My Way Back Home Is Through You

di Layla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Cadere Da Soli ***
Capitolo 2: *** 2)Ritorno A Casa ***
Capitolo 3: *** 3)Gli Scheletri Nell'Armadio ***
Capitolo 4: *** 4)Gli Scheletri Che Prendono Vita ***
Capitolo 5: *** 5) Le Voci Della Notte ***
Capitolo 6: *** 6) La Tabaccheria Di Leila ***
Capitolo 7: *** 7) Incubi E Cauto Ottimismo ***
Capitolo 8: *** 8)Bambini Perduti ***
Capitolo 9: *** 9) La Decisione Giusta è Quella Più Dolorosa ***
Capitolo 10: *** 10)Le Speranze Infrante Di Lene ***
Capitolo 11: *** 11) Arrivederci ***
Capitolo 12: *** 12) La Spiaggia Dei Fossili Insanguinati ***
Capitolo 13: *** 13) Quel Piccolo Grammo Di Coraggio Che A Volte Si Trova, A Volte No ***
Capitolo 14: *** 14)Raggi Di Sole ***
Capitolo 15: *** 15)Ritorni Graditi O No? ***
Capitolo 16: *** 16) Gelosia ***
Capitolo 17: *** 17) Calma Apparente ***
Capitolo 18: *** 18) Capolinea? ***
Capitolo 19: *** 19)Un Passo Indietro ! Ti Amo! ***
Capitolo 20: *** 20) Si Viene E Si Va ***
Capitolo 21: *** 21) Il Dolore D'Amore ***
Capitolo 22: *** 22)Lacrime Di Pioggia ***
Capitolo 23: *** 23)Luce E Buio ***
Capitolo 24: *** 24) Si Scappa Quando Si Crede Di Non Avere Più Nulla Da Perdere ***
Capitolo 25: *** 25) Perso Di Nuovo In Incubi Chiarificatori ***
Capitolo 26: *** 26)La Verità Sta Dentro A Un Nylon ***
Capitolo 27: *** 27)Quando Il Faccia A Faccia Con Il Passato Non Fa Male ***
Capitolo 28: *** 28)L'Oscurità Intorno Al Sole ***
Capitolo 29: *** 29)Nessuna Via D'uscita Apparente ***
Capitolo 30: *** 30) Famiglia ***
Capitolo 31: *** 31)Buio! ***
Capitolo 32: *** 32)Una Nuova Vita ***
Capitolo 33: *** 33)Questa Volta Ti Aspetterò ***
Capitolo 34: *** 34) L'Agognato Ritorno Alla Normalità ***
Capitolo 35: *** 35) Il Mio Ritorno A Casa Passa Attraverso Te-Fratelli ***
Capitolo 36: *** 36)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-- Amore ***



Capitolo 1
*** 1) Cadere Da Soli ***



'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel, nè offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'


1))CADERE DA SOLI.

 

A volte separarsi è l’unica soluzione.

Non aveva mai pensato sul serio a quella frase, se fosse sbagliata o meno, se potesse valere o no per lui, semplicemente per Bill non era mai esistita.

Erano parole vuote, aria che non poteva ferirlo.

Lui aveva avuto, aveva e avrebbe sempre avuto il suo gemello.

Lui e Tom potevano litigare, potevano raffreddare i loro rapporti, ma l’avrebbe avuto comunque, in ogni caso.

Tranne che in questo.

Si guardò allo specchio.

Era diventato più magro e più pallido, senza trucco era ancora  più evidente, tanto che per un attimo la sua faccia divenne un teschio.

Rabbrividì , uscì dal bagno e tornò in camera, da quella di suo fratello si espandeva il suono della sua chitarra, riconobbe quella melodia come quella “In die nacht.”.

La loro canzone.

Si sentì stringere il cuore, perché proprio quella?

Perché proprio pensava che doveva lasciarlo da solo, se voleva evitare di rovinargli la vita?

Perché?

Destino crudele.

La camera era immersa nel solito caos, la donna delle pulizie tentava vanamente di tenerla in ordine senza riuscirci, quel disordine sembrava la proiezione di quello che sentiva dentro di se.

Si sedette sul letto con in mano un vecchio album di fotografie, da cui estrasse quella di lui e Francesca abbracciati, lui sorrideva già allora cotto di lei, lei anche, ma per lei era solo amicizia.

Non poteva fargliene una colpa, l’affetto che lei provava verso di lui era grande ed autentico, ma non era amore e non poteva farci nulla.

All’inizio gli era bruciata da morire, aveva quasi odiato Tom perché aveva capito che lei pensava a lui, senza capirne mai la ragione precisa.

Suo fratello l’aveva spesso trattata a pesci in faccia,  l’aveva lasciata sola nel momento più duro della sua vita eppure…

Eppure quello che era successo su quella terrazza di sei anni prima, sebbene fosse stato breve e limitato solo ad un giorno doveva averla segnata in profondità.

Avrebbe pagato oro per sapere cosa avesse detto o fatto Tom allora e durante la notte in cui avevano dormito insieme, ma non avrebbe mai potuto saperlo e forse non era nemmeno importante.

Francesca si era innamorata o presa per suo fratello e basta e questo non faceva più nemmeno male.

Guardò sorridendo quella foto, la accarezzò come a dare addio al passato.

Il suo futuro era racchiuso nel suo beauty, un futuro che lo disgustava ma di cui si era accorto di non riuscire a fare a meno, un futuro fatto di polvere bianca.

Non sapeva perché avesse iniziato, aveva solo vaghi ricordi confusi di un tizio che lo aveva avvicinato durante una festa e gli aveva detto che aveva qualcosa per lui che lo avrebbe fatto stare meglio.

Era brillo Bill Kaulitz, non del tutto in sé, così si era limitato a sorridere ed intascare, senza controbattere ne ascoltare la sua coscienza.

L’uomo aveva sorriso a sua volta e l’aveva accompagnato in bagno, dandogli pacche amichevoli sulle spalle.

-Era contento il bastardo, contento di aver trovato un pollo da spennare!-

Arrivati nella stanza aveva disposto una striscia, aveva arrotolato una banconota e aveva tirato, poi ne aveva disposta un’altra invitandolo a fare lo stesso e lui aveva acconsentito.

La prima cosa che aveva notato era stato un forte bruciore al naso, poi tutto era diventato più nitido e si era sentito invadere da una grande energia, credeva di poter spaccare il mondo.

L’unica cosa che aveva distrutto era se stesso, allora non se ne era reso conto,ma si era infilato volontariamente in un tunnel che lo stava portando verso mete sconosciute e spiacevoli.

Pensava ingenuamente di poter smettere quando voleva, che la cocaina non era una droga, solo qualcosa che lo aiutasse a sopravvivere in quella vita stressante e frenetica che aveva.

Fesso.

Ci erano volute le urla di Tom che l’aveva beccato chino su una striscia per farlo tornare quasi in sé.

“CHE  CAZZO STAI FACENDO?”

Quel grido metà disperato e metà furioso, ferito l’aveva scosso profondamente, facendolo voltare, lui era sulla porta le braccia allungate sui fianchi, pallido e spaventato.

Conosceva suo fratello abbastanza per sapere che tendeva a nascondere le sue emozioni dietro la facciata della rabbia, soprattutto se era preoccupato

Si voltò a guardarlo con un espressione vagamente divertita, nel suo delirio di onnipotenza lo compativa, dandogli dell’idiota, perché reagiva così?

Non stava facendo nulla di male, quanta gente famosa faceva uso di cocaina e continuava a tirare avanti?

Lui si  sentiva sollevato da parte dei suoi problemi potendo contare su quell’aiuto artificiale.

Tom era entrato nel locale l’aveva scosso per le spalle fragili, forse per svegliarlo, forse per farsi ascoltare.

Si era fermato alla sua risata, lunga, divertita e derisoria, assolutamente non da lui, era la prima volta che lo sfidava così apertamente.

Le braccia del gemello erano ricadute contro il corpo, sembrava svuotato di qualsiasi energia, sembrava non riconoscerlo nemmeno più, come se all’improvviso in quel bagno si fosse accorto che c’era un estraneo.

C’era una parte di lui che soffriva nel vederlo, un’altra che godeva nel ripagare il male che involontariamente gli aveva fatto con Francesca.

“Perché ti sei fermato, fratellino ?

Ti faccio paura?

TI faccio s c h i f o?”

L’aveva attaccato per provocare una reazione, per bearsi di altra rabbia che per la prima volta vedeva diretta davvero contro di lui, tuttavia era rimasto deluso.

C’era solo dolore in quello sguardo, nulla di più.

Indispettito aveva ripreso ad attaccare, perché non gli aveva dato soddisfazione?

 “Non mi rispondi?

Te ne accorgi solo adesso che sto male?

Dov’eri prima?

Eri troppo preso dalla tua vita per pensare a me, al fatto che non reggessi più e visto che non c’eri ho pensato di aiutarmi da solo.

Questo e quanto, ti ho liberato da una seccatura.

Non sei felice?”

Questa era stata la prima delle volte in cui aveva vomitato parole che non pensava per poi pentirsene amaramente dopo e scusarsi piangendo con lui.

Era stato allora che aveva realizzato quanto la droga avesse preso il controllo su di lui e che si era sentito disgustato da se stesso.

Cos’era diventato?

Era orribile guardarsi allo specchio e non riuscire a riconoscere la propria immagine, una volta , al colmo della frustrazione aveva persino tirato un pugno alla superficie liscia e riflettente.

Si era formato un piccolo cratere, lui quasi non aveva sentito le schegge conficcarsi nelle nocche, perso a guardare come quell’evento violento non avesse fatto altro che creare altre immagini di lui, più piccole e che lo confondevano ancora di più.

Si era medicato, scosso.

Aveva capito che non poteva cambiare se stesso in quel modo, che non poteva farlo da solo.

Poi era iniziato il ping pong.

Lui, quando era lucido chiamava così quel continuo supplicare il fratello di aiutarlo, per poi ricadere puntualmente in tentazione, ferendo il gemello e autodistruggendosi.

Non poteva continuare così, se non sapeva fermarsi in quella caduta non avrebbe trascinato con se la persona a cui teneva di più.

Doveva allontanarlo da sé.

[Do you know what's worth fighting for,
When it's not worth dying for? ]
Doveva fare in modo di ferirlo ancora più in profondità e sperare che questo lo facesse scappare via da lui, dal mostro che era diventato e farlo rifugiare dalla persona a cui aveva sempre tenuto senza ammetterlo e a cui scriveva da un anno.

Francesca Girardi.

Aveva trovato l’abbozzo di una lettera per caso il giorno prima e quel piano delirante aveva iniziato  a prendere forma nella sua testa.

-Fallo Bill, lui avrà qualcuno a cui appoggiarsi e tu sarai libero.

Libero da lui e dal peso che rappresenta.

Libero di cadere.-

Deglutì, era pronto ad assecondare quella voce maligna, purtroppo.

-Tomi, perdonami…-

La melodia si spense come ad indicare  che  era arrivato il momento di fare quello che si era promesso, anche se faceva male, anche se sentiva il cuore sanguinare.

Tom uscì dalla camera, telefonò a una pizzeria e ordinò la cena, lui avanzò verso di lui.

“Che pizza hai ordinato?”berciò sgarbato non appena lui ebbe deposto la cornetta sulla forcella.

“Ai wurstel.”

“Fa schifo, cazzo!”

“Ti è sempre piaciuta…io credevo…

“Credi a troppe cose su di me! Prestami un po’ di attenzione!”

Il gemello abbassò gli occhi.

“Mi sembra di prestartene abbastanza, vuoi litigare Bill?”

Era così palese?

“NO, voglio solo che tu mi ascolti!

Sono solo un peso per te?”

“Ma che cazzo dici?

Non lo sei ne lo sarai mai!”

“Si che lo sono! Tu per colpa del gemello tossico non puoi fare la bella vita che facevi prima!”

“Smettila!”

“Sai una cosa? Sei sfigato.”

Tom marciò verso la camera di Bill, per poi tornare mestamente trionfante con la bustina di coca tra le mani.

“Chi è lo sfigato? Io o te che ti fai per rimanere in piedi?

Come ti sei ridotto?”

Iniziarono  una lite violenta con tanto di insulti ed oggetti che volavano per la casa.

Bello spettacolo, vero?

Era un bravo attore nel simulare qualcosa che non provava?

Non lo sapeva, ma sperava di riuscire a far andare via il gemello, lui doveva andarsene!

Doveva!

Vattene! Mi hai rovinato la vita! Ti odio!”

Con quella frase seppe di aver raggiunto il suo scopo, lo vide pietrificarsi ed allargare gli occhi, sembrava avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco.

 La parola ferisce più della spada…non lo sapevi Bill?

Le lacrime trattenute lo ferirono anche se le vide solo per un attimo, il gemello infatti se ne andò immediatamente dalla stanza.

Lo sentì preparare le valigie di corsa, poi uscì di casa come in trance, spedito reggendo una sacca e la sua vecchia chitarra.

Faceva male, terribilmente male, ma doveva lasciarlo andare.

La porta sbatté, il rumore della macchina che partiva giunse dopo un tempo che a lui sembrò infinito.

La recita era finita, l’attore poteva sparire e lasciare emergere il vero Bill attraverso lacrime copiose.

Aveva ottenuto quello che voleva, parchè non era contento?

Tom si sarebbe salvato, era questo che voleva no?

E allora perché faceva così male?

Perché?

[Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating? ]

Perché la vita non manteneva mai le sue promesse?

SE lo chiedeva sempre più spesso Leila Schimt  durante le lunghe ore che trascorreva dietro al bancone dell’angolo tabacchi del bar di suo padre, dopo scuola il martedì e il giovedì.

Vedeva ragazzi che conosceva che si bruciavano la vita,  ragazzi di cui era stata amica farle il vuoto attorno e si chiedeva il perché di tutto quell’odio.

Lo sapeva il perché ma si chiedeva perché tutto fosse degenerato così e sempre più spesso concludeva che era stato tutto sbagliato sin dall’inizio.

[“Sei in una banda Leila, in una banda.

Non siete un gruppo di amici che fanno casino, siete praticamente al di fuori della legge e tu questo l’hai sempre saputo.”

Luca Giradi prese fiato durante la sua sfuriata e le fissò dritto nei grandi occhi verdi da gatta, che molte ragazze le invidiavano.

“Non dovresti nemmeno parlarmi, cosa ci fai ancora qui?”

“Perché mi piace parlare con te, Girardi anche se Fari odia tua sorella.”

“Ascolta Le quello che dice Farid non è vangelo, per favore dammi retta ed esci da questo gruppo.

Verrà un momento in cui farid farà qualcosa che ti farà capire che è totalmente fuori controllo e tu non saprai come aiutarlo e lui ti farà il vuoto attorno.

Tiratene fuori, piantala di spacciare quella roba e cerca di convincere lui a smettere intanto che siete  ancora un piccolo gruppo!”

Lo guardava in silenzio, a tredici anni quel ragazzino dimostrava un’intelligenza fuori dal comune che lei non avrebbe mai avuto, poteva essere furba e smaliziata quanto voleva, ma Luca era un gradino sopra di lei.

Leila Schimt  non era una persona che desse a chiunque la sua approvazione, il rispetto poi andava solo a pochi , Fari, sua cugina Ania, Shirin, Dave il fratello di Shirin e a Luca e, anche se non l’avrebbe mai ammesso a sua sorella Francesca.

Francesca  Girardi era l’unica ragazza che avesse dato chiaramente e senza paura un due di picche a Fari tre anni prima e che poi lo trattasse freddamente fregandosene delle conseguenze che avrebbero potuto esserci.

Era una donna tosta Francesca Girardi e lei che sentiva di essere fatta della stessa pasta la invidiava.

“So che lui vuole fare il grande salto, bhe, dopo sarà troppo tardi sia per te che per lui.

Quando tu vorrai uscire e so che arriverà quel giorno, Leila, lui non la prenderà bene e se anche lui decidesse di non farti nulla, ci sarebbero i suoi amici.

Stai giocando con il fuoco.”]

Sospirò amaramente, ancora non sapeva quanto fosse vero, ma forse non le importava nemmeno saperlo allora.

Si prese una ciocca tra le dita, erano le dieci di sera e in quel freddo novembre berlinese con il cielo che minacciava neve, le persone in giro erano davvero poche.

Nel locale del bar c’erano solo due vecchi turchi che giocavano a carte fumando un narghilè, erano certi che nessun poliziotto si sarebbe fatto vedere da quelle parti.

I suoi capelli erano tornati del colore naturale, un luminoso arancione che stonava su di lei e sulla carnagione che pur essendo pallida manteneva un  certo colore olivastro di fondo.

Era mezzo sangue lei, come mormoravano con disprezzo da sempre, credendo che non li sentisse

Mezzo sangue.

Significava che lei aveva un padre tedesco e una madre turca emigrata in Germania, che forse non era del tutto turca nemmeno lei visto che aveva una massa di mossi capelli rossi che di orientale avevano ben poco.

Non era del tutto tedesca, non era del tutto turca.

Parlava due lingue da sempre, a cui si aggiungeva l’inglese che aveva imparato a scuola e l’italiano che masticava da quando aveva iniziato a frequentare Luca.

Si accese una sigaretta scura, simile a un mezzo sigaro e ispirò voluttuosamente il fumo, sapeva vagamente di vaniglia.

Si guardò attorno, quell’angolo di locale non era cambiato da quando era piccola e veniva lì a fare i compiti con Farid, c’era il vecchio bancone scheggiato, le sigarette dietro di lei, una pistola nel cassetto, il registratore di cassa e un vecchia foto di loro due da piccoli.

Farid e Leila.

I due inseparabili.

In quella foto giocavano a calcio, lui con i capelli neri al vento , lei con i capelli raccolti in una crocchia in cima alla testa e con uno sguardo di adorazione pura verso di lui.

Amava suo fratello, amava quel suo essere forte, pronto a proteggerla e a infrangere le regole, perché Farid odiava Berlino.

Odiava quel sentirsi perennemente giudicati sia dai tedeschi che notavano le carnagioni scure e i nomi  e dai turchi che vedevano i suoi capelli e sapevano il loro cognome.

Loro erano soli contro il mondo, non sentivano di appartenere a nessuna di queste due comunità.

[Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide? ]
E quello che a lei faceva male, in lui veniva metabolizzato come rabbia feroce contro tutto e tutti, che lo faceva esplodere in collere e zuffe.

Lei lo guardava ammirata come se fosse un eroe, il suo fratellone che come superman accorreva in suo aiuto.

Per anni era stato così, fino all’arrivo di Shirin lei non aveva avuto altro che lui e i due fratelli più piccoli, con cui scorazzava nel quartiere.

Shirin e la sua famiglia erano arrivati in una calda mattina di giugno, lei aveva immediatamente fatto amicizia con quella bambina bella e sorridente, sempre allegra, mentre Farid aveva trovato un compagno in David.

Il ragazzo era diventato la sua controparte saggia,l’unico in grado di calmarlo, almeno per un po’.

Insieme loro quattro erano diventati una banda raccogliendo intorno a sé un numero sempre maggiore di ragazzini, tutti quelli che per un motivo o per un altro erano in guerra contro il mondo.

Ora era tutto diverso, l’eroe era caduto dal piedistallo, portando con sé la sua unica vera amica.

[“Lei devo dirti una cosa….Io sono incinta!

Il bambino è di tuo fratello!”

Lasciò cadere  la bottiglietta di birra per correre ad abbracciare Shirin, non sapeva ancora come sarebbe finita ma era felice.

Troppo felice.]

L’occhio le cadde su una seconda foto, ritraeva due ragazzine, una dagli improbabili capelli fucsia, l’altra dalle treccine nere che sorridevano felici, spavalde.

Quel passato non poteva tornare, quelle due ragazzine erano morte anche se erano ancora vive.

Shirin, la sua migliore amica non era più se stessa da troppo tempo, la previsione di Luca si era avverata in pieno.

[“Cazzo, Shirin cosa è successo?”

Entrò nella stanza buia della sua migliore amica, stando attenta a dove metteva i piedi, il disordine era imperante.

La trovò rannicchiata sotto la finestra.

“Perché mi ha fatto questo eh Leila?

Perché?

Perché non ha voluto nostro figlio?”

Che risposta poteva darle?]

Finì la sigaretta, la vita da qualunque lato la guardasse rimaneva sempre uno schifo.

Uno schifo che l’aveva portata a vivere in un quartiere di merda, che dopo averle dato una migliore amica si era affrettata a riprendersela  e le aveva contemporaneamente tolto suo fratello.

Sentì delle sedie muoversi nel locale accanto, il vociare degli anziani si spostò alla cassa, sentì Katarina la barista salutarli con il suo lieve accento russo.

Ora era sola davvero.

L’unica compagnia che aveva era una luce al neon, un pacchetto di sigarette alla vaniglia e i suoi ricordi.

Meraviglioso.

Sola.

[Did someone break your heart inside?
You're in ruins.]

 

Com’era essere soli?

Bill non l’aveva mai saputo, non aveva mai vagato per le stanze del suo appartamento, instupidito senza sapere dove fosse Tom, sentendolo lontano.

Aveva finalmente creato una barriera alta abbastanza  da costringerlo ad andarsene , ma non ne era felice.

Quando la pizze arrivarono, pagò il fattorino, poi le lanciò via disgustato, non voleva mangiarle, il cibo era l’ultimo dei suoi problemi.

Rimase da solo al buio, mentre sentiva il rumore leggero del traffico attorno a sé, poi si alzò il vento autunnale e il rumore delle foglie scosse da esso degli alberi del  giardino davanti al palazzo dove vivevano si mischiò al rumore delle macchine.

Non seppe dire quanto rimase così, era come se si fosse estraniato, senza pensare a nulla.

Non era più nel suo corpo, non era più li e non era da altre parti.

Non c’era e basta.

Fu il ticchettio fastidioso dell’orologio a riportarlo in quella stanza, scandiva il tempo vuoto di quella serata, sembrava parlargli.

-Ti piace Bill?

Com’ è cadere da soli?-

Rimase un attimo sbalordito, erano delle allucinazioni prodotte dalla droga e basta.

Non erano vere.

Gli orologi stavano zitti, giusto?

-No Bill, noi parliamo.

Guardiamo voi umani e ridiamo mentre sprecate il vostro tempo senza sapere quanto sia prezioso…

È così divertente….

E tu sai quanto tempo hai sprecato?

E quanto ne stai sprecando adesso?-

Si portò le mani sulle orecchie, non voleva sentire altro.

-Non ci provare Scorciato, credi basti solo questo a fuggire?

Come credi si senta Tom?

Male, vero?

Sai di averlo ferito, ma sei sicuro di aver fatto la scelta giusta?

Non è che volevi una prova d’affetto?

Volevi vedere tornare il tuo fratellino distrutto da te, ma è come nella roulette, non si è mai certi di nulla, potresti aver puntato sul numero sbagliato.

E se non tornasse?

E se ti lasciasse….solo?-

Si alzò in piedi , camminò come un sonnambulo verso la parete dove un orologio di vetro con complicati motivi astratti ticchettava placido e taceva .

Forse quelle voci erano solo nella sua testa, ma doveva essere certo che tacessero e se per  far questo doveva sacrificare un costoso manufatto, poco importava.

Lo scaraventò per terra con rabbia, l’oggetto esplose in mille schegge colorate, che si sparpagliarono per il pavimento scintillando alla debole luce della luna.

Ansante, si soffermò a guardarle terrorizzato, per un attimo si aspettò una reazione dai cocci, ma non successe nulla.

Il silenzio solo regnava nell’appartamento.

Sopirò di sollievo.

-Troppo facile …

Credevi davvero che sparissi Bill Kaulitz?

Non l’hai ancora capito?Io sono dentro di te. Io sono te…

Ti ricordi il video di “Don’t jump? Immaginami così….che ruolo vuoi avere?

Il te stesso sul cornicione o quello che ti salva?-

“STAI ZITTOOOOO!”

L’unica risposta che ottenne fu una risata beffarda che lo raggelò.

Quella cosa non se ne sarebbe andata tanto presto, ne era certo.

Quella cosa non era in un orologio o in altri oggetti o nelle pizze che giacevano ancora sul pavimento.

Quella cosa era in lui, scorreva nelle sua vene, contaminava il suo cervello.

Forse quella cosa non era altri che lui.

Lui e i suoi sensi di colpa.

Non poteva stare più di li, iniziava a mancargli l’aria.

Freneticamente raccolse i resti della cena , li gettò in pattumiera, poi corse sotto la doccia.

Si cambiò , si truccò e si guardò allo specchio ansante, stava sudando copiosamente.

Era come in fuga dal demonio, ma sapeva che era inutile  fuggire da quella casa.

Totalmente inutile.

[When you're at the end of the road
And you lost all sense of control
And your thoughts have taken their toll
When your mind breaks the spirit of your soul ]

Prese le chiavi della macchina, dove poteva andare per non pensare?

Scese in garage, accese l’auto ed ingranò la retro, stando attento alle altre macchine e ai pilastri della stanza sotterraneo.

-Dove scappi, ragazzino?

Puoi uscire da qui, ma non da te stesso!-

Sibilò un “Fanculo” alla voce e una volta per strada, si diresse verso un club piuttosto esclusivo, senza avvisare nessuno.

Era in pausa dal tour, i produttori non facevano pressioni per un nuovo album, non erano stati soddisfatti dell’affluenza agli ultimi concerti.

Tutto quello che aveva tra le mani stava svanendo?

Una volta caduta la maschera del cantante bello, popolare e androgino, cosa ne sarebbe stato di lui?

Le fan sembrava lo stessero abbandonando, lui sentiva di stare lasciando andare se stesso in malora.

Erano solo paranoie, solo paranoie.

I produttori avevano solo capito che lui aveva bisogno di una pausa! Non era nient’altro, non era l’inizio della fine!

-Ne sei certo?-

“Vattene! Dannata voce!”

Era davanti al locale, parcheggiò la macchina e scese, i bodyguard sorrisero.

“Buonasera signor Kaulitz!”

“Buonasera!”

Dentro la musica era assordante, fatta apposta per azzerare I pensieri, ragazze seminude si muovevano sensuali su cubi, sotto fasci di luce colorata.

Sospirò soddisfatto, poteva iniziare a divertirsi.

Ordinò da bere, il barista gli lanciò un’occhiata a metà tra l’eloquente e l’indifferente, come se avesse capito che era fatto di coca e non gli importasse.

Provò a leggere la sua espressione e suonava come”Lo so che tiri, bello.

Lo so che pensi di essere superiore, ma ne ho visti tanti come te….si sono tutti ridotti male, anche se credevano di sfangarla.”

Scosse la testa, finì il drink in un colpo solo e si buttò in pista.

Con la coda dell’occhio gli sembrò di vedere il barista scuotere la testa, lui sbuffò.

Ben presto si trovò coinvolto in una marea di gente che si muoveva a tempo con la musica, qualcuno gli si strusciava addosso, lui non ci dava peso.

Di nuovo era come se non fosse lì.

“Ehi!”

Vide una ragazza che ballava sensuale accanto a lui ammiccando divertita , era un invito?

Decise di si, così si avvicinò ed assecondò i suoi movimenti, lei sorrise e si voltò, invitandolo a contemplare una schiena  dalla linea dritta e un di dietro sodo, lui sorrise.

La voce taceva, o forse rideva divertita in un angolo talmente remoto del suo cervello che non poteva più sentirla.

La ragazza prese a strusciare il sedere sul cavallo dei suoi pantaloni, era eccitante e decisamente piacevole, mettendole le mani sui fianchi la costrinse a voltarsi.

“Sei veramente carina sai?”

Ripresero di nuovo a ballare, lui le accarezzava la scena scendendo fino al sedere, lei continuava a muoversi sensualmente su di lui e a sorridere provocante.

Aveva gli scuri e un trucco troppo marcato per i suoi gusti, ma andava bene lo stesso.

“Anche tu sei carino…

Lei passò un mano tra i capelli, lui la prese per la nuca e la attirò a sé, baciandola avidamente.

Le loro lingue lottavano, lei iniziò a gemere, soprattutto quando lui scese a leccarle il collo continuando a toccarla.

“Sei bravo sai…

Gli mise un mano sui pantaloni, constatando che era eccitato.

“Vuoi vederlo?”

Lei sorrise, la trascinò in bagno e la sbatte con poca grazia contro il muro, continuando a baciarla, mentre lei  lo stava masturbando.

Le alzò la gonna, lei aprì la cerniera dei pantaloni, abbassò quelli e i boxer, lui fece lo stesso con i suoi slip.

La penetrò senza aspettare oltre, ma mentre ascoltava i gemiti di quella sconosciuta e i suoi, si sentiva vuoto.

-Ti piace davvero questa vita?-

Non rispose, colpito dall’orgasmo.

Quando tutto fu finito, lui la guardò truccarsi calma, apparentemente per lei era routine.

“Mi sono divertita, questo è il mio numero.”

Gli tese un biglietto su cui aveva scribacchiato un numero di cellulare, lui lo intascò e sorrise.

“Magari ti chiamo!”

Non l’avrebbe chiamata mai più, non sapeva nemmeno il suo nome ne era interessato a conoscerlo, lei uscì ancheggiando dal bagno.

La voce riprese a ridere.

-Sei solo un fallito…-

[Your faith walks on broken glass
And the hangover doesn't pass
Nothing's ever built to last
You're in ruins. ]

Sei solo una fallita.

Quella fase gliel’aveva sussurrata Farid il giorno in cui gli aveva annunciato che non voleva più avere nulla a che fare con lui e il suo gruppo.

Erano parola dure che la ferivano ancora, che considerava veritiere, perché guardando la sua vita non poteva che essere d’accordo con lui.

Dov’era Leila Schimt a diciannove anni?

In quel cesso di quartiere dov’era nata, senza nemmeno il diploma di maturità, perché per aiutare Shirin aveva perso un anno di scuola, senza sconti da parte del corpo docenti.

[“Schimt, lei ha fatto troppe assenze!

Non sappiamo se abbia o meno aiutato Sayeb e la condotta degli anni passati non la mette in buona luce.

Siamo costretti a bocciarla, arrivederci all’anno prossimo.”

Si era sentita tremendamente umiliata, aveva capito cosa  voleva dire Luca quando le consigliava di darsi una calmata, solo troppo tardi.

Aveva dovuto trascinare via sua madre furiosa da quel colloquio per non aggravare ulteriormente la sua già precaria posizione.]

“Leila? “

Alzò gli occhi, Katarina era davanti a lei, le mani sui fianchi, un ciuffo di capelli chiari che le ricadeva sugli occhi.

“Si?”

“Vai a casa, ha detto tuo padre che puoi.””

“Va bene.”

Raccolse il giubbino nero , uscì dal negozio con l’aria un po’ assente che la caratterizzava sempre in quel periodo, il cielo era sempre più scuro.

Iniziò presto a nevicare.

Meglio, si disse mentre arrancava salendo le scale, almeno sarebbe riuscita a dormire.

Così fu, quella notte, dopo aver salutato i genitori, i fratelli e Meg, dormì un sonno profondo e riposante.

Al mattino era convinta di aver sognato qualcosa di bello, erano anni che non la capitava, perciò sorrideva ancora mentre si dirigeva a scuola su un vecchio motorino scassato che apparteneva a Farid.

Teneva maniacalmente a quel mezzo, nonostante fosse vecchio, si occupava personalmente del motore ed aveva persino ridipinto la carrozzeria di viola.

Era l’unico legame che le rimanesse con suo fratello.

La mattina passò tranquillamente, sfangò un’interrogazione di matematica, consegnò un tema di tedesco, le venne consegnata la verifica d’inglese fatta la settimana prima che risultò come il voto più alto della classe.

Era di buon umore.

Solo ogni tanto allungando qualche timida occhiata a Shirin che sedeva accanto a lei, sentiva il vecchio nodo allo stomaco riformarsi.

Shirin Sayeb non portava più da tempo i capelli neri in fitte treccine,ma in trascurati boccoli platinati, risultato di decolorazioni casalinghe che lasciava fare a lei,  e non donava più il suo sorriso contagioso a nessuno, la maggior parte del tempo aveva un’aria persa, timida e sognante.

Era l’ombra di se stessa.

L’argento vivo che di lei amava, era morto insieme a suo figlio due anni prima.

Spesso guardava fuori dalla finestra e quando succedeva Leila sapeva che non era più lì in quella classe fisica, bensì altrove, in quei ricordi con cui non riusciva a fare pace.

Era riuscita a salvarla, tuttavia sempre più spesso si chiedeva per quanto.

[One, 21 guns
Lay down your arms
Give up the fight
One, 21 guns
Throw up your arms into the sky,
You and I ]
Quel pomeriggio incontrò Luca mentre andava al suo secondo lavoro, sembrava preoccupato, reggeva svogliatamente una sigaretta in mano e come sempre rischiava di inciampare in quei jeans a cavallo basso più grandi di lui.

“Ehi Girardi! Cosa ti turba?”

“Ehi Schmith! Cosa ti rallegra?”

“La neve!!”

“A diciannove anni? Non sei troppo grande per fare la bambina?”

“Uhm e tu sei troppo giovane per fare il saggio.

Luca, davvero, cosa è successo?”

Sospirò.

“Stamattina è passato un vecchio amico di Frankie a casa nostra, uno che conosceva prima che venissimo qui.”

“E?”

“Non sapeva che sta a Venezia adesso e io gli ho dato l’indirizzo.

Non so se ho fatto la cosa giusta, lui l’ha fatta soffrire in passato, ma….”

“Ma per caso tua sorella era cotta di lui, che magari  non l’ha mai cagata per anni e anni?”

“Si, bhe in tutta sincerità ha iniziato a farsi vivo un anno fa con delle lettere che mi a madre ha imboscato .

Lo odia.”

“Come odia tutti.”

“Tu come fai a sapere di questa storia di mia sorella?”

“Me l’ha detto Dave, una volta gliel’ha raccontato Jo mentre era fatto.

Bhe all’epoca quelle di Jo erano solo supposizioni, ma tu me le hai confermate.”

“Sei furba Rossa.”

“Forse, ma tu sei intelligente e questo è meglio.”

“Non so se ho fatto la cosa giusta per Frankie.”

Lou se tua sorella è stata o è innamorata di questo tipo, tu hai fatto bene a dargli l’indirizzo, perché così almeno avrà un verdetto.

Incontrandolo potranno succedere due cose, o seppellirà il suo fantasma oppure in base a quello che lui ha da dirle potrà perdonarlo e renderlo partecipe di nuovo della sua vita.

In ogni caso tu le hai dato la possibilità di decidere e credimi questo non è poco.”

Luca sorrise come sollevato.

“Grazie Leila.”

“Prego, ora vado.

Sono in ritardo per il lavoro.”

Agitò la mano, Luca Girardi ricambiò il saluto  alzando la mano con la sigaretta.

Fumava anche lui e questo lo rendeva umano ed adorabile ai suoi occhi, era un miracolo che non si fosse innamorata di lui e di quell’aria da intellettuale ribelle.

Forse non era mai stata innamorata.

Non aveva tempo per quelle riflessioni, doveva correre al lavoro.

Maledetto lavoro.

 

Bill aveva scoperto di detestare il suo lavoro in quei due giorni.

Detestava essere tormentato da idee per canzoni senza che ci fosse qualcuno ad aiutarlo a buttare giù i testi accompagnati da una melodia come faceva Tom.

Aveva provato a coinvolgere Georg e Gustav ma non aveva ottenuto alcun risultato se non quello di far arrabbiare il bassista quando l’aveva buttato giù dal letto a orari antelucani.

Solo Gustav l’aveva calmato.

Che colpa ne aveva se era iperattivo?

-Non sei iperattivo ….sei solo un tossico.

Quanto ancora credi di ingannarli?

Gustav l’ha già capito, lui non parla, ma osserva. Lo sai….-

Non tentò più nemmeno di zittire la voce, la lasciò parlare ormai nulla aveva più importanza.

-Ahahahahha! Bella battuta, sembra quella di un aspirante suicida, peccato ti manchi il coraggio…

Tu vuoi solo liberarti del batterista-balia, non essere così drastico…limitati ad andartene!-

[Did you try to live on your own
When you burned down the house and home?
Did you stand too close to the fire?
Like a liar looking for forgiveness from a stone ]
Andarsene…

Il suono dolce di quella parola lo accompagno fino a farlo cadere in un sonno profondo.

Era su una spiaggia poco dopo l’alba, un uomo  dai capelli raccolti in una lunga coda lo stava indicando a Francesca, come se lui, Bill, fosse il suo fidanzato.

La ragazza vestita di bianco, scalza, con i capelli neri al vento lo guardava perplessa.

Lui scese verso di lei sorridendo, era così bella…e non era sua…

La abbracciò e le diede un bacio in fronte quando avrebbe solo voluto baciare quelle labbra, ma lei non era mai stata sua, ne lo sarebbe mai stata.

“Ciao Piccola!”

“Vi lascio soli. Ciao Fay!”

L’uomo si allontanò e li lascio soli, Francesca lo guardò dritto negli occhi e per un attimo si vergognò delle ragazze che si scopava nei bagni, come quella di due giorni prima.

“Voglio tornare indietro.”

“Non ti piace questa realtà?”

“Non è la mia e poi…

“Poi tu ami Tom non è vero?”

Faceva male, ma sapeva già la riposta.

Io…si….”

“L’hai sempre amato.”

“Forse.”

“No Fay….L’hai sempre amato.

Sei certa di voler tornare indietro?”

“Si. Ti prego aiutami!!”

Le sorrise, quell’ammissione l’aveva sollevato dal dolore dell’incertezza, ora era libero…

 “Sei sicura? Non ti piace qui?”

“Mi sarebbe piaciuto, ma in altra vita.

Non adesso.

Mi dispiace!”

“Ti capisco.”

Le diede un ultimo bacio in fronte, come a dirle”addio” e la guardò sparire nel mare insieme a quel dolore per non averla avuta come sua  ragazza,sorrise felice

Si incantò a guardare il mare che si infrangeva sulla spiaggia con un ritmo sempre uguale, era certo che quel sogno non fosse stato solo suo.

La parte autenticamente sua cominciava adesso.

“Bill!”

Si voltò, Fra era di nuovo davanti a lui, più matura,aveva in braccio un bambino molto piccolo, Tom la abbracciava da dietro.

“Quand’è che mi renderai zio?”

Mormorò divertito suo fratello, Bill prese il neonato che gli porgeva la ragazza, aveva gli occhi scuri e un ciuffo di capelli scuri.

“Non ti basta essere padre?”

“No, se tu non sei felice.”

“Ora che l’hai trovata non lasciartela scappare.”

Chi?

Una ragazza vestita di nero con un velo in testa a coprirle il volto si avvicinò a lui, suo fratello, la sua ragazza e il loro bambino erano spariti.

C’erano solo loro due.

“ciao amore!”mormorò lei accarezzandogli una guancia.

Ciao…

“Chiudi gli occhi.”

Fece come gli era stato ordinato, sentì i fruscii del velo sollevato e poi sentì le sue labbra calde contro le sue.

Fu il bacio più bello della sua vita perché sentiva che c’era amore verso di lui nella ragazza che glielo stava donando, lo sentiva dal fatto che lo attirava a se e lo accarezzava.

Chi era?

Quando la sentì staccarsi, gioì, finalmente l’avrebbe vista…

Tuttavia…

Proprio in quel momento tutto svanì’, era di nuovo nella sua stanza.

Solo.

Un senso di ansia crescente iniziò a divorarlo, doveva andarsene da quella casa.

Doveva!

Raccolse le sue cose in una valigia, frenetico come lo era stato Tom due giorni prima.

-Non puoi scappare da ciò che non ha corpo!-

“Si che posso, è quello che sto facendo!”

Urlò chiudendo istericamente il trolley con un gesto secco che risuonò come una fucilata nella stanza vuoto.

Mentre percorreva il suo appartamento, ed afferrava le chiavi della macchina, diretto verso un posto ignoto, sentiva di stare dando addio a molte cose.

Ma il futuro?

Il tanto decantato, il fottuto futuro, come sarebbe stato?

Ingranò la retro, uscì di nuovo dal lussuoso parcheggiò sotterraneo, con un cd dei Green Day di sottofondo.

La strada ora era davanti a lui che si accese una sigaretta, ora era certo di una cosa.

Era certo di non avere risposte, di essere solo una foglia in balia del vento della vita.

Solo.

[When it's time to live and let die
And you can't get another try
Something inside this heart has died
You're in ruins. ]

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Eccomi con il promesso seguito… non so nemmeno da dove mi sia uscita una descrizione del genere.

A me non piace molto, non stilisticamente, ma nel contenuto.

A essere sinceri non mi ci riconosco per niente….

Spero vi possa piacere^^.

AH! La canzone che accompagna il capitolo è “21 guns” di Green Day

Ringrazio:

 

Big Angel Dark

 

_Pulse_

 

Schwarz Nana

 

Black Down Th

 

Schrei_Kris

 

Lady Cassandra

 

Per le recensioni all’ultimo capitolo di“Francesca“

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Capitolo 2
*** 2)Ritorno A Casa ***


2)) RITORNO A CASA.

 

 

E svegliarsi la mattina tarata tata…

Francesca Girardi quella mattina si svegliò con una vecchia canzone degli Zero Assoluto in testa, e questo era quantomeno strano visto che non aveva mai sopportato quel gruppo, soprattutto da quando aveva letto in un articolo che erano stati paragonati per atmosfere e testi a Federico Moccia.

Pensare a lui bastò a farle aprire gli occhi di scatto, detestava i suoi libri, solo allora si accorse di avere un peso sulla pancia che dormiva beato.

Fu quello a strapparle il primo sorriso della giornata,Tom che dormiva.

Gli accarezzò una treccina, lui sbuffò nel sonno, lei trattene una risatina.

Era davvero bello averlo lì, era quasi come un sogno, il suo sogno che dopo anni si era realizzato.

-Frena Francesca Girardi, frena…-

Ricordare perché lui fosse li cancellò quella felicità istantanea, Bill era nei guai, grossi guai.

Bill non era come Jo, semplicemente su una brutta china, Bill era ormai un tossicodipendente.

A quella parola rabbrividì e controllò di non aver svegliato il ragazzo.

Avrebbe dovuto avere coraggio per affrontare quella situazione perché le sarebbe servito a non farsi intenerire da Bill  e a farsi odiare da Tom.

Avrebbe dovuto essere dura e sapeva che a volte Tom l’avrebbe contestata per eccessivo amore del fratello, pur sapendo che non faceva altro che aggravare la situazione.

Si prospettava un bel futuro, ma non importava, se quello era il prezzo per stare con lui l’avrebbe pagato.

-Sei cotta bambina, vero?-

Dovette convenire con la sua coscienza che era così, era cotta e felice di esserlo.

Si spostò delicatamente il ragazzo di dosso , voleva alzarsi e preparare la colazione per tutti e due senza svegliarlo.

Credette di essere riuscita nell’impresa così sospirò di sollievo, poggiò i piedi per terra, sul pavimento freddo che la fece rabbrividire.

Era  in cerca delle ciabatte, quando una mano la afferrò per il polso e la trascinò di nuovo a letto.

Si ritrovò il volto di un Tom mezzo addormentato che la guardava furioso con gli occhi gonfi di sonno, a torreggiare su di lei.

Le venne da ridere intuendo cosa stesse pensando,  tuttavia era anche lusingata e preoccupata allo stesso tempo per quell’ansia che trapelava da lui.

“Dove volevi andare?”

“A preparare la colazione…

Credevi sarei scappata lasciandoti nel mio appartamento?”

Inarcò un sopracciglio eloquente, lui arrossì facendola sorridere,

“Sono un cretino…

Lei lo attirò di nuovo a sé, lo sentì sorridere.

“Come siamo dolci…

“Taci stordito e ricominciamo questa mattinata decentemente!”

Lui si alzò sui gomiti, la guardò divertito e la baciò.

Lei ricambiò sorridendo, questo era decisamente un bel buongiorno per i suoi standard.

“Buongiorno Fay!”

“Buongiorno a te, Medusa.”

Lo baciò di nuovo, lui iniziò ad accarezzarle un fianco, lei gemette e si staccò.

“Cattiva.”

“Lo so.”

Si alzò mentre lui la guardava divertito, notò che era troppo pallido e le sembrò un fatto strano,da approfondire.

Lo osservò per un attimo, poi appoggiò le sue labbra sulla fronte di lui ,scottava.

“Hai la febbre….”

Mormorò Fay.

“No, sto bene…

Scostò le coperte e si alzò, ma un improvviso capogiro lo fece tornare immediatamente seduto.

La ragazza salì di nuovo sul letto e gattonò fino alle sue spalle, per poi abbracciarlo e appoggiare la testa sulla sua spalla.

“Hai la febbre zucca dura.

Non c’è niente di male, sei stato fuori al freddo e al gelo per un po’ ieri!”

Lui sbuffò, sebbene poi avesse accettato di buon grado che lei lo facesse stendere sotto le coperte e lo coprisse come se fosse una mammina.

“Vado a prendere il termometro.”

Gli diede l’ennesimo bacetto e poi sparì nel bagno.

Quando tornò lui guardava il soffitto.

“Grazie Fay…

“Di niente, ora vado a preparare una colazione decente, tu da bravo bambino adesso ti provi la febbre”

Non era abituato a questo lato dolce di se stessa, però ci stava prendendo gusto, sperando di non soffocarlo.

Preparò due caffè forti, recuperò due brioches da scaldare nel microonde e si accese una sigaretta.

Senza accorgersene iniziò a canticchiare “Boys don’t cry” dei Cure, la canzone preferita di suo padre, ricordava abbastanza chiaramente le luminose domeniche d’estate in cui la mattina si svegliava e lo trovava a canticchiarla in cucina.

Era uno di quei rari attimi in cui tutto sembrava andare bene…

[I can't go on
You said my head's too heavy
I need that song(*)]

Scostò la tendina della finestra, una spessa coltre di neve copriva le strade in quella domenica veneziana, il sole e il caldo erano ben lontani, così come la sensazione che tutto andasse bene.

-…Perché Francè, la verità una sola è….tu e Tom siete come quegli sfigati del Titanic che ballavano mentre la nave andava a fondo….Volete ignorare il fatto che Bill ha già scelto e non tornerà indietro!-

 “Zitta!” ringhiò accendendosi una sigaretta.

Non poteva accettare l’idea che il suo amico sarebbe colato a picco,  era fuori dalla sua visione delle cose.

Francesca Girardi non si affezionava facilmente alle persone, ma se qualcuno riusciva ad entrare nella sua vita e nel suo mondo trovava in lei una persona su cui contare, una che non avrebbe mai mollato un amico nei guai.

Lei aveva imparato presto a lottare e se valeva la pena farlo per una persona era disposta a mettersi in gioco fino in fondo, fino a finire lei stessa nei guai.

Era il suo carattere leale ed idealista, non poteva farci nulla.

Il caffè era pronto, spense la moka, stava per versarlo in una tazza per diluirlo con del latte quando un rumore attirò la sua attenzione.

Un tonfo per la precisione.

Sudore freddo iniziò a colarle lungo la schiena e corse in corridoio, conscia di quello che avrebbe trovato.

Tom era caduto per terra, ovviamente non l’aveva ascoltata, era rimasto a letto per un po’ per poi provare a raggiungerla.

“Ehi Medusa testarda, ti sei provato la febbre?”

Scosse la testa.

“Ok, non fa niente.

Adesso ti aiuto ad alzarti ed andiamo a  letto.”

Lo prese per le spalle, lui la trascinò a terra con lui.

“Mi sento così inutile Fay.

Così fottutamente inutile.”

Mormorava in continuazione quelle parole contro il suo collo mentre la stritolava in un abbraccio che sapeva di frustrazione.

[those trusty chords could pull me through
and early on (*)]
“Ti capisco…”gli accarezzava i capelli”Ma per aiutarlo devi prima guarire tu.

Tom sei febbricitante, lasciati curare.

Ti prego!”

Lui si lasciò trasportare a letto, mettere di nuovo sotto le coperte e ficcare un termometro sotto l’ascella destra, senza mollarle mai la mano.

“Non scappo.

Non scapperò mai più, ok?”

Lui sembrava non sentirla, immerso nei suoi deliri.

Il termometro segnava la temperatura corporea di trentanove gradi.

“Hai un bel febbrone…”mormoro contrita.

Si alzò a prendere una medicina e dell’acqua.

Lui intanto parlava da solo, chiamava qualcuno o qualcosa,Fay non fece  fatica ad immaginarsi chi e perché.

Quando tornò, dopo aver deposto sul comodino un bicchiere in cui aveva sciolto un’aspirina, lo calmò abbracciandolo.

“Non lasciarmi.”

“Non lo farò.”

Si staccò da lui sorridendo e gli porse la medicina.

“Prendi questo, ti farà bene.”

Lui inghiottì senza opporre resistenza, poi ricadde pesantemente sul materasso, stremato.

“Lui sta male…

E io….L’ho lasciato solo…Io sono una persona indegna.”

“Non lo sei…

Credimi non lo sei.”

Le faceva male vederlo così, avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter cancellare quel dolore,ma non poteva.

Non poteva tornare indietro e cancellare il passato.

Non poteva impedire a Bill di fare quello che stava facendo.

Non poteva fare nulla, al momento.

L’unica cosa che potesse fare era sostenere lui, trattenendo le proprie lacrime.

Lui stava facendo la cosa giusta, forse solo per istinto.

Aveva letto da qualche parte che i tossicodipendenti accettavano di essere aiutati solo dopo aver raggiunto il fondo, dopo aver capito che continuando così non avrebbero raggiunto nulla.

Per Bill stare senza il fratello era il fondo e per Tom anche.

[they saw the warning signs and symptoms all day long(*) ]
-E io mi sento colpevole e so che è stupido.

M il senso di colpa…

Non è razionale…-

Tom l’aveva capito questo?

Non lo sapeva,però non era una cosa che potesse dirgli lei, l’aveva intuito.

Solo Tom poteva dirsi e accettare quella verità, se lei gliel’avesse detto avrebbe rischiato di allontanarlo e di sbagliare, perché alle orecchie del rasta sarebbe suonata quanto di più vicino ci fosse a una bestemmia.

“Non mi lasciare, almeno tu…ti prego.”

Il caffè poteva andarsene al diavolo, idem la colazione, davanti a quella supplica.

“Io sono qui.”

Le fece segno di sdraiarsi accanto a lui, lei annuì e si infilò sotto le coperte, lui la strinse immediatamente a sé.

“Perché ?

Perché Fay?

Perché mi ha escluso?”

“Non lo so, Tom.

Solo lui può saperlo credo, ma non è tutto perduto.

Ce la faremo, non sei solo, ricordatelo!”

Lui annuì, poi si picchiò lentamente una mano sulla fronte.

“Devo chiamare Gustav.”

“Stai calmo, lo faccio io.”

Grazie…

Mormorò lui accoccolandosi meglio contro di lei, era troppo fragile in quel momento, se ne rese conto con un brivido di paura, mentre afferrava il cellulare.

Digitò rapida il numero del biodo, lui rispose al secondo squillo.

“Ehi Fra!”

“Ehi. Qualche novità?”

“No, nessuna…

Sembra sparito nel nulla, credo abbia lasciato Amburgo.

Tu come stai?”

Insomma….”

“Quando partite?”

“Credo tra un paio di giorni.”

“Complicazioni per il tuo bagno nel canale?”

L’ironia di Gustav le strappò un sorriso.

“Più o meno, devo fare una visita per vedere se il mio trauma cranico è andato a posto e poi…

Tom si è preso un febbrone da cavallo.

Appena starà meglio saremo da voi.”

“D’accordo, qui noi continuiamo….

È grave la situazione di Bill?”

“Abbastanza, ma ve la racconterà Tom.”

Lui rimase un attimo in silenzio.

“E tra voi?”

“Va bene Gustav, siamo quasi una coppia, per noi puoi metterti il cuore in pace.

Ti prego, non smettete di cercarlo…

È importante.”

“Lo so Fra, so che Tom non l’avrebbe mai abbandonato se non per una cosa molto grave.

Ti avviso se dovessimo scoprire qualcosa.”

“Grazie, davvero.

Ora ti saluto, sono preoccupata per Tom.”

“Curalo da brava crocerossina”

Fece una breve risata.

“Giuraci, ciao bello!”

“Ciao. A presto!”

Chiuse la chiamata.

“Niente buone notizie vero?”

“Purtroppo è così.”

Lui si incupì, lei lo strinse a sé.

Il tempo passava, lui era caduto in un sonno pesante, lamentandosi e aumentando la presa ogni qualvolta che le allucinazioni prodotte dalla febbre si facevano più violente.

Era così frustrante essere lì e non potere fare nulla.

Troppo dannatamente frustrante.

[we sit and dream of better days
where we'd hit the ground running on empty
stories we've been told(*) ]

Era sdraiato a letto, accoccolato contro una preoccupata Fay, che lo accarezzava dolcemente cercando di calmarlo.

Si sentiva la testa pesante e nello stesso tempo si sentiva andare a fuoco.

Dannata febbre.

Era così frustrante, essere lì in un inutile letto quando sentiva che il suo gemello non stava bene.

Una parte di lui sapeva che comunque partire adesso senza Fay, non avrebbe risolto nulla, ma quella più impulsiva ed irrazionale gli diceva che non avrebbe mai dovuto lasciare Bill da solo.

Il senso di colpa lo tormentava anche per quella felicità che aveva provato ieri sera e che gli sembrava lontana ed in qualche modo sporca.

-Hai abbandonato tuo fratello per lei….

Vergognati!-

C’era una voce che urlava di continuo queste cose nella sua testa, forse aveva ragione, se fosse tornato subito…

-non sarebbe cambiato nulla e adesso vi stareste ancora rovinando la vita a vicenda, così invece hai creato una rottura.

Qualcosa da cui ripartire….-

“Vi prego lasciatemi dormire….sono stanco…

Fay sobbalzò a quelle parole e lo strinse più forte, questo bastò a fare tacere i due litiganti che c’erano nella sua testa.

Forse era stato tutto un errore venire da lei, ma averlo fatto era stato il migliore errore della sua vita.

Era felice di averla di nuovo tra i piedi, era un dato di fatto.

[and all those nights we spent together never felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time(*)]

Con questa consapevolezza cadde in un sonno profondo e in qualche modo denso e pesante causato dalla febbre.

All’improvviso era di nuovo a casa sua, a Loitsche, ed era di nuovo bambino.

Guardava con un misto di meraviglia e terrore le sue mani di nuovo piccole, infantili.

-Dio se solo fosse possibile, quante cose potrei cambiare….-

Non era mai stato un tipo nostalgico, ma quel giorno si sentiva diverso, vedeva errori ed eventi da cambiare nella sua vita.

Si riscosse e si guardò intorno, era nel giardino di casa sua, che però sembrava deserta, come se nessuno vi mettesse più piede da anni.

All’improvviso sentì un pianto provenire dall’angolo più lontano del prato, la curiosità lo portò a vedere chi fosse, ma man mano che si avvicinava sentiva un’ansia crescergli dentro.

Lui sapeva a chi apparteneva quel pianto.

Bill…

Lo trovo rannicchiato vicino ad un cespuglio, i corti capelli biondo scuro che gli ricadevano sul viso bagnato di lacrime.

“Bill.”

Alzò la testa.

“Vattene, non ti voglio!

Tu sei cattivo!

Tu mi hai tradito!”

Si avvicinò a lui, guardandolo spaventato, gli occhi gli si stavano riempiendo di lacrime.

“vattene ti ho detto!”

Si accucciò accanto a lui titubante, perché Bill aveva detto quelle cose?

“Perché?”

“Perché io stavo male e tu te ne sei andato!

Mi hai abbandonato!”

Lui deglutì, le lacrime iniziarono a scendere copiose.

“Io non ti ho abbandonato, tu mi hai cacciato via.

Io volevo rimanere!”

“E perché non sei tornato?”

Lo abbracciò senza sapere cosa dire, voleva solo che capisse che lui non l’aveva tradito, ne abbandonato.

“Vattene!”urlava contro il suo collo.

“Ti odio!

Ti odio!”

Poi scoppiò a piangere, Tom si sentì meglio, era come aver ritrovato il fratello.

Come avere ottenuto il suo perdono.

All’improvviso la stretta del bambino divenne  troppo forte, l’aria iniziava a mancargli.

“Bill, non respiro!”

Tentò di staccarsi e si accorse con orrore che il gemello era diventato un mostro pieno di tentacoli che gli sorrideva maligno.

“Credi davvero che ti lascerò andare così facilmente Tomi?”

“Chi sei tu? Dov’è mio fratello?”

“IO sono Bill, Tomi!”

Nooooooo!”

“Si e tu sarai sempre con me!

Ce ne andremo insieme  nella notte!”

“Lasciami! Tu non sei Bill, tu sei quello che me lo ha rubato!

Ridammi mio fratello!”

“No Tomi, io sono tuo fratello!”

La cosa ghignò e lo strinse sempre di più a se, non riusciva a liberarsi!

Non poteva essere inglobato da quel mostro!

Noooooooo!”

[i cant go on these limbs have grown to heavy
i need that song a night on earth could pull me through
and early on(*)]

Si svegliò urlando, Francesca non era più accanto a lui, si alzò freneticamente per andarla a cercarla, ma non riusciva a coordinare bene i movimenti.

Fu vagamente consapevole di una porta che si apriva e di qualcuno che entrava e che diceva qualcosa in tono concitato in italiano.

Non era Francesca, cosa era successo?

“Dov’è Francesca?”

Alzò gli occhi, una donna sulla cinquantina lo fece stendere di nuovo a letto contro la sua volontà, poi prese una sedia e la spostò accanto al letto.

Prima di sedercisi sopra, lo ammonì con un’occhiata che bastò a farlo smettere di agitarsi, l’unica che fosse riuscita in quel miracolo oltre a Girardi era stata la sua professoressa di tedesco del liceo.

“Sei tedesco?”

Chiese in un tedesco mitigato dall’accento italiano.

“Si, lei chi è?”

“Mi chiamo Miranda Falcon, sono stata un’insegnante di tedesco fino a l’anno scorso e sono una vicina di casa di Francesca.”

“Dov’è?”

La donna sospirò.

“L’ha chiamata il suo datore di lavoro per chiarire alcune questioni urgenti e mi ha chiesto di darti un’occhiata visto che stavi poco bene.

Torna immediatamente.”

Tom s’incupì, poi la vocina razionale gli fece presente che forse doveva giustificare almeno la malattia per il trauma cranico e poi il licenziamento, ma non poté fare a meno di sentirsi quasi tradito.

“Sei il ragazzo di Francesca?”

La domanda della donna lo strappò alle sue farneticazioni.

Bho, cioè sono solo un amico.”

“Si, sei il suo ragazzo, dopo anni di esperienza so riconoscere un innamorato reticente !”rise lei.

Il silenzio calò tra di loro.

“Signora cosa farebbe lei se una persona a cui tiene molto la allontanasse per proteggerla dai suoi problemi?

E così facendo le avesse fatto ritrovare una persona importante?”

“Credo la ringrazierei e mi impegnerei a fondo per aiutarla, perché ha cercato di fare qualcosa per me, anche se forse voleva solo mettermi alla prova.”

“mettermi alla prova?”

“si. Vedere se la amavo abbastanza da tornare.”

Si incupì.

“Tornare è un errore a volte, qual è il problema di questa persona?”

“Mio fratello si droga.”

La donna tacque.

“Hai fatto bene a venire da lei, allora.

Spesso parlare  o essere aiutati da qualcuno che non è così coinvolto emotivamente come un fratello, può aiutare chi fa uso di droghe.”

“Lo spero.”

La donna appoggio le mani sulle sue.

“Francesca è una brava ragazza, ma è anche una tosta.

Avrei odiato averla come alunna, ma l’avrei rispettata perché non molla.

Ti aiuterà, abbi fiducia in lei ….e in te stesso.

Non sentirti colpevole se tuo fratello si droga, la scelta è stata sua e consapevole, tu non avesti potuto fermarlo .”

“Come fa a esserne sicura?”

“nella maggioranza dei casi è così, cercavo solo di farti capire di non ascoltare troppo il tuo senso di colpa, se dovrai prendere delle decisioni drastiche o difficili.”

“D’accordo.”

[they saw the warning signs and symptoms all day long
wonder how far from here we'll fall

before we hit the ground running on empty
stories we've been told
(*)]
La porta di casa si aprì poco dopo, una trafelata Francesca li raggiunse in camera e si illuminò vedendolo sveglio.

Si buttò sul letto, lui le prese il viso tra le mani e la attirò a sé.

Lei sorrise imbarazzata, mentre la baciava con foga, gli era mancata.

Quando si staccò aveva ancora le mani sulle sue guance.

Bensvegliato?”.

“ Ho avuto un incubo.”

“Vi lascio soli, ciao Francesca.”

“Arrivederci professoressa e …grazie.”

“Prego!”

La donna uscì dalla stanza e poi dall’appartamento, Fay tornò a guardarlo interrogativa.

“vieni qui sotto, si sta bene e …mi sei mancata.”

La ragazza si svesti velocemente fino a rimanere in intimo, lo guardava curiosa, incredula.

“Si Nana, se non ci sei mi manchi.

Non farmelo ripetere!”

Aaaah Medusa, tu e la gentilezza non sarete mai amici…

Si infilò sotto le coperte, lui la strinse a se, ora stava decisamente meglio.

“Ho paura di aver tradito Bill, Fay.

Ma adesso sono certo che quello fosse l’unico modo per salvarlo e per dargli una scossa.

Spero di non sbagliarmi.”

Lei lo baciò dolcemente, mettendosi sopra di lui.

“Non ti stai sbagliando, non sei solo a combattere questa battaglia, te l’ho già detto.”

Lui la baciò di nuovo, poi scese a baciarle dolcemente il collo.

“Hai la febbre.”

“Non mi importa.”

Passò a baciarle la clavicola.

“Ok hai vinto.”

Ghignò soddisfatto riprendendo a baciarla e mordicchiarla, lei ormai che ormai si era arresa  inizio a gemere ed ad accarezzarlo e poi a ricambiare.

Non era del tutto convinto delle sue azioni, ma parte delle incertezze di prima erano sparite.

Aveva lei, lei che lo aveva accettato di nuovo dopo anni, quando avrebbe potuto mandarlo al diavolo senza sforzo e che aveva accettato di aiutarlo.

Lei che lo aveva coccolato, curato, consolato senza giudicarlo.

Lei che lo amava.

Lei che adesso lo stava facendo gemere con le sue carezze e i suoi baci, come nessun altra era riuscita a fare prima.

Lei che voleva disperatamente trattare bene in tutti sensi, senza farla sentire usata o come se fosse  lo sfogo di un momento.

Non volere che l’altro soffra per te, non volere vederlo triste era un sintomo dell’amore?

-Se la risposta è si, ti amo Nana…

Un giorno te lo dirò…spero-

[and all those nights we spent together never felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time (*)]

[There she goes with the pieces from my heart(**)]

Amore.

Farid Schmit si chiese se sapesse cosa fosse l’amore e se l’avesse mai provato, l’unica risposta che ottenne fu un lungo silenzio di quella coscienza che dopo anni di tentativi falliti ancora si ostinava a rimproverarlo.

Amore.

Credeva di averlo provato per una ragazza dai lunghi capelli neri che si chiamava Francesca e che lo aveva rifiutato senza concedergli una seconda possibilità ne per pietà ne per paura.

Credeva che una volta scoperto cosa fosse capace di fare per prendersi ciò che considerava suo ed eliminare chi lo intralciasse nei suoi piani come Josh lei sarebbe caduta ai suoi piedi, almeno per paura di incorrere nella sua ira.

Non era successo, la ragazza oltre alla gelida indifferenza aveva aggiunto un odio feroce.

Era stato il suo primo errore di valutazione, probabilmente.

Il secondo era connesso con lei e non era del tutto un errore, una parte di lui la giudicava così un ‘altra soffriva ancora a distanza di due  anni per quel che era successo.

Aveva perso sua sorella e la sua ragazza per colpa sua, per quella brama di potere che aveva.

Si rimproverò per aver usato il verbo perdere, sapeva di scelta definitiva ed irrevocabile, sapeva di morte, ma Leila e Shirin erano ancora vive.

Eppure…

Sapeva benissimo che era come se non lo fossero, quello che aveva fatto l’aveva reso un essere disgustoso ai loro occhi, l’aveva ucciso in certo senso.

Non sapeva cosa gli stesse succedendo quella sera, di solito non permetteva al passato di emergere in modo così minaccioso da trascinarlo quasi via con se.

Forse era la pioggia sottile che cadeva fuori dalla vetrina di quel bar moderno e scintillante di acciaio e vetro in cui si trovava che gli evocò i fantasmi di mille altre serate come quella , trascorse in compagnia di Leila.

Pensare a lei fu doloroso, doloroso era il ricordo dei suoi occhi l’ultima volta che l’aveva vista.

I suoi occhi così uguali ai suoi, che tante volte l’avevano guardato con affetto ed adorazione, erano stati duri, come se per la prima volta vedessero chi fosse suo fratello, chi fosse lui.

Rabbrividì ed ingoiò un sorso di birra.

Aveva sempre considerato sua sorella la persona più importante della sua vita, quella che gli sarebbe stata sempre accanto, invece era riuscito ad allontanare persino lei.

Che torto poteva darle?

Nessuno.

[There she goes and now my teardrops start(**)]

Lui avrebbe dovuto ascoltare quella vocina che gli diceva di continuare ad ignorare Shirin nonostante fosse ogni giorno più bella e palesemente cotta di lui.

Shirin era al sorella del suo migliore amico e la miglior amica di Leila e aveva sempre saputo che era innamorata di lui, per via di quell’aura da eroe ribelle che si portava addosso.

Farid era sempre stato furbo ed ambizioso allo stesso tempo, non gli bastava essere lo spacciatore ricco del quartiere, voleva anche che la gente lo rispettasse dimenticandosi della droga, trattandolo come un eroe.

Ci era riuscito, l’unica a non cascarci era stata l’italiana.

Più Francesca lo rifiutava, più si avvicinava a Shirin

Ricordava i loro appuntamenti, i loro baci e lei che si lasciava mettere le mani sotto la maglietta senza protestare, senza pretendere.

Arrivò Leila a scuoterlo, dicendogli di fare una scelta e lui le aveva obbedito.

Scelse Shirin senza esserne del tutto convinto, le voleva bene, ma non l’amava quanto lei amasse lui.

Durò un po’, furono due anni belli, in cui gli sembrava di stare finalmente bene, almeno fino a che il destino non si era messo in mezzo.

-Cmodo dare la colpa al destino, la verità è che il colpevole sei tu.

Tu e il tuo scarso coraggio.

Tu e la tua brama di potere.

Tu e il tuo cazzo di Egoismo.-

Il destino si era palesato in una gravidanza indesiderata di Shirin, ricordava ancore le lacrime della ragazza mentre glielo annunciava durante una passeggiata al parco.

Farid io sono incinta!”

Cosa aveva sentito dopo quelle quattro semplici parole?

Una scintilla di gioia sommersa dalla paura.

“devo pensarci, Shirin…

Questa era stata la sua risposta seguita da una fuga precipitosa dal parco verso il bar, dove si era sbronzato.

Non seppe mai di preciso cosa si lasciò sfuggire durante quel discorso incoerente da ubriaco, quel che accadde in ogni caso fu di essere convocato a casa dell’uomo che gestiva il traffico della droga a un livello più alto del suo.

Lui lo chiamava il Boss nelle sue fantasie.

Aveva persino paura a pronunciare il suo nome perché sapeva che quell’uomo era un demonio senza pietà che non andava mai contraddetto se si voleva continuare a vivere .

Aveva dovuto ubbidire anche se farlo gli costò fatica e dolore.

Aveva Dovuto farlo per lui e per Shirin stessa.

-Per te più che altro.-

Gli ordini dell’uomo erano stati chiari, non voleva neo padri tra i suoi, quindi la sua donna doveva abortire.

Fu allora che si rese conto che dopo tutto il figlio di Shirin lo voleva, quando ormai fu troppo tardi.

Comunicarlo a lei non fu facile.

Ci furono pianti, ci furono liti, ci fu persino un Dave furioso che faceva a botte con lui.

Si portò una mano sulla guancia, quei colpi e quelle parole facevano male ancora adesso, David non aveva voluto capirlo ne ascoltarlo.

Alla fine Shirin abortì, ma l’amore che lei provava per lui era morto con quel figlio.

Quando l’aveva riaccompagnata a casa aveva ricevuto solo una porta sbattuta in faccia, nemmeno un addio.

Sapeva di meritarselo.

Sapeva di averla ferita e di aver deluso Leila.

La sorella non aveva più voluto parlargli, si era occupata solo di Shirin, di farla rimanere viva.

[And `ere I go once again
Tru deese loonely `eartaches and pain
That`s all remain all remain(**)]

-E dovresti ringraziarla per questo, perché eri tu quello che ha fracassato il mobilio del bar quando hai saputo che ha tentato di suicidarsi e Leila l’ha acchiappata per le penne.

La verità è una sola, tu sei innamorato  i lei, della ragazzina che un tempo ti adorava e che ora ti odia.

Sei patetico Farid.

Leila è la vera vincente.

Lei è fuori da questo schifo e può aspirare a una vita fuori da questo cesso di quartiere che non sia in un carcere, tu no.

Se ti beccano sei fottuto, amico.-

Farid?”

Mark gli battè sulla spalla, Farid lo incenerì con un’occhiata, quel biondo mirava a fargli le scarpe e prendere il suo posto, seminando discordia tra i suoi ragazzi.

Mark voleva che lui agisse per mettere a tacere Leila che ultimamente cercava di proteggere  la gente su cui loro si comportavano da bulli, lui non voleva.

Non avrebbe mai attaccato la sorella a meno che il Boss lo ordinasse.

“Cosa c’è Mark?”

“è ora di andare al lavoro…

Stasera c’è una celebrità al solito posto.

Bill Kaulitz.

E sembra interessato a ciò che abbiamo da offrirgli.”

Farid sorrise.

[Who`s gonna put back the pieces to my broken heart
Once again once again now I know this could be the end
And she gone with the pieces of my heart
There she goes and now my teardrops start(**)]

 

Francesca sorrise, dopo due giorni Tom sembrava stare meglio e lei aveva sistemato il lavoro e la sua visita per il trauma cranico che risultava perfettamente riassorbito.

Potevano finalmente partire per la Germania,lui era contento, quasi euforico, di sicuro iperattivo.

Non riusciva a stare fermo, si muoveva da una stanza all’altra come una trottola, fino a farle venire mal di testa, quella scena le sembrava di averla già vissuta.

In un attimo il flash back la colpì.

Era stato quando si era trasferita dalla Sicilia alla Germania, Andrea si era  comportato allo stesso modo, ecco spiegato il tutto.

“Ehi Fay! Che hai?”

Sorrise.

“Nulla, tra poco preparo le valigie.”

Lui la guardò negli occhi, concluse che qualsiasi pensiero non gli avesse detto non era importante e la baciò e per l’ennesima volta si ritrovò a pensare che era bello  tutto questo.

Troppo bello, da averne quasi paura perché era più di quello che avesse mai sognato.

“Allora, che hai?”

“Niente, mi hai ricordato Andrea, tutto qui.

Adesso fammi preparare le valige,sennò non partiremo mai dopo pranzo!”

Lui annuì , lasciandola lavorare in pace, fare le valige non era mai un lavoro del tutto indolore, altri ricordi le tornavano sempre alla mente.

-è buffo come tre anni della mia vita entrino senza sforzo in poche valige.

Buffo.-

Entro l’una aveva finito tutto, quando un ancora un po’ pallido Tom venne ad avvisarla che aveva arrangiato un pranzo.

“Wow! Che bravo ragazzo!”

“Lo so lo so….modestamente so fare tutto e sono perfetto!”

“Perfetto da prendere in giro quando fai queste sparate….”

“Non cambi mai Fay, eh?”

“Nemmeno tu!”

Mangiarono ridendo e scherzando, per tenere a bada la tensione che stava crescendo lentamente tra di loro, non era un normale pranzo tra due normali ragazzi.

-è come l’ultima cena, Fra….

Da domani sarà tutto diverso, cambierai nazione, situazioni, tutto e lo sapete entrambi.

Sei pronta?-

Si lo era o si credeva tale, non importava.

Una volta lavati i piatti e messe via le ultime cose, realizzò davvero che quell’appartamento non sarebbe più stato suo.

Non era più il suo rifugio, il posto che l’avrebbe accolta.

Ora doveva affrontare le cose di nuovo, doveva tornare a lottare.

“Andiamo Fay?”

Annuì, chiuse la porta a chiave, con un groppo in gola.

“Tutto bene?”

Lui le arrivò alle spalle e la abbracciò.

“Si, solo mi mancherà questa casa.

Tutto qui.

Ma adesso….Andiamo, ok?”

Si staccò e gli sorrise.

“E guido io!”

“Ma sei scema? Non ti cedo la mia macchina!”

“Perché? Non sei ancora dl tutto guarito!

Ti stancheresti!”

Tom affondò le mani nelle tasche e strinse in un morsa di ferro le chiavi.

“NO.”

“Ma.

“no no no e ancora….no!”

Continuarono a litigare fino all’imbarco del vaporetto e poi sopra l’imbarcazione.

La gente continuava a ridere divertita dalla faccia mortalmente seria di lui e da quella sempre più arrabbiata di lei, sembravano due sposini in luna di miele.

A questo pensiero arrossì e tacque, passando istantaneamente dalla posa mani sui fianchi a quella delle braccia mollemente lasciate andare lungo i fianchi tipica della resa.

“Ah! Ho vinto io Nana!

Le mie argomentazioni si sono rivelate vincenti!”

Non le aveva nemmeno ascoltate.

“No, hai vinto perché io ti ho lasciato vincere, Medusa!”

Lui rise, si avvicinò a le avvolse le braccia intorno al collo sorridendo.

“Sicura?”

Fece strofinare i loro nasi.

“Si.”

Le diede un innocente bacio a stampo.

“permalosa.”

“Io non sono permalosa, hai capito?”

Lui alzò un sopracciglio eloquente.

“Ok, lo sono!

Ma tu hai scelto di che morte morire!”Concluse in italiano.

Lui fece una smorfia buffa.

“Non so perché, ma quello che mi hai appena detto anche se suona dolce non lo è.”

Fu il suo turno di fare una smorfia buffa.

“Impara l’ italiano!

Io il Tedesco l’ho imparato!””

Scoppiò a ridere.

Sbarcarono dal vaporetto sorridendo, litigarono un altro po’ davanti alla macchina, alla fine dovette cedere, Tom non le avrebbe mai consentito di guidare la sua preziosa macchina.

Partirono sotto un cielo ancora un po’ nuvoloso, la conversazione finì per smorzarsi e poi troncarsi presto, entrambi erano presi dai loro pensierii.

Il ragazzo sicuramente pensava al fratello, lei anche ad altre cose, provava un’acuta sensazione di déjà-vu.

Ricordava un altro viaggio fatto lungo quelle strade, quello dalla Sicilia alla Germania di sei anni prima, ricordava cosa aveva pensato allora.

[-Posto di merda…

È freddo…Voglio il sole!

Voglio la Sicilia!

…..Voglio mio padre….-

 Guardava fuori dal finestrino con Andrea addormentato sulla sua spalla , mentre Luca a sua volta osservava il paesaggio dall’altro finestrino in silenzio.

Avrebbe voluto dire quello che provava al fratello,ma era rimasta zitta, non voleva mostrarsi debole, non voleva analizzare i suoi sentimenti.]

Quante occasioni come quella aveva sprecato?

Anche con Bill era stato lo stesso?

Sospirò.

Tom le rivolse un’occhiata, poi rinunciò a chiedere a chi avesse pensato, era al stessa persona che occupava i suoi pensieri.

Solo una volta aveva pensato a Bill quando aveva percorso quella strada in senso inverso per andare a Venezia tre  anni prima.

Era stato quando era il cd era arrivato al ritornello di “Pet sematary” dei Ramones.

Ricordò che quando Bill aveva sentito quella canzone per la prima volta, a casa sua a  Loitsche aveva scosso la testa per aver trovato una canzone del genere tra i suoi file musicali, forse secondo lui  poco adatta a una ragazza, dicendole che però quella canzone gli piaceva.

Era stato dolce comunque, lei no.

“I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.
I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.”(***)

“Che canzone è?” Questo era Tom

Pet  Sematary, dei Ramones.

Mi ricorda tuo fratello.”

“Capisco.”

Mormorò senza tuttavia capire davvero, non condividendo con loro quel ricordo,dopo tornò il silenzio.

Quando arrivarono finalmente all’appartamento di Tom erano entrambi stanchi, nonostante la pausa per la cena e il fatto che alla fine Fay fosse riuscita a spuntarla e a guidare per l’ultimo pezzo di strada.

Varcarono la soglia dell’ abitazione dove fino a qualche giorno prima c’era anche Bill con una sorta di timore, Tom evitò di guardare in salotto per  fiondarsi subito sotto la doccia.

Lei si buttò a letto, a disagio , sentendosi un’estranea.

Probabilmente si addormentò, perché si ritrovò a fronteggiare un Tom con solo un asciugamano intorno alla vita che la scuoteva divertito poco dopo.

“Il bagno è libero Fay.”

“grazie!”

Arrossì dandosi della cretina, poi anche lei  si fece un’agognata doccia.

Una volta uscita dal bagno si accorse che lui già dormiva,rannicchiato su se stesso come un bambino.

Si sedette sul letto a guardarlo, intenerita, lui aprì gli occhi di scatto poco dopo.

“Odio che mi si guardi dormire, anche se sono davvero bello…

Lei alzò gli occhi al cielo.

“Vieni qui dai!”batté la mano accanto a lui.

Lei ubbidì sospirando.

“Sono un bel peluche?”

“Un bellissimo peluche!”ghignò lui”soprattutto quando mi asseconda!”

Ridacchiò mentre lui l’abbracciava, poco dopo crollò addormentato.

Domani sarebbe stata una lunga giornata.

[E mi resta un sogno che
Raccontava anche di te
Rivedevo i giorni miei
Tempi in cui eravamo dei(****)]

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Eccoci con il secondo capitolo, non so bene cosa dire…

Solo spero vi piaccia e non sia troppo dolce o deconcentrante rispetto alla faccenda di Bill.

Vi dico le canzoni.

(*)”Warbrain” Alkaline Trio

(**)”There she goes”Bob Marley

(***)”Pet SemataryRamones

(****)”Alba Fragile (Ultima Notte Sulla Terra)”Timoria

Ho sonno, quindi ringrazio per le recensioni

 

Big Angel Dark

 

_Pulse_

 

Hana turner

 

Black Down Th

 

Per le recensioni all’ultimo capitolo di“Francesca“ ringrazio in ritardo

 

Hana Turner

 

Tushi Und Dark

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Capitolo 3
*** 3)Gli Scheletri Nell'Armadio ***


3))Gli Scheletri nell’ armadio (

 

 

Era strano svegliarsi la mattina con qualcuno accanto.

In quel letto aveva portato poche ragazze, non aveva avuto voglia di mostrarle al fratello, Fay era stata una delle fortunate, peccato che ormai le preoccupazioni verso Bill avessero perso senso.

La osservò mugugnare nel sonno, sembrava una bambina.

Era davvero bella.

Capelli neri, ciuffi colorati di viola e un tatuaggio.

Quella che osservava con un misto di preoccupazione e rispetto i tatuaggi del suo gemello si era fatta un tatuaggio sul polso vincendo la sua paura.

Un piccolo elfo per la precisione.

Bill.

Pensare a lui gli tolse il sorriso, doveva trovarlo il più presto possibile, non poteva lasciare che si rovinasse la vita.

Fay si svegliò poco dopo stiracchiandosi come una gatta, con un’espressione vagamente perplessa in volto, come incredula di trovarsi lì.

“Buongiorno Nana….Comodo il mio letto?”

“’Giorno Medusa! Direi di si, anche il proprietario non è male…

Modestamente….”

Le diede un bacetto, lei lo guardò seria.

“Ti sei agitato nel sonno.”

“Oggi devo parlare a Georg e Gustav.”

“Ce la farai.”gli strinse la mano.

-Davvero ce la farò?

Davvero riparerò tutti i casini che ho creato io per il mio orgoglio, ferendo chi mi stava vicino? I miei amici?

Davvero riporterò indietro mio fratello?

Hai talmente tanta fiducia in me che sembri già sapere il finale di questa storia…

Se è così ti prego dimmelo, almeno mi sentirei più tranquillo.-

Le accarezzò il tatuaggio.

“Mi ricorda te e Bill…

Avete qualcosa in comune con questa creaturina….”

Lei abbassò gli occhi.

“A volte mi chiedo se abbia fatto bene a seguirti….”

Deglutì, in ansia.

“Ti sei già pentita?”Non riuscì a bloccare la sfumatura di rabbia presente in quella domanda.

“NO. Solo mi chiedo se a te faccia bene avermi accanto…

Forse anch’io sono colpevole ..”

Non la lasciò finire, la stritolò in un abbraccio.

“Non dire cavolate Fay.

Io ti ho chiesto di venire perché credo che tu mi possa aiutare, ho bisogno di una persona che mi sappia tener testa se non vorrò ragionare e mi ostinerò a fare qualcosa che so benissimo farà male a mio fratello credendo di aiutarlo.

Anch’io ho le mie colpe, io non ho saputo vedere che stava male.

E forse anche Bill ha le sue responsabilità per aver scelto questa via.”

[So help me heal these wounds,
They've been open for way too long.
Help me fill this hole,
Even though this is not your fault,(*) ]

L’ultima frase fu poco più di un sussurro, ma lei la sentì lo stesso.

Grazie…

Ti va di fare colazione o vuoi chiamare subito Georg e Gustav?”

“Li chiamo….”

Lei  uscì dal letto e si diresse in cucina, lui cercò il cellulare conscio che chiamare il bassista non sarebbe stata affatto una passeggiata.

Chiamò per primo il batterista, Gustav si rivelò la solita persona adorabile e paziente e accettò di buon grado di venire a casa sua verso l’una.

Georg iniziò a ringhiare non appena riconobbe la sua voce.

“Alla buon ora Kaulitz!

Finalmente risento la tua voce soave, cosa vuoi?

Darmi altri ordini?

Che onore che me li dai di persona e non attraverso un subalterno!

Cos’è? A forza di vestirti da rapper sei diventato un teppista?”

“Scusa Georg, ma non ero nemmeno in Germania.

Non volevo darti ordini in ogni caso…

“Dov’eri? A divertirti?”

Sospirò.

“No ero in Italia..Da Fay..”

“Ce l’hai fatta a scopartela! Altra conquista da aggiungere alla lista?”

Ci vide rosso.

“Piantala Georg, non è così .”

“No?”

“No, se fosse così al momento non sarebbe qui in Germania….con me!”

Sentì una pausa dall’altra parte.

“davvero?”

Si stava aprendo una breccia nella rabbia dell’amico, causata da un anno di comportamenti sbagliati, frasi che ferivano urlate per non farlo avvicinare al suo segreto.

Era stato disposto a passare per uno stronzo pur di non dire la verità, pur di proteggere a suo modo il fratello e ora stava cercando di rimediare a quei comportamenti dettati dall’orgoglio.

“Ascolta, ti prego, scusami.

Lo so che detto al telefono fa schifo, ma mi dispiace di averti trattato da merda, ma c’era una ragione.

Sono stato uno stronzo borioso, me ne rendo conto

Lasciami almeno spiegare perché e perché vi ho chiesto di cercare mio fratello

E perché lui si è comportato da stronzo…

e..”

“Frena Kaulitz, la logorrea è di Bill non tua, ho capito cosa vuoi dirmi.

Dimmi solo quando e dove.”

“a casa mia, verso l’una.”

“bene. Almeno rivedrò Francesca…

“Georg scusami, ti prego.”

“D’accordo…Voglio sentire le tue motivazioni prima di decidere.”

“Tu credi che io sia stronzo.”

“non lo credo, lo sei stato e lo hai ammesso…

Solo voglio sapere perché, non erano da te quei comportamenti.

Io volevo solo spronarti a parlare, ma visto come ha reagito ho concluso che o non volessi o fosse nato un nuovo Tom Kaulitz.

Quindi ho deciso di lasciarti perdere, in attesa che tu ti decidessi…

“Mi sono deciso troppo tardi.”

“Non è mai troppo tardi Kaulitz, a tutto c’è rimedio tranne alla morte…

E se davvero c’è Girardi con te trattamela bene o te la vedrai con me.”

Chiuse la chiamata leggermente perplesso, perché Listing gli aveva dato quell’avvertimento?

Scese dal letto perplesso, la raggiunse in cucina.

“Come è andata?”

“Gustav ok, Georg…

Georg…

Bhe diciamo che lui non è Gustav, lui quando io ho iniziato a essere strano per via di mio fratello non ha accettato le porte in faccia.”

“Ossia tu che facevi lo stronzo, lui che cercava di capire perché e…

“E io che ero ancora più stronzo per proteggere me e Bill.

Allora non avrei mai ammesso di essere in difficoltà, credevo di potercela fare da solo, ma mi sbagliavo.

Georg continuava ad interessarsi di me e io a trattarlo male, finché non litigammo pesantemente e lui mi disse che mi avrebbe lasciato perdere….”

“ma adesso ha accettato di parlarti , no?”

Si…

“allora avete un’occasione per chiarirvi e per parlare…

Andrà tutto bene!”

“Come fai ad esserne sicura?”

“Non ne sono sicura, lo spero.

Desidero che sia così e voglio lottare perché questo si realizzi e so che è quello che vuoi fare tu, anche se al momento sembra difficile.

È per questo che mi hai chiamato, se non avessi voluto lottare avresti semplicemente lasciato andare a fondo tuo fratello.”

Si avvicinò a lei, la abbracciò.

“Grazie.”

“Di che?”

Sorrise, si staccò e prese la tazza di caffè che gli porgeva.

Si, poteva e doveva provare a  chiarire con loro, doveva riconciliarsi  in qualche modo, sia per i suoi due amici che per se stesso.

[And I need someone to help me sew them,
I need someone to help me fill them,
I need someone to help me close them up(*)]

 

Riconciliarsi.

Tante volte Leila aveva pensato che avrebbe dovuto provare a farlo con Farid, ma poi le tornava in mente il dolore che le aveva provocato e di come avesse devastato la vita di Shirin senza pietà e sentiva un orribile sensazione di rifiuto.

Suo fratello non era più suo fratello, non riusciva più ne a riconoscerlo ne a perdonarlo.

Perché era tutto così complicato?

Perché non aveva un vita semplice?

Sospirò, la tabaccheria era stranamente poco affollata quel pomeriggio.

Poco dopo la porta si aprì con uno scampanellio, Luca era entrato nel locale, dalla faccia che aveva dedusse che non avesse bisogno solo di un pacchetto di sigarette.

Conosceva Luca abbastanza da sapere che aveva bisogno di parlare più che altro, perché doveva essere successo che lo aveva in qualche modo scosso.

“Ciao Leila.”

“Ciao.”

“Dammi un pacchetto di Marlboro.”

Glielo porse  e mormorò il prezzo.

Lui depose la somma sul bancone, ma non accennò minimamente a prendere il pacchetto, come volevasi dimostrare, la sua tesi era esatta.

“Allora Luca, cosa succede?”

“posso prendere una sedia dal bar?”

“Come se prima l’avessi mai chiesto…prendila.”

Ridacchiando trascinò una sedia dal locale adiacente e la portò davanti a lei che si stravaccò meglio sulla  sua dietro al bancone.

“Si tratta di Lene.”

Lene Kaufmann  aveva diciassette anni, frequentava la loro stessa scuola, non era del quartiere ed era sempre stata una brava ragazza.

Aveva capelli castano ramati mossi , due pazienti occhi castani e un sorriso cordiale, almeno fino a qualche mese fa.

Dall’inizio di quell’anno scolastico era cambiata senza un motivo apparente, meches blu  su capelli platinati, trucco pesante, abbigliamento succinto.

Erano rimasti spiazzati, soprattutto Luca e Leila sospettava che il bel Girardi si fosse preso una cotta per lei.

Doveva esserle successo qualcosa, prima  a settembre e ora adesso.

“Cosa è successo?”

“L’ho vista nel quartiere….con Farid…

Al nome del fratello si riscosse, abbandonando la posa rilassata per allungarsi tesa sul bancone, in attesa che Luca continuasse e per scrutarlo meglio allo stesso tempo.

Sapeva che il ragazzo non aveva alcun motivo per mentirle, ma ogni volta che qualcuno tirava in ballo Farid lei scattava.

 [That I'm open and I'm bleeding,
All over your brand new rug.
And I need someone to help me,(*)]

“Con Farid?”

Luca annuì ed abbassò gli occhi.

“Si stavano baciando…

Bhe erano in un angolo non ho visto bene però…mi pare che lui le stesse mettendo le mani addosso…

Il rossore che salì alle guancie di lui le confermò che era cotto della ragazza.

Perché suo fratello stava con quella ragazza?

Sentì una nota di fastidio e poi di preoccupazione.

Fastidio perché sapere che suo fratello  stava con una ragazza le dimostrava che si era dimenticato alla svelta di Shirin, preoccupazione perché realizzò che quella ragazza era pericolosamente simile alla sua amica.

Entrambe erano delle ragazze ingenue, entrambe erano innamorate di lui quando lui non amava  mai davvero nessuno, tutte le ragazze avevano avuto solo frammenti di Farid.

[Everywhere I go
Everyone I meet(**)]

“Credi che lei sia innamorata di lui?”

Si fece i complimenti per la delicatezza con cui aveva rigirato il coltello nella piaga.

“Credo di si…

Lo immaginava, Lene non era il tipo di ragazza da avventure da notte e basta, se aveva scelto Farid e il suo mondo era perché doveva provare qualcosa per lui.

L’aura di eroe maledetto aveva falciato un’altra vittima.

 Luca….ti piace?”

Lui trasalì.

“No, cioè è mia amica….voglio solo aiutarla…

Inarcò un sopracciglio ed estrasse un sigaretto da un cassetto, lo accese soffiando il fumo in faccia a Luca.

[Every time I try to fall in love
They all want to know why I'm so broken(**)]

“Dio Leila, sei un gangster non una donna!

Si, mi piace Lene, contenta?

Non voglio che stia con tuo fratello e si rovini la vita come Sayeb, ma non so come aiutarla!

Cioè….c’è un modo, ma non ho le palle per farlo, se ci provassi Farid mi ammazzerebbe…

“Qual è?”

“Ti sei chiesta perché Lene sia cambiata da un momento all’altro?”

“Si, ma mi sono detta che era la crescita, che era normale.

Voglio dire, io a tredici anni giravo coni capelli fucsia ed ero conciata come un barbone.”

Leila…tu sei tu, Lene è Lene e non era la crescita il motivo.

Quanto sai della sua famiglia?”

“Che ha una madre che mi odia.”

Sospirò, scartò la pellicola che avvolgeva il pacchetto di sigarette, ne estrasse una.

“La madre è essenzialmente il problema.

Non è una pessima madre, tutt’altro, il fatto è che l’ha tirata su da sola.

Lene non ha avuto un padre fino a settembre.”

Fece una faccia perplessa.

Bhe, la madre di Lene aveva avuto una storia con uno sposato, quando lei è nata ha troncato i ponti con lui.

Poi per anni le ha detto che suo padre era via per lavoro e così simili….”

“E lei ci ha creduto fino a che era piccola, poi ha iniziato a fare domande…

“Puntualmente evase dalla madre…

Fino a settembre, quando la donna ha sganciato la bomba.”

“Cazzo. Perché?”

“Il padre naturale di Lene aveva scoperto di lei  e di sua figlia.”

Mugugnò per invitarlo a continuare, lui alzò gli occhi al cielo, modo implicito di rimproverarla per la sua scarsa partecipazione e per la sua freddezza.

[Why am I so cold
Why I'm so hard inside.(**)]

“Immagina la sua confusione nello scoprire che ha un padre con una famiglia in cui per lei non c’è posto e che ha un fratellastro maggiore che non può conoscere.

Poi aggiungi il fatto che all’improvviso questo padre, latitante per anni, si rifà vivo da un fgiorno all’altro e vuole un rapporto con lei e soprattutto che Lene e il suo fratellastro facciano amicizia. ”

“Ecco perché ha iniziato a vestirsi così…Ha iniziato a sentire il mondo come un posto minaccioso da cui doveva proteggersi.”

“Qualcosa del genere, anche perché non è riuscita ad accettare questo desiderio di suo padre di conoscerla.

Voglio dire ha voluto per anni che accadesse una cosa del genere, ma quando si è trovata a viverla effettivamente si è accorta di avere un po’ di rancore verso quest’uomo.

L’ultima mazzata è stata che suo fratello di lei non ne ha voluto sapere.

Dopo non so quanti anni in cui si è visto figlio unico  non ha digerito benissimo questa sorellina inaspettata…

[Why am I scared
What am I afraid of(**)]

“Scioccato dalla notizia?

“Ha ventiquattro anni…All’incirca è così.

Per tutti e due è stato un colpo, ognuno ha reagito in modo diverso…. “

“E poi è arrivato mio fratello, il ribelle che fa cadere le ragazze ai suoi piedi.”

“Un tipo di ragazzo che sua madre odia perché le ricorda il padre di Lene.”

Capito….Cosa vuoi fare Luca?

Forse posso farlo io.”

“Voglio parlare con suo fratello, voglio che la porti via da qui prima che sia troppo tardi!”

“Non lo so Luca, ci devo pensare, lasciami un po’ di tempo…

Lui annuì e scrisse qualcosa , un indirizzo e un nome, Georg Listing.

Le sembrava di averlo già sentito.

“Non mi è nuovo questo nome…

“è il bassista dei Tokio Hotel…

Ah….

Va bene Luca, ci penso ok?”

Si alzò dalla sedia e la riportò nel bar.

“Qualunque cosa tu decida Leila, grazie lo stesso.”

Prego…

Uscì dal locale facendo tintinnare di nuovo il campanello.

Rimase a guardarlo ancora un attimo, con i resti delle cicche nel portacenere davanti a lei, camminava un po’ curvo.

-Ti sei ficcato in un casino di proporzioni sconfinate Luca Girardi.

Farid non gradisce che gli si tolgano prede da sotto il naso.-

Si alzò e fece scomparire le cicche pensierosa.

[I don't even know

This story's never had an end
I've been waiting
I've been searching
I've been hoping
I've been dreaming you would come back
But I know the ending of this story
You're never coming back
Never..never..never..never.....(**)]

 

Francesca era leggermente agitata, presto sarebbero arrivati Georg e Gustav per parlare di Bill.

Anche Tom doveva essere nervoso a giudicare dalla quantità di sigarette che si era fumato dopo pranzo e dal fatto che continuasse a gironzolare per la stanza.

“Ehi..”

Si alzò e si mise davanti a lui.

“Non ti preoccupare, capiranno…

Lo so che non è facile ma capiranno.”

“E se non fosse così?

E se mi giudicassero uno stronzo approfittatore che li cerca solo perché ha bisogno di aiuto?”

“Siete amici?”

BHe…

“Rispondi. Siete amici?”

“Si lo siamo.”

“E allora non preoccuparti….Potrai aver sbagliato o averli feriti, ma loro ti ascolteranno.”

Rimase in silenzio.

“Grazie Fay…Davvero…

“Prego. Hai sistemato la situazione  con me, perché non dovresti riuscirci con loro?”

Quella frase sembrò scuoterlo e cacciare via quelle insicurezze.

Francesca sospirò, aveva capito che lo scoglio vero non era il pacifico e comprensivo Gustav, ma Georg che non aveva la scorta di pazienza dell’amico e non aveva gradito le porte sbattute in faccia senza motivo.

Ih ogni caso il campanello suonò di lì a poco e i due ragazzi entrarono nell’appartamento.

Gustav sorrise e l’abbracciò, mormorando”Sono contento per te.”

Lei sorrise a sua volta.

Il piastrato le si avvicinò, si strinsero la mano, lui aveva un espressione guardinga, sembrava che avesse anche altro per la testa oltre alla rabbia nei confronto del suo amico.

Che avesse altri problemi di cui non aveva parlato agli altri?

-Stiamo svuotando l’armadio dagli scheletri…

Prima è toccato a Tom,poi toccherà a te Listing….

Altre grane all’orizzonte…-

“Stai attenta.”

Tom lo sentì e strinse i pugni, tuttavia non disse niente.

“Sono contento di vederti Francesca” Gustav tentò di riparare la scortesia dell’amico evidentemente sulla difensiva.

“Si anch’io, volevo venire in Germania a trovarvi un giorno o altro..”

Fantastico, quella battuta poteva tenersela per sé.

Georg la trucidò con lo sguardo, lei deglutì non aveva mai visto il ragazzo così teso.

-Tom quanto l’hai preso a calci prima di accorgerti che era inutile?-

“SE avete finito con i convenevoli io passerei al sapere perché Gangsta Tom ci ha convocati qui.”

“Non volete da bere?”Tom aveva soprasseduto  sul soprannome che il castano gli aveva affibbiato.

“Vi porto due birre…

Sparì in cucina per riapparire poco dopo reggendo quattro bottiglie, quando finalmente le ebbe distribuite  e si fu seduto  si era formato un silenzio carico di tensione.

L’unico rumore che si sentiva era quello dei tappi stappati, poi Tom iniziò a parlare.

“Vi sarete chiesti perché ho iniziato a comportarmi come uno stronzo, a tagliarvi fuori e poi a chiedervi di tenere d’occhio.”

“Il dubbio su questo tuo cambiamento ci ha sfiorato in effetti….”

Gustav mollò una gomitata a Georg per invitarlo a moderare il sarcasmo, insolito nel suo carattere di pacificatore.

Questo le confermò che Georg aveva altri problemi o almeno rese più solida quell’ipotesi, aveva bisogno di conferme.

“C’è un motivo per cui l’ho fatto…Io dovevo proteggere Bill..”

Il silenziò cambiò di tono, da quello teso passò a uno stupito, incredulo.

“Proteggere Bill da noi?”

No….Insomma Bill stava male e non volevo ammettere che da solo non ce l’avrei fatta ad aiutarlo e allontanavo voi per non farvi vedere la realtà dei fatti.

Sono stato un coglione.

Mi dispiace per tutte le volte che ho fatto il despota e vi ho trattato come se foste pezze da piedi.

Io avrei dovuto capire prima che stavo sbagliando, ma mi conoscete.

Sapete quanto posso essere testardo, se mi ci metto….”

Gustav annuì, Georg sembrava meno ostile e vagamente preoccupato.

“Cos’è il problema di Bill? Perché hai chiamato anche Francesca?”

“Bill si droga.

Bill fa uso di cocaina, l’ho beccato io, ecco perché ero strano.

Tentavo di aiutarlo a uscirne, ma non ci riuscivo e mi arrabbiavo sempre di più, sfogandomi con le persone sbagliate.

Finché lui non mi ha sbattuto in faccia che mi odiava, io sono corso a cercare Fay.”

[I want the truth
From you
Give me the truth
Even if it hurts me
I want the truth
So this is you(***)]

Nessuno chiese perché l’avesse fatto,  perché fosse andato a cercare proprio lei, erano tutti troppo sconvolti dalla notizia, il silenzio era di nuovo calato su di loro.

Gustav guardava un punto imprecisato dietro di loro e Georg stringeva convulsamente la bottiglia di birra, Tom  studiava la fantasia del tappeto del soggiorno, Francesca strinse la mano al moro come a fargli forza.

Lui rispose alla stretta, ma non alzò gli occhi.

Il batterista fu il primo a riprendersi.

“Immaginavo ci fosse un problema serio, ma non così serio…

Un paio di volte ho pensato alla droga, però…Ecco…

Non credevo che Bill fosse il tipo…

Mi dispiace Tom…”

Georg rimase zitto, sembrava non riuscisse a dire nulla che potesse esprimere quello che sentiva, Tom lo guardava in attesa di qualcosa, lei e Gustav si lanciarono un’occhiata d’intesa.

Era arrivato il momento della riappacificazione Kaulitz-Listing, tuttavia entrambi avrebbero preferito che fosse avvenuta in altre circostanze.

“Tom mi dispiace di essere stato così duro con te prima, non immaginavo minimamente cosa stessi passando…

Io mi dispiace per Bill, per prima, per tutto…

“Non ti preoccupare, so di essermi meritato tutto il sarcasmo che ho ricevuto, non avrei dovuto comportarmi così.

Credevo di aiutare mio fratello e peggioravo soltanto la situazione, con lui e con voi.

Georg, ti chiedo di mettere una pietra sopra a quest’ anno e di aiutarmi a cercare Bill…

L’altro annuì.

“Si, tutto a posto.

Niente rancori, ti aiuterò, siamo amici no?”

Si abbracciarono.

“Cosa pensi di fare dopo averlo trovato?”

“Non lo so….Proverò un ultima volta ad aiutarlo io e poi….

Se dovessi fallire….Credo che lo farò ricoverare in una clinica.”

Gli costava un’immensa fatica pronunciare quelle parole, Francesca aveva intuito che per lui erano una sorta di sconfitta, che preferiva non contemplare, non ancora almeno.

Decisero di dividersi in tre gruppi, Tom e Georg, su suggerimento di Gustav per chiarire ulteriormente, lui e poi Francesca da sola.

Il moro e il piastrato furono i primi a lasciare l’appartamento, tra di loro regnava un clima disteso, Francesca e Gustav rimasero in silenzio per un po’.

“E così la verità è questa…

Tu lo sapevi già, vero Fra?”

“Me l’aveva detto a Venezia, ma ogni volta che la risento…”rabbrividì e si strinse da sola in una sorta di abbraccio”è un colpo. Non so come dire…

Sono incredula perché non avrei mai creduto che lui potesse fare una cosa del genere, mi sembrava uno tosto, uno che non avesse bisogno di cocaina e poi..

Mi sento in colpa…

Io l’ho respinto, lui si è dichiarato e io non l’ho voluto.

Questo ci ha allontanati ovviamente.

Lo so che è stupido, ma non posso fare a meno di sentirmi così, soprattutto adesso che sto con Tom.”

“Ti capisco, ma adesso, come tutti noi, devi lasciare da parte i tuoi sensi di colpa e aiutarlo.

È l’unica cosa che puoi fare per lui.”

“Gustav, posso chiederti una cosa?

Non c’entra con Bill e so che suona irrispettoso che te la faccia adesso, ma ci terrei che tu mi rispondessi.”

“Spara.”

“Georg ha dei problemi? Mi sembra che abbia qualcosa che lo tormenti..e sono un po’ preoccupata anche per lui.”

Lui sorrise.

“Fai la chioccia a tutti, eh?”

Si scoprì ad arrossire davanti alla sagacia del amico.

“Vi devo molto, ci tengo a voi.”

“Lo so…

Comunque ha dei problemi a casa da qualche mese, non riesco a cavargli di che genere, ogni volta che ci provo lui reagisce male.”

“Un ‘altra bufera all’orizzonte….”

Già…

I due uscirono dall’appartamento, qualsiasi fossero i problemi di Georg al momento Bill aveva la precedenza.

[In the dark
In the darkness you will find
Dirty little secrets we all hide
Cause' we all have a darker side
A place we keep where no one else will find(****)]

 

Quel pomeriggio trascorse lentamente per Leila, era distratta da qualcos’altro e spesso aveva confuso le richieste dei clienti.

Era una cosa abbastanza insolita, da quando aveva deciso di aiutare i suoi nella tabaccheria dopo scuola si era sempre comportata in  modo esemplare e persino Katarina si era stupita.

“Tutto bene Leila?”

“Si, sto solo pensando a una cosa….

Una cosa complicata…

La ragazza tacque e tornò al bar.

La porta si aprì di nuovo e una figura familiare fece il suo ingresso,  Ania Schmith avanzò verso il bancone sinuosa, sorridendo felina.

Ania non le somigliava, era curata nel suo look almeno quanto lei era trascurata per scelta da dopo la storia di Shirin, l’unica cosa che avevano in comune oltre a un discreto numero di lineamenti erano gli occhi verdi da gatta.

Ania era una dark convinta che curava molto gli accessori, per scelta la sua pelle era sempre pallida, color avorio, tingeva i lunghi capelli castano dorati di un nero intenso e truccava pesantemente gli occhi di nero e viola e la bocca di rosso.

Al momento i capelli divisi da una scriminatura centrale le ballavano attorno.

“Ciao cugina!”

Appoggiò le mani bianche, curate e con le unghie lunghe accuratamente smaltate di nero sul bancone.

“Ciao Ania…

La cugina non disse nulla, si concentrò sulle sigarette alle sue spalle apparentemente distratta, ma in realtà impegnata a scrutarla.

“Dammi delle Marlboro al mentolo, per favore.”

“Si.”

Gliele porse.

“Sputa il rospo…Chi ti ha chiesto di risolvere una situazione complicata?”

Sgranò gli occhi.

“Dai Leila, piantala di fare le scene! Ti conosco da sempre, so che faccia fai quando qualcuno ti chiede il parere su una cosa o ti chiede aiuto per qualcosa che ti mette in difficoltà.”

Sospirò.

Ania non so cosa farei se non ci fossi tu…

Effettivamente qualcuno mi ha chiesto aiuto per una cosa, ma c’entra FArid e io non so se mettermi  in mezzo.”

Al nome di Farid la ragazza storse le labbra in una smorfia strana, c’era stato un tempo in cui tra lei e Farid erano andati molto d’accordo, ma ora era tutto finito.

Ania non aveva mai accettato che il cugino si fosse dato allo spaccio di droga e avesse trascinato anche Leila nello stesso ambiente, più di una volta le aveva detto che Farid era solo un dannato egoista.

Lui e la sua cricca di pseudo amici che aveva, Ania non li aveva mai sopportati.

Leila invce credeva in loro come una sciocca e aveva finito per ritrovarsi da sola, dopo quel che era successo, aveva persino creduto che nemmeno Ania quella volta ci sarebbe stata.

[For me there wasn't always a place to go
but there was always an urgent need to belong
all these bands and all these people all these friends and we were equals
but what you gonna do when everybody goes on without you?(*****)]

Eppure…

Lei non l’aveva mai abbandonata, aveva continuato a convincerla a smettere e a tirarla fuori dai guai quando ci finiva, se non fosse stato per lei a quest’ora sarebbe stata persa.

Il lavoro alla clinica che faceva come tuttofare quando non era alla tabaccheria lo doveva ad Ania, che non solo aveva impedito ai titolari di denunciarla, ma l’aveva fatta lavorare li come volontaria come risarcimento.

Santa Ania.

“lo so, sono indispensabile…

“Il problema è la nuova “ragazza” di Farid”virgoletto il termine ragazza con le dita” che non si merita di finire male.

È diversa dalle altre,non è una troietta, è solo una incasinata come lo era Shirin.”

“Cioè?”

“Ha una situazione famigliare di merda, figlia di una relazione clandestina, ha il padre che si è rifatto vivo di botto e un fratellastro che non ne vuole sapere di lei.”

“Chi ti ha chiesto di impicciarti?”

“Luca.”

“Cosa vuole fare?”

“Coinvolgere il fratello della ragazza e fargliela portare via da qui…

“Chi è questa ragazza?”

“Lene.”

Ania si fece pensierosa.

“Si, non si merita , tutto questo.

Me la ricordo Kaufmann, brava ragazza…

“ma se mi metto contro mio fratello questa volta potrebbe reagire o se non lo facesse lui lo potrebbe fare Mark, è da molto che quello vuole prendere il posto di mio fratello….”

Ania la guardò.

“Davvero vuoi non reagire solo per paura?

Pensaci Le, questa volta hai la possibilità di fare qualcosa, di prevenire e non solo di arginare i danni, non sprecarla.”

Se ne andò dopo aver messo sul bancone i soldi.

Rimuginò su quella frase per tutto il pomeriggio, c’era della verità in essa.

Non poteva permettere che quella reverenza che sentiva ancora dopo anni verso Farid la paralizzasse a quel modo, impedendole di agire,

- ho paura, ma se non facessi qualcosa non me lo perdonerei mai…

Per Luca che ha continuato a credere in me e poi per Shirin….

Con le non ho agito, con Lene posso tentare…-

Aveva deciso.

Vedere passare il gruppo di Farid che bersagliò di occhiatacce ed insulti il locale, il ragazzo era abbracciato a Lene e teneva possessivamente una mano sul sedile di lei le confermò la sua scelta.

-Per te non è più di un gioco fratello, per lei è una cosa che conta.

Non posso permettere che altra gente soffra perché tu sei così…

Dopo io, i nostri e Shirin non ti lascerò tirare in mezzo Lene e Luca. –

Prese il cellulare e chiamò Luca.

Luca…Ci ho pensato…

Va bene…Proverò io a parlare con questo ragazzo, tu però devi parlare con Lene, preparala…

Luca si dichiarò d’accordo, Leila chiuse la chiamata.

Si sentiva inquieta,ma decisa.

Avrebbe fatto qualcosa.

[Everywhere I go for the rest of my life (so predictable)
Everyone that I love
Everyone I care about
They're all gonna wanna know what's wrong with me (so predictable)
And I know what it is
I'm ending this right now..(**)]

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Aloha! Siamo arrivati al terzo….si muove lentamente questa storia…è pigra come me XD.

Passo alle canzoni.

(*)”Wounded” Good Charlotte

(**)”Predictable” Good Charlotte

(***)”The truth” Good Charlotte

(****)”Secrets” Good Charlotte

(*****)”Journey To The End Of The East Bay” Rancid

 

Passo alle recensioni.

 

_Pulse_:spero ti piaccia…questa storia mi fa impazzire XD! Alla prossima. Ciao!

 

Hana Turner. Ciao! A me per Farid un po’ dispiace…era in una brutta situazione…

Tom e Fay sono davvero carini^^.

Spero ti piaccia e…si Leila sarà forse chissà la ragazza di Bill XD!

 

Black Down TH. Io che volevo fare la seria con il sogno XD! Ahahhah ! Bhe tranquilla Farid la pagherà^^.

Spero che questo capitolo ti piaccia.

Ciaooo

 

Big Angel Dark: uhm…devi aspettare il prossimo per Bill…spero che questo ti piaccia comunque^^. Kiss ciao!

 

 

 

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Capitolo 4
*** 4)Gli Scheletri Che Prendono Vita ***


4)  Scheletri che prendono vita.

 

 

[Tre paperelle vanno in città.
truccate e belle fanno qua qua
qui c'è il maiale che se le farà
e lì c'è il cane che le morderà
com'eri bella
com'eri bella
com'eri bella
eri bellissima
com'eri bella qualche anno fa (*)]

Freddo.

Ultimamente sentiva dentro di solo tanto freddo, Bill kaulitz.

Era come se fosse inverno perenne e non era certo per la neve, sapeva cha volte quella alterava le percezioni dei suoi sentimenti, tuttavia non era per quello.

Il freddo lo sentiva dentro già da prima, da quando si era reso conto che quella vita era davvero pesante, piena di soddisfazioni, ma tutt’altro che facile.

Aveva provato a fare come suo fratello con groupies, non aveva funzionato.

Quel freddo se ne andava per poco e poi ritornava minacciandolo di portarlo via con sé.

Come era successo quella notte, si voltò silenziosamente.

La ragazza che gli aveva scaldato il letto dormiva ancora accanto a lui mezza nuda, i suoi capelli corti rossi e scompigliati contrastavano contro il bianco del cuscino.

-Sembrano un enorme macchia di sangue….

Del tuo sangue…-

Scosse le testa, le treccine gli ballarono per un attimo davanti agli occhi.

Provò a focalizzarsi sulla notte appena trascorsa, ma ricordare i gemiti di quella sconosciuta gli fece aumentare il freddo.

Era l’amore a mancargli.

Ironicamente sembrava che adesso i ruoli tra lui e Tom si fossero invertiti.

Al pensiero del gemello una fitta di dolore gli attraversò il petto, gli mancava terribilmente, però non doveva ne poteva tornare indietro.

Aveva preso la sua decisione.

Era arrivato a Berlino qualche giorno fa senza sapere bene dove andare, l’appartamento che lui e il fratello avevano preso in quella città era fuori discussione.

Non sapeva cosa gli fosse scattato nella testa, ma quella fuga dopo aver constatato che Tom non era tornato indietro quella volta si era trasformata in altro.

Una specie di gioco, come quando da piccoli si sfidavano in eterne sfide a nascondino e finivano sempre per ritrovarsi, perché avevano un’intesa speciale.

C’era ancora quell’intesa?

-Saprai ritrovarmi anche questa volta Tomi?-

Non aveva intenzione di semplificargli il lavoro, sarebbe stato troppo facile andare nel loro appartamento, così ne aveva affittato un altro.

Era un mini appartamento in una quartiere dove tutti erano abituati a farsi gli affari propri, così non era stato riconosciuto  o se lo era stato la gente aveva deciso di lasciarlo semplicemente in pace.

Non gli importava saperlo.

Era da tempo che non gli importava di molte cose, se ne sarebbe fregato persino se un giornalista l’avesse beccato su una striscia di coca.

[Puoi tritare la noia nel naso, ma anche la droga diventa un lavoro;(**)]

Forse sarebbe stata quasi una liberazione.

Niente più maschere da portare, niente da nascondere, niente pesi opprimenti.

-E senza fan?

Senza una carriera musicale, perché così facendo è quasi sicuro che te le ritroveresti bruciata tu cosa faresti?

Chi saresti?-

Non si rispose, era confuso.

La ragazza accanto a lui si mosse nel sonno, era arrivato il momento di un’altra dose, probabilmente, se sentiva agitato, inquieto.

Si alzò, si trascinò in bagno, lei non se ne accorse.

Per un attimo il freddo superò la barriera dell’ansia e si impossessò di nuovo di lui, che scosse la testa ed aprì la porta del piccolo ma ordinato locale.

Il suo beautycase era accanto al lavandino, con gesti meccanici lo aprì, frugò alla ricerca di una bustina, sperando per un attimo di non trovarla.

-Se non la trovassi….per un attimo mi sembrerebbe di riavere mio fratello con me…

Come quando me le nascondeva per proteggermi…

Mi manchi!-

La sua mano stringeva già la bustina di plastica piena di polvere bianca, si sentiva un verme in quel momento.

La dispose sul lavandino, arrotolò una banconota e tirò.

Per la prima volta dopo anni l’immagine che gli restituì lo specchio lo disgustò, senza che nessuna vocina gli indicasse quanto in basso fosse caduto.

Uscì, si vesti in silenzio, per non disturbare la ragazza che dormiva, che comunque non avrebbe rivisto mai più, era disgustato anche da lei.

-Perché?

Perché avete fatto solo sesso?

E tu? Credi di essere diverso?

Ipocrita!-

Le lasciò un biglietto in cui la invitava ad andarsene immediatamente appena si fosse svegliata, a cui allegò dei soldi, come ulteriore umiliazione.

Uscendo ebbe cura di sbattere la porta, per essere sicuro di svegliarla, poi ci si appostò dietro.

Poco dopo la sentì urlare una serie di imprecazioni, di cui bastardo era quella più gentile, soddisfatto scese le scale.

-Soddisfatto?

Ahahahah! Bella questa!

Ti senti una merda e fai bene….-

Non ripose alla sua coscienza, non sapeva che torto darle, quella ragazza non si meritava di essere trattata così, era solo un insensibile ed un bastardo.

Uscì e si buttò nelle strade in quella mattinata berlinese fredda e grigia, nessuno badava a lui e questo era splendido dopo anni di uscite fatte solo in compagnia delle guardie del corpo, meno bello era il motivo di quella passeggiata.

Doveva trascinarsi verso il centro per incontrare Farid Schimth in un bar a fare colazione con lui.

Farid era il suo spacciatore in quella città ed era diverso da quelli che aveva incontrato in precedenza, sicuramente era pericoloso, i suoi modi di fare lo denunciavano chiaramente.

Gli spacciatori che conosceva ad Amburgo erano bei ragazzi, gentili, educati,alcuni erano studenti che lo facevano per pagarsi gli studi, altri non volevano lavorare, anche quelli conosciuti per la loro spietatezza mantenevano una patina di superficiale cortesia ed affabilità.

Farid no.

Il ragazzo portava orgogliosamente lunghi dreadlock neri e un abbigliamento da rapper, questo dava una prima indicazione su che tipo fosse, uno tosto da non contraddire, aveva metodi spicci e si capiva che era abituato ad avere il polso della situazione.

Era il classico tipo che emanava un aura di pericolosità, uno  a cui i piedi non andavano pestati se si voleva rimanere incolumi.

Rabbrividì.

Aveva paura di Farid.

-Se un giorno dovessi non avere più soldi, che farà?-

Preferì smettere di pensare a quell’eventualità, aumentò il passo, poi si fermò.

Iniziò a frugare nella borsa di pelle nera in cerca delle sigarette e di un accendino, teneva ancora alla sua voce abbastanza da non fumare abitualmente, tuttavia quando l’ansia saliva in modo intollerabile cedeva al vizio.

Continuò a camminare,  frammenti confusi di ricordi arrivarono evocati dal fumo.

Erano tre anni che non metteva piede a Berlino se non in casi strettamente necessari perché quella città gli ricordava troppe cose, era la città di Francesca.

Per un attimo si rivide mentre camminava con lei a braccetto mentre facevano shopping con i due G qualche passo dietro a loro, a parlare e fare gli idioti.

Gli mancava.

In quel momento realizzò che gli mancava averla anche solo come semplice amica.

Scacciò anche quel pensiero, doveva incontrarsi con il turco, solo  a questo doveva pensare.

Era arrivato davanti al bar, spinse deciso la porta ed entrò indossando un sorriso falso come aveva imparato a fare da anni.

Si guardò intorno per individuare il turco, lo vide seduto in un tavolino piuttosto appartato che leggiucchiava il giornale a disposizione dei clienti, visto così non sembrava minaccioso, era molto simile a quegli studenti che frequentavano i centri sociali e speravano di cambiare il mondo.

La solita vocina gli disse di andarsene, ma Bill non l’ascoltò nemmeno, sarebbe stato da suicidi farlo.

Farid apparentemente non dava segno di averlo visto, sembrava  assorto nella lettura del quotidiano come un’intellettuale sinistroide che deprecava i mali del mondo, tuttavia era certo che sapeva che lui fosse li, a volte pensava che il moro avesse una specie di radar.

Si avviò verso il tavolo, si sedete sulla sedia davanti  a quella dello spacciatore con fare noncurante, lui depose il giornale e lo ripiegò con cura.

“Buongiorno. Perché ti sei incantato in mezzo al locale a guardarmi?”

Come volevasi dimostrare.

“Nulla, stavo pensando.”

Capisco…

Con un cenno distratto chiamò il cameriere ed ordinò la colazione.

“Che mi racconti? Divertito ieri sera?”

“Moderatamente.”

“Bene.”

Poco dopo arrivarono due cappuccini e due brioches, per tutto il tempo che rimasero in quel bar tacquero.

Quando si diressero alla cassa per pagare, una foto uscì dal portafoglio di Farid, lui la raccolse, non credendo di provocare una reazione di fastidio nel moro.

Forse era colpa del soggetto ritratto, una ragazzina dai capelli tinti di un vivace blu elettrico, dagli occhi verdi, penetranti come quelli del turco che lo guardava imbronciata.

Senti una scossa elettrica, lei gli comunicava qualcosa come non accadeva da tanto tempo, forse era solo la magia di quegli occhi ad averlo stregato per un attimo.

La realtà torno a farsi sentire attraverso Farid che gliela strappò dalle mani ringhiando, Bill rimase interdetto, chi era quella ragazzina?

Kaulitz, non toccare mai più la mia roba!”

Lui indietreggiò, non era più così ansioso di avere la coca, ma non poteva tirarsi indietro

[Senti, raccontati quello che vuoi, doveva essere un viaggio..è diventato un vizio. Di pure che tu fai quello che vuoi, ma è diventato un fine ed era solo un inizio(**)

 

Tirarsi indietro.

Georg aveva accettato di aiutare Tom, non poteva permettere che Bill andasse a fondo, ma in quel momento gli riusciva difficile concentrarsi sul problema.

Si sentiva un dannato egoista, però non riusciva ad essere del tutto partecipe, una parte del suo cervello tornava ossessivamente sui suoi di problemi.

Suo padre aveva avuto una storia, da cui era nata una bambina.

Lui aveva una sorella di diciassette anni.

Lui non voleva conoscere questa ragazza.

Non si sentiva pronto e suo padre non lo capiva.

Sospirò.

Si obbligò a concentrarsi su quello che era emerso il giorno prima dalle ricerche, ossia che qualcuno aveva sentito dire che Bill era stato visto in un autogrill sull’autostrada che andava verso Berlino.

Loro dovevano verificarlo, era stato un miracolo convincere Tom a non venire con lui e Francesca, c’erano stati urla e  minacce, ma alla fine il rasta aveva ceduto.

A malincuore, accettando il fatto che lui rischiava maggiormente di essere riconosciuto da ragazzine isteriche o da anti con il dente avvelenato, aveva permesso che fosse lui, Georg, a sostituirlo.

Si stava preparando, piastando maniacalmente I capelli mossi quando suonarono alla porta, seccato andò ad aprire con la testa mezza liscia e mezza no.

Convinto che fosse Girardi non si preoccupo di sembrare un pazzo, era già pronto a dirgliene quattro, peccato che non fosse l’italiana.

Era una ragazza sui diciott’anni, ma poteva essere benissimo più piccola, con i capelli arancioni che indossava una vecchia giacca di pelle e un paio di jeans stracciati.

Chi diavolo era?

“Chi cazzo sei?”

“Tranquillo Listing, non sono ne una fan ne un anti.

Ho bisogno di parlare con te.”

“Ti conosco?”

“No.”

“Come hai fatto a passare la portineria?

E se non mi conosci perché devi parlare con me?

Sono di fretta, ragazzina!”

“Nemmeno io ho tempo da perdere, bei capelli, vengo da Berlino e ho un treno da prendere per tornarci.

Conosco il portiere, per una lunga storia ecco perché sono passata e devo parlarti per un motivo preciso.

Ho qualcosa da dirti su Lene….Tua sorella.”

Sbiancò.

[Is anybody listening?
Can you hear me when I call?(***)]

Cosa le era successo?

“Come ti chiami?”

“Leila.”

“Entra Leila.”

“Ma tu la conosci?”

Senza dire nulla estrasse una foto dalla tasca della giacca e gliela porse, ritraeva Leila, un altro ragazzo che gli ricordò Luca Girardi e Lene, di cui aveva visto altre foto da suo padre.

Sua sorella gli somigliava, tranne per gli occhi che erano castani, provava una strana sensazione nel veder un volto così simile al suo guardarlo.

Non aveva mai parlato con sua sorella, tuttavia non poteva ignorare cosa quella ragazza avesse da dirgli, Bill doveva aspettare purtroppo.

La fece accomodare, poi pescò il cellulare da una tasca, doveva avvisare Tom, l’amico rispose dopo un po’.

“Ciao Tom.”

“Ehi …cosa succede?”

“Tom c’è stato un cambio di programma, andrai tu con Fra…

Ho un’emergenza famigliare.”

Si levarono delle proteste.

“Non volevo bidonarti, credimi ci sono dei casini.

Sono troppo complicati per spiegarli al telefono, ma ti giuro non è una cosa voluta.

Ve ne parlerò.

Scusami ancora.”

Si salutarono e lui tornò a rivolgere la sua attenzione a Leila che sedeva sul divano.

Cosa aveva da dirgli?

“Cosa devi dirmi?”

“Ti consiglio di sederti.”

L’ignorò.

“Forse prima dovrei parlarti di Lene, tu non la conosci, vero?”

Fece segno di no con la testa.

Bhe…Lene era una brava ragazza, dolce, gentile, disponibile con tutti.

Una perla.

Parlava perfino con me che non sono esattamente uno stinco di santo e mi aiutava…

Eravamo amiche, ecco…

“Perché parli al passato?”

“Perché Lene Kaufmann non è più così.”

Sgranò gli occhi.

[Shooting signals in the air
I need somebody's help(***)]

“Lene, da un po’ di tempo a questa parte, è molto cambiata.

Look eccessivo, disinteresse verso la scuola, verso i genitori, verso tutti.

Immagino sia per lo shock, non sei il solo il cui mondo è stato capovolto.

In ogni caso non è solo per questo che sono qui.”

“Non credo tu ti sia fatta un viaggio solo per farmi la morale.”

“No, non ti conosco, non sarebbero stati affari miei.

Sono preoccupata per Lene anche per altre cose.

Frequenta brutte compagnie” si tormentò i jeans, tenendo gli occhi bassi.”Delle compagnie veramente brutte…

Frequenta gente che spaccia droga, non so se ne faccia uso.”

Si sentì gelare, non era possibile, forse quella ragazzina si stava sbagliando.

“Sei sicura?”

 Lei annuì

“è la compagnia di mio fratello e….mio fratello spaccia droga…

C’è un’altra cosa, mio fratello è attualmente il suo ragazzo, solo che per lui, conoscendolo, non è una cosa seria, per lei lo è.

Potrebbe finire male…

Era pallido, sentiva il tarlo del senso di colpa avanzare, lui aveva respinto sua sorella senza averla voluta nemmeno incontrare, senza darle nemmeno una possibilità.

“Perché sei qui Leila?”

Lei sospirò.

“Perché vorrei chiederti una cosa, che ti sembrerà eccessiva, ma ci devo provare…

Per favore fingi di voler costruire un rapporto con Lene e portala via per un po’ da Berlino…

Non ho nessuno diritto di chiedertelo, pensaci quanto vuoi, ma fallo.

Mio fratello è davvero pericoloso, ha già distrutto la vita della ragazza che aveva prima di Lene, che era anche la mia miglio re amica e non voglio succeda a tua sorella.”

[I can't make it on my own
So I'm giving up myself
Is anybody listening?(***)]

Rimase in silenzio.

“Ci devo pensare…

“Lo so, non pretendo una risposta subito, però ti prego pensaci.”

Lui annuì, lei si alzò dal divano, sembrava meno minacciosa adesso, solo spaventata.

Leila…quanti anni hai?”

“Diciannove.”

“Non hai paura che tuo fratello faccia qualcosa?”

“Si che ne ho, però non posso farmi frenare da questa paura.

Per una volta ho la possibilità di prevenire qualcosa, non solo di raccogliere le macerie, quindi non la sprecherò!”

La guardò ammirato.

“Sei tosta….”

Smettila…pensa a quello che ti ho detto…Ti lascio il mio numero…

Lui estrasse il  cellulare e memorizzò il numero che lei gli dettava.

“Il mio è…

“Non darmelo, tu hai il mio è sufficiente.

Io non sono una fan isterica, ne una giornalista ne una groupies..”

Ok…

“Allora vado…Ho saltato scuola per venire da te e devo essere a casa presto se voglio che la scusa regga.”

La salutò e la osservò mentre scendeva le scale, era piccola per la sua età.

Aveva le spalle curve, sembrava avessero portato chissà quali pesi nella vita.

-Ha un fratello che spaccia…

Non è facile…E tu?

Tu hai una sorella nella merda, cosa vuoi fare?-

Non aveva risposte a quelle domande,  non capiva cosa stesse sentendo, era confuso.

Quando suo padre gli aveva detto di Eleanor, detta Lene, aveva sentito una grande rabbia, era stato fregato per anni e non era riuscito ad accettare l’accaduto.

Aveva provato a ragionarci sopra, ma non ci riusciva, sentiva il suo mondo capovolto, prima Tom, poi suo padre.

Accantonando Lene credeva di aver risolto la questione almeno per un po’, il tempo che gli serviva per metabolizzare il tutto, ora quella ragazza gli dimostrava che aveva sbagliato.

Iniziava a capire i comportamenti di Tom, lui non era stato molto diverso, anche lui aveva nascosto qualcosa ai suoi amici di una vita per tentare di risolverla da solo.

Si prese la testa tra le mani e si stese sul divano.

[I'm lost here
I can't make it on my own
I don't wanna die alone
I'm so scared
Drowning now
Reaching out
Holding on to everything I love
Crying out
Dying now
Need some help(***)]

 

 

Francesca era preoccupata.

Aveva la sensazione che qualcosa non andasse oltre a Bill, non era da Georg comportarsi così.

-Gli scheletri sono usciti, Hagen?-

Tom guardava la strada, senza parlare.

“Sei arrabbiato?”

Non….ho l’impressione che l’hobbit non stia dicendo tutto.”

“Anch’io ho questa sensazione …

Era nervoso quando ha parlato con te, come se avesse qualcosa che comunque lo preoccupasse a priori.”

Annuì ed imboccò l’autostrada.

“Dio Fay, di quante cose non mi sono accorto?”

“Non fartene una colpa, succede…

Voglio dire eri preoccupato per tuo fratello, in ogni caso quando lui vorrà parlarcene saremo qui…

“Si, adesso devo pensare a mio fratello, se sarà a Berlino prima di partire parlerò a Georg.”

già…

Riprese a guardare .la strada, era curiosa e preoccupata allo stesso tempo, ancora non sapeva quanto i problemi di Georg erano legati anche al suo passato, a persone che sperava di dimenticare.

Al momento pensava Bill, al suo amico, a come era cambiato e a come lei fosse stata esclusa da quei cambiamenti.

Non poteva modificare quello che era successo, ma non poteva impedire che la malinconia ogni tanto venisse a visitarla nonostante avesse Tom.

[Broken pieces will not mend

To save our past

Save our past now

[This is the end(****)]

Non riusciva ad essere felice se lui era preoccupato, soprattutto se si sentiva una della cause che avevano portato Bill in quello stato,

“Cosa c’è Fay?”

IO….io mi sento in colpa….

Non sei l’unico che si chiede come sarebbe stata se avessi agito in un altro modo…

Fay, tu non c’entri nella scelta di mio fratello, sarebbe stato peggio se ti fossi messa con lui e l’avresti illuso.

Io credo che lui ti abbia perdonata in fondo.”

“è stupido il senso di colpa…

“No, significa che a lui ci tieni e io questo lo apprezzo molto.”

Grazie…

-Quello che non sai è che c’è un parte egoista di me che vorrebbe rimuovere questo problema alla svelta per vivere la sua favola….

Che schifo!-

Ripensò a tutto quello che Bill aveva fatto per lei, a quello che avevano condiviso e concluse che era solo la vocina bastarda che tutti avevano dentro, la parte oscura.

Tutti avevano una parte oscura, nutrivano pensieri egoisti o poco gentili, l’importante era che questi non prendessero forza, era vincerli e capire che comunque non inquinavano le motivazioni per cui si compiva qualcosa.

Lei, pur nutrendoli, se ne vergognava e sapeva che il suo affetto per l’amico non era falso, ne era meno falsa la voglia di aiutarlo.

[In my mind blood drips from your eyes

A beautiful last goodbye(****]

Si stava incasinando.

“Stai ancora pensando al senso di colpa?”

“Si.”

“Ti adoro per questo.”

Sgranò gli occhi perplessa.

“Ehi Fay! Dovresti vederti! Sembra che gli occhi ti stiano per cadere dalle orbite!”

Lei lo guardò un attimo e poi scoppiò a ridere, l clima si era alleggerito.

-E io ti adoro per questo, per come mi fai ridere anche quando sono giù o persa tra i miei mille dubbi.

Grazie!-

Ben presto arrivarono in vista dell’autogrill incriminato, si preparò mentalmente a litigare con il suo ragazzo, era certa che avrebbe voluto entrare lui,sebbene sapesse che fosse pericoloso.

Tom mise la freccia, parcheggiò e fece per scendere.

“Dove vai?”

“scendo con te, no? Ho il diritto di sapere cosa ti diranno!”

“Certo, ma è anche molto probabile che ti riconoscano!”

“Mi travesto!”

“Forse è meglio se te ne stai buono in macchina…

“NO!”

“Ok.”

Pregò che quell’autogrill fosse vuoto o sarebbero stati nei guai, grossi guai!

Si avviarono insieme in un silenzio pesante dopo che lui si fu camuffato, Francesca avrebbe voluto spezzarlo in qualche modo, anche solo con un abbraccio, ma non sapeva se poteva osare senza che qualcuno lo riconoscesse.

“Mi dispiace…Non volevo tagliarti fuori da questa storia…

“Non ti preoccupare, capisco.”

Avrebbe voluto fare altro, lui lo capì e la abbracciò.

Ma…

“Non ti preoccupare!”

Entrarono in quell’autogrill allacciati, sembravano due comuni ragazzi..

 Si persero per cinque minuti buoni a guardare le cianfrusaglie varie, poi dopo essersi staccati si diressero verso il bancone e lei ordinò un caffè, mentre lui attaccava bottone con la ragazza bionda al bancone.

Non c’era molta gente, così la biondina sembrava disposta a parlare con loro .

“Per caso cinque giorno fa circa hai visto un ragazzo moro che mi somigliava?”

Lei inarcò un sopracciglio, lui le mostrò una foto.

“Perché me lo chiedi?”

“Perché quel ragazzo è scomparso e io lo sto cercando…. è mio fratello.”

Lei annuì, studiò attentamente l’istantanea aggrottando la fronte, poi la diede a Tom.

“Sono quasi sicura di averlo visto.

Ho scambiato quattro chiacchiere con uno che gli somigliava molto….

Voleva andare a Berlino, era un tipo molto simpatico, di quelli iperattivi.”

Tacque un attimo, scrutò Tom.

“Ho l’impressione di averti già visto….

Non è che sei famoso per caso?”

“NO. Mi confondi con qualcun altro.”

Lei era dubbiosa.

“Grazie dell’informazione… Ora vado.”

Se ne andarono insieme, Fay pregò che non l’avesse riconosciuto.

“Ehi, cosa c’è?”

“La biondina…

“Gelosa?”

“No scemo, per me ti ha riconosciuto!”

Lui si fece pensieroso.

“Non credo….”

“Io ne sono sicura…. Sono in arrivo altri guai Tom!”

Fay, calma!”

La fece fermare, le appoggiò le mani sulle spalle e la guardò negli occhi.

Fay calmati…se succederà l’affronteremo!”

Lei abbassò gli occhi.

Scusa…io dovrei aiutarti e ti incasino!”

Fay, sei umana e siamo sulla stessa barca, quindi facciamo cinquanta e cinquanta, tu a volte aiuti me, io a volte aiuto te, ok?”

Lei annuì, Tom la stava per baciarla quando il cellulare suonò.

Era Georg.

“che vuole quello?”

“Non lo so!”

Rispose.

“Ehi!”

“Ehi! Scusa Francesca potresti darmi il numero di cellulare di tuo fratello Luca?”

“A che ti serve?”

“Devo parlare  con lui!”

La ragazza sospirò poi glielo dettò, il piastrato chiuse la chiamata.

Tom tornò alla carica.

“Cosa stavamo facendo noi?”

[It's too late to apologize, it's too late
I said it's too late to apologizes, it's too late
(*****)]

 

[Your subtleties

They strangle me

I can't explain myself at all.

And all the wants

And all the needs

All I don't want to need at all.(******)]

Che cosa stava facendo?

Se lo chiese mentre stava sdraiato sul divano del suo appartamento, aveva appena saputo che la sua sorellastra era nei guai, era preoccupato per Tom e Fra e lui non riusciva a reagire.

Era frastornato, troppe cattive notizie tutte insieme.

Cos’avrebbe potuto fare?

Quello che Leila gli aveva detto era vero, aveva chiamato Luca Girardi e gli aveva confermato tutto, punto per punto, eliminando la fragile speranza che quella ragazza fosse solo una mitomane.

Poteva provare a costruire un rapporto dal nulla?

Si, ma non era certo.

Si girò dall’altra parte, gli scheletri erano usciti dall’armadio e desideravano fare i conti con lui.

Il campanello lo riscosse dalle sue elucubrazioni, senza molta voglia andò ad aprirla, era Gustav che gli scoccò un’occhiata perplessa.

Forse l’avevano colpito i suoi capelli in disordine o l’aria debosciata.

Ehy…

Ehy…

“Mi ha detto Francesca che all’ultimo minuto ti sei tirato indietro, adesso ti becco conciato come un barbone, cosa sta succedendo, Georg?”

“Entra Gustav…non sono cose da dire sulla porta.”

Fece accomodare l’amico, gli offrì qualcosa da bere e poi si decise a vuotare il sacco.

“Da due mesi so di avere una sorellastra, mio padre ha avuto una scappatella diciassette anni fa da cui è nata questa ragazzina.

Mi ha detto di averlo scoperto anche lui solo qualche mese fa….Io però non ho mai voluto conoscerla…

Insomma, è stato uno shock, non me la sentivo.

Solo che…

Poco fa…quando ho detto a Tom che non sarei venuto e di andare lui con Girardi è venuta una ragazza a parlarmi di lei e mi ha detto che è nei guai.

Grossi guai.

Frequenta gente che spaccia.”

Gustav non disse nulla, il silenzio lo invitò a continuare.

“Leila, la ragazza si chiama così, mi ha chiesto di provare a costruire un rapporto con Lene, mia sorella e portarla via da li.

Quella gente è pericolosa e Leila è preoccupata per lei.

Io non so cosa fare…. mi sento una merda per averla respinta, ma allo stesso tempo non so come fare a rimediarea i danni…

Sono così confuso…

“Adesso capisco il perché dei tuoi comportamenti…

Georg,io non so cosa dirti…però forse un tentativo potresti farlo, almeno inizia a sentirla…

“La scelta tocca a me insomma.”

“Si. Se la contatterai devi essere certo di quello che fai, se la dovessi illudere sarebbe peggio.”

Lui annuì.

“che hanno scoperto gli altri?”

“Che Bill forse è a Berlino.”

“Berlino c’entra sempre, mia sorella abita li.”

Gustav tacque ancora una volta.

“Ho bisogno di riflettere….”

“Ok, ti lascio…

Gustav se ne andò  e lo lasciò ai suoi problemi, cosa avrebbe fatto?

Non lo sapeva, ma una voce sempre più forte gli diceva di provare a parlare con Lene, per non pentirsene in seguito.

Finora si era comportato da egoista, non era colpa di Lene se suo padre si era comportato così e lei probabilmente aveva sofferto più di lui.

Lui aveva un padre per ventiquattro anni e una famiglia unita, lei, aveva avuto solo la madre.

Doveva essersi sentita parecchio confusa a settembre, a peggiorare la situazione ci si era messo lui con il suo rifiuto ad incontrarla.

-Sei un cretino Hagen!-

Decise di dare retta a Gustav e cercò il cellulare.

Dopo mesi chiamò suo padre, l’uomo ne fu felice, lui tagliò corto.

“papà dammi il numero di Lene, ho bisogno di parlarle.”

L’uomo acconsentì, sentiva la sua gioia fuoriuscire dall’apparecchio.

Una volta chiusa la chiamata si sentì meglio, le incertezze erano sparite, non sarebbe stato facile costruire un rapporto con Lene, ma ci avrebbe provato.

Per la prima volta da mesi si sentì meglio.

[Tonight

Insight

When darkness turns to light,

It ends tonight(******).]

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Io detesto questa storia sempre di più.

Non ce la faccio più -______-.

Mercoledì scorso ho visto i Punkreas in concerto e quello mi ha ispirato il prossimo capitolo, o meglio una canzone me lo ha ispirato, “cuore nero”, lunedì ho visto J Ax ed è stato il delirio…voglio di scrivere zero, dopo…

Uff…

Passo alle canzoni.

(*)”Tre paparelle” J ax

(**)”In mezzo” J Ax

(***)”S.O.S.” Good Charlotte

(****)”Apology” Alesana

(*****)”Aplogize”Timbaland

(******)”it ends” all the American rejects

 

Ringrazio.

 

_Pulse_

 

Hana Turner.

 

Black Down TH.

 

Big Angel Dark:

 

 

 

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Capitolo 5
*** 5) Le Voci Della Notte ***


5)) Le Voci Della  Notte.

 

Lene aveva sempre amato il silenzio.

Da bambina passava ore in camera sua a leggere, ignorando gli altri bambini, crescendo non era cambiata molto, fino a settembre, due mesi fa.

Era stato allora che si era avverato ciò che aveva desiderato per anni, aveva trovato suo padre, peccato non ne fosse stata felice.

Quell’uomo che aveva idealizzato e poi cercato quando litigava con sua madre non si era rivelato quello che si aspettava, anche lui era spaventato da quella situazione.

Era stato imbarazzante trovarsi a quattr’occhi con un uomo che in fin dei conti era un perfetto estraneo e che non lo era allo stesso tempo, visto che condivideva con lui buona parte del patrimonio genetico.

Forse sua madre avrebbe dovuto prepararla prima di sganciare la bomba della verità sulla sua nascita, forse lei stessa a diciassette anni doveva piantarla di essere così sognatrice.

Tutto era cambiato.

In qualche modo il mondo degli adulti l’aveva delusa e si sentiva fragile, un po’ in balia della vita e sapeva che era stupido.

Cosa avrebbe dovuto aspettarsi da quell’incontro?

-Forse la favola della famiglia felice, con la piccola Eleanor che finalmente è contenta?

Si sente come gli altri?-

Scosse la testa, il silenzio di casa sua era opprimente ora.

Viveva in un quartiere residenziale,tranquillo, solo in lontananza si sentiva il rumore del traffico della città, ma a quell’ora, le tre di notte, non si sentiva nemmeno quello.

A quell’ora le persone normali erano a  letto a dormire non a fumacchiare in terrazza sigarette che non le piacevano nemmeno come stava facendo lei.

Era seduta su una sedia, il portacenere accanto a lei e guardava i giardinetti davanti al suo palazzo.

Quante volte aveva sperato da piccola che suo padre la venisse a prendere?

Troppe per poterle ricordare e ogni volta ci era rimasta male.

-E quando finalmente l’hai visto, cosa ti aspettavi?

Che andaste al parco insieme per ridarti tutto quello che non ti ha dato prima?

Hai diciassette anni Lene, non sette, dovresti saperlo che le fiabe non esistono…-

Leila e Luca gliel’avevano detto più volte, ma ora non aveva più importanza, aveva rotto con loro, con Leila almeno, non capiva come avesse potuto escludere suo fratello dalla sua vita.

Meglio.

Aveva sempre approvato che lei l’avesse fatto fino a che non aveva conosciuto Farid.

Farid Schimt aveva qualcosa di magico negli occhi, di incantatore e lei ci era cascata in pieno, sapendo perfettamente che tipo fosse.

Uomini.

Era per colpa sua che si ritrovava in terrazza a quell’ora, in preda a pensieri confusi, a rimpianti che dovevano essere ormai morti e a un delusione che non sapeva frenare.

Suo padre era stato il primo, poi era arrivato il turno del suo fratellastro che l’aveva rifiutata a priori.

Si era sentita ferita come tante volte le era successo nella vita, sembrava che Lene Kaufmann non andasse mai bene per nessuno.

Era troppo secchiona per i ragazzi che spendevano la maggior parte del loro tempo in vestiti e discoteche, troppo ignorante per gli aspiranti  intellettuali della scuola.

In una parola: banale, normale.

Non amata da nessuno.

Era questo che sussurrava da sempre una vocina dentro di lei, una voce che aveva tentato di ignorare per anni, come se fosse un fantasma.

Avrebbe dovuto sapere che i fantasmi sono esseri senza sepoltura che aspettano anni prima di colpire le persone, per essere certi di trovarle deboli e docili alla loro volontà.

Così era stato.

Quella voce l’aveva indotta a cambiare, soprattutto quando Farid aveva mostrato di interessarsi a lei.

Quel giorno si era guardata allo specchio e la vocina aveva vinto la sua battaglia, l’immagine che la superficie liscia e riflettente le aveva restituito l’aveva disgustata.

I suoi capelli erano troppo banali, il trucco troppo naturale e gli occhi erano di un colore stupido, un normalissimo castano.

Farid non l’avrebbe certo voluta ancora, come nessun’altro l’aveva voluta prima.

