tribù è vociante ed invadente
e tu sei una gran
chiacchierona senza cervello, mi ha fatto un enorme piacere stare con
voi! Megan lo guardò da sotto
in su, ancora stretta tra le
sue braccia, incerta se credergli o no, ma poi l’amore
fraterno che traspariva
da lui la convinse della sua sincerità e
ricambiò l’abbraccio. - Chissà se un giorno
potremo stare ancora tutti
insieme – sospirò – non sai quanto mi
dispiace lasciare te e soprattutto la
mamma. E anche Barbara, se è per questo. Mi sono davvero
affezionata a questa
cognata! – aggiunse convinta. - A proposito – le chiese
il fratello – ma dov’è? - È in cucina con i
bambini. Charles voleva andare per
forza con Ewan ed i cuginetti al mare ed ha fatto i capricci. Ora, per
distrarlo, l’ha portato con sé a preparare dei
biscotti. - Perché non
l’ha lasciato andare? - È molto raffreddato ed
ha una tosse terribile - gli
rispose la madre – ma ora vai via e lasciaci finire qui
perché Megan deve fare anche
le valigie. - Come
faccio
se i bambini non tornano? Accidenti, Robert, si sono talmente
innamorati del
mare turchese e della sabbia bianca di questo posto che ne hanno voluto
approfittare fino all’ultimo. Quasi quasi lascio anche loro
qui con te! Dopo aver finto un brivido
d’orrore, l’uomo le lanciò
un bacio con la mano e poi si avviò tutto contento verso la
cucina. La sua
contentezza però si trasformò in un impeto di
vera felicità quando scorse la
scenetta che vi si stava svolgendo. La moglie ed i figli erano accanto
al
tavolo e stavano cantando una canzoncina. A dire il vero Maria Neve
strillava
soltanto, seduta sul seggiolone, ma lo stesso sembrava partecipare alla
musica.
Charles invece era in piedi su di una sedia, aveva le maniche della
camicia
rimboccate e stava giocando con un pezzo di pasta. In mezzo a loro,
ancora più graziosa
di sempre, c’era Barbara con i capelli legati a coda ed il
vestito a fiorellini
bianchi e rossi protetto da un candido grembiulino. Stava pulendo il
tavolo di
marmo mentre cantava con la sua vocina flebile ma intonatissima una
canzoncina
popolare. Nel vederlo, la piccina
strillò dalla gioia perché
oramai lo riconosceva bene ed il padre le si avvicinò per
baciarla sul faccino
morbido. Anche Charles voleva la sua parte
di attenzione e lo
chiamò: - Guarda, papà, sto
facendo i “biccotti”! Aveva parlato in italiano, ma come
faceva spesso anche
quando si esprimeva in inglese, aveva storpiato la parola. Robert lo
guardò
divertito e carezzandogli i riccioli biondi non lo corresse, ma per
farlo
contento gli disse: - Bene, così da grande
potrai fare il pasticciere e
verremo tutti a mangiare le torte ed i biscotti preparati da te. - Sì, voglio fare il
“patticciere”
– affermò il bambino serio continuando a storpiare
le
parole, un po’ infastidito dal fazzoletto con cui la mamma
gli stava asciugando
il nasino mentre sorrideva
anche lei. Robert le andò vicino.
Con dolcezza le scostò un po’ i
capelli e fece per posarle un bacio sul collo, ma con suo enorme
stupore, lei
si scostò bruscamente. - No, per favore! – gli
disse. - Barbara, perché, che
hai? Non gli rispose. Prese il bambino
in braccio e lo
portò a lavarsi le manine al lavello di pietra. - Insomma, me lo dici che
c’è? – le chiese quasi
esasperato di non ottenere risposta e vedendola dedicarsi unicamente a
Charles.
Solo a questo punto
gli rispose, alzando
su di lui due occhi tristi. - Vuoi sapere cosa
c’è? C’è che mi vergogno. E
forse dovresti
farlo anche tu. - Ma perché dovremmo
vergognarci? Non ti capisco! Il bambino aveva assunto nel
frattempo un’aria un po’
preoccupata perché aveva avvertito la tensione tra i
genitori. Allora la madre
gli sorrise e, presi dei biscotti, li avvolse in un tovagliolo candido,
si
abbassò sulle ginocchia per trovarsi alla sua altezza e gli
disse allegra: - Sai cosa devi fare adesso, amore?
Devi portare ad
assaggiare i tuoi biscotti alla nonna e a zia Megan. Vedrai quanti
complimenti
ti faranno! - Sì, sì,
vado – strillò il bambino contento con il
fagottino stretto al petto e si avviò talmente in fretta che
la mamma dovette
strillargli dietro: - Non correre,
puoi cadere! Quando se ne fu andato, si
girò di nuovo verso il
marito che sembrava pendere dalle sue labbra in attesa di una risposta. - Sì, ci dovremmo
vergognare – gli disse abbassando il
capo e mettendosi di nuovo a
pulire il
tavolo di marmo con insolita energia ma senza aggiungere altra
spiegazione. - Perché? Me lo dici? -
Accidenti, siamo
peggio di due animaletti in calore: basta metterci nella stessa
gabbietta per
farci accoppiare! Tu dici che non dovremmo vergognarci? - Non abbiamo fatto nulla di male.
In fondo siamo
marito e moglie, no? - No, siamo soltanto degli
incoerenti. Robert fece un viso strano, come di
chi ha appena
avuto uno schiaffo e la donna si pentì di essere stata
così cruda. - Non è stata colpa tua,
non ce l’ho con te, è più con
me stessa che sono arrabbiata - aggiunse con dolcezza poi si sedette ed
offrì
una sedia anche a lui. - Vieni qui, siediti, parliamone
– lo invitò e quando
il marito le si fu seduto di fronte, continuò seria - Io
sono molto attratta da
te fisicamente e questo è inutile nasconderselo
perché sarebbe solo
un’ipocrisia. D’altronde, che sotto questo aspetto
le cose tra noi siano andate
sempre benissimo, lo sappiamo entrambi. L’uomo sorrise a quelle
parole ed allungò una mano a
farle una carezza sul viso, ma Barbara lo fermò con dolcezza
e continuò a
parlare con un leggero rossore diffuso sul viso e gli occhi che lo
fissavano sinceri. - Fornicare è piacevole
ma se la passione dovesse
finire, finiremmo per odiarci e noi questo non
lo vogliamo, non è così? In fondo lo
dicesti proprio tu una volta e se allora ti detestai, ora devo
riconoscere che
avesti ragione. Dobbiamo fare un lungo cammino insieme e crescere due
bambini,
non possiamo consentirci il lusso di sbagliare ancora. - Non credi invece che le cose
possano essere cambiate
da allora? – obiettò lui. - Certo, adesso
c’è questa povera creatura innocente
che abbiamo messo al mondo. In tutta onestà spero di non
essere rimasta di
nuovo incinta per una volta sola che siamo stati insieme. - Perché dici
così? Noi adoriamo la nostra
bambina così
come vorremmo bene ad altri
bimbi che dovessero arrivare! – affermò lui,
sicuro di ciò che diceva. - È vero ma io non li
voglio più i figli solo perché
arrivano, è una cosa che mi fa molto male. Io avrei voluto desiderarlo un
figlio, aspettarlo
con gioia, considerarlo un dono prezioso, la testimonianza vivente dell’amore che
mi lega al mio uomo. Forse,
come diceva mia cognata Luisa, sono
solo
una povera illusa che crede ancora che l’amore esista e che
debba essere un
sentimento totale, travolgente, qualcosa che riempie la vita, un
rifugio sicuro
nel quale trovare il riparo dalle paure e dai dubbi. Purtroppo per me
non è
mai stato
così e fino a quando non sono riuscita ad accettare questa
amara realtà,
non ho trovato pace. Ora non voglio rischiare di compromettere quel
poco di
serenità che sono riuscita a raggiungere tanto faticosamente
solo per il piacere
fisico, per quanto possa desiderarlo. Robert scosse la testa per
manifestare il suo
disaccordo poi le prese le mani tra le sue e le parlò,
accorato. - Barbara, anche io ti ho sempre
desiderato da morire
e non è stato facile per me rispettarti. Però
l’ho fatto perché non volevo
averti solo come compagna di letto. Tu meritavi di più,
meritavi di essere
amata nel modo che intendi. Ma se allora non potevo accettare la
consapevolezza
di starlo già facendo, ora non è più
così, ne sono sicuro, e tu non puoi non
essertene accorta. Lei rimase qualche istante
pensierosa mentre quelle
parole le si facevano strada nell’animo e, stranamente, le
facevano battere il
cuore. Però doveva essere certa, non poteva illudersi ancora
che fare l’amore e
amarsi dovessero essere per forza la stessa cosa. Così
proseguì, stringendo le
mani di Robert tra le sue. - Invece io non sono sicura che tu
adesso ami finalmente
Julie come si deve amare una persona morta, non sono sicura che il tuo
amore
per me sia vero amore e non solo la necessità di avermi
accanto, non sono
sicura nemmeno che io non sia … –
cominciò a dire ma s’interruppe imbarazzata. Non
poteva sapere che il marito
aveva capito che si stava riferendo a Sean. - Che tu? – la
incalzò. Ma la donna abbassò il
capo, arrossendo. - Niente –
mormorò – sono così confusa! Perdonami,
ma
ho bisogno di un po’ di tempo per riflettere prima di
lasciarmi andare senza la
paura di sbagliare di nuovo. Ho sofferto troppo e non posso consentirmi
di
farlo ancora, ne uscirei davvero distrutta stavolta. - Non hai fiducia in me quindi?
– le chiese
dispiaciuto. - No, non è questo!
– proruppe lei sollevando lo
sguardo e fissandolo negli occhi – Tu sei una persona buona e
leale e forse
siamo solo partiti con
il piede
sbagliato. Ma se tu hai commesso degli errori, io non ti sono stata da
meno. Per
fortuna stiamo ancora insieme e possiamo riprometterci di ricominciare
tutto
daccapo. Sono certa che se l’amore c’è,
non tarderemo a scoprirlo, però non
corriamo, ti prego. Siamo stati tanto senza avere rapporti fisici ed
ora non possiamo starci
ancora un po’ per dare il tempo ai
nostri sentimenti di crescere e diventare più chiari? E poi
non ritengo che
proprio tu possa ritenere così essenziale fare
all’amore per riuscire a costruire
qualcosa di solido e di importante. Mi sbaglio? Robert sospirò. - Va bene – le disse
– se è questo che vuoi, lo
faremo. Ma giurami che mi darai un’altra
possibilità, che non continuerai con
quell’atteggiamento
ostile che mi teneva fuori dalla tua vita. -
Sei stato tu il
primo ad estromettermi dalla tua vita, ingegnere! Però
è vero, sono stata molto
male e sono diventata intrattabile ma ora sono più serena e
ti prometto che
cercherò di controllare il mio brutto carattere. Staremo a
vedere cosa succederà.
Forse rimarremo solo due persone sposate o forse diventeremo due
persone che si
amano, non lo possiamo ancora sapere con certezza, ma almeno cercheremo
di vivere
con serenità ed equilibrio il nostro rapporto. Gli posò una carezza sul
viso e lui la guardò con gli
occhi scintillanti pieni di tenerezza ma non le disse più
nulla. Allora Barbara si tolse il grembiulino, prese Maria
Neve in braccio e
le pulì la boccuccia con il bavaglino. Mentre usciva dalla
cucina, si voltò a
guardarlo di nuovo e gli fece un sorriso,
triste ma serena. Seduto ancora accanto al tavolo,
con la testa china, Robert
si mise a scrostare con l’unghia un grumetto di farina che la
moglie si era
dimenticata di pulire. Intanto rifletteva su quanto gli aveva appena
detto. Si
sentiva deluso ma la capiva. Se quando le aveva chiesto di sposarla le
avesse
prospettato il rapporto tranquillo ma freddo di un matrimonio di
convenienza,
se le avesse offerto in cambio delle sue cure la consolazione di mettere al mondo dei figli
e la soddisfazione
di avere una famiglia sua, se dopo averla fatta cedere alle sue voglie
non
l’avesse allontanata, forse
le cose tra
di loro sarebbero andate diversamente. Ma lui per primo aveva rifiutato
ogni tipo
di rapporto matrimoniale, sottolineando più di una volta
quanto fosse ancora
innamorato della sua prima moglie. Era stato molto egoista a non
curarsi della
sofferenza che
aveva inflitto ad una
donna la cui unica colpa era stata probabilmente quella di amarlo ed
ora non
poteva pretendere che Barbara potesse fare come se nulla fosse successo
e
fidarsi di nuovo di lui. Anche se era riuscito finalmente a
manifestarle il proprio
amore, si rendeva conto che per il momento le sue erano solo parole.
Doveva dimostrarglielo
ogni giorno, assediarla con la dolcezza,
corteggiarla, farle capire con i fatti quanto fosse importante per lui.
Solo
così forse sarebbe riuscito a farla innamorare di nuovo e a
farle dimenticare
Sean. Era una bella sfida, ma nella sua vita ne aveva già
sostenute tante.
Quella non sarebbe stata certo la più
difficile perché, nonostante tutto, era certo
dell’affetto della moglie ed
intuiva di non esserle indifferente, lo aveva sperimentato la notte
prima
quando gli si era
abbandonata con tanto
trasporto. A quel ricordo si sentì
pervadere dalla voglia.
Sarebbe stata dura rinunciare ad averla ancora perché gli
era entrata nel
sangue, ma proprio per questo niente al mondo gli avrebbe impedito di
cercare di
averla tutta per sé. D’altronde l’ingegnere
Forrest, nonostante tutte le sue titubanze
e le sue insicurezze, quando amava davvero una donna sapeva bene come
fare a
conquistarla. |
Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***
Capitolo
21 Nonostante si fosse affezionata a
Megan, quando lei e
la sua numerosa famiglia se ne furono andati, Barbara
tirò un sospiro di sollievo e non le parve
vero di ritrovare un po’ di pace. La suocera, silenziosa e discreta,
le dava un valido
aiuto e così, in quei giorni di tarda estate, aveva potuto
riprendere le passeggiatine
serali che soleva fare prima di
sposarsi. Ad
Alghero andava sempre alla messa
del pomeriggio e poi sui Bastioni a guardare il mare. Adesso non poteva
più
farlo perché sia la chiesa che la spiaggia erano troppo
lontane, però aveva
trovato un boschetto proprio a due passi da casa ed in quel posto
incantato
amava passeggiare tutte le sere al tramonto. Durante quella
mezz’oretta, a
volte diceva una preghiera, a volte osservava incantata la natura
rigogliosa o
ascoltava il canto degli uccelli, il più delle volte
rifletteva sulla propria vita
e sulle scelte che aveva fatto e che continuava a fare. Spesso, seduta
su un
tronco, aspirando a pieni polmoni il profumo delle piante, sembrava
osservare
soltanto un fiore colto lungo il cammino, ma in realtà si guardava dentro per
cercare di capire da cosa
nascesse tutta quella incertezza. Pensare di aver potuto provare
qualcosa per Sean era
stato un grosso errore, una mera illusione in cui rifugiarsi per non
soffrire
più e questo oramai lo aveva capito da tempo. Stranamente
però proprio la
cocente delusione provata a causa di quell’uomo
l’aveva portata a riflettere
e ad accettare il
destino che le aveva
negato per sempre l’amore. Se ne era fatta una ragione ed a
poco a poco era
riuscita a trovare di nuovo un po’ di serenità. Ora
però Robert aveva ripreso ad esercitare su di lei un fascino
irresistibile. Se
ne sentiva attratta come una falena dalla luce di una candela e, pur se
temeva
di bruciarsi le ali, non riusciva a dimenticare quella notte con lui,
quando
era passata dall’abbandono del sonno ad un piacere immenso.
Ancora riviveva la
sensazione che le avevano dato le sue carezze, i suoi baci
appassionati, la
foga e la tenerezza con la quale l’aveva amata ed ogni volta
che ci ripensava
si sentiva cogliere da uno struggimento infinito, ma nello stesso tempo
aveva
troppa paura di ricominciare ad illudersi. Forse lui l’aveva
cercata solo per
un semplice impulso istintivo, magari perché, come era
naturale che avvenisse
prima o poi, stava cominciando a dimenticare Julie. Avrebbe voluto
lasciarsi
andare perché la voglia che aveva di lui era davvero
irresistibile ma non
voleva essere solo un ripiego e soprattutto non voleva rischiare di
venire
allontanata di nuovo una volta che si fosse saziato. Era stata una cosa
troppo
umiliante, troppo dolorosa da sopportare. Non valeva la pena di buttare
via tutto
quanto era riuscita a conquistarsi con tanta fatica, sarebbe stato
meglio
accontentarsi dell’ affetto e della stima reciproca. Barbara sapeva che
forse era una battaglia perduta in partenza
perché Robert non le piaceva
solo fisicamente. La sua dolcezza,
la sua
tenerezza verso i bambini, il suo stesso modo di essere, la stavano a
poco a poco
stregando di nuovo. Però questa volta almeno voleva provare
a non lasciarsi
trasportare solo dal cuore e dai sensi, voleva prendersi il tempo
necessario
per essere sicura dei sentimenti di lui. Solo allora si sarebbe arresa
all’ineluttabilità
ed ai rischi di un amore che in realtà non si era mai spento
dentro di lei. Intanto il marito continuava a
comportarsi con molta
tranquillità, come se nulla fosse accaduto, anzi,
addirittura ora sembrava
contento. Forse lo era perché Maria Neve si stava facendo sempre
più forte e bella ed il
piccolo Charles era diventato un bimbo sereno,
vivace ed allegro. Probabilmente anche la presenza della madre aveva su
di lui
un effetto positivo. Barbara non sapeva se le avesse detto qualcosa del
loro
strano matrimonio. A volte li aveva trovati a parlare nella loro lingua
strana
e quando l’avevano veduta si erano subito interrotti, ma non
aveva avuto ragione
di pensare che stessero parlando di lei perché sui loro
visi, calmi e
sorridenti, aveva letto solo
benevolenza nei suoi riguardi. In verità Robert era
diventato ancora più dolce ed
affettuoso di quanto non fosse mai stato. A volte nei suoi occhi chiari
Barbara
era ritornata a scorgere quel lampo di forte desiderio che una volta
l’aveva
tanto turbata. Capiva che si stava sforzando anche lui di trattenere la
voglia di
fare all’amore e gliene era assai grata perché
stavolta non lo faceva per una
auto imposizione ma solo per il rispetto che le portava. Un altro
marito al suo
posto avrebbe preteso di soddisfare le proprie voglie,
l’avrebbe voluta
sottomessa così come deve essere ogni brava moglie,
difficilmente gli uomini
sono disposti ad ammettere le proprie colpe quando si tratta di
prevaricare una
donna. Invece lui le stava accanto ed aspettava che fosse pronta a
darglisi di
nuovo. Non mostrava fretta o fastidio, ma solo una grande amorevolezza
che la
donna non riusciva a non ricambiare dal profondo del cuore. Ma,
nonostante tutto,
di tanto in tanto, la disturbava un pensiero molesto: non assomigliava
forse un
simile atteggiamento a quello di un grosso gatto che se ne sta
apparentemente
immobile ad aspettare il momento opportuno per acchiappare il ghiotto
topolino
che sarà il sicuro premio della sua paziente attesa? La vita aveva ripreso a scorrere
tranquilla a Villa
Bianca e dall’esterno i due giovani coniugi sembravano aver trovato un perfetto
equilibrio, ma in
realtà ciò che provavano l’uno per
l’altra li faceva soffrire. Robert era più
fortunato. Aveva acquisito la
consapevolezza del suo amore per la moglie ed ogni suo sforzo era teso
oramai a
conquistarla. Era Barbara
invece ad
essere incerta e lacerata mentre cercava con tutte le forze di
resistere
all’attrazione enorme provata per il giovane marito. Quando aveva lasciato la suocera a
dormire nella propria
stanza, aveva pensato di trasferirsi lei e la bambina nel piccolo
salottino, ma
Robert, molto premurosamente, non aveva consentito che si accollassero
al posto
suo tale disagio ed aveva ceduto loro la sua bella stanza da letto. Ma
alla
camera era annesso il gabinetto privato dove c’era la grande
vasca da bagno con
il moderno scaldacqua a carbone che l’uomo usava tutte le
sere al ritorno dal
lavoro. Una volta a Barbara
capitò di entrare in camera da
letto per prendere una camicia pulita per la figlia proprio nel momento
in cui lui
usciva dal bagno con
solo un asciugamano
stretto intorno ai fianchi. L’uomo se ne
scusò, cercando di coprirsi il più
possibile, ma nel vedere la moglie avvampare, rimase un po’
interdetto. Un’aria
divertita e maliziosa gli apparve allora sul viso tanto che lei andò ad aprire in
tutta fretta il cassetto del
comò per darsi un contegno. Però si era
dimenticata che era difettoso e bastava
poco per farlo uscire dalla guida così si trovò
con il pesante cassetto in
bilico che rischiava di caderle sui piedi, ancora più
agitata ed impacciata di
prima, senza sapere come fare per uscire da una situazione
così sgradevole. Robert accorse subito in suo
soccorso. Mettendosi alle
sue spalle, le afferrò le braccia aiutandola a sostenere il
peso del cassetto. - Aspetta, è rotto e
bisogna fare attenzione quando lo
si apre – le disse aiutandola ad alzarlo ed a rimetterlo nei
binari – Ecco
fatto, è a posto adesso. Il cassetto era tornato al suo
posto, ma Barbara aveva
avvertito il contatto e il tepore delle braccia e del corpo seminudo di
lui contro
il proprio. Sapeva di star tremando e le dava fastidio che
l’uomo se ne potesse
accorgersene. Alzando lo sguardo, vide
la loro immagine riflessa nello specchio. Robert ora le teneva le mani
sui
fianchi e la stava guardando serio, con il volto che lasciava
trasparire un enorme
desiderio. Con le labbra quasi le
sfiorava i capelli. Suo malgrado provò la voglia di girarsi
e stringerlo forte
tra le braccia, assaporare i suoi baci, le sue carezze, lasciarsi
andare
all’amore con la stessa sfrenata passione che avvertiva in
lui senza più dubbi,
senza più paure. Solo con enorme sforzo riuscì a
frenare quell’impeto
irragionevole. - Adesso lo apro più
piano e prendo una camicina per
Neve. Vatti a vestire tu, la cena è quasi pronta –
gli disse allora, cercando
di apparire calma. L’uomo rimase qualche
istante a fissarla come se
volesse dirle qualcosa, ma poi lasciò la stanza senza
parlare. Barbara cadde seduta sul letto,
ancora in preda allo
stordimento del desiderio. Era inutile negarselo, aveva
una voglia
terribile di fare all’amore con Robert ma se da un lato si
dava della stupida
per quel tormento che si stava auto infliggendo, dall’altra
era ben consapevole
che i loro problemi non si sarebbero risolti a letto.
E, cincischiando tra le mani la camicia di
battista della figlia, non riuscì a trattenere le lacrime
per la frustrazione
provata. Purtroppo la calma di quei giorni
fu turbata dal
malessere di Charles che peggiorava sempre di più. I
genitori cominciavano ad
essere davvero preoccupati perché il piccino tossiva molto
ed aveva ripreso ad
essere inappetente. Lo prese in braccio e mentre gli
asciugava la fronte
madida di sudore, provò
a tranquillizzarlo
anche se si sentiva spaventata. Per fortuna alzando lo sguardo si
avvide di
essere proprio davanti al “Castello”. Per la prima
volta da quando era ad Ingurtosu,
la sua imponente mole non la intimidì, ma la
rassicurò addirittura perché pensò
che al Palazzo della Direzione c’era Robert. Aveva bisogno di
lui ora, voleva
dividere l’enorme
preoccupazione che
l’attanagliava e trovare conforto nella sua presenza. Scesa dal calesse,
legò Stellina ad un albero
e si avviò a piedi verso gli uffici della Direzione. Quando
vi arrivò, era
stanca e trafelata. Nel vederla entrare in quello stato, Aldo si
affrettò ad
andarle incontro. Saputo il motivo della visita, rimase un
po’ incerto, poi,
vincendo ogni esitazione, bussò alla porta del direttore.
Dall’altra parte
dell’uscio provenivano chiaramente le voci piuttosto alterate
di Leonard e di
Robert che sembrava stessero litigando. In un primo momento nessuno
aprì, ma il
segretario non si lasciò scoraggiare e bussò
più forte. - Insomma, si può sapere
cosa c’è? Non ti avevo detto
che non volevamo essere disturbati? – lo investì
Leonard aprendo la porta con
violenza. - Lo so, ma
c’è la signora… – stava
dicendo
timidamente l’uomo, ma nel vedere la moglie e il figlio,
Robert si
avvicinò subito. - Barbara, che succede,
perché sei venuta qui? - Stavo portando Charles dal dottor
Bernardi, ma si è
sentito male per la strada ed io… Non la lasciò finire e
prese subito in braccio il bambino
il quale se ne stava tutto abbattuto e con la testina reclinata. - Charles, Charles, amore,
cos’hai? – gli chiese con
la voce tremante. - Ha vomitato ed ho paura che abbia
anche la febbre
forte – gli spiegò lei con la medesima ansia
– scusami se sono venuta -
aggiunse. - No, hai fatto benissimo,
però non mi piace affatto
come sta, è meglio se lo portiamo in ospedale. Charles,
rispondimi, non fare
così, ti prego – concluse scuotendo un
po’ il viso del bambino che sembrava
quasi in deliquio. Il marito aveva
un’espressione talmente impaurita che
Barbara impallidì ancora di più. - E smettila di fare il pauroso, la
stai facendo
morire di spavento questa povera donna! – intervenne Leonard
notandolo – Non
preoccuparti, Barbara, lui è fatto così, di ogni
cosa ne fa una tragedia e non
ha un briciolo di coraggio. Nonostante fosse in pena per il
figlio, lei si
sentì infastidita
da quelle parole. - Prova a diventare padre anche tu
e vedrai se non si
prova spavento quando un figlio sta male - gli rispose, assai
freddamente. - Forse, ma se prima di essere
padri si è diventati
veri uomini s’impara a controllare la paura. Robert lo guardò
sprezzante, stringendo la mascella
per lo sforzo di trattenersi dal rispondergli a tono, poi si rivolse
alla
moglie. - Andiamo cara, ora non
c’è tempo, dobbiamo correre in
ospedale. In quanto a te, giovanotto, non credere che la nostra
discussione sia
finita qui. Ne riparliamo quando torno! Si allontanarono insieme e per fare
più presto presero
la carrozzella di sir Paul. Durante il tragitto lei se ne stette molto
addolorata, stringendo il piccolino con grande dolcezza. Ad un certo
punto non
riuscì più a frenarsi. - Ho paura, ho tanta paura
– proruppe sull’orlo delle
lacrime – se perlomeno ci fosse Sean! Il marito la guardò un
po’ contrariato, rispondendole
con freddezza: - E perché Sean? - Perché è un
bravo medico. - Anche tuo padre lo era.
