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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 1) Cadere Da Soli *** Capitolo 2: *** 2)Ritorno A Casa *** Capitolo 3: *** 3)Gli Scheletri Nell'Armadio *** Capitolo 4: *** 4)Gli Scheletri Che Prendono Vita *** Capitolo 5: *** 5) Le Voci Della Notte *** Capitolo 6: *** 6) La Tabaccheria Di Leila *** Capitolo 7: *** 7) Incubi E Cauto Ottimismo *** Capitolo 8: *** 8)Bambini Perduti *** Capitolo 9: *** 9) La Decisione Giusta è Quella Più Dolorosa *** Capitolo 10: *** 10)Le Speranze Infrante Di Lene *** Capitolo 11: *** 11) Arrivederci *** Capitolo 12: *** 12) La Spiaggia Dei Fossili Insanguinati *** Capitolo 13: *** 13) Quel Piccolo Grammo Di Coraggio Che A Volte Si Trova, A Volte No *** Capitolo 14: *** 14)Raggi Di Sole *** Capitolo 15: *** 15)Ritorni Graditi O No? *** Capitolo 16: *** 16) Gelosia *** Capitolo 17: *** 17) Calma Apparente *** Capitolo 18: *** 18) Capolinea? *** Capitolo 19: *** 19)Un Passo Indietro ! Ti Amo! *** Capitolo 20: *** 20) Si Viene E Si Va *** Capitolo 21: *** 21) Il Dolore D'Amore *** Capitolo 22: *** 22)Lacrime Di Pioggia *** Capitolo 23: *** 23)Luce E Buio *** Capitolo 24: *** 24) Si Scappa Quando Si Crede Di Non Avere Più Nulla Da Perdere *** Capitolo 25: *** 25) Perso Di Nuovo In Incubi Chiarificatori *** Capitolo 26: *** 26)La Verità Sta Dentro A Un Nylon *** Capitolo 27: *** 27)Quando Il Faccia A Faccia Con Il Passato Non Fa Male *** Capitolo 28: *** 28)L'Oscurità Intorno Al Sole *** Capitolo 29: *** 29)Nessuna Via D'uscita Apparente *** Capitolo 30: *** 30) Famiglia *** Capitolo 31: *** 31)Buio! *** Capitolo 32: *** 32)Una Nuova Vita *** Capitolo 33: *** 33)Questa Volta Ti Aspetterò *** Capitolo 34: *** 34) L'Agognato Ritorno Alla Normalità *** Capitolo 35: *** 35) Il Mio Ritorno A Casa Passa Attraverso Te-Fratelli *** Capitolo 36: *** 36)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-- Amore ***
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel, nè offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'
1))CADERE DA SOLI.
A
volte separarsi è l’unica soluzione.
Non
aveva mai pensato sul serio a quella frase, se fosse sbagliata o meno, se
potesse valere o no per lui, semplicemente per Bill non era mai esistita.
Erano
parole vuote, aria che non poteva ferirlo.
Lui
aveva avuto, aveva e avrebbe sempre avuto il suo gemello.
Lui
e Tom potevano litigare, potevano raffreddare i loro rapporti, ma l’avrebbe
avuto comunque, in ogni caso.
Tranne
che in questo.
Si
guardò allo specchio.
Era
diventato più magro e più pallido, senza trucco era ancorapiù evidente, tanto che per un attimo la sua
faccia divenne un teschio.
Rabbrividì
, uscì dal bagno e tornò in camera, da quella di suo fratello si espandeva il
suono della sua chitarra, riconobbe quella melodia come quella “In dienacht.”.
La
loro canzone.
Si
sentì stringere il cuore, perché proprio quella?
Perché
proprio pensava che doveva lasciarlo da solo, se voleva evitare di rovinargli
la vita?
Perché?
Destino
crudele.
La
camera era immersa nel solito caos, la donna delle pulizie tentava vanamente di
tenerla in ordine senza riuscirci, quel disordine sembrava la proiezione di
quello che sentiva dentro di se.
Si
sedette sul letto con in mano un vecchio album di fotografie, da cui estrasse
quella di lui e Francesca abbracciati, lui sorrideva già allora cotto di lei,
lei anche, ma per lei era solo amicizia.
Non
poteva fargliene una colpa, l’affetto che lei provava verso di lui era grande
ed autentico, ma non era amore e non poteva farci nulla.
All’inizio
gli era bruciata da morire, aveva quasi odiato Tom perché aveva capito che lei
pensava a lui, senza capirne mai la ragione precisa.
Suo
fratello l’aveva spesso trattata a pesci in faccia,l’aveva lasciata sola nel momento più duro
della sua vita eppure…
Eppure
quello che era successo su quella terrazza di sei anni prima, sebbene fosse
stato breve e limitato solo ad un giorno doveva averla segnata in profondità.
Avrebbe
pagato oro per sapere cosa avesse detto o fatto Tom allora e durante la notte
in cui avevano dormito insieme, ma non avrebbe mai potuto saperlo e forse non
era nemmeno importante.
Francesca
si era innamorata o presa per suo fratello e basta e questo non faceva più
nemmeno male.
Guardò
sorridendo quella foto, la accarezzò come a dare addio al passato.
Il
suo futuro era racchiuso nel suo beauty, un futuro che lo disgustava ma di cui
si era accorto di non riuscire a fare a meno, un futuro fatto di polvere
bianca.
Non
sapeva perché avesse iniziato, aveva solo vaghi ricordi confusi di un tizio che
lo aveva avvicinato durante una festa e gli aveva detto che aveva qualcosa per
lui che lo avrebbe fatto stare meglio.
Era
brillo Bill Kaulitz, non del tutto in sé, così si era
limitato a sorridere ed intascare, senza controbattere ne ascoltare la sua
coscienza.
L’uomo
aveva sorriso a sua volta e l’aveva accompagnato in bagno, dandogli pacche
amichevoli sulle spalle.
-Era contento il
bastardo, contento di aver trovato un pollo da spennare!-
Arrivati
nella stanza aveva disposto una striscia, aveva arrotolato una banconota e
aveva tirato, poi ne aveva disposta un’altra invitandolo a fare lo stesso e lui
aveva acconsentito.
La
prima cosa che aveva notato era stato un forte bruciore al naso, poi tutto era
diventato più nitido e si era sentito invadere da una grande energia, credeva
di poter spaccare il mondo.
L’unica
cosa che aveva distrutto era se stesso, allora non se ne era reso conto,ma si
era infilato volontariamente in un tunnel che lo stava portando verso mete
sconosciute e spiacevoli.
Pensava
ingenuamente di poter smettere quando voleva, che la cocaina non era una droga,
solo qualcosa che lo aiutasse a sopravvivere in quella vita stressante e
frenetica che aveva.
Fesso.
Ci
erano volute le urla di Tom che l’aveva beccato chino su una striscia per farlo
tornare quasi in sé.
“CHECAZZO STAI FACENDO?”
Quel
grido metà disperato e metà furioso, ferito l’aveva scosso profondamente,
facendolo voltare, lui era sulla porta le braccia allungate sui fianchi, pallido
e spaventato.
Conosceva
suo fratello abbastanza per sapere che tendeva a nascondere le sue emozioni
dietro la facciata della rabbia, soprattutto se era preoccupato
Si
voltò a guardarlo con un espressione vagamente divertita, nel suo delirio di
onnipotenza lo compativa, dandogli dell’idiota, perché reagiva così?
Non
stava facendo nulla di male, quanta gente famosa faceva uso di cocaina e
continuava a tirare avanti?
Lui
sisentiva sollevato da parte dei suoi
problemi potendo contare su quell’aiuto artificiale.
Tom
era entrato nel locale l’aveva scosso per le spalle fragili, forse per
svegliarlo, forse per farsi ascoltare.
Si
era fermato alla sua risata, lunga, divertita e derisoria, assolutamente non da
lui, era la prima volta che lo sfidava così apertamente.
Le
braccia del gemello erano ricadute contro il corpo, sembrava svuotato di
qualsiasi energia, sembrava non riconoscerlo nemmeno più, come se
all’improvviso in quel bagno si fosse accorto che c’era un estraneo.
C’era
una parte di lui che soffriva nel vederlo, un’altra che godeva nel ripagare il
male che involontariamente gli aveva fatto con Francesca.
“Perché
ti sei fermato, fratellino ?
Ti
faccio paura?
TI
faccio s c h i f o?”
L’aveva
attaccato per provocare una reazione, per bearsi di altra rabbia che per la
prima volta vedeva diretta davvero contro di lui, tuttavia era rimasto deluso.
C’era
solo dolore in quello sguardo, nulla di più.
Indispettito
aveva ripreso ad attaccare, perché non gli aveva dato soddisfazione?
“Non mi rispondi?
Te
ne accorgi solo adesso che sto male?
Dov’eri
prima?
Eri
troppo preso dalla tua vita per pensare a me, al fatto che non reggessi più e
visto che non c’eri ho pensato di aiutarmi da solo.
Questo
e quanto, ti ho liberato da una seccatura.
Non
sei felice?”
Questa
era stata la prima delle volte in cui aveva vomitato parole che non pensava per
poi pentirsene amaramente dopo e scusarsi piangendo con lui.
Era
stato allora che aveva realizzato quanto la droga avesse preso il controllo su di
lui e che si era sentito disgustato da se stesso.
Cos’era
diventato?
Era
orribile guardarsi allo specchio e non riuscire a riconoscere la propria
immagine, una volta , al colmo della frustrazione aveva persino tirato un pugno
alla superficie liscia e riflettente.
Si
era formato un piccolo cratere, lui quasi non aveva sentito le schegge
conficcarsi nelle nocche, perso a guardare come quell’evento violento non
avesse fatto altro che creare altre immagini di lui, più piccole e che lo
confondevano ancora di più.
Si
era medicato, scosso.
Aveva
capito che non poteva cambiare se stesso in quel modo, che non poteva farlo da
solo.
Poi
era iniziato il pingpong.
Lui,
quando era lucido chiamava così quel continuo supplicare il fratello di
aiutarlo, per poi ricadere puntualmente in tentazione, ferendo il gemello e
autodistruggendosi.
Non
poteva continuare così, se non sapeva fermarsi in quella caduta non avrebbe
trascinato con se la persona a cui teneva di più.
Doveva
allontanarlo da sé.
[Do you know what's worth fighting for,
When it's not worth dying for? ] Doveva
fare in modo di ferirlo ancora più in profondità e sperare che questo lo
facesse scappare via da lui, dal mostro che era diventato e farlo rifugiare
dalla persona a cui aveva sempre tenuto senza ammetterlo e a cui scriveva da un
anno.
Francesca
Girardi.
Aveva
trovato l’abbozzo di una lettera per caso il giorno prima e quel piano
delirante aveva iniziatoa prendere
forma nella sua testa.
-Fallo Bill, lui avrà
qualcuno a cui appoggiarsi e tu sarai libero.
Libero da lui e dal
peso che rappresenta.
Libero di cadere.-
Deglutì,
era pronto ad assecondare quella voce maligna, purtroppo.
-Tomi, perdonami…-
La
melodia si spense come ad indicarecheera arrivato il momento di
fare quello che si era promesso, anche se faceva male, anche se sentiva il
cuore sanguinare.
Tom
uscì dalla camera, telefonò a una pizzeria e ordinò la cena, lui avanzò verso
di lui.
“Che
pizza hai ordinato?”berciò sgarbato non appena lui ebbe deposto la cornetta
sulla forcella.
“Ai
wurstel.”
“Fa
schifo, cazzo!”
“Ti
è sempre piaciuta…iocredevo…”
“Credi
a troppe cose su di me! Prestami un po’ di attenzione!”
Il
gemello abbassò gli occhi.
“Mi
sembra di prestartene abbastanza, vuoi litigare Bill?”
Era
così palese?
“NO,
voglio solo che tu mi ascolti!
Sono
solo un peso per te?”
“Ma
che cazzo dici?
Non
lo sei ne lo sarai mai!”
“Si
che lo sono! Tu per colpa del gemello tossico non puoi fare la bella vita che
facevi prima!”
“Smettila!”
“Sai
una cosa? Sei sfigato.”
Tom
marciò verso la camera di Bill, per poi tornare mestamente trionfante con la
bustina di coca tra le mani.
“Chi
è lo sfigato? Io o te che ti fai per rimanere in piedi?
Come
ti sei ridotto?”
Iniziaronouna lite violenta con tanto di insulti ed
oggetti che volavano per la casa.
Bello
spettacolo, vero?
Era
un bravo attore nel simulare qualcosa che non provava?
Non
lo sapeva, ma sperava di riuscire a far andare via il gemello, lui doveva
andarsene!
Doveva!
“Vattene! Mi hai rovinato la vita! Ti odio!”
Con
quella frase seppe di aver raggiunto il suo scopo, lo vide pietrificarsi ed
allargare gli occhi, sembrava avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco.
La parola ferisce più della spada…non lo sapevi Bill?
Le
lacrime trattenute lo ferirono anche se le vide solo per un attimo, il gemello
infatti se ne andò immediatamente dalla stanza.
Lo
sentì preparare le valigie di corsa, poi uscì di casa come in trance, spedito
reggendo una sacca e la sua vecchia chitarra.
Faceva
male, terribilmente male, ma doveva lasciarlo andare.
La
porta sbatté, il rumore della macchina che partiva giunse dopo un tempo che a
lui sembrò infinito.
La
recita era finita, l’attore poteva sparire e lasciare emergere il vero Bill
attraverso lacrime copiose.
Aveva
ottenuto quello che voleva, parchè non era contento?
Tom
si sarebbe salvato, era questo che voleva no?
E
allora perché faceva così male?
Perché?
[Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating? ]
Perché
la vita non manteneva mai le sue promesse?
SE
lo chiedeva sempre più spesso Leila Schimtdurante le lunghe ore che trascorreva dietro
al bancone dell’angolo tabacchi del bar di suo padre, dopo scuola il martedì e
il giovedì.
Vedeva
ragazzi che conosceva che si bruciavano la vita,ragazzi di cui era stata amica farle il vuoto
attorno e si chiedeva il perché di tutto quell’odio.
Lo
sapeva il perché ma si chiedeva perché tutto fosse degenerato così e sempre più
spesso concludeva che era stato tutto sbagliato sin dall’inizio.
[“Sei in una banda
Leila, in una banda.
Non siete un gruppo di
amici che fanno casino, siete praticamente al di fuori della legge e tu questo
l’hai sempre saputo.”
Luca Giradi prese fiato durante la sua sfuriata e le fissò
dritto nei grandi occhi verdi da gatta, che molte ragazze le invidiavano.
“Non dovresti nemmeno
parlarmi, cosa ci fai ancora qui?”
“Perché mi piace
parlare con te, Girardi anche se Fari odia tua
sorella.”
“Ascolta Le quello che
dice Farid non è vangelo, per favore dammi retta ed
esci da questo gruppo.
Verrà un momento in
cui farid farà qualcosa che ti farà capire che è
totalmente fuori controllo e tu non saprai come aiutarlo e lui ti farà il vuoto
attorno.
Tiratene fuori,
piantala di spacciare quella roba e cerca di convincere lui a smettere intanto
che sieteancora un piccolo gruppo!”
Lo guardava in
silenzio, a tredici anni quel ragazzino dimostrava un’intelligenza fuori dal
comune che lei non avrebbe mai avuto, poteva essere furba e smaliziata quanto
voleva, ma Luca era un gradino sopra di lei.
Leila Schimtnon era una
persona che desse a chiunque la sua approvazione, il rispetto poi andava solo a
pochi , Fari, sua cugina Ania, Shirin,
Dave il fratello di Shirin
e a Luca e, anche se non l’avrebbe mai ammesso a sua sorella Francesca.
FrancescaGirardi era l’unica
ragazza che avesse dato chiaramente e senza paura un due di picche a Fari tre
anni prima e che poi lo trattasse freddamente fregandosene delle conseguenze
che avrebbero potuto esserci.
Era una donna tosta
Francesca Girardi e lei che sentiva di essere fatta
della stessa pasta la invidiava.
“So che lui vuole fare
il grande salto, bhe, dopo sarà troppo tardi sia per
te che per lui.
Quando tu vorrai
uscire e so che arriverà quel giorno, Leila, lui non la prenderà bene e se
anche lui decidesse di non farti nulla, ci sarebbero i suoi amici.
Stai giocando con il
fuoco.”]
Sospirò
amaramente, ancora non sapeva quanto fosse vero, ma forse non le importava
nemmeno saperlo allora.
Si
prese una ciocca tra le dita, erano le dieci di sera e in quel freddo novembre
berlinese con il cielo che minacciava neve, le persone in giro erano davvero
poche.
Nel
locale del bar c’erano solo due vecchi turchi che giocavano a carte fumando un
narghilè, erano certi che nessun poliziotto si sarebbe fatto vedere da quelle
parti.
I
suoi capelli erano tornati del colore naturale, un luminoso arancione che
stonava su di lei e sulla carnagione che pur essendo pallida manteneva uncerto colore olivastro di fondo.
Era
mezzo sangue lei, come mormoravano con disprezzo da sempre, credendo che non li
sentisse
Mezzo
sangue.
Significava
che lei aveva un padre tedesco e una madre turca emigrata in Germania, che
forse non era del tutto turca nemmeno lei visto che aveva una massa di mossi
capelli rossi che di orientale avevano ben poco.
Non
era del tutto tedesca, non era del tutto turca.
Parlava
due lingue da sempre, a cui si aggiungeva l’inglese che aveva imparato a scuola
e l’italiano che masticava da quando aveva iniziato a frequentare Luca.
Si
accese una sigaretta scura, simile a un mezzo sigaro e ispirò voluttuosamente
il fumo, sapeva vagamente di vaniglia.
Si
guardò attorno, quell’angolo di locale non era cambiato da quando era piccola e
veniva lì a fare i compiti con Farid, c’era il
vecchio bancone scheggiato, le sigarette dietro di lei, una pistola nel
cassetto, il registratore di cassa e un vecchia foto di loro due da piccoli.
Farid e Leila.
I
due inseparabili.
In
quella foto giocavano a calcio, lui con i capelli neri al vento , lei con i
capelli raccolti in una crocchia in cima alla testa e con uno sguardo di
adorazione pura verso di lui.
Amava
suo fratello, amava quel suo essere forte, pronto a proteggerla e a infrangere
le regole, perché Farid odiava Berlino.
Odiava
quel sentirsi perennemente giudicati sia dai tedeschi che notavano le
carnagioni scure e i nomie dai turchi
che vedevano i suoi capelli e sapevano il loro cognome.
Loro
erano soli contro il mondo, non sentivano di appartenere a nessuna di queste
due comunità.
[Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide? ] E
quello che a lei faceva male, in lui veniva metabolizzato come rabbia feroce
contro tutto e tutti, che lo faceva esplodere in collere e zuffe.
Lei
lo guardava ammirata come se fosse un eroe, il suo fratellone che come superman
accorreva in suo aiuto.
Per
anni era stato così, fino all’arrivo di Shirin lei
non aveva avuto altro che lui e i due fratelli più piccoli, con cui scorazzava
nel quartiere.
Shirin e la sua famiglia erano arrivati in
una calda mattina di giugno, lei aveva immediatamente fatto amicizia con quella
bambina bella e sorridente, sempre allegra, mentre Farid
aveva trovato un compagno in David.
Il
ragazzo era diventato la sua controparte saggia,l’unico in grado di calmarlo,
almeno per un po’.
Insieme
loro quattro erano diventati una banda raccogliendo intorno a sé un numero
sempre maggiore di ragazzini, tutti quelli che per un motivo o per un altro
erano in guerra contro il mondo.
Ora
era tutto diverso, l’eroe era caduto dal piedistallo, portando con sé la sua
unica vera amica.
[“Lei devo dirti una cosa….Io sono incinta!
Il bambino è di tuo
fratello!”
Lasciò caderela bottiglietta di birra per correre ad
abbracciare Shirin, non sapeva ancora come sarebbe
finita ma era felice.
Troppo felice.]
L’occhio
le cadde su una seconda foto, ritraeva due ragazzine, una dagli improbabili
capelli fucsia, l’altra dalle treccine nere che sorridevano felici, spavalde.
Quel
passato non poteva tornare, quelle due ragazzine erano morte anche se erano ancora
vive.
Shirin, la sua migliore amica non era più se
stessa da troppo tempo, la previsione di Luca si era avverata in pieno.
[“Cazzo, Shirin cosa è successo?”
Entrò nella stanza
buia della sua migliore amica, stando attenta a dove metteva i piedi, il disordine
era imperante.
La trovò rannicchiata
sotto la finestra.
“Perché mi ha fatto
questo eh Leila?
Perché?
Perché non ha voluto
nostro figlio?”
Che risposta poteva
darle?]
Finì
la sigaretta, la vita da qualunque lato la guardasse rimaneva sempre uno schifo.
Uno
schifo che l’aveva portata a vivere in un quartiere di merda, che dopo averle
dato una migliore amica si era affrettata a riprenderselae le aveva contemporaneamente tolto suo
fratello.
Sentì
delle sedie muoversi nel locale accanto, il vociare degli anziani si spostò
alla cassa, sentì Katarina la barista salutarli con
il suo lieve accento russo.
Ora
era sola davvero.
L’unica
compagnia che aveva era una luce al neon, un pacchetto di sigarette alla
vaniglia e i suoi ricordi.
Meraviglioso.
Sola.
[Did someone break your heart inside?
You're in ruins.]
Com’era
essere soli?
Bill
non l’aveva mai saputo, non aveva mai vagato per le stanze del suo
appartamento, instupidito senza sapere dove fosse Tom, sentendolo lontano.
Aveva
finalmente creato una barriera alta abbastanzada costringerlo ad andarsene , ma non ne era felice.
Quando
la pizze arrivarono, pagò il fattorino, poi le lanciò via disgustato, non
voleva mangiarle, il cibo era l’ultimo dei suoi problemi.
Rimase
da solo al buio, mentre sentiva il rumore leggero del traffico attorno a sé,
poi si alzò il vento autunnale e il rumore delle foglie scosse da esso degli
alberi delgiardino davanti al palazzo
dove vivevano si mischiò al rumore delle macchine.
Non
seppe dire quanto rimase così, era come se si fosse estraniato, senza pensare a
nulla.
Non
era più nel suo corpo, non era più li e non era da altre parti.
Non
c’era e basta.
Fu
il ticchettio fastidioso dell’orologio a riportarlo in quella stanza, scandiva
il tempo vuoto di quella serata, sembrava parlargli.
-Ti piace Bill?
Com’ è cadere da
soli?-
Rimase
un attimo sbalordito, erano delle allucinazioni prodotte dalla droga e basta.
Non
erano vere.
Gli
orologi stavano zitti, giusto?
-No Bill, noi
parliamo.
Guardiamo voi umani e
ridiamo mentre sprecate il vostro tempo senza sapere quanto sia prezioso…
È così divertente….
E tu sai quanto tempo
hai sprecato?
E quanto ne stai
sprecando adesso?-
Si
portò le mani sulle orecchie, non voleva sentire altro.
-Non ci provare
Scorciato, credi basti solo questo a fuggire?
Come credi si senta
Tom?
Male, vero?
Sai di averlo ferito,
ma sei sicuro di aver fatto la scelta giusta?
Non è che volevi una
prova d’affetto?
Volevi vedere tornare
il tuo fratellino distrutto da te, ma è come nella roulette, non si è mai certi
di nulla, potresti aver puntato sul numero sbagliato.
E se non tornasse?
E se ti lasciasse….solo?-
Si
alzò in piedi , camminò come un sonnambulo verso la parete dove un orologio di
vetro con complicati motivi astratti ticchettava placido e taceva .
Forse
quelle voci erano solo nella sua testa, ma doveva essere certo che tacessero e
se perfar questo doveva sacrificare un
costoso manufatto, poco importava.
Lo
scaraventò per terra con rabbia, l’oggetto esplose in mille schegge colorate,
che si sparpagliarono per il pavimento scintillando alla debole luce della luna.
Ansante,
si soffermò a guardarle terrorizzato, per un attimo si aspettò una reazione dai
cocci, ma non successe nulla.
Il
silenzio solo regnava nell’appartamento.
Sopirò
di sollievo.
-Troppo facile …
Credevi davvero che
sparissi Bill Kaulitz?
Non l’hai ancora
capito?Io sono dentro di te. Io sono te…
Ti ricordi il video di
“Don’t jump? Immaginami così….che
ruolo vuoi avere?
Il te stesso sul
cornicione o quello che ti salva?-
“STAI
ZITTOOOOO!”
L’unica
risposta che ottenne fu una risata beffarda che lo raggelò.
Quella
cosa non se ne sarebbe andata tanto presto, ne era certo.
Quella
cosa non era in un orologio o in altri oggetti o nelle pizze che giacevano
ancora sul pavimento.
Quella
cosa era in lui, scorreva nelle sua vene, contaminava il suo cervello.
Forse
quella cosa non era altri che lui.
Lui
e i suoi sensi di colpa.
Non
poteva stare più di li, iniziava a mancargli l’aria.
Freneticamente
raccolse i resti della cena , li gettò in pattumiera, poi corse sotto la
doccia.
Si
cambiò , si truccò e si guardò allo specchio ansante, stava sudando
copiosamente.
Era
come in fuga dal demonio, ma sapeva che era inutilefuggire da quella casa.
Totalmente
inutile.
[When you're at the end of the road
And you lost all sense of control
And your thoughts have taken their toll
When your mind breaks the spirit of your soul ]
Prese
le chiavi della macchina, dove poteva andare per non pensare?
Scese
in garage, accese l’auto ed ingranò la retro, stando attento alle altre
macchine e ai pilastri della stanza sotterraneo.
-Dove scappi,
ragazzino?
Puoi
uscire da qui, ma non da te stesso!-
Sibilò
un “Fanculo” alla voce e una volta per strada, si diresse
verso un club piuttosto esclusivo, senza avvisare nessuno.
Era
in pausa dal tour, i produttori non facevano pressioni per un nuovo album, non
erano stati soddisfatti dell’affluenza agli ultimi concerti.
Tutto
quello che aveva tra le mani stava svanendo?
Una
volta caduta la maschera del cantante bello, popolare e androgino, cosa ne
sarebbe stato di lui?
Le
fan sembrava lo stessero abbandonando, lui sentiva di stare lasciando andare se
stesso in malora.
Erano
solo paranoie, solo paranoie.
I
produttori avevano solo capito che lui aveva bisogno di una pausa! Non era
nient’altro, non era l’inizio della fine!
-Ne sei certo?-
“Vattene!
Dannata voce!”
Era
davanti al locale, parcheggiò la macchina e scese, i bodyguard sorrisero.
“Buonasera
signor Kaulitz!”
“Buonasera!”
Dentro
la musica era assordante, fatta apposta per azzerare I pensieri, ragazze
seminude si muovevano sensuali su cubi, sotto fasci di luce colorata.
Sospirò
soddisfatto, poteva iniziare a divertirsi.
Ordinò
da bere, il barista gli lanciò un’occhiata a metà tra l’eloquente e
l’indifferente, come se avesse capito che era fatto di coca e non gli
importasse.
Provò
a leggere la sua espressione e suonava come”Lo so che tiri, bello.
Lo
so che pensi di essere superiore, ma ne ho visti tanti come te….si
sono tutti ridotti male, anche se credevano di sfangarla.”
Scosse
la testa, finì il drink in un colpo solo e si buttò in pista.
Con
la coda dell’occhio gli sembrò di vedere il barista scuotere la testa, lui
sbuffò.
Ben
presto si trovò coinvolto in una marea di gente che si muoveva a tempo con la
musica, qualcuno gli si strusciava addosso, lui non ci dava peso.
Di
nuovo era come se non fosse lì.
“Ehi!”
Vide
una ragazza che ballava sensuale accanto a lui ammiccando divertita , era un
invito?
Decise
di si, così si avvicinò ed assecondò i suoi movimenti, lei sorrise e si voltò,
invitandolo a contemplare una schienadalla linea dritta e un di dietro sodo, lui sorrise.
La
voce taceva, o forse rideva divertita in un angolo talmente remoto del suo
cervello che non poteva più sentirla.
La
ragazza prese a strusciare il sedere sul cavallo dei suoi pantaloni, era
eccitante e decisamente piacevole, mettendole le mani sui fianchi la costrinse
a voltarsi.
“Sei
veramente carina sai?”
Ripresero
di nuovo a ballare, lui le accarezzava la scena scendendo fino al sedere, lei
continuava a muoversi sensualmente su di lui e a sorridere provocante.
Aveva
gli scuri e un trucco troppo marcato per i suoi gusti, ma andava bene lo
stesso.
“Anche
tu sei carino…”
Lei
passò un mano tra i capelli, lui la prese per la nuca e la attirò a sé,
baciandola avidamente.
Le
loro lingue lottavano, lei iniziò a gemere, soprattutto quando lui scese a
leccarle il collo continuando a toccarla.
“Sei
bravo sai…”
Gli
mise un mano sui pantaloni, constatando che era eccitato.
“Vuoi
vederlo?”
Lei
sorrise, la trascinò in bagno e la sbatte con poca grazia contro il muro,
continuando a baciarla, mentre leilo
stava masturbando.
Le
alzò la gonna, lei aprì la cerniera dei pantaloni, abbassò quelli e i boxer,
lui fece lo stesso con i suoi slip.
La
penetrò senza aspettare oltre, ma mentre ascoltava i gemiti di quella
sconosciuta e i suoi, si sentiva vuoto.
-Ti
piace davvero questa vita?-
Non
rispose, colpito dall’orgasmo.
Quando
tutto fu finito, lui la guardò truccarsi calma, apparentemente per lei era
routine.
“Mi
sono divertita, questo è il mio numero.”
Gli
tese un biglietto su cui aveva scribacchiato un numero di cellulare, lui lo
intascò e sorrise.
“Magari
ti chiamo!”
Non
l’avrebbe chiamata mai più, non sapeva nemmeno il suo nome ne era interessato a
conoscerlo, lei uscì ancheggiando dal bagno.
La
voce riprese a ridere.
-Sei solo un fallito…-
[Your faith walks on broken glass
And the hangover doesn't pass
Nothing's ever built to last
You're in ruins. ]
Sei
solo una fallita.
Quella
fase gliel’aveva sussurrata Farid il giorno in cui
gli aveva annunciato che non voleva più avere nulla a che fare con lui e il suo
gruppo.
Erano
parola dure che la ferivano ancora, che considerava veritiere, perché guardando
la sua vita non poteva che essere d’accordo con lui.
Dov’era
Leila Schimt a diciannove anni?
In
quel cesso di quartiere dov’era nata, senza nemmeno il diploma di maturità,
perché per aiutare Shirin aveva perso un anno di
scuola, senza sconti da parte del corpo docenti.
[“Schimt,
lei ha fatto troppe assenze!
Non sappiamo se abbia
o meno aiutato Sayeb e la condotta degli anni passati
non la mette in buona luce.
Siamo costretti a
bocciarla, arrivederci all’anno prossimo.”
Si era sentita
tremendamente umiliata, aveva capito cosavoleva dire Luca quando le consigliava di darsi una calmata, solo troppo
tardi.
Aveva dovuto
trascinare via sua madre furiosa da quel colloquio per non aggravare
ulteriormente la sua già precaria posizione.]
“Leila?
“
Alzò
gli occhi, Katarina era davanti a lei, le mani sui
fianchi, un ciuffo di capelli chiari che le ricadeva sugli occhi.
“Si?”
“Vai
a casa, ha detto tuo padre che puoi.””
“Va
bene.”
Raccolse
il giubbino nero , uscì dal negozio con l’aria un po’ assente che la
caratterizzava sempre in quel periodo, il cielo era sempre più scuro.
Iniziò
presto a nevicare.
Meglio,
si disse mentre arrancava salendo le scale, almeno sarebbe riuscita a dormire.
Così
fu, quella notte, dopo aver salutato i genitori, i fratelli e Meg, dormì un
sonno profondo e riposante.
Al
mattino era convinta di aver sognato qualcosa di bello, erano anni che non la
capitava, perciò sorrideva ancora mentre si dirigeva a scuola su un vecchio
motorino scassato che apparteneva a Farid.
Teneva
maniacalmente a quel mezzo, nonostante fosse vecchio,
si occupava personalmente del motore ed aveva persino ridipinto la carrozzeria
di viola.
Era
l’unico legame che le rimanesse con suo fratello.
La
mattina passò tranquillamente, sfangò un’interrogazione di matematica, consegnò
un tema di tedesco, le venne consegnata la verifica d’inglese fatta la
settimana prima che risultò come il voto più alto della classe.
Era
di buon umore.
Solo
ogni tanto allungando qualche timida occhiata a Shirin
che sedeva accanto a lei, sentiva il vecchio nodo allo stomaco riformarsi.
ShirinSayeb non
portava più da tempo i capelli neri in fitte treccine,ma in trascurati boccoli
platinati, risultato di decolorazioni casalinghe che lasciava fare a lei,e non donava più il suo sorriso contagioso a
nessuno, la maggior parte del tempo aveva un’aria persa, timida e sognante.
Era
l’ombra di se stessa.
L’argento
vivo che di lei amava, era morto insieme a suo figlio due anni prima.
Spesso
guardava fuori dalla finestra e quando succedeva Leila sapeva che non era più
lì in quella classe fisica, bensì altrove, in quei ricordi con cui non riusciva
a fare pace.
Era
riuscita a salvarla, tuttavia sempre più spesso si chiedeva per quanto.
[One,
21 guns Lay down yourarms Give up the fight One, 21 guns Throw up yourarmsinto the sky,
You and I ] Quel pomeriggio
incontrò Luca mentre andava al suo secondo lavoro, sembrava preoccupato,
reggeva svogliatamente una sigaretta in mano e come sempre rischiava di
inciampare in quei jeans a cavallo basso più grandi di lui.
“Ehi
Girardi! Cosa ti turba?”
“Ehi
Schmith! Cosa ti rallegra?”
“La
neve!!”
“A
diciannove anni? Non sei troppo grande per fare la bambina?”
“Uhm
e tu sei troppo giovane per fare il saggio.
Luca,
davvero, cosa è successo?”
Sospirò.
“Stamattina
è passato un vecchio amico di Frankie a casa nostra, uno che conosceva prima
che venissimo qui.”
“E?”
“Non
sapeva che sta a Venezia adesso e io gli ho dato l’indirizzo.
Non
so se ho fatto la cosa giusta, lui l’ha fatta soffrire in passato, ma….”
“Ma
per caso tua sorella era cotta di lui, che magarinon l’ha mai cagata per anni e anni?”
“Si,
bhe in tutta sincerità ha iniziato a farsi vivo un
anno fa con delle lettere che mi a madre ha imboscato .
Lo
odia.”
“Come
odia tutti.”
“Tu
come fai a sapere di questa storia di mia sorella?”
“Me
l’ha detto Dave, una volta gliel’ha raccontato Jo
mentre era fatto.
Bhe all’epoca quelle di Jo erano solo
supposizioni, ma tu me le hai confermate.”
“Sei
furba Rossa.”
“Forse,
ma tu sei intelligente e questo è meglio.”
“Non
so se ho fatto la cosa giusta per Frankie.”
“Lou se tua sorella è stata o è innamorata di questo tipo,
tu hai fatto bene a dargli l’indirizzo, perché così almeno avrà un verdetto.
Incontrandolo
potranno succedere due cose, o seppellirà il suo fantasma oppure in base a
quello che lui ha da dirle potrà perdonarlo e renderlo partecipe di nuovo della
sua vita.
In
ogni caso tu le hai dato la possibilità di decidere e credimi questo non è
poco.”
Luca
sorrise come sollevato.
“Grazie
Leila.”
“Prego,
ora vado.
Sono
in ritardo per il lavoro.”
Agitò
la mano, Luca Girardi ricambiò il salutoalzando la mano con la sigaretta.
Fumava
anche lui e questo lo rendeva umano ed adorabile ai suoi occhi, era un miracolo
che non si fosse innamorata di lui e di quell’aria da intellettuale ribelle.
Forse
non era mai stata innamorata.
Non
aveva tempo per quelle riflessioni, doveva correre al lavoro.
Maledetto
lavoro.
Bill
aveva scoperto di detestare il suo lavoro in quei due giorni.
Detestava
essere tormentato da idee per canzoni senza che ci fosse qualcuno ad aiutarlo a
buttare giù i testi accompagnati da una melodia come faceva Tom.
Aveva
provato a coinvolgere Georg e Gustav ma non aveva ottenuto alcun risultato se
non quello di far arrabbiare il bassista quando l’aveva buttato giù dal letto a
orari antelucani.
Solo
Gustav l’aveva calmato.
Che
colpa ne aveva se era iperattivo?
-Non sei iperattivo ….sei solo un tossico.
Quanto ancora credi di
ingannarli?
Gustav l’ha già
capito, lui non parla, ma osserva. Lo sai….-
Non
tentò più nemmeno di zittire la voce, la lasciò parlare ormai nulla aveva più
importanza.
-Ahahahahha! Bella battuta, sembra quella di un aspirante suicida,
peccato ti manchi il coraggio…
Tu vuoi solo liberarti
del batterista-balia, non essere così drastico…limitati
ad andartene!-
[Did you try to live on your own
When you burned down the house and home?
Did you stand too close to the fire? Like a liarlookingforforgivenessfrom a stone ] Andarsene…
Il
suono dolce di quella parola lo accompagno fino a farlo cadere in un sonno
profondo.
Era
su una spiaggia poco dopo l’alba, un uomodai capelli raccolti in una lunga coda lo stava indicando a Francesca,
come se lui, Bill, fosse il suo fidanzato.
La
ragazza vestita di bianco, scalza, con i capelli neri al vento lo guardava
perplessa.
Lui
sceseverso di lei sorridendo, era così
bella…e non era sua…
La abbracciò e le diede un bacio in fronte quando avrebbe solo
voluto baciare quelle labbra, ma lei non era mai stata sua, ne lo sarebbe mai
stata.
“Ciao Piccola!”
“Vi lascio soli. Ciao Fay!”
L’uomo si allontanò e li lascio soli, Francesca lo
guardò dritto negli occhi e per un attimo si vergognò delle ragazze che si
scopava nei bagni, come quella di due giorni prima.
“Voglio tornare indietro.”
“Non ti piace questa realtà?”
“Non è la mia e poi…”
“Poi tu ami Tom non è vero?”
Faceva male, ma sapeva già la riposta.
“Io…si….”
“L’hai sempre amato.”
“Forse.”
“No Fay….L’hai sempre amato.
Sei certa di voler tornare indietro?”
“Si. Ti prego aiutami!!”
Le sorrise, quell’ammissione l’aveva sollevato dal dolore
dell’incertezza, ora era libero…
“Sei sicura?
Non ti piace qui?”
“Mi sarebbe piaciuto, ma in altra vita.
Non adesso.
Mi dispiace!”
“Ti capisco.”
Le diede un ultimo bacio in fronte, come a
dirle”addio” e la guardò sparire nel mare insieme a quel dolore per non averla
avuta come suaragazza,sorrise felice
Si incantò a guardare il mare che si infrangeva sulla
spiaggia con un ritmo sempre uguale, era certo che quel sogno non fosse stato
solo suo.
La parte autenticamente sua cominciava adesso.
“Bill!”
Si voltò, Fra era di nuovo davanti a lui, più
matura,aveva in braccio un bambino molto piccolo, Tom la abbracciava da dietro.
“Quand’è che mi renderai zio?”
Mormorò divertito suo fratello, Bill prese il neonato
che gli porgeva la ragazza, aveva gli occhi scuri e un ciuffo di capelli scuri.
“Non ti basta essere padre?”
“No, se tu non sei felice.”
“Ora che l’hai trovata non lasciartela scappare.”
Chi?
Una ragazza vestita di nero con un velo in testa a
coprirle il volto si avvicinò a lui, suo fratello, la sua ragazza e il loro
bambino erano spariti.
C’erano solo loro due.
“ciao amore!”mormorò lei accarezzandogli una guancia.
“Ciao…”
“Chiudi gli occhi.”
Fece come gli era stato ordinato, sentì i fruscii del
velo sollevato e poi sentì le sue labbra calde contro le sue.
Fu il bacio più bello della sua vita perché sentiva
che c’era amore verso di lui nella ragazza che glielo stava donando, lo sentiva
dal fatto che lo attirava a se e lo accarezzava.
Chi era?
Quando la sentì staccarsi, gioì, finalmente l’avrebbe vista…
Tuttavia…
Proprio in quel momento tutto svanì’, era di nuovo
nella sua stanza.
Solo.
Un senso di ansia crescente iniziò a divorarlo, doveva
andarsene da quella casa.
Doveva!
Raccolse le sue cose in una valigia, frenetico come lo
era stato Tom due giorni prima.
-Non puoi scappare da ciò che non ha corpo!-
“Si che posso, è quello che sto facendo!”
Urlò chiudendo istericamente il trolley con un gesto
secco che risuonò come una fucilata nella stanza vuoto.
Mentre percorreva il suo appartamento, ed afferrava le
chiavi della macchina, diretto verso un posto ignoto, sentiva di stare dando
addio a molte cose.
Ma il futuro?
Il tanto decantato, il fottuto futuro, come sarebbe
stato?
Ingranò la retro, uscì di nuovo dal lussuoso
parcheggiò sotterraneo, con un cd dei Green Day di
sottofondo.
La strada ora era davanti a lui che si accese una
sigaretta, ora era certo di una cosa.
Era certo di non avere risposte, di essere solo una
foglia in balia del vento della vita.
Solo.
[When it's time to live and let die
And you can't get another try
Something inside this heart has died
You're in ruins. ]
ANGOLO DI LAYLA
Eccomi
con il promesso seguito… non so nemmeno da dove mi
sia uscita una descrizione del genere.
A me
non piace molto, non stilisticamente, ma nel contenuto.
A
essere sinceri non mi ci riconosco per niente….
Spero
vi possa piacere^^.
AH! La canzone
che accompagna il capitolo è “21 guns” di Green Day
Ringrazio:
Big Angel Dark
_Pulse_
Schwarz Nana
Black Down Th
Schrei_Kris
Lady Cassandra
Per le
recensioni all’ultimo capitolo di“Francesca“
Francesca
Girardi quella mattina si svegliò con una vecchia
canzone degli Zero Assoluto in testa, e questo era quantomeno strano visto che
non aveva mai sopportato quel gruppo, soprattutto da quando aveva letto in un
articolo che erano stati paragonati per atmosfere e testi a Federico Moccia.
Pensare
a lui bastò a farle aprire gli occhi di scatto, detestava i suoi libri, solo
allora si accorse di avere un peso sulla pancia che dormiva beato.
Fu
quello a strapparle il primo sorriso della giornata,Tom che dormiva.
Gli
accarezzò una treccina, lui sbuffò nel sonno, lei trattene una risatina.
Era
davvero bello averlo lì, era quasi come un sogno, il suo sogno che dopo anni si
era realizzato.
-Frena Francesca Girardi, frena…-
Ricordare
perché lui fosse li cancellò quella felicità istantanea, Bill era nei guai,
grossi guai.
Bill
non era come Jo, semplicemente su una brutta china, Bill era ormai un
tossicodipendente.
A
quella parola rabbrividì e controllò di non aver svegliato il ragazzo.
Avrebbe
dovuto avere coraggio per affrontare quella situazione perché le sarebbe
servito a non farsi intenerire da Bille
a farsi odiare da Tom.
Avrebbe
dovuto essere dura e sapeva che a volte Tom l’avrebbe contestata per eccessivo
amore del fratello, pur sapendo che non faceva altro che aggravare la
situazione.
Si
prospettava un bel futuro, ma non importava, se quello era il prezzo per stare
con lui l’avrebbe pagato.
-Sei cotta bambina,
vero?-
Dovette
convenire con la sua coscienza che era così, era cotta e felice di esserlo.
Si
spostò delicatamente il ragazzo di dosso , voleva alzarsi e preparare la
colazione per tutti e due senza svegliarlo.
Credette di essere riuscita nell’impresa così sospirò
di sollievo, poggiò i piedi per terra, sul pavimento freddo che la fece
rabbrividire.
Era
in cerca delle ciabatte, quando una mano
la afferrò per il polso e la trascinò di nuovo a letto.
Si
ritrovò il volto di un Tom mezzo addormentato che la guardava furioso con gli
occhi gonfi di sonno, a torreggiare su di lei.
Le
venne da ridere intuendo cosa stesse pensando,tuttavia era anche lusingata e preoccupata allo stesso tempo per
quell’ansia che trapelava da lui.
“Dove
volevi andare?”
“A
preparare la colazione…
Credevi
sarei scappata lasciandoti nel mio appartamento?”
Inarcò
un sopracciglio eloquente, lui arrossì facendola sorridere,
“Sono
un cretino…”
Lei
lo attirò di nuovo a sé, lo sentì sorridere.
“Come
siamo dolci…”
“Taci
stordito e ricominciamo questa mattinata decentemente!”
Lui
si alzò sui gomiti, la guardò divertito e la baciò.
Lei
ricambiò sorridendo, questo era decisamente un bel buongiorno per i suoi
standard.
“Buongiorno
Fay!”
“Buongiorno
a te, Medusa.”
Lo
baciò di nuovo, lui iniziò ad accarezzarle un fianco, lei gemette e si staccò.
“Cattiva.”
“Lo
so.”
Si
alzò mentre lui la guardava divertito, notò che era troppo pallido e le sembrò
un fatto strano,da approfondire.
Lo
osservò per un attimo, poi appoggiò le sue labbra sulla fronte di lui ,scottava.
“Hai
la febbre….”
Mormorò
Fay.
“No,
sto bene…”
Scostò
le coperte e si alzò, ma un improvviso capogiro lo fece tornare immediatamente
seduto.
La
ragazza salì di nuovo sul letto e gattonò fino alle sue spalle, per poi
abbracciarlo e appoggiare la testa sulla sua spalla.
“Hai
la febbre zucca dura.
Non
c’è niente di male, sei stato fuori al freddo e al gelo per un po’ ieri!”
Lui
sbuffò, sebbene poi avesse accettato di buon grado che lei lo facesse stendere
sotto le coperte e lo coprisse come se fosse una mammina.
“Vado
a prendere il termometro.”
Gli
diede l’ennesimo bacetto e poi sparì nel bagno.
Quando
tornò lui guardava il soffitto.
“Grazie
Fay…”
“Di
niente, ora vado a preparare una colazione decente, tu da bravo bambino adesso
ti provi la febbre”
Non
era abituato a questo lato dolce di se stessa, però ci stava prendendo gusto,
sperando di non soffocarlo.
Preparò
due caffè forti, recuperò due brioches da scaldare
nel microonde e si accese una sigaretta.
Senza
accorgersene iniziò a canticchiare “Boys don’t cry” dei Cure, la canzone preferita di suo padre, ricordava
abbastanza chiaramente le luminose domeniche d’estate in cui la mattina si
svegliava e lo trovava a canticchiarla in cucina.
Era uno di quei rari
attimi in cui tutto sembrava andare bene…
[I can't go on
You said my head's too heavy
I need that song(*)]
Scostò
la tendina della finestra, una spessa coltre di neve copriva le strade in
quella domenica veneziana, il sole e il caldo erano ben lontani, così come la
sensazione che tutto andasse bene.
-…PerchéFrancè, la verità una sola è….tu e Tom siete come quegli sfigati del Titanic che
ballavano mentre la nave andava a fondo….Volete
ignorare il fatto che Bill ha già scelto e non tornerà indietro!-
“Zitta!” ringhiò accendendosi una sigaretta.
Non
poteva accettare l’idea che il suo amico sarebbe colato a picco,era fuori dalla sua visione delle cose.
Francesca
Girardi non si affezionava facilmente alle persone,
ma se qualcuno riusciva ad entrare nella sua vita e nel suo mondo trovava in
lei una persona su cui contare, una che non avrebbe mai mollato un amico nei
guai.
Lei
aveva imparato presto a lottare e se valeva la pena farlo per una persona era
disposta a mettersi in gioco fino in fondo, fino a finire lei stessa nei guai.
Era
il suo carattere leale ed idealista, non poteva farci nulla.
Il
caffè era pronto, spense la moka, stava per versarlo in una tazza per diluirlo
con del latte quando un rumore attirò la sua attenzione.
Un
tonfo per la precisione.
Sudore
freddo iniziò a colarle lungo la schiena e corse in corridoio, conscia di
quello che avrebbe trovato.
Tom
era caduto per terra, ovviamente non l’aveva ascoltata, era rimasto a letto per
un po’ per poi provare a raggiungerla.
“Ehi
Medusa testarda, ti sei provato la febbre?”
Scosse
la testa.
“Ok,
non fa niente.
Adesso
ti aiuto ad alzarti ed andiamo aletto.”
Lo
prese per le spalle, lui la trascinò a terra con lui.
“Mi
sento così inutile Fay.
Così
fottutamente inutile.”
Mormorava
in continuazione quelle parole contro il suo collo mentre la stritolava in un
abbraccio che sapeva di frustrazione.
[thosetrustychordscould pull me through
and early on (*)] “Ti capisco…”gli accarezzava i capelli”Ma per aiutarlo devi
prima guarire tu.
Tom
sei febbricitante, lasciati curare.
Ti
prego!”
Lui
si lasciò trasportare a letto, mettere di nuovo sotto le coperte e ficcare un
termometro sotto l’ascella destra, senza mollarle mai la mano.
“Non
scappo.
Non
scapperò mai più, ok?”
Lui
sembrava non sentirla, immerso nei suoi deliri.
Il
termometro segnava la temperatura corporea di trentanove gradi.
“Hai
un bel febbrone…”mormoro contrita.
Si
alzò a prendere una medicina e dell’acqua.
Lui
intanto parlava da solo, chiamava qualcuno o qualcosa,Fay
non fece fatica ad immaginarsi chi e
perché.
Quando
tornò, dopo aver deposto sul comodino un bicchiere in cui aveva sciolto
un’aspirina, lo calmò abbracciandolo.
“Non
lasciarmi.”
“Non
lo farò.”
Si
staccò da lui sorridendo e gli porse la medicina.
“Prendi
questo, ti farà bene.”
Lui
inghiottì senza opporre resistenza, poi ricadde pesantemente sul materasso,
stremato.
“Lui
sta male…
E
io….L’ho lasciato solo…Io
sono una persona indegna.”
“Non
lo sei…
Credimi
non lo sei.”
Le
faceva male vederlo così, avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter cancellare
quel dolore,ma non poteva.
Non
poteva tornare indietro e cancellare il passato.
Non
poteva impedire a Bill di fare quello che stava facendo.
Non
poteva fare nulla, al momento.
L’unica
cosa che potesse fare era sostenere lui, trattenendo le proprie lacrime.
Lui
stava facendo la cosa giusta, forse solo per istinto.
Aveva
letto da qualche parte che i tossicodipendenti accettavano di essere aiutati
solo dopo aver raggiunto il fondo, dopo aver capito che continuando così non
avrebbero raggiunto nulla.
Per
Bill stare senza il fratello era il fondo e per Tom anche.
[they saw the warning signs and symptoms all
day long(*) ] -E io mi sento
colpevole e so che è stupido.
M il senso di colpa…
Non è razionale…-
Tom
l’aveva capito questo?
Non
lo sapeva,però non era una cosa che potesse dirgli lei, l’aveva intuito.
Solo
Tom poteva dirsi e accettare quella verità, se lei gliel’avesse detto avrebbe
rischiato di allontanarlo e di sbagliare, perché alle orecchie del rasta
sarebbe suonata quanto di più vicino ci fosse a una bestemmia.
“Non
mi lasciare, almeno tu…ti prego.”
Il
caffè poteva andarsene al diavolo, idem la colazione, davanti a quella
supplica.
“Io
sono qui.”
Le
fece segno di sdraiarsi accanto a lui, lei annuì e si infilò sotto le coperte,
lui la strinse immediatamente a sé.
“Perché
?
Perché
Fay?
Perché
mi ha escluso?”
“Non
lo so, Tom.
Solo
lui può saperlo credo, ma non è tutto perduto.
Ce
la faremo, non sei solo, ricordatelo!”
Lui
annuì, poi si picchiò lentamente una mano sulla fronte.
“Devo
chiamare Gustav.”
“Stai
calmo, lo faccio io.”
“Grazie…”
Mormorò
lui accoccolandosi meglio contro di lei, era troppo fragile in quel momento, se
ne rese conto con un brivido di paura, mentre afferrava il cellulare.
Digitò
rapida il numero del biodo, lui rispose al secondo squillo.
“Ehi
Fra!”
“Ehi.
Qualche novità?”
“No,
nessuna…
Sembra
sparito nel nulla, credo abbia lasciato Amburgo.
Tu
come stai?”
“Insomma….”
“Quando
partite?”
“Credo
tra un paio di giorni.”
“Complicazioni
per il tuo bagno nel canale?”
L’ironia
di Gustav le strappò un sorriso.
“Più
o meno, devo fare una visita per vedere se il mio trauma cranico è andato a
posto e poi…
Tom
si è preso un febbrone da cavallo.
Appena
starà meglio saremo da voi.”
“D’accordo,
qui noi continuiamo….
È
grave la situazione di Bill?”
“Abbastanza,
ma ve la racconterà Tom.”
Lui
rimase un attimo in silenzio.
“E
tra voi?”
“Va
bene Gustav, siamo quasi una coppia, per noi puoi metterti il cuore in pace.
Ti
prego, non smettete di cercarlo…
È
importante.”
“Lo
so Fra, so che Tom non l’avrebbe mai abbandonato se non per una cosa molto
grave.
Ti
avviso se dovessimo scoprire qualcosa.”
“Grazie,
davvero.
Ora
ti saluto, sono preoccupata per Tom.”
“Curalo
da brava crocerossina”
Fece
una breve risata.
“Giuraci,
ciao bello!”
“Ciao.
A presto!”
Chiuse
la chiamata.
“Niente
buone notizie vero?”
“Purtroppo
è così.”
Lui
si incupì, lei lo strinse a sé.
Il
tempo passava, lui era caduto in un sonno pesante, lamentandosi e aumentando la
presa ogni qualvolta che le allucinazioni prodotte dalla febbre si facevano più
violente.
Era
così frustrante essere lì e non potere fare nulla.
Troppo
dannatamente frustrante.
[we sit and dream of better days
where we'd hit the ground running on empty
stories we've been told(*) ]
Era
sdraiato a letto, accoccolato contro una preoccupata Fay,
che lo accarezzava dolcemente cercando di calmarlo.
Si
sentiva la testa pesante e nello stesso tempo si sentiva andare a fuoco.
Dannata
febbre.
Era
così frustrante, essere lì in un inutile letto quando sentiva che il suo
gemello non stava bene.
Una
parte di lui sapeva che comunque partire adesso senza Fay,
non avrebbe risolto nulla, ma quella più impulsiva ed irrazionale gli diceva
che non avrebbe mai dovuto lasciare Bill da solo.
Il
senso di colpa lo tormentava anche per quella felicità che aveva provato ieri
sera e che gli sembrava lontana ed in qualche modo sporca.
-Hai abbandonato tuo
fratello per lei….
Vergognati!-
C’era
una voce che urlava di continuo queste cose nella sua testa, forse aveva
ragione, se fosse tornato subito…
-non sarebbe cambiato
nulla e adesso vi stareste ancora rovinando la vita a vicenda, così invece hai
creato una rottura.
Qualcosa da cui ripartire….-
“Vi
prego lasciatemi dormire….sonostanco…”
Fay sobbalzò a quelle parole e lo strinse più
forte, questo bastò a fare tacere i due litiganti che c’erano nella sua testa.
Forse
era stato tutto un errore venire da lei, ma averlo fatto era stato il migliore
errore della sua vita.
Era
felice di averla di nuovo tra i piedi, era un dato di fatto.
[and all those nights we spent together never
felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time(*)]
Con
questa consapevolezza cadde in un sonno profondo e in qualche modo denso e
pesante causato dalla febbre.
All’improvviso
era di nuovo a casa sua, a Loitsche, ed era di nuovo
bambino.
Guardava
con un misto di meraviglia e terrore le sue mani di nuovo piccole, infantili.
-Dio
se solo fosse possibile, quante cose potrei cambiare….-
Non
era mai stato un tipo nostalgico, ma quel giorno si sentiva diverso, vedeva
errori ed eventi da cambiare nella sua vita.
Si
riscosse e si guardò intorno, era nel giardino di casa sua, che però sembrava
deserta, come se nessuno vi mettesse più piede da anni.
All’improvviso
sentì un pianto provenire dall’angolo più lontano del prato, la curiosità lo portò
a vedere chi fosse, ma man mano che si avvicinava sentiva un’ansia crescergli
dentro.
Lui
sapeva a chi apparteneva quel pianto.
Bill…
Lo
trovo rannicchiato vicino ad un cespuglio, i corti capelli biondo scuro che gli
ricadevano sul viso bagnato di lacrime.
“Bill.”
Alzò
la testa.
“Vattene,
non ti voglio!
Tu
sei cattivo!
Tu
mi hai tradito!”
Si
avvicinò a lui, guardandolo spaventato, gli occhi gli si stavano riempiendo di
lacrime.
“vattene
ti ho detto!”
Si
accucciò accanto a lui titubante, perché Bill aveva detto quelle cose?
“Perché?”
“Perché
io stavo male e tu te ne sei andato!
Mi
hai abbandonato!”
Lui
deglutì, le lacrime iniziarono a scendere copiose.
“Io
non ti ho abbandonato, tu mi hai cacciato via.
Io
volevo rimanere!”
“E
perché non sei tornato?”
Lo
abbracciò senza sapere cosa dire, voleva solo che capisse che lui non l’aveva
tradito, ne abbandonato.
“Vattene!”urlava
contro il suo collo.
“Ti
odio!
Ti
odio!”
Poi
scoppiò a piangere, Tom si sentì meglio, era come aver ritrovato il fratello.
Come
avere ottenuto il suo perdono.
All’improvviso
la stretta del bambino divennetroppo
forte, l’aria iniziava a mancargli.
“Bill,
non respiro!”
Tentò
di staccarsi e si accorse con orrore che il gemello era diventato un mostro
pieno di tentacoli che gli sorrideva maligno.
“Credi
davvero che ti lascerò andare così facilmente Tomi?”
“Chi
sei tu? Dov’è mio fratello?”
“IO
sono Bill, Tomi!”
“Nooooooo!”
“Si
e tu sarai sempre con me!
Ce
ne andremo insiemenella notte!”
“Lasciami!
Tu non sei Bill, tu sei quello che me lo ha rubato!
Ridammi mio fratello!”
“No
Tomi, io sono tuo fratello!”
La
cosa ghignò e lo strinse sempre di più a se, non riusciva a liberarsi!
Non
poteva essere inglobato da quel mostro!
“Noooooooo!”
[icant go on these limbs have grown to heavy i need that song a night on earth could pull me
through
and early on(*)]
Si
svegliò urlando, Francesca non era più accanto a lui, si alzò freneticamente
per andarla a cercarla, ma non riusciva a coordinare bene i movimenti.
Fu
vagamente consapevole di una porta che si apriva e di qualcuno che entrava e
che diceva qualcosa in tono concitato in italiano.
Non
era Francesca, cosa era successo?
“Dov’è
Francesca?”
Alzò
gli occhi, una donna sulla cinquantina lo fece stendere di nuovo a letto contro
la sua volontà, poi prese una sedia e la spostò accanto al letto.
Prima
di sedercisi sopra, lo ammonì con un’occhiata che
bastò a farlo smettere di agitarsi, l’unica che fosse riuscita in quel miracolo
oltre a Girardi era stata la sua professoressa di
tedesco del liceo.
“Sei
tedesco?”
Chiese
in un tedesco mitigato dall’accento italiano.
“Si,
lei chi è?”
“Mi
chiamo Miranda Falcon, sono stata un’insegnante di
tedesco fino a l’anno scorso e sono una vicina di casa di Francesca.”
“Dov’è?”
La
donna sospirò.
“L’ha
chiamata il suo datore di lavoro per chiarire alcune questioni urgenti e mi ha
chiesto di darti un’occhiata visto che stavi poco bene.
Torna
immediatamente.”
Tom
s’incupì, poi la vocina razionale gli fece presente che forse doveva
giustificare almeno la malattia per il trauma cranico e poi il licenziamento,
ma non poté fare a meno di sentirsi quasi tradito.
“Sei
il ragazzo di Francesca?”
La
domanda della donna lo strappò alle sue farneticazioni.
“Bho, cioè sono solo un amico.”
“Si,
sei il suo ragazzo, dopo anni di esperienza so riconoscere un innamorato
reticente !”rise lei.
Il
silenzio calò tra di loro.
“Signora
cosa farebbe lei se una persona a cui tiene molto la allontanasse per
proteggerla dai suoi problemi?
E
così facendo le avesse fatto ritrovare una persona importante?”
“Credo
la ringrazierei e mi impegnerei a fondo per aiutarla, perché ha cercato di fare
qualcosa per me, anche se forse voleva solo mettermi alla prova.”
“mettermi
alla prova?”
“si.
Vedere se la amavo abbastanza da tornare.”
Si
incupì.
“Tornare
è un errore a volte, qual è il problema di questa persona?”
“Mio
fratello si droga.”
La
donna tacque.
“Hai
fatto bene a venire da lei, allora.
Spesso
parlareo essere aiutati da qualcuno che
non è così coinvolto emotivamente come un fratello, può aiutare chi fa uso di
droghe.”
“Lo
spero.”
La
donna appoggio le mani sulle sue.
“Francesca
è una brava ragazza, ma è anche una tosta.
Avrei
odiato averla come alunna, ma l’avrei rispettata perché non molla.
Ti
aiuterà, abbi fiducia in lei ….e in te stesso.
Non
sentirti colpevole se tuo fratello si droga, la scelta è stata sua e
consapevole, tu non avesti potuto fermarlo .”
“Come
fa a esserne sicura?”
“nella
maggioranza dei casi è così, cercavo solo di farti capire di non ascoltare
troppo il tuo senso di colpa, se dovrai prendere delle decisioni drastiche o
difficili.”
“D’accordo.”
[they saw the
warning signs and symptoms all day long
wonder how far from here we'll fall
beforewe hit the groundrunning on empty storieswe've beentold (*)] La porta
di casa si aprì poco dopo, una trafelata Francesca li raggiunse in camera e si
illuminò vedendolo sveglio.
Si
buttò sul letto, lui le prese il viso tra le mani e la attirò a sé.
Lei
sorrise imbarazzata, mentre la baciava con foga, gli era mancata.
Quando
si staccò aveva ancora le mani sulle sue guance.
“Bensvegliato?”.
“
Ho avuto un incubo.”
“Vi
lascio soli, ciao Francesca.”
“Arrivederci
professoressa e …grazie.”
“Prego!”
La
donna uscì dalla stanza e poi dall’appartamento, Fay
tornò a guardarlo interrogativa.
“vieni
qui sotto, si sta bene e …mi sei mancata.”
La
ragazza si svesti velocemente fino a rimanere in intimo, lo guardava curiosa,
incredula.
“Si
Nana, se non ci sei mi manchi.
Non
farmelo ripetere!”
“Aaaah Medusa, tu e la gentilezza non sarete mai amici…”
Si
infilò sotto le coperte, lui la strinse a se, ora stava decisamente meglio.
“Ho
paura di aver tradito Bill, Fay.
Ma
adesso sono certo che quello fosse l’unico modo per salvarlo e per dargli una
scossa.
Spero
di non sbagliarmi.”
Lei
lo baciò dolcemente, mettendosi sopra di lui.
“Non
ti stai sbagliando, non sei solo a combattere questa battaglia, te l’ho già
detto.”
Lui
la baciò di nuovo, poi scese a baciarle dolcemente il collo.
“Hai
la febbre.”
“Non
mi importa.”
Passò
a baciarle la clavicola.
“Ok
hai vinto.”
Ghignò
soddisfatto riprendendo a baciarla e mordicchiarla, lei ormai che ormai si era
arresainizio a gemere ed ad
accarezzarlo e poi a ricambiare.
Non
era del tutto convinto delle sue azioni, ma parte delle incertezze di prima
erano sparite.
Aveva
lei, lei che lo aveva accettato di nuovo dopo anni, quando avrebbe potuto
mandarlo al diavolo senza sforzo e che aveva accettato di aiutarlo.
Lei
che lo aveva coccolato, curato, consolato senza giudicarlo.
Lei
che lo amava.
Lei
che adesso lo stava facendo gemere con le sue carezze e i suoi baci, come
nessun altra era riuscita a fare prima.
Lei
che voleva disperatamente trattare bene in tutti sensi, senza farla sentire
usata o come se fosse lo sfogo di un
momento.
Non
volere che l’altro soffra per te, non volere vederlo triste era un sintomo
dell’amore?
-Se
la risposta è si, ti amo Nana…
Un
giorno te lo dirò…spero-
[and all those nights we spent together never
felt this fucking cold
when we let the car run in the driveway
kiss you one last time (*)]
[There she goes with the pieces from my heart(**)]
Amore.
FaridSchmit si
chiese se sapesse cosa fosse l’amore e se l’avesse mai provato, l’unica
risposta che ottenne fu un lungo silenzio di quella coscienza che dopo anni di
tentativi falliti ancora si ostinava a rimproverarlo.
Amore.
Credeva
di averlo provato per una ragazza dai lunghi capelli neri che si chiamava
Francesca e che lo aveva rifiutato senza concedergli una seconda possibilità ne
per pietà ne per paura.
Credeva
che una volta scoperto cosa fosse capace di fare per prendersi ciò che considerava
suo ed eliminare chi lo intralciasse nei suoi piani come Josh
lei sarebbe caduta ai suoi piedi, almeno per paura di incorrere nella sua ira.
Non
era successo, la ragazza oltre alla gelida indifferenza aveva aggiunto un odio
feroce.
Era
stato il suo primo errore di valutazione, probabilmente.
Il
secondo era connesso con lei e non era del tutto un errore, una parte di lui la
giudicava così un ‘altra soffriva ancora a distanza di due anni per quel che era successo.
Aveva
perso sua sorella e la sua ragazza per colpa sua, per quella brama di potere
che aveva.
Si
rimproverò per aver usato il verbo perdere, sapeva di scelta definitiva ed
irrevocabile, sapeva di morte, ma Leila e Shirin
erano ancora vive.
Eppure…
Sapeva
benissimo che era come se non lo fossero, quello che aveva fatto l’aveva reso
un essere disgustoso ai loro occhi, l’aveva ucciso in certo senso.
Non
sapeva cosa gli stesse succedendo quella sera, di solito non permetteva al
passato di emergere in modo così minaccioso da trascinarlo quasi via con se.
Forse
era la pioggia sottile che cadeva fuori dalla vetrina di quel bar moderno e
scintillante di acciaio e vetro in cui si trovava che gli evocò i fantasmi di
mille altre serate come quella , trascorse in compagnia di Leila.
Pensare
a lei fu doloroso, doloroso era il ricordo dei suoi occhi l’ultima volta che
l’aveva vista.
I
suoi occhi così uguali ai suoi, che tante volte l’avevano guardato con affetto
ed adorazione, erano stati duri, come se per la prima volta vedessero chi fosse
suo fratello, chi fosse lui.
Rabbrividì
ed ingoiò un sorso di birra.
Aveva
sempre considerato sua sorella la persona più importante della sua vita, quella
che gli sarebbe stata sempre accanto, invece era riuscito ad allontanare
persino lei.
Che
torto poteva darle?
Nessuno.
[There she goes and now my teardrops start(**)]
Lui
avrebbe dovuto ascoltare quella vocina che gli diceva di continuare ad ignorare
Shirin nonostante fosse ogni giorno più bella e
palesemente cotta di lui.
Shirin era al sorella del suo migliore amico
e la miglior amica di Leila e aveva sempre saputo che era innamorata di lui,
per via di quell’aura da eroe ribelle che si portava addosso.
Farid era sempre stato furbo ed ambizioso
allo stesso tempo, non gli bastava essere lo spacciatore ricco del quartiere,
voleva anche che la gente lo rispettasse dimenticandosi della droga,
trattandolo come un eroe.
Ci
era riuscito, l’unica a non cascarci era stata l’italiana.
Più
Francesca lo rifiutava, più si avvicinava a Shirin
Ricordava
i loro appuntamenti, i loro baci e lei che si lasciava mettere le mani sotto la
maglietta senza protestare, senza pretendere.
Arrivò
Leila a scuoterlo, dicendogli di fare una scelta e lui le aveva obbedito.
Scelse
Shirin senza esserne del tutto convinto, le voleva
bene, ma non l’amava quanto lei amasse lui.
Durò
un po’, furono due anni belli, in cui gli sembrava di stare finalmente bene, almeno
fino a che il destino non si era messo in mezzo.
-Cmodo dare la colpa al destino, la verità è che il colpevole
sei tu.
Tu e il tuo scarso
coraggio.
Tu e la tua brama di
potere.
Tu e il tuo cazzo di
Egoismo.-
Il
destino si era palesato in una gravidanza indesiderata di Shirin,
ricordava ancore le lacrime della ragazza mentre glielo annunciava durante una
passeggiata al parco.
“Farid io sono incinta!”
Cosa
aveva sentito dopo quelle quattro semplici parole?
Una
scintilla di gioia sommersa dalla paura.
“devo
pensarci, Shirin…”
Questa
era stata la sua risposta seguita da una fuga precipitosa dal parco verso il
bar, dove si era sbronzato.
Non
seppe mai di preciso cosa si lasciò sfuggire durante quel discorso incoerente
da ubriaco, quel che accadde in ogni caso fu di essere convocato a casa
dell’uomo che gestiva il traffico della droga a un livello più alto del suo.
Lui
lo chiamava il Boss nelle sue fantasie.
Aveva
persino paura a pronunciare il suo nome perché sapeva che quell’uomo era un
demonio senza pietà che non andava mai contraddetto se si voleva continuare a
vivere .
Aveva
dovuto ubbidire anche se farlo gli costò fatica e dolore.
Aveva
Dovuto farlo per lui e per Shirin stessa.
-Per te più che
altro.-
Gli
ordini dell’uomo erano stati chiari, non voleva neo padri tra i suoi, quindi la
sua donna doveva abortire.
Fu
allora che si rese conto che dopo tutto il figlio di Shirin
lo voleva, quando ormai fu troppo tardi.
Comunicarlo
a lei non fu facile.
Ci
furono pianti, ci furono liti, ci fu persino un Dave
furioso che faceva a botte con lui.
Si
portò una mano sulla guancia, quei colpi e quelle parole facevano male ancora
adesso, David non aveva voluto capirlo ne ascoltarlo.
Alla
fine Shirin abortì, ma l’amore che lei provava per
lui era morto con quel figlio.
Quando
l’aveva riaccompagnata a casa aveva ricevuto solo una porta sbattuta in faccia,
nemmeno un addio.
Sapeva
di meritarselo.
Sapeva
di averla ferita e di aver deluso Leila.
La
sorella non aveva più voluto parlargli, si era occupata solo di Shirin, di farla rimanere viva.
[And `ere I go once again Trudeeseloonely `eartaches and pain
That`s all remain all remain(**)]
-E dovresti
ringraziarla per questo, perché eri tu quello che ha fracassato il mobilio del
bar quando hai saputo che ha tentato di suicidarsi e Leila l’ha acchiappata per
le penne.
La verità è una sola,
tu sei innamorato i lei, della ragazzina
che un tempo ti adorava e che ora ti odia.
Sei patetico Farid.
Leila è la vera
vincente.
Lei è fuori da questo
schifo e può aspirare a una vita fuori da questo cesso di quartiere che non sia
in un carcere, tu no.
Se ti beccano sei fottuto,
amico.-
“Farid?”
Mark
gli battè sulla spalla, Farid
lo incenerì con un’occhiata, quel biondo mirava a fargli le scarpe e prendere
il suo posto, seminando discordia tra i suoi ragazzi.
Mark
voleva che lui agisse per mettere a tacere Leila che ultimamente cercava di
proteggerela gente su cui loro si
comportavano da bulli, lui non voleva.
Non
avrebbe mai attaccato la sorella a meno che il Boss lo ordinasse.
“Cosa
c’è Mark?”
“è
ora di andare al lavoro…
Stasera
c’è una celebrità al solito posto.
Bill
Kaulitz.
E
sembra interessato a ciò che abbiamo da offrirgli.”
Farid sorrise.
[Who`s gonna put
back the pieces to my broken heart
Once again once again now I know this could be the end
And she gone with the pieces of my heart
There she goes and now my teardrops start(**)]
Francesca
sorrise, dopo due giorni Tom sembrava stare meglio e lei aveva sistemato il
lavoro e la sua visita per il trauma cranico che risultava perfettamente
riassorbito.
Potevano
finalmente partire per la Germania,lui era contento, quasi euforico, di sicuro
iperattivo.
Non
riusciva a stare fermo, si muoveva da una stanza all’altra come una trottola,
fino a farle venire mal di testa, quella scena le sembrava di averla già vissuta.
In
un attimo il flash back la colpì.
Era
stato quando si era trasferita dalla Sicilia alla Germania, Andrea si eracomportato allo stesso modo, ecco spiegato il
tutto.
“Ehi
Fay! Che hai?”
Sorrise.
“Nulla,
tra poco preparo le valigie.”
Lui
la guardò negli occhi, concluse che qualsiasi pensiero non gli avesse detto non
era importante e la baciò e per l’ennesima volta si ritrovò a pensare che era
bellotutto questo.
Troppo
bello, da averne quasi paura perché era più di quello che avesse mai sognato.
“Allora,
che hai?”
“Niente,
mi hai ricordato Andrea, tutto qui.
