La Domanda

di GiulyMad94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Paure di un artista marziale - Prima parte ***
Capitolo 2: *** Paure di un artista marziale - Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Paure di un artista marziale - Terza parte ***



Capitolo 1
*** Paure di un artista marziale - Prima parte ***


 

 Ebbene sì, sono tornata con un'altra Fan Fiction su Ranma! Ammetto che mi piace moltissimo tormentare quel poveretto... (Bastarda! è_é nd Ranma)

Coooomuunqueee! Ci tenevo a ringraziare tutti coloro che hanno commentato la mia precedente pazzia (Coraggio, Ranma... Baciala!) e a congratularmi con questi matti (senza offesa) per essere riusciti ad arrivare fino in fondo... Davvero bravi! Vi ammiro molto... XD

Anche questa, inizialmente, doveva essere una one-shot, però scrivendola mi è venuta fuori lunghetta, così ho pensato di spezzarla a metà per renderla un po' più leggera... (Che genio eh? U_U)

Ma ora basta blaterare su cose inutili! Vi lascio alla prima parte di questa mia follia primaverile! XD

[P.S. Tutto quello che vedete scritto all'interno di questi simboli *Blabla* è un omaggio da parte della "Effetti Sonori s.p.a."di cui faccio orgogliosamente parte! Grazie dell'attenzione! ^^]

.

 

 ...La Domanda...

Ovvero: Paure di un artista marziale

[Prima parte]

 

Quella era una bella giornata. Lo diceva il leggero venticello, il cielo terso, il sole splendente e persino Ranma Saotome. Già, quella era una bella giornata anche per lui. Quella mattina sua moglie si era svegliata di buon umore e, chissà per quale oscuro motivo, aveva deciso di comprare delle paste per colazione provocando la gioia immensa di Ranma e del piccolo Aki che non avrebbero dovuto rischiare l'ospedale a causa di qualcosa preparato da lei. In effetti, ora che ci faceva caso, Akane era diventata un po' strana negli ultimi giorni. Era fin troppo gentile.

Ranma stava passeggiando diretto al dojo. Suo figlio lo aveva letteralmente sbattuto fuori di casa per mandarlo a comprare del pesce. Chissà perché poi. L'uomo scrollò le spalle. Non aveva voglia di capire cosa passasse per la testa di quel monello e nemmeno di quell'isterica di sua moglie. Si fermò improvvisamente, circospetto. Pensandoci meglio, era da un po' di tempo che Akane e Aki sembravano confabulare qualcosa a sua insaputa. Aggrottò la fronte perplesso. Ogni volta che entrava in una stanza, loro due si zittivano improvvisamente e cambiavano argomento. Ehi, come aveva fatto a non accorgersene prima?!

Indignato cominciò a correre verso il dojo Tendo-Saotome. A pochi passi dall'ingresso decise di scavalcare il muretto con un salto ed entrare dalla porta della cucina per cogliere di sorpresa i due traditori. Magari avrebbe potuto scoprire qualcosa su ciò che gli nascondevano. Imprecò mentalmente di non aver mai messo l'olio sulle giunture della porta ma il cigolio che provocò non sembrò essere notato. Sbirciò dalle tende della cucina e trovò via libera. Si incamminò dunque, in punta di piedi e con il pesce e le scarpe in mano, verso la sala da pranzo. Facendo sbucare solo la testa, vide che Akane e Aki erano vicino al laghetto, lei accucciata per guardare lui negli occhi. Ranma si scoprì a pensare che in effetti suo figlio gli somigliava molto. Aveva gli stessi occhi grigio-blu e la stessa espressione testarda. I capelli neri erano raccolti in un piccolo codino sciolto, decisione di Akane quando il piccolo aveva compiuto tre anni.

«Se devo avere un altro Ranma in casa, voglio almeno che sia il più somigliante possibile a quello originale!» aveva detto quando lui le aveva chiesto spiegazioni. In quel momento, Ranma, era stato molto indeciso se sentirsi offeso o lusingato.

Comunque Akane e Aki sembravano discutere su qualcosa. Dalla sua postazione dietro alla porta riusciva a sentire e vedere tutto perfettamente senza essere notato.

«Dai, mamma! Perché non puoi rispondermi tu?» si lagnava il bambino.

«Perché ti ho già detto che solo tuo padre può farlo. So bene che potrà essere difficile, ma devi chiederlo a lui. Io non posso farci niente, tesoro... Come vedi sto provando ad ammorbidirlo cercando di evitare i nostri soliti battibecchi, però tutto dipende da te...» rispose Akane con dolcezza.

«Ma... Uffa... Papà non mi risponderà mai!» protestò Aki.

Akane sorrise non molto convinta.

«M-ma che dici? N-non darlo per scontato! Magari papà ti sorprenderà...» disse.

«Mamma, ma non ci credi neanche tu!» le fece notare il piccolo, impettito.

«Oh, basta, Aki!» sbottò Akane alzandosi in piedi e mettendo le mani sui fianchi, «E' una cosa tra te e papà! Io non posso intromettermi! Punto»

«Ma, mamma... Non è che potresti almeno introdurgli l'argomento? Magari se provassi a convincerlo tu... Papà ti ascolta sempre, lo sai... Basta che gli fai un sorriso e si scioglie! E lo sai perché?»

Akane inarcò un sopracciglio in attesa della risposta con un mezzo sorrisetto ironico sulle labbra.

«Perché il tuo sorriso è bellissimo, mamma...» cinguettò Aki sbattendo le palpebre innocentemente.

Ma guarda te, questo ruffianello...” si ritrovò a pensare Ranma leggermente arrossito. “E poi non è vero che la ascolto sempre! La maggior parte delle volte la faccio solo contenta...”

Akane sospirò rassegnata.

«Sarà... Complicato... Ma ci proverò...» disse infine.

«Oh, grazie, mammina!» esultò Aki saltellandole attorno.

«Sì, sì... Ora vai a lavarti le mani che il pranzo è pronto!» gli intimò Akane.

«Va bene!» esclamò lui correndo in casa.

E così c'era qualcosa che avevano paura di dirgli. Ranma corse all'ingresso per non farsi vedere dal bambino.

«Sono tornato!» annunciò appoggiando le scarpe a terra.

«Ciao, papà! Hai preso il pesce vero??» gli domandò Aki materializzandosi davanti a lui.

«Certo! Tieni...» rispose dandogli il sacchetto.

«Bene, bene...» commentò lui mentre scrutava il contenuto soddisfatto.

“Che strano figlio mi è nato...” pensò Ranma stranito.

«Ben tornato, Ranma» lo accolse Akane con un sorriso.

Però era proprio vero. Il sorriso di sua moglie era davvero bellissimo.

«Aki, vai a lavare le mani, ho detto!» aggiunse poi con cipiglio severo.

Il bambino sbuffò e corse in bagno.

«Ma a cosa gli serviva il pesce?» domandò Ranma.

Akane sussultò e poi sorrise agitata.

«E-ehm... B-buh! E' un bambino creativo, lo sai!» rispose.

«Sì, ma questo cosa c'entra?» chiese perplesso lui.

«Ahah! Avanti vieni, Ranma! E' pronto il pranzo, non hai fame?»

«S-sì, però...»

«Perfetto! Apparecchia la tavola!» lo interruppe Akane.

«Akane, ma...»

«Apparecchia la tavola, ho detto!!!» ringhiò lei.

«O-okay...» acconsentì Ranma un po' spaventato da quella reazione isterica.

Akane sorrise dolcemente e lui restò ancora più confuso.

«Bene! Si mangia ramen istantaneo!» annunciò saltellando via.

Ranma la guardò andare via ancora evidentemente scosso. Non si sarebbe mai abituato ai frequenti sbalzi d'umore di Akane. Per fortuna, quella mattina, si era svegliata con il piede giusto!

“A quanto pare, oggi non ha molta voglia di cucinare... Che strano...”

 

“Questi due non me la raccontano giusta...” pensò Ranma sospettoso appoggiando le bacchette sul tavolo. Akane e Aki si erano scambiando sguardi complici per tutta la durata del pranzo.

«Ehi, voi due... Non è che mi state nascondendo qualcosa?» provò a chiedere.

«N-noi? Non dire sciocchezze, Ranma!» rispose Akane con sorriso tirato.

«Già, papà... Eheh!! B-beh... I-io ho finito! Vado a giocare di sopra! Ciao!»

