Quello che conta - II - La sostanza e l'orpello

di mamma Kellina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

Aprile era stato particolarmente tiepido quell’anno già dai primi giorni e l’ultima domenica del mese faceva così caldo che Barbara aveva potuto indossare il suo bel vestito rosa a cui aveva abbinato una giacca grigia fattasi confezionare da Olga Ferri. Stava davvero bene anche perché la recente gravidanza non le aveva affatto rovinato la figurina snella, anzi, le aveva dato una rotondità di forme rendendola ancora più seducente. In lei invece era peggiorato notevolmente il carattere, ma questo Robert lo attribuiva alla grande preoccupazione che dava ad entrambi la piccola Neve che non cresceva come avrebbe dovuto. Per questo motivo lui cercava di essere sempre dolce e paziente con la sua ombrosa consorte nei confronti della quale provava oramai un profondo affetto.

Anche quella mattina, mentre insieme si recavano in calesse a casa dei Bradley per un invito a pranzo, le stava parlando con tutta la dolcezza possibile cercando di far scomparire il broncio dalle sue belle labbra dello stesso colore del piccolo crocifisso di corallo che oramai non toglieva più dal collo e con il  quale anche adesso stava giocherellando nervosamente.

- Andiamo, cara, non fare così – le diceva cercando di rabbonirla – neanche a Pasqua ci siamo andati ed oggi era davvero importante che accettassimo quest’ invito, lo sai.

- Sai quanto me ne importa dell’ospedale e dei  parenti arrivati! Figurati! Se sono dello stesso stampo della vecchia odiosa c’è davvero da stare allegri! Ma lo sai cosa le ho sentito dire l’ultima volta che è venuta a farci visita mentre guardava la bambina e pensava che non la capissi? “Questa cosina somiglia davvero ad un ragnetto peloso!” Non so come ho fatto trattenermi dal prenderla per un braccio e buttarla fuori, la tua amata zietta!

Per tutta risposta Robert si fece una bella risata, guadagnandosi uno sguardo furente della moglie a cui disse,  cercando di buttarla sullo scherzo:

- Lo vedi che stai incominciando a capirlo bene l’inglese?

- Forse a te non interessa che quella brutta megera disprezzi tua figlia, ma a me sì, se permetti, e non vedo perché devi costringermi ad andare a pranzo da lei. Ti giuro che questa è l’ultima volta che ti accontento, non lo farò mai più!

L’uomo, che invece adorava la tenera figlioletta, la guardò con un sorriso  e per l’ennesima volta provò a spiegarle.

- Tra qualche giorno ci sarà l’inaugurazione dell’ospedale ed è venuto ad avviarlo un loro cognato, Sean  Hopkins, che ha portato con sé due giovani medici. Inoltre è venuto ad Ingurtosu per fare pratica nella conduzione di una miniera anche Leonard Farewell,  il nipote di lady Margaret. Sir Paul mi ha chiesto espressamente di farteli conoscere tutti. Come facevo a dirgli di no?

- Glielo dicevi chiaro e tondo che non mi fa piacere conoscere altri parenti. Cosa ho da spartire con loro? Continuali da solo i rapporti con la famiglia del tuo principale!

- Tanto per cominciare i due medici non li conosco neanche io e poi, se è pur vero che Leonard è spocchioso e antipatico, Sean è una persona amabilissima. È il vedovo della sorella minore di Margaret,  Henrietta,  ed anche se non  ho avuto il piacere di conoscerla di persona, Julie mi diceva sempre che era una donna molto diversa dalle sorelle. Trovavano tutti che avrebbe potuto essere lei sua madre tanto le rassomigliava in bellezza ed in dolcezza.

- Che bella famiglia ti sei trovato per imparentarti!  – commentò lei, acida – Angeli del Paradiso pieni di ogni virtù o serpi velenose.  Una via di mezzo non era possibile, eh?

Robert sorrise e non raccolse la provocazione anche perché erano nel frattempo arrivati a varcare il cancelletto d’ingresso della proprietà dei Bradley. Giovanna stava venendo loro incontro per accogliere Barbara. Da quando l’aveva aiutata la sera del parto, la ragazza nutriva per lei una gratitudine sconfinata e con molta naturalezza la baciò affettuosamente sulle guance mentre il marito si allontanava per andare a portare il calesse nella scuderia.

Dalla terrazza del primo piano i coniugi Bradley avevano assistito alla scena in compagnia del nipote Leonard  che chiese stupito:

- Ma cosa fa? Bacia la serva?

- Gente di qui! – commentò con disprezzo la zia, meritandosi un’occhiataccia del marito il quale a volte non sopportava l’atteggiamento di palese superiorità usato dalla moglie con il prossimo. Lui invece si alzò per andare ad accogliere i due giovani seguito da Leonard che anche da notevole distanza aveva notato quanto la signora Forrest non fosse per niente male.
Farewell era un giovane di una trentina d’anni, decisamente di bell’aspetto. Non aveva un fisico massiccio, ma ugualmente la sua figura era proporzionata ed elegante. Sul bel viso giovane, sotto le sopracciglia piacevolmente all’insù, spiccavano due occhi di un blu profondo ed un sorriso simpatico dai denti perfetti. Era accuratamente sbarbato però in compenso portava i capelli di un biondo caldo piuttosto lunghi e ben pettinati in una foggia molto alla moda. Le ragazze impazzivano per lui che non mancava occasione per esercitare il suo fascino da dongiovanni. Decise di farlo anche con la moglie di Robert  perché, ora che la vedeva da vicino, aveva modo di  apprezzarne ancora di più il visino grazioso, la bella bocca piena e gli occhi di un nocciola così chiaro  e luminoso da ricordare l’ambra. Con galanteria le prese tra le sue la manina inguantata e se la portò alle labbra mentre lo zio faceva le presentazioni e Robert si avvicinava.

- Ecco,  finalmente ho l’onore di conoscere la famosa moglie dell’ingegnere Forrest  - le disse.

- Famosa? E perché famosa? – gli chiese lei guardandolo con diffidenza.

- Oh, non immaginate quanto si sia parlato di voi in famiglia! Tutti si chiedevano come avesse fatto questo signore a dimenticare in così poco tempo la mia dolce cuginetta Julie. Ora io vi ho veduta e ho capito che nessun uomo normale avrebbe potuto resistere a tanta grazia e bellezza!

- Smettila! – gli disse secco Robert a cui quell’individuo dava sui nervi peggio della zia e trovando veramente inopportuno che si mettesse a fare il cascamorto proprio con sua moglie. Ma quest’ultima proruppe in una risata divertita e ritirando la mano che ancora l’altro tratteneva tra le sue, gli disse scherzosa:

- Davvero sarebbe bene smetterla, signore, se non altro per il bene di vostra zia: non sopporterà che suo nipote, sangue del suo sangue, possa farmi dei complimenti per quanto falsi e cortesi  possano essere!

- Falsi? Ma se non sono mai stato così sincero in vita mia!

- Attenzione allora, perché rischiate grosso. Mostrate di trovarmi brutta e deficiente se volete farla contenta, non è così sir Paul?

- Barbara, smettila anche tu per favore – la rimproverò il marito notando lo sguardo imbarazzato dell’anziano nobiluomo.

Presala per un braccio, la condusse in salotto dove li aspettavano gli altri.

 

- Spero che quello sconsiderato di Sean si decida a tornare in tempo per il pranzo – disse l’anziana signora dopo avere presentato loro i due giovani medici ed aver fatto un po’ di conversazione – È uscito a cavallo per andare a vedere la miniera più di un’ora fa!

- Non ti preoccupare, mia cara, ha promesso di rientrare in tempo e Sean le promesse le mantiene sempre, lo sai – le rispose il marito.

- Insomma, non capisco proprio perché ti sei intestardito tanto a far venire Sean  Hopkins ad aprire il tuo ospedale! Non ce n’era assolutamente bisogno con questi due bravi giovanotti.

Dal suo tono si capiva chiaramente come tra lei ed il cognato non dovesse correre buon sangue. Uno dei due medici, un giovane di nome Peter O’Connor tanto biondo e lentigginoso da sembrare quasi un albino, si sentì in dovere di prendere le difese dell’assente mentre con imbarazzo si puliva le spesse lenti in un fazzoletto.

- Il dottor Hopkins è un medico di grande esperienza, milady. Io ed il mio collega Hawnks non sapremmo neanche da dove cominciare per mettere su un ospedale.

- Anche voi siete due valentissimi medici – intervenne sir Paul – ma certo mio cognato è la persona giusta. Ha lavorato tanti di quegli anni in India in condizioni così precarie che adesso l’ospedale di Ingurtosu gli sembrerà altrettanto bello del Royal London Hospital!

- Sarà, ma adesso si è fatto tardi e noi ci mettiamo a tavola con lui o senza di lui – affermò acida la padrona di casa conducendo gli ospiti nella sala da pranzo dove c’era una tavola apparecchiata con cura.

Si erano accomodati da pochissimo quando finalmente arrivò il ritardatario. Barbara l’osservò attenta e ne rimase colpita. Non era giovane, poteva avere circa sessant’anni, ma aveva il fisico ancora asciutto e prestante. Benché abbastanza calvo e con la barba molto brizzolata, sotto le sopracciglia ancora completamente nere splendevano due occhi scuri pieni di intelligenza e d’ironia che insieme al sorriso simpatico e tutto fossette, gli donavano un aspetto davvero molto giovanile.

Anche con lui furono fatte le presentazioni e per dire qualcosa la ragazza commentò:

- Forse avrò qualche difficoltà a comunicare perché mi sento decisamente in minoranza: sono l’unica italiana tra tanti inglesi!

- Inglesi?! – le rispose Sean fingendosi scandalizzato – Signora mia, non cominciamo con queste parole, per favore. A questo tavolo è degnamente rappresentato il Regno Unito di Gran Bretagna. C’è il signor O’Connor che è un irlandese, vostro marito che, come sapete, è un gallese e, modestia a parte, il sottoscritto, che è un fiero scozzese puro sangue….

- Non cominciare tu con queste solite polemiche, per favore. Sei noioso – lo apostrofò la cognata, infastidita.

Lui, senza darsene per inteso, continuò:

…poi ci sono gli inglesi, quelli sopportabili come Paul ed il dottor Hawnks e quelli che invece rompono le scatole a tutti, vedi mia cognata e suo nipote Leonard.

Quest’ultimo rise beffardo e provocò lo zio:

- Intanto ve le abbiamo suonate a tutti!

- Non è detto che sarà sempre così, figliolo, non è detto!

Le battute sembravano scherzose, ma per paura di aver introdotto senza volere un argomento sgradito, Barbara intervenne ancora, senza rendersi conto di peggiorare la situazione.

- Conosco perfettamente la storia e la geografia,  ma pensavo che dopo tanti anni avreste dovuto superare le vostre antiche differenze anche perché almeno su una cosa vi trovate tutti d’accordo.

- E quale sarebbe questa cosa, sentiamo? – le chiese Leonard.

- Per usare un’espressione del dottor Hopkins, andare a rompere le scatole al resto del mondo con l’imperialismo!

Un silenzio imbarazzato cadde sulla tavola e tutti la guardarono un po’ scandalizzati per un attacco tanto inaspettato al Grande Impero. Solo Sean proruppe in una risata divertita ed alzando verso di lei un calice colmo di vino, con un sorriso simpaticissimo, affermò:

- Brindo a voi, figliola, che in due semplici parole avete riassunto anni di esperienza fatta dal sottoscritto in Sudafrica e in India. Ma andateci piano a ferire il patriottismo dei miei connazionali,  “God save the King”, prima di tutto.

- Tu sei una persona strana ed  insopportabile, ma hai fatto sempre il tuo dovere per la Patria per cui ti concedo di parlare. Piuttosto è intollerabile che le critiche alla nostra politica debbano venire da una ragazzetta ignorante che non si è mai  mossa da un paese selvaggio come questo – commentò davvero irritata la padrona di casa, poi, rivolta all’incauta, le disse duramente -  Non vedo come possiate permettervi di tranciare certi giudizi, cara mia.

Alle parole sprezzanti della nobildonna, Barbara sollevò orgogliosamente il viso ed apparve ancora più bella mentre con gli occhi che le lampeggiavano rispondeva:

- Forse perché ci ha pensato mio padre a crescermi con gli ideali di Diderot e di Voltaire, forse perché mi ha insegnato a non accettare la sopraffazione ed il militarismo. Anche se non mi sono mai mossa dalla Sardegna, vi assicuro che ho studiato abbastanza da  dare punti a tante signorine di buona famiglia cresciute nei migliori collegi con la convinzione che gli unici loro doveri siano imparare a ricamare e scodellare figli perché diventino carne da macello al comando del primo tiranno a cui verrà la voglia d’inventarsi un’altra guerra.

Margaret Bradley fece un sorriso acido e rivolta a Robert gli disse, prendendolo in giro:

- Hai visto come sei stato fortunato ad aver trovato in questo buco sperduto una moglie così saggia ed illuminata? Peccato tu non l’abbia fatto prima! La povera Julie si poteva anche risparmiare di morire a vent’anni per colpa tua!

A quelle parole tutti guardarono l’ingegnere Forrest che aveva un’espressione di un tale imbarazzo sul viso da fare addirittura pena.

Barbara fu molto addolorata  nel vederlo incolpare con così tanta perfidia.

- Colpa? Robert avrebbe la colpa della morte di vostra nipote?-  si ribellò -  Ah no, mi dispiace, se davvero ci fosse stata la colpa di qualcuno per questa orribile cosa, allora sarebbe stata soprattutto di vostra sorella!

La vecchia si irrigidì e batté un pugno sul tavolo.

- Come vi permettete di dire una cosa simile! -  l’apostrofò irritata.

- Mi permetto perché se i genitori avessero rispettato la scelta della figlia e non l’avessero cacciata di casa, forse non sarebbe  stata costretta a venire in questo posto dimenticato da Dio e dagli uomini e, delicata com’era, avrebbe potuto fare una vita più consona a quella a cui era abituata.

- In pratica state dicendo che anche se Robert non era del rango di mia cugina avrebbe  dovuto godere i privilegi di aver spostato un’aristocratica senza che i miei zii facessero nulla per impedirlo? – obiettò Leonard mentre Maggie sembrava pietrificata.

- Non sto dicendo questo. Robert non sarà un baronetto, ma ha dimostrato ampiamente di non aver spostato Julie per interesse. Qualcuno avrebbe potuto offrirgli un’opportunità migliore per lavorare e mantenere sua moglie con più agiatezza di quanto non abbia potuto fare sir Paul che è stato l’unico ad aiutarli. Pensateci, milady, se soltanto la vostra nobile sorella avesse agito come ha fatto vostro marito, forse adesso Julie sarebbe ancora viva!

- Questo giovanotto non è il tipo da accettare aiuti: non vedete con quanto spregio ha rifiutato che Ilary si prendesse cura di suo nipote? – le fece di rimando la signora.

- Prendersi cura? Ma se voleva portarglielo via! E voi questo me lo chiamate aiuto? Togliere ad un padre il figlioletto? Avrebbe potuto magari proporgli una occupazione a Londra, oppure offrirgli di  pagargli, con le sue notevoli possibilità economiche,  la migliore delle istitutrici, insomma avrebbe avuto tanti altri modi per aiutarlo senza costringerlo a risposarsi in tutta fretta.

- Costringerlo a risposarsi! Ma non fatemi ridere, ragazza!

- Barbara, adesso smettila.

La voce di Robert risuonò forte ed aspra nel rimproverare la moglie, ma lei lo guardò come in preda ad un’ansia che tutti gli astanti, imbarazzati da una simile discussione, notarono.

- Perché devo smetterla? Non sto dicendo forse la verità? Tu adoravi tua moglie e mai e poi mai avresti pensato di risposarti se non fosse stato per tuo figlio. Credi che non lo abbiano capito tutti che per te non sono degna neanche di camminare sul suolo calpestato dalla tua Julie? Non ti sei accorto che poco fa Leonard mi ha addirittura presa in giro?

- Non dite così – intervenne questi chiamato in causa – io non volevo affatto! Però, se siete convinta di questo, mi spiegate allora perché l’avete spostato se sapevate che amava ancora mia cugina?

- Perché? Perché sono una donna e a noi non è dato scegliere autonomamente o lavorare per poter fare anche a meno di sposarci per vivere.

Aveva risposto con gli occhi bassi ed un rossore che le si era diffuso sul viso, ma un po’ più calma. Approfittandone per cambiare discorso, il dottor O’Connor le chiese:

- Lavorare? Sentiamo, quale lavoro vi sarebbe piaciuto fare? La maestra forse?

- No, dottore, mi sarebbe piaciuto fare il vostro. Mio padre, che era un valente medico anche lui, per anni provò ad inculcare in mio fratello la sua stessa passione, ma dovette rinunciare. Ricordo che diceva sempre che ero io quella portata per gli studi e la medicina  e  che sarei stata un ottimo medico.

Lady Bradley scoppiò in una sonora risata ed anche se si era sentita abbastanza soddisfatta dall’ammissione di Barbara di non essere all’altezza della nipote, ugualmente non seppe trattenersi dal prenderla in giro.

- Una donna medico! Non si è mai visto!

- Non l’hai mai vista tu, cara cognata – intervenne a questo punto Sean Hopkins calmo calmo – l’Università di Zurigo accetta anche studenti di sesso femminile ed ormai numerose ragazze diventano medici.

- Peccato allora essere nata in questa terra selvaggia e non aver avuto mezzi! – sospirò la ragazza guardandolo con i suoi begli occhi tristi.

- Certo, peccato, signora Forrest. Anzi, se vivevate a Londra avreste potuto anche seguire Emmeline Pankhurst che ha fondato “L’Unione nazionale sociale e politica delle donne”. Non è così zio Paul, non ce la vedi la signora Forrest a militare  tra le suffraggette? – commentò ancora molto ironico Leonard sollecitando lo zio che per tutto il tempo della spiacevole conversazione se ne era stato zitto e contrariato.

Invece gli rispose Barbara:

- Lo avrei fatto e non tanto perché m’interessa la politica o il voto alle donne, ma perché trovo insopportabili le continue vessazioni a cui vanno sottoposte, come il non poter esprimere mai le loro capacità lavorative.

Notando che oramai la giovane era sull’orlo di un collasso nervoso dal modo in cui si passava la  mano tremante tra i riccioli della nuca, Sean intervenne in suo soccorso:

- Sono perfettamente d’accordo con voi. Nella mia lunga vita ho avuto modo di apprezzare tante volte le enormi capacità femminili e devo confessarvi di avere la convinzione che come medici a volte le signore sarebbero molto più sensibili ed attente di noialtri uomini.

- Quale sciocchezza! Le donne svengono ad ogni nonnulla! – obiettò il giovane nipote dei Bradley.

- Io ho visto delle semplici suore assistere imperterrite alle operazioni chirurgiche più cruente e medicare le ferite più ripugnanti con il massimo sangue freddo – testimoniò il dottor Hawnks.

- Ma le suore non sono donne! – rise il giovane.

La discussione si fece più generale e Barbara ne approfittò per starsene un po’ zitta a riprendersi senza però osare di alzare lo sguardo sul marito il quale se ne stava silenzioso ed irritato.

 

Alla fine del pranzo, Robert si rivolse ai padroni di casa e agli ospiti per prendere congedo perché la loro bambina doveva essere allattata.

- A proposito come sta la piccola? – chiese sinceramente interessato sir Bradley.

- Bene, grazie.

- A me non è sembrato che stesse tanto bene. Scusate se ve lo dico,  ma non la vedo crescere molto – intervenne la moglie, desiderosa di ferire ancora la ragazza.

- Vi sbagliate invece, sta benissimo – la contraddisse questa.

L’altra però, senza dar peso a quelle parole, continuò rivolta al cognato.

- Sean, dovresti andare a farle una visita. Chissà quanti bambini denutriti hai visto in India ed in Sudafrica. Un tuo consiglio potrebbe essere prezioso.

- Non ce n’è bisogno, grazie – obiettò ancora Barbara molto offesa, ma impallidì quando Robert intervenne a sua volta.

- Davvero Sean, mi farebbe piacere se venissi a vederla e ti sarei grato se dessi uno sguardo anche a mia moglie: è molto stanca e nervosa negli ultimi tempi e forse ha bisogno anche lei di una cura.

Notando che la giovane era diventata rossa come una fiamma, il buon medico gli si rivolse con un sorriso gentile.

- Eh già, Robert, capita spesso alle giovani mamme! D’altronde  mettere al mondo un bambino non è cosa da poco e noi uomini, così come le donne che non hanno mai avuto figli, non possiamo neanche immaginare quale dispendio di energie fisiche e psichiche comporti.

Poi si rivolse alla giovane e prendendola per un braccio, la invitò a seguirlo.

- Venite con me, adesso vi darò qualcosa. Vedrete, vi sentirete subito meglio!

Per non offenderlo con un rifiuto e provando un’enorme gratitudine per lui perché aveva preso le sue difese sia con la vecchia odiosa che con quel cretino del marito, Barbara lo seguì, pur sapendo che non avrebbe preso alcunché.

Nel frattempo Robert stava salutando gli altri. Quando si avvicinò a Leonard, questi gli rivolse uno dei suoi sorrisi migliori ed alzando le sopracciglia ironico,  gli sussurrò per non farsi sentire dalla zia:

- Certo che dopo mia cugina tutta rossori e sentimento deve essere una bella fatica un peperino simile, non è vero?  Però, accidenti, che fuoco quella donna! Complimenti, mi piace molto lo sai? Quasi quasi cerco di rubartela.

Leonard aveva voluto solo scherzare ma la risata soddisfatta sulla sua faccia da schiaffi finì per far montare su tutte le furie Robert.

- Riesci sempre ad essere sgradevole ed inopportuno! - gli disse a denti stretti e con uno sguardo pieno di indignazione.

In quel momento per fortuna Barbara ritornò insieme a Sean che le stava facendo delle raccomandazioni e dopo aver salutato anche lui, si allontanarono.

In silenzio risalirono sul calesse e ripartirono però dopo un poco l’uomo le si rivolse con la collera per così tanto tempo trattenuta.

- Insomma si può sapere cosa accidenti ti è preso? – le urlò.

- A me? Cos’è preso a me? E tu che mi hai fatto passare per pazza davanti a tutti?

- Perché non è da pazza il modo come ti sei comportata? Che bisogno c’era di dire tutte quelle cose spiacevoli a lady Margaret?

- Una volta tanto mi sono presa la soddisfazione di cantargliene quattro e poi non ho fatto altro che dire la verità.

Senza accorgersi nella sua agitazione di stare imprimendo alla cavallina che tirava il calesse un’andatura troppo sostenuta, lui la guardò con sdegno.

- Già e guarda caso la verità è venuta fuori proprio oggi. Non è piuttosto che volevi farti notare dai tre bei giovanotti seduti a quella tavola? Almeno uno in particolare deve averti colpito al punto tale da  indurti ad incoraggiare le sue avances  dichiarando pubblicamente perché ci siamo sposati.

- Che stai dicendo!? – replicò la donna davvero stupita ed offesa – Mi dispiace, ma non mi conosci affatto se pensi questo di me.

- Infatti, non ti conosco. D’altra parte ho conosciuto e sposato una donna completamente diversa da ciò che sei diventata adesso. Io sto cercando di avere pazienza, Barbara, ma ti assicuro, sei diventata davvero insopportabile.

- È cambiato qualcosa da allora.

- Certo, è nata Maria Neve, ma non puoi accusarmi di non esserti vicino nelle difficoltà che stai incontrando con lei. Forse se la smettessi con questo atteggiamento astioso nei miei confronti, potremmo affrontare le cose con più calma.

Barbara non replicò nulla e si limitò a girare la testa fingendo di guardare il panorama. Era tutto inutile: Robert continuava a ragionare con la sua mentalità egoistica prettamente maschile. Aveva perduto la testa per lei poco meno di un anno prima, l’aveva desiderata ed avuta, punto e basta. La loro bambina era stata una conseguenza di quell’episodio casuale, ma siccome era un galantuomo, si prendeva cura di loro così come aveva promesso. Neanche lo sfiorava l’idea che era andata con lui perché se n’era innamorata, non pensava alla sua delusione quando le aveva detto chiaro e tondo che quanto c’era stato tra loro non era molto diverso da un rapporto occasionale avuto con una qualsiasi altra donna, magari anche solo una prostituta. Era questa la cosa che la faceva stare male e che, unita alla preoccupazione per la salute della bambina e al suo stato psicofisico, l’aveva fatta diventare acida e bisbetica. Perché lo era diventata davvero, se ne rendeva conto.

Guardando il mare in lontananza, si chiedeva dove fosse finito tutto l’amore tenero ed appassionato provato una volta per quell’uomo, un amore per il quale aveva sopportato persino di non essere ricambiata pur di stargli accanto. Ora avrebbe preferito mille volte rimanere da sola come era accaduto tanti anni prima con Filippo piuttosto che trovarsi accanto chi l’aveva ferita provando per lui solo un sordo rancore che le avvelenava la vita ogni giorno e la portava a manifestargli ogni momento la sua scontentezza. Spesso si avvedeva di stare sbagliando, ma non riusciva a frenarsi e lo sgomento per il comportamento sgradevole assunto, la faceva vergognare di se stessa e provare un grande abbattimento. Anche adesso le stava accadendo  perciò se ne stava silenziosa e triste senza neanche guardare il marito.

Intanto Robert si era  calmato ed aveva trattenuto la corsa del cavallo. Sembrava quasi stessero facendo una bella passeggiata nel pomeriggio soleggiato e sereno, ma l’uomo conosceva bene gli improvvisi silenzi della moglie e quella sorta di torpore in cui si rifugiava quando cadeva in depressione. Sapeva che stava  attraversando un periodo molto difficile e sapeva pure di essere stato la principale causa del suo malessere con un comportamento del quale si era assai pentito. Oramai aveva la certezza di non nutrire per lei  soltanto stima e gratitudine così come avrebbe voluto quando l’aveva sposata.  Non era  stata una cosa improvvisa, non aveva superato alcuna linea di confine tra il suo modo di sentire nel momento in cui l’aveva allontanata ed ora, semplicemente si era reso conto che il ricordo di Julie ogni giorno di più cominciava a farsi meno doloroso mentre la felicità di Barbara gli sembrava sempre più importante. Forse la promessa fatta di non amare più nessuna altra donna era già stata mancata ed anche se i loro rapporti non erano mai ritornati intimi, provava per lei un sentimento davvero profondo. Se fosse  rimasta la creatura solare e serena che per un momento aveva riportato la gioia nella sua vita desolata, avrebbe cercato un riavvicinamento, ma Barbara era molto cambiata. Ora mostrava quasi di detestarlo e non faceva nessuno sforzo per instaurare con lui un rapporto più sereno. Avrebbe voluto trovare il coraggio di parlarle, chiarirsi, chiederle almeno perdono, ma anche lui aveva un carattere chiuso e difficile e spesso riusciva persino a peggiorare le cose. Lo aveva fatto quello stesso pomeriggio quando l’aveva accusata di aver voluto farsi notare dai giovani ospiti dei Bradley. Una strana gelosia era stata la sua prima reazione, però, ripensando alla cosa con più calma, scorgeva nella calorosa difesa di Barbara la sua naturale ribellione nei confronti della perfidia di  lady Margaret. Forse avrebbe dovuto addirittura ringraziarla per questo.

Intanto erano arrivati a casa ed era sceso dal calesse per aiutarla a scendere a sua volta.

- Che hai, non ti senti bene? – le chiese con la massima dolcezza possibile e poi, quasi in un soffio, aggiunse – Scusami per prima, sono stato assai ingiusto con te.

Lei lo guardò e  gli disse con un sorriso amaro:

- Non ti preoccupare, ingegnere, va tutto benissimo, è tutto sotto controllo.

Robert oramai detestava quella frase che gli ripeteva sempre più spesso per chiudere ogni possibile forma di comunicazione. La consapevolezza di non essere nulla per lei se non un estraneo a cui manifestare disprezzo, lo feriva profondamente ed ancora di più lo portava a chiudersi in sé.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

Entrati in casa trovarono in cucina Nunzia con i bambini e Luigi Vargiu perché Barbara aveva consentito a quest’ultimo di  andare a fare visita alla fidanzata anche a casa loro.

Robert aveva notato che il comportamento affettuoso della donna nei confronti della ragazza e del piccolo Charles non era affatto cambiato ma con grande dispiacere gli era parso di notare in lei una certa freddezza nei confronti della piccola Neve.

Lo pensò anche quel giorno vedendo la moglie salutare con un sorriso il giovane  e riempire di baci il bambino che le si era precipitato in braccio mentre non aveva degnato di uno sguardo la figlia addormentata in un cesto di vimini posato sul tavolo. Intenerito, Robert la prese lui in braccio mentre Barbara invitava i due giovani ad andare a fare una passeggiata poiché c’era ancora un bel sole. Nunzia accettò di buon grado, ma prima di uscire le riferì che Charles non aveva voluto toccare cibo.

- Perché fai così? – gli chiese la mamma in tono di biasimo.

Il bimbo per tutta risposta fece il broncio e la guardò con uno sguardo  di tale rimprovero che lei quasi si sentì in colpa per averlo lasciato solo.

- Va bene, amore. Adesso ti preparo di nuovo da mangiare e te lo do io - aggiunse dolcissima.

- Devi far mangiare prima Neve! – le ricordò Robert.

- È naturale, cosa credevi che volessi lasciarla digiuna? Devo cambiarmi prima, però. Tienila un po’ tu visto che te ne preoccupi tanto e lasciamo uscire questi due ragazzi.

Poco dopo lo raggiunse di nuovo portandosi dietro Charles e gli prese la bimba dalle braccia per allattarla. Robert rimase qualche minuto con loro poi, siccome né la donna né il bambino gli davano la minima confidenza,  disse:

- Vado a cambiarmi anch’io poi esco con Thunder. Torno prima che faccia buio. Non ti dispiace vero?

Lei nemmeno gli rispose.

 

Ritornò al tramonto. Entrando in soggiorno si stupì di trovare la moglie seduta per terra con un piatto in mano. Con molta pazienza, stava cercando di far mangiare qualcosa a Charles il quale come al solito faceva le bizze e si era andato a nascondere sotto ad un tavolo.

- È ancora il pranzo o è già la cena? – le chiese con ironia.

- Ho dovuto tenere Neve attaccata al seno per quasi un’ora per farla succhiare un po’. Lui si è sentito trascurato e ora non vuole mangiare nulla. È digiuno da stamani, però.

- E tu lascialo perdere. Vedrai che più tardi gli verrà appetito e mangerà.

- Sta’ zitto per favore, che ne sai tu di bambini? Occupati della tua miniera, ingegnere.

Robert non ce la fece a trattenersi. Anche se non avrebbe voluto contrastarsi con lei per la seconda volta in un giorno, sentiva che era suo dovere smettere di far finta di nulla ed intervenire.

- Li stai rovinando questi bambini! – osò dirle.

Barbara non se l’aspettava, ma trovò la freddezza di rispondergli:

- Non è colpa mia se i tuoi figli sono inappetenti.

Tirando via in malo modo Charles da sotto il tavolo e senza curarsi degli strilli che questi si mise a fare, lui osservò:

- Invece sì, è colpa tua. Non vedi che questo qui ti tiranneggia in maniera assurda? Ha capito quanto sia importante per te vederlo mangiare e ti ricatta.

- Davvero? Ed anche Neve che è così piccola mi ricatta? – gli rispose di rimando cercando di trarre a sé il bambino piangente, ma senza riuscirci perché il marito glielo impediva.

Lui scosse la testa.

- No, nel suo caso stai facendo tutto tu perché non vuoi ammettere di non essere in grado di allattarla – continuò, deciso ad affrontare l’argomento.

Barbara diventò tutta un fuoco a quelle parole e si ribellò:

- E chi lo dice questo? La vecchia Maggie? Che ne sa lei di figli? Io ho allattato un altro piccino prima e, ti assicuro, era cresciuto forte e sano. Glielo racconterò la prossima volta, così avrà cose più interessanti sulle quali malignare.

- Non è solo lei a dirlo – aggiunse l’uomo ignorando la minaccia perché ora era solo preoccupato della salute della figlia – anche il dottor Bernardi ha detto che non sta crescendo come dovrebbe ed avrebbe bisogno di un aiuto. Forse sarebbe il caso di assumere una balia.

- Ma neanche per sogno! – protestò la giovane mamma – Bernardi ha detto che avrebbe bisogno di un ricostituente, non certo di essere affidata ad un’estranea. E poi lo sai anche tu quanto costano ed ora che stiamo mandando di più a tua madre proprio non ci possiamo consentire una simile spesa.

-  Sarei disposto a fare qualsiasi sacrificio pur di vedere la mia bambina star bene. Comunque sentiremo cosa dice Sean e poi decideremo.

- Sì, quell’altro scienziato! Non gli permetterò nemmeno di guardarla. Certamente converrebbe con te e con sua cognata che non so crescere mia figlia!

- Barbara,  dove vai? – le gridò indietro Robert vedendo che lo stava lasciando lì con il piccolo Charles che adesso piangeva a dirotto.

Ma la moglie era già sull’uscio e si voltò a guardarlo con soddisfazione maligna.

- E perché? – gli disse - Non hai detto che io li rovino i tuoi figli? Ebbene occupati di lui allora,  saprai farlo assai meglio di me!

Dopodiché lo lasciò a sbrigarsela da solo.

 

Non fu un’impresa facile, ma Robert era troppo irritato per chiederle aiuto. Per fortuna il bambino capì ben presto che con il padre c’era poco da scherzare e si calmò, lasciandosi condurre a letto con la massima docilità. Purtroppo spogliarlo e farlo addormentare richiese uno sforzo tale che il pover’uomo alla fine si sentiva esausto. Benché fosse affamato perché dai Bradley non aveva quasi toccato cibo, si ritirò in camera a fumare e a bere in modo da ingannare lo stomaco. Verso l’una di notte però i morsi della fame cominciarono a farsi sentire talmente tanto che fu costretto a recarsi in cucina a vedere se in dispensa ci fosse qualcosa da mettere sotto i denti.  Trovò pane, formaggio ed olive e con quello cenò. Si trattenne un po’ per casa affacciandosi anche con discrezione nella stanza di Nunzia per accertarsi che si fosse ritirata e poi fece per tornare a letto sperando di prendere sonno. Dal corridoio però udì la voce della moglie e gli parve quasi un lamento. Molto inquieto, aprì piano la porta e sbirciò nella camera.        
Barbara non lo vide perché era di spalle e si stava dondolando sui piedi di una sedia  con Neve attaccata al seno. Quello che gli era parso un lamento era solo una nenia, dolcissima e malinconica, e si capiva che mentre cantava la donna stava piangendo. Ad un tratto smise di cantare e si mise a sussurrare alla figlia.

- È da mezzanotte che stiamo così, piccina, e tu succhi un po’ e poi ti fermi. Come fa mamma a capire se hai mangiato abbastanza, me lo dici?

Per un po’ s’interruppe, ma poi ricominciò, ancora più triste:

- Io non ce la faccio più, sono tanto stanca. Ma perché fai così? Perché non mi vuoi? Anche se sono stata cattiva con te quando ti avevo nella pancia, ora  ti voglio bene con tutta l’anima! Se tu mi rifiuti, come faccio io a nutrirti? E se non mangi, come fai a stare bene? Io non posso perderti, amor mio, sarebbe una punizione troppo brutta per me e ne morirei…

Robert la vide posare le labbra sulla testina piena di capelli neri della loro bambina e baciarla con estrema dolcezza mentre le lacrime silenziose si erano trasformate in singhiozzi. Si sentì stringere il cuore dalla pena ed in un attimo intuì tutto il dolore, le preoccupazioni ed i sensi di colpa che quella donna si potava dentro, nascondendoli dietro gli atteggiamenti duri e scontrosi. Per un momento fu tentato di entrare nella stanza e prenderla tra le braccia, stringerla, consolarla,  difenderla, ripararla  da chiunque potesse ancora ferirla, persino lui stesso, persino lei stessa.  Però si disse che forse Barbara non avrebbe gradito la sua intrusione. Pian piano, per non farsi sentire, richiuse la porta e si ritirò in camera sua. Ma forse era venuto il momento di fare qualcosa perché non poteva più lasciare la moglie e la figlia così.

 

La luce che filtrava dalla persiana non era certo quella delle sei del mattino, doveva essere sicuramente molto più tardi. Barbara si precipitò dal letto con il cuore che le batteva all’impazzata e si affacciò sulla culla per vedere come mai la piccola non desse alcun segno di vita. Fortunatamente le bastò uno sguardo per capire che la bambina dormiva con le braccine ai lati della testa sul cuscino ed i pugnetti chiusi.

Ancora sconvolta, si sedette sull’orlo del letto aspettando che il cuore si calmasse e la testa smettesse di girarle. Certo Neve dormiva tranquilla, non si era svegliata, ma la cosa era ugualmente preoccupante perché l’ora della poppata era passata già da un bel pezzo. La sera prima aveva sostenuto di saper allattare perché l’aveva già fatto una volta, ma ora, mentre si toccava il seno per controllare se ci fosse latte, rammentava che allora il suo Giacomino non le dava mai tregua, strillava come un pazzo a tutte le ore del giorno e della notte e si calmava soltanto quando lei gli offriva la mammella turgida e gonfia di latte. Lo guardava succhiare avidamente, tanto che a volte un rivoletto gli scorreva dall’angolo della boccuccia, dopodiché si placava e dormiva beato per ore. Suo padre la prendeva in giro dicendole che era una balia perfetta e sua madre la trattava come una principessa, preparandole pranzetti nutrienti e leggeri e risparmiandole ogni fatica. Nonostante tutto allora era stata felice e con il suo bimbo era riuscita a stabilire subito un legame fisico che lo aveva aiutato a crescere forte e sano. Con Neve non ci riusciva: sembrava che la bambina non desiderasse istaurare con lei alcuna relazione, come se, rifiutando di alimentarsi al suo petto, volesse punirla di non averla amata abbastanza. Ora, dopo due mesi dal parto del cui orribile  ricordo non riusciva ancora a liberarsi, si sentiva stanca, tanto stanca.

Con un moto spontaneo si rificcò a letto e, tiratesi le coperte fin sopra la testa come a volersi isolare dal mondo, si rannicchiò su se stessa. Non aveva più sonno, ma neanche trovava la forza di alzarsi e cominciare una nuova giornata. Non c’era nulla che contasse tanto da indurla a farlo, ad eccezione forse di Charles. Il pensiero del bimbo la riportò all’orribile scenata della sera precedente con il marito. Più di una volta questi l’aveva accusata di stare rovinando il piccino con il suo troppo amore e Barbara sospettava che doveva essersi pentito di averglielo affidato. Di sicuro non appena fosse diventato più grande glielo avrebbe tolto, mandandolo a studiare in qualche collegio e lei non avrebbe potuto farci nulla … neanche era la madre!

Stringendo forte gli occhi provò a non pensare più a nulla, a diventare lei stessa nulla… Immaginò di sciogliersi in un rivoletto e scivolare sul pavimento dove l’aria ed il sole l’avrebbero fatta evaporare.   Quando sarebbero venuti a cercarla, non l’avrebbero più trovata e forse dopo un po’ nessuno si sarebbe neanche rammentato del suo inutile passaggio su questa terra…

Il senso del dovere però era ancora più forte della stanchezza e della malinconia e così, vincendo le assurde fantasie e facendo  uno sforzo enorme, si alzò dal letto e ricominciò la battaglia quotidiana.

 

Erano quasi le nove quando Nunzia la vide entrare in cucina, il cesto di vimini con dentro Neve sotto a un braccio e nell’altra mano un grosso fagotto di biancheria sporca. Charles la seguiva, biondo e grazioso come sempre, ma con l’aria piuttosto imbronciata e stranamente nudo dalla cintola in giù.

- Ha bagnato il letto – spiegò la madre mentre preparava una grossa concolina con dell’acqua calda e lo metteva lì dentro in piedi per lavarlo.

- Non ti vergogni? – gli chiese la giovanetta prendendolo un po’ in giro – Alla tua età fare ancora queste cose!

Il piccino strinse le braccia intorno al collo della mamma che lo stava insaponando per cercare una difesa che ottenne prontamente.

- Non lo sgridare, Nunzietta. Ieri l’ha messo a letto il padre e chissà se si è ricordato di fargli fare la pipì prima.

La giovane spalancò gli occhi, stupita da una simile novità.

- Davvero l’ha messo a letto l’ingegnere? E perché?

Barbara sospirò esitando un poco a raccontare la cosa.

- Non mi sentivo bene e poi ci siamo un po’ contrastati per il fatto che gli do io da mangiare quando si rifiuta di farlo da solo.

- Scusate, signora, ma il papà ha ragione: questo monello fa i capricci perché è geloso della sorellina e vuole farsi coccolare da voi.

La donna la guardò freddamente. Non bastavano le critiche del marito, ora ci volevano anche quelle della domestica.

Ma questa, imperterrita, continuò:

- Dovreste pensare piuttosto voi a mangiare un po’ di più, non lo vedete come vi state sciupando?

Così dicendo le preparò una bella tazza di latte e prese la scatola dei biscotti invitandola a mangiare, ma Barbara sorseggiò in fretta un po’ di latte e subito si accinse ad andare a lavare le lenzuola sporche.

- Adesso lo faccio io – si offrì la giovane, ma lei con un gesto della mano glielo impedì e si avviò al lavatoio, voltandosi solo un momento per sentire cosa le aveva lasciato detto Robert.

Nunzia le riferì che non sarebbe venuto a casa per il pranzo perché aveva molto da fare alla miniera. Da quando era nata la bimba, infatti, lui tornava sempre per un’ora o due a metà giornata per stare un po’ di più con loro, ma per la moglie era più un fastidio che altro. Anche stavolta commentò sollevata:

- Benissimo, così per pranzo riscalderemo il pollo in brodo che avevo preparato per la cena di ieri sera e non dovrò cucinare. Ti va di mangiare quello?

- Scherzate!? È una tale prelibatezza!

 

Più tardi, mentre dava la poppata delle undici a Neve, le venne un’idea ed appena la bimba ebbe finito di mangiare, si andò a vestire. Vedendola entrare in cucina tutta pronta per uscire, Nunzia la guardò stupita:

- Dove andate a quest’ora? – le chiese.

- Ho pensato di fare un salto giù in paese dal dottor Bernardi che mi deve dare un ricostituente per la bambina. Nel frattempo tu e Charles mangiate pure, così, non vedendomi, può darsi che questo stupidello non faccia tante storie.

Il bambino sollevò il visino provando a fare il solito broncio per  intenerirla, ma questa volta la mamma aveva deciso di essere inflessibile, per cui aggiunse, prendendogli il mento in una mano inguantata:

- E se proprio non gli va di mangiare…pazienza! Vuol dire che mangerà un’altra volta.

Posatogli un bacetto sulla guancia, si allontanò mentre Nunzia le chiedeva:

- Voi non  mangiate?

- Sì, certo, quando ritorno.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

L’abitazione del dottor Bernardi era ancora piena di persone che dovevano farsi visitare. In molti, per rispetto, avrebbero voluto farla passare avanti, ma Barbara si rifiutò di farlo, mettendosi pazientemente ad aspettare il proprio turno. Quando poté entrare nello studio, trovò l’anziano dottore un po’ affaticato e per questo, prima di arrivare al motivo della sua visita, parlarono un po’ della prossima apertura del tanto sospirato ospedale di Ingurtosu.

- Stamattina ho conosciuto il dottor Hopkins che è venuto ad avviarlo – le confidò ad un certo punto il medico – È stato molto gentile. È venuto qui accompagnato da vostro marito e si è presentato con molta umiltà, pregandomi di dargli una mano, almeno per i primi tempi. Lo farò senz’altro perché mi è parso un professionista molto bravo ed una persona molto semplice. Poi c’era davvero bisogno di una struttura così in questa zona tanto isolata.

- Certamente, dottore, ma io mi fido solo di voi ed è per questo che sono venuta. Mi avevate promesso di darmi un ricostituente per la mia Neve, ve lo ricordate?

 - Sì, mi ricordo. Adesso ve lo do subito. Come sta la bambina?

- Bene, ma dorme giorno e notte e poi mangia poco, troppo poco. Io e mio marito siamo molto preoccupati.

- Non dovete. Sta bene e vedrete che prima o poi si assesterà - le disse l’altro cercando di tranquillizzarla, dopodiché trasse da un armadietto di ferro un flaconcino blu e glielo porse, indicandole anche la posologia del farmaco.

- Magari avessero l’effetto miracoloso delle gocce che le deste appena nata! – osservò la madre, sentendosi molto speranzosa.

- No, signora mia, allora, ve lo assicuro, non fu la mia medicina, fu un vero miracolo – le disse, ma nel notare il viso di lei rabbuiarsi, si affrettò a rassicurarla - Però ora non avete più nulla da temere. Maria Neve è sana e ben presto comincerà a crescere come si deve. State serena.

 

Piuttosto rincuorata, Barbara si stava accingendo a tornare a casa quando le venne l’idea di andare al negozio di filati ad acquistare della lana leggera per confezionare una morbida copertina in cui avvolgere la piccina in quelle prime giornate di caldo. Guardò l’orologino d’oro che aveva appuntato ad uno spillino sul petto: probabilmente il negozio stava per chiudere, ma valeva lo stesso la pena di fare il tentativo e farci un salto. Per fortuna era ancora aperto e la proprietaria l’accolse con la massima cortesia nonostante si stesse accingendo proprio in quel momento a ritirarsi nel retrobottega dove aveva già preparato la zuppa per pranzare con i figli. Purtroppo Barbara non trovò la lana del colore voluto. Se ne stava andando quando la donna la fermò.

- Se avete la cortesia di aspettare un momento, vado ad aprire delle scatole con del filo che mi hanno consegnato proprio stamani. Dovrebbe esserci della lana rosa – le disse la bottegaia, affabile e desiderosa di concludere la vendita dato che oramai c’era.

Lei accettò di buon grado e per ingannare l’attesa, si mise ad osservare dal di dentro la vetrina un po’ polverosa. Stava guardando i pochi articoli esposti, quando nella strada antistante scorse all’improvviso Robert. Vederlo in quel luogo inaspettato, le diede un sussulto. Non aveva mai smesso di trovarlo un bell’uomo e le accadeva anche ora, mentre lo fissava non vista. Era vestito come di consueto molto semplicemente, con la camicia a quadroni, il pantalone di velluto marrone ed il semplice giaccone portato con il collo alzato, ma anche così il volto dolcissimo ed il fisico imponente risaltavano in tutta la loro prestanza.

Dalla vetrina si scorgeva benissimo la strada e le case di fronte e così poté vederlo mentre, toltosi il cappello e tenendolo rispettosamente in mano, aspettava davanti ad un portoncino a cui aveva appena bussato. Quando esso si aprì,  apparve una giovane che lo accolse con un sorriso molto cordiale. Anche lui le sorrise, uno di quei suoi rari sorrisi che gli facevano brillare gli occhi e che Barbara adorava. Lo vide entrare e  per poco non le mancarono le gambe, ma poi si fece forza perché era tornata la proprietaria del negozio con la lana. Senza nemmeno far caso all’esatto colore, l’acquistò e mentre le veniva confezionato il pacchetto, chiese con finta naturalezza:

- Chi è la donna che abita nel palazzetto di fronte? L’ho vista mentre vi aspettavo e mi è parsa davvero molto bella.

- Oh sì, lo è davvero! È Rosa Barone.

- Forse l’ho già sentita nominare. Mi sembra di  ricordare  che la levatrice non sia potuta venire da me quando ho partorito perché era da lei.

- Infatti, ha avuto un bambino proprio il 23 febbraio, però, poverina, era già vedova da un po’.

- È vedova? Così giovane?

- Già, suo marito era un minatore, ma è morto in quattro e quattr’otto di un brutto male a neanche trent’anni senza nemmeno avere la sorte di conoscere il suo primo figlio. Comunque Rosa non resterà sola a lungo. È troppo una bella ragazza ed il suo piccino è un maschietto forte e vivace. Troverà presto un uomo che la consoli e che si prenda cura di loro.

- Sarà proprio così – convenne Barbara mentre pagava l’acquisto.

Dopo aver lasciato il negozio, si allontanò di poco e si fermò appena dietro l’angolo. Non appena vide la proprietaria chiudere le pesanti imposte di legno verde della vetrina, si posizionò in modo da  non essere vista, ma lasciandosi tutto l’agio di controllare l’ingresso della casa di Rosa Barone. Se ne stette lì, con il cuore che le batteva forte e mille pensieri che le si affastellavano in testa.

Forse la piacente vedovella non aveva tardato a trovare chi la consolasse ed anche  l’affascinante direttore della miniera doveva essersi lasciato andare con sommo piacere alla relazione, considerata la sua natura appassionata e sensuale. Certo con la giovane popolana non doveva prendere alcun impegno, era già sposato e lo sapevano tutti, e se anche si era posto qualche problema morale così come aveva fatto con lei, doveva aver trovato Rosa talmente attraente da superarlo senza stare a pensarci troppo su.

Dopo circa una mezz’oretta lo vide uscire ancora più sorridente di prima e salutare la donna che lo aveva accompagnato e che gli stava ora dicendo qualcosa, languidamente appoggiata alla porta di casa. Benché vestita di un semplice vestito nero abbastanza accollato, le parve una giovane  molto seducente.

Rimase qualche attimo indecisa sul da farsi, ma appena il portoncino si fu richiuso alle spalle di Robert e questi si fu avviato verso la strada dov’era lei, decise di sbucare dall’angolo in cui era nascosta facendo finta di arrivare in quel momento.

Nel vedersela all’improvviso davanti, l’uomo ebbe un sussulto.

- Barbara, cosa ci fai qui a quest’ora!? - le chiese stupito.

Come la più consumata delle attrici, gli rispose con un sorriso sereno.

- Sono venuta  a comprare della lana al  negozio, ma devo aver fatto tardi perché vedo che è già chiuso – poi, guardando dritto negli occhi il marito, gli chiese con la massima naturalezza e senza smettere di sorridere – Tu piuttosto che ci fai qui a quest’ora? Non dovevi essere occupato al cantiere?

Robert impallidì e molto imbarazzato guardò il cappello che rigirava  nervosamente tra le mani. Non sapeva cosa fare: non era nella sua natura mentire eppure si rendeva conto che neanche poteva dirle la verità, non in quel momento almeno. Soltanto la notte precedente aveva avuto la conferma di quanto la moglie fosse diventata nervosa e vulnerabile. Poteva darsi poi che nemmeno l’avesse visto uscire dalla casa di Rosa. Si fece coraggio e balbettando un poco, le rispose di aver avuto delle cose da sbrigare in paese.

- Ecco perché non sei venuto a pranzo, dovevi vedere qualcuno – lo incalzò la donna.

- Sì, per cose di lavoro – continuò a mentire lui.

- Bene – gli disse nascondendo la delusione per quella sua bugia - Lo vuoi un passaggio fino alla miniera? Sono con il calesse.

- No grazie. Ho lasciato Thunder in piazzetta. A proposito, stasera credo che farò tardi.

- Ancora lavoro? – gli chiese con la massima soavità. Poi, lasciando trapelare un po’ d‘ironia dalla voce, aggiunse premurosa – Ma quanto lavori, ingegnere mio, cerca di non stancarti troppo!

Quando andò via, Robert seguì con lo sguardo la sua figurina sottile. Intanto si chiedeva come fare a trovare il coraggio di confessarle perché era andato da Rosa Barone.

 

La cavallina Stella conosceva talmente bene la strada per tornare a casa che Barbara non dovette fare il minimo sforzo per condurre il calesse. Fu una fortuna perché non aveva la minima voglia di guidare e si limitava a tenere le redini lasciando fare tutto all’animale. Aveva percorso così tante volte quella via che ora nemmeno la guardava più ed in fondo c’era poco da guardare. Oggi però si sentiva strana e prestare attenzione ad ogni piccolo particolare del paesaggio, al colore delle piante, al profumo della terra, chissà perché, la calmava. La giornata era tiepida e luminosa come la precedente, ma  tirava un vento piuttosto forte. Barbara, come tutti i sardi, era abituata al vento e per goderselo appieno, si strappò con un gesto nervoso il cappellino dalla testa e sollevò il viso in modo che fosse inondato dal sole. Si sentiva quasi accarezzata  da una mano dolcissima e la sensazione le riportò alla mente le carezze di Robert.

Intanto pensava alla felicità durata tanto poco. Non riusciva a non sentirsi tradita anche se non ne aveva motivo. Non era stata  lei la donna che lui aveva amato e ancora una volta ad essere stata tradita, era stata Julie. Eppure neanche questo era vero in quanto Robert  non aveva fatto altro che seguire di nuovo un irrefrenabile impulso fisico. La povera Rosa non contava nulla, così come non aveva contato nulla lei stessa. O forse no, forse era proprio perché l’aveva presa in moglie che lui l’aveva allontanata così presto. Era troppo per essere la sua amante e troppo poco per essere la sua amata.

Con un gesto stanco, si passò la mano sugli occhi. Non ne poteva più di tutti i pensieri e di tutta la confusione che si sentiva in testa! Cercando di non pensare a nulla allora fissò il cielo di un turchino intenso. Vide un uccello grosso e nero dalle lunghe ali e il suo volo l’affascinò. Provò con tutte le sue forze ad immedesimarsi in lui ed il vento ed il sole sul viso l’aiutarono in questo. Immaginò la corrente ascensionale che la spingeva, il soffio dell’aria nelle orecchie, il paesaggio che scorreva sotto di lei. Per un attimo riuscì a sentirsi quasi una sola cosa con quella creatura alata. Quando lo vide virare verso la costa, davanti agli occhi della sua fantasia, quasi si dispiegò l’orizzonte e l’azzurro del mare increspato dalle onde bianche. Ad un tratto  anche a lei sembrò di volare, libera, infinita, leggera verso un puntino lontano, lì al confine tra il cielo ed il mare dove finalmente avrebbe potuto trovare ciò che cercava…

Un sobbalzo del calesse la riportò indietro.

Avevano varcato il cancello d’ingresso di casa e la cavallina si stava dirigendo verso la stalla dove avrebbe trovato Giosuè ed il suo fieno. Come in sogno, Barbara vide il villino, la scuderia, il pollaio ed accanto ad esso le corde con i panni che aveva steso al sole quella mattina stessa.

Smise di volare e con un sospiro ritornò sulla terra. C’era da ritirare il bucato asciutto prima che il sole lo seccasse troppo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

Erano appena le nove  di sera quando Robert ritornò. Trovò la casa silenziosa e buia quasi come se fosse notte inoltrata. In cucina, accanto al focolare, assopita su di una sedia, c’era Nunzia che si riscosse nel vederlo entrare.

- Buonasera – lo salutò – Adesso vi servo la cena. È già pronto perché la signora ha cucinato e mi ha detto di tenere  tutto in caldo.

- Dov’è lei?

- Si è andata a coricare. Ha detto che voleva cercare di recuperare un po’ perché si sentiva molto stanca e così si è ritirata subito dopo aver messo a letto i bambini.

- Visto che devo farlo da solo, fammi mangiare qui in cucina. È inutile che ti prenda la briga di servirmi in camera da pranzo, tanto è solo per mettere qualcosa di caldo nello stomaco – osservò l’uomo con una certa mestizia.

La ragazza la prese come una critica nei confronti della sua adorata padrona che non lo aveva aspettato per cenare insieme a lui.

Un po’ per la confidenza che la familiarità con la quale veniva trattata in quella casa le aveva dato, un po’ perché sapeva per istinto dire le cose con garbo, si permise di intervenire.

- Scusate se ve lo dico, ingegnere, ma la signora Barbara non sta proprio bene. Sta stata abbattuta tutto il giorno, senza quasi parlare e molte volte la trovo a piangere. Io sono preoccupata perché la vedo sciuparsi sempre più. Quante volte le chiedo di far fare le cose a me o a Maria e di riposarsi un po’, ma lei niente! Lavora così tanto in casa  senza prendersi mai una pausa e mangia così poco che a volte mi chiedo come fa a stare in piedi.

- È il nervosismo che deve scaricare in questa attività febbrile – le rispose lui prendendo senza voglia qualche cucchiaiata di minestra, ma poi, vedendo la ragazza guardarlo con un aria stupita perché non lo aveva capito, si spiegò meglio – Non sta bene, l’ho notato, ma anch’io come te non so come fare ad aiutarla.

- Forse dovreste portarla a fare un’altra bella vacanza come lo scorso anno. Le fece così bene allora!

La giovane aveva parlato con spontaneità, ma vedendo il viso di Robert rabbuiarsi, temette di aver esagerato e si affrettò a scusarsi.

- Non statemi a sentire, dico solo sciocchezze. Come potrebbe mai allontanarsi, povera signora, se  Maria Neve  la tiene impegnata giorno e notte ed anche Charles le sta appiccicato senza darle un attimo di tregua con i suoi capricci?

Poiché l’uomo non le rispondeva nemmeno,  pensò di lasciargli finire la cena in pace. Chiedendogli il permesso di allontanarsi, andò in camera a preparargli il consueto bagno serale.

Restato solo, Robert scostò con un gesto il piatto. L’accenno di Nunzia alla settimana che avevano trascorso l’anno precedente a Cagliari gli aveva procurato una stretta al cuore. Non era la prima volta. Spesso gli capitava di ritornare anche senza volere a quei giorni felici che lui stesso aveva voluto finissero così presto. Al ricordo di Barbara, dolce e appassionata, si sentiva ogni volta rimescolare il sangue dal desiderio. In vita sua non aveva mai posseduto una donna così pienamente ed il pensiero di lei, del suo corpo incantevole, della sua bocca dolce, dei suoi capelli morbidi e profumati, arrivava quasi a farlo impazzire. Cercava di vincersi solo perché, tutto sommato, era ancora convinto di dover contrastare i propri impulsi. Non poteva consentirsi l’amore  e non solo  per la promessa fatta a Julie, ma soprattutto perché non voleva provare ancora una volta un sentimento così totale e devastante. Aveva troppo sofferto quando aveva perduto la sua prima moglie  e la paura di perdere allo stesso modo Barbara lo aveva quasi annientato. Non voleva rendersi di nuovo così vulnerabile. L’amore fisico, quello che rende un uomo ed una donna una sola carne, non gli avrebbe invece lasciato alcuno scampo.

Senza mangiare altro, tornò in camera sua dove la ragazza gli aveva preparato il bagno. Si lavò, poi si accese un sigaro e cercò la bottiglia di whisky sul tavolino. Benché ricordasse di averne aperta una la sera precedente, non la trovò. Ne prese un’altra dall’armadio e se ne riempì quasi un bicchiere, poi andò ad affacciarsi alla finestra aperta per prendere una boccata d’aria. La notte era tiepida e il vento impetuoso che non aveva smesso di soffiare gli portava il profumo del mare. Il silenzio della notte era rotto soltanto dal tic tac dell’orologio a pendolo e dal rumore del vento che scuoteva gli alberi. Si ricordò che Charles a volte non riusciva a dormire quando c’era bufera e decise di andare a vedere se andava tutto bene. Quasi in punta di piedi entrò nella stanza del bambino e si fermò accanto al lettino a guardarlo.

Robert era un padre molto dolce e affezionato, adorava i figli e se non avesse temuto di mostrarsi debole e troppo indulgente, li avrebbe tenuti sempre stretti, riempiendoli di coccole e di baci. Si tratteneva dal farlo solo perché se ne vergognava in quanto sapeva che il ruolo paterno  doveva essere autorevole e riservato. Però ne soffriva ed avrebbe volentieri dedicato più tempo ai suoi bambini. Quel giorno in particolare non li aveva nemmeno visti e non aveva neanche potuto capire come Charles avesse preso la sua severità della sera precedente. Si limitò a guardarlo dormire, intenerito dal faccino dalle guance tonde e dai riccioli biondi come l’oro  che Barbara gli faceva portare pettinati a caschetto, con una leggera frangetta sulla fronte. Osservando con orgoglio il suo bellissimo bimbo,  il pensiero gli corse subito a Maria Neve che, piccola e bruna com’era, forse davvero assomigliava ad un ragnetto, ma ugualmente  sentì di amarla immensamente. Ebbe  voglia di tenerla stretta tra le braccia per  fissare ancora una volta i suoi occhietti chiari che sembravano chiedergli perché l’avesse chiamata dal limbo felice dove era stata fin’ora per portarla in quel mondo che guardava senza ancora vedere.

Accontentandosi di fare una carezza al maschietto addormentato, gli rimboccò le copertine e poi tornò in camera sua. Si mise a letto, ripromettendosi di tenere un po’ in braccio la sua tenera piccina la mattina dopo, anche a costo di arrivare in ritardo alla miniera.

 

Si era addormentato con il pensiero di Neve e pertanto in un primo momento il pianto disperato di lei gli parve quasi un sogno. Risvegliandosi del tutto, si rese conto che era reale così si affrettò a scendere dal letto per vedere cosa stesse succedendo. Attraversò la stanza di Charles, per fortuna ancora addormentato, ed entrò in fretta in quella della moglie. Effettivamente la bambina, cosa abbastanza inusuale per lei, stava urlando a squarciagola. Barbara sembrava non sentirla nemmeno. Stava distesa sulla pancia con i lunghi capelli che le coprivano il volto.

- Barbara, Barbara – la chiamò mentre prendeva in braccio la piccina che continuava a vagire – ma non la senti?

Però la donna non si mosse neanche un po’. Preoccupato, la riscosse e vedendo che neanche così si muoveva, quasi in preda al panico, la rigirò su se stessa. Solo allora notò che aveva in mano la bottiglia di whisky che mancava dalla sua camera nella quale erano rimaste solo due dita di liquore. Suo malgrado sentì una rabbia incontrollabile: poteva sopportare tutto, capire tutto, ma proprio non ce la faceva a cominciare una battaglia con lei se intendeva darsi all’alcool. La lasciò così com’era e portò la piccina giù da Nunzia.

- Che ha la signora? – gli chiese la ragazza stropicciandosi gli occhi assonnati.

- Niente, ha deciso di farci impazzire tutti insieme a lei – le rispose irritato e porgendole la piccina – Credi di riuscire a farla smettere di piangere? Ritengo  abbia fame, ma quella scellerata non è certo in grado di allattarla adesso.

- Perché, cosa è successo?

- Niente ti ho detto! – urlò lui esasperato e, prendendosela ingiustamente con la ragazza, aggiunse – Insomma, sei in grado o no di far calmare questa creatura?