L’idea la fece tremare, anche se il turco era praticamente un teppista,lei si era presa una cotta allucinante e non avrebbe permesso ad altre di prenderselo.

Aveva tinto i capelli di biondo, aveva fatto delle meches blu elettrico, uno degli antichi e indimenticati colori dei capelli di Leila e aveva iniziato a vestirsi come le vecchie ragazze dei Farid.

Era stato strano non essere più se stessa, ci si era abituata presto o forse no.

Non lo sapeva, l’insonnia, le troppe sere passate senza dormire le insinuavano il dubbio che stesse sbagliando tutto, così come la palese disapprovazione di Luca.

Finì la sigaretta e iniziò a guardare quel quadrato di roba marrone che le aveva regalato farid.

Era erba.

[Liberarmi dal panico,
fino ad adesso m'è costato ogni attimo
Lo faccio nel modo che non si può...(*)]

“Così dormi. “Le aveva detto

Doveva provarla?

-Se lo farai scaverai un solco definitivo tra te, Leila e Luca, ne vale la pena?-

Non lo sapeva, però quella roba la tentava, se le fosse servita ad acquistare la stima in se stessa e di quel ragazzo….

Era solo una stupida, se credeva davvero di ottenere qualcosa di duraturo in quel modo, ma la voce…

La voce non taceva.

La invitava a provare, le sussurrava suadente che si viveva una volta sola e che tutti l’avevano provata nemmeno una volta.

Il silenzio ingigantiva tutto,paure, dubbi, domande inespresse.

Tremante, allungò un mano verso il pezzo, copiò i gesti che aveva visto fare a Farid molte volte e la canna fu pronta.

La prima della sua vita.

Era una cazzata?

Molto probabilmente.

Se sua madre l’avesse saputo sarebbe stato un casino da cui difficilmente sarebbe uscita indenne e se l’avesse saputo Luca avrebbe perso la sua stima.

-Ma che mi importa?

L’ho mai avuta davvero? –

Esitò prima di accenderla, continuava a non esserci nessuno rumore, tranne il vento freddo di novembre.

-Fallo-

Aveva paura.

-Non essere sciocca. Vuoi perdere quello che credi ti renda migliore degli altri?-

No, non voleva, anche se questo comportava fare cose sbagliate e mettersi contro i suoi vecchi amici, di cui era sempre stata un po’ invidiosa, li aveva visti spesso come modelli irraggiungibili.

Fece il primo tiro.

Il fumo le scese nella gola, dandole un leggero fastidio, tossicchiò, eppure continuò.

Fino alla fine.

Voleva cancellare la sua vecchia vita, voleva che quella voce la smettesse di parlare per sempre.

[Liberarmi dal panico
fuori dagli stereotipi
liberarmi dal ruolo assegnatomi (*)]

Si alzò dalla sedia, prese in mano il posacenere, entrò in casa e lo svuotò, poi tornò a sedersi fuori, la via era ancora deserta.

Si sentiva bene, allegra, ben disposta, rilassata.

La voce era morta.

-Per quanto?-

Non gliene importava, così era ok.

La via era al solita, eppure anche quella sembrava diversa, forse era solo lei ad essere diversa.

-Farid aveva ragione…-

All’improvviso le palpebre si fecero pesanti,  provò a stare sveglia almeno il tempo necessario a trascinarsi sul divano, ma il suo corpo non collaborava

Crollò miseramente sulla sedia, al freddo.

Sognò qualcosa, le sembrava di ricordare il pianto di una bambina o qualcosa del genere, ma non era sicura.

La mattina dopo venne svegliata da sua madre furiosa, che , tra un marea di imprecazione la costrinse a ficcarsi sotto la doccia.

Al momento si arrabbiò con lei, poi  dovette convenire che aveva ragione, accolse l’acqua calda come una benedizione che la rigenerò.

Uscì di buon umore, pronta ad affrontare sua madre che la aspettava a braccia conserte sulla porta della cucina, arrabbiata.

“Eleanor Kaufmann come ti comporti non va assolutamente bene!

Non voglio più beccarti fuori a dormire come una barbona, dammi le sigarette!”

“Scordatelo! Meglio essere una barbona che vivere n questa casa di merda!”

Sua madre strinse gli occhi.

[Ma urlare LA VITA E' UNA TROIA, cambiare un po’ la storia!
Mamma lo so che non sono come volevi...e mi spiace(*)]

“Lene non tirare la corda…”

Lei sbuffò.

“Ha telefonato tuo fratello, vuole parlarti. Chiamalo!”

Suo fratello l’aveva chiamata? Dopo mesi di rifiuto totale verso di lei?

La madre le porse il cordless.

“mamma, a quest’ora dorme!”

“No, ha chiamato poco fa e poi voglio essere sicura che tu lo faccia!”

Sbuffò di nuovo e compose il numero.

Cosa voleva lui da lei?

Quell’improvviso interesse la lasciava inquieta.

[Liberarmi dal panico

fuori dagli stereotipi
liberarmi dal ruolo assegnatomi(*) ]

 

La vita era un cerchio.

Francesca aveva fatto tanto per allontanarsi da Berlino il prima possibile e ora ci stava ritornando, era come tonare a una sorta di punto di partenza.

Era diversa rispetto alla sedicenne che era arrivata per a prima volta in quella città, aveva altre premesse, altri scopi, altre persone accanto eppure…

La sensazione di tornare indietro era molto forte, era come se Venezia si fosse resettata improvvisamente nella sua mente.

Aveva paura, per Bill, ma anche per se stessa, sapeva che stando lì sarebbe stata costretta ad affrontare i demoni che aveva ignorato per tre anni.

Il suo quartiere, i ricordi legati a Jo, Farid, la fuga dopo la maturità, il dispiacere di Luca, la rabbia di Andrea e…sua madre.

Era stupido temerla ancora così, ma non ci poteva fare nulla.

Si sarebbe mostrata forte, sebbene sapesse che per lei stare lì era come stare su di un campo minato.

-Non si può scappare per sempre.

Chi te l’ha detta una frase del genere?

Ali forse sei anni fa….In fondo non sei cambiata molto, sei ancora la bambina che piange perché vorrebbe essere amata e allo stesso tempo vuole nascondere le lacrime per non far vedere agli altri la tua debolezza.-

Scacciò quel pensiero, riprese a sistemare le sue cose, sentiva Tom imprecare al telefono nell’altra stanza, le parve di capire che stesse chiamando un ristorante cinese che aveva dei problemi a capire il tedesco.

Erano nell’appartamento dei Kaulitz a Berlino, Bill sembrava essersi trasferito lì, avevano escluso che abitasse in un luogo così facilmente rintracciabile come quello, ma per scrupolo avevano chiamato lo stesso prima.

Il telefono aveva squillato a lungo a vuoto prima che la linea cadesse, poi avevano il portiere, che aveva confermato, che no, il signor Bill Kaulitz non si era visto nell’ultima settimana.

E così eccoli lì, lei, Tom e Gustav in un altro appartamento, Georg era rimasto a Berlino, aveva indovinato quando aveva pensato che il bassista nascondesse qualcosa.

La porta si spalancò alle sue spalle.

“Tra una mezz’oretta avremo il pranzo, finalmente sono riuscito a farmi capire dal cinese!”

“Bene, vado ad apparecchiare.”

Lui si sedette sul letto, lei non si mosse e riprese a parlare:”Hai sentito qualcuno dei vostri amici di qui? L’hanno visto?”

“La maggior parte no, solo uno crede di averlo intravisto in una discoteca….

Fay…”

“Si?”

“Tu avresti mai pensato che a Georg potesse succedere una cosa del genere?”

“BHe…Non parlarne così…Non è una cosa brutta, sconvolgente si, ma brutta non direi.

In ogni caso no, mi sembra tutto così strano, come se…”

“Come se?”

“Il mondo si fosse capovolto! Bill che si droga, Georg con una sorella, io e te…Insieme….senza scannarci!”

“L’ultima non è una cosa negativa!

…. O si?”

“No, non lo è…

Cioè insomma ero perplessa, ma piacevolmente perplessa sull’ultimo punto…

Le sfumature sono importanti…”

“Si, permalosa…”

Lei sbuffò, lui sorrise.

“devo chiederti una cosa…”

“Vai…”

“Luca vorrebbe vedermi oggi pomeriggio, è un problema?

Io e lui ci siamo visti poco da quando io sono andata a Venezia.”

“Ok….capisco, io sento altra gente allora…

Fra,  spero che risolveremo tutto questo, ma mi sembra tutto così difficile…”

“Ce la faremo…”

Fay Si avvicinò a lui e gli accarezzò una guancia, lui la fece sedere sulle sue gambe e la baciò.

“Questo è il modo di farmi forza corretto!”

“Scemo!”

“Stai arrossendo!”

“No, è il caldo!”

“A novembre?”

“Si! Va bene?”

Si alzò di scatto, imbarazzata per la figuraccia, mentre lui rideva, divertito.

Apparecchiò , fumò una sigaretta, poi il fattorino del ristorante arrivò e consegnò loro quanto Tom aveva ordinato, qualcosa che sarebbe bastato a due eserciti.

“Avevi fame, Kaulitz?”

“Un po’. Perché?”

“Perché il cinese ti farà un monumento per tutta la roba che hai ordinato!”

Lui ridacchiò imbarazzato.

“Kaulitz-Girardi: uno a uno. Palla al centro!”

Poco dopo si sedettero a mangiare, Tom divorò tutto, lei si sentiva lo stomaco un po’ chiuso, non era felice di tornare nel quartiere.

Dopo aver lavato i piatti uscì di casa e prese un autobus verso il posto dove aveva trascorso i tre anni peggiori della sua vita.

Francesca si sentiva strana, tutto sembrava uguale eppure diverso, forse era solo lei ad essere diversa, più forte, meno arrabbiata.

Scese alla fermata dove era scesa tante volte, si incamminò verso casa sua, per caso lanciò un occhiata nel bar tabacchi dei genitori dello stronzo e vide Luca che parlava con Leila.

Era meglio che il fratello fosse lì, così entrò, la porta la annunciò con un trillo, la ragazza spalancò gli occhi, Luca si voltò, sorpreso.

“Ehi…”

“Ehi!”

Si abbracciarono.

“Sei alto Lou…sei anche bello, fai strage di cuori?”

“Smettila cretina!”

La scrutò, nei suoi vecchi e larghi pantaloni di velluto a coste  nero, nel giubbotto di pelle e in quello strano basco colorato che portava.

“Sei felice con Kaulitz?”

“Si…ci stiamo provando…

Ho preso un colpo quando l’ho visto, avrei voluto picchiarti per avergli dato il mio indirizzo, ma ora ti ringrazio.”

Lui sorrise.

“Perché sei tornata?”

“è una lunga storia…”

Leila tossicchiò dietro di loro.

“Se volete parlare, potete prendere un tavolo nel bar, non vi disturberà nessuno…

Buongiorno Francesca.”

“Ciao Leila, grazie dell’offerta, la accetto volentieri!”

Si sorrisero senza ostilità, la ragazza sembrava cambiata, doveva chiedere a Luca.

Si portarono nel piccolo bar, si sedettero, il fratello la guardava curioso.

“Cosa è successo?”

“Te lo ricordi Bill, il gemello di Tom?”

Lui annui.

“Difficile farlo, sono discretamente famosi e qualcuno crede che se la facciano tra di loro….”

Lo fulminò con un’occhiata, lui alzò le mani.

“Ok, sister. Smetto di dire cazzate e ti ascolto.”

“Ecco, lui è nella merda.

Ha grossi problemi…di droga…

Siamo venuti a Berlino a cercarlo, se tu dovessi vederlo, per favore avvisami….”

“Merda, Fra.

È orribile, io non credevo!”

“Nemmeno io…ma ce la caveremo!

Io voglio aiutarlo, lui ha fatto tanto per me!”

“Lo so…Ti darò una mano…”

“Grazie Luca, tu?

In che guai sei?”

“IO? Nessuno?”

“Ti conosco fratello… so quando hai problemi!”

“Mi sono innamorato della ragazza di Farid e non voglio che lei si distrugga per lui!”

Oh no.

“Luca, sono felice per te…

Ma stai attento, il turco non perdona, non voglio che tu finisca male, ok?”

Il fratello annuì con gli occhi bassi.

Ok, nei casini ci si era già messo, perché ogni volta spuntavano nuovi guai all’orizzonte?”

 

Era nei guai.

Non sapeva perché ma sentiva di esserlo, si era avvicinato troppo a Farid e aveva visto qualcosa che non doveva vedere.

Sentiva di nuovo i brividi, se ripensava a quello sguardo, era carico di minaccia e solo perché aveva guardato quella foto, chi cavolo era quella ragazzina per Farid Schimth?

Era così importante?

Cercò di pensare alle volte che aveva visto il turco, ultimamente era spesso in compagnia di una ragazzina bionda condelle meches blu vestita come una zoccola che gli ricordava qualcuno, tuttavia non era lei la ragazza della foto.

Da quello che aveva sentito lo spacciatore non era tipo da storie serie, non dopo una certa cosa che nessuno nominava.

Perché stava pensando a quello?

Perché invece non prendeva la bustina di roba che gli aveva dato il turco?

Si limitava a guardarla, come se potesse in qualche modo ferirlo o essere più pericolosa del solito.

Ok, era in paranoia.

[Ascolto una voce
Nell’ora in cui tace tutta la città(**)]

Temeva l’avesse tagliata con qualcosa che l’avrebbe ucciso, che l’avesse avvelenata, che quella non fosse nemmeno cocaina.

Si disse di star calmo,  il turco non aveva nessun motivo per fargli del male oltre alla foto, era un buon cliente e non se lo sarebbe giocato per delle cazzate.

Il suo ragionamento era logico e razionale, non faceva una piega, eppure quella paura non si placava, rimaneva li, attaccata a lui sotto forma di morsa allo stomaco.

Era raggomitolato sul divano, la bustina lo guardava minacciosa dal basso tavolino in legno nero, prenderla o non prenderla?

Tremava, poteva resistere ancora un po’ e probabilmente era quello che avrebbe fatto, di quella roba non si sentiva sicuro, però quell’ansia doveva sparire.

Non poteva sopportare ancora per molto quella sensazione opprimente senza impazzire, doveva fare qualcosa!

Si alzò lentamente dal divano, compì qualche pigro giro per l’appartamento, era veramente minuscolo, l’unico pregio che aveva era la grande vetrata che dava sul giardino del condominio, si fermò a guardare giù.

Gli alberi erano spogli, tranne per qualche rara foglia gialla che ancora si ostinava a resistere spavalda al freddo dell’inverno, rabbrividì.

Tornò a guardare nell’appartamento.

Istantaneamente decide che l’unico modo per calmarsi era bere qualcosa, si avviò indolente verso l’armadietto dei liquori, estrasse una bottiglia di vodka e partì alla ricerca di un bicchiere.

Quando lo trovò ci versò una dose generosa di liquido che tracannò tutta d’un fiato, il silenzio  tornò a essere meno ostile, riprese a respirare normalmente.

[La voce mi dice sai che cosa fare
Non resistere, lasciati trasportare(**)]

Si versò un altro bicchiere.

-Hai deciso di provare una serata alternativa?-

Dannate voci.

Non riusciva a mandarle via, così come non riusciva a mandare via il freddo.

Accidenti.

Tracannò un altro bicchiere.

Forse se avesse continuato a bere, alla fine avrebbe trovato il silenzio che cercava.

-Illuso.-

Altro bicchiere.

Altri bicchieri finchè la bottiglia non fu vuota e lui decisamente ubriaco.

Si trascinò sul divano, si sentiva confusamente felice.

-Felice?

Sei solo troppo rincoglionito, non ce la fai nemmeno a pensare, figurati a capire cosa stai sentendo….-

Ridacchiò da solo, in quello stato trovava divertente quella voce, l’indomani non si sarebbe ricordato nemmeno se ci fosse stata.

-Cosa ci fai ancora qui?-

Quella domanda improvvisa spense la sua risatina alcolica, facendolo riflettere, perché era ancora vivo?

Che vita era quella?

Faceva soffrire suo fratello, i suoi amici, faceva del male a se stesso, che senso aveva la sua vita condotta così?

Iniziò a sudare, non capiva come fosse arrivato a quelle riflessioni, ma gli facevano paura, perché portavano altro freddo, talmente potente da superare la barriera stordente della vodka.

[Io sorriderò per farti male
La febbre che sale non la fermerò(**)]

La voglia di ridere era passata.

Stava sprecando se stesso in qualcosa che non poteva durare, un giorno l’avrebbero trovato morto, come quelle star distrutte da se stesse e dalla loro fragilità.

-Ma tu sei una star…-Mormorò la voce beffarda.

Effettivamente lo era, ma aveva anche cantato contro il suicidio, ci pensò un attimo.

Era stato talmente tanto tempo fa da sembrare un ‘altra vita.

In questa vita vedeva delle immagini nette davanti ai suoi occhi: lui che apriva la finestra, incerto, dubbioso, con il vento che gli schiaffeggiava la faccia.

Guardava il cortile, sentiva il richiamo del vuoto, come ipnotizzato, la voce che gli diceva che così avrebbe trovato la pace che cercava.

Il film proseguiva con lui che saltava incerto, fendendo il vento mentre cadeva  verso  l’asfalto.

La sua mente sorvolò sull’impatto con il suolo, per sollevarsi dolcemente e fargli vedere il suo  corpo senza vita e fargli sentire i commenti dei vicini.

Erano ipocriti, doveva ammetterlo, avrebbe dovuto scrivere meglio le battute.

Poi zoomò sulla faccia del gemello in lacrime e su quella pallida dell’italiana.

Qui il film si chiuse e lui tornò in se scosso.

[Soltanto una voce mi può far pensare
La voce mi chiama e poi mi dice no(**)]

Si accorse di avere ancora in mano il bicchiere, lo appoggiò sul tavolino e vagò frenetico alla ricerca delle sigarette, in preda a un’ansia così forte da togliergli il respiro.

Barcollava stordito, alla fine focalizzò la borsa, per poi acchiapparla.

Dentro c’era solo un inutile pacchetto vuoto.

“Merda le ho finite!”

Doveva uscire, guidare in quelle condizioni era però impossibile, non aveva voglia di ingrossare le statistiche dei morti per guida in stato di ebbrezza, così optò per il pullman.

Prese un giubbino, la borsa, le chiavi ed uscì.

Il mezzo pubblico passò poco dopo, lui, sempre ondeggiando, si sedette al primo posto libero, con aria assente, riuscendo comunque a beccare con la coda dell’occhio un paio di persone che lo guardavano disgustate.

Non dove va essere un bello spettacolo conciato come un barbone, con la barba non rasata e con la puzza di alcool a mo di profumo.

Ridacchiò per l’ennesima volta e si addormentò.

Non riuscì a ricordare i suoi sogni al risveglio, ma si accorse di aver sbagliato totalmente fermata, era finito in periferia invece che in centro.

-Non fa niente….Adesso cerco un tabaccaio aperto e torno qui…-

Iniziò a camminare, il posto gli era famigliare, quando ci era venuto?

Il ricordo lo colpì come un fulmine, quello era il quartiere di Francesca!

Proseguì la sua strana passeggiata fino a che non incontrò una bar tabaccheria, sorrise storto e ci entrò.

La  zona tabaccheria era piccola, al bancone c’era solo una ragazza dai capelli arancioni china su di un libro, non aveva sentito il campanello trillare.

Tossicchiò.

Lei alzò lo sguardo, si ritrovò a scontrarsi con due grandi occhi verdi da gatta che lo guardavano perplessi.

L’aveva già vista.

Chi era?

-La ragazza della foto!-

“Buonasera, mi scusi.

Cosa desidera?”

“Un pacchetto di Marlboro rosse.”

Si voltò,per controllare alle sue spalle se ci fosse o no quello che aveva chiesto, non era molto alta, ma era bella.

“Scusi, sono finite…vado a prenderle nel retro.”

“Dammi del tu, non sono così vecchio.”

“ok….scusa” mormorò inespressiva prima di sparire dietro a una porta.

Voleva seguirla, sapeva che se era legata a Farid era come firmarsi la condanna a morte, ma non gli importava, la voleva e basta.

Era troppo dannatamente ubriaco.

[Non so se ti può consolare
Non so se mi potrai capire
Non so se ti farà piacere
Non so niente eppure(**)]

A passi incerti raggiunse la porta, l’aprì e la richiuse alle sue spalle.

Lei stava armeggiando con uno scatolone e un taglierino, quando finì si alzò in piedi soddisfatta.

Lui ne approfitto per appoggiarle le mani sui fianchi e farla girare verso di lui, si beccò un’occhiataccia che ignorò, deciso di abbassò su di lei per baciarla.

Voleva infilarle la lingua in bocca, ma lei si dimenava, lui serrò la presa su di lei.

Prese a mordicchiarle le labbra e a leccargliele, la testa gli girava, non sarebbe rimasto in piedi ancora a lungo.

Lei decise di cedere in quel momento e ricambiare inaspettatamente, con una mossa che l’aveva spiazzato.

Allentò la presa, prese ad accarezzarle i fianchi e la schiena, lei era ancora rigida, ma si stava rilassando.

Era ancora vivo.

In quel momento si sentì ancora vivo, non del tutto morto come poco prima.

[Accendi la luce
Sai che non mi piace
La pace che viene dall’oscurità
Restare nel buio mentre ti torturo
Non mi basta più
Voglio il tuo cuore nero)**)]

A lei sfuggì un gemito, lui sorrise alcolico, poco dopo si staccò.

La guardò, occhi increduli, labbra gonfie, arrossata.

Era bella.

Stava per ribaciarla e far proseguire quella serata in un modo molto più interessante quando la testa iniziò a girare in modo intollerabile.

-No, Cristo, noo-

Si sent’ venire meno e cadde su di lei, mentre il mondo diventava buio.

 

[non sai quanto non sai dove sei, ma sei qui
lontana da te, lontana da voi, lontana da uno specchio che non dice chi sei
se sotto il cielo c'è qualcosa di speciale passerà di qui prima o poi
prima o poi, comunque tu lo sai(***)]

Leila non era mai stata una ragazza che cedeva facilmente, quando c’era un rapporto con farid lui la teneva d’occhio, da bravo fratello geloso e protettivo, dopo era troppo occupata a badare a Shirin per andare in cerca di avventure.

Non si sarebbe nemmeno accorta che quel ragazzo era entrato in tabaccheria,se  lui non avesse tossicchiato imbarazzato, solo allora aveva alzato gli occhi dal libro di Fisica.

Era alto, una pertica magra e vestita di nero, con degli strani dreadlock bianchi e neri, gli occhi scuri truccati di nero e un piercing al sopracciglio, il tipico ricco vestito da barbone.

Era però indiscutibilmente bello, anche se trasandato, con la barba appena accennata e l’aria alticcia, in ogni caso decisamente meglio della fisica sembra ombra di dubbio.

Le aveva chiesto un pacchetto di Marlboro, per prenderglielo aveva dovuto andare nel retrobottega, maledicendosi per i pensieri da ragazzina idiota, senza pensare minimamente alla possibilità che potesse averlo colpito.

Leila Schimth non colpiva mai nessuno,era quello che la contornava, fratello, amici, la banda che colpiva gli altri e la rendeva famosa.

Certe volte si chiese se qualcuno l’avrebbe notata se lei avesse avuto una vita diversa, ma erano pensieri sterili ed inutili.

Il retrobottega non era grandissimo, prese un taglierino e si chinò per aprire uno scatolone pieno di stecche di sigarette, era talmente concentrata sul suo  lavoro da non sentire che qualcuno era entrato dopo di lei.

Se ne accorse quando, tagliato il nastro, buttò il taglierino sullo scatolone e si alzò soddisfatta,  solo allora sentì due grandi mani che le stringevano i fianchi.

Sussultò.

Chi c’era?

Lo sconosciuto la fece voltare, lei lo guardò male, sebbene quegli occhi l’avessero stregata, lui la ignorò e si abbassò su di lei per baciarla prepotentemente.

In quei momenti non pensò nemmeno una volta al taglierino, solo a dimenarsi, mentre quello le stringeva più forte, avrebbe potuto mollargli un calcio nei genitali, ma non lo fece.

Era assurdo, stava cedendo alle sua avances, anche se non era una tipa che andasse con sconosciuti ubriachi, non riusciva a riconoscersi.

Lui prese a mordicchiarle e a leccarle il contorno delle labbra, questo la fece capitolare e schiudere le sue.

Ci sapeva fare il ragazzo.

Baciava da Dio con quel piercing e le accarezzava la schiena.

Non era violento…solo impetuoso.

Gemette, lui staccò, fece un sorriso sghembo,poi impallidì e si accasciò su di lei.

Scivolarono a terra insieme, si allontanò da lui,Leila gli fece appoggiare le gambe sullo scatolone e la testa sulle sue gambe.

Era preoccupata.

Lo schiaffeggiò leggermente, pregando che si riprendesse.

Lui aprì piano gli occhi, intontito, non del tutto in sé.

“Ti prego aiutami!”

Rimase incerta, cosa poteva fare?era in preda all’ansia.

“io…ci provo…”

All’improvviso si ricordò della stanzetta che usava Farid i primi tempi quando litigava con i loro genitori dietro il retrobottega e decise di trasportarlo li.

Faticosamente lo fece rialzare, gli avvolse un braccio intorno alla vita e avanzarono verso la stanzetta tra gli scatoloni.

Aprì la porta poi lo fece stendere sulla brandina malconcia.

“Che ti è successo eh?”

Lo coprì, si sedette accanto a lui, indecisa, non voleva lasciarlo solo.

Lui le afferrò il polso, Leila trasalì.

“Non lasciarmi da solo.”

Ok, era ancora immerso nei suoi deliri, ma abbastanza cosciente da farla stendere accanto a se e abbracciarla.

Lo guardò, era bello, sembrava un bravo ragazzo, perché era ridotto così?

Gli accarezzò una guancia.

Katarina arrivò poco dopo.

“Dio Leila, cosa è successo?”

Lei si mise un indice sulla bocca, invitandola al silenzio.

“Chi è?”

“Un tizio ubriaco marcio, ma mi dispiace mandarlo in mezzo alla strada.”

“Perché ti abbraccia?”

“Non lo so…credo mi abbia scambiata per qualcun altro….”

“è pericoloso, vattene e lascialo li!”

“Non ti preoccupare, me la cavo…

Sto ancora un po’ e me ne vado a casa o mio padre mi ammazza.”

La barista scosse la testa e se ne andò.

Lei rimase a guardarlo, non era così dolce con gli sconosciuti di solito, ma lui era diverso.

Lo accarezzò piano, lui sudava e si lamentava.

“Tom…

Fra…

Non mi lasciate….”

Chi erano?

Il fratello e la sua ragazza? Un amico e sua sorella? O il suo ragazzo e sua sorella?

Classificò come stupida l’ultima ipotesi, quel tipo era etero  o non l’avrebbe baciata così (come sarebbe finita se non fosse crollato?), che fosse bisex?

A lei, in ogni caso importava qualcosa della sua vita sessuale?

No…erano più importanti altre cose, altre domande, come quella che si fece subito dopo.

Cosa lo aveva portato a ridursi in quel modo?

Ne aveva visti di ragazzi finire male, lui era diverso, ne era certa.

Era disperato, questo si, però aveva una possibilità di potersi salvare, se lo sentiva, aveva una luce negli occhi che mancava agli zombie disperati del suo quartiere.

Era come se fosse un angelo caduto.

Scosse la testa, aveva appena formulato un altro pensiero da ragazzetta sciocca, due erano troppi per quella sera.

-Trovati un ragazzo Leila….-

Il suo sguardo cadde automaticamente sullo sconosciuto che si contorceva accanto a lei.

Sospirò, lui si lamentò ancora e la strinse più forte.

Continuò così ancora per un po’, diminuì la presa e lei si alzò.

Il ragazzo dormiva profondamente, Leila se ne andò, sorridendo.

Chiuse la porta a chiave, l’indomani mattina avrebbe deciso cosa fare di lui.

Era da anni che non si sentiva così…viva.

Era assurdo, totalmente insensato, ma era felice.

Misteri o regali della vita.

Non bisognava mai sputare in faccia ai regali che la vita ti faceva e quello sconosciuto aveva l’aria di essere davvero una sorpresa se non bella quantomeno interessante.

-Oh! La piccola e cinica Leila si sta prendendo un cotta?

Un travolgente amore a prima vista?-

Fece tacere quella fastidiosa vocina, ma ormai il seme del dubbio era stato piantato.

Si disse di pensare a qualcosa di più costruttivo ad esempio come fare a rintracciare chi fosse il bell’alcolizzato e decide di chiamare Luca.

Lei conosceva buona parte della gente del quartiere, lui idem, quindi forse per lui non sarebbe stata una faccia sconosciuta.

Era un’idea sensata.

Chiamò l’amico e gli disse di raggiungerla alla tabaccheria al più presto.

Katarina, che la vide riemergere dal retrobottega le lanciò un’occhiataccia che lei ignorò.

Poco dopo il moro arrivò trafelato.

“Ohi Leila, cosa succede?

Perché mi hai fatto venire qui di corsa?”

“Ho trovato un tizio sbronzo e l’ho portato di là, ma non so chi sia, forse tu puoi aiutarmi…”

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.

“Da quando ti comporti come l’esercito della salvezza?”

Lei sbuffò.

“ok…Fammi vedere chi è…

Non è che hai avuto un colpo di fulmine?”

Lei arrossì.

“Taci cretino!”

Lui ridacchiò per poi seguirla verso la stanza da cui era riemersa meno di un quarto d’ora prima.

Il bello sbronzo dormiva placidamente sulla brandina, Luca lo osservò a lungo, corrugò la fronte, si gratto la testa, Leila capì che lo conosceva.

“Sai chi è?”

Domanda retorica.

“Si… almeno credo…

Dovrebbe essere un amico di Fra…”

[“Tom…

Fra…

Non mi lasciate….”]

“Domani mattina la chiamo.”

Leila da felice passò senza sapere perché a un umore inquieto.

Cosa sarebbe successo ?

Davvero era amico di Girardi?

E soprattutto perché lei era risentita da questo fatto pur non conoscendo minimamente quel tipo?

Ancora una volta era alle prese con domande senza risposta.

[Accendi la luce
Sai che non mi piace
La pace che viene dall’oscurità
Restare nel buio mentre ti torturo
Non mi basta più
Voglio il tuo cuore nero(**)]

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Uff…

Passo alle canzoni e basta.

(*)”Raoìp ‘n’ roll” J ax

(**)”Cuore nero” punkreas

(***)”SEduti in riva al fosso”Ligabue

 

Ringrazio.

 

_Pulse_

 

Hana Turner.

 

Black Down TH.

 

Big Angel Dark:

 

 

 

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Capitolo 6
*** 6) La Tabaccheria Di Leila ***


6)) La tabaccheria di Leila

 

Francesca Girardi non aveva mai avuto un buon rapporto con i telefoni, da quando una certa medusa era entrata nella sua vita la pace armata che aveva raggiunto con loro era finita, definitivamente rotta.

Al momento la Medusa, ossia il suo ragazzo chiamato così per via delle lunghe treccine nere, la stava tenendo abbracciata al suo petto mentre lui dormiva della grossa, facendola sorridere soddisfatta.

Se fosse stata una gatta si sarebbe messa persino a fare le fusa e lui questo lo sapeva bene, infatti si era addormentato con uno strano sorrisino.

Era di buon umore Tom, forse sentiva che il fratello era più vicino e non troppo difficile da raggiungere, forse era solo una crisi di ottimismo.

All’improvviso il suo cellulare squillò inondando la stanza con la melodia di “Buoni sconto” delle PornoRiviste,doveva ammetterlo, alle nove di mattina non era il massimo sentirsi sparare a palla una canzone punk italiana.

Lui mugugnò nel sonno mentre lei si affrettava a rispondere imprecando contro lo sconosciuto.

Era Luca, il suo al momento poco adorato fratellino.

Cosa voleva?

“Pronto fratello!”

“Ciao Fra…

“Cosa vuoi? La gente a quest’ora dorme!”

Lo sentì esitare un attimo, iniziò a preoccuparsi facendo dileguare lentamente il buonumore che le metteva la viconanza di Tom.

“Devo dirti una cosa…

“Cosa?”

“Credo di aver trovato Bill…

Rimase un attimo in silenzio, frastornata, con il cellulare vicino all’orecchio senza capire o ascoltare minimamente ciò che il fratello le stava dicendo.

Aveva trovato Bill.

Aveva trovato il suo migliore amico, quello  a cui aveva spezzato il cuore.

“Hai trovato Bill?”Ripeté stordita dalla notizia inaspettata..

“Si Francesca…O meglio Leila l’ha trovato..

Nella sua tabaccheria, completamente sbronzo.

Adesso è da lei!”

“Grazie Luca, grazie!”

L’ultima parola fu un urlo che svegliò completamente Tom, che la guardò irritato mentre lei chiudeva lo sportello del cellulare in preda a un miscuglio assurdo di sentimenti che si manifestava con un solido nodo alla gola che rifiutava di sciogliersi.

“Cosa succede Fay?”

Lo guardò, era ancora semiaddormentato,del tutto impreparato allo shock  che stava per dargli.

“Mi ha telefonato Luca…. “

Lui si stiracchiò e la guardò perplesso, lei prese fiato, chiedendogli mentalmente scusa per la poca delicatezza che avrebbe usato..

“Luca pensa di aver trovato Bill..

È discretamente sicuro, a essere sinceri, era sbronzo in una tabaccheria del mio ex quartiere.”

Lui si svegliò completamente, sbarrò gli occhi e fece per dire qualcosa, per poi rinunciarci e scalciare  via le coperte in preda alla frenesia.

Subito dopo si alzò di scatto, come se rimanere in quel letto sapendo dove fosse Bill gli fosse intollerabile.

“Andiamo Fay.”

Le tese una mano per aiutarla ad alzarsi, entrambi notevolmente agitati adesso, si stavano avvicinando a uno snodo importante della vicenda.

Si vestirono in silenzio, uscirono di casa.

Buffo, come avessero poco da dirsi in momenti come quelli e come l’attenzione fosse attirata dal ripetersi meccanico delle azioni.

In macchina lui continuò a tacere, sembrava immerso in un suo mondo , felice per aver trovato il fratello, inquieto per come affrontarlo.

Forse aveva paura di essere respinto o di vedere come l’avrebbe trovato.

Forse era solo paura e basta e si rifugiava nel silenzio in attesa di capire come si sarebbe evoluta la situazione.

Lo capiva benissimo, lei era nella stessa situazione, i suoi sensi di colpa erano più vivi che mai.

Tom parcheggiò davanti al locale, entrarono, Leila e Luca erano seduti vicino al bancone della tabaccheria, in un silenzio teso.

“Dov’è?”

“Vi faccio strada.” Rispose Leila.

La seguirono nel retrobottega e poi in una stanzetta attigua, lui era sdraiato su di una brandina, profondamente addormentato.

L’espressione di Tom si fece indecifrabile,avrebbe pagato oro per sapere cosa pensasse, ma al momento lui era un libro chiuso.

Fay rimani con lui… “bisbigliò.

“Dove vai?”

“Voglio farmi raccontare da lei come l’ha trovato.”

“Perché scappi?”

Lui non rispose, Francesca si avvicinò lentamente  a Bill e si sedette accanto a lui, Tom lasciò la stanza di corsa.

Era cambiato in quei tre anni, era più adulto, più bello anche se al momento sembrava un barbone più che altro, ma rimaneva sempre il ragazzino che l’aveva aiutata, in fondo.

Sorrise divertita ed intenerita, felice di vederlo.

Fay gli accarezzò una guancia, lui mugugnò nel sonno, poi iniziò a stropicciare gli occhi.

Lei trattenne il fiato, come avrebbe reagito?

Bill sbarrò gli occhi, incredulo, spaventato, come se la credesse un’allucinazione.

“Francesca?”

Annuì, lui le si buttò tra le braccia, stritolandola, lei si lasciò andare e lo strinse a sua volta.

Gli era mancato troppo in quegli anni per poter fare in un modo diverso.

Ehi…non sono un’allucinazione!”

Lui continuò a stringerla senza dire nulla, lei gli accarezzò i capelli dolcemente, non erano più lisci e morbidi, ma ispidi dreadlock, che le ricordarono quelli di Tom.

Stava bene così com’era ,in quell’amicizia che sembrava aver dimenticato quegli anni di vuoto, ma non poteva , doveva iniziare con lui un discorso che avrebbe voluto affrontare da tempo.

“Mi dispiace per quello che è successo anni fa..

Non volevo ferirti, era l’ultima cosa che volessi!”

“Non ti preoccupare, è passato.

All’inizio sono stato male, ma poi ho capito, tu hai fatto la scelta più giusta….non mi hai illuso…

Sono io che dovrei scusarmi…Per essere sparito…per come mi sono ridotto.

Io sto solo facendo soffrire tutti e non vorrei…

Non so cosa fare! Aiutami!”

Francesca avrebbe voluto piangere, invece gli fece forza, non era per piangere ch era lì.

“Ce la faremo in qualche modo…ce la faremo..”

“Dov’ è Tom?”

Il ragazzo si guardò attorno spaventato, forse temendo che il gemello l’avesse piantato in asso, era assurdo come quei due avessero quasi le stesse emozioni..

“Di là, tra poco arriva…

“L’ho ferito e lui non se lo meritava, sono una merda!”

Risolverete…lui ti vuole bene.

È impazzito per cercarti, è persino venuto da me!”

Lui sorrise contro il collo di lei, divertito forse da quell’affermazione.

“Te l’ho mandato io….speravo venisse da te e si salvasse, io per lui sono pericoloso.”

“Non lo sei e comunque non potrebbe essere felice sapendo che tu stai male, questo è poco ma sicuro…

La porta si aprì dietro di loro, interrompendo quella conversazione.

“Bill..” era la voce di Tom, sottile, incerta e spaventata

Il ragazzo si staccò da lei come se avesse preso una scossa, Francesca si alzò a sedere, Tom avanzò verso di lui  senza dire una parola, teso.

Scusa…

Il gemello non rispose.

“Io non volevo dire quelle cose, non ti odio.

Non mi hai mai rovinato la vita….non l’hai mai fatto.

Perdonami.”

Tom si sedette sulla brandina accanto a lei.

“Mi hai fatto male…mi sono chiesto se non avessi sbagliato tutto con te…

“Non hai sbagliato! Io volevo solo allontanarti per far si che almeno dei due si salvasse!”

“Come avrei fatto ad andare avanti sapendo che tu eri rimasto indietro?”

Scusami…volevo solo che tu non soffrissi.”

Francesca si sentiva di troppo in quel dialogo, quella era parte riguardava solo i Kaulitz, non lei, quindi era bene che li  lasciasse soli.

Stava per uscire dalla stanza, ma qualcosa nell’atteggiamento di Tom le fece capire che doveva rimanere, che loro volessero che lei rimanesse per vedere quello che accadde dopo.

Lentamente il maggiore dei gemelli attirò l’altro in abbraccio che sapeva di pace e che le allargò il cuore.

“Sei stato un cretino a credere che ti avrei lasciato perdere così, ma va bene così…

So perché l’hai fatto....”

Questo segnava il perdono definitivo di Tom, si sentiva stupidamente felice, sebbene sapesse benissimo che i  guai erano solo all’inizio, la parte davvero dura iniziava adesso.

“Voglio uscirne Tom.

Non voglio più che succedano queste cose.”

Il fratello lo staccò da se per scrutarlo.

“Sei convinto Bill?”

Il moro annuì, sembrava sull’orlo delle lacrime.

“Allora vieni a casa nostra.”

Bill sorrise, di rimando sorrise anche Francesca, era bello rivederlo così, anche se per poco.

 

Georg era notevolmente agitato.

Camminava avanti ed indietro per l’appartamento inquieto, tra poco Lene sarebbe arrivata per trascorrere da lui una settimana.

Dopo varie telefonate con la madre della sua sorellastra erano arrivati a quell’accordo, la donna sembrava al settimo cielo, Lene completamente indifferente.

Questo fatto l’aveva leggermente preoccupato.

D’accordo era una ragazzina incavolata con la vita, però quel silenzio lo impensieriva, a cosa si sarebbe trovato davanti?

Si impose di calmarsi, aveva ventiquattro anni, poteva gestire benissimo quella situazione e stabilire un dialogo con Lene.

-Si,’sti cazzi…. Chi è quello che ha controllato quindici volte che la camera della mocciosa fosse a posto?

Che si è chiesto se avrebbe apprezzato gli sforzi?

Tu o il tuo sosia?-

Il campanello lo fece sobbalzare, andò ad aprire imponendosi la calma, era una diciassettenne dopotutto non una detenuta pluriomicida!

La ragazzina che si ritrovò davanti andava molto vicino alla teppista, lunghi capelli platinati, meches blu, abiti succinti, ruminava una gomma da masticare e lo trucidava con un’occhiata da serial killer.

“Ciao. Io sono Georg, piacere!”

Le tese una mano sorridendo, lei non la prese.

“So chi sei…Io sono Lene.”

La voce era dura, dell’antica timidezza rimaneva una vaga traccia negli occhi ancora leggermente insicuri,tutto il resto indicava chiaramente che lei era una ragazza che non voleva essere disturbata.

Sarebbe stata una dura convivenza.

“Ahm, vieni ti faccio vedere la tua stanza.”

Lei annuì e trascinò  con sé un pesante trolley nero.

“Ti tratti bene…bella baracca…

Grazie…parli come un…

“Un teppista Listing?

Si esattamente e non sono affari tuoi, non sei mia madre!”

La ragazzina aveva giusto un po’ di acredine nei suoi confronti….

Aprì la porta della stanza e gliela mostrò, lei rimase impenetrabile, non capiva assolutamente se le piacesse o no.

Carina….

Sistemo le mie cose.”

Gli sbatté la porta in faccia.

Rimase impalato davanti alla stanza, a sentire rumori di valigie in via di disfacimento ed  imprecazioni varie.

Quella ragazzina era un soggetto difficile, avrebbe dovuto ricorrere a tutte le scorte di pazienza che aveva grazie al fatto di aver sopportato i gemelli per anni.

L’unica cosa positiva, se si così poteva definire, era che aveva realizzato che davvero Lene era la sua sorellastra, aveva visto dei lineamenti uguali ai suoi su quel viso imbronciato.

Cosa poteva fare?

Era presto per fare pranzo e tardi per la colazione, così decise che poteva esercitarsi un po’ con il basso, lei non avrebbe mandato a fuoco l’appartamento no?

A passi incerti, raggiunse la sua camera ed iniziò ad accordare lo strumento, per poi iniziare a suonarlo.

Non si accorse che dopo un po’ qualcuno aveva aperto la porta della stanza e si era appoggiato allo stipite guardandolo con un’espressione che andava molto vicina al rispetto, ne si accorse che quel qualcuno poi si sedette alla sedia della sua scrivania.

Era totalmente concentrato su quello che stava facendo, in quelle condizioni avrebbe potuto crollargli la casa in testa e non l’avrebbe realizzato.

Quando finalmente smise sentì un applauso che lo fece sobbalzare, Lene era nella stanza e per un attimo non sembrava in procinto di squartarlo.

-Ok…l’hai colpita in qualche modo…vedi di sfruttare la cosa a tuo vantaggio….-

Le sorrise imbarazzato, era ovvio che avesse notato il suo sobbalzo e depose lo strumento sul letto.

“Sei bravo Listing…

In questo almeno ti devo rivalutare…

-Bontà tua…. Suono in una band di fama mondiale da anni ormai.-

“Grazie Lene.

Suoni tu?”

Lei fece un  strana smorfia.

“No, sono negata con qualsiasi strumento…

“Hai mai provato con qualche strumento prima di dirlo?”

Lei si grattò la testa imbarazzata.

“Il flauto alle medie…

“Capisco.”

Si alzò dal letto.

“Aspettami qui per favore, torno subito.”

Lei lo guardò sbalordita, lui la lasciò perdere e andò in un’altra stanza dove teneva gli strumenti e prese un altro basso

per la ragazza.

Quando tornò la sua sorellastra sgranò gli occhi stupita.

“Cosa vuoi fare con quel basso?”

-Spaccartelo in testa..-

“Se vuoi posso provare a insegnarti qualcosa.”

Da-davvero?”

“se vuoi, Lene, dimmi tu…

“Vuoi comprarmi?”

“Cerco di costruire un rapporto con te, è diverso.”

“Dovevi provarci due mesi fa, non adesso!”

Lui abbassò gli occhi sconfitto, stava infilando un errore dopo l’altro, il soggetto con cui aveva a che fare poi non collaborava.

“Però apprezzo comunque la buona volontà…. Avanti proviamoci…fammi vedere  che cosa fare…

Così potrò dire ai miei amici che è stato il bassista dei Tokio Hotel….E poi prepararmi a scappare visto che ti odiano…

Sospirò, almeno aveva fatto un passo avanti…

Bhe, mi fa piacere che tu mi dia una possibilità…

“Volente o nolente sei mio fratello e questo non posso ignorarlo.”

Lene prese in mano lo strumento incerta, lui le spiegò come fare gli accordi base, era piacevole spiegare a qualcuno come suonare, era un modo per dividere le sua passione.

Ben presto la stanza si riempì di due melodie dissonanti,  Lene era concentrata nel cercare di riprodurre i suoi movimenti e in quel momento una parte di quella che supponesse essere la vecchia Lene emerse.

Riusciva ad immaginarsela senza fatica china su di un libro o su di una formula matematica, sorrise, lei smise.

“Che ti prende?”

“Niente, sei carina se ti concentri…

“Sono tua sorella, non una tua groupie…

Lui sbuffò.

“Non posso essere gentile con mia sorella?”

“Certo che puoi, ma non leccarmi il culo!”

Alzò le mani in segno di resa.

“OK Kaufmann, mi arrendo!

Continuiamo a suonare, è meglio!”

Così fecero, la bella atmosfera tornò a crearsi e Georg per un attimo credé  che ce l’avrebbe fatta con lei, che tutto sarebbe andato bene.

Listing…Ho fame…

“SE vuoi cucino qualcosa.”

“Sai cucinare?”

“Non molto…

“è un modo per dirmi “Cucina tu, Lene”?”

Lei lo guardò minacciosa, le mani sui fianchi e gli occhi lampeggianti.

“Ma perché ogni cosa che dico la usi contro di me?”

“Perché io ci vedo puzza di bruciato in questo strano invito! Chi ti ha puntato una pistola alla tempia per farmi venire da te?”

“Nessuno, volevo solo conoscerti tutto qui!

Non c’è un secondo fine e se ti va vorrei portarti fuori a pranzo, non farti cucinare!

Sei mia ospite cazzo!”

Georg era davvero irritato, suo sorella vedendolo, sembrò abbassare le armi.

Ok…Se vuoi usciamo…un attimo che mi cambio…

Si chiuse in camera sua, Georg tirò un sospiro di sollievo, portò i due bassi nella stanza degli strumenti e si cambiò, per poi sedersi sul divano del salotto.

La ragazzina era ancora in camera sua o forse in bagno, così allungò poco elegantemente i piedi sul tavolino del salotto  e decise di fumarsi una sigaretta.

Cercò il pacchetto e se ne accese una.

“Che esempio dai alla ragazzine Listing?”

Si voltò, la ragazza era uscita dal bagno, la squadrò divertito, indossava dei jeans chiari e una felpa blu.

“Le ragazzine non possono vedermi mentre sono a casa mia…

Pensi che almeno li potrò concedermi un po’di liberta?

Stai bene vestita così!”

Lei inarcò un sopracciglio.

“Il tuo discorso non fa una piega…

Grazie, comunque…

“Prego, finisco la sigaretta e usciamo…

Lei si sedette accanto a lui e con noncuranza estrasse una sigaretta da un pacchetto a sua volta e se la accese.

“Non dovresti fumare…

“Tu puoi e io no?”Domandò innocente.

“Ok…”

Lene Kaufmann uno, Georg Listing zero.

Palla al centro.

 

Tom era felice, dopo mesi finalmente stava riprovando quella situazione e tutto grazie a lui, Bill, che era seduto sui sedili posteriori della sua Cadillac.

L’aveva ritrovato, suo fratello era di nuovo con lui e c’era anche Fay.

Non era così stupido da credere alla favola del happy ending, sapeva che era da adesso che sarebbero iniziate le cose veramente difficili, la lotta dura, ma al momento queste cose erano in secondo piano, sommerse dalla felicità di averlo di nuovo lì

-Ma ora non sono solo, ho la mia fata, ce la possiamo fare..-

Scesero dalla macchina, Bill barcollava ancora leggermente, nonostante fosse abbarbicato alla sua ragazza.

“Sei schifosamente alto, cucciolo!”

“Cucciolo?”

Tom si voltò perplesso verso di lei, con un sopracciglio alzato.

Bhe lo chiamavo così prima…”Balbettò lei”Spero non sia un problema…

Lui sghignazzò come un cretino.

Nooo…….solo che non mi sembravi il tipo da soprannomi!”

“Medusa sei un insensibile!”

“Medusa?” questa volta fu Bill a stupirsi.

“Si lo chiamo così…Urta come una medusa, ma è estremamente affascinante, grazioso…

Inoltre non te lo ricorda con questi capelli?”

Bill lo guardò, poi scoppiò a ridere roco.

“In effetti il soprannome è azzeccato!

Tom meeeduusaa!”

“Grazie Nana…

Si incamminò verso l’appartamento seguito dal suo gemello e dalla sua ragazza, sorridendo, quel clima gli era mancato, per un attimo gli sembrò di tornare ai sedici anni.

-Dio, come mancano quei tempi…-

Li sentiva ridere e parlare dietro di loro, un tempo ne sarebbe stato geloso, ora ne era felice, era come se tutti quegli anni non fossero mai passati.

Come se tutte le cose negative che erano successe, per un attimo fossero scomparse, lasciando solo tre ragazzi poco più che ventenni che ridendo e scherzando stavano tornado al loro appartamento.

“Finalmente siamo arrivati!

Bill vuoi fare la doccia? Mangiare?”

“Prima la doccia e poi mangiare!”

Fay sorrise e si diresse in cucina, lasciando Bill a lui, a Tom, che adesso iniziava a sentirsi un insensibile in vista di quel rito  sgradevole che stava per fare.

“Vuoi fare la doccia?”

“Si, mi piacerebbe..”

“Hai qualcosa addosso?”

“Non ti fidi di me?”

“Si, mi fido….

Però so che resistere non è facile..”

“Perquisiscimi!”

Tom alzò un sopracciglio, Bill sembrava volesse sfidarlo, peccato che non fossero più dei bambini che si contendessero un giocattolo, c’era altro in palio ora.

“Non è una punizione Bill, voglio solo essere sicuro!

Io e te abbiamo già recitato questa scena molte volte!”

Il moro annuì e si fece controllare docile, come se avesse realizzato anche lui la stessa cosa.

“Ti voglio bene Bill, sappilo.

Non mi diverto a fare così…

“Lo so, mi dispiace di averti costretti a questo.”

Non trovò nulla, era meglio così, non sapeva come avrebbe reagito se avesse trovato della droga.

“Ok fratello puoi andare…e mi dispiace ancora.”

Bill entrò in bagno, Tom raggiunse Fay in cucina, la ragazza stava mescolando il sugo davanti ai fornelli, lui sorrise e si portò dietro di lei.

Era stupido, ma aveva avuto un’impressione di famiglia vedendola , che tutto stesse andando al suo posto, lentamente, come un puzzle quasi alla fine.

La abbracciò da dietro ed iniziò a baciarle dolcemente il collo, la sentì sorridere.

“Dai Medusa piantala, sennò non preparo più nulla!”

“Dai Fay!”

La ragazza si lasciò coccolare ancora un po’, poi si voltò di scatto ed appoggiò le mani sul suo petto.

“Perché non hai voluto parlare subito con Bill?”

I suoi scatti di umore repentini non erano affatto cambiati in quegli anni.

“Avevo paura Fay…paura che mi respingesse, che mi dicesse che mi odiava e che non voleva più vedermi.

Lo so che è stupido, che quelle parole gliele aveva messe in bocca la droga, ma mi sono entrate dentro…

Ci ho pensato molto, mi sono tirato un sacco di paranoie!”

“Lo so…” Francesca gli accarezzò una guancia, lui la baciò.

Lei attorcigliò le braccia attorno al suo collo e rispose al bacio sorridendo, era per quello che l’amava, per il suo modo di capirlo e non giudicarlo.

Il bacio si approfondì sempre di più, lei si strinse di più a lui e ad accarezzarlo, lui ricambiò sempre più preso da quella situazione, le mani  che vagavano ovunque sul corpo di lei.

Non sapeva come sarebbe finita se qualcuno non avesse tossicchiato dietro di loro.

Bill.

Scusa…”mormorò imbarazzata lei, staccandosi da lui, mantenendo però le bracca attorno al suo collo.

“No tranquilla, siete davvero carini e finalmente vedo mio fratello che fa sul serio con una persona….

Però… il sugo ti si sta attaccando!”

Francesca si staccò da lui, imprecò e spense il pentolino.

“Accidenti Tom!”

I due gemelli Kaulitz scoppiarono a ridere insieme, come se fossero solo tre normali ragazzi.

Era per questo che adorava Fay, per quel modo assurdo e personale che aveva di farli ridere e di rischiarare l’atmosfera.

Forse non sarebbero sempre state rose e fiori, ma era sicuro che con lei ce l’avrebbe fatta.

“Sei fortunato Bill, qualcosa si è salvato nonostante Tom…”

Francesca interruppe le riflessioni, lui si grattò la testa imbarazzato.

“Non sono così un disastro…

“Sono le persone calme a non essere come te!”

Bill scoppiò di nuovo a ridere, poi si fiondò sul cibo e la sua attenzione fu solo per la pasta.

La conversazione si spense lentamente nel silenzio dell’affetto di lunga data, la ragazza sorrise incrociando il suo sguardo.

Era quasi tutto come prima.

-Fino alla prossima crisi d’astinenza…-

“Bene ragazzi, io sono pieno…

Dove posso dormire?””

“Nella stanza degli ospiti, quella con il bagno collegato.”

Bill sgranò gli occhi, Tom si fece più risoluto.

“Così puoi stare più tranquillo….”

Il Kaulitz minore se ne andò dalla stanza con gli occhi bassi, lui lo segui.

Guardò Bill infilarsi in quel letto sentendosi oppresso da sentimenti contrastanti, da una parte era felice, dall’altra triste per quello che stava per fare.

Si fidava del fratello, ma non aveva intenzione di correre rischi, così era deciso a chiuderlo a chiave in camera pur di non farlo uscire durante la prossima crisi d’astinenza che sapeva essere vicina.

“Posso parlargli?”

La voce di Fay lo fece sobbalzare, lui annuì.

La vide sedersi sul letto di suo fratello, sussurrargli qualcosa all’orecchio, lui rispose annuendo.

“Buonanotte cucciolo!”

Lei Gli accarezzò i capelli dolcemente.

“Potreste rimanere?”

Tom si sedette sull’altra sponda.

“Lo so che volete chiudermi a chiave qui dentro…

Non vi biasimo….davvero… so che lo fate per me e vi ringrazio ora che sono lucido.

Vi voglio bene, mi siete mancati tutti e due!”

Tom si sentì stringere il cuore e lo soffocò in un abbraccio in cui forse quello più consolato era lui.

Rimasero  a parlare finchè il gemello non cadde in un sonno profondo, solo allora fece segno a fay di alzarsi e di seguirlo fuori dalla stanza.

Chiudere quella porta a chiave gli causò uno strappo all’altezza del cuore, ma era necessario farlo.

“Ce la faremo…

La sua ragazza lo abbracciò e lui si abbandonò tra le sua braccia.

Nonostante tutto continuava a sentirsi in colpa e impotente.

“Cosa hai detto a Bill?”

“Gli ho detto che gli vuoi bene e che lo fai per lui…

Che non era una punizione, solo cercavi di aiutarlo.”

Lui sospirò.

“Grazie Fay.

Se non ci fossi tu a fare da cuscinetto non saprei cosa fare.”

Lei lo staccò, gli sorrise.

“Lo faccio per voi, tengo a tutti e due…non scherzavo quando mi sono impegnata ad aiutarvi.

Cercherò di farlo con tutte le mie forze!”

Lui sorrise.

“lo so…per una volta metterai la tua leggendaria testardaggine al servizio di una buona causa!”

“Ah ah ah…senti chi parla!”

Sorrise di nuovo, ancora una volta parlare con lei gli aveva fatto bene.

Affrontare quello che c’era oltre quella porta non sarebbe stato facile, ma con lei accanto ce l’avrebbe fatta.

- Ah Nana…cosa farei se non ci fossi tu?-

Forse era per questo che l’amava?

Probabilmente si e un giorno sarebbe stato in grado di dirglielo, se lo promise, mentre affondava la testa tra i suoi capelli profumati.

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

 

 

Buongiorno….non vorrei allarmarvi, ma esiste la possibilità che questa fiction subisca dei ritardi nella pubblicazione.

Ho dovuto preparare un esame bastardo( mi hanno bocciata > _

Niente canzoni stavolta.

 

Big Angel Dark: grazie, spero che questo ti piaccia^^.

 

_Pulse_ : tranquilla, Bill  è ancora al suo posto, non si poteva giocare a nascondino in eterno.

Spero ti piaccia.

Ciao

 

Hana Turner. : spero che Leila non ti abbia uccisa. In effetti Farid dovrebbe tenere per sé i suoi consigli -___-

Come vedi l’hanno ritrovato comunque (alleluiaa).

Spero ti piaccia.^^

Ciao

 

 

Black Down TH. Bill con la barba di Matusalemme XD! Magari poi ci fa pure le treccine, abbinate a quelle nella chioma XD!

L’hanno ritrovato hai visto?  Ma non vedrà il barbiere per un po’temo -____-.

Perché a tutti fa tenerezza Leila, non volevo quest’ effetto -____-….

Vabbhe, spero che questo ti piaccia.

Alla prossima.

Ciao.

 

Schwarz Nana : Grazie della recensione…farid è un bastardo in effetti, ma vorrei approfondirlo meglio questo personaggio o provarci ( sono in alto mare!!!).

Sono contenta che ti piaccia, questa storia è una pena per me.

Spero ti piaccia anche questo.

Ciao^^.

 

Degah : Eccoti accontentata^^! Grazie dei complimenti, spero che questo ti piaccia! ciao^^

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Capitolo 7
*** 7) Incubi E Cauto Ottimismo ***


7)) Incubi e cauto ottimismo

 

Il tempo ancora una volta aveva rallentato la sua corsa.

Come ogni volta in cui era preoccupata, agitata o in preda a sentimenti negativi il tempo sembrava diventare più lungo,

come successe quella mattina.

Rimase a coccolare un po’ Tom, ancora più scosso di lei per quello che stava facendo al fratello, forse quel consolarlo era un po’ anche consolare se stessa.

Lui si staccò solo dopo un tempo apparentemente lungo.

“Devo andare a prendere le cose di mio fratello al suo appartamento. “

“Già.”

E avrebbe voluto dirgli tante cose, che lo capiva, che soffriva anche lei, ma tacque, erano cose che si erano già detti e decise di tacergli anche la cosa più importante che aveva pensato da quando aveva rivisto Bill.

Forse loro non ce l’avrebbero fatta.

Forse la cosa davvero giusta da fare era affidarlo a una clinica in grado di aiutarlo.

Aveva visto la disperazione e la fragilità negli occhi dell’amico e si era chiesta se loro, da soli sarebbero riusciti a vincere quella battaglia.

“Ehi Fay, tutto bene?”

Lei sorrise incerta.

“ Per quanto possa esserlo in questa situazione , si.

Chiamo Gustav e Georg, gli dico che l’ho trovato.

Ok?”

Lui annuì.

“Fallo venire qui, almeno mi sento più sicuro.”

“Tom, è chiuso in una stanza, non può farmi nulla.”

“Lo so, ma sono preoccupato lo stesso.”

“D’accordo.”

Le diede un bacio ed uscì, lasciandola con i fantasmi dei  suoi dubbi e con l’incertezza sul futuro

-Dio perché è tutto così difficile?-

Pensare ancora al senso di colpa era pressoché  inutile, così prese in mano il telefono e compose il numero del batterista.

Il ragazzo rispose dopo un po’ ed era quantomeno strano, date le sue abitudini mattutine.

“Ehi, sei rimasto a letto?”

Lui sogghignò.

“Ieri sera ho incontrato una ragazza…

“Oh! Te la sei fatta o portata a letto?”

“Ma io con chi sto parlando? Con Tom Kaulitz, il playboy o con la mia amica Francesca Girardi?”

Lei rise forzata.

“Con Francesca Giradi, la tua amica, traviata dal Kaulitz..”

Gustav ridacchiò due secondi, per poi tornare serio.

“Cosa c’è Francesca?

Non mi chiami così presto senza un motivo.”

Lei sospirò.

“Tralascio il fatto che non mi hai risposto per dirti che….

Abbiamo trovato Bill.”

Gustav trattenne il fiato.

“è da voi?”

“Si, Gustav non potresti venire qui?”

“Arrivo, Fra!”

Trascorse il tempo necessario a che lui arrivasse fumando, bevendo the e girellando inquieta per casa, era parecchio nervosa checché si raccontasse.

Quando suonò il campanello scattò ad aprire e si ritrovò davanti l’amico, nervoso anche lui.

“Come sta Fra? Come l’avete trovato?”

“Mi ha chiamato Luca ,dicendomi che l’ha trovato una sua amica ieri sera sbronzo nella sua tabaccheria.

Come sta?

Stanco, un po’ barbone, ma sta bene.

Adesso è nella camera degli ospiti che dorme e Tom dice che tra poco avrà una crisi d’astinenza.”

Gustav annuì, si sedettero in salotto e rimasero in silenzio.

“Avresti mai pensato che ci saremmo trovati qui ad aspettare una crisi d’astinenza di Bill?”

No…Ogni tanto mi sembra un incubo questa storia.”

“Anche a me…

L’unica cosa positiva è Tom.”

“Lo ami, vero?”

“Si, lo amo e sono felice di averlo accanto,ma non posso fare a meno di chiedermi per quanto.

Quando Bill starà meglio, cosa succederà?

Ma ora non voglio pensarci, voglio pensare a Bill e godermi questi attimi.”

Il biondo annuii.

“Cavolo devo chiamare Georg!”

“Oggi arriva Lene a casa sua, ieri sera era in paranoia.”

“Perché si preoccupa? Sono certa che sarà un ottimo fratello!”

“Si, ma sai come è fatto.

Insomma, forse è anche normale preoccuparsi di incontrare una sorella di diciassette anni…

Già…

Fay compose il numero del bassista che tuttavia non rispose.

“Non risponde….Lo richiamo dopo.”

La porta si aprì in quel momento e Tom entrò carico di borse  che aveva prelevato dall’appartamento del gemello.

“Ciao Gustav!”

“Ciao Tom.”

Il ragazzo portò tutto nella loro camera e poi tornò in salotto, reggendo un cambio di vestiti e oggetti per il bagno.

“li porto nella camera di Bill.”

Fra si alzò di scatto.

“Faccio io…

“Sei sicura?”

Se  non vuoi andare tu, mi farebbe piacere andare.”

Tom la guardò a lungo, Fay faceva fatica a sostenere quello sguardo, avrebbe voluto dirgli che non lo faceva per mettersi in mezzo tra lui e suo fratello ma solo perché le era mancato davvero Bill.

“Va bene Fay. Stai attenta. “

La mora annuì, prese da lui quello che voleva portare al fratello ed entrò nella camera degli ospiti.

Il locale era in penombra, la luce entrava fioca dalla tapparella leggermente alzata, Bill dormiva ancora un sonno pesante indotto forse dall’alcool che gli rimaneva in corpo.

Appoggiò i vestiti su di un mobile e poi proseguì verso il bagno, dove sistemò gli effetti personali di Bill  in modo ordinato, sapeva che lui teneva particolarmente a che fossero disposti con cura.

Uscì’ dal bagno , lui dormiva ancora.

Francesca si fermò a guardarlo, si sentiva triste.

Si sedette sul letto, gli accarezzò piano una guancia per non svegliarlo.

-Cucciolo, mi dispiace per tutta questa situazione.

Come posso aiutarti nel modo migliore?

Cosa posso fare per tirarti davvero fuori di qui?

Ti voglio bene, non sai quanto, ti devo moltissimo… SE mi sono ambientata qui, se non sono impazzita o annegata nella mia vita, se ho Tom lo devo a te.

Non posso lasciarti annegare in questa merda senza muovere un dito.

Cosa posso fare?-

Non c’era un risposta immediata a quella domanda, così rimase a guardarlo,a contemplare quel viso rilassato  e pallido.

Sembrava solo un ragazzo un po’ trascurato visto così.

Perché si era ficcato in quel casino? pensò con rabbia.

Ma infondo chi era lei per giudicare?

Nessuno, l’unica cosa che potesse fare per ripagare quello che lui aveva fatto per lei, per dimostrargli la sua amicizia disinteressata da soldi e fama.

Fay?”

Sentì una voce chiamarla, si voltò leggermente impaurita.

Era Tom.

“ Non arrivavi più, mi sono preoccupato.”

“Stavo pensando….”

Si alzò, accarezzò Bill un’ultima volta e raggiunse il suo ragazzo, che le passò un braccio intorno alla vita.

Uscirono insieme da quelle stanza.

“Fa male vederlo così.”

“Lo so.”

Questa volta fu Tom ad abbracciarla, lei pregò che non si avverasse la sua previsione , che non fosse necessario ricorrere a una clinica.

-Fra lo sai anche tu,  non può durare.

Il massimo che possiate fare è tenerlo pulito fino a che non entrerà in clinica.

Li potranno aiutarlo.-

Rimasero abbracciati per un po’fino a che Gustav non tossicchiò imbarazzato.

Ragazzi…

“Scusa Gustav…

“Come sta?”chiese il batterista.

“Dorme.”

“Quanto durerà?”

“Non lo so, ma credo che entro mezzogiorno si sveglierà e saranno problemi.”

“Tom…. Hai mai pensato che forse dovresti convincerlo a farsi ricoverare in una clinica.”

“Posso aiutarlo io, Gustav.

Ce la posso fare a impedirgli di drogarsi!”

Il batterista non aggiunse nulla,ma era evidente che era in disaccordo con il chitarrista, forse pensava che comunque non avesse il diritto di intromettersi, Bill era il fratello di Tom, non il suo.

Si sedettero tesi sul divano, Tom si stese mettendo la testa in grembo a lei, che inizio ad accarezzargli i cornrows.

Il tempo si sgranò lento e crudele, fino a che lei non si alzò per preparare qualcosa da mangiare.

Solo allora, mentre era in cucina, con la pentola dell’acqua per la pasta in mano, dalla stanza del moro iniziarono a levarsi proteste, imprecazioni e preghiere a che lo facessero usciere di li.

La crisi era arrivata, sarebbero stati pronti ad affrontarla?

Guardò incerta Tom e si disse che lo sperava con tutto il cuore.

 

Era a pranzo con suo fratello.

La cosa suonava incredibile a Lene Kaufmann che fino a due mesi prima lo conosceva solo attraverso foto o poster, soprattutto per il fatto che si stava divertendo.

Era arrivata in quella casa credendo di trovare un ragazzo costretto da qualcuno, suo padre, ad avere un rapporto con lei che non voleva ed invece sembrava che Georg davvero la volesse conoscere.

Avevano suonato per un po’ il basso, senza che lui la mandasse al diavolo per la sua imbranataggine poi l’aveva persino invitata fuori a pranzo.

Erano arrivati in silenzio in un ristorante italiano abbastanza costoso, lei si sentiva a disagio in quei vestiti così normali e poco adatti.

“Ehi Lene, cosa c’è?”

Listing potevi dirmi che mi portavi in un posto da ricconi!

Mi sarei vestita adeguatamente!”

“Lene non farti paranoie! Stai benissimo così, sei una bella ragazza!”

Lei una bella ragazza?

Scherzava forse?

“Ehi, ti ho già detto che non amo le prese per il culo!”

“Io non scherzo!”

Lena fece spallucce e si avviò dentro il locale, a suo modo rincuorata.

Georg non era male come credeva, forse poteva abbandonare per un attimo la corazza e provare a costruire un rapporto con lui.

Si sedettero in un tavolino piuttosto appartato, lui ordinò del vino, lei per quante arie si desse era astemia e lo rifiutò.

“Ma come? Lo rifiuti?

Pensavo che una ragazza tosta come te non lo facesse!”

“Non mi conosci Listing, non hai la minima idea di come sia io veramente.”

“Perché non me lo racconti tu allora?” mormorò lui sornione.

Lene si sarebbe schiaffata una mano in faccia, gli aveva dato un appiglio per costringerla a parlare di sé.

“Su di me non c’è molto da dire.

Ho una madre che fino a che ha potuto mi ha detto le tipiche balle del padre in viaggio per lavoro, poi ha tergiversato, ha sempre procrastinato le spiegazioni che mi meritavo.

A scuola non sono mai stata ne un genio, ne  un asino, nella media insomma.

Amicizie?

Poche.

A nessuno interessa accollarsi un fardello come me.

Ragazzi?

Ne ho uno.

Non c’è altro da dire.”

“Sei sempre stata così?”

“Così come ?”

“Arrabbiata, amareggiata e cinica.”

Lei aprì la bocca per protestare, forse negare le parole del fratellastro, tuttavia si accorse che corrispondevano alla verità.

“Georg, non ho avuto un padre per diciassette anni!

Diciassette, non uno o due.

Poi, all’improvviso arriva  a sconvolgermi e soprattutto scopro che ho un fratello.

Mi sono sentita destabilizzata, ho scoperto di provare del rancore verso quell’uomo che avrei sempre voluto incontrare, perché lui aveva dato se stesso a voi, a te e a tua madre.

Io avrei voluto averlo accanto quando ero piccola e non c’era, era da voi!

Da voi!”

Calcò quella parola, per poi proseguire piano il suo strano racconto, che mai credeva gli avrebbe potuto fare.

“Avrei voluto incontrarti, vedere cosa avevi di diverso da me, di più di me, ma tu non volevi saperne.

Ci sono rimasta male, molto male, mi sono sentita rifiutata.

È li che è cambiato qualcosa, credo.

È stato tutto l’insieme che ha scavato un solco tra la Lene di prima e quella di adesso.”

“Io credo che la Lene di prima sia da qualche parte dentro di te che chiede di non essere soppressa …”

Lene Kaufmann sgranò gli occhi, come poteva dirle quelle cose?

Con che coraggio?

Si chiuse in un mutismo assoluto che proseguì lungo tutto il pranzo, nonostante i tentativi di Georg di parlarle o scusarsi, quando era in quello stato era come disconnessa dal mondo e persa in se stessa e nelle sue paranoie..

Le parole che aveva classificato come cazzate le erano entrate dentro, che avesse ragione?

Scosse la testa.

La vecchia Lene era stata una patetica ragazzina succube degli eventi, la nuova Lene era forte, quindi migliore, perché rimpiangere quella vecchia.

-Forse perché nonostante i suoi difetti, aveva un grande pregio, capiva gli altri….-

Scacciò quel pensiero  come se fosse una mosca fastidiosa e tornò a concentrarsi sul dolce, un tiramisù che abbondava di crema.

La vecchia Lene avrebbe gustato ogni boccone perdendosi nella sensazione di piacere che le dava il cibo, quella nuova lo guardava malinconica.

Ultimamente non mangiava molto, era quasi una costrizione, voleva solo stare con Farid.

-Cosa vuoi fare Eleanor?

Annullarti per un uomo come tua madre?

Svanire dalla faccia della terra per amore?

E lui? Ti ama? O sei solo un passatempo, la ragazzina timida da aggiungere alla collezione?-

Si alzò di scatto.

“Che ti prende Lene?”

“Esco un attimo mi manca l’aria!”

Georg la guardò perplesso, sentiva che si stava affezionando a quello sguardo a cui sembrava davvero importare di lei per come era e non per come appariva, ma non poteva.

Non poteva permettersi di affezionarsi a lui, Georg doveva rimanere una presenza che non entrasse non troppo in profondità nella sua vita altrimenti si sarebbe fatta condizionare.

Era ovvio che avrebbe giudicato in modo negativo il rapporto con Farid e se avesse saputo che le aveva passato ancora del fumo sarebbe stato ancora peggio.

A volte aveva la sensazione che invece di essere più forte fosse solo più debole, più patetica.

Uscì dal ristorante, frugò freneticamente nella borsa  alla ricerca di una sigaretta che accese immediatamente.

Si senti subito meglio ed era stupido.

Stava dando un potere immenso a del tabacco arrotolato in una cartina, si stava lasciando incatenare in una dipendenza, più psicologica che altro.

La stesso accadeva con il fumo e con Farid.

La vecchia Lene forse non era sparita, aveva solo fatto emergere i suoi lati peggiori, intrappolandola nella maschera della ragazza dura che non poteva più chiedere aiuto.

Se ci ragionava quell’atteggiamento sapeva di punizione verso se stesa e gli altri che l’avevano tradita, umiliata e rifiutata, un modo per dimostrare quanto male le avessero fatto.

E sotto il sole freddo di quel novembre berlinese capì una cosa: non era affatto più forte, solo più fragile.

Fragile perché non ammetteva le sue debolezze e non permetteva a nessuno di volerle bene accettandole.

Fragile perché nessuno avrebbe amato una maschera.

Fragile perché se prima era dipendente dal giudizio degli altri, ora era dipendente da qualcosa di potenzialmente molto più pericoloso.

La sigaretta era finita così come quella sensazione che l’aveva portata a  catapultarsi fuori dal locale in preda all’ansia.

Per una volta nella vita avrebbe potuto provare a dare una possibilità a qualcuno.

A suo fratello.

A Georg.

 

Quella stanza era un fottuto incubo.

Bill si guardava attorno spaventato, sudando copiosamente e stringendo gli orli del lenzuolo.

All’apparenza sembrava normale, ma era piccola, troppo piccola.

Voleva soffocarlo.

Si alzò nervoso dal letto, per tastare le pareti che credeva si stessero avvicinando sempre più a lui.

-Percezioni alterate caro mio.

Da quando non ti fai?-

Ok, si disse per calmarsi, pensaci. 

Fece mente locale, era dalla sera prima, quando si era ubriacato che non toccava una striscia.

Ne aveva bisogno.

L’ansia stava tornando a livelli intollerabili e  stava iniziando a impazzire.

-Questo cazzo di muro si sposta!-

Appoggiò le mani alla parete, che ovviamente non si mosse.

C’era qualcuno che la stava muovendo, c’era qualcuno che lo odiava.

Era finito in prigione.

-Calmati.

Sei solo da Tom, da tuo  fratello, il tuo gemello, la persona più importante della tua vita, non sei accerchiato da forze nemiche.

Gli stronzi sono fuori, qui sei al sicuro!-

Prese a tremare violentemente, accasciandosi a terra.

Lui voleva uscire!

Non gliene importava nulla di quello che aveva promesso a Tomi, qualche ora prima, voleva solo uscire e mettere fine a tutto questo.

“Fatemi uscire!!!

Vi prego fatemi uscire! Sto male!”

Dal salotto non giunse alcuna risposta, lo avevano sentito?

“Ragazzi vi prego fatemi uscire!

Sto male, soffoco!  Vi prego!”

Nessuno rispose ancora una volta.

Il respiro iniziava a farsi pesante, ad alternarsi a rantoli sempre più prolungati.

Stava soffocando.

-Calma…

Stai calmo, non vorrai farti venire una crisi respiratoria?-

Bill cercò di regolarizzare il respiro, piano piano lo sentì tornare accettabile, si fece forza e riprese a urlare.

Qualcuno doveva rispondergli!

“Ragazzi, cazzo, non fate gli stronzi.

Apritemi! Tom! Fra!!!”

Perché c’era solo quel silenzio ?

Perché?

Se ne erano forse andati? Era rimasto solo?

Non era possibile, ne Tom né Fra lo avrebbero mai abbandonato, era una cosa inconcepibile!

Scosse la testa allarmato, la stanza era di nuovo troppo stretta, claustrofobica per lui, le pareti avevano ripreso a muoversi, il burattinaio era tornato all’opera.

E se Tom e questo burattinaio fossero stati d’accordo per fregarlo?

E se quello non fosse stato suo fratello ma un suo sosia?

Riprese a sudare, non si accorse nemmeno adesso stava anche piangendo, l’ansia era qualcosa di intollerabile  e immotivato che gli saliva dalle viscere e premeva per uscire.

Non era un sentimento comune, era qualcosa che desiderava trascinarlo con se fino ad annientarlo e lui non poteva permetterlo.

Lui voleva vivere, voleva cantare.

Voleva che tutto fosse come prima.

Semplice no?

Non lo era affatto, in certi momenti particolarmente lucidi o in crisi d’astinenza particolarmente violente si rendeva conto che la droga era solo una costrizione che lo imbrigliava in altre catene, eppure non riusciva a farne a meno.

Erano preferibili le catene all’ansia.

Il pensiero del presunto tradimento del fratello si alimentava mano a mano che le sue paure salivano ed era dolce, perché scaricava le sue colpe su Tom.

Stava impazzendo.

Vaffanculo apritemi  o sfondo la porta!

Vi denuncio bastardi! Vi denuncio!”

Le minacce non cambiarono lo stato delle cose, lui era ancora accasciato tremante contro il muro in preda a quelle sensazioni viscide a cui si era aggiunta la sensazione che qualcosa gli camminasse lungo il corpo.

Lui non vedeva cosa, ma era certo che ci fosse.

Erano insetti.

“Vi prego andatavene!”sussurrò stanco.

Gli insetti invisibili aumentarono, ormai ne era completamente ricoperto, stanco di lottare e di gridare.

Cadde in una sorta di allucinato dormiveglia che lo fece evadere per poco da quelle quattro mura.

In quella sorta di visione Bill era seduto su una spiaggia bianca, la sabbia era morbida e calda, il mare era grigio e si infrangeva pigro in un ritmo lento ed ipnotico e il cielo era bianco.

Scosse la testa divertito, un cielo bianco era assurdo, ma rilassante.

Si stese per godersi quella tranquillità.

Da quanto tempo non la provava?

Ricordava che si era sentito così durante le vacanze con Tom di tanti anni prima o agli inizi della carriera quando erano felici se riuscivano a  riempire un pub di periferia.

Bei tempi quelli.

Ispirò a pieni polmoni l’aria e si godette il momento.

Si lasciò accarezzare dal vento fino a che qualcuno iniziò a salmodiare il suo nome.

La voce era dolce, ma leggermente roca, grattata da innumerevoli sigarette.

Era da film anni venti.

Bill si mise a sedere e si guardò intorno incuriosito, la voce continuava a cantare, chiuse gli occhi per assaporarla meglio.

Poco dopo sentì una presenza accanto a lui, Bill aprì gli occhi di scatto e la vide.

Era la ragazza che cantava il suo nome.

Era vestita interamente di nero, con dei lunghi guanti di pizzo nero e una maschera del medesimo colore e materiale, l’unica cosa visibile erano gli occhi, anche i capelli erano coperti da un velo.

“Chi sei?”

“Ha importanza?”

“Vorrei conoscerti… Sembri così diversa da questo bianco…

“Tu mi conosci già, Piccolo.”

Sgranò gli occhi, lei gli accarezzò una guancia, lui chiuse gli occhi come un gatto al suo tocco.

Rimase leggermente sorpreso quando sentì le labbra della ragazza sulle sue, erano fresche.

Le schiuse e il bacio si approfondì, lei gli accarezzava dolcemente le guancie.

Chi era?

Perche gli sembrava di conoscerla?

Non lo sapeva, si godeva solo quel contatto.

Quando finì provò a toglierle la maschera, lei svanì, lasciandolo con la mano sospesa a mezz’aria.

Bill rimase interdetto, poi la frustrazione salì come un’onda, lei era sparita di nuovo, lasciandolo ancora solo.

Poco dopo si sentì svanire, era di nuovo nella stanza.

Stancamente si trascinò alla finestra e la aprì, il panorama era triste e monotono, del tutto privo di attrattive, tranne… per le scale antincendio!

Sgranò gli occhi.

Se avesse camminato un po’ sul cornicione avrebbe potuto raggiungere la scala antincendio ed andarsene.

Si controllò le tasche della giacca, il portafoglio c’era ancora.

Il moro guardò titubante il vuoto sotto di lui, se avesse messo un piede in fallo sarebbe precipitato nel nulla, però il desiderio di andarsene era troppo forte.

Aprì la finestra e lentamente si incamminò sul cornicione, per poi saltare sulla scala antincendio e sgattaiolare via.

Era libero!

 

Georg era notevolmente sulle spine.

Ancora un volta da quando aveva conosciuto Lene si sentiva inquieto ed agitato, non si aspettava di trovare una dolce ragazzina impaziente di conoscerlo, era stato avvertito che lei era una tipa ribelle, ma non credeva che lo fosse così tanto.

La sua confessione l’aveva spiazzato parecchio, ci aveva visto tanta rabbia e tanta confusione da indurlo a provare pena per lei, forse capiva meglio il suo punto di vista adesso.

Aveva anche notato un’altra cosa, che quella parte di se che diceva di aver soppresso, era ancora presente in lei, in lotta per non morire e forse aveva fatto un errore a dirglielo.

La ragazza era rimasta silenziosa per tutto il pranzo per poi schizzare fuori senza nemmeno finire il dolce.

Sarebbe tornata?

E se si, di che umore?

Mosse svogliato la forchetta sul piatto, non credeva di potersi affezionare così alla svelta a quella rompiscatole, eppure era successo, lui la trovava adorabile.

Quando ormai non sperava di vederla riapparire, la ragazzina aveva fatto la sua comparsa dalla porta del locale, Georg aveva sorriso smagliante.

“Scusa per la fuga improvvisa.”

“Non c’è problema.

Stai bene?”

Lei annuì.

“Mi mancava l’aria e poi avevo bisogno di un’altra sigaretta.”

“Scusa, ma mi sono preoccupato.”

Lene fece un sorriso timido.

Ok….fratello….va tutto bene.”

L’aveva chiamato fratello!

Non poté fare a meno di sorridere, anche se era conscio di sembrare un’idiota.

“Dove andiamo adesso?” continuò incerta.

“Giro per negozi?”

Ok…

Georg pagò il conto, poi usci insieme a lei.

Girovagarono per un po’ nel centro, lei guardava qualche vetrina assorta nei suoi pensieri, senza entrare in nessun negozio.

“Non hai visto nulla?”

“Ho visto i prezzi e mi sono bastati.”

Non propose di pagare temendo un rifiuto.

Bhe…ok…cambiamo posto.”

Lene e Georg si incamminarono verso la macchina del ragazzo.

“Ne hai di pazienza Listing.”

“Stando con i gemelli si impara.”

“Hai la ragazza?”

“Si, ma la storia non va bene.”

“Mi dispiace.”

“Anche a me, eravamo insieme da due anni.”

“Spero vi chiariate!”

Georg scoppiò a ridere.

Che ti piglia? “

“Lene, è la prima conversazione educata che abbiamo!”

“Sei assurdo!”

Scoppiò a ridere anche lui e sentì che un piccolo spiraglio si stava aprendo nella barriera di rabbia e diffidenza della sorellastra.

Non sarebbe stato semplice, era ovvio, ma poteva farcela.

Avrebbe potuto avere  un rapporto con lei e aveva scoperto che era una cosa che gli faceva piacere, perché per certi versi quella ragazzina era molto simile a lui.

Non era più per Leila che lo faceva, ma per se stesso,voleva aiutarla.

Partirono verso un centro commerciale verso la periferia della città e per la prima volta da giorni si scoprì cautamente ottimista.

Chissà se anche Tom e Fay se la stavano cavando bene a Berlino?

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

 

 

Eccoci qui…. La pace tra i Kaulitz era solo temporanea….come finirà?

Aspettate il prossimo e lo saprete.

Ringrazio per le recensioni.

 

_Pulse_

 

Bambolina Elettrica

 

Big Angel Dark

 

Lady Cassandra

 

Hana Turner

 

Schwarz Nana

 

 

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Capitolo 8
*** 8)Bambini Perduti ***


8)) bambini perduti

 

“C’è troppo silenzio in quella camera.”

Tom ruppe il silenzio che si era formato anche in salotto per farne notare un altro più preoccupante, Fay e Gustav lo guardarono meditabondi quasi in sincronia, per quanto quei due fossero così diversi a volte riuscivano a capirsi in una maniera incredibile.

“Hai ragione… non mi piace.”

Il batterista si alzò dal divano seguito dalla mora, Tom rimase ancora un attimo seduto ad analizzare le sue sensazioni, all’improvviso fu certo che Bill non ci fosse più.

Era una sorta di telepatia che si era sviluppata tra lui e il suo gemello, ma sapeva quello che sarebbe successo di lì a poco.

Raggiunse la sua ragazza e l’amico davanti alla porta della camera dove avrebbe dovuto esserci il fratello, la aprì in silenzio, sentendo i respiri degli altri due rallentare e vedendoli scambiarsi un’occhiata.

Prevedibile

La stanza era deserta, la finestra aperta lasciava entrare freddi aliti di vento che scuotevano le tende.

“Se ne è andato.”mormorò Fay.

Lui annuì, Gustav lo sorpassò e si avvicinò alla finestra.

Prese la ragazza per mano e si fermò accanto all’amico, per poi affacciarsi alla finestra.

“Le scale antincendio non sono molto lontane.”

Fay si sporse a sua volta per controllare.

“Deve avere camminato sul cornicione, avrebbe potuto morire!”

“A quanto pare ce l’ha fatta…

Siamo punto e a capo.”

Portarono entrambi la testa dentro la stanza, Gustav non aveva ancora detto mezza parola.

“Mi dispiace Tom.”

“Non preoccuparti amico…

Chiuse la finestra, ponendo fine al movimento svolazzante delle tende di seta rossa che aveva scelto Bill anni prima.

[“Ma Bill, sono troppo vivaci!

Sono un pugno in un occhio, fanno quasi paura!

Chi vuoi che dorma serenamente così?”

Aveva esclamato il diciannovenne Tom Kaulitz vedendo il fratello Bill appendere delle tende nella camera degli ospiti del loro nuovo appartamento berlinese.

“Quanto la fai lunga Tom, se qualcuno ci verrà a trovare accetterà anche queste tende!

Sei paranoico!”

Tom aveva sospirato sconsolato, quando il fratello si metteva in testa qualcosa era impossibile fargli cambiare idea.]

“Adesso dobbiamo riprendere le ricerche.

Idee?”

L’ex rasta squadrò l’italiana e il biondo.

“Io forse una.”

“Quale Fay?”

Bhe, mi sono chiesta cosa ci facesse Bill nella tabaccheria degli Schmit, forse il suo spacciatore è in zona…

Spero di sbagliarmi.”

Tom alzò un sopracciglio senza capire.

“Se le cose in questi tre anni non sono cambiate al mio quartiere il giro della droga è retto da Farid.

Farid è quello che ha venduto la roba a Jo.”

Tom annuì.

“Potrebbe essere un caso, Francesca.

….. oppure un a pista, però non voglio che tu  torni da sola nel quartiere.”

La ragazza annuì e lui si sentì sollevato, il dolore per quella fuga iniziava a farsi spazio in lui e non voleva che anche lei si mettesse in pericolo aggiungendone dell’altro.

Tom si sentiva inutile ed impotente e nessuna di queste due sensazioni era piacevole.

“Chiamo Luca, non ti preoccupare!”

Francesca gli accarezzò una guancia, Gustav intercettò quel movimento e colse la palla al balzo.

“Io vado ragazzi, faccio un giro per vedere se lo trovo.”

Loro annuirono.

Gustav lasciò l’appartamento in silenzio, Francesca appoggiò le mani sulle sue guancie.

“Sfogati.”

“Cosa vuoi che ti dica?

Ci sono rimasto di merda, ma me lo aspettavo in un certo senso.

Mi sembrava tutto troppo bello, lo ritroviamo, lui si ripulisce e vissero tutti felici e contenti.”

Lei non disse e non fece nulla, aspettava che lui finisse lo sfogo.

“è sempre così, è da un anno che è così.

Lui mi supplica, giura che cambia e io ci credo, è il mio fratellino in fondo.

Quello stesso bambino con cui ho giocato e condiviso tutto, che ho protetto dai bulli fino alle medie e anche oltre, quello che ha avuto le palle per realizzare il suo sogno.

Io gli voglio bene, lo voglio davvero aiutare per quanto possa farmi male.

Non posso fermarmi o scoraggiarmi, anche se provo una grande rabbia, ma  rimane sempre mio fratello…. per quante porte potrà sbattermi in faccia….

Anche se fa male tutto questo… io continuerò sempre a tenere a lui.

Prima o poi mi anestetizzerò a questo dolore oppure sarà più facile da sopportare se ci sei tu.”

Fece una pausa, Francesca gli accarezzò una guancia.

“Sono preoccupato per te.

Non voglio che ti ficchi nei guai, se davvero c’entra questo Farid stai attenta,”

“D’accordo.

Nemmeno io voglio rivederlo, ne avere a  che fare con lui ancora.

Si sentì rincuorato e si decise ad abbracciarla, lei spostò le mani per stringerlo a sé.

“Ce la faremo.

Ce la faremo.”

Fay… E se Gustav avesse ragione?”Espresse quel dubbio all’improvviso, con lei era certo di poter giocare a carte scoperte senza rimanere fregato o deluso.

“Ti consiglio di prendere in considerazione o di pensare alla sua proposta.”

Lui rimase un attimo in silenzio per articolare meglio quella risposta che proseguiva un discorso non facile, che sapeva irrimediabilmente di sconfitta.

Sai…Prima…Quando l’ha accennato sono scattato come una iena perché pensavo che mi avesse dato dell’incapace, ora penso che forse sono stato troppo…ottimista credo e che Gustav avesse ragione.

Bill ha bisogno di qualcuno che lo aiuti in modo professionale a liberarsi di quella roba e della dipendenza psicologica che provoca.

Mediterò sulla proposta di Gustav…

E Grazie Fay…” Lei si limitò a sorridere.

Rimasero abbracciati ancora per un po’, poi Tom si staccò da lei a malincuore e la guardò negli occhi.

“Su Nana chiama Luca….”

“Ok Medusa.”

La ragazza compose il numero del fratello, parlò per un po’ in italiano, lui come sempre quando parlava in quella lingua si sentì escluso, forse lei aveva ragione, una volta finito tutto doveva decidersi ad impararla, almeno non sarebbe rimasto eternamente tagliato fuori da alcune conversazioni.

Lei chiuse la chiamata sorridendo.

“Fatto.”

“Bene!”

Le si avvicinò, la abbracciò dolcemente di nuovo.

“Stai attenta.”

La baciò,lei sorrise.

“Adesso vai e non preoccuparti più per me, pensa a Bill.”

Fece come gli era stato detto, Fay era una ragazza forte e in grado di cavarsela da sola, ora la sua priorità era davvero il fratello, ce l’avrebbe fatta?

Quel dubbio angoscioso nonostante le rassicurazioni di lei non se ne andava e lo rendeva sempre più fragile ed ansioso.

Quante volte quella scena si sarebbe dovuta ripetere?

Lui sarebbe stato abbastanza forte per sopportare quel fardello?

Scosse la testa, era l’ansia a farlo sragionare, suo fratello non era mai stato, ne lo sarebbe mai stato,  un fardello.

Si infilò in macchina ed iniziò di nuovo a vagare senza una metà, pregando di trovarlo

 

Leila gli mancava.

Farid lo ammise a malincuore, sua sorella gli mancava da morire sebbene sapesse di essere stato lui ad allontanarla con quello che aveva fatto, la sua lontananza faceva male.

Lo negava continuamente, difficilmente l’avrebbe ammesso ad altre persone, ma la verità era una sola, senza di lei non era del tutto completo.

Lo provava quella foto che portava nel portafoglio e che non permetteva a nessuno di vedere, toccare o criticare, così come aveva fatto e continuava a fare con lei.

Esternamente poteva sembrare il contrario, che i due fratelli Schimt avessero tagliato i ponti per le troppe divergente, solo lui sapeva quanto ancora facesse per lei, impedendo a quello stronzo ambizioso di Mark si mettergli le mani addosso.

Farid era in un bar, involontariamente strinse più forte il bicchiere immaginando quel bastardo del suo tirapiedi infingardo provarci con sua sorella, se fosse successo avrebbe potuto ucciderlo.

Un sorriso tirato increspò il suo viso, non aveva affatto dimenticato lei.

Le piccole cose o eventi insignificanti lo riportavano al rapporto con lei, come era successo quel pomeriggio mentre girovagava senza  nulla da fare nei pressi di un parco.

Non aveva consegne, non aveva voglia di farsi una canna o una ragazza, parlando di loro non aveva la minima idea di dove fosse finita Lene, quella che attualmente frequentava e che indicava che le ombre del suo passato non avevano smesso di allungarsi sul suo incerto presente.

Lene aveva qualcosa che gli ricordava Shirin, era per questo che preferiva lei a quelle troiette che avrebbe potuto rimediare senza difficoltà, ma non ne era innamorato, lei gli faceva tenerezza e basta, era un rapporto che lo rilassava.

Senza di lei non sapeva come trascorrere quel lungo pomeriggio e si era ritrovato a guardare attraverso i cancelli la verde distesa di erba disseminata di bambini che giocavano, sorvegliati dai genitori.

Era entrato come sospinto da una forza misteriosa, ricordandosi dei pomeriggi che trascorreva in un parco come quello con sua sorella quando aveva all’incirca una decina d’anni.

La Leila dei suoi ricordi era paragonabile ad un piccolo elfo per i vestiti troppo grandi, i capelli rossi che fiammeggiavano al pallido sole d’autunno, gli occhi verdi e la vivacità.

Sorrise al ricordo di loro due che giocavano a  calcio, era piccola, era una femmina, eppure lei lo contrastava con la forza e la testardaggine di un maschio.

I suoi compagni di classe erano invidiosi di lui, dicevano che Leila era diversa dalle loro sorelle, che con lei si potevano fare giochi da maschi senza che lei si trasformasse in una lagna e lo trovavano fortunato.

Era vero.

Con Leila poteva fare gli stessi giochi che avrebbe potuto fare con un fratello, ma un fratello non l’avrebbe mai guardato con quegli occhioni pieni di adorazione ed amore, ne l’avrebbe sorpreso con piccoli gesti come preparargli la merenda o dei dolcetti.

Sarebbe stato strano per uno come lui coccolare un fratello e giurargli che l’avrebbe protetto sempre e che loro due sarebbero sempre stati insieme contro il mondo.

Solo con Leila l’aveva fatto,ovviamente lui amava anche i suoi due fratelli minori, era tuttavia innegabile che con quel piccolo elfo maschiaccio e dolcissimo avesse un legame speciale.

Un pallonata su un ginocchio lo aveva  distratto dai suoi pensieri e fatto tornare alla realtà, si era guardato intorno, un ragazzino biondo di forse dieci anni stava trottando versi di lui intimidito.

Doveva riconoscerlo, il suo aspetto era inquietante, vestiti larghi,leggera barba, lunghi dreadlock lasciati sciolti e occhi leggermente rossi per la marijuana fumata quella mattina.

Era ovvio che quel moccioso avesse avuto paura di lui, gli aveva  sorriso bonario e aveva  raccolto la palla.

“Ecco la palla, stai più attento la prossima volta.”

Il bambino aveva annuito.

Grazie…

Si era allontanato fino a raggiungere una bambina di poco più piccola  per poi urlare.

“Sei una scema Charlotte! Non sei capace di giocare a calcio!”

Il ragazzino aveva allungato uno scappellotto sulla testa alla bambina.

Quel gesto aveva smosso qualcosa dentro di lui, automaticamente li aveva raggiunti senza sapere bene cosa fare, il bambino aveva sgranato gli occhi.

“Ehi moccioso, non trattare mai più così tua sorella!

È da maleducati!

Lei sarà l’unica donna a parte tua madre che ti starà comunque sempre accanto, quindi non ti azzardare mai più a trattarla così. Chiaro?”

Il biondino aveva sgranato gli occhi azzurri, senza riuscire a spiccicare una parola.

“Come ti chiami?”

“Hans.”aveva pigolato lui.

“Bene Hans… hai capito quello che ti ho detto?”

Hans aveva annuito.

“Lo metterai in pratica?”

…si.”

“E allora scusati con tua sorella.”

“Scusa Charlotte”mormorò Hans guardando verso di lei.

Bravo… E ricordati quello che ti ho detto.

Ciao Hans, ciao Charlie!”

“Grazie signore dai lunghi capelli, Charlie è davvero carino!” la bambina gli aveva sorriso dolce.

“Mi chiamo Farid, Charlie.”

“Tua sorella è fortunata signor Farid!”

Lui aveva sorriso senza aggiungere altro, solo agitando la mano in segno di saluto.

Finito di passare in rassegna i ricordi, si rigirò il bicchiere tra le mani, quella bambina lo avrebbe ricordato come un eroe e come probabile fratello esemplare.

La verità era un’altra,

Farid era un pessimo fratello, aveva anteposto il suo orgoglio, la sua sete di potere a Leila  e ora ne pagava le conseguenze.

Cosa poteva aspettarsi?

Aveva tirato a fondo l’unica amica che Leila avesse pur sapendo che lui non era un tipo che sapesse legarsi, l’aveva portata sull’orlo del suicidio.

I fantasmi non lo lasciavano in pace, quel’Hans avrebbe potuto essere suo figlio da grande se solo gli avesse permesso di nascere.

Farid…”Una voce lo aveva fatto sobbalzare, strappandolo da quella malinconia.

Mark, il viscido, era apparso davanti a lui e si era seduto al suo tavolo senza nemmeno essere invitato.

“Devo dirti una cosa su Leila.”

Drizzò le orecchie, interessato,ogni volta che spuntava il suo nome tutto passava in secondo piano.

Mark ghignò sadico, poi chiamò con un cenno il cameriere.

“Porti una birra a me e al mio amico.”

Il cameriere, poco più che ventenne, annuì e poi sparì rapido ad eseguire i loro desideri, probabilmente spaventato dalle loro brutte facce.

Era stufo che tutti si spaventassero per la sua faccia, per una volta avrebbe voluto che qualcuno gli sorridesse in modo autentico non che tentasse di scappare.

Tornò a prestare la sua attenzione al biondo, mentre sentiva l’ostilità verso di lui salire come un’onda, un giorno o l’altro gliel’ avrebbe fatta pagare, era sicuro come l’inferno.

Troppe volte quell’infame si era  messo in mezzo nei suoi affari.

“Muovi quella lingua  Mark, Cosa devi dirmi su mia sorella?”

“Stai tranquillo amico, aspetta che arrivi la birra prima….”Mormorò beffardo il biondo.

Farid   strinse i pugni sotto al tavolo e assottigliò gli occhi verdi, li sentiva  prudere in preda a una rabbia incontrollata.

-Te la farò pagare fighetto…. Giuraci!-

Le birre arrivarono, il cameriere si eclissò di nuovo, Mark si portò voluttuosamente  il boccale alle labbra e ingollò la birra soddisfatto come un gatto che stesse giocando con il topo.

“Tu non bevi, amico?”

-Non sono tuo amico, coglione!-

 Bevve e poi sbatté il boccale con poca grazia sul tavolino.

“Abbiamo giocato abbastanza, sputa il rospo!”

L’altro appoggiò delicatamente l’oggetto sul tavolino, si ripulì le labbra.

“Hai presente Bill Kaulitz?”

Lui annuì.

Il vocalist dei Tokio Hotel era un suo cliente, dal vivo sembrava molto meno gay che in foto,considerato che girava sempre con sventole da paura.

Bhe…l’hanno visto uscire dalla tabaccheria dei tuoi.”

“Sai che strano! Avrà avuto bisogno di sigarette!”

Lo stronzo ghignò.

“Entrare alla sera ed uscire alla mattina.

Qualcuno dice che ha dormito lì…

Non è che il bel Kaulitz si scopa la tua sorellina?”

Ci vide rosso, afferrò Mark per il bavero della camicia e lo attirò a sé.

“Chiudi il becco coglione o ti rifaccio la faccia. Chiaro?”

Il biondo fece si con la testa spaventato.

“Adesso vattene e non farti più vedere fino a domani.”

“Ma ci sono le consegne…

“Me ne fotto!”

Lo mollò sul tavolo e uscì dal locale sbattendo la porta, sentendosi furioso e confuso.

Furioso con Mark, il suo essere viscido, il suo palese desiderio di fargli le scarpe e con se stesso.

Confuso, perché ogni volta che la sorella veniva citata come fidanzata di qualcuno si sentiva ribollire il sangue nelle vene, sebbene l’unica cosa che lui desiderasse era che lei fosse felice.

Per un attimo prese in considerazione quel tipo come possibile fidanzato di Leila, avrebbe potuto funzionare?

Si diede del coglione da solo, lui era una rockstar, suo sorella una diciannovenne dei quartieri poveri, lui l’avrebbe cercata solo per il sesso,solo i deficienti credevano ancora alle favole.

Questo in condizioni normali.

L’aggravante era la roba che vendeva a Kaulitz, Farid non avrebbe mai accettato che sua sorella finisse con un tossico, anche se fosse stato ricco sfondato.

E Bill lo era e forse non era nemmeno l’androgino tendente al gay che dipingevano i giornali, viste le già citate ragazze, quelle di un genere che uno come lui non avrebbe mai potuto permettersi in tutta la sua vita

Non che fosse invidioso del suo cliente, solo non gradiva pensare a lui come interessato a sua sorella.

Era partito per un viaggio mentale inconsueto per lui,  solo la suoneria del cellulare, un pezzo rap tedesco, lo riportò alla realtà.

Il turco si frugò le tasche e lesse il nome del mittente:Bill Kaulitz.

-Parli del diavolo e  spuntano le corna.-

Rispose irritato.

Il bel cantante doveva essere in una bella crisi d’astinenza perché la sua voce era piuttosto agitata, sparava le frasi a raffica come una macchinetta, mangiandosi persino le parole.

“Calma Kaulitz!

Arrivo nel solito posto.”

Il solito posto era un parco ai limiti del quartiere, di solito andava solo, il vocalist non era tipo da organizzare scherzi o non pagare, questa volta decise di farsi accompagnare da un paio dei suoi ragazzi.

Una mezzoretta dopo era davanti al parco accompagnato da due tirapiedi, Bill era già, gli occhiali sul volto, il cappuccio sulla testa, si guardava attorno  nervoso.

Lui si avvicinò tranquillo, le sue due ombre mute lo seguivano, mani in tasca e atteggiamento apparentemente disinteressato.

Ehilà…

“Sei arrivato finalmente!”

“Ti hanno messo a stecchetto, Kaulitz?

È finita la farina?”

“Ovvio che sia finita, io e te non siamo ne amici ne amanti, Schimth!”

Farid Lo fulminò con un’occhiataccia.

“Stai zitto Kaulitz, io non sono tuo amico o amante, ma nemmeno il tuo gemellino da trattare come una pezza da piedi.”

Il moro tacque e lo seguì all’interno del parco.

Farid aveva intenzione di parlargli chiaro, Bill doveva stare lontano da Leila.

Arrivarono nel angolo più lontano e nascosto nel parco, solo allora si fermò e si voltò verso di lui.

“Io e te dobbiamo parlare.”

“Non puoi darmi la roba prima.”

“No.

Mi hanno detto di averti visto in una tabaccheria del mio quartiere….

È vero?”

“Ero rimasto senza sigarette.

È un reato?”

“Sei andato nella tabaccheria dei miei….c’era una ragazza dai capelli rossi a servirti?”

“Si, molto figa.

Cosa vuoi Schmith?”

“Ti scopi mia sorella?”

“Eh?”

“TI ho chiesto se ti scopi mia sorella!”

“Chi cazzo è tua sorella?

Hai un attacco di paranoia?”

“Quella figa della tabaccheria! Stalle lontano!”

“Ma chi la vuole? Mollami!”

Il turco ci vide rosso un ‘altra volta, nonostante fosse più basso del ragazzo che stava davanti a lui visibilmente agitato, lo afferrò per il bavero e lo attirò a sé.

“Stai zitto stronzo!”

“Zitto tu e molla la coca, io ti pago per quello!”

Farid Lo lasciò andare e partì all’attacco, ormai accecato dall’ira, desideroso di far abbassare la cresta a quel cantante da strapazzo.

Un pugno, due pugni e Bill finì a terra.

Partì con i calci, aiutato dai suoi ragazzi fino a che qualcuno non lo allontanò da Bill.

Si voltò furioso, pronto ad attaccare chiunque lo avesse disturbato, ma quando vide chi era sgranò gli occhi scioccato, Leila era davanti a lui.

“Tu?”

Io….

Che cazzo fai? Attacchi gli sconosciuti?”

“Lo sconosciuto è un mio cliente, stanne fuori!”

“Non puoi comportarti così!”

“Che cazzo te ne fotte?

Non è che te lo porti a letto questo tipo?”

“Che cazzo stai dicendo?”

“L’hanno visto entrare nella tabaccheria la sera e uscire alla mattina!

Lo so che c’è la mia stanza là!

Non farmi fesso! Te lo scopi?”

“Ma sei fuori di testa?

Tu non sai niente!

Quello è venuto in tabaccheria ubriaco marcio, è collassato la e io invece  di fregarmene l’ho fatto dormire in tabaccheria!

Ecco la tua tresca, coglione!

Tu lo stai menando per questo!”

Farid impallidì, credeva a sua sorella, lei non avrebbe potuto mentirgli.

“Ragazzi basta!”

I due  mollarono Bill all’istante.

“Sei sicuro capo?”

“Si, sono scazzi tra noi.

Tranquilli.”

Si voltò verso la sorella.

“Ciao Leila.”

“Ciao Farid.”

Dopo il freddo saluto di Leila se ne andò sconfitto e con sentimenti contrastanti dentro di sé.

Sua sorella era sempre più lontana da lui e da qualsiasi lato guardasse quella storia era colpa sua e faceva male.

 

La sua giornata era stata buona.

Leila se lo disse mentre camminava tranquilla verso il parco che stava ai limiti del quartiere, quella che lei chiamava zona di confine.

Aveva preso un giorno di permesso dal lavoro alla clinica per accompagnare Meg a fare una vaccinazione, Meg aveva dieci anni ed era la cucciola di casa.

Non era sua sorella, era sua cugina, ma era stata affidata alla sua famiglia e adesso per lei era come se fosse una sorellina.

Era figlia della sorella più piccola di suo padre, che era rimasta incinta molto giovane del ragazzo sbagliato, lui l’aveva piantata senza tanti complimenti nonostante fosse incinta.

Meg era cresciuta solo con la madre fino a quando un tumore  non se l’era portata via due anni prima e i servizi sociali l’avevano affidata a loro.

All’inizio non era stato facile, poi il tempo aveva fatto il suo corso e lentamente la bambina era diventata parte integrante della famiglia.

La rossa guardò attraverso i cancelli del parco, avrebbe voluto portarci la cuginetta, sennonché la bambina si era detta stanca dopo la puntura di rito contro l’influenza.

Leila aveva deciso di venirci da sola, sfidando i ricordi connessi a quel luogo, ossia tutti i momenti felici che vi aveva vissuto con Farid da bambina.

Entrò titubante, non c’era molta gente, forse faceva troppo freddo o forse i bambini moderni avevano una vita diversa da quella di lei da piccola, più ricca di impegni e frenetica.

Percorse piano i sentieri del parco, senza fretta, cercando vanamente di tenere lontano quei ricordi che continuavano a fare male, ogni luogo le era familiare.

Inconsciamente si stava  dirigendo verso la zona più isolata e meno frequentata del parco,quella dove lei e il fratello passavano ore a fare progetti su quello che avrebbero potuto fare un volta che se ne fossero andati da  li o fossero stati ricchi.

Che fine avevano fatto quei sogni?

E che fine avevano fatto quei bambini?

Erano stati distrutti dall’incontro con la dura realtà e avevano perso i loro sogni.

Leila camminava a testa bassa, immersa in quei pensieri tristi e non si accorse del vociare di qualcuno se non all’ultimo minuto, quando vide un gruppo di ragazzi.

Aguzzò la vista, capì che era in corso una rissa, chi era coinvolto?

Distinse suo fratello tra le due figure che lottavano a terra, ma non l’altro interamente ricoperto dalla figura di Farid e decise di intervenire, non sopportava quando succedevano quelle cose.

Lo afferrò per la schiena e lo fece alzare per trattenerlo, lui si voltò di scatto

“Tu?”Sembrava stupito di vederla lì

Io….

Che cazzo fai? Attacchi gli sconosciuti?”

“Lo sconosciuto è un mio cliente, stanne fuori!”

“Non puoi comportarti così!”

“Che cazzo te ne fotte?

Non è che te lo porti a letto questo tipo?”

“Che cazzo stai dicendo?”

“L’hanno visto entrare nella tabaccheria la sera e uscire alla mattina!

Lo so che c’è la mia stanza là!

Non farmi fesso! Te lo scopi?”

Era inconcepibile che Farid pensasse quello, dovette chiamare a raccolta tutta la sua pazienza per non dare di matto.

“Ma sei fuori di testa?

Tu non sai niente!

Quello è venuto in tabaccheria ubriaco marcio, è collassato la e io invece  di fregarmene l’ho fatto dormire in tabaccheria!

Ecco la tua tresca, coglione!

Tu lo stai menando per questo!”

Farid impallidì, sembrava che le sue parole lo avessero confuso e che non fosse più così ansioso di picchiare quello che riconobbe come il bell’ubriaco.

“Ragazzi basta!”

I due tirapiedi di Farid lo mollarono Bill all’istante.

“Sei sicuro capo?”

“Si, sono scazzi tra noi.

Tranquilli.”

Si voltò verso di lei.

“Ciao Leila.”

“Ciao farid.”

Dopo di che se ne andò, aveva le spalle curve se sembrava triste, lei se ne fregò e si chinò su Bill, era però inquieta, era certa che non era ancora finita, quei due non se ne erano ancora andati.

Si erano limitati a spostarsi, incerti sul da farsi.

“Che quadro carino!”

Sobbalzò a quella voce, Mark era anni che tentava di fare le scarpe a suo fratello senza riuscirci ed erano anni che ci provava con lei, sempre senza riuscirci.

“Cosa vuoi?”

“Come siamo sgarbati Leila…

“Che cazzo vuoi?”

Si accucciò accanto a lei e le alzò il mento.

“Tu con me devi essere gentile, piccola…

La sua risposta fu uno sputo in piena faccia che lo lasciò interdetto, forse nessuno l’aveva mai trattato per il viscido bastardo che era.

Questo indubbiamente lo fece arrabbiare perché si rialzò e con un gesto stizzito chiamò a sé gli altri due ragazzi presenti.

“Sono stufo di te Leila, stufo del fatto che ti intrometti sempre! Ti meriti una lezione!

Ragazzi, datele una lezione!”

I due si mossero verso di lei, il primo la immobilizzò, lei tentò di tirare calci al secondo, ma quello era un avversario troppo forte per lei così dovette soccombere e prepararsi al peggio.

I primi due colpi furono devastanti, la stordirono, sentì il tizio accanto a lei tentare di mettersi in mezzo, ma l’energumeno lo sistemò senza troppo sforzo.

-Ok Leila…sei fottuta…hai tirato troppo la corda e si è spezzata!-

All’improvviso i due  si fermarono, doveva essere arrivato qualcuno, così lei si azzardò ad aprire gli occhi e vide che David era a pochi passi da loro.

David era il fratello di Shirin ed era stato il migliore amico di Farid, aveva un discreto ascendente su quegli uomini.

“Ehi Sayeb…

“Taci pezzo di merda e schioda!

Non credo che Farid sia a conoscenza o d’accordo con quello che stai facendo, quindi piantala.”

“ O sennò che mi fai?”

“Prima ti spacco la faccia, poi lo dico a Farid che ti spaccherà ciò che io ho lasciato integro…

Mark fece per dire qualcosa, ma se ne andò in silenzio, Dave si accucciò accanto a lei e le prese il volto tra  le mani.

“Tutto bene, Leila?”

“Sono Graffi, grazie Dave!”

“Figurati, lo sai che odio Mark…

“Sono preoccupata per questo tipo,mi dai una mano a tirarlo in piedi?”

Lui annuì, Leila si chinò sul moro e lo scosse delicatamente.

“Se ne sono andati?”

“Si, io sono Leila, comunque…

“Io sono Bill…” fece per tirarsi in piedi, ma una smorfia di dolore lo fece tornare seduto.

Aspetta…

Dave…

Il ragazzo afferrò Bill insieme a lei e lo fece alzare in piedi, Bill si abbarbicò a lei.

“Dove lo portiamo?”

“A casa mia…

Leila alzò un sopracciglio, la casa di David non le sembrava un buon posto, soprattutto perché c’era Shirin.

“Tranquilla, Shirin è al lavoro, tra poco ci vado anch’io…

Anzi se lui riesce a camminare e tu a trascinarlo, ti lascio le chiavi dell’appartamento.”

Leila tese una mano, David sospirando ci fece cadere le chiavi.

“Non cacciarti nei guai…

Lei annuì, conscia che purtroppo non sarebbe riuscita a mantenere ciò che aveva promesso.

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Non c’è pace per Bil…. Mi sa che Leila è il suo angelo custode XD!

Cosa succederà tra quei due adesso? E Bill ? che farà?.

Ringrazio(scusate, dal prossimo ringraziamenti seri, giuro!)

 

_Pulse_

 

 

Hana Turner

 

 

Schwarz Nana

 

 

Big Angel Dark

 

 

Bambolina Elettrica

 

Lady Cassandra

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** 9) La Decisione Giusta è Quella Più Dolorosa ***


9)) La decisione giusta  è quella più dolorosa

 

Bill aveva un mal di testa allucinante, aveva dolore dappertutto e si sentiva piuttosto debole, ma era contento, aveva in tasca una bustina di coca caduta al turco durante la colluttazione.

Era fatta, sarebbe bastato andare in bagno nell’appartamento dell’altro ragazzo e tutto sarebbe stato relativamente a posto.

Leila…perché mi hai aiutato?”

Non sapeva da dove gli fosse venuta quella domanda, era una sorta di istinto che lo portava a diffidare dalle persone che aveva acquisito durante gli anni.

Chi era quella ragazza?

Perché avrebbe dovuto aiutarlo?

Era una fan? Un anti? Qualcuno che avrebbe potuto venderlo ai giornalisti?

E dove lo stava portando?

La preoccupazione iniziò a salire lenta, ma inesorabile, e se lo stesse portando in trappola?

“Perché se ti avessi lasciato lì mio fratello ti avrebbe massacrato di botte, ma se ti scoccia che io mi sia messa in mezzo posso sempre lasciarti qui e andare a richiamare quegli energumeni, credo che a loro non dispiaccia fare palestra su di te…

“Tuo fratello?”

“Si, sono Leila Schimt, la sorella del tuo pusher….”

“Non sapevo avesse una sorella….”

“Perché avresti dovuto saperlo?

Non è certo una cosa a cui Farid fa pubblicità …”

Questo era vero, ma ancora non capiva del tutto.

“Ma tu perché l’hai fatto?”

“Perché non mi piace che Farid si comporti così.

Stai facendo troppe domande per i miei gusti.”

Si zittì all’istante, lei come  suo fratello aveva il potere di metterlo a tacere.

Camminarono per un po’, fino a raggiungere un condominio piuttosto grigio,.

“Potresti aiutarmi ad aprire la porta?”

Lui annuì e la lasciò libera di aprire la porta, la testa gli faceva male, gli girava, ma credeva che sarebbe potuto rimanere in piedi il tempo necessario a farle aprire la porta.

Entrò barcollando, lei mollò la porta e corse a sostenerlo per evitare che cadesse a terra.

“Accidenti, ma perché ti riduci così?”

Bella domanda.

Cosa doveva risponderle?

“Tu mi conosci?”

“No. Che domande…

Per me sei solo l’ubriaco  che è collassato in tabaccheria l’altro ieri.”

“Voglio dire, la mia faccia ti è del tutto sconosciuta?”

Cazzo….non sono uno sbirro!

Non lo so chi sei!”

Lui la face fermare, si disse che era un fesso a fare quelle rivelazioni, ma non sapeva perché a lei voleva dirlo.

“Io sono Bill Kaulitz….”

Aspetta….Kaulitz….Kaulitz…. Meg lo nomina spesso…. TU SARESTI QUEL…

Si…

“Il cantante di una band per ragzzine?”

“Si, l’angelo ribelle che si fa di coca per continuare a volare.”

Bella metafora… Complimenti.

Mia sorella ti adora…

“Io vorrei solo essere una persona normale al momento o qualcosa del genere,.”

Lei non disse nulla, continuò a salire le scale gradino per gradino fino a quando arrivarono al pianerottolo e poi alla porta dell’appartamento dell’amico della ragazza.

Leila lo mollò solo per aprire la porta, poi lo fece sedere sul divano e tornò in dietro a chiuderla.

“Vado a prendere la cassetta del pronto soccorso, tu stai buono lì e non muoverti, cara la mia celebrità.”

Lui ne approfittò per guardarsi intorno, l’appartamento era piccolo, modesto nell’arredamento, ma carino, si vedeva che c’era una mano femminile, quella che mancava all’appartamento suo e di Tom.

La rossa tornò poco dopo reggendo una cassetta.

“Tu non ti medichi.”

“Sono solo due graffi i miei… Su adesso fatti medicare.”

Lui obbedì, Leila paziente iniziò a passare il cotone imbevuto di disinfettante sulle sue ferite, bruciava, ma non avvertiva fastidio, solo il desiderio impellente di sniffare quella busta di droga che ora gli bruciava in tasca.

Leila aveva un tocco delicato, sembrava non essere nuova al ruolo di crocerossina, il che non era affatto strano considerato che era sorella di Farid e che lui probabilmente era stato coinvolto in parecchie risse.

Bene…sei a posto.”

Se ne andò in bagno per rimettere a  posto la cassetta, poi tornò da lui reggendo un pacchetto di sigarette e un posacenere.

“Io esco a fumare.”

“Io vado in bagno.”

Lei annuì, non prima di avergli lanciato un lungo sguardo, come se avesse indovinato le sue reali intenzioni, lui vigliaccamente si alzò e si barricò nel locale.

Dispose la coca sul lavandino, arrotolò una banconota e tirò.

Iniziava a stare meglio e allo stesso tempo a sentirsi in colpa nei confronti di Tom, Fra e anche di Leila.

Uscì dal bagno e vide che anche lei era tornata in casa, per un attimo gli sembrò che lei gli avesse letto in faccia quello che aveva appena fatto, ma poi si disse che era uno stupido, le azioni non si tatuavano sulla faccia delle persone.

Si sedettero entrambi sul divano in un silenzio imbarazzato.

“Dovresti medicarti anche tu.”

Fu lui a parlare per primo, lei si voltò verso di lui.

“Ti ho già detto che sono solo graffietti.”

Bill allungò timoroso una mano verso il volto di Leila, lei non si ritrasse e si lasciò accarezzare una guancia.

“Sono degli stronzi….

Non dovrebbero picchiare una bella ragazza come te.”

Quegli occhi da gatta lo guardavano pensosi, sembrava volessero scavargli nell’anima, ne era stregato.

Come la prima volta che la vide sentì l’impulso di baciarla, si avvicinò e l’attirò a sé, lei non fece nulla, questo fatto lo disorientava, decise che era una sorta di consenso.

Appoggiò le sua labbra sulle sue e chiese di approfondire quel bacio, questa volta lei non si oppose, le loro lingue si trovarono immediatamente.

Sorrise, lei lo attirò a sé approfondendo ulteriormente quel contatto ed accarezzandogli i dread, lui invece  si stese su di lei e fece scorrere le sue mani sotto la maglia.

Lei si irrigidì, iniziò a muoversi per poter scappare, lui le bloccò i polsi, ma lei riuscì a rifilargli un calcio, lui la mollò all’istante e si tirò a sedere confuso ed irritato.

“Ehi, che ti prende?

Pensavo lo volessi anche tu!”

Lei si tirò a sedere e lo inchiodò di nuovo con quegli occhi assurdi, lui iniziò a sentirsi meno baldanzoso.

“Innanzitutto hai corso troppo per i miei gusti…

E poi …. È meglio che io non abbia a che fare con dei tossici alcolizzati!”

“Come l’hai capito?”

“L’ho intuito dal fatto che appena hai potuto sei filato in bagno e da questo…

Gli indicò i resti di polvere bianca sopra il labbro superiore, lui si sentì arrossire e l’aria gli parve tutt’ un tratto irrespirabile in quella stanza.

“è il mio turno di uscire a fumare.”

Il moro si frugò le tasche alla ricerca di un pacchetto e di un accendino poi uscì sul piccolo terrazzo, il quartiere non migliorava molto visto dall’alto,constatò distrattamente.

Le parole di Leila l’avevano colpito, una parte di lui voleva disperatamente classificarle come patetiche scuse di una ragazzina che si era spaventata, un’altra parte di lui sentiva che erano dolorosamente vere.

Si poteva fare affidamento su un cocainomane?

No, effettivamente no.

Finì la sigaretta e tornò dentro, lei era ancora seduta sul divano.

Quando lo vide sulla soglia della porta finestra, lo guardò.

“Scusa, non dovevo impicciarmi nella tua vita.

In fondo io non sono nessuno….”

“Si, forse hai ragione.”

Si sedette accanto a lei.

“Ma mi hai trattato come meritavo di essere trattato e di questo te ne sono in un certo modo grato.”

“Sei strano…

Cosa conti di fare adesso?”

Lui non rispose.

“Conosci Francesca Girardi?”

“Si, ero innamorato di lei, ma lei ha preferito mio fratello.”

“Tuo fratello è il ragazzo con le treccine?”

Lui assentì.

“Ti vuole davvero molto bene, l’ho visto da come si è informato su di te con me.”

“Lo so che ci tiene a me.

Voglio dire, è il mio gemello, lui ci sarà sempre per me, ma io….io l’ho tradito.

Dopo che sono andato via dalla tua tabaccheria gli ho giurato che avrei smesso, ma ho tradito quel giuramento e sono scappato a cercare la droga da tuo fratello.

È un anno che questo copione si ripete invariato, ho paura che lui si stanchi di recitarlo.”

“Io non lo conosco, ma da come l’ho visto comportarsi con te alla tabaccheria non credo proprio.

Dovresti chiamarlo.”

“Per dirgli che mi sono fatto ancora?”

“Per dirgli che sei vivo, che ti dispiace  per averlo fatto soffrire e che sei pronto ad accettare qualsiasi decisione lui prenda.”

“Vuoi dire che potrebbe abbandonarmi?”

“No, ma che potrebbe pensare a una soluzione come una clinica.”

Lui rimase in silenzio.

“Posso chiamare con il tuo cellulare?  Sono rimasto senza  soldi.”

“Fai pure.”

Compose il numero di Tom  con una sensazione di ansia crescente, lui rispose al terzo squillo.

“Chi è?”

“Sono io, Bill.”

Dall’altra parte ci fu un lungo silenzio.

“Ti sei fatto vero?”

Si….”

“Dove sei?”

Lui dettò in modo meccanico l’indirizzo, poi chiuse la chiamata.

“Leila … non è che potresti abbracciarmi?”

“Certo, ma ricordarti che stai per affrontare tuo fratello non un demone.”

Lui non disse nulla, si lasciò solo abbracciare da lei e pregò che tutto andasse bene.

 

La vita era strana.

Quando Lene aveva saputo che avrebbe dovuto andare dal suo fratellastro aveva sbuffato, beccandosi l’ennesima occhiataccia del periodo da sua madre.

Quando era arrivata  a casa di lui l’aveva trattato malissimo sperando di risultare così insopportabile da essere rispedita a casa seduta stante,assurda come cosa doveva riconoscerlo però era stata l’unica che le fosse venuta in mente per protestare e riuscire a imporre la sua volontà.

Si era sbagliata, aveva fallito.

Quel ragazzo che aveva giudicato così negativamente non era affatto male e in modo inaspettato gli aveva dato la sua fiducia, era il primo ragazzo a cui l’avesse data dopo Luca e Farid.

Buffo in un certo senso.

Pensava tutto questo mentre lui guidava verso la periferia della città, dove stavano andando?

Ehi…dove stiamo andando?”

“In un posto che credo ti possa piacere di più.”

Lene tacque e decise di stare a vedere come sarebbe andata, poco dopo arrivarono a un centro commerciale, questo era decisamente meglio.

Wow…

Pensi che ti possa piacere di più?”ridacchiò lui.

“Ne sono sicura!

Grazie di tutto!”

Figurati…. Sono pur sempre tuo fratello no?”

“Eh già…

Si avviarono insieme verso l’edificio, Lene per la prima volta si sentì serena, protetta da qualcuno e la trovò una bella sensazione.

Girarono per numerosi negozi, lei si divertì a provare e riprovare diversi capi, mentre lui aspettava paziente.

“Sei davvero paziente.”Constatò sorpresa affacciandosi da un camerino.

“Me l’hai già detto….

Che hai preso?”

Lei scostò la tenda e si espose all’occhio scrutatore del fratello, indossava un vestitino nero senza spalline, forse troppo corto e scollato, ma che le piaceva molto soprattutto per quel bordino di pizzo che aveva sulla gonna.

Si creò un silenzio imbarazzante, alla fine lui alzò un sopracciglio.

“Tu vorresti prendere quel vestito?”

“Si, perché?”

“Non dico che è brutto….ma non è adatto a te.”

Lene aggrottò le sopracciglia, pronta per la battaglia.

“Cioè?”

“è troppo scollato!

Non è da te!”

“Oh! e tu saresti così bravo da intuire cosa sia da me dopo nemmeno un giorno che mi conosci?”

“Posso provarci, mettimi alla prova.”

Lene incrociò platealmente le braccia al petto e lo fulminò con uno sguardo assassino , cosa credeva di fare quel ragazzo?

“D’accordo Listing, va i e provaci, ma sarò un giudice inflessibile, sappilo!”

“Non so perché lo immaginavo.”

Lene tornò dentro al camerino, suo fratello si allontanò con una strana espressione.

Forse lui credeva di essere riuscito  a nasconderglielo ma si sbagliava, Lene, se si impegnava era un’ottima osservatrice,era come se lei gli avesse ricordato qualcuno, la sua ex forse?

Non ne aveva idea.

Riprese a guardarsi allo specchio, forse Georg aveva ragione quella gonna era eccessivamente corta e forse era fin troppo scollato, Leila l’avrebbe definito “ un po’ da bagascia.”

Sospirò, la sua sicurezza iniziava a scemare, si sedette su uno sgabello dentro al camerino, il fratello arrivò poco dopo reggendo un paio di jeans e un top.

Lene li prese scettica e se li provò, erano dei jeans a sigaretta,grigi, a vita bassa e un top nero che si allacciava al collo leggermente svolazzante sul fondo.

Rimase a bocca aperta, aveva i capelli sciolti accuratamente piastrati, si immaginò con una cintura nera, una pochette dello stesso colore e dei sandali a tacco alto e vide una Lene sicura di se ed elegante che in qualche modo le piaceva molto.

Dovette ammettere a malincuore che il fratello aveva gusto.

La ragazza uscì da quel camerino rossa come un peperone, non era ancora pronta ad ammettere la sconfitta.

“Allora? Ti piacciono?”

Lei sospirò.

Listing devo dire che dopotutto hai buongusto.”

“Oh! Stai forse tentando di dirmi che ci ho azzeccato e che i vestiti ti piacciono?

È forse un “grazie” quello che sento?”

“Una specie….”

-In realtà è un grazie completo, ma non ho voglie di dirtelo.-

“Vuoi prendere altro?”

“No, ti ho martirizzato abbastanza…

Tu vuoi prendere qualcosa?”

Lui si fece pensieroso.

No… Non mi serve nulla…

Se tu hai finito possiamo andare a casa.”

Lei sorrise ed annuì, per poi tornare a cambiarsi.

Per un attimo si vide con gli occhi di Georg e concluse che quei jeans  e quella felpa semplici che non molto tempo fa aveva definito sciatti e banali in realtà erano carini e le stavano bene.

Volente o nolente stava iniziando a cambiare, a lasciarlo entrare nella sua vita.

Lene uscì dal camerino, sorridente, con i vestiti sottobraccio, Georg le sorrise di rimando.

Insieme si avviarono verso la cassa, pagarono e poi si avviarono verso l’uscita del centro commerciale,

Georg aveva parcheggiato  la macchina in uno dei settori del parcheggio sotterraneo, quello che era più profondità, fortunatamente incontrarono poca gente sulle scale mobili e nel parcheggio vero e proprio.

Fu lì che la ragazza colse uno strano luccichio negli occhi del fratello.

-Che avrà?-

“Lene prendi un carrello.”

“Perché?”

“Tu prendilo e basta.”

Lene alzò le spalle ed ubbidì, mentre infilava la moneta nell’apposita fessura si chiese cosa diavolo avesse in mente, visto che anche lui stava prendendone uno.

“me cosa diavolo hai in mente, Listing?”

“Hai mai fatto una gara di carrelli?”

“Una che?”

“Un gara di carrelli… spingi il carrello e poi ci salti sopra!”

NO….”

“Bene le farai oggi.”

“Ma tu sei matto! E se andassi contro qualche macchina?

E se il carrello si ribaltasse?”

Lui la guardò paziente, in attesa che quel fiume di parole si placasse.

“Lene, se vedi che stai andando nella direzione sbagliata, scendi e il carrello si ferma…

Per non farlo ribaltare basta che non tu vada troppo forte.”

Lene avrebbe voluto ribattere che era una cosa stupida, da immaturi e  terribilmente idiota, ma non ci riuscì, il fratello aveva preso a fissarla con quegli occhioni da gatto con gli stivali che si ritrovava e lei non poté dire di no.

- Immagino che la sua ragazza non fosse in grado di negargli nulla se la guardava così…-

Sospirò, ormai si era arresa.

“D’accordo Listing…facciamo come vuoi tu…

Sappi che se mi schianto contro qualcosa sarà con te che me la verrò a prendere!”

I due si misero vicini, Georg ridacchiò.

“Lene ti batterò!!”

“Non ci contare!”

La ragazza iniziò a spingere il carrello,sempre più forte fino a che fu costretta a salire sui predellini , sentiva la presenza del fratello accanto a lui.

Che fosse in vantaggio lei?

“Lene rallenta!”

Stava andando contro una macchina!

Si fermò e riuscì ad evitare di distruggere una povera macchina.

“Uffa sono una frana!”

Georg rise.

“Si effettivamente, quella macchina ha rischiato grosso ….

Ma tu ti sei divertita?”

Lei esitò, incerta sul da farsi, cosa poteva rispondere?

La verità era che si era divertita, ma una parte di lei non voleva dargli questa soddisfazione.

Bhe ecco…

“Oh! Esiti!”

“Vuoi vedere che ti sei divertita davvero?”

Arrossì, si sentiva con la spalle al muro ed era stanca di mentire, così, a malincuore decise di ammettere la verità.

“Si, mi sono divertita.”

“Sono contento…

Lene arrossì e per la prima volta da anni si sentì davvero felice spensierata, paradossalmente doveva ringraziare quel fratello che fino a poco prima credeva di  odiare.

Quella trasferta a Berlino non era poi così male.

 

E così Bill era tornato a casa.

Francesca lo vide di nuovo varcare la soglia dell’appartamento scortato da un irritato Tom, un Tom che sembrava stanco, furioso e scoraggiato,un Tom che stava male.

E anche lei, Francesca, stava male vedendo l’amico conciato così, si sentiva fottutamente impotente sia per uno che per l’altro dei due gemelli Kaulitz.

Cos’avrebbe potuto fare?

Corse da Bill.

“Stai bene? Sei ferito!”

“Lo so…” mugugnò lui” ma mi hanno medicato, tranquilla.”

“Sta bene Fay…si è appena fatto!”

Il minore abbassò gli occhi, mentre il maggiore ne andava nell’altra stanza in preda a una rabbia muta, la ragazza sospirò, doveva calmarlo?

Andare da Bill?

La risposta si suoi dubbi arrivò poco dopo, Tom uscì dalla camera, con in mano una giacca.

“HO bisogno di ….fare un giro.”

“Mi dispiace,tom…”

“è un anno che dici che ti dispiace e torni a cercare quella roba.

Sono stanco, non so cosa fare!

Ho bisogno di riflettere!”

Se ne andò sbattendo la porta, Bill non disse nulla, si limitò ad abbassare gli occhi.

“è solo…

“Frustrato. Lo so.

Io non vorrei che succedesse, mi sento così debole.”

Francesca non seppe cosa dire, cosa fare, era tremendamente confusa ed in preda a sentimenti  contrastanti, si sentiva divisa ed incapace di prendere una decisione.

Una parte di sé avrebbe voluto abbracciarlo, un’altra voleva sgridarlo, così non fece nulla e forse sbagliò, perché Bill abbassò gli occhi e si chiuse in se stesso.

Fra…. C’è qualcosa da mangiare?”

“Si, ci sono i resti delle lasagne di ieri…

“Vanno benissimo!!”

Francesca si avviò verso la cucina, dandosi della cretina, l’amico dietro di lei era silenzioso, non avrebbe più parlato, non di sua volontà.

Sapeva che non sarebbe stato facile, ma a volte si sentiva totalmente inadeguata sia con Tom che con lui, era come camminare su un campo minato.

Infilò le lasagne nel microonde, apparecchiò una porzione di tavolo, quando il forno trillò le servi a Bill.

Il ragazzo iniziò a mangiare senza dire una parola, non smise fino a quando non fu tutto pulito.

Era tutto così assurdo.

Una volta non c’erano questi silenzi, ma nulla era più come una volta, Fay tendeva a dimenticarsi che c’erano stati anni di vuoto anche con Bill e che lei l’aveva respinto.

A volte si scopriva a desiderare così fortemente una parte del suo passato, pur non perfetta, da dimenticare cosa fosse successo dopo.

“Vado in camera.”

“Credo che Tom voglia cambiarti camera….”

“Al momento non è ancora arrivato….

Tranquilla non scapperò.”

La mora abbassò gli occhi.

“Io non volevo offenderti, solo che…

Quando ho visto cosa hai fatto per  scappare, ossia camminare su un cornicione  rischiando di spiaccicarti per terra….bhe….mi sono preoccupata…

Ho pensato a cosa sarebbe successo se tu fossi …. Morto…

Ho fatto brutti pensieri e come li ho fatti io li ha fatti anche Tom.”

MI dispiace…

Il cantante lasciò la cucina, Francesca si diede ancora della stupida, era in momento come quelli in cui si sentiva ancora una ragazzina fragile ed inesperta che avrebbe voluto avere una…madre.

Scosse la testa, era inutile pensarci, meglio lavare i piatti e ragionare.

Voleva parlare con Bill, chiarirsi, fargli capire che non lo considerava sbagliato o qualcosa del genere, ma allo stesso tempo voleva proporgli una cosa.

E sapendo cosa fosse si sentiva una stronza menefreghista e anche un po’ traditrice.

Voleva proporgli una clinica e si sentiva in colpa.

Sospirando asciugò le stoviglie, era rimasta tutta la notte sveglia a pensare che forse se Bill aveva iniziato a fare uso di quella roba a monte c’erano problemi più seri che lei ne Tom avrebbero potuto risolvere.

Razionalmente sapeva che quella era la soluzione migliore, ma il cuore le diceva un’altra cosa, ossia che stava abbandonando il suo amico e rischiava di mettersi contro Tom.

Decise che al momento avrebbe girato al largo dalla questione e poi era curiosa di sapere la versione di Bill, al momento aveva sentito solo il racconto di Tom.

La cucina era pulita, non poteva più temporeggiare, doveva parlare con lui, così si fece forza e aprì la maniglia.

La stanza era in penombra, illuminata solo dalla luce fredda e livida del crepuscolo che entrava dalla finestra, l’unica nota vivace erano quelle tende che davano però un aria sinistra al tutto.

Un brivido la attraversò la schiena quando la sua mente le fece rivedere un flashback del giorno della morte del nonno paterno, ricordandole che quel rosso che rendeva al bordeaux delle tende era lo stesso del colore dei paramenti funebri.

Bill era seduto sul letto, rivolto vero la finestra, apparentemente intento a  guardare il paesaggio esterno, ma lei lo conosceva abbastanza da sapere che in realtà stava riflettendo.

Doveva disturbarlo?

“Non mi disturbi…

“Come hai fatto a…?”

“Ti sei incantata sulla porta.” Fece sornione lui.

Si….sono sempre la solita…chi nasce rotondo non può diventare quadrato.”

“Che cosa curiosa hai detto…con la volontà si può fare tutto.”

“Posso sedermi?”

Il ragazzo le rivolse uno sguardo penetrante.

“Perché me lo chiedi?”

“IO pensavo di averti offeso in qualche modo prima.”

Lui sorrise e le fece segno di accomodarsi lì accanto, la ragazza eseguì titubante, Bill appoggiò la testa sulla sua spalla, lei non poté fare a meno di fare lo stesso e tentare di seguire i pensieri di lui.

“Tu e un’altra persona mi avete fatto riflettere oggi…

Voi e ….anche questi in una certa misura….” Si toccò i lividi.

Lei rimase in silenzio, poi prese coraggio.

“Se vuoi parlare io sono qui.

Se vuoi raccontarmi tutto dall’inizio o la tua versione dei fatti, io sono disponibile a starti a sentire… senza forzarti, ovvio.”

Bill rimase un attimo in silenzio.

“No,forse parlarne mi farà bene e ti di sicuro data la mia logorrea mi aiuterà ad articolare il discorso necessario ad arrivare al punto che mi interessa.

Quindi….

Partiamo dall’inizio. È da lì che si parte no? Dal perché una persona fa una determinata cosa.

Ti dico subito che non c’è un perché preciso, in quel periodo mi sentivo strano, stanco ,fragile.

Ormai mi era passata la cotta per te, avevo avuto un’altra ragazza e non aveva funzionato.

Mi mancavi come amica, ma ero troppo vigliacco per farmi sentire ancora e così rimandavo quel momento.

Poi c’era il contorno della mia vita, quella pesante, con ritmi serrati e poca privacy.

Mi è sempre piaciuta, lo ammetto, con i suoi pregi e  i suoi difetti, ma in quel particolare momento la trovavo stretta, avevo  bisogno di una pausa.

Solo che non potevo permetterla.

Avrei potuto parlarne con mio fratello, ma non ne avevo voglia, così continuavo a tirare avanti.

Fino a che a un party non si avvicinò un tipo dicendo che aveva qualcosa per me, sapevo cosa ovviamente, sapevo che avrei dovuto rifiutare.

Lo sapevo perfettamente eppure...

Forse perché ero brillo, forse perché ero esasperato e sul punto di scoppiare ho acconsentito a seguirlo e ho provato.

Come mi sono sentito dopo?

Pieno di energie, pronto a spaccare il mondo pur sapendo in cuor mio di fare una cosa sbagliata.

Ero indulgente, mi davo le giustificazioni che si danno tutti, che molti la usano, che quando avessi voluto avrei smesso subito.

Ovvio che mi stessi fregando con le mie mani, ma allora non lo volevo vedere.

Era il mio segreto.

Non lo sapeva nemmeno Tom , anche se credo che sospettasse qualcosa idem gli altri.”

Francesca ascoltava quel discorso come ipnotizzata, sentendosi a tratti liberata da sensi di colpa, a tratti triste, a tratti confusa.

Quel fiume di parole sparate a velocità assurda stavano rischiando di sommergerla.

“Ma i segreti ,Fra, logorano e soprattutto non possono durare in eterno.

Mi sentivo forte perché nessuno mi aveva ancora sgamato, perciò abbassai la guardia o forse inconsciamente volevo essere scoperto da Tom.

Così fu.

Una sera mi scoprì chino su una striscia di coca.

Litigammo, gli dissi che con il mio comportamento lo avevo liberato dalla seccatura dell’avere un fratello problematico, perché la droga era un modo per aiutarmi ad essere meno scazzato.

Lo ferii.

Lo feci sentire come se non valesse nulla, non sapevo cosa stessi tentando di fare.”

Il ragazzo sospirò di nuovo.

Bhe forse lo sapevo.

Lo ferivo per allontanarlo da me, ma non funzionava.

Io stesso non era coerente, lo supplicavo di aiutarmi e lo maltrattavo se lo faceva.

Ti ha raccontato di quel periodo no?”

Lei annuì.

“Ero insopportabile,  lo costrinsi ad allontanare Georg e Gustav per aiutarmi.

A volte mi chiedo se non volessi punirlo di qualcosa.

Come sai anche quella situazione ha avuto una fine.

Ho litigato di nuovo con lui, usando parole fatte apposta per ferirlo, parola che ero certo lo avrebbero fatto allontanare da me.”

“Perché Bill?

Perché l’hai fatto?

Lui ci è stato male, ha creduto davvero di essere un pessimo fratello.”

“Lo so.

È questa la cosa che mi ferisce maggiormente, il fatto di averlo fatto stare così male.

Io volevo che lui si allontanasse da me per non trascinarlo a fondo con me e volevo tornasse da te.”

Fay sgranò gli occhi, lui ridacchiò.

“Avevo trovato una bozza delle lettere che ti scriveva e mi sono detto che forse ti avrei fatto un regalo che mi avrebbe fatto perdonare se te lo avessi mandato.

Seriamente…

Pensavo che se avesse ritrovato te e io me ne fossi andato avrebbe potuto essere felice, io volevo che lui lo fosse e con me in quello stato non poteva esserlo.

Non avevo fatto i conti con due cose: con il suo carattere e con me stesso.

Avrei dovuto sapere che non avrebbe mollato, che quella strategia che mi sembrava giusta avrebbe finito per creare solo altro dolore a tutti.

Io stesso sono stato male.

Mi mancava, Francesca, mi sentivo una merda.

Abbandonato a me stesso, alla vita che volevo, mi ero accorto che avevo sbagliato tutto e non potevo tornare indietro o meglio che Tom non lo avrebbe fatto.”

Ma…

“Non ha molto senso vero?

Ti ho detto che ho fatto quella sceneggiata per allontanarlo, ma la realtà è un’altra…

Volevo metterlo alla prova, vedere se sarebbe tornato anche quella volta e forse lo capii anche lui perché non tornò.

In ogni caso, l’appartamento che avevamo li mi era diventato insopportabile per me e me ne andai.

Ero determinato ad attuare il piano fino in fondo, a raggiungere una specie di fondo, così mi trasferii a Berlino e mi trovai un appartamento e uno spacciatore.

La mia vita era molto simile a quella che facevo ad Amburgo, serate in discoteca, ragazze e droga, ma mi sentivo incompleto.”

Ci fu una lunga pausa.

“La sera prima che mi trovaste da Leila mi sono  ubriacato e ho sognato di suicidarmi…

Fu qualcosa che mi lasciò sconvolto, per la prima volta realizzai appieno quanto fossi fuori controllo e così mi cercai un pacchetto di sigarette.

Le avevo finite e così uscii a comprarmele, fu per caso che mi ritrovai nel tuo vecchio quartiere ed entrai in quella tabacchiera.

Quando ho visto Leila qualcosa mi è scattato dentro, la volevo e ci ho provato con lei.

I miei ricordi sono confusi dall’alcool, ho pensato che fosse una bella ragazza e che la volevo, senza sapere chi fosse e fregandomene del fatto che potesse avere a che fare con Farid.

L’ho seguita nel retrobottega, l’ho baciata, lei non voleva, ma poi mi ha assecondato.”

Francesca seguiva quel racconto perplessa, non lo riconosceva fino in fondo in quei comportamenti.

“Poi sono crollato ubriaco.

Il resto è storia.

Farid oggi mi ha picchiato credendo che avessi una storia con lei e lei mi ha difeso.”

“è lei ad averti curato anche?”

“Si.