«A-Aki! Per favore, stai attento!» lo ammonì Akane.

Aki annuì e Ranma lo guardò correre via. Si voltò verso sua moglie.

«Veniamo a noi... Mi vuoi spiegare cosa state combinando? Non sopporto non sapere cosa succede in casa mia, Akane! Cosa state tramando alle mie spalle?» le domandò circospetto.

«R-Ranma...»

«No, Akane! Voglio sapere!» insisté cocciuto alzando la voce.

Akane lo guardò con stizza e poi incrociò le braccia al petto.

«Se me lo chiedi così, non ti dirò un bel niente!» esclamò arrabbiata.

Ranma sobbalzò indignato ed abbassò lo sguardo un po' rosso. Il modo in cui Akane riusciva a rimetterlo al suo posto era davvero incredibile.

«Uhm... Hai ragione... Scusa... Ma mi dà enormemente fastidio che voi vi stiate coalizzando contro di me!» rivelò guardando corrucciato la sua scatola di ramen istantaneo vuota.

Akane sorrise intenerita e gli prese la mano. Lui la strinse ed alzò lo sguardo da cucciolo bastonato.

«Ranma... Non ci stiamo coalizzando contro di te! Stai tranquillo...» gli disse dolcemente.

«Ma mi sento escluso!» borbottò lui.

“Fantastico... Sto facendo venire i complessi a mio marito...” pensò esasperata Akane.

«Aki deve solo chiederti una cosa... E mi ha promesso che lo farà entro questa sera...»

«E cosa deve chiedermi?» domandò Ranma.

«Ehm... E' meglio che te lo dica lui...» rispose lei.

«Ecco, vedi?! Perché non me lo puoi dire tu?» sbottò lui scettico lasciandole la mano.

«Perché ti conosco, stupido! Se te lo dicessi tu cominceresti a scappare da lui e non lo faresti nemmeno avvicinare a te per paura di ciò che ti deve chiedere e... Oh no!» imprecò Akane sbattendosi il palmo della mano in fronte mentre suo marito strabuzzava gli occhi e lentamente il suo codino si rizzava.

«Ranma... Per favore... Dimentica ciò che ho detto...» tentò Akane nervosa.

«E come diamine faccio?! Oh, Kami! Cosa mi vuole chiedere!?» chiese mettendosi le mani tra i capelli ed entrando nel panico.

«No... No, ascolta! Devi farlo parlare! E' importante per lui... Non farti condizionare da quello che ho detto io... Per favore, Ranma! No, aspetta! Ranma, non fuggire!!!»

Ma al posto suo c'era ormai solo il vuoto.

«Grr... Stupidooo!!!» strillò Akane rompendo il tavolo con un pugno.

 

Ranma era seduto rigidamente sul tetto di casa sua a gambe incrociate. Il suo cervello non produceva alcun pensiero mentre i suoi occhi fissavano spalancati la grondaia. Per tanto tempo l'uomo restò immobile in quella posizione senza sbattere nemmeno le palpebre. Sapeva che se avesse permesso al suo cervello di pensare questo avrebbe cominciato a farsi delle paranoie mentali di dimensioni epiche e non era proprio il caso. Ranma chiuse gli occhi e partorì la prima riflessione utile della giornata.

“Andrò ad allenarmi un po'... Ho bisogno di distrarmi...”

Indossato il suo kimono d'allenamento, cominciò a praticare i suoi soliti kata.

«Papà?»

Ranma perse l'equilibrio mentre dava un calcio al vuoto, ma riuscì a riacquistarlo miracolosamente poco prima di cadere. Sudando freddo si girò con movimenti robotici verso suo figlio.

«S-sì?» domandò tentando di sorridere.

«Volevo chiederti una cosuccia...» cominciò Aki intrecciando dietro la schiena le dita e cominciando a fare dei cerchietti con il piede.

Ranma cadde nel panico ed iniziò a guardarsi disperatamente intorno alla ricerca di una via di fuga. L'unica era la porta, bloccata però dal piccolo Aki. Beh, che problema c'era? Poteva sempre distruggere una delle pareti del dojo ed evadere da lì.

“No, no! Cosa vado a pensare?! Akane mi caccerebbe di casa! Calma, Ranma! C'è sempre una soluzione a tutto... Ti sei trovato in situazioni peggiori nella tua entusiasmante e pericolosa vita da adolescente! Potrei fingere uno svenimento... No, che assurdità! Ranma Saotome non sviene! Aha, ci sono! Magari posso fingere dei dolori allo stomaco causati da qualcosa che mi ha dato da mangiare Akane! Sarebbe normale, insomma... Di certo Aki non sospetterebbe mai! Però prima abbiamo mangiato ramen istantaneo quindi non ha cucinato lei e...”

La vocina di Aki risvegliò Ranma dalle sue subdole congetture.

«Papà... Va tutto bene?» domandò perplesso.

«Uh? Eh? Ehm... Sì, sì!» si affrettò a rispondere lui nervoso.

Ma perché non era rimasto sul tetto? Perché aveva avuto la pessima idea di andare ad allenarsi? Allenarsi... Ma certo!

«Senti, Aki... Ti va di allenarti un po' con me?» chiese apparentemente calmo.

Il bambino lo guardò stranito.

«Eh?»

«Perché fai quella faccia? Non dirmi che hai paura di non essere all'altezza...» bofonchiò Ranma con un sorrisetto di sfida.

Aki assottigliò gli occhi scrutando suo padre.

«Io non ho paura di niente!» replicò stringendo i pugni.

«Dimostramelo allora!» lo incitò Ranma.

Il bambino sorrise spavaldo e cominciò a correre verso di lui.

 

Akane imboccò il corridoio che portava al dojo canticchiando allegramente un motivetto che aveva appena sentito alla televisione e portando un vassoio con due tazze di tè e dei biscotti. Giunta alla porta decise di origliare per avere un anticipo all'esito che poteva aver avuto la domanda di Aki. Considerando questa e il carattere di suo marito, Akane si era aspettata di vederlo correre da lei disperatamente e in cerca di aiuto all'incirca mezz'ora prima, ma, dato che ciò non era successo, le possibilità a cui aveva pensato erano due: o Ranma era riuscito miracolosamente a mantenere la calma davanti ad una richiesta simile ed era stato capace di parlare con suo figlio senza rischiare una crisi, oppure era riuscito a scappare inventandosi una scusa. Akane e più propensa a credere alla seconda, infatti era già pronta a consolare Aki con dei buoni biscotti e a distruggere suo marito con la mannaia che nascondeva sotto il grembiule.

Dall'interno del dojo provenivano rumori piuttosto strani. Tonfi, strilli, risate, ringhi e altre cose poco distinguibili. Sospettosa come poche, Akane fece scorrere la porta e si ritrovò davanti una scena che le fece dimenticare tutti i suoi propositi. Sorrise intenerita appoggiandosi allo stipite della porta.

«Stendi di più il braccio... Ecco bravo, così!» diceva Ranma inginocchiato accanto ad Aki che protendeva il pugno destro in avanti.

«Ma se lo stendo troppo perdo l'equilibrio, papà!» protestava corrucciato il bambino sul punto di cadere a facciata. Ranma lo spinse in po' indietro mettendogli una mano sulla pancia.

«Perché devi piegare di più la gamba sinistra!» spiegò lasciandolo andare. «Vedi?»

Aki restò immobile per alcuni secondi senza cadere.

«Ehi, è vero!» esclamò sorpreso.

Ranma scoppiò a ridere e Aki assieme a lui.

«Cosa state facendo, voi due?» domandò Akane avvicinandosi a loro sorridente.

«Papà mi insegna la postura giusta!» rispose Aki mettendosi sull'attenti.

Akane ridacchiò.

«E dimmi... Papà ha anche risposto a quello che dovevi chiedergli?» chiese inarcando un sopracciglio.

Ranma cominciò a sudare freddo e la sua mente riprese ad analizzare le possibili vie di fuga.

«Ah... No... A dire il vero, papà ha voluto che mi allenassi con lui e così mi sono dimenticato, mamma...» rivelò il bambino arrossendo colpevole.

Lo sapevo... E' riuscito a tergiversare come al solito, quello stupido!” pensò furiosa Akane.

Prendendo un bel respiro, appoggiò il vassoio a terra e poi guardò suo marito con espressione a dir poco tetra. Ranma deglutì e suo figlio assieme a lui.

«P-papà... L-la mamma m-mi fa pa-paura...» confessò Aki sussurrando.