Perché non rimpiangi lui,
piuttosto? Barbara gli rispose senza
esitazioni. - È la stessa cosa.
Entrambi sapevano darmi sicurezza
- commentò. Ci sarebbe stato molto da
riflettere su quella
risposta, ma Robert non ne aveva voglia adesso. - Non ti preoccupare, anche il
dottor O’Connor è molto
bravo – tirò corto. Arrivati in ospedale questi si
prese subito cura del
bambino e lo visitò con molta attenzione sotto gli occhi dei
genitori. Barbara,
che in cuor suo temeva qualche brutta malattia come la difterite che
aveva
colpito il suo povero Giacomino, si sentiva quasi vacillare e
desiderò conforto
dal marito. Lo cercò con la mano. Lui gliela prese nella sua
mettendole anche un
braccio intorno alle spalle per stringerla forte a sé. - Non è niente
– sentenziò alla fine il giovane medico
mentre entrambi tiravano un sospiro di sollievo –
è solo un brutto raffreddore
che si è un po’ complicato. - Non ci sono malattie respiratorie
vere e proprie
quindi? Mi ero molto preoccupata perché spesso vomita quando
tossisce ed anche
se non fa il tipico tiro, ho temuto potesse trattarsi della tosse
convulsa o
peggio ancora della… Barbara non aveva il coraggio neanche
di pronunciarla,
quella parola. - No, per carità, non
c’è nessun sintomo sospetto! - Allora possiamo stare tranquilli
pure per un
eventuale contagio alla bambina che è ancora così
piccola? – gli chiese a sua
volta Robert. - Ve l’ho detto, il suo
è solo un raffreddore con i
fiocchi. Non dovete spaventarvi: il vomito serve ad espellere i muchi
dai
polmoni ed il febbrone è una reazione
dell’organismo all’infezione. Vi darò
una
cura e dovrete tenerlo a letto un po’ isolato per qualche
giorno. Vedrete che
andrà tutto per il meglio. - Dottore … dovete
scusarci se siamo stati così
ansiosi… - provò a giustificarsi il padre
provando un po’ di imbarazzo per la
loro eccessiva apprensione. - Non lo dite nemmeno, anzi, avete
fatto benissimo a
portarmelo. È meglio preoccuparsi troppo piuttosto che
trascurare una malattia
che potrebbe essere anche seria. Rasserenati, se ne ritornarono alla
carrozza con il
piccolo Charles addormentato per l’effetto
dell’antifebbrile somministratogli
dal dottor O’Connor. - Ti riaccompagno a casa
– le disse il giovane, premuroso
come sempre. - Non voglio metterti in
difficoltà se devi tornare a
lavoro. - Non ti preoccupare. Ci
mancherebbe! Posso ancora
fare cosa voglio senza dover rendere conto a nessuno. E poi non mi va
di lasciarti
sola. Grazie al veloce cavallo ed alla
moderna carrozzella
di sir Paul, arrivarono
molto più presto
di quanto non avrebbero fatto con il loro calesse. Erano quasi giunti a casa, quando
notarono davanti ad
essa una certa agitazione. C’erano Maria, Kate e Nunzia ed
accanto a loro
Giosuè che discuteva animatamente con un uomo barbuto e
vestito di nero. Quando
questi afferrò il vecchio stalliere per il bavero, Robert si
affrettò a
raggiungerli per capire cosa stesse succedendo. - Ebbene? – gli chiese
imperioso – Si può sapere chi
siete e cosa volete? L’altro si
voltò con un ghigno malevolo. - Ah, tu devi essere
l’ingegnere che si tiene questa
svergognata in casa! Io sono suo padre – gli rispose in
cattivo italiano facendo
cenno a Nunzietta. - Non è vero!
– strillò la ragazza stretta tra le
braccia della signora Forrest. - Sì che lo sono,
sgualdrina! Così dicendo
l’afferrò di nuovo cercando di strapparla
con violenza all’abbraccio protettivo dell’anziana
donna la quale strillò anche
lei di paura. L’ingegnere gli mise una
mano sulla spalla e lo fermò
con autorevolezza, cercando di mantenersi calmo. - Adesso basta, se sei suo padre
portami un documento
che lo attesti e poi ne riparliamo. Ma l’uomo forse non lo
capì o non lo volle stare a
sentire. Scostandogli la mano, afferrò di nuovo la ragazza
per un braccio,
dando contemporaneamente una spinta a Kate. Robert s’
imbestialì e lo fece
girare con la forza. - Abbiamo capito che sei bravo a
prendertela con le
donne ed i vecchi, ma è con me che devi parlare. - Brutto schifoso! – lo
insultò l’energumeno
avventando contro di lui. Ma non aveva fatto i conti con
l’agilità e la forza
del gallese che con poche mosse precise, schivò i suoi colpi
e lo immobilizzò. - Guarda, non voglio farti male
– gli disse tenendolo
fermo e parlandogli a muso a muso – adesso però te
ne vai e ci lasci in pace. Se
hai qualche diritto da far valere, me lo dimostri e vediamo cosa si può fare.
D’accordo? L’uomo annuì
perché non poteva fare altrimenti, ma non
appena Robert si fu girato, trasse di tasca un coltello a serramanico e
gli si
avventò alle spalle. Nel vedere il balenare della lama le
donne gridarono e il
giovane prontamente si girò, appena in tempo per schivare un
colpo che avrebbe
potuto essere mortale. Questa volta la lotta fu
più dura perché dovette
difendersi a mani nude contro un avversario armato. Erano tutti con il
fiato
sospeso, compreso il piccolo Charles che si era svegliato ed ora
guardava
terrorizzato il papà combattere con quello sconosciuto. Non
fu facile
disarmarlo, ma infine la determinazione ed il coraggio di Forrest
ebbero la
meglio. Con i suoi pugni potenti e ben assestati, riuscì a
stendere l’uomo e a
farlo cadere privo di sensi. - Vai subito a prendere una corda,
Giosuè – disse
ancora ansante mentre lo teneva fermo. Lo stalliere si affrettò
ad ubbidirgli e lo
sconosciuto fu legato ben presto come un salame. - È davvero tuo padre?
– chiese alla ragazza Robert
mentre le donne, compresa Barbara, gli si stringevano intorno. - Nossignore, lui è
quello che si è preso mia madre e
che ha cercato di… - la
giovane non ebbe
il coraggio di continuare e si rifugiò ancora
nell’abbraccio materno di Kate. - Non ti preoccupare allora. Adesso
lo portiamo alla
caserma dei Carabinieri ed avrà pane per i suoi denti.
Giosuè, raccogli il
coltello, per favore, e poi vieni con me. Così dicendo, si
caricò l’uomo sulle spalle come fosse
un fagotto e si avviò di nuovo alla carrozzella. Barbara lo
fermò per un
braccio. - Stai attento, ti prego
– gli sussurrò. Lui per tutta risposta le sorrise,
annuendo.
Comincio con
i ringraziamenti. Non posso non farli ad Arte, Faith, Cricri e le
Nanette
(altro che 2, loro valgono almeno per 3!) che sono così
costanti e care ed i
loro commenti sempre così pertinenti e positivi che mi danno
una grossa
motivazione a continuare questa mia avventura di pseudo- scrittrice.
Con questo
non voglio mancare di ringraziare anche coloro che recensiscono di tanto in
tanto perché
lo stesso mi
dà un grande piacere trovare
le loro osservazioni (e poi, carissima Tartis, perché
scusarti? Quello che mi
fate leggendo , seguendo e recensendo è un favore non
è certo
un mio diritto). |
Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***
Capitolo 22 Per tutto il resto di
quell’orribile giornata le tre
donne stettero assai agitate ed in ansia. Solo nel primo pomeriggio
Giosuè
rientrò portando la notizia che l’energumeno era
stato trattenuto dai
Carabinieri di Arbus, però
non seppe
dire altro. A sera arrivò Luigi il quale, prima di recarsi
ad abbracciare la
sua povera Nunzia, aveva preferito andarsi ad informare di persona.
Aveva
saputo così che l’aggressore
dell’ingegnere Forrest era già ricercato per il
furto di numerose pecore e per la sospetta uccisione di un pastore e
pertanto
era finito dritto in guardiola. Nessuno di loro però
riusciva a spiegarsi perché
mai si fosse preso la briga di seguire le tracce della ragazza e fosse
arrivato
fin lì per riprendersela. Secondo don Giustino, era stata la
sicurezza di non
incontrare ostacoli a spingerlo e forse, dovendo affrontare un periodo
di
latitanza lontano dal suo paese, aveva pensato di procurarsi la
piacevole
compagnia di Nunzia della quale si era invaghito e che già
gli aveva arrecato un’onta
grandissima sottraendosi con la fuga alle sue voglie. Ora che
però era stato
assicurato alla giustizia grazie alla sua pronta reazione e non
c’era altro da
fare, l’ingegnere aveva preferito tornarsene al suo lavoro
trascurato per tutto
il giorno. Tornò solo a tarda sera
e si affrettò ad andare a
vedere il figlio come stava. Lo trovò in compagnia di
Barbara nel grosso letto
matrimoniale mentre guardava insieme a lei un libro illustrato. Nel
vederlo
entrare entrambi sussultarono di gioia ed il bambino, che si sentiva
già
meglio, gli tese le braccia per farsi prendere. Robert si sedette sul
letto e
lo abbracciò con grande amore. Subito il piccino, facendo un
musino di pianto, si
liberò da una paura che si era tenuto dentro per tutto il
tempo senza osare di confidarla
nemmeno alla mamma. - Papà, se
n’è andato quel brutto omaccione nero?- gli
chiese. Il padre sorrise e lo
accarezzò. - Ma certo, amore mio, se
n’è andato e stai tranquillo,
non ritornerà più. Poi rivolgendosi alla moglie le
chiese: - Hai saputo? - Sì, Luigi mi ha detto
del suo arresto. Però Charles
ha ragione, ci hai fatto prendere un bello spavento. Ho tremato tanto quando l’ho
visto prendere… Robert la interruppe, calmo. - Non ci pensare più,
pensa piuttosto alla felice
combinazione per cui siamo tornati proprio in quel momento.
Chissà che ne
sarebbe stato della povera Nunzia se fosse riuscito a portarla via!
Padre
Giustino mi ha detto che se n’era proprio incapricciato e
picchiava spesso la
madre che cercava di difenderla. - Mio Dio, povera donna, quale
inferno deve aver
passato! Comunque davvero è stata una fortuna che ci fossi
tu. Però forse non
avresti dovuto affrontarlo così, è stata
un’imprudenza! - Cosa dovevo fare, lasciargliela
portare via? - No, hai ragione, ma sei stato
ugualmente molto
coraggioso a sfidare un tale pericolo. E poi hai dimostrato di avere
una forza
ed un’agilità che non mi aspettavo, sembravi un
leone! – aggiunse la donna,
sorridendogli per spezzare un po’ la tensione. - Sarò pure un pavido ma
il coraggio mi viene quando
si tratta di difendere le persone che amo! –
scherzò lui. - Non dar retta a quel cretino di
Leonard – gli rispose
prontamente – è solo pieno di boria e neanche sa
dove sta di casa il coraggio!
Ti avrebbe dovuto vedere, lo stupido, sono certa che al posto tuo se la
sarebbe
fatta addosso. Nel notare la veemenza con la quale
si scagliava
contro il giovane nipote di lady Margaret, Robert corrugò le
sopracciglia e la
guardò ridendo tra sé. Era stato uno stupido a
credere che una donna
intelligente come Barbara potesse essere stata attratta da un simile
bellimbusto. - Perché ridi?
– gli chiese lei. - Niente, pensavo ti stesse
simpatico Leonard. - Perché sono gentile
con lui? Lo sono anche con la
zia, ma ti assicuro, li trovo detestabili entrambi! Il loro chiacchierare fu interrotto
dall’arrivo di
Nunzia con il vassoio con la cena. - Ecco, signora, vi ho portato il
brodo che mi avete
chiesto di preparare, ce n’è anche per voi. - Grazie, piccola mia, sei un vero
tesoro – le disse
la padrona guardandola con affetto poi aggiunse rivolta al marito
– Anche tua
madre è meravigliosa, mi sta tenendo Neve da stamattina. - Le ha fatto anche il bagnetto e
le ha dato la pappa
così voi le fate fare solo la poppata prima di farla
addormentare. Ora vado a
preparare anche la cena all’ingegnere –
spiegò la cameriera. Fece per andarsene, ma poi un
pensiero la fece fermare
e, girandosi a guardarlo, gli disse con le labbra che tremavano e gli
occhi da
cerbiatta luccicanti di pianto: - Grazie per quanto avete fatto per
me oggi. Giuseppe
Pinna è un uomo molto violento e temuto. Al mio paese
dettava legge con la sua
prepotenza, fu per questo che si prese la mia povera madre e
sicuramente si
sarebbe preso anche me. Dovetti scappare perché non
c’era nessuno che trovasse
il coraggio di difendermi come avete fatto voi oggi, mettendo pure a
rischio la
vita. Però se vi fosse successo qualcosa io non me lo sarei
mai perdonato, in
fondo sono solo una serva e… - non ce la fece a continuare.
Si nascose il viso
tra le mani e scoppiò in lacrime. Robert le si avvicinò e
la prese tra le braccia con la
tenerezza di un fratello, accarezzandole i capelli, sotto lo sguardo
intenerito
della moglie. - Ehi, ehi! – la
esortò – Tanto per cominciare non
sei una serva ma
un’ amica ed anche la nostra
“gommai” visto
che hai fatto pure la
madrina a nostra figlia. E poi certi tipi non li ho mai potuti
soffrire. Fortunatamente
per me e sfortunatamente per loro, il Signore mi ha donato una bella
forza e
non credere che sia tanto facile sopraffarmi. Non sono un
attaccabrighe, ma ti
assicuro che nessuno mai mi ha messo sotto. - Ha fatto anche la boxe questo
signore – intervenne
la moglie, cercando di scherzare per consolare la ragazza – e
mi ha rivelato di
non essere mai stato battuto da nessuno. Non è
così, caro? - Battuto no, ma ne ho prese tante.
Forse è per questo
che sono mezzo scemo! Lo aveva detto con
un’aria molto comica e Nunzia si
mise a ridere tra le lacrime. - Una cosa però me la
devi spiegare – soggiunse
l’ingegnere bonariamente
– perché non lo
vuoi sposare quel povero ragazzo di Luigi che sta quasi morendo
d‘amore per te? - Non è che non lo
voglio sposare, solo vorrei aspettare
un po’ perché sto molto bene qui con voi. - Però se tu ti
maritassi saresti al sicuro e
protetta. Non solo, potresti avere anche la soddisfazione di lavorare
per tuo
marito ed i tuoi figli. Non è così Barbara?
Perché non glielo dici anche tu che
potrebbe stare meglio? La donna non rispose subito e si
soffermò ad
accarezzare i riccioli biondi di Charles, poi con un filo di voce
commentò: - Deve essere sicura del loro amore
altrimenti è
meglio che lavori per se stessa e si mantenga da sola. Robert che, nonostante avesse una
mentalità molto
aperta, era fermamente convinto che la migliore sistemazione per una
donna
fosse comunque il matrimonio con un giovanotto serio e lavoratore, ci rimase un po’
male. - Bene, farà quanto
riterrà opportuno. Vado a lavarmi
prima di cena, scusatemi – disse. Dopodiché se ne
andò nel bagno senza aggiungere più
nulla. Prima di andare a dormire,
entrò di nuovo per vedere
come stava il bambino. - Ha sempre la tosse forte, ma la
febbre sta un po’
calando. Stanotte dormirà con me, così
potrò sorvegliarlo meglio – gli spiegò
la moglie. - E Maria Neve? - Starà con tua madre.
Sono andata ad allattarla ed
era serena e tranquilla, non temere. - Posso darti un bacino,
giovanotto? – chiese l’uomo
rivolgendosi al
piccino che lo guardava
con il visino arrossato dalla malattia e mezzo assonnato –
È bello stare nel
lettone con la mamma, non è così? - Sì. Barbara rise infilandosi sotto le
lenzuola ed
avvicinando anche lei il viso per baciarlo. - Che vuoi papà
– scherzò allegra – quando un povero
bimbo è malato ha bisogno di tante coccole per guarire. - Sì, sì
– strillò ancora il piccino. Era vero, era malato e non si
sentiva bene, ma era
anche felice. Con le manine avvicinò il viso dei genitori al
suo per farsi
baciare contemporaneamente da tutt’e due mentre
un’espressione di beatitudine
gli si dipingeva sul volto. Barbara e Robert lo accontentarono,
poi si guardarono
e scoppiarono a ridere entrambi, felici che tutte le paure di quella
giornata
così spiacevole si stessero finalmente dissolvendo. Vi è
piaciuto quel
termine “gommai” in puro
sardo, merito di una dritta di Noony che ringrazio infinitamente per
avermi
consentito di usare questo tocco raffinato? E il
momento di tenerezza di questa famigliola?
Io penso di sì, soprattutto dopo la bella recensione di Arte
(dilungarti? Io starei
a leggere le tue osservazioni per ore perché sai sempre
cogliere molto bene
quello che intendo dire) che ha notato come io non voglia far crescere
Robert e
Barbara solo come coppia ma anche come genitori. Anche le cose che mi
ha detto
tu, Faith, mi hanno lusingata molto
perché mi dimostrano con quanta sensibilità e
partecipazione leggi sempre le
mie pagine. In quanto alla “capitolazione” ebbene
sì, anche io lo avrei fatto,
anzi, poiché noi due conosciamo bene il
“soggetto”
in questione, al
posto di Barbara non mi
sarei fatta tanti scrupoli per sapere se sia amore oppure no ed avrei
cominciato ad agire al grido di “Viulenzaaaaaa”.
Purtroppo per quanto l’abbia
fatta ravvedere, diventare meno acida e spiegare a più non
posso le sue ragioni
proprio non riesco a farla digerire alla nostra Cricri. In compenso so
bene che
c’è chi invece non sopporta Robert. In ogni caso
spero che continuerete a
seguire le loro vicende, a sentirli quasi come vostri amici e a
commentare. A
proposito! NANETTEEEEEE guardate che se voi vi siete abituate
all’aggiornamento
serale io mi sono abituata ai vostri divertenti commenti e mi siete
mancate tanto!
Rimediare, please, rimediare. |
Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***
Capitolo 23 E di nuovo venne il 19 settembre,
giorno del
compleanno di Barbara, però nessuno le fece gli auguri
perché nessuno lo
sapeva. La donna doveva ammettere che per quanto in Italia si usasse
festeggiare l’onomastico, ricorrenza nota a tutti e che
quindi non può passare
inosservata, l’uso anglosassone di festeggiare il compleanno
aveva una maggiore
logica perché, come sosteneva Robert, è una cosa
strettamente personale e per
questo ancora più importante. Lei stessa era stata sempre
portata a fare una sorta
di bilancio della sua vita in tale giorno
e purtroppo, da tanti anni oramai, non era mai stato
piacevole.
Stavolta, pur non avvertendo più il sordo dolore che
l’aveva angustiata l’anno
precedente o la malinconia degli anni trascorsi prima di sposarsi, si sentiva molto confusa. Durante le lunghe ore della
giornata, dedicandosi alle
solite occupazioni, aveva continuato ad osservarsi quasi come se si
vedesse
dall’esterno. Ciò che le era apparso era stato una
madre appagata dall’amore
dei suoi meravigliosi bambini, una nuora che andava d’accordo
con la suocera ed
una donna stimata e rispettata. Dopo aver molto riflettuto, era giunta
con
molta obiettività alla conclusione
di
aver completamente superato la sua stupida infatuazione per il dottor
Hopkins.
Si rendeva conto che la pena provata per la sua improvvisa partenza era
stata
causata più dalla consapevolezza di essere stata rifiutata
ancora una volta piuttosto
che dall’amore perduto. Dopo così poco tempo, non
sentiva più neanche la
mancanza di Sean e addirittura era grata al saggio e maturo scozzese di
essersi
allontanato senza approfittare di una debolezza della quale si sarebbe
sicuramente pentita in seguito. Che lo volesse o no, i suoi
pensieri ed i
suoi desideri erano di nuovo tutti per Robert. Lui ora
l’amava, glielo stava
facendo capire in
tutti i modi, ma aveva
ancora paura di rimanere di nuovo delusa. Troppe volte aveva sofferto
per
amore, troppe volte un uomo le aveva preso l’anima e
gliel’aveva calpestata
senza pietà. Per una sorta di autodifesa, cercava di
convincersi di poter fare
a meno persino dell’amore fisico anche se la sua natura
passionale la spingeva
tra le braccia dell’affascinante marito. In fondo la
sessualità, fosse stata
una cosa naturale o l’indice di un’indole viziosa,
da sempre per lei era stata
come una spina tormentosa, ma non per questo voleva farsene
condizionare
proprio ora, ad appena un passo dalla felicità
più completa. Il pomeriggio, mentre stava
acquistando il pesce da
Rocco salito fin lì con il suo carrettino, vide rincasare il
marito che quel
giorno non era rientrato nemmeno per pranzo. Ne fu meravigliata
perché era
molto presto rispetto al solito orario. Le aveva fatto solo un cenno di
saluto
con la mano e così, appena ebbe finito gli acquisti, si
precipitò dentro a
cercarlo. Forse si era ricordato del suo compleanno e ciò le
faceva un enorme piacere.
Però, dopo averlo inutilmente cercato per le varie stanze,
seppe da Nunzia che
era uscito di nuovo ed a questo punto capì che non doveva
essere tornato per
lei. Non fu capace di frenare una punta di delusione, ma dopo il
trattamento
scorbutico che gli aveva riservato l’anno prima, non
c’era nulla da
meravigliarsi se si fosse guardato bene dal rammentare persino la data
della
nascita di sua moglie. Con un sospiro riprese le solite
attività e poiché
faceva ancora molto caldo, decise di andare a pulire i fagiolini per la
cena
fuori in giardino. Si avviò con il cesto sottobraccio verso
il tavolo sotto il
pino e fu grande il suo stupore quando vide Robert
seduto lì a leggere alcuni giornali ma con
una bottiglia di whisky davanti. L’uomo non aveva mai
rinunciato a bere un po’ dopo
cena, ma a Barbara non andava giù che adesso lo facesse
anche alle sei del
pomeriggio. Decise di fargli una bella ramanzina pur rischiando di
apparigli
noiosa. Nello scorgere il suo viso desolato e serio però
cambiò immediatamente
idea. - Robert, cosa
c’è, è successo qualcosa? - gli chiese
impensierita. Lui la guardò con gli
occhi offuscati dal dolore e
dalla preoccupazione. - Sì , gli scioperi si
stanno allargando a macchia
d’olio. Appena l’altro ieri ce
n’è stato addirittura uno nazionale. Ma dopo la
tragedia che è successa a Buggerru il giorno 4, non mi sento
di biasimare la
Federazione. Le condizioni di vita
dei
minatori sono davvero inaccettabili – le
disse e bevve un lungo sorso di liquore. - Quale tragedia? Non ne so niente.
Cosa c’è stato, un
incidente? – gli chiese la moglie - No, c’era una protesta
dei minatori e il Direttore
ha chiamato i soldati – esitò un po’,
poi finì la frase – hanno sparato sui
manifestanti e ci sono stati tre morti senza contare i numerosi feriti. - Mio Dio! –
esclamò la donna mettendosi una mano
sulla bocca per l’emozione. Si sedette senza più
parlare, rispettando il silenzio
del marito il quale tracannava un bicchiere dopo l’altro
molto nervosamente.
Non ebbe l’animo di rimproverarlo e per simulare una calma
che era ben lontana
dal provare, si mise a pulire
i
fagiolini. Dopo un poco però intuì quanto lui
avesse bisogno di sfogarsi e gli
chiese con un filo di voce: - Ti prego, raccontami esattamente
com’è andata.
Perché è successo? Robert infatti non si fece pregare
e cominciò a
parlarle dello scontento dei minatori per il nuovo orario invernale,
applicato
nonostante il perdurare del caldo, che li costringeva a lavorare
un’ora in più e
della loro reazione finita poi così tragicamente. - Mi chiedo – concluse
alla fine del drammatico
racconto – come si debba sentire adesso quell’uomo.
Non vorrei essere nei suoi
panni, te lo giuro, in fondo faceva solo il proprio lavoro ma forse se
non
fosse stato così intransigente e non avesse badato
soprattutto agli interessi
della sua società, ora non avrebbe sulla coscienza la morte
di tre padri di
famiglia. Barbara lo guardò con
dolcezza. - A te non accadrà mai,
tu sei così benvoluto dai tuoi
minatori! - Già, ma per quanto
tempo riuscirò a conciliare gli
interessi di sir Bradley con i loro? Anche da noi
c’è molto scontento e basta
una scintilla per far scoppiare la protesta. Non so più come
fare a tenere la
situazione sotto controllo. - Ci riuscirai benissimo, tu sei
molto bravo. Non ti
ricordi quanti complimenti ti fece il marchese Rodotà? Sir
Paul lo sa benissimo
che non sei come gli altri e se gli darai qualche utile suggerimento,
vedrai, ti
darà ascolto. L’uomo rise con amarezza. - Forse prima, ora
c’è quel piccolo scienziato.
Leonard vuole fare solo a modo suo e lo zio lo sta a sentire, eccome!
Prendi lo
scavo di Bardu, ad esempio, lo sto dicendo da mesi che non mi sembra
sicuro, ma
sono stato tacciato di codardia e d’incompetenza. E poi non
si rendono conto
che tutti i motivi di conflitto esistenti
nelle altre miniere ci sono anche da noi. D’altronde
è così, loro devono guadagnarci,
non sono certo un’istituzione benefica. Ma è
giusto farlo sulla pelle della
povera gente? Sono così confuso, non so cosa fare… Parlando, si era passato una mano
tra i capelli in un
gesto stanco che le fece un’enorme tenerezza. In un moto di
solidarietà, gli
mise la mano sul braccio appoggiato sul tavolo e glielo strinse forte. - Non fare proprio nulla ed
andrà tutto bene. Resta
solo te stesso - lo incoraggiò. - È proprio questo il
problema, non ti pare? – sorrise
lui, amaro. - Ma la vuoi smettere di avere
così poca fiducia in
te? Sei un uomo capace, un ottimo ingegnere minerario, un direttore
comprensivo
e alla mano. Possibile che tu non riesca a capire che è
proprio grazie alla tua
persona se le cose qui stanno andando avanti meglio che altrove? Quando
ti
renderai conto di essere una persona eccezionale? - Davvero pensi questo di me?