La mia ricompensa è stata provarci ancora con lei, come se fosse una di quelle ragazze con cui sono uscito negli ultimi tempi , stronzo, vero?

Lei mi ha rimesso al mio posto e io all’inizio mi sono incazzato, pensavo fossero le patetiche giustificazioni di una ragazzina ritrosa.”

“Hai cambiato idea?”

“Si, ci ho riflettuto e ho capito che aveva ragione, se avessi continuato lungo quella strada non sarei mai arrivato da nessuna parte.

Ho perso la mia strada Fra e da solo non riesco a ritrovarla e non posso continuare a  chiedere a voi di fare i cani da guardia perché so che continuerei solo a deludervi.

Mi costa chiedervi questo, soprattutto a Tom, ma….

Io vorrei essere ricoverato in una clinica per disintossicarmi..”

Francesca sgranò gli occhi, tutte le paranoie, i dubbi caddero davanti a quella richiesta, insolita e lucida allo stesso tempo.

Una risata amara le salì alla bocca, lasciando Bill di stucco.

Sai….prima stavo pensando la stessa cosa…

Non sapevo come dirtelo senza offenderti…

Lui sorrise.

“è strana questa nostra sintonia.”

“Non direi, cucciolo, siamo amici.”

“Quindi sarai dalla mia parte nonostante ti abbia raccontato che merda sia?”

“Si, non mi importa di quello che hai fatto o non hai fatto, io so che non sei davvero così, io mi fido di te comunque perché mi hai mostrato la tua parte migliore nonostante io ti abbia riservato la mia parte peggiore.

Quindi,se pensi che questa sia la decisione migliore ti sosterrò..”

“Grazie.”

E dopo anni Francesca poté finalmente riabbracciare Bill sentendolo davvero amico e per un attimo quegli anni di silenzio tra di loro sparirono, lasciando una sensazione di pace.

Non sarebbe stato facile per nessuno andare avanti, ma quello che aveva ritrovato le dava la  forza per continuare a lottare per  far si che tutto tornasse come era prima.

Ne fu certa, mentre le braccia dell’amico la cullavano.

Il sole sarebbe spuntato prima o poi su quel periodo buio.

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Allora^^innanzitutto devo ringraziare _Pulse_ per l’idea dei carrelli^^.

Finalmente si apre una piccola via d’uscita a questa situazione, come si evolverà?

Come la prenderà Tom? Il resto alla prossima puntata

 

Hana Turner : Mark con Fra? Forse ti confondi con Dave… Mark ci ha provato con Leila e ha ricevuto solo due di picche…

Credo che quando Farid saprà della bravata del viscido(Marck) succederà un casino…. E a Mark starebbe bene XD!

Spero che questo capitolo ti piaccia! Alla prossima!

 

 

Big Angel Dark : Si, mark è uno stronzo! La pagherà! In quanto a Maso, come vedi Velmo ha deciso da solo XD! Alla prossima! Ciao

 

 

_Pulse_  : Non so se Fay farà il miracolo tra Leila e Farid, ma potrebbe provarci in futuro…. Chissà^^.

Sono contenta che ti piaccia la parte di Tim e di Farid, soprattutto quella di Farid mi sono impegnata a scriverla.

Spero che questo ti piaccia alla prossima^^!

 

 

Bambolina Elettrica : Si Leila è arrivata al momento giusto, ma fare gli eroi ha sempre un pezzo, lei se l’è cavata con poco^^.

Spero che questo ti piaccia! Ciauz!

 

 

Lady Cassandra : In effetti non ho risparmiato nulla a quella povera anima di Bill -____-,poverino…

Il tuo metodo di disintossicazione è molto interessante ma temo che porterebbe Bill a perdere la sua bellezza XD.

Come vedi lui stesso ha pensato di darsi un freno (finalmente).

Sono contenta che tu abbi apprezzato la parte di Farid, hai ragione nel dire che pur essendo violento e “disgraziato” non è cattivo, era quello che volevo trasmettere…

Io Farid lo vedo come un personaggio intrappolato in un ruolo da cui non riesce a liberarsi nemmeno ora che gli va stretto.

Spero che questo capitolo ti piaccia^^.

Alla prossima.

Ciao

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** 10)Le Speranze Infrante Di Lene ***


10)) le speranze infrante di lene

 

Tom era uscito di casa senza sapere bene cosa fare ne dove andare.

Aveva solo bisogno di staccare un attimo da tutta quella situazione, pur sapendo di non comportarsi molto bene ne verso il fratello ne verso Fay.

Aveva detto che non si sarebbe arreso, che avrebbe continuato a combattere, ma in quei momenti si sentiva stanco e demotivato e tendeva ad attaccare Bill anche se detestava poi vederlo triste.

Era tutta una contraddizione.

Non riusciva a sopportare di vederlo giù, in colpa per esserci ricaduto e allo stesso tempo sentiva di doversi sfogare, stando così le cose una passeggiata gli era parsa l’unica soluzione.

Forse Fay sarebbe riuscita a trovare un modo migliore di far parlare o di consolare il fratello, quei due avevano sempre avuto un’ottima sintonia.

Uscì travestito nelle strade affollate del tardo pomeriggio, nessuno sembrava fare a caso a lui ed era meglio così, non aveva voglia di comunicare.

Doveva avvisare Gustav, non l’aveva ancora fatto,così compose il numero dell’amico, con cui scambiò poche parole e si ritrovò ad accettare l’invito per andare da lui.

Poteva sfogarsi se avesse voluto e riflettere lungo la strada.

L’amico non abitava vicinissimo a lui, aveva tutto il tempo di lasciar vagare i suoi pensieri senza una direzione precisa, tutti comunque ruotanti attorno al fratello.

Si era accorto che quella volta stava male per non aver saputo resistere, lui non sapeva cosa fare, era disarmato e pieno di sensi di colpa a sua volta.

Non si era accorto di nulla per tantissimo tempo, quando forse non era troppo tardi per intervenire lui aveva coscientemente voltato la testa dall’altra parte per non vedere.

Sospirò, il suo occhio cadde su un bambino accompagnato dalla madre e la sua mente tornò a loro due da piccoli, a quel ragazzino che aveva sogni di gloria.

Tante volte chiusi nella loro camera si erano immaginati come avrebbe dovuto essere la loro vita futura,a Bill si illuminavano gli occhi immaginandosela.

Si vedeva cantare su di un palco, con una folla adorante sotto di sé, come i cantanti che tanto amava, con il fratellino accanto che suonava la chitarra.

Si erano avverati quei sogni.

Era stato fantastico, ma nulla era mai solo positivo e i lati negativi ora li avevano travolti.

Lui almeno aveva trovato Fra, Bill non aveva trovato nessuno e lui la sua ragazza in un certo senso l’aveva travata alle spalle del fratello.

Avrebbe mai smesso di sentirsi colpevole anche di quello?

-Si- sussurrò una voce - Quando ti deciderai a parlarne a tuo fratello.

Io sono certo che lui ti dirà che è da molto che ha smesso di amare la tua ragazza e che le tue sono solo paranoie. –

Quella voce aveva ragione, aveva bisogno di parlare con il gemello, così richiamò Gustav per dirgli che aveva cambiato idea.

Ripercorse all’inverso le strade e tornò nel suo appartamento.

Bill era in camera sua con Fay, abbracciati, lui tossicchiò per far capire che era arrivato.

I due si staccarono e sorrisero.

“Sono contento di vedere che tu stia meglio Bill.”

Era riuscito a non dare sfumature sarcastiche a quella frase.

“Si, ho parlato con Francesca e mi ha fatto bene.

Mi è mancato averla come amica.”

“Solo come amica?”

Il rasta avrebbe voluto schiaffarsi una mano in faccia, si stava dimostrando un cretino, dannata impulsività!

“Solo come amica….

È da molto che la cotta per lei mi è passata, puoi stare tranquillo Tomi. “

“Io non volevo dire che non sono tranquillo, solo che… ecco…io non sapevo se per lei provavi ancora qualcosa non hai mai voluto parlarmene tutto qui.

Non volevo che in qualche modo ti dessimo fastidio.”

Tranquillo…..

Tom io ti devo parlare.”

Il tono serio del fratello lo spaventò leggermente, non sapeva perché ma percepiva che quello che gli avrebbe detto non sarebbe stato piacevole.

“Non so da dove iniziare a dire la verità….

Prima era tutto così chiaro nella mia mente, ma ora ho paura….

Quello che ti dirò potrà in qualche modo ferirti, ma non è mia intenzione farlo.

Non sei tu che sei inadeguato in questa storia,sono io, sappilo.”

Tom era certo che fosse una cosa spiacevole.

”Ci ho pensato parecchio, anche prima di oggi a quello che sto per dirti.

Mi sono accorto che da questa storia non posso uscire da solo e non permetto nemmeno a voi di aiutarmi, perché ogni volta che voi ci provate io scappo, deludendovi e rendendo tutto vano.

Avevi ragione quando hai detto che così non può continuare,  che è come sei stessimo recitando una commedia … 

Bhe…. io sono stanco di recitare e lo sarete anche voi immagino.

Ho deciso di ricoverarmi in una clinica…

Tom rimase in silenzio, le parole di Bill gli rimbombavano in testa senza che lui le capisse. Che significava ?

Perché?

“Perché Bill?”

“Perché credo che ci siano altri problemi a monte che mi hanno portato a fare quello che sto facendo e se non li risolverò non risolverò mai nemmeno la mia dipendenza.

E io voglio risolverla.

Ti prego Fratello!

Non voglio dire che tu non sia capace di tirarmi fuori dai guai, non è un’accusa, solo che mi rendo conto che tu puoi aiutarmi molto, ma non puoi entrarmi nella testa.

Nella mia testa c’è qualcosa, una ragione che io stesso  non so definire che mi spinge verso quella roba e io devo conoscerla se voglio guarire.

Ti prego Tom…

Non reagire male.”

L’ex rasta sospirò.

“Cosa cambierebbe ?

Tu hai già deciso cosa fare, la conosco quella faccia, è quella che fai quando hai preso una decisione.”

“è vero.

Io ho già scelto, ma non voglio andarmene da qui dopo aver litigato con te o sapendoti arrabbiato …..

Visto quello che sei per me, che hai fatto e che stai tuttora facendo non lo sopporterei … “

Il gemello abbassò gli occhi, Tom si sentì stringere il cuore, ancora una volta lo stava facendo soffrire, ancora una volta era impreparato.

“Io ci devo pensare…

Non ti farai ricoverare subito vero?”

No… adesso mi informo, ma credo che ci voglia qualche giorno.”

Tom annuì.

“D’accordo Bill, Francesca potresti venire un attimo?”

La ragazza si alzò da letto, lo seguì senza dire una parola fuori dalla camera fino al salotto, dove lui si sedette sul divano, cercando le parole esatte.

Francesca… Hai suggerito tu quest’idea a Bill?”

Cercò di sforzarsi per mantenere un tono calmo, non voleva attaccarla dopotutto, solo si sentiva  confuso ed arrabbiato, impotente davanti a tutta  quella catena di eventi.

Lei sospirò.

“No, ha colto di sorpresa anche me…

Ti confesserò che ero andata da lui per accennargliela, ma lui aveva già fatto tutto da solo.”

“E ti ha spiegato i motivi….Perchè con te parla e con me no?

Io sono il suo gemello!”

“Non lo so…

Forse ha paura di ferirti, di deluderti….

Dovresti parlare con lui.”

Il ragazzo si prese la testa tra le meni.

“Perché è tutto così complicato?”

Francesca non seppe dargli una risposta, lui rimase ancora un po’ sul divano , poi uscì in terrazza a fumare  una sigaretta, nel vano tentativo di dare un senso a tutto quello che era successo.

Parlare con il fratello era ovviamente la sua soluzione migliore, ma ci sarebbe riuscito?

Erano anni che un filo tra di loro sembrava essersi allentato, era da molto che non si parlavano chiaramente e lui aveva sempre rimandato quel momento, solo che  ora non poteva più aspettare.

Il momento che temeva era arrivato, sarebbe stato pronto?

L’unico modo per saperlo era provare ad intavolarlo, mentre stava per entrare la portafinestra si aprì ed uscì Fra.

“Sono venuta a parlarti.”

“Perché?”

“Tom io non voglio intromettermi tra te e Bill, voglio aiutarvi, non incasinarvi.

Prima ho detto che volevo parlare a Bill del ricovero, ma non l’avrei fatto comunque perché non ne avevo parlato con te…

Sospirò.

“Prima di dirgli una cosa così importante ne avrei parlato con te, mi credi.”

“Ti credo e lo so perfettamente.

Quando mio fratello mi ha parlato del ricovero io mi sono sentito diviso, incerto ed insicuro.

Vedi…

La mia parte razionale ha capito perfettamente che è l’unica soluzione per far si che Bill davvero guarisca, ma il mio istinto dice altro.

Mi rimprovera, mi fa sentire inadeguato perché non parlo con mio fratello e non lo aiuto, quindi adesso ho deciso di parlargli.”

La vide allungare una mano e poi lasciarla ricadere.

“Bene io vado a preparare la cena.”

La sua ragazza si voltò e fece per entrare in casa, lui la bloccò e la abbracciò da dietro, appoggiandole la testa sulla spalla.

“Non volevo prendermela con te, tu non c’entri niente.

Scusami.”

“Non fa niente, lo so…

È tutta la situazione.”

Il suo tono era triste, lui sospirò e la fece girare per guardarla negli occhi, dopo averle appoggiato le braccia sulle spalle.

“Lo penso davvero Fay, mi dispiace sul serio.”

Lei sorrise, gli accarezzò una guancia.

“Lo so, ti ho già detto una volta di non preoccuparti per me è più importante tuo fratello.”

“Ho paura di sbagliare con lui, di dire o fare qualcosa che non sia giusto.”

“Non devi avere paura, te la caverai, ne sono certa.”

Lui la strinse a se e poi la bacio, cercando in lei quel coraggio che sapeva di avere nascosto da qualche parte,lei si staccò sorridendo.

“Ora vai a parlargli…subito!”

“Agli ordini!

…. E grazie!”

“Figurati.”

Tornò nell’appartamento più sereno, pronto a parlare con il fratello.

 

Bill era ancora seduto sul letto di suo fratello, non sapeva cosa fare, era certo che Tom  non avrebbe reagito bene alla notizia, ma era certo di quello che voleva fare.

Sarebbe stato difficile stare in clinica, eppure se questo l’avesse reso libero dalla droga era pronto ad affrontarlo, era stanco di non sentirsi del tutto padrone di se stesso.

Un lieve bussare interruppe i suoi pensieri, poco dopo Tom entrò e si chiuse la porta alle spalle, chissà cosa voleva?

Lo guardò mentre si sedeva accanto a lui, era serio, composto, così diverso da quello che si aspettava….

“Ho bisogno di parlarti….”

“Sono qui. “

“Cosa ti ha spinto a questa decisione?”

Poteva raccontargli di Leila?Decise di si.

“ Tu lo sai come mi sono comportato ultimamente con le ragazze?”

“Si, come facevo io un tempo….me ne ero accorto e pensavo ti volessi godere la vita. “

Anche…. Ero stufo di un approccio così serio, ma non mi ha portato a molto…

Dentro di me sentivo freddo, perché io non provavo nulla verso di loro e di sicuro io non stavo meglio.”

“Pensavi a Francesca?”

“Per un po’ all’inizio si, poi dopo la ragazza che ho avuto in America ho capito che la mia cotta per lei era passata, ma questo freddo è continuato. “

“Poi è arrivata la droga…

“E non se ne è andato…

Te lo posso giurare, anche dopo che sono scappato di casa ha continuato a perseguitarmi quando mi svegliavo la mattina nel letto con a fianco delle sconosciute.

Poi qualcosa è cambiato….”

“Cioè?”

“Hai presente la ragazza della tabaccheria?”

“Si, quella che ti ha trovato ben due volte…

Forse è il tuo angelo custode!”

“IO ci ho provato anche con lei, come con tutte le altre,sebbene per lei sentissi qualcosa di diverso e lei mi ha respinto e mi ha detto che non avrebbe voluto una storia con un tossico alcolizzato.

Non me l’aveva mai detta nessuno questa verità, sai?

All’inizio pensavo fossero stronzate, poi ho capito come mi ero ridotto e mi sono ricordato di come avessi già pensato a una clinica senza trovare mai il coraggio per arrivare a questa soluzione.”

Tom rimase in silenzio ad assimilare le sue parole, Bill era sulle spine, quell’assenza  di suoni o commenti cominciava a pesargli.

“Sono spiazzato…. Ma forse quella ragazza ti ha fatto toccare il fondo o qualcosa del genere e forse dovrei esserle grato…

“Non ci sei rimasto male o qualcosa del genere?”

“Forse in un primo momento… ma poi ho capito che io non posso entrarti nella mente e decidere al tuo posto, se lei ha fatto scattare qualcosa in cui io fallito va bene.

Accetto la tua decisione, è la migliore.

Hai avuto il coraggio di proporre quello a cui io pensavo ed è così assurdo in un certo senso.”

“Non darti colpe che non hai…

Tu hai tentato di aiutarmi, sono io che non accettato.

Ora… non è che potresti abbracciarmi? Mi sei mancato, mi sono mancate queste chiacchierate…

Il gemello lo abbracciò con gli occhi leggermente lucidi, era bello sentire di nuovo il suo calore.

“Sono mancate anche a me, sai?”

Non seppe di preciso quanto rimasero abbracciati, solo che dopo un po’ preannunciata da un lieve bussare si affacciò Francesca con un aria incerta.

Le sorrise oltre la spalla di Tom, lei sorrise di rimando.

“Ragazzi la cena è pronta.”

Si sciolsero dal loro abbraccio, Tom uscendo le diede un buffetto e Bill si sentì contento della storia tra Francesca e il fratello, aveva sempre saputo che quei due erano destinati a stare insieme.

Quando uscì abbracciò la ragazza a sua volta, doveva lottare per ritrovare l’asse del suo e del loro mondo, non poteva permettersi di nuovo che la cocaina lo minacciasse.

Quella cena fu rilassata, si svolse tra risate e rievocazioni scherzose del passato, sapeva di normalità ed era stupendo.

In quel momento non erano due ragazzi famosi, ma due ragazzi qualunque  e solo lei,quella pazzoide dai capelli neri avrebbe potuto operare quel miracolo.

 

Come si sentiva dopo due giorni in compagnia di Georg?

Incontestabilmente bene,

Era da parecchio tempo che Lene non si sentiva così serena, come se all’improvviso la vita le avesse fatto uno splendido regalo e le avesse sorriso.

Non avevano fatto nulla di speciale, avevano gironzolato per la città, lui le aveva mostrato dove lavorava, avevano parlato.

Tanto.

Di tutto.

Lui le aveva parlato della sua vita da star, dei suoi compagni di band ed aveva promesso di farglieli conoscere una volta che lei fosse tornata a Berlino perché Gustav, Tom e Bill erano lì al momento.

Lei gli aveva parlato di Berlino, di sua madre, di Luca, di Leila, della sua scuola ed aveva accennato vagamente qualcosa di Farid, non sapeva se potesse fidarsi abbastanza di Georg  per potergli raccontare tutto.

Il turco era quello che si definiva un cattivo ragazzo e Lene non lo negava,era perfettamente a conoscenza del fatto che spacciasse, che avesse avuto parecchie ragazze e di quello che aveva fatto a Shirin e questo non deponeva a favore del suo ragazzo.

Una parte di lei era conscia del fatto che non stesse facendo una scelta giusta frequentandolo, tuttavia un’altra, quella più forte se ne fregava.

Farid le piaceva e per questo fatto era stata disposta a passare sopra a molte cose,  a tagliare con molte persone, l’aveva fatto con un pizzico di ingenuità.

A volte sentiva la mancanza di Leila e Luca, quando stava a Berlino, con il suo ragazzo vicino , difficilmente l’avrebbe ammesso, sapendo della sua rottura con la sorella e della naturale antipatia che provava per  Girardi.

Leila era stata una sorta di guida per Lene,era  la ragazza con molta più esperienza di lei a cui chiedere consigli, che allo stesso tempo non la giudicava e sembrava davvero interessata a Leila ed ad ascoltarla.

E Luca…

Luca era il ragazzo con cui amava chiacchierare, ridere e scherzare, che guardava con lei film e l’aiutava pazientemente a studiare e  a fare i compiti.

Era sveglio, simpatico, intelligente e anche discretamente carino, affascinante,, con quella cresta da punkettone e l’aria da intellettuale ribelle, molte ragazze gli morivano dietro.

Leila scherzando diceva che anche Lene si era presa una cotta per lui anche se non voleva ammetterlo, Lenei negava, con Luca stava bene, ma  non ne era innamorata.

O forse si?

C’erano state un paio di occasioni in cui se l’era chiesto, poi era arrivato Farid e tutto era passato in secondo piano, scuola, amici, sua madre, l’assenza di suo padre, tutto.

Il turco era entrato come un  tornado nella sua vita sconvolgendola, ribaltandola, spostando tutte le sue priorità e lei si era sentita felicemente scombussolata, senza pensieri, pronta ad assecondarlo.

Non aveva mai pensato fino in fondo a cosa avesse sacrificato, tranne che in quei giorni in cui era stata lontana da lui e aveva messo una certa distanza a tutto.

Solo allora si era  chiesta se ne valesse la pena, se avesse fatto bene.

Insomma era stata assalita dai dubbi, se sua madre l’avesse saputo avrebbe costruito un monumento al suo fratellastro come salvatore della patria.

Per lui aveva persino cucinato e questo a casa era successo raramente, forse era davvero un salvatore della patria.

Ridacchiò tra se e se.

Anche in quel momento stava cucinando, lui era fuori per questioni di lavoro e lei si divertiva così.

Se avesse guardato quella situazione dall’esterno si sarebbe accorta che era la quiete prima della tempesta, che tutto stava andando troppo bene per continuare così.

Il problema era che Lene era all’interno della situazione, non aveva idea che tutto sarebbe cambiato ancora una volta e alla svelta.

Questa nuova svolta si annunciò con il suono del cellulare, Lene si pulì le mani, stava impastando una torta e rispose, era Farid.

“Ciao.”

Ciao….come mai non ti si vede più in giro?”

“Sono da mio fratello…. Ti manco per caso?”

Non sapeva da dove le fosse uscita quella battuta ironica.

“Non ti preoccupare per questo, tesoro…. Tornerai presto.”

“Non prima di una settimana.”

“Io credo anche subito dopo quello che ti avrò detto.”

Iniziò a preoccuparsi, ricevere una telefonata da Farid Schimit era strano, se poi questo prometteva rivelazioni scioccanti, lo era il doppio.

“Ossia?”

“Ti sei mai chiesta perché tuo fratello ti ha convocata?”

Convocata…che termine strano aveva usato…

Bhe, non mi ha convocata, mi ha invitata a stare qui e mia madre mi ha obbligata ad accettare.”

“Non importa…. Ti sei mai chiesta perché, piccola?”

“Sinceramente no.”

“Ma come ? Ti ignora per mesi, poi all’improvviso cambia idea?”

“Se proprio vuoi saperlo ho pensato che mio padre l’avesse costretto!

Ma a te cosa importa?”

La ragazza sentì un risata divertita dall’altra parte.

“Come sei ingenua Eleanor….

Il tuo fratellino ti ha invitato da te per un solo motivo…. Perché qualcuno gliel’ha chiesto, qualcuno a cui facevi pena. “

Lene deglutì, il sudore aveva iniziato a colarle lungo la schiena, una sola domanda le girava per la testa: a chi?

“A chi?”

“A Leila… Alla mia sorellina…

Sai, a lei non è mai andato a genio il fatto che ti frequentassi.”

“Perché?”

“Perché le hai fatto pena! Non le piaciuto il modo in cui sei cambiata, ti ritiene una sfigata che solo perché ora che sta con me ha alzato la testa o forse le dispiace avere perso il suo cagnolino fedele.

Sia come sia si è fatta un bel viaggetto per andare dal tuo fratellone e propinargli la storia strappalacrime della ragazzina innocente traviata dal turco brutto e cattivo.”

Non era possibile, la ragazzina deglutì senza parole.

“Come fai a esserne certo?

Come posso crederti? È assurdo e lo sai!

Leila non farebbe mai una cosa del genere!

Possiamo avere avuto degli screzi, ma non si metterebbe mai in mezzo così, dovresti conoscere tua sorella!”

“è perché la conosco che so che potrebbe averlo fatto e l’ha fatto, l’hanno vista Lene.

L’hanno vista saltare scuola e tu sai che adesso la nuova Leila santarellina non lo farebbe mai per venire in stazione e prendere un treno per Berlino.

Chi abita a Berlino che lei possa conoscere?

Taci, vero?

Però a Berlino ci abita tuo fratello, che strano caso.”

farid piantala! Non sai nulla di lui, perché dici queste cose?”

“Questo è vero…

Tu prova a chiederglielo perché ti vuole tra i piedi, a cosa servi alla star internazionale?”

“STAI ZITTO!”

“Va bene, piccola…

Me ne vado…. Ma ho il sospetto che ci risentiremo presto.”

La linea cadde, Lene rimase impalata con il telefonino in mano, confusa ed arrabbiata, senza sapere che fare, solo con la voglia di piangere.

Bastava la voce di Farid per buttarla in un mare di insicurezze, per fare cadere in pezzi tutto, ora avrebbe dovuto parlarne a Georg per calmarsi ed avere la conferma che il fidanzato si fosse inventato tutto.

Riprese ad impastare la torta nervosa,  perché quella chiamata?

-Perché vede che il suo giocattolino si sta allontanando, ecco perché…

Non credere che sia davvero interessato a te, l’unica donna che ha probabilmente è stata Shirin o più probabilmente Leila.-

Basta!

Rischiò di lanciare la pasta per la torta giù dalla finestra.

-Datti una calmata… Finisci questa cazzo di torta e quando torna tuo fratello parla con lui così ti calmerai! Non puoi permettere a quello di avere un potere così grande su di te!-

Questa sorta di predica della sua coscienza ebbe il potere di calmarla, finì di cucinare la torta e la schiaffò in forno, poi iniziò a guardare ansiosamente l’orologio della cucina.

Così non poteva andare avanti, l’ansia l’avrebbe uccisa, doveva fare qualcosa!

Decise di uscire a fumarsi una sigaretta sul balcone, cercò il pacchetto(nascosto in fondo alla borsa, come al solito in caso di bisogno) , l’accendino e un posacenere.

Non appena aprì la porta finestra l’aria fredda la schiaffeggiò e le riportò alla mente una notte di poco tempo prima in cui aveva creduto di essere forte e aveva fumato marijuana.

Ora cosa credeva di essere?

Amata?

-Ma tu non credi di esserlo, tu lo sei davvero!

Non vorrai mandare tutto al diavolo solo per dare ascolto a quel teppista da quattro soldi?-

Non era un teppista da quattro soldi, lei lo amava!

-Certo…. Sicura?

E Luca? –

Era un amico!

Spense la sigaretta con un gesto secco e tornò dentro.

La castana accese la televisione, cercò le frequenze di Mtv e cercò di concentrarsi sui video, fino a che sentì finalmente il fratello rientrare a casa.

Aveva un’aria stanca, ma sorrise non appena la vide.

“Ciao Lene!”

“Ciao fratello, tutto bene?”

“Si, si, sono solo un po’ stanco.”

Georg stava per aggiungere qualcosa quando suonò il cellulare, lui si affrettò a rispondere e a correre nella sua camera, come se lei non dovesse sentire quella telefonata.

Perché?

-Forse sono cose di lavoro?-

Era una cosa altamente probabile, ma era troppo curiosa e così senza fare rumore aprì la porta della camera del fratellastro, ciò che senti la lasciò senza parole.

“Si; Lene sta bene, Leila…

È un brava ragazza, molto simpatica…. ”

La ragazza rimase con gli occhi spalancati.

“Non mi sono pentito di averti dato ascolto facendola venire qui, forse un po’ all’inizio, ma ora con lei mi trovo bene.

Grazie Leila.”

Non poteva credere a quello che aveva sentito, Farid aveva ragione.

Georg parlò ancora un po’ con Leila, dopo di che chiuse la chiamata, ma lei non se accorse, era pietrificata sullo stipite, incurante del fatto che il fratello potesse sgamarla, cosa che avvenne.

Georg alzò la testa dopo aver finito di parlare e la vide, pallida e tremante com’era.

Lene…

“Tu mi hai preso in giro!”

“NO! Posso spiegarti tutto! Lene ti prego lasciarmi parlare!”

Lei si allontanò, in risposta al tentato avvicinamento del ragazzo.

“STAI ZITTO!

Cosa vuoi spiegarmi? Che ti faccio, anzi che vi faccio pena?

A te e a alla mia ex amica!

Vi siete divertiti alle mie spalle?”

“Lene, cosa stai dicendo?”

“Mi avevano avvisato, lo sentivo che tu non potevi essere davvero interessato a me, eri d’accordo con quella perché vi facevo pena.

Povera Lene, sfigata che ha un padre che non la vuole e un fratello che la respinge! Diamole un po’ di felicità, illudiamola che almeno il fratello sia interessato a lei!

Credevi che non me ne sarei accorta?”

“Lene, ti prego calmati, stai equivocando tutto!

È vero che è stata Leila a convincermi a vederti, ma io non me ne sono pentito, questi giorni sono stati belli e lei l’ha fatto perché era preoccupata per te!”

La ragazza scoppiò in una lunga risata divertita.

Si… preoccupata….

Lo so io il perché era preoccupata, perché stava perdendo il suo fedele cagnolino, Lene….”

Rise ancora.

“Prima ha provato con ogni modo a dissuadermi dal mettermi con suo fratello, non ci è riuscita e allora ha cercato l’aiuto del mio fratellone…

Ha colpito sulle mie debolezze, sapendo quanto ci fossi stata male per il tuo rifiuto!

In quanto a questi giorni, saranno stati belli ma erano falsi!

Io odio la falsità!”

“Lene non lo erano!”

“Stai mentendo, non voglio rimanere in questa  casa un minuto di più!

Me ne vado!”

Lene corse in camera sua per evitare che lui vedesse le lacrime che minacciavano di scendere, era stata ferita ancora una volta, se lo sarebbe dovuto aspettare in fondo,ogni volta che aveva provato a fidarsi di qualcuno era stata fregata.

Sconvolta iniziò a buttare le sue cose nel trolley, incurante di Georg che bussava alla porta della sua camera per un chiarimento, lei non aveva tempo da perdere con i traditori.

Ne aveva abbastanza dei bugiardi!

“Lene apri! Non fare così!”

-Vaffanculo Fratello, vaffanculo!

Io credevo davvero che ti interessasi, ora non so più niente, quanto l’hai fatto per reale interesse e quanto perché pungolato da Leila?

E Leila… Perché non si fa i fatti suoi?

Perché non si fanno tutti i fatti loro?

Perché si devono impicciare tutti dei fatti miei?

Io non sono il burattino di nessuno!-

A ogni domanda rabbiosa qualcosa veniva sbattuto dentro il trolley, come se capi di abbigliamento ed oggetti fossero in qualche modo colpevoli e lei si dovesse sfogare su di loro.

Ben presto tutto fu dentro la valigia, la camera era di nuovo pulita, non più sua, le rimanevano in mano solo le ultime cose: i jeans e il top presi al centro commerciale.

Quelli scelti da suo fratello.

L’ennesima prova delle sue bugie.

Li voleva davvero?

La rabbia le urlò un “no” potente, Lene li lanciò sul letto, poi si prese la testa tra le mani, il cuore le batteva troppo forte e quelle fottute lacrime minacciavano ancora di uscire

Lei non voleva piangere!

Era troppo agitata, doveva calmarsi o sarebbe scoppiata, cosa poteva fare?

Non aveva voglia di una sigaretta, non poteva per ovvi motivo darsi all’alcool o mettersi a meditare, la soluzione era una sola sebbene non le piacesse.

Da qualche parte aveva ancora un pezzo di fumo che le aveva dato il suo ragazzo e che lei aveva rifiutato di fumare in quei giorni di pace, per non turbarla.

La pace era però finita, non c’era mai nemmeno stata, era inutile farsi degli scrupoli, quindi cercò il pezzo e con gesti meccanici iniziò a preparasi una canna.

Per la prima volta questo rito aveva il sapore di una sconfitta, di un qualcosa fatto per riempire un vuoto e non pensare, per la prima volta realizzò che era sbagliato e se ne fregò.

La canna era pronta, Lene la guardò un’ultima volta, volendo avrebbe potuto non accenderla , i dubbi ancora persistevano ma avevano perso il loro senso.

Una fiammata e fu accesa,mandando in fumo tutti i buoni propositi.

Proprio in quel momento la porta si aprì , Georg entrò, tentando di dire qualcosa, ma si bloccò non appena la vide, le parole sembravano essere fuggite dalla sua bocca.

“Sorpreso?

Non ti aveva avvisato Leila?”

“Lene, che cazzo stai facendo?

Perché fumi quella roba?”

Georg si avvicinò a lei, gliela tolse dalla bocca e la portò in salotto per spegnerla in un posacenere, lene afferrò il trolley e lo seguì.

“Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere!”Urlò il fratello.

“Stai zitto! Non ti permettere! Tu non sei nessuno , non ho avuto un fratello per diciassette anni e continuerò a non averlo!”

Lene vide una scintilla di rabbia attraversare gli occhi verdi del fratello, poi sentì un dolore alla guancia, Georg le aveva dato una sberla.

Era incredula, si portò la mano sul punto colpito, la rabbia iniziò a montare solo dopo come un’onda, strinse più forte la mano intorno al manico della valigia.

“Non voglio vederti mai più!”

Prima che potesse fermarla, corse vero la porta ed infilò a precipizio le scale.

Solo quando era ormai a metà sentì la voce di Georg chiamarla, ma non si fermò, continuò a correre.

Uscì dal palazzo, si buttò per le strade e raggiunse la stazione, dove aspettò il primo treno per Berlino, solo quando fu seduta nella carrozza si permise di scoppiare a piangere.

 

Quei due giorni erano volati per Bill, aiutato da Francesca e da Tom era riuscito a trovare un posto in una clinica in cui disintossicarsi dalla droga.

Non erano stato giorni facili, c’erano stati momenti in cui voleva solo scappare, ma loro gli erano stati vicini e gli avevano impedito di fare qualsiasi cazzata.

Bill sentiva di amarli con tutto se stesso, di dovere a loro la sua vita, una volta finito non avrebbe davvero saputo come sdebitarsi.

Al momento Francesca stava cucinando delle lasagne per l’ultima volta in cui sarebbe stato in quella casa e un gradevole profumo si spendeva nell’aria.

Tom era seduto sul divano accanto a lui e cercava di distrarlo con una partita alla playstation.

“Tomi.. ho paura.”

“Anch’io…

Anch’io non sono tranquillo, ma è la cosa giusta da fare.

Loro sapranno aiutarti meglio di noi.”

“Non so come ringraziarvi, senza di voi sarei stato perso.”

“Non devi ringraziarci, non è stato un obbligo, noi ti vogliamo bene.”

I due gemelli si abbracciarono ancora una volta, si erano abbracciati spesso  in quei giorno come se volessero fare una scorta di gesti affettuosi da utilizzare nei giorni di assenza.

“è pronto ragazzi!”

Francesca arrivò sorridendo intenerita dalla cucina.

“Cos’ è quel sorriso, Nana?”

“Siete davvero carini, Medusa…

Tutto qui!”

“VA bene… andiamo a mangiare?”

Aaaa! Tomi ti vergogni?”

“Zitti!”

Si misero tutti e tre a tavola, risero e scherzarono durante tutta la cena, solo verso la fine la malinconia cadde su di loro come un velo opprimente.

Era l’ultima cena.

Bill se ne rese conto, per un po’ non li avrebbe più visti, non avrebbe più avuto attorno quei due a proteggerlo, avrebbe dovuto cavarsela da solo.

Un po’ ne aveva paura, e se avesse fallito?

“Ce la farai.”

Tomi gli aveva sorriso.

“Lo spero.”

“Io ne sono sicuro.

Hai realizzato i tuoi sogni a quindici anni quando nessuno avrebbe scommesso su di te, ora puoi uscire da questa cosa. “

“Grazie.”

Guardarono la televisione tutti insieme, poi ci furono  i turni per il bagno e il ricontrollare la valigia di Bill.

L’ultima cosa che mancava era andare a letto e dormire, solo che non se la sentiva di affrontare da solo quel letto, non quella sera.

Quella sera li voleva vicini per l’ultima volta e quindi si fermò incerto sulla porta della sua camera.

“Ragazzi posso chiedervi una cosa?”

“Certo.”

Era stata Francesca a rispondere.

“Lo so che vi sembrerà strana , ma ne ho bisogno…

Per un po’ non vi vedrò più e voglio avervi accanto per questa sera, quindi non potremmo dormire tutti e tre insieme?”

Rimasero un attimo in silenzio, poi fu Tom a parlare.

Certo… Vieni.”

Gli indicò la stanza, lui mosse dei passe incerti impacciati.

Si stesero nel grande letto matrimoniale tutti e tre, Bill in mezzo venne immediatamente abbracciato dal fratello e  dall’amica.

Finalmente il freddo che lo minacciava se ne andò, mentre sentiva i respiri degli altri due farsi regolari nel sonno, capì che davvero ce l’avrebbe fatta perché aveva qualcuno per cui lottare.

Lentamente cadde in un sonno tranquillo, l’ultima immagine che vide, oltre a Francesca e a Tom, fu quella di Leila e si senti meglio.

In un certo senso stava tornando.

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

E così Lene ha scoperto tutto e non l’ha presa bene…

Tom invece sembra di si^^.

Spero vi piaccia.

Grazie a:

 

Lady Cassandra

 

_Pulse_  :

 

Big Angel Dark

 

Hana Turner :

 

e Schwarz Nana per le recensioni allo scorso capitolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** 11) Arrivederci ***


11)) arrivederci

 

Tom fu il primo a svegliarsi la mattina dopo.

Per un attimo si perse nella contemplazione del fratello e di Francesca che dormivano uno accanto all’altro, erano entrambi sereni come bambini e questo lo intenerì facendogli momentaneamente dimenticare che mattina fosse.

I rasta neri di Bill si allargavano sul cuscino, mischiandosi ai capelli neri, mossi della sua ragazza,rannicchiata contro Bill, un’immagine che un tempo gli avrebbe fatto prudere le mani dalla gelosia.

Come sarebbe andata se Fay avesse scelto il fratello e non lui?

- Ma ha scelto te!

È inutile arrovellarsi su questa cosa, ora devi salutare tuo fratello!-

Il ragazzo con le treccine sospirò, la vocina gli aveva di nuovo ricordato la dura realtà, stava per scuoterli delicatamente quando vide Bill aprire piano piano gli occhi e stiracchiare un sorriso.

“Buongiorno Tomi.”

“Buongiorno a te fratellino.

Come stai?”

“Bene.”

Fay non ti ha tirato calci tutta notte? Con me lo fa sempre.”

Bill rise, il suono cristallino riempì la stanza, svegliando anche la ragazza, che sorrise.

“Che bello essere svegliati da una risata…

“Allora la prossima volta ti sveglierò con una risata, Nana.”

“Non ci provare, Medusa!

È bello essere svegliati dalla risata di Bill, non dalla tua!”

“Che stronza che sei! Vedi come mi tratta?”

Bill rise ancora, poi improvvisamente tornò serio.

“Grazie ragazzi.”

“Per cosa?”

“Per non farmi pesare dove sto andando e cosa sono.

Con voi non mi sento diverso.”

I due rimasero in silenzio, fu come sempre Francesca a prendere la parola per prima.

“Non ci devi ringraziare.

Noi… Vogliamo che tu stia bene, ma non sappiamo come comportarci..

Neanche adesso sappiamo se stiamo facendo la cosa giusta, però una cosa te la posso dire e credo di parlare anche a nome di tuo fratello, noi siamo fieri di te.

Hai preso una decisione che noi non avevamo il coraggio di prendere e l’hai presa tu da solo, significa che vuoi guarire, credo.

Ce la puoi fare Bill!

Lo so che non sarà facile, ma noi saremo qui ad aiutarti ed anche il personale della clinica.”

Tom sorrise.

“Mi sono messo con un politico senza saperlo!

Fay ha ragione, è riuscita  adirti tutto quello che io non sono riuscito a fare, noi ci siamo e crediamo in te.”

Gli occhi del rasta si fecero lucidi, senza dire una parola stritolò i due in un abbraccio che si protrasse per cinque minuti buoni e Tom non poté fare altro che apprezzare.

Se Bill stava male lui non era da meno, sentiva un groppo in gola che indicava quanto soffrisse per il prossimo distacco dal gemello, per questo, sebbene di solito non fosse una persona molto propensa ai gesti d’affetto era felice di ogni contatto con Bill e Fay.

Averli entrambi tra le proprie braccia come in quel momento era il massimo.

“Ragazzi l’abbraccio mattutino è il massimo, ma forse dovremmo fare colazione.”

“Anche avere una Nana rompiscatole è il massimo.”

Fay ridacchiò, si sciolse dalla stretta e si alzò.

“Va bene…Vado a preparare qualcosa per la colazione e vi lascio soli…. Ne avete bisogno.”

Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle proprie spalle.

“Quella ragazza è il massimo.”

Si…

I due gemelli rimasero un attimo in silenzio.

Tomi… Eri davvero d’accordo con tutte le belle parole che ha detto Francesca?

Io non penso nemmeno di meritarmele, vi ho deluso molte volte, soprattutto te e ti ho fatto molto male.”

“Bill non posso negare che tu mi abbia deluso o che tu mi abbia fatto male, ma sono incondizionatamente d’accordo con quello che ha detto la mia ragazza.

Io credo in te perché so che sotto la persona che la droga ha costruito in questo anno c’è ancora il mio fratellino che amo e che non vuole essere quello che è.

Quindi, si, ci credo e ho fiducia in te.

Ti voglio bene, non te lo dimenticare mai.”

“Grazie Tomi, davvero.

Non sai quanto sia importante per me sentirtelo dire, avevo paura che tra noi si fosse scavato un solco troppo profondo…

“Potranno esserci solchi profondo tra noi, ma il mio affetto per te non sarà mai in discussione.

Non te lo dico spesso, ma tu lo sai, vero?”

“Si lo so….

Grazie….”

Ci fu un’altra pausa di silenzio più calma e rilassata, in cui Tom si rese conto che una parte dei demoni che  li spaventavano era stata sviscerata e resa innocua per così dire.

“Un’altra cosa… Trattami bene Francesca.

Non la amo più, ma tengo a lei, è una persona stupenda.

Ci sta aiutando tantissimo, come ha fatto adesso lasciandoci i nostri spazi… non farla soffrire.”

“Non ho intenzione di farlo…. Ci tengo a lei…

Forse la amo, mi sta dando tantissimo forza, con lei non mi sento solo.”

Bill ridacchiò.

“Togli il forse Tomi…

Tu la ami,lo vedo da come ti comporti con lei, usi la stessa dolcezza che usi con me e questo mi rende felice.

Siete una bella coppia e quello che conta per me è che tu sia felice e lo sei con lei.

Non so se tu gliel’abbia detto o meno se la ami, ma se così non fosse, diglielo, se lo merita.”

“Si, lei è diversa dalle altre.

Glielo dirò, prima o poi.”

Bill fece per aggiungere qualcos’altro, ma la voce della ragazza lo interruppe.

“Ragazzi è pronto!!”

“Arriviamo !” risposero in coro.

Fay aveva preparato una colazione secondo i loro gusti, caffè, brioches, marmellata, biscotti, cereali disposti ordinatamente sul tavolo.

“Wow!” esclamò Bill.

Tom invece fece il giro del tavolo ed abbracciò la sua ragazza da dietro.

“Ma sei un tesoro.”

“Si si lo so…

Un tesoro formato tascabile.”

“Così ti porto sempre  con me, no?”

Bill rise e si sedette a tavola, per poi versarsi una generosa dose di caffè a cui aggiunse latte e zucchero, Tom e Francesca lo raggiunsero poco dopo.

La ragazza si versò del caffè in cui inzuppò una generosa dose di biscotti, mentre Tom prese latte e cereali.

“Bill, Gustav   e forse Georg vorrebbero vederti prima del ricovero, a te va bene?”

“Si, non sarebbe male vederli, visto che per un po’ non potrò farlo.”

“Va bene, adesso lo chiamo.”

Fay li lasciò di nuovo da soli, Tom si sentì in obbligo di dire qualcosa.

“Non sei obbligato a vederli se non vuoi.”

“Tranquillo.”

Finirono di mangiare in silenzio.

Io  ancora non ci credo.”

“Nemmeno io …. Non avrei mai pensato che potesse succedermi.”

Francesca tornò con il cordless in mano.

“Tra poco Gustav arriva… Georg è in viaggio per Berlino.”

Bill guardò la ragazza interrogativamente, lei sospirò.

Bhe, tieniti forte… Georg ha una sorellastra e lei per un po’ è stata da lui, ma deve essere successo qualcosa perché lui è tornato prima del tempo.”

“Questa non me l’aspettavo.”

“Nemmeno noi.”

Bill si alzò spaesato e tornò in camera sua probabilmente per controllare le valigie, Francesca sparecchiò, Tom si stravaccò sul divano e si accese una sigaretta.

Era terribilmente nervoso, sapeva che Bill stava facendo la cosa giusta, ma allo stesso tempo non poteva impedirsi di sentirsi preoccupato ed in colpa.

“Lo invidio per come riesce a stare così sereno.” Mormorò a bassa voce, lei lo sentì lo stesso.

“Si, anch’io. Sembra quasi che questa cosa non lo riguardi.”

“è forte il mio fratellino.”

“Già.”

Finito di lavare le stoviglie usate per mangiare, lei si sedette al suo fianco, automaticamente lui la strinse a sé e si godette il contatto di quel corpo contro il suo.

“Potrei abituarmi ad essere coccolata così, sai?”

“Scema!”

Rimasero ad ascoltare quell’assenza di parole, in cui gli unici suoni erano gli sbuffi regolari della sigaretta del ragazzo e le lontane imprecazioni di Bill, Tom avrebbe voluto rimanere così per sempre.

Fu il campanello a spezzare quel momento perfetto, a malincuore dovette lasciare andare Fay perché aprisse, era Gustav che entrò imbarazzato.

Ciao… siete sicuri che non disturbo?”

Tranquillo… Bill voleva vederti!”

Il diretto interessato sbucò dalla sua camera, per un attimo ci fu del gelo tra i due amici, non sapevano cosa dirsi forse, in passato il moro non era stato tenero con il batterista.

“Ciao Gustav.”

“Ciao Bill! Sono contento di vederti!”

“Anch’io” mormorò timidamente”  e voglio scusarmi per come mi sono comportato in passato.”

Gustav scosse la testa, ad indicare che per lui era tutto risolto, già lasciato alle spalle.

“Non c’è problema, Bill…

Davvero, per me è tutto a posto, quello che conta è che ora tu stia meglio e ora vieni qui e fatti abbracciare, pertica!”

I due si abbracciarono con affetto, Tom vide il fratello felice.

“Gustav mi dispiace davvero….

Adesso voglio impegnarmi a guarire, lo faccio per voi, tu, Tom, Fra ma soprattutto per me stesso.

Rivoglio la mia vita, la mia vera vita, non una condizionata dalla cocaina…

Ho capito di aver sbagliato, di aver fatto soffrire della persone a cui tenevo e altre, a cui ho incasinato la vita.”

“Sono felice per te Bill… davvero, ti auguro di farcela, io credo in te!

Io, come tutti, ti stiamo aspettando.”

“Non tarderò….non più.”

Si sorrisero, iniziarono a parlare degli episodi passati successi nelle tournee e all’inizio della carriera, a Tom si allargò il cuore nel vederlo ridere e scherzare.

Il campanello suonò un’altra volta, uno spettinato Georg fece la sua comparsa.

“Sono in ritardo, ragazzi?”

“No Hagen, sono qui.”

“Bill!

Il piastrato stritolò il moro in un abbraccio spaccaossa, Bill fece una smorfia di dolore, poi sorrise.

“Grazie Georg, ma mi stai rompendo le costole!”

“Te lo meriteresti !” ma sciolse l’abbraccio e gli scompigliò i capelli.

“Georg, vorrei scusarmi anche con te…. Ti ho trattato male e non te lo meritavi e ho messo in pericolo i Tokio Hotel…

“Non devi nemmeno pensare alla band! Tu sei più importante di tutto, capito?

Tu devi entrare in quella clinica per te stesso, non per gli altri!

Noi saremo felici se tu tornerai ripulito, ma  tu devi sentirlo come una tua necessità!”

Gli occhi di Bill si fecero lucidi.

“Grazie Georg! Siete troppo buoni con me!”

“Di niente, Bill, di niente… siamo amici!”

“Georg.. non sapevo avessi una sorella…

“ è la mia sorellastra, non lo sapevo nemmeno io fino a poco tempo fa, però preferirei non parlarne…. Non è andata troppo bene.”

“Scusami Georg!”

“Nulla.”

Parlarono ancora un po’, il tempo stava scorrendo velocemente, presto Bill avrebbe dovuto andarsene a malincuore da quell’appartamento.

Ragazzi… tra poco devo andare…

Lo abbracciarono un’altra volta, rimaneva solo Francesca.

“Posso parlare solo con lei?”

Annuirono tutti e lasciarono la stanza, Bill guardò la ragazza.

“Grazie Fra…. Non eri tenuta ad essere qui ad aiutarmi, ma ci sei!”

“Figurati, non mi devi ringraziare!”

“Aspetta, non ho ancora finito… Sono felice che tu abbia seppellito l’ascia con mio fratello e che vi siate resi conto di amarvi… non sarà facile, ma stagli accanto, te lo affido!”

“Grazie Bill!”

“Ora vado!” la abbracciò un ultima volta, poi raggiunse Tom.

Tom lo accompagnò a quella clinica con la morte nel cuore, nello stesso stato d’animo firmò i documenti necessari al ricovero e le ultima scartoffie.

Bene… siamo all’epilogo….”

Tom annuì.

“Abbracciami.”

I due gemelli si abbracciarono.

“Tornerò Tomi, ti voglio bene.”

Lui annuì, trattenne le lacrime e si sciolse dall’abbraccio.

“Ciao.”

“Ciao.”

L’ultima immagine fu quella di Bill che agitava la mano, poi il fratello sparì all’interno dell’edificio, lasciandolo spaesato nel mezzo della hall.

Il ragazzo rimase fermo immobile per cinque minuti buoni, poi corse fuori come se fosse inseguito dal demonio, saltò in macchina e guidò come un pazzo verso il suo appartamento.

Parcheggiò a qualche modo, salì le scale più veloce che potè, entro a casa sua quasi sfondando la porta, Fay era seduta sul letto della loro camera, non appena lo sentì si alzò per chiedere qualcosa.

Non le diede il tempo di fare nulla, la baciò prepotentemente ed iniziò a spogliarla, lei oppose qualche resistenza poi lo lasciò fare, si arrese a quel dolore che forse sentiva anche lei.

Fu violento, si stava sfogando come un animale, solo quando raggiunse l’orgasmo e crollò su di lei, tornò in sé e scoppiò a piangere come un bambino.

scusa…io… non so cosa mi sia preso.”

“non ti preoccupare….”

Fay gli accarezzò dolcemente i capelli, lui si lasciò consolare.

“Sono una merda….”

“Non lo sei…

Si accorse che anche lei piangeva, così si tirò su e l’attirò a sé, ora stavano piangendo in due, abbracciati come bambini impotenti davanti a qualcosa di più grande di loro.

 

Georg se ne andò dall’appartamento subito dopo i due gemelli.

Era stato infinitamente triste vedere l’amico così, ma forse per lui non era troppo tardi, ne sarebbe uscito.

E lui? Sarebbe uscito da quella storia?

La storia di Lene gli bruciava ancora, in qualche modo era riuscito a ferirla, ma lei si era anche rifiutata di ascoltarla, il torto era di tutti e due.

Avrebbe dovuto essere sincero con lei, ma se lo fosse stato lei avrebbe voluto instaurare un rapporto con lui?

Forse si, forse no.

Questa incertezza e la fine della storia lo lasciava con un amaro in bocca che non se ne voleva andare e che lo faceva sospirare tristemente.

Sentì dei passi dietro di lui, Gustav lo stava raggiungendo.

“Ehi.”

Ehi….”

“Che cosa triste vederlo così…

Si…ma adesso si sta impegnando a uscirne e sono convinto che ce la farà.”

“Si Georg sono d’accordo con te.”

I due rimasero in silenzio fino a quando arrivarono alle rispettive macchine.

“Cosa succede Georg?”

“Succede che va tutto una merda!”

“Lene?”

“Esatto! Credevo di essere riuscito ad instaurare un rapporto con lei, ma è bastata una telefonata del suo ragazzo per far crollare tutto!”

Gustav sospirò.

“Se vuoi parlarne, vieni da me o sei stanco?”

“Vado un attimo a casa, prima…

Devo almeno farmi una doccia.”

L’amico annuì e si infilò in macchina, lasciando Georg ai suoi pensieri, il piastrato non aveva idea di cosa fare, tutto era stato perfetto o quasi, poi all’improvviso era come se si fosse abbattuto un fulmine su di loro.

 Lene era come impazzita, non aveva voluto sentire ragioni, non si era mai veramente fidata di lui…

- Forse perché non si è mai veramente fidata di sé stessa e della sua capacità di giudizio.-

Cosa avrebbe potuto fare?

Da una parte avrebbe voluto buttarsi a letto e dormire, era stanco per il viaggio appena compiuto, dall’altra non aveva sonno e sentiva che parlare con l’amico avrebbe potuto aiutarlo a chiarirsi le idee.

Ben presto era arrivato sotto la casa che aveva a Berlino, parcheggiò la macchina e scese trascinandosi dietro le valigie, si sentiva uno sconfitto.

Arrivato al suo piano, entrato nell’appartamento, la prima cosa che fece dopo aver scaricato le valigie in un angolo, fu quella di estrarre il necessario per la doccia e buttarsi sotto il getto dell’acqua.

Sotto la carezza del liquido chiuse gli occhi , lasciò vagare la mente tra i ricordi in cui la sorellastra era sempre presente,  probabilmente era solo un illuso, ma credeva davvero di aver costruito qualcosa con lei.

Non poteva permettere che una cazzata rovinasse tutto.

Uscì dal box doccia, si vestì e uscì di nuovo per parlare con Gustav, più speranzoso rispetto a prima, non era tutto perduto.

Prese di nuovo la macchina (stava cominciando ad odiarla) e si diresse dal batterista, mentre era fermo ad un semaforo credette di vedere Lene, era abbracciata  a un tipo abbronzato dai lunghi rasta neri.

Che fosse quello il suo ragazzo?

Non aveva un’aria molto raccomandabile, strinse gli occhi, lei per caso lo vide lui accennò un sorriso ma l’espressione della sorellastra lo stroncò sul nascere.

In quegli occhi castani che aveva iniziato a vedere sereni lesse il disprezzo, questo lo fece mare, nessuno lo aveva mai guardato in quel modo.

Il verde arrivò presto, lui ripartì tornando a sentirsi inutile e stupido, quella ragazzina aveva un potere enorme su di lui, notò tristemente.

Parcheggiò sotto casa dell’amico, suonò il campanello e salì da lui, Gustav era seduto  sul divano.

Ehi…

“Ciao Georg! Vieni, accomodati.”

Fece come gli fu detto e si sedette accanto a lui.

“Da dove posso iniziare?”

“Da quello che tu ritieni l’inizio.”

“L’inizio…. L’inizio è la richiesta di Leila e il fatto che io abbia accettato dopo aver parlato con te sebbene fossi scettico, non sapendo cosa aspettarmi.

Avevo paura, si, una fottuta che potesse rifiutarmi , che fosse tutto inutile e in parte era così, Lene è una ragazzina incazzata, una che non si fida.”

“La capisco.”

“Cioè?”

Bhe, la madre le ha mentito per diciassette anni , poi tu la rifiuti e poi la inviti a botto.

Era ovvio che fosse sulla difensiva.”

“Già, hai ragione….

In ogni caso anche se all’inizio non  riuscivamo ad andare d’accordo,  abbiamo trovato qualcosa in comune….

Abbiamo parlato e quello che le ho detto  ha fatto si che riuscisse ad abbassare le sue difese e che le facesse decidere di fidarsi di me.

Lei è un’insicura Gustav, avere a  che fare con lei è come camminare perennemente su di un campo minato, ma credevo di essere riuscito a cambiare qualcosa…

“Cosa le hai detto?”

“Eravamo in un ristorante, le avevo chiesto di parlarmi un po’ di lei, parlava del fatto che da quando mio padre si era fatto vivo con lei in lei si era creata una sorta di divisione.

Una nuova Lene e una vecchia Nene

La vecchia Lene era una ragazzina troppo buona, stupida ed accondiscendente, cose così e la nuova Lene più tosta e gangsta era migliore.

Io le ho detto che forse quella ragazzina che credeva di avere eliminato e sostituito con una personalità nuova non era del tutto morta ne da eliminare e che lottava per emergere.”

Gustav gli rivolse uno sguardo penetrante.

“Lo pensavi davvero?”

“Si, era un’analisi che mi era venuta spontanea e questo deve averla colpita e da allora abbiano iniziato a parlare, sotto la corazza è una ragazzina adorabile, spiritosa, intelligente.

Dovrebbe stimarsi di più…

Insomma, dopo le prevedibili difficoltà iniziali stava funzionando tutto, sennonché il suo ragazzo deve averla chiamata e le ha detto che era stata Leila a chiedermi di instaurare un rapporto con lei.

Lene deve essersi sentita confusa, forse voleva parlarmene, ma non ha fatto in tempo perché mi ha beccato al telefono proprio con la sua amica.”

“E la conversazione le ha confermato i suoi timori, ossia che tu stessi fingendo tutto…

“Esatto..

Ha cominciato ad urlare e a non ascoltarmi più, a dire che l’avevo presa in giro ,che era stato tutto falso e che se ne sarebbe andata subito.

Si è chiusa in camera per preparare le valigie, ignorando tutti i miei tentativi di parlarle fino  a quando…

Il piastrato prese fiato, stava per arrivare la parte più dolorosa.

“Fino a quando me ne sono fregato del suo silenzio ostinato e sono entrato lo stesso e sai cosa l’ho beccata a  fare?

A fumarsi una canna….

Non che sia un bacchettone o un moralista, ma mi ha fatto un certo effetto vederla lì con quella roba in mano,  per un attimo mi è sembrato di non conoscerla.

Forse lei aveva avuto ragione, tutto quello che avevamo vissuto in quei giorni era solo una farsa, tuttavia anche questo ragionamento era sbagliato.

Lene non era cambiata, era solo un altro lato e io non potevo giudicarla solo per questo, avrei voluto parlarne, capire perché lo facesse… Mi sembrava una richiesta d’aiuto, Gustav!”

“E forse lo era.”

“Solo che io non l’ho colto Gustav, l’ho colto dopo.

Dopo che l’ho beccata le ho fatto una scenataccia e le ho dato uno schiaffo, per tutta risposta mi ha detto che io non sono nessuno per lei e che avrebbe continuato  a non avere fratelli e se ne è andata.

Io ho provato a chiamarla, ma lei non mi ha risposto, ovviamente.

Questo è tutto.”

Il silenzio calò tra i due ragazzi, Gustav sembrava soppesare cosa dire e cosa no.

“Avresti dovuto dirle che Leila ti aveva parlato.

Mi hai detto che dopo le difficoltà avevate parlato, credo che lì avresti dovuto dirglielo, almeno non avresti tradito così la sua fiducia.

Perché è questo Georg.

Lei era disposta a parlare con te, ma averlo scoperto nel modo peggiore l’ha fatta sentire tradita.”

“Devo dimostrarle che a lei ci tengo.”

Si… e se ho capito bene che tipo è Lene, non sarà facile.

È fragile, poco sicura di se e si sente tradita da tutti quelli che per lei contano qualcosa, sua madre, i suoi amici, in qualche modo tu… quindi ti metterà alla prova mostrando la sua parte peggiore, le spine, i rifiuti categorici…

Tu a lei ci tieni davvero?

Perché se così non fosse, è inutile illuderla ancora”

Georg rifletté un attimo,  Gustav aveva ragione, illudere la sorellastra sarebbe stata una pessima mossa per tutti e due, eppure non aveva dubbi.

Non più.

Aveva scelto, quella sofferenza era servita a qualcosa se non altro a fargli capire quanto tenesse a quella ragazzina, per quanto potesse sembrare assurdo, non lo faceva più per obbligo.

“Si, ci tengo.

Non perché sia mia sorella, ma perché con lei mi sono trovato bene e non vorrei si rovinasse per rabbia o perché si sente sola.”

“Allora provaci!”

“Si.. ma forse dovrei lasciare passare un po’ di tempo, così si calma e non mi sbatterà il telefono in faccia non appena capirà che sono io.”

Gustav si alzò dal divano e guardò dalla finestra, forse stava riflettendo.

“Se farai passare troppo tempo lei penserà che a te non importa nulla.”

“Lo so, ma ora come ora non vuole parlarmi.

Mentre stavo venendo da te l’ho vista mentre ero fermo al semaforo, le ho sorriso, lei mi ha gelato, Gustav!

Mi ha guardato come se fossi un essere infame, schifoso o qualcosa del genere.

Se le telefonassi ora mi manderebbe a fare in culo senza nemmeno ascoltarmi.”

Aveva fatto quel discorso gesticolando come un pazzo, la stanchezza gli stava piombando addosso tutta insieme, minacciando di trascinarlo con sé e Gustav se ne accorse perché gli posò una mano sulla spalla e sorrise dolcemente.

Era troppo maturo quel ragazzo!

Georg…. Pensaci bene e soprattutto dormi!

Stai sclerando, amico mio e non sei lucido abbastanza per prendere una decisione così delicata.”

Georg dovette ammettere che aveva ragione e che avrebbe seguito il suo consiglio, parlare in quello stato a una teenager arrabbiata con la vita non sarebbe servito a nulla se non a peggiorare le cose.

“Si, hai ragione Gustav…

Cazzo sono proprio un’egoista….

Sono preso solo dai miei problemi, Bill oggi si è  ricoverato in clinica!”

“Georg! Calma!

Ti capisco e non sei un’egoista, non hai dormito questa notte e sei sconvolto per Lene, ma so che ti dispiace  per Bill, insomma stai vivendo troppe emozioni tutte insieme.

Hai bisogno di riposare.”

Il tono del batterista gli parve blandamente minaccioso, così decise di dargli retta.

“Si,hai ragione, ora vado a casa.”

L’amico annuì d’accordo con lui.

E… Grazie Gustav, per tutto, sei un vero amico.”

“Prego! Ora va e riposati.”

Lo salutò un’ultima volta, poi  se ne tornò nel suo appartamento come gli era stato consigliato, si sentiva più sereno, parlare con l’amico gli aveva chiarito le idee.

Mentre si addormentava, fu di nuovo sommerso dai pensieri, ma questa volta non erano minacciosi, erano solo una confusione piacevole in cui perdersi per cadere nella braccia di Morfeo.

 

Lene era tornata a Berlino quella mattina.

Era stato piacevole ritrovarsi nella propria  camera, tra le cose che conosceva e che amava, ma quella felicità era durata poco, la dura realtà aveva ripresentato subito i suoi conti nella figura di sua madre.

La donna l’aveva accolta con perplessità, poi si era irritata sentendo il perché del suo ritorno, come spesso accadeva in quel periodo le due si erano scontrate e in modo pesante.

Sua madre Lara le aveva detto che aveva sbagliato a reagire in modo così eccessivo e che avrebbe dovuto comportarsi da persona civile e lasciare a Georg la possibilità di spiegarsi.

Lene non si era sentita capita da lei, era scattata, dicendole che la donna era stata contenta di liberarsi di lei, sua madre aveva replicato qualcosa che lei non aveva ascoltato limitandosi a scappare anche da quell’appartamento ormai troppo stretto.

Figlia di nessuno senza nessuna casa.

Si sentiva così e nemmeno vedere Farid la fece sentire meglio, il turco l’aveva accolta come un sorrisetto superiore che l’ aveva umiliata per la prima volta.

Lui non le aveva detto nulla,era comunque palese che lui pensasse che lei fosse una stupida illusa che credeva alla favola della famiglia felice.

O forse era quello che pensava lei di se stessa e lo proiettava su di lui.

In ogni caso, nemmeno vedere il suo ragazzo le aveva dato la felicità che sperava, avevano gironzolato senza meta per Berlino, lui parlava senza sosta e lei ascoltava come sempre, con una sola differenza.

Questa volta si sentiva vuota, solo un guscio, un burattino nelle sue mani.

Ne ebbe la conferma quando per caso vide passare il fratello in macchina, lui le aveva sorriso timidamente, forse sperando in un segnale di distensione a cui lei non si sentiva pronta.

Automaticamente il suo volto si era contratto in una smorfia di rabbia, la ferita era ancora recente o forse era solo il suo orgoglio a sanguinare.

Sentì una piccola breccia nella certezza della sua dignità offesa, una vocina che diceva che forse sua madre pur nel modo sbagliato aveva tentato di farle capire la cosa giusta ossia che aveva agito con troppa avventatezza.

Si era detta che avrebbe dato fiducia al fratello, i fatti l’avevano auto smentita perché al primo errore aveva reagito come una pazza urlando ed andandosene.

-Bhe…forse se si dovesse fare vivo, ascolterò quello che ha da dirmi, ma sicuro come l’inferno, devo parlare con una persona.

Leila.

Non deve più permettersi di ficcare così il becco nei miei affari.-

Confortata da quella decisione, salutò il suo ragazzo e si diresse verso la tabaccheria degli Schmit, per parlare con la rossina.

Ridendo e scherzando era quasi l’ora in cui Leila avrebbe dovuto uscire da scuola e poi si sarebbe diretta alla tabaccheria, anche se in testa il discorso da farle non era chiarissimo.

Si accese una sigaretta per riordinare le idee, il percorso era ancora lungo, aveva tutto il tempo per farlo.

Quando arrivò davanti alla tabaccheria fece un gran respiro, poi entrò decisa, Leila stava appoggiando lo zaino dietro il bancone e si volse verso la porta quando sentì il campanellino suonare.

“Lene?”mormorò sorpresa.

“Che c’è?”

“Cosa ci fai qui?”

“Abito a Berlino anch’io…

“Lo so, ma…

“Non dovrei essere qui, forse dovrei essere ad Amburgo da mio fratello?

Dove tu mi hai mandato?”

Vide l’altra trattenere il fiato e sbarrare gli occhi, per poi boccheggiare alla ricerca di parole, forse di altre bugie.

“Lene, non è come pensi.”

“NO? Cosa devo pensare allora?

Prima fai di tutto per impedirmi di stare con tuo fratello, mi critichi, ti ergi a giudice, poi ti metti in combutta con Georg e mi fai andare ad Amburgo.

A che gioco stai giocando?”

“Sono solo preoccupata per te, tu non conosci mio fratello.”

“A volte mi chiedo se lo conosca tu! Mi dispiace per quello che è successo a Shirin, ma non andrà sempre così!

Lui mi ama, non hai alcun diritto di comportarti così!”

“E tu?

Tu lo ami? O lo sfrutti e basta cercando in lui quella sicurezza che non trovi in te stessa?

Sai che fine fa la gente come te?”

“NO, ma scommetto che muori dalla voglia di dirmelo, tu.”

“Abbassa la cresta ragazzina.

La gente come te finisce per condannarsi da sola a una vita di merda, impedendo agli altri di aiutarla perché in fondo ama le catene di cui si lamenta in continuazione.

Se è questo che vuoi io non te lo impedirò più Kaufmann….

Sei libera e ora vattene.”

Lene non se lo fece ripetere due volte, con il cuore in tumulto e la sensazione di avere appena fatto un enorme cazzata d cui le sfuggivano persino i confini lasciò il negozio.

Leila non si sarebbe più intromessa, aveva toccato il tasto di Shirin e questo l’aveva automaticamente fatta irrigidire ed allontanare da lei.

Aveva avuto quello per cui era venuta baldanzosa come poche volte nella sua vita in punta  di piedi, perché non era felice?

Perché tutto le sembrava sbagliato?

Perché si sentiva così sola?

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

E così finalmente Bill si è ricoverato in quella benedetta clinica.

Non so a voi che effetto abbia fatto,ma a me prendeva male scrivere quella parte….

Spero vi sia piaciuta…

Una cosa…se avete notato ho cambiato la formattazione della storia, volevo chiedere se così risulta più leggibile e meno stancante per gli occhi.

Se mi risponderete di si cambierò anche i capitoli precedento.

Grazie delle risposte che mi darete.

Passo alle recensioni^^

 

 

 

bambolina elettrica: tranquilla non c’è problema^^. Grazie dei complimenti^^.

In effetti per Bill sarà dura stare senza il fratello e Fra, ma questo potrebbe essere un incentivo a guarire, no?

Spero che questo ti piaccia, alla prossima! Ciao!

 

Hana Turner : si l’amore fa fare proprio dei brutti scherzi-_-!

Speriamo che lene rinsavisca…comunque per Leila, lei si è sentita tradita e ha sclerato, credo si possa capire…

Per Luca…bhe le cose si faranno più rosee anche perché Farid non si comporterà bene con lei…

Sono contenta che ti sia piaciuta la decisione di Bill, era un punto su cui ero incerta…

E sono molto contenta che si noti il fatto che i personaggi siano maturati, era una cosa che volevo ottenere.

Spero che questo capitolo ti piaccia.

Alla prossima^^.

ciaoo

 

Big Angel Dark : si puoi, ti do il permesso XD! Spero che questo ti piaccia^^. Alla prossima.

Ciao!

 

_Pulse_  :  Sono contenta che ti sia piaciuta^^. Era un’immagine che mi lasciava incerta.

Per Lene, anch’io avrei sclerato, ma dando tempo al tempo si calmerà.

In quanto a Tom, anch’io invidio ilmodo in cui ha reagito, io non se avrei reagito allo stesso modo, non sono così matura.

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima.

Ciao^^.

 

Schwarz Nana : con il tempo Lene capirà qual è la cosa giusta da fare, tranquilla.

È impulsiva, tende a scoppiare e deve ragionare un po’ sulle cose,ma lo fa dopo…

L’altalena di Farid è una cosa voluta, io non lo considero un personaggio negativo, solo immaturo e quindi deve crescere…..

Sono contenta che tu l’abbia colta, così come sono contenta che ti sia piaciuta la parte degli abbracci, era una cosa che temevo risultasse noiosa o troppo zuccherosa ma che tenevo a mettere…insomma Bill per un po’ non li vedrà più, mi sembrava giusto fargli fare il pieno di affetto^^.

Spero che questo ti piaccia e non preoccuparti per i ritardi^^.

ciaoo

.

Lady Cassandra :Grazie dei complimenti e mi dispiace averti distrutto, purtroppo questi capitoli ci volevano…

Per Lene, tranquilla non porti iella^^, era una cosa che avevo già deciso da tempo quella che è successa nello scorso capitolo.

In quanto al riflettere meglio, lo farò.

Solo ha bisogno di tempo, ma non butterà via l’esperienza con Georg, Lene ha un carattere un po’ impulsivo…

Spero che questo ti piaccia.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** 12) La Spiaggia Dei Fossili Insanguinati ***


11)) la spiaggia dei fossili insanguinati

 

Perché ogni volta che tentava di fare qualcosa per gli altri le si ritorceva contro?

Leila se le chiedeva mentre guardava Lene allontanarsi curva dalla tabaccheria e una sensazione di gelo le si allargava all’altezza del petto, come sempre quando qualcuno nominava Shirin.

Non poteva negarlo, l’amica era ancora una ferita aperta per lei,aveva un oscuro senso di colpa che non si placava pur sapendo quanto fosse irrazionale.

Cosa avrebbe potuto  fare Leila?

Quella situazione era  stata troppo delicata perché potesse intervenire e forse anche con la ragazzina aveva sbagliato a intromettersi.

Che diritto ne aveva?

Era la ragazza di Farid e sapeva benissimo che tipo fosse suo fratello, non era una sprovveduta.

Eppure…

Anche Shirin lo sapeva , forse meglio di Lene e ci era cascata.

-Lene non è Shirin, Leila…

Non puoi cambiare il passato aiutandola, ne placcare i tuoi sensi di colpa.

Quello che potevi fare l’hai fatto, ci hai provato, ora tocca a Lene…

Per ora non devi fare più nulla, se vuole può dare una possibilità a suo fratello, non tocca a te decidere.-

Questo era vero, la vita era quella dell’amica, lei però non riusciva a fare finta di nulla, avendo intuito i motivi che avevano portato Farid ad interessarsi a lei.

Leila era conosciuta per essere cinica e distaccata, per non credere nell’amore, ma era solo una facciata costruita ad arte per proteggersi, in realtà era piuttosto sensibile ed intuitiva, soprattutto nei confronti del fratello visto che si somigliavano molto.

Quando il ragazzo si era messo con Shirin aveva capito che non ne era innamorato, non del tutto almeno, la considerava una sorta di punto fermo necessario nella sua vita.

Ed era stato così, Shirin dopo anni, quando ormai era pressoché inutile, visto come era finita, era riuscita nel suo miracolo facendo innamorare Farid di lei, facendo si che lui cercasse delle caratteristiche che gliela ricordassero nelle ragazze che aveva avuto.

Lene era quella più simile alla sua vecchia amica, era per quello che lui si era così affezionato a lei, in un modo quasi possessivo.

Leila non aveva dubbi che doveva ringraziare il fratello per il ritorno improvviso di Lene e per il rancore nei suoi confronti, era molto nel suo stile agire così quando si sentiva minacciato.

Pensare a Farid le fece tornare in mente Bill, chissà come stava?

Avrebbe voluto saperlo, ma non sapeva se potesse permettersi o meno di ficcanasare anche in quelle vite, e se avesse reagito male? E se Girardi o il gemello di Bill non avessero gradito?

Estrasse il cellulare dallo zaino e lo guardò pensierosa, chiamarlo o no?

In memoria aveva salvato il numero di Francesca, lo aveva chiesto a Luca per un’eventualità come quella, sopportandosi il suo sorriso sornione.

Era strano che lei si desse così da fare per uno sconosciuto, problematico tra l’altro, terribilmente strano.

Aveva reazioni che non si aspettava ultimamente, chi era quella persona che stava emergendo in lei?

-Nessuno, piccola, solo tu… versione innamorata….

Quel ragazzo ti ha colpito in profondità come non ti era mai successo.-

Leila scosse la testa e finalmente si decise a far partire quella dannata chiamata, ci furono diversi squilli poi una voce impastata rispose.

Era Francesca.

“Pronto?”

“Ciao, sono Leila…

“Leila? Come fai ad avere il mio numero?”

“L’ho chiesto a Luca…volevo chiederti una cosa… se vorrai rispondermi ovviamente…

“Spara.”

“Come sta Bill?”

“Perché vuoi saperlo?”

“L’ho soccorso io… ecco, ero preoccupata, so di non avere alcun diritto di chiedertelo.”

Ci fu silenzio dall’altra parte.

“Si è ricoverato in clinica…

“Sono contenta per lui, ha avuto coraggio.

Posso chiederti in quale?”

“Non credo sia una buona idea andarlo a trovare per quanto lui ti debba molto, senza di te non avrebbe mai deciso di farlo.”

“L’avrebbe fatto comunque, lui è un tipo tosto e poi non voglio andarlo a trovare.

So che sei preoccupata per lui, io lavoro in una clinica di questo genere come tuttofare,se vuoi posso dargli un’occhiata di tanto in tanto.”

Girardi snocciolò il nome della clinica dove la rossina lavorava.

“Si, lavoro li…

Bhe allora accetto il tuo favore… grazie Leila.”

Figurati… credo che almeno io e te potremmo mettere una pietra sopra al passato…

“Sono d’accordo, farci la guerra non ci serve.”

“Mi dispiace che mio fratello lo abbia picchiato.”

“So come è fatto Farid, non mi stupisco…

Leila sospirò.

“Lo so che sembra un pessimo soggetto e per certi versi lo è, ma io spero sempre che prima o poi torni il mio amato fratellone…. Stupido vero?”

No… indica solo che gli vuoi davvero bene.”

Parlarono qualche altro minuto, poi riattaccò, lei si sentì meglio anche se non sapeva bene dire il perché di quella sensazione.

Se ne accorse anche Katarina che le lanciò un occhiata dal bancone del bar, era raro vederla sorridente.

“Tutto bene, Leila?”

“Si, Katarina….”

Avrebbe voluto aggiungere altro, ma lo squillo del cellulare la indusse a rispondere troncando la conversazione con la barista.

Era la clinica dove lavorava, le chiedevano se non poteva venire anche quel pomeriggio, essendosi assentata una donna delle pulizie, Leila accettò.

Uscì da dietro il bancone e si diresse verso il bar dove suo padre stava alla cassa.

“Papà, oggi c’è un problema, non posso fermarmi.”

L’uomo la guardò sorpreso.

“Perché?”

“Ha chiamato la clinica…. Devo andare…

L’uomo annuì, poi la scrutò ancora.

“Tesoro, stai bene?

Hai un’aria pallida.”

“Si, non ti preoccupare…. Sono solo un po’ stanca.”

Leila… stai esagerando….

Lo so che ti pesa avere fatto errori in passato, averci deluso e fatto soffrire, ma noi ti abbiamo perdonata, non tentare di ammazzarti di lavoro per dimostrare che sei cambiata.

Noi lo sappiamo già.”

Leila sorrise, ricacciò indietro le lacrime, commossa da quelle parole, suo padre era un uomo buono, gentile, le dispiaceva davvero averlo fatto soffrire in passato, non se lo meritava.

“Grazie papà…. Però mentre lavoro non penso a tutto quello che è successo, a mio fratello, a Shirin…

“D’accordo, ma non esagerare, non continuare a punirti in eterno.”

Salutò il padre, inforcò il motorino e  si diresse verso la clinica, guidando nel traffico sostenuto, sentendosi confusa, erano accaduto troppe cose, c’erano state troppe conversazioni.

Prima Lene che aveva estratto di nuovo il fantasma di Shirin, poi Francesca, infine suo padre che aveva  notato la sua stanchezza, il suo pallore, le sue occhiaie.

Era innegabile che fosse stanca, che a volte volesse scappare da quella vita e che senza dubbio si stesse punendo per fatti avvenuti anche anni prima, ma non poteva mollare.

Voleva dimostrare che non avrebbe più fatto cazzate paragonabili a quelle del passato perché ne era rimasta lei stessa troppo ferita per voler continuare su quella strada.

Era arrivata al parcheggio della clinica, un edificio imponente in un’aria verde appena fuori dalla città, li tutto doveva ispirare pace e tranquillità per favorire la guarigione dei suoi ospiti.

La ragazzina parcheggiò il vecchio scooter,  salutò con un gesto svogliato il custode e si infilò nell’’edificio, coloro che si occupavano delle pulizie avevano degli stanzoni dove cambiarsi, lei li raggiunse.

Conosceva alcune di quelle ragazze, in particolare Hanna che non era molto più grande di lei, aveva i capelli biondi e un sorriso splendido,  sembrava essere in grado di far fronte a qualunque emergenza ed era l’unica che sembrasse realmente felice di vederla.

La rossa non si faceva illusioni, le altre avrebbero preferito non averla tra i piedi, visto il suo passato tutt’altro che limpido, era vero che ognuno si portava il suo destino appeso al collo.

“Ciao Leila! Come va?”

“Ciao Hanna.. si tutto bene.

Tu?”

“Si, si…. Marie è malata oggi.”

“Mi dispiace, spero si riprenda presto.”

Si cambiò velocemente, indossando la divisa e uscì con Hanna e altre due donne, per andare verso l’atrio, dove il suo cuore perse un battito.

Bill stava parlando con le responsabile della clinica, che gli stava illustrando probabilmente il programma, sembrava annoiato o agitato, non avrebbe saputo dirlo.

All’improvviso si voltò verso di lei, sorrise e la salutò con un cenno della mano, lei rimase imbambolata, non sapeva cosa fare, era in difficoltà.

Avrebbe voluto ricambiare con il migliore dei suoi sorrisi, ma era consapevole che farlo avrebbe creato dei problemi, non era che una dipendente tenuta li per la bontà di colei che dirigeva quella clinica e non sarebbe stato approvato il fatto che intrecciasse una relazione di qualsiasi tipo con un paziente.

Incerta, come se non lo riconoscesse alzò una mano, Hanna la guardò interrogativamente.

“Lo conosci?”

“No, credo mi abbia scambiata per qualcun altro…

“Meglio per te, lo sai che quella non vuole che si abbiano relazioni con i pazienti.”

“La regola vale solo per me…. Lo sai che non gli va a genio che sia qui….”

“Lo so e mi dispiace…

“Fa niente…pago per le mie cazzate, è giusto che accada.”

Hanna non disse più nulla, Bill la guardava incerto, forse ferito, lei provò a telegrafargli il perché del suo gesto, sperò che lui lo capisse, lei era tutto fuorché scontenta di vederlo.

“Dai Hanna, è il momento di lavorare!”

“Si, ma non credere di cavartela così, la Meyer ti verrà a cercare.”

“Questo è sicuro come l’inferno.”

Iniziò il suo lavoro, non lo amava particolarmente, ma le permetteva di non pensare a tutto quello che le era successo e a Bill, anche se per quello temeva che presto ne avrebbe pagato le conseguenze.

Dopo un po’ una voce ben modulata e falsamente cordiale si fece sentire, era arrivata la signorina Meyer a esigere la sua testa.

“Signorina Schimt  le devo parlare, mi segua.”

Leila abbandonò tutto docile per seguire la donna nel suo ufficio, la sua fortezza personale.

La Meyer aprì la porta e si accomodò dietro la scrivania, senza invitare lei a fare lo stesso, voleva mantenere ben chiare le distanze tra di loro, lei era il capo, Leila una semplice inserviente.

“Signorina Schmith, lei è consapevole delle nostre disposizioni sui rapporti con i pazienti?”

“Sono vietati i rapporti personali, signorina.”

Esattamente…. Dunque sono costretta a chiederle se conosce il signor Kaulitz.”

“No, in tutta sincerità credo mi abbia scambiata per qualcun’altra.”

Non le credeva, non aveva bevuto una singola parola di quello che le aveva detto.

“Eppure sembrava così convinto…

“Capita a tutti di sbagliarsi…

Signorina… Non prendiamoci in giro, conosciamo tutti il suo passato e chi è suo fratello, quindi il fatto che il signor Kaulitz la conosca mi fa sospettare che non sia esattamente per amicizia o altro.”

“Non ho venduto droga al signor Kailitz., se è questo che vuole sapere.”

La donna la squadrò a capo a piedi nella sua divisa troppo grande,nei capelli raccolti in una coda approssimativa e in quegli occhi truccati di nero.

“Non ho prove che la possano accusare, ma si ricordi che la tengo d’occhio, signorina.

A mio parere lei avrebbe dovuto finire in riformatorio, come era giusto avvenisse dopo che era stata sorpresa a rubare qui insieme alla signorina Sayeb.

La direttrice ha il cuore troppo tenero, io sono fatta di una pasta diversa, se lo ricordi.

Ora vada e riprenda il suo lavoro…

Senza dimenticare che la tengo d’occhio.”

Leila annuì e lasciò la stanza.

Per quanto tempo ancora avrebbe continuato a pagare per i suoi errori?

Per quante persone avrebbe continuato a rimanere la ladruncola che spacciava?

Lo sapeva benissimo che la Meyer non la sopportava e avrebbe voluto vederla marcire in un qualche carcere minorile, non c’era nessun bisogno che lei lo ribadisse.

Tornò a pulire, sentendosi l’ultima delle persone e chiedendosi irrazionalmente se Bill l’avrebbe cercata ancora, stranamente quel pensiero la faceva sentire meglio.

 

Bill si sentiva uno stupido.

Perché gli era venuto in mente di salutare Leila?

Lei aveva reagito come se non lo conoscesse, gli aveva fatto male ed era stupido tutto questo, lui dove va concentrarsi sulle parole di quella donna, che erano molto  più importanti.

Relegò quell’episodio in un angolo della sua mente, non sarebbe stato facile vivere  in quel posto, doveva impegnarsi , soprattutto nel combattere contro se stesso, una parte di lui voleva già scappare.

-Bill puoi e devi farcela!

Hai scelto tu di venire qui, non puoi fuggire!-

Quando la donna finì poté finalmente andare in quel buco bianco e pulito che era la sua camera, per prima cosa disfò la valige e ripose ordinatamente il loro contenuto nell’armadio e nel bagno.

Iniziare ad appropriarsi di quel luogo per lui in un certo senso ostile, fu una sconfitta e una vittoria insieme, una sconfitta perché era ormai palese che avesse bisogno di aiuto, una vittoria perché essere lì significava che stava iniziando a risolvere i suoi problemi.

Una volta finito tutto contemplò la sua opera in piedi in mezzo alla stanza, vagamente soddisfatto, poi si stese a letto e lasciò vagare la sua mente.

Chissà Tom come stava?

Da cani , poteva giurarlo, ma lo aveva lasciato nelle mani di Francesca, lei lo avrebbe aiutato di sicuro.

Soffriva ancora per quel distacco, eppure sapere il fratello in qualche modo non solo lo faceva sentire meglio, più sicuro nell’affrontare la vita nella clinica.

Il suo pensiero tornò a Leila, forse non aveva potuto salutarlo e avrebbe voluto farlo, forse lui l’aveva messa nei guai in qualche modo con i suoi datori di lavoro.

Avrebbe dovuto riflettere di più prima di agire, sennonché era stato davvero felice di rivederla, era una faccia amica in un posto che aveva avvertito freddo al primo impatto.

Vedere quella ragazzina lo rendeva sempre di buon umore, forse erano i suoi occhi, forse quell’aria sempre un po’ sorniona che aveva, quella di chi è sempre perso in qualche pensiero.

Era bella, nonostante facesse di tutto per nasconderlo, ispirava tenerezza a volte per il suo essere minuta, ma lui aveva capito subito che era tutta apparenza, la rossa era una persona molto forte, non aveva bisogno di protezione, se la sapeva cavare.

Un leggero bussare interruppe le sue riflessioni, era lei.

“Leila?”

“Si, non potrei essere qui ma, ho bisogno di parlarti.”

Lui si scostò dalla porta e la fece entrare perplesso, cosa voleva?

“Se non puoi essere qui, cosa vuoi, Leila?”

Lei sospirò.

“Sono venuta a scusarmi…. Ho visto che ci sei rimasto male prima, quando non ti ho salutato e sono qui per questo.

Scusami Bill, non era mia intenzione farti rimanere male, però ci sono delle cose che devi sapere su di me.”

Lui annuì.

“Racconta, sono tutt’orecchie.”

“Non ho molto tempo, però devi sapere che in questo istituto i rapporti inservienti-pazienti sono ridotti al minimo indispensabile, la direzione non li vuole, soprattutto la signorina Meyer.”

“Quindi salutandoti io ti ho messo nei guai, hai perso il lavoro?”

“No tranquillo, però è come se fossi una sorvegliata speciale….

Io non ho un passato limpido, la Mayer lo sa benissimo e mi tiene d’occhio.”

“Non puoi avere fatto qualcosa di così terribile, non ci credo, altrimenti non mi avresti aiutato.”

Gli parve di vedere un luccichio in quegli occhi da gatta.

“Grazie della fiducia, ma io non sono sempre stata così.

Io una volta facevo parte della banda di mio fratello, spacciavo e rubavo.

Sai perché sono qui?

Perché mi hanno beccata a rubare qui e mi hanno denunciata….

Poi grazie all’intervento delle assistenti sociali e di Ania, mia cugina, che ha parlato con chi dirige questo centro, hanno concordato di ritirare la denuncia.

Al posto del carcere lavoro qui per risarcirli.”

Bill rimase in silenzio, quella storia gli faceva vedere la ragazza in una prospettiva diversa, eppure per lui rimaneva comunque la stessa ragazza che l’aveva tirato fuori dai guai ben due volte.

“Ti capisco se non vorrai più avere a che fare con me, non saresti ne il primo, ne l’utimo….”

Il tono di lei era amaro, sembrava  che non si aspettasse altro che quella reazione di rifiuto dagli altri.

“Leila, ammetto di essere sorpreso, però, chiamami pure stupido o ingenuo, ma tu per me continuerai a rimanere quella che mi ha tirato fuori dalla merda e mi ha aiutato anche se non avrebbe dovuto farlo.

Tu mi hai dato una mano e io, come ricompensa, ci provo come un assatanato.”

Lei lo guardò sorpresa, ma felice.

“Sei il primo che reagisce così, di solito scappano tutti a gambe levate non appena sanno del mio passato.

Bhe, ora devo andare, ci tenevo a scusarmi con te, però non posso rimanere troppo a lungo… la Meyer mi ha dichiarato guerra….”

 Leila fece per uscire dalla stanza, lui la bloccò, la fece voltare verso di sé e la baciò, lei rispose prima di staccarsi perplessa.

“E questo cosa significa?”

“Non lo so, tu mi fai uno strano effetto…

Lei alzò un sopracciglio.

“Chiarisciti le idee, credo tu l’abbia capito che io non voglio essere la bambolina di nessuno.

Ciao Bill.

Ora vado davvero, sono rimasta fin troppo.”

Lui agitò debolmente la mano confuso, quella ragazza aveva qualcosa che riusciva a fargli perdere il controllo in modo incredibile, pur non essendo nulla di speciale in fondo, si disse contraddicendo se stesso.

Leila Schimt era bassa per la sua età, minuta, con dei capelli arancioni lisci, che sembravano una fiamma viva depositata sulla sua testa ed due occhi verdi da gatta.

Forse erano gli occhi a colpirlo maggiormente, per il colore, per il fatto che fossero grandi ed espressivi, non lo sapeva. Non ci aveva mai riflettuto.

O forse erano le  parole che sapeva usare, avevano il potere di farlo cambiare idea.

Bel casino.

Si stese a letto, cercando di concentrarsi solo sulla clinica, era quella l’unica cosa importante, la sua riabilitazione e il suo uscire da quel tunnel.

Rimase per un po’ il soffitto bianco, poi iniziò a sentire le palpebre pesanti, il sonno stava iniziando a farsi sentire, probabilmente per le troppe novità della giornata.

Bill lottò un po’ per rimanere sveglio, ma alla fine il sonno ebbe la meglio su di lui, catapultandolo in un altro mondo, un mondo dove ancora una volta il bianco la faceva da padrone.

Era di nuovo sulla spiaggia bianca, in piedi davanti al mare, mosso, sotto un cielo grigio ed opprimente, registrò questo cambiamento con stupore, non sapeva perché credeva che quel luogo fosse immutabile.

Si era sbagliato, evidentemente.

Mosse qualche passo incerto, spaesato, dove avrebbe potuto andare?

Non  lo sapeva, ma non riusciva più a stare lì, aveva la sensazione che quelle nuvole gli risucchiassero l’aria dai polmoni, per auto crearsi.

-Calmati, stai sclerando, non ne vale la pena…-

Il moro volse le spalle al mare e si avviò lungo la piaggia, ancora inquietantemente bianca e apparentemente infinita, senza un limite.

I suoi piedi non lasciavano orme, notò con una certa dose di paura, era molto strano, come se lui non avesse corpo o consistenza.

-Calma, è solo un sogno e lo sai.-

Proseguì lungo la distesa bianca, i granelli ora erano più grossi, come se fosse fatta di sale, lo scarto del mare ritirato o fuggito da quella lingua di terra.

Si fermò a guardarli, avevano le forme più diverse, ne raccolse una manciata e se la fece passare tra le mani, inquieto, era ruvida, pungente e spigolosa, non morbida e fine come la sabbia, inadatta a essere presa in mano.

Si rialzò in piedi, il cielo continuava ad essere plumbeo, non c’erano cambiamenti, sembrava si stesse addensando una tempesta incerta se scaricare o meno la sua furia su quel luogo, questo lo faceva sentire piccolo ed insicuro.

Cos’era lui in confronto alle forze che sembrava stessero per scatenarsi li?

Nulla, una cosa poco importante.

Continuò ancora  a camminare sperando che l’ambiente avrebbe subito un cambiamento, che avrebbe trovato altro, qualcosa di meno opprimente.

I suoi passi erano lenti e pesanti, impacciati da qualcosa che non avrebbe saputo dire, forse dalla diversa densità dell’aria di quel luogo in cui aveva anche difficoltà a respirare.

Su quella specie di sabbia salina ora si trovavano conchiglie inquietanti, nere, lucide nei loro disegni bene in evidenza, macchiate da una sorta di liquido rosso.

Lacrime di sangue.

Cadaveri di mostri che non avevano fatto in tempo a tornare a quel mare a cui appartenevano.

Creature strappate precocemente alla vita.

Bill rabbrividì, chiuse gli occhi e prese a tremare, non le voleva vedere, voleva essere altrove in un luogo meno spaventoso, dove non c’erano quegli esseri che risaltavano in modo innaturale sul bianco.

-Smettila, non risolverai nulla rimanendo a tremare, vattene!

Puoi andartene, nessuno ti ha incatenato!

Rompi l’incantesimo e vai oltre.-

Ascoltò la voce della sua coscienza. Lentamente aprì gli occhi, i cadaveri erano ancora lì, spavaldi e lucidi, sembravano sorridere di lui e dei suoi timori di ragazzino con la saggezza di chi è in un certo luogo da molto tempo e sa che non se ne andrà mai per quanti sforzi possa fare.

Quegli echi di risate immaginarie lo spinsero ad andarsene, riuscì persino ad accelerare il passo come se fosse inseguito da qualcosa e forse era così, erano i suoi stessi fantasmi ad inseguirlo nella sua testa.

Il cuore sembrava deciso a scoppiargli in petto, da tanto batteva forte, rimbombando nelle orecchie come un tamburo che batteva un ritmo folle ed insopportabile.

Si fermò solo quando fu davanti a quello che apparentemente era l’ingresso di una foresta, un tappeto di erba verde si stendeva davanti ai suoi piedi, rami lo lambivano quasi ad accarezzarlo.

Entrare o meno?

Se fosse tornato indietro sarebbe finito di nuovo sulla spiaggia, se fosse andato avanti poteva arrivare in un luogo migliore e meno spaventoso.

Decise per a seconda opzione, incerto calpestò l’erba verde sentendola morbida e cedevole, i rami erano forse troppo vicini ma non gli davano fastidio, era quasi piacevole.

Proseguì meravigliato, era un luogo pacifico, incantevole in cui stava bene e che gli fece dimenticare tutto quel bianco angosciante che stava alle sue spalle.

Camminò per un tempo indefinito, stranamente non sentiva il rumore di animali presenti in quella foresta, ne uccellini ne altri, questo avrebbe dovuto inquietarlo, ma non successe.

Proseguì fino a una radura che lo rigettò nell’incubo, era buia, senza luce con alberi dall’aspetto minaccioso che protendevano i rami verso di lui quasi a volerlo ghermire e attirare a loro.

Bill non voleva stare lì, si voltò per tornare indietro, tuttavia il passaggio presente fino a pochi secondi prima era ostruito da una catasta di rami secchi che sconsigliava di scavalcare.

Bill si guardò intorno sconvolto, era in trappola!

Era riuscito a fuggire a quei fossili per farsi mettere nel sacco da una radura!

Era stato un idiota, cosa poteva fare?

Se lo chiese per l’ennesima volta, sottilmente irritato da questa indecisione miste a paura, per riflettere si sedette su di un tronco in mezzo alla radura e si prese la testa tra le mani.

Poco dopo percepì una presenza accanto a lui, poteva fidarsi  a togliere le mani e a guardare chi fosse?

-Bill, è un sogno! Non può succederti nulla di male!

Abbi il coraggio di guardarla in faccia!-

Lentamente tolse le mani dal viso, la ragazza con la maschera nera gli sorrise serafica, lui la guardava stupito, chi era quella presenza che affollava i suoi sogni?

“Chi sei?”

“Te l’ho già detto tu mi conosci già.”

Porta chiusa, domanda elusa.

“Dove sono?”

“In nessun luogo o forse dentro te.”

“Dentro me?”

“Pensaci Bill…. Cos’è quella spiaggia bianca affollata di cadaveri se non le tue ferite?”

“Dici che sia la mia situazione?”

“Se tu lo credi lo è.”

“SE così fosse la foresta è un luogo piacevole, qualcosa in cui io sto bene….

I giorni prima di entrare qui?”

Lei rimase in silenzio, lo guardava da dietro la maschera, impenetrabile come una sibilla.

“E questo angolo buio cos’è?”

“Tu come ti senti?”

“Confuso, impaurito, come se non riuscissi a uscirne mai.”

“E questa radura com’è?”

“Chiusa, spaventosa e soffocante.”

“Non ci trovi una qualche similitudine?”

“Si, ma io da qui non posso uscire!”

“Non vuoi uscire, è diverso.

Se solo volessi potresti scavalcare quella catasta di rami, invece hai paura che ceda e di farti male…

“IO non ho paura di combattere la mia dipendenza se è qui che vuoi arrivare.”

“Sono felice di sentirtelo dire…

Prima o poi supererai anche quella catasta allora…

Ora devo andare!”

Si alzò dal tronco, la lunga veste nera frusciò per terra, lui rimase a guardarla.

Avrebbe voluto baciarla ancora, ma intuì che questa volta non gliel’avrebbe permesso.

“Posso chiederti una cosa, per favore?”

Lei annuì.

“Abbracciami.”

Lei allargò le braccia, lui si alzò e la strinse al rallentatore, il tempo sembrava scorrere più lento come a prolungare quel momento .

Come si sentiva?

Bene, protetto da quella stretta decisa ma non troppo, premuto contro quel corpo morbido, avrebbe voluto rimanere così per sempre, senza pensare alla radura, alla spiaggia, a nulla.

Chiuse gli occhi cullato dal leggero profumo che emanava, lei svanì e lui si ritrovò sveglio a fissare il soffitto della sua camera, di un bianco quasi accecante.

Avrebbe dovuto senti tirsi disturbato, ma riusciva solo a sentirsi bene, sereno come non lo era da tempo.

 

 

Finalmente quella giornata giunse a termine per Lene.

Era stata lunga e stancante,avrebbe solo voluto buttarsi a letto e non rialzarsi più, sua madre le aveva fatto un’altra scenata quando era tornata a casa, avendo intuito che non era andata scuola.

“Cosa vuoi fare della tua vita, Lene?

Rovinarla per quel teppista da quattro soldi?

Non puoi continuare così, datti una regolata! Io non ce la faccio più a vederti così!”

Lene ancora una volta aveva sentito una rabbia montare dentro si lei e allo stesso tempo non sapeva cosa replicare alla madre perché sapeva che in parte aveva ragione, così si era limitata ad arrossire di rabbia e a chiudersi in camera sbattendo la porta.

Ora era sdraiata sul letto, fissando il soffitto senza vederlo veramente, solo pensando che avrebbe voluto essere altrove, senza una meta o un’autorità a cui rendere conto, solo se stessa.

Quella casa era opprimenti, quei litigi continui spegnevano la sua vitalità e la scuola al momento non entrava nemmeno nei suoi pensieri ed inoltre continuava a pensare al suo fratellastro.

Stava male ogni volta che lo faceva, ma non poteva farne a meno perché quei pochi giorni passati da lui erano stati davvero sereni ed era intollerabile per lei sapere che erano con tutta probabilità falsi.

Perché si era fatta prendere in giro?

Perché era così disperatamente debole e bisognosa di approvazione?

-Stai calma Lene, non è continuando ad arrovellarti che tutto si risolverà…

O raccogli il tuo coraggio e vai a parlare a Georg o lo ignori totalmente, cacciandolo dai tuoi pensieri, rimuginare è inutile, ti fai solo più male.-

Era vero, tra quelle due opzioni preferiva vigliaccamente la seconda, in un chiarimento con il fratello non avrebbe saputo da che parte cominciare, ne cosa dire, la sua antica timidezza riaffiorava in quei casi.

Il destino però aveva deciso diversamente sebbene lei ancora non lo sapesse, non aveva idea che la seconda ipotesi si sarebbe presto avverata tramite il suono del cellulare.

Sentì la suoneria e rispose senza nemmeno guardare chi la chiamasse.

“Pronto.”

“Ciao Lene.”

Quando sentì la voce di Georg ebbe la tentazione di riattaccare e lui lo capì.

“Lene ti prego non riattaccare, ho bisogno di parlarti.”

“Perché?”

“Dobbiamo chiarire, non può andare a tutto a puttane.”

“Cosa dobbiamo chiarire? Un rapporto che non c’è?”

Lui sospirò.

“Lene, ho sbagliato a  non dirti subito la verità, lo ammetto, però ti giuro che questi giorno non sono stati una finzione.

Io tengo veramente a te, lasciami almeno la possibilità di spiegarti, poi se lo vorrai potrai mandarmi al diavolo.”

Questa volta fu lei a rimanere in silenzio.

“Vediamoci e parliamone, per favore.”

“Io non lo so…ci devo pensare.”

“D’accordo, prenditi il tempo che vuoi…

Fammi sapere cosa avrai deciso.”

Si….”

“Ciao Lene”

Il tono di Georg era triste.

Ciao…

Cosa doveva fare?

Si sentiva senza una guida, in conflitto con sé stessa, una parte di lei avrebbe voluto andare a quell’incontro e capire perché fosse successo tutto quel casino, un’altra non lo voleva affatto.

Riluttante, compose un numero, sentendosi un verme.

Stava chiamando Luca dopo mesi di silenzio, chissà come avrebbe reagito.

“Pronto.”

“Luca, sono Lene.”

“Cosa vuoi? Ti sei rifatta viva dopo mesi, lo sai?”

“Lo so e mi scuso, ma ho assoluto bisogno di parlare con te…

Sono nei guai…

“D’accordo… vediamoci.”

“si, grazie..”

“Ciao”

Non sapeva lene che conseguenze avrebbe portato quel piccolo gesto fatto in un momento di smarrimento, non lo sapeva affatto.

Qualcosa sarebbe cambiato da lì in poi.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Non so cosa dire….

A me personalmente piace la parte dell’incubo, spero piaccia anche a voi^^.

Ringrazio:

 

Schwarz Nana

 

Lady Cassandra

 

_Pulse

 

bambolina elettrica

 

Big Angel Dark

 

Hana Turner

 

 

.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** 13) Quel Piccolo Grammo Di Coraggio Che A Volte Si Trova, A Volte No ***


13)) quel piccolo grammo di coraggio che a volte si trova a volte no.

 

Luca chiuse quella chiamata con un’incredulità mista ad ansia.

Cosa era successo?

Perché si era fatta viva con lui e non con Farid?

Qualcosa gli disse che il turco c’entrava qualcosa o forse era per suo fratello, in ogni caso l’avrebbe scoperto di li a poco, inutile fare congetture.

Prese il giubbotto e si avviò verso la porta.

“Dove vai?”

La voce fredda di sua madre lo bloccò, represse un moto di fastidio, quella donna aveva rovinato l’esistenza a loro e a Francesca e si voltò verso di lei.

Anna Santagata era sulla porta della cucina a braccia conserte, i capelli castani raccolti in una coda e l’espressione poco amichevole, erano previsti guai.

“Dove stai andando?”

“Devo vedermi con un amico.”

“Sarebbe meglio non ti facessi  amici in questo quartiere, non è adatto a te.”

“Io qui ci vivo, devo conoscere qualcuno.”

“Continua così Luca e…

“Finirò come mia sorella?

Peccato che lei sia l’unica che sia riuscita a costruire qualcosa in questa famiglia.”

Sua madre arrossì di rabbia, ma non disse nulla.

“Ciao.”

Uscì di casa sbattendo la porta, detestava come sua madre aveva trattato Francesca in passato, gli metteva addosso una rabbia incredibile, sua sorella non si meritava quello che aveva ricevuto.

Su lui ed Andrea non aveva mai alzato un dito, forse perché erano maschi, forse perché erano stati desiderati ed amati almeno un po’, Francesca era sempre stata una sorta di estranea per sua madre.

Era una cosa che lo faceva impazzire, lui era molto legato a Frankie, era l’unica che lo capisse a volte, neanche con Andrea c’era questo rapporto, anzi era il contrario.

Con il fratello continuava a litigare, Andrea parteggiava troppo spesso con sua madre per i suoi gusti, sembrava essersi sentito tradito dalla partenza di Fra, suo fratello era ancora immaturo per certi versi, troppo vezzeggiato dalla madre, era ancora solo un bambino.

Non appena fu fuori dal suo palazzo si accese una sigaretta guardando il cielo, era trapuntato di stelle nonostante fosse una notte fredda, questo lo fece sorridere senza un motivo preciso.

Indolente, si avviò verso il suo motorino, sbloccò la catena e partì verso il bar dove avrebbe dovuto incontrarsi con Lene, nella telefonata non l’avevano nemmeno menzionato, entrambi sapevano che era il loro posto, quello dove si erano scambiati confidenze reciproche fino a poco tempo prima.

Come era potuto succedere che la storia della famigli di Lene li separasse così tanto?

Perché lui non si era fatto avanti prima che entrasse Farid nella sua vita?

Quello era il suo più grande rimpianto, l’unica volta in cui non aveva mostrato il solito coraggio e la solita sicurezza pentendosene poi, purtroppo Lene lo paralizzava.

Quando era davanti  a lei diventava impacciato, aveva paura di dire idiozie o di fare troppo il saccente, insomma era assalito dalle paranoie più svariate che non lo lasciavano in pace nemmeno ora.

Che Lene si sarebbe trovato davanti?

La vecchia Lene, simpatica e dolce o la nuova Lene strafottente ed arrabbiata con il mondo?

-Basta Luca, tra due minuti lo scoprirai!

Guarda la strada piuttosto o rischi di fare un incidente!-

Ci sarebbe mancato solo quello!

Il moro parcheggiò davanti al bar, nervoso, legò di nuovo il motorino , entrò nel locale, non molto affollato e si diresse al loro tavolo, non prima di avere salutato con un cenno svogliato la barista.

Lene era già la, i capelli erano ancora biondo platino con quelle meches blu elettrico, piacevolmente evidenti, i vestiti erano ancora succinti ed aggressivi, eppur sembrava diversa, lontana anni luce dall’immagine di lei che era trapelata negli ultimi due mesi.

La ragazzina dura, la teppista, aveva lasciato i posto ad un’adolescente fragile e quasi spaventata, così simile a una bambina da fargli stringere il cuore in un impeto di affetto fortissimo, di amore.

La bionda si guardava attorno, cercando di individuarlo e scompigliava le bustine dello zucchero che per qualche arcano motivo erano rimaste al tavolo e  con quell’atteggiamento lo invitava ad abbracciarla.

-Datti una calmata.

Lei è di Farid, hai perso la tua occasione e ora non devi metterla nei casini perché tu non hai avuto le palle necessarie prima!-

Luca si avvicinò al tavolo, azzardando un cenno di saluto che lei ricambiò timida.

“Ciao, grazie per essere venuto.

Se non avessi accettato ti avrei capito, lo so che questa mia richiesta suona molto opportunista, ma non so da chi andare.”

“Perché non sei andata da Farid?”

“Non lo so… credo che lui non mi ascolterebbe….”

“Cosa è successo Lene?

Non girare intorno alle cose.. sparisci per mesi,  poi riappari, vorrei una spiegazione dettagliata di quello che ti porta qui.”

“D’accordo.

Tu sai che io ho un fratellastro?”

“Certo, quello che ti ha ignorato per mesi, lo sappiamo tutti.”

Bhe….si è rifatto vivo una settimana fa circa e mi ha chiesto di andare da lui per una settimana.

All’inizio ero scettica, ero certa che ci fosse lo zampino di mio padre, che si fosse intromesso per costringerlo a cambiare idea e cose così.

Insomma non volevo andare,ma mi hanno costretto, mia madre ha fatto il diavolo a quattro ed è buffo questo, visto che per anni  non ha voluto dirmi nulla e così sono partita.

È stata dura lasciare Farid, gli altri perché mi sembrava una costrizione e non credevo nemmeno che sarei stata bene con lui, invece…

Invece mi sono sbagliata perché lui nonostante io abbia fatto la stronza a tutto spiano per essere rimandato a Berlino non ha ceduto e ha provato instaurare un rapporto con me.”

“E non sei felice? Non era quello che volevi?”

“Si, era quello che volevo…

A condizione che fosse vero, lui mi ha mentito tutto il tempo.”

Luca alzò un sopracciglio perplesso.

“Cioè?”

“Sai perché lui mi ha voluto far venire da lui?

Perché gliel’ha chiesto Leila forse perché le facevo pena…

Per farla breve abbiamo litigato e io me ne sono andata di casa ed eccomi qui.”

Luca la guardò negli occhi, quella era la versione riveduta e corretta dei fatti, doveva farle sputare qualcosa di più, ad esempio come aveva fatto a scoprire che era stata Leila l’artefice di quel ricongiungimento familiare.

“Come hai fatto a sapere che era stata Leila?”

Lei abbassò gli occhi e rispose riluttante.

“è stato Farid…

Mi ha telefonato, io all’inizio non gli ho creduto, mi sembrava troppo assurdo, capisci?

Volevo chiarire con Georg, solo che quando lui è tornato a casa l’ho sentito parlare al telefono con Leila e tutto quello che ha detto mi ha confermato le parole di Farid.”

“E sei esplosa.”

Esatto… mi ha anche beccata a fumarmi un canna e schiaffeggiato.

Credo di averlo deluso….”

“Lo credo anch’io.

Ma non è ancora finita vero?”

“No, al ritorno mia madre era nera di rabbia e il mio ragazzo trionfante, come se gli avessi dimostrato che io ero un’idiota ingenua e lui il supergenio….

Insomma comprensione zero da nessuno….

Senza contare che io ho peggiorato le cose, andando da Leila a sfogare la mia rabbia…

Non credo mi parlerà più, sai?

In ogni caso arrivo alla fine della storia, mio fratello si è rifatto vivo e vorrebbe chiarire con me e io non so cosa fare.”

“Lene, io capisco che tu ti possa essere sentita tradita da lui, ma credo dovresti concedergli la possibilità di parlare con te, potresti accorgerti che forse hai sbagliato o trovare conferma delle tue teorie, sempre meglio del dubbio no?

Io credo sia il dubbio a farti più male, non sai se fidarti o meno…

Se ti dovessi fidare di lui, lui potrebbe prendere importanza e rivoluzionare la tua vita.”

“è di questo che ho paura…

Tutte le persone che hanno avuto una certa importanza nella mia vita mi hanno fregato.”

“Anche Farid?”

“Non lo so…. Io ho paura della sua reazione,sembra non vedere di buon occhio Georg.”

“Lene, è il tuo ragazzo, è importante per te, ma non può vivere la vita al posto tuo.

La vita è tua e tu devi decidere, quindi cerca di tenerlo fuori dalla decisione che stai per prendere..

Voglio dire, sembrerebbe che lui non sopporti Georg, ma allo stesso tempo tu vorresti almeno sentire cosa ha da dirti il tuo fratellastro, giusto?

Quindi io credo che non dovresti permettere al giudizio di Farid di avere un peso determinante.”

Lene abbassò gli occhi, in quel momento sembrava più che mai una bambina confusa e triste.

“Ma lo sai come è fatto e se mi mollasse dopo?”

“Lene, se ti mollasse perché pensi con la tua testa e sei capace di decidere da sola sarebbe un cretino e …. No niente.”

“Niente, cosa?”

Luca sospirò.

“SE lui ti mollasse per una cosa del genere probabilmente non ti avrebbe mai amata.

Amare l’altro è un rapporto alla pari, uno non può imporsi sull’altro.”

“Hai ragione….

Non ho pensato a molte cose mentre stavo con lui, ora mi sto accorgendo che il piedistallo su cui l’avevo messo era tutto nella mia testa, sono così confusa.

Stare con Georg ha sollevato tutti i dubbi possibili ed immaginabili nella mia testa.”

“Perché?”

“Perché con lui mi sono sentita amata, accettata con i pregi e difetti…

Potevo essere me stessa ed è stato fantastico, avrei voluto che non finisse mai, solo che è stato troncato tutto troppo presto o non è mai esistito….

Forse a lui di me non importa nulla, lui ha già una sua vita perfetta.”

“Lene, se davvero a lui non importasse nulla di te, perché avrebbe dovuto farsi vivo dopo che tu l’hai trattato a pesci in faccia?”

“Me lo chiedo anch’io, vorrei che la risposta che mi do sia quella vera, che a lui io interesso.”

“L’unico modo che hai di verificarlo è ascoltare quello che ha da dirti.”

“Si, hai ragione… credo che domani lo richiamerò…

Grazie di tutto e….

Perché l’hai fatto?

Sono sparita per mesi, ho fatto la stronza, ho ferito te e Leila e tu mi aiutata nonostante tutto, perché?”

“Perché nonostante tutto questo, ti voglio ancora bene, ti considero una mia amica e io non lascio i miei amici nella merda.”

Luca si fece i complimenti da solo per il bel discorso,erano le parole di un ragazzo che credeva all’amicizia e teneva ai suoi amici, peccato che pur essendo veritiere omettevano un piccolo particolare: lui di Lene era innamorato.

Era per quello che era corso da lei, perché era un patetico innamorato senza speranza, uno che non aveva avuto il coraggio di farsi avanti e ora si accontentava di fare l’amico paziente e generoso.

In un certo senso era una tortura e si chiese quando sarebbe finita.

Avrebbe accorciato i tempi non vedere più la bionda per un po’, ma non voleva abbandonarla e comportarsi da stronzo, quindi continuava a soffrire coscientemente sperando che qualcosa cambiasse.

“Luca sei una persona fantastica, la tua ragazza sarà una persona molto fortunata.”

Questo era troppo, lei avrebbe dovuto essere quella ragazza!

“Grazie Lene, spero di esserti stata utile…

Ora però devo andare, ho litigato con mia madre prima di uscire e non vorrei mi sequestrasse il motorino.”

Che scusa patetica! Era ovvio che se ne volesse andare e che la terra gli scottasse sotto i piedi per quel complimento che invece di renderlo felice gli affondava come una lama nel cuore,  facendolo sanguinare e soffrire.

-Sono anni che va avanti così! Io sono stanco.

Perché non ho avuto il coraggio prima? E ora?

Ora cosa devo fare?-

“Tutto bene Luca?”

“Certo, scusa se sono stato brusco, ma lo sai che rompicoglioni sia mia madre e che casini stratosferici crei dal nulla.”

“Me la ricordo, non credo di starle simpatica.”

“Come tre quarti della popolazione mondiale, stai tranquilla Lene non sei l’unica.

Ora vado.

Ciao e pensa a quello che ci siamo detti.”

“Lo farò… Grazie, mi hai aiutato molto.”

Lene gli sorrise, un’altra lama si infilò nel suo cuore, lui sopportò stoicamente e sorrise.

“Prego.”

Uscì da quel bar, salì di nuovo sul motorino e partì a tutto gas, zigzagando per il traffico, alla ricerca del suo posto preferito, li forse sarebbe riuscito a calmarsi.

Era stanco di tutto e di tutti, avrebbe solo voluto staccare e andarsene da quella vita in cui a volte si sentiva prigioniero.

Il suo posto preferito era un angolo di parco che raggiunse dopo aver parcheggiato il motorino e scavalcato la recinzione che vietava l’ingresso notturno dei visitatori, sentiva gli occhi prudere, eppure non voleva piangere, non ancora.

Finalmente arrivò in quel fazzoletto di prato nascosto dietro  alberi e cespugli  che lo rendevano inaccessibile a chi non o avesse conosciuto e scovato per caso e si stese per terra sull’erba morbida.

Girardi notò che le stelle erano sparite,nel tempo che lui era stato nel bar a parlare con Lene un manto nero di nubi aveva coperto quei puntini luminosi, così come era stato coperto il suo buon umore.

Voleva scacciare l’immagine di Lene dalla mente, era talmente impegnato a farlo che non si accorse che ormai stava piangendo come un bambino, l’unica cosa che fu in grado di fermare quella spirale perversa fu una frase.

- Le stelle brillano anche quando non ci sono.-

Quella frase l’aveva detta suo padre tanti anni prima una notte d’estate in cui l’aveva trovato imbronciato a guardare il cielo sulla terrazza di casa loro in Sicilia, se lo ricordava perfettamente.

[Il piccolo Luca era accovacciato per terra sulla terrazza di casa sua, era la notte di San Lorenzo e lui guardava triste il mare, che solitamente era una tavola piatta e calma, agitarsi.

C’era burrasca, nuvole nere oscuravano la notte, impendendo al bambino di guardare le stelle cadenti, quella notte non avrebbe potuto esprimere i suoi modesti desideri, si sentiva fregato.

Mentre era perso in contemplazione del mare la porta finestra si aprì alle sue spalle, permettendo a suo padre Antonio di uscire a fargli compagnia, visto che si sedette accanto a lui.

“E così sei qui….mamma ha preparato la torta.”

“Non la voglio….

Papà le stelle non ci sono, come faccio a vederle cadere?

Se non le vedo cadere non potrò esprimere i miei desideri!”

Suo padre aveva sorriso, gli aveva scompigliato i capelli e poi gli  aveva risposto.

“Le stelle brillano anche quando non ci sono, quindi esprimi pure i tuoi desideri, loro ti ascolteranno, Luca.”

“Ne sei sicuro papà?”

“Certo, non tutto quello che esiste noi lo vediamo e se credi in qualcosa non hai bisogni di vederlo per sapere che è vero, come il nonno crede a Dio tu puoi credere alle stelle, no ?”

Il bambino aveva annuito ed aveva espresso il suo desiderio.]

-Hai ragione papà.

Le stelle ci sono anche quando io non le vedo….

Non posso mollare, anche se ora sto soffrendo.-

Più sereno, si alzò dal prato e uscì dal parco, le stelle non brillavano quella sera ma ora era certo che ci fossero comunque.

 

Francesca si sentiva inutile.

Dannatamente inutile.

Da quando Tom aveva portato Bill alla clinica e poi l’aveva cercata per fare l’amore e d erano rimasti abbracciati a piangere si sentiva come se non fosse di alcuna utilità, invisibile e sofferente lei stessa.

Tom ovviamente soffriva, era molto legato al fratello, lei lo sapeva benissimo, ma anche lei era legatissima a Bill, nonostante per anni non si fossero parlati quel filo che li univa non si era spezzato ed era una sofferenza tutto quello che era successo.

Dopo le lacrime, la parole pronunciate per consolarlo, lui si era alzato, si era rivestito ed aveva detto che andava da Gustav o a fare un giro perché in quella casa al momento si sentiva mancare l’aria.

Fay lo capiva, tuttavia non poteva fare a meno di sentirsi sola ed abbandonata, pur sapendo che erano pensieri egoisti, lei avrebbe reagito in modo simile se a Luca fosse successo quello che era successo a Bill.

Aveva pulito un po’ l’appartamento più per occupare tempo e mente che per necessità o convinzione, inutile negare che fosse una pessima casalinga, ma il peso di quella situazione non si spostava di una virgola.

Avrebbe voluto avere una figura simile a quella del genitore per poterne parlare, anche se sapeva che erano pensieri e desideri inutili, in fondo se l’era sempre cavata da sola.

Forse quella cosa era troppo grande anche per lei, non lo sapeva,

Aveva cucinato, aspettato Tom che sembrava essersi dato alla macchia fino a che tutto fu freddo ed immangiabile, era in momenti come quelli che si chiedeva se lui provasse davvero qualcosa per te.

-Cazzo Fra! Oggi ha ricoverato suo fratello in una clinica, è ovvio che voglia stare per i cazzi suoi, non stargli addosso!-

Sparecchiò e lavò i piatti,solo allora sentì la porta d’ingresso aprirsi e Tom fece capolino dalla porta della cucina.

“Scusa ho mangiato fuori, mi sono dimenticato di avvisare….”

Tranquillo…

“Vado in camera “

Lei annuì e si sedette in salotto davanti alla televisione, sentendosi ancora una volta sola, perché stavano affrontando quel dolore da soli?

La lacrime iniziarono a scendere sulle sue guancie facendole guardare le tv senza vederla veramente, non la ascoltava , era mero rumore fatto apposta per riempire quel vuoto.

Dopo un po’ sentì le note della chitarra di Tom provenire dalla sua camera, facendo spandere per tutto l’appartamento una melodia dolce e struggente che raccontava di dolore e nostalgia.

Quella musica la fece alzare, titubante e raggiungere la loro stanza da letto, lui era seduto su di una sedia, lei non sapeva cosa fare, sedersi o meno sul letto?

A passi incerti si sedette su letto, chiuse gli occhi e sia abbandonò alla melodia lasciando che altre lacrime scendessero, sentendole per la prima volta condivise.

Era talmente presa da tutto quell’insieme di sentimenti da non accorgersi che la melodia era finita, Tom aveva infatti appoggiato la chitarra sul suo sostegno contro la parete della stanza e si era seduto accanto a lei a guardarla in silenzio.

Se ne era accorta solo quando si era sentita abbracciare da dietro e la testa di Tom si era appoggiata sulla sua spalla, stava bene in quel calore, non poteva negarlo, ma quell’insicurezza non se ne voleva andare, non ancora.

“Mi dispiace di averti lasciato da sola….”

La frase venne pronunciata a voce talmente bassa, che Francesca per un attimo dubito che fosse stata detta davvero e che non fosse solo un parto della sua immaginazione.

“Davvero?”

“Si, lo sapevo che stavi male, ma non riuscivo a starti vicino, stavo troppo male anch’io.

Mi dispiace.”

Non disse nulla, era alla ricerca  delle parole giuste, quando avrebbe voluto solo domandargli cosa ne sarebbe stato di loro ora, senza più Bill a fare da collante.

“Non ti preoccupare, io…capisco.”

Fay…. Sei strana…

“è tutta la situazione….”

Si sentiva così fragile, da avere quasi paura a mostrarsi, lo sentì sospirare, poi si staccò da lei, si alzò e si posizionò davanti a lei per poi alzarle il volto.

“Cosa c’è?”

“Sto male! Per Bill, per quello che gli è successo, per non averlo saputo aiutare  in un qualche modo e per noi…

Fay, sto male anch’io per mio fratello, è per quello che oggi sono uscito.

Avevo bisogno di pensare, capire cosa fosse meglio fare, insomma affrontare tutto questo.

Io non sono mai stato troppo lontano da mio fratello, lo sai e non so come gestire questa situazione al meglio, ma sono certo di una cosa… l’ho capito durante il mio girovagare….

Insomma, l’unico modo per aiutare Bill è credere per lui, cercando di evitare le lacrime, , almeno quelle che non servono a sfogarci, non sei d’accordo?

Lui vorrebbe vederci sorridere, non credi?

E poi cosa significa che sei preoccupata per noi?”

“Hai ragione Tom, devo credere in lui, piangere non mi aiuterà di certo, non ora almeno.

In quanto a noi sono preoccupata per quello che siamo, cosa siamo noi?

Senza Bill cosa siamo noi?”

Lo vide spalancare gli occhi, forse sorpreso dalla domanda, Francesca iniziò a preoccuparsi della possibile risposta, quale sarebbe stata?

“Tu pensi che io stia con te solo perché ho avuto bisogno di sostegno per affrontare questa storia di mio fratello?”

“Ne ho paura Tom, io non so cosa sono per te.”

Si abbassò al suo livello, sempre guardandola negli occhi o sorridendo impercettibilmente.

“Non sto con te solo perché ho bisogno di aiuto,  non è vero e lo sai, perché lo sai vero?

Io sto con te, perché a te ci tengo e scusa per il gioco di parole, purtroppo però non so dimostrarlo ….

Fay io a te ci tengo davvero ….”

Sembrò voler aggiungere qualcosa, ma poi rimase in silenzio, Francesca era quasi certa di aver capito cosa, era il tanto sospirato”Ti amo”che avrebbe voluto sentirsi dire da lui.

La mora sapeva quanto fosse difficile per lui pronunciare quelle due paroline, perciò pur leggermente delusa, gioì comunque a quella dichiarazione incompleta.

“Grazie e … scusa non volevo buttarti addosso i miei problemi.”

“Smettila, te l’ho già detto che è così che funziona.

Io ti parlo dei miei e tu mi parli dei tuoi, prova ad appoggiarti a qualcuno ogni tanto, so perfettamente che per te, data la tua esperienza non è facile, ma potresti scoprire che ogni tanto c’è qualcuno disposto a starti a sentire ed aiutarti…

Francesca annuì e sorrise, Tom annuì a sua volta e la baciò, dolcemente, delicatamente come se volesse esprimere attraverso quello tutti suoi sentimenti.

Francesca si sentiva sciogliere sotto quella dolcezza, si stese sul letto e afferratolo per la maglietta lo trascinò con sé, godendosi il contatto con il suo corpo, le carezze  e i baci sul collo.

Rimasero un tempo indefinito a coccolarsi e  baciarsi su quel letto, come non le accadeva da tempo o forse non le era mai successo.

Quella paura sembrò sparire per  po’ e lasciare spazio solo all’amore che provava per quel ragazzo che ora la teneva abbracciata  a sé come se fosse la cosa più preziosa che avesse.

L’unica a cui tenesse al momento.

 

Il giorno dopo fu una tortura per lene.

Andò a scuola e provò a concentrarsi sulle lezioni, le riusciva difficile, il suo cervello continuava a rimbalzare come una pallina impazzita dalla telefonata di Georg, alla sua scenata , al discorso di Luca.

Non riuscì a concludere nulla se non ottenere un gran mal di testa che la lasciò stordita alla fine della giornata scolastica e desiderosa di mettersi a letto.

Si cucinò il pranzo, il cellulare per fortuna taceva ancora, Farid sembrava non avere voglia di cercarla quel giorno, non aveva voglia di sentirlo, qualcosa aveva iniziato a cambiare nel suo atteggiamento verso il turco.

Per la prima volta dopo due mesi la bionda cercò seriamente di concentrarsi sui compiti e riuscì a concludere in modo decente quelli di matematica e di tedesco,dopo avrebbe dovuto studiare inglese.

L’avrebbe fatto non perche volesse farsi perdonare da sua madre, ma perché lei voleva farlo, capiva che il suo atteggiamento non avrebbe portato a nulla, solo a una vita vuota.

-Ma prima una sigaretta…

Bizzarro che queste cose ora inizino a piacermi.-

Uscì sul terrazzo, la vita continuava  a scorrere calma e serena nel suo quartiere, i bambini giocavano nel parchetto dove tante volte aveva giocato lei da piccola, in passato quell’assenza di avvenimenti l’aveva disturbata ora si sentiva calmare.

Tornò dentro, studiò inglese, guardò un po’ di televisione, la sana routine di una volta, in cui forse non era poi così male tuffarsi ogni tanto, che la rabbia che aveva dentro si stesse spegnendo lentamente?

Non lo sapeva e forse non era nemmeno così importante, era stufa di analizzare tutto quello che le accadeva.

Verso le sei e mezza sua madre la chiamò per avvisarla che non sarebbe tornata per cena, fu una conversazione fredda che le lasciò l’amaro in bocca.

-Comprensibile Lene, l’hai trattata a pesci in faccia in questi mesi.

Ovvio che adesso sia arrabbiata e delusa da te.-

Lene Kaufmann sospirò,doveva tornare in cucina ed arrangiare una cena decente, peccato che non ne avesse voglia, così schiaffò in forno una pizza surgelata.

-Che schifo…

Bha…però forse stasera potrei progettare una serata svacco, sperando che nessuno si faccia sentire.-

A smentire quel desiderio il cellulare iniziò a squillare insistentemente, Lene guardò chi fosse sbuffando, era Farid e per la prima volta da quando lo conosceva, pensò:”Che cazzo vuole?”.

Quando rispose cercò comunque di mantenere un tono calmo e tranquillo.

“Pronto?”

“Ciao, piccola!”

“Ciao.”

“Come va?”

“Come al solito…

“Ehi ti sento spenta, so come accenderti!”

“Tranquillo, ho solo avuto una giornata pesante a scuola.”

“Vero, tu ci vai ancora?

Che ci vai a fare, bambina?”

“Lo sai che mia madre pianterebbe dei casini se non lo facessi, comunque cosa vuoi propormi?”

“Di andare a ballare, c’è da festeggiare.”

Lene rinunciò a chiedere per cosa, non era certa di volerlo sapere.

“Non lo so…domani ho scuola…

“E da quando ti importa della scuola?”

-Prima che arrivassi tu m  importava e molto, lo sapevi Farid Schimt?-

“Lo sai…

“Si, tua madre….

Dai Lene!”

A malincuore dovette cedere odiandosi per questo, era una persona senza spina dorsale!

-Cazzo Lene! Credevi che la nuova versione di te stessa fosse forte, bhe ti sbagliavi!

Basta che il tuo ragazzo faccia sentire la sua voce imperiosa e tu corri come un cagnolino! Questo non va bene!-

La bionda dovette dare ragione alla sua coscienza, doveva iniziare a fare qualcosa per cambiare quello stato di cose, tuttavia al momento era incastrata in quella serata così si diresse in bagno per fare una doccia.

Prima di entrare nel box si guardò allo specchio, l’immagine che quello che gli rimando era quello di una ragazzina dallo sguardo spento, stanca, che non era soddisfatta di se stessa e della sua vita.

Alla fine si buttò sotto il getto dell’acqua, si asciugò e veleggiò verso la sua camera per vestirsi, non aveva voglia di mini e calze, quindi optò per un paio di jeans talmente stretti che le davano un vago senso di claustrofobia, in passato aveva amato vestiti larghi e comodi e una camicia, per quella sera le magliette scollate e striminzite potevano andarsene al diavolo.

Si asciugò i capelli, quel biondo la stava stufando, li piastro e si truccò, con un trucco tendente al nero, in un modo  che il suo ragazzo non avrebbe apprezzato di sicuro, poi acchiappò un maglioncino, il giubbino, le chiavi del motorino ed uscì, non prima di aver lasciato un biglietto a sua madre.

Farid storse il naso non appena la vide, si aspettava la solita bambolina invece di quella ragazza dal look più sobrio che si era trovato davanti, ma non fece commenti.

Iniziarono andando in un bar, chic, lussuoso, in cui tutta la compagnia entrava solo ai soldi guadagnati dal turco per poi trasferirsi in una discoteca.

La vecchia Lene non aveva mai amato le discoteche, troppo chiassose e con un genere di musica che non le andava a genio, la nuova Lene se le era fatte andare bene, ora un rigurgito della sua vecchia personalità stava riemergendo.

Il locale era ampio, buio, con il balcone su l lato destro, la pista al centro su cui ballavano cubiste disinibite  e i divanetti sulla sinistra, Lene si lanciò su quelli.

“Vieni a ballare?”

“No, ti avevo detto che ero stanca.”

“Sei strana stasera.”

“Non mi pare.”

“Come credi, io vado a ballare.”

Il turco si buttò in pista, forse credendo di far leva sulla sua gelosia, stranamente invece non le fece un effetto particolarmente brutto vedere una ragazzina più piccola di lei strusciarsi lasciva su Farid e provare a baciarlo.

L’unica cosa che la spinse  ad uscire fu la voglia irrefrenabile di una sigaretta, vagò per un po’ nel locale finche non intravide le uscite di sicurezza e spinse il maniglione antipanico, fuori la notte era fredda ma stellata.

Si accese la Marlboro immediatamente,lasciando che il primo tiro le bruciasse la gola,intanto guardava le stelle e si chiedeva se Georg fosse stato sveglio o meno, Farid non avrebbe approvato, ma lei voleva sentire cosa avesse il fratello da dirle.

Luca aveva ragione, perché avrebbe dovuto farsi vivo ancora se quei giorni erano stato solo una finzione?

Soprattutto dopo la sua scenata da isterica se a lui non fosse importato nulla di lei l’avrebbe mandata a quel paese, tuttavia per far si che si decidesse a comporre quel benedetto numero fu necessario che si fumasse un’altra paglia.

Tossicchiando, cercò il cellulare nella borsa striminzita e lo trovò.

Georg rispose dopo u po’ di squilli a vuoto.

“Pronto?”

“Georg sono Lene….”

“Lene! Che bello sentirti! Che hai deciso?”

Sentire quella voce traboccante di attesa mista ad affetto le scaldò il cuore, il suo istinto ormai credeva che il fratello fosse davvero interessato a lei, mancava solo la ragione da convincere.

“Vorrei vederti… domani mattina prima di scuola se per te va bene.”

“Non c’è problema, a domani ….le sette e mezza?”

“Si.”gli disse il nome di un bar.

“Va bene, a domani Lene.”

“A domani Georg.”chiuse la chiamata sorridendo.

“Era per questo che eri strana!”

Sobbalzò, non aveva sentito la porta aprirsi dietro di lei e ora la voce arrabbiata di Farid le giunse come un piccolo shock a cui era impreparata.

Cosa voleva?

“Cosa c’è farid?”

“Tu vuoi sentire ancora il tuo fratellastro dopo la farsa a cui ti ha sottoposto?

Sei ingenua, troppo ingenua!

Non ti permetterò di farlo!”

“Si? Cosa vuoi fare? Chiudermi in casa ? picchiarmi?

È mio fratello, non il tuo! Io decido cosa fare con lui e che rapporti averci, tu non puoi intrometterti!”

“Io mi preoccupo per te!”

“Tu ti preoccupi solo di perdere la ragazza che ti adora incondizionatamente, sai ho capito che sono il tuo di cagnolino non quello di Leila.

Di Lene Kaufmann come persona non ti importa nulla!”

“Stai dicendo delle stronzate!”

Farid Schimt non prendermi per il culo ti sei fatto vivo solo per farmi rompere con mio fratello, prima no, come se temessi che stando con lui smettessi di farti da zerbino!”

Il primo schiaffo le giunse inaspettato.

“Non alzare troppo la cresta, Lene.

Ti dipingi tanto da vittima, come se io ti avessi sfruttato ed illuso, ma sapevi benissimo come ero!”

“Si, un approfittatore! Un puttaniere!”

Le arrivò un altro schiaffo.

“Non  ti azzardare a parlarmi così! Se io sono un puttaniere, tu sei solo una puttanella ed è così sai?

Sei capace solo di fare il cagnolino con le persone, senza un briciolo di dignità!

Non impressioni nessuno, tantomeno me, quel Georg ti vuole solo fregare e io non ti farò fare questa cazzata, tu sei mia e basta!”

“Io non sono di nessuno! Vaffanculo Farid!”

Corse via, lo sentì iniziare un inseguimento, ma lei fu più rapida ad arrivare al motorino, era talmente spaventata dalla piega che aveva preso la discussione e dalla rabbia che aveva letto nello sguardo del moro che partì a razzo senza nemmeno infilarsi il casco ne recuperare la giaccia all’interno.

In quel viaggio rabbrividì e pregò, pregò che Farid non facesse qualche stronzata o non la inseguisse con la macchina e  di non fare un incidente.

Aveva paura, sentiva il cuore batterle nella cassa toracica così forte che sembrava li li per uscire o scoppiare, cosa poteva fare? Dove poteva andare?

Automaticamente l’inconscio di Lene le fece percorrere la strada che portava al condominio dove abitava Luca, scossa, senza nemmeno realizzare pienamente dove fosse e cosa dovesse fare salì le scale a due gradini alla volta.

Quando arrivò davanti alla porta dell’appartamento dei Girardi era ormai in apnea, a corto di ossigeno, così si appese al campanello senza forze, provocando un suono potente e fastidioso.

Fu Luca a venirle ad aprire, sbigottito e in quella supponeva fosse la sua tenuta da notte, ossia i pantaloni di una tuta e una maglia di un gruppo rock, lei gli si buttò tra le braccia prima che lui potesse dire qualsiasi cosa.

Lui la strinse, inizialmente incerto, poi sempre più forte.

“Andrà tutto bene, ci sono qui io…

Cosa è successo?”le sussurrò dolcemente all’orecchio.

Farid…. Io ho paura ! è come impazzito!

Ti prego, aiutami!”

Lui annuì e continuò a cullarla, finché un ruggito in italiano la fece sobbalzare, doveva essere Anna la madre di Luca, lui rispose con un sibilò irato e la donna si ritirò sbattendo la porta.

“Entra, Lene…

Ti faccio una camomilla e tu mi racconti tutto, ok?”

Lei annuì e a malincuore si staccò da quell’abbraccio che l’aveva consolata per seguirlo dentro il piccolo appartamento silenzioso, dopo che lui ebbe chiuso la porta alle sue spalle.

“Posso fumare?” chiese con voce bassa e tremante.

Certo…” le allungò un posacenere dopo aver messo a bollire l’acqua necessaria per la camomilla.

Lei accese la Marlboro, aspirando avidamente quel fumo che le grattava i polmoni e le faceva lacrimare gli occhi o forse erano la tristezza e la paura a provocare quell’effetto.

Lene…calma, qui sei al sicuro, non può farti più nulla.”

Abbandonò la sedia su cui era seduto per abbracciarla.

“Lo so, ma cazzo, mi ha mollato due sberle!

Lui mi ha sentito telefonare a Georg, volevo vederlo, sai per sentire cosa avesse da dirmi e lui, Farid, non era d’accordo.”

Lene riprese a tremare,

“Ha detto che ero tropo ingenua, che lui mi avrebbe fregata e lui non l’avrebbe permesso… io ho reagito, ho detto che Georg era mio fratello e lui non doveva entrare nella questione.

Poi.. gli ho detto che di me non gliene fregava nulla, che ero il suo zerbino, lui mi ha dato della puttana…

Un casino. Sono scappata!

Ho paura!”

“Ci sono qui io…adesso bevi e ti metti a letto, dopo aver avvisato tua madre.”

Fece come gli ho detto, bevve la camomilla, usufruì del bagno di casa Girardi . chiamò sua madre, la quale non fece obbiezioni, aveva sempre trovato Luca un bravo ragazzo che aveva avuto la sfortuna di nascere nella famiglia sbagliata e sarebbe stata contenta di una loro eventuale storia.

Lene chiuse la chiamata sentendosi un automa, infatti, come le aveva detto il ragazzo, accettò un maglia di Luca come pigiama, per poi mettersi a letto.

Lui si sedette accanto a lei e le accarezzò i capelli, sussurrando”andrà tutto bene, tranquilla…

E con quelle parole di sottofondo, sentendosi più serena, si addormentò, grata a Luca, come mai nella sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Buongiorno^^

C’è un piccolo passo di Tom vero il tanto sospirato”Ti amo” a Fay….

E verso la soluzione del rapporto  Lene-Georg!

In ultimo…. Ma non meno importante….. ho i biglietti per il concerto di Milano del 12 aprile!

Ci vado con Hana Turner! Evvai!!!

Ora passo ai ringaziamenti^^

 

Big Angel Dark :Strana, ma spero in senso bello^^.

A me è piaciuto scriverla^^.

Sono contenta che ti piaccia il rapporto Bill-Leila, sono molto teneri.

Lene e Georg…. Come vedi qui qualcosa si sta risolvendo^^

 

_Pulse: sono contenta che l’incubo ti piaccia, anche  a me piace scrivere di queste cose.

Bill…è molto tenero in effetti^^ e Leila finirà di pagare per i suoi errori prima o poi^^.

In quanto a Lene e Georg bisognerebbe fare un monumento a Luca, no?

Ciao^^

 

Schwarz Nana : come al solito i sogni interpreti i sogni da Dio^^.

Hai colto esattamente quello che volevo dire e forse qualcosa che era sfuggito persino a me XD!

Sono contenta che ti piaccia questo capitolo.

In quanto a Leila, concede a Bill di “giudicarla” perché in fondo prova qualcosa per lui anche se non ne è consapevole e vorrebbe nona vere questo passato^^.

Lene… Come vedi qui si arriva a qual cosina e anche per Tom e Fay, anche se quel dannato”ti amo” ancora non arriva…

Arriverà, don’t worry!!

Alla prossima!

Ciao!

 

 

bambolina elettrica: Grazie sono davvero contenta che ti piaccia e che si sia capito^^.

Lady Cassandra

 

 

 

Hana Turner

 

 

.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** 14)Raggi Di Sole ***


14)) Raggi di sole

 

Lene si svegliò dopo un sonno  ininterrotto, la luce già filtrava dalla finestra della camera, che per un attimo non riconobbe, dov’era?

In un attimo le tornarono alla mente i fatti della sera prima, la lite con Farid, la corsa disperata a casa di Luca, il rimanere a dormire da lui, dove era a proposito?

Si accorse che nella stanza c’era un leggero russare, abbassò lo sguardo e vide Luca dentro ad un sacco a pelo ed avvolto in una coperta, un sorriso le si allargò sul volto.

Era dolcissimo, la tenerezza la stava sommergendo, avrebbe voluto abbracciarlo, ma non voleva creare fraintendimenti, non sapendo lei stessa che significato  a quel gesto, così rimase ferma.

Lo guardò per dieci minuti buoni, gli occhi chiusi, i capelli sparsi sul cuscino improvvisato, le coperte che si alzavano e si abbassavano al ritmo del suo respiro, era semplicemente stupendo, sentiva di volergli un’infinità di bene.

Lentamente le sue palpebre iniziarono ad alzarsi , Luca aprì gli occhi, si stiracchiò e sorrise.

“Ciao Lene…

“Ehi Luca…

“Come va?

Stai meglio?”

Lei annuì.

“Grazie Luca, non so cosa avrei fatto senza di te.”

“Di niente Lene. Lo sai che ci tengo a te…

La ragazza sorrise, poi guardo la sveglia, segnava le nove e un quarto..

“Cazzo Luca, siamo in ritardo!

Leva quelle chiappe dal sacco a pelo!”

“Lene, calma!

Le nostre mamme si sono sentite, abbiamo il permesso di stare a casa, ok?

Però tu devi risolvere i tuoi problemi, almeno questo ha detto tua madre.”

“Ha ragione Luca… ho fatto troppe cazzate in questo periodo, la mia vita non ha senso, la devo riprendere in mano.”

“Così ti voglio Lene!”

“Grazie Luca, ora so qual è la prima cosa da fare….”

“Cioè?”

“Chiamare Georg, voglio parlare con lui, chiarire, stamattina avevamo un appuntamento e gli ho dato buca.”

Luca la guardò un attimo negli occhi, lei si sentì trapassata da quegli occhi scuri  e quasi freddi che le scandagliavano l’anima.

“Lene, sei sicura di farlo perché vuoi davvero parlare con Georg o perché, in un certo senso vuoi fare un dispetto a Farid?”

Luca… non ti preoccupare…

Non voglio farlo per dimostrare al mio ragazzo che so cavarmela da sola, ma perché davvero voglio chiarire.

Vedi, io non posso credere, o meglio una parte di me non può credere che tutto quello che abbiamo vissuto sia stato davvero una farsa come dice Fari.

È una cosa che devo verificare e posso farlo solo parlando con lui, Georg…

Non ho altri modi, credimi è per questo che lo faccio.”

“D’accordo Lene.”

La ragazza compose il numero del fratellastro, che rispose al primo squillo e con un tono stizzito.

“Cos’era quella di stamattina?

Una punizione? Uno scherzo?

Beh se lo era ti sei divertita solo tu, io no!”

“Scusa Georg, è successo un casino e non sto scherzando…

Farid ieri sera ha sentito la telefonata, abbiamo litigato, lui non vuole che mi faccia viva con te…

Insomma… la litigata è stata…pesante, ecco e sono scappata a casa di Luca.”

“Pesante quanto?”

Tanto….”

Lene…ti ha picchiata per caso?”

Lene tacque, non sapeva cosa dirgli, alla fine optò per la verità.

“Mi ha dato due sberle…

“OK Lene.. sei ancora da Luca?”

“Si..”

“Aspettami che ti raggiungo lì allora…

“Georg non ti sto prendendo in giro!  Mi credi, vero?”

“Si, ti credo, sono solo preoccupato per te….