- Sì, credo di sì. Le metterò un po’ di zucchero in un fazzolettino pulito e glielo farò succhiare. Mia mamma lo faceva sempre con i miei fratellini e funzionava.

- Bene. Io vado di sopra.

Risalendo le scale, Robert pensò che proprio non ce la faceva più, era giunto ad un punto di saturazione e la sua vita era diventata un vero inferno. Entrato nella camera, gettò uno sguardo sulla moglie ancora riversa ed immobile. Prese la bottiglia piena d’acqua dal comodino con l’intenzione di gettargliene un po’ sul viso per farla rianimare e solo allora i suoi occhi si posarono sulla medicina datale il giorno prima da Sean. Gli aveva sentito dire che era valeriana ed aveva un effetto sedativo, ma non bisognava eccedere le dosi consigliate. Barbara gli aveva risposto con un’aria un po’ sprezzante di conoscere bene quanto lui gli effetti di quell’erba medicinale ed i suoi pericoli.

Prese tra le mani il flaconcino notando con orrore che era vuoto. Ancora una volta guardò la donna, poi le toccò la fronte: era fredda e madida di sudore. Come un pazzo scappò in camera sua a gettarsi qualcosa addosso e poi, dopo aver gridato a Nunzia di andare subito dalla padrona, si precipitò a prendere Thunder per correre a chiamare Sean Hopkins.

Fortunatamente Villa Margherita non era lontana quanto il paese e Sean era ancora sveglio. Abile cavallerizzo, si affrettò a seguirlo ed in pochissimo tempo arrivarono a casa. Ai Bradley che gli avevano chiesto cosa stesse succedendo, Robert aveva detto che la moglie stava avendo una colica, ma al parente medico rivelò lo strano malessere di lei mentre salivano in fretta le scale ed entravano nella stanza dove la cameriera si aggirava preoccupata con la bambina in braccio.

Barbara giaceva ancora nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata Robert.

Per prima cosa Sean le sentì il polso, poi le aprì le palpebre per guardarle le pupille e le auscultò il cuore con uno stetoscopio che trasse dalla borsa. Finito l’esame clinico, senza dir nulla, prese con due dita la bottiglia semivuota di whisky che era ancora sul letto e si girò verso il giovane,  alzando nel mostrargliela le sopracciglia nere con eloquente ironia.

 - Non è questo che mi preoccupa – precisò Robert – è questo.

Prese il flaconcino vuoto di valeriana e lo porse  al medico.

- Non gliel’hai dato solo ieri?- gli chiese - Ora è vuoto.

Lui fece una faccia perplessa ed osservò di nuovo la donna.

- Non mi sembra ci sia motivo di sospettare …- disse -  comunque, per prudenza, è meglio se la facciamo vomitare. Chi di voi due mi aiuta? 

- Io, dottore – intervenne subito Nunzia, intuendo che la padrona non avrebbe mai sopportato l’umiliazione di farsi vedere in un simile stato dal marito. Porgendo la bambina addormentata al padre, chiese cosa dovesse fare.

- Preparate dell’acqua calda e dell’olio d’oliva. Ne avete in casa?

- Quanto ne volete! – rispose la ragazza, poi prese con gentilezza il padrone per un braccio per costringerlo ad uscire dalla stanza senza peraltro incontrare alcuna resistenza da parte di Robert che se ne stava attonito e preoccupato con la figlia stretta in braccio.

 

 

 

- Ne hai ancora di quel buon whisky o se lo è scolato tutto tua moglie? - parlando con la consueta ironia il dottor Hopkins entrò nel salotto dove il giovane lo attendeva andando su e giù come un leone in gabbia.

-  Come sta? – gli chiese ansioso.

- Un po’ sbattutella. Poverina, non credo abbia preso la valeriana e per una semplice sbronza che avrebbe tranquillamente smaltito con una buona dormita ed un bel mal di testa domattina,  si è beccata un trattamento piuttosto duro. Comunque se avevi quel dubbio è stato meglio così, ora siamo più tranquilli.

Robert si affrettò a versare all’amico che nel frattempo stava accendendo la sua inseparabile pipa una generosa dose di liquore.

- Barbara non è un’ubriacona, non aveva mai toccato un goccio prima d’ora – si sentì di dirgli mentre gli porgeva il bicchiere.

- Ci credo. Ma a volte viene la tentazione di annegare nell’alcool i propri dispiaceri, almeno momentaneamente. Chi meglio di noi due che siamo entrambi forti bevitori può comprenderlo? Ma non è  questo il problema: se hai pensato che tua moglie potesse essere arrivata a tentare di togliersi la vita, la faccenda deve essere ben più seria della voglia di prendersi una bella ubriacatura.

Robert non rispose, con il volto chino e le mani affondate nelle tasche, aveva un’aria talmente addolorata che il maturo medico, benché fosse una persona molto rispettosa dell’altrui privacy, si sentì in dovere di incoraggiarlo a parlare.

- Vanno molto male le cose tra voi due?

L’altro, che sembrava sconvolto, annuì.

- Sì, ho notato come era nervosa ed insofferente a casa di Paul  e Maggie. Ma ciò che le ho detto è vero. A volte alle donne succede, dopo aver avuto un bambino, di essere depresse ed irritabili, ma è solo una cosa momentanea, dopo poco passa da sé.

- Anch’io ho creduto a lungo  che si trattasse soltanto di preoccupazione per la salute della piccina o dei postumi di un parto terribile, ma non deve essere così, ci deve essere qualcos’altro – mormorò lui, incerto se aprirgli l’animo oppure no.

- Mi meraviglio di te, sei un uomo intelligente e sensibile e non hai ancora capito cos’è? Tua moglie si sente terribilmente in competizione con la povera Julie. Ma anche di questo non devi preoccuparti, capita spesso a chi ha sposato un vedovo. Sta a te farle capire a poco a poco con il tuo amore e la tua tenerezza che adesso è lei la tua donna.

A quelle parole, l’ingegnere si passò una mano sul viso in un gesto così desolato che il suo interlocutore ne rimase davvero stupito.

- Robert – gli chiese – ma cosa c’è?

Lui lo guardò con gli occhi che cercavano aiuto. Non ce la faceva più a tenersi un tale peso dentro e Sean, ancorché non lo conoscesse molto, gli ispirava la fiducia di un padre, più di sir Paul che, pur essendo un brav’uomo, era troppo succube della perfida moglie. Con un filo di voce cominciò a raccontargli tutto, senza tralasciare nessun particolare che riguardasse lui o Barbara. L’altro lo ascoltò in silenzio, fumando la pipa e stringendo  nell’altra mano il bicchiere  dal quale ogni tanto sorseggiava un po’ di liquore. Solo quando il giovane ebbe finito il lungo racconto, commentò scuotendo la testa:

- Siete stati degli sconsiderati! Il matrimonio non è uno scherzo, è una cosa che impegna seriamente per tutta la vita. Come avete potuto fare un patto tanto assurdo?

- Ci era sembrata un’ottima soluzione per entrambi: io avevo bisogno di una donna che si prendesse cura di me e di mio figlio e Barbara di un uomo che la sposasse e la togliesse dalla casa del fratello.

- Benissimo. Allora tu dovevi sposare una racchia mezza scema e lei un grasso vedovo di una ventina d’anni di più. Solo così il tuo geniale piano avrebbe potuto funzionare.

- Eppure andava tutto bene, devi credermi. Le cose sono peggiorate quando ci siamo lasciati andare lo scorso luglio ed abbiamo concepito la bambina.

- Appunto! Che cosa vi ha spinto l’una tra le braccia dell’altro se non l’attrazione reciproca? No, ragazzo mio, non si può giocare così impunemente con i sentimenti.

- È stato un errore ma me ne sono accorto in tempo, per fortuna.

- Che sciocchezza! Era già troppo tardi, così facendo hai solo condannato te e lei ad una infelicità senza fine. Ma insomma, ragiona: volevi sposare una donna giovane e bella, portarla a  vivere con te come marito e moglie  e importi di non toccarla per una promessa fatta in un momento in cui eri emotivamente sconvolto? Era assurdo, tant’è vero che non ce l’hai fatta, ma ancora più assurdo e, consentimi, vigliacco è stato il tuo comportamento successivo. Non potevi far finta che non fosse successo nulla, non potevi allontanarla così. Anche ingannarla sui tuoi veri sentimenti sarebbe meglio che allontanarla così bruscamente.

Robert lo aveva ascoltato con evidente mortificazione.

- Lo so, hai ragione, merito tutti i tuoi rimproveri. Se solo avessi immaginato in quale inferno mi stavo cacciando quando l’ho sposata, me ne sarei guardato bene. Ma lei all’inizio non era così, era dolcissima,  forte, piena di premure nei miei confronti, una vera compagna. Io non sono riuscito a resistere alla sua seduzione proprio per questo, non soltanto perché è così bella e la desideravo da morire. Poi invece è cambiata …

Sean sospirò prima di esprimere il suo pensiero:

- Credo che Barbara abbia capito di essere caduta dalla padella nella brace. Se si sentiva infelice ed oppressa a casa di suo fratello, immagina quanto si debba sentire così adesso che ha la responsabilità di due bambini piccoli, la fatica di badare ad una casa e per unica soddisfazione quella di andare a far visita a  mia cognata che non le risparmia le sue frecciatine velenose. E tutto questo per un uomo che neanche l’ama! A questo punto non c’è affatto da meravigliarsi se è diventata isterica.

- Ma perché ha accettato quel patto allora? E perché solo adesso è diventata intrattabile? Eppure non le ho proposto nulla di diverso da quanto non si aspettasse già sposandomi.

- Forse sperava che le cose cambiassero con il tempo e deve aver interpretato il tuo brusco ripensamento come un abbandono.

- Ma quale abbandono! Io le sono rimasto sempre accanto, cerco di trattarla con il maggior riguardo possibile, la riempio di premure. Speravo che avremmo potuto tornare a vivere tranquilli, aiutandoci reciprocamente e facendoci compagnia, ma oramai sono convinto che lei mi odi addirittura. Non so più cosa fare. Dammi un consiglio, ti prego, altrimenti  impazziremo entrambi. Cosa posso fare per non vederla più così?

- Come faccio a darti un consiglio se non la conosco affatto! Può darsi che si fosse innamorata di te ed ora sia delusa oppure  che sia proprio bisbetica di natura. Può darsi che le manchi l’amore fisico, che  si sia stancata di te o che ci sia rimasta male per non essere riuscita a farti innamorare … Come potrei saperlo io? D’altronde non conosco bene neanche te e non capisco se a questa donna ci tieni oppure no. Ma questo non lo sai nemmeno tu, non è vero?

Lui lo guardò smarrito per poi confessare con un soffio di voce:

- Io sono certo di amare ancora Julie, ma Barbara è così viva, vera, appassionata, nel bene e nel male… Hai ragione, non so esattamente cosa provo per lei, so solo che non mi è estranea e distante come vorrei che fosse. E soffro a causa sua.

Sean sospirò mentre svuotava la pipa nel posacenere.

- In ogni caso non sono cose che devi risolvere stanotte. Solo il tempo potrà aiutarvi a capire i vostri reciproci sentimenti e farvi trovare il coraggio di parlarne con franchezza, finalmente. Per quanto mi riguarda posso solo prometterti di aiutarti a trovare la soluzione ai problemi di Barbara e della bambina. Domattina verrò a visitarle. Ora però, figliolo, accompagnami a casa,  per favore. Sono distrutto e non credo che riuscirei mai a trovare la strada tra questi sentieri bui.




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Eccomi qui finalmente. Se avete appena letto il capitolo 4 avete capito il perché finora io non abbia ancora risposto nulla ai vostri perspicaci commenti.  Sapevo che ci avrebbe pensato Sean Hopkins a fare quella lavata di capo che Robert si meritava da tanto e a prendere in esame le varie ipotesi sui motivi (tutti validi e veritieri) che hanno trasformato la nostra brava protagonista in una specie di arpia.  In effetti ognuno dei personaggi nuovi avrà un ruolo importante nello svolgersi di questa storia ma sarà soprattutto  il vecchio medico scozzese  a dare una scossa alla situazione di Robert e Barbara divenuta oramai insostenibile. Ma non aspettatevi un “deus ex machina”. I nostri due amici dovranno darsi ancora tanto da fare prima di giungere all’agognato  lieto fine obbligatorio  in questo come in ogni in romanzucolo rosa che si rispetti. E ciò non soltanto per l’arcinota perfidia di mamma Kellina ma anche perché la stessa ha deciso di travolgervi con un mare di situazioni inaspettate, avvenimenti, cambi di scena, per tenervi avvinte a questa vicenda fino all’ultima pagina.

Come al solito ringrazio la banda delle “fedelissime” che hanno subito risposto all’appello e tiro un sospiro di sollievo per l’assenza di Arte durata per fortuna poco (il Cielo salvaguardi sempre i nostri PC, sorelle. Come faremmo a farne a meno?). Un ringraziamento speciale poi lo faccio a Tartis e Noony, le mie lettrici sarde, che con  non solo mi stanno seguendo e sostenendo, ma con i loro preziosi consigli mi aiutano a perfezionare sempre di più questo lavoro sia dicendomi dov’è che ci ho azzeccato sia dandomi notizie sugli usi, i costumi e le parole della loro lingua.
Non mi resta che darvi appuntamento a domani


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Barbara aveva chiesto a Nunzia di accostare le persiane perché aveva un  feroce mal di testa e la luce del giorno le feriva gli occhi. Anche il corpo le doleva e lo stomaco, ma c’era poco da meravigliarsi dato il trattamento a cui era stata sottoposta la sera prima di cui per fortuna non si ricordava molto. La ragazza le aveva detto che il marito non aveva assistito alla scena e la cosa l’aveva un po’ sollevata, ma si vergognava da morire per il dottor Hopkins perché, senza conoscerla, l’aveva vista in quello stato.

- È un medico e deve essere anche molto bravo   – l’aveva rincuorata la servetta mentre le sistemava la camicia pulita e le legava i capelli  - Lui è abituato a vedere le persone star male, non fa caso al loro aspetto. Se viene ora come ha promesso ieri, vi troverà di nuovo bellissima.

La ragazza aveva concluso la frase facendo un passetto indietro per rimirare la padrona che come al solito giocherellava con il crocifisso di corallo che portava appeso al collo.

Dopo un po’ infatti il dottor Hopkins arrivò. Barbara lo accolse con un sorriso di circostanza, cercando di dissimulare l’imbarazzo.

- Come va? – le chiese lui, disinvolto.

- Benissimo, grazie.

- Ah sì? – osservò l’uomo alzando un sopracciglio con ironia – Chissà perché ero convinto che dovessi avere un bel mal di testa e ti dovesse far male anche lo stomaco.

Il sorriso si raggelò sul viso di lei: ecco, ora le dava un familiarissimo tu a dimostrazione del poco rispetto che le spettava dopo la scena squallida della notte prima.

- Sto bene, – mormorò in un soffio – davvero, sto bene. Avevo pensato che un goccio di liquore forte potesse aiutarmi a prendere sonno perché ero tanto stanca e non riuscivo a dormire. A quanto pare mi sono sbagliata. Non sono abituata a bere e deve avermi fatto male.

Sean prese una sedia, l’accostò al letto e si sedette, guardandola fisso in volto.

- Che ti sei bevuta quasi una bottiglia di whisky l’abbiamo capito, ma l’intera boccetta di valeriana che fine ha fatto?

Irritata dalla sua brutalità, gli rispose molto sprezzante e con freddezza.

- Ho buttato la valeriana l’altra sera stessa. Io non ho bisogno delle vostre medicine, dottor Hopkins, sto benissimo e non sono mai stata meglio in vita mia. L’ho accettata solo per non essere scortese e non capisco  nemmeno che necessità ci sia stata di farvi scomodare la notte scorsa.

- Barbara, guarda che Robert mi ha raccontato tutto.

- Che significa? Cosa  vi ha raccontato quello stupido?

- Del vostro assurdo patto e  dei motivi che vi hanno spinto a sposarvi.

- Anche di me… prima… – mormorò lei, timorosa di una risposta affermativa che arrivò subito.

- Sì – disse infatti l’uomo.

La ragazza arrossì e girò il viso dall’altro lato per non mostrare lo sforzo di trattenere il pianto.

- Ma come ha potuto farlo? Chi gli ha dato il diritto? Ora sarà stato tutto inutile e chissà come si divertirà lady Bradley alle mie spalle.

- L’ha raccontato a me, non a lei.

Irata, si girò a guardarlo e i suoi begli occhi lampeggiavano per lo sdegno.

- E non è la stessa cosa? – gli chiese alzando un po’ la voce.

- No che non lo è. Forse non mi conosci ancora, però ti assicuro che detesto le sorelle Lawrence  peggio di te, se non altro perché quando è morta la mia Henrietta hanno cercato di farmi la stessa cosa che minacciavano con Robert.

Notando lo sguardo interrogativo della donna, precisò:

- Volevano togliermi i figli. Ma io sono più forte di tuo marito e non mi sono lasciato intimidire.

- Avete dei figli? – gli chiese stupita e distraendosi per un attimo dalla sua pena.

- Un maschio e una femmina.

Intanto Robert aveva bussato ed era entrato nella stanza, interrompendo la loro conversazione. Aveva un pantalone un po’ lacero ed un maglione azzurro altrettanto rotto, ma i suoi occhi brillavano più che mai, pur se cerchiati da vistose occhiaie. Barbara, suo malgrado, sentì come un pugno nello stomaco nel vederlo e dovette girarsi di nuovo dall’altra parte per non far scorgere l’imbarazzo.

- Come stai? – le chiese lui con dolcezza dopo aver salutato l’amico.

- Bene, ingegnere, va tutto benissimo, è tutto sotto controllo – gli rispose con la solita frase, ma poi si lasciò trascinare dalla curiosità e gli chiese – Che ci fai a casa? Non dovresti essere alla miniera?

- Ho dato una mano a Giosuè: l’asina  ha  partorito stamani.

- Mamma mia,  quale onore per quest’asina, non sei andato a lavoro perché stava partorendo! Neanche quando ho partorito io l’hai fatto e te ne sei stato tutto il tempo a lavorare!

- Aspettavo anche che venisse Sean a visitare te e Maria Neve – precisò l’uomo non raccogliendo la provocazione - Come sta? – aggiunse poi rivolgendosi al medico.

- Tu come stavi la prima volta che ti sei sbronzato?

- Per niente bene – sorrise lui, cogliendo a volo l’occasione di sdrammatizzare la cosa – Avevo solo undici anni e mio padre me ne suonò tante che alla fine  non sapevo più  se mi facesse più male la testa o il sedere.

- A quanto pare invece tua moglie sta benissimo, non ha neanche un po’ di mal di testa. Come vedi non c’era motivo di preoccuparsi. Infatti mi ha confermato di aver preso solo il liquore.

- Al contrario, ho di che preoccuparmi, allora. Credi che sarò costretto a nascondere il whisky d’ora innanzi?

Notando che i due uomini la stavano prendendo in giro, Barbara si sentì montare la collera. Come sempre in questi casi non riuscì a trattenersi, nonostante la presenza di un estraneo.

- Cos’è – disse al marito con la voce molto canzonatoria – davvero credevi che avessi preso la valeriana? E perché avrei dovuto farlo? Per il dispiacere di averti visto andare a casa della tua amante? Sai quanto me ne importa dei tuoi amorazzi!

- Ma sei impazzita!? – le replicò lui, ritornando molto serio.

- Perché,   non sei andato da Rosa Barone ieri?

- Ehi, ehi – intervenne il medico – cos’è quest’altra storia adesso?

- Si vede che nel raccontarvi “tutto” si è dimenticato qualcosa!

- Che c’è di vero in ciò che dice? – gli chiese Sean un po’ irritato perché in quel caso era stato davvero preso per i fondelli da uno stupido gallese.

- Niente, sta farneticando – gli rispose Robert.

-  Che coraggio, se lo nega! Ti ho visto con questi occhi entrare da lei e sei stato talmente vigliacco da non avere neanche l’ animo di dirmelo.

- Ci sono andato per un’altra cosa, non certo perché è la mia amante.

- Sul serio? – ironizzò la donna.

- Barbara, ma ti sembro tanto folle da scegliermi un’amante proprio tra le donne del paese e andare da lei in pieno giorno? Ti pare mai possibile che non mi avessero già sommerso di pettegolezzi per una cosa simile?  Sì, è vero ci sono andato da Rosa, ma in casa  c’erano i suoceri ed anche la madre. Abbiamo parlato di una cosa.

La ragazza era rimasta un po’ perplessa perché aveva capito che il marito non aveva torto. Sarebbe stato davvero uno sconsiderato a farsi vedere così da tutti e la stessa Rosa non avrebbe accettato di mettere in discussione la sua reputazione ricevendo il conosciutissimo direttore della miniera così apertamente ed in pieno giorno. Si era lasciata trascinare da una assurda gelosia senza usare la ragione.

- Perché hai mentito allora se era una cosa che non ci riguardava? – gli chiese con molta più umiltà.

- Perché lo era – Robert esitò un poco, poi trovò il coraggio di confessare – Rosa ha avuto un bambino da poco e le ho chiesto se vuole  fare da balia a Maria Neve.

Lei diventò di fuoco a quelle parole e gli occhi le si riempirono di lacrime.

- Certo, falla venire qui, affidale pure mia figlia, tanto io non sono in grado di occuparmene così come non so crescere Charles - gli urlò -  Anzi, sai cosa ti dico? Visto che non sono utile neanche a te e ti do solo fastidio con il mio carattere insopportabile, me ne vado proprio. Forse mio fratello mi riprenderà in casa ora che Carolina si è sposata. E se non mi vuole, meglio così, andrò a fare la serva per mantenermi, tanto farla da lui o qui o in casa di estranei è esattamente la stessa cosa…- s’interruppe prorompendo nel pianto che invano aveva cercato di trattenere per pudore.

Nel vederla reagire in quel modo, Robert cercò l’aiuto del maturo amico.

- Ma la vedi come fa? – disse rivolgendosi a lui - Lo so, ho sbagliato a non dirglielo, però l’ho fatto soltanto perché sono preoccupato per lei e per la piccina.  Perché la prendi così a male? Tante donne danno i figli a balia, non c’è nulla di cui soffrire – chiese poi alla moglie.

La donna gli rispose continuando piangere:

- Lo sai perché non voglio, perché ho la sensazione che la bambina mi rifiuti per  punirmi di non averla amata abbastanza sin dal primo momento.

Grattandosi la testa e cercando di tagliar corto quella scenata coniugale piuttosto imbarazzante, Sean intervenne calmo.

- Che ne dite, potrei vederla questa bambina?

- Certo, ora vado a prenderla subito.

Appena Robert fu uscito dalla stanza, con molta dolcezza, domandò alla giovane mamma:

- Perché teme che tu non possa allattarla? Non hai latte?

- Sì, ne ho, ma è poco – confessò  lei asciugandosi gli occhi e poi continuò, bisognosa di sfogarsi come non aveva potuto mai fare con nessuno - Quando allattavo l’altro mio bimbo, va bene che avevo solo diciassette anni, ma il seno era talmente gonfio di latte che dovevo mettere dei fazzoletti per non sporcarmi i vestiti. Lui tirava come un pazzo ed aveva sempre fame, neanche aspettava gli intervalli tra una poppata e l’altra, piangeva tanto che dovevo dargliene di nuovo. Invece Neve dorme sempre, faccio una fatica enorme a farla attaccare. Mi rifiuta, è così, non mi sbaglio. Forse Robert ha ragione, forse un’altra donna riuscirebbe a nutrirla meglio di me!

- Non dire sciocchezze, la quantità del latte non dipende da te. Non sai che quanto più un bambino succhia, tanto più latte si forma nelle mammelle della madre? È una meravigliosa legge di natura questa e sembra fatta apposta per nutrire anche i mangioni com’era il tuo primo figlioletto.

Intanto Robert era rientrato con il tenero fagottino della sua bimba in braccio. La posò sul letto e Barbara cominciò a spogliarla mentre Sean preparava lo stetoscopio. Completamente nuda, la piccola Neve cominciò ad agitarsi e a piangere disperata mentre l’abile medico la rigirava tra le mani come se fosse stata un fuscello, visitandola accuratamente.

- È prematura vero? – chiese ad un certo punto.

- Sì, avevo finito da dieci giorni il settimo  mese.

- Sei sicura?

- Sì, non c’è possibilità di errore – rispose lei arrossendo un po’ e guardando il marito che ricambiò il suo sguardo intuendo cosa volesse dire.

Intanto la bambina si era calmata ed aveva aperto gli occhietti chiari. Ora stava fissando Sean con quello sguardo smarrito vagamente interrogativo che tanto inteneriva suo padre. La stessa cosa avvenne anche per lui, che, sorridendole con dolcezza, le disse:

- Ma cosa vogliono da te questo papà e questa mamma? L’hanno capito o no che tu stai imparando la vita ed hai bisogno di pace e di tranquillità?

I genitori si guardarono incerti e l’uomo, carezzando piano la piccola e riavvolgendola nella copertina, spiegò:

- Maria Neve se ne stava al calduccio e al riparo nel pancione di Barbara. Lì tutto era silenzioso ed ovattato, non c’erano i vestiti a dare fastidio,  non doveva fare fatica per mangiare o per espellere ciò che le fa dolere il pancino. Era felice là dentro, udiva il battito del cuore della sua mamma e sapeva di essere al sicuro. Poi un brutto giorno è stata cacciata fuori da una forza sconosciuta e sì che aveva il diritto di starsene ancora un paio di mesetti nel suo tenero rifugio! Da allora ha dovuto lottare talmente tanto che si sente già stanca. Così se la dorme, ignorando il mondo duro e ostile. Sta a voi farle capire che in fondo vivere non è poi brutto.

I due si guardarono ancora molto perplessi poi Barbara gli chiese qualche consiglio.

- In India e in Sudafrica ho visto bambini davvero denutriti succhiare da mammelle rinsecchite eppure riuscire sopravvivere. Le madri li portano attaccati addosso e li allattano ogni volta che possono. Prova a farlo anche tu.

- Ma io ho sempre saputo che i bambini non vanno tenuti in braccio perché altrimenti diventano  viziati e che devono mangiare ad intervalli regolari – obiettò il giovane padre sicuro di quanto aveva sentito più volte enunciare.

- Non è vero, Robert. Se Barbara la tiene in braccio quanto più può, senza pensare alle cose da fare, agli obblighi sociali, ai problemi, dedicandosi unicamente e con gioia a lei, la bambina sentirà ancora il battito del suo cuore, comincerà a distinguere la sua voce ed il suo odore e a poco a poco si sentirà rassicurata e felice.

- Però questa poverina la tiene già attaccata al seno anche ore pur di farla mangiare!

Ignorando l’obiezione del giovane, Sean incitò la donna:

- A proposito, dalle il latte ora.

- Posso? Anche se sto così?

- Se è figlia di suo padre un po’ di latte materno corretto al whisky non le sarà sgradito – scherzò lui, riuscendo finalmente a strappare un sorrisino ai due giovani preoccupati.

Barbara provò a darle il seno, ma la bambina  non si voltava nemmeno.

- Vedete, dottor Hopkins? Non lo vuole.

- Solleticale un po’ la guancia con le dita. La suzione è istintiva: si girerà verso di te con la bocca aperta e trovando il tuo seno, si attaccherà di sicuro.

Barbara seguì il consiglio ed effettivamente le cose si svolsero come aveva detto Sean.

- Funziona! – gridò tutto entusiasta Robert che oramai si era seduto sul letto e seguiva attentamente quel rito miracoloso.

- Sì, ma non c’è da esultare troppo. Succhierà qualche minuto e poi smetterà. A volte, come hai detto tu,  devo tenerla ore attaccata per farla mangiare al massimo solo un  quarto d’ora – obiettò la mamma.

- Ed è qui che sbagli. Lei è piccola e si stanca presto, ma prende esattamente ciò di cui ha bisogno - le suggerì il medico.

- Ma non è troppo poco?

- Falle fare qualche poppatina in più quando la vedi un po’ più sveglia, senza pensare troppo all’orario. Cercate di stare sereni ragazzi miei: la bambina è sana, Barbara ha il latte e non vedo di cosa dobbiate preoccuparvi.

- Ma perché non cresce? – domandò Robert.

- Accidenti e dalle un po’ di tempo! Comunque se è questo che vi preoccupa, siccome domani devo andare a Cagliari per procurarmi qualche attrezzatura per l’ospedale, prenderò anche una bilancia per pesare i neonati, così potrete controllare il suo effettivo aumento di peso.

- E se non avvenisse? Se davvero non dovesse crescere? – chiese la mamma mentre seduta in mezzo al letto continuava ad allattare la piccola.

- Allora penseremo a darle un aiutino.

- Giosuè mi diceva prima che potremmo darle il latte dell’asina che ha appena partorito, ma avrà detto di sicuro una sciocchezza – intervenne Robert, molto coinvolto nella questione.

- No, non l’ha detta, il latte d’asina è quello che più si avvicina al latte umano. C’è un solo problema.

- La sterilizzazione dei poppatoi. I neonati possono prendere facilmente infezioni con l’allattamento artificiale – intervenne Barbara, mostrando orgogliosamente di saperne sull’argomento.

- Veramente non mi riferivo a questo. Lo sterilizzare correttamente i poppatoi non sarebbe una cosa difficile per  la figlia di un medico e mancato  medico lei stessa.

- E cosa allora? – domandò Robert notando il tono di burla nella voce dell’amico.

- Il fatto che Barbara è gelosa dell’asina!

Questa volta però la ragazza non si offese, anzi sorrise anche lei.

- Ecco, ha finito già – disse mettendosi la figlia sulla spalla per farle fare il ruttino.

- Va bene, basta così. Riposati un po’ accanto a lei e dopo che vi siete fatte entrambe un sonnellino, ricominciate. Io però ora devo proprio scappare, mi aspettano all’ospedale.

Sean si alzò e stava già uscendo quando la donna lo richiamò. Voltandosi vide il suo grazioso visino un po’ sciupato trepidante di speranza e di gratitudine. Ciò gli fece molta tenerezza.

- Dottor Hopkins, mi dite come faccio a ringraziarvi?

- Tanto per cominciare, dammi del tu. Lo so, probabilmente  ti costerà uno sforzo enorme, ma servirà a farmi sentire di meno un rispettabile vecchietto. E poi, se vuoi, puoi anche invitami a pranzo domenica prossima così mi risparmierai la tortura della cucina di casa Bradley!

Barbara  gli sorrise.

- Benissimo, arrivederci a domenica prossima allora.

Anche Robert si sentiva più leggero e, sorridendo anche lui, accompagnò per un tratto di strada il nuovo amico.

 

Come aveva promesso, Sean procurò la bilancia e così due sere dopo il giovane padre si ritirò a casa prima del consueto, portandola come una cosa preziosa. Decisero di pesare Maria Neve in salotto dove c’era il camino più grosso in quanto il tempo era cambiato e faceva di nuovo un po’  freddo.

La piccola fu spogliata e si cominciò la cerimonia della pesatura a cui assistettero incuriositi anche il fratellino e Nunzietta che, dichiarandosi parte in causa in quanto madrina della bambina,  tralasciò le faccende  senza che nessuno le dicesse niente.

Sotto lo sguardo inquieto della moglie, l’ingegnere si accinse a compiere lui l’operazione con la massima professionalità, ma ciò che avevano posato sul piatto freddo della bilancia, non era il minerale inerte tratto dalle miniere, ma un frugoletto inquieto che si ribellava alla sensazione di freddo provata urlando tutto il suo disagio talmente forte da mostrare  le gengive sdentate e la linguetta rosea che vibrava nel pianto. L’ago della bilancia oscillava senza freno ai suoi movimenti frenetici e loro tutti si guardavano perplessi ed incerti sul da farsi. Persino Charles intervenne, dicendo alla sorellina: “ E stai un po’ buona!”, ma non ci fu niente da fare ed il vagito di lei diventò sempre più disperato.

Non potendone più, Barbara se la prese in fretta in braccio  senza consentire al padre di controllarne il peso.

- Ma se fai così quando ci riusciamo a pesarla? – la rimproverò lui corrugando la fronte.

- Stiamo facendo una sciocchezza infatti, non ci riusciremo mai e non potremo mai sapere se cresce abbastanza! – commentò la donna,  avvilita.

- Su, non scoraggiarti così presto! – la incitò il marito – Ora vediamo di farla calmare un po’ e poi ci riproviamo. Dalla  a me.

Sotto gli occhi delle due donne e del bambino, Robert prese in braccio la piccola Neve ed il suo corpicino, nudo e roseo, era talmente piccolo appoggiato alla spalla di quell’uomo così grande e grosso da fare impressione. Carezzandole con dolcezza la schiena con la mano, cominciò a passeggiare accanto al camino ed a un certo punto prese a cantare una canzone della sua terra. Aveva una voce bellissima, calda e molto profonda ed anche se non capivano le parole di quella lingua strana, il dolce suono della ninna nanna incantò gli astanti che se ne stettero in silenzio ad ascoltare. Anche Neve dopo un po’ smise di piangere e con la testina appoggiata al mento barbuto  del padre, sembrò trarre da lui tutta la quiete che le necessitava. Qualche minuto dopo, con enorme delicatezza, l’ingegnere la posò di nuovo sul piatto della bilancia, senza smettere però di cantare e questa volta la bambina si fece pesare senza muoversi troppo. Così Robert comunicò il peso alla moglie che si affrettò a segnarlo su un quadernetto preparato apposta poi se la riprese in braccio, la rivestì e si accinse ad allattarla.

- Io torno in cucina allora. Vieni con me Charles? – disse Nunzia riprendendo la sua normale attività dopo l’insolita pausa.

- No, voglio stare qui a vedere quella lì che mangia! – protestò il piccolo, sempre un po’ astioso nei confronti dell’intrusa.

- Dai, vieni con papà allora – si offrì Robert dopo aver riposto la bilancia con molta cura.

Ma Barbara si sentiva ancora molto  bisognosa di compagnia

- No, state ancora un poco qui con me – li esortò.

Lui non se lo fece dire due volte. Prese una sedia e l’accostò alla poltrona dove era seduta la moglie con la piccola attaccata al seno e, tratto a sé il maschietto,  se lo fece sedere sulle ginocchia, stringendogli con il braccio il morbido pancino. Stettero un po’ in silenzio, poi senza riuscire a frenarsi, l’uomo allungò una mano e cominciò a carezzare la testina bruna della figlia che succhiava con gli occhietti spalancati.

- Canta ancora, le piace – gli chiese la donna.

Il bambino, girandosi verso di lui,  sollevò il visino paffuto e  afferrando il volto del padre con la manina per attirarne l’attenzione, lo incoraggiò:

- Sì papà, canta, è bella la tua canzone, piace anche a me.

Così Robert ricominciò a cantare e se ne stettero tutti e quattro per un po’ calmi e tranquilli, cullati dalla sua bella voce.

Per la prima volta dopo tanto tempo, Barbara sentì come un calore che la rinfrancava, ma si negò inconsciamente la consapevolezza dell’attimo di felicità e preferì pensare che a riscaldarla fossero le fiamme scoppiettanti nel camino acceso.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

- Ancora così stai? Ma lo sai che è tardissimo per andare a messa?

L’ingegnere Forrest aveva finalmente trovato la moglie nello spiazzo davanti l’ingresso di Villa Bianca. Era ancora vestita da casa e stava parlando con Rocco il pescatore, venuto fin lì con il suo carrettino del pescato.      

 La donna gli rivolse uno sguardo distratto e continuò la conversazione con il venditore, tenendo in mano un’aragosta che agitava le chele.

- Sappilo, io vengo dalla Riviera del Corallo e di aragoste me ne intendo: questa qui è più morta che viva.

- Non è vero, signora, l’ho pescata stamani all’alba ed era vivacissima, poi venendo qui….

- Già, le hai fatto fare la strada a piedi e  si è stancata, la poveretta! Comunque, visto che hai solo queste due,  le prendo entrambe però non ti do di certo quanto mi hai chiesto.

Sorridendo, Robert pensò che Barbara sembrava aver riacquistato all’improvviso l’umore e la grinta di un tempo. Molto soddisfatto, la vide pagare il pescatore e poi avviarsi verso la cucina con la sporta delle aragoste in mano. Ritenendosi però almeno degno di una risposta, la seguì e le ripeté la domanda.

-  Come faccio a venire a messa se aspettiamo ospiti per il pranzo? – fu la sua risposta.

- Ma quali ospiti? Deve venire soltanto Sean! – obiettò lui, notando che anche Nunzia si stava dando da fare tra i piatti e i bicchieri del servizio buono.

Intanto Barbara si era lavata le mani e dopo aver indossato un grembiulino candido, era ritornata alla spianatoia dove c’erano dei dischetti di pasta con del ripieno dentro. Riprendendo da dove la venuta di Rocco l’aveva interrotta, cominciò a piegare la pasta con le dita ricavandone dei fagottini con una  chiusura strana. Operava con una  tale maestria che l’uomo ne fu incuriosito.

- Cosa stai facendo? - le chiese.

- Sono culurgiones, una specialità sarda insegnatami da un’amica di mamma originaria dell’Olgiastra. Sono buonissimi, ma non è semplice prepararli per cui a messa non ci posso proprio venire stamattina.

- Lo sai però, don Giustino ci tiene ...

- E tu inventati una scusa. Magari digli che sto poco bene.

- Vuoi farmi dire una bugia? Allora vuoi proprio farmi finire all’inferno! – scherzò agguantando il piccolo Charles che stava correndo per tutta la cucina, eccitatissimo.

Lei lo guardò con freddezza e non evitò di punzecchiarlo pur avendo capito benissimo che stava scherzando.

- Non saranno certo queste bugie qui a mandarti all’inferno, ingegnere, hai ben altro da farti perdonare dal buon Dio!

Però Robert si sentiva troppo allegro in quella splendida mattina di domenica e non le diede soddisfazione, anzi, ridendo ancora si rivolse al bimbo:

-  Che dici, vieni con papà tu?

- No, voglio stare qua! – gli rispose questi, dispettoso.

- Anche se dopo ti porto a fare una bella corsa in groppa a  Thunder giù alla spiaggia e ti faccio tenere le redini? – gli chiese tentandolo con una cosa che sapeva gli piaceva da morire. Vedendolo fare il visino incerto, lo incalzò – Ma sì, dai, lasciamole qui in cucina queste femmine piagnucolose!

Per l’appunto la sorellina che era nel cesto posato sul tavolo si era svegliata ed aveva incominciato frignare e così il bambino gli fece un sorriso radioso e lo seguì senza neanche salutare Nunzia e la mamma. Barbara dapprima ci rimase un po’ male, ma poi stette allo scherzò.

- Ma sì, andatevene, maschiacci inutili, qui date solo fastidio!-disse ad alta voce mentre i due si allontanavano tenendosi per mano.

 

 

Erano quasi le tredici quando si ritirarono e con loro c’era anche Sean Hopkins. Furono accolti da Nunzia che vedendo il bambino scarmigliato e sporco, lo rimproverò prendendolo per mano.

- Gesù e come ti sei combinato!  E adesso chi la sente tua madre! Dai, vieni con me, così ti lavo un poco prima che ti veda in questo stato.

- È stata colpa mia – intervenne il padre – l’ho fatto giocare  libero sulla spiaggia. Ma non credo che ci sia niente di male per un bambino a lasciarsi andare un po’.

Poi, notando che la ragazza indossava  il vestitino nero con il candido grembiulino e la crestina che le aveva visto unicamente  quando era venuta lady Bradley, le chiese:

- Piuttosto tu  come ti sei combinata!

La giovane sospirò, alzando le spalle, un po’ incerta se parlare davanti all’ospite, poi non riuscì a trattenersi:

- La signora mi ha voluta vestita così e sarebbe niente se non mi avesse anche detto che oggi c’è troppo da fare in casa e non potrò uscire. Cosa me faccio io del pomeriggio libero domani se Luigi mio deve lavorare in miniera? – aggiunse piagnucolosa.

Robert la guardò benevolo.

- Va bene – la rincuorò – vuol dire che domani Luigi andrà a fare una commissione per me in paese. Che ne posso sapere io se nell’andarci passerà prima da qui a prendere la fidanzata?

Il bel visino giovane e grazioso di lei si illuminò tutto  e per un attimo sembrò quasi volesse gettargli le braccia al collo e baciarlo con gratitudine. Naturalmente non lo fece, ma dentro di sé la ragazza pensò che faceva bene a non accettare ancora di sposare Luigi come questi le proponeva sempre più spesso. In quella casa si trovava davvero bene ed i padroni erano così buoni da sembrarle quasi la famiglia che non aveva più.

- Posso venire con voi, figliola? – le aveva chiesto intanto il medico – Vorrei lavarmi le mani anch’io.

Stavano uscendo tutti dalla stanza quando entrò Barbara.  Vedendo l’ospite, lo salutò con cortesia.

- Finalmente siete arrivato, dottor Hopkins, benvenuto.

Quest’ultimo si guardò intorno, fingendo di cercare il dottor Hopkins.

- Oh, sì – disse – il dottor Hopkins è arrivato, ma adesso Sean si va a lavare le mani, se permetti!

Barbara arrossì un poco perché si era dimenticata che l’altro le aveva chiesto di dargli del tu. Intanto il marito la stava guardando attentamente. Indossava una gonna azzurra stretta in vita che sottolineava la tenera curva dei fianchi, il busto prosperoso era messo in risalto da una candida camicetta dall’ampio colletto ed i capelli, raccolti sulla nuca in una morbida acconciatura, la rendevano molto elegante. Però non era più seducente come una volta, ora la sua bellezza appariva quasi come quella di un fiore che sta per appassire.

- Stai bene cara? – le domandò.

- Certo, ingegnere, va tutto benissimo, è tutto sotto controllo.

Robert restò dispiaciuto dalla freddezza della consueta risposta. Anche lui, come del resto Nunzietta, si preoccupava per lei perché la vedeva stanca e infelice ed avrebbe voluto aiutarla in qualche modo.

Intanto  Barbara che aveva impiegato molta cura a prepararsi e temeva di non apparire carina, aspettò che gli altri fossero usciti dalla stanza per chiedere al marito, un po’ confusa:    
 - Perché mi hai fatto quella domanda? Ho qualcosa che non va?

- Hai il viso teso e due occhiaie terribili. Sei sicura di star bene?

- Certo che sto bene, ma sono stanca! Sto sfacchinando dalle sei di stamattina, senza contare che ho dovuto prendermi  cura anche della bambina! – replicò, molto sostenuta.

- Ti stai sciupando sempre di più. Devi prenderti più cura di te stessa, non lasciarti andare così come stai facendo.

- C’è tanto da fare in questa casa, non posso farne a meno e poi l’ho sempre fatto.

- È vero ma una volta forse ti costava meno fatica perché non avevi quest’aspetto patito. Smettila, per favore, non è necessario e non devi dimostrare niente a nessuno, tanto meno a me.

Barbara non replicò nulla, gli volse le spalle e si mise a sistemare dei fiori in un vaso. Il marito, pensando di averla fatta stizzire, non insistette e andò anche lui a lavarsi le mani. Ma la donna era solo amareggiata. Forse quel suo affannarsi senza sosta era davvero inutile e ridicolo. Non serviva a nessuno,  soprattutto  all’uomo nei cui occhi oramai non c’era nemmeno più quel lampo di ammirazione che pure, tanto tempo prima e per un breve momento, l’aveva fatta sentire donna.

 

Più tardi, seduti a tavola, mentre gustavano un ottimo antipasto di salumi locali, la padrona di casa sembrava essersi ripresa del tutto dalla malinconia. Aveva fatto sedere accanto a sé il piccolo Charles che si mostrava fiero di essere stato ammesso alla tavola dei grandi. Il padre, per farlo contento, ne stava descrivendo l’abilità di cavallerizzo ed assicurava che ben presto il suo ometto sarebbe stato capace di condurre Thunder tutto da solo. Felice, il bambino sorrideva a quelle parole ed era veramente grazioso.

- Com’è bello! – si complimentò con loro Sean.

- Ha gli stessi begli occhi del padre – affermò Barbara, carezzandogli con tenerezza il capo.

- Forse – rispose quest’ultimo – ma per il resto è il ritratto di sua madre. Ti ricordi com’era bella Julie, Sean?

Questi sollevò istintivamente  lo sguardo sulla donna sedutagli di fronte è notò passare nei suoi occhi un’ombra di rammarico. Lei però si controllò subito.

- Pare che assomigliasse molto a tua moglie,  non è vero? – gli chiese.

- Sì. Julie somigliava moltissimo ad Henrietta. Erano entrambe bionde, delicate e con gli occhi verdi come la brughiera. La mia stessa figlia, Mary Ann,  che è bruna come me, non le somiglia per niente. Per non parlare poi delle sue tre sorelle maggiori che, a dire il vero, rassomigliano di più rispettivamente ad una ranocchia, a una tartaruga e a una scimmia. A volte ho avuto il sospetto che mia suocera, la rispettabile e bruttissima consorte del colonnello Lawrence, debba aver concepito la mia povera, defunta moglie con un prestante attendente del marito piuttosto che con lui!

Risero tutti divertiti, però Robert osservò:

- Ma se la tua maligna illazione fosse vera, allora Julie, che era figlia di quella che hai paragonato ad una tartaruga, non avrebbe dovuto rassomigliare affatto a tua moglie.

L’altro finse perplessità, grattandosi la barba:

- Già, questo è vero. Che devo dirti! Dovrò studiarmi meglio Darwin e la sua “L’origine  delle specie”. Può darsi che riuscirò a spiegarmi come sono potuti nascere due fiori così in quella famiglia di mostri!

L’arrivo di Nunzia con il primo piatto interruppe la conversazione scherzosa. La padrona di casa si scusò nel timore che ciò che aveva preparato non fosse di gradimento dell’ospite, ma questi si affrettò a rassicurarla,  versandosi nel piatto un’abbondante porzione di culurgiones.

-  Macché! Io sono un viaggiatore e sono sempre curioso di provare le gastronomie locali… - disse, assaggiò la pietanza e dopo aver inghiottito il primo boccone, finì la frase - …che riservano sempre sorprese gustosissime, come questi… cosa sono?

Barbara glielo disse e gliene spiegò brevemente anche la preparazione mentre lui mangiava  con evidente gusto.

- È da stupidi fare come mia cognata Maggie e pretendere la cucina della propria terra anche all’estero. Non sarà mai la stessa cosa – commentò dopo un po’ – Forse è una questione di ingredienti, forse di abitudine a preparare determinati piatti o è forse che ogni posto ha le sue atmosfere. Io non mi sognerei mai di  mangiare haggis fuori dalla mia amata Scozia, ad esempio.

Quando la sua ospite gli chiese di cosa si trattasse, lui glielo disse, divertendosi come di consueto a provocare il disgusto nelle belle signore le quali di solito arricciavano il naso all’accurata descrizione di quel piatto tradizionale scozzese  a base d’intestino di pecora ripieno di frattaglie e cipolle e fatto cuocere per ore. Ma Barbara non si scompose affatto.

- Ah,  ho capito! – commentò -  Deve essere una specie della nostra “sa cordula”. Una volta l’ho preparata anch’io, te ne ricordi Robert?

Questi annuì, divertito dell’aria di stupore assunta dal suo amico.

- Anche la Sardegna è terra di pastori, Sean, come la tua Scozia ed il mio Galles -  si affrettò a spiegargli -  - È per questo che mi sono trovato sempre così bene qui. 

-  Credo anche perché, come mi dicevi prima, tua moglie è un’ottima cuoca.

- Davvero ha detto così? Non ci posso credere!

- Perché? Non vedi come mangio volentieri tutto ciò che prepari?- le chiese il marito.

Lei lo guardò sorridendo con ironia e poi, rivolta al medico, spiegò:

- Non mi ha mai fatto un complimento, mai  un commento su ciò che mangia. O forse no, mi sbaglio, una sola volta ha parlato per dirmi che il cavolo non gli piaceva, dopodiché … più nulla.

Robert sembrò pensare tra sé e sé a qualcosa di molto divertente con un sorriso che gli illuminava il volto.

- Fai ridere anche noi, per favore? – gli disse la moglie, un po’ urtata.

- Niente, ripensavo ad una vecchia storiella, quella del bambino che era arrivato fino a due anni senza dire una sola parola. I suoi erano tutti molto dispiaciuti che fosse muto finché un mattino, bevendo il caffellatte, il piccolo strillò: “Manca lo zucchero!”. “Ma come, tu parli?” si affrettarono a chiedergli i genitori stupiti. “Certo che parlo” rispose lui. “Ed allora perché non l’hai mai fatto sino ad oggi?”. “Perché  andava tutto bene!” affermò il piccolo serafico.

Sean si fece una bella risata mentre Barbara commentò, divertita anche lei ma senza rinunciare ad essere pungente:

- Un tipino di poche parole a quanto pare, esattamente come te!

- Forse, ma come fai a dubitare che ti considero una splendida cuoca? Ad esempio tutte le parole sarebbero superflue per commentare quanto questo piatto sia magnifico, non solo perché è molto buono, ma anche per il gusto con cui l’hai preparato.

L’uomo si stava riferendo alle  splendide aragoste adagiate su un letto di rucola e pomodoro di cui si stavano servendo sia lui che Sean. Barbara invece aveva fatto cenno a Nunzia di non togliere ancora il piatto di Charles e, ridotta la pasta a pezzettini piccolissimi, li aveva rigirati nel sugo ed ora stava imboccando il piccolino che mangiava molto svogliatamente.

Notandolo, il padre commentò, sempre con tono leggero:

- Almeno non devi preoccuparti di far mangiare anche me come fai con i bambini. A proposito, non avevamo messo a tavola con noi Charles perché è grande abbastanza da mangiare da solo?

Il bambino, sentendosi chiamato in causa, lo guardò con uno sguardo un po’ preoccupato, mentre la madre, incurante della critica, gli rispose:

- Lo sai che non mangia abbastanza se non glielo do io.

- Non mangia quanto vorresti tu, vorrai dire! Non credo che si lascerebbe morire di fame anche se tu non insistessi tanto.

- Chi te l’ha detto. Lui è sempre stato molto inappetente.

- E cosa vuoi fare allora, imboccarlo per tutta la vita? – il tono dell’uomo diventava sempre più inquieto e sostenuto -  Lo stai viziando, te l’ho detto mille volte. Ha capito il potere che esercita su di te e non vuole rinunciare a stare al centro della tua attenzione. Se continui così non potremo mai portarlo da nessuna parte o far venire ospiti. Che figura ci facciamo se si comporta sempre come un piccolo selvaggio?

Barbara gli rispose risentita.

- Sa mangiare benissimo da solo, lo sai, prima lo faceva. Ma  da quando è nata Neve ha ricominciato a mangiare pochissimo ed allora sono costretta ad insistere un po’  se voglio farlo nutrire abbastanza.

Non potendone più di mantenersi estraneo a quella discussione che si faceva sempre più accesa, Sean intervenne, esprimendo la sua opinione.

- Per l’appunto, mia cara, Robert ha ragione. Il fatto che prima lo facesse è la dimostrazione pratica che adesso si tratta di una questione psicologica e non di appetito. Non farti coinvolgere, tu sei più furba di lui e se incominci ad avere questo pessimo atteggiamento, non ne uscirete più. Finirete per battagliare ogni volta che il bambino deve mangiare.

La soddisfazione di aver avuto ragione disegnò un’espressione gongolante sul volto di Robert, ma fu smorzata presto dal maturo medico che  continuò, rivolgendosi a lui.

- Ed è  solo per il suo personale benessere che Barbara dovrebbe seguire il tuo consiglio, non certo perché così facendo rischia di viziarlo. Hai mai visto un adulto normale che continua a farsi imboccare? No di certo. Anche per tuo figlio sarà così, ora però sta chiedendo rassicurazione ed affetto, cose che fortunatamente  tua moglie può dargli anche  senza farsi trascinare in quest’assurda lotta sul cibo. L’amore e la serenità che sta ricevendo questo bambino  gli resteranno per tutta la vita,  molto più di qualsiasi educazione che presto o tardi non mancherà di apprendere.

Questa volta fu la donna a gongolare soddisfatta. Intanto Charles, il quale aveva capito benissimo di essere al centro dell’attenzione, si era messo in ginocchio sulla sedia ed approfittando del fatto che la mamma fosse volta verso di lui, per farsi perdonare, le aveva gettato le braccine al collo e le stava riempiendo il viso di baci.

Robert sorrise a vedere la tenera scenetta.

- Sì, è vero, tra questi due c’è un amore folle. È stato così dal primo momento che si sono visti - commentò.

- Infatti – sottolineò lei, fredda – è per Charles che ti ho sposato. D’altra parte non fai che ripetermi quanto sia identico alla madre nel fisico e nel carattere ed allora potrai ben capire quanto io lo adori così come hai fatto e continui a fare tu con lei. Ci sono delle persone che riescono a farsi perdonare tutto perché sanno essere così dolci ed incantevoli da suscitare in te un amore talmente smisurato da diventare incontrollabile. Charles, così come Julie prima di lui, è fatto in questo modo. Non lo credi anche tu?

Il marito la guardò perplesso senza risponderle. Quelle parole gli sembravano strane dette da lei, ma non c’era nessuna acrimonia in esse, anzi, sembrava sincera e serena. Dopo un poco la donna si alzò ed allontanandosi, disse:

- Adesso Nunzia vi servirà i sebadas. Sono dei fagottini di sfoglia farciti di formaggio fresco, fritti e girati nel miele – poi precisò con ironia rivolgendosi all’ospite – Robert li ha mangiati molte volte senza dir nulla, segno che devono essere una vera prelibatezza e questo qui – aggiunse carezzando la testina bionda di Charles – ne è talmente goloso che non farà nessun capriccio per mangiarli da solo. Io devo andare a svegliare la mia “dormigliona” e costringerla a farsi una mangiatina. Ci vediamo tra un po’.

Sorrideva ancora mentre lasciava la stanza e notando lo sguardo dubbioso ed addolorato di Robert che la seguiva, Sean disse  scherzosamente per cercare di rassicurarlo:

- Va tutto bene, ingegnere, è tutto sotto controllo.

L’uomo sorrise alla consueta frase della moglie ripetuta con sagacia dall’amico ed in cuor suo sperò davvero che avesse ragione. 

 

Passarono un pomeriggio assai gradevole seduti in salotto a conversare in compagnia di entrambi i bambini. Charles disegnava tranquillo e la piccola Neve, in braccio alla mamma un po’ dormiva ed un po’ teneva gli occhietti aperti e sembrava prestare attenzione a ciò che la circondava.

Sean era un abile conversatore, ma non era una di quelle persone a cui piace tenere banco, anzi, coinvolgeva gli altri nei vari argomenti, ascoltandoli con grande interesse.

Dopo quell’accenno di qualche giorno prima, Barbara moriva dalla curiosità di sapere che cosa fosse successo quando era rimasto vedovo. Prendendo a mano a mano familiarità con lui, ad un certo punto glielo chiese apertamente.

- È successo – le rispose – che alla morte di Henrietta, le sorelle Lawrence, ed all’epoca anche la loro rispettabilissima madre, avevano deciso che io non ero in grado di prendermi cura di Connor e Mary Ann e volevano portarmeli via. Non sto a descriverti gli scontri avuti, ma alla fine si sono dovute rassegnare, con me hanno trovato pane per i loro denti. È anche per questo che ho molto apprezzato le cose che hai detto a tale proposito a quell’arrogante di Maggie, Barbara. In effetti le ho più volte dette anch’io a Paul quando sono venuto a sapere che stavano tentando di fare la stessa cosa con questo ragazzo. Purtroppo Robert non ha avuto il coraggio di opporsi ed ha optato per una soluzione di ripiego che, a quanto pare, non si è dimostrata molto felice per entrambi voi.

Sentendosi chiamare in causa e criticare, lui intervenne.

- Io non ero nelle tue stesse condizioni: i tuoi figli erano già abbastanza grandi e tu avevi una posizione economica e sociale molto diversa dalla mia, se non sbaglio. Con me ci sarebbero riusciti se non fosse stato per l’aiuto di Barbara.

La donna lo guardò seria, ma non disse nulla. Il maturo amico sorrise.

- Forse hai ragione e spero che il suo aiuto sia  andato anche oltre quello che pensi. Quando ve ne andaste domenica scorsa continuammo la discussione cominciata da lei e sia io che Paul, e persino quello scimunito di Leonard, fummo tutti concordi nel dire che i nonni dovrebbero provvedere perlomeno a pagare gli studi a Charles, se non altro perché è il loro unico erede. In fine Maggie ha promesso di consigliarlo alla sorella.

- Non voglio niente da loro! – obiettò il giovane con orgoglio.

Barbara non riuscì a trattenersi.

- Non dire sciocchezze, Robert. Mi sembra giusto che il piccolo benefici della sua eredità. Dopo tutto, i genitori di Julie sanno bene di essere stati fin troppo crudeli con la figlia ed ora che  non potranno più riconciliarsi con lei perché non c’è più, pensare al futuro del nipote è l’unica cosa che possano fare per rimediare e sentirsi di nuovo in pace. Riflettici, in fondo tu non hai nessun diritto di impedirglielo – osservò, ma poi, visto che il marito si versava il tè senza risponderle, proseguì rivolta al dottor Hopkins - Anche Leonard era d’accordo? Strano!

- Nient’affatto. Devi sapere che la madre di Leonard è l’unica delle sorelle ad aver sposato un mezzo  squattrinato solo perché era un bell’uomo. Suo figlio, il quale  ringrazia mille volte al giorno il cielo di non aver preso l’aspetto della madre, non può insistere troppo sulla mancanza di nobiltà altrimenti il primo a farci una pessima figura sarebbe suo padre!

La giovane sorrise e commentò:

- In effetti Leonard è veramente un bel ragazzo. Mi chiedevo come facesse ad essere figlio della…?

- Scimmia. Ti assicuro, figliola, una scimmia! Non è vero Robert?

Ma questi non rispose allo scherzo, rimase assorto ad osservare la moglie quasi come se avesse voluto entrarle nella mente per scoprire cosa stesse pensando. Nel frattempo i discorsi di Sean erano caduti sui suoi figli.

- Connor fa il capitano di una nave mercantile – stava dicendo – ci vediamo una volta ogni anno quando trascorre un po’ di tempo in Inghilterra. Per vedere Mary Ann, invece,  devo andare fino in India. Ha sposato un indiano, un giovane medico di Calcutta con il quale ha avuto anche due bambine. Ciò per poco non ha provocato la morte per crepacuore delle sue tre zie le quali ancora non riescono a capacitarsene ed accusano me di non aver saputo crescere mia figlia. Ma io sono sereno: i miei ragazzi sono liberi, indipendenti e felici. Cosa avrei potuto fare di più per loro?

- Allora sono davvero grandi! - esclamò stupita Barbara.

- Sì, hanno pressappoco la vostra età. Mia moglie è morta da quasi diciotto anni, oramai.

- E tu non hai mai pensato di risposarti? – mentre le scappava la domanda, Barbara temette di essere stata troppo indiscreta, poi si sentì rincuorata dal sorriso rassicurante che disegnò simpatiche fossette sulle guance di Sean.

- No, però mi sono innamorato ancora pazzamente.

Robert gli porse una tazza di tè e, guardandolo serio, gli chiese a sua volta:

- Davvero? Tanto quanto eri stato innamorato di Henrietta?

- Sì, ragazzo mio. A volte la vita ci offre tante di quelle meravigliose opportunità che neanche ce le immaginiamo e va afferrata come un frutto goloso, perché è tutto quanto abbiamo ed è nostro dovere trarne quante più esperienze è possibile.

- Non ti sei mai sentito colpevole nei confronti della  tua prima moglie? – mormorò l’altro, mostrandosi dubbioso e imbarazzato.

- Colpevole? E perché? Con mia moglie avevo vissuto tredici anni in un rapporto perfetto che sarebbe rimasto lì, cristallizzato nel tempo, e che nessuno avrebbe più potuto toglierci. Ma quella stupenda esperienza ormai era conclusa,  non poteva più esserci alcun contatto tra noi, nostro malgrado.  Ci eravamo amati molto e ciò era già stato un dono enorme che avevamo ricevuto dall’esistenza. Il nostro amore non sarebbe mai stato cambiato da nulla, né dalla vecchiaia né dalle incomprensioni. Su di esso, l’indifferenza, l’abitudine, la patina del tempo non sarebbero mai scese ad appannarlo e  per tutto il resto della vita ne avrei avuto soltanto un ricordo dolcissimo ed immutato. Quando ho capito questo, ho intuito anche di essere pronto ad andare avanti per continuare a vivere perché io ero ancora su questa terra e probabilmente dovevo conoscere altro. Non è stato facile arrivarci, ma alla fine il dolore si è trasformato in memoria, il rancore nei confronti del mio triste destino è scomparso e con esso la paura di accettare ancora l’ amore.

Guardando i visi assorti dei due giovani che lo ascoltavano pensierosi, Sean decise di essere stato fin troppo serio. Ricominciando a scherzare sulle sorelle Lawrence, continuò a descrivere in maniera molto comica le loro reazioni alle sue esperienze sentimentali, riuscendo a strappare diversi sorrisi.

 

A sera, quando si congedò, i due sposi lo accompagnarono all’ingresso.

Porgendogli il bastone, Barbara gli disse con un sorriso dolcissimo:

- Mi ha fatto molto piacere stare con te oggi, torna presto.

- No, credo che non ci verrò più, perlomeno a pranzo – le rispose con un tono serio mentre si metteva il cappello.

Robert notò il visino dispiaciuto della moglie ed in un moto istintivo la strinse a sé traendola per la vita, come per difenderla.

- Perché fai così Sean? Questa poverina ha lavorato tanto perché fosse tutto perfetto! – gli disse addolorato.

- Per l’appunto! Questa poverina si è stancata tanto per ricevermi quando è già esausta per il daffare che le date tu, la casa e i figli. Non ha bisogno di altre preoccupazioni, ha bisogno solo di imparare a starsene tranquilla a godere dell’affetto di chi le sta intorno che a sua volta magari sarebbe più contento se lei fosse rilassata e serena ancor più che se tutto andasse alla perfezione. Magari, se non cucinasse pranzi che richiedono elaborate preparazioni ma mi offrisse ciò che c’è in casa, se mi servisse il cibo nei piatti del servizio corrente, se insomma mi trattasse da amico e non da ospite, anche a me  farebbe molto piacere tornare. Così no, non ci vengo più.

