Note della traduttrice (bluemary): Dopo aver spulciato quasi tutto il fandom inglese incentrato su Albert Wesker, ho finalmente trovato questa saga in cui il leggendario antagonista resta perfettamente IC. Questo particolare non di poco peso, unito a una trama intrigante e che migliora di storia in storia (la saga, conclusa, è composta da cinque storie in totale, che potrebbero comunque essere considerate autoconclusive), mi ha convinto a propormi come traduttrice; spero che possiate apprezzare questa saga come l'ho apprezzata io. Naturalmente tradurrò ogni recensione a questa storia e la invierò all'autrice, e in caso di sue risposte le tradurrò e le posterò nel prossimo capitolo. Buona lettura!
Capitolo 1: Correre un rischio
Il loro primo incontro era avvenuto più di un anno prima, a Rockfort Island.
Claire Redfield lo ricordava ancora ed era terrorizzata al solo pensiero di
incrociare di nuovo Albert Wesker. In quell’occasione lui l’aveva picchiata e
usata poi come esca per arrivare a suo fratello Chris. Claire sapeva che i due
uomini si detestavano a vicenda, ma a quanto pareva nessuno le avrebbe mai
raccontato tutta la storia che c’era dietro. Da parte sua, condivideva l’odio di
Chris nei confronti di Wesker, ma allo stesso tempo ne aveva paura. Poteva
ancora rivedere le sue iridi rosse che la trafiggevano da dietro gli occhiali da
sole, mentre lui le rivolgeva un sorriso beffardo. Era disumano e di gran lunga
troppo potente perché lo potesse sconfiggere in uno scontro uno contro uno, ma
questa consapevolezza non le impediva di sognare di riuscirci. Un giorno avrebbe
letteralmente strappato gli occhi dalle orbite a quel bastardo, per quello che
aveva fatto a Steve Burnside.
"Steve," mormorò nel vento.
Erano trascorsi un anno e poche settimane, e Chris e Jill se n’erano andati,
combattendo la rifondata Umbrella Corporation e le agenzie rivali. Claire,
ovviamente, non era stata informata dei dettagli, perché suo fratello non voleva
che si ficcasse in situazioni pericolose come capitava a lui. Così continuava
gli studi, prevalentemente letteratura, e si teneva in perfetta forma,
allenandosi nel combattimento corpo a corpo e prendendo lezioni di autodifesa.
Frequentava anche il poligono e aveva cominciato ad appuntarsi qualunque notizia
potesse riferirsi alla Umbrella.
Oltre a ciò la sua vita era totalmente piatta. Leon occasionalmente si
lasciava sfuggire delle informazioni riguardanti il gruppo, ma non erano mai
sufficienti per risultare davvero utili. Odiava essere lasciata indietro,
specialmente dopo che aveva dato prova di sé a Rockfort. Aveva combattuto e
ucciso la sua parte di mostri, aveva sparso il suo stesso sangue per la causa.
Ma la piccola Claire deve sempre essere protetta, pensò, con un sospiro.
Per quanto odiasse ammetterlo, sapeva di essere diventata un peso a Rockfort,
dopo che Wesker l’aveva scoperta. Talvolta si ritrovava a pensare che forse
quell’unico errore avesse distrutto le sue possibilità di venire accettata come
membro della squadra. Era in momenti come questi, quando l’immagine di Wesker le
infestava la mente, che lei si chiedeva se davvero volesse essere coinvolta in
tutto ciò. Cazzo, sì!
Un po’ più di un anno dopo Rockfort, ebbe la sua chance.
Claire sedeva dietro il volante dell’auto con un binocolo appoggiato agli
occhi, a distanza di sicurezza dall’uomo che, seduto all’esterno di un bar,
stava chiaramente aspettando qualcuno. Quello sconosciuto continuava a
controllare il suo orologio e a picchiare le dita sul tavolo in segno di
noia.
"Sei mio!" Si disse Claire con un sorriso. "Ma dov’è il tuo compagno?"
Si era già imbattuta in quell’uomo durante la settimana, sorvegliando una
spedizione di casse contrassegnate con il vecchio marchio della Umbrella. Chris
sarebbe rimasto di sicuro senza parole per la sorpresa, pensò con soddisfazione.