È grave quello che ha fatto…

“Lo so, ho paura anch’io…

“Aspettami, arrivo..”

La ragazzina chiuse la chiamata sospirando, Luca la guardò incerto, non sapendo l’esito di quel colloquio.

“Allora?”

“Allora, ha detto che viene qui, sono preoccupata…

“Non capisco, tu hai voluto questo incontro.”

“Si, l’ho voluto io, ma ho paura, lo so che è irrazionale, però da adesso in poi è come se io decidessi e volessi il cambiamento.

Non so spiegare, prima mi era caduto addosso scelto da altri e io faticavo ad accettarlo anche se apparentemente i miei desideri realizzati.

Voglio dire, per anni ho desiderato mio padre e quando l’ho avuto mi sono accorta che… rimpiangevo la mia vecchia vita, in cui in fondo non stavo male.

Ho paura che, non so, possa succedere lo stesso….”

“Lene, ho capito..

Hai paura, è normale, la proviamo tutti, l’ho provata anch’io.

Quando ci siamo trasferiti dalla Sicilia all’Italia avevo una fottuta paura, la mia vita in Italia non era stata bella, ma non volevo lasciarla, mi mancavano le cose, i volti delle persone, gli edifici della città.

I primi tempi sono stati una merda, senza contare mia madre.

All’epoca da noi viveva anche Francesca e lei la trattava da schifo, talmente male che ci siamo trasferiti a Berlino per un capriccio di mia madre fatto per ferire lei.”

Lene lo guardava stupita, era raro che Luca parlasse del suo trasferimento a Berlino, lei si era fatta l’idea che sotto ci fosse qualcosa di grosso, ora forse le sue teorie si sarebbero confermate o smentite.

“Luca, posso chiederti cosa è successo?”

Bhe….penso di potertelo raccontare….

Mia madre ha sempre picchiato Fra, te l’avevo già detto, ma soprattutto dove stavamo prima di venire qui, erano scontri continui.

Mia madre criticava le amicizie che aveva, cercava ancora più pretesti per litigare con lei, visto che sembrava essersi infilata in un bel giro di amicizie.

È buffa questa cosa, perché tra gli amici di Fra c’era anche Georg e i suoi compagni di band….

Comunque….. Francesca con loro stava bene, sembrava essere una ragazzina della sua età e non quella sempre un po’ chiusa in sé stessa che era diventata da quando nostro padre era finito in carcere.

Era una serenità destinata a non durare, purtroppo una sera si fermarono da noi a mangiare, mia madre li ricoprì di moine per tenerseli buoni, aveva capito che erano ricchi, ma sotto sotto li odiava, così quando  Francesca scappò in terrazza come al solito per riflettere e quello che sarebbe diventato il suo ragazzo di adesso la raggiunse fu il finimondo.

Mia madre fece una scenataccia credo, provò a risolvere la questione a suo modo, ossia con le botte, tutto ciò che ottenne fu che Fra quella notte dormì da Tom e Bill .

Nei giorno seguenti ci fu una guerra spietata da parte sua contro Fra, fino a che una sera ci spedì dai nostri vicini di casa che odiava per poter fare i conti con lei.

La picchiò di sicuro perché quella notte lei non tornò a casa e verso mezzanotte arrivò una telefonata a casa, io la ascoltai anche se sapevo che se mi avesse sgamato sarebbero stati dolori.

Avevamo due telefoni in casa, sai come nei film, se tiravi su il ricevitore dell’altro mentre qualcuno parlava nel primo si sentiva tutta la conversazione e così scoprii tutto.

Fra era stata ricoverata in seguito a un overdose ed era piani di lividi, in quel momento sentii un tale rabbia verso mia madre che ringrazio il cielo che all’epoca avessi solo dieci anni, se ne avessi avuti di più sarebbe finita male, in testa mi girava l’idea di restituirle un po’ delle botte che aveva dato a mia sorella.

Ero certo che l’avesse picchiata fino a che lei, disperata, si era arresa a quella merda che aveva tanto aveva odiato, in ogni caso, mia madre recitò bene la parte dell’afflitta e lasciò il paese per Berlino, tagliando fuori Fra dalla su amicizie.

Questo è quanto…

Lene rimase in silenzio, la sua paura si era notevolmente ridimensionata sentendo quel racconto,  sua madre non era come Anna, la sua situazione migliore rispetto a quella dell’italiano.

Poteva riuscire a portare a termine quel incontro in modo soddisfacente, anche perché era troppo tardi per scappare, una scampanellata annunciò l’arrivo di Georg.

“Grazie Luca… sei una persona splendida e un vero amico.”

Per un attimo vice gli occhi dell’amico velarsi, poi uno dei suoi sorrisi luminosi fece capolino e lui si schermì come suo solito.

“Ma figurati…. È normale no?”

Non lo era, pochi avrebbero fatto quello che lui stava facendo, visto come l’aveva trattato in passato, dopo la sfuriata del bar non gliel’aveva fatto più nemmeno pesare, quel ragazzo era una perla.

Si avviò verso la porta e la aprì, Georg era davanti a lei, preoccupato.

Lene gli sorrise timida, lui la squadrò forse cercando segni di violenza sul suo volto.

“Non ci è andato giù pesante…

“No, per fortuna no…

Forse non ha fatto in tempo o forse chissà gli sono solo saltati i nervi.”

“Non giustificarlo, possono saltarti i nervi con la tua ragazza, ma non puoi alzare le mani contro di lei, è da animali.”

Lei abbassò gli occhi, lui che era ancora sulla porta dell’appartamento, a quel gesto in due falcate si portò verso di lei e l’abbracciò, Lene ci si abbandonò come una bambola di pezza.

“Lene, mi dispiace non volevo scattare con te, solo sono preoccupato…

“Non ti devi scusare”mormoro lei stretta tra quelle braccia in cui si sentiva protetta.”hai ragione…

“Io e te dovremmo parlare…

“Lo so, ma mi puoi tenere abbracciata ancora un ?

Lo so che non ne ho alcun diritto…

“Va bene… Non ti preoccupare.”

Così fece fino a che il tossicchiare discreto di Luca le ricordò che lui era lì per un motivo, spiegarle interamente le ragioni della vacanza di Lene a casa di lui della settimana precedente.

“Credo dovremmo parlare…

“Si hai ragione….”

I due si trasferirono sul divano, Luca sparì in camera per poi ricomparire con una giacca in mano, lei lo guardò senza capire.

“Dove vai?”

“Non voglio disturbarvi, vado a fare un giro.”

La bionda guardò Georg in cerca di conferme prima di parlare per esprimere il suo disappunto ed invitare il moro a rimanere, il piastrato fece un lieve cenno affermativo, per lui non c’erano problemi se Luca fosse rimasto.

“Per noi non c’è nessun problema se tu rimani, anzi ne saremmo felici,”

Luca mollò la giacca e fece uno strano ghigno.

“Avete bisogno di un giudice di pace, fratelli Listing?”

La ragazza arrossì nel sentirsi chiamare così, non ci aveva mai pensato che potesse succedere.

“Smettila Lou!”balbettò nervosa.

Inaspettatamente fu Georg a salvare la situazione scoppiando a ridere divertito, la sua risata bastò a calmarla e a tirarle fuori un sorriso incerto.

“Chissà Girardi,… potrebbe esserci utile!

Ora però devo parlare con la mia sorellina.”

“D’accordo io mi piazzo al tavolo con il giornale e vi tengo d’occhio, pronto ad intervenire caso mai la cosa degenerasse.”

“Grazie.”

Georg la guardò dritta negli occhi poi prese la parola.

“Credo tu debba sapere la verità…

La verità è che quando papà mi ha detto di te mi sono sentito tradito in un certo senso, non volevo avere a che fare con il frutto della sua storia con un’altra.

Sono stato uno stronzo, lo so, però in quel periodo non mi giravano molte cose, la famiglia, i rapporti pessimi con i miei compagni di band.

Così, vigliaccamente ho lasciato trascorrere del tempo, sbagliando, non avevo voglia di decidere, tiravo avanti e basta.

Fino a che qualcosina si è sistemato con i miei compagni di band, è stato li che poi è arrivata Leila, mi ha raccontato che nemmeno tu te la passavi bene, frequentavi brutta gente.

Lei sembrava seriamente preoccupata per te e io ero confuso, la vita era tornata a presentarmi i conti su qualcosa che avevo tentato di dimenticare.

Mi ha chiesto di fare qualcosa per te, in fondo eri mia sorella, era un vincolo che non potevo ignorare e così le ho detto che ci avrei pensato e lei se ne è andata chiedendomi di farle sapere qualcosa.

Non sapevo cosa fare, ci ho pensato a lungo, ne ho parlato con Gustav, il batterista della band, che poi è il mio amico più fidato e lui mi ha consigliato di fare almeno un tentativo con  te.

Ci ho pensato ancora e ho concluso che non era colpa mia,ma nemmeno tua, se nostro padre aveva fatto dei casini, così ho deciso di provare a parlare con te e ho detto a Leila che ci stavo.

Il resto lo sai.”

Già….”

Si formò un silenzio inquietante, disturbato solo dal metodico rumore delle pagine sfogliate da Luca, Lene non sapeva cosa fare, sentendo Georg non sembrava una farsa, ma solo la storia di un ragazzo indeciso che alla fine, nonostante fosse stato forzato un po’ all’inizio, aveva deciso di vedere chi diavolo fosse quella sorellina che gli era capitata tra capo e collo.

Cosa fare?

-Il problema è la fiducia, Lene…. Ti fidi abbastanza di lui da credergli e provare a dargli un’altra possibilità?

Sai… è nel momento del bisogno che si vede la gente su cui puoi contare, chi ti è rimasto accanto?

Leila, Luca e ora Georg, per gli amici di Farid sei come un soprammobile, che tu ci sia o meno non importa e Farid…

Vogliamo parlare di lui e del fatto che ti tratta come una bambola di pezza?

Come ieri sera, ad esempio….-

“Lene?”

Bhe…credo di doverti delle scuse, ti ho insultato senza nemmeno lasciarti parlare e come al solito ho frainteso tutto, non c’era nessun “complotto” alle mie spalle, solo eravate preoccupati per me.

Sono stata un’ingrata, scusami.”

Questa volta fu Georg a rimanere in silenzio.

“Scuse accettate lene, questa volta potremmo fare ripartire davvero un rapporto, non sei d’accordo?”

“Si, questa volte non ci sono scheletri nell’armadio….

Sai anche di Farid…

“Si e immagino che tu abbia intuito cosa penso di lui.”

Sai…. Ora penso che tu non abbia tutti i torti, sai?”

“Pace?”

“Pace!”

I due si abbracciarono, sotto lo sguardo finto distaccato e sorridente di Luca, che gioiva segretamente del buon esito del colloquio, Lene per la prima volte pensò che ora la sua vita stava prendendo una piega più giusta.

Qualcosa stava cambiando e lei non ne aveva paura.

 

Per la prima volta danni Gustav  potè uscire da persona normale, senza una scorta ingombrante al seguito.

L’attenzione sopra il fenomeno Tokio Hotel che li aveva sempre accompagnati fin dal loro esordio da giovanissimi sembrava essere scemata, le ragazzine di cui era composto per la maggior parte il loro pubblico sembrava avessero altro da fare.

Le ultima date del loro tour non erano andate benissimo, per via anche dell’atteggiamento inconsueto di Bill e il loro stesso management aveva imposto loro una pausa.

Avrebbe dovuto essere incazzato, o almeno triste, ma al momento si sentiva solo sollevato, con tutti i problemi che avevano , sentirsi addosso anche quella pressione non era il massimo.

Bill era in clinica da un giorno, Georg forse stava risolvendo con sua sorella e Tom era spesso spento, nonostante avesse Francesca vicino, lui pregava che quella coppia non si sfasciasse, nonostante fosse nata in circostanze non esattamente favorevoli era certo che quei due fossero fatti per stare insieme.

Francesca aveva fatto il primo, si era svelata, ora toccava a Tom vuotare il sacco, era certo che l’amico fosse cotto di quella ragazza, ma non era mai stato un asso a rivelare i propri sentimenti, figurarsi ora che si sentiva spaesato.

Ok, bastava che Tom riuscisse a trovare un modo per andare avanti e forse tutto sarebbe andato meglio per quei due, se lo disse mentre era stravaccato sul divano.

-Com’è che si finisce sempre per pensare ai Kaulitz?-

Era pomeriggio, poteva iniziare a  vedere cosa fare per cena invece di pensare ai due gemelli, così si avviò verso il frigorifero, trovandolo carente di parecchie cose, il momento che aveva procrastinato da tempo era arrivato, doveva fare la spesa.

Decise di prenderlo come un diversivo e si preparò, uscire in tuta non gli sembrava una cosa da fare  ed afferrò le chiavi della macchina, chiuse l’appartamento per scendere poi nei garage sotterranei.

Dopo qualche manovra e svariate imprecazioni contro il suo vicino di posto che nonostante una macchina da ricconi non era capace di parcheggiare in maniera decente uscì e si buttò nel traffico.

Il batterista optò per un supermercato di quartiere , non molto frequentato, il luogo ideale per fare una passeggiata senza essere riconosciuti, i Tokio Hotel erano forse in declino, ma fan e soprattutto anti erano ancora una minaccia a cui lui dopo la rissa in cui era stato coinvolto qualche anno  prima era ancora sensibile.

Non gli piaceva particolarmente guidare in città , la gente era troppo nervosa per i suoi gusti, ma visto che era costretto a viverci si sorbì il tragitto e parcheggiò cercando di ignorare le imprecazioni degli automobilisti.

Gustav Schäfer entrò nel supermercato sentendosi un perfetto signor nessuno e questa era una sensazione fantastica per lui, non ci fu qualcuno che fece a caso a lui, era invisibile.

Si avviò deciso verso i carrelli,nessuno sembrava averlo notato, ma rimanere impalato sulla porta d’entrata come un perfetto cretino di certo non lo aiutava a mantenere l’anonimato.

“Finalmente si è mosso, giovanotto!”berciò una signora dietro di lei.

Come volevasi dimostrare.

Gustav litigò con il carrello riottoso, non voleva staccarsi da suoi fratelli e poi iniziò seriamente a fare la spesa, come da anni non gli succedeva.

Veleggiò verso il reparto alimentare dove lo riempì da perfetta massaia con cose necessarie e peccati di gola comprati esclusivamente per soddisfare le sue voglie o consolarsi.

Decise di passare ai detersivi, voleva provare a fare qualche lavatrice casomai i soldi fossero finiti e non avrebbe più potuto permettersi una domestica e come quando sua madre da bambino lo trascinava a fare la spesa rimase affascinato dai profumi che c’erano in quel reparto.

A Bill sarebbe piaciuto.

Il pensiero lo sfiorò e se andò così come era venuto.

Fu davanti allo scaffale degli ammorbidenti che la vide, era una ragazzina non molto alta con dei capelli resi biondo platino da troppe tinte casalinghe che le cascavano in onde poco curate sulla schiena infagottata in un cappotto forse troppo grande per lei.

Inveiva in un misto di tedesco e di una lingua non ben identificata, forse turco, contro  i fustini messi tropo in alto, Gustav ne rimase affascinato, sembrava un piccolo vulcano.

Era sicuramente straniera, ma con ogni probabilità risiedeva abbastanza in Germania da parlare un  tedesco accettabile.

Si scosse dal suo stato di coma, non voleva trovarsi un’altra vecchietta furibonda che lo esortava a spostarsi, magari con l’ausilio di un bastone, così si portò alle spalle della ragazza.

Lei non si accorse di nulla, non notò che lui stava studiando cosa volesse prendere per prenderlo al suo posto e fare una cosa carina, non era alto come i gemelli, ma era certo di arrivare in cima a uno scaffale.

Dopo che fu certo di cosa volesse si sporse verso di lei per poter prendere quel dannato fustino e passarglielo, a quel contatto la ragazzina sobbalzò e quasi si buttò sullo scaffale.

Sembrava ne avesse paura, glielo confermò il fatto che lei si girò di scatto subito dopo che lui ebbe preso quello che a lei serviva, la luce che brillava nei suoi occhi non era certo benevola.

Sotto l’illuminazione fredda di quel supermercato la carnagione ambrata di lei sembrava livida e i suoi occhi scuri ancora più grandi e neri, del tutto bellicosi a cui Gustav si sentì in dovere di rispondere quasi balbettando.

“Scusa, ma ho visto che eri in difficoltà e mi è sembrato carino recuperare quello che cerchi…

Le porse il fustino, che lei accettò titubante, per un attimo sembrò persino arrossire.

“è questo quello che ti serve no?”

Si sentiva un perfetto cretino, lei invece era palesemente a disagio.

“Si, grazie.”

“Ahm io vado!”

Telò via con la coda tra le gambe, decisamente abbacchiato, credeva di fare una gentilezza invece aveva rimediato solo una figuraccia, come al solito.

Questi approcci riuscivano meglio a Tom, che ora non li tentava più visto che Fra non avrebbe approvato e che per la storia di suo fratello era a terra e a Georg, che almeno riusciva a fare il disinvolto e non l’orso come lui.

“Ehi!” si voltò con un lieve sobbalzo, era troppo immerso nelle sue elucubrazioni per notare la leggera corsa di lei.

“Scusa , ma mi sono spaventata, grazie per avermela presa.

Io sono Shirin, comunque, piacere di conoscerti!”gli tese una mano fiduciosa.

E ora? Avrebbe dovuto dire il suo vero nome o cosa?

“Mi chiamo Gustav.”

Lei lo squadrò.

“Mi sembra di aver già sentito questo nome.”

“Ci sono molti Gustav in Germania.”

“No no, dico qualcuno di famoso…

“Ti sbagli!” trillò isterico.

“Guarda che io non vado in giro a sputtanarti….Ho capito!”

Cosa aveva capito? Iniziò a sudare freddo.

“Sei l battersita dei… aspetta…. Dei…Motel…notel….”

“Tokio Hotel…

Mormorò afflitto, scavandosi la fossa da solo.

“Wow. C’è la sorellina di una mia amica che vi ascolta.

Scusa, credo sarai abituato a queste cose.”

Figurati…di solito mi saltano addosso per una foto o degli autografi.”

Ahm….che figura di merda sto facendo…

“Tranquilla, siamo in due….

Di solito non provo ad approcciare le persone al supermercato.”

Lei rimase un attimo in silenzio.

“Che si fa adesso?”

“Non so, vuoi qualche autografo?”

“Vorrei invitarti a bere qualcosa, ma non so come potrà essere interpretata questa azione…

“Che a lei piace questo baldo ragazzone tedesco e ora piccioncini spostatevi, devo prendere quel dannato detersivo!

Non ho tempo per le schermaglie amorose io!” berciò una voce acida che Gustav associò alla vecchia dell’entrata.

Incredibilmente era proprio lei, lui sbarrò gli occhi e  trascinò via il proprio carrello e la ragazza, se possibile ancora più stupita di lui.

“Cazzo, quella vecchia mi perseguita, la trovo sempre tra i piedi!”

“Si si, ma ora perché stai trascinando via anche me?”

La mollò di colpo.

“Oddio scusa!”

“Figurati! Ma per il prendere qualcosa?”

Il suono del cellulare lo salvò da quella conversazione imbarazzante, era Georg che lo invitava a bere qualcosa, c’erano sicuramente aggiornamenti per Lene.

“Scusa, ma oggi non posso, ti va domani?”

Lei rise.

“OK, così ci prepariamo psicologicamente?”

Scoppiò a ridere divertito, quella ragazza era strana, ma simpatica.

“Esattamente, ora vado, Shirin.

Ciao!”

La salutò e uscì dal supermercato più sereno, la prospettiva di quell’appuntamento lo rallegrava non poco, in fondo anche se non era come Tom o Georg non se l’era cavata male.

 

Shirin scoppiò a ridere quando lo vide allontanarsi.

Non era una risata derisoria, solo era stata stranamente bene con lui, forse per la figuraccia condivisa, forse per altro, non lo sapeva.

Da quanto non trovava interessante un ragazzo dopo il casino con Farid?

Da troppo tempo, davvero troppo tempo.

Il turco era ancora una ferita aperta per lei sotto certi aspetti e lo sarebbe stata sempre, era stato il suo primo amore, un ricordo dolce, ma allo stesso tempo l’uomo che più l’aveva fatta soffrire.

Automaticamente si accarezzò il ventre in un gesto protettivo verso la creatura che un tempo aveva portato in grembo e che non c’era più da tanto tempo, portando con se un po’ di senso di colpa.

Era stata debole, non aveva opposto un rifiuto abbastanza fermo a Farid e di questo non si sarebbe mai perdonata, poteva aver continuato la sua vita, nonostante il tentativo di suicidio, ma nulla sarebbe tornato come prima.

La fiducia in se stessa, il sorriso, l’allegria che aveva portato nelle vite degli altri difficilmente sarebbero tornati, lei era come morta dentro da tanto tempo, consapevole di fare del male a Leila e a chi le stava accanto.

Solo con quello sconosciuto un brandello della vecchia Shirin era tornato facendola sorridere e uscire dal supermercato di buon umore.

Sorrideva ancora quando arrivò a casa, tanto che suo fratello la guardò perplesso.

“Come mai sorridi?”

“Ho incontrato una persona interessante…

“Un ragazzo?”

“Si, mi ha fatta ridere… stavo inveendo perché non riuscivo a prendere un fustino di detersivo e me l’ha preso lui.

Io l’ho guardato male, ma poi ci siamo presentati…è veramente simpatico.”

“Sono contento per te , ma sta attenta.”

“Lo so, tranquillo.”

“Lo sai che io voglio che tu ti rifaccia una vita, però sono preoccupato allo stesso tempo.”

“Non ti preoccupare Dave, ti capisco, lo so che ci devo stare attenta…

Però, una piccola parte di me spera che non saranno tutti come Farid.”

“Non tutti lo sono, è un dato di fatto.”

“Grazie per preoccuparti per me senza trattarmi come una povera scema.”

“Lo sai che non lo farei mai.”

“Per domani mi ha chiesto di vederci per un caffè…

“Vai e che Dio ti benedica.”

“Sembri papà quando fai così…

“Lo so…

Scoppiarono a ridere e si abbracciarono.

” Ti voglio bene Shirin.”

“Anch’io Dave! E ora devo pensare al mio appuntamento!”

“Ma è domani!”

“Ma io non sono più abituata agli appuntamenti!”Berciò lei, facendo alzare un sopracciglio al fratello.

“Devo iniziare a chiamarlo cognato?”

“No, però mi sento stupidamente agitata!”

“è perché è la prima volta che esci…

“Forse”

Cercò di calmarsi, eppure ossessivamente la sua mente tornò spesso a quell’appuntamento persino il giorno dopo durante le ore di scuola, in cui ogni tanto si assentava.

Leila ormai non ci faceva più nemmeno caso, credeva fosse normale in un certo senso, che facesse parte dei postumi della sua storia con suo fratello.

Per la prima volta dopo anni si ritrovò ad uscire da scuola come se quel luogo fosse una prigione, quando per lei ultimamente era stato un posto come un altro, persino la sua  amica sembrava perplessa, non la capiva.

Nemmeno Shirin stessa si capiva, ma accettava quella novità inaspettata come una cosa positiva, si sicuro era meglio dell’immobilismo.

Alla fine optò per dei vestiti semplici, un maglione a righe colorate ed un paio di jeans, continuava a sembrarle strana quella contentezza, che fosse merito del fatto che stesse tornando a una qualche specie di vita?

Si recò al quel bar carica di speranze, di lui non c’era ancora nessuna traccia, era ancora presto in fondo, tuttavia lui non arrivò nemmeno la mezz’ora dopo.

-Perfetto!- Mormorò a se stessa-Ti sei fatta fregare dalla rockstar come una ragazzina alle prime armi!-

Irritata la bionda pagò la consumazione alla cassa e uscì dal  locale, si sentì chiamare dopo pochi passi, era lui che correva trafelato verso di lei.

“scusa, ma è successo un casino!”

“Ma dai…. Magari ti ha chiamato il tuo manager o un tuo compagno di band?”

“Un compagno di band….ma cosa succede?”

“Succede che avresti potuto avvisarmi!”

“Come? Non ho il tuo numero di cellulare!”

Bella figura, si sentì arrossire.

“Dai entriamo …se vuoi…

“No, la cameriera mi ha appena visto uscire !”

“Se vuoi cambiamo posto…

Il cellulare squillò, togliendo lei dall’imbarazzo questa volta, era Leila che la chiamava, piuttosto indispettita tra l’altro per dirle di venire al lavoro.

“Scusa non posso, mi hanno chiamata per un impegno….facciamo …. Un’altra volta?”

“Si, ok….lasciami il cellulare che magari ti chiamo…

Non l’avrebbe chiamata mai più, ovviamente, rassegnata per le figuracce che aveva rimediato e per tutto il resto lo salutò e se andò.

Alla clinica ricevette una lavata di capo prima  di mettersi al lavoro, sfiduciata e depressa, dopo un po’ sentì i bip bip di un messaggio provenire dal suo cellulare.

“Ciao, come va? Gustav”

Ok, dopotutto non era andata così male come credeva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Buongiorno^^

Finalmente un po’di serenità almeno per qualcuno^^.

L’incontro tra Gustav e Shirin è un po’ demenziale, spero vi piacciaXD.

Alla prossima.

Passo alle recensioni

 

_Pulse: ahahah! Mi sa che dovrai metterti in fila per rapire Luca, riscuote molto successo.

Come vedi la storia di Lene e Georg per adesso ha un risvolto positivo^^.

Farid invece tornerà in scena nel prossimo, ma nn si farà vivo con Lene, in effetti la vicenda tra loro due è parecchio sospesa.^^

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima.

 

Hana Turner : bella l’isola dell’od ioXD! Mi sa che la mia isola è ormai un continente XD!

Per Lene e Luca, al momento non succede nulla, bisogna risolvere una cosa alla volta^^

(la verità? Non ho idea di come sbrogliare la faccenda tra di loro -_____-).

Luca è in effetti un ragazzo d’oro, mentree Andrea…. Ti ho già detto che essendo il più piccolo, il cocco di casa, è molto affezionata alla mamma e nn si rende conto di quello che succede, lo realizzerà quando crescerà^^.

Tom…. Ce la può fare a dire quelle due parole… anche se dovrà sudare le proverbiali sette camice.

Sono contenta che tu abbia rivalutato il padre di Luca e Fra^^.

Oh! Che risposta confusa @_@!

Alla prossima.

Ciao^^.

 

Schwarz Nana : Ciao^^.

Parto dalla somiglianza Luca-Sid, lontana (io Sid lo vedo forse più simile a FArid XD)ma che in effetti c’è, diciamo che entrambi avranno finali positivi, ma dovranno penare( se noti qualcosa in lene sta cambiando in quello che prove per Luca)e Sid, pur avendo un buon finale, non avrà quello che credeva.

Sono contenta che tu abbia  apprezzato lo squarcio sulla figura del padre, perché era una cosa  a cui tenevo, visto che quest’uomo forse più che figura negativa è una vittima degli eventi.^^.

Lene  e Georg… Come vedi le cose sembrano essersi appianate e sono disposti a provare a ricominciare e sono molto felice perché ritengo che sia quello di cui abbia bisogno LeneXD.

Fra e Tom…. Come posso dire? La pace è solo temporanea, ma la nuova tempesta che progetto di far arrivare risolverà parecchie cose(inclusa la dichiarazione di Tom), anche se in effetti un vero sereno si avrà solo con Bill fuori dalla clinica.

Spero che questo ti piaccia^^.

Ciao^^

 

 

Big Angel Dark :In effetti Farid si è comportato un poda carogna U.U!

Luca è un posfortunato, ma arriverà prima o pi il suo momento^^.

Spero ti piaccia l’esito del colloquio tra Lene e Georg^^.

Ciao.

 

 

 

 

bambolina elettrica: In effetti Luca e Lene sarebbero una coppia fantasticaXD.

Purtroppo di ragazzi come Farid ce ne sono troppi in giro .----.

Lene e Georg? Spero ti piaccia coeso è stata risolta^^.

Fra e Tom…. Prima o poi arriveranno alle due fatidiche parolineXD.

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima^^

 

Lady Cassandra :Grazie dei complimenti^^.

Sono contenta che ti piaccia la coralità della storia(anche se ogni tanto mi ci perdo a scriverlaXD).

Bill e Leila per ora sono un pomessi da parte, ma torneranno come tutti quando sarà tempo per loro.

Lenequalcosa si muove in lei, ma al momento è un potroppo sottopressione per accorgersi di Luca, ma lo farà^^.

Farid…. Sono contenta che tu non lo veda in modo negativo, perché io stessa non lo vedo in modo negativo, ovvio non è un santo (LUCA SI *_*), ma è una figura interessante da trattare^^.

Fra E Tom…in effetti sono un po’ la storia guida di “My way”, stanno crescendo anche loro insieme a questa trama e stanno passando un momento di dubbio che al momento non è ancora finito(la quiete prima della tempesta, ma almeno la tempesta servirà a far dire alla medusa le sue fatidiche paroline.)

Altro da dire?

Luca santo subito si!!

E spero ti piaccia la”conclusione” del apporto Lene – Georg di questo capitolo.

Alla prossima.

Ciao!

 

 

 

 

 

.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** 15)Ritorni Graditi O No? ***


15)) ritorni graditi o no ?

 

Farid non aveva mai amato essere svegliato bruscamente, soprattutto da un telefono.

Era quello che stava succedendo al momento, il suo cellulare squillava da un po’ e lui non aveva alcuna voglia di rispondere, ma avrebbe dovuto farlo, anche la ragazza accanto a lui iniziava a mugugnare qualcosa.

Era stato un coglione, non ci aveva messo molto a consolarsi dopo che Lene aveva rifiutato la sua imposizione di non vedere il fratello con una ragazza meno impegnativa, da una scopata e via.

Le ragazze con un po’ di carattere e personalità non ci mettevano molto ad andarsene, perché capivano al volo il suo problema, ossia l’orgoglio.

Dubitava che Lene fosse arrivata al vero cuore del problema, tuttavia non dubitava che se si fosse messa a ragionare un lo avrebbe presto scoperto.

Il cuore del problema….

Il cuore del problema era il suo essere un coglione, il non riuscire ad ammettere di essere ancora innamorato di Shirin.

Buffo.

Tre anni prima aveva accettato di stare con lei solo per provare una storia seria, sapendo che lei era innamorata di lui e lui la considerava solo un’ottima persona con cui fare quel tentativo.

Piano piano quella ragazzina testarda aveva operato il miracolo, sciogliendo le sue barriere, le sue incertezze, aveva iniziato a desiderare di stare sempre più con lei.

Se solo si fosse comportato in modo diverso, se solo avesse accettato di sfidare Il Boss e di finire in galera se necessario, ora sarebbe stato tutto diverso.

Peggiore sotto certi punti  di vista, il carcere non era una passeggiata da affrontare, ma almeno avrebbe avuto lei e la loro creatura ad attenderlo fuori.

Ora Shirin gli  mancava da morire, l’aveva cercata in tutte le sua ragazze, aveva creduto di trovarla in Lene, ma era come paragonare il metadone all’eroina, non erano la stessa cosa.

La biondina era fatta di un’altra pasta rispetto a Shirin e non lo amava nemmeno, era palese che lo usasse per trovare in lui quella sicurezza che non trovava in se stesa.

Non era un rapporto che sarebbe potuto durare, purtroppo aveva iniziato a considerarla come un piacevole diversivo per riempire le sue giornate, così quando lei aveva iniziato a trovare quella sicurezza si era sentito minacciato.

Non voleva perdere anche il suo metadone personale, non voleva che lei iniziasse a frequentare quel fratello, che aveva intuito senza sforzo l’avrebbe allontanata da lui.

Aveva fallito e Shirin gli mancava più di prima.

Quella notte ne era stata la prova, mentre ormai era prossimo all’orgasmo e quella ragazza gemeva sotto le sue spinte aveva urlato più volte il nome della sue ex.

La ragazza non aveva fatto commenti, lui si era fumato una sigaretta e poi era crollato in un sonno profondo senza degnarla di una spiegazione.

“Vuoi rispondere o no a questo cazzo di telefono?”Berciò lei.

Si era scelto una puttanella sboccata….

Il turco allungò una mano irritato verso il cellulare che continuava a gracchiare e rispose.

“Alla buon’ora!”

Che cazzo voleva Mark?

“Cosa vuoi? Ti sembra l’ora di chiamare?”

“Ho bisogno di parlare con te ed è urgente…

“Cosa cazzo sta succedendo?”

“Vieni al solito posto e te lo dico….”

Gli chiuse la chiamata in faccia, quello stronzo stava decisamente esagerando!

La ragazza rise, lui la fulminò.

Bhe cosa ci trovi di divertente?”

“Sai ieri sera pensavo fossi un grande, ma stamattina….

BHe, che scopi da Dio è vero, ma sei una merda sul piano umano, non hai il coraggio di farti avanti con la ragazza che ti ossessiona…

Eh si, ti ho sentito urlare il suo nome mentre stavi per venire…

E adesso, ti chiama un qualsiasi pirla e tu  scatti!”

Si sentì punto nell’orgoglio, con un gesto brusco si alzò dal letto.

“Fatti i cazzi tuoi, troia.

Ora io vado, sappi che non voglio vederti qui al mio ritorno o…userò le maniere forti ,…. E non scherzo.”

Cercò i boxer, i vestiti e si fiondò in bagno,dalla camera ad letto sentiva rumori e borbottii vari, era stato preso in parola, le stava levando le tende.

Dopo la doccia, che gli levò qualsiasi torpore residuo ed essersi vestito, uscì per notare che di lei non c’era più traccia e che poteva fare colazione tentando di focalizzarsi su quello che volesse Mark.

Doveva essere grave, lo sperò per lui, altrimenti questa volta l’avrebbe punito come avrebbe dovuto fare già da tempo.

Mark era una minaccia, se doveva pensare a lui lo associava a dei lupi sempre voraci, sempre alla ricerca di nuove prede, che desideravano sempre di più.

Mise su il caffè, forse il biondo era più simile a un pirata, di sicuro era un elemento da non sottovalutare, con lui bastava distrarsi un attimo e subito ti pugnalava alle spalle.

C’era stato un tempo in cui questa freddezza l’aveva colpito positivamente, ora si era reso conto di aver allevato per anni una serpe in seno pronta a distruggerlo e a prendersi tutto ciò che era suo, in primis Leila.

-Non ti lascerò fare come vuoi.

Ho lottato per quello che ho e non ti lascerò sporcare mia sorella con la tua merda, per quello sono bastato già io.-

Il caffè fu pronto, il rasta se lo versò in una tazza e ne assaggiò un sorso, era imbevibile anche quella mattina.

-Possibile che dopo anni io non sappia farmi un caffè decente?

Quelli di Leila e Shirin erano decisamente meglio.-

Una fitta al cuore causata dalla nostalgia lo colpì come un fulmine, sebbene sapesse che avrebbe dovuto resistere, non poteva tornare ne da lei, ne da sua sorella, non più.

Si sedette al tavolo della cucina, per poi ricordarsi che doveva cercare qualcosa da mettere dentro in quella brodaglia che chiamava caffè, finì per trovare solo un pacchetto di biscotti dall’aria immangiabile.

Finita quella sottospecie di colazione, uscì di casa, Mark lo aspettava al solito bar e il rompiscatole era uno di quelli che detestava i ritardatari.

Le strade erano poco affollate, raggiunse il bar in un tempo accettabile, ma Mark lo fulminò con un’occhiataccia che gli diede ai nervi.

“Sei in ritardo.”

“Cinque minuti, sei diventato un generale ?”

“Faccio il mio lavoro, tu che avevi da fare?

Cacciare la puttanella che ti ha scaldato il letto dopo Lene?”

“Mark, credo che nelle tue manie di grandezza ti sia sfuggita una cosa, per ora sono ancora io il capo della baracca, comunque per quale cazzo di motivo mi hai convocato?”

“Perché c’è un tizio che chiede in giro di Kaulitz, se lo conosciamo etc…

“Un giornalista.”

“Esatto, devono avere fiutato qualcosa.

Cosa facciamo?”

“Non gli diremo nulla,la privacy del cliente vale di più.”

“Potremmo farci dei soldi.”

“E perdere credito…. e se questo spiffera tutto alla polizia?

Ci hai pensato?

Frena la tua sete di soldi e di ambizione!”

“Io non sono d’accodo!”

“Non  avevo dubbi, ma si fa come dico io, hai capito Mark?”

Lui abbassò il capo umiliato, non era certa che l’avrebbe fatto, ma sperò che almeno un po’ di buon senso gli fosse entrato in testa.

“Io credo che tu stia sbagliando.”

“Mark ragiona…cosa siamo noi?

No, non dirlo… lo sai.

Credi davvero che uno stronzo di giornalista sorvoli sulla nostra professione?

E se lo facesse, quanti verrebbero ancora da noi sapendo che siamo degli stronzi disposti a vendere il loro culo per un po’ di soldi?”

Bhe… fai come vuoi Farid, il capo sei tu!”

La discussione era chiusa,ma sapeva di doversi aspettare una rappresaglia, il motivo per cui il biondo era così ostile a Bill, doveva essere un altro.

Forse Leila.

-Lo so che punti alla mia sorellina, animale, ma dovrai passare sul mio cadavere prima di prendertela.-

Buffo che preferisse un suo cliente con Leila che Mark, ma sapeva di che pasta era fatto il biondo ed era certo che sua sorella si meritasse di meglio.

La sua faida con Mark si era al momento conclusa con sua vittoria, non si poteva però mai sapere quale sarebbe stato il risultato finale.

Farid certo non avrebbe smesso di lottare.

Non sapeva più nemmeno più perché lo facesse, visto l’inesistente rapporto che lo legava a Leila, eppure era più forte di lui intervenire e mettere i bastoni tra le ruote  a Mark.

Era del tutto ignaro a cosa questo l’avrebbe portato, ma probabilmente anche se l’avesse saputo l’avrebbe fatto lo stesso.

 

Un altro bib bib si levò dal cellulare di Gustav, l’ennesimo della giornata.

Il biondo batterista sentì lo sguardo curioso di Georg su di se, il bassista si stava chiedendo chi diavolo lo cercasse con tanta frequenza.

Gustav rispose, poi alzò lo sguardo per incontrare  quello verde dell’amico, impaziente e sornione.

“Allora?”

“Hai presente la ragazza di cui ti ho detto?”

“Quella che hai abbordato al supermercato?”

Il biondo alzò gli occhi al cielo.

“Si, lei.

Ci stiamo messaggiando.”

“Che carini… non ritieni di essere un po’ cresciuto per queste cose?

I messaggini sono roba da adolescenti, tu di anni ne hai ventitre, caro mio.”

Gustav sospirò sconsolato.

“Ehi nonno Georg, ti ricordo che i nostri coetanei che fanno una vita normale lo usano spesso il cellulare…

Senza contare che credo tu possa capire perché lo facciamo, vogliamo andarci entrambi con i piedi di piombo.

Tu sai perché io vada con i piedi di piombo, ma qualcosa di brutto deve essere successo anche a lei.”

“D’accordo Gustav….

Almeno è bella la ragazza?

Il gioco vale la candela?”

“Che te ne frega hobbit?

Comunque si…. Non è una figa da paura come quelle che si faceva Tom, anzi è una ragazza normale discretamente carina e all’apparenza semplice.

E poi in fondo nemmeno io sono come Tom…”

“Certo, ti manca giusto qualche centimetro di altezza e di capelli!”

“Georg, ma vuoi prenderle oggi?”

“Sei il solito suscettibile….”

“Va bhe Georg cambiamo argomento,…. Tu e Lene?”

“Ci siamo visti ieri…. Mac donald, prove con il basso, chiacchiere, è andata bene…

Diciamo che lentamente sembra che stiamo tornando ai livelli di Amburgo, anche se…

“Se?”

“Sono preoccupato per il suo ragazzo, non mi piace per niente…

“Cos’è? Un punkettone perverso che minaccia di prenderti a bottigliate?”

Coglione… scherza sulle bottiglie….”

“Ehi, io l’ho presa in testa non tu, quindi io posso sdrammatizzare no?”

“Giusto fratello…. Comunque no, non lo è… figurati se faccio la guerra a un punk avendo Bill come amico, è un tizio con una faccia truce e dei lunghi dread neri, se proprio vuoi la descrizione fisica.

In ogni caso non è il suo aspetto fisico a farmi paura, ma il fatto che abbia alzato le mani contro mia sorella quando lei si è ribellata a lui e poi….”

“Poi?”

“Credo che Luca sia cotto di lei.”

“ E tu lo preferiresti vero?”

Si….”

“Non puoi decidere per lei, lo sai vero?

Se lo farai rischi di compromettere quello che hai costruito.”

“Lo so, infatti è una situazione incasinata, vorrei non avere aspettato così tanto tempo a conoscerla.”

“Georg, il passato è pessato…

Non o puoi modificare per quanto tu ardentemente lo voglia, gli unici tempi su cui puoi agire sono il presente e il futuro, quindi ora l’unica cosa che puoi fare è impegnarti a costruire un buon rapporto con Lene.”

“Hai ragione…

I due finirono di scolarsi la loro birra, fuori pioveva, pochi passati sfidavano quell’improvviso scroscio tranne un punk biondo che con andatura strascicata, facendo dondolare un borsone sulle spalle si stava dirigendo verso il bar.

Poco dopo fece il suo ingresso, scuotendo il chiodo di pelle bagnato e appoggiando il borsone accanto al bancone, il barista lo fulminò con un’occhiataccia.

In un tedesco leggermente meccanico, sembrava fosse una lingua che non usasse più molto spesso, chiese al barista accigliato dove fosse l’indirizzo di Tom.

I due si scambiarono un’occhiata, poi si alzarono e lo raggiunsero.

“Ehi amico a che ti serve quell’indirizzo?”esclamò Georg a voce bassa e dura

Il biondo si voltò verso di loro scocciato.

“Che te ne frega? Sei un poliziotto?

Comunque li ci vive una mia amica e vorrei andarla a trovare, sempre che tu non abbia nulla in contrario.”

“Come si chiama la tua amica?”

“Ehi barista, presta a lisci capelli una lampada, così me la punta in faccia per intimidirmi!

La mia amica si chiama Francesca, Francesca Girardi.”

“Tu sei Jo?”Gustav si decise ad intervenire, ma il punk non la prese bene.

“Ma chi cazzo siete?”

“Io sono Gustav Schäfer, lui è Georg Listing…

Siamo amici di Francesca e siamo scattati perché l’appartamento dove sta lei è quello di Tom, il suo ragazzo e nostro compagno di band e ….

In passato abbiamo avuto problemi di rompicoglioni che si avvicinavano troppo alle nostre case e volevamo evitare dei guai a Tom dato che ultimamente non se la passa bene.”

L’espressione le ragazzo mutò completamente, da ostile divenne cordiale e si aprì in un sorriso che lo rese molto meno minaccioso.

“Io sono Josh Keller, piacere…

Immagino che Francesca vi avrà parlato di me come lei mi ha parlato di voi.”

Gustav sorrise cordiale a sua volta.

“Si, esattamente, siamo contenti di conoscerti.”

“E così quella testa dura alla fine ha ottenuto il ragazzo che voleva…

“Si, ma non la metterei su un piano così semplice…

Lei ti ha detto cosa sta succedendo a Bill?”

Jo si fece serio all’improvviso.

“Si, è per questo che sono qui, non mi sarei mosso da Los Angeles per nessun motivo se non per la mia zucca dura italiana.

Questa città è legata solo a pessimi ricordi e, credetemi, solo quella che considero la sorella che non ho mi ha fatto muovere il culo per tornare qui perché sono preoccupato per lei.

Voglio essere sicuro che lui la tratti bene e non la usi solo come stampella in questa storia, lei non lo merita.”

I due ragazzi annuirono, Gustav decise di tenere per se il fatto che condivideva la stessa preoccupazione ma confidava in Tom, più di quanto facesse probabilmente Josh.

“Stando così non ci sono problemi!” sorrise Georg.”Ti accompagniamo noi e ti diamo anche uno strappo o annegherai lungo la strada!

Vuoi qualcosa da bere prima?”

Il biondo si grattò pensoso il mento.

“Una birra …. Credo sia l’unica cosa che mi sia mancata della Germania.”

Georg la ordinò, il barista ora sembrava molto meno ostile, si disse Gustav, forse aveva smesso di classificare Jo come una minaccia.

Bevvero le loro birre in silenzio e poi si diressero a casa di Tom, Gustav  pregò che Jo ci andasse  piano con il rasta perché Tom non era nelle condizioni di ricevere altra pressione addosso.

Scaricarono il punk sotto casa del rasta e lo guardarono salire pesantemente le scale, mentre loro rimanevano in macchina.

“Prega che ci vada piano o Tom lo spedisce a L.A a calci in culo….”

“Gustav non essere pessimista….”

“Georg, mi faresti un favore?

Mi daresti uno strappo al bar dove eravamo prima?”

“Ok, ma perché?

Non dirmi che forse ti decidi a concludere qualcosa con quella ragazza?”

“Che palle…comunque si ci vediamo.”

“Vorrei conoscerla…

“Ehi, sono io che devo concludere qualcosa con lei non tu, quindi Listing stai calmo!”

“OK!”

Georg alzò le mani e  gli diede il passaggio richiesto.

Quando varcò la soglia del bar si trovò davanti a una versione di Shirin diversa dal solito,  indossava una mini a fantasia scozzese e una camicia nera, calze ed anfibi.

Era molto carina, persino i boccoli sembravano più curati.

“Ehi!Come va?”

“Bene, tu?”

“Si, Bene….

Anche se mio fratello mi ha fatto il terzo grado prima di lasciarmi uscire.”

“è un tipo apprensivo?”

“Un po’….”

“è perché siete musulmani?”

“Guarda che non lo siamo… siamo cattolici.

Turchi ma cattolici, comunque lui è di suo un po’ apprensivo.”

“Sei nata in Turchia?”

“Si, ma ci siamo trasferiti presto in Germania, io avevo quattro anni quando sono arrivata qui.

La prima città è stata Monaco, poi mio padre ha cambiato lavoro e siamo venuti a Berlino.

Confesso che però ne di Monaco ne della Turchia ho molti ricordi…

La conversazione continuò a mantenersi su di un tono tranquillo  che Gustav apprezzò, forse era tutta una cazzata e Georg aveva ragione, ma con lei stava bene.

Bene abbastanza da sorridere nonostante il periodo che stesse passando fosse tutt’altro che roseo.

Bene abbastanza da desiderare di rivederla.

 

Mark fumava una sigaretta dopo l’altra .

Le divorava con rabbia come se in qualche modo fosse colpevole di qualcosa, quando era solo il modo per esternare e sfogare la sua profonda irritazione.

Mark non sopportava Farid Schimth, non l’aveva mai sopportato e non lo avrebbe mai sopportato.

Mai.

Conosceva Farid da molto tempo prima di entrare a fare parte di quella cricca di spacciatori capeggiata da lui, precisamente da quando, bambino magro e dallo sguardo duro le prendeva dai ragazzini più grandi.

Lui era tra quei ragazzini, si era sempre divertito a sfogarsi su chi sapeva non poteva difendersi, era una gioia che gli saliva dal profondo.

Eppure quel ragazzino era diverso, non piangeva, non implorava pietà, incassava e basta senza, senza dargli soddisfazione, così si era messo a seguire i suoi cosiddetti progressi.

L’istinto non l’aveva tradito, Farid era cresciuto, era diventato il capo di una gang rispettata e lui si era presentato a lui come un amico gioviale e  bonaccione, pronto ad eseguire i suoi ordini, ma il suo intento era uno solo, distruggerlo.

Questo desiderio non era costante, ma si era acuito da quando Farid gli aveva fatto chiaramente di girare al largo da Leila, dimostrando forse che si era accorto di chi fosse davvero Mark.

Pensare a Leila Schimth gli fece salire un’ondata di eccitazione e di desiderio represso, avrebbe voluto baciarla, toccarle ogni parte del corpo, farla sua.

Voleva disperatamente sentirla gemere sotto le sue spinte, implorare ancora di più mentre gli graffiava la schiena con le unghie.

L’immagine di lei, accaldata, con le guance arrossate e l’espressione di puro godimento, nuda dopo l’amplesso gli fece salire una seconda ondata ancora più violente della prima.

Strinse  convulsamente la sigaretta.

La voleva ancora di più da quando era stato rifiutato.

Era ormai un’ossessione.

Un qualcosa che si era intrufolato nella sua vita e che doveva assolutamente soddisfare se voleva continuare a vivere, che tuttavia risultava impossibile.

La ragazza era ferrea nel suo rifiuto e lui si era ridotto a seguirla nei suoi spostamenti, pedinandola, era stato così che aveva visto Bill Kaulitz seguirla nello sgabuzzino del bar, ovviamente non per giocare a carte.

La gelosia l’aveva divorato, così aveva  tentato di mettere al suo posto quel cantante da strapazzo coinvolgendo il turco e il suo innato istinto di protezione verso la sorellina, spifferando tutto.

Avrebbe quasi ottenuto ciò che voleva se lei non si fosse messa in mezzo….

In ogni caso ora la stava spiando ancora, parcheggiato davanti al bar dei genitori del suo capo, lei stava parlando con Katarina, l’altra barista, una russa decisamente appetibile.

Avrebbe potuto fissarsi su di lei e sarebbe stato certo che avrebbe ottenuto quello che voleva senza troppi sforzi, il problema era che  a lui piacevano immensamente le sfide e la rossa era una sfida allettante.

Doveva trovare il modo di farla pagare a quel Kaulitz e infangare la reputazione di Farid, l’unico che conoscesse era quello di trasgredire all’ordine del suo capo.

Perché no in fondo?

Di sicuro qualcuno ai piani alti non avrebbe apprezzato, ma lui aveva abbastanza credito da riuscire a rimanere in piedi trascinando Farid nel fango e senza lui Leila avrebbe avuto ben poche possibilità di salvarsi da lui.

Due piccioni con una fava.

Sorridendo, ingranò la marcia e si diresse verso dove aveva visto bazzicare quel giornalista, era stanco di prendere ordini da FArid, di non poter avere Leila, voleva distruggere.

Parcheggiò la macchina poco lontano, il resto lo fece a piedi, nessuno era in paraggi solo quel fesso che si ostinava a volersi avvicinare tropo a loro, ora l’avrebbe aiutato lui.

Ehi…

L’uomo sobbalzò.

“Non eri tu quello che faceva domande ieri sera?”

Si…

“Io sono quello che ti darà le risposte.”

“Come faccio a fidarmi?”

“Se non ti fidi di me non le avrai mai quelle cazzo di risposte…

“E sia…

“Ragioni bene uomo…seguimi!”

Il giornalista fece come gli disse, lo sentiva trotterellare dietro di lui, mentre si dirigeva verso la sua macchina.

“Entra.”

Titubante l’uomo si accomodò sul sedile passeggeri, Mark entrò in macchina, partì sgommando..

Viaggiò fino a raggiungere una zona tranquilla poco fuori città , solo allora fermò la macchina e si voltò verso il giornalista che aveva perso molta della sua baldanza.

“Qui possiamo parlare e ascoltami con attenzione, la mia storia è parecchio interessante.”

 

Francesca guardava al televisione senza interesse, stava sentendo altro.

Dalla stanza da letto arrivavano ancora le note della chitarra di Tom, ultimamente spesso il ragazzo si rifugiava li per qualche ora al giorno a suonare, forse era il suo modo di mantenere un legame per Bill, per sentirlo vicino.

Lei da molto aveva imparato che la musica aveva un grande potere, quello di calmare, consolare, far gioire chiunque, soprattutto se quella melodia era legata a un ricordo condiviso con una persona.

Quelle ore le facevano piacere, per tutto il resto della giornata il suo ragazzo sembrava stare meglio, lentamente diventava più sereno nonostante i momenti di malumore fossero sempre presenti, Bill non era l’unico ad intravedere la luce oltre il tunnel.

Francesca stessa si sentiva meglio, pensava addirittura a trovare un lavoro, anche perché stare ferma a pesare su qualcuno non le era mai piaciuto, amava conservare un po’ della sua sudata indipendenza.

Uno zio di Alì aveva un negozio a Berlino e si era fatto vivo per dire che gli serviva una persona dalle sue competenze, sempre se fosse interessata e lei lo era, ma prima voleva parlarne al suo ragazzo.

Non credeva che Tom avesse opposto una qualche  obbiezione , ma non si poteva mai sapere , la situazione non si poteva definire esattamente normale.

La loro storia non era nata in circostanze comuni, anzi aveva ancora una fottuta paura che lui stesse con lei non perché l’amasse.

Francesca non era mai stata una ragazza che si sapesse accontentare di rapporti senza sentimenti, eppure se quello con Tom fosse stato di quel tipo ora non l’avrebbe lasciato, sapeva che non era il momento giusto.

-Perché io lo amo, ma lui?

Per lui cosa sono? L’amica?

Lui non mi ha mai detto niente… eppure mi ero detta che non mi sarei aspettata nulla!

Perché sto aspettando due parole?

Infondo è qui con me…-

Immersa nelle sue riflessioni non si accorse nemmeno che Tom aveva finito di suonare e si era seduto sul divano accanto a lei.

Fay?”

Sobbalzò .

“Ma dove eri?” ridacchiò lui abbracciandola.

“Immersa nei miei pensieri.” Balbettò lei.

“In cui spero ci fossi io…”ripose baciandole il collo.

“Certo, tu sei onnipresente, Medusa…

“Lo so…. Senti…. Stasera ti andrebbe di andare al cinema?”

Era la prima volta che le chiedeva di uscire dopo il ricovero di Bill.

OK…. C’è qualcosa di interessante?”

La domanda non ebbe risposta perché il campanello suonò, lasciandoli perplessi.

“Aspetti qualcuno Tom?”

No…. Tu Fay?”

Nemmeno…

La ragazza si sciolse dall’abbraccio di Tom e si avviò verso la porta, chi si ritrovò davanti la fece rimanere senza fiato, erano mesi che non lo vedeva, che lo sentiva solo via msn.

Era jo.

Jo che le sorrideva spavaldo e mezzo bagnato sulla soglia.

Jo a cui saltò in braccio senza pensarci nemmeno un attimo.

Joooo! Stronzo! Perché non mi hai detto che saresti venuto?”

“E poi che sorpresa sarebbe stata?”

Giusto…ma come stai?

Pertica di merda, sei ancora più alto!”

“Tu sei la solita nana che parla come uno scaricatore di porto…

Comunque sto bene, ora… vuoi tenermi sulla porta per sempre o mi lasci entrare?”

“Oddio scusa! Entra!”

Il ragazzo entrò sorridendo, Tom gli rivolse un’occhiata inquisitoria, si stava chiedendo chi diavolo fosse quel ragazzo  a cui la sua ragazza stava riservando un caloroso benvenuto.

“Tom, lui è Jo!”

Il ragazzo dai cornrows neri non parve particolarmente entusiasta.

“Oh, il famoso JO!

Fay parla spesso di te.”

Si alzò dal divano per stringere la mano al nuovo arrivato, ma il suo sguardo era tutt’altro che cordiale.

“Sono contento…

Sai mi ha parlato a lungo anche di te….”

Fay decise di intervenire  si pose tra Jo e Tom.

“Vado a fare qualcosa per cena.

Tom vieni a darmi una mano!”

Così dicendo afferrò la mano del chitarrista e lo trascinò verso la cucina, chiudendosi la porta alle spalle, decisa a fargli una ramanzina, non si aspettava certamente la reazione del suo ragazzo.

Non appena si voltò verso di lui, pronta a fargli capire che non doveva trattare così Jo, si trovò pressata contro la porta dal corpo dell’altro, con le labbra di Tom sulle sue.

Rispose a quel bacio perplessa, ritrovandosi coinvolta in qualcosa di estremamente passionale che le fece staccare per un attimo il cervello dalla razionalità.

Lo lasciò andare solo quando l’ossigeno si rese necessario per tutti e due, Tom prese ad accarezzarle una guancia dolcemente.

“Cosa volevi fare?” ansimò.

“Baciare la mia ragazza!”

Lei rise e lo baciò di nuovo, con più dolcezza, forse avrebbe ottenuto risultati migliori  se avesse usato le buone maniere, Tom la abbracciò, accarezzandole dolcemente la schiena.

Ok, stava decisamente meglio.

Quello era un antidepressivo naturale.

Si staccarono di nuovo, Tom questa volta sorrideva, sembrava più sereno rispetto a prima.

“Tom, per favore, non essere ostile con Jo..

Lui è importante per me…

“D’accordo nanetta, mi terrò a freno.”

“Ora aiutami a cucinare!”

Lui ridacchiò, per tutta risposta riprese a baciarla, che era sicuramente un’occupazione migliore rispetto al cucinare, decisamente più piacevole ed appagante, ma che dovette interrompere.

Si staccò da lui e gli lasciò un bacetto sul naso.

“Devo cucinare davvero!”

A malincuore si diresse vero i fornelli, il ragazzo la guardò sorridendo, lei iniziò a darsi da fare per al cena, lui a volte l’aiutava, più spesso la teneva abbracciata, come se non potesse farsela scappare.

-Che  sia geloso?-

La prima impressione venne confermata durante la cena, nonostante la promessa fatta, Tom e Jo continuarono a scambiarsi frecciatine, rendendo il  clima alquanto strano.

Perché quei due non andavano d’accordo?

Lei cosa avrebbe dovuto fare?

Avrebbe voluto parlare con Jo, capire perché era apparso a Berlino, dopo aver giurato e spergiurato che solo da morto ci avrebbe messo piede, ma Tom la sequestrò in camera,

il biondo poteva aspettare, domani gli avrebbe parlato, al momento era occupata con il suo ragazzo, Tom la stava di nuovo baciando avidamente, come se temesse che potesse sparire da un momento all’altro.

Si c’era smania di possesso  dietro quei baci quasi violenti, in quel toglierle i vestiti freneticamente, non che a lei dispiacesse, ma era diverso dal ragazzo che aveva imparato a conoscere.

Forse se ne accorse anche  lui perché diminuì la foga e riprese ad essere più dolce, più attento a lei.

Dopo l’orgasmo rimasero in silenzio, lui con la testa appoggiata alla pancia di Fay a farsi coccolare, chiudendo gli occhi ,come un gatto soddisfatto, sotto le carezze di lei sui capelli.

Fay era perplessa, stava bene, eppure era certa che qualcosa non andasse, allo stesso tempo aveva paura di rompere quel momento.

Medusa…. Va tutto bene?”

Lui alzò gli occhi, si appoggiò ad un gomito ed la inchiodò con uno sguardo freddo, sembrava volesse scavare dentro di lei, come per non fraintendere una domanda innocente.

“Si, perché?”

“Era solo una sensazione, credevo che ci fosse qualcosa che non andasse.”

“Scusa se sono stato brusco prima.”

Lei sorrise, gli accarezzò una guancia e mormorò rossa.

“Non importa, va bene anche così.

Ti amo Medusa.”

“Lo so…

Scusa…

Mormorò prima di tornare nella stessa posizione di prima.

Di nuovo Francesca stava bene, lo sentiva vicino, in qualche modo suo, allo stesso tempo era certa che ben presto sarebbero arrivati altri guai.

Un qualcosa che finalmente avrebbe chiarito le cose tra di loro, con questo pensiero, cullata dal respiro di Tom si addormentò.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Ritorni inaspettati, vero?

JO^^, che farà dannare Tom XD.

Spero vi piaccia.

Ringrazio:

 

 

bambolina elettrica

 

Lady Cassandra :

 

Schwarz Nana

 

_Pulse:

 

 

Hana Turner

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** 16) Gelosia ***


16) gelosia

 

La mattina dopo Tom era ancora abbracciato a Fay.

Lei sorrise vedendolo così sereno nel sonno, aveva un’aria indifesa e guardò la sveglia sul comodino, segnava le sette e mezza.

Era un orario insolito per lei, purtroppo il sonno se ne era andato e non sarebbe tornato, tanto valeva alzarsi e vedere se Jo fosse stato in piedi per iniziare la famosa discussione.

Francesca spostò delicatamente il braccio di Tom da lei , in modo da non svegliarlo, si alzò lentamente e poi cercò una  maglietta  del suo ragazzo, erano tutte abbastanza lunghe da farle da vestito.

Raccolse i capelli in un coda e diede un buffetto a Tom che grugnì nel sonno, oltre la porta chiusa provenivano rumori deboli ed attutiti, il suo amico doveva essere sveglio.

Aprì la porta piano e se la richiuse alle spalle, in punta di piedi arrivò sulla soglia della cucina, il biondo stava armeggiando con la caffettiera e il gas.

“Perché non funziona, cazzo?

Perché?”

“Perché sei il solito imbranato, lascia fare a me!”

“Dire buongiorno non si usa più?”

“Buongiorno signorino Josh Keller!”

Avanzò lungo la stanza e gli tolse la caffettiera dalle mani per poi accendere il gas in un unico tentativo.

“Spiritosa Giradi!

Tu e il tuo ragazzo ci avete dato dentro ieri sera!”

“Da quando ti metti ad origliare?”

“Da quando la gente non abbassa il volume….”

Ahahaha… se aspetti un attimo mi arriva una risata falsa.

Jo, cos’ hai contro Tom?”

“Nulla, lo sto studiando.”

“Non potresti studiarlo in modo meno aggressivo? Non sta passando un buon periodo.

E poi perché sei tornato?”

“Non sei felice di vedermi?”

Francesca riconobbe di essere stata un po’ brusca, così addolcì il tono e sorrise.

“Si, che sono felice.

Jo, se il mio fratello non di sangue, è ovvio che io sia felice di vederti, però mi sembra strano che tu sia qui quando avevi detto che non avresti mai più messo piede in questa città.

Tutto qui.”

La risposta a quella domanda non arrivò, non in quel momento almeno, perché un assonnato Tom fece la sua comparsa nel locale.

“Perché non mi hai svegliato, eh?” mugugnò facendole tenerezza.

L’atmosfera mutò radicalmente quando focalizzò la situazione, ossia la sua ragazza vestita solo di una maglietta con un ragazzo in pigiama, per prima cosa alzò un sopracciglio.

Lo conosceva quel gesto, era un residuo del Tom ragazzino che conosceva, era il preludio della battuta acida che avrebbe pronunciato avendo trovato qualcosa che lo contrariava.

“Buongiorno Keller.”

Aggiunse gelido, squadrando il punk.

“Ciao Kaulitz… C’è qualcosa che non va?”

“Dimmelo tu….”

“Per me non c’è nulla….

Sei geloso? Non pensavo nutrissi dubbi sulla fedeltà della tua ragazza dopo ieri sera…

“Sei invidioso? Avresti….”

“Ragazzi basta!”si mise in mezzo ai due.

“Sono solo venuta a fare colazione e ho trovato JO, non c’è bisogno di fare tutto questo casino e scaldarsi tanto, Tom… e tu Jo potresti smetterle con le tue battutine del cazzo?

Hanno rotto! Vorrei fare colazione…. Volete qualcosa?” poi ci ripensò.

“Anzi no, arrangiatevi, non ho voglia di beccarmi i vostri malumori di prima mattina, me ne vado!”

Lasciò la cucina a passo di marcia per raggiungere la camera, raccattare dei vestiti e fiondarsi in bagno per farsi un doccia che le scacciasse il malumore.

Una volta uscita, essersi asciugata i capelli e vestita, si diresse verso la porta.

“Dove vai?” berciò Tom.

“In un bar, almeno voi vi scannate senza che io vi possa vedere!”

Detto questo, afferrò il cappotto e uscì di casa sbuffando, era troppo chiedere una convivenza pacifica tra il suo ragazzo e il suo migliore amico?

Che poi Tom era davvero il suo ragazzo?

Lui cosa diavolo provava? Amore verso di lei o no?

Era in quei momenti che desiderava un’amica con cui parlare di cose ragazze come amore e sentimenti, una persona con cui confrontarsi del suo stesso sesso.

Finora aveva avuto solo amici maschi, l’unica che forse poteva considerare amica era stata Sakura e ricordare come fosse finita le causò una fitta di rabbia, perché tutto doveva complicarsi?

Perché?

Non poteva per una volta andare tutto bene?

Immersa nei suoi pensieri non si accorse della persona che le stava vendendo incontro e la travolse.

“Potresti stare più attento…

Bisonteh?”

Alzò gli occhi stranita, la voce era familiare e parlava con un marcatissimo accento tedesco nonostante la parola pronunciata in italiano.

“Gustav?”

“Ciao Francesca…

La prima volta che ci siamo scontrati mi hai chiamato bisonte, ti ricordi?”

“Hai ragione, Cristo sembrano passati secoli.”

Mormorò lei accettando la mano che lui le porgeva sorridendo.

“Che c’è Fra?”

“Pensavo che volevo disperatamente un’amica.

Femmina.”

“Noi non ti andiamo più bene?” aveva riposto lui fintamente offeso.

“Certo che mi andate bene, ma ci sono cose di cui una ragazza è meglio parli con un ragazza, voi maschietti avete sempre un punto di vista leggermente diverso….”

Lui inarcò un sopracciglio.

“Che succede?”

“Un casino o almeno probabile tale, ecco che succede!

Jo è venuto a trovarci e Tom non l’ha presa bene… continuano a punzecchiarsi a vicenda.”

“è per questo che sei in giro a quest’orario insolito?”

“Si, hanno iniziato a litigare prima di colazione, quindi li ho lasciati a scannarsi per conto loro…

“Speravo ci andasse piano…

Fu il turno della ragazza alzare un sopracciglio.

“Scusa Gustavo non ho capito.”

“Gustavo?”

“Il tuo nome in italiano, comunque non svicolare, sapevi di Jo?”

Bhe si, io e Georg gli abbiamo dato un passaggio a casa vostra, Georg ci stava litigando non avendolo mai visto.”

Ah…. Ma perché è tornato in Germania?

Ve l’ha detto?”

Bhe…

“Ho capito, me ne deve parlare lui…

Pensi che sopravvivrò al colpo?”

“Sei la solita pessimista….”

“Ho fame.”

“Cosa c’entra?”

“Che se dobbiamo fare un discorso lungo ed articolato, non posso sopportarlo a stomaco vuoto!”

“Ok, andiamo in un bar….”

Senza aggiungere altro si avviarono verso un bar, davanti ad un cappuccino ed una brioches riprese a sfogarsi.

“Capisco il dolore di Tom, ma sembra veda Jo come un nemico.

Jo da parte sua sembra volerlo provocare con battutine e comportamenti che lo rendono odioso, come se volesse metterlo alla prova.

Se non fosse che suona strano, penserei che Tom sia geloso di Jo .”

“Perché strano?”

“Non lo so…. Mi sembra ci sia così poco da nascondere su Jo che non ne vedo il motivo, gli ho raccontato tutto.”

“Si sente fragile Fra, molto fragile, con un punto fermo in meno tende ad essere paranoico con chi vede come una minaccia a quello che gli rimane.”

Capisco…

“Fra, cosa c’è?”

“Mi sento fragile anch’io… insicura.

Non riesco a capire cosa sono io per lui e questi comportamenti mi confondono, sembrano,vogliono dire qualcosa che ho paura di sbagliare ad interpretare.”

“Fra ti capisco, ma lo sai come è fatto e il fatto che Bill sia in clinica non lo aiuta.

Considera il fatto che continui a stare con te quando non ha avuto molte relazioni serie in passato….”

“Lo considero.” Mormorò lei, stringendo di più la tazza del cappuccino.

“Ma è proprio la situazione di Bill quello che complica tutto, io non so se sono solo la sua crocerossina o altro, lui non me l’ha mai detto.

Dice che a me ci tiene, ma è amore? Amicizia verso una delle poche persone del suo passato?

Sembra anche lui confuso e…

Ogni volta che io gli ho detto che l’amavo, lui non mi ha mai risposto, lo so che contano i fatti e quelli non si può negare che dopotutto ci siano, ma io vorrei più certezze…

La parole ogni tanto servono perché non è tutto limpido quello che traspare dalle azioni di una persona.”

“Dovresti parlargli Fra…

“Lo so, ma mi chiedo se sia il momento.”

“Aspetta che si parlino tra di loro….”

Senon si scannano prima….”

Già…. Fatti forza Francesca…

Già….

Grazie per avermi ascoltata…..

Vorrei che almeno ogni tanto qualcosa andasse bene, che Tom e Jo fossero in armonia, perché tengo ad entrambi, ma forse è il  mio Karma che è sfigato.

Ora vado a casa, grazie della colazione.”

“Figurati, vedrai che si sistemerà tutto, io credo che una volta chiarito tutto sarete una coppia splendida.”

“Lo spero…

“Vi siete rincorsi per anni, ora che state insieme non sarà certo un’incomprensione a separarvi.”

“Grazie ancora Gustav… Hai mai pensato di fare lo psicologo?”

Lui rimase in silenzio.

No… ma Georg si…

Io avevo pensato di fare l’idraulico….”

Scoppiò a ridere divertita.

“Un po’ ti ci vedo, ora vado a casa!”

Ancora con l’eco di quel sorriso addosso uscì dal bar , pregando di trovarli in pace e chiedendosi cosa potesse fare per quella situazione.

Le strade iniziavano ad essere affollate, passeggiò un altro po’, poi finalmente arrivò davanti al suo condominio e vi entrò decisa, salendo poi le scale a passo di marcia.

Trovò Jo apaticamente buttato sul divano e sentì della musica provenire dalla loro camera.

Hip hop.

Tom era in camera.

Lo raggiunse, lui le rivolse un’occhiata disinteressata, era sdraiato sul letto.

“Cosa c’è Tom?”

“Jo non mi piace, si impiccia troppo.”

“Ci hai parlato?”

“Si e gradirei che tu non mi mollassi più solo con lui per le tue paturnie.”

“C’è un motivo se l’ho fatto, avete iniziato a  litigare subito, speravo vi sareste chiariti.”

“Non è avvenuto, non provarci più.”

Tra di loro cadde il silenzio, Fra lo sentiva tremendamente distante, sopirò sconfortata.

Lui lo captò e le fece cenno di stendersi al suo fianco, lei ubbidì , lui inizio a passare e dita trai suoi capelli neri.

“Non voglio che ci allontaniamo per colpa di quello.”

-Hai mai pensato al fatto che forse non è colpa di Jo?

Che forse nemmeno tu sai cosa vuoi?

O che forse ci sono cose che dai per scontate quando non lo sono?-

Rimase in silenzio, meditabonda, chiedendosi come e quando affrontare quel discorso senza provocare una catastrofe.

 

Keller, sei un genio!”

Aveva berciato Tom di pessimo umore, non appena Fay si era chiusa la porta dell’aappartamento alle spalle, a Jo che sogghignava.

Cosa diavolo aveva quello da sogghignare sempre come lo stregatto di Alice?

“Io? Non sono io a essere scattato come una molla quando ha visto Fay in cucina con me….”

“Non chiamarla Fay, non ne hai il diritto….

Non sono nemmeno io ad avere fatto battute idiote al solo scopo di far degenerare la situazione…

Kaulitz, cos’ è il tuo problema?”

“No qual è il tuo?

Ti scazza vedere la tua amica felice per una volta, vorresti essere al mio posto?”

“Non hai capito nulla, ma non mi aspettavo che lo facessi, secondo te Francesca è felice?

Credi di darle tutto quello di cui ha bisogno?”

Rimase in silenzio colpito dalla domanda del ragazzo, lui ne approfittò.

“Persa la baldanza? Non mi rispondi?”

“Cosa vuoi che ti risponda?

Che credo che Francesca stia bene con me e di provare almeno a darle qualcosa?

Credi che lo riterresti abbastanza?

No, non lo faresti perché sei solo uno stramaledetto sputasentenze che forse vorrebbe Francesca per se e  a cui scazza vederla con un altro.

Quindi, smettila di fare il filosofo con me e di fare quelle battutine acide, se non l’hai capito la fanno stare male.

Ora vado in camera , vedi  di non rompere!”

Irritato aveva lasciato la cucina, per entrare nella camera che divideva con Fra, aveva un urgente bisogno di fumare, così uscì in terrazza.

Accese una Camel della sua ragazza ed aspirò voluttuosamente il fumo , lasciò che gli grattasse gola e polmoni, mentre guardava il cielo.

La domanda di Jo gli era entrata in circolo come se fosse in veleno, continuando ad assillarlo pur non volendo pensarci, doveva ammettere che il punk con le parole ci sapeva fare con le parole.

Fay era felice con lui?

Lui di sicuro con lei stava bene, ovviamente non era stato tutto melenso e sdolcinato come poteva esserlo all’inizio di una storia, ma le circostanze non lo avevano permesso.

Eppure non sembrava che andasse così male, lei non sembrava pentita di quello che aveva fatto….

-Eppure ammetterai di averla trascurata….

Dopo che Bill è stato ricoverato, un segnale te l’ha mandato…-

Vero, disse a se stesso,ricordava quel pomeriggio, la sua richiesta di chiarimenti, la sua tristezza mista ad insicurezza, ma credeva di essere riuscito a chiarire tutto o almeno a rassicurarla.

E se così non fosse stato?

Se nulla fosse cambiato per lei?

Se lei avesse voluto cercare altrove quelle rassicurazioni?

Rimase un tempo indefinito ad osservare il soffitto in preda a quei pensieri negativi dopo essere rientrato dalla sua fumata, mentre la radio passava uno dei suoi cd preferiti, fino a che sentì la porta d’ingresso aprirsi e lei rientrare.

Poco dopo era sulla soglia della porta, lui le rivolse un’occhiata indifferente che lei registrò perplessa.

“Cosa c’è Tom?”

“Jo non mi piace, si impiccia troppo.”

“Ci hai parlato?”

“Si e gradirei che tu non mi mollassi più solo con lui per le tue paturnie.”

“C’è un motivo se l’ho fatto, avete iniziato a  litigare subito, speravo vi sareste chiariti.”

“Non è avvenuto, non provarci più.”

Tra di loro cadde il silenzio, Tom sentì una distanza crearsi tra di loro, aveva toccato un punto dolente per lei, sapeva quanto teneva al punk, ma proprio non riusciva a farselo andare giù

Il sospiro di Fay fu una conferma alle  sue teorie, lei stava male ,le fece cenno di stendersi al suo fianco, lei ubbidì , lui inizio a passare e dita trai suoi capelli neri.

“Non voglio che ci allontaniamo per colpa di quello.”

Lei rimase in silenzio.

“Perché Tom?

Perché non ci provi?”

“Perché l’ho fatto e lui non si è dimostrato interessato, continuando ad attaccarmi con le sue battutine….”

Lei rimase in silenzio.

“Mi dispiace Fay.”

“Non importa, niente va mai come dico io.”

L’amarezza di quelle parole lo ferì, le alzò il volto per vedere i suoi occhi, erano tristi, delusi e lo fecero sentire peggio di prima, avrebbe voluto fare qualcosa, ma cosa?

“Mi dispiace…”mormorò ancora sentendosi colpevole.

“Tom baciami.”

Si sporse su di lei per baciarla piano, dolcemente,la sentì per un attimo meno ostile, meno distante e più  sua, forse lei era solo in cerca di rassicurazioni.

Fu un momento di dolcezza estrema, come se tutti e due avessero bisogno di rassicurarsi, perché anche lui ogni tanto la sentiva scivolare via tra le mani.

-La faccio stare male….

Forse dovrei allontanarla, forse dovrebbe trovarsi un ragazzo meno complicato di me….

Coinvolgerla in tutto questo non è stata una grande idea….-

Cosa stava pensando?

Credeva di essersi lasciato alle spalle quella fase di dubbi, invece ogni tanto si riaffacciava alla sua mente a fare ancora più male.

- Io non la voglio lontana da me…

Non voglio che mi lasci anche lei…-la strinse più forte a se, lei si accomodò meglio in quell’abbraccio un po’ soffocante.

“Ti piace essere cocolata…

“A chi non piace essere coccolato?”

“Hai ragione…

“Tom cos’hai ?”

“Non lo so…

Si chinò a baciarla ancora.

“Ho bisogno di averti vicina.”

“Anch’io… non sai quanto.”

Rimasero un altro po’ così, senza dire o fare nulla di particolare , solo ad assaporare la oro vicinanza.

Fay, ti va se cuciniamo insieme?”

“Vuoi baciarmi in cucina?”ridacchiò lei facendo riferimento alla sera prima.

No…. Mi piace vederti cucinare!”

“Wow, non me l’avevi mai detto.”

“Ci sono molte cose che non sai di me.”

“Spero di avere il tempo di scoprirle tutte..

Dai andiamo!” disse sorridendogli,dopo essersi alzata con una mano tesa verso di lui, Tom la afferrò volentieri, per un attimo le sue paure, si erano placate.

Perché lui amava Francesca, la sua Fay, la sua Nana o almeno credeva di amarla e non se la sarebbe lasciata scappare così facilmente.

 

Gustav era da molto che aveva capito che, come si suol dire, non c’era pace sotto agli ulivi.

Le situazioni di tutti sembravano fragili come castelli di carte a cui bastava il minimo  soffio di vento per crollare miseramente, il più palese era sicuramente Bill, con la sua storia, ma nemmeno gli altri stavano meglio.

Tom era comprensibilmente giù di morale e perso in una situazione che a volte faceva fatica a gestire, non era facile per nessuno gestire un fratello tossicodipendente, a cui si aggiungevano tutti i suoi dubbi sulla sua relazione con Francesca.

Bill era in clinica e si stava avverando quello che Gustav temeva, ossia che quel rapporto che tanto era servito a Tom per rimanere in piedi iniziasse a crollare.

Detto così suonava terribilmente egoistico ed ingiusto, non era un’analisi accurata, ma era forse la più immediata, quella più facile.

I due sopravvissuti che dopo il naufragio, una volta tornati alla loro vita normale non sapevano più cosa  dirsi.

Eppure Gustav era certo che non fosse così.

Francesca  e Tom erano uniti e fatto ancora più importante era stato lui a farsi vivo con lei.

Il batterista non dubitava che se Francesca non fosse stata una ragazza che per il rasta aveva significato qualcosa, per cui provava tutt’ora qualcosa non sarebbe certo andato a cercarla.

Conosceva abbastanza Tom da sapere che se il fratello stava male non era da lui rifugiarsi in sconosciute con cui instaurare un rapporto che andasse aldilà del solo sesso, ma che tendeva a chiudersi in se stesso e a farsi avvicinare solo da chi conosceva.

Lui era certo che amasse Francesca, il problema stava nel dirglielo, a conti fatti Tom non aveva mai avuto relazioni particolarmente serie, quindi con le due fatidiche paroline che lo avrebbero legato alla mora aveva qualche problema.

Molte ragazze in passato avrebbero voluto sentirsele dire, lui le aveva negate a tutte, scappando, mollandole tutte non appena la cosa aveva iniziato a farsi troppo seria per i gusti da playboy del Kaulitz.

Francesca era indubbiamente diversa, sperava solo che lui trovasse presto il coraggio per dirglielo e che Jo non creasse troppi danni.

Il punk era arrivato armato delle migliori intenzioni, capiva benissimo la sua preoccupazione verso l’italiana, doveva essergli suonato strano che una che aveva passato tre anni in attesa di telare via da un paese che detestava ci fosse ritornata apparentemente contenta di farlo.

Il problema erano i tempi, Josh aveva sbagliato il  momento per mettere addosso altra pressione a Tom.

Quando Tom era in quello stato le sue reazioni potevano essere imprevedibili,poteva finalmente sbloccarsi e confessare alla sua ragazza che l’amava, oppure al contrario poteva sentirsi minacciato ed iniziare una guerra spietata a Jo (ed era quello che con ogni probabilità stava facendo), oppure, altra possibilità, poteva allontanarsi da Francesca, vittima di sospetti e gelosie e questo non avrebbe fatto bene ne a lui ne a lei, che era innamorata persa del chitarrista

Decisamente, era il momento sbagliato, si disse mentre tornava a casa dopo la breve chiacchierata con Girardi, ma d’altronde lui non poteva fare molto per nessuno dei due, era qualcosa che dovevano risolvere tra di loro.

-Quindi, Schäfer o la va o la spacca….

E speriamo che vada, perché se si spacca….

Io e Georg ci troveremmo ad affrontare la crisi peggiore di Tom in ventidue anni di vita e non so se siamo preparati, senza contare che lui non se lo merita affatto.-

Aprì la porta di casa  si buttò sotto la doccia, prima che la mora lo fermasse e obbligasse ad andare in un bar aveva fatto una breve corsetta e sentiva il bisogno di farsela.

Anche Georg non era messo molto meglio di Tom, certo Lene non era tossica, ma scoprire di avere una sorella dopo anni di vita da figlio unico e provare a costruirci un rapporto non era facile, soprattutto se si considerava  che tipo fosse Lene.

Fragile ed insicura, era  una di quelle che attaccavano per difendersi, perché anche lei come Georg, forse più di lui aveva sofferto per quella situazione balorda.

Non sarebbe stato facile, tuttavia Gustav era più ottimista per il bassista che per il chitarrista, la ragazzina piano piano si stava sciogliendo e sembravano superare le incomprensioni.

-Per uno  che “perde” c’è sempre qualcuno che vince…

Mi piacerebbe incontrarla questa Lene….

Georg dice che le somiglia, spero di lei di no perché Georg è un bel ragazzo ma insomma ha lineamenti tipicamente maschili  che su una ragazza non sarebbero il massimo…-

E lui?

Gustav Schäfer che bilancio poteva tracciare?

Rientrava anche lui in  quelli messi male, se abbordava le ragazzine al supermercato?

Bhe, Shirin non era proprio una ragazzina, era una ragazza con cui stava bene, che trovava piacevole rivedere, dunque forse era uno di quelli messi meglio.

L’aveva rivista ancora una sera, si era trovato bene, le avrebbe chiesto di uscire ancora, poi quello che sarebbe arrivato, sarebbe arrivato.

Passò il resto della mattinata giocando con la playstation, senza avere voglia di fare molto altro, quando fu ora di pranzo guardò giusto un attimo con aria colpevole la cucina per poi scappare in un Mac Donald per evitarsi la fatica di preparare qualcosa.

Al contrario del resto della band si riteneva piuttosto salutista e non li frequentava spesso, ma amava concedersi una qualche infrazione ogni tanto.

Quello che scelse era dall’altra parte della città, giusto per farsi un giretto in macchina, peccato non si fosse rivelata une scelta azzeccata, era estremamente affollato cin una coda infinità.

Non aveva voglia di cercarne un altro, così decise di aspettare pazientemente il suo turno, così si immerse in un fiume di riflessioni incoerenti che lo staccarono per un attimo da quella realtà.

Fu il picchiettare insistente di qualcuno sulla sua spalla a riportarlo al presente, si voltò e si ritrovò davanti il volto sorridente di Georg.

“Ehi ciao!”

“Ciao!”

“Ti eri perso nelle tue elucubrazioni?”

“Si, non avevo voglia di pensare a nulla di particolare e mi sono perso nei miei pensieri.”

Solo allora il batterista notò che c’era qualcun’altro insieme al bassista,  una ragazzina bionda con delle meches blu che guardava insistentemente per terra, l’amico intercettò il suo sguardo e gliela presentò.

“Gustav, lei è Lene, Lene lui è Gustav.”

Era la famosa sorellina pestifera, anche se al momento non lo sembrava affatto, era semplicemente una ragazzina timida che era stata colta in un momento che non si aspettava.

“Ciao Lene!” le tese una mano amichevole.

“Ciao Gustav! Piacere di conoscerti.”mormorò alzando gli occhi.

Li aveva grandi e castani, truccati di nero e piuttosto incerti.

“Ma a te non piaceva cucinare? Cosa ci fai qui?”

Scherzò Georg per stemperare la tensione.

“Non ne avevo voglia…

“Davvero ti piace cucinare?”

Lene lo guardava a metà tra lo scettico e l’ammirato.

“Certo.”rispose Georg”la pancetta non gli è venuta a caso.”

“Fratello, guarda che nemmeno tu eri magro prima….”

“Brava Lene, ogni tanto quell’hobbit va zittito.”

Visto che il ghiaccio era rotto decisero di mangiare tutti insieme, Gustav era curioso di fare due chiacchiere a tu per tu con la famosa Lene, che al momento non sembrava poi così pericolosa.

-Deve averla sciolta per bene…..

Si buttarono sui loro panini e Georg iniziò a parlare a macchinetta, mentre Gustav più che ascoltare guardava che sintonia ci fosse tra i due neofratelli Listing, era buona o almeno così sembrava a lui.

-Almeno una si sta risolvendo.-

“E così l’ho convinta a fare una corsa di carrelli..” Un brandello di conversazione si fece largo tra i suoi pensieri.

“E lei quasi finiva contro una macchina.”Concluse Georg.

Bhe, Lene ti faccio le mie condoglianze, ti sei trovata proprio in fratello scemo…

“Grazie Gustav, sei proprio simpatico….”

“Ricambio la tua gentilezza sulla pancia, caro mio.”

“Sei permaloso, te l’ho sempre detto.”

Il cellulare del piastrato prese a suonare all’improvviso, Georg rispose con una faccia scocciata non appena vide il mittente.

“Ciao Christine…”, fu l’unica cosa che sentirono prima che lui uscisse precipitosamente dal locale.

“Christine è la sua ragazza?”

Esattamente…

“Mi ha detto che non va benissimo con lei…

“Dopo due anni le incomprensioni iniziano a farsi sentire….”

“Immagino.”

“Lene, come va con tuo fratello?”

“Perché questa domanda?”

“Perché lui ci tiene a te e io non so se tu  tieni a lui.”

Capisco….”Lei si guardò le mani”Bhe se temi che lo cerchi per la fama, tranquillo, non è così…

È il padre di Georg che è venuto a cercare me e mia madre, se fosse dipeso da lei io non l’avrei incontrato che tra un bel po’ quando io stessa mi sarei sbattuta per andare a cercare quel padre che non avevo mai avuto.”

“Non ho mai pensato quello…

Solo come va?”

Meglio…..  lo so che suona strano, ma quando sono con lui sono più serena, mi sento meglio….

Mi ha fatto persino apprezzare voi.” Scoppiò a ridere.

“Non ti piacevamo?”

“Non molto… ma ora di più.”

Capisco…. Ma non hai risposto alla mia domanda… Tieni a Georg?”

“Si, anche se all’inizio non lo volevo, anche se probabilmente  lo deluderò..

Deludo sempre tutti….”

Il batterista prese una mano della ragazzina tra le sue.

“Non lo stai deludendo e non essere così severa con te stessa….

Sono sicura che  riuscirete a recuperare tutti gli anni persi.”

Lei lo guardò leggermente smarrita.

“Grazie, sei davvero una brava persona.”

Lui sorrise e si sentì un po’ più sereno, forse almeno una situazione si stava risolvendo.

 

Era brutto sentirsi estranei a casa propria, essere attanagliati da un morsa di disagio e…

Si, di gelosia.

Tom non era mai stato un tipo geloso, eppure vedere la sintonia che c’era tra Fay e Jo lo infastidiva, lo faceva sentire debole, inadeguato, sotto stimato.

Lei aveva mai riso così con lui?

Era mai stata così aperta alle confidenze?

Strinse più forte il tovagliolo, la sensazione piacevole che aveva provato mentre cucinava con la sua ragazza già svanita e cercò di concentrarsi su qualcosa che non fossero loro.

Si sentiva soffocare.

Aveva voglia di urlare.

Aveva voglia di sbattere quel tipo fuori da casa sua.

Aveva voglia di baciare Fay, di averla vicino, eppure una barriera sembrava separarlo da lei.

Quel pranzo finì in un ostinato silenzio del chitarrista, mentre Fay e Jo di allontanavano in cucina per parlare e lavare i piatti, lasciandolo davanti alla televisione in preda a una serie di pensieri paranoici d insensati.

Fu solo grazie al suo orgoglio che non si schiodò dal divano nonostante il suo cervello proiettasse a ripetizione immagini del biondo che baciava la sua ragazza.

-Calma Tom…. Calma….

Sono solo paranoie.

P a r a n o i e.

Hai capito?-

La sua parte razionale annuì, l’altra rifiutò di ascoltare la voce saggia della sua coscienza e si limitò a tirare un sospiro di sollievo quando i due uscirono da quella stramaledetta stanza.

“Ragazzi che ne dite di andare al cinema?”

“Non è male…. Cosa proponi?”ripose sorridente Fay, quel sorriso gli era mancato.

“C’è un horror molto bello.”

La vide arrossire, senza dire nulla, non capì quella razione, ma Jo probabilmente si perche fece uno strano sorrisetto che lo irritò.

“D’accordo…. A che ora c’è lo spettacolo?”

“Alle due…

Ok…. È l’una e un quarto, un attimo che mi preparo.”

Il punk fece per seguirla, rinunciò quando lui lo gelò con un’occhiataccia e proseguì verso la sua camera.

-Tu non ti cambi? Rimani in tuta modello barbone?-

Stancamente si trascinò in camera per cambiarsi,  trovò la sua ragazza in intimo davanti all’armadio, che lo scrutava con aria meditabonda, istintivamente la abbracciò avvolgendole le braccia intorno alla pancia.

Ehi…”lei appoggiò le mani sulle sue.

“Che c’è Fay?”

“Non so cosa mettere…

“Quella felpa rossa e la gonna nera?”

“Sono troppo grassa per metterla”

Lui ridacchiò, fece scendere le mani sui fianchi per poi accarezzarglieli dolcemente e baciarle il collo,

“Smettila scema, posso constatare che i tuoi fianchi non hanno nulla che non va, ne tantomeno la tua pancia.”

Grazie…. “ si voltò per dargli un bacino sulla guancia.

Si vestirono sorridendosi ogni tanto, la minaccia di Jo era dietro la porta, lontana.

Tornò a farsi più vicina al cinema, non sapeva che la sua ragazza avesse paura  degli horror, ma Keller forse si perché sorrideva serafico mentre lei lo stritolava in un abbraccio.

-Dovrebbe abbracciare me, perché si butta su di lui?-

All’intervallo uscì nervoso a fumarsi una sigaretta che poi si protrasse per tutto il secondo tempo del film  seguendo il ritmo delle sue elucubrazioni.

Perché quando stava con Jo si sentiva come messo da parte?

Ormai era una sorta di rivale per lui, non riusciva a trattarlo da amico nonostante sapesse che era questo che Fay desiderasse.

-Lui vuole la mia ragazza, perché dovrei lasciargliela?-

“Ehi Tom!” si sentì chiamare, era Fay.

“Perché non sei rientrato?”

“Perché non mi interessava!”

“Ma sei stato tu a voler vedere il film…

“E mi sono accorto che era una merda, quindi non ho voglia di rientrare e non mi pare che tu sentissi la mia mancanza prima.”

Aveva detto troppo, se ne accorse dallo sguardo improvvisamente duro di lei.

“Se non l’avessi sentita  non sarei qui a sorbirmi i tuoi capricci!

Qual è il tuo problema? Mi pare che non sia il film.”

“Non ho nessun problema!”

“Tom non farmi fessa, tu hai qualcosa e non è solo oggi.”

“Non ho nulla!”

“Va bene, non vuoi dirmelo….

Io pensavo ti fidassi si me!”

Fece per andarsene, ma lui la afferrò per il polso.

“Mi fido di te, è di lui che non mi fido!”

“Di chi?”

“Di Jo!

Non mi piace, non mi piace come si comporta con te e quello che fa!”

“Sei geloso, Tom,solo geloso è questo il tuo problema!

 E sei geloso senza un reale motivo!

Io e Jo non abbiamo fatto nulla!”

Si liberò della sua stretta e marciò verso l’interno del cinema lasciandolo solo con la sensazione di aver fatto una grande cazzata,  di aver ferito lei in qualche modo, senza che se lo meritasse.

-Grande, scemo, l’hai ferita, dopo che ti è stata accanto senza chiederti nulla.

In fondo cosa ti aveva chiesto? Solo di provare ad essere gentile con il suo migliore amico!-

Sospirando si disse che doveva farsi perdonare e soprattutto fare chiarezza in se stesso, risolvere tutti i suoi dubbi, anche se si sentiva certo di amarla.

Perché era tutto così difficile?

La vita non era un film….

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Casini all’orizzonte…. Tom non accetta pacificamente il ritorno di Jo, mentre tra Lene e Georg sembra tutto risolto^^.

Spero vi piaccia.

 

Ps : dove siete finiti tutti? I commenti sono drasticamente calati…

 

Ringrazio:

 

 

Schwarz Nana

 

Hana Turner

 

Lady Cassandra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** 17) Calma Apparente ***


17)Calma  apparente

 

Cosa si provava a sentirsi non considerati dal proprio ragazzo?

Era una brutta sensazione, Francesca la sperimentò  durante il secondo tempo  di quel film, che obbiettivamente non era nemmeno un granché, era in preda a un miscuglio di sentimenti contrastanti.

Era arrabbiata con Tom, ma allo stesso tempo era arrabbiata anche con Jo, per la prima volta da quando lo conosceva si trovò a provare autentico fastidio nei suoi confronti, pur sapendo che era irrazionale, che Jo non c’entrava nulla con i malumori assurdi del suo ragazzo.

Questo diceva la sua parte razionale, il resto berciava insistentemente una domanda, che cavolo era tornato a fare il punk a Berlino?

Per seminare zizzania? Per complicarle la vita?

Sapeva di Bill, perché non se ne era stato a Los Angeles a condurre la sua brillante vita universitaria?

-Andiamo Fra, lo sai anche tu, non è certo colpa di Jo se siete scoppiati!

Era solo questione di tempo, da quando Bill è in clinica voi cosa siete?-

Sarebbe stato bello avere una risposta a quei dubbi, peccato che non l’avesse, che brancolasse ancora nel buio, in attesa di capire almeno la strana gelosia di Tom.

-Di che ti stupisci?

Era Geloso anche di Bill….-

E allora perché non chiariva le cose una volta per tutte?

Perché continuava a lasciarli entrambi sulla graticola?

“Fra?”

“Cosa vuoi?”Sibilò infastidita a Jo.

Ora si era perfino ritrovata a scaricare la sua tensione su di lui, fantastico!

“Il film è finito.”

“Ok.”

Come un automa si alzò dalla poltroncina, ribollente di rabbia e desiderosa di stare sola, senza dover spiegare nulla a nessuno.

Uscì dal cinema senza spiccicare una parola, insofferente alla presenza muta ma ugualmente preoccupata dietro di lei, quando stava così riemergeva tutto il suo caratteraccio.

“Fra che c’è?”

“Niente.”

“Balle, si vede che qualcosa c’è!”

“Ok … ma non sono affari tuoi!”

“Tom se ne è andato … e con lui  la macchina.”

“Torna con i mezzi.”

“E tu?”

“Io mi faccio un giro.”

Il volto di lui si fece improvvisamente duro, le afferrò un polso e la guardò dritta negli occhi, lei ne fu immensamente irritata, non era lo sguardo di un amico ma quello di un fidanzato contrariato.

“Francesca, te lo ripeto, cosa ‘è?”

“E io te lo ripeto …. Fatti i cazzi tuoi!

Non sono la tua ragazza Jo, sono la ragazza di Tom!”

Con uno strattone si liberò della sua presa e marciò verso una qualsiasi linea dell’autobus che non fosse quella del biondo, voleva stare sola e pensare.

Voleva stare sola e sbollire quella rabbia maledetta che le faceva credere di essere stata in qualche modo fregata.

In fondo Tom non le aveva promesso nulla , forse era stato tutto nella sua testa, quella felicità, quel sentirsi finalmente a casa in un posto.

Il pullman era pieno, pieno di gente chiassosa che parlava ad alta voce, lei però non li sentiva, non sentiva nulla, solo una sensazione indefinita, a metà tra il vuoto e  l’inadeguatezza, il non sentirsi di nuovo parte di qualcosa.

Scese a una fermata a caso, non era nemmeno certa di  sapere dove si trovasse, non era importante, iniziò a camminare mentre si accendeva una sigaretta svogliata.

Perché tutto si complicava sempre  così?

Perché nulla andava come lei desiderava?

Camminò a lungo, le persone la schivavano, forse trovavano quella ragazza che camminava senza una metà e alternava sguardi assenti a sguardi da serial killer.

Perché era così che si sentiva.

Altalenante.

Passava da una sorta di assenza a una rabbia senza soluzione di continuità, fino a farsi venire mal di testa, fino a sentirsi svuotata, ma senza risolvere il problema veramente.

Fay sapeva che l’unico modo per cavare davvero un ragno dal buco, di togliersi tutti i dubbi per far proseguire o meno quel rapporto era parlare con Tom, eppure non ci riusciva.

Aveva paura dell’esito di quel colloquio perché era troppo incerto per i suoi standard, non aveva  idea di cosa girasse per la testa di Tom, certi suoi comportamenti indicavano che a lei teneva, inconsciamente sospirò a quello che stava per dire, temendo di illudersi, forse la amava.

Forse doveva fregarsene di quelle due paroline e badare più ai fatti, ossia che una ragazzo che di storie serie non ne aveva avute stava con lei da un bel po’ ed era venuto lui a cercarla, tuttavia i fatti dicevano anche che quello stesso ragazzo aveva un fratello tossicodipendente .

Forse aveva solo bisogno di un appoggio più stabile di una puttanella occasionale, forse voleva solo un’amica comprensiva da portarsi a letto per avere il servizio completo, sessuale e psicologico.

La mora sentiva una lama conficcarsi nel cuore a ogni pensieri del genere, ma non poteva fare a meno di chiedersi se fossero veri e lei non avesse vissuto consapevolmente una favola.

-E le favole finiscono, dovresti saperlo, tu più di tutti.-

Alzò gli occhi al cielo, era coperto, come il suo umore, che cosa buffa.

Lei non credeva affatto di aver vissuto una favola, credeva di aver provato a costruire qualcosa, una storia, un rapporto, come diavolo lo si volesse chiamare, doveva solo capire se ci era riuscita o meno.

La gelosia …

Andava analizzata, perché il suo ragazzo era geloso?

Per una semplice smania di possesso che si era scatenata quando aveva visto un possibile rivale?

O c’erano ragioni più profonde dietro?

Forse si sentiva insicuro dei suoi sentimenti, conscio di farle mancare qualcosa e temesse che lei lo cercasse altrove?

Non era da lui, nulla in questa storia sembrava essere al posto giusto.

Era tutto un dannato casino.

-Ma in tutta onestà, rimpiangi qualcosa?

Se potessi tornare indietro rifaresti ancora una volta tutto, io ne sono certa.-

In effetti non si pentiva di nulla, non si pentiva di aver provato  dare una possibilità a quella storia, solo ora voleva vedere a cosa aveva portato il suo atto di fiducia.

-A volte vorrei leggergli in testa, sarebbe tutto più facile.-

Aveva raggiunto il suo appartamento, apparentemente sembrava deserto, come se tutti avessero avvertito quella sua stessa necessità di dover riflettere da soli, da Tom se lo aspettava, da Jo un po’ di meno.

Non le dispiaceva in realtà trovare la casa vuota, in fondo lei era una che il silenzio lo aveva sempre amato, nonostante puntualmente le si riempisse di fantasmi, che in fondo lo desiderava, amando quel raccoglimento che lo caratterizzava e in cui amava rifugiarsi.

Come volevasi dimostrare non appena varco la porta non c’era nessuno, la casa era buia, tranquilla, a suo modo rilassata, sorrise all’idea si una casa pensata in quei termini così umani si tolse il cappotto, poi si cambiò ed infine fece tappa in bagno per struccarsi.

SI passò meticolosamente il cotone sulle palpebre, lentamente quel bianco diventava nero e lei si sentiva più pulita , più se stessa, perché in fin dei conti il trucco per lei era una maschera dietro a cui a volte si nascondeva.

Senza matita ed ombretto lo specchiò rimandò l’immagine di una ragazzina dalla pelle chiara, dagli capelli neri che scendevano in onde morbide ,solo leggermente disturbate da delle ciocche viola acceso e dai grandi occhi scuri, al momento fragili, smarriti.

Sospirando lasciò perdere la sua immagine allo specchio ed uscì dal locale per andare in terrazza a fumarsi una sigaretta, la rabbia se ne era andata lasciando il posto alla tristezza e alla malinconia.

Era come la marea, quando era alta minacciava di tirarla sotto, quando era bassa le lasciava come detriti quelle sensazioni spiacevoli.

Rientrò rabbrividendo , si era alzato un vento gelido e forse avrebbe nevicato e nessuno di quei due idioti era ancora tornato, constatò mediamente preoccupata.

Si stese sul divano, accese la televisione, riabituarsi alla televisione tedesca era stato piacevole, quanto era stato drammatico abituarsi alla televisione italiana i primi tempi del suo arrivo a  Venezia, quella sera però non vedeva nulla.

Disconnessa dalla realtà, disconnessa persino dai suoi stessi pensieri, aspettava semplicemente che quei due tornassero e possibilmente in breve tempo, dato che non si sentiva pronta a fare da mamma a nessuno, non ancora almeno.

Mamma.

Forse per l’esperienza con sua madre non aveva mai desiderato particolarmente la maternità, eppure  mentre vegetava sul divano di  casa di Tom, l’idea non le dispiacque.

Le era capitato a volte, vedendo delle madri e dei bambini, di chiedersi come sarebbe stato fare un figlio con il suo ragazzo, avere per casa un piccolo rompiscatole biondo e con gli occhi castani, ma aveva cacciato immediatamente quei pensieri.

Perché proprio ora che tutto stava andando male tornavano?

Perché lei di quello stupido dalle treccine era innamorata purtroppo, pur sapendo che non era certo che lui lo fosse di lei, strinse di più il cuscino a sé(non si era nemmeno accorta di averlo preso), sentendo le lacrime pungerle gli occhi.

Che merda che era l’amore.

Rimase sul divano un tempo indefinito, quando l’occhio le cadde sull’orologio l’ora di cena era passata da un pezzo e nessuno si era ancora fatto vivo.

Non aveva fame, non aveva voglia di cucinare ed era stanca anche del divano, così si alzò e si stese a letto, oltre al silenzio aveva sempre amato stare sotto le coperte calde.

-Magari non da sola ….-

Questo pensiero strappò alla mora un ghigno storto che testimoniava che nonostante tutto una percentuale di amore era ancora lì e resisteva, nonostante tutto.

Alla fine cadde in un sonno leggero, agitato da sogni che non riusciva a ricordare e che spesso la trascinavano in dormiveglia allucinati.

Fu durante uno di quelli che sentì la porta di casa aprirsi e dei passi  avvicinarsi, ormai sveglia del tutto fece comunque  finta di dormire.

La porta si aprì piano, rivelando la figura di Tom sulla porta che constatò che lei dormisse prima di chiudersela alle spalle e sedersi piano sul letto.

Si sentiva nervosa, nuda, sotto quello sguardo,perché non se ne andava?

Inaspettatamente le accarezzò la fronte per spostarle una ciocca di capelli, per poi scendere sulla guancia, involontariamente sussultò, ormai tanto valeva che aprisse gli occhi.

Tom le sorrise.

“Scusa se ti ho svegliata …”

Lei non disse nulla.

“Lo so che sei incazzata con me e hai ragione.

Mi sono comportato da stronzo e ho esagerato però …

Vedere come si comporta quello mi manda fuori di testa, non mi controllo più …

Sono una testa di cazzo, perdonami Fay!”

Lei non disse nulla, lo guardò solo negli occhi prima di attirarlo a  sé e baciarlo prepotentemente.

Non sapeva cosa lo spingesse a farlo, forse voleva solo farlo sentire come un oggetto come era successo a lei dopo il ricovero di Bill, ma lo trascinò sopra di se ed iniziò  a spogliarlo prima di ribaltare la situazione.

Lo sorprese con quella mossa, ma alla fine lui la assecondò  in quel rapporto del tutto privo di dolcezza, senza nemmeno una parola ad accompagnarli.

Solo gemiti.

E freddo.

Un freddo che non la abbandonò nemmeno quando lui crollò su di lei dopo essere venuto, si placcò solo quando dopo essere uscito da lei , si stese a pancia in su e la trascinò con lei abbracciandola.

Lei si strinse di più a lui, sentendosi confortata da quelle braccia.

“Che ci sta succedendo, eh?”

“Io non lo so ….. Mi mancano i vecchi tempi...

Mi manchi tu ….”

“Anche tu, non voglio che finisca.”

“Nemmeno io …”

“Per favore perdonami,  dammi una seconda possibilità, non voglio che mi lasci anche tu.”

Si alzò, appoggiando i gomiti e gli diede un bacio a fior di labbra, dolce, tenero, sentito, per poi accarezzargli una guancia leggermente ispida di barba.

“Va bene.

Non dire altro, per stasera va bene così.”

Lui la baciò a sua volta, dolcemente.

E forse così non andava bene per qualcuno o in generale, ma a lei si, per il momento si, le bastava tornare a  stare bene tra quelle braccia, non importava per quanto.

-Ti amo stupida Medusa psicotica, e tu?-

Era certa che presto, in un modo o in un altro avrebbe avuto una risposta  a quella domanda che la assillava da troppo tempo.

 

Da quanto tempo non aveva una giornata serena e del tutto normale?

Lene se lo chiese mentre prendeva appunti di matematica piuttosto svogliatamente, cercando comunque di seguire la voce decisamente monotona del professore.

Era da un po’ di tempo.

Non poteva che gioirne, con Georg andava alla grande e Farid la stava lasciando perdere, forse offeso dalla sua ribellione, forse si stava perfino consolando con qualcun’altra  disposta a fargli da zerbino.

Quest’ultimo pensiero le causò un crampo allo stomaco, non era una cosa bella per lei immaginare quello che era ancora il suo ragazzo tra le braccia di un’altra, anche se era molto probabile che ciò stesse accadendo.

Pensieri inutili, meglio seguire la lezione.

Così fece, stupendo anche se stessa, soprattutto quando venne interrogata e se la cavò discretamente, lasciando di stucco la canaglia di matematica.

“Complimenti Kaufmann.

Vedo che lentamente sta tornando quella di una volta, devo dedurre che il suo periodo ribelle si è ridimensionato, continui così.”

Incassò con una smorfia che somigliava ad un sorriso tornò al suo posto, la sua compagna di banco le rivolse un’occhiata inespressiva che la fece irritare, aveva iniziato a litigare con lei fin dal primo giorno.

“Sei tornata la solita lecchina, eh Kaufmann?”

Non rispose, non voleva perdere la calma e guastarsi quel momento.

“Non rispondi? Forse perché è la verità?”

“Non rompere i coglioni, sei solo invidiosa.”

“Non di te ….. Lo sanno tutti che adesso hai cambiato tipo….

Dopo Farid chi ti scopi? Un intellettuale?

Magari Girardi?”

Sentì la rabbia montarle dentro, potente e tutto sommato immotivata, alle stoccate di quella ci era abituata e reagì come non doveva, afferrandola per il bavero.

“Non provare mai più a darmi della troia o a mettere in mezzo Luca o  giuro che ti cambio i connotati!

Ne ho piene le palle di te e delle tue stronzate!

Aumentò la presa.

“KAUFMANN! E’IMPAZZITA?

MOLLI LA SUA COMPAGNA!”

Fece come le fu detto, sentendosi addosso gli occhi di tutti, perché era così idiota?

Perché per una volta che tutto andava bene lo rovinava con la sue stesse mani?

“Scusi professore.”

“Che le è preso?”

o“IO … lei mi ha dato della puttana, ha insultato un mio amico ….”mormorò debole.

“Le sembrano dei motivi sufficienti per giustificare il suo gesto?”

“No, non lo sono, ha ragione.”

“Kaufmann, lei ha un’ottima carriera alle spalle, dovrei mandarla dal preside per quello che ha fatto,ma per questa volta lascio correre …. Una nota non gliela leva nessuno ovviamente e ora esca dalla classe!”

A passi lenti lasciò l’aula, sentendosi una teppista, una reietta, una volta arrivata in corridoio si lasciò cadere con la schiena rivolta al muro e finalmente scoppiò a piangere.

Non era mai stata una ragazza da grandi scenate,quindi fu un pianto silenzioso, in punta di piedi, fatto per non disturbare nessuno, per non far notare che stesse piangendo.

Aveva gli occhi chiusi, le braccia davanti alla faccia e dondolava piano come da bambina quando sua madre la sgridava e lei si sentiva in colpa e avrebbe voluto sparire.

“Lene?”

Una voce nota  le fece alzare gli occhi velati di lacrime, Luca la guardava preoccupato, poi si accucciò davanti a lei e la osservò dolcemente.

“Sono una cogliona Luca, una cogliona integrale!”

“Cosa è successo?”

“Ho preso Miriam per il bavero in classe e l’ho semistrozzata! Cazzo!

Avevo anche preso un buon voto in matematica, perché rovino tutto?

Ora ho una nota e mi sento una merda!”

“Non è d te questo, cosa ti succede?”

“Io.. lei … mi ha insultata e ha tirato in mezzo te, non potevo lasciarla parlare!

Non potevo!”

“Lene …. Grazie per avermi difeso, ma non dovevi, non così!

Picchiare la gente non è mai giusto!”

“Lo so, ma non so cosa mi sia preso!

Io …. Non lo so, è come se la teppista che c’è in me fosse uscita a sproposito!”

Le prese le mani.

“Piccola, calma!

Succedono queste cose, solo devi canalizzare la tua rabbia in modo diverso, lo so che se vuoi puoi farlo.”

“Lo so, ma è tutto così difficile ultimamente …”

“Ti capisco, ma so che se vuoi puoi farcela ….”

“Grazie”mormorò ancora con voce spezzata..

Il silenzio calò tra di loro per un breve periodo, poi fu di nuovo lei a prendere la parola.

“Luca ….”

”Si?”

“Posso venire da te oggi pomeriggio? Non ho voglia di dirlo subito a mia madre.”

“Ma glielo dirai vero?”

“Certo, non voglio diventare anche bugiarda, ma non subito..”

“D’accordo, vieni pure.

Non ci sono problemi, mia madre non è casa e nemmeno Andrea.”

Grazie…

“Figurati” le sconvolse scherzosamente i capelli”per così poco!

Io ora vado, sennò il professore mi da per disperso.”

“OK.”

Lo guardò allontanarsi , poi riprese a fissare la finestra davanti a sé, voleva essere altrove in quel momento, ma sapeva che non poteva fuggire sempre ai problemi,  doveva affrontarli , questa volta soprattutto

-iniziano a farsi sentire i postumi delle brutte compagnie…-

Scosse la testa, persino i suoi pensieri stavano diventando assurdi ed incoerenti, non poteva scaricare la colpa su altri se lei era scattata come una bestia, doveva darsi una calmata.

Il resto della giornata scolastica trascorse tranquillamente, i suoi compagni la evitavano, ormai aveva addosso l’etichetta della psicopatica e non poteva lamentarsene, lei aveva fatto tutto il casino.

Accolse il suono della campanella come una benedizione, schizzò fuori da quel posto divenuto ostile e si fermò in cortile ad aspettare Luca, che uscì poco dopo, calmo e rilassato e sorrise non appena la vide, lei sorrise di riflesso poi si spense di colpo.

Miriam era uscita a sua volta dall’istituto scolastico e non appena vide che sorrideva  a Luca la ghiacciò con un’occhiata carica di rancore, che le piacesse il suo amico?

_BHe sono cazzi suoi! Non era certamente una buona ragione per trattarmi da merda!-

Ehi… come è andato il resto di questa giornata?”

“è andato, ti prego andiamocene, non riesco a stare un momento di più in questo posto!”

Lo afferrò per un braccio e lo trascinò via.

“Lene, calma!”

“No Luca! Non sono affatto calma!

Quando ero una secchiona non andavo bene a  nessuno!

Sono diventata una teppista e nulla è cambiato, sono tornata più sobria, composta e controllata e non vado bene ancora a nessuno!

Sai qual è la novità, Luca? Non me frega più nulla! Che se ne vadano tutti a fanculo!”

Lui scosse la testa.

“Non ti credo!”

“Che?”

“Stai esagerando per non affrontare la questione a mio parere…

“Ti sbagli!”

Arrivarono a casa del ragazzo in silenzio, lei si mise ai fornelli e cucinò qualcosa, dopo avere mangiato si misero a fare i compiti come ai vecchi tempi e stranamente finirono anche presto.

“Ora che facciamo?”si stiracchiò lui.

“Uhm … io voto per una sigaretta e poi film.”

“Ok, approvo!”

Si alzarono in perfetta sincronia e uscirono sul terrazzo.

“Ogni volta che guardo dalla finestra questo posto mi rendo conto di quanto sia orribile questo posto, non vedo l’ora di andarmene ….”

“Ti capisco ….”

“E allora perché ti sei avvicinata a Farid, tu che da questa merda eri fuori?”

La bionda abbassò gli occhi.

“Non lo so …. Non c’è un motivo preciso, forse mi piaceva e basta ….

Forse ci vedevo persino una figura paterna in grado di guidarmi.”

Non ci furono più parole tra di loro, spensero le cicche in un posacenere e rientrarono, Luca inserì un dvd nel lettore e si stravaccò accanto a  lei.

Apparentemente era una situazione banale, qualcosa che aveva già vissuto molte volte prima di allora, eppure era diversa allo stesso tempo.

Si sentiva a disagio,ripensava alle parole di Miriam, al suo sguardo quando l’aveva vista andare via con Luca e alla gioia che aveva provato quando l’aveva trovato accanto la notte in cui le si era rifugiata da lui.

Era stato bello,piacevole ammise a malincuore a se stessa.

La bionda volse il suo sguardo su Girardi, intento a guardare il film, si soffermò sugli occhi, sugli zigomi e soprattutto sulla bocca carnosa, sensuale.

-Chissà come sarebbe baciarla?-

Distolse rapidamente lo sguardo, quei pensieri l’avevano lasciata perplessa, da quando li formulava su Luca?

Lene provò a  pensare ad altro, alla scuola, a Georg, al suo ragazzo, ma quei pensieri non se ne andavano, rimanevano lì, statici, a deconcentrarla dal film.

Lo stava fissando da un po’ , forse da troppo perché lo noto anche lui e si voltò verso di lei.

-E Adesso che gli dico? Che figura di merda!-

Lui non disse nulla, la fissò con i suoi occhi scuri, che sembravano più dolci e profondi in quel momento, probabilmente era solo lei a vederli così ma le piaceva perdersi in quei pozzi scuri.

Non seppe cosa la spinse a farlo, se semplice attrazione per il suo amico o qualcosa di più profondo, ma lo baciò, lentamente, come per assaporarsi per bene quei momenti, quel giocare con la lingua del suo migliore  amico.

Era piacevole.

Fin troppo piacevole.

Si staccarono senza fiato, lei aveva gli occhi sbarrati, incredula, cosa aveva fatto?

Aveva rischiato di rompere un’amicizia!

Si alzò di scatto, come se il divano le avesse trasmesso una scossa e guardò Luca, era perplesso e ferito, sembrava deluso da quella reazione.

“Mi dispiace.” Farfugliò imbarazzata.”io ho fatto …. Qualcosa che non dovevo,..

Perdonami!”

Afferrò la giacca e la cartella e uscì da quell’appartamento, dandosi della cretina, era riuscita a rovinare tutto con il suo migliore amico!

-E se così non fosse?

E se per te non fosse solo un amico, ma qualcosa di più?-

Rallentò la sua corsa, se fosse stato veramente così cosa avrebbe fatto?

Come avrebbe fatto a dirlo a Farid?

-Perché si accumulano sempre casini su casini?-

 Bella domanda, peccato che non avesse una risposta.

 

La mattina dopo Francesca si svegliò ancora tra le braccia di Tom.

Era bello sentire il suo respiro contro il suo collo, non aveva voglia di alzarsi, ma doveva farlo, aveva rimandato troppo la questione di Jo, almeno con lui doveva chiarire.

Lentamente si tolse da quell’abbraccio, gli lasciò un bacetto a fior di labbra e dopo essersi vestita marciò in cucina dove trovò Jo seduto al tavolo senza nulla davanti a se.

“Vuoi preparare la colazione o aspetti che si prepari da se?”

“Buongiorno Gi, vedo che stando questo buzzurro hai dimenticato le regole della buona educazione ….”

“Mi scusi piccolo lord.”

Vaffanculo.”

“Amore!

…. Non sei tornato questa notte …”

“Che ti frega? Non sei mia madre ….

Comunque  non sono andato a cercare della droga, se è questo che volevi sapere.”

“Scusa se mi sono preoccupata per te! La prossima volta non mi impiccerò più!”

“Cazzo, perché sei ostile?”

“Perché non so a che gioco stai giocando!

Ti piazzi in casa nostra  e ti metti a trattare Tom a pesci in faccia, sapendo cosa sta passando!”

“L’ho solo messo sottopressione!”

“Notizia straordinaria! Non ha bisogno di altra pressione! Ne ha già abbastanza addosso!”

“Sono preoccupato per te.”

“Fatti i fatti tuoi, so badare a me, come tu sai badare a te!”

“Non mi hai ancora risposto alla domanda che tu ho fatto.”

Borbottò qualcosa infastidita e se tornò a letto, Tom non si era mosso di un millimetro, si spogliò e si sdraiò accanto a lui, immediatamente due braccia la strinsero.

“Dove sei andata?”

“A parlare con Jo … ma non ho concluso nulla.”

“Mi dispiace … dai adesso torna a dormire ….”

La baciò sotto l’orecchio, lei sorrise.

“D’accordo.,…”

Non riuscì a riprendere sonno, i toni che aveva usato con il suo amico  le tornarono alla mente, era la prima volta che rispondeva così a Jo,non era da lei.

E Tom?

Chissà se era davvero dispiaciuto per il diverbio?

-Ma che cavolo pensi scema?

Quando mai Tom ha fatto la carogna in questo modo? Dormi va!-

Decise di dare ascolto alla sua coscienza e si impegnò a riprendere sonno e ci riuscì, lentamente scivolò in un sonno agitato in cui probabilmente si mosse perché ebbe l’impressione che Tom la cullasse nel sonno, in ogni caso quando finalmente si svegliò era quasi mezzogiorno e il suo ragazzo dormiva ancora accanto a lei.

“Ehi Tom!” lo scosse leggermente, lui mugugnò.

“è ora di alzarsi.”

Lui stropicciò gli occhi e si guardò intorno.

“Hai ragione.”

Dopo essersi lavati e vestiti arrivarono entrambi in salotto, del punk non c’era alcuna traccia.

“è uscito ancora.”

“Già …. “

Nessuno dei due sapeva bene cosa dire, così lei si diresse in cucina per tentare di cucinare un pranzo degno di questo nome.

A Francesca piaceva cucinare, lo trovava rilassante, se teneva le mani e la mente occupate sulla ricetta almeno non pensava,ma quella volta non ne aveva voglia, così cucino del semplice riso allo zafferano.

A pranzo e nel pomeriggio non successe nulla di particolare e Jo non fece ritorno, Francesca iniziava a detestare i suoi comportamenti, non riusciva più a capirlo.

Che avesse ragione Tom quando aveva tentato di dire a modo suo che forse Jo era geloso di lei?

-Siamo sempre stati solo amici, ma il confine tra amore ed amicizia è labile … -

Una parte di lei non riusciva ad accettarlo, era convinta che fosse tutta una strategia di Jo fatta per farle capire qualcosa.

- Ma cosa? Che non è la persona adatta a me?-

Non era la riposta giusta.

-Forse lo sta mettendo alla prova, tipo padre geloso per capire se è quello giusto per me … -

Non lo sapeva, ma al momento accoccolata a Tom mentre guardavano un film , la cosa aveva un’importanza relativa.

Il pomeriggio proseguì tranquillamente, interrotto solo da una telefonata di Georg che invitava Tom a casa sua per una serata tra uomini.

“Che fate in una serata tra uomini?”

“Giochiamo a poker, parliamo di donne …”

Alla sua occhiataccia corresse il tiro:”Più che altro adesso rievochiamo il passato.”

“Ok … divertiti che ne hai bisogno.”

Lui sorrise, cenarono insieme, poi lui uscì lasciandola sola, lei però non se ne dispiacque, tentava ancora di capire cosa girasse nella testa del suo amico, ma le risultava impossibile.

In ogni caso il punk tornò a mezzanotte circa, cercando di fare meno rumore possibile, cosa inutile visto che lei se ne accorse comunque e di piazzò in salotto con le braccia conserte tipo mammina arrabbiata.

“Bentornato.”

“Che fai adesso? Mi controlli?”

“No, ti saluto.”

“Bella Fra, ci credo!

Perché sei così incazzata con me?

Forse perché ti faccio domande che ti fanno male?

Che ti rompono la bolla che ti eri creata con il tuo principe azzurro mostrandoti che in fondo è solo un omuncolo?”

La sua mano scattò prima che  potesse fermarla e si schiantò sulla guancia di Jo con un rumore sordo, lei rimase  impalata in mezzo alla stanza, lui si toccò la pelle stordito.

Tra di loro calò un silenzio imbarazzato che lei non seppe riempire adeguatamente, ancora scossa dal suo gesto.

“Fra, sei davvero felice con lui?”

“Non sono affari tuoi!” la voce di Tom li fece sobbalzare entrambi, nessuno lo aveva sentito rientrare.

“Devi smetterla di impicciarti negli affari che non sono tuoi e tentare di far naufragare questa storia!

Sono stanco di te! Hai perso la tua occasione con Fay anni fa, ora non mettere zizzania tra di noi perché tu non ce l’hai fatta con lei.

Sono stufo di averti qui tra i piedi! Vattene! Domani non voglio vedere la tua roba qui Keller o giuro che la butto dalla finestra!”

Francesca rimase senza fiato, non si aspettava questa conclusione della serata, non si aspettava niente di tutto questo, tutto cadeva a pezzi, perché?

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Buonasera! Non vedo l’ora che sia domani così riposo XD!

E Tom è sbottato e ha buttato fuori Jo, come la prenderà Fra?

Forse anche Lene si dà una mossa? Come finirà XD?

Alla prossima puntata^^.

 

 

Hana Turner : bhe questo disastro si è risolto, ma è solo la calma prima della tempesta^^. Dopo ne arriverà un altro peggiore^^.

Ci sono Luca e Lene, visto?

Forse anche Lene ce la fa a capire che deve mollare Farid^^.

Spero ti piaccia^^.

Ciaooo!

 

Schwarz Nana : Sono contenta che tu l’abbia notata *-*!

Sono contenta che ti piacciano  Lene e Georg , mi piace molto scrivere di Lene e Georg^^.

Piacerebbe anche a me avere un fratellone … invece ho un gatto psicotico, vabbhe, non si può avere tutto dalla vita xD!

Jo in effetti è diciamo “utile” perché rompe una situazione che altrimenti credo non si sarebbe mai risolta da sola, come vedi qualcosa succede anche in questo… per le due paroline, però dovrai aspettare ancora un paio di capitoli ( sarà nel 19)^^.

Non ti preoccupare per Gustav e Shirin, si Farid reagirà, ma non nel modo in cui si aspetta …

Lo devo far riscattare questo ragazzo XD!

Spero che questo ti piaccia^^.

Alla prossima^^

 

Pulse: SI sono molto carini in quella scena*_*! Sono contenta che ti piaccia.

Io Fra la capisco, quelle diue stupide paroline sono importanti in fondo, però è vero che gliele dirà, ci sarà un casino ma gliele dirà…

Non so perché tutti i Mark siano stronzi, mistero XD!

Questo Mark farà danni XD.

Bill e Leila dovrai aspettare un po’ prima di vederli… da dopo il ventesimo capitolo^^ ( Mi sono un po’ persa dentro questa storia -____-)

Spero ti piaccia.

Alla prossima.

Ciao^^

 

Bambolina Elettrica: scialla per le recensione allo scorso^^.

Tom glielo dirà, tempo un paio di capitoli^^ e Farid farà qualcosa, ma non posso dire cosa^^.

Alla prossima^^.

Ciao!

 

Lady Cassandra :Eh si, far convivere due galli in un pollaio non è facile, infatti uno dei due in questo capitolo ha dato di matto ….

Anch’io capisco Tom, ce la farà ad agire prima che sia troppo tardi ( sennò questa fiction non arrivava a una delle conclusioni , visto le vicende che ci sono dentro XD).

Anche a me piacciono i fratelli Listing*_*! Adesso che sono in pace( e ci rimarranno U.U) sono davvero carini^^.

Finalmente Lene si “accorge” di Luca^^.

Bill… prima devo sbrogliare la matassa dell’altro Kaulitz e di lene, poi sicuramente arriverà anche lui(Ti confesso che mi ci sono un po’ persa in questa storia,ma posso farcela, mi sono fatta i punti da seguire e li ho persi, devo cercarli XD).

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** 18) Capolinea? ***


18) capolinea  ?

 

Tom sera sempre stato un impulsivo, uno di quelli che, trascinato dalla rabbia e dalla situazione diceva cose di cui finiva per pentirsi.

Ci provava a stare calmo, a stare zitto, ma prima o pi esplodeva.

Quella volta era stata una di quelle, non avrebbe voluto cacciare Keller di casa sapendo quanto Fay ci tenesse a lui,  eppure l’aveva appena fatto ed era tardi per tornare indietro, non poteva farlo, non dopo quella piazzata.

Quando l’aveva sentito tormentare la sua ragazza, insistendo nel chiederle se con lui fosse felice, qualcosa era scattato dentro di lui, qualcosa di non positivo.

Non era la persona migliore del mondo o il fidanzato perfetto, lo ammetteva senza problemi, però era stufo di avere un rompicoglioni per casa che glielo facesse notare ogni tre secondi con i suoi sorrisini sarcastici e le sue battutine insensate.

Non era affatto dell’umore giusto, considerato che aveva il suo gemello, una parte di se in una clinica a disintossicarsi, delle paranoie di un punk gliene importava meno di niente.

“Devi smetterla di impicciarti negli affari che non sono tuoi e tentare di far naufragare questa storia!

Sono stanco di te! Hai perso la tua occasione con Fay anni fa, ora non mettere zizzania tra di noi perché tu non ce l’hai fatta con lei.

Sono stufo di averti qui tra i piedi! Vattene! Domani non voglio vedere la tua roba qui Keller o giuro che la butto dalla finestra!”

E così era esploso, pentendosene immediatamente, non per pietà verso il biondo, ma perché aveva visto gli occhi della sua ragazza.

Gli occhi di Fay erano sgranati, increduli, come se non si capacitasse di cosa fosse successo e di come ci fossero arrivati in un così breve tempo.

Era come se una bomba le fosse esplosa accanto, lasciandola sotto shock.

Che cazzo aveva fatto?

Lui non voleva affatto litigare di nuovo con lei, non dopo la tregua apparente della sera prima!

A Fay ci teneva, era per questo che scattava in quel modo,ora però si rese conto di avere esagerato,quell’atmosfera sospesa non prometteva nulla di buono, sembrava quella che precedeva i temporali.

Il biondo fu il primo a riprendersi, lo gelò con un’occhiata omicida.

“D’accordo Kaulitz, questa è casa tua in fondo...

Me ne vado, ma sappi che non mi hai convinto fino in fondo, stronzo!

A te di Francesca non importa nulla, hai solo bisogno di una ragazza diversa dalle tue puttane che ti aiuto in questa cosa di tuo fratello, la mollerai appena Bill sarà fuori!

Dovresti smetterla di illuderla!

Spero che lei lo realizzi presto che razza di persona tu sia e ti molli, tu non sei degno di lei!”

Tom rischiò seriamente di sbatterlo fuori a calci seduta stante, solo un ferreo autocontrollo e il desiderio di non peggiorare ancora la sua posizione agli occhi di Francesca glielo impedì.

Keller” ringhiò.

“Va in camera ADESSO e vattene SUBITO DOPO o ti sbatto fuori a calci!

Tu non sai un cazzo di me, non hai alcun diritto di venire a fare casino a casa mia e se sono o meno la persona adatta a Fay lo può decidere solo lei non tu!

Non sei suo padre e nemmeno suo fratello per intrometterti in faccende che non ti riguardano!”

Jo non replicò, con una faccia furibonda,quella di che è ingiustamente accusato se  ne andò in  camera sua, Fay non disse nulla, rimase impalata davanti alla porta, ancora incredula.

Forse sperava  di svegliarsi e realizzare che quello fosse un incubo o che Tom si scusasse, tornasse sui suoi passi.

- Non posso e lo sai, piccola, non dopo quello che ha detto su di noi.-

Dalla camera giungevano rumori di cose spostate, di ante aperte e poi richiuse, misti a imprecazioni, Tom continuava a rimanere immobile così,come Fra.

Dopo un lasso di tempo che all’ex rasta sembrò infinito il punk fece la sua comparsa con una borsone di traverso sulle spalle e l’aria ancora furiosa.

“Addio Fra, vado in albergo.

Bel ragazzo che ti sei scelta!

Addio Kaulitz, smettila di renderla infelice!”

“Fottiti!” sibilò lui, per poi chiudere la porta dietro al biondo e voltarsi successivamente verso l’italiana che era ancora chiusa nel suo silenzio incredulo.

“Cosa hai fatto, Tom?”

“Dovevo farlo, Fay! Non poteva continuare così, te ne rendi conto?”

“Tu non hai voluto che continuasse        !

Mi hai promesso di seppellire l’ascia si guerra con Jo, ma non l’hai mai fatto!

Non avevi alcun diritto di buttarlo fuori… O forse si, questa è casa tua….

Chissà forse un giorno butterai fuori anche me, quando ti sarai stancato di me!”

“Smettila di dire stronzate!” il ruggito che gli uscì fu esagerato.

“Non ti caccerei mai via e lo sai!

Tu sei la mia ragazza, quello no! Tu sei più importante di lui, ma forse per te non è lo stesso, dato che lo hai sempre difeso qualsiasi cosa avesse fatto!

Forse sei tu ad essere innamorata di lui!”

Fay sbiancò.

“Smettila TU di dire stronzate, come al solito non hai capito nulla!”

“Cosa non ho capito?

Che il tuo caro Jo ha la precedenza su di noi?”

“C’è un noi?”

Tom non rispose, del tutto incredulo per  quella domanda, nonse la aspettava.

“Cosa vuoi dire?”

“Che io ti ho detto chiaramente e più volte che ti amavo, tu invece hai sempre detto che tenevi  a me e basta!

Bhe … a un amico ci tieni, a una ragazza anche, ma tenere a lei non basta per fare un rapporto!

A volte mi chiedo se non sono qualcosa tipo la tua concubina!”

Lui ammutolì, lei non gli aveva mai chiesto nulla, ma ora che giustamente iniziava a pretendere qualcosa da lui, almeno un chiarimento, lui si sentiva stringere addosso una rete.

Voleva disperatamente scappare, ritornare a come erano prima, cancellando quel Jo che non aveva portato altro che scompiglio.

“Taci Tom, come al solito …

E io che mi aspettavo una risposta … Tempo sprecato.

Stanotte dormo sul divano.”

Senza aggiungere altro la mora andò in camera e poi in bagno, quando ne uscì struccata e in pigiama lui era ancora lì, a fare i conti con quella dannata sensazione di claustrofobia che non lo lasciava andare.

Bhe, ti hanno staccato il cervello ?”

Come un automa si diresse in camera loro, era certo che non appena la porta si fosse chiusa alle sue spalle, lei avrebbe gettato quella maschera da dura per scoppiare a piangere.

Pensare di essere lui la causa di quelle lacrime gli faceva desiderare di andare da lei e scusarsi per tutto, coccolarla e fare la pace a modo loro, ma non poteva, non senza chiarirsi con se stesso.

Una frase l’aveva colpito di quello sfogo, che lei si considerasse la sua concubina, questo non era vero, ma allora lei cos’era?

Perché gli risultava così difficile analizzare i suoi sentimenti per lei?

-Bill, avrei bisogno di te!

Tu sei sempre stato più esperto di me in queste cose, a me la pratica, a te la teoria…

Mi manchi fratellino!-

Si spogliò e si mise a letto, era decisamente troppo vuoto per i suoi gusti, gli mancava la sua ragazza eppure sapeva che prima o poi sarebbe arrivata una situazione del genere, erano andati avanti troppo tempo su presupposti non chiari.

Si sentiva confuso, impotente e in una cera misura arrabbiato.

Prima che Jo arrivasse tutto andava relativamente bene, il momento con cui fare i conti con i suoi sentimenti sarebbe stato meno traumatico, Francesca sarebbe stata meno ostile.

-Non dare tutta la colpa a quel ragazzo, era già nell’aria da un po’…..

Solo, prima che arrivasse lui lei cercava di sopportare e di darti il tempo di cui aveva bisogno…-

Che quel tempo si fosse esaurito? Che lei si fosse stancata di aspettarlo?

Alla prospettiva di non averla più accanto il mori rabbrividì, aveva paura di ritrovarsi di nuovo da solo, senza di lei soprattutto, ma allo stesso tempo si sentiva come preso in gabbia, desideroso di scappare.

-Vedi, lei ti stava dando il tempo per riuscire a capire meglio questa cosa, ma quando ha rivisto Jo qualcosa deve essersi mosso dentro di lei, come si è mosso dentro di te.

Forse si è resa conto che non vale la pena aspettarti.-

Tom si alzò di scatto dal letto, l’ultima ipotesi di quella voce era assurda, impossibile, non riusciva a concepirla, per un attimo fu tentato di aprire la porta della stanza e raggiungerla in salotto, ma poi quel luogo tornò ad essere irraggiungibile.

Vicinissimo eppure lontanissimo.

Se fosse andato da lei, cosa avrebbe potuto dirle?

Nulla di nuovo, prima doveva capire se stesso, altrimenti lei questa volta non avrebbe accettato quello che aveva da dirgli e lui non amava mentire, lei poi non se lo meritava affatto, non voleva affatto illuderla se non fosse stato certo dei suoi sentimenti.

Perché era così incerto? Così dubbioso?

Perché una voce strisciante continuava a ripetergli che lui lo stava con lei solo perché aveva bisogno di sostegni senza Bill?

Tutti volevano che lei fosse trattata bene, forse doveva seguire quella voce che gli diceva che l’unica cosa giusta che potesse fare per lei era mollarla?

Questo pensiero gli strappò un’imprecazione, poi il sonno ebbe la meglio su di lui e si addormentò.

 

Pioveva.

Lene aveva sempre avuto  un attitudine ambivalente verso la pioggia, a volte le piaceva, a volte no, dipendeva tutto dall’umore che aveva.

Al momento si sentiva indifferente, la guardava cadere senza sentire nulla di preciso, seduta sulla sedia in terrazza in piena notte con una sigaretta in mano.

Ebbe una vaga sensazione di déjà vou che si dissolse insieme al fumo della sigaretta,  forse aveva già vissuto quella situazione, non era una novità che non dormisse più molto la notte.

-è stata la sera in cui ho fumato la mia prima canna…

Sono cambiata da allora,sarà vero?-

Forse lo era, forse no.

Farid era ancora nella sua vita eppure aveva baciato Luca e non sapeva decidere chi dei due volesse, la solita eterna indecisione …

Ne sarebbe mai guarita?

Fece un altro tiro, altro fumo andò a disperdersi nell’aria.

Pioggia e fumo.

Che combinazione di elementi effimeri ed improbabili …. Ma a lei piaceva quella notte perché sentiva i suoi pensieri alleggerirsi disperdersi come quel fumo.

Non era più Lene Kaufmann, la ragazza che aveva scoperto di avere un fratello ingombrante, un fidanzato teppista e che aveva baciato il suo migliore amico e non sapeva perché, era nessuno

Anche dopo che la sigaretta finì rimase a guardare il cielo scuro, non aveva voglia di tornare a letto a crogiolarsi nei suoi dubbi eterni che sembravano non trovare mai pace.

Sembrava una sorta di maledizione, un eterno ritorno di qualcosa che non andava nella sua vita, tutta una questione di elementi fuori posto, si disse.

Una volta che si era sistemata la questione famigliare di Georg, filosofeggiò la bionda, era andata fuori asse quella amorosa con Luca e Farid.

-Ma a te chi piace?-

La sua coscienza arrivò con la solita domanda scomoda a cui non sapeva rispondere a tormentarla.

Farid era stato una persona per cui aveva provato un’attrazione fortissima, che forse aveva confuso per amore e per cui provava ancora qualcosa, affetto probabilmente.

-L’attrazione che provavo per lui si è ridimensionata ….

Aveva ragione quando diceva che l’ho sfruttato, in fondo mi serviva sicurezza e l’ho cercata in lui, staccandomi da lui quando l’ho trovata …. in altri? In me stessa?

In ogni caso … quando mi sono accorta che non mi aiutava a riempire i miei vuoti l’ho mollato …-

Luca invece era stato ed era un punto fermo nella sua vita, qualcuno di cui non poteva fare a  meno e a cui si sentiva legata da qualcosa che andava aldilà dell’amicizia con ogni probabilità

-Non mi sarò innamorata di lui?-

Non poteva essere! Non poteva!

-Perché l’hai baciato allora?-

Non si rispose volutamente, anche perché iniziò a sentire dei rumori strani, come se qualcuno si stesse arrampicando, all’improvviso smise di sentire la pioggia per concentrarsi solo su quel rumore.

Sentiva il cuore batterle nel petto a un ritmo furioso, tormentato dalla prospettiva di un brutto incontro imminente, era talmente spaventata da non pensare nemmeno a scappare in casa.

Poco dopo una mano apparve sulla ringhiera, seguita da un corpo impacciato, Lene rischiò seriamente di svenire finché non realizzò di conoscere quella mano e quel corpo.

“Cazzo non potevi abitare al primo piano ?”

Farid?” Boccheggiò sconvolta.

“Si sono io, devo parlarti.”

“Non potevi telefonare invece di arrampicarti qui come un ladro?”

“Credi che avresti accettato di parlare con me, bambolina?”

Probabilmente no, si disse.

“Non rispondi, è un no credimi.”

“Cosa vuoi allora?”

“Scusarmi con te.”

Ok …. In quale universo parallelo erra finita?

Da quando Farid Schimth  si scusava con qualcuno?

“Cosa?”

“Mi dispiace Lene, ho sbagliato a mettermi in mezzo tre te e tuo fratello, non ne avevo alcun diritto, solo ero preoccupato per te.

Perdonami.”

“Io … Io non lo so ….”

“Non sei più sicura della nostra storia?”

“Io … si … non sono più sicura.”

Le si avvicinò piano e la bacio con passione come suo solito.

“Pensa a questo…”mormorò prima di calarsi di nuovo.

Tutto di nuovo era incasinato, Lene si chiese se mai ne sarebbe uscita e soprattutto se sarebbe arrivata alla fine indenne psicologicamente e fisicamente.

La ragazza si disse che ormai guardare la pioggia cadere, visto che ormai aveva perso il suo potere calmante e finalmente si decise a raggiungere il suo amato letto.

Ovviamente il sonno non venne, era tormentata dai ricordi in cui confrontava quei due baci e cosa aveva provato, due sentimenti che le sembravano simili.

Al bacio di Luca si era sentita felice e c’era anche una discreta attrazione dietro che forse era già amore, se solo si fosse decisa a scavare dentro se stessa per capire cosa fosse.

Era stato bello, dolce, quello che ci si aspetterebbe dal primo amore.

Il bacio con Farid invece era stato passionale, ogni suo bacio era come se dovesse essere l’ultimo, come se dopo non si dovessero più vedere e forse questa volte aveva ragione.

Non era amore, era solo attrazione, sesso.

Aveva perso la verginità con uno che nemmeno amava e non sapeva se ne fosse valsa la pena, anche se ormai era troppo tardi per pensarci, se davvero non voleva più quella storia doveva chiuderla.

-Non è facile.-

Le piaceva sentirsi importante per qualcuno e non la solita sfigata, era giusto desiderare di realizzarsi come persona, ma aveva sbagliato il modo, non poteva farlo diventando la ragazza del turco.

Si tirò il cuscino sulla testa, nel tentativo vano di fa tacere quelle voci.

-Sei pronta a tornare nessuno?-

Non era nessuno! Lei aveva suo fratello e poi era certa di aver dimostrato di avere avuto una discreta autonomia in passato e poi c’era Luca.

-Quanto credi che starà ancora con te se continuerai a giocare con i suoi sentimenti?-

Lei non ci giocava! Lei stessa non sapeva cosa voleva!

- E allora cresci Kaufmann! Smettila di fare la bambina!-

Precipitò in un sonno agitato che si evolse in un incubo che la fece svegliare urlando come una pazza, tanto che sua madre venne a vedere cosa fosse successo.

 “Tesoro, tutto bene?” mormorò insonnolita la donna, sullo soglia della stanza.

“Tutto ok, ho fatto solo un incubo. “

La donna annuì e tornò a dormire, Lene non poteva dirle certamente cosa avesse sognato, visto che lei stessa ne era sconvolta ed agitata.

-Ok, ho sognato Farid e Luca che si baciavano..

Mi dicevano che visto che non avevo deciso che fare con loro, hanno deciso loro al mio posto…

Ma che sogno è?-

La sua coscienza tacque lasciando che lei arrivasse all’ovvio messaggio nascosto in un sogno così sopra le righe per lei.

-Ok…. Devo decidere, ma non è facile!

E se Farid la prendesse male e se Luca non provasse nulla per me?-

Cosa doveva fare?

Lene lo sapeva in realtà cosa fare, ma avrebbe pagato oro pur di non farlo, stava diventando terribilmente codarda e forse  il suo inconscio lo sapeva visto che le aveva dato un aut aut in modo drastico e in qualche misura subdolo.

- Ma non è una cosa che può succedere vero?-

La sua coscienza sbuffò, come ad invitarla a smetterla di pensare a queste cose e a pensare alle decisioni da prendere, era solo un sogno, strano, a tratti inquietante e che incasinava le sue conoscenze ma solo un sogno, nulla di più.

Cautamente la bionda si rimise a letto, i postumi dell’incubo erano ancora dietro l’angolo a  impedirle di prendere sonno in santa pace, cosa avrebbe fatto se li avesse persi tutti e due?

-Farid non è una gran perdita, non ha fatto altro che incasinarti la vita e sapevi benissimo che non sarebbe durata per sempre … fino a che tu o lui non vi sareste stancati…

Io mi preoccuperei per Luca…-

Non c’era bisogno che quella coscienza da quattro soldi che aveva glielo facesse presente, lo era già di suo, come testimoniava quel continuo rigirarsi in assenza di sonno.

-Dio fammi dormire!-

Lentamente si calmò, il torpore cadde su di lei che finalmente si addormentò, cadendo in sogni frammentati in cui ricordava vagamente la scena di un matrimonio senza sapere se fosse il suo con Luca o con Farid o quello dei due fra di loro.

 

Erano passati due giorni da quel litigio.

Francesca se li sentiva addosso, erano stati giorni fatti di silenzi, di occhiate in tralice, giorni soprattutto fatti dal mutismo di Tom che sembrava immerso in riflessioni tutte sue.

Due giorni che non dormivano più insieme, due giorni in cui si sentiva astiosa.

Avrebbe voluto scuoterlo, fare qualcosa che lo facesse uscire da quel torpore e che le permettesse di ignorare la sua coscienza che berciava che era stata troppo brusca con lui.

Cosa avrebbe dovuto fare?

Quei dubbi le si agitavano dentro da troppo tempo per continuare ad ignorarli, sapeva che prima o poi sarebbe esplosa ed era successo nel peggiore dei modi.

Due giorni prima dopo che lui se ne era andato in camera era scoppiata a piangere, dandosi dell’idiota per come si era comportata  prima con Jo e poi con Tom, con nessuno dei due era  stata in grado di tenere i nervi a posto.

Non avrebbe voluto tirare una sberla al suo amico come non avrebbe voluto rovesciare addosso quelle cose a Tom in quel modo, avrebbe voluto fargli un discorso più articolato in modo che lo capisse, che non si sentisse attaccato.

-Brava… hai dimostrato la delicatezza di un elefante-

Ormai era tardi per cambiare ciò che era stato, ora viveva sulle spine in attesa del verdetto di Tom, divorata dall’ansia e dal silenzio.