Adesso
fammi preparare le valige,sennò non partiremo mai dopo pranzo!”
Lui
annuì , lasciandola lavorare in pace, fare le valige non era mai un lavoro del
tutto indolore, altri ricordi le tornavano sempre alla mente.
-è buffo come tre anni
della mia vita entrino senza sforzo in poche valige.
Buffo.-
Entro
l’una aveva finito tutto, quando un ancora un po’ pallido Tom venne ad
avvisarla che aveva arrangiato un pranzo.
“Wow!
Che bravo ragazzo!”
“Lo
so lo so….modestamente so fare tutto e sono
perfetto!”
“Perfetto
da prendere in giro quando fai queste sparate….”
“Non
cambi mai Fay, eh?”
“Nemmeno
tu!”
Mangiarono
ridendo e scherzando, per tenere a bada la tensione che stava crescendo
lentamente tra di loro, non era un normale pranzo tra due normali ragazzi.
-è come l’ultima cena, Fra….
Da domani sarà tutto
diverso, cambierai nazione, situazioni, tutto e lo sapete entrambi.
Sei pronta?-
Si
lo era o si credeva tale, non importava.
Una
volta lavati i piatti e messe via le ultime cose, realizzò davvero che
quell’appartamento non sarebbe più stato suo.
Non
era più il suo rifugio, il posto che l’avrebbe accolta.
Ora
doveva affrontare le cose di nuovo, doveva tornare a lottare.
“Andiamo
Fay?”
Annuì,
chiuse la porta a chiave, con un groppo in gola.
“Tutto
bene?”
Lui
le arrivò alle spalle e la abbracciò.
“Si,
solo mi mancherà questa casa.
Tutto
qui.
Ma
adesso….Andiamo, ok?”
Si
staccò e gli sorrise.
“E
guido io!”
“Ma
sei scema? Non ti cedo la mia macchina!”
“Perché?
Non sei ancora dl tutto guarito!
Ti
stancheresti!”
Tom
affondò le mani nelle tasche e strinse in un morsa di ferro le chiavi.
“NO.”
“Ma.
“no
no no e ancora….no!”
Continuarono
a litigare fino all’imbarco del vaporetto e poi sopra l’imbarcazione.
La
gente continuava a ridere divertita dalla faccia mortalmente seria di lui e da
quella sempre più arrabbiata di lei, sembravano due sposini in luna di miele.
A
questo pensiero arrossì e tacque, passando istantaneamente dalla posa mani sui
fianchi a quella delle braccia mollemente lasciate andare lungo i fianchi
tipica della resa.
“Ah!
Ho vinto io Nana!
Le
mie argomentazioni si sono rivelate vincenti!”
Non
le aveva nemmeno ascoltate.
“No,
hai vinto perché io ti ho lasciato vincere, Medusa!”
Lui
rise, si avvicinò a le avvolse le braccia intorno al collo sorridendo.
“Sicura?”
Fece
strofinare i loro nasi.
“Si.”
Le
diede un innocente bacio a stampo.
“permalosa.”
“Io
non sono permalosa, hai capito?”
Lui
alzò un sopracciglio eloquente.
“Ok,
lo sono!
Ma
tu hai scelto di che morte morire!”Concluse in italiano.
Lui
fece una smorfia buffa.
“Non
so perché, ma quello che mi hai appena detto anche se suona dolce non lo è.”
Fu
il suo turno di fare una smorfia buffa.
“Impara
l’ italiano!
Io
il Tedesco l’ho imparato!””
Scoppiò
a ridere.
Sbarcarono
dal vaporetto sorridendo, litigarono un altro po’ davanti alla macchina, alla
fine dovette cedere, Tom non le avrebbe mai consentito di guidare la sua
preziosa macchina.
Partirono
sotto un cielo ancora un po’ nuvoloso, la conversazione finì per smorzarsi e
poi troncarsi presto, entrambi erano presi dai loro pensierii.
Il
ragazzo sicuramente pensava al fratello, lei anche ad altre cose, provava
un’acuta sensazione di déjà-vu.
Ricordava
un altro viaggio fatto lungo quelle strade, quello dalla Sicilia alla Germania
di sei anni prima, ricordava cosa aveva pensato allora.
[-Posto di merda…
È freddo…Voglio
il sole!
Voglio la Sicilia!
…..Voglio mio padre….-
Guardava fuori dal finestrino con Andrea
addormentato sulla sua spalla , mentre Luca a sua volta osservava il paesaggio
dall’altro finestrino in silenzio.
Avrebbe voluto dire
quello che provava al fratello,ma era rimasta zitta, non voleva mostrarsi
debole, non voleva analizzare i suoi sentimenti.]
Quante
occasioni come quella aveva sprecato?
Anche
con Bill era stato lo stesso?
Sospirò.
Tom
le rivolse un’occhiata, poi rinunciò a chiedere a chi avesse pensato, era al
stessa persona che occupava i suoi pensieri.
Solo
una volta aveva pensato a Bill quando aveva percorso quella strada in senso
inverso per andare a Venezia tre anni
prima.
Era
stato quando era il cd era arrivato al ritornello di “Petsematary” dei Ramones.
Ricordò
che quando Bill aveva sentito quella canzone per la prima volta, a casa sua
aLoitsche
aveva scosso la testa per aver trovato una canzone del genere tra i suoi file
musicali, forse secondo luipoco adatta
a una ragazza, dicendole che però quella canzone gli piaceva.
Era
stato dolce comunque, lei no.
“I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.
I don't want to be buried in a Pet Sematary,
I don't want to live my life again.”(***)
“Che
canzone è?” Questo era Tom
“PetSematary, dei Ramones.
Mi
ricorda tuo fratello.”
“Capisco.”
Mormorò
senza tuttavia capire davvero, non condividendo con loro quel ricordo,dopo
tornò il silenzio.
Quando
arrivarono finalmente all’appartamento di Tom erano entrambi stanchi,
nonostante la pausa per la cena e il fatto che alla fine Fay
fosse riuscita a spuntarla e a guidare per l’ultimo pezzo di strada.
Varcarono
la soglia dell’ abitazione dove fino a qualche giorno prima c’era anche Bill
con una sorta di timore, Tom evitò di guardare in salotto perfiondarsi subito sotto la doccia.
Lei
si buttò a letto, a disagio , sentendosi un’estranea.
Probabilmente
si addormentò, perché si ritrovò a fronteggiare un Tom con solo un asciugamano
intorno alla vita che la scuoteva divertito poco dopo.
“Il
bagno è libero Fay.”
“grazie!”
Arrossì
dandosi della cretina, poi anche leisi
fece un’agognata doccia.
Una
volta uscita dal bagno si accorse che lui già dormiva,rannicchiato su se stesso
come un bambino.
Si
sedette sul letto a guardarlo, intenerita, lui aprì gli occhi di scatto poco dopo.
“Odio
che mi si guardi dormire, anche se sono davvero bello…”
Lei
alzò gli occhi al cielo.
“Vieni
qui dai!”batté la mano accanto a lui.
Lei
ubbidì sospirando.
“Sono
un bel peluche?”
“Un
bellissimo peluche!”ghignò lui”soprattutto quando mi asseconda!”
Ridacchiò
mentre lui l’abbracciava, poco dopo crollò addormentato.
Domani
sarebbe stata una lunga giornata.
[E mi resta un sogno che
Raccontava anche di te
Rivedevo i giorni miei
Tempi in cui eravamo dei(****)]
ANGOLO DI LAYLA
Eccoci
con il secondo capitolo, non so bene cosa dire…
Solo spero
vi piaccia e non sia troppo dolce o deconcentrante rispetto alla faccenda di
Bill.
Vi dico
le canzoni.
(*)”Warbrain” Alkaline Trio
(**)”There she goes”Bob Marley
(***)”PetSematary”Ramones
(****)”Alba
Fragile (Ultima Notte Sulla Terra)”Timoria
Ho
sonno, quindi ringrazio per le recensioni
Big Angel Dark
_Pulse_
Hanaturner
Black Down Th
Per le recensioni
all’ultimo capitolo di“Francesca“ ringrazio in ritardo
Era
strano svegliarsi la mattina con qualcuno accanto.
In
quel letto aveva portato poche ragazze, non aveva avuto voglia di mostrarle al
fratello, Fay era stata una delle fortunate, peccato che
ormai le preoccupazioni verso Bill avessero perso senso.
La
osservò mugugnare nel sonno, sembrava una bambina.
Era
davvero bella.
Capelli
neri, ciuffi colorati di viola e un tatuaggio.
Quella
che osservava con un misto di preoccupazione e rispetto i tatuaggi del suo
gemello si era fatta un tatuaggio sul polso vincendo la sua paura.
Un
piccolo elfo per la precisione.
Bill.
Pensare
a lui gli tolse il sorriso, doveva trovarlo il più presto possibile, non poteva
lasciare che si rovinasse la vita.
Fay si svegliò poco dopo stiracchiandosi come
una gatta, con un’espressione vagamente perplessa in volto, come incredula di
trovarsi lì.
“Buongiorno
Nana….Comodo il mio letto?”
“’Giorno
Medusa! Direi di si, anche il proprietario non è male…”
“Modestamente….”
Le
diede un bacetto, lei lo guardò seria.
“Ti
sei agitato nel sonno.”
“Oggi
devo parlare a Georg e Gustav.”
“Ce
la farai.”gli strinse la mano.
-Davvero ce la farò?
Davvero riparerò tutti
i casini che ho creato io per il mio orgoglio, ferendo chi mi stava vicino? I
miei amici?
Davvero riporterò
indietro mio fratello?
Hai talmente tanta
fiducia in me che sembri già sapere il finale di questa storia…
Se è così ti prego
dimmelo, almeno mi sentirei più tranquillo.-
Le
accarezzò il tatuaggio.
“Mi
ricorda te e Bill…
Avete
qualcosa in comune con questa creaturina….”
Lei
abbassò gli occhi.
“A
volte mi chiedo se abbia fatto bene a seguirti….”
Deglutì,
in ansia.
“Ti
sei già pentita?”Non riuscì a bloccare la sfumatura di rabbia presente in
quella domanda.
“NO.
Solo mi chiedo se a te faccia bene avermi accanto…
Forse
anch’io sono colpevole ..”
Non
la lasciò finire, la stritolò in un abbraccio.
“Non
dire cavolate Fay.
Io
ti ho chiesto di venire perché credo che tu mi possa aiutare, ho bisogno di una
persona che mi sappia tener testa se non vorrò ragionare e mi ostinerò a fare
qualcosa che so benissimo farà male a mio fratello credendo di aiutarlo.
Anch’io
ho le mie colpe, io non ho saputo vedere che stava male.
E
forse anche Bill ha le sue responsabilità per aver scelto questa via.”
[So help
me heal these wounds,
They've been open for way too long.
Help me fill this hole,
Even though this is not your fault,(*) ]
L’ultima
frase fu poco più di un sussurro, ma lei la sentì lo stesso.
“Grazie…
Ti
va di fare colazione o vuoi chiamare subito Georg e Gustav?”
“Li
chiamo….”
Leiuscì dal letto e si diresse in cucina, lui
cercò il cellulare conscio che chiamare il bassista non sarebbe stata affatto
una passeggiata.
Chiamò
per primo il batterista, Gustav si rivelò la solita persona adorabile e
paziente e accettò di buon grado di venire a casa sua verso l’una.
Georg
iniziò a ringhiare non appena riconobbe la sua voce.
“Alla
buon ora Kaulitz!
Finalmente
risento la tua voce soave, cosa vuoi?
Darmi
altri ordini?
Che
onore che me li dai di persona e non attraverso un subalterno!
Cos’è?
A forza di vestirti da rapper sei diventato un teppista?”
“Scusa
Georg, ma non ero nemmeno in Germania.
Non
volevo darti ordini in ogni caso…”
“Dov’eri?
A divertirti?”
Sospirò.
“No
ero in Italia..Da Fay..”
“Ce
l’hai fatta a scopartela! Altra conquista da aggiungere alla lista?”
Ci
vide rosso.
“Piantala
Georg, non è così .”
“No?”
“No,
se fosse così al momento non sarebbe qui in Germania….con
me!”
Sentì
una pausa dall’altra parte.
“davvero?”
Si
stava aprendo una breccia nella rabbia dell’amico, causata da un anno di
comportamenti sbagliati, frasi che ferivano urlate per non farlo avvicinare al
suo segreto.
Era
stato disposto a passare per uno stronzo pur di non dire la verità, pur di
proteggere a suo modo il fratello e ora stava cercando di rimediare a quei
comportamenti dettati dall’orgoglio.
“Ascolta,
ti prego, scusami.
Lo
so che detto al telefono fa schifo, ma mi dispiace di averti trattato da merda,
ma c’era una ragione.
Sono
stato uno stronzo borioso, me ne rendo conto
Lasciami
almeno spiegare perché e perché vi ho chiesto di cercare mio fratello
E
perché lui si è comportato da stronzo…
e..”
“Frena
Kaulitz, la logorrea è di Bill non tua, ho capito
cosa vuoi dirmi.
Dimmi
solo quando e dove.”
“a
casa mia, verso l’una.”
“bene.
Almeno rivedrò Francesca…”
“Georg
scusami, ti prego.”
“D’accordo…Voglio sentire le tue motivazioni prima di
decidere.”
“Tu
credi che io sia stronzo.”
“non
lo credo, lo sei stato e lo hai ammesso…
Solo
voglio sapere perché, non erano da te quei comportamenti.
Io
volevo solo spronarti a parlare, ma visto come ha reagito ho concluso che o non
volessi o fosse nato un nuovo Tom Kaulitz.
Quindi
ho deciso di lasciarti perdere, in attesa che tu ti decidessi…”
“Mi
sono deciso troppo tardi.”
“Non
è mai troppo tardi Kaulitz, a tutto c’è rimedio
tranne alla morte…
E
se davvero c’è Girardi con te trattamela bene o te la
vedrai con me.”
Chiuse
la chiamata leggermente perplesso, perché Listing gli
aveva dato quell’avvertimento?
Scese
dal letto perplesso, la raggiunse in cucina.
“Come
è andata?”
“Gustav
ok, Georg…”
“Georg…”
“Bhe diciamo che lui non è Gustav, lui quando io ho iniziato
a essere strano per via di mio fratello non ha accettato le porte in faccia.”
“Ossia
tu che facevi lo stronzo, lui che cercava di capire perché e…”
“E
io che ero ancora più stronzo per proteggere me e Bill.
Allora
non avrei mai ammesso di essere in difficoltà, credevo di potercela fare da
solo, ma mi sbagliavo.
Georg
continuava ad interessarsi di me e io a trattarlo male, finché non litigammo
pesantemente e lui mi disse che mi avrebbe lasciato perdere….”
“ma
adesso ha accettato di parlarti , no?”
“Si…”
“allora
avete un’occasione per chiarirvi e per parlare…
Andrà
tutto bene!”
“Come
fai ad esserne sicura?”
“Non
ne sono sicura, lo spero.
Desidero
che sia così e voglio lottare perché questo si realizzi e so che è quello che
vuoi fare tu, anche se al momento sembra difficile.
È
per questo che mi hai chiamato, se non avessi voluto lottare avresti
semplicemente lasciato andare a fondo tuo fratello.”
Si
avvicinò a lei, la abbracciò.
“Grazie.”
“Di
che?”
Sorrise,
si staccò e prese la tazza di caffè che gli porgeva.
Si,
poteva e doveva provare achiarire con
loro, doveva riconciliarsiin qualche
modo, sia per i suoi due amici che per se stesso.
[And I need someone to help me sew them,
I need someone to help me fill them,
I need someone to help me close them up(*)]
Riconciliarsi.
Tante
volte Leila aveva pensato che avrebbe dovuto provare a farlo con Farid, ma poi le tornava in mente il dolore che le aveva
provocato e di come avesse devastato la vita di Shirin
senza pietà e sentiva un orribile sensazione di rifiuto.
Suo
fratello non era più suo fratello, non riusciva più ne a riconoscerlo ne a
perdonarlo.
Perché
era tutto così complicato?
Perché
non aveva un vita semplice?
Sospirò,
la tabaccheria era stranamente poco affollata quel pomeriggio.
Poco
dopo la porta si aprì con uno scampanellio, Luca era entrato nel locale, dalla faccia
che aveva dedusse che non avesse bisogno solo di un pacchetto di sigarette.
Conosceva
Luca abbastanza da sapere che aveva bisogno di parlare più che altro, perché
doveva essere successo che lo aveva in qualche modo scosso.
“Ciao
Leila.”
“Ciao.”
“Dammi
un pacchetto di Marlboro.”
Glielo
porsee mormorò il prezzo.
Lui
depose la somma sul bancone, ma non accennò minimamente a prendere il
pacchetto, come volevasi dimostrare, la sua tesi era esatta.
“Allora
Luca, cosa succede?”
“posso
prendere una sedia dal bar?”
“Come
se prima l’avessi mai chiesto…prendila.”
Ridacchiando
trascinò una sedia dal locale adiacente e la portò davanti a lei che si
stravaccò meglio sullasua dietro al
bancone.
“Si
tratta di Lene.”
Lene
Kaufmannaveva diciassette anni,
frequentava la loro stessa scuola, non era del quartiere ed era sempre stata
una brava ragazza.
Aveva
capelli castano ramati mossi , due pazienti occhi castani e un sorriso
cordiale, almeno fino a qualche mese fa.
Dall’inizio
di quell’anno scolastico era cambiata senza un motivo apparente, meches blusu
capelli platinati, trucco pesante, abbigliamento succinto.
Erano
rimasti spiazzati, soprattutto Luca e Leila sospettava che il bel Girardi si fosse preso una cotta per lei.
Doveva
esserle successo qualcosa, primaa
settembre e ora adesso.
“Cosa
è successo?”
“L’ho
vista nel quartiere….conFarid…”
Al
nome del fratello si riscosse, abbandonando la posa rilassata per allungarsi
tesa sul bancone, in attesa che Luca continuasse e per scrutarlo meglio allo
stesso tempo.
Sapeva
che il ragazzo non aveva alcun motivo per mentirle, ma ogni volta che qualcuno
tirava in ballo Farid lei scattava.
[That I'm open and I'm
bleeding,
All over your brand new rug. And I needsomeoneto help me,(*)]
“Con
Farid?”
Luca
annuì ed abbassò gli occhi.
“Si
stavano baciando…
Bhe erano in un angolo non ho visto bene però…mi pare che lui le stesse mettendo le mani addosso…”
Il
rossore che salì alle guancie di lui le confermò che era cotto della ragazza.
Perché
suo fratello stava con quella ragazza?
Sentì
una nota di fastidio e poi di preoccupazione.
Fastidio
perché sapere che suo fratellostava con
una ragazza le dimostrava che si era dimenticato alla svelta di Shirin, preoccupazione perché realizzò che quella ragazza era
pericolosamente simile alla sua amica.
Entrambe
erano delle ragazze ingenue, entrambe erano innamorate di lui quando lui non
amavamai davvero nessuno, tutte le
ragazze avevano avuto solo frammenti di Farid.
[Everywhere I go
Everyone I meet(**)]
“Credi
che lei sia innamorata di lui?”
Si
fece i complimenti per la delicatezza con cui aveva rigirato il coltello nella
piaga.
“Credo
di si…”
Lo
immaginava, Lene non era il tipo di ragazza da avventure da notte e basta, se
aveva scelto Farid e il suo mondo era perché doveva
provare qualcosa per lui.
L’aura
di eroe maledetto aveva falciato un’altra vittima.
“Luca….ti piace?”
Lui
trasalì.
“No,
cioè è mia amica….voglio solo aiutarla…”
Inarcò
un sopracciglio ed estrasse un sigaretto da un cassetto, lo accese soffiando il
fumo in faccia a Luca.
[Every time I try to fall in love
They all want to know why I'm so broken(**)]
“Dio
Leila, sei un gangster non una donna!
Si,
mi piace Lene, contenta?
Non
voglio che stia con tuo fratello e si rovini la vita come Sayeb,
ma non so come aiutarla!
Cioè….c’è un modo, ma non ho le palle per
farlo, se ci provassi Farid mi ammazzerebbe…”
“Qual
è?”
“Ti
sei chiesta perché Lene sia cambiata da un momento all’altro?”
“Si,
ma mi sono detta che era la crescita, che era normale.
Voglio
dire, io a tredici anni giravo coni capelli fucsia ed ero conciata come un
barbone.”
“Leila…tu sei tu, Lene è Lene e non era la crescita il
motivo.
Quanto
sai della sua famiglia?”
“Che
ha una madre che mi odia.”
Sospirò,
scartò la pellicola che avvolgeva il pacchetto di sigarette, ne estrasse una.
“La
madre è essenzialmente il problema.
Non
è una pessima madre, tutt’altro, il fatto è che l’ha tirata su da sola.
Lene
non ha avuto un padre fino a settembre.”
Fece
una faccia perplessa.
“Bhe, la madre di Lene aveva avuto una storia con uno
sposato, quando lei è nata ha troncato i ponti con lui.
Poi
per anni le ha detto che suo padre era via per lavoro e così simili….”
“E
lei ci ha creduto fino a che era piccola, poi ha iniziato a fare domande…”
“Puntualmente
evase dalla madre…
Fino
a settembre, quando la donna ha sganciato la bomba.”
“Cazzo.
Perché?”
“Il
padre naturale di Lene aveva scoperto di leie di sua figlia.”
Mugugnò per
invitarlo a continuare, lui alzò gli occhi al cielo, modo implicito di
rimproverarla per la sua scarsa partecipazione e per la sua freddezza.
[Why am I so cold
Why I'm so hard inside.(**)]
“Immagina
la sua confusione nello scoprire che ha un padre con una famiglia in cui per
lei non c’è posto e che ha un fratellastro maggiore che non può conoscere.
Poi
aggiungi il fatto che all’improvviso questo padre, latitante per anni, si rifà
vivo da un fgiorno all’altro e vuole un rapporto con
lei e soprattutto che Lene e il suo fratellastro facciano amicizia. ”
“Ecco
perché ha iniziato a vestirsi così…Ha iniziato a
sentire il mondo come un posto minaccioso da cui doveva proteggersi.”
“Qualcosa
del genere, anche perché non è riuscita ad accettare questo desiderio di suo
padre di conoscerla.
Voglio
dire ha voluto per anni che accadesse una cosa del genere, ma quando si è
trovata a viverla effettivamente si è accorta di avere un po’ di rancore verso
quest’uomo.
L’ultima
mazzata è stata che suo fratello di lei non ne ha voluto sapere.
Dopo
non so quanti anni in cui si è visto figlio uniconon ha digerito benissimo questa sorellina inaspettata…”
[Why am I scared
What am I afraid of(**)]
“Scioccato
dalla notizia?
“Ha
ventiquattro anni…All’incirca è così.
Per
tutti e due è stato un colpo, ognuno ha reagito in modo diverso….
“
“E
poi è arrivato mio fratello, il ribelle che fa cadere le ragazze ai suoi
piedi.”
“Un
tipo di ragazzo che sua madre odia perché le ricorda il padre di Lene.”
“Capito….Cosa vuoi fare Luca?
Forse
posso farlo io.”
“Voglio
parlare con suo fratello, voglio che la porti via da qui prima che sia troppo
tardi!”
“Non
lo so Luca, ci devo pensare, lasciami un po’ di tempo…”
Lui
annuì e scrisse qualcosa , un indirizzo e un nome, Georg Listing.
Le
sembrava di averlo già sentito.
“Non
mi è nuovo questo nome…”
“è
il bassista dei Tokio Hotel…”
“Ah….
Va
bene Luca, ci penso ok?”
Si
alzò dalla sedia e la riportò nel bar.
“Qualunque
cosa tu decida Leila, grazie lo stesso.”
“Prego…”
Uscì
dal locale facendo tintinnare di nuovo il campanello.
Rimase
a guardarlo ancora un attimo, con i resti delle cicche nel portacenere davanti
a lei, camminava un po’ curvo.
-Ti
sei ficcato in un casino di proporzioni sconfinate Luca Girardi.
Farid non gradisce che gli si tolgano prede
da sotto il naso.-
Si
alzò e fece scomparire le cicche pensierosa.
[I don't even know
This story's never had an end
I've been waiting
I've been searching
I've been hoping
I've been dreaming you would come back
But I know the ending of this story
You're never coming back
Never..never..never..never.....(**)]
Francesca
era leggermente agitata, presto sarebbero arrivati Georg e Gustav per parlare
di Bill.
Anche
Tom doveva essere nervoso a giudicare dalla quantità di sigarette che si era
fumato dopo pranzo e dal fatto che continuasse a gironzolare per la stanza.
“Ehi..”
Si
alzò e si mise davanti a lui.
“Non
ti preoccupare, capiranno…
Lo
so che non è facile ma capiranno.”
“E
se non fosse così?
E
se mi giudicassero uno stronzo approfittatore che li cerca solo perché ha
bisogno di aiuto?”
“Siete
amici?”
“BHe…”
“Rispondi.
Siete amici?”
“Si
lo siamo.”
“E
allora non preoccuparti….Potrai aver sbagliato o
averli feriti, ma loro ti ascolteranno.”
Rimase
in silenzio.
“Grazie
Fay…Davvero…”
“Prego.
Hai sistemato la situazionecon me, perché
non dovresti riuscirci con loro?”
Quella
frase sembrò scuoterlo e cacciare via quelle insicurezze.
Francesca
sospirò, aveva capito che lo scoglio vero non era il pacifico e comprensivo
Gustav, ma Georg che non aveva la scorta di pazienza dell’amico e non aveva
gradito le porte sbattute in faccia senza motivo.
Ih
ogni caso il campanello suonò di lì a poco e i due ragazzi entrarono
nell’appartamento.
Gustav
sorrise e l’abbracciò, mormorando”Sono contento per te.”
Lei
sorrise a sua volta.
Il
piastrato le si avvicinò, si strinsero la mano, lui
aveva un espressione guardinga, sembrava che avesse anche altro per la testa
oltre alla rabbia nei confronto del suo amico.
Che
avesse altri problemi di cui non aveva parlato agli altri?
-Stiamo svuotando
l’armadio dagli scheletri…
Prima è toccato a
Tom,poi toccherà a te Listing….
Altre grane all’orizzonte…-
“Stai
attenta.”
Tom
lo sentì e strinse i pugni, tuttavia non disse niente.
“Sono
contento di vederti Francesca” Gustav tentò di riparare la scortesia dell’amico
evidentemente sulla difensiva.
“Si
anch’io, volevo venire in Germania a trovarvi un giorno o altro..”
Fantastico,
quella battuta poteva tenersela per sé.
Georg
la trucidò con lo sguardo, lei deglutì non aveva mai visto il ragazzo così
teso.
-Tom quanto l’hai preso a calci prima di accorgerti che era
inutile?-
“SE
avete finito con i convenevoli io passerei al sapere perché Gangsta
Tom ci ha convocati qui.”
“Non
volete da bere?”Tom aveva soprassedutosul soprannome che il castano gli aveva affibbiato.
“Vi
porto due birre…”
Sparì
in cucina per riapparire poco dopo reggendo quattro bottiglie, quando
finalmente le ebbe distribuitee si fu
sedutosi era formato un silenzio carico
di tensione.
L’unico
rumore che si sentiva era quello dei tappi stappati, poi Tom iniziò a parlare.
“Vi
sarete chiesti perché ho iniziato a comportarmi come uno stronzo, a tagliarvi
fuori e poi a chiedervi di tenere d’occhio.”
“Il
dubbio su questo tuo cambiamento ci ha sfiorato in effetti….”
Gustav
mollò una gomitata a Georg per invitarlo a moderare il sarcasmo, insolito nel
suo carattere di pacificatore.
Questo
le confermò che Georg aveva altri problemi o almeno rese più solida
quell’ipotesi, aveva bisogno di conferme.
“C’è
un motivo per cui l’ho fatto…Io dovevo proteggere
Bill..”
Il
silenziò cambiò di tono, da quello teso passò a uno stupito, incredulo.
“Proteggere
Bill da noi?”
“No….Insomma Bill stava male e non volevo ammettere che da
solo non ce l’avrei fatta ad aiutarlo e allontanavo voi per non farvi vedere la
realtà dei fatti.
Sono
stato un coglione.
Mi
dispiace per tutte le volte che ho fatto il despota e vi ho trattato come se
foste pezze da piedi.
Io
avrei dovuto capire prima che stavo sbagliando, ma mi conoscete.
Sapete
quanto posso essere testardo, se mi ci metto….”
Gustav
annuì, Georg sembrava meno ostile e vagamente preoccupato.
“Cos’è
il problema di Bill? Perché hai chiamato anche Francesca?”
“Bill
si droga.
Bill
fa uso di cocaina, l’ho beccato io, ecco perché ero strano.
Tentavo
di aiutarlo a uscirne, ma non ci riuscivo e mi arrabbiavo sempre di più,
sfogandomi con le persone sbagliate.
Finché
lui non mi ha sbattuto in faccia che mi odiava, io sono corso a cercare Fay.”
[I want the truth
From you
Give me the truth
Even if it hurts me
I want the truth
So this is you(***)]
Nessuno
chiese perché l’avesse fatto,perché
fosse andato a cercare proprio lei, erano tutti troppo sconvolti dalla notizia,
il silenzio era di nuovo calato su di loro.
Gustav
guardava un punto imprecisato dietro di loro e Georg stringeva convulsamente la
bottiglia di birra, Tomstudiava la
fantasia del tappeto del soggiorno, Francesca strinse la mano al moro come a
fargli forza.
Lui
rispose alla stretta, ma non alzò gli occhi.
Il
batterista fu il primo a riprendersi.
“Immaginavo
ci fosse un problema serio, ma non così serio…
Un
paio di volte ho pensato alla droga, però…Ecco…
Non
credevo che Bill fosse il tipo…
Mi
dispiace Tom…”
Georg
rimase zitto, sembrava non riuscisse a dire nulla che potesse esprimere quello
che sentiva, Tom lo guardava in attesa di qualcosa, lei e Gustav si lanciarono
un’occhiata d’intesa.
Era
arrivato il momento della riappacificazione Kaulitz-Listing,
tuttavia entrambi avrebbero preferito che fosse avvenuta in altre circostanze.
“Tom
mi dispiace di essere stato così duro con te prima, non immaginavo minimamente
cosa stessi passando…
Io
mi dispiace per Bill, per prima, per tutto…”
“Non
ti preoccupare, so di essermi meritato tutto il sarcasmo che ho ricevuto, non
avrei dovuto comportarmi così.
Credevo
di aiutare mio fratello e peggioravo soltanto la situazione, con lui e con voi.
Georg,
ti chiedo di mettere una pietra sopra a quest’ anno e di aiutarmi a cercare Bill…”
L’altro
annuì.
“Si,
tutto a posto.
Niente
rancori, ti aiuterò, siamo amici no?”
Si
abbracciarono.
“Cosa
pensi di fare dopo averlo trovato?”
“Non
lo so….Proverò un ultima volta ad aiutarlo io e poi….
Se
dovessi fallire….Credo che lo farò ricoverare in una
clinica.”
Gli
costava un’immensa fatica pronunciare quelle parole, Francesca aveva intuito
che per lui erano una sorta di sconfitta, che preferiva non contemplare, non
ancora almeno.
Decisero
di dividersi in tre gruppi, Tom e Georg, su suggerimento di Gustav per chiarire
ulteriormente, lui e poi Francesca da sola.
Il
moro e il piastrato furono i primi a lasciare
l’appartamento, tra di loro regnava un clima disteso, Francesca e Gustav
rimasero in silenzio per un po’.
“E
così la verità è questa…
Tu
lo sapevi già, vero Fra?”
“Me
l’aveva detto a Venezia, ma ogni volta che la risento…”rabbrividì
e si strinse da sola in una sorta di abbraccio”è un colpo. Non so come dire…
Sono
incredula perché non avrei mai creduto che lui potesse fare una cosa del
genere, mi sembrava uno tosto, uno che non avesse bisogno di cocaina e poi..
Mi
sento in colpa…
Io
l’ho respinto, lui si è dichiarato e io non l’ho voluto.
Questo
ci ha allontanati ovviamente.
Lo
so che è stupido, ma non posso fare a meno di sentirmi così, soprattutto adesso
che sto con Tom.”
“Ti
capisco, ma adesso, come tutti noi, devi lasciare da parte i tuoi sensi di colpa
e aiutarlo.
È
l’unica cosa che puoi fare per lui.”
“Gustav,
posso chiederti una cosa?
Non
c’entra con Bill e so che suona irrispettoso che te la faccia adesso, ma ci
terrei che tu mi rispondessi.”
“Spara.”
“Georg
ha dei problemi? Mi sembra che abbia qualcosa che lo tormenti..e sono un po’
preoccupata anche per lui.”
Lui
sorrise.
“Fai
la chioccia a tutti, eh?”
Si
scoprì ad arrossire davanti alla sagacia del amico.
“Vi
devo molto, ci tengo a voi.”
“Lo
so…
Comunque
ha dei problemi a casa da qualche mese, non riesco a cavargli di che genere,
ogni volta che ci provo lui reagisce male.”
“Un
‘altra bufera all’orizzonte….”
“Già…”
I
due uscirono dall’appartamento, qualsiasi fossero i problemi di Georg al
momento Bill aveva la precedenza.
[In the dark
In the darkness you will find
Dirty little secrets we all hide
Cause' we all have a darker side
A place we keep where no one else will find(****)]
Quel
pomeriggio trascorse lentamente per Leila, era distratta da qualcos’altro e
spesso aveva confuso le richieste dei clienti.
Era
una cosa abbastanza insolita, da quando aveva deciso di aiutare i suoi nella
tabaccheria dopo scuola si era sempre comportata inmodo esemplare e persino Katarina
si era stupita.
“Tutto
bene Leila?”
“Si,
sto solo pensando a una cosa….
Una
cosa complicata…”
La
ragazza tacque e tornò al bar.
La
porta si aprì di nuovo e una figura familiare fece il suo ingresso,AniaSchmith avanzò verso il bancone sinuosa, sorridendo felina.
Ania non le somigliava, era curata nel suo
look almeno quanto lei era trascurata per scelta da dopo la storia di Shirin, l’unica cosa che avevano in comune oltre a un
discreto numero di lineamenti erano gli occhi verdi da gatta.
Ania era una dark convinta che curava molto
gli accessori, per scelta la sua pelle era sempre pallida, color avorio,
tingeva i lunghi capelli castano dorati di un nero intenso e truccava
pesantemente gli occhi di nero e viola e la bocca di rosso.
Al
momento i capelli divisi da una scriminatura centrale le ballavano attorno.
“Ciao
cugina!”
Appoggiò
le mani bianche, curate e con le unghie lunghe accuratamente smaltate di nero
sul bancone.
“Ciao
Ania…”
La
cugina non disse nulla, si concentrò sulle sigarette alle sue spalle
apparentemente distratta, ma in realtà impegnata a scrutarla.
“Dammi
delle Marlboro al mentolo, per favore.”
“Si.”
Gliele
porse.
“Sputa
il rospo…Chi ti ha chiesto di risolvere una
situazione complicata?”
Sgranò
gli occhi.
“Dai
Leila, piantala di fare le scene! Ti conosco da sempre, so che faccia fai
quando qualcuno ti chiede il parere su una cosa o ti chiede aiuto per qualcosa
che ti mette in difficoltà.”
Sospirò.
“Ania non so cosa farei se non ci fossi tu…
Effettivamente
qualcuno mi ha chiesto aiuto per una cosa, ma c’entra FArid
e io non so se mettermiin mezzo.”
Al
nome di Farid la ragazza storse le labbra in una
smorfia strana, c’era stato un tempo in cui tra lei e Farid
erano andati molto d’accordo, ma ora era tutto finito.
Ania non aveva mai accettato che il cugino si
fosse dato allo spaccio di droga e avesse trascinato anche Leila nello stesso
ambiente, più di una volta le aveva detto che Farid
era solo un dannato egoista.
Lui
e la sua cricca di pseudo amici che aveva, Ania non
li aveva mai sopportati.
Leila
invce credeva in loro come una sciocca e aveva finito
per ritrovarsi da sola, dopo quel che era successo, aveva persino creduto che
nemmeno Ania quella volta ci sarebbe stata.
[For me there wasn't always a place to go
but there was always an urgent need to belong
all these bands and all these people all these friends and we were equals
but what you gonna do when everybody goes on without
you?(*****)]
Eppure…
Lei
non l’aveva mai abbandonata, aveva continuato a convincerla a smettere e a
tirarla fuori dai guai quando ci finiva, se non fosse stato per lei a quest’ora
sarebbe stata persa.
Il
lavoro alla clinica che faceva come tuttofare quando non era alla tabaccheria
lo doveva ad Ania, che non solo aveva impedito ai
titolari di denunciarla, ma l’aveva fatta lavorare li come volontaria come
risarcimento.
Santa
Ania.
“lo
so, sono indispensabile…”
“Il
problema è la nuova “ragazza” di Farid”virgoletto il
termine ragazza con le dita” che non si merita di finire male.
È
diversa dalle altre,non è una troietta, è solo una incasinata
come lo era Shirin.”
“Cioè?”
“Ha
una situazione famigliare di merda, figlia di una relazione clandestina, ha il
padre che si è rifatto vivo di botto e un fratellastro che non ne vuole sapere
di lei.”
“Chi
ti ha chiesto di impicciarti?”
“Luca.”
“Cosa
vuole fare?”
“Coinvolgere
il fratello della ragazza e fargliela portare via da qui…”
“Chi
è questa ragazza?”
“Lene.”
Ania si fece pensierosa.
“Si,
non si merita , tutto questo.
Me
la ricordo Kaufmann, brava ragazza…”
“ma
se mi metto contro mio fratello questa volta potrebbe reagire o se non lo
facesse lui lo potrebbe fare Mark, è da molto che quello vuole prendere il
posto di mio fratello….”
Ania la guardò.
“Davvero
vuoi non reagire solo per paura?
Pensaci
Le, questa volta hai la possibilità di fare qualcosa, di prevenire e non solo
di arginare i danni, non sprecarla.”
Se
ne andò dopo aver messo sul bancone i soldi.
Rimuginò
su quella frase per tutto il pomeriggio, c’era della verità in essa.
Non
poteva permettere che quella reverenza che sentiva ancora dopo anni verso Farid la paralizzasse a quel modo, impedendole di agire,
-
ho paura, ma se non facessi qualcosa non me lo perdonerei mai…
Per
Luca che ha continuato a credere in me e poi per Shirin….
Con
le non ho agito, con Lene posso tentare…-
Aveva
deciso.
Vedere
passare il gruppo di Farid che bersagliò di
occhiatacce ed insulti il locale, il ragazzo era abbracciato a Lene e teneva
possessivamente una mano sul sedile di lei le confermò la sua scelta.
-Per
te non è più di un gioco fratello, per lei è una cosa che conta.
Non
posso permettere che altra gente soffra perché tu sei così…
Dopo
io, i nostri e Shirin non ti lascerò tirare in mezzo
Lene e Luca. –
Prese
il cellulare e chiamò Luca.
“Luca…Ci ho pensato…
Va
bene…Proverò io a parlare con questo ragazzo, tu però
devi parlare con Lene, preparala…”
Luca
si dichiarò d’accordo, Leila chiuse la chiamata.
Si
sentiva inquieta,ma decisa.
Avrebbefattoqualcosa.
[Everywhere I go for the rest of my life (so
predictable)
Everyone that I love
Everyone I care about
They're all gonnawanna
know what's wrong with me (so predictable)
And I know what it is
I'm ending this right now..(**)]
ANGOLO DI LAYLA
Aloha! Siamo arrivati al terzo….si
muove lentamente questa storia…è pigra come me XD.
Passoallecanzoni.
(*)”Wounded” Good Charlotte
(**)”Predictable” Good Charlotte
(***)”The truth” Good Charlotte
(****)”Secrets” Good Charlotte
(*****)”Journey To The End Of The
East Bay” Rancid
Passo
alle recensioni.
_Pulse_:spero ti piaccia…questa storia mi
fa impazzire XD! Alla prossima. Ciao!
Hana Turner. Ciao! A me per Farid un po’ dispiace…era in una brutta situazione…
Tom e Fay sono davvero carini^^.
Spero ti
piaccia e…si Leila sarà forse chissà la ragazza di
Bill XD!
Black Down TH. Io che volevo fare la seria con il sogno XD! Ahahhah ! Bhe tranquilla Farid la pagherà^^.
Spero che
questo capitolo ti piaccia.
Ciaooo
Big Angel Dark: uhm…devi
aspettare il prossimo per Bill…spero che questo ti
piaccia comunque^^. Kiss ciao!
Capitolo 4 *** 4)Gli Scheletri Che Prendono Vita ***
4)Scheletri
che prendono vita.
[Tre paperelle vanno in
città.
truccate e belle fanno qua qua
qui c'è il maiale che se le farà
e lì c'è il cane che le morderà
com'eri bella
com'eri bella
com'eri bella
eri bellissima
com'eri bella qualche anno fa (*)]
Freddo.
Ultimamente
sentiva dentro di sè solo tanto freddo, Bill kaulitz.
Era
come se fosse inverno perenne e non era certo per la neve, sapeva cha volte
quella alterava le percezioni dei suoi sentimenti, tuttavia non era per quello.
Il
freddo lo sentiva dentro già da prima, da quando si era reso conto che quella
vita era davvero pesante, piena di soddisfazioni, ma tutt’altro che facile.
Aveva
provato a fare come suo fratello con groupies, non
aveva funzionato.
Quel
freddo se ne andava per poco e poi ritornava minacciandolo di portarlo via con
sé.
Come
era successo quella notte, si voltò silenziosamente.
La
ragazza che gli aveva scaldato il letto dormiva ancora accanto a lui mezza
nuda, i suoi capelli corti rossi e scompigliati contrastavano contro il bianco
del cuscino.
-Sembrano un enorme
macchia di sangue….
Del tuo sangue…-
Scosse
le testa, le treccine gli ballarono per un attimo davanti agli occhi.
Provò
a focalizzarsi sulla notte appena trascorsa, ma ricordare i gemiti di quella
sconosciuta gli fece aumentare il freddo.
Era
l’amore a mancargli.
Ironicamente
sembrava che adesso i ruoli tra lui e Tom si fossero invertiti.
Al
pensiero del gemello una fitta di dolore gli attraversò il petto, gli mancava
terribilmente, però non doveva ne poteva tornare indietro.
Aveva
preso la sua decisione.
Era
arrivato a Berlino qualche giorno fa senza sapere bene dove andare,
l’appartamento che lui e il fratello avevano preso in quella città era fuori
discussione.
Non
sapeva cosa gli fosse scattato nella testa, ma quella fuga dopo aver constatato
che Tom non era tornato indietro quella volta si era trasformata in altro.
Una
specie di gioco, come quando da piccoli si sfidavano in eterne sfide a
nascondino e finivano sempre per ritrovarsi, perché avevano un’intesa speciale.
C’era
ancora quell’intesa?
-Saprai ritrovarmi
anche questa volta Tomi?-
Non
aveva intenzione di semplificargli il lavoro, sarebbe stato troppo facile
andare nel loro appartamento, così ne aveva affittato un altro.
Era
un mini appartamento in una quartiere dove tutti erano abituati a farsi gli
affari propri, così non era stato riconosciutoo se lo era stato la gente aveva deciso di lasciarlo semplicemente in
pace.
Non
gli importava saperlo.
Era
da tempo che non gli importava di molte cose, se ne sarebbe fregato persino se
un giornalista l’avesse beccato su una striscia di coca.
[Puoi tritare la noia nel
naso, ma anche la droga diventa un lavoro;(**)]
Forse
sarebbe stata quasi una liberazione.
Niente
più maschere da portare, niente da nascondere, niente pesi opprimenti.
-E senza fan?
Senza una carriera
musicale, perché così facendo è quasi sicuro che te le ritroveresti bruciata tu
cosa faresti?
Chi saresti?-
Non
si rispose, era confuso.
La
ragazza accanto a lui si mosse nel sonno, era arrivato il momento di un’altra
dose, probabilmente, se sentiva agitato, inquieto.
Si
alzò, si trascinò in bagno, lei non se ne accorse.
Per
un attimo il freddo superò la barriera dell’ansia e si impossessò di nuovo di
lui, che scosse la testa ed aprì la porta del piccolo ma ordinato locale.
Il
suo beautycase era accanto al lavandino, con gesti meccanici lo aprì, frugò
alla ricerca di una bustina, sperando per un attimo di non trovarla.
-Se non la trovassi….per un attimo mi sembrerebbe di riavere mio
fratello con me…
Come quando me le
nascondeva per proteggermi…
Mi manchi!-
La
sua mano stringeva già la bustina di plastica piena di polvere bianca, si
sentiva un verme in quel momento.
La
dispose sul lavandino, arrotolò una banconota e tirò.
Per
la prima volta dopo anni l’immagine che gli restituì lo specchio lo disgustò,
senza che nessuna vocina gli indicasse quanto in basso fosse caduto.
Uscì,
si vesti in silenzio, per non disturbare la ragazza che dormiva, che comunque
non avrebbe rivisto mai più, era disgustato anche da lei.
-Perché?
Perché avete fatto
solo sesso?
E tu? Credi di essere
diverso?
Ipocrita!-
Le
lasciò un biglietto in cui la invitava ad andarsene immediatamente appena si
fosse svegliata, a cui allegò dei soldi, come ulteriore umiliazione.
Uscendo
ebbe cura di sbattere la porta, per essere sicuro di svegliarla, poi ci si
appostò dietro.
Poco
dopo la sentì urlare una serie di imprecazioni, di cui bastardo era quella più
gentile, soddisfatto scese le scale.
-Soddisfatto?
Ahahahah! Bella questa!
Ti senti una merda e
fai bene….-
Non
ripose alla sua coscienza, non sapeva che torto darle, quella ragazza non si
meritava di essere trattata così, era solo un insensibile ed un bastardo.
Uscì
e si buttò nelle strade in quella mattinata berlinese fredda e grigia, nessuno
badava a lui e questo era splendido dopo anni di uscite fatte solo in compagnia
delle guardie del corpo, meno bello era il motivo di quella passeggiata.
Doveva
trascinarsi verso il centro per incontrare FaridSchimth in un bar a fare colazione con lui.
Farid era il suo spacciatore in quella città
ed era diverso da quelli che aveva incontrato in precedenza, sicuramente era
pericoloso, i suoi modi di fare lo denunciavano chiaramente.
Gli
spacciatori che conosceva ad Amburgo erano bei ragazzi, gentili, educati,alcuni
erano studenti che lo facevano per pagarsi gli studi, altri non volevano
lavorare, anche quelli conosciuti per la loro spietatezza mantenevano una
patina di superficiale cortesia ed affabilità.
Farid no.
Il
ragazzo portava orgogliosamente lunghi dreadlock neri
e un abbigliamento da rapper, questo dava una prima indicazione su che tipo
fosse, uno tosto da non contraddire, aveva metodi spicci e si capiva che era
abituato ad avere il polso della situazione.
Era
il classico tipo che emanava un aura di pericolosità, unoa cui i piedi non andavano pestati se si
voleva rimanere incolumi.
Rabbrividì.
Aveva
paura di Farid.
-Se un giorno dovessi
non avere più soldi, che farà?-
Preferì
smettere di pensare a quell’eventualità, aumentò il passo, poi si fermò.
Iniziò
a frugare nella borsa di pelle nera in cerca delle sigarette e di un accendino,
teneva ancora alla sua voce abbastanza da non fumare abitualmente, tuttavia
quando l’ansia saliva in modo intollerabile cedeva al vizio.
Continuò
a camminare,frammenti confusi di
ricordi arrivarono evocati dal fumo.
Erano
tre anni che non metteva piede a Berlino se non in casi strettamente necessari
perché quella città gli ricordava troppe cose, era la città di Francesca.
Per
un attimo si rivide mentre camminava con lei a braccetto mentre facevano
shopping con i due G qualche passo dietro a loro, a parlare e fare gli idioti.
Gli
mancava.
In
quel momento realizzò che gli mancava averla anche solo come semplice amica.
Scacciò
anche quel pensiero, doveva incontrarsi con il turco, soloa questo doveva pensare.
Era
arrivato davanti al bar, spinse deciso la porta ed entrò indossando un sorriso
falso come aveva imparato a fare da anni.
Si
guardò intorno per individuare il turco, lo vide seduto in un tavolino
piuttosto appartato che leggiucchiava il giornale a disposizione dei clienti,
visto così non sembrava minaccioso, era molto simile a quegli studenti che
frequentavano i centri sociali e speravano di cambiare il mondo.
La
solita vocina gli disse di andarsene, ma Bill non l’ascoltò nemmeno, sarebbe
stato da suicidi farlo.
Farid apparentemente non dava segno di
averlo visto, sembravaassorto nella
lettura del quotidiano come un’intellettuale sinistroide che deprecava i mali
del mondo, tuttavia era certo che sapeva che lui fosse li, a volte pensava che
il moro avesse una specie di radar.
Si
avviò verso il tavolo, si sedete sulla sedia davantia quella dello spacciatore con fare
noncurante, lui depose il giornale e lo ripiegò con cura.
“Buongiorno.
Perché ti sei incantato in mezzo al locale a guardarmi?”
Come
volevasi dimostrare.
“Nulla,
stavo pensando.”
“Capisco…”
Con
un cenno distratto chiamò il cameriere ed ordinò la colazione.
“Che
mi racconti? Divertito ieri sera?”
“Moderatamente.”
“Bene.”
Poco
dopo arrivarono due cappuccini e due brioches, per
tutto il tempo che rimasero in quel bar tacquero.
Quando
si diressero alla cassa per pagare, una foto uscì dal portafoglio di Farid, lui la raccolse, non credendo di provocare una reazione
di fastidio nel moro.
Forse
era colpa del soggetto ritratto, una ragazzina dai capelli tinti di un vivace
blu elettrico, dagli occhi verdi, penetranti come quelli del turco che lo
guardava imbronciata.
Senti
una scossa elettrica, lei gli comunicava qualcosa come non accadeva da tanto
tempo, forse era solo la magia di quegli occhi ad averlo stregato per un
attimo.
La
realtà torno a farsi sentire attraverso Farid che
gliela strappò dalle mani ringhiando, Bill rimase interdetto, chi era quella
ragazzina?
“Kaulitz, non toccare mai più la mia roba!”
Lui
indietreggiò, non era più così ansioso di avere la coca, ma non poteva tirarsi
indietro
[Senti, raccontati quello
che vuoi, doveva essere un viaggio..è diventato un vizio. Di pure che tu fai
quello che vuoi, ma è diventato un fine ed era solo un inizio(**)
Tirarsi
indietro.
Georg
aveva accettato di aiutare Tom, non poteva permettere che Bill andasse a fondo,
ma in quel momento gli riusciva difficile concentrarsi sul problema.
Si
sentiva un dannato egoista, però non riusciva ad essere del tutto partecipe,
una parte del suo cervello tornava ossessivamente sui suoi di problemi.
Suo
padre aveva avuto una storia, da cui era nata una bambina.
Lui
aveva una sorella di diciassette anni.
Lui
non voleva conoscere questa ragazza.
Non
si sentiva pronto e suo padre non lo capiva.
Sospirò.
Si
obbligò a concentrarsi su quello che era emerso il giorno prima dalle ricerche,
ossia che qualcuno aveva sentito dire che Bill era stato visto in un autogrill
sull’autostrada che andava verso Berlino.
Loro
dovevano verificarlo, era stato un miracolo convincere Tom a non venire con lui
e Francesca, c’erano stati urla eminacce, ma alla fine il rasta aveva ceduto.
A
malincuore, accettando il fatto che lui rischiava maggiormente di essere
riconosciuto da ragazzine isteriche o da anti con il dente avvelenato, aveva
permesso che fosse lui, Georg, a sostituirlo.
Si
stava preparando, piastandomaniacalmente
I capelli mossi quando suonarono alla porta, seccato andò ad aprire con la
testa mezza liscia e mezza no.
Convinto
che fosse Girardi non si preoccupo di sembrare un
pazzo, era già pronto a dirgliene quattro, peccato che non fosse l’italiana.
Era
una ragazza sui diciott’anni, ma poteva essere
benissimo più piccola, con i capelli arancioni che indossava una vecchia giacca
di pelle e un paio di jeans stracciati.
Chi
diavolo era?
“Chi
cazzo sei?”
“Tranquillo
Listing, non sono ne una fan ne un anti.
Ho
bisogno di parlare con te.”
“Ti
conosco?”
“No.”
“Come
hai fatto a passare la portineria?
E
se non mi conosci perché devi parlare con me?
Sono
di fretta, ragazzina!”
“Nemmeno
io ho tempo da perdere, bei capelli, vengo da Berlino e ho un treno da prendere
per tornarci.
Conosco
il portiere, per una lunga storia ecco perché sono passata e devo parlarti per
un motivo preciso.
Ho
qualcosa da dirti su Lene….Tua sorella.”
Sbiancò.
[Is anybody listening?
Can you hear me when I call?(***)]
Cosa
le era successo?
“Come
ti chiami?”
“Leila.”
“Entra
Leila.”
“Ma
tu la conosci?”
Senza
dire nulla estrasse una foto dalla tasca della giacca e gliela porse, ritraeva
Leila, un altro ragazzo che gli ricordò Luca Girardi
e Lene, di cui aveva visto altre foto da suo padre.
Sua
sorella gli somigliava, tranne per gli occhi che erano castani, provava una
strana sensazione nel veder un volto così simile al suo guardarlo.
Non
aveva mai parlato con sua sorella, tuttavia non poteva ignorare cosa quella
ragazza avesse da dirgli, Bill doveva aspettare purtroppo.
La
fece accomodare, poi pescò il cellulare da una tasca, doveva avvisare Tom,
l’amico rispose dopo un po’.
“Ciao
Tom.”
“Ehi
…cosa succede?”
“Tom
c’è stato un cambio di programma, andrai tu con Fra…
Ho
un’emergenza famigliare.”
Si
levarono delle proteste.
“Non
volevo bidonarti, credimi ci sono dei casini.
Sono
troppo complicati per spiegarli al telefono, ma ti giuro non è una cosa voluta.
Ve
ne parlerò.
Scusami
ancora.”
Si
salutarono e lui tornò a rivolgere la sua attenzione a Leila che sedeva sul
divano.
Cosa
aveva da dirgli?
“Cosa
devi dirmi?”
“Ti
consiglio di sederti.”
L’ignorò.
“Forse
prima dovrei parlarti di Lene, tu non la conosci, vero?”
Fece
segno di no con la testa.
Bhe…Lene era una brava ragazza, dolce, gentile,
disponibile con tutti.
Una
perla.
Parlava
perfino con me che non sono esattamente uno stinco di santo e mi aiutava…
Eravamo
amiche, ecco…”
“Perché
parli al passato?”
“Perché
Lene Kaufmann non è più così.”
Sgranògliocchi.
[Shooting signals in the air
I need somebody's help(***)]
“Lene,
da un po’ di tempo a questa parte, è molto cambiata.
Look
eccessivo, disinteresse verso la scuola, verso i genitori, verso tutti.
Immagino
sia per lo shock, non sei il solo il cui mondo è stato capovolto.
In
ogni caso non è solo per questo che sono qui.”
“Non
credo tu ti sia fatta un viaggio solo per farmi la morale.”
“No,
non ti conosco, non sarebbero stati affari miei.
Sono
preoccupata per Lene anche per altre cose.
Frequenta
brutte compagnie” si tormentò i jeans, tenendo gli occhi bassi.”Delle compagnie
veramente brutte…
Frequenta
gente che spaccia droga, non so se ne faccia uso.”
Si
sentì gelare, non era possibile, forse quella ragazzina si stava sbagliando.
“Sei
sicura?”
Lei annuì
“è
la compagnia di mio fratello e….mio fratello spaccia droga…
C’è
un’altra cosa, mio fratello è attualmente il suo ragazzo, solo che per lui,
conoscendolo, non è una cosa seria, per lei lo è.
Potrebbe
finire male…”
Era
pallido, sentiva il tarlo del senso di colpa avanzare, lui aveva respinto sua
sorella senza averla voluta nemmeno incontrare, senza darle nemmeno una
possibilità.
“Perché
sei qui Leila?”
Lei
sospirò.
“Perché
vorrei chiederti una cosa, che ti sembrerà eccessiva, ma ci devo provare…
Per
favore fingi di voler costruire un rapporto con Lene e portala via per un po’
da Berlino…
Non
ho nessuno diritto di chiedertelo, pensaci quanto vuoi, ma fallo.
Mio
fratello è davvero pericoloso, ha già distrutto la vita della ragazza che aveva
prima di Lene, che era anche la mia miglio re amica e non voglio succeda a tua
sorella.”
[I can't make it on my own
So I'm giving up myself
Is anybody listening?(***)]
Rimase
in silenzio.
“Ci
devo pensare…”
“Lo
so, non pretendo una risposta subito, però ti prego pensaci.”
Lui
annuì, lei si alzò dal divano, sembrava meno minacciosa adesso, solo
spaventata.
“Leila…quanti anni hai?”
“Diciannove.”
“Non
hai paura che tuo fratello faccia qualcosa?”
“Si
che ne ho, però non posso farmi frenare da questa paura.
Per
una volta ho la possibilità di prevenire qualcosa, non solo di raccogliere le
macerie, quindi non la sprecherò!”
La
guardò ammirato.
“Sei
tosta….”
“Smettila…pensa a quello che ti ho detto…Ti
lascio il mio numero…”
Lui
estrasse ilcellulare e memorizzò il
numero che lei gli dettava.
“Il
mio è…”
“Non
darmelo, tu hai il mio è sufficiente.
Io
non sono una fan isterica, ne una giornalista ne una groupies..”
“Ok…”
“Allora
vado…Ho saltato scuola per venire da te e devo essere
a casa presto se voglio che la scusa regga.”
La
salutò e la osservò mentre scendeva le scale, era piccola per la sua età.
Aveva
le spalle curve, sembrava avessero portato chissà quali pesi nella vita.
-Ha
un fratello che spaccia…
Non
è facile…E tu?
Tu
hai una sorella nella merda, cosa vuoi fare?-
Non
aveva risposte a quelle domande,non
capiva cosa stesse sentendo, era confuso.
Quando
suo padre gli aveva detto di Eleanor, detta Lene,
aveva sentito una grande rabbia, era stato fregato per anni e non era riuscito
ad accettare l’accaduto.
Aveva
provato a ragionarci sopra, ma non ci riusciva, sentiva il suo mondo capovolto,
prima Tom, poi suo padre.
Accantonando
Lene credeva di aver risolto la questione almeno per un po’, il tempo che gli
serviva per metabolizzare il tutto, ora quella ragazza gli dimostrava che aveva
sbagliato.
Iniziava
a capire i comportamenti di Tom, lui non era stato molto diverso, anche lui
aveva nascosto qualcosa ai suoi amici di una vita per tentare di risolverla da
solo.
Si
prese la testa tra le mani e si stese sul divano.
[I'm lost here
I can't make it on my own
I don't wanna die alone
I'm so scared
Drowning now
Reaching out
Holding on to everything I love
Crying out
Dying now
Need some help(***)]
Francesca
era preoccupata.
Aveva
la sensazione che qualcosa non andasse oltre a Bill, non era da Georg
comportarsi così.
-Gli scheletri sono
usciti, Hagen?-
Tom
guardava la strada, senza parlare.
“Sei
arrabbiato?”
“Non….ho l’impressione che l’hobbit
non stia dicendo tutto.”
“Anch’io
ho questa sensazione …
Era
nervoso quando ha parlato con te, come se avesse qualcosa che comunque lo
preoccupasse a priori.”
Annuì
ed imboccò l’autostrada.
“Dio
Fay, di quante cose non mi sono accorto?”
“Non
fartene una colpa, succede…
Voglio
dire eri preoccupato per tuo fratello, in ogni caso quando lui vorrà parlarcene
saremo qui…”
“Si,
adesso devo pensare a mio fratello, se sarà a Berlino prima di partire parlerò
a Georg.”
“già…”
Riprese
a guardare .la strada, era curiosa e preoccupata allo stesso tempo, ancora non
sapeva quanto i problemi di Georg erano legati anche al suo passato, a persone
che sperava di dimenticare.
Al
momento pensava Bill, al suo amico, a come era cambiato e a come lei fosse
stata esclusa da quei cambiamenti.
Non
poteva modificare quello che era successo, ma non poteva impedire che la
malinconia ogni tanto venisse a visitarla nonostante avesse Tom.
[Broken pieces will not mend
To save our past
Save our past now
[This is the end(****)]
Non
riusciva ad essere felice se lui era preoccupato, soprattutto se si sentiva una
della cause che avevano portato Bill in quello stato,
“Cosa
c’è Fay?”
“IO….io mi sento in colpa….
Non
sei l’unico che si chiede come sarebbe stata se avessi agito in un altro modo…”
“Fay, tu non c’entri nella scelta di mio fratello, sarebbe
stato peggio se ti fossi messa con lui e l’avresti illuso.
Io
credo che lui ti abbia perdonata in fondo.”
“è
stupido il senso di colpa…”
“No,
significa che a lui ci tieni e io questo lo apprezzo molto.”
“Grazie…”
-Quello che non sai è
che c’è un parte egoista di me che vorrebbe rimuovere questo problema alla
svelta per vivere la sua favola….
Che schifo!-
Ripensò
a tutto quello che Bill aveva fatto per lei, a quello che avevano condiviso e
concluse che era solo la vocina bastarda che tutti avevano dentro, la parte
oscura.
Tutti
avevano una parte oscura, nutrivano pensieri egoisti o poco gentili,
l’importante era che questi non prendessero forza, era vincerli e capire che
comunque non inquinavano le motivazioni per cui si compiva qualcosa.
Lei,
pur nutrendoli, se ne vergognava e sapeva che il suo affetto per l’amico non
era falso, ne era meno falsa la voglia di aiutarlo.
[In my mind blood drips from your eyes
A beautiful last
goodbye(****]
Si
stava incasinando.
“Stai
ancora pensando al senso di colpa?”
“Si.”
“Ti
adoro per questo.”
Sgranò
gli occhi perplessa.
“Ehi
Fay! Dovresti vederti! Sembra che gli occhi ti stiano
per cadere dalle orbite!”
Lei
lo guardò un attimo e poi scoppiò a ridere, l clima si era alleggerito.
-E io ti adoro per
questo, per come mi fai ridere anche quando sono giù o persa tra i miei mille
dubbi.
Grazie!-
Ben
presto arrivarono in vista dell’autogrill incriminato, si preparò mentalmente a
litigare con il suo ragazzo, era certa che avrebbe voluto entrare lui,sebbene
sapesse che fosse pericoloso.
Tom
mise la freccia, parcheggiò e fece per scendere.
“Dove
vai?”
“scendo
con te, no? Ho il diritto di sapere cosa ti diranno!”
“Certo,
ma è anche molto probabile che ti riconoscano!”
“Mi
travesto!”
“Forse
è meglio se te ne stai buono in macchina…”
“NO!”
“Ok.”
Pregò
che quell’autogrill fosse vuoto o sarebbero stati nei guai, grossi guai!
Si
avviarono insieme in un silenzio pesante dopo che lui si fu camuffato,
Francesca avrebbe voluto spezzarlo in qualche modo, anche solo con un
abbraccio, ma non sapeva se poteva osare senza che qualcuno lo riconoscesse.
“Mi
dispiace…Non volevo tagliarti fuori da questa storia…”
“Non
ti preoccupare, capisco.”
Avrebbe
voluto fare altro, lui lo capì e la abbracciò.
“Ma…”
“Non
ti preoccupare!”
Entrarono
in quell’autogrill allacciati, sembravano due comuni ragazzi..
Si persero per cinque minuti buoni a guardare
le cianfrusaglie varie, poi dopo essersi staccati si diressero verso il bancone
e lei ordinò un caffè, mentre lui attaccava bottone con la ragazza bionda al
bancone.
Non
c’era molta gente, così la biondina sembrava disposta a parlare con loro .
“Per
caso cinque giorno fa circa hai visto un ragazzo moro che mi somigliava?”
Lei
inarcò un sopracciglio, lui le mostrò una foto.
“Perché
me lo chiedi?”
“Perché
quel ragazzo è scomparso e io lo sto cercando…. è mio
fratello.”
Lei
annuì, studiò attentamente l’istantanea aggrottando la fronte, poi la diede a
Tom.
“Sono
quasi sicura di averlo visto.
Ho
scambiato quattro chiacchiere con uno che gli somigliava molto….
Voleva
andare a Berlino, era un tipo molto simpatico, di quelli iperattivi.”
Tacque
un attimo, scrutò Tom.
“Ho
l’impressione di averti già visto….
Non
è che sei famoso per caso?”
“NO.
Mi confondi con qualcun altro.”
Lei
era dubbiosa.
“Grazie
dell’informazione… Ora vado.”
Se
ne andarono insieme, Fay pregò che non l’avesse
riconosciuto.
“Ehi,
cosa c’è?”
“La
biondina…”
“Gelosa?”
“No
scemo, per me ti ha riconosciuto!”
Lui
si fece pensieroso.
“Non
credo….”
“Io
ne sono sicura…. Sono in arrivo altri guai Tom!”
“Fay, calma!”
La
fece fermare, le appoggiò le mani sulle spalle e la guardò negli occhi.
“Faycalmati…se succederà
l’affronteremo!”
Lei
abbassò gli occhi.
“Scusa…io dovrei aiutarti e ti incasino!”
“Fay, sei umana e siamo sulla stessa barca, quindi facciamo
cinquanta e cinquanta, tu a volte aiuti me, io a volte aiuto te, ok?”
Lei
annuì, Tom la stava per baciarla quando il cellulare suonò.
Era
Georg.
“che
vuole quello?”
“Non
lo so!”
Rispose.
“Ehi!”
“Ehi!
Scusa Francesca potresti darmi il numero di cellulare di tuo fratello Luca?”
“A
che ti serve?”
“Devo
parlarecon lui!”
La
ragazza sospirò poi glielo dettò, il piastrato chiuse
la chiamata.
Tom
tornò alla carica.
“Cosa
stavamo facendo noi?”
[It's too late to apologize, it's too late
I said it's too late to apologizes, it's too late (*****)]
[Your subtleties
They strangle me
I can't explain myself at all.
And all the wants
And all the needs
All I don't want to need at all.(******)]
Che
cosa stava facendo?
Se
lo chiese mentre stava sdraiato sul divano del suo appartamento, aveva appena
saputo che la sua sorellastra era nei guai, era preoccupato per Tom e Fra e lui
non riusciva a reagire.
Era
frastornato, troppe cattive notizie tutte insieme.
Cos’avrebbe
potuto fare?
Quello
che Leila gli aveva detto era vero, aveva chiamato Luca Girardi
e gli aveva confermato tutto, punto per punto, eliminando la fragile speranza
che quella ragazza fosse solo una mitomane.
Poteva
provare a costruire un rapporto dal nulla?
Si,
ma non era certo.
Si
girò dall’altra parte, gli scheletri erano usciti dall’armadio e desideravano
fare i conti con lui.
Il
campanello lo riscosse dalle sue elucubrazioni, senza molta voglia andò ad
aprirla, era Gustav che gli scoccò un’occhiata perplessa.
Forse
l’avevano colpito i suoi capelli in disordine o l’aria debosciata.
“Ehy…”
“Ehy…”
“Mi
ha detto Francesca che all’ultimo minuto ti sei tirato indietro, adesso ti
becco conciato come un barbone, cosa sta succedendo, Georg?”
“Entra
Gustav…non sono cose da dire sulla porta.”
Fece
accomodare l’amico, gli offrì qualcosa da bere e poi si decise a vuotare il
sacco.
“Da
due mesi so di avere una sorellastra, mio padre ha avuto una scappatella
diciassette anni fa da cui è nata questa ragazzina.
Mi
ha detto di averlo scoperto anche lui solo qualche mese fa….Io
però non ho mai voluto conoscerla…
Insomma,
è stato uno shock, non me la sentivo.
Solo
che…
Poco
fa…quando ho detto a Tom che non sarei venuto e di
andare lui con Girardi è venuta una ragazza a
parlarmi di lei e mi ha detto che è nei guai.
Grossi
guai.
Frequenta
gente che spaccia.”
Gustav
non disse nulla, il silenzio lo invitò a continuare.
“Leila,
la ragazza si chiama così, mi ha chiesto di provare a costruire un rapporto con
Lene, mia sorella e portarla via da li.
Quella
gente è pericolosa e Leila è preoccupata per lei.
Io
non so cosa fare…. mi sento una merda per averla
respinta, ma allo stesso tempo non so come fare a rimediarea
i danni…
Sono
così confuso…”
“Adesso
capisco il perché dei tuoi comportamenti…
Georg,io
non so cosa dirti…però forse un tentativo potresti
farlo, almeno inizia a sentirla…”
“La
scelta tocca a me insomma.”
“Si.
Se la contatterai devi essere certo di quello che fai, se la dovessi illudere
sarebbe peggio.”
Lui
annuì.
“che
hanno scoperto gli altri?”
“Che
Bill forse è a Berlino.”
“Berlino
c’entra sempre, mia sorella abita li.”
Gustav
tacque ancora una volta.
“Ho
bisogno di riflettere….”
“Ok,
ti lascio…”
Gustav
se ne andòe lo lasciò ai suoi problemi,
cosa avrebbe fatto?
Non
lo sapeva, ma una voce sempre più forte gli diceva di provare a parlare con
Lene, per non pentirsene in seguito.
Finora
si era comportato da egoista, non era colpa di Lene se suo padre si era
comportato così e lei probabilmente aveva sofferto più di lui.
Lui
aveva un padre per ventiquattro anni e una famiglia unita, lei, aveva avuto
solo la madre.
Doveva
essersi sentita parecchio confusa a settembre, a peggiorare la situazione ci si
era messo lui con il suo rifiuto ad incontrarla.
-Sei
un cretino Hagen!-
Decise
di dare retta a Gustav e cercò il cellulare.
Dopo
mesi chiamò suo padre, l’uomo ne fu felice, lui tagliò corto.
“papà
dammi il numero di Lene, ho bisogno di parlarle.”
L’uomo
acconsentì, sentiva la sua gioia fuoriuscire dall’apparecchio.
Una
volta chiusa la chiamata si sentì meglio, le incertezze erano sparite, non
sarebbe stato facile costruire un rapporto con Lene, ma ci avrebbe provato.
Per
la prima volta da mesi si sentì meglio.
[Tonight
Insight
When darkness turns to light,
It ends tonight(******).]
ANGOLO DI
LAYLA
Io
detesto questa storia sempre di più.
Non ce
la faccio più -______-.
Mercoledì
scorso ho visto i Punkreas in concerto e quello mi ha
ispirato il prossimo capitolo, o meglio una canzone me lo ha ispirato, “cuore
nero”, lunedì ho visto J Ax ed è stato il delirio…voglio di scrivere zero, dopo…
Da
bambina passava ore in camera sua a leggere, ignorando gli altri bambini,
crescendo non era cambiata molto, fino a settembre, due mesi fa.
Era
stato allora che si era avverato ciò che aveva desiderato per anni, aveva
trovato suo padre, peccato non ne fosse stata felice.
Quell’uomo
che aveva idealizzato e poi cercato quando litigava con sua madre non si era
rivelato quello che si aspettava, anche lui era spaventato da quella
situazione.
Era
stato imbarazzante trovarsi a quattr’occhi con un uomo che in fin dei conti era
un perfetto estraneo e che non lo era allo stesso tempo, visto che condivideva
con lui buona parte del patrimonio genetico.
Forse
sua madre avrebbe dovuto prepararla prima di sganciare la bomba della verità
sulla sua nascita, forse lei stessa a diciassette anni doveva piantarla di
essere così sognatrice.
Tutto
era cambiato.
In
qualche modo il mondo degli adulti l’aveva delusa e si sentiva fragile, un po’
in balia della vita e sapeva che era stupido.
Cosa
avrebbe dovuto aspettarsi da quell’incontro?
-Forse la favola della
famiglia felice, con la piccola Eleanor che finalmente è contenta?
Si sente come gli
altri?-
Scosse
la testa, il silenzio di casa sua era opprimente ora.
Viveva
in un quartiere residenziale,tranquillo, solo in lontananza si sentiva il
rumore del traffico della città, ma a quell’ora, le tre di notte, non si
sentiva nemmeno quello.
A
quell’ora le persone normali erano aletto
a dormire non a fumacchiare in terrazza sigarette che non le piacevano nemmeno
come stava facendo lei.
Era
seduta su una sedia, il portacenere accanto a lei e guardava i giardinetti
davanti al suo palazzo.
Quante
volte aveva sperato da piccola che suo padre la venisse a prendere?
Troppe
per poterle ricordare e ogni volta ci era rimasta male.
-E quando finalmente
l’hai visto, cosa ti aspettavi?
Che andaste al parco
insieme per ridarti tutto quello che non ti ha dato prima?
Hai diciassette anni
Lene, non sette, dovresti saperlo che le fiabe non esistono…-
Leila
e Luca gliel’avevano detto più volte, ma ora non aveva più importanza, aveva
rotto con loro, con Leila almeno, non capiva come avesse potuto escludere suo
fratello dalla sua vita.
Meglio.
Aveva
sempre approvato che lei l’avesse fatto fino a che non aveva conosciuto Farid.
Farid
Schimt aveva qualcosa di magico negli occhi, di incantatore e lei ci era
cascata in pieno, sapendo perfettamente che tipo fosse.
Uomini.