«N-non t-ti preoccupare, t-tesoro... L-la mamma n-non f-fa sul se-serio...» gli assicurò Ranma. “O almeno spero...”

Akane cominciò ad avvicinarsi a loro minacciosamente.

«E così... Vi siete allenati, eh?» domandò sarcastica mettendo una mano sotto il grembiule.

Aki si aggrappò al collo di suo padre terrorizzato e Ranma lo strinse a sé sudando freddo. Ormai la donna li sovrastava con la sua ombra e sorrideva maligna mentre la mano che cercava qualcosa nelle tasche interne del grembiule si fermò. La tensione che aleggiava nella palestra era palpabile.

Improvvisamente, Akane chiuse gli occhi e tirò fuori la mano da sotto il grembiule mentre con l'altra si tappava un'orecchia.

*BEEEP*

Ranma e Aki caddero a pancia all'aria storditi dal rumore assordante della trombetta da stadio che la signora Saotome aveva appena fatto suonare.

«Mamma!!! Non è stato divertente!» esclamò il bambino indignato riprendendosi per primo.

«E invece sì! Avreste dovuto vedere le vostre facce! Ma cosa pensavate?» rise Akane tenendosi la pancia.

Ranma non accennava a muoversi. Era sotto shock. Aveva seriamente temuto per la propria vita pochi secondi prima e doveva ancora rendersi conto di non essere ferito mortalmente. La risata cristallina di sua moglie lo riportò alla realtà e dalle sue orecchie cominciò ad uscire del fumo.

«Akane... Non. Farlo. Mai. Più.» sibilò furioso come non mai.

Akane si asciugò le lacrime e si ricompose.

«Stai zitto, che è meglio...» lo freddò fulminandolo con lo sguardo e sedendosi a terra sui talloni stizzita.

Ranma sbuffò e Aki si avvicinò a lei giulivo mentre afferrava il vassoio che aveva portato prima.

«Li vuoi i biscotti, Aki?» domandò Akane dolcemente.

Il bambino stava per rispondere di sì quando gli venne un dubbio.

«Li... Li hai fatti tu?» chiese titubante.

Un grosso gocciolone d'indignazione scivolò sulla fronte di Akane.

«No! Mangiali pure!» sbottò incrociando le braccia al petto.

«Fantastico!» esclamò Aki divorando un biscotto allegro.

Akane mise il broncio e decise che, se suo figlio aveva un atteggiamento simile nei confronti della sua cucina, la colpa era solamente di Ranma. Guardò suo marito con risentimento mentre questo allungava la mano verso i biscotti.

«C-che c'è? Non li hai fatti tu... Significa che sono commestibili!» disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Akane scattò in piedi ed Aki pensò bene di allontanarsi con i biscotti. Quando i suoi genitori bisticciavano era meglio non intromettersi e togliere qualsiasi cosa dalla loro portata perché erano capaci di lanciarsi di tutto.

«Ranma!» gridò Akane furiosa.

«S-sì?» balbettò Ranma non molto convinto.

«Sei uno stupido!!!»

*SSHH...TUNK*

Akane attraversò il dojo a grandi falcate sotto gli occhi attoniti di suo figlio.

«E tu fai quella maledetta domanda a tuo padre, Aki!!!» strillò prima di sbattere la porta dietro di sé facendo tremare le pareti.

Aki deglutì e guardò suo padre che sembrava sul punto di un infarto.

“E ci credo, poverino... La mamma gli ha lanciato una mannaia addosso...”

Ranma si lasciò cadere supino a braccia spalancate ancora sconvolto. Se non fosse stato per i suoi riflessi da artista marziale iper-sviluppati, in quel momento si sarebbe ritrovato senza i genitali. La mannaia brillò minacciosa conficcata nei palchetti in mezzo alle sue gambe divaricate.

«Papà... Ora posso farti la mia domanda?»

Non sapeva quante volte il suo cuore si fosse fermato negli ultimi cinque minuti ma quella era almeno la seconda, ne era certo. Si alzò in piedi con un salto e lanciò uno sguardo intimorito all'oggetto che sua moglie gli aveva lanciato pochi secondi prima rabbrividendo.

«Oh, che stanco che sono! Io vado a farmi un bel bagno, Aki! T-tu fai pure c-ciò che vuoi... Ma un consiglio: lascia che la mamma stia un po' da sola... Eheh! In questo momento probabilmente starà... Preparando la cena per vendicarsi e... Beh, è meglio non infierire...» disse incamminandosi verso la porta.

Aki lo guardò sospettoso. Poteva essere tutto tranne che stupido. Nelle sue vene scorreva anche il sangue di Nabiki Tendo, dopotutto. Si era accorto che suo padre stava evitando la sua domanda ma se pensava di farla franca in quel modo era solo un illuso.

«Papà?» lo chiamò raggiungendolo a due passi dalla porta.

«E-eh?» si fermò Ranma nervoso.

«Posso fare il bagno con te?» chiese il bambino sbattendo le palpebre dolcemente.

“Cazz... E adesso?!” pensò disperato Ranma irrigidendosi.

Aki sorrise sotto i baffi. Lo aveva in pugno. Una volta immersi nella vasca da bagno, suo padre non avrebbe avuto scampo e avrebbe dovuto rispondere alla sua domanda, che gli fosse piaciuto o...

«No!» esclamò d'un tratto Ranma.

«Eh? Perché no?!» protestò il bambino indignato.

«P-perché? Tsk, e me lo chiedi pure! Devi mettere in ordine la tua camera, signorino! Poi potrai pensare di rilassarti!» spiegò saccente Ranma.

«Ma... Non è giusto! La posso mettere in ordine dopo!» replicò Aki impuntandosi.

«Prima il dovere e poi il piacere, Aki... E' meglio che impari questo detto perché, quando andrai a scuola, i compiti verranno prima di tutto!»

Ranma si disgustò di se stesso. Non era da lui fare la predica a suo figlio, quella la lasciava sempre ad Akane, ma era disposto a tutto pur di scampare alla terrificante domanda che Aki voleva porgergli.

«Oh, uffa!» sbottò il bambino uscendo dal dojo pestando i piedi.

Ranma sospirò sollevato. L'aveva scampata di nuovo per un pelo. Ma per quanto sarebbe riuscito ad andare avanti?

[Continua nella seconda parte...]

(che, per l'appunto, non so ancora quando pubblicherò... ^^')

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Capitolo 2
*** Paure di un artista marziale - Seconda parte ***


 

Eccomi tornata! Scusate la lunga attesa ma ho realizzato di essere dipendente dal computer e quindi ho dovuto fare una specie di disintossicazione che è durata una settimana e mezzo circa... Purtroppo non è servita a molto... T___T... Ho deciso però che verrò sull pc solo di domenica! Così magari mi abituerò ad usarlo poco!!! =__=... Sono molto determinata!

E' successo però che, rileggendo la seconda parte della storia e modificandola, la lunghezza si sia raddoppiata! XD

Dunque vi esorto a non disperare perché la prossima domenica (non prima dato che il computer non lo devo toccare! è_é *l'autoconvinzione non funziona mai*) aggiornerò la terza, e, spero, ultima parte!

Comunque passiamo ai ringraziamenti:

mapi_m: ti ringrazio moltissimo! La parte dei biscotti in effetti è stata anche una delle mie preferite... Inoltre sono contenta che tu non sia normale altrimenti non potresti comprendere bene questa fan-fiction dato che io stessa di normale ho ben poco! XD Non so bene come mi sia venuto in mente il piccolo Aki... All'inizio non avevo intenzione di dargli molto carattere però dopo mi ci sono affezionata ed è venuto fuori così! ^^ Spero ti piaccia anche questo capitolo!

akanetendo96: Grazie anche a te! Sono contenta ti sia piaciuto il primo capitolo, ora però valuta il secondo! ^^

maryku: se Akane non fosse la solita violenta ed incapace di cucinare non sarebbe Akane! XD Insomma... Non piacerebbe per niente nei panni della mogliettina perfetta, no? In quanto ad Aki... Non avrei mai pensato che potesse piacere tanto! Io lo avevo creato solo come contorno ma poi mi sono fatta prendere la mano e ho fatto un mix dei caratteri di Ranma e Akane con un pizzico di Nabiki! XD Lo noterai meglio in questa seconda parte!

apple92: in questo capitolo ti verrà data l'età di Aki ma quella di Ranma e Akane non è indispensabile... In fondo basta sapere che sono adulti anche se sempre un po' bambini... XD

DolceMella: la tua curiosità sarà soddisfatta in questa seconda parte! Non anticipo niente! U_U............. (comunque, sì... Povero Ranma! XD)

 

 

 

 ...La Domanda...