Forse avrebbe dovuto rispettarlo, ci provava, ma finiva per cedere a battutine e provocazioni che non aiutavano nessuno dei due rendendo la situazione ancora più delicata.

-Dio, perché non stai zitta?

Non vedi che ogni frecciatina lo fanno ritirare in se stesso?

Cosa pretendevi? Che corresse da te in ginocchio sui ceci, gridandoti “Ti amo”?

Queste cose succedono solo nelle favole e, baby, questa è la vita reale.-

Era vero, si disse, avrebbe pagato oro per poter schiacciare il tasto rewind e potersi controllare, senza sbottare come una pazza, era una parte del suo carattere che detestava sin da piccola, esplodere e poi pentirsi,  come se non fosse  stata capace di affrontare le cose con calma.

Anche quella sera guardava Tom interessato alla televisione e non a lei che gli aveva chiesto dove fosse stato tutto il pomeriggio,anche se immaginava senza difficoltà che fosse stato da Georg o Gustav per dei consigli in mancanza di Bill.

Bill …

Quanto le mancava!

Potergli parlare, poterlo abbracciare di nuovo come ai vecchi tempi, ignorando che quei tempi tanto osannati erano finiti da tre anni, a  volte solo lei sembrava essere testardamente attaccata al passato quando il passato era già morto da un bel po’.

“Tom… Dove sei stato?”

Questa volta si voltò e la squadrò, chiaramente irritato.

“Non sono affari tuoi!”

“Vivo qui anch’io, ho il diritto di saperlo!”

“Non sono affari tuoi, ti ho detto! Non sei mia madre!

Sono stufo di avere una balia!

Mi sa che ho sbagliato sai? Non sei la persona che credevo che fossi.

Non ti riconosco più e non so se mi va di stare ancora con te!”

Il cuore di Fra perse un battito, impallidì vistosamente ed iniziò a sudare freddo, non stava succedendo a loro, non era possibile…

Era un incubo.

Lo guardò smarrita, ma lui sembrava deciso.

“D’accordo Tom…  Hai ragione, forse è stato tutto un errore, è meglio che me ne vada….”

Lui non rispose, sembrava caduto in una sorta di trance che rinvigorì la sua decisione, a lui sembrava non importare nulla di quello che aveva appena detto, come se non lo avesse nemmeno sentito.

-Dio….. o non gliene frega nulla o è in stato di shock..

Tom, fermami, ti prego!

Dimostrami che questi mesi hanno avuto un senso, non sono stati una parentesi,ti prego!

Non potrei reggere questa volta!-

Come se fosse un automa, Fay si diresse in camera, trattenendo le lacrime, dove sarebbe andata?

Cosa avrebbe potuto fare?

Non voleva tornare a Venezia, ma nemmeno pesare su qualcuno dei Tokio Hotel, era senza via d’uscita.

Preparò tristemente le valigie e poi uscì dalla stanza, Tom non si era mosso, ormai non poteva fare altro che andarsene e fu quello che fu, trattenendo ancora le lacrime.

Il tonfo della porta di quella che si era abituata a chiamare casa sua fu come una pugnalata, era finito tutto, la bolla era scoppiata e niente aveva potuto evitarlo.

Scese lentamente i gradini, stordita come se avesse preso una botta in testa, con i pensieri confusi che rimbalzavano senza  soluzione di continuità solo con una gran senso di sconfitta.

Francesca non era mai stata una ragazza che credesse alle favole, eppure quella volta aveva voluto provare a farlo, sentiva però di avere rovinato tutto con la sua impazienza e il suo caratteraccio.

Se solo non si fosse fatta influenzare da Jo e dalle sue domande,se solo fosse stata capace di darsi un freno, ora non si sarebbe trovata a vagare per le strade di una città che sentiva di nuovo estranea desiderando di tornare a casa, da Tom.

Casa era sempre stato un concetto vago per lei, non era mai riuscita ad affezionarsi abbastanza ad un luogo per chiamarlo casa, forse solo a Venezia le era accaduto, tranne che per l’appartamento che aveva diviso con Tom,che le mancava terribilmente nonostante fossero passati solo pochi minuti da quando se ne era andata.

Accese nervosamente una sigaretta, avrebbe potuto andare da Jo, nell’albergo dove alloggiava, ma il volto del punk era l’ultimo che volesse vedere al momento.

La gente ogni tanto la guardava di sbieco perplessa, forse si chiedevano chi fosse quella ragazza dall’aria spiritata e dal borsone a tracolla che sembrava non avere idea di dove andare.

-Non posso più tornare dove voglio andare, signori e signore…

Sono allo sbando!-

Quel appartamento non li aveva visti solo felici, li aveva visti anche preoccupati, fragili, in ansia per una terza persona, ma uniti, pronti a farsi forza uno  con l’altra, li aveva visti abbracciati  dopo l’amore.

Ora non li avrebbe più visti insieme.

La ragazza continuò a camminare, giusto per passare il tempo, per tentare di non sentire quel dolore che come la marea minacciava di tirarla giù nelle sue profondità che ben conosceva.

Nulla andava mai come desiderava e lei si sentiva colpevole di quel fallimento e di quelli che c’erano stati in passato, che la stavano rendendo una ragazza senza arte ne parte.

Senza sapere come Fay si era ritrovata davanti ad un parco, decise di entrarci nonostante facesse freddo e forse un bar sarebbe stato più indicato, ma non aveva voglia di avere folla intorno.

Lei voleva stare da sola.

Lei voleva piangere da sola.

Barcollando come un’ubriaca la mora si diresse verso la prima panchina che vide libera, quando si sedette la sentì gelida come lei e questo le strappò un brivido che la fece crollare del tutto, la vista divenne sfuocata e le lacrime iniziarono a scorrere lente e regolari.

Perché?

Perché era tutto finito così?

Non riusciva a porsi altre domande, non riusciva più a trovare delle spiegazioni, solo sentiva un grande dolore che le si allargava dentro impedendogli l’uso della razionalità-

La mora si ritrovò a piangere come una bambina su quella panchina, fregandosene delle poche persone presenti o dei rari bambini che erano venuti a giocare e che la indicavano preoccupati.

-Si, bambini, sto piangendo!

La vita è una merda non lo sapete? Ti illude e poi ti chiude la porta in faccia o forse tu stessa che fai in modo che ti si chiuda in faccia, non lo so….

So solo che mi manca  fottutamente, che darei tutto per tornare indietro e che lo rivorrei accanto a me.

Il problema è che non mi è mai riuscito di fare lo zerbino per troppo tempo… Idiota, idiota che sono!-

La mora singhiozzò più forte, i pensieri le si disconnessero del tutto e pianse e basta, lasciando che una parte del dolore uscisse.

Francesca  non seppe dire quanto tempo passò, ma quando tornò in sé era ormai buio, faceva ancora più freddo, si sentiva un pezzo di ghiaccio ed era discretamente affamata.

Non poteva più stare sulla panchina di un parco, a malincuore decise di trascinarsi in un bar, i suoi piedi la guidarono verso il bar dove andava abitualmente con Jo e in cui aveva promesso di non mettere più piede per i ricordi che vi erano connessi, chissà se Tom se lo sarebbe ricordato?

Lo sapeva che era stupido, in buona misura anche inutile, ma sperava che Tom venisse a cercarla, che le dicesse che non era troppo tardi per ricominciare.

Quanto facevano male i sogni…..

 

Due giorni dopo il bacio di Farid Lene era su un’altra terrazza a fumare mentre guardava il cielo.

La ragazza aveva accettato un appuntamento a casa di Luca per chiarire, ma al momento tutto si era risolto in un disastro, nessuno dei due sapeva cosa dire o cosa fare, la loro armonia sembrava essersene andata.

-Come il fumo di questa dannata sigaretta….

Come se non fosse mai esistita… eppure c’è stata…

Non avrei dovuto baciarlo.-

Lene….”

Sobbalzò, non si era accorta della presenza del ragazzo alle sue spalle.

Si…

“Eri fuori da una  vita, ero preoccupato …”

“Non mi sono buttata di sotto, tranquillo …”

“Scema … Lene … Cosa ci sta succedendo?”

“Non lo so e pagherei oro per averne un’idea chiara …”

“Perché mi hai baciato?”

“Non lo so!! E vorrei tanto saperlo!

Vorrei tanto non farti soffrire, quindi devo farti una domanda che non vorrei farti …

Per te quel bacio cosa ha significato?”

Il ragazzo rimase in silenzio per un po’ di tempo, sembrava soppesare cosa dirle e cosa no, poi alla fine si decise a guardarla negli occhi, rivelando uno sguardo incredibilmente serio.

“Vuoi davvero saperlo, Lene?”

“Si, Luca …..

Voglio la verità, anche se fa male!”

Lui prese fiato, come a prepararsi a una confessione dolorosa e poi aprì bocca, Lene non era più certa di voler sapere cosa nascondesse, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

“Lene io sono innamorato di te….

Da prima che ti mettessi con Farid, solo che l’ho capito troppo tardi e non volevo causarti casini, quando mi hai baciato bhe…è stato come vedere un sogno realizzarsi, poi ho capito che non sarebbe stato così….

Non sai perché l’hai fatto e mi fa stare male, anche se capisco la situazione, solo ti chiedo di fare chiarezza dentro di te…

Il fatto che tu mi abbia baciato indica che anche tu provi qualcosa per me, per cui una volta capito qualcosa prendi una decisione in modo che ….  Non lo so…

Io sappia cosa fare, se dimenticarti o meno…. “

La bionda non poteva dire che non si aspettasse quella confessione, aveva visto dei segnali, anche se non aveva voluto dare loro peso, però lo stesso si sentì scioccata, come se l’aria le fosse stata improvvisamente risucchiata dai polmoni.

Luca, il suo migliore amico, era innamorato di lei e lei non aveva fatto altro che farlo soffrire trattandolo come uno zerbino, abbandonandolo e poi andandolo a cercare solo quando era nella merda.

All’improvviso Lene si sentì indegna, lui si era comportato in modo esemplare, lei l’aveva solo sfruttato, sentì le lacrime pungerle gli occhi.

“Luca, mi dispiace…

Io non volevo farti soffrire, sei una delle persone più importanti della mia vita … io..”

Lui le mise un dito sulla bocca.

“Lo so, piccola, lo so.

So che non l’hai fatto apposta, ma io non ho potuto fare a meno di innamorarmi di te, perciò ti chiedo di fare  chiarezza …

Solo questo.

Se sceglierai Farid farà male, ma lo accetterò…

“Luca, sei troppo buono con una stronza come me ….

Io … ok ci penserò….Prima di andare posso fare una cosa?”

Lui annui, lei si alzò in punta di piedi e gli lasciò un bacio a stampo sulle labbra, poi sorrise, tra le lacrime, che ormai non riusciva a frenare.

“Qualsiasi cosa succeda, sei e rimarrai la persona più importante della mia vita, ricordatelo…

Forse gli stava facendo solo del male.

Forse era solo una maledetta egoista.

Forse aveva sbagliato lasciandogli quel bacio.

Forse forse forse…

La verità era una sola, sentiva di doverglielo per tutti quegli anni meravigliosi che lui le aveva donato, per tutte quelle volte in cui era corso da lei e che l’aveva ascoltata, abbracciata e consolata, per essere stato semplicemente la persona meravigliosa che era.

Le lacrime le rigavano le guancie, allo stesso tempo qualcosa si stava facendo dentro di lei, qualcosa che non aveva mai sentito prima e a cui doveva prendersi il tempo di dare un nome per non ferirlo.

Era questo l’amore?

Lene doveva ancora scoprirlo, ma era certa che presto avrebbe trovato una risposta, lo provava il fatto che ormai Farid sembrava mille miglia lontano dai suoi pensieri, sostituito da Luca.

Che strana cosa che era la vita, le stava regalando qualcosa di inaspettato e lei , seppur confusa e titubante non poteva fare a meno di sentirsi leggera.

Felice.

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Ok, ho paura a pubblicare questo capitolo , non mi linciate vero ?

Ok, che silenzio inquietante e cosa sono quei forconi ? XD

Ricordatevi che nel diciannovesimo succede quello che aspettate dal primo tra Fra e Tom > _ < !

Vabbhe mi eclisso nel bunker, ci starò fino a settimana prossima, si XD!

Ringrazio:

 

Bambolina Elettrica

 

Pulse

 

 

Lady Cassandra

 

La prossima settimana rispondo bene, giuro^^!

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** 19)Un Passo Indietro ! Ti Amo! ***


19) Un passo indietro ! Ti amo!

 

Tom era sdraiato sul divano a pancia in su a guardare il soffitto.

Dentro di se non aveva mai sentito così tanto freddo come quella sera, tanto che per un attimo gli riecheggiarono nella mente le parole di Bill sul freddo che aveva provato negli ultimi anni, chiedendosi come cazzo avesse fatto il fratello a tirare avanti per così tanto tempo.

La sua Nana se ne era andata, lui e la sua boccaccia l’avevano fatta scappare via ferita, le aveva viste le lacrime, nonostante le parole lo avessero gelato.

Quelle lacrime gli facevano male, soprattutto perché era stato lui a  causarle, perché non imparava a stare zitto?

Perché?

Forse credeva che lei si sarebbe gettata ai suoi piedi per dimostrargli che era la ragazza giusta?

Il moro sapeva che lei non l’avrebbe mai fatto e forse nemmeno lui stesso avrebbe voluto una ragazza così arrendevole, lui amava la sua ragazza così com’era, con pregi e difetti.

Amava?

Aveva detto così?

Lui sgranò gli occhi sorpreso, il silenzio dentro la stanza e nella sua testa divenne intollerabile ed eloquente, dicendogli che aveva pensato che l’amava e che non si mentiva.

Lui amava davvero quella ragazza così com’era peccato che l’avesse capito troppo tardi, peccato che se la fosse fatta scappare.

Avrebbe voluto avere il tasto rewind e tornare indietro, fare appello a tutte le sue scarse scorte di pazienza e stare zitto, a quest’ora lei sarebbe stata ancora a casa sua a rompergli le scatole, così come avrebbe dovuto essere .

- Dillo che in realtà avresti voluto baciarla e poi dirle che l’amavi, fregandotene delle tue seghe mentali!

Ammettilo! Abbi il coraggio di farlo!-

Cosa sarebbe cambiato?

Lei se ne era andata, lei lo aveva lasciato solo, non sarebbe tornata indietro e lui dentro di se sentiva una leggera rabbia invaderlo, pensando che dopotutto lei lo aveva mollato alla prima difficoltà.

-Lo sai che non è vero, parli così solo per orgoglio!

Lei c’è stata ogni singola volta in cui hai avuto bisogno di lei, senza che avesse una garanzia su te e i tuoi sentimenti e ora che le ha chieste e tu ti sei tirato indietro sarebbe troppo facile dare la colpa a lei!

Sei stato tu a farla allontanare, non le hai dato le sicurezze che cercava …

Avresti dovuto dirle solo due parole, ma il tuo orgoglio te le ha fatte ingoiare troppe volte!-

Il ragazzo urlò un “Basta” alla sua coscienza, tirando un pugno al muro, il dolore gli diede la scusa per poter piangere liberamente, come un ragazzino.

Non sentiva le nocche pulsare o il sangue colare, si limitò ad avvolgere la mano dentro un fazzoletto e a sdraiarsi sul letto dalla parte di Fay, il suo cuscino aveva ancora un lieve traccia del suo profumo.

Era  fottutamente grande e di nuovo vuoto quel letto.

Troppo!

Chissà lei dov’era in quel momento?

Fuori, sola al freddo?

Da Jo?

Di sicuro non da Georg o Gustav o altrimenti uno dei due avrebbe sollevato il telefono per insultarlo fino alla settima generazione, ingiungendogli di smetterla di fare il coglione e comportarsi da persona matura ogni tanto.

Tutto taceva, lei era sparita come fosse stata un sogno.

Che fosse tornata a Venezia?

Sentì lo stomaco contrarsi in un morsa,e strinse più forte il cuscino soffocando un singhiozzo contro esso.

[“Un’altra cosa… Trattami bene Francesca.

Non la amo più, ma tengo a lei, è una persona stupenda.

Ci sta aiutando tantissimo, come ha fatto adesso lasciandoci i nostri spazi … non farla soffrire.”]

Le parole del fratello si conficcarono come altre lame dentro di lui, insieme a tutto il resto.

- Bill perdonami, ma non ce l’ho fatta!

L’ho fatta soffrire e ora vorrei solo tornare indietro o scusarmi con lei, ma ho paura!

Paura che sia troppo tardi! Paura di averla ferita troppo!

Sono stato stronzo, sai fratello?

Le ho sputato addosso parole al veleno che non pensavo  proprio quando era più debole, quando era più fragile!

Cosa devo fare, Bill?

Mi manchi … -

Cadde in un sonno agitato che lo trascinò dritto in un incubo, non era più sdraiato sul letto, ma in piedi su una spiaggia bianca, davanti  a un mare agitato e sotto un cielo plumbeo ed opprimente che gli strappò un brivido.

Dove era finito?

Tom mosse qualche passo incerto verso il mare, poi vide che su quella stessa spiaggia c’era un’altra figura che si stagliava sull’orizzonte, i lunghi capelli neri scossi da un vento leggero.

Bill.

Corse verso di lui, sentendo il respiro pesante e le gambe molli, avrebbe rivisto suo fratello e poco importasse che fosse solo un sogno.

“Bill!”

Il ragazzo si voltò verso di lui, aveva un espressione triste.

“Ciao Tomi …

Mi hai chiamato e sono venuto … “

“Bill, Fay se ne è andata, cosa devo fare?

L’ho ferita, l’ho fatta sentire inutile e sporca, come posso rimediare?

E se fosse troppo tardi?” Sparò tutte quelle domande senza nemmeno prendere fiato, come una ragazzino alla prima cotta.

“Tom, tu la ami?”

“Io … io non lo so!”

Bill lo afferrò per le spalle e lo scosse violentemente.

“Tom, smettila di mentire a te stesso!

Adesso che  ti manca, cosa ti manca?

Il sesso o i momenti che avete vissuto insieme?

I dettagli, le piccole cose, sai no?

La prima volta che svegliandoti l’hai trovata abbracciata  a te, fragile, la volta che l’hai sentita venire di soppiatto in camera vostra mentre suonavi ed eri felice di averla come spettatrice o quando lei stava facendo una torta e avete finito per tirarvi farina come due bambini.

Cosa ti manca Tom?

Queste cose o il sesso?”

Bill lo lasciò andare, lasciandolo perplesso, quello non sembrava nemmeno suo fratello, chi era?

“Chi sei?

Tu non sei mio fratello, lui non  avrebbe mai reagito così.”

Il moro temeva che all’improvviso quel Bill si trasformasse in un mostro come era successo in quel sogno che aveva fatto in preda alla febbre, ma non successe, lui si limitò a fare uno strano sorriso

“Conta qualcosa il fatto che io sia tuo fratello o la tua coscienza con il suo volto?

Le mie domande hanno perso di valore?”

Tom non rispose subito, si concentrò sulla sabbia bianca ai suoi piedi per riflettere, forse per una volta doveva dare retta al suo istinto che gli urlava che la amava senza un motivo e forse non ne aveva nemmeno bisogno di uno.

“No, non hanno perso valore …

Mi mancano le piccole cose Bill, mi manca lei …

La amo, avevi ragione tu, ma è tardi.”

“Non lo è.” Il sorriso di Bill divenne dolce.

“Non lo è ancora, seppellisci il tuo stupido orgoglio, cercala e scusati e diglielo che la ami.

E se non ti da retta, riprovaci fino a che non lo farà, non puoi lasciartela scappare!”

L’ex rasta avrebbe voluto abbracciarlo, ma tutto svanì e lui si ritrovò nel suo letto, a stringere il cuscino umido di lacrime, stordito e allo stesso tempo deciso a cercarla.

Georg e Gustav continuavano ad essere esclusi dalla liste di dove potesse essere la sua ragazza, così si decise a comporre il numero del cellulare di Jo, che aveva fregato a lei, il biondo rispose quasi subito.

“Pronto.”

“Sono Tom.”

“Cosa vuoi?”la voce era ostile.

“Io e Fay abbiamo litigato, è da te?”

“Credi che te lo direi?”

“Non è da te.”Mormorò lui dopo un momento di silenzio

“Come fai ad esserne sicuro?”

“La paura nella tua voce, tu non sai dove sia come non lo so io...

Esco a cercarla.”

“Anch’io.”

Chiusero freddamente la chiamata, poi il moro afferrò un giubbino ed uscì, non sarebbe tornato fino a che non l’avrebbe ritrovata.

Scese le scale a precipizio e si buttò nelle strade, camuffato,anche se dubitava che qualcuno l’avrebbe riconosciuto o disturbato.

Camminò per un po’,senza trovarla, dove poteva essere?

-Fermati cinque secondi e pensaci, se tu fossi lei dove andresti?-

Li vicino c’era un parco, per scrupolo ci fece un giro senza trovarla, iniziava a sentirsi agitato, aveva paura che se ne fosse tornata a Venezia.

-Calma … Rifletti se è venuta qui dove può essere andata?-

[“No qui preferirei non entrare Tom.”

Lui l’aveva guardata senza capire.

“Questo è il bar dove venivo sempre con Jo, mi fanno male questi ricordi, non voglio entrarci mai più.”]

E se fosse andata li?Perché non tentare?

Tom uscì da quel luogo, ormai era in preda all’ansia nonostante i tentativi vani della sua coscienza di calmarlo, come in preda alla febbre raggiunse quel bar per poi bloccarsi davanti alla porta.

Deglutì, poi timoroso di non trovarla allungò una mano e spinse la porta, entrando nel locale affollato.

Mosse qualche passo incerto verso una sala che sembrava più appartata, ma di lei non c’era nessuna traccia, sconsolato si sedette a un tavolo e si portò le mani sulla testa.

Dove cavolo era?

Sarebbe precipitato di nuovo nelle paranoie se non avesse quelli che sembravano urli soffocati di una persona che conosceva troppo bene, Fay.

Si alzò di scatto, adocchiò il bagno, vi entrò come una furia, scoprendo un ragazzo che stava tentando di spogliare la mora recalcitrante, sentì la rabbia salirgli come un fuoco, cosa cazzo stava facendo quello stronzo alla sua ragazza?

Si avvicinò al ragazzo, che non si era accorto di lui e con un solo colpo lo staccò da lei, per poi mollargli un pugno in piena faccia, distruggendosi anche l’altra mano.

Quello cadde con un tonfo e lo guardò stranito.

“Giù le mani dalla mia ragazza!”

“Se ti interessava questa troia dovevi tenerla d’occhio meglio, è ubriaca!”

Si accucciò e gli mollò un altro pugno.

“Non è una scusa, coglione e adesso vattene, in silenzio, o ti cambio talmente tanto la  faccia che nemmeno tua madre ti riconosce.”

Il ragazzo strisciò fuori dalla toilette, lui avanzò verso Francesca che era scivolata  a terra sconvolta.

“Che cosa vuoi?

Perché sei qui?”

“Per portarti a casa … Non stai bene …”

“Che te ne frega? Non hai detto che non sapevi se volevi stare ancora con me?

Smettila di illudermi, fa male, fai male!”

Quelle parole veritiere lo ferirono.

“Hai ragione, ma sono stato un coglione!

Ho detto quello perché ero geloso marcio, non lo pensavo veramente!

Mi manchi Fay, sennò perché sarei qui?”

“Per prendermi in giro …” mormorò amara,mezza ubriaca.

“No, non lo farei, con te non lo farei …

Io … io sono stato un coglione lo ammetto, ma ho sofferto anch’io … io ti amo.”

Lei spalancò gli occhi, lui le prese le mani.

“Cosa hai detto?”

“Ti amo, ho detto che ti amo.”

“Sono i fumi dell’alcool, non puoi essere qui e averlo detto davvero.”

“Te lo ripeterò quando sarai sobria e tutte le volte che sarà necessario, ma per favore vieni a casa …”

Lei annuì spaesata, si lasciò tirare in piedi, poi all’improvviso lo abbracciò.

“Non sei un sogno vero?

Non è che tra poco mi sveglio e scopro che non sei vero?”

Lui rispose nell’unico modo che conosceva, baciandola, prima piano poi più appassionato, mentre lei lo stringeva di più a se, come se non volesse lasciarlo più andare.

“Ok, se è un sogno o un’allucinazione me la voglio godere fino in fondo.”

Lui la abbracciò di nuovo, seppellendo la testa tra i suoi capelli, gli erano mancati, gli era mancato tutto di lei, questa volta non se la sarebbe più fatta scappare.

Mai più.

Uscirono abbracciati dal bagno, lei gli indicò le valige ancora in trance, lui le sorrise incoraggiante.

Non smise di sorriderle quando arrivò il taxi che aveva chiamato.

Sorrideva ancora quando arrivarono a  casa tenendola stretta a se .

Sorrideva ancora quando lei crollò a letto tra le sua braccia, stanca per le troppe emozioni, frastornata, mentre lui la accarezzava piano.

Tom sorrideva ancora quando anche lui si addormentò, sentendo un calore che si allargava dentro di se, e pensava a domani quando avrebbe dovuto spiegarle tutto per bene.

Questa volta si sentiva pronto.

 

Calore.

Francesca era immersa in una sonnolenza vischiosa, per quanto le sembrasse assurdo stava bene, come poteva stare bene se Tom l’aveva lasciata?

Si mosse nel sonno e sentì che era tra le braccia di qualcuno, sudore freddo iniziò a  colarle lungo la schiena, non riusciva a ricordare cosa diavolo fosse successo in quel bar, non poteva essere finita a letto cono uno sconosciuto!

Non poteva!

Eppure quel respiro caldo sul collo era piacevole, molto piacevole, così simile a quello del suo ex …

Lentamente si voltò per vederlo in faccia senza svegliarlo per vedere chi fosse, si sentiva agitata, aveva l’impressione che le fosse successo qualcosa di bello, ma non ricordava che cosa.

Sgranò gli occhi.

Era Tom quello che dormiva abbracciato a lei, sorridente come un bambino, lasciandola senza fiato, perché era li?

Cosa era successo?

Si erano lasciati, quel dolore non poteva essere solo un fottuto incubo!

La mora fece mente locale, la sera prima era in quel bar, aveva bevuto parecchio, sentendosi sempre peggio, annegata nella sofferenza, poi tutto si faceva confuso, avvolto nella nebbia.

Una fitta di dolore si fece largo nella sua testa mentre tentava di ricordare, di dare un seguito a quella serata.

[Tom si avvicinò al ragazzo che stava tentando di spogliarla e che non si era accorto di lui ,con un solo colpo lo staccò da lei, per poi mollargli un pugno in piena faccia.

Quello cadde con un tonfo e lo guardò stranito.

“Giù le mani dalla mia ragazza!”

“Se ti interessava questa troia dovevi tenerla d’occhio meglio, è ubriaca!”

Tom si accucciò davanti al ragazzo e gli mollò un altro pugno.

“Non è una scusa, coglione e adesso vattene, in silenzio, o ti cambio talmente tanto la  faccia che nemmeno tua madre ti riconosce.”]

E poi cosa era successo?

La mora non riusciva a ricordarselo, intanto Tom si stava quasi per svegliare e lei non sapeva cosa fare, andarsene? rimanere?

-Perché dovrei andarmene?

Se sono qui ci sarà un motivo e io voglio saperlo.-

Lui aprì lentamente gli occhi e sorrise, lei mantenne un’ espressione neutra nonostante esultasse dentro di .

“Buongiorno …”

“Buongiorno Tom, perché sono qui?”

Il sorriso di lui si spense lentamente davanti a quella freddezza.

“Eri ubriaca e ti ho riportata a casa.”

“Perché mi sei venuto a cercare?

Vuoi illudermi ancora?”

“Cosa stai dicendo?”

“Non lo so …  Forse che sei venuto a cercare la tua infermiera personale docile e remissiva.”

Lui abbassò gli occhi.

“No, sono venuto a cercare la mia ragazza perché mi mancava …

Sono stato un coglione , Fay, non ne pensavo nemmeno una delle cose che ti ho detto, ero geloso marcio di Jo.

Mi sentivo messo da parte, voi avevate un armonia così forte che io mi sentivo quasi un intruso, avevo paura che ti portasse via da me e non volevo dirtelo.

Sai, i soliti problemi di orgoglio e difficoltà nel parlare dei miei sentimenti.

Tu non sei quello che credi, non sei una stampella.

In queste settimane , forse anche prima mi sono accorto di una cosa …”

Lei deglutì, la forza di poco prima era scomparsa, di cosa si era accorto?

“Io mi sono accorto di essermi innamorato di te …

Ti amo.

Sono un deficiente, non ti offro un gran che come persona, i miei difetti li conosci..

Sono uno testardo, orgoglioso, probabilmente ci scanneremo ancora in futuro , ma io vorrei che tu fossi al mio fianco comunque, perché di te adoro i pregi e soprattutto i difetti.

Mi piace quando vuoi avere ragione, mi piace quando ti incazzi e pianti il muso, perché poi finiamo per fare pace e …. Sai come facciamo pace ….

Non so cos’altro dire ….”

Francesca rimase senza parole, non si aspettava certo una dichiarazione.

 “Giurami che è vero …”

“Certo che lo è …”

“Io …. Non so cosa dire ….

Sono stata una cogliona,non avrei dovuto reagire così.”

“Che ne dici di un”Anch’io”?”

Il sorriso di Fay ora si specchiava in quello di Tom.

“Ti amo, stupida Medusa …”

“Ti amo Nana.”

“L’hai detto due volte!”

“Ti amo e sono tre! Ora ci credi?”

Lei si lanciò tra le sue braccia e lo baciò, le erano mancati quei baci, le era mancato il suo ragazzo, ora sul suo volto scorrevano lacrime di felicità.

“Ehi …. Stai piangendo …” mormorò lui staccandosi e baciandole le guance.

“Sono solo felice …”

Lui la attirò a se e la strinse cullandola.

“Potrai perdonarmi per averci messo così tanto a capire?”

“Meglio tardi che mai, ti amo anche per questo , lo sai , vero?

Ripresero dolcemente a baciarsi, a coccolarsi, lei non lo fermò quando una mano di lui scivolò sul suo seno, iniziando il loro modo di fare pace.

Non lo fermò perché per la prima volta sentiva che stavano facendo l’amore, non solo sesso.

E forse non si sbagliava perché quando lui crollò accanto a lei dopo l’amplesso, la abbracciò di nuovo, mormorandole “Ti amo”, due parole dal suono meraviglioso a suo parere.

“Non dirlo troppo spesso o mi ci abituo …”mugugnò stretta a lui.

“Scema …. Sono stato un coglione a metterci così tanto a dirtelo …

Non so come hai fatto a non mandarmi a quel paese ….”

“Si sei stato un coglione, ma sei il mio coglione.

Seriamente, non ti avrei mandato a quel paese perché sapevo quanto fosse difficile, soprattutto addosso e poi …”

Arrossì,  certa che quelle parole non le avrebbe dette ancora così facilmente.

“Poi …. Pur di essere così felice, affronterei ancora tutto.

Non sono mai stata così felice in vita mia.”

Tom rimase in silenzio, le accarezzava piano i capelli.

“Non mi sono mai sentito tanto amato da una persona, sai?

Una persona che non fosse mio fratello …. È bello ….”

Lei si strinse contro il suo petto.

“Che fai? ti vergogni?”

“No, questo romanticismo mi sembra strano … ma bello, cioè se ti senti in vena di fare il romantico continua pure, come se non avessi detto niente!”

Lui rise.

“Tu sei tutta strana, ma ti adoro per questo!”

Il telefono interruppe il loro idillio, fu la mora  a rispondere.

“Pronto?”

“Ma sei a casa allora! Figurati se quel coglione mi avvisa!”

“Jo?”

“Si, Tom mi aveva chiamato ieri per chiedermi se fossi venuta da me ma poi non mi ha più avvisata che ti ha trovata!”

“Scusalo … è fatto così …

Ora lo sistemo io …”

“ti sento allegra … avete fatto pace?”

“Si, sono felice Jo …

Troppo felice!"

“Ti ha detto che ti ama? Ne  sei sicura?”

“Si, Jo , ne sono sicura e se a te non va bene sono affari tuoi!”

“D’accordo …  vediamoci se vuoi oggi pomeriggio.”

“D’accordo … ciao!”

Si ributtò tra le braccia del suo ragazzo, sbuffando,

“Jo?”

“Jo …. Spero che questa volta si”convinca”!”

Lui rise, lei alzò un sopracciglio.

“Non penso mi molleresti per lui …”

“Sei fuori? Assolutamente no! Non ti liberi così facilmente di me!”

“Cavoli, Nana, sa troppo di minaccia! “

“Scemo!”

Come poteva essere così meravigliosamente assurda la vita?

Fino alla sera prima era disperata, credeva che la sua unica storia importante fosse finita o forse nemmeno cominciata e ora stava ridendo e scherzando con lo stesso ragazzo che credeva di avere perso.

Credeva non sarebbe più stata tra quelle braccia che la facevano sentire protetta e allo stesso tempo se stessa, era stato bellissimo ritornarci.

“Sono stata malissimo quando mi hai lasciato …”

“Anch’io …. È devo ringraziare Bill se tu sei qui con me adesso, altrimenti avrei fatto la cazzata di lasciarti andare …

Credevo di aver fatto un torto irreparabile , sai?

Pensavo non volessi più vedermi, poi l’ho sognato e mi ha fatto capire che sbagliavo.”

“Lo ringrazierò anche per questo …

Cavolo hai visto quanto è tardi? Non dovremmo alzarci e mangiare?”

Lui fece una faccia furba e si chinò a baciarla dolcemente, ecco un’altra cosa che le era mancata, quell’espressione, quei baci e quello che avrebbe detto di li a poco.

“Io avrei un’idea migliore …

Pennichella?”

Fra scoppiò a ridere, non poteva che essere d’accordo con lui dato che le si stavano chiudendo gli occhi.

 

 

Jo non era mai stato una persona particolarmente gelosa o rompiscatole, ma Francesca era un caso particolare, verso di lei sentiva un fortissimo istinto di protezione.

Lei l’aveva tirato fuori dai guai arrivando ad adottare dei comportamenti che era certa l’avrebbero fatta odiare da lui per un certo periodo  e lui non se l’era dimenticato.

Per lei aveva forzato la sua natura comportandosi da  stronzo per vedere come avrebbe reagito Tom e quello che aveva visto non gli era piaciuto molto.

Sapeva cosa stesse passando, ma lo stesso, quelle reazioni di rabbia non gli erano piaciute, sembrava vedere in lui una minaccia, come se in Francesca non avesse nessuna fiducia.

Il biondo non voleva vedere la sua amica sprecare la sua vita con uno che non se la meritava e non c’era certo che Tom fosse la persona giusta per lei.

-Ma forse comportandomi così ho fatto solo danno …

Tom aveva ragione quando diceva che la stavo facendo soffrire … -

Jo guardò l’orologio, tra poco avrebbe visto Francesca, al telefono l’aveva sentita felice, sperava che quel Tom si fosse deciso a tirare fuori la parte migliore di se, doveva averla o Fra non l’avrebbe scelto.

-Se è geloso, a lei tiene, forse io gli ho dato solo una svegliata … -

Il cellulare squillò all’improvviso distogliendolo dai suoi pensieri, era Angie, la sua ragazza.

“Pronto?”

“Ciao Jo! Come stai?”

La voce squillante di lei lo fece sorridere, adorava il carattere di quella ragazza, avrebbe voluto presentarla a fra al momento giusto.

Bene….

Quello che sto facendo procede…

“Ti odia?”

“Direi di si … mi ha sbattuto fuori da casa sua …

Però poi sembra che si sia chiarito con Francesca, tra poco devo parlare con lei.”

“LO sai che potrei essere gelosa?”

“Non ne avresti motivo, piccola …”

“Lo so, ma mi piace sentirmelo dire…

Mi manchi testa calda, quando torni?”

Il biondo sorrise, avrebbe tanto voluto abbracciarla in quel momento.

“Tra poco piccola …

Lo sai che odio questa città di merda, sento cosa ha da dirmi Fra e poi prenoto il biglietto …

Ti amo Angie.”

Chiuse la chiamata sorridendo,  poi si preparò il pranzo ed attese che venisse un orario decente per andare da Francesca, era certo che se quei due stessero facendo pace non volessero estranei tra i piedi.

Immaginare la mora tra le braccia del ragazzo non gli dava più fastidio, non da quando aveva Angie, perché una cosa Tom l’aveva azzeccata, lui era stato innamorato di Francesca senza mai farsi avanti.

Il biondo aveva capito che per Francesca non sarebbe mai stato più di un amico, era stata Angie ad aiutarlo a dimenticarla e lui se ne era innamorato.

Buffa la vita.

In fondo per questo doveva ringraziare ancora Girardi.

Uscì di casa inquieto, cosa doveva aspettarsi?

-Spero che sia andato tutto bene …

Spero che Berlino la smetta di portare sfiga a me e a chi amo…-

Il ragazzo arrivò all’appartamento di Kaulitz, suonò il campanello e salì, odiava quei condomini così lussuosi ed impersonali perché gli ricordavano dove aveva passato sedici anni della sua vita, ossia incastrato in angolo di mondo dove a nessuno importava di lui.

A Los Angeles viveva in una casetta abbastanza semplice come reazione a quell’odio e si trovava bene.

Perché pensava a quello ora?

Finalmente le scale erano finite, bussò ed entrò, Francesca era abbracciata a Tom sul divano, lei dormiva e lui era sveglio, doveva essere stato lui ad aprirgli.

La ragazza aveva un’aria rilassata, felice , lui la stava coccolando come se fosse la cosa più preziosa che avesse, il biondo tossicchiò facendo voltare il chitarrista.

“Finalmente sei arrivato …

Hai finito di farla stare male?L’hai mandata in crisi.”

“O ho mandato in crisi te?

Hai capito che lei non era un soprammobile da usare senza dirle quello che provavi?”

“Cosa ti ho fatto, Keller?

Anche prima del fatto che le dicessi che l’amavo non le ho mai mentito e ho cercato di darle quello che potevo in quel momento.”

“Io voglio che non soffra accanto a un bastardo che non la merita tutto qui.

Ha già sofferto abbastanza.”

“Perché dovrei essere io quel bastardo?

Perché credi che non sappia renderla felice?”

“Lei ti ha sempre aspettato anche se si sarebbe sparata piuttosto che ammetterlo, ti ha sempre amato e non ho mai capito perché …. Come se lei in te avesse visto qualcosa che agli altri era sfuggito …”

“Chi ti dice che non sia stato lo stesso per me? Che anch’io non l’abbia amata per anni senza volerlo ammettere?

Sei forse entrato nella mia testa?

La amo Keller, questo ti deve bastare, non posso assicurarti che non soffrirà perché non so prevedere il futuro, ma io mi voglio impegnare con tutto me stesso con lei, chiaro?”

Il biondo annuì.

“Chiarissimo kaulitz e questo mi basta.

Ora posso tornarmene a Los Angeles.”

Tacquero entrambi, Francesca stava iniziando ad aprire gli occhi, adorabilmente rintronata, sorridendo tra le braccia di Tom, non le aveva mai visto quel sorriso addosso, sembrava ancora più bella.

“Ehi Jo!” lo guardò sorpresa.”Quando sei arrivato?”

“Adesso … Dormito bene bella addormentata?”

“Divinamente tra le braccia del mio principe.”

“Sono contento che tu lo consideri così …

Sei certa che stai facendo la cosa giusta?”

“Dio che palle, Josh Keller!

Ti fa male stare in America!

Si sono convinta di stare facendo la cosa giusta!

Si, sono felice con lui!

Si, non è perfetto, ma la perfezione è noiosa dopo un po’!

Lo amo, prima ti rassegni a questa realtà e meglio sarà per tutti!

Tu non hai alcun diritto di interferire così!”

Il biondo sorrise ed alzò le mani in segno di resa.

“Va bene testa dura …

Mi avete convinto, buona fortuna …

Io devo tornare a Los Angeles.”

Francesca lo guardò spaesata.

“Si, mi hanno chiamato stamattina è urgente che ci torni…

Buona fortuna, ci vediamo a Natale.”

“Tu sei pazzo Keller!”

“Grazie del complimento Kaulitz, io e te non saremo mai amici, ma forse potremo arrivare a  sopportarci  un giorno.”

“Sono sicuro che avere un continente di mezzo ci aiuterà.”

Francesca lo guardava spaesata, lui l’abbracciò per rassicurarla.

“Mi dispiace scappare così, ma davvero, è urgente …

Ho anche qualcuno che mi aspetta ad L.A …”

“Che stronzo …. Così mi dici che hai una ragazza?

Chi è? Come si chiama?”

Lui rise.

“Si chiama Angie, è una mia compagna di università.”

“Sono felice per te …. ma non credere di cavartela così …

Non ti punisco solo perché Tom mi rende così schifosamente felice …”il moro fece partire una risatina” da farmi passare la voglia, ma …

La voglio A S S O L U T A M E N T E  conoscere.”

“Agli ordini ….”

Si abbracciarono un’ultima volta, Tom gli strinse la mano e poi se ne andò.

Mentre preparava la valigia per tornare a New York si sentiva più leggero, forse Berlino non portava così sfortuna, almeno non a tutti.

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

‘Sera.

Spero che questo capitolo vi piaccia, me lo auguro con tutto il cuore perché a me non convince, credo che Fra l’abbia perdonata troppo presto a Tom, ma d’altronde se avessi voluto dare retta al mio naturale sadismo questi due si sarebbero detti “ti amo” il giorno della mia laurea … non quella triennale … quella specialistica XD!

 

Rispondo alle recensioni, l’ho promesso e lo faccio.

 

Bambolina Elettrica : Come vedi Tom si è accorto di amarla e tutto si è risolto per il meglio ^^.

In quanto a Lene, capirà che non è Farid quello giusto molto presto^^.

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima (spero).

Ciao.

 

Schwarz Nana: dunque, per Tom e fra, anch’io la penso come te, avrebbero dovuto stare lontani almeno per un po’, ma non ce l’ho fatta ç_ç.

Insomma, a Francesca ho già creato una vita di merda, in cui ogni volta che c’è qualcosa che le va un po’ bene immediatamente le viene tolto.

Non ce l’ho fatta.

Credo, anch’’io saranno traballanti, ma ce la faranno,.

Uno scoglio è superato.

Lene… Lene presto farà una scelta anche lei e …. Non, non ti dico nulla, sennò finisce che ti spiattello la trama e non è bello.

Spero che questo ti piaccia^^.

 

Hana Turner: ahahhha! Farid Romeo?

Bhe in effetti con quella scena  lo ricorda parecchio, ma è indubbio che sia Luca il suo Romeo XD!

Anch’io volevo coccolare Far, povera anima, però in questo diciamo che viene ripagata per le sofferenze XD!

Non è male l’idea di registrare l’evento, sai XD?

Alla prossima^^

 

Pulse:e si, Tom torna XD!

Spero che non sia troppo diabetico XD!

Anche tu cotta di Luca? Mi sa che se per caso Lene non si decidesse , tu ed Hana fareste a botte per lui XD!

Scialla in ogni caso, ben presto Lene sceglierà e spero che la sua scelta vi piaccia.

Anche a me Farid fa tenerezza, ma tranquilla non sarà una minaccia per Gustav.

Alla prossima^^.

Ciao

 

 

 

 

Lady Cassandra : ihihi! Mi hai sgamata, si voglio mandare Lene al manicomio *-*!

Ovviamente scherzo, volevo solo sconvolgerla per bene prima di farle fare la sua scelta.

Jo, sicuramente ha scombinato tutto, ma credo che servisse un elemento esterno a scombinare tutto e a far decidere Tom, sennò, ciao…

Spero che questo ti piaccia, Finalmente le due dannate paroline sono state dette ^^.

Alla prossima.

Ciao

 

Ringrazio  Dark Angel In Die Nacht per la recensione al primo capitolo ^^, spero di vederne ancora^^

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** 20) Si Viene E Si Va ***


20) si viene e si va.

 

 

Era passato un giorno da quando Luca le aveva parlato,un giorno in cui Lene aveva riflettuto molto e concluso poco se non isolarsi nel suo mondo alla ricerca di una risposta che le risultava difficile da trovare perché quello che provava per Luca era a cavallo tra l’amore e l’amicizia.

Adorava trascorrere del tempo in sua compagnia, come si comportava e come le dava importanza, usando con lei una gentilezza che agli altri riservava raramente.

Lo adorava e basta, c’erano stati giorni che lo avrebbe coccolato tutto il giorno come se fosse stato un peluche in passato.

Quei giorni se ne erano andati  e forse già allora quel sentimento che lei credeva puro non lo era già più, lui era già innamorato di lei.

Ora, in quel giorno di riflessione si era ritrovata sempre più spesso a pensare a come dovesse essere baciarlo sul serio, sentirlo suo come ragazzo.

Erano pensieri strani, ma non spiacevoli, la facevano sorridere come non le era mai successo con Farid.

Ok.

Forse con il turco era stata solo attrazione, concluse, forse non valeva più la pena portare avanti quel rapporto  se per lui non provava più nulla, ma poteva trovare quello che cercava in Luca?

-Non sarebbe solo attrazione con lui, ci sarebbe dell’altro e forse ne ho paura …

Da chi sono corsa quando stavo male?

Chi volevo coccolare quella mattina che l’ho visto dormire?

Lui ; non Farid

Anzi, spesso il mio ragazzo  l’ho visto come una minaccia da cui Luca doveva difendermi …

Lo amo?

Devo capirlo! Non voglio che stia male!-

La bionda ricordava benissimo il dolore che aveva visto riflesso negli occhi dell’italiano e se ne se sentiva ferita anche ora, sapendo di esserne stata la causa.

Lei non si era mai accorta di niente, se se ne fosse accorta prima …

-Forse non ti saresti messa con farid, ma con lui …

Ammettilo che ti è sempre piaciuto e che Leila aveva avuto ragione!-

Lene sbuffò, ma intanto sorrideva  come un ebete, facendo in modo che tutti la guardassero stupiti, tanto che imbarazzata dovette chiedere di andare in bagno al professore.

Camminò distratta per i corridoi, altrettanto distrattamente entrò in bagno e si accese una sigaretta non accorgendosi che qualcun altro era entrato.

“Sei innamorata.”

La voce di Leila l’aveva fatta sobbalzare, non so era accorta  che la rossa fosse già dentro.

“Chi io?”

“No, il lavandino …

Sei tu ad andare in giro con una faccia da fessa,quella tipica di quando sei cotta di qualcuno!”

Lene non rispose.

“Non è mio fratello, vero?

Lui non l’hai mai amato … Era sesso o attrazione, dipende da dove siete arrivati, ma il sentimento non c’era da parte di nessuna delle due parti, vero?

Chi te l’ha fatto capire?

Di chi ti sei innamorata?”

Lene la guardava a bocca aperta, come aveva fatto a capire così tante cose di lei?l.

“Io osservo Lene, quindi mi accorgo di cosa succede alle persone …

Il fortunato è Luca? Se fosse lui, trattalo bene, non farlo soffrire.”

“ E a tuo fratello non pensi?”

“Lui se la sa cavare … Per lui hai mai contato nulla …

Luca non è un ragazzo come Farid …”

“Lo so, per questo voglio starci attenta ….

Leila … No nulla …

Grazie! Ora vado.”

“Prego! Ciao!”

Lene uscì da quel bagno più inquieta di prima, avviandosi verso la sua classe, quella sottospecie di avvertimento di Leila l’aveva fatta pensare ancora di più al fatto di non far soffrire Luca.

Eppure, più tentava di razionalizzare e soffocare quello che sentiva in una gabbia di emozioni più controllate e consapevoli, più forte si faceva il bisogno di dire a Luca che, si quella storia si poteva provare a viverla, che lui non le era indifferente.

La bionda voleva fare le cose per bene, voleva una storia seria in cui si soffrisse il meno possibile e la voleva con Luca.

Si fermò di botto.

Allora ne era innamorata! Doveva parlarne con qualcuno!

La ragazza cambiò improvvisamente direzione,le lezioni potevano aspettare ancora un po’,fare chiarezza era più importante!

Corse per i corridoi sperando di trovare chi cercava,ossia di nuovo Leila e parlare con lei, in fondo era stata la rossa a parlarle ancore dopo la storia di Georg in cui le aveva intimato di stare fuori dai suoi affari e forse almeno per lei l’ascia di guerra era seppellita.

Non la trovò per i corridoi, intuì che fosse sulle scale antincendio forse a fumare o semplicemente a cazzeggiare e decise di darci un ‘occhiata.

Come volevasi dimostrare Leila era li che fumava appoggiata alla ringhiera, non appena sentì la porta spalancarsi dietro di sé la rossa si voltò.

“è la seconda volta che ci becchiamo in meno di due minuti … Mi stai facendo il filo Kaufmann?”

“No, ho bisogni di parlarti e so che non ne ho il diritto..”

“Infatti, cosa ti fa credere che io voglia stare ad ascoltare i cazzi tuoi dopo la scenataccia che mi hai fatto?”

La rossa si voltò di nuovo a guardare il panorama.

“Non lo so, forse il fatto che mi hai parlato prima e mi hai raccomandato di non fare soffrire Luca! Perché hai ragione, io credo di provare qualcosa per lui, ma non so cosa!

Cotta o amore?

Non  lo so, so solo che non voglio che soffra!”

“E cosa vuoi da me?

La soluzione ai tuoi problemi? Pietà?

Lene,quando sei con Luca cosa senti?”

“Io.. sto bene! Mi piace stare con lui, è una delle poche persone da cui mi sento capita ed accettata e che apprezzo.

Starei sempre con lui se fosse possibile …”

Leila le lanciò uno sguardo penetrante.

“ Senti dell’attrazione? Vorresti mai baciarlo?”

“Cazzo, sembri una strizza cervelli … Comunque si, l’ho baciato …

Lui mi ha chiesto di fare chiarezza dentro di me ….”

“Cosa provi per mio fratello?”

“Onestamente? Prima una grande attrazione, ma ora …”

“Sta svanendo vero? Non ne puoi più di questa storia, giusto?”

“Si, esatto …

E allora chiudila Lene! Per Farid non vali molto, lui ama ancora Shirin, posso scommetterci!

Chiudila in ogni caso e dai retta al tuo cuore ….

Provaci con Luca, tu per lui provi qualcosa di forte, lo provano questi dubbi, sai?

Hai paura di vivere una storia con lui perché sai che ne verresti molto coinvolta, ma non puoi scappare sempre!

Vai! Vivi e buttati!

Non pensare al fatto che possa andare male, perché potrebbe anche andare bene, invece.”

Lene rimase un attimo a  riflettere.

“Hai ragione, Farid lo devo lasciare a  priori, così non si può andare avanti.”

“Giusto … e.. non lascarti scappare Luca solo perché hai paura, potresti pentirtene per tutta la vita ….”

Lei sospirò.

“Grazie Leila, avrei voluto aprire gli occhi prima …”

“Meglio tardi che mai.”

Lene tornò in classe più serena, almeno una decisione l’aveva presa e questo bastava a farla stare meglio.

- Che idiota che sei … Credi che il tuo ragazzo accetterà facilmente di essere messo da parte?-

Ovviamente non l’avrebbe accettato, ma lei era ben decisa a non portare più avanti quel rapporto, qualunque cosa avesse deciso per Luca.

“Sembri serena adesso Kaufmann.”

Fu il commento di una sua compagna a ritrascinarla alla realtà.

“Si. Ho deciso una cosa e ora sto meglio…

“Sono contenta per te … eri così tormentata in questo periodo ….”

“Grazie Annika … ora andrà tutto meglio spero.”

Non ne era certissima, ma doveva provarci, per se stessa, per Luca, per il suo futuro, per se stessa.

Il primo passo era chiamare Farid, rimandare era inutile ora che aveva deciso, doveva andare fino in fondo.

La campanella giunse come una benedizione, schizzò via dalla scuola come un razzo, non vedeva ‘l’ora di arrivare nel suo appartamento vuoto ed di chiamarlo, facendola finita una volta per tutte.

Arrivò davanti a casa con il fiatone, aprì la porta e cominciò a temporeggiare,  decidendo che prima forse era opportuno cucinare qualcosa per il pranzo.

La solita, stramaledetta indecisione che tornava a farsi sentire e vanificava tutti gli sforzi, iniziava ad odiare quel lato del suo carattere.

Mangiò quello che aveva cucinato di pessimo umore, senza nemmeno sentirne il sapore, solo per far passare minuti e riempirsi lo stomaco.

Vigliacca.

Vigliacca che non era altro.

Sparecchiò, lavò i piatti, prendendo altro tempo.

Quando tutte le scuse furono finite Lene si ritrovò a fissare il cellulare come se fosse un animale che potesse morderla da un momento all’altro, i minuti scorrevano lenti ed implacabili.

- Kaufmann cosa stai facendo?

Aspetti che il numero si componga da solo?

Credevo fossi decisa a mollarlo! Vuoi continuare questo rapporto spento perché non hai le palle per troncarlo?

Vuoi fare soffrire Luca?

Vuoi soffrire tu stessa?-

La sua coscienza aveva ragione, non era  più il momento per le indecisioni, doveva raccogliere il coraggio per chiamarlo e chiedergli un appuntamento e sistemare la situazione.

La bionda si avvicinò tremante al cellulare, tremando compose il numero ed aspettò ansiosamente che qualcuno rispondesse dall’altra parte.

Uno squillo.

Due squilli.

Tre squilli.

Il turco rispose tranquillo.

“Pronto?”

“Ciao Farid, sono Lene.”

“Ciao piccola, cosa c’è?”

“Ho bisogno di parlarti … Ootremmo vederci?”

“Si, sul tardi, verso le cinque al parco solito, ti va bene?”

“Perfetto … A me va benissimo.”

“Piccola, ti sento fredda..”

Non seppe cosa rispondergli.

“Ok, non fa niente … A dopo.”

Il suo ragazzo chiuse la chiamata, lei si diede dell’idiota, avrebbe potuto fingere un po’ di allegria, un po’ di normalità!

Ormai era fatta, alle cinque tutto sarebbe finito, questa era l’unica consolazione che potesse darsi, anche se misera e codarda.

La ragazza si concentrò sui compiti che aveva, studiò quel che doveva in preda ad un ansia sottile ed indefinita, che la erodeva come un fiume sotterraneo.

Cercava rifugio nella routine, aveva l’impressione di non trovarlo, come se tutto le sfuggisse tra le mani, tutti gli errori, le decisioni avventate che aveva preso nei mesi passati le stavano presentando il conto.

Nulla di strano, ma a volte aveva la tentazione di scappare lontano, l’unico motivo per cui non l’aveva ancora fatto era stato Georg e in una certa maniera Luca.

Sospirò, stancamente si trascinò in camera sua e tirò fuori qualcosa dall’armadio, un look semplice, erano lontani i tempi in cui si metteva in tiro per il turco, quasi appartenenti ad un’altra vita.

Uscì di casa, agitata, percorse come una furia la strada verso il parco, tanto da arrivare in anticipo.

Iniziò a misurare a grandi passi lo spazio davanti alla loro panchina, ormai era definitivamente preda all’ansia, non si sarebbe calmata fino a che non avrebbe vuotato il sacco.

“vuoi scavare un fosso?”

“Oh ciao Farid. No, figurati, a che servirebbe?”

Complimenti per l’inizio, Lene! Se avesse voluto sembrare così scema di proposito non ci sarebbe riuscita.

“Anche questo è vero, comunque … Come va?”

“Solito, tu?”

“Solito anche per me … Perché mi hai chiesto un appuntamento?”

BHe …. Non è facile da dire …

Non so da che parte cominciare.”

“Di solito si parte dall’inizio.”

Bhe … io e te non siamo una vera e propria coppia no?

Siamo legati da attrazione e basta giusto?  Non ci poniamo vincoli, no?”

“Dove vuoi arrivare Lene?”

“Che io non voglio più proseguire questa relazione, mi ci sento imprigionata dentro!”

“Mi sta mollando?”

“Si …. “

Le afferrò un polso, lo sguardo era diventato duro d’improvviso.

“Cos’è sei stanca di me, troietta?

Ti piacerebbe sfruttarmi e poi mollarmi?

Ma io non te o permetto!”

Stringeva quel polso fino a farle male, non era un bel segno.

La bionda aveva paura stesso tempo voleva mostrarsi forte, era stufa di essere sempre così succube nei suoi confronti.

“Smettila Farid!

Sono stufa di questa situazione! Non sono la tua bambola! Non più!

Sono stufa di questi comportamenti … Se vuoi picchiarmi fallo pure, ma questa volta risponderò sappilo!”

Bella sparata! Si fece i complimenti da sola, che possibilità aveva contro un ragazzo più alto e più robusto di lei?

“Oh! Giochi a fare la dura? Non sai che potresti farti male?”

Lo sapeva benissimo, tuttavia era davvero esasperata.

“Smettila!! Sono stufa!

Non ti importa nulla eccetto che di te stesso! Mi hai rotto!”

Lui fece per mollarle una sberla, lei la evitò.

“Riprovaci e urlo, pezzo di merda!

Non la troverai mai una ragazza!”

“Zitta! Tu non sai un cazzo!”

Vaffanculo!”

Questa volta la sberla non fece in tempo a scansarla e bruciò da morire, lasciandola interdetta.

“Brucia bambina? Hai finito di tirartela adesso?”

“Te lo ridico, vaffanculo!”

Gli occhi le fiammeggiavano di rabbia, tentò di mollargli uno schiaffo a  sua volta, lui però riuscì ad afferrarle un polso, ora era in trappola.

“Mollami!”

“No, ora me la paghi!”

Si avvicinò a lei, Lene non sapeva cosa avesse intenzione di fare, aveva iniziato a tremare.

“MOLLALA!”

Un voce li fece sobbalzare, Luca era arrivato dietro di lei, senza che nessuno di loro lo notasse e ora guardava il turco con occhi di fuoco, Lene deglutì, non voleva una rissa tra i due.

“Luca, non ti preoccupare, non è successo nulla!”

Tentò senza successo di calmare le acque tra i due, ricevendo in cambio solo un’occhiataccia dall’italiano, che palesemente non si era bevuto la sua bugia.

“Nulla? Tu lo chiami nulla?

Sta di nuovo tentando di picchiarti?  Perché ti ostini a difenderlo?”

“Luca non rendere tutto più difficile, cazzo!

Vattene!”

Il turco la mollò all’improvviso e scoppiò in una lunga risata amara  che la raggelò, era carica di brutti presentimenti, cosa avrebbe potuto fare Farid?”

“Ho capito tutto …  Bhe potevi dirlo subito!

Bye bye stupida ragazzina!Questo pezzente non vale nemmeno la metà di quello che valgo io.”

Detto questo se ne andò, lasciando una Lene totalmente imbarazzata.

“Cosa è successo?” Chiese uno straniato Luca”Ora me le vuoi spiegare?”

“C’è che ho mollato Farid e avrei bisogni di parlarti ….”

Ok, era stata un tantino troppo diretta, ma non aveva intenzione di perdere altro tempo ora che finalmente aveva le idee chiare, amava Luca e non intendeva aspettare un altro minuto per dirglielo.

 

Luca si era spesso dato del cretino in quei giorni.

Si era ripetuto per mesi di stare buono, di non dire nulla a Lene per non incasinarla ulteriormente, che in fondo poteva farsela passare questa cotta o come voleva chiamarla, eppure era bastata una domanda della ragazza per mandarlo crisi e fargli confessare tutto.

Cosa gli avrebbe risposto?

Aveva una fottuta paura di saperlo, temeva che lei gli dicesse che purtroppo oltre all’ amicizia non provava nulla, non avrebbe potuto sopportarlo, non sarebbe più riuscito a guardarla in faccia ne a continuare quel rapporto.

Lui teneva all’amicizia.

Perché non era stato zitto?

I giorno del castano si erano trasformati in un’altalena di momenti sereni ed altri in cui tutto sembrava orribile, in cui era certo di venire rifiutato e allora diventava intrattabile.

Era riuscito ad esasperare persino Leila, che alla fine era riuscita a strappargli la ragione del suo malumore contro la sua volontà, non voleva che qualcuno lo sapesse perché stava male per non ricevere pietà.

“Finalmente ti sei deciso! Non ci speravo più sai?”questo aveva detto la rossa dopo la sua confessione forzata.

Lu l’aveva guardato stranito.

“Luca te lo si legge in faccia che ti piace … Se ti dovesse dire di no ti metterai il cuore in pace no?”

Luca sbuffò, perso nei suoi pensieri e totalmente disconnesso dalla lezione, Leila parlava perché aveva la bocca, gestire un rifiuto non era affatto facile, lei non sapeva affatto come fosse!

Leila in diciannove anni di vita aveva avuto solo storielle senza coinvolgimenti emotivi, senza mai innamorarsi davvero!

- Anche se anche lei mi sembra strana in questo periodo.. Che si sia innamorata anche lei?-

Riprese a  fingere di seguire le lezioni fino a quando non suono la campanella e poté schizzare a casa, fortunatamente non incontrò ne Lene ne Leila.

Voleva stare da solo ad esternare la propria ansia!

Si tuffò nella solita routine,ossia cucinare per Andrea e trattenersi dal litigare con lui visto che , per la loro personale guerra causa la divergenze di opinioni che avevano sulla madre, lui contestava qualsiasi cosa preparasse.

Quel giorno non andò diversamente e Luca per l’ennesima volta si ritrovò a desiderare ardentemente di essere nato in una famiglia diversa perché la sua lo stava portando al manicomio a  sedici anni.

Una volta costretto il fratello a fare i compiti, urlando che gli avrebbe distrutto i video giochi se l’avesse visto a fare qualcosa che non fossero compiti, il ragazzo si fumò una sigaretta e tentò di concentrarsi sullo studio.

Girardi era sempre stato un ragazzo sveglio, non aveva bisogno di applicarsi troppo per tenere a mente argomenti e collegamenti, ma quel giorno non ci riuscì.

Il suo cervello tornava ossessivamente a Lene e alle possibili risposte, tanto da indurlo a lasciare perdere e a uscire a farsi un giro per calmarsi.

Gironzolò fino a  raggiungere un parco e fu li che li vide, Lene che tentava di mollare una sberla a Farid e il turco che le afferrava il polso con un’aria furiosa.

Gli era salito il sangue alla testa e si era intromesso urlando come un ossesso: “MOLLALA!”

Lene si era voltata con uno sguardo spaventato, forse non voleva che lui fosse coinvolto in una rissa,…

Come adorava Lene, ma la verità era che al momento desiderava sul serio spaccare la faccia a Farid per avergli in un qualche modo fregato la ragazza che amava e averla trattata male.

“Luca, non ti preoccupare, non è successo nulla!”

La fulminò con un’occhiataccia, questa volta non doveva impicciarsi, voleva regolare i conti.

“Nulla? Tu lo chiami nulla?

Sta di nuovo tentando di picchiarti?  Perché ti ostini a difenderlo?”berciò infastidito.

“Luca non rendere tutto più difficile, cazzo!

Vattene!”

Fu allora che il turco la mollò e scoppiò in una lunga risata maligna che lo lasciò perplesso, cha cavolo stava architettando?

Ho capito tutto …  Bhe potevi dirlo subito!

Bye bye stupida ragazzina!questo pezzente non vale nemmeno la metà di quello che valgo io.”

Detto questo se ne andò, lasciando una Lene totalmente imbarazzata.

“cosa è successo?” Chiese uno straniato Luca”Ora me le vuoi spiegare?”

“C’è che ho mollato Farid e avrei bisogni di parlarti ….”

Ok, questo non se lo aspettava! Non era ancora pronto!

Come sarebbe andata? Era arrivato finalmente il momento di sapere la verità,ma non si sentiva affatto pronto!

La seguì lungo i sentieri del parco, cercando di calmarsi, non era una donnetta isterica, non poteva farsi prendere da quest’agitazione!

-Forse è la rabbia che non ho sfogato contro Farid.-

Lene si fermò, il ragazzo realizzò dove fossero, erano vicini alla casetta dove venivano spesso anni prima a confidarsi i loro segreti.

“Hai visto dove siamo?” Chiese sperduto.

“Certo, anche se ora siamo troppo grandi per entrarci.”

“Hai ragione … Cosa volevi dirmi?

Innanzitutto cosa ci facevi con Farid? Ti stavi facendo picchiare ancora!”

Lei sospirò e mosse qualche passo incerto stringendosi nel giubbino.

“Lo so, ma dovevo parlargli …

Io e lui ci siamo lasciati, io l’ho lasciato.”

Lui sgranò gli occhi.

“Io ecco …. Non stavo più molto bene con lui da dopo la storia di Georg, per come si era comportato, senza darmi una possibilità di scelta, per le sue intromissioni gratuite e in ultimo il fatto che mi ha picchiato, poco o tanto non importa, quando mi sono ribellata.

Questo mi ha fatto capire che non avevamo futuro, però allo stesso tempo avevo paura di lasciarlo e non ho fatto nulla, sbagliando.

Poi ho parlato con te …”

La ragazza si bloccò, arrossì, in evidente difficoltà.

“Ecco,  non è che non me lo aspettassi, non è che mi sembrasse strano, però mi ha aperto gli occhi e mi ha dato il coraggio di riflettere e capire cosa volessi veramente.

Non volevo illuderti o farti credere che ti usavo come sostituto di Farid perché non è vero.

Io … Cazzo, come è difficile.

È già da un po’, già da prima di mettermi con Farid che a volte ti vedevo come più di un amico, ma non avevo il coraggio di ammetterlo, non volevo espormi al rischio di un rifiuto.

Tu hai avuto più coraggio di me.

Per rispondere alla tua domanda, anch’io credo di essermi innamorata di te.”

Non riuscì ad assimilare del tutto quelle parole, era troppo bello per essere vero,un sogno che si realizzava.

“Sei sicura?”

“Si, voglio provarci.

Ci voglio credere in questa storia, anche se forse rischia di rovinare la nostra amicizia se non dovesse funzionare.”

Lui sorrise, si avvicinò a lei e l’abbracciò.

“è un caso che siamo finiti qui?”

“Secondo me no …” Mormorò lei allacciando le braccia dietro al suo collo.

“Ci abbiamo solo messo un po’ a capire.”

Luca le sorrise, strofinò il naso  contro il suo e finalmente, incerto come non lo era mai stato, la baciò, fu Lene a dargli coraggio rispondendo con passione .

“Credevi sarei scappata?”mormorò staccandosi da lui.

“Forse si.”

“Non lo farò ….  Non voglio farlo!”

Questa volta fu lei a baciarlo, cancellando ogni suo dubbio, non sarebbe stato  semplice far funzionare quella storia, non lo era mai in realtà, eppure era felice , felice come non lo era mai stato in vita sua.

 

Leila era da molto che non vedeva Shirin  così felice.

Una luce sembrava illuminarla dall’interno, facendola sorridere più spesso, un po’ come ai vecchi tempi e per Leila come sempre fu un pugno allo stomaco ricordarli.

Fu automatico chiedersi come sarebbe stato se quel bambino fosse nato, per un attimo lo vide perfino inseguito dalla sua amica e da suo fratello con lei che li guardava sorridendo.

Quel bambino però non era mai nato ed aveva scavato un a ferita profonda in Shirin, un qualcosa che non si dimenticava e anche in lei in parte,

il passato però era passato, se le erano lasciato quasi alle spalle, non senza difficoltà, per la bionda soprattutto ma alla fine ce l’avevano fatta.

-Siamo ancora in piedi dopo anni, nonostante ci siano stati momenti in cui l’avrei creduto impossibile …

Siamo forti, lei è forte, soprattutto.-

Shirin era forte abbastanza da innamorarsi di nuovo?

Se lo chiese mentre guardava pulire con rinnovata energia i pavimenti della clinica, sorridendo e canticchiando una vecchia canzone sottovoce.

Le brillavano gli occhi e il colorito malaticcio se ne era andato per lasciare spazio a una carnagione normale, quasi luminosa, quasi come quando stava con Farid.

Shirin tutto ok?”

Lei la guardò sorpresa.

“Certo, sto benissimo!

Perché me lo chiedi?”

“Hai un’aria … Diversa!

Più luminosa, più felice! Non è che ti sei innamorata di qualcuno?”

“Smettila Leila, non dire cavolate!”

Era arrossita, erano anni che non succedeva, la rossa sorrise, il cuore pieno di gioia, la sua amica stava tornando davvero, non era più solo il fantasma di sé stessa.

Ora era ancora più curiosa di sapere i motivi di quella gioia, di quel sorriso e di quell’aria sana che aveva ultimamente, si sentiva sempre un po’ responsabile nei suoi confronti.

Il senso di colpa era difficile da debellare, il suo forse era addirittura incancellabile, certe notti sognava ancora il corpo insanguinato di Shirin steso in quella vasca da bagno troppo bianca, la corsa in ospedale e la fottuta paura di perderla.

Un brivido corse lungo la schiena della rossa, era un miracolo vedere la bionda ancora accanto a lei, nonostante tutto.

Decise di tornare all’attacco, voleva sapere se davvero si era innamorata, se davvero forse si stava lasciando tutto alle spalle.

Eddai, Shirin, che ti costa dirmelo?”

La bionda sbuffò.

“Dio che pressa che sei!

D’accordo c’è qualcuno che mi interessa ultimamente, ma non so se ne sono innamorata, voglio andarci con i piedi di piombo questa volta.”

Era comprensibile, ma bastarono quelle poche parole a farla sorridere e a scatenare in lei una curiosità molto  forte.

“Com’è? Carino? Simpatico?”

“Si, non è male fisicamente, è anche molto simpatico.

Mi faccio sempre un sacco di risate quando sono con lui e poi mi sento capita.

Non era come con Farid che a volte sentivo di dare senza ricevere, questa volta credo sia diverso.”

“Uhm … lo conosco?”

“Non te lo dico, ti ho già detto troppo!”

“Dai!!”

“No, voglio essere sicura di questa storia, prima di parlarne in giro!

Non ti dirò una parola di più!”

Era decisamente poco per i suoi standard, ma dovette accontentarsi, non le avrebbe cavato altro, sapeva bene quanto potesse essere testarda se ci si metteva.

“Ok … ma sappi che sono terribilmente curiosa di conoscerlo!”

“Non ne dubitavo, ma dovrai aspettare!”

Shirin sorrise leggermente sadica e si diresse verso la camera di Bill, Leila le trotterellò ridacchiando.

“Ciao Bill!” salutò solare la sua amica.

“Come va oggi?”

“Ciao Shirin!” lui sorrise a sua volta e come sempre lei sentì un tuffo al cuore, si stava prendendo una sbandata sempre più forte per quel ragazzo.

“Va meglio, grazie, tu come stai?”

“Bene.”

“Oh ciao Leila, non ti  avevo vista!”

“Ciao!”alzò timida una mano per salutarlo.

Quando c’era Shirin non riusciva a essere molto sciolta in sua presenza, non sapeva perché.

Fu allora che lo vide.

Il sorriso di Shirin le illuminava il volto, facendolo risplendere, avrebbe dovuto esserne felice, eppure non lo era, si sentiva gelare al pensiero che forse era per Bill.

Non poteva essere lui quel ragazzo che la stava facendo tornare alla vita!

Non era giusto!

Rimase in trance ad osservarli scambiare due chiacchiere, ridacchiare allegri, quel sorriso non se ne andava dalla faccia di Shirin, quel sorriso che aveva tanto amato e che ora la feriva come non mai.

La vita era crudele, perché le stava ridando la sua amica a condizione che lei lasciasse perdere l’unico ragazzo che l’avesse mai colpita.

“Tutto bene Leila?”

Shirin le rivolse uno sguardo indagatore che la face riscuotere e appiccicare alla faccia un sorriso falso di rassicurazione.

“Si, non c’è problema, scusatemi ma ora vado da Klaus.”

Klaus era il vicino di stanza di Bill, non lo sopportava, ma era sempre meglio che stare li, in quella stessa stanza a vedere i suoi dubbi confermati.

Li salutò ed uscì precipitosamente, conscia di avere appena fatto una figuraccia.

Leila non era certa che fosse Bill il ragazzo di cui parlava Shirin, ma c’erano dettagli che coincidevano, sensazioni che le portavano a credere che fosse così.

Da quando Bill era arrivato in clinica Shirin aveva ripreso a sorridere, era un fatto che poteva ignorare, così anche il fatto che fosse carino e simpatico, anche se queste dichiarazioni potevano adattarsi a qualsiasi ragazzo in fondo.

-Non posso sognare su di lui, innanzitutto perché se lo sa la iena mi sbatte fuori da qui e poi se dovesse piacere a Shirin non mi perdonerei di averle messo  i bastoni dalle ruote!-

Perché doveva essere sempre tutto così difficile?

Perché per una volta la vita non poteva sorriderle e  poi mantenere quel sorriso senza poi toglierle subito qualcosa?

Per la rossa erano le solite domande senza risposta che si poneva da sempre, inutile aspettare una risposta.

L’unica cosa che poteva fare era tenere alla larga Bill da lei e dalla sua mente finche  non avesse capito chi era il misterioso ragazzo della sua amica.

Una fitta al cuore accompagnò questa decisione, sarebbe stata dura rispettarla.

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Eccomi con un nuovo capitolo^^.

Luca e lene finalmente trovano una soluzione alla loro storia e  torna Bill, almeno in un assaggio^^.

Spero vi piaccia^^

Ringrazio:

 PS: il titolo è ovviamente tratto da una canzone del Liga.

 

Big Angel Dark : non ti preoccupare^^.

Spero che questo ti piaccia. Ciao^^

 

Pulse:In effetti era quello che volevo trasmettere, ma non ero certa di esserci riuscita XD.

Bill, si, in effetti fa miracoli XD.

Luca mi sa che dovrai dividerlo con Lene.

Spero che questo ti piaccia.

Ciao.

 

Hana Turner: Sono contenta che ti sia piaciuto *-*!

In effetti Tom avrebbe fatto gironzolare Jo fino alla decomposizione XD!

Angie, credo piacerà a Fra, in realtà non ci ho ancora pensato.

Un posofferta questa dichiarazione, ma alla fine c’è XD!

Spero che questo ti piaccia dato che c’è Luca XD.

Alla prossima^^.

 

 

Lady Cassandra :Per arrivare alla fine, ci vorrà un po’, dato che Bill torna solo ora XD, ma ci stiamo avvicinando.

Siamo circa a metà,Dai XD.

Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, non volevo che ci fosse una rottura tra Fra e Jo e ho cercato di riparare (avevo una mezza idea si provare a farlo finire con Sakura, ma Tom non avrebbe gradito ! ahahahah).

Tranqui^^, come vedi Luca e Lene hanno finalmente risolto  i loro problemi e prossimamente torna anche Gustav.

Spero ti piaccia XD!

Ciao.

 

 

Schwarz Nana : Sono contenta che ti sia piaciuta^^-

L’idea del distacco temporaneo diciamo che è stata sintetizzata nel pomeriggio di sofferenza di Tom.

So che ti piace il sogno, piace anche a me in realtà^^, mi serve per far riflettere i personaggi XD.

Eh si, forse Tom  sperava che Jo si perdesse, ma gli è andata male.

Luca e Lene risolvono in questo capitolo, dal prossimo tornano tutti gli altri^^.

Alla prossima^^.

ciao

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** 21) Il Dolore D'Amore ***


21) il dolore d’ amore

 

Leila non avrebbe ma creduto di trovarsi in una situazione simile.

Eppure le stava succedendo e da un mese ormai.

Un mese fatto di silenzi e di fughe improvvise con Bill che la trascinava nei luoghi poco frequentati della clinica , solitamente sgabuzzini e la sbatteva al muro.

Baci rubati, pieni di passione, mani che scorrevano sotto i vestiti e carezzavano avide la pelle fino a strapparle gemiti che cercava di non far sentire.

Avevano paura di essere scoperti e allo stesso lo rendevano così eccitante.

Spogliarsi quel tanto che bastava, già sudati, già vogliosi uno dell’altra fino a che lui non entrava in lei ed iniziava a spingere.

Quella era il paradiso personale di Leila, il segreto che non avrebbe mai rivelato a nessuno, aggrapparsi a lui, piantandogli le unghie nella schiena, mentre si sentiva sempre più presa dal piacere che le donava.

Lo sentiva gemere, gemeva lei stessa sotto quelle spinte, fino a che non venivano, lei soffocando le urla contro la sua spalla, lui poco dopo mentre lei gli tappava la bocca con un bacio.

Questo era successo spesso in quel mese, in barba alla sua decisione di stargli lontano, presa per proteggere Shirin ed era come una droga che la faceva stare bene per poco e poi la faceva stare male.

Lui le mancava, avrebbe voluto urlarglielo che in uno strano modo si era affezionata a lui, per il modo in cui la trattava fuori dallo sgabuzzino, per le confidenze che le faceva, per essere lui e basta, ma non poteva.

Doveva recitare la parte della ragazza dura e menefreghista e stare male, per quello che faceva a se stessa, forse a Bill e a Shirin.

Verso la bionda sentiva un fortissimo senso di colpa,sentiva di stare facendo una carognata alle sue spalle, per questo non appena Bill usciva da lei lo allontanava, senza concedergli le tenerezze che avrebbe voluto si risistemava in preda alla frenesia.

Questa volta non fece eccezione, si stava sistemando quando lui la afferrò per un polso e la fece voltare verso di lui, aveva uno sguardo duro.

“Lasciami devo andare!”

Le chiuse la bocca con un bacio, prima violento e poi sempre più dolce che la fece male.

“Perché fai così?”

“Io e te non possiamo stare insieme lo sai.”

“Non capisco perché …

Io non starò qui dentro in eterno, ogni tanto potresti mostrarti più dolce.”

“Non abbiamo futuro, non so se potrò stare con te.”

“Sei fidanzata?”

“No!”

“E allora?

Io sono stufo di questa storia!”

“Non l’avrei detto poco fa mentre godevi …”

“Non fare le battutine Schimt.

Io non voglio più una storia di solo sesso, vorrei qualcosa di più!”

“Io no!”

“Non ti credo Leila, se non la vorresti non mi staresti ad ascoltare quando ti parlo di me, perché lo so che ti fa piacere.”

Lei roteò gli occhi.

“Bill, se io stessi con te qualcuno a  cui tengo potrebbe stare male e io non voglio che succeda, anche se per fare questo mi faccio male.

Mi sento male e bene ogni volta che questi incontri avvengono, vorrei troncarli e non ci riesco!

Questo è quanto!

Ora scusa, ma devo andare, se mi sgamano sono fottuta!”

Fece per allontanarsi, lui aveva mollato la presa.

“Leila, non mi hai detto la cosa più importante, tu per me cosa provi?”

La rossa uscì precipitosamente dalla stanza, non voleva ne poteva rispondere a quella domanda!

Non poteva dirgli quello che provava se poi avesse dovuto cederlo a Shirin, non ce l’avrebbe fatta ad andare avanti, già adesso aveva dei problemi a  farlo.

-Ma che mi hai fatto eh?

Che cosa?

Non andava male prima che ti incontrassi, ero persa nella nebbia della mia vita e poi arrivi e sconvolgi tutto!

Se non ci sei mi manchi, nonostante sappia che con te non ci posso stare!

Persino a scuola e al lavoro sono distratta!-

Raggiunse l’amica negli spogliatoi, il suo turno era praticamente finito, le bionda la guardò perplessa, ma non disse nulla in presenza delle altre e Leila gliene fu grata, si sentiva troppo agitata per rispondere alle domande che giustamente Shirin si stava punendo davanti ad estranei.

Solo quando furono nel parcheggio l’altra osò aprire bocca.

“Leila, cosa c’è?

È da un po’che sei strana.”

“Non ho nulla!”minimizzò lei scuotendo la mano”Sono solo stanca!”

“Non ci credo!”

“Puoi non crederci, ma è così!”

La bionda sospirò.

“Leila cosa c’è? Perché non mi parli?”

“Ti ho già detto che non è niente, fidati!

Senza contare che nemmeno tu mi dici tutto, esci da un mese con uno che non so chi sia!

Ho diritto anch’io ai miei segreti!”

La bionda abbassò gli occhi.

“Hai ragione, scusa …

È che sono preoccupata per te, sembri essere in un altro mondo …”

Leila non rispose o avrebbe finito per urlarle in faccia la verità, nervosa e sottopressione come era, ossia che era cotta di Bill, ma che non si faceva avanti per lei, per  il mistero che aleggiava intorno alla persona che frequentava.

- E Shirin, ci sono stati momenti in questo mese che davvero non ti ho sopportato per avermi escluso e per torturarmi senza saperlo!-

“Leila, se fosse qualcosa di grave me lo diresti, vero?

Non staresti zitta per proteggermi?”

“Certo che te lo direi! Ti ripeto che è solo stress!

Credimi!”

Leila sperò di averla convinta, forse ce l’aveva fatta perché l’amica tacque e dopo averla salutata si diresse al suo motorino, lasciando la rossa libera di stare con se stessa.

In quale casino si era ficcata?

Perché non la faceva finita e non cercava un po’ di chiarezza?

Avrebbe potuto smetterla di vedersi con Bill in quel modo squallido, eppure non se la sentiva di privarsi di momento e di  una pseudo relazione che dopotutto, tra mille sensi di colpa ed incertezze, riusciva a farla stare bene.

Le alternative erano parlare con Bill e chiarirgli tutto, i suoi sentimenti e perché non poteva stare con lui inclusi, aspettandosi però una scarsa collaborazione da parte sua oppure parlare con Shirin, obbligarla a dire chi era il suo ragazzo e mettersi il cuore in pace.

Salì sul motorino, dopo aver slegato la catena e si immerse nel traffico, sentendosi confusa, terribilmente confusa.

Non avrebbe trovato il coraggio di parlare a Bill, ne era certo e non sarebbe riuscita, nemmeno se avesse voluto ad essere dura con la bionda, teneva troppo a lei, si sentiva troppo responsabile nei suoi confronti per forzarla a fare qualcosa che non avrebbe voluto fare.

Guidava nel traffico sostenuto con la testa piena di tutti questi pensieri contradditori, fu un miracolo se non fece un incidente ed arrivò a casa sana e salva.

Si frugò le tasche e si accorse di essere rimasta senza sigarette, imprecando decise di fare una salto alla tabaccheria, era uno dei lati positivi di avere genitori tabaccai.

Fu suo padre a servirla e anche lui le lanciò una lunga occhiata indagatrice, doveva avere proprio una brutta cera, alla faccia di tutti quelli che dicevano che il sesso rilassava o forse in realtà era lei ad essere troppo paranoica.

“Leila!”

Sobbalzò facendo cadere il pacchetto di sigarette e di voltò; Luca era dietro di lei che sorrideva serafico.

“Oh Girardi, sei tu!

Ti diverti a fare prendere colpi alla gente?”

“Non è colpa mia se tu sei in un altro mondo ultimamente …”

“Che palle! Papà io faccio due chiacchiere con questo rompiscatole e vango a casa!”

L’uomo annuì, Leila uscì in compagnia del ragazzo e iniziarono a camminare per il quartiere.

Luca sorrideva sornione, si portava quel sorriso appiccicato addosso da quando si era messo con lene, era un mese che i due piccioncini filavano d’amore e d’accordo, senza nemmeno una rappresaglia di farid, questo da una parte le faceva piacere, dall’altra la preoccupava.

Non era da suo fratello non reagire così, forse era preoccupato da qualcos’altro?

Non credeva affatto che fosse rinsavito e che si fosse deciso a comportarsi da persona matura, era ancora fondamentalmente un immaturo.

“Su Schmit vuota il sacco, cosa ti succede?”

“Perché tutti dicono che mi sta succedendo qualcosa?

Io sto bene e anche se mi stesse succedendo qualcosa non è detto che abbia voglia di dirla!

Tu piuttosto! Come va con Lene?

Pensate di prendere casa nella nuvoletta rosa dell’ammmore?”

“Dio come sei acida!

Si, stiamo bene e non mi vergogno di essere schifosamente felice con lei!

Parliamo, per adesso andiamo d’accordo sulle cose da fare e bacia bene.”

“Chissà che non te la dia anche …”

“Leila! Ma che cazzo hai?”

“Niente! Non ho niente!”

“Non ci credo! Sei acida! Rispondi male a tutti, sembra quasi che tu l’abbia con l’amore!”

“Non ho niente, sono solo stanca e stressata, tutto qui.

A te va tutto bene quindi …

Ti ha già presentato ai suoi?”

“Ok, Yoghurt, lascio perdere il tono e ti rispondo.

Sua madre mi conosce da una vita, non ce n’era bisogno, tra due giorni mi presenta a Georg, ma non sono preoccupato, in fondo in un certo senso conosco anche lui.”

La rossa alzò un sopracciglio perplessa.

“Francesca sta con Tom Kaulitz, il chitarrista della band, l’hai visto no?

Bhe, lo conosce da tanto tempo e un io conosco anche gli altri, visto che venivano a  trovarla.

La cosa buffa è che sono sempre venuti a trovarla solo Gustav, Georg e Bill, mai Tom.”

Al nome di Bill le venne una fitta all’altezza del cuore, l’aveva trattato malissimo, forse  a quest’ora stava male.

“Che faccia hai?”

“La mia da diciannove anni.”

Leila aveva trattato male Bill lo riconosceva, ma sarebbe stato infinitamente peggio illuderlo e poi lasciarlo se avesse capito che era lui il ragazzo di Shirin.

Vabhe io ti lascio al tuo malumore, me ne vado a casa!

Ciao Leila!”

Alzò una mano in segno di saluto e si incamminò verso casa sua, lasciandola da sola e facendola sentire una perfetta idiota, si era comportata da stronza!

-Dio Leila seppellisciti!

Sei innamorata e non lo vuoi ammettere e fai impazzire chi ti sta intorno!-

La rossa sospirò, bella fregatura si era presa!

Era inutile rimanere fuori al freddo e al gelo, si accese una sigaretta e tornò verso la tabaccheria dove aveva lasciato il motorino, decisa ad andare a  casa e a farsi una seratina da muffa.

Finita la sigaretta, raggiunto il motorino e  poi casa sua lo parcheggiò in cortile e salì al suo appartamento, era piacevolmente caldo e caotico rispetto alle strade che aveva appena lasciato.

“Ciao!”

Sua madre si affacciò dalla porta della cucina.

“Ciao tesoro! Non è durata molto la passeggiata con Luca!”

Leila alzò un sopracciglio perplessa.

“Mi ha telefonato tuo padre!”

“Capito, bhe forse non avevamo poi così tanto da dirci …

Hai bisogno di una mano per cucinare?”

Era sempre stata abile a  cambiare discorso, forse fin troppo.

“No, ce la faccio da sola, aiuteresti Meg a fare i compiti, piuttosto?”

Lei annuì, si sedette accanto alla bambina e si immerse con lei nei misteri della matematica, quando finirono Meg la guardò per un po’, come se temesse di farle una domanda.

“Ehi piccola cosa c’è?”

“Non è che sei innamorata?

Hanna dice che le persone quando sono distratte sono innamorate.”

“Non sono innamorata! Dì ad Hanna che a volte le persone sono distratte perché sono stanche e stressate.”

“Ok” la bambina non sembrava però convinta.

La cena fu tutto sommato rapida e poté andare a  letto presto, quando erano anni che non lo faceva perché abituata ad altri ritmi sonno-veglia.

Mentre , abbandonata tra le coperte, si rigirava in attesa di prendere sonno continuava a pensare ossessivamente a quello che le aveva detto Bill, al suo sguardo.

Una parte di lei le sussurrava che se lei si era presa una bella cotta per lui, forse per lui era lo stesso altrimenti non le avrebbe posto quella domanda, ne chiesto chiarimenti.

Si rigirò per l’ennesima volta e con un filo di stupore si accorse di desiderare Bill accanto a se, di sentirsi tra le sue braccia e provare come fosse addormentarsi con lui e svegliarsi con lui alla mattina.

Stupidi desideri.

 

Era certo che qualcosa non stesse andando nel verso giusto.

Farid era sempre stato un tipo tremendamente impulsivo, uno che tendeva a fidarsi solo del suo istinto e forse per questo che era riuscito a tenersi a galla, come gli animali sapeva fiutare guai e prossime tempeste.

Al momento il suo istinto suonava tutti i campanelli d’allarme che conoscesse, qualcuno stava manovrando qualcosa alle sue spalle e poteva facilmente intuire chi, ossia Mark.

Era certo che quel bastardo stesse organizzando qualcosa,quello che gli sfuggiva era cosa.

I suoi ragazzi sembravano guardarlo in modo strano, come se alcuni sapessero qualcosa che a lui sfuggisse e si stessero preparando a un periodo che forse non lo dovesse comprendere.

Era da molto che il biondo tentava di fargli le scarpe, senza riuscirci, che avesse trovato il modo?

Il turco aveva chiaro in testa che queste erano solo congetture, ma sarebbe stato uno stupido se non avesse tenuto conto di quelle sensazioni.

“Mark, sei sicuro che non ci siano consegne importanti questa sera?”

Calcò la parola “importanti” per fargli capire che le consegne con i clienti più danarosi erano ancora affare suo e non se le sarebbe fatte soffiare da lui, ma Mark non raccolse la provocazione.

Il biondino sollevò il suo sguardo dalla birra ed annuì distratto, Farid lasciò il locale combattendo contro la voglia di pestarlo, non era opportuno farlo in pubblico e sapeva che adesso Mark godeva di un discreto seguito.

L’aria fredda della sera lo schiaffeggiò e lo calmò, doveva capire cosa diavolo avesse in mente Mark prima di poter agire o rischiava di scatenare una guerra,

Leila gliel’aveva sempre detto che non avrebbe dovuto accettare quel biondo tra i suoi e che avrebbe portato solo guai, purtroppo lui era stato troppo testardo per farlo e ora ne stava pagando le conseguenze.

Leila.

Sua sorella continuava a mancargli, soprattutto da dopo che Lene l’aveva mollato, gli mancava qualcuno con cui sfogarsi e che avrebbe saputo cosa dire per farlo stare meglio anche se sapeva benissimo che in fondo la bionda non gli mancava.

Era un’altra la donna che avrebbe voluto al suo fianco, lo provava il fatto che quando aveva visto lene passeggiare con Girardi, oltre all’irritazione per essersi fatto fregare una ragazza non aveva provato molto, se al suo posto ci fosse stata Shirin come avrebbe reagito?

Non lo sapeva ad essere sinceri, come prima risposta aveva pensato che l’avrebbe picchiato, ma poi forse Shirin l’avrebbe odiato più di quello che già facesse.

-Tu la ami, ma credi davvero che lei ami ancora te?

Che tornerebbe da te dopo tutto quello che è successo?-

Probabilmente Shirin non sarebbe mai tornata da lui, che forse avrebbe passato la vita ad essere ossessionato da lei, però Farid doveva essere certo che il ragazzo che l’avrebbe sostituito  fosse uno in gamba, non uno che la facesse soffrire.

In parole povere si stava trasformando in una sorta di padre geloso nei suoi confronti, che doveva sapere con chi uscisse, anche se sotto sotto sperava di non vederlo mai un altro accanto alla sua ex.

I suoi desideri non furono ascoltati, mentre rimuginava su tutto questo una figura attirò la sua attenzione, era Shirin, ma non era sola, era in compagnia di un ragazzo non molto alto.

Sentì il suo cuore fermarsi e suoi occhi sgranarsi pericolosamente.

Il turco si riscosse stava reagendo come una donnicciola, non poteva farsi vedere in quello stato, visto che la coppia ora si stava avvicinando a lui, occhi rossi e quasi fuori dalle orbite  e sguardo attonito.

Senza pensarci molto si nascose in un vicolo li vicino, in modo da poterli vedere senza essere visto, doveva essere impazzito se ricorreva a quegli stratagemmi patetici.

Lui le teneva un braccio sulle spalle in atteggiamento protettivo, non era molto alto e indossava un paio di occhiali da vista, altro non poteva vedere causa il cappuccio di una felpa nera tirato sui capelli e una sciarpa davanti alla bocca.

Sembrava un terrorista, constatò inarcando il sopracciglio, per poi dirsi che anche Bill Kaulitz i primi tempi usciva conciato nell’identico modo, anche se non capiva come potesse la sua ex essersi trovata un ragazzo famoso.

In ogni caso cercò di stamparsi in mente i lineamenti di quello e poi andare a controllarne vita,morte e miracoli e fargli un discorsetto in ogni caso.

Shirin invece era ancora più bella di come se la ricordava, sapeva che le treccine erano sparite da tempo e credeva che quel biondo la snaturasse, ma doveva ammettere che ora che aveva i boccoli curati e lucenti stava benissimo.

La guardò con uno sguardo carico di desiderio e rimpianto, nel suo cervello si stava facendo largo l’idea che non l’avrebbe mai più avuta, eppure il suo cuore si rifiutava di farlo.

Li sentì ridere, non sentiva da lungo quel suono argentino uscire dalla bocca della bionda e non era stato lui a provocarlo, questo faceva male, terribilmente male.

Lui forse per lei non era stato altro che una fonte di sofferenza, faceva male realizzarlo solo ora quando ormai aveva già scritto il suo destino,se l’avesse capito prima …

Se se se ….

Quella stupida sillaba che non poteva cambiare nulla, poteva costruirci un mondo parallelo sul se e nulla sarebbe cambiato nel mondo reale, quello rimaneva una merda e lui un piccolo spacciatore che si era lasciato scappare la donna della sua vita.

Farid sapeva che succedeva a molti, aveva sempre pensato che morto un papa se ne sarebbe fatto un altro, mollata una ragazza ne avrebbe trovata un’altra , tutto si stava ritorcendo contro di lui.

Nulla andava secondo i piani o come credeva, tutto gli si ritorceva contro!

Tutto!

Dall’amore al lavoro!

Sentiva la testa scoppiare, in preda a sentimenti e desideri contrastanti, in ultimo la voglia di prendere a pugni il nuovo ragazzo di Shirin-

-Passeresti per un animale, te lo vuoi ficcare in testa idiota?

E ficcati in testa che l’hai persa, l’hai persa due anni fa quando le hai chiesto di abortire!

Non ti avrebbe aspettato, lo sapevi, ora è inutile piangere perché ha un altro, dovevi pensarci prima!-

si portò le mani sulla testa, non ne poteva più, barcollante si infilò nel primo bar che trovò aperto, ricevendo un’occhiataccia dal barista,pur non avendo toccato alcool sembrava  già ubriaco.

“Ehi amico sono sobrio! Dammi una birra!”

Il barista gliela allungò disgustato e Farid la ingollò senza nemmeno vederla, poi ne chiese un’altra ed un’altra ancora.

Si riempì di birra per tentare di dimenticarla senza riuscirci, vedendo e rivedendo flash di quanto stavano insieme, occasioni mancate, occasioni sprecate, momenti belli.

Perché era andato tutto così?

Mille volte se l’era fatta quella domanda e mille volte se la sarebbe rifatta per concludere che era tutta colpa sua, fino a che non crollò sul tavolino semiaddormentato..

Ubriaco, senza stare tuttavia meglio.

Lo sapeva e non poteva farne a meno, non era la prima volta che si ubriacava se le cose andavano male, ricordava altri risvegli fatti di mal di testa allucinanti e di ricordi che ferivano come lame, però non riusciva a farne a meno.

Avesse avuto almeno sua sorella vicino ….

Fu rimpiangendo Leila che chiuse gli occhi, questa volta per davvero nonostante le scosse vigorose del barista che non voleva un turco collassato nel suo locale.

Stronzo.

 

Leila gli ricordava la luna.

Bill non l’aveva mai notato fino a quella sera in cui dalla sua camera guardava quel satellite pallido e freddo, che non riusciva a vivere di luce propria risplendere alto nel cielo.

Leila come quel satellite era terribilmente distante anche quando era vicina a lui, anche quando una parte di lui sperava che fosse sua, non lo era.

La ragazza sembrava sempre immersa in altre riflessioni, immersa in un passato che non riusciva a scrollarsi di dosso, in cui lui non era ammesso e forse non lo sarebbe mai stato.

Si era ripromesso di non cercare più storie di solo sesso, da quando aveva visto suo fratello felice con Fay qualcosa si era smosso dentro di lui, qualcosa era tornato a galla.

Bill aveva sempre detto di credere ed aspettare il vero amore, che il sesso da solo non gli interessava, in quegli ultimi tempi si era contraddetto, dopo i fallimenti con Fay e la sua ragazza americana, accontentandosi di sciacquette.

Era sempre stato Tom quello delle relazioni poco serie, ma al momento era lui ad avere una ragazza che amava, non Bill.

Bill aveva passato mesi a combattere contro la solitudine, aiutandosi con la droga,solo vedere finalmente l’amore all’opera con una persona così importante per lui gli aveva fatto tornare la voglia e il desiderio di impegnarsi a cercarlo.

In un certo senso aveva compiuto un altro passo verso la sua rinascita dopo essersi ricoverato lì.

Era bastato rivedere di nuovo Leila alla clinica per fargli dimenticare quei propositi, per trascinarlo in una storia che aveva appena detto di non volere.

Come sempre non era lui a decidere in quel campo, lasciava troppo potere a Leila come lo aveva lasciato a Francesca in passato, ma non riusciva a farne a meno, lei era come una calamita.

- You're the sun and I'm the moon

 In your shadow i Can shine…-

L’aveva scritta lui qualche anno prima quella canzone e suonava terribilmente profetica, non era Leila ad essere la Luna, era lui, con le sue eterne insicurezze che mascherava bene dietro la facciata del ragazzo sicuro di se ed impermeabile ai giudizi.

Era lui!

Il moro scosse la testa, facendo ondeggiare i dread che cominciava ad odiare, se li sarebbe tagliati non appena fosse uscito di li!

Era nervoso, per Leila e perché come ogni volta che l’insicurezza tornava a farsi visita, tornava anche il desiderio di tirare una striscia di coca e sentirsi di nuovo forte, uno che di quella rossina se ne poteva fregare.

Invece era confinato in quel cubo bianco che la direzione si ostinava  a chiamare stanza, desideroso solo di uscire, frustrato, smise di guardare fuori dalla finestra, la luna aveva perso ogni interesse o forse gli ricordava troppe cose.

Bill iniziò a fare avanti ed indietro come un leone in gabbia digrignando i denti e stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche, non poteva cedere a quel vizio!

Per contrastare quel desiderio la sua mente iniziò a proiettare delle immagini del fratello e di Fay, brandelli della loro conversazione in cui gli dichiaravano la loro fiducia, in quel mese erano stati il suo talismano che l’aveva protetto.

Sospirando si stese a  letto, ancora nervoso, ancora teso.

-Calma Bill, non buttare a puttane tutto per una crisi di nervi!

Tomi mi manchi, vorrei poterti parlare!-

Bill avrebbe voluto qualcuno a cui confidare i suoi dubbi,  a cui raccontare la sua storia con Leila fin da principio per avere un parere e dare voce a ciò che sentiva dentro.

Sapeva che nonostante le fregature che la vita gli aveva riservato e le cautele che aveva dovuto imparare vivendo nel mondo dorato e spesso falso dello spettacolo, rimaneva sempre un ingenuo pronto a vedere il buono nelle persone e in Leila aveva visto qualcosa.

Non era stato il fatto che due volte l’avesse tirato fuori dai guai, ma una sensazione che aveva ogni volta che le parlava, ogni volta che ci faceva sesso.

Aveva la sensazione che lei mentisse, che fosse così fredda per un motivo preciso che la bloccava, quando anche lei avrebbe voluto altro come concedergli qualche coccola.

Era un mistero quella ragazza.

Lei e suoi occhi verdi che sembravano nascondere un mondo al suo interno e che puntualmente mentre lo invitavano a scoprirlo lo respingevano allo stesso tempo.

Sentiva le palpebre farsi pesanti, il sonno finalmente lo reclamava a se e lui era lieto di concedersi a lui, stremato dall’ansia come era, sennonché il suo cervello lo torturò con un ultimo quesito.

Come sarebbe stato dormire abbracciato a Leila?

Come sarebbe stato coccolarla ed essere coccolato a sua volta da lei dopo l’amplesso

Non trovò una risposta, ma il suo cervello proiettò la fugace visione di una donna  vestita di nero , con una maschera sugli occhi che materna lo abbracciava in una radura spaventosa.

Non sapeva o forse non voleva sapere perché l’immagine di quella visone onirica che lo aveva confortato negli ultimi mesi si sovrappose per un attimo con quella della ragazza che da un mese si scopava in un misto di gioia per il piacere provato e dolore per tutte le domande che stava facendo sorgere in lui.

Era semplicemente troppo stanco per addentrarsi nei meandri del suo stesso cervello ed uscirne indenne, così lasciò che  il sonno calasse finalmente su di lui.

 

La mattina dopo Farid si svegliò a casa sua senza sapere come ci fosse arrivato, ultimo ricordo nitido che aveva era quello di un bar, in cui il barista se avesse potuto l’avrebbe sbattuto fuori a calci.

Si rigirò sul divano e cadde per terra, imprecando si alzò in piedi  e si diresse barcollando in bagno, la testa gli scoppiava, fitte lancinanti gli attraversavano il cranio.

“Stupido coglione! La prossima volta ti moderi!

Nessuna ragazza vale così tanto!”

Lo disse ad alta voce per convincere se stesso che fosse vero, ma la fitta più forte alla testa e un senso di oppressione all’altezza del cuore rivelava che non ce l’aveva fatta.

Lei era lì, nella sua mente, bella nei suoi ricordi e felice come l’aveva vista la sera prima, con un retrogusto fortissimo di nostalgia.

-Dammi solo un minuto per levarmi questo sapore amaro dal palato, sapore di
passato di un amore sciupato, di qualche cosa di perfetto che poi è cambiato.-

Non lo sapeva Farid che quei pensieri erano i versi di una canzone italiana, ma esprimevano quello che sentiva, ossia tanta amarezza, mista a un’apatia.

Al momento non gli interessava del suo lavoro, di Mark, del fatto che avrebbe potuto finire in carcere o di altro, non gli interessava nulla.

Voleva solo tornare al passato,

Il turco mille aveva sentito la nostalgia della sua ex prima di allora e ce l’aveva sempre fatta a uscirne pensando, illudendosi, che anche lei potesse provare ancora qualcosa per lui e che non era ancora detta la parola “fine” nonostante tutto.

Nonostante quello che le aveva fatto e le altre ragazze che aveva frequentato dopo di lei.

Era stato davvero stupido e anche presuntuoso, se ne era reso conto, doveva farsi avanti prima, non credere che lei lo aspettasse in eterno, quelle erano cose che avvenivano solo nelle favole e quella era la vita reale.

La sera prima era stato uno shock vederla con quel ragazzo, la sua coscienza  berciava che si era comportato da coglione per quel patetico tentativo di ubriacarsi, ma era stato qualcosa che aveva smosso le acque.

Le illusioni erano inutili, l’aveva persa anni fa, avrebbe potuto picchiare quel ragazzo, ma non sarebbe stato meglio ne l’avrebbe riavuta, come ne era certo?

Era questione di sguardi, di quello che ci aveva letto e su cui aveva rimuginato, per Shirin era come morto e riapparire , in quel modo non sarebbe servito a nulla, se non a farlo odiare.

Non voleva vederci dell’odio in quegli occhi che amava.

Prese un moment e poi ciabattò in cucina a prepararsi la colazione, sospirando, sentiva che quella giornata e quelle a venire sarebbero state pessime.

Il caffè fu il solito schifo senza una mano femminile a prepararlo, ma gli diede la carica necessaria per accendere il portatile e farsi un giro in internet.

Riteneva che non fosse un caso che avesse pensato a Kaulitz, così decise di controllare la sua band, l’unico decente a suo parere era il gemello del suo cliente, constatò distratto.

-Che pensieri inutili … -

All’improvviso notò il batterista, era un ragazzo non molto alto, biondo, con gli occhiali, era solo un caso probabilmente, ma questo gli fece studiare attentamente i suoi lineamenti  per diversi minuti.

Era straordinariamente simile,quasi identico  al ragazzo che aveva visto con Shirin, era solo un caso?

Lo fissò meditabondo per un po’ ,indeciso sul da farsi,  non era certo che fosse lui e mettersi nei casini con uno con i soldi non era consigliabile, eppure..

Eppure il suo istinto gli gridava di essere certo che fosse lui e non si sentiva di ignorare quella voce.

Decise che poteva farsi dare l’indirizzo da un tizio che conosceva e poi tenerlo d’occhio, se si fosse accorto che quel Gustav Schäfer non era la persona che cercava l’avrebbe lasciato perdere senza fare danni.

Rinfrancato Farid afferrò il telefono e fece un paio di telefonate, ritrovandosi poi in mano l’indirizzo del batterista dei Tokio Hotel.

-Bene, una cosa è fatta!-

Non aveva lavoro per quella mattina, così afferrò la chiavi della macchina e decise di farsi in giro nel quartiere di Schäfer, giusto per vedere come fosse, animato da una discreta curiosità.

Si mise in macchina e come una sorta di segno del destino tra i suoi cd hip hop trovò un cd punk, “Indestructible” dei Rancid, di sua sorella, chissà da quanto tempo era lì e se lei lo aveva mai cercato?

Domande inutili, ingranò la marcia  e partì, era una delle poche persone a cui piace va guidare nel traffico, così attraversò di buon grado quello del centro di Berlino per trovarsi poi dall’altra parte della città, in un tranquillo quartiere residenziale, simile a quello dove abitava Kaulitz e nemmeno troppo lontano.

Fermò la macchina sotto casa del ragazzo e si accese una sigaretta, aspettando qualcosa senza sapere cosa, forse solo un po’ di chiarezza dalla sua mente confusa.

Se, ipoteticamente questo Gustav fosse stato il ragazzo di Shirin, lui cosa avrebbe fatto?

Picchiarlo era escluso, l’unica cosa che gli rimanesse da fare era provare a parlargli e capire che intenzioni avesse con lei e poi agire di conseguenza, se non gli fosse sembrato un ragazzo serio l’avrebbe sistemato in seguito.

Il fumo si disperdeva lento nel cielo insieme alla musica trasmessa dal lettore cd della macchina, nessuno faceva a caso a lui ed era meglio così, non voleva scocciatori, visto che ancora non era armato di cattive intenzioni.

Il tempo passava inesorabile,era sempre più convinto di avere fatto una cazzata quando all’improvviso vide avvicinarsi al poltrone il batterista, dietro di lui c’era Shirin , si parlarono per qualche minuto , sorridendosi a vicenda, poi le lo baciò e si allontanò

Era una scena che gli faceva male vedere, che gli faceva prudere le mani, infatti per un quarto d’ora rimase in macchina a sbollire la rabbia per tornare lucido, era fermo nel suo proposito di comportarsi non da stronzo per una volta.

Quando si sentì sufficientemente padrone di se stesso, uscì dalla macchina ed entrò nel condominio del biondo, conscio di stare per affrontare il colloquio più difficile della sua vita, in cui mantenere la calma era essenziale.

Finalmente arrivò davanti a casa del bastardo e suonò, poco dopo gli venne ad aprire, si mise sulla difensiva non appena lo vide.

“Chi sei?

Cosa vuoi?”

“Ho bisogno di parlarti, tu frequenti una persona a cui tengo.”

Il biondo alzò un sopracciglio.

“La ragazza che ti sei baciato sul portone.”

“L’avevo capito a  chi ti riferivi, quello che non so è chi sei tu.”

“Sono Farid Schimt, sono il suo ex ragazzo!”

“Immagino che non ti schioderai di qui fino a che non avrai vuotato il sacco, vero?”

“Immagini bene.”

Il biondo sospirò e poi si spostò, lasciandolo entrare in casa.

L’appartamento era grande e luminoso, tuttavia non era arredato in modo sfarzoso, al contrario era semplice ad indicare che il proprietario era una persona modesta e con i piedi per terra.

Fu un elemento che gli piacque, Shirin aveva bisogno di un ragazzo stabile, che la proteggesse e la facesse sentire sicura, aveva provato abbastanza casini quando stava con lui.

“Ora sei in casa, parla.

No, non ti offro nulla, non mi pare che tu qui ci sia entrato da ospite!”

“Che caratterino Schäfer!

Comunque, sono d’accordo con te, è inutile fare il teatrino , passerò subito al punto che ci interessa.”

L’altro annuì.

“Io non voglio che tu facci soffrire la mia ex quindi se non sei interessato a una storia seria mollala.”

“Se è la tua ex perché ti impicci?”

“Perché a lei tengo.”

“Ne sei ancora innamorato.”

“Non sono fatti tuoi.”

“Si, che lo sono, se la vostra storia non è finita, non voglio mettermi in mezzo.”

“è finita, Shirin non ti ha preso per il culo e il fatto che io la ami ancora non cambia le cose, io l’ho presa.”

“Ne sei sicuro?”

Shirin non ti ha raccontato perché ci siamo mollati?”

L’altro rimase un attimo in silenzio

“No, non lo sai.

Non te lo dirò , sarà Shirin a doverlo fare e quando lo farà capirai che tra me e lei non c’è futuro.

Inoltre sono quasi certo che presto anch’io smetterò di avere un futuro, non puoi capire.”

“D’accordo, ma tu sei qui a mettermi in guardia.”

“Esatto …

Avrei potuto pestarti e non l’ho fatto, solo perché tengo a lei,.

Sembri un bravo ragazzo ed insieme sembrate felici, vi ho visti ieri sera e prima, ma se dovessi sapere che per causa tua sta male, preparati perché ti verrò a cercare e te la farò pagare dovunque io vada e qualsiasi cosa mi dovesse succedere!”

L’altro annuì.

“Hai capito?”

“Si, sei da ammirare per certi versi.”

Farid seppe che il patto tra di loro era stato stretto, che il ragazzo aveva capito e che forse era una brava persona che avrebbe reso felice la bionda, in ogni caso il suo compito era terminato.

“Non esagerare …

Ora, comunque non ho più nulla da dirti, arrivederci.”

“Ciao Farid …”

Il ragazzo lo accompagnò perplesso alla porta, il turco uscì, non stava meglio di quando era entrato, il dolore per aver realizzato che davvero non poteva tornare dalla sua ragazza era una cosa che dove va gestire e guarire da se, ma si sentiva più sicuro per lei.

Forse, per la prima volta, dopo anni, aveva fatto qualcosa di positivo per lei,lasciandola libera di amare e di vivere un futuro migliore, accettando stoicamente il fatto che lui non vi fosse compreso.

Com’erano duri i sacrifici.

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Eccomi!

Auguri di buon natale a tutti!!!

Come vedete sono tornati in scena Bill e Leila, anche se non sembrano molto felici….

Ci sono due citazioni da due canzoni, una è “In your shadow (I can Shine)” dei Tokio Hotel e l’altra è “Un attimo ancora” dei Gemelli DiVersi.

Spero vi possa piacere.

Alla prossima!

UUUU!!! Quasi mi dimenticavo… settimana prossima le mie fiction (tranne “I hate that I love you”) sono sospese^^.

Arrivederci nel nuovo anno e speriamo che sia un bell’anno^^

Ciao

Ringrazio:

 

Hana Turner

 

Schwarz Nana  

 

Pulse

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
*** 22)Lacrime Di Pioggia ***


22) lacrime di pioggia

 

Che Leila fosse strana in quel periodo lo avevano capito tutto.

La rossa non era mai stata un mostro di simpatia, sempre troppo chiusa in se stessa, pronta  a difendersi dal mondo esterno era spesso scontrosa e taciturna.

Shirin conosceva da sempre i difetti della sua amica, ma sapeva che aveva anche pregi non indifferenti, una volta superata la barriera che si era costruita attorno.

Era una ragazza simpatica, molto dolce ed estremamente protettiva, una persona su cui si potesse contare sempre, peccato che ultimamente qualcosa si fosse come incrinato in lei.

Shirin sapeva di essere stata per troppo tempo presa dai suoi problemi per potersi preoccupare anche di quelli di Leila e se ne dispiaceva, da quando era tornata a stare meglio grazie alla sua amica voleva in qualche modo ripagarla per tutto quello che aveva fatto per lei.

Questo comportava il preoccuparsi per la rossa, che ultimamente era ancora più scorbutica del solito, totalmente chiusa in se stessa e desiderosa solo di essere lasciata in pace.

Leila respingeva tutti quelli che le stavano intorno ultimamente, lei compresa, come se stesse soffrendo per qualcosa di cui gli altri non dovessero sapere.

Perché?

Cosa le era successo?

Non poteva negare che l’essere tenuta a distanza le facesse male, ma in fondo sapeva che aveva le sua parte di colpe, lei non si stava comportando in modo diverso,era più di un mese che nascondeva la sua storia con Gustav.

Leila all’inizio aveva indagato un po’, poi viste le reazioni che la bionda aveva avuto, aveva lasciato perdere, l’istinto della bionda le suggeriva che il cuore del problema stava lì, in quel fraintendimento che  aveva posto una barriera di non detto tra lei e Leila.

Chissà cosa aveva pensato lei e chi aveva capito che fosse quel fantomatico ragazzo?

Non ne aveva idea, Leila era chiusa nel suo silenzio, vani i tentativi di farla parlare, visto che tirava sempre in ballo il fatto che come Shirin poteva avere un segreto poteva averlo anche lei.

Non era l’unica ad essere strana in quel periodo, anche Gustav sembrava nasconderle qualcosa.

Spesso lo sorprendeva a guardarla come se la stesse studiando, come se si aspettasse che lei avesse qualcosa da dirgli e che fosse urgente per lui sentirlo.

In effetti non aveva tutti i torti, lui non sapeva nulla del suo passato o di Farid, avrebbe dovuto parlargliene prima o poi, anche se aveva una paura fottuta che lui scappasse, a nessuno piaceva avere per ragazza una con un passato del genere.

E poi c’era Bill.

Bill che era diventato taciturno e malinconico da una paio di giorni a quella parte, immerso in riflessioni che non voleva comunicare a nessuno e che lo incupivano.

La bionda si era affezionata a quel ragazzo, l’aveva trovato una persona adorabile una volta trascorso il periodo iniziale delle crisi d’astinenza e di intrattabilità dovuto al non prendere più coca.

Shirin aveva scoperto che parlare con lui era piacevole, la sfaceva stare meglio, spesso si confidava con lui e in qualche modo lui riusciva sempre a farle tornare il sorriso sulle labbra, quindi a lui aveva iniziato a tenerci.

Le dispiaceva vederlo così strano e non potete fare nulla, perché lui non le diceva cosa gli stava succedendo, anche lui la teneva all’oscuro di qualcosa.

Era stanca la bionda, stanca di essere considerata un fiore di cristallo troppo fragile per sopportare qualsiasi notizia, non rinnegava il fatto di essere stata male, ne di avere tentato il suicidio, ma questo era il passato,

Era qualcosa che pur facendo parte di lei si era lasciata alle spalle ed era pronta per tornare a vivere come prima ed aiutare gli altri non solo ad essere aiutata.

Nessuno però le dava credito e in un certo senso faceva male, sapeva che nessuno lo faceva con cattiveria, ma solo per proteggerla, ma lei era stanca.

“Luca, per te che ha?” chiese a Girardi indicando Leila.

Lui la scrutò per un po’.

“Non lo so …. Io credo sia innamorata.”

Shirin ammutolì, se fosse stato così tutto sarebbe tornato, ma perché tutta quella sofferenza invece della gioia?

Forse non era corrisposto?

Forse Leila si stava tirando indietro?

Perché non gliene aveva parlato?

“Dici? Perché non si confida con me, eh Luca?”

“Non lo so … io non la capisco più Shirin.

Perché non provi a parlarle? Magari ti da retta …”

La bionda sospirò.

“Posso provarci, anche se dubito che sarà una conversazione facile.”

“Glielo devi in un certo senso.”

“Lo so … ho intenzione di farle sputare il rospo.”

“Così ti voglio Sayeb.”

La bionda sorrise.

“Grazie Luca.”

“Figurati,  ci tengo a te e a quella testa di cavolo rossa.”

Shirin avrebbe voluto parlare il giorno stesso, ma Leila schizzò via subito dopo scuola e così fu costretta a rinviare, almeno con lei, quel giorno avrebbe visto Gustav, almeno con lui voleva parlare!

Pranzò da sola, Dave era al lavoro e si chiese per l’ennesima volta, se parlare con Gustav fosse la cosa giusta, la paura non se ne andava nonostante lui le avesse dimostrato più volte di essere un’ottima persona.

-Devo provare ad avere fiducia in lui, devo provare ad avere fiducia in qualcuno che non sia gente del quartiere se voglio lasciarmi alle spalle questo maledetto passato!

Lo devo al mio bambino mai nato!-

Si preparò con cura a quell’appuntamento, conscia che da quello sarebbe dipeso una buona parte della sua futura felicità.

Come al solito arrivò prima di lui al bar, per cui poté vederlo arrivare, aveva una faccia strana, non prometteva nulla di buono.

Prese posto al tavolo in silenzio.

“Cosa c’è?”

“Niente, perché?”

“Perché hai una faccia che è tutto un programma.”

Shirin …. L’altro giorno è venuto a farmi visita un tizio di nome Farid Schimt, ha detto di essere il tuo ex.”

La ragazza abbassò il capo, non aveva più scuse, ora doveva raccontargli tutto.

“Si, è il mio ex, la storia è lunga e complicata, non è il posto per parlarne.”

Lui annuì.

“Andiamo a casa mia.”

“Gustav, se dopo  quello che ti dirò non vorrai più avere a che fare con me non ti biasimo sai?”

Shirin smettila!”

In silenzio lasciarono il locale e raggiunsero la casa del batterista, la ragazza desiderava scappare, non dover raccontare a nulla eppure sapeva di doverlo fare.

“Siamo arrivati.”

Scesero dalla macchina, salirono le scale ancora in perfetto silenzio, lei stava iniziando ad odiare quell’assenza di suono perché amplificava tutti i suoi timori.

Entrarono in quella casa che tante volte aveva trovato accogliente sentendosi un’estranea.

“Bene Shirin, direi che ora puoi raccontarmi tutto.”

Mormorò Gustav sedendosi sul divano.

“Si, ti ho già detto che mi sono trasferita qui a Berlino a sette anni.

La prima persona che incontrai  qui e che potevo definire amica fu Leila, diventammo da subito inseparabili e come conseguenza conobbi la seconda persona destinata a colpirmi.

Era Farid.

Da bambina era il mio mito, quello un po’ eroe e un po’ canaglia, che la sfangava sempre e che ci proteggeva dai bulli, essendo io la migliore amica della sua sorellina ero entrata nella sua ala protettrice.

Era bello ed era il fratellone di Leila, tutte le bambine tendono ad innamorarsi del fratello della loro amica.

Scusa se la prendo lunga, ma è necessario.

Quando sono arrivata ai quattordici anni quest’infatuazione è diventata altro, mi ero presa una cotta per Farid, nonostante sapessi che fosse un pessimo soggetto.

Il bambino attaccabrighe aveva costituito una sua banda e aveva iniziato a spacciare droga, trascinando con se anche Leila, senza che io me ne accorgessi.

Questo fu la seconda cosa che realizzai a quattordici anni, Leila spacciava già da un anno per imitare suo fratello, credo, se io allora lo amavo per Leila era un mito.

Iniziai a provarci con lui, lui all’inizio non ne voleva sapere, aveva sedici anni e voleva avere un sacco di ragazze,storie poco serie, non una quattordicenne con il mito del primo amore.

Non mollai fino a che non lo ottenni, due anni dopo divenne il mio ragazzo, ponendo la condizione che comunque non lo asfissiassi troppo.

In quel momento toccai il cielo con un dito, mi sentivo forte, invincibile.

Iniziammo una storia, lui piano piano sembrava sempre più coinvolto, con lui arrivai finalmente a perdere la verginità.

Andava tutto benissimo allora, avevo lui, che sempre più spesso mi cercava non solo per il sesso, facevo progetti nella mia testa, cose come la convivenza e il matrimonio.”

Fece una pausa.

“Cosa è successo,poi?”

“Sono rimasta incinta.

È stato un colpo lo ammetto, il mondo mi è franato addosso, ma stupidamente credevo che  lui mi sarebbe stato accanto …

Mi sbagliavo!

Quando glielo dissi si spaventò e prese tempo, la volta dopo che lo vidi mi chiese di abortire tirando il ballo il suo boss che non voleva che lui diventasse padre.

Fu un colpo, il secondo, stavo male, una parte di me voleva quel bambino, l’altra non  se la sentiva di crescerla da sola, avevo impressione che nessuno fosse dalla mia parte.

Abortii.

Ovviamente mollai Farid, non riuscivo più a starci insieme …

Quello che accadde dopo fu un periodo buio, caddi in una depressione profonda, mi sentivo  in colpa per aver ucciso il mio bambino,  non volevo più vivere.

Tentai perfino il suicidio.”

La voce le si incrinò, si prese il volto fra le mani, sentiva le lacrime scorrerle, se le asciugò in qualche modo , poi riprese a parlare, voleva vuotare tutto il sacco prima di guardarlo ancora negli occhi.

“Fu Leila a salvarmi, a starmi accanto e ad impedirmi altre stronzate, è grazie a lei se sono viva.

Questo è tutto quello che avevo da dirti, il mio passato e la spiegazione su chi sia Farid.”

Nella stanza si creò un silenzio inquietante, persino il rumore delle lancette dell’orologio, solitamente insignificante e poco notato sembrava esplodere ogni singolo secondo.

“Perché mi hai taciuto tutto questo?”

“Perché prima dovevo capire se potevo fidarmi o no ….

Non sono cose che posso raccontare a chiunque, so che molti scappano davanti a una ragazza problematica come me, non ti biasimerei se volessi farlo anche tu.”

Lui sospirò, forse si aspettava che lei alzasse gli occhi da quel benedetto tappeto che guardava sin dall’inizio del discorso, ma lei non lo fece, non ne aveva il coraggio, sapeva di essere vigliacca.

La bionda sentì Gustav alzarsi, inaspettatamente per sedersi accanto a lei per abbracciarla.

“Non ho detto che ti voglio mollare, solo sono confuso.

Quando è apparso questo ragazzo che è chiaramente ancora innamorato di te, io mi sono accorto che non sapevo quasi nulla del tuo passato, che in fondo anche tu potevi essere ancora innamorata di lui.”

“Capisco.

No, non sono ancora innamorata di lui, Farid è il passato, mi dispiace che lui mi ami ancora, ma ormai è tardi …

Mi ha persa quando mi   ha chiesto di abortire.”

Lui le accarezzò i capelli piano, come se dopo le sue rivelazioni temesse di farle male, tutti tendevano a trattarla così.

“E io? Io cosa sono per te?”

Le soffiò quella domanda in un orecchio mettendola terribilmente in imbarazzo e facendola arrossire.

“Tu …”

Fece una pausa di silenzio, non era mai stata una tipa timida , perché quella paura a svelarsi?

Comprensibile che fosse cambiata radicalmente dopo tutto quello che le era successo, tuttavia era quasi certa che lui fosse diverso, che di lui non dovesse avere paura.

“Tu sei il primo ragazzo che mi ha suscitato delle emozioni dopo Farid.”

Percepì che stava sorridendo, anche se non capiva perché.

“Ok, questo mi basta, per ora.

Io non sono il tipo da storielle poco serie, credo tu l’abbia capito e ora so che anche per te è lo stesso.”

“Mi stai proponendo una cosa seria quindi?”Chiese con una punta d’ansia.

“Si, tutto bene Shirin?”

“Io .. si, ma tu ne sei certo?

Io non voglio metterti nei casini! Non voglio che …”

Le tappò la bocca con un bacio.

“Non ti preoccupare per me! 

Io non voglio forzarti, non voglio che tu stia male anche per me!”

Sentì le lacrime inumidirle gli occhi, sperò che lui non lo notasse, cosa che accadde puntualmente.

“Ehi! Cosa succede?”

“Niente! È che è la dichiarazione perfetta, quella che non speravo di ricevere.

Io sono felice e vorrei provarci, l’unica che ti chiedo è di non trattarmi come un fiore di cristallo, io sono una ragazza normale, non una bambolina che deve essere protetta da tutto.”

La strinse a se più a sé più forte e la baciò, Shirin era al settimo cielo, felice come non lo era da una vita mentre rispondeva a quel bacio.

Forse la sua favola era finalmente arrivata?

Fu il suono di un cellulare ad interrompere quel momento perfetto, scocciata rispose senza nemmeno guardare il mittente.

“Pronto?”

“Ciao Shirin.”La voce era quella di Luca.

“Ohi Girardi! Cosa c’è?”

“Potresti venire alla tabaccheria? Leila è caduta mentre facevamo skate e non vuole farsi medicare, anche se secondo me ha il polso se non rotto slogato.”

Leila non era mai caduta facendo skate, questa cosa la insospettì.

“Ok, arrivo subito, tu non farla uscire dal negozio, ok?”

Si volse verso Gustav sinceramente dispiaciuta.

“Mi dispiace, ma io ora devo andare …”

Lui fece uno strani gesto con la mano.

“Non ti preoccupare.”

Gli schioccò un bacio sulla guancia.

“Grazie, dico davvero!”

Uscì da quell’appartamento serena e preoccupata allo stesso tempo, presagiva nuovi guai per tutti.

 

Era stata un cretina.

Leila se lo disse con rabbia,mentre guardava Luca che la teneva d’occhio impedendole di uscire dalla sua tabaccheria, avrebbe dovuto scappare non appena l’aveva visto o inventarsi una scusa migliore.

Il polso le pulsava in maniera fastidiosa, sperava che fosse solo una slogatura, se fosse stato rotto sarebbe stato un bel guaio, non voleva andare in ospedale e dover mentire a dei medici.

Non si era fatta male al polso per colpa dello skate, ma di Mark, aveva incontrato il bastardo e ci aveva provato per l’ennesima volta.

Quel ragazzo sembrava aver sviluppato un’ossessione morbosa verso di lei e questo la spaventava a morte, lo temeva sapendo che pessimo elemento fosse.

Luca aveva appena chiuso una  chiamata, non aveva idea con chi, sperava solo che si distraesse in modo da poter sgattaiolare via.

“Non ci pensare, tesoro!

Non me ne vado, non credere di avermi fregato con la storia dello skate, non vuoi dirmi la verità, ma ho appena chiamato una persona a cui non mentiresti e con cui devi chiarirti.”

Leila rifletté un attimo sulle parole dell’italiano , per poi sbiancare di rabbia e tentare di stringere i pugni, arrivò fino a strapparsi un gemito di dolore.

“è Shirin, vero?”

Lui annuì.

“Perché non ti fai i cazzi tuoi, accidenti?”

 “Sono cazzi miei!

Tu hai qualcosa che non va e credo che tutto abbia origine da Shirin, quindi ti farò parlare che tu lo voglia o no!”

Si sentì presa al laccio, avrebbe voluto solo uscire, ma non poteva, era certa che Luca non gliel’avrebbe permesso, doveva rassegnarsi ad attendere la bionda.

Cosa avrebbe potuto dirle?

Che amava il ragazzo che forse amava anche lei?

Che il non sapere chi fosse questo misterioso ragazzo la stava facendo impazzire e ne pagava le conseguenze anche Bill?

Che si sentiva imprigionata in un ruolo?

Nessuna di queste ipotesi andava bene, tutte erano cariche di un probabile scontro  che lei non voleva.

“Perché non mi lasciate stare?”

“Perché siamo preoccupati per te e perché siamo tuoi amici!”

Si arrese, non poteva fare altro, sarebbe andata come era giusto che andasse, il trillo  dello scacciapensieri annunciò che ormai la bionda era arrivata in negozio.

“Ciao Leila.”

Senza aggiungere altro lanciò un’occhiata al polso della rossa ed aggrottò le sopracciglia.

La storia dello skate non se l’era bevuta, nemmeno per un secondo.

“Chi te l’ha fatto?”

“Sono caduta dallo skate!”

Scoppiò in una lunga risata divertita che le fece venire i brividi.

“Disse la donna picchiata dal marito in ospedale al medico che le chiedeva il perché dei lividi!

Lo so che non sei caduta dallo skate, voglio il nome del figlio di puttana che ti ha fatto questo!”

“Scordatelo! Non te lo dirò!

Non finche tu non mi dirai di chi ti sei innamorata!”

Vide la bionda perdere le staffe, i suoi occhi iniziarono a mandare lampi.           

“Che cazzo c’entra questo?

Perché continui a rinfacciarmelo?”

“Perché … non lascia perdere!”

“NO! ADESSO PARLI! SONO STUFA DI QUESTO TUO ATTEGGIAMENTO!”

“VA BENE PRINCIPESSA!

VUOI LA VERITA’? ECCOLA!

PER COLPA DEL TUO SILENZIO IO STO FACENDO LA STRONZA CON L’UNICO RAGAZZO CHE MI INTERESSI, PERCHE’ NON SO SE E’ LO STESSO CHE INTERESSA A TE!”

Sulla tabaccheria calò un silenzio inquietante, Leila si fece i complimenti da sola per la delicatezza che aveva usato, per fortuna che non voleva uno scontro con lei!

Se lo avesse voluto cosa avrebbe fatto?Le sarebbe saltata al collo?

In ogni caso Shirin aveva perso tutta la sua baldanza, era arrossita e non aveva il coraggio di guardarla in faccia.

“Io … scusa , non credevo che fosse quello!

Non pensavo di fare così tanti danni, scusa Leila!”

“Non importa Shirin, lo so che l’hai fatto per un motivo.”

“Penso di doverti dire chi è il ragazzo arrivate a questo punto ….”

“Lo penso anch’io .”

“In ogni caso te l’avrei detto a breve, lui è diventato il mio ragazzo.”

Leila impallidì vistosamente, poi boccheggiò, a corto di parole.

”Il tuo ragazzo? Quindi lo frequenti fuori dalla clinica.”

“SI.”

La rossa si schiaffò una mano in faccia e mormorò con espressione sofferente:”Oh cazzo!”

Shirin inarcò un sopracciglio, senza capire.

“Te lo spiego dopo, tu va avanti.”

“Si chiama Gustav, è un compagno di band di Bill, il batterista per la precisione e ci siamo incontrati più di un mese fa.

In un supermercato.

All’inizio pensavo fosse un maniaco, poi abbiamo iniziato a parlare e ho scoperto una persona adorabile, lentamente ci siamo innamorati, ma io avevo paura.

Paura che sarebbe scappato una volta saputo il mio passato.

Paura che non fosse quello giusto.

Paura e basta e per questo  non ti ho detto chi era e ho taciuto il mio passato a lui, fino a che oggi non mi sono decisa e lui non è scappato!

Mi ha chiesto di essere la sua ragazza!

E ora fuori il rospo, Schimt! Chi è il ragazzo che ti interessa e chi ti ha fatto questo al polso!”

Leila si sentiva una perfetta idiota, avrebbe tanto voluto seppellirsi o almeno aver evitato di dire tutte quelle cose a Shirin.

“Io credevo che tu parlassi di Bill.”Mormorò sconvolta.

“Siamo solo amici e mi sta simpatico, ma niente di più!

Oddio … non è che è per Bill che ti sei innamorata?”

Lei annuì.

“Oddio … Cosa aspetti a dirmi i dettagli, anche lui sta da schifo!”

Bhe…. Hai presente quando noi spariamo ogni tanto?”

“Perfettamente … “

“Ecco, generalmente ci imboschiamo da qualche parte a fare sesso.”

“Per te non è solo sesso però, vero?”

“No, io per lui provo qualcosa di più, ma ho sempre fatto la stronza per non ferire te, io credevo che piacesse a te!”

“Fammi capire, tu l’hai tratto a mo di oggetto per non ferirmi?”

“Esatto, non volevo che si affezionasse a me, volevo essere solo sesso per lui, capisci?”

“Si, ma tu sei pazza, Leila!

Immagino che qualcosa non sia andato secondo i tuoi piani, vero?”

“Già … lui non vuole solo sesso con me e questo mi ha mandato in crisi.”

“Oh signore!” fu il turno della bionda schiaffarsi una mano in faccia.

“Fammi capire, tu lo ami, lui presumibilmente ti ama e piuttosto che affrontare me stavi per mandare tutto puttane?

Leila Schimt ora che sai la verità esigo che tu chiarisca con lui!”

La rossa guardò l’amica dritta negli occhi, il fatto che lei non fosse interessata a Bill semplificava molto le cose, per un attimo aveva desiderato fiondarsi alla clinica e baciarlo e poi scusarsi e raccontargli tutta la verità.

Ma poi?

L’avrebbero buttata fuori a calci da lì, la Meyer non era una di quelle persone che promettessero a vuoto e poi lei cosa avrebbe fatto?

Shirin, non è come nelle favole, se la Mayer ci scoprisse,sarei nella merda fino al collo, sarei licenziata e non è detto che non decida di denunciarmi per quella vecchia storia.”

“Non lo farebbe, sicuramente ti licenzierebbe , ma non ti denuncerebbe, la direttrice è dalla tua parte.

E poi, può darsi che non vi scopra mai.”

“E quando lui uscirà da li hai pensato a cosa succederebbe?

Te lo dico io non avremmo futuro, io sono solo una teppistella che tenta di riscattarsi, con un passato che non la lascia andare e sarei un minaccia per lui.

Se ci dovessero scoprire i giornalisti, per loro sarebbe un gioco da ragazzi scoprire chi sono e cosa ho fatto e credimi, le rockstar e le teppiste stanno insieme solo nelle favole.”

“Si, forse.

Forse ti mollerà, forse si scorderà di te e forse soffrirai per lui.

Di sicuro non sarà facile e questo ti spaventa.

Tu hai paura di metterti in gioco, hai paura che qualcosa vada male, ma Leila, invece potrebbe andare bene.

Sono l’ultima persona che può dirtelo, ma buttati e non avere rimpianti!”

Leila sgranò gli occhi, sorpresa dalle parole dell’amica, in tutti quei mesi l’aveva considerata una ragazza debole, ora scopriva che forse si era sempre sbagliata, Shirin era forte, molto più forte di lei, abbastanza da darle un consiglio sensato, che però non era sufficiente a debellare la sua paura.

Paura che non era più data dal poter ferire Shirin, ma dal lasciarsi conoscere da una persona e amarla.

La sua paura più grande.

 

Era stata una giornata normale.

Farid si era alzato tardi, ancora stanco, ancora stonaco, ancora desideroso di avere Shirin accanto a lui, nonostante avesse detto al suo ragazzo che rinunciava a lei.

Razionalmente era certamente la  soluzione migliore, ma il cuore faceva ancora fatica ad accettarla.

Che palle.

Ci si era messo anche Mark, chiamandolo verso mezzogiorno, mentre lui tentava di cucinare con scarsi risultati qualcosa  di commestibile, per dirgli che c’era una partita di droga che andava tagliata urgentemente.

Questo l’aveva mandato letteralmente in bestia, non era più un pivellino da chiamare  quando accadevano cose del genere e avevano litigato pesantemente,

Come spesso gli  accadeva fu Mark ad avere la meglio, così si era ritrovato con quella seccatura e il pranzo bruciato.

Fanculo.

Ci aveva speso quasi tutto il pomeriggio prima di concedersi una pausa e poi riprendere, scocciato, desideroso per la prima volta da anni di essere fuori da quella vita.

Si alzò dalla sedia e si distrattamente guardò fuori dalla finestra, era quasi il tramonto, non c’era molta gente in strada, quindi la macchina che parcheggiò sotto casa sua lo colpì immediatamente.

Polizia.

Scattò a riporre cocaina e strumenti in un vano che aveva ricavato nel pavimento della sua camera, più alla svelta che poté,  notando il suo battito cardiaco accelerato  e la sudorazione.

Merda.

Si stava agitando!

Chiuso il vano, perfettamente nascosto ed uniformato alle altre piastrelle, ci tirò sopra un tappeto e se ne tornò in salotto, tentando di darsi un tono.

La nonchalance era la prima regola, gli sbirri non dovevano sospettare nulla, così si accese una sigaretta, era l’unica cosa che riuscisse  a calmarlo in quei frangenti.

Si sedette al tavolo, mettendosi le mani tra i lunghi dread scuri, perché era arrivata la polizia?

Che cazzo significava?

Chi l’aveva sputtanato?

I colpi arrivarono perentori e marziali a scuotere il legno, il ragazzo si alzò svogliato, non voleva tradirsi, non voleva andare in galera.

Aprì la porta, il poliziotto era in borghese e non doveva avere più di trent’anni.

“è il signor Farid Schmit?”

“Si, cosa volete?”

“Polizia di Amburgo, questo è un mandato di perquisizione a suo nome!”

Il poliziotto sventolò un foglio sotto il naso ed entrò insieme al suo collega, Farid si spostò e li guardò mentre mettevano a soqquadro il suo appartamento, non avrebbero trovato nulla.

-Stai calmo, è impossibile che scoprano quel dannato vano!-

Si diressero in camera sua, non doveva seguirli, non doveva dare l’impressione che ci fosse qualcosa di importante in quella stanza,così rimase impalato in mezzo al salotto.

“Ehi, qui sotto c’è qualcosa!”

Gli si gelò il sangue nelle vene, avevano trovato il vano.

Non era stata una soffiata a caso, qualcuno aveva parlato e aveva rivelato tutto a quei poliziotti, era fottuto!

No c’erano dubbi che per lui la carriera finisse li, ma una domanda non poteva fare a  mano di girargli per la testa, chi era stato?

Chi gli aveva fatto quello?

Sentì i poliziotti parlare, poi quello più giovane che gli aveva risposto spuntò dalla camera da letto con un’espressione seria in volto.

-Sei fottuto, Farid Schimt, Insh’allah, baby-

Schimt, lei è in arresto per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

Ci segua in centrale, ha diritto a un avvocato, altrimenti gliene sarà assegnato uno d’ufficio.”

Venne ammanettato e portato fuori da casa sua, mentre scendevano le scale del suo condominio, qualcuno si affacciò a vedere cosa fosse successo e fu certo che qualcuno stesse sorridendo.

Lo sapeva di non essere ben visto li dentro, che c’era qualcuno dei suoi condomini che godeva nel vederlo portato via dalla polizia perché era quello che aveva sempre desiderato che gli accadesse fin dal primo giorno.

Per tanta bella gente che viveva li era il turco che stranamente era ricco, ovvio che ci fosse qualcosa che non andava in lui e che fosse invischiato in attività illecite, per lui era così, ma era il principio a dargli fastidio.

Era sempre stato così, era per questo che era sempre stato un ragazzo chiuso, rabbioso,desideroso di avere quei dannati soldi e dimostrare che anche un turco, un immigrato di seconda o terza generazione,  poteva essere ricco, come chi lo giudicava.

Aveva sbagliato il metodo e Ania gliel’aveva detto, la sua cuginetta intellettuale aveva previsti sto tutto, ma in fondo anche lui aveva sempre saputo, era stato solo il desiderio assurdo di provare che lui era il migliore a portarlo li.

A  fargli credere che era invincibile, che nessuno l’avrebbe mai fermato, che lui non sarebbe mai stato tra  i fessi che venivano arrestati.

Idiota!

Ora la realtà gli stava dimostrando il contrario nel modo più duro, il carcere era una dura prova da affrontare e da cui rialzarsi, ce l’avrebbe fatta?

Ironia della sorte, mentre la sua vita si distruggeva, aveva iniziato a piovere.

Gocce sottili si infrangevano sulla strada, inaspettate in quel freddo autunno, a ricordargli per qualche motivo assurdo Leila.

Sua sorella sarebbe rimasta senza protezione ad affrontare Mark, doveva fare in modo che venisse avvisata, doveva parlare con lei in qualche modo.

Solo che non avrebbe potuto farlo per un po’, l’avrebbero interrogato di sicuro.

“Ti stavamo addosso da un po’turco, credevi di farci fessi?”

Non rispose, si lasciò trascinare giù dalla macchina e poi in commissariato, lui avrebbe taciuto in ogni caso, qualcuno l’aveva fregato, ma lui non voleva comportarsi da infame  a sua volta.

Provarono a fargli delle domande,  a essere gentili e a minacciarlo, ma lui continuò a rimanere nel suo ostinato silenzio, inutile con ogni probabilità.

Nessuno si sarebbe mosso per lui, ma forse era lui che voleva mantenere un po’ di onore per se stesso.

In ogni caso quando i poliziotti si accorsero che da lui non avrebbero cavato una parola gli permisero di chiamare un avvocato e di fare una chiamata.

Si diede dell’idiota, tuttavia decise di chiamare a casa, voleva parlare con Leila.

Squillò per un po’ a vuoto, il suo cuore gli Sali in gola per l’ansia ,poi un “click”annunciò che il ricevitore era stato alzato.

“Pronto?” Domandò una voce maschile e sospettosa dall’altra parte.

“Papà sono io, Farid.”

Sentì l’uomo trattenere il respiro, poi la sua voce si fece dura.

“Cosa vuoi?”

“Vorrei parlare con Leila …

Sono stato arrestato papà.”

L’uomo tacque.

“No Farid, non ti passerò tua sorella.

Ha molto sofferto per te e per quello che ha fatto quando eravate uniti, la devo proteggere da te, mi dispiace.”

“Papà …”

“Mi dispiace, hai fatto la tua scelta anni fa, sapevi che avrebbe potuto portarti a questo ….

Inoltre una volta mi dissi che io non ero più tuo padre, ma lo sono ancora per Leila e ho il dovere di proteggerla e tu per lei sei pericoloso.

Addio.”

Il ritmico “tu tu tu” della comunicazione interrotta gli fece capire che suo padre non lo avrebbe aiutato, doveva trovare un altro modo per contattare Leila.

Stava pagando tutte  le conseguenze dei suoi errori, suo padre aveva ragione, eppure un nodo fastidioso gli stringeva lo stomaco, insieme a una sensazione di rifiuto e di abbandono.

Se solo non fosse stato in un commissariato avrebbe pianto, cosa ne sarebbe stato di lui adesso?

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Dunque che dire?

Buon anno a Lady Cassandra E Schwarz Nana che mi hanno commentato lo scorso capitolo e hanno dimostrato di tenere a questa storia.

Agli altri no.

In fondo è grazie a quelle due recensioni che questa storia patetica continua la sua pubblicazione, non certamente grazie al silenzio di chi legge e non commenta.

E si, sono incazzata  e delusa e ho i miei buoni motivi, fatevene una ragione.

Anche se dubito che interessi a qualcuno.

Vabbhe passiamo alle recensioni.

 

SchWarz Nana: Sono contenta di avere capovolto la tua impressione su Farid, credo di averti già detto che nonostante lui sia stato un personaggio non sempre positivo, mi piace molto.

Sono anche contenta che le tue coronarie stiano bene (XD), spero che il finale di questo capitolo non le abbia fatte di nuovo stare male ç_ç.

Diciamo che era necessario, capirai meglio nel prossimo.

Leila e Bill: quello che hai detto è giusto.

Leila vorrebbe lasciarlo andare e non ci riesce, ma dopotutto questo è un bene no?

Sennò non avremmo questo capitolo/chiarimento in cui sembra che forse per questa coppia strana si apra uno spiraglio di futuro … Tutto nelle mani di Leila.

Che responsabilità O.O!

Grazie  di aver apprezzato la sintonia di pensiero tra i due, era quello che volevo trasmettere^^.

Per le canzoni.. “In Your Shadow( I can Shine)” è una delle mie tracce preferite del cd e mi sembrava ci stesse bene, contenta di averci azzeccato^^.

Per i GdV, ho sentito una delle loro canzoni che avevo anch’io 14 anni e mi erano piaciute molto, quando ho scoperto che Grido era il fratello di J Ax ho pensato:”Buon Sangue non mente!” (XD).

Grazie per i complimenti, spero ti piaccia anche  questo.

Ciao^^.

 

Lady Cassandra: Ehm si in effetti, ha preso una bella impennata il rapporto tra Bill e Leila, non era proprio tra i miei progetto in questo modo, ma è uscito così ^^”.