Era
per colpa sua che si ritrovava in terrazza a quell’ora, in preda a pensieri
confusi, a rimpianti che dovevano essere ormai morti e a un delusione che non
sapeva frenare.
Suo
padre era stato il primo, poi era arrivato il turno del suo fratellastro che
l’aveva rifiutata a priori.
Si
era sentita ferita come tante volte le era successo nella vita, sembrava che
Lene Kaufmann non andasse mai bene per nessuno.
Era
troppo secchiona per i ragazzi che spendevano la maggior parte del loro tempo in
vestiti e discoteche, troppo ignorante per gli aspirantiintellettuali della scuola.
In
una parola: banale, normale.
Non
amata da nessuno.
Era
questo che sussurrava da sempre una vocina dentro di lei, una voce che aveva
tentato di ignorare per anni, come se fosse un fantasma.
Avrebbe
dovuto sapere che i fantasmi sono esseri senza sepoltura che aspettano anni
prima di colpire le persone, per essere certi di trovarle deboli e docili alla
loro volontà.
Così
era stato.
Quella
voce l’aveva indotta a cambiare, soprattutto quando Farid aveva mostrato di
interessarsi a lei.
Quel
giorno si era guardata allo specchio e la vocina aveva vinto la sua battaglia,
l’immagine che la superficie liscia e riflettente le aveva restituito l’aveva
disgustata.
I
suoi capelli erano troppo banali, il trucco troppo naturale e gli occhi erano
di un colore stupido, un normalissimo castano.
Farid
non l’avrebbe certo voluta ancora, come nessun’altro l’aveva voluta prima.
L’idea
la fece tremare, anche se il turco era praticamente un teppista,lei si era
presa una cotta allucinante e non avrebbe permesso ad altre di prenderselo.
Aveva
tinto i capelli di biondo, aveva fatto delle meches blu elettrico, uno degli
antichi e indimenticati colori dei capelli di Leila e aveva iniziato a vestirsi
come le vecchie ragazze dei Farid.
Era
stato strano non essere più se stessa, ci si era abituata presto o forse no.
Non
lo sapeva, l’insonnia, le troppe sere passate senza dormire le insinuavano il
dubbio che stesse sbagliando tutto, così come la palese disapprovazione di
Luca.
Finì
la sigaretta e iniziò a guardare quel quadrato di roba marrone che le aveva
regalato farid.
Era
erba.
[Liberarmi dal panico,
fino ad adesso m'è costato ogni attimo
Lo faccio nel modo che non si può...(*)]
“Così
dormi. “Le aveva detto
Doveva
provarla?
-Se lo farai scaverai
un solco definitivo tra te, Leila e Luca, ne vale la pena?-
Non
lo sapeva, però quella roba la tentava, se le fosse servita ad acquistare la
stima in se stessa e di quel ragazzo….
Era
solo una stupida, se credeva davvero di ottenere qualcosa di duraturo in quel
modo, ma la voce…
La
voce non taceva.
La
invitava a provare, le sussurrava suadente che si viveva una volta sola e che
tutti l’avevano provata nemmeno una volta.
Il
silenzio ingigantiva tutto,paure, dubbi, domande inespresse.
Tremante,
allungò un mano verso il pezzo, copiò i gesti che aveva visto fare a Farid
molte volte e la canna fu pronta.
La
prima della sua vita.
Era
una cazzata?
Molto
probabilmente.
Se
sua madre l’avesse saputo sarebbe stato un casino da cui difficilmente sarebbe
uscita indenne e se l’avesse saputo Luca avrebbe perso la sua stima.
-Ma che mi importa?
L’ho mai avuta
davvero? –
Esitò
prima di accenderla, continuava a non esserci nessuno rumore, tranne il vento
freddo di novembre.
-Fallo-
Aveva
paura.
-Non essere sciocca.
Vuoi perdere quello che credi ti renda migliore degli altri?-
No,
non voleva, anche se questo comportava fare cose sbagliate e mettersi contro i
suoi vecchi amici, di cui era sempre stata un po’ invidiosa, li aveva visti
spesso come modelli irraggiungibili.
Fece
il primo tiro.
Il
fumo le scese nella gola, dandole un leggero fastidio, tossicchiò, eppure
continuò.
Fino
alla fine.
Voleva
cancellare la sua vecchia vita, voleva che quella voce la smettesse di parlare
per sempre.
[Liberarmi dal panico
fuori dagli stereotipi
liberarmi dal ruolo assegnatomi (*)]
Si
alzò dalla sedia, prese in mano il posacenere, entrò in casa e lo svuotò, poi
tornò a sedersi fuori, la via era ancora deserta.
Si
sentiva bene, allegra, ben disposta, rilassata.
La
voce era morta.
-Per quanto?-
Non
gliene importava, così era ok.
La
via era al solita, eppure anche quella sembrava diversa, forse era solo lei ad
essere diversa.
-Farid aveva ragione…-
All’improvviso
le palpebre si fecero pesanti,provò a
stare sveglia almeno il tempo necessario a trascinarsi sul divano, ma il suo
corpo non collaborava
Crollò
miseramente sulla sedia, al freddo.
Sognò
qualcosa, le sembrava di ricordare il pianto di una bambina o qualcosa del
genere, ma non era sicura.
La
mattina dopo venne svegliata da sua madre furiosa, che , tra un marea di
imprecazione la costrinse a ficcarsi sotto la doccia.
Al
momento si arrabbiò con lei, poidovette
convenire che aveva ragione, accolse l’acqua calda come una benedizione che la
rigenerò.
Uscì
di buon umore, pronta ad affrontare sua madre che la aspettava a braccia
conserte sulla porta della cucina, arrabbiata.
“Eleanor
Kaufmann come ti comporti non va assolutamente bene!
Non
voglio più beccarti fuori a dormire come una barbona, dammi le sigarette!”
“Scordatelo!
Meglio essere una barbona che vivere n questa casa di merda!”
Sua
madre strinse gli occhi.
[Ma urlare LA VITA E' UNA TROIA, cambiare un
po’ la storia! Mamma lo so che non sono come
volevi...e mi spiace(*)]
“Lene
non tirare la corda…”
Lei
sbuffò.
“Ha
telefonato tuo fratello, vuole parlarti. Chiamalo!”
Suo
fratello l’aveva chiamata? Dopo mesi di rifiuto totale verso di lei?
La
madre le porse il cordless.
“mamma,
a quest’ora dorme!”
“No,
ha chiamato poco fa e poi voglio essere sicura che tu lo faccia!”
Sbuffò
di nuovo e compose il numero.
Cosa
voleva lui da lei?
Quell’improvviso
interesse la lasciava inquieta.
[Liberarmi dal panico
fuori dagli stereotipi
liberarmi dal ruolo assegnatomi(*) ]
La
vita era un cerchio.
Francesca
aveva fatto tanto per allontanarsi da Berlino il prima possibile e ora ci stava
ritornando, era come tonare a una sorta di punto di partenza.
Era
diversa rispetto alla sedicenne che era arrivata per a prima volta in quella
città, aveva altre premesse, altri scopi, altre persone accanto eppure…
La
sensazione di tornare indietro era molto forte, era come se Venezia si fosse
resettata improvvisamente nella sua mente.
Aveva
paura, per Bill, ma anche per se stessa, sapeva che stando lì sarebbe stata
costretta ad affrontare i demoni che aveva ignorato per tre anni.
Il
suo quartiere, i ricordi legati a Jo, Farid, la fuga dopo la maturità, il
dispiacere di Luca, la rabbia di Andrea e…sua madre.
Era
stupido temerla ancora così, ma non ci poteva fare nulla.
Si
sarebbe mostrata forte, sebbene sapesse che per lei stare lì era come stare su
di un campo minato.
-Non si può scappare
per sempre.
Chi te l’ha detta una
frase del genere?
Ali forse sei anni
fa….In fondo non sei cambiata molto, sei ancora la bambina che piange perché
vorrebbe essere amata e allo stesso tempo vuole nascondere le lacrime per non
far vedere agli altri la tua debolezza.-
Scacciò
quel pensiero, riprese a sistemare le sue cose, sentiva Tom imprecare al
telefono nell’altra stanza, le parve di capire che stesse chiamando un
ristorante cinese che aveva dei problemi a capire il tedesco.
Erano
nell’appartamento dei Kaulitz a Berlino, Bill sembrava essersi trasferito lì,
avevano escluso che abitasse in un luogo così facilmente rintracciabile come
quello, ma per scrupolo avevano chiamato lo stesso prima.
Il
telefono aveva squillato a lungo a vuoto prima che la linea cadesse, poi
avevano il portiere, che aveva confermato, che no, il signor Bill Kaulitz non
si era visto nell’ultima settimana.
E
così eccoli lì, lei, Tom e Gustav in un altro appartamento, Georg era rimasto a
Berlino, aveva indovinato quando aveva pensato che il bassista nascondesse
qualcosa.
La
porta si spalancò alle sue spalle.
“Tra
una mezz’oretta avremo il pranzo, finalmente sono riuscito a farmi capire dal
cinese!”
“Bene,
vado ad apparecchiare.”
Lui
si sedette sul letto, lei non si mosse e riprese a parlare:”Hai sentito
qualcuno dei vostri amici di qui? L’hanno visto?”
“La
maggior parte no, solo uno crede di averlo intravisto in una discoteca….
Fay…”
“Si?”
“Tu
avresti mai pensato che a Georg potesse succedere una cosa del genere?”
“BHe…Non
parlarne così…Non è una cosa brutta, sconvolgente si, ma brutta non direi.
In
ogni caso no, mi sembra tutto così strano, come se…”
“Come
se?”
“Il
mondo si fosse capovolto! Bill che si droga, Georg con una sorella, io e
te…Insieme….senza scannarci!”
“L’ultima
non è una cosa negativa!
….
O si?”
“No,
non lo è…
Cioè
insomma ero perplessa, ma piacevolmente perplessa sull’ultimo punto…
Le
sfumature sono importanti…”
“Si,
permalosa…”
Lei
sbuffò, lui sorrise.
“devo
chiederti una cosa…”
“Vai…”
“Luca
vorrebbe vedermi oggi pomeriggio, è un problema?
Io
e lui ci siamo visti poco da quando io sono andata a Venezia.”
“Ok….capisco,
io sento altra gente allora…
Fra,spero che risolveremo tutto questo, ma mi
sembra tutto così difficile…”
“Ce
la faremo…”
Fay
Si avvicinò a lui e gli accarezzò una guancia, lui la fece sedere sulle sue
gambe e la baciò.
“Questo
è il modo di farmi forza corretto!”
“Scemo!”
“Stai
arrossendo!”
“No,
è il caldo!”
“A
novembre?”
“Si!
Va bene?”
Si
alzò di scatto, imbarazzata per la figuraccia, mentre lui rideva, divertito.
Apparecchiò
, fumò una sigaretta, poi il fattorino del ristorante arrivò e consegnò loro
quanto Tom aveva ordinato, qualcosa che sarebbe bastato a due eserciti.
“Avevi
fame, Kaulitz?”
“Un
po’. Perché?”
“Perché
il cinese ti farà un monumento per tutta la roba che hai ordinato!”
Lui
ridacchiò imbarazzato.
“Kaulitz-Girardi:
uno a uno. Palla al centro!”
Poco
dopo si sedettero a mangiare, Tom divorò tutto, lei si sentiva lo stomaco un
po’ chiuso, non era felice di tornare nel quartiere.
Dopo
aver lavato i piatti uscì di casa e prese un autobus verso il posto dove aveva
trascorso i tre anni peggiori della sua vita.
Francesca
si sentiva strana, tutto sembrava uguale eppure diverso, forse era solo lei ad
essere diversa, più forte, meno arrabbiata.
Scese
alla fermata dove era scesa tante volte, si incamminò verso casa sua, per caso
lanciò un occhiata nel bar tabacchi dei genitori dello stronzo e vide Luca che
parlava con Leila.
Era
meglio che il fratello fosse lì, così entrò, la porta la annunciò con un
trillo, la ragazza spalancò gli occhi, Luca si voltò, sorpreso.
“Ehi…”
“Ehi!”
Si
abbracciarono.
“Sei
alto Lou…sei anche bello, fai strage di cuori?”
“Smettila
cretina!”
La
scrutò, nei suoi vecchi e larghi pantaloni di velluto a costenero, nel giubbotto di pelle e in quello
strano basco colorato che portava.
“Sei
felice con Kaulitz?”
“Si…ci
stiamo provando…
Ho
preso un colpo quando l’ho visto, avrei voluto picchiarti per avergli dato il
mio indirizzo, ma ora ti ringrazio.”
Lui
sorrise.
“Perché
sei tornata?”
“è
una lunga storia…”
Leila
tossicchiò dietro di loro.
“Se
volete parlare, potete prendere un tavolo nel bar, non vi disturberà nessuno…
Buongiorno
Francesca.”
“Ciao
Leila, grazie dell’offerta, la accetto volentieri!”
Si
sorrisero senza ostilità, la ragazza sembrava cambiata, doveva chiedere a Luca.
Si
portarono nel piccolo bar, si sedettero, il fratello la guardava curioso.
“Cosa
è successo?”
“Te
lo ricordi Bill, il gemello di Tom?”
Lui
annui.
“Difficile
farlo, sono discretamente famosi e qualcuno crede che se la facciano tra di
loro….”
Lo
fulminò con un’occhiata, lui alzò le mani.
“Ok,
sister. Smetto di dire cazzate e ti ascolto.”
“Ecco,
lui è nella merda.
Ha
grossi problemi…di droga…
Siamo
venuti a Berlino a cercarlo, se tu dovessi vederlo, per favore avvisami….”
“Merda,
Fra.
È
orribile, io non credevo!”
“Nemmeno
io…ma ce la caveremo!
Io
voglio aiutarlo, lui ha fatto tanto per me!”
“Lo
so…Ti darò una mano…”
“Grazie
Luca, tu?
In
che guai sei?”
“IO?
Nessuno?”
“Ti
conosco fratello… so quando hai problemi!”
“Mi
sono innamorato della ragazza di Farid e non voglio che lei si distrugga per
lui!”
Oh
no.
“Luca,
sono felice per te…
Ma
stai attento, il turco non perdona, non voglio che tu finisca male, ok?”
Il
fratello annuì con gli occhi bassi.
Ok,
nei casini ci si era già messo, perché ogni volta spuntavano nuovi guai
all’orizzonte?”
Era
nei guai.
Non
sapeva perché ma sentiva di esserlo, si era avvicinato troppo a Farid e aveva
visto qualcosa che non doveva vedere.
Sentiva
di nuovo i brividi, se ripensava a quello sguardo, era carico di minaccia e
solo perché aveva guardato quella foto, chi cavolo era quella ragazzina per
Farid Schimth?
Era
così importante?
Cercò
di pensare alle volte che aveva visto il turco, ultimamente era spesso in
compagnia di una ragazzina bionda condelle meches blu vestita come una zoccola
che gli ricordava qualcuno, tuttavia non era lei la ragazza della foto.
Da
quello che aveva sentito lo spacciatore non era tipo da storie serie, non dopo
una certa cosa che nessuno nominava.
Perché
stava pensando a quello?
Perché
invece non prendeva la bustina di roba che gli aveva dato il turco?
Si
limitava a guardarla, come se potesse in qualche modo ferirlo o essere più
pericolosa del solito.
Ok,
era in paranoia.
[Ascolto una voce
Nell’ora in cui tace tutta la città(**)]
Temeva
l’avesse tagliata con qualcosa che l’avrebbe ucciso, che l’avesse avvelenata,
che quella non fosse nemmeno cocaina.
Si
disse di star calmo,il turco non aveva
nessun motivo per fargli del male oltre alla foto, era un buon cliente e non se
lo sarebbe giocato per delle cazzate.
Il
suo ragionamento era logico e razionale, non faceva una piega, eppure quella
paura non si placava, rimaneva li, attaccata a lui sotto forma di morsa allo
stomaco.
Era
raggomitolato sul divano, la bustina lo guardava minacciosa dal basso tavolino
in legno nero, prenderla o non prenderla?
Tremava,
poteva resistere ancora un po’ e probabilmente era quello che avrebbe fatto, di
quella roba non si sentiva sicuro, però quell’ansia doveva sparire.
Non
poteva sopportare ancora per molto quella sensazione opprimente senza
impazzire, doveva fare qualcosa!
Si
alzò lentamente dal divano, compì qualche pigro giro per l’appartamento, era
veramente minuscolo, l’unico pregio che aveva era la grande vetrata che dava
sul giardino del condominio, si fermò a guardare giù.
Gli
alberi erano spogli, tranne per qualche rara foglia gialla che ancora si
ostinava a resistere spavalda al freddo dell’inverno, rabbrividì.
Tornò
a guardare nell’appartamento.
Istantaneamente
decide che l’unico modo per calmarsi era bere qualcosa, si avviò indolente
verso l’armadietto dei liquori, estrasse una bottiglia di vodka e partì alla
ricerca di un bicchiere.
Quando
lo trovò ci versò una dose generosa di liquido che tracannò tutta d’un fiato,
il silenziotornò a essere meno ostile,
riprese a respirare normalmente.
[La voce mi dice sai che
cosa fare
Non resistere, lasciati trasportare(**)]
Si
versò un altro bicchiere.
-Hai deciso di provare
una serata alternativa?-
Dannate
voci.
Non
riusciva a mandarle via, così come non riusciva a mandare via il freddo.
Accidenti.
Tracannò
un altro bicchiere.
Forse
se avesse continuato a bere, alla fine avrebbe trovato il silenzio che cercava.
-Illuso.-
Altro
bicchiere.
Altri
bicchieri finchè la bottiglia non fu vuota e lui decisamente ubriaco.
Si
trascinò sul divano, si sentiva confusamente felice.
-Felice?
Sei solo troppo
rincoglionito, non ce la fai nemmeno a pensare, figurati a capire cosa stai
sentendo….-
Ridacchiò
da solo, in quello stato trovava divertente quella voce, l’indomani non si
sarebbe ricordato nemmeno se ci fosse stata.
-Cosa ci fai ancora
qui?-
Quella
domanda improvvisa spense la sua risatina alcolica, facendolo riflettere,
perché era ancora vivo?
Che
vita era quella?
Faceva
soffrire suo fratello, i suoi amici, faceva del male a se stesso, che senso
aveva la sua vita condotta così?
Iniziò
a sudare, non capiva come fosse arrivato a quelle riflessioni, ma gli facevano
paura, perché portavano altro freddo, talmente potente da superare la barriera
stordente della vodka.
[Io sorriderò per farti
male
La febbre che sale non la fermerò(**)]
La
voglia di ridere era passata.
Stava
sprecando se stesso in qualcosa che non poteva durare, un giorno l’avrebbero
trovato morto, come quelle star distrutte da se stesse e dalla loro fragilità.
-Ma tu sei una star…-Mormorò la voce
beffarda.
Effettivamente
lo era, ma aveva anche cantato contro il suicidio, ci pensò un attimo.
Era
stato talmente tanto tempo fa da sembrare un ‘altra vita.
In
questa vita vedeva delle immagini nette davanti ai suoi occhi: lui che apriva
la finestra, incerto, dubbioso, con il vento che gli schiaffeggiava la faccia.
Guardava
il cortile, sentiva il richiamo del vuoto, come ipnotizzato, la voce che gli
diceva che così avrebbe trovato la pace che cercava.
Il
film proseguiva con lui che saltava incerto, fendendo il vento mentre
cadevaversol’asfalto.
La
sua mente sorvolò sull’impatto con il suolo, per sollevarsi dolcemente e fargli
vedere il suocorpo senza vita e fargli
sentire i commenti dei vicini.
Erano
ipocriti, doveva ammetterlo, avrebbe dovuto scrivere meglio le battute.
Poi
zoomò sulla faccia del gemello in lacrime e su quella pallida dell’italiana.
Qui
il film si chiuse e lui tornò in se scosso.
[Soltanto
una voce mi può far pensare
La voce mi chiama e poi mi dice no(**)]
Si
accorse di avere ancora in mano il bicchiere, lo appoggiò sul tavolino e vagò
frenetico alla ricerca delle sigarette, in preda a un’ansia così forte da
togliergli il respiro.
Barcollava
stordito, alla fine focalizzò la borsa, per poi acchiapparla.
Dentro
c’era solo un inutile pacchetto vuoto.
“Merda
le ho finite!”
Doveva
uscire, guidare in quelle condizioni era però impossibile, non aveva voglia di
ingrossare le statistiche dei morti per guida in stato di ebbrezza, così optò
per il pullman.
Prese
un giubbino, la borsa, le chiavi ed uscì.
Il
mezzo pubblico passò poco dopo, lui, sempre ondeggiando, si sedette al primo
posto libero, con aria assente, riuscendo comunque a beccare con la coda dell’occhio
un paio di persone che lo guardavano disgustate.
Non
dove va essere un bello spettacolo conciato come un barbone, con la barba non
rasata e con la puzza di alcool a mo di profumo.
Ridacchiò
per l’ennesima volta e si addormentò.
Non
riuscì a ricordare i suoi sogni al risveglio, ma si accorse di aver sbagliato
totalmente fermata, era finito in periferia invece che in centro.
-Non fa niente….Adesso
cerco un tabaccaio aperto e torno qui…-
Iniziò
a camminare, il posto gli era famigliare, quando ci era venuto?
Il
ricordo lo colpì come un fulmine, quello era il quartiere di Francesca!
Proseguì
la sua strana passeggiata fino a che non incontrò una bar tabaccheria, sorrise
storto e ci entrò.
Lazona tabaccheria era piccola, al bancone
c’era solo una ragazza dai capelli arancioni china su di un libro, non aveva
sentito il campanello trillare.
Tossicchiò.
Lei
alzò lo sguardo, si ritrovò a scontrarsi con due grandi occhi verdi da gatta
che lo guardavano perplessi.
L’aveva
già vista.
Chi
era?
-La ragazza della foto!-
“Buonasera,
mi scusi.
Cosa
desidera?”
“Un
pacchetto di Marlboro rosse.”
Si
voltò,per controllare alle sue spalle se ci fosse o no quello che aveva
chiesto, non era molto alta, ma era bella.
“Scusi,
sono finite…vado a prenderle nel retro.”
“Dammi
del tu, non sono così vecchio.”
“ok….scusa”
mormorò inespressiva prima di sparire dietro a una porta.
Voleva
seguirla, sapeva che se era legata a Farid era come firmarsi la condanna a
morte, ma non gli importava, la voleva e basta.
Era
troppo dannatamente ubriaco.
[Non so se ti può consolare
Non so se mi potrai capire
Non so se ti farà piacere
Non so niente eppure(**)]
A
passi incerti raggiunse la porta, l’aprì e la richiuse alle sue spalle.
Lei
stava armeggiando con uno scatolone e un taglierino, quando finì si alzò in
piedi soddisfatta.
Lui
ne approfitto per appoggiarle le mani sui fianchi e farla girare verso di lui,
si beccò un’occhiataccia che ignorò, deciso di abbassò su di lei per baciarla.
Voleva
infilarle la lingua in bocca, ma lei si dimenava, lui serrò la presa su di lei.
Prese
a mordicchiarle le labbra e a leccargliele, la testa gli girava, non sarebbe
rimasto in piedi ancora a lungo.
Lei
decise di cedere in quel momento e ricambiare inaspettatamente, con una mossa
che l’aveva spiazzato.
Allentò
la presa, prese ad accarezzarle i fianchi e la schiena, lei era ancora rigida,
ma si stava rilassando.
Era
ancora vivo.
In
quel momento si sentì ancora vivo, non del tutto morto come poco prima.
[Accendi la luce
Sai che non mi piace
La pace che viene dall’oscurità
Restare nel buio mentre ti torturo
Non mi basta più
Voglio il tuo cuore nero)**)]
A
lei sfuggì un gemito, lui sorrise alcolico, poco dopo si staccò.
La
guardò, occhi increduli, labbra gonfie, arrossata.
Era
bella.
Stava
per ribaciarla e far proseguire quella serata in un modo molto più interessante
quando la testa iniziò a girare in modo intollerabile.
-No,
Cristo, noo-
Si
sent’ venire meno e cadde su di lei, mentre il mondo diventava buio.
[non sai quanto non sai
dove sei, ma sei qui
lontana da te, lontana da voi, lontana da uno specchio che non dice chi sei
se sotto il cielo c'è qualcosa di speciale passerà di qui prima o poi
prima o poi, comunque tu lo sai(***)]
Leila
non era mai stata una ragazza che cedeva facilmente, quando c’era un rapporto
con farid lui la teneva d’occhio, da bravo fratello geloso e protettivo, dopo
era troppo occupata a badare a Shirin per andare in cerca di avventure.
Non
si sarebbe nemmeno accorta che quel ragazzo era entrato in tabaccheria,selui non avesse tossicchiato imbarazzato, solo
allora aveva alzato gli occhi dal libro di Fisica.
Era
alto, una pertica magra e vestita di nero, con degli strani dreadlock bianchi e
neri, gli occhi scuri truccati di nero e un piercing al sopracciglio, il tipico
ricco vestito da barbone.
Era
però indiscutibilmente bello, anche se trasandato, con la barba appena
accennata e l’aria alticcia, in ogni caso decisamente meglio della fisica
sembra ombra di dubbio.
Le
aveva chiesto un pacchetto di Marlboro, per prenderglielo aveva dovuto andare
nel retrobottega, maledicendosi per i pensieri da ragazzina idiota, senza
pensare minimamente alla possibilità che potesse averlo colpito.
Leila
Schimth non colpiva mai nessuno,era quello che la contornava, fratello, amici,
la banda che colpiva gli altri e la rendeva famosa.
Certe
volte si chiese se qualcuno l’avrebbe notata se lei avesse avuto una vita
diversa, ma erano pensieri sterili ed inutili.
Il
retrobottega non era grandissimo, prese un taglierino e si chinò per aprire uno
scatolone pieno di stecche di sigarette, era talmente concentrata sul suolavoro da non sentire che qualcuno era
entrato dopo di lei.
Se
ne accorse quando, tagliato il nastro, buttò il taglierino sullo scatolone e si
alzò soddisfatta,solo allora sentì due
grandi mani che le stringevano i fianchi.
Sussultò.
Chi
c’era?
Lo
sconosciuto la fece voltare, lei lo guardò male, sebbene quegli occhi
l’avessero stregata, lui la ignorò e si abbassò su di lei per baciarla prepotentemente.
In
quei momenti non pensò nemmeno una volta al taglierino, solo a dimenarsi,
mentre quello le stringeva più forte, avrebbe potuto mollargli un calcio nei
genitali, ma non lo fece.
Era
assurdo, stava cedendo alle sua avances, anche se non era una tipa che andasse
con sconosciuti ubriachi, non riusciva a riconoscersi.
Lui
prese a mordicchiarle e a leccarle il contorno delle labbra, questo la fece
capitolare e schiudere le sue.
Ci
sapeva fare il ragazzo.
Baciava
da Dio con quel piercing e le accarezzava la schiena.
Non
era violento…solo impetuoso.
Gemette,
lui staccò, fece un sorriso sghembo,poi impallidì e si accasciò su di lei.
Scivolarono
a terra insieme, si allontanò da lui,Leila gli fece appoggiare le gambe sullo
scatolone e la testa sulle sue gambe.
Era
preoccupata.
Lo
schiaffeggiò leggermente, pregando che si riprendesse.
Lui
aprì piano gli occhi, intontito, non del tutto in sé.
“Ti
prego aiutami!”
Rimase
incerta, cosa poteva fare?era in preda all’ansia.
“io…ci
provo…”
All’improvviso
si ricordò della stanzetta che usava Farid i primi tempi quando litigava con i
loro genitori dietro il retrobottega e decise di trasportarlo li.
Faticosamente
lo fece rialzare, gli avvolse un braccio intorno alla vita e avanzarono verso
la stanzetta tra gli scatoloni.
Aprì
la porta poi lo fece stendere sulla brandina malconcia.
“Che
ti è successo eh?”
Lo
coprì, si sedette accanto a lui, indecisa, non voleva lasciarlo solo.
Lui
le afferrò il polso, Leila trasalì.
“Non
lasciarmi da solo.”
Ok,
era ancora immerso nei suoi deliri, ma abbastanza cosciente da farla stendere
accanto a se e abbracciarla.
Lo
guardò, era bello, sembrava un bravo ragazzo, perché era ridotto così?
Gli
accarezzò una guancia.
Katarina
arrivò poco dopo.
“Dio
Leila, cosa è successo?”
Lei
si mise un indice sulla bocca, invitandola al silenzio.
“Chi
è?”
“Un
tizio ubriaco marcio, ma mi dispiace mandarlo in mezzo alla strada.”
“Perché
ti abbraccia?”
“Non
lo so…credo mi abbia scambiata per qualcun altro….”
“è
pericoloso, vattene e lascialo li!”
“Non
ti preoccupare, me la cavo…
Sto
ancora un po’ e me ne vado a casa o mio padre mi ammazza.”
La
barista scosse la testa e se ne andò.
Lei
rimase a guardarlo, non era così dolce con gli sconosciuti di solito, ma lui
era diverso.
Lo
accarezzò piano, lui sudava e si lamentava.
“Tom…
Fra…
Non
mi lasciate….”
Chi
erano?
Il
fratello e la sua ragazza? Un amico e sua sorella? O il suo ragazzo e sua
sorella?
Classificò
come stupida l’ultima ipotesi, quel tipo era eteroo non l’avrebbe baciata così (come sarebbe
finita se non fosse crollato?), che fosse bisex?
A
lei, in ogni caso importava qualcosa della sua vita sessuale?
No…erano
più importanti altre cose, altre domande, come quella che si fece subito dopo.
Cosa
lo aveva portato a ridursi in quel modo?
Ne
aveva visti di ragazzi finire male, lui era diverso, ne era certa.
Era
disperato, questo si, però aveva una possibilità di potersi salvare, se lo
sentiva, aveva una luce negli occhi che mancava agli zombie disperati del suo
quartiere.
Era
come se fosse un angelo caduto.
Scosse
la testa, aveva appena formulato un altro pensiero da ragazzetta sciocca, due
erano troppi per quella sera.
-Trovati un ragazzo
Leila….-
Il
suo sguardo cadde automaticamente sullo sconosciuto che si contorceva accanto a
lei.
Sospirò,
lui si lamentò ancora e la strinse più forte.
Continuò
così ancora per un po’, diminuì la presa e lei si alzò.
Il
ragazzo dormiva profondamente, Leila se ne andò, sorridendo.
Chiuse
la porta a chiave, l’indomani mattina avrebbe deciso cosa fare di lui.
Era
da anni che non si sentiva così…viva.
Era
assurdo, totalmente insensato, ma era felice.
Misteri
o regali della vita.
Non
bisognava mai sputare in faccia ai regali che la vita ti faceva e quello
sconosciuto aveva l’aria di essere davvero una sorpresa se non bella quantomeno
interessante.
-Oh!
La piccola e cinica Leila si sta prendendo un cotta?
Un
travolgente amore a prima vista?-
Fece
tacere quella fastidiosa vocina, ma ormai il seme del dubbio era stato
piantato.
Si
disse di pensare a qualcosa di più costruttivo ad esempio come fare a
rintracciare chi fosse il bell’alcolizzato e decide di chiamare Luca.
Lei
conosceva buona parte della gente del quartiere, lui idem, quindi forse per lui
non sarebbe stata una faccia sconosciuta.
Era
un’idea sensata.
Chiamò
l’amico e gli disse di raggiungerla alla tabaccheria al più presto.
Katarina,
che la vide riemergere dal retrobottega le lanciò un’occhiataccia che lei
ignorò.
Poco
dopo il moro arrivò trafelato.
“Ohi
Leila, cosa succede?
Perché
mi hai fatto venire qui di corsa?”
“Ho
trovato un tizio sbronzo e l’ho portato di là, ma non so chi sia, forse tu puoi
aiutarmi…”
Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo.
“Da
quando ti comporti come l’esercito della salvezza?”
Lei
sbuffò.
“ok…Fammi
vedere chi è…
Non
è che hai avuto un colpo di fulmine?”
Lei
arrossì.
“Taci
cretino!”
Lui
ridacchiò per poi seguirla verso la stanza da cui era riemersa meno di un
quarto d’ora prima.
Il
bello sbronzo dormiva placidamente sulla brandina, Luca lo osservò a lungo,
corrugò la fronte, si gratto la testa, Leila capì che lo conosceva.
“Sai
chi è?”
Domanda
retorica.
“Si…
almeno credo…
Dovrebbe
essere un amico di Fra…”
[“Tom…
Fra…
Non
mi lasciate….”]
“Domani
mattina la chiamo.”
Leila
da felice passò senza sapere perché a un umore inquieto.
Cosa
sarebbe successo ?
Davvero
era amico di Girardi?
E
soprattutto perché lei era risentita da questo fatto pur non conoscendo
minimamente quel tipo?
Ancora
una volta era alle prese con domande senza risposta.
[Accendi la luce
Sai che non mi piace
La pace che viene dall’oscurità
Restare nel buio mentre ti torturo
Non mi basta più
Voglio il tuo cuore nero(**)]
Francesca
Girardi non aveva mai avuto un buon rapporto con i
telefoni, da quando una certa medusa era entrata nella sua vita la pace armata
che aveva raggiunto con loro era finita, definitivamente rotta.
Al
momento la Medusa, ossia il suo ragazzo chiamato così per via delle lunghe
treccine nere, la stava tenendo abbracciata al suo petto mentre lui dormiva
della grossa, facendola sorridere soddisfatta.
Se
fosse stata una gatta si sarebbe messa persino a fare le fusa e lui questo lo
sapeva bene, infatti si era addormentato con uno strano sorrisino.
Era
di buon umore Tom, forse sentiva che il fratello era più vicino e non troppo
difficile da raggiungere, forse era solo una crisi di ottimismo.
All’improvviso
il suo cellulare squillò inondando la stanza con la melodia di “Buoni sconto”
delle PornoRiviste,doveva ammetterlo, alle nove di
mattina non era il massimo sentirsi sparare a palla una canzone punk italiana.
Lui
mugugnò nel sonno mentre lei si affrettava a rispondere imprecando contro lo
sconosciuto.
Era
Luca, il suo al momento poco adorato fratellino.
Cosa
voleva?
“Pronto
fratello!”
“Ciao
Fra…”
“Cosa
vuoi? La gente a quest’ora dorme!”
Lo
sentì esitare un attimo, iniziò a preoccuparsi facendo dileguare lentamente il
buonumore che le metteva la viconanza di Tom.
“Devo
dirti una cosa…”
“Cosa?”
“Credo
di aver trovato Bill…”
Rimase
un attimo in silenzio, frastornata, con il cellulare vicino all’orecchio senza
capire o ascoltare minimamente ciò che il fratello le stava dicendo.
Aveva
trovato Bill.
Aveva
trovato il suo migliore amico, quelloa
cui aveva spezzato il cuore.
“Hai
trovato Bill?”Ripeté stordita dalla notizia inaspettata..
“Si
Francesca…O meglio Leila l’ha trovato..
Nella
sua tabaccheria, completamente sbronzo.
Adesso
è da lei!”
“Grazie
Luca, grazie!”
L’ultima
parola fu un urlo che svegliò completamente Tom, che la guardò irritato mentre
lei chiudeva lo sportello del cellulare in preda a un miscuglio assurdo di
sentimenti che si manifestava con un solido nodo alla gola che rifiutava di
sciogliersi.
“Cosa
succede Fay?”
Lo
guardò, era ancora semiaddormentato,del tutto impreparato allo shockche stava per dargli.
“Mi
ha telefonato Luca…. “
Lui
si stiracchiò e la guardò perplesso, lei prese fiato, chiedendogli mentalmente
scusa per la poca delicatezza che avrebbe usato..
“Luca
pensa di aver trovato Bill..
È
discretamente sicuro, a essere sinceri, era sbronzo in una tabaccheria del mio
ex quartiere.”
Lui
si svegliò completamente, sbarrò gli occhi e fece per dire qualcosa, per poi
rinunciarci e scalciarevia le coperte
in preda alla frenesia.
Subito
dopo si alzò di scatto, come se rimanere in quel letto sapendo dove fosse Bill
gli fosse intollerabile.
“Andiamo
Fay.”
Le
tese una mano per aiutarla ad alzarsi, entrambi notevolmente agitati adesso, si
stavano avvicinando a uno snodo importante della vicenda.
Si
vestirono in silenzio, uscirono di casa.
Buffo,
come avessero poco da dirsi in momenti come quelli e come l’attenzione fosse
attirata dal ripetersi meccanico delle azioni.
In
macchina lui continuò a tacere, sembrava immerso in un suo mondo , felice per
aver trovato il fratello, inquieto per come affrontarlo.
Forse
aveva paura di essere respinto o di vedere come l’avrebbe trovato.
Forse
era solo paura e basta e si rifugiava nel silenzio in attesa di capire come si
sarebbe evoluta la situazione.
Lo
capiva benissimo, lei era nella stessa situazione, i suoi sensi di colpa erano
più vivi che mai.
Tom
parcheggiò davanti al locale, entrarono, Leila e Luca erano seduti vicino al
bancone della tabaccheria, in un silenzio teso.
“Dov’è?”
“Vi
faccio strada.” Rispose Leila.
La
seguirono nel retrobottega e poi in una stanzetta attigua, lui era sdraiato su
di una brandina, profondamente addormentato.
L’espressione
di Tom si fece indecifrabile,avrebbe pagato oro per sapere cosa pensasse, ma al
momento lui era un libro chiuso.
“Fay rimani con lui… “bisbigliò.
“Dove
vai?”
“Voglio
farmi raccontare da lei come l’ha trovato.”
“Perché
scappi?”
Lui
non rispose, Francesca si avvicinò lentamentea Bill e si sedette accanto a lui, Tom lasciò la stanza di corsa.
Era
cambiato in quei tre anni, era più adulto, più bello anche se al momento
sembrava un barbone più che altro, ma rimaneva sempre il ragazzino che l’aveva
aiutata, in fondo.
Sorrise
divertita ed intenerita, felice di vederlo.
Fay gli accarezzò una guancia, lui mugugnò nel
sonno, poi iniziò a stropicciare gli occhi.
Lei
trattenne il fiato, come avrebbe reagito?
Bill
sbarrò gli occhi, incredulo, spaventato, come se la credesse un’allucinazione.
“Francesca?”
Annuì,
lui le si buttò tra le braccia, stritolandola, lei si lasciò andare e lo
strinse a sua volta.
Gli
era mancato troppo in quegli anni per poter fare in un modo diverso.
“Ehi…non sono un’allucinazione!”
Lui
continuò a stringerla senza dire nulla, lei gli accarezzò i capelli dolcemente,
non erano più lisci e morbidi, ma ispidi dreadlock,
che le ricordarono quelli di Tom.
Stava
bene così com’era ,in quell’amicizia che sembrava aver dimenticato quegli anni
di vuoto, ma non poteva , doveva iniziare con lui un discorso che avrebbe
voluto affrontare da tempo.
“Mi
dispiace per quello che è successo anni fa..
Non
volevo ferirti, era l’ultima cosa che volessi!”
“Non
ti preoccupare, è passato.
All’inizio
sono stato male, ma poi ho capito, tu hai fatto la scelta più giusta….non mi hai illuso…
Sono
io che dovrei scusarmi…Per essere sparito…per
come mi sono ridotto.
Io
sto solo facendo soffrire tutti e non vorrei…
Non
so cosa fare! Aiutami!”
Francesca
avrebbe voluto piangere, invece gli fece forza, non era per piangere ch era lì.
“Ce
la faremo in qualche modo…ce la faremo..”
“Dov’
è Tom?”
Il
ragazzo si guardò attorno spaventato, forse temendo che il gemello l’avesse
piantato in asso, era assurdo come quei due avessero quasi le stesse emozioni..
“Di
là, tra poco arriva…”
“L’ho
ferito e lui non se lo meritava, sono una merda!”
“Risolverete…lui ti vuole bene.
È
impazzito per cercarti, è persino venuto da me!”
Lui
sorrise contro il collo di lei, divertito forse da quell’affermazione.
“Te
l’ho mandato io….speravo venisse da te e si salvasse,
io per lui sono pericoloso.”
“Non
lo sei e comunque non potrebbe essere felice sapendo che tu stai male, questo è
poco ma sicuro…”
La
porta si aprì dietro di loro, interrompendo quella conversazione.
“Bill..”
era la voce di Tom, sottile, incerta e spaventata
Il
ragazzo si staccò da lei come se avesse preso una scossa, Francesca si alzò a
sedere, Tom avanzò verso di luisenza
dire una parola, teso.
“Scusa…”
Il
gemello non rispose.
“Io
non volevo dire quelle cose, non ti odio.
Non
mi hai mai rovinato la vita….non l’hai mai fatto.
Perdonami.”
Tom
si sedette sulla brandina accanto a lei.
“Mi
hai fatto male…mi sono chiesto se non avessi
sbagliato tutto con te…”
“Non
hai sbagliato! Io volevo solo allontanarti per far si che almeno dei due si
salvasse!”
“Come
avrei fatto ad andare avanti sapendo che tu eri rimasto indietro?”
“Scusami…volevo solo che tu non soffrissi.”
Francesca
si sentiva di troppo in quel dialogo, quella era parte riguardava solo i Kaulitz, non lei, quindi era bene che lilasciasse soli.
Stava
per uscire dalla stanza, ma qualcosa nell’atteggiamento di Tom le fece capire
che doveva rimanere, che loro volessero che lei rimanesse per vedere quello che
accadde dopo.
Lentamente
il maggiore dei gemelli attirò l’altro in abbraccio che sapeva di pace e che le
allargò il cuore.
“Sei
stato un cretino a credere che ti avrei lasciato perdere così, ma va bene così…
So
perché l’hai fatto....”
Questo
segnava il perdono definitivo di Tom, si sentiva stupidamente felice, sebbene
sapesse benissimo che iguai erano solo
all’inizio, la parte davvero dura iniziava adesso.
“Voglio
uscirne Tom.
Non
voglio più che succedano queste cose.”
Il
fratello lo staccò da se per scrutarlo.
“Sei
convinto Bill?”
Il
moro annuì, sembrava sull’orlo delle lacrime.
“Allora
vieni a casa nostra.”
Bill
sorrise, di rimando sorrise anche Francesca, era bello rivederlo così, anche se
per poco.
Georg
era notevolmente agitato.
Camminava
avanti ed indietro per l’appartamento inquieto, tra poco Lene sarebbe arrivata
per trascorrere da lui una settimana.
Dopo
varie telefonate con la madre della sua sorellastra erano arrivati a
quell’accordo, la donna sembrava al settimo cielo, Lene completamente indifferente.
Questo
fatto l’aveva leggermente preoccupato.
D’accordo
era una ragazzina incavolata con la vita, però quel silenzio lo impensieriva, a
cosa si sarebbe trovato davanti?
Si
impose di calmarsi, aveva ventiquattro anni, poteva gestire benissimo quella
situazione e stabilire un dialogo con Lene.
-Si,’sticazzi…. Chi è quello che ha
controllato quindici volte che la camera della mocciosa fosse a posto?
Che si è chiesto se
avrebbe apprezzato gli sforzi?
Tu o il tuo sosia?-
Il
campanello lo fece sobbalzare, andò ad aprire imponendosi la calma, era una
diciassettenne dopotutto non una detenuta pluriomicida!
La
ragazzina che si ritrovò davanti andava molto vicino alla teppista, lunghi
capelli platinati, meches blu, abiti succinti,
ruminava una gomma da masticare e lo trucidava con un’occhiata da serial
killer.
“Ciao.
Io sono Georg, piacere!”
Le
tese una mano sorridendo, lei non la prese.
“So
chi sei…Io sono Lene.”
La
voce era dura, dell’antica timidezza rimaneva una vaga traccia negli occhi
ancora leggermente insicuri,tutto il resto indicava chiaramente che lei era una
ragazza che non voleva essere disturbata.
Sarebbe
stata una dura convivenza.
“Ahm,
vieni ti faccio vedere la tua stanza.”
Lei
annuì e trascinòcon sé un pesante trolley
nero.
“Ti
tratti bene…bellabaracca…”
“Grazie…parli come un…”
“Un
teppista Listing?
Si
esattamente e non sono affari tuoi, non sei mia madre!”
La
ragazzina aveva giusto un po’ di acredine nei suoi confronti….
Aprì
la porta della stanza e gliela mostrò, lei rimase impenetrabile, non capiva
assolutamente se le piacesse o no.
“Carina….
Sistemo
le mie cose.”
Gli
sbatté la porta in faccia.
Rimase
impalato davanti alla stanza, a sentire rumori di valigie in via di
disfacimento edimprecazioni varie.
Quella
ragazzina era un soggetto difficile, avrebbe dovuto ricorrere a tutte le scorte
di pazienza che aveva grazie al fatto di aver sopportato i gemelli per anni.
L’unica
cosa positiva, se si così poteva definire, era che aveva realizzato che davvero
Lene era la sua sorellastra, aveva visto dei lineamenti uguali ai suoi su quel
viso imbronciato.
Cosa
poteva fare?
Era
presto per fare pranzo e tardi per la colazione, così decise che poteva
esercitarsi un po’ con il basso, lei non avrebbe mandato a fuoco l’appartamento
no?
A
passi incerti, raggiunse la sua camera ed iniziò ad accordare lo strumento, per
poi iniziare a suonarlo.
Non
si accorse che dopo un po’ qualcuno aveva aperto la porta della stanza e si era
appoggiato allo stipite guardandolo con un’espressione che andava molto vicina
al rispetto, ne si accorse che quel qualcuno poi si sedette alla sedia della
sua scrivania.
Era
totalmente concentrato su quello che stava facendo, in quelle condizioni
avrebbe potuto crollargli la casa in testa e non l’avrebbe realizzato.
Quando
finalmente smise sentì un applauso che lo fece sobbalzare, Lene era nella
stanza e per un attimo non sembrava in procinto di squartarlo.
-Ok…l’hai colpita in qualche modo…vedi
di sfruttare la cosa a tuo vantaggio….-
Le
sorrise imbarazzato, era ovvio che avesse notato il suo sobbalzo e depose lo
strumento sul letto.
“Sei
bravo Listing…
In
questo almeno ti devo rivalutare…”
-Bontà tua…. Suono in una band di fama mondiale da anni ormai.-
“Grazie
Lene.
Suoni
tu?”
Lei
fece unstrana smorfia.
“No,
sono negata con qualsiasi strumento…”
“Hai
mai provato con qualche strumento prima di dirlo?”
Lei
si grattò la testa imbarazzata.
“Il
flauto alle medie…”
“Capisco.”
Si
alzò dal letto.
“Aspettami
qui per favore, torno subito.”
Lei
lo guardò sbalordita, lui la lasciò perdere e andò in un’altra stanza dove
teneva gli strumenti e prese un altro basso
per
la ragazza.
Quando
tornò la sua sorellastra sgranò gli occhi stupita.
“Cosa
vuoi fare con quel basso?”
-Spaccartelo in
testa..-
“Se
vuoi posso provare a insegnarti qualcosa.”
“Da-davvero?”
“se
vuoi, Lene, dimmi tu…”
“Vuoi
comprarmi?”
“Cerco
di costruire un rapporto con te, è diverso.”
“Dovevi
provarci due mesi fa, non adesso!”
Lui
abbassò gli occhi sconfitto, stava infilando un errore dopo l’altro, il
soggetto con cui aveva a che fare poi non collaborava.
“Però
apprezzo comunque la buona volontà…. Avanti proviamoci…fammi vedereche cosa fare…
Così
potrò dire ai miei amici che è stato il bassista dei Tokio Hotel….E
poi prepararmi a scappare visto che ti odiano…”
Sospirò,
almeno aveva fatto un passo avanti…
“Bhe, mi fa piacere che tu mi dia una possibilità…”
“Volente
o nolente sei mio fratello e questo non posso ignorarlo.”
Lene
prese in mano lo strumento incerta, lui le spiegò come fare gli accordi base, era
piacevole spiegare a qualcuno come suonare, era un modo per dividere le sua
passione.
Ben
presto la stanza si riempì di due melodie dissonanti,Lene era concentrata nel cercare di
riprodurre i suoi movimenti e in quel momento una parte di quella che supponesse
essere la vecchia Lene emerse.
Riusciva
ad immaginarsela senza fatica china su di un libro o su di una formula
matematica, sorrise, lei smise.
“Che
ti prende?”
“Niente,
sei carina se ti concentri…”
“Sono
tua sorella, non una tua groupie…”
Lui
sbuffò.
“Non
posso essere gentile con mia sorella?”
“Certo
che puoi, ma non leccarmi il culo!”
Alzò
le mani in segno di resa.
“OK
Kaufmann, mi arrendo!
Continuiamo
a suonare, è meglio!”
Così
fecero, la bella atmosfera tornò a crearsi e Georg per un attimo credéche ce l’avrebbe fatta con lei, che tutto
sarebbe andato bene.
“Listing…Hofame…”
“SE
vuoi cucino qualcosa.”
“Sai
cucinare?”
“Non
molto…”
“è
un modo per dirmi “Cucina tu, Lene”?”
Lei
lo guardò minacciosa, le mani sui fianchi e gli occhi lampeggianti.
“Ma
perché ogni cosa che dico la usi contro di me?”
“Perché
io ci vedo puzza di bruciato in questo strano invito! Chi ti ha puntato una
pistola alla tempia per farmi venire da te?”
“Nessuno,
volevo solo conoscerti tutto qui!
Non
c’è un secondo fine e se ti va vorrei portarti fuori a pranzo, non farti
cucinare!
Sei
mia ospite cazzo!”
Georg
era davvero irritato, suo sorella vedendolo, sembrò abbassare le armi.
“Ok…Se vuoi usciamo…un attimo che
mi cambio…”
Si
chiuse in camera sua, Georg tirò un sospiro di sollievo, portò i due bassi
nella stanza degli strumenti e si cambiò, per poi sedersi sul divano del
salotto.
La
ragazzina era ancora in camera sua o forse in bagno, così allungò poco
elegantemente i piedi sul tavolino del salottoe decise di fumarsi una sigaretta.
Cercò
il pacchetto e se ne accese una.
“Che
esempio dai alla ragazzine Listing?”
Si
voltò, la ragazza era uscita dal bagno, la squadrò divertito, indossava dei
jeans chiari e una felpa blu.
“Le
ragazzine non possono vedermi mentre sono a casa mia…
Pensi
che almeno li potrò concedermi un po’di liberta?
Stai
bene vestita così!”
Lei
inarcò un sopracciglio.
“Il
tuo discorso non fa una piega…
Grazie,
comunque…”
“Prego,
finisco la sigaretta e usciamo…”
Lei
si sedette accanto a lui e con noncuranza estrasse una sigaretta da un
pacchetto a sua volta e se la accese.
“Non
dovresti fumare…”
“Tu
puoi e io no?”Domandò innocente.
“Ok…”
Lene Kaufmann uno, Georg Listingzero.
Palla
al centro.
Tom
era felice, dopo mesi finalmente stava riprovando quella situazione e tutto
grazie a lui, Bill, che era seduto sui sedili posteriori della sua Cadillac.
L’aveva
ritrovato, suo fratello era di nuovo con lui e c’era anche Fay.
Non
era così stupido da credere alla favola del happy ending,
sapeva che era da adesso che sarebbero iniziate le cose veramente difficili, la
lotta dura, ma al momento queste cose erano in secondo piano, sommerse dalla
felicità di averlo di nuovo lì
-Ma ora non sono solo,
ho la mia fata, ce la possiamo fare..-
Scesero
dalla macchina, Bill barcollava ancora leggermente, nonostante fosse
abbarbicato alla sua ragazza.
“Sei
schifosamente alto, cucciolo!”
“Cucciolo?”
Tom
si voltò perplesso verso di lei, con un sopracciglio alzato.
“Bhe lo chiamavo così prima…”Balbettò
lei”Spero non sia un problema…”
Lui
sghignazzò come un cretino.
“Nooo…….solo che non mi sembravi il tipo da soprannomi!”
“Medusa
sei un insensibile!”
“Medusa?”
questa volta fu Bill a stupirsi.
“Si
lo chiamo così…Urta come una medusa, ma è
estremamente affascinante, grazioso…
Inoltre
non te lo ricorda con questi capelli?”
Bill
lo guardò, poi scoppiò a ridere roco.
“In
effetti il soprannome è azzeccato!
Tom
meeeduusaa!”
“Grazie
Nana…”
Si
incamminò verso l’appartamento seguito dal suo gemello e dalla sua ragazza,
sorridendo, quel clima gli era mancato, per un attimo gli sembrò di tornare ai
sedici anni.
-Dio, come mancano
quei tempi…-
Li
sentiva ridere e parlare dietro di loro, un tempo ne sarebbe stato geloso, ora
ne era felice, era come se tutti quegli anni non fossero mai passati.
Come
se tutte le cose negative che erano successe, per un attimo fossero scomparse,
lasciando solo tre ragazzi poco più che ventenni che ridendo e scherzando
stavano tornado al loro appartamento.
“Finalmente
siamo arrivati!
Bill
vuoi fare la doccia? Mangiare?”
“Prima
la doccia e poi mangiare!”
Fay sorrise e si diresse in cucina, lasciando
Bill a lui, a Tom, che adesso iniziava a sentirsi un insensibile in vista di
quel ritosgradevole che stava per fare.
“Vuoi
fare la doccia?”
“Si,
mi piacerebbe..”
“Hai
qualcosa addosso?”
“Non
ti fidi di me?”
“Si,
mi fido….
Però
so che resistere non è facile..”
“Perquisiscimi!”
Tom
alzò un sopracciglio, Bill sembrava volesse sfidarlo, peccato che non fossero
più dei bambini che si contendessero un giocattolo, c’era altro in palio ora.
“Non
è una punizione Bill, voglio solo essere sicuro!
Io
e te abbiamo già recitato questa scena molte volte!”
Il
moro annuì e si fece controllare docile, come se avesse realizzato anche lui la
stessa cosa.
“Ti
voglio bene Bill, sappilo.
Non
mi diverto a fare così…”
“Lo
so, mi dispiace di averti costretti a questo.”
Non
trovò nulla, era meglio così, non sapeva come avrebbe reagito se avesse trovato
della droga.
“Ok
fratello puoi andare…e mi dispiace ancora.”
Bill
entrò in bagno, Tom raggiunse Fay in cucina, la
ragazza stava mescolando il sugo davanti ai fornelli, lui sorrise e si portò
dietro di lei.
Era
stupido, ma aveva avuto un’impressione di famiglia vedendola , che tutto stesse
andando al suo posto, lentamente, come un puzzle quasi alla fine.
La
abbracciò da dietro ed iniziò a baciarle dolcemente il collo, la sentì
sorridere.
“Dai
Medusa piantala, sennò non preparo più nulla!”
“Dai
Fay!”
La
ragazza si lasciò coccolare ancora un po’, poi si voltò di scatto ed appoggiò
le mani sul suo petto.
“Perché
non hai voluto parlare subito con Bill?”
I
suoi scatti di umore repentini non erano affatto cambiati in quegli anni.
“Avevo
paura Fay…paura che mi respingesse, che mi dicesse
che mi odiava e che non voleva più vedermi.
Lo
so che è stupido, che quelle parole gliele aveva messe in bocca la droga, ma mi
sono entrate dentro…
Ci
ho pensato molto, mi sono tirato un sacco di paranoie!”
“Lo
so…” Francesca gli accarezzò una guancia, lui la
baciò.
Lei
attorcigliò le braccia attorno al suo collo e rispose al bacio sorridendo, era
per quello che l’amava, per il suo modo di capirlo e non giudicarlo.
Il
bacio si approfondì sempre di più, lei si strinse di più a lui e ad
accarezzarlo, lui ricambiò sempre più preso da quella situazione, le maniche vagavano ovunque sul corpo di lei.
Non
sapeva come sarebbe finita se qualcuno non avesse tossicchiato dietro di loro.
Bill.
“Scusa…”mormorò imbarazzata lei, staccandosi da lui,
mantenendo però le bracca attorno al suo collo.
“No
tranquilla, siete davvero carini e finalmente vedo mio fratello che fa sul
serio con una persona….
Però… il sugo ti si sta attaccando!”
Francesca
si staccò da lui, imprecò e spense il pentolino.
“Accidenti
Tom!”
I
due gemelli Kaulitz scoppiarono a ridere insieme,
come se fossero solo tre normali ragazzi.
Era
per questo che adorava Fay, per quel modo assurdo e
personale che aveva di farli ridere e di rischiarare l’atmosfera.
Forse
non sarebbero sempre state rose e fiori, ma era sicuro che con lei ce l’avrebbe
fatta.
“Sei
fortunato Bill, qualcosa si è salvato nonostante Tom…”
Francesca
interruppe le riflessioni, lui si grattò la testa imbarazzato.
“Non
sono così un disastro…”
“Sono
le persone calme a non essere come te!”
Bill
scoppiò di nuovo a ridere, poi si fiondò sul cibo e la sua attenzione fu solo per
la pasta.
La
conversazione si spense lentamente nel silenzio dell’affetto di lunga data, la
ragazza sorrise incrociando il suo sguardo.
Era
quasi tutto come prima.
-Fino alla prossima
crisi d’astinenza…-
“Bene
ragazzi, io sono pieno…
Dove
posso dormire?””
“Nella
stanza degli ospiti, quella con il bagno collegato.”
Bill
sgranò gli occhi, Tom si fece più risoluto.
“Così
puoi stare più tranquillo….”
Il
Kaulitz minore se ne andò dalla stanza con gli occhi
bassi, lui lo segui.
Guardò
Bill infilarsi in quel letto sentendosi oppresso da sentimenti contrastanti, da
una parte era felice, dall’altra triste per quello che stava per fare.
Si
fidava del fratello, ma non aveva intenzione di correre rischi, così era deciso
a chiuderlo a chiave in camera pur di non farlo uscire durante la prossima
crisi d’astinenza che sapeva essere vicina.
“Posso
parlargli?”
La
voce di Fay lo fece sobbalzare, lui annuì.
La
vide sedersi sul letto di suo fratello, sussurrargli qualcosa all’orecchio, lui
rispose annuendo.
“Buonanotte
cucciolo!”
Lei
Gli accarezzò i capelli dolcemente.
“Potreste
rimanere?”
Tom
si sedette sull’altra sponda.
“Lo
so che volete chiudermi a chiave qui dentro…
Non
vi biasimo….davvero… so che lo fate per me e vi
ringrazio ora che sono lucido.
Vi
voglio bene, mi siete mancati tutti e due!”
Tom
si sentì stringere il cuore e lo soffocò in un abbraccio in cui forse quello
più consolato era lui.
Rimaseroa parlare finchè il
gemello non cadde in un sonno profondo, solo allora fece segno a fay di alzarsi e di seguirlo fuori dalla stanza.
Chiudere
quella porta a chiave gli causò uno strappo all’altezza del cuore, ma era
necessario farlo.
“Ce
la faremo…”
La
sua ragazza lo abbracciò e lui si abbandonò tra le sua braccia.
Nonostante
tutto continuava a sentirsi in colpa e impotente.
“Cosa
hai detto a Bill?”
“Gli
ho detto che gli vuoi bene e che lo fai per lui…
Che
non era una punizione, solo cercavi di aiutarlo.”
Lui
sospirò.
“Grazie
Fay.
Se
non ci fossi tu a fare da cuscinetto non saprei cosa fare.”
Lei
lo staccò, gli sorrise.
“Lo
faccio per voi, tengo a tutti e due…non scherzavo
quando mi sono impegnata ad aiutarvi.
Cercherò
di farlo con tutte le mie forze!”
Lui
sorrise.
“lo
so…per una volta metterai la tua leggendaria
testardaggine al servizio di una buona causa!”
“Ah
ah ah…senti chi parla!”
Sorrise
di nuovo, ancora una volta parlare con lei gli aveva fatto bene.
Affrontare
quello che c’era oltre quella porta non sarebbe stato facile, ma con lei
accanto ce l’avrebbe fatta.
- Ah Nana…cosa farei se non ci fossi tu?-
Forse
era per questo che l’amava?
Probabilmente
si e un giorno sarebbe stato in grado di dirglielo, se lo promise, mentre
affondava la testa tra i suoi capelli profumati.
ANGOLO DI LAYLA
Buongiorno….non vorrei allarmarvi, ma esiste la
possibilità che questa fiction subisca dei ritardi nella pubblicazione.
Ho
dovuto preparare un esame bastardo( mi hanno bocciata > _
Niente
canzoni stavolta.
Big Angel Dark: grazie, spero che questo ti
piaccia^^.
_Pulse_ : tranquilla, Billè ancora al suo posto, non si poteva giocare
a nascondino in eterno.
Spero ti
piaccia.
Ciao
Hana Turner. : spero che Leila non ti abbia uccisa. In effetti Farid dovrebbe tenere per sé i suoi consigli -___-
Come vedi
l’hanno ritrovato comunque (alleluiaa).
Spero ti
piaccia.^^
Ciao
Black Down TH. Bill con la barba di Matusalemme XD! Magari poi ci fa pure
le treccine, abbinate a quelle nella chioma XD!
L’hanno
ritrovato hai visto?Ma non vedrà il
barbiere per un po’temo -____-.
Perché a
tutti fa tenerezza Leila, non volevo quest’ effetto -____-….
Vabbhe, spero che questo ti piaccia.
Alla
prossima.
Ciao.
Schwarz Nana : Grazie della recensione…farid
è un bastardo in effetti, ma vorrei approfondirlo meglio questo personaggio o
provarci ( sono in alto mare!!!).
Sono contenta che
ti piaccia, questa storia è una pena per me.
Spero ti piaccia
anche questo.
Ciao^^.
Degah
: Eccotiaccontentata^^! Grazie dei
complimenti, spero che questo ti piaccia! ciao^^
Il
tempo ancora una volta aveva rallentato la sua corsa.
Come
ogni volta in cui era preoccupata, agitata o in preda a sentimenti negativi il
tempo sembrava diventare più lungo,
come
successe quella mattina.
Rimase
a coccolare un po’ Tom, ancora più scosso di lei per quello che stava facendo
al fratello, forse quel consolarlo era un po’ anche consolare se stessa.
Lui
si staccò solo dopo un tempo apparentemente lungo.
“Devo
andare a prendere le cose di mio fratello al suo appartamento. “
“Già.”
E
avrebbe voluto dirgli tante cose, che lo capiva, che soffriva anche lei, ma
tacque, erano cose che si erano già detti e decise di tacergli anche la cosa
più importante che aveva pensato da quando aveva rivisto Bill.
Forse
loro non ce l’avrebbero fatta.
Forse
la cosa davvero giusta da fare era affidarlo a una clinica in grado di
aiutarlo.
Aveva
visto la disperazione e la fragilità negli occhi dell’amico e si era chiesta se
loro, da soli sarebbero riusciti a vincere quella battaglia.
“Ehi
Fay, tutto bene?”
Lei
sorrise incerta.
“
Per quanto possa esserlo in questa situazione , si.
Chiamo
Gustav e Georg, gli dico che l’ho trovato.
Ok?”
Lui
annuì.
“Fallo
venire qui, almeno mi sento più sicuro.”
“Tom,
è chiuso in una stanza, non può farmi nulla.”
“Lo
so, ma sono preoccupato lo stesso.”
“D’accordo.”
Le
diede un bacio ed uscì, lasciandola con i fantasmi deisuoi dubbi e con l’incertezza sul futuro
-Dio perché è tutto
così difficile?-
Pensare
ancora al senso di colpa era pressochéinutile, così prese in mano il telefono e compose il numero del
batterista.
Il
ragazzo rispose dopo un po’ ed era quantomeno strano, date le sue abitudini
mattutine.
“Ehi,
sei rimasto a letto?”
Lui
sogghignò.
“Ieri
sera ho incontrato una ragazza…”
“Oh!
Te la sei fatta o portata a letto?”
“Ma
io con chi sto parlando? Con Tom Kaulitz, il playboy
o con la mia amica Francesca Girardi?”
Lei
rise forzata.
“Con
Francesca Giradi, la tua amica, traviata dal Kaulitz..”
Gustav
ridacchiò due secondi, per poi tornare serio.
“Cosa
c’è Francesca?
Non
mi chiami così presto senza un motivo.”
Lei
sospirò.
“Tralascio
il fatto che non mi hai risposto per dirti che….
Abbiamo
trovato Bill.”
Gustav
trattenne il fiato.
“è
da voi?”
“Si,
Gustav non potresti venire qui?”
“Arrivo,
Fra!”
Trascorse
il tempo necessario a che lui arrivasse fumando, bevendo the e girellando
inquieta per casa, era parecchio nervosa checché si raccontasse.
Quando
suonò il campanello scattò ad aprire e si ritrovò davanti l’amico, nervoso
anche lui.
“Come
sta Fra? Come l’avete trovato?”
“Mi
ha chiamato Luca ,dicendomi che l’ha trovato una sua amica ieri sera sbronzo
nella sua tabaccheria.
Come
sta?
Stanco,
un po’ barbone, ma sta bene.
Adesso
è nella camera degli ospiti che dorme e Tom dice che tra poco avrà una crisi d’astinenza.”
Gustav
annuì, si sedettero in salotto e rimasero in silenzio.
“Avresti
mai pensato che ci saremmo trovati qui ad aspettare una crisi d’astinenza di
Bill?”
“No…Ogni tanto mi sembra un incubo questa storia.”
“Anche
a me…
L’unica
cosa positiva è Tom.”
“Lo
ami, vero?”
“Si,
lo amo e sono felice di averlo accanto,ma non posso fare a meno di chiedermi
per quanto.
Quando
Bill starà meglio, cosa succederà?
Ma
ora non voglio pensarci, voglio pensare a Bill e godermi questi attimi.”
Il
biondo annuii.
“Cavolo
devo chiamare Georg!”
“Oggi
arriva Lene a casa sua, ieri sera era in paranoia.”
“Perché
si preoccupa? Sono certa che sarà un ottimo fratello!”
“Si,
ma sai come è fatto.
Insomma,
forse è anche normale preoccuparsi di incontrare una sorella di diciassette anni…”
“Già…”
Fay compose il numero del bassista che tuttavia
non rispose.
“Non
risponde….Lo richiamo dopo.”
La
porta si aprì in quel momento e Tom entrò carico di borseche aveva prelevato dall’appartamento del
gemello.
“Ciao
Gustav!”
“Ciao
Tom.”
Il
ragazzo portò tutto nella loro camera e poi tornò in salotto, reggendo un
cambio di vestiti e oggetti per il bagno.
“li
porto nella camera di Bill.”
Fra
si alzò di scatto.
“Faccio
io…”
“Sei
sicura?”
Se
non vuoi andare tu, mi farebbe piacere
andare.”
Tom
la guardò a lungo, Fay faceva fatica a sostenere
quello sguardo, avrebbe voluto dirgli che non lo faceva per mettersi in mezzo
tra lui e suo fratello ma solo perché le era mancato davvero Bill.
“Va
bene Fay. Stai attenta. “
La
mora annuì, prese da lui quello che voleva portare al fratello ed entrò nella
camera degli ospiti.
Il
locale era in penombra, la luce entrava fioca dalla tapparella leggermente
alzata, Bill dormiva ancora un sonno pesante indotto forse dall’alcool che gli
rimaneva in corpo.
Appoggiò
i vestiti su di un mobile e poi proseguì verso il bagno, dove sistemò gli
effetti personali di Billin modo
ordinato, sapeva che lui teneva particolarmente a che fossero disposti con
cura.
Uscì’
dal bagno , lui dormiva ancora.
Francesca
si fermò a guardarlo, si sentiva triste.
Si
sedette sul letto, gli accarezzò piano una guancia per non svegliarlo.
-Cucciolo, mi dispiace
per tutta questa situazione.
Come posso aiutarti
nel modo migliore?
Cosa posso fare per
tirarti davvero fuori di qui?
Ti voglio bene, non
sai quanto, ti devo moltissimo… SE mi sono ambientata
qui, se non sono impazzita o annegata nella mia vita, se ho Tom lo devo a te.
Non posso lasciarti
annegare in questa merda senza muovere un dito.
Cosa posso fare?-
Non
c’era un risposta immediata a quella domanda, così rimase a guardarlo,a
contemplare quel viso rilassatoe
pallido.
Sembrava
solo un ragazzo un po’ trascurato visto così.
Perché
si era ficcato in quel casino? pensò con rabbia.
Ma
infondo chi era lei per giudicare?
Nessuno,
l’unica cosa che potesse fare per ripagare quello che lui aveva fatto per lei,
per dimostrargli la sua amicizia disinteressata da soldi e fama.
“Fay?”
Sentì
una voce chiamarla, si voltò leggermente impaurita.
Era
Tom.
“
Non arrivavi più, mi sono preoccupato.”
“Stavo
pensando….”
Si
alzò, accarezzò Bill un’ultima volta e raggiunse il suo ragazzo, che le passò
un braccio intorno alla vita.
Uscirono
insieme da quelle stanza.
“Fa
male vederlo così.”
“Lo
so.”
Questa
volta fu Tom ad abbracciarla, lei pregò che non si avverasse la sua previsione
, che non fosse necessario ricorrere a una clinica.
-Fra lo sai anche
tu,non può durare.
Il massimo che
possiate fare è tenerlo pulito fino a che non entrerà in clinica.
Li potranno aiutarlo.-
Rimasero
abbracciati per un po’fino a che Gustav non tossicchiò imbarazzato.
“Ragazzi…”
“Scusa
Gustav…”
“Come
sta?”chiese il batterista.
“Dorme.”
“Quanto
durerà?”
“Non
lo so, ma credo che entro mezzogiorno si sveglierà e saranno problemi.”
“Tom….
Hai mai pensato che forse dovresti convincerlo a farsi ricoverare in una
clinica.”
“Posso
aiutarlo io, Gustav.
Ce
la posso fare a impedirgli di drogarsi!”
Il
batterista non aggiunse nulla,ma era evidente che era in disaccordo con il
chitarrista, forse pensava che comunque non avesse il diritto di intromettersi,
Bill era il fratello di Tom, non il suo.
Si
sedettero tesi sul divano, Tom si stese mettendo la testa in grembo a lei, che
inizio ad accarezzargli i cornrows.
Il
tempo si sgranò lento e crudele, fino a che lei non si alzò per preparare
qualcosa da mangiare.
Solo
allora, mentre era in cucina, con la pentola dell’acqua per la pasta in mano,
dalla stanza del moro iniziarono a levarsi proteste, imprecazioni e preghiere a
che lo facessero usciere di li.
La
crisi era arrivata, sarebbero stati pronti ad affrontarla?
Guardò
incerta Tom e si disse che lo sperava con tutto il cuore.
Era
a pranzo con suo fratello.
La
cosa suonava incredibile a Lene Kaufmann che fino a due mesi prima lo conosceva
solo attraverso foto o poster, soprattutto per il fatto che si stava
divertendo.
Era
arrivata in quella casa credendo di trovare un ragazzo costretto da qualcuno,
suo padre, ad avere un rapporto con lei che non voleva ed invece sembrava che
Georg davvero la volesse conoscere.
Avevano
suonato per un po’ il basso, senza che lui la mandasse al diavolo per la sua
imbranataggine poi l’aveva persino invitata fuori a pranzo.
Erano
arrivati in silenzio in un ristorante italiano abbastanza costoso, lei si
sentiva a disagio in quei vestiti così normali e poco adatti.
“Ehi
Lene, cosa c’è?”
“Listing potevi dirmi che mi portavi in un posto da ricconi!
Mi
sarei vestita adeguatamente!”
“Lene
non farti paranoie! Stai benissimo così, sei una bella ragazza!”
Lei
una bella ragazza?
Scherzava
forse?
“Ehi,
ti ho già detto che non amo le prese per il culo!”
“Io
non scherzo!”
Lena
fece spallucce e si avviò dentro il locale, a suo modo rincuorata.
Georg
non era male come credeva, forse poteva abbandonare per un attimo la corazza e
provare a costruire un rapporto con lui.
Si
sedettero in un tavolino piuttosto appartato, lui ordinò del vino, lei per
quante arie si desse era astemia e lo rifiutò.
“Ma
come? Lo rifiuti?
Pensavo
che una ragazza tosta come te non lo facesse!”
“Non
mi conosci Listing, non hai la minima idea di come
sia io veramente.”
“Perché
non me lo racconti tu allora?” mormorò lui sornione.
Lene
si sarebbe schiaffata una mano in faccia, gli aveva dato un appiglio per
costringerla a parlare di sé.
“Su
di me non c’è molto da dire.
Ho
una madre che fino a che ha potuto mi ha detto le tipiche balle del padre in
viaggio per lavoro, poi ha tergiversato, ha sempre procrastinato le spiegazioni
che mi meritavo.
A
scuola non sono mai stata ne un genio, neun asino, nella media insomma.
Amicizie?
Poche.
A
nessuno interessa accollarsi un fardello come me.
Ragazzi?
Ne
ho uno.
Non
c’è altro da dire.”
“Sei
sempre stata così?”
“Così
come ?”
“Arrabbiata,
amareggiata e cinica.”
Lei
aprì la bocca per protestare, forse negare le parole del fratellastro, tuttavia
si accorse che corrispondevano alla verità.
“Georg,
non ho avuto un padre per diciassette anni!
Diciassette,
non uno o due.
Poi,
all’improvviso arriva a sconvolgermi e
soprattutto scopro che ho un fratello.
Mi
sono sentita destabilizzata, ho scoperto di provare del rancore verso quell’uomo
che avrei sempre voluto incontrare, perché lui aveva dato se stesso a voi, a te
e a tua madre.
Io
avrei voluto averlo accanto quando ero piccola e non c’era, era da voi!