Leon aveva accennato al fatto che, secondo loro, stesse succedendo qualcosa di
sospetto a Boston –una spedizione di qualche tipo- ma al momento erano tutti in
Europa, impegnati in un’altra missione. Claire aveva guidato per ore per
arrivare a Boston, senza avere la minima idea di cosa dovesse cercare, così
aveva tenuto un registro di tutte le navi che erano approdate lì. A quanto
pareva, la fortuna dei Redfield l’aveva ben servita. I giorni trascorsi a
controllare i contrassegni delle casse avevano dato i loro frutti.
"Perché non se ne va in bagno o in un luogo simile?" sbuffò, prendendo un
altro sorso di caffè –abitudine, questa, che aveva preso da Chris. L’uomo stava
custodendo una valigetta argentata di qualche tipo. Era praticamente incollata
alla sua gamba. "Chiunque penserebbe che dopo sei ore di lavoro lui dovrebbe
sentire il bisogno di farla."
Attese qualche altro minuto, finché finalmente l’individuo si alzò e si
diresse all’interno del bar, dicendo chiaramente al cameriere di non liberare
per errore il suo tavolo. Claire scivolò dentro l’edificio subito dietro di lui,
fino in bagno, mentre nessuno guardava. L’uomo raggiunse un orinale, la valigia
ai suoi piedi. Si abbassò la cerniera dei pantaloni proprio nell’istante in cui
lei tirò fuori dalla tasca un coltello e comparve dietro la sua schiena,
puntandogli poi la lama alla gola.
"Non muovere un muscolo," ordinò, facendolo irrigidire. "Se ti giri sei
morto. Hai capito?"
L’individuo annuì.
"Bene. Dammi il tuo portafoglio."
"Ecco, tieni," disse lui, raggiungendo lentamente la tasca e tirandolo fuori.
"Per favore, lasciami andare adesso. Hai avuto quello che volevi."
Claire cercò di reprimere un sorriso. Non le interessava davvero il
portafoglio, ma non voleva che l’uomo notasse l’assenza della valigetta fino a
quando non fosse stata libera di andarsene senza essere notata.
"D’accordo. Visto che hai collaborato ti lascerò libero. Vedremo quanti soldi
hai nel conto, va bene? Ora me ne andrò. Tu conta fino a dieci prima di muoverti
da qui, e tutto finirà per il meglio. Conta ad alta voce, okay? Comincia."
"Uno… due… tre…"
La voce dello sconosciuto continuò a contare, ma Claire se n’era già andata
da tempo, dopo aver silenziosamente trascinato via la valigetta che era ai suoi
piedi. Si sedette in macchina con un sogghigno, accese il motore e, prima di
partire, lanciò un’ultima occhiata al bar. L’uomo era tornato al suo tavolo, il
suo volto era di un pallore mortale mentre si accomodava di fronte a un
individuo biondo e austero, vestito di nero da capo a piedi.
Claire ebbe l’impressione che il respiro le fosse rimasto intrappolato nella
gola, con tutti i suoi nervi che urlavano in allarme e la pregavano di pigiare
sull’acceleratore come una forsennata.
"Wesker," esalò, incredula.
Era esattamente come lo ricordava, con i suoi vestiti professionali e i
capelli perfettamente pettinati. All’improvviso il suo fantastico contributo
alla squadra assunse un’accezione molto più pericolosa del previsto. Si immise
il più rapidamente possibile nelle vie della città, fino a raggiungere
l’autostrada. Dopo cinque ore di quella maratona su quattro ruote, si fermò in
un’area di sosta. Aprì lo sportello del cellulare e le sue dita digitarono un
numero.
"Chris?" chiamò.
"Ehi, sorellina, che c’è? Adesso non posso proprio parlare; ci stiamo
preparando per una riunione."
Claire deglutì a stento mentre toccava la valigetta di metallo.
"Uhm, bene, questo potrebbe essere un vantaggio. Sarò breve. Wesker non è in
Europa."
"Di che stai parlando? Sono mesi che nessuno vede Wesker."
"È a Boston."
Ci fu un lungo silenzio.
"L’hai visto? Claire, lui non ti ha visto, vero? Un minuto, ti metto in
vivavoce." Ci fu un click e poi più nulla. "Puoi sentirci?"
"Ehi, Claire!" Salutò Jill "C’è anche Leon, qui. E c’è pure Rebecca."