Ovvero: Paure di un artista marziale

[Seconda parte]

 

Ranma rientrò in casa e subito se ne pentì. Dalla cucina provenivano rumori sinistri che interpretò come i soliti tentativi di Akane di avvelenarlo. Un po' titubante, decise di dare una sbirciatina alla sua... Ehm, cena...

«Stupido, stupido, stupido

Sua moglie stava inveendo contro di lui a bassa voce tagliuzzando con foga un povero cetriolo.

«Ma chi me l'ha fatto sposare un individuo simile?! Ah sì, mio padre! Adesso gliela faccio vedere io a quell'ingrato! Ranma, preparati! Perché questa sarà la cena peggiore della tua vita... Ahahaha!»

Ranma deglutì sudando freddo e corse in camera ad accertarsi che i digestivi regalatigli da Tofu l'altro Natale fossero ancora nascosti sotto il palchetto. Più tranquillo, andò in bagno e si immerse nella vasca alla ricerca di un po' di relax... Che purtroppo non trovò. Era talmente pieno di preoccupazioni che si dimenticò di spegnere il cervello per evitare di cominciare a crogiolarsi nella paranoia.

“E se volesse sapere come nascono i bambini?!” pensò disperato. “Non sono ancora pronto per affrontare un argomento del genere con lui! E poi ha solo cinque anni... No, no... E' qualcosa a cui posso rispondere soltanto ed esclusivamente io... Altrimenti l'avrebbe fatto Akane, no? Dunque...”

Ranma cominciò a partorire svariate ipotesi, una più improbabile dell'altra.

“Un nuovo gioco? No... Gli ho comprato l'ultimo l'altra settimana! Prima che si stufi di quello ci vorrà ancora un mesetto... Forse vuole che gli insegni a cucinare, in modo da non aver bisogno di lavande gastriche ogni volta che Akane prepara qualcosa... Ma no, lei non potrebbe mai essere complice di qualcosa che espliciti troppo chiaramente la sua incapacità con la cucina... E se... Oh, no! E se volesse chiedere informazioni sulla zia Ranko?! Sono fritto! Non posso dirgli che io e lei siamo la stessa persona!”

Quando Aki era nato, Ranma e Akane avevano deciso di non metterlo davanti ad un padre che si trasformava in donna perché avrebbe potuto confondere troppo le sue idee di uomo. Così era nata la zia Ranko, che veniva spesso a fare visita alla famiglia Saotome, comparendo solitamente nel laghetto di casa. Data la grande somiglianza tra il padre e la zia, Aki aveva deciso da solo che i due erano gemelli, sollevando in questo modo i genitori dal cercare una scusa plausibile.

“No, impossibile... Akane non lascerebbe mai tutta la responsabilità a me... E poi abbiamo deciso di dirglielo quando compirà sei anni...”

Ranma impallidì improvvisamente e facendo mente locale si mise a contare sotto voce aiutandosi con le dita.

“Cavoli! Ma è tra quattro mesi!!! Oh, Kami! Ora come farò a dormire la notte?”

Ranma ebbe un veloce flash di lui disteso rigidamente a pancia in su nel letto con gli occhi spalancati a fissare il soffitto. Scosse la testa e guardò un punto indefinito del bagno con determinazione.

“No! Adesso non è il momento di pensare a questo! Piuttosto... Che cosa faccio con quella stramaledetta domanda?!”

E si afflosciò nell'acqua facendo delle bollicine con la bocca.

“Non potrebbe andare peggio di così...” si disse sconsolato.

Improvvisamente, dei passi pesanti ed il rumore di una porta che si apriva furiosamente sbattendo sul muro, lo destarono dalla sua passività. Un ringhio conosciuto arrivò alle sue orecchie.

“Devo smetterla di augurarmi disgrazie con il mio ottimismo...”

Cominciando a sudare freddo nell'acqua bollente, Ranma si girò di scatto verso l'ingresso dell'anticamera del bagno giusto in tempo per vedere la porta scorrevole sradicarsi letteralmente e sua moglie apparire con un'aura blu davvero poco rassicurante.

«Ranma!» ringhiò furiosa. «Come puoi prenderti gioco di nostro figlio in questo modo?!»

Ranma tentò di reprimere i brividi di paura che cominciavano a corrergli per la schiena. Akane sembrava spiritata!

«A-Akane... T-ti p-posso s-spiegare... G-giuro c-che...»

«Come puoi parlargli di scuola e compiti?! Proprio tu che hai sempre copiato da me!» sbraitò lei facendo alcuni passi sino a sovrastarlo.

«A-aspetta, A-Akane... Lascia c-che...»

«Lui non è come te! Lo vuoi capire?!» gridò interrompendolo di nuovo, «Con lui non puoi comportarti come tuo padre faceva con te, Ranma!»

Il cuore di Ranma perse un battito. Akane aveva maledettamente ragione. Si alzò di scatto in piedi per guardarla negli occhi.

«Akane... I-io...» cominciò senza sapere bene come continuare.

«No, Ranma! Sei... Sei solo un codardo!»

Ranma spalancò gli occhi sconvolto. Anche dopo sette anni di matrimonio, riusciva ancora a farla soffrire con la sua stupidità. Non che Akane fosse in un mare di lacrime, ma riusciva a vedere nei suoi occhi bagnati l'enorme delusione che la affliggeva.

«Sei spaventato per una cosa che neanche conosci e...»

Ranma le tappò la bocca con la sua in un dolce bacio. Lei non si oppose ma mantenne un'espressione sostenuta, solo dopo alcuni secondi chiuse gli occhi e si abbandonò a quel contatto appoggiando lievemente le mani sul petto bagnato del marito.

Ranma la lasciò andare, le sorrise un po' amareggiato ed uscì dalla vasca dirigendosi verso la porta. Si fermò e si girò verso Akane che lo fissava corrucciata. Baciarla era servito a farla stare zitta, non ad ammorbidirla.

«Hai ragione tu... Mi sto comportando come mio padre. Mi ero dimenticato che... Io non sono un codardo come lui...» mormorò abbassando lo sguardo, «Adesso andrò a parlare con Aki...»

Akane lo raggiunse e gli mollò uno schiaffo.

Sigh... Ma ora che ho fatto?” pensò lui dolorante.

«Codardo o no, prima di fare qualunque cosa... Ripara la porta che ho appena scardinato!» ordinò uscendo dal bagno a passo svelto e fiero.

Ranma sorrise sconsolato, mentre la guancia rossa gli bruciava fastidiosamente, ed afferrò un paio di attrezzi sotto al lavello. Akane aveva rotto quella porta talmente tante volte in quegli anni che ormai ad aggiustarla ci stava sempre di meno.

 

Aki era seduto sul suo letto a gambe e braccia incrociate. Sua madre era corsa via furiosamente dalla sua stanza solo un quarto d'ora prima, quando, dopo averle rivelato di non essere nuovamente riuscito a fare la sua domanda al padre, lei aveva voluto sapere il perché.

“Oggi ho capito che quando la mamma dice che papà è uno stupido, non scherza affatto...” pensò impettito. “E ho anche capito che quando papà dice che la mamma è una pazza isterica, è altrettanto serio...”

Il bambino abbandonò un momento la sua espressione imbronciata rabbuiandosi.

«Non è giusto...» sussurrò. «Papà deve sentire cos'ho da chiedergli prima di scappare via!»

Aki si alzò dal letto, rianimato da una nuova determinazione, e corse ad aprire la porta. Sbatté però contro qualcosa e cadde seduto a terra.

«Devi migliorare i tuoi riflessi, Aki! Secondo te come faccio ad essere ancora vivo, sposato con quell'isterica omicida di tua madre?» chiese Ranma con sufficienza.

Dal piano terra arrivò l'urlo indignato di Akane leggermente ovattato dalla distanza.

«Ti ho sentito, Ranma!»

L'uomo sussultò e si chiuse velocemente la porta alle spalle. Tossicchiò imbarazzato.

«Ehm, comunque... Aki... Io... Volevo chiederti scusa per non averti ascoltato prima... Devi sapere che in realtà è stata colpa della mamma perché mi ha messo in testa un sacco di cose terribili e...»