Robert continuò a guardare il viso della moglie per capire l’effetto di quelle parole che avrebbe voluto essere stato capace di dirle lui. Barbara, che gli si era stretta contro quando l’aveva difesa, era rimasta seria ad ascoltare Sean, con la ruga consueta che le segnava la fronte mentre rifletteva sul vero significato di ciò che il maturo amico le stava dicendo. Ad un tratto la sua espressione si era rilassata in un sorriso.

- Ti va bene martedì? – disse.

- Si può fare mercoledì? Non ho impegni con l’ospedale mercoledì – rispose l’altro, sornione.

- Meglio ancora, così ci aiuti anche a pesare Maria Neve.

Così dicendo gli porse la mano che l’uomo si portò alle labbra e baciò con divertita simpatia.





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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

Come si erano ripromessi, il mercoledì successivo s’incontrarono e prima di cena si accinsero a pesare la piccola Neve. Alla presenza del medico, ancora una volta la bambina si ribellò con molta decisione ed ancora una volta il padre fu costretto a farle fare un giretto per la stanza cantandole una canzoncina per farla calmare un po’.

Intanto Sean guardava intenerito l’uomo che stringeva la sua creatura al petto e la blandiva con la sua bella voce calda. Ancora di più poi lo divertiva e lo commuoveva il viso delle due donne e del bambino che partecipavano con grande trepidazione a quello strano rituale.

Quando finalmente il giovane papà fu riuscito a calmare il pianto della piccola ribelle e l’ebbe posata delicatamente sul piatto della bilancia, riuscirono a prenderne il peso. La madre, confrontatolo a quello della settimana prima, annunciò un po’ incerta:

- Centocinquanta grammi.

-  È abbastanza? – chiese Robert, preoccupato.

- Certo che è abbastanza! – affermò il medico soddisfatto, poi rivolto alla mamma – Stai seguendo i miei consigli?

- Sì e mi sembra che vada un po’ meglio. Mangia lo stesso poco, ma ora lo fa più spesso.

- Benissimo. Se la curva di crescita continua così non c’è da preoccuparsi.

- Il dottor Bernardi mi aveva dato questo ricostituente. Glielo posso dare?

Il dottor Hopkins inforcò gli occhiali e vide di cosa si trattava.

- Va benissimo, le farà bene. Vedrete ragazzi, forse non diventerà mai grande e grossa, forse sarà sempre un tipino minuto, ma Neve crescerà lo stesso forte e sana.

- E chi se ne importa se rimane piccina piccina, tanto lei sarà sempre la bambolina di papà! Non è così amore mio, di’, non è così? Non sei la bambolina di papà tuo tu? – affermò Robert prendendo la piccola dalla bilancia e sollevandola in aria.

La bambina lo guardò dall’alto e sembrò quasi riconoscere il viso familiare del padre il quale, notando gli sguardi allibiti degli astanti, si vergognò di essersi lasciato così andare e riprese il suo abituale contegno. Infatti porse Maria Neve alla mamma che la prese in braccio sorridendo divertita. Avendo notato l’imbarazzo del marito, si affrettò a cambiare argomento.

- Adesso la rivesto e la faccio mangiare, poi ci mettiamo subito a tavola anche noi - annunciò.

- Bene – affermò Sean fregandosi le mani soddisfatto – Sono davvero affamato! Cosa si mangia di buono?

- Oh niente di che! – rispose la donna sorridendo ed alzando le spalle con aria furbastra –  Pane secco e uova.

A vedere il viso perplesso del maturo amico, Robert proruppe in una risata divertita e gli spiegò:

- Deve aver preparato il pane frattau. È una zuppa a base di pane carasau,  un pane secco fatto di sfoglie sottilissime che i pastori portano con loro ai pascoli. Credo venga bagnato nel brodo e condito con sugo di pomodoro, formaggio ed uova in camicia. Insomma, non so esattamente come si cucina, ma è una vera delizia. Come tutto quello che prepara mia moglie, del resto.

Soddisfatta delle parole gentili del marito che sentiva sincere e felice perché la piccina stava crescendo, Barbara si allontanò. Pregustando già la serata in compagnia del simpaticissimo Sean, cominciò da quel momento a sentirsi meno depressa e stanca.

 

In quel tiepido pomeriggio di maggio, anche se era la domenica di Pentecoste, Robert non aveva rinunciato a fare un salto alla miniera. Aveva approfittato del fatto che ci fossero solo i custodi per andare a verificare il nuovo pozzo di Bardu perché gli dava molta preoccupazione. Era convinto infatti che in un particolare punto dello scavo ci potesse essere un problema d’infiltrazioni d’acqua e non si sentiva sicuro. Più volte ne aveva discusso con Leonard, ma questi, testardo e saccente, lo aveva tacciato di eccessiva prudenza e di cattive conoscenze idrogeologiche. Lui invece era sicuro di sé e soprattutto dopo quell’ispezione, era più che mai deciso ad impedire il prosieguo dello scavo, non prima almeno di aver messo a punto un efficace sistema di scolo delle acque.

Leonard  lo infastidiva e lo irritava molto, era venuto lì per apprendere ed invece voleva comandare. Sperava che presto sir Paul lo mandasse a dirigere una delle tante miniere possedute dalla sua società nella zona, togliendoglielo così finalmente dai piedi. La sua presenza però, doveva ammetterlo, gli aveva dato un po’ più di tempo da dedicare alla famiglia e ciò era stato un bene per Barbara. La vedeva più calma ora, forse perché sapeva di poter contare un po’ di più su di lui che si dava molto da fare per aiutarla, almeno per quanto gli era possibile. Con Charles lo faceva moltissimo ed il piccolino, lusingato di essere trattato dal papà come un ometto, stava diventando meno capriccioso, dando un enorme sollievo alla povera donna già impegnata giorno e notte con la delicata bambina. I risultati però non avevano tardato a farsi vedere e nell’ultimo mese la piccola Neve aveva recuperato moltissimo, mettendosi quasi a pari con i neonati della sua età. Entrambi ora erano molto più sereni e lo dovevano anche alla presenza paterna e rassicurante di Sean che continuava a dare loro preziosi consigli.

Dopo aver accompagnato Thunder alla stalla, Robert si fermò sotto la pianta di pino nel giardino di Villa Bianca per togliersi un po’ di polvere di dosso e non sporcare così le stanze. Mentre si puliva i pantaloni pensava a quanto sua moglie fosse riuscita a rendere accogliente la loro casa: sotto l’ombrello frondoso dell’ albero, aveva messo un grande tavolo con alcune  sedie di bambù ed aveva decorato con allegri lampioncini di carta tutto il vialetto fino alla portoncino di casa, incorniciato dal rigoglio dei fiori rossi della buganvillea.

Tutto era diventato bello e luminoso da quando c’era lei, anche il  biondo piccino che ogni sera  correva giocoso tra le sue braccia  a dargli il benvenuto. Quella sera però non l’avrebbe fatto perché lui stesso aveva dato il permesso a Nunzia e Luigi di condurlo con loro ad Arbus dove, per festeggiare la solennità religiosa, ci sarebbero state le giostre e le bancarelle con i dolciumi.

Ma Charles non era il solo che Robert amava ritrovare la sera al ritorno dal lavoro. Cercò in giro la moglie e la figlia, ma in cucina non c’erano e neanche in salotto. Un po’ dispiaciuto, andò al primo piano e, facendo pianissimo, aprì la porta della stanza di Barbara. C’era molto silenzio là dentro e dalla finestra socchiusa entrava la luce del crepuscolo insieme al profumo delle piante e del mare. La donna e la bambina erano sul letto, profondamente addormentate. In punta di piedi, si avvicinò e si mise ad osservarle. Barbara aveva il vestito leggero ancora sbottonato sul seno, segno che aveva allattato prima di lasciarsi prendere dal sonno. Era in una posizione un po’ strana, le ginocchia piegate ed un braccio ad angolo sul cuscino, mentre i capelli sciolti le ricadevano sulla spalla. Nello spazio tra le sue gambe e il braccio ripiegato, stesa supina, c’era Maria Neve. Dormiva beata con l’altra mano della mamma che la teneva dolcemente avvinta. Vestita solo di una camicina di cotone, aveva le braccine scoperte e le  gambette libere dalle fasce perché faceva già caldo.

Robert si sentì travolgere dalla tenerezza guardandole. Gli apparvero bellissime, non solo la donna  che lo era sempre stata, ma anche la piccina. Con piacere notò come si fosse fatta gradevolmente grassottella. La pelle, fino a poco prima  secca e rugosa, era diventata ora liscia e trasparente mentre la lanugine scura sulla testa si era trasformata in una zazzeretta di capellucci neri, sottili e lucenti che le incorniciavano il visetto tondo e le ricadevano sulle spalle grassocce. Sorridendo le si avvicinò ancora, guardando ammirato i suoi lineamenti, la forma degli occhi ombreggiati dalle lunghe ciglia, il graziosissimo nasino all’insù, così somiglianti a quelli della mamma.  Avrebbe avuto voglia di stendersi lì accanto a loro e vegliarne il sonno tranquillo, godendo del rumore del loro respiro e del tepore del vento caldo che entrando dalla finestra aperta le accarezzava così come avrebbe voluto fare lui. Aveva però timore di svegliarle e poi era tutto sporco, per cui, dopo averle guardate con un ultimo sguardo pieno d’amore, se ne andò a fare il consueto bagno serale.

 

Si era appena asciugato e si stava accorciando la barba davanti allo specchio nel piccolo gabinetto annesso alla sua stanza, quando sentì entrare la moglie che lo chiamava a gran voce. Un po’ impaurito si affrettò a raggiungerla, incurante del fatto di avere addosso solo un paio di mutandoni lunghi, ma si tranquillizzò non appena ne vide l’aspetto assai gioioso.

- Che c’è? Mi hai fatto spaventare! – le disse con un po’ di rimprovero nella voce.

Lei non se ne diede per inteso e, prendendolo per una mano, lo trascinò nella sua stanza passando attraverso quella di Charles.

- Vieni, vieni, devi assolutamente vedere una cosa -   lo invitò.

Sul letto c’era Neve e subito Barbara la prese  in braccio. Tenendole una mano sotto la nuca ed un’altra sotto il sederino, se la mise di fronte.

- Le avevo appena fatto il bagnetto e l’avevo asciugata. La tenevo così prima di  metterla sul letto e rivestirla,  quando l’ha fatto.

- Ma cosa ha fatto? – chiese lui, stupito da tanto entusiasmo per niente.

- Aspetta – gli disse la moglie – può darsi lo faccia ancora.

Poi si rivolse alla bambina e le sussurrò con una voce molto suadente:

- Su piccina, fallo ancora, dai, fallo per papà. Su, amore, ti prego, fallo ancora…

La bimba guardava con attenzione il viso della madre e per un po’ non accadde nulla, poi ad un tratto, come un miracolo, un sorriso sdentato apparve sul suo visino paffuto e lei agitò con uno scatto anche le gambine e le braccia.

- Ecco, vedi, sorride! – strillò Barbara tutta contenta e si girò compiaciuta verso il marito, ma non si sarebbe mai aspettata di vederlo così.

Robert era diventato rosso come il fuoco perché il primo sorriso della figlia era stato per lui un’emozione intensa. Purtroppo il dolore per la perdita di Julie gli aveva impedito di godersi i piccoli progressi di Charles e non aveva idea di ciò che potesse significare per un padre uno spettacolo simile. Senza riuscire a nascondere la commozione, prese dalle mani di Barbara la bambina e se la strinse dolcemente tra le braccia, cominciando a parlarle con dolcezza.

- Allora stai bene, bambolina, stai bene sul serio – le disse e la bambina sorrise ancora, anche a lui.

Barbara ne fu intenerita ed in un moto irrefrenabile si strinse al marito. Posandogli la guancia sulla spalla nuda, li cinse entrambi, il padre e la figlia, in un abbraccio affettuoso.

- Sì, sta bene, sta bene! – affermò tutta felice, poi ci pensò un po’ su ed aggiunse – Non vedo l’ora di raccontarlo a Sean…





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Visto? Dopo il goloso capitolo 6 (ah la cucina sarda, che goduria indimenticata!) eccovi il capitolo 7 che è pieno di serena dolcezza. In realtà c’era proprio bisogno di un po’ di pace  e di equilibrio per permettere a quelle teste di legno dei miei protagonisti di incominciare a capire “quello che conta” ed avviarsi verso il roseo finale di questo romanzetto sentimentale. Per fortuna questa volta le esigenze narrative coincidono con quelle di alcune minacciose lettrici (leggi Cricri, Pirilla e Xsemprenoi) altrimenti avrei rischiato di perdere all’incirca il 50% del mio fedele quanto esiguo manipolo di recensitrici (che non smetterò mai di ringraziare abbastanza)! In effetti in questa seconda parte di capitoli come quello che avete appena letto ce ne saranno ancora molti ma … ecco … beh … insomma … aspettatevi anche qualche “bordata” di quelle pesanti… Ciò servirà, almeno nelle intenzioni della perfida e furbastra autrice, ad agitare il mare di melassa in cui potrebbe naufragare miseramente questa storia e a consentire alle incaute lettrici di non addormentarsi per la noia.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

In effetti, dopo quella prima volta, Neve non smise più di dispensare sorrisi ed anche se i più teneri e frequenti erano rivolti alla mamma, non ne negò mai uno a chiunque si affacciasse sulla sua culletta o la prendesse in braccio. Era così tenera e carina che non tardò a guadagnarsi le coccole di tutti e più ne riceveva e più diventava socievole e sorridente. Persino l’arcigna Maggie fu beneficata di un sorriso quando le portò in dono un sonaglietto d’argento. Lo aveva fatto solo per forma, ma la reazione gioiosa della bambina la lasciò piuttosto interdetta ed arrivò persino ad intenerirla un poco. Comunque se ci fu una persona che più di ogni altra apprezzò il cambiamento di Neve, questa fu Charles. Adesso che sorrideva, giocava con le sue manine e gli prestava attenzione, quell’estranea noiosa cominciava ad essere qualcuno con cui interagire, una persona da amare e da cui essere amato. Fu proprio in quel periodo che il bambino le si affezionò molto e se ne autonominò paladino e protettore indiscusso, instaurando con la sorella un legame speciale che sarebbe durato poi per tutta la loro vita.

L’arrivo della bella stagione sembrava aver spazzato via l’inverno triste ed angoscioso appena trascorso ed i giovani coniugi guardavano alla vita con rinnovata fiducia, riuscendo a sentirsi un po’ più vicini, anche se ciò in buona parte era merito di Sean Hopkins.

Il medico scozzese, infatti, non aveva mai smesso di frequentare casa Forrest e nelle tranquille e piacevoli serate primaverili trascorse in giardino o intorno ad un tavolo a gustare un saporito pranzetto, la sua ironica e bonaria sagacia li aveva aiutati a parlare un po’ di più. Robert, sempre così taciturno e riservato,  stranamente aveva raccontato della sua infanzia povera, della disgrazia che aveva colpito la sua famiglia, dell’enorme responsabilità ricaduta sulle sue spalle in un età in cui avrebbe potuto essere solo uno studentello spensierato ed invece aveva dovuto accollarsi il fardello di lavorare ed ottenere contemporaneamente ottimi risultati scolastici per dimostrare a tutti di essere all’altezza delle aspettative paterne. Barbara si era quasi commossa alla narrazione delle nottate sui libri e delle giornate fatte di scuola e di umili lavori ed aveva compreso perché lui si fosse sentito sempre inferiore nei confronti dell’aristocratica Julie e della sua famiglia e perché ancora oggi fosse così lacerato ed insicuro.

Anche lei però più di una volta si era lasciata andare a qualche confidenza, parlando persino della sua triste esperienza, sicura che i due uomini  non erano come  chi si era ritenuto in diritto di giudicarla e condannarla. Spesso aveva raccontato di suo padre e degli enormi tesori di saggezza che le aveva lasciato, inculcandole la fierezza, la dignità e la forza di affrontare senza lasciarsi sopraffare le critiche e le costrizioni.

Anche Robert, nell’ascoltarla, aveva capito tante più cose di lei, ad esempio quanto, nonostante tutto il suo orgoglio, Barbara fosse in realtà assai bisognosa d’affetto e molto più fragile di come volesse dare ad intendere.

In fondo, senza che quasi se ne rendessero conto, in quei pochi mesi che s’incontrarono una o due volte alla settimana con Sean, finirono per dirsi di loro stessi molto più di quanto non avessero fatto in quasi due anni di vita in comune. Purtroppo, quando erano soli, i consueti silenzi continuavano perché nessuno dei due trovava il coraggio di rompere il ghiaccio.

 

Ben presto Leonard manifestò il desiderio di unirsi a loro un po’ perché non aveva mai legato con i due giovani medici, un po’ perché in quel paesino sperduto non aveva altra compagnia al di fuori dei vecchi zii. Il povero Robert non seppe dirgli di no anche se ebbe il timore che la moglie ne potesse essere infastidita. Invece Barbara non disse nulla, anzi, ogni volta che veniva anche Leonard, si preparava con maggior cura e teneva un comportamento meno confidenziale e libero di quanto non facesse quando erano soli con il maturo amico. Già dopo poche volte Robert si sentì molto irritato da questa cosa e la interpretò come desiderio di lei di mostrarsi seducente. Incominciò a provare una punta di inconsapevole gelosia  che diventò manifesta quando il cugino, incoraggiato da tanta cortesia, prese a corteggiarla quasi apertamente.

Una sera di metà giugno, mentre cenavano all’aperto sul tavolo sotto l’albero di pino, quasi arrivò a perdere il controllo. Leonard  aveva adulato per tutto il tempo sua moglie, dicendole che, bella ed intelligente com’era,  non avrebbe certo sfigurato in un salotto di Parigi o di Vienna ed era un vero peccato che invece fosse nascosta lì, in un paesino sperduto della Sardegna. Lei lo aveva guardato seria con i suoi begli occhi da gatta che risplendevano ambrati al lume delle candele ed aveva sorriso con mestizia. Poi aveva confessato che spesso pensava a come avrebbe potuto essere la sua vita se avesse avuto la fortuna di nascere in un posto diverso.  

- A volte – aggiunse in fine con la voce colma di malinconia  - mi avvilisce il  pensiero di dover  trascinare i miei giorni futuri tra le faccende domestiche e la cura dei bambini, fino a quando la vecchiaia e la noia non spegneranno ogni mio desiderio ed ogni aspirazione.

Ad un tratto, come se si fosse pentita di essersi lasciata sfuggire quelle confidenze, si alzò in fretta da tavola e, borbottando una scusa, si allontanò.

Nessuno commentò, ma un sorrisetto molto soddisfatto apparve sul volto di Leonard. Robert non mancò d’accorgersene e l’indignazione lo rese incapace di trattenersi oltre. Lui, di solito così calmo e misurato, sembrava diventato una furia. Stringendo la mascella e con gli occhi  balenanti di colera, gli si rivolse brusco:

- Smettila di fare lo stupido con mia moglie. Bada, Leonard,  è l’ultima volta che te lo dico!

L’altro lo guardò stupito. Non si aspettava una simile reazione da un tipo come Robert, uno che si teneva tutto con la massima mansuetudine, ma era troppo meschino per ammettere di aver sbagliato e chiedergli scusa.

- Dai, cosa faccio di male! Non vedi come a tua moglie fa piacere un po’ di garbato corteggiamento? -  continuò a provocarlo - E poi, scusa, ma dovresti essere contento se la sto mettendo alla prova. In che modo potresti essere certo della sua fedeltà se non ci fossi almeno io a tentarla?

Visto che l’altro non gli rispondeva e continuava solo a guardarlo con un’espressione decisamente poco amichevole, cercò l’aiuto del dottor Hopkins che intanto aveva continuato a gustarsi in tutta calma il buon arrosto di maiale preparato dalla padrona di casa. Leonard  era sicuro che lo zio, con la sua solita ironia e la sua esperienza, l’avrebbe in qualche modo tratto d’impaccio, per cui gli chiese, fingendo lo scherzo e quasi porgendogli la battuta:

- In questo paese non c’è uno straccio di uomo ad un certo livello sociale! Allora non è un bene che sia arrivato un rubacuori come me a mettere alla prova una giovane mogliettina? Non è così,  Sean?

Lo scozzese si pulì le labbra nel tovagliolo poi tracannò un generoso bicchiere di Cannonau e solo dopo aver socchiuso gli occhi in segno di gradimento per quel delizioso vino tenuto in serbo appositamente per lui da Barbara, rispose calmissimo, posando con delicatezza il bicchiere:

- Certamente, Leonard, hai ragione. Però anche tu dovresti essere contento: come fai a capire se sei davvero un rubacuori se non c’è un marito che minaccia di spaccarti la faccia?

- Già, perché io te la spacco sul serio se non la smetti di fare il cascamorto con lei – soggiunse Robert un po’ più calmo ma molto determinato a non lasciar correre la cosa.

L’affascinante giovanotto lo guardò sprezzante.

- Non ti smentisci mai: sei solo un rozzo minatore gallese!

- Sarà, ma tu stai lontano dalla mia Barbara!

L’ingresso di quest’ultima, sorridente e con un vassoio di dolci fatti con le sue mani, pose termine allo spiacevole alterco, ma il marito notò lo stesso con quanta amabilità li metteva nel piatto al giovane ospite dicendogli:

- Vedrai come sono buoni, Leonard. Questi sono i dolci preferiti da Sean. Non è così, dottore?

Sentendosi chiamato a testimoniare sulla loro bontà, il medico  le fece un amabilissimo sorriso ed annuì.

- Io li trovo deliziosi! Grazie, non pensavo ti  ricordassi di quanto mi piacciono.

- Certo che me ne ricordo – sussurrò la donna quasi timidamente e si sedette di nuovo a tavola, bella e serena come il marito non l’aveva mai vista.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Oramai il pensiero che Barbara potesse essere attratta da quel bellimbusto di Leonard aveva tolto a Robert la pace. Nemmeno per un momento aveva temuto di doverla dividere con un altro e la sola idea lo faceva imbestialire. Se ne chiedeva il motivo, ma non era disposto ad ammettere che si trattava di pura e semplice gelosia.  Se il loro non fosse stato solo un matrimonio formale, forse gliene avrebbe parlato, magari le avrebbe fatto anche una scenata, ma non osava rivelarle quanta sofferenza gli provocava vederla desiderata  da un altro uomo. In ogni modo, se Barbara era davvero una donna onesta, non avrebbe ceduto alle lusinghe di quello stupido. Capiva però di doverle stare molto vicino e di dover cercare di migliorare anche i loro strani rapporti, trovando finalmente il coraggio di dirle ciò che provava per lei.

Poco prima della festività dei santi Pietro e Paolo, approfittando di una tranquilla serata in cui si stavano trattenendo in salotto aspettando che il caldo diminuisse un po’ prima di andare a dormire, le fece la proposta di trascorrere di nuovo la giornata di festa a Carloforte, come avevano fatto l’anno precedente.

- Sei pazzo? – l’apostrofò lei.

- Perché? Ora Neve a mezzogiorno mangia la pappa e potremmo avere quasi tutto il giorno per noi.

- Non dicevo per questo. C’è una festa a casa Bradley in quella data.

- Io non ne so nulla. Chi te l’ha detto?

- Me l’ha detto Leonard. Anzi mi ha chiesto anche se lui e Sean potevano venire a dormire qui da noi per un paio di notti perché ci saranno molti ospiti a Villa Margherita e le loro stanze serviranno. Ho detto di sì, naturalmente. Cederò a loro due la mia camera ed io dormirò con Neve in quella di Charles.

A sentire il nome del presunto rivale, l’uomo strinse forte i pugni per celare la rabbia.

- E quando l’hai visto? – si informò con la voce dura. Cominciava a sospettare che sua moglie stesse oramai approfittando della libertà di movimento di cui aveva sempre goduto.

- Ieri. Sono andata in paese e l’ho incontrato. Lady Margaret, adesso che ha smesso il lutto per la nipote, ha deciso di festeggiare l’onomastico di sir Paul così come si usa da noi. Ha invitato i direttori delle miniere di tutta la Società  ed anche qualche altro proprietario dei dintorni. Ci dovrebbe essere pure quel giovane che conoscemmo l’anno scorso a Cagliari, come si chiamava?

Robert non si prese neanche la cura di risponderle e le disse, assai ironico:

- Strano, avevi giurato di non andare più a casa dei Bradley invece ho notato che negli ultimi tempi addirittura ti precipiti non appena riceviamo un loro invito. Per caso c’è qualcosa o qualcuno che ti attira lì in modo particolare adesso? 

La donna divenne rossa come il fuoco e quasi balbettò, giustificandosi:

- C’è una festa ed io, che non vado mai da nessuna parte, ne sono contenta, tutto qui. E poi potrei indossare l’abito nero che mi feci cucire dalle sorelle Poma. Mi farebbe piacere metterlo ancora una volta prima di vederlo rovinarsi nell’armadio.

Robert, infastidito da simili scuse, stava per uscire dalla stanza, ma poi volse il capo, guardandola con un’espressione piuttosto corrucciata.

- Ho capito, - le disse beffardo – visto  che non fai mai nulla, speri di incontrare alla festa chi ti possa offrire qualcosa che t’interessa, non è così?

Rimase fermo a guardarla di su la spalla. Aveva tagliato corti i capelli scoprendo così  il collo largo e la nuca perfetta. Per la lunga permanenza all’aria aperta aveva il viso abbronzato e su di esso gli occhi, intensi e magnifici con quello sguardo accigliato, risaltavano ancora di più. Barbara si sentì molto turbata sia dal suo aspetto attraente che dalla sua domanda. Arrossendo ancora, distolse lo sguardo senza rispondere.

 

Per tutta la prima parte della festa Robert non tolse gli occhi di dosso alla moglie. Ancora una volta la trovava molto seducente con quell’abito da sera e gli sembrava che tutti la guardassero. La vide ballare con Leonard molto contenta, ma non più di quanto non lo fosse danzando con sir Paul, quella sera allegro e galante come un giovanotto, con Sean o con gli altri cavalieri che la invitavano di continuo. Un po’ tranquillizzato da ciò, si lasciò coinvolgere da alcuni colleghi  in un argomento di suo grande interesse: la nascita della Federazione dei Minatori che proprio in quel periodo stava cominciando a dare filo da torcere ai proprietari delle miniere con le prime rivendicazioni, alcune delle quali lui stesso trovava sacrosante. Così, per il resto della serata, si dimenticò un po’ della gelosia.

Parecchi ospiti si sarebbero trattenuti a Villa Margherita, ma altri sarebbero tornati nei paesini più vicini la sera stessa. In considerazione delle strade piuttosto disagevoli, la festa cominciò a spopolarsi abbastanza presto. Fu a quel punto che Robert cercò di nuovo la moglie e si sentì avvampare quando la vide seduta al piano insieme a Leonard che le stava insegnando a suonare un motivetto con un dito solo. Le teneva la mano tra le sue e gliela muoveva sui tasti mentre lei rideva divertita, mostrando di ignorare non solo lo sguardo appassionato del suo ammiratore, ma anche quello arcigno di lady Margaret che li osservava severamente da dietro il monocolo.

Si avvicinò a loro e con tono molto secco apostrofò la donna:

- Ti sei dimenticata che devi dare latte a tua figlia? Muoviti, è tardissimo.

Irritata da quel tono autoritario, Barbara lo guardò fiera,  mentre il riso le si raggelava sul volto.

- Sono una madre snaturata, non è vero? Meno male che ci sei tu a ricordarmi i miei doveri! – gli disse piena di sarcasmo poi, rivolta al giovane, aggiunse con molta gentilezza  - Senti Leonard, ora vado ad avvisare Sean, così torniamo insieme a Villa Bianca. Oramai se ne stanno andando quasi tutti e come vedi mio marito mi sta rammentando che dobbiamo farlo anche noi. Ti va di venire via adesso?

Incapace di sopportare oltre la scena disgustosa, Robert volse loro le spalle ma fece in tempo a sentire il bellimbusto  risponderle in un tono molto insinuante ed a bassa voce:

- Certamente vengo via con te! Se vai via tu non ho più motivo di restare qui.

 

Appena arrivati a casa, mostrarono agli ospiti la stanza. Notando il letto matrimoniale, Leonard fece qualche commento scherzoso sul fatto che avrebbe preferito dividerlo con qualcun’altro anziché con Sean che intanto si stava accendendo la pipa.

- No, Sean, per piacere – lo fermò Barbara -  la tua pipa, ed ancor peggio il sigaro di Robert, stanno ammorbando tutta la stanza! Andatevene in giardino a fumare voi due! Io devo correre da Maria Neve.

Costretti dal suo tono imperioso ad ubbidire, i due uomini se ne andarono in giardino e si sedettero accanto al tavolo sotto al pino.

Il profumo della pianta era quasi inebriante e nemmeno la puzza del fumo riusciva a coprirlo. Attorno alle lanterne accese, volavano miriadi di insetti e nella notte calma si sentiva soltanto il loro ronzio. Preoccupato dall’aspetto torvo del giovane e dal suo silenzio, Sean lo invogliò a parlare.

- Cos’hai, ti vedo strano stasera, ancora quell’assurda gelosia? – gli chiese. -  Guarda che Leonard  è tutto fumo e niente arrosto: è troppo vigliacco per tentare un approccio più concreto con tua moglie e se anche fa un po’ il ganimede, è del tutto innocuo.

- Questo lo so, anche se mi dà fastidio lo stesso. Ma è il comportamento di lei che mi fa imbestialire ed a volte la prenderei a schiaffi!

- Non dirai sul serio spero. In fondo Barbara è una donna e, da che mondo è mondo, alle donne fa piacere essere corteggiate.

- È una donna sposata, non una zitelluccia in cerca di marito, ha dato una parola!

- Sposata? – osservò calmo lo scozzese dopo aver acceso di nuovo la pipa che si era spenta – Io sapevo che più che un matrimonio voi due avevate fatto un patto: lei ti ha promesso di occuparsi di te, della tua casa e dei tuoi figli e non mi sembra stia mancando alla parola data.

- Smettila, Sean, non fare lo stupido, sai benissimo cosa voglio dire. Non voglio finire sulla bocca di tutti per i suoi amori!

Nell’udire queste parole, l’altro si arrabbiò addirittura.

- È solo questo il motivo? Per questo vorresti che una donna giovane, bella e piena di vita rinunci ad amare? Perché potrebbero sparlare di voi?

- Certo, lo deve fare! Non lo sto facendo anch’io forse? Lei da me lo pretende. Non vedesti  anche tu quale fu la sua reazione all’assurdo pensiero che io potessi avere per amante Rosa Barone? Io non l’ho mai tradita. Una sola volta, in un periodo in cui stavo molto male perché averla accanto e dovermi trattenere mi stava quasi portando alla pazzia, andai con una prostituta, ma quando lei lo venne a sapere me ne vergognai talmente tanto che mi sono persino astenuto dagli amori mercenari per quanto sfogarmi così, di tanto in tanto e senza nessuna implicazione sentimentale, mi aiutava a sopportare la mia situazione.

- Ammirevole: ti sei votato alla castità a soli trentacinque anni e ci sei pure riuscito! È una scelta come un’altra ma almeno così puoi aspirare alla santità – osservò l’altro seguendo con gli occhi una nuvoletta di fumo e non senza una nota di scherno nella voce.

Cogliendola, il giovane sospirò:

- Non prendermi in giro! Neanche immagini la fatica che mi costa trattenermi con lei, ma è giusto così, è mia moglie ed ho promesso di rispettarla.   

Sean si voltò a guardarlo e nei suoi occhi brillava la malizia.

- Una promessa molto stupida, se me lo consenti. Non solo per te, ma soprattutto per Barbara la quale più che un marito che la rispetta potrebbe volere un uomo che le faccia  fare anche un po’ di sano e piacevole sesso. È una cosa naturale, non puoi biasimarla per questo e neanche  pretendere la sua fedeltà se le si presenta l’occasione.

Infuriato, Robert gli disse alzando la voce:

- È naturale che io lo pretenda invece!

- No, è da ottusi. Sarebbe molto meglio se ognuno di voi vivesse la sua vita, tanto, cosa vi togliete l’uno all’altra se neanche vi amate?

Il giovane restò molto sconcertato da quella provocazione. Sapeva di essere sconvolto solo dalla gelosia ma stava per replicare di non ammettere simili depravazioni semplicemente per ragioni morali, quando vide Barbara avvicinarsi. Si era tolta l’abito da sera ed indossava una vestaglia leggera la cui scollatura teneva pudicamente chiusa con una mano mentre con l’altra reggeva una bugia con la candela. Aveva i capelli sciolti sulle spalle fermati da un nastro bianco ed era, come sempre, assai graziosa. Si avvicinò sorridendo molto dolcemente.

- Sono venuta ad accertarmi che non ti mancasse nulla – disse rivolta all’ospite – Ho messo il tuo borsone nel salottino accanto alla camera così potrai spogliarti lì e ti ho portato una candela perché mi è parso che Leonard abbia già spento la luce. Vado a letto anch’io, ma se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiamarmi, sono nella stanza accanto con i bambini.

- Grazie, sei molto premurosa – la  ringraziò l’uomo, ammirato dai suoi modi amabili.

Il cervello di Robert invece fu attraversato da un lampo di timore al pensiero che anche Leonard avrebbe potuto raggiungerla semplicemente aprendo una porta. Spaventato dal fatto che se ne stesse andando a dormire da sola, ad un passo dal suo rivale, la richiamò per chiederle:

- Hai chiuso  a chiave la porta di comunicazione?

Lei si voltò a guardarlo stupita da tanta agitazione.

 - Perché? – gli domandò.

L’uomo ebbe paura di aver fatto trapelare i suoi meschini sospetti così si affrettò a trovare la prima scusa che gli veniva in mente:

- Perché Sean lo sa che non dormiamo insieme e che tu sei nella stanza dei bambini, ma Leonard no. Potrebbe venirgli lo schiribizzo di entrare e mi seccherebbe se ti vedesse lì, capirebbe che c’è qualcosa di anomalo. Non mi va, lo sai.

La donna fece un sorrisetto amaro e commentò:

- Non ti preoccupare, ingegnere, l’ho chiusa, il nostro sconvolgente segreto è al sicuro. Va tutto bene, è tutto sotto controllo.

Sean, il quale sapeva la vera natura della preoccupazione di Robert, decise di tranquillizzarlo ritirandosi anche lui nella stanza che avrebbe diviso con Leonard. Dopo aver spento la pipa, si dichiarò molto stanco della giornata e seguì la donna, non senza aver prima lanciato uno sguardo all’amico. Intanto pensava che invece per il giovane ingegnere non c’era nulla sotto controllo, soprattutto i confusi sentimenti che gli si agitavano nell’animo e si rispecchiavano nei suoi occhi inquieti.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

Fortunatamente Leonard fu mandato dallo zio a fare un po’ di esperienza anche in qualche altra miniera nelle vicinanze e Robert poté respirare un po’. Aveva sperato di riprendere le belle serate in compagnia del solo Sean, serate durante le quali la moglie, incoraggiata da quest’ultimo, si lasciava andare in tutta calma e semplicità. Purtroppo l’amico era molto indaffarato in quel periodo perché aveva fatto venire anche un nuovo medico da Cagliari e stava terminando di organizzare l’ospedale.

Finalmente aveva accettato il loro invito per un mercoledì sera di metà luglio, ma si era fatto tardi e non era ancora arrivato. Robert aveva invitato Barbara a mettere in tavola sospettando che non sarebbe venuto più, ma lei si era rifiutata di fare all’amico una scortesia simile ed aveva preferito mettere nel frattempo i bambini a letto.

Verso le nove di sera, il loro ospite arrivò tutto trafelato, scusandosi perché era stato trattenuto. Per tutta la durata della cena parlarono solo dell’ospedale e Sean non nascose la sua soddisfazione per essere riuscito a creare una struttura così efficiente in un posto tanto sperduto. Subito dopo aver finito di mangiare però, rendendosi conto dell’ora tarda e vedendo la povera Nunzia che sbadigliava, cercò di prendere congedo.

- Neanche per sogno – si ribellò Barbara – Nunzietta può benissimo andarsene a letto, ma noi non abbiamo ancora sonno. Non è così Robert?

L’uomo confermò e invitò il dottor Hopkins ad accomodarsi in salotto dove gli avrebbe offerto un bicchiere di un buon whisky scozzese che gli era appena arrivato.

Poco dopo, mentre se ne stava in piedi alle spalle dell’amico, Robert si soffermò a guardare Barbara che si era accomodata su una poltrona di fronte a loro. Era molto carina anche perché si era del tutto ripresa dal deperimento di qualche tempo prima. Indossava un abitino nuovo di mussola bianca a fiorellini rossi che le aveva cucito Olga Ferri. Dallo scollo quadrato le sbucavano il petto rigoglioso e la gola candida, mentre la linea delle braccia e delle spalle era messa in risalto dalle maniche che partivano a sbuffo per poi diventare aderenti fino ai polsi. Al collo aveva il suo inseparabile crocifisso di corallo che faceva pendant con due piccoli orecchini, anch’essi di corallo, che le aveva regalato proprio il dottor Hopkins. Tra sé e sé, l’ingegnere pensò che davvero la bellezza di sua moglie era sprecata ad Ingurtosu e si chiese per quanto tempo ancora lei avrebbe resistito alle avances del suo rivale. Era così assorto nei propri pensieri da  non  prestare attenzione alla conversazione che si stava intanto svolgendo tra i due.

- Vorrei andare a Vienna – stava dicendo Sean – C’è un professore che insegna all’Università che ha pubblicato un lavoro davvero interessante: L’interpretazione dei sogni. Si chiama Sigmund Freud. Sostiene che il conflitto tra l’inconscio,  dove vengono relegati tutti desideri, le pulsioni e le paure dell’uomo e la sua coscienza, che invece li nasconde non arrivando ad accettarli,  crea molte patologie e comportamenti anomali. Mi piacerebbe molto seguire le sue lezioni ed approfondire con lui questa nuova scienza. Sono convinto che un bravo medico debba saper curare anche l’anima e non soltanto il corpo perché questo spesso si ammala di conseguenza.

Barbara lo stava guardando ammirata con gli occhi scintillanti.

- Mio Dio, la pensi esattamente come mio padre! – gli disse - Anche lui era un medico eccezionale come te e chissà quanto gli sarebbe piaciuto poter fare simili esperienze. Ma con l’ospedale come farai?

- L’ospedale? È già perfettamente avviato, mia cara. Sono convinto che faranno grandi cose anche senza di me.

- Sul serio hai deciso di andar via? – gli chiese Robert, intervenendo rammaricato.

- Non subito,  ma lo farò senz’altro. D’altronde io non mi trattengo mai a lungo in un posto, l’ho fatto solo una volta in vita mia, ma avevo un valido motivo.

- Davvero? E quale? – gli chiese la giovane.

Sean si abbandonò ad uno dei suoi simpatici sorrisi tutto fossette e con un lampo di malizia, ammise:

- Ero innamorato…

Vedendo la donna corrugare la fronte perplessa,  aggiunse:

 – Fu qualche anno dopo la morte di mia moglie. Lei si chiamava Francesca ed era bella e luminosa come il sole della sua Toscana.

- Era un’italiana allora, ecco perché parli così bene la lingua – osservò l’amico.

- Sì, sono stato cinque anni a Firenze a causa sua. L’amavo sul serio.

- E perché non l’hai sposata? – gli chiese Barbara.

- Perché era già sposata.

A sentire queste parole Robert sobbalzò come se fosse stato punto dal pungiglione di un’ape.

- Allora è meglio che ci risparmi i dettagli. Dovresti vergognarti di ammettere così candidamente di aver avuto una relazione con una donna maritata.

- Vergognarmi del nostro amore? Mai! Dovrebbero vergognarsi piuttosto i suoi familiari che la costrinsero a fare un matrimonio di opportunità a soli sedici anni!

La donna si agitò sulla sedia ed  intervenne:

- Bravo! La penso come te.

- Barbara, mi meraviglio di te! Come fai a giustificare un simile comportamento? Quando si era sposata quella donna aveva espresso anche la sua volontà e non è affatto giusto dimenticarselo – la rimproverò il marito.

- Sì, la volontà! – ribatté lei ironica - Mia nipote Carolina  ha potuto esprimerla  che ti risulti?

Sean non aspettò che Robert le rispondesse e continuò, ormai lanciato nelle sue confidenze:

- In ogni modo il nostro fu un sentimento pulito e bellissimo, non credo che facessimo male a nessuno, nemmeno al marito che, passato il primo entusiasmo, aveva finito per trascurarla moltissimo. Francesca trovò in me non soltanto un amante, ma  un amico sincero ed un confidente. Io, grazie a lei, trovai la forza di capire che la mia vita non era finita e potevo ancora aspettarmi momenti di felicità.

- Perché te ne andasti da Firenze allora? – gli chiese la ragazza.

- Dovetti farlo. Ad un certo punto quella situazione fatta di sotterfugi e di gioie rubate cominciò a starmi stretta. Naturalmente le chiesi di venire con me, ma lei non se la sentì.

- Mio Dio, si comportò proprio da vigliacca! Si vede che non ti amava abbastanza.

- No, non dire così. Francesca mi amava moltissimo, lo so, solo non trovò il coraggio di lasciare i figli, la famiglia e la  vita di sempre. È difficile fare simili scelte per amore.

- Sciocchezze - protestò lei – quando si ama non si pensa a nulla di tutto ciò.

- Non è vero, a volte è più difficile decidere con i sentimenti che con la ragione. In amore non c’è nessuna certezza, è come fare un salto nel buio mettendo la propria esistenza nelle mani di un altro: non sai se continuerà ad amarti così come giura di fare e nemmeno sai se continuerai a farlo tu. Il domani ti attrae con le sue promesse, ma ti spaventa anche ed a volte preferisci non rischiare, pur sapendo che i tuoi giorni futuri saranno  grigi ed uguali. Ma almeno saranno tutti perfettamente prevedibili.

Di colpo Sean s’interruppe fissando l’ingresso della stanza perché sotto l’uscio era apparso Charles. Indossava una camicina da notte, aveva i riccioli tutti scompigliati, si strofinava gli occhietti lacrimosi con le manine e piangeva a singhiozzi. Robert corse a prenderlo tra le braccia. Tenendolo stretto e con tutta la consueta dolcezza, gli chiese cosa fosse accaduto. Tra le lacrime il bimbo gli confidò di aver fatto un brutto sogno.

- Thunder era “sch…sch..appato” e Giosuè gli correva dietro – raccontò storpiando la parola “scappato”– ed allora lui è entrato nel pollaio ed ha calpestato tutte le gallinelle sotto le zampe.

I tre adulti sorrisero al sogno “spaventoso” di un bimbo di tre anni e Barbara gli si avvicinò per pulirgli il nasino mentre Robert gli diceva:

- Ma no, tesoro, Thunder se ne sta buono buono nella stalla e le gallinelle stanno dormendo tranquille nel pollaio. Non aver paura.

A vedere la donna venirgli accanto, il piccolo le si lanciò in braccio, chiamando ”mamma, mammina!”. Lei lo accolse con grande tenerezza.

- Portalo a letto, cara, fallo riaddormentare – la invitò il marito. Ma Barbara protestò:

- Stavo parlando con Sean!

- Lo farei io, ma lui vuole te, non vedi?

- Non ti preoccupare, so io come tranquillizzarlo.

La giovane tornò a sedersi sulla poltrona e mise il bambino a cavalcioni sulle ginocchia. Lui adagiò  la testina sul suo seno e le circondò la vita con le braccia. Allora Barbara fece una cosa un po’ strana, ma probabilmente abituale tra loro due. Togliendosi le forcine, si sciolse i lunghi capelli che le ricaddero morbidi e puliti in una bruna cascata sulle spalle. Come ad un segnale convenuto, Charles, pur rimanendo poggiato al suo petto, infilò la manina tra i riccioli della madre e cominciò a giocare con essi, attorcigliandoseli tra le dita come se fossero una cosa viva. Dopo un po’ un’espressione di assoluta beatitudine gli apparve sul visino e ascoltando le voci tranquille degli adulti, pian piano si rilassò fino ad addormentarsi di nuovo.

Sul volto di Robert intanto era apparsa un’espressione strana che Barbara preferì ignorare. Continuando a carezzare con un tenero gesto della mano la schiena del piccolo, riprese a parlare con Sean che era rimasto ad osservare la scena assai intenerito.

Il giovane ingegnere aveva cambiato espressione perché aveva avvertito una sensazione talmente assurda da farlo avvampare di emozione. Aveva condiviso per una strana empatia ciò che il figlio stava provando in quel momento tra le braccia di Barbara, aveva avvertito la morbidezza del suo seno, annusato il suo odore, affondato le mani nella seta dei suoi capelli. Ad un certo punto ne fu talmente sconvolto che dovette girarsi. Desiderava quella donna, ma il suo non era un semplice desiderio sessuale, era la voglia di perdersi nella sua dolce femminilità, di trovare tra le sue braccia rifugio e consolazione e provare la dolcezza fisica del suo morbido contatto proprio come stava facendo il bambino.  Solo in quel momento si rese conto di quanto la amasse ed ancora di più ebbe paura perché, come aveva saggiamente detto Sean solo pochi minuti prima, lui avvertiva l’amore come un burrone profondo dove poteva precipitare senza nessuna possibilità di appiglio.

 

Più tardi, mentre stavano accompagnando alla porta l’amico che aveva preso congedo, tolse dalle braccia della moglie il bambino addormentato.

- Dallo a me – le disse - lui è grosso e pesa e tu hai quel dolore al petto di cui ti lamentavi i giorni scorsi. Anzi, perché non ne hai parlato con Sean?

Questi le chiese subito cosa si sentisse, ma Barbara, con un sorriso amabile, gli rispose:

- Nulla che non si possa rimandare ad una visita in ospedale. Rammento che mio padre detestava coloro i quali lo invitavano a casa e poi approfittavano dell’occasione per parlargli dei loro malanni. S’innervosiva moltissimo e diceva che a volte anche ad un medico fa piacere fare solo l’ospite come a tutti quanti gli altri.

Sean sorrise.

- Tuo padre doveva essere una persona davvero in gamba. Comunque domani non mancare di venire in ospedale. Sarò lì tutta la mattina e così vedremo da dove viene questo dolore per il quale tuo marito si preoccupa tanto.

Quando fu uscito, i coniugi Forrest si avviarono su per le scale verso la stanza di Charles per metterlo a letto.

- Ci pensi tu per favore, Robert? Io devo dare latte a Neve - gli chiese la donna con gentilezza mentre si apriva già i bottoncini del vestito.

- Sì, certo.

- Hai visto però come si è addormentato subito? – gli chiese un po’ incerta se continuare a parlare o no, ma poi, incoraggiata dal suo silenzio, aggiunse – Scusami, forse ti ha dato fastidio vedermi sciogliere i capelli. Hai fatto una faccia! Però devi capire che non c’è nulla di male. Charles si rilassa moltissimo quando me li tocca, lo sai, un po’ come fa Maria Neve quando tu le canti le canzoncine. Chissà cosa passa in quelle loro testoline!

Adagiando pianissimo il piccolo nel lettino, Robert ancora non disse nulla, però, perlomeno in quel caso, lo aveva capito benissimo cosa fosse passato nella testolina dell’amato Charles.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

Vestita elegantemente e per nulla preoccupata del doloretto che da qualche giorno sentiva all’altezza del petto, Barbara si presentò la mattina dopo in ospedale. La ricevette il dottor O’Connor offrendosi di visitarla subito, ma la donna gli disse sinceramente che preferiva farsi vedere da Hopkins. Dovette aspettare non poco, ma infine il suo amico arrivò. Scusandosi per averla fatta attendere, la condusse in uno studietto, invitandola a sedersi sul lettino.

Intanto le raccontava:

- Il dottor Vargas sta prendendo confidenza con gli ammalati ed ho dovuto accompagnarlo nel suo giro. Lo sai che dopo un primo momento in cui non veniva quasi nessuno adesso siamo al completo? Non so come mai  hanno vinto all’improvviso la loro diffidenza, ma forse è stato per Bernardi perché, da quando ha incominciato a raccomandarci, i pazienti stanno arrivando più numerosi. Comunque ritengo che tre medici e cinque infermieri possano bastare.

- Quattro medici! Ci sei anche tu, no? – lo corresse lei mentre  preparava il petto per la visita slacciandosi il corpetto e scostando un po’ la sottoveste.

- No, saranno in  tre, io sto per andar via. Dove ti fa male?

- Qui, a volte il dolore s’irradia  fino al braccio.

Gli indicò il punto dolente, ma sembrava più interessata alla loro conversazione che alla visita.

- Non avevi detto che ci voleva ancora tempo per andartene? - gli chiese ancora.

- Già, lo pensavo, però proprio stamattina ho avuto una lettera d’invito da un mio amico di Vienna il quale conosce il professor Freud ed ha promesso di presentarmelo. E così a fine mese me ne vado.

Tacque ed appoggiato lo stetoscopio sul petto di lei ne auscultò il battito cardiaco. Si scostò subito con un sussulto: le aveva sentito il cuore battere all’impazzata e ne era rimasto stupito e preoccupato.

La donna non gli lasciò il tempo di pensare e, approfittando del fatto che fosse ancora chino su di lei, gli afferrò il viso tra le mani e lo costrinse a guardarla.

- Non andartene, Sean, ti prego, non mi lasciare! – gli sussurrò con il volto inondato di rossore.

L’uomo si sentì  salire il sangue alla testa e si drizzò subito, liberandosi dalle sue mani. Ma Barbara non si arrese, gli afferrò i baveri del camice bianco e sollevando la faccia verso di lui, lo implorò guardandolo intensamente:

- Io ti amo. Ti scongiuro, non lasciarmi sola!

Era stupenda in quel momento: gli occhi di ambra brillavano tra le lacrime e le labbra piene tremavano, trattenendo il pianto. Solamente allora Sean intuì quanto in realtà quella giovane donna lo avesse sempre attratto. Ebbe voglia di stringere forte tra le braccia il suo corpo delizioso  e di appoggiare la bocca sulla sua, così fremente e bella, che gli si offriva dolcissima. Ma fu solo un breve istante. Immediatamente si riscosse e parlando più a se stesso che a lei, le disse:

- E a Robert non ci pensi?

La donna girò il volto, senza però togliere le mani dalle sue spalle.

- Per lui non sono niente - sussurrò – nemmeno mi considera una donna!

- Non è vero!

- Sì che lo è. Non ti nascondo di averlo amato e mi sono anche illusa per tanto tempo che potesse farlo pure lui. Purtroppo ho capito a mie spese che era una cosa impossibile. Robert è buono, è un ottimo padre e un uomo molto onesto, però te lo ripeto, a lui basta che mi occupi della casa e dei figli, che non gli dia fastidio con il mio caratteraccio e che lo lasci in pace a crogiolarsi nel ricordo di sua moglie.

- È molto legato a te e soffrirebbe moltissimo se tu lo abbandonassi.

- Ma io non voglio lasciarlo! – protestò lei guardandolo di nuovo in viso.

- Mi sembrava averti sentito dire che ami me. Cos’è, ci vuoi tutti e due?

Sean sorrideva adesso perché ancora una volta provava ad usare la consueta ironia per sdrammatizzare la situazione, ma non ci riuscì perché la giovane era quasi fuori di sé.

- Sì, ti amo. È grazie a te se ho ritrovato la gioia di vivere e la serenità, è soltanto con la speranza di rivederti che tiro avanti. Se tu te ne vai, sarò perduta. Resta, ti prego, ti farò felice e a Robert non toglieremmo nulla.

- Mi stai proponendo di diventare il tuo amante dunque? – osservò Sean corrugando la fronte con un’ombra di disappunto.

- Non sarebbe certo la prima volta per te!

Barbara era stata molto audace a dargli una simile risposta per cui  abbassò vergognosa gli occhi.

- Ma lo sai che ho sessant’anni? Potrei essere tuo padre, non certo il tuo amante. Dovevi rivolgerti ad una persona più giovane per una cosa del genere, non a me. Tra l’altro non vedo come tu possa sentirti attratta fisicamente da me. Non lo vedi che sono già vecchio?

- Attrazione? No caro, per ben due volte mi sono lasciata trasportare dall’attrazione fisica e per ben due volte ne ho soltanto sofferto. Da quando ti conosco, invece, so cos’è l’amore e non me ne importa più niente di quelle cose. A me basta solo che tu mi stia vicino  perché persino la tua sola presenza riesce a darmi fiducia e sicurezza. Non posso perderti. Se te ne vai, tornerà tutto nell’oscurità ed io non saprò più uscirne.

Era arrivata ad un punto tale da non riuscire più ad aggiungere nemmeno una parola. Se ne stava lì, con il capo chino ed il vestito ancora slacciato sotto lo sguardo di Sean che la fissava senza dir nulla.

- Rivestiti ora e vai via – la invitò dopo un poco in modo brusco,  passandosi una mano sul volto nello sforzo di riprendere il controllo.

Lei ubbidì in silenzio. Mentre stava per uscire dalla stanza però si voltò a guardarlo dritto negli occhi.

- Mi stai mandando via eppure lo so che anche tu provi qualcosa per me. Non lo negare, te l’ho sempre letto in faccia. Forse ti trattieni dall’ammetterlo unicamente per rispetto a Robert. Ti ripeto però, lui non ne soffrirà perché non mi ama. Comunque io non sono una vigliacca, sono disposta a fare tutto ciò che vorrai. Metterò la mia vita nelle tue mani se è necessario. Tu, ne sono certa,  non farai come lui, non la getterai via come una cosa che non ti serve. Quante volte me l’ hai detto: non è giusto sprecare il tempo che ci è stato dato e le cose belle riservateci dall’ esistenza. Noi due potremmo essere davvero felici insieme e ti chiedo soltanto di pensarci un po’ e poi di riparlarne ancora.

Il dottor Hopkins non osava guardarla per paura di non trovare il coraggio di mandarla via. Solo con un enorme sforzo riuscì a vederla allontanarsi senza richiamarla. Dopo si sedette dietro la scrivania restando a tormentarsi la barba, pensieroso ed affranto.

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BOOOOOMMMMM! Ed eccovi arrivata la bordata e di quelle belle pesanti pure! Dite un po’, ve lo aspettavate che Barbara si sarebbe presa una scuffia  non per il fascinoso Leonard ma per l’attempato Sean? Ma sarà vero amore il suo? Ed il medico scozzese che, per sua stessa ammissione, non è mai stato restio a lasciarsi travolgere dalla seduzione femminile e dai richiami del cuore, vorrà intavolare con lei una nuova liason?  E Robert si renderà conto che il suo vero rivale non è lo spocchioso nipote dei Bradley ma un uomo la cui esperienza  e charme compensano ampiamente l’età matura? Insomma, che succederà adesso?

 Vi prometto che dal prossimo capitolo la matassa comincerà già a dipanarsi ma dovrete attendere il prossimo aggiornamento che probabilmente  stavolta, per ragioni di forza maggiore , non potrò mettere domani, ma che arriverà puntuale al massimo lunedì prossimo.

Nel frattempo potreste commentare voi i nuovi sviluppi e mi interesserebbe molto sapere le vostre reazioni. Insomma, quelle delle nane e di Cricri già le conosco: fuoco e fulmini sulla mia già sfortunata protagonista. Però, ragazze, pensateci un momento: il santo Robert che passa il tempo a tener fede a promesse assurde, tra incertezze sull’amore e seghe mentali varie, senza accorgersi che ha accanto una donna che chiede solo di essere amata non vi pare che se la sia un po’ meritata?

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


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Eccomi dunque tornata e devo dire che sono stata davvero contenta di trovare le vostre opinioni in merito allo strano innamoramento della mia protagonista che vi ho raccontato nel capitolo precedente. Devo dire che siete state  tutte splendide ad aver commentato con tanta esattezza,profondità e partecipazione e vi ringrazio per questo splendido regalo che avete voluto farmi. C’è stato il lungo e commovente commento di Faith (che quando si deciderà a pubblicare qualcosa di suo sarà sempre troppo tardi)  e quello di Arte, che come al solito riesce a comprendere le mie storie con tanta empatia che quasi potrebbe portarle avanti lei. E poi Reader il cui complimento mi ha fatto un piacere immenso perché viene da lei, maestra nelle tecniche narrative e Tartis, equilibrata e solida  nei giudizi ed infine la reazione spontanea e viscerale di Cricri e di Vale e Lucy (tranquille, piccine, la promessa di una storia più soft sarà mantenuta e troverò il modo di farmi perdonare, passata la bufera,  in tanti prossimi capitoli romantici e sereni).
Come mi aspettavo, alcune di voi hanno capito Barbara, altre si sono arrabbiate. Forse sarebbe accaduto la stessa cosa se lei fosse stata una persona in carne ed ossa e voi foste state davvero sue amiche. Qualcuna l’avrebbe rimproverata ricordandole che ha una famiglia e che il maturo dottore potrebbe approfittare della sua debolezza anche senza provare l’amore vero che lei cerca. Magari l’avrebbe pure presa a parolacce e le avrebbe fatto notare  che, alla faccia di tutto il suo orgoglio,  quella dichiarazione d’amore è stata un po’ patetica. Qualcun'altra invece l’avrebbe sostenuta, forse perché sa che una donna delusa dall’uomo che ha amato è capace di troncare tutto, senza compromessi, senza ripensamenti, proprio per quel coraggio insito nell’animo femminile che porta spesso noi donne a lasciarci alle spalle le esperienze fallimentari e a rimetterci in gioco. Comunque, qualunque sia stata la vostra reazione, io ne sono felice perché volevo raccontarvi di esseri umani, di quelli che sbagliano, che non sono perfetti, che cadono in tentazione , che lottano per trovare,  nonostante tutte le proprie imperfezioni, la forza di andare avanti. E a quanto pare ci sono riuscita.

Vediamo allora come si incomincia a sbrogliare questa nuova matassa.


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Capitolo 12

 

 

Aveva passato un pomeriggio d’inferno ma a prima sera, mentre si recava  al Palazzo della Direzione fumando la sua inseparabile pipa, Sean Hopkins si sentiva l’animo rasserenato dalle decisioni  prese. Per tutte le ore appena trascorse si era interrogato sui suoi veri sentimenti, lucido ed analitico com’era abituato ad essere con sé e con gli altri. Alla fine la verità gli era apparsa chiara davanti agli occhi. Barbara lo attirava molto, di lei apprezzava lo spirito e la bellezza, ma soltanto la vanità di un vecchio stupido l’aveva portato a pensare anche per un solo attimo che la loro tenera amicizia potesse essere qualcosa di più. Le voleva bene, questo sì, ma il suo doveva continuare ad essere un affetto paterno come quello che provava per Robert. Entrambi gli facevano una pena infinita perché li vedeva smarriti e fragili e sentiva che il suo dovere era di aiutarli, non certo di approfittare della confusione che albergava nel loro animo.

Trovò il giovane ingegnere ancora a lavorare nella stanza di Aldo. Stava firmando delle lettere e quando lo vide entrare, lo guardò stupito e gli chiese il motivo dell’inaspettata visita.

- Devo parlarti – gli disse calmo, continuando a fumare.

Robert invece si mostrò subito molto agitato.

- È successo qualcosa? Si tratta di Barbara? Doveva venire da te a farsi visitare stamani …

- È venuta infatti.

- E allora cosa c’è? Le hai trovato qualcosa di grave forse?

- Sempre il solito ottimista tu, eh? – forte delle decisioni prese, Sean aveva ritrovato anche un po’ la voglia di scherzare per cui aggiunse – Non ti preoccupare, menagramo, non c’è nulla. Posso aspettare che tu abbia finito di lavorare. Intanto vado nella tua stanza e se conosco bene la tua natura di gallese ubriacone, mi servirò anche un buon bicchiere dello scotch che sicuramente devi avere nel cassetto della scrivania.

Robert non commentò nulla, ma si affrettò a concludere ciò che stava facendo e a raggiungerlo.

- Hai fatto già? – gli chiese il maturo medico con un sorriso mentre ancora si stava versando da bere – Cos’è, temevi che me lo sarei scolato tutto il tuo whisky?

- Ti prego Sean, non tenermi sulle spine, dimmi, cos’ è accaduto? – gli chiese l’altro ignorando del tutto il suo tono scherzoso.

- È successo che avevi ragione. Tua moglie si è innamorata.

In un moto di rabbia, l’ingegnere strinse i pugni e urlò pieno di sdegno:

- Lo dicevo io: Leonard!

- No, non di lui – lo corresse serafico il dottor Hopkins – di me.

- Cosa!? - chiese l’altro incredulo  – Ma come ti è venuta in mente una simile ipotesi?

- Non l’ho pensato io, me l’ha confessato lei stessa stamattina quando le ho detto che ho anticipato la partenza per Vienna.

- Forse hai capito male, forse avrà detto solo che vorrebbe venire con te, che questo posto oramai le sta stretto e che le piacerebbe vedere le grandi città europee. L’ha detto così tante volte!

Il poverino   cercava di trovare delle giustificazioni per non soffrire troppo, ma l’altro gli tolse ogni speranza.

- No, me l’ha detto chiaro e tondo: mi ama.

Al che Robert sbottò, pieno d’ira:

- Che gran….

- Non ti permettere di dire quella parola! – lo interruppe Sean, molto severamente.

- Ah no? E come dovrei definirla una donna senza pudore che si è gettata tra  le braccia di un uomo tanto più grande di età da poter essere suo padre?

- Perché, se fosse stato Leonard sarebbe stato diverso?

- Perlomeno l’avrei capita, così mi fa solo schifo, quella sgualdrina! Non glielo perdonerò mai!

Oramai il giovane era fuori di sé e Sean ne fu molto addolorato perché mostrava di non  riuscire a cogliere il senso delle cose dietro le apparenze. Decise di proposito di provocarlo.

- È una poco di buono? Non la vuoi più? -  gli disse con lo stesso tono - Ebbene, allora sappi che questo povero vecchio è ancora abbastanza pazzo ed incurante delle regole sociali per consentirsi di accettare dalla vita quest’ultimo regalo. Barbara è una donna meravigliosa ed anche se il suo per me  non è vero amore, non m’importa affatto. La porterò via e le offrirò tutto ciò che tu non hai voluto e non hai potuto darle. Forse un giorno si renderà conto di aver scambiato il desiderio di sicurezza  e la voglia di essere incoraggiata e protetta per qualcosa di più, ma forse allora le avrò saputo infondere  fiducia in se stessa e  serenità. Anche se tu pensi che si prenderà un vecchio scemo, non fa nulla. Non è la passione che cerca con me e quello che vuole io potrò darglielo a piene mani fino a quando avrò vita. Non come  te che non hai saputo fare altro che umiliarla ed avvilirla.