Da
voi!”
Calcò
quella parola, per poi proseguire piano il suo strano racconto, che mai credeva
gli avrebbe potuto fare.
“Avrei
voluto incontrarti, vedere cosa avevi di diverso da me, di più di me, ma tu non
volevi saperne.
Ci
sono rimasta male, molto male, mi sono sentita rifiutata.
È
li che è cambiato qualcosa, credo.
È
stato tutto l’insieme che ha scavato un solco tra la Lene di prima e quella di
adesso.”
“Io
credo che la Lene di prima sia da qualche parte dentro di te che chiede di non
essere soppressa …”
Lene
Kaufmann sgranò gli occhi, come poteva dirle quelle cose?
Con
che coraggio?
Si
chiuse in un mutismo assoluto che proseguì lungo tutto il pranzo, nonostante i
tentativi di Georg di parlarle o scusarsi, quando era in quello stato era come
disconnessa dal mondo e persa in se stessa e nelle sue paranoie..
Le
parole che aveva classificato come cazzate le erano entrate dentro, che avesse
ragione?
Scosse
la testa.
La
vecchia Lene era stata una patetica ragazzina succube degli eventi, la nuova
Lene era forte, quindi migliore, perché rimpiangere quella vecchia.
-Forse perché
nonostante i suoi difetti, aveva un grande pregio, capiva gli altri….-
Scacciò
quel pensierocome se fosse una mosca
fastidiosa e tornò a concentrarsi sul dolce, un tiramisù che abbondava di
crema.
La
vecchia Lene avrebbe gustato ogni boccone perdendosi nella sensazione di
piacere che le dava il cibo, quella nuova lo guardava malinconica.
Ultimamente
non mangiava molto, era quasi una costrizione, voleva solo stare con Farid.
-Cosa vuoi fare Eleanor?
Annullarti per un uomo
come tua madre?
Svanire dalla faccia
della terra per amore?
E lui? Ti ama? O sei
solo un passatempo, la ragazzina timida da aggiungere alla collezione?-
Si
alzò di scatto.
“Che
ti prende Lene?”
“Esco
un attimo mi manca l’aria!”
Georg
la guardò perplesso, sentiva che si stava affezionando a quello sguardo a cui
sembrava davvero importare di lei per come era e non per come appariva, ma non
poteva.
Non
poteva permettersi di affezionarsi a lui, Georg doveva rimanere una presenza
che non entrasse non troppo in profondità nella sua vita altrimenti si sarebbe
fatta condizionare.
Era
ovvio che avrebbe giudicato in modo negativo il rapporto con Farid e se avesse saputo che le aveva passato ancora del
fumo sarebbe stato ancora peggio.
A
volte aveva la sensazione che invece di essere più forte fosse solo più debole,
più patetica.
Uscì
dal ristorante, frugò freneticamente nella borsaalla ricerca di una sigaretta che accese
immediatamente.
Si
senti subito meglio ed era stupido.
Stava
dando un potere immenso a del tabacco arrotolato in una cartina, si stava
lasciando incatenare in una dipendenza, più psicologica che altro.
La
stesso accadeva con il fumo e con Farid.
La
vecchia Lene forse non era sparita, aveva solo fatto emergere i suoi lati
peggiori, intrappolandola nella maschera della ragazza dura che non poteva più
chiedere aiuto.
Se
ci ragionava quell’atteggiamento sapeva di punizione verso se stesa e gli altri
che l’avevano tradita, umiliata e rifiutata, un modo per dimostrare quanto male
le avessero fatto.
E
sotto il sole freddo di quel novembre berlinese capì una cosa: non era affatto
più forte, solo più fragile.
Fragile
perché non ammetteva le sue debolezze e non permetteva a nessuno di volerle
bene accettandole.
Fragile
perché nessuno avrebbe amato una maschera.
Fragile
perché se prima era dipendente dal giudizio degli altri, ora era dipendente da
qualcosa di potenzialmente molto più pericoloso.
La
sigaretta era finita così come quella sensazione che l’aveva portata acatapultarsi fuori dal locale in preda
all’ansia.
Per
una volta nella vita avrebbe potuto provare a dare una possibilità a qualcuno.
A
suo fratello.
A
Georg.
Quella
stanza era un fottuto incubo.
Bill
si guardava attorno spaventato, sudando copiosamente e stringendo gli orli del
lenzuolo.
All’apparenza
sembrava normale, ma era piccola, troppo piccola.
Voleva
soffocarlo.
Si
alzò nervoso dal letto, per tastare le pareti che credeva si stessero
avvicinando sempre più a lui.
-Percezioni alterate
caro mio.
Da quando non ti fai?-
Ok,
si disse per calmarsi, pensaci.
Fece
mente locale, era dalla sera prima, quando si era ubriacato che non toccava una
striscia.
Ne
aveva bisogno.
L’ansia
stava tornando a livelli intollerabili estava iniziando a impazzire.
-Questo cazzo di muro
si sposta!-
Appoggiò
le mani alla parete, che ovviamente non si mosse.
C’era
qualcuno che la stava muovendo, c’era qualcuno che lo odiava.
Era
finito in prigione.
-Calmati.
Sei solo da Tom, da
tuofratello, il tuo gemello, la persona
più importante della tua vita, non sei accerchiato da forze nemiche.
Gli stronzi sono
fuori, qui sei al sicuro!-
Prese
a tremare violentemente, accasciandosi a terra.
Lui
voleva uscire!
Non
gliene importava nulla di quello che aveva promesso a Tomi, qualche ora prima,
voleva solo uscire e mettere fine a tutto questo.
“Fatemi
uscire!!!
Vi
prego fatemi uscire! Sto male!”
Dal
salotto non giunse alcuna risposta, lo avevano sentito?
“Ragazzi
vi prego fatemi uscire!
Sto
male, soffoco!Vi prego!”
Nessuno
rispose ancora una volta.
Il
respiro iniziava a farsi pesante, ad alternarsi a rantoli sempre più
prolungati.
Stava
soffocando.
-Calma…
Stai calmo, non vorrai
farti venire una crisi respiratoria?-
Bill
cercò di regolarizzare il respiro, piano piano lo
sentì tornare accettabile, si fece forza e riprese a urlare.
Qualcuno
doveva rispondergli!
“Ragazzi,
cazzo, non fate gli stronzi.
Apritemi! Tom! Fra!!!”
Perché
c’era solo quel silenzio ?
Perché?
Se
ne erano forse andati? Era rimasto solo?
Non
era possibile, ne Tom né Fra lo avrebbero mai abbandonato, era una cosa inconcepibile!
Scosse
la testa allarmato, la stanza era di nuovo troppo stretta, claustrofobica per
lui, le pareti avevano ripreso a muoversi, il burattinaio era tornato
all’opera.
E
se Tom e questo burattinaio fossero stati d’accordo per fregarlo?
E
se quello non fosse stato suo fratello ma un suo sosia?
Riprese
a sudare, non si accorse nemmeno adesso stava anche piangendo, l’ansia era
qualcosa di intollerabilee immotivato
che gli saliva dalle viscere e premeva per uscire.
Non
era un sentimento comune, era qualcosa che desiderava trascinarlo con se fino
ad annientarlo e lui non poteva permetterlo.
Lui
voleva vivere, voleva cantare.
Voleva
che tutto fosse come prima.
Semplice
no?
Non
lo era affatto, in certi momenti particolarmente lucidi o in crisi d’astinenza
particolarmente violente si rendeva conto che la droga era solo una costrizione
che lo imbrigliava in altre catene, eppure non riusciva a farne a meno.
Erano
preferibili le catene all’ansia.
Il
pensiero del presunto tradimento del fratello si alimentava mano a mano che le
sue paure salivano ed era dolce, perché scaricava le sue colpe su Tom.
Stava
impazzendo.
“Vaffanculoapritemio sfondo la porta!
Vi
denuncio bastardi! Vi denuncio!”
Le
minacce non cambiarono lo stato delle cose, lui era ancora accasciato tremante
contro il muro in preda a quelle sensazioni viscide a cui si era aggiunta la
sensazione che qualcosa gli camminasse lungo il corpo.
Lui
non vedeva cosa, ma era certo che ci fosse.
Erano
insetti.
“Vi
prego andatavene!”sussurrò stanco.
Gli
insetti invisibili aumentarono, ormai ne era completamente ricoperto, stanco di
lottare e di gridare.
Cadde
in una sorta di allucinato dormiveglia che lo fece evadere per poco da quelle
quattro mura.
In
quella sorta di visione Bill era seduto su una spiaggia bianca, la sabbia era
morbida e calda, il mare era grigio e si infrangeva pigro in un ritmo lento ed
ipnotico e il cielo era bianco.
Scosse
la testa divertito, un cielo bianco era assurdo, ma rilassante.
Si
stese per godersi quella tranquillità.
Da
quanto tempo non la provava?
Ricordava
che si era sentito così durante le vacanze con Tom di tanti anni prima o agli
inizi della carriera quando erano felici se riuscivano ariempire un pub di periferia.
Bei
tempi quelli.
Ispirò
a pieni polmoni l’aria e si godette il momento.
Si
lasciò accarezzare dal vento fino a che qualcuno iniziò a salmodiare il suo
nome.
La
voce era dolce, ma leggermente roca, grattata da innumerevoli sigarette.
Era
da film anni venti.
Bill
si mise a sedere e si guardò intorno incuriosito, la voce continuava a cantare,
chiuse gli occhi per assaporarla meglio.
Poco
dopo sentì una presenza accanto a lui, Bill aprì gli occhi di scatto e la vide.
Era
la ragazza che cantava il suo nome.
Era
vestita interamente di nero, con dei lunghi guanti di pizzo nero e una maschera
del medesimo colore e materiale, l’unica cosa visibile erano gli occhi, anche i
capelli erano coperti da un velo.
“Chi
sei?”
“Ha
importanza?”
“Vorrei
conoscerti… Sembri così diversa da questo bianco…”
“Tu
mi conosci già, Piccolo.”
Sgranò
gli occhi, lei gli accarezzò una guancia, lui chiuse gli occhi come un gatto al
suo tocco.
Rimase
leggermente sorpreso quando sentì le labbra della ragazza sulle sue, erano
fresche.
Le
schiuse e il bacio si approfondì, lei gli accarezzava dolcemente le guancie.
Chi
era?
Perche
gli sembrava di conoscerla?
Non
lo sapeva, si godeva solo quel contatto.
Quando
finì provò a toglierle la maschera, lei svanì, lasciandolo con la mano sospesa
a mezz’aria.
Bill
rimase interdetto, poi la frustrazione salì come un’onda, lei era sparita di
nuovo, lasciandolo ancora solo.
Poco
dopo si sentì svanire, era di nuovo nella stanza.
Stancamente
si trascinò alla finestra e la aprì, il panorama era triste e monotono, del
tutto privo di attrattive, tranne… per le scale
antincendio!
Sgranò
gli occhi.
Se
avesse camminato un po’ sul cornicione avrebbe potuto raggiungere la scala
antincendio ed andarsene.
Si
controllò le tasche della giacca, il portafoglio c’era ancora.
Il
moro guardò titubante il vuoto sotto di lui, se avesse messo un piede in fallo
sarebbe precipitato nel nulla, però il desiderio di andarsene era troppo forte.
Aprì
la finestra e lentamente si incamminò sul cornicione, per poi saltare sulla
scala antincendio e sgattaiolare via.
Era
libero!
Georg
era notevolmente sulle spine.
Ancora
un volta da quando aveva conosciuto Lene si sentiva inquieto ed agitato, non si
aspettava di trovare una dolce ragazzina impaziente di conoscerlo, era stato
avvertito che lei era una tipa ribelle, ma non credeva che lo fosse così tanto.
La
sua confessione l’aveva spiazzato parecchio, ci aveva visto tanta rabbia e
tanta confusione da indurlo a provare pena per lei, forse capiva meglio il suo
punto di vista adesso.
Aveva
anche notato un’altra cosa, che quella parte di se che diceva di aver soppresso,
era ancora presente in lei, in lotta per non morire e forse aveva fatto un
errore a dirglielo.
La
ragazza era rimasta silenziosa per tutto il pranzo per poi schizzare fuori
senza nemmeno finire il dolce.
Sarebbe
tornata?
E
se si, di che umore?
Mosse
svogliato la forchetta sul piatto, non credeva di potersi affezionare così alla
svelta a quella rompiscatole, eppure era successo, lui la trovava adorabile.
Quando
ormai non sperava di vederla riapparire, la ragazzina aveva fatto la sua
comparsa dalla porta del locale, Georg aveva sorriso smagliante.
“Scusa
per la fuga improvvisa.”
“Non
c’è problema.
Stai
bene?”
Lei
annuì.
“Mi
mancava l’aria e poi avevo bisogno di un’altra sigaretta.”
“Scusa,
ma mi sono preoccupato.”
Lene
fece un sorriso timido.
“Ok….fratello….va tutto bene.”
L’aveva
chiamato fratello!
Non
poté fare a meno di sorridere, anche se era conscio di sembrare un’idiota.
“Dove
andiamo adesso?” continuò incerta.
“Giro
per negozi?”
“Ok…”
Georg
pagò il conto, poi usci insieme a lei.
Girovagarono
per un po’ nel centro, lei guardava qualche vetrina assorta nei suoi pensieri,
senza entrare in nessun negozio.
“Non
hai visto nulla?”
“Ho
visto i prezzi e mi sono bastati.”
Non
propose di pagare temendo un rifiuto.
“Bhe…ok…cambiamo posto.”
Lene
e Georg si incamminarono verso la macchina del ragazzo.
“Ne
hai di pazienza Listing.”
“Stando
con i gemelli si impara.”
“Hai
la ragazza?”
“Si,
ma la storia non va bene.”
“Mi
dispiace.”
“Anche
a me, eravamo insieme da due anni.”
“Spero
vi chiariate!”
Georg
scoppiò a ridere.
Che
ti piglia? “
“Lene,
è la prima conversazione educata che abbiamo!”
“Sei
assurdo!”
Scoppiò
a ridere anche lui e sentì che un piccolo spiraglio si stava aprendo nella
barriera di rabbia e diffidenza della sorellastra.
Non
sarebbe stato semplice, era ovvio, ma poteva farcela.
Avrebbe
potuto avereun rapporto con lei e aveva
scoperto che era una cosa che gli faceva piacere, perché per certi versi quella
ragazzina era molto simile a lui.
Non
era più per Leila che lo faceva, ma per se stesso,voleva aiutarla.
Partirono
verso un centro commerciale verso la periferia della città e per la prima volta
da giorni si scoprì cautamente ottimista.
Chissà
se anche Tom e Fay se la stavano cavando bene a
Berlino?
ANGOLO DI LAYLA
Eccoci qui…. La pace tra i Kaulitz era
solo temporanea….come finirà?
Tom
ruppe il silenzio che si era formato anche in salotto per farne notare un altro
più preoccupante, Fay e Gustav lo guardarono
meditabondi quasi in sincronia, per quanto quei due fossero così diversi a
volte riuscivano a capirsi in una maniera incredibile.
“Hai
ragione… non mi piace.”
Il
batterista si alzò dal divano seguito dalla mora, Tom rimase ancora un attimo
seduto ad analizzare le sue sensazioni, all’improvviso fu certo che Bill non ci
fosse più.
Era
una sorta di telepatia che si era sviluppata tra lui e il suo gemello, ma
sapeva quello che sarebbe successo di lì a poco.
Raggiunse
la sua ragazza e l’amico davanti alla porta della camera dove avrebbe dovuto
esserci il fratello, la aprì in silenzio, sentendo i respiri degli altri due
rallentare e vedendoli scambiarsi un’occhiata.
Prevedibile
La
stanza era deserta, la finestra aperta lasciava entrare freddi aliti di vento
che scuotevano le tende.
“Se
ne è andato.”mormorò Fay.
Lui
annuì, Gustav lo sorpassò e si avvicinò alla finestra.
Prese
la ragazza per mano e si fermò accanto all’amico, per poi affacciarsi alla
finestra.
“Le
scale antincendio non sono molto lontane.”
Fay si sporse a sua volta per controllare.
“Deve
avere camminato sul cornicione, avrebbe potuto morire!”
“A
quanto pare ce l’ha fatta…
Siamo
punto e a capo.”
Portarono
entrambi la testa dentro la stanza, Gustav non aveva ancora detto mezza parola.
“Mi
dispiace Tom.”
“Non
preoccuparti amico…”
Chiuse
la finestra, ponendo fine al movimento svolazzante delle tende di seta rossa
che aveva scelto Bill anni prima.
[“Ma Bill, sono troppo
vivaci!
Sono un pugno in un
occhio, fanno quasi paura!
Chi vuoi che dorma
serenamente così?”
Aveva esclamato il
diciannovenne Tom Kaulitz vedendo il fratello Bill
appendere delle tende nella camera degli ospiti del loro nuovo appartamento
berlinese.
“Quanto la fai lunga
Tom, se qualcuno ci verrà a trovare accetterà anche queste tende!
Sei paranoico!”
Tom aveva sospirato
sconsolato, quando il fratello si metteva in testa qualcosa era impossibile
fargli cambiare idea.]
“Adesso
dobbiamo riprendere le ricerche.
Idee?”
L’ex
rasta squadrò l’italiana e il biondo.
“Io
forse una.”
“Quale
Fay?”
“Bhe, mi sono chiesta cosa ci facesse Bill nella tabaccheria
degli Schmit, forse il suo spacciatore è in zona…
Spero
di sbagliarmi.”
Tom
alzò un sopracciglio senza capire.
“Se
le cose in questi tre anni non sono cambiate al mio quartiere il giro della
droga è retto da Farid.
Farid è quello che ha venduto la roba a Jo.”
Tom
annuì.
“Potrebbe
essere un caso, Francesca.
…..
oppure un a pista, però non voglio che tutorni da sola nel quartiere.”
La
ragazza annuì e lui si sentì sollevato, il dolore per quella fuga iniziava a
farsi spazio in lui e non voleva che anche lei si mettesse in pericolo
aggiungendone dell’altro.
Tom
si sentiva inutile ed impotente e nessuna di queste due sensazioni era
piacevole.
“Chiamo
Luca, non ti preoccupare!”
Francesca
gli accarezzò una guancia, Gustav intercettò quel movimento e colse la palla al
balzo.
“Io
vado ragazzi, faccio un giro per vedere se lo trovo.”
Loro
annuirono.
Gustav
lasciò l’appartamento in silenzio, Francesca appoggiò le mani sulle sue
guancie.
“Sfogati.”
“Cosa
vuoi che ti dica?
Ci
sono rimasto di merda, ma me lo aspettavo in un certo senso.
Mi
sembrava tutto troppo bello, lo ritroviamo, lui si ripulisce e vissero tutti felici
e contenti.”
Lei
non disse e non fece nulla, aspettava che lui finisse lo sfogo.
“è
sempre così, è da un anno che è così.
Lui
mi supplica, giura che cambia e io ci credo, è il mio fratellino in fondo.
Quello
stesso bambino con cui ho giocato e condiviso tutto, che ho protetto dai bulli
fino alle medie e anche oltre, quello che ha avuto le palle per realizzare il
suo sogno.
Io
gli voglio bene, lo voglio davvero aiutare per quanto possa farmi male.
Non
posso fermarmi o scoraggiarmi, anche se provo una grande rabbia, marimane sempre mio fratello….
per quante porte potrà sbattermi in faccia….
Anche
se fa male tutto questo… io continuerò sempre a
tenere a lui.
Prima
o poi mi anestetizzerò a questo dolore oppure sarà più facile da sopportare se
ci sei tu.”
Fece
una pausa, Francesca gli accarezzò una guancia.
“Sono
preoccupato per te.
Non
voglio che ti ficchi nei guai, se davvero c’entra questo Farid
stai attenta,”
“D’accordo.
Nemmeno
io voglio rivederlo, ne avere ache fare
con lui ancora.
Si
sentì rincuorato e si decise ad abbracciarla, lei spostò le mani per stringerlo
a sé.
“Ce
la faremo.
Ce
la faremo.”
“Fay… E se Gustav avesse ragione?”Espresse quel dubbio all’improvviso,
con lei era certo di poter giocare a carte scoperte senza rimanere fregato o
deluso.
“Ti
consiglio di prendere in considerazione o di pensare alla sua proposta.”
Lui
rimase un attimo in silenzio per articolare meglio quella risposta che
proseguiva un discorso non facile, che sapeva irrimediabilmente di sconfitta.
“Sai…Prima…Quando l’ha accennato sono scattato come una iena
perché pensavo che mi avesse dato dell’incapace, ora penso che forse sono stato
troppo…ottimista credo e che Gustav avesse ragione.
Bill
ha bisogno di qualcuno che lo aiuti in modo professionale a liberarsi di quella
roba e della dipendenza psicologica che provoca.
Mediterò
sulla proposta di Gustav…
E
Grazie Fay…” Lei si limitò a sorridere.
Rimasero
abbracciati ancora per un po’, poi Tom si staccò da lei a malincuore e la
guardò negli occhi.
“Su
Nana chiama Luca….”
“Ok
Medusa.”
La
ragazza compose il numero del fratello, parlò per un po’ in italiano, lui come
sempre quando parlava in quella lingua si sentì escluso, forse lei aveva
ragione, una volta finito tutto doveva decidersi ad impararla, almeno non
sarebbe rimasto eternamente tagliato fuori da alcune conversazioni.
Lei
chiuse la chiamata sorridendo.
“Fatto.”
“Bene!”
Le
si avvicinò, la abbracciò dolcemente di nuovo.
“Stai
attenta.”
La
baciò,lei sorrise.
“Adesso
vai e non preoccuparti più per me, pensa a Bill.”
Fece
come gli era stato detto, Fay era una ragazza forte e
in grado di cavarsela da sola, ora la sua priorità era davvero il fratello, ce
l’avrebbe fatta?
Quel
dubbio angoscioso nonostante le rassicurazioni di lei non se ne andava e lo
rendeva sempre più fragile ed ansioso.
Quante
volte quella scena si sarebbe dovuta ripetere?
Lui
sarebbe stato abbastanza forte per sopportare quel fardello?
Scosse
la testa, era l’ansia a farlo sragionare, suo fratello non era mai stato, ne lo
sarebbe mai stato, un fardello.
Si
infilò in macchina ed iniziò di nuovo a vagare senza una metà, pregando di
trovarlo
Leila
gli mancava.
Farid lo ammise a malincuore, sua sorella
gli mancava da morire sebbene sapesse di essere stato lui ad allontanarla con
quello che aveva fatto, la sua lontananza faceva male.
Lo
negava continuamente, difficilmente l’avrebbe ammesso ad altre persone, ma la
verità era una sola, senza di lei non era del tutto completo.
Lo
provava quella foto che portava nel portafoglio e che non permetteva a nessuno
di vedere, toccare o criticare, così come aveva fatto e continuava a fare con
lei.
Esternamente
poteva sembrare il contrario, che i due fratelli Schimt
avessero tagliato i ponti per le troppe divergente, solo lui sapeva quanto
ancora facesse per lei, impedendo a quello stronzo ambizioso di Mark si mettergli
le mani addosso.
Farid era in un bar, involontariamente
strinse più forte il bicchiere immaginando quel bastardo del suo tirapiedi
infingardo provarci con sua sorella, se fosse successo avrebbe potuto
ucciderlo.
Un
sorriso tirato increspò il suo viso, non aveva affatto dimenticato lei.
Le
piccole cose o eventi insignificanti lo riportavano al rapporto con lei, come
era successo quel pomeriggio mentre girovagava senzanulla da fare nei pressi di un parco.
Non
aveva consegne, non aveva voglia di farsi una canna o una ragazza, parlando di
loro non aveva la minima idea di dove fosse finita Lene, quella che attualmente
frequentava e che indicava che le ombre del suo passato non avevano smesso di
allungarsi sul suo incerto presente.
Lene
aveva qualcosa che gli ricordava Shirin, era per
questo che preferiva lei a quelle troiette che
avrebbe potuto rimediare senza difficoltà, ma non ne era innamorato, lei gli
faceva tenerezza e basta, era un rapporto che lo rilassava.
Senza
di lei non sapeva come trascorrere quel lungo pomeriggio e si era ritrovato a
guardare attraverso i cancelli la verde distesa di erba disseminata di bambini
che giocavano, sorvegliati dai genitori.
Era
entrato come sospinto da una forza misteriosa, ricordandosi dei pomeriggi che
trascorreva in un parco come quello con sua sorella quando aveva all’incirca
una decina d’anni.
La
Leila dei suoi ricordi era paragonabile ad un piccolo elfo per i vestiti troppo
grandi, i capelli rossi che fiammeggiavano al pallido sole d’autunno, gli occhi
verdi e la vivacità.
Sorrise
al ricordo di loro due che giocavano acalcio, era piccola, era una femmina, eppure lei lo contrastava con la
forza e la testardaggine di un maschio.
I
suoi compagni di classe erano invidiosi di lui, dicevano che Leila era diversa
dalle loro sorelle, che con lei si potevano fare giochi da maschi senza che lei
si trasformasse in una lagna e lo trovavano fortunato.
Era
vero.
Con
Leila poteva fare gli stessi giochi che avrebbe potuto fare con un fratello, ma
un fratello non l’avrebbe mai guardato con quegli occhioni
pieni di adorazione ed amore, ne l’avrebbe sorpreso con piccoli gesti come
preparargli la merenda o dei dolcetti.
Sarebbe
stato strano per uno come lui coccolare un fratello e giurargli che l’avrebbe
protetto sempre e che loro due sarebbero sempre stati insieme contro il mondo.
Solo
con Leila l’aveva fatto,ovviamente lui amava anche i suoi due fratelli minori,
era tuttavia innegabile che con quel piccolo elfo maschiaccio e dolcissimo
avesse un legame speciale.
Un
pallonata su un ginocchio lo aveva distratto dai suoi pensieri e fatto tornare
alla realtà, si era guardato intorno, un ragazzino biondo di forse dieci anni
stava trottando versi di lui intimidito.
Doveva
riconoscerlo, il suo aspetto era inquietante, vestiti larghi,leggera barba,
lunghi dreadlock lasciati sciolti e occhi leggermente
rossi per la marijuana fumata quella mattina.
Era
ovvio che quel moccioso avesse avuto paura di lui, gli aveva sorriso bonario e avevaraccolto la palla.
“Ecco
la palla, stai più attento la prossima volta.”
Il
bambino aveva annuito.
“Grazie…”
Si
era allontanato fino a raggiungere una bambina di poco più piccolaper poi urlare.
“Sei
una scema Charlotte! Non sei capace di giocare a calcio!”
Il
ragazzino aveva allungato uno scappellotto sulla testa alla bambina.
Quel
gesto aveva smosso qualcosa dentro di lui, automaticamente li aveva raggiunti
senza sapere bene cosa fare, il bambino aveva sgranato gli occhi.
“Ehi
moccioso, non trattare mai più così tua sorella!
È
da maleducati!
Lei
sarà l’unica donna a parte tua madre che ti starà comunque sempre accanto,
quindi non ti azzardare mai più a trattarla così. Chiaro?”
Il
biondino aveva sgranato gli occhi azzurri, senza riuscire a spiccicare una
parola.
“Come
ti chiami?”
“Hans.”aveva
pigolato lui.
“Bene
Hans… hai capito quello che ti ho detto?”
Hans
aveva annuito.
“Lo
metterai in pratica?”
“…si.”
“E
allora scusati con tua sorella.”
“Scusa
Charlotte”mormorò Hans guardando verso di lei.
“Bravo… E ricordati quello che ti ho detto.
Ciao
Hans, ciao Charlie!”
“Grazie
signore dai lunghi capelli, Charlie è davvero carino!” la bambina gli aveva
sorriso dolce.
“Mi
chiamo Farid, Charlie.”
“Tua
sorella è fortunata signor Farid!”
Lui
aveva sorriso senza aggiungere altro, solo agitando la mano in segno di saluto.
Finito
di passare in rassegna i ricordi, si rigirò il bicchiere tra le mani, quella
bambina lo avrebbe ricordato come un eroe e come probabile fratello esemplare.
La
verità era un’altra,
Farid era un pessimo fratello, aveva
anteposto il suo orgoglio, la sua sete di potere a Leilae ora ne pagava le conseguenze.
Cosa
poteva aspettarsi?
Aveva
tirato a fondo l’unica amica che Leila avesse pur sapendo che lui non era un
tipo che sapesse legarsi, l’aveva portata sull’orlo del suicidio.
I
fantasmi non lo lasciavano in pace, quel’Hans avrebbe potuto essere suo figlio
da grande se solo gli avesse permesso di nascere.
“Farid…”Una voce lo aveva fatto sobbalzare, strappandolo da
quella malinconia.
Mark,
il viscido, era apparso davanti a lui e si era seduto al suo tavolo senza
nemmeno essere invitato.
“Devo
dirti una cosa su Leila.”
Drizzò
le orecchie, interessato,ogni volta che spuntava il suo nome tutto passava in
secondo piano.
Mark
ghignò sadico, poi chiamò con un cenno il cameriere.
“Porti
una birra a me e al mio amico.”
Il
cameriere, poco più che ventenne, annuì e poi sparì rapido ad eseguire i loro
desideri, probabilmente spaventato dalle loro brutte facce.
Era
stufo che tutti si spaventassero per la sua faccia, per una volta avrebbe
voluto che qualcuno gli sorridesse in modo autentico non che tentasse di
scappare.
Tornò
a prestare la sua attenzione al biondo, mentre sentiva l’ostilità verso di lui
salire come un’onda, un giorno o l’altro gliel’ avrebbe fatta pagare, era
sicuro come l’inferno.
Troppe
volte quell’infame si eramesso in mezzo
nei suoi affari.
“Muovi
quella linguaMark, Cosa devi dirmi su
mia sorella?”
“Stai
tranquillo amico, aspetta che arrivi la birra prima….”Mormorò
beffardo il biondo.
Faridstrinse i pugni sotto al tavolo e assottigliò gli occhi verdi, li sentiva
prudere in preda a una rabbia
incontrollata.
-Te la farò pagare fighetto…. Giuraci!-
Le
birre arrivarono, il cameriere si eclissò di nuovo, Mark si portò
voluttuosamente il boccale alle labbra e
ingollò la birra soddisfatto come un gatto che stesse giocando con il topo.
“Tu
non bevi, amico?”
-Non sono tuo amico,
coglione!-
Bevve e poi sbatté il boccale con poca grazia
sul tavolino.
“Abbiamo
giocato abbastanza, sputa il rospo!”
L’altro
appoggiò delicatamente l’oggetto sul tavolino, si ripulì le labbra.
“Hai
presente Bill Kaulitz?”
Lui
annuì.
Il
vocalist dei Tokio Hotel era un suo cliente, dal vivo sembrava molto meno gay
che in foto,considerato che girava sempre con sventole da paura.
“Bhe…l’hanno visto uscire dalla tabaccheria dei tuoi.”
“Sai
che strano! Avrà avuto bisogno di sigarette!”
Lo
stronzo ghignò.
“Entrare
alla sera ed uscire alla mattina.
Qualcuno
dice che ha dormito lì…
Non
è che il bel Kaulitz si scopa la tua sorellina?”
Ci
vide rosso, afferrò Mark per il bavero della camicia e lo attirò a sé.
“Chiudi
il becco coglione o ti rifaccio la faccia. Chiaro?”
Il
biondo fece si con la testa spaventato.
“Adesso
vattene e non farti più vedere fino a domani.”
“Ma
ci sono le consegne…”
“Me
ne fotto!”
Lo
mollò sul tavolo e uscì dal locale sbattendo la porta, sentendosi furioso e
confuso.
Furioso
con Mark, il suo essere viscido, il suo palese desiderio di fargli le scarpe e
con se stesso.
Confuso,
perché ogni volta che la sorella veniva citata come fidanzata di qualcuno si
sentiva ribollire il sangue nelle vene, sebbene l’unica cosa che lui
desiderasse era che lei fosse felice.
Per
un attimo prese in considerazione quel tipo come possibile fidanzato di Leila,
avrebbe potuto funzionare?
Si
diede del coglione da solo, lui era una rockstar, suo sorella una diciannovenne
dei quartieri poveri, lui l’avrebbe cercata solo per il sesso,solo i deficienti
credevano ancora alle favole.
Questo
in condizioni normali.
L’aggravante
era la roba che vendeva a Kaulitz, Farid non avrebbe mai accettato che sua sorella finisse con
un tossico, anche se fosse stato ricco sfondato.
E
Bill lo era e forse non era nemmeno l’androgino tendente al gay che dipingevano
i giornali, viste le già citate ragazze, quelle di un genere che uno come lui
non avrebbe mai potuto permettersi in tutta la sua vita
Non
che fosse invidioso del suo cliente, solo non gradiva pensare a lui come
interessato a sua sorella.
Era
partito per un viaggio mentale inconsueto per lui,solo la suoneria del cellulare, un pezzo rap
tedesco, lo riportò alla realtà.
Il
turco si frugò le tasche e lesse il nome del mittente:Bill Kaulitz.
-Parli del diavolo
espuntano le corna.-
Rispose
irritato.
Il
bel cantante doveva essere in una bella crisi d’astinenza perché la sua voce
era piuttosto agitata, sparava le frasi a raffica come una macchinetta,
mangiandosi persino le parole.
“Calma
Kaulitz!
Arrivo
nel solito posto.”
Il
solito posto era un parco ai limiti del quartiere, di solito andava solo, il
vocalist non era tipo da organizzare scherzi o non pagare, questa volta decise
di farsi accompagnare da un paio dei suoi ragazzi.
Una
mezzoretta dopo era davanti al parco accompagnato da due tirapiedi, Bill era
già, gli occhiali sul volto, il cappuccio sulla testa, si guardava attornonervoso.
Lui
si avvicinò tranquillo, le sue due ombre mute lo seguivano, mani in tasca e
atteggiamento apparentemente disinteressato.
“Ehilà…”
“Sei
arrivato finalmente!”
“Ti
hanno messo a stecchetto, Kaulitz?
È
finita la farina?”
“Ovvio
che sia finita, io e te non siamo ne amici ne amanti, Schimth!”
Farid Lo fulminò con un’occhiataccia.
“Stai
zitto Kaulitz, io non sono tuo amico o amante, ma
nemmeno il tuo gemellino da trattare come una pezza da piedi.”
Il
moro tacque e lo seguì all’interno del parco.
Farid aveva intenzione di parlargli chiaro,
Bill doveva stare lontano da Leila.
Arrivarono
nel angolo più lontano e nascosto nel parco, solo allora si fermò e si voltò
verso di lui.
“Io
e te dobbiamo parlare.”
“Non
puoi darmi la roba prima.”
“No.
Mi
hanno detto di averti visto in una tabaccheria del mio quartiere….
È
vero?”
“Ero
rimasto senza sigarette.
È
un reato?”
“Sei
andato nella tabaccheria dei miei….c’era una ragazza
dai capelli rossi a servirti?”
“Si,
molto figa.
Cosa
vuoi Schmith?”
“Ti
scopi mia sorella?”
“Eh?”
“TI
ho chiesto se ti scopi mia sorella!”
“Chi
cazzo è tua sorella?
Hai
un attacco di paranoia?”
“Quella
figa della tabaccheria! Stalle lontano!”
“Ma
chi la vuole? Mollami!”
Il
turco ci vide rosso un ‘altra volta, nonostante fosse più basso del ragazzo che
stava davanti a lui visibilmente agitato, lo afferrò per il bavero e lo attirò
a sé.
“Stai
zitto stronzo!”
“Zitto
tu e molla la coca, io ti pago per quello!”
Farid Lo lasciò andare e partì all’attacco,
ormai accecato dall’ira, desideroso di far abbassare la cresta a quel cantante
da strapazzo.
Un
pugno, due pugni e Bill finì a terra.
Partì
con i calci, aiutato dai suoi ragazzi fino a che qualcuno non lo allontanò da Bill.
Si
voltò furioso, pronto ad attaccare chiunque lo avesse disturbato, ma quando
vide chi era sgranò gli occhi scioccato, Leila era davanti a lui.
“Tu?”
“Io….
Che
cazzo fai? Attacchi gli sconosciuti?”
“Lo
sconosciuto è un mio cliente, stanne fuori!”
“Non
puoi comportarti così!”
“Che
cazzo te ne fotte?
Non
è che te lo porti a letto questo tipo?”
“Che
cazzo stai dicendo?”
“L’hanno
visto entrare nella tabaccheria la sera e uscire alla mattina!
Lo
so che c’è la mia stanza là!
Non
farmi fesso! Te lo scopi?”
“Ma
sei fuori di testa?
Tu
non sai niente!
Quello
è venuto in tabaccheria ubriaco marcio, è collassato la e io invecedi fregarmene l’ho fatto dormire in
tabaccheria!
Ecco
la tua tresca, coglione!
Tu
lo stai menando per questo!”
Farid impallidì, credeva a sua sorella, lei
non avrebbe potuto mentirgli.
“Ragazzi
basta!”
I
duemollarono Bill all’istante.
“Sei
sicuro capo?”
“Si,
sono scazzi tra noi.
Tranquilli.”
Si
voltò verso la sorella.
“Ciao
Leila.”
“Ciao
Farid.”
Dopo
il freddo saluto di Leila se ne andò sconfitto e con sentimenti contrastanti
dentro di sé.
Sua
sorella era sempre più lontana da lui e da qualsiasi lato guardasse quella
storia era colpa sua e faceva male.
La
sua giornata era stata buona.
Leila
se lo disse mentre camminava tranquilla verso il parco che stava ai limiti del
quartiere, quella che lei chiamava zona di confine.
Aveva
preso un giorno di permesso dal lavoro alla clinica per accompagnare Meg a fare
una vaccinazione, Meg aveva dieci anni ed era la cucciola di casa.
Non
era sua sorella, era sua cugina, ma era stata affidata alla sua famiglia e
adesso per lei era come se fosse una sorellina.
Era
figlia della sorella più piccola di suo padre, che era rimasta incinta molto
giovane del ragazzo sbagliato, lui l’aveva piantata senza tanti complimenti
nonostante fosse incinta.
Meg
era cresciuta solo con la madre fino a quando un tumore non se l’era portata via due anni prima e i
servizi sociali l’avevano affidata a loro.
All’inizio
non era stato facile, poi il tempo aveva fatto il suo corso e lentamente la
bambina era diventata parte integrante della famiglia.
La
rossa guardò attraverso i cancelli del parco, avrebbe voluto portarci la
cuginetta, sennonché la bambina si era detta stanca dopo la puntura di rito
contro l’influenza.
Leila
aveva deciso di venirci da sola, sfidando i ricordi connessi a quel luogo,
ossia tutti i momenti felici che vi aveva vissuto con Farid
da bambina.
Entrò
titubante, non c’era molta gente, forse faceva troppo freddo o forse i bambini
moderni avevano una vita diversa da quella di lei da piccola, più ricca di
impegni e frenetica.
Percorse
piano i sentieri del parco, senza fretta, cercando vanamente di tenere lontano
quei ricordi che continuavano a fare male, ogni luogo le era familiare.
Inconsciamente
si stavadirigendo verso la zona più
isolata e meno frequentata del parco,quella dove lei e il fratello passavano
ore a fare progetti su quello che avrebbero potuto fare un volta che se ne
fossero andati dali o fossero stati
ricchi.
Che
fine avevano fatto quei sogni?
E
che fine avevano fatto quei bambini?
Erano
stati distrutti dall’incontro con la dura realtà e avevano perso i loro sogni.
Leila
camminava a testa bassa, immersa in quei pensieri tristi e non si accorse del
vociare di qualcuno se non all’ultimo minuto, quando vide un gruppo di ragazzi.
Aguzzò
la vista, capì che era in corso una rissa, chi era coinvolto?
Distinse
suo fratello tra le due figure che lottavano a terra, ma non l’altro
interamente ricoperto dalla figura di Farid e decise
di intervenire, non sopportava quando succedevano quelle cose.
Lo
afferrò per la schiena e lo fece alzare per trattenerlo, lui si voltò di scatto
“Tu?”Sembrava
stupito di vederla lì
“Io….
Che
cazzo fai? Attacchi gli sconosciuti?”
“Lo
sconosciuto è un mio cliente, stanne fuori!”
“Non
puoi comportarti così!”
“Che
cazzo te ne fotte?
Non
è che te lo porti a letto questo tipo?”
“Che
cazzo stai dicendo?”
“L’hanno
visto entrare nella tabaccheria la sera e uscire alla mattina!
Lo
so che c’è la mia stanza là!
Non
farmi fesso! Te lo scopi?”
Era
inconcepibile che Farid pensasse quello, dovette
chiamare a raccolta tutta la sua pazienza per non dare di matto.
“Ma
sei fuori di testa?
Tu
non sai niente!
Quello
è venuto in tabaccheria ubriaco marcio, è collassato la e io invecedi fregarmene l’ho fatto dormire in
tabaccheria!
Ecco
la tua tresca, coglione!
Tu
lo stai menando per questo!”
Farid impallidì, sembrava che le sue parole
lo avessero confuso e che non fosse più così ansioso di picchiare quello che
riconobbe come il bell’ubriaco.
“Ragazzi
basta!”
I
due tirapiedi di Farid lo mollarono Bill all’istante.
“Sei
sicuro capo?”
“Si,
sono scazzi tra noi.
Tranquilli.”
Si
voltò verso di lei.
“Ciao
Leila.”
“Ciao
farid.”
Dopo
di che se ne andò, aveva le spalle curve se sembrava triste, lei se ne fregò e
si chinò su Bill, era però inquieta, era certa che non era ancora finita, quei
due non se ne erano ancora andati.
Si
erano limitati a spostarsi, incerti sul da farsi.
“Che
quadro carino!”
Sobbalzò
a quella voce, Mark era anni che tentava di fare le scarpe a suo fratello senza
riuscirci ed erano anni che ci provava con lei, sempre senza riuscirci.
“Cosa
vuoi?”
“Come
siamo sgarbati Leila…”
“Che
cazzo vuoi?”
Si
accucciò accanto a lei e le alzò il mento.
“Tu
con me devi essere gentile, piccola…”
La
sua risposta fu uno sputo in piena faccia che lo lasciò interdetto, forse
nessuno l’aveva mai trattato per il viscido bastardo che era.
Questo
indubbiamente lo fece arrabbiare perché si rialzò e con un gesto stizzito
chiamò a sé gli altri due ragazzi presenti.
“Sono
stufo di te Leila, stufo del fatto che ti intrometti sempre! Ti meriti una
lezione!
Ragazzi,
datele una lezione!”
I
due si mossero verso di lei, il primo la immobilizzò, lei tentò di tirare calci
al secondo, ma quello era un avversario troppo forte per lei così dovette
soccombere e prepararsi al peggio.
I
primi due colpi furono devastanti, la stordirono, sentì il tizio accanto a lei
tentare di mettersi in mezzo, ma l’energumeno lo sistemò senza troppo sforzo.
-Ok Leila…seifottuta…hai tirato
troppo la corda e si è spezzata!-
All’improvviso
i duesi fermarono, doveva essere
arrivato qualcuno, così lei si azzardò ad aprire gli occhi e vide che David era
a pochi passi da loro.
David
era il fratello di Shirin ed era stato il migliore
amico di Farid, aveva un discreto ascendente su
quegli uomini.
“Ehi
Sayeb…”
“Taci
pezzo di merda e schioda!
Non
credo che Farid sia a conoscenza o d’accordo con
quello che stai facendo, quindi piantala.”
“
O sennò che mi fai?”
“Prima
ti spacco la faccia, poi lo dico a Farid che ti
spaccherà ciò che io ho lasciato integro…”
Mark
fece per dire qualcosa, ma se ne andò in silenzio, Dave
si accucciò accanto a lei e le prese il volto trale mani.
“Tutto
bene, Leila?”
“Sono
Graffi, grazie Dave!”
“Figurati,
lo sai che odio Mark…”
“Sono
preoccupata per questo tipo,mi dai una mano a tirarlo in piedi?”
Lui
annuì, Leila si chinò sul moro e lo scosse delicatamente.
“Se
ne sono andati?”
“Si,
io sono Leila, comunque…”
“Io
sono Bill…” fece per tirarsi in piedi, ma una smorfia
di dolore lo fece tornare seduto.
“Aspetta…
Dave…”
Il
ragazzo afferrò Bill insieme a lei e lo fece alzare in piedi, Bill si abbarbicò
a lei.
“Dove
lo portiamo?”
“A
casa mia…”
Leila
alzò un sopracciglio, la casa di David non le sembrava un buon posto,
soprattutto perché c’era Shirin.
“Tranquilla,
Shirin è al lavoro, tra poco ci vado anch’io…
Anzi
se lui riesce a camminare e tu a trascinarlo, ti lascio le chiavi
dell’appartamento.”
Leila
tese una mano, David sospirando ci fece cadere le chiavi.
“Non
cacciarti nei guai…”
Lei
annuì, conscia che purtroppo non sarebbe riuscita a mantenere ciò che aveva
promesso.
ANGOLO DI LAYLA
Non c’è
pace per Bil…. Mi sa che Leila è il suo angelo
custode XD!
Cosa succederà
tra quei due adesso? E Bill ? che farà?.
Ringrazio(scusate,
dal prossimo ringraziamenti seri, giuro!)
Capitolo 9 *** 9) La Decisione Giusta è Quella Più Dolorosa ***
9)) La decisione giustaè quella più dolorosa
Bill
aveva un mal di testa allucinante, aveva dolore dappertutto e si sentiva
piuttosto debole, ma era contento, aveva in tasca una bustina di coca caduta al
turco durante la colluttazione.
Era
fatta, sarebbe bastato andare in bagno nell’appartamento dell’altro ragazzo e
tutto sarebbe stato relativamente a posto.
“Leila…perché mi hai aiutato?”
Non
sapeva da dove gli fosse venuta quella domanda, era una sorta di istinto che lo
portava a diffidare dalle persone che aveva acquisito durante gli anni.
Chi
era quella ragazza?
Perché
avrebbe dovuto aiutarlo?
Era
una fan? Un anti? Qualcuno che avrebbe potuto venderlo ai giornalisti?
E
dove lo stava portando?
La
preoccupazione iniziò a salire lenta, ma inesorabile, e se lo stesse portando
in trappola?
“Perché
se ti avessi lasciato lì mio fratello ti avrebbe massacrato di botte, ma se ti
scoccia che io mi sia messa in mezzo posso sempre lasciarti qui e andare a
richiamare quegli energumeni, credo che a loro non dispiaccia fare palestra su
di te…”
“Tuo
fratello?”
“Si,
sono Leila Schimt, la sorella del tuo pusher….”
“Non
sapevo avesse una sorella….”
“Perché
avresti dovuto saperlo?
Non
è certo una cosa a cui Farid fa pubblicità …”
Questo
era vero, ma ancora non capiva del tutto.
“Ma
tu perché l’hai fatto?”
“Perché
non mi piace che Farid si comporti così.
Stai
facendo troppe domande per i miei gusti.”
Si
zittì all’istante, lei comesuo fratello
aveva il potere di metterlo a tacere.
Camminarono
per un po’, fino a raggiungere un condominio piuttosto grigio,.
“Potresti
aiutarmi ad aprire la porta?”
Lui
annuì e la lasciò libera di aprire la porta, la testa gli faceva male, gli
girava, ma credeva che sarebbe potuto rimanere in piedi il tempo necessario a
farle aprire la porta.
Entrò
barcollando, lei mollò la porta e corse a sostenerlo per evitare che cadesse a
terra.
“Accidenti,
ma perché ti riduci così?”
Bella
domanda.
Cosa
doveva risponderle?
“Tu
mi conosci?”
“No.
Che domande…
Per
me sei solo l’ubriacoche è collassato
in tabaccheria l’altro ieri.”
“Voglio
dire, la mia faccia ti è del tutto sconosciuta?”
“Cazzo….non sono uno sbirro!
Non
lo so chi sei!”
Lui
la face fermare, si disse che era un fesso a fare quelle rivelazioni, ma non
sapeva perché a lei voleva dirlo.
“Io
sono Bill Kaulitz….”
“Aspetta….Kaulitz….Kaulitz…. Meg lo nomina spesso…. TU SARESTI QUEL…”
“Si…”
“Il
cantante di una band per ragzzine?”
“Si,
l’angelo ribelle che si fa di coca per continuare a volare.”
“Bella
metafora… Complimenti.
Mia
sorella ti adora…”
“Io
vorrei solo essere una persona normale al momento o qualcosa del genere,.”
Lei
non disse nulla, continuò a salire le scale gradino per gradino fino a quando
arrivarono al pianerottolo e poi alla porta dell’appartamento dell’amico della ragazza.
Leila
lo mollò solo per aprire la porta, poi lo fece sedere sul divano e tornò in
dietro a chiuderla.
“Vado
a prendere la cassetta del pronto soccorso, tu stai buono lì e non muoverti,
cara la mia celebrità.”
Lui
ne approfittò per guardarsi intorno, l’appartamento era piccolo, modesto
nell’arredamento, ma carino, si vedeva che c’era una mano femminile, quella che
mancava all’appartamento suo e di Tom.
La
rossa tornò poco dopo reggendo una cassetta.
“Tu
non ti medichi.”
“Sono
solo due graffi i miei… Su adesso fatti medicare.”
Lui
obbedì, Leila paziente iniziò a passare il cotone imbevuto di disinfettante
sulle sue ferite, bruciava, ma non avvertiva fastidio, solo il desiderio
impellente di sniffare quella busta di droga che ora gli bruciava in tasca.
Leila
aveva un tocco delicato, sembrava non essere nuova al ruolo di crocerossina, il
che non era affatto strano considerato che era sorella di Farid
e che lui probabilmente era stato coinvolto in parecchie risse.
“Bene…sei a posto.”
Se
ne andò in bagno per rimettere aposto
la cassetta, poi tornò da lui reggendo un pacchetto di sigarette e un
posacenere.
“Io
esco a fumare.”
“Io
vado in bagno.”
Lei
annuì, non prima di avergli lanciato un lungo sguardo, come se avesse
indovinato le sue reali intenzioni, lui vigliaccamente si alzò e si barricò nel
locale.
Dispose
la coca sul lavandino, arrotolò una banconota e tirò.
Iniziava
a stare meglio e allo stesso tempo a sentirsi in colpa nei confronti di Tom,
Fra e anche di Leila.
Uscì
dal bagno e vide che anche lei era tornata in casa, per un attimo gli sembrò
che lei gli avesse letto in faccia quello che aveva appena fatto, ma poi si
disse che era uno stupido, le azioni non si tatuavano sulla faccia delle
persone.
Si
sedettero entrambi sul divano in un silenzio imbarazzato.
“Dovresti
medicarti anche tu.”
Fu
lui a parlare per primo, lei si voltò verso di lui.
“Ti
ho già detto che sono solo graffietti.”
Bill
allungò timoroso una mano verso il volto di Leila, lei non si ritrasse e si
lasciò accarezzare una guancia.
“Sono
degli stronzi….
Non
dovrebbero picchiare una bella ragazza come te.”
Quegli
occhi da gatta lo guardavano pensosi, sembrava volessero scavargli nell’anima,
ne era stregato.
Come
la prima volta che la vide sentì l’impulso di baciarla, si avvicinò e l’attirò
a sé, lei non fece nulla, questo fatto lo disorientava, decise che era una
sorta di consenso.
Appoggiò
le sua labbra sulle sue e chiese di approfondire quel bacio, questa volta lei
non si oppose, le loro lingue si trovarono immediatamente.
Sorrise,
lei lo attirò a sé approfondendo ulteriormente quel contatto ed accarezzandogli
i dread, lui invecesi stese su di lei e fece scorrere le sue mani sotto la maglia.
Lei
si irrigidì, iniziò a muoversi per poter scappare, lui le bloccò i polsi, ma
lei riuscì a rifilargli un calcio, lui la mollò all’istante e si tirò a sedere
confuso ed irritato.
“Ehi,
che ti prende?
Pensavo
lo volessi anche tu!”
Lei
si tirò a sedere e lo inchiodò di nuovo con quegli occhi assurdi, lui iniziò a
sentirsi meno baldanzoso.
“Innanzitutto
hai corso troppo per i miei gusti…
E
poi …. È meglio che io non abbia a che fare con dei tossici alcolizzati!”
“Come
l’hai capito?”
“L’ho
intuito dal fatto che appena hai potuto sei filato in bagno e da questo…”
Gli
indicò i resti di polvere bianca sopra il labbro superiore, lui si sentì
arrossire e l’aria gli parve tutt’ un tratto irrespirabile in quella stanza.
“è
il mio turno di uscire a fumare.”
Il
moro si frugò le tasche alla ricerca di un pacchetto e di un accendino poi uscì
sul piccolo terrazzo, il quartiere non migliorava molto visto
dall’alto,constatò distrattamente.
Le
parole di Leila l’avevano colpito, una parte di lui voleva disperatamente
classificarle come patetiche scuse di una ragazzina che si era spaventata,
un’altra parte di lui sentiva che erano dolorosamente vere.
Si
poteva fare affidamento su un cocainomane?
No,
effettivamente no.
Finì
la sigaretta e tornò dentro, lei era ancora seduta sul divano.
Quando
lo vide sulla soglia della porta finestra, lo guardò.
“Scusa,
non dovevo impicciarmi nella tua vita.
In
fondo io non sono nessuno….”
“Si,
forse hai ragione.”
Si
sedette accanto a lei.
“Ma
mi hai trattato come meritavo di essere trattato e di questo te ne sono in un
certo modo grato.”
“Sei
strano…
Cosa
conti di fare adesso?”
Lui
non rispose.
“Conosci
Francesca Girardi?”
“Si,
ero innamorato di lei, ma lei ha preferito mio fratello.”
“Tuo
fratello è il ragazzo con le treccine?”
Lui
assentì.
“Ti
vuole davvero molto bene, l’ho visto da come si è informato su di te con me.”
“Lo
so che ci tiene a me.
Voglio
dire, è il mio gemello, lui ci sarà sempre per me, ma io….io
l’ho tradito.
Dopo
che sono andato via dalla tua tabaccheria gli ho giurato che avrei smesso, ma
ho tradito quel giuramento e sono scappato a cercare la droga da tuo fratello.
È
un anno che questo copione si ripete invariato, ho paura che lui si stanchi di
recitarlo.”
“Io
non lo conosco, ma da come l’ho visto comportarsi con te alla tabaccheria non
credo proprio.
Dovresti
chiamarlo.”
“Per
dirgli che mi sono fatto ancora?”
“Per
dirgli che sei vivo, che ti dispiaceper
averlo fatto soffrire e che sei pronto ad accettare qualsiasi decisione lui
prenda.”
“Vuoi
dire che potrebbe abbandonarmi?”
“No,
ma che potrebbe pensare a una soluzione come una clinica.”
Lui
rimase in silenzio.
“Posso
chiamare con il tuo cellulare?Sono
rimasto senzasoldi.”
“Fai
pure.”
Compose
il numero di Tomcon una sensazione di
ansia crescente, lui rispose al terzo squillo.
“Chi
è?”
“Sono
io, Bill.”
Dall’altra
parte ci fu un lungo silenzio.
“Ti
sei fatto vero?”
“Si….”
“Dove
sei?”
Lui
dettò in modo meccanico l’indirizzo, poi chiuse la chiamata.
“Leila
… non è che potresti abbracciarmi?”
“Certo,
ma ricordarti che stai per affrontare tuo fratello non un demone.”
Lui
non disse nulla, si lasciò solo abbracciare da lei e pregò che tutto andasse
bene.
La
vita era strana.
Quando
Lene aveva saputo che avrebbe dovuto andare dal suo fratellastro aveva
sbuffato, beccandosi l’ennesima occhiataccia del periodo da sua madre.
Quando
era arrivataa casa di lui l’aveva
trattato malissimo sperando di risultare così insopportabile da essere
rispedita a casa seduta stante,assurda come cosa doveva riconoscerlo però era
stata l’unica che le fosse venuta in mente per protestare e riuscire a imporre
la sua volontà.
Si
era sbagliata, aveva fallito.
Quel
ragazzo che aveva giudicato così negativamente non era affatto male e in modo
inaspettato gli aveva dato la sua fiducia, era il primo ragazzo a cui l’avesse
data dopo Luca e Farid.
Buffo
in un certo senso.
Pensava
tutto questo mentre lui guidava verso la periferia della città, dove stavano
andando?
“Ehi…dove stiamo andando?”
“In
un posto che credo ti possa piacere di più.”
Lene
tacque e decise di stare a vedere come sarebbe andata, poco dopo arrivarono a
un centro commerciale, questo era decisamente meglio.
“Wow…”
“Pensi che ti possa piacere di più?”ridacchiò
lui.
“Ne
sono sicura!
Grazie
di tutto!”
“Figurati…. Sono pur sempre tuo fratello no?”
“Eh
già…”
Si
avviarono insieme verso l’edificio, Lene per la prima volta si sentì serena,
protetta da qualcuno e la trovò una bella sensazione.
Girarono
per numerosi negozi, lei si divertì a provare e riprovare diversi capi, mentre
lui aspettava paziente.
“Sei
davvero paziente.”Constatò sorpresa affacciandosi da un camerino.
“Me
l’hai già detto….
Che
hai preso?”
Lei
scostò la tenda e si espose all’occhio scrutatore del fratello, indossava un
vestitino nero senza spalline, forse troppo corto e scollato, ma che le piaceva
molto soprattutto per quel bordino di pizzo che aveva sulla gonna.
Si
creò un silenzio imbarazzante, alla fine lui alzò un sopracciglio.
“Tu
vorresti prendere quel vestito?”
“Si,
perché?”
“Non
dico che è brutto….ma non è adatto a te.”
Lene
aggrottò le sopracciglia, pronta per la battaglia.
“Cioè?”
“è
troppo scollato!
Non
è da te!”
“Oh!
e tu saresti così bravo da intuire cosa sia da me dopo nemmeno un giorno che mi
conosci?”
“Posso
provarci, mettimi alla prova.”
Lene
incrociò platealmente le braccia al petto e lo fulminò con uno sguardo
assassino , cosa credeva di fare quel ragazzo?
“D’accordo
Listing, va i e provaci, ma sarò un giudice
inflessibile, sappilo!”
“Non
so perché lo immaginavo.”
Lene
tornò dentro al camerino, suo fratello si allontanò con una strana espressione.
Forse
lui credeva di essere riuscitoa
nasconderglielo ma si sbagliava, Lene, se si impegnava era un’ottima
osservatrice,era come se lei gli avesse ricordato qualcuno, la sua ex forse?
Non
ne aveva idea.
Riprese
a guardarsi allo specchio, forse Georg aveva ragione quella gonna era
eccessivamente corta e forse era fin troppo scollato, Leila l’avrebbe definito
“ un po’ da bagascia.”
Sospirò,
la sua sicurezza iniziava a scemare, si sedette su uno sgabello dentro al
camerino, il fratello arrivò poco dopo reggendo un paio di jeans e un top.
Lene
li prese scettica e se li provò, erano dei jeans a sigaretta,grigi, a vita
bassa e un top nero che si allacciava al collo leggermente svolazzante sul
fondo.
Rimase
a bocca aperta, aveva i capelli sciolti accuratamente piastrati,
si immaginò con una cintura nera, una pochette dello stesso colore e dei
sandali a tacco alto e vide una Lene sicura di se ed elegante che in qualche
modo le piaceva molto.
Dovette
ammettere a malincuore che il fratello aveva gusto.
La
ragazza uscì da quel camerino rossa come un peperone, non era ancora pronta ad
ammettere la sconfitta.
“Allora?
Ti piacciono?”
Lei
sospirò.
“Listing devo dire che dopotutto hai buongusto.”
“Oh!
Stai forse tentando di dirmi che ci ho azzeccato e che i vestiti ti piacciono?
È
forse un “grazie” quello che sento?”
“Una
specie….”
-In realtà è un grazie
completo, ma non ho voglie di dirtelo.-
“Vuoi
prendere altro?”
“No,
ti ho martirizzato abbastanza…
Tu
vuoi prendere qualcosa?”
Lui
si fece pensieroso.
“No… Non mi serve nulla…
Se
tu hai finito possiamo andare a casa.”
Lei
sorrise ed annuì, per poi tornare a cambiarsi.
Per
un attimo si vide con gli occhi di Georg e concluse che quei jeanse quella felpa semplici che non molto tempo
fa aveva definito sciatti e banali in realtà erano carini e le stavano bene.
Volente
o nolente stava iniziando a cambiare, a lasciarlo entrare nella sua vita.
Lene
uscì dal camerino, sorridente, con i vestiti sottobraccio, Georg le sorrise di
rimando.
Insieme
si avviarono verso la cassa, pagarono e poi si avviarono verso l’uscita del
centro commerciale,
Georg
aveva parcheggiatola macchina in uno
dei settori del parcheggio sotterraneo, quello che era più profondità,
fortunatamente incontrarono poca gente sulle scale mobili e nel parcheggio vero
e proprio.
Fu
lì che la ragazza colse uno strano luccichio negli occhi del fratello.
-Che avrà?-
“Lene
prendi un carrello.”
“Perché?”
“Tu
prendilo e basta.”
Lene
alzò le spalle ed ubbidì, mentre infilava la moneta nell’apposita fessura si
chiese cosa diavolo avesse in mente, visto che anche lui stava prendendone uno.
“me
cosa diavolo hai in mente, Listing?”
“Hai
mai fatto una gara di carrelli?”
“Una
che?”
“Un
gara di carrelli… spingi il carrello e poi ci salti
sopra!”
“NO….”
“Bene
le farai oggi.”
“Ma
tu sei matto! E se andassi contro qualche macchina?
E
se il carrello si ribaltasse?”
Lui
la guardò paziente, in attesa che quel fiume di parole si placasse.
“Lene,
se vedi che stai andando nella direzione sbagliata, scendi e il carrello si ferma…
Per
non farlo ribaltare basta che non tu vada troppo forte.”
Lene
avrebbe voluto ribattere che era una cosa stupida, da immaturi eterribilmente idiota, ma non ci riuscì, il
fratello aveva preso a fissarla con quegli occhioni
da gatto con gli stivali che si ritrovava e lei non poté dire di no.
- Immagino che la sua
ragazza non fosse in grado di negargli nulla se la guardava così…-
Sospirò,
ormai si era arresa.
“D’accordo
Listing…facciamo come vuoi tu…
Sappi
che se mi schianto contro qualcosa sarà con te che me la verrò a prendere!”
I
due si misero vicini, Georg ridacchiò.
“Lene
ti batterò!!”
“Non
ci contare!”
La
ragazza iniziò a spingere il carrello,sempre più forte fino a che fu costretta
a salire sui predellini , sentiva la presenza del fratello accanto a lui.
Che
fosse in vantaggio lei?
“Lene
rallenta!”
Stava
andando contro una macchina!
Si
fermò e riuscì ad evitare di distruggere una povera macchina.
“Uffa
sono una frana!”
Georg
rise.
“Si
effettivamente, quella macchina ha rischiato grosso ….
Ma
tu ti sei divertita?”
Lei
esitò, incerta sul da farsi, cosa poteva rispondere?
La
verità era che si era divertita, ma una parte di lei non voleva dargli questa
soddisfazione.
“Bheecco…”
“Oh!
Esiti!”
“Vuoi
vedere che ti sei divertita davvero?”
Arrossì,
si sentiva con la spalle al muro ed era stanca di mentire, così, a malincuore
decise di ammettere la verità.
“Si,
mi sono divertita.”
“Sono
contento…”
Lene
arrossì e per la prima volta da anni si sentì davvero felice spensierata,
paradossalmente doveva ringraziare quel fratello che fino a poco prima credeva
diodiare.
Quella
trasferta a Berlino non era poi così male.
E
così Bill era tornato a casa.
Francesca
lo vide di nuovo varcare la soglia dell’appartamento scortato da un irritato Tom,
un Tom che sembrava stanco, furioso e scoraggiato,un Tom che stava male.
E
anche lei, Francesca, stava male vedendo l’amico conciato così, si sentiva
fottutamente impotente sia per uno che per l’altro dei due gemelli Kaulitz.
Cos’avrebbe
potuto fare?
Corse
da Bill.
“Stai
bene? Sei ferito!”
“Lo
so…” mugugnò lui” ma mi hanno medicato, tranquilla.”
“Sta
bene Fay…si è appena fatto!”
Il
minore abbassò gli occhi, mentre il maggiore ne andava nell’altra stanza in
preda a una rabbia muta, la ragazza sospirò, doveva calmarlo?
Andare
da Bill?
La
risposta si suoi dubbi arrivò poco dopo, Tom uscì dalla camera, con in mano una
giacca.
“HO
bisogno di ….fare un giro.”
“Mi
dispiace,tom…”
“è
un anno che dici che ti dispiace e torni a cercare quella roba.
Sono
stanco, non so cosa fare!
Ho
bisogno di riflettere!”
Se
ne andò sbattendo la porta, Bill non disse nulla, si limitò ad abbassare gli
occhi.
“è
solo…”
“Frustrato.
Lo so.
Io
non vorrei che succedesse, mi sento così debole.”
Francesca
non seppe cosa dire, cosa fare, era tremendamente confusa ed in preda a
sentimenticontrastanti, si sentiva
divisa ed incapace di prendere una decisione.
Una
parte di sé avrebbe voluto abbracciarlo, un’altra voleva sgridarlo, così non
fece nulla e forse sbagliò, perché Bill abbassò gli occhi e si chiuse in se
stesso.
“Fra…. C’è qualcosa da mangiare?”
“Si,
ci sono i resti delle lasagne di ieri…”
“Vanno
benissimo!!”
Francesca
si avviò verso la cucina, dandosi della cretina, l’amico dietro di lei era
silenzioso, non avrebbe più parlato, non di sua volontà.
Sapeva
che non sarebbe stato facile, ma a volte si sentiva totalmente inadeguata sia
con Tom che con lui, era come camminare su un campo minato.
Infilò
le lasagne nel microonde, apparecchiò una porzione di tavolo, quando il forno
trillò le servi a Bill.
Il
ragazzo iniziò a mangiare senza dire una parola, non smise fino a quando non fu
tutto pulito.
Era
tutto così assurdo.
Una
volta non c’erano questi silenzi, ma nulla era più come una volta, Fay tendeva a dimenticarsi che c’erano stati anni di vuoto
anche con Bill e che lei l’aveva respinto.
A
volte si scopriva a desiderare così fortemente una parte del suo passato, pur
non perfetta, da dimenticare cosa fosse successo dopo.
“Vado
in camera.”
“Credo
che Tom voglia cambiarti camera….”
“Al
momento non è ancora arrivato….
Tranquilla
non scapperò.”
La
mora abbassò gli occhi.
“Io
non volevo offenderti, solo che…
Quando
ho visto cosa hai fatto perscappare,
ossia camminare su un cornicionerischiando di spiaccicarti per terra….bhe….mi
sono preoccupata…
Ho
pensato a cosa sarebbe successo se tu fossi …. Morto…
Ho
fatto brutti pensieri e come li ho fatti io li ha fatti anche Tom.”
“MIdispiace…”
Il
cantante lasciò la cucina, Francesca si diede ancora della stupida, era in
momento come quelli in cui si sentiva ancora una ragazzina fragile ed inesperta
che avrebbe voluto avere una…madre.
Scosse
la testa, era inutile pensarci, meglio lavare i piatti e ragionare.
Voleva
parlare con Bill, chiarirsi, fargli capire che non lo considerava sbagliato o
qualcosa del genere, ma allo stesso tempo voleva proporgli una cosa.
E
sapendo cosa fosse si sentiva una stronza menefreghista e anche un po’
traditrice.
Voleva
proporgli una clinica e si sentiva in colpa.
Sospirando
asciugò le stoviglie, era rimasta tutta la notte sveglia a pensare che forse se
Bill aveva iniziato a fare uso di quella roba a monte c’erano problemi più seri
che lei ne Tom avrebbero potuto risolvere.
Razionalmente
sapeva che quella era la soluzione migliore, ma il cuore le diceva un’altra
cosa, ossia che stava abbandonando il suo amico e rischiava di mettersi contro
Tom.
Decise
che al momento avrebbe girato al largo dalla questione e poi era curiosa di
sapere la versione di Bill, al momento aveva sentito solo il racconto di Tom.
La
cucina era pulita, non poteva più temporeggiare, doveva parlare con lui, così
si fece forza e aprì la maniglia.
La
stanza era in penombra, illuminata solo dalla luce fredda e livida del
crepuscolo che entrava dalla finestra, l’unica nota vivace erano quelle tende
che davano però un aria sinistra al tutto.
Un
brivido la attraversò la schiena quando la sua mente le fece rivedere un
flashback del giorno della morte del nonno paterno, ricordandole che quel rosso
che rendeva al bordeaux delle tende era lo stesso del colore dei paramenti
funebri.
Bill
era seduto sul letto, rivolto vero la finestra, apparentemente intento aguardare il paesaggio esterno, ma lei lo
conosceva abbastanza da sapere che in realtà stava riflettendo.
Doveva
disturbarlo?
“Non
mi disturbi…”
“Come
hai fatto a…?”
“Ti
sei incantata sulla porta.” Fece sornione lui.
“Si….sono sempre la solita…chi
nasce rotondo non può diventare quadrato.”
“Che
cosa curiosa hai detto…con la volontà si può fare
tutto.”
“Posso
sedermi?”
Il
ragazzo le rivolse uno sguardo penetrante.
“Perché
me lo chiedi?”
“IO
pensavo di averti offeso in qualche modo prima.”
Lui
sorrise e le fece segno di accomodarsi lì accanto, la ragazza eseguì titubante,
Bill appoggiò la testa sulla sua spalla, lei non poté fare a meno di fare lo
stesso e tentare di seguire i pensieri di lui.
“Tu
e un’altra persona mi avete fatto riflettere oggi…
Voi
e ….anche questi in una certa misura….”
Si toccò i lividi.
Lei
rimase in silenzio, poi prese coraggio.
“Se
vuoi parlare io sono qui.
Se
vuoi raccontarmi tutto dall’inizio o la tua versione dei fatti, io sono
disponibile a starti a sentire… senza forzarti,
ovvio.”
Bill
rimase un attimo in silenzio.
“No,forse
parlarne mi farà bene e ti di sicuro data la mia logorrea mi aiuterà ad articolare
il discorso necessario ad arrivare al punto che mi interessa.
Quindi….
Partiamo
dall’inizio. È da lì che si parte no? Dal perché una persona fa una determinata
cosa.
Ti
dico subito che non c’è un perché preciso, in quel periodo mi sentivo strano,
stanco ,fragile.
Ormai
mi era passata la cotta per te, avevo avuto un’altra ragazza e non aveva
funzionato.
Mi
mancavi come amica, ma ero troppo vigliacco per farmi sentire ancora e così
rimandavo quel momento.
Poi
c’era il contorno della mia vita, quella pesante, con ritmi serrati e poca
privacy.
Mi
è sempre piaciuta, lo ammetto, con i suoi pregi ei suoi difetti, ma in quel particolare
momento la trovavo stretta, avevobisogno di una pausa.
Solo
che non potevo permetterla.
Avrei
potuto parlarne con mio fratello, ma non ne avevo voglia, così continuavo a
tirare avanti.
Fino
a che a un party non si avvicinò un tipo dicendo che aveva qualcosa per me,
sapevo cosa ovviamente, sapevo che avrei dovuto rifiutare.
Lo
sapevo perfettamente eppure...
Forse
perché ero brillo, forse perché ero esasperato e sul punto di scoppiare ho
acconsentito a seguirlo e ho provato.
Come
mi sono sentito dopo?
Pieno
di energie, pronto a spaccare il mondo pur sapendo in cuor mio di fare una cosa
sbagliata.
Ero
indulgente, mi davo le giustificazioni che si danno tutti, che molti la usano,
che quando avessi voluto avrei smesso subito.
Ovvio
che mi stessi fregando con le mie mani, ma allora non lo volevo vedere.
Era
il mio segreto.
Non
lo sapeva nemmeno Tom , anche se credo che sospettasse qualcosa idem gli
altri.”
Francesca
ascoltava quel discorso come ipnotizzata, sentendosi a tratti liberata da sensi
di colpa, a tratti triste, a tratti confusa.
Quel
fiume di parole sparate a velocità assurda stavano rischiando di sommergerla.
“Ma
i segreti ,Fra, logorano e soprattutto non possono durare in eterno.
Mi
sentivo forte perché nessuno mi aveva ancora sgamato, perciò abbassai la
guardia o forse inconsciamente volevo essere scoperto da Tom.
Così
fu.
Una
sera mi scoprì chino su una striscia di coca.
Litigammo,
gli dissi che con il mio comportamento lo avevo liberato dalla seccatura
dell’avere un fratello problematico, perché la droga era un modo per aiutarmi
ad essere meno scazzato.
Lo
ferii.
Lo
feci sentire come se non valesse nulla, non sapevo cosa stessi tentando di
fare.”
Il
ragazzo sospirò di nuovo.
“Bhe forse lo sapevo.
Lo
ferivo per allontanarlo da me, ma non funzionava.
Io
stesso non era coerente, lo supplicavo di aiutarmi e lo maltrattavo se lo
faceva.
Ti
ha raccontato di quel periodo no?”
Lei
annuì.
“Ero
insopportabile,lo costrinsi ad
allontanare Georg e Gustav per aiutarmi.
A
volte mi chiedo se non volessi punirlo di qualcosa.
Come
sai anche quella situazione ha avuto una fine.
Ho
litigato di nuovo con lui, usando parole fatte apposta per ferirlo, parola che
ero certo lo avrebbero fatto allontanare da me.”
“Perché
Bill?