«Ti ho sentito di nuovo, idiota!» urlò di nuovo Akane dalla cucina.

Ranma si guardò attorno analizzando tutto ciò che vedeva con circospezione.

«Ma ha piazzato delle cimici o ha sviluppato un super udito dopo aver mangiato qualcosa di radioattivo cucinato da lei?» borbottò Ranma stranito.

«Ranma!!! Al prossimo vengo su!»

Ranma deglutì fingendosi indifferente. Aki inclinò la testa perplesso ancora seduto a terra davanti a lui.

«Comunque... Non è vero, è stata colpa mia... Sai, il non sapere mi intimorisce un po'... Perdonami se non mi sono comportato bene, Aki...» disse accucciandosi all'altezza di suo figlio.

Sapeva che era una paura infondata ma... E se Aki non avesse voluto perdonarlo? Sarebbe potuto cadere in depressione oppure Akane avrebbe potuto chiedere il divorzio oppure...

«Ma certo che ti perdono!»

Ranma sentì qualcosa sciogliersi nel petto ed il calore tipico del sollievo lo invase mentre guardava il viso sorridente di suo figlio.

«Però adesso devi rispondere alla mia domanda... Per favore...» lo supplicò mettendosi in ginocchio a mani giunte.

Ranma deglutì: «Ovviamente... Perché sarei qui, altrimenti?»

«Giusto!» esclamò contento il bambino mentre andava a prendere qualcosa sotto il letto.

Ranma si rimise in piedi mentre guardava suo figlio intenerito. Era stato uno stupido a scappare da lui in quel modo. Sospirò sconsolato. Insomma, cosa mai avrebbe potuto chiedergli di tanto orribile? Era un bambino, sarebbe stata sicuramente una cosuccia da niente e tutto si sarebbe risolto al meglio. Akane li avrebbe risparmiati con la sua cena letale ed avrebbero ordinato la pizza. Sì, sarebbe andato tutto magnificamen...

«Meow...»

Il codino di Ranma si rizzò assieme a tutti gli altri peli presenti sul suo corpo. Se lo doveva essere immaginato, quel verso. Sì, doveva essere certamente così. Non era possibile che...

«Meow!»

Ranma cominciò a provare un enorme disagio mentre sentiva le gambe iniziare a tremargli senza poterglielo impedire. Aki si voltò verso di lui con qualcosa tra le braccia. Era ormai facile intuire cosa fosse. Era grigio, apparentemente morbido, con dei lunghi baffi, due orecchie a punta e degli enormi occhi azzurri dalla forma ben nota. C'erano anche gli artigli. Anche se nascosti dal pelo che ricopriva le zampe, Ranma sapeva che c'erano. Lo conosceva bene quel tipo di artigli, eccome se lo conosceva. Indietreggiò il più possibile fino a trovarsi con le spalle alla porta. Il bambino gli si avvicinò a cinque passi di distanza, in braccio teneva quella cosa pericolosa.

«L'altro giorno, mentre andavo al parco con zia Kasumi, l'ho trovato svenuto per strada e mi ha fatto tanta tenerezza, così... Beh, ho pensato di portarlo a casa per curarlo...» raccontò Aki guardando amorevolmente il piccolo animaletto che teneva tra le braccia.

“N-niente pa-panico... Ni-niente p-pan-nic-co...” pensò Ranma deglutendo sempre più agitato. “N-non puoi r-rischiare che... Che t-tuo figlio veda c-come ti riduci per un semplice ga... Ga... G-g-g-ga... B-beh... Qu-quella r-roba là...”

«Il fatto è che ora, mi è diventato tanto simpatico e mi dispiacerebbe abbandonarlo di nuovo per la strada da solo. Papà... La domanda che volevo farti è... Posso tenerlo, per favore?» domandò il bambino guardandolo supplichevole.

Ranma tentò di respirare profondamente e cercare un modo carino per esplicitare la sua idea riguardo a quell'assurda richiesta, sempre però mantenendosi il più lontano possibile dal figlio. Sentiva il corpo completamente paralizzato.

«Aki... Ma, dico, TI SEI BEVUTO IL CERVELLO?!???» esplose in preda all'isteria staccando la schiena dalla porta per avere più equilibrio.

«Meow...» fece il gattino innocentemente.

Ranma tornò con le spalle spiaccicate alla porta.

«Argh!!! Allontanati da me con quella roba!» intimò terrorizzato a suo figlio.

«Ma, papà... E' un gattino...» replicò Aki confuso.

«APPUNTO!!! Stammi lontano!» esclamò Ranma cercando di fondersi con la porta.

Aki sapeva che suo padre non amava i gatti, ma non lo credeva capace di fare tutte quelle scene. Aggrottò le sopracciglia testardo.

«Ma guarda com'è carino, dai... I suoi occhi hanno lo stesso colore del cielo!»

Quando Aki avvicinò il gattino al viso di Ranma per dimostrargli la sua innocenza non sapeva a cosa sarebbe andato in contro. Suo padre si immobilizzò improvvisamente assumendo diverse tonalità di blu misto grigio fino a raggiungere un bianco cadaverico.

«Meow?»

  

Akane stava pulendo allegramente il tavolo della cucina quando sentì le prime urla di suo marito. Ebbe più volte la tentazione di intervenire ad aiutarlo ma riuscì sempre a trattenersi. Ranma era un uomo e doveva comportarsi da tale. L'improvvisa assenza di rumori però le fece venire un terribile senso di angoscia. C'era troppo silenzio.

Un po' titubante, uscì dalla cucina e si fermò sulla porta tendendo le orecchie preoccupata.

 

«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH!!!»

 

L'urlo di Ranma, quel pomeriggio, venne sentito da tutta Nerima.

 

«Non ti sembrava Ranma, Genma caro?» domandò Nodoka perplessa.

«Oh, era sicuramente lui... Di solito urla così quando vede un gatto...» commentò Genma saccente fissando concentrato la scacchiera di fronte a lui.

«Speriamo non trasmetta questa sua fobia anche a nostro nipote! Aha! Ti ho fatto scacco, Saotome!» esultò Soun.

«Non vale, Tendo! Mi ha distratto l'urlo di Ranma!»

«Tutte scuse! Hai perso, amico!»

«Guarda, nevica!»

«Cosa? Ma è impossibile! Siamo in primavera inoltrata e... Ehi! Ti ho visto, Genma! Hai girato la scacchiera!»

«Ma che vai dicendo? Non è affatto vero!»

«Sì, invece!»

 

Akane si precipitò al piano superiore inciampando un paio di volte. Quando giunse in corridoio si diede una manata in fronte esasperata.

«MA SEI IMPAZZITO?!? PORTA VIA QUELL'ESSERE!!!»

Ranma era mezzo disteso sul pavimento e tentava di allontanarsi il più possibile spingendo con le gambe. Peccato che avesse le spalle al muro e più di tanto non potesse arretrare.

«Ranma, calmati, per favore...» disse Akane seccata.

Ranma volse la sua attenzione alla moglie e tutto gli fu improvvisamente chiaro. I suoi occhi divennero due fessure.

«Tu! Sapevi tutto e non mi hai detto niente!» la accusò. «E mi hai anche fatto sentire in colpa se ho tentato di salvarmi la vita!!!»

«Meow...»

«Aaah!»

Ranma fece un salto di due metri e si appiccicò in un angolo tra il soffitto e la parete. Il gattino, ormai sceso dalle braccia di Aki, si mise seduto ad osservare quell'umano che faceva di tutto per diventare parte integrale del muro.

«Bestia immonda, v-vattene! Sciò! P-pussa via!» inveiva Ranma.

«Ranma, avanti... Scendi dal soffitto...» gli intimò Akane mettendosi davanti al gatto.

«Neanche morto! Facevo bene a scappare!!! Altro che codardo! I miei sensi da artista marziale si erano accorti di tutto e me lo comunicavano nel mio subconscio!!!» sbraitò Ranma.

Akane sbuffò e cercò con lo sguardo Aki che era ancora impalato sulla soglia di camera sua. Guardava suo padre con un sopracciglio inarcato e le labbra arricciate in un espressione molto perplessa che però nascondeva una punta di scetticismo. In quel momento le ricordò terribilmente sua sorella Nabiki. Scosse la testa scacciando quel pensiero e, tornando a guardare Ranma, si accorse che il gattino le si era messo davanti. Purtroppo, realizzò troppo tardi che si era accucciato sulle zampe posteriori e stava caricando un salto.