Robert era stato con il capo chino ad ascoltare l’amico e le sue parole l’avevano colpito come tanti schiaffi. Si girò verso la finestra e parlò quasi in un sussurro.

- Non portarmela via, ti prego, io ho bisogno di lei…

Approfittando subito dell’occasione, l’altro lo incalzò:

- Perché ne hai bisogno, perché vuoi evitare lo scandalo o  perché non sai a chi affidare i tuoi figli e la tua casa?

- Sì, per tutte queste cose – gli rispose.

Si voltò a guardarlo con  gli occhi che lasciavano trasparire un grande dolore e, vedendolo scuotere la testa in segno di disapprovazione, aggiunse quasi timidamente  - ...e perché l’amo da morire.

Era ciò che Sean voleva tirargli fuori.

- E allora diglielo, - lo rimproverò - cosa aspetti? Non vedi che stai rovinando la vostra vita facendo così?

- Cosa glielo dico a fare se oramai lei ama te!

- Ascolta Robert, la sera che mi facesti venire a casa tua perché temevi che Barbara si fosse avvelenata,  mi chiedesti un consiglio che io non fui in grado di darti perché non vi conoscevo.  Oggi non è più così. Vi ho visto insieme con i vostri figli, vi ho sentito parlare del vostro passato e delle vostre pene, so quanto siete fragili entrambi e bisognosi di affetto. Ora te lo posso dare quel consiglio che mi chiedevi. Sai cosa devi fare con lei? Devi solo amarla senza paura e farglielo sapere. Tua moglie ti ama anche lei, ne sono certo, ma l’avevi respinta ed ora ha bisogno di essere rassicurata per ricominciare a volerti bene  senza più timori. Provaci almeno, così può darsi che la smettiate di comportarvi da stupidi.

- Dici di conoscerla e non sai quanto è ostinata? Se si è messa in testa di volere te, adesso potrei riempirla d’amore e non mi vedrebbe nemmeno – osservò il giovane.

- Lo so ed è per questo che me n’andrò via già dopodomani. E poi ti confesso, – scherzò con un sorriso -  non so se saprei resistere: per quanto possa sembrarti strano, nonostante la mia veneranda età, sono ancora sensibile al fascino delle giovani donne belle ed intelligenti com’è tua moglie. Stai tranquillo, io mi toglierò di mezzo  – aggiunse vedendolo oscurarsi in volto – e sono certo che tra voi due andrà tutto bene. Forse lei in un primo momento ne soffrirà, ma se tu saprai starle accanto e volerle bene nel modo giusto, prima o poi l’amore che ha per te,  quello che adesso preferisce ignorare perché non si sente ricambiata, tornerà a farsi strada e sarete felici. Siete una famiglia,  ragazzo, non te lo dimenticare e non lasciare che niente al mondo possa dividervi, tanto meno un vecchio scozzese mezzo rincitrullito!

 


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Robert non era stato capace di tornare subito a casa dopo le rivelazioni inaspettate di Sean ed era già abbastanza tardi quando finalmente si decise a farlo. Ancora non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi con la moglie. Provava a calmarsi dicendosi che avrebbe deciso sul momento a seconda del comportamento di lei.

La sala da pranzo era deserta anche se c’era già la tavola apparecchiata. Salì al primo piano a lavarsi e a cambiarsi prima di cena ed il suono degli strilletti allegri di Neve, unito alle risate argentine di Charles, lo guidarono nel bagno annesso alla sua stanza. I due bambini erano ambedue nella grossa vasca di zinco e Barbara, inginocchiata accanto, reggeva la più piccola con un braccio cercando di difendersi dagli schizzi d’acqua che il maschietto si divertiva a lanciarle. Anche se rideva, con il vestito leggero tutto bagnato, cercava di fare lo stesso la severa e rimproverarlo. Nel vedere Robert, gli spiegò divertita:

- Hai visto quale idea favolosa ho avuto? Sarebbe stato meglio andare a fare un tuffo giù al mare piuttosto che fare il bagno contemporaneamente a questi due! Basta Charles, smettila, tua sorella si avvilisce se le butti l’acqua in faccia.

La bambina infatti adesso aveva cominciato a piangere impaurita. Lei la prese in braccio avvolgendola nell’asciugamano e si rimise in piedi. Poi si rivolse di nuovo al bimbo invitandolo ad uscire dall’acqua:

- Su fa presto, la vasca serve a papà. Lui non è disposto a tollerare le tue monellerie, non lo vedi che faccia arrabbiata  ha?

Robert infatti se ne stava molto torvo ad osservare la scena, senza nemmeno darle una mano nonostante la donna fosse visibilmente in difficoltà con entrambi i figli nudi e bagnati. Ma non era perché voleva la vasca per sé. Era sconvolto. Si era aspettato di trovarla tutta vergognosa a cercare di nascondere il proprio comportamento disonesto  o magari sentirla gettarglielo in faccia come un insulto, aggressiva e fiera come sapeva essere solo lei. Ora trovarsi davanti  una giovane mamma affettuosa e felice con i propri bambini lo sconcertava. Gli venne spontaneo  chiedersi quale natura malvagia potesse nascondersi in una donna che appena poche ore prima era stata capace di andarsi ad offrire ad un uomo, dimenticandosi di tutti i suoi affetti e doveri e che ora si comportava, serena e tranquilla, come se nulla fosse accaduto. Senza dire una parola uscì per andarsene in giardino, rinunciando persino a cambiarsi, tanto era stato solo in ufficio senza scendere in miniera ed aveva bisogno soltanto di  lavarsi le mani.

Anche durante la cena non disse una parola. Mantenne un comportamento così palesemente irritato che alla fine, mentre impilava i piatti sporchi che Nunzia era passata a ritirare, la moglie gli chiese con sarcasmo:

- Abbiamo avuto una giornata storta oggi, eh ingegnere?

Lui la guardò dritto negli occhi e rispose sullo stesso tono:

- Precisamente. E tu?

La donna si fece seria, poi distogliendo lo sguardo gli rispose:

- Normale.

- Sei andata da Sean?

- Sì.

- E che ti ha trovato? Nulla di importante, spero.

Si divertiva a provocarla per spiarne la reazione e gli sembrò molto in imbarazzo.

- Oh sì, nulla che non si possa curare! È tutto a posto – gli rispose in fine.

Ma subito dopo prese Neve in braccio e, con la massima naturalezza, si rivolse al  bambino.

- Charles, mi accompagni a mettere a letto la sorellina? Se mi aiuti, quando ti sarai  lavato i dentini e coricato anche tu,  mamma finirà di leggerti la bella fiaba che abbiamo incominciato ieri. Ciao Nunzietta, ciao papà, buonanotte, Neve se ne va a fare la nanna.

Anche il bambino  salutò e poi seguì la donna che, dopo aver porto la piccola al bacio dei due adulti, se ne salì al primo piano.

- Avete visto come si sta facendo bella la nostra Maria Neve? – gli chiese la servetta soddisfatta dei progressi della figlioccia, ma vedendolo tutto accigliato ad osservare il fumo del sigaro appena acceso, non aspettò risposta e si allontanò.

 

Robert rimase da solo a fumare e a bere a dismisura perché non riusciva a placare l’agitazione e la rabbia che si sentiva dentro. Malediva il momento in cui i suoi sentimenti per Barbara erano cominciati ed anche se aveva fatto di tutto perché ciò non avvenisse, ora si rendeva conto che la sofferenza che aveva voluto evitarsi era già lì, amara e tangibile, e non sapeva come uscire da una situazione così penosa.

Quando finalmente si decise ad andare a dormire, era già molto tardi. Così come faceva di consueto, passò nella stanza del figlio a fargli un saluto e  attraverso la porta di comunicazione lasciata aperta spiò la moglie che dormiva con la bambina nella stanza accanto. Quante volte nell’ultimo periodo aveva provato fortissimo l’impulso di entrare, stendersi accanto a lei, prenderla tra le braccia e fare  all’amore. Erano molti mesi oramai che combatteva con il proprio struggente desiderio di provare ancora la dolcezza trovata nell’indimenticabile settimana vissuta un anno prima a Cagliari. Ma era trascorso così tanto tempo da allora ed erano successe così tante cose! Del resto era stato lui stesso a voler  interrompere la loro nascente intimità anche se le motivazioni che lo avevano spinto a farlo, ora gli sembravano meno importanti e l’attrazione per quella donna era ridiventata  insostenibile come lo era stata allora. Ma era sicuro che adesso  Barbara lo avrebbe respinto. Forse però sarebbe stato anche giusto: non aveva nessun diritto di  prenderla e lasciarla quando gli pareva. Per questo ogni volta si era trattenuto, preferendo aspettare ancora di chiarire i propri sentimenti prima di farle capire il folle bisogno che aveva di amarla.

Quella sera però, forse per l’alcool, forse per la rabbia di averla vista recitare con tanta falsità il ruolo di moglie onesta, ebbe voglia di andare da lei e possederla senza nessuna delicatezza. Forse era  proprio la mancanza di intimità la cosa che differenziava il loro strano matrimonio dagli altri e probabilmente Barbara non riusciva a capire che aveva voluto ciò per un  malinteso senso di rispetto nei suoi confronti e non certo perché non fosse abbastanza maschio da sentirsene attratto. Avrebbe dovuto fare come tanti uomini, non curarsi dell’amore, sottoporla alla sua libidine  senza preoccuparsi di essere ricambiato, senza porsi alcun  problema morale. Tanti matrimoni funzionavano così. Quante donne subivano silenziose e rassegnate i loro mariti, forse arrivavano anche ad odiarli,  ma sapevano di essere sottomesse e non si facevano venire nessun grillo per la testa. Le fosse piaciuto o no, sarebbe stata la stessa cosa anche per lei.

Entrò e si fermò accanto al letto a guardarla: era bella così abbandonata nel sonno, supina, indifesa. Sarebbe bastato tenerla ferma ed anche se non avesse voluto, non avrebbe potuto certo ribellarsi a lui tanto più grosso e forte. Sentiva il calore del desiderio crescere ad un simile  pensiero e la voglia di dimostrarle che era a lui che apparteneva e a nessun altro gli faceva pulsare le tempie con violenza. Fu quasi sul punto di farlo, ma poi, stringendo i pugni, riuscì a trattenersi perché il sentimento che aveva provato nei confronti di Barbara era sempre  stato infinitamente più  complesso. Dal primo momento che l’aveva vista aveva saputo di potersene innamorare e non sentendosi pronto, aveva preferito non averla affatto. Ma anche così non era riuscito ad escluderla dalla sua vita o a considerarla solo un oggetto da possedere con distacco. Erano sposati da tanto ma in fondo erano ancora due estranei e non sapeva nemmeno cosa provassero davvero l’uno per l’altra. Forse era affetto o forse risentimento. Forse tenerezza oppure odio. Non sapeva esattamente cosa fosse. Aveva solo una  certezza e cioè che non si trattasse di indifferenza. Comunque, qualsiasi cosa fosse stata, ora  toccava a lui fare in modo che si tramutasse in un amore vero e duraturo.

A questo pensiero la rabbia gli  sbollì ed anche se la voglia di averla non gli passò, capì che doveva controllarla ancora una volta e cercare in tutta calma la strada migliore per arrivare a risvegliare la passione in quella donna oramai al centro di tutti i suoi pensieri.

Fece una carezza alla bimbetta e guardò ancora una volta le belle membra di Barbara addormentata, poi, in silenzio, si ritirò nella sua stanza.

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Innanzitutto mi scuso per aver mancato al mio appuntamento di ieri. Purtroppo un po’ di problemini che sto avendo in questo periodo faranno sì che di tanto in tanto non troverete l’aggiornamento serale. Però sono certa che avrete pazienza e continuerete a seguirmi anche perché  sarò comunque sempre molto assidua e la vostra curiosità di vedere come va a finire questa ingarbugliata storia non resterà a lungo inappagata.

Dopo il capitolo che vi ho postato stasera nel quale vi ho raccontato la reazione del potenziale “cornuto”,  facciamo  un po’ il punto della situazione. Come ha fatto ben notare Arte, uno scossone ci voleva per smuovere un po’ le acque e  pare che finalmente il nostro Robert abbia capito i suoi errori ed abbia deciso di cambiare atteggiamento. Un piccolo spoiler: se fino ad ora lo avete considerato un santo, da ora in poi lo adorerete addirittura, ne sono certa. Per quanto riguarda Barbara invece, non sarebbe  realisticamente possibile per lei fare come se niente fosse successo in quasi due anni in cui ha sofferto come una bestia prima per l’indifferenza gentile ma granitica del marito e poi per la depressione post partum, però datele un po’ di tempo e vedrete che ritornerà più serena. Con questo non voglio difenderla, anzi, con l’occasione voglio  sottolineare l’assoluto diritto di  Cricri e delle Nane di esprimere liberamente i loro giudizi. Ci mancherebbe! Siete così care a recensire ogni capitolo che sarei davvero una dittatrice a costringervi  a non pensare con la vostra testa.

Comunque, come vi avevo promesso, da ora in poi la storia diventerà davvero più dolce anche se … insomma, da me le sorprese dovete sempre aspettarvele . E vi assicuro che ci saranno fino all’ultima pagina.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

 

Quando la domenica successiva finalmente Robert passò a prenderla  per andare dai Bradley, nel montare sul calesse Barbara lo rimproverò:

 - Pensavo non venissi più! Ma che hai fatto?

- Padre Giustino ha tenuto una predica piuttosto lunga oggi – si giustificò lui.

- È per questo che ho preferito andare alla funzione delle sette e mezza: a quell’ora il nostro buon parroco ha meno pubblico e non la tira tanto per le lunghe. Come se la gente la domenica non avesse altro da fare che starsene tutto il giorno in chiesa!

Robert notò come  si fosse preparata con particolare cura. Solo fino a qualche giorno prima se ne sarebbe sentito irritato a causa della gelosia provata per Leonard, ora invece era addirittura disperato avendo avuto la conferma che i sentimenti della moglie erano per un altro e che quest’altro era proprio  il caro amico Sean.

- Giusto! Noi dobbiamo correre da lady Margaret. Quale occupazione più piacevole potrebbe mai esserci? – la prese in giro con marcato sarcasmo.

Barbara lo ignorò e rimase ad osservare silenziosa il panorama che si scorgeva nitido nella bella giornata di luglio.

Quando arrivarono a Villa Margherita, come di consueto Leonard venne loro incontro al cancello e prese sottobraccio la donna con grande familiarità, incurante del marito che li seguiva a pochi passi. Questa volta però Robert si accorse benissimo che gli occhi di lei cercavano un’altra persona. Si avvide anche che non aveva avuto il coraggio di chiedere dell’uomo di cui era innamorata fino al momento di sedersi a tavola, quando, vedendo un posto in meno, la sentì domandare alla padrona di casa fingendo la massima indifferenza dove fosse il dottor Hopkins.

- Ma come mia cara, non lo sapete? Sean è partito ieri. Figuriamoci se uno come lui si tratteneva in un posto sperduto come questo! È schizzato via neanche  avesse avuto il diavolo alle calcagna!

Robert la vide farsi bianca in volto e fingere di ascoltare sir Paul che lo giustificava.

- Cosa vuoi, Maggie, Sean è una persona molto attiva ed ora gli interessa un professore dell’università di Vienna, un certo… non mi ricordo come si chiama…

- A tuo cognato interessa solo fare il giramondo e non legarsi mai a niente e a nessuno. Io sola so cosa ha passato per colpa sua la mia povera sorella! – lo interruppe la moglie.

- Non dire sciocchezze! Sean ed Henrietta si amavano moltissimo e tua sorella è stata sempre felice con lui. E poi il suo lavoro qui era terminato, l’ospedale è perfetto e funzionante, perché doveva rimanere ancora? Per sorbirsi le tue frecciate al curaro per caso?

Certe volte sir Paul proprio non la sopportava più  e doveva sfogarsi, ma questa volta in difesa della zia intervenne Leonard.

- Ha ragione invece, è stato molto scorretto a partire così, senza alcun preavviso. Va bene con noi, ma con Barbara che gli ha usato tante cortesie proprio non doveva comportarsi in questo modo. Andarsene senza neanche salutarli!

- Ti sbagli – lo corresse Robert cercando di mantenere la voce calma – a noi l’aveva detto che andava a Vienna  per seguire le lezioni del professor Freud. Non è così Barbara?

La donna sollevò dal piatto  due occhi così smarriti da fargli temere per un attimo che non sarebbe stata capace  di nascondere la sua pena e si sarebbe messa a piangere lì, davanti a tutti.

- Sì, ma aveva detto anche che sarebbe partito più in là. Se n’è andato senza nemmeno dirmi una parola … - mormorò con un filo di voce.

- Ecco, lo vedete? Avevo ragione. Naturalmente ci è rimasta male dopo che è  stata così gentile con lui – affermò il giovane, soddisfatto di aver indovinato i sentimenti della donna.

- Di cosa vi meravigliate? Da uno scozzese c’è da aspettarsi questo ed altro – sentenziò lady Margaret prima di cambiare argomento.

Per tutta la durata del pranzo, Barbara se ne stette silenziosa e triste. Poiché oramai tutti erano abituati alla sua vivacità, sir Paul osservò,  sinceramente preoccupato:

- È la mancanza del dottor Hopkins che con la sua brillante conversazione stimolava il vostro  brio e la vostra arguzia o c’è qualcosa che non va, figliola? Vi vedo così strana oggi!

La ragazza si fece ancora più pallida e non  rispose. Per lei lo fece il marito, desideroso di proteggerla dalle illazioni degli altri.

- Purtroppo questa poverina da un po’ di giorni non si sente bene, ha un dolore in petto che la sta facendo penare. Non temere cara, anche se ti preoccupi perché ti stava curando Sean, ora ci rivolgeremo al dottor Bernardi o al dottor O’Connor e vedrai, verremo a capo lo stesso del tuo malanno.

- Sì, ne sono certa. Però è come dici tu, oggi non mi sento per nulla bene.

Si era subito aggrappata all’appiglio fornitole da Robert, ma il suo turbamento era palese e la manina che si stava passando sulla fronte un po’ sudata, tremava visibilmente.

- Allora con il permesso di milady e dei signori, torniamo subito a casa, così ti riposi un po’. Che ne dici? – le propose lui.

- Abbiamo appena finito di pranzare, non vorrei apparire scortese.

Invece lady Bradley si mostrò molto magnanima concedendole il suo permesso quasi con familiarità.

- Ma no, non c’è problema, si vede che non state bene. Tornatevene a casa  e cercate di riposare un po’.

 

Per tutto il tragitto fin casa se ne stette quasi raggomitolata sul calesse come se avesse dovuto portare addosso un peso enorme. L’uomo non osò dirle nulla.

Arrivata a casa andò di filato nella sua stanza senza nemmeno guardare i bambini che erano in compagnia di Nunzia e di Luigi. Soltanto alle cinque riapparve e, presa in braccio Maria Neve,  la portò con sé in camera per darle latte. Dopo la riaffidò  alla servetta che si mostrò preoccupata per lo strano malessere della padrona e la invitò a tornarsene subito in camera a riposare.

Era quasi il tramonto quando Robert la cercò lì senza trovarla. Aveva con sé i bambini perché aveva dato il permesso ai due fidanzati di fare un salto in paese, considerato che erano restati in casa tutto il giorno. Preoccupato per  non averla trovata, si mise a cercarla insieme a Charles che gli dava fiduciosamente la manina e a Neve che se ne stava buona buona in braccio a lui osservando tutto con il visino attento come se capisse la situazione.

La vide poco dopo in giardino, seduta al tavolo sotto l’albero. Aveva la testa poggiata sulle braccia. Quando lo sentì avvicinarsi, si sollevò e li fissò con gli occhi arrossati dal pianto. Il suo aspetto era così sofferente che gli fece quasi pietà anche se vederla così a causa di un altro gli provocava una pena infinita. Mentre le si accostava, intuì che cosa avesse dovuto provare lei quando lo aveva visto in quel medesimo stato a causa di Julie. Se davvero c’era stato un giorno in cui l’aveva amato, forse aveva ugualmente avvertito il sentimento di inutilità che provava lui adesso. Ora soltanto capiva quanto fosse orribile  il sentirsi di non contare nulla ed essere come trasparente agli occhi della persona che  ami e che è lì, a due passi da te, ma è perduta in una lontananza senza fine da cui non  puoi farla tornare.

- Come va? – le chiese  facendo sedere sul tavolo la piccina che tese le manine verso la madre nel tentativo di farsi prendere. Robert si sedette  a sua volta abbracciando Neve per  trattenerla, intanto che Charles, stupito da quel comportamento strano, si gettava tra le braccia della mamma,  mostrandosi anche lui triste.

Barbara rispose alla domanda del marito annuendo con un sorriso forzato ed  accarezzò  il capo biondo del bambino. 

- Ti è passato il dolore? – insistette lui, pur sapendo che quel dolore  non era certo fisico.

- Passerà. Passerà anche questo – mormorò quasi parlando a se stessa.

- Se posso fare qualcosa per te devi solo chiedermelo – la invitò Robert.

Aveva voglia di stringerla tra le braccia e consolarla, anche se era una cosa assurda: come avrebbe mai potuto a consolarla per l’abbandono dell’uomo amato che non era lui stesso?

- Sì, per favore. Tieni ancora un po’ tu i bambini, io ho bisogno di fare quattro passi qui intorno prima che faccia buio. Sta’ tranquillo però, tra un po’ starò meglio.

- Voglio venire con te, mammina – la implorò il maschietto aggrappandosi alle sue sottane.

Il padre  lo trattenne, dando la possibilità a Barbara di avviarsi verso il boschetto lì vicino.

- No, Charles – gli disse –  ha bisogno di stare un po’ da sola. Tu stai buono qui con me e con la sorellina, tanto la mamma tornerà presto, vedrai. Lo sa quanto abbiamo bisogno di lei.

A quelle parole Barbara si voltò di scatto e fissò quei tre visi che la osservavano malinconici. Si sentì avvampare dalla vergogna e dal senso di colpa e scappò via  in fretta per non mostrare  gli occhi colmi di lacrime.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Eccomi di nuovo qui  e spero che l’interruzione di ieri non vi abbia dato troppo fastidio. Prima del nuovo capitolo una parolina per ringraziare oltre che le “fedelissime” anche  te, Mirya, per la bella ed articolata recensione che mi hai lasciato e dirti che no, proprio no, purtroppo non  sei più attempata di me (e qui ci starebbe bene la faccetta triste). E purtroppo so anche bene che quello che dici è una sacrosanta verità e cioè che i miei personaggi risentono molto di una sorta di forzatura narrativa per cui li costringo a cambiare in maniera tale da farli apparire addirittura nevrotici. La realtà è ben diversa dai romanzi, lo so bene anch’io, ed è difficile che i difetti delle persone riescano a migliorare solo in virtù dell’amore così come so bene che certe parole lasciano il segno e certe situazioni diventano insanabili. Per ovviare alla poca verosimiglianza di certi comportamenti  almeno cerco di fare in modo che le mie storie si svolgano in periodi temporali piuttosto lunghi e provo a rendere quanto più è possibile l’evolversi del pensiero e degli stati d’animo dei miei personaggi. Probabilmente non è ancora  del tutto sufficiente ma intanto mi accontento di essere riuscita ad avere anche i tuoi elogi  e di averti intrigato con i miei i romanzetti nei quali sei riuscita a cogliere quella cura dei particolari che tanta fatica mi è costata. Per quanto riguarda la passionalità, benché anche le nanette stiano a chiedermi da tempo un po’ di po-porno in più, ammetto che  fino ad ora in questa storia ce n’è stata ben poca ma chissà … può darsi che Barbara si calmi e quel provolone (dai, Cricri sarà pure  santo ma è anche un po’ provolone, per usare un termine tuo!) si svegli, finalmente. Ancora  un bacio a tutte voi e un grazie, grazie, grazie davvero speciale !   

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Capitolo 15

 

 

La settimana seguente Robert provò in ogni modo a starle vicino ed anche se a volte si sentiva ancora mortificato ed offeso da quella specie di tradimento, le voleva troppo bene per  lasciarla ricadere nella depressione da cui era miracolosamente uscita da così poco tempo.

Aveva chiesto a Leonard di sostituirlo un po’ di più nelle incombenze lavorative e questi, ansioso di mostrarsi generoso agli occhi di Barbara, gli aveva detto che non c’era alcun problema in tal senso e poteva tornarsene a casa molto prima per farle compagnia.

Purtroppo tutti i suoi tentativi cadevano nel vuoto e la donna, triste e chiusa in sé, sembrava non volersi riscuotere. Decise allora di passare alle vie di fatto e le propose di prendersi qualche giorno di vacanza per andare a trovare il fratello e Grazia Sulis ad Alghero.

- Leonard ha detto che potrebbe sostituirmi per un po’ di giorni ed a te un viaggetto a casa farebbe senz’altro bene. Non desideri rivedere la tua famiglia e farle conoscere nostra figlia? – le propose una sera mentre erano a tavola.

Barbara si era inquietata a tale prospettiva: non se la sentiva, perlomeno in quel momento, di affrontare persone che benché le fossero care, le avrebbero fatto di sicuro mille domande. Per fortuna aveva una buona scusa per rifiutare.

- Neve è troppo piccola per affrontare un viaggio così lungo. Ci andremo quando sarà un po’ più grande, se ancora lo vorrai.

Il marito sospirò, in effetti non era stata una buona idea, però non si arrese.

- Allora potresti andare alla spiaggia con Nunzia ed i bambini. L’anno scorso l’hai fatto e vi siete anche divertiti. Domattina vi ci accompagnerò e poi vi verrò a riprendere quando avrò finito di lavorare.

La cameriera che stava portando in tavola le pietanze, ne fu subito entusiasta.

- Hai sentito? Andiamo alla spiaggia! Ti ricordi lo scorso anno com’è stato bello! – disse a Charles, tutta allegra.

- Sì, sì, che bello! Andiamo! Andiamo! – convenne subito il piccolo mostrandosi entusiasta.

- Portaci loro due, Robert, io non posso andarci.

- Perché non puoi? Hai bisogno di un po’ d’aria aperta.

- Te l’ho detto, Neve è ancora troppo piccola, non le farebbe bene stare sulla spiaggia tante ore.

- Allora ti verrò a prendere prima di mezzogiorno e ti riporterò a casa, mentre incaricherò Luigi di riaccompagnare la sera questi due signori – sorrise l’uomo indicando la ragazza ed il bambino che progettavano già tutti eccitati le cose da fare.

Anche Barbara sorrise intenerita, ma rifiutò ancora.

- No, è lontano e mi stancherei inutilmente. Comunque adesso che l’hai proposto non puoi tirarti indietro altrimenti chi li sente questi due!

- In verità lo dicevo più per te che per loro.

- Non ti preoccupare, io me ne starò tranquilla con la piccina. Faremo qualche bella passeggiata nei dintorni ed anche qui c’è l’aria buona. D’altronde non sono i bagni di mare che mi possono far stare meglio.

- Ed allora cos’è? – le chiese il marito fissandola intensamente.

- Niente. Passerà! – gli disse con un sorriso dolce, poi, cambiando argomento, si rivolse a Nunzia – Guai a te però se non gli stai attenta! Bada a non fargli prendere troppo sole e a non lasciarlo andare a mare da solo.

- Non vi preoccupate. Lo sapete, potete fidarvi di me.

- Va bene, allora andate a preparare i secchielli e le palette perché l’ingegnere domattina non può certo aspettare i vostri comodi.

- Grazie, grazie, siete un angelo! Ed anche voi ingegnere! – gorgheggiò la ragazza sinceramente grata mentre con il piccolino per mano correva a preparare l’occorrente per andare l’indomani alla spiaggia.

 

Neanche a farlo apposta la sera dopo Robert fu trattenuto di più  dai suoi impegni e perciò mandò Luigi a riprendere la fidanzata e Charles. Tornato a casa, la trovò stranamente silenziosa. Per la sua natura molto apprensiva, cominciò subito a preoccuparsi. Per fortuna Barbara gli venne incontro e nel vederla serena, si tranquillizzò subito.

 - Che fine hanno fatto i bagnanti? – le chiese.

- Non me ne parlare, erano distrutti! Ho fatto appena in tempo a dare a Charles una zuppa di latte e a lavarlo prima che cadesse addormentato. Ed anche Nunzietta era stanca. Poverina, non deve essere stato facile tenere a bada quella peste scatenata di tuo figlio! Però era contenta. Certo lo sarebbe stata ancora di più se tu invece di mandare Luigi a riprenderli alle sei, l’avessi mandato un po’ prima...

Robert sorrise bonario all’invito allusivo e la rassicurò:

- Va bene, vedremo domani cosa si può fare. E la piccina?

- Siamo state così in santa pace oggi noi due da sole ed è stata così rilassata che alle otto si è addormentata anche lei.

- Finirà per non dormire stanotte.

- No, non ti preoccupare. Più tardi la sveglio e la faccio mangiare ancora, così si sazia e dorme.

- Ed io non mangio?

- No, tu rimani digiuno! – scherzò lei, sorridendo.

- Già, non ho visto la tavola apparecchiata.

- Che dici? È pronta già da un bel po’.

- Ah sì? Non  mangiamo in giardino stasera? È una bellissima serata e c’è una luna stupenda.

- La luna?! – gli chiese stupita, poi però non approfondì lo strambo desiderio del marito e con il suo senso pratico, aggiunse - Per te e me soli non vale la pena di fare tanta strada dalla cucina fino al tavolo sotto al pino. Mangeremo in sala da pranzo come sempre. Vatti a lavare così porto in tavola.

 

Dopo cena Robert se ne stava a fumare davanti alla finestra spalancata, ammirando fuori la notte serena. Ad un tratto si girò verso la moglie seduta sul divano a ricamare e le propose:

- Andiamo a fare un giretto in giardino? Fa caldo e lì fuori si sta benissimo.

- Certo fa caldo, ma non come lo scorso anno. Comunque ti ringrazio, ma appena avrò finito di ricamare questa rosellina, me ne andrò a dormire anch’io.

Lui la guardò pensieroso. Non voleva lasciarla andare, non in quella sera incantata.

- Pensavo – le disse – che dovremmo invitare ancora Leonard a cena qualche volta. Lo facevamo spesso quando c’era  Sean…

Lei arrossì un poco. Senza smettere di ricamare e senza alzare la testa, confermò:

- Sì, hai ragione, potrebbe sembrare scortese se non lo facessimo più.

- Non è che mi faccia piacere, mi sta antipatico, lo sai, ma forse è l’unico sistema per far sì che tu ti trattenga un po’ a parlare e non te ne corra in camera tua subito dopo cena.

- Perché? Non abbiamo parlato stasera?

- Sì, delle monellerie di Charles, di quanto pesa Neve, di quel ladro del macellaio che si fa pagare la carne come fosse oro…

- E non è parlare questo?

- No. Parlavamo di più quando avevamo ospiti. Anche di cose intime, non ti ricordi?

- Non ho mai parlato davanti a Leonard.

- Lo so. Lo facevi solo quando c’era Sean – affermò, osservandola attento.

Anche se non lo stava guardando in faccia, lei si rese conto che Robert stava spiando la sua reazione. Possibile avesse capito che la sua tristezza era dovuta alla partenza del loro amico?  Non riuscì a controllarsi e si punse con l’ago.

- Ahi! – si lamentò e portandosi il dito alla bocca, succhiò la goccia di sangue che ne usciva.

- Ti sei fatta male? – le chiese premuroso sedendosi accanto a lei.

- Niente, capita quando si ricama.

Poi trovò il coraggio di dirgli, simulando una tranquillità che era ben lungi dal provare:

 - Comunque Sean se ne è andato. Evidentemente non gli interessava quello che dicevo e forse non interessa a nessuno – gli disse.

Allora il marito le prese la mano tra le sue e le parlò accorato, guardandola negli occhi.

- Non è vero, Barbara, a me interessa moltissimo e mi fa piacere anche parlarti di me. Forse non ce ne siamo resi conto, ma in quelle serate tranquille, non era solo con il nostro amico che parlavamo. Certo lui ci guidava con la  sua arguzia e la sua sagacia, ma eravamo noi due ad aprire il nostro cuore e a dirci  cose che non pensavamo mai di poter rivelare a nessuno. Sarebbe così bello se tornassimo a farlo, anche se adesso Sean se n’è andato! Io non sarò mai alla sua altezza, ma sarei felice se potessimo continuare a confidarci e a darci conforto l’uno con l’altra. Non credi ci farebbe bene e che  anche tu potresti sentirti meglio se riuscissi a confidarmi le angustie che ti stanno facendo stare così male?

Barbara provò a ritrarre la manina tremante stretta tra quelle di  Robert  e si mise subito sulle difensive.

- Non c’è nulla, ingegnere, va tutto bene,  è tutto sotto controllo.

Aveva usato la solita frase pur avendo intuito da tempo quanto lui la detestasse. Gli vide fare un viso talmente dispiaciuto che ne fu subito mortificata. Si vergognava molto dei sentimenti che portava  nell’animo e si sentiva in colpa nei confronti del marito, un uomo così corretto ed onesto a cui sapeva di volere molto bene, nonostante tutto. Non ritrasse più la mano, anzi mise anche l’altra su quella di lui e stringendogliela, gli parlò con dolcezza.

- Davvero, caro, non devi preoccuparti. Sto passando un periodo un po’ difficile, è vero, ma passerà presto, vedrai. Te lo prometto, cercherò di controllare il mio caratteraccio e non farò pesare su nessuno le mie inquietudini. In fondo sono solo sciocchezze, è tempo che io cresca finalmente ed impari ad accettare la vita.

- Neanche lo immagini quanto mi dispiace vederti soffrire per colpa mia – mormorò lui portandosi le mani della moglie alle labbra e baciandogliele appassionato.

- Tu non hai nessuna colpa, mi avevi promesso la stima e l’amicizia e me le hai sempre date. Anch’io ti stimo moltissimo, so quanto sei buono e leale e nessuna potrebbe essere più fortunata di me ad avere un compagno come te.

Lo vide rimanere pensieroso a quelle parole, come se avesse voluto ancora dirle qualcosa. Però Barbara non se la sentiva di continuare il discorso, aveva l’animo ancora troppo lacerato per poter essere serena, per cui aggiunse sorridendo mentre ritirava le mani con il pretesto di  riporre il lavoro:

- Imparerò ad essere più tranquilla e ci faremo buona compagnia, proprio come volevi tu. Ora però lasciami andare a fare il mio dovere di nutrice perché se non lo faccio qui si rischia di trascorrere una notte in bianco – provò a scherzare -   Buonanotte, ingegnere -  gli sussurrò con dolcezza.

Robert la guardò andare via senza dire una parola. Aveva il cuore stretto in una morsa. L’amicizia, la stima, una vita tranquilla. Era proprio tutto ciò che si era auspicato di trovare con lei quando le aveva proposto di sposarlo. Avrebbe dovuto essere contento adesso di aver ottenuto quanto sperava. Invece si sentiva morire di dolore e questa forse era la sua punizione per aver osato sfidare l’amore.

 


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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 

Dopo aver allattato Maria Neve, Barbara la posò con delicatezza nella culletta guardandola con grande amore perché sembrava proprio un angioletto profondamente addormentato. Per lei invece il sonno oramai era un lusso raro ed anche la notte appena trascorsa l’aveva passata quasi tutta in bianco per i pensieri che la tormentavano quasi quanto il caldo di quei giorni di fine luglio. Sospirò e si avvicinò alla finestra da cui si godeva la vista magnifica del giardino dove ogni cosa era illuminata dal sole del primo mattino. Si sedette sul davanzale, incurante della camiciola di mussola leggera che le lasciava abbondantemente scoperte le spalle e buona parte del seno, tanto di fronte non c’era nessuno che potesse vederla ad eccezione di due merli che avevano fatto il nido su un albero.

Erano passate solo due settimane da quando Sean se n’era andato ma le sembrava passato un secolo forse perché nelle lunghe giornate trascorse in solitudine mentre Nunzietta e Charles erano al mare e Robert al lavoro, aveva avuto modo di riflettere molto sulla sua situazione. Non senza un certo imbarazzo, era arrivata alla conclusione  di essere stata troppo precipitosa ed impulsiva e non riusciva a perdonarselo. In quel momento, alla notizia dell’improvvisa partenza di Sean, si era sentita smarrita, aveva temuto di perdere l’unico appiglio,l’unica persona che dopo tanti anni  avesse mostrato un po’ di interesse nei suoi confronti. Ma era stato amore quello che aveva provato per il maturo medico? Se si fosse trattato di questo ora si sarebbe dovuta sentire disperata per il suo abbandono, infelice e depressa come lo era stata quando Robert l’aveva respinta ed invece era solo confusa, spaventata, oppressa  dalla consapevolezza  che tutte le sue sofferenze non erano solo colpa degli altri ma anche il frutto delle proprie scelte sbagliate. Non era più una ragazzina ormai e non doveva sbagliare ancora. Non doveva più far confusione tra il bisogno di affetto e di comprensione e l’amore perché l’amore è una cosa assai rara, un dono che si dà e si riceve, non un diritto irrinunciabile da cercare di ottenere a tutti i costi. Era stato un errore pretenderlo da Sean così come lo era stato pretenderlo da Robert. Essi probabilmente non volevano e non potevano darglielo e a niente valeva il suo sentirsene offesa. Se solo avesse potuto parlargli, adesso avrebbe spiegato al dottor Hopkins  che aveva finalmente capito questa amara realtà e avrebbe potuto chiedergli scusa per una condotta della quale ormai si vergognava. Con lui non poteva più farlo ma con Robert sì e lo avrebbe fatto giorno per giorno, cercando di fargli dimenticare lo stupido risentimento che aveva nutrito nei suoi confronti. Così come avrebbe cercato anche di non avere più quel comportamento  acido ed infantile dettato solo da una sciocca ripicca e dal suo pessimo carattere. Prima dell’arrivo di Sean, aveva passato momenti assai bui, si era chiusa nella torre della sua disperazione senza lasciare a nessuno la possibilità di darle una mano, tantomeno al marito che era arrivata a considerare quasi un nemico. Non voleva farlo più e se fosse stato necessario, gli avrebbe addirittura chiesto aiuto perché  era ben chiaro che anche  lui oramai era cambiato. Non era stato mai un uomo autoritario o prepotente e l’aveva  trattata sempre con gran riguardo, però solo ora le mostrava un interessamento sincero che andava ben oltre la fredda gentilezza di una volta. Forse aveva capito le sue colpe e desiderava anche lui trasformare lo  strano e  tormentato rapporto che li aveva uniti in una convivenza più pacifica ed affettuosa, se non altro per quei due bambini innocenti che meritavano di crescere sereni. Avevano sbagliato entrambi però si volevano di sicuro bene  e allora perché non provare a  vivere insieme dandosi reciprocamente, se non l’amore, almeno l’amicizia?

Dovevano essere già le sette perché ad un tratto vide uscire di casa il marito che si recava al lavoro in miniera. Si nascose dietro la tenda perché era mezza nuda ma non smise di osservarlo di nascosto. Stava indossando la giacca e dalla camicia ancora un po’ aperta spuntavano il collo largo ed il petto leggermente villoso; quando alzò il viso per scrutare il cielo, il sole del mattino gli illuminò il bel viso abbronzato su cui spiccavano gli occhi incantevoli e magnetici. Robert era affascinante,  maledettamente affascinante e lei, inutile nasconderselo,ne era sempre stata attratta. Barbara sapeva bene che cercava principalmente una relazione fatta di comprensione, affetto, solidarietà ma sapeva anche che era lui solo l’uomo con cui avrebbe potuto appagare quella voglia di amore fisico  che si portava dentro da tanto e che invece aveva sempre dovuto soffocare.  Il desiderio  sessuale forse  era una cosa sconveniente  ma in fondo è solo nell’ appagamento carnale che un uomo e una donna diventano veramente un’ unica cosa, quella che si era lusingata di essere con Robert solo per qualche fugace momento di passione.

Basta! Non doveva ricominciare ad illudersi come una sciocca che anche per lei potesse  esserci in questo mondo un briciolo d’amore vero. Era meglio farsene una ragione e cercare di ritrovare quell’equilibrio che prima di accettare un matrimonio tanto strambo le aveva consentito almeno di vivere la sua infelicità dignitosamente e serenamente.

Con questo pensiero, si ritirò dalla finestra e si preparò ad iniziare una nuova giornata.

 

 

Purtroppo neanche la tranquillità che si era ripromessa di trovare durò a lungo anche se ciò che arrivò finalmente a scuotere le placide acque di quella calma apparente non fu un vento impetuoso ma una brezza leggera e a tratti piacevole.

Stava preparando della pasta sul tavolo di marmo in cucina quando vide entrare Robert  con una faccia talmente agitata che si spaventò e gli chiese cosa fosse accaduto.

- Sta arrivando mia madre a farci visita - le spiegò.

- Ebbene, non ti fa piacere? Ti dirò, io sono contenta di conoscerla. Ha fatto bene a venire anche se un viaggio così lungo è un po’ azzardato per una persona anziana e sola.

- Non sta venendo da sola, con lei c’è mia sorella Megan.

- Meglio, è stato più prudente. È una fortuna che il marito l’abbia lasciata accompagnare la madre.

- Sta venendo anche lui.

- Robert, ma che fai, te li fai uscire uno alla volta?

- È stato trasferito a Marsiglia dalla ditta dove lavora e, trovandosi in viaggio, hanno deciso di allungarsi e  passare prima di qui a conoscere te ed i bambini.

- Anche loro hanno dei bambini però, dove li hanno lasciati?

- Non li hanno lasciati, li stanno portando con loro.

- E quanti sono? – chiese la donna, a questo punto realmente preoccupata.

- Cinque – le rispose in un sussurro perché ne temeva la reazione che puntualmente arrivò.

- Otto persone! – strillò lei infatti - E dove le metto io otto persone!? E poi, benedetto Iddio, abbiamo fatto tanti sacrifici per mandare loro un po’ di soldi e che fanno? Li spendono tutti mettendosi in viaggio ben in otto!

Robert aveva un viso talmente mortificato da risultare quasi comico. Barbara, benché fosse sul serio impensierita, non poté fare a meno di provarne tenerezza. Si pulì le mani con uno strofinaccio e mise in atto subito il suo senso pratico.

- Quanti anni hanno i bambini? – gli chiese.

- La più grande dodici, il più piccolo sei.

- E quando arrivano?

- Lunedì prossimo credo. La lettera con cui mi annunciavano il loro arrivo è arrivata in ritardo.

- Quanto tempo si tratteranno?

- Almeno due settimane. Non credo abbiano fatto un viaggio così lungo per trattenersi di meno.

- Bene, faremo così: darò la stanza di Charles a tua sorella ed al marito che terranno a dormire con loro il figlio più piccolo, mentre tua madre potrà dormire nella mia con la nipote più grande.

- Già, ma ne avanzano sempre altri tre.

- Ci procureremo delle assi e dei materassi e li metteremo a dormire nel salottino accanto alle camere da letto.

- C’entrano tre lettini lì?

- Certo non staranno larghissimi, ma pazienza. Per fortuna è estate e basteranno dei materassi di vegetale: se avessimo dovuto acquistarne di lana, la visita della tua famiglia ci sarebbe costata un patrimonio.

- Anche così però… - obiettò lui, sempre molto confuso.

- Non ti preoccupare di questo, me la vedo io – gli sorrise rassicurante – piuttosto prepariamoci all’invasione. Qui ci toccherà lavorare tutti sodo, ragazzi miei. Che c’è, Nunzia, sei rimasta impietrita dalla prospettiva? Forza, figlia mia, fatti coraggio ed accompagnami a contare le lenzuola di cui disponiamo. Anzi, fa una cosa prima: va’ da Maria e dille che domani deve venire a darci una mano.

Quando la ragazza si fu allontanata, approfittando di essere soli, Robert chiese alla moglie:

- Noi dove  dormiremo?

- Io mi metterò con Charles e Neve nella tua stanza e tu ti arrangerai un po’ sul divano in salotto. Qualche sacrificio in più potrai anche farlo per i tuoi parenti, no? – aggiunse ridendo nel vederlo fare un viso ancora più desolato.

- Non è questo. È che mia sorella è una grande impicciona e sicuramente comincerà a chiedere perché dormo sul divano in salotto  e non nel letto matrimoniale con te.

- Già, il nostro famoso segreto! – osservò lei sarcastica.

Ma il marito la implorò con un’espressione che lo faceva assomigliare tantissimo a Charles quando le faceva gli occhi dolci per ottenere qualcosa.

- Ti prego, Barbara, fammi stare nella stanza con voi. Posso dormire anche per terra con un cuscino, tanto è estate e fa caldo. Ti giuro, non ti darò fastidio, ma per favore, non costringermi a diventare l’oggetto delle chiacchiere di Megan. Finirebbe per annientarmi, tu non la conosci.

 

 

 

Quando il lunedì successivo la numerosa famiglia di Robert arrivò, Barbara non ci mise molto a capire che effettivamente Megan doveva essere un tipo particolare. Era alta e bella come il fratello, ma al contrario di lui, dimostrava un’esuberanza esagerata, superiore persino a quella della truppa vociante dei suoi figlioli, due femmine e tre maschi. A confronto della vivacità della famiglia, il rispettivo marito e padre, un omone dai capelli rossi e dagli enormi favoriti, sembrava quasi scomparire, così come la povera Kate. A vedere quest’ultima molto smarrita e stanca per il viaggio, la nuora ne fu talmente intenerita che per prima cosa l’accompagnò in camera per farla un po’ rinfrescare. Lungo il tragitto la osservò bene. Non era troppo anziana, aveva gli occhi chiari come quelli del figlio ed i capelli ancora tutti castani raccolti in una semplice crocchia al centro della testa. Era piuttosto grassa e di corporatura un po’ tozza, ma il viso dolcissimo e la malinconia dei suoi occhi e del suo sorriso gliela resero subito simpatica. Così come Robert, doveva essere una persona di poche parole e come lui sembrava quasi scusarsi di tutto, rispondendo con timidezza e gratitudine alle gentilezze che le venivano fatte. La lasciò a riposare e tornò ad occuparsi della cognata e dei nipotini.

Per fortuna aveva già preparato le loro stanze, rimaneva solo da spostare il lettino e la culla dei bambini in camera di Robert.  Vi si stava dedicando insieme a lui pensando che gli ospiti fossero tutti già nelle loro camere a riposare, quando si accorse che Megan era entrata e con la massima disinvoltura si era messa a guardarsi intorno, sotto lo sguardo desolato del fratello.

- Accidenti, come fa caldo qui! – stava commentando la donna mentre dalla finestra osservava il paesaggio  - Però com’è tutto bello, i colori, la limpidezza dell’aria…!

Continuò così per un po’, raccontando diecimila cose e intavolando mille argomenti, senza cessare mai di parlare, tanto che Barbara si chiese come facesse a respirare. Intanto non stava nemmeno ferma, girava per la stanza osservando ogni cosa e toccando tutti gli oggetti. Ad un certo punto si fermò accanto al comodino e, preso in mano il ritratto di Julie, osservò stupita:

- E questo cos’è?

- È il ritratto di Julie, la prima moglie di Robert – rispose lei mentre il marito si rifugiava nel gabinetto accanto con la scusa di dovervi  posare qualcosa.

- Questo l’ho capito, ci devono essere almeno dieci suoi ritratti in questa casa! Però qui sul comodino proprio non me l’aspettavo! Ma non vi dà fastidio quando…

Barbara  arrossì violentemente e  non sapeva cosa rispondere. Per fortuna in suo soccorso intervenne Robert il quale tolse la fotografia di mano alla sorella e cambiando argomento, le disse severo:

- Bada bene, questa stanza ed il gabinetto con la vasca da bagno qui accanto, per te e per la tua truppa, sono off limits, dovete usare il bagno a pian terreno.  Guai a voi se vi becco in questo!

- Il solito dittatore! Anche a casa faceva la stessa cosa: povero chi toccava la sua roba. È stato sempre un egoista – raccontò Megan rivolta alla cognata.

- Già, come quando scrivesti la lista della spesa sul compito di greco che dovevo consegnare il giorno dopo e che mi era costato tutta una notte di fatica! – le ricordò il fratello ridendo.

- Cosa vuoi, e chi l’aveva capito che quegli scarabocchi fossero un compito! E poi come la facesti pesante! Ammettilo, era come se reggessi il mondo sulle spalle per le quattro fesserie che facevi a scuola.

Per fortuna Robert riuscì a portarla fuori e Barbara pensò di aver fatto proprio bene a non preparargli il letto in salotto perché davvero in quel caso sarebbe stato un vero disastro.

 

 

 

Dalla finestra aperta entrava la dolce brezza notturna, mentre la stanza era illuminata solo dalla tenue luce della lampada accesa sul comodino. Nell’entrare Robert si avvide che Barbara stava dando latte a Maria Neve. Era da tanto che non glielo vedeva fare e fu colpito dall’enorme dolcezza della scena. La donna aveva i capelli sciolti ed il viso chino sulla bambina a cui sorrideva con amore. La piccola mangiava beata e intanto carezzava il volto della mamma con la manina. Incantato, si avvicinò a loro ed abbassandosi sulle gambe, posò un lieve bacio sulla testina della figlia che smise per un attimo di succhiare e si voltò a guardarlo, gli occhietti un po’ velati dal sonno. Alzando lo sguardo  sul viso della moglie, Robert notò quanto fosse bella.

- Sei stupenda così – le disse sincero – sembri una Madonna.

La giovane si mise a ridere.

- A quanto pare sto salendo ancora di più nella tua considerazione: prima ero solo una santa, ora sono diventata  addirittura una Madonna!

Anche lui sorrise e carezzandole con tenerezza una guancia, le domandò:

- Ce la fai a reggere tutto questo per quindici giorni ancora?

- Ci proverò, anche se tua sorella e la sua famiglia sono quasi una piaga d’Egitto! – scherzò lei.

- Mi dispiace – mormorò Robert abbassando lo sguardo, mortificato – Io non mi sarei mai sognato di farli venire, è stata lei che ha fatto tutto, è sempre stata molto invadente.

- Non ti preoccupare, stavo scherzando. In fondo sono solo quindici giorni e per fortuna uno è già passato.

Parlando gli aveva fatto una carezza tra i folti capelli castani e Robert si sentì felice per questo. Quasi con allegria, le chiese:

- Allora? Come mi sistemo? C’è una coperta o qualcosa di simile da mettere per terra accanto alla finestra per prepararmi la cuccia?

- Ma dai, non fare lo stupido. Come fai a dormire per terra come un cane?

- Non ti preoccupare, fa caldo e starò benissimo.

Barbara si mostrò un po’ infastidita.

- Fai come vuoi, io lo dicevo per te – gli disse con una certa freddezza. -  Devi lavorare in questo periodo ed hai bisogno di dormire bene la notte. Poi non mi sembra il caso di fare tante storie: se abbiamo preso una decisione, non vedo perché dovremmo essere tanto incoerenti da non rispettarla solo perché riposiamo nello stesso letto!

- Davvero mi lasceresti dormire con te?

- Sì, dormire – precisò la donna.

- Certo, dormire – assentì anche se in cuor suo sapeva che averla accanto e non toccarla gli sarebbe costato un enorme sforzo.

Comunque prese le sue cose ed andò in bagno a spogliarsi.

Quando ritornò, Barbara stava mettendo nella culla Maria Neve che si era addormenta. Lo vide prendere la fotografia di Julie e riporla nel cassetto del comodino.

- Che fai? – gli chiese stupita.

- Sai, Megan sarà anche impicciona ed invadente, però su certe cose ha ragione.

- Guarda che noi non dobbiamo fare ciò immagina tua sorella, puoi benissimo lasciarla lì – osservò la donna mentre si coricava.

- Non è per questo – le rispose a voce bassissima   stendendosi a sua volta e guardandola con gli occhi che brillavano nella penombra – però davvero non posso più tenerla qui, non è certo questo il posto di Julie.

- Ah no? E dov’è finita, poverina? – osservò lei fissandolo ironica ed  incuriosita.

- Forse in cielo, dov’è la mamma di Charles. Non è così che gli hai insegnato a pregare ogni sera? Vi ho sentiti, sai: “Mamma Julie, tu che sei in cielo, chiedi a Gesù di proteggere me, papà, la sorellina, Nunzietta  e mamma Barbara”.  Ecco, forse è davvero lì che è Julie, è divenuta il nostro  angelo custode.

- Che c’entra – protestò la donna in un bisbiglio sommesso mentre si metteva supina – questo va bene per un bambino di tre anni, ma per te…

Robert sospirò, forse era venuto il momento di esprimere  ciò che si portava dentro  da tanto tempo, solo era assai difficile farlo. Ci tentò.

- Sai, ho provato a far finta che non fosse mai accaduto, a fare come se Julie fosse ancora viva, a tenermi stretto il suo ricordo vincendo la morte che ci aveva separati. Per un po’ ci sono anche riuscito, ma poi, a poco a poco, ho capito che qualcosa stava cambiando. È stato quando ho incominciato a dimenticare il suono della sua voce, quando ho visto che potevo  carezzare il suo ritratto anche tutta la notte, ma non provavo più  la dolcezza  di quando carezzavo il suo viso e sentivo il tepore della sua carne. Ho ancora  parlato con lei, ci ho ragionato e  persino litigato, rispondendomi da me e facendole dire le cose che volevo io. Per un po’ mi è bastato, poi mi sono reso conto che non erano le sue opinioni  o i suoi pensieri, quelli non avrei più potuto conoscerli perché Julie non avrebbe più potuto averne. Ho provato con tutte le mie forze a trattenerla, ma all’improvviso mi sono trovato ad ascoltare altre voci, a vedere altri visi,  ad amare altre persone e mi sono reso conto che se n’era andata, non certo dal mio cuore, ma dalla mia vita che stava continuando anche senza di lei.

Barbara trattenne il fiato ad una simile confessione così sincera ed inaspettata. Per un po’ non parlò rispettando il silenzio commosso dell’uomo, poi però gli disse:

- Lo vedi allora che sei stato troppo precipitoso a risposarti? Forse avresti potuto rifarti una vita sul serio e provare ancora ad essere felice senza scendere a compromessi assurdi così come hai fatto senza nemmeno rifletterci su.

Robert si alzò sul gomito e la guardò, corrugando la fronte.

- Io non mi sono mai pentito di avere sposato te, nemmeno per un minuto! E ti assicuro che non esiterei a rifarlo ancora – le rispose.

- Non dire bugie – lo contraddisse con un sorriso un po’ amaro – L’hai detto un sacco di volte che ho un caratteraccio insopportabile e poi nemmeno ti piace come sto educando Charles.

- Non è vero. Sì, a volte abbiamo avuto dei contrasti sulla sua educazione ma non più di quanto avvenga tra tutti i papà e le mamme di questo mondo. Te lo giuro, Barbara, spesso me lo dimentico addirittura che non sei stata tu a darmi  Charles così come hai fatto con Maria Neve.

Lei lo guardò assorta e per un attimo si sentì molto turbata. Ma poi si riprese e cercando di scherzare, soggiunse:

- Però bisbetica lo sono, questo non puoi negarlo e se lo fai, non ti credo. D’altronde anche tu non hai un caratterino troppo facile, ingegnere mio!

Gli sorrise ed anche lui lo fece poi le carezzò il viso con una dolcezza infinita. Barbara però gli fermò la mano e sussurrando piano, gli disse:

- Adesso basta però di parlare. Anche se stiamo bisbigliando appena, quel monello potrebbe svegliarsi e sarebbero guai! Ora sta ronfando tranquillo, ma se sapessi quanto ho dovuto penare per farlo addormentare eccitato com’era per l’arrivo dei cuginetti! Buonanotte, ingegnere, spegni la lampada.

La vide voltargli le spalle ed in silenzio le ubbidì, poi le rispose a sua volta:

- Buonanotte, cara, dormi bene.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

 

Per il primo onomastico di Maria Neve, la mamma le aveva cucito un vaporoso vestitino bianco su cui aveva ricamato delle roselline rosse. Anche sulla cuffietta c’era lo stesso ricamo ed ai minuscoli piedini le aveva messo delle scarpette di filo bianche e rosse. Oramai, a cinque mesi compiuti, la bambina era diventata molto bella e così abbigliata sembrava davvero una bambolina, anche perché sul visetto grazioso e paffuto ogni tanto spuntava un sorriso che le faceva brillare come due stelle gli occhietti azzurri dalle ciglia lunghissime.

Appena la vide così vestita, Robert arrossì d’orgoglio e per tutta la serata della festa della Madonna volle tenerla lui in braccio. Si beava dei complimenti che tutti gli rivolgevano per quella splendida creaturina e nel notarlo Barbara ne era intenerita e compiaciuta al tempo stesso. Quando incontrarono Rosa Barone con il suo bambino nato la stessa sera di Maria Neve, il giovane direttore si fermò anche a parlare con lei e volle presentarla alla moglie. Dopo che si furono separati, quest’ultima osservò:

-  Hai visto com’è grosso il piccolo Antonio?  Certo nostra figlia è proprio piccolina al suo confronto!

- E allora? Neve è una bambolina ed anche se sarà piccola piccola sarà sempre meravigliosamente bella. E poi a me piacciono le donne piccoline ed anche ad un sacco di uomini piacciono. Mi sa che questa qui ne avrà tantissimi di spasimanti e chissà quanto filo da torcere daranno al suo povero papà!

Nel pronunciare queste ultime parole, incurante di tutto e di tutti, posò dei grossi baci sulla guancia della bimba la quale per risposta al solletico che gli faceva con la  barba, scoppiò in una risatella gorgogliante ed acuta che fece  girare molti passanti.

- Tu stai diventando scemo! – commentò intenerita la donna entrando in chiesa per la funzione.

In verità si sentiva assai contenta e sorrise al piccolo Charles che portava per mano, raccomandandogli di starsene buono.

Comunque non fu Charles a fare il monello, ma la piccina che infastidita dall’odore dell’incenso o da chissà cos’altro, ad un certo punto cominciò a piangere talmente forte che il padre fu costretto ad uscire per non disturbare i fedeli.

Terminata la messa, Barbara, accompagnata dalla cognata con la sua numerosa famiglia, uscì sul sagrato tenendo sotto braccio la suocera.

Già in chiesa lady Margaret aveva notato la presenza dei parenti di Robert e, curiosa come una scimmia, approfittò dell'occasione per avvicinarsi alla signora Forrest che educatamente glieli  presentò. La povera Kate, con la sua aria umile e rispettosa, si affrettò a farle un inchino mentre Megan, per niente intimidita, cominciò a parlare senza freni:

- Oh Santi Numi, siete proprio lady Margaret Bradley in persona! E questo distinto signore deve essere vostro marito sir Paul Bradley. Che piacere, che piacere! Pensare che siamo quasi parenti! Ma ditemi, milady, questo giovanotto così affascinante è vostro figlio? – soggiunse indicando Leonard il quale la guardava ammirato perché in realtà Megan Forrest era davvero un gran bel pezzo di ragazza.

Purtroppo il suo indubbio fascino era rovinato dalla smisurata logorrea e dalla superficialità che traspariva dai suoi discorsi. Anche durante quel breve colloquio sembrava non doversi fermare mai e continuava imperterrita a dire che anche lei avrebbe voluto imparentarsi con una famiglia così nobile, solo che a sedici anni si era spostata con il lì presente Ewan Rutherfurd il quale era sì un gran brav’uomo - anche se come potevano vedere non era certo un Adone -  che le aveva subito fatto fare una carretta di figli (s’interruppe per presentarli ad uno ad uno convincendo con uno scappellotto quelli più restii a fare un inchino educato) e che quindi aveva dovuto mettere una pietra sopra ai sogni di ragazza.

Lady Margaret non si aspettava una simile valanga di chiacchiere e quasi barcollava stordita tanto che a Barbara venne quasi da ridere. Un po’ impietosita, invitò la cognata a non trattenere più la nobildonna e aiutare invece lei  a cercare Robert di cui non c’era più traccia. Approfittando della via di fuga, Maggie si congedò e preso sottobraccio il consorte, si allontanò borbottando con lui sulla incoscienza della buonanima di Julie che si era incaponita a sposare il giovane ingegnere senza considerare con quale famiglia si andava ad imparentare.

Leonard non li seguì perché la giovane donna lo intrigava moltissimo. Approfittando che Ewan si era allontanato con i bambini e la vecchia signora Forrest se ne stava tutta silenziosa e compunta da una parte, decise di rimanere a fare quattro chiacchiere con Megan.

- Vi è piaciuta la funzione? – le domandò.

- Moltissimo! Non pensavo che in un posto così sperduto si facessero funzioni così belle. Anche la chiesetta è abbastanza carina, il parroco l’ha addobbata proprio bene però…

- Però?

- Non so se posso dirlo…ma sì, lo dico! Ci  vorrebbe un parroco un po’ più giovane, quello che c’è sembra una vecchia tartaruga!

Leonard rise divertito ed aggiunse, mostrandosi anche lui pungente:

- Ed avete notato la sua tonaca? È così lisa ed impillaccherata da essere un’indecenza! Devo chiedere a mio zio sir Paul di comprargliene una nuova.

Barbara protestò infastidita:

- Padre Giustino è un’ottima persona. E poi da noi c’è un proverbio che dice “l’abito non fa il monaco”.

- Già – convenne la cognata un po’ pentita di essersi mostrata troppo sfacciata 

- E meno male, mia cara, altrimenti sarebbe un monaco veramente pietoso! Non trovate Megan? – rispose il giovane cercando di entrare subito in confidenza con la bella signora.

Scoppiarono a ridere entrambi molto divertiti. Barbara decise di non  poterne proprio più di quei due che a quanto pareva erano fatti della stessa pasta. Pregando la suocera di badare un po’ a Charles che correva lì intorno con il cugino più piccolo, cominciò a cercare Robert da sola.

Non lo trovò da nessuna parte, ma poi Giovanna le riferì di averlo visto entrare in chiesa e così andò a cercarlo lì. Non c’era più nessuno ma ai piedi dell’altare della Madonna scorse il marito con la bambina  in braccio che parlava proprio con don Giustino. Si avvicinò ed il buon sacerdote l’accolse con un sorriso che lei ricambiò con un cenno della testa.

- Ma insomma, è tutta la sera che ti cerco! – disse rivolta al marito con un tono di rimprovero nella voce.

- Perdonatelo, figliola, l’ingegnere mi ha chiesto di benedire la bambina e l’abbiamo appena fatto.

A quelle parole del prete, Barbara guardò stupita il marito. Lui non disse nulla, solo ricambiò lo sguardo con una strana espressione sul viso, come se si sentisse molto imbarazzato.