Nonostante tutto? - le
chiese alquanto stupito. - Sì, – ammise
la donna ed abbassò lo sguardo prima di
aggiungere – e forse se non fosse stato così,
avremmo avuto meno problemi a
portare avanti quel nostro patto… Voleva dirgli che lo amava? Il
giovane preferì non
chiederglielo apertamente ma lo stesso
avvertì
il grande e sincero affetto che la donna provava per lui. Le prese la mano e se la
portò alle labbra, cominciando
a baciarla ripetutamente. Barbara provò a ritrarla,
inorridita: - Ma che fai!? Non vedi che
è sporca? Sto pulendo i fagiolini
per la cena. - Fagiolini per cena!? Credevo che
stasera per
cena ci fosse la
tua buona zuppa di
pesce – scherzò lui per sollevare un po’
gli animi – mi era sembrato di vedere
il carretto di Rocco poco fa. - Infatti, ho comprato il pesce, ma
è per domani. - E perché non per
stasera? - Perché è
tardi e non ce la faccio a cucinarlo. - Dai, fai uno sforzo. Non mi vanno
i fagiolini! - Ti metti anche tu a fare i
capricci adesso? - Sì, sono
così depresso e solo la prospettiva di
mangiare uno dei tuoi piattini speciali mi faceva sentir meglio. Non li
voglio
i fagiolini! - Ti ho detto che adesso
è tardi per cucinare la zuppa
di pesce. - Cosa importa se ceniamo un
po’ più tardi? Di’, che
devo fare, chiedertelo come fa Charles? – nel dirlo
imitò l’espressione del
figlio quando voleva ottenere qualcosa dalla mamma. La sua rassomiglianza con il
piccino era così evidente
mentre la guardava con gli occhioni azzurri supplichevoli che Barbara
proruppe
in una risata divertita. - Va bene! – si arrese
sospirando – adesso vado a
preparartela… - Aspetta, ho una cosa per te. L’aveva trattenuta per la
mano mostrando una strana
emozione e lei gli chiese stupita: - Per me? - Certo, oggi è il tuo
compleanno e ti ho fatto un
regalo. Auguri cara – aggiunse porgendole uno scatolino. Posando di nuovo il cestino con i
fagiolini sul
tavolo, la donna prese il regalo, un po’ esitante. Si
risedette e guardandolo
in viso, gli disse con un’aria di gratitudine che non
riusciva a mascherare: - Te ne sei ricordato allora! - Naturalmente e già da
parecchio. Ho chiesto a tuo
fratello e a Luisa di comprarmelo. Viene direttamente da una delle
migliori
botteghe orafe della tua Alghero. Intanto Barbara aveva aperto
l’astuccio e stava
fissando un pregevole anello in filigrana d’oro lavorato con
una tecnica di
granulazione. - Ma lo sai questa
cos’è? – gli chiese rigirando il
gioiello tra le dita. - Sì, è una
fede sarda. - Appunto, non è un
semplice anello, è un simbolo. - Lo so, è la fede
nuziale che gli uomini di qui donano
alle loro donne. - Infatti, è una fede
nuziale. Io già ce l’ho la fede,
me la mettesti al dito quasi due anni fa. - Quella non conta… La fissava
con
intensità ed era talmente seducente che Barbara
chinò la testa a guardare il
bellissimo anello, incapace di fare qualsiasi altra cosa, avvertendo però
il cuore batterle forte
forte. Allora lui le prese la manina e le infilò la fede
all’anulare sinistro
accanto alla vera d’oro. - Ecco – le disse
– la misura è perfetta. Questo è il
mio dono per te oggi. - Ed io cosa ti darò in
cambio? – gli chiese sempre
con gli occhi bassi, intuendo che quello non era un semplice regalo di
compleanno. - Ciò che mi dai
è già tanto. Ma se tu riuscissi anche
a farmi la promessa che mi perdonerai e che almeno proverai ad amarmi
… – le
sussurrò mentre l’avvolgeva in uno sguardo
d’amore senza pari. - Sì –
mormorò lei, diventando rossa come il fuoco. Vedendola turbata, Robert ne
provò una tenerezza
immensa e decise di farla sorridere ancora scherzando. –
Poi un anello
così lo deve portare la sposa, non credi? Ce la vedresti la
mia manona con un
anellino di filigrana al dito? È decisamente meglio la mia
fede. È bella anche
quella e mi sta bene. E poi ora anche questa è diventata un
simbolo molto importante
per me. Barbara gli sorrise, grata che
avesse sdrammatizzato
la situazione e che fosse così dolce e paziente. Dentro di
sé sentiva rinato
ancora più forte e sincero tutto l’amore per lui. - Ora vado a prepararti la zuppa di
pesce – gli sorrise
- Rocco me ne ha
portato di freschissimo
e ti prometto che sarà così buona che ti
farà passare
la depressione. Smetti di bere però,
altrimenti ti passa anche l’appetito
ed
avrò fatto una fatica inutile. Si alzò e togliendosi la
fede sarda, la rimise
nell’astuccio. - Va bene – le disse lui
richiudendo la bottiglia ma nel
vederla fare quel gesto, protestò deluso – Che
fai, già te la togli!? - Si capisce, me la tolgo. Devo
andare a pulire il
pesce e non voglio rovinarla. Gli aveva risposto guardandolo come
una bambina
orgogliosa del regalo appena ricevuto. Robert rise. - Sai, mi hanno detto che le fedi
sarde diventano più
belle se la mano che le porta si sporca per preparare un buon pranzetto
al
marito! - E ti hanno fatto fesso!
– scherzò Barbara. Si sentiva il cuore pieno di
allegrezza. Dimenticandosi
di avergli appena detto di avere le mani sporche, gli fece una carezza
tenerissima sul viso. Lui le afferrò la mano e
cominciò a baciargliela.
Anche se odorava di fagiolini. E allora?
Come va? Affogate nella melassa? In piena sindrome hello Spank (Nanette, siete
impagabili!) ? Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto perché da quando i
coniugi Forrest hanno
sotterrato l’ascia di guerra la povera autrice è
costretta a farli misurare con
la tenerezza, l’amabilità, la stima, la
comprensione reciproca. Tutte cose che
di solito precedono il matrimonio ma che nel caso dei nostri due
testoni stanno
arrivando a poco a poco solo ora, forse perché si sono resi
conto che stavano
sprecando un’occasione assai rara di felicità.
Sono riuscita a dare significato
al dono di Robert? Ed a quel “sì” che
Barbara mormora arrossendo? Io ci spero
davvero ma se il racconto si stesse facendo troppo rosa, non dovete far
altro
che farmelo sapere perché
la mia nota
perfidia non ha limiti e posso sempre rimediare con una spruzzatina di
dispetti
da parte di lei e qualche frase di quelle belle offensive da parte di
lui. Un’altra
cosa, questa volta seria. L’episodio di Buggerru non me lo
sono inventato. Nel
corso delle ricerche che ho fatto per scrivere questa storia, mi sono
imbattuta
nella cronaca di quella protesta di minatori del 4 settembre 1904 e di
una
manifestazione analoga di contadini a Castelluzzo
in Sicilia, entrambe finite nel sangue perché
il governo mandò i soldati a sedare i
“facinorosi”. Tali
episodi portarono al primo sciopero
generale che si sia mai svolto in Italia che avvenne proprio il 16
settembre
1904 (quello di cui
parla Robert). Ho voluto citare questi
fatti non solo perché
nella narrazione mi è stato utile per
sottolineare come il mio direttore della miniera sia rimasto pur sempre
un
figlio del popolo ma soprattutto per rendere omaggio, seppure sulle
pagine di
questo sconosciuto romanzetto, a tutti coloro che hanno pagato con la
vita la
sacrosanta aspirazione ad avere condizioni di lavoro più
umane. Forse vi
apparirà come la retorica di
una vecchia
mamma Kellina , ma se vi guardate intorno vedrete che ancora oggi, dopo
oltre
un secolo di lotte, c’è ancora chi, soprattutto
tra i giovani, vede calpestato da
parte dei poteri economici e politici il proprio diritto ad avere un
lavoro
sicuro, continuativo ed equamente retribuito. Sperando di
non avervi annoiate, vi do appuntamento a domani per un aggiornamento
davvero
al cardiopalmo. |
Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***
body>
Capitolo
24 Dopo quel giorno tra i due giovani
si instaurò come
una corrente d’amore che li faceva vivere in
un’atmosfera quasi irreale. Oramai
Robert non vedeva l’ora di ritornare a casa per ritrovare la
sua donna e questa
lo aspettava ansiosa perché desiderava i suoi sguardi
affettuosi, il suo
sorriso dolce e perché no, le carezze furtive che pure la
facevano rabbrividire
benché tanto innocenti. Entrambi avevano capito di amarsi e
sapevano che presto
sarebbero finiti l’uno tra le braccia dell’altra,
ma stranamente non avevano
nessuna fretta che ciò avvenisse. Si stavano godendo quel
periodo così bello e
magico in cui pian piano si avvicinavano l’uno
all’altra. Barbara non era mai stata
corteggiata in vita sua se
non da Leonard, ma nella sua saggezza, aveva subito capito che il
giovanotto lo
faceva per diletto e non certo per un sincero interesse nei suoi
confronti. Se
aveva accettato le sue galanterie, era stato solo perché le
era parso più
dignitoso fingere di gradirle e tenerlo nello stesso tempo a debita
distanza piuttosto
che mostrarsene indignata, rischiando anche di compromettere i
già precari
rapporti con la famiglia di sir Paul. Ora però era Robert a
riempirla di attenzioni
e sapeva farlo con tanta tenera maestria che lei se ne sentiva
inebriata e lo
ricambiava con dolcezza, riempiendolo di premure. Erano così felici adesso
da emanare come una luce che non
sfuggì a nessuno, né a Giovanna, che oramai aveva
preso il posto di amica appartenuto
una volta a Grazia, né a Leonard o a lady Margaret, che
commentarono con ironia
malevola lo strano comportamento dei coniugi Forrest, tantomeno a Kate
la quale
non disse nulla, ma dentro di sé tirò un sospiro
di sollievo in quanto aveva intuito
bene l’esistenza di qualche precedente problema
tra i due giovani. Però chi fu più
contenta di tutti della ritrovata armonia, fu senz’altro
Nunzietta. Lei aveva
vissuto insieme a loro il periodo più buio ed ora, vedendoli
sorridere spesso e
scambiarsi tante tenerezze, si sentiva felice nel più
profondo del cuore perché
così sarebbe stata più tranquilla quando se ne
sarebbe andata. Aveva deciso infatti di accettare
la proposta di
matrimonio di Luigi e tra pochi giorni avrebbe raggiunto i genitori di
lui al
loro paese dove sarebbero andati a vivere dopo le nozze. Lasciare
Barbara,
Robert ed i bambini sarebbe stato comunque un grosso dolore
così come lo era
per i Forrest vederla andar via. Però la incoraggiarono in
tutti i modi e le
promisero di andarla a trovare molto spesso. Anche in previsione della prossima
partenza di Nunzia,
le tre donne si stavano dedicando insieme a mettere da parte le
provviste per
l’inverno. Era il primo venerdì di
ottobre, un giorno soleggiato
ed ancora caldo anche se ventoso. Erano tutte in cucina occupate a
preparare la
conserva di pomodoro cercando di affrettarsi perché era
già mezzodì e bisognava
pensare al pranzo quando apparve Luigi che si fermò fuori
dalla porta a vetri
con il cappello in mano senza osare entrare. - C’è il tuo
innamorato – disse Barbara rivolta alla
ragazza - il
poverino non ce la fa
proprio più ad aspettare, oramai, ha bisogno di vederti a
tutte le ore! Su, vai
a vedere cosa vuole – scherzò di buonumore
com’era sempre in quegli ultimi
tempi. Nunzia non se lo fece ripetere e
corse fuori dal
fidanzato. Attraverso i vetri Barbara li vide
parlare
concitatamente e fu impressionata dal fatto che la ragazza si fosse
portata le
mani al viso in un gesto di orrore. Buttando sul tavolo lo strofinaccio
che
stava usando, si affrettò a raggiungerli. - Che c’è?
– chiese preoccupata. Nel vedere i due
ragazzi guardarla
sgomenti senza
proferire parola, impallidì ancora di più. - Mi dite cosa è
successo!? Aveva urlato e la suocera si era
affrettata ad uscire anch’essa
per capire cosa stesse accadendo. - Signora – disse
finalmente il ragazzo – c’è stato un
incidente al pozzo di Bardu ed una squadra di minatori è
rimasta intrappolata
da una perdita d’acqua. - Mio Dio! –
mormorò la donna inorridita ma dalla
faccia di Luigi capì che le cattive notizie non erano finite
lì, infatti
l’altro proseguì: - L’ingegnere Forrest,
Gaetano Spalice ed altri due
soccorritori sono
scesi anche loro
attraverso un altro percorso per vedere di trarli in salvo. Solo che
sono più
di quattro ore e non sono risaliti ancora … A questo punto la donna si
strappò il grembiule e lo
gettò per terra. - Andiamo, portami immediatamente
al pozzo. La povera Kate non aveva capito
ciò che il giovane
aveva detto alla nuora perché aveva parlato in italiano
però intuì che fosse
successo qualcosa di grave. Afferrò Barbara per un braccio
implorandola di
raccontarle l’accaduto. - Un incidente alla miniera, ci
sono dei minatori
intrappolati in una galleria – le spiegò questa
senza dirle altro perché vide
l’anziana donna farsi bianca in volto. - Per Robert non
c’è pericolo, non è vero? Lui fa il direttore
lì, non il minatore! – le
disse concitata. In quelle poche parole
c’era tutta la storia della
misera Kate che aveva vissuto tante privazioni pur di consentire al suo
unico
figlio maschio di non affrontare la stessa vita di pericoli che le
aveva
strappato l’uomo amato. Il sapere
Robert ugualmente
in fondo ad una
galleria a rischiare di morire egli stesso le avrebbe spezzato il cuore
per cui
Barbara cercò di farsi forza e, con un sorriso dolce,
provò a mostrarsi
tranquilla. - Naturalmente – le disse
– però io vado lo stesso
perché voglio essere accanto a mio marito. Badate voi ai
bambini, per favore?
Mi sento tranquilla a saperli con voi. La signora Forrest annuì
con il capo, non del tutto
rasserenata. Mentre saliva sul calesse accanto a Luigi dopo averlo invitato a fare in fretta,
la nuora sussurrò a
Nunzia: - Falle compagnia tu e cerca di non
farle capire
niente. Povera vecchia, non se la merita una simile ansia. Davanti allo scavo di Bardu
c’era una confusione
incredibile perché il lavoro si era fermato dappertutto ed
erano venute anche
molte persone dal paese. C’era don Giustino e
c’erano i medici dell’ospedale ed
in mezzo a loro sir Paul Bradley ed il nipote. Barbara, vestita
così come stava
per casa, suscitò l’attenzione di tutti quando
arrivò insieme a Luigi. Qualcuno
avrebbe voluto dirle qualche parola sapendo che il marito era sceso
lì sotto
per cercare di trarre in salvo i suoi uomini, ma lei si
divincolò da tutti e si
recò dritta da Leonard, con il volto in fiamme e gli occhi
che lampeggiavano
sdegnati. Appena gli fu vicino, lo assalì: - Sei contento adesso? Hai visto
cosa sei stato capace
di combinare? Per colpa tua tante persone stanno rischiando la vita. - Sono cose che succedono
– si giustificò l’altro,
irritato dalla sua veemenza. - Non è vero. Erano mesi
che Robert ti stava parlando
dei pericoli di infiltrazioni d’acqua in questo pozzo, ma tu
non facevi altro
che accusarlo di essere un vigliacco ed un incompetente. Mi sa che
l’incompetente sei tu! - Barbara, per favore, state calma
– intervenne sir
Paul cercando di blandirla, ma oramai la donna era fuori di
sé e si rivolse
anche a lui con durezza. - lo avete lasciato solo anche voi.
Come avete potuto?
Come avete fatto a non dare ascolto ad un ingegnere serio e preparato
com’è mio
marito per stare a sentire uno stupido novellino pieno di boria. - Per tua norma e regola
anch’io sono un ingegnere
minerario – le rispose il giovane, molto adirato. - Tu? Chissà come te la
sei presa la laurea, forse te
l’hanno data per i nobili natali! - Si può sapere che vuoi
da me? Non ho chiesto io a
quello stupido di scendere là sotto a fare l’eroe. - Eppure è sceso, forse
perché contrariamente a te che
ti permettevi anche di accusarlo di essere un pavido, è un
uomo davvero
coraggioso e sa rischiare la vita per gli altri! - Io non sono un minatore come lui.
Lo sai, in fondo è
sempre rimasto tale e
se farà una brutta
fine in una galleria, rassegnati, si vede che questo era il suo destino! –
dichiarò sprezzante il giovane. Barbara non ci vide più
dallo sdegno e gli si sarebbe
addirittura avventata contro se don Giustino non l’avesse
afferrata per le
spalle traendola a sé. Si fece trascinare via quasi a forza,
ma non rinunciò a
dire rivolta ai due gentiluomini: - Ve lo giuro su quanto ho di
più caro: se succede
qualcosa a Robert me la pagherete! Sir Paul abbassò gli
occhi mortificato, ma il nipote
le lanciò uno sguardo cattivo, poi girò la testa
ostentando indifferenza per
quelle stupide minacce. Intanto il buon sacerdote, che come
la maggioranza
degli astanti non aveva capito neanche una parola del discorso in
inglese
svoltosi tra di loro ma che come tutti ne aveva afferrato
l’animosità, cercava
di tranquillizzarla. - Adesso basta, signora Forrest,
cercate di calmarvi,
venite a sedervi un po’ qui ed aspettate insieme alle mogli e
alle madri degli altri
minatori che sono là sotto. Vedrete, la Madonna di cui oggi
è la santa festa ci
aiuterà anche questa volta. La portò accanto a delle
donne che stavano recitando
il Rosario. Barbara guardò i loro visi duri ed invecchiati
precocemente dai
quali non sembravano trasparire emozioni. Nessuna versava una sola
lacrima, ma
si limitavano a recitare come una nenia le Ave Maria
ed i Padrenostro, dondolandosi al ritmo della
preghiera e lasciando scorrere i grani della corona tra le dita. La
ragazza
pensò a tutta la disperazione chiusa nei loro cuori,
all’ansia per i loro cari,
alla vita grama che dovevano condurre ogni giorno ed alla miseria in
cui
sarebbero cadute se i loro uomini non fossero più risaliti
da quel pozzo
infernale. Sentì quasi il cuore spezzarsi di compassione ma
poi il pensiero
che il loro grande
dolore era anche il
suo perché anche il
suo uomo era lì a
rischiare la vita, la fece rabbrividire di orrore. Si sentì
quasi sconvolta
all’idea che Robert potesse rimanere intrappolato sotto
terra, tremò alla spaventosa
visione dei suoi occhi chiari che si velavano mentre perdevano ogni
coscienza,
delle sue robuste braccia che non avevano più la forza di
difendersi dalla terra
che lo soffocava, del suo corpo seppellito dalla fanghiglia nera.
Lacrime
irrefrenabili le rigarono il volto
e si
morse una mano cercando
di soffocare il grido disperato che
le saliva dal petto. Il vecchio sacerdote se ne accorse
e la strinse più
forte, cercando di darle conforto. Così la giovane si
abbandonò al pianto,
posando la testa sulla sua spalla scarna mentre tanti occhi la
guardavano,
pietosi e compassionevoli. A poco a poco si calmò,
imponendosi di scacciare
quegli orribili pensieri di morte. Suo marito sarebbe tornato ed
avrebbe ancora
potuto baciare il suo viso, carezzarlo, dargli l’amore enorme
che si sentiva dentro
e vivere con lui e con i loro bambini. Cercò di concentrarsi
sulla voce delle
donne che pregavano e lasciare che le loro parole fossero tutto quanto
c’era in
quel momento, senza più pensieri, né sentimenti,
né emozioni… “….Padre
Nostro che sei nei cieli, sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo
regno, sia
fatta la Tua volontà come in cielo così in terra
….” Cominciò a ripetere
anche lei le parole dolci della
preghiera insieme alle altre… Oramai aveva perso la cognizione
del tempo. Dovevano
essere passate molte ore perché era arrivato il crepuscolo e
già si accendevano
delle lampade e dei fuochi qui e lì. Giovanna era accorsa al
suo fianco e
l’aveva avvolta in un caldo scialle di lana perché
la sera si stava facendo
fredda e la giovane indossava soltanto il vestito leggero da casa.
Qualcun
altro invece le aveva portato qualcosa da mangiare, ma con lo stomaco
chiuso
dall’angoscia non aveva potuto ingurgitare niente ed aveva
accettato soltanto
qualche tazzina di caffè che ogni tanto un’anima
buona si prendeva la briga di
distribuire alle donne sedute una accanto all’altra, unite
tutte da un’ansia
terribile. Dopo tante ore si erano stancate di
pregare e se ne
erano rimaste in silenzio, poi una di esse, la più anziana,
aveva cominciato a
parlare di suo figlio dopodiché ognuna di loro aveva voluto
parlare del marito,
del fratello, del padre. A poco a poco quegli uomini intrappolati nella
miniera
avevano cominciato a riprendere la loro fisionomia ed avevano di nuovo
fatto
sentire la loro presenza, ognuno con i suoi pregi ed i suoi difetti,
con le sue
particolarità, le sue abitudini. Barbara stava in silenzio ad
ascoltare ed a volte
doveva fare anche uno sforzo perché le donne parlavano in
campidanese, dialetto
che lei, essendo cresciuta ad Alghero dove si parlava addirittura il
catalano,
stentava a capire. Qualcosa però l’afferrava ed
allora sorrideva a sentire di
Giovanni che si era fatto cucire il vestito nuovo o di Salvatore che
stava
mettendo da parte i soldi per maritare la figlia. Un soffio di vita e
di
speranza sembrò aleggiare di nuovo ed anche lei
pensò al suo Robert. Lo rivide
giocare con Charles o cantare le sue canzoncine alla loro piccola Neve
e per un
lungo momento fu sicura che presto sarebbero stati di nuovo insieme. Poi però trascorse altro
tempo, ritornarono il
silenzio e la paura e di nuovo ci fu la disperazione a tenere loro
compagnia. Stava già salendo la
luna in cielo quando,
nel silenzio quasi irreale sceso
tra tutte le persone sedute lì, si udì
una voce gioiosa prorompere in sardo: - Funti
atziendi!
Funti atziendi! Stanno risalendo! Stanno risalendo!
Immediatamente si
fece una confusione
pazzesca e tutti si
precipitarono verso l’uscita del pozzo dove due minatori
erano scesi a dare una
mano agli sfortunati compagni che stavano tornando in superficie.
Ognuno
cercava di farsi strada per poter vedere, c’era chi urlava,
chi piangeva di
gioia, chi temeva che la persona tanto attesa non sarebbe stata tra
coloro che
incominciavano ad apparire, chi si raccomandava alla Madonna. Gli
uomini del
servizio d’ordine dovettero fare uno sforzo enorme per non
lasciarli avvicinare
tutti, però Barbara era la moglie dell’ingegnere
sceso a salvare i suoi uomini
e non ebbe difficoltà ad avvicinarsi. In prima fila
poté vedere riemergere
tra le braccia dei soccorritori il
primo minatore: era Giovanni, un giovane di nemmeno
vent’anni. Era pallido come
un morto e svenuto. A quella visione un silenzio terrorizzato
calò sugli
astanti. Il dottor O’Connor si precipitò verso di
lui e lo visitò stesso per
terra laddove lo avevano appoggiato gli uomini prima di ridiscendere a
prendere
qualcun altro. Per rassicurare la madre che poco più in
là si torceva le mani
dalla disperazione senza osare avvicinarsi, il medico fece un segno con
il capo
per indicare che era ancora vivo. Allora il
silenzio si tramutò subito in un’ovazione
gioiosa anche perché dal pozzo continuavano ad uscire gli
altri minatori,
qualcuno sorridente, qualcuno ancora spaventato, molti feriti,
più o meno
lievemente. Barbara li aveva contati tutti ed
erano otto. Oramai
si sentiva scossa da un tremito convulso e se non fosse stato per
Giovanna che
la teneva stretta, si sarebbe accasciata tanta era l’ansia
provata. Quando lo vide, il suo cuore ebbe
un balzo tale che
sembrò volesse scapparle dal petto. Robert era lì
anche lui, vivo, forte come
sempre. Aveva i vestiti completamente laceri e zuppi di acqua ed il
viso
talmente sporco di fango che gli occhi azzurri risaltavano ancora
più limpidi e
belli. Era felice, si vedeva, e le grida di gratitudine
che lo accolsero lo fecero addirittura
sorridere. Un po’ stordito cercò tra la folla che
gli si stringeva intorno
finché non la vide, pallida come una morta, tremante, mentre
lo guardava
intensamente. Fu solo un istante perché sua moglie gli si
gettò tra le braccia
ed incurante di sporcarsi, gli si strinse contro abbracciandolo con
amore. - Perché,
perché? – gli chiedeva soltanto, senza avere
la forza di dire nient’altro. - Perché ero
l’unico che potesse farlo. Avevo studiato
quelle gallerie ed ero sicuro che di là si potesse passare.
Ed ho avuto ragione,
per fortuna. - Vostro marito è stato
grande, signora – testimoniò
Gaetano Spalice – se non era per lui tutti questi uomini non
avrebbero avuto
scampo e probabilmente neanche noi. Dovete esserne fiera! - Infatti lo sono –
mormorò Barbara e guardò Robert con
immenso affetto – Aspetta, tu sanguini dalla fronte, ti sei
fatto male! -
aggiunse spaventata nel vederlo ferito. Il dottor Vargas che era
lì vicino a controllare i
minatori, la udì e si avvicinò subito a loro. - Non è niente dottore,
è solo un graffio. Piuttosto
come sta Giovanni? Ed Alfonso? – chiese lui, preoccupato solo
dei suoi uomini. - Non hanno niente di grave, li
stiamo portando in
ospedale per controllarli e medicarli, ma stanno bene. - Meno male, l’acqua
aveva già quasi riempito la
galleria quando siamo arrivati e mezz’ora dopo sarebbe stato
troppo tardi. Se
non fosse stato per la maledetta roccia che abbiamo incontrato ad un
certo
punto, avremmo fatto molto prima, non è vero Gaetano? - Certo ingegnere, però
ce la siamo vista brutta anche
noi. - Venite anche voi due in ospedale,
voglio
controllarvi per vedere come state. - Io sto benone, ho solo bisogno di
farmi una bella
bevuta – dichiarò il caposquadra facendo un
po’ il gradasso. Il giovane ingegnere non gli fu da
meno anche se si
sentiva tutto il corpo dolere. - Tu? – disse - Perché io no?