“Oh, no...”

Non ebbe neanche il tempo di pensare di bloccarlo che l'animale si era già lanciato su suo marito aggrappandosi ai suoi vestiti dal taglio cinese. Il tempo si fermò.

Akane deglutì. Aki strabuzzò gli occhi. E Ranma... Beh, Ranma, rigido come uno stoccafisso, mollò la presa dal soffitto e cadde a facciata sul pavimento. Il gatto si spostò sulla sua schiena giusto in tempo prima di essere spiaccicato.

«Ranma!» esclamò Akane preoccupata accorrendo dall'uomo che era scosso da dei tic nervosi all'occhio destro e al piede sinistro. Le dita delle mani erano messe a forma di corna mentre la sua bocca emetteva gemiti strozzati.

«A-Akane... S-sta... P-per... S-succedere...» riuscì a dire tra gli spasmi.

Akane capì subito cosa intendesse. Non voleva che Aki lo vedesse in quel modo.

«Aki, vai a giocare in giardino con il gatto!» ordinò a suo figlio.

Alla parola "gatto", Ranma sussultò e, lentamente, si accucciò in una posa felina.

«Meow?» fece il piccolo micio tra le braccia di Aki.

Ranma alzò lo sguardo, le pupille ormai diventate più piccole e strette. Akane trattenne il respiro.

«Muoviti, Aki! Vai in giardino!!!» ripeté con voce più autoritaria.

Aki corse via intimorito portando con sé l'animale. Akane si voltò verso Ranma con aria combattiva.

«Meeeeoow.........»

Prese un bel respiro e si mise in punta di piedi seduta sui talloni.

«Vieni, micio micio... Avanti... Non aver paura...» disse dolcemente protendendo la mano verso di lui.

Ranma si mise a quattro zampe e soffiò.

«Dai, bel gattino... Sono io, Akane... Sono sempre io...» sussurrò cono tono rassicurante.

Ranma sembrò diventare meno diffidente e si avvicinò a lei.

«Ecco, da bravo...»

Akane stava per appoggiare la mano sulla sua testa per accarezzarlo quando un tonfo sordo attirò la sua attenzione. Ranma si scostò e si diresse incuriosito verso la fonte del rumore.

«Oh no!» esclamò Aki correndo dietro al gattino che gli era sfuggito di mano e stava risalendo la mezza rampa di scale che avevano appena percorso.

Oh, al diavolo!” imprecò Akane nella sua testa tirando fuori il suo martello di legno e colpendo Ranma in piena fronte prima che potesse raggiungere le scale.

Aki apparve in corridoio subito dopo il gattino e guardò perplesso sua madre ansimante.

«Perché hai usato il martello più grande, mamma? Non ti bastava quello medio? Ora papà non si riprenderà più per ore...» disse quasi dispiaciuto.

Akane lasciò cadere l'enorme martello e sospirò sfinita scivolando a terra con la schiena sul muro. Ranma, accanto a lei, dormiva stordito con un vistoso e pulsante bernoccolo nel bel mezzo della fronte.

 

Ma la giornata per loro non era ancora finita...

 

[Continua nella terza e ultima parte...]

 

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Capitolo 3
*** Paure di un artista marziale - Terza parte ***


Eccomi qui... Al posto di studiare geografia, la sottoscritta ha voluto ritoccare la terza parte di questa storia in modo da poterla postare ieri. Alla fine la posto oggi perché ieri HTML non mi funzionava... -.-'... E perché mi sono finta malata per saltare la verifica, quindi sono a casa... Eheh... ^^'

Ringraziamenti:

Violet_chan: grazie mille! Sono contenta piaccia anche a te! Come vedi tempo teoricamente non ne avrei ma aggiorno lo stesso... XP

Apple92: meow... XD

akanetendo96: certo che la grande domanda era di tenere un gatto! A cosa avevi pensato? Per Ranma niente potrebbe essere peggio! XD

mapi_m: me le sono studiate bene le domande a cui Ranma avrebbe potuto pensare! Tutte relativamente spaventose ma ridicole a confronto con quella vera!

maryku: quando ho letto il tuo commento mi sono gonfiata di orgoglio! Inoltre tutte le parti che piacciono a te sono proprio le mie preferite quindi mi fai decisamente contenta! ^^

 

Perdonatemi se non ho risposto ai vostri commenti con tante parole ma in sostanza vi ringrazio tutti moltissimo. Ora, come promesso, ecco qua la terza ed ultima parte della fic! Divertitevi e sorprendetevi! XD

  

...La Domanda...

Ovvero: Paure di un artista marziale

[Terza parte]

 

La cosa che odiava più di tutte era svegliarsi a causa di rumori sgraditi e quel miagolio lo era in tutto e per tutto. Tremando prima ancora di aprire gli occhi, Ranma si tastò il petto per tentare di smentire disperatamente il pessimo presentimento venutogli a causa del calore estraneo che sentiva. La sua mano incontrò qualcosa di morbido. Piagnucolando e maledicendo il mondo dentro di sé, aprì gli occhi ed alzò la testa. In quel momento decise che l'azzurro era il colore più brutto che avesse mai visto.

 

 Akane e Aki stavano seduti con le gambe a penzoloni sul giardino. L'unico rumore era provocato dalle foglie mosse dal vento.

«Te l'avevo detto io, mamma...» disse improvvisamente il bambino dopo un lungo silenzio.

«Tentar non nuoce, Aki...» sospirò lei.

«E invece sì... Papà ora è svenuto con un bernoccolo in fronte!» esclamò il bambino.

«Sai che roba... Ne ha passate di peggio, credimi...» borbottò Akane per niente preoccupata.

«Però non credevo che potesse avere così paura...» commentò Aki pensieroso.

Akane lo scrutò perplessa.

«Sì, insomma... E' sempre lui quello che dice di non aver mai paura di niente e poi vengo a scoprire che non è neanche capace di avvicinarsi ad un gattino!»

«Non dire così, Aki... Nessuno è perfetto! Tutti noi abbiamo una paura nascosta...» lo riprese Akane.

«Tu di che cosa hai paura, mamma?» domandò il bambino curioso.

Akane sorrise furbescamente.

«Non lo saprai mai!» esclamò facendogli un buffetto sul naso.

«Oh, ma perché?! Dai, mamma!»

Lei rise di gusto e scosse la testa. 

«Niente da fare, mio caro! Non te lo dirò! Piuttosto... Mi sa che dovrai portare il gattino che hai trovato da qualche altra parte, tesoro. Non potrà restare a casa con noi... Credo lo abbia capito anche tu...» gli disse dolcemente.

Aki si rabbuiò.

«Sì... Però non credi che sia ora che papà superi le sue paure?» domandò cocciuto.

«Cosa intendi dire?» replicò lei cautamente.

«Secondo me, potremmo tentare di abituarlo ai gatti così dopo smetterà di avere paura!» esclamò fiducioso.

«Non credo funzionerebbe, Aki...» confessò Akane storcendo il naso, «Ci abbiamo già provato, credimi...»

«Ma adesso papà è grande... Potrebbe darsi che vada meglio, no?» insisté il bambino.

Akane lo guardò intenerita. Era proprio testardo.

«E va bene... Ma prima è meglio vedere come la pensa lui, non credi?»

«Sì, giusto!» pronunciò Aki solennemente.

La madre rise e poi si guardò intorno un po' perplessa.

«Aki, a proposito del gattino... Dov'è?» chiese.

«Non lo so... Mi pare di averlo lasciato... D-di sopra... Oh, oh...»

 

«AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH!!!»

 

Akane guardò suo figlio strabuzzando gli occhi incredula e lui si grattò la guancia ridacchiando imbarazzato.

«Oh, Aki!!!» imprecò andando di corsa al piano superiore seguita dal bambino.

Trovarono Ranma nella stessa posizione in cui l'avevano lasciato (disteso supino nel futon per gli ospiti) ma con una palla di pelo grigia accoccolata sul torace. La bocca era aperta in un'espressione terrorizzata e le braccia erano piegate ai lati della testa con le dita a forma di corna. Akane si mise una mano davanti alla bocca preoccupata e Aki si apprestò velocemente ad allontanare il gatto dal padre.

«Ranma, tutto bene?» chiese Akane avvicinandosi al marito titubante.

Ranma continuava ad emettere strani versi strozzati accompagnati da un tic nervoso alla gamba.