In effetti il rapporto va stretto a tutti e due, ma con questo chiarimento ora si aprono delle nuove possibilità.

Speriamo che Leila abbia il coraggio di fare la scelta”Giusta”^^.

Sono contenta che tu  apprezzi Farid, in questo capitolo Mark ha colpito.

Non è una brutta fine, ma nemmeno un bel proseguimento di vita.

Porterà delle conseguenze anche a Leila.

Grazie per i complimenti sulle citazioni, ci speravo fossero azzeccate.

Spero che questo capitolo ti piaccia.

Alla prossima^^ e grazie ancora per la recensione.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** 23)Luce E Buio ***


23) luce e buio

 

Ania Schmit non aveva avuto più contatti con il cugino Farid da anni.

C’era stato un tempo in cui si sentiva quotidianamente con quel rasta, discuteva con lui di tante cose, amava quei tempi andati, li ricordava con dolcezza.

Farid era stato il suo cugino preferito, quello con cui si confidava maggiormente, forse più che con Leila, era stato doloroso vederlo affondare nel giro dello spaccio senza riuscire a fare niente.

Ci aveva provato Ania, mille volte gli aveva parlato , lo aveva messo in guardia sulle conseguenze, dicendogli che avrebbe potuto finire male e che rialzarsi sarebbe stata dura.

Un immigrato di seconda generazione con problemi con la giustizia, ex carcerato e  senza nemmeno un diploma non avrebbe trovato facilmente lavoro.

Lui non l’aveva ascoltata e aveva provato a tirare con sé Leila, fortunatamente la cugina in qualche modo ne era uscita, ammaccata, fragile,ma libera.

E lui?

Fino a quando sarebbe riuscito a rimanere in equilibrio sul filo sottile della sua vita?

Non lo sapeva, passò davanti allo specchio, che le restituì l’immagine di una ragazza pallida con i lunghi capelli neri, lisci e con una frangetta che tentava di nascondere due occhi verdi da gatta.

Grandi, leggermente a mandorla, di un verde chiaro che sfumava dolcemente in un colore quasi dorato, erano magnetici ed erano il marchio di fabbrica degli Schmith, li avevano anche Leila e Farid.

Leila era strana ultimamente, era certa che si fosse presa una cotta per qualcuno, sperò che fosse una brava persona, la rossa se lo meritava, visto tutto quello che aveva passato.

Quel giorno Ania aveva una strana sensazione, sentiva che qualcuno si sarebbe fatto vivo dal passato, forse era per quello che stava pensando si suoi cugini e ai tempi dell’infanzia.

Come volevasi dimostrare il cellulare iniziò a squillare, era un numero sconosciuto, la mora rispose perplessa, la voce era maschile.

“Pronto.”

“La signorina Ania Scmith?”

“Si, sono io, lei chi è?”

“Sono l’avvocato Otto Lang, la chiamo per conto del mio cliente Farid Schmit, desidererebbe parlare con lei.”

La ragazza impallidì e strinse il cellulare in una presa convulsa.

“Cosa ha fatto Farid?

Sono la cugina!” aggiunse nervosa.

“è stato arrestato per possesso e spaccio di sostanze stupefacenti, desidera parlare con lei.”

Sentì entrare rumori estranei nella conversazione, segno che l’uomo stava passando il cellulare a Farid  e poi la voce roca del cugino.

Ania?”

La ragazza rabbrividì, sembrava la voce di un morto e le fece quasi paura.

Farid.”

“Lo so che sono anni che non ci parliamo e l’ultima volta ti ho mandato a fare in culo, ma ti scongiuro, aiutami.”

“Cosa posso fare? Sei andato oltre Farid e mi dispiace, cazzo, per quanto possa valere mi dispiace.

Non avrei mai voluto che finisse così.”

La voce  divenne agrodolce.

“Lo so, Piccola, lo so.

Hai tentato in tutti i modi di farmi ragionare, non me lo sono dimenticato, anche se non è servito a nulla, io non ti ho mai voluto ascoltare.

Quello che ti chiedo è di avvisare Leila, voglio vederla.”

La ragazza rimase un attimo in silenzio in attesa che lui continuasse.

“Ho chiamato a casa e ha risposto mio padre, non ha voluto passarmela.”

“Perché?”

“Dice che l’ho ferita troppo che ora la farei solo stare male, ma io voglio solo vederla.

Ania, io ho bisogno di vedere mia sorella, ti prego.”

La mora sapeva quanto il cugino tenesse a Leila, quei due potevano aver litigato ma erano lo stesso legati da un sentimento fortissimo, Farid continuava a preoccuparsi di sua sorella, allo stesso modo in cui lei continuava a sorvegliarlo da lontano.

“D’accordo Farid, parlerò con Leila, è giusto che sappia.”

“Grazie Ania, non so some ringraziarti.”

“Figurati, se ti farà piacere verrò a trovarti in carcere.”

“Ne sarei felice, Ani sei davvero una brava persona, sicuramente più di me.

Ora ti devo lasciare.

Ciao.”

Ciao…” sussurrò, poi non ci fu altro che il “click” della comunicazione tolta.

Rimase stordita con il cellulare in mano, travolta dalla notizia, aveva sempre saputo che sarebbe finita così, se l’era immaginato spesso che la polizia sarebbe arrivata a Farid, eppure sentirselo dire le aveva fatto un certo effetto.

Il suo compagno di giochi, quello che aveva adorato con tutta se stessa e che per un certo periodo era stato il suo modello era finito in carcere.

Anche se aveva diciannove anni, sentiva le lacrime pungerle gli occhi, ma non voleva piangere, non era ancora il momento, prima doveva chiamare Leila e sapeva che la rossa non l’avrebbe presa bene.

-Ok Ania, hai preso un impegno, ora devi mantenerlo, chiama Leila.-

Titubante prese il cellulare, compose il numero dell’amica e rimase in attesa della sua risposta-

Dopo qualche squillo Leila rispose, Ania si fece coraggio.

“Ehi Topino di biblioteca!

Come mai ti fai viva?”

Sorrise, intenerita da quel bizzarro soprannome, glielo aveva affibbiato per scherzo anni fa ed era rimasto.

“Si, ho bisogno di formaggio!” ridacchiò lei, cercando di non far notare l’imbarazzo.

“Madonna, vai all’università e fai queste battute pessime?

No, sorella non va bene!”

“Ok, hai ragione!

Sono inqualificabile! “

Risero insieme per un attimo.

“Leila, potremmo vederci?”

“Certo, mi farebbe molto piacere.”

“Sei libera stasera?”

Ci fu un attimo di esitazione.

“Si certo.”

“Possiamo vederci tra mezz’ora?”

“Si, ma sai che sei strana, Ania?”

Si , lo era,si disse mentre chiudeva la conversazione.

Indubbio che lo fosse, ma quello che aveva da raccontarle non era affatto piacevole e prima gliel’avesse detto meglio sarebbe stato per tutti.

Era sempre stato così, la mora veniva spesso utilizzata come cuscinetto da molte persone, chiamavano lei per fare da mediatrice se c’erano litigi.

Lei per annunciare cattive notizie, come in quel caso, certi che lei avrebbe trovato le parole giuste.

Lei per i consigli.

E lei un po’ era stufa di questa situazione che non le permetteva di avere una vita sua e di pensare solo a  se stessa qualche volta, ma per quella volta si disse di sopportare ancora.

Si trattava della sua famiglia ed era giusto che lei lo facesse.

Di questo umore, tra tristezza e rassegnazione, uscì di casa sotto una pioggerella fastidiosa.

 

Era calata la sera su Amburgo.

Leila guardava la pioggerella scendere e bagnare la città, seduta davanti alla portafinestra della sua camera, tenendo in mano una sigaretta che non si decideva ad accendere.

A cena aveva avuto l’impressione che suo padre le mentisse su qualcosa, ma le sembrava strano, lui era sempre stato un uomo che metteva la verità al di sopra di tutto.

Non era come lei, che a volte mentiva, a tutti, persino a se stessa, come stava facendo ultimamente.

Era palese che da quando Bill era entrato nella sua tabaccheria, qualcosa era scattato in lei, anche se all’inizio credeva fosse semplice attrazione.

Non era la prima volta che vedeva un ragazzo, ci stava solo per una volta e poi, esaurito quello lei spariva, come un’illusione.

Quello era stato il suo modo di relazionarsi prima della storia di Shirin, dopo non aveva avuto più voglia, eppure quando era arrivato Bill, una parte di lei aveva subito intuito che sarebbe stato diverso e non si era sbagliata,

Coincidenze avevano voluto che lo vedesse dopo e persino alla clinica, se fosse stato un altro non si sarebbe mai scusata con lui quella volta in cui non l’aveva salutato.

Bill era speciale per lei, eppure era riuscita a rendersi  odiosa ai suoi occhi per proteggere Shirin e qualcosa che nemmeno esisteva.

Si prese la testa tra le mani.

Sarebbe bastato pochissimo per scusarsi e dire la verità a Bill il giorno dopo, pochissimo per vivere una storia un po’ più seria, ma lei aveva paura.

Non riusciva a scacciarla, in fondo quella situazione ambigua faceva comodo anche a lei,che non doveva impegnarsi ne affrontare dubbi o paure.

Finalmente si accese la sigaretta, il fumo le invase la gola e i ricordi il cervello.

La loro semistoria alla clinica era iniziata con uno sguardo, Leila stava camminando per i corridoi e lo aveva incrociato, registrando distrattamente che il ragazzo non avrebbe dovuto essere li.

Leila aveva alzato la mano in segno di saluto, lui per tutta risposta l’aveva guardata a lungo prima di prenderla per un polso e trascinarla in uno stanzino non troppo lontano, dove finalmente era successo quello che era destino accadesse fin dalla prima volta che si erano visti.

Sesso.

Sesso senza sentimenti, senza baci o carezze, solo gemiti ad accompagnarli poi andarsene uno per la propria strada.

Il solito copione della sua vita che questa volta le aveva riservato una variazione per lei sconvolgente: lo sguardo dispiaciuto di quel ragazzo il giorno dopo.

[“Scusa Leila. Non so cosa mi sia preso, non volevo .”

Bill aveva lo sguardo basso di chi si sentiva in colpa, non osava guardarla dritto negli occhi  mentre pronunciava quelle parole.

Leila aveva sorriso intenerita, senza farsi notare da lui, poi gli aveva accarezzato una guancia.

“Non c’è problema Bill, eravamo consenzienti tutti e due no?”

“Si, ma mi dispiace lo stesso.”

“Tranquillo … se vuoi la cosa si può ripetere, in fondo è piaciuta sia a te che a me, no?

Sempre se tu sei d’accordo …”

Si diede mentalmente della troia non era da lei  comportarsi così e nemmeno lo voleva.

Solo che pensare che forse  era lui il ragazzo di Shirin la bloccava, se fosse stata più forte l’avrebbe lasciato perdere, ma lei infondo era debole.

Voleva averlo almeno parzialmente e forse era la stessa cosa per lui visto che alla sua proposta per un attimo, prima che lo abbassasse vide il suo sguardo ferito e sentì stringersi il cuore.

“D’accordo.”

“Ok, quando vuoi Kaulitz, ma non devono esserci  complicazioni sentimentali, io al momento non voglio storie serie.

Questi sono i patti, se a te non vanno bene, non se ne va niente.”

Si diede della stronza, non poteva averlo detto davvero lei!]

Lo aveva detto e Bill aveva accettato, prendendosi ogni volta anche qualcosa di suo, un pezzo di anima, spazio nel suo cuore, era così importante dargli un nome definito?

Non lo era, quello che contava era  che quella cotta non si era sgonfiata per nessuno dei due, anzi si era evoluta ed ora il futuro era nelle sue mani.

Avrebbe avuto il coraggio di sceglierlo?

O sarebbe scappata ancora una volta?

-Perché Leila, è di questo che si tratta, di coraggio.

Lui ti ha fatto capire che forse ci tiene a te come persona e non a te come scopata e ora che sono caduti i tuoi alibi, sei solo tu a dover decidere.

Tu e nessun altro.

La paura non può decidere per te, finiresti per pentirtene e ci sono già troppe cose di cui ti sei pentita.-

Il suono del cellulare interruppe le sue riflessioni, la rossa si alzò ed avanzò verso la scrivania per rispondere, il display diceva che era Ania.

Era insolito che la cugina la chiamasse a quell’ora, di solito era una ragazza ligia al suo dovere che usciva solo nei fine settimana quando non lavorava.

“Ehi Topino di biblioteca!

Come mai ti fai viva?”

Cercò di darsi un tono allegro mentre rispondeva.

 “Si, ho bisogno di formaggio!” ridacchiò lei, cercando di non far notare l’imbarazzo.

“Madonna, vai all’università e fai queste battute pessime?

No, sorella non va bene!”

“Ok, hai ragione!

Sono inqualificabile! “

Risero insieme per un attimo, la faceva sempre stare bene quella sintonia che c’era tra di loro, la metteva di buon umore.

“Leila, potremmo vederci?”

“Certo, mi farebbe molto piacere.”

“Sei libera stasera?”

Ci fu un attimo di esitazione.

“Si certo.”

“Possiamo vederci tra mezz’ora?”

“Si, ma sai che sei strana, Ania?”

La mora farfugliò qualcosa e poi chiuse la conversazione, Leila rimase perplessa.

Una parte di se sperò che la cugina non si fosse trovata un ragazzo,  non ce l’avrebbe fatta a sentirsi raccontare una storia felice, un’altra censurò quei pensieri che bollò come egoisti.

Ania aveva tutto il diritto di trovarsi un ragazzo, considerato quanto l’aveva aiutata!

Si cambiò, si truccò con una sottile riga di matita, avvisò suo padre ed uscì.

Avrebbe potuto prendere il motorino per raggiungere il bar in cui di solito si incontrava con Ania, ma non ne aveva voglia, così se la fece a piedi.

Si prese quel tempo per far vagare la mente senza costrizioni, senza pensare a nulla di particolare.

Quando arrivò la cugina era già fuori dal bar,  era un fatto strano, la mora aveva la tendenza ad arrivare in ritardo ed aveva un’espressione che non le piaceva per niente.

Ania Schimt era preoccupata, questo indicava che doveva essere successo qualcosa.

“Sputa il rospo!”

Non voleva essere così diretta, ma ultimamente aveva poco controllo su di se, la cugina in ogni caso sobbalzò.

“Non si saluta più?”

“Non quando tu mi inviti fuori in settimana quando  di solito non esci mai, se non il sabato e hai una faccia che è tutto un programma.”

 “Dio santo! Con te i giri di parole non valgono, eh?

Dritta al punto come al solito, vero?”

“Meglio la verità alle bugie.”

“A volte girarci intorno potrebbe renderti meno duro il colpo , ci hai mai pensato?

Comunque ….

Mi ha telefonato Farid prima.”

Leila sgranò gli occhi, impallidì vistosamente e strinse i pugni.

“Cosa voleva?” rantolò senza voce.

La cugina la afferrò per un polso e la trascinò verso una panchina.

“è meglio che ti siedi.”

Ania che succede? Sta bene, vero?”

La mora deglutì.

“Leila, Farid è stato arrestato, l’hanno beccato con la roba a casa.”

La rossa rimase in silenzio, la notizia le penetrò piano  piano nel cervello come un gas fastidioso.

Suo fratello era stato arrestato.

Suo fratello era un criminale.

Suo fratello non avrebbe più potuto proteggerla da lontano come sapeva che faceva.

Era sola.

“L’hanno fregato Ania, qualcuno ha fatto una soffiata!”

La sua voce aveva raggiunto una tonalità isterica sufficiente a far decidere alla cugina che era il caso di appoggiarle la mano sulla spalla.

“Leila … “

“Cosa ti ha detto?”

“Vorrebbe parlare con te.”

La rossa si alzò di scatto, guardò la cugina dritta negli occhi.

“Andiamo in commissariato.”

“D’accordo, ma non so se te lo lasceranno vedere.”

“Finché non proverò non lo saprò.”

La cugina non disse nulla, si limitò  a seguirla verso la fermata del pullman più vicina, intuendo forse che aveva bisogno di riflettere in silenzio.

Era vero che per due anni non si erano sentiti molto, che quel rapporto sembrava spezzato, ucciso da quel fatto terribile, eppure sapeva che non era così.

Un filo li legava ancora, fatto di affetto e di amore.

Lui rimaneva comunque suo fratello e lei non l’aveva scordato.

Poteva non sentirlo, non approvare la sua vita, ma questo non cambiava nulla.

Non cancellava anni di sentimenti.

E in nome di quelli l’avrebbe rivisto a qualsiasi costo e ascoltato quello che aveva da dirle.

Arrivarono in commissariato una mezzoretta dopo, Leila si diresse decisa verso il primo poliziotto che incontrò.

“Sono Leila Schimt, la sorella di Farid Schimt lo spacciatore che avete arrestato questa sera, posso vederlo?”

Il poliziotto le fece un sorriso storto, lei replicò con un’occhiata gelida.

“Dovrà aspettare almeno un’ora.”

“Non c’è problema, l’importante è che possa vederlo.”

“Come vuole.”

“Grazie.”

Si sedette sulle sedie scomode del commissariato, in attesa.

Nell’ora successiva le passò davanti varia gente, c’era chi denunciava e chi era stato catturato, ladri, spacciatori, puttane.

A lei poco importava, la persone che le interessava era ancora dentro e sperava ardentemente di poterla vedere.

Sbuffò per  l’ennesima volta, Ania, accanto a lei non aveva detto una parola, sembrava persa nei suoi pensieri almeno quanto lo era lei.

Finalmente una porta si aprì,  FArid apparve in manette scortato da due poliziotti, quella visione la fece sentire male, non era ancora preparata forse.

Scattò in piedi,

Farid!”

“Leila!”

I poliziotti lo trattennero.

“è mia sorella, posso parlare con lei?”

I due agenti si guardarono e poi guardarono il loro superiore che annuì, il turco venne scortato in un’altra stanza, Leila lo seguì.

Li lasciarono soli, anche se certamente si erano appostati dietro la porta, alla ragazza non importava, abbracciò il fratello.

“Scusa Leila, scusa per tutte le stronzate che ho fatto.

Scusa per il bambino di Shirin.

Lo so che non vale un cazzo detto adesso, che non dovevo comportarmi da stronzo e basta, ma adesso sto pagando tutto”

Gli appoggiò un dito sulle labbra.

“Zitto.

Lo so che ti dispiace, lo so perfettamente, ti conosco bene, fratello.

Lo so che non sei una cattiva persona in fondo.”

“Grazie Leila, ti voglio bene.

Te ne ho sempre voluto e ti ho sempre protetta, Mark ti vuole lo sai?”

Annuì.

“Ecco, stai attenta a lui, potrebbe fare gesti pericolosi ora che non ci sono più io a fermarlo.”

Lei annuì, le lacrime iniziarono a scendere sul suo viso, Farid gliele asciugò.

“Non piangere, è giusto che io paghi per i miei errori come tu hai pagato per i tuoi.”

La guardò negli occhi.

“Dai una possibilità alla felicità, anche se potrebbe fare male dagliela.”

Lei sgranò gli occhi.

“Te lo leggo negli occhi che hai paura di innamorarti, non avevamo segreti una volta, ricordi?”

“Si.”

“Ecco, forse nemmeno adesso.”

“Tu Ami ancora Shirin non è vero?”

“E l’ho lasciata andare perché era  giusto così.

Lei ama un altro che sicuramente può renderla più felice di me, ma tu non hai nemmeno dato una possibilità a questo ragazzo.

È Bill, vero?”

Lei annuì, inutile chiedergli come l’avesse capito, con ogni probabilità si ricordava della rissa.

“Provaci Leila, non aggiungere altri rimpianti a quelli che hai già.”

Un bussare interruppe il loro discorso, il loro tempo era già finito.

“Ora devo andare, ti voglio bene.”

Lo abbracciò più forte.

“Anch’io! Verrò a trovarti!”

I poliziotti entrarono e la staccarono da lui, per portarlo via.

Era finita, ma adesso si sentiva più certa.

Forse si stava solo facendo trascinare, ma voleva provare ad essere onesta con Bill e vuotare il sacco.

L’avrebbe fatto l’indomani, lo giurò a se stessa.

Il tempo delle fughe era finito.

Sarebbe andata come doveva, ma almeno non avrebbe avuto rimpianti.

 

Bill si alzò agitato.

Non era una novità, molte volte si era svegliato così, desiderava della cocaina, purtroppo.

Questa volta era diverso, era un agitazione in un certo senso migliore, quella mattina avrebbe finalmente  potuto ricevere visite di nuovo e avrebbe rivisto suo fratello e Francesca.

Il moro si fece una doccia e si preparò con cura, decidendo di rinunciare al trucco, a loro voleva mostrarsi al naturale, non aveva bisogno di maschere.

Si sedette sul letto in attesa che un’infermiera o qualcuno venisse a chiamarlo perché erano arrivati.

Chissà Tom come stava?

L’aveva sognato spesso, una volta ricordava che forse gli aveva chiesto qualcosa su Francesca, ma era un ricordo vago, che non riusciva a richiamare.

-Chissà se le ha detto quelle maledette due paroline?

Spero di si  o lo picchio!-

“Signor Kaulitz?” un’infermiera lo guardava dalla porta sorridendogli incoraggiante.

Eeccomi!”

La seguì lungo un corridoio luminoso, fino a una stanza piena di vetrate con dei divanetti chiari, Bill si sedette su uno di essi.

Si guardava attorno ansioso, Tom sarebbe venuto?

Aveva fiducia nel fratello, ma la paura era tanta ed era un sentimento irrazionale.

La porta della  sala si aprì poco dopo, emettendo un leggero rumore che lo fece sobbalzare e voltare speranzoso.

Tom avanzava intimidito, stringendo la mano di Fra, lei sorrideva.

“Tomi …”

Il gemello gli sorrise, Bill scattò come una molla, felice come non mai e si lanciò addosso a lui.

Lo soffocò in un abbraccio che si allargò ad includere la ragazza, ora aveva di nuovo le sue due persone più importanti con se.

Nessuno disse nulla , quel momento perfetto non aveva bisogno di parole.

Gli bastava la stretta del gemello e vedere che Francesca era ancora lì.

“Mi siete mancati.”

Superfluo da dire, ma a volte era necessario.

“Anche tu, Bill!”

Tom si staccò dall’abbraccio del gemello per guardarlo sorridente.

“Come stai?”

“Meglio, Tomi, meglio.”

“Sono felice per te.”

Sembrava che Tom avesse paura a chiedergli di più sulla sua vita alla clinica, così si volse verso Francesca.

“Te le ha dette le due sospirate parole?”

Lei sorrise sorniona.

“Oh si! È stata dura ma ce l’ha fatta!”

“è sempre il solito, scusalo.”

“Lo so.” ridacchiò lei.

Mi sono scelta una bella croce.”

Tornò seria all’improvviso, quanto gli erano mancati i suoi cambiamenti d’umore improvvisi!

“Ti trovo davvero meglio, sono orgogliosa di te.”

“Non è stato facile, ci sono stati momenti davvero duri, in cui ho creduto che sarei impazzito, ma sono ancora qui.

Più vicino alla guarigione.

Sono fiero di me anch’io.”

Si sorrisero, come sempre si capivano al volo, lei aveva questa strana capacità di metterlo a suo agio.

Si sedettero su un divano, ormai il ghiaccio era rotto, lui si sentiva meno in tensione e sembrava che acne Tom e Fay fossero meno tesi.

“Gli altri come stanno?”

“Georg ha fatto pace con la sua sorellastra.

Si chiama Lene, ha diciassette anni ed è molto simpatica!”

“è anche carina! Aggiunse Tom leccandosi il piercing.

“Forme al punto giusto, bionda, meches da alternativa, con gli stessi occhioni del nostro bassista ….”

“Non ci pensare Kaulitz o lei potrebbe diventare l’ultima donna su cui potrai usarlo.”

Bill scoppiò a ridere davanti alla faccia sconvolta di suo fratello.

“Hai trovato pane per i tuoi denti! Io l’ho sempre saputo.”

“In ogni caso .. “ Tom riprese a parlare offeso o finto offeso “Quando tu starai meglio lui ce la presenterà.”

Bill annuì e poi assunse un’espressione pensierosa.

“Tomi, sai che mi sarebbe piaciuto avere una sorellina?

L’avrei pettinata e vestita io!”

“Per carità! Ne basta uno di dark in famiglia, altrimenti ci avrebbero mandato l’esorcista!”

“Meglio l’esorcista che la polizia! Se TU avessi curato il suo look avremmo avuto la narcotici perennemente per casa e a mamma sarebbe preso un colpo!”

Tom inarcò un sopracciglio, con una faccia educatamente perplessa.

“Non ti piacciono i miei vestiti, Bill?”

“Sono larghi Tom!

Non ti è mai capitato di inciamparci?”

“Non sono larghi, sono comodi!

I tuoi sono talmente stretti che solo a guardarti mi viene la claustrofobia!”

Breeeeack!”

Francesca fece sentire la sua voce fermando sul nascere il loro litigio.

il gemello più piccolo sorrise, gli era mancato anche quello, poi la tristezza calò su di lui.

Stava cercando di ignorare la realtà dove si trovava, ma forse era giusto così, evadere almeno per un attimo da una realtà che non gli piaceva.

“Scusa Fra!”

“Non ti scusare, Cucciolo, i vostri litigi sono il mio divertimento, ma mi sembra poco carino dimenticare uno dei componenti della vostra band.”

“Oddio, hai ragione! Gustav come sta?”

“Bene! Sembra che abbia una mezza storia …”

Gli occhi di Bill si illuminarono di febbre da gossip.

“Davvero? Chi è lei?

Anni?

Aspetto fisico?

Occupazione?”

“Non saprei.” Rispose Tom “Il nostro batterista non si sbilancia, dice che vuole essere sicuro prima di presentarcela.”

“Tu Fay sai qualcosa?

Infondo voi fate comunella da sempre.”

La ragazza sospirò.

“Mi dispiace Bill, non so niente nemmeno io, non si sbottona.”

Bill sbuffò.

“Uffa, non è giusto!”

Tom sorrise e gli batté una mano sulla spalla.

“Mi dispiace fratello, non appena il biondo canterà te lo faremo sapere.”

“Chissà fra quanto ….”

Si scurirono tutti quanto in volto.

“Bill, potremmo vederci una volta alla settimana d’ora in poi, non essere negativo.”

Certo, una volta alla settimana era meglio che niente, ma era certo che la nostalgia di loro non se ne sarebbe andata.

Doveva impegnarsi di più per uscirne.

“Bill, va tutto bene?”

Gli occhi scuri dell’italiana si piantarono nei suoi.

“Momento di tristezza e basta non ti preoccupare.”

“Ne sei sicuro?”

Per un attimo fu tentato di raccontare loro tutta al storia di Leila, tuttavia decise di non farlo, non voleva che si preoccupassero inutilmente.

Era certo di essere in grado di sbrigarsela da solo, la rossa era solo una ragazza, non una droga!

“Certo! Perché questa domanda?”

“Non so, mi sembravi strano.”

“Tranquilla, non ti preoccupare.”

Parlarono ancora per un po’ fino a che un lieve bussare e la comparsa di un’infermiera non fece capire loro che il loro tempo era scaduto.

“Ora dobbiamo salutarci.”

Bill li abbracciò di nuovo,  non li avrebbe visti che tra una settimana e già gli mancavano.

“Stammi bene e non mollare!”

Suo fratello.

“A settimana prossima, Cucciolo.

So che ti ritroverò migliore di adesso.”

Lui annuì e li vide andare via, agitando debolmente la mano in segno di saluto.

Quando finalmente rimase solo si sedette su un divanetto con la testa tra le mani per riflettere.

Per un attimo aveva avuto lo sprazzo di una vita normale, ora sarebbe tornato a quella della clinica e non sapeva se ci sarebbe riuscito molto bene.

-Sei forte, Bill! Ce la puoi fare, fallo per loro e per te stesso.-

Si alzò e si trascinò in camera.

Durante il breve tragitto ebbe la sensazione che qualcuno lo guardasse in modo strano, ma non ci diede peso, non voleva guastarsi la gioia di avere trascorso del tempo con Tom e Francesca.

Era fermo sullo stipite della porta quando vide qualcosa sul suo letto che prima non c’era, doveva averlo depositato qualcuno durante la sua assenza.

Incuriosito si avvicino e lo prese in mano.

Era la coppia di un giornale.

La lasciò cadere immediatamente come se scottasse.

Il titolo recitava:”Bill Kaulitz in clinica per problemi di droga! Fine per i Tokio Hotel?”.

Come era potuto succedere? Come avevano fatto a scoprirlo?

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Uhm, non ho molto da dire XD!

Come vedete non c’è pace, ne per Bill, ne per Leila.

Come reagirà il vocalist? Per saperlo leggete il prossimo XD!

Scusate, non ho molto tempo per rispondere adeguatamente alle recensioni, ma vi ringrazio davvero tanto per averle lasciate, ne avevo bisogno ^-^!

Quindi ringrazio:

 

SchWarz Nana

 

Baba Kaulitz

 

 

Lady Cassandra

 

Pulse

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** 24) Si Scappa Quando Si Crede Di Non Avere Più Nulla Da Perdere ***


24) si scappa quando si crede di non avere più nulla da perdere.

 

Bill si sentiva di ghiaccio.

Il giornale era a terra, eppure le sue parole erano stampate nella testa del moro.

“Vi chiedevate dove fosse finito il cantante dei Tokio Hotel?

Ecco la risposta, seguendo l’esempio di altre giovani star, Bill Kaulitz è caduto nel tunnel della droga.

Da circa un mese risulta ricoverato in un’esclusiva clinica per il trattamento della tossicodipendenza appena fuori Berlino.”

L’articolo proseguiva, ma lui non era riuscito a leggere altro.

Tutto stava cadendo in pezzi, avrebbe avuto ancora un lavoro uscito di li?

E soprattutto chi aveva diffuso la notizia e come l’avevano scoperto?

Deglutì, sentiva il sudore colargli lungo la schiena.

E Tom? Come avrebbe reagito?

Si sedette e si prese la testa tra le mani, tutti i suoi sforzi sembravano essere stati vanificati da quell’articolo.

Ora capiva il perché di quegli sguardi, se anche solo un mese fa pensava che della sua carriera non gliene importasse più nulla ora capiva che per lui aveva ancora un peso.

L’aveva capito quando probabilmente non ne avrebbe più avuta una, la Universal l’avrebbe scaricato senza troppi problemi.

Chi voleva un cantante tossico?

Pochi, pochi avrebbero scommesso su di lui visto che già le ultima date  del tour non erano andate bene.

Aveva ancora senso rimanere li?

Non ne era più così certo, se probabilmente non aveva più nulla per cui lottare.

Era entrato in quella clinica sia per motivazioni strettamente personali sia per una sorta di senso di colpa  che strisciante si era fatto vivo durante i momenti di lucidità.

Comportandosi così non danneggiava solo se stesso, ma anche i Tokio Hotel.

Comportandosi così non si caricava sulle spalle solo il peso della morte del suo sogno , ma anche quello dei suoi tre amici ed era troppo per lui.

Aveva capito di essersi comportato da egoista e aveva voluto rimediare in un certo senso e quello era stato tutto quello che aveva raccolto: una storia semiseria che non lo avrebbe portato da nessuna parte e la sua reputazione distrutta.

Era finito tutto?

Se si, c’era qualcosa che meritasse di essere salvato?

No, non c’era più nulla ora,quell’articolo crudele aveva spazzato via tutto.

Crudele perché era arrivato nel momento in cui finalmente aveva potuto rivedere il gemello e la sua migliore amica e aveva vanificato in un attimo tutta la sua gioia.

Si sentiva solo ad affrontare quella cosa, avrebbe voluto averli accanto o almeno sentire di avere un amico li dentro, tuttavia l’unica con cui avesse un rapporto di pseudo amicizia era Leila.

O forse Shirin.

Onestamente avrebbe raccontato tutte le sue paure alla bionda?

No, non ci sarebbe riuscito, certo lei lo tirava su di morale , ma non riusciva a raccontarle tutto.

Aveva l’impressione, da come Leila la trattasse che la bionda avesse già dei problemi suoi e non necessitasse di altri pesi.

Con Leila avrebbe parlato, ma dopo quelle che le aveva detto l’ultima vota non aveva il coraggio di guardarla in faccia, si sentiva vulnerabile ai suoi occhi, senza contare che spesso lei gli aveva fatto presente che non voleva coinvolgimenti sentimentali.

In conclusione era solo.

Pateticamente solo mentre era seduto sul letto a tenersi la testa tra le mani.

La voglia di cocaina divenne insopportabile, desiderava ardentemente una striscia sebbene sapesse che non avrebbe risolto nulla una parte di lui gli sussurrava che dopo sarebbe stato meglio.

A chi dare retta?

Che fare?

Provò a combattere la tentazione, evocando i volti di Tom e Francesca, ma per un attimo li vide furiosi, che lo incolpavano di avere distrutto la loro vita.

Per completare quella visione apparvero anche  i volti di Gustav e Georg e lui si sentì soffocare.

Quanta gente aveva fregato?

La sua volontà di resistere fu annullata, Bill si alzò di scatto dal letto e osservò il parco della clinica dalla finestra, nella sua mente non c’erano più tentativi per convincerlo a restare, c’erano solo piani per evadere.

Si sentiva uno schifo per avere tradito così le aspettative di chi lo aveva sostenuto finora, tuttavia non riusciva ad andare avanti con il suo proposito.

-Ok…. Ha vinto la polvere bianca, Tomi perdonami. –

Cercò di ricordare quando la clinica fosse più calma e con meno personale in giro e concluse che doveva essere verso le due di pomeriggio.

 A quell’ora iniziavano i laboratori e lui poteva assentarsi con una scusa, infondo aveva avuto una condotta impeccabile che di sicuro non avrebbe fatto nascere sospetti.

Chi era Bill kaulitz per loro?

Il paziente esemplare che si impegnava a fondo per guarire, uno che di certo non avrebbe provato a scappare.

-Bhe, non è che vi siate sbagliati, solo che ora non ce la faccio più.

Non ho più nulla per cui lottare, voglio solo cadere.-

Con un calcio spedì il giornale sotto al letto, come a voler nascondere a se stesso i motivi di quella fuga, in fondo era da quando era entrato li dentro che desiderava scappare.

Omise a se stesso che voleva uscirne pulito, in modo da smetterla di sentirsi debole ogni volta che tirava.

Sentì di nuovo un bussare alla porta della sua stanza, un’infermiera gli sorrise timida, aveva ancora e stranamente un discreto scendente sulle donne.

Chissà, forse solleticava il loro lato materno.

“ Signor Kaulitz, volevo avvisarla che è pronto il pranzo.”

“Grazie, arrivo subito.”sorrise lui , la donna gli sorrise di rimando.

Il moro uscì dalla stanza, aveva assai poco appetito, ma non voleva mostrare quanto fosse strano.

Mangiò tutto, poi teatralmente si portò una mano alla fronte con un’espressione sofferente, facendo accorrere la stessa infermiera che era venuta a chiamarlo.

“Sta bene, signor Kaulitz?”

“No, ho un forte mal di testa!”

La donna gli sorrise materna.

“Non si preoccupi, deve essere un segnale di stress, può succedere dopo la prima visita della famiglia.

Le do un analgesico e le consiglio di stendersi in camera, parlerò io al terapista.”

Bingo, l’aveva fregata!

Accettò di seguirla con un sorriso sofferente e finto grato accettò la pillola bianca.

Si chiuse in camera sua, la ingollò e si stese sul letto, sperando di essere abbastanza cedibile nella sua recita di bello addormentato.

Il moro in realtà aveva le orecchie tese per captare qualsiasi rumore, dopo un po’ sentì la porta aprirsi, doveva essere l’infermiera che veniva a controllare come stava.

La porta si richiuse subito dopo , la donna doveva aver trovato l’esito soddisfacente.

Il rasta si alzò piano , guardò nell’armadio ,cercò qualcosa di anonimo e di decente allo stesso tempo che non sapesse troppo di pigiama o di tuta e poi si diresse in bagno.

Aveva sempre amato truccarsi, ma quel pomeriggio quella sottile linea nera  gli dava fastidio , se la tolse quasi con rabbia.

Bill kaulitz dei Tokio Hotel era morto e con lui era morto il suo look, ora rimaneva solo Bill.

Il vecchio ed inutile Bill.

Si affacciò alla porta, non c’era nessuno per i corridoi, dovevano essere tutti ai laboratori.

Camminò piano, a passi leggeri, come se fosse un ladro, stando attento ad ogni rumore, non voleva essere scoperto.

Arrivò in atrio senza incontrare nessuno, così si diresse verso gli spogliatoi del personale, origliò e gli parvero vuoti, nessun rumore di chiacchiere o di voci umane.

Aprì la porta con circospezione, all’interno c’erano vestiti, borse e cappotti abbandonati, ma nessun essere umano fortunatamente.

Era troppo facile, si disse con un punta di paura, come poteva essere stato così fortunato?

Deglutì e mosse dei passi incerti verso una porta, ricordava che il personale aveva delle entrate secondarie, poteva usare quelle se tutto fosse andato bene.

La aprì incerto e percorse il corridoio, mentre il battito cardiaco aumentava sempre più assordandolo.

Era vicino alla libertà e alla fine in un certo senso.

Una volta uscito di lì sarebbe tornato di nuovo a tirare di coca e avrebbe vanificato i suoi sforzi.

Finalmente fu davanti  a una porta, se avesse tirato il maniglione antipanico tutto sarebbe andato a puttane, se non l’avesse fatto avrebbe dovuto fare i conti con le conseguenze delle sue azioni.

Tirò il maniglione ed uscì nel parcheggio, respirando a pieni polmoni l’aria fredda di Berlino.

Attraversò quel quadrato di cemento di corsa e fu fuori dalla strutture.

Libero.

[Liberi, ma senza via d’uscita.

A me piace il rosso sangue quindi mi serve una ferita.(*)]

 Aveva il cappuccio tirato sopra la testa, senza trucco e vestito in maniera anonima, dubitava che qualcuno lo riconoscesse, eppure si sentiva lo stesso un po’ inquieto.

Era stato un mese tagliato fuori dal mondo che conosceva non era certo che tutto fosse rimasto come prima, in ogni caso la prima cosa che fece fu accendere il cellulare e cercare spasmodicamente il numero di Farid.

Il cellulare era staccato, una cosa alquanto strana visto che non l’aveva mai visto senza il telefonino, si grattò un attimo la testa perplesso sul da farsi.

Automaticamente una mano affondò nella borsa alla ricerca di un pacchetto di sigarette, ne aveva uno quasi nuovo visto che prima della clinica se ne era comprato uno e dentro non aveva potuto fumare per un lungo mese.

L’accese e aspirò avidamente il fumo, un’altra delle cose che gli era mancata .

Scorse la rubrica fino al nome di Mark e, sebbene non del tutto convinto, fece partire la chiamata.

“Pronto?”

“Sono Bill Kaulitz.”

“Chi non muore si rivede! Non dovevi essere in una di quelle cliniche per ricconi?”

“Ti importa veramente saperlo?”

“No, era per fare un po’ di conversazione.”

“Ti va di farla a quattr’occhi?”

“Perché no? Vediamoci al solito posto.”

Il solito posto era il parco dove il turco gli passava la roba.

“D’accordo, a dopo.”

“A dopo.”

Bill aspettò il pullman, chiedendosi cosa fosse successo.

Qualcosa doveva essere cambiato, il biondo aveva una sfumatura di trionfo nella voce, decisamente pericolosa considerato il serpente a sonagli che era.

Non aveva dimenticato come era stato pronto a dare l’ordine per far picchiare Leila.

- Perché penso ancora a lei?

E dove è Farid? Questa cosa non mi piace!

Mark non mi piace!-

La sua coscienza gridava di lasciare perdere il biondo e di tornare indietro finché era in temo, in modo da non buttare via quel mese, ma era troppo desideroso di tirare e menefreghista per dargli retta.

Finì la sigaretta ed attese il pullman.

Quando arrivò la vettura, salì, ebbe l’impressione che qualcuno lo guardasse male, ma decise di fregarsene, non stava commettendo alcun reato, stava solo viaggiando senza biglietto.

Scese alla sua fermata, infilò il portone del parco e si sedette su di una panchina.

Il clima era gelido, del biondo nemmeno l’ombra, che volesse farlo congelare?

Dopo un po’ Mark si degnò di farsi vivo, ormai lui non ce la faceva più, il freddo e il bisogno spasmodico e squisitamente psicologico di farsi una striscia lo stavano portando sull’orlo della pazzia.

Scattò in piedi non l’appena lo vide.

“Alla buon’ora, quanto cazzo ci hai messo?

Volevi farmi impazzire?”

“Calmati, coglione!

Ho solo avuto dei contrattempi!”

Bill ci vide rosso e lo afferrò per il bavero.

“Coglione lo dici a tuo fratello, non a me! Hai capito?”

L’altro rise.

“Stai calmo coglioncello, io ho la roba, tu devi rispettarmi.”

Lo lasciò andare scoccandogli un’altra occhiataccia.

“Dov’ è Farid?”

“In gabbia, caro.”

Merda.

“Ci sei rimasto male? Sai succede a chi fa questa vita.

Piuttosto, hai da pagare?”

“Certo!”gli passò i soldi e ricevette la sua agognata bustina.

“Bene,alla prossima.

Sono certo che ce ne sarà una prossima, visto che dovresti essere in una clinica e sei in libera uscita.

Il mio numero ce l’hai.

Ciao.”

Lo spacciatore si allontanò con aria indolente, era lui ad avere il coltello dalla parte del manico e  lo sapeva bene, per liu si prospettavano tempi duri.

Farid non era certamente uno stinco di santo, lo sapeva benissimo, era uno pericoloso, ma almeno sembrava seguire una sorta di etica, Mark era uno senza principi.

-Sarebbe disposto a vendermi se solo ci potesse guadagnare.

E se fosse stato lui a far uscire la verità su di me?-

Era un pensiero paranoico dettato dal desiderio di coca, quindi lo censurò e cercò un bar in cui poter finalmente assaporare quella polvere bianca.

Uscì dal parco eccitato, quasi saltellava.

Il primo bar era piuttosto anonimo, prese un caffè e chiese dove fosse il bagno. Era la prima porta a destra.

Bill entrò dispose la striscia di coca e tirò. Sentì un gran bruciore e poi una sensazione di benessere si allargò in lui.

Stava sbagliando?

Con ogni probabilità, ma stava fottutamente bene.

Il fatto che la sua band stesse andando a pezzi, che la ragazza che gli interessava sembrava non ricambiare non lo toccavano più.

Era libero e artificialmente sopra tutto.

 

Leila si era alzata con il presentimento che qualcosa sarebbe successo.

Era una sensazione viscida e strisciante, un residuo di incubo che testardo si trascinava nella vita reale con la sua dimensione inquietante.

Forse era colpa del fatto che avesse dormito poco e male a causa dell’arresto del fratello e del loro successivo discorso.

A colazione aveva risposto a monosillabi e persino Shirin l’aveva trovata scostante senza capirne il perché.

Non poteva dirle che il suo ex storico era finito in carcere, non ora che sembrava aver trovato una sorta di stabilità con Gustav.

Poco importava che il suo ex fosse anche il fratello della rossa e che Leila ci stesse male.

A volte non sapeva dire se quel suo voler proteggere la bionda fosse eccessivo e frutto di un senso di colpa che si sarebbe placato forse mai.

Anche a scuola c’era qualcosa di strano, alcune sue compagne parlavano animatamente tra di loro guardando un giornale, ma tacevano appena lei arrivava nei paraggi.

Stramaledetissime conseguenze del suo passato!

Nessuno osava avvicinarsi a lei, tutti tendevano ed escluderla, forse per paura, forse per desiderio di punirla, alcune sue compagne era finite in passato nelle grinfie della sua banda.

In ogni caso, che cosa fosse successo rimase un mistero.

Qualcosa doveva essere successo, anche Shirin era d’accordo, sentiva che Gustav era strano, le stava nascondendo qualcosa.

Tutti sapevano tranne loro e questo le dava ai nervi.

Uscì da scuola inquieta, quello sarebbe stato il giorno in cui avrebbe dovuto parlare a Bill e Dio solo sapeva come sarebbe finita.

E se il ragazzo l’avesse respinta?

Stava sbarellando lo sapeva bene, si sentiva idiota come una ragazzina alle prima armi.

Era stato lui a chiedere un chiarimento, in fondo, quindi ora l’avrebbe avuto.

Mangiò nervosa, fumò parecchie sigarette mentre aspettava che iniziasse il suo turno, nemmeno per il suo esame delle medie era stata così agitata.

Inforcò il motorino e zigzagò nel traffico stando attenta a non farsi investire, ci teneva ad arrivare viva alla clinica.

Il clima di stranezza fece capolino anche alla clinica, il guardiano, solitamente una persona cordiale, la squadrò da capo a piedi.

Leila lo trovò strano, ma decise di non farci caso, forse aveva avuto una brutta giornata e basta.

Eppure la sua ansia cresceva, a ogni passo aumentava, avrebbe finito per scoppiare.

Anche le sue colleghe la guardarono in un modo strano, in fondo ci era abituata,  sapeva di non essere la benvenuta li.

- Ma questo è troppo Leila, qui c’ è sotto qualcosa!

È come se fosse scoppiata una bomba e tu non lo sai.-

Schimt?”

La voce acida della iena la distolse dai suoi pensieri.

“Si, signorina Mayer?”

“Mi segua nel mio studio!”

Merda! Era nella merda!

Cosa era successo?

Perché quella la stava convocando?

La seguì a passi lenti ed incerti, deglutendo in continuazione, gocce di sudore le scivolavano lungo la schiena.

Era l’incubo che si ripresentava nella vita reale.

La donna entrò nel suo studio, era presente anche la direttrice.

“Signorina Schmith oggi è successa una cosa molto grave.

Il signor Bill Kaulitz è scappato  dalla clinica e noi sappiamo perché.”

Da dietro le spalle estrasse un giornale che titolava:” Bill Kaulitz in clinica per problemi di droga! Fine per i Tokio Hotel?”.

Cercava la bomba? L’aveva trovata!

Sentì una voragine che le si allargava nel petto, Bill era scappato, era ricaduto nell’inferno.

Lui non se lo meritava!

“Qualcuno insinua che sia stata lei a fare avere questa copia a Kaulitz.

Dicono di avervi visti litigare nei giorno scorsi.”

“Si, abbiamo litigato, ma per un piccolo screzio riguardo al servizio.

Nulla di grave.”

“Lei non dovrebbe avere screzi con i nostri degenti!”

Iena!

“Quando è stata consegnata questa copia la signor Kaulitz?”

“Stamattina prima di mezzogiorno, l’infermiera l’ha trovato strano a mezzogiorno.”

“A quell’ora ero ancora scuola, chieda al guardiano, mi ha visto arrivare!”

La Mayer convocò l’uomo che testimoniò a suo favore, alla iena non rimase altro che rosicare.

“Ti tengo d’occhio, prima o poi farai un passo falso!”

Lo sapeva già.

La donna la rimandò al lavoro, ma l’unica cosa che Leila desiderasse era uscire di lì e cercare Bill ed era l’unica che non potesse fare.

Merda!

Trovò Shirin ad attenderla, lo sguardo basso, l’ansia che trapelava dalla postura del corpo, quando si accorse di lei sobbalzò.

“Leila!” le corse incontro.”Cosa è successo?”

“Un casino!

Bill è scappato dalla clinica, qualcuno  gli ha fatto trovare un articolo di giornale in cui si svelava la sua tossicodipendenza e la iena credeva fossi stata io a farglielo trovare.”

La bionda impallidì.

“Cazzo! “

“Io non rischio nulla, parlare con il guardiano ha convinto la direttrice che non c’entrassi nulla, ma questo articolo significa che qualcuno ha sputtanato Bill.”

“Questo è poco ma sicuro, ha un nemico la fuori e…

La rossa le mise un dito sulla bocca.

“Ho capito quello che vuoi dire, ma non è necessario che lo sappiano tutti.”

“Già, tu come l’hai presa?”

“Io? Io vorrei essere la fuori a cercarlo non qui a lavare pavimenti, ma è quello che devo fare!

La iena mi ha promesso di nuovo che mi terrà d’occhio, il che significa che non potrò nemmeno respirare finché non ritrovano Bill!

Quindi ….  Al lavoro!”

La rossa si diresse con passo marziale verso le camere, pulì i pavimenti e mise in ordine con rabbia, come se quegli oggetti fossero colpevoli di qualcosa.

Sapeva benissimo che l’unica vera colpevole era lei.

Lei che al momento avrebbe solo voluto essere fuori di li ed essere una ragazza senza obblighi o lavori per poter andare  a cercare l’unico ragazzo che da molto tempo a quella parte l’aveva colpita.

- Ma se non fossi stata quello che sei, se non fossi stata qui non l’avresti affatto conosciuto!-

Sbuffò rabbiosa, gettando uno sguardo al pavimento appena lavato.

All’improvviso sentì due braccia cingerle i fianchi, si voltò furibonda trovandosi davanti Klaus che sorrideva in modo mellifluo.

“Cosa diavolo vuoi?”

“Dovresti essere più gentile con i pazienti.”

“Lo sarei se i pazienti non facessero i marpioni!”

Lui rise.

“Dai Leila non farla lunga, lo so che ti scopi Kaulitz il transessuale.

Alla direzione questa cosa potrebbe non piacere, soprattutto adesso che Kaulitz ha tagliato la corda.”

Leila allungò una mano verso la bocca del ragazzo, chiaramente furiosa.

“Alla direzione potrebbe non piacere il fatto che tu abbia ripreso a tirare di coca.”

Poco sopra le labbra c’erano ancora residui di polvere bianca.

“E potrebbe non piacergli nemmeno il fatto che se non fosse arrivata gente stavi per stuprare Emily.”

Il ragazzo impallidì.

“Non insegnare al ladro a rubare.

Stammi lontano e ognuno custodirà i segreti dell’altro mantenendo la pace.

Addio Klaus.”

Si allontanò lasciandolo basito, forse si aspettava una resa, era evidente che ancora non sapeva con chi aveva che fare.

Non era una che si lasciasse mettere i piedi in testa.

Finalmente l’orario di lavoro giunse alla fine, corse fuori dalla clinica per prima cosa accendersi una sigaretta e poi per analizzare dove sarebbe potuto andare Bill.

Fece un tiro, se fosse stata Bill sarebbe corsa immediatamente a cercare il suo spacciatore e quindi a contattare Farid, ma lui non l’aveva sicuramente trovato.

La seconda opzione, purtroppo, era una sola: Mark.

Non poteva chiedere a lui, ne tanto meno farsi vedere dalla sua cricca che chiedeva di Bill, sarebbero sorti dei problemi.

Gettò con rabbia il mozzicone per terra e salì sul motorino.

Tentò di ritornare agli schemi mentali della vecchia Leila, dove si incontravano con i clienti?

A volte in dei Bar, dipendeva dalle esigenze di chi chiedeva la roba, una volta aveva fatto anche una consegna a casa, ma Bill era certa non rientrasse in queste tipologie.

Era senza un appartamento e non voleva essere riconosciuto.

Dove l’aveva incontrato quella volta che l’aveva salvato da un pestaggio?

Rischiò di inchiodare in mezzo alla strada, l’aveva incontrato in un parco ed era certa che fosse stato li per ritirare della droga, forse era uno dei posti dove si incontrava con Farid.

Si diresse verso il parco, era certa che non fosse più li, ma con ogni probabilità aveva scelto un bar o un posto non troppo lontano per farsi.

Parcheggiò davanti al bar più vicino al parco, entrò e si diresse al bancone.

Ordinò un caffè, con la coda dell’occhio notò che il locale era vuoto, poteva fare domande senza testimoni.

“Scusi, posso chiederle una cosa?”

Il barista le rivolse uno sguardo spento.

“Per caso verso mezzogiorno, il primo pomeriggio è stato qui un ragazzo con i capelli scuri e lunghi , pallido, vestiti semplice?”

L’uomo si gratto il mento, come a tentare di focalizzare qualcosa dalla sua scarsa descrizione.

“Si, mi pare di si, aveva un piercing al sopracciglio se non ricordo male, era parecchio nervoso.

A un certo unto si è infilato in bagno e ci è rimasto per un’eternità.

Perché me lo chiedi?”

Lo sguardo del barista era penetrante, voleva intimidirla, ma lei alzò le spalle.

“Era un mio amico, avevamo appuntamento, ma io non sono potuta venire …

Volevo solo sapere se fosse venuto e quanto era incazzato.”

“Non dovresti frequentarlo, aveva una faccia poco raccomandabile, tu sembri una brava ragazza.”

Leila rimase in silenzio.

-Non sai quanto ingannano le apparenze, amico …

È lui il bravo ragazzo, un po’ sfortunato, ma bravo e sono io la teppista.-

“Lo so, ma una volta frequentato si scopre che è una brava persona, grazie dell’informazione.”

Pagò il caffè ed uscì, ora sapeva dove era stato Bill, ma questo non la aiutava affatto, il senso di colpa non la abbandonava affatto.

Forse se fosse stata meno stronza, meno concentrata a proteggere Shirin le cosa sarebbero andate in modo diverso?

Probabilmente no, ma era agitata lo stesso.

Troppo agitata.

 

Francesca era notevolmente agitata.

Avevano scoperto la tossicodipendenza di Bill e il ragazzo era scappato dalla clinica,lasciandole una sensazione amarissima in bocca.

L’aveva visto quella mattina, stanco ma felice, deciso a continuare e un paio  d’ore dopo che loro se n’erano andati lui era scappato, si era arreso di nuovo.

Tom stava impazzendo.

Aveva chiamato Georg e Gustav per farsi dare una mano, preoccupato per il fratello, eppure ciò che l’aveva ferita maggiormente era stata la delusione negli occhi di Tom.

Tom aveva appena imparato a fidarsi di nuovo di suo fratello e questi l’aveva deluso ancora.

Francesca avrebbe voluto trovare le parole adatte per consolarlo, per fargli capire che forse aveva agito così per paura, ma non ne aveva trovate.

Lei stessa aveva la sensazione che Bill avesse nascosto loro qualcosa.

Qualunque cosa fosse, la mora non poté impedirsi di pensare che forse aveva avuto un peso, piccolo o grande, nella decisione del moro.

-Ha importanza ora?

L’importante è trovarlo!-

Guardò ancora una volta Tom, era seduto sul divano e non sembrava intenzionato a muoversi, teneva la testa tra le mani sconvolto, lei gli si sedette accanto.

“Stamattina era normale, un  po’ provato forse ma nulla mi ha fatto capire che voleva scappare …

Io non so se l’ha deciso dopo o se si è divertito a prenderci in girò per tutto il tempo.”

Francesca gli posò una mano sulla spalla.

“Non si è divertito a prenderci in giro, ne sono certa.

Deve essere successo qualcosa dopo  che noi siamo andati via, forse qualcuno gli ha fatto vedere quello stramaledetto giornale.”

“Può darsi, forse è andato fuori di testa …”

Il ragazzo rimase un attimo in silenzio.

Fay, quando siamo andati a trovarlo non hai avuto anche tu l’impressione che nascondesse qualcosa?

Che fosse strano?”

E così se ne era accorto anche lui, naturalmente.

“Si, l’ho notato anch’io, ma ho pensato che se fosse stato qualcosa di veramente importante ce l’avrebbe detto.”

“ E se avesse avuto paura o si vergognasse?

E se quella clinica non fosse un buon posto?”

“Tom non preoccuparti lo troveremo.”

Ripresero la routine dei primi giorni in cui lei era a Berlino con lui, cosa che avrebbe voluto non accadesse mai più.

Non per se stessa, ma per Bill, non era giusto che si buttasse via così.

-Se prendo questo stronzo di giornalista, lo faccio secco!

Se volevano affossare completamente l’immagine dei Tokio hotel distruggendo Bill ce l’hanno fatta!

Non hanno più un immagine, una volta che Bill sarà fuori da questa storia, non avranno più mercato.-

La storia di Bill arrivava dopo un periodo non proprio facile, c’era stato l’incidente di Tom con quella stalker a cui aveva dovuto pagare i danni per il pugno che le aveva rifilato e poi c’era stata la rissa in cui era stato coinvolto Gustav suo malgrado e l’incidente, sempre di Bill.

-Bel periodo di merda!-

Era arrivata in prossimità del bar dove voleva fare un controllo quando vide Leila uscire da quello stesso bar e ciò era strano.

Non era il genere di posti che potesse permettersi la rossa, qualcosa le disse che non era un caso che fosse lì, quindi allungò il passò e la raggiunse.

“Leila!”

Lei si voltò, per un attimo fu come se la turca avesse visto un fantasma.

C’era sicuramente sotto qualcosa.

“Ciao Girardi!”

“Cosa ci fai qui?”

“Un giro in un bar?” alzò un sopracciglio come a sottolineare l’ovvietà della cosa.

“Non è il tuo tipo di bar questo ….

Non è che stai cercando Bill?”

Questa l’aveva sparata a caso, ma aveva imparato che bluffando e dicendo le cose più improbabili spesso indovinava.

Come volevasi dimostrare la rossa impallidì vistosamente e cercò di mascherarlo attraverso la rabbia.

“Che cazzo dici? Mi hai preso per una maniaca?”

“No, dico solo che tu mi stai nascondendo qualcosa e che sei scattata al nome di Kaulitz e lui era strano questa mattina.

Ora è scappato, immagino tu lo sappia e io voglio sapere se tu hai qualcosa a che fare con questo.”

“In base a cosa puoi dirlo?

Io non ho fatto nulla!”

Era sulla difensiva.

“Io non ti accuso di nulla, sei tu che mi susciti dei dubbi con il tuo atteggiamento!”

La rossa abbassò gli occhi, sembrava essere stata in contropiede da quell’ affermazione.

“Taci Leila?”

“Ma cosa vuoi? È un interrogatorio?”

Nascondeva qualcosa, questo era certo.

L’italiana rimase in silenzio, certa che fosse la tattica migliore, se qualcosa c’era era qualcosa che agiva sul senso di colpa di Leila e che l’avrebbe portata a parlare.

Così successe, la rossa sopportò per un po’poi aprì bocca.

“D’accordo, hai vinto.  Una cosa c’è, ma non posso dirtela qui, ho bisogno di un posto più tranquillo.”

La mora la trascinò in un baretto e cercò il tavolo più discreto, per poi guardarla in modo eloquente.

Ora non aveva più scuse, doveva parlare.

“Ora siamo in un posto più tranquillo, sputa il rospo.”

Leila sospirò.

Bhe, diciamo che dopo che hanno ricoverato Bill alla clinica ci siamo frequentati spesso.

All’inizio parlava sia con me che con Shirin, io ero felice per la mia  amica.”

Shirin Sayeb è la ex da Farid?”

“Si, quella che è rimasta incinta e dopo l’aborto ha tentato il suicidio, per inquadrarti chi sia.”

“Ho capito, Luca mi ha detto qualcosa.”

Bhe, puoi capire come fossi contenta che un po’ fosse guarita dalla sua depressione, quando lei mi ha detto  che sta iniziando a provare qualcosa per qualcuno senza dirmi chi.

Ho pensato che fosse Bill e ho deciso che era meglio stargli alla larga.

Il problema …. Il problema è che non ci sono riuscita.”

“Cioè?”

“Cioè, invece di allontanarlo … abbiano iniziato una storia di puro sesso.”

“EH?”

“La prima volta è successo per caso, Bill si è scusato e io …

Io gli ho detto che ci sarei stata ancora perché mi era piaciuto, ma in realtà io non volevo solo sesso, volevo di più.

Mi spiego, io credo di provare qualcosa di più profondo dell’attrazione per lui, solo che in quei momenti credevo che lui fosse il ragazzo di Shirin e non volevo farle un torto.

Solo che l’ho fatto a Bill .

Capivo che la situazione gli andava stretta, ma allo stesso tempo volevo che questa situazione durasse e non durasse.

L’ultima volta che ci siamo visti Bill me l’ha detto chiaramente che lui non voleva più solo sesso, che anche lui era interessato a qualcosa di più che a una scopata.”

“Ma?”

“Io l’ho trattato male, credevo ancora che fosse ancora il ragazzo di Shirin.”

“E non lo era?”

“No, il ragazzo di Shirin è un altro…

Si chiama Gustav…

Penserai che sono un’idiota.”

“Penso che tu abbia fatto una grande cazzata, ma hai anche cercato di sacrificarti per la tua amica, quindi non sei una stronza.

Anche il fatto che tu sia qui a cercarlo indica che a Bill ci tieni, dovete solo chiarirvi.

Penso che in due riusciremo meglio a cercarlo, no?”

Questa cosa spiazzò Leila ad un po’ anche lei.

La prima reazione di Francesca era stata di rabbia , come si era permessa quella ragazzina di giocare con i sentimenti di BILL?

Poi aveva visto gli occhi di lei e aveva pensato che non aveva alcun diritto di giudicarla, che tutte le cazzate che aveva fatto le aveva fatte per proteggere una sua amica e lei forse per Jo avrebbe fatto di peggio.

Senza contare che davvero la rossa le sembrava sincera ed era certa che provasse qualcosa per Bill, solo dovevano chiarirsi, sarebbe servito anche al moro.

Inoltre girare in due era meno pericoloso, quindi le aveva fatto quella proposta.

Leila, passato lo stupore, sorrise timida ed accettò.

Insieme si alzarono dal tavolo, pagarono le consumazioni ed uscirono.

Buffo che Bill, uno dei suoi migliori amici, avesse finito per innamorarsi della sorella del ragazzo che dopo Tom aveva fatto più danni nella sua vita.

Era la vita.

Ed in quella notte, con accanto quella ragazzina che un tempo forse l’aveva odiata, si senti più sicura.

Avrebbero ritrovato Bill.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Come vedete Bill è scappato ancora .___..

Qualcuno sta già preparando i forconi mi sa …. Ma in fondo qualcosa di positivo c’è (ehm), Leila ha capito quello che vuole^^”.

Ok, sto zitta.

…. E   mi faccio gli auguri di compleanno, 22 anni di demenza XD!

Lo so che non ve ne frega nulla, quindi passo alle recensioni^^.

Dimenticavo: (*) “Immorale” J.Ax

 

Pulse : Bhe Leila ha iniziato ad ammettere la verità con se stessa e non è pocoXD.

Sono contenta che ti piaccia il rapporto tra Leila e Farid, ci tenevo che venisse bene.

Il piccolo flash back ha aiutato XD.

Sono contenta che ti sia piaciuta anche la descrizione dell’incontro, peccato che questa felicità sia durata poco.

Mark, è un stronzo si …

Bill ha scelto la via più facile per “risolvere” il problema”.

Spero che il capitolo ti piaccia.

Alla prossima.

ciao

 

Masavecia: grazie dei complimenti^^.

Sono contenta che ti piaccia, in effetti sono un po’ bastarda con Bill in questa fiction .___.!

Spero che questo capitolo ti piaccia.

Se vuoi picchiare Mark fa pure, te lo spedirò a casa quando avrà finito di fare qui XD!

Ciao!

 

SchWarz Nana : Mi dispiace, ma le svolte poco felici ci sono state ç_ç!

Mi sento un filo stronza nell’accanirmi così, poveretti!

Sono contenta che tu abbia apprezzato Farid e il rapporto con Leila^^.

A me piace questa sorta di amore-odio che hanno avuto lungo tutta la storia.

L’incontro tra i gemelli… sono molto contenta che ti sia piaciuto, anche se purtroppo quella felicità non è durata molto ç_ç.

Spero che questo ti piaccia e che non scappi spaventata da queste scelte negative che ci sono .

Alla prossima.

Ciao^^

 

 

Lady Cassandra : grazie dei complimenti.

Mi sento un po’ stronza a far soffrire così i miei personaggi, ma tutto questo è necessario per capire cosa vogliono  XD( si alza una marea di improperi dai  personaggi di “ my way” che minacciano lo sciopero!).

Seriamente, credo che da questa fuga Bill potrebbe riflettere un po’ meglio sulle motivazioni per cui vuole disintossicarsi ed è servito a Leila per capire cosa vuole.

Spero anch’io di riuscire a sbrogliare la matassa e non deludervi.

Sono contenta che ti piaccia l’affetto che lega i fratello Scmith^^, lo sai che in fondo ho un debole per loro XD.

Bill invece è un po’ sfortunato, “ritrova” i suoi effetti e lei perde subito dopo.

Spero che questo capitolo.

Alla prossima.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** 25) Perso Di Nuovo In Incubi Chiarificatori ***


25) Perso Di Nuovo In Incubi Chiarificatori.

 

Leila era incredula.

Quella sera stava prendendo una piega assurda oltre che da incubo.

Bill era scappato e lei aveva confidato tutta la loro storia a Francesca Girardi, una delle ragazze che in passato aveva odiato, per quello che aveva fatto a suo fratello.

Si era aspettata che la mora si arrabbiasse e le desse della puttana (come in fondo pensava di essere anche lei), considerato quanto teneva a Bill e invece si era mostrata comprensiva.

Le aveva persino permesso di aiutarla a cercare Bill.

La vita era strana.

Le persone erano strane.

“Chi pensi sia stato a fargli trovare quell’articolo?”

“Non lo so, ma non è un bel segnale ….”

“Cioè?”

“Te lo ricordi Mark?”

“Il viscido? Quello biondo?”

La rossa annuì.

“Era un tale pezzo di merda, avrebbe venduto sua madre se gli fosse servito a fare soldi.

Di lui non ci si poteva fidare, ti avrebbe piantato un coltello nella schiena.”

Bhe lui fa parte della banda di mio fratello e sono quasi certa che mio fratello vendesse la roba a Bill.

Il problema è che  Farid è stato arrestato e sono certa che la soffiata che l’ha fatto finire dentro sia partita da Mark.”

“Quindi pensi che possa esserci lui anche dietro all’articolo e al fatto che qualcuno l’ha fatto trovare a Bill?”

“Non lo so …

Lo so che sembrano le congetture di una pazza, però so che lui sarebbe capace di tutto.”

“Ma perché dovrebbe farlo?”

“Per riottenere un cliente e forse per antipatia personale.

Quello che ti dico è solo una congettura, ma credo che a Mark per fatti suoi Bill non stia simpatico.”

“Bruciarsi un cliente mi sembra un comportamento suicida, ma se come dici tu Bill ha fatto qualcosa a quel pezzo di merda sarebbe capace di fare azioni assurde pur di soddisfare il suo desiderio di vendetta.”

“Lo so …”

“Ascolta, cerchiamo di fare qualcosa di più costruttivo …

Se fossimo Bill dove andremmo?”

Leila guardò la mora, aveva già fatto quel ragionamento una volta.

Bhe, io l’ho fatto e ha dato un buon esito visto che ho capito che oggi verso le due era in un bar vicino ad un parco dove Farid gli aveva venduto la roba.”

“Ora dove potrebbe andare?”

“è sera, potrebbe cercarsi dove dormire O andare in discoteca.”

Francesca rimase un attimo in silenzio.

“Cercherebbe dove dormire, la discoteca è da escludere, potrebbe essere riconosciuto e lui non vuole scocciatori tra i piedi, ora.”

“Giusto, non li vorrei nemmeno io … Dove abitava prima della clinica?”

“Non è detto che sia tornato lì.”

“Possiamo provarci no?”

“Si, in fondo non abbiamo nulla da perderci.”

Si avviarono verso il quartiere dove viveva Bill con la macchina di Francesca , nell’abitacolo c’era un silenzio imbarazzante, Leila avrebbe voluto cancellarlo, ma non sapeva come.

Era in ansia per la sorte del ragazzo e le sembrava strana ed improbabile quell’alleanza, di sicuro non se la sarebbe aspettata.

Aprì il vano del cruscotto e giusto per passare il tempo si mise a frugare alla ricerca di qualche cd da mettere, rimase stupefatta.

C’erano parecchi cd di gruppi italiani e sembravano tutti punk o alternativi, si rigirò tra le mani,”Indestuctible” dei Rancid, ricordandosi che la sua copia era desaparecida da un bel po’ di tempo.

“Ti piace il punk, Girardi?”

“Si, mi è sempre piaciuto.”

“Anche a Luca piace.”

“Gliel’ho trasmessa io quella passione.”

“Allora ti devo ringraziare, visto che io e tuo fratello andiamo ai concerti e ci divertiamo.”

La ragazza sorrise e non disse nulla, non sapeva cosa pensare di lei.

“Siamo arrivati.”

Girardi parcheggiò e scese , Leila rimase ancora un attimo a pensare e  a cercare di recuperare  la lucidità necessaria per affrontare quella situazione.

Quando uscì, Francesca le batté una mano sulla spalla.

“Lo so che è difficile, ma sia io che te abbiamo le palle per affrontare questa situazione.”

“Grazie Francesca.”

“Chiamami Fra, il nome completo lo usa solo quella stronza di mia madre!”

E che la madre di Girardi fosse una stronza di prima categoria era una verità universale.

Entrarono nel palazzo, Francesca si diresse decisa verso la guardiola, al suo interno c’era il portiere, seduto che faceva la parola crociate.

Bella guardia!

La mora bussò sul vetro, facendo riscuotere l’uomo che sbatté a terra la rivista e si concentrò su di loro, il suo sguardo saettò con disapprovazione prima sul abbigliamento etnico dell’italiana e  poi sul suo dimesso.

“Cosa desiderate signorine?”

“Parlare con lei.”

L’uomo le squadrò di nuovo, chiaro che si fidasse poco di loro.

“Perché mai dovreste voler parlare con me?”

“Bill Kaulitz ha abitato qui per un po’ circa un mese fa, ora come lei sa, il ragazzo è risultato essere un tossicodipendente ricoverato in una clinica fuori Berlino.”

“Leggo i giornali signorina…

Girardi.”

Girardi, quello che mi sfugge è cosa voglia lei da me.”

“Il signor Kaulitz è fuggito dalla clinica e vorremmo sapere se per caso è stato qui.”

“Non credo a una sola parola di quello che lei dice.”

Fantastico, si disse Leila, il portiere non avrebbe collaborato, era uno di quei boriosi montati.

“Anche se Bill kaulitz fosse passato di qui non ve lo direi.”

“Non siamo giornaliste.”

“E chi siete?” chiese sardonico “Fans?”

“Qualcuno che ci tiene a lui.” Leila si avvicinò alla guardiola, usando il suo migliore sguardo da gangster.

“Se non ci dice immediatamente quello che vogliamo sapere qui potrebbero succedere dei casini.”

“La smetta! Si sta agitando per nulla!

Bill Kaulitz è un mese che non si fa vedere qui ed è un bene per il palazzo!”

“Mente!”

L’uomo sbarrò gli occhi, probabilmente chiedendosi da dove venisse tutta quella sicurezza.

Leila aveva sempre avuto il vizio di osservare le persone e si accorgeva se qualcuno le mentiva e al momento quello lo stava facendo, lo dimostravano la tendenza a non guardarle  e il fatto che si tormentasse le mani.

Si creò un silenzio sospeso, lo sguardo dell’italiana passava velocemente da lei all’uomo, sembrava volesse dire qualcosa ma alla fine tacque.

“Ha ragione è passato di qui circa un’ora fa, ma l’ho cacciato, anche perché il suo appartamento è stato affittato ad altre persone.”

“Grazie.”

Uscirono  dal palazzo, la mora non aveva ancora detto una parola.

“Direi di fare un giro nel quartiere, potrebbe essere qui intorno.

“Si … Volevo farti i complimenti, anche se per un attimo ho creduto che ti avrebbe buttato fuori a calci.”

“Anch’io, ma alla fine, è andata no?

È questo quello che conta.”

Francesca annuì e la seguì in quella passeggiata per un tranquillo  quartiere residenziale, uno di quei posti in cui la rossa avrebbe voluto nascere.

Non aveva mai rinnegato le sue origini in un quartiere popolare, ma ultimamente si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se fosse nata in un posto come quello.

Un posto dove le case erano ordinate, la gente educata e spesso ipocrita.

Un posto che prima avrebbe odiato.

-E ora?

Ora no? Forse sentiresti di avere più diritto a cercare Bill e ad avere una storia con lui?

Si, immagino di si .

E forse, se foste nati qui Farid non sarebbe in carcere ora, ma il passato non si cambia Leila.

Sei quello che sei, non quello che avresti potuto essere!-

Erano davanti a un piccolo parco, probabilmente di giorno i bambini venivano a giocarci, ma ora il cancello era chiuso, anche se dall’interno le parve che provenissero dei rumori.

Si fermò , Francesca le rivolse un’occhiata interrogativa.

“Perché ti sei fermata?”

“Li senti anche tu questi rumori?”

Leila le indicò il parco, l’italiana ascoltò un attimo e poi annuì, mentre Leila aveva aguzzato la vista ed era riuscita a distinguere delle figure che sembrava stessero picchiando qualcuno steso a terra.

La rossa si avvicinò al cancello , a tratti la figura che si divincolava a terra finiva sotto la luce di un lampione ed era straordinariamente simile a Bill.

“Fra?”

“Si, ma quello non è Bill?”

“Ci somiglia.”

La rossa iniziò ad arrampicarsi sul cancello, lasciando di stucco l’italiana.

“Che fai?” chiese

“Vado a controllare, se quello è Bill o meno!”

Sentì la mora strepitare qualcosa in italiano e poi la sentì arrampicarsi per seguirla, lei ormai stava già scavalcando , sperando di non rimanere infilzata.

Non era mai stata una tipa particolarmente atletica però se si fissava su un obbiettivo doveva raggiungerlo e al momento voleva assolutamente trovare Bill e verificare che non fosse il poveretto che stava subendo un pestaggio in piena regola.

Atterrò con un salto e si mise a correre verso il gruppo di persone.

Perché finiva sempre per ficcarsi in situazioni rischiose?

E se fosse stato Bill lei sarebbe riuscita a battersi con almeno tre esaltati picchiatori?

-Ormai è andata, prega che tutto si risolva per il meglio.-

Man mano che si avvicinava rallentò il passo, Girardi era molto più indietro rispetto a lei, forse pensava che stessa facendo un’azione molto rischiosa.

Ormai era molto vicina al gruppo, il parco era poco illuminato, vicino a loro c’era solo quel lampione, era conscia che era una situazione da cui poteva uscire molto male.

Finalmente vide la figura, era in effetti Bill, non si era sbagliata.

Quel ragazzo aveva una calamita per i guai!

“Ehi voi mollatelo!” urlò decisa.

I teppisti la guardarono sogghignando , non erano disposti a darle retta.

“Ciao Bella, non sarai amica di questo stronzetto?”

Leila si irrigidì.

“Si e vorrei che lo mollaste!”

Si avvicinarono a lei, la squadrarono a lungo soffermandosi sulle sue curve, cosa che la fece irritare alquanto, aveva una vaga idea di come sarebbe finita.

 Dopo quell’attento esame della preda  quello che sembrava il capo si decise a parlare.

“Cosa ci offri in cambio?” disse alludendo al suo corpo.

Erano tutti intorno a lei, deglutì spaventata.

“Hai paura ragazzina?”

Partì un rissa che parve placarsi solo quando partì un urlo belluino dietro di loro.

Era Francesca con un cellulare in mano.

“Sto per chiamare la polizia, andatevene!”

La maggior parte del gruppo si mosse verso la mora, ma il capo li fermò, fece un cenno e lentamente si allontanarono.

Su di loro calò di nuovo il silenzio, se fosse stata sola Leila si sarebbe concessa il lusso di crollare almeno in ginocchio,  invece rimase in piedi,anche se dentro di lei stava tremando.

Aveva avuto paura, una paura fottuta, ma si vergognava da esternarla.

“Complimenti Schimt! Non ho mai visto nessuno più incosciente di te!”

Leila rimase zitta e si avviò verso Bill, il ragazzo non si era mosso di un millimetro, che fosse svenuto?

Si accucciò ed appoggiò una mano sulle spalle di Bill.

“Cosa ci fai qui?”

Il suo sussurro era rabbioso.

“Ero preoccupata per te.”

“Non l’avrei detto l’ultima volta che ci siamo parlati.”

“Direi che non è il momento di tirare in ballo le nostre questioni, è presente pure Girardi.”

“C’è anche Fay?”

Fece per alzarsi, finì per ricadere a terra  con uno smorfia di dolore.

“Ti fidi abbastanza di me per farti aiutare ad alzarti?”

“Ho qualche altra scelta?”

Leila sospirò ed aiutò il ragazzo ad alzarsi, l’aveva trovato.

Ora però arrivava la parte più difficile, dirgli tutta la verità, era certa che Bill non l’avrebbe presa bene.

 

Bill  aveva girato per ore senza metà prima di trovare rifugio in quel parco .

Era stanco, gli effetti della cocaina se ne erano andati e ora si sentiva addosso tutto il peso della colpa.

Ancora una volta aveva tradito la fiducia di suo fratello, di Francesca e dei suoi amici.

Ancora una volta si era mostrato debole.

Aveva provato ad andare nello stabile dove abitava un mese prima e il portiere l’aveva cacciato fuori.

Aveva vagato ancora un po’ prima di trovare l’entrata secondaria di quel fazzoletto di verde scassinata.

Ci si era infilato senza pensarci e ora stava rannicchiato su di una panchina, totalmente immerso nei suoi pensieri,

Vigliaccamente desiderava scappare da tutto e da tutti, conscio comunque che sarebbe stato inutile, l’aveva già provato una volta senza ottenere risultati, eccetto che far soffrire chi teneva  a lui.

Non si accorse nemmeno che qualcuno gli si era avvicinato e gli aveva rivolto delle domande.

Fu la prima scarica di botte a ributtarlo bruscamente nel mondo reale.

Stordito, guardò chi l’avesse colpito, senza vedere nient’altro che ombre senza volto.

“Chi siete?

“Qualcuno a cui i barboni nei parchi non piacciono!”

Arrivarono altri colpi.

“Smettetela, posso pagarvi!”

Risero.

“Hai sentito? Ci vuole pagare!

Forza, ripulite il portafoglio di questo pezzo di merda!

Tutti i soldi saranno rubati!”

Sentì delle mani che gli frugavano nelle tasche della giacca ed estrassero vittoriose il portafoglio, che immediatamente fu svuotato.

-Bravo Bill sei un genio!-

Ripresero a picchiarlo, il dolore lo invase ad ondate, sempre più forte, nonostante cercasse di ripararsi dai colpi.

Stava per perdere conoscenza quando sentì delle voci diverse da quelle dei suoi aggressori, cercò di rimanere lucido, ma  non distinse chi potessero essere.

Sentì solo una discussione e poi che i bruti se ne stavano andando finalmente.

Una mano si appoggiò sulla sua spalla, avrebbe riconosciuto quel tocco ovunque, quelle mani piccole, ma forti.

Era Leila.

“Cosa ci fai qui?”

Gli uscì un sussurro rabbioso, in parte motivato, in parte no.

Non era stata lei a sbatterlo fuori dalla clinica, se ne era andato lui di sua spontanea volontà.

 “Ero preoccupata per te.”

“Non l’avrei detto l’ultima volta che ci siamo parlati.”

“Direi che non è il momento di tirare in ballo le nostre questioni, è presente pure Girardi.”

“C’è anche Fay?”

Fece per alzarsi, finì per ricadere a terra  con uno smorfia di dolore, le botte si facevano sentire.

“Ti fidi abbastanza di me per farti aiutare ad alzarti?”

“Ho qualche altra scelta?”

Domanda retorica, era ovvio che non ne avesse.

Quindi, benché non fosse entusiasta di accettare aiuto proprio da lei, mise da parte il suo orgoglio e accettò.

Abbracciato a Leila fu di nuovo in piedi e i suoi occhi incontrarono la figura di Francesca Girardi parzialmente illuminata dalla luce del lampione.

Aveva le braccia incrociate sul petto, automaticamente abbassò gli occhi, senza accennare a muoversi, avrebbe voluto sprofondare.

Dei passi si avvicinarono lenti a lui, inaspettatamente si ritrovò avvolto dall’abbraccio dell’italiana, che non disse nulla, non ne avevano bisogno.

Francesca era sempre stata restia ad esprimere i suoi sentimenti, se era in difficoltà preferiva agire, ma a lui al momento quel abbraccio muto  non dispiacque affatto.

Si sentiva capito almeno.

“Da dove sei entrato, Bill? Da un’entrata secondaria?

È impossibile per te scavalcare al momento e noi non ce la faremmo a farti passare aldilà .”

“C’è un’entrata secondaria.”

“Facci strada!”

Un po’ appoggiandosi suo malgrado a Leila, un po’ tentando di camminare da solo arrivò al cancelletto  rotto.

Per lui quel breve tragitto era stata una tortura, gli piaceva avere vicino la rossa, ma non aveva dimenticato la sua freddezza nei suoi confronti.

Allungò la mano e il cancello si aprì con uno scricchiolio sinistro, nessuno ci fece caso, solo lui lo interpretò come un brutto presagio.

Doveva essere la paura di affrontare ancora Tom che glielo faceva sentire.

Camminarono verso la macchina di Francesca in assoluto silenzio, poi Leila lo aiutò a salire e rimase ferma a guardarli.

“Io andrei, credo non abbiate più bisogno di me.”

“Penso che tu invece debba rimanere.” La voce di Francesca era risuonata stranamente dura nell’abitacolo.

Bill non capì perché la mora sembra va convinta che la rossa dovesse rimanere.

“Ma, i miei non sanno che sono qui e non so se vorrebbero che io stessi fuori a dormire.”

Non riuscì a frenare in tempo la sua linguaccia.

“Mentigli, non credo che per te sia tanto difficile farlo.

Tenere nascoste le cose è la tua specialità.”

Leila incassò in silenzio.

“Direi che è necessario che tu rimanga.”

Sospirando lei si allontanò un attimo per avvisare i suoi e poi tornò da loro e rassegnata salì in macchina.

Perché Francesca sembrava tanto decisa a farla venire?

Non lo sapeva, ma al momento era meglio non contraddire nessuno, così si rassegnò al clima imbarazzato.

Il viaggio non fu molto lungo, mentre guidava Francesca avvisò brevemente Tom che l’aveva trovato e che poteva tornare a casa.

La mora parcheggiò, loro scesero, Leila era sempre una presenza muta ed imbarazzata, eppure non si lamentava ne tentava di svignarsela.

Quella ragazza era un enigma.

L’appartamento era vuoto, Tom chissà do v’era finito per cercarlo, così si volse verso Girardi che si stava tranquillamente togliendo il cappotto.

“Francesca perché hai fatto venire Leila?”

“Credo dobbiate chiarire molte cose.”disse semplicemente e li lasciò da soli.

“Glielo hai raccontato?” Bill era incredulo, non sapeva se sentirsi anche arrabbiato.

“Ho dovuto farlo! Voleva sapere perché ti stessi cercando!”

“TU mi stavi cercando?”

“SI.”

“Quella che non voleva complicazioni sentimentali?”

“Si, Francesca ha ragione. Credo che noi dobbiamo parlare.”

Bill deglutì, conosceva quella serietà negli occhi di Leila, ciò che gli avrebbe detto avrebbe probabilmente cambiato le carte in tavola nel loro rapporto o pseudo tale.

“Ti ascolto allora, parla pure.”

“Immagino che ti sarei chiesto perché ti ho detto quella frase l’ultima volta che ci siamo visti.”

“In effetti.”Mugugnò lui” Mi sono chiesto chi diavolo avessi di così importante da proteggere.

Chi fosse quel qualcuno che ti rendeva un persona assolutamente chiusa in se stessa.”

“Si, stavo proteggendo qualcuno …

La storia è lunga e complicata.”

“E io sono ansioso di sentirla.”

Finalmente stavano arrivando alla resa dei conti, avrebbe saputo quella verità a cui tanto agognava.

“La persona che devo proteggere è Shirin.”

“Cosa?”

“Fammi raccontare e poi capirai!”

Il tono brusco di lei lo fece zittire all’istante.

Shirin è la mia migliore amica e due anni fa era la ragazza di mio fratello.

A un certo punto rimase incinta e Farid non poteva ne forse voleva questo figlio , le disse di abortire.

Shirin decise di dargli retta, avrebbe potuto certamente crescere questo figlio da sola, ma aveva sedici anni e  nessuno dalla sua parte, così si adattò alla volontà del suo ragazzo.

Non se lo perdonò mai.

La storia non resse a questa scelta, Shirin lo mollò e si chiuse in sé stessa, non parlava, si dimenticava di mangiare.

Io ero disperata.

Ruppi con  mio fratello e mi concentrai su di lei, ma lo feci troppo tardi.”

La rossa fece una pausa di silenzio, sembrava soffrire ancora molto per fatti  successi anni prima.

Shirin provò a suicidarsi, fui io a trovarla e a portarla in ospedale.

Si può dire che le salvai la vita in un certo senso, ma intanto mi ritrovavo con un senso di colpa gigantesco.

Io non mi ero accorta che la mia amica stava male.

Io  mi dedicai anima e corpo a far si che uscisse da quel periodo e posso dire che ce l’ho fatta.”

“Non capisco cosa c’entri io.”

Fu come se non avesse parlato, Leila non gli prestò attenzione, stava guardando un punto indefinito sul pavimento.

“Ultimamente la vedevo allegra, come quando era innamorata di mio fratello, le ho chiesto se fosse interessata a qualcuno.

Lei non ha voluto rispondermi, negava, poi l’ha finalmente ammesso.

Qualcuno la interessava, lei non ha voluto dirmi chi.

Vedevo che c’era parecchio affiatamento tra di voi e ho pensato che forse potevi essere tu e …

L’ultima cosa che volessi era mettermi tra i piedi della sua nuova cotta.”

La voce di lei divenne incrinata, lui era incredulo, non potevano aver sofferto così tanto per un equivoco!

“Ho cercato di starti lontano, ma non ci riuscivo …

Sai come sia finita.”

“Perché mi stai dicendo tutte queste cose adesso?

Ti faccio pena?”

“Te le avrei dette oggi in clinica se solo non fossi scappato!”

“Perché me le avresti dette? Cosa diavolo è cambiato?”

“è cambiato che so che non sei tu il ragazzo che piace a Shirin!”

“E allora?”

Lei alzò gli occhi ferita, non disse nulla, si limitò ad afferrare la borsa.

“Allora nulla!

È stato perfettamente inutile che ti parlassi!”

La ragazza fece per voltargli le spalle, lui fu più rapido e l’afferrò per un polso.

“Eh no! Non puoi cavartela così! Non puoi venire a raccontarmi tutto questo e poi scappare così!

Vuota il sacco!”

La ragazza provò a divincolarsi, lui non mollò la presa.

“Ok! Vuoi il sacco vuoto?

La verità è che la storia del”senza coinvolgimenti emotivi” non ha funzionato!

Che io li volessi o meno ci sono stati!

Io credo di aver iniziato a provare qualcosa per te!”

La porta che si aprì gli risparmiò il dare una risposta a quell’affermazione, non avrebbe saputo cosa fare, quello cambiava tutto.

Tom era sulla soglia.

Accigliato, con un cappellino in mano lo guardava torvo.

Bill mollò il polso di Leila come se scottasse, la ragazza si diresse rapida verso la porta.

Bhe penso che sia meglio che io vada.

Ciao Bill, ciao Fra, ciao Tom.”

“Ciao.

Mio fratello dovrebbe farti un monumento, lo tiri sempre fuori dalla merda.

A volte credo che tua sia il suo angelo custode.”

La ragazza arrossì vistosamente, poi con un ultimo cenno di saluto infilò la porta.

[Sfuggente come la dama del suo sogno che spariva sempre nei momenti, nella vita reale, quando più aveva bisogno di lei.]

Tom entrò nell’appartamento chiudendosela alle spalle.

“Bentornato Bill.”

La sua voce glaciale non prometteva nulla di buono, Bill deglutì.

Aveva la gola secca, avrebbe voluto scusarsi, ma era certo che qualsiasi cosa avesse detto non avrebbe migliorato la situazione, non gli restò altro  da fare che rimanere lì con il capo abbassato.

“Ciao Tom.”

Il silenzio calò su di loro, Francesca li osservava a braccia conserte dalla porta della cucina.

Non voleva intromettersi tra di loro, aveva capito che non si doveva impicciare nelle loro liti, non direttamente almeno, solo come cuscinetto.

“Tom, parlami ti prego!”

“Cosa dovrei dirti?”sputò quella frase con una rabbia che lo fece indietreggiare involontariamente.

“Che non so più chi sei?

Che mi sento ferito e deluso da te?

Che stamattina eri il Bill che conoscevo , ma forse già mentivi e progettavi di scappare, non prima di avermi dato l’illusione che tutto andasse bene?

Cosa devo pensare?

Dimmi TU qualcosa Bill, perché io di te non ci capisco più un cazzo!”

Il moro abbassò gli occhi, Tom aveva ragione, chissà cosa doveva aver pensato.

-Che sono un bugiardo cazzo, uno schifoso bugiardo che si rigira le persone come vuole!-

“Io … mi dispiace ….

Io non volevo illuderti, io stavo bene stamattina, Tom!

Ero convinto che sarei riuscito a superare tutto!”

“Cosa è successo, Bill?Cosa?

Perché sei scappato?”

Lui prese fiato.

“Qualcuno mi ha fatto trovare il giornale con l’articolo in cui si parla della mia tossicodipendenza.

Mi sono sentito finito, senza nulla per cui combattere!”

Tom sgranò gli occhi.

“Come cazzo è potuto succedere che tu lo vedessi?”

Nessuno rispose, nessuno ne aveva idea.

“Forse qualcuno la dentro mi odia ….”

“Non lo so … però Bill ….”

Gli occhi di Tom erano lucidi.

“Perché non hai pensato a te stesso, a me?

I Tokio Hotel non sono tutto nella vita.”

“Senza quelli che faremmo? Ci hai mai pensato?”

“Ci inventeremmo qualcosa!

Bill, ti devi essere certo di voler guarire per te stesso, non per David, non per la band!

Per te!

Vuoi che tutti i tuoi soldi finiscano in coca? Vuoi fare debiti con gli spacciatori?

Finiresti come un barbone prima  o poi e forse moriresti.

Lo sai vero?

Immagino di si, chissà che questi lividi non te li abbia fatti qualche pezzo di merda che ti ha venduto la roba!

Vuoi davvero che questa sia la tua vita?

Un qualcosa che ruota intorno a un desiderio che finirà per schiacciarti?”

“Io ….”

“Pensaci Bill ….

Per l’amor del cielo pensaci! Domani torniamo in clinica!”

Tom concluse la sua filippica e si chiuse in camera sua, in ventidue anni di vita, mai suo fratello gli aveva parlato così.

Mai!

Francesca gli si avvicinò, lui era ancora fermo in mezzo alla stanza.

“è preoccupato per te, può avere esagerato i toni , ma quello che ti ha detto non è molto lontano dalla verità.”

“Lo so.”

“Cosa ti ha detto Leila?”

“Ti ha raccontato tutto vero?”

Si sentiva leggermente ferito dal comportamento della rossa, non credeva avrebbe raccontato tutto a Francesca, voleva essere lui a farlo.

Lei sospirò e lo fece sedere sul divano per sedersi accanto a lui, gli venne automatico appoggiare la testa sulla sua spalla.

“Non me l’avrebbe voluto dire, ma io l’ho pressata abbastanza da farle sputare tutto.”

“Sei sempre la solita.”

“Anch’io sono preoccupata per te e di Leila non sapevo nulla, cerca di capire.”

“Lo so, mi ha detto che forse inizia a provare qualcosa per me.”

“Non sei contento? Non sei stato tu a dirle che questa situazione ti va stretta?”

“Si, ma sono confuso … non so cosa fare.

Lei ha detto che fuori dalla clinica non avremmo futuro e forse ha ragione.”

“Chi può dirlo? Pensaci Bill.”

“Ho troppe cose per la testa, vedo a letto.”

“Ok.”

Raggiunse la sua camera e si buttò a peso morto sul letto, cadendo immediatamente in un sonno profondo, ma agitato da incubi .

[Era davanti alla stazione principale di Berlino, non riusciva a capire che diavolo di momento della giornata fosse.

Era forse il crepuscolo, c’era una luce azzurrognola e su tutto cadeva della neve simile a cenere.

La gente era frenetica e non badava a lui, si guardò le mani.

Erano secche, rugose, solcate da vene e segnate da macchie dell’età.

Represse un urlo e si guardò intorno sconvolto, per poi guardasi i piedi e le gambe.

Non c’erano i soliti stivali e jeans costosi, ma un paio di vecchie scarpe da tennis prossime a sfondarsi e un paio di pantaloni lisi.

Stava sudando copiosamente nonostante dovesse fare freddo fuori, non riusciva a capire più nulla.

“Dove sono?” sussurrò sconvolto.

“Ha importanza ?”

Si voltò,la voce era quella della dama misteriosa, ma questa volta non era velata e il suo volto era quello di Leila.

“Tu?

Tu eri lei?”

“Io sono chi vuoi che io sia.”

Soprassedette sulla risposta.

“Cosa mi è successo?”

“Questa notte hai deciso di scappare.”

“Poi?”

“Tom ti ha continuato ad aiutare, ma tu l’hai sempre fregato.”

Lui deglutì.

“Ora dov’è?”

“è tornato a Loitsche e non vuole saperne di te.”

La ragazza fece un ampio gesto con il braccio e la realtà si distorse per un attimo mostrando per un attimo lo squarcio di un altro tempo.

C’era Tom seduto un una sala d’aspetto, forse di un ospedale con la testa tra le mani.

“Non ti perdonerei se fosse morta.”

“Non è colpa …”

“MIA? Se tu mi avessi dato ascolto a quest’ora non sarebbe successo !”

“Il signor Tom Kaulitz?”

Un dottore interruppe il loro dialogo.

“La signorina Girardi non ce l’ha fatta.”

Tom non disse nulla per un certo lasso di tempo  poi si voltò verso di lui con uno sguardo mortalmente serio.

“Non voglio più avere nulla a che fare con te.”

“Ma io …”

“TU L’HAI UCCISA! VATTENE! NON VOGLIO Più VEDERTI!

ANCHE IL NOSTRO BAMBINO è MORTO!”

Tutto si dissolse e il paesaggio tornò normale.

“Cosa ho fatto a Francesca?” sussurrò con voce rotta.

“Tom non voleva più darti soldi e le persone a cui li dovevi hanno pensato che un incidente a Fay l’avrebbe fatto pagare.”

Deglutì.

“è morta per colpa mia.”

Si prese la testa tra le mani.

 “ E Leila?”

“è in carcere.”

“Ti prego non mostrarmi perché!”

Sentiva l’aria mancargli e desiderò scomparire. Non voleva vedere come un’altra persona per colpa sua si fosse rovinata la vita.

“Si è messa a spacciare per te….”

“Voglio andarmene!”

“ Tra poco avverrà non dubitarne. Hai capito cosa succederà?” lo spaventava quell’espressione mortalmente seria della donna.

Mezza Leila e mezza sibilla.

Tutto quello che diceva e mostrava aveva lo strano sapore della verità.

Era inquietante, lo faceva tremare.

Lui annuì ormai sull’orlo del pianto, avrebbe voluto andare e chiedere scusa a tutti quelli che aveva fatto soffrire anche solo nella dimensione onirica.

Invece si sentiva sempre più debole fino a che non svenne e si ritrovò a casa sua nel suo letto, a fissare il soffitto.

Lui non voleva che tutto questo succedesse!

Sarebbe tornato in clinica e questa volta non avrebbe deluso più nessuno, incluso se stesso.

E mentre il suo respiro si regolarizzava, fu certo che nulla di quello che il suo inconscio gli aveva proiettato a mo di monito si sarebbe avverato.

Lui non l’avrebbe permesso.

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

L’ho già detto che mi sento sadica, con i miei personaggi?

Immagino di si, ma forse questo Incubo con la I maiuscola farà ragionare Bill … credo (Tutti la guardano male).

Si lo fa ragionare XD!

Però ci sono anche cose positive, almeno Leila ha vuotato il sacco e questo potrebbe essere uno spunto per riflessioni più allegre no?

Spero vi piaccia.

Passo alle recensioni.

 

 

Pulse : Grazie per la recensione e per gli auguri.

 

Lady Cassandra : ecco chi era la presenza inquietante che c’era fuori casa mia XD!

Eri tu!

Mi dispiace per averti creato tutte queste sensazioni spiacevoli, le ho avvertite anche io come autrice e so che non è bello.

Ti ringrazio per i complimenti^^.

Credo che quello che è successo in questo capitolo (Leila e il sogno) aiuteranno Bill ad andare nella direzione giusta.

Senza contare il discorso di Tom.

Ha un bel peso.

Spero che questo capitolo ti piaccia e che ti faccia intravvedere un po’ di luce.

Alla prossima e grazie per la recensione.

Ciao^^

 

 

Masavecia: Grazie per i complimenti^^

In effetti peggio di così non credo possa andare, quindi ora si impegneranno tutti a risalire la china.

Un po’ perfida lo sono, mi dispiace.

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima e grazie per la recensione.

Grazie anche per gli auguri^^!

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** 26)La Verità Sta Dentro A Un Nylon ***


26) la verità sta dentro a  un Nylon.

 

 

Bill si svegliò di colpo.

Era lucidissimo , forse per colpa del sogno vedeva tutto con chiarezza, non voleva un futuro da schiavo.

Non l’aveva mai voluto.

Era per questo che odiava l’autorità e non aveva mai avuto un buon rapporto con chiunque tentasse di imporgli qualcosa, insegnanti in primis.

Se per anni non aveva accettato l’autorità di qualcuno che quantomeno aveva un cervello pensante come poteva accettare quella di una sostanza chimica?

Non doveva e non poteva arrendersi alla cocaina, non doveva permettere che qualcuno pagasse per le sue debolezze.

Si alzò dal letto, la sveglia sul comodino segnava le quattro del mattino, di sicuro, Francesca e Tom stavano dormendo a quell’ora.

Camminò a passi incerti fino alla loro camera e aprì leggermente la porta,  la stanza era parzialmente illuminata dalla luce che entrava dalla finestra.

Suo fratello teneva abbracciata la mora, forse per la prima volta nella sua vita era davvero innamorato di una ragazza,per un attimo si perse a guardarli.

Era la prima volta che vedeva Tom così rilassato.

Poi una sensazione di freddo strisciante si impadronì di lui quando dei brandelli di sogno si fecero largo nella sua percezione della realtà.

Quella ragazza che ora dormiva serena, avvolta dalle braccia del ragazzo che amava nel suo sogno sarebbe morta e con lei il suo bambino.

In quanto a Tom  preferiva non pensare a come si dovesse essere sentito.

A piccoli passi tornò nel suo letto, non poteva rompere quell’armonia, doveva lottare per costruire la sua.

Un’armonia pura, non basata sulla droga.

Si coricò e cadde in un sonno senza sogni.

Quando si risvegliò Tom e Francesca erano in cucina, ognuno con la sua tazza di caffè davanti.

“Buongiorno.”

“Ciao!”

“Vi devo parlare.”

“Se vuoi me ne vado, Bill.”

La solita Francesca premurosa, dolcemente le sorrise e le fece segno di no.

“Puoi rimanere, non è una cosa tra Kaulitz.”

“Ok.”

“Stanotte ho fatto un sogno ….

Ho visto come sarebbe stata la mia vita se avessi continuato con la droga e so che nulla di quello che è successo è reale, ma lo stesso mi sono spaventato.

Ho visto come avrei finito per trascinare a fondo anche le persone a cui tengo come te e Francesca, Tom.

Non voglio dirvi quello che ho visto, ma sappiate che mi ha aperto gli occhi e devo ringraziare te, fratellino, senza il tuo discorso io forse non avrei mai pensato davvero alle conseguenze.

Io ho deciso di impegnarmi a guarire sul serio questa volta, per quanto possa valere ve lo giuro.

Scusa Tom se ti ho fatto soffrire ancora.

Scusa Tom se non ho pensato ne a me ne a voi.

Scusatemi.”

Ci fu un attimo di silenzio, nessun suono dopo quell’attimo di verità.

“Scusa anche tu Bill.”

Fu dolce risentire la voce di Tom senza rabbia al suo interno.

“Scusami per aver pensato male di te e per averti accusato.”

“No, tu hai fatto bene.

È grazie a te che ho capito i miei errori.”

Tom sorrise, lo abbracciò come l’ultima volta e così fece l’italiana.

Conosceva il loro cuore generoso e questa volta non li avrebbe più fregati, si sarebbe disintossicato una volta per tutte.

“Tom, prima di tornare in clinica vorrei poter incontrare Leila.”

“Perché?”

Il fratello era esterrefatto.

“Ci sono delle cose che devo chiarire anche con lei, per me è molto importante.”

“D’accordo Bill.”

Tom non sembrava convinto tuttavia alla fine acconsentì e gli porse il cordless.

Leila ripose quasi subito.

“Ciao Leila.”

“Bill?”

“Ho bisogno di parlarti, potresti venire a casa mia per  favore?”

“D’accordo, ma perché?”

“Riguarda quello che mi hai detto, credo necessiti una risposta.”

La sentì chiaramente deglutire, forse era spaventata e confusa quanto lui.

Per lui lei sarebbe sempre rimasta un mistero.

“Ok, arrivo.”

Chissà cosa significavano quelle esitazioni nella sua voce?

-Quanto vorrei capirti e per quanto ancora non ci riuscirò?-

“D’accordo, a dopo.”

Si sedette sul divano in attesa, presto avrebbe dovuto dire tutta la verità a Leila esponendosi ancora al rischio di essere ferito e deluso.

Così era la vita, l’aveva imparato, non poteva fuggire e nascondersi per sempre.

Francesca si sedette accanto a lui, gli prese una mano e cominciò ad accarezzargliela piano.

“Cosa hai deciso Bill?”

“Che forse è vero che non avremmo futuro ma non potremo mai saperlo se non ci proviamo.

Spero che lei sia d’accordo.”

“Non credevo che l’avresti perdonata così facilmente …”

“Le dirò chiaramente che però lei deve cambiare atteggiamento e dimostrarmi che non mente.”

Francesca rimase un attimo in silenzio come a soppesare le sue dichiarazioni.

“Vuoi fargliela pagare Bill?”

“Un po’.”

“Lo capisco, ma ti dico una cosa: non esagerare.

Conosco le persone come Leila,  con loro non si deve tirare troppo la corda o si rischia di allontanarle e perdere tutto.”

“Pensi che vendicarmi non sia una buona idea?”

“No, Bill, è giusto farla soffrire un po’ per farle capire cosa hai provato, ma non devi tirarla per le lunghe.

Leila ha già delle sofferenze alle spalle e potrebbe decidere che non  vale la pena di continuare qualsiasi cosa tu deciderai che ci sarà tra voi.”

Il moro si appallottolò su se stesso, in effetti poteva solo immaginare quanto avesse sofferto Leila da quel poco che gli aveva raccontato della sua vita.

Lei aveva rotto con suo fratello e un brivido  gli corse lungo la schiena ricordando il dolore che aveva provato nel sogno e qualche mese prima senza Tom.

Aveva anche rischiato di perdere la sua migliore amica e ancora i residui del sogno tornarono a bussare alla sua mente, cosa avrebbe fatto lui senza Francesca in quei mesi?

“Credo tu abbia ragione … non so quanti sarebbero uscito come ne è uscita lei da una situazione così difficile.”

La ragazza non disse nulla, Tom li raggiunse poco dopo sul divano, notando come lui sembrasse preoccupato.

“Ehi Bill, se ti preoccupa vederla posso sempre mandarla via.”

“No Tom, è giusto che io la veda.”

Aspettarono tutti insieme il suono del campanello che arrivò dopo quella che a lui parve un’eternità.

Tom si alzò a rispondere e poco dopo dei colpi timorosi alla porta annunciarono che la ragazza era arrivata.

Leila fece la sua comparsa, come la sera prima apparve piccola e dimessa, non guardava in faccia nessuno di loro in particolare.

“Credo che io e te dovremmo andare a portare la spazzatura in cortile Tom.”

“Ma..”

L’italiana gli rivolse un’occhiata omicida che fece alzare al volo il suo gemello e fece ridacchiare lui.

“OK, andiamo.”

Li lasciarono soli, Leila sembrava terribilmente fragile e timida in quel momento, totalmente diversa dall’immagine che gli aveva mostrato fino a pochi giorni prima.

Avrebbe voluto abbracciarla e dirle di smetterla di non guardarlo, che non c’era motivo di farlo, che capiva perché avesse agito così e che non c’era nulla da farsi perdonare.

-Non posso farlo …

Le cose devono essere chiare questa volta o non funzionerà mai niente.-

“Scusa, spero che non ti abbiano messo in imbarazzo.”

“Figurati.”

“Credo che io e te abbiamo delle cose da chiarire.”

“Già.”

Perché parlava a monosillabi?

“Leila, la storia del ‘ senza coinvolgimenti emotivi’ non ha funzionato nemmeno per me.”

Lei sobbalzò.

“Ma nemmeno io so in che misura sono coinvolto e non so cosa posso offrirti.”

“Cosa significa questo?”

“Quello che ho detto. Sta a te decidere se per te va bene oppure no.”

“Stiamo lasciando tutto come prima?”

“Per te è tutto come prima?”

“Mi sembra di averti detto di no.”

“Baciami e dimostramelo.”

Leila alzò gli occhi  e li incatenò nei suoi, forse vi lesse una sfida, forse vi lesse il desiderio suo che qualcosa cambiasse fatto sta che appoggiò dolcemente le mani sulle sua guance e le accarezzò.

Fu un bacio dolce e casto a fior di labbra, niente a che  vedere con quelli che ricordava lui, passionali ma vuoti.

Fu naturale approfondirlo e renderlo più passionale,  perdersi nelle sensazioni che lei gli provocava e abbandonare il proposito di non reagire.

La attirò a se, affondando la mano nei suoi capelli arancioni e lasciando che lei facesse lo stesso.

Quando si staccarono per mancanza di ossigeno, fu Leila ad attirarlo a sé, lui appoggiò la testa sulla sua spalla.

“Va bene … qualsiasi cosa tu decida di fare,a  che livello tu voglia portare il nostro rapporto a me va bene, ok?”

Lo baciò di nuovo con la stessa dolcezza di prima, quel lato di lei che non aveva mai visto in un mese e che l’aveva piacevolmente sorpreso.

-Finirai mai di stupirmi?

Sembri una gatta con quegli e questi atteggiamenti. Un giorno graffi, il giorno dopo sei dolce e arrendevole.

Non ho idea di dove mi porterà questa storia, ma c’è una parte di me che nonostante sappia che dovrò affrontare di nuovo  un periodo di merda, rientrando in clinica è curiosa di sapere come andrà tra me e te ed è anche felice.

Che mi hai fatto, eh?-

Non sapeva rispondere a quella domanda, ma forse la riposta non era nemmeno così importante.

Quello che contava era la serenità che stava provando.

Si sciolse da quel bacio e la tenne abbracciata, fu lei ad iniziare a coccolarlo spontaneamente, come se tutto quello che era successo le avesse tolto un peso.

Quando Leila sentì la porta d’ingresso aprirsi e vide suo fratello e la sua ragazza entrare sobbalzò e smise,  lui al contrario la tenne a sé e guardò le reazioni dei due .

Francesca gli sorrise, Tom alzò un sopracciglio perplesso, Leila si irrigidì.

“Sono contenta che abbiate chiarito.”

Tom non ci stava capendo più nulla e gli venne da ridere, lo frenò dal farlo davvero il pensare che non sarebbe stata una buona idea.

Non aveva idea di come l’avrebbero presa ne Leila ne Tom.

“Bill sono lieto che tu abbia una ragazza, ma lasciala andare, la soffochi.”

Il suo gemello aveva deciso di non indagare, sciolse l’abbraccio, la ragazza era rossa.

“E così sei la ragazza di Bill …”

“Così pare …” mormorò frastornata lei.

“Trattamelo bene.”

Faceva tanto la raccomandazione di un padre geloso o di una madre ansiosa ma nessuno osò fiatare.

“D’accordo.”

Tom fece uno strano sorriso e guardò Bill.

“Fratello, credo sia arrivato il momento di tornare alla clinica.”

Bill lo fulminò con un’occhiataccia, perché Tom sembrava così ostile a Leila?

“Ok, forse è meglio che io me ne vada.

Ci vediamo Bill!”

Forse avrebbe voluto dargli almeno un bacio sulla guancia, ma non osò farlo e se andò.

“Ok Tom, perché?”

“Perché non me ne hai parlato?”

“Non mi pare che tu me ne abbia mai parlato di Francesca e di cosa sentivi per lei!

Scusa Fra.”

Lei alzò una mano, come a dire che per lei non c’erano problemi.

“Bill, non so niente di lei, potrebbe essere anche una teppista, in clinica mi hanno detto di starci attento.”

“Sono cazzate, Tom!

Non ha un passato immacolato, ma non è pericolosa!

È stata lei ad aiutarmi sia adesso che prima, te lo sei scordato?”

“Ma …”

“TI fidi di me?”

“Si, ma …”

“Ecco, se ti fidi di me, ti chiederei di non comportarti così con lei!”

Tom non disse nulla.

“Ti prego, Tom!”

“OK” borbottò lui”Spero solo tu non ti stia sbagliando.”

Bill sorrise, quella ammissione era sempre meglio che niente.

“Ora, però davvero devi andare in clinica.”

Bill annuì, fece colazione , abbracciò Francesca e varcò la soglia dell’appartamento dei Kaulitz con il cuore più leggero.

Il viaggio in macchina si svolse in assoluto silenzio, ma il cantante sentiva che Tom non era più arrabbiato o ostile verso si lui.

Lo seguì dentro l’ufficio della direttrice ed ascoltò come quella donna lo riammettesse senza problemi all’interno della struttura.

Pensava che quella sarebbe stata una parte difficile da sopportare invece non se ne accorse nemmeno, non aveva ascoltato quella conversazione.

La parte più dura fu abbracciare suo fratello per l’ultima volta, stringerlo tra le sue braccia sapendo che non avrebbe potuto rivederlo per un mese.

“Mi mancherai “

“Anche tu.”

“Ce la farò Tom

“Ne sono certo Bill.”

Si staccarono e Tom uscì dalla clinica, mentre Bill tornò nel suo piccolo cubo  bianco che ormai si era rassegnato a chiamare stanza e sentì che davvero ce l’avrebbe fatta a superare qualsiasi difficoltà.

 

Shirin si sentiva inquieta.

Non era solo per la fuga di Bill e i conseguenti problemi sul lavoro e nei sentimenti per Leila, ma per altro.

Gustav le aveva detto che Farid era passato da lui ed era ancora innamorato di lei, questa notizia la metteva di uno strano umore.

Il passato non riusciva ad essere del tutto seppellito, un’ombra lunga si proiettava sul suo presente e lei avrebbe voluto debellarla e non ci riusciva.

Sospirò, sulla lavagna il professore tracciava segni fluidi di sconosciuti teoremi matematici  e lei non lo stava ascoltando per l’ennesima volta.

Nella sua mente era tornata a quando c’era un bambino mai nato nella sua pancia e sogni di famiglia nella sua testa .

E facevano male a distanza di anni, fino a farla sentire sporca ed indegna.

L’unica soluzione era parlare con Farid, accennarlo a Leila non sarebbe stato facile, ma doveva farlo, per il suo bene.

Non poteva vivere il suo futuro senza avere seppellito il suo passato, lo doveva a se stessa e a Gustav che suo malgrado aveva attirato in quella storia.

Tornò a seguire le lezioni e ad aspettare l’intervallo.

Quella benedetta campana non si decideva a suonare nonostante lei stesse friggendo nell’attesa di parlare a Leila, che dal canto suo sembrava immersa in altri pensieri, questa volta positivi.

Finalmente quell’aggeggio si decise a suonare e Shirin schizzò al banco di Leila, che le restituì uno sguardo  vagamente perplesso.

“Come mai così ansiosa di parlarmi?”

Bhe mi sembravi strana e volevo sapere perché.”

La rossa si dipinse sul volto un ghigno vagamente insolente.

“In preda alla febbre da gossip?”

“Oh! Smettila!”

Pausa di silenzio.

“Si, ok, sono in preda alla febbre da gossip!

Lui l’hai trovato?”

Avevano deciso di comune accordo di non nominare mai direttamente a scuola ne Bill ne Gustav.

“Si.”

“E vi siete parlati?”

“Si, ci siamo parlati e …. Stiamo all’incirca insieme.”

“Wow sono troppo felice per te!

Finalmente qualcuno anche per te!”

“Ehi!!”

“Ma è vero! Perché hai quella faccia?”

“Ci ha sgamato suo fratello mentre ci baciavamo.”

“Non mi dire che hai vergogna!”

La rossa rispose con un silenzio eloquente.

“Oddio Leila! Non ci credo!”

“Non crederci, ma è così!”

“Sei troppo permalosa! Come ha reagito suo fratello?”

“Credo di non andargli a genio, mi considera una poco di buono.”

“Vedrai che appena ti conoscerà meglio cambierà idea …”

“Non ne sono convinta, ma cosa posso farci?”

“Sei la solita pessimista.”

La rossa sbuffò, Shirin ridacchiò divertita.

Mmm e tu cosa volevi?”

Era alla resa dei conti.

“Io volevo chiederti se sai dove possa essere Farid, vorrei parlargli.”

La rossa strinse gli occhi e mutò espressione, non era un bel segno.

“Perché?”

“Gustav ha detto che è venuto a parlargli, io vorrei solo chiarire tutto un’ultima volta, così avrò messo una pietra sopra al passato definitivamente.

Voglio parlare con lui, come credi che reagirà?”

“Non ne ho idea.”

Fu una risposta troppo brusca che le fece scattare un campanello d’allarme, l’amica le stava nascondendo qualcosa, ne era certa.

“Sei sicura?”

“Certo!”

“Tu mi stai nascondendo qualcosa!”

“NO, in ogni caso ora scendo a fumare e a mangiare qualcosa, intervallo è agli sgoccioli.”

Si allontanò di corsa, era ufficiale, c’era qualcosa sotto e Schmit non aveva alcuna intenzione di dirle cosa.

-Che palle! Sono stanca che mi nasconda le cose!

Non sono un fiore di cristallo, cazzo!

Non lo sono più!-

La bionda sbuffò frustrata ed uscì dalla classe a passo di marcia, se Leila non aveva voluto cantare, avrebbe trovato qualcuno che l’avrebbe fatto al suo posto!

E quello che faceva al caso suo era Luca Girardi, il bell’italiano che di Leila sembrava sapere sempre vita, morte e miracoli prima di lei.

Lo trovò per i corridoi, forse stava andando da Lene, ma non se ne curò, per una volta non sarebbe morto se non avesse incontrato la sua fidanzatina!

“GIRAAARDI!”

Il moro si voltò e la guardò perplesso.

“Cosa c’è Sayeb?”

“Ho bisogno di parlarti.”

“Dimmi, sono qui.”

“Vorrei parlare con Farid, ma ho il sospetto che Leila non voglia dirmi qualcosa su di lui.”

Anche Luca cambiò espressione solo a sentire il nome del turco.

“Luca dimmelo cazzo!

Dimmi cosa c’è sotto! Dimmi perché sia tu che Leila avete cambiato faccia quando vi ho parlato di lui!”

Shirin, se Leila non te l’ha detto, c’è una ragione…

“LUCA IO SONO STANCA CHE NON MI SI DICANO LE COSE!

HO IL DIRITTO DI SAPERLE! ESIGO CHE MI SIANO DETTE!”

Tutto il corridoio si voltò verso di loro, Luca si guardava attorno nervoso, quella situazione non gli piaceva affatto era evidente.

“Cazzo Sayeb! Se te lo dico Schmit mi ucciderà, ma se non te lo dico mi ucciderai tu!

Vieni!”

La prese per un polso e la trascinò lontano dalla folla.

Shirin non credo potrai parlare con Farid a breve.”

“Perché? Ha lasciato il paese?”

“No.”

Il moro fece un sospiro profondo, non era affatto contento di essere lui ad annunciarle quella notizia, qualsiasi essa fosse.

“è finito in  galera.”

“Cosa?”

La bionda sbarrò gli occhi, non si aspettava quella risposta.

Ora capiva il silenzio e la riluttanza di Leila a parlare.

Sentiva le lacrime pungerle gli occhi, era sinceramente  dispiaciuta per lui.

Non era mai stato un cattivo ragazzo in fondo, lei meglio di tutti conosceva i suoi difetti, ma il carcere …

No, non credeva se lo meritasse!

“Chi l’ha sputtanato?”

“Non si sa …. Gira voce sia stato Mark.

Non sarebbe strano , visto che ora che regge la baracca che prima era di Schmit.”

“Quel figlio di puttana schifoso!”

Shirin stai calma!”

“Calma un paio di palle!”

Luca rinunciò ai suoi tentativi di blandirla.

“Ti rendi conto di cosa ha fatto e di come Leila ci stia male e di come mi abbia escluso!”

Shirin l’ha fatto per te! Lo sa quanto ancora tu tenga a Farid …”

“E quanto ancora io sia fragile? Perché è sempre questo il fottuto punto!

Povera Shirin! Povera suicida fallita!

Teniamola lontana da ciò che le fa male, ficchiamola sotto una campana di vetro!”

“SHIRIN STAI ESAGERANDO!

Ti rendo conto tu cosa ha fatto Leila per te?”

Ci fu un silenzio inquietante, nessuno dei due usava parlare ,anche se gli occhi della bionda mandavano lampi.

Shirin preferì allontanarsi dal moro e tornò in classe fumando di rabbia.

Si sentiva in qualche modo tradita e messa da parte, lo sapeva che era irrazionale e senza senso, ma non riusciva a darsi una calmata.

Per tutto il resto della giornata non parlò a nessuno, immersa nelle sue riflessioni.

Forse Leila fu ferita da quella forma di esclusione,  ma non lo diede a vedere.

Lei intanto aveva preso una decisione, avrebbe rivisto Farid lo stesso.

Non le importava prendere appuntamento in carcere per doverlo vedere.

Non le importava che Leila non volesse.

Lei sentiva di doverlo fare.

Per se stessa e per Gustav.

 

Luca era nervoso.

Quella sera Lene l’avrebbe finalmente  presentato a Georg, era almeno una settimana che il grande incontro veniva rimandato per motivi vari.

Tutti capibili, ma non avevano fatto altro che aggiungere ansia al suo stato già precario.

“Sei nervoso Luchino?”

Uno dei dieci modi più veloci per farlo arrabbiare era chiamarlo così e suo fratello lo sapeva bene, l’infame.

“Che te ne frega Andrea?

Gira al largo!”

“Ok, ma non farti tante illusioni, lei si stancherà presto di te.”

Prendere a pugni il suo fratellino dodicenne non era un’opzione consigliata anche se al momento desiderava ardentemente farlo.

Sicuramente riportava opinioni che venivano da qualcun altro ed era certo di sapere chi fosse quel qualcun altro.

“Che cazzo stai dicendo?”

“Mamma dice che una come lei con un italiano povero in canna come te non ci sta.

Che ti usa solo.”

Questo era troppo! Inviperito si voltò verso il fratello.

“Dì a mamma di farsi i cazzi suoi!

 … E di pensare a perché nessuno se l’è mai presa!”

Uscì dall’ appartamento, ormai era quasi pronto e finalmente si sentì libero.

Libero dalla sua famiglia ingombrante.

Libero dalla cattiveria di sua madre.

Lene era sempre stata la sua boccata d’aria fresca in un mondo scomodo, non poteva farci nulla.

Sapeva che la madre di Lene, dopo la storia con Farid, era stata contenta della loro, quella donna aveva sempre avuto un debole per lui e un po’ anche per Francesca.

Lo aveva dedotto dal fatto che la donna gli aveva chiesto e continuava a chiedergli sue notizie.

Era una brava donna dopotutto e questo lo sapeva anche sua figlia, forse era per questo che avevano recuperato un rapporto.

Georg invece era un’incognita, sua sorella gli aveva parlato di lui come di una persona calma, tranquilla e anche divertente e gli aveva detto di non preoccuparsi.

Più facile a dirsi che  a farsi.

Rimaneva comunque il fratello di Lene e avrebbe potuto opporsi alla loro storia se non gli fosse piaciuto.

Erano dei pensieri assurdi, una parte di lui lo sapeva, ma non riusciva a fare a meno di formularli, era decisamente in paranoia.

Slegò il motorino e si ributtò nel traffico per raggiungere la casa della sua ragazza.

Doveva stare attento o nervoso come era avrebbe rischiato di fare un incidente e non gli sembrava il caso.

Arrivò nel parcheggio accanto al condominio, legò il motorino e si avviò verso l’entrata.

Quante volte aveva suonato quel campanello?

E quante volte aveva sentito La voce di lene senza che questo gli causasse una certa ansia?

Molte, troppe.

Salì le scale e si ritrovò davanti all’appartamento dei Kaufmann completamente pietrificato, incapace di bussare o suona re il campanello.

Fu Lene a salvare la situazione aprendo la porta.

“EHI ciao! Sei fortunato, Georg è già dentro.”

Chissà perché non si sentiva tanto fortunato.

“Ehi ciao Luca!”

Georg gli sorrideva cordiale.

“Ciao!”

“Come stai? È un bel po’ che non ci si vede!

L’ultima volta che ho visto eri un moccioso troppo serio per la sua età!”

Lui arrossì e non riuscì a dire nulla.

Bhe mamma, noi andiamo.”

“D’accordo.

Ciao Luca, ciao Georg, divertitevi.”

“Buonasera signora.”

Uscì di nuovo di casa e si ritrovò sulla macchina di Listing ad ascoltare lui e Lene che parlavano allegramente e i sentì terribilmente tagliato fuori.

Anche al ristorante ebbe quella strana sensazione che non gli permise di spiccicare parola e di finire  a stento quello che aveva ordinato.
“Ehi Luca ci fumiamo una sigaretta?”

“Si, perché no?”

Cercò di fare il disinvolto , ma non ci riuscì molto, così non gli rimase altro che seguire Georg fuori dal locale.

Il piastrato di accese una sigaretta, fece un lungo tiro e buttò fuori il fumo.

“Sputa il rospo!”

“Cosa?”

“C’è qualcosa che non va, dimmi che cosa c’è.”

Il moro sospirò.

“Sono preoccupato …”

“Non dirmi che ti sei tirato paranoie su questa cena?”

“Un po’ si.”

“Sei scemo? Prendila per una cosa normale!

A me tu stai simpatico, sono contento che mia sorella esca con te.”

“Ok, mi sento terribilmente idiota giunti a questo punto.” Ammise a malincuore Luca.

“Tranquillo, il fatto che tu ti sia preoccupato di me e del mio giudizio indica che tu tieni veramente a Lene.”

Lui annuì.

“IO ci tengo  d a v v e r o   a lei!”

“Lo so, Lene mi ha raccontato che eri pronto ed essergli amico tutta la vita se questo l’avesse resa felice.

Ora che ne dici?

Torniamo dentro?”

Luca annuì, l’ansia se ne era andata, la cena e la serata potevano proseguire nel migliore dei modi ora.

I suoi dubbi erano evaporati e lui finalmente tornò ad assaporare la sensazione di leggerezza della libertà.

Nessuno gli avrebbe portato via lene, certamente non Georg, era stato davvero uno stupido a pensarlo, doveva darsi una calmata.

Tornò dentro e sorrise alla sua ragazza, lei ricambiò con uno dei suoi sorrisi più luminosi e Luca lo ricambiò.

La serata proseguì nel migliore dei modi.

Non sarebbero state le sue paranoie o le meschine insinuazioni di sua madre a rovinargli quella splendida storia che stava vivendo.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Ok, non so cosa dire^^.

Sono tornati in scena anche Luca e Lene, ma come nei prossimi capitoli i protagonisti sono altri.

Leila, Shirin, Bill e Farid.

Situazioni un po’ precarie.

Spero vi piaccia^^.

Il titolo è preso da una strofa di “Bambole” dei Negrita.

Sono un po’ stanca (sto rispondendo mercoledì sera, anche se voi vedete pubblicato il giovedì XD), perciò ringrazio di cuore (non sapete quanto piacere mi faccia vederle *-*)per le recensioni:

 

 

Pulse

 

Lady Cassandra

 

Schwarz nana

 

utopy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** 27)Quando Il Faccia A Faccia Con Il Passato Non Fa Male ***


27) Quando il faccia a faccia con il passato non fa male

 

 

Shirin si alzò di umore incerto.

Quel giorno avrebbe dovuto parlare a Leila, non poteva chiedere un colloquio con Farid senza prima parlarne con lei, ma sapeva che l’amica non l’avrebbe presa bene.

Leila aveva perso suo fratello e lei, Shirin, come amica per un tempo troppo lungo in quella storia di tanto tempo prima.

Forse era Leila quella che ne  era uscita peggio da quella storia, si disse distrattamente mentre si pettinava i boccoli biondi.

-Un po’ mi ha stufato questo biondo, quasi quasi torno al nero .

Che cavolo sto pensando?-

Stava tentando di non pensare alla reazione della rossa, era un comportamento vigliacco lo ammetteva, ma la situazione in sé non era semplice e dava adito a molti fraintendimenti.

Si poteva pensare che dopotutto per Farid provasse ancora qualcosa se voleva andarlo a trovare, lei sapeva che non era così, voleva solo guardarlo in faccia e capire che per lui l’amore era svanito.

Tutto qui.

Non desiderava altro, ne ferirlo ne illuderlo.

Forse si sarebbe arrabbiato, vedendola li, pensando che fosse solo per pietà.

Era sempre stato un tipo terribilmente orgoglioso Farid, forse era per questo che era caduto sempre in piedi o aveva sempre trovato la forza di rialzarsi.

Chissà se sarebbe successo anche quella volta?

Non voleva, nonostante tutto , che lui rimanesse sul fondo.

Uscì dal bagni, David la scrutò a lungo, come se non la riconoscesse.

“Cosa c’è?”

“Mi sembri cambiata, più forte, ecco.”

“Quello che non ti uccide fortifica, fratellino.”

“Hai ragione.” Sorrise lui e le spostò la sedia per invitarla accanto a lui.

“Devi dirmi qualcosa Shirin?”

“Ti do quest’impressone?”

“Esattamente.”

Odiava essere un libro aperto per gli altri,ma allo stesso tempo ne era felice, i misteri della vita.

“Ho saputo una cosa, Dave.

Ho saputo che hanno arrestato Farid.”

Il fratello continuò a girare il cucchiaino nel caffè a lungo prima di alzare gli occhi su di lei.

“Lo so, mi dispiace.

Ho una mezza idea su chi sia stato … gliel’ho sempre detto che sbagliava a fidarsi di lui.”

“Lo  so … non è mai piaciuto nemmeno a me.

Non è questo che volevo dirti in ogni caso.

Cosa volevi dirmi ?”

Dave io voglio parlare con Farid.”

“Lo sai vero che dovrai andare in carcere?”

Suo fratello si stava già allarmando , ma poteva capirlo, considerato quello che aveva passato.

“Lo so, ma ho bisogno di parlargli.”

“Non voglio farmi i cazzi tuoi sorellina, non  ho mai interferito nella tua vita e forse ho sbagliato, visto quello che ti è successo,  ma tu sei sicura di quello che stai facendo?

E perché vuoi incontrarlo?”

“Frena, non è come pensi tu!

Io sto bene con il ragazzo con cui esco, forse è la prima volta da quando …. Bhe ci siamo capiti … però …

Però sento il bisogno di chiudere con il mio passato o mi perseguiterà per sempre.

E l’unico modo che ho di farlo è di parlargli o anche solo vederlo per capire che effetto mi fa.”

“Ne sei certa?”

“Si, anche se nascondi una ferita sotto un cerotto non guarisce, ma ottieni solo di formare il pus e io ho l’impressione che ci sia fin troppo pus dentro me.”

“D’accordo, ma Leila non la prenderà bene.”

“Lo so, ma è necessario, ora devo andare!”

Era decisa e il fratello capì che non sarebbe riuscito a farle cambiare idea, qualsiasi cosa pensasse di quello che voleva fare.

“ A dopo.”

Uscì di casa dopo aver afferrato giubbino e zaino e si diresse verso il  motorino.

Avrebbe tanto voluto avere una macchina, lei non era come Leila che adorava quella vecchia caretta di scooter che si ritrovava, ma i suoi non guadagnavano abbastanza per pagarle i corsi per l’autoscuola e  poi una macchina.

Non le era mai piaciuto zigzagare nel traffico e quella mattina lo realizzò per l’ennesima volta, fortunatamente la scuola non era troppo lontana.

Leila era già arrivata, stava fumando seduta sul suo motorino, notò mentre parcheggiava il suo e sembrava in tutto e per tutto una teppista con quell’aria da dura e il giubbotto di pelle.

“Ciao Leila.”

“Ciao Shirin, come va?”

“Solito.”

“Hai fatto inglese? Ieri non sono riuscita a fare i compiti, non è che potresti passarmeli?”

Frammenti dell’adorata normalità, come le facevano piacere e come le facevano male allo stesso tempo, visto che tra poco lei l’avrebbe distrutta.

“Si, certo, te li passo dopo in classe.

Leila devo dirti una cosa ….”

“Cosa?”

“Ho saputo che Farid è stato arrestato e mi dispiace molto e ….

 Vorrei avere un colloquio in carcere con lui.”

Sentì Leila trattenere il fiato e la vide sgranare gli occhi.

“Perché? Perché dopo tutto quello che ti ha fatto?

Non sei felice con Gustav?”

“Si che lo sono!”

“E allora perché?”

Capiva benissimo la rabbia della rossa, lei forse avrebbe reagito allo stesso modo se al posto di Farid ci fosse stato Dave, ma non poteva farci nulla.

“Perché devo guardarlo negli occhi un’ultima volta e capire che tra a me e lui non c’è più nulla, capisci?

Lo devo a Gustav e a me stessa!

Devo smetterla di avere paura del mio passato! “

Leila rimase a lungo in silenzio, tanto che temette che non se ne sarebbe andata senza nemmeno risponderle.

“Ok, Shirin.

Non posso dire di essere contenta, ma se è questo che desideri fare ti appoggerò.”

“Di cosa hai paura?”

“Di come potresti reagire tu e di come potrebbe reagire lui …

Lui ti ama ancora ….”

“Lo so, è per questo che lo voglio vedere.”

“Non ti capisco.  potresti ferirlo lo sai?”

“Lo so, ma è necessario.”

“D’accordo, fai come vuoi, io non sono nessuno per impedirtelo.”

E dopo questo seppe di aver vinto, ma fu una vittoria amara.

Una vittoria che non sarebbe servita a nulla, se non forse a spargere altro necessario dolore in loro.

Trascorsero lente le ore di scuola, nella prospettive di dover incontrare l’avvocato di Farid, visto che anche Leila sembrava esseri ritirata nel suo mondo.

Chissà a cosa pensava, a chi …

Si salutarono piuttosto freddamente per rivedersi il pomeriggio, la rossa era molto tesa e la bionda non era da meno.

Quel colloquio era sofferto per tutti, tranne che per l’avvocato di Farid.

Otto Lang era sulla cinquantina ,  grassoccio e bonario, sembrava essere abituato a non emettere giudizi sui suoi clienti, forse perché di casi brutti doveva averne visti parecchi nella sua vita.

“Buon giorno, lei è?”

“La signorina Shirin Sayeb.”

“Lieto di conoscerla.”

L’uomo sorrise e le porse la mano con una cortesia d’altri tempi.

“Perché desidera incontrare il mio cliente?”

“Sono la sua ex fidanzata, abbiamo delle questioni in sospeso.”

Lang socchiuse sornione gli occhi, parlarono ancora un po’ di dettagli tecnici, poi Lang sorrise ancora.

Sembrava terribilmente un gatto in quel momento, Shirin era disorientata.

“Ora inoltrerò la domanda al tribunale, le comunicherò l’esito appena possibile.”

“Grazie avvocato.”

“Si figuri, il mio cliente ha bisogno di tutto il sostegno psicologico possibile.”

Shirin abbassò gli occhi, probabilmente l’avvocato sperava in un ritorno di fiamma che avrebbe potuto dare nuova forza al turco, non poteva certo immaginare che invece lei gli avrebbe dato il colpo di grazia.

Per un attimo si sentì terribilmente in colpa, conscia dello sguardo dell’amica addosso, ma poi passò tutto.

Quel dolore era in un certo senso necessario.

 

Leila si sentiva sconfortata.

Stava uscendo dallo studio dell’avvocato Lang con una sensazione di sconfitta tremenda , per una cosa che si sistemava, un’altra tornava in uno stato di equilibrio precario.

Capiva il desiderio di Shirin, ma sapeva anche che effetto avrebbe potuto avere su suo fratello e non sarebbe stato positivo.

Farid era sempre apparso a tutti come un ragazzo forte, solo Leila sapeva quanto fosse in realtà fragile , soprattutto in quel momento.

Solo, in una realtà più dura del solito e disperatamente innamorato di una ragazza che aveva perso.

Reincontare Shirin non poteva che minare quel fragile equilibrio che Farid si stava costruendo, tuttavia chi era lei per impedire alla bionda di seppellire fino in fondo il suo passato?

Non era nessuno, ma sarebbe toccato a lei nelle visite successive raccogliere i cocci di suo fratello.

Arrivò alla clinica senza dire una  parola, l’inseparabile duo Sayeb-Schimt sembrava terribilmente distante quel  giorno, ognuna sintonizzata sui propri pensieri.

-Perdonami Shirin, ma più che capire la tua scelta, altro non posso fare.

Mio fratello ci soffrirà e io non voglio!

Non voglio.-

Schmit!”La voce astiosa del suo capo la riscosse.

“Si?”

“A te tocca la camera di Kaulitz, ok?”

Annuì, cercando di nascondere la sua contentezza, almeno avrebbe visto Bill.

Vederlo era sempre meglio che sognarlo e basta, contando i giorni che mancavano a quando l’ avrebbe visto senza mastini intorno a rendere impossibile ogni contatto fisico o parola di conforto.

Bill era tornato al regime rigido dei pazienti appena arrivati in clinica, strettamente controllato da infermieri e medici per impedire che facesse qualche gesto inconsulto.

Sfiga maledetta.

Destino.

Le aveva regalato una cosa bellissima e ora le ripresentava il conto tramite la scelta di Shirin e con quel regime che la allontanava da chi amava.

-Passerà Leila..

È come la marea, a volte è alta e minaccia di trascinarti via con sé, altre volte è bassa ed è perfettamente controllabile e a tratti piacevole.

Ora sei in alta marea.-

Raggiunse a passi strascicato il cubo bianco, che la direzione aveva il coraggio di chiamare stanza, di Bill ed aprì piano la porta.

Il ragazzo era sdraiato a letto e dormiva, chissà forse era sotto sedativi, non l’avrebbe saputo dire.

Sapeva solo che certi pazienti diventavano violenti in astinenza e Bill poteva essere uno di quelli per quanto ne sapeva  lei.

Si avvicinò a passi felpati al letto e  gli accarezzò delicatamente la fronte.

Niente da fare, nonostante l’aria sciupata e le occhiate, rimaneva comunque il ragazzo più bello che avesse mai visto  e avrebbe voluto fare ben altro che accarezzargli la fronte.

Lo sentì muoversi e mugugnare nel leggero dormiveglia e decise di spostare la mano, ma lui gliel’afferrò continuando a tenere gli occhi chiusi.

Era perplessa, non sapeva cosa fare, se qualcuno l’avesse vista sarebbero stati guai.

“TI prego non andare!”

“ Io …”

“Lo so che è pericoloso, ma mi sento solo.”

“Se dovesse passare qualcuno e ci dovessero vedere io non potrei più lavorare qui e non ci potremmo più  vedere.”

“Lo so ….”

Lei avrebbe potuto allontanarsi e non lo fece, contrariamente a tutto quello che era logico fare.

Al  contrario gli accarezzò di nuovo la fronte e scese sulla guancia, era sbagliato quello che stava facendo, ma non poteva andarsene, non più.

Lui si godeva quel contatto a occhi chiusi, come un  bambino si gode la carezza di sua madre.

“Mi mancano.”

Non ci fu bisogno di specificare chi.

“Ti capisco,ma ce la farai e potrai rivederli.”

“E se non fosse la cosa buona rivederli?

Io ho causato loro tanto di quel dolore.”

“Bill apri gli occhi e guardami!”

Il ragazzo alzò lentamente le palpebre e finalmente lei poté perdersi in quel castano.

“Uno: non dire cazzate.

Due: causeresti loro molto più dolore non facendoti più vedere!”

“Ne sei sicura?”

“Ne sono certa.”

Il ragazzo rimase un attimo in silenzio.

“Ti è successo qualcosa Leila?”

“Lo sai che non potrei dirtelo, vero?”

“Lo so, ma ..”

“Tu vuoi saperlo, vero?”

Lui annuì.

“Hanno arrestato mio fratello.”

“Io …. Mi dispiace …. Non lo sapevo.”

Er a sinceramente dispiaciuto per lei, nonostante avesse mille motivi per avercela con Farid, quel ragazzo era incredibile!

“Non lo potevi sapere, però ora capisci quello che ti volevo dire?”

“Si, per te è infinitamente peggio non averlo vicino, vero?”

Lei annuì e gli prese una mano tra le proprie.

Le mani di lui erano calde, quelle di lei fredde.

“Si Bill non sai quanto …

Questo ci ha permesso di stabilire ancora un dialogo, ma avrei preferito mille volte che fosse fuori di li.”

“Hai ragione. Mi impegnerò Leila e ce la farò.”

“Bravo Bill, così si fa!”

Gli diede un bacio in fronte e si staccò a malincuore e pulì la stanza.

“Ciao!”

“Ciao!”

Lui tornò a dormire e lei al lavoro, più triste e sull’orlo delle lacrime di prima.

Si stavano aprendo delle crepe in lei, tutto il dolore che aveva affrontato  in passato e che credeva di avere superato stava tornando a galla e nel peggiore dei modi.

Una sensazione strisciante si era impadronita di lei, la marea minacciava di tirarla giù nei suoi abissi bui di dolore e tristezza, quegli abissi che Shirin conosceva bene.

Buffo che ancora una volta fossero Shirin e Farid con le loro intrecciate e parallele allo stesso tempo a trascinarla verso l’abisso come tre anni prima.

Sarebbe mai arrivato il giorno in cui tutto sarebbe stato a posto come una volta?

Una volta i rancori erano seppelliti, la rabbia e il dolore non erano così forti o insuperabili come oggi.

-Ma il passato non può tornare, c’è solo quel futuro del cazzo che ci si ostina a dire che è nostro e che siamo noi a costruirlo.

Fanculo!

Non siamo noi a scriverlo perché non ci siamo solo a noi a questo mondo, esistono anche gli altri e quello che decidono spesso ci blocca un sacco di possibilità.-

Quel giorno il lavoro fu più noioso del solito, non l’aveva mai amato, ma il suo senso della giustizia, misto a quello di colpa la faceva andare avanti.

Una serie di giorni sempre uguali era quello che aveva vissuto in quegli anni ed era stanca.

Stanca che tutto questo non la volesse lasciare andare nemmeno per vivere l’amore.

Uscì dal lavoro senza salutare nessuno , l’unica persona cha davvero le interessasse al momento era a letto là dentro  e non poteva nemmeno vederla.

Arrivò a casa in poco tempo e per non pensare aiutò Meg a fare i compiti, era solo questione di tempo poi avrebbe dovuto affrontare suo padre per la storia di Farid.

Non era incazzata, era certa che suo padre l’avesse fatto per non farla soffrire, peccato che così avesse sofferto lo stesso.

“Sorellina, stai bene?”

Meg aveva uno sguardo serio mentre poneva quella domanda, troppo serio come suo solito.

Il fatto si averla separata dalla madre sarebbe sempre stato un trauma per quella bambina , lo dimostrava il fatto che aveva sempre paura di venire separata da loro e si preoccupava per ogni minima cosa  che turbasse lo stato di quiete.

“Si, sono solo un po’ stanca …

Sai il lavoro.”

“Il lavoro è una cosa brutta, sia tu che papà siete sempre così stanchi.”

La abbracciò, sapeva che il contatto fisico rassicurava la cugina.

“Non è sempre piacevole, ma è necessario per avere i soldi per vivere.”

La ragazza non disse nulla e si godette quell’abbraccio, fino a che l’occhio di Leila non cadde sull’orologio.

“Piccola, è ora di continuare.”

Non si distrassero fino a che tutto non fu finito e lei poté prendersi una pausa sigaretta ed uscire sul terrazzo di casa.

Nel suo micro mondo stava calando il tramonto e un vento freddo stava scuotendo le fronde degli alberi davanti al palazzone dove abitava.

Si appoggiò alla ringhiera, le madri stavano urlando ai figli che era arrivato il momento di tornare a casa, come faceva la sua con lei e Farid da piccoli.

Cambiava tutto e non cambiava niente.

Un uomo stava attraversando il cortile stringendosi nel  cappotto, strinse gli occhi e lo riconobbe, era suo padre.

Il momento di chiarire anche con lui era arrivato e lei non ne era particolarmente contenta, sembrava che ultimamente tutto le stesse ripresentando i conti per i suoi errori e lei era stanca di pagare ed essere giudicata.

Continuò a fumare ed attese.

Il fumo si disperdeva lento mente si immaginava suo padre salire le scale, poi sentì la porta d’ingresso aprirsi, i suoi fratelli e Meg salutarlo e sua madre fare lo stesso.

Questioni di attimi e sarebbe arrivato da lei.

La portafinestra si aprì rivelando la figura dell’uomo  che la scrutò preoccupato, non gli era mai piaciuto che lei fumasse.

“Ciao Leila.”

“Ciao papà.”

“Come va?”

“Bene. Papà ti devo parlare.”

Aveva detto la frase che sperava non avrebbe portato a nuovi litigi, non avrebbe retto.

 L’uomo captò qualcosa di strano nella sua voce perché si irrigidì immediatamente e lanciò un ‘occhiata nervosa alla sigaretta che fumava .

“Quella roba ti fa male.”

La ragazza lo ignorò non le piaceva farlo, tuttavia sapeva benissimo che quello era un tentativo del padre di sviare la conversazione.

“Non è di questo che dovremmo parlare, bel tentativo comunque!”

L’uomo sospirò.

“Forza Leila dimmi.”

“Ho saputo di Farid.”

Una frase corta e secca che fece trattenere il fiato all’uomo per un attimo, che si fosse reso conto che il suo tentativo era stato inutile?

“Io ….”

“Tu lo sapevi papà, perché non mi hai detto nulla?”

“Chi te l’ha detto?”

“Ha importanza?”

“ Per me ne ha.”

La  ragazza sbuffò, odiava quando suo padre era così dannatamente testardo.

“è stata Ania, ok?

Che cosa cambia ora?

Sei soddisfatto? Sai con chi prendertela?”

Il signor Schmit abbassò gli occhi e prese a fissarsi la punta delle scarpe, momentaneamente a corto di parole.

“Leila lo so che sei arrabbiata, anche io lo sarei al tuo posto, ma quello che ho fatto l’ho fatto per un motivo.”

“Quale papà? Ti rendi conto che hai voltato le spalle a tuo figlio in carcere?”

“Credi che non me ne renda conto o che non ci stia male?

L’ho fatto per te, per proteggerti, non volevo che soffrissi ancora.”

La ragazza gli appoggiò un mano sulla spalla.

“Lo so papà, ma così ho sofferto comunque e non ogni caso non avrei mai potuto ne voluto abbandonarlo, anche se fossi stata male.”

“Gli vuoi ancora bene tesoro, questo ti fa onore.

Forse non ho sbagliato tutto nel crescere i miei figli.”

Leila non replicò, non sapeva cosa dire.

“Papà a Farid farebbe piacere vederti.”

Cambiare argomento era la sua specialità.

“Sei sicura, tesoro?”