Prima però voglio farmi un bel
bagno e una bella mangiata. A proposito signora Forrest, cosa hai
preparato per
cena? La donna lo guardò
confusa e vedendolo sorridere
divertito, gli sorrise anche lei mentre il giovane continuava a
scherzare. - Ho capito, te ne sei stata tutto
il giorno a far
nulla senza neanche preparare una gustosa cenetta al tuo maritino che
sarebbe
tornato dal lavoro affamato! Andiamo a casa adesso, donna, e datti da
fare! Scherzosamente la prese per un
braccio e a chi cercava
di trattenerlo diceva ridendo che la signora Forrest aveva fretta di
rincasare.
Luigi li stava aspettando con una carrozzella e senza dir nulla tese la
mano al
Direttore. I due uomini si scambiarono solo una stretta calorosa poi,
insieme a
Barbara ancora tutta imbambolata, si affrettarono a tornare a Villa
Bianca. Appena li udirono arrivare, Kate e
Nunzia si
precipitarono fuori. L’anziana signora aveva gli occhi rossi
di pianto.
Nonostante la buona servetta avesse sempre negato qualsiasi
coinvolgimento del
figlio nell’incidente, aveva
intuito la
verità e la visione del suo ragazzo infangato e ferito, fu
l’ulteriore conferma
della sua supposizione. Però non disse nulla. Quando Robert
l’abbracciò, se lo
strinse forte, trattenendo le lacrime, poi gli carezzò il
viso sporco. - Tuo padre era orgoglioso di te,
ma dopo ciò che hai
fatto oggi, lo sarebbe stato ancora di più – gli
disse. Era il più bel complimento che avesse potuto fargli e il giovane se ne sentì davvero contento. Appena aveva saputo degli uomini intrappolati dall’acqua nella galleria di Bardu, aveva avuto un attimo di esitazione perché conosceva bene i rischi di una sua eventuale scelta, ma poi proprio il ricordo di suo padre lo aveva spinto a scendere in quell’inferno per cercare di soccorrere i malcapitati. Laggiù, insieme agli altri minatori, era come se ci fosse stato anche lui. Simbolicamente era come se avesse avuto una nuova opportunità per salvarlo. Non poteva rinunciare, non se lo sarebbe più perdonato per tutto il resto della vita. *********************************************************************************************************************** Lo so che vi
ho fatto trepidare insieme a Barbara per la sorte di Robert però mi sembra
che ne sia valsa la pena perché
credo, e spero di non sbagliarmi, che
questo sia uno dei capitoli che mi è riuscito meglio. D’altronde stare
sempre e solo a parlare di amore
mi pareva un po’ noioso e poi ritengo che
l’incidente in miniera abbia aggiunto
un nuovo tassello al profilo caratteriale dei miei protagonisti ed al
sentimento profondo che è nato tra loro. Prima di
cominciare con i ringraziamenti AUGURISSIMI DI BUON COMPLEANNO , MIA
DOLCE NANETTA (ma quale delle
due, Lucy o Vale? Non lo specificate)! Purtroppo, e mi dispiace tanto,
non posso regalarti la
scena po-porno perché questo romanzo è
già scritto da tempo (non penserete mica
che sia tanto brava da buttare giù un capitolo al giorno!
Ecchecavolo, per chi
mi avreste preso, per Isabel Allende? E neanche!) Per questo motivo
devo
seguire per forza la stesura originale e dovrete (dovranno) soffrire
ancora un po’. D’altra
parte, come ha fatto ben notare Mirya, stiamo parlando sempre del
secolo scorso
dove il sesso persino tra marito e moglie era di sicuro meno facile.
Anzi, per
quello che ne so, già Barbara era piuttosto
all’avanguardia nell’avere almeno
la consapevolezza della propria sessualità, prerogativa
riservata alle poco di
buono ed alle donne perdute, non certo alle brave mogli. Mi ha fatto
anche un
enorme piacere che Mirya abbia rilevato quella frase che sembrava
buttata lì
per caso in cui Barbara paragona Sean al padre in quanto era una chiave
per
definire la sua infatuazione. In quanto a
Faith ha perfettamente spiegato cosa volesse dire il dono della fede
sarda. In
effetti è proprio di un nuovo matrimonio che si tratta,
senza prete o invitati,
senza feste né bomboniere, ma un matrimonio vero che nasce
dallo scambiarsi una
promessa d’amore a cui si
ha tutta l’intenzione
di tener fede, anche se ciò comporta qualche sacrificio. Ed il primo
lo fa proprio Barbara a mettersi a cucinare la zuppa di pesce alle
sette di
sera quando aveva già pronti i fagiolini (anche se oramai
Cricri manco questo
le riconosce)! Sto
scherzando, mia
piccola amica, e ti ringrazio tanto per le tue recensioni
così puntuali e
gradite. Comunque credo che, almeno in questo capitolo, il caratterino
della
mia protagonista che quando è arrabbiata non la ferma
nessuno dal dire pane al pane e vino al vino, tantomeno sir
Paul o quell’antipatico di Leonard, possa riabilitarla almeno
un po’. E proprio
mentre stavo per postare il nuovo capitolo e questi
ringraziamenti mi è arrivata, ulteriore
regalo, anche la bella recensione di Arte che, come al solito, riesce a
cogliere in pieno ciò che volevo dire. Mi fa piacere sapere
che nella scenetta
di Charles con i genitori abbia visto rispecchiata la sua famiglia
così come Cricri
abbia visto la quotidianità della carezza “al
fagiolino” (mi accorgo che non
glielo avevo detto) perché non voglio scrivere cose non
aderenti alla vita
reale ed è bello che abbiate apprezzato questi piccoli
tocchi di studiata
autenticità. |
Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***
Capitolo 25 Attraverso il vapore della stanza
da bagno, Barbara
scorse il marito immerso nella vasca, la testa appoggiata
sull’orlo e gli occhi
chiusi, completamente rilassato. - Scusami – gli disse nel
vederlo voltarsi verso di
lei – ti ho portato il telo grande per farti asciugare
meglio. Non metterci
molto però, ti ho preparato la pasta che ti piace e sto solo
aspettando te per
mettere a tavola. Robert le sorrise con
un’espressione beata sul volto
ancora tutto sporco. - Ti devi pulire meglio il viso,
è ancora infangato –
gli disse ancora lei. L’uomo si
passò la mano bagnata sul volto e Barbara lo
richiamò, inorridita: - Che fai? Non vedi
com’è sporca quest’acqua? Sei
ferito e può fare infezione. Aspetta, ora ci penso io. Senza curarsi che fosse nudo, prese
una bacinella di
acqua limpida e una spugna ed accoccolandosi accanto alla vasca,
cominciò a
lavargli delicatamente il viso. - Gesù, - gli disse
ridendo nel vedere la sua
espressione – quanto rassomigli a Charles in questo momento!
Anche tuo figlio
si combina così quando va a giocare in giardino e poi fa la
tua stessa faccia
mentre gli pulisco il viso. - Oggi non ho visto né
lui né Maria Neve e non sai
quanto mi sia mancato poter giocare con loro –
commentò Robert facendo un po’
di smorfie sotto i colpetti di spugna con i quali la moglie lo stava
pulendo. Lei si fermò un momento
e gli disse seria, con un’aria
di rimprovero: - Già, però
non hai esitato a rischiare la vita. Non
hai pensato a cosa ne sarebbe stato di loro se ti fosse successo
qualcosa? Robert abbassò lo
sguardo, mortificato. - Non potevo fare altrimenti,
sapevo di avere la
possibilità di salvare i miei uomini e non potevo lasciarli
morire così. - Non eri tenuto a farlo tu, ci
sono le squadre di
soccorso in questi casi. Quando mai si è visto un direttore
scendere con loro!
Lo so che l’hai fatto con il cuore, ma a me non hai pensato?
Me lo dici, brutto
scemo, come avrei fatto se fossi restata vedova con due figli e pure
una
suocera da mantenere? Aveva volutamente usato un tono
scherzoso perché nelle
lunghe, angosciose ore appena trascorse, a una tal cosa non aveva
davvero mai
pensato ma era stata solo attanagliata da una preoccupazione enorme per
la
sorte dell’uomo che amava. - Perdonami, hai ragione. Non
credere che non temessi
questo, anzi, per tutto il tempo lì sotto, non ho fatto
altro che pensarci.
Avevo una paura terribile di non farcela e mi sembrava quasi
impossibile
riuscire a risalire da tutto quel buio, dall’aria soffocante,
dalla terra che
ci cadeva addosso e sembrava volerci seppellire vivi. Sentivo a pochi
metri da
noi le voci dei miei ragazzi e temevo che l’acqua li avrebbe
annegati senza che
fossi riuscito a far nulla per loro. Nello stesso tempo mi sembrava di
udire le
vocette allegre dei nostri figli chiamarmi a giocare con loro nella
luce e nel
sole del giardino. C’è stato un attimo in cui mi
è sembrato di impazzire là
sotto ed ho pensato anche a te, a tutte le cose che avevo ancora da
dirti e che
non ti ho mai detto. Sai, ci sembra di avere sempre tanto tempo davanti
a noi
per fare ciò che vorremmo o provare a realizzare i nostri
progetti e i nostri
desideri, invece in quegli istanti ho capito che il nostro tempo
può finire da
un momento all’altro, senza più ritorno.
Stranamente, dopo aver guardato la
morte in faccia, mi sono sentito diverso ed ora sono più
sereno, so cosa dovrò
fare. Chissà se ci riuscirò, però.
Sono solo un essere umano e vivere con una
simile consapevolezza non è umano perché ci
porterebbe alla disperazione o
forse ad una felicità troppo grande. Mentre parlava, Barbara era stata
ad osservarlo
assorta ed ora grosse
lacrime le traboccarono
dagli occhi. Robert le prese piano il viso nella mano bagnata e senza
parlare
la trasse a sé, posando delicatamente le labbra su quelle di
lei. Si scambiarono
un bacio tenerissimo come non
avevano mai fatto prima. Il calore delle loro bocche scese a riscaldare
anche
il cuore e la delizia provata nel lieve contatto fu come un balsamo che
addolcì
ogni loro pena. Si dovettero riscuotere
all’improvviso dal torpore a
cui si erano abbandonati perché Nunzia venne a bussare alla
porta. - Signore, giù ci sono
sir Bradley ed il signorino Leonard. Chiedono di voi. Che
devo dire? - Eccoli, lo sapevo! –
commentò l’uomo con un sospiro,
poi aggiunse – Falli accomodare in salotto, arrivo subito. Barbara si alzò in
fretta e dopo aver porto il telo al
marito si girò dall’altra parte senza
però accennare ad uscire dalla stanza. - Non vai a riceverli mentre io mi
vesto? – le chiese
mentre si strofinava energicamente il corpo bagnato, stupito nel
vederla ancora
lì. Lei però se ne stava a
testa bassa, giocherellando con
un pettine sul tavolino. - Preferirei di no –
sussurrò piano, come una bambina
che ha fatto una marachella. Robert si avvolse
l’asciugamano intorno al corpo e le
si avvicinò alle spalle, incuriosito dal suo tono. - Perché? - Oggi ero molto arrabbiata
e…gliene ho cantate
quattro. Ridendo, lui la prese per le spalle
e la fece girare,
abbracciandola. - Conoscendoti, devono essere state
perlomeno otto! Sollevata dal fatto che non si
fosse arrabbiato, lo
guardò da sotto in su e precisò: - Forse… anche sedici!
Perdonami, lo sai come sono
fatta. Avrò pure esagerato ma ora non mi sento di andarmi a
scusare con loro. - Hai fatto benissimo invece! Ti
dirò, anch’io sono
stufo di stare a subire prepotenze e comportamenti arroganti, adesso
vado a
dirgliene quattro anch’io. Cercherò di far presto
comunque, c’è la tua pasta
che mi aspetta e non ho nessuna voglia di perder tempo con loro,
piuttosto ho
una voglia pazzesca di stare un po’ noi due da soli. Le posò un bacio lieve
lieve sul collo facendola
rabbrividire, però Barbara si scostò. - Va bene, però vestiti
adesso, non farli aspettare - gli
sussurrò. Dapprima Robert ebbe un sussulto
quando, svegliandosi,
si avvide che era giorno fatto, poi si ricordò di aver
già detto a sir Paul e
suo nipote nel
corso dell’animata
discussione avuta la sera prima che
si
sarebbe preso qualche giorno di riposo dal lavoro per stare un
po’ con la
famiglia. Per fortuna quindi non doveva
alzarsi. Veramente non
ne avrebbe avuto nemmeno la forza perché gli facevano male
tutti i muscoli e la
testa gli doleva assai. Si ricordò di essersi sentito poco
bene anche la sera
precedente e nonostante la sua intenzione fosse stata quella di stare
finalmente insieme a Barbara, dopo cena era crollato come una pera
cotta,
trovando appena la forza di spogliarsi e di mettersi a letto. Intanto bussavano alla porta e lui
si augurò di vederla.
Invece era la mamma che gli portava una tazza di tè caldo e
dei biscotti. Trovandolo sveglio,
la donna gli si avvicinò con il passo
stranamente leggero nonostante tutta
la sua robustezza. - Come stai? - gli chiese a voce
molto bassa. - Così…
– sospirò lui perché non voleva farla
preoccupare ma neanche si sentiva di fingere. La signora Kate gli
toccò la fronte e la trovò molto
calda. - Hai la febbre –
sentenziò – dirò a Barbara di chiamare il medico. - No, mamma, per favore, non ho
nulla, sto bene. I
medici avranno di
meglio da fare che
venire a vedere me. Lei non gli rispose, solo lo
invitò a sorbire la
bevanda calda. Quando l’ebbe finita, gli si sedette accanto e
rimase lì fino a
quando non lo vide riprendere sonno. Si risvegliò qualche ora
dopo al suono della voce del
dottor O’Connor che era entrato nella stanzetta un
po’ in penombra. - Mio Dio, Peter, glielo avevo
detto a mia madre, non
era necessario farvi venire! Mi dispiace, immagino come lei e mia
moglie
abbiano insistito, ma vi assicuro, non ce n’era alcuna
necessità. - Non è
perché mi hanno chiamato loro che sono venuto.
Avevo già deciso di farvi visita per mettervi al corrente
della situazione e
congratularmi con voi: se ieri non aveste avuto il coraggio di guidare
i
soccorritori per la galleria disusata, quegli uomini sarebbero tutti
morti. - Stanno bene? – chiese
l’ingegnere piuttosto restio a
porre l’accento sul suo atto valoroso. - Sì, tutti. Solo il
giovane Giovanni ha un braccio
spezzato e Tommaso Corice ha la testa
rotta, ma non più di quanto gliela rompa la
moglie quando ritorna a casa
ubriaco. I due uomini risero insieme,
davvero sollevati dal
fatto che una circostanza così drammatica avesse avuto
conseguenze così lievi. - Voi, piuttosto, come vi sentite? - Sono pieno di dolori, ho mal di
gola e credo di
avere la febbre alta. - È normale, avete fatto
una fatica fisica
non indifferente. Siete stato
quasi dieci ore là sotto a scavare ininterrottamente immerso
nell’acqua gelata.
Così come tutti gli altri, compreso quello sbruffone di
Gaetano che mi ha
mandato a chiamare già ieri sera, avete bisogno di un
po’ di riposo. Rimasero ancora un po’ a
parlare, poi il giovane
medico prese congedo. - Adesso devo andare da sir Bradley
– gli disse - mi
ha chiesto di passare da lui a riferirgli lo stato delle cose
perché è rimasto
molto sconvolto da quanto è successo,
poverino. - Già –
rispose Robert amaro, però non disse nulla e
lo salutò con molta cortesia, assicurandogli
che avrebbe osservato con scrupolo il suo consiglio di
stare a riposo. In realtà per tutto il
giorno si sentì davvero molto
male non solo fisicamente ma anche per la forzata inattività
anche se tutti
facevano a gara per fargli compagnia. La madre entrò
più volte nella stanza a
chiedergli come si sentisse ed una volta portò anche la sua
bimbetta dolcissima
che gli gettò le braccine al collo e balbettò
“pa-pà, pa-pà” come faceva
spesso
negli ultimi tempi, mandandolo in sollucchero. Vennero a trovarlo anche
Giosuè,
Maria e Luigi. La piccola Nunzia poi, nonostante fosse
l’ultimo giorno che passava
in casa perché
l’indomani se ne sarebbe
andata, gli portò il vassoio con il pranzo e si sedette
accanto a lui per
aiutarlo a mangiare senza alzarsi dal letto. Persino Charles venne e,
dopo
essersi affacciato
timidamente sotto la
porta con un libro sottobraccio, visto
che il padre gli sorrideva e gli tendeva le braccia, si
precipitò a salire sul
letto pensando di
fargli una cosa
gradita fingendo di leggergli una favola. Solo Barbara non si era fatta
vedere per tutto il
giorno e Robert ne era assai dispiaciuto e preoccupato. Forse, dopo la
dolcissima parentesi della sera prima, si era aspettata una notte
diversa. Con
il suo comportamento dolce e seducente gli aveva fatto capire che non
l’avrebbe
respinto e doveva esserci rimasta male quando lo aveva visto ritirarsi
senza
chiederle di dormire con lui. Questo
pensiero lo agitava moltissimo per cui si girava e rigirava nel letto,
incapace
di stare un po’ fermo tanto che le lenzuola erano oramai
tutte in disordine.
Stava quasi calando la notte quando lei entrò. Il giovane la
scrutò
attentamente per vedere come stesse. Si rese conto che era calma e
serena
vedendole il sorriso sulle labbra ed allora, quasi liberandosi delle
sue paure,
sbottò come un bambino trascurato dalla mamma: - Meno male, ti sei decisa a
venirmi a trovare
finalmente! Non è mai troppo tardi! - Scusami, ma oggi è
stata una giornata infernale. Intanto si era chinata sul letto ad
aggiustargli le
coltri in disordine. - Non bastava il fatto che domani
Nunzia se ne va e l’ho
dovuta aiutare a preparare la sua roba, non bastavano i bambini e le
cose da
fare, sapessi che processione di gente c’è stata!
Tutti che venivano a
salutarti o a complimentarsi con te ed ho dovuto fare una fatica
terribile per
intrattenerli io e lasciarti riposare
senza farti disturbare. -
Davvero? –
chiese l’uomo piuttosto incredulo. - Certo. Ti assicuro che se
potessero, ti metterebbero
sull’altare accanto alla Madonna della Neve. Sei diventato il
loro santo
protettore, il loro eroe. - Sì, bella schifezza di
eroe! Gli eroi sono impavidi
ed indistruttibili, io mi sono fatto venire gli acciacchi e persino la
febbruccia come i bambini per lo sforzo e la fifa blu che ho avuto ieri!
- confessò
l’ingegnere con un
viso tanto desolato da risultare comico. La moglie ora stava in piedi
accanto al letto stringendosi
addosso il golfino di lana
perché la serata si era fatta fresca. Nel vederlo
così proruppe in una risata
divertita e di slancio gli si sedette accanto, poggiandosi alla
spalliera del
letto. Con un gesto molto affettuoso lo trasse a sé e gli
fece poggiare la
testa sul suo seno, stringendolo in un abbraccio dolcissimo.
Cominciò a
carezzargli i capelli dicendogli: - Tu non devi essere un eroe
perché sei
solo una persona come tante, con le sue
paure, le sue incertezze, i suoi errori, solo …
più adorabile di qualunque altra! Non disse più nulla, ma
gli posò le labbra sulla testa,
baciandolo con delicatezza. Il giovane le si strinse forte,
godendo moltissimo per
quei baci e quelle carezze. Avrebbe voluto farla stendere accanto a lui
ed
amarla, però si sentiva troppo male, non aveva la forza
nemmeno di muoversi.
Barbara intanto non smetteva di tenerlo stretto e carezzarlo. - E poi volevo che questo fosse un
momento tutto per
noi – gli sussurrò mordendosi il labbro inferiore
non senza una certa malizia. Robert la sentì
stringersi forte a lui e rabbrividì
quando con la bocca socchiusa cominciò a baciargli la pelle
delicata sotto
l’orecchio. Accidenti, aveva desiderato tanto quel momento ed
ora arrivava
proprio quando un terribile mal di schiena gli impediva di fare il suo
dovere
di maschietto! In preda all’agitazione provò a
cercare le parole giuste per
dirglielo senza ferirla e senza fare brutta figura ma le tempie gli
pulsavano e
non riusciva a concentrarsi. Per fortuna fu la stessa Barbara ad
avvedersi che
stava proprio maluccio. - Mamma mia, scotti
come una stufa! – esclamò alzandosi dal letto
– Ora ti metti a riposare ed anche
domani te ne starai a letto, intesi? - gli intimò infine con
un tono dolce ma
che non ammetteva proteste mentre gli rimboccava le coperte. Anche il giorno dopo le
ubbidì buono buono, alzandosi
solo per andare a salutare Nunzia che se ne stava andando in compagnia
del suo
futuro marito. Anche Robert, come Barbara e Charles, nel vederla andare
via si
sentì stringere il cuore dalla malinconia perché
la ragazzetta esile e
taciturna che adesso si stava sciogliendo in un mare di lacrime, era
stata per
loro una vera amica. Più tardi, quando venne
a fargli compagnia portandosi
dietro il suo lavoro a maglia, anche Barbara si lasciò
andare al dispiacere e
pianse a causa di quella separazione. Allora lui
l’attirò vicino a sé e
stringendola forte, cercò di consolarla: - Non essere così
triste. Nunzietta andrà sposa e poi Luigi
l’adora e saprà farla felice. - Mi mancherà tanto lo
stesso. Per così lungo tempo è
stata l’unica persona con cui ho potuto scambiare due parole
ed è sempre
riuscita a darmi tanto conforto con la sua dolcezza, anche nei momenti
peggiori! Robert le sollevò
dolcemente il viso con la mano che
scottava ancora di febbre, costringendola a guardarlo. - Hai
attraversato un periodo molto brutto, lo so, ma ti giuro,
non sarà più
così. - le sussurrò piano - Da
domani in
poi ci sarò sempre io al tuo fianco ed a me potrai dire
tutto ciò che
vorrai. Ti prego,
non facciamoci
separare più da assurdi silenzi! La donna annuì soltanto
e gli poggiò la guancia sulla
mano con estremo abbandono. - Fermo restando –
concluse allegro – che quando ti
andrà di andarla a trovare lo faremo. E dobbiamo anche
andare a casa di tuo
fratello, se è per questo, continua a chiedercelo nelle sue
lettere! - Sì, certo –
convenne lei – però aspetteremo che Neve
cresca ancora un po’. - Ma se ormai è una
signorinella! - Sì, una signorinella
di neanche otto mesi che se la
fa ancora sotto e prende il latte da me tre volte al giorno. Sono
contenta contenta contenta che il capitolo dell’incidente in
miniera vi sia
piaciuto! Come vi dicevo ieri, anche a me è piaciuto molto
scriverlo e d’altronde
ero certa che avreste potuto apprezzarlo anche perché, per
quanto mi conosciate
come una brutta perfida, sapete benissimo che non avrei mai potuto far
succedere niente al nostro Robert. Per quanto riguarda il po-porno, mi rendo conto che qui ce n’è
poco ma forse questo non è il romanzo
adatto dato il tipo di storia e l’ambientazione ma se
rimarrete mie lettrici vi
prometto che “vi darò di più”
in un prossimo futuro. Comunque, come avete visto
anche in questo capitolo oramai le intenzioni da parte dei nostri due
protagonisti di “quagliare”ci sono tutte, ma non
voglio farli finire troppo
presto a letto, voglio provare a creare una certa tensione erotica
secondo il vecchio
principio che l’attesa è più
stuzzicante ancora dell’ atto in sé. E spero che se ci
riuscirò me ne darete atto. Un grazie di
cuore a Tartis e a Lizzie per
la
recensione (non preoccupatevi, so bene che non è facile
recensire tutti i
capitoli) ed un abbraccio caloroso alle mie fedelissime che trovano il
tempo,
la voglia ed il coraggio di farlo. Forse in questo week end non
potrò postare
ma ormai siamo quasi alla fine ed in verità non mi dispiace
prolungare di
qualche giorno il piacere di stare con voi la sera. Che farò
quando avrò
finito?
Piangeròòòòòòòòòòòòòò |
Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***
Capitolo 26 Completamente disabituato
all’ozio, l’ingegner Forrest
riuscì a resistere a casa solo fino al martedì.
Era una giornata tiepida e
bellissima e visto che si sentiva oramai di nuovo in piena forma,
decise di
andare alla miniera per vedere che aria tirasse. Barbara ne fu un
po’
dispiaciuta perché ci stava prendendo gusto a tenerlo in
casa. Le piaceva
moltissimo coccolarlo e quei momenti trascorsi con lui la sera, tra una
carezza,
un bacio e quattro chiacchiere in tranquillità, le erano
diventati oramai
indispensabili. Nel Palazzo della Direzione il
giovane ingegnere
incontrò Leonard. Ben lontano dal prendersi le sue
responsabilità, questi continuava
a sostenere che l’infiltrazione di acqua nella galleria dello
scavo era stato
un episodio imprevedibile. Irritato, Robert decise di non continuare
una
discussione che non portava a nulla e ribadendo il suo bisogno di un
po’ di
riposo, se ne
andò molto presto. Lungo la strada del ritorno
incontrò tantissime
persone ed ognuna di esse, coinvolta o meno nella tragedia sfiorata il
venerdì
precedente, sentì il bisogno di fermarlo e di complimentarsi
con lui,
offrendogli i suoi servigi o promettendogli in dono qualcosa. Lui si
scherniva
con il suo simpatico sorriso e ringraziava, ma ci fu Rinaldo Torre, un
caposquadra, che gli fece una proposta talmente entusiasmante che
appena fu a
casa corse a parlarne alla moglie. - Mi ha detto che la casetta
appartiene ad un
ingegnere tedesco della società mineraria precedente a
quella di sir Bradley –
le spiegò – che oramai non viene più
qui da tanti anni. La tiene in custodia il
fratello di Rinaldo e non avrebbe problemi a farci stare noi per
qualche
giorno. - Perché dobbiamo
andarci? Qui non stiamo bene? –
obiettò la donna indaffaratissima a riempire con i carboni
ardenti il ferro da
stiro. - È immersa in un bosco
di lecci e di sugheri, ad un
passo da un fiumicello molto pescoso e da
montagne bellissime. C’è l’aria buona e
la pace, sono sicuro che potremmo starci
benissimo. - La pace? Anche qui ce
n’è, addirittura troppa! A
quale scopo allontanarsi da casa? - Fare una vacanza,
ad esempio. È da tanto che non ci prendiamo un
po’ di riposo ed è
proprio ora di farlo. Non sto dicendo un periodo troppo lungo, ma
cinque o sei giorni,
una settimana al massimo. In fondo ce lo siamo meritato, non
è così? - Non abbiamo soldi, dopo aver
fatto il regalo a
Nunzia c’è rimasto ben poco. - Te l’ho detto, il
fratello di Rinaldo non vuole
nulla. Poi mi ha assicurato che passerà ogni mattina a
portarci quanto ci
occorre per mangiare e la moglie ci farà trovare la casetta
pulita ed in
ordine. Potremmo davvero starcene tranquilli, fare qualche bella
passeggiata,
leggere o magari solo dormire. Ti prego, andiamoci! - Va bene, vada per la
“casetta nel bosco”. Lo hai chiesto a
tua madre? Come facciamo a
lasciarla da sola se non vuole venire? - No, volevo parlarne prima con te,
ma sono certo che
anche a lei farà piacere cambiare un po’ aria.