«Ranma, avanti! Il gatto non c'è più!»

A quella affermazione l'uomo girò la testa verso di lei e la fulminò con lo sguardo.

«A-Akane, c-come hai potuto?!» disse agognante.

Lei si accucciò e gli accarezzò dolcemente la guancia per calmarlo.

«Scusami... Forse avrei dovuto avvertirti...» mormorò dispiaciuta.

«D-direi!» borbottò lui lievemente arrossito mentre si metteva seduto.

«Meow!!!»

Ranma sussultò e si aggrappò alle spalle della moglie per usarla come scudo. Il gatto tra le braccia di Aki tentava di liberarsi.

«S-senti, A-Aki... I-io non v-voglio e-essere cattivo m-ma... E-ehm... Ecco...»

«Non importa, papà! Ho preso una decisione assieme alla mamma!»

Ranma smise improvvisamente di tremare e, allontanandosi un po' da Akane, la guardò preoccupato. Lei gli sorrise poco convinta.

«Ti aiuteremo a superare la tua paura per i gatti!» esclamò determinato.

Ranma si pietrificò. Aveva una vaga idea di come sarebbe andata a finire quella storia e non era niente che includesse tranquillità e pace per la sua persona. Aki fece un passo verso in avanti e lui si precipitò dall'altra parte della stanza agitando le mani davanti a sé.

«N-no, A-Aki... A-apprezzo m-molto c-che tu v-voglia... Ehm... A-aiutarmi ma... N-non credo p-proprio s-sia il c-caso...» balbettò cercando di sembrare convincente.

Il gattino riuscì a liberarsi dalla presa del bambino e corse verso Ranma che emise un urlo strozzato e tentò di risalire con le unghie la parete, senza successo. Akane afferrò l'animale prima che potesse avvicinarsi troppo.

«Qualsiasi cosa, Aki! Ti prenderò qualsiasi cosa! Un cane, un topo, un'oca, un coniglio, uno scoiattolo, un coccodrillo! Se vuoi ti rintraccio persino un porcellino nero da poter chiamare P-chan!!!» gridò Ranma disperato.

Akane si illuminò. Era da quando si era sposata che non vedeva più il suo animaletto domestico. Le piaceva credere che fosse ancora vivo (e non finito in qualche padella) e che un giorno sarebbe tornato da lei, ma vista la lunga assenza stava cominciando a perdere le speranze.

«T-ti prego... P-porta v-via q-qu-quel... Qu-quel... Quel... Quel coso!» implorò Ranma con tono isterico indicando il gattino tra le braccia di Akane.

Aki puntò i piedi cocciuto.

«No!»

Ranma si immobilizzò, preso alla sprovvista. Akane si girò sconcertata a guardare il figlio.

«Cosa?!» domandarono entrambi seppur con due toni leggermente diversi, uno disperato e l'altra scandalizzata.

«No, ho detto! Papà, sei ridicolo! E' un gattino! Non puoi veramente aver paura di lui!»

I due genitori strabuzzarono gli occhi e si guardarono increduli. Non si accorsero dunque, che il determinato ma ingenuo Aki si era avvicinato alla madre e le aveva strappato dalle braccia il gattino grigio. Akane non ebbe nemmeno il tempo per protestare che suo figlio lo aveva già spiaccicato in faccia a suo marito come poche ore prima. Il suo cuore mancò un battito.

«Ecco! Guardalo... Non ti fa niente!» esclamò fiducioso.

Ranma sudava. Guardava quegli occhi azzurri e sudava. Vedeva quel soffice pelo grigio e sudava. Sentiva muoversi quei lunghi baffi e sudava. Sudava freddo.

«Aki, cosa stai facendo?!» strillò Akane con una nota isterica.

«Dimostro a papà che i gatti non fanno niente!» replicò lui convinto girando la testa per guardarla.

«Aki... T-tu non sai cosa...»

La donna venne interrotta. Un miagolio echeggiò nella stanza. Aki tornò lentamente a guardare davanti a sé con una punta di terrore. Quel verso non l'aveva emesso il suo gattino.

Nooooooo! Non davanti ad Aki!” pensò Akane mettendosi le mani nei capelli in preda al panico.

«P-papà? S-stai... Bene?» farfugliò il bambino mentre la mano con cui teneva il povero animale cominciava a tremare.

«Meeeoow...»

Aki strabuzzò gli occhi mentre faceva un passo indietro incerto e osservava suo padre accucciarsi a quattro zampe. Sua madre gli si precipitò davanti, protettiva. Cosa stava succedendo?

«Ranma... Torna in te, ti prego...» disse Akane con voce ferma.

Ranma rispose soffiando come un gatto. Aki era sempre più perplesso.

«Avanti, controllati!»

Lui però si accovacciò sulle gambe pronto a spiccare un balzo verso di loro. Akane fece un passo indietro spingendo anche Aki, sempre più turbata.

«M-mamma... P-perché papà è...»

«Meeeoooow!!!» fece Ranma saltando.

Successe tutto in pochi attimi. Akane afferrò il tavolino accostato al muro e lo utilizzò all'ultimo secondo come scudo. Il codinato si ritrovò spiaccicato contro il legno e cadde a terra con un tonfo, mezzo svenuto. Aki, che aveva stretto il gattino quasi fino a soffocarlo, lo lasciò andare e corse davanti a sua madre per controllare le condizioni del padre.

Akane sospirò passandosi il dorso della mano sulla fronte ed appoggiando il tavolo a terra. Le cadde l'occhio sul gattino grigio e lo afferrò prima che andasse a curiosare.

«Aki...»

Il bambino si girò verso la madre e capì subito cosa volesse dirgli.

«Questo gatto... Non può assolutamente restare qui...»

Aki abbassò lo sguardo su Ranma che miagolava agonizzante steso a terra.

«Sì, lo so...»

 

Un altro risveglio, questa volta quando fuori ormai era buio, gli fece ricordare di essere svenuto di nuovo a causa di quella bestia tremenda. Con brividi su tutto il corpo, Ranma si guardò intorno per capire dove fosse e controllare che il suo più grande terrore non fosse nei paraggi. Dopo un'accurata analisi constatò di essere nella camera sua e di Akane e che nessun gatto sembrava essere in agguato o nascosto da qualche parte. Leggermente dolorante, si alzò dal letto ed uscì dalla stanza alla ricerca delle due persone che gli avevano fatto passare una delle giornate peggiori della sua vita. Sentì delle voci provenire dalla sala da pranzo.

«Hai capito adesso, Aki?»

«Sì, mamma...»

Erano seduti al tavolo su cui erano posati due cartoni di pizza mezzi pieni. Lo stomaco di Ranma brontolò e loro si accorsero di lui.

«Ranma... Stavo raccontando ad Aki della tua fobia sui gatti...» lo informò Akane.

Ranma tentò di ignorare i brividi che gli percorrevano la schiena. Non gli piaceva ricordare “La tragedia dei gatti”...

«Sì, papà... Ora che so cosa ti ha fatto nonno Genma, capisco tutto! Ti chiedo scusa!» esclamò il bambino dispiaciuto.

Ranma sorrise scuotendo la testa.

«T-tranquillo... N-non potevi saperlo... Ma tua madre avrebbe potuto anche dirti qualcosina, non è vero?» domandò guardando sua moglie risentito.

Lei tirò fuori la lingua colpevole ed arrossì ridacchiando.

«Ehm... Vero...» ammise.

Ranma percepì qualcosa di morbido e caldo strusciarglisi sulla gamba mentre il suo codino si rizzava e il suo corpo si immobilizzava. Aki si precipitò a prendere in braccio il gatto.

«Oh, mi dispiace papà! Domani gli troverò un'altra casa... Ti prometto che non ti darà più fastidio!» si scusò il bambino abbracciando dolcemente il micio.

Ranma deglutì e guardò suo figlio combattuto. Se quell'animale fosse restato, lui sarebbe di sicuro andato fuori di testa. Però Aki si era attaccato molto a quella bestiola... Come poteva essere tanto egoista da pensare solo a ciò che era meglio per lui? Sospirò. Si sarebbe pentito amaramente di ciò che stava per dire...

«No...» mormorò deglutendo. «P-può restare...»

Akane si soffocò con un boccone di pizza che aveva appena cominciato a masticare mentre la mascella di Aki si slogò fino al pavimento. Il gattino strabuzzò gli occhi.