“Si. Lui …. Non  sta bene …

Lo vedo giù credo che ricevere la tua visita lo aiuterebbe.”

Tra di loro cadde il silenzio, Leila ripensava alla decisione di Shirin e come non le piacesse e a che conseguenza avrebbe avuto.

“C’è altro Leila? Ti vedo preoccupata.”

“SI, c’è qualcosa …”

Shirin vuole andare a trovare Farid.”

“ E non è una cosa positiva?”

La ragazza spense la sigaretta nel posacenere, cercando le parole adatte.

“Non lo è.

Lo sarebbe se Shirin non andasse a trovarlo solo per capire in modo definitivo che non lo ama più.

Questo potrebbe fargli male, molto male, lui la ama ancora.”

Suo padre rimase in silenzio, la luce era sempre più fioca, la notte stava scendendo.

“Forse andrò a trovarlo ….

Tesoro, ti stai facendo carico di responsabilità troppo pesanti, a quest’età dovresti pensare solo a divertirti, non a queste cose.”

“Lo so papà, ma non posso farci niente.

Mamma ci sta chiamando, andiamo.”

Entrarono senza dirsi altro.

Il mondo continuava a rimanere brutto agli occhi di Leila, ma sapere che almeno suo padre la capiva ed era dalla sua parte la fece sentire meglio.

Un po’ meno sola e più pronta a combattere.

 

Erano passati due giorno da quando aveva parlato con l’avvocato di farid.

Due giorni che Leila non le parlava.

Due giorni di silenzio.

Shirin non sapeva cosa fare, avrebbe voluto parlarle, era certa che Leila non era arrabbiata con lei, ma non se la sentiva.

La verità era che il suo senso di colpa  non le dava tregua, a volte arrivava  a sussurrarle che aveva preso quella decisione solo per vendicarsi del dolore che lui le aveva inflitto anni prima.

Non poteva accettare quell’ipotesi, non poteva essere davvero così meschina.

Shirin?”

Si riscosse, era fuori scuola e Leila la stava guardando leggermente preoccupata.

“Si?”

“Finalmente, ero preoccupata!

È un quarto d’ora che ti chiamo e tu non rispondi!”

“Scusa, ero persa nei miei pensieri.”

“Stamattina ha chiamato l’avvocato Lang.

I permessi per vedere Farid sono pronti, oggi o domani dovrebbero arrivare.”

La bionda annuì, Leila rimase corrucciata, sembrava volesse aggiungere qualcosa senza averne il coraggio.

Shirin, qualsiasi cosa tu voglia dirgli, ti prego, vacci piano.

Non è nello stato di accettare insulti o recriminazioni, lo vedo molto spento.”

La bionda sospirò, l’amica si accese l’ennesima sigaretta della giornata.

“Non ho chiesto questo colloquio per insultarlo, comunque lo terrò a mente; Leila.”

Shiri non voglio attaccarti, ma sono in una brutta posizione.

Io tengo a te e tengo a Farid e non voglio scegliere a chi rimanere vicino.”

Shirin non disse nulla, non sapeva cosa dire, avrebbe voluto dire che le dispiaceva e non ci riusciva.

E poi dispiacersi per cosa?

-Forse avrei dovuto dare retta a Dave tanti anni fa e smettere di puntare Farid, ora non saremmo a questo punto.-

“Io vado, devo andare in clinica dopo.”

“Ciao!”

Si separarono, ognuna salì sul propri motorino, ognuna immersa in pensieri poco piacevoli indirizzarti alla stessa persona.

Arrivò sotto casa e parcheggiò il motorino, poi guardò nella cassetta della posta.

Tra le varie cose c’era una busta bianca con il timbro del tribunale, le mani la tremarono leggermente.

Salì lenta le scale, fino ad arrivare fino al suo appartamento con una sensazione di irrealtà sempre più forte.

Aprì la porta, buttò le chiavi sul mobile dell’ingresso e si diresse in cucina.

Si guardò intorno in cerca di un coltello, una volta trovato tornò in sala e si sedette al tavolo.

Con mani tremanti aprì la busta.

Le parole erano lì nero su bianco, fredde ed immutabili.

Avrebbe potuto rivedere il suo ex di li a due giorni.

Lasciò cadere la lettera e si mise a braccia conserte sul tavolo senza pensare  a nulla, nemmeno al lavoro.

Ora nella sua mente c’era solo il vuoto e un terribile incertezza.

Queste sensazioni la accompagnarono in quei due giorni e le fecero chiedersi se stesse facendo la cosa giusta.

Aveva preso una decisione, si disse, quindi doveva portarla fino in fondo o non sarebbe più riuscita a guardarsi allo specchio.

Finalmente quel giorno maledetto arrivò, le fece uno strano effetto trovarsi davanti al carcere,stretta in un cappotto, in compagnia di una silenziosa Leila.

Entrarono in quel luogo grigio ed opprimente, mentre fuori cadeva una pioggia battente.

“E così ci siamo.”

“Già.”

Poche parole in attesa  della guardia scortasse Shirin da Farid.

Quando l’uomo arrivò la bionda lo seguì e venne scortata in una grande stanza affollata di altre persone che dovevano incontrare altri detenuti.

All’interno c’era un lungo tavolo, il secondino le indicò una sedia e Shirin si sedette in preda ad un’ansia terribile, presto l’avrebbe rivisto.

Era pronta?

Una porta che si trovava davanti a lei, oltre al tavolo si aprì e il turco entrò scortato da un altro secondino.

Sembrava più piccolo e infinitamente più fragile lì dentro, in quella tuta anonima.

Imbambolato si sedette sulla sua sedia e la guardò per un attimo che le parve infinito.

Cosa stava sentendo?

Un’infinita pena, in passato le aveva fatto male, ma non si meritava di stare lì.

Non provava altro, non c’era più quella scintilla che era scattata in passato ed era stata davvero stupida  ad arrivare a doverlo vedere per capirlo.

“Sei l’ultima persona che mi sarei aspettato di vedere.”

La voce del ragazzo spezzò quell’atmosfera.

Ritrovarsi di nuovo a fissare quegli occhi verdi, al momento così malinconici  e tristi le provocò una morsa allo stomaco.

“Anche a me fa strano essere qui.”

“Come stai Shirin?”

“Io …  bene.”

“Perché sei venuta qui?

Sono felice di vederti, ma perché sei qui?”

La ragazza abbassò gli occhi, cosa poteva rispondergli senza ferirlo?

“Dimmi la verità Shirin, qualsiasi essa sia, la preferisco ad una bugia.”

Boccheggiò senza fiato, sentendosi terribilmente stupida.

“Io … io volevo solo capire che effetto mi avrebbe fatto rivederti e riuscire a chiudere con il mio passato e ricominciare.”

Il ragazzo assimilò quelle parole, poi un sorriso amaro si formò sulla sua bocca.

“Capisco … e ci sei riuscita?”

“Si.”

“Sono contento. Shirin per quello che possa valere, mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto.

Non dovevo chiederti di abortire, ma avere le palle di affrontare il carcere, io quel bambino lo volevo.

Questo l’ho capito troppo tardi, mi dispiace.”

Quella piccola confessione la lasciò senza parole,  la stava aiutando a fare pace davvero!

Strinse una mano del ragazzo fra le sue, le lacrime le stavano pungendo gli occhi.

“è passata Farid, forse, anche se fa male dirlo, era così che doveva andare.”

“Quindi, questa è l’ultima volta che ti vedo?”

“Se … lo vorrai verrò ancora.”

“Si!” le strinse le mani più forte.

Forse lo stava illudendo e basta, ma pensò che forse sarebbe tornata di nuovo visitarlo.

Gli accarezzò dolcemente  una mano, godendo della sensazione di leggerezza che provava.

Tutto stava scivolando via dalle sue spalle, ora era pronta a vivere di nuovo e forse ad aiutare quel ragazzo che credeva di odiare.

Strana  la vita.

La vita che dava, toglieva e ridava in alte forme.

Buffo, ma piacevole.

Doveva tenerlo a mente nei periodi bui e di questo doveva ringraziare Farid.

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Sera^^.

Ecco il tanto sospirato incontro tra Shirin e Farid.

Un po’ amaro e breve, ma forse non avevano poi molto da dirsi, no?.

Spero vi piaccia^^.

Passo alle recensioni:

 

Pulse :Si, in effetti Shirin ce l’ha fatta^^.

Dopotutto il colloquio non è stato poi così disastroso.

Sono contenta che ti sia piaciuto Luca, volevo spezzare un po’ la tensione di questi capitoli^^.

Bill ce la può fare e ce la farà, tranquilla XD.

Sono contenta che ti piacciano Fra e Tom, anche se forse sono un po’ troppo perfetti (XD) ma sono carini lo stesso.

In quanto alle reazioni alla dipendenza di Bill, ammetto di non averci dedicato molta attenzione, ma sto rimediando.

Alla prossima^^.

Ciao

 

Utopy : grazie dei complimenti, sono contenta che ti sia piaciuto^^.

Questa è la volta buona per Bill, questa volta ce la farà … sennò Leila lo picchia XD!.

Povera Shirin, sembra che la vita si diverta a prenderla in giro in effetti.

Riuscirà a parlare con Farid.

Spero che questo capitolo ti piaccia^^.

Alla prossima.

ciao

 

Lady Cassandra : Non si era capito che Georg è il tuo ero personale XD! Bhe hai le tu buona ragione per averlo eletto^^.

Bill ce la farà, dopo questa non ricadrà più nella droga ( il che non significa che non gli accadrà comunque qualcosa XD).

Sono contenta che ti piacciano Tom e Fra, anche a me piacciono molto *-*! Sono molto belli insieme.

Le presentazioni familiari non sono mai facili, ma Luca se l’è cavata alla grande^^ (loro prevedo di lasciarli in pace XD).

Spero che questo capitolo ti piaccia.

Alla prossima^^.

Ciao^^

 

Schwarz nana : rassicura le tue coronarie (XD) per adesso Bill ce la farà e non sono previste ricadute .

Ora che ha l’appoggio di tutti quelli di cui ha bisogno ce la farà^^.

Sono contenta che ti sia piaciuta la descrizione di Tom, mi lasciava un po’ incerta^^.

Georg è davvero un bravo fratello ed amico, visto che ha captato il disagio di Luca e gli ha fatto capire che non c ‘era da preoccuparsi^^.

Si, in effetti Lene e Luca sono una boccata d’aria in questa storia … pesante XD!

Shirin è confusa e purtroppo non demorde nella sua decisione, Farid invece sembra prenderla tutto sommato bene (poverino, non lo faccio già soffrire abbastanza con il carcere ç_ç, me sadica )

Sono contenta che ti piaccia e spero che ti piaccia anche questo.

Alla prossima.

Ciao^^

 

 

Masavecia:In effetti penso di farla durare un po’ la pace, bhe giusto il tempo di farli rasserenare XD!

Sono contenta che ti sia piaciuto il ritorno in scena di Luca e Lene.

Tom in effetti non si è comportato molto bene con Leila, ma è preoccupato per Bill, lo capisco.

Spero che questo ti piaccia, alla prossima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 28
*** 28)L'Oscurità Intorno Al Sole ***


28) l’oscuritaintorno al sole .

 

Leila era sulle spine.

Il colloquio tra Shirin e Farid la preoccupava molto, non sapeva come sarebbe finito, ne le conseguenze che avrebbe portato e non poteva farci niente.

Forse era quell’immobilità costretta ad innervosirla più di tutto.

Per l’ennesima volta fece un giro della stanza sotto lo sguardo vigile della guardia carceraria, chissà che impressione gli stava facendo?

Non lo sapeva, sperava  solo che quella tortura finisse rapidamente e di poter vedere suo fratello.

Era così stanca di avere degli ostacoli tra lei e le persona a cui teneva, che si sarebbe messa volentieri ad urlare.

Poco dopo la bionda uscì, aveva un’espressione strana, quella di chi ha fatto i conti con quello che credeva essere un ostacolo insormontabile e che invece si era rivelato qualcosa di superabile.

“Tutto a posto?”

Domanda superflua, Shirin sembrava stare meglio di quando era entrata.

“Tocca a lei adesso.”

La guardia parlò per la prima volta e con un gesto misurato le indicò la porta della stanza dove i detenuti potevano ricevere visite.

La ragazza avanzò a passi incerti, deglutendo abbassò la maniglia ed entrò.

La prima cosa che la colpì fu il rumore contenuto, c’erano parecchie persone in quella stanza eppure non c’era il casino che si sarebbe aspettata.

La seconda fu suo fratello seduto su di una sedia scomoda davanti a un lungo tavolo di legno.

Vestito con quella tuta anonima, non rasato e con i dread sciolti sembrava più piccolo e fragile del solito, come se non fosse lui in un certo senso.

Si sedette sullo sgabello che era dalla sua parte, oltre il tavolo, Farid avvicinò il suo e fece un sorriso mesto che le spezzò il cuore.

La ragazza avrebbe voluto abbracciarlo e consolarlo, ma tutto quello che poté fare fu allungare le mani verso le sue e stringerle più forte che poté.

“Come stai?”

“Come uno che ha visto tutti i suoi sogni andare a puttane d e f i n i t i v a m e n t e.”

“Mi dispiace Farid . forse io …”

“Non proseguire questa frase Leila, non farlo.”

Lei alzò un sopracciglio senza capire.

“Lo so che tu non avresti voluto che lei venisse per proteggermi, ma, sorellina anch’io avevo bisogno di vederla.”

“Anche se fa male?”

“Si, anche se fa male.

Ho dovuto constatare con i miei occhi che io per lei non sono più quello che vorrei essere.

Fa male, Leila, malissimo.

Però, ora posso provare ad andare avanti anch’io! Qui ho tutto il temo che mi serve per pensare e capire cosa fare della mai vita, dopo.

Sai … gli esami di coscienza, la gente che avrei dovuto trattare meglio …

Quelli a cui avrei dovuto chiedere scusa.

Insomma tutto quello a cui non ho pensato per anni e anni.”

Tentò di sorridere, purtroppo tutto quello che le riuscì fu una smorfia e una lacrima che le solcò una guancia, lasciando di stucco suo fratello.

Non si ricordava quando fosse stata l’ultima volta che aveva permesso a Farid di vederla piangere, sicuramente adesso non era il momento adatto per farlo!

Maledetti nervi!

Il ragazzo le asciugò la lacrima e le accarezzò la guancia.

“Non piangere, piccola.”

“Lo so, scusa!” singhiozzò.” Lo so che non è il momento giusto, però …”

“Ehi, ehi non ti preoccupare!

Lo so che non è facile per te! Che per causa mia non hai avuto una bella adolescenza e mi dispiace!

Tu sei la persona più importante della mia vita in questo momento e non ti ho saputa proteggere!”

“Lascia perdere il passato Farid, non puoi più cambiarlo e se proprio vuoi saperlo, io non credo che sia stata tutta colpa tua!

Abbiamo tutti le nostre colpe sparse in questa storia, non solo tu! E non è vero che non mi hai saputo proteggere, non avresti potuto impedirmi di prendere tutte le decisione che ho preso, io stessa non te l’avrei permesso!”

Gli strinse più forte le mani e fissò gli occhi in quel mare verde così simile al suo.

“ Anche tu sei la persona più importante della mai vita, sappilo!

E questo varrà sempre, anche per me.

Anche quando mi troverò un ragazzo, io per te ci sarò sempre e comunque.”

si accorse che Farid aveva gli occhi lucidi.

“Grazie Leila, non sai quanto mi abbia fatto piacere quello che tu hai detto!

Grazie!”

“Lo penso davvero Farid, tutto quello che ho detto lo penso davvero!”

Parlarono ancora un po’, fino a che l’agente non le picchiettò sulla spalla per dirle che il tempo era finito.

Fu con tristezza che si alzò da quella sedia, lui allargò le braccia e lei si tuffò in quell’abbraccio impacciato da la tavolo.

“Tornerò presto, non ti preoccupare!”

“Lo so, ti voglio bene Leila.”

Si sciolsero dall’abbraccio e Farid sparì dietro una porta, condotto via dai secondini.

Un’altra lacrima di Leila cadde.

Anche lei uscì dalla stanza e si ritrovò davanti l’amica, non si dissero nulla, Shirin si limitò ad abbracciarla.

La bionda capiva il suo dolore forse meglio di chiunque altro.

Uscirono dal carcere e la pioggia cadeva ancora a bagnare quella città grigia che tanto le aveva dato e allo stesso modo gliel’aveva tolto.

A volte odiava Berlino per quello, questa era una di quelle volte.

“Leila, penso che tornerò a trovarlo.”

La rossa si voltò verso la bionda.

“Se credi che sia la cosa giusta, fallo.”

“Grazie Leila.”

“Figurati, non devi chiedermi il permesso per vederlo.”

Non si dissero più nulla fino a quando non si salutarono per raggiungere ognuna il proprio appartamento.

Qualsiasi incomprensione ci fosse stata era caduta quando lei aveva visto che dopotutto Farid non aveva reagito male alla visita della ragazza, questo solo importava: che il fratello non ricevesse altri colpi.

Una volta arrivata al suo appartamento si buttò a letto e cadde in un sonno profondo,senza sogni ne incubi.

Fu il suono del telefono a strapparla a quella pace, intontita si alzò per rispondere.

Tornò del tutto in sé quando si accorse che dall’altra parte della cornetta c’era qualcuno della clinica, cosa diavolo volevano?

Non aveva voglia di tornare in quel dannato posto,non quel giorno almeno, con il peso della conversazione con il fratello addosso!

A quanto aveva capito, avevano permesso a Bill di fare un giro in giardino purché accompagnato e lui aveva fatto il diavolo perché voleva lei, lei e  nessun altro.

La ragazza scosse la testa, chissà cosa aveva minacciato di fare se erano arrivati ad accontentarlo …

Si guardò allo specchio, aveva un’espressione terribile, ma non poteva farci nulla, Bill se la sarebbe dovuta prendere così.

Si vestì ed uscì, per raggiungere la clinica in motorino.

Arrivo bagnata come un pulcino e non se ne curò, raggiunse Bill in camera, il ragazzo era sdraiato sul letto.

“Ciao Leila.”

“Che diavolo hai combinato?”

“Volevo rivederti e basta!”fece lui con un faccino da cucciolo abbandonato.

La ragazza rise.

“Ok, puoi smetterla con quella faccia da cucciolo!

Sono qui!”

Il ragazzo la osservò attentamente, pi si alzò di scatto dal letto e si diresse verso l’armadio dove estrasse un asciugamano.

“Sei completamente bagnata, avresti dovuto venire in pullman!”

Gliene porse uno e lei si asciugò alla bell’ e meglio.

“Ora direi che dobbiamo uscire o si insospettiranno!”

“Fuori mi saluterai come si deve?”

La domanda di Bill era innocente, ma Leila sapeva che non lo era del tutto.

“Puoi giurarci, forse sei la prima cosa positiva che mi è capitata oggi!”

Lui alzò un sopracciglio senza capire.

“Sono stata in carcere a trovare Farid.”

“Mi dispiace.”

“Dai, ora andiamo.”

Fu noioso ascoltare la raccomandazioni necessarie della iena, che continuò a lanciarle occhiate ostili, quella chiamata non le doveva essere piaciuta.

Non vedeva l’ora di essere fuori di li!

“Finalmente ci ha lasciato andare!”le sussurro Bill non appena la Mayer li lasciò andare.

“Lo sai che mi odia.”

Uscirono dall’edificio, Bill respirò a pieni polmoni l’aria, mentre lei guardò la pioggia cadere.

Non sapeva cosa si sarebbero detti in quel pomeriggio rubato alla routine, ma era curiosa di scoprirlo vivendolo.

“Dai, vieni se rimanessimo qui non potremmo fare niente.”

Si riscosse dai suoi pensieri e si avviò verso il ragazzo  sorridendo.

Avrebbe tanto voluto prenderlo per mano, ma lui aveva ragione, li non si poteva fare nulla.

“Lo so che non dovrei chiedertelo.”esordì Bill mentre camminavano sotto la pioggia verso un gazebo abbastanza isolato” Ma come sta tuo fratello?”

Lei sospirò, strano che Bill  glielo chiedesse, anche se in fondo conosceva Farid.

“Come vuoi che stia?

Non l’ho mai visto così giù.”

“Immagino, mi dispiace Leila.”

“Non fa niente Bill, come’è il detto?

A giocare con il fuoco ci si brucia prima o poi?

Ecco, a Farid è successo.”

Inaspettatamente lui la abbracciò.

“Sei una ragazza, non  c’è niente di male se ti mostri debole o piangi ogni tanto.”

Io… ok, hai ragione.

Finalmente erano arrivati all’interno del gazebo, Bill si sedette sulla panchina all’interno, lei rimase in piedi a guardare la pioggia che cadeva.

Rimasero così per un po’ fino a che lui non si alzò per abbracciarla da dietro.

“A te piace la pioggia?”

Forse Leila lo sorprese con quella domanda a bruciapelo perché lo sentì esitare un attimo.

“Mi è indifferente in realtà.”

“A me piace, mi calma, mi rilassa.

Al momento si intona decisamente al mio umore.”

Lui non disse nulla e la voltò dolcemente a sé per baciarla e questa volta fu diversa dalle altre, non c’era frenesia o desiderio di possesso , solo dolcezza.

“Perché?”

“Non ti decidevi a darmi un saluto decente e ho fatto da me.

Lei ridacchiò e si riappropriò delle sua labbra, per donargli un altro bacio lungo e dolce.

“Soddisfatto?”

“Direi di si.”

Ripresero a baciarsi e coccolarsi, mente lui la trascinava dolcemente sulla panchina, fino a che non si ritrovò seduta sulle sua ginocchia.

“inizio a crederci.” Mormorò lui.

“A cosa?”

“A quello che mi hai detto a casa di Tom.”

“EHI, io non stavo scherzando! Sulle cose serie non dico cazzate!”

Leila… non l’ho mai pensato, ma io a te ci tengo!

E .. non sapevo se per te fosse lo stesso.”

La ragazza strofinò il naso contro quello di Bill.

“Spero di stare dimostrandoti che anch’io tengo a te.”

Lui sorrise.

“Perché non ti mostri sempre così? sei una bella persona, perché ti nascondi dietro la maschera della stronza?”

Abbassò gli occhi, quella era una domanda che la metteva disagio perché darle una risposta implicava svelargli un po’ della sua vita.

“Perché ho paura.

La vita non è stata facile per me.”

Si fermò e poi riprese.

“Dove sono nata io se non fossi stata stronza, se non avessi combattuto i mostrando che non ero disposta a fami mettere i piedi in testa da nessuno mi avrebbero fatta fuori senza tanti complimenti.

È la lotta per la sopravvivenza e io ho imparato presto che mostrarsi debole era come sanguinare davanti a uno squalo, offriva un pretesto per attaccarmi.

Ci ho messo un po’ a capirlo perché per mia natura tendevo sempre a fidarmi per prossimo, ma dopo un po’ di batoste questa verità mi si è tatuata addosso e non riesco a liberarmene.

Nemmeno con le persone che non si meritano questa freddezza.”

“Capisco.”

Il ragazzo le accarezzò una guancia e lei si accoccolò contro il suo petto, godendosi fino all’ultimo quella sensazione di calore.

Era uno dei pochi momenti positivi della giornata.

 

Shirin camminava per la città.

Il suo ombrello verde acido contrastava con quelli tutti uguali dell’altra gente.

Come si sentiva dopo aver visto Farid?

Provava un misto di sensazioni che non riusciva a definire ad essere sincera, una tristezza persistente e un senso di liberazione.

Era libera dai suoi fantasmi e dai suoi ricordi.

Sicuramente non sarebbero svaniti, ma sapeva che adesso poteva guardarli in faccia senza provare paura o dolore.

Pensò al primo bacio con Gustav, non aveva nulla che fare con quello che aveva dato a Farid.

Si lasciò trasportare dai ricordi e si rivide a quattordici anni, quando era persa di quel ragazzo dai lunghi dread scuri che sembrava voler sfidare il mondo con la sua tracotanza.

[Era in discoteca, non amava particolarmente la musica che mettevano, ma pur di seguire Farid sarebbe andata ovunque, anche in capo al mondo se fosse stato necessario.

Era seduta su un divanetto con un drink in mano e con quelle scarpe con il tacco alto e il vestito corto ed attillato si sentiva più una bambina che giocava con i vestiti della mamma che una bomba supersexy.

Sospirò, era stata una pessima idea venire lì.

Avrebbe dovuto dare retta a Leila, almeno si sarebbe risparmiata lo spettacolo di vedere Farid ballare appiccicato con una ragazza bella come una modella.

Stava per andarsene quando il turco si stravaccò accanto a lei sul divanetto.

“Ciao Shirin, non ti avevo vista!”

-Per forza, hai passato tutta la serata a tentare di farti quella figa da paura!-

“Non sono arrivata da molto.”

“Capisco, senti qui dentro fa un caldo bestiale, ti va di uscire a prendere una boccata d’aria.”

“Si perché no?” rispose sorridendo lei.

Si alzò, ma non essendo abituata a camminare con quei tacchi  sarebbe finita a terra se Farid non l’avesse sostenuta.

“Ehi, stai attenta!” Ridacchiò divertito.

Bella figura aveva fatto!

La scortò, sostenendola, fin fuori il locale, poi si accese una sigaretta e aspirò avidamente il fumo.

“Ehi! Vuoi un tiro?”

“No grazie!”

Lui riprese a fumare e a guardare il cielo.

“Ci sono le stelle stasera!”

Lei alzò lo sguardo a sua volta e non si accorse che lui aveva gettato il mozzicone per terra e si stava avvicinando a lei sorridendo.

“Sei davvero carina, stasera!”

Lei lo guardò e pensò che fosse semplicemente irresistibile, tuttavia non rispose e lui continuò ad avvicinarsi.

La strinse piano a sé e si fece sempre più vicino .

La ragazza sapeva che sarebbe successo, Farid l’avrebbe baciata.

Quando avvenne sentì le famose  farfalle nello stomaco e per un attimo toccò il cielo con un dito come in tutti i suoi sogni più romantici.

Fu la puzza di alcool nell’alito a riportarla alla realtà.

Farid se non era ubriaco, era quantomeno alticcio e forse domani avrebbe scordato o non dato peso alla cosa.

Bastò quello a farla cadere di nuovo sulla terra con un senso fortissimo di delusione addosso.]

Non era mai stata una tipa da presagi, ma forse avrebbe dovuto prestare più attenzione all’inizio di quella storia e pensare che forse non sarebbe valsa la pena di iniziare qualcosa con un ragazzo del genere.

Era stata ingenua, ma era così giovane …

In ogni caso, nonostante fosse finita male per tutti non la rimpiangeva perché le aveva permesso di diventare ciò che era.

Con Gustav era iniziato tutto in modo diverso.

[Come cavolo aveva fatto a farsi convincere a venire al cinema con un tipo così preoccupato di essere riconosciuto?

Non ne aveva idea, sapeva solo che quando  lui gliel’aveva chiesto con quella faccia da bambino il sui cervello aveva azzeratola sua parte razionale, impedendo a tutte le obbiezioni ragionevoli di uscire.

E così erano finiti in coda in quel multisala con lui che si guardava continuamente intorno e lei che ridacchiava sotto i baffi, pensando che dei Tokio Hotel era il membro meno riconoscibile del gruppo.

Avevano finito finalmente finito la fila, poi lui l’aveva trascinata verso la sala, guardare la sua mano piccola e abbronzata stretta a quella del ragazzo più grande l’aveva fatta sorridere.

Non guardò molto il film, anche perché non aveva mai amato particolarmente gli horror, tuttavia la sensazione di sicurezza  non se la sarebbe scordata facilmente.

Non si era mai sentita così al sicuro con qualcuno che non fosse suo fratello.

“Piaciuto il film?”

Arrossì’, non poteva certo dirgli che non lo sapeva, ma che lui, Gustav, l’aveva apprezzato un casino!

“Si. Molto carino!”

Lui aveva ridacchiato ed ebbe l’orribile sensazione di essere stata sgamata in pieno.

Erano fuori dal cinema, nel piazzale deserto, lui si voltò sorridendo.

L’attirò a se e la baciò,senza che lei se lo aspettasse minimamente, tanto che in un primo momento non riuscì nemmeno a ricambiare.

Questa volta non sentì alcun retrogusto amaro, quando si staccarono, al contrario si sorrisero entrambi.]

Forse con lui sarebbe andata meglio, in ogni caso ora era più forte e avrebbe retto meglio dell’ultima volta, ne era certa.

Il cellulare squillò, era Gustav.

“Pronto?”

“Ehi ciao!”

“Ciao!”

“Come stai? Oggi non dovevi andare a trovarlo?”

La ragazza sorrise, si stava preoccupando per lei, invece di essere geloso e questo non poteva che farle piacere.

“Sto bene. Ti va se dopo ci vediamo?”

“Si certo, non ho nulla da fare.

Sei sicura di stare bene?”

“Si tranquillo.”

-L’unica cosa di cui ho bisogno per stare bene è di averti accanto.

Il resto è secondario.-

Si era presa decisamente una bella cotta e ancora non sapeva se fosse un bene o un male, l’avrebbe scoperto con il tempo.

 

Bill guardava la pioggia.

Non gli era mai importato che cadesse o meno, ma in quel momento con Leila accoccolata tra le sue braccia, incuranti che qualcuno potesse vederli gli piaceva.

“Ehi, tu credi al fatto che i sogni ti annuncino qualcosa?”

“Non lo so …. Non ci ho mai pensato ad essere sincera.

Perché?”

Bella domanda.

Cosa poteva dirle? Che temeva che la sua coscienza si fosse appropriata della sua faccia per farlo ragionare?

Rischiava che Leila lo prendesse per pazzo.

“Non lo so, mi è venuta al momento.”

“è strana.”

“Lo so, ma non so cosa farci.”

Fece finta di grattarsi imbarazzato la testa, vide un sorriso luminoso aprirsi sul volto tirato della ragazza senza capire la ragione, tuttavia ne apprezzò gli effetti.

La rossa lo stava baciando dolcemente.

“Ok, questa me la spieghi”

“Vuoi un disegnino?”

“No, no … non te la caverai con le tue battutine stavolta! Voglio la versione estesa!”

Ridacchiò divertito, lei invece era imbarazzata.

“La verità è che ti ho visto così imbarazzato, che mi hai fatto venire voglia di baciarti.”

“Mi piace questa tua parte tenera.”

Fu il turno della ragazza arrossire.

“Ti ho fatta arrossire!”

“Dai smettila!”

Si alzò di scattò e si accese una sigaretta, poi guardò l’orologio.

“Temo dovremo rientrare , altrimenti la iena ci verrà a cercare.”

“Come rompere un momento di romanticismo in trenta secondi netti!”

“Quello che si romperà in trenta secondi netti saranno le nostra ossa se non entriamo!

Bill, ti rendi conto che già sei fortunato ad essere qui? Vuoi che questa cosa non si ripeta più?”

“Leila, non è mia intenzione fare battute, ma sembra che tu stia parlando di un carcere più che di una clinica.”

“Bill, non è molto diverso da un carcere questo posto, ha le sue regole e i suoi capi-

Non comandi tu qui dentro, comandano loro.

Se te li inimichi la vita qui dentro sarà una merda.”

“Parli per esperienza personale?”

“ Parzialmente.”

A malincuore il moro dovette riconoscere che Leila aveva ragione e con lei si avviò verso l’ingresso della clinica.

La Mayer era seduta su una delle poltroncine della sala, l’espressione era più arcigna del solito e le braccia erano  strette al petto.

Non avrebbe detto niente, ma era ovvio che non gli era piaciuta la loro uscita e l’espressione sorridente che aveva sostituito quella apatica che aveva prima.

“Noto che sta bene, signor Kaulitz.”

“Una passeggiata fa sempre bene.”ripose lui freddo.

“Dovrebbe scegliersi meglio le compagnie che frequenta se ci tiene alla sua guarigione.”

“Credo di averle scelte bene, ora torno in camera, credo che  il programma preveda questo, no?”

Per non farle aggiungere altro fece un sorriso tirato e finto come quelli che sfoggiava durante le interviste, aveva imparato che avevano il potere di far tacere l’interlocutore.

Così fu.

Nonostante la Mayer fosse palesemente furiosa non aggiunse altro e si limitò a trafiggere con un’occhiataccia da manuale Leila.

Quando arrivarono in camera tirarono entrambi un sospiro di sollievo.

“Ce l’abbiamo contro.”

“Ognuno si porta il suo destino appeso addosso.”

Bill sbuffò.

“Non dire stronzate! Tutti possiamo cambiare il nostro destino!”

“Tu forse, sai quale sarà il mio?

Mi diplomerò e poi lavorerò a tempo pieno nella tabaccheria di mio padre!”

“Non abbiamo tempo per discutere, ma ti sbagli!”

La ragazza annuì.

“Ora devo andare! Niente saluti come vorresti, mi dispiace.”

“L’avevo già messo in conto.

Ciao Leila, ci vedremo presto!”

Lei agitò la mano e sorrise debolmente, poi si incamminò lungo il corridoio.

Improvvisamente la sua camera gli sembrò insopportabilmente fredda e del tutto priva di attrattive.

Non voleva affatto entrarci, sarebbe scappato volentieri, ma non poteva.

Si fece forza ed  entrò, chiudendosi la porta alle spalle.

Chiuse gli occhi e provò ad immaginarsi in un altro luogo, ma non gli venne in mente nulla.

Li riapri e si buttò sul letto, sperando di dormire un po’ anche se non era stanco.

Gli era sempre piaciuto dormire ,ma ultimamente di buttava spesso a letto per evadere dalla sua vita.

Che tristezza.

Pensando  a questo il sonno che tanto desiderava arrivò e si addormentò.

 Finì in un luogo buoi ed opprimente.

Quell’oscurità sembrava volerlo inglobare, lui deglutì a disagio, era così densa da sembrare viva.

Era solo o c’era qualcuno?

La dama mascherata era nascosta da qualche parte?

Come in risposta alle sue domande qualcosa iniziò a materializzarsi, una forma indefinita ed evanescente che somigliava a n fantasma.

Francesca.

Deglutì di nuovo.

Sogno e realtà si confusero per un attimo.

Francesca era viva ed era morta allo stesso tempo.

“Sei viva?”

“Forse.”

“Non lo sai?”

“Tu dovresti darmi una risposta.”

Che dialogo surreale! Come poteva darle lui una risposta?

“Non hai nulla da dirmi? Non hai idea di chi io possa rappresentare?”

Ripensò al suo sogno precedente.

“Sei forse qualcuno che ha sofferto per le mie decisioni?”

“Non sono forse morta per le  tue decisioni?”

Un’ondata di senso di colpa per quello che aveva fatto il se stesso di quel sogno salì e gli fece abbassare gli occhi.

“Hai ragione, scusa.

Scusa per quello che… ti è stato fatto.

Sono certo che il Bill che te l’ha fatto ora è molto triste e non avrebbe voluto che succedesse.”

“Sei sicuro di non essere tu quel Bill?”

“Non lo so, ma se anche fossi io la sostanza non cambierebbe.

Mi scuso, come mi devo scusare con tutti quelli a cui ho fatto male per un motivo o per l’altro a causa della mia dipendenza.”

L’illusione sorrise e prima di sparire mormorò una frase destinata a colpirlo.

“Il modo migliore che hai per scusarti con noi è impegnarti a guarire.”

Bill rimase a bocca aperta, del tutto sorpreso da quella risposta così saggia e dannatamente veritiera.

Tutto sparì di nuovo e per la prima volta non provò angoscia o paura.

 

 

Leila era di umore più sollevato.

Non credeva avrebbe potuto esserlo dopo l’incontro con Farid, era tutto merito di Bill.

Era profondamente grata a quel ragazzo, lui diceva che lei l’aveva salvato da parecchie cose, ma la verità era che la cosa era reciproca.

Anche lei al momento si sentiva salvata.

Salvata da se stessa e dalla sua depressione.

Salvata dalla sua vita.

“Ti vedo meglio, tesoro.”

Suo padre le sorrise a tavola.

“Si, non so perché sto meglio.”

“Sono contento per te, Farid come sta?”

Fu felice dell’interessamento di suo padre, sperava in cuor suo che tutto tornasse come prima.

“Un po’ giù, ma mi sembra meglio .”

“Sono contento.”

“Papà … “

“SI?”

“Andrai a trovarlo?”

L’uomo non rispose subito, sembrò soppesare le parole.

“Penso di si. Credo sia giusto e in tutta realtà ho voglia di vederlo.”

“Lo farai felice papà.”

L’uomo le sorrise, la ragazza fu certa che sia Farid che il padre sarebbero stati contenti di vedersi.

“Tesoro?” la voce incerta di sua madre interruppe quel momento.

La donna era sulla soglia della cucina e sembrava preoccupata.

“Tesoro, ti va di portare giù la pattumiera?”

Leila lanciò un’occhiata all’orologio, era tardi e in quel quartiere non era consigliabile uscire a quell’ora.

“Ok”

Stava rischiando e lo sapeva, ma non le importava, sapeva di essere in grado di difendersi.

Prese il sacchetto ed uscì dall’appartamento.

Le scale erano silenziose , così come il cortile, non le piaceva.

Buttò il cesto nel cassonetto e si affrettò verso il suo palazzo.

“Non così in fretta!”

Quella voce la gelò, era Mark.

“Cosa vuoi?”

Non doveva mostrarsi spaventata.

Non doveva.

“Proporti qualcosa.”

“Tipo?”

“Ho le prove che dimostrano che spacciavi …

Foto, tante belle foto e potrei denunciarti…

“Ma?”

“Non lo farò a una condizione:  che tu venga a letto con me.”

La ragazza sgranò gli occhi, sapeva che quel bastardo aveva sviluppato un’ossessione  verso di lei, ma non credeva fino a quel punto.

“Non mi devi dare una risposta subito.

Io so aspettare piccola.”

Si allontanò con passo elastico, era viscido come un serpente e le ispirava altrettanta repulsione.

Era stata incastrata in un ricatto e non sapeva come uscirne.

All’improvviso sentì di nuovo le tenebre intorno a lei.

Quel piccolo spiraglio di luce si era chiuso lasciandolo sola nel suo mondo.

Un freddo mondo che non le piaceva.

Si affrettò a rientrare in casa, anche se la testa era concentrata su di un unico quesito: come avrebbe fatto a cavarsela questa volta?

Non ne aveva idea e per la prima volta  aveva paura.

Era in trappola.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Uhm Della serie”Non illudetevi troppo se una cosa va bene perché è solo una pausa tra due disgrazie, giusto l tempo di farvi tirare.” ecco questo capitolo.

Povera Leila, sembra che non gliene vada bene una.

Riesce a stare meglio con >Bill e subito arriva Mark… lo so che mi odiate XD.

Alla prossima.

Ringrazio per le recensioni:

 

Utopy

 

Lady Cassandra

 

Pulse

 

Schwarz nana  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** 29)Nessuna Via D'uscita Apparente ***


29) Nessuna via duscita apparente.

 

Gustav sedeva in un tavolino isolato di un Mac Donald.

Shirin sarebbe arrivata  a momenti , lui si sentiva felice ed era da tempo che non capitava.

Era sempre stato un ragazzo riservato, permaloso e un po’ litigioso se qualcuno aveva la malaugurata idea di disturbarlo, solo quei  due gemelli e Georg lo avevano visto un po’ più calmo e dolce.

Non aveva mai capito perché le sue fan lo chiamassero orsacchiotto, lui tutto si sentiva fuorché Winnie the Pooh, ma i misteri della mente umana erano infiniti.

Bevve un sorso di coca.

Shirin gli piaceva davvero, con lei poteva mettere da parte la sua timidezza, si sentiva a suo agio.

Certo, il primo approccio era stato disastroso e non era stato facile scoprire che dietro quella facciata di ragazza normale si nascondeva una storia così tragica.

Aveva capito tante cose dei suoi comportamenti un po’ restii e timidi e aveva capito che Shirin non era una ragazza come tutte le altre e nemmeno un fiore di cristallo come temeva lei.

Shirin era una donna forte.

Non poteva essere diversamente  visto che aver superato un aborto e un tentativo di suicidio ora stava affrontando un’altra prova non facile.

Farid era stato arrestato.

Gliel’aveva detto lei in lacrime qualche giorno prima e gli era sembrata infinitamente fragile, impressione ribaltata quando poi lei aveva sorriso e aveva detto che era incerta se andarlo a trovare o meno.

Questo l’aveva colpito.

Farid era l’uomo che forse l’aveva ferita di più nella sua vita e tuttavia lei lo voleva andare a trovare in carcere.

Doveva essere una ragazza estremamente forte.

“Ehi Ciao!”

Sobbalzò, la bionda era davanti a lui e sorrideva.

“A cosa pensavi?

Quando ti ho salutato hai fatto un salto ….”

“Nulla, ero immerso nei miei pensieri.”

“Ok!” si lasciò cadere sulla sedia davanti a lui.

“Che si fa?”

“Non lo so, tu che vuoi fare?”

“Shopping? Tra i vantaggi di avere un ragazzo ricco c’è quello di farsi regalare qualcosa!”

“Che ragazza materialista!”

La bionda scoppiò a ridere, ma quella risata aveva qualcosa di strano quel giorno.

Solitamente era cristallina e quasi sempre sincera, quella volta gli parve leggermente falsa, doveva essere successo qualcosa ne era certo.

Shirin cosa c’è?”

La ragazza inarcò un sopracciglio.

“Niente, perché?”

“Mi sembri strana.”

La ragazza sospirò, sembrava che tutta l’allegria vera o presunta di prima se ne fosse andata.

“Non ti si può nascondere nulla, vero?

In effetti qualcosa è successo, sono stata in carcere a trovare Farid ieri.”

Il ragazzo deglutì, allungò le proprie mani a stringere quelle di lei, erano piccole e leggermente ruvide.

Leggermente rovinate da quella vita che però non era riuscita comunque a distruggerla.

“Come sta? E tu come stai?”

“Lui l’ho trovato … Fragile, forse è la parola più adatta per descriverlo.

Sembra essersi conto di tutti gli errori che ha fatto e ha chiesto scusa.

Mi ha fatto una pena, Gustav ..

Io voglio rivederlo ancora, temo che la dentro finirà per spegnersi e lasciarsi andare.”

Lui rimase in silenzio, aumentò solo la stretta sulle mani della ragazza.

“Un po’ ti invidio, sai?

Stai dimostrando di avere una forza incredibile.”

“L’unica vera forte è Leila, cerca di proteggere me e  Farid allo stesso tempo.”

“Credimi, lo sei anche tu, smettila di sminuirti.”

“Grazie Gustav.

Non volevo intristirti con questa storia .”

Sorrise intenerito da quell’affermazione, non era lui che aveva bisogno di essere protetto, semmai il contrario.

“Ehi, puoi intristirmi con tutte le storie che vuoi!

Io sono qui per questo!”

“Grazie Gustav e adesso … Shopping!

Non penserai di potermi sfuggire!”

“Ah le donne!” alzò melodrammaticamente gli occhi al cielo.”Un attimo sono tristi e l’attimo dopo di nuovo felici.”

“Scemo!”

Si alzarono e lui le avvolse un braccio attorno  ai fianchi.

Non era mai stato un grande amante dello shopping, ma forse per lei avrebbe potuto fare un’eccezione.

“Ok, dove vuoi andare?”

“Un posto ci sarebbe, ma preparati, sarà una bella prova per te.”

“Che sarà mai?”

Era relativamente certo che non sarebbe stato peggio che fare un concerto davanti a un massa di esagitate che urlavano  come indemoniate!

“Ti piacciono gli articoli etnici?”

Non ne aveva idea, ma era certo che presto lei glieli avrebbe fatti scoprire, visto che lo stava già trascinando fuori, verso l’uscita.

“Sai, c’è un negozietto in centro che avrei sempre voluto saccheggiare!”

Perché stava sentendo un crampo al portafoglio?

Non poteva essere così terribile! Non poteva!

Salì in macchina con la bionda che sfoggiava una stranissima espressione da bambina, sembrava Bill durante un attacco di shopping compulsivo e questo lo preoccupò sottilmente.

-Bhe, in fondo perché non assecondarla?

Ha passato una brutta giornata ieri.-

In effetti quando l’aveva vista il giorno prima l’aveva trovata un po’spenta e, ora che sapeva perché , non poteva darle torto.

“è uscito il sole.”

“Hai ragione, è bello, no?”

“Certo, non può piovere per sempre, no?”

“Hai ragione, mi raccomando dimmi tu le indicazioni!”

“Non sapevo che fossi ansioso di arrivare al supplizio.”

Il ragazzo ridacchiò divertito e poi segui le indicazioni della ragazza, che gesticolava animatamente.

Erano in centro, lui parcheggiò e pi si fece di nuovo trascinare da lei, tra la folla entusiasta dei saldi che cercava qualche nuovo acquisto.

“Scusa, hai una sigaretta?”

“Si.”le porse un pacchetto, lei ne tirò fuori una.”Non sapevo fumassi.”

“A volte, per i controsensi della vita a Leila non piace e io cerco di evitarlo.”

“è buffo, da quello che mi racconti la tua amica ha sempre una sigaretta in bocca!”

“è molto protettiva nei miei confronti.”

Non si dissero altro, lui era molto confuso, dove lo stava portando?

Alla fine si ritrovò davanti a un negozio in una via secondaria, dentro era scuro ed occhieggiavano vestiti dai colori vivaci dalla vetrina.

“Eccoci arrivati!”

Lui deglutì, tuttavia non disse nulla e la seguì all’interno, dove c’era un forte odore di incenso e una commessa vestita con una lunga gonna che sfumava dal blu all’azzurro sorrise loro.

La donna sorrise divertita e poi li lasciò al loro shopping.

Non appena vide la luce che si era accesa negli occhi della bionda capì che quello che aveva visto prima era un sorriso di compatimento.

Ben presto si trovò carico di pantaloni, felpe, gonne e maglie, mentre la turca girava come impazzita tra scaffali e ceste.

Di tutto quello che adocchiò non prese che poche cose fortunatamente per le sue finanze, lui pagò senza fiatare e poi uscì dal negozio con le borse, pensando che aveva bisogno di una pausa.

Poco dopo uscì anche lei, sorridendo.

“Grazie!”

“Figurati.”

“Ho preso una cosa …”

Shirin gli tese la mano, lui allungò lo sguardo, sopra c’era un anello di legno.

Lui e lo prese e se lo rigirò tra le mani.

“Spero ti piaccia.”

“è molto carino, grazie!”

La abbracciò e notò che lei al collo, appeso ad una catenella ne portava uno uguale.

Avrebbe potuto sentirsi soffocare e forse con altre ragazze sarebbe successo.

Ma con lei ..

Con  lei riuscì solo a sentirsi stupidamente felice.

Se lo mise al dito e lo ammirò, sapeva di promessa.

In fondo a lui le promesse piacevano ed era riuscito quasi sempre ad onorarle.

“Mi sta bene, non trovi?”

“Direi di si, sono contenta di aver azzeccato questo regalo, era una piccola ricompensa.”

Lui la guardò senza capire.

“Non credere che non mi sia accorta che ogni tanto avresti voluto scappare urlando!”

Lui rise di gusto davanti alla faccia fintamente arrabbiata di lei.

“Questo non è niente rispetto a quando Bill trascinava tutti, volenti o nolenti, a fare shopping.”

La faccia della bionda divenne improvvisamente seria.

“Ti manca quella vita, Gustav?”

“Mi mancano i miei amici, Shirin, è diverso.

Era già da un po’ che non c’erano prima della storia di Bill, credo che siamo ad un punto di svolta e spero che torneremo quelli di un tempo.

Quelli di prima che il successo diventasse qualcosa di troppo pesante da reggere.

In tutta onestà la vita sotto i riflettori non mi manca affatto!”

La ragazza non disse nulla e gli sorrise, stringendo la mano tra le sue.

Questo lo fece stare bene ed era quasi un miracolo.

 

Leila era in uno stato d’ansia costante da due giorni.

La minaccia di Mark incombeva su di lei come la famosa spada di Damocle, inquietandola e rendendola paranoica.

Le faceva schifo solo l’idea di accontentarlo, tuttavia il fatto che lui avesse in mano quelle prove la spaventava, era certa che non scherzasse.

Conosceva abbastanza Mark da sapere che non avrebbe parlato senza avere in mano qualcosa.

Per l’ennesima volta si chiese cosa diavolo avesse di così speciale da attirare l’attenzione di quel depravato, era esile, con nemmeno troppe curve.

Era certa che lui fosse abituato a ben altro genere di ragazze, ma si era incaponito con lei, forse per fare un dispetto a Farid.

Solo che l’ossessione era andata fuori controllo fino a diventare pericolosa.

“Leila!”

Lasciò cadere la scopa, la voce di Bill l’aveva fatta spaventare.

“Si?” disse con voce tremolante.

Bill si alzò dal letto e le venne vicino, scrutandola.

“Cosa c’è piccola?”

“Niente, è stata una giornata pesante a scuola.

Mi hanno interrogata e non è andata bene, così stavo ripensando a quello che ho sbagliato.”

“Capisco.”

Si grattò la testa con un gesto adorabile.

“Ci tieni ad uscire con un bel voto dal liceo vero?”

-No tesoro, ci tengo a scappare da questa di merda.

Da quel passato che ogni volta che credo di esserne fuori mi ritrascina dentro con violenza e mi dimostra che mi sbaglio e che mi porto il mio destino appeso al collo.

E vorrei portati con me.

Ci scapperesti con una come me fino alla fine del mondo?-

Questo era quello che avrebbe voluto dirli,quello che gli disse fu ben diverso.

“Si, ci tengo.”

“Io avevo altro per la testa all’epoca, della scuola non me ne fregava nulla.”

“Ehi, non tutti sono impegnati a diventare rockstar!”

Lui scoppiò a ridere, apparentemente rasserenato, era importante che lui non avesse pensieri al momento.

Lei poteva tenere a bada Mark e intanto cercare un modo per salvarsi.

“Che affronto, ragazzina!

Adesso me la paghi !”

Le arrivò addosso e cominciò a farle solletico, lasciò cadere di nuovo la scopa.

“No, dai, smettila!” disse fra le lacrime

“AH, soffri il solletico! Buono a sapersi!”

“Non vorrai mica torturarmi?

Bhe, ci sei vicino, sai?” rantolò senza fiato.

Lui si staccò da lei e chiuse la porta, lasciandole riprendere un po’ di fiato.

Si sentiva già meglio ed era tutto merito suo, di quel ragazzo che sicuramente non era il principe azzurro, ma che per lei era perfetto.

“Ora che vuoi fare?”

Non le rispose a parole, ma le diede un casto bacio che la fece sorridere.

Lei avvolse le braccia attorno al suo collo e lo attirò di più a se approfondendo il contatto.

Era quello che desiderava, sentire di nuovo le loro lingue intrecciarsi e lottare,sapendo che non era più solo per gioco.

Le piaceva come intanto la accarezzava e la cullava.

Le piaceva lui e basta.

Si staccarono senza fiato.

“Non ti arrabbiare! Lo so che può darsi che ci scoprano, ma volevo farlo!”

“E chi è arrabbiato?”

Lui sorrise sornione.

“Ci stiamo smollando a quanto pare!”

“Ringraziati se mi sto sciogliendo come un ghiacciolo!”

Lui sembrò pensarci un attimo, si grattò un attimo il mento e poi disse con assoluta serietà:”Grazie Bill!”

Leila scoppiò a ridere e l’abbracciò.

“Ti adoro.”

Lui rimase di stucco.

“Non me l’avevi mai detto!”

“Se vuoi me lo rimangio.”

“No no!”

La strinse di più a se.

“Grazie per esserti lasciata scoprire.”

“Grazie  a te per non essere scappato.”

Lui sorrise ed affondò la testa tra i suoi capelli rossi, Leila sorrise a sua volta.

Era quanto di meglio avesse potuto chiedere quel ragazzo.

Forse l’unica cosa bella che la vita le avesse mai regalato e non avrebbe permesso che lui soffrisse a causa sua e di quel passato che si ritrovava.

In quel momento capì che, purtroppo o per fortuna, ne era perdutamente innamorata.

Si staccò a malincuore e riprese a pulire sotto il suo sguardo.

C’erano delle volte in cui avrebbe voluto essere altro, qualcuno di migliore e questa era una di queste volte, come sempre quando finiva sotto il suo sguardo.

Cosa aveva da offrire una come lei a una rockstar?

Non lo sapeva e forse nemmeno lui lo sapeva, ma a differenza sua non gli interessava e lentamente si stava lasciando andare, invitando lei a fare lo stesso.

“Come sta Farid?”

“Si sta ambientando.”

“Leila posso chiederti una cosa?”

Lei annuì.

“Perché dopo tutto quello che è successo vai a ancora a trovare tuo fratello?”

Lei fece una pausa di silenzio.

“Perché è mio fratello, Bill.

Io e lui siamo molto legati.

Non so come spiegarla diversamente, ma io e lui fin da bambini ci siamo sentiti soli contro tutti.

Non piacevamo ai turchi perché papà era tedesco e non piacevamo ai tedeschi i perché mamma era turca.”

“Per te è sempre stato un modello, vero?”

“Si, come hai fatto a capirlo?”

“Perché per me lo è stato Tomi fin da piccolo.

Era lui a proteggermi dalla gente a cui non piacevo e ho perso il conto delle volte in cui era lui a consolarmi e ad incitarmi ad andare avanti per la mia strada.”

“Scommetto che da piccolo eri un finto menefreghista, ma quando eri solo ti facevi mille seghe mentali.”

“In effetti era così, lo facevi anche tu?”

“Si, nessuno mi ha mai capito davvero.

Tanti si sono fermati all’apparenza e se ne sono andati.

Non mi aiutava il fatto che io e mio fratello facessimo parte di una gang.

Ora devo andare, è finito il mio turno da te.

A domani!”

Gli sorrise e lo baciò a fior di labbra.

Il resto del suo turno fu noioso, solo verso la fine arrivò una scarica di adrenalina indesiderata.

Il suo telefonino cominciò a suonare e quando guardò il numero vide che era quello di Mark.

Merda!

 

Tom era inquieto, gironzolava nella sala.

Sentiva Francesca darsi da fare ai fornelli in cucina, ogni tanto si lasciava scappare qualche imprecazione in italiano.

Era buffo come ancora non avesse abbandonato quella lingua.

Lui invece pensava a Bill .

E soprattutto a Leila.

Gli era sembrata una ragazzina molto timida e del tutto innocua, sebbene sapesse che doveva essere anche forte e decisa se in qualche modo aveva aiutato Bill, ma parlare con la signorina Mayer l’aveva un po’ scombussolato.

Quella donna che sembrava la signorina Rottermayer e probabilmente aveva lo stesso carattere gli aveva detto che Leila non era una brava ragazza, in passato avevo spacciato e non era certa che avesse smesso.

In parole povere lo stava mettendo in guardia su di lei, affinché non stesse troppo tempo con Bill.

Non sapeva a chi credere.

Se quella ragazzina spacciasse ancora di sicuro non avrebbe aiutato Bill a tornare in clinica, ma chi poteva essere certo che quella non gli passasse della roba?

Nessuno.

Senti un presenza accanto a se e due braccia sottili avvolgerlo.

Francesca.

Si voltò per abbracciarla meglio, seppellendo la testa tra i capelli  tra i capelli scuri di quella pazza che aveva il potere di farlo sentire meglio.

“Sei preoccupato per Bill?”

“Si e per Leila, la Rottermayer ha detto che non è una buona compagnia per lui.

Tu la conosci Fay?”

“è la sorella di Farid ed effettivamente in passato è stata una teppista, ma ora ne è fuori.”

Lui si tirò in piedi e la guardò dritta negli occhi .

Fay, voglio sapere tutto sulla nuova ragazza di mio fratello.”

Lei annuì, come sempre riusciva a capire la sua preoccupazione.

“Ti dirò quello che sa e a mio parere le preoccupazioni di quella donna sono eccessive.

Anch’io ho fatto le mie ricerche.”

Tom scosse la testa e la riattirò tra le sue braccia.

“Ok, piccola Sherlock! Parla raccontami tutto!

“Ehi!” la vide arrossire e quando parlò di nuovo la sua voce era incrinata:” Voi ora è come se faceste parte della mia famiglia e io non voglio che voi soffriate!”

La strinse di più a se, sapeva quanto le erano  costate quelle rivelazioni considerando il suo passato.

“Grazie Nana, sono … siamo onorati di farne parte.”

“Grazie a te!”

La ragazza si schiarì la voce e cominciò a raccontare quello che sapeva.

“Non la conosco, per ovvi motivi, fin da quando era piccola, ma mi ricordo di lei fin da quando stavo a Berlino.

Leila era l’ombra di Farid.

Tutto quello che lui faceva per lei era Vangelo, lo adorava letteralmente, quasi fossero gemelli o cose del genere.

Immaginati come mi odiò quando rifiutai suo fratello,  me lo ricordo ancora adesso lo sguardo carico di risentimento di quello scricciolo dai capelli dai colori improbabili  che giocava a fare la dura.

Immagino non avessero molti amici essendo dei meticci, forse è questo che li ha resi così uniti contro il mondo.

In ogni caso già da allora spacciava e spesso mi ritrovai a fare i conti con lei e la sua banda.”

Lui deglutì spaventato, non aveva mai pensato alla possibilità che forse anche lei aveva potuto fare uso di quella roba.

Fay, anche tu eri una loro cliente?”

La mora abbassò gli occhi.

“Dopo che Jo se ne è andato ho chiesto dell’erba a Dave e … occasionalmente anche dopo.”

Non gli riuscì di dire nulla di appropriato, era dispiaciuto che anche lei ci avesse provato.

“Comunque, io poi me ne sono andata e quello che so me lo ha raccontato Luca e gradirei che non uscisse da queste mura, ok?”

L’ex rasta annuì.

“Dopo il due di picche che avevo rifilato a Farid lui si mise con una ragazzina che si chiamava Shirin, la sorella del mio ex.

Pensavo fosse una storiella, invece resistette fino a quando me ne andai.

Solo che a un certo punto lei è rimasta incinta e lui le chiese di abortire, i motivi non furono mai del tutto chiari, dato che sembrava che lui ci tenesse a lei.

Questa ragazza gli diede retta e si rovinò da sola, visto che poi cadde in una brutta depressione.

Luca mi ha detto che ha tentato di suicidarsi e Leila si è votata a lei.

Si è impegnata a che stesse meglio e da allora ha chiuso con la droga,

Luca dice che è pulita e io mi fido di lui.”

Tom rimase in silenzio, giocando con una ciocca dei capelli di lei.

“Per te Bill le sa queste cose?”

La ragazza annuì.

“Si, per me le sa.

Leila gliele ha dette o non l’avrebbe difesa a spada tratta e forse sa anche cose che noi ignoriamo.

Lo so che non ha senso dirti quello che ti sto dicendo visti i precedenti, ma, fidati di tuo fratello.”

Il ragazzo abbassò gli occhi.

“Ci provo Fay, ma è così difficile!

A volte mi è sembrato di non conoscerlo affatto e di riporre la mia fiducia in un perfetto estraneo.”

La ragazza sospirò.

“Non posso offrirti verità o previsioni certe, solo sensazioni, ma mi è sembrato che fosse sincero questa volta.

Ciò ovviamente non significa nulla, se vorrà scappare lo farà, ma credo che con Leila al suo fianco sarà diverso o forse sono solo troppo ottimista.”

Lui non disse nulla, si limitò ad assimilare quelle parole e desiderò crederci con tutto se stesso.

Era così che aveva sempre funzionato tra lui e suo fratello, fidarsi uno dell’altro.

Ora risultava difficile, ma lui non poteva fare diversamente, così accarezzò una guancia di Fay e le sorrise.

Non era del tutto calmo o rincuorato, forse solo più speranzoso.

“Non possiamo fare diversamente, solo sperare.

Voglio crederci anch’io e sono certo che prima o poi questa storia avrà una fine e sarà positiva.”

Lei sorrise a sua volta.

“Così ti voglio! Positivo!

E ora a cena!”

Lui sbuffò.

“E io che volevo finire questo colloquio baciandoti!”

Lei rise.

“Un mio bacio vale forse la cena?”

Lui ci pensò un attimo e poi scosse la testa.

“No, ho fame in effetti, meglio la cena!”

“Che stronzo che sei!”esclamò ridendo ed alzandosi  dal divano.

Lui rise e si alzò a sua volta.

Altro che cena, a lui bastava quel sapore di normalità per stare bene!

Però …

Anche le doti culinarie della sua ragazza contribuivano a quell’atmosfera, pensò, reprimendo una risata.

Si sedette al tavolo e lei arrivò con una teglia di lasagne.

“Buone!” Mormorò lui.

“Gli uomini vano presi per a gola !” ridacchiò lei”Lo diceva sempre mia nonna e tu confermi in pieno le sue teorie!”

Strano che avesse parlato della sua famiglia, ma vedere il quel cibo invitante sul piatto fece passare in secondo piano quelle considerazioni e lui ci si buttò sopra.

“Fra?”

“Si?”

“Grazie.”

“Prego, figurati!”

Dialogo semplice con battute banali,il significato più profondo era qualcosa tra di loro.

Grazie per esserci sempre e provare a farlo ridere quando ne aveva bisogno per Tom, un semplice “ prego” per lei che non ci vedeva nulla di strano.

Era questa la normalità che augurava a suo fratello e per cui sperava che lottasse.

 

Erano anni che non chiedeva a David di uscire.

L’ultima volta risaliva a quando Shirin stava male, Leila lo ricordava fin troppo bene, sebbene stesse male ogni volta che rievocava quei momenti.

Sembrava uno scherzo del destino che si dovesse incontrare con quel ragazzo solo quando c’era qualcosa che non andava.

Al momento era lei ad essere nei guai e sentiva l’ansia e la paura uscire da ogni poro, mentre stava seduta al tavolo di quel bar spostando ansiosamente le bustine dello zucchero.

“Ehi!”

Alzò lo sguardo, David la fissava tranquillo, i lunghi dread nascosti sotto un cappello.

 “Ciao Dave.”

Il ragazzo si sedette, era ancora bello, ma sembrava sciupato ed infelice.

“Tutto bene?”

“Si e no.

Shirin sta meglio, ma al lavoro le cose non vanno bene ed Emily dice che è stufa di uno come me.”

Emily era la ragazza di David, gran stronza secondo Leila, visto che non perdeva occasione da quando la passione iniziale si era spenta per rinfacciargli che non era altro che un poveraccio.

“Posso dirti una cosa senza che tu ti offenda?”

Lui fece un gesto svogliato con una mano, come per scacciare una mosca invisibile.

“Francamente mi chiedo come faccia tu a stare con una come lei.”

Lui fece una risata amara.

“Me lo chiedo anch’io e sempre più spesso.

Come sta tuo fratello?”

“Come uno che sta in carcere, è notevolmente ridimensionato.

Ho paura che ….”

“Vada in depressione?”

“Qualcosa del genere.”

Ci fu una pausa di silenzio, spezzata solo dall’arrivo della cameriera a cui ordinarono una birra.

“Leila, credi che vorrebbe vedermi ancora o mi considererebbe solo un pezzo di merda ipocrita?”

“Non ne ho idea.

Sembra così fragile, non ha battuto ciglio nemmeno con tua sorella.”

“Capisco, allora ci penserò ancora un attimo.”

La cameriera arrivò con le loro birre e le depositò sul tavolo, sorridendo a David.

“Hai fatto colpo!” Ridacchiò lei.

“Forse è meglio che inizi a pensare al futuro…” mormorò lui seguendo la ragazza con lo sguardo “ Emily mi scaricherà tra poco.”

Lei scoppiò a ridere, poi tornò seria, vedendo che anche il ragazzo davanti a lei lo era diventato.

“Cosa c’è Leila?

Hai qualcosa che ti  fa stare male e mi hai chiamato per questo.”

La ragazza seguì con un dito il bordo del bicchiere.

“In effetti…

David che tu sappia, ci sono dei filmati o delle foto di quando spacciavo?”

Il ragazzo appoggiò i gomiti sul tavolo e rifletté.

“Che io sappia no, però..”

“Però cosa?”

Leila si fece attenta.

“Una volta sentii quella carogna di Mark dire che ti aveva ripreso per non so bene quale motivo.

Mi ricordo che pensai che se Farid l’avesse saputo l’avrebbe spennato e poi ci avrebbe fatto una giacca con la sua pelle immaginando l’uso che Mark ne avrebbe fatto di quelle riprese.

Un uso non esattamente casto e puro.”

La ragazza impallidì vistosamente ed iniziò a tremare prendendosi la testa tra le mani.

“Leila cos’hai?”

La voce di David trasudava preoccupazione e lei non poteva dargli torto, stava crollando miseramente.

Aveva sperato, illudendosi che Mark non le avesse davvero quelle dannate foto, ma dentro di se sapeva che quel porco non scherzava.

Non minacciava mai a vuoto, il bastardo!

“Leila! Parla cazzo! Mi stai facendo preoccupare!”

La voce del suo amico si era alzata di un ottava, lei si scostò le mani dal viso rivelando gli occhi velati di lacrime.

“Leila!”

“Son nella merda Dave!”

Lui deglutì e le prese le mani, stringendole.

“Mark mi ricatta!”

La stretta sulla mani si fece più forte, mentre il ghigno di David si distorceva.

“Cosa vuole quel porco?” ringhiò a bassa voce.

“Lui … lui vuole me! Mi ha sempre voluta e ora ha capito come ottenermi!” singhiozzò.

“Quelle foto le sta usando per ricattarmi, immaginati tu come!”

Il ragazzo si alzò, facendo rumore con la sedia.

“Le sta usando in quel modo?”

“Si, se io non ci starò lui mi denuncerà, capisci?

Ma io non voglio!

Non solo perché mi fa schifo, ma perché adesso frequento una persona e non voglio rischiare di mandare tutto a puttane per un bastardo come quello!”

Scoppiò a piangere, fregandosi di essere in un locale e lasciandosi avvolgere dalla braccia di David.

“Su, piccola! In qualche modo ne verremo fuori! Ora che Farid è dentro, baderò io a te come avrebbe fatto lui.”

Le sussurrò in un orecchio.

Non disse nulla, si lasciò consolare come una bambola di pezza senza volontà.

I suoi pensieri però erano chiari e poco ottimisti.

Non si sarebbe salvata.

Non questa volta.

Mark alla fine avrebbe vinto, sapeva che non si sarebbe permessa di mettere nei guai Dave, facendolo scontrare con Mark.

Teneva a David allo stesso modo in cui lui teneva a lei.

Le lacrime che pianse erano doppiamente amare e sapevano di sconfitta e richiesta di perdono ed inevitabilmente di perdita.

Niente andava mai come lei voleva.

Purtroppo.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Scusate, non è bel periodo, non sono in vena di chiacchierare.

Spero vi piaccia questo capitolo, a me è piaciuto.

Ringrazio per le recensioni(che mi fanno sempre molto piacere):

 

 

 

Pulse

 

Lady Cassandra

 

Schwarz nana  

 

 

Utopy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** 30) Famiglia ***


30) famiglia

 

Era sempre stata un po’ equilibrista.

Leila era sempre riuscita a barcamenarsi tra le mille cose contorte ed inconciliabili della sua vita e con risultati variabili.

Studentessa e spacciatrice.

Amica della fidanzata che suo fratello aveva fatto abortire.

Studentessa, lavoratrice e quasi ragazza di un ex star internazionale.

Tutto era stato difficile, ma tenuto sotto controllo fino a quando non era arrivato Mark con la sua minaccia.

Il mondo era finito fuori asse.

Da un mese continuava ad evitarlo e a vivere nella paura che lui o la polizia la trovassero.

Rischiava di impazzire tenendosi tutto dentro, tuttavia non poteva fare diversamente, purtroppo.

Non poteva ne voleva parlarne a Shirin per non distruggerle quella felicità che aveva ritrovato, visto che la bionda non avrebbe potuto fare nulla per lei.

Non ne aveva più parlato a  Dave per non metterlo nei guai e trascinare qualcun altro con sé in quella storia.

Non poteva parlarne a Farid o a Bill per ovvi motivi.

Temeva che entrambi finissero per fare qualche cazzata e non voleva che fosse per lei.

Forse era solo un’egoista, una di quelle che per la mania di salvare tutti e non fare soffrire nessuno si bruciava tutte le amicizie.

Lei le odiava quelle che si atteggiavano ad eroine tragiche e tendevano ad escludere gli altri dalle loro decisioni con la scusa di non farli soffrire.

Non le aveva mai sopportate, eppure …

Eppure si stava comportando così, fingendo con tutti e portando una maschera di normalità che la stava soffocando.

Solo la notte quella maschera cadeva, nei suoi sonni agitati da incubi che  non la facevano riposare.

In tempi normali sarebbe crollata una volta per tutte, dimostrando finalmente quell’umanità e quella fragilità che aveva anche lei.

A volte fantasticava su questo crollo.

Forse suo padre l’avrebbe mandata in Turchia o da qualche parente sparso per la Germania e lei, lontano da quei posti che l’avevano vista cadere, sarebbe riuscita a riprendersi.

Al momento si sentiva parecchio imprigionata in quella vita, le sembrava che tutto la soffocasse.

L’unico motivo per cui non era crollata era Bill.

Se l’avesse fatto non avrebbe più potuto vederlo e non riusciva a sopportare quell’idea.

Era strano per lei essersi affezionata così in fretta a lui, ma ormai aveva smesso di chiedersi perché.

Era andata così e basta.

Bill sembrava accorgersi che qualcosa non andava in lei, come era successo quel pomeriggio.

[Guardava il pavimento in trance, reggendo in mano la scopa.

Lo guardava senza vederlo davvero, davanti a lei scorrevano le possibili e poco piacevoli cose che avrebbe potuto farle Mark.

Iniziò a tremare senza volerlo, non poteva lasciarsi andare così!

Non con Bill presente!

“Tutto bene?”

L’abbracciò da dietro.

Il calore era piacevole, peccato che il suo senso di colpa non le permettesse di goderselo fino in fondo

“Si, giornata pesante a scuola.”

“Uhm, fortuna che ne sono fuori!”

Mormorò posandole un bacio sul collo che la fece sorridere.

Come faceva Bill ad essere così forte nonostante fosse li dentro?

La risposta era semplice, fuori aveva qualcuno che lo aspettava, suo fratello e Girardi e dentro aveva lei che lo sosteneva in quel suo modo sghembo ed imperfetto.

Ecco perché si sentiva così sicuro di sé.

La fece voltare verso di sé.

“Sei sicura che sia solo questo?”

Quegli occhi scuri sembravano volerle scavare dentro, si chiese come avrebbe fatto a rifilargli una bugia.

“è solo questo!”

Riuscì persino a sorridere.]

Che maledetta ipocrita che era!

Sospirando si stese a letto e  si addormentò.

Il suo sonno non fu affatto piacevole e ristoratore, quegli incubi frammentari ed inquietanti la disturbarono ancora, sebbene prima di dormire avesse pensato a Bill.

Quel giorno era un giorno speciale per lui.

Finalmente poteva rivedere di nuovo Tom e Francesca e lui ne era davvero felice.

Quel pomeriggio probabilmente l’avrebbe piacevolmente stordita con le sue impressioni su quell’incontro e lei non vedeva l’ora che accadesse.

Andare a scuola fu una tortura .

Non ce la faceva a reggere la gioia di Shirin e Luca che avevano delle storie serene e non minacciate da pezzi di merda ossessionati dalla mania del controllo.

“Leila tutto ok?”

La voce ansiosa di Shirin la fece voltare verso di lei.

-Certo! Cosa vuoi che sia il fatto che Mark finalmente ha trovato il modo per avermi?

Niente, una cazzata!

E non posso dirlo a Bill , ne a tuo fratello, ne a te, ne a Luca, sennò quella serpe rischia di mettervi nella merda!

Sai che gioia alla prospettiva che probabilmente dovrò scoparmelo …  che schifo, che schifo!-

“Si, certo!

Oggi Girardi e il fratello di Bill vengono a trovarlo.”

“Bello! Magari te li presenta!”

“Ci conosciamo già! E poi riesci ad immaginarti l’infarto che si prenderà la iena se dovesse sapere che io sono la ragazza di Bill?”

“è proprio perché me lo immagino che te l’ho detto!”

Leila non rispose, la sua voglia di fare dell’ironia era sparita da un bel po’ .

“Ciao, tesò …

Vado alla clinica.”

Shirin aveva un’aria leggermente delusa, ma non poté farci nulla, quel segreto la stava facendo impazzire.

Arrivò presto alla clinica, come al solito parcheggiò il motorino e poi fece per infilarsi negli spogliatoi, senza guardare nessuno.

Ci pensò una mano che la afferrò per il polso ad impedirglielo, Leila si voltò di scatto.

Tom Kaulitz era davanti a lei e la stava scrutando .

“IO e te dobbiamo parlare.”

Il tono era secco e freddo,la voce leggermente più bassa e mascolina di quella di Bill.

A lei non restò che accontentarlo, al diavolo il fatto che rischiasse di arrivare in ritardo al lavoro.

La trascinò in giardino, si chiese dove fosse Francesca e concluse che la cosa non aveva importanza, doveva solo sentire quello che aveva da dirle.

Una volta all’esterno si accese una sigaretta e riprese a guardarla, inutile negare che quello sguardo la metteva in profonda soggezione.

“Che intenzioni hai con mio fratello?”

“Scusa?”

“State  insieme, voglio sapere con chi si mette mio fratello.

Su di te circolano parecchie brutte voci, in primis che spacci.

Mio fratello non ha bisogno di una spacciatrice.”

Abbassò gli occhi e sospirò, alla fine il problema era sempre quello.

Le voci, il suo passato e la gente che faceva di tutto affinché lei non se lo dimenticasse mai.

“è vero, in passato ho spacciato,  ma ora ho smesso.

Non ho modi  per provartelo, se ti chiedessi di guardare nella mie tasche e tu non ci troveresti nulla, potresti obbiettare che  forse non mi hai beccata nel giorno giusto.

Non ho garanzie, ma non rinnego il mio passato.

L’unica cosa che posso dirti e tu sei liberissimo di non credermi è che non passo roba a tuo fratello e farò di tutto perché lui non rimetta più mano su striscia di coca.

Non lo faccio per mettermi la coscienza apposto o perché ho un clan mio, se avessi continuato a spacciare non avrei abbandonato quello di mio fratello.

Se avessi continuato a spacciare non mi sarei presa delle botte per tuo fratello.”

Lui annuì.

“Perché lo fai?

Non lo conoscevi in fondo mio fratello.”

“è una bella domanda, non credo saprei risponderti.

All’inizio era senso di colpa, credo.

Non volevo che un ragazzo così si avvicinasse alla droga, hai una vaga idea di come ci si sente in colpa dopo che si ha smesso di spacciare pensando che qualcuno è morto  o potrebbe essere morto per la droga che tu gli hai dato?

Poi è arrivato altro, non so cosa, io non mai analizzato a lungo i miei sentimenti prima.

Stando alla clinica, a contatto con lui e conoscendolo meglio credo di essermi innamorata.”

Si sentiva come nuda, troppo esposta al suo giudizio e avrebbe voluto sparire invece rimase li, muta in attesa che lui parlasse.

“Ti credo, non so cosa mi abbia convinto del tuo discorso, ma voglio crederti ed avere fiducia in mio fratello.”

La ragazza sorrise.

“Grazia, per me conta molto.

“Spero sia ben riposta.

Io non voglio più vedere mio fratello soffrire.”

“Mi impegnerò.”

Tornarono dentro, Leila si sentiva notevolmente più calma rispetto a prima e per assurdo doveva ringraziare quel ragazzo che era partito con l’intento di metterla alla prova.

Strane cosa, ma piacevole.

 

Shirin era notevolmente agitata.

Quella sera non era come tutte le altre.

Dopo mesi di tentennamenti, di indecisione e di mancanza di coraggio, aveva finalmente invitato Gustav a conoscere David.

Era il primo passo per farle conoscere la sua famiglia.

Il primo passo per rendere quella storia ufficiale e darle l’importanza che meritava.

Allora cos’era quell’agitazione che le cresceva dentro?

Perché guardava l’orologio ogni due per tre l’orologio e non riusciva nemmeno a cucinare?

Sbuffò frustrata, non riusciva più a riconoscersi!

“Shirin?”

Sobbalzò, era solo suo fratello, appoggiato allo stipite della cucine che la guardava a metà tra il perplesso e il divertito.

“Si, eccomi, cosa c’è Dave?”

“Cos’hai?”

Lo guardò facendo fatica di non capire.

“Non usare quella tattica con me! Non ha senso! Sputa il rospo!”

Non aveva voglia di rispondergli, non aveva idea di come avrebbe reagito a quelle preoccupazioni.

Suo fratello sbuffò davanti al suo silenzio e si portò davanti a lei per alzarle il mento e guardarla negli occhi.

“Non dirmi che è quello!”

“Quello cosa?”

“Hai paura di presentarmelo?”

La ragazza abbassò gli occhi.

“Si, in effetti si.

Questa cosa mi agita parecchio.”

“Oh, tranquilla! Prima di squartarlo gli farò finire la cena e cercherò di farlo nel modo meno doloroso possibile.”

La ragazza strabuzzò gli occhi, l’umorismo macabro del fratello era l’ultima cosa di cui avesse bisogno, perciò lo fulminò con un’occhiata assassina.

“David non è il momento per le battute!”

“Rilassati Shirin, non posso dire nulla su di lui non avendolo ancora conosciuto.

Si chiama Gustav, vero?”

Lei annuì.

“Spero sia un bravo ragazzo!”

“Lo è!”

Il suono del campanello interruppe la loro conversazione, Shirin andò ad aprire..

Gustav era sulla porta timido ed impacciato, con in mano un mazzo di fiori e una scatola.

La ragazza arrossì.

“Oddio, non saranno per me?”

“Certo!” sorrise lui porgendogli. “Sei o non sei la mia ragazza?”

“Oddio, grazie! Nessuno l’aveva mai fatto per me!

Cos’altro hai portato?”

Ok, era perfetto, semplicemente perfetto quell’uomo!

“Pasticcini.”

“Gustav .. lo sai che sei assolutamente perfetto, vero?”

Fu il turno del ragazzo arrossire, mentre la seguiva dentro l’appartamento.

David sbucò dalla cucina in quel momento, sorrideva sardonico, i lunghi dread sciolti .

“Tu devi essere Gustav, io sono David!”

I due ragazzi si strinsero la mano, suo fratello sembrava rilassato e Gustav non particolarmente preoccupato.

“Gustav non so se tu abbia mai assaggiato la cucina di mia sorella, ma stasera sappi che si è impegnata con tutta se stessa, sebbene abbia tentato più volte di bruciare tutto!”

“Che stronzo che sei!”

“è solo la verità!”

Gustav rise divertito.

“Ringraziami! Ho messo a  suo agio il nostro ospite.

Ehi, se vuoi puoi sederti!”

“Ehi, guarda che si sarebbe seduto lo stesso! Non poteva certo mangiare in piedi!”

“Dai Shirin, calma!”

Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò, Gustav scoppiò di nuovo a ridere.

“Gustav, scusaci.”

“Ma figurati, per me non c’è problema!”

Si sedettero, Shirin andò in cucina a prendere il primo, cus cus chiedendosi se fosse la cosa giusta lasciarli soli.

-Oh avanti! Cosa vuoi che succeda?

David non tirerà certo fuori il machete!-

Tornò di là con la pentola in mano e ciò che vide le scaldò il cuore.

David e Gustav stavano chiacchierando come due vecchi amici, apparentemente in pace ed armonia.

Sentì qualcosa sciogliersi dentro di se, sarebbe andato tutto bene.

Dovette tossicchiare per farsi sentire, tanto erano presi dalla conversazione, forse era il calcio l’argomento, sia suo fratello che il suo ragazzo erano entrambi tifosi.

-Spero che lo siano della stessa squadra!-

“Oh, finalmente arriva il cibo!”

“Dave!”

“Ho fame!”

“Anch’io! Cos’è?”

Gustav si sporse per vedere il contenuto della pentola.

“Cus cus.”

“Uhm, non l’ho mai assaggiato, lo proverò!”

 “Fai bene, amico! I cous cous di mia sorella sono la fine del mondo!”

La ragazza sospirò e riempì il piatto di suo fratello e ne mise u po’ nel piatto di Gustav.

“Assaggia, poi se ti piace  c’è il bis.”

Lui annuì, mentre lei si riempiva il piatto e l’ansia tornava a salire.

E se quel piatto etnico non gli fosse piaciuto?

Forse avrebbe dovuto scegliere un piatto più occidentale, ma suo fratello andava matto per il cous cous e non avrebbe gradito.

“Tuo fratello ha ragione, è buonissimo!”

I suoi dubbi svanirono in un attimo e mormorando un:”Grazie “ tornò a mangiare la sua porzione.

Il resto della cena fu tranquilla.

Sia suo fratello che Gustav apprezzarono secondo e dolce, lei iniziò a respirare meglio, non era conscia che il momento di agitarsi non era ancora arrivato.

“Gustav:” Disse David con una voce suadente che la inquietò.

Era la voce che usava quando voleva mettere alla prova qualcuno.

“Ho saputo che fai parte di una band famosa.”

“Già, i Tokio Hotel, li conosci?”

“Certo certo.”

Shirin lo ringraziò mentalmente per aver evitato di riferirgli cosa ne pensasse.

Non erano opinioni positive.

“Ho saputo che ultimamente siete un po’ in declino…”

Aggiunse poi fece un’altra pausa che Gustav non riempì.

“Se ipoteticamente dovreste tornare come ai vecchi tempi cosa succederebbe a mia sorella?”

Ecco dove voleva arrivare.

Gustav lo guardò negli occhi.

“BHe non potremmo più vederci come prima e dovrei tenere segreta la storia almeno all’inizio, ma sei lei è d’accordo non ho intenzione di rinunciare a lei.”

Odiava che parlassero di lei come se non ci fosse.

Odiava che suo fratello si comportasse così, pur sapendo che lo faceva per lei, per paura che soffrisse ancora.

“E dimmi, come la mettiamo con le groupies?”

Shirin si irrigidì, questo era troppo!

Stava per dirne quattro a Dave, ma il biondo la precedette.

“Non vedo il problema,le caccerei via.”

Suo fratello fece per aprire di bocca di nuovo, tuttavia lei lo precedette.

“David Adesso basta!

Sono stufa di questo tuo comportamento! Cosa vuoi?

Che ti porti dieci cammelli per potermi frequentare?”

“Volevo solo essere tranquillo! L’ultima volta ti ho dovuto raccogliere con il cucchiaino!”

“Non sarà sempre così!”

Ormai mandava lampi dagli occhi, era chiaramente irritata dalla piega che aveva preso la serata e non sapeva cosa il suo ragazzo ne pensasse a riguardo.

“Shirin, calma!

Capisco il punto di vista di tuo fratello e lo rispetto.

Ho intenzioni serie con te e non ho intenzione di farti soffrire.”

Shirin ammutolì per lo shock, lo sapeva che era un ragazzo serio, ma la stupì lo stesso.

Non credeva fossero molti i ragazzi decisi a prendersi così le loro responsabilità.

“OK.”

Suo fratello ruppe ancora una volta il silenzio.

“Era questo che volevo sentire da te e mi basta.

Spero siate felici.”

Arrossirono tutti e due, facendo scoppiare il rasta in una fragorosa risata.

“Che carini! Siete arrossiti!

La ragazza desiderò mandarlo al diavolo, ma era  poco fine ed educato farlo, così ingoiò il rospo.

“Su, dai non prendertela Shirin!

“Lasciamo perdere Dave!”

“OK, ragazzi, vi lascio soli.

A dopo!”

Ridacchiando il rasta lasciò l’appartamento, Shirin sospirò, sarebbe rimasta da sola con Gustav.

Chissà cosa pensava di quella serata il batterista?

“Tipo strano tuo fratello.” Disse non appena David fu fuori casa.

“UN attimo è amichevole, quello dopo protettivo.

Deve tenere molto a te.”

“Hai ragione…

Gustav?”

“SI?”

“In tutta onestà, come ti è sembrata questa serata?”

“Strana, non mi era mai capito di incontrare il fratello della mia ragazza in un cosa così semiseria.

Però, non è stato male come credevo, David è simpatico.”

“Sono sollevata, credevo che non volessi più vedermi dopo questo.”

“Che stupida! Ti sembra che possa mollare per una cosa del genere?”

Lo guardò a bocca aperta, conscia di sembrare una stupida, ma non poteva farne a meno, nessuno le aveva mai detto una cosa così carina.

-Dio se è un sogno non svegliarmi, io così ci sto da Dio e scusa il gioco di parole.-

“Shirin? Tutto bene?”

Ridacchiò lui. “Sei proprio strana.”

Poi l’abbracciò.

 

Serata decisamente strana.

David dovette ammetterlo, escluso Farid, Shirin non gli aveva mai presentato nessun ragazzo e lui non sapeva che bilancio dare alla serata.

Gustav era simpatico, con sua sorella stava bene ed aveva intenzioni serie.

Non poteva desiderare di meglio per lei, perché allora aveva una strana sensazione alla bocca dello stomaco?

Era forse invidia?

Sbuffò ed ordinò una birra al bancone del bar dove stava.

Doveva essere colpa del fatto che Emily lo aveva mollato se aveva quella percezione assurda del mondo, sebbene ci fossero stati più bassi che alti gli mancava.

Che stronza.

Riusciva a fargli male anche quando non c’era!

Il barista gli portò la birra.

“Ti vedo spento ragazzo!

Che ti succede?”

“Mia sorella mi ha presentato il suo ragazzo.”

“Allora ci bevi sopra … è un bravo ragazzo?”

Lui annuì.

“E la biondina che stava con te?”

“Se ne è andata!”

“Mi dispiace!”

Il ragazzo scrollò le spalle  e non aggiunse altro, così l’uomo tornò a dedicarsi ad altri clienti.

Meglio.

Aveva voglia di stare da solo, in un certo senso la birra in quelle occasioni era un piacere da non condividere con gli altri.

Era quasi arrivato a bere l’ultimo sorso quando lo sgabello in parte al suo si spostò con un lieve rumore, era arrivato qualcuno.

Che palle.

Sbirciò chi fosse e si stupì di vedere la cugina di Leila e il suo look troppo nero.

“Tu cosa ci fai qui?”

Fulminante come inizio di conversazione! Perché non le chiedeva anche di favorire i documenti?

“Mi prendo un birra, no?”

“Ok, domanda idiota.”

“Alquanto.”

“Come va?”

Lei scrollò le spalle.

“Sei di molte parole, vedo.”

“Giornata pesante.”

Arrivò anche la birra di Ania,troncando così la conversazione fino a nuovo ordine.

“Hai mai pensato che la vita sia tutta una grande fregatura?

Ti sbatti tanto per niente, alla fine di te non rimane che polvere.”

Lui appoggiò il boccale al bancone.

“Lo penso spesso.”

“La biondina dove è?”

Perché saltava di palo in frasca adesso?

“Se ne è andata.”

“Meglio per te.”

Lui sbuffò, mentre lei sogghignava divertita da qualcosa che scorgeva solo lei.

“Si può sapere cos’hai da ridere?”

“Nulla, mi chiedevo quanto ci avresti messo a mollarla.”

“Non ti capisco affatto, sai?

Non ti ho mai capito temo!”

“AH le donne! Cubi di Rubik con le tette!”

“ahahahaha! Che ridere!”

Altra pausa di silenzio.

“Questa conversazione non ci porta da nessuna parte.”

“Per una volta sono d’accordo con te, ho finito la birra ci facciamo un giro?”

“Ok.”

Appoggiò sul bancone i soldi per tutti e due e spinse la ragazza verso la porta.

“Ma hai pagato anche la mia birra!”

“Si!”

Non era mai stato un genio in matematica, ma sapeva contare quanto ci volesse per una birra e quanto per due.

“Non dovevi!”

Le diede un’altra leggera spinta.

“Non vale così!”

“Accetta un regalo! Smettila di farti dei problemi!”

Lei soffiò come un gatto irritato, borbottò qualche imprecazione e finalmente uscì dal bar, facondo gli tirare un sospiro di sollievo.

-Dannata famiglia di gatti orgogliosi!-

Si ritrovarono a camminare in silenzio in un a gelida notte stellata.

L’inverno era stato freddo quell’anno e non c’era in giro molta gente, era strano che non avesse ancora nevicato.

-Forse lo farà nei prossimi giorni.

Ma perché penso al tempo?-

Era evidente che stava impazzendo, la mancanza della sua ex, unita alla cena con il ragazzo di Shiri e la presenza di quella strana ragazza lo stavano facendo sragionare.

La dark era sempre stata un mistero per lui, era intelligente, troppo per stare con loro, eppure prima che Farid facesse il grande salto dello spaccio con loro stava volentieri.

Poco prima sembrava voler evitare o trovare spiacevole la sua compagnia, eppure aveva accettato con meno proteste di quanto credeva di farsi offrire da bere da lui e ora camminava al suo fianco apparentemente contenta.

Misteri.

Alla fine si ritrovarono  seduti su una panchina a guardare il cielo.

La luna era piena, alta nel cielo e le stelle le facevano da contorno.

“Che stupido affidare i propri desideri alle stelle.”

Eccola farsi  viva di nuovo, con la sua acidità che sapeva tanto da persona delusa ed amareggiata.

“Magari affidarli alle stelle è solo un modo per ricordarli a se stessi.

Ci hai mai pensato?”

“Può essere, le stelle non ci ascoltano, così come spesso non lo fanno le persone.”

“Che ti è successo?

Perché questo carico di sfiducia?”

Lei si rannicchiò su se stessa.

“Ti è mai capitato di essere stanco della tua vita?

Che nulla ti dia soddisfazione?

Studio, lavoro e gente che spesso finisce per usarmi  come cuscinetto.”

“Cuscinetto?”

“Si o come confessionale.

Tanto io dispenso consigli come niente e ci sono per tutti!”

Si fermò un attimo, per riprendere fiato.

“Ma nessuno si accorge quando sto male io.”

David non se l’aspettava una crisi esistenziale, non sapeva cosa fare, vedere le ragazze tristi non gli era mai piaciuto.

Come tutti i ragazzi sentiva un disagio crescere dentro di se, quando le vedeva piangere o essere depresse, non sapeva cosa fare per farla sentire meglio.

L’unica cosa che gli venne in mente di fare e che gli parve sensata fu abbracciarla, la ragazza rimase rigida.

“Non mi piace la gente che mi dà la carità.“

“Non era mia intenzione farlo, solo non sapevo  come farti capire che ti ero vicino.

Metti un po’ soggezione.”

Finalmente si rilassò e lui poté godersi quel corpo accoccolato contro il suo, inaspettatamente era morbida.

Rimasero così parecchi minuti, perso ognuno nei propri pensieri, senza sapere cosa l’altro pensasse.

Fu un caso che lei alzò lo sguardo verso di lui e lui poté perdersi i nei suoi occhi verdi.

Verdi come quelli di tutti gli Scmit.

Con un velo di sofferenza, come quelli di tutti gli Schimt.

Sapeva che rischiava di prendersi una sberla se ci avesse provato, lo stesso il suo istinto gli urlava di farlo e di fregarsene dei rischi.

Era da troppo tempo che quella ragazza lo affascinava, a volte si era scoperto a pensare a lei anche quando stava con  Emily.

Si chinò verso di lei e la baciò.

Niente sberle ne insulti.

Solo lei che rispondeva sorpresa a qual bacio inaspettato.

Strano.

 

Leila camminava guardandosi intorno con circospezione.

Sapeva  che non era una buona idea uscire la notte con quello che Mark voleva da lei, ma Meg stava male e sua madre l’aveva supplicata di andare a cercare una farmacia notturna.

Così eccola li, era certa che qualcosa sarebbe successo, il suo dannato istinto non faceva altro che mandarle segnali di pericolo e questo la preoccupava.

Doveva calmarsi, non poteva fare così!

In ogni caso aveva trovato la farmacia, preso quello che  serviva ed ora stava tornado a casa e nulla sarebbe successo.

Nulla.

“Leila.”

Avrebbe riconosciuto quella voce roca e viscida ovunque.

Mark.

Merda!

Lentamente si voltò e lo fronteggiò, lui aveva le mani affondate nelle tasche del giubbotto, sogghignava.

“Ciao piccola! Alla fine sei venuta da me!”

“Mark, smettila!”

Fece un passo verso di lei, che non si mosse.

“Perché non scappi, piccola?

Forse perché ho il coltello dalla parte del manico?”

“Mark, perché non mi lasci in pace?”

“Perché prima devo avere ciò che voglio!”

Ormai le era addosso.

“Domani avrai le foto se farai la brava!”

Si avventò sulle sua labbra, possessivo e si sicuro di se stesso, lei provò a ribellarsi , ma lui le bloccò le mani.

Era tutto inutile, sarebbe successo, purtroppo.

Poi sarebbe finita, forse, non ne era del tutto certa.

Senza che potesse fermarle sentì le lacrime scivolare lungo le sue guancie.

La resa e la sconfitta avevano un sapore amaro , così come la certezza che tutto quello che aveva costruito si sarebbe frantumato.

All’improvviso qualcuno staccò Mark da lei, lei rimase sconvolta, senza sapere cosa fare,solamente si strinse in una sorta di auto abbraccio.

“Che cazzo stai facendo bastardo?”

La voce era quella di Luca.

“Vattene o chiamo David e sono certo che non ti piacerà avere a  che fare con lui!”

Il biondo rise e alzò le mani.

“Calma ragazzino, me ne vado.

Alla prossima, piccola! Mi dispiace che siamo stati interrotti!”

Se ne andò ridacchiando, Luca invece avanzò verso di lei e la abbracciò.

Il calore di quel conforto le fece bene, altre lacrime scesero, anche per quella volta era salva.

“Leila, cosa voleva dire?”

Lei non rispose, continuò a piangere.

Sapeva che il tempo delle spiegazioni cosi come quello di soddisfare, suo malgrado, Mark sarebbe arrivato, ma quello non era ancora il momento.

Era salva ancora una volta e si godette la libertà.

Il pensieri di Bill le attraversò la mente come una meteora,le dispiaceva averlo coinvolto, eppure lui era uno di quelli per cui si stava sacrificando.

Tra le braccia di Luca, attraversata da pensieri frammentari e contradditori e senza vedere nemmeno una speranza continuò a piangere.

Ormai era l’unica cosa che le rimanesse da fare.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Giorno^^.

Capitolo mezzo triste e mezzo allegro.

Ce la farà Leila a salvarsi?

Chi lo sa.

Spero vi piaccia^^.

Alla prossima:

 

Pulse : lei è destinata  Bill, ma Mark la pensa diversamente.

Almeno per questo capitolo è salva^^, purtroppo temo che non la sfangherà per sempre visto come la pensa lei, non accetterà di farsi aiutare.

Bel casino.

Sono contenta che ti piacciano Tom e Fra (forse sono un po’ troppo telepatici, nella vita reale temo non succederebbe tra due persone xD).

Gustav e Shirin hanno avuto un loro spazio anche in questo capitolo.

Spero ti piaccia e  alla prossima^^

 

Utopy : In effetti la cosa di Mark e Leila è una brutta e triste faccenda ._____.!

Al momento Leila rimanda, ma credo sia stanca di combattere.

Sono contenta che ti piacciano Tom e Fra ^^.

Georg e Lene non è previsto che tornino in scena insieme per il momento.

Spero ti piaccia.

Alla prossima^^.

 

 

Lady Cassandra : Bellissima l’immagine del temporale, complimenti^^!

Diciamo che questi capitoli ( ci stiamo avvicinando alla fine) preannunciano l’ultimo temporale prima del sole.

Leila… penso che sia un po’ stanca di lottare, dopo tutte le prove che ha superato penso che Mark sia la classica goccia che fa traboccare il vaso e che ha minato la sua resistenza.

Al momento non permette a nessuno di aiutarla, ma non è detto che non venga comunque aiutata XD.

Spero che questo ti piaccia(come il precedente è un po’ un capitolo di passaggio)  e grazie per i complimenti.

Alla prossima.

Ciao.

 

 

Schwarz nana  :Sono contenta ch ti piaccia la parte dedicata a Gustav e Shirin, credo apprezzerai anche questa^^.

Attinenza Gustav- Pooh… spero che Gustav non sia tonto come Winnie(ho letto il libro per un esame di inglese -.-) o apriti cielo XD!

Tom e Fra… si sono relativamente in pace. Ogni tanto ci vuole nonostante anche a me piacciano i litigi (preso per la gola? Come Homer con Bart SimpsonXD? Bella NanaXD!).

In quanto a Leila mi dispiace vederla crollare così ç_ç

È molto triste, ma tranquilla il ricatto di Mark si ritorcerà contro di lui XD!

Spero che questo capitolo ti piaccia^^.

Alla prossima.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 31
*** 31)Buio! ***


31)buio!

 

 

Francesca era in una fase di dormiveglia.

Aveva sempre avuto problemi di insonnia, ma da quando stava con Tom si erano attenuati, le piaceva stare tra le sue braccia e anche se non dormiva almeno si sentiva rilassata.

Rilassata e protetta.

E forse per lui era lo stesso perché nonostante i problemi dell’ultimo mese, nel sonno mentre la teneva possessivamente stretta a sorrideva sereno.

Non c’era nulla da fare si erano trovati.

Loro e i loro orgogli, i caratteri troppo simili, che nessuno avrebbe mai scommesso avrebbero trovato un punto di incontro.

L’avevano trovato invece, soprattutto nell’ultimo mese.

L’ultimo mese era stato distruttivo, dopo l’uscita dell’articolo e il nuovo ricovero di Bill il telefono aveva iniziato a  squillare in maniera frenetica.

C’erano giornalisti, ,non si  sapeva come avevano trovato quel numero , che volevano parlare con loro, Tom o lasciava a lei o li mandava  a fanculo, sbattendo poco elegantemente il telefono sulla forcella.

“Finirà mai?” era stata la cosa che le aveva chiesto più spesso e a cui lei non sapeva rispondere.

Finita sarebbe finita sicuramente, ma quando rimaneva un mistero.

Avevano anche iniziato ad arrivare anche lettere di fan e ragazze sotto casa loro, c’era chi era solidale e chi insultava, dicendo senza mezzi termini che le avevano deluse e che non si aspettavano un simile tradimento.

Il suo ragazzo incassava in silenzio,  non si sarebbe mai abbassato a scrivere o a rispondere a delle estranee che il più deluso e quello che stava davvero male era lui.

Lui e il suo bagaglio di sensi colpa per non essersi accorti di niente per tanto tempo e poi per aver assecondato suo fratello.

Alla fine Fay aveva deciso di nascondere quelle lettere per il bene di tutti, ma per le ragazze purtroppo non aveva potuto fare nulla.

In ogni caso, dopo un po’ avevano smesso di venire, come ad annunciare l’ennesimo stadio di quell’agonia.

In ultimo era arrivata la telefonata dell’Universal ed entrambi sapevano che non era un buon segno.

Ci furono degli incontri a cui parteciparono i tre membri della band e portarono alla soluzione più ovvia e che lei temeva di più: li avevano scaricati.

Erano stati gentili, avevano addotto delle motivazioni logiche, ma il succo non cambiava, non li volevano più .

Una band per ragazzine con il cantante che aveva problemi di droga non era appetibile per nessuno.

Era stata dura per i tre ragazzi accettare tutto questo, ma non si sentivano ancora sconfitti, avevano deciso che avrebbero aspettato il ritorno di Bill per vedere cosa fare.

Tenevano ancora troppo a quel sogno per lasciarlo morire senza combattere fino alla fine.

Pensare all’ultimo mese non era mai positivo per lei, perché non poteva evitare di provare un moto di rabbia impotente per la vita del suo ragazzo e del suo migliore amico rovinate in un modo così meschino.

Aveva abbastanza fiducia in Bill da sapere che , se qualcuno non avesse fatto la spia, avrebbe fatto in modo di rinascere più forte di prima e di far dimenticare a tutti loro, Tom per primo,quel periodo.

All’improvviso un conato di vomito costrinse la ragazza ad alzarsi, le succedeva spesso la mattina ultimamente e aveva la sensazione di sapere perché accadesse.

Da quando tempo non aveva più le mestruazioni?

Due mesi, quasi tre e non l’aveva mai realizzato a causa di tutto quello che era successo!

Era ancora abbracciata al water quando la porta del bagno si aprì e Tom fece la sua comparsa in boxer e con uno sguardo preoccupato.

“Ehi Nana, stai bene?”

Non aveva la forza di rispondere, lui si avvicinò e si accucciò accanto a lei, passandole un braccio intorno alla vita.

Fay, cosa c’è?”

Si voltò verso di lui e tentò di sorridere.

“Credo di non aver digerito le patatine di ieri sera.”

Lui annuì e le accarezzò i capelli.

“Non ti preoccupare, adesso torno a letto. Vai pure.”mormorò poi Fay con un filo di voce

Lui non si mosse, la sostenne mentre si alzava, l’assistette mentre si lavava mani e faccia e accompagnò a letto.

La fece stendere per poi stendersi al suo fianco ed attirarla a sé.

“Tranquillo, non è nulla.”

“Sei pallida.”

Lei non disse nulla e si godette le carezze del suo ragazzo , il sonno stava tornando ad impadronirsi di lei.

- Devo comprare un test di gravidanza.

E se fosse positivo, lui lo vorrebbe?-

Sentì il gelo nelle ossa e cercò di scacciarlo, era certa che non l’avrebbe abbandonata.

Non poteva farlo.

Lei non voleva che la storia dei suoi genitori si ripetesse!

Piano piano si addormentò, Tom sorrideva guardandola.

Fay ogni tanto pensava che quel ragazzo fosse il suo antidepressivo naturale, ne ebbe la conferma quella mattina, quando dopo essere stata sfiorata dal dubbio della gravidanza tornò a dormire e riuscì anche a non avere incubi.

 Si svegliò che il sole era già alto, la metà di Tom era vuota, doveva essersi alzato prima di lei e poi uscito.

Insonnolita, notò un biglietto sul cuscino che la avvisava che era da Georg, sorrise.

Per lei non era un problema che ci andasse, almeno avrebbero parlato insieme dei vecchi tempi e avrebbero discusso su come affrontare il futuro.

Tom amava pianificare la sua vita, se davvero fosse stata incinta avrebbe accettato uno sconvolgimento così grande ai suoi piani?

- Ma perché?

Perché adesso?

Non rompiamoci la testa, non è detto che io lo sia.-

Si alzò a malincuore dal letto e decise di fare colazione.

Rabbrividì per il contrasto tra il caldo del letto e il freddo della stanza, si vestì e si preparo un caffè.

Non era preparata al conato di nausea che le arrivò non appena sentì l’odore del caffè, dovette correre di nuovo in bagno.

Era strano, il caffè le era sempre piaciuto.

La paura tornò ad attanagliarla, sentiva che c’erano dei cambiamenti in corso e ne aveva paura.

Doveva andare in farmacia al più presto.

Ormai di malumore Fay si vestì ed uscì, quel giorno il cielo era grigio e l’aria era fredda e l’Italia le mancava o meglio le mancava la mitezza del clima.

Camminò fino alla prima farmacia, entrò e chiese un test di gravidanza, sentendo il suo cuore battere in maniera troppo accelerata.

Uscì di nuovo al freddo e sentì la mancanze acuta di un’amica femmina, qualcuno che le stesse accanto in quel momento, da sola non sarebbe riuscita a trovare il coraggio di fare quel test.

Riprese a camminare scoraggiata, fragile come non si era mai sentita.

Non si accorse nemmeno che qualcuno stava per venirle addosso fino a quando non cadde per terra.

Quando si rialzò, intontita, vide che la persona che l’aveva investita era una ragazzina che le sembrava di conoscere,.

“Tutto bene?” chiese incerta la ragazzina.

Fay la guardò e si trovò a fronteggiare due occhi castani che la guardavano perplessi, sotto i capelli ramati con delle meches blu.

“Si, si …. “Rispose lei.

Ci fu un attimo di silenzio.

“Ma tu sei Francesca?”azzardò la castana.

Alzò un sopracciglio perplessa, cercando di ricordare a chi appartenesse quel visino pesantemente truccato di nero.

All’improvviso si ricordò di chi fosse.

“Ma tu sei Lene Kaufmann? Comunque si, sono Francesca!“

La ragazzina sorrise.

“Ecco perché mi sembrava di conoscerti, sono la ragazza di tuo fratello.”

La mora rise.

“Si, Luca me l’ha detto, come stai?”

“Bene e tu?”

Domanda innocente ma che scatenò in lei una tempesta.

Come stava? In tutta onestà si sentiva frastornata e confusa ed aveva bisogno di compagnia.

“EHI, va tutto bene?”

Lene aveva notato il suo attimo di confusione e si stava preoccupando.

“Lene ti andrebbe di venire a casa mia?”

“Si, ma cosa c’è?”

“Diciamo che c’è una cosa che devo fare e non mi va di farla da sola.”

La ragazzina non capiva, in effetti non era stata molto chiara, ma si sentiva a disagio anche per quella debolezza che stava mostrando.

Le due ragazze camminarono in silenzio fino a casa di Francesca.

“Tom non c’è?”

“è da Georg.” L’italiana rispose come un automa mentre apriva la porta.

“Puoi dirmi cos’hai?

Mi stai spaventando!”

La mora fece un sospiro tremulo.

“Temo di essere incinta Lene e… ho paura che se lo fossi lui non la prenderebbe bene.

Lo sai che periodo di merda è, un bambino è l’ultima cosa che ci vuole.”

La ragazzina non disse nulla, si limitò ad abbracciarla.

“Non ti preoccupare, io credo che se anche fossi incinta non si tirerà indietro.”

“Vorrei avere la tua sicurezza!”

“Ti fidi di lui?”

La domanda di Lene la fece sobbalzare e rispose d’istinto.

“Si, mi fido.”

“Hai risposto senza nemmeno pensarci!

Non devi avere paura!”

In fondo l’aveva già stupita altre volte, dimostrando di tenere a lei più di quanto lei stessa credesse, quindi doveva stare calma.

“Ora vado a fare quel benedetto test!”

Si chiuse in bagno, seguì le istruzioni ed aspettò.

Quei minuti le parvero eterni, scanditi dal battiti impazzito del suo cuore e dalle gocce di sudore che lente scivolavano lungo la sua schiena.

Sarebbe stato positivo o negativo?

- E tu? Lo vuoi un figlio da lui?-

Si.

Sebbene non fosse del tutto certa che lui lo volesse o di essere incinta, lei lo voleva.

Guardò il risultato, era positivo.

Rimase altri infiniti minuti a guardare quel piccolo stick, fino a che il lieve bussare di Lene interruppe i suoi pensieri sconnessi.

“è positivo.”

Una frase semplice che racchiudeva in sé un grande avvenimento.

Lene si accucciò al suo fianco e l’abbracciò e Francesca si lasciò cullare, sentendosi un po’ spaventata  un po’ felice.

Era davvero incinta, un piccola vita stava germogliando dentro di lei.

La bambina che non doveva nascere.

La ragazzina sbagliata.

La ragazza in cerca di una casa, che suo malgrado aveva trovato.

 

Shirin era preoccupata.

C’era qualcosa che non andava.

Suo fratello era preoccupato  e Leila era strana, come se qualcosa la facesse soffrire.

L’amica sembrava non volersi aprire con nessuno, spesso la sorprendeva a guardare fuori dalla finestra con aria assente, persa nei propri pensieri.

“Ehi, che hai?”

“Nulla, sono solo stanca!”

Era una bugia, Shirin sapeva riconoscerle, quello che non sapeva era perché Leila le mentisse e in fondo aveva paura di sapere la risposta.

E se non fosse stata in grado di aiutarla?

Era strano come la sua felicità non fosse mai completa, come qualcosa la turbasse sempre.

Aveva visto l’amica rifiorire, i suoi occhi vivi dopo tanto tempo , da quando stava con Bill, ora una nuvola sembrava oscurare quel sole.

Perché?

“Ehi Shirin, tutto ok?”

Il suo ragazzo l’aveva abbracciata da dietro facendola sobbalzare, non si era accorta di essersi estraniata.

“Si, stavo pensando a Leila.”rispose voltandosi verso di lui.

Lui aveva inarcato un sopracciglio.

“Mi devo preoccupare?”

“Quanto sei scemo Schäfer!Figurati se ti mollo dopo che ti ho presentato a Dave!”

Lui aveva ridacchiato, poi era tornato serio.

“Cos’ ha Leila?”

Lei aveva sospirato.

“Non lo so, è strana, come se mi nascondesse qualcosa…

Rimase un attimo in silenzio e corresse il tiro.

“Come se qualcosa le facesse paura.”

Lui ci pensò un attimo.

“Pensi possa centrare Bill?”

“No, io sono certa che lui non c’entri affatto e che qualsiasi cosa abbia Leila, lui è l’unico  che in questo momento è in grado di darle un po’ di serenità.

Inoltre anche mio fratello è strano, io credo che lui sappia cos’abbia Leila, solo che nessuno dei due vuole dirmelo e ho paura che sia una cosa grossa.”

Gustav rimase in silenzio, Shirin fece un altro sospiro amaro.

“Sai, ci sono volte in cui vorrei non essere nata dove sono nata.

Vorrei essere una ragazza normale, una di quelle la cui preoccupazione principale è che università fare l’anno prossimo, non dover pensare a ex fidanzati spacciatori e tutto il resto

E vorrei che per Leila fosse lo stesso, vorrei solo che fosse felice, che quel passato di merda che ci portiamo addosso come una croce ci lasciasse in pace.

È orribile quando ti sei tirata su in qualche modo e succede qualcosa che ti riporta a come eri, come se nulla fosse successo o cambiato.”

“Mi dispiace Shirin, vorrei che fosse diverso per tutti.”

“LO vorrei anch’io, ma non posso farci nulla.

Devo solo aspettare che passi e al momento capire cosa ha la mia amica.”

“Posso chiedere perché ci tieni a tutti i costi a saperlo?

Forse vogliono proteggerti.”

La bionda sbuffò.

“Non voglio essere protetta! Sono stanca che non si dicano le cose perché si temono le mie reazioni!

È vero, ho tentato il suicidio, ma ora sono diversa!”

“D’accordo! Lo so che sei forte, piccola!

Ora.. sei ancora dell’idea di fare un giro in centro?”

Lei ridacchiò per il tono con cui l’aveva detto, l’aveva fatto apposta a pronunciare quella frase come un condannato che si vede la grazia davanti, voleva farla ridere.

“Certo, tesoro mio! Pensavi di averla scampata!”

“Ci speravo!” ridacchiò lui prendendo le chiavi della macchina e trascinandola fuori.

Shirin pensò che forse prendere un po’ d’aria le avrebbe fatto bene, stare con Gustav la aiutava parecchio a calmare quell’ansia che la divorava dentro e sperò che anche lo shopping la aiutasse.

In realtà nessuno dei due amava particolarmente girare per negozi, ma poteva essere un piacevole diversivo e uno svago per l’ultimo mese che per Gustav non era stato facile.

Shirin sapeva che la storia di Bill aveva creato dei problemi ai Tokio Hotel come band e vedeva che lui era teso e stressato, la bionda conosceva fin troppo bene le sensazioni che si provavano quando si vedeva il proprio sogno sgretolarsi.

Sapeva come ci si sentiva impotenti e non voleva che lui sperimentasse quelle sensazioni.

Arrivarono in centro e girovagarono un po’, guardare le vetrine e fare commenti era rilassante.

Sapeva di normalità e nessuno dei due l’aveva mai provata fino in fondo.

Shirin aveva avuto una vita breve ed intensa,  ma che avrebbe preferito non avere.

Gustav aveva avuto una vita condizionata dalla notorietà.

Anche ora che la band era in declino la settimana dopo l’uscita dell’articolo uscire era stato difficile, c’era sempre qualcuno che voleva parla re con lui.

C’erano giornalisti in cerca di scoop e fan in cerca di conferme, che si rifiutavano di credere che il loro angelo potesse essere caduto.

Era stato difficile persino andare a trovarlo, volevano sapere chi fosse, perché volesse andare al suo appartamento, dribblare era difficile.

Era tutto passato, quel periodo sembrava lontano e forse non era poi così assurdo che Bill si riprendesse.

Lo vedeva migliorare di giorno in giorno alla clinica, avere Leila vicino lo faceva stare bene, lo spronava ad andare avanti e poi c’era lei, Shirin.

Con lei parlava, si confidava, per un attimo la bionda aveva persino pensato di confidargli il suo segreto, poi aveva realizzato che non voleva spezzare quell’atmosfera.

Era piacevole parlare con lui quasi  come con Gustav.

Nessuno al momento poteva sostituire quel biondo di poche parole e dall’animo generoso nel suo cuore, ma aveva imparato a chiamare amico Bill.

“Però secondo me quel vestito dovevi provartelo.”

La voce del suo ragazzo la riportò alla realtà.

“Era elegante, al momento non ho occasioni di sfoggiarlo e costava un occhio della testa, non volevo farti spendere tutti quei soldi!”

“Sono un ragazzo fortunato … “

Lei lo guardò senza capire.

“Dove la trovo un’altra ragazza così assennata e che ha cuore il mio portafoglio?”

Lei scoppiò a ridere.

“Scemo!”esclamò divertita.

“Gustav?” riprese pi più incerta. “Ho intenzione di cambiare colore ai capelli, niente più biondo torno al nero e alle treccine.”

Perché era così insicura?

“Piccola, perché hai quella voce?

Guarda che ti troverei bella lo stesso, sei libera di fare quello che ritieni più opportuno.”

“Grazie, non so perché sono così insicura, chi mi capisce è bravo.”

Cercava di buttarla sul leggero.

“Hai paura di perdermi?”

La domanda di Gustav la spiazzò, come aveva fatto a  capirlo?

“Non devi avere paura di perdermi.” Continuò.”è vero, ho avuto ragazze più carine e non sarà facile quando e se mai tornerò famoso, ma non mi importa, al momento sei tu che mi interessi.

E non ho alcuna intenzione di lasciarti andare!”

[When you were sick, girl, I held your hand,
When you were troubled I tried to understand,
Staying with you I did anything I can,
Cause losing you was not part of the plan.(*)”Tropical London”Rancid]

La ragazza sorrise ed arrossì.

“Grazie, grazie per queste belle parole e scusa se ti stresso con le mie paure.”

“Tranquilla, va tutto bene!”

Lui le strinse più forte  la mano e ripresero a guardare le vetrine.

All’improvviso vide qualcuno che conosceva, Luca stava camminando solo, con il solito passo svogliato  tra la gente.

Strine più forte la mano del suo ragazzo per attirare la sua attenzione.

“Che c’è?”

“C’è Luca, vorrei salutarlo!”

“D’accordo!”

Shirin affrettò il passo e raggiunse l’amico.

“Ehi Luca!”

Il ragazzo si voltò verso di lei e sorrise.

“Ciao Shirin, Come stai?”

Perché quella conversazione apparentemente così banale le sembrava falsa?

“Solito, tu? Come mai in centro?”

Lui fece spallucce.

“Volevo fare un regalo a Lene, ma le cose belle sono troppo costose e quelle brutte …. Sono brutte!”

“Capisco!”

Rimasero un attimo in silenzio, mentre la gente scorreva accanto a loro indifferente.

Luca sembrava volesse dirle qualcosa e allo stesso tempo non ci riusciva.

“Lene, sono preoccupato per Leila.” Spuntò alla fine, quasi contro voglia quella frase.

“Anche tu?”

Lui la guardò inespressivo e lei si sentì in dovere di aggiungere altro.

“Anche io sono preoccupata e so che anche Dave lo è, ma nessuno vuole dirmi perché e Leila è un muro di gomma, come suo solito.”

L’ultima frase aveva una nota di frustrazione che non passò inosservata all’italiano.

“Non credere che io sappia molto più di te.

Due giorno fa l’ho strappata dalle grinfie di Mark, le ho chiesto cosa fosse successo , lei per tutta risposta è scoppiata a piangere e non mi ha detto nulla.”

Shirin sentì un brivido correrle lungo la schiena.

“In che senso?”

“La stava più o meno per violentare, era avvinghiato come un polipo.”

La bionda assimilò la notizia.

“Questa cosa non mi piace, se fosse invischiata con Mark sarebbe un gran casino!”

“Lo so , è per questo che sono preoccupato per lei e non so cosa fare!”

La ragazza sospirò frustrata, il quadro iniziava ad essere più chiaro, ma non era del tutto definito e quando lo fosse stato non era detto che lei potesse farci.

-SE dovessi agire contro Mark lui non esiterebbe a distruggermi, immenso pezzo di merda!-

“Nemmeno io..” mormorò triste.

Bhe buona fortuna per i tuoi regali!”

“Grazie, buon shopping!”

Si salutarono e la bionda tornò da Gustav.

“Che ti ha detto?”

“è in giro a cercare un regalo per Lene.”

Il biondo ridacchiò.

“Ben presto l’hobbit avrà un cognato.”

Lei rise con lui.

“Che altro ti ha detto?”

“Che Mark ci ha provato con Leila e che se non fosse arrivato lui sarebbe finita male, non mi  piace questa storia.

Quel tipo è uno stronzo, devo far cantare mio fratello!”

“Pensi che Leila tradisca Bill?”

Lei scosse la testa.

“penso che Mark l’abbia puntata e per qualche ragione che non so Leila non riesca a sottrarsi.

A lei fa schifo quel ragazzo!”

Gustav annuì e ripresero il loro giro.

Arrivò a casa stanchissima e senza avere preso nulla, David era steso sul divano a guardare la tv.

“Ciao!”

“Ciao fratè!”

“Come è andata ?”

“Bene.”

Era una conversazione normale, presto avrebbe dovuto spezzarla.

Dave, ho bisogno di sapere una cosa.”

“Spara.”

“Cosa sta succedendo a Leila e non provare a scantonare!”

“Forse non è il caso che tu lo sappia.”
eccolo , ci provava lo stesso!

“Non è che c’entra Mark?”

Lui si irrigidì.

“Sputa  il rospo.”

“Lui la ricatta!” mormorò con una voce appena udibile.

“Ha delle foto in cui spaccia e minaccia di darle alla polizia se lei non ci starà.”

Shirin deglutì, improvvisamente pallida.

E così era quello il segreto di Leila, la ragione per cui stava male.

Desiderò ardentemente fare qualcosa.

Doveva analizzare la situazione, c’era sicuramente una soluzione, l’amica non poteva subire quella sorte terribile, quell’ennesimo schiaffo della vita!

Cucinò mentre pensava, ma nulla le parve sensato.

Sembrava un problema senza soluzione eppure doveva esserci!

Doveva!

 

Bill sentiva che Leila era strana.

C’era qualcosa in lei che gli sfuggiva, uno dei suoi mille segreti che non sempre gli comunicava.

Si disse che era il periodo, che il fatto che Farid fosse in carcere la facesse stare più male di quello che credeva, eppure l’istinto gli diceva che non era solo quello.

Quel giorno ad esempio stava facendo pulizie immersa nei suoi pensieri quando all’improvviso si era voltata verso di lui con una luce triste e spaventata negli occhi.

“ Potresti abbracciarmi?”

Lui era sdraiato a letto, si era alzato di corsa e l’aveva avvolta con le sue braccia, lei immediatamente aveva affondato la testa nel suo petto.

“Ehi, piccola tutto bene?”

Aveva sussurrato, lei non gli aveva risposto e si era stretta più a lui come se temesse di perderlo da un momento all’altro.

Le aveva alzato dolcemente il viso e vi aveva letto una tristezza infinita e una punta di paura.

“Cosa c’è? Stai bene?”

La voce del moro era ansiosa ora, gli faceva uno strano effetto vedere una ragazza forte come lei così fragile.

“è tutto il periodo, scusa!” aveva sussurrato con voce un po’ tremante.

Aveva cercato di sorridere.

“Passerà scricciolo, ci sono io con te.”

“Dovrei essere io a farti forza … “

“Facciamo un po’ per uno … “

Lei gli aveva fatto un sorriso timido e aveva nascosto di nuovo la testa nel suo petto, lui le aveva accarezzato piano i capelli.

Erano rimasti diversi minuti  con lei che si faceva cullare da lui, fino a che si era staccata con un sorriso e gli aveva accarezzato un guancia.

“Grazie.”

“Per cosa?”

“Per esserci.”

Lui era arrossito nonostante i ventidue anni e non aveva saputo che dirle.

Quell’episodio l’aveva impensierito, la storia di Farid poteva averla buttata giù , ma cos’ era quella scintilla di paura?

Chi stava temendo?

Perché non gli diceva nulla?

Voleva forse proteggerlo?

E se si da che cosa?

Non riusciva a trovare delle risposte a quelle domande e la cosa un po’ lo preoccupava.

Forse avrebbe dovuto parlarne con Shirin lei forse sapeva cosa stava succedendo.

Avrebbe visto la bionda solo il giorno dopo, si prospettavano altri momenti di paranoia.

-E se anche sapessi perché Leila sta male, tu cosa potresti fare per lei?-

La sua coscienza gli rivolse quella domanda impietosa e lui non seppe rispondere.

Non avrebbe potuto fare nulla confinato li dentro!

Iniziava ad odiare quei muri e quella limitazione alla sua libertà che lui stesso si era dato.

Avrebbe voluto tornare indietro e non iniziare mai a farsi, a quest’ora avrebbe avuto  ancora i Tokio Hotel e avrebbe potuto aiutare la sua ragazza.

Era la prima volta ch formulava un pensiero del genere, significava che stava guarendo?

Sperò tanto di si.

Quel giorno sembrò non finire mai, il tempo si allungava.

Il pomeriggio sfumò dolcemente nella sera e poté dormire, almeno non avrebbe ascoltato i suoi pensieri.

Fece sogni frammentari che non riuscì ricordare e così arrivò la mattina.

Bill si svegliò, seguì le attività del centro contando i minuti che lo separavano dal vedere Leila e Shirin.

Perché il tempo non si velocizzava?

Alla fine arrivò il tanto agognato pomeriggio, ma Leila non si vide, il moro aspettò di vederla varcare la porta della sua camera, ma la rossa non si fece viva.

Iniziava ad essere preoccupato, non era mai successo che lei saltasse un giorno di lavoro, sperò di vedere almeno la bionda, doveva parlarle.

Come evocata dai suoi pensieri la ragazza fece capolino dalla porta, aveva un sorriso tirato che non prometteva nulla di buono.

“Ciao Shirin!”

“Ciao Bill!”

Era preoccupata anche lei, lo sentiva.

“Come stai?”

“Bene, tu?”

“Si, si bene!”

Non vedeva l’ora di finirei convenevoli ed arrivare al punto che davvero gli interessava,

Shirin, dov’è Leila?”

La ragazza si irrigidì.

“Non stava bene ed ha preferito rimanere a casa,.”

Mentiva, era palese, Bill sospirò.

“Stai mentendo Shirin, non credere che non me ne accorga.

Per favore, dimmi la verità.”

La ragazza abbassò gli occhi.

“IO non so se è la cosa giusta da fare.”

Shirin, ti prego!

Sono preoccupato per Leila!”

La ragazza si tormentò il labbro inferiore per un po’ di tempo, poi parve decidersi a parlare.

Bill era sempre più in ansia, non gli piaceva l’esitazione della bionda.

“Mark la ricatta.

Lui è da sempre interessato a lei e al momento dice di avere della foto di lei quando spacciava.

Immagina cosa vuole in cambio di quelle!

L’altra sera Luca l’ha beccato con lei…

Si fermò, lui assimilò le sue parole, mentre il suo cervello gli proiettava l’immagine di quel verme che metteva le mani addosso alla sua donna.

Sentì la rabbia prendere possesso di lui, avrebbe voluto ucciderlo quel figlio di puttana!

Ora tutti i comportamenti di Leila, la tristezza, il bisogno di coccole, il nervosismo si spiegavano perfettamente!

“Pensi che lui abbia preso Leila?”

Io… io credo di si!”

Bill strinse i pugni, Shirin lo guardava ansiosa.

“Bill ti prego non fare cazzate, Leila non me lo perdonerebbe mai!”

Lui ringhiò qualcosa di indefinito.

“Dimmi l’indirizzo della casa di quel figlio di puttana!”

“Cosa vuoi fare?”

“Vado a dargli una lezione.”

“Non farlo! Lui non esiterebbe ad ucciderti!”

“IO non voglio che lui faccia soffrire Leila, io odio i figli di puttana che si comportano così!

Io adesso me ne andrò, se tu mi dai quell’indirizzo e mi copri, forse  non succederà un casino.

Se non me lo darai io scapperò lo stesso e lo cercherò, hai capito?”

Shirin impallidì e sussurrò un indirizzo.

La sua parte razionale gli stava dicendo che stava facendo una cavolata micidiale lasciando di nuovo la clinica, ma non poteva sopportare l’idea che la sua ragazza fosse in pericolo e di  non poter fare nulla.

“Grazie Shirin, ti prego coprimi.”

Lei annuì e lui era conscio che era una precauzione inutile.

Il ragazzo si cambiò e come la prima volta non trovò nessuno a fermarlo ed uscì nell’aria calma del pomeriggio invernale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Buongiorno^^.

Capitolo di sconvolgimenti un po’ per tutti, innanzitutto per Fra e poi per Leila….

Per fortuna che Leila ha vicino un cavaliere che pur di capire dove sia finita ha fatto una cazzata… Donna fortunata!

Spero vi piaccia.

Ah! Vi annuncio che questa storia avrà in totale 36 capitoli^^.

Passo ai commenti^^

 

 

 

 

Pulse : Purtroppo dal punto di vista di Leila, se si sacrifica lei poi gli altri staranno bene.

Per fortuna è arrivato Luca e adesso per fortuna che parte Bill, che risolverà tutto^_^!

Sono contenta che ti piaccia la coppia David-Ania e che trovi adorabili Gustav e Shirin.

Spero che questo ti piaccia.

 

 

Utopy : Anche a me piacerebbe che Mark Sparisse, è proprio un bastardo patentato!

Fortuna che c’è Luca, ma lui è tornato subito alla carica.

E ora è coinvolto Bill, chissà cosa succederà?

Il trentadue si avvicina, spero che questo capitolo ti abbia dato un assaggio(e che ti piaccia)^^.

Alla prossima^^.

Ciao.

 

 

Lady Cassandra : Grazie dei complimenti^^.

Quando l’ho iniziata volevo fare una storia a 360 gradi in effetti^^.

Sono contenta che tu abbia apprezzato la parte Dave-Ania, in realtà la storia è stata buttata un po’ a caso^^” e non avrà sviluppi.

Luca è il salvatore della patria, ma non basta per Leila, dovrà entrare in scena il principe cacc…BillXD!

Come vedi in questo capitolo, Bill deve partire per salvare Leila.

In effetti, davvero stanno diventando indispensabili uno per l’altro ed è una cosa molto bella, no?

Ce la farà?

Spero ti piaccia.

Alla prossima.

Ciao^^

 

 

Schwarz nana  : Sono contenta che ti piacciano Gus e Shirin, sono la boccata d’aria in questa storia triste e cupa XD!

Ci sarà felicità per loro e anche per Ania, anche se purtroppo, la loro apparizione è fugace e casuale XD.

Leila…Leila…Leila…

In effetti è una principessa un po’ testarda ma che purtroppo ora ha bisogno del principe.

Non ha pace e chissà che il principe non sconfigga il cattivo?

Speriamo di si.

Sono contenta che ti piaccia Luca^^, è proprio da sposare XD!

Spero che questo capitolo ti piaccia, il tanto temuto botto finale arriverà nel prossimo.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 32
*** 32)Una Nuova Vita ***


32)una nuova vita

 

Leila aveva paura.

Aveva sperato che quel momento  non arrivasse mai e che dopo che Luca l’aveva praticamente salvata dalle grinfie di Mark lui la lasciasse perdere.

Lo sapeva che erano speranze vane, quel bastardo non si sarebbe fermato finché non l’avesse avuta e forse nemmeno allora, desiderando ripetere l’esperienza.

Cosa c’era di male ad illudersi che per una volta tutto sarebbe andato bene?

Nulla, solo era impossibile che avvenisse.

Aveva trascorso quella mattinata a scuola in preda al panico, chiedendosi se sarebbe riuscita ad andare al lavoro, sentiva un brivido lungo la schiena, sapeva troppo di brutto presentimento per ignorarlo.

Uscì dall’edificio e slegò il motorino guardandosi intorno con aria preoccupata, ma non c’era nessuno.

Diede gas, per poi partire, il suo cuore non voleva saperne di rallentare i battiti.

Una volta arrivata  a casa volò nel suo appartamento per scaldarsi il pranzo e tentare di calmarsi, non farsi vedere così agitata da Bill.

Le scocciava nascondergli qualcosa, lui non se lo meritava , ma se l’avesse coinvolto temeva avrebbe fatto qualcosa di stupido e l’ultima cosa che volesse era che si mettesse nei guai per lei.

Non se lo sarebbe perdonato, lui doveva pensare solo a guarire!

Fece scaldare una porzione di lasagne e le mangiò senza nemmeno gustarne il sapore, erano solo del cibo che ingeriva per dovere.

Se non avesse dovuto andare al lavoro non le avrebbe mangiate, ma si sarebbe barricata nell’appartamento e buttata a letto.

-Voglio scappare!

Non voglio essere qui imprigionata in una vita che non voglio!-

Dopo aver finito di mangiare e avere lavato i piatti scese di nuovo in strada, stava per slegare il motorino quando qualcuno la face voltare verso di se.

Il suo cuore mancò un battito, sapeva di chi era quel tocco, il brivido di disgusto glielo confermò, era Mark.

Non poteva scappare, non più.

Forse avrebbe potuto resistere, ma era probabile che avrebbe finito solo per prendersi delle botte e l’avrebbe irritato.

-Illusa! Tanto quelle foto non te le consegnerà comunque, lo farà solo quando avrà finito di scoparti?

Pensi di saper resistere al disgusto?-

“Ciao piccola.”

La sua voce beffarda le faceva venire voglia di vomitare.

“Cosa vuoi?”

“Lo sai cosa voglio!” le accarezzò una guancia.”L’italiano ci ha interrotto l’ultima volta.”

“Perché? Cos’ho di speciale?”

“Non hai nulla di speciale, solo che io ti voglio ed ottengo sempre quello che voglio.”

La ragazza avrebbe voluto urlare che non era un oggetto, che aveva dei sentimenti e che quelli verso di lui erano di disgusto assoluto.

“Mi fai schifo!” sibilò frustrata.

“Lo so!” Rise lui “ E non sai quanto mi faccia piacere questa cosa!”

Ci fu una pausa di silenzio durante la quale la presa di Mark sul suo polso aumentò e la paura circolò mista al sangue nelle vene di Leila.

Analizzava febbrilmente ogni possibilità di fuga e non ne trovava nessuna.

Era un animale in trappola e Mark era il cacciatore.

“Ma ora bando alla ciance!

La volta scorsa il piccolo Girardi ci ha interrotto e io non voglio che succeda ancora una cosa del genere, quindi ora andremo a casa mia!

Muoviti!”

La strattonò per un polso,  forse avrebbe potuto urlare, ma era certa che nessuno sarebbe accorso.

Chi si fa gli affari suoi campa cent’anni era il motto del quartiere.

Il ragazzo la trascinò fino alla macchina e la spinse dentro in malo modo.

I giochi erano finiti, non c’era più nulla da fare.

Salì in macchina anche lui e mise  in moto.

“Non tremare così, piccola.

Non succederà subito, prima ho delle consegne  da fare!”

Bastardo! Aveva persino il coraggio di allungarle l’agonia!

“Si, piccola, mi diverte vederti così in balia del mio potere.

È una sensazione fantastica!”

Mise in moto, soddisfatto.

Leila di nuovo pensò a come fuggire da quella macchina.

“Non pensare alla fuga, non ci riuscirai!”

Non era detto.

Non era affatto detto!

Lui non poteva prendere possesso anche dei suoi pensieri e delle sue decisioni, già prendere il suo corpo era troppo per lei!

-Quanto ti odio! Ti odio talmente tanto che ti ucciderei!

Hai mandato in galera mio fratello, mi stai distruggendo la vita.

Fallo, bastardo!

Quando non avrò più nulla da perdere, perché Farid sarà in carcere e Bill mi avrà mollata verrò e ti ucciderò, non mi importa del carcere.

Pagherai! Avrò la mia vendetta!-

Il ragazzo si mise a fischiettare, mentre lei macinava quei pensieri di odio violento così insoliti per lei.

Sarebbe mai finito quell’incubo?

Il ragazzo si fermò poco dopo, Leila era impaziente di tentare la fuga, ma il ragazzo la chiuse in macchina abbassando le sicure.

Leila decise che avrebbe sfondato il vetro, iniziò a dare gomitate e alla fine cedette con uno schianto.

Pezzi di vetro caddero ovunque,  qualcuno di conficcò anche nel giubbino ferendole la pelle.

Non importava, doveva scappare.

Lo sfondò ulteriormente, infilò le gambe nel finestrino e scivolò fuori proteggendosi la faccia.

Non appena fu fuori iniziò a correre, non fece molta strada che qualcuno la placcò facendola cadere a terra.

Era Mark che ora era sopra di lei.

“Cosa credevi fare, eh?”

“Mollami bastardo! Mi metto ad urlare!”

“Non lo farai o ti ammazzo,puttana!”

La riportò in macchina e le legò braccia e gambe.

Perfetto! Ora era del tutto fottuta!

“Non ti devi mettere contro di me, hai capito?”

Vaffanculo! Sei solo un pezzo di merda!”

Lui rise e salì al posto di guida, mise in moto e ripartì di nuovo.

“è divertente sentirti mentre mi insulti, lo sai, bambolina?”

“Ti odio Mark! Tu non hai idea di quanto ti odi!”

Lui rise ed alzò maggiormente il volume della radio, stavano trasmettendo un pezzo di Lady Gaga.

Meraviglioso! L’aveva sempre odiata quella troia!

“Spegni quella radio!” Ringhiò isterica.

“PEZZO DI MERDA , SPEGNILA O LA PRENDO A CALCI!”

Le mollò una sberla, per un attimo  la testa le girò, poi senti qualcosa di liquido e caldo scendere dal naso alla bocca.

Sangue.

“Stai calma, Bambina o dovrò farti stare calma io e credimi non mi è mai piaciuto sbattermi una donna pestata!”

Si fermò di nuovo ed uscì dalla macchina, lasciandola sola.

In quel silenzio rivide suo fratello e desiderò che fosse lì, anche solo per chiedergli scusa per non essere stata abbastanza attenta a quel verme.

Scusa per non sapeva nemmeno lei cosa.

Il secondo che vide fu Bill e sapeva di dovere delle scuse anche a lui.

Doveva scusarsi per averlo escluso di nuovo, lui non se lo meritava.

Ma se gli avesse detto la verità avrebbe fatto qualcosa di stupido e lei non voleva.

Era in un vicolo cieco e ne pagava le conseguenze.

-Mi dispiace di averti tenuto fuori di nuovo da una parte della mia vita.

Non volevo!-

Se avesse potuto avrebbe pianto, invece con il poco autocontrollo che le rimaneva frenò quelle lacrime, non avrebbe dato quella soddisfazione a Mark!

Il ragazzo tornò poco dopo e la macchina ripartì di nuovo.

“Bene piccola, ora si va a casa!”

Leila non gli rispose.

Durante quel viaggio non disse una parola, lui sembrò non prendersela e ridacchiava tra se e se, irritandola.

Ora la partita era davvero finita e lei aveva perso.

Prima di scendere Mark le tagliò la corda con cui le teneva legati i piedi, poi uscì, fece il giro ed aprì la sua portiera.

La sollevò come se fosse un sacco di patata e le trascinò nel condominio dove abitava.

Ogni gradino che fece nel percorso verso l’appartamento del biondo fu una tortura.

Si sentiva spinta verso la sua sorte.

Alla fine si trovarono davanti a una porta di legno scuro, Mark frugò un momento nelle tasche, estrasse la chiave ed aprì.

Non fu gentile e la spinse dentro, poi chiuse la porta a chiave e si avvicinò a lei.

Come quella sera si avventò prima sulle sue labbra, che lei tenne ostinatamente chiuse, poteva scoparsela, ma un bacio non l’avrebbe avuto quel bastardo!

Lui ringhiò frustrato e le diede un’altra sberla, uscì altro sangue, ma lei non cedette e lui dovette rinunciarci.

Cominciò a spogliarla bramoso, lei chiuse gli occhi e represse un conato di vomito.

All’improvviso la porta iniziò ad essere tempestata da una serie di colpi.

Qualcuno voleva disperatamente quell’essere, la speranza tornò a fiorire in lei.

Mark non demorse, la porta venne abbattuta e qualcuno la staccò da lui, lasciandola basita.

Conosceva quella schiena che ora era tra lei e uno sconvolto Mark.

Era Bill.

Che ci faceva li?

 

Bill era furioso.

La sua coscienza ovviamente non era d’accordo con il suo piano, non faceva che dire che stava buttando all’aria tutto il lavoro di quel mese, ma lui non l’ascoltò.

Diede ascolto a quella rabbia e decise che Mark doveva pagarla, a ogni costo.

Sicuramente era troppo impulsivo.

Ovvio che stesse facendo una cazzata, ma allo stesso tempo si sentiva vivo come non gli capitava da tempo.

Emozioni  pure, senza il filtro della coca, rabbia vera e non artificiale.

Doveva ricordare con precisione l’indirizzo che gli aveva detto Shirin, non importava se fosse arrivato troppo tardi o se si fosse ritrovato con qualche osso rotto dopo, voleva togliersi lo sfizio di dire quello che pensava su di lui.

Il moro camminava tra la gente, buffo che nessuno badasse a lui dopo lo scandalo della tossicodipendenza, ma almeno non aveva problemi.

Raggiunse un condominio e salì le scale due gradini per volta, in preda alla frenesia.

Arrivò davanti a una porta di legno scuro, lesse il nome  e quando fu sicuro che era di Mark la tempestò di colpi  a cui nessuno si diede briga di rispondere.

Si  permetteva anche di ignorarlo il bastardo?

Sapeva che si sarebbe fatto male, tuttavia considerato che i metodi quasi civili non avevano funzionato, ora doveva ricorrere a quelli violenti.

Si allontanò dalla porta per prendere la rincorsa e partì alla carica.

La prima spallata che diede gli strappò un gemito di dolore, ma non ebbe effetto sulla porta, che oscillò leggermente e basta.

Si allontanò di nuovo e partì alla carica con maggiore forza.

Questa volta l’impatto fu peggiore, credeva che la spalla gli si sarebbe spezzata invece resse, fu la porta  a cadere con un tonfo.

Bill strinse i denti ed entrò nell’appartamento, tenendosi l’arto, faceva un male cane!

Quello che vide fece passare in secondo piano la rabbia e gli diede un’altra carica di energia.

Mark stava spogliando violentemente una Leila che tentava in ogni modo di divincolarsi, Bill marciò a grandi passi verso di loro ed afferrò Leila per un polso.

La tirò a se e la trascinò dietro di lui, per un attimo colse gli occhi verdi della ragazza, erano grati e spaventati, aveva paura per lui.

Bill puntò le sue iridi nocciola sul bastardo che aveva davanti, era sconvolto e seminudo, la rabbia risali di nuovo come l’alta marea.

“Che cazzo stavi facendo, figlio di puttana?

Lascia stare la mia ragazza!”

Mark si ricompose e scoppiò a ridere.

“Se non vuoi che quella troia finisca in carcere, vattene!

Io ho certe foto che potrebbero piacere alla polizia!”

Bill ci vide rosso, strinse i pugni e ringhiò.

“Zitto o ti ammazzo!”

“Provaci!” lo schernì lui.

Bill detestava essere preso poco sul serio e al momento lui era dannatamente serio ed incazzato!

Si lanciò su di lui e lo colpì in pieno volto, scontrandosi con la cartilagine del suo naso, Mark accusò il colpo stupito, Bill sogghignò mentre l’altro si portava incredulo una mano al naso da cui scendeva copioso del sangue.

“Bastardo!” urlò Mark.

Gli occhi del biondo erano accesi di furia omicida quando si lanciò verso di lui.

Iniziò una rissa da strada, Bill cercava di evitare i colpi, l’altro era decisamente più forte di lui che colpiva a casaccio cercando di fargli male.

-Avrei dovuto fare più palestra!- pensò sentendosi in bocca il gusto dolciastro del sangue.

Fu un miracolo riuscire a colpirlo ai genitali, il ragazzo si accartocciò su se stesso, boccheggiando, Bill si asciugò il sangue.

Fu una gioia di breve durata, vide che si infilò una mano in tasca e con un rapido monumento estrasse qualcosa, altrettanto rapidamente, qualcuno si parò davanti a lui.

Leila.

Il rumore dello sparo e la pallottola che fischiò accanto a lui rallentarono la sua percezione del tempo.

Vide Leila cadere a rallentatore e si sentì urlare.

Mark scattò verso la porta, Bill era paralizzato, cercò di darsi una svegliata ma il suo corpo non collaborava.

Doveva fermarlo o doveva aiutare lei?

Sentì la porta aprirsi  e altre voci nella stanza miste a rumori di colluttazione.

Chi c’era?

Fu solo il flebile lamento della ragazza a riscuoterlo, si mosse e si inginocchiò davanti a lei, innaturalmente pallida.

L’aveva colpita alla spalla.

“Mi ha preso solo di striscio.” Mormorò.

“Non parlare!” disse concitato lui e con la sua felpa tamponò l’emorragia.

Una mano si appoggiò alla sua spalla, seppe di chi era ancor prima che questa persona parlasse.

Era Tom.

“Bill, David l’ha fermato! Ora chiamo la polizia ed un’ambulanza!”

Bill annuì.

“Leila, Piccola, mi senti?”

“Si.”

“Tomi chiamerà un’ambulanza, andrà tutto bene.”

Lei annuì e tentò di sorridere.

“Grazie!”

“Figurati.” Mormorò lui.

Avrebbe voluto dirle tante cose, come ad esempio perché non gli avesse parlato, ma decise di rimandare tutto.

Lei doveva salvarsi e non affaticarsi a rispondere ai suoi quesiti!

Il moro aveva paura, paura che tutto finisse male.

Sentì David passare accanto a lui ed entrare in camera di David, stava frugando alla ricerca di qualcosa, ma cosa?

[“Mark la ricatta.

Lui è da sempre interessato a lei e al momento dice di avere della foto di lei quando spacciava.

Immagina cosa vuole in cambio di quelle!

L’altra sera Luca l’ha beccato con lei… “]

La voce di Shirin gli riportò alla mente le foto, sperò che il ragazzo le trovasse e che lei non avesse più nulla da temere da quello.

Tornò in salotto e passò qualcosa a Bill, erano foto.

“Fai in modo di salire sull’ambulanza con lei, in modo che non ti facciano domande e poi falle sparire!

Bruciale!

Mi hai capito?”

Bill annuì.

“David?” chiese con voce tremante”Ce la farà?”

Il ragazzo si chinò ed esaminò la ferita.

“Penso di si, l’ha presa solo di striscio …” in lontananza si sentiva il suono delle sirene dell’ambulanza”Stanno arrivando, Bill!

Abbi fiducia! Lei ce la farà!”

Il rasta appoggiò una mano sulla spalla di Bill, che trattenne le lacrime.

Presto sarebbero arrivati i paramedici e i poliziotti, lui non voleva farsi vedere debole.

Strinse la mano di Leila per infonderle coraggio e sperò che quella storia giungesse presto ad una conclusione.

I paramedici irruppero nella stanza, fecero domande un po’ a tutti per cercare di capire cosa fosse successo, alla fine la portarono via.

Bill li seguì e al momento di salire sull’ambulanza venne fermato.

“Lei chi è?”

“Sono il suo ragazzo, vi prego fatemi salire!”