Adesso mi do subito da fare,
voglio partire domattina stesso. Per prima cosa devo procurarmi delle
canne da
pesca perché voglio insegnare a Charles a pescare
così come mio padre fece con
me – aggiunse dopo aver riflettuto un po’. - Ma ti rendi conto che tuo figlio
non ha neanche
quattro anni? – osservò la moglie sorridendo. - Non importa, ci divertiremo lo
stesso. Se ne andò tutto
entusiasta. Barbara, nel vederlo
andar via così allegro, sorrise compiaciuta anche se la
vacanza che stavano per
fare non era quella che si sarebbe augurata. Avrebbe preferito tornare
di nuovo
a Cagliari o magari anche andare solo a Carloforte, non importava dove,
purché
avessero potuto passare qualche giorno loro due da soli. Per un momento
era
stata anche tentata di chiederlo a Robert e si era trattenuta dal farlo
solo
perché davvero avevano pochi soldi e poi non era il caso,
ora che Nunzia se
n’era andata, di lasciare la povera Kate a sbrogliarsela con
quelle due pesti
di Charles e Neve. Con un sospiro riprese a stirare, trovando
consolazione al
pensiero che comunque sarebbe stato bello trascorrere tanti giorni con
il suo
amore. Il mattino dopo Gabriele, il
fratello di Rinaldo, li
venne a prendere con un grosso carretto e li accompagnò alla
casetta nel bosco,
davvero molto graziosa. Ad un solo piano, con il tettuccio rosso e
rivestita
quasi interamente di
legno, era stata
costruita secondo i gusti
dell’
ingegnere bavarese e sembrava quasi una casa di fate. - Mammina, sembra la casetta di
Hansel e Gretel! Non
c’è la strega vero? –
commentò nell’osservarla il piccolo Charles un
po’
preoccupato. Robert rise divertito e lo prese in
braccio,
trascinandolo dentro. Sembrava anche lui ridiventato bambino tanto era
felice. Ad aspettarli trovarono Teresa, la
moglie di Gabriele.
Risollevata dal fatto che le persone inviate lì dal cognato
parevano davvero ammodo,
consegnò loro le chiavi, augurò una
piacevole vacanza e li lasciò ad esplorare la casa. La trovarono accogliente e
piacevole. I mobili, tutti
molto belli e di legno intarsiato, brillavano pulitissimi
così come le
stoviglie nella grande cucina dal focolare di pietra e la biancheria
profumata
di spigo negli armadi. Appena furono entrati nella zona notte
però un’aria di
grande delusione si dipinse sul volto di Robert perché non
si era aspettato di
trovare una sola, grande stanza dove il letto matrimoniale era separato
da due
lettini gemelli unicamente da una sottile porta scorrevole di legno. - Non ci abbiamo pensato a portare
la culla di Neve ed
il lettino di Charles – si rammaricò grattandosi
la testa perplesso – adesso
come facciamo? - Di’ un po’,
ma volevi fare un trasloco per qualche
giorno che dobbiamo stare qua? – lo prese in giro la moglie
per poi aggiungere
con piglio deciso – Qual è il problema? Tu e mamma
dormirete nei due lettini e
io mi sistemerò insieme ai bambini in quello matrimoniale.
Non vi dispiace,
vero Kate, di dormire con noi per qualche notte? - No di certo – le
rispose la suocera – anzi comincio
subito a preparare i letti così se dopo vogliamo uscire ci
troviamo una cosa
già fatta. Robert e Barbara lasciarono la
nonna con i due bambini
e tornarono in cucina. Non appena furono da soli, l’uomo si
avvicinò alla
moglie che stava prendendo da un cassettone delle belle lenzuola di
lino. Era stato
sicuro che in quei giorni sarebbe stato finalmente con lei e non
riusciva a
digerire la delusione di non avere una stanza da letto dove potersi
appartare
in intimità. - Non mi piace la soluzione che hai
trovato per
dormire – protestò comunque – potevamo mettere i bambini a dormire
con mia madre e noi
due dormivamo nel letto matrimoniale. - Sì, così
quando si svegliava Maria Neve l’allattava
la nonna! E ti assicuro che si sveglia, oramai le è venuta
una fame alla tua
“bambolina”, e se non sono a portata della sua
boccuccia si fa sentire, eccome! - Allora facciamo così
– le propose attirandosela
contro – la nonna e Charles dormono di là e noi ci
teniamo la nostra bambolina
nel lettone grande. Anch’io ho fame di te, così
come lei! - Smettila! – lo
rimproverò ridendo e cercando di
tenerlo fermo perché in preda ad un’agitazione
irrefrenabile, le stava
carezzando il seno ed i fianchi comportandosi sfacciatamente come non aveva mai fatto prima
di allora. - Ti prego, dai, facciamo
così – la implorò. - No, non va. Conosco bene Charles
e lo vedo già molto
eccitato. Se non gli faccio toccare i miei capelli,
stanotte di sicuro non dorme. - Possibile che non
t’importi niente se sarò io a non
dormire? Anch’io sono molto eccitato ed ho bisogno di
toccarti i capelli – le
disse baciandola appassionatamente sul collo. - Già, però
tu non tocchi solo quelli! Ma
insomma ingegnere, la vuoi finire con
queste mani!? Con enorme sforzo riuscì
a divincolarsi. Lo stava
rimproverando ma lo faceva sorridendo soddisfatta perché
quel giocoso assalto
la lusingava enormemente. Lui se ne avvide e la
guardò con quella sua aria
sorniona che la faceva rabbrividire. - Dai, su, tanto lo so che piace
anche a te – le disse
afferrandola ancora. Barbara gli si strinse contro per
confermare l’esattezza
di quella supposizione ma gli sussurrò con dolcezza,
carezzandogli il viso:
Era tra le braccia di lui e sul
visino alzato a
guardarlo un pudico rossore non riusciva a nascondere il luccicare
malizioso
degli occhi. Robert sobbalzò dalla felicità a
quella promessa e stava per
baciarla senza accorgersi che la piccola Neve era entrata gattonando
nella
stanza ed ora si stava aggrappando alla gonna della mamma cercando di
farsi
prendere in braccio. - Invece di stare a farmi perdere
tempo, occupati un
po’ di tua figlia. – lo invitò allora la
moglie - Non hai detto che volevi
uscire subito? Se non ci diamo da fare a sistemarci un po’,
si farà troppo
tardi per farlo. Allora lui si chinò
verso la bimba e la prese in
braccio. - Su, bambolina, vieni qui e
lasciala perdere questa
brontolona di mamma, lei è buona solo per mangiare, invece
papà sì che ti fa
divertire! Così dicendo la fece
volteggiare alta sopra la sua
testa. La piccina si mise a ridere, con la sua risatella gorgogliante
ed
allegra e lui uscì, fermamente intenzionato a godersi quella
vacanza. Il posto era veramente incantevole
ed i due giovani
erano contenti di stare a scorazzare quasi tutto il giorno. Un
po’ meno lo era
la povera Kate che, anziana e corpulenta, si stancava presto di
arrampicarsi
per i sentieri e di correre appresso a loro. Ben presto, con la scusa
di tenere
Maria Neve, se ne restò a casa, invitandoli ad uscire da
soli con Charles.
Questi, felice della presenza di entrambi i genitori e libero di
correre quanto
voleva, sembrava un vivace puledrino. Purtroppo le giornate di
metà ottobre, per quanto
belle, erano già divenute piuttosto corte, però
anche nell’intimità accogliente
della casetta, in compagnia della buona Kate e dei loro bambini, si
sentivano
felici come non lo erano mai stati. La sera del giovedì,
l’anziana signora dichiarò di avere
le ossa dolenti a causa dell’umidità del posto e
andò a letto subito dopo i
piccini, lasciando i due coniugi a giocare a carte nella grande cucina. Non appena rimasero soli, Robert si
distrasse talmente
tanto dal gioco che incominciò a buttare le carte quasi a
casaccio. Barbara
invece che lo stava giusto imparando,
stava molto attenta e si ribellò subito,
accusandolo di imbrogliare
sfacciatamente. Fingendo di essere arrabbiata, si alzò per
andarsene però non
fece in tempo ad allontanarsi che le braccia forti del marito
l’afferrarono e
la costrinsero a sedersi sulle sue ginocchia. Provò a
liberarsi, ma non ci
riuscì tanta era la foga con la quale lui la teneva stretta
e la baciava. -
Tu devi
essere impazzito! – gli disse ridendo, appena la
lasciò riprendere fiato. - È così, e
sei
tu a farmi impazzire. - Davvero? - Mi farai morire se non mi dici di
sì. Non vedi in
che stato mia hai ridotto? Era talmente bello in quel momento
e lei lo desiderava
così tanto che non si trattenne più e presogli il
viso tra le mani, posò le
labbra sulle sue ricominciando a baciarlo. Intanto le mani di Robert non smettevano un
istante di carezzarla
attraverso la stoffa del vestito. Dopo un po’ però
la donna si riscosse e, pure
se mezza stordita, fece per allontanarsi. - Dove hai intenzione di andare?
– le chiese il marito. - A letto. È tardi. - Neanche per sogno, non puoi
lasciarmi a desiderarti
così, ti voglio ed ho bisogno di far l’amore con
te, adesso, immediatamente.
Andiamoci insieme a letto – soggiunse in un sussurro
invitante. - Ah sì? –
scherzò la donna – E in quale? Nel grande
ci sono i bambini e in uno di quelli piccoli, dietro il tramezzo di
legno, c’è
tua madre che dorme. - Allora facciamolo qui, sul tavolo Robert non riusciva più
a frenarsi tanta era la voglia
che aveva di lei. Però Barbara si fece seria. - Ma insomma, per chi mi hai preso?
– scherzò corrugando
le sopracciglia. Robert non capì lo
scherzo ed impallidì. - Scusami – le disse
– ti prego, scusami, non volevo
essere poco rispettoso. Ti desidero talmente tanto che… La donna non lo lasciò
finire di parlare. - Cosa c’è,
non sono più la santa adesso? Ora mi puoi
trattare addirittura come una donnaccia? - Ti ho chiesto scusa, cara, anche
se, te lo giuro,
non intendevo offenderti. Perdonami,
in
fondo sono fatto di carne anch’io. -
Ed hai
pensato che ti bastasse schioccare le dita per farmi correre da te come
una
cagnetta in calore? Giurami che non rivolgi a me le tue attenzioni
giusto
perché sono l’unica femmina a portata di mano
– gli chiese guardandolo accigliata. - Come fai a pensarlo! Non
è così, te l’assicuro – le
disse dispiaciuto. Barbara capì quanto
fosse sincero e tutta la sua
severità si tramutò in un sorriso allegro. - Meno male! –
esclamò – Comunque mi sa che hai
proprio ragione, ingegnere, non sono affatto una santa e questo tu lo
sai
benissimo. Però … – esitò un
attimo prima di parlare per paura di non essere
capita poi proseguì, questa volta seria – non
voglio farlo così, sciupando
tutto … vorrei avere anche io la mia notte di nozze. - Non l’abbiamo
già avuta più di una volta? – si
meravigliò l’uomo. - No, le altre volte non eravamo
nemmeno sposati. - Ma che dici!? - Perché, ce
l’avevo questa? Nel fargli questa strana domanda
Barbara gli aveva
mostrato la mano sinistra al cui anulare brillava la filigrana
d’oro della fede
sarda. Robert intuì immediatamente cosa volesse dire e ne fu
intenerito. Le
afferrò la manina e se la portò alle labbra,
baciandogliela con dolcezza ma ben
presto l’impeto della passione ritornò a
manifestarsi, incontenibile. Tra le braccia del suo uomo,
Barbara ne avvertiva il
corpo forte e solido, la sua prorompente eccitazione. Lei stessa si sentiva travolta come
da un fuoco e non
resisteva a quel bisogno impellente della sua femminilità
che reclamava di
essere soddisfatto. Si lasciò andare completamente per cui
rimase un po’ sconcertata
quando il marito, all’improvviso,
l’afferrò per le spalle e
l’allontanò da sé. Ancora in preda ad
un’emozione che la faceva tremare
tutta, lo vide avviarsi verso l’uscio di casa. - Ma dove vai? – gli
gridò, notando quanto anche lui
fosse ancora stravolto dalla voglia di fare all’amore. - Vado a fare quattro passi qui
intorno – le rispose. - Ma è notte fonda! - Esco solo un po’ fuori.
Ho bisogno di fumare e di
prendere una boccata d’aria per calmarmi. Torno prestissimo,
non temere – le
disse ancora molto serio, ma poi sorrise ed aggiunse – Non ti
preoccupare,
moglie dell’ingegnere, va tutto bene, è tutto
sotto controllo. Perlomeno quasi
tutto – concluse con una smorfia maliziosa ed allusiva
guardandosi il davanti
dei pantaloni notevolmente rigonfio. Barbara scoppiò a ridere
e lo vide uscire molto più
tranquilla. Era arrivata a un
punto tale da perdere ogni controllo e se Robert avesse
insistito solo
un altro po’, avrebbe fatto all’amore persino sul
pavimento. Ma se n’era andato
lasciandola così e se un tantino ne era rimasta delusa,
sapeva perfettamente
che quella era stata un’ulteriore prova che lui
l’amava davvero e non la voleva
solo per soddisfare un bisogno fisico. Si sentì invadere da
una enorme
contentezza ma, nonostante tutto, aveva bisogno di calmarsi anche lei.
Andò a
versarsi un po’ di acqua sul viso per cercare di uscire da
quel tormento. Il
tormento più dolce che avesse mai provato in vita sua.
Lo so cosa state pensando: che sono io cattivissima o che questi due sono proprio sfigati. Pure la camera da letto divisa solo da un tramezzo di legno ci voleva! Ma non è colpa mia se l'ingegnere bavarese proprietario della "casetta nel bosco" era sposato con una vecchia racchia con cui non faceva sesso da almeno trenta anni! Scherzi a parte, spero che abbiate comunque apprezzato l'atmosfera che si surriscalda... |
Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***
Capitolo
27 Onde evitare di restare soli e
cadere di nuovo in
tentazione, la sera
successiva Barbara
cercò di fare più presto dell’anziana
suocera
ad andarsene a letto. Quando annunziò la sua decisione di
andare a dormire,
vide Robert alzare su di lei due occhi dispiaciuti. - Che fai, vai già via?
Resta ancora un poco con noi,
ti prego. - No, sono stanca. Buonanotte,
Kate, e buonanotte
anche a te. Si mise a letto, accanto ai suoi
dolcissimi bambini già
addormentati, ma purtroppo il sonno non veniva. Intanto le arrivavano
nitide le
voci di Robert e di sua madre che parlavano sommessamente nella stanza
accanto,
esprimendosi nella loro difficilissima lingua. Non riusciva a capire
una sola parola
del loro discorso ma li sentiva benissimo. Ad un tratto
pensò che per fortuna
il colloquio della
sera prima tra lei e
il marito si era svolto in italiano e che si erano fermati in tempo.
Sarebbe
morta di vergogna se la suocera avesse sentito di cosa parlavano o
peggio
ancora se li avesse uditi fare all’amore. La mattina del sabato Rinaldo venne
a trovarli e poiché
doveva tornarsene ad Ingurtosu, Kate espresse il desiderio di tornare a
casa
con lui. - Volete andare via? Non potete
restare con noi questi
altri due giorni? – protestò la nuora alla strana
richiesta. - Perdonami, figlia mia, ma le mie
povere ossa non ce
la fanno più. Preferisco tornare a casa e riposarmi un
po’ da questa vacanza. - Allora ce ne torniamo tutti, non
voglio farvi stare
da sola. - E perché? Posso farlo,
sono appena due giorni. Poi
voi giovani vi state divertendo tanto qui! Oggi Charles deve anche
andare a pesca
con il papà, non è così piccino? - Sì nonna,
papà mi insegna a “peccare”. Dimenticandosi che la nonna non lo
capiva, il bambino
aveva risposto in italiano e vedendo i genitori scoppiare in una
risata, la
vecchia signora si informò sul motivo della loro
ilarità. Quando venne a sapere
il significato della parola storpiata dal nipotino,
rise anche lei. - Speriamo ti insegni a parlare,
piuttosto! – osservò. Comunque non ci fu verso di
convincerla a rimanere.
Barbara sollecitò anche il marito affinché
provasse a farlo, ma questi scambiò
solo uno sguardo con la madre e non disse nulla, facendole venire il
sospetto che
fossero d’accordo e la brava donna intendesse andarsene per
lasciarli un po’ da
soli. In fondo non sapeva cosa si fossero detti nel corso della
conversazione
della sera precedente ed in tutta onestà era molto
combattuta tra la paura di
restare da sola con Robert e la voglia che ne aveva. Benché
cercasse di fare la
forte, anche per lei la situazione stava diventando insostenibile e
l’attrazione che provava per il marito stava cominciando
davvero a tormentarla. Era una bella giornata e decisero
di andare tutti
insieme al ruscello un po’ più a monte. Il padre
portava a cavalluccio la
piccolina, Barbara lo
seguiva con il
cestino della colazione e Charles per mano. Il paesaggio
tutt’intorno era
rigoglioso di piante e di profumi ed il cinguettio degli uccelli a
volte si
sovrapponeva e a volte faceva da sottofondo alle vocette argentine dei
bambini.
Dopo una lunga passeggiata si sedettero a far colazione, poi i due
maschi si
misero a pescare e Barbara restò con Maria Neve a guardarli
divertirsi.
Osservandoli, li trovava bellissimi e si ricordò di quando
li guardava sulla
spiaggia la lontana estate in cui aveva pensato con rammarico che
entrambi non
le appartenevano. Ma ora era ancora così? Qualcosa dentro di
lei le diceva che ormai
il suo amore era
ricambiato. Mentre con
il piccino era stato tutto facile e naturale, conquistare
l’amore di Robert era
stata una bella fatica soprattutto perché avevano finito per
comportarsi addirittura
male l’uno con l’altra. Per un momento il ricordo
della sofferenza che lui le
aveva inflitto ed il rimorso per tutte le sgarberie con cui lo aveva
ricambiato
la fecero star male. Ma quel giorno era tutto troppo bello per
immalinconirsi a
lungo e così, dopo
aver dato latte alla
piccina, se ne restò distesa sul telo bianco, la testa
appoggiata sul braccio,
a godersi il sole caldo di ottobre che la riscaldava. Ad un certo punto il marito le si
avvicinò e le si
sedette di fronte. - Perché hai lasciato
Charles da solo?– gli chiese. - Sta pescando, non vedi? - Lo so, ma non può
essere pericoloso? - Siamo qui a due passi e non
c’è nessun pericolo. - Guarda lì come se ne
sta serio – commentò la donna
indicando divertita il bambino. - Già, però
tra cinque minuti si sarà già stancato di
fare il pescatore. Non è da lui rimanere per tanto tempo
fermo ed in silenzio.
Neve invece si è addormentata, vedo. - Sì, le ho fatto fare
uno spuntino ed ora se la dorme
beata. -
Quanto si è
fatta bella! – affermò lui con orgoglio paterno
mentre guardava la bimba.
Allungò pure una mano per carezzarle lievemente la gota
tonda. - Sì, è
stupenda – confermò la donna ed in cuor suo
pensò che la figlia era altrettanto bella del padre. In quel
momento il sole
gli illuminava i capelli folti e castani e sul viso leale e dai
lineamenti
perfetti, un sorriso dolcissimo gli scopriva i denti piccoli e candidi
mentre gli occhi
gli brillavano come un
cielo turchino. Un po’ imbarazzata, provò a
distogliere lo sguardo e a
fissare la bambina,
però non poteva
togliersi dalla mente le sue spalle larghe, il collo possente, le
braccia forti
di cui desiderava disperatamente la stretta. Quando si avvide che
Robert la
stava osservando a sua volta, arrossì
addirittura. Lui infatti la stava fissando
perché, come sempre
quando aveva appena allattato, si era dimenticata di allacciarsi di
nuovo il
vestito. Il seno, morbido e grosso, faceva quasi capolino dalla
scollatura.
Quel giorno aveva lasciato sciolti i lunghi capelli che le
incorniciavano il
visino grazioso sul quale si era diffuso un vago rossore che la rendeva
ancora
più bella. Non riuscì a resistere,
allungò la mano e, infilandola
nella scollatura, le
carezzò una mammella con estrema delicatezza. Immediatamente Barbara si
rizzò a sedere. - Che fai!? – gli chiese
con un tono che voleva essere
di rimprovero ma non lo era affatto. - Niente, controllo le riserve
alimentari di mia
figlia – le rispose con un’ espressione un
po’ da canaglia. - Non ce n’è
bisogno, sono a posto. Gli prese la mano e
gliel’allontano. Ma lui ritornò
alla carica e cominciò a carezzarle il collo e la nuca,
proprio tra i capelli. - Non ti arrendi mai tu, non
è vero? – protestò ancora
la giovane, rabbrividendo suo malgrado. - Già, la tenacia di noi
gallesi è proverbiale – le
rispose sorridendo. - Anche la determinazione dei
sardi, se è per questo. - Può darsi,
però tu sei genovese. - E con questo? Anche i genovesi
sanno mollare due
schiaffi quand’è necessario. - Fallo allora. Lei non si fece pregare e ridendo
un po’, cominciò a
colpirlo con qualche timido schiaffetto sulle guance, avvertendo la
barba
morbida sotto le
dita. - Questi non sono schiaffi, sono
carezze… – le
sussurrò l’uomo con una smorfietta allegra. - Ah sì? Adesso ti
faccio vedere io se non sono capace
di darti una vera sberla. Alzò una mano per
picchiarlo più forte, ma lui
l’afferrò per il polso e cominciò a
baciarle prima il palmo, poi la pelle
tenera all’interno dell’avambraccio. Quando
sentì i suoi denti mordicchiarla
con sensualità, Barbara non poté impedirsi di
avvertire come un fuoco e dovette
chiudere gli occhi tanto fu grande la vertigine che la colse. Robert se ne accorse e, pronto a
non lasciarsi
sfuggire l’occasione, le cinse la vita con un braccio.
Attirandola a sé,
cominciò a baciarla prima pianissimo poi sempre
più intensamente. La donna assaporava la sua bocca
calda e le sembrava
dolce come il miele. Intorno tutto parve sfumare in una nebbia lontana
e con
gli occhi chiusi, si abbandonò completamente alla struggente
dolcezza di quel
bacio come se non esistesse nient’altro al mondo al di fuori
dell’uomo che la
teneva avvinta. - Che state facendo? La vocetta acuta del piccolo
Charles era risuonata
come uno squillo di tromba, facendoli sobbalzare entrambi. Si
scostarono di
colpo e la donna arrossì un poco, vergognosa del bambino. - Tu piuttosto, hai già
finito di pescare? – gli
chiese i padre senza perdersi d’animo. - Sì, mi sono “cocciato”!
– dichiarò il bimbo e si piazzò a
sedere proprio lì, in mezzo a loro due. Fin quasi alle quattro del
pomeriggio era
stata una magnifica giornata di sole, poi
grosse nuvole minacciose avevano ricoperto il sole e si era levato un
vento
impetuoso. Erano quasi arrivati a casa quando una pioggia furiosa si
abbatté su
di loro, costringendoli a fare una corsa precipitosa verso la porta che
raggiunsero ridendo come pazzi. Barbara si affrettò ai
fornelli per preparare
la cena mentre il
marito si occupò di
intrattenere un po’ il piccolo, sempre piuttosto vivace. - Fa freddo non trovi? –
gli chiese poco dopo mentre
finalmente dava da mangiare a Neve che aveva protestato per il ritardo
strillando a tutta forza. - Dovremmo accendere un
po’ il camino – propose lui –
Ho controllato ed è funzionate. - Sì, ma non
c’è
legna. - La legna? – sorrise
Robert alzando un sopracciglio
ironicamente – Siamo in un bosco, mia cara, di legna ce
n’è quanta ne vuoi. Ora
vado a prenderne un po’. - No, non andare fuori! –
strillò la donna ed allo
sguardo meravigliato del marito, aggiunse per dargli una spiegazione
– Sta
piovendo ancora, ti bagnerai. Non osava dirgli la sua terribile
paura che la pioggia
potesse trasformarsi all’improvviso in uno di quei temporali
che la
terrorizzavano tanto. Quando lui le assicurò di andare solo
un po’ nei dintorni,
cercò di farsi forza per non lasciar trasparire il suo
infantile timore di cui
si vergognava molto. Per fortuna durante la breve assenza del marito la
pioggia
continuò a mantenersi scrosciante senza diventare un vero
temporale. Poco dopo Robert tornò
con tra le braccia della legna
da ardere e si
affrettò ad andarla a
mettere nel camino. Quando l’accese, si sparse per tutta la
stanza un
piacevolissimo profumo. - Brrrr – disse
scuotendosi la pioggia di dosso – è
venuto davvero il freddo all’improvviso! Per fortuna ho
trovato un po’ di
legna asciutta
nella stalla qui accanto.
Sono andato anche a controllare che l’ingegnere bavarese
avesse fatto installare
un parafulmini. Sai, questa casa è fatta tutta di legno e mi
sa che tra poco
verrà giù un bel temporale. Barbara, ben lungi dal sentirsi
tranquillizzata, rabbrividì
di paura ma poi sperò che Robert si
sbagliasse. - Vatti a cambiare, sei tutto
bagnato. Fai presto perché
è quasi pronto – gli disse per darsi un contegno. Era intenta a rimescolare la
minestra così lui le andò
alle spalle, la prese per la vita e se la tirò contro. - Che buon profumino!-
osservò. - È solo una comunissima
zuppa di verdure, niente di
speciale. Voglio consumare la roba da mangiare che
c’è in casa perché lunedì ce
ne andremo. - In mano a te anche una zucchina
ed una patata riescono
a trasformarsi in piattini deliziosi! – le disse stringendola
ancora di più. Barbara si voltò a
guardarlo stupita, ancora con il
grosso cucchiaio di legno in
mano. - Di’, ma ti senti bene? Tutti questi complimenti
da uno che fino a
qualche mese fa non si lasciava sfuggire neanche un mugugno di
soddisfazione
per mostrare di gradire i miei piatti! Robert rise divertito e le
posò un bacio sulla fronte. - Vedrai quanti mugugni di
soddisfazione ti farò d’ora
in poi e non soltanto per la tua cucina, spero… - le disse
guardandola
allusivamente e continuando a stringerla forte. - Ma vai via! Se non la smetti te
le suono con questo!