Perché
l’hai fatto?
Lui
ci è stato male, ha creduto davvero di essere un pessimo fratello.”
“Lo
so.
È
questa la cosa che mi ferisce maggiormente, il fatto di averlo fatto stare così
male.
Io
volevo che lui si allontanasse da me per non trascinarlo a fondo con me e
volevo tornasse da te.”
Fay sgranò gli occhi, lui ridacchiò.
“Avevo
trovato una bozza delle lettere che ti scriveva e mi sono detto che forse ti
avrei fatto un regalo che mi avrebbe fatto perdonare se te lo avessi mandato.
Seriamente…
Pensavo
che se avesse ritrovato te e io me ne fossi andato avrebbe potuto essere
felice, io volevo che lui lo fosse e con me in quello stato non poteva esserlo.
Non
avevo fatto i conti con due cose: con il suo carattere e con me stesso.
Avrei
dovuto sapere che non avrebbe mollato, che quella strategia che mi sembrava
giusta avrebbe finito per creare solo altro dolore a tutti.
Io
stesso sono stato male.
Mi
mancava, Francesca, mi sentivo una merda.
Abbandonato
a me stesso, alla vita che volevo, mi ero accorto che avevo sbagliato tutto e
non potevo tornare indietro o meglio che Tom non lo avrebbe fatto.”
“Ma…”
“Non
ha molto senso vero?
Ti
ho detto che ho fatto quella sceneggiata per allontanarlo, ma la realtà è un’altra…
Volevo
metterlo alla prova, vedere se sarebbe tornato anche quella volta e forse lo
capii anche lui perché non tornò.
In
ogni caso, l’appartamento che avevamo li mi era diventato insopportabile per me
e me ne andai.
Ero
determinato ad attuare il piano fino in fondo, a raggiungere una specie di
fondo, così mi trasferii a Berlino e mi trovai un appartamento e uno
spacciatore.
La
mia vita era molto simile a quella che facevo ad Amburgo, serate in discoteca,
ragazze e droga, ma mi sentivo incompleto.”
Ci
fu una lunga pausa.
“La
sera prima che mi trovaste da Leila mi sonoubriacato e ho sognato di suicidarmi…
Fu
qualcosa che mi lasciò sconvolto, per la prima volta realizzai appieno quanto
fossi fuori controllo e così mi cercai un pacchetto di sigarette.
Le
avevo finite e così uscii a comprarmele, fu per caso che mi ritrovai nel tuo
vecchio quartiere ed entrai in quella tabacchiera.
Quando
ho visto Leila qualcosa mi è scattato dentro, la volevo e ci ho provato con
lei.
I
miei ricordi sono confusi dall’alcool, ho pensato che fosse una bella ragazza e
che la volevo, senza sapere chi fosse e fregandomene del fatto che potesse
avere a che fare con Farid.
L’ho
seguita nel retrobottega, l’ho baciata, lei non voleva, ma poi mi ha
assecondato.”
Francesca
seguiva quel racconto perplessa, non lo riconosceva fino in fondo in quei
comportamenti.
“Poi
sono crollato ubriaco.
Il
resto è storia.
Farid oggi mi ha picchiato credendo che
avessi una storia con lei e lei mi ha difeso.”
“è
lei ad averti curato anche?”
“Si.
La
mia ricompensa è stata provarci ancora con lei, come se fosse una di quelle
ragazze con cui sono uscito negli ultimi tempi , stronzo, vero?
Lei
mi ha rimesso al mio posto e io all’inizio mi sono incazzato, pensavo fossero
le patetiche giustificazioni di una ragazzina ritrosa.”
“Hai
cambiato idea?”
“Si,
ci ho riflettuto e ho capito che aveva ragione, se avessi continuato lungo
quella strada non sarei mai arrivato da nessuna parte.
Ho
perso la mia strada Fra e da solo non riesco a ritrovarla e non posso
continuare achiedere a voi di fare i
cani da guardia perché so che continuerei solo a deludervi.
Mi
costa chiedervi questo, soprattutto a Tom, ma….
Io
vorrei essere ricoverato in una clinica per disintossicarmi..”
Francesca
sgranò gli occhi, tutte le paranoie, i dubbi caddero davanti a quella
richiesta, insolita e lucida allo stesso tempo.
Una
risata amara le salì alla bocca, lasciando Bill di stucco.
“Sai….prima stavo pensando la stessa cosa…
Non
sapevo come dirtelo senza offenderti…”
Lui
sorrise.
“è
strana questa nostra sintonia.”
“Non
direi, cucciolo, siamo amici.”
“Quindi
sarai dalla mia parte nonostante ti abbia raccontato che merda sia?”
“Si,
non mi importa di quello che hai fatto o non hai fatto, io so che non sei
davvero così, io mi fido di te comunque perché mi hai mostrato la tua parte
migliore nonostante io ti abbia riservato la mia parte peggiore.
Quindi,se
pensi che questa sia la decisione migliore ti sosterrò..”
“Grazie.”
E
dopo anni Francesca poté finalmente riabbracciare Bill sentendolo davvero amico
e per un attimo quegli anni di silenzio tra di loro sparirono, lasciando una
sensazione di pace.
Non
sarebbe stato facile per nessuno andare avanti, ma quello che aveva ritrovato
le dava laforza per continuare a
lottare perfar si che tutto tornasse
come era prima.
Ne
fu certa, mentre le braccia dell’amico la cullavano.
Il
sole sarebbe spuntato prima o poi su quel periodo buio.
ANGOLO DI LAYLA
Allora^^innanzitutto
devo ringraziare _Pulse_ per l’idea dei carrelli^^.
Finalmente
si apre una piccola via d’uscita a questa situazione, come si evolverà?
Come la
prenderà Tom? Il resto alla prossima puntata
Hana Turner: Mark con Fra? Forse ti confondi
con Dave… Mark ci ha provato con Leila e ha ricevuto
solo due di picche…
Credo che
quando Farid saprà della bravata del viscido(Marck) succederà un casino…. E a
Mark starebbe bene XD!
Spero che
questo capitolo ti piaccia! Alla prossima!
Big Angel Dark : Si, mark è uno stronzo! La
pagherà! In quanto a Maso, come vedi Velmo ha deciso
da solo XD! Alla prossima! Ciao
_Pulse_: Non so se Fay
farà il miracolo tra Leila e Farid, ma potrebbe
provarci in futuro…. Chissà^^.
Sono
contenta che ti piaccia la parte di Tim e di Farid,
soprattutto quella di Farid mi sono impegnata a
scriverla.
Spero che
questo ti piaccia alla prossima^^!
Bambolina Elettrica: Si Leila è arrivata al momento giusto, ma fare gli eroi ha
sempre un pezzo, lei se l’è cavata con poco^^.
Spero che
questo ti piaccia! Ciauz!
Lady Cassandra: In effetti non ho risparmiato nulla a quella povera anima di
Bill -____-,poverino…
Il tuo
metodo di disintossicazione è molto interessante ma temo che porterebbe Bill a
perdere la sua bellezza XD.
Come vedi
lui stesso ha pensato di darsi un freno (finalmente).
Sono
contenta che tu abbi apprezzato la parte di Farid,
hai ragione nel dire che pur essendo violento e “disgraziato” non è cattivo,
era quello che volevo trasmettere…
Io Farid lo vedo come un personaggio intrappolato in un ruolo
da cui non riesce a liberarsi nemmeno ora che gli va stretto.
Capitolo 10 *** 10)Le Speranze Infrante Di Lene ***
10)) le speranze infrante di lene
Tom
era uscito di casa senza sapere bene cosa fare ne dove andare.
Aveva
solo bisogno di staccare un attimo da tutta quella situazione, pur sapendo di
non comportarsi molto bene ne verso il fratello ne verso Fay.
Aveva
detto che non si sarebbe arreso, che avrebbe continuato a combattere, ma in
quei momenti si sentiva stanco e demotivato e tendeva ad attaccare Bill anche
se detestava poi vederlo triste.
Era
tutta una contraddizione.
Non
riusciva a sopportare di vederlo giù, in colpa per esserci ricaduto e allo
stesso tempo sentiva di doversi sfogare, stando così le cose una passeggiata
gli era parsa l’unica soluzione.
Forse
Fay sarebbe riuscita a trovare un modo migliore di
far parlare o di consolare il fratello, quei due avevano sempre avuto un’ottima
sintonia.
Uscì
travestito nelle strade affollate del tardo pomeriggio, nessuno sembrava fare a
caso a lui ed era meglio così, non aveva voglia di comunicare.
Doveva
avvisare Gustav, non l’aveva ancora fatto,così compose il numero dell’amico,
con cui scambiò poche parole e si ritrovò ad accettare l’invito per andare da
lui.
Poteva
sfogarsi se avesse voluto e riflettere lungo la strada.
L’amico
non abitava vicinissimo a lui, aveva tutto il tempo di lasciar vagare i suoi
pensieri senza una direzione precisa, tutti comunque ruotanti attorno al
fratello.
Si
era accorto che quella volta stava male per non aver saputo resistere, lui non
sapeva cosa fare, era disarmato e pieno di sensi di colpa a sua volta.
Non
si era accorto di nulla per tantissimo tempo, quando forse non era troppo tardi
per intervenire lui aveva coscientemente voltato la testa dall’altra parte per
non vedere.
Sospirò,
il suo occhio cadde su un bambino accompagnato dalla madre e la sua mente tornò
a loro due da piccoli, a quel ragazzino che aveva sogni di gloria.
Tante
volte chiusi nella loro camera si erano immaginati come avrebbe dovuto essere
la loro vita futura,a Bill si illuminavano gli occhi immaginandosela.
Si
vedeva cantare su di un palco, con una folla adorante sotto di sé, come i
cantanti che tanto amava, con il fratellino accanto che suonava la chitarra.
Si
erano avverati quei sogni.
Era
stato fantastico, ma nulla era mai solo positivo e i lati negativi ora li
avevano travolti.
Lui
almeno aveva trovato Fra, Bill non aveva trovato nessuno e lui la sua ragazza
in un certo senso l’aveva travata alle spalle del fratello.
Avrebbe
mai smesso di sentirsi colpevole anche di quello?
-Si- sussurrò una voce - Quando ti deciderai a parlarne a tuo
fratello.
Io sono certo che lui
ti dirà che è da molto che ha smesso di amare la tua ragazza e che le tue sono
solo paranoie. –
Quella
voce aveva ragione, aveva bisogno di parlare con il gemello, così richiamò
Gustav per dirgli che aveva cambiato idea.
Ripercorse
all’inverso le strade e tornò nel suo appartamento.
Bill
era in camera sua con Fay, abbracciati, lui
tossicchiò per far capire che era arrivato.
I
due si staccarono e sorrisero.
“Sono
contento di vedere che tu stia meglio Bill.”
Era
riuscito a non dare sfumature sarcastiche a quella frase.
“Si,
ho parlato con Francesca e mi ha fatto bene.
Mi
è mancato averla come amica.”
“Solo
come amica?”
Il
rasta avrebbe voluto schiaffarsi una mano in faccia, si stava dimostrando un
cretino, dannata impulsività!
“Solo
come amica….
È
da molto che la cotta per lei mi è passata, puoi stare tranquillo Tomi. “
“Io
non volevo dire che non sono tranquillo, solo che…ecco…io non sapevo se per lei provavi ancora qualcosa non
hai mai voluto parlarmene tutto qui.
Non
volevo che in qualche modo ti dessimo fastidio.”
“Tranquillo…..
Tom
io ti devo parlare.”
Il
tono serio del fratello lo spaventò leggermente, non sapeva perché ma percepiva
che quello che gli avrebbe detto non sarebbe stato piacevole.
“Non
so da dove iniziare a dire la verità….
Prima
era tutto così chiaro nella mia mente, ma ora ho paura….
Quello
che ti dirò potrà in qualche modo ferirti, ma non è mia intenzione farlo.
Non
sei tu che sei inadeguato in questa storia,sono io, sappilo.”
Tom
era certo che fosse una cosa spiacevole.
”Ci
ho pensato parecchio, anche prima di oggi a quello che sto per dirti.
Mi
sono accorto che da questa storia non posso uscire da solo e non permetto
nemmeno a voi di aiutarmi, perché ogni volta che voi ci provate io scappo,
deludendovi e rendendo tutto vano.
Avevi
ragione quando hai detto che così non può continuare,che è come sei stessimo recitando una
commedia …
Bhe…. io sono stanco di recitare e lo
sarete anche voi immagino.
Ho
deciso di ricoverarmi in una clinica…”
Tom
rimase in silenzio, le parole di Bill gli rimbombavano in testa senza che lui
le capisse. Che significava ?
Perché?
“Perché
Bill?”
“Perché
credo che ci siano altri problemi a monte che mi hanno portato a fare quello
che sto facendo e se non li risolverò non risolverò mai nemmeno la mia dipendenza.
E
io voglio risolverla.
Ti
prego Fratello!
Non
voglio dire che tu non sia capace di tirarmi fuori dai guai, non è un’accusa,
solo che mi rendo conto che tu puoi aiutarmi molto, ma non puoi entrarmi nella
testa.
Nella
mia testa c’è qualcosa, una ragione che io stessonon so definire che mi spinge verso quella
roba e io devo conoscerla se voglio guarire.
Ti
prego Tom…
Non
reagire male.”
L’ex
rasta sospirò.
“Cosa
cambierebbe ?
Tu
hai già deciso cosa fare, la conosco quella faccia, è quella che fai quando hai
preso una decisione.”
“è
vero.
Io
ho già scelto, ma non voglio andarmene da qui dopo aver litigato con te o
sapendoti arrabbiato …..
Visto
quello che sei per me, che hai fatto e che stai tuttora facendo non lo
sopporterei … “
Il
gemello abbassò gli occhi, Tom si sentì stringere il cuore, ancora una volta lo
stava facendo soffrire, ancora una volta era impreparato.
“Io
ci devo pensare…
Non
ti farai ricoverare subito vero?”
“No… adesso mi informo, ma credo che ci voglia qualche
giorno.”
Tom
annuì.
“D’accordo
Bill, Francesca potresti venire un attimo?”
La
ragazza si alzò da letto, lo seguì senza dire una parola fuori dalla camera
fino al salotto, dove lui si sedette sul divano, cercando le parole esatte.
“Francesca… Hai suggerito tu quest’idea a Bill?”
Cercò
di sforzarsi per mantenere un tono calmo, non voleva attaccarla dopotutto, solo
si sentivaconfuso ed arrabbiato,
impotente davanti a tuttaquella catena
di eventi.
Lei
sospirò.
“No,
ha colto di sorpresa anche me…
Ti
confesserò che ero andata da lui per accennargliela, ma lui aveva già fatto
tutto da solo.”
“E
ti ha spiegato i motivi….Perchè
con te parla e con me no?
Io
sono il suo gemello!”
“Non
lo so…
Forse
ha paura di ferirti, di deluderti….
Dovresti
parlare con lui.”
Il
ragazzo si prese la testa tra le meni.
“Perché
è tutto così complicato?”
Francesca
non seppe dargli una risposta, lui rimase ancora un po’ sul divano , poi uscì
in terrazza a fumareuna sigaretta, nel
vano tentativo di dare un senso a tutto quello che era successo.
Parlare
con il fratello era ovviamente la sua soluzione migliore, ma ci sarebbe
riuscito?
Erano
anni che un filo tra di loro sembrava essersi allentato, era da molto che non
si parlavano chiaramente e lui aveva sempre rimandato quel momento, solo
cheora non poteva più aspettare.
Il
momento che temeva era arrivato, sarebbe stato pronto?
L’unico
modo per saperlo era provare ad intavolarlo, mentre stava per entrare la
portafinestra si aprì ed uscì Fra.
“Sono
venuta a parlarti.”
“Perché?”
“Tom
io non voglio intromettermi tra te e Bill, voglio aiutarvi, non incasinarvi.
Prima
ho detto che volevo parlare a Bill del ricovero, ma non l’avrei fatto comunque
perché non ne avevo parlato con te…”
Sospirò.
“Prima
di dirgli una cosa così importante ne avrei parlato con te, mi credi.”
“Ti
credo e lo so perfettamente.
Quando
mio fratello mi ha parlato del ricovero io mi sono sentito diviso, incerto ed
insicuro.
Vedi…
La
mia parte razionale ha capito perfettamente che è l’unica soluzione per far si
che Bill davvero guarisca, ma il mio istinto dice altro.
Mi
rimprovera, mi fa sentire inadeguato perché non parlo con mio fratello e non lo
aiuto, quindi adesso ho deciso di parlargli.”
La
vide allungare una mano e poi lasciarla ricadere.
“Bene
io vado a preparare la cena.”
La
sua ragazza si voltò e fece per entrare in casa, lui la bloccò e la abbracciò
da dietro, appoggiandole la testa sulla spalla.
“Non
volevo prendermela con te, tu non c’entri niente.
Scusami.”
“Non
fa niente, lo so…
È
tutta la situazione.”
Il
suo tono era triste, lui sospirò e la fece girare per guardarla negli occhi,
dopo averle appoggiato le braccia sulle spalle.
“Lo
penso davvero Fay, mi dispiace sul serio.”
Lei
sorrise, gli accarezzò una guancia.
“Lo
so, ti ho già detto una volta di non preoccuparti per me è più importante tuo
fratello.”
“Ho
paura di sbagliare con lui, di dire o fare qualcosa che non sia giusto.”
“Non
devi avere paura, te la caverai, ne sono certa.”
Lui
la strinse a se e poi la bacio, cercando in lei quel coraggio che sapeva di
avere nascosto da qualche parte,lei si staccò sorridendo.
“Ora
vai a parlargli…subito!”
“Agli
ordini!
….
E grazie!”
“Figurati.”
Tornò
nell’appartamento più sereno, pronto a parlare con il fratello.
Bill
era ancora seduto sul letto di suo fratello, non sapeva cosa fare, era certo
che Tomnon avrebbe reagito bene alla
notizia, ma era certo di quello che voleva fare.
Sarebbe
stato difficile stare in clinica, eppure se questo l’avesse reso libero dalla
droga era pronto ad affrontarlo, era stanco di non sentirsi del tutto padrone
di se stesso.
Un
lieve bussare interruppe i suoi pensieri, poco dopo Tom entrò e si chiuse la
porta alle spalle, chissà cosa voleva?
Lo
guardò mentre si sedeva accanto a lui, era serio, composto, così diverso da
quello che si aspettava….
“Ho
bisogno di parlarti….”
“Sono
qui. “
“Cosa
ti ha spinto a questa decisione?”
Poteva
raccontargli di Leila?Decise di si.
“
Tu lo sai come mi sono comportato ultimamente con le ragazze?”
“Si,
come facevo io un tempo….me ne ero accorto e pensavo
ti volessi godere la vita. “
“Anche…. Ero stufo di un approccio così serio, ma non mi ha
portato a molto…
Dentro
di me sentivo freddo, perché io non provavo nulla verso di loro e di sicuro io
non stavo meglio.”
“Pensavi
a Francesca?”
“Per
un po’ all’inizio si, poi dopo la ragazza che ho avuto in America ho capito che
la mia cotta per lei era passata, ma questo freddo è continuato. “
“Poi
è arrivata la droga…”
“E
non se ne è andato…
Te
lo posso giurare, anche dopo che sono scappato di casa ha continuato a
perseguitarmi quando mi svegliavo la mattina nel letto con a fianco delle
sconosciute.
Poi
qualcosa è cambiato….”
“Cioè?”
“Hai
presente la ragazza della tabaccheria?”
“Si,
quella che ti ha trovato ben due volte…
Forse
è il tuo angelo custode!”
“IO
ci ho provato anche con lei, come con tutte le altre,sebbene per lei sentissi
qualcosa di diverso e lei mi ha respinto e mi ha detto che non avrebbe voluto
una storia con un tossico alcolizzato.
Non
me l’aveva mai detta nessuno questa verità, sai?
All’inizio
pensavo fossero stronzate, poi ho capito come mi ero ridotto e mi sono
ricordato di come avessi già pensato a una clinica senza trovare mai il coraggio
per arrivare a questa soluzione.”
Tom
rimase in silenzio ad assimilare le sue parole, Bill era sulle spine,
quell’assenzadi suoni o commenti
cominciava a pesargli.
“Sono
spiazzato…. Ma forse quella ragazza ti ha fatto
toccare il fondo o qualcosa del genere e forse dovrei esserle grato…”
“Non
ci sei rimasto male o qualcosa del genere?”
“Forse
in un primo momento… ma poi ho capito che io non
posso entrarti nella mente e decidere al tuo posto, se lei ha fatto scattare
qualcosa in cui io fallito va bene.
Accetto
la tua decisione, è la migliore.
Hai
avuto il coraggio di proporre quello a cui io pensavo ed è così assurdo in un
certo senso.”
“Non
darti colpe che non hai…
Tu
hai tentato di aiutarmi, sono io che non accettato.
Ora…
non è che potresti abbracciarmi? Mi sei mancato, mi sono mancate queste chiacchierate…”
Il
gemello lo abbracciò con gli occhi leggermente lucidi, era bello sentire di
nuovo il suo calore.
“Sono
mancate anche a me, sai?”
Non
seppe di preciso quanto rimasero abbracciati, solo che dopo un po’
preannunciata da un lieve bussare si affacciò Francesca con un aria incerta.
Le
sorrise oltre la spalla di Tom, lei sorrise di rimando.
“Ragazzi
la cena è pronta.”
Si
sciolsero dal loro abbraccio, Tom uscendo le diede un buffetto e Bill si sentì
contento della storia tra Francesca e il fratello, aveva sempre saputo che quei
due erano destinati a stare insieme.
Quando
uscì abbracciò la ragazza a sua volta, doveva lottare per ritrovare l’asse del
suo e del loro mondo, non poteva permettersi di nuovo che la cocaina lo
minacciasse.
Quella
cena fu rilassata, si svolse tra risate e rievocazioni scherzose del passato,
sapeva di normalità ed era stupendo.
In
quel momento non erano due ragazzi famosi, ma due ragazzi qualunquee solo lei,quella pazzoide dai capelli neri
avrebbe potuto operare quel miracolo.
Come
si sentiva dopo due giorni in compagnia di Georg?
Incontestabilmente
bene,
Era
da parecchio tempo che Lene non si sentiva così serena, come se all’improvviso
la vita le avesse fatto uno splendido regalo e le avesse sorriso.
Non
avevano fatto nulla di speciale, avevano gironzolato per la città, lui le aveva
mostrato dove lavorava, avevano parlato.
Tanto.
Di
tutto.
Lui
le aveva parlato della sua vita da star, dei suoi compagni di band ed aveva
promesso di farglieli conoscere una volta che lei fosse tornata a Berlino
perché Gustav, Tom e Bill erano lì al momento.
Lei
gli aveva parlato di Berlino, di sua madre, di Luca, di Leila, della sua scuola
ed aveva accennato vagamente qualcosa di Farid, non
sapeva se potesse fidarsi abbastanza di Georgper potergli raccontare tutto.
Il
turco era quello che si definiva un cattivo ragazzo e Lene non lo negava,era
perfettamente a conoscenza del fatto che spacciasse, che avesse avuto parecchie
ragazze e di quello che aveva fatto a Shirin e questo
non deponeva a favore del suo ragazzo.
Una
parte di lei era conscia del fatto che non stesse facendo una scelta giusta
frequentandolo, tuttavia un’altra, quella più forte se ne fregava.
Farid le piaceva e per questo fatto era
stata disposta a passare sopra a molte cose,a tagliare con molte persone, l’aveva fatto con un pizzico di ingenuità.
A
volte sentiva la mancanza di Leila e Luca, quando stava a Berlino, con il suo
ragazzo vicino , difficilmente l’avrebbe ammesso, sapendo della sua rottura con
la sorella e della naturale antipatia che provava perGirardi.
Leila
era stata una sorta di guida per Lene,erala ragazza con molta più esperienza di lei a cui chiedere consigli, che
allo stesso tempo non la giudicava e sembrava davvero interessata a Leila ed ad
ascoltarla.
E
Luca…
Luca
era il ragazzo con cui amava chiacchierare, ridere e scherzare, che guardava
con lei film e l’aiutava pazientemente a studiare ea fare i compiti.
Era
sveglio, simpatico, intelligente e anche discretamente carino, affascinante,,
con quella cresta da punkettone e l’aria da
intellettuale ribelle, molte ragazze gli morivano dietro.
Leila
scherzando diceva che anche Lene si era presa una cotta per lui anche se non
voleva ammetterlo, Lenei negava, con Luca stava bene,
manon ne era innamorata.
O
forse si?
C’erano
state un paio di occasioni in cui se l’era chiesto, poi era arrivato Farid e tutto era passato in secondo piano, scuola, amici,
sua madre, l’assenza di suo padre, tutto.
Il
turco era entrato come untornado nella
sua vita sconvolgendola, ribaltandola, spostando tutte le sue priorità e lei si
era sentita felicemente scombussolata, senza pensieri, pronta ad assecondarlo.
Non
aveva mai pensato fino in fondo a cosa avesse sacrificato, tranne che in quei
giorni in cui era stata lontana da lui e aveva messo una certa distanza a
tutto.
Solo
allora si erachiesta se ne valesse la
pena, se avesse fatto bene.
Insomma
era stata assalita dai dubbi, se sua madre l’avesse saputo avrebbe costruito un
monumento al suo fratellastro come salvatore della patria.
Per
lui aveva persino cucinato e questo a casa era successo raramente, forse era
davvero un salvatore della patria.
Ridacchiò
tra se e se.
Anche
in quel momento stava cucinando, lui era fuori per questioni di lavoro e lei si
divertiva così.
Se
avesse guardato quella situazione dall’esterno si sarebbe accorta che era la
quiete prima della tempesta, che tutto stava andando troppo bene per continuare
così.
Il
problema era che Lene era all’interno della situazione, non aveva idea che
tutto sarebbe cambiato ancora una volta e alla svelta.
Questa
nuova svolta si annunciò con il suono del cellulare, Lene si pulì le mani,
stava impastando una torta e rispose, era Farid.
“Ciao.”
“Ciao….come mai non ti si vede più in giro?”
“Sono
da mio fratello…. Ti manco per caso?”
Non
sapeva da dove le fosse uscita quella battuta ironica.
“Non
ti preoccupare per questo, tesoro…. Tornerai presto.”
“Non
prima di una settimana.”
“Io
credo anche subito dopo quello che ti avrò detto.”
Iniziò
a preoccuparsi, ricevere una telefonata da FaridSchimit era strano, se poi questo prometteva rivelazioni
scioccanti, lo era il doppio.
“Ossia?”
“Ti
sei mai chiesta perché tuo fratello ti ha convocata?”
Convocata…che termine strano aveva usato…
“Bhe, non mi ha convocata, mi ha invitata a stare qui e mia
madre mi ha obbligata ad accettare.”
“Non
importa…. Ti sei mai chiesta perché, piccola?”
“Sinceramente
no.”
“Ma
come ? Ti ignora per mesi, poi all’improvviso cambia idea?”
“Se
proprio vuoi saperlo ho pensato che mio padre l’avesse costretto!
Ma
a te cosa importa?”
La
ragazza sentì un risata divertita dall’altra parte.
“Come
sei ingenua Eleanor….
Il
tuo fratellino ti ha invitato da te per un solo motivo….
Perché qualcuno gliel’ha chiesto, qualcuno a cui facevi pena. “
Lene
deglutì, il sudore aveva iniziato a colarle lungo la schiena, una sola domanda
le girava per la testa: a chi?
“A
chi?”
“A
Leila… Alla mia sorellina…
Sai,
a lei non è mai andato a genio il fatto che ti frequentassi.”
“Perché?”
“Perché
le hai fatto pena! Non le piaciuto il modo in cui sei cambiata, ti ritiene una
sfigata che solo perché ora che sta con me ha alzato la testa o forse le
dispiace avere perso il suo cagnolino fedele.
Sia
come sia si è fatta un bel viaggetto per andare dal tuo fratellone e
propinargli la storia strappalacrime della ragazzina innocente traviata dal
turco brutto e cattivo.”
Non
era possibile, la ragazzina deglutì senza parole.
“Come
fai a esserne certo?
Come
posso crederti? È assurdo e lo sai!
Leila
non farebbe mai una cosa del genere!
Possiamo
avere avuto degli screzi, ma non si metterebbe mai in mezzo così, dovresti
conoscere tua sorella!”
“è
perché la conosco che so che potrebbe averlo fatto e l’ha fatto, l’hanno vista
Lene.
L’hanno
vista saltare scuola e tu sai che adesso la nuova Leila santarellina non lo
farebbe mai per venire in stazione e prendere un treno per Berlino.
Chi
abita a Berlino che lei possa conoscere?
Taci,
vero?
Però
a Berlino ci abita tuo fratello, che strano caso.”
“farid piantala! Non sai nulla di lui, perché dici queste
cose?”
“Questo
è vero…
Tu
prova a chiederglielo perché ti vuole tra i piedi, a cosa servi alla star
internazionale?”
“STAI
ZITTO!”
“Va
bene, piccola…
Me
ne vado…. Ma ho il sospetto che ci risentiremo
presto.”
La
linea cadde, Lene rimase impalata con il telefonino in mano, confusa ed
arrabbiata, senza sapere che fare, solo con la voglia di piangere.
Bastava
la voce di Farid per buttarla in un mare di
insicurezze, per fare cadere in pezzi tutto, ora avrebbe dovuto parlarne a
Georg per calmarsi ed avere la conferma che il fidanzato si fosse inventato
tutto.
Riprese
ad impastare la torta nervosa,perché
quella chiamata?
-Perché vede che il
suo giocattolino si sta allontanando, ecco perché…
Non credere che sia
davvero interessato a te, l’unica donna che ha probabilmente è stata Shirin o più probabilmente Leila.-
Basta!
Rischiò
di lanciare la pasta per la torta giù dalla finestra.
-Datti una calmata… Finisci questa cazzo di torta e quando torna tuo
fratello parla con lui così ti calmerai! Non puoi permettere a quello di avere
un potere così grande su di te!-
Questa
sorta di predica della sua coscienza ebbe il potere di calmarla, finì di
cucinare la torta e la schiaffò in forno, poi iniziò a guardare ansiosamente
l’orologio della cucina.
Così
non poteva andare avanti, l’ansia l’avrebbe uccisa, doveva fare qualcosa!
Decise
di uscire a fumarsi una sigaretta sul balcone, cercò il pacchetto(nascosto in
fondo alla borsa, come al solito in caso di bisogno) , l’accendino e un
posacenere.
Non
appena aprì la porta finestra l’aria fredda la schiaffeggiò e le riportò alla
mente una notte di poco tempo prima in cui aveva creduto di essere forte e
aveva fumato marijuana.
Ora
cosa credeva di essere?
Amata?
-Ma tu non credi di
esserlo, tu lo sei davvero!
Non vorrai mandare
tutto al diavolo solo per dare ascolto a quel teppista da quattro soldi?-
Non
era un teppista da quattro soldi, lei lo amava!
-Certo…. Sicura?
E Luca? –
Era
un amico!
Spense
la sigaretta con un gesto secco e tornò dentro.
La
castana accese la televisione, cercò le frequenze di Mtv
e cercò di concentrarsi sui video, fino a che sentì finalmente il fratello
rientrare a casa.
Aveva
un’aria stanca, ma sorrise non appena la vide.
“Ciao
Lene!”
“Ciao
fratello, tutto bene?”
“Si,
si, sono solo un po’ stanco.”
Georg
stava per aggiungere qualcosa quando suonò il cellulare, lui si affrettò a
rispondere e a correre nella sua camera, come se lei non dovesse sentire quella
telefonata.
Perché?
-Forse sono cose di
lavoro?-
Era
una cosa altamente probabile, ma era troppo curiosa e così senza fare rumore
aprì la porta della camera del fratellastro, ciò che senti la lasciò senza
parole.
“Si;
Lene sta bene, Leila…
È
un brava ragazza, molto simpatica…. ”
La
ragazza rimase con gli occhi spalancati.
“Non
mi sono pentito di averti dato ascolto facendola venire qui, forse un po’
all’inizio, ma ora con lei mi trovo bene.
Grazie
Leila.”
Non
poteva credere a quello che aveva sentito, Farid
aveva ragione.
Georg
parlò ancora un po’ con Leila, dopo di che chiuse la chiamata, ma lei non se
accorse, era pietrificata sullo stipite, incurante del fatto che il fratello
potesse sgamarla, cosa che avvenne.
Georg
alzò la testa dopo aver finito di parlare e la vide, pallida e tremante
com’era.
“Lene…”
“Tu
mi hai preso in giro!”
“NO!
Posso spiegarti tutto! Lene ti prego lasciarmi parlare!”
Lei
si allontanò, in risposta al tentato avvicinamento del ragazzo.
“STAI
ZITTO!
Cosa
vuoi spiegarmi? Che ti faccio, anzi che vi faccio pena?
A
te e a alla mia ex amica!
Vi
siete divertiti alle mie spalle?”
“Lene,
cosa stai dicendo?”
“Mi
avevano avvisato, lo sentivo che tu non potevi essere davvero interessato a me,
eri d’accordo con quella perché vi facevo pena.
Povera
Lene, sfigata che ha un padre che non la vuole e un fratello che la respinge!
Diamole un po’ di felicità, illudiamola che almeno il fratello sia interessato
a lei!
Credevi
che non me ne sarei accorta?”
“Lene,
ti prego calmati, stai equivocando tutto!
È
vero che è stata Leila a convincermi a vederti, ma io non me ne sono pentito,
questi giorni sono stati belli e lei l’ha fatto perché era preoccupata per te!”
La
ragazza scoppiò in una lunga risata divertita.
“Si…preoccupata….
Lo
so io il perché era preoccupata, perché stava perdendo il suo fedele cagnolino,
Lene….”
Rise
ancora.
“Prima
ha provato con ogni modo a dissuadermi dal mettermi con suo fratello, non ci è
riuscita e allora ha cercato l’aiuto del mio fratellone…
Ha
colpito sulle mie debolezze, sapendo quanto ci fossi stata male per il tuo
rifiuto!
In
quanto a questi giorni, saranno stati belli ma erano falsi!
Io
odio la falsità!”
“Lene
non lo erano!”
“Stai
mentendo, non voglio rimanere in questacasa un minuto di più!
Me
ne vado!”
Lene
corse in camera sua per evitare che lui vedesse le lacrime che minacciavano di
scendere, era stata ferita ancora una volta, se lo sarebbe dovuto aspettare in
fondo,ogni volta che aveva provato a fidarsi di qualcuno era stata fregata.
Sconvolta
iniziò a buttare le sue cose nel trolley, incurante di Georg che bussava alla
porta della sua camera per un chiarimento, lei non aveva tempo da perdere con i
traditori.
Ne
aveva abbastanza dei bugiardi!
“Lene
apri! Non fare così!”
-Vaffanculo Fratello, vaffanculo!
Io credevo davvero che
ti interessasi, ora non so più niente, quanto l’hai fatto per reale interesse e
quanto perché pungolato da Leila?
E Leila…
Perché non si fa i fatti suoi?
Perché non si fanno
tutti i fatti loro?
Perché si devono
impicciare tutti dei fatti miei?
Io non sono il
burattino di nessuno!-
A
ogni domanda rabbiosa qualcosa veniva sbattuto dentro il trolley, come se capi
di abbigliamento ed oggetti fossero in qualche modo colpevoli e lei si dovesse
sfogare su di loro.
Ben
presto tutto fu dentro la valigia, la camera era di nuovo pulita, non più sua,
le rimanevano in mano solo le ultime cose: i jeans e il top presi al centro
commerciale.
Quelli
scelti da suo fratello.
L’ennesima
prova delle sue bugie.
Li
voleva davvero?
La
rabbia le urlò un “no” potente, Lene li lanciò sul letto, poi si prese la testa
tra le mani, il cuore le batteva troppo forte e quelle fottute lacrime
minacciavano ancora di uscire
Lei
non voleva piangere!
Era
troppo agitata, doveva calmarsi o sarebbe scoppiata, cosa poteva fare?
Non
aveva voglia di una sigaretta, non poteva per ovvi motivo darsi all’alcool o
mettersi a meditare, la soluzione era una sola sebbene non le piacesse.
Da
qualche parte aveva ancora un pezzo di fumo che le aveva dato il suo ragazzo e
che lei aveva rifiutato di fumare in quei giorni di pace, per non turbarla.
La
pace era però finita, non c’era mai nemmeno stata, era inutile farsi degli
scrupoli, quindi cercò il pezzo e con gesti meccanici iniziò a preparasi una
canna.
Per
la prima volta questo rito aveva il sapore di una sconfitta, di un qualcosa
fatto per riempire un vuoto e non pensare, per la prima volta realizzò che era
sbagliato e se ne fregò.
La
canna era pronta, Lene la guardò un’ultima volta, volendo avrebbe potuto non
accenderla , i dubbi ancora persistevano ma avevano perso il loro senso.
Una
fiammata e fu accesa,mandando in fumo tutti i buoni propositi.
Proprio
in quel momento la porta si aprì , Georg entrò, tentando di dire qualcosa, ma
si bloccò non appena la vide, le parole sembravano essere fuggite dalla sua
bocca.
“Sorpreso?
Non
ti aveva avvisato Leila?”
“Lene,
che cazzo stai facendo?
Perché
fumi quella roba?”
Georg
si avvicinò a lei, gliela tolse dalla bocca e la portò in salotto per spegnerla
in un posacenere, lene afferrò il trolley e lo seguì.
“Non
ti azzardare mai più a fare una cosa del genere!”Urlò il fratello.
“Stai
zitto! Non ti permettere! Tu non sei nessuno , non ho avuto un fratello per
diciassette anni e continuerò a non averlo!”
Lene
vide una scintilla di rabbia attraversare gli occhi verdi del fratello, poi
sentì un dolore alla guancia, Georg le aveva dato una sberla.
Era
incredula, si portò la mano sul punto colpito, la rabbia iniziò a montare solo
dopo come un’onda, strinse più forte la mano intorno al manico della valigia.
“Non
voglio vederti mai più!”
Prima
che potesse fermarla, corse vero la porta ed infilò a precipizio le scale.
Solo
quando era ormai a metà sentì la voce di Georg chiamarla, ma non si fermò,
continuò a correre.
Uscì
dal palazzo, si buttò per le strade e raggiunse la stazione, dove aspettò il
primo treno per Berlino, solo quando fu seduta nella carrozza si permise di
scoppiare a piangere.
Quei
due giorni erano volati per Bill, aiutato da Francesca e da Tom era riuscito a
trovare un posto in una clinica in cui disintossicarsi dalla droga.
Non
erano stato giorni facili, c’erano stati momenti in cui voleva solo scappare,
ma loro gli erano stati vicini e gli avevano impedito di fare qualsiasi
cazzata.
Bill
sentiva di amarli con tutto se stesso, di dovere a loro la sua vita, una volta
finito non avrebbe davvero saputo come sdebitarsi.
Al
momento Francesca stava cucinando delle lasagne per l’ultima volta in cui
sarebbe stato in quella casa e un gradevole profumo si spendeva nell’aria.
Tom
era seduto sul divano accanto a lui e cercava di distrarlo con una partita alla
playstation.
“Tomi..
ho paura.”
“Anch’io…
Anch’io
non sono tranquillo, ma è la cosa giusta da fare.
Loro
sapranno aiutarti meglio di noi.”
“Non
so come ringraziarvi, senza di voi sarei stato perso.”
“Non
devi ringraziarci, non è stato un obbligo, noi ti vogliamo bene.”
I
due gemelli si abbracciarono ancora una volta, si erano abbracciati spessoin quei giorno come se volessero fare una
scorta di gesti affettuosi da utilizzare nei giorni di assenza.
“è
pronto ragazzi!”
Francesca
arrivò sorridendo intenerita dalla cucina.
“Cos’
è quel sorriso, Nana?”
“Siete
davvero carini, Medusa…
Tutto
qui!”
“VA
bene… andiamo a mangiare?”
“Aaaa! Tomi ti vergogni?”
“Zitti!”
Si
misero tutti e tre a tavola, risero e scherzarono durante tutta la cena, solo
verso la fine la malinconia cadde su di loro come un velo opprimente.
Era
l’ultima cena.
Bill
se ne rese conto, per un po’ non li avrebbe più visti, non avrebbe più avuto
attorno quei due a proteggerlo, avrebbe dovuto cavarsela da solo.
Un
po’ ne aveva paura, e se avesse fallito?
“Ce
la farai.”
Tomi
gli aveva sorriso.
“Lo
spero.”
“Io
ne sono sicuro.
Hai
realizzato i tuoi sogni a quindici anni quando nessuno avrebbe scommesso su di
te, ora puoi uscire da questa cosa. “
“Grazie.”
Guardarono
la televisione tutti insieme, poi ci furonoi turni per il bagno e il ricontrollare la valigia di Bill.
L’ultima
cosa che mancava era andare a letto e dormire, solo che non se la sentiva di
affrontare da solo quel letto, non quella sera.
Quella
sera li voleva vicini per l’ultima volta e quindi si fermò incerto sulla porta
della sua camera.
“Ragazzi
posso chiedervi una cosa?”
“Certo.”
Era
stata Francesca a rispondere.
“Lo
so che vi sembrerà strana , ma ne ho bisogno…
Per
un po’ non vi vedrò più e voglio avervi accanto per questa sera, quindi non
potremmo dormire tutti e tre insieme?”
Rimasero
un attimo in silenzio, poi fu Tom a parlare.
“Certo… Vieni.”
Gli
indicò la stanza, lui mosse dei passe incerti impacciati.
Si
stesero nel grande letto matrimoniale tutti e tre, Bill in mezzo venne
immediatamente abbracciato dal fratello edall’amica.
Finalmente
il freddo che lo minacciava se ne andò, mentre sentiva i respiri degli altri
due farsi regolari nel sonno, capì che davvero ce l’avrebbe fatta perché aveva
qualcuno per cui lottare.
Lentamente
cadde in un sonno tranquillo, l’ultima immagine che vide, oltre a Francesca e a
Tom, fu quella di Leila e si senti meglio.
In
un certo senso stava tornando.
ANGOLO DI LAYLA
E così
Lene ha scoperto tutto e non l’ha presa bene…
Tom
invece sembra di si^^.
Spero vi
piaccia.
Grazie a:
Lady Cassandra
_Pulse_:
Big Angel Dark
Hana Turner:
e Schwarz Nana per le recensioni allo scorso capitolo.
Per un attimo si perse nella contemplazione del fratello e
di Francesca che dormivano uno accanto all’altro, erano entrambi sereni come
bambini e questo lo intenerì facendogli momentaneamente dimenticare che mattina
fosse.
I rasta neri di Bill si allargavano sul cuscino,
mischiandosi ai capelli neri, mossi della sua ragazza,rannicchiata contro Bill,
un’immagine che un tempo gli avrebbe fatto prudere le mani dalla gelosia.
Come sarebbe andata se Fay avesse
scelto il fratello e non lui?
- Ma ha scelto te!
È inutile arrovellarsi
su questa cosa, ora devi salutare tuo fratello!-
Il ragazzo con le treccine sospirò, la vocina gli aveva di
nuovo ricordato la dura realtà, stava per scuoterli delicatamente quando vide
Bill aprire piano piano gli occhi e stiracchiare un
sorriso.
“Buongiorno Tomi.”
“Buongiorno a te fratellino.
Come stai?”
“Bene.”
“Fay non ti ha tirato calci tutta
notte? Con me lo fa sempre.”
Bill rise, il suono cristallino riempì la stanza, svegliando
anche la ragazza, che sorrise.
“Che bello essere svegliati da una risata…”
“Allora la prossima volta ti sveglierò con una risata,
Nana.”
“Non ci provare, Medusa!
È bello essere svegliati dalla risata di Bill, non dalla
tua!”
“Che stronza che sei! Vedi come mi tratta?”
Bill rise ancora, poi improvvisamente tornò serio.
“Grazie ragazzi.”
“Per cosa?”
“Per non farmi pesare dove sto andando e cosa sono.
Con voi non mi sento diverso.”
I due rimasero in silenzio, fu come sempre Francesca a
prendere la parola per prima.
“Non ci devi ringraziare.
Noi… Vogliamo che tu stia bene, ma
non sappiamo come comportarci..
Neanche adesso sappiamo se stiamo facendo la cosa giusta,
però una cosa te la posso dire e credo di parlare anche a nome di tuo fratello,
noi siamo fieri di te.
Hai preso una decisione che noi non avevamo il coraggio di
prendere e l’hai presa tu da solo, significa che vuoi guarire, credo.
Ce la puoi fare Bill!
Lo so che non sarà facile, ma noi saremo qui ad aiutarti ed
anche il personale della clinica.”
Tom sorrise.
“Mi sono messo con un politico senza saperlo!
Fay ha ragione, è riuscitaadirti tutto quello che io non sono riuscito
a fare, noi ci siamo e crediamo in te.”
Gli occhi del rasta si fecero lucidi, senza dire una parola
stritolò i due in un abbraccio che si protrasse per cinque minuti buoni e Tom
non poté fare altro che apprezzare.
Se Bill stava male lui non era da meno, sentiva un groppo in
gola che indicava quanto soffrisse per il prossimo distacco dal gemello, per
questo, sebbene di solito non fosse una persona molto propensa ai gesti
d’affetto era felice di ogni contatto con Bill e Fay.
Averli entrambi tra le proprie braccia come in quel momento
era il massimo.
“Ragazzi l’abbraccio mattutino è il massimo, ma forse
dovremmo fare colazione.”
“Anche avere una Nana rompiscatole è il massimo.”
Fay ridacchiò, si sciolse dalla
stretta e si alzò.
“Va bene…Vado a preparare qualcosa
per la colazione e vi lascio soli…. Ne avete
bisogno.”
Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle proprie spalle.
“Quella ragazza è il massimo.”
“Si…”
I due gemelli rimasero un attimo in silenzio.
“Tomi… Eri davvero d’accordo con tutte
le belle parole che ha detto Francesca?
Io non penso nemmeno di meritarmele, vi ho deluso molte
volte, soprattutto te e ti ho fatto molto male.”
“Bill non posso negare che tu mi abbia deluso o che tu mi
abbia fatto male, ma sono incondizionatamente d’accordo con quello che ha detto
la mia ragazza.
Io credo in te perché so che sotto la persona che la droga
ha costruito in questo anno c’è ancora il mio fratellino che amo e che non
vuole essere quello che è.
Quindi, si, ci credo e ho fiducia in te.
Ti voglio bene, non te lo dimenticare mai.”
“Grazie Tomi, davvero.
Non sai quanto sia importante per me sentirtelo dire, avevo
paura che tra noi si fosse scavato un solco troppo profondo…”
“Potranno esserci solchi profondo tra noi, ma il mio affetto
per te non sarà mai in discussione.
Non te lo dico spesso, ma tu lo sai, vero?”
“Si lo so….
Grazie….”
Ci fu un’altra pausa di silenzio più calma e rilassata, in
cui Tom si rese conto che una parte dei demoni cheli spaventavano era stata sviscerata e resa
innocua per così dire.
“Un’altra cosa… Trattami bene Francesca.
Non la amo più, ma tengo a lei, è una persona stupenda.
Ci sta aiutando tantissimo, come ha fatto adesso lasciandoci
i nostri spazi… non farla soffrire.”
“Non ho intenzione di farlo…. Ci
tengo a lei…
Forse la amo, mi sta dando tantissimo forza, con lei non mi
sento solo.”
Bill ridacchiò.
“Togli il forse Tomi…
Tu la ami,lo vedo da come ti comporti con lei, usi la stessa
dolcezza che usi con me e questo mi rende felice.
Siete una bella coppia e quello che conta per me è che tu
sia felice e lo sei con lei.
Non so se tu gliel’abbia detto o meno se la ami, ma se così
non fosse, diglielo, se lo merita.”
“Si, lei è diversa dalle altre.
Glielo dirò, prima o poi.”
Bill fece per aggiungere qualcos’altro, ma la voce della
ragazza lo interruppe.
“Ragazzi è pronto!!”
“Arriviamo !” risposero in coro.
Fay aveva preparato una colazione
secondo i loro gusti, caffè, brioches, marmellata,
biscotti, cereali disposti ordinatamente sul tavolo.
“Wow!” esclamò Bill.
Tom invece fece il giro del tavolo ed abbracciò la sua
ragazza da dietro.
“Ma sei un tesoro.”
“Si si lo so…
Un tesoro formato tascabile.”
“Così ti porto semprecon me, no?”
Bill rise e si sedette a tavola, per poi versarsi una
generosa dose di caffè a cui aggiunse latte e zucchero, Tom e Francesca lo
raggiunsero poco dopo.
La ragazza si versò del caffè in cui inzuppò una generosa
dose di biscotti, mentre Tom prese latte e cereali.
“Bill, Gustave
forse Georg vorrebbero vederti prima del ricovero, a te va bene?”
“Si, non sarebbe male vederli, visto che per un po’ non
potrò farlo.”
“Va bene, adesso lo chiamo.”
Fay li lasciò di nuovo da soli,
Tom si sentì in obbligo di dire qualcosa.
“Non sei obbligato a vederli se non vuoi.”
“Tranquillo.”
Finirono di mangiare in silenzio.
Io ancora non ci
credo.”
“Nemmeno io …. Non avrei mai pensato che potesse
succedermi.”
Francesca tornò con il cordless in mano.
“Tra poco Gustav arriva… Georg è
in viaggio per Berlino.”
Bill guardò la ragazza interrogativamente, lei sospirò.
“Bhe, tieniti forte…
Georg ha una sorellastra e lei per un po’ è stata da lui, ma deve essere
successo qualcosa perché lui è tornato prima del tempo.”
“Questa non me l’aspettavo.”
“Nemmeno noi.”
Bill si alzò spaesato e tornò in camera sua probabilmente
per controllare le valigie, Francesca sparecchiò, Tom si stravaccò sul divano e
si accese una sigaretta.
Era terribilmente nervoso, sapeva che Bill stava facendo la
cosa giusta, ma allo stesso tempo non poteva impedirsi di sentirsi preoccupato
ed in colpa.
“Lo invidio per come riesce a stare così sereno.” Mormorò a
bassa voce, lei lo sentì lo stesso.
“Si, anch’io. Sembra quasi che questa cosa non lo riguardi.”
“è forte il mio fratellino.”
“Già.”
Finito di lavare le stoviglie usate per mangiare, lei si
sedette al suo fianco, automaticamente lui la strinse a sé e si godette il
contatto di quel corpo contro il suo.
“Potrei abituarmi ad essere coccolata così, sai?”
“Scema!”
Rimasero ad ascoltare quell’assenza di parole, in cui gli
unici suoni erano gli sbuffi regolari della sigaretta del ragazzo e le lontane
imprecazioni di Bill, Tom avrebbe voluto rimanere così per sempre.
Fu il campanello a spezzare quel momento perfetto, a
malincuore dovette lasciare andare Fay perché
aprisse, era Gustav che entrò imbarazzato.
“Ciao… siete sicuri che non
disturbo?”
“Tranquillo… Bill voleva vederti!”
Il diretto interessato sbucò dalla sua camera, per un attimo
ci fu del gelo tra i due amici, non sapevano cosa dirsi forse, in passato il
moro non era stato tenero con il batterista.
“Ciao Gustav.”
“Ciao Bill! Sono contento di vederti!”
“Anch’io” mormorò timidamente”e voglio scusarmi per come mi sono comportato
in passato.”
Gustav scosse la testa, ad indicare che per lui era tutto
risolto, già lasciato alle spalle.
“Non c’è problema, Bill…
Davvero, per me è tutto a posto, quello che conta è che ora
tu stia meglio e ora vieni qui e fatti abbracciare, pertica!”
I due si abbracciarono con affetto, Tom vide il fratello
felice.
“Gustav mi dispiace davvero….
Adesso voglio impegnarmi a guarire, lo faccio per voi, tu,
Tom, Fra ma soprattutto per me stesso.
Rivoglio la mia vita, la mia vera vita, non una condizionata
dalla cocaina…
Ho capito di aver sbagliato, di aver fatto soffrire della
persone a cui tenevo e altre, a cui ho incasinato la vita.”
“Sono felice per te Bill… davvero,
ti auguro di farcela, io credo in te!
Io, come tutti, ti stiamo aspettando.”
“Non tarderò….non più.”
Si sorrisero, iniziarono a parlare degli episodi passati
successi nelle tournee e all’inizio della carriera, a Tom si allargò il cuore
nel vederlo ridere e scherzare.
Il campanello suonò un’altra volta, uno spettinato Georg
fece la sua comparsa.
“Sono in ritardo, ragazzi?”
“No Hagen, sono qui.”
“Bill!
Il piastrato stritolò il moro in
un abbraccio spaccaossa, Bill fece una smorfia di dolore, poi sorrise.
“Grazie Georg, ma mi stai rompendo le costole!”
“Te lo meriteresti !” ma sciolse l’abbraccio e gli
scompigliò i capelli.
“Georg, vorrei scusarmi anche con te….
Ti ho trattato male e non te lo meritavi e ho messo in pericolo i Tokio Hotel…”
“Non devi nemmeno pensare alla band! Tu sei più importante
di tutto, capito?
Tu devi entrare in quella clinica per te stesso, non per gli
altri!
Noi saremo felici se tu tornerai ripulito, matu devi sentirlo come una tua necessità!”
Gli occhi di Bill si fecero lucidi.
“Grazie Georg! Siete troppo buoni con me!”
“Di niente, Bill, di niente… siamo
amici!”
“Georg.. non sapevo avessi una sorella…”
“ è la mia sorellastra, non lo sapevo nemmeno io fino a poco
tempo fa, però preferirei non parlarne…. Non è andata
troppo bene.”
“Scusami Georg!”
“Nulla.”
Parlarono ancora un po’, il tempo stava scorrendo
velocemente, presto Bill avrebbe dovuto andarsene a malincuore da
quell’appartamento.
“Ragazzi… tra poco devo andare…”
Lo abbracciarono un’altra volta, rimaneva solo Francesca.
“Posso parlare solo con lei?”
Annuirono tutti e lasciarono la stanza, Bill guardò la
ragazza.
“Grazie Fra…. Non eri tenuta ad
essere qui ad aiutarmi, ma ci sei!”
“Figurati, non mi devi ringraziare!”
“Aspetta, non ho ancora finito…
Sono felice che tu abbia seppellito l’ascia con mio fratello e che vi siate
resi conto di amarvi… non sarà facile, ma stagli
accanto, te lo affido!”
“Grazie Bill!”
“Ora vado!” la abbracciò un ultima volta, poi raggiunse Tom.
Tom lo accompagnò a quella clinica con la morte nel cuore,
nello stesso stato d’animo firmò i documenti necessari al ricovero e le ultima
scartoffie.
“Bene… siamo all’epilogo….”
Tom annuì.
“Abbracciami.”
I due gemelli si abbracciarono.
“Tornerò Tomi, ti voglio bene.”
Lui annuì, trattenne le lacrime e si sciolse dall’abbraccio.
“Ciao.”
“Ciao.”
L’ultima immagine fu quella di Bill che agitava la mano, poi
il fratello sparì all’interno dell’edificio, lasciandolo spaesato nel mezzo
della hall.
Il ragazzo rimase fermo immobile per cinque minuti buoni,
poi corse fuori come se fosse inseguito dal demonio, saltò in macchina e guidò
come un pazzo verso il suo appartamento.
Parcheggiò a qualche modo, salì le scale più veloce che potè, entro a casa sua quasi sfondando la porta, Fay era seduta sul letto della loro camera, non appena lo
sentì si alzò per chiedere qualcosa.
Non le diede il tempo di fare nulla, la baciò
prepotentemente ed iniziò a spogliarla, lei oppose qualche resistenza poi lo
lasciò fare, si arrese a quel dolore che forse sentiva anche lei.
Fu violento, si stava sfogando come un animale, solo quando
raggiunse l’orgasmo e crollò su di lei, tornò in sé e scoppiò a piangere come
un bambino.
“scusa…io… non so cosa mi sia
preso.”
“non ti preoccupare….”
Fay gli accarezzò dolcemente i
capelli, lui si lasciò consolare.
“Sono una merda….”
“Non lo sei…”
Si accorse che anche lei piangeva, così si tirò su e
l’attirò a sé, ora stavano piangendo in due, abbracciati come bambini impotenti
davanti a qualcosa di più grande di loro.
Georg se ne andò dall’appartamento subito dopo i due
gemelli.
Era stato infinitamente triste vedere l’amico così, ma forse
per lui non era troppo tardi, ne sarebbe uscito.
E lui? Sarebbe uscito da quella storia?
La storia di Lene gli bruciava ancora, in qualche modo era
riuscito a ferirla, ma lei si era anche rifiutata di ascoltarla, il torto era
di tutti e due.
Avrebbe dovuto essere sincero con lei, ma se lo fosse stato
lei avrebbe voluto instaurare un rapporto con lui?
Forse si, forse no.
Questa incertezza e la fine della storia lo lasciava con un
amaro in bocca che non se ne voleva andare e che lo faceva sospirare
tristemente.
Sentì dei passi dietro di lui, Gustav lo stava raggiungendo.
“Ehi.”
“Ehi….”
“Che cosa triste vederlo così…”
“Si…ma adesso si sta impegnando a
uscirne e sono convinto che ce la farà.”
“Si Georg sono d’accordo con te.”
I due rimasero in silenzio fino a quando arrivarono alle
rispettive macchine.
“Cosa succede Georg?”
“Succede che va tutto una merda!”
“Lene?”
“Esatto! Credevo di essere riuscito ad instaurare un rapporto
con lei, ma è bastata una telefonata del suo ragazzo per far crollare tutto!”
Gustav sospirò.
“Se vuoi parlarne, vieni da me o sei stanco?”
“Vado un attimo a casa, prima…
Devo almeno farmi una doccia.”
L’amico annuì e si infilò in macchina, lasciando Georg ai
suoi pensieri, il piastrato non aveva idea di cosa
fare, tutto era stato perfetto o quasi, poi all’improvviso era come se si fosse
abbattuto un fulmine su di loro.
Lene era come
impazzita, non aveva voluto sentire ragioni, non si era mai veramente fidata di
lui…
- Forse perché non si
è mai veramente fidata di sé stessa e della sua capacità di giudizio.-
Cosa avrebbe potuto fare?
Da una parte avrebbe voluto buttarsi a letto e dormire, era
stanco per il viaggio appena compiuto, dall’altra non aveva sonno e sentiva che
parlare con l’amico avrebbe potuto aiutarlo a chiarirsi le idee.
Ben presto era arrivato sotto la casa che aveva a Berlino,
parcheggiò la macchina e scese trascinandosi dietro le valigie, si sentiva uno
sconfitto.
Arrivato al suo piano, entrato nell’appartamento, la prima
cosa che fece dopo aver scaricato le valigie in un angolo, fu quella di
estrarre il necessario per la doccia e buttarsi sotto il getto dell’acqua.
Sotto la carezza del liquido chiuse gli occhi , lasciò
vagare la mente tra i ricordi in cui la sorellastra era sempre presente,probabilmente era solo un illuso, ma credeva
davvero di aver costruito qualcosa con lei.
Non poteva permettere che una cazzata rovinasse tutto.
Uscì dal box doccia, si vestì e uscì di nuovo per parlare
con Gustav, più speranzoso rispetto a prima, non era tutto perduto.
Prese di nuovo la macchina (stava cominciando ad odiarla) e
si diresse dal batterista, mentre era fermo ad un semaforo credette
di vedere Lene, era abbracciataa un
tipo abbronzato dai lunghi rasta neri.
Che fosse quello il suo ragazzo?
Non aveva un’aria molto raccomandabile, strinse gli occhi,
lei per caso lo vide lui accennò un sorriso ma l’espressione della sorellastra
lo stroncò sul nascere.
In quegli occhi castani che aveva iniziato a vedere sereni
lesse il disprezzo, questo lo fece mare, nessuno lo aveva mai guardato in quel
modo.
Il verde arrivò presto, lui ripartì tornando a sentirsi
inutile e stupido, quella ragazzina aveva un potere enorme su di lui, notò
tristemente.
Parcheggiò sotto casa dell’amico, suonò il campanello e salì
da lui, Gustav era sedutosul divano.
“Ehi…”
“Ciao Georg! Vieni, accomodati.”
Fece come gli fu detto e si sedette accanto a lui.
“Da dove posso iniziare?”
“Da quello che tu ritieni l’inizio.”
“L’inizio…. L’inizio è la
richiesta di Leila e il fatto che io abbia accettato dopo aver parlato con te
sebbene fossi scettico, non sapendo cosa aspettarmi.
Avevo paura, si, una fottuta che potesse rifiutarmi , che
fosse tutto inutile e in parte era così, Lene è una ragazzina incazzata, una
che non si fida.”
“La capisco.”
“Cioè?”
“Bhe, la madre le ha mentito per
diciassette anni , poi tu la rifiuti e poi la inviti a botto.
Era ovvio che fosse sulla difensiva.”
“Già, hai ragione….
In ogni caso anche se all’inizio nonriuscivamo ad andare d’accordo,abbiamo trovato qualcosa in comune….
Abbiamo parlato e quello che le ho dettoha fatto si che riuscisse ad abbassare le sue
difese e che le facesse decidere di fidarsi di me.
Lei è un’insicura Gustav, avere ache fare con lei è come camminare
perennemente su di un campo minato, ma credevo di essere riuscito a cambiare qualcosa…”
“Cosa le hai detto?”
“Eravamo in un ristorante, le avevo chiesto di parlarmi un
po’ di lei, parlava del fatto che da quando mio padre si era fatto vivo con lei
in lei si era creata una sorta di divisione.
Una nuova Lene e una vecchia Nene
La vecchia Lene era una ragazzina troppo buona, stupida ed
accondiscendente, cose così e la nuova Lene più tosta e gangsta
era migliore.
Io le ho detto che forse quella ragazzina che credeva di
avere eliminato e sostituito con una personalità nuova non era del tutto morta
ne da eliminare e che lottava per emergere.”
Gustav gli rivolse uno sguardo penetrante.
“Lo pensavi davvero?”
“Si, era un’analisi che mi era venuta spontanea e questo
deve averla colpita e da allora abbiano iniziato a parlare, sotto la corazza è
una ragazzina adorabile, spiritosa, intelligente.
Dovrebbe stimarsi di più…
Insomma, dopo le prevedibili difficoltà iniziali stava
funzionando tutto, sennonché il suo ragazzo deve averla chiamata e le ha detto
che era stata Leila a chiedermi di instaurare un rapporto con lei.
Lene deve essersi sentita confusa, forse voleva parlarmene,
ma non ha fatto in tempo perché mi ha beccato al telefono proprio con la sua
amica.”
“E la conversazione le ha confermato i suoi timori, ossia
che tu stessi fingendo tutto…”
“Esatto..
Ha cominciato ad urlare e a non ascoltarmi più, a dire che
l’avevo presa in giro ,che era stato tutto falso e che se ne sarebbe andata
subito.
Si è chiusa in camera per preparare le valigie, ignorando
tutti i miei tentativi di parlarle finoa quando…”
Il piastrato prese fiato, stava
per arrivare la parte più dolorosa.
“Fino a quando me ne sono fregato del suo silenzio ostinato
e sono entrato lo stesso e sai cosa l’ho beccata afare?
A fumarsi una canna….
Non che sia un bacchettone o un moralista, ma mi ha fatto un
certo effetto vederla lì con quella roba in mano,per un attimo mi è sembrato di non
conoscerla.
Forse lei aveva avuto ragione, tutto quello che avevamo
vissuto in quei giorni era solo una farsa, tuttavia anche questo ragionamento
era sbagliato.
Lene non era cambiata, era solo un altro lato e io non
potevo giudicarla solo per questo, avrei voluto parlarne, capire perché lo facesse… Mi sembrava una richiesta d’aiuto, Gustav!”
“E forse lo era.”
“Solo che io non l’ho colto Gustav, l’ho colto dopo.
Dopo che l’ho beccata le ho fatto una scenataccia e le ho
dato uno schiaffo, per tutta risposta mi ha detto che io non sono nessuno per
lei e che avrebbe continuatoa non avere
fratelli e se ne è andata.
Io ho provato a chiamarla, ma lei non mi ha risposto,
ovviamente.
Questo è tutto.”
Il silenzio calò tra i due ragazzi, Gustav sembrava
soppesare cosa dire e cosa no.
“Avresti dovuto dirle che Leila ti aveva parlato.
Mi hai detto che dopo le difficoltà avevate parlato, credo
che lì avresti dovuto dirglielo, almeno non avresti tradito così la sua
fiducia.
Perché è questo Georg.
Lei era disposta a parlare con te, ma averlo scoperto nel
modo peggiore l’ha fatta sentire tradita.”
“Devo dimostrarle che a lei ci tengo.”
“Si… e se ho capito bene che tipo
è Lene, non sarà facile.
È fragile, poco sicura di se e si sente tradita da tutti
quelli che per lei contano qualcosa, sua madre, i suoi amici, in qualche modo tu… quindi ti metterà alla prova mostrando la sua parte
peggiore, le spine, i rifiuti categorici…
Tu a lei ci tieni davvero?
Perché se così non fosse, è inutile illuderla ancora”
Georg rifletté un attimo,Gustav aveva ragione, illudere la sorellastra sarebbe stata una pessima
mossa per tutti e due, eppure non aveva dubbi.
Non più.
Aveva scelto, quella sofferenza era servita a qualcosa se
non altro a fargli capire quanto tenesse a quella ragazzina, per quanto potesse
sembrare assurdo, non lo faceva più per obbligo.
“Si, ci tengo.
Non perché sia mia sorella, ma perché con lei mi sono
trovato bene e non vorrei si rovinasse per rabbia o perché si sente sola.”
“Allora provaci!”
“Si.. ma forse dovrei lasciare passare un po’ di tempo, così
si calma e non mi sbatterà il telefono in faccia non appena capirà che sono
io.”
Gustav si alzò dal divano e guardò dalla finestra, forse
stava riflettendo.
“Se farai passare troppo tempo lei penserà che a te non
importa nulla.”
“Lo so, ma ora come ora non vuole parlarmi.
Mentre stavo venendo da te l’ho vista mentre ero fermo al
semaforo, le ho sorriso, lei mi ha gelato, Gustav!
Mi ha guardato come se fossi un essere infame, schifoso o
qualcosa del genere.
Se le telefonassi ora mi manderebbe a fare in culo senza
nemmeno ascoltarmi.”
Aveva fatto quel discorso gesticolando come un pazzo, la
stanchezza gli stava piombando addosso tutta insieme, minacciando di
trascinarlo con sé e Gustav se ne accorse perché gli posò una mano sulla spalla
e sorrise dolcemente.
Era troppo maturo quel ragazzo!
“Georg…. Pensaci bene e
soprattutto dormi!
Stai sclerando, amico mio e non
sei lucido abbastanza per prendere una decisione così delicata.”
Georg dovette ammettere che aveva ragione e che avrebbe
seguito il suo consiglio, parlare in quello stato a una teenager arrabbiata con
la vita non sarebbe servito a nulla se non a peggiorare le cose.
“Si, hai ragione Gustav…
Cazzo sono proprio un’egoista….
Sono preso solo dai miei problemi, Bill oggi si èricoverato in clinica!”
“Georg! Calma!
Ti capisco e non sei un’egoista, non hai dormito questa
notte e sei sconvolto per Lene, ma so che ti dispiace per Bill, insomma stai vivendo troppe emozioni
tutte insieme.
Hai bisogno di riposare.”
Il tono del batterista gli parve blandamente minaccioso,
così decise di dargli retta.
“Si,hai ragione, ora vado a casa.”
L’amico annuì d’accordo con lui.
“E… Grazie Gustav, per tutto, sei
un vero amico.”
“Prego! Ora va e riposati.”
Lo salutò un’ultima volta, poise ne tornò nel suo appartamento come gli era
stato consigliato, si sentiva più sereno, parlare con l’amico gli aveva
chiarito le idee.
Mentre si addormentava, fu di nuovo sommerso dai pensieri,
ma questa volta non erano minacciosi, erano solo una confusione piacevole in
cui perdersi per cadere nella braccia di Morfeo.
Lene era tornata a Berlino quella mattina.
Era stato piacevole ritrovarsi nella propriacamera, tra le cose che conosceva e che
amava, ma quella felicità era durata poco, la dura realtà aveva ripresentato
subito i suoi conti nella figura di sua madre.
La donna l’aveva accolta con perplessità, poi si era
irritata sentendo il perché del suo ritorno, come spesso accadeva in quel
periodo le due si erano scontrate e in modo pesante.
Sua madre Lara le aveva detto che aveva sbagliato a reagire
in modo così eccessivo e che avrebbe dovuto comportarsi da persona civile e
lasciare a Georg la possibilità di spiegarsi.
Lene non si era sentita capita da lei, era scattata,
dicendole che la donna era stata contenta di liberarsi di lei, sua madre aveva
replicato qualcosa che lei non aveva ascoltato limitandosi a scappare anche da
quell’appartamento ormai troppo stretto.
Figlia di nessuno senza nessuna casa.
Si sentiva così e nemmeno vedere Farid
la fece sentire meglio, il turco l’aveva accolta come un sorrisetto superiore
che l’ aveva umiliata per la prima volta.
Lui non le aveva detto nulla,era comunque palese che lui
pensasse che lei fosse una stupida illusa che credeva alla favola della
famiglia felice.
O forse era quello che pensava lei di se stessa e lo
proiettava su di lui.
In ogni caso, nemmeno vedere il suo ragazzo le aveva dato la
felicità che sperava, avevano gironzolato senza meta per Berlino, lui parlava
senza sosta e lei ascoltava come sempre, con una sola differenza.
Questa volta si sentiva vuota, solo un guscio, un burattino
nelle sue mani.
Ne ebbe la conferma quando per caso vide passare il fratello
in macchina, lui le aveva sorriso timidamente, forse sperando in un segnale di
distensione a cui lei non si sentiva pronta.
Automaticamente il suo volto si era contratto in una smorfia
di rabbia, la ferita era ancora recente o forse era solo il suo orgoglio a
sanguinare.
Sentì una piccola breccia nella certezza della sua dignità
offesa, una vocina che diceva che forse sua madre pur nel modo sbagliato aveva
tentato di farle capire la cosa giusta ossia che aveva agito con troppa
avventatezza.
Si era detta che avrebbe dato fiducia al fratello, i fatti
l’avevano auto smentita perché al primo errore aveva reagito come una pazza
urlando ed andandosene.
-Bhe…forse se si dovesse fare vivo, ascolterò quello
che ha da dirmi, ma sicuro come l’inferno, devo parlare con una persona.
Leila.
Non deve più
permettersi di ficcare così il becco nei miei affari.-
Confortata da quella decisione, salutò il suo ragazzo e si
diresse verso la tabaccheria degli Schmit, per
parlare con la rossina.
Ridendo e scherzando era quasi l’ora in cui Leila avrebbe
dovuto uscire da scuola e poi si sarebbe diretta alla tabaccheria, anche se in
testa il discorso da farle non era chiarissimo.
Si accese una sigaretta per riordinare le idee, il percorso
era ancora lungo, aveva tutto il tempo per farlo.
Quando arrivò davanti alla tabaccheria fece un gran respiro,
poi entrò decisa, Leila stava appoggiando lo zaino dietro il bancone e si volse
verso la porta quando sentì il campanellino suonare.
“Lene?”mormorò sorpresa.
“Che c’è?”
“Cosa ci fai qui?”
“Abito a Berlino anch’io…”
“Lo so, ma…”
“Non dovrei essere qui, forse dovrei essere ad Amburgo da
mio fratello?
Dove tu mi hai mandato?”
Vide l’altra trattenere il fiato e sbarrare gli occhi, per
poi boccheggiare alla ricerca di parole, forse di altre bugie.
“Lene, non è come pensi.”
“NO? Cosa devo pensare allora?
Prima fai di tutto per impedirmi di stare con tuo fratello,
mi critichi, ti ergi a giudice, poi ti metti in combutta con Georg e mi fai
andare ad Amburgo.
A che gioco stai giocando?”
“Sono solo preoccupata per te, tu non conosci mio fratello.”
“A volte mi chiedo se lo conosca tu! Mi dispiace per quello
che è successo a Shirin, ma non andrà sempre così!
Lui mi ama, non hai alcun diritto di comportarti così!”
“E tu?
Tu lo ami? O lo sfrutti e basta cercando in lui quella
sicurezza che non trovi in te stessa?
Sai che fine fa la gente come te?”
“NO, ma scommetto che muori dalla voglia di dirmelo, tu.”
“Abbassa la cresta ragazzina.
La gente come te finisce per condannarsi da sola a una vita
di merda, impedendo agli altri di aiutarla perché in fondo ama le catene di cui
si lamenta in continuazione.
Se è questo che vuoi io non te lo impedirò più Kaufmann….
Sei libera e ora vattene.”
Lene non se lo fece ripetere due volte, con il cuore in
tumulto e la sensazione di avere appena fatto un enorme cazzata d cui le
sfuggivano persino i confini lasciò il negozio.
Leila non si sarebbe più intromessa, aveva toccato il tasto
di Shirin e questo l’aveva automaticamente fatta
irrigidire ed allontanare da lei.
Aveva avuto quello per cui era venuta baldanzosa come poche
volte nella sua vita in puntadi piedi,
perché non era felice?
Perché tutto le sembrava sbagliato?
Perché si sentiva così sola?
ANGOLO DI LAYLA
E così
finalmente Bill si è ricoverato in quella benedetta clinica.
Non so a voi
che effetto abbia fatto,ma a me prendeva male scrivere quella parte….