"Ciao ragazzi. Ascoltate, Wesker è a Boston. L’ho visto oggi. Si stava
incontrando con qualcuno in un bar. Penso che fosse lì per prendere dei
campioni."
"Cosa te lo fa credere?" Chiese Leon.
"Ehi, perché tu eri a Boston?" Si intromise Chris. Jill gli disse di
calmarsi.
"Stavo seguendo un carico della Umbrella e questo tizio. Il suo nome è…
lasciami controllare un attimo." Armeggiò con il portafoglio. "Mr. Mark Wimble.
In un certo senso gli ho rubato il portafoglio e la valigetta che aveva con sé.
È chiusa a chiave, ma sembra una di quelle di cui mi avete parlato, che servono
a trasportare i campioni virali. È proprio qui, in macchina con me."
"Hai rubato a Wesker?!" Esplose Chris. "Claire, ti hai visto nessuno? Non
andare a casa, okay? Trova un altro posto dove stare per sicurezza. Dio mio,
Claire, hai una vaga idea di cosa potrebbe farti?"
La ragazza sbuffò sdegnosamente.
"In effetti sì, ce l’ho. Ascolta, nessuno dei due mi ha visto. Piuttosto,
questa valigetta te la invio o la nascondo da qualche parte?"
Poteva immaginarsi Chris scuotere la testa in preda all’ansia e alla
frustrazione. Si accigliò. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che suo
fratello si angosciasse per questa faccenda. Lei era già abbastanza preoccupata
per entrambi. Le pareva che la schiena le dolesse ancora al solo ricordo di
Wesker che quasi le frantumava la spalla contro il suolo.
"Penso sia meglio che tu la porti da noi di persona," asserì Jill. "Qualcuno
deve averti visto al bar e, se riescono a fornire una tua discrezione
sufficientemente buona, Wesker capirà che sei stata tu. E se questo succede ti
troverà. Il capitano è sempre stato tenace."
"Jill!" Esclamò Chris.
"No, Chris, questa è l’alternativa più sicura."
"Stavo indossando la mia giacca rosa preferita, Chris."
Suo fratello in quel momento stava morendo, ne era certa. Cavoli, si sentiva
stupida ad aver indossato la sua giacca distintiva. Parte di te voleva che
Wesker sapesse che eri tu, le sussurrò la sua mente. Era una provocazione
per come lui aveva trattato Steve da cavia e per la sua arroganza. Sapere che un
Redfield l’aveva contrastato avrebbe reso l’uomo furioso e lei ne avrebbe
sorriso. Bene, questo era innegabile, tuttavia non aveva pianificato che Wesker
fosse presente, quel giorno.
"Okay. Ascolta…" Le diedero una data e il nome dell’aereo da prendere due
giorni più tardi. Lei si appuntò le varie informazioni e mise in modo la
macchina. "Ci vediamo tra un paio di giorni, sorellina, fai attenzione."
Lei promise di sì e si immise in autostrada. Non era diretta al suo
appartamento, ma all’università, per finire alcune faccende. Era certa di avere
ancora un po’ di tempo per sistemare le sue cose prima di partire.
Nel frattempo, un uomo biondo molto arrabbiato era in piedi davanti a un
cameriere che timidamente si guardava le scarpe. Wesker era come al solito
l’emblema di un potere tenuto perfettamente sotto controllo, mentre aspettava
una descrizione.
"C’era una giovane donna qui, più o meno quando c’era lei, signore, e se n’è
andata con una valigetta metallica simile a quella che mi ha descritto. Era
difficile non notarla. Indossava una giacca rosa e aveva lunghi capelli rossi.
Mi ha ammiccato mentre usciva."
Wesker quasi non credette alle proprie orecchie. La descrizione si adattava a
una certa donna che lui aveva avuto occasione di incontrare, seppur brevemente.
Rivide lui stesso a Rockfort, le mani che la trattenevano rudemente per i
capelli. Claire Redfield. Quegli stupidi agenti dell’anti-Umbrella erano
in Europa; le sue fonti lo confermavano e sapeva che Claire non era con loro.
Non lo sorprendeva il fatto che lei fosse di nuovo in azione, ma solo quella
coincidenza. Fece un sorriso appena accennato mentre si allontanava a grandi
passi. Mr. Wimble stava ancora spiegando il suo sbaglio, ma Wesker non lo
ascoltava. Questa novità si accordava ai suoi piani in maniera quasi troppo
perfetta
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