– scherzò la moglie minacciandolo con il
cucchiaione e costringendolo a
ritirarsi. |
Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***
Capitolo 28 Passarono una bellissima serata ed
anche se fuori
pioveva e faceva freddo, stavano davvero bene tutti insieme. Verso le
nove
Barbara portò a letto i bambini e Robert la
implorò con uno sguardo di farli
addormentare presto e poi di ritornare in fretta da lui. Per ingannare
l’attesa, si mise a leggere un libro, incurante della pioggia
battente. Era
passata circa una mezzora e già si stava chiedendo cosa ne
fosse stato della
moglie, quando udì gli strilli dei figli sovrastare
addirittura il rumore del violento
temporale che oramai infuriava. Un po’ agitato, si
affrettò ad andare a controllare
e si stupì moltissimo nel vedere Charles seduto in mezzo al
letto nel tentativo
di far rimettere giù la sorellina che piangeva forte,
strillando a
squarciagola. - No, no, Neve, non fare la
cattiva, adesso devi
dormire! – le stava dicendo strillando lui pure per
sovrastare il pianto di lei
ed il fragore dei tuoni. Robert vide la moglie rannicchiata
con un cuscino
sopra la testa e si chiese cosa stesse facendo così. - Si può sapere cosa sta
succedendo qui? Barbara, che
fai? Non li senti questi due? - È inutile,
papà, lei ha paura del temporale e non
esce da là sotto – gli spiegò serio
come un adulto Charles. Sembrava così abituato
al comportamento della mamma da non esserne nemmeno stupito. - Non è possibile!
– esclamò Robert tra l’incredulo ed
il divertito. Strappò il cuscino che nascondeva il viso
della moglie per
osservarla bene e lo sguardo smarrito e terrorizzato che lei gli
rivolse gli diede
la conferma che il figlio non aveva esagerato. - Hai paura del temporale!?
– le chiese stupito
tenendo ancora il
cuscino in mano. Annuì spaventata e, ad
un lampo più forte, poiché
oramai era stata privata del suo scudo, si tappò le orecchie
con le mani e
chiuse forte gli occhi aspettando il tuono. - Forza, fatti più in
là – le disse allora Robert, ridendo. Si coricò accanto a loro
e poi si rivolse al figlio: –
Anche tu,
mettiti sotto le coperte e dormi. - Ma Neve vuole stare seduta, non
vuole mettersi
sotto. Come faccio se sta sveglia e piange?
– protestò il bambino, preso e
compreso nel suo ruolo di fratello
maggiore. - Adesso mamma la farà
dormire. Non è così,
mamma? Su, girati e
abbracciala. E tu,
Charles, abbracciale tutt’e due le nostre femminucce che
hanno paura di un temporale. Il bimbo ridacchiò
divertito e si affrettò ad
ubbidire. Anche Barbara lo fece e mise la piccina distesa accanto a
lei,
sentendo nel contempo alle sue spalle il massiccio corpo di Robert che
la
teneva stretta in un abbraccio. Un’altra saetta
illuminò la stanza, seguita da
un tuono fortissimo. - Mamma mia! –
strillò il bambino. - Che fai? – gli disse il
padre – Adesso ti metti ad
aver paura anche tu? - Un po’… -
confessò il piccolo. - Non c’è
niente di cui aver paura, è solo il diavolo
che sta litigando con la moglie e la sta buttando dalle scale, quella
brutta
vecchiaccia. Charles rise, mentre Barbara, tutta
tremante, si
strinse ancora di più contro Robert. La
bimba frignò un poco, ma cominciava a calmarsi pure lei. - Non ci credete? –
proseguì l’uomo - Conosco
una canzone che ne parla: adesso ve la
canto. Lo fece e per un po’ la
sua bella voce sovrastò il
fragore della tempesta. Quando tacque, restò solo il
silenzio della notte rotto
dal rumore della pioggia battente. Rimasero abbracciati tutti e quattro
ed ognuno
di loro godeva della vicinanza degli altri, tanto che la paura ed il nervosismo a poco a
poco si dileguarono ed
i due bambini, prima Maria Neve, poi Charles, si addormentarono sereni.
Barbara che fino ad allora gli
aveva dato le spalle,
si girò tra le sue braccia stringendosi forte a lui, felice
e rassicurata come
non lo era mai stata in vita sua. - Stai bene? – le
sussurrò dolcissimo, carezzandole i
capelli. - Sì – gli
rispose piano, abbracciandolo. Gli aveva infilato la mano sotto la
camicia e gli
stava toccando i
fianchi e il petto.
Sotto il tocco delicato delle dita sentiva il tepore della carne di
Robert e
tutta la forza del suo corpo maschio e muscoloso. L’uomo le
sollevò il viso e cominciò a riempirla di
piccoli, teneri baci,
sulla fronte,
sugli occhi, sulle guance, poi le cercò la bocca e gliela
baciò. C’era molta
tenerezza in quell’approccio che a poco a poco si
trasformò in passione quando
le carezze divennero più intime ed i baci più
profondi. Ben presto Robert fu su di lei che
gli circondò con le
gambe i fianchi, trepidante ed eccitata nell’attesa di
accoglierlo finalmente
dentro di sé. Stavano proprio sul punto di cominciare a fare
all’amore quando
Charles si voltò di scatto nel sonno ed urtò la
piccolina che prese a piagnucolare. Tanto bastò
perché Barbara si bloccasse. - Ti prego, Robert, fermati
– lo implorò cercando di
sottrarsi. Ma lui non se ne diede per inteso e
continuò a baciarle
la pelle tenera e calda che oramai la camicia da notte non copriva
più visto
che era quasi riuscito a sfilargliela del tutto. - Per favore, caro, aspetta
– lo invitò ancora. - Mi dispiace, ma non posso.
L’ingegnere ha perso il
controllo – scherzò lui. Le aveva mormorato quelle parole
proprio sulla pelle
delicata del seno e
lei rabbrividì al
calore del suo fiato. Lo desiderava da morire ma dovette insistere. - Dai, su, qui ci sono i bambini. - Dormono. E poi tu sei ancora
spaventata dal
temporale. Io ho un metodo efficacissimo per farti passare ogni paura
–
insistette lui senza fermarsi. Ma in quel momento Maria Neve si
svegliò del tutto e cominciò
a strillare forte. Allora la mamma si
liberò dalle braccia del marito e si voltò verso
la piccola per calmarla. Solo
allora Robert si convinse che fare l’amore lì non
era possibile, ma per fortuna
dietro la porta scorrevole di legno c’erano i lettini liberi. - Falla riaddormentare e poi vieni
di là. Fai presto
però, ti aspetto - le propose e nella sua voce
c’era tutta l’impellenza di una
voglia che non poteva più non essere soddisfatta. Barbara non disse nulla e si mise a
cullare la
piccina. Rientrato nella sua stanza, quasi si
strappò di dosso i vestiti tanto era
impaziente che lei lo raggiungesse. Si ficcò sotto le
coperte senza nemmeno avvertire
il freddo delle lenzuola contro la pelle nuda. Aspettò per
un poco, guardando
la tempesta attraverso la finestra di cui non aveva chiuso gli scuri,
poi
cominciò ad agitarsi. Perché ci stava mettendo
tanto? Oramai la bimba non si
faceva più sentire perché doveva essersi
riaddormentata. L’eccitazione di poco
prima si stava trasformando a poco a poco in
irritazione perché temeva di restare deluso
ancora una volta. Non ce la
faceva più, se non l’avesse avuta sarebbe
impazzito! Se almeno avesse potuto
ingannare l’attesa fumando, ma la moglie non gli permetteva
di farlo, solo
qualche sera prima l’aveva rimproverato perché
aveva osato accendere un sigaro
ed il fumo aveva disturbato lei ed i bambini. Certo aveva un bel
caratterino
quella donna ed era anche molto risoluta ed ostinata! Probabilmente
aveva
deciso di farlo penare ancora e
non
sarebbe riuscito mai a convincerla. Come faceva a farle capire che
oramai era
innamorato perdutamente? In quel momento
avvertì tutta la tensione e la delusione che una simile
situazione gli stava
dando da tanto tempo. Aveva sbagliato con lei, era vero, ma ora pensava
di non
avere più nulla da rimproverarsi e negli ultimi tempi di pazienza ne aveva avuta
sin troppa. Barbara
era sempre stata troppo puntigliosa ma adesso si stava comportando
veramente
male! Quella ridda di pensieri spiacevoli
fu interrotta dal
balenare di un fulmine. La stanza fu illuminata quasi a giorno e
soltanto
allora si avvide che la donna era entrata silenziosamente ed ora,
accanto al
letto, si stava sfilando la camicia. Non ebbe neanche il tempo di
realizzare
che se la ritrovò tra le braccia come era stata poco prima,
però ora ne avvertì
il calore del corpo completamente nudo e la morbidezza della pelle di
seta. Senza
parlare, la strinse forte e assaporò il profumo dei suoi
capelli. Lei lo cercò
per baciarlo e,
stringendogli il viso
tra le mani, gli sussurrò proprio sulla bocca, facendolo
rabbrividire con il
suo respiro profumato e caldo: - Allora ingegnere, me lo vuoi
mostrare questo metodo
infallibile per farmi passare la paura? L’uomo rise sommessamente
e con il cuore che gli
batteva all’impazzata, si affrettò ad
accontentarla. La luce di un’alba
piuttosto livida filtrava dalla
finestra. Barbara si sentiva il lato destro tutto addormentato
perché nel
piccolo lettino Robert la teneva stretta e non riusciva a muoversi
nemmeno. Con
enorme delicatezza gli spostò il braccio così lui
si scostò continuando a
dormire e lei poté girarsi un po’ e sgranchirsi le
membra indolenzite. Sapeva
che di lì a poco Maria Neve avrebbe
fatto sentire la sua vocina perché non aveva
ancora rinunciato alla
poppata mattutina, ma ora stava troppo bene così, accanto al
suo uomo, per aver
voglia di alzarsi. Si mise a fissarlo
e
la bellezza ed il vigore del suo corpo la riportarono alla notte appena
trascorsa. Non avrebbe mai pensato che fare all’amore potesse
essere
un’esperienza tanto sublime. Nelle notti infuocate passate a
Cagliari e persino in quella sola notte dell'agosto precedente, le era
piaciuto lo stesso,
ma ora al godimento fisico si era unita la certezza di essere amata e
questo le
provocava una gioia che non si sarebbe mai aspettata di provare. Era
successo
proprio come lo aveva desiderato ed anche se si era ripromessa di
creare le
condizioni affinché la loro nuova, prima notte
d’amore fosse la più sensuale e
romantica possibile, doveva ammettere che il modo in cui era accaduto
era stato
tenero e spontaneo come di più non avrebbe potuto essere. Rise tra sé
pensando all’efficacia del metodo
antipaura dell’ingegnere Forrest perché ad ogni
temporale avrebbe rivissuto
quei momenti felici. Il ricordo dei suoi baci, delle carezze
struggenti, del
rapporto carnale così tenero e selvaggio al tempo stesso, la
fece vibrare tutta
e si trovò a desiderarlo ancora. Forse se lo avesse cercato,
forte ed
appassionato com’era, avrebbe ripreso ad amarla con tutta la
foga di cui era
capace, così come aveva fatto per buona parte della notte
appena trascorsa.
Comunque era impensabile trovare il coraggio di fare una cosa simile
per cui se
ne stette buona e tranquilla a guardarlo dormire, perdendosi quasi in
lui. E
poi non c’era nessuna fretta. D’ora
in
poi anche per lei ci sarebbero stati tanti momenti così,
fatti di passione, di
dolcezza, di piacere. Si sentiva sulla soglia di una vita nuova piena di promesse anche
se, stranamente, una
punta di malinconia di cui non riusciva a spiegarsi la provenienza, la
pungeva
come uno spillo. Ben presto però la bambina si fece sentire e così scese dal letto. Indossata di nuovo la camicia, si affrettò ad andare a prendere Neve per non far svegliare anche Charles e Robert. *************************************************************************************************************************** Se avessi
dato un titolo ad ogni capitolo questo si sarebbe potuto chiamare :
“E vai!”.
Spero che abbiate gradito l’atmosfera ed anche il (moderato)
po-porno almeno
quanto sembrano averlo gradito i nostri coniugi Forrest. In realtà, per
quanto si sono sempre sentiti attratti
l’uno dall’altra, il
“fattaccio” avrebbe potuto accadere quasi ad ogni
capitolo
ma ho preferito farli innamorare davvero prima che succedesse. Ma
allora siamo
proprio alla fine? Ebbene sì. Ma in questa manciata di
capitoli che mancano all’epilogo
“emozionante” del finale
“travolgente” (scherzo!) aspettatevi ancora qualche
colpo di scena. Basta, non mi sbottono di più, leggete e
saprete. E mi
raccomando, non perdete la pazienza mandandomi a quel paese. Un’ultima
nota per Cricri. Non fare anche tu l’errore che fece Barbara:
Robert non è
inglese bensì gallese. Per quello che ne so, i gallesi sono
più vivaci e teste
calde dei freddi e compassati inglesi. Avercelo un baldo gallese
così in una
sera di tempesta! Non so voi, ma io, anche senza aver paura dei
temporali, ci
metterei la firma. |
Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***
Capitolo 29 Alle undici quei due dormiglioni
dei maschietti non
accennavano ancora ad
alzarsi. Barbara aveva
allattato Neve, l’aveva lavata e cambiata. Lei stessa si era
vestita, aveva
fatto colazione e rassettato la cucina. Ora se ne stava dietro la
finestra a
guardare fuori mentre la bambina, seduta sul seggiolone e molto
tranquilla,
stava giocando con un cucchiaio. Il primo a comparire fu Charles
che, stropicciandosi
gli occhi con una mano e grattandosi la nuca con l’altra,
entrò in cucina
dicendo semplicemente “mammina”. Barbara lo
abbracciò augurandogli il buon
giorno, poi gli versò una tazza di latte e gli
tagliò il pane per fargli fare
colazione, tornandosene dietro la finestra mentre il piccino mangiava. Dopo un po’ apparve anche
Robert, a torso nudo, che si
stava strofinando gli occhi e grattando la nuca nel medesimo, identico
gesto
fatto poco prima dal figlio. Barbara scoppiò a ridere
divertita e lui la guardò
sorridendo, ancora mezzo assonnato. - Che c’è?
Perché ridi? - Niente, sei comico. Assomigli
tanto a Charles certe
volte, fate anche gli stessi gesti! – gli mormorò
indicando il bambino che
mangiava tranquillo. Robert carezzò i
riccioli biondi del figlio e diede un
bacino alla bimba infine osservò
la moglie.
- Vedo che sei allegra stamattina. Stai bene?
- Sì. - E perché? –
si divertì a provocarla aspettandosi un
accenno alla notte prima. - Per questo….
– gli rispose invece lei indicandogli
con un cenno del capo il paesaggio fuori dalla finestra. L’uomo si
avvicinò e guardò fuori anche lui. Dopo la
violenta pioggia della notte e della mattina presto, il cielo era
diventato di
un turchino intenso e le basse nuvole bianche sembravano quasi di
bambagia. Il
sole faceva brillare tutto con i suoi raggi luminosi e le foglie verdi
erano
ancora più verdi, mentre quelle che avevano già
preso il colore rosso
dell’autunno, splendevano come fuoco. Tra di esse gli
uccellini saltellavano
cinguettando allegramente ed i profumo della terra bagnata era
così intenso da
essere quasi inebriante. Tutto sembrava più bello
e pulito, come se quel nuovo
mattino fosse anche l’inizio di un nuovo tempo che lasciava
alle spalle tutto
quanto c’era di brutto e
tenebroso,
consentendo ai cuori di aprirsi alla speranza ed alla gioia di vivere. Robert si voltò a
guardare la moglie e vide un raggio
di sole arrivarle
giusto sul viso
facendole rilucere gli occhi nocciola che sembravano ora quasi ambra
trasparente. - Sei bella,– le disse
traendola a sé - anzi,
è tutto bellissimo! Avrebbe voluto baciarla ma si
ricordò di non essersi
ancora lavato i denti ed allora si accontentò di tenerla
stretta tra le
braccia. Barbara gli appoggiò il
capo sul petto nudo
ricambiando la sua tenerezza però, ancora una volta,
avvertì quella punta
d’inquietudine che gettava una strana ombra sulla sua
smisurata felicità. - Adesso vado a lavarmi e poi
usciamo – le disse
quando si sciolsero dal loro abbraccio e dopo aver cominciato a
sorseggiare una
tazza di latte. - No, io non posso uscire, vai da
solo con Charles. - Perché non puoi? - Maria Neve ha sonno, voi avete
dormito fino ad ora
ma lei, poverina, è sveglia da tanto ed deve farsi un
sonnellino. - Mi dispiace se non esci con me
– protestò il marito. - Ho tante cose da fare e la
mattinata passerà
prestissimo. Sul fornello c’è l’acqua
calda, però, per favore non consumarla
tutta, devo lavare anche Charles. - Ci penso io a farlo –
le rispose prendendo la grossa
pentola di acqua - Che fai maschietto, vieni a lavarti con
papà? - Sì, vengo –
gli rispose il piccolo scostando la
tazza vuota – poi mi porti a “peccare”? - Questo mai, figliolo, al massimo
ti porto a pescare
– scherzò allegro il padre prendendolo per mano ed
allontanandosi con lui. L’ora di pranzo era
già passata da un bel pezzo e
Barbara cominciava a stare un po’ in pensiero quando
fortunatamente sentì
avvicinarsi le loro voci allegre e così li andò
ad aspettare sulla soglia di
casa. La prima cosa che notò fu l’aspetto del
marito che le apparve ancora più
affascinante del solito, forse per il sorriso radioso, forse per
l’aria
amorevole che aveva sul viso mentre parlava con il figlio o forse
semplicemente
perché continuava a trovarlo l’uomo più
bello mai incontrato in vita sua.
Abbassando lo sguardo però osservò anche Charles.
- Ma come ti sei combinato!?
– strillò inorridita. Infatti il bambino era decisamente
sporco. Negli
occhietti azzurri gli apparve una certa preoccupazione mentre cercava
di
rabbonire la mamma. - Scusa mammina, siamo andati a
“pessc-care”. Questa volta, nello sforzo di dire
bene la parola,
l’aveva pronunciata in maniera così comica che
entrambi i genitori scoppiarono
a ridere e lui, incoraggiato, cominciò a raccontare le
avventure della mattina.
Non la smise neanche mentre veniva lavato perché, orgoglioso
di aver preso un
pesce, voleva raccontarle tutto per filo e per segno, anche se ogni
tanto
s’imbrogliava un po’ con le parole. - Ebbene e dove sta questo pesce
allora? – gli chiese
Barbara mentre gli asciugava il faccino. - Lo abbiamo buttato di nuovo in
acqua – rispose per
lui Robert. - Davvero? Perché? - Perché ci faceva pena,
povero pesciolino! - E che razza di pescatori siete
allora! I veri
pescatori hanno il cuore duro, non si fanno intenerire dai pesci
– scherzò la
donna infilando una maglietta pulita al bimbo che la guardò
con un’espressione
dispiaciuta appena il capo gli sbucò dallo scollo. - Voleva tornare dalla
sua mamma! - le disse un po’ piagnucoloso e poi
abbracciò forte Barbara che
si sentì sciogliere il cuore dalla dolcezza. - Quand’è
così hai fatto benissimo, piccolo mio, sei
un ometto saggio tu – gli sussurrò con una carezza. Finirono di pranzare tardi e
trascorsero il pomeriggio
accanto al fuoco acceso nel grande camino di pietra nel
soggiorno-cucina.
Mentre i grandi leggevano, scambiandosi di tanto in tanto qualche
parola, i
bambini se ne stavano seduti sul tappeto a giocare. Erano stati per
tutto il
tempo buoni, però alla fine cominciarono un po’ a
litigare come facevano
talvolta. Ai loro strilli, il padre dovette intervenire. - Che c’è
Charles? Si può sapere perché stai facendo
protestare Maria Neve? - Non sono io, è lei
cattiva! – si ribellò il piccolo
ed indicando il cavalluccio di legno regalatogli dallo zio Ewan,
spiegò, tutto
contrariato – Si è presa Thunder e non vuole
più ridarmelo. - E tu non puoi giocare con
un’altra cosa? – gli
chiese il papà con la voce calma. - Se lo sta mettendo in bocca, non
lo vedi? Me lo
rompe! – strillò il maschietto. Provò a riprenderselo,
ma la bambina, decisa ed
ostinata, non intendeva affatto mollarlo e gridava anche lei. - Basta, basta! – li
invitò il padre – Non te lo
rompe, Charles, lei
fa così perché è
piccina e mettendosi in bocca le cose, impara a riconoscerle. - Thunder non è una
cosa! – gridò indignato il bimbo
sull’orlo delle lacrime senza peraltro lasciare il giocattolo
che tirava dalla
sua parte. Barbara fino a quel momento aveva
osservato la scena
sorridendo, ma ora prese una bambola di pezza e porgendola al marito
gli
suggerì di provare a distrarre la figlia con quella. Robert
si affrettò a farlo,
ma la cosa non gli
riuscì
facilmente. Quando
finalmente fu tornata
un po’ di calma, finse di tergersi il sudore dalla fronte e
con un sorriso
divertito si sedette accanto alla moglie. - Però, che caratterino
ha la piccola! - Eh già, la tua
“bambolina” sa farsi rispettare! - Quanto durerà la
tregua? - Non molto, credo. - Non potremmo provare a farli
dormire un po’? - Ma se hanno dormito
già tanto oggi! Per caso
vorresti metterli in letargo? - Magari, così potremmo
goderci un po’ d’intimità. Parlando aveva incominciato ad
accarezzarle una coscia
e la guardava con gli occhi pieni di desiderio. Barbara gli
fermò la mano. - Non ti è bastato
stanotte? Non la finivi più!
Possibile che non ti sia bastato? - Bastarmi? Neanche per sogno, ho
tanto di quel tempo
da recuperare con te e non intendo fare nessun risparmio. Preparati
donna. L’aveva
stretta
forte e cercava di baciarle la bocca, però lei si scostava ,
divertendosi a
fare la ritrosa. - Insomma, smettila, cosa ti prende? - Mi prende che ho una voglia
pazzesca di te, non
riesco a controllarmi. - Davvero? Non l’avrei
mai detto visto la maniera
perfetta con cui ci sei riuscito per tanto tempo. Siamo sposati da
tanto ormai! Robert si fece improvvisamente serio. - Neanche lo immagini quanto ho
sofferto – le confidò -
Ti ho
desiderato da subito ed anche se allora ero ancora innamorato di Julie
e volevo
esserle fedele, non riuscivo a sopportare l’attrazione folle
che ho sempre
avuto per te. La donna non parlò e
distolse lo sguardo da quello di
lui che intanto continuava a dire: - Mi sono reso conto ben presto
dell’assurdità di
quanto mi ero ripromesso di fare ed
ho
capito che ti avevo scelto non solo perché eri una brava
ragazza ed eri
disposta a prenderti cura di mio figlio, ma soprattutto
perché mi piacevi
molto. In pratica –sorrise – mi sono dato io stesso
la zappa sui piedi. Non
potevo avere te perché volevo mantenere la parola data ed intanto la tua presenza
risvegliava i miei
desideri invece di darmi la tranquillità sperata. Ci sono
stati dei momenti in
cui mi è parso di impazzire. - Potevi cercare sollievo con
qualche altra donna –
gli sussurrò, un po’ dispiaciuta che non avesse
accennato ai sentimenti, ma si
fosse soltanto limitato a parlare della loro mancata vita sessuale. - No, l’ho fatto solo una
volta, te ne ricordi? Mi
sono sentito così meschino e sporco da perdere ogni voglia
di ripetere
l’esperienza. Non era giusto. Anche se il nostro era uno
strano matrimonio,
avevo lo stesso il dovere di esserti fedele. E poi nessuna donna
avrebbe mai
potuto alleviare la pena che mi dava il rinunciare a te. Per fortuna
abbiamo
superato tutto questo, non è così? Nel chiederglielo aveva ripreso di
nuovo a carezzarla,
però, anche se aveva voglia delle sue tenerezze, Barbara era
troppo presa a
riflettere per abbandonarsi. Improvvisamente aveva capito
cos’era la punta di
malinconia che la stava perseguitando sin dalla mattina: doveva dire a
Robert
della sua infatuazione per Sean, non poteva fare come se non fosse mai
esistita
perché non le sembrava una cosa onesta. Provò a
raccogliere il coraggio per
dirglielo ed anche se la voce le tremava, sussurrò
vergognosa, senza osare
guardarlo in faccia: - Per me non è stato
così invece. Io ho provato
qualcosa per un altro uomo. Il viso di Robert
impallidì. Per lungo tempo aveva
conservato dentro di sé l’amaro ricordo della
disinvoltura con cui la moglie
gli aveva nascosto i suoi sentimenti per il dottor Hopkins e la cosa
gli aveva
fatto sempre assai male perché la considerava una colpevole
mancanza di lealtà,
ma ora che glielo stava confessando, una strana collera gli invase
l’animo. In
quel momento così bello per loro, avrebbe voluto che neanche
si fosse ricordata
di un altro e ciò lo fece soffrire. Cercò di
mascherare la gelosia e il suo
tono risultò molto sprezzante mente le diceva: - Già,
avevi
perso la testa come una stupida per Sean! Barbara ebbe la sensazione di aver
subito una doccia
fredda. - Come? Lo sai!? – gli
chiese incredula. - Certo, lo so. Lo stesso
pomeriggio lui venne da me a
raccontarmi delle ridicole profferte amorose che gli avevi fatto la
mattina. La ragazza si fece bianca come un
cencio e parlò molto
amareggiata, con la voce rotta dal pianto. - Lo sapevi e non hai fatto niente?
Te lo sei tenuto
dentro tutti questi mesi senza dirmi una parola? Come hai potuto essere
così
freddo e distaccato! L’uomo si alzò
e
nel vederla tanto sconvolta le volse le spalle mettendosi
accanto al
camino per non far scorgere il proprio turbamento ed apparirle quasi
indifferente mentre le rispondeva calmissimo: - Cosa avrei dovuto fare? Togliere
la madre ai miei
figli e rischiare che per lo scandalo tutti sparlassero di noi? Ho
preferito
lasciar correre, tanto Sean mi assicurò che se ne sarebbe
andato per non darti
sciocche illusioni e
non c’era pericolo
che accadesse più nulla. Barbara si sentiva come una persona
salita sulla cima
di una montagna che però ora sta precipitando in un burrone.