Spero vi
sia piaciuta…
Una cosa…se avete notato ho cambiato la formattazione della
storia, volevo chiedere se così risulta più leggibile e meno stancante per gli
occhi.
Se mi
risponderete di si cambierò anche i capitoli precedento.
Grazie delle
risposte che mi darete.
Passo
alle recensioni^^
bambolina elettrica: tranquilla non
c’èproblema^^. Grazie deicomplimenti^^.
In effetti per Bill saràdura stare senzailfratello e Fra,
ma questopotrebbeessere un incentivo a guarire, no?
Sperochequestotipiaccia,
allaprossima! Ciao!
Hana Turner: si l’amore fa fare proprio dei
brutti scherzi-_-!
Speriamo che
lene rinsavisca…comunque per Leila, lei si è sentita
tradita e ha sclerato, credo si possa capire…
Per Luca…bhe le cose si faranno più rosee anche perché Farid non si comporterà bene con lei…
Sono contenta
che ti sia piaciuta la decisione di Bill, era un punto su cui ero incerta…
E sono
molto contenta che si noti il fatto che i personaggi siano maturati, era una
cosa che volevo ottenere.
Spero che
questo capitolo ti piaccia.
Alla prossima^^.
ciaoo
Big Angel Dark: si puoi, ti do il permesso XD! Sperochequestotipiaccia^^. Alla prossima.
Ciao!
_Pulse_: Sono
contenta che ti sia piaciuta^^. Era un’immagine che mi lasciava incerta.
Per Lene,
anch’io avrei sclerato, ma dando tempo al tempo si
calmerà.
In quanto
a Tom, anch’io invidio ilmodo in cui ha reagito, io
non se avrei reagito allo stesso modo, non sono così matura.
Spero che
questo ti piaccia.
Alla prossima.
Ciao^^.
Schwarz Nana: con il tempo Lene capirà qual è la
cosa giusta da fare, tranquilla.
È impulsiva,
tende a scoppiare e deve ragionare un po’ sulle cose,ma lo fa dopo…
L’altalena
di Farid è una cosa voluta, io non lo considero un
personaggio negativo, solo immaturo e quindi deve crescere…..
Sono contenta
che tu l’abbia colta, così come sono contenta che ti sia piaciuta la parte
degli abbracci, era una cosa che temevo risultasse noiosa o troppo zuccherosa
ma che tenevo a mettere…insomma Bill per un po’ non
li vedrà più, mi sembrava giusto fargli fare il pieno di affetto^^.
Spero che
questo ti piaccia e non preoccuparti per i ritardi^^.
ciaoo
.
Lady Cassandra:Grazie dei complimenti e mi dispiace averti distrutto, purtroppo
questi capitoli ci volevano…
Per Lene,
tranquilla non porti iella^^, era una cosa che avevo già deciso da tempo quella
che è successa nello scorso capitolo.
In quanto
al riflettere meglio, lo farò.
Solo ha
bisogno di tempo, ma non butterà via l’esperienza con Georg, Lene ha un
carattere un po’ impulsivo…
Capitolo 12 *** 12) La Spiaggia Dei Fossili Insanguinati ***
11)) la spiaggia dei fossili insanguinati
Perché ogni volta che tentava di fare qualcosa per gli altri
le si ritorceva contro?
Leila se le chiedeva mentre guardava Lene allontanarsi curva
dalla tabaccheria e una sensazione di gelo le si allargava all’altezza del
petto, come sempre quando qualcuno nominava Shirin.
Non poteva negarlo, l’amica era ancora una ferita aperta per
lei,aveva un oscuro senso di colpa che non si placava pur sapendo quanto fosse
irrazionale.
Cosa avrebbe potutofare Leila?
Quella situazione erastata troppo delicata perché potesse intervenire e forse anche con la
ragazzina aveva sbagliato a intromettersi.
Che diritto ne aveva?
Era la ragazza di Farid e sapeva
benissimo che tipo fosse suo fratello, non era una sprovveduta.
Eppure…
Anche Shirin lo sapeva , forse
meglio di Lene e ci era cascata.
-Lene non è Shirin, Leila…
Non puoi cambiare il
passato aiutandola, ne placcare i tuoi sensi di colpa.
Quello che potevi fare
l’hai fatto, ci hai provato, ora tocca a Lene…
Per ora non devi fare
più nulla, se vuole può dare una possibilità a suo fratello, non tocca a te
decidere.-
Questo era vero, la vita era quella dell’amica, lei però non
riusciva a fare finta di nulla, avendo intuito i motivi che avevano portato Farid ad interessarsi a lei.
Leila era conosciuta per essere cinica e distaccata, per non
credere nell’amore, ma era solo una facciata costruita ad arte per proteggersi,
in realtà era piuttosto sensibile ed intuitiva, soprattutto nei confronti del
fratello visto che si somigliavano molto.
Quando il ragazzo si era messo con Shirin
aveva capito che non ne era innamorato, non del tutto almeno, la considerava
una sorta di punto fermo necessario nella sua vita.
Ed era stato così, Shirin dopo
anni, quando ormai era pressoché inutile, visto come era finita, era riuscita
nel suo miracolo facendo innamorare Farid di lei,
facendo si che lui cercasse delle caratteristiche che gliela ricordassero nelle
ragazze che aveva avuto.
Lene era quella più simile alla sua vecchia amica, era per
quello che lui si era così affezionato a lei, in un modo quasi possessivo.
Leila non aveva dubbi che doveva ringraziare il fratello per
il ritorno improvviso di Lene e per il rancore nei suoi confronti, era molto
nel suo stile agire così quando si sentiva minacciato.
Pensare a Farid le fece tornare in
mente Bill, chissà come stava?
Avrebbe voluto saperlo, ma non sapeva se potesse permettersi
o meno di ficcanasare anche in quelle vite, e se avesse reagito male? E se Girardi o il gemello di Bill non avessero gradito?
Estrasse il cellulare dallo zaino e lo guardò pensierosa,
chiamarlo o no?
In memoria aveva salvato il numero di Francesca, lo aveva
chiesto a Luca per un’eventualità come quella, sopportandosi il suo sorriso
sornione.
Era strano che lei si desse così da fare per uno
sconosciuto, problematico tra l’altro, terribilmente strano.
Aveva reazioni che non si aspettava ultimamente, chi era
quella persona che stava emergendo in lei?
-Nessuno, piccola,
solo tu… versione innamorata….
Quel ragazzo ti ha
colpito in profondità come non ti era mai successo.-
Leila scosse la testa e finalmente si decise a far partire
quella dannata chiamata, ci furono diversi squilli poi una voce impastata
rispose.
Era Francesca.
“Pronto?”
“Ciao, sono Leila…”
“Leila? Come fai ad avere il mio numero?”
“L’ho chiesto a Luca…volevo
chiederti una cosa… se vorrai rispondermi ovviamente…”
“Spara.”
“Come sta Bill?”
“Perché vuoi saperlo?”
“L’ho soccorso io… ecco, ero
preoccupata, so di non avere alcun diritto di chiedertelo.”
Ci fu silenzio dall’altra parte.
“Si è ricoverato in clinica…”
“Sono contenta per lui, ha avuto coraggio.
Posso chiederti in quale?”
“Non credo sia una buona idea andarlo a trovare per quanto
lui ti debba molto, senza di te non avrebbe mai deciso di farlo.”
“L’avrebbe fatto comunque, lui è un tipo tosto e poi non
voglio andarlo a trovare.
So che sei preoccupata per lui, io lavoro in una clinica di
questo genere come tuttofare,se vuoi posso dargli un’occhiata di tanto in
tanto.”
Girardi snocciolò il nome della
clinica dove la rossina lavorava.
“Si, lavoro li…”
“Bhe allora accetto il tuo favore… grazie Leila.”
“Figurati… credo che almeno io e
te potremmo mettere una pietra sopra al passato…”
“Sono d’accordo, farci la guerra non ci serve.”
“Mi dispiace che mio fratello lo abbia picchiato.”
“So come è fatto Farid, non mi stupisco…”
Leila sospirò.
“Lo so che sembra un pessimo soggetto e per certi versi lo
è, ma io spero sempre che prima o poi torni il mio amato fratellone….
Stupido vero?”
“No… indica solo che gli vuoi
davvero bene.”
Parlarono qualche altro minuto, poi riattaccò, lei si sentì
meglio anche se non sapeva bene dire il perché di quella sensazione.
Se ne accorse anche Katarina che
le lanciò un occhiata dal bancone del bar, era raro vederla sorridente.
“Tutto bene, Leila?”
“Si, Katarina….”
Avrebbe voluto aggiungere altro, ma lo squillo del cellulare
la indusse a rispondere troncando la conversazione con la barista.
Era la clinica dove lavorava, le chiedevano se non poteva
venire anche quel pomeriggio, essendosi assentata una donna delle pulizie,
Leila accettò.
Uscì da dietro il bancone e si diresse verso il bar dove suo
padre stava alla cassa.
“Papà, oggi c’è un problema, non posso fermarmi.”
L’uomo la guardò sorpreso.
“Perché?”
“Ha chiamato la clinica…. Devo andare…”
L’uomo annuì, poi la scrutò ancora.
“Tesoro, stai bene?
Hai un’aria pallida.”
“Si, non ti preoccupare…. Sono
solo un po’ stanca.”
“Leila… stai esagerando….
Lo so che ti pesa avere fatto errori in passato, averci
deluso e fatto soffrire, ma noi ti abbiamo perdonata, non tentare di ammazzarti
di lavoro per dimostrare che sei cambiata.
Noi lo sappiamo già.”
Leila sorrise, ricacciò indietro le lacrime, commossa da
quelle parole, suo padre era un uomo buono, gentile, le dispiaceva davvero
averlo fatto soffrire in passato, non se lo meritava.
“Grazie papà…. Però mentre lavoro
non penso a tutto quello che è successo, a mio fratello, a Shirin…”
“D’accordo, ma non esagerare, non continuare a punirti in
eterno.”
Salutò il padre, inforcò il motorino esi diresse verso la clinica, guidando nel
traffico sostenuto, sentendosi confusa, erano accaduto troppe cose, c’erano
state troppe conversazioni.
Prima Lene che aveva estratto di nuovo il fantasma di Shirin, poi Francesca, infine suo padre che avevanotato la sua stanchezza, il suo pallore, le
sue occhiaie.
Era innegabile che fosse stanca, che a volte volesse
scappare da quella vita e che senza dubbio si stesse punendo per fatti avvenuti
anche anni prima, ma non poteva mollare.
Voleva dimostrare che non avrebbe più fatto cazzate paragonabili
a quelle del passato perché ne era rimasta lei stessa troppo ferita per voler
continuare su quella strada.
Era arrivata al parcheggio della clinica, un edificio
imponente in un’aria verde appena fuori dalla città, li tutto doveva ispirare
pace e tranquillità per favorire la guarigione dei suoi ospiti.
La ragazzina parcheggiò il vecchio scooter,salutò con un gesto svogliato il custode e si
infilò nell’’edificio, coloro che si occupavano delle pulizie avevano degli
stanzoni dove cambiarsi, lei li raggiunse.
Conosceva alcune di quelle ragazze, in particolare Hanna che
non era molto più grande di lei, aveva i capelli biondi e un sorriso
splendido,sembrava essere in grado di
far fronte a qualunque emergenza ed era l’unica che sembrasse realmente felice
di vederla.
La rossa non si faceva illusioni, le altre avrebbero
preferito non averla tra i piedi, visto il suo passato tutt’altro che limpido,
era vero che ognuno si portava il suo destino appeso al collo.
“Ciao Leila! Come va?”
“Ciao Hanna.. si tutto bene.
Tu?”
“Si, si…. Marie è malata oggi.”
“Mi dispiace, spero si riprenda presto.”
Si cambiò velocemente, indossando la divisa e uscì con Hanna
e altre due donne, per andare verso l’atrio, dove il suo cuore perse un
battito.
Bill stava parlando con le responsabile della clinica, che
gli stava illustrando probabilmente il programma, sembrava annoiato o agitato,
non avrebbe saputo dirlo.
All’improvviso si voltò verso di lei, sorrise e la salutò
con un cenno della mano, lei rimase imbambolata, non sapeva cosa fare, era in
difficoltà.
Avrebbe voluto ricambiare con il migliore dei suoi sorrisi,
ma era consapevole che farlo avrebbe creato dei problemi, non era che una
dipendente tenuta li per la bontà di colei che dirigeva quella clinica e non
sarebbe stato approvato il fatto che intrecciasse una relazione di qualsiasi
tipo con un paziente.
Incerta, come se non lo riconoscesse alzò una mano, Hanna la
guardò interrogativamente.
“Lo conosci?”
“No, credo mi abbia scambiata per qualcun altro…”
“Meglio per te, lo sai che quella non vuole che si abbiano
relazioni con i pazienti.”
“La regola vale solo per me…. Lo
sai che non gli va a genio che sia qui….”
“Lo so e mi dispiace…”
“Fa niente…pago per le mie
cazzate, è giusto che accada.”
Hanna non disse più nulla, Bill la guardava incerto, forse
ferito, lei provò a telegrafargli il perché del suo gesto, sperò che lui lo
capisse, lei era tutto fuorché scontenta di vederlo.
“Dai Hanna, è il momento di lavorare!”
“Si, ma non credere di cavartela così, la Meyer ti verrà a cercare.”
“Questo è sicuro come l’inferno.”
Iniziò il suo lavoro, non lo amava particolarmente, ma le
permetteva di non pensare a tutto quello che le era successo e a Bill, anche se
per quello temeva che presto ne avrebbe pagato le conseguenze.
Dopo un po’ una voce ben modulata e falsamente cordiale si
fece sentire, era arrivata la signorina Meyer a
esigere la sua testa.
“Signorina Schimtle devo parlare, mi segua.”
Leila abbandonò tutto docile per seguire la donna nel suo
ufficio, la sua fortezza personale.
La Meyer aprì la porta e si
accomodò dietro la scrivania, senza invitare lei a fare lo stesso, voleva
mantenere ben chiare le distanze tra di loro, lei era il capo, Leila una
semplice inserviente.
“Signorina Schmith, lei è
consapevole delle nostre disposizioni sui rapporti con i pazienti?”
“Sono vietati i rapporti personali, signorina.”
“Esattamente…. Dunque sono
costretta a chiederle se conosce il signor Kaulitz.”
“No, in tutta sincerità credo mi abbia scambiata per
qualcun’altra.”
Non le credeva, non aveva bevuto una singola parola di
quello che le aveva detto.
“Eppure sembrava così convinto…”
“Capita a tutti di sbagliarsi…”
“Signorina… Non prendiamoci in
giro, conosciamo tutti il suo passato e chi è suo fratello, quindi il fatto che
il signor Kaulitz la conosca mi fa sospettare che non
sia esattamente per amicizia o altro.”
“Non ho venduto droga al signor Kailitz.,
se è questo che vuole sapere.”
La donna la squadrò a capo a piedi nella sua divisa troppo
grande,nei capelli raccolti in una coda approssimativa e in quegli occhi
truccati di nero.
“Non ho prove che la possano accusare, ma si ricordi che la
tengo d’occhio, signorina.
A mio parere lei avrebbe dovuto finire in riformatorio, come
era giusto avvenisse dopo che era stata sorpresa a rubare qui insieme alla signorina
Sayeb.
La direttrice ha il cuore troppo tenero, io sono fatta di
una pasta diversa, se lo ricordi.
Ora vada e riprenda il suo lavoro…
Senza dimenticare che la tengo d’occhio.”
Leila annuì e lasciò la stanza.
Per quanto tempo ancora avrebbe continuato a pagare per i
suoi errori?
Per quante persone avrebbe continuato a rimanere la
ladruncola che spacciava?
Lo sapeva benissimo che la Meyer
non la sopportava e avrebbe voluto vederla marcire in un qualche carcere
minorile, non c’era nessun bisogno che lei lo ribadisse.
Tornò a pulire, sentendosi l’ultima delle persone e
chiedendosi irrazionalmente se Bill l’avrebbe cercata ancora, stranamente quel
pensiero la faceva sentire meglio.
Bill si sentiva uno stupido.
Perché gli era venuto in mente di salutare Leila?
Lei aveva reagito come se non lo conoscesse, gli aveva fatto
male ed era stupido tutto questo, lui dove va concentrarsi sulle parole di
quella donna, che erano moltopiù
importanti.
Relegò quell’episodio in un angolo della sua mente, non
sarebbe stato facile viverein quel
posto, doveva impegnarsi , soprattutto nel combattere contro se stesso, una
parte di lui voleva già scappare.
-Bill puoi e devi farcela!
Hai scelto tu di
venire qui, non puoi fuggire!-
Quando la donna finì poté finalmente andare in quel buco
bianco e pulito che era la sua camera, per prima cosa disfò la valige e ripose
ordinatamente il loro contenuto nell’armadio e nel bagno.
Iniziare ad appropriarsi di quel luogo per lui in un certo
senso ostile, fu una sconfitta e una vittoria insieme, una sconfitta perché era
ormai palese che avesse bisogno di aiuto, una vittoria perché essere lì
significava che stava iniziando a risolvere i suoi problemi.
Una volta finito tutto contemplò la sua opera in piedi in
mezzo alla stanza, vagamente soddisfatto, poi si stese a letto e lasciò vagare
la sua mente.
Chissà Tom come stava?
Da cani , poteva giurarlo, ma lo aveva lasciato nelle mani
di Francesca, lei lo avrebbe aiutato di sicuro.
Soffriva ancora per quel distacco, eppure sapere il fratello
in qualche modo non solo lo faceva sentire meglio, più sicuro nell’affrontare
la vita nella clinica.
Il suo pensiero tornò a Leila, forse non aveva potuto
salutarlo e avrebbe voluto farlo, forse lui l’aveva messa nei guai in qualche
modo con i suoi datori di lavoro.
Avrebbe dovuto riflettere di più prima di agire, sennonché
era stato davvero felice di rivederla, era una faccia amica in un posto che
aveva avvertito freddo al primo impatto.
Vedere quella ragazzina lo rendeva sempre di buon umore,
forse erano i suoi occhi, forse quell’aria sempre un po’ sorniona che aveva,
quella di chi è sempre perso in qualche pensiero.
Era bella, nonostante facesse di tutto per nasconderlo,
ispirava tenerezza a volte per il suo essere minuta, ma lui aveva capito subito
che era tutta apparenza, la rossa era una persona molto forte, non aveva
bisogno di protezione, se la sapeva cavare.
Un leggero bussare interruppe le sue riflessioni, era lei.
“Leila?”
“Si, non potrei essere qui ma, ho bisogno di parlarti.”
Lui si scostò dalla porta e la fece entrare perplesso, cosa
voleva?
“Se non puoi essere qui, cosa vuoi, Leila?”
Lei sospirò.
“Sono venuta a scusarmi…. Ho visto
che ci sei rimasto male prima, quando non ti ho salutato e sono qui per questo.
Scusami Bill, non era mia intenzione farti rimanere male,
però ci sono delle cose che devi sapere su di me.”
Lui annuì.
“Racconta, sono tutt’orecchie.”
“Non ho molto tempo, però devi sapere che in questo istituto
i rapporti inservienti-pazienti sono ridotti al minimo indispensabile, la
direzione non li vuole, soprattutto la signorina Meyer.”
“Quindi salutandoti io ti ho messo nei guai, hai perso il
lavoro?”
“No tranquillo, però è come se fossi una sorvegliata speciale….
Io non ho un passato limpido, la Mayer lo sa benissimo e mi
tiene d’occhio.”
“Non puoi avere fatto qualcosa di così terribile, non ci
credo, altrimenti non mi avresti aiutato.”
Gli parve di vedere un luccichio in quegli occhi da gatta.
“Grazie della fiducia, ma io non sono sempre stata così.
Io una volta facevo parte della banda di mio fratello,
spacciavo e rubavo.
Sai perché sono qui?
Perché mi hanno beccata a rubare qui e mi hanno denunciata….
Poi grazie all’intervento delle assistenti sociali e di Ania, mia cugina, che ha parlato con chi dirige questo
centro, hanno concordato di ritirare la denuncia.
Al posto del carcere lavoro qui per risarcirli.”
Bill rimase in silenzio, quella storia gli faceva vedere la
ragazza in una prospettiva diversa, eppure per lui rimaneva comunque la stessa
ragazza che l’aveva tirato fuori dai guai ben due volte.
“Ti capisco se non vorrai più avere a che fare con me, non
saresti ne il primo, ne l’utimo….”
Il tono di lei era amaro, sembravache non si aspettasse altro che quella
reazione di rifiuto dagli altri.
“Leila, ammetto di essere sorpreso, però, chiamami pure
stupido o ingenuo, ma tu per me continuerai a rimanere quella che mi ha tirato
fuori dalla merda e mi ha aiutato anche se non avrebbe dovuto farlo.
Tu mi hai dato una mano e io, come ricompensa, ci provo come
un assatanato.”
Lei lo guardò sorpresa, ma felice.
“Sei il primo che reagisce così, di solito scappano tutti a
gambe levate non appena sanno del mio passato.
Bhe, ora devo andare, ci tenevo a
scusarmi con te, però non posso rimanere troppo a lungo…
la Meyer mi ha dichiarato guerra….”
Leila fece per uscire
dalla stanza, lui la bloccò, la fece voltare verso di sé e la baciò, lei
rispose prima di staccarsi perplessa.
“E questo cosa significa?”
“Non lo so, tu mi fai uno strano effetto…”
Lei alzò un sopracciglio.
“Chiarisciti le idee, credo tu l’abbia capito che io non
voglio essere la bambolina di nessuno.
Ciao Bill.
Ora vado davvero, sono rimasta fin troppo.”
Lui agitò debolmente la mano confuso, quella ragazza aveva
qualcosa che riusciva a fargli perdere il controllo in modo incredibile, pur non
essendo nulla di speciale in fondo, si disse contraddicendo se stesso.
Leila Schimt era bassa per la sua
età, minuta, con dei capelli arancioni lisci, che sembravano una fiamma viva
depositata sulla sua testa ed due occhi verdi da gatta.
Forse erano gli occhi a colpirlo maggiormente, per il
colore, per il fatto che fossero grandi ed espressivi, non lo sapeva. Non ci
aveva mai riflettuto.
O forse erano leparole che sapeva usare, avevano il potere di farlo cambiare idea.
Bel casino.
Si stese a letto, cercando di concentrarsi solo sulla
clinica, era quella l’unica cosa importante, la sua riabilitazione e il suo
uscire da quel tunnel.
Rimase per un po’ il soffitto bianco, poi iniziò a sentire
le palpebre pesanti, il sonno stava iniziando a farsi sentire, probabilmente
per le troppe novità della giornata.
Bill lottò un po’ per rimanere sveglio, ma alla fine il
sonno ebbe la meglio su di lui, catapultandolo in un altro mondo, un mondo dove
ancora una volta il bianco la faceva da padrone.
Era di nuovo sulla spiaggia bianca, in piedi davanti al
mare, mosso, sotto un cielo grigio ed opprimente, registrò questo cambiamento
con stupore, non sapeva perché credeva che quel luogo fosse immutabile.
Si era sbagliato, evidentemente.
Mosse qualche passo incerto, spaesato, dove avrebbe potuto
andare?
Nonlo sapeva, ma non
riusciva più a stare lì, aveva la sensazione che quelle nuvole gli
risucchiassero l’aria dai polmoni, per auto crearsi.
-Calmati, stai sclerando, non ne vale la pena…-
Il moro volse le spalle al mare e si avviò lungo la piaggia,
ancora inquietantemente bianca e apparentemente infinita, senza un limite.
I suoi piedi non lasciavano orme, notò con una certa dose di
paura, era molto strano, come se lui non avesse corpo o consistenza.
-Calma, è solo un
sogno e lo sai.-
Proseguì lungo la distesa bianca, i granelli ora erano più
grossi, come se fosse fatta di sale, lo scarto del mare ritirato o fuggito da
quella lingua di terra.
Si fermò a guardarli, avevano le forme più diverse, ne
raccolse una manciata e se la fece passare tra le mani, inquieto, era ruvida,
pungente e spigolosa, non morbida e fine come la sabbia, inadatta a essere
presa in mano.
Si rialzò in piedi, il cielo continuava ad essere plumbeo,
non c’erano cambiamenti, sembrava si stesse addensando una tempesta incerta se
scaricare o meno la sua furia su quel luogo, questo lo faceva sentire piccolo
ed insicuro.
Cos’era lui in confronto alle forze che sembrava stessero
per scatenarsi li?
Nulla, una cosa poco importante.
Continuò ancoraa
camminare sperando che l’ambiente avrebbe subito un cambiamento, che avrebbe
trovato altro, qualcosa di meno opprimente.
I suoi passi erano lenti e pesanti, impacciati da qualcosa
che non avrebbe saputo dire, forse dalla diversa densità dell’aria di quel
luogo in cui aveva anche difficoltà a respirare.
Su quella specie di sabbia salina ora si trovavano
conchiglie inquietanti, nere, lucide nei loro disegni bene in evidenza,
macchiate da una sorta di liquido rosso.
Lacrime di sangue.
Cadaveri di mostri che non avevano fatto in tempo a tornare
a quel mare a cui appartenevano.
Creature strappate precocemente alla vita.
Bill rabbrividì, chiuse gli occhi e prese a tremare, non le
voleva vedere, voleva essere altrove in un luogo meno spaventoso, dove non
c’erano quegli esseri che risaltavano in modo innaturale sul bianco.
-Smettila, non
risolverai nulla rimanendo a tremare, vattene!
Puoi andartene,
nessuno ti ha incatenato!
Rompi l’incantesimo e
vai oltre.-
Ascoltò la voce della sua coscienza. Lentamente aprì gli
occhi, i cadaveri erano ancora lì, spavaldi e lucidi, sembravano sorridere di
lui e dei suoi timori di ragazzino con la saggezza di chi è in un certo luogo
da molto tempo e sa che non se ne andrà mai per quanti sforzi possa fare.
Quegli echi di risate immaginarie lo spinsero ad andarsene,
riuscì persino ad accelerare il passo come se fosse inseguito da qualcosa e
forse era così, erano i suoi stessi fantasmi ad inseguirlo nella sua testa.
Il cuore sembrava deciso a scoppiargli in petto, da tanto
batteva forte, rimbombando nelle orecchie come un tamburo che batteva un ritmo
folle ed insopportabile.
Si fermò solo quando fu davanti a quello che apparentemente
era l’ingresso di una foresta, un tappeto di erba verde si stendeva davanti ai
suoi piedi, rami lo lambivano quasi ad accarezzarlo.
Entrare o meno?
Se fosse tornato indietro sarebbe finito di nuovo sulla
spiaggia, se fosse andato avanti poteva arrivare in un luogo migliore e meno
spaventoso.
Decise per a seconda opzione, incerto calpestò l’erba verde
sentendola morbida e cedevole, i rami erano forse troppo vicini ma non gli
davano fastidio, era quasi piacevole.
Proseguì meravigliato, era un luogo pacifico, incantevole in
cui stava bene e che gli fece dimenticare tutto quel bianco angosciante che
stava alle sue spalle.
Camminò per un tempo indefinito, stranamente non sentiva il
rumore di animali presenti in quella foresta, ne uccellini ne altri, questo
avrebbe dovuto inquietarlo, ma non successe.
Proseguì fino a una radura che lo rigettò nell’incubo, era
buia, senza luce con alberi dall’aspetto minaccioso che protendevano i rami
verso di lui quasi a volerlo ghermire e attirare a loro.
Bill non voleva stare lì, si voltò per tornare indietro,
tuttavia il passaggio presente fino a pochi secondi prima era ostruito da una
catasta di rami secchi che sconsigliava di scavalcare.
Bill si guardò intorno sconvolto, era in trappola!
Era riuscito a fuggire a quei fossili per farsi mettere nel
sacco da una radura!
Era stato un idiota, cosa poteva fare?
Se lo chiese per l’ennesima volta, sottilmente irritato da
questa indecisione miste a paura, per riflettere si sedette su di un tronco in
mezzo alla radura e si prese la testa tra le mani.
Poco dopo percepì una presenza accanto a lui, poteva
fidarsia togliere le mani e a guardare
chi fosse?
-Bill, è un sogno! Non può succederti nulla di
male!
Abbi il coraggio di
guardarla in faccia!-
Lentamente tolse le mani dal viso, la ragazza con la
maschera nera gli sorrise serafica, lui la guardava stupito, chi era quella
presenza che affollava i suoi sogni?
“Chi sei?”
“Te l’ho già detto tu mi conosci già.”
Porta chiusa, domanda elusa.
“Dove sono?”
“In nessun luogo o forse dentro te.”
“Dentro me?”
“Pensaci Bill…. Cos’è quella
spiaggia bianca affollata di cadaveri se non le tue ferite?”
“Dici che sia la mia situazione?”
“Se tu lo credi lo è.”
“SE così fosse la foresta è un luogo piacevole, qualcosa in
cui io sto bene….
I giorni prima di entrare qui?”
Lei rimase in silenzio, lo guardava da dietro la maschera,
impenetrabile come una sibilla.
“E questo angolo buio cos’è?”
“Tu come ti senti?”
“Confuso, impaurito, come se non riuscissi a uscirne mai.”
“E questa radura com’è?”
“Chiusa, spaventosa e soffocante.”
“Non ci trovi una qualche similitudine?”
“Si, ma io da qui non posso uscire!”
“Non vuoi uscire, è diverso.
Se solo volessi potresti scavalcare quella catasta di rami,
invece hai paura che ceda e di farti male…”
“IO non ho paura di combattere la mia dipendenza se è qui
che vuoi arrivare.”
“Sono felice di sentirtelo dire…
Prima o poi supererai anche quella catasta allora…
Ora devo andare!”
Si alzò dal tronco, la lunga veste nera frusciò per terra,
lui rimase a guardarla.
Avrebbe voluto baciarla ancora, ma intuì che questa volta
non gliel’avrebbe permesso.
“Posso chiederti una cosa, per favore?”
Lei annuì.
“Abbracciami.”
Lei allargò le braccia, lui si alzò e la strinse al
rallentatore, il tempo sembrava scorrere più lento come a prolungare quel
momento .
Come si sentiva?
Bene, protetto da quella stretta decisa ma non troppo,
premuto contro quel corpo morbido, avrebbe voluto rimanere così per sempre,
senza pensare alla radura, alla spiaggia, a nulla.
Chiuse gli occhi cullato dal leggero profumo che emanava,
lei svanì e lui si ritrovò sveglio a fissare il soffitto della sua camera, di
un bianco quasi accecante.
Avrebbe dovuto senti tirsi disturbato, ma riusciva solo a
sentirsi bene, sereno come non lo era da tempo.
Finalmente quella giornata giunse a termine per Lene.
Era stata lunga e stancante,avrebbe solo voluto buttarsi a
letto e non rialzarsi più, sua madre le aveva fatto un’altra scenata quando era
tornata a casa, avendo intuito che non era andata scuola.
“Cosa vuoi fare della tua vita, Lene?
Rovinarla per quel teppista da quattro soldi?
Non puoi continuare così, datti una regolata! Io non ce la
faccio più a vederti così!”
Lene ancora una volta aveva sentito una rabbia montare
dentro si lei e allo stesso tempo non sapeva cosa replicare alla madre perché
sapeva che in parte aveva ragione, così si era limitata ad arrossire di rabbia
e a chiudersi in camera sbattendo la porta.
Ora era sdraiata sul letto, fissando il soffitto senza
vederlo veramente, solo pensando che avrebbe voluto essere altrove, senza una
meta o un’autorità a cui rendere conto, solo se stessa.
Quella casa era opprimenti, quei litigi continui spegnevano la
sua vitalità e la scuola al momento non entrava nemmeno nei suoi pensieri ed
inoltre continuava a pensare al suo fratellastro.
Stava male ogni volta che lo faceva, ma non poteva farne a
meno perché quei pochi giorni passati da lui erano stati davvero sereni ed era
intollerabile per lei sapere che erano con tutta probabilità falsi.
Perché si era fatta prendere in giro?
Perché era così disperatamente debole e bisognosa di
approvazione?
-Stai calma Lene, non
è continuando ad arrovellarti che tutto si risolverà…
O raccogli il tuo
coraggio e vai a parlare a Georg o lo ignori totalmente, cacciandolo dai tuoi
pensieri, rimuginare è inutile, ti fai solo più male.-
Era vero, tra quelle due opzioni preferiva vigliaccamente la
seconda, in un chiarimento con il fratello non avrebbe saputo da che parte
cominciare, ne cosa dire, la sua antica timidezza riaffiorava in quei casi.
Il destino però aveva deciso diversamente sebbene lei ancora
non lo sapesse, non aveva idea che la seconda ipotesi si sarebbe presto
avverata tramite il suono del cellulare.
Sentì la suoneria e rispose senza nemmeno guardare chi la
chiamasse.
“Pronto.”
“Ciao Lene.”
Quando sentì la voce di Georg ebbe la tentazione di
riattaccare e lui lo capì.
“Lene ti prego non riattaccare, ho bisogno di parlarti.”
“Perché?”
“Dobbiamo chiarire, non può andare a tutto a puttane.”
“Cosa dobbiamo chiarire? Un rapporto che non c’è?”
Lui sospirò.
“Lene, ho sbagliato anon dirti subito la verità, lo ammetto, però ti giuro che questi giorno
non sono stati una finzione.
Io tengo veramente a te, lasciami almeno la possibilità di
spiegarti, poi se lo vorrai potrai mandarmi al diavolo.”
Questa volta fu lei a rimanere in silenzio.
“Vediamoci e parliamone, per favore.”
“Io non lo so…ci devo pensare.”
“D’accordo, prenditi il tempo che vuoi…
Fammi sapere cosa avrai deciso.”
“Si….”
“Ciao Lene”
Il tono di Georg era triste.
“Ciao…”
Cosa doveva fare?
Si sentiva senza una guida, in conflitto con sé stessa, una
parte di lei avrebbe voluto andare a quell’incontro e capire perché fosse successo
tutto quel casino, un’altra non lo voleva affatto.
Riluttante, compose un numero, sentendosi un verme.
Stava chiamando Luca dopo mesi di silenzio, chissà come
avrebbe reagito.
“Pronto.”
“Luca, sono Lene.”
“Cosa vuoi? Ti sei rifatta viva dopo mesi, lo sai?”
“Lo so e mi scuso, ma ho assoluto bisogno di parlare con te…
Sono nei guai…”
“D’accordo… vediamoci.”
“si, grazie..”
“Ciao”
Non sapeva lene che conseguenze avrebbe portato quel piccolo
gesto fatto in un momento di smarrimento, non lo sapeva affatto.
Qualcosa sarebbe cambiato da lì in poi.
ANGOLO DI LAYLA
Non so
cosa dire….
A me
personalmente piace la parte dell’incubo, spero piaccia anche a voi^^.
Capitolo 13 *** 13) Quel Piccolo Grammo Di Coraggio Che A Volte Si Trova, A Volte No ***
13)) quel piccolo grammo di coraggio che a volte si trova a volte
no.
Luca chiuse quella chiamata con un’incredulità mista ad
ansia.
Cosa era successo?
Perché si era fatta viva con lui e non con Farid?
Qualcosa gli disse che il turco c’entrava qualcosa o forse
era per suo fratello, in ogni caso l’avrebbe scoperto di li a poco, inutile
fare congetture.
Prese il giubbotto e si avviò verso la porta.
“Dove vai?”
La voce fredda di sua madre lo bloccò, represse un moto di
fastidio, quella donna aveva rovinato l’esistenza a loro e a Francesca e si
voltò verso di lei.
Anna Santagata era sulla porta
della cucina a braccia conserte, i capelli castani raccolti in una coda e
l’espressione poco amichevole, erano previsti guai.
“Dove stai andando?”
“Devo vedermi con un amico.”
“Sarebbe meglio non ti facessiamici in questo quartiere, non è adatto a
te.”
“Io qui ci vivo, devo conoscere qualcuno.”
“Continua così Luca e…”
“Finirò come mia sorella?
Peccato che lei sia l’unica che sia riuscita a costruire
qualcosa in questa famiglia.”
Sua madre arrossì di rabbia, ma non disse nulla.
“Ciao.”
Uscì di casa sbattendo la porta, detestava come sua madre
aveva trattato Francesca in passato, gli metteva addosso una rabbia incredibile,
sua sorella non si meritava quello che aveva ricevuto.
Su lui ed Andrea non aveva mai alzato un dito, forse perché
erano maschi, forse perché erano stati desiderati ed amati almeno un po’,
Francesca era sempre stata una sorta di estranea per sua madre.
Era una cosa che lo faceva impazzire, lui era molto legato a
Frankie, era l’unica che lo capisse a volte, neanche con Andrea c’era questo
rapporto, anzi era il contrario.
Con il fratello continuava a litigare, Andrea parteggiava
troppo spesso con sua madre per i suoi gusti, sembrava essersi sentito tradito
dalla partenza di Fra, suo fratello era ancora immaturo per certi versi, troppo
vezzeggiato dalla madre, era ancora solo un bambino.
Non appena fu fuori dal suo palazzo si accese una sigaretta
guardando il cielo, era trapuntato di stelle nonostante fosse una notte fredda,
questo lo fece sorridere senza un motivo preciso.
Indolente, si avviò verso il suo motorino, sbloccò la catena
e partì verso il bar dove avrebbe dovuto incontrarsi con Lene, nella telefonata
non l’avevano nemmeno menzionato, entrambi sapevano che era il loro posto,
quello dove si erano scambiati confidenze reciproche fino a poco tempo prima.
Come era potuto succedere che la storia della famigli di
Lene li separasse così tanto?
Perché lui non si era fatto avanti prima che entrasse Farid nella sua vita?
Quello era il suo più grande rimpianto, l’unica volta in cui
non aveva mostrato il solito coraggio e la solita sicurezza pentendosene poi,
purtroppo Lene lo paralizzava.
Quando era davantia lei
diventava impacciato, aveva paura di dire idiozie o di fare troppo il saccente,
insomma era assalito dalle paranoie più svariate che non lo lasciavano in pace
nemmeno ora.
Che Lene si sarebbe trovato davanti?
La vecchia Lene, simpatica e dolce o la nuova Lene
strafottente ed arrabbiata con il mondo?
-Basta Luca, tra due
minuti lo scoprirai!
Guarda la strada
piuttosto o rischi di fare un incidente!-
Ci sarebbe mancato solo quello!
Il moro parcheggiò davanti al bar, nervoso, legò di nuovo il
motorino , entrò nel locale, non molto affollato e si diresse al loro tavolo,
non prima di avere salutato con un cenno svogliato la barista.
Lene era già la, i capelli erano ancora biondo platino con
quelle meches blu elettrico, piacevolmente evidenti,
i vestiti erano ancora succinti ed aggressivi, eppur sembrava diversa, lontana
anni luce dall’immagine di lei che era trapelata negli ultimi due mesi.
La ragazzina dura, la teppista, aveva lasciato i posto ad
un’adolescente fragile e quasi spaventata, così simile a una bambina da fargli
stringere il cuore in un impeto di affetto fortissimo, di amore.
La bionda si guardava attorno, cercando di individuarlo e
scompigliava le bustine dello zucchero che per qualche arcano motivo erano
rimaste al tavolo econ
quell’atteggiamento lo invitava ad abbracciarla.
-Datti una calmata.
Lei è di Farid, hai perso la tua occasione e ora non devi metterla
nei casini perché tu non hai avuto le palle necessarie prima!-
Luca si avvicinò al tavolo, azzardando un cenno di saluto
che lei ricambiò timida.
“Ciao, grazie per essere venuto.
Se non avessi accettato ti avrei capito, lo so che questa
mia richiesta suona molto opportunista, ma non so da chi andare.”
“Perché non sei andata da Farid?”
“Non lo so… credo che lui non mi ascolterebbe….”
“Cosa è successo Lene?
Non girare intorno alle cose.. sparisci per mesi,poi riappari, vorrei una spiegazione
dettagliata di quello che ti porta qui.”
“D’accordo.
Tu sai che io ho un fratellastro?”
“Certo, quello che ti ha ignorato per mesi, lo sappiamo
tutti.”
“Bhe….si è rifatto vivo una
settimana fa circa e mi ha chiesto di andare da lui per una settimana.
All’inizio ero scettica, ero certa che ci fosse lo zampino
di mio padre, che si fosse intromesso per costringerlo a cambiare idea e cose
così.
Insomma non volevo andare,ma mi hanno costretto, mia madre
ha fatto il diavolo a quattro ed è buffo questo, visto che per anninon ha voluto dirmi nulla e così sono
partita.
È stata dura lasciare Farid, gli
altri perché mi sembrava una costrizione e non credevo nemmeno che sarei stata
bene con lui, invece…
Invece mi sono sbagliata perché lui nonostante io abbia
fatto la stronza a tutto spiano per essere rimandato a Berlino non ha ceduto e
ha provato instaurare un rapporto con me.”
“E non sei felice? Non era quello che volevi?”
“Si, era quello che volevo…
A condizione che fosse vero, lui mi ha mentito tutto il
tempo.”
Luca alzò un sopracciglio perplesso.
“Cioè?”
“Sai perché lui mi ha voluto far venire da lui?
Perché gliel’ha chiesto Leila forse perché le facevo pena…
Per farla breve abbiamo litigato e io me ne sono andata di
casa ed eccomi qui.”
Luca la guardò negli occhi, quella era la versione riveduta
e corretta dei fatti, doveva farle sputare qualcosa di più, ad esempio come
aveva fatto a scoprire che era stata Leila l’artefice di quel ricongiungimento
familiare.
“Come hai fatto a sapere che era stata Leila?”
Lei abbassò gli occhi e rispose riluttante.
“è stato Farid…
Mi ha telefonato, io all’inizio non gli ho creduto, mi
sembrava troppo assurdo, capisci?
Volevo chiarire con Georg, solo che quando lui è tornato a
casa l’ho sentito parlare al telefono con Leila e tutto quello che ha detto mi
ha confermato le parole di Farid.”
“E sei esplosa.”
“Esatto… mi ha anche beccata a
fumarmi un canna e schiaffeggiato.
Credo di averlo deluso….”
“Lo credo anch’io.
Ma non è ancora finita vero?”
“No, al ritorno mia madre era nera di rabbia e il mio
ragazzo trionfante, come se gli avessi dimostrato che io ero un’idiota ingenua
e lui il supergenio….
Insomma comprensione zero da nessuno….
Senza contare che io ho peggiorato le cose, andando da Leila
a sfogare la mia rabbia…
Non credo mi parlerà più, sai?
In ogni caso arrivo alla fine della storia, mio fratello si
è rifatto vivo e vorrebbe chiarire con me e io non so cosa fare.”
“Lene, io capisco che tu ti possa essere sentita tradita da
lui, ma credo dovresti concedergli la possibilità di parlare con te, potresti
accorgerti che forse hai sbagliato o trovare conferma delle tue teorie, sempre
meglio del dubbio no?
Io credo sia il dubbio a farti più male, non sai se fidarti
o meno…
Se ti dovessi fidare di lui, lui potrebbe prendere
importanza e rivoluzionare la tua vita.”
“è di questo che ho paura…
Tutte le persone che hanno avuto una certa importanza nella
mia vita mi hanno fregato.”
“Anche Farid?”
“Non lo so…. Io ho paura della sua
reazione,sembra non vedere di buon occhio Georg.”
“Lene, è il tuo ragazzo, è importante per te, ma non può
vivere la vita al posto tuo.
La vita è tua e tu devi decidere, quindi cerca di tenerlo
fuori dalla decisione che stai per prendere..
Voglio dire, sembrerebbe che lui non sopporti Georg, ma allo
stesso tempo tu vorresti almeno sentire cosa ha da dirti il tuo fratellastro,
giusto?
Quindi io credo che non dovresti permettere al giudizio di Farid di avere un peso determinante.”
Lene abbassò gli occhi, in quel momento sembrava più che mai
una bambina confusa e triste.
“Ma lo sai come è fatto e se mi mollasse dopo?”
“Lene, se ti mollasse perché pensi con la tua testa e sei
capace di decidere da sola sarebbe un cretino e …. No niente.”
“Niente, cosa?”
Luca sospirò.
“SE lui ti mollasse per una cosa del genere probabilmente
non ti avrebbe mai amata.
Amare l’altro è un rapporto alla pari, uno non può imporsi
sull’altro.”
“Hai ragione….
Non ho pensato a molte cose mentre stavo con lui, ora mi sto
accorgendo che il piedistallo su cui l’avevo messo era tutto nella mia testa,
sono così confusa.
Stare con Georg ha sollevato tutti i dubbi possibili ed
immaginabili nella mia testa.”
“Perché?”
“Perché con lui mi sono sentita amata, accettata con i pregi
e difetti…
Potevo essere me stessa ed è stato fantastico, avrei voluto
che non finisse mai, solo che è stato troncato tutto troppo presto o non è mai esistito….
Forse a lui di me non importa nulla, lui ha già una sua vita
perfetta.”
“Lene, se davvero a lui non importasse nulla di te, perché
avrebbe dovuto farsi vivo dopo che tu l’hai trattato a pesci in faccia?”
“Me lo chiedo anch’io, vorrei che la risposta che mi do sia
quella vera, che a lui io interesso.”
“L’unico modo che hai di verificarlo è ascoltare quello che
ha da dirti.”
“Si, hai ragione… credo che domani
lo richiamerò…
Grazie di tutto e….
Perché l’hai fatto?
Sono sparita per mesi, ho fatto la stronza, ho ferito te e
Leila e tu mi aiutata nonostante tutto, perché?”
“Perché nonostante tutto questo, ti voglio ancora bene, ti
considero una mia amica e io non lascio i miei amici nella merda.”
Luca si fece i complimenti da solo per il bel discorso,erano
le parole di un ragazzo che credeva all’amicizia e teneva ai suoi amici,
peccato che pur essendo veritiere omettevano un piccolo particolare: lui di
Lene era innamorato.
Era per quello che era corso da lei, perché era un patetico
innamorato senza speranza, uno che non aveva avuto il coraggio di farsi avanti
e ora si accontentava di fare l’amico paziente e generoso.
In un certo senso era una tortura e si chiese quando sarebbe
finita.
Avrebbe accorciato i tempi non vedere più la bionda per un
po’, ma non voleva abbandonarla e comportarsi da stronzo, quindi continuava a
soffrire coscientemente sperando che qualcosa cambiasse.
“Luca sei una persona fantastica, la tua ragazza sarà una
persona molto fortunata.”
Questo era troppo, lei avrebbe dovuto essere quella ragazza!
“Grazie Lene, spero di esserti stata utile…
Ora però devo andare, ho litigato con mia madre prima di
uscire e non vorrei mi sequestrasse il motorino.”
Che scusa patetica! Era ovvio che se ne volesse andare e che
la terra gli scottasse sotto i piedi per quel complimento che invece di
renderlo felice gli affondava come una lama nel cuore,facendolo sanguinare e soffrire.
-Sono anni che va
avanti così! Io sono stanco.
Perché non ho avuto il
coraggio prima? E ora?
Ora cosa devo fare?-
“Tutto bene Luca?”
“Certo, scusa se sono stato brusco, ma lo sai che
rompicoglioni sia mia madre e che casini stratosferici crei dal nulla.”
“Me la ricordo, non credo di starle simpatica.”
“Come tre quarti della popolazione mondiale, stai tranquilla
Lene non sei l’unica.
Ora vado.
Ciao e pensa a quello che ci siamo detti.”
“Lo farò… Grazie, mi hai aiutato
molto.”
Lene gli sorrise, un’altra lama si infilò nel suo cuore, lui
sopportò stoicamente e sorrise.
“Prego.”
Uscì da quel bar, salì di nuovo sul motorino e partì a tutto
gas, zigzagando per il traffico, alla ricerca del suo posto preferito, li forse
sarebbe riuscito a calmarsi.
Era stanco di tutto e di tutti, avrebbe solo voluto staccare
e andarsene da quella vita in cui a volte si sentiva prigioniero.
Il suo posto preferito era un angolo di parco che raggiunse
dopo aver parcheggiato il motorino e scavalcato la recinzione che vietava
l’ingresso notturno dei visitatori, sentiva gli occhi prudere, eppure non
voleva piangere, non ancora.
Finalmente arrivò in quel fazzoletto di prato nascosto
dietroalberi e cespugliche lo rendevano inaccessibile a chi non o
avesse conosciuto e scovato per caso e si stese per terra sull’erba morbida.
Girardi notò che le stelle erano
sparite,nel tempo che lui era stato nel bar a parlare con Lene un manto nero di
nubi aveva coperto quei puntini luminosi, così come era stato coperto il suo
buon umore.
Voleva scacciare l’immagine di Lene dalla mente, era
talmente impegnato a farlo che non si accorse che ormai stava piangendo come un
bambino, l’unica cosa che fu in grado di fermare quella spirale perversa fu una
frase.
- Le stelle brillano
anche quando non ci sono.-
Quella frase l’aveva detta suo padre tanti anni prima una
notte d’estate in cui l’aveva trovato imbronciato a guardare il cielo sulla
terrazza di casa loro in Sicilia, se lo ricordava perfettamente.
[Il piccolo Luca era accovacciato per terra sulla terrazza
di casa sua, era la notte di San Lorenzo e lui guardava triste il mare, che
solitamente era una tavola piatta e calma, agitarsi.
C’era burrasca, nuvole nere oscuravano la notte, impendendo al
bambino di guardare le stelle cadenti, quella notte non avrebbe potuto
esprimere i suoi modesti desideri, si sentiva fregato.
Mentre era perso in contemplazione del mare la porta
finestra si aprì alle sue spalle, permettendo a suo padre Antonio di uscire a
fargli compagnia, visto che si sedette accanto a lui.
“E così sei qui….mamma ha
preparato la torta.”
“Non la voglio….
Papà le stelle non ci sono, come faccio a vederle cadere?
Se non le vedo cadere non potrò esprimere i miei desideri!”
Suo padre aveva sorriso, gli aveva scompigliato i capelli e
poi gliaveva risposto.
“Le stelle brillano anche quando non ci sono, quindi esprimi
pure i tuoi desideri, loro ti ascolteranno, Luca.”
“Ne sei sicuro papà?”
“Certo, non tutto quello che esiste noi lo vediamo e se
credi in qualcosa non hai bisogni di vederlo per sapere che è vero, come il
nonno crede a Dio tu puoi credere alle stelle, no ?”
Il bambino aveva annuito ed aveva espresso il suo
desiderio.]
-Hai ragione papà.
Le stelle ci sono
anche quando io non le vedo….
Non posso mollare,
anche se ora sto soffrendo.-
Più sereno, si alzò dal prato e uscì dal parco, le stelle
non brillavano quella sera ma ora era certo che ci fossero comunque.
Francesca si sentiva inutile.
Dannatamente inutile.
Da quando Tom aveva portato Bill alla clinica e poi l’aveva
cercata per fare l’amore e d erano rimasti abbracciati a piangere si sentiva
come se non fosse di alcuna utilità, invisibile e sofferente lei stessa.
Tom ovviamente soffriva, era molto legato al fratello, lei
lo sapeva benissimo, ma anche lei era legatissima a Bill, nonostante per anni
non si fossero parlati quel filo che li univa non si era spezzato ed era una
sofferenza tutto quello che era successo.
Dopo le lacrime, la parole pronunciate per consolarlo, lui
si era alzato, si era rivestito ed aveva detto che andava da Gustav o a fare un
giro perché in quella casa al momento si sentiva mancare l’aria.
Fay lo capiva, tuttavia non poteva
fare a meno di sentirsi sola ed abbandonata, pur sapendo che erano pensieri
egoisti, lei avrebbe reagito in modo simile se a Luca fosse successo quello che
era successo a Bill.
Aveva pulito un po’ l’appartamento più per occupare tempo e
mente che per necessità o convinzione, inutile negare che fosse una pessima
casalinga, ma il peso di quella situazione non si spostava di una virgola.
Avrebbe voluto avere una figura simile a quella del genitore
per poterne parlare, anche se sapeva che erano pensieri e desideri inutili, in
fondo se l’era sempre cavata da sola.
Forse quella cosa era troppo grande anche per lei, non lo
sapeva,
Aveva cucinato, aspettato Tom che sembrava essersi dato alla
macchia fino a che tutto fu freddo ed immangiabile, era in momenti come quelli
che si chiedeva se lui provasse davvero qualcosa per te.
-Cazzo Fra! Oggi ha
ricoverato suo fratello in una clinica, è ovvio che voglia stare per i cazzi
suoi, non stargli addosso!-
Sparecchiò e lavò i piatti,solo allora sentì la porta
d’ingresso aprirsi e Tom fece capolino dalla porta della cucina.
“Scusa ho mangiato fuori, mi sono dimenticato di avvisare….”
“Tranquillo…”
“Vado in camera “
Lei annuì e si sedette in salotto davanti alla televisione,
sentendosi ancora una volta sola, perché stavano affrontando quel dolore da
soli?
La lacrime iniziarono a scendere sulle sue guancie facendole
guardare le tv senza vederla veramente, non la ascoltava , era mero rumore
fatto apposta per riempire quel vuoto.
Dopo un po’ sentì le note della chitarra di Tom provenire
dalla sua camera, facendo spandere per tutto l’appartamento una melodia dolce e
struggente che raccontava di dolore e nostalgia.
Quella musica la fece alzare, titubante e raggiungere la loro
stanza da letto, lui era seduto su di una sedia, lei non sapeva cosa fare,
sedersi o meno sul letto?
A passi incerti si sedette su letto, chiuse gli occhi e sia
abbandonò alla melodia lasciando che altre lacrime scendessero, sentendole per
la prima volta condivise.
Era talmente presa da tutto quell’insieme di sentimenti da
non accorgersi che la melodia era finita, Tom aveva infatti appoggiato la
chitarra sul suo sostegno contro la parete della stanza e si era seduto accanto
a lei a guardarla in silenzio.
Se ne era accorta solo quando si era sentita abbracciare da
dietro e la testa di Tom si era appoggiata sulla sua spalla, stava bene in quel
calore, non poteva negarlo, ma quell’insicurezza non se ne voleva andare, non
ancora.
“Mi dispiace di averti lasciato da sola….”
La frase venne pronunciata a voce talmente bassa, che
Francesca per un attimo dubito che fosse stata detta davvero e che non fosse
solo un parto della sua immaginazione.
“Davvero?”
“Si, lo sapevo che stavi male, ma non riuscivo a starti vicino,
stavo troppo male anch’io.
Mi dispiace.”
Non disse nulla, era alla ricercadelle parole giuste, quando avrebbe voluto
solo domandargli cosa ne sarebbe stato di loro ora, senza più Bill a fare da
collante.
“Non ti preoccupare, io…capisco.”
“Fay…. Sei strana…”
“è tutta la situazione….”
Si sentiva così fragile, da avere quasi paura a mostrarsi,
lo sentì sospirare, poi si staccò da lei, si alzò e si posizionò davanti a lei
per poi alzarle il volto.
“Cosa c’è?”
“Sto male! Per Bill, per quello che gli è successo, per non
averlo saputo aiutarein un qualche modo
e per noi…”
“Fay, sto male anch’io per mio
fratello, è per quello che oggi sono uscito.
Avevo bisogno di pensare, capire cosa fosse meglio fare,
insomma affrontare tutto questo.
Io non sono mai stato troppo lontano da mio fratello, lo sai
e non so come gestire questa situazione al meglio, ma sono certo di una cosa… l’ho capito durante il mio girovagare….
Insomma, l’unico modo per aiutare Bill è credere per lui,
cercando di evitare le lacrime, , almeno quelle che non servono a sfogarci, non
sei d’accordo?
Lui vorrebbe vederci sorridere, non credi?
E poi cosa significa che sei preoccupata per noi?”
“Hai ragione Tom, devo credere in lui, piangere non mi
aiuterà di certo, non ora almeno.
In quanto a noi sono preoccupata per quello che siamo, cosa
siamo noi?
Senza Bill cosa siamo noi?”
Lo vide spalancare gli occhi, forse sorpreso dalla domanda,
Francesca iniziò a preoccuparsi della possibile risposta, quale sarebbe stata?
“Tu pensi che io stia con te solo perché ho avuto bisogno di
sostegno per affrontare questa storia di mio fratello?”
“Ne ho paura Tom, io non so cosa sono per te.”
Si abbassò al suo livello, sempre guardandola negli occhi o
sorridendo impercettibilmente.
“Non sto con te solo perché ho bisogno di aiuto,non è vero e lo sai, perché lo sai vero?
Io sto con te, perché a te ci tengo e scusa per il gioco di
parole, purtroppo però non so dimostrarlo ….
Fay io a te ci tengo davvero ….”
Sembrò voler aggiungere qualcosa, ma poi rimase in silenzio,
Francesca era quasi certa di aver capito cosa, era il tanto sospirato”Ti
amo”che avrebbe voluto sentirsi dire da lui.
La mora sapeva quanto fosse difficile per lui pronunciare
quelle due paroline, perciò pur leggermente delusa, gioì comunque a quella
dichiarazione incompleta.
“Grazie e … scusa non volevo buttarti addosso i miei
problemi.”
“Smettila, te l’ho già detto che è così che funziona.
Io ti parlo dei miei e tu mi parli dei tuoi, prova ad
appoggiarti a qualcuno ogni tanto, so perfettamente che per te, data la tua
esperienza non è facile, ma potresti scoprire che ogni tanto c’è qualcuno
disposto a starti a sentire ed aiutarti…”
Francesca annuì e sorrise, Tom annuì a sua volta e la baciò,
dolcemente, delicatamente come se volesse esprimere attraverso quello tutti
suoi sentimenti.
Francesca si sentiva sciogliere sotto quella dolcezza, si
stese sul letto e afferratolo per la maglietta lo trascinò con sé, godendosi il
contatto con il suo corpo, le carezzee
i baci sul collo.
Rimasero un tempo indefinito a coccolarsi ebaciarsi su quel letto, come non le accadeva
da tempo o forse non le era mai successo.
Quella paura sembrò sparire perpo’ e lasciare spazio solo all’amore che
provava per quel ragazzo che ora la teneva abbracciataa sé come se fosse la cosa più preziosa che
avesse.
L’unica a cui tenesse al momento.
Il giorno dopo fu una tortura per lene.
Andò a scuola e provò a concentrarsi sulle lezioni, le
riusciva difficile, il suo cervello continuava a rimbalzare come una pallina
impazzita dalla telefonata di Georg, alla sua scenata , al discorso di Luca.
Non riuscì a concludere nulla se non ottenere un gran mal di
testa che la lasciò stordita alla fine della giornata scolastica e desiderosa
di mettersi a letto.
Si cucinò il pranzo, il cellulare per fortuna taceva ancora,
Farid sembrava non avere voglia di cercarla quel
giorno, non aveva voglia di sentirlo, qualcosa aveva iniziato a cambiare nel
suo atteggiamento verso il turco.
Per la prima volta dopo due mesi la bionda cercò seriamente
di concentrarsi sui compiti e riuscì a concludere in modo decente quelli di
matematica e di tedesco,dopo avrebbe dovuto studiare inglese.
L’avrebbe fatto non perche volesse farsi perdonare da sua
madre, ma perché lei voleva farlo, capiva che il suo atteggiamento non avrebbe
portato a nulla, solo a una vita vuota.
-Ma prima una sigaretta…
Bizzarro che queste
cose ora inizino a piacermi.-
Uscì sul terrazzo, la vita continuavaa scorrere calma e serena nel suo quartiere,
i bambini giocavano nel parchetto dove tante volte aveva giocato lei da
piccola, in passato quell’assenza di avvenimenti l’aveva disturbata ora si
sentiva calmare.
Tornò dentro, studiò inglese, guardò un po’ di televisione,
la sana routine di una volta, in cui forse non era poi così male tuffarsi ogni
tanto, che la rabbia che aveva dentro si stesse spegnendo lentamente?
Non lo sapeva e forse non era nemmeno così importante, era
stufa di analizzare tutto quello che le accadeva.
Verso le sei e mezza sua madre la chiamò per avvisarla che
non sarebbe tornata per cena, fu una conversazione fredda che le lasciò l’amaro
in bocca.
-Comprensibile Lene,
l’hai trattata a pesci in faccia in questi mesi.
Ovvio che adesso sia
arrabbiata e delusa da te.-
Lene Kaufmann sospirò,doveva tornare in cucina ed arrangiare
una cena decente, peccato che non ne avesse voglia, così schiaffò in forno una
pizza surgelata.
-Che schifo…
Bha…però forse stasera potrei progettare una serata
svacco, sperando che nessuno si faccia sentire.-
A smentire quel desiderio il cellulare iniziò a squillare
insistentemente, Lene guardò chi fosse sbuffando, era Farid
e per la prima volta da quando lo conosceva, pensò:”Che cazzo vuole?”.
Quando rispose cercò comunque di mantenere un tono calmo e
tranquillo.
“Pronto?”
“Ciao, piccola!”
“Ciao.”
“Come va?”
“Come al solito…”
“Ehi ti sento spenta, so come accenderti!”
“Tranquillo, ho solo avuto una giornata pesante a scuola.”
“Vero, tu ci vai ancora?
Che ci vai a fare, bambina?”
“Lo sai che mia madre pianterebbe dei casini se non lo
facessi, comunque cosa vuoi propormi?”
“Di andare a ballare, c’è da festeggiare.”
Lene rinunciò a chiedere per cosa, non era certa di volerlo
sapere.
“Non lo so…domani ho scuola…”
“E da quando ti importa della scuola?”
-Prima che arrivassi
tu mimportava e molto, lo sapevi FaridSchimt?-
“Lo sai…”
“Si, tua madre….
Dai Lene!”
A malincuore dovette cedere odiandosi per questo, era una
persona senza spina dorsale!
-Cazzo Lene! Credevi
che la nuova versione di te stessa fosse forte, bhe ti
sbagliavi!
Basta che il tuo
ragazzo faccia sentire la sua voce imperiosa e tu corri come un cagnolino!
Questo non va bene!-
La bionda dovette dare ragione alla sua coscienza, doveva
iniziare a fare qualcosa per cambiare quello stato di cose, tuttavia al momento
era incastrata in quella serata così si diresse in bagno per fare una doccia.
Prima di entrare nel box si guardò allo specchio, l’immagine
che quello che gli rimando era quello di una ragazzina dallo sguardo spento,
stanca, che non era soddisfatta di se stessa e della sua vita.
Alla fine si buttò sotto il getto dell’acqua, si asciugò e
veleggiò verso la sua camera per vestirsi, non aveva voglia di mini e calze,
quindi optò per un paio di jeans talmente stretti che le davano un vago senso
di claustrofobia, in passato aveva amato vestiti larghi e comodi e una camicia,
per quella sera le magliette scollate e striminzite potevano andarsene al
diavolo.
Si asciugò i capelli, quel biondo la stava stufando, li
piastro e si truccò, con un trucco tendente al nero, in un modoche il suo ragazzo non avrebbe apprezzato di
sicuro, poi acchiappò un maglioncino, il giubbino, le chiavi del motorino ed
uscì, non prima di aver lasciato un biglietto a sua madre.
Farid storse il naso non appena la
vide, si aspettava la solita bambolina invece di quella ragazza dal look più
sobrio che si era trovato davanti, ma non fece commenti.
Iniziarono andando in un bar, chic, lussuoso, in cui tutta
la compagnia entrava solo ai soldi guadagnati dal turco per poi trasferirsi in
una discoteca.
La vecchia Lene non aveva mai amato le discoteche, troppo
chiassose e con un genere di musica che non le andava a genio, la nuova Lene se
le era fatte andare bene, ora un rigurgito della sua vecchia personalità stava
riemergendo.
Il locale era ampio, buio, con il balcone su l lato destro,
la pista al centro su cui ballavano cubiste disinibitee i divanetti sulla sinistra, Lene si lanciò
su quelli.
“Vieni a ballare?”
“No, ti avevo detto che ero stanca.”
“Sei strana stasera.”
“Non mi pare.”
“Come credi, io vado a ballare.”
Il turco si buttò in pista, forse credendo di far leva sulla
sua gelosia, stranamente invece non le fece un effetto particolarmente brutto
vedere una ragazzina più piccola di lei strusciarsi lasciva su Farid e provare a baciarlo.
L’unica cosa che la spinsead uscire fu la voglia irrefrenabile di una sigaretta, vagò per un po’
nel locale finche non intravide le uscite di sicurezza e spinse il maniglione
antipanico, fuori la notte era fredda ma stellata.
Si accese la Marlboro immediatamente,lasciando che il primo
tiro le bruciasse la gola,intanto guardava le stelle e si chiedeva se Georg
fosse stato sveglio o meno, Farid non avrebbe
approvato, ma lei voleva sentire cosa avesse il fratello da dirle.
Luca aveva ragione, perché avrebbe dovuto farsi vivo ancora
se quei giorni erano stato solo una finzione?
Soprattutto dopo la sua scenata da isterica se a lui non
fosse importato nulla di lei l’avrebbe mandata a quel paese, tuttavia per far
si che si decidesse a comporre quel benedetto numero fu necessario che si
fumasse un’altra paglia.
Tossicchiando, cercò il cellulare nella borsa striminzita e
lo trovò.
Georg rispose dopo u po’ di squilli a vuoto.
“Pronto?”
“Georg sono Lene….”
“Lene! Che bello sentirti! Che hai deciso?”
Sentire quella voce traboccante di attesa mista ad affetto
le scaldò il cuore, il suo istinto ormai credeva che il fratello fosse davvero
interessato a lei, mancava solo la ragione da convincere.
“Vorrei vederti… domani mattina
prima di scuola se per te va bene.”
“Non c’è problema, a domani ….le
sette e mezza?”
“Si.”gli disse il nome di un bar.
“Va bene, a domani Lene.”
“A domani Georg.”chiuse la chiamata sorridendo.
“Era per questo che eri strana!”
Sobbalzò, non aveva sentito la porta aprirsi dietro di lei e
ora la voce arrabbiata di Farid le giunse come un
piccolo shock a cui era impreparata.
Cosa voleva?
“Cosa c’è farid?”
“Tu vuoi sentire ancora il tuo fratellastro dopo la farsa a
cui ti ha sottoposto?
Sei ingenua, troppo ingenua!
Non ti permetterò di farlo!”
“Si? Cosa vuoi fare? Chiudermi in casa ? picchiarmi?
È mio fratello, non il tuo! Io decido cosa fare con lui e
che rapporti averci, tu non puoi intrometterti!”
“Io mi preoccupo per te!”
“Tu ti preoccupi solo di perdere la ragazza che ti adora
incondizionatamente, sai ho capito che sono il tuo di cagnolino non quello di
Leila.
Di Lene Kaufmann come persona non ti importa nulla!”
“Stai dicendo delle stronzate!”
“FaridSchimt
non prendermi per il culo ti sei fatto vivo solo per farmi rompere con mio
fratello, prima no, come se temessi che stando con lui smettessi di farti da
zerbino!”
Il primo schiaffo le giunse inaspettato.
“Non alzare troppo la cresta, Lene.
Ti dipingi tanto da vittima, come se io ti avessi sfruttato
ed illuso, ma sapevi benissimo come ero!”
“Si, un approfittatore! Un puttaniere!”
Le arrivò un altro schiaffo.
“Nonti azzardare a
parlarmi così! Se io sono un puttaniere, tu sei solo una puttanella ed è così
sai?
Sei capace solo di fare il cagnolino con le persone, senza
un briciolo di dignità!
Non impressioni nessuno, tantomeno me, quel Georg ti vuole
solo fregare e io non ti farò fare questa cazzata, tu sei mia e basta!”
“Io non sono di nessuno! VaffanculoFarid!”
Corse via, lo sentì iniziare un inseguimento, ma lei fu più
rapida ad arrivare al motorino, era talmente spaventata dalla piega che aveva
preso la discussione e dalla rabbia che aveva letto nello sguardo del moro che
partì a razzo senza nemmeno infilarsi il casco ne recuperare la giaccia
all’interno.
In quel viaggio rabbrividì e pregò, pregò che Farid non facesse qualche stronzata o non la inseguisse con
la macchina edi non fare un incidente.
Aveva paura, sentiva il cuore batterle nella cassa toracica
così forte che sembrava li li per uscire o scoppiare,
cosa poteva fare? Dove poteva andare?
Automaticamente l’inconscio di Lene le fece percorrere la
strada che portava al condominio dove abitava Luca, scossa, senza nemmeno
realizzare pienamente dove fosse e cosa dovesse fare salì le scale a due
gradini alla volta.
Quando arrivò davanti alla porta dell’appartamento dei Girardi era ormai in apnea, a corto di ossigeno, così si
appese al campanello senza forze, provocando un suono potente e fastidioso.
Fu Luca a venirle ad aprire, sbigottito e in quella
supponeva fosse la sua tenuta da notte, ossia i pantaloni di una tuta e una
maglia di un gruppo rock, lei gli si buttò tra le braccia prima che lui potesse
dire qualsiasi cosa.
Lui la strinse, inizialmente incerto, poi sempre più forte.
“Andrà tutto bene, ci sono qui io…
Cosa è successo?”le sussurrò dolcemente all’orecchio.
“Farid…. Io ho paura ! è come
impazzito!
Ti prego, aiutami!”
Lui annuì e continuò a cullarla, finché un ruggito in
italiano la fece sobbalzare, doveva essere Anna la madre di Luca, lui rispose con
un sibilò irato e la donna si ritirò sbattendo la porta.
“Entra, Lene…
Ti faccio una camomilla e tu mi racconti tutto, ok?”
Lei annuì e a malincuore si staccò da quell’abbraccio che
l’aveva consolata per seguirlo dentro il piccolo appartamento silenzioso, dopo
che lui ebbe chiuso la porta alle sue spalle.
“Posso fumare?” chiese con voce bassa e tremante.
“Certo…” le allungò un posacenere
dopo aver messo a bollire l’acqua necessaria per la camomilla.
Lei accese la Marlboro, aspirando avidamente quel fumo che
le grattava i polmoni e le faceva lacrimare gli occhi o forse erano la
tristezza e la paura a provocare quell’effetto.
“Lene…calma, qui sei al sicuro,
non può farti più nulla.”
Abbandonò la sedia su cui era seduto per abbracciarla.
“Lo so, ma cazzo, mi ha mollato due sberle!
Lui mi ha sentito telefonare a Georg, volevo vederlo, sai
per sentire cosa avesse da dirmi e lui, Farid, non
era d’accordo.”
Lene riprese a tremare,
“Ha detto che ero tropo ingenua, che lui mi avrebbe fregata
e lui non l’avrebbe permesso… io ho reagito, ho detto
che Georg era mio fratello e lui non doveva entrare nella questione.
Poi.. gli ho detto che di me non gliene fregava nulla, che
ero il suo zerbino, lui mi ha dato della puttana…
Un casino. Sono scappata!
Ho paura!”
“Ci sono qui io…adesso bevi e ti
metti a letto, dopo aver avvisato tua madre.”
Fece come gli ho detto, bevve la camomilla, usufruì del
bagno di casa Girardi . chiamò sua madre, la quale
non fece obbiezioni, aveva sempre trovato Luca un bravo ragazzo che aveva avuto
la sfortuna di nascere nella famiglia sbagliata e sarebbe stata contenta di una
loro eventuale storia.
Lene chiuse la chiamata sentendosi un automa, infatti, come
le aveva detto il ragazzo, accettò un maglia di Luca come pigiama, per poi
mettersi a letto.
Lui si sedette accanto a lei e le accarezzò i capelli,
sussurrando”andrà tutto bene, tranquilla…”
E con quelle parole di sottofondo, sentendosi più serena, si
addormentò, grata a Luca, come mai nella sua vita.
ANGOLO DI LAYLA
Buongiorno^^
C’è un
piccolo passo di Tom vero il tanto sospirato”Ti amo” a Fay….
E verso
la soluzione del rapportoLene-Georg!
In ultimo…. Ma non meno importante…..
ho i biglietti per il concerto di Milano del 12 aprile!
Ci vado
con Hana Turner! Evvai!!!
Ora passo
ai ringaziamenti^^
Big Angel Dark:Strana, ma
spero in senso bello^^.
A me è piaciuto scriverla^^.
Sono contenta che ti piaccia il rapporto Bill-Leila,
sono molto teneri.
Lene e Georg…. Come vedi qui qualcosa si sta
risolvendo^^
_Pulse: sono contenta che l’incubo ti
piaccia, anchea me piace scrivere di
queste cose.
Bill…è molto tenero in
effetti^^ e Leila finirà di pagare per i suoi errori prima o poi^^.
In quanto a Lene e
Georg bisognerebbe fare un monumento a Luca, no?
Ciao^^
Schwarz Nana : come al solito i sogni interpreti i sogni da Dio^^.
Hai colto
esattamente quello che volevo dire e forse qualcosa che era sfuggito persino a
me XD!
Sono contenta
che ti piaccia questo capitolo.
In quanto
a Leila, concede a Bill di “giudicarla” perché in fondo prova qualcosa per lui
anche se non ne è consapevole e vorrebbe nona vere questo passato^^.
Lene… Come vedi qui si arriva a qual cosina e anche per Tom e Fay, anche se quel dannato”ti amo” ancora non arriva…
Arriverà,
don’t worry!!
Alla prossima!
Ciao!
bambolina elettrica: Grazie sono davvero contenta che ti
piaccia e che si sia capito^^.
Lene si svegliò dopo un sonnoininterrotto, la luce già filtrava dalla
finestra della camera, che per un attimo non riconobbe, dov’era?
In un attimo le tornarono alla mente i fatti della sera
prima, la lite con Farid, la corsa disperata a casa
di Luca, il rimanere a dormire da lui, dove era a proposito?