Le foto nella tasca della giacca scottavano come non mai.

“D’accordo venga, ma non intralci!”

“Grazie!”

Tirò un sospiro di sollievo.

Mentre  i paramedici si occupavano di Leila lui si estraniò, una volta bruciate le foto e salva lei cosa sarebbe successo?

Non voleva tornare  alla clinica, si sentiva guarito e soprattutto non voleva più lasciarla sola.

Una cosa del genere non sarebbe più dovuta accadere!

Automaticamente il moro strinse i pugni e soffocò un ringhio, Mark doveva pagare!

“Non ti preoccupare ragazzo!”

La voce di uno dei paramedici lo fece smettere per guardare l’uomo.

“L’ha solo presa di striscio, ha perso un po’ di sangue, ma con dei punti e una trasfusione dovrebbe essere tutto apposto.

Avrebbe potuto finire peggio.”

Bill annuì, incapace di aggiungere altro, quell’uomo aveva ragione, Leila avrebbe potuto essere morta.

Al suono di quella parla rabbrividì e ringraziò qualunque cosa ci fosse stata lassù per averlo impedito.

Il viaggio ebbe fine e Leila venne portata al pronto soccorso e lui venne lasciato nella sala d’attesa, era il momento giusto per liberarsi delle foto.

Cercò dei bagni e  si chiuse nel cubicolo, poi estrasse quelle foto.

C’era una parte di lui che avrebbe voluto vederle a un’altra che le incitava  a sbrigarsi, decise di seguire le seconda ed estrasse un accendino dalla tasca, bruciò il pacchetto e i negativi e poi le lasciò cadere nel water e tirò l’acqua.

Il futuro di Leila si stava archiviando.

Uscì dal bagno e vide che erano arrivati anche David e Tom.

“Vi Hanno già lasciato andare?”

“Si, hanno detto che torneremo domani a parlare e sentiranno anche te e Leila se starà meglio.

A proposito, cos’hanno detto sull’ambulanza?”

David era ansioso.

“Che il proiettile l’ha presa di striscio e che dei punti e una trasfusione dovrebbero bastare, in ogni caso ora dovrebbe arrivare qualcuno no?”

Il rasta annuì, Bill si sedette accanto a suo fratello.

Rimasero in attesa per una mezz’oretta buona fino a quando un medico non arrivò ed annunciò loro che  Leila stava bene e che dopo la trasfusione poteva essere dimessa e tornare l’indomani per dei controlli.

“Non dovreste tenerla in osservazione?” Bill avanzò una timida protesta.

“La paziente ha voluto essere dimessa.”

“Capisco, è possibile vederla?”

Il medico lo scrutò per un attimo.

“Lasciatela riposare, un’infermiera vi avviserà quando sarà possibile.

Lei è il signor Bill Kaulitz?”

Lui annuì.

“Dovrebbe seguirmi per fare un prelievo.

Richiesta della polizia, visto il suo essere un tossicodipendente  e l’attività del ragazzo arrestato, sono necessari accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti.”

Il ragazzo annuì e seguì il medico che lo lasciò nelle mani di un’infermiera.

Una volta fatto il prelievo la prova più dura fu sentire su di se lo sguardo di Tom, il suo gemello era incerto, da una parte sembrava volesse disperatamente credere che lui fosse pulito, dall’altra il dubbio c’era.

“Tom sono pulito, credimi.

Non son evaso per farmi!”

“Lo so Bill, vieni qui!”

Lo abbracciò e Bill si sentì più sollevato.

“Mi ha telefonato una ragazza e mi ha spiegato tutto.” Sussurrò.

“Grazie  a te Tomi, per avermi creduto.

Lo so che non è facile.”

Tom non seppe cosa dire, Bill dal canto suo si godette quell’abbraccio, fino a  che non si staccarono e tornarono a sedersi sulle panchine della sala d’aspetto.

C’era silenzio, nessuno parlava solo David guardava Tom, chissà perché poi.

“Tom,  mi ha detto Luca che faresti meglio ad andare a casa.”

“Perché?”

“Lene gli ha detto  di fartelo sapere.”

“Non ho capito.”

“Ha telefonato Luca per sapere di Leila e con lui c’era anche Lene.

Quando hanno saputo che c’eri anche tu, lei ha detto di dirti di andare a casa da Francesca.”

Vide Tom irrigidirsi.

“Le è successo qualcosa?”

“Non ha voluto dirmelo.”

Tom scattò in piedi, poi lo guardò e tornò a sedersi.

“Tom se vuoi vai, David rimane no?”

Il rasta annuì.

“Non ti scoccia, Bill?”

“No tranquillo,

 è giusto che tu vada, sei preoccupato per lei.”

“Grazie Bill! Chiamami appena si sa qualcosa.”

Se ne andò e lo lasciò solo con il ragazzo.

Bill…” disse a un certo punto David.”Non ti ho ancora ringraziato.”

“Per cosa?”

“Per avere soccorso Leila, se tu non fossi arrivato ….”

Rabbrividirono entrambi.

“Figurati, è la mia ragazza.

È il minimo che possa fare se è nei guai.”

I due rimasero in attesa, di nuovo in silenzio, più pacificati.

 

Tom era in ansia.

Troppe cose erano successe quel giorno e non sapeva come avrebbe reagito alla notizia che Francesca stesse male, ormai teneva a lei.

Ormai le aveva detto che l’amava.

La sua salute e il suo benessere gli stavano a cuore come quelli di suo fratello.

Parcheggiò sotto casa sua e salì le scale che portavano al loro appartamento inquieto, sentiva che qualcosa sarebbe successo.

Aprì la porta  e nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato trovò le luci spente, questo lo insospettì, non era da Francesca.

La porta era aperta, quindi era in casa, stava bene?

Fay?”

chiamò a bassa voce, nessuno rispose.

Fece qualche passo incerto verso il divano e vide che lei era addormentata, scoperta come al solito.

La coprì, ma quel gesto bastò a svegliarla, Tom tendeva a dimenticarsi di quanto avesse il sonno leggero.

“Tom! Da quanto sei tornato?” mugugnò Fay assonnata.

“Da poco.”

“Come sta Bill?”

“Lui bene, è scosso.”

La ragazza si svegliò del tutto.

“Cosa è successo?”

“è scappato perché ha saputo che Mark stava per violentare la sua ragazza e così era.

L’ha levata dalle sue grinfie, solo che è  partito un colpo di pistola e Leila è rimasta ferita.”

Francesca impallidì e si portò un mano sulla pancia, era un gesto strano.

“è grave?”

“No, il proiettile l’ha presa di striscio.”

Ci fu una pausa di silenzio.

Fay Devi dirmi qualcosa?

Perché ti sei toccata la pancia? Stai bene?”

La ragazza abbassò gli occhi, ma non accennò a togliersi la mano dalla pancia, al contrario prese fiato.

“Una cosa dovrei dirtela, ma non ho idea di come la prenderai.”

Tom iniziò a sudare freddo, non gli piaceva quella frase, temeva che lei lo abbandonasse.

“Avrai notato che sto spesso male… Che vomito spesso…

Lui annuì.

“Sono anche molto in ritardo con il ciclo.”

Qualcosa iniziava ad essere più chiaro nella sua mente.

“Ho fatto un test di gravidanza… ed è positivo.

Temo di essere incinta.”

Tom rimase in silenzio, frastornato dalla notizia, Francesca non lo guardava, lui poteva sentire la sua paura.

Paura di essere abbandonata.

Paura di rivivere l’inferno della sua famiglia.

 Erano anche le sue paure.

Tom non aveva dimenticato il dolore del divorzio e non avrebbe voluto infliggerlo ai suoi eventuali e fino a quel momento improbabili figli.

“Da quanto lo sai?”

“Da un paio di giorni… non riuscivo a trovare il momento adatto per dirtelo.”

Il moro strinse i pugni.

“Come mai Lene lo sa?”

“Era con me il giorno che ho fatto il test, non era mia intenzione che lei lo sapesse prima di te, lo giuro.

È successo e basta!”

Tom si rilassò, non poteva colpevolizzarla e di sicuro le doveva una risposta.

“Tom, tu questo bambino lo vuoi?”

Rimase in silenzio a pensare.

La mente gli proiettò l’immagine di un bambino o di una bambina con i suoi occhi e i capelli della ragazza che lo guardava dolcemente e lo chiamava:”Papà”.

Cosa sentiva?

Un enorme felicità, del tutto irrazionale, mista a paura, temeva di non essere un buon padre e di non riuscire a far fronte alle sue responsabilità.

“Si, ma ho paura.

Ho paura di non essere un buon padre e di deludervi.”

Francesca gli prese una mano, sembrava un pochino risollevata e meno pallida.

“Anch’io ho  paura, non voglio che mio figlio cresca come sono cresciuta io, ma… sento già di amarlo.

Non posso farci nulla.

E mi impegnerò al massimo per essere una brava mamma, nonostante le mie paure.”

Tom fece uno strano sorriso.

“Sei sempre stata quella più forte tra noi.”

I minuti passarono, il calore della mano di Fra continuava ad essere sopra la sua.

E così sarebbe stato padre

Gli faceva uno strano effetto pensare di avere la responsabilità di una nuova vita, ma non era del tutto spiacevole, inoltre le parole di Francesca lo avevano rincuorato.

Era assurdo, ma sapeva che almeno lei ci sarebbe stata per quel bambino.

Fay, sono felice e ho paura, posso…? Indicò la pancia.

Lei fece un cenno di assenso e si tirò su maglione e maglia.

“Forse è troppo presto.”

Non gli importava, appoggiò delicato un orecchio sul ventre della ragazza, era caldo, gli comunicava una sensazione piacevole.

Forse era davvero troppo presto perché non sentì nulla se non le mani di Fay tra i suoi capelli.

“Andrà tutto bene, ce la faremo!”

Mormorò lui.

E forse era una  bugia, ma in fondo c’era anche della verità.

Forse non sarebbe mai stato un padre perfetto, ma ci sarebbe stato e questo bastò a farlo abbandonare alla felicità che saliva lenta come un’onda benefica a trascinarlo via.

Al momento tutto era lontano e tutto prometteva di andare per il meglio.

Non era nemmeno importante il fatto che lui non avesse più una band e quindi un lavoro.

Ormai quello che contava al momento per lui era quella piccola vita che c’era dentro la sua donna.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Uhm… è finita bene dopotutto no?

Spero vi piaccia^^, a me personalmente è piaciuto ^^.

Ringrazio per le recensioni:

 

 

Utopy : si in effetti i guai seri ci sono, ma Bill arriva in tempo ad evitare la catastrofe con Mark…

Spero ti piaccia e buona gita^^.

Alla prossima^^

 

.Pulse :Grazie dei complimenti.

Anche io non so se Bill abbia fatto la cosa più giusta a scappare, diciamo che ha prevalso l’istinto.

Forse qualcosa ha risolto, no?

Sono contenta che tu abbia apprezzato Lene e Fra vicine, la verità era che non sapevo chi fare incontrare a Fra(Lo dice lei stessa che non ha molte amiche XD) e lene mi è sembrata quella giustaanche perché è la sua futura cognata o giù di li XD!

Sono  contenta che ti piacciano Gustav e Shirin e spero che ti piaccia questo capitolo.

alla prossima!

 

 

 

Lady Cassandra :In effetti ho qualche problemino a descrivere le scene felici -.-! ci sto lavorando sopra (anche se spero che le future scene felici di questa storia ti ripaghino di tutta questa tragedia ).

Tranquilla per Tom, come vedi ha reagito bene^^ e devo dire che quella è una parte che mi è piaciuto scrivere .

Bill e Leila… indubbiamente Bill ha fatto una cazzata, ma almeno è servita a qualcosa, dato che ora il viscido è in prigione^^.

Non cis ei andata molto lontana con la scene di tutti i personaggi maschili contro Mark XD! C’è mancato poco che succedesse.

Spero che questo capitolo ti piaccia^^.

Alla prossima.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 33
*** 33)Questa Volta Ti Aspetterò ***


 

33) Questa volta ti aspetterò

 

Leila si sentiva come se fosse in un acquario.

Le percezioni le arrivavano ovattate, lontane,come se non fossero sue, tutto si era fermato al dolore che le si era allargato dal braccio quando Mark l’aveva presa di striscio.

Aveva sentito del liquido caldo colare lungo il braccio, era sangue e da allora tutto aveva preso contorni indefiniti. L’unica cosa salda era stata la stretta di Bill e la sua voce.

Tutto il resto, la corsa in ospedale,i punti di sutura, la trasfusione, era qualcosa di vago e confuso.

Al momento era sdraiata a letto e  si sentiva galleggiare, ancora incredula che tutto fosse finito, Mark era stato arrestato e quelle foto erano sparite.

Era libera.

Eppure si sentiva spaventata, chissà come avrebbe reagito Bill?

L’avrebbe abbandonata?

La rossa non sapeva da dove le venisse quella paura irrazionale, ma al momento quella era l’unica cosa che fosse riuscita a penetrare la sua cortina di torpore.

Il sangue della trasfusione scendeva lento dal sacchetto al tubicino della flebo, Bill dov’era?

Lo voleva al suo fianco!

Sbuffò frustrata.

La porta si aprì poco dopo e il ragazzo entrò, lo sguardo basso e il corpo teso, si sedette accanto a lei senza fare nulla, la guardava e basta.

Lei non desiderava altro che lui le prendesse la mano e le parlasse.

“Perché non me l’hai detto?”

“Avevo paura..” sussurrò lei.”Paura che facesse un cazzata, non me lo sarei perdonato

Paura che lui ti facesse del male, non avrei retto.

Mi dispiace.”

Lui non disse nulla e si limitò a stringerle una mano , lei sorrise.

“Adesso è tutto finito, giura che non mi terrai più fuori.”

Leila annuì.

“Giuro.

Avresti dovuto scegliere una persona migliore di me.”

Lui la fulminò con un’occhiata.

“Leila, ti prego, smettila di pensare e comportarti come se tu per me fossi un peso o un pericolo perché non  lo sei!

Forse avrei fatto meglio ad innamorarmi di un’innocua modella platinata ed insipida, con un passato limpido e un futuro luminoso.

Sarebbe potuto succedere mille volte e non è successo, sei stata tu a fare quel miracolo e forse questo indica che contro ogni logica sei tu quella migliore per me!”

Lei deglutì.

“ E io sono quello giusto per te?

Perché forse è questo il problema …”

Bill la guardava preoccupato, come poteva pensare una cosa del genere?

Lui era quanto di meglio potesse sperare!

“Si, lo sei .. ma ho paura!”

“Paura di cosa?”

“Paura della nostra diversità, cosa farai adesso?

Cosa ne sarà di noi adesso?”

Lo vide deglutire.

“Io … Dovrò tornare in clinica...

Ho contattato la direttrice, ha detto che per me farà un’eccezione e che non inizierò tutto daccapo, che ho fatto un bel gesto..”

“Ma noi non potremo vederci più li.”

“Come fai a saperlo?”

“I tuoi occhi:” mormorò lei”Non mi guardi, significa che hai paura di dirmi qualcosa.”

Bill sospirò e prese ad accarezzarle una mano dolcemente, facendola tremare, stava bene e stava male sotto quel tocco gentile.

“Ha detto che sei licenziata e che non potrai farmi visita, dovremo aspettare cinque mesi, il tempo della fine del trattamento, purtroppo.

Poi io sarò fuori…

Ci sarai ancora fra tutto quel tempo? O mi mollerai credendo di fare la cosa migliore per me?

Se così fosse non ci pensare nemmeno, non sarebbe la cosa migliore per me stare senza te, ok?

Non dire che lo fai per la mia carriera o per altro perché non ho più nulla, solo il benservito della casa discografica e  la ricerca di una nuova vita.

Dovrò aspettare un po’ prima di poter tornare con la band e io ci sarò in quel lasso di tempo e anche dopo, sappilo.

Non ti liberi facilmente di me!”

Leila era assolutamente stordita da questo fiume di parole da non riuscire ad assimilarlo in pieno.

Le stava offrendo una storia seria e non voleva mollarla.

Roba da non crederci.

Lo fissava ad occhi sbarrati, senza riuscire ad articolare un suono.

“Leila?”

“Io … sono scioccata credo.

Ti rispondo a una cosa per volta, forse è meglio.

Ci sarò ancora tra cinque mesi, avevo pensato di darmi alla macchia, ma dopo quello che mi hai detto e hai fatto per me, non credo sia una buona idea.

Arrivati a questo punto nemmeno io saprei fare a meno di te, sei entrato nella mia vita come un fulmine a ciel sereno  e mi sa che non ti schioderai facilmente.

In quanto ai tuoi soldi, carriera e tutto il resto, bhe, al momento ti vorrei anche se fossi povero in canna.

Per la tua carriera musicale, ti auguro di tornare in forma , per la cronaca, ti aspetterò ogni volta che te ne andrai e , nel caso tu avessi  mentito ai giornali, scordati le groupies se vuoi averla ancora una carriera!”

Bill scoppiò a ridere.

“Tranquilla, non ne avrò!

Questo significa che accetti di essere la mia ragazza?”

“Ho altre scelte?” scherzò lei.

“Direi di no!”.

“Allora accetto!” sussurrò sorridendo, mentre la presa sulle sue mani si faceva più forte.

Un’altra sensazione stava entrando nella sua bolla di stordimento, era pura gioia, se solo non fosse stata attaccata ad una flebo si sarebbe messa a saltare per la stanza.

“Posso farti una domanda stupida?”

“Certo.”

“Perché sei venuto? Non hai pensato nemmeno per un attimo che stessi mandando tutto a puttane?”

Lui rimase in silenzio.

“Si, ci ho pensato, poi però ero talmente incazzato, desideroso di fargliela pagare a quel bastardo e preoccupato per te che tutto è passato in secondo piano.

Perché ti sembra così strano che io possa essere preoccupato e preso da te?”

La voce del ragazzo aveva di nuovo una nota frustrata.

Io… non lo so è tutto così bello da farmi paura, solo per questo mi sembra strano.

Non mi era mai capitata una così …”

“Temo ti ci dovrai abitare!”

Si avvicinò piano, si chinò su di lei e le lasciò un bacio a fior di labbra,

“Quando potrò uscire di qua?”

“Quando avrai finito la trasfusione, comunque  dovrebbe passare un medico tra poco.”

La  ragazze sorrise.

“Non vedo l’ora di passare un po’ di tempo con te o devi andartene subito?”

“No, rientro domani mattina, credo però che potremo andare solo da mio fratello.”

“Non importa, ho voglia di scoprire che gusto ha la normalità con te.”

Fu il turno del ragazzo sorridere.

“Che bella frase, non me l’aveva mai detta nessuno.

In effetti anch’io sono curioso.”

Rimasero così, a godersi la tranquillità del silenzio, questa volta  il sangue che scendeva non segnava più il ritmo della sua ansia, si sentiva in pace con il mondo ed erano anni che non accadeva.

Dopo un tempo indefinito la porta si aprì ed entrò il dottore, l’uomo la visitò e poi disse che poteva essere dimessa, un’infermiera arrivò poco dopo a toglierle la flebo.

Si alzò dal letto, si sentiva ancora un po’ stordita, ma pensava di potercela fare a  camminare, mosse qualche passo incerto e sarebbe sicuramente caduta se Bill non fosse apparso a sostenerla.

“Avresti dovuto chiamarmi!”

“Scusa, credevo di farcela da sola.”

Lui scosse la testa e le passò un braccio dietro alla schiena.

“Qualcuno ha chiamato i miei?”

“NO, non li ha chiamati nessuno.”

Rispose un’altra voce.

“David!”

“Mi hai fatto prendere un colpo, ragazzina…

Non fare mai più di testa tua, hai capito?”

“Scusa.”mormorò lei contrita, doveva essere stato molto frustrante per Dave non potere fare nulla per lei.

“Scuse accettate.”

“A proposito, non avvertire i miei, stasera vorrei dormire da Bill.”

Lui aggrottò un sopracciglio.

“Hanno tentato di spararti, sarebbe una buona cosa avvisarli.”

“Glielo dirò domani! Lui domani se ne … va e per un po’ non potremo vederci.”

“D’accordo!” sopirò David”La vita è tua, fai quello che ritieni sia meglio!”

La ragazza sorrise , si lasciò abbracciare e se ne andò a braccetto con Bill.

Appena fuori dall’ospedale chiamò i suoi e disse loro che quella notte avrebbe dormito da Shirin, loro non fecero storie.

Chiusa la chiamata si accorse che Bill la guardava serio.

“Forse Dave ha ragione.”

“Togli il forse, ha ragione, ma io non voglio rinunciare a  stare con te stasera,se lo dicessi ai miei sarebbe impossibile per noi farlo.”

“D’accordo.”.

Per arrivare all’appartamento di Bill presero un taxi, quando arrivarono trovarono le luci al’interno della casa ancora spente.

Fecero qualche passo nel salotto, dopo essersi chiusi la porta alle spalle, videro Tom e Francesca stesi sul divano che dormivano abbracciati.

Si ritrovarono entrambi a sorridere.

“Che carini che sono!”

“Vero? Sono una coppia ben assortita!

Vuoi farti un doccia? Il medico dice che puoi?”

Bhe, si mi piacerebbe, ma non ho un cambio per i vestiti.”

Lui si grattò il mento, valutò la sua figura e poi quella dell’italiana.

“Uhm forse potresti mettere qualcosa di Fra.”

“Sei sicura che non si offenda?”

“Non credo, adesso ordino una pizza, così dopo puoi prendere gli antidolorifici.”

“D’accordo.”

Si sentiva incerta, non era da lei muoversi in casa di estranei ed era vagamente a disagio.

Si avviò verso il bagno, aprì la porta e notò che era gigantesco, non ne aveva mai visto di bagni del genere.

“Wow” mugugnò sotto voce sperando di non farsi sentire da lui  che stava arrivando con in mano un cambio di biancheria, jeans e una maglietta.

Il ragazzo uscì dal bagno e lei entrò nella doccia, facendo attenzione ai punti.

 

Tom si svegliò con il peso di Francesca addosso.

Era un peso piacevole, lei sembrava serena adesso, lui invece si sentiva ancora un po’ agitato,  ora avrebbe dovuto dirlo a tutti.

Si accorse in quel momento che le luci erano accese, Bill doveva essere arrivato.

Cercò delicatamente si sfilarsi da sotto la ragazza senza svegliarla, ma non ci  riuscì, Fay aprì gli occhi e lo guardò.

“Ben svegliata, non avrei voluto svegliarti in realtà.”

“Non ti preoccupare, è arrivato Bill?”

Lui annuì, la ragazza si alzò e poi si alzò anche lui, trovarono Bill in camera loro che stava rovistando nella parte di armadio di Francesca.

“Ciao Fratè, non sapevo volessi provare a  mettere abiti da donna!”

“Che coglione che sei!”

Tom ridacchiò e poi tornò serio.

“Come sta Leila? e perché stai rovistando nell’armadio di Fra?”

“Leila l’hanno dimessa, al momento è nel bagno di casa nostra a farsi un doccia e se alla tua ragazza non dispiace vorrei darle i suoi vestiti.”

“Non ci sono problemi!” esclamò Fay dietro di lui, poi lo sorpassò e raggiunse Bill.

“Ti do una mano!”

Tom si appoggiò allo stipite della porta e vide la mora allungare un paio di jeans, una maglietta e una felpa a Bill.

“Avrei voluto vedere con che coraggio avresti frugato tra il mio intimo!”

Esclamò divertita lei facendo diventare di mille colori il fratello.

“Scusa, non volevo!”

“Figurati!” alzò le spalle lei.

Gli allungò un paio di mutande, un reggiseno e una canottiera, Tom si sentì in dovere di andare a dare un’occhiata.

“Con quello che gli hai dato, non concluderà mai niente il  mio fratellino!”

SI prese una sberla sulla nuca da Bill e un’occhiataccia da Fay, che, accucciata per terra, sembrava volergli dire di smetterla di fare l’idiota che stava per diventare padre.

“Pensaci Bill, per un bel po’  non concluderai più nulla, non vedendola!”

Il fratello si oscurò.

“Credi che io non ci pensi abbastanza?”

Uscì dalla stanza come una furia, facendolo sentire un’idiota, tanto che dovette abbassare gli occhi davanti allo sguardo di Fay.

“Volevo solo fare un po’ l’idiota! Mi mancava farlo con lui!

È quello con cui mi riesce meglio e che dà più soddisfazione!”

“Certo, l’incredibile complicità del duo Kaulitz!

Tom, lo so che non volevi ferirlo o sono certa che lo sa anche lui, solo dovresti scusarti con lui e…

“E?”

“Io vorrei dirglielo, vorrei che lui fosse il primo a saperlo insieme  a mio fratello.”

Lui le si avvicinò la sollevò da terra e l’abbracciò.

“D’accordo, mia piccola, saggia, Nana.”

La lasciò andare e raggiunse il salotto, dove aspettò che suo fratello uscisse dal bagno.

“Bill …” Mormorò appena lo vide.”Mi dispiace, volevo solo fare una battuta, non ho pensato alle conseguenze, scusami!”

“Tranquillo, non è niente

È stata pesante questa giornata e non riesco a pensare di dover tornare in clinica, tutto qui.”

“Mi dispiace e scusa ancora.”

Si sedettero uno accanto all’altro sul divano.

“Anche io e te non ci vedremo per un po’.”

“Lo so, ma non sarà per sempre.

Presto tornerai a casa e poi e se tu lo vorrai ci impegneremo con la band.”

Bill sospirò.

“Credo di volerlo, in fondo cantare è l’unica cosa che mi venga bene e poi ho tutto il tempo di pensarci.”

Rimasero semplicemente così uno accanto all’altro a godere della presenza reciproca finché non sentirono un tonfo provenire dalla camera di Tom.

Il ragazzo scattò subito, nonostante l’occhiata perplessa di Bill, Francesca era stesa a terra.

Fay!” si inginocchiò al suo fianco spaventato.”Stai bene?”

“Si, tranquillo, sono solo inciampata!”

Tom la aiutò a rialzarsi , sembrava solo una banale caduta senza conseguenze, era conscio che il gemello doveva trovare strano quel suo comportamento, ma non poteva farci nulla, in ogni caso, a cena avrebbe scoperto perché.

Tornarono di nuovo in salotto, dove trovarono una spaesata Leila che si guardava attorno, stretta nella felpa di Fay, ora quella ragazzina gli faceva tenerezza.

Bill si precipitò da lei a convincerla a sedersi sul divano, Tom notò come fosse pallida.

“Come stai?”

La domanda di Fay, ancora attaccata al suo braccio lo fece sobbalzare.

Bhe, potrei stare meglio, ma non mi lamento.”

“I punti?”

“Tirano e mi fa un po’ male il braccio, ma con degli antidolorifici passa.

Dopo mangiato li prendo, Bill ha ordinato una pizza.”

La ragazza annuì.

“Sei stata fortunata, te l’ho già detto che sei una delle ragazze più incoscienti che conosco?”

“SI!” rise lei per poi storcere la bocca in un smorfia di dolore.

Bill si sedette accanto a lei e la cullò.

“Non ti devi sforzare, hai capito?”

Lei annuì, Tom guardava suo fratello e non riusciva a ricordare quando fosse stata l’ultima volta che l’aveva visto così felice.

“Leila.” Si decise a prendere la parola alla fine.”Volevo ringraziarti per aver salvato mio fratello.”

“Figurati, prego, comunque.”

Il suono del campanello interruppe quel momento, Bill scattò verso la porta, mentre la sua Nana correva ad apparecchiare.

Erano ancora lui e la rossa.

“Tu non puoi capire quanto io ti sia grato, se lui fosse morto io non avrei saputo cosa fare, sarei impazzito temo.”

“è tutto a posto e ti capisco benissimo.

Ho un fratello e darei la vita per lui.”

Si sorrisero a vicenda, ora anche lei avrebbe potuto rimanere senza problemi ad ascoltare quello che lui e Fra avevano da dire.

“Ragazzi sono arrivate le pezze!”

L’urlo di Bill lo riportò dritto a un passato e a una serenità che sapeva di normalità che non sperimentava da troppo tempo, da quando ancora c’era Francesca nelle loro vite prima di Berlino.

Non importava se suo fratello stesse ancora combattendo contro la dipendenza, non importava che domani sarebbe tornato in una clinica,quello che contava era quella sensazione di gioia che non provava da tempo.

Come se tutte le cose lentamente stessero tornando al loro posto, dove avrebbero sempre dovuto stare ed altre nuove e piacevoli si stessero per affacciare nel loro mondo.

Bill portò un tavola quattro cartoni di pizza e delle patatine, come ai vecchi tempi si accapigliarono per quale fosse la loro, sotto lo sguardo divertito di Francesca, che altre volte aveva assistito a quegli spettacoli e a quello vagamente incredulo di Leila.

“Sono fatti così, ti ci dovrai abituare!” esclamò divertita la mora all’indirizzo della rossa.

Scoppiarono tutti a ridere e poi si buttarono sulle pizze divorandole, chissà come avrebbe reagito Bill alla notizia?

“Ehi Tomi non ti va più?

Se vuoi la mangio io!”

“Lungi dalla mia pizza, lavandino!”

Esclamò divertito, la finì per evitare altri attacchi del suo fratellino modalità affamata.

“Sono pieno!”

“Bene Bill! Non credevo riuscissi a contenere tanto cibo in quella figurina magra che ti ritrovi!” sghignazzò Leila.

“Ora vado a prendere gli antidolorifici!”

La ragazza si alzò ed estrasse una scatola di pastiglie dalla borsa , ne ingoiò e bevve un bicchier d’acqua per poi tornare ala tavolo.

Tom sentì Francesca stringergli la mano e capì che era il momento.

“Bene, adesso che ci siamo quasi tutti, io e Fay dovremmo dirvi qualcosa.”

Il silenzio calò sul gruppo, Bill lo guardava cercando di indovinare cosa fosse successo, senza riuscirci, lo vedeva dall’espressione frustrata nei suoi occhi.

“Che cosa?”

Bill non aveva resistito.

“Non so come dirlo, perciò scelgo la via più breve.

Francesca è incinta, sarò padre.”

Il silenzio calò sulla tavola.

“Io quindi sarò zio!”

Disse piano Bill, lo conosceva abbastanza da sapere che presto ci sarebbe stata un’esplosione.

“Si..”

“Che bello! Sono davvero felice per voi!

Cioè.. è un po’ presto, ma sono felice!

Quando uscirò ti aiuterò a scegliere tutto per il bambino o la bambina!

Anzi, come pensate di chiamarla o chiamarlo?”

Francesca lo guardò stranita.

“Ehm, domani iniziamo a prenotare un’ecografia…

Per i nomi non trovi sia un po’ presto?”

“In effetti… comunque si brinda! Tomi dov’è lo champagne?”

Tom scosse la testa.

“Non è una buona idea. Tu domani devi tornare in clinica e la  tua ragazza  ha appena assunto delle medicine.”

“è vero…” si rabbuiò lui.

Bhe, potremmo brindare con la coca cola o il the, Bill.

A proposito complimenti ragazzi!” rispose Leila.

Passarono il resto della serata a scherzare, inventare nomi per il bambino e a rievocare il passato per la gioia di Leila, che in fondo li conosceva ancora poco.

Smisero quando videro che le due ragazze stavano crollando, Bill dovette portare Leila in braccio in camera sua e lui Fay.

Tornarono in salotto solo loro due a sistemare sala e cucina.

“Bill, sei davvero felice?”

“E tu vuoi davvero quel bambino?”

“Si.”

“Bene, allora io sono felice.

Lo sai che ho sempre saputo che avreste fatto coppia e che sareste stati benissimo insieme.

Sarete dei bravi genitori… un po’ strani, ma bravi.

Non ti preoccupare, andrà bene..

Ci saremo noi ad aiutarvi.”

“Grazie.”

“Figurati.. ora ho un motivo in più per sbrigarmi a tornare .”

Si sorrisero e tornarono nelle rispettive camere.

Fay stava dormendo, lui si spogliò e la raggiunse..

“Visto che è andato tutto bene?” le disse lui.

“Lo so, ma ho ancora paura Tom.”

“Vieni qui!”

L’abbracciò, attirandola a sé .

“Andrà tutto bene, ce la faremo.

Tranquilla.

Non sempre il passato si ripete.”

Lei si strinse di più a lui.

“Lo spero, voglio godermi questa felicità, questa volta vorrei che tutto andasse bene.”

Lui la strinse a sé, senza dirle che sperava lo stesso.

 

Bill entrò nella sua camera, gli fece un effetto strano rivedere quelle mura dopo più di un mese di lontananza, ma tutto sommato piacevole.

Leila era stesa a letto in un dormiveglia, lui si sdraiò accanto a lei.

“Sei tornato!” mugugnò nel sonno.

“Si, piccola, sono qui.”

“Mi abbracci? Mi sono sempre chiesta come fosse stare abbracciata a te.”

Lui la accontentò subito, anche lui si era chiesto come fosse abbracciarla in quei mesi.

“Sei morbida!”

L’aveva detto davvero ad alta voce?

“Davvero? Io pensavo di essere uno scheletro!”

L’aveva detto ad alta voce sul serio.

BHe, per me lo sei!” le accarezzò piano la pancia.

“Si posso confermarlo.”

Rimase un po’ in silenzio, accarezzandola piano, mentre lei si accoccolava meglio nel suo abbraccio.

“Come stai?”

“Bene, sono un po’ intontita…

Mi arriva qualche fitta, nonostante gli antidolorifici..”

Seppellì il naso nei suoi capelli.

“Mi dispiace e poi io non ti ho ancora ringraziato.

Ti devo la vita, quella pallottola era per me.”

Lei Provò a guardarlo negli occhi, ma il movimento le faceva tirare i punti e rinunciò.

“Non mi devi nulla, io l’ho fatto perché…era giusto così.

Non c ‘è stato un perché preciso, tu sei una persona che amo ed eri in pericolo, è stato istintivo cercare  di proteggerti.”

Si alzarono entrambi in ginocchio, sul grande letto.

Fu lui a fare il primo passo baciandola piano, impazziva alla prospettiva che se quella maledetta pallottola non l’avesse sfiorata ma colpita a quest’ora non avrebbe più potuto farlo.

“Non farmi  più spaventare così.

Ho pensato che non avrei più potuto vederti e la prospettiva mi faceva impazzire!”

“Per me è lo stesso! Se solo non avessi questi punti maledetti ti chiederei di abbracciarmi forte e di fare l’amore con me.”

Lui la strinse, senza esagerare.

“Un motivo in più per aspettarmi , piccoletta.”

“Hai ragione. Non mi ero accorta che avessi tutti questi tatuaggi.”mormorò cambiando argomento di botto.

Leila gli stava guardando i tatuaggi, la scritta sul torace e la stella a cinque punte sul bacino.

“I tatuaggi fanno male anni dopo che li hai fatti, ma per quello che ricordano.”

Lei alzò un sopracciglio.

“Pensavo che questi tatuaggi ti ricordassero qualcosa di bello, te li sei fatto quando eri nel pieno del successo!”

“Si certo, ma non mi piace ricordare quegli anni.

O meglio mi piace e non mi piace.

Certo, stavo realizzando il mio sogno, ma mi sentivo solo, parecchio solo.

L’unica ragazza che mi fosse interessata dopo anni, preferiva mio fratello.”

La ragazza gli accarezzò un braccio.

“è Francesca vero? Ti piaceva lei?”

“Si, mi piaceva lei, ma desso è passata, è anni che è passata.”

Leila ridacchiò a denti stretti.

“Sei Gelosa!”

“Non sono gelosa! Lo so che hai avuto una vita prima di me.”

“Mi piace se fai la gelosa!” Mugugnò lui ridacchiando”Sa tanto di normalità!”

Lei sbuffò, ma poi sorrise.

“Anche a me ed è fantastico!

Sembra che tutto quello che c’è stato nel mio e nel tuo passato sia lontano e non possa ferire o non sia mai esistito.”

“Sarebbe bello !” rispose lui, perdendosi in una visione di normalità, mentre le accarezzava piano i capelli.

“Bellissimo, ma la realtà è un’altra,godiamoci gli ultimi istanti di tranquillità, prima che la bolla scoppi.”

Sbadigliò lei, lui la trascinò di nuovo stesa scoprì entrambi.

“Dormi , devi essere stanchissima, piccola.

Ti, amo Leila.”

“Anch’io ti amo!” mormorò prima di chiudere gli occhi.

La guardava dormire, sembrava tremendamente serena, come se non avesse vissuto quella giornata, che fosse quello l’effetto che lui le faceva?

Doveva esserne orgoglioso e in parte lo era, l’altra parte tornava ossessivamente sul pensiero che per cinque mesi non l’avrebbe più vista.

Per cinque lunghissimi mesi lei non sarebbe più venuta a rallegrarlo con la sua presenza, ne si sarebbero più potuti scambiare confidenze.

-Hai una vaga idea di quanto mi mancherai, rossa?

Forse si, spero di mancarti anch’io allo stesso modo. –

Finalmente sentì la stanchezza avere meglio su di lui, le palpebre farsi pesanti e poi chiudersi.

Cadde in un sonno profondo e tranquillo, come da mesi non gli capitava.

Forse sognò cose belle, ma al risveglio non ricordava più nulla, Bill sentiva solo tranquillità dentro di lui.

Cercò di muoversi piano per non svegliare la ragazza, ma non ci riuscì, Leila si svegliò e si stiracchiò come una gatta.

“è già arrivato il momento?”

“Purtroppo si..”

Si alzò dal letto e lo abbracciò.

“Sono solo cinque mesi, non è per sempre.”

“Lo so, grazie!”

Si avviarono in cucina, Tom e Fay erano già svegli e stavano litigando.

“Buongiorno! Le vecchie abitudini sono dure a morire, eh ragazzi?”

“Ben svegliato Bill, ciao Leila.

Non vuole che io venga all’ecografia! Dice che le faccio ansia!”

Scoppiarono entrambi a ridere davanti all’espressione palesemente offesa del ragazzo.

“Dai Francesca, lascialo venire!”

“Va bene! Tom ringrazia tuo fratello!”

Il ragazzo con le treccine sbuffò.

“Grazie Bill!”

Tom si sedette al tavolo scuotendo la testa, mentre Bill ridacchiava divertito.

“La colazione è pronta, seduti ragazzi!”

Francesca servì loro del caffè e delle brioches.

“Sei uscita adesso a prenderle?”

Chiese Bill con la bocca piena.

“Si, perché?”

“Non dovresti nelle tue condizioni!”

“Bill, sono incinta, non malata!”

Frammenti di normalità.

Normalità piacevole.

Normalità che non assaggiava da tempo.

Normalità che non voleva lasciare.

Eppure doveva farlo, per riuscire a guarire del tutto.

Finita la colazione Francesca e Tom uscirono dalla stanza, lasciandoli soli.

“Adesso dobbiamo  salutarci, mi mancherai!”

La ragazza annuì.

“Anche tu mi mancherai!”

La rossa aveva la voce spezzata, non gliel’aveva mai sentita.

“Tra cinque mesi  ti troverò ad aspettarmi, vero?”

“Puoi giurarci.”

SI abbracciarono, la baciò un’ultima colta ed uscì dalla stanza.

Tom lo aspettava con la chiavi già in mano.

“Ce la farai!”

Tre semplici parole che ebbero il potere di rincuorarlo.

Questa volta ce l’avrebbe fatta davvero.

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Cioè… un capitolo quasi tutto positivo O.O!

Un record XD!

Spero vi piaccia^^.

Nel discorso di Leila e Bill c’è una citazione di un verso di canzone, vediamo se qualcuno indovina…

So che Nana lo indovinerà di sicuro XD! Do la soluzione al prossimo capitolo.

Ciao^^

Una comunicazione di servizio: ho scritto ad Erika per poter cambiare il mio nick, non sarà una cosa che avverrà immediatamente, ma prima o poi sarà cambiato in Layla, quindi non vi preoccupate se trovate le mie storie sotto quel nome.

Anche se so che non vi preoccuperete.

 

 

.Pulse :Sono contenta che ti sia piaciuto^^

In effetti Bill si deve essere fatto un male cane alla spalla(inconvenienti del mestiere di eroe XD), ma al momento sembra averlo dimenticato^^.

Sono contenta che ti piaccia Fay nel ruolo di mamma, ero piuttosto indecisa se mettere o meno quella parte XD.

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima.

 

 

Utopy :sono contenta che ti piacciano Bill e Leila *-*! Lui si è fatto malino, ma alla fine ce l’ha fatta .

Anche io li trovo teneri insieme ^^.

Fra e Tom sono proprio incinti XD! Mi piace la definizione incinti, perché sa proprio di cosa che devono affrontare insieme ( anche se mi fa ridere immaginarmi  un Tom con la pancia… incinto XD).

Spero che questo ti piaccia, alla prossima^^.

 

 

Lady Cassandra :sono contenta che tu non abbia avuto magone e tristezza questa volta^^.

Da qui in avanti avremo capitoli sereni, forse fin troppo…XD

Bella l’immagine del tifo da stadio XD!

Si, Bill ha trovato la sua strada, che non comprende la droga^^.

Tom e Fra sono davvero carini,mi è piaciuto descrivere questo momento, anche loro hanno avuto una conclusione molto positiva.

Spero che questo ti piaccia.

Alla prossima^^

 

Ringrazio Schwarz Nana per aver commentatolo scorso capitolo^^.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 34
*** 34) L'Agognato Ritorno Alla Normalità ***


 

34) lagognato ritorno alla normalità

 

Era passati cinque mesi da quando Bill era tornato in clinica e secondo loro lo psicologo che lo seguiva poteva essere dimesso.

Non era certamente finita così, Bill  avrebbe dovuto avere un colloquio con quell’uomo almeno una volta alla  settimana, ma per lo meno non era li.

Forse guarito non si sarebbe sentito mai, ma di sicuro si sentiva più forte.

Aveva dovuto arrivare alla distruzione del suo sogno per mano sua e allo sfiorare la morte per capirlo.

-Ma ora, almeno questa parte è finita, presto sarò fuori e potrò rivederli.-

A confermare quanto fosse vicino quel momento era il suo preparare le valigie, stava rimettendo un pezzo della sua vita, cambiata dall’esperienza, dentro la sua vita vecchia.

Era sempre stato rapido a fare la valigie, ma quella volta il moro decise di prendersi il suo tempo, ripose ogni vestito e ogni cosa sua sparsa nella stanza con esasperante lentezza.

Il ragazzo non aveva mai amato quel cubo bianco, ma lentamente ci si era affezionato e voleva salutarlo per bene, non aveva in programma di rivederlo di nuovo.

Addio letto piccolo e testimone di tanti incubi e desideri di fuga.

Addio pareti bianchi accresci paranoia.

Addio finestra vista parcheggio.

Addio bagno decisamente troppo piccolo per lui.

Quando anche l’ultimo oggetto fu dentro la valigia, si guardò intorno un’ultima volta, poi chiuse la valigia con un colpo deciso e la trascinò via.

Bill uscì dalla stanza senza guardarsi indietro, camminando lungo il corridoio a testa alta, lame di luce solare si proiettavano sul pavimento mostrando il pulviscolo che ballava e c’era un rumore contenuto come al solito.

Arrivò finalmente nella hall, aveva già salutato la iena e la direttrice, quindi non gli rimaneva che aspettare Tom.

Sprofondò in una poltrona con la valigia accanto a lui ed attese.

Vederlo una volta a settimana era stato un supplizio, perché poteva sentire la sua felicità per la pancia della ragazza di Tom che cresceva sempre di più e non poteva gioirne pienamente.

Lo stesso discorso valeva per Francesca.

Bill vedeva i suoi lineamenti, che erano sempre stati un po’ spigolosi , addolcirsi e il suo colorito diventare più roseo, quella gravidanza le stava facendo bene.

Il ragazzo rifletté che doveva essere per la storia che il tempo era una ruota che girava, forse Francesca cercava di farla girare in modo diverso rispetto a quello che era toccato a lei, tanti anni prima.

La porta scorrevole della clinica si aprì ed entrò suo fratello con Fay, la pancia iniziava a vedersi adesso, come al solito quei due stavano litigando.

“Ciao ragazzi! Mi dispiace interrompere le vostre liti, ma io vorrei andare a casa!”

Scoppiò a ridere come un demente, lasciandoli spiazzati.

“Ciao Bill, ma che hai da ridere?” azzardò Tom.

“Niente, è che voi non cambiate mai!Siete sempre pronti a litigare per ogni cosa.”

“è il nostro modo di dimostrarci affetto, che vuoi farci?”

I due gemelli scoppiarono a ridere davanti all’affermazione della mora.

“In effetti hai ragione! Ora posso abbracciarti Bill?”

“Ma non lo so… è solo cinque mesi che non ci vediamo decentemente …

Certo che mi devi abbracciare, idiota di un fratello! Cosa aspettavi ? la domanda scritta?”

Finalmente Tom lo abbracciò, gli era mancato tutto.

Lui, l’allegria, la spensieratezza e lo scambiarsi battute acide.

Gli era mancata la sensazione di famiglia che aveva.

Famiglia.

Forse era arrivato il momento di fare una visita a sua madre e al patrigno.

“Mi sei mancato, Bill.

Dico davvero!”

“Anche tu mi sei mancato, ma ora sono qui e ho intenzione di stressarti fino a farti rimpiangere quei giorni dove non c’ero.

Che bello sarò zio!

Sapete già se è un maschio o una femmina?”

Esclamò eccitato, cambiando argomento.

“A questo proposito,… Oggi abbiamo un’ecografia dopo che ti avremo lasciato a casa.”

“Ma io vorrei venire!”

“Meglio di no, Bill!”

Tom si allontanò con la valigia, lasciandolo perplesso.

“Ma perché no, Fay?”

La ragazza sospirò.

“Tuo fratello è una frana, si fa sgamare sempre.

A casa ti aspetta una sorpresa, noi saremmo felicissimi se tu venissi.”

“Una sorpresa?!”

Bill avrebbe voluto chiedere quale, ma sapeva che non sarebbe stato appropriato, era un ragazzo di ventidue anni, non un bambino di cinque!

Tuttavia, nonostante questo, la sua mente cominciò febbrile a lavorare per potere capire cosa si sarebbe dovuto aspettare.

Un flash gli attraversò il cervello: Leila.

La rossa non era venuta con Fay e Tom, sperò che la sorpresa fosse lei.

“Adesso che ci penso non ho ancora fatto una cosa …”

La abbracciò di slancio.

“Mi sei mancata pazzoide!”

Le accarezzò la pancia.

“Sono contento di questo.

Davvero.

Finalmente mio fratello ha messo la testa  a posto e vi siete trovati, l’ho sempre saputo che eravate destinati a stare insieme!”

La ragazza sorrise.

“Grazie, non sai quanto mi faccia piacere sentirmelo dire …

A volte penso che la mia vita sia stata tutta una corsa verso di lui e verso questo bambino.

Prima eravamo entrambi troppo orgogliosi e piccoli per ammettere di piacerci, poi quando qualcosa si è sbloccato prima perché non potevo io, poi per lui tutto si è dissolto di nuovo.

Forse eravamo davvero destinati a ritrovarci.”

“Che pensiero profondo, comunque anch’io sono convinto della stessa cosa e non sai quanto io sia felice di non essermi sbagliato.

Ora andiamo o Tom penserà che gli ho rapito la ragazza incinta!”

Lei rise e si lasciò afferrare la mano e trascinare via.

La ragazzina diffidente, scontrosa ed ossuta era diventata una splendida giovane donna e lui non poteva che esserne felice.

Uscirono insieme dalla clinica e trovarono Tom appoggiato alla sua Cadillac.

“Meno male! Vi davo per dispersi!”

I due risero.

“No, fratello, tranquillo che non ti liberi di me!”

“Lo spero!”

Salirono in macchina e Tom mise in moto.

“Se è maschio come lo chiamate?”

Sami!”

“Antonio!”

Risposero all’unisono i due interessati.

“Ok … e se è femmina?”

“Sonia!”

“Simone!”

Bill sospirò e decise di lasciar perdere.

“Ok, vedremo dopo, quando sapremo se è maschio o femmina.”

I due annuirono, Tom sembrava nervoso, chissà come si sentiva in mezzo a tutte quelle emozioni così intense e contrastanti.

Ne avrebbero parlato quella sera, ora potevano farlo e lui si sentiva terribilmente felice.

“Bill siamo arrivati! A dopo fratello!”

Il ragazzo li salutò e scese, entrò nel condominio , sentiva di avere il batticuore.

Salì le scale piano, un gradino alla volta, tentando di calmare il rombo furioso del suo cuore, con lunghi respiri profondi.

Arrivò davanti alla porta , infilò le chiavi nella serratura, il rumore gli giungeva amplificato, fino a quando non abbassò la maniglia ed entrò.

Mosse qualche passo incerto  e si trovò Leila davanti con i soliti jeans stinti e una maglia scollata, gli sorrideva timida.

“Come vedi non sono scappata!”

“Oh Leila!”

L’abbracciò e la bacio, come gli era mancata quella morbidezza e il giocare con la sua lingua!

La ragazza lo strinse di più a se e affondò le mani nei suoi capelli.

Questo accese una frenesia in lui, quei  mesi senza lei , lunghi ed insopportabile stava iniziando a dare i suoi frutti.

Le sue mani scorrevano sul corpo di lei, mentre si spostavano verso la camera da letto, lei ricambiava, aumentando la sua voglia di lei, la sua eccitazione.

Si ritrovarono nudi, le sue mani e la sua bocca erano dappertutto sul suo corpo, fino a che non entrò in lei.

Spinte lente e profonde accompagnate dai gemiti di entrambi, stava impazzendo.

Velocizzò il ritmo e vennero entrambi, lui crollò su di lei che lo abbracciò.

Rimasero cos’ senza fare nulla per un po’ , solo a sentire i respiri uno dell’altro.

Era un momento di intimità che non si erano permessi raramente e fu dolce poterlo fare.

“Mi sei mancato, non te ne andare!”

Sussurrò Leila, la voce stranamente dolce.

“Non te ne andare nemmeno tu, ti amo!”

“Anch’io!”

Il moro rimase così a farsi coccolare da lei, come aveva sognato in quei mesi.

Il ragazzo si sentiva completo, sembrava che lentamente tutto stesse andando al suo posto, come se il puzzle della sua vita si fosse ricomposto.

Tom era felice, aveva ritrovato Francesca e un suo equilibrio, lui  aveva riempito quel vuoto causato dalla mancanza di qualcuno da amare, l’unico neo era la sua carriera, ma al momento era solo una macchia lontana.

Ci sarebbe stato un momento in cui avrebbe dovuto affrontarla, ma non era ancora giunto.

“Dove sono tuo fratello e la sua ragazza?”

La domanda di Leila gli giunse da lontano, si stava addormentando.

“A fare un’ecografia al bambino.”

“Quando tornano?”

“Non lo so …”

“Come non lo sai!” la ragazza si mosse di scatto e lui si senti in dovere di bloccarla e tranquillizzarla.

“Ehi che succede?”

“Non vorrei che …”

“Ci beccassero? “

Bhe si, sarebbe imbarazzante!”

Bill scoppiò a ridere.

“Tom è abituato a ben altre cose più imbarazzanti.”

“Oddio, mi devo preoccupare?”

“No, Rilassati..

Ti ho aspettata per cinque mesi, ogni singolo giorno a chiedermi se ti avrei rivista o no, per favore stiamo ancora un po’ così!”

“D’accordo, se fai così il dolce non posso resisterti.. scommetto che ti sei allenato anni per fare lo sguardo cuccioloso che mi hai appena rifilato.”

Lui rise.

Ossì tesoro! Anni e anni con Tom come cavia …”

“Poverino, cosa stai tentando di dirmi?

Che mi aspetta la stessa sorte?”

Si…

“Oddio, forse è meglio che me ne vada e metta in salvo la  mia anima!”

“Che idiota che sei Leila!”

Risero insieme, poi finirono  per addormentarsi vinti dalla stanchezza.

Come la prima volta che dormì con lei fu un sonno piacevole, senza incubi da cui si svegliò riposato.

Peccato fossero stati i rumori del ritorno di Tom e Fay a svegliarlo e più precisamente i loro litigi.

“Ma possibile che debbano litigare  sempre?” mugugnò svegliando la sua ragazza.

“Che hai detto?”biascicò lei.

“Che sono arrivati i due disturbatori della quiete pubblica!”

La rossa scattò in piedi e si rivestì in fretta e furia, lui se la prese con calma.

Uscirono mano nella mano, trovandosi davanti lo spettacolo di un Tom gesticolante e di una Francesca che lo guardava con le mani appoggiate ai fianchi semi divertita.

“Perché non posso chiamarlo Samy?”

“Perché io vorrei chiamarlo come mio padre!

Ciao Bill, Leila, vi va bene la pasta per  pranzo?”

Tom si girò di scatto.

“Ciao ragazzi!”

“è un maschio?” chiese trepidante Bill.

“Si, fratello … Avremo un piccolo Kaulitz che gira per casa tra un po’!”

Bill batté le mani entusiasta, Leila sorrise.

“Che bello ragazzi! Sono troppo felice!”

Si lanciò su di loro a stritolarli in un abraccio di gruppo, poi tese un mano verso la rossa.

“Forza vieni anche tu!”

La ragazza si avvicinò titubante, ma poi sembrò felice di essere schiacciata  e compressa da quei pazzi confusionari.

“Tom l’hai detto a mamma?”

Il ragazzo si grattò la nuca.

“No, pensavamo di andarci nei prossimi giorni e dirglielo di persona, vuoi venire anche tu?”

“Penso che sia arrivato il momento di rivederli …”

Bill e Tom si scambiarono un’occhiata eloquente,sapevano che non sarebbe stato facile parlare di tutte quelle novità a Simone, qualsiasi madre, anche una comprensiva come la loro, avrebbe preso un colpo.

Si accorsero di essere rimasto soli in salotto, Fay e Leila erano in cucina.

“Sembra vadano d’accordo…

“Meglio no? Dai adesso prepariamo la tavola, almeno non saremo inutili.”

Preparare la tavola insieme fu come ritornare all’’infanzia quando Simone dava loro quel compito, fu come ritrovare piano piano la loro unione.

“Che bravi! Avete già apparecchiato!”

“Sai Nana, io posso stupirti se voglio!”

“Non ne dubito! Già questo..”Si toccò la pancia”è un regalo stupefacente!”

“Scema!”

Bill scoppiò a ridere.

“Ridi ridi! Sempre a darvi manforte voi!”

Suo fratello fece il finto offeso ed incrociò le braccia al petto, ottenendo l’effetto di far scoppiare a ridere lui e Francesca.

“Dai sediamoci a tavola, è meglio!”

Annuirono tutti e Bill si beò di quella sensazione di famiglia, era semplicemente fantastica.

 

Tom era felice.

Dopo tanto tempo si sentiva completo, come se tutti i pezzi del puzzle della sua vita fossero andati al loro posto.

C’era Francesca accanto a lui e presto sarebbe diventato padre, Bill era apparentemente guarito e aveva trovato l’amore, cosa poteva volere di più?

Forse che anche la band andasse bene, ma non poteva ottenere tutto ed era certo che con il tempo e l’impegno anche quello si sarebbe sistemato.

Francesca servì la pasta e per un po’ nessuno parlò.

“Cosa hanno detto Georg e Gustav della tua gravidanza?”

“Georg è rimasto shoccato !”

“Davvero?”

Bill sgranò gli occhi.

“Si, era incredulo, poi è scoppiato a ridere e ha fatto le congratulazioni a Tom,augurandogli che fosse una femmina.”

“Perché di grazia?”

“In modo da poter riflettere su come abbia trattato le sue ragazze prima di me!”

Ripose divertita la mora.

“Non è da Georg..”

“No, infatti … quel poverino deve essere impazzito.”

Rispose Tom.

“Hai fatto impazzire il nostro bassista, e Gustav?”

Bill era curioso di sentire la reazione dell’altro amico.

“Lui ha fatto i complimenti.”

“Bene, uno  normale c’è.”

La pasta era finita, passarono a frutta e dolce.

“Bill … ti andrebbe di vederli?”

“E me lo chiedi? Certo!”

Tom sorrise, che bello riavere suo fratello a casa!

“Allora stasera li invito qui!”

“Evviva! Mi sono mancati anche loro!”

Si sorrisero, c’era un senso di pace su quella tavolata e Tom considerava miracolo il fatto che ci fosse.

C’erano stati dei momenti in cui credeva non ci sarebbero più stati momenti come quello che stava vivendo, credeva che ormai la spirale autodistruttiva che era stata imboccata fosse senza ritorno.

Era lieto di essersi sbagliato.

Vedere il sorriso di Bill, luminoso come ai vecchi tempi, verso lui, Francesca e quella ragazzina strana ed impertinente  era una cosa in grado di scaldargli il cuore e far passare in secondo piano tutto l’anno negativo che avevano vissuto.

“IO sono pieno … Manca solo il caffè.

Complimenti Francesca.”

“Era solo una semplice pasta …”

“No, Francesca non lo era o meglio non era solo questo.

Per me era un ritorno al passato, a prima di quest’anno e sapeva di famiglia e di.. affetto.”

Tom vide suo fratello e le due ragazze arrossire e di sicuro anche lui doveva avere le guance imporporate dato il calore che sentiva.

La frase di Bill aveva toccato tutti.

“Grazie Bill.. ci hai detto una cosa bellissima..

Io non ho parole.”lL voce di Fay era incrinata, le lacrime minacciavano di scendere, Tom le strinse la mano, non l’aveva mai vista così emotiva.

“Scusate, credo che la gravidanza mi stia fottendo l’umore, vado in camera.”

La mora si alzò precipitosamente.

“Non dovresti seguirla?” chiese sbigottito Bill.

“Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo.”

Leila si alzò da tavola anche lei e sorrise.

“Credo che sia arrivato il momento che vi lasci soli.”

Il suo fratellino si alzò a sua volta, l’abbracciò , le sussurrò qualcosa all’orecchio, la baciò e poi lei se ne andò.

Rimasero soli, solo loro due come ai vecchi tempi.

“Sai …”Iniziò Tom reticente” Credevo che una cosa come questa potesse non succedere mai più …

È stato difficile credere, lasciarsi tutti i dubbi alle spalle e pensare che tu saresti tornato  nei tempi bui, ma ora sono contento di averlo fatto.

Sono contento di riavere il mio fratellino, quello che non su considera un peso e cerca aiuto in altro.

Sono felice … io … mi sei mancato!”

Tom Era arrossito di nuovo e si era bloccato , era sempre stato Bill quello bravo con le parole.

“Tom, vieni qui !”

Lo abbracciò.

“Anche a me sono mancato, sei mancato, mi siete mancati tutti!

Vi ringrazio per non avermi mai mollato, nemmeno quando sembrava che avessi toccato il fondo.

Non sapete quanto vi devo.”

Erano commossi tutti e due, due ragazzoni di ventidue anni con i lucciconi che si stringevano forte come quando erano bambini e avevano tutto il mondo contro.

Era una bella sensazione.

 “Ora sei qui e non te ne andrai e questo mi basta!”

“Vai da Francesca adesso, sarà anche normale, ma è incinta e mi piace pensare che abbia bisogno di te.”

Tom sorrise, finalmente la sua parte saggia era tornata.

“Hai ragione,ora vado!”

Si staccò a malincuore da Bill e raggiunse la sua ragazzi camera, Fay era stesa sul letto.

“Ehi Nana, tutto bene?”

“Si, crisi di ormoni dovuta alla gravidanza , non ti preoccupare.

Tu e Bill?”

Si sedette sul letto e poi si stese accanto, abbracciandola.

“Abbiamo chiarito, è tutto apposto, come se il tempo fosse tornato indietro …”

“Non è il tempo che torna indietro, siamo noi che diamo una seconda possibilità alle persone.”

“Come sei saggia.”

“Certo. È la gravidanza e vorrei un premio … ti spiacerebbe coccolare questa povera donna incinta?”

“Certo che no… basta che non mi costringa ad uscire per assecondare le sue voglie perverse!”

Lei rimase un attimo a riflettere.

“Però ….. sai Tom che mi è venuta voglia di cocco?”

“No, dai Fay!”

“Si, Tom ! Voglio un cocco!

Non vorrai che tuo figlio nasca con una gigantesca macchia marrone?”

Tom si alzò a malincuore, borbottando a bassa voce, afferrò una giacca, stava per uscire quando la ragazza lo chiamò.

“Ehi Medusa, guarda che scherzavo! Vieni qui!”

Tom mollò istantaneamente la giacca e si lanciò sul letto, iniziando a fare il solletico alla ragazza.

“ Me la paghi Girardi!  Me la paghi!”

Le rideva divertita fino a che lui non si accorse di essere finito praticamente a cavalcioni   su di lei, rossa e ancora ansante per le risate.

Bellissima.

Fu la decisione di un attimo smettere con la guerra e baciarla, la sua piccola Nana isterica!

“Pensavo fossi incazzato con me.” lo stuzzicò quando si staccò.

“Lo sono, vedi di non farmi arrabbiare ancora di più!

Potrei punirti!”

“Non lo farai, c’è di la tuo fratello, non te lo permetterei!”

Sgusciò via da lui, che scoppiò a ridere ricadendo sul letto.

“Sei crudele! Vieni almeno qui!”

“E se ti dicessi di no?”

“Mi alzerei e ti verrei a prendere!”

Lei sospirò.

“Eccomi! Siamo proprio tornati alla normalità!”

“La cosa ti dispiace?”

“Al contrario! Penso sia un buon clima per il bambino!”

“Non possiamo chiamarlo Samy?”

“No, ma ho elaborato un piano!”

Lui si appoggiò a un gomito e la scrutò, non sapeva perché ma lo preoccupava l’dea che lei avesse un piano.

“Lo chiamano Derek, ti va?”

“Questo si chiama terza opzione!”

“è tutto quello che sono disposta a concederti.”

Tze! È proprio vero che le donne comandano loro a casa!

D’accordo, te lo concedo, vada per Derek detto Samy!”

“Da te!Come diminutivo non c’azzecca!”

Tom sbuffò, mentre la porta si apriva e Bill faceva capolino dallo stipite della porta.

“Ho chiamato i ragazzi, hanno detto che verranno, voi avete deciso il nome?”

“Come facevi a sapere che stavamo decidendo il nome!”

“Tom Ha urlato un Samy a un certo punto.”

Fay scoppiò a ridere come una demente, lui la guardò scocciato.

“Si abbiamo deciso, Derek.”

“Che Nome importante!”

“Certo, io sono importante e lui deve esserlo come me!”

Blablabla Tomi…

Gus ha detto che porterà la sua ragazza e Georg sua sorella, io porterò Leila.”

“Io Fra non la  porto è già qui!”

Battutona Tom!”

E per la prima volta Tom era contento pesino di farsi prendere in giro, significa che tutto stava tornando alla normalità e che quel lungo periodo buio stava finendo, la luce era arrivata.

Passarono il resto del pomeriggio a chiacchierare e cazzeggiare, fino a che Fay non si decise a preparare la cena.

Cotolette alla milanese e patatine fritte per tutti.

Altra normalità che scorreva placida, ad indicare che la felicità stava nelle piccole cose.

Alle sette mezza il campanello suonò ed entrarono sei persone nell’appartamenti, allegre e vocianti.

Georg era accompagnato da una ragazzina dai capelli ramati illuminati da ciocche blu elettrico, doveva essere Lene, la sua sorellina e reggeva una cassa di birra che lui gli aveva chiesto di portare.

Gustav era insieme a una ragazza dalle lunghe treccine nere, la famosa Shirin, che Leila sembrava conoscere bene, dato come ci stava chiacchierando animatamente e aveva portato una torta,

In ultima c’era Luca, il fratello di Francesca e fidanzato di Lene, che sembrava un po’ sperduto e con un mazzo di fiori in mano che consegnò alla sorella.

Anche Bill sembrava sperduto, piccolo e confuso, quel sorriso traboccante di felicità fece stringere il cuore di Tom.

Gustav e Georg lo abbracciarono e gli diedero pacche sulle spalle.

“Bentornato a  casa Pertica! Come stai?”

Georg era stato il primo a parlare, rompendo il ghiaccio.

“Bene, adesso che vi ho visti meglio.

Chi sono quelle due ragazze?” chiese Georg curioso”Georg non avrai rotto con Christine?”

Il ramato scoppiò a ridere divertito.

“Ma va! Questa è Lene, mia sorella!

Lene,    questo è Bill, il nostro cantante!”

La ragazzina sembrava timida, era arrossita e non guardava Bill negli occhi,mentre lui le porgeva la mano sorridendo.

“Piacere di conoscerti!”

Finalmente lei si decise a guardarlo e sorrise.

“Piacere mio, ero curiosa di conoscere gli amici di mio fratello!”

“Ti piacciamo? Ah, io sono Tom!” il ragazzo con le treccine intervenne deciso nella conversazione.

“Sul musicalmente Georg ci sta lavorando, sul personale … Adoro Gustav, Bill sembra simpatico e non saprei che dire su di te, visto che ti vedo adesso per la prima volta!”

“Che ragazzina impertinente!”

“Da che pulpito viene la predica e dire che stai per diventare padre!”

“Colpito ed affondato Tom! Hai trovato pane per i tuoi denti!” sghignazzò Georg.

“E dire che sembrava timida!”

“Hai scelto la parola giusta! Sembro, non sono!”

“Va bene! Aaaalt!”

Francesca intervenne nel loro scontro.

“Gustav perché non  ci presenti la tua ragazza?”

Il batterista ridacchiò incrociando lo sguardo di Fra.

“Certo, lei è Shirin!”

“Ciao a tutti!” trillò sorridendo.

“Direi che ora potremmo sederci a tavola.”

Francesca li fece accomodare a tavola, Tom notò lo sguardo malinconico della ragazza di Gustav alla pancia di Fay e Leila che le batté una mano sulla spalla.

Lei era la ragazza che aveva dovuto abortire si ricordò, era ovvio che guardasse con rimpianto Fay che aveva potuto portare avanti quella gravidanza.

 

Leila si guardava attorno .

Non si sarebbe abituata facilmente alla felicità e alla sensazione di essere a suo agio che stava provando, lei considerava già un miracolo Bill.

Bill che aveva scelto lei.

Guardava Shirin, era da anni che non la vedeva così felice e non poteva che essere contenta che tutto questo fosse dovuto al suo ragazzo e ai suoi amici..

“Fammi capire, le stai insegnando a suonare il basso Georg?”

La domanda di Bill e soprattutto il suo tono le strapparono una risatina.

“Certo! Cosa c’è di strano?”

“Hai mai pensato che potrebbe diventare più brava di te?

Mmm! Dovremmo prenderla in considerazione quando la band ritornerà.”

“Ma vai a cagare Tom!” Si risentì il bassista.”Forse dovremmo pensare a cambiare il chitarrista, il suo ego potrebbe minacciare la nostra vita!”

“Ehi, dove lo trovi uno figo come me e che fa così pendant con Bill?”

Rispose a tono il chitarrista.

Tze! È una vita che tiri in ballo quella buon’anima di tuo fratello per salvarti il culo!”

“Georg!” intervenne Francesca”Ti ricordo che io sono incinta! Non vorrai privare del lavoro il padre del mio piccolino?”

Kaulitz! Sono ventidue anni che cadi in piedi lo sai?”

“Lo so… talento naturale, non invidiarmelo!”

Georg sbuffò in modo teatrale.

“Chi te lo invidia?”

“Ragazzi, non vorrei fare il guastafeste… ma cosa vogliamo fare con la band?

Siamo senza etichetta.”

Tom finì la sua birra e prese la parola.

“Io direi di aspettare dopo che Francesca avrà partorito, poi ci daremo da fare… siete d’accordo?”

Gli altri annuirono, Bill abbassò gli occhi, Leila gli strinse la mano, sapeva cosa stava passando nella sua mente.

“Ragazzi io esco a fumare,ok?”

Gli altri annuirono, Leila si alzò a sua volta e lo seguì.

Non appena varcò la soglia della portafinestra lo trovò appoggiato alla balaustra con lo sguardo perso nel vuoto.

Heii.”

“Se io non avessi iniziato a tirare a quest’ora non saremmo senza contratto…

Lo abbracciò da dietro.

“Bill il passato è passato, non lo puoi cambiare.

Dovresti ringraziare che nonostante tutto siano ancora tutti qui pronti a sostenerti, nessuno ti ha abbandonato, non è fantastico questo?”

“Si lo è.”

“Allora siine felice, non sei solo, hai della gente disposta ad aiutarti a ricominciare, e il miglior modo che hai per ripagarli non è piangerti addosso, ma darti da fare.

Io sono convinta che ce la farai e se vorrai potrai appoggiarti a me sempre.”

Lo sentì sorridere e una nuvoletta di fumo si alzò nella sera limpida.

“Hai ragione. Non so come farei senza di te, ma ce la posso fare.

Grazie.”

Leila sorrise, non sarebbe stato facile, ma era certa che d’ora in pi tutto sarebbe andato meglio in qualche modo.

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Nome cambiatoXD.

Capitolo decisamente positivo e ci stiamo avvicinando alla fine^^.

Spero vi piaccia^^

Ringrazio:

 

.Pulse  

 

Utopy  

 

Lady Cassandra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 35
*** 35) Il Mio Ritorno A Casa Passa Attraverso Te-Fratelli ***


A Black Down TH.

Grazie per avermi dato l’idea, collega.

Spero ti piaccia^^.

35)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-Fratelli

 

Francesca guardava fuori dal piccolo oblò del aereo, Tom dormiva accanto a  lei, Derek invece dormiva beato tra le sue braccia.

Alla fine, a distanza di un anno , Tom era riuscito a farsi piacere quel nome per suo figlio, un maschietto di dieci mesi  .

Nonostante l’apparente tranquillità era energia allo stato puro che aveva ereditato da Tom insieme a quegli occhi nocciola in cui aveva amato perdersi e  con dei capelli corvini che aveva ereditato da lei.

Bill era orgoglioso che somigliasse a lui ed era una cosa che ne lei ne Tom capivano fino in fondo, avrebbe dovuto chiederglielo ora che quei tornadi stavano dormendo.

O forse poteva aspettare ancora un attimo e guardare quelle nuvole chiare che scorrevano sotto di lei.

Stava tornando in Sicilia dopo sette anni, anni in cui non aveva più avuto contatti con nessuno, ne con i suoi nonni ne con suo padre.

Pensava che non ci sarebbe tornata mai, invece era lì con la mano stretta in quella del suo uomo addormentato a pensare che la vita era strana.

Strana nel modo in cui ripresentava i suoi conti dopo anni, nella forma di una telefonata ricevuta un mese prima da parte di suo padre Antonio.

Era stato un piccolo trauma per lei  risentire quella voce, ora bassa e roca, le aveva fatto tornare alla mente tanti ricordi, alcuni per nulla piacevoli.

[Erano circa le otto di sera, in casa c’erano solo lei e Tom, Bill se l’era filata prima di cena per uscire con la sua ragazza.

Era un uomo fortunato , in un certo senso, suo cognato, pensò in modo incoerente la mora guardando suo figlio che sguazzava nella vasca, lavandola da capo a piedi.

Dove la trovava tutta quell’energia un bambino così piccolo?

-Somiglia a Tom, questo di base!-

Da lontano sentì lo squillo del telefono invadere l’appartamento e lei non poteva certo rispondere conciata com’era e abbandonare il bambino a sé stesso.

Toooom rispondi!” urlò come una scaricatrice di porto e riprese a fare il bagno al cucciolo di casa.

Cinque minuti dopo il ragazzo era sullo stipite della porta con una strana espressione.

“Che c’è?”

“C’è un uomo che ti cerca al telefono, sto io con il bambino.”

Lei annuì stranita, chi diavolo era?

Rispose con il cuore in gola, non era preparata a risentire quella voce.

“Ciao Fay, sono io, papà.”

Strinse più forte la cornetta.

Ciao… come stai?”

Com’era difficile iniziare una conversazione con lui dopo tanti anni.

“Sono uscita dal carcere, piccola.

Lo so che non ho alcun diritto di chiederlo ne a te ne ai tuoi fratelli, ma mi piacerebbe vedervi e se ti fa piacere porta anche il tuo ragazzo , i tuoi amici …” lo sentì trattenere il fiato”e mio nipote.”

“Mi dispiace di non avertelo potuto dire.”

“Non ti preoccupare ci ha pensato tua madre”

Non voleva sapere come glielo avesse annunciato, dati gli strepiti che aveva riservato all’accoglienza della notizia.

Chiacchierarono stentatamente per qualche altro minuto, non era facile per lei mettere da parte tutto.

“Fammi sapere, qualsiasi cosa tu decida di fare.”

Le dettò un numero telefonico, si salutarono, a lei rimase un magone assurdo.

Camminò come una sonnambula verso il bagno e riuscì a calmarsi solo dopo aver visto suo figlio e il suo ragazzo schizzarsi.

Quella era la  sua felicità, però le sarebbe piaciuto riallacciare i rapporti con suo padre e chiudere finalmente con quella parte di passato.]

La mora constatò che c’era riuscita, trascinandosi dietro un po’ di gente.

Bill e Leila in primis, Luca e Lene, Georg, Gustav e Shirin, non c’era stato modo di lasciare a casa nessuno.

La ragazza sospirò, era arrivato il momento di parlare a Bill.

“Bill, ehi Bill?” Chiamò piano.

Vide il ragazzo girarsi lentamente, ora sfoggiava una cresta nuova di zecca.

“Ehi ciao! Qui dormono tutti!

Gli unici giovani siamo noi!”

La ragazza ridacchiò divertita.

“Ehi, Derek ci ha fatto impazzire questa notte! Mi chiedo come tu abbia fatto a dormire.”

“Tappi per le orecchie, cara.”

“Che bastardo! Ringrazia che tuo fratello non abbia sentito o te li faceva mangiare quei tappi!”

Bill rise.

“Posso chiederti una cosa?”

“Certo, chiedi pure.”

“Perché sei così felice che Derek ti assomigli?”

“Non lo so di preciso … credo che mi faccia piacere notare come i miei affetti siano tutti legati da qualcosa, anche solo una somiglianza fisica.

Poi.. sarà molto fortunato a somigliare a un figo come me!”

Lei ridacchiò per nasconderne la commozione, pensando che era fortunata a tornare da suo padre e a condividere la sua vita con loro.

“Non parli, Fra?

Ti ho commossa?”

“Si che l’hai commossa Bill, ora non metterla anche in imbarazzo!”

La voce mezza assonnata di Leila li sorprese.

“Tu non stavi dormendo?”

“Ma ora sono sveglia! E ti dico che Fra è in imbarazzo.”

La mora arrossì.

“Ok, ragazzi basta, vedo se riesco a farmi un po’ di sonno.”

Avrebbe voluto accoccolarsi contro Tom, ma il cucciolo che dormiva tra le sua braccia glielo impedì, in ogni caso riuscì lo stesso ad addormentarsi.

Fu svegliata dopo un po’ dal lieve scuotere di Tom, che la guardava divertito.

“Forza bambini siamo arrivati!”

“Bambini?” biascicò , non afferrando la battuta appena sveglia.

“Ti sei addormentata come Derek!”

“Ha parlato quello che è caduto in coma non appena è salito sull’aereo.”

Si alzò e percorse il corridoio dell’aereo, solo quando furono scesi si fermò ad aspettare il ragazzo perché montasse la carrozzina.

“Sei nervosa Fay?

Pensavo fosse passata la fase permalosa.” Le chiese mentre armeggiava  con l’oggetto.

“Si, che sono nervosa!Sono sette anni che non torno in Sicilia e che non vedo mio padre!”

 “Non ti preoccupare, andrà tutto bene.”

“Lo spero proprio!” esclamò cupa lei.

“Fatto!”

Una volta messo Derek nel passeggino proseguirono verso il ritiro bagagli, nonostante fosse solo primavera il sole era rovente e gocce di sudore le scivolavano lungo la schiena.

“Che caldo!” Si lamentò Bill.

“Te l’avevo detto che avrebbe fatto caldo e abbiamo anche beccato una bella giornata.”

“Adesso capisco perché trovavi fredda la Germania all’inizio.”

Ritirarono i bagagli, l’agitazione di Fay saliva di minuto in minuto ed esplose quando arrivarono vicino all’uscita, strinse più forte la mano di Tom per non scappare via.

Suo padre li aspettava li, curvo con i capelli mossi e scuri come i suoi raccolti in una coda in cui si iniziava a vedere qualche filo bianco.

Il tempo era passato anche per lui e non era stato clemente, ma quell’aria vissuta lo rendeva più affascinante.

Sorrise quando li vide e lei ricambiò un po’ forzata, l’ultima volta che aveva per così  rivisto lui e quel sorriso era stato durante l’incubo che aveva fatto a Venezia quando era caduta in un canale.

Anche Bill sobbalzò vedendolo e,  se non fosse stata certa che fosse impossibile, avrebbe pensato che anche per il ragazzo fosse stato lo stesso.

“Ehi, ti somiglia.”

Fu  grata alla voce di Tom per aver interrotto quel momento e gli sorrise.

“Cia papà!” disse incerta quando fu più vicina.

“Ciao Tesoro, ti trovo bene!”

Lanciò un’occhiata a tutte le persone che erano li con lei alla ricerca di Luca, che si fece vedere timido.

“Ciao papà.”

“Ciao piccolo,anche se non lo sei più tanto.

Sei alto ora, decisamente più alto di me.

Come stai?”

Bene… bhe come al solito…sai come è mamma…

Lo sguardo che l’uomo lanciò a suo fratello diceva che se la ricordava chiaramente Anna e che forse dimenticarla era impossibile.

“E Andrea?”

I due Girardi scossero la testa, il fratello non aveva voluto sentire ragioni, per lui era troppo presto per affrontare quei demoni del passato.

“Lo sapevo … Chi è il tuo ragazzo Francesca?”

Lei indicò Tom.

“Papà lui è Tom, il mio ragazzo e questo è Derek tuo nipote.”

L’uomo porse la mano a Tom,che la strinse sorridente, mugugnò un:”Trattala Bene “ e si dedicò al nipote.

Scrutò nel passeggino, soffiò qualcosa al bambino e  fece penzolare un dito al quale Derek si attaccò gorgogliando felice.

“è proprio bello,  ti somiglia Francesca.”

Lo sguardo di suo padre passò a tutti gli altri, curioso.

“Lui è Bill, il gemello di Tom.”

Si salutarono, suo padre guardava leggermente perplesso la cresta, ma non disse nulla.

“Lei è Leila la ragazza di Bill.”

La rossa alzò una mano in un cenno timido di saluto.

“Loro sono Georg e Gustav e lei è Shirin la ragazza di Gustav.”

La mora tacque, ci avrebbe pensato Luca a presentare  Lene.

“Lei invece è Lene, la mia ragazza.

È la sorellastra di Georg.”

L’uomo lo guardò frastornato.

“Piacere di conoscerti!” l’abbracciò goffo.

“Mio figlio ha buon gusto,sembri davvero carina.

Ora dovremmo andare, anche se temo non ci staremmo tutti nella mia macchina.”

A Francesca sembrava così strano che suo padre sapesse il tedesco, ma non disse nulla.

“Non si preoccupi signor Girardi, ho noleggiato una macchina.”rispose Gustav

“Anch’io” sorrise Georg.

Per fortuna il loro pragmatismo aveva salvato la situazione

L’uomo annuì e li scortò fuori dall’aeroporto, nel sole cocente della mattina.

Si divisero equamente sulle macchine, lei ,Luca, Tom e il bambino finirono in macchina con suo padre.

Quel viaggio si svolse in silenzio, Francesca guardava fuori dal finestrino, cercando di capire che effetto le facesse passare di nuovo in quei luoghi.

Avrebbe dovuto sentirsi a casa, invece si sentiva leggermente estranea, come se quei luoghi non fossero più i suoi, come se non ci avesse vissuto affatto.

Guardò Luca e scorse quell’espressione vagamente perplessa sul suo volto, l’unica cosa che le fosse familiare era la lingua, le faceva sempre piacere risentire quei suoni molto più dolci e melodici rispetto all’asprezza del tedesco.

“Siamo arrivati!”

L’uomo parcheggiò la macchina, davanti a una grande casa fuori città.

“Bella casa papà … è grande!”

“Me l’ha data tuo nonno, ci ho aperto un agriturismo.”

“Spero che vada bene.”

“Anch’io , voglio rifarmi una vita!”

Li aiutò a scaricare i bagagli e a portarli in camera loro.

Gli aveva assegnato una camera dalle pareti bianche vista mare, con un grande letto matrimoniale.

“Che fine ha fatto casa nostra?”

“Tua madre l’ha venduta.”

“Capisco.”

L’uomo li lasciò soli, lei tuttavia lo seguì. Voleva chiedergli una cosa.

“Papà perché hai imparato il tedesco?”

“Perché voi eravate in Germania e un giorno mi sarebbe piaciuto venirvi a trovare.”

La ragazza rimase di stucco, poi tornò in camera, aveva bisogno di guardare tutto quello che aveva per non pensare a quello che le era stato tolto.

“Come va?”

Tom la guardava preoccupato.

“Bene, tranquillo, solo fa ancora un po’ male.”

“Vieni qui!”

La abbraccio e la baciò.

Adesso fa ancora male?”

“Non lo so, riprova, così ti dico …”

In realtà le era bastato il primo bacio, ma riceverne un altro non le dispiacque.

Sentirsi amata ed importante per qualcuno non era mai un dispiacere.

 

Luca guardava il cortile.

Quella casa così grande gli sembrava estranea, avrebbe voluto rivedere la villetta dove aveva trascorso l’infanzia , non quel luogo che non gli suscitava alcun ricordo.

“Luca tutto bene?”

Lene  era arrivata dietro di lui  silenziosa, appoggiando una mano sulla sua spalla.

“Non mi aspettavo questo in realtà …”

“Volevi la tua vecchia casa?”

“Si …”

“Forse tuo padre se l’è comprata per iniziare una nuova vita.

Deve essere dura per lui rifarsene una in un posto pieno dei suoi vecchi errori.”

Il ragazzo sospirò.

“Hai ragione …. Vieni qui …”

L’abbracciò.

“No pensavo potessi provare sentimenti così contrastanti venendo qui.”

“Scavare nel proprio passato non è mai semplice.. ora vogliamo entrare o rimanere in eterno in cortile?”

“Si, dai andiamo.”

La ragazza lo trascinò dentro, era una casa semplice nonostante le grandi dimensioni, dopo aver lasciato i bagagli nella sua stanza e in quella di Lene, Luca scese in cucina.

Suo padre era seduto al tavolo a fumare.

“Posso farti compagnia?”

L’uomo annuì, Luca spostò una sedia e si sedette.

“Come ti va?”

“Cerco di rimettere in sesto la mia vita.

Sono uscito dal carcere per buona condotta, tuo nonno pur di levarmi dai piedi mi ha aiutato  comprando questa villa e aiutandomi nel far partire l’agriturismo, ora vedremo.”

“Spero ti vada bene, te lo meriti …

Per tutto il resto?”

L’uomo sospirò.

“è dura reinserirsi, la gente lo sa che sei stato in carcere e ti evita, ma stringo i denti.

Passerà, tu?

Cosa mi racconti?”

Il ragazzo scosse la testa.

Bhe a casa le cose vanno come vanno .

Mamma non è contenta che Frankie abbia avuto un figlio o forse rosica perché è riuscita ad averlo con uno ricco, non so, forse nella sua logica perversa vorrebbe che lo incastrasse meglio.

Frankie se ne frega, ha trovato una sua stabilità tra maternità e lavoro e le va bene così, dice che Derek le dà molte soddisfazioni e le credo.

Ha un’aria felice che non le avevo mai visto prima.

Ero un po’ scettico anch’io ad essere sinceri vista la storia non semplice che aveva avuto con lui e il fatto che non fosse stato in passato un bravissimo ragazzo.”

“è il ragazzo per cui in passato ha tanto sofferto?

Quello famoso?”

Chiese l’uomo tirando una boccata dalla sigaretta.

“Si, lui. Non gli avrei permesso di tornare nella sua vita se non fossi stato almeno quasi certo che non avrebbe sofferto ed è andata bene.

Alti e bassi, ma è andata bene.”

“Lo spero!!”

“Come è diventare nonni?”

L’uomo sbuffò.

“è successo troppo presto, mi devo abituare all’idea …”

“Capisco anche a me fa strano essere zio.”

“Che mi racconti di te e di Andrea?”

Luca scrollò le spalle.

“è cresciuto troppo con mamma, crede alle sue bugie e quando Fra è andata a Venezia l’ha presa come un tradimento nei suoi confronti.

Sembra non voler guardare in faccia la realtà, ne ammettere le colpe di mamma, come se …”

“Fosse tutta colpa mia e di tua sorella se le cose sono andate a rotoli?”

“Una cosa del genere, non ha ancora voluto vedere Derek, lo rifiuta completamente.”

L’uomo sospirò.

“Dagli tempo, prima o poi capirà.

Tu?”

“Io … Finalmente mi sono messo con Lene.

È una ragazza fantastica, ci capiamo al volo ed è molto bella.

È l’unica mia ragazza con cui sia riuscito a parlare della mia famiglia senza preoccuparmi delle sue reazioni.”

“Sono contento per te.”

“Non è stato facile.

Prima che stessimo insieme Lene ha attraversato un brutto momento, aveva scoperto di avere un fratellastro che non la voleva conoscere e si era messa a frequentare brutta gente …

Stava con un ragazzo a cui non importava nulla di lei, ma ora è tutto finito.”

Non si aspettava di poter parlare con lui così a lungo, ma fu piacevole farlo, ovviamente saltò la parte degli intrecci che c’erano tra Leila e Farid e la fine di quest’ultimo, non era ancora pronto per parlarne.

Forse se quel rapporto sarebbe riuscito a proseguire ce l’avrebbe fatta, era dura aprirsi dopo anni di silenzio o di sporadici contatti.

“L’importante è che ora vada tutto bene, non importa come sia andato in passato.”

Suo padre spense la sigaretta con un colpo secco.

“Ti va di fare due tiri a pallone?”

Luca annuì, suo padre raccattò un pallone da terra ed insieme, come quando era piccolo uscirono nel cortile inondato di sole.

Che bel ritorno al passato.

Ricordava benissimo quel contendersi la palla durante l’infanzia e il sogno infantile di diventare un calciatore, coltivato in quelle lunghe domeniche pomeriggio in cui suo padre dedicava tempo a lui.

Ricordava Francesca seduta in un angolo a guardarli, leggermente invidiosa.

Tutto era destinato a ripetersi,

Non sognava più di fare il calciatore e sua sorella era al piano di sopra con suo figlio.

Solo loro due erano rimasti quasi gli stessi e fu meraviglioso ritrovare la stessa sintonia di prima, come se quegli anni non fossero mai passati.

Erano solo padre e figlio in quel momento, il resto non contava.

[Era un pomeriggio di fine agosto.

Era domenica e il crepuscolo si avvicinava così come la fine delle vacanze e  lui non sapeva che fare.

Contrariamente ai suoi amichetti sommersi dalla marea dei compiti della vacanze lasciati indietro durante l’estate lui li aveva già finiti tutti.

Nemmeno a dieci anni sapeva godersi bene la vita.

Bella fregatura! Ora nessuno poteva giocare con lui che,sdraiato sul letto, guardava pigro fuori dalla finestra.

All’improvviso qualcuno bussò, con uno scatto fu in piedi,se fosse stata sua madre sarebbero state rogne, lei odiava vederlo poltrire a letto.

Fortunatamente era suo padre che gli sorrise di buon umore.

“Ehi campione, ti va di fare due tiri?”

“Certo!” si illuminò

Lo seguì fuori dalla stanza e iniziò una partitella con lui.

Non era nulla di che, ma gli piaceva.

Gli piaceva da morire]

Luca sorrise, era di questo che aveva sentito la mancanza in tutti quegli anni ed improvvisamente considerò stupido il suo risentimento per non aver trovato la casa della sua infanzia.

Cosa era davvero importante?

L’edificio o i rapporti che aveva coltivato con chi vi abitava?

Optò per la seconda.

Uff sono stanco! Non ho più il fisico di una volta!”

L’uomo si  sedette per terra, al castano non rimase che sedersi accanto a lui, sudato per riprendere fiato.

“In effetti sono stanco anch’io.. il fumo ci uccide i polmoni.”

Fece due respiri pesanti e profondi

Papà… mi era mancato questo.

Grazie.”

“Grazie a te per essere venuto, era mancato anche a me.”

Il castano sorrise.

Stava ritrovando qualcosa che gli era stato tolto e non poteva che esserne felice.

 

Lene era affacciata alla finestra.

Guardava Luca e suo padre giocare a pallone,contendersi quella sfera di cuoio e sorrideva.

Amava vederlo divertirsi, ridere, sorridere, l’aveva sempre ritenuto un po’ troppo  serio, ma forse era anche per questo che le piaceva.

Conosceva la sua storia e sapeva che non sarebbe mai potuto essere un allegrone di quelli che rimbecilliscono la gente di battute, tuttavia le andava bene così a patto che non  cadesse in depressione.

La ragazza scosse la testa, era esagerato come timore, sebbene avesse a volte avesse visto il suo ragazzo perdersi in chissà quali pensieri, ma non le dava tregua.

Voleva che stesse bene, tutto qui.

Sapeva che gli mancava il contatto con quel padre e del pessimo rapporto con la madre.

Per quello non poteva fare molto, la donna aveva un caratteraccio leggendario, aveva sempre rifiutato la sua primogenita, senza cambiare atteggiamento nemmeno ora che l’aveva resa nonna.

Luca le diceva che la picchiava e lei non faticava a crederci, visto l’atteggiamento che stava iniziando a riservare anche al  suo secondogenito.

Luca sembrava fregarsene, ma dentro stava male, lo aiutava un po’  stare con il nipotino, ma non poteva starci in eterno, perciò ora era felice di vederlo così.

Anche lei da poco aveva instaurato un rapporto con suo padre ed incredibilmente stava procedendo cautamente bene.

[Era in un Mac Donald con Georg, Lene stava addentando un panino con un po’ troppa voracità, ma aveva fame e il ragazzo la guardava.

Chissà che voleva, forse riprenderla in modo scherzoso come al solito.

 “Lene!”

“Si?”

“Papà vorrebbe che tu  venissi a cena da lui.”

Rischiò di strozzarsi.

Da-davvero?”

“Si, te la senti?”

Io… preferirei che ci fossi anche tu. Non è un problema?”

Lui le aveva sorriso e le aveva preso una mano.

“No, verrò anch’io.”

E così aveva accettato.

Due giorni dopo si era ritrovata davanti all’appartamento di suo padre con Georg al suo fianco.

Il ragazzo suonò il campanello e un uomo venne ad aprire, somigliava a loro.

“Ciao papà!”

Georg sorrise e l’abbracciò.

“Ciao ragazzo mio!

Ciao Lene!” mormorò emozionato.

La scrutò per un po’ mettendola a disagio, sentirsi scrutata da due occhi così simili a quelli di suo fratello era  una sensazione che la faceva sentire quasi nuda.

Ciao…”rispose.

“Dai papà facci entrare o ci servi la cena sulla porta?”

“No entrate pure!”

Li fece accomodare, l’appartamento era semplice e la tavola già apparecchiata.

“Credevo non mi avresti voluto vedere.” Disse l’uomo.

“Nemmeno io, ma ora sono qui no?”

Si sedettero a tavola, un piccolo passo era stato fatto.

Parlare fu il secondo e scoprire che forse quella figura che tanto aveva disprezzato nei mesi passati non  era poi così pessima come credeva.]

Si staccò dalla finestra e uscì dalla stanza, in corridoio incontrò Francesca.

“Ehi ciao!”

“Ciao! Come ti sembra la casa?”

La domanda era un po’ stupida, Lene lo riconosceva.

“Bella, di sicuro enorme.”

“Giusto, Derek lo hai lasciato a Tom?”

“Si, vanno così d’accordo, tu come mai sei in giro?”

“Luca e tuo padre si stanno massacrando con una partita  a pallone in cortile, mi sarebbe piaciuto uscire da perfetta massaia, con dell’acqua.”

“Ottima idea!” sorrise la mora.”Ora scendo e ti do una mano a cercarla.”

Scesero le scale in silenzio, a quanto pareva al momento erano gli unici ospiti.

“Come va con tuo padre?”

Bene… Bhe non è facile iniziare da zero e mettere da parte i risentimenti,ma per il momento va.”

La mora annuì.

“Sono davvero felice per te, io devo riallacciare i rapporto con lui, questo viaggio è una sorta di ritorno al passato.

Molte volte quando ero piccola vedevo Luca e papà giocare dalla finestra e scendevo anch’io guardarli  giocare, a volte poi portavo loro da bere.

Mi sembra una vita fa.

Mi sembra di aver vissuto qui una vita fa e dire che desideravo ardentemente tornarci …

Ma forse volevo solo tornare ai luoghi che la mia mente ricordava esattamente come erano allora, non come sono oggi.”

Ci fu un attimo di silenzio.

“Che discorso complicato … meglio che cerchiamo la cucina, quei due sono dei pazzi ad essersi messi adesso a giocare.”

Lene la seguì senza fiato, Francesca aveva ragione.

Lei  per anni aveva cercato il padre delle sue fantasie, non l’uomo reale con i suoi difetti e  difficoltà ed era rimasta infantilmente delusa quando non l’aveva trovato.

Aveva dovuto  arrivare a conoscerlo bene prima di riuscire ad accettarlo fino in fondo e Georg era stato fondamentale in questo.

L’aveva ascoltata e calmata, fatta ragionare e le aveva fatto capire quando sbagliava e quando  no, gli doveva molto.

Per un po’ di tempo aveva persino invidiato Luca e Francesca per il loro rapporto,ci aveva messo un po’ a capire che era una cavolata, che non aveva senso farlo.

Erano arrivati in un grande salone con un tavolo, doveva essere la sala da pranzo.

“La cucina non dovrebbe essere lontana.”

“Sono d’accordo.”

Sulla destra c’era una porta, la raggiunsero e trovarono l’agognata cucina, Francesca recuperò due bicchieri, lei acqua.

Uscirono in cortile e trovarono i due uomini seduti a terra.

“Stanchi?”

“Un po’.”

“Siete fortunati, vi abbiamo portato l’acqua!”

I due sorrisero, si somigliavano come era un giusto tra un padre e un figlio, Lene e Fra porsero bicchieri e acqua che loro bevvero avidamente.

“Ci voleva proprio..”

“In effetti.”

“Siete stati incoscienti.”

“Su, non fate le guastafeste!”

Le due sbuffarono e Lene non poté reprimere un altro sorriso.

Luca era stato incerto su quella vacanza,ma sembrava che dopotutto stesse andando bene, lui era sereno e suo padre pure, cosa poteva esserci di meglio?

Nulla, si rispose.

Doveva godersi l’attimo  ossia quella vacanza inaspettatamente piacevole.

 

Shirin trovava troppo caldo quel clima.

Sbuffava in continuazione e si faceva aria con le mani come se quel clima le desse davvero fastidio, ma  la verità era un’altra, a metterla a disagio era quel bambino.

Derek il figlio di Francesca e Tom le ricordava quel bambino che non aveva mai avuto e la faceva sentire meschina per quel sentimento.

Non era colpa di nessuno se era andata come era andata eppure non poteva farne a meno.

“Tutto bene, Shirin?”

Si… è solo il caldo, non credevo mi desse così fastidio.”

“Ti va se andiamo da Tom? “

Lei annuì, andare dal moro significava vedere il bambino e lei non ne aveva voglia, tuttavia sarebbe stato troppo complicato spiegarlo al suo ragazzo.

Lo seguì, desiderando non sentirsi in quel modo.

Gustav bussò, Tom aprì poco dopo.

“Ciao ragazzi, dai entrate!”

Non se lo fecero ripetere due volte ed entrarono nella stanza, seguendo il sorridente neopapà Tom.

“Dove è la tua ragazza?”

“è scesa di sotto, quei due pazzi di suo padre e suo fratello si sono messi a giocare in cortile.”

“Con questo caldo?”

Chiese stupita la mora.

“Così pare… ci sono abituati.”

“Come sta Derek?”

La domanda di Gustav pose fine al suo intervento nella conversazione per fortuna, ma il pianto del bambino rispose alla domanda del suo ragazzo.

“Piange, non so come calmarlo.

Fra ci riesce, io non sempre.” Si rabbuiò l’ex rasta.

Ci fu un attimo di silenzio, poi Tom la guardò mettendola a disagio, cosa voleva?

“Forse c’è bisogno di una mano femminile.”

Dove voleva arrivare?

Lei non l’avrebbe preso in braccio e calmato!

“E allora?”

“Sei l’unica ragazza in questa stanza, Shirin, ti andrebbe di provarci?”

No, non le andava!

Arrossì e cominciò a sudare, sentendosi un’idiota, anche perché il moro non la smetteva di guardarla.

“No, dai! Non ci so fare con i bambini!”

“Provaci, dai un piccolo tentativo.”

Alzò le mani davanti a se per sottolineare la sua volontà si stare lontano da quell’esserino.

“No e se lo facessi cadere? E se non si calmasse?”

“Dai Shirin, non farti pregare!”

La mora lanciò un’occhiata disperata a Gustav che la guardò sorpreso, si diede della stupida.

Come poteva sapere cosa le passava per la testa se non gliene aveva mai parlato?

“Dai, piccola, sarà per poco.

Se non funziona Tom si riprende il bambino.”

Era senza via d’uscita, titubante prese quel fagotto urlante tra le sue braccia, sentendosi inesperta ed inadeguata, non aveva nemmeno fratelli più piccoli!

-E adesso cosa faccio?-

Decise di seguire il suo istinto che le suggerì di cullarlo piano, questo sembrò calmare un po’ il bambino, tutti la guardavano incuriositi, lei ormai era bordeaux.

“Cosa avete da guardare?”

“Nulla, il bambino si è calmato!”

La ragazza abbassò gli occhi ed incontrò quelli di Derek, scuri, calmi e sereni che la guardavano curiosi.

Cercò di afferrarle un dito e quando ci riuscì sorrise, facendola arrossire ancora di più.

Fu come un colpo al cuore, un regalo ricevuto dal suo bambino mai nato, lentamente rispose a quel sorriso, sentendosi più leggera.

“Vedi che ci sai fare con i bambini?”

Lo cullò ancora un po’, prima di ripassarlo a Tom incerta.

“Penso che sia arrivato il momento di lasciarti solo con la prole….”

La frase di Gustav li sorprese.

“Ok.”

Tom lo guardò senza capire, lei non era da meno, ma si lasciò trascinare fuori dalla stanza senza protestare.

“Perché?”

Appena furono fuori Shirin glielo chiese.

“Volevo sapere perché hai reagito così quando Tom ti ha chiesto di prendere in braccio il bambino.”

La ragazza abbassò gli occhi e rimase in silenzio.

“Perché non parli? Mi devo preoccupare?”

“Non so se ti piacerebbe quello che ti sto per dire.”

“Dimmelo lo stesso.”

“Ero gelosa di quel bambino, pensavo al mio.

Solo quando l’ho preso in braccio ho capito di essermi sbagliato e che lui non ha nessuna colpa.”

Gustav rimase in silenzio.

“Perché non  me ne hai mai parlato?”

“Non lo so, mi vergognavo.”

“Capisco ….”

La ragazza rimase in attesa, avrebbe voluto un abbraccio, qualcosa che le facesse  capire cosa pensasse lui.

“Vieni qui.”

Si avvicinò titubante  al ragazzo, venne abbracciata come aveva desiderato.

“Non tagliarmi più fuori, ok?”

Lei annuì e si sentì immensamente fortunata.

Non aveva un figlio, ma aveva lui e questo le bastava per mettere le basi della sua vita futura.

 

Georg ai aggirava inquieto per la casa.

Aveva visto Lene, Francesca, Luca e il padre di Fra seduti per terra nel cortile, Gustav che si sbaciucchiava con Shirin nei corridoi e Tom con ogni probabilità stava badando a Derek.

Lui solo non sapeva cosa fare.

Scese le scale e si ritrovò in sala da pranzo, svoltò a sinistra e si ritrovo in quello che doveva essere un salotto a giudicare dal divano e dalla televisione.

Con suo grande stupore sul divano c’era spaparanzato Bill, che faceva zapping annoiato da una canale all’altro.

“Che ci fai qui?”

Il cantante lo guardò annoiato.

“Secondo te? Faccio zapping!

Ma non capisco nulla, è tutto in italiano!”

“Siamo in Italia sai che strano!

Comunque… intendevo dire.. credevo fossi con Leila.”

Lui sbuffò.

“è crollata sul letto e io sono stufo di stare qui!”

“Usciamo allora… c’è un giardino no?”

“Tu come mai in giro?”

“Non sono stanco e non ho nulla da fare se non esplorare i dintorni.”

“D’accordo.”

Il cantante si alzò pigramente dal divano, spense la tv e seguì il bassista.

Trovarono una porta che conduceva in un grande giardino ombroso che lui accolse con gratitudine, era primavera ma lui aveva già caldo.

“Come va Bill?”

Sorprese anche se stesso con quella domanda.

Mha… ti riferisci a questo momento preciso o in generale?

Se ti riferisci a questo momento preciso ho caldo e sto meditando di andare in camera a mettermi dei pantaloni più corti, se ti riferisci al resto va così e così.

Gli incontri con i produttori mi hanno un po’ demoralizzato e so che è stupido in una certa misura visto che sono io che sono un ex tossico e che non avrei il diritto di  lamentarmi.”

Georg ammutolì.

Bhe.. lo sapevi non sarebbe stato facile…

“Lo so, lo so, ma non credevo fosse così.”

Il cantante sospirò sconsolato, a Georg in quel momento più che un ragazzo di ventitre anni sembrava un bambino di cinque.

“Capisco.. ce la faremo.

Ce l’abbiamo fatta anche la prima volta ce la faremo anche adesso, non ti scoraggiare.”

“Hai ragione, scusa lo sfogo.”

Il piastrato gli batté amichevolmente una mano sulla spalla.

A volte avere a che fare con lui era come avere a che fare con sua sorella nei momenti peggiori.

[“Lui non si deve intromettere Georg! Hai capito?”

L’urlo di Lene gli perforò i timpani, seguito dal fragore della mano sbattuta sul tavolo.

“Lene, papà si preoccupa solo per te, non vuole fare il guastafeste!”

La sorella lo fulminò con un’occhiataccia da manuale.

“Mi sta trattando come una bambina, è fuori tempo massimo e non può impedirmi di dormire a casa di Luca!”

La frase era stata un crescendo, culminato nel calcare in modo esagerato il nome del suo ragazzo.

“Lene è solo preoccupato…

“Georg, non mi può trattare da bambina.

Quando da bambina avevo bisogno di lui, lui non c’era!”

Eccolo, il punto centrale era l’assenza del padre.

“Lui non sapeva di te, non puoi fargliene una colpa.”

Ossì certo, ma io non mi faccio trattare da mocciosa solo perché lui non ha potuto trattarmi come doveva all’epoca.

Io a casa di Luca ci vado con o senza il suo permesso!”

La terza guerra mondiale stava per scoppiare e lui ci era finito in mezzo.

“Lene ti prego pensaci, parla con parlane prima con papà prima, potrebbe prenderla male.

Non vorrai chiudere con lui?”

“Forse hai ragione…

Uno spiraglio di luce in cui seppe di avercela fatta a convincerla a non farlo.

Si fece i complimenti da solo.]

Quella volta poi era finita bene, parlare con il padre aveva portato all’agognato permesso e non c’erano state conseguenza per fortuna.

“Come va con Tom?”

Bill lo guardò stranito.

Bene… insomma la paternità lo ha ammorbidito e reso più ansioso.

Abbiamo parlato, anche della droga.

Insomma, ha ammesso che un po’ è arrabbiato con me, che a volte non potrà fidarsi come prima, ma che è contento del fatto che io ne sia del tutto fuori.

Siamo convinti che prima o poi anche il piccolo problema della fiducia si risolverà, solo che io mi sento in colpa.”

“Cioè?”

“è per colpa mia se adesso dovete ricominciare da capo, lui non me lo fa pesare, non so nemmeno se lo pensi, basta il mio cervello a farlo.”

“La colpa non è solo tua, ficcatelo in testa, anche noi abbiamo preferito non vedere cosa ti stesse succedendo e siamo da biasimare per questo.

Non siamo stati ne buoni compagni di band, ne buoni amici, se ce ne fossimo accorti prima sarebbe potuta andare in modo diverso, non credi?

Come vedi, ognuno ha la sua parte di colpe, è inutile decidere chi ne ha la fetta maggiore, non ci porterebbe da nessuna parte.

Tu stai bene e questo conta.

Seppelliamo il passato e pensiamo al futuro, ok?”

“OK.” Mormorò commosso Bill.”Mi impegnerò affinché tutto torni come era prima. Ok?”

“Tutto è già come prima, solo che non l’hai notato.”

Il moro sorrise e continuò a camminare, erano arrivati alla fine del giardino, trovarono un piccolo cancello che dava sulla spiaggia.

Bill tirò la maniglia e avanzò di qualche passo prima di mettersi a correre sulla spiaggia senza nemmeno aspettarlo, verso il mare.

Forse era pazzo, ma probabilmente era proprio per questo che sarebbero riusciti a ritornare più forti di prima.

Il loro leader era uno di quei pazzi sognatori che nonostante le cadute sapevano rialzarsi

Thoughts read unspoken
Forever in vow
And pieces of memories
Fall to the ground
I know what I didn't have so
I won't let this go
'Cause it's true
I am nothing without you

All the streets, where I walked alone
With nowhere to go
I've come to an end

[“With me” Sum 41]

 

 

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Siamo arrivati al penultimo capitolo, che sarebbe  in realtà la prima parte di un epilogo, visto il salto temporale^^.

Spero vi piaccia.

Devo dire che sebbene le scene di pace siano state più difficili da scrivere rispetto a quelle di disperazione(?), sono abbastanza soddisfatta.

Alla prossima, ora passo ai ringraziamenti:

 

.Pulse  :si, finalmente per loro un po’ di tranquillità XD! Non ne potevano più di tragedie XD!

Sono contenta che ti sia piaciuta la rimpatriata, Bill ne aveva bisogno, no?

Si, Samy deriva da Samy Deluxe(che è in effetti l’unico rapper tedesco che io conosca, a parte Bushido… ma insomma…con tutto il rispetto, non si può chiamare un bambino Bushido XD).

Spero che questo capitolo ti piaccia^^.

Alla prossima

 

Utopy  :decisamente viva l’ottimismoXD!

Anche in questo capitolo direi che abbonda^^.

Sono contenta che ti piacciano Bill e Leila, sono stati così in bilico per tutta la storia XD!

Spero che anche Derek ti piaccia, anche se in effetti non compare molto…spero che questo ti piaccia^^.

Alla prossima.

 

Lady Cassandra :sono contenta che questo capitolo ti sia piaciuto, credo anche io che ci volesse un podi tranquillità per tutti^^.

Mi fa davvero piacere che tu abbia apprezzato l’incontro tra Bill e Leila, era la parte che mi lasciava più perplessa, visto che sono una frana a descrivere scene lemon.

Tom e Fra ormai sono “un classicodi questa storia XD.

Anche io a volte ho pensato che quei quattro non si sarebbero più ritrovati insieme, ma è successo e come lascia presagire Georg alla fine di questo capitolo sembra che tornino anche sulle scene musicali^^.

Spero che questo ti piaccia^^.

Ciao^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 36
*** 36)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-- Amore ***


A Black Down TH.

Grazie per avermi dato l’idea, collega.

Spero ti piaccia^^.

 

36)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-- Amore

 

La sera era arrivata in fondo a quello strano giorno.

Avevano pranzato gustando la cucina del signor De Luca, l’abilità ai fornelli doveva essere una cosa ereditaria e Gustav non poteva che esserne felice.

Sarebbe ingrassato, ma la cosa aveva un importanza relativa, forse persino Bill sarebbe ingrassato dopo quella vacanza, data la quantità di cibo ingurgitata.

Al pomeriggio erano andati in spiaggia, lui aveva dormicchiato al riparo di un ombrellone fino a che Georg e Tom l’avevano sollevato di peso e buttato in acqua facendo ridere tutti.

Si era vendicato tentando di annegarli e coinvolgendo anche un ignaro Bill di ritorno da una nuotata, inutile dire che i Tokio Hotel avevano rischiato la sparizione per annegamento in quella battaglia.

Quando erano usciti c’erano le loro ragazze, Luca e Lene piegati in due dal ridere, Francesca soprattutto che non aveva perso occasione per sfottere Tom.

La vendetta era stata  buttare in acqua anche la mora e una nuova battaglia, una volta lasciato Derek al sicuro tra le braccia di Bill.

Quei due erano spariti per un bel po’, ritrovandosi riempiti di battutine al loro ritorno.

Era la tanto agognata normalità e lui se la godeva in silenzio.

Ora anche Shirin stava bene, lui era sereno e gli altri avevano trovato un loro equilibrio.

Tutto in qualche modo sembrava averlo trovato, ma il biondo sapeva ,come tutti,che mancava qualcosa per rendere il puzzle completo.

Un piccolo pezzo che avrebbe potuto incasinare tutto di nuovo.

La fama.

Tutti e quattro desideravano ancora vivere della loro musica, nessuno aveva smesso di sperarci e non avevano ancora voglia di pensare seriamente a un piano  B.

Era per questo che si ritrovavano a provare e che avevano inciso un demo di un disco da mandare a una casa discografica prima di partire.

Con la speranza che fosse accettato e con la voglia di godersi in pace il tempo dell’attesa.

Non aveva idea di come sarebbe andata, c’erano troppe incognite nel loro passato, tuttavia con i pezzi che avevano scritto c’era una buona possibilità che andasse bene.

-E questa volta non commetteremo più lo stesso errore.

Non lasceremo più nessun da solo, anche se credo che con Leila Bill abbia trovato quello che cercava.

E anche Leila, sentendo Shirin.-

E poi c’erano Tom e Francesca, mai una coppietta zuccherosa, ma sempre sulla stessa lunghezza d’ onda che adesso si ritrovavano a fare i conti con un bambino e ci riuscivano bene

Il biondo aveva visto Tom cambiare piano piano, niente più sguardi alle altre, niente più sbronze.

Nulla.

Era come se avesse trovato una sua pace e Bill ci aggiungeva sempre un:”Finalmente!” soddisfatto.

Il leader era sempre stato uno dei sostenitori del fatto che prima o poi anche il più libertino della band avrebbe trovato una ragazza con cui fermarsi e  soprattutto lui era certo di sapere chi fosse.

Non si era sbagliato per quella strana sintonia tra gemelli che avevano, era sempre stato certo che primo o poi quei due si sarebbero ritrovati.

Un po’ lo invidiava, non doveva essere stato facile essere innamorato della ragazza che sapeva essere in un qualche modo di suo fratello.

Era tutto passato, poteva vederlo nel modo sereno in cui guardava Tom e Francesca e nella tenerezza che riservava a Leila.

Doveva essere stata la cena, una signora cena, a scatenargli tutte quelle riflessioni filosofiche,mentre se ne stava steso su una sdraio in giardino.

“Ehi tutto bene?”

La voce argentina della sua ragazza che si era seduta su un angolo di sdraio accanto a lui, lo fece riscuotere dai suoi pensieri e da quel torpore.

La fece stendere accoccolata sul suo petto.

“Tutto bene? “ ripeté Shirin divertita, gli occhi scuri che scintillavano alla scarsa luce del giardino.

“Si, tutto bene, pensavo.”

“A cosa?”

“A tutto e a niente.

Alla fama, al nostro demo e a Bill. “

“Cosa hai concluso?”

“Che lui sta meglio e che spero ne usciremo più forti.

Tu perché sei uscita?”

Lei scoppiò a ridere.

“Gli altri stanno giocando a non so quale videogioco e pare che il tuo intervento sia necessario se vuoi avere ancora una band!”

“Dinamica dei fatti?”

“Luca e Tom sono finiti in squadra insieme, perché questa volta Tom voleva suo cognato, tanto è tutto un famiglia!

Testuali parole di Tom.

Georg e Bill sono nell’altra squadra, già prima di partire i due gemellini si sono insultati amichevolmente, convinti di vincere tutti e due.”

Gustav annuì, ne sapeva qualcosa dello spirito di competizione tra i Kaulitz.

“Chi ha vinto dei due?”

“Tom. Bill si è incazzato e si è messo a litigare con Georg che…

“Un po’ ha sopportato , un po’ no ed è esploso?”

“Si, vedo che le cose le capisci!”

Più che altro dopo anni aveva imparato a prevedere cosa potesse succedere.

“Poi Tom sui ha cominciato a contraddire Bill ed è scoppiata la terza guerra mondiale giusto?”

“Esattamente Gustav. Ci hai preso in pieno.”

Il biondo sospirò.

“Devo dividerli anche se vorrei rimanere qui con te…

“Non ti preoccupare!” gli diede un bacio sulla punta del  naso” abbiamo tutta la notte o prevedi di fare da  balia notturna ai tuoi compagni di band?”

La faccia di Gustav si distorse in un ghigno spaventato.

“Per carità di Dio, no! Che ci pensino Leila e Francesca!

Io la notte ho altro da fare che badare a loro!”

Shirin scoppiò a ridere divertita.

“Ora vado a dividerli, sennò finirà male.”

A malincuore vide la sua ragazza alzarsi, la imitò con uno sbuffo, stava bene sdraiato li, accidenti a loro!

Entrò in casa e li vide intenti a menarsi come bambini piccoli, in un groviglio di corpi, sembrava di vedere un anime di quelli che tanto piacevano alla sua ragazza.

Lene , Leila e Fra con il bambino erano in disparte, confabulavamo e gli sembrò di vedere Leila che passava qualcosa all’’italiana.

Che stessero scommettendo su chi avrebbe vinto?

Il biondo decise di lasciare perdere e si mise in mezzo tra i tre litiganti e li separò buttando Georg da una parte e i gemelli da parti opposti, Leila scattò verso Bill.

“ Tesoro! Sei tutto scompigliato!”

Rise lei sistemandogli i capelli.

“Quel decerebrato di mio fratello mi ha distrutto! “

Francesca trattenne Tom.

Ragazzi… sapete dov’ero io?”

“NO.”

“Ero tranquillamente sdraiato a farmi i cazzi miei e mi sono dovuto alzare per sedare questa lite da bambini!

Ora, già sono alterato di mio, non fatemi alterare di più e fate pace!”

I tre si guardarono in cagnesco, ma poi si strinsero la mano, Bill abbracciato alla sua ragazza sembrava sempre più un bambino.

“Bene, ora io vado.”

Sentì Shirin seguirlo e poi una volta fuori abbracciarlo da dietro.

“Complimenti hai risolto tutto!”

“Ordinaria amministrazione!”

Si  voltò e la baciò dolcemente.

“Tutto risolto per Derek?”

Lei annuì, poi lo guardò dritto negli occhi, sembrava decisa ma la voce le uscì incerta.

“Prima o poi ne avremo anche noi uno?”

“Prima o poi si.”

Strofinò il suo naso contro quello della ragazza.

Orasi sentiva completo, la fama era relativa.

Aveva la sua ragazza e aveva i suoi amici.

Questo bastava.

 

 

Felicità.

Leila non era mai stata così felice come in quell’ultimo anno, da quando lui era entrato in pianta stabile nella sua vita.

Vita che non era cambiata granché, solo non andava più a scuola, ma lavorava a tempo pieno nella tabaccheria di suo padre.

I suoi non erano stato felicissimi, ma lei aveva preferito prendersi un anno di pausa dallo studio e godersi il suo ragazzo, con cui aveva condiviso gioie e dolori.

I dolori erano appena dietro l’angolo, con rari strascichi nella loro vita, come andare a trovare Farid in carcere.

Pensandoci bene quel dolore si rinnovava ogni volta, vedere il fratello dietro le sbarre era sempre qualcosa che aveva il potere di straziarla, ma solo aver Bill vicino la faceva stare meglio.

Aveva temuto che il fratello non si sarebbe mai ripreso da quella depressione che aveva sperimentato nel carcere fin dall’inizio, ma nelle ultima visite era più sereno.

E ora c’era Bill tra la se braccia, spettinato come un bambino che guardava in cagnesco suo fratello e Georg.

Adorabile.

“Faremo i conti dopo noi. Leila ti va se facciamo una passeggiata in spiaggia?”

“Certo andiamo!”

Lo seguì in giardino, Shirin e Gustav si stavano baciando sulla sdraio.

“Ecco perché era così incazzato il nostro batterista!” ridacchiò lui.

“Senti chi parla! Tu non ti sei mai comportato allo stesso modo vero?”

Lui arrossì  e non disse nulla.

[Ormai nella stanza si sentivano solo i loro gemiti.

A ogni spinta dentro di lei un gemito.

A ogni gemito un bacio.

Era decisamente in paradiso e sentì solo da lontano la porta aprirsi.

Sentì bene la voce di Tom urlare che era arrivata la pizza prima di ammutolirsi  e mormorare un :”Ops!”

Ops un cazzo!” Ruggì Bill”Bussare no? coglione!”

Il gemello uscì dalla stanza a piccoli passi.]

“è stato molto imbarazzante tornare di la dopo!”

“Su dai, non esagerare! Ho visto per anni scene del genere con Tom come protagonista …

È stata una piccola vendetta!”

“Oh Bill!” Lo baciò divertita.

“Vedi a fare il cucciolo bisognoso di coccole ci si guadagna sempre!”

“Ti ricordo che quando ci siamo conosciuti non eri così.”

Erano arrivati al basso cancello che separava la spiaggia dal giardino, Bill lo aprì e si ritrovarono a camminare sulla piaggia morbida e calda.

“Come posso fami perdonare?”chiese divertito lui.”Anche se un ‘idea ce l’avrei!”

Si era avvicinato sempre di più, le aveva accarezzato una guancia, Leila chiuse gli occhi a quel contatto.

Le piaceva sentire le sue mani calde su di se, lei si sentiva sempre così fredda!

Ora aveva portato entrambe le mani sulle guance e la stava baciando dolcemente, decisamente era perdonato.

“Allora?” mormorò dopo essersi staccato.

Massì ti perdono!”

Lui sorrise e prendendole la mano proseguirono vero il mare, non era lontano, si sentiva il rumore delle onde che si abbattevano sulla piaggia.

L’aria era calda e la luna era alta nel cielo, luminosa, era tutto semplicemente stupendo.

C’era la stessa luna della sera che aveva deciso di presentare Bill alla sua famiglia, avventura iniziata in modo traumatico.

[“Papà, domenica vorrei invitare a cena il mio ragazzo.”

“Il tuo che?” aveva esclamato l’uomo sbarrando gli occhi.

“Ragazzo, persona con cui esco!”

“Sei sicura, non è troppo presto?

Zairaaaa!”

Aveva urlato come un disperato per chiamare sua madre.

“Si tesoro?”

“Leila domenica vuole invitare il suo ragazzo a pranzo!”

Sua madre aveva sorriso.

“Oh tesoro, è meraviglioso non vedo l’ora di conoscerlo!”]

Proseguita in modo strano.

[La fatidica domenica il campanello di casa loro era suonato a mezzogiorno e mezza, come stabilito, suo padre era andato ad aprire.

Si era trovato davanti un sorridente Bill in jeans, maglietta, giubbotto di pelle, occhi truccati e cresta nera.

“Piacere io sono Bill!”

Gli aveva teso una mano sorridente, proprio nel momento in cui Leila era arrivata per affiancarsi al padre.

“IO sono Gunther!” aveva mormorato quello

“Ciao tesoro!”

Le aveva dato un bacio sulla guancia ,mentre suo padre continuava a scrutare Bill.

“Somigli alla versione scheletrita di quello sui poster di mia nipote, come si chiamano?

Tokio Hotel.”

A Leila era venuto da ridere  osservando l’espressione di Bill.

“IO sono quello sui poster di sua nipote!”

“Ah!”

Pausa di silenzio.

“Oh! Ma tu non eri quello che?

Leila non è pericoloso?”

Lei poggiò una mano sulla spalla di suo padre.

“Ha smesso te lo posso giurare, così come quelli della clinica e il suo psicologo.”

“Se lo dite voi!”mugugnò poco convinto”Entra, comunque benvenuto casa mia, Bill!”]

E finita bene.

[“Devo ammettere che non sei così male!” Disse suo padre guardando meditabondo il suo bicchiere di birra.

“Sei riuscito a far sorridere di nuovo mia figlia e l’hai fatta ingrassare!”

“Papà!”

“Zitta che agli uomini le donne piacciono in carne!”

Lei aveva sbuffato.

“Mi stai anche simpatico… cosa che non guasta.

Benvenuto in famiglia Bill!”]

 “L’avresti mai detto che saremmo stati  ancora insieme un anno fa?”

Lui ridacchiò.

“Ne sono sempre stato convinto, eri tu quella scettica!”

“Hai ragione.”

“E tu cara la mia scettica , l’avresti mai detto?”

“Ad essere sincera no. Avevo paura che fosse un sogno da cui mi sarei dovuta svegliare prima o poi.”

“Adesso che pensi?”

“Che non è un sogno, è la realtà e mi piace un sacco!”

Lui rise  e la baciò.

“Perché non ti sei voluta iscrivere all’università?

Non me l’hai mai voluto dire.”

La ragazza sospirò.

“Chiamami scema, ma ho pensato che se  mai uno di questi colloqui con le case discografiche andasse bene e tu tornassi ad andare in tour volevo essere pronta a seguirti.”

Lui si arrestò e la guardò dritta negli occhi, Leila si accorse in quel momento che quelli di lui erano lucidi.

“Davvero?”

“Si.”

“Grazie! È la cosa più bella che mi abbiano detto. Io…

Lei appoggiò un dito sulle sue labbra.

“Non mi ringraziare, baciami e basta e… dimostrami che questo splendido sogno non avrà mai fine.”

“Ai tuoi ordini!”

E mentre per l’ennesima volta veniva baciata si sentiva come una persona che dopo tanto girovagare aveva trovato la sua casa.

Sicura e protetta.

Con ogni probabilità il futuro continuava ad essere una fregatura, ma almeno ora non le faceva più così paura.

 

Tom osservava il fratello allontanarsi e sorrise.

Lentamente a piccoli passi erano riuscito nel miracolo di far tornare tutto come prima o ci erano arrivati vicini.

C’erano quelli che c’erano sempre stati, ritorni e nuovi arrivati.

Si sentiva un po’ idiota se ripensava ai primi tempi quando aveva giudicato quella rossa non adatta a suo fratello, probabilmente era la migliore cosa che gli fosse capitata.

Vedere il fratello stare bene automaticamente faceva stare bene anche lui, era un rapporto simbiotico.

Francesca sbadigliò dietro di lui, doveva essere assonnata, la notte prima Derek non era stato zitto un attimo.

“Nana, hai sonno?”

Lei annuì.

“Ieri Derek non mi ha dato tregua.”

“Dai, andiamo a letto.”

“Si!” represse uno sbadiglio”Ora che la bestia dorme approfittiamone!”

“Non chiamare così mio figlio!” esclamò divertito.

“Scusa Tom, ho sonno…

La guardò sbigottito.

“Direi di si, non hai nemmeno recepito  la battuta.”

Lei gli sorrise grata.

“Ragazzi, noi andiamo a letto!”

Si alzò un coretto di:”Buonanotte!” tranne Luca che si avvicinò a loro sogghignando.

“Ehi, guardate che non voglio essere zio di nuovo!”

La sua donna incenerì il fratello con uno sguardo.

“Vai a cagare pirla! Sono stanca, non penso a renderti zio di nuovo!

Tu piuttosto, non rendermi zia!”

Lasciò la stanza a passo di marcia e un Luca stupito,a cui Tom si sentì in dovere di battere una mano sulla spalla.

“Ha sonno,  ma tu stai attento lo stesso,cognato.”

“Dio li fa e poi li accoppia!”borbottò Luca tornando a sedersi.

Tom rise e raggiunse Francesca in camera  rimanendo incantato a guardarla.

La ragazza stava cullando il bambino e cantava una nenia in italiano, pur non capendo una parola la trovò dolce e si sentì in pace con il mondo.

Gli ricordava sua madre e all’improvviso tutte le paure sul ripetersi delle loro storie familiari gli parvero lontane.

Forse sarebbe andata in modo diverso questa volta.

All’improvviso smise e la vide sorridere ed accarezzare il loro cucciolo, solo allora lui si avvicinò alla culla e lo accarezzò a sua volta.

“Sei davvero dolce.”

Lei sorrise e si fiondò fra le sue braccia.

“Sono davvero stanca, gli voglio bene ma prosciuga le mie energie.”

“Allora vieni a letto.”

Si spogliarono insieme e si buttarono sul materasso, automaticamente la ragazza si accoccolò contro di lui come un gattino bisognoso di coccole.

“Te lo ricordi la prima volta che ti ho abbracciato?”

“Non credo me la scorderò facilmente quella sera, per la prima volta avevo deciso di fidarmi di te.”

“ Te ne sei mai pentita dopo?”

Lei scosse le testa.

“No, sebbene sia stata male dopo, non mi sono pentita.

Tu … non so se hai una vaga idea di quello che hai fatto quella sera.”

“Ti ho ascoltata.”

“Non solo … tu non sei scappato!

Sei stato il primo ad accettarmi e a mostrarsi gentile con me, pur sapendo la mia storia.

Mi hai fatto stare bene.”

Rimase spiazzato, non si aspettava quella confessione, ne di aver fatto così tanto con un semplice gesto, così si limitò ad accarezzarle i lunghi capelli neri, mentre lei si rilassava contro il suo petto.

“Non ci  avevo mai pensato.”

“Non importa, l’importante è che tu sia qui.”

“Avevi paura che potessi fuggire?”

“Un po’… quando ho saputo di essere incinta temevo che non saresti stato pronto.

Avevo così paura!”

“Anch’io ho avuto paura.

Paura di non essere abbastanza.

Paura di non essere pronto, ma mi hai smollato bene, Girardi!

Ero così innamorato di te che non sopportavo di perderti e quando l’ho sentito muoversi nella tua pancia e poi quando Derek è nato ho capito che nonostante fossi solo un ragazzino non me ne sarei andato.

Mi avevate stregato.”

La guardò negli occhi e si accorse che erano lucidi.

“Non mi avevi mai detto una cosa del genere.”

La baciò dolcemente.

“Stasera facciamo i conti con il passato.

Se io me ne fossi andato tu avresti tenuto questo bambino?”

“Si, perché comunque sarebbe stata l’unica cosa che mi avrebbe sempre ricordato te e non l’avrei eliminato.”

La voce della ragazza tremò su quell’ultima parola e anche lui, forse per questo si strinsero un po’ gli uni contro gli altri.

“A volte penso che tutto quello che ho vissuto, la rabbia, il dolore e tutto il resto sia stato un modo per arrivare a questo.

Per arrivare a te.

Per tanto tempo non mi sentivo a casa mia da nessuna parte, ora è diverso e lo devo a te.

Forse perché ho trovato anch’io qualcuno da amare …”

Lasciò la frase in sospeso, la mora non era mai stata una tipa da parole smielate e dichiarazioni e nemmeno lui, ma quella volta sentì di doverle una risposta.

“Sai, tutto quello che hai detto, penso che possa valere anche per me.

Ora ho anch’io qualcuno  da amare e devo ringraziare te per avermi voluto ancora nella tua vita.

Ti amo!”

Mormorò baciandole una tempia.

“Anch’io!” ripose lei prima di crollare in un sonno sereno.

L’ultima volta che l’aveva vista così debole, fragile ed indifesa era stato dopo il parto, quando stesa nel suo letto d’ospedale sembrava tanto la sedicenne di tanti anni prima.

Tom chiuse gli occhi per vedere meglio quell’immagine mentale e ci riuscì.

[Fay era stesa a letto e lui era seduto su un sedia accanto al letto perso nella contemplazione della sua donna:lunghi capelli neri, ondulati con quei serpenti di colore che spuntavano, contrastando con il bianco del cuscino, l’aria stanca e sofferente, la carnagione pallida.

Sembrava in tutto e per tutto la sedicenne di tanti anni prima.

L’unica cosa diversa era la luce negli occhi, quella di tanti anni prima non c’era, ora invece c’era una scintilla di gioia profonda e di soddisfazione.

Il respiro era lento e regolare, la mano stretta nella sua era calda.

Decise di accarezzargliela lentamente, era stanca non voleva che si svegliasse, ma fallì.

Poco dopo si ritrovò a fissare due grandi occhi scuri che gli sorridevano assonati, le baciò una mano.

“Scusa non volevo svegliarti sarai, stanca.”

“Tranquillo, poi tra poco arriverà l’infermiera con Derek.”

Lui sorrise e le baciò la fronte, come predetto una donna arrivò con il loro bambino.

Lei è il padre?”

Annuì sorridendo come un ‘ idiota.

“Allora può rimanere, signora Kaulitz, le faremo allattare il bambino.”

Quel signora Kaulitz era insolito, ma bello, dopotutto.

La donna porse il bambino a Francesca che si sbottonò il pigiama e porse un seno al bambino che si attaccò vorace.

Guardava quella scena rapito, come se non avesse mai visto una donna allattare, ma d’altronde quella era la sua donna, non una qualsiasi.

Si avvicinò piano per guardare meglio il neonato, era così piccolo e così perfetto da fare male.

Perfetto nella sua imperfezione.

Suo figlio.

“Posso accarezzarlo?” chiese quando Francesca ebbe finito di allattarlo.

“Certo.”

Tremante allungò un dito verso il bambino che lo guardò, senza piangere.

Derek studiò per un attimo quel dito e il suo volto, poi lo afferrò e rise.

Sentì il cuore scoppiargli in petto.

“Grazie Fay! Grazie!” mormorò commosso.

“Prego mormorò lei altrettanto commossa.]

Il ragazzo tornò al presente, a quella notte siciliana calda, ma in cui era piacevole averla addosso, misteri dell’amore.

Sentirla respirare sopra di lui non fece altro che confermare le sue parole, si sentiva a casa.

Non importava quello che sarebbe successo in futuro, lei ci sarebbe sempre stata.

 

 

Bill era felice.

Aveva finto con tutti di essere arrabbiato per la storia del gioco invece avrebbe solo voluto alzarsi e ringraziarli tutti.

Dal primo all’ultimo per essere rimasti.

Per non averlo lasciato solo.

Era da tempo che non provava una sensazione di completezza così forte, ora era davvero pronto a combattere di nuovo per ciò in cui credeva, per i suoi sogni.

Aveva passato mesi a macerarsi nei sensi di colpa in silenzio, non voleva che qualcuno se ne accorgesse, tutto quello che era derivato dalla sua dipendenza era una cosa con cui solo lui poteva fare i conti.

Fortunatamente aveva avuto qualcuno accanto, pronto a dimostrargli che nonostante tutto era amato.

C’era stato suo fratello che lo aveva incoraggiato comporre e aiutato con la sua chitarra nonostante le occhiaie causate dalla mancanza di sonno per i pianti notturni di suo figlio.

C’erano stati i suoi amici che erano venuti a casa sua, anche solo per trascorrere una serata cazzeggiando in compagnia.

C’era stata Francesca che spesso l’aveva ascoltato, consigliato e coperto quando  si addormentava sul divano, stanco per il pensare e il crogiolarsi con quei sensi di colpa che comunque non lo lasciavano andare.

C’erano stati  i suoi genitori che una volta raccontato loro tutto, pur scioccati non lo avevano abbandonato.

E c’era Leila, che pur con la sua presenza sempre un po’ rude e scostante gli aveva dato molto e lo aveva supportato.

Era stato davvero fortunato.

Un ragazzo fortunato che si godeva una vacanza in un posto bellissimo con la sua ragazza,

Quella stessa ragazza che ora dormiva sicura tra le sue braccia e che più di un anno fa si era messa tra lui e una pistola salvandogli la vita.

Ebbe un brivido nell’immaginarsi se stesso senza lei, in una specie di fine alternativa a quella storia, la strinse più forte e lei sbuffò nel sonno.

Leila era sempre stata bella, me nell’ultimo periodo era rifiorita, Shirin diceva che stava tornando quella di un tempo e ne era felice.

Bill non lo sapeva, vedeva solo che la sua ragazza sembrava stesse tornando a vivere, vestiva abiti più colorati, si truccava di più e rideva.

A Bill piaceva pensare che un po’ fosse merito suo e che stare con lui  fosse l’origine di quel piccolo miracolo.

Pensando a tutte quelle cose cadde in un sonno profondo e popolato da incubi.

[Era di nuovo in quell’appartamento.

Quel piccolo sudicio appartamento che apparteneva a quel verme di Mark e in cui Leila era stata portata contro la sua volontà.

Sentiva rumori di zuffa alle sue spalle, David e Tom che bloccavano il verme probabilmente, ma tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era Leila.

Leila e la macchia rossa di sangue che le si allargava sullo stomaco come una rosa.

Premeva la sua felpa contro la ferita per arrestare il flusso del liquido,senza riuscirci, il sangue continuava ad uscire lentamente impregnando anche l’indumento.

Non era mai stato un ragazzo particolarmente credente, ma pregava Dio a che Leila si salvasse come non aveva mai fatto.

La zuffa si fermò, sentì Tom che gli diceva qualcosa, era talmente scosso che dovette farselo ripetere.

“Ho detto che l’ambulanza arriva.”

Lui riuscì solo ad annuire e Tom non aggiunse altro.

Il viaggio in ospedale fu un incubo, sentiva i paramedici parlare concitati, la ragazza era grave, aveva  degli organi vitali lesionati e la stavano perdendo.

La stavano perdendo.

Come si poteva perdere un oggetto, peccato che Leila fosse una persona, la sua ragazza.

Arrivarono in ospedale e Bill venne lasciato in una sala d’spetto fuori da una sala operatoria, sentì che arrivarono anche David e Tom dopo un po’.

L’unica cosa che sperava di sentire era un medico che gli dicesse che lei stava bene.

Solo questo.

In attesa, si torturava le mani e guardava fisso il pavimento, sentendo solo i battuti furiosi del suo cuore riempirgli la testa.

“Dai Bill ce la farà.”

“Lo spero.”sussurrò.”Lo spero.”

L’attesa riprese fino a quando la porta si aprì ed uscirono i dottori con espressioni contrite.

Il suo cuore perse un battito.

Qualcosa non doveva essere andato nel verso giusto, ora lo sapeva, ma ancora sperava di sbagliarsi.

“Signor Kaulitz, siamo spiacenti di comunicarle che la paziente non ce l’ha fatta.”

Il moro sentì il vuoto farsi largo in lui.

Non ce l’aveva fatta, quelle parola risuonarono in lui.

Lanciò un lungo urlo e scoppiò a piangere, Tom immediatamente si lanciò verso di lui per abbracciarlo e consolarlo, ma lui con gesto nervoso si scostò.

“Voglio stare da solo.”

Si allontanò da quella sala, i corridoi dell’ospedale, seppur rumorosi gli sembravano vuoti e privi di vita fino a che non giunse a dello scale.

Le percorse tutte fino a trovarsi davanti a una porta che aprì senza esitazione.

Si ritrovò su una terrazza, il cielo era spazzato da nubi che correvano incerte sopra la città.

Come in trance si diresse verso il cornicione e ci si appoggiò con tutto il peso, abbassando gli occhi sullo spettacolo della vita frenetica dell’ospedale.

Era appena arrivata un’ambulanza, i paramedici stavano trasportando concitati qualcuno, lui li osservava rapito.

I pensieri che gli attraversavano la mente ora erano mutevoli come le nuvole, da una parte non riusciva a credere che Leila fosse davvero morta, dall’altra un desiderio insano stava prendendo piede in lui.

Bill voleva raggiungere quei paramedici diversi piani più sotto, voleva buttarsi come se avesse avuto le ali, per far finire tutto.

Se non avesse sentito la porta aprirsi dietro di lui e suo fratello abbracciarlo da dietro avrebbe dato retta a quelle voci.

Il moro si staccò, si voltò, ma invece di fronteggiarlo si gettò tra le sue braccia e pianse.

Insieme si accasciarono al suolo, poi tutto divenne nero.

Bill cadeva,senza Tom in un’oscurità densa che nulla aveva di concreto, era tutto onirico.

Alla fine della caduta si risvegliò sudato ed ansante nel suo letto della clinica.

Er stato solo un incubo! Solo un fottuto incubo!

Il moro avrebbe voluto alzarsi e ballare, felice che Leila fosse salva, che quel proiettile l’avesse solo sfiorata e non uccisa, ma non poteva certo disturbare gli altri pazienti.

Tornò a letto  più sollevato e tornò a dormire e a sognare.

Questa volta era su una spiaggia bianca poco prima del tramonto.

Solo.

Era un sogno che aveva già vissuto, quello dove aveva visto, se così si può dire,  per la prima volta il padre di Fra e sapeva che prima era stato con Francesca, seppellendo definitivamente e senza dolore le speranze di essere amato da lei.

In fondo l’aveva sempre saputo che lei amava suo fratello, non lui.

Si incantò a guardare il mare che si infrangeva sulla spiaggia con un ritmo sempre uguale, ora che era solo si chiedeva cosa sarebbe successo.

Era stato certo e che quel sogno non fosse stato solo suo, lo sguardo che Francesca gli aveva lanciato quando aveva visto il padre era stato illuminante ,ora cominciava la parte autenticamente sua .

“Bill!”

Si voltò, Fra era di nuovo davanti a lui, più matura,aveva in braccio un bambino molto piccolo, Tom la abbracciava da dietro.

“Quand’è che mi renderai zio?”

Mormorò divertito suo fratello, Bill prese il neonato che gli porgeva la ragazza, aveva gli occhi scuri e un ciuffo di capelli scuri.

“Non ti basta essere padre?”

“No, se tu non sei felice.”

“Ora che l’hai trovata non lasciartela scappare.”

Chi?

Una ragazza vestita di nero con un velo in testa a coprirle il volto si avvicinò a lui, suo fratello, la sua ragazza e il loro bambino erano spariti.

C’erano solo loro due.

“Ciao amore!”mormorò lei accarezzandogli una guancia.

Ciao…

“Chiudi gli occhi.”

Fece come gli era stato ordinato, sentì i fruscii del velo sollevato e poi sentì le sue labbra calde contro le sue.

Fu il bacio più bello della sua vita perché sentiva che c’era amore verso di lui nella ragazza che glielo stava donando, lo sentiva dal fatto che lo attirava a se e lo accarezzava.

Chi era?

Domanda retorica, era la donna del mistero che in quegli ultimi mesi era apparsa speso nei suoi sogni per fargli da coscienza.

Quando la sentì staccarsi, gioì, finalmente l’avrebbe vista…

Ricordava la rima volta che aveva fatto quel sogno, prima che la maschera cadesse lui si era svegliato.

Questa volta quando riaprì gli occhi lei era ancora lì , sorridente, lui le accarezzò il volto ed arrivò a sfiorare il velluto della maschera.

“Posso?” chiese esitante.

“Certo!” annuì lei.

Lentamente gliela sfilò e si perse in un paio di occhi verdi che conosceva, erano quelli di Leila.

“Eri tu!”Mormorò semistupito.

La ragazza lo baciò e lui sorrise, sentendosi felice, così felice da scivolare dolcemente nella veglia e poi nella piena coscienza.]

Leila era accanto a lui e dormiva.

Ricordò una conversazione che aveva avuto con Leila, le aveva chiesto se credeva  fosse possibile incontrare qualcuno nei sogni prima che nella realtà, ora aveva avuto la sua risposto.

Era possibile, a lui era successo.

“Bill?” la voce della ragazza e le sue carezze gentili sulla sua schiena lo fecero tornare alla realtà.

“Si?”

“Cosa c’è?” si era messa a sedere anche lei e lo aveva abbracciato appoggiando il volto sulla sua spalla.

“Nulla, stavo pensando.”

“Cose belle?” la ragazza strusciò il naso sulla spalla e vi depose un bacio.

“Si, pensavo che ti ho incontrata prima che ti conoscessi, nei miei sogni.”

“Wow, Bill che fa il romantico!”

Lui sbuffò.

“Scema! Dammi retta!”

“Ai tuoi ordini!”

Bill si sciolse dall’abbraccio e si voltò per poterla guardare negli occhi.

“Molto prima che ti conoscessi, dopo che ho praticamente costretto Tom ad andarsene di casa, ho fatto un sogno.”

Prese fiato.

“Ho sognato di essere il ragazzo di Francesca.”

La vide irrigidirsi.

“Non fraintendere, avevo già archiviato la storia, ma non avevo ancora trovato le palle per dirlo a me stesso, capisci?

Insomma, ero il suo ragazzo, sennonché lei era strana, scostante.

Alla fine ho capito, era cotta di mio fratello, sebbene l’avessi sempre saputo sentirselo dire aveva avuto su di me un effetto liberatorio.

Eravamo su una spiaggia, uguale a quello che c’è qua fuori e sono rimasto a guardare il mare.

Poi sono apparsi Tom e Fra con il loro bambino e mi hanno detto che non dovevo lasciarmi scappare chi avevo trovato.

E poi è apparsa una donna mascherata che mia ha baciato.

Una donna con la tua voce.

Una donna di cui non riuscivo mai a vedere il volto e che mi dava sempre consigli o mi sputava addosso le verità che non volevo accettare.

Eri tu. Stasera ho finito il sogno di quella sera, togliendole la maschera ed eri tu.

Mi credi o sembro un pazzo?”

Lei sospirò.

“Sembri un pazzo, ma ti credo.

Anche a me piace pensare che se il destino esiste ci ha mandato uno sulla strada dell’altro per fare un percorso insieme, dal buio verso la luce.”

“Lo sapevo che avresti capito!

Piccola… A volte ho pensato di essermi perso nella mia vita.

Non sapevo più dove andare e mi sono affidato a qualcosa di sbagliato e non volevo più nemmeno tornare a casa a un certo punto.

Per fortuna mio fratello, Francesca e i miei amici non mi hanno mai mollato, ma forse non sarebbe servito a molto se non fossi arrivata tu.

Forse la mia via di ritorno a casa passava attraverso te.”

Sulla stanza calò un silenzio.

Sai… anche la mia!”

Si sorrisero e fu naturale baciarsi, come a suggellare quello che avevano detto.

E Bill si sentì a casa, una casa piene di tutte le persone che per lui significavano qualcosa.

Una casa piena di affetti come sognava da sempre.

Una casa libera dalla droga , cosa per cui aveva lottato.

Un casa che  gli piaceva.

La casa di Bill, il ragazzo, non il cantante dei Tokio Hotel.

La sua.

 

 

 

ANGOLO DI LAYLA

 

Siamo arrivati alla fine.

Non so cosa dire, ho un po’ di magone.

Spero vi piaccia, a me mette un po’ di tristezza ç_ç.

Deve essere l’effetto dell’ultimo capitolo pubblicato unito al fatto che lunedì sono stata al concerto di Milano.

Un concerto davvero stupendo, non so che altro dire.

Non è che me la cavi molto bene con le parole.

Forse è meglio che inizi a ringraziare.

Ringrazio chi ha commentato l’ultimo capitolo, ossia:

 

.Pulse  (sono davvero contenta che ti piaccia e che tu abbia apprezzato la struttura a flashback^^

 

Utopy

 

Lady cassandra

 

Ringrazio chi l’ha messa nei preferiti:

 

Bambolina_Elettrica

BigAngel _Dark

Black_Down TH

Dan

Dark_Angel_In_Die_Nacht

Degah

Fuckin _princess

KverY 12

Lady Cassandra

Mary_cullen

Masavecia

Schwarznana

Tokietta 86

TokiettinaChan

Veronica 91

Xoxo_valy

_Pulse_

 

 

Ringrazio chi l’ha messa nelle seguite:

 

Akiko

Degah

Hana Turner

Kvery 12

Masavecia

Tokietta 86

_Pulse_

 

 

 

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