Tutta la gioia, la
dolcezza e l’amore che aveva creduto di aver trovato in
quelle ultime ore, si
stavano dissolvendo, lasciandola ancora più sola e
vulnerabile di quanto non
fosse mai stata in vita sua. Intanto i bambini avevano ripreso a
litigare per il
cavalluccio di legno. Come in un sogno, si avvicino a loro e
strappò il
giocattolo con violenza dalle mani della bambina per ridarlo al figlio. - Smettila, prepotente, non
è tuo! – la sgridò. Maria Neve cominciò a
piangere ed anche Charles rimase
un po’ interdetto a guardarla stupito con il cavalluccio
riconquistato stretto
al petto. La madre però trattò male anche lui. - Ed in quanto a te, stupido, se
non vuoi farla
giocare con le tue cose, non starle così appiccicato. Forza,
vattene via di
qui. Lo prese per un braccio e lo scostò in malo
modo con il risultato di farlo
piangere. Robert s’intromise: - La smetti di fare la pazza per
favore? Che c’è, ti è
venuto il nervoso all’improvviso? La donna lo guardò senza
dir nulla ma era visibilmente
sconvolta. Allora lui, assai turbato, prese il bambino per la mano. - Su, vieni con me, andiamo a
prendere un poco d’aria
– gli disse. Uscirono di casa insieme nel
crepuscolo che già calava.
Ecco, mi
pare già di sentirvi: “ Come, proprio adesso che
mancano pochissimi capitoli
alla fine e che ci auguravamo di continuare
a leggere di situazioni tranquille
e piacevoli e magari di assistere ad un po’ di sano e
doveroso sesso coniugale,
questi due lavativi ricominciamo? Ma insomma , questa mamma Kellina
è davvero
noiosa e perfida!” Un
ringraziamento di cuore a Crusade che ha avuto lo stomaco di leggersi
tutto ‘sto
romanzone in un giorno (ma anche la prima parte? Se è
così ti meriti davvero
una menzione speciale!) ed alle “fedelissime” che
mi seguono ogni capitolo con
tanta costanza e simpatia (anche se ho notato la mancanza delle nane e
mi sono
detta: “Perdindirindina, dopo che hanno formato la lega
pro-po-porno io ce
ne metto finalmente un po’ e loro non
commentano manco con uno “slurp slurp!” di
gradimento? Vuoi vedere che a causa
degli impegni universitari si sono perse giusto il capitolo della
tempesta
atmosferica e dei sensi?) . Ah,
un’altra
cosa. La nostra Erika mi ha messo nella pagina un piccolo forum che
però non ho
la minima idea di come si usi. Farò una prova. Mi fate
sapere
voi cosa vedete e come? Grazie a tutte ed un abbraccio stritoloso. |
Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***
Capitolo 30 Barbara era andata a prendere la
bimba ancora in
lacrime e se l’era messa in braccio, ritornando a sedersi.
Maria Neve avrebbe
voluto essere un po’ consolata, ma poiché la mamma
non lo faceva, rivolse la
sua attenzione al libro abbandonato sul bracciolo del divano e subito
l’afferrò, mettendosi
a giocare con
esso. Le lacrime le bagnavano ancora il visino paffuto e qualche
singhiozzo la
faceva sussultare di tanto in tanto, però smise di piangere.
Intanto la donna osservava assorta
il fuoco nel camino
e con gli occhi della mente vedeva la scena che doveva essersi svolta
qualche
mese prima tra Sean e Robert. Probabilmente il primo gli aveva riferito
delle
sue profferte amorose con la solita ironia, sottolineandone il lato
comico e
l’altro doveva
aver sospirato, un po’ mortificato
per la figuraccia fatta dalla moglie, ma tutto sommato indifferente.
Forse si
era scusato, spiegandogli che quella misera paesana non aveva ancora
capito di
non essere neanche lontanamente all’altezza delle donne da
loro amate in
precedenza. Allora il dottor Hopkins, sempre senza peli sulla lingua,
doveva
averlo invitato a darsi un po’ da fare per calmarne i
bollenti spiriti e Robert
doveva aver fatto uno dei suoi sorrisini divertiti, promettendogli di
tenerla
buona per il futuro, almeno per evitare che rivolgesse le sue proposte
ad altri
uomini più disposti ad approfittare della situazione. D’altronde, ora
che il dolore per la perdita
di Julie non era più così cocente ed avvertiva
impellente il bisogno di
riprendere una normale vita sessuale, non gli sarebbe costato alcuno
sforzo
rivolgerle le sue attenzioni. In fondo lei era carina e se
c’era qualcuno a cui
spettava goderne, questi era unicamente suo marito. La conosceva bene e
sapeva
che gli sarebbe caduta ai piedi come una scema non appena si fosse
messo a
recitare la parte dell’innamorato. Forse ci aveva anche
provato gusto nel farlo,
ridendo dentro di sé per quelle sue ridicole resistenze. Si era illusa di nuovo. Ora capiva
che solo di
un’illusione si era trattata: se il marito davvero
l’avesse amata, non sarebbe
stato capace di prendere la sua sbandata per un altro uomo con tanta
freddezza.
Era tutto inutile, per Robert sarebbe stata sempre e soltanto un
ripiego, così
come per Sean era stata solo una goffa ragazzotta di paese un
po’ esaltata e
per Filippo, tanto tempo prima, un
piacevole passatempo. Si riscosse dai pensieri passandosi
una mano sulla
fronte. Solo allora vide come la figlia aveva ridotto il suo povero
libro,
oramai tutto bagnato di saliva e con molte pagine strappate. Era un romanzo di Jane
Austen, la sua autrice
preferita, dei cui scritti si era nutrita con avidità sin da
quando era
ragazza. Facilmente
si immedesimava con
le protagoniste, condividendone la modesta condizione e
provando la loro stessa costrizione alle rigide
regole sociali che ne soffocavano la vita ed i sentimenti. Eppure
sempre in
quelle storie, per quanto difficile potesse essere stato, alla fine
l’amore
trionfava, ripagandole di
tutte le
sofferenze patite. La vita non era così, perlomeno non la
sua. Aveva sempre
sbagliato a leggere simili sciocchezze buone solo per far letteratura. Con un gesto deciso prese il libro
dalle mani della
figlia e lo gettò nel fuoco, rimanendo a guardarlo mentre
bruciava, poi si alzò
ed andò a preparare la pappa alla bambina.
Le stava ancora dando da mangiare
quando Robert e il
figlio ritornarono. Dalle loro voci contente pareva che la scenata di
poco
prima non si fosse mai svolta. L’uomo era rimasto in maniche
di camicia e
l’azzurro intenso del tessuto faceva risaltare il bel viso
abbronzato e
sorridente. Il suo maglione con qualcosa avvolto dentro lo teneva in
mano Charles
che si affrettò a correre tutto allegro dalla mamma. - Guarda che abbiamo trovato!
– le disse scostando la
stoffa per mostrarle il suo prezioso tesoro. Barbara, occupata ad imboccare
Neve, si voltò
abbastanza distrattamente ed ebbe un sussulto alla visione di un
animaletto
marrone e peloso. - Un topo! –
urlò inorridita. - Ma no – la
tranquillizzò il marito ridendo – è uno
scoiattolo. Con la tempesta di stanotte deve essere caduto dal suo
albero. - Non ce lo voglio qui! Portatelo
fuori. - No, è mio! –
protestò il bambino stringendoselo al
petto. - Ti ho detto che non lo voglio
qui, portalo fuori – ripeté
con un tono che non ammetteva repliche e talmente alto che la bambina
se ne
spaventò e ricominciò a piangere. - No, no, Pallino sta con me,
è mio! – strillò Charles
mettendosi a piangere anche lui. - Barbara, per favore, è
solo uno scoiattolino,
lasciaglielo tenere un poco, si è già affezionato
– intervenne il padre, calmo
come sempre. -
No! – urlo di
nuovo lei. - Non vedi che lo fai piangere
così? - Non sono io a farlo piangere, sei
stato tu uno
stupido a consentirgli di raccogliere un animale selvatico.
Chissà quali
infezioni può portare in casa! Mettetelo fuori. - Già, sono stato uno
stupido, però non avrei mai
immaginato una tua reazione così esagerata. Si vede che sei
molto nervosa
stasera. Il tono di Robert era decisamente
sarcastico e
l’allusione alla loro
precedente
conversazione era molto chiara. - Non dovrei esserlo secondo te?
– gli rispose la
moglie, raccogliendo
la provocazione. - Forse, ma non devi prendertela
con me ed i bambini
se gli uomini di cui t’innamori se
ne
scappano a gambe levate appena fai
capire loro che li vuoi! Era nervoso e irritato anche lui e
si era sfogato
mettendo consapevolmente una buona dose di malignità nelle
parole. Comprese di averle
fatto del male quando la vide farsi bianca in volto e se ne
pentì subito. Avrebbe
voluto chiederle scusa, ma lei non gli diede il tempo di aggiungere
null’altro.
Prese la bambina e se ne andò in camera da letto a cambiarla
senza commentare. Più tardi riapparve in
cucina. Charles e Robert,
incuranti della sua richiesta, stavano giocando con lo scoiattolo che
avevano messo
in una scatola accanto al fuoco. Lei lo notò, ma non disse
nulla e li esortò ad
andare a lavarsi per la cena, poi apparecchiò con due soli
piatti. - Tu non mangi? – le
chiese il marito, desideroso di
far pace. - Non ho fame. Trascorse tutto il resto della
serata a pulire la casa
in un’attività
quasi febbrile tanto che
Robert ad un certo punto la invitò a smettere. - Non c’è
bisogno di far tante pulizie se domani ce ne
dobbiamo andare! – commentò irritato. - Le sto facendo proprio per
questo. Voglio lasciare
la casa pulita. - Provvederà Teresa a
farlo, la pagheremo per questo. - Io sono una persona pulita e mi
piace lasciare le
cose pulite. -
Stai facendo
una fatica inutile! - Appunto, la sto facendo io, non
tu. Lasciami fare,
per favore. Robert
avrebbe voluto
parlare ma con lei che sfaccendava a destra e a manca ed i bambini
presenti non
era affatto facile. Maria Neve fu la prima ad essere
messa a letto e poi
la mamma tornò a prendere anche Charles per spogliarlo e
farlo coricare. L’uomo
sperò che una volta rimasti da soli avrebbe potuto
rabbonirla ma il piccino,
appena fu pronto per la notte, scappò di nuovo in cucina per
riprendersi la
scatola con lo scoiattolo. - Dove credi di andare con quel
coso? – gli chiese Barbara
nel notare che lo stava portando in
camera da letto. - Io vado a dormire soltanto se
Pallino sta con me! - Neanche per sogno, non ce lo
voglio nella mia stanza! - Non ci dormo senza di lui
– la sfidò il piccolo
battendo i piedi e sul punto di piangere di nuovo. - Bene, allora ti metterai a
dormire con tuo padre in
uno dei lettini – gli disse severa. - Insomma smettila – la
invitò Robert perdendo la calma
- Guarda che non è una tigre, è uno scoiattolo
pauroso ed infreddolito. Non
uscirà neanche dalla scatola. - Mi fa impressione tenerlo dentro
mentre dormo e poi
ti avevo già pregato di sbarazzartene. Evidentemente non
t’importa niente di
quello che voglio io – gli rispose e poi se ne
andò senza dargli il tempo di
replicare nulla. Robert ci mise del bello e del
buono a convincere il
bambino a lasciare in
cucina lo
scoiattolo e quando finalmente ci riuscì, lo prese in
braccio per metterlo a
dormire accanto alla madre, ma trovò la porta scorrevole chiusa con il lucchetto.
Scoraggiato, si passò
una mano tra i capelli ed al figlio che gli chiedeva se la mamma fosse
arrabbiata, rispose: - Sì, piccino,
è molto arrabbiata. Per stanotte dormi
con papà. - Allora ci portiamo Pallino a
dormire con noi? - Sì, ce lo portiamo. La mattina dopo si mossero davvero
di buon’ora perché
Rinaldo venne a prenderli con il carrozzino quasi alle prime luci
dell’alba.
Notando come se ne stessero tutti mogi, il buon uomo li
incoraggiò: - Vi vedo
molto
tristi. È perché
è finita la vacanza? - Già – gli
rispose sorridendo Robert seduto dietro
insieme alla moglie ed alla figlia mentre il piccolo Charles era
accanto al
guidatore a cassetta. - Potrete tornarci quando volete!
Vi farò una
confidenza: mia cognata si preoccupava un po’
perché si poteva
rovinare qualcosa di proprietà dei
Walker ed invece è rimasta così contenta
di come la signora Forrest le ha lasciato la casa, che mi
ha detto di
dirvi che vi aspetta anche tutte le settimane. - Grazie, Rinaldo, magari qualche
volta ne
approfitteremo ancora. Non è vero Barbara? Lei non gli rispose ed al suo
silenzio ostinato ingenuamente
Charles rivelò: - Mammina è molto
arrabbiata! Sono stato io a farla
arrabbiare. - Davvero? E che hai fatto?
– gli chiese l’uomo
incuriosito. - Ho preso lui e me lo voglio
tenere. Così dicendo gli
mostrò lo scoiattolo nella scatola
che portava in grembo. L’animaletto si era alquanto ripreso
ed ora appariva
sicuramente più vivace. - Non puoi tenerlo,
la mamma ha ragione, è un animale selvatico e
non può stare in casa con
te. - Infatti, appena sarà
guarito lo libereremo su un
albero. Non è così, piccolo? – gli
domandò il padre. - No, no, Pallino è mio!
Sei cattivo anche tu, come
mamma – protestò il bimbo, incominciando
piagnucolare. Rinaldo sorrise e provò
a convincerlo a sua volta. - Il povero Pallino, come lo chiami
tu, è nato per
vivere libero, non per stare chiuso in una scatola. Per te ci vorrebbe
un
animaletto domestico, come ad esempio un gattino. Mia sorella ha una
gatta che
ha appena fatto degli splendidi micini. Se ne vuoi uno, te lo porto. Il piccino rimase un po’
interdetto e lo guardò
perplesso. L’altro proseguì per convincerlo: - O magari preferisci un cucciolo?
Ne ho uno che è un
vero amore, è bianco e nero con un musino assai simpatico.
È l’ultimo rimastomi
dei figli della mia cagna e lo
avevo tenuto per farlo diventare un bravo cane da caccia come la madre.
Però se
lo vuoi, te lo regalo volentieri così quando crescerai
potrai andare a caccia con
lui. - Io sono “pessc-catore”
– rispose il piccolo con la sua consueta comicità
nello storpiare le parole e
vedendo Rinaldo e Robert ridere, si mise a ridere anche lui,
aggiungendo poi, felice
– però un cagnolino mi piacerebbe assai! - Allora è fatta, te lo
porto. - Non devi privartene, Rinaldo
– obiettò il padre. - Mi fa piacere, ingegnere, davvero. - Bene,
quand’è così gli costruiremo una bella
cuccia
in giardino così non sporcherà in casa e la mamma
ci consentirà di tenerlo. Non
è così, mamma? Ancora una volta lei non rispose,
restandosene
silenziosa ed assorta a guardare il panorama. Non disse una sola parola
fino a
quando giunsero a casa ed aveva un’aria molto abbattuta.
Kate, che si era affrettata
ad andare loro incontro, notò lo strano atteggiamento della
nuora ed il
disappunto sul viso del figlio. Ne fu molto dispiaciuta. Dopo averli
salutati, prese i
bambini con sé dando
loro modo di salire i bagagli in casa. Robert lasciò la valigia
con i suoi vestiti nella
stanza di Barbara. - Adesso devo andare alla miniera e
non ho tempo, ma
appena torno sistemo i miei vestiti per bene nell’armadio
– le disse cercando
di apparire disinvolto. - No – lo corresse la
moglie – è meglio se te ne
ritorni a dormire nella stanzetta. Non ho nessuna intenzione di
riprendere la
commedia del maritino e della mogliettina innamorati. L’uomo aveva cercato di
mantenere la calma in ogni
modo, ma oramai non
ce la faceva più. - Ed io non ho nessuna intenzione
di riprendere la
battaglia, invece. Sono stufo del tuo caratteraccio, cerca di
smetterla! –
sbottò. Ma era innamorato ed ancora una
volta provò a cercare
il colloquio. - Ascolta – aggiunse dopo
qualche momento – ci siamo
detti che non avremmo più lasciato cadere il silenzio tra
noi, perché non
proviamo a parlarne? - Non abbiamo niente da dirci, non
dopo il modo in cui
ti sei comportato – gli rispose lei mentre toglieva i propri
vestiti dalla
valigia. A questo punto il marito ritenne
che avesse passato
ogni segno. Un velo di rabbia gli offuscò la vista e lui, di
solito così calmo
e misurato, l’afferrò per le spalle, la fece
girare per guardarla in faccia e
cominciò a scuoterla forte. - Il mio comportamento? –
le urlò – Sei tu che
dovresti vergognarti del tuo e chiedermi scusa invece di fare
l’arrogante come
stai facendo. Vergognati! - Mi vergognavo infatti ed ero
intenzionata a
chiederti perdono, ma evidentemente non ce n’era bisogno.
Pare che la cosa non
ti abbia interessato più di tanto. - Cosa dovevo fare, sentiamo?
Saresti stata più
contenta se ti avessi picchiato? Dimmi, è questo che volevi?
– oramai fuori di
sé la stava quasi maltrattando scuotendola con violenza
– O magari preferivi
che ti cacciassi di casa? Volevi
di
nuovo fare la figura della sgualdrina con tutti ed andare a chiedere
pietà
ancora una volta a tuo fratello? Barbara si sentì
indignata e, liberandosi dalla sua
stretta, gli urlò con rabbia: - Non sarai tu a cacciarmi di casa,
me ne andrò da
sola e non certo da Alfredo! - E dove andrai se non hai
né arte né parte? - Chiederò al capitano
Borghero di portarmi a Genova,
lì c’è ancora un fratello di mia madre.
Sicuramente potrà darmi ospitalità per
un po’, almeno fin quando non avrò trovato un
lavoro come governante o come
cameriera. Questo lo so fare, non trovi? Persino tu dovrai darmene atto. - Tu sei pazza, pazza! Lasciare la
tua famiglia per
andare a fare la serva! Non ti sopporto più quando dici
simili assurdità! - Bene, allora ti farà
piacere che tolga il disturbo.
Non incaricarti di quello che farò, ingegnere, qualsiasi
cosa è meglio dello
stare qui con te a farmi umiliare ancora, persino andare a pulire le
latrine! In un moto d’ira lui le
afferrò il viso in una mano,
serrandoglielo come in una morsa. Costringendola a guardarlo in faccia,
le
disse stravolto: - No, mia cara, non ti
lascerò rovinare la mia vita e
quella dei miei figli. Hai preso un impegno con me e ora lo devi
rispettare, ti
piaccia o meno. Poi la lasciò talmente
bruscamente da farle perdere quasi l’equilibrio
e andò via sbattendo
forte la porta. Barbara
non l’aveva mai
visto così adirato e non lo aveva udito mai urlare in quel
modo. Probabilmente
anche per Kate era così perché la
sentì nel corridoio che gli chiedeva qualcosa
ma il figlio, ancora alterato, le rispose bruscamente.
Dopo un po’ l’anziana signora si
affacciò
sotto la porta della stanza con la piccola Neve in braccio. - Barbara, che
c’è? È successo qualcosa? –
osò
chiederle. Solo allora la giovane si accorse
di avere il viso
rigato di lacrime. Asciugandosele in fretta, le rispose: - Sì, Kate, è
successo qualcosa. Vi abbiamo coinvolto
nella nostra assurda vita ed oramai è venuto il momento che
voi sappiate la
verità. Ve ne parlerò, ma non ora, ora mi sento
troppo male. Perdonatemi. La brava donna la guardò
con molta mestizia e la
incoraggiò con i suoi modi dolci. - Non ti preoccupare, cara,
aspetterò quando starai
meglio. Adesso però approfitta che la piccina ha sonno e riposati un po’
insieme a lei. Baderò io a
Charles. Barbara annuì e prese in
braccio la bambina che si
stava stropicciando gli occhietti con le
manine grassottelle. La mise sul letto e dopo essersi spogliata, le si
distese
accanto tenendola stretta. Sperava di potersi addormentare
anche lei almeno per
un poco. Giusto il tempo di avere una piccola tregua dalla pena che si
sentiva
dentro. Meno male,
mi aspettavo che mi avreste presa a parolacce ed invece mi sembra che
anche voi
concordiate sul fatto che qualche altra cosina Robert e Barbara debbano
impararla ancora. Non devono prendersela con la loro autrice, ma a
volte ho l’impressione
che i loro caratteri, mio malgrado, si siano quasi autodefiniti nel
corso dell’evolversi
di questa storia ed io per prima mi sono resa conto che il
“santo” Robert ha sempre
avuto la tendenza a dire e a fare cose terribili che quasi distruggono
quella
poveretta della moglie e poi pretendere che
tutto ritorni come prima, in piena calma e tranquillità,
come se niente fosse
successo. Del resto anche Barbara è troppo impulsiva e
permalosa e spesso
diventa eccessivamente bisbetica quando le cose non vanno come si era
aspettata. Tutt’e due poi, come avete notato anche voi, devono imparare a dialogare,
a non nascondersi
dietro le mura del silenzio e del risentimento senza aprirsi
reciprocamente e
soprattutto a dirsi la verità. Allora, anche se li ho fatti
soffrire ancora un
po’, spero di averli aiutati a riflettere e a ravvedersi
prima dell’immancabile
happy end che
arriverà nell’ultimo
capitolo. Però prima dovrà succedere ancora una
cosa che li … Stop! Non vi dico
più nulla che non sia: non perdetevi il prossimo
capitolo… |
Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***
Capitolo 31 Si ridestò al pianto di
Maria Neve. A giudicare dal
cattivo odore, doveva essersi sporcata ed ora reclamava a gran voce. Con un sospiro Barbara si
alzò ed andò in
bagno a lavarla. Quando tornò in camera si avvide che era
entrato Charles che se
ne stava buono vicino al letto. Non gli rivolse la parola e lui, con
una vocina
timida, le chiese: - Posso stare qui, mammina? - Se vuoi – gli rispose,
fredda. Senza dir nulla, il bimbo si
arrampicò sul letto e
rimase a guardare la mamma che gli aveva poggiato accanto la sorellina
completamente nuda. - Ho dimenticato di prendere il
talco in bagno. Sei
capace di non farla cadere se mi allontano un momento? – gli
chiese ad un certo
punto. Il maschietto annuì, con
gli occhietti azzurri molto
seri a dimostrazione che avrebbe svolto quel compito con la massima
cura. Appena
la mamma si fu allontanata, la piccola Neve, graziosa e grassottella,
si girò
verso di lui e cominciando a fargli mille versetti, lo
afferrò per il vestitino
tirandolo allegramente. Anche Charles rise e per scherzo si mise a farle dei pernacchietti sul
pancino morbido tanto
da farla sbellicare dalle risa. Barbara rientrò dal
bagno e nel vedere i figli che
giocavano e si rotolavano allegramente sul letto, si sentì
invadere da una
commozione infinita. Si avvicinò a loro e restò
qualche minuto ad osservarli,
una mano premuta sulla bocca per reprimere i singhiozzi che le salivano
dal
petto e gli occhi colmi di lacrime. Come aveva potuto pensare anche
solo per un
attimo di lasciarli? Erano
loro tutta la
sua vita, la ragione per la quale la sua esistenza non era andata
sprecata e se
ciò era avvenuto, era stato solo grazie a Robert che glieli
aveva dati, seppur
in maniera differente. All’improvviso si vergognò
del suo comportamento e capì di
non aver avuto nessun diritto di sentirsi offesa. Da quando si erano
sposati lui
era stato sempre lì al suo fianco, nei momenti belli e in
quelli brutti,
sopportando con
pazienza anche il suo
carattere odioso e dispotico. Da quell’uomo aveva sempre
ricevuto solo
protezione ed affetto ed era tra le sue braccia che aveva conosciuto la
passione. Forse non
era stata lei la
donna che aveva amato davvero, ma non doveva pretendere di
più. Doveva solo abbandonarsi
e godere di quanto lui sapeva darle senza domandarsi perché
lo facesse, nello
stesso modo in cui non chiedeva al sole perché la
illuminasse e la
riscaldasse con i suoi raggi. All’improvviso si
sentì invadere di nuovo il cuore da quella
felicità che solo qualche momento prima le era parsa perduta
per sempre. I suoi
due bambini che giocavano allegri avevano inconsapevolmente compiuto un
miracolo. Le avevano ridato la fiducia e la voglia di lottare per
difendere ciò
che le era più caro: la sua famiglia, il suo amore per
Robert. Allora
si buttò anche
lei sul letto e, ridendo di gioia, abbracciò entrambi per
poi riempirli di baci. Poco
dopo raggiunse insieme a loro la suocera in cucina, sentendosi
più serena.
Intanto parlava con il piccino. -
Allora hai deciso, prenderai il gattino o il cagnolino? -
Non
lo so, mammina, mi piacciono tutt’e due. -
Allora facciamo così, li prendiamo entrambi, però
il gatto lo teniamo in casa
ed il cagnolino in giardino. Ti va? Per
tutta risposta Charles si mise a battere le mani e corse ad abbracciare
la
nonna per darle la bella notizia. -
Ho
preparato per Neve la pastina con l’uovo, ho fatto bene?
– le chiese questa quando
il bambino l’ebbe lasciata andare. -
Siete
perfetta, come al solito. -
Per
carità, se lo fossi avrei pensato anche al pranzo ed invece
non ho la più pallida
idea di cosa dobbiamo cucinare oggi
ed è
già tardi. -
È
venuto Alfio stamani? Gli avevo ordinato un po’ di agnello la
settimana scorsa.