Si accorse che nella stanza c’era un leggero russare, abbassò
lo sguardo e vide Luca dentro ad un sacco a pelo ed avvolto in una coperta, un
sorriso le si allargò sul volto.
Era dolcissimo, la tenerezza la stava sommergendo, avrebbe
voluto abbracciarlo, ma non voleva creare fraintendimenti, non sapendo lei
stessa che significatoa quel gesto, così
rimase ferma.
Lo guardò per dieci minuti buoni, gli occhi chiusi, i
capelli sparsi sul cuscino improvvisato, le coperte che si alzavano e si
abbassavano al ritmo del suo respiro, era semplicemente stupendo, sentiva di
volergli un’infinità di bene.
Lentamente le sue palpebre iniziarono ad alzarsi , Luca aprì
gli occhi, si stiracchiò e sorrise.
“Ciao Lene…”
“Ehi Luca…”
“Come va?
Stai meglio?”
Lei annuì.
“Grazie Luca, non so cosa avrei fatto senza di te.”
“Di niente Lene. Lo sai che ci tengo a te…”
La ragazza sorrise, poi guardo la sveglia, segnava le nove e
un quarto..
“Cazzo Luca, siamo in ritardo!
Leva quelle chiappe dal sacco a pelo!”
“Lene, calma!
Le nostre mamme si sono sentite, abbiamo il permesso di
stare a casa, ok?
Però tu devi risolvere i tuoi problemi, almeno questo ha detto
tua madre.”
“Ha ragione Luca… ho fatto troppe
cazzate in questo periodo, la mia vita non ha senso, la devo riprendere in
mano.”
“Così ti voglio Lene!”
“Grazie Luca, ora so qual è la prima cosa da fare….”
“Cioè?”
“Chiamare Georg, voglio parlare con lui, chiarire,
stamattina avevamo un appuntamento e gli ho dato buca.”
Luca la guardò un attimo negli occhi, lei si sentì
trapassata da quegli occhi scurie quasi
freddi che le scandagliavano l’anima.
“Lene, sei sicura di farlo perché vuoi davvero parlare con Georg
o perché, in un certo senso vuoi fare un dispetto a Farid?”
“Luca… non ti preoccupare…
Non voglio farlo per dimostrare al mio ragazzo che so
cavarmela da sola, ma perché davvero voglio chiarire.
Vedi, io non posso credere, o meglio una parte di me non può
credere che tutto quello che abbiamo vissuto sia stato davvero una farsa come
dice Fari.
È una cosa che devo verificare e posso farlo solo parlando
con lui, Georg…
Non ho altri modi, credimi è per questo che lo faccio.”
“D’accordo Lene.”
La ragazza compose il numero del fratellastro, che rispose
al primo squillo e con un tono stizzito.
“Cos’era quella di stamattina?
Una punizione? Uno scherzo?
Beh se lo era ti sei divertita solo tu, io no!”
“Scusa Georg, è successo un casino e non sto scherzando…
Farid ieri sera ha sentito la
telefonata, abbiamo litigato, lui non vuole che mi faccia viva con te…
Insomma… la litigata è stata…pesante, ecco e sono scappata a casa di Luca.”
“Pesante quanto?”
“Tanto….”
“Lene…ti ha picchiata per caso?”
Lene tacque, non sapeva cosa dirgli, alla fine optò per la
verità.
“Mi ha dato due sberle…”
“OK Lene.. sei ancora da Luca?”
“Si..”
“Aspettami che ti raggiungo lì allora…”
“Georg non ti sto prendendo in giro!Mi credi, vero?”
“Si, ti credo, sono solo preoccupato per te….
È grave quello che ha fatto…”
“Lo so, ho paura anch’io…”
“Aspettami, arrivo..”
La ragazzina chiuse la chiamata sospirando, Luca la guardò
incerto, non sapendo l’esito di quel colloquio.
“Allora?”
“Allora, ha detto che viene qui, sono preoccupata…”
“Non capisco, tu hai voluto questo incontro.”
“Si, l’ho voluto io, ma ho paura, lo so che è irrazionale,
però da adesso in poi è come se io decidessi e volessi il cambiamento.
Non so spiegare, prima mi era caduto addosso scelto da altri
e io faticavo ad accettarlo anche se apparentemente i miei desideri realizzati.
Voglio dire, per anni ho desiderato mio padre e quando l’ho
avuto mi sono accorta che… rimpiangevo la mia vecchia
vita, in cui in fondo non stavo male.
Ho paura che, non so, possa succedere lo stesso….”
“Lene, ho capito..
Hai paura, è normale, la proviamo tutti, l’ho provata
anch’io.
Quando ci siamo trasferiti dalla Sicilia all’Italia avevo
una fottuta paura, la mia vita in Italia non era stata bella, ma non volevo
lasciarla, mi mancavano le cose, i volti delle persone, gli edifici della
città.
I primi tempi sono stati una merda, senza contare mia madre.
All’epoca da noi viveva anche Francesca e lei la trattava da
schifo, talmente male che ci siamo trasferiti a Berlino per un capriccio di mia
madre fatto per ferire lei.”
Lene lo guardava stupita, era raro che Luca parlasse del suo
trasferimento a Berlino, lei si era fatta l’idea che sotto ci fosse qualcosa di
grosso, ora forse le sue teorie si sarebbero confermate o smentite.
“Luca, posso chiederti cosa è successo?”
“Bhe….penso di potertelo raccontare….
Mia madre ha sempre picchiato Fra, te l’avevo già detto, ma
soprattutto dove stavamo prima di venire qui, erano scontri continui.
Mia madre criticava le amicizie che aveva, cercava ancora
più pretesti per litigare con lei, visto che sembrava essersi infilata in un
bel giro di amicizie.
È buffa questa cosa, perché tra gli amici di Fra c’era anche
Georg e i suoi compagni di band….
Comunque….. Francesca con loro
stava bene, sembrava essere una ragazzina della sua età e non quella sempre un
po’ chiusa in sé stessa che era diventata da quando nostro padre era finito in
carcere.
Era una serenità destinata a non durare, purtroppo una sera
si fermarono da noi a mangiare, mia madre li ricoprì di moine per tenerseli buoni,
aveva capito che erano ricchi, ma sotto sotto li
odiava, così quandoFrancesca scappò in
terrazza come al solito per riflettere e quello che sarebbe diventato il suo
ragazzo di adesso la raggiunse fu il finimondo.
Mia madre fece una scenataccia credo, provò a risolvere la
questione a suo modo, ossia con le botte, tutto ciò che ottenne fu che Fra
quella notte dormì da Tom e Bill .
Nei giorno seguenti ci fu una guerra spietata da parte sua
contro Fra, fino a che una sera ci spedì dai nostri vicini di casa che odiava
per poter fare i conti con lei.
La picchiò di sicuro perché quella notte lei non tornò a
casa e verso mezzanotte arrivò una telefonata a casa, io la ascoltai anche se
sapevo che se mi avesse sgamato sarebbero stati dolori.
Avevamo due telefoni in casa, sai come nei film, se tiravi
su il ricevitore dell’altro mentre qualcuno parlava nel primo si sentiva tutta
la conversazione e così scoprii tutto.
Fra era stata ricoverata in seguito a un overdose ed era
piani di lividi, in quel momento sentii un tale rabbia verso mia madre che
ringrazio il cielo che all’epoca avessi solo dieci anni, se ne avessi avuti di
più sarebbe finita male, in testa mi girava l’idea di restituirle un po’ delle
botte che aveva dato a mia sorella.
Ero certo che l’avesse picchiata fino a che lei, disperata,
si era arresa a quella merda che aveva tanto aveva odiato, in ogni caso, mia
madre recitò bene la parte dell’afflitta e lasciò il paese per Berlino,
tagliando fuori Fra dalla su amicizie.
Questo è quanto…”
Lene rimase in silenzio, la sua paura si era notevolmente
ridimensionata sentendo quel racconto,sua madre non era come Anna, la sua situazione migliore rispetto a
quella dell’italiano.
Poteva riuscire a portare a termine quel incontro in modo
soddisfacente, anche perché era troppo tardi per scappare, una scampanellata
annunciò l’arrivo di Georg.
“Grazie Luca… sei una persona
splendida e un vero amico.”
Per un attimo vice gli occhi dell’amico velarsi, poi uno dei
suoi sorrisi luminosi fece capolino e lui si schermì come suo solito.
“Ma figurati…. È normale no?”
Non lo era, pochi avrebbero fatto quello che lui stava
facendo, visto come l’aveva trattato in passato, dopo la sfuriata del bar non
gliel’aveva fatto più nemmeno pesare, quel ragazzo era una perla.
Si avviò verso la porta e la aprì, Georg era davanti a lei,
preoccupato.
Lene gli sorrise timida, lui la squadrò forse cercando segni
di violenza sul suo volto.
“Non ci è andato giù pesante…”
“No, per fortuna no…
Forse non ha fatto in tempo o forse chissà gli sono solo saltati
i nervi.”
“Non giustificarlo, possono saltarti i nervi con la tua
ragazza, ma non puoi alzare le mani contro di lei, è da animali.”
Lei abbassò gli occhi, lui che era ancora sulla porta dell’appartamento,
a quel gesto in due falcate si portò verso di lei e l’abbracciò, Lene ci si
abbandonò come una bambola di pezza.
“Lene, mi dispiace non volevo scattare con te, solo sono preoccupato…”
“Non ti devi scusare”mormoro lei stretta tra quelle braccia
in cui si sentiva protetta.”hai ragione…”
“Io e te dovremmo parlare…”
“Lo so, ma mi puoi tenere abbracciata ancora un pò?
Lo so che non ne ho alcun diritto…”
“Va bene… Non ti preoccupare.”
Così fece fino a che il tossicchiare discreto di Luca le
ricordò che lui era lì per un motivo, spiegarle interamente le ragioni della
vacanza di Lene a casa di lui della settimana precedente.
“Credo dovremmo parlare…”
“Si hai ragione….”
I due si trasferirono sul divano, Luca sparì in camera per
poi ricomparire con una giacca in mano, lei lo guardò senza capire.
“Dove vai?”
“Non voglio disturbarvi, vado a fare un giro.”
La bionda guardò Georg in cerca di conferme prima di parlare
per esprimere il suo disappunto ed invitare il moro a rimanere, il piastrato fece un lieve cenno affermativo, per lui non
c’erano problemi se Luca fosse rimasto.
“Per noi non c’è nessun problema se tu rimani, anzi ne
saremmo felici,”
Luca mollò la giacca e fece uno strano ghigno.
“Avete bisogno di un giudice di pace, fratelli Listing?”
La ragazza arrossì nel sentirsi chiamare così, non ci aveva
mai pensato che potesse succedere.
“Smettila Lou!”balbettò nervosa.
Inaspettatamente fu Georg a salvare la situazione scoppiando
a ridere divertito, la sua risata bastò a calmarla e a tirarle fuori un sorriso
incerto.
“Chissà Girardi,… potrebbe esserci
utile!
Ora però devo parlare con la mia sorellina.”
“D’accordo io mi piazzo al tavolo con il giornale e vi tengo
d’occhio, pronto ad intervenire caso mai la cosa degenerasse.”
“Grazie.”
Georg la guardò dritta negli occhi poi prese la parola.
“Credo tu debba sapere la verità…
La verità è che quando papà mi ha detto di te mi sono
sentito tradito in un certo senso, non volevo avere a che fare con il frutto
della sua storia con un’altra.
Sono stato uno stronzo, lo so, però in quel periodo non mi
giravano molte cose, la famiglia, i rapporti pessimi con i miei compagni di
band.
Così, vigliaccamente ho lasciato trascorrere del tempo,
sbagliando, non avevo voglia di decidere, tiravo avanti e basta.
Fino a che qualcosina si è
sistemato con i miei compagni di band, è stato li che poi è arrivata Leila, mi
ha raccontato che nemmeno tu te la passavi bene, frequentavi brutta gente.
Lei sembrava seriamente preoccupata per te e io ero confuso,
la vita era tornata a presentarmi i conti su qualcosa che avevo tentato di
dimenticare.
Mi ha chiesto di fare qualcosa per te, in fondo eri mia
sorella, era un vincolo che non potevo ignorare e così le ho detto che ci avrei
pensato e lei se ne è andata chiedendomi di farle sapere qualcosa.
Non sapevo cosa fare, ci ho pensato a lungo, ne ho parlato
con Gustav, il batterista della band, che poi è il mio amico più fidato e lui
mi ha consigliato di fare almeno un tentativo conte.
Ci ho pensato ancora e ho concluso che non era colpa mia,ma
nemmeno tua, se nostro padre aveva fatto dei casini, così ho deciso di provare
a parlare con te e ho detto a Leila che ci stavo.
Il resto lo sai.”
“Già….”
Si formò un silenzio inquietante, disturbato solo dal
metodico rumore delle pagine sfogliate da Luca, Lene non sapeva cosa fare,
sentendo Georg non sembrava una farsa, ma solo la storia di un ragazzo indeciso
che alla fine, nonostante fosse stato forzato un po’ all’inizio, aveva deciso
di vedere chi diavolo fosse quella sorellina che gli era capitata tra capo e
collo.
Cosa fare?
-Il problema è la
fiducia, Lene…. Ti fidi abbastanza di lui da
credergli e provare a dargli un’altra possibilità?
Sai… è nel momento del bisogno che si vede la
gente su cui puoi contare, chi ti è rimasto accanto?
Leila, Luca e ora
Georg, per gli amici di Farid sei come un
soprammobile, che tu ci sia o meno non importa e Farid…
Vogliamo parlare di
lui e del fatto che ti tratta come una bambola di pezza?
Come ieri sera, ad esempio….-
“Lene?”
“Bhe…credo di doverti delle scuse,
ti ho insultato senza nemmeno lasciarti parlare e come al solito ho frainteso
tutto, non c’era nessun “complotto” alle mie spalle, solo eravate preoccupati
per me.
Sono stata un’ingrata, scusami.”
Questa volta fu Georg a rimanere in silenzio.
“Scuse accettate lene, questa volta potremmo fare ripartire
davvero un rapporto, non sei d’accordo?”
“Si, questa volte non ci sono scheletri nell’armadio….
Sai anche di Farid…”
“Si e immagino che tu abbia intuito cosa penso di lui.”
“Sai…. Ora penso che tu non abbia
tutti i torti, sai?”
“Pace?”
“Pace!”
I due si abbracciarono, sotto lo sguardo finto distaccato e
sorridente di Luca, che gioiva segretamente del buon esito del colloquio, Lene
per la prima volte pensò che ora la sua vita stava prendendo una piega più
giusta.
Qualcosa stava cambiando e lei non ne aveva paura.
Per la prima volta danni Gustavpotè uscire da
persona normale, senza una scorta ingombrante al seguito.
L’attenzione sopra il fenomeno Tokio Hotel che li aveva
sempre accompagnati fin dal loro esordio da giovanissimi sembrava essere
scemata, le ragazzine di cui era composto per la maggior parte il loro pubblico
sembrava avessero altro da fare.
Le ultima date del loro tour non erano andate benissimo, per
via anche dell’atteggiamento inconsueto di Bill e il loro stesso management
aveva imposto loro una pausa.
Avrebbe dovuto essere incazzato, o almeno triste, ma al
momento si sentiva solo sollevato, con tutti i problemi che avevano , sentirsi
addosso anche quella pressione non era il massimo.
Bill era in clinica da un giorno, Georg forse stava
risolvendo con sua sorella e Tom era spesso spento, nonostante avesse Francesca
vicino, lui pregava che quella coppia non si sfasciasse, nonostante fosse nata
in circostanze non esattamente favorevoli era certo che quei due fossero fatti
per stare insieme.
Francesca aveva fatto il primo, si era svelata, ora toccava
a Tom vuotare il sacco, era certo che l’amico fosse cotto di quella ragazza, ma
non era mai stato un asso a rivelare i propri sentimenti, figurarsi ora che si
sentiva spaesato.
Ok, bastava che Tom riuscisse a trovare un modo per andare
avanti e forse tutto sarebbe andato meglio per quei due, se lo disse mentre era
stravaccato sul divano.
-Com’è che si finisce sempre per pensare ai Kaulitz?-
Era pomeriggio, poteva iniziare avedere cosa fare per cena invece di pensare
ai due gemelli, così si avviò verso il frigorifero, trovandolo carente di
parecchie cose, il momento che aveva procrastinato da tempo era arrivato,
doveva fare la spesa.
Decise di prenderlo come un diversivo e si preparò, uscire
in tuta non gli sembrava una cosa da fareed afferrò le chiavi della macchina, chiuse l’appartamento per scendere
poi nei garage sotterranei.
Dopo qualche manovra e svariate imprecazioni contro il suo
vicino di posto che nonostante una macchina da ricconi non era capace di
parcheggiare in maniera decente uscì e si buttò nel traffico.
Il batterista optò per un supermercato di quartiere , non
molto frequentato, il luogo ideale per fare una passeggiata senza essere
riconosciuti, i Tokio Hotel erano forse in declino, ma fan e soprattutto anti
erano ancora una minaccia a cui lui dopo la rissa in cui era stato coinvolto
qualche annoprima era ancora sensibile.
Non gli piaceva particolarmente guidare in città , la gente
era troppo nervosa per i suoi gusti, ma visto che era costretto a viverci si
sorbì il tragitto e parcheggiò cercando di ignorare le imprecazioni degli
automobilisti.
Gustav Schäfer entrò nel
supermercato sentendosi un perfetto signor nessuno e questa era una sensazione
fantastica per lui, non ci fu qualcuno che fece a caso a lui, era invisibile.
Si avviò deciso verso i carrelli,nessuno sembrava averlo
notato, ma rimanere impalato sulla porta d’entrata come un perfetto cretino di
certo non lo aiutava a mantenere l’anonimato.
“Finalmente si è mosso, giovanotto!”berciò una signora dietro
di lei.
Come volevasi dimostrare.
Gustav litigò con il carrello riottoso, non voleva staccarsi
da suoi fratelli e poi iniziò seriamente a fare la spesa, come da anni non gli
succedeva.
Veleggiò verso il reparto alimentare dove lo riempì da
perfetta massaia con cose necessarie e peccati di gola comprati esclusivamente
per soddisfare le sue voglie o consolarsi.
Decise di passare ai detersivi, voleva provare a fare
qualche lavatrice casomai i soldi fossero finiti e non avrebbe più potuto
permettersi una domestica e come quando sua madre da bambino lo trascinava a
fare la spesa rimase affascinato dai profumi che c’erano in quel reparto.
A Bill sarebbe piaciuto.
Il pensiero lo sfiorò e se andò così come era venuto.
Fu davanti allo scaffale degli ammorbidenti che la vide, era
una ragazzina non molto alta con dei capelli resi biondo platino da troppe
tinte casalinghe che le cascavano in onde poco curate sulla schiena infagottata
in un cappotto forse troppo grande per lei.
Inveiva in un misto di tedesco e di una lingua non ben
identificata, forse turco, controi
fustini messi tropo in alto, Gustav ne rimase affascinato, sembrava un piccolo
vulcano.
Era sicuramente straniera, ma con ogni probabilità risiedeva
abbastanza in Germania da parlare untedesco accettabile.
Si scosse dal suo stato di coma, non voleva trovarsi
un’altra vecchietta furibonda che lo esortava a spostarsi, magari con l’ausilio
di un bastone, così si portò alle spalle della ragazza.
Lei non si accorse di nulla, non notò che lui stava studiando
cosa volesse prendere per prenderlo al suo posto e fare una cosa carina, non
era alto come i gemelli, ma era certo di arrivare in cima a uno scaffale.
Dopo che fu certo di cosa volesse si sporse verso di lei per
poter prendere quel dannato fustino e passarglielo, a quel contatto la
ragazzina sobbalzò e quasi si buttò sullo scaffale.
Sembrava ne avesse paura, glielo confermò il fatto che lei
si girò di scatto subito dopo che lui ebbe preso quello che a lei serviva, la
luce che brillava nei suoi occhi non era certo benevola.
Sotto l’illuminazione fredda di quel supermercato la
carnagione ambrata di lei sembrava livida e i suoi occhi scuri ancora più
grandi e neri, del tutto bellicosi a cui Gustav si sentì in dovere di
rispondere quasi balbettando.
“Scusa, ma ho visto che eri in difficoltà e mi è sembrato
carino recuperare quello che cerchi…”
Le porse il fustino, che lei accettò titubante, per un
attimo sembrò persino arrossire.
“è questo quello che ti serve no?”
Si sentiva un perfetto cretino, lei invece era palesemente a
disagio.
“Si, grazie.”
“Ahm io vado!”
Telò via con la coda tra le gambe,
decisamente abbacchiato, credeva di fare una gentilezza invece aveva rimediato
solo una figuraccia, come al solito.
Questi approcci riuscivano meglio a Tom, che ora non li
tentava più visto che Fra non avrebbe approvato e che per la storia di suo
fratello era a terra e a Georg, che almeno riusciva a fare il disinvolto e non
l’orso come lui.
“Ehi!” si voltò con un lieve sobbalzo, era troppo immerso
nelle sue elucubrazioni per notare la leggera corsa di lei.
“Scusa , ma mi sono spaventata, grazie per avermela presa.
Io sono Shirin, comunque, piacere
di conoscerti!”gli tese una mano fiduciosa.
E ora? Avrebbe dovuto dire il suo vero nome o cosa?
“Mi chiamo Gustav.”
Lei lo squadrò.
“Mi sembra di aver già sentito questo nome.”
“Ci sono molti Gustav in Germania.”
“No no, dico qualcuno di famoso…”
“Ti sbagli!” trillò isterico.
“Guarda che io non vado in giro a sputtanarti….Ho
capito!”
Cosa aveva capito? Iniziò a sudare freddo.
“Sei l battersitadei…aspetta…. Dei…Motel…notel….”
“Tokio Hotel…”
Mormorò afflitto, scavandosi la fossa da solo.
“Wow. C’è la sorellina di una mia amica che vi ascolta.
Scusa, credo sarai abituato a queste cose.”
“Figurati…di solito mi saltano
addosso per una foto o degli autografi.”
“Ahm….che figura di merda sto facendo…”
“Tranquilla, siamo in due….
Di solito non provo ad approcciare le persone al
supermercato.”
Lei rimase un attimo in silenzio.
“Che si fa adesso?”
“Non so, vuoi qualche autografo?”
“Vorrei invitarti a bere qualcosa, ma non so come potrà
essere interpretata questa azione…”
“Che a lei piace questo baldo ragazzone tedesco e ora
piccioncini spostatevi, devo prendere quel dannato detersivo!
Non ho tempo per le schermaglie amorose io!” berciò una voce
acida che Gustav associò alla vecchia dell’entrata.
Incredibilmente era proprio lei, lui sbarrò gli occhi etrascinò via il proprio carrello e la
ragazza, se possibile ancora più stupita di lui.
“Cazzo, quella vecchia mi perseguita, la trovo sempre tra i
piedi!”
“Si si, ma ora perché stai trascinando via anche me?”
La mollò di colpo.
“Oddio scusa!”
“Figurati! Ma per il prendere qualcosa?”
Il suono del cellulare lo salvò da quella conversazione
imbarazzante, era Georg che lo invitava a bere qualcosa, c’erano sicuramente
aggiornamenti per Lene.
“Scusa, ma oggi non posso, ti va domani?”
Lei rise.
“OK, così ci prepariamo psicologicamente?”
Scoppiò a ridere divertito, quella ragazza era strana, ma
simpatica.
“Esattamente, ora vado, Shirin.
Ciao!”
La salutò e uscì dal supermercato più sereno, la prospettiva
di quell’appuntamento lo rallegrava non poco, in fondo anche se non era come
Tom o Georg non se l’era cavata male.
Shirin scoppiò a ridere quando lo
vide allontanarsi.
Non era una risata derisoria, solo era stata stranamente
bene con lui, forse per la figuraccia condivisa, forse per altro, non lo
sapeva.
Da quanto non trovava interessante un ragazzo dopo il casino
con Farid?
Da troppo tempo, davvero troppo tempo.
Il turco era ancora una ferita aperta per lei sotto certi
aspetti e lo sarebbe stata sempre, era stato il suo primo amore, un ricordo
dolce, ma allo stesso tempo l’uomo che più l’aveva fatta soffrire.
Automaticamente si accarezzò il ventre in un gesto
protettivo verso la creatura che un tempo aveva portato in grembo e che non
c’era più da tanto tempo, portando con se un po’ di senso di colpa.
Era stata debole, non aveva opposto un rifiuto abbastanza
fermo a Farid e di questo non si sarebbe mai
perdonata, poteva aver continuato la sua vita, nonostante il tentativo di
suicidio, ma nulla sarebbe tornato come prima.
La fiducia in se stessa, il sorriso, l’allegria che aveva
portato nelle vite degli altri difficilmente sarebbero tornati, lei era come
morta dentro da tanto tempo, consapevole di fare del male a Leila e a chi le
stava accanto.
Solo con quello sconosciuto un brandello della vecchia Shirin era tornato facendola sorridere e uscire dal
supermercato di buon umore.
Sorrideva ancora quando arrivò a casa, tanto che suo
fratello la guardò perplesso.
“Come mai sorridi?”
“Ho incontrato una persona interessante…”
“Un ragazzo?”
“Si, mi ha fatta ridere… stavo
inveendo perché non riuscivo a prendere un fustino di detersivo e me l’ha preso
lui.
Io l’ho guardato male, ma poi ci siamo presentati…è
veramente simpatico.”
“Sono contento per te , ma sta attenta.”
“Lo so, tranquillo.”
“Lo sai che io voglio che tu ti rifaccia una vita, però sono
preoccupato allo stesso tempo.”
“Non ti preoccupare Dave, ti
capisco, lo so che ci devo stare attenta…
Però, una piccola parte di me spera che non saranno tutti
come Farid.”
“Non tutti lo sono, è un dato di fatto.”
“Grazie per preoccuparti per me senza trattarmi come una
povera scema.”
“Lo sai che non lo farei mai.”
“Per domani mi ha chiesto di vederci per un caffè…”
“Vai e che Dio ti benedica.”
“Sembri papà quando fai così…”
“Lo so…”
Scoppiarono a ridere e si abbracciarono.
” Ti voglio bene Shirin.”
“Anch’io Dave! E ora devo pensare
al mio appuntamento!”
“Ma è domani!”
“Ma io non sono più abituata agli appuntamenti!”Berciò lei,
facendo alzare un sopracciglio al fratello.
“Devo iniziare a chiamarlo cognato?”
“No, però mi sento stupidamente agitata!”
“è perché è la prima volta che esci…”
“Forse”
Cercò di calmarsi, eppure ossessivamente la sua mente tornò
spesso a quell’appuntamento persino il giorno dopo durante le ore di scuola, in
cui ogni tanto si assentava.
Leila ormai non ci faceva più nemmeno caso, credeva fosse
normale in un certo senso, che facesse parte dei postumi della sua storia con
suo fratello.
Per la prima volta dopo anni si ritrovò ad uscire da scuola
come se quel luogo fosse una prigione, quando per lei ultimamente era stato un
posto come un altro, persino la suaamica sembrava perplessa, non la capiva.
Nemmeno Shirin stessa si capiva,
ma accettava quella novità inaspettata come una cosa positiva, si sicuro era
meglio dell’immobilismo.
Alla fine optò per dei vestiti semplici, un maglione a righe
colorate ed un paio di jeans, continuava a sembrarle strana quella contentezza,
che fosse merito del fatto che stesse tornando a una qualche specie di vita?
Si recò al quel bar carica di speranze, di lui non c’era
ancora nessuna traccia, era ancora presto in fondo, tuttavia lui non arrivò
nemmeno la mezz’ora dopo.
-Perfetto!-
Mormorò a se stessa-Ti sei fatta fregare
dalla rockstar come una ragazzina alle prime armi!-
Irritata la bionda pagò la consumazione alla cassa e uscì
dallocale, si sentì chiamare dopo pochi
passi, era lui che correva trafelato verso di lei.
“scusa, ma è successo un casino!”
“Ma dai…. Magari ti ha chiamato il
tuo manager o un tuo compagno di band?”
“Un compagno di band….ma cosa
succede?”
“Succede che avresti potuto avvisarmi!”
“Come? Non ho il tuo numero di cellulare!”
Bella figura, si sentì arrossire.
“Dai entriamo …sevuoi…”
“No, la cameriera mi ha appena visto uscire !”
“Se vuoi cambiamo posto…”
Il cellulare squillò, togliendo lei dall’imbarazzo questa
volta, era Leila che la chiamava, piuttosto indispettita tra l’altro per dirle
di venire al lavoro.
“Scusa non posso, mi hanno chiamata per un impegno….facciamo …. Un’altra volta?”
“Si, ok….lasciami il cellulare che
magari ti chiamo…”
Non l’avrebbe chiamata mai più, ovviamente, rassegnata per
le figuracce che aveva rimediato e per tutto il resto lo salutò e se andò.
Alla clinica ricevette una lavata di capo primadi mettersi al lavoro, sfiduciata e depressa,
dopo un po’ sentì i bipbip
di un messaggio provenire dal suo cellulare.
“Ciao, come va? Gustav”
Ok, dopotutto non era andata così male come credeva.
ANGOLO DI LAYLA
Buongiorno^^
Finalmente
un po’di serenità almeno per qualcuno^^.
L’incontro
tra Gustav e Shirin è un po’ demenziale, spero vi piacciaXD.
Alla
prossima.
Passo alle
recensioni
_Pulse: ahahah! Mi sachedovraimetterti in fila per rapire Luca, riscuote molto successo.
Come vedi la storiadiLene e Georg per adesso ha un risvoltopositivo^^.
Faridinvecetornerà in scenanelprossimo, ma nnsifarà
vivo con Lene, in effetti
la vicendatraloro due è parecchiosospesa.^^
Sperochequestotipiaccia.
Allaprossima.
Hana Turner: bellal’isoladell’odioXD! Mi sache la miaisola
è ormai un continente XD!
Per Lene e Luca, al momento non succedenulla, bisognarisolvereunacosaallavolta^^
(la verità? Non ho idea di come sbrogliare la faccendatradiloro
-_____-).
Luca è in effetti un ragazzod’oro, mentree Andrea…. Ti ho giàdettocheessendoilpiù piccolo, ilcoccodi casa, è molto affezionataalla mamma e nnsirendecontodiquellochesuccede,
lo realizzeràquandocrescerà^^.
Tom…. Ce la può fare a dire quelle due parole… anche se dovràsudare le proverbialisettecamice.
Sonocontentachetuabbiarivalutatoil padre di Luca e Fra^^.
Oh! Cherispostaconfusa
@_@!
Allaprossima.
Ciao^^.
Schwarz Nana : Ciao^^.
Parto dalla
somiglianza Luca-Sid, lontana (io Sid
lo vedo forse più simile a FArid XD)ma che in effetti
c’è, diciamo che entrambi avranno finali positivi, ma dovranno penare( se noti
qualcosa in lene sta cambiando in quello che prove per Luca)e Sid, pur avendo un buon finale, non avrà quello che credeva.
Sono
contenta che tu abbiaapprezzato lo
squarcio sulla figura del padre, perché era una cosaa cui tenevo, visto che quest’uomo forse più
che figura negativa è una vittima degli eventi.^^.
Lene e Georg… Come vedi
le cose sembrano essersi appianate e sono disposti a provare a ricominciare e
sono molto felice perché ritengo che sia quello di cui abbia bisogno LeneXD.
Fra e Tom….
Come posso dire? La pace è solo temporanea, ma la nuova tempesta che progetto
di far arrivare risolverà parecchie cose(inclusa la dichiarazione di Tom),
anche se in effetti un vero sereno si avrà solo con Bill fuori dalla clinica.
Spero che
questo ti piaccia^^.
Ciao^^
Big Angel Dark:In
effettiFaridsi è comportato un po’ dacarogna
U.U!
Luca è un po’ sfortunato, ma arriverà prima o pi ilsuomomento^^.
Sperotipiaccial’esito del colloquiotraLene
e Georg^^.
Ciao.
bambolina
elettrica: In effetti Luca e LenesarebberounacoppiafantasticaXD.
Purtroppodiragazzi come Faridce ne sonotroppi
in giro .----.
Lene e Georg? Sperotipiacciacoeso
è statarisolta^^.
Fra e Tom…. Prima o poi arriverannoalle due fatidicheparolineXD.
Sperochequestotipiaccia.
Allaprossima^^
Lady Cassandra:Grazie deicomplimenti^^.
Sonocontentachetipiaccia
la coralitàdellastoria(anche se ognitanto mi ciperdo a scriverlaXD).
Bill e Leila per orasono un po’
messida parte, ma torneranno come tuttiquandosarà tempo per loro.
Lene…qualcosasimuove in lei, ma al momento è un po’ tropposottopressione per accorgersidi Luca, ma lo farà^^.
Farid…. Sonocontentachetu
non lo veda in modonegativo, perchéiostessa non lo vedo in modonegativo,
ovvio non è un santo (LUCA
SI *_*), ma è unafigurainteressantedatrattare^^.
Fra E Tom…in effettisono un po’ la storiaguidadi
“My way”, stanno crescendo ancheloroinsieme a questatrama e stannopassando un momentodidubbioche al momento non è ancorafinito(la quiete prima dellatempesta, ma almeno la tempestaservirà a far dire alla medusa le sue fatidicheparoline.)
Altroda dire?
Luca santosubitosi!!
E sperotipiacciala”conclusione” del apportoLene – Georg diquestocapitolo.
Farid non aveva mai amato essere
svegliato bruscamente, soprattutto da un telefono.
Era quello che stava succedendo al momento, il suo cellulare
squillava da un po’ e lui non aveva alcuna voglia di rispondere, ma avrebbe
dovuto farlo, anche la ragazza accanto a lui iniziava a mugugnare qualcosa.
Era stato un coglione, non ci aveva messo molto a consolarsi
dopo che Lene aveva rifiutato la sua imposizione di non vedere il fratello con
una ragazza meno impegnativa, da una scopata e via.
Le ragazze con un po’ di carattere e personalità non ci
mettevano molto ad andarsene, perché capivano al volo il suo problema, ossia
l’orgoglio.
Dubitava che Lene fosse arrivata al vero cuore del problema,
tuttavia non dubitava che se si fosse messa a ragionare un pò
lo avrebbe presto scoperto.
Il cuore del problema….
Il cuore del problema era il suo essere un coglione, il non
riuscire ad ammettere di essere ancora innamorato di Shirin.
Buffo.
Tre anni prima aveva accettato di stare con lei solo per
provare una storia seria, sapendo che lei era innamorata di lui e lui la
considerava solo un’ottima persona con cui fare quel tentativo.
Piano piano quella ragazzina
testarda aveva operato il miracolo, sciogliendo le sue barriere, le sue
incertezze, aveva iniziato a desiderare di stare sempre più con lei.
Se solo si fosse comportato in modo diverso, se solo avesse
accettato di sfidare Il Boss e di finire in galera se necessario, ora sarebbe
stato tutto diverso.
Peggiore sotto certi puntidi vista, il carcere non era una passeggiata da affrontare, ma almeno
avrebbe avuto lei e la loro creatura ad attenderlo fuori.
Ora Shirin gli mancava da morire, l’aveva cercata in tutte le
sua ragazze, aveva creduto di trovarla in Lene, ma era come paragonare il
metadone all’eroina, non erano la stessa cosa.
La biondina era fatta di un’altra pasta rispetto a Shirin e non lo amava nemmeno, era palese che lo usasse per
trovare in lui quella sicurezza che non trovava in se stesa.
Non era un rapporto che sarebbe potuto durare, purtroppo
aveva iniziato a considerarla come un piacevole diversivo per riempire le sue
giornate, così quando lei aveva iniziato a trovare quella sicurezza si era
sentito minacciato.
Non voleva perdere anche il suo metadone personale, non
voleva che lei iniziasse a frequentare quel fratello, che aveva intuito senza
sforzo l’avrebbe allontanata da lui.
Aveva fallito e Shirin gli mancava
più di prima.
Quella notte ne era stata la prova, mentre ormai era
prossimo all’orgasmo e quella ragazza gemeva sotto le sue spinte aveva urlato
più volte il nome della sue ex.
La ragazza non aveva fatto commenti, lui si era fumato una
sigaretta e poi era crollato in un sonno profondo senza degnarla di una
spiegazione.
“Vuoi rispondere o no a questo cazzo di telefono?”Berciò
lei.
Si era scelto una puttanella sboccata….
Il turco allungò una mano irritato verso il cellulare che
continuava a gracchiare e rispose.
“Alla buon’ora!”
Che cazzo voleva Mark?
“Cosa vuoi? Ti sembra l’ora di chiamare?”
“Ho bisogno di parlare con te ed è urgente…”
“Cosa cazzo sta succedendo?”
“Vieni al solito posto e te lo dico….”
Gli chiuse la chiamata in faccia, quello stronzo stava
decisamente esagerando!
La ragazza rise, lui la fulminò.
“Bhe cosa ci trovi di divertente?”
“Sai ieri sera pensavo fossi un grande, ma stamattina….
BHe, che scopi da Dio è vero, ma
sei una merda sul piano umano, non hai il coraggio di farti avanti con la
ragazza che ti ossessiona…
Eh si, ti ho sentito urlare il suo nome mentre stavi per venire…
E adesso, ti chiama un qualsiasi pirla e tuscatti!”
Si sentì punto nell’orgoglio, con un gesto brusco si alzò
dal letto.
“Fatti i cazzi tuoi, troia.
Ora io vado, sappi che non voglio vederti qui al mio ritorno
o…userò le maniere forti ,…. E non scherzo.”
Cercò i boxer, i vestiti e si fiondò in bagno,dalla camera
ad letto sentiva rumori e borbottii vari, era stato preso in parola, le stava
levando le tende.
Dopo la doccia, che gli levò qualsiasi torpore residuo ed
essersi vestito, uscì per notare che di lei non c’era più traccia e che poteva
fare colazione tentando di focalizzarsi su quello che volesse Mark.
Doveva essere grave, lo sperò per lui, altrimenti questa
volta l’avrebbe punito come avrebbe dovuto fare già da tempo.
Mark era una minaccia, se doveva pensare a lui lo associava
a dei lupi sempre voraci, sempre alla ricerca di nuove prede, che desideravano
sempre di più.
Mise su il caffè, forse il biondo era più simile a un
pirata, di sicuro era un elemento da non sottovalutare, con lui bastava
distrarsi un attimo e subito ti pugnalava alle spalle.
C’era stato un tempo in cui questa freddezza l’aveva colpito
positivamente, ora si era reso conto di aver allevato per anni una serpe in
seno pronta a distruggerlo e a prendersi tutto ciò che era suo, in primis
Leila.
-Non ti lascerò fare
come vuoi.
Ho lottato per quello
che ho e non ti lascerò sporcare mia sorella con la tua merda, per quello sono
bastato già io.-
Il caffè fu pronto, il rasta se lo versò in una tazza e ne
assaggiò un sorso, era imbevibile anche quella mattina.
-Possibile che dopo
anni io non sappia farmi un caffè decente?
Quelli di Leila e Shirin erano decisamente meglio.-
Una fitta al cuore causata dalla nostalgia lo colpì come un
fulmine, sebbene sapesse che avrebbe dovuto resistere, non poteva tornare ne da
lei, ne da sua sorella, non più.
Si sedette al tavolo della cucina, per poi ricordarsi che
doveva cercare qualcosa da mettere dentro in quella brodaglia che chiamava
caffè, finì per trovare solo un pacchetto di biscotti dall’aria immangiabile.
Finita quella sottospecie di colazione, uscì di casa, Mark
lo aspettava al solito bar e il rompiscatole era uno di quelli che detestava i
ritardatari.
Le strade erano poco affollate, raggiunse il bar in un tempo
accettabile, ma Mark lo fulminò con un’occhiataccia che gli diede ai nervi.
“Sei in ritardo.”
“Cinque minuti, sei diventato un generale ?”
“Faccio il mio lavoro, tu che avevi da fare?
Cacciare la puttanella che ti ha scaldato il letto dopo
Lene?”
“Mark, credo che nelle tue manie di grandezza ti sia
sfuggita una cosa, per ora sono ancora io il capo della baracca, comunque per
quale cazzo di motivo mi hai convocato?”
“Perché c’è un tizio che chiede in giro di Kaulitz, se lo conosciamo etc…”
“Un giornalista.”
“Esatto, devono avere fiutato qualcosa.
Cosa facciamo?”
“Non gli diremo nulla,la privacy del cliente vale di più.”
“Potremmo farci dei soldi.”
“E perdere credito…. e se questo
spiffera tutto alla polizia?
Ci hai pensato?
Frena la tua sete di soldi e di ambizione!”
“Io non sono d’accodo!”
“Non avevo dubbi, ma
si fa come dico io, hai capito Mark?”
Lui abbassò il capo umiliato, non era certa che l’avrebbe
fatto, ma sperò che almeno un po’ di buon senso gli fosse entrato in testa.
“Io credo che tu stia sbagliando.”
“Mark ragiona…cosa siamo noi?
No, non dirlo… lo sai.
Credi davvero che uno stronzo di giornalista sorvoli sulla
nostra professione?
E se lo facesse, quanti verrebbero ancora da noi sapendo che
siamo degli stronzi disposti a vendere il loro culo per un po’ di soldi?”
“Bhe… fai come vuoi Farid, il capo sei tu!”
La discussione era chiusa,ma sapeva di doversi aspettare una
rappresaglia, il motivo per cui il biondo era così ostile a Bill, doveva essere
un altro.
Forse Leila.
-Lo so che punti alla
mia sorellina, animale, ma dovrai passare sul mio cadavere prima di
prendertela.-
Buffo che preferisse un suo cliente con Leila che Mark, ma sapeva
di che pasta era fatto il biondo ed era certo che sua sorella si meritasse di
meglio.
La sua faida con Mark si era al momento conclusa con sua
vittoria, non si poteva però mai sapere quale sarebbe stato il risultato
finale.
Farid certo non avrebbe smesso di
lottare.
Non sapeva più nemmeno più perché lo facesse, visto
l’inesistente rapporto che lo legava a Leila, eppure era più forte di lui
intervenire e mettere i bastoni tra le ruotea Mark.
Era del tutto ignaro a cosa questo l’avrebbe portato, ma probabilmente
anche se l’avesse saputo l’avrebbe fatto lo stesso.
Un altro bibbib
si levò dal cellulare di Gustav, l’ennesimo della giornata.
Il biondo batterista sentì lo sguardo curioso di Georg su di
se, il bassista si stava chiedendo chi diavolo lo cercasse con tanta frequenza.
Gustav rispose, poi alzò lo sguardo per incontrarequello verde dell’amico, impaziente e
sornione.
“Allora?”
“Hai presente la ragazza di cui ti ho detto?”
“Quella che hai abbordato al supermercato?”
Il biondo alzò gli occhi al cielo.
“Si, lei.
Ci stiamo messaggiando.”
“Che carini… non ritieni di essere
un po’ cresciuto per queste cose?
I messaggini sono roba da adolescenti, tu di anni ne hai
ventitre, caro mio.”
Gustav sospirò sconsolato.
“Ehi nonno Georg, ti ricordo che i nostri coetanei che fanno
una vita normale lo usano spesso il cellulare…
Senza contare che credo tu possa capire perché lo facciamo,
vogliamo andarci entrambi con i piedi di piombo.
Tu sai perché io vada con i piedi di piombo, ma qualcosa di
brutto deve essere successo anche a lei.”
“D’accordo Gustav….
Almeno è bella la ragazza?
Il gioco vale la candela?”
“Che te ne frega hobbit?
Comunque si…. Non è una figa da
paura come quelle che si faceva Tom, anzi è una ragazza normale discretamente
carina e all’apparenza semplice.
E poi in fondo nemmeno io sono come Tom…”
“Certo, ti manca giusto qualche centimetro di altezza e di
capelli!”
“Georg, ma vuoi prenderle oggi?”
“Sei il solito suscettibile….”
“Va bhe Georg cambiamo
argomento,…. Tu e Lene?”
“Ci siamo visti ieri…. Macdonald, prove con il basso,
chiacchiere, è andata bene…
Diciamo che lentamente sembra che stiamo tornando ai livelli
di Amburgo, anche se…”
“Se?”
“Sono preoccupato per il suo ragazzo, non mi piace per niente…”
“Cos’è? Un punkettone perverso che
minaccia di prenderti a bottigliate?”
“Coglione… scherza sulle bottiglie….”
“Ehi, io l’ho presa in testa non tu, quindi io posso
sdrammatizzare no?”
“Giusto fratello…. Comunque no,
non lo è… figurati se faccio la guerra a un punk
avendo Bill come amico, è un tizio con una faccia truce e dei lunghi dread neri, se proprio vuoi la descrizione fisica.
In ogni caso non è il suo aspetto fisico a farmi paura, ma
il fatto che abbia alzato le mani contro mia sorella quando lei si è ribellata
a lui e poi….”
“Poi?”
“Credo che Luca sia cotto di lei.”
“ E tu lo preferiresti vero?”
“Si….”
“Non puoi decidere per lei, lo sai vero?
Se lo farai rischi di compromettere quello che hai
costruito.”
“Lo so, infatti è una situazione incasinata, vorrei non
avere aspettato così tanto tempo a conoscerla.”
“Georg, il passato è pessato…
Non o puoi modificare per quanto tu ardentemente lo voglia,
gli unici tempi su cui puoi agire sono il presente e il futuro, quindi ora
l’unica cosa che puoi fare è impegnarti a costruire un buon rapporto con Lene.”
“Hai ragione…”
I due finirono di scolarsi la loro birra, fuori pioveva,
pochi passati sfidavano quell’improvviso scroscio tranne un punk biondo che con
andatura strascicata, facendo dondolare un borsone sulle spalle si stava
dirigendo verso il bar.
Poco dopo fece il suo ingresso, scuotendo il chiodo di pelle
bagnato e appoggiando il borsone accanto al bancone, il barista lo fulminò con
un’occhiataccia.
In un tedesco leggermente meccanico, sembrava fosse una
lingua che non usasse più molto spesso, chiese al barista accigliato dove fosse
l’indirizzo di Tom.
I due si scambiarono un’occhiata, poi si alzarono e lo
raggiunsero.
“Ehi amico a che ti serve quell’indirizzo?”esclamò Georg a
voce bassa e dura
Il biondo si voltò verso di loro scocciato.
“Che te ne frega? Sei un poliziotto?
Comunque li ci vive una mia amica e vorrei andarla a
trovare, sempre che tu non abbia nulla in contrario.”
“Come si chiama la tua amica?”
“Ehi barista, presta a lisci capelli una lampada, così me la
punta in faccia per intimidirmi!
La mia amica si chiama Francesca, Francesca Girardi.”
“Tu sei Jo?”Gustav si decise ad intervenire, ma il punk non
la prese bene.
“Ma chi cazzo siete?”
“Io sono Gustav Schäfer, lui è
Georg Listing…
Siamo amici di Francesca e siamo scattati perché l’appartamento
dove sta lei è quello di Tom, il suo ragazzo e nostro compagno di band e ….
In passato abbiamo avuto problemi di rompicoglioni che si
avvicinavano troppo alle nostre case e volevamo evitare dei guai a Tom dato che
ultimamente non se la passa bene.”
L’espressione le ragazzo mutò completamente, da ostile
divenne cordiale e si aprì in un sorriso che lo rese molto meno minaccioso.
“Io sono JoshKeller,
piacere…
Immagino che Francesca vi avrà parlato di me come lei mi ha
parlato di voi.”
Gustav sorrise cordiale a sua volta.
“Si, esattamente, siamo contenti di conoscerti.”
“E così quella testa dura alla fine ha ottenuto il ragazzo
che voleva…”
“Si, ma non la metterei su un piano così semplice…
Lei ti ha detto cosa sta succedendo a Bill?”
Jo si fece serio all’improvviso.
“Si, è per questo che sono qui, non mi sarei mosso da Los
Angeles per nessun motivo se non per la mia zucca dura italiana.
Questa città è legata solo a pessimi ricordi e, credetemi,
solo quella che considero la sorella che non ho mi ha fatto muovere il culo per
tornare qui perché sono preoccupato per lei.
Voglio essere sicuro che lui la tratti bene e non la usi
solo come stampella in questa storia, lei non lo merita.”
I due ragazzi annuirono, Gustav decise di tenere per se il
fatto che condivideva la stessa preoccupazione ma confidava in Tom, più di
quanto facesse probabilmente Josh.
“Stando così non ci sono problemi!” sorrise Georg.”Ti
accompagniamo noi e ti diamo anche uno strappo o annegherai lungo la strada!
Vuoi qualcosa da bere prima?”
Il biondo si grattò pensoso il mento.
“Una birra …. Credo sia l’unica cosa che mi sia mancata
della Germania.”
Georg la ordinò, il barista ora sembrava molto meno ostile,
si disse Gustav, forse aveva smesso di classificare Jo come una minaccia.
Bevvero le loro birre in silenzio e poi si diressero a casa
di Tom, Gustavpregò che Jo ci
andassepiano con il rasta perché Tom
non era nelle condizioni di ricevere altra pressione addosso.
Scaricarono il punk sotto casa del rasta e lo guardarono
salire pesantemente le scale, mentre loro rimanevano in macchina.
“Prega che ci vada piano o Tom lo spedisce a L.A a calci in culo….”
“Gustav non essere pessimista….”
“Georg, mi faresti un favore?
Mi daresti uno strappo al bar dove eravamo prima?”
“Ok, ma perché?
Non dirmi che forse ti decidi a concludere qualcosa con
quella ragazza?”
“Che palle…comunque si ci
vediamo.”
“Vorrei conoscerla…”
“Ehi, sono io che devo concludere qualcosa con lei non tu,
quindi Listing stai calmo!”
“OK!”
Georg alzò le mani egli diede il passaggio richiesto.
Quando varcò la soglia del bar si trovò davanti a una
versione di Shirin diversa dal solito,indossava una mini a fantasia scozzese e una
camicia nera, calze ed anfibi.
Era molto carina, persino i boccoli sembravano più curati.
“Ehi!Come va?”
“Bene, tu?”
“Si, Bene….
Anche se mio fratello mi ha fatto il terzo grado prima di
lasciarmi uscire.”
“è un tipo apprensivo?”
“Un po’….”
“è perché siete musulmani?”
“Guarda che non lo siamo… siamo
cattolici.
Turchi ma cattolici, comunque lui è di suo un po’
apprensivo.”
“Sei nata in Turchia?”
“Si, ma ci siamo trasferiti presto in Germania, io avevo
quattro anni quando sono arrivata qui.
La prima città è stata Monaco, poi mio padre ha cambiato
lavoro e siamo venuti a Berlino.
Confesso che però ne di Monaco ne della Turchia ho molti ricordi…”
La conversazione continuò a mantenersi su di un tono
tranquilloche Gustav apprezzò, forse
era tutta una cazzata e Georg aveva ragione, ma con lei stava bene.
Bene abbastanza da sorridere nonostante il periodo che stesse
passando fosse tutt’altro che roseo.
Bene abbastanza da desiderare di rivederla.
Mark fumava una sigaretta dopo l’altra .
Le divorava con rabbia come se in qualche modo fosse
colpevole di qualcosa, quando era solo il modo per esternare e sfogare la sua
profonda irritazione.
Mark non sopportava FaridSchimth, non l’aveva mai sopportato e non lo avrebbe mai
sopportato.
Mai.
Conosceva Farid da molto tempo
prima di entrare a fare parte di quella cricca di spacciatori capeggiata da
lui, precisamente da quando, bambino magro e dallo sguardo duro le prendeva dai
ragazzini più grandi.
Lui era tra quei ragazzini, si era sempre divertito a
sfogarsi su chi sapeva non poteva difendersi, era una gioia che gli saliva dal
profondo.
Eppure quel ragazzino era diverso, non piangeva, non
implorava pietà, incassava e basta senza, senza dargli soddisfazione, così si
era messo a seguire i suoi cosiddetti progressi.
L’istinto non l’aveva tradito, Farid
era cresciuto, era diventato il capo di una gang rispettata e lui si era
presentato a lui come un amico gioviale ebonaccione, pronto ad eseguire i suoi ordini, ma il suo intento era uno solo,
distruggerlo.
Questo desiderio non era costante, ma si era acuito da
quando Farid gli aveva fatto chiaramente di girare al
largo da Leila, dimostrando forse che si era accorto di chi fosse davvero Mark.
Pensare a Leila Schimth gli fece
salire un’ondata di eccitazione e di desiderio represso, avrebbe voluto
baciarla, toccarle ogni parte del corpo, farla sua.
Voleva disperatamente sentirla gemere sotto le sue spinte,
implorare ancora di più mentre gli graffiava la schiena con le unghie.
L’immagine di lei, accaldata, con le guance arrossate e
l’espressione di puro godimento, nuda dopo l’amplesso gli fece salire una
seconda ondata ancora più violente della prima.
Strinseconvulsamente
la sigaretta.
La voleva ancora di più da quando era stato rifiutato.
Era ormai un’ossessione.
Un qualcosa che si era intrufolato nella sua vita e che
doveva assolutamente soddisfare se voleva continuare a vivere, che tuttavia
risultava impossibile.
La ragazza era ferrea nel suo rifiuto e lui si era ridotto a
seguirla nei suoi spostamenti, pedinandola, era stato così che aveva visto Bill
Kaulitz seguirla nello sgabuzzino del bar, ovviamente
non per giocare a carte.
La gelosia l’aveva divorato, così aveva tentato di mettere al suo posto quel cantante
da strapazzo coinvolgendo il turco e il suo innato istinto di protezione verso
la sorellina, spifferando tutto.
Avrebbe quasi ottenuto ciò che voleva se lei non si fosse
messa in mezzo….
In ogni caso ora la stava spiando ancora, parcheggiato
davanti al bar dei genitori del suo capo, lei stava parlando con Katarina, l’altra barista, una russa decisamente
appetibile.
Avrebbe potuto fissarsi su di lei e sarebbe stato certo che
avrebbe ottenuto quello che voleva senza troppi sforzi, il problema era
chea lui piacevano immensamente le
sfide e la rossa era una sfida allettante.
Doveva trovare il modo di farla pagare a quel Kaulitz e infangare la reputazione di Farid,
l’unico che conoscesse era quello di trasgredire all’ordine del suo capo.
Perché no in fondo?
Di sicuro qualcuno ai piani alti non avrebbe apprezzato, ma
lui aveva abbastanza credito da riuscire a rimanere in piedi trascinando Farid nel fango e senza lui Leila avrebbe avuto ben poche
possibilità di salvarsi da lui.
Due piccioni con una fava.
Sorridendo, ingranò la marcia e si diresse verso dove aveva
visto bazzicare quel giornalista, era stanco di prendere ordini da FArid, di non poter avere Leila, voleva distruggere.
Parcheggiò la macchina poco lontano, il resto lo fece a
piedi, nessuno era in paraggi solo quel fesso che si ostinava a volersi
avvicinare tropo a loro, ora l’avrebbe aiutato lui.
“Ehi…”
L’uomo sobbalzò.
“Non eri tu quello che faceva domande ieri sera?”
“Si…”
“Io sono quello che ti darà le risposte.”
“Come faccio a fidarmi?”
“Se non ti fidi di me non le avrai mai quelle cazzo di risposte…”
“E sia…”
“Ragioni bene uomo…seguimi!”
Il giornalista fece come gli disse, lo sentiva trotterellare
dietro di lui, mentre si dirigeva verso la sua macchina.
“Entra.”
Titubante l’uomo si accomodò sul sedile passeggeri, Mark
entrò in macchina, partì sgommando..
Viaggiò fino a raggiungere una zona tranquilla poco fuori
città , solo allora fermò la macchina e si voltò verso il giornalista che aveva
perso molta della sua baldanza.
“Qui possiamo parlare e ascoltami con attenzione, la mia
storia è parecchio interessante.”
Francesca guardava al televisione senza interesse, stava
sentendo altro.
Dalla stanza da letto arrivavano ancora le note della
chitarra di Tom, ultimamente spesso il ragazzo si rifugiava li per qualche ora
al giorno a suonare, forse era il suo modo di mantenere un legame per Bill, per
sentirlo vicino.
Lei da molto aveva imparato che la musica aveva un grande potere,
quello di calmare, consolare, far gioire chiunque, soprattutto se quella
melodia era legata a un ricordo condiviso con una persona.
Quelle ore le facevano piacere, per tutto il resto della
giornata il suo ragazzo sembrava stare meglio, lentamente diventava più sereno
nonostante i momenti di malumore fossero sempre presenti, Bill non era l’unico
ad intravedere la luce oltre il tunnel.
Francesca stessa si sentiva meglio, pensava addirittura a
trovare un lavoro, anche perché stare ferma a pesare su qualcuno non le era mai
piaciuto, amava conservare un po’ della sua sudata indipendenza.
Uno zio di Alì aveva un negozio a Berlino e si era fatto
vivo per dire che gli serviva una persona dalle sue competenze, sempre se fosse
interessata e lei lo era, ma prima voleva parlarne al suo ragazzo.
Non credeva che Tom avesse opposto una qualcheobbiezione , ma non si poteva mai sapere , la
situazione non si poteva definire esattamente normale.
La loro storia non era nata in circostanze comuni, anzi
aveva ancora una fottuta paura che lui stesse con lei non perché l’amasse.
Francesca non era mai stata una ragazza che si sapesse
accontentare di rapporti senza sentimenti, eppure se quello con Tom fosse stato
di quel tipo ora non l’avrebbe lasciato, sapeva che non era il momento giusto.
-Perché io lo amo, ma
lui?
Per lui cosa sono?
L’amica?
Lui non mi ha mai
detto niente… eppure mi ero detta che non mi sarei
aspettata nulla!
Perché sto aspettando
due parole?
Infondo è qui con me…-
Immersa nelle sue riflessioni non si accorse nemmeno che Tom
aveva finito di suonare e si era seduto sul divano accanto a lei.
“Fay?”
Sobbalzò .
“Ma dove eri?” ridacchiò lui abbracciandola.
“Immersa nei miei pensieri.” Balbettò lei.
“In cui spero ci fossi io…”ripose
baciandole il collo.
“Certo, tu sei onnipresente, Medusa…”
“Lo so…. Senti….
Stasera ti andrebbe di andare al cinema?”
Era la prima volta che le chiedeva di uscire dopo il
ricovero di Bill.
“OK…. C’è qualcosa di
interessante?”
La domanda non ebbe risposta perché il campanello suonò,
lasciandoli perplessi.
“Aspetti qualcuno Tom?”
“No…. Tu Fay?”
“Nemmeno…”
La ragazza si sciolse dall’abbraccio di Tom e si avviò verso
la porta, chi si ritrovò davanti la fece rimanere senza fiato, erano mesi che
non lo vedeva, che lo sentiva solo via msn.
Era jo.
Jo che le sorrideva spavaldo e mezzo bagnato sulla soglia.
Jo a cui saltò in braccio senza pensarci nemmeno un attimo.
“Joooo! Stronzo! Perché non mi hai
detto che saresti venuto?”
“E poi che sorpresa sarebbe stata?”
“Giusto…ma come stai?
Pertica di merda, sei ancora più alto!”
“Tu sei la solita nana che parla come uno scaricatore di porto…
Comunque sto bene, ora… vuoi tenermi sulla porta per sempre
o mi lasci entrare?”
“Oddio scusa! Entra!”
Il ragazzo entrò sorridendo, Tom gli rivolse un’occhiata
inquisitoria, si stava chiedendo chi diavolo fosse quel ragazzoa cui la sua ragazza stava riservando un
caloroso benvenuto.
“Tom, lui è Jo!”
Il ragazzo dai cornrows neri non
parve particolarmente entusiasta.
“Oh, il famoso JO!
Fay parla spesso di te.”
Si alzò dal divano per stringere la mano al nuovo arrivato,
ma il suo sguardo era tutt’altro che cordiale.
“Sono contento…
Sai mi ha parlato a lungo anche di te….”
Fay decise di interveniresi pose tra Jo e Tom.
“Vado a fare qualcosa per cena.
Tom vieni a darmi una mano!”
Così dicendo afferrò la mano del chitarrista e lo trascinò
verso la cucina, chiudendosi la porta alle spalle, decisa a fargli una
ramanzina, non si aspettava certamente la reazione del suo ragazzo.
Non appena si voltò verso di lui, pronta a fargli capire che
non doveva trattare così Jo, si trovò pressata contro la porta dal corpo
dell’altro, con le labbra di Tom sulle sue.
Rispose a quel bacio perplessa, ritrovandosi coinvolta in
qualcosa di estremamente passionale che le fece staccare per un attimo il
cervello dalla razionalità.
Lo lasciò andare solo quando l’ossigeno si rese necessario
per tutti e due, Tom prese ad accarezzarle una guancia dolcemente.
“Cosa volevi fare?” ansimò.
“Baciare la mia ragazza!”
Lei rise e lo baciò di nuovo, con più dolcezza, forse
avrebbe ottenuto risultati migliorise
avesse usato le buone maniere, Tom la abbracciò, accarezzandole dolcemente la
schiena.
Ok, stava decisamente meglio.
Quello era un antidepressivo naturale.
Si staccarono di nuovo, Tom questa volta sorrideva, sembrava
più sereno rispetto a prima.
“Tom, per favore, non essere ostile con Jo..
Lui è importante per me…”
“D’accordo nanetta, mi terrò a
freno.”
“Ora aiutami a cucinare!”
Lui ridacchiò, per tutta risposta riprese a baciarla, che era
sicuramente un’occupazione migliore rispetto al cucinare, decisamente più
piacevole ed appagante, ma che dovette interrompere.
Si staccò da lui e gli lasciò un bacetto sul naso.
“Devo cucinare davvero!”
A malincuore si diresse vero i fornelli, il ragazzo la
guardò sorridendo, lei iniziò a darsi da fare per al cena, lui a volte
l’aiutava, più spesso la teneva abbracciata, come se non potesse farsela
scappare.
-Chesia geloso?-
La prima impressione venne confermata durante la cena,
nonostante la promessa fatta, Tom e Jo continuarono a scambiarsi frecciatine,
rendendo il clima alquanto strano.
Perché quei due non andavano d’accordo?
Lei cosa avrebbe dovuto fare?
Avrebbe voluto parlare con Jo, capire perché era apparso a
Berlino, dopo aver giurato e spergiurato che solo da morto ci avrebbe messo
piede, ma Tom la sequestrò in camera,
il biondo poteva aspettare, domani gli avrebbe parlato, al
momento era occupata con il suo ragazzo, Tom la stava di nuovo baciando
avidamente, come se temesse che potesse sparire da un momento all’altro.
Si c’era smania di possessodietro quei baci quasi violenti, in quel toglierle i vestiti
freneticamente, non che a lei dispiacesse, ma era diverso dal ragazzo che aveva
imparato a conoscere.
Forse se ne accorse anchelui perché diminuì la foga e riprese ad essere più dolce, più attento a
lei.
Dopo l’orgasmo rimasero in silenzio, lui con la testa
appoggiata alla pancia di Fay a farsi coccolare,
chiudendo gli occhi ,come un gatto soddisfatto, sotto le carezze di lei sui
capelli.
Fay era perplessa, stava bene,
eppure era certa che qualcosa non andasse, allo stesso tempo aveva paura di
rompere quel momento.
“Medusa…. Va tutto bene?”
Lui alzò gli occhi, si appoggiò ad un gomito ed la inchiodò con
uno sguardo freddo, sembrava volesse scavare dentro di lei, come per non
fraintendere una domanda innocente.
“Si, perché?”
“Era solo una sensazione, credevo che ci fosse qualcosa che
non andasse.”
“Scusa se sono stato brusco prima.”
Lei sorrise, gli accarezzò una guancia e mormorò rossa.
“Non importa, va bene anche così.
Ti amo Medusa.”
“Lo so…
Scusa…”
Mormorò prima di tornare nella stessa posizione di prima.
Di nuovo Francesca stava bene, lo sentiva vicino, in qualche
modo suo, allo stesso tempo era certa che ben presto sarebbero arrivati altri guai.
Un qualcosa che finalmente avrebbe chiarito le cose tra di
loro, con questo pensiero, cullata dal respiro di Tom si addormentò.
Lei sorrise vedendolo così sereno nel sonno, aveva un’aria
indifesa e guardò la sveglia sul comodino, segnava le sette e mezza.
Era un orario insolito per lei, purtroppo il sonno se ne era
andato e non sarebbe tornato, tanto valeva alzarsi e vedere se Jo fosse stato
in piedi per iniziare la famosa discussione.
Francesca spostò delicatamente il braccio di Tom da lei , in
modo da non svegliarlo, si alzò lentamente e poi cercò unamagliettadel suo ragazzo, erano tutte abbastanza lunghe da farle da vestito.
Raccolse i capelli in un coda e diede un buffetto a Tom che
grugnì nel sonno, oltre la porta chiusa provenivano rumori deboli ed attutiti,
il suo amico doveva essere sveglio.
Aprì la porta piano e se la richiuse alle spalle, in punta
di piedi arrivò sulla soglia della cucina, il biondo stava armeggiando con la
caffettiera e il gas.
“Perché non funziona, cazzo?
Perché?”
“Perché sei il solito imbranato, lascia fare a me!”
“Dire buongiorno non si usa più?”
“Buongiorno signorino JoshKeller!”
Avanzò lungo la stanza e gli tolse la caffettiera dalle mani
per poi accendere il gas in un unico tentativo.
“Spiritosa Giradi!
Tu e il tuo ragazzo ci avete dato dentro ieri sera!”
“Da quando ti metti ad origliare?”
“Da quando la gente non abbassa il volume….”
“Ahahaha… se aspetti un attimo mi
arriva una risata falsa.
Jo, cos’ hai contro Tom?”
“Nulla, lo sto studiando.”
“Non potresti studiarlo in modo meno aggressivo? Non sta
passando un buon periodo.
E poi perché sei tornato?”
“Non sei felice di vedermi?”
Francesca riconobbe di essere stata un po’ brusca, così
addolcì il tono e sorrise.
“Si, che sono felice.
Jo, se il mio fratello non di sangue, è ovvio che io sia
felice di vederti, però mi sembra strano che tu sia qui quando avevi detto che
non avresti mai più messo piede in questa città.
Tutto qui.”
La risposta a quella domanda non arrivò, non in quel momento
almeno, perché un assonnato Tom fece la sua comparsa nel locale.
“Perché non mi hai svegliato, eh?” mugugnò facendole
tenerezza.
L’atmosfera mutò radicalmente quando focalizzò la
situazione, ossia la sua ragazza vestita solo di una maglietta con un ragazzo in
pigiama, per prima cosa alzò un sopracciglio.
Lo conosceva quel gesto, era un residuo del Tom ragazzino
che conosceva, era il preludio della battuta acida che avrebbe pronunciato
avendo trovato qualcosa che lo contrariava.
“Buongiorno Keller.”
Aggiunse gelido, squadrando il punk.
“Ciao Kaulitz… C’è qualcosa che
non va?”
“Dimmelo tu….”
“Per me non c’è nulla….
Sei geloso? Non pensavo nutrissi dubbi sulla fedeltà della
tua ragazza dopo ieri sera…“
“Sei invidioso? Avresti….”
“Ragazzi basta!”si mise in mezzo ai due.
“Sono solo venuta a fare colazione e ho trovato JO, non c’è
bisogno di fare tutto questo casino e scaldarsi tanto, Tom… e tu Jo potresti
smetterle con le tue battutine del cazzo?
Hanno rotto! Vorrei fare colazione….
Volete qualcosa?” poi ci ripensò.
“Anzi no, arrangiatevi, non ho voglia di beccarmi i vostri
malumori di prima mattina, me ne vado!”
Lasciò la cucina a passo di marcia per raggiungere la
camera, raccattare dei vestiti e fiondarsi in bagno per farsi un doccia che le
scacciasse il malumore.
Una volta uscita, essersi asciugata i capelli e vestita, si
diresse verso la porta.
“Dove vai?” berciò Tom.
“In un bar, almeno voi vi scannate senza che io vi possa
vedere!”
Detto questo, afferrò il cappotto e uscì di casa sbuffando,
era troppo chiedere una convivenza pacifica tra il suo ragazzo e il suo
migliore amico?
Che poi Tom era davvero il suo ragazzo?
Lui cosa diavolo provava? Amore verso di lei o no?
Era in quei momenti che desiderava un’amica con cui parlare
di cose ragazze come amore e sentimenti, una persona con cui confrontarsi del
suo stesso sesso.
Finora aveva avuto solo amici maschi, l’unica che forse
poteva considerare amica era stata Sakura e ricordare come fosse finita le
causò una fitta di rabbia, perché tutto doveva complicarsi?
Perché?
Non poteva per una volta andare tutto bene?
Immersa nei suoi pensieri non si accorse della persona che
le stava vendendo incontro e la travolse.
“Potresti stare più attento…”
“Bisonteh?”
Alzò gli occhi stranita, la voce era familiare e parlava con
un marcatissimo accento tedesco nonostante la parola pronunciata in italiano.
“Gustav?”
“Ciao Francesca…
La prima volta che ci siamo scontrati mi hai chiamato
bisonte, ti ricordi?”
“Hai ragione, Cristo sembrano passati secoli.”
Mormorò lei accettando la mano che lui le porgeva
sorridendo.
“Che c’è Fra?”
“Pensavo che volevo disperatamente un’amica.
Femmina.”
“Noi non ti andiamo più bene?” aveva riposto lui fintamente
offeso.
“Certo che mi andate bene, ma ci sono cose di cui una ragazza
è meglio parli con un ragazza, voi maschietti avete sempre un punto di vista
leggermente diverso….”
Lui inarcò un sopracciglio.
“Che succede?”
“Un casino o almeno probabile tale, ecco che succede!
Jo è venuto a trovarci e Tom non l’ha presa bene… continuano a punzecchiarsi a vicenda.”
“è per questo che sei in giro a quest’orario insolito?”
“Si, hanno iniziato a litigare prima di colazione, quindi li
ho lasciati a scannarsi per conto loro…
“Speravo ci andasse piano…”
Fu il turno della ragazza alzare un sopracciglio.
“Scusa Gustavo non ho capito.”
“Gustavo?”
“Il tuo nome in italiano, comunque non svicolare, sapevi di
Jo?”
“Bhe si, io e Georg gli abbiamo
dato un passaggio a casa vostra, Georg ci stava litigando non avendolo mai
visto.”
“Ah…. Ma perché è tornato in
Germania?
Ve l’ha detto?”
“Bhe…”
“Ho capito, me ne deve parlare lui…
Pensi che sopravvivrò al colpo?”
“Sei la solita pessimista….”
“Ho fame.”
“Cosa c’entra?”
“Che se dobbiamo fare un discorso lungo ed articolato, non posso
sopportarlo a stomaco vuoto!”
“Ok, andiamo in un bar….”
Senza aggiungere altro si avviarono verso un bar, davanti ad
un cappuccino ed una brioches riprese a sfogarsi.
“Capisco il dolore di Tom, ma sembra veda Jo come un nemico.
Jo da parte sua sembra volerlo provocare con battutine e
comportamenti che lo rendono odioso, come se volesse metterlo alla prova.
Se non fosse che suona strano, penserei che Tom sia geloso
di Jo .”
“Perché strano?”
“Non lo so…. Mi sembra ci sia così
poco da nascondere su Jo che non ne vedo il motivo, gli ho raccontato tutto.”
“Si sente fragile Fra, molto fragile, con un punto fermo in
meno tende ad essere paranoico con chi vede come una minaccia a quello che gli
rimane.”
“Capisco…”
“Fra, cosa c’è?”
“Mi sento fragile anch’io… insicura.
Non riesco a capire cosa sono io per lui e questi
comportamenti mi confondono, sembrano,vogliono dire qualcosa che ho paura di
sbagliare ad interpretare.”
“Fra ti capisco, ma lo sai come è fatto e il fatto che Bill
sia in clinica non lo aiuta.
Considera il fatto che continui a stare con te quando non ha
avuto molte relazioni serie in passato….”
“Lo considero.” Mormorò lei, stringendo di più la tazza del
cappuccino.
“Ma è proprio la situazione di Bill quello che complica
tutto, io non so se sono solo la sua crocerossina o altro, lui non me l’ha mai
detto.
Dice che a me ci tiene, ma è amore? Amicizia verso una delle
poche persone del suo passato?
Sembra anche lui confuso e…
Ogni volta che io gli ho detto che l’amavo, lui non mi ha
mai risposto, lo so che contano i fatti e quelli non si può negare che
dopotutto ci siano, ma io vorrei più certezze…
La parole ogni tanto servono perché non è tutto limpido
quello che traspare dalle azioni di una persona.”
“Dovresti parlargli Fra…”
“Lo so, ma mi chiedo se sia il momento.”
“Aspetta che si parlino tra di loro….”
“Senon si scannano prima….”
“Già…. Fatti forza Francesca…”
“Già….
Grazie per avermi ascoltata…..
Vorrei che almeno ogni tanto qualcosa andasse bene, che Tom
e Jo fossero in armonia, perché tengo ad entrambi, ma forse è ilmio Karma che è sfigato.
Ora vado a casa, grazie della colazione.”
“Figurati, vedrai che si sistemerà tutto, io credo che una
volta chiarito tutto sarete una coppia splendida.”
“Lo spero…”
“Vi siete rincorsi per anni, ora che state insieme non sarà
certo un’incomprensione a separarvi.”
“Grazie ancora Gustav… Hai mai
pensato di fare lo psicologo?”
Lui rimase in silenzio.
“No… ma Georg si…
Io avevo pensato di fare l’idraulico….”