«Co... Cosa hai de-detto?!» domandò Akane esterrefatta tossendo.

«Ho d-detto che può r-restare!» ripeté Ranma spazientito senza guardarla.

«Ma... Ne sei davvero sicuro?» insisté lei buttando giù un sorso d'acqua.

Ranma incrociò le braccia e le lanciò uno sguardo fugace prima di mettersi a fissare il soffitto battendo nervosamente il piede a terra.

«C-certo... I-in f-fondo... E'... E' solo un g-ga-gatto, n-no? S-se Aki ci è tanto... Affezionato, non vedo perché non p-potrebbe restare...» disse con tono un po' isterico.

«Ranma...» mormorò Akane sorpresa.

Gli occhi di Aki si illuminarono.

«Dici davvero, papà?!» esclamò entusiasta.

Ranma annuì sorridendogli lievemente. Le sopracciglia inarcate e gli occhi spalancanti però, tradivano una certa preoccupazione.

«Grazie, grazie, grazie!!!»

Il bambino mosse un passo verso di lui che però si ritrasse allarmato.

«E-ehm... E' m-meglio se mi ringrazi d-dopo e magari s-senza qu-quella roba i-in braccio...»

Aki abbassò lo sguardo sul gattino tra le sue braccia.

«Ah, scusa...» mormorò imbarazzato.

«Comunque, sappi che ci sono delle condizioni!» mise in chiaro Ranma facendosi più autorevole.

«Tutto quello che vuoi, papà!»

Akane scrutò suo marito divertita.

«Per prima cosa: terrai quell'essere a bada! Mi spiego meglio... Durante i pasti lui se ne starà fuori dalla stanza, durante gli allenamenti pure, durante il bagno anche!» cominciò.

Aki annuì solennemente. Ranma riprese.

«Seconda cosa: se solo osi lasciarlo entrare in camera mia e di tua madre, ti assicuro che tu e quella roba ve la vedrete brutta, molto brutta! E non sto scherzando!»

Aki deglutì annuendo di nuovo.

«Terza ed ultima cosa: non dovrà mai avvicinarsi a meno di tre metri da me!» concluse Ranma. «Ci siamo capiti?!»

«Sissignore!» rispose Aki mettendosi sull'attenti lasciando così cadere il micio.

Ranma fece un salto, già pronto a scappare ma Akane lo afferrò per la nuca e se lo mise tra le braccia.

«Aki, è ora di andare a dormire... Dai la buona notte a papà e vai di sopra a metterti il pigiama...» disse con finto tono severo.

Aki saltò in braccio a Ranma schioccandogli un bacio sulla guancia.

«Grazie! Sei il papà migliore del mondo!» esclamò gioioso.

Ranma borbottò qualcosa imbarazzato e il bambino tornò per terra. Guardò indeciso sua madre.

«Ehm... Mammina cara...» cominciò sbattendo le palpebre amabilmente.

Akane inarcò un sopracciglio per niente convinta.

«Sì?»

«Tsuki può dormire con me?» domandò con dei luccichii negli occhi.

«Tsuki?» ripeté perplessa lei.

«Sì, è il suo nome! L'ho chiamato così perché mi ricorda la luna...» esclamò Aki indicando il gattino in braccio alla madre.

Akane guardò Ranma in cerca di consulto. Lui, che aveva finto indifferenza per non essere interpellato, si vide costretto a tirarsi fuori.

«Oh, non guardare me! Per quel che mi riguarda, quel gatto può starsene dove vuole... Basta che io non sia nei paraggi!» chiarì frettolosamente.

Akane lo fissò in attesa e Ranma, dopo aver sbuffato, incrociò le dita dietro la nuca con noncuranza.

«Ma se proprio vuoi un mio parere... Credo non ci siano problemi... In fondo tu dormivi sempre con Ryo... Ehm... P-chan, giusto?»

«Già... P-chan... Chissà dov'è finito...» mormorò Akane rabbuiandosi un po'.

Ranma si maledì mentalmente.

«Chi è P-chan?» domandò perplesso Aki.

«Era solo l'animaletto domestico della mamma quando aveva sedici anni!» rispose Ranma con sufficienza.

«E' vero... Era un porcellino nero dolcissimo. E il tuo papà era estremamente geloso di lui!» esclamò Akane facendo l'occhiolino a suo figlio.

«Eh?! Non è vero!» intervenne Ranma sulla difensiva.

«Sì, eri geloso!» constatò Aki dalla sua reazione ridendo di gusto.

«Ah, basta con questi discorsi! Vai a dormire, Aki! E portati via qu-quello...» borbottò lui accennando a Tsuki con la testa.

«Va bene, va bene!» esclamò il bambino.

Akane gli porse il gattino sorridendo.

«Buona notte!» gridò correndo su per le scale.

Ranma sospirò. Aveva fatto la cosa giusta permettendo a suo figlio di tenersi quel gatto? No, decisamente. Aveva appena firmato la sua condanna. Però, ora che ci pensava, forse quella poteva essere la giusta occasione per diminuire un po' la sua fobia per i felini. Dubitava ovviamente di arrivare ad abbracciare un gatto di sua spontanea volontà ma almeno avrebbe potuto vivere senza rischiare infarti ogni volta che ne vedeva o sentiva uno. Sì, poteva essere un obbiettivo fattibile. Il suo stomaco lo ridestò dai suoi pensieri emettendo strani gorgoglii.

«Vuoi un po' di pizza, Ranma?»

La dolce voce di Akane arrivò alle sue orecchie provocandogli dei piacevoli brividi che si ramificavano dal petto. Alzò lo sguardo che poco prima era stato perso nel vuoto e si accorse del magnifico sorriso che sua moglie gli stava regalando. Probabilmente, se glielo avessero chiesto lo avrebbe negato fino alla morte, ma ogni volta che lei gli sorrideva si sentiva davvero sciogliere. Era sempre stato così e così sempre sarebbe stato.

«Sì...» rispose incantato a guardarla.

Akane ridacchiò, prese una fetta di pizza e gliela lanciò in faccia.

«Prego, serviti!» esclamò beffarda.

Ranma rimase in attesa che il cibo appena ricevuto scivolasse giù dal suo viso e poi, con il naso sporco di pomodoro ed un'espressione indecifrabile, prese una fetta di pizza.

«Grazie!» disse mordendola e poi porgendogliela, «Ne vuoi anche tu?»

«Credo che per questa volta passerò...» rise Akane indietreggiando.

Ranma si avvicinò a lei e le spiaccicò la fetta di pizza sulla guancia.

«Ora siamo pari...» mormorò appoggiando la fronte sulla sua.

«No... Non ancora!» lo contraddisse lei aggrappandosi al suo collo per poi baciarlo dolcemente. La pizza le scivolò dalla guancia e cadde a terra.

«E questo, a cosa lo devo?» domandò Ranma mettendole le mani sui fianchi.

Lei sorrise.

«Sono molto orgogliosa di te... Hai messo da parte le tue paure per Aki...» rispose.

«L'ho fatto anche per te... Per dimostrarti che non sono un codardo come mio padre...» confessò.

«Tu non sei mai stato come tuo padre... Però hai avuto molto coraggio a dirgli di sì. Un gatto è comunque un impegno, soprattutto un cucciolo come Tsuki. Bisognerà portarlo dal veterinario, vaccinarlo, controllare che non abbia i vermi e le pulci, comprargli una cuccia, il cibo, qualcosa dove farsi le unghie perché non ci rovini i mobili... Forse anche sterilizzarlo...»

Akane aveva elencato tutto ciò con una mano sotto il mento e lo sguardo rivolto al soffitto. Ranma aveva ascoltato strabuzzando gli occhi man mano che lei procedeva con la lista.

«E... E quanti soldi ci verrebbero a costare tutte queste cose?» domandò non convinto di voler conoscere la risposta.

«Ah, non lo so... Forse quaranta o cinquantamila yen... Dipende tutto da...»

Ma Ranma era sparito su per le scale senza neanche ascoltare la fine della frase. Akane sospirò esasperata appena sentì i suoi strilli isterici.

 

«Akiiiii! Ho cambiato idea! Manda SUBITO via quell'animale!!!!!!!!!»

«Ma, papà... Perché?»

«PERCHE' SI'!!!»

«Meow?»

«AAAAARGH!!!»

«Buono, Tsuki! Lascia il codino del mio papà!»

«I-io... O-odio... I... Gatti...»

[FINE]

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