Il vecchio sacerdote intanto riprese il discorso interrotto all’arrivo della donna.

- Ve la ricordate la notte di tempesta dello scorso febbraio quando vi trovai qui piangente e sconsolato proprio ai piedi dell’altare? Lo avreste detto allora che appena pochi mesi dopo le persone della cui salvezza disperavate sarebbero state ora accanto a voi in perfetta salute? Non ci credevate alla forza della preghiera ed invece guardatele: vostra moglie è sana e salva e questa piccina è bella e santa come la Madonna a cui chiedeste la grazia.

Per un po’ il giovane esitò a rispondere per pudore nei confronti di Barbara che continuava a guardarlo stupefatta, ma poi mormorò con la voce quasi incrinata da un nodo di pianto:

- Lo so, padre, e vi sarò sempre grato per le buone parole che mi diceste. Forse il coraggio di vivere non l’ho ancora trovato, ma da allora la lotta mi sembra meno dura ed ho sentito rinascere in me la speranza. È per questo che stasera vi ho chiesto di affidare la mia piccolina alla Madonna di cui porta il nome. Lei saprà sicuramente proteggerla e guidarla meglio di quanto non possiamo fare io o sua madre.

- Siate dei buoni cristiani, ragazzi miei – li esortò il vecchio guardandoli entrambi con dolcezza – ed insegnate ai vostri figli ad essere onesti e leali, fate che imparino ad amare il prossimo e a distinguere la sostanza dall’orpello.  Questo è davvero importante nella religione, ma soprattutto nella vita. Ora però devo andare, mi aspettano per i festeggiamenti. Voi rimanete ancora un po’, se vi va.

Si girò verso l’altare e s’inchinò.

-  Guardate come è radiosa stasera Maria della Neve, la Vergine che fece nevicare ad agosto per dimostrare agli uomini quanto nulla sia impossibile per i cuori davvero puri! – disse sorridendo ai due giovani.

Così dicendo si allontanò con il suo passo un po’ barcollante, seguito dallo sguardo stupefatto di Barbara la quale ancora non riusciva a capacitarsi. Si sedette sulla panca e tenendo le mani inguantate congiunte, rimase un momento a guardare il quadro con la Sacra Effige.

- Allora eri qui la sera che ho partorito?- chiese a Robert in un sussurro.

- Sì, dove pensavi che fossi? – le rispose il marito facendo adagiare sulla sua spalla la bimba che nel frattempo si era addormenta.

- Credevo che fossi andato a cenare dai Bradley – gli rispose, ma subito lo incalzò con una nuova domanda la cui risposta le stava molto a cuore.

 - Hai voluto chiamarla Maria Neve perché avevi fatto un voto?

- Sì, se vi salvavate tutt’e due, avevo giurato di chiamarla così. E con lei è successo per ben due volte, se te lo ricordi, quando è nata e quando stava morendo subito dopo.

- Perché non me l’hai mai detto?

- Perché mi vergognavo.

- Cosa c’era da vergognarsi?

- Nulla o forse sì. Non volevo farti sapere quanto sono debole a volte.

- Non puoi nemmeno immaginare come sarebbe stato diverso se l’avessi saputo, invece. Anche se non te l’ho mai confessato, ero arrivata a detestarti credendo che ti eri disinteressato a me quella sera terribile. E poi mi innervosì moltissimo pensare che avevi voluto chiamare la bimba Neve solo per farti bello con la gente del paese, anche se a me quel nome non piaceva.

- Ora però ti piace, non è così?

Barbara lo guardò: la luce tenue delle candele gli rischiarava appena il viso dall’ovale perfetto ed un sorriso dolcissimo gli illuminava anche gli occhi che brillavano azzurri sul volto abbronzato. Dal suo viso traspariva un sincero affetto e la cosa la colpì non poco. In un sussurro gli disse timidamente, ma con trasporto:

- Sai, in fondo hai ragione, dobbiamo parlare un po’ di più noi due, forse non ci conosciamo abbastanza. Però se dobbiamo farlo,  dobbiamo trovare il coraggio di mostrarci per ciò che siamo, con i nostri difetti e le nostre debolezze.

- E se poi queste cose dovessero allontanarci?

- Non deve succedere,  dobbiamo imparare ad accettarci se vogliamo vivere insieme anche senza l’amore vero e proprio.

Robert corrugò la fronte, smarrito ed addolorato. Gli stava dicendo senza mezzi termini che non lo amava. Si sentì stringere il cuore, ma neanche trovò il coraggio di dirle cosa fosse diventata per lui. La donna interpretò l’ombra passata sul suo viso per la  malinconia suscitatagli dalla prospettiva di una vita senza amore. Si affrettò a sorridergli per rassicurarlo.

- Non ti preoccupare, ingegnere, andrà tutto benissimo. Saremo degli ottimi compagni di viaggio ed almeno proveremo ad essere sereni. E poi ci tocca crescere due creature, non l’hai sentito don Giustino?

Aveva cercato di usare un tono quasi allegro, ma la tristezza che non era riuscita a cancellare dal viso di lui, la fece un po’ scoraggiare. Non era mai stata molto religiosa, ma ugualmente in quel momento alzando lo sguardo sul quadro della Vergine, le venne spontaneo parlarle, invocandola dentro di sé.

- Madonna mia – la implorò – ti prego, aiutaci Tu. È tutto così difficile!

Dopodiché si portò la mano sul petto e strinse fiduciosa il piccolo crocifisso di corallo, restandosene in silenzio assai assorta fino a quando il marito non la prese con delicatezza per un braccio.

- Vieni cara, raggiungiamo gli altri. A quest’ora ci staranno cercando dappertutto – la esortò.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

 

Fortunatamente i lunghi giorni di permanenza ad Ingurtosu della rumorosa e vivace famiglia  Rutherfurd passarono abbastanza tranquilli grazie anche ad un’idea geniale venuta a Robert. Il giovane ingegnere, infatti, provvide a noleggiare un bel carrozzino ed incaricò Giosuè di accompagnare tutti i giorni i bambini della sorella ed il loro papà alla spiaggia. Davvero contenti, gli ospiti accettarono  l’occasione di godersi il mare cristallino e il bellissimo litorale e ben presto a loro si unirono anche Nunzietta e Charles. I primi giorni Megan si rifiutò di accompagnarli per timore di abbronzarsi la bella pelle chiara, ma poi un po’ il caldo, un po’ il fatto che Barbara le prestò la sua tenda sotto la quale poteva tranquillamente stare all’ombra, finì per andarci pure lei visto che in quel posto desolato l’unica distrazione alternativa sarebbe stata andare a guardare le miniere.

Barbara e Kate rimasero così molte giornate da sole in compagnia della bimbetta che la nonna aveva preso ad adorare. Si trovavano davvero bene insieme. Barbara apprezzava moltissimo il carattere dolce e riservato della suocera ed a mano a mano che tra loro due s’instaurava una certa confidenza, riuscì anche a farla parlare di più. La povera donna, di famiglia molto perbene, aveva avuto davvero un’esistenza travagliata. Aveva sposato il suo Edward con grande amore, ma la vita che il giovane minatore aveva potuto offrirle era stata molto misera anche se né questo né la disgrazia di aver perduto i primi due figli li aveva mai allontanati l’uno dall’altra. Purtroppo quando le cose sembravano essersi messe meglio perché Robert e Megan stavano crescendvano o forti e  sani ed un fratello monsignore le aveva lasciato una discreta sommetta in eredità, era avvenuto il disastro in miniera nel quale il marito era rimasto gravemente offeso e da allora in poi tutto era cambiato.

Barbara aveva capito come la donna avesse investito tutte le sue aspirazioni nei figli e ne fosse ora davvero orgogliosa. Di sé parlava poco, ma in compenso le raccontava sempre di loro, tanto che alla fine si ritrovò a sapere della loro infanzia ed adolescenza molto più di quanto non ricordassero essi stessi. Però le piaceva starla ad ascoltare così come le piaceva raccontarle di sé quando, nei pomeriggi assolati, dopo aver finito le numerose faccende in cui erano state impegnate tutto il giorno, si sedevano a prendere il fresco e a riposare nel  portico o in giardino in attesa del ritorno dei bagnanti e di Robert. La suocera la stava ad ascoltare sempre con enorme benevolenza e Barbara pensò che si sarebbe potuta affezionare a lei come ad una seconda madre. Tra l’altro Kate le aveva dato un notevole aiuto in cucina perché i bambini e lo stesso Ewan non gradivano del tutto la cucina italiana. Così ne aveva approfittato per farsi insegnare qualche ricetta gallese, sicura che avrebbe fatto piacere anche al marito mangiare qualche piatto della sua terra di tanto in tanto.

 

L’ultima domenica di permanenza degli ospiti, verso la fine di agosto, lei e Kate avevano preparato un pranzo davvero speciale con piatti della cucina gallese e sarda. Si erano divertite ad allestire una bellissima tavola imbandita sotto il pino in giardino e per intrattenere i più piccoli, Barbara aveva organizzato con l’aiuto di Luigi anche una rappresentazione di marionette.

Nel pomeriggio tranquillo, le risate dei bambini risuonarono allegre ed anche gli adulti si divertirono a seguire la storia buffa ed originale che la donna fece  recitare ai suoi pupazzi. Alla fine si guadagnò molti applausi entusiastici.

Dopo aver ringraziato la platea, rossa in volto e contenta, Barbara si avvicinò al tavolo per bere un bicchiere di limonata. Mentre lo faceva notò che la piccola Neve aveva in mano una grossa fetta di melone e se la portava alla bocca. Assai spaventata, si lanciò verso di lei per togliergliela, ma la suocera la trattenne con un sorriso.

- No, lasciala stare, ci sono io qui e la sorveglio con attenzione. Sta mettendo un dentino e la fetta di melone, fredda e dolce com’è, le dà molto sollievo anche se è dura e non riuscirà a staccarne un pezzo.

Intanto la piccina si agitava felice sul seggiolone e, sollevando il visino tondo verso la mamma, le fece un sorriso radioso con la sua boccuccia tenera dove spiccava come una perlina un primo, solitario incisivo.  Barbara che non lo aveva ancora notato, ne fu commossa e si chinò a baciarla. Era una scenetta talmente tenera che sul viso di Megan seduta lì accanto si dipinse un’espressione di affetto.

- Però, sei davvero una gran brava ragazza tu. Mio fratello non poteva trovare di meglio! – disse alla cognata, con sincerità.

Mentre Barbara la ringraziava con un sorriso, Robert intervenne.

- È normale, ho saputo ben scegliere! – affermò sorridendo a sua volta ma il sorriso gli si raggelò sulle labbra quando sentì la sorella dire:

- Secondo me la prima volta non avevi scelto abbastanza bene. Certo io non ho conosciuto Julie, ma dubito che un’aristocratica come lei avrebbe potuto sfacchinare in casa, fare economie e pulire culetti come fa dalla mattina alla sera questa poverina. Probabilmente avevi sperato che sposando la nipote di sir Paul Bradley  avresti potuto   fare una carriera ben diversa e ti saresti consentito un altro tenore di vita. Però, se ti fossi sbagliato ed il massimo che poteva offrirti suo zio era questo, allora è stata una fortuna che a farti da moglie ora non ci sia più lei ma Barbara. Solamente una donna sposatasi all’età in cui le altre donne si rassegnano ad essere rimaste zitelle poteva accettare una casa senza pretese, una vita così monotona e come unico aiuto alle sue fatiche, una sola servetta macilenta e due vecchi mezzo rimbambiti. A dirti il vero non mi aspettavo di trovarvi in queste condizioni, se l’avessi saputo, neanche sarei venuta a darvi fastidio. Pensare che rimproveravo sempre questo poveretto di Ewan perché con il suo misero stipendio non mi ha mai fatto fare la signora, anzi portavo ad esempio sempre te che eri diventato addirittura il direttore di una miniera! Avevamo persino deciso di chiederti un prestito, ma considerato come stai messo, forse a tuo confronto Ewan, che non è mai stato una cima, questo lo dobbiamo riconoscere, ha fatto più strada di te… Alfred, così la strozzi tua sorella, smettila immediatamente o vengo lì e ti faccio nero!

Per fortuna fu costretta dal comportamento del figlio ad interrompere quel fiume di parole e quando stava per riprendere dal punto in cui si era interrotta, quasi si meravigliò di vedere i visi degli astanti che la guardavano esterrefatti, incapaci di pronunciare anche una sola sillaba.

Alla fine solo Kate parlò e fu molto dura con la figlia.

- Se qualche volta riflettessi un momento prima di abbandonarti ai tuoi sproloqui! – la rimproverò - Ma ti rendi conto che non hai mancato di offendere nessuno con le cose che hai detto? Chiedi scusa  a tutti ed a tuo fratello specialmente!

Sembrava quasi strano che l’anziana signora si mostrasse così severa e Megan avvampò come una brace. Nella sua esuberanza non riteneva affatto di aver detto cattiverie ed il comportamento della madre la sdegnò moltissimo perché lo riteneva davvero ingiusto. E poi, accidenti, era una vita che sopportava la sua spiccata preferenza per il figlio maschio! Si ribellò subito:

- Perché, quale bugia ho detto? Perché mi devo scusare? Tu, piuttosto, quando ti si tocca il figliolo ti risenti subito, ammettilo. Guarda che non la merita la tua adorazione, non te lo sei trovato nel momento del bisogno. Lui nemmeno lo sa che sei andata a fare la lavandaia per tirare avanti.

- Mamma, cosa sta dicendo!? – le chiese Robert, davvero addolorato e stupito.

- Sciocchezze, figlio mio, sta dicendo sciocchezze.

- Davvero? – urlò la giovane oramai fuori dalla grazia di Dio – Non sei andata a lavare i panni dai Moore e dai Mongomery?

- È stato solo quando tuo padre era agli sgoccioli ed avevamo bisogno di pagare un infermiere.

- Perché non me l’hai fatto sapere? – la rimproverò il figlio.

- Perché non ti voleva turbare, poverino! Ebbene è meglio che tu lo sappia:  quando  se ne tornerà a casa rimarrà davvero sola e senza mezzi perché io non la potrò portare a Marsiglia con me, già lo sa Dio come faremo noi!

- Non c’è alcun bisogno di preoccuparsi per questo. Ho le mie cugine a Cardiff e le cognate, non sarò sola – obiettò l’anziana signora con dignità.

- Giusto, quelle che già affermano che è stato un vero peccato sprecare tanti soldi e fare tanti sacrifici per far studiare un figlio che nemmeno pensa alla tua vecchiaia!

A questo punto Robert scattò in piedi, pallido in volto.

- Hanno ragione, Megan, hanno ragione su tutto. Io sono solo un povero fallito che non è in grado di pensare a sua madre, di consentire una vita dignitosa alla moglie o di dare un aiuto alla sorella. Io non sono capace di rendere felice nessuno e ve ne chiedo scusa.

Era visibilmente sconvolto e si allontanò senza dire più nulla mentre un silenzio imbarazzato scendeva sulla tavola. Persino i bambini avevano smesso di giocare e un po’ smarriti osservavano gli adulti senza riuscire a capire perché la bella giornata di festa si stesse trasformando così.

Fu Barbara a rompere il silenzio dopo qualche minuto e lo fece con una voce così calma che i più piccoli si tranquillizzarono subito e ripresero le loro serene occupazioni. La donna infatti parlava piano, scegliendo con cura le parole per riuscire a fare un discorso pacato pur toccando i sentimenti più intimi.

- È vero, Megan – disse alla cognata – tu non hai detto alcuna bugia. Ma vedi, mia cara, il tuo difetto è fermarti sempre alla superficie, senza guardare cosa c’è dietro gli accadimenti e quali sono le molle che spingono le persone ad agire in un certo modo.

- La molla che spinge mia madre la conosco più che bene: è la sua preferenza per Robert. È sempre stato così, non negarlo! – protestò la giovane con gli occhi pieni di lacrime facendo un gesto con la mano alla madre che negava risolutamente con il capo.

- No, non credo sia così, vostra madre vi adora entrambi. Forse hai scambiato l’orgoglio che prova per Robert per una predilezione, ma non è così, e, se ci pensi bene, anche tu dovresti essere orgogliosa di tuo fratello. Non è stato lui forse a portare avanti la famiglia dopo che vostro padre aveva avuto l’incidente? Te lo ricorderai anche tu come sfacchinava tutto il giorno accettando anche i lavori  più umili pur di portare i soldi a casa continuando nello stesso tempo a studiare. Eppure non ha mai consentito che tu andassi a lavorare, addirittura voleva che i soldi di zio Thomas fossero usati per mandare a scuola anche te. Sei stata tu a non volerla proseguire  perché ti sei voluta sposare a sedici anni.

- Come le sai queste cose? – le chiese l’altra esterrefatta.

- Me l’ha raccontate Kate. Non credere però che io voglia rimproverarti, hai fatto benissimo. È così bello sposarsi giovani quando s’incontra l’uomo giusto! Perché tu l’hai incontrato, non è vero? Anche se lo disprezzi così spesso, lo sai meglio di chiunque altro che Ewan ti tratta come una principessa e nessuno mai avrebbe potuto darti più amore e considerazione.

- Io non me la prendo,  lei è fatta così, dice le cose senza pensare, ma in realtà è una gran brava persona – intervenne timidamente il grosso marito rivolgendo uno sguardo di tenerezza alla bella consorte che lo ricambiò guardandolo a sua volta con gratitudine.

- Lo so, Ewan, noi tutti lo sappiamo, ma solo perché non ci fermiamo alle apparenze come fa lei. Se lo facessimo, dovremmo affermare che la nostra Megan è una persona sgradevole perché dice cose davvero brutte sugli altri.

- Cosa ho detto di tanto malvagio in fondo? Forse ti sei offesa perché ho fatto notare che ti sei sposata tardi…

- Assolutamente no, non è questo. Io davvero mi sono maritata tardi, ma solo perché non ho avuto la fortuna di incontrare prima una persona come Robert. Ma come è possibile che tu, proprio tu, possa aver pensato che lui abbia sposato Julie per imparentarsi con dei nobili o per far carriera nelle società minerarie dello zio della moglie! Non sai quanto è orgoglioso e dignitoso tuo fratello? Lui e Julie  avevano rinunciato a tutto pur di stare insieme e sarebbero stati molto felici se la morte non li avesse separati. E lei fu ben contenta di lasciare il suo status di aristocratica pur di stare accanto ad un uomo così buono, leale, onesto e generoso come è Robert. Sono sicura che l’amore tra loro fu quanto di più meraviglioso ci possa essere stato a questo mondo, un po’ come quello tra tua madre e  tuo padre. Non è così, Kate?

La suocera accennò di sì con il capo, il cuore gonfio di rimpianto e di dolore.

Continuando a parlare a lei, Barbara proseguì, sempre con infinita dolcezza.

- Per quanto riguarda voi, anche se questo posto è quello che è e dovreste abituarvi a tante cose nuove, potreste rimanere qui con noi e non tornare da sola a Cardiff. Sempre se vi fa piacere, naturalmente.

- Ma no, non c’è bisogno! – si schernì l’altra arrossendo.

Per darsi un contegno e non mostrare il proprio imbarazzo, prese  dal seggiolone la piccola Neve che cominciava a ciondolare dal sonno e la mise a riposare con la testina poggiata sul suo grosso seno sfiorito.

La nuora sorrise nel vedere la scena.

- Non ce n’è bisogno dite? – le chiese con fare allegro – Io ho un gran bisogno del vostro aiuto per crescere i miei bambini, Megan ha bisogno di cominciare tranquilla la sua nuova vita a Marsiglia senza la preoccupazione di sapere che la sua cara mamma è sola e Robert... – esitò un poco - Robert ha tanto bisogno di essere amato e chi può farlo di più se non sua madre?

- Mamma, davvero – la implorò la figlia – rimani qui con loro, te lo sta chiedendo con il cuore, non è così Barbara? Scusami per prima, io non volevo essere cattiva.

- Questo l’abbiamo capito. Però una piccola punizione ti tocca lo stesso: adesso aiuti questa povera ragazzina macilenta a lavare i piatti perché io vado a recuperare tuo fratello che è capace di fare una tragedia per quattro parole sconsiderate – le disse allegra e poi rivolta alla cameriera, aggiunse - Dimmi un po’, hai visto dov’è andato l’ingegnere?

Nunzia, che arrivava in quel momento dalla cucina,  la guardò stupita perché non avendo  seguito il discorso precedente non capiva perché la padrona la stesse chiamando macilenta, ma poi pensò che l’inglese non lo conosceva bene e doveva aver capito per forza male.

- L’ho visto prendere Thunder – le rispose mentre cominciava a togliere i piatti aiutata da Megan.

- Bene, allora so dove andarlo a cercare. Nonna, per favore, badate un po’ voi ai nipotini?

Se ne andò a prendere il calesse e con decisione si diresse alla spiaggia dove c’era l’imbarcadero della miniera. La strada era parecchia, ma a dire il vero l’inaspettata passeggiata pomeridiana le faceva anche bene. Aveva bisogno di stare un po’ a pensare perché le cose che aveva detto su Robert erano tutte sincere e sentite. Guardandosi dentro, scopriva che oramai il rancore ed il risentimento nutriti solo poco tempo prima per lui erano totalmente scomparsi perché quell’uomo, il cui unico difetto era solo una eccessiva lealtà, meritava di avere accanto una compagna  che gli facesse ritrovare la fiducia in se stesso.

Arrivata alla meta, ebbe subito la conferma dell’esattezza della sua intuizione quando vide il bel baio scorazzare libero sulla spiaggia. Poco più in là, seduto su una duna di sabbia bianchissima, c’era il marito. Si era tolto la giacca e la cravatta, aveva rimboccato le maniche ed aperto il colletto. Il vento caldo proveniente dal mare gli scompigliava i folti capelli castani e quando si voltò nel sentirla arrivare, i suoi occhi avevano lo stesso luccichio azzurro delle onde del mare poco lontano.

- Cosa ci fai qui? – le chiese stupito.

- Me l’hai detto tu una volta che quando avevi bisogno di startene un po’ in pace te ne venivi qui.

- Già, avevo bisogno di starmene un po’ in pace. Perché sei venuta?

Barbara finse di non cogliere la freddezza della domanda e provò a scherzare:

- Perché, solo tu hai diritto a cercare la pace? Guarda che anch’io ho bisogno di riposarmi un po’ dalle chiacchiere della signora Rutherfurd!

Lungi dall’accettare lo scherzo, lui replicò, mostrando quanto fosse addolorato:

- Eppure te l’ho detto: Megan parla tanto ma ha quasi sempre ragione nel dire le cose.

- Non farmi ridere, ha detto tante di quelle sciocchezze e ti assicuro che l’ha riconosciuto quando te ne sei andato!

L’uomo la guardò con un sorriso sarcastico e triste.

Barbara ne fu così intenerita che provò un moto d’affetto e non poté trattenersi dal mettergli una mano sul braccio.

- Tu sei l’uomo migliore del mondo, invece. Io non ho mai conosciuto nessuno che si prenda tanta briga per gli altri e si sacrifichi come fai tu. Sei stato per Julie un marito perfetto, sei un padre meraviglioso, un figlio devoto ed un fratello buonissimo. E per me sei un amico generoso e sincero. Cosa vorresti essere di più? Guarda che non sei solo tu a dover dare agli altri, anche gli altri ti devono qualcosa, non credi?

Robert non parlò, restando con la testa china, pensieroso e smarrito. La moglie continuò il suo discorso in tono più leggero:

- A proposito, ho chiesto a tua madre di restare con noi…

- No, non voglio.

- Non vuoi tenere con te tua madre!? – gli chiese stupita dalla reazione strana.

- Certo che vorrei, volevo solo dire che mi dispiacerebbe se tu ti accollasi anche una persona anziana…

- Persona anziana tua madre? Accidenti, quella è così arzilla e forte che mi dà dei punti! E poi è dolce e buona come sei tu. Vedrai, ingegnere, andrà tutto benissimo, staremo davvero bene tutti insieme – aggiunse con dolcezza stringendogli ancora l’avambraccio.

Il giovane l’osservava dubbioso: si stava chiedendo se non fosse venuto il momento di dirle quanto l’amava. Forse lo avrebbe fatto, finalmente, se Barbara non fosse schizzata in piedi strillando:

- Mamma mia com’è tardi! Ho lasciato Neve a dormire beata tra le braccia della nonna, ma devo allattarla ed  è una cosa che posso fare io sola, purtroppo!

Lui le afferrò una mano per trattenerla.

- Aspetta – le disse – devo dirti una cosa.

- Cosa? Che sono stata una stupida a farmi tutta questa strada per venirti a ricordare delle verità che se fossi rimasto a riflettere un po’ avresti capito da solo? Ebbene sì, lo sono, ma ora fammi scappare.

Senza dargli la possibilità di aggiungere altro, cominciò a scendere dalla duna. Ad un tratto un  pensiero la colse e si girò a guardarlo.

- Non dovevi accompagnare tua sorella alla festa a Montenuovo stasera? – gli chiese.

- Sì, dovevo.

- Perché non torni con me allora?

- No, ho ancora voglia di starmene un pochino da solo. Dici a Giosuè che vi portasse lui con il carrozzino, io magari vi raggiungerò dopo lì.

- Va bene. Io però non ci vado. Charles è molto raffreddato e voglio cercare di non farlo uscire stasera. Forse è davvero meglio se tu non passi per casa, così tuo figlio non ti si appiccica e posso provare a distrarlo per non farlo piangere. Vado, ora. Ciao.

Seguendo con lo sguardo la sua figurina sottile vestita di bianco che si allontanava sulla sabbia dorata, Robert si chiese quando avrebbe trovato di nuovo il coraggio per confessarle che l’amava da morire.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

Era già abbastanza tardi quando tornarono da Montenuovo. Megan ed Ewan si ritirarono subito in camera portando in braccio i due figli più piccoli addormentati. Anche i più grandicelli cadevano dal sonno, soddisfatti e felici della bella giornata che gli zii avevano regalato loro. Robert stava per andarsene anche lui a dormire, ma notò la madre ancora seduta nel portico e le si avvicinò.

- Che ci fai qui tutta da sola? Dov’è Barbara?

- Ha portato Charles a dormire perché ha un po’ di tosse e non voleva fargli prendere l’umidità della sera. Io invece avevo un gran caldo ed ho preferito stare ancora un po’ qui. Ora però  rientro anch’io perché tira molto vento.

- Già – convenne il figlio – qui fa molto caldo e spesso c’è un gran vento però vedrai che ti ci abituerai presto, io adoro questa terra!

- Robert… - gli disse la vecchia signora un po’ esitante – io non so se è il caso… mi dispiacerebbe se tu avessi imposto a tua moglie anche questo sacrificio.

- Ti assicuro che non sono stato io a proporlo, anzi, a dire il vero non ci avevo nemmeno pensato. Però mi sembra una soluzione perfetta.

- E se poi non vi trovate a stare con me? 

- Non dire sciocchezze, Barbara mi ha detto che le sei molto simpatica e ti trova molto dolce e buona ed io…insomma, lo sai.

La guardò con gli occhi dolcissimi colmi di affetto, ma neanche con sua madre riusciva ad aprirsi del tutto e a dirle apertamente quanto le voleva bene.

- Forse non è soltanto perché le sono simpatica. Lei deve amarti davvero molto, me ne sono accorta. Sapessi come ti ha difeso con tua sorella prima!

- Non è questo, probabilmente ritiene che io non sappia difendermi da solo. Forse ha ragione, piuttosto che affrontare chi mi attacca, spesso preferisco battere in ritirata. Lei invece è una donna fiera e forte anche se sa essere molto dolce. Purtroppo  non lo so se è amore quello che prova per me.

- Certo che lo è! – insistette la madre – Però anche tu l’ami, non è  così?

- Sì, anche se a volte mi chiedo come abbia potuto amare allo stesso modo due donne così diverse come lei e Julie.

- Succede, figlio mio, le capacità di amare di ognuno di noi sono infinite ed in fondo loro due non devono essere state poi tanto diverse.

- Forse è come dici tu, entrambe mi hanno saputo dare la forza di credere di nuovo in me stesso e nella vita. In ogni modo torniamo a noi, cosa hai deciso di fare?

- Non lo so, sono molto indecisa, è un passo così importante per me!

- Ascolta allora, facciamo così: per il momento non toglieremo la casa di Cardiff  così potrai sempre ritornarci se non ti andrà più di stare con noi. Però sono sicuro che ti troverai benissimo e tu stessa deciderai di rimanere. Va bene?

- Sì, va bene. Spero soltanto di non darvi troppo fastidio.

- Incomincia allora a non fare i capricci e vieni a dormire perché  devo chiudere la casa! – scherzò il giovane prendendola in giro mentre  le posava un bacio sulla fronte per salutarla.

 

Dopo poco si ritirò anche lui  nella sua stanza dove già la moglie ed i bambini erano a letto. C’era una luce particolare perché sul comò adesso c’era un quadretto della Madonna della Neve davanti al quale Barbara aveva acceso un lumino rosso. Dalla finestra aperta entrava il fresco vento della notte di agosto e c’era un gran silenzio, rotto soltanto dal respiro un po’ pesante di Charles. Si avvicinò al lettino per guardarlo e vide che respirava con la boccuccia aperta perché doveva avere il nasino otturato. Sembrava tranquillo però. Gli fece una carezza ed andò in bagno a lavarsi e a prepararsi per la notte. Si stava ancora asciugando quando sentì Neve piangere.  Entrando nella stanza udì la moglie che con un soffio di voce le diceva:

- No, piccina, per favore dormi, dormi!

Purtroppo la figlia non si calmava e lei sbottò, infastidita e stanca:

- Uffa, ma cosa vuoi adesso!? Ti ho dato da mangiare e ti ho cullato tanto, che devo farti di più!

Si stava rialzando quasi piagnucolando, ma l’uomo le si avvicinò e le fece cenno di coricarsi di nuovo.

- Ci penso io. – le sussurrò – Forse alla nostra bambolina  fanno male i dentini, per questo piange.

Presa in braccio la figlia, cominciò a passeggiare per la stanza

- Già, però così finirà per svegliare anche Charles e stasera non si sente bene neanche lui, povero angioletto – mormorò la donna appoggiandosi di nuovo sul cuscino.

Robert cominciò a cantare pian piano una canzoncina e la sua voce era così calda e dolce che la bambina smise di piangere e dopo qualche minuto di carezze, si addormentò addirittura.

Intanto lui guardava la moglie. Gli facevano un’enorme tenerezza i suoi occhi belli che si chiudevano dal sonno, come se anche su di lei la dolce ninna-nanna avesse effetto. Sorrise tra sé e rimise la bimba nella culla. Si coricò a sua volta e posò un lieve bacio sul braccio nudo di Barbara che dormiva tranquilla su di un fianco, dandogli le spalle.

Era stato l’affetto a spingerlo a compiere quel gesto, ma la sensazione della morbidezza della sua pelle sotto le labbra, gli impedì di allontanarsi. Sfiorandola con la bocca, ne aspirò l’odore e la levigatezza ed ebbe l’impressione che la donna rabbrividisse al suo contatto senza sottrarsi ai lievi baci che le posava con sensualità lungo tutto il braccio. Incapace di trattenersi ancora, Robert salì con le labbra lungo la spalla e la baciò piano sulla nuca, sotto l’orecchio, laddove avvertiva ancora più forte il profumo di lavanda dei suoi capelli. Barbara restava ancora immobile ed addormentata, ma il desiderio dell’uomo oramai era esploso. Non riuscì a contenersi. Le carezzò piano il seno, il fianco ed il ventre e poi infilò una mano sotto la camicia risalendo su per la pelle serica delle cosce fino ad incontrare il tepore umido  del sesso.  Con molta delicatezza la fece girare supina, continuando le sue calde carezze. La donna non accennava nessuna reazione, ma anche se se ne stava immobile con le braccia abbandonate ai lati del cuscino e gli occhi chiusi, lui avvertiva chiaramente il fremito che la scuoteva. Con entrambe le mani allora le prese il viso e cominciò a carezzarle le guance, il naso, le tempie, poi passò il pollice sulle sue belle labbra sensuali facendogliele  dischiudere leggermente. Solo allora Barbara aprì gli occhi e nel tenue chiarore del lumino, Robert intravide in essi un languore  che gli fece perdere completamente ogni controllo. Senza più temere di essere respinto, la baciò. Lei allora  lo strinse in un morbido abbraccio, abbandonandosi con un lieve sospiro, pronta a dargli e a ricevere l’amore.

 

Dopo Robert aspettò che il cuore gli smettesse di battere all’impazzata. La passione poco prima lo aveva travolto come un vento impetuoso, ma quell’emozione nasceva soprattutto dall’enorme felicità. Per la prima volta dopo tanto tempo, aveva assaporato il piacere di fare all’amore con una donna davvero amata. Si diceva tra sé che era una gioia talmente sublime da riuscire da sola a rendere degna la vita di essere vissuta. Si girò verso la moglie e vide che si era già ricomposta addosso la camicia ed ora si nascondeva il viso con un braccio, il respiro ancora un po’ affannoso.

Era successo tutto così inaspettatamente, ma era stato bellissimo e non soltanto perché aveva ritrovato la magica intesa che li attirava così tanto l’uno verso l’altra, ma anche perché adesso c’era un tenero amore a guarirlo dalla  disperazione in cui era caduto e a donargli una nuova gioia di vivere.

Avvertì impellente il bisogno di dirle quanto l’amava. Provò a chiamarla pianissimo. Per tutta risposta lei si voltò sul fianco, dandogli di nuovo le spalle.

- Barbara… - la chiamò ancora in un mormorio.

- Dormi – gli disse lei con lo stesso tono usato prima con la figlia.

Robert non sapeva cosa fare, avrebbe voluto parlarle, ma poi Charles fece un colpo di tosse  e si svegliò frignando e lamentandosi per la sete.  Così si alzò e gli  versò da bere dalla bottiglia d’acqua che era sul comodino. Quando il bambino si rimise a dormire, si distese  di nuovo accanto a lei, mettendole un braccio intorno ai fianchi ed attirandola a sé. In un primo momento ebbe la sensazione che s’irrigidisse, ma poi gli si abbandonò contro ed addirittura gli mise una mano sulla sua, stringendogliela forte in un gesto di affetto e di complicità. Robert si sentì il cuore balzare nel petto dalla gioia: quel gesto era stato ancora più meraviglioso di tutta l’estasi che gli aveva dato l’amore fisico.

Con la dolcezza di un uomo innamorato, aspettò che la sua donna si addormentasse prima di scivolare nel sonno anche lui, provando la sorprendente consapevolezza di starla stringendo finalmente tra le braccia.

 


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Anche se questo capitolo è stato molto breve, ritengo che possa esservi piaciuto perché finalmente c’è stato un riavvicinamento tra i nostri due protagonisti, almeno a letto. Non voglio anticiparvi la trama, però mi interesserebbe sapere se nell’ottica di questa storia, a vostro avviso,  il fatto che abbiano fatto di nuovo all’amore sia un punto di partenza o di arrivo. L’unica cosa che voglio dirvi è che ho cercato di tracciare un percorso interiore che sia Robert che Barbara stanno percorrendo grazie al quale entrambi abbiano  la possibilità di passare dall’indifferenza o dal risentimento all’amore, attraverso  un profondo cambiamento  che ho tentato (e tenterò) di  spiegare  capitolo per capitolo.   Nel contempo  ho provato  a dare ai loro rapporti un’impronta di maggiore disponibilità e comprensione reciproca senza le quali questo passaggio forse non sarebbe stato plausibile. Probabilmente non ci sono riuscita e sono stata capace di tracciare solo due personalità abbastanza lunatiche ma sono certa che comunque non vi stancherete di loro e resterete a leggere anche i prossimi aggiornamenti (che riprenderanno dopodomani) nei quali vedrete come ho immaginato, in maniera sempre molto dolce e  tranquilla nonostante le cose che succederanno, come un amore che sembrava sopito o mai nato possa finalmente incominciare a far parte della vita di due persone. Un grosso grazie a tutte quelle che mi stanno seguendo ed in particolare alle mie dolci "fedelissime" per i loro preziosi commenti.


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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Ed eccomi pronta con l’aggiornamento che vi avevo preannunciato per stasera. Prima però devo ringraziare le mie cinque (anzi sei, le nane sono due!) recensitrici le quali sono il mio termometro di autrice per misurare quanto siano plausibili le cose che invento. E devo dire che ho visto che siete tutte d’accordo sul fatto che il  rapporto sessuale avvenuto sia solo un punto di partenza perché è proprio così che l'ho inteso. Non so se sbaglio, ma ho sempre pensato che l’attrazione fisica sia alla base di ogni autentica unione amorosa ma da sola non sia sufficiente a creare un legame davvero profondo ed indissolubile. È questo il motivo per cui  ho immaginato di far compiere a Barbara e a Robert un percorso un po’ più lungo nel quale però possano giorno per giorno scoprirsi, apprezzarsi, innamorarsi.  Alla fine sarete voi a dirmi se ci sarò riuscita. Ci conto , eh?

Allora, vediamo un po’ cosa succede la mattina dopo …


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Capitolo 20

 

Il mattino dopo Robert si svegliò come al solito presto per andare alla miniera e come di consueto cercò di fare il più silenziosamente possibile per non svegliare i dormienti. La felicità della notte prima non lo aveva ancora abbandonato e si sentiva il cuore leggero.

Nel prendere l’orologio riposto nel cassetto del comodino, gli cadde lo sguardo sul ritratto di Julie. Lo prese in mano e restò assorto a guardarlo. Un’ondata di malinconia lo assalì. Si rammentò di tutte le volte che lo aveva fissato nelle lunghe e solitarie ore della sua disperazione durante le quali aveva desiderato con tutto se stesso di poterla seguire. Aveva tradito il loro amore innamorandosi di Barbara? Per un momento l’angoscia ed il senso di colpa per non aver mantenuto la promessa gli attanagliarono lo stomaco, ma poi, fissando il ritratto, gli venne in mente l’immagine di un posto dove era solito andare a giocare da bambino. Era una vecchia casa diroccata. Kate gli aveva narrato i racconti tramandati dagli anziani sulla nobile famiglia che vi aveva vissuto tanti anni addietro e delle  feste sontuose che vi si erano svolte prima che i proprietari cadessero in miseria. Oramai erano rimasti solo pochi ruderi che parlavano di morte, di decadenza, di abbandono e così gli aveva suggerito di non  andarci più perché la riteneva un posto molto malinconico ed anche pericoloso per un bambino.

Eppure lui amava rifugiarsi lì. Gli piaceva soprattutto un angolino, dove, tra i resti di mura ancora a tratti ricoperte dai brandelli di una sontuosa tappezzeria oramai scolorita dal tempo e ciò che rimaneva delle pregevoli maioliche di quello che era stato un dì il meraviglioso pavimento di un gran salone da ballo, era sbucato un alberello alla cui ombra crescevano primule e violette nel verde splendore di un mare d’erba.

Se ne stava ore silenzioso ed assorto ad ammirare lo spettacolo del sole che filtrava tra le foglie, il via vai degli insetti nel prato, le mille farfalle colorate posate sui fiori, gli uccellini che rallegravano il silenzio con il loro canto armonioso. Ora, da adulto, improvvisamente intuì perché quel posto gli fosse piaciuto tanto:  in esso aveva avvertito il pulsare della vita che ritorna a riportare la bellezza e a cancellare con la sua armonia i segni della desolazione.

Ecco, questo era ciò che era avvenuto anche per lui: la vita si era di nuovo impossessata della sua esistenza e aveva dovuto piegarsi ad essa, non ne aveva potuto fare a meno. Non c’era nessuna colpa da parte sua e per questo, con un sorriso e l’animo rasserenato, baciò il ritratto di Julie e lo ripose amorosamente nel cassetto, dopodiché fece una carezza a Barbara ancora addormentata ed ai suoi bimbi e poi uscì per andare a lavoro.

 

Quella però non fu di certo una giornata come le altre. Il pensiero di Robert andava di continuo alla felicità appena trovata, soprattutto perché le cose erano state molto più semplici e naturali di quanto non si fosse aspettato. Ora poteva finalmente ricominciare ad assaporare il gusto della vita e cercare di liberarsi dalla paura del futuro che gli aveva impedito sempre di assaporare la gioia del presente.

Tutto gli sembrò più facile, persino sopportare Leonard, saccente e borioso come al solito. Aveva solo voglia di tornare a casa ed a stento riuscì a resistere fino all’ora di pranzo quando se ne andò, lasciando il nipote di sir Paul un po’ stupito dalla sua insolita allegria.

Portando Thunder nella stalla, notò la madre e la sorella che stavano piegando delle lenzuola di bucato. Si ricordò che il giorno dopo Megan sarebbe partita ed in cuor suo la ringraziò perché era stata proprio la presenza della sua numerosa famiglia a consentirgli di ritrovare l’intimità con la moglie. Le si avvicinò sorridente.

- Cosa c’è, ingegnere, oggi non abbiamo la solita faccia da funerale?- lo prese in giro lei.

Robert sorrise ancora di più, rispondendo dispettoso:

- E come potrei averla se la signora Rutherfurd finalmente se ne va?

La vide fare un viso dispiaciuto ed in un moto di  sincero affetto, l’abbracciò stretta.

- Dai, stavo scherzando! Lo sai quanto ti voglio bene ed anche se la tua tribù è vociante ed invadente e tu sei una gran chiacchierona senza cervello, mi ha fatto un enorme piacere stare con voi!

Megan lo guardò da sotto in su, ancora stretta tra le sue braccia, incerta se credergli o no, ma poi l’amore fraterno che traspariva da lui la convinse della sua sincerità e  ricambiò l’abbraccio.

- Chissà se un giorno potremo stare ancora tutti insieme – sospirò – non sai quanto mi dispiace lasciare te e soprattutto la mamma. E anche Barbara, se è per questo. Mi sono davvero affezionata a questa cognata! – aggiunse convinta.

- A proposito – le chiese il fratello – ma dov’è?

- È in cucina con i bambini. Charles voleva andare per forza con Ewan ed i cuginetti al mare ed ha fatto i capricci. Ora, per distrarlo, l’ha portato con sé a preparare dei biscotti.

- Perché non l’ha lasciato andare?

- È molto raffreddato ed ha una tosse terribile - gli rispose la madre – ma ora vai via e lasciaci finire qui perché Megan deve fare anche le valigie.

- Come  faccio se i bambini non tornano? Accidenti, Robert, si sono talmente innamorati del mare turchese e della sabbia bianca di questo posto che ne hanno voluto approfittare fino all’ultimo. Quasi quasi lascio anche loro qui con te!

Dopo aver finto un brivido d’orrore, l’uomo le lanciò un bacio con la mano e poi si avviò tutto contento verso la cucina. La sua contentezza però si trasformò in un impeto di vera felicità quando scorse la scenetta che vi si stava svolgendo. La moglie ed i figli erano accanto al tavolo e stavano cantando una canzoncina. A dire il vero Maria Neve strillava soltanto, seduta sul seggiolone, ma lo stesso sembrava partecipare alla musica. Charles invece era in piedi su di una sedia, aveva le maniche della camicia rimboccate e stava giocando con un pezzo di pasta. In mezzo a loro, ancora più graziosa di sempre, c’era Barbara con i capelli legati a coda ed il vestito a fiorellini bianchi e rossi protetto da un candido grembiulino. Stava pulendo il tavolo di marmo mentre cantava con la sua vocina flebile ma intonatissima una canzoncina popolare.

Nel vederlo, la piccina strillò dalla gioia perché oramai lo riconosceva bene ed il padre le si avvicinò per baciarla sul faccino morbido.

Anche Charles voleva la sua parte di attenzione e  lo chiamò:

- Guarda, papà, sto facendo i “biccotti”!

Aveva parlato in italiano, ma come faceva spesso anche quando si esprimeva in inglese, aveva storpiato la parola. Robert lo guardò divertito e carezzandogli i riccioli biondi non lo corresse, ma per farlo contento gli disse:

- Bene, così da grande potrai fare il pasticciere e verremo tutti a mangiare le torte ed i biscotti preparati da te.

- Sì, voglio fare il “patticciere” – affermò il bambino serio continuando a storpiare le parole, un po’ infastidito dal fazzoletto con cui la mamma gli stava asciugando il nasino mentre  sorrideva anche lei.

Robert le andò vicino. Con dolcezza le scostò un po’ i capelli e fece per posarle un bacio sul collo, ma con suo enorme stupore, lei si scostò bruscamente.

- No, per favore! – gli disse.

- Barbara, perché, che hai?

Non gli rispose. Prese il bambino in braccio e lo portò a lavarsi le manine al lavello di pietra.

- Insomma, me lo dici che c’è? – le chiese quasi esasperato di non ottenere risposta e vedendola dedicarsi unicamente a Charles. Solo a  questo punto gli rispose, alzando su di lui due occhi tristi.

- Vuoi sapere cosa c’è? C’è che mi vergogno. E forse dovresti farlo anche tu.

- Ma perché dovremmo vergognarci? Non ti capisco!

Il bambino aveva assunto nel frattempo un’aria un po’ preoccupata perché aveva avvertito la tensione tra i genitori. Allora la madre gli sorrise e, presi dei biscotti, li avvolse in un tovagliolo candido, si abbassò sulle ginocchia per trovarsi alla sua altezza e gli disse allegra:

- Sai cosa devi fare adesso, amore? Devi portare ad assaggiare i tuoi biscotti alla nonna e a zia Megan. Vedrai quanti complimenti ti faranno!

- Sì, sì, vado – strillò il bambino contento con il fagottino stretto al petto e si avviò talmente in fretta che la mamma dovette strillargli dietro:

- Non correre,  puoi cadere!

Quando se ne fu andato, si girò di nuovo verso il marito che sembrava pendere dalle sue labbra in attesa di una risposta.

- Sì, ci dovremmo vergognare – gli disse abbassando il capo e mettendosi di nuovo  a pulire il tavolo di marmo con insolita energia ma senza aggiungere altra spiegazione.

- Perché? Me lo dici?

 - Accidenti, siamo peggio di due animaletti in calore: basta metterci nella stessa gabbietta per farci accoppiare! Tu dici che non dovremmo vergognarci?

- Non abbiamo fatto nulla di male. In fondo siamo marito e moglie, no? 

- No, siamo soltanto degli incoerenti.

Robert fece un viso strano, come di chi ha appena avuto uno schiaffo e la donna si pentì di essere stata così cruda.

- Non è stata colpa tua, non ce l’ho con te, è più con me stessa che sono arrabbiata - aggiunse con dolcezza poi si sedette ed offrì una sedia anche a lui.

- Vieni qui, siediti, parliamone – lo invitò e quando il marito le si fu seduto di fronte, continuò seria - Io sono molto attratta da te fisicamente e questo è inutile nasconderselo perché sarebbe solo un’ipocrisia. D’altronde, che sotto questo aspetto le cose tra noi siano andate sempre benissimo, lo sappiamo entrambi.

L’uomo sorrise a quelle parole ed allungò una mano a farle una carezza sul viso, ma Barbara lo fermò con dolcezza e continuò a parlare con un leggero rossore diffuso sul viso e gli occhi che lo fissavano sinceri.

- Fornicare è piacevole ma se la passione dovesse finire, finiremmo per odiarci e noi questo  non lo vogliamo, non è così? In fondo lo dicesti proprio tu una volta e se allora ti detestai, ora devo riconoscere che avesti ragione. Dobbiamo fare un lungo cammino insieme e crescere due bambini, non possiamo consentirci il lusso di sbagliare ancora.

- Non credi invece che le cose possano essere cambiate da allora? – obiettò lui.

- Certo, adesso c’è questa povera creatura innocente che abbiamo messo al mondo. In tutta onestà spero di non essere rimasta di nuovo incinta per una volta sola che siamo stati insieme.

- Perché dici così? Noi adoriamo la nostra bambina  così come vorremmo bene ad altri bimbi che dovessero arrivare! – affermò lui, sicuro di ciò che diceva.

- È vero ma io non li voglio più i figli solo perché arrivano, è una cosa che mi fa molto male. Io  avrei voluto desiderarlo un figlio, aspettarlo con gioia, considerarlo un dono prezioso, la testimonianza vivente  dell’amore che mi lega al mio uomo. Forse, come diceva mia cognata Luisa,  sono solo una povera illusa che crede ancora che l’amore esista e che debba essere un sentimento totale, travolgente, qualcosa che riempie la vita, un rifugio sicuro nel quale trovare il riparo dalle paure e dai dubbi. Purtroppo per me non  è mai stato così e fino a quando non sono riuscita ad accettare questa amara realtà, non ho trovato pace. Ora non voglio rischiare di compromettere quel poco di serenità che sono riuscita a raggiungere tanto faticosamente solo per il piacere fisico, per quanto possa desiderarlo.

Robert scosse la testa per manifestare il suo disaccordo poi le prese le mani tra le sue e le parlò, accorato.

- Barbara, anche io ti ho sempre desiderato da morire e non è stato facile per me rispettarti. Però l’ho fatto perché non volevo averti solo come compagna di letto. Tu meritavi di più, meritavi di essere amata nel modo che intendi. Ma se allora non potevo accettare la consapevolezza di starlo già facendo, ora non è più così, ne sono sicuro, e tu non puoi non essertene accorta.

Lei rimase qualche istante pensierosa mentre quelle parole le si facevano strada nell’animo e, stranamente, le facevano battere il cuore. Però doveva essere certa, non poteva illudersi ancora che fare l’amore e amarsi dovessero essere per forza la stessa cosa. Così proseguì, stringendo le mani di Robert tra le sue.

- Invece io non sono sicura che tu adesso ami finalmente Julie come si deve amare una persona morta, non sono sicura che il tuo amore per me sia vero amore e non solo la necessità di avermi accanto,  non sono sicura nemmeno che io non sia … – cominciò a dire ma s’interruppe imbarazzata. Non poteva sapere che il marito aveva capito che si stava riferendo a Sean.

- Che tu? – la incalzò.

Ma la donna abbassò il capo, arrossendo.

- Niente – mormorò – sono così confusa! Perdonami, ma ho bisogno di un po’ di tempo per riflettere prima di lasciarmi andare senza la paura di sbagliare di nuovo. Ho sofferto troppo e non posso consentirmi di farlo ancora, ne uscirei davvero distrutta stavolta.

- Non hai fiducia in me quindi? – le chiese dispiaciuto.

- No, non è questo! – proruppe lei sollevando lo sguardo e fissandolo negli occhi – Tu sei una persona buona e leale e forse siamo solo partiti  con il piede sbagliato. Ma se tu hai commesso degli errori, io non ti sono stata da meno. Per fortuna stiamo ancora insieme e possiamo riprometterci di ricominciare tutto daccapo. Sono certa che se l’amore c’è, non tarderemo a scoprirlo, però non corriamo, ti prego. Siamo stati tanto senza avere rapporti fisici ed ora non possiamo  starci ancora un po’ per dare il tempo ai nostri sentimenti di crescere e diventare più chiari? E poi non ritengo che proprio tu possa ritenere così essenziale fare all’amore per riuscire a costruire qualcosa di solido e di importante. Mi sbaglio?

Robert sospirò.

- Va bene – le disse – se è questo che vuoi, lo faremo. Ma giurami che mi darai un’altra possibilità, che non continuerai con quell’atteggiamento ostile che mi teneva fuori dalla tua vita.

 - Sei stato tu il primo ad estromettermi dalla tua vita, ingegnere! Però è vero, sono stata molto male e sono diventata intrattabile ma ora sono più serena e ti prometto che cercherò di controllare il mio brutto carattere. Staremo a vedere cosa succederà. Forse rimarremo solo due persone sposate o forse diventeremo due persone che si amano, non lo possiamo ancora sapere con certezza, ma almeno cercheremo di vivere con serenità ed equilibrio il nostro rapporto.

Gli posò una carezza sul viso e lui la guardò con gli occhi scintillanti pieni di tenerezza ma non le disse più nulla.

Allora Barbara si tolse  il grembiulino, prese Maria Neve in braccio e le pulì la boccuccia con il bavaglino. Mentre usciva dalla cucina, si voltò a guardarlo di nuovo e gli fece un sorriso,  triste ma serena.

 

Seduto ancora accanto al tavolo, con la testa china, Robert si mise a scrostare con l’unghia un grumetto di farina che la moglie si era dimenticata di pulire. Intanto rifletteva su quanto gli aveva appena detto. Si sentiva deluso ma la capiva. Se quando le aveva chiesto di sposarla le avesse prospettato il rapporto tranquillo ma freddo di un matrimonio di convenienza, se le avesse offerto in cambio delle sue cure la consolazione di  mettere al mondo dei figli e la soddisfazione di avere una famiglia sua, se dopo averla fatta cedere alle sue voglie non l’avesse allontanata,  forse le cose tra di loro sarebbero andate diversamente. Ma lui per primo aveva rifiutato ogni tipo di rapporto matrimoniale, sottolineando più di una volta quanto fosse ancora innamorato della sua prima moglie. Era stato molto egoista a non curarsi della sofferenza  che aveva inflitto ad una donna la cui unica colpa era stata probabilmente quella di amarlo ed ora non poteva pretendere che Barbara potesse fare come se nulla fosse successo e fidarsi di nuovo di lui.

Anche se era riuscito finalmente a manifestarle il proprio amore, si rendeva conto che per il momento le sue erano solo parole. Doveva dimostrarglielo ogni giorno, assediarla con la  dolcezza, corteggiarla, farle capire con i fatti quanto fosse importante per lui. Solo così forse sarebbe riuscito a farla innamorare di nuovo e a farle dimenticare Sean. Era una bella sfida, ma nella sua vita ne aveva già sostenute  tante. Quella non sarebbe stata certo la più difficile perché, nonostante tutto, era certo dell’affetto della moglie ed intuiva di non esserle indifferente, lo aveva sperimentato la notte prima quando gli  si era abbandonata con tanto trasporto.

A quel ricordo si sentì pervadere dalla voglia. Sarebbe stata dura rinunciare ad averla ancora perché gli era entrata nel sangue, ma proprio per questo niente al mondo gli avrebbe impedito di cercare di averla tutta per sé.  D’altronde  l’ingegnere Forrest, nonostante tutte le sue titubanze e le sue insicurezze, quando amava davvero una donna sapeva bene come fare a conquistarla.


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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

 

 

Nonostante si fosse affezionata a Megan, quando lei e la sua numerosa famiglia se ne furono andati, Barbara  tirò un sospiro di sollievo e non le parve vero di ritrovare un po’ di pace.

La suocera, silenziosa e discreta, le dava un valido aiuto e così, in quei giorni di tarda estate, aveva potuto riprendere le  passeggiatine serali che soleva fare prima di sposarsi.  Ad Alghero andava sempre alla messa del pomeriggio e poi sui Bastioni a guardare il mare. Adesso non poteva più farlo perché sia la chiesa che la spiaggia erano troppo lontane, però aveva trovato un boschetto proprio a due passi da casa ed in quel posto incantato amava passeggiare tutte le sere al tramonto. Durante quella mezz’oretta, a volte diceva una preghiera, a volte osservava incantata la natura rigogliosa o ascoltava il canto degli uccelli, il più delle volte rifletteva sulla propria vita e sulle scelte che aveva fatto e che continuava a fare. Spesso, seduta su un tronco, aspirando a pieni polmoni il profumo delle piante, sembrava osservare soltanto un fiore colto lungo il cammino, ma in realtà si  guardava dentro per cercare di capire da cosa nascesse tutta quella  incertezza.

Pensare di aver potuto provare qualcosa per Sean era stato un grosso errore, una mera illusione in cui rifugiarsi per non soffrire più e questo oramai lo aveva capito da tempo. Stranamente però proprio la cocente delusione provata a causa di quell’uomo l’aveva portata a riflettere e  ad accettare il destino che le aveva negato per sempre l’amore. Se ne era fatta una ragione ed a poco a poco era riuscita a trovare di nuovo un po’ di serenità. Ora però Robert aveva ripreso ad esercitare su di lei un fascino irresistibile. Se ne sentiva attratta come una falena dalla luce di una candela e, pur se temeva di bruciarsi le ali, non riusciva a dimenticare quella notte con lui, quando era passata dall’abbandono del sonno ad un piacere immenso. Ancora riviveva la sensazione che le avevano dato le sue carezze, i suoi baci appassionati, la foga e la tenerezza con la quale l’aveva amata ed ogni volta che ci ripensava si sentiva cogliere da uno struggimento infinito, ma nello stesso tempo aveva troppa paura di ricominciare ad illudersi. Forse lui l’aveva cercata solo per un semplice impulso istintivo, magari perché, come era naturale che avvenisse prima o poi, stava cominciando a dimenticare Julie. Avrebbe voluto lasciarsi andare perché la voglia che aveva di lui era davvero irresistibile ma non voleva essere solo un ripiego e soprattutto non voleva rischiare di venire allontanata di nuovo una volta che si fosse saziato. Era stata una cosa troppo umiliante, troppo dolorosa da sopportare. Non valeva la pena di buttare via tutto quanto era riuscita a conquistarsi con tanta fatica, sarebbe stato meglio accontentarsi dell’ affetto e della stima reciproca.

Barbara sapeva che  forse era una battaglia perduta in partenza perché Robert non le piaceva solo fisicamente. La sua  dolcezza, la sua tenerezza verso i bambini, il suo stesso modo di essere, la stavano a poco a poco stregando di nuovo. Però questa volta almeno voleva provare a non lasciarsi trasportare solo dal cuore e dai sensi, voleva prendersi il tempo necessario per essere sicura dei sentimenti di lui. Solo allora si sarebbe arresa all’ineluttabilità ed ai rischi di un amore che in realtà non si era mai spento dentro di lei.

Intanto il marito continuava a comportarsi con molta tranquillità, come se nulla fosse accaduto, anzi, addirittura ora sembrava contento. Forse lo era perché Maria Neve si stava  facendo sempre più forte e bella ed  il piccolo Charles era diventato un bimbo sereno, vivace ed allegro. Probabilmente anche la presenza della madre aveva su di lui un effetto positivo. Barbara non sapeva se le avesse detto qualcosa del loro strano matrimonio. A volte li aveva trovati a parlare nella loro lingua strana e quando l’avevano veduta si erano subito interrotti, ma non aveva avuto ragione di pensare che stessero parlando di lei perché sui loro visi,  calmi e sorridenti, aveva letto solo benevolenza nei suoi riguardi.

In verità Robert era diventato ancora più dolce ed affettuoso di quanto non fosse mai stato. A volte nei suoi occhi chiari Barbara era ritornata a scorgere quel lampo di forte desiderio che una volta l’aveva tanto turbata. Capiva che si stava sforzando anche lui di trattenere la voglia di fare all’amore e gliene era assai grata perché stavolta non lo faceva per una auto imposizione ma solo per il rispetto che le portava. Un altro marito al suo posto avrebbe preteso di soddisfare le proprie voglie, l’avrebbe voluta sottomessa così come deve essere ogni brava moglie, difficilmente gli uomini sono disposti ad ammettere le proprie colpe quando si tratta di prevaricare una donna. Invece lui le stava accanto ed aspettava che fosse pronta a darglisi di nuovo. Non mostrava fretta o fastidio, ma solo una grande amorevolezza che la donna non riusciva a non ricambiare dal profondo del cuore. Ma, nonostante tutto, di tanto in tanto, la disturbava un pensiero molesto: non assomigliava forse un simile atteggiamento a quello di un grosso gatto che se ne sta apparentemente immobile ad aspettare il momento opportuno per acchiappare il ghiotto topolino che sarà il sicuro premio della sua paziente attesa?

 

 

 

La vita aveva ripreso a scorrere tranquilla a Villa Bianca e dall’esterno i due giovani coniugi sembravano  aver trovato un perfetto equilibrio, ma in realtà ciò che provavano l’uno per l’altra li faceva soffrire.

Robert era più fortunato. Aveva acquisito la consapevolezza del suo amore per la moglie ed ogni suo sforzo era teso oramai a conquistarla. Era  Barbara invece ad essere incerta e lacerata mentre cercava con tutte le forze di resistere all’attrazione enorme provata per il giovane marito.

Quando aveva lasciato la suocera a dormire nella propria stanza, aveva pensato di trasferirsi lei e la bambina nel piccolo salottino, ma Robert, molto premurosamente, non aveva consentito che si accollassero al posto suo tale disagio ed aveva ceduto loro la sua bella stanza da letto. Ma alla camera era annesso il gabinetto privato dove c’era la grande vasca da bagno con il moderno scaldacqua a carbone che l’uomo usava tutte le sere al ritorno dal lavoro. 

Una volta a Barbara capitò di entrare in camera da letto per prendere una camicia pulita per la figlia proprio nel momento in cui lui usciva dal bagno  con solo un asciugamano stretto intorno ai fianchi.

L’uomo se ne scusò, cercando di coprirsi il più possibile, ma nel vedere la moglie avvampare, rimase un po’ interdetto. Un’aria divertita e maliziosa gli apparve allora sul viso tanto che lei  andò ad aprire in tutta fretta il cassetto del comò per darsi un contegno. Però si era dimenticata che era difettoso e bastava poco per farlo uscire dalla guida così si trovò con il pesante cassetto in bilico che rischiava di caderle sui piedi, ancora più agitata ed impacciata di prima, senza sapere come fare per uscire da una situazione così sgradevole.

Robert accorse subito in suo soccorso. Mettendosi alle sue spalle, le afferrò le braccia aiutandola a sostenere il peso del cassetto.

- Aspetta, è rotto e bisogna fare attenzione quando lo si apre – le disse aiutandola ad alzarlo ed a rimetterlo nei binari – Ecco fatto, è a posto adesso.

Il cassetto era tornato al suo posto, ma Barbara aveva avvertito il contatto e il tepore delle braccia e del corpo seminudo di lui contro il proprio. Sapeva di star tremando e le dava fastidio che l’uomo se ne  potesse accorgersene. Alzando lo sguardo, vide la loro immagine riflessa nello specchio. Robert ora le teneva le mani sui fianchi e la stava guardando serio, con il volto che lasciava trasparire un  enorme desiderio. Con le labbra quasi le sfiorava i capelli. Suo malgrado provò la voglia di girarsi e stringerlo forte tra le braccia, assaporare i suoi baci, le sue carezze, lasciarsi andare all’amore con la stessa sfrenata passione che avvertiva in lui senza più dubbi, senza più paure. Solo con enorme sforzo riuscì a frenare quell’impeto irragionevole.

- Adesso lo apro più piano e prendo una camicina per Neve. Vatti a vestire tu, la cena è quasi pronta – gli disse allora, cercando di apparire calma.