L’ha portato? -
Oh
sì, l’ho messo in dispensa, al fresco. -
Bene,
gli agnelli di Alfio sono tenerissimi e cuociono subito. Lo faremo con le patate, a
Robert piace
moltissimo così. -
Allora mentre tu dai da mangiare alla bambina, io pelo le patate. -
Sì,
grazie, e tagliatene un po’ per farle fritte: Charles ne va
letteralmente
pazzo. La
donna sorrise e si sedette accanto a lei con la zuppiera colma di
patate in
grembo cominciando a sbucciarle. Dopo un po’ le chiese, ma
con molta timidezza: -
Va
meglio ora? -
Sì,
va meglio. Però mi sono comportata male come al solito e non
so se vostro
figlio mi scuserà. Questa volta ha proprio perso a pazienza,
temo – le rispose Barbara
sinceramente preoccupata mentre asciugava la boccuccia della bimba che
stava
imboccando. -
Vedrai,
lo farà senz’altro – la
incoraggiò l’altra. -
Il
fatto è che io lo amo tanto, troppo – ammise la
giovane abbassando gli occhi,
un po’ vergognosa di lasciarsi andare a quelle confidenze
– e ho sempre
sofferto immensamente quando mi sono resa conto di venire sempre dopo
Julie. -
Ma
questo non è vero. -
Oh
sì, lo è! Lui mi ha sposato solo… Kate
non la lasciò finire, mostrando di conoscere la loro vicenda
meglio di quanto
lei non supponesse. -
Non
importa perché ti ha sposata. L’importante
è che ora ti ama. -
Lo
credete davvero? – sussurrò, bisognosa di ottenere
una conferma. Solo adesso
capiva che forse il comportamento del marito riguardo alla sua
infatuazione per
Sean poteva non essere stato dettato dall’indifferenza ma
dall’amore. Questo
pensiero la faceva sentire ancora più in colpa per la
reazione rabbiosa che
aveva avuto nei suoi confronti per cui, senza aspettare risposta, aggiunse con un filo di
voce e scuotendo malinconicamente
la testa - Io non riesco a
farlo felice come avrebbe fatto Julie. Lei era dolce, tranquilla,
delicata
quanto io sono orgogliosa, irruenta e bisbetica. Robert me lo ha fatto
notare
tante volte. L’anziana
signora si mise a ridere. -
Ti
apprezza moltissimo invece. E poi perché, lui non li ha i
suoi bei difettucci? -
Certo
che li ha! Però forse con la prima moglie non avrebbe
litigato tanto quanto ha
fatto sempre con me. -
Non
possiamo sapere se sarebbe stato così. Credimi, figlia mia,
anche i matrimoni
nati sotto i migliori auspici non sono sempre idilli che durano in
eterno. E
poi è
facile litigare anche tra chi si
ama. Pure io ed Edward lo facevamo spesso, ma poi passava tutto. E dopo
era
così dolce fare la pace! Sapessi quanto mi sono mancate le
nostre discussioni
durante la sua malattia! L’importante è volersi
bene e voi ve ne volete, non è vero? -
Sì, questo
sì – ammise la giovane alquanto rincuorata
– ed anche se Robert non dovesse
amarmi quanto lo amo io, non m’interessa più.
Abbiamo superato momenti peggiori
e proprio adesso che le cose tra noi stanno andando meglio, sarei una stupida ad abbandonare la
lotta. Aveva
preso una decisione: non appena sarebbe tornato, gli si sarebbe gettata tra le braccia per
chiedergli scusa e
per fargli capire quanto gli voleva bene. Era sicura che alla fine
l’avrebbe
perdonata, forse per bontà, forse perché gli
avrebbe fatto pena o forse solo
per quieto vivere, ma ciò non era importante,
l’importante era che la tenesse
con sé e le permettesse di continuare ad amarlo per tutta la
vita. Purtroppo
l’uomo non tornò per il pranzo. Barbara si disse
che con ogni probabilità era
stato trattenuto dal lavoro, ma in cuor suo temeva che non avesse
più nessuna
voglia di farlo. La
sera
prima non aveva cenato, ma a tavola lo stesso mangiò
pochissimo perché si
sentiva lo stomaco chiuso in una morsa al pensiero di poterlo perdere.
Guardando
il suo visino dolce ed i riccioletti d’oro, la donna si ricordò
della prima volta che l’aveva
tenuto così, quando era solo uno scricciolo emaciato e
triste. Le sembrava un
secolo prima, eppure avvertiva ancora
viva la sensazione di tenerezza provata in quel momento. Allora aveva
giurato a
Julie di prendersi cura di lui e ci era riuscita benissimo. Lo amava
proprio
come se fosse stata lei stessa a partorirlo ed il bambino era cresciuto
senza
mai sapere cosa volesse dire essere orfano di madre. Era stato per il
bene di Charles
se aveva accettato quell’assurdo patto matrimoniale,
illudendosi di essere
capace di portarlo avanti senza innamorarsi
di Robert. Era solo
questa la cosa che non le era riuscita, ma
adesso era tardi,
ormai non poteva farci più nulla. Si
era
appena decisa a mettere il bimbo a riposare nel lettino, quando
sentì bussare
alla porta e poi le arrivò la voce della suocera che parlava
con qualcuno. Si
affrettò a raggiungerla perché la poverina non
conosceva la lingua ed infatti
la trovò molto mortificata che provava a comunicare con
Gaetano Spalice. -
Scusami tanto, ma non capisco nulla di quanto sta dicendo questo
brav’uomo – si
giustificò l’anziana donna. Barbara
la rassicurò con un sorriso che poi rivolse anche al
caposquadra
facendogli un cenno
di saluto. -
Buon
pomeriggio, signora – le disse l’uomo mentre
rigirava con imbarazzo il cappello
tra le mani – Non vorrei disturbare, però avrei
bisogno di parlare con
l’ingegnere. -
L’ingegnere? Ma non c’è, è a
lavoro sin da stamani. -
No, è
andato via da tanto dal “Castello”. L’ho
cercato anche alla miniera, ma non
c’era. -
Sarà
andato a fare qualche commissione allora – suggerì
la donna incominciando ad
essere un po’ inquieta. -
Forse
– mormorò l’altro imbarazzato ed
abbassando lo sguardo per non mostrare la
preoccupazione. Barbara se
n’accorse e lo incalzò,
innervosita: -
Ma
insomma, Gaetano, è successo qualcosa? Non tenetemi sulle
spine per favore, si
vede chiaramente che non siete sereno e così mi fate solo
morire di paura. -
Per
carità, non abbiate paura, al Direttore non è
successo nulla, solo che…- esitò
un poco poi decise di dirglielo, tanto l’avrebbe saputo comunque
– sir Bradley l’ha licenziato. -
Cosa?! – urlò la donna talmente stravolta che la
povera Kate sussultò dallo
spavento e si
affrettò a chiederle
spiegazioni. Barbara
le fece cenno con la mano di aspettare solo un momento
perché voleva ancora
sapere. -
Perché? Che ha fatto mio marito per meritarsi una simile
carognata! L’uomo
parve rianimarsi. -
Niente, non ha fatto niente. Robert Forrest è un galantuomo
ed una persona
stimata ed amata da ognuno di noi - le disse con sincerità -
Ecco, io ero venuto
a dirglielo e a portargli
la nostra solidarietà. Per favore, signora, riferiteglielo
quando torna a casa:
siamo disposti tutti, dal primo all’ultimo, a scendere in
sciopero per
manifestargli la nostra partecipazione e convincere sir Bradley a non
commettere una tale infamia! -
Grazie, glielo dirò senz’altro - gli
assicurò Barbara riaccompagnandolo. Appena
Spalice
fu uscito, si appoggiò alla porta e cominciò a
stringere il crocifisso di
corallo che portava al collo, rimanendo un attimo a riflettere. La
suocera però
la raggiunse e volle sapere cosa fosse successo. -
Mio
Dio! – commentò quando ebbe appreso la
novità – Povero figlio mio, lui è
così
sensibile e starà soffrendo moltissimo per questa cosa.
Chissà dove sarà
andato! -
Io lo
so dov’è andato, Kate, e lo raggiungo subito se
voi state qui con i bambini. -
Certo
cara, va’ da lui ti prego, ora ha bisogno di te. Barbara
si precipitò a prendere il calesse dopodiché
lanciò Stellina in un’insolita
corsa perché aveva molta fretta di raggiungere la spiaggia. Vi ricordate
che vi avevo promesso colpi di scena fino all’ultima pagina?
Beh, qui non siamo
proprio all’ultima ma di sicuro non vi aspettavate il
licenziamento di Robert! Chissà
dove sarà
andato l’ombroso ingegnere e
quale sarà il suo stato d’animo dopo questa
spiacevole novità. Chissà se anche
lui, così come Barbara, si
è fatto
un bell’esame di coscienza per
fare ammenda dei propri sbagli oppure è ancora arrabbiato
con lei. Che
succederà adesso tra i coniugi Forrest? Che fine faranno? Non
vi resta che aspettare il prossimo ed
ultimo capitolo per vedere come andrà a finire ed a me non
resta che
ringraziarvi sempre per la passione con cui seguite questa storia. |
Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***
Capitolo
32 Attraccata
al pontile c’era la nave del capitano Borghero
così Barbara pensò che Robert, così
come faceva spesso, potesse essere andato a controllare il carico della
merce.
Pur aguzzando la vista però, non riusciva a scorgerlo sul
molo ed allora si
guardò intorno per vedere se fosse sulla spiaggia. Non era
neanche lì.
Cominciava a sentirsi scoraggiata quando si accorse che Thunder si era
avvicinato al calesse. Accarezzando il collo dell’animale con
il quale dopo
tanto tempo aveva preso confidenza, con la voce rotta
dall’angoscia gli
sussurrò piano, quasi aspettandosi assurdamente una risposta: -
Dov’è, Thunder, dimmi, dov’è
il tuo padrone? Aveva
voglia di piangere ma continuò a guardarsi intorno,
finché lo scorse seduto su
una duna altissima. Si avviò verso di lui con enorme
difficoltà perché c’era
molto da arrampicarsi ed il vestito lungo le impediva i passi. Quando
gli fu
abbastanza vicino, notò
la malinconia
sul suo viso e ne fu molto dispiaciuta. Si avvide che la stava
guardando
avvicinarsi, ma i suoi occhi erano
quasi
spenti, come se non vedessero la realtà che lo circondava,
ma un mondo buio e
lontano dal quale non riusciva a tornare indietro. -
Robert – lo chiamò un po’ ansante quando
gli fu più vicino, però lui non le
rispose, continuando a guardarla come se nemmeno la vedesse. Lo
raggiunse e gli si sedette accanto, senza parlare. -
Se
non ti affretti ad andare a parlare con lui, il capitano Borghero
ripartirà –
le disse dopo un po’ con un tono di voce quasi distaccato. -
Non
sono venuta per Borghero, sono qui
per
te. -
Ho
capito, a quanto pare le notizie viaggiano in fretta. Chi te
l’ha detto? -
Gaetano Spalice. È venuto poco fa a Villa Bianca
perché voleva dirti che tutto
il personale della miniera è con te ed è pronto a
manifestare contro
quest’infamia che ti sta facendo sir Paul. Ma come
può cacciarti dopo tutto ciò
che hai fatto per lui? Contrariamente
alla moglie che era molto adirata, Robert si mantenne calmo. -
Non
mi ha cacciato, mi ha solo detto che alla miniera di Ingurtosu due
direttori
sono un po’ troppi adesso che c’è anche
Leonard. E poi i genitori di Julie mi
hanno trovato un buon impiego nella direzione di una fabbrica a Londra.
Vorrebbero
farmi tornare lì in modo da potersi occupare anche loro di Charles. Desiderano che
il nipote cresca
in una grande e moderna città dove non appena si
farà più grande, potrà
frequentare a loro spese le migliori scuole ed avere altre prospettive
che non
qui, in un paesino sperduto della Sardegna. Insomma, proprio come
dicevi tu, se
ti ricordi. Secondo sir Paul dovrei accettare per il bene di mio
figlio. -
Non
lo sa sir Paul che il tuo lavoro è questo? Accidenti, aveva
ragione Grazia, è
una vera carogna! -
Non
dire così, chissà quante pressioni ha ricevuto
dalla sua famiglia prima di
prendere questa decisione. In fondo non posso pretendere di
più, si è già
troppo esposto per me. Poi Leonard ha ragione, io non sono proprio
adatto a
fare questo mestiere. Barbara
si arrabbiò moltissimo. -
Ah
no? E chi lo dice, un
incompetente che
fa succedere disastri non appena si avvicina ad una miniera?
Chiediamolo al
marchese Rodotà se sei adatto o no. Secondo me ti
accoglierebbe a braccia
aperte se solo tu gli chiedessi di lavorare per lui! Nonostante
la difesa accorata della donna, il giovane non cambiò
atteggiamento e scuotendo
la testa malinconico, affermò: -
Finirei per fare la stessa fine anche se lavorassi per un altro. Io non
appartengo alla razza padrona, sono e resterò sempre un
minatore. L’ho sempre
saputo, non è possibile stare con due piedi in una scarpa. -
Non è
vero, tu sei bravo ed hai studiato tanto. Se però ti sei
stancato delle minere,
puoi rivolgerti a quel professore dell’Università
del Galles che ti voleva come
suo assistente. Un
sorriso amaro increspò le labbra dell’uomo che
pareva solo osservare il mare in
tempesta. -
Già,
in fondo ad un fallito come me può stare anche bene
inseguire le promesse
ricevute dieci anni fa da un tizio che forse neanche più si
ricorda chi sono! –
mormorò. -
Insomma la vuoi smettere con questa storia del fallito? Ne abbiamo
già
discusso, proprio qui se non erro, e non vedo perché tu ti
debba considerare
tale. Questa
volta Robert fissò lei con uno sguardo pieno di malinconia. -
Tu
come lo chiami uno che alla mia età non ha più un
lavoro né una casa né una
famiglia? -
Il
lavoro lo troverai ed anche la casa e poi mi dici perché non
hai una famiglia?
Noi chi siamo? Scuotendo
ancora la testa, lui continuò: -
Sarà
meglio per tutti voi se mi lasciate perdere. A Charles i nonni daranno
tutto quanto
gli spetta e crescerà senz’altro sereno anche
senza di me così come mia madre
starà di certo meglio con mia sorella. In quanto a te, te ne
andrai e cercherai
finalmente la tua strada. Barbara
rabbrividì a quelle parole e con un soffio di voce gli
disse, guardando anche
lei il mare: -
Ti
prego, non mortificarmi, non mi rinfacciare le assurdità che
ti ho detto
stamani in un momento di rabbia. -
Non
era affatto assurdo ciò che hai detto, ti capisco, ti sei
stancata di tutto
questo. -
Ed
invece lo è – gli rispose tornando a guardarlo
– Ti pare mai possibile che
lasci mio marito? E ti sembra mai possibile che io possa occuparmi dei
figli
degli altri e non delle mie creature? -
Non
intendevo dire questo. Potrebbe sin d’ora esserci un uomo a
prendersi cura di
te e di Maria Neve e saprà farlo sicuramente meglio di
quanto non l’abbia mai
fatto io. -
Davvero? E chi è, lo conosci? Non sei stato proprio tu a
dirmi ieri che gli
uomini se ne scappano a gambe levate davanti a me? Ah no, mio caro, tu
sei
stato l’unico a cascarci come uno stupido ed a sposarmi ed
ora, mi dispiace per
te, devi sopportarmi anche se sono una maledetta bisbetica! Aveva
parlato sorridendo, quasi a fargli capire di non portargli alcun
rancore per le
cose spiacevoli che le aveva detto, ma il tono scherzoso e la sua
autoironia
non riuscirono a strappare a Robert, come aveva sperato, nessun
sorriso, anzi, lui
girò la testa dall’altro lato per non guardarla in
faccia mentre le diceva: -
Ci ho
riflettuto, sai, e sono giunto alla conclusione che dopo quello che ti
ho detto
ieri era naturale che tu ti arrabbiassi. Mi sono comportato come un
vigliacco. -
Non è
vero. Anche io ci ho riflettuto molto ed ho capito di essere stata io a
comportarmi male. La verità è che mi sono sentita
assai mortificata per la
figura ridicola che ho fatto sia con Sean Hopkins che con te e poi
… - la donna
esitò e, come se avesse cercato il coraggio di continuare,
cominciò a stringere
il crocifisso di corallo che portava al collo -
e poi ci sono rimasta male perché la tua
reazione non mi era parsa
quella di un uomo veramente innamorato. Perdonami, non avrei dovuto
farlo
perché, anche se fosse così, comunque ti sei
dimostrato buono e paziente con me
più di quanto io non meritassi. Robert
si voltò di colpo a guardarla e finalmente trovò
la forza di aprirle l’animo.
Accorato, le disse senza fermarsi: -
Invece
sono stato davvero un vigliacco perché ti ho mentito di
proposito per il
risentimento e la paura che tu potessi ripensarci. Non ho avuto il
coraggio di rivelarti
quanto fossi stato male all’idea di perderti e non ti ho nemmeno
raccontato la verità
riguardo a Sean. Quando venne da me, mi confessò di
considerare il tuo amore
come l’ultimo regalo riservatogli dalla vita e di desiderarti
moltissimo. Fui
io ad implorarlo di non portarti via da me e lui, un po’
perché fu impietosito
dai miei sentimenti, un po’ perché pensava che
nonostante tutto tu mi amassi ed
in seguito avresti potuto pentirti della tua scelta, decise di
andarsene per
non starti più accanto e non rischiare di cedere
all’enorme attrazione che provava
per te. Si
fermò aspettando che lei dicesse qualcosa, ma
poiché lei sembrava ammutolita,
continuò, distogliendo di nuovo lo sguardo. -
Scrivigli, digli che si era sbagliato, che lo ami davvero. Vedrai,
verrà a
prenderti e così sarai felice. In
quel
momento un minatore bruno passò lì accanto e li
salutò, interrompendo il loro
discorso. -
Ingegnere, ho qui i documenti del capitano Borghero. Cosa faccio, ve li
porto
lassù? – gli chiese da lontano e ad alta voce,
riparandosi gli occhi con la
mano dai raggi del sole calante. -
No,
Toscani, portateli all’ingegner Farewell,
se ne occuperà lui d’ora in poi. Lentamente
l’uomo ed i suoi compagni si allontanarono mentre la nave riprendeva il mare
sfidando le onde
impetuose. Oramai erano rimasti da soli sulla spiaggia e nessuno dei
due
parlava. La donna se ne stava tutta assorta a riflettere e nel
frattempo si
rigirava ancora tra le dita il piccolo crocifisso. -
Finirai per consumarlo – le disse lui con un sorriso un
po’ triste,
indicandoglielo. Anche
Barbara sorrise, dolcemente. -
Lo
so, ma è il mio portafortuna. Me lo diede un pescatore di
corallo che adesso
non c’è più, è morto lo
stesso periodo in cui è finito Lino Sulis. Si chiamava
Gavino. Era solo un vecchio, ignorante pescatore eppure era una persona
così
sensibile e saggia da indurmi a confidargli anche le mie cose
più intime.
Quando gli parlai di te e dello strano patto che mi avevi proposto, mi
disse
che quando ci si sposa l’importante non è soltanto
amarsi, ma anche aver voglia
di darsi sostegno reciprocamente, di sentirsi responsabili nei
confronti dei
figli, di costruire qualcosa di solido che le difficoltà di
ogni giorno non
possano abbattere. Solo così, mi disse, si diventa davvero
una famiglia. Noi lo
siamo, non credi? Robert
la guardò serio, poi girò ancora il viso
dall’altro lato per non lasciar
scorgere la sua enorme emozione. -
Forse, ma a me non basta
– le rispose – non
sopporto di sapere che mi
stai accanto
solo perché siamo marito e moglie, magari continuando ad
amare un altro. Lo so,
è ciò che ti chiesi di fare quando ti proposi di
sposarmi lasciandomi essere
ancora innamorato di Julie, ma l’assurdità di un
tale proponimento ha fatto
soffrire me per primo, te l’assicuro. Si
passò una mano sugli occhi in un gesto di scoraggiamento poi
proseguì, la voce
calda diventata quasi solo un sussurro. -
Ho
bisogno di te, ma soprattutto ho bisogno che tu possa amarmi anche se
so di non
avere il diritto di chiedertelo né quello di impedirti di cercare altrove
la tua felicità. Barbara
gli afferrò un braccio e cominciò a scuoterlo,
parlandogli con veemenza. -
Smettila
di dire sciocchezze! Nella sua saggezza Sean aveva visto giusto ed io
stessa ho
capito da un pezzo che ciò
che provavo
per lui non era di certo amore. Io cercavo la tranquillità,
la protezione, la
libertà da tutti i miei timori, ma ora so che amare
è avere paura per il tuo
uomo, lottare con lui e per lui e perché no, fremere di
desiderio se soltanto
ti guarda in un certo modo o ti sfiora… Non
concluse il discorso, ma gli prese la mano e se la portò al
viso premendola
sulla propria guancia con tenerezza infinita, poi alzò di
nuovo lo sguardo,
fissandolo dritto negli occhi. -
Ma
cosa vogliamo di più Robert? Io e te abbiamo già
tutto quello che conta, forse
dobbiamo solo imparare a dirci quanto ci amiamo. La
trepidazione con cui gli stava parlando la faceva vibrare tutta e sul
viso
arrossato, gli occhi splendevano come due ambre lucenti. Aveva paura di
dirglielo, ma oramai non ne poteva più fare a meno. -
Io ti
amo tanto! Dimmi che anche tu mi ami, ti prego – gli chiese
infine, tremando. Robert
non le rispose, in un impeto di gioia l’afferrò ed
abbracciandola forte,
cominciò a baciarle tutto il viso, gli occhi, le guance e
poi le cercò la bocca.
Senza fermarsi più, la costrinse a distendersi sulla sabbia
ancora calda di
sole, continuando a carezzarle il corpo, fremente di passione. La
donna provò a schernirsi scherzosamente e ridendo gli
diceva, cercando di
frenarlo: -
No,
non va bene, ingegnere, un po’ di controllo, un po’
di controllo… Ma
lui non
poteva in alcun modo controllare l’impeto di un
amore che oramai avvertiva grande e ricambiato, aveva
bisogno di
possederla anche fisicamente per sentirla sua, per sentirsi suo. Questa
volta non
era un semplice impulso erotico a spingerlo, ma la necessità che muove un uomo ed una
donna a congiungersi
perché non sono più
due persone distinte
ma una sola anima, una sola carne. Non poteva lasciar passare quel
momento
magico ed irripetibile, doveva averla adesso, subito. Cercò
di sollevarle la
gonna ma ancora lei provò a fermarlo tirandola di nuovo
giù. Nella lotta
giocosa che ne seguì, rotolarono a lungo abbracciati
giù dalla duna nella
sabbia morbida. Quando finalmente si fermarono, scoppiarono a ridere
entrambi
ma poi si guardarono negli occhi e in quello sguardo ci furono mille,
silenziose parole d’amore. Niente e nessuno avrebbe potuto
fermare il loro
desiderio e d’altronde la spiaggia era deserta. Con dolcezza
infinita, Barbara
si abbandonò ai baci di Robert e mentre chiudeva gli occhi,
vide l’azzurro
dello sguardo innamorato del suo uomo brillare come il cielo sopra di
lei. Tenendosi
teneramente avvinti nella beatitudine in cui erano sprofondati dopo il
sesso,
avrebbero voluto fermare il tempo tanto stavano bene. Purtroppo il sole
ormai
aveva tinto di porpora il cielo e benché fosse ancora
presto, le prime ombre
della sera cominciavano a calare nella corta giornata di ottobre.
Staccandosi a
fatica l’uno dall’altra si rialzarono e
cominciarono a rivestirsi ed a pulirsi
dalla sabbia. Ad
un
certo punto Barbara si piazzò di fronte al marito e, con le
mani sui fianchi,
lo rimproverò a bruciapelo, guardandolo con la consueta ruga
che le segnava la
fronte. -
Però
non me l’hai detto, a pensarci bene. -
Cosa? -
Che
mi ami. -
Io
sono un tipo di poche parole, non te lo scordare – si
schernì l’uomo con un
sorriso malandrino. -
No
accidenti, devi dirmelo! Devo sapere se n’è valsa
la pena. -
Di che? -
Di
combinarmi così piena di sabbia e rischiare di rovinarmi la
reputazione
facendomi beccare a fare certe cose su una spiaggia con un ingegnere
mezzo
scemo e per giunta pure disoccupato!
-
scherzò fingendosi arrabbiata. Robert
rise e afferratala per la vita, la strinse forte. -
Ma lo
sai che sei proprio una megera? Secondo me sei anche peggio di lady
Margaret. -
Però
sono più carina – sorrise la giovane afferrandolo
per i baveri della giacca e
sollevando il visino allegro a guardarlo. -
Appena appena – la prese in giro lui posandole prima un bacio
sul nasino e poi
cercandole di nuovo le labbra. -
Ah
sì? E allora va’ a baciare lei, va’!
– gli disse scostandolo e ridendo
divertita per poi aggiungere più seria – Su,
amore, affrettiamoci a tornare a
casa: c’è quella povera mamma tua che
non solo è in pena per te ma è stata pure a
combattere tutto il pomeriggio con
quelle pesti dei tuoi figli. Si
avviò decisa verso il calesse mentre Robert, seguendola,
continuava a prenderla
in giro. -
Figli
miei? Guarda che la piccola ha preso pari pari il tuo caratterino! In
quanto a
quell’altro poi, sei stata tu a farlo crescere
così viziato, fosse stato per
me… -
Sentitelo! Il padre tutto d’un pezzo! A te basta una
lacrimuccia ed uno sguardo
tenero per farti sdilinquire tutto. Poi sarei io quella che li vizia! Continuarono
a punzecchiarsi amorevolmente mentre salivano sul calesse, felici come
non si
erano mai sentiti prima. Anche
se in quel momento il futuro era assai incerto e non conoscevano quale
sarebbe
stato il loro destino, avevano la consapevolezza di possedere
già tutto ciò che
conta e che sarebbe bastato ricordarsene sempre per affrontare con
fiducia il
domani. Per
un
po’ risuonarono ancora le loro voci allegre ed il fischio con
cui Robert chiamò
il suo fedele baio, poi, non appena si allontanarono,
ritornò un silenzio
incantato, interrotto solo dal rumore del mare in tempesta e dal soffio
del
vento che cancellò le orme dei loro passi sulla sabbia
sottile. E mentre
Barbara e Robert si allontanano, solo due parole per salutarli. Vi ho parlato di ben due
anni della loro vita,
dei momenti di disperazione e di quelli di gioia, della rabbia, degli
errori, delle
loro umane debolezze. Hanno messo al mondo una bambina ed hanno
cresciuto il
piccolo Charles, si sono scontrati, si sono avvicinati, sono maturati,
hanno
imparato a dirsi la verità e ad accettarsi con tutti i loro
difetti e i loro
pregi, hanno conosciuto la passione autentica che non è
fatta solo di sesso ma
è un legame ben più profondo. Oramai non avrei
più niente da dirvi su di loro
per questo li lascio andare da soli incontro al loro futuro.
D’altronde è un
futuro che ognuna di voi potrà immaginare come meglio crede,
le vie da seguire
che vi ho lasciato sono tante. Potrà succedere infatti che
sir Badley, dietro
la pressione dei minatori, receda dalle sue decisioni e lasci il nostro
direttore riprendere il suo posto a Ingurtosu oppure può
darsi che Robert torni
nella natia Cardiff e lì incominci una nuova vita come
professore
universitario. Può anche succedere che ripensi
all’offerta del marchese Rodotà e
la sua Barbara ritorni da sposa e madre felice in
quell’Alghero da dove era
partita così triste e dubbiosa solo qualche anno prima.
Oppure può darsi che l’ingegnere
accetti l'importante incarico che
gli è
stato promesso a Londra e finalmente riesca a dimostrare, soprattutto a
se
stesso, il suo valore. Potrete immaginare che abbiano altri figli,
questa volta
voluti ma non certo
più amati di quanto
non siano la piccola Neve con il suo caratterino già
così deciso o il
capriccioso Charles che magari grazie all’aiuto dei nonni
materni potrà
diventare qualcuno. Sob sob sob
sob! Un grazie
enorme a tutte! |