L’uomo rimase qualche istante a fissarla come se volesse dirle qualcosa, ma poi lasciò la stanza senza parlare.

Barbara cadde seduta sul letto, ancora in preda allo stordimento del desiderio.   Era inutile negarselo, aveva una voglia terribile di fare all’amore con Robert ma se da un lato si dava della stupida per quel tormento che si stava auto infliggendo, dall’altra era ben consapevole che i loro problemi non si sarebbero risolti a letto.  E, cincischiando tra le mani la camicia di battista della figlia, non riuscì a trattenere le lacrime per la frustrazione provata.

 

 

Purtroppo la calma di quei giorni fu turbata dal malessere di Charles che peggiorava sempre di più. I genitori cominciavano ad essere davvero preoccupati perché il piccino tossiva molto ed aveva ripreso ad essere inappetente.
Dopo una domenica particolarmente difficile, il mattino successivo Barbara si decise a portarlo dal dottor Bernardi e si avviò con il figlio sul calesse nella fresca aria mattutina. Cercava in ogni modo di tenerlo distratto parlandogli in continuazione, ma il bimbo, di solito allegro e vivace, se ne stava silenzioso ed abbattuto. Ad un tratto ebbe un fortissimo attacco di tosse. La mamma fece appena in tempo a fermare il cavallo che un forte conato di vomito gli fece rigettare tutta la colazione. Mentre gli teneva la fronte cercando di non farlo sporcare e di non sporcarsi lei stessa, si sentiva morire dall’ansia. Quando il bambino stette meglio, la guardò con il  faccino terreo, mostrandole quanto fosse impaurito per quel suo malanno.

Lo prese in braccio e mentre gli asciugava la fronte madida di sudore,  provò a tranquillizzarlo anche se si sentiva spaventata. Per fortuna alzando lo sguardo si avvide di essere proprio davanti al “Castello”. Per la prima volta da quando era ad Ingurtosu, la sua imponente mole non la intimidì, ma la rassicurò addirittura perché pensò che al Palazzo della Direzione c’era Robert. Aveva bisogno di lui ora, voleva dividere  l’enorme preoccupazione che l’attanagliava e trovare conforto nella sua presenza.  Scesa dal calesse, legò Stellina ad un albero e si avviò a piedi verso gli uffici della Direzione. Quando vi arrivò, era stanca e trafelata. Nel vederla entrare in quello stato, Aldo si affrettò ad andarle incontro. Saputo il motivo della visita, rimase un po’ incerto, poi, vincendo ogni esitazione, bussò alla porta del direttore. Dall’altra parte dell’uscio provenivano chiaramente le voci piuttosto alterate di Leonard e di Robert che sembrava stessero litigando. In un primo momento nessuno aprì, ma il segretario non si lasciò scoraggiare e bussò più forte.

- Insomma, si può sapere cosa c’è? Non ti avevo detto che non volevamo essere disturbati? – lo investì Leonard aprendo la porta con violenza.

- Lo so, ma c’è la signora… – stava dicendo timidamente l’uomo, ma nel vedere la moglie e il figlio, Robert  si avvicinò subito.

- Barbara, che succede, perché sei venuta qui?

- Stavo portando Charles dal dottor Bernardi, ma si è sentito male per la strada ed io…

Non la lasciò finire e prese subito in braccio il bambino il quale se ne stava tutto abbattuto e con la testina reclinata.

- Charles, Charles, amore, cos’hai? – gli chiese con la voce tremante.

- Ha vomitato ed ho paura che abbia anche la febbre forte – gli spiegò lei con la medesima ansia – scusami se sono venuta - aggiunse.

- No, hai fatto benissimo, però non mi piace affatto come sta, è meglio se lo portiamo in ospedale. Charles, rispondimi, non fare così, ti prego – concluse scuotendo un po’ il viso del bambino che sembrava quasi in deliquio.

Il marito aveva un’espressione talmente impaurita che Barbara impallidì ancora di più.

- E smettila di fare il pauroso, la stai facendo morire di spavento questa povera donna! – intervenne Leonard notandolo – Non preoccuparti, Barbara, lui è fatto così, di ogni cosa ne fa una tragedia e non ha un briciolo di coraggio.

Nonostante fosse in pena per il figlio, lei si sentì  infastidita da quelle parole.

- Prova a diventare padre anche tu e vedrai se non si prova spavento quando un figlio sta male - gli rispose, assai freddamente.

- Forse, ma se prima di essere padri si è diventati veri uomini s’impara a controllare la paura.

Robert lo guardò sprezzante, stringendo la mascella per lo sforzo di trattenersi dal rispondergli a tono, poi si rivolse alla moglie.

- Andiamo cara, ora non c’è tempo, dobbiamo correre in ospedale. In quanto a te, giovanotto, non credere che la nostra discussione sia finita qui. Ne riparliamo quando torno!

Si allontanarono insieme e per fare più presto presero la carrozzella di sir Paul. Durante il tragitto lei se ne stette molto addolorata, stringendo il piccolino con grande dolcezza. Ad un certo punto  non riuscì più a frenarsi.

- Ho paura, ho tanta paura – proruppe sull’orlo delle lacrime – se perlomeno ci fosse Sean!

Il marito la guardò un po’ contrariato, rispondendole con freddezza:

- E perché Sean?

- Perché è un bravo medico.

- Anche tuo padre lo era. Perché non rimpiangi lui, piuttosto?

Barbara gli rispose senza esitazioni.

- È la stessa cosa. Entrambi sapevano darmi sicurezza - commentò.

Ci sarebbe stato molto da riflettere su quella risposta, ma Robert non ne aveva voglia adesso.

- Non ti preoccupare, anche il dottor O’Connor è molto bravo – tirò corto.

Arrivati in ospedale questi si prese subito cura del bambino e lo visitò con molta attenzione sotto gli occhi dei genitori. Barbara, che in cuor suo temeva qualche brutta malattia come la difterite che aveva colpito il suo povero Giacomino, si sentiva quasi vacillare e desiderò conforto dal marito. Lo cercò con la mano. Lui gliela prese nella sua mettendole anche un braccio intorno alle spalle per stringerla forte a sé.

- Non è niente – sentenziò alla fine il giovane medico mentre entrambi tiravano un sospiro di sollievo – è solo un brutto raffreddore che si è un po’ complicato.

- Non ci sono malattie respiratorie vere e proprie quindi? Mi ero molto preoccupata perché spesso vomita quando tossisce ed anche se non fa il tipico tiro, ho temuto potesse trattarsi della tosse convulsa o peggio ancora della… Barbara non aveva il coraggio neanche di pronunciarla, quella parola.

- No, per carità, non c’è nessun sintomo sospetto!

- Allora possiamo stare tranquilli pure per un eventuale contagio alla bambina che è ancora così piccola? – gli chiese a sua volta Robert.

- Ve l’ho detto, il suo è solo un raffreddore con i fiocchi. Non dovete spaventarvi: il vomito serve ad espellere i muchi dai polmoni ed il febbrone è una reazione dell’organismo all’infezione. Vi darò una cura e dovrete tenerlo a letto un po’ isolato per qualche giorno. Vedrete che andrà tutto per il meglio.

- Dottore … dovete scusarci se siamo stati così ansiosi… - provò a giustificarsi il padre provando un po’ di imbarazzo per la loro eccessiva apprensione.

- Non lo dite nemmeno, anzi, avete fatto benissimo a portarmelo. È meglio preoccuparsi troppo piuttosto che trascurare una malattia che potrebbe essere anche seria.

Rasserenati, se ne ritornarono alla carrozza con il piccolo Charles addormentato per l’effetto dell’antifebbrile somministratogli dal dottor O’Connor.

- Ti riaccompagno a casa – le disse il giovane,  premuroso come sempre.

- Non voglio metterti in difficoltà se devi tornare a lavoro.

- Non ti preoccupare. Ci mancherebbe! Posso ancora fare cosa voglio senza dover rendere conto a nessuno. E poi non mi va di lasciarti sola.

Grazie al veloce cavallo ed alla moderna carrozzella di sir Paul,  arrivarono molto più presto di quanto non avrebbero fatto con il loro calesse.

Erano quasi giunti a casa, quando notarono davanti ad essa una certa agitazione. C’erano Maria, Kate e Nunzia ed accanto a loro Giosuè che discuteva animatamente con un uomo barbuto e vestito di nero. Quando questi afferrò il vecchio stalliere per il bavero, Robert si affrettò a raggiungerli per capire cosa stesse succedendo.

- Ebbene? – gli chiese imperioso – Si può sapere chi siete e cosa volete?

L’altro si voltò con un ghigno malevolo.

- Ah, tu devi essere l’ingegnere che si tiene questa svergognata in casa! Io sono suo padre – gli rispose in cattivo italiano facendo cenno a Nunzietta.

- Non è vero! – strillò la ragazza stretta tra le braccia della signora Forrest.

- Sì che lo sono, sgualdrina!

Così dicendo l’afferrò di nuovo cercando di strapparla con violenza all’abbraccio protettivo dell’anziana donna la quale strillò anche lei di paura.

L’ingegnere gli mise una mano sulla spalla e lo fermò con autorevolezza, cercando di mantenersi calmo.

- Adesso basta, se sei suo padre portami un documento che lo attesti e poi ne riparliamo.

Ma l’uomo forse non lo capì o non lo volle stare a sentire. Scostandogli la mano, afferrò di nuovo la ragazza per un braccio, dando contemporaneamente una spinta a Kate. Robert s’ imbestialì e lo fece girare con la forza.

- Abbiamo capito che sei bravo a prendertela con le donne ed i vecchi, ma è con me che devi parlare.

- Brutto schifoso! – lo insultò l’energumeno avventando contro di lui.

Ma non aveva fatto i conti con l’agilità e la forza del gallese che con poche mosse precise, schivò i suoi colpi e lo immobilizzò.

- Guarda, non voglio farti male – gli disse tenendolo fermo e parlandogli a muso a muso – adesso però te ne vai e ci lasci in pace. Se hai qualche diritto da far valere, me lo dimostri e vediamo  cosa si può fare. D’accordo?

L’uomo annuì perché non poteva fare altrimenti, ma non appena Robert si fu girato, trasse di tasca un coltello a serramanico e gli si avventò alle spalle. Nel vedere il balenare della lama le donne gridarono e il giovane prontamente si girò, appena in tempo per schivare un colpo che avrebbe potuto essere mortale.

Questa volta la lotta fu più dura perché dovette difendersi a mani nude contro un avversario armato. Erano tutti con il fiato sospeso, compreso il piccolo Charles che si era svegliato ed ora guardava terrorizzato il papà combattere con quello sconosciuto. Non fu facile disarmarlo, ma infine la determinazione ed il coraggio di Forrest ebbero la meglio. Con i suoi pugni potenti e ben assestati, riuscì a stendere l’uomo e a farlo cadere privo di sensi.

- Vai subito a prendere una corda, Giosuè – disse ancora ansante mentre lo teneva fermo.

Lo stalliere si affrettò ad ubbidirgli e lo sconosciuto fu legato ben presto come un salame.

- È davvero tuo padre? – chiese alla ragazza Robert mentre le donne, compresa Barbara, gli si stringevano intorno.

- Nossignore, lui è quello che si è preso mia madre e che ha cercato di… - la  giovane non ebbe il coraggio di continuare e si rifugiò ancora nell’abbraccio materno di Kate.

- Non ti preoccupare allora. Adesso lo portiamo alla caserma dei Carabinieri ed avrà pane per i suoi denti. Giosuè, raccogli il coltello, per favore, e poi vieni con me.

Così dicendo, si caricò l’uomo sulle spalle come fosse un fagotto e si avviò di nuovo alla carrozzella. Barbara lo fermò per un braccio.

- Stai attento, ti prego – gli sussurrò.

Lui per tutta risposta le sorrise, annuendo.

 

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Comincio con i ringraziamenti. Non posso non farli ad Arte, Faith, Cricri e le Nanette (altro che 2, loro valgono almeno per 3!) che sono così costanti e care ed i loro commenti sempre così pertinenti e positivi che mi danno una grossa motivazione a continuare questa mia avventura di pseudo- scrittrice. Con questo non voglio mancare di ringraziare anche coloro che recensiscono di tanto in tanto perché lo stesso  mi dà un grande piacere trovare le loro osservazioni (e poi, carissima Tartis, perché scusarti? Quello che mi fate leggendo , seguendo e recensendo è un favore non è  certo un mio diritto).
Tornando alla storia, come avete visto nel capitolo che ho appena postato, Barbara in un certo senso ha spiegato più che ampiamente le sue esitazioni e non mi sembra che siano troppo astruse. Per fortuna lei e Robert pare abbiano trovato una dimensione più tranquilla e solidale dove potersi chiarire finalmente le idee. Ero un po’ incerta se togliere o meno l’episodio della lotta dell’ingegnere con il patrigno di Nunzia perché forse non è troppo funzionale alla trama ma poi ho pensato che in un certo senso serviva a sottolineare il fatto che Robert non è un pusillanime ma un uomo che sa essere anche molto coraggioso. Non so se ho fatto bene e mi aspetto  di sentire cosa ne pensate. Di sicuro servirà a far innamorare Cricri  ancora di più di questo personaggio (anche se ho il dubbio che le piaccia tanto soprattutto perché le ricorda un certo Robert di nostra conoscenza …).
Un’ultima cosa: probabilmente domani sera non potrò aggiornare. Poco male, così almeno darò il tempo di vedere gli ultimi capitoli a chi in questo fine settimana ha avuto di meglio da fare che non leggere il mio romanzuccio. Un grosso abbraccio mammakellinesco a tutte .

 


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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

 

Per tutto il resto di quell’orribile giornata le tre donne stettero assai agitate ed in ansia. Solo nel primo pomeriggio Giosuè rientrò portando la notizia che l’energumeno era stato trattenuto dai Carabinieri di Arbus,  però non seppe dire altro. A sera arrivò Luigi il quale, prima di recarsi ad abbracciare la sua povera Nunzia, aveva preferito andarsi ad informare di persona. Aveva saputo così che l’aggressore dell’ingegnere Forrest era già ricercato per il furto di numerose pecore e per la sospetta uccisione di un pastore e pertanto era finito dritto in guardiola. Nessuno di loro però riusciva a spiegarsi perché mai si fosse preso la briga di seguire le tracce della ragazza e fosse arrivato fin lì per riprendersela. Secondo don Giustino, era stata la sicurezza di non incontrare ostacoli a spingerlo e forse, dovendo affrontare un periodo di latitanza lontano dal suo paese, aveva pensato di procurarsi la piacevole compagnia di Nunzia della quale si era invaghito e che già gli aveva arrecato un’onta grandissima sottraendosi con la fuga alle sue voglie. Ora che però era stato assicurato alla giustizia grazie alla sua pronta reazione e non c’era altro da fare, l’ingegnere aveva preferito tornarsene al suo lavoro trascurato per tutto il giorno.

Tornò solo a tarda sera e si affrettò ad andare a vedere il figlio come stava. Lo trovò in compagnia di Barbara nel grosso letto matrimoniale mentre guardava insieme a lei un libro illustrato. Nel vederlo entrare entrambi sussultarono di gioia ed il bambino, che si sentiva già meglio, gli tese le braccia per farsi prendere. Robert si sedette sul letto e lo abbracciò con grande amore.

Subito il piccino, facendo un musino di pianto, si liberò da una paura che si era tenuto dentro per tutto il tempo senza osare di confidarla nemmeno alla mamma.

- Papà, se n’è andato quel brutto omaccione nero?- gli chiese.

Il padre sorrise e lo accarezzò.

- Ma certo, amore mio, se n’è andato e stai tranquillo, non ritornerà più.

Poi rivolgendosi alla moglie le chiese:

- Hai saputo?

- Sì, Luigi mi ha detto del suo arresto. Però Charles ha ragione, ci hai fatto prendere un bello spavento. Ho tremato tanto  quando l’ho visto prendere…

Robert la interruppe, calmo.

- Non ci pensare più, pensa piuttosto alla felice combinazione per cui siamo tornati proprio in quel momento. Chissà che ne sarebbe stato della povera Nunzia se fosse riuscito a portarla via! Padre Giustino mi ha detto che se n’era proprio incapricciato e picchiava spesso la madre che cercava di difenderla.

- Mio Dio, povera donna, quale inferno deve aver passato! Comunque davvero è stata una fortuna che ci fossi tu. Però forse non avresti dovuto affrontarlo così, è stata un’imprudenza!

- Cosa dovevo fare, lasciargliela portare via?

- No, hai ragione, ma sei stato ugualmente molto coraggioso a sfidare un tale pericolo. E poi hai dimostrato di avere una forza ed un’agilità che non mi aspettavo, sembravi un leone! – aggiunse la donna, sorridendogli per spezzare un po’ la tensione.

- Sarò pure un pavido ma il coraggio mi viene quando si tratta di difendere le persone che amo! – scherzò lui.

- Non dar retta a quel cretino di Leonard – gli rispose prontamente – è solo pieno di boria e neanche sa dove sta di casa il coraggio! Ti avrebbe dovuto vedere, lo stupido, sono certa che al posto tuo se la sarebbe fatta addosso.

Nel notare la veemenza con la quale si scagliava contro il giovane nipote di lady Margaret, Robert corrugò le sopracciglia e la guardò ridendo tra sé. Era stato uno stupido a credere che una donna intelligente come Barbara potesse essere stata attratta da un simile bellimbusto.

- Perché ridi? – gli chiese lei.

- Niente, pensavo ti stesse simpatico Leonard.

- Perché sono gentile con lui? Lo sono anche con la zia, ma ti assicuro, li trovo detestabili entrambi!

Il loro chiacchierare fu interrotto dall’arrivo di Nunzia con il vassoio con la cena.

- Ecco, signora, vi ho portato il brodo che mi avete chiesto di preparare, ce n’è anche per voi.

- Grazie, piccola mia, sei un vero tesoro – le disse la padrona guardandola con affetto poi aggiunse rivolta al marito – Anche tua madre è meravigliosa, mi sta tenendo Neve da stamattina.

- Le ha fatto anche il bagnetto e le ha dato la pappa così voi le fate fare solo la poppata prima di farla addormentare. Ora vado a preparare anche la cena all’ingegnere – spiegò la cameriera.

Fece per andarsene, ma poi un pensiero la fece fermare e, girandosi a guardarlo, gli disse con le labbra che tremavano e gli occhi da cerbiatta luccicanti di pianto:

- Grazie per quanto avete fatto per me oggi. Giuseppe Pinna è un uomo molto violento e temuto. Al mio paese dettava legge con la sua prepotenza, fu per questo che si prese la mia povera madre e sicuramente si sarebbe preso anche me. Dovetti scappare perché non c’era nessuno che trovasse il coraggio di difendermi come avete fatto voi oggi, mettendo pure a rischio la vita. Però se vi fosse successo qualcosa io non me lo sarei mai perdonato, in fondo sono solo una serva e… - non ce la fece a continuare. Si nascose il viso tra le mani e scoppiò in lacrime.

Robert le si avvicinò e la prese tra le braccia con la tenerezza di un fratello, accarezzandole i capelli, sotto lo sguardo intenerito della moglie.

- Ehi, ehi! – la esortò – Tanto per cominciare non sei  una serva ma un’ amica ed anche la nostra “gommai” visto che hai fatto pure la madrina a nostra figlia. E poi certi tipi non li ho mai potuti soffrire. Fortunatamente per me e sfortunatamente per loro, il Signore mi ha donato una bella forza e non credere che sia tanto facile sopraffarmi. Non sono un attaccabrighe, ma ti assicuro che nessuno mai mi ha messo sotto.

- Ha fatto anche la boxe questo signore – intervenne la moglie, cercando di scherzare per consolare la ragazza – e mi ha rivelato di non essere mai stato battuto da nessuno. Non è così, caro?

- Battuto no, ma ne ho prese tante. Forse è per questo che sono mezzo scemo!

Lo aveva detto con un’aria molto comica e Nunzia si mise a ridere tra le lacrime.

- Una cosa però me la devi spiegare – soggiunse l’ingegnere  bonariamente – perché non lo vuoi sposare quel povero ragazzo di Luigi che sta quasi morendo d‘amore per te?

- Non è che non lo voglio sposare, solo vorrei aspettare un po’ perché sto molto bene qui con voi.

- Però se tu ti maritassi saresti al sicuro e protetta. Non solo, potresti avere anche la soddisfazione di lavorare per tuo marito ed i tuoi figli. Non è così Barbara? Perché non glielo dici anche tu che potrebbe stare meglio?

La donna non rispose subito e si soffermò ad accarezzare i riccioli biondi di Charles, poi con un filo di voce commentò:

- Deve essere sicura del loro amore altrimenti è meglio che lavori per se stessa e si mantenga da sola.

Robert che, nonostante avesse una mentalità molto aperta, era fermamente convinto che la migliore sistemazione per una donna fosse comunque il matrimonio con un giovanotto serio e lavoratore,  ci rimase un po’ male.

- Bene, farà quanto riterrà opportuno. Vado a lavarmi prima di cena, scusatemi – disse.

Dopodiché se ne andò nel bagno senza aggiungere più nulla.

 

Prima di andare a dormire, entrò di nuovo per vedere come stava il bambino.

- Ha sempre la tosse forte, ma la febbre sta un po’ calando. Stanotte dormirà con me, così potrò sorvegliarlo meglio – gli spiegò la moglie.

- E Maria Neve?

- Starà con tua madre. Sono andata ad allattarla ed era serena e tranquilla, non temere.

- Posso darti un bacino, giovanotto? – chiese l’uomo rivolgendosi  al piccino che lo guardava con il visino arrossato dalla malattia e mezzo assonnato – È bello stare nel lettone con la mamma, non è così?

- Sì.

Barbara rise infilandosi sotto le lenzuola ed avvicinando anche lei il viso per baciarlo.

- Che vuoi papà – scherzò allegra – quando un povero bimbo è malato ha bisogno di tante coccole per guarire.

- Sì, sì – strillò ancora il piccino.

Era vero, era malato e non si sentiva bene, ma era anche felice. Con le manine avvicinò il viso dei genitori al suo per farsi baciare contemporaneamente da tutt’e due mentre un’espressione di beatitudine gli si dipingeva sul volto.

Barbara e Robert lo accontentarono, poi si guardarono e scoppiarono a ridere entrambi, felici che tutte le paure di quella giornata così spiacevole si stessero finalmente dissolvendo.

 

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Vi è piaciuto  quel termine “gommai” in puro sardo, merito di una dritta di Noony che ringrazio infinitamente per avermi consentito di usare questo tocco raffinato? E  il momento di tenerezza di questa famigliola? Io penso di sì, soprattutto dopo la bella recensione di Arte (dilungarti? Io starei a leggere le tue osservazioni per ore perché sai sempre cogliere molto bene quello che intendo dire) che ha notato come io non voglia far crescere Robert e Barbara solo come coppia ma anche come genitori. Anche le cose che mi ha detto tu, Faith, mi hanno lusingata  molto perché mi dimostrano con quanta sensibilità e partecipazione leggi sempre le mie pagine. In quanto alla “capitolazione” ebbene sì, anche io lo avrei fatto, anzi, poiché noi due conosciamo bene  il “soggetto” in questione,  al posto di Barbara non mi sarei fatta tanti scrupoli per sapere se sia amore oppure no ed avrei cominciato ad agire al grido di “Viulenzaaaaaa”. Purtroppo per quanto l’abbia fatta ravvedere, diventare meno acida e spiegare a più non posso le sue ragioni proprio non riesco a farla digerire alla nostra Cricri. In compenso so bene che c’è chi invece non sopporta Robert. In ogni caso spero che continuerete a seguire le loro vicende, a sentirli quasi come vostri amici e a commentare. A proposito! NANETTEEEEEE guardate che se voi vi siete abituate all’aggiornamento serale io mi sono abituata ai vostri divertenti commenti e mi siete mancate tanto! Rimediare, please, rimediare.


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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

 

E di nuovo venne il 19 settembre, giorno del compleanno di Barbara, però nessuno le fece gli auguri perché nessuno lo sapeva. La donna doveva ammettere che per quanto in Italia si usasse festeggiare l’onomastico, ricorrenza nota a tutti e che quindi non può passare inosservata, l’uso anglosassone di festeggiare il compleanno aveva una maggiore logica perché, come sosteneva Robert, è una cosa strettamente personale e per questo ancora più importante. Lei stessa era stata sempre portata a fare una sorta di bilancio della sua vita in tale giorno  e purtroppo, da tanti anni oramai, non era mai stato piacevole. Stavolta, pur non avvertendo più il sordo dolore che l’aveva angustiata l’anno precedente o la malinconia degli anni trascorsi prima di sposarsi,  si sentiva molto confusa.

Durante le lunghe ore della giornata, dedicandosi alle solite occupazioni, aveva continuato ad osservarsi quasi come se si vedesse dall’esterno. Ciò che le era apparso era stato una madre appagata dall’amore dei suoi meravigliosi bambini, una nuora che andava d’accordo con la suocera ed una donna stimata e rispettata. Dopo aver molto riflettuto, era giunta con molta obiettività alla conclusione  di aver completamente superato la sua stupida infatuazione per il dottor Hopkins. Si rendeva conto che la pena provata per la sua improvvisa partenza era stata causata più dalla consapevolezza di essere stata rifiutata ancora una volta piuttosto che dall’amore perduto. Dopo così poco tempo, non sentiva più neanche la mancanza di Sean e addirittura era grata al saggio e maturo scozzese di essersi allontanato senza approfittare di una debolezza della quale si sarebbe sicuramente pentita in seguito.  Che lo volesse o no, i suoi pensieri ed i suoi desideri erano di nuovo tutti per Robert. Lui ora l’amava, glielo stava facendo  capire in tutti i modi, ma aveva ancora paura di rimanere di nuovo delusa. Troppe volte aveva sofferto per amore, troppe volte un uomo le aveva preso l’anima e gliel’aveva calpestata senza pietà. Per una sorta di autodifesa, cercava di convincersi di poter fare a meno persino dell’amore fisico anche se la sua natura passionale la spingeva tra le braccia dell’affascinante marito. In fondo la sessualità, fosse stata una cosa naturale o l’indice di un’indole viziosa, da sempre per lei era stata come una spina tormentosa, ma non per questo voleva farsene condizionare proprio ora, ad appena un passo dalla felicità più completa.

 

Il pomeriggio, mentre stava acquistando il pesce da Rocco salito fin lì con il suo carrettino, vide rincasare il marito che quel giorno non era rientrato nemmeno per pranzo. Ne fu meravigliata perché era molto presto rispetto al solito orario. Le aveva fatto solo un cenno di saluto con la mano e così, appena ebbe finito gli acquisti, si precipitò dentro a cercarlo. Forse si era ricordato del suo compleanno e ciò le faceva un enorme piacere. Però, dopo averlo inutilmente cercato per le varie stanze, seppe da Nunzia che era uscito di nuovo ed a questo punto capì che non doveva essere tornato per lei. Non fu capace di frenare una punta di delusione, ma dopo il trattamento scorbutico che gli aveva riservato l’anno prima, non c’era nulla da meravigliarsi se si fosse guardato bene dal rammentare persino la data della nascita di sua moglie.

Con un sospiro riprese le solite attività e poiché faceva ancora molto caldo, decise di andare a pulire i fagiolini per la cena fuori in giardino. Si avviò con il cesto sottobraccio verso il tavolo sotto il pino e fu grande il suo stupore quando vide Robert  seduto lì a leggere alcuni giornali ma con una bottiglia di whisky davanti.

L’uomo non aveva mai rinunciato a bere un po’ dopo cena, ma a Barbara non andava giù che adesso lo facesse anche alle sei del pomeriggio. Decise di fargli una bella ramanzina pur rischiando di apparigli noiosa. Nello scorgere il suo viso desolato e serio però cambiò immediatamente idea.

- Robert, cosa c’è, è successo qualcosa? - gli chiese impensierita.

Lui la guardò con gli occhi offuscati dal dolore e dalla preoccupazione.

- Sì , gli scioperi si stanno allargando a macchia d’olio. Appena l’altro ieri ce n’è stato addirittura uno nazionale. Ma dopo la tragedia che è successa a Buggerru il giorno 4, non mi sento di biasimare la Federazione. Le condizioni di vita  dei minatori sono davvero inaccettabili –   le disse e bevve un lungo sorso di liquore.

- Quale tragedia? Non ne so niente. Cosa c’è stato, un incidente? – gli chiese la moglie

- No, c’era una protesta dei minatori e il Direttore ha chiamato i soldati – esitò un po’, poi finì la frase – hanno sparato sui manifestanti e ci sono stati tre morti senza contare i numerosi feriti.

- Mio Dio! – esclamò la donna mettendosi una mano sulla bocca per l’emozione.

Si sedette senza più parlare, rispettando il silenzio del marito il quale tracannava un bicchiere dopo l’altro molto nervosamente. Non ebbe l’animo di rimproverarlo e per simulare una calma che era ben lontana dal provare, si mise a  pulire i fagiolini. Dopo un poco però intuì quanto lui avesse bisogno di sfogarsi e gli chiese con un filo di voce:

- Ti prego, raccontami esattamente com’è andata. Perché è successo?

Robert infatti non si fece pregare e cominciò a parlarle dello scontento dei minatori per il nuovo orario invernale, applicato nonostante il perdurare del caldo, che li costringeva a lavorare un’ora in più e della loro reazione finita poi così tragicamente.

- Mi chiedo – concluse alla fine del drammatico racconto – come si debba sentire adesso quell’uomo. Non vorrei essere nei suoi panni, te lo giuro, in fondo faceva solo il proprio lavoro ma forse se non fosse stato così intransigente e non avesse badato soprattutto agli interessi della sua società, ora non avrebbe sulla coscienza la morte di tre padri di famiglia.

Barbara lo guardò con dolcezza.

- A te non accadrà mai, tu sei così benvoluto dai tuoi minatori!

- Già, ma per quanto tempo riuscirò a conciliare gli interessi di sir Bradley con i loro? Anche da noi c’è molto scontento e basta una scintilla per far scoppiare la protesta. Non so più come fare a tenere la situazione sotto controllo.

- Ci riuscirai benissimo, tu sei molto bravo. Non ti ricordi quanti complimenti ti fece il marchese Rodotà? Sir Paul lo sa benissimo che non sei come gli altri e se gli darai qualche utile suggerimento, vedrai,  ti darà ascolto.

L’uomo rise con amarezza.

- Forse prima, ora c’è quel piccolo scienziato. Leonard vuole fare solo a modo suo e lo zio lo sta a sentire, eccome! Prendi lo scavo di Bardu, ad esempio, lo sto dicendo da mesi che non mi sembra sicuro, ma sono stato tacciato di codardia e d’incompetenza. E poi non si rendono conto che tutti i motivi di conflitto  esistenti nelle altre miniere ci sono anche da noi. D’altronde è così, loro devono guadagnarci, non sono certo un’istituzione benefica. Ma è giusto farlo sulla pelle della povera gente? Sono così confuso, non so cosa fare…

Parlando, si era passato una mano tra i capelli in un gesto stanco che le fece un’enorme tenerezza. In un moto di solidarietà, gli mise la mano sul braccio appoggiato sul tavolo e glielo strinse forte.

- Non fare proprio nulla ed andrà tutto bene. Resta solo te stesso - lo incoraggiò.

- È proprio questo il problema, non ti pare? – sorrise lui, amaro.

- Ma la vuoi smettere di avere così poca fiducia in te? Sei un uomo capace, un ottimo ingegnere minerario, un direttore comprensivo e alla mano. Possibile che tu non riesca a capire che è proprio grazie alla tua persona se le cose qui stanno andando avanti meglio che altrove? Quando ti renderai conto di essere una persona eccezionale?

- Davvero pensi questo di me? Nonostante tutto? - le chiese alquanto stupito.

- Sì, – ammise la donna ed abbassò lo sguardo prima di aggiungere – e forse se non fosse stato così, avremmo avuto meno problemi a portare avanti quel nostro patto…

Voleva dirgli che lo amava? Il giovane preferì non chiederglielo apertamente ma lo stesso  avvertì il grande e sincero affetto che la donna provava per lui. Le prese  la mano e se la portò alle labbra, cominciando a baciarla ripetutamente. Barbara provò a ritrarla, inorridita:

- Ma che fai!? Non vedi che è sporca? Sto pulendo i fagiolini per la cena.

- Fagiolini per cena!? Credevo che stasera per cena  ci fosse la tua buona zuppa di pesce – scherzò lui per sollevare un po’ gli animi – mi era sembrato di vedere il carretto di Rocco poco fa.

- Infatti, ho comprato il pesce, ma è per domani.

- E perché non per stasera?

- Perché è tardi e non ce la faccio a cucinarlo.

- Dai, fai uno sforzo. Non mi vanno i fagiolini!

- Ti metti anche tu a fare i capricci adesso? 

- Sì, sono così depresso e solo la prospettiva di mangiare uno dei tuoi piattini speciali mi faceva sentir meglio. Non li voglio i fagiolini!

- Ti ho detto che adesso è tardi per cucinare la zuppa di pesce.

- Cosa importa se ceniamo un po’ più tardi? Di’, che devo fare, chiedertelo come fa Charles? – nel dirlo imitò l’espressione del figlio quando voleva ottenere qualcosa dalla mamma.

La sua rassomiglianza con il piccino era così evidente mentre la guardava con gli occhioni azzurri supplichevoli che Barbara proruppe in una risata divertita.

- Va bene! – si arrese sospirando – adesso vado a preparartela…

- Aspetta, ho una cosa per te.

L’aveva trattenuta per la mano mostrando una strana emozione e lei gli chiese stupita:

- Per me?

- Certo, oggi è il tuo compleanno e ti ho fatto un regalo. Auguri cara – aggiunse porgendole uno scatolino.

Posando di nuovo il cestino con i fagiolini sul tavolo, la donna prese il regalo, un po’ esitante. Si risedette e guardandolo in viso, gli disse con un’aria di gratitudine che non riusciva a mascherare:

- Te ne sei ricordato allora!

- Naturalmente e già da parecchio. Ho chiesto a tuo fratello e a Luisa di comprarmelo. Viene direttamente da una delle migliori botteghe orafe della tua Alghero.

Intanto Barbara aveva aperto l’astuccio e stava fissando un pregevole anello in filigrana d’oro lavorato con una tecnica di granulazione.

- Ma lo sai questa cos’è? – gli chiese rigirando il gioiello tra le dita.

- Sì, è una fede sarda.

- Appunto, non è un semplice anello, è un simbolo.

- Lo so, è la fede nuziale che gli uomini di qui donano alle loro donne.

- Infatti, è una fede nuziale. Io già ce l’ho la fede, me la mettesti al dito quasi due anni fa.

- Quella non conta…

La fissava  con intensità ed era talmente seducente che Barbara chinò la testa a guardare il bellissimo anello, incapace di fare qualsiasi altra cosa,  avvertendo però il cuore batterle forte forte. Allora lui le prese la manina e le infilò la fede all’anulare sinistro accanto alla vera d’oro.

- Ecco – le disse – la misura è perfetta. Questo è il mio dono per te oggi.

- Ed io cosa ti darò in cambio? – gli chiese sempre con gli occhi bassi, intuendo che quello non era un semplice regalo di compleanno.

- Ciò che mi dai è già tanto. Ma se tu riuscissi anche a farmi la promessa che mi perdonerai e che almeno proverai ad amarmi … – le sussurrò mentre l’avvolgeva in uno sguardo d’amore senza pari.

- Sì – mormorò lei, diventando rossa come il fuoco.

Vedendola turbata, Robert ne provò una tenerezza immensa e decise di farla sorridere ancora scherzando.

 – Poi un anello così lo deve portare la sposa, non credi? Ce la vedresti la mia manona con un anellino di filigrana al dito? È decisamente meglio la mia fede. È bella anche quella e mi sta bene. E poi ora anche questa è diventata un simbolo molto importante per me.

Barbara gli sorrise, grata che avesse sdrammatizzato la situazione e che fosse così dolce e paziente. Dentro di sé sentiva rinato ancora più forte e sincero tutto l’amore per lui.

- Ora vado a prepararti la zuppa di pesce – gli sorrise -  Rocco me ne ha portato di freschissimo e ti prometto che sarà così buona che ti farà  passare la depressione. Smetti di bere però, altrimenti ti passa anche  l’appetito ed avrò fatto una fatica inutile.

Si alzò e togliendosi la fede sarda, la rimise nell’astuccio.

- Va bene – le disse lui richiudendo la bottiglia ma nel vederla fare quel gesto, protestò deluso – Che fai, già te la togli!?

- Si capisce, me la tolgo. Devo andare a pulire il pesce e non voglio rovinarla.

Gli aveva risposto guardandolo come una bambina orgogliosa del regalo appena ricevuto.

Robert rise.

- Sai, mi hanno detto che le fedi sarde diventano più belle se la mano che le porta si sporca per preparare un buon pranzetto al marito!

- E ti hanno fatto fesso! – scherzò Barbara.

Si sentiva il cuore pieno di allegrezza. Dimenticandosi di avergli appena detto di avere le mani sporche, gli fece una carezza tenerissima sul viso. Lui le afferrò la mano e cominciò a baciargliela.  Anche se odorava di fagiolini.

 

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E allora? Come va? Affogate nella melassa? In piena sindrome hello  Spank (Nanette, siete impagabili!) ? Spero che questo capitolo vi sia piaciuto perché da quando i coniugi Forrest hanno sotterrato l’ascia di guerra la povera autrice è costretta a farli misurare con la tenerezza, l’amabilità, la stima, la comprensione reciproca. Tutte cose che di solito precedono il matrimonio ma che nel caso dei nostri due testoni stanno arrivando a poco a poco solo ora, forse perché si sono resi conto che stavano sprecando un’occasione assai rara di felicità. Sono riuscita a dare significato al dono di Robert? Ed a quel “sì” che Barbara mormora arrossendo? Io ci spero davvero ma se il racconto si stesse facendo troppo rosa, non dovete far altro che farmelo sapere  perché la mia nota perfidia non ha limiti e posso sempre rimediare con una spruzzatina di dispetti da parte di lei e qualche frase di quelle belle offensive da parte di lui.

Un’altra cosa, questa volta seria. L’episodio di Buggerru non me lo sono inventato. Nel corso delle ricerche che ho fatto per scrivere questa storia, mi sono imbattuta nella cronaca di quella protesta di minatori del 4 settembre 1904 e di una manifestazione analoga di contadini a Castelluzzo  in Sicilia, entrambe finite nel sangue perché il governo mandò i soldati a sedare i “facinorosi”.  Tali episodi portarono al primo sciopero generale che si sia mai svolto in Italia che avvenne proprio il 16 settembre 1904  (quello di cui parla  Robert).  Ho voluto citare questi fatti non solo perché nella narrazione mi è stato utile  per sottolineare come il mio direttore della miniera sia rimasto pur sempre un figlio del popolo ma soprattutto per rendere omaggio, seppure sulle pagine di questo sconosciuto romanzetto, a tutti coloro che hanno pagato con la vita la sacrosanta aspirazione ad avere condizioni di lavoro più umane. Forse vi apparirà come la retorica  di una vecchia mamma Kellina , ma se vi guardate intorno vedrete che ancora oggi, dopo oltre un secolo di lotte, c’è ancora chi, soprattutto tra i giovani, vede calpestato da parte dei poteri economici e politici il proprio diritto ad avere un lavoro sicuro, continuativo ed equamente retribuito.

Sperando di non avervi annoiate, vi do appuntamento a domani per un aggiornamento davvero al cardiopalmo.

 


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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


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Capitolo 24

 

 

Dopo quel giorno tra i due giovani si instaurò come una corrente d’amore che li faceva vivere in un’atmosfera quasi irreale. Oramai Robert non vedeva l’ora di ritornare a casa per ritrovare la sua donna e questa lo aspettava ansiosa perché desiderava i suoi sguardi affettuosi, il suo sorriso dolce e perché no, le carezze furtive che pure la facevano rabbrividire benché tanto innocenti.

Entrambi avevano capito di amarsi e sapevano che presto sarebbero finiti l’uno tra le braccia dell’altra, ma stranamente non avevano nessuna fretta che ciò avvenisse. Si stavano godendo quel periodo così bello e magico in cui pian piano si avvicinavano l’uno all’altra.

Barbara non era mai stata corteggiata in vita sua se non da Leonard, ma nella sua saggezza, aveva subito capito che il giovanotto lo faceva per diletto e non certo per un sincero interesse nei suoi confronti. Se aveva accettato le sue galanterie, era stato solo perché le era parso più dignitoso fingere di gradirle e tenerlo nello stesso tempo a debita distanza piuttosto che mostrarsene indignata, rischiando anche di compromettere i già precari rapporti con la famiglia di sir Paul. Ora però era Robert a riempirla di attenzioni e sapeva farlo con tanta tenera maestria che lei se ne sentiva inebriata e lo ricambiava con dolcezza, riempiendolo di premure.

Erano così felici adesso da emanare come una luce che non sfuggì a nessuno, né a Giovanna, che oramai aveva preso il posto di amica appartenuto una volta a Grazia, né a Leonard o a lady Margaret, che commentarono con ironia malevola lo strano comportamento dei coniugi Forrest, tantomeno a Kate la quale non disse nulla, ma dentro di sé tirò un sospiro di sollievo in quanto aveva intuito bene l’esistenza di qualche precedente  problema tra i due giovani. Però chi fu più contenta di tutti della ritrovata armonia, fu senz’altro Nunzietta. Lei aveva vissuto insieme a loro il periodo più buio ed ora, vedendoli sorridere spesso e scambiarsi tante tenerezze, si sentiva felice nel più profondo del cuore perché così sarebbe stata più tranquilla quando se ne sarebbe andata.

Aveva deciso infatti di accettare la proposta di matrimonio di Luigi e tra pochi giorni avrebbe raggiunto i genitori di lui al loro paese dove sarebbero andati a vivere dopo le nozze. Lasciare Barbara, Robert ed i bambini sarebbe stato comunque un grosso dolore così come lo era per i Forrest vederla andar via. Però la incoraggiarono in tutti i modi e le promisero di andarla a trovare molto spesso.

 

 

Anche in previsione della prossima partenza di Nunzia, le tre donne si stavano dedicando insieme a mettere da parte le provviste per l’inverno.

Era il primo venerdì di ottobre, un giorno soleggiato ed ancora caldo anche se ventoso. Erano tutte in cucina occupate a preparare la conserva di pomodoro cercando di affrettarsi perché era già mezzodì e bisognava pensare al pranzo quando apparve Luigi che si fermò fuori dalla porta a vetri con il cappello in mano senza osare entrare.

- C’è il tuo innamorato – disse Barbara rivolta alla ragazza  - il poverino non ce la fa proprio più ad aspettare, oramai, ha bisogno di vederti a tutte le ore! Su, vai a vedere cosa vuole – scherzò di buonumore com’era sempre in quegli ultimi tempi.

Nunzia non se lo fece ripetere e corse fuori dal fidanzato.

Attraverso i vetri Barbara li vide parlare concitatamente e fu impressionata dal fatto che la ragazza si fosse portata le mani al viso in un gesto di orrore. Buttando sul tavolo lo strofinaccio che stava usando, si affrettò a raggiungerli.

- Che c’è? – chiese preoccupata. Nel vedere i due ragazzi  guardarla sgomenti senza proferire parola, impallidì ancora di più.

- Mi dite cosa è successo!?

Aveva urlato e la suocera si era affrettata ad uscire anch’essa per capire cosa stesse accadendo.

- Signora – disse finalmente il ragazzo – c’è stato un incidente al pozzo di Bardu ed una squadra di minatori è rimasta intrappolata da una perdita d’acqua.

- Mio Dio! – mormorò la donna inorridita ma dalla faccia di Luigi capì che le cattive notizie non erano finite lì, infatti l’altro proseguì:

- L’ingegnere Forrest, Gaetano Spalice ed altri due soccorritori  sono scesi anche loro attraverso un altro percorso per vedere di trarli in salvo. Solo che sono più di quattro ore e non sono risaliti ancora …

A questo punto la donna si strappò il grembiule e lo gettò per terra.

- Andiamo, portami immediatamente al pozzo.

La povera Kate non aveva capito ciò che il giovane aveva detto alla nuora perché aveva parlato in italiano però intuì che fosse successo qualcosa di grave. Afferrò Barbara per un braccio implorandola di raccontarle l’accaduto.

- Un incidente alla miniera, ci sono dei minatori intrappolati in una galleria – le spiegò questa senza dirle altro perché vide l’anziana donna farsi bianca in volto.

- Per Robert non c’è pericolo, non è vero?  Lui fa il direttore lì, non il minatore! – le disse concitata.

In quelle poche parole c’era tutta la storia della misera Kate che aveva vissuto tante privazioni pur di consentire al suo unico figlio maschio di non affrontare la stessa vita di pericoli che le aveva strappato l’uomo amato. Il sapere  Robert  ugualmente in fondo ad una galleria a rischiare di morire egli stesso le avrebbe spezzato il cuore per cui Barbara cercò di farsi forza e, con un sorriso dolce, provò a mostrarsi tranquilla.

- Naturalmente – le disse – però io vado lo stesso perché voglio essere accanto a mio marito. Badate voi ai bambini, per favore? Mi sento tranquilla a saperli con voi.

La signora Forrest annuì con il capo, non del tutto rasserenata. Mentre saliva sul calesse accanto a Luigi dopo averlo  invitato a fare in fretta, la nuora sussurrò a Nunzia:

- Falle compagnia tu e cerca di non farle capire niente. Povera vecchia, non se la merita una simile ansia.

 

Davanti allo scavo di Bardu c’era una confusione incredibile perché il lavoro si era fermato dappertutto ed erano venute anche molte persone dal paese. C’era don Giustino e c’erano i medici dell’ospedale ed in mezzo a loro sir Paul Bradley ed il nipote. Barbara, vestita così come stava per casa, suscitò l’attenzione di tutti quando arrivò insieme a Luigi. Qualcuno avrebbe voluto dirle qualche parola sapendo che il marito era sceso lì sotto per cercare di trarre in salvo i suoi uomini, ma lei si divincolò da tutti e si recò dritta da Leonard, con il volto in fiamme e gli occhi che lampeggiavano sdegnati. Appena gli fu vicino, lo assalì:

- Sei contento adesso? Hai visto cosa sei stato capace di combinare? Per colpa tua tante persone stanno rischiando la vita.

- Sono cose che succedono – si giustificò l’altro, irritato dalla sua veemenza.

- Non è vero. Erano mesi che Robert ti stava parlando dei pericoli di infiltrazioni d’acqua in questo pozzo, ma tu non facevi altro che accusarlo di essere un vigliacco ed un incompetente. Mi sa che l’incompetente sei tu!

- Barbara, per favore, state calma – intervenne sir Paul cercando di blandirla, ma oramai la donna era fuori di sé e si rivolse anche a lui con durezza.

- lo avete lasciato solo anche voi. Come avete potuto? Come avete fatto a non dare ascolto ad un ingegnere serio e preparato com’è mio marito per stare a sentire uno stupido novellino pieno di boria.

- Per tua norma e regola anch’io sono un ingegnere minerario – le rispose il giovane, molto adirato.

- Tu? Chissà come te la sei presa la laurea, forse te l’hanno data per i nobili natali!

- Si può sapere che vuoi da me? Non ho chiesto io a quello stupido di scendere là sotto a fare l’eroe.

- Eppure è sceso, forse perché contrariamente a te che ti permettevi anche di accusarlo di essere un pavido, è un uomo davvero coraggioso e sa rischiare la vita per gli altri!

- Io non sono un minatore come lui. Lo sai, in fondo è sempre rimasto tale  e se farà una brutta fine in una galleria, rassegnati, si vede che questo era il suo destino!  – dichiarò sprezzante il giovane.

Barbara non ci vide più dallo sdegno e gli si sarebbe addirittura avventata contro se don Giustino non l’avesse afferrata per le spalle traendola a sé. Si fece trascinare via quasi a forza, ma non rinunciò a dire rivolta ai due gentiluomini:

- Ve lo giuro su quanto ho di più caro: se succede qualcosa a Robert me la pagherete!

Sir Paul abbassò gli occhi mortificato, ma il nipote le lanciò uno sguardo cattivo, poi girò la testa ostentando indifferenza per quelle stupide minacce.

Intanto il buon sacerdote, che come la maggioranza degli astanti non aveva capito neanche una parola del discorso in inglese svoltosi tra di loro ma che come tutti ne aveva afferrato l’animosità, cercava di tranquillizzarla.

- Adesso basta, signora Forrest, cercate di calmarvi, venite a sedervi un po’ qui ed aspettate insieme alle mogli e alle madri degli altri minatori che sono là sotto. Vedrete, la Madonna di cui oggi è la santa festa ci aiuterà anche questa volta.

La portò accanto a delle donne che stavano recitando il Rosario. Barbara guardò i loro visi duri ed invecchiati precocemente dai quali non sembravano trasparire emozioni. Nessuna versava una sola lacrima, ma si limitavano a recitare come una nenia le Ave Maria  ed i Padrenostro, dondolandosi al ritmo della preghiera e lasciando scorrere i grani della corona tra le dita. La ragazza pensò a tutta la disperazione chiusa nei loro cuori, all’ansia per i loro cari, alla vita grama che dovevano condurre ogni giorno ed alla miseria in cui sarebbero cadute se i loro uomini non fossero più risaliti da quel pozzo infernale. Sentì quasi il cuore spezzarsi di compassione ma poi il pensiero che  il loro grande dolore era anche il suo perché anche  il suo uomo era lì a rischiare la vita, la fece rabbrividire di orrore. Si sentì quasi sconvolta all’idea che Robert potesse rimanere intrappolato sotto terra, tremò alla spaventosa visione dei suoi occhi chiari che si velavano mentre perdevano ogni coscienza, delle sue robuste braccia che non avevano più la forza di difendersi dalla terra che lo soffocava, del suo corpo seppellito dalla fanghiglia nera. Lacrime irrefrenabili le rigarono il volto  e  si morse una mano  cercando di soffocare il grido disperato che le saliva dal petto.

Il vecchio sacerdote se ne accorse e la strinse più forte, cercando di darle conforto. Così la giovane si abbandonò al pianto, posando la testa sulla sua spalla scarna mentre tanti occhi la guardavano, pietosi e compassionevoli. A poco a poco si calmò, imponendosi di scacciare quegli orribili pensieri di morte. Suo marito sarebbe tornato ed avrebbe ancora potuto baciare il suo viso, carezzarlo, dargli l’amore enorme che si sentiva dentro e vivere con lui e con i loro bambini. Cercò di concentrarsi sulla voce delle donne che pregavano e lasciare che le loro parole fossero tutto quanto c’era in quel momento, senza più pensieri, né sentimenti, né emozioni…

“….Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra ….”

Cominciò a ripetere anche lei le parole dolci della preghiera insieme alle altre…

 

Oramai aveva perso la cognizione del tempo. Dovevano essere passate molte ore perché era arrivato il crepuscolo e già si accendevano delle lampade e dei fuochi qui e lì. Giovanna era accorsa al suo fianco e l’aveva avvolta in un caldo scialle di lana perché la sera si stava facendo fredda e la giovane indossava soltanto il vestito leggero da casa. Qualcun altro invece le aveva portato qualcosa da mangiare, ma con lo stomaco chiuso dall’angoscia non aveva potuto ingurgitare niente ed aveva accettato soltanto qualche tazzina di caffè che ogni tanto un’anima buona si prendeva la briga di distribuire alle donne sedute una accanto all’altra, unite tutte da un’ansia terribile.

Dopo tante ore si erano stancate di pregare e se ne erano rimaste in silenzio, poi una di esse, la più anziana, aveva cominciato a parlare di suo figlio dopodiché ognuna di loro aveva voluto parlare del marito, del fratello, del padre. A poco a poco quegli uomini intrappolati nella miniera avevano cominciato a riprendere la loro fisionomia ed avevano di nuovo fatto sentire la loro presenza, ognuno con i suoi pregi ed i suoi difetti, con le sue particolarità, le sue abitudini.

Barbara stava in silenzio ad ascoltare ed a volte doveva fare anche uno sforzo perché le donne parlavano in campidanese, dialetto che lei, essendo cresciuta ad Alghero dove si parlava addirittura il catalano, stentava a capire. Qualcosa però l’afferrava ed allora sorrideva a sentire di Giovanni che si era fatto cucire il vestito nuovo o di Salvatore che stava mettendo da parte i soldi per maritare la figlia. Un soffio di vita e di speranza sembrò aleggiare di nuovo ed anche lei pensò al suo Robert. Lo rivide giocare con Charles o cantare le sue canzoncine alla loro piccola Neve e per un lungo momento fu sicura che presto sarebbero stati di nuovo insieme.

Poi però trascorse altro tempo, ritornarono il silenzio e la paura e di nuovo ci fu la disperazione a tenere loro compagnia.

 

Stava già salendo la luna in cielo  quando, nel silenzio quasi irreale  sceso tra tutte le persone sedute lì, si udì una voce gioiosa prorompere in sardo:

- Funti atziendi! Funti atziendi!

Stanno risalendo! Stanno risalendo! Immediatamente si fece una  confusione pazzesca e tutti si precipitarono verso l’uscita del pozzo dove due minatori erano scesi a dare una mano agli sfortunati compagni che stavano tornando in superficie. Ognuno cercava di farsi strada per poter vedere, c’era chi urlava, chi piangeva di gioia, chi temeva che la persona tanto attesa non sarebbe stata tra coloro che incominciavano ad apparire, chi si raccomandava alla Madonna. Gli uomini del servizio d’ordine dovettero fare uno sforzo enorme per non lasciarli avvicinare tutti, però Barbara era la moglie dell’ingegnere sceso a salvare i suoi uomini e non ebbe difficoltà ad avvicinarsi. In prima fila poté vedere  riemergere tra le braccia dei soccorritori il primo minatore: era Giovanni, un giovane di nemmeno vent’anni. Era pallido come un morto e svenuto. A quella visione un silenzio terrorizzato calò sugli astanti. Il dottor O’Connor si precipitò verso di lui e lo visitò stesso per terra laddove lo avevano appoggiato gli uomini prima di ridiscendere a prendere qualcun altro. Per rassicurare la madre che poco più in là si torceva le mani dalla disperazione senza osare avvicinarsi, il medico fece un segno con il capo per indicare che era ancora vivo. Allora  il silenzio si tramutò subito in un’ovazione gioiosa anche perché dal pozzo continuavano ad uscire gli altri minatori, qualcuno sorridente, qualcuno ancora spaventato, molti feriti, più o meno lievemente.

Barbara li aveva contati tutti ed erano otto. Oramai si sentiva scossa da un tremito convulso e se non fosse stato per Giovanna che la teneva stretta, si sarebbe accasciata tanta era l’ansia provata.

Quando lo vide, il suo cuore ebbe un balzo tale che sembrò volesse scapparle dal petto. Robert era lì anche lui, vivo, forte come sempre. Aveva i vestiti completamente laceri e zuppi di acqua ed il viso talmente sporco di fango che gli occhi azzurri risaltavano ancora più limpidi e belli. Era felice, si vedeva, e le grida di gratitudine  che lo accolsero lo fecero addirittura sorridere. Un po’ stordito cercò tra la folla che gli si stringeva intorno finché non la vide, pallida come una morta, tremante, mentre lo guardava intensamente. Fu solo un istante perché sua moglie gli si gettò tra le braccia ed incurante di sporcarsi, gli si strinse contro abbracciandolo con amore.

- Perché, perché? – gli chiedeva soltanto, senza avere la forza di dire nient’altro.

- Perché ero l’unico che potesse farlo. Avevo studiato quelle gallerie ed ero sicuro che di là si potesse passare. Ed ho avuto ragione, per fortuna.

- Vostro marito è stato grande, signora – testimoniò Gaetano Spalice – se non era per lui tutti questi uomini non avrebbero avuto scampo e probabilmente neanche noi. Dovete esserne fiera!

- Infatti lo sono – mormorò Barbara e guardò Robert con immenso affetto – Aspetta, tu sanguini dalla fronte, ti sei fatto male!  - aggiunse spaventata nel vederlo ferito.

Il dottor Vargas che era lì vicino a controllare i minatori, la udì e si avvicinò subito a loro.

- Non è niente dottore, è solo un graffio. Piuttosto come sta Giovanni? Ed Alfonso? – chiese lui, preoccupato solo dei suoi uomini.

- Non hanno niente di grave, li stiamo portando in ospedale per controllarli e medicarli, ma stanno bene.

- Meno male, l’acqua aveva già quasi riempito la galleria quando siamo arrivati e mezz’ora dopo sarebbe stato troppo tardi. Se non fosse stato per la maledetta roccia che abbiamo incontrato ad un certo punto, avremmo fatto molto prima, non è vero Gaetano?

- Certo ingegnere, però ce la siamo vista brutta anche noi.

- Venite anche voi due in ospedale, voglio controllarvi per vedere come state.

- Io sto benone, ho solo bisogno di farmi una bella bevuta – dichiarò il caposquadra facendo un po’ il gradasso.

Il giovane ingegnere non gli fu da meno anche se si sentiva tutto il corpo dolere.

- Tu? – disse -  Perché io no? Prima però voglio farmi un bel bagno e una bella mangiata. A proposito signora Forrest, cosa hai preparato per cena?

La donna lo guardò confusa e vedendolo sorridere divertito, gli sorrise anche lei mentre il giovane continuava a scherzare.

- Ho capito, te ne sei stata tutto il giorno a far nulla senza neanche preparare una gustosa cenetta al tuo maritino che sarebbe tornato dal lavoro affamato! Andiamo a casa adesso, donna, e datti da fare!

Scherzosamente la prese per un braccio e a chi cercava di trattenerlo diceva ridendo che la signora Forrest aveva fretta di rincasare. Luigi li stava aspettando con una carrozzella e senza dir nulla tese la mano al Direttore. I due uomini si scambiarono solo una stretta calorosa poi, insieme a Barbara ancora tutta imbambolata, si affrettarono a tornare a Villa Bianca.  

Appena li udirono arrivare, Kate e Nunzia si precipitarono fuori. L’anziana signora aveva gli occhi rossi di pianto. Nonostante la buona servetta avesse sempre negato qualsiasi coinvolgimento del figlio nell’incidente,  aveva intuito la verità e la visione del suo ragazzo infangato e ferito, fu l’ulteriore conferma della sua supposizione. Però non disse nulla. Quando Robert l’abbracciò, se lo strinse forte, trattenendo le lacrime, poi gli carezzò il viso sporco.

- Tuo padre era orgoglioso di te, ma dopo ciò che hai fatto oggi, lo sarebbe stato ancora di più – gli disse.

Era il più bel complimento che avesse potuto fargli e il giovane se ne sentì davvero contento. Appena aveva saputo degli uomini intrappolati dall’acqua nella galleria di Bardu, aveva avuto un attimo di esitazione perché conosceva  bene i rischi di una sua eventuale scelta, ma poi proprio il ricordo di suo padre lo aveva spinto a scendere in quell’inferno per cercare di soccorrere i malcapitati. Laggiù, insieme agli altri minatori, era come se ci fosse stato anche  lui. Simbolicamente era come se avesse avuto una nuova opportunità per salvarlo. Non poteva rinunciare, non se lo sarebbe più perdonato per tutto il resto della vita.

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Lo so che vi ho fatto trepidare insieme a Barbara per la sorte di Robert  però mi sembra che ne sia valsa la pena perché credo, e spero di non sbagliarmi,  che questo sia uno dei capitoli che mi è riuscito meglio.  D’altronde stare sempre e solo a parlare di amore mi pareva un po’ noioso e poi ritengo che l’incidente in miniera abbia aggiunto un nuovo tassello al profilo caratteriale dei miei protagonisti ed al sentimento profondo che è nato tra loro.

Prima di cominciare con i ringraziamenti

AUGURISSIMI  DI BUON COMPLEANNO , MIA DOLCE NANETTA

(ma quale delle due, Lucy o Vale? Non lo specificate)! Purtroppo, e mi dispiace tanto, non posso regalarti la scena po-porno perché questo romanzo è già scritto da tempo (non penserete mica che sia tanto brava da buttare giù un capitolo al giorno! Ecchecavolo, per chi mi avreste preso, per Isabel Allende? E neanche!) Per questo motivo devo seguire per forza la stesura originale e dovrete (dovranno) soffrire ancora un po’. D’altra parte, come ha fatto ben notare Mirya, stiamo parlando sempre del secolo scorso dove il sesso persino tra marito e moglie era di sicuro meno facile. Anzi, per quello che ne so, già Barbara era piuttosto all’avanguardia nell’avere almeno la consapevolezza della propria sessualità, prerogativa riservata alle poco di buono ed alle donne perdute, non certo alle brave mogli. Mi ha fatto anche un enorme piacere che Mirya abbia rilevato quella frase che sembrava buttata lì per caso in cui Barbara paragona Sean al padre in quanto era una chiave per definire la sua infatuazione.

In quanto a Faith ha perfettamente spiegato cosa volesse dire il dono della fede sarda. In effetti è proprio di un nuovo matrimonio che si tratta, senza prete o invitati, senza feste né bomboniere, ma un matrimonio vero che nasce dallo scambiarsi una promessa d’amore a cui  si ha tutta l’intenzione di tener fede, anche se ciò comporta qualche sacrificio.

Ed il primo lo fa proprio Barbara a mettersi a cucinare la zuppa di pesce alle sette di sera quando aveva già pronti i fagiolini (anche se oramai Cricri manco questo le riconosce)!  Sto scherzando, mia piccola amica, e ti ringrazio tanto per le tue recensioni così puntuali e gradite. Comunque credo che, almeno in questo capitolo, il caratterino della mia protagonista che quando è arrabbiata non la ferma nessuno dal dire pane al pane e vino al vino, tantomeno sir Paul o quell’antipatico di Leonard, possa riabilitarla almeno un po’.

E proprio mentre stavo per postare il nuovo capitolo e questi  ringraziamenti mi è arrivata, ulteriore regalo, anche la bella recensione di Arte che, come al solito, riesce a cogliere in pieno ciò che volevo dire. Mi fa piacere sapere che nella scenetta di Charles con i genitori abbia visto rispecchiata la sua famiglia così come Cricri abbia visto la quotidianità della carezza “al fagiolino” (mi accorgo che non glielo avevo detto) perché non voglio scrivere cose non aderenti alla vita reale ed è bello che abbiate apprezzato questi piccoli tocchi di studiata autenticità.

Buona lettura e a domani

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

Attraverso il vapore della stanza da bagno, Barbara scorse il marito immerso nella vasca, la testa appoggiata sull’orlo e gli occhi chiusi, completamente rilassato.

- Scusami – gli disse nel vederlo voltarsi verso di lei – ti ho portato il telo grande per farti asciugare meglio. Non metterci molto però, ti ho preparato la pasta che ti piace e sto solo aspettando te per mettere a tavola.

Robert le sorrise con un’espressione beata sul volto ancora tutto sporco.

- Ti devi pulire meglio il viso, è ancora infangato – gli disse ancora lei.

L’uomo si passò la mano bagnata sul volto e Barbara lo richiamò, inorridita:

- Che fai? Non vedi com’è sporca quest’acqua? Sei ferito e può fare infezione. Aspetta, ora ci penso io.

Senza curarsi che fosse nudo, prese una bacinella di acqua limpida e una spugna ed accoccolandosi accanto alla vasca, cominciò a lavargli delicatamente il viso.

- Gesù, - gli disse ridendo nel vedere la sua espressione – quanto rassomigli a Charles in questo momento! Anche tuo figlio si combina così quando va a giocare in giardino e poi fa la tua stessa faccia mentre gli pulisco il viso.

- Oggi non ho visto né lui né Maria Neve e non sai quanto mi sia mancato poter giocare con loro – commentò Robert facendo un po’ di smorfie sotto i colpetti di spugna con i quali la moglie lo stava pulendo.

Lei si fermò un momento e gli disse seria, con un’aria di rimprovero:

- Già, però non hai esitato a rischiare la vita. Non hai pensato a cosa ne sarebbe stato di loro se ti fosse successo qualcosa?

Robert abbassò lo sguardo, mortificato.

- Non potevo fare altrimenti, sapevo di avere la possibilità di salvare i miei uomini e non potevo lasciarli morire così.

- Non eri tenuto a farlo tu, ci sono le squadre di soccorso in questi casi. Quando mai si è visto un direttore scendere con loro! Lo so che l’hai fatto con il cuore, ma a me non hai pensato? Me lo dici, brutto scemo, come avrei fatto se fossi restata vedova con due figli e pure una suocera da mantenere?

Aveva volutamente usato un tono scherzoso perché nelle lunghe, angosciose ore appena trascorse, a una tal cosa non aveva davvero mai pensato ma era stata solo attanagliata da una preoccupazione enorme per la sorte dell’uomo che amava.

- Perdonami, hai ragione. Non credere che non temessi questo, anzi, per tutto il tempo lì sotto, non ho fatto altro che pensarci. Avevo una paura terribile di non farcela e mi sembrava quasi impossibile riuscire a risalire da tutto quel buio, dall’aria soffocante, dalla terra che ci cadeva addosso e sembrava volerci seppellire vivi. Sentivo a pochi metri da noi le voci dei miei ragazzi e temevo che l’acqua li avrebbe annegati senza che fossi riuscito a far nulla per loro. Nello stesso tempo mi sembrava di udire le vocette allegre dei nostri figli chiamarmi a giocare con loro nella luce e nel sole del giardino. C’è stato un attimo in cui mi è sembrato di impazzire là sotto ed ho pensato anche a te, a tutte le cose che avevo ancora da dirti e che non ti ho mai detto. Sai, ci sembra di avere sempre tanto tempo davanti a noi per fare ciò che vorremmo o provare a realizzare i nostri progetti e i nostri desideri, invece in quegli istanti ho capito che il nostro tempo può finire da un momento all’altro, senza più ritorno. Stranamente, dopo aver guardato la morte in faccia, mi sono sentito diverso ed ora sono più sereno, so cosa dovrò fare. Chissà se ci riuscirò, però. Sono solo un essere umano e vivere con una simile consapevolezza non è umano perché ci porterebbe alla disperazione o forse ad una felicità troppo grande.

Mentre parlava, Barbara era stata ad osservarlo assorta ed ora  grosse lacrime le traboccarono dagli occhi. Robert le prese piano il viso nella mano bagnata e senza parlare la trasse a sé, posando delicatamente le labbra su quelle di lei.  Si scambiarono un bacio tenerissimo come non avevano mai fatto prima. Il calore delle loro bocche scese a riscaldare anche il cuore e la delizia provata nel lieve contatto fu come un balsamo che addolcì ogni loro pena.

Si dovettero riscuotere all’improvviso dal torpore a cui si erano abbandonati perché Nunzia venne a bussare alla porta.

- Signore, giù ci sono  sir Bradley ed il signorino Leonard. Chiedono di voi. Che devo dire?

- Eccoli, lo sapevo! – commentò l’uomo con un sospiro, poi aggiunse – Falli accomodare in salotto, arrivo subito.

Barbara si alzò in fretta e dopo aver porto il telo al marito si girò dall’altra parte senza però accennare ad uscire dalla stanza.

- Non vai a riceverli mentre io mi vesto? – le chiese mentre si strofinava energicamente il corpo bagnato, stupito nel vederla ancora lì.

Lei però se ne stava a testa bassa, giocherellando con un pettine sul tavolino.

- Preferirei di no – sussurrò piano, come una bambina che ha fatto una marachella.

Robert si avvolse l’asciugamano intorno al corpo e le si avvicinò alle spalle, incuriosito dal suo tono.

- Perché?

- Oggi ero molto arrabbiata e…gliene ho cantate quattro.

Ridendo, lui la prese per le spalle e la fece girare, abbracciandola.

- Conoscendoti, devono essere state perlomeno otto!

Sollevata dal fatto che non si fosse arrabbiato, lo guardò da sotto in su e precisò:

- Forse… anche sedici! Perdonami, lo sai come sono fatta. Avrò pure esagerato ma ora non mi sento di andarmi a scusare con loro.

- Hai fatto benissimo invece! Ti dirò, anch’io sono stufo di stare a subire prepotenze e comportamenti arroganti, adesso vado a dirgliene quattro anch’io. Cercherò di far presto comunque, c’è la tua pasta che mi aspetta e non ho nessuna voglia di perder tempo con loro, piuttosto ho una voglia pazzesca di stare un po’ noi due da soli.

Le posò un bacio lieve lieve sul collo facendola rabbrividire, però Barbara si scostò.

- Va bene, però vestiti adesso, non farli aspettare - gli sussurrò.

 

Dapprima Robert ebbe un sussulto quando, svegliandosi, si avvide che era giorno fatto, poi si ricordò di aver già detto a sir Paul e suo nipote  nel corso dell’animata discussione avuta la sera prima  che si sarebbe preso qualche giorno di riposo dal lavoro per stare un po’ con la famiglia.

Per fortuna quindi non doveva alzarsi. Veramente non ne avrebbe avuto nemmeno la forza perché gli facevano male tutti i muscoli e la testa gli doleva assai. Si ricordò di essersi sentito poco bene anche la sera precedente e nonostante la sua intenzione fosse stata quella di stare finalmente insieme a Barbara, dopo cena era crollato come una pera cotta, trovando appena la forza di spogliarsi e di mettersi a letto.

Intanto bussavano alla porta e lui si augurò di vederla. Invece era la mamma che gli portava una tazza di tè caldo e dei biscotti.

Trovandolo sveglio,  la donna gli si avvicinò con il passo stranamente leggero nonostante tutta la sua robustezza.

- Come stai? - gli chiese a voce molto bassa.

- Così… – sospirò lui perché non voleva farla preoccupare ma neanche si sentiva di fingere.

La signora Kate gli toccò la fronte e la trovò molto calda.

- Hai la febbre – sentenziò – dirò a Barbara  di chiamare il medico.

- No, mamma, per favore, non ho nulla, sto bene. I medici avranno  di meglio da fare che venire a vedere me.

Lei non gli rispose, solo lo invitò a sorbire la bevanda calda. Quando l’ebbe finita, gli si sedette accanto e rimase lì fino a quando non lo vide riprendere sonno.

 

Si risvegliò qualche ora dopo al suono della voce del dottor O’Connor che era entrato nella stanzetta un po’ in penombra.

- Mio Dio, Peter, glielo avevo detto a mia madre, non era necessario farvi venire! Mi dispiace, immagino come lei e mia moglie abbiano insistito, ma vi assicuro, non ce n’era alcuna necessità.

- Non è perché mi hanno chiamato loro che sono venuto. Avevo già deciso di farvi visita per mettervi al corrente della situazione e congratularmi con voi: se ieri non aveste avuto il coraggio di guidare i soccorritori per la galleria disusata, quegli uomini sarebbero tutti morti.

- Stanno bene? – chiese l’ingegnere piuttosto restio a porre l’accento sul suo atto valoroso.

- Sì, tutti. Solo il giovane Giovanni ha un braccio spezzato e Tommaso Corice ha la testa  rotta, ma non più di quanto gliela rompa la moglie quando ritorna a casa ubriaco.

I due uomini risero insieme, davvero sollevati dal fatto che una circostanza così drammatica avesse avuto conseguenze così lievi.

- Voi, piuttosto, come vi sentite?

- Sono pieno di dolori, ho mal di gola e credo di avere la febbre alta.

- È normale, avete fatto una  fatica fisica non indifferente. Siete stato quasi dieci ore là sotto a scavare ininterrottamente immerso nell’acqua gelata. Così come tutti gli altri, compreso quello sbruffone di Gaetano che mi ha mandato a chiamare già ieri sera, avete bisogno di un po’ di riposo.

Rimasero ancora un po’ a parlare, poi il giovane medico prese congedo.

- Adesso devo andare da sir Bradley – gli disse - mi ha chiesto di passare da lui a riferirgli lo stato delle cose perché è rimasto molto sconvolto da quanto è successo,  poverino.

- Già – rispose Robert amaro, però non disse nulla e lo salutò con molta cortesia, assicurandogli  che avrebbe osservato con scrupolo il suo consiglio di stare a riposo.

In realtà per tutto il giorno si sentì davvero molto male non solo fisicamente ma anche per la forzata inattività anche se tutti facevano a gara per fargli compagnia. La madre entrò più volte nella stanza a chiedergli come si sentisse ed una volta portò anche la sua bimbetta dolcissima che gli gettò le braccine al collo e balbettò “pa-pà, pa-pà” come faceva spesso negli ultimi tempi, mandandolo in sollucchero. Vennero a trovarlo anche Giosuè, Maria e Luigi. La piccola Nunzia poi, nonostante fosse l’ultimo giorno che passava in casa  perché l’indomani se ne sarebbe andata, gli portò il vassoio con il pranzo e si sedette accanto a lui per aiutarlo a mangiare senza alzarsi dal letto. Persino Charles venne e, dopo essersi  affacciato timidamente sotto la porta con un libro sottobraccio,  visto che il padre gli sorrideva e gli tendeva le braccia, si precipitò a salire sul letto  pensando di fargli una cosa gradita fingendo di leggergli una favola.

Solo Barbara non si era fatta vedere per tutto il giorno e Robert ne era assai dispiaciuto e preoccupato. Forse, dopo la dolcissima parentesi della sera prima, si era aspettata una notte diversa. Con il suo comportamento dolce e seducente gli aveva fatto capire che non l’avrebbe respinto e doveva esserci rimasta male quando lo aveva visto ritirarsi senza chiederle di dormire con lui.  Questo pensiero lo agitava moltissimo per cui si girava e rigirava nel letto, incapace di stare un po’ fermo tanto che le lenzuola erano oramai tutte in disordine. Stava quasi calando la notte quando lei entrò. Il giovane la scrutò attentamente per vedere come stesse. Si rese conto che era calma e serena vedendole il sorriso sulle labbra ed allora, quasi liberandosi delle sue paure, sbottò come un bambino trascurato dalla mamma:

- Meno male, ti sei decisa a venirmi a trovare finalmente! Non è mai troppo tardi!

- Scusami, ma oggi è stata una giornata infernale.

Intanto si era chinata sul letto ad aggiustargli le coltri in disordine.

- Non bastava il fatto che domani Nunzia se ne va e l’ho dovuta aiutare a preparare la sua roba, non bastavano i bambini e le cose da fare, sapessi che processione di gente c’è stata! Tutti che venivano a salutarti o a complimentarsi con te ed ho dovuto fare una fatica terribile per intrattenerli io e lasciarti  riposare senza farti disturbare.

 - Davvero? – chiese l’uomo piuttosto incredulo.

- Certo. Ti assicuro che se potessero, ti metterebbero sull’altare accanto alla Madonna della Neve. Sei diventato il loro santo protettore, il loro eroe.

- Sì, bella schifezza di eroe! Gli eroi sono impavidi ed indistruttibili, io mi sono fatto venire gli acciacchi e persino la febbruccia come i bambini per lo sforzo e la fifa blu che ho avuto  ieri!  - confessò  l’ingegnere con un viso tanto desolato da risultare  comico.

La moglie ora stava in piedi accanto al letto  stringendosi addosso il golfino di lana perché la serata si era fatta fresca. Nel vederlo così proruppe in una risata divertita e di slancio gli si sedette accanto, poggiandosi alla spalliera del letto. Con un gesto molto affettuoso lo trasse a sé e gli fece poggiare la testa sul suo seno, stringendolo in un abbraccio dolcissimo. Cominciò a carezzargli i capelli  dicendogli:

- Tu non devi essere un eroe perché  sei solo una persona come tante, con le sue paure, le sue incertezze, i suoi errori, solo … più adorabile di qualunque altra!

Non disse più nulla, ma gli posò le labbra sulla testa, baciandolo con delicatezza.

Il giovane le si strinse forte, godendo moltissimo per quei baci e quelle carezze. Avrebbe voluto farla stendere accanto a lui ed amarla, però si sentiva troppo male, non aveva la forza nemmeno di muoversi. Barbara intanto non smetteva di tenerlo stretto e carezzarlo.

- E poi volevo che questo fosse un momento tutto per noi – gli sussurrò mordendosi il labbro inferiore non senza una certa malizia.

Robert la sentì stringersi forte a lui e rabbrividì quando con la bocca socchiusa cominciò a baciargli la pelle delicata sotto l’orecchio. Accidenti, aveva desiderato tanto quel momento ed ora arrivava proprio quando un terribile mal di schiena gli impediva di fare il suo dovere di maschietto! In preda all’agitazione provò a cercare le parole giuste per dirglielo senza ferirla e senza fare brutta figura ma le tempie gli pulsavano e non riusciva a concentrarsi. Per fortuna fu la stessa Barbara ad avvedersi che stava proprio maluccio.

- Mamma mia,  scotti come una stufa! – esclamò alzandosi dal letto – Ora ti metti a riposare ed anche domani te ne starai a letto, intesi? - gli intimò infine con un tono dolce ma che non ammetteva proteste mentre gli rimboccava le coperte.

 

 

Anche il giorno dopo le ubbidì buono buono, alzandosi solo per andare a salutare Nunzia che se ne stava andando in compagnia del suo futuro marito. Anche Robert, come Barbara e Charles, nel vederla andare via si sentì stringere il cuore dalla malinconia perché la ragazzetta esile e taciturna che adesso si stava sciogliendo in un mare di lacrime, era stata per loro una vera amica.

Più tardi, quando venne a fargli compagnia portandosi dietro il suo lavoro a maglia, anche Barbara si lasciò andare al dispiacere e pianse a causa di quella separazione. Allora lui l’attirò vicino a sé e stringendola forte, cercò di consolarla:

- Non essere così triste. Nunzietta andrà sposa e poi Luigi l’adora e saprà farla felice.

- Mi mancherà tanto lo stesso. Per così lungo tempo è stata l’unica persona con cui ho potuto scambiare due parole ed è sempre riuscita a darmi tanto conforto con la sua dolcezza, anche nei momenti peggiori!

Robert le sollevò dolcemente il viso con la mano che scottava ancora di febbre, costringendola a guardarlo.

- Hai  attraversato un periodo molto brutto, lo so, ma ti giuro, non sarà più così. - le sussurrò piano -  Da domani in poi ci sarò sempre io al tuo fianco ed a me potrai dire tutto ciò che vorrai.  Ti prego, non facciamoci separare più da assurdi silenzi!

La donna annuì soltanto e gli poggiò la guancia sulla mano con estremo abbandono.

- Fermo restando – concluse allegro – che quando ti andrà di andarla a trovare lo faremo. E dobbiamo anche andare a casa di tuo fratello, se è per questo, continua a chiedercelo nelle sue lettere!

- Sì, certo – convenne lei – però aspetteremo che Neve cresca ancora un po’.

- Ma se ormai è una signorinella!

- Sì, una signorinella di neanche otto mesi che se la fa ancora sotto e prende il latte da me tre volte al giorno.

 

 

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Sono contenta contenta contenta che il capitolo dell’incidente in miniera vi sia piaciuto! Come vi dicevo ieri, anche a me è piaciuto molto scriverlo e d’altronde ero certa che avreste potuto apprezzarlo anche perché, per quanto mi conosciate come una brutta perfida, sapete benissimo che non avrei mai potuto far succedere niente al nostro Robert. Per quanto riguarda il po-porno,  mi rendo conto che qui  ce n’è poco ma forse questo non è il romanzo adatto dato il tipo di storia e l’ambientazione ma se rimarrete mie lettrici vi prometto che “vi darò di più” in un prossimo futuro. Comunque, come avete visto anche in questo capitolo oramai le intenzioni da parte dei nostri due protagonisti di “quagliare”ci sono tutte, ma non voglio farli finire troppo presto a letto, voglio provare a creare una certa tensione erotica secondo il vecchio principio che l’attesa è più stuzzicante ancora dell’ atto in sé.  E spero che se ci riuscirò me ne darete atto.

Un grazie di cuore a Tartis e a Lizzie  per la recensione (non preoccupatevi, so bene che non è facile recensire tutti i capitoli) ed un abbraccio caloroso alle mie fedelissime che trovano il tempo, la voglia ed il coraggio di farlo. Forse in questo week end non potrò postare ma ormai siamo quasi alla fine ed in verità non mi dispiace prolungare di qualche giorno il piacere di stare con voi la sera. Che farò quando avrò finito? Piangeròòòòòòòòòòòòòò

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26

 

Completamente disabituato all’ozio, l’ingegner Forrest riuscì a resistere a casa solo fino al martedì. Era una giornata tiepida e bellissima e visto che si sentiva oramai di nuovo in piena forma, decise di andare alla miniera per vedere che aria tirasse. Barbara ne fu un po’ dispiaciuta perché ci stava prendendo gusto a tenerlo in casa. Le piaceva moltissimo coccolarlo e quei momenti trascorsi con lui la sera, tra una carezza, un bacio e quattro chiacchiere in tranquillità, le erano diventati oramai indispensabili.

Nel Palazzo della Direzione il giovane ingegnere incontrò Leonard. Ben lontano dal prendersi le sue responsabilità, questi continuava a sostenere che l’infiltrazione di acqua nella galleria dello scavo era stato un episodio imprevedibile. Irritato, Robert decise di non continuare una discussione che non portava a nulla e ribadendo il suo bisogno di un po’ di riposo,  se ne andò molto presto.

Lungo la strada del ritorno incontrò tantissime persone ed ognuna di esse, coinvolta o meno nella tragedia sfiorata il venerdì precedente, sentì il bisogno di fermarlo e di complimentarsi con lui, offrendogli i suoi servigi o promettendogli in dono qualcosa. Lui si scherniva con il suo simpatico sorriso e ringraziava, ma ci fu Rinaldo Torre, un caposquadra, che gli fece una proposta talmente entusiasmante che appena fu a casa corse a parlarne alla moglie.

- Mi ha detto che la casetta appartiene ad un ingegnere tedesco della società mineraria precedente a quella di sir Bradley – le spiegò – che oramai non viene più qui da tanti anni. La tiene in custodia il fratello di Rinaldo e non avrebbe problemi a farci stare noi per qualche giorno.

- Perché dobbiamo andarci? Qui non stiamo bene? – obiettò la donna indaffaratissima a riempire con i carboni ardenti il ferro da stiro.

- È immersa in un bosco di lecci e di sugheri, ad  un passo da un fiumicello molto pescoso e da montagne bellissime. C’è l’aria buona e la pace, sono sicuro che potremmo starci benissimo.

- La pace? Anche qui ce n’è, addirittura troppa! A quale scopo allontanarsi da casa?

- Fare una vacanza,  ad esempio. È da tanto che non ci prendiamo un po’ di riposo ed è proprio ora di farlo. Non sto dicendo un periodo troppo lungo, ma cinque o sei giorni, una settimana al massimo. In fondo ce lo siamo meritato, non è così?

- Non abbiamo soldi, dopo aver fatto il regalo a Nunzia c’è rimasto ben poco.

- Te l’ho detto, il fratello di Rinaldo non vuole nulla. Poi mi ha assicurato che passerà ogni mattina a portarci quanto ci occorre per mangiare e la moglie ci farà trovare la casetta pulita ed in ordine. Potremmo davvero starcene tranquilli, fare qualche bella passeggiata, leggere o magari solo dormire. Ti prego, andiamoci!

- Va bene, vada per la  “casetta nel bosco”. Lo hai chiesto a tua madre? Come facciamo a lasciarla da sola se non vuole venire?

- No, volevo parlarne prima con te, ma sono certo che anche a lei farà piacere cambiare un po’ aria. Adesso mi do subito da fare, voglio partire domattina stesso. Per prima cosa devo procurarmi delle canne da pesca perché voglio insegnare a Charles a pescare così come mio padre fece con me – aggiunse dopo aver riflettuto un po’.

- Ma ti rendi conto che tuo figlio non ha neanche quattro anni? – osservò la moglie sorridendo.

- Non importa, ci divertiremo lo stesso.

Se ne andò tutto entusiasta. Barbara, nel vederlo andar via così allegro, sorrise compiaciuta anche se la vacanza che stavano per fare non era quella che si sarebbe augurata. Avrebbe preferito tornare di nuovo a Cagliari o magari anche andare solo a Carloforte, non importava dove, purché avessero potuto passare qualche giorno loro due da soli. Per un momento era stata anche tentata di chiederlo a Robert e si era trattenuta dal farlo solo perché davvero avevano pochi soldi e poi non era il caso, ora che Nunzia se n’era andata, di lasciare la povera Kate a sbrogliarsela con quelle due pesti di Charles e Neve. Con un sospiro riprese a stirare, trovando consolazione al pensiero che comunque sarebbe stato bello trascorrere tanti giorni con il suo amore.  

 

 

Il mattino dopo Gabriele, il fratello di Rinaldo, li venne a prendere con un grosso carretto e li accompagnò alla casetta nel bosco, davvero molto graziosa. Ad un solo piano, con il tettuccio rosso e rivestita quasi interamente  di legno, era stata costruita secondo i  gusti dell’ ingegnere bavarese e sembrava quasi una casa di fate.

- Mammina, sembra la casetta di Hansel e Gretel! Non c’è la strega vero? – commentò nell’osservarla il piccolo Charles un po’ preoccupato.

Robert rise divertito e lo prese in braccio, trascinandolo dentro. Sembrava anche lui ridiventato bambino tanto era felice.

Ad aspettarli trovarono Teresa, la moglie di Gabriele. Risollevata dal fatto che le persone inviate lì dal cognato parevano davvero ammodo, consegnò loro le chiavi, augurò  una piacevole vacanza e li lasciò ad esplorare la casa.

La trovarono accogliente e piacevole. I mobili, tutti molto belli e di legno intarsiato, brillavano pulitissimi così come le stoviglie nella grande cucina dal focolare di pietra e la biancheria profumata di spigo negli armadi. Appena furono entrati nella zona notte però un’aria di grande delusione si dipinse sul volto di Robert perché non si era aspettato di trovare una sola, grande stanza dove il letto matrimoniale era separato da due lettini gemelli unicamente da una sottile porta scorrevole di legno.

- Non ci abbiamo pensato a portare la culla di Neve ed il lettino di Charles – si rammaricò grattandosi la testa perplesso – adesso come facciamo?

- Di’ un po’, ma volevi fare un trasloco per qualche giorno che dobbiamo stare qua? – lo prese in giro la moglie per poi aggiungere con piglio deciso – Qual è il problema? Tu e mamma dormirete nei due lettini e io mi sistemerò insieme ai bambini in quello matrimoniale. Non vi dispiace, vero Kate, di dormire con noi per qualche notte?

- No di certo – le rispose la suocera – anzi comincio subito a preparare i letti così se dopo vogliamo uscire ci troviamo una cosa già fatta.

Robert e Barbara lasciarono la nonna con i due bambini e tornarono in cucina. Non appena furono da soli, l’uomo si avvicinò alla moglie che stava prendendo da un cassettone delle belle lenzuola di lino. Era stato sicuro che in quei giorni sarebbe stato finalmente con lei e non riusciva a digerire la delusione di non avere una stanza da letto dove potersi appartare in intimità.

- Non mi piace la soluzione che hai trovato per dormire – protestò comunque – potevamo  mettere i bambini a dormire con mia madre  e noi due dormivamo nel letto matrimoniale.

- Sì, così quando si svegliava Maria Neve l’allattava la nonna! E ti assicuro che si sveglia, oramai le è venuta una fame alla tua “bambolina”, e se non sono a portata della sua boccuccia si fa sentire, eccome!

- Allora facciamo così – le propose attirandosela contro – la nonna e Charles dormono di là e noi ci teniamo la nostra bambolina nel lettone grande. Anch’io ho fame di te, così come lei!

- Smettila! – lo rimproverò ridendo e cercando di tenerlo fermo perché in preda ad un’agitazione irrefrenabile, le stava carezzando il seno ed i fianchi comportandosi sfacciatamente come  non aveva mai fatto prima di allora.

- Ti prego, dai, facciamo così – la implorò.

- No, non va. Conosco bene Charles e lo vedo già molto eccitato. Se non gli faccio toccare i miei capelli,  stanotte di sicuro non dorme.

- Possibile che non t’importi niente se sarò io a non dormire? Anch’io sono molto eccitato ed ho bisogno di toccarti i capelli – le disse baciandola appassionatamente sul collo.

- Già, però tu non tocchi solo quelli!  Ma insomma ingegnere, la vuoi finire con queste mani!?

Con enorme sforzo riuscì a divincolarsi. Lo stava rimproverando ma lo faceva sorridendo soddisfatta perché quel giocoso assalto la lusingava enormemente.

Lui se ne avvide e la guardò con quella sua aria sorniona che la faceva rabbrividire.

- Dai, su, tanto lo so che piace anche a te – le disse afferrandola ancora.

Barbara gli si strinse contro per confermare l’esattezza di quella supposizione ma gli sussurrò con dolcezza, carezzandogli il viso:     
- Smettila di fare i capricci, ingegnere,  e aspetta ancora questi pochi giorni. Appena torniamo a casa, studieremo un sistemazione più soddisfacente visto che nel mio letto c’è ancora tanto posto … Così davvero non m’importerà affatto se non dormirai, anzi …

Era tra le braccia di lui e sul visino alzato a guardarlo un pudico rossore non riusciva a nascondere il luccicare malizioso degli occhi. Robert sobbalzò dalla felicità a quella promessa e stava per baciarla senza accorgersi che la piccola Neve era entrata gattonando nella stanza ed ora si stava aggrappando alla gonna della mamma cercando di farsi prendere in braccio.

- Invece di stare a farmi perdere tempo, occupati un po’ di tua figlia. – lo invitò allora la moglie - Non hai detto che volevi uscire subito? Se non ci diamo da fare a sistemarci un po’, si farà troppo tardi per farlo.

Allora lui si chinò verso la bimba e la prese in braccio.

- Su, bambolina, vieni qui e lasciala perdere questa brontolona di mamma, lei è buona solo per mangiare, invece papà sì che ti fa divertire!

Così dicendo la fece volteggiare alta sopra la sua testa. La piccina si mise a ridere, con la sua risatella gorgogliante ed allegra e lui uscì, fermamente intenzionato a godersi quella vacanza.

 

Il posto era veramente incantevole ed i due giovani erano contenti di stare a scorazzare quasi tutto il giorno. Un po’ meno lo era la povera Kate che, anziana e corpulenta, si stancava presto di arrampicarsi per i sentieri e di correre appresso a loro. Ben presto, con la scusa di tenere Maria Neve, se ne restò a casa, invitandoli ad uscire da soli con Charles. Questi, felice della presenza di entrambi i genitori e libero di correre quanto voleva, sembrava un vivace puledrino.

Purtroppo le giornate di metà ottobre, per quanto belle, erano già divenute piuttosto corte, però anche nell’intimità accogliente della casetta, in compagnia della buona Kate e dei loro bambini, si sentivano felici come non lo erano mai stati.

La sera del giovedì, l’anziana signora dichiarò di avere le ossa dolenti a causa dell’umidità del posto e andò a letto subito dopo i piccini, lasciando i due coniugi a giocare a carte nella grande cucina.

Non appena rimasero soli, Robert si distrasse talmente tanto dal gioco che incominciò a buttare le carte quasi a casaccio. Barbara invece che lo stava giusto imparando,  stava molto attenta e si ribellò subito, accusandolo di imbrogliare sfacciatamente. Fingendo di essere arrabbiata, si alzò per andarsene però non fece in tempo ad allontanarsi che le braccia forti del marito l’afferrarono e la costrinsero a sedersi sulle sue ginocchia. Provò a liberarsi, ma non ci riuscì tanta era la foga con la quale lui la teneva stretta e la baciava.

 - Tu devi essere impazzito! – gli disse ridendo, appena la lasciò riprendere fiato.

- È così, e sei  tu a farmi impazzire.

- Davvero?

- Mi farai morire se non mi dici di sì. Non vedi in che stato mia hai ridotto?

Era talmente bello in quel momento e lei lo desiderava così tanto che non si trattenne più e presogli il viso tra le mani, posò le labbra sulle sue ricominciando a baciarlo. Intanto le mani di  Robert non smettevano un istante di carezzarla attraverso la stoffa del vestito. Dopo un po’ però la donna si riscosse e, pure se mezza stordita, fece per allontanarsi.

- Dove hai intenzione di andare? – le chiese il marito.

- A letto. È tardi.

- Neanche per sogno, non puoi lasciarmi a desiderarti così, ti voglio ed ho bisogno di far l’amore con te, adesso, immediatamente. Andiamoci insieme a letto – soggiunse in un  sussurro invitante.

- Ah sì? – scherzò la donna – E in quale? Nel grande ci sono i bambini e in uno di quelli piccoli, dietro il tramezzo di legno, c’è tua madre che dorme.

- Allora facciamolo qui, sul tavolo

Robert non riusciva più a frenarsi tanta era la voglia che aveva di lei. Però Barbara si fece seria.

- Ma insomma, per chi mi hai preso? – scherzò corrugando le sopracciglia.

Robert non capì lo scherzo ed impallidì.

- Scusami – le disse – ti prego, scusami, non volevo essere poco rispettoso. Ti desidero talmente tanto che…

La donna non lo lasciò finire di parlare.

- Cosa c’è, non sono più la santa adesso? Ora mi puoi trattare addirittura come una donnaccia?

- Ti ho chiesto scusa, cara, anche se, te lo giuro, non intendevo offenderti. Perdonami,  in fondo sono fatto di carne anch’io.

-  Ed hai pensato che ti bastasse schioccare le dita per farmi correre da te come una cagnetta in calore? Giurami che non rivolgi a me le tue attenzioni giusto perché sono l’unica femmina a portata di mano – gli chiese guardandolo accigliata.

- Come fai a pensarlo! Non è così, te l’assicuro – le disse dispiaciuto.

Barbara capì quanto fosse sincero e tutta la sua severità si tramutò in un sorriso allegro.

- Meno male! – esclamò – Comunque mi sa che hai proprio ragione, ingegnere, non sono affatto una santa e questo tu lo sai benissimo. Però … – esitò un attimo prima di parlare per paura di non essere capita poi proseguì, questa volta seria – non voglio farlo così, sciupando tutto … vorrei avere anche io la mia notte di nozze.

- Non l’abbiamo già avuta più di una volta? – si meravigliò l’uomo.

- No, le altre volte non eravamo nemmeno sposati.

- Ma che dici!?

- Perché, ce l’avevo questa?

Nel fargli questa strana domanda Barbara gli aveva mostrato la mano sinistra al cui anulare brillava la filigrana d’oro della fede sarda. Robert intuì immediatamente cosa volesse dire e ne fu intenerito. Le afferrò la manina e se la portò alle labbra, baciandogliela con dolcezza ma  ben presto l’impeto della passione ritornò a manifestarsi, incontenibile.

Tra le braccia del suo uomo, Barbara ne avvertiva il corpo forte e solido, la sua prorompente eccitazione. Lei stessa  si sentiva travolta come da un fuoco e non resisteva a quel bisogno impellente della sua femminilità che reclamava di essere soddisfatto. Si lasciò andare completamente per cui rimase un po’ sconcertata quando il marito, all’improvviso, l’afferrò per le spalle e l’allontanò da sé.

Ancora in preda ad un’emozione che la faceva tremare tutta, lo vide avviarsi verso l’uscio di casa.

- Ma dove vai? – gli gridò, notando quanto anche lui fosse ancora stravolto dalla voglia di fare all’amore.

- Vado a fare quattro passi qui intorno – le rispose.

- Ma è notte fonda!

- Esco solo un po’ fuori. Ho bisogno di fumare e di prendere una boccata d’aria per calmarmi. Torno prestissimo, non temere – le disse ancora molto serio, ma poi sorrise ed aggiunse – Non ti preoccupare, moglie dell’ingegnere, va tutto bene, è tutto sotto controllo. Perlomeno quasi tutto – concluse con una smorfia maliziosa ed allusiva guardandosi il davanti dei pantaloni notevolmente rigonfio.

Barbara scoppiò a ridere e lo vide uscire molto più tranquilla.

Era arrivata a un  punto tale da perdere ogni controllo e se Robert avesse insistito solo un altro po’, avrebbe fatto all’amore persino sul pavimento. Ma se n’era andato lasciandola così e se un tantino ne era rimasta delusa, sapeva perfettamente che quella era stata un’ulteriore prova che lui l’amava davvero e non la voleva solo per soddisfare un bisogno fisico. Si sentì invadere da una enorme contentezza ma, nonostante tutto, aveva bisogno di calmarsi anche lei. Andò a versarsi un po’ di acqua sul viso per cercare di uscire da quel tormento. Il tormento più dolce che avesse mai provato in vita sua.



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Lo so cosa state pensando: che sono io cattivissima o che questi due sono proprio sfigati. Pure la camera da letto divisa solo da un tramezzo di legno ci voleva! Ma non è colpa mia se l'ingegnere bavarese proprietario della "casetta nel bosco" era sposato con una vecchia racchia con cui non faceva sesso da almeno trenta anni! Scherzi a parte, spero che abbiate comunque apprezzato l'atmosfera che si surriscalda...

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

 

Onde evitare di restare soli e cadere di nuovo in tentazione,  la sera successiva  Barbara cercò di fare più presto dell’anziana suocera ad andarsene a letto. Quando annunziò la sua decisione di andare a dormire, vide Robert alzare su di lei due occhi dispiaciuti.

- Che fai, vai già via? Resta ancora un poco con noi, ti prego.

- No, sono stanca. Buonanotte, Kate, e buonanotte anche a te.

Si mise a letto, accanto ai suoi dolcissimi bambini già addormentati, ma purtroppo il sonno non veniva. Intanto le arrivavano nitide le voci di Robert e di sua madre che parlavano sommessamente nella stanza accanto, esprimendosi nella loro difficilissima lingua. Non riusciva a capire una sola parola del loro discorso ma li sentiva benissimo. Ad un tratto pensò che per fortuna il colloquio  della sera prima tra lei e il marito si era svolto in italiano e che si erano fermati in tempo. Sarebbe morta di vergogna se la suocera avesse sentito di cosa parlavano o peggio ancora se li avesse uditi fare all’amore.

 

La mattina del sabato Rinaldo venne a trovarli e poiché doveva tornarsene ad Ingurtosu, Kate espresse il desiderio di tornare a casa con lui.

- Volete andare via? Non potete restare con noi questi altri due giorni? – protestò la nuora alla strana richiesta.

- Perdonami, figlia mia, ma le mie povere ossa non ce la fanno più. Preferisco tornare a casa e riposarmi un po’ da questa vacanza.

- Allora ce ne torniamo tutti, non voglio farvi stare da sola.

- E perché? Posso farlo, sono appena due giorni. Poi voi giovani vi state divertendo tanto qui! Oggi Charles deve anche andare a pesca con il papà, non è così piccino?

- Sì nonna, papà mi insegna a “peccare”.

Dimenticandosi che la nonna non lo capiva, il bambino aveva risposto in italiano e vedendo i genitori scoppiare in una risata, la vecchia signora si informò sul motivo della loro ilarità. Quando venne a sapere il significato della parola storpiata dal nipotino,  rise anche lei.

- Speriamo ti insegni a parlare, piuttosto! – osservò.

Comunque non ci fu verso di convincerla a rimanere. Barbara sollecitò anche il marito affinché provasse a farlo, ma questi scambiò solo uno sguardo con la madre e non disse nulla, facendole venire il sospetto che fossero d’accordo e la brava donna intendesse andarsene per lasciarli un po’ da soli. In fondo non sapeva cosa si fossero detti nel corso della conversazione della sera precedente ed in tutta onestà era molto combattuta tra la paura di restare da sola con Robert e la voglia che ne aveva. Benché cercasse di fare la forte, anche per lei la situazione stava diventando insostenibile e l’attrazione che provava per il marito stava cominciando davvero a tormentarla.

 

Era una bella giornata e decisero di andare tutti insieme al ruscello un po’ più a monte. Il padre portava a cavalluccio la piccolina, Barbara  lo seguiva con il cestino della colazione e Charles per mano. Il paesaggio tutt’intorno era rigoglioso di piante e di profumi ed il cinguettio degli uccelli a volte si sovrapponeva e a volte faceva da sottofondo alle vocette argentine dei bambini. Dopo una lunga passeggiata si sedettero a far colazione, poi i due maschi si misero a pescare e Barbara restò con Maria Neve a guardarli divertirsi. Osservandoli, li trovava bellissimi e si ricordò di quando li guardava sulla spiaggia la lontana estate in cui aveva pensato con rammarico che entrambi non le appartenevano. Ma ora era ancora così? Qualcosa dentro di lei le diceva che ormai il suo amore  era ricambiato. Mentre con il piccino era stato tutto facile e naturale, conquistare l’amore di Robert era stata una bella fatica soprattutto perché avevano finito per comportarsi addirittura male l’uno con l’altra. Per un momento il ricordo della sofferenza che lui le aveva inflitto ed il rimorso per tutte le sgarberie con cui lo aveva ricambiato la fecero star male. Ma quel giorno era tutto troppo bello per immalinconirsi a lungo e così,  dopo aver dato latte alla piccina, se ne restò distesa sul telo bianco, la testa appoggiata sul braccio, a godersi il sole caldo di ottobre che la riscaldava.

Ad un certo punto il marito le si avvicinò e le si sedette di fronte.

- Perché hai lasciato Charles da solo?– gli chiese.

- Sta pescando, non vedi?

- Lo so, ma non può essere pericoloso?

- Siamo qui a due passi e non c’è nessun pericolo.

- Guarda lì come se ne sta serio – commentò la donna indicando divertita il bambino.

- Già, però tra cinque minuti si sarà già stancato di fare il pescatore. Non è da lui rimanere per tanto tempo fermo ed in silenzio. Neve invece si è addormentata, vedo.

- Sì, le ho fatto fare uno spuntino ed ora se la dorme beata.

-  Quanto si è fatta bella! – affermò lui con orgoglio paterno mentre guardava la bimba. Allungò pure una mano per carezzarle lievemente la gota tonda.

- Sì, è stupenda – confermò la donna ed in cuor suo pensò che la figlia era altrettanto bella del padre. In quel momento il sole gli illuminava i capelli folti e castani e sul viso leale e dai lineamenti perfetti, un sorriso dolcissimo gli scopriva i denti piccoli e candidi mentre  gli occhi gli brillavano come un cielo turchino. Un po’ imbarazzata, provò a distogliere lo sguardo e a fissare  la bambina, però non poteva togliersi dalla mente le sue spalle larghe, il collo possente, le braccia forti di cui desiderava disperatamente la stretta. Quando si avvide che Robert la stava osservando a sua volta,  arrossì addirittura.

Lui infatti la stava fissando perché, come sempre quando aveva appena allattato, si era dimenticata di allacciarsi di nuovo il vestito. Il seno, morbido e grosso, faceva quasi capolino dalla scollatura. Quel giorno aveva lasciato sciolti i lunghi capelli che le incorniciavano il visino grazioso sul quale si era diffuso un vago rossore che la rendeva ancora più bella. Non riuscì a resistere, allungò la mano e,  infilandola nella scollatura,  le  carezzò una mammella con estrema delicatezza.

Immediatamente Barbara si rizzò a sedere.

- Che fai!? – gli chiese con un tono che voleva essere di rimprovero ma non lo era affatto.

- Niente, controllo le riserve alimentari di mia figlia – le rispose con un’ espressione un po’ da canaglia.

- Non ce n’è bisogno, sono a posto.

Gli prese la mano e gliel’allontano. Ma lui ritornò alla carica e cominciò a carezzarle il collo e la nuca, proprio tra i capelli.

- Non ti arrendi mai tu, non è vero? – protestò ancora la giovane, rabbrividendo suo malgrado.

- Già, la tenacia di noi gallesi è proverbiale – le rispose sorridendo.

- Anche la determinazione dei sardi, se è per questo.

- Può darsi, però tu sei genovese.

- E con questo? Anche i genovesi sanno mollare due schiaffi quand’è necessario.

- Fallo allora.

Lei non si fece pregare e ridendo un po’, cominciò a colpirlo con qualche timido schiaffetto sulle guance, avvertendo la barba morbida  sotto le dita.

- Questi non sono schiaffi, sono carezze… – le sussurrò l’uomo con una smorfietta allegra.

- Ah sì? Adesso ti faccio vedere io se non sono capace di darti una vera sberla.

Alzò una mano per picchiarlo più forte, ma lui l’afferrò per il polso e cominciò a baciarle prima il palmo, poi la pelle tenera all’interno dell’avambraccio. Quando sentì i suoi denti mordicchiarla con sensualità, Barbara non poté impedirsi di avvertire come un fuoco e dovette chiudere gli occhi tanto fu grande la vertigine che la colse.

Robert se ne accorse e, pronto a non lasciarsi sfuggire l’occasione, le cinse la vita con un braccio. Attirandola a sé, cominciò a baciarla prima pianissimo poi sempre più intensamente.

La donna assaporava la sua bocca calda e le sembrava dolce come il miele. Intorno tutto parve sfumare in una nebbia lontana e con gli occhi chiusi, si abbandonò completamente alla struggente dolcezza di quel bacio come se non esistesse nient’altro al mondo al di fuori dell’uomo che la teneva avvinta.

- Che state facendo?

La vocetta acuta del piccolo Charles era risuonata come uno squillo di tromba, facendoli sobbalzare entrambi. Si scostarono di colpo e la donna arrossì un poco, vergognosa del bambino.

- Tu piuttosto, hai già finito di pescare? – gli chiese i padre senza perdersi d’animo.

- Sì, mi sono “cocciato”! – dichiarò il bimbo e si piazzò a sedere proprio lì, in mezzo a loro due.

 

Fin quasi alle quattro del pomeriggio  era stata una magnifica giornata di sole, poi grosse nuvole minacciose avevano ricoperto il sole e si era levato un vento impetuoso. Erano quasi arrivati a casa quando una pioggia furiosa si abbatté su di loro, costringendoli a fare una corsa precipitosa verso la porta che raggiunsero ridendo come pazzi. Barbara si affrettò ai fornelli per preparare la cena  mentre il marito si occupò di intrattenere un po’ il piccolo, sempre piuttosto vivace.

- Fa freddo non trovi? – gli chiese poco dopo mentre finalmente dava da mangiare a Neve che aveva protestato per il ritardo strillando a tutta forza.

- Dovremmo accendere un po’ il camino – propose lui – Ho controllato ed è funzionate.

- Sì, ma non c’è  legna.

- La legna? – sorrise Robert alzando un sopracciglio ironicamente – Siamo in un bosco, mia cara, di legna ce n’è quanta ne vuoi. Ora vado a prenderne un po’.

- No, non andare fuori! – strillò la donna ed allo sguardo meravigliato del marito, aggiunse per dargli una spiegazione – Sta piovendo ancora, ti bagnerai.

Non osava dirgli la sua terribile paura che la pioggia potesse trasformarsi all’improvviso in uno di quei temporali che la terrorizzavano tanto. Quando lui le assicurò di andare solo un po’ nei dintorni, cercò di farsi forza per non lasciar trasparire il suo infantile timore di cui si vergognava molto. Per fortuna durante la breve assenza del marito la pioggia continuò a mantenersi scrosciante senza diventare un vero temporale.

Poco dopo Robert tornò con tra le braccia della legna da ardere  e si affrettò ad andarla a mettere nel camino. Quando l’accese, si sparse per tutta la stanza  un piacevolissimo profumo.

- Brrrr – disse scuotendosi la pioggia di dosso – è venuto davvero il freddo all’improvviso! Per fortuna ho trovato un po’ di legna  asciutta nella stalla qui accanto. Sono andato anche a controllare che l’ingegnere bavarese avesse fatto installare un parafulmini. Sai, questa casa è fatta tutta di legno e mi sa che tra poco verrà giù un bel temporale.

Barbara, ben lungi dal sentirsi tranquillizzata,  rabbrividì di paura ma poi sperò che Robert si sbagliasse.

- Vatti a cambiare, sei tutto bagnato. Fai presto perché è quasi pronto – gli disse per darsi un contegno.

Era intenta a rimescolare la minestra così lui le andò alle spalle, la prese per la vita e se la tirò contro.

- Che buon profumino!- osservò.

- È solo una comunissima zuppa di verdure, niente di speciale. Voglio consumare la roba da mangiare che c’è in casa perché lunedì ce ne andremo.

- In mano a te anche una zucchina ed una patata riescono a trasformarsi in piattini deliziosi! – le disse stringendola ancora di più.

Barbara si voltò a guardarlo stupita, ancora con il grosso cucchiaio di legno  in mano.

- Di’, ma ti senti bene?  Tutti questi complimenti da uno che fino a qualche mese fa non si lasciava sfuggire neanche un mugugno di soddisfazione per mostrare di gradire i miei piatti!

Robert rise divertito e le posò un bacio sulla fronte.

- Vedrai quanti mugugni di soddisfazione ti farò d’ora in poi e non soltanto per la tua cucina, spero… - le disse guardandola allusivamente e continuando a stringerla forte.

- Ma vai via! Se non la smetti te le suono con questo! – scherzò la moglie minacciandolo con il cucchiaione e costringendolo a ritirarsi.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

 

Passarono una bellissima serata ed anche se fuori pioveva e faceva freddo, stavano davvero bene tutti insieme. Verso le nove Barbara portò a letto i bambini e Robert la implorò con uno sguardo di farli addormentare presto e poi di ritornare in fretta da lui. Per ingannare l’attesa, si mise a leggere un libro, incurante della pioggia battente. Era passata circa una mezzora e già si stava chiedendo cosa ne fosse stato della moglie, quando udì gli strilli dei figli sovrastare addirittura il rumore del violento temporale che oramai infuriava. Un po’ agitato, si affrettò ad andare a controllare e si stupì moltissimo nel vedere Charles seduto in mezzo al letto nel tentativo di far rimettere giù la sorellina che piangeva forte, strillando a squarciagola.

- No, no, Neve, non fare la cattiva, adesso devi dormire! – le stava dicendo strillando lui pure per sovrastare il pianto di lei ed il fragore dei tuoni.

Robert vide la moglie rannicchiata con un cuscino sopra la testa e si chiese cosa stesse facendo così.

- Si può sapere cosa sta succedendo qui? Barbara, che fai? Non li senti questi due?

- È inutile, papà, lei ha paura del temporale e non esce da là sotto – gli spiegò serio come un adulto Charles. Sembrava così abituato al comportamento della mamma da non esserne nemmeno stupito.

- Non è possibile! – esclamò Robert tra l’incredulo ed il divertito. Strappò il cuscino che nascondeva il viso della moglie per osservarla bene e lo sguardo smarrito e terrorizzato che lei gli rivolse gli diede la conferma che il figlio non aveva esagerato.

- Hai paura del temporale!? – le chiese stupito tenendo  ancora il cuscino in mano.

Annuì spaventata e, ad un lampo più forte, poiché oramai era stata privata del suo scudo, si tappò le orecchie con le mani e chiuse forte gli occhi aspettando il tuono.

- Forza, fatti più in là – le disse allora Robert, ridendo.

Si coricò accanto a loro e poi si rivolse al figlio:

 – Anche tu, mettiti sotto le coperte e dormi.

- Ma Neve vuole stare seduta, non vuole mettersi sotto. Come faccio se sta sveglia e piange?  – protestò il bambino, preso e compreso nel suo ruolo di fratello maggiore.

- Adesso mamma la farà dormire. Non è così, mamma?  Su, girati e abbracciala. E tu, Charles, abbracciale tutt’e due le nostre femminucce che hanno paura di un  temporale.

Il bimbo ridacchiò divertito e si affrettò ad ubbidire. Anche Barbara lo fece e mise la piccina distesa accanto a lei, sentendo nel contempo alle sue spalle il massiccio corpo di Robert che la teneva stretta in un abbraccio. Un’altra saetta illuminò la stanza, seguita da un tuono fortissimo.

- Mamma mia! – strillò il bambino.

- Che fai? – gli disse il padre – Adesso ti metti ad aver paura anche tu?

- Un po’… - confessò il piccolo.

- Non c’è niente di cui aver paura, è solo il diavolo che sta litigando con la moglie e la sta buttando dalle scale, quella brutta vecchiaccia.

Charles rise, mentre Barbara, tutta tremante,  si strinse ancora di più contro Robert. La bimba frignò un poco, ma cominciava a calmarsi pure lei.

- Non ci credete? – proseguì l’uomo -  Conosco una canzone che ne parla: adesso ve la canto.

Lo fece e per un po’ la sua bella voce sovrastò il fragore della tempesta. Quando tacque, restò solo il silenzio della notte rotto dal rumore della pioggia battente. Rimasero abbracciati tutti e quattro ed ognuno di loro godeva della vicinanza degli altri, tanto che la paura ed  il nervosismo a poco a poco si dileguarono ed i due bambini, prima Maria Neve, poi Charles, si addormentarono sereni.

Barbara che fino ad allora gli aveva dato le spalle, si girò tra le sue braccia stringendosi forte a lui, felice e rassicurata come non lo era mai stata in vita sua.

- Stai bene? – le sussurrò dolcissimo, carezzandole i capelli.

- Sì – gli rispose piano, abbracciandolo.

Gli aveva infilato la mano sotto la camicia e gli stava toccando   i fianchi e il petto. Sotto il tocco delicato delle dita sentiva il tepore della carne di Robert e tutta la forza del suo corpo maschio e muscoloso.

L’uomo le sollevò il viso e cominciò a riempirla di piccoli, teneri  baci, sulla fronte, sugli occhi, sulle guance, poi le cercò la bocca e gliela baciò. C’era molta tenerezza in quell’approccio che a poco a poco si trasformò in passione quando le carezze divennero più intime ed i baci più profondi.

Ben presto Robert fu su di lei che gli circondò con le gambe i fianchi, trepidante ed eccitata nell’attesa di accoglierlo finalmente dentro di sé. Stavano proprio sul punto di cominciare a fare all’amore quando Charles si voltò di scatto nel sonno ed urtò la piccolina che prese a piagnucolare.

Tanto bastò perché Barbara si bloccasse.

- Ti prego, Robert, fermati – lo implorò cercando di sottrarsi.

Ma lui non se ne diede per inteso e continuò a baciarle la pelle tenera e calda che oramai la camicia da notte non copriva più visto che era quasi riuscito a sfilargliela del tutto.

- Per favore, caro, aspetta – lo invitò ancora.

- Mi dispiace, ma non posso. L’ingegnere ha perso il controllo – scherzò lui.

Le aveva mormorato quelle parole proprio sulla pelle delicata del  seno e lei rabbrividì al calore del suo fiato. Lo desiderava da morire ma dovette insistere.

- Dai, su, qui ci sono i bambini.  

- Dormono. E poi tu sei ancora spaventata dal temporale. Io ho un metodo efficacissimo per farti passare ogni paura – insistette lui senza fermarsi.

Ma in quel momento Maria Neve si svegliò del tutto e  cominciò a strillare forte. Allora la mamma si liberò dalle braccia del marito e si voltò verso la piccola per calmarla. Solo allora Robert si convinse che fare l’amore lì non era possibile, ma per fortuna dietro la porta scorrevole di legno c’erano i lettini liberi.

- Falla riaddormentare e poi vieni di là. Fai presto però, ti aspetto - le propose e nella sua voce c’era tutta l’impellenza di una voglia che non poteva più non essere soddisfatta.

Barbara non disse nulla e si mise a cullare la piccina.

Rientrato nella sua stanza,  quasi si strappò di dosso i vestiti tanto era impaziente che lei lo raggiungesse. Si ficcò sotto le coperte senza nemmeno avvertire il freddo delle lenzuola contro la pelle nuda. Aspettò per un poco, guardando la tempesta attraverso la finestra di cui non aveva chiuso gli scuri, poi cominciò ad agitarsi. Perché ci stava mettendo tanto? Oramai la bimba non si faceva più sentire perché doveva essersi riaddormentata. L’eccitazione di poco prima si stava trasformando a poco a poco in  irritazione perché temeva di restare deluso ancora una volta. Non ce la faceva più, se non l’avesse avuta sarebbe impazzito! Se almeno avesse potuto ingannare l’attesa fumando, ma la moglie non gli permetteva di farlo, solo qualche sera prima l’aveva rimproverato perché aveva osato accendere un sigaro ed il fumo aveva disturbato lei ed i bambini. Certo aveva un bel caratterino quella donna ed era anche molto risoluta ed ostinata! Probabilmente aveva deciso di farlo penare ancora  e non sarebbe riuscito mai a convincerla. Come faceva a farle capire che oramai  era innamorato perdutamente? In quel momento avvertì tutta la tensione e la delusione che una simile situazione gli stava dando da tanto tempo. Aveva sbagliato con lei, era vero, ma ora pensava di non avere più nulla da rimproverarsi e negli ultimi tempi  di pazienza ne aveva avuta sin troppa. Barbara era sempre stata troppo puntigliosa ma adesso si stava comportando veramente male!

Quella ridda di pensieri spiacevoli fu interrotta dal balenare di un fulmine. La stanza fu illuminata quasi a giorno e soltanto allora si avvide che la donna era entrata silenziosamente ed ora, accanto al letto, si stava sfilando la camicia. Non ebbe neanche il tempo di realizzare che se la ritrovò tra le braccia come era stata poco prima, però ora ne avvertì il calore del corpo completamente nudo e la morbidezza della pelle di seta. Senza parlare, la strinse forte e assaporò il profumo dei suoi capelli. Lei lo cercò per  baciarlo e, stringendogli il viso tra le mani, gli sussurrò proprio sulla bocca, facendolo rabbrividire con il suo respiro profumato e caldo:

- Allora ingegnere, me lo vuoi mostrare questo metodo infallibile per farmi passare la paura?

L’uomo rise sommessamente e con il cuore che gli batteva all’impazzata, si affrettò ad accontentarla.

 

 

La luce di un’alba piuttosto livida filtrava dalla finestra. Barbara si sentiva il lato destro tutto addormentato perché nel piccolo lettino Robert la teneva stretta e non riusciva a muoversi nemmeno. Con enorme delicatezza gli spostò il braccio così lui si scostò continuando a dormire e lei poté girarsi un po’ e sgranchirsi le membra indolenzite. Sapeva che di lì a poco Maria Neve avrebbe  fatto sentire la sua vocina perché non aveva ancora rinunciato alla poppata mattutina, ma ora stava troppo bene così, accanto al suo uomo, per aver voglia di alzarsi. Si mise a fissarlo  e la bellezza ed il vigore del suo corpo la riportarono alla notte appena trascorsa. Non avrebbe mai pensato che fare all’amore potesse essere un’esperienza tanto sublime. Nelle notti infuocate passate a Cagliari e persino in quella sola notte dell'agosto precedente, le era piaciuto lo stesso, ma ora al godimento fisico si era unita la certezza di essere amata e questo le provocava una gioia che non si sarebbe mai aspettata di provare. Era successo proprio come lo aveva desiderato ed anche se si era ripromessa di creare le condizioni affinché la loro nuova, prima notte d’amore fosse la più sensuale e romantica possibile, doveva ammettere che il modo in cui era accaduto era stato tenero e spontaneo come di più non avrebbe potuto essere.  Rise tra sé pensando all’efficacia del metodo antipaura dell’ingegnere Forrest perché ad ogni temporale avrebbe rivissuto quei momenti felici. Il ricordo dei suoi baci, delle carezze struggenti, del rapporto carnale così tenero e selvaggio al tempo stesso, la fece vibrare tutta e si trovò a desiderarlo ancora. Forse se lo avesse cercato, forte ed appassionato com’era, avrebbe ripreso ad amarla con tutta la foga di cui era capace, così come aveva fatto per buona parte della notte appena trascorsa. Comunque era impensabile trovare il coraggio di fare una cosa simile per cui se ne stette buona e tranquilla a guardarlo dormire, perdendosi quasi in lui. E poi non c’era nessuna fretta.  D’ora in poi anche per lei ci sarebbero stati tanti momenti così, fatti di passione, di dolcezza, di piacere. Si sentiva sulla soglia di una vita nuova  piena di promesse anche se, stranamente,   una punta di malinconia di cui non riusciva a spiegarsi la provenienza, la pungeva come uno spillo.

Ben presto però la bambina si fece sentire e così scese dal letto. Indossata di nuovo la camicia, si affrettò ad andare a prendere Neve per non far svegliare anche Charles e Robert.

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Se avessi dato un titolo ad ogni capitolo questo si sarebbe potuto chiamare : “E vai!”. Spero che abbiate gradito l’atmosfera ed anche il (moderato) po-porno almeno quanto sembrano averlo gradito i nostri coniugi Forrest.  In realtà, per quanto si sono sempre sentiti attratti l’uno dall’altra, il “fattaccio” avrebbe potuto accadere quasi ad ogni capitolo ma ho preferito farli innamorare davvero prima che succedesse. Ma allora siamo proprio alla fine? Ebbene sì. Ma in questa manciata di capitoli che mancano all’epilogo “emozionante” del finale “travolgente” (scherzo!) aspettatevi ancora qualche colpo di scena. Basta, non mi sbottono di più, leggete e saprete. E mi raccomando, non perdete la pazienza mandandomi a quel paese.

Un’ultima nota per Cricri. Non fare anche tu l’errore che fece Barbara: Robert non è inglese bensì gallese. Per quello che ne so, i gallesi sono più vivaci e teste calde dei freddi e compassati inglesi. Avercelo un baldo gallese così in una sera di tempesta! Non so voi, ma io, anche senza aver paura dei temporali, ci metterei la firma.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29

 

Alle undici quei due dormiglioni dei maschietti non accennavano ancora  ad alzarsi. Barbara aveva allattato Neve, l’aveva lavata e cambiata. Lei stessa si era vestita, aveva fatto colazione e rassettato la cucina. Ora se ne stava dietro la finestra a guardare fuori mentre la bambina, seduta sul seggiolone e molto tranquilla, stava giocando con un cucchiaio.

Il primo a comparire fu Charles che, stropicciandosi gli occhi con una mano e grattandosi la nuca con l’altra, entrò in cucina dicendo semplicemente “mammina”. Barbara lo abbracciò augurandogli il buon giorno, poi gli versò una tazza di latte e gli tagliò il pane per fargli fare colazione, tornandosene dietro la finestra mentre il piccino mangiava.

Dopo un po’ apparve anche Robert, a torso nudo, che si stava strofinando gli occhi e grattando la nuca nel medesimo, identico gesto fatto poco prima dal figlio. Barbara scoppiò a ridere divertita e lui la guardò sorridendo, ancora mezzo assonnato.

- Che c’è? Perché ridi?

- Niente, sei comico. Assomigli tanto a Charles certe volte, fate anche gli stessi gesti! – gli mormorò indicando il bambino che mangiava tranquillo.

Robert carezzò i riccioli biondi del figlio e diede un bacino alla bimba infine  osservò la moglie.

- Vedo che sei allegra stamattina.  Stai bene? 

- Sì.

- E perché? – si divertì a provocarla aspettandosi un accenno alla notte prima.

- Per questo…. – gli rispose invece lei indicandogli con un cenno del capo il paesaggio fuori dalla finestra.

L’uomo si avvicinò e guardò fuori anche lui. Dopo la violenta pioggia della notte e della mattina presto, il cielo era diventato di un turchino intenso e le basse nuvole bianche sembravano quasi di bambagia. Il sole faceva brillare tutto con i suoi raggi luminosi e le foglie verdi erano ancora più verdi, mentre quelle che avevano già preso il colore rosso dell’autunno, splendevano come fuoco. Tra di esse gli uccellini saltellavano cinguettando allegramente ed i profumo della terra bagnata era così intenso da essere quasi inebriante.

Tutto sembrava più bello e pulito, come se quel nuovo mattino fosse anche l’inizio di un nuovo tempo che lasciava alle spalle tutto quanto c’era di brutto  e tenebroso, consentendo ai cuori di aprirsi alla speranza ed alla gioia di vivere.

Robert si voltò a guardare la moglie e vide un raggio di sole  arrivarle giusto sul viso facendole rilucere gli occhi nocciola che sembravano ora quasi ambra trasparente.

- Sei bella,– le disse traendola a sé -  anzi, è tutto bellissimo!  

Avrebbe voluto baciarla ma si ricordò di non essersi ancora lavato i denti ed allora si accontentò di tenerla stretta tra le braccia.

Barbara gli appoggiò il capo sul petto nudo ricambiando la sua tenerezza però, ancora una volta, avvertì quella punta d’inquietudine che gettava una strana ombra sulla sua smisurata felicità.

- Adesso vado a lavarmi e poi usciamo – le disse quando si sciolsero dal loro abbraccio e dopo aver cominciato a sorseggiare una tazza di latte.

- No, io non posso uscire, vai da solo con Charles.

- Perché non puoi?

- Maria Neve ha sonno, voi avete dormito fino ad ora ma lei, poverina, è sveglia da tanto ed deve farsi un sonnellino.

- Mi dispiace se non esci con me – protestò il marito.

- Ho tante cose da fare e la mattinata passerà prestissimo. Sul fornello c’è l’acqua calda, però, per favore non consumarla tutta, devo lavare anche Charles.

- Ci penso io a farlo – le rispose prendendo la grossa pentola di acqua - Che fai maschietto, vieni a lavarti con papà?

- Sì, vengo – gli rispose il piccolo scostando  la tazza vuota – poi mi porti a “peccare”?

- Questo mai, figliolo, al massimo ti porto a pescare – scherzò allegro il padre prendendolo per mano ed allontanandosi con lui.

 

L’ora di pranzo era già passata da un bel pezzo e Barbara cominciava a stare un po’ in pensiero quando fortunatamente sentì avvicinarsi le loro voci allegre e così li andò ad aspettare sulla soglia di casa. La prima cosa che notò fu l’aspetto del marito che le apparve ancora più affascinante del solito, forse per il sorriso radioso, forse per l’aria amorevole che aveva sul viso mentre parlava con il figlio o forse semplicemente perché continuava a trovarlo l’uomo più bello mai incontrato in vita sua. Abbassando lo sguardo però osservò anche Charles.

- Ma come ti sei combinato!? – strillò inorridita.

Infatti il bambino era decisamente sporco. Negli occhietti azzurri gli apparve una certa preoccupazione mentre cercava di rabbonire la mamma.

- Scusa mammina, siamo andati a “pessc-care”.

Questa volta, nello sforzo di dire bene la parola, l’aveva pronunciata in maniera così comica che entrambi i genitori scoppiarono a ridere e lui, incoraggiato, cominciò a raccontare le avventure della mattina. Non la smise neanche mentre veniva lavato perché, orgoglioso di aver preso un pesce, voleva raccontarle tutto per filo e per segno, anche se ogni tanto s’imbrogliava un po’ con le parole.

- Ebbene e dove sta questo pesce allora? – gli chiese Barbara mentre gli asciugava il faccino.

- Lo abbiamo buttato di nuovo in acqua – rispose per lui Robert.

- Davvero? Perché?

- Perché ci faceva pena, povero pesciolino!

- E che razza di pescatori siete allora! I veri pescatori hanno il cuore duro, non si fanno intenerire dai pesci – scherzò la donna infilando una maglietta pulita al bimbo che la guardò con un’espressione dispiaciuta appena il capo gli sbucò dallo scollo.

- Voleva tornare dalla  sua mamma! - le disse un po’ piagnucoloso e poi abbracciò forte Barbara che si sentì sciogliere il cuore dalla dolcezza.

- Quand’è così hai fatto benissimo, piccolo mio, sei un ometto saggio tu – gli sussurrò con una carezza.

 

Finirono di pranzare tardi e trascorsero il pomeriggio accanto al fuoco acceso nel grande camino di pietra nel soggiorno-cucina. Mentre i grandi leggevano, scambiandosi di tanto in tanto qualche parola, i bambini se ne stavano seduti sul tappeto a giocare. Erano stati per tutto il tempo buoni, però alla fine cominciarono un po’ a litigare come facevano talvolta. Ai loro strilli, il padre dovette intervenire.

- Che c’è Charles? Si può sapere perché stai facendo protestare Maria Neve?

- Non sono io, è lei cattiva! – si ribellò il piccolo ed indicando il cavalluccio di legno regalatogli dallo zio Ewan, spiegò, tutto contrariato – Si è presa Thunder e non vuole più ridarmelo.

- E tu non puoi giocare con un’altra cosa? – gli chiese il papà con la voce calma.

- Se lo sta mettendo in bocca, non lo vedi? Me lo rompe! – strillò il maschietto.

Provò a riprenderselo, ma la bambina, decisa ed ostinata, non intendeva affatto mollarlo e gridava anche lei.

- Basta, basta! – li invitò il padre – Non te lo rompe, Charles,  lei fa così perché è piccina e mettendosi in bocca le cose, impara a riconoscerle.

- Thunder non è una cosa! – gridò indignato il bimbo sull’orlo delle lacrime senza peraltro lasciare il giocattolo che tirava dalla sua parte.

Barbara fino a quel momento aveva osservato la scena sorridendo, ma ora prese una bambola di pezza e porgendola al marito gli suggerì di provare a distrarre la figlia con quella. Robert si affrettò a farlo, ma la cosa non  gli riuscì facilmente.  Quando finalmente fu tornata un po’ di calma, finse di tergersi il sudore dalla fronte e con un sorriso divertito si sedette accanto alla moglie.

- Però, che caratterino ha la piccola!

- Eh già, la tua “bambolina” sa farsi rispettare!

- Quanto durerà la tregua?

- Non molto, credo.

- Non potremmo provare a farli dormire un po’?

- Ma se hanno dormito già tanto oggi! Per caso vorresti metterli in letargo?

- Magari, così potremmo goderci un po’ d’intimità.

Parlando aveva incominciato ad accarezzarle una coscia e la guardava con gli occhi pieni di desiderio. Barbara gli fermò la mano.

- Non ti è bastato stanotte? Non la finivi più! Possibile che non ti sia bastato?

- Bastarmi? Neanche per sogno, ho tanto di quel tempo da recuperare con te e non intendo fare nessun risparmio. Preparati donna.

 L’aveva stretta forte e cercava di baciarle la bocca, però lei si scostava , divertendosi a fare la ritrosa.

- Insomma, smettila, cosa ti prende?

- Mi prende che ho una voglia pazzesca di te, non riesco a controllarmi.

- Davvero? Non l’avrei mai detto visto la maniera perfetta con cui ci sei riuscito per tanto tempo. Siamo sposati da tanto ormai!

Robert si fece improvvisamente  serio.

- Neanche lo immagini quanto ho sofferto – le confidò  -  Ti ho desiderato da subito ed anche se allora ero ancora innamorato di Julie e volevo esserle fedele, non riuscivo a sopportare l’attrazione folle che ho sempre avuto per te.

La donna non parlò e distolse lo sguardo da quello di lui che intanto continuava a dire:

- Mi sono reso conto ben presto dell’assurdità di quanto mi ero ripromesso di fare  ed ho capito che ti avevo scelto non solo perché eri una brava ragazza ed eri disposta a prenderti cura di mio figlio, ma soprattutto perché mi piacevi molto. In pratica –sorrise – mi sono dato io stesso la zappa sui piedi. Non potevo avere te perché volevo mantenere la parola data  ed intanto la tua presenza risvegliava i miei desideri invece di darmi la tranquillità sperata. Ci sono stati dei momenti in cui mi è parso di impazzire.

- Potevi cercare sollievo con qualche altra donna – gli sussurrò, un po’ dispiaciuta che non avesse accennato ai sentimenti, ma si fosse soltanto limitato a parlare della loro mancata vita sessuale.

- No, l’ho fatto solo una volta, te ne ricordi? Mi sono sentito così meschino e sporco da perdere ogni voglia di ripetere l’esperienza. Non era giusto. Anche se il nostro era uno strano matrimonio, avevo lo stesso il dovere di esserti fedele. E poi nessuna donna avrebbe mai potuto alleviare la pena che mi dava il rinunciare a te. Per fortuna abbiamo superato tutto questo, non è così?

Nel chiederglielo aveva ripreso di nuovo a carezzarla, però, anche se aveva voglia delle sue tenerezze, Barbara era troppo presa a riflettere per abbandonarsi. Improvvisamente aveva capito cos’era la punta di malinconia che la stava perseguitando sin dalla mattina: doveva dire a Robert della sua infatuazione per Sean, non poteva fare come se non fosse mai esistita perché non le sembrava una cosa onesta. Provò a raccogliere il coraggio per dirglielo ed anche se la voce le tremava, sussurrò vergognosa, senza osare guardarlo in faccia:

- Per me non è stato così invece. Io ho provato qualcosa per un altro uomo.

Il viso di Robert impallidì. Per lungo tempo aveva conservato dentro di sé l’amaro ricordo della disinvoltura con cui la moglie gli aveva nascosto i suoi sentimenti per il dottor Hopkins e la cosa gli aveva fatto sempre assai male perché la considerava una colpevole mancanza di lealtà, ma ora che glielo stava confessando, una strana collera gli invase l’animo. In quel momento così bello per loro, avrebbe voluto che neanche si fosse ricordata di un altro e ciò lo fece soffrire. Cercò di mascherare la gelosia e il suo tono risultò molto sprezzante mente le diceva:

-  Già, avevi perso la testa come una stupida per Sean!

Barbara ebbe la sensazione di aver subito una doccia fredda.

- Come? Lo sai!? – gli chiese incredula.

- Certo, lo so. Lo stesso pomeriggio lui venne da me a raccontarmi delle ridicole profferte amorose che gli avevi fatto la mattina.

La ragazza si fece bianca come un cencio e parlò molto amareggiata, con la voce rotta dal pianto.

- Lo sapevi e non hai fatto niente? Te lo sei tenuto dentro tutti questi mesi senza dirmi una parola? Come hai potuto essere così freddo e distaccato!

L’uomo si alzò e  nel vederla tanto sconvolta le volse le spalle mettendosi accanto al camino per non far scorgere il proprio turbamento ed apparirle quasi indifferente mentre le rispondeva calmissimo:

- Cosa avrei dovuto fare? Togliere la madre ai miei figli e rischiare che per lo scandalo tutti sparlassero di noi? Ho preferito lasciar correre, tanto Sean mi assicurò che se ne sarebbe andato per non darti sciocche illusioni  e non c’era pericolo che accadesse più nulla.

Barbara si sentiva come una persona salita sulla cima di una montagna che però ora sta precipitando in un burrone. Tutta la gioia, la dolcezza e l’amore che aveva creduto di aver trovato in quelle ultime ore, si stavano dissolvendo, lasciandola ancora più sola e vulnerabile di quanto non fosse mai stata in vita sua.

Intanto i bambini avevano ripreso a litigare per il cavalluccio di legno. Come in un sogno, si avvicino a loro e strappò il giocattolo con violenza dalle mani della bambina per ridarlo al figlio.

- Smettila, prepotente, non è tuo! – la sgridò.

Maria Neve cominciò a piangere ed anche Charles rimase un po’ interdetto a guardarla stupito con il cavalluccio riconquistato stretto al petto. La madre però trattò male anche lui.

- Ed in quanto a te, stupido, se non vuoi farla giocare con le tue cose, non starle così appiccicato. Forza, vattene via di qui.

Lo prese per un braccio e lo  scostò in malo modo con il risultato di farlo piangere.

Robert s’intromise:

- La smetti di fare la pazza per favore? Che c’è, ti è venuto il nervoso all’improvviso?

La donna lo guardò senza dir nulla ma era visibilmente sconvolta. Allora lui, assai turbato, prese il bambino per la mano.

- Su, vieni con me, andiamo a prendere un poco d’aria – gli disse.

Uscirono di casa insieme nel crepuscolo che già calava. 

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Ecco, mi pare già di sentirvi: “ Come, proprio adesso che mancano pochissimi capitoli alla fine e che ci auguravamo di continuare a leggere di situazioni tranquille e piacevoli e magari di assistere ad un po’ di sano e doveroso sesso coniugale, questi due lavativi ricominciamo? Ma insomma , questa mamma Kellina è davvero noiosa e perfida!”
Lo so, lo so, avete ragione ma ascoltate come l’ho vista io.
Oramai il matrimonio è un matrimonio e l’amore è amore, ma secondo me  Robert e Barbara  devono ancora imparare qualcosa  perché il loro rapporto diventi un vero matrimonio e un vero amore e non rischi di naufragare di nuovo in un mare di incomprensioni. Se avrete la pazienza di seguirmi negli ultimi tre capitoli che ci restano, vedrete come ho immaginato che avvenga ed  alla fine, ne sono convinta, concorderete con me.

Un ringraziamento di cuore a Crusade che ha avuto lo stomaco di leggersi tutto ‘sto romanzone in un giorno (ma anche la prima parte? Se è così ti meriti davvero una menzione speciale!) ed alle “fedelissime” che mi seguono ogni capitolo con tanta costanza e simpatia (anche se ho notato la mancanza delle nane e mi sono detta: “Perdindirindina, dopo che hanno formato la lega pro-po-porno  io ce ne metto finalmente un po’ e loro non commentano manco con uno “slurp slurp!” di gradimento? Vuoi vedere che a causa degli impegni universitari si sono perse giusto il capitolo della tempesta atmosferica e dei sensi?) .

Ah, un’altra cosa. La nostra Erika mi ha messo nella pagina un piccolo forum che però non ho la minima idea di come si usi. Farò una prova. Mi fate sapere voi cosa vedete e come? Grazie a tutte ed un abbraccio stritoloso.


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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30

 

Barbara era andata a prendere la bimba ancora in lacrime e se l’era messa in braccio, ritornando a sedersi. Maria Neve avrebbe voluto essere un po’ consolata, ma poiché la mamma non lo faceva, rivolse la sua attenzione al libro abbandonato sul bracciolo del divano e subito l’afferrò,  mettendosi a giocare con esso. Le lacrime le bagnavano ancora il visino paffuto e qualche singhiozzo la faceva sussultare di tanto in tanto, però smise di piangere.

Intanto la donna osservava assorta il fuoco nel camino e con gli occhi della mente vedeva la scena che doveva essersi svolta qualche mese prima tra Sean e Robert. Probabilmente il primo gli aveva riferito delle sue profferte amorose con la solita ironia, sottolineandone il lato comico e l’altro  doveva aver sospirato, un po’ mortificato per la figuraccia fatta dalla moglie, ma tutto sommato indifferente. Forse si era scusato, spiegandogli che quella misera paesana non aveva ancora capito di non essere neanche lontanamente all’altezza delle donne da loro amate in precedenza. Allora il dottor Hopkins, sempre senza peli sulla lingua, doveva averlo invitato a darsi un po’ da fare per calmarne i bollenti spiriti e Robert doveva aver fatto uno dei suoi sorrisini divertiti, promettendogli di tenerla buona per il futuro, almeno per evitare che rivolgesse le sue proposte ad altri uomini più disposti ad approfittare della situazione.  D’altronde, ora che il dolore per la perdita di Julie non era più così cocente ed avvertiva impellente il bisogno di riprendere una normale vita sessuale, non gli sarebbe costato alcuno sforzo rivolgerle le sue attenzioni. In fondo lei era carina e se c’era qualcuno a cui spettava goderne, questi era unicamente suo marito. La conosceva bene e sapeva che gli sarebbe caduta ai piedi come una scema non appena si fosse messo a recitare la parte dell’innamorato. Forse ci aveva anche provato gusto nel farlo, ridendo dentro di sé per quelle sue ridicole resistenze.

Si era illusa di nuovo. Ora capiva che solo di un’illusione si era trattata: se il marito davvero l’avesse amata, non sarebbe stato capace di prendere la sua sbandata per un altro uomo con tanta freddezza. Era tutto inutile, per Robert sarebbe stata sempre e soltanto un ripiego, così come per Sean era stata solo una goffa ragazzotta di paese un po’ esaltata  e per Filippo, tanto tempo prima, un piacevole passatempo.

Si riscosse dai pensieri passandosi una mano sulla fronte. Solo allora vide come la figlia aveva ridotto il suo povero libro, oramai tutto bagnato di saliva e con molte pagine strappate.  Era un romanzo di Jane Austen, la sua autrice preferita, dei cui scritti si era nutrita con avidità sin da quando era ragazza.  Facilmente si immedesimava con le protagoniste, condividendone la modesta condizione e  provando la loro stessa costrizione alle rigide regole sociali che ne soffocavano la vita ed i sentimenti. Eppure sempre in quelle storie, per quanto difficile potesse essere stato, alla fine l’amore trionfava, ripagandole  di tutte le sofferenze patite. La vita non era così, perlomeno non la sua. Aveva sempre sbagliato a leggere simili sciocchezze buone solo per far letteratura. 

Con un gesto deciso prese il libro dalle mani della figlia e lo gettò nel fuoco, rimanendo a guardarlo mentre bruciava, poi si alzò ed andò a preparare la pappa alla bambina.   

 

Le stava ancora dando da mangiare quando Robert e il figlio ritornarono. Dalle loro voci contente pareva che la scenata di poco prima non si fosse mai svolta. L’uomo era rimasto in maniche di camicia e l’azzurro intenso del tessuto faceva risaltare il bel viso abbronzato e sorridente. Il suo maglione con qualcosa avvolto dentro lo teneva in mano Charles che si affrettò a correre tutto allegro dalla mamma.

- Guarda che abbiamo trovato! – le disse scostando la stoffa per mostrarle il suo prezioso tesoro.

Barbara, occupata ad imboccare Neve, si voltò abbastanza distrattamente ed ebbe un sussulto alla visione di un animaletto marrone e peloso.

- Un topo! – urlò inorridita.

- Ma no – la tranquillizzò il marito ridendo – è uno scoiattolo. Con la tempesta di stanotte deve essere caduto dal suo albero.

- Non ce lo voglio qui! Portatelo fuori.

- No, è mio! – protestò il bambino stringendoselo al petto.

- Ti ho detto che non lo voglio qui, portalo fuori – ripeté con un tono che non ammetteva repliche e talmente alto che la bambina se ne spaventò e ricominciò a piangere.

- No, no, Pallino sta con me, è mio! – strillò Charles mettendosi a piangere anche lui.

- Barbara, per favore, è solo uno scoiattolino, lasciaglielo tenere un poco, si è già affezionato – intervenne il padre, calmo come sempre.

 - No! – urlo di nuovo lei.

- Non vedi che lo fai piangere così?

- Non sono io a farlo piangere, sei stato tu uno stupido a consentirgli di raccogliere un animale selvatico. Chissà quali infezioni può portare in casa! Mettetelo fuori.

- Già, sono stato uno stupido, però non avrei mai immaginato una tua reazione così esagerata. Si vede che sei molto nervosa stasera.

Il tono di Robert era decisamente sarcastico e l’allusione alla  loro precedente conversazione era molto chiara.

- Non dovrei esserlo secondo te? – gli rispose la moglie,  raccogliendo la provocazione.

- Forse, ma non devi prendertela con me ed i bambini se gli uomini di cui t’innamori  se ne scappano a gambe levate appena  fai capire loro che li vuoi!

Era nervoso e irritato anche lui e si era sfogato mettendo consapevolmente una buona dose di malignità nelle parole. Comprese di averle fatto del male quando la vide farsi bianca in volto e se ne pentì subito. Avrebbe voluto chiederle scusa, ma lei non gli diede il tempo di aggiungere null’altro. Prese la bambina e se ne andò in camera da letto a cambiarla senza commentare.

Più tardi riapparve in cucina. Charles e Robert, incuranti della sua richiesta, stavano giocando con lo scoiattolo che avevano messo in una scatola accanto al fuoco. Lei lo notò, ma non disse nulla e li esortò ad andare a lavarsi per la cena, poi apparecchiò con due soli piatti.

- Tu non mangi? – le chiese il marito, desideroso di far pace.

- Non ho fame.

Trascorse tutto il resto della serata a pulire la casa in un’attività  quasi febbrile tanto che Robert ad un certo punto la invitò a smettere.

- Non c’è bisogno di far tante pulizie se domani ce ne dobbiamo andare! – commentò irritato.

- Le sto facendo proprio per questo. Voglio lasciare la casa pulita.

- Provvederà Teresa a farlo, la pagheremo per questo.

- Io sono una persona pulita e mi piace lasciare le cose pulite.

 - Stai facendo una fatica inutile!

- Appunto, la sto facendo io, non tu. Lasciami fare, per favore.   Robert avrebbe voluto parlare ma con lei che sfaccendava a destra e a manca ed i bambini presenti non era affatto facile.

Maria Neve fu la prima ad essere messa a letto e poi la mamma tornò a prendere anche Charles per spogliarlo e farlo coricare. L’uomo sperò che una volta rimasti da soli avrebbe potuto rabbonirla ma il piccino, appena fu pronto per la notte, scappò di nuovo in cucina per riprendersi la scatola con lo scoiattolo.

- Dove credi di andare con quel coso? – gli chiese Barbara nel notare che lo stava portando  in camera da letto.

- Io vado a dormire soltanto se Pallino sta con me!

- Neanche per sogno, non ce lo voglio nella mia stanza!

- Non ci dormo senza di lui – la sfidò il piccolo battendo i piedi e sul punto di piangere di nuovo.

- Bene, allora ti metterai a dormire con tuo padre in uno dei lettini – gli disse severa.

- Insomma smettila – la invitò Robert perdendo la calma - Guarda che non è una tigre, è uno scoiattolo pauroso ed infreddolito. Non uscirà neanche dalla scatola.

- Mi fa impressione tenerlo dentro mentre dormo e poi ti avevo già pregato di sbarazzartene. Evidentemente non t’importa niente di quello che voglio io – gli rispose e poi se ne andò senza dargli il tempo di replicare nulla.

Robert ci mise del bello e del buono a convincere il bambino a lasciare  in cucina lo scoiattolo e quando finalmente ci riuscì, lo prese in braccio per metterlo a dormire accanto alla madre, ma trovò la porta scorrevole  chiusa con il lucchetto. Scoraggiato, si passò una mano tra i capelli ed al figlio che gli chiedeva se la mamma fosse arrabbiata, rispose:

- Sì, piccino, è molto arrabbiata. Per stanotte dormi con papà.

- Allora ci portiamo Pallino a dormire con noi?

- Sì, ce lo portiamo.

 

La mattina dopo si mossero davvero di buon’ora perché Rinaldo venne a prenderli con il carrozzino quasi alle prime luci dell’alba. Notando come se ne stessero tutti mogi, il buon uomo li incoraggiò:

- Vi vedo  molto tristi. È  perché è finita la vacanza?

- Già – gli rispose sorridendo Robert seduto dietro insieme alla moglie ed alla figlia mentre il piccolo Charles era accanto al guidatore a cassetta.

- Potrete tornarci quando volete! Vi farò una confidenza: mia cognata si preoccupava un po’ perché si  poteva rovinare qualcosa di proprietà dei Walker ed invece è rimasta così contenta  di come la signora Forrest le ha lasciato la casa, che mi ha detto di dirvi che vi aspetta anche tutte le settimane.

- Grazie, Rinaldo, magari qualche volta ne approfitteremo ancora. Non è vero Barbara?

Lei non gli rispose ed al suo silenzio ostinato ingenuamente Charles rivelò:

- Mammina è molto arrabbiata! Sono stato io a farla arrabbiare.

- Davvero? E che hai fatto? – gli chiese l’uomo incuriosito.

- Ho preso lui e me lo voglio tenere.

Così dicendo gli mostrò lo scoiattolo nella scatola che portava in grembo. L’animaletto si era alquanto ripreso ed ora appariva sicuramente più vivace.

- Non puoi tenerlo,  la mamma ha ragione, è un animale selvatico e non può stare in casa con te.

- Infatti, appena sarà guarito lo libereremo su un albero. Non è così, piccolo? – gli domandò il padre.

- No, no, Pallino è mio! Sei cattivo anche tu, come mamma – protestò il bimbo, incominciando piagnucolare.

Rinaldo sorrise e provò a convincerlo a sua volta.

- Il povero Pallino, come lo chiami tu, è nato per vivere libero, non per stare chiuso in una scatola. Per te ci vorrebbe un animaletto domestico, come ad esempio un gattino. Mia sorella ha una gatta che ha appena fatto degli splendidi micini. Se ne vuoi uno, te lo porto.

Il piccino rimase un po’ interdetto e lo guardò perplesso. L’altro proseguì per convincerlo:

- O magari preferisci un cucciolo? Ne ho uno che è un vero amore, è bianco e nero con un musino assai simpatico. È l’ultimo  rimastomi dei figli della mia cagna e lo avevo tenuto per farlo diventare un bravo cane da caccia come la madre. Però se lo vuoi, te lo regalo volentieri così quando crescerai potrai andare a caccia con lui.

- Io sono “pessc-catore” – rispose il piccolo con la sua consueta comicità nello storpiare le parole e vedendo Rinaldo e Robert ridere, si mise a ridere anche lui, aggiungendo poi, felice – però un cagnolino mi piacerebbe assai!

- Allora è fatta, te lo porto.

- Non devi privartene, Rinaldo – obiettò il padre.

- Mi fa piacere, ingegnere, davvero.

- Bene, quand’è così gli costruiremo una bella cuccia in giardino così non sporcherà in casa e la mamma ci consentirà di tenerlo. Non è così, mamma?

Ancora una volta lei non rispose, restandosene silenziosa ed assorta a guardare il panorama. Non disse una sola parola fino a quando giunsero a casa ed aveva un’aria molto abbattuta. Kate, che si era affrettata ad andare loro incontro, notò lo strano atteggiamento della nuora ed il disappunto sul viso del figlio. Ne fu molto dispiaciuta. Dopo averli salutati,  prese i bambini con sé dando loro modo di salire i bagagli in casa.

Robert lasciò la valigia con i suoi vestiti nella stanza di Barbara.

- Adesso devo andare alla miniera e non ho tempo, ma appena torno sistemo i miei vestiti per bene nell’armadio – le disse cercando di apparire disinvolto.

- No – lo corresse la moglie – è meglio se te ne ritorni a dormire nella stanzetta. Non ho nessuna intenzione di riprendere la commedia del maritino e della mogliettina innamorati.

L’uomo aveva cercato di mantenere la calma in ogni modo, ma  oramai non ce la faceva più.

- Ed io non ho nessuna intenzione di riprendere la battaglia, invece. Sono stufo del tuo caratteraccio, cerca di smetterla! – sbottò.

Ma era innamorato ed ancora una volta provò a cercare il colloquio.

- Ascolta – aggiunse dopo qualche momento – ci siamo detti che non avremmo più lasciato cadere il silenzio tra noi, perché non proviamo a parlarne?

- Non abbiamo niente da dirci, non dopo il modo in cui ti sei comportato – gli rispose lei mentre toglieva i propri vestiti dalla valigia.

A questo punto il marito ritenne che avesse passato ogni segno. Un velo di rabbia gli offuscò la vista e lui, di solito così calmo e misurato, l’afferrò per le spalle, la fece girare per guardarla in faccia e cominciò a scuoterla forte.

- Il mio comportamento? – le urlò – Sei tu che dovresti vergognarti del tuo e chiedermi scusa invece di fare l’arrogante come stai facendo. Vergognati!

- Mi vergognavo infatti ed ero intenzionata a chiederti perdono, ma evidentemente non ce n’era bisogno. Pare che la cosa non ti abbia interessato più di tanto.

- Cosa dovevo fare, sentiamo? Saresti stata più contenta se ti avessi picchiato? Dimmi, è questo che volevi? – oramai fuori di sé la stava quasi maltrattando scuotendola con violenza – O magari preferivi che ti cacciassi di casa?  Volevi di nuovo fare la figura della sgualdrina con tutti ed andare a chiedere pietà ancora una volta a tuo fratello?

Barbara si sentì indignata e, liberandosi dalla sua stretta, gli urlò con  rabbia:

- Non sarai tu a cacciarmi di casa, me ne andrò da sola e non certo da Alfredo!

- E dove andrai se non hai né arte né parte?

- Chiederò al capitano Borghero di portarmi a Genova, lì c’è ancora un fratello di mia madre. Sicuramente potrà darmi ospitalità per un po’, almeno fin quando non avrò trovato un lavoro come governante o come cameriera. Questo lo so fare, non trovi? Persino tu dovrai darmene atto.

- Tu sei pazza, pazza! Lasciare la tua famiglia per andare a fare la serva! Non ti sopporto più quando dici simili assurdità!

- Bene, allora ti farà piacere che tolga il disturbo. Non incaricarti di quello che farò, ingegnere, qualsiasi cosa è meglio dello stare qui con te a farmi umiliare ancora, persino andare a pulire le latrine!

In un moto d’ira lui le afferrò il viso in una mano, serrandoglielo come in una morsa. Costringendola a guardarlo in faccia, le disse stravolto:

- No, mia cara, non ti lascerò rovinare la mia vita e quella dei miei figli. Hai preso un impegno con me e ora lo devi rispettare, ti piaccia o meno.

Poi la lasciò talmente  bruscamente da farle perdere quasi l’equilibrio e andò via sbattendo forte la porta.  Barbara non l’aveva mai visto così adirato e non lo aveva udito mai urlare in quel modo. Probabilmente anche per Kate era così perché la sentì nel corridoio che gli chiedeva qualcosa ma il figlio, ancora alterato, le rispose bruscamente.  Dopo un po’ l’anziana signora si affacciò sotto la porta della stanza con la piccola Neve in braccio.

- Barbara, che c’è? È successo qualcosa? – osò chiederle.

Solo allora la giovane si accorse di avere il viso rigato di lacrime. Asciugandosele in fretta, le rispose:

- Sì, Kate, è successo qualcosa. Vi abbiamo coinvolto nella nostra assurda vita ed oramai è venuto il momento che voi sappiate la verità. Ve ne parlerò, ma non ora, ora mi sento troppo male. Perdonatemi.

La brava donna la guardò con molta mestizia e la incoraggiò con i suoi modi dolci.

- Non ti preoccupare, cara, aspetterò quando starai meglio. Adesso però approfitta che la piccina ha sonno e  riposati un po’ insieme a lei. Baderò io a Charles.

Barbara annuì e prese in braccio la bambina che  si stava stropicciando gli occhietti con le manine grassottelle. La mise sul letto e dopo essersi spogliata, le si distese accanto tenendola stretta.

Sperava di potersi addormentare anche lei almeno per un poco. Giusto il tempo di avere una piccola tregua dalla pena che si sentiva dentro.

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Meno male, mi aspettavo che mi avreste presa a parolacce ed invece mi sembra che anche voi concordiate sul fatto che qualche altra cosina Robert e Barbara debbano impararla ancora. Non devono prendersela con la loro autrice, ma a volte ho l’impressione che i loro caratteri, mio malgrado, si siano quasi autodefiniti nel corso dell’evolversi di questa storia ed io per prima mi sono resa conto che il “santo” Robert ha sempre avuto la tendenza a dire e a fare cose terribili che quasi distruggono quella poveretta della moglie e poi pretendere  che tutto ritorni come prima, in piena calma e tranquillità, come se niente fosse successo. Del resto anche Barbara è troppo impulsiva e permalosa e spesso diventa eccessivamente bisbetica quando le cose non vanno come si era aspettata. Tutt’e due poi, come avete notato anche voi,  devono imparare a dialogare, a non nascondersi dietro le mura del silenzio e del risentimento senza aprirsi reciprocamente e soprattutto a dirsi la verità. Allora, anche se li ho fatti soffrire ancora un po’, spero di averli aiutati a riflettere e a ravvedersi prima dell’immancabile happy  end che arriverà nell’ultimo capitolo. Però prima dovrà succedere ancora una cosa che li … Stop! Non vi dico più nulla che non sia: non perdetevi il prossimo capitolo…



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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31

 

Si ridestò al pianto di Maria Neve. A giudicare dal cattivo odore, doveva essersi sporcata ed ora reclamava a gran voce.  Con un sospiro Barbara si alzò ed andò in bagno a lavarla. Quando tornò in camera si avvide che era entrato Charles che se ne stava buono vicino al letto. Non gli rivolse la parola e lui, con una vocina timida, le chiese:

- Posso stare qui, mammina?

- Se vuoi – gli rispose, fredda.

Senza dir nulla, il bimbo si arrampicò sul letto e rimase a guardare la mamma che gli aveva poggiato accanto la sorellina completamente nuda.

- Ho dimenticato di prendere il talco in bagno. Sei capace di non farla cadere se mi allontano un momento? – gli chiese ad un certo punto.

Il maschietto annuì, con gli occhietti azzurri molto seri a dimostrazione che avrebbe svolto quel compito con la massima cura. Appena la mamma si fu allontanata, la piccola Neve, graziosa e grassottella, si girò verso di lui e cominciando a fargli mille versetti, lo afferrò per il vestitino tirandolo allegramente. Anche Charles rise e per scherzo si mise a farle  dei pernacchietti sul pancino morbido tanto da farla sbellicare dalle risa.

Barbara rientrò dal bagno e nel vedere i figli che giocavano e si rotolavano allegramente sul letto, si sentì invadere da una commozione infinita. Si avvicinò a loro e restò qualche minuto ad osservarli, una mano premuta sulla bocca per reprimere i singhiozzi che le salivano dal petto e gli occhi colmi di lacrime. Come aveva potuto pensare anche solo per un attimo di lasciarli?  Erano loro tutta la sua vita, la ragione per la quale la sua esistenza non era andata sprecata e se ciò era avvenuto, era stato solo grazie a Robert che glieli aveva dati, seppur in maniera differente. All’improvviso si vergognò del suo comportamento e capì di non aver avuto nessun diritto di sentirsi offesa. Da quando si erano sposati lui era stato sempre lì al suo fianco, nei momenti belli e in quelli brutti, sopportando  con pazienza anche il suo carattere odioso e dispotico. Da quell’uomo aveva sempre ricevuto solo protezione ed affetto ed era tra le sue braccia che aveva conosciuto la passione. Forse  non era stata lei la donna che aveva amato davvero, ma non doveva pretendere di più. Doveva solo abbandonarsi e godere di quanto lui sapeva darle senza domandarsi perché lo facesse, nello stesso modo in cui non chiedeva al sole perché la illuminasse e  la riscaldasse con i suoi raggi.

All’improvviso si sentì invadere di nuovo il cuore da quella felicità che solo qualche momento prima le era parsa perduta per sempre. I suoi due bambini che giocavano allegri avevano inconsapevolmente compiuto un miracolo. Le avevano ridato la fiducia e la voglia di lottare per difendere ciò che le era più caro: la sua famiglia, il suo amore per Robert.

Allora si buttò anche lei sul letto e, ridendo di gioia, abbracciò entrambi per poi riempirli di baci.

 

Poco dopo raggiunse insieme a loro la suocera in cucina, sentendosi più serena. Intanto parlava con il piccino.

- Allora hai deciso, prenderai il gattino o il cagnolino?

- Non lo so, mammina, mi piacciono tutt’e due.

- Allora facciamo così, li prendiamo entrambi, però il gatto lo teniamo in casa ed il cagnolino in giardino. Ti va?

Per tutta risposta Charles si mise a battere le mani e corse ad abbracciare la nonna per darle la bella notizia.

- Ho preparato per Neve la pastina con l’uovo, ho fatto bene? – le chiese questa quando il bambino l’ebbe lasciata andare.

- Siete perfetta, come al solito.

- Per carità, se lo fossi avrei pensato anche al pranzo ed invece non ho la più pallida idea di cosa dobbiamo cucinare oggi  ed è già tardi.

- È venuto Alfio stamani? Gli avevo ordinato un po’ di agnello la settimana scorsa. L’ha portato?

- Oh sì, l’ho messo in dispensa, al fresco.

- Bene, gli agnelli di Alfio sono tenerissimi e cuociono subito. Lo  faremo con le patate, a Robert piace moltissimo così.

- Allora mentre tu dai da mangiare alla bambina, io pelo le patate.

- Sì, grazie, e tagliatene un po’ per farle fritte: Charles ne va letteralmente pazzo.

La donna sorrise e si sedette accanto a lei con la zuppiera colma di patate in grembo cominciando a sbucciarle. Dopo un po’ le chiese, ma con molta timidezza:

- Va meglio ora?

- Sì, va meglio. Però mi sono comportata male come al solito e non so se vostro figlio mi scuserà. Questa volta ha proprio perso a pazienza, temo – le rispose Barbara sinceramente preoccupata mentre asciugava la boccuccia della bimba che stava imboccando.

- Vedrai, lo farà senz’altro – la incoraggiò l’altra.

- Il fatto è che io lo amo tanto, troppo – ammise la giovane abbassando gli occhi, un po’ vergognosa di lasciarsi andare a quelle confidenze – e ho sempre sofferto immensamente quando mi sono resa conto di venire sempre dopo Julie.

- Ma questo non è vero.

- Oh sì, lo è! Lui mi ha sposato solo…

Kate non la lasciò finire, mostrando di conoscere la loro vicenda meglio di quanto lei non supponesse.

- Non importa perché ti ha sposata. L’importante è che ora ti  ama.

- Lo credete davvero? – sussurrò, bisognosa di ottenere una conferma. Solo adesso capiva che forse il comportamento del marito riguardo alla sua infatuazione per Sean poteva non essere stato dettato dall’indifferenza ma dall’amore. Questo pensiero la faceva sentire ancora più in colpa per la reazione rabbiosa che aveva avuto nei suoi confronti per cui, senza aspettare risposta,  aggiunse con un filo di voce e scuotendo  malinconicamente la testa - Io non riesco a farlo felice come avrebbe fatto Julie. Lei era dolce, tranquilla, delicata quanto io sono orgogliosa, irruenta e bisbetica. Robert me lo ha fatto notare tante volte.

L’anziana signora si mise a ridere.

- Ti apprezza moltissimo invece. E poi perché, lui non li ha i suoi bei difettucci?

- Certo che li ha! Però forse con la prima moglie non avrebbe litigato tanto quanto ha fatto sempre con me.

- Non possiamo sapere se sarebbe stato così. Credimi, figlia mia, anche i matrimoni nati sotto i migliori auspici non sono sempre idilli che durano in eterno. E poi  è facile litigare anche tra chi si ama. Pure io ed Edward lo facevamo spesso, ma poi passava tutto. E dopo era così dolce fare la pace! Sapessi quanto mi sono mancate le nostre discussioni durante la sua malattia! L’importante è volersi bene e voi ve ne volete, non è vero?

- Sì, questo sì – ammise la giovane alquanto rincuorata – ed anche se Robert non dovesse amarmi quanto lo amo io, non m’interessa più. Abbiamo superato momenti peggiori e proprio adesso che le cose tra noi stanno andando meglio, sarei una  stupida ad abbandonare la lotta.

Aveva preso una decisione: non appena sarebbe tornato, gli si sarebbe  gettata tra le braccia per chiedergli scusa e per fargli capire quanto gli voleva bene. Era sicura che alla fine l’avrebbe perdonata, forse per bontà, forse perché gli avrebbe fatto pena o forse solo per quieto vivere, ma ciò non era importante, l’importante era che la tenesse con sé e le permettesse di continuare ad amarlo per tutta la vita.

 

Purtroppo l’uomo non tornò per il pranzo. Barbara si disse che con ogni probabilità era stato trattenuto dal lavoro, ma in cuor suo temeva che non avesse più nessuna voglia di farlo.

La sera prima non aveva cenato, ma a tavola lo stesso mangiò pochissimo perché si sentiva lo stomaco chiuso in una morsa al pensiero di poterlo perdere.        
Un po’ di conforto lo provò soltanto dopopranzo quando  Charles che aveva bisogno di un po’ di coccole dopo il loro recente litigio, volle per forza mettersi a riposare in braccio a lei.

Guardando il suo visino dolce ed i riccioletti d’oro, la donna  si ricordò della prima volta che l’aveva tenuto così, quando era solo uno scricciolo emaciato e triste. Le sembrava un secolo prima, eppure avvertiva  ancora viva la sensazione di tenerezza provata in quel momento. Allora aveva giurato a Julie di prendersi cura di lui e ci era riuscita benissimo. Lo amava proprio come se fosse stata lei stessa a partorirlo ed il bambino era cresciuto senza mai sapere cosa volesse dire essere orfano di madre. Era stato per il bene di Charles se aveva accettato quell’assurdo patto matrimoniale, illudendosi di essere capace di portarlo avanti senza  innamorarsi di  Robert. Era solo  questa la cosa che  non le era riuscita, ma adesso era tardi, ormai non poteva farci più nulla.

Si era appena decisa a mettere il bimbo a riposare nel lettino, quando sentì bussare alla porta e poi le arrivò la voce della suocera che parlava con qualcuno. Si affrettò a raggiungerla perché la poverina non conosceva la lingua ed infatti la trovò molto mortificata che provava a comunicare con Gaetano Spalice.

- Scusami tanto, ma non capisco nulla di quanto sta dicendo questo brav’uomo – si giustificò l’anziana donna.

Barbara la rassicurò con un sorriso che poi rivolse anche al caposquadra facendogli  un cenno di saluto.

- Buon pomeriggio, signora – le disse l’uomo mentre rigirava con imbarazzo il cappello tra le mani – Non vorrei disturbare, però avrei bisogno di parlare con l’ingegnere.

- L’ingegnere? Ma non c’è, è a lavoro sin da stamani.

- No, è andato via da tanto dal “Castello”. L’ho cercato anche alla miniera, ma non c’era.

- Sarà andato a fare qualche commissione allora – suggerì la donna incominciando ad essere un po’ inquieta.

- Forse – mormorò l’altro imbarazzato ed abbassando lo sguardo per non mostrare la preoccupazione.

 Barbara se n’accorse e lo incalzò, innervosita:

- Ma insomma, Gaetano, è successo qualcosa? Non tenetemi sulle spine per favore, si vede chiaramente che non siete sereno e così mi fate solo morire di paura.

- Per carità, non abbiate paura, al Direttore non è successo nulla, solo che…- esitò un poco poi decise di dirglielo, tanto l’avrebbe saputo  comunque  – sir Bradley l’ha licenziato.

- Cosa?! – urlò la donna talmente stravolta che la povera Kate sussultò dallo spavento e  si affrettò a chiederle spiegazioni.

Barbara le fece cenno con la mano di aspettare solo un momento perché voleva ancora sapere.

- Perché? Che ha fatto mio marito per meritarsi una simile carognata!

L’uomo parve rianimarsi.

- Niente, non ha fatto niente. Robert Forrest è un galantuomo ed una persona stimata ed amata da ognuno di noi - le disse con sincerità -  Ecco, io ero venuto a dirglielo e a portargli la nostra solidarietà. Per favore, signora, riferiteglielo quando torna a casa: siamo disposti tutti, dal primo all’ultimo, a scendere in sciopero per manifestargli la nostra partecipazione e convincere sir Bradley a non commettere una tale infamia!

- Grazie, glielo dirò senz’altro - gli assicurò Barbara riaccompagnandolo.

Appena Spalice fu uscito, si appoggiò alla porta e cominciò a stringere il crocifisso di corallo che portava al collo, rimanendo un attimo a riflettere. La suocera però la raggiunse e volle sapere cosa fosse successo.

- Mio Dio! – commentò quando ebbe appreso la novità – Povero figlio mio, lui è così sensibile e starà soffrendo moltissimo per questa cosa. Chissà dove sarà andato!

- Io lo so dov’è andato, Kate, e lo raggiungo subito se voi state qui con i bambini.

- Certo cara, va’ da lui ti prego, ora ha bisogno di te.

Barbara si precipitò a prendere il calesse dopodiché lanciò Stellina in un’insolita corsa perché aveva molta fretta di raggiungere la spiaggia.

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Vi ricordate che vi avevo promesso colpi di scena fino all’ultima pagina? Beh, qui non siamo proprio all’ultima ma di sicuro non vi aspettavate il licenziamento di Robert! Chissà dove  sarà andato l’ombroso ingegnere e quale sarà il suo stato d’animo dopo questa spiacevole novità. Chissà se anche lui, così come  Barbara, si è fatto un bell’esame di coscienza per fare ammenda dei propri sbagli oppure è ancora arrabbiato con lei. Che succederà adesso tra i coniugi Forrest? Che fine faranno?

 Non vi resta che aspettare il prossimo ed ultimo capitolo per vedere come andrà a finire ed a me non resta che ringraziarvi sempre per la passione con cui seguite questa storia.



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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32

 

 

Attraccata al pontile c’era la nave del capitano Borghero così Barbara pensò che Robert, così come faceva spesso, potesse essere andato a controllare il carico della merce. Pur aguzzando la vista però, non riusciva a scorgerlo sul molo ed allora si guardò intorno per vedere se fosse sulla spiaggia. Non era neanche lì. Cominciava a sentirsi scoraggiata quando si accorse che Thunder si era avvicinato al calesse. Accarezzando il collo dell’animale con il quale dopo tanto tempo aveva preso confidenza, con la voce rotta dall’angoscia gli sussurrò piano, quasi aspettandosi assurdamente una risposta:

- Dov’è, Thunder, dimmi, dov’è il tuo padrone?

Aveva voglia di piangere ma continuò a guardarsi intorno, finché lo scorse seduto su una duna altissima. Si avviò verso di lui con enorme difficoltà perché c’era molto da arrampicarsi ed il vestito lungo le impediva i passi. Quando gli fu abbastanza vicino,  notò la malinconia sul suo viso e ne fu molto dispiaciuta. Si avvide che la stava guardando avvicinarsi, ma i suoi occhi  erano quasi spenti, come se non vedessero la realtà che lo circondava, ma un mondo buio e lontano dal quale non riusciva a tornare indietro.

- Robert – lo chiamò un po’ ansante quando gli fu più vicino, però lui non le rispose, continuando a guardarla come se nemmeno la vedesse.

Lo raggiunse e gli si sedette accanto, senza parlare.

- Se non ti affretti ad andare a parlare con lui, il capitano Borghero ripartirà – le disse dopo un po’ con un tono di voce quasi distaccato.

- Non sono venuta per Borghero, sono qui  per te.

- Ho capito, a quanto pare le notizie viaggiano in fretta. Chi te l’ha detto?

- Gaetano Spalice. È venuto poco fa a Villa Bianca perché voleva dirti che tutto il personale della miniera è con te ed è pronto a manifestare contro quest’infamia che ti sta facendo sir Paul. Ma come può cacciarti dopo tutto ciò che hai fatto per lui?

Contrariamente alla moglie che era molto adirata, Robert si mantenne calmo.

- Non mi ha cacciato, mi ha solo detto che alla miniera di Ingurtosu due direttori sono un po’ troppi adesso che c’è anche Leonard. E poi i genitori di Julie mi hanno trovato un buon impiego nella direzione di una fabbrica a Londra. Vorrebbero farmi tornare lì in modo da potersi occupare anche loro  di Charles. Desiderano che il nipote cresca in una grande e moderna città dove non appena si farà più grande, potrà frequentare a loro spese le migliori scuole ed avere altre prospettive che non qui, in un paesino sperduto della Sardegna. Insomma, proprio come dicevi tu, se ti ricordi. Secondo sir Paul dovrei accettare per il bene di mio figlio.

- Non lo sa sir Paul che il tuo lavoro è questo? Accidenti, aveva ragione Grazia, è una vera carogna!

- Non dire così, chissà quante pressioni ha ricevuto dalla sua famiglia prima di prendere questa decisione. In fondo non posso pretendere di più, si è già troppo esposto per me. Poi Leonard ha ragione, io non sono proprio adatto a fare questo mestiere.

Barbara si arrabbiò moltissimo.

- Ah no? E chi lo dice,  un incompetente che fa succedere disastri non appena si avvicina ad una miniera? Chiediamolo al marchese Rodotà se sei adatto o no. Secondo me ti accoglierebbe a braccia aperte se solo tu gli chiedessi di lavorare per lui!

Nonostante la difesa accorata della donna, il giovane non cambiò atteggiamento e scuotendo la testa malinconico, affermò:

- Finirei per fare la stessa fine anche se lavorassi per un altro. Io non appartengo alla razza padrona, sono e resterò sempre un minatore. L’ho sempre saputo, non è possibile stare con due piedi in una scarpa.

- Non è vero, tu sei bravo ed hai studiato tanto. Se però ti sei stancato delle minere, puoi rivolgerti a quel professore dell’Università del Galles che ti voleva come suo assistente.

Un sorriso amaro increspò le labbra dell’uomo che pareva solo osservare il mare in tempesta.

- Già, in fondo ad un fallito come me può stare anche bene inseguire le promesse ricevute dieci anni fa da un tizio che forse neanche più si ricorda chi sono! – mormorò.

- Insomma la vuoi smettere con questa storia del fallito? Ne abbiamo già discusso, proprio qui se non erro, e non vedo perché tu ti debba considerare tale.

Questa volta Robert fissò lei con uno sguardo pieno di malinconia.

- Tu come lo chiami uno che alla mia età non ha più un lavoro né una casa né una famiglia?

- Il lavoro lo troverai ed anche la casa e poi mi dici perché non hai una famiglia? Noi chi siamo?

Scuotendo ancora la testa, lui continuò:

- Sarà meglio per tutti voi se mi lasciate perdere. A Charles i nonni daranno tutto quanto gli spetta e crescerà senz’altro sereno anche senza di me così come mia madre starà di certo meglio con mia sorella. In quanto a te, te ne andrai e cercherai finalmente la tua strada.

Barbara rabbrividì a quelle parole e con un soffio di voce gli disse, guardando anche lei il mare:

- Ti prego, non mortificarmi, non mi rinfacciare le assurdità che ti ho detto stamani in un momento di rabbia.

- Non era affatto assurdo ciò che hai detto, ti capisco, ti sei stancata di tutto questo.

- Ed invece lo è – gli rispose tornando a guardarlo – Ti pare mai possibile che lasci mio marito? E ti sembra mai possibile che io possa occuparmi dei figli degli altri e non delle mie creature?

- Non intendevo dire questo. Potrebbe sin d’ora esserci un uomo a prendersi cura di te e di Maria Neve e saprà farlo sicuramente meglio di quanto non l’abbia mai fatto io.

- Davvero? E chi è, lo conosci? Non sei stato proprio tu a dirmi ieri che gli uomini se ne scappano a gambe levate davanti a me? Ah no, mio caro, tu sei stato l’unico a cascarci come uno stupido ed a sposarmi ed ora, mi dispiace per te, devi sopportarmi anche se sono una maledetta bisbetica!

Aveva parlato sorridendo, quasi a fargli capire di non portargli alcun rancore per le cose spiacevoli che le aveva detto, ma il tono scherzoso e la sua autoironia non riuscirono a strappare a Robert, come aveva sperato, nessun sorriso, anzi, lui girò la testa dall’altro lato per non guardarla in faccia mentre le diceva:

- Ci ho riflettuto, sai, e sono giunto alla conclusione che dopo quello che ti ho detto ieri era naturale che tu ti arrabbiassi. Mi sono comportato come un vigliacco.

- Non è vero. Anche io ci ho riflettuto molto ed ho capito di essere stata io a comportarmi male. La verità è che mi sono sentita assai mortificata per la figura ridicola che ho fatto sia con Sean Hopkins che con te e poi … - la donna esitò e, come se avesse cercato il coraggio di continuare, cominciò a stringere il crocifisso di corallo che portava al collo -  e poi ci sono rimasta male perché la tua reazione non mi era parsa quella di un uomo veramente innamorato. Perdonami, non avrei dovuto farlo perché, anche se fosse così, comunque ti sei dimostrato buono e paziente con me più di quanto io non meritassi.

Robert si voltò di colpo a guardarla e finalmente trovò la forza di aprirle l’animo. Accorato, le disse senza fermarsi:

- Invece sono stato davvero un vigliacco perché ti ho mentito di proposito per il risentimento e la paura che tu potessi ripensarci. Non ho avuto il coraggio di rivelarti quanto fossi stato male all’idea di perderti  e non ti ho nemmeno raccontato la verità riguardo a Sean. Quando venne da me, mi confessò di considerare il tuo amore come l’ultimo regalo riservatogli dalla vita e di desiderarti moltissimo. Fui io ad implorarlo di non portarti via da me e lui, un po’ perché fu impietosito dai miei sentimenti, un po’ perché pensava che nonostante tutto tu mi amassi ed in seguito avresti potuto pentirti della tua scelta, decise di andarsene per non starti più accanto e non rischiare di cedere all’enorme attrazione che provava per te.

Si fermò aspettando che lei dicesse qualcosa, ma poiché lei sembrava ammutolita, continuò, distogliendo di nuovo lo sguardo.

- Scrivigli, digli che si era sbagliato, che lo ami davvero. Vedrai, verrà a prenderti e così sarai felice.

In quel momento un minatore bruno passò lì accanto e li salutò, interrompendo il loro discorso.

- Ingegnere, ho qui i documenti del capitano Borghero. Cosa faccio, ve li porto lassù? – gli chiese da lontano e ad alta voce, riparandosi gli occhi con la mano dai raggi del sole calante.

- No, Toscani, portateli all’ingegner Farewell,  se ne occuperà lui d’ora in poi.

Lentamente l’uomo ed i suoi compagni si allontanarono mentre  la nave riprendeva il mare sfidando le onde impetuose. Oramai erano rimasti da soli sulla spiaggia e nessuno dei due parlava. La donna se ne stava tutta assorta a riflettere e nel frattempo si rigirava ancora tra le dita il piccolo crocifisso.

- Finirai per consumarlo – le disse lui con un sorriso un po’ triste, indicandoglielo.

Anche Barbara sorrise, dolcemente.

- Lo so, ma è il mio portafortuna. Me lo diede un pescatore di corallo che adesso non c’è più, è morto lo stesso periodo in cui è finito Lino Sulis. Si chiamava Gavino. Era solo un vecchio, ignorante pescatore eppure era una persona così sensibile e saggia da indurmi a confidargli anche le mie cose più intime. Quando gli parlai di te e dello strano patto che mi avevi proposto, mi disse che quando ci si sposa l’importante non è soltanto amarsi, ma anche aver voglia di darsi sostegno reciprocamente, di sentirsi responsabili nei confronti dei figli, di costruire qualcosa di solido che le difficoltà di ogni giorno non possano abbattere. Solo così, mi disse, si diventa davvero una famiglia. Noi lo siamo, non credi?

Robert la guardò serio, poi girò ancora il viso dall’altro lato per non lasciar scorgere la sua enorme emozione.

- Forse, ma a me non  basta – le rispose – non sopporto di sapere che  mi stai accanto solo perché siamo marito e moglie, magari continuando ad amare un altro. Lo so, è ciò che ti chiesi di fare quando ti proposi di sposarmi lasciandomi essere ancora innamorato di Julie, ma l’assurdità di un tale proponimento ha fatto soffrire me per primo, te l’assicuro.

Si passò una mano sugli occhi in un gesto di scoraggiamento poi proseguì, la voce calda diventata quasi solo un sussurro.

- Ho bisogno di te, ma soprattutto ho bisogno che tu possa amarmi anche se so di non avere il diritto di chiedertelo né quello di  impedirti di cercare altrove la tua felicità. 

Barbara gli afferrò un braccio e cominciò a scuoterlo, parlandogli con veemenza.

- Smettila di dire sciocchezze! Nella sua saggezza Sean aveva visto giusto ed io stessa ho capito da un pezzo che  ciò che provavo per lui non era di certo amore. Io cercavo la tranquillità, la protezione, la libertà da tutti i miei timori, ma ora so che amare è avere paura per il tuo uomo, lottare con lui e per lui e perché no, fremere di desiderio se soltanto ti guarda in un certo modo o ti sfiora…

Non concluse il discorso, ma gli prese la mano e se la portò al viso premendola sulla propria guancia con tenerezza infinita, poi alzò di nuovo lo sguardo, fissandolo dritto negli occhi.

- Ma cosa vogliamo di più Robert? Io e te abbiamo già tutto quello che conta, forse dobbiamo solo imparare a dirci quanto ci amiamo.

La trepidazione con cui gli stava parlando la faceva vibrare tutta e sul viso arrossato, gli occhi splendevano come due ambre lucenti. Aveva paura di dirglielo, ma oramai non ne poteva più fare a meno.

- Io ti amo tanto! Dimmi che anche tu mi ami, ti prego – gli chiese infine, tremando.

Robert non le rispose, in un impeto di gioia l’afferrò ed abbracciandola forte, cominciò a baciarle tutto il viso, gli occhi, le guance e poi le cercò la bocca. Senza fermarsi più, la costrinse a distendersi sulla sabbia ancora calda di sole, continuando a carezzarle il corpo, fremente di passione.

La donna provò a schernirsi scherzosamente e ridendo gli diceva, cercando di frenarlo:

- No, non va bene, ingegnere, un po’ di controllo, un po’ di controllo…

Ma lui non poteva in alcun modo controllare l’impeto di un  amore che oramai avvertiva grande e ricambiato, aveva bisogno di possederla anche fisicamente per sentirla sua, per sentirsi suo. Questa volta non era un semplice impulso erotico a spingerlo, ma la necessità  che muove un uomo ed una donna a congiungersi perché non sono  più due persone distinte ma una sola anima, una sola carne. Non poteva lasciar passare quel momento magico ed irripetibile, doveva averla adesso, subito. Cercò di sollevarle la gonna ma ancora lei provò a fermarlo tirandola di nuovo giù. Nella lotta giocosa che ne seguì, rotolarono a lungo abbracciati giù dalla duna nella sabbia morbida. Quando finalmente si fermarono, scoppiarono a ridere entrambi ma poi si guardarono negli occhi e in quello sguardo ci furono mille, silenziose parole d’amore. Niente e nessuno avrebbe potuto fermare il loro desiderio e d’altronde la spiaggia era deserta. Con dolcezza infinita, Barbara si abbandonò ai baci di Robert e mentre chiudeva gli occhi, vide l’azzurro dello sguardo innamorato del suo uomo brillare come il cielo sopra di lei.

 

Tenendosi teneramente avvinti nella beatitudine in cui erano sprofondati dopo il sesso, avrebbero voluto fermare il tempo tanto stavano bene. Purtroppo il sole ormai aveva tinto di porpora il cielo e benché fosse ancora presto, le prime ombre della sera cominciavano a calare nella corta giornata di ottobre. Staccandosi a fatica l’uno dall’altra si rialzarono e cominciarono a rivestirsi ed a pulirsi dalla sabbia.

Ad un certo punto Barbara si piazzò di fronte al marito e, con le mani sui fianchi, lo rimproverò a bruciapelo, guardandolo con la consueta ruga che le segnava la fronte.

- Però non me l’hai detto, a pensarci bene.

- Cosa?

- Che mi ami.

- Io sono un tipo di poche parole, non te lo scordare – si schernì l’uomo con un sorriso malandrino.

- No accidenti, devi dirmelo! Devo sapere se n’è valsa la pena.

- Di che?

- Di combinarmi così piena di sabbia e rischiare di rovinarmi la reputazione facendomi beccare a fare certe cose su una spiaggia con un ingegnere mezzo scemo e per giunta pure disoccupato!  - scherzò fingendosi arrabbiata.

Robert rise e afferratala per la vita, la strinse forte.

- Ma lo sai che sei proprio una megera? Secondo me sei anche peggio di lady Margaret.

- Però sono più carina – sorrise la giovane afferrandolo per i baveri della giacca e sollevando il visino allegro a guardarlo.

- Appena appena – la prese in giro lui posandole prima un bacio sul nasino e poi cercandole di nuovo le labbra.

- Ah sì? E allora va’ a baciare lei, va’! – gli disse scostandolo e ridendo divertita per poi aggiungere più seria – Su, amore, affrettiamoci a tornare a casa: c’è quella povera mamma tua  che non solo è in pena per te ma è stata pure a combattere tutto il pomeriggio con quelle pesti dei tuoi figli.

Si avviò decisa verso il calesse mentre Robert, seguendola, continuava a prenderla in giro.

- Figli miei? Guarda che la piccola ha preso pari pari il tuo caratterino! In quanto a quell’altro poi, sei stata tu a farlo crescere così viziato, fosse stato per me…

- Sentitelo! Il padre tutto d’un pezzo! A te basta una lacrimuccia ed uno sguardo tenero per farti sdilinquire tutto. Poi sarei io quella che li vizia!

Continuarono a punzecchiarsi amorevolmente mentre salivano sul calesse, felici come non si erano mai sentiti prima.

Anche se in quel momento il futuro era assai incerto e non conoscevano quale sarebbe stato il loro destino, avevano la consapevolezza di possedere già tutto ciò che conta e che sarebbe bastato ricordarsene sempre per affrontare con fiducia il domani.

Per un po’ risuonarono ancora le loro voci allegre ed il fischio con cui Robert chiamò il suo fedele baio, poi, non appena si allontanarono, ritornò un silenzio incantato, interrotto solo dal rumore del mare in tempesta e dal soffio del vento che cancellò le orme dei loro passi sulla sabbia sottile.

 

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E mentre Barbara e Robert si allontanano, solo due parole per salutarli.  Vi ho parlato di ben due anni della loro vita, dei momenti di disperazione e di quelli di gioia, della rabbia, degli errori, delle loro umane debolezze. Hanno messo al mondo una bambina ed hanno cresciuto il piccolo Charles, si sono scontrati, si sono avvicinati, sono maturati, hanno imparato a dirsi la verità e ad accettarsi con tutti i loro difetti e i loro pregi, hanno conosciuto la passione autentica che non è fatta solo di sesso ma è un legame ben più profondo. Oramai non avrei più niente da dirvi su di loro per questo li lascio andare da soli incontro al loro futuro. D’altronde è un futuro che ognuna di voi potrà immaginare come meglio crede, le vie da seguire che vi ho lasciato sono tante. Potrà succedere infatti che sir Badley, dietro la pressione dei minatori, receda dalle sue decisioni e lasci il nostro direttore riprendere il suo posto a Ingurtosu oppure può darsi che Robert torni nella natia Cardiff e lì incominci una nuova vita come professore universitario. Può anche succedere che ripensi all’offerta del marchese Rodotà e la sua Barbara ritorni da sposa e madre felice in quell’Alghero da dove era partita così triste e dubbiosa solo qualche anno prima. Oppure può darsi che l’ingegnere accetti l'importante incarico  che gli è stato promesso a Londra e finalmente riesca a dimostrare, soprattutto a se stesso, il suo valore. Potrete immaginare che abbiano altri figli, questa volta voluti  ma non certo più amati di quanto non siano la piccola Neve con il suo caratterino già così deciso o il capriccioso Charles che magari grazie all’aiuto dei nonni materni potrà diventare qualcuno.
Vi ripeto, ciascuna potrà immaginarsi un epilogo a suo piacimento, l’unica cosa che vi raccomando dopo quanto hanno passato Barbara e Robert è che, come nelle favole, li facciate vivere “per sempre insieme felici e contenti”.
E proprio come nelle vecchie favole, a me non resta che recitare l’antica filastrocca:
“Larga la foglia, stretta la via, dite la vostra che ho detto la mia”. Per vostra intendo naturalmente una piccola recensione, un commentino, appena due parole, giusto per farmi capire se sono solo io ad appassionarmi e a divertirmi tanto in questa meravigliosa avventura della scrittura ma riescono a farlo  anche coloro che mi leggono.
Abbraccio forte forte soprattutto le “fedelissime”che  mi hanno sempre dimostrato tanto affetto e tanto apprezzamento. A loro prometto di ritornare al più presto con un nuovo romanzo che spero potrà piacere ugualmente. Nel frattempo, mentre a mia volta mi metterò a fare un po’ la lettrice e a recensire le tante belle cose pubblicate su EPF, spero che ci sia ancora qualcun altro  che abbia voglia di leggere le mie (fatemi un po’ di pubblicità, vi prego!). Vi ricordo che nella mia pagina c’è il forum dove potremo dialogare ancora adesso che questa storia è finita e… basta, non ce la faccio più, devo mettermi a piangere.

Sob sob sob sob!

Un grazie enorme a tutte!   

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