Scoppiò a ridere divertita.
“Un po’ ti ci vedo, ora vado a casa!”
Ancora con l’eco di quel sorriso addosso uscì dal bar ,
pregando di trovarli in pace e chiedendosi cosa potesse fare per quella
situazione.
Le strade iniziavano ad essere affollate, passeggiò un altro
po’, poi finalmente arrivò davanti al suo condominio e vi entrò decisa, salendo
poi le scale a passo di marcia.
Trovò Jo apaticamente buttato sul divano e sentì della
musica provenire dalla loro camera.
Hip hop.
Tom era in camera.
Lo raggiunse, lui le rivolse un’occhiata disinteressata, era
sdraiato sul letto.
“Cosa c’è Tom?”
“Jo non mi piace, si impiccia troppo.”
“Ci hai parlato?”
“Si e gradirei che tu non mi mollassi più solo con lui per
le tue paturnie.”
“C’è un motivo se l’ho fatto, avete iniziato alitigare subito, speravo vi sareste
chiariti.”
“Non è avvenuto, non provarci più.”
Tra di loro cadde il silenzio, Fra lo sentiva tremendamente
distante, sopirò sconfortata.
Lui lo captò e le fece cenno di stendersi al suo fianco, lei
ubbidì , lui inizio a passare e dita trai suoi capelli neri.
“Non voglio che ci allontaniamo per colpa di quello.”
-Hai mai pensato al
fatto che forse non è colpa di Jo?
Che forse nemmeno tu
sai cosa vuoi?
O che forse ci sono
cose che dai per scontate quando non lo sono?-
Rimase in silenzio, meditabonda, chiedendosi come e quando
affrontare quel discorso senza provocare una catastrofe.
“Keller, sei un genio!”
Aveva berciato Tom di pessimo umore, non appena Fay si era chiusa la porta dell’aappartamento
alle spalle, a Jo che sogghignava.
Cosa diavolo aveva quello da sogghignare sempre come lo stregatto di Alice?
“Io? Non sono io a essere scattato come una molla quando ha
visto Fay in cucina con me….”
“Non chiamarla Fay, non ne hai il diritto….
Non sono nemmeno io ad avere fatto battute idiote al solo
scopo di far degenerare la situazione…”
“Kaulitz, cos’ è il tuo problema?”
“No qual è il tuo?
Ti scazza vedere la tua amica felice per una volta, vorresti
essere al mio posto?”
“Non hai capito nulla, ma non mi aspettavo che lo facessi,
secondo te Francesca è felice?
Credi di darle tutto quello di cui ha bisogno?”
Rimase in silenzio colpito dalla domanda del ragazzo, lui ne
approfittò.
“Persa la baldanza? Non mi rispondi?”
“Cosa vuoi che ti risponda?
Che credo che Francesca stia bene con me e di provare almeno
a darle qualcosa?
Credi che lo riterresti abbastanza?
No, non lo faresti perché sei solo uno stramaledetto
sputasentenze che forse vorrebbe Francesca per se ea cui scazza vederla con un altro.
Quindi, smettila di fare il filosofo con me e di fare quelle
battutine acide, se non l’hai capito la fanno stare male.
Ora vado in camera , vedidi non rompere!”
Irritato aveva lasciato la cucina, per entrare nella camera
che divideva con Fra, aveva un urgente bisogno di fumare, così uscì in
terrazza.
Accese una Camel della sua ragazza ed aspirò voluttuosamente
il fumo , lasciò che gli grattasse gola e polmoni, mentre guardava il cielo.
La domanda di Jo gli era entrata in circolo come se fosse in
veleno, continuando ad assillarlo pur non volendo pensarci, doveva ammettere
che il punk con le parole ci sapeva fare con le parole.
Fay era felice con lui?
Lui di sicuro con lei stava bene, ovviamente non era stato
tutto melenso e sdolcinato come poteva esserlo all’inizio di una storia, ma le
circostanze non lo avevano permesso.
Eppure non sembrava che andasse così male, lei non sembrava
pentita di quello che aveva fatto….
-Eppure ammetterai di
averla trascurata….
Dopo che Bill è stato
ricoverato, un segnale te l’ha mandato…-
Vero, disse a se stesso,ricordava quel pomeriggio, la sua
richiesta di chiarimenti, la sua tristezza mista ad insicurezza, ma credeva di
essere riuscito a chiarire tutto o almeno a rassicurarla.
E se così non fosse stato?
Se nulla fosse cambiato per lei?
Se lei avesse voluto cercare altrove quelle rassicurazioni?
Rimase un tempo indefinito ad osservare il soffitto in preda
a quei pensieri negativi dopo essere rientrato dalla sua fumata, mentre la
radio passava uno dei suoi cd preferiti, fino a che sentì la porta d’ingresso
aprirsi e lei rientrare.
Poco dopo era sulla soglia della porta, lui le rivolse
un’occhiata indifferente che lei registrò perplessa.
“Cosa c’è Tom?”
“Jo non mi piace, si impiccia troppo.”
“Ci hai parlato?”
“Si e gradirei che tu non mi mollassi più solo con lui per
le tue paturnie.”
“C’è un motivo se l’ho fatto, avete iniziato alitigare subito, speravo vi sareste
chiariti.”
“Non è avvenuto, non provarci più.”
Tra di loro cadde il silenzio, Tom sentì una distanza
crearsi tra di loro, aveva toccato un punto dolente per lei, sapeva quanto
teneva al punk, ma proprio non riusciva a farselo andare giù
Il sospiro di Fay fu una conferma
allesue teorie, lei stava male ,le fece
cenno di stendersi al suo fianco, lei ubbidì , lui inizio a passare e dita trai
suoi capelli neri.
“Non voglio che ci allontaniamo per colpa di quello.”
Lei rimase in silenzio.
“Perché Tom?
Perché non ci provi?”
“Perché l’ho fatto e lui non si è dimostrato interessato,
continuando ad attaccarmi con le sue battutine….”
Lei rimase in silenzio.
“Mi dispiace Fay.”
“Non importa, niente va mai come dico io.”
L’amarezza di quelle parole lo ferì, le alzò il volto per
vedere i suoi occhi, erano tristi, delusi e lo fecero sentire peggio di prima,
avrebbe voluto fare qualcosa, ma cosa?
“Mi dispiace…”mormorò ancora
sentendosi colpevole.
“Tom baciami.”
Si sporse su di lei per baciarla piano, dolcemente,la sentì
per un attimo meno ostile, meno distante e piùsua, forse lei era solo in cerca di rassicurazioni.
Fu un momento di dolcezza estrema, come se tutti e due
avessero bisogno di rassicurarsi, perché anche lui ogni tanto la sentiva
scivolare via tra le mani.
-La faccio stare male….
Forse dovrei
allontanarla, forse dovrebbe trovarsi un ragazzo meno complicato di me….
Coinvolgerla in tutto
questo non è stata una grande idea….-
Cosa stava pensando?
Credeva di essersi lasciato alle spalle quella fase di
dubbi, invece ogni tanto si riaffacciava alla sua mente a fare ancora più male.
- Io non la voglio
lontana da me…
Non voglio che mi lasci
anche lei…-la
strinse più forte a se, lei si accomodò meglio in quell’abbraccio un po’
soffocante.
“Ti piace essere cocolata…”
“A chi non piace essere coccolato?”
“Hai ragione…”
“Tom cos’hai ?”
“Non lo so…”
Si chinò a baciarla ancora.
“Ho bisogno di averti vicina.”
“Anch’io… non sai quanto.”
Rimasero un altro po’ così, senza dire o fare nulla di
particolare , solo ad assaporare la oro vicinanza.
“Fay, ti va se cuciniamo insieme?”
“Vuoi baciarmi in cucina?”ridacchiò lei facendo riferimento
alla sera prima.
“No…. Mi piace vederti cucinare!”
“Wow, non me l’avevi mai detto.”
“Ci sono molte cose che non sai di me.”
“Spero di avere il tempo di scoprirle tutte..
Dai andiamo!” disse sorridendogli,dopo essersi alzata con
una mano tesa verso di lui, Tom la afferrò volentieri, per un attimo le sue
paure, si erano placate.
Perché lui amava Francesca, la sua Fay,
la sua Nana o almeno credeva di amarla e non se la sarebbe lasciata scappare
così facilmente.
Gustav era da molto che aveva capito che, come si suol dire, non c’era pace sotto agli ulivi.
Le situazioni di tutti sembravano fragili come castelli di
carte a cui bastava il minimosoffio di
vento per crollare miseramente, il più palese era sicuramente Bill, con la sua
storia, ma nemmeno gli altri stavano meglio.
Tom era comprensibilmente giù di morale e perso in una
situazione che a volte faceva fatica a gestire, non era facile per nessuno
gestire un fratello tossicodipendente, a cui si aggiungevano tutti i suoi dubbi
sulla sua relazione con Francesca.
Bill era in clinica e si stava avverando quello che Gustav
temeva, ossia che quel rapporto che tanto era servito a Tom per rimanere in
piedi iniziasse a crollare.
Detto così suonava terribilmente egoistico ed ingiusto, non
era un’analisi accurata, ma era forse la più immediata, quella più facile.
I due sopravvissuti che dopo il naufragio, una volta tornati
alla loro vita normale non sapevano più cosadirsi.
Eppure Gustav era certo che non fosse così.
Francescae Tom erano
uniti e fatto ancora più importante era stato lui a farsi vivo con lei.
Il batterista non dubitava che se Francesca non fosse stata
una ragazza che per il rasta aveva significato qualcosa, per cui provava
tutt’ora qualcosa non sarebbe certo andato a cercarla.
Conosceva abbastanza Tom da sapere che se il fratello stava
male non era da lui rifugiarsi in sconosciute con cui instaurare un rapporto
che andasse aldilà del solo sesso, ma che tendeva a chiudersi in se stesso e a
farsi avvicinare solo da chi conosceva.
Lui era certo che amasse Francesca, il problema stava nel
dirglielo, a conti fatti Tom non aveva mai avuto relazioni particolarmente
serie, quindi con le due fatidiche paroline che lo avrebbero legato alla mora
aveva qualche problema.
Molte ragazze in passato avrebbero voluto sentirsele dire,
lui le aveva negate a tutte, scappando, mollandole tutte non appena la cosa
aveva iniziato a farsi troppo seria per i gusti da playboy del Kaulitz.
Francesca era indubbiamente diversa, sperava solo che lui
trovasse presto il coraggio per dirglielo e che Jo non creasse troppi danni.
Il punk era arrivato armato delle migliori intenzioni,
capiva benissimo la sua preoccupazione verso l’italiana, doveva essergli
suonato strano che una che aveva passato tre anni in attesa di telare via da un paese che detestava ci fosse ritornata
apparentemente contenta di farlo.
Il problema erano i tempi, Josh
aveva sbagliato ilmomento per mettere
addosso altra pressione a Tom.
Quando Tom era in quello stato le sue reazioni potevano essere
imprevedibili,poteva finalmente sbloccarsi e confessare alla sua ragazza che
l’amava, oppure al contrario poteva sentirsi minacciato ed iniziare una guerra
spietata a Jo (ed era quello che con ogni probabilità stava facendo), oppure,
altra possibilità, poteva allontanarsi da Francesca, vittima di sospetti e
gelosie e questo non avrebbe fatto bene ne a lui ne a lei, che era innamorata
persa del chitarrista
Decisamente, era il momento sbagliato, si disse mentre
tornava a casa dopo la breve chiacchierata con Girardi,
ma d’altronde lui non poteva fare molto per nessuno dei due, era qualcosa che
dovevano risolvere tra di loro.
-Quindi, Schäfer o la va o la spacca….
E speriamo che vada,
perché se si spacca….
Io e Georg ci
troveremmo ad affrontare la crisi peggiore di Tom in ventidue anni di vita e
non so se siamo preparati, senza contare che lui non se lo merita affatto.-
Aprì la porta di casasi buttò sotto la doccia, prima che la mora lo fermasse e obbligasse ad
andare in un bar aveva fatto una breve corsetta e sentiva il bisogno di
farsela.
Anche Georg non era messo molto meglio di Tom, certo Lene
non era tossica, ma scoprire di avere una sorella dopo anni di vita da figlio
unico e provare a costruirci un rapporto non era facile, soprattutto se si
consideravache tipo fosse Lene.
Fragile ed insicura, erauna di quelle che attaccavano per difendersi, perché anche lei come
Georg, forse più di lui aveva sofferto per quella situazione balorda.
Non sarebbe stato facile, tuttavia Gustav era più ottimista
per il bassista che per il chitarrista, la ragazzina piano piano
si stava sciogliendo e sembravano superare le incomprensioni.
-Per unoche “perde” c’è sempre qualcuno che vince…
Mi piacerebbe
incontrarla questa Lene….
Georg dice che le
somiglia, spero di lei di no perché Georg è un bel ragazzo ma insomma ha
lineamenti tipicamente maschiliche su
una ragazza non sarebbero il massimo…-
E lui?
Gustav Schäfer che bilancio poteva
tracciare?
Rientrava anche lui inquelli messi male, se abbordava le ragazzine al supermercato?
Bhe, Shirin
non era proprio una ragazzina, era una ragazza con cui stava bene, che trovava
piacevole rivedere, dunque forse era uno di quelli messi meglio.
L’aveva rivista ancora una sera, si era trovato bene, le
avrebbe chiesto di uscire ancora, poi quello che sarebbe arrivato, sarebbe
arrivato.
Passò il resto della mattinata giocando con la playstation,
senza avere voglia di fare molto altro, quando fu ora di pranzo guardò giusto
un attimo con aria colpevole la cucina per poi scappare in un Mac Donald per evitarsi la fatica di preparare qualcosa.
Al contrario del resto della band si riteneva piuttosto
salutista e non li frequentava spesso, ma amava concedersi una qualche
infrazione ogni tanto.
Quello che scelse era dall’altra parte della città, giusto
per farsi un giretto in macchina, peccato non si fosse rivelata une scelta
azzeccata, era estremamente affollato cin una coda infinità.
Non aveva voglia di cercarne un altro, così decise di
aspettare pazientemente il suo turno, così si immerse in un fiume di
riflessioni incoerenti che lo staccarono per un attimo da quella realtà.
Fu il picchiettare insistente di qualcuno sulla sua spalla a
riportarlo al presente, si voltò e si ritrovò davanti il volto sorridente di
Georg.
“Ehi ciao!”
“Ciao!”
“Ti eri perso nelle tue elucubrazioni?”
“Si, non avevo voglia di pensare a nulla di particolare e mi
sono perso nei miei pensieri.”
Solo allora il batterista notò che c’era qualcun’altro
insieme al bassista,una ragazzina
bionda con delle meches blu che guardava
insistentemente per terra, l’amico intercettò il suo sguardo e gliela presentò.
“Gustav, lei è Lene, Lene lui è Gustav.”
Era la famosa sorellina pestifera, anche se al momento non
lo sembrava affatto, era semplicemente una ragazzina timida che era stata colta
in un momento che non si aspettava.
“Ciao Lene!” le tese una mano amichevole.
“Ciao Gustav! Piacere di conoscerti.”mormorò alzando gli
occhi.
Li aveva grandi e castani, truccati di nero e piuttosto
incerti.
“Ma a te non piaceva cucinare? Cosa ci fai qui?”
Scherzò Georg per stemperare la tensione.
“Non ne avevo voglia…”
“Davvero ti piace cucinare?”
Lene lo guardava a metà tra lo scettico e l’ammirato.
“Certo.”rispose Georg”la pancetta non gli è venuta a caso.”
“Fratello, guarda che nemmeno tu eri magro prima….”
“Brava Lene, ogni tanto quell’hobbit
va zittito.”
Visto che il ghiaccio era rotto decisero di mangiare tutti
insieme, Gustav era curioso di fare due chiacchiere a tu per tu con la famosa
Lene, che al momento non sembrava poi così pericolosa.
-Deve averla sciolta per bene…..
Si buttarono sui loro panini e Georg iniziò a parlare a
macchinetta, mentre Gustav più che ascoltare guardava che sintonia ci fosse tra
i due neofratelli Listing, era buona o almeno così
sembrava a lui.
-Almeno una si sta
risolvendo.-
“E così l’ho convinta a fare una corsa di carrelli..” Un
brandello di conversazione si fece largo tra i suoi pensieri.
“E lei quasi finiva contro una macchina.”Concluse Georg.
“Bhe, Lene ti faccio le mie
condoglianze, ti sei trovata proprio in fratello scemo…”
“Grazie Gustav, sei proprio simpatico….”
“Ricambio la tua gentilezza sulla pancia, caro mio.”
“Sei permaloso, te l’ho sempre detto.”
Il cellulare del piastrato prese a
suonare all’improvviso, Georg rispose con una faccia scocciata non appena vide
il mittente.
“Ciao Christine…”, fu l’unica cosa
che sentirono prima che lui uscisse precipitosamente dal locale.
“Christine è la sua ragazza?”
“Esattamente…”
“Mi ha detto che non va benissimo con lei…”
“Dopo due anni le incomprensioni iniziano a farsi sentire….”
“Immagino.”
“Lene, come va con tuo fratello?”
“Perché questa domanda?”
“Perché lui ci tiene a te e io non so se tutieni a lui.”
“Capisco….”Lei si guardò le mani”Bhe se temi che lo cerchi per la fama, tranquillo, non è così…
È il padre di Georg che è venuto a cercare me e mia madre,
se fosse dipeso da lei io non l’avrei incontrato che tra un bel po’ quando io
stessa mi sarei sbattuta per andare a cercare quel padre che non avevo mai
avuto.”
“Non ho mai pensato quello…
Solo come va?”
“Meglio…..lo so che suona strano, ma quando sono con
lui sono più serena, mi sento meglio….
Mi ha fatto persino apprezzare voi.” Scoppiò a ridere.
“Non ti piacevamo?”
“Non molto… ma ora di più.”
“Capisco…. Ma non hai risposto
alla mia domanda… Tieni a Georg?”
“Si, anche se all’inizio non lo volevo, anche se
probabilmentelo deluderò..
Deludo sempre tutti….”
Il batterista prese una mano della ragazzina tra le sue.
“Non lo stai deludendo e non essere così severa con te stessa….
Sono sicura cheriuscirete a recuperare tutti gli anni persi.”
Lei lo guardò leggermente smarrita.
“Grazie, sei davvero una brava persona.”
Lui sorrise e si sentì un po’ più sereno, forse almeno una
situazione si stava risolvendo.
Era brutto sentirsi estranei a casa propria, essere
attanagliati da un morsa di disagio e…
Si, di gelosia.
Tom non era mai stato un tipo geloso, eppure vedere la
sintonia che c’era tra Fay e Jo lo infastidiva, lo faceva
sentire debole, inadeguato, sotto stimato.
Lei aveva mai riso così con lui?
Era mai stata così aperta alle confidenze?
Strinse più forte il tovagliolo, la sensazione piacevole che
aveva provato mentre cucinava con la sua ragazza già svanita e cercò di
concentrarsi su qualcosa che non fossero loro.
Si sentiva soffocare.
Aveva voglia di urlare.
Aveva voglia di sbattere quel tipo fuori da casa sua.
Aveva voglia di baciare Fay, di
averla vicino, eppure una barriera sembrava separarlo da lei.
Quel pranzo finì in un ostinato silenzio del chitarrista,
mentre Fay e Jo di allontanavano in cucina per
parlare e lavare i piatti, lasciandolo davanti alla televisione in preda a una
serie di pensieri paranoici d insensati.
Fu solo grazie al suo orgoglio che non si schiodò dal divano
nonostante il suo cervello proiettasse a ripetizione immagini del biondo che
baciava la sua ragazza.
-Calma Tom…. Calma….
Sono solo paranoie.
P a r a n o i e.
Hai capito?-
La sua parte razionale annuì, l’altra rifiutò di ascoltare
la voce saggia della sua coscienza e si limitò a tirare un sospiro di sollievo
quando i due uscirono da quella stramaledetta stanza.
“Ragazzi che ne dite di andare al cinema?”
“Non è male…. Cosa proponi?”ripose
sorridente Fay, quel sorriso gli era mancato.
“C’è un horror molto bello.”
La vide arrossire, senza dire nulla, non capì quella
razione, ma Jo probabilmente si perche fece uno strano sorrisetto che lo
irritò.
“D’accordo…. A che ora c’è lo
spettacolo?”
“Alle due…”
“Ok…. È l’una e un quarto, un
attimo che mi preparo.”
Il punk fece per seguirla, rinunciò quando lui lo gelò con
un’occhiataccia e proseguì verso la sua camera.
-Tu non ti cambi?
Rimani in tuta modello barbone?-
Stancamente si trascinò in camera per cambiarsi,trovò la sua ragazza in intimo davanti
all’armadio, che lo scrutava con aria meditabonda, istintivamente la abbracciò
avvolgendole le braccia intorno alla pancia.
“Ehi…”lei appoggiò le mani sulle
sue.
“Che c’è Fay?”
“Non so cosa mettere…”
“Quella felpa rossa e la gonna nera?”
“Sono troppo grassa per metterla”
Lui ridacchiò, fece scendere le mani sui fianchi per poi
accarezzarglieli dolcemente e baciarle il collo,
“Smettila scema, posso constatare che i tuoi fianchi non
hanno nulla che non va, ne tantomeno la tua pancia.”
“Grazie…. “ si voltò per dargli un
bacino sulla guancia.
Si vestirono sorridendosi ogni tanto, la minaccia di Jo era
dietro la porta, lontana.
Tornò a farsi più vicina al cinema, non sapeva che la sua
ragazza avesse pauradegli horror, ma Keller forse si perché sorrideva serafico mentre lei lo
stritolava in un abbraccio.
-Dovrebbe abbracciare
me, perché si butta su di lui?-
All’intervallo uscì nervoso a fumarsi una sigaretta che poi
si protrasse per tutto il secondo tempo del filmseguendo il ritmo delle sue elucubrazioni.
Perché quando stava con Jo si sentiva come messo da parte?
Ormai era una sorta di rivale per lui, non riusciva a
trattarlo da amico nonostante sapesse che era questo che Fay
desiderasse.
-Lui vuole la mia
ragazza, perché dovrei lasciargliela?-
“Ehi Tom!” si sentì chiamare, era Fay.
“Perché non sei rientrato?”
“Perché non mi interessava!”
“Ma sei stato tu a voler vedere il film…”
“E mi sono accorto che era una merda, quindi non ho voglia
di rientrare e non mi pare che tu sentissi la mia mancanza prima.”
Aveva detto troppo, se ne accorse dallo sguardo
improvvisamente duro di lei.
“Se non l’avessi sentitanon sarei qui a sorbirmi i tuoi capricci!
Qual è il tuo problema? Mi pare che non sia il film.”
“Non ho nessun problema!”
“Tom non farmi fessa, tu hai qualcosa e non è solo oggi.”
“Non ho nulla!”
“Va bene, non vuoi dirmelo….
Io pensavo ti fidassi si me!”
Fece per andarsene, ma lui la afferrò per il polso.
“Mi fido di te, è di lui che non mi fido!”
“Di chi?”
“Di Jo!
Non mi piace, non mi piace come si comporta con te e quello
che fa!”
“Sei geloso, Tom,solo geloso è questo il tuo problema!
E sei geloso senza un
reale motivo!
Io e Jo non abbiamo fatto nulla!”
Si liberò della sua stretta e marciò verso l’interno del
cinema lasciandolo solo con la sensazione di aver fatto una grande
cazzata,di aver ferito lei in qualche
modo, senza che se lo meritasse.
-Grande, scemo, l’hai
ferita, dopo che ti è stata accanto senza chiederti nulla.
In fondo cosa ti aveva
chiesto? Solo di provare ad essere gentile con il suo migliore amico!-
Sospirando si disse che doveva farsi perdonare e soprattutto
fare chiarezza in se stesso, risolvere tutti i suoi dubbi, anche se si sentiva
certo di amarla.
Perché era tutto così difficile?
La vita non era un film….
ANGOLO DI LAYLA
Casini
all’orizzonte…. Tom non accetta pacificamente il
ritorno di Jo, mentre tra Lene e Georg sembra tutto risolto^^.
Spero vi
piaccia.
Ps : dove siete finiti tutti? I commenti sono drasticamente calati…
Cosa si provava a sentirsi non considerati dal proprio
ragazzo?
Era una brutta sensazione, Francesca la sperimentòdurante il secondo tempodi quel film, che obbiettivamente non era nemmeno
un granché, era in preda a un miscuglio di sentimenti contrastanti.
Era arrabbiata con Tom, ma allo stesso tempo era arrabbiata
anche con Jo, per la prima volta da quando lo conosceva si trovò a provare
autentico fastidio nei suoi confronti, pur sapendo che era irrazionale, che Jo
non c’entrava nulla con i malumori assurdi del suo ragazzo.
Questo diceva la sua parte razionale, il resto berciava
insistentemente una domanda, che cavolo era tornato a fare il punk a Berlino?
Per seminare zizzania? Per complicarle la vita?
Sapeva di Bill, perché non se ne era stato a Los Angeles a
condurre la sua brillante vita universitaria?
-Andiamo Fra, lo sai
anche tu, non è certo colpa di Jo se siete scoppiati!
Era solo questione di
tempo, da quando Bill è in clinica voi cosa siete?-
Sarebbe stato bello avere una risposta a quei dubbi, peccato
che non l’avesse, che brancolasse ancora nel buio, in attesa di capire almeno
la strana gelosia di Tom.
-Di che ti stupisci?
Era Geloso anche di Bill….-
E allora perché non chiariva le cose una volta per tutte?
Perché continuava a lasciarli entrambi sulla graticola?
“Fra?”
“Cosa vuoi?”Sibilò infastidita a Jo.
Ora si era perfino ritrovata a scaricare la sua tensione su
di lui, fantastico!
“Il film è finito.”
“Ok.”
Come un automa si alzò dalla poltroncina, ribollente di
rabbia e desiderosa di stare sola, senza dover spiegare nulla a nessuno.
Uscì dal cinema senza spiccicare una parola, insofferente
alla presenza muta ma ugualmente preoccupata dietro di lei, quando stava così
riemergeva tutto il suo caratteraccio.
“Fra che c’è?”
“Niente.”
“Balle, si vede che qualcosa c’è!”
“Ok … ma non sono affari tuoi!”
“Tom se ne è andato … e con luila macchina.”
“Torna con i mezzi.”
“E tu?”
“Io mi faccio un giro.”
Il volto di lui si fece improvvisamente duro, le afferrò un
polso e la guardò dritta negli occhi, lei ne fu immensamente irritata, non era
lo sguardo di un amico ma quello di un fidanzato contrariato.
“Francesca, te lo ripeto, cosa ‘è?”
“E io te lo ripeto …. Fatti i cazzi tuoi!
Non sono la tua ragazza Jo, sono la ragazza di Tom!”
Con uno strattone si liberò della sua presa e marciò verso una qualsiasi linea dell’autobus che
non fosse quella del biondo, voleva stare sola e pensare.
Voleva stare sola e sbollire quella rabbia maledetta che le
faceva credere di essere stata in qualche modo fregata.
In fondo Tom non le aveva promesso nulla , forse era stato
tutto nella sua testa, quella felicità, quel sentirsi finalmente a casa in un
posto.
Il pullman era pieno, pieno di gente chiassosa che parlava
ad alta voce, lei però non li sentiva, non sentiva nulla, solo una sensazione
indefinita, a metà tra il vuoto el’inadeguatezza, il non sentirsi di nuovo parte di qualcosa.
Scese a una fermata a caso, non era nemmeno certa disapere dove si trovasse, non era importante,
iniziò a camminare mentre si accendeva una sigaretta svogliata.
Perché tutto si complicava semprecosì?
Perché nulla andava come lei desiderava?
Camminò a lungo, le persone la schivavano, forse trovavano
quella ragazza che camminava senza una metà e alternava sguardi assenti a
sguardi da serial killer.
Perché era così che si sentiva.
Altalenante.
Passava da una sorta di assenza a una rabbia senza soluzione
di continuità, fino a farsi venire mal di testa, fino a sentirsi svuotata, ma
senza risolvere il problema veramente.
Fay sapeva che l’unico modo per cavare davvero un ragno dal
buco, di togliersi tutti i dubbi per far proseguire o meno quel rapporto era
parlare con Tom, eppure non ci riusciva.
Aveva paura dell’esito di quel colloquio perché era troppo
incerto per i suoi standard, non avevaidea di cosa girasse per la testa di Tom, certi suoi comportamenti
indicavano che a lei teneva, inconsciamente sospirò a quello che stava per
dire, temendo di illudersi, forse la amava.
Forse doveva fregarsene di quelle due paroline e badare più
ai fatti, ossia che una ragazzo che di storie serie non ne aveva avute stava
con lei da un bel po’ ed era venuto lui a cercarla, tuttavia i fatti dicevano
anche che quello stesso ragazzo aveva un fratello tossicodipendente .
Forse aveva solo bisogno di un appoggio più stabile di una
puttanella occasionale, forse voleva solo un’amica comprensiva da portarsi a
letto per avere il servizio completo, sessuale e psicologico.
La mora sentiva una lama conficcarsi nel cuore a ogni
pensieri del genere, ma non poteva fare a meno di chiedersi se fossero veri e
lei non avesse vissuto consapevolmente una favola.
-E le favole
finiscono, dovresti saperlo, tu più di tutti.-
Alzò gli occhi al cielo, era coperto, come il suo umore, che
cosa buffa.
Lei non credeva affatto di aver vissuto una favola, credeva
di aver provato a costruire qualcosa, una storia, un rapporto, come diavolo lo
si volesse chiamare, doveva solo capire se ci era riuscita o meno.
La gelosia …
Andava analizzata, perché il suo ragazzo era geloso?
Per una semplice smania di possesso che si era scatenata
quando aveva visto un possibile rivale?
O c’erano ragioni più profonde dietro?
Forse si sentiva insicuro dei suoi sentimenti, conscio di
farle mancare qualcosa e temesse che lei lo cercasse altrove?
Non era da lui, nulla in questa storia sembrava essere al
posto giusto.
Era tutto un dannato casino.
-Ma in tutta onestà,
rimpiangi qualcosa?
Se potessi tornare indietro
rifaresti ancora una volta tutto, io ne sono certa.-
In effetti non si pentiva di nulla, non si pentiva di aver
provatodare una possibilità a quella
storia, solo ora voleva vedere a cosa aveva portato il suo atto di fiducia.
-A volte vorrei leggergli
in testa, sarebbe tutto più facile.-
Aveva raggiunto il suo appartamento, apparentemente sembrava
deserto, come se tutti avessero avvertito quella sua stessa necessità di dover
riflettere da soli, da Tom se lo aspettava, da Jo un po’ di meno.
Non le dispiaceva in realtà trovare la casa vuota, in fondo
lei era una che il silenzio lo aveva sempre amato, nonostante puntualmente le
si riempisse di fantasmi, che in fondo lo desiderava, amando quel raccoglimento
che lo caratterizzava e in cui amava rifugiarsi.
Come volevasi dimostrare non appena varco la porta non c’era
nessuno, la casa era buia, tranquilla, a suo modo rilassata, sorrise all’idea
si una casa pensata in quei termini così umani si tolse il cappotto, poi si
cambiò ed infine fece tappa in bagno per struccarsi.
SI passò meticolosamente il cotone sulle palpebre,
lentamente quel bianco diventava nero e lei si sentiva più pulita , più se
stessa, perché in fin dei conti il trucco per lei era una maschera dietro a cui
a volte si nascondeva.
Senza matita ed ombretto lo specchiò rimandò l’immagine di
una ragazzina dalla pelle chiara, dagli capelli neri che scendevano in onde
morbide ,solo leggermente disturbate da delle ciocche viola acceso e dai grandi
occhi scuri, al momento fragili, smarriti.
Sospirando lasciò perdere la sua immagine allo specchio ed
uscì dal locale per andare in terrazza a fumarsi una sigaretta, la rabbia se ne
era andata lasciando il posto alla tristezza e alla malinconia.
Era come la marea, quando era alta minacciava di tirarla
sotto, quando era bassa le lasciava come detriti quelle sensazioni spiacevoli.
Rientrò rabbrividendo , si era alzato un vento gelido e
forse avrebbe nevicato e nessuno di quei due idioti era ancora tornato,
constatò mediamente preoccupata.
Si stese sul divano, accese la televisione, riabituarsi alla
televisione tedesca era stato piacevole, quanto era stato drammatico abituarsi
alla televisione italiana i primi tempi del suo arrivo aVenezia, quella sera però non vedeva nulla.
Disconnessa dalla realtà, disconnessa persino dai suoi
stessi pensieri, aspettava semplicemente che quei due tornassero e
possibilmente in breve tempo, dato che non si sentiva pronta a fare da mamma a
nessuno, non ancora almeno.
Mamma.
Forse per l’esperienza con sua madre non aveva mai desiderato
particolarmente la maternità, eppurementre vegetava sul divano dicasa di Tom, l’idea non le dispiacque.
Le era capitato a volte, vedendo delle madri e dei bambini,
di chiedersi come sarebbe stato fare un figlio con il suo ragazzo, avere per
casa un piccolo rompiscatole biondo e con gli occhi castani, ma aveva cacciato
immediatamente quei pensieri.
Perché proprio ora che tutto stava andando male tornavano?
Perché lei di quello stupido dalle treccine era innamorata
purtroppo, pur sapendo che non era certo che lui lo fosse di lei, strinse di
più il cuscino a sé(non si era nemmeno accorta di averlo preso), sentendo le
lacrime pungerle gli occhi.
Che merda che era l’amore.
Rimase sul divano un tempo indefinito, quando l’occhio le
cadde sull’orologio l’ora di cena era passata da un pezzo e nessuno si era
ancora fatto vivo.
Non aveva fame, non aveva voglia di cucinare ed era stanca
anche del divano, così si alzò e si stese a letto, oltre al silenzio aveva
sempre amato stare sotto le coperte calde.
-Magari non da sola
….-
Questo pensiero strappò alla mora un ghigno storto che
testimoniava che nonostante tutto una percentuale di amore era ancora lì e
resisteva, nonostante tutto.
Alla fine cadde in un sonno leggero, agitato da sogni che
non riusciva a ricordare e che spesso la trascinavano in dormiveglia
allucinati.
Fu durante uno di quelli che sentì la porta di casa aprirsi
e dei passiavvicinarsi, ormai sveglia
del tutto fece comunquefinta di
dormire.
La porta si aprì piano, rivelando la figura di Tom sulla
porta che constatò che lei dormisse prima di chiudersela alle spalle e sedersi
piano sul letto.
Si sentiva nervosa, nuda, sotto quello sguardo,perché non se
ne andava?
Inaspettatamente le accarezzò la fronte per spostarle una ciocca
di capelli, per poi scendere sulla guancia, involontariamente sussultò, ormai
tanto valeva che aprisse gli occhi.
Tom le sorrise.
“Scusa se ti ho svegliata …”
Lei non disse nulla.
“Lo so che sei incazzata con me e hai ragione.
Mi sono comportato da stronzo e ho esagerato però …
Vedere come si comporta quello mi manda fuori di testa, non
mi controllo più …
Sono una testa di cazzo, perdonami Fay!”
Lei non disse nulla, lo guardò solo negli occhi prima di
attirarlo asé e baciarlo
prepotentemente.
Non sapeva cosa lo spingesse a farlo, forse voleva solo
farlo sentire come un oggetto come era successo a lei dopo il ricovero di Bill,
ma lo trascinò sopra di se ed iniziòa
spogliarlo prima di ribaltare la situazione.
Lo sorprese con quella mossa, ma alla fine lui la
assecondòin quel rapporto del tutto
privo di dolcezza, senza nemmeno una parola ad accompagnarli.
Solo gemiti.
E freddo.
Un freddo che non la abbandonò nemmeno quando lui crollò su
di lei dopo essere venuto, si placcò solo quando dopo essere uscito da lei , si
stese a pancia in su e la trascinò con lei abbracciandola.
Lei si strinse di più a lui, sentendosi confortata da quelle
braccia.
“Che ci sta succedendo, eh?”
“Io non lo so ….. Mi mancano i vecchi tempi...
Mi manchi tu ….”
“Anche tu, non voglio che finisca.”
“Nemmeno io …”
“Per favore perdonami,dammi una seconda possibilità, non voglio che mi lasci anche tu.”
Si alzò, appoggiando i gomiti e gli diede un bacio a fior di
labbra, dolce, tenero, sentito, per poi accarezzargli una guancia leggermente
ispida di barba.
“Va bene.
Non dire altro, per stasera va bene così.”
Lui la baciò a sua volta, dolcemente.
E forse così non andava bene per qualcuno o in generale, ma
a lei si, per il momento si, le bastava tornare astare bene tra quelle braccia, non importava
per quanto.
-Ti amo stupida Medusa
psicotica, e tu?-
Era certa che presto, in un modo o in un altro avrebbe avuto
una rispostaa quella domanda che la
assillava da troppo tempo.
Da quanto tempo non aveva una giornata serena e del tutto normale?
Lene se lo chiese mentre prendeva appunti di matematica
piuttosto svogliatamente, cercando comunque di seguire la voce decisamente
monotona del professore.
Era da un po’ di tempo.
Non poteva che gioirne, con Georg andava alla grande e Farid
la stava lasciando perdere, forse offeso dalla sua ribellione, forse si stava
perfino consolando con qualcun’altradisposta a fargli da zerbino.
Quest’ultimo pensiero le causò un crampo allo stomaco, non
era una cosa bella per lei immaginare quello che era ancora il suo ragazzo tra
le braccia di un’altra, anche se era molto probabile che ciò stesse accadendo.
Pensieri inutili, meglio seguire la lezione.
Così fece, stupendo anche se stessa, soprattutto quando
venne interrogata e se la cavò discretamente, lasciando di stucco la canaglia
di matematica.
“Complimenti Kaufmann.
Vedo che lentamente sta tornando quella di una volta, devo
dedurre che il suo periodo ribelle si è ridimensionato, continui così.”
Incassò con una smorfia che somigliava ad un sorriso tornò
al suo posto, la sua compagna di banco le rivolse un’occhiata inespressiva che
la fece irritare, aveva iniziato a litigare con lei fin dal primo giorno.
“Sei tornata la solita lecchina, eh Kaufmann?”
Non rispose, non voleva perdere la calma e guastarsi quel momento.
“Non rispondi? Forse perché è la verità?”
“Non rompere i coglioni, sei solo invidiosa.”
“Non di te ….. Lo sanno tutti che adesso hai cambiato tipo….
Dopo Farid chi ti scopi? Un intellettuale?
Magari Girardi?”
Sentì la rabbia montarle dentro, potente e tutto sommato
immotivata, alle stoccate di quella ci era abituata e reagì come non doveva,
afferrandola per il bavero.
“Non provare mai più a darmi della troia o a mettere in
mezzo Luca ogiuro che ti cambio i
connotati!
Ne ho piene le palle di te e delle tue stronzate!
Aumentò la presa.
“KAUFMANN! E’IMPAZZITA?
MOLLI LA SUA COMPAGNA!”
Fece come le fu detto, sentendosi addosso gli occhi di
tutti, perché era così idiota?
Perché per una volta che tutto andava bene lo rovinava con
la sue stesse mani?
“Scusi professore.”
“Che le è preso?”
o“IO … lei mi ha dato della puttana, ha insultato un mio
amico ….”mormorò debole.
“Le sembrano dei motivi sufficienti per giustificare il suo
gesto?”
“No, non lo sono, ha ragione.”
“Kaufmann, lei ha un’ottima carriera alle spalle, dovrei
mandarla dal preside per quello che ha fatto,ma per questa volta lascio correre
…. Una nota non gliela leva nessuno ovviamente e ora esca dalla classe!”
A passi lenti lasciò l’aula, sentendosi una teppista, una
reietta, una volta arrivata in corridoio si lasciò cadere con la schiena
rivolta al muro e finalmente scoppiò a piangere.
Non era mai stata una ragazza da grandi scenate,quindi fu un
pianto silenzioso, in punta di piedi, fatto per non disturbare nessuno, per non
far notare che stesse piangendo.
Aveva gli occhi chiusi, le braccia davanti alla faccia e
dondolava piano come da bambina quando sua madre la sgridava e lei si sentiva
in colpa e avrebbe voluto sparire.
“Lene?”
Una voce notale fece
alzare gli occhi velati di lacrime, Luca la guardava preoccupato, poi si
accucciò davanti a lei e la osservò dolcemente.
“Sono una cogliona Luca, una cogliona integrale!”
“Cosa è successo?”
“Ho preso Miriam per il bavero in classe e l’ho semistrozzata! Cazzo!
Avevo anche preso un buon voto in matematica, perché rovino
tutto?
Ora ho una nota e mi sento una merda!”
“Non è d te questo, cosa ti succede?”
“Io.. lei … mi ha insultata e ha tirato in mezzo te, non
potevo lasciarla parlare!
Non potevo!”
“Lene …. Grazie per avermi difeso, ma non dovevi, non così!
Picchiare la gente non è mai giusto!”
“Lo so, ma non so cosa mi sia preso!
Io …. Non lo so, è come se la teppista che c’è in me fosse
uscita a sproposito!”
Le prese le mani.
“Piccola, calma!
Succedono queste cose, solo devi canalizzare la tua rabbia
in modo diverso, lo so che se vuoi puoi farlo.”
“Lo so, ma è tutto così difficile ultimamente …”
“Ti capisco, ma so che se vuoi puoi farcela ….”
“Grazie”mormorò ancora con voce spezzata..
Il silenzio calò tra di loro per un breve periodo, poi fu di
nuovo lei a prendere la parola.
“Luca ….”
”Si?”
“Posso venire da te oggi pomeriggio? Non ho voglia di dirlo
subito a mia madre.”
“Ma glielo dirai vero?”
“Certo, non voglio diventare anche bugiarda, ma non
subito..”
“D’accordo, vieni pure.
Non ci sono problemi, mia madre non è casa e nemmeno
Andrea.”
“Grazie…”
“Figurati” le sconvolse scherzosamente i capelli”per così
poco!
Io ora vado, sennò il professore mi da per disperso.”
“OK.”
Lo guardò allontanarsi , poi riprese a fissare la finestra
davanti a sé, voleva essere altrove in quel momento, ma sapeva che non poteva
fuggire sempre ai problemi,doveva
affrontarli , questa volta soprattutto
-iniziano a farsi sentire i postumi delle brutte compagnie…-
Scosse la testa, persino i suoi pensieri stavano diventando
assurdi ed incoerenti, non poteva scaricare la colpa su altri se lei era
scattata come una bestia, doveva darsi una calmata.
Il resto della giornata scolastica trascorse
tranquillamente, i suoi compagni la evitavano, ormai aveva addosso l’etichetta
della psicopatica e non poteva lamentarsene, lei aveva fatto tutto il casino.
Accolse il suono della campanella come una benedizione,
schizzò fuori da quel posto divenuto ostile e si fermò in cortile ad aspettare
Luca, che uscì poco dopo, calmo e rilassato e sorrise non appena la vide, lei
sorrise di riflesso poi si spense di colpo.
Miriam era uscita a sua volta dall’istituto scolastico e non
appena vide che sorridevaa Luca la
ghiacciò con un’occhiata carica di rancore, che le piacesse il suo amico?
_BHe sono cazzi suoi! Non era
certamente una buona ragione per trattarmi da merda!-
“Ehi… come è andato il resto di
questa giornata?”
“è andato, ti prego andiamocene, non riesco a stare un
momento di più in questo posto!”
Lo afferrò per un braccio e lo trascinò via.
“Lene, calma!”
“No Luca! Non sono affatto calma!
Quando ero una secchiona non andavo bene anessuno!
Sono diventata una teppista e nulla è cambiato, sono tornata
più sobria, composta e controllata e non vado bene ancora a nessuno!
Sai qual è la novità, Luca? Non me frega più nulla! Che se
ne vadano tutti a fanculo!”
Lui scosse la testa.
“Non ti credo!”
“Che?”
“Stai esagerando per non affrontare la questione a mio parere…
“Ti sbagli!”
Arrivarono a casa del ragazzo in silenzio, lei si mise ai
fornelli e cucinò qualcosa, dopo avere mangiato si misero a fare i compiti come
ai vecchi tempi e stranamente finirono anche presto.
“Ora che facciamo?”si stiracchiò lui.
“Uhm … io voto per una sigaretta e poi film.”
“Ok, approvo!”
Si alzarono in perfetta sincronia e uscirono sul terrazzo.
“Ogni volta che guardo dalla finestra questo posto mi rendo
conto di quanto sia orribile questo posto, non vedo l’ora di andarmene ….”
“Ti capisco ….”
“E allora perché ti sei avvicinata a Farid, tu che da questa
merda eri fuori?”
La bionda abbassò gli occhi.
“Non lo so …. Non c’è un motivo preciso, forse mi piaceva e
basta ….
Forse ci vedevo persino una figura paterna in grado di
guidarmi.”
Non ci furono più parole tra di loro, spensero le cicche in
un posacenere e rientrarono, Luca inserì un dvd nel lettore e si stravaccò
accanto alei.
Apparentemente era una situazione banale, qualcosa che aveva
già vissuto molte volte prima di allora, eppure era diversa allo stesso tempo.
Si sentiva a disagio,ripensava alle parole di Miriam, al suo
sguardo quando l’aveva vista andare via con Luca e alla gioia che aveva provato
quando l’aveva trovato accanto la notte in cui le si era rifugiata da lui.
Era stato bello,piacevole ammise a malincuore a se stessa.
La bionda volse il suo sguardo su Girardi, intento a
guardare il film, si soffermò sugli occhi, sugli zigomi e soprattutto sulla
bocca carnosa, sensuale.
-Chissà come sarebbe
baciarla?-
Distolse rapidamente lo sguardo, quei pensieri l’avevano
lasciata perplessa, da quando li formulava su Luca?
Lene provò apensare
ad altro, alla scuola, a Georg, al suo ragazzo, ma quei pensieri non se ne
andavano, rimanevano lì, statici, a deconcentrarla dal film.
Lo stava fissando da un po’ , forse da troppo perché lo noto
anche lui e si voltò verso di lei.
-E Adesso che gli
dico? Che figura di merda!-
Lui non disse nulla, la fissò con i suoi occhi scuri, che
sembravano più dolci e profondi in quel momento, probabilmente era solo lei a
vederli così ma le piaceva perdersi in quei pozzi scuri.
Non seppe cosa la spinse a farlo, se semplice attrazione per
il suo amico o qualcosa di più profondo, ma lo baciò, lentamente, come per
assaporarsi per bene quei momenti, quel giocare con la lingua del suo
miglioreamico.
Era piacevole.
Fin troppo piacevole.
Si staccarono senza fiato, lei aveva gli occhi sbarrati,
incredula, cosa aveva fatto?
Aveva rischiato di rompere un’amicizia!
Si alzò di scatto, come se il divano le avesse trasmesso una
scossa e guardò Luca, era perplesso e ferito, sembrava deluso da quella
reazione.
“Mi dispiace.” Farfugliò imbarazzata.”io ho fatto ….
Qualcosa che non dovevo,..
Perdonami!”
Afferrò la giacca e la cartella e uscì da
quell’appartamento, dandosi della cretina, era riuscita a rovinare tutto con il
suo migliore amico!
-E se così non fosse?
E se per te non fosse solo un amico, ma qualcosa di più?-
Rallentò la sua corsa, se fosse stato veramente così cosa
avrebbe fatto?
Come avrebbe fatto a dirlo a Farid?
-Perché si accumulano
sempre casini su casini?-
Bella domanda,
peccato che non avesse una risposta.
La mattina dopo Francesca si svegliò ancora tra le braccia
di Tom.
Era bello sentire il suo respiro contro il suo collo, non
aveva voglia di alzarsi, ma doveva farlo, aveva rimandato troppo la questione
di Jo, almeno con lui doveva chiarire.
Lentamente si tolse da quell’abbraccio, gli lasciò un
bacetto a fior di labbra e dopo essersi vestita marciò in cucina dove trovò Jo
seduto al tavolo senza nulla davanti a se.
“Vuoi preparare la colazione o aspetti che si prepari da
se?”
“Buongiorno Gi, vedo che stando questo buzzurro hai
dimenticato le regole della buona educazione ….”
“Mi scusi piccolo lord.”
“Vaffanculo.”
“Amore!
…. Non sei tornato questa notte …”
“Che ti frega? Non sei mia madre ….
Comunquenon sono
andato a cercare della droga, se è questo che volevi sapere.”
“Scusa se mi sono preoccupata per te! La prossima volta non
mi impiccerò più!”
“Cazzo, perché sei ostile?”
“Perché non so a che gioco stai giocando!
Ti piazzi in casa nostrae ti metti a trattare Tom a pesci in faccia, sapendo cosa sta passando!”
“L’ho solo messo sottopressione!”
“Notizia straordinaria! Non ha bisogno di altra pressione!
Ne ha già abbastanza addosso!”
“Sono preoccupato per te.”
“Fatti i fatti tuoi, so badare a me, come tu sai badare a
te!”
“Non mi hai ancora risposto alla domanda che tu ho fatto.”
Borbottò qualcosa infastidita e se tornò a letto, Tom non si
era mosso di un millimetro, si spogliò e si sdraiò accanto a lui,
immediatamente due braccia la strinsero.
“Dove sei andata?”
“A parlare con Jo … ma non ho concluso nulla.”
“Mi dispiace … dai adesso torna a dormire ….”
La baciò sotto l’orecchio, lei sorrise.
“D’accordo.,…”
Non riuscì a riprendere sonno, i toni che aveva usato con il
suo amicole tornarono alla mente, era
la prima volta che rispondeva così a Jo,non era da lei.
E Tom?
Chissà se era davvero dispiaciuto per il diverbio?
-Ma che cavolo pensi
scema?
Quando mai Tom ha
fatto la carogna in questo modo? Dormi va!-
Decise di dare ascolto alla sua coscienza e si impegnò a
riprendere sonno e ci riuscì, lentamente scivolò in un sonno agitato in cui
probabilmente si mosse perché ebbe l’impressione che Tom la cullasse nel sonno,
in ogni caso quando finalmente si svegliò era quasi mezzogiorno e il suo
ragazzo dormiva ancora accanto a lei.
“Ehi Tom!” lo scosse leggermente, lui mugugnò.
“è ora di alzarsi.”
Lui stropicciò gli occhi e si guardò intorno.
“Hai ragione.”
Dopo essersi lavati e vestiti arrivarono entrambi in
salotto, del punk non c’era alcuna traccia.
“è uscito ancora.”
“Già …. “
Nessuno dei due sapeva bene cosa dire, così lei si diresse
in cucina per tentare di cucinare un pranzo degno di questo nome.
A Francesca piaceva cucinare, lo trovava rilassante, se
teneva le mani e la mente occupate sulla ricetta almeno non pensava,ma quella
volta non ne aveva voglia, così cucino del semplice riso allo zafferano.
A pranzo e nel pomeriggio non successe nulla di particolare
e Jo non fece ritorno, Francesca iniziava a detestare i suoi comportamenti, non
riusciva più a capirlo.
Che avesse ragione Tom quando aveva tentato di dire a modo
suo che forse Jo era geloso di lei?
-Siamo sempre stati
solo amici, ma il confine tra amore ed amicizia è labile … -
Una parte di lei non riusciva ad accettarlo, era convinta
che fosse tutta una strategia di Jo fatta per farle capire qualcosa.
- Ma cosa? Che non è
la persona adatta a me?-
Non era la riposta giusta.
-Forse lo sta mettendo
alla prova, tipo padre geloso per capire se è quello giusto per me … -
Non lo sapeva, ma al momento accoccolata a Tom mentre
guardavano un film , la cosa aveva un’importanza relativa.
Il pomeriggio proseguì tranquillamente, interrotto solo da
una telefonata di Georg che invitava Tom a casa sua per una serata tra uomini.
“Che fate in una serata tra uomini?”
“Giochiamo a poker, parliamo di donne …”
Alla sua occhiataccia corresse il tiro:”Più che altro adesso
rievochiamo il passato.”
“Ok … divertiti che ne hai bisogno.”
Lui sorrise, cenarono insieme, poi lui uscì lasciandola
sola, lei però non se ne dispiacque, tentava ancora di capire cosa girasse
nella testa del suo amico, ma le risultava impossibile.
In ogni caso il punk tornò a mezzanotte circa, cercando di
fare meno rumore possibile, cosa inutile visto che lei se ne accorse comunque e
di piazzò in salotto con le braccia conserte tipo mammina arrabbiata.
“Bentornato.”
“Che fai adesso? Mi controlli?”
“No, ti saluto.”
“Bella Fra, ci credo!
Perché sei così incazzata con me?
Forse perché ti faccio domande che ti fanno male?
Che ti rompono la bolla che ti eri creata con il tuo
principe azzurro mostrandoti che in fondo è solo un omuncolo?”
La sua mano scattò prima chepotesse fermarla e si schiantò sulla guancia di Jo con un rumore sordo,
lei rimaseimpalata in mezzo alla stanza,
lui si toccò la pelle stordito.
Tra di loro calò un silenzio imbarazzato che lei non seppe
riempire adeguatamente, ancora scossa dal suo gesto.
“Fra, sei davvero felice con lui?”
“Non sono affari tuoi!” la voce di Tom li fece sobbalzare
entrambi, nessuno lo aveva sentito rientrare.
“Devi smetterla di impicciarti negli affari che non sono
tuoi e tentare di far naufragare questa storia!
Sono stanco di te! Hai perso la tua occasione con Fay anni
fa, ora non mettere zizzania tra di noi perché tu non ce l’hai fatta con lei.
Sono stufo di averti qui tra i piedi! Vattene! Domani non
voglio vedere la tua roba qui Keller o giuro che la
butto dalla finestra!”
Francesca rimase senza fiato, non si aspettava questa
conclusione della serata, non si aspettava niente di tutto questo, tutto cadeva
a pezzi, perché?
ANGOLO DI LAYLA
Buonasera!
Non vedo l’ora che sia domani così riposo XD!
E Tom è
sbottato e ha buttato fuori Jo, come la prenderà Fra?
Forse
anche Lene si dà una mossa? Come finirà XD?
Alla prossima
puntata^^.
Hana Turner: bhe questo disastro si è risolto,
ma è solo la calma prima della tempesta^^. Dopo ne arriverà un altro
peggiore^^.
Ci sono
Luca e Lene, visto?
Forse
anche Lene ce la fa a capire che deve mollare Farid^^.
Spero ti
piaccia^^.
Ciaooo!
Schwarz Nana : Sono contenta che tu l’abbia notata *-*!
Sono
contenta che ti piaccianoLene e Georg ,
mi piace molto scrivere di Lene e Georg^^.
Piacerebbe
anche a me avere un fratellone … invece ho un gatto psicotico, vabbhe, non si può avere tutto dalla vita xD!
Jo in
effetti è diciamo “utile” perché rompe una situazione che altrimenti credo non
si sarebbe mai risolta da sola, come vedi qualcosa succede anche in questo… per le due paroline, però dovrai aspettare ancora
un paio di capitoli ( sarà nel 19)^^.
Non ti
preoccupare per Gustav e Shirin, si Farid reagirà, ma non nel modo in cui si
aspetta …
Lo devo
far riscattare questo ragazzo XD!
Spero che
questo ti piaccia^^.
Alla
prossima^^
Pulse: SI sono molto carini in quella
scena*_*! Sono contenta che ti piaccia.
Io Fra la
capisco, quelle diue stupide paroline sono importanti
in fondo, però è vero che gliele dirà, ci sarà un casino ma gliele dirà…
Non so
perché tutti i Mark siano stronzi, mistero XD!
Questo
Mark farà danni XD.
Bill e
Leila dovrai aspettare un po’ prima di vederli… da
dopo il ventesimo capitolo^^ ( Mi sono un po’ persa dentro questa storia
-____-)
Spero ti
piaccia.
Alla
prossima.
Ciao^^
Bambolina Elettrica: scialla
per le recensione allo scorso^^.
Tom glielo
dirà, tempo un paio di capitoli^^ e Farid farà qualcosa, ma non posso dire
cosa^^.
Alla
prossima^^.
Ciao!
Lady Cassandra:Eh si, far convivere due galli in un pollaio non è facile, infatti uno
dei due in questo capitolo ha dato di matto ….
Anch’io capisco Tom, ce la farà ad
agire prima che sia troppo tardi ( sennò questa fiction non arrivava a una
delle conclusioni , visto le vicende che ci sono dentro XD).
Anche a me piacciono i fratelli
Listing*_*! Adesso che sono in pace( e ci rimarranno U.U)
sono davvero carini^^.
Finalmente Lene si “accorge” di Luca^^.
Bill… prima devo sbrogliare la matassa dell’altro Kaulitz e di lene, poi
sicuramente arriverà anche lui(Ti confesso che mi ci sono un po’ persa in
questa storia,ma posso farcela, mi sono fatta i punti da seguire e li ho persi,
devo cercarli XD).
Tom sera sempre stato un impulsivo, uno di quelli che,
trascinato dalla rabbia e dalla situazione diceva cose di cui finiva per
pentirsi.
Ci provava a stare calmo, a stare zitto, ma prima o pi
esplodeva.
Quella volta era stata una di quelle, non avrebbe voluto
cacciare Keller di casa sapendo quanto Fay ci tenesse a lui,eppure l’aveva appena fatto ed era tardi per tornare indietro, non
poteva farlo, non dopo quella piazzata.
Quando l’aveva sentito tormentare la sua ragazza, insistendo
nel chiederle se con lui fosse felice, qualcosa era scattato dentro di lui,
qualcosa di non positivo.
Non era la persona migliore del mondo o il fidanzato
perfetto, lo ammetteva senza problemi, però era stufo di avere un rompicoglioni
per casa che glielo facesse notare ogni tre secondi con i suoi sorrisini
sarcastici e le sue battutine insensate.
Non era affatto dell’umore giusto, considerato che aveva il
suo gemello, una parte di se in una clinica a disintossicarsi, delle paranoie
di un punk gliene importava meno di niente.
“Devi smetterla di impicciarti negli affari che non sono
tuoi e tentare di far naufragare questa storia!
Sono stanco di te! Hai perso la tua occasione con Fay anni fa, ora non mettere zizzania tra di noi perché tu
non ce l’hai fatta con lei.
Sono stufo di averti qui tra i piedi! Vattene! Domani non
voglio vedere la tua roba qui Keller o giuro che la
butto dalla finestra!”
E così era esploso, pentendosene immediatamente, non per
pietà verso il biondo, ma perché aveva visto gli occhi della sua ragazza.
Gli occhi di Fay erano sgranati,
increduli, come se non si capacitasse di cosa fosse successo e di come ci
fossero arrivati in un così breve tempo.
Era come se una bomba le fosse esplosa accanto, lasciandola
sotto shock.
Che cazzo aveva fatto?
Lui non voleva affatto litigare di nuovo con lei, non dopo
la tregua apparente della sera prima!
A Fay ci teneva, era per questo
che scattava in quel modo,ora però si rese conto di avere
esagerato,quell’atmosfera sospesa non prometteva nulla di buono, sembrava
quella che precedeva i temporali.
Il biondo fu il primo a riprendersi, lo gelò con un’occhiata
omicida.
“D’accordo Kaulitz, questa è casa
tua in fondo...
Me ne vado, ma sappi che non mi hai convinto fino in fondo,
stronzo!
A te di Francesca non importa nulla, hai solo bisogno di una
ragazza diversa dalle tue puttane che ti aiuto in questa cosa di tuo fratello,
la mollerai appena Bill sarà fuori!
Dovresti smetterla di illuderla!
Spero che lei lo realizzi presto che razza di persona tu sia
e ti molli, tu non sei degno di lei!”
Tom rischiò seriamente di sbatterlo fuori a calci seduta
stante, solo un ferreo autocontrollo e il desiderio di non peggiorare ancora la
sua posizione agli occhi di Francesca glielo impedì.
“Keller” ringhiò.
“Va in camera ADESSO e vattene SUBITO DOPO o ti sbatto fuori
a calci!
Tu non sai un cazzo di me, non hai alcun diritto di venire a
fare casino a casa mia e se sono o meno la persona adatta a Fay
lo può decidere solo lei non tu!
Non sei suo padre e nemmeno suo fratello per intrometterti
in faccende che non ti riguardano!”
Jo non replicò, con una faccia furibonda,quella di che è
ingiustamente accusato sene andò
incamera sua, Fay
non disse nulla, rimase impalata davanti alla porta, ancora incredula.
Forse speravadi
svegliarsi e realizzare che quello fosse un incubo o che Tom si scusasse,
tornasse sui suoi passi.
- Non posso e lo sai,
piccola, non dopo quello che ha detto su di noi.-
Dalla camera giungevano rumori di cose spostate, di ante aperte
e poi richiuse, misti a imprecazioni, Tom continuava a rimanere immobile
così,come Fra.
Dopo un lasso di tempo che all’ex rasta sembrò infinito il
punk fece la sua comparsa con una borsone di traverso sulle spalle e l’aria
ancora furiosa.
“Addio Fra, vado in albergo.
Bel ragazzo che ti sei scelta!
Addio Kaulitz, smettila di
renderla infelice!”
“Fottiti!” sibilò lui, per poi chiudere la porta dietro al
biondo e voltarsi successivamente verso l’italiana che era ancora chiusa nel
suo silenzio incredulo.
“Cosa hai fatto, Tom?”
“Dovevo farlo, Fay! Non poteva
continuare così, te ne rendi conto?”
“Tu non hai voluto che continuasse!
Mi hai promesso di seppellire l’ascia si guerra con Jo, ma
non l’hai mai fatto!
Non avevi alcun diritto di buttarlo fuori…
O forse si, questa è casa tua….
Chissà forse un giorno butterai fuori anche me, quando ti
sarai stancato di me!”
“Smettila di dire stronzate!” il ruggito che gli uscì fu
esagerato.
“Non ti caccerei mai via e lo sai!
Tu sei la mia ragazza, quello no! Tu sei più importante di
lui, ma forse per te non è lo stesso, dato che lo hai sempre difeso qualsiasi
cosa avesse fatto!
Forse sei tu ad essere innamorata di lui!”
Fay sbiancò.
“Smettila TU di dire stronzate, come al solito non hai
capito nulla!”
“Cosa non ho capito?
Che il tuo caro Jo ha la precedenza su di noi?”
“C’è un noi?”
Tom non rispose, del tutto incredulo perquella domanda, nonse
la aspettava.
“Cosa vuoi dire?”
“Che io ti ho detto chiaramente e più volte che ti amavo, tu
invece hai sempre detto che tenevia me
e basta!
Bhe … a un amico ci tieni, a una
ragazza anche, ma tenere a lei non basta per fare un rapporto!
A volte mi chiedo se non sono qualcosa tipo la tua
concubina!”
Lui ammutolì, lei non gli aveva mai chiesto nulla, ma ora
che giustamente iniziava a pretendere qualcosa da lui, almeno un chiarimento,
lui si sentiva stringere addosso una rete.
Voleva disperatamente scappare, ritornare a come erano
prima, cancellando quel Jo che non aveva portato altro che scompiglio.
“Taci Tom, come al solito …
E io che mi aspettavo una risposta … Tempo sprecato.
Stanotte dormo sul divano.”
Senza aggiungere altro la mora andò in camera e poi in
bagno, quando ne uscì struccata e in pigiama lui era ancora lì, a fare i conti
con quella dannata sensazione di claustrofobia che non lo lasciava andare.
“Bhe, ti hanno staccato il
cervello ?”
Come un automa si diresse in camera loro, era certo che non
appena la porta si fosse chiusa alle sue spalle, lei avrebbe gettato quella
maschera da dura per scoppiare a piangere.
Pensare di essere lui la causa di quelle lacrime gli faceva
desiderare di andare da lei e scusarsi per tutto, coccolarla e fare la pace a
modo loro, ma non poteva, non senza chiarirsi con se stesso.
Una frase l’aveva colpito di quello sfogo, che lei si
considerasse la sua concubina, questo non era vero, ma allora lei cos’era?
Perché gli risultava così difficile analizzare i suoi
sentimenti per lei?
-Bill, avrei bisogno di te!
Tu sei sempre stato
più esperto di me in queste cose, a me la pratica, a te la teoria…
Mi manchi fratellino!-
Si spogliò e si mise a letto, era decisamente troppo vuoto
per i suoi gusti, gli mancava la sua ragazza eppure sapeva che prima o poi
sarebbe arrivata una situazione del genere, erano andati avanti troppo tempo su
presupposti non chiari.
Si sentiva confuso, impotente e in una cera misura
arrabbiato.
Prima che Jo arrivasse tutto andava relativamente bene, il
momento con cui fare i conti con i suoi sentimenti sarebbe stato meno
traumatico, Francesca sarebbe stata meno ostile.
-Non dare tutta la
colpa a quel ragazzo, era già nell’aria da un po’…..
Solo, prima che
arrivasse lui lei cercava di sopportare e di darti il tempo di cui aveva bisogno…-
Che quel tempo si fosse esaurito? Che lei si fosse stancata
di aspettarlo?
Alla prospettiva di non averla più accanto il mori
rabbrividì, aveva paura di ritrovarsi di nuovo da solo, senza di lei
soprattutto, ma allo stesso tempo si sentiva come preso in gabbia, desideroso
di scappare.
-Vedi, lei ti stava
dando il tempo per riuscire a capire meglio questa cosa, ma quando ha rivisto
Jo qualcosa deve essersi mosso dentro di lei, come si è mosso dentro di te.
Forse si è resa conto
che non vale la pena aspettarti.-
Tom si alzò di scatto dal letto, l’ultima ipotesi di quella
voce era assurda, impossibile, non riusciva a concepirla, per un attimo fu
tentato di aprire la porta della stanza e raggiungerla in salotto, ma poi quel
luogo tornò ad essere irraggiungibile.
Vicinissimo eppure lontanissimo.
Se fosse andato da lei, cosa avrebbe potuto dirle?
Nulla di nuovo, prima doveva capire se stesso, altrimenti
lei questa volta non avrebbe accettato quello che aveva da dirgli e lui non
amava mentire, lei poi non se lo meritava affatto, non voleva affatto illuderla
se non fosse stato certo dei suoi sentimenti.
Perché era così incerto? Così dubbioso?
Perché una voce strisciante continuava a ripetergli che lui
lo stava con lei solo perché aveva bisogno di sostegni senza Bill?
Tutti volevano che lei fosse trattata bene, forse doveva
seguire quella voce che gli diceva che l’unica cosa giusta che potesse fare per
lei era mollarla?
Questo pensiero gli strappò un’imprecazione, poi il sonno
ebbe la meglio su di lui e si addormentò.
Pioveva.
Lene aveva sempre avutoun attitudine ambivalente verso la pioggia, a volte le piaceva, a volte
no, dipendeva tutto dall’umore che aveva.
Al momento si sentiva indifferente, la guardava cadere senza
sentire nulla di preciso, seduta sulla sedia in terrazza in piena notte con una
sigaretta in mano.
Ebbe una vaga sensazione di déjà vou
che si dissolse insieme al fumo della sigaretta,forse aveva già vissuto quella situazione,
non era una novità che non dormisse più molto la notte.
-è stata la sera in
cui ho fumato la mia prima canna…
Sono cambiata da
allora,sarà vero?-
Forse lo era, forse no.
Farid era ancora nella sua vita
eppure aveva baciato Luca e non sapeva decidere chi dei due volesse, la solita
eterna indecisione …
Ne sarebbe mai guarita?
Fece un altro tiro, altro fumo andò a disperdersi nell’aria.
Pioggia e fumo.
Che combinazione di elementi effimeri ed improbabili …. Ma a
lei piaceva quella notte perché sentiva i suoi pensieri alleggerirsi
disperdersi come quel fumo.
Non era più Lene Kaufmann, la ragazza che aveva scoperto di
avere un fratello ingombrante, un fidanzato teppista e che aveva baciato il suo
migliore amico e non sapeva perché, era nessuno
Anche dopo che la sigaretta finì rimase a guardare il cielo
scuro, non aveva voglia di tornare a letto a crogiolarsi nei suoi dubbi eterni
che sembravano non trovare mai pace.
Sembrava una sorta di maledizione, un eterno ritorno di
qualcosa che non andava nella sua vita, tutta una questione di elementi fuori
posto, si disse.
Una volta che si era sistemata la questione famigliare di
Georg, filosofeggiò la bionda, era andata fuori asse quella amorosa con Luca e Farid.
-Ma a te chi piace?-
La sua coscienza arrivò con la solita domanda scomoda a cui
non sapeva rispondere a tormentarla.
Farid era stato una persona per
cui aveva provato un’attrazione fortissima, che forse aveva confuso per amore e
per cui provava ancora qualcosa, affetto probabilmente.
-L’attrazione che
provavo per lui si è ridimensionata ….
Aveva ragione quando
diceva che l’ho sfruttato, in fondo mi serviva sicurezza e l’ho cercata in lui,
staccandomi da lui quando l’ho trovata …. in altri? In me stessa?
In ogni caso … quando
mi sono accorta che non mi aiutava a riempire i miei vuoti l’ho mollato …-
Luca invece era stato ed era un punto fermo nella sua vita,
qualcuno di cui non poteva fare ameno e
a cui si sentiva legata da qualcosa che andava aldilà dell’amicizia con ogni
probabilità
-Non mi sarò
innamorata di lui?-
Non poteva essere! Non poteva!
-Perché l’hai baciato
allora?-
Non si rispose volutamente, anche perché iniziò a sentire
dei rumori strani, come se qualcuno si stesse arrampicando, all’improvviso
smise di sentire la pioggia per concentrarsi solo su quel rumore.
Sentiva il cuore batterle nel petto a un ritmo furioso,
tormentato dalla prospettiva di un brutto incontro imminente, era talmente
spaventata da non pensare nemmeno a scappare in casa.
Poco dopo una mano apparve sulla ringhiera, seguita da un
corpo impacciato, Lene rischiò seriamente di svenire finché non realizzò di
conoscere quella mano e quel corpo.
“Cazzo non potevi abitare al primo piano ?”
“Farid?” Boccheggiò sconvolta.
“Si sono io, devo parlarti.”
“Non potevi telefonare invece di arrampicarti qui come un
ladro?”
“Credi che avresti accettato di parlare con me, bambolina?”
Probabilmente no, si disse.
“Non rispondi, è un no credimi.”
“Cosa vuoi allora?”
“Scusarmi con te.”
Ok …. In quale universo parallelo erra finita?
Da quando FaridSchimthsi scusava
con qualcuno?
“Cosa?”
“Mi dispiace Lene, ho sbagliato a mettermi in mezzo tre te e
tuo fratello, non ne avevo alcun diritto, solo ero preoccupato per te.
Perdonami.”
“Io … Io non lo so ….”
“Non sei più sicura della nostra storia?”
“Io … si … non sono più sicura.”
Le si avvicinò piano e la bacio con passione come suo
solito.
“Pensa a questo…”mormorò prima di
calarsi di nuovo.
Tutto di nuovo era incasinato, Lene si chiese se mai ne
sarebbe uscita e soprattutto se sarebbe arrivata alla fine indenne
psicologicamente e fisicamente.
La ragazza si disse che ormai guardare la pioggia cadere,
visto che ormai aveva perso il suo potere calmante e finalmente si decise a
raggiungere il suo amato letto.
Ovviamente il sonno non venne, era tormentata dai ricordi in
cui confrontava quei due baci e cosa aveva provato, due sentimenti che le
sembravano simili.
Al bacio di Luca si era sentita felice e c’era anche una
discreta attrazione dietro che forse era già amore, se solo si fosse decisa a
scavare dentro se stessa per capire cosa fosse.
Era stato bello, dolce, quello che ci si aspetterebbe dal
primo amore.
Il bacio con Farid invece era
stato passionale, ogni suo bacio era come se dovesse essere l’ultimo, come se
dopo non si dovessero più vedere e forse questa volte aveva ragione.
Non era amore, era solo attrazione, sesso.
Aveva perso la verginità con uno che nemmeno amava e non
sapeva se ne fosse valsa la pena, anche se ormai era troppo tardi per pensarci,
se davvero non voleva più quella storia doveva chiuderla.
-Non è facile.-
Le piaceva sentirsi importante per qualcuno e non la solita sfigata,
era giusto desiderare di realizzarsi come persona, ma aveva sbagliato il modo,
non poteva farlo diventando la ragazza del turco.
Si tirò il cuscino sulla testa, nel tentativo vano di fa
tacere quelle voci.
-Sei pronta a tornare
nessuno?-
Non era nessuno! Lei aveva suo fratello e poi era certa di
aver dimostrato di avere avuto una discreta autonomia in passato e poi c’era
Luca.
-Quanto credi che
starà ancora con te se continuerai a giocare con i suoi sentimenti?-
Lei non ci giocava! Lei stessa non sapeva cosa voleva!
- E allora cresci
Kaufmann! Smettila di fare la bambina!-
Precipitò in un sonno agitato che si evolse in un incubo che
la fece svegliare urlando come una pazza, tanto che sua madre venne a vedere
cosa fosse successo.
“Tesoro, tutto bene?”
mormorò insonnolita la donna, sullo soglia della stanza.
“Tutto ok, ho fatto solo un incubo. “
La donna annuì e tornò a dormire, Lene non poteva dirle
certamente cosa avesse sognato, visto che lei stessa ne era sconvolta ed
agitata.
-Ok, ho sognato Farid e Luca che si baciavano..
Mi dicevano che visto
che non avevo deciso che fare con loro, hanno deciso loro al mio posto…
Ma che sogno è?-
La sua coscienza tacque lasciando che lei arrivasse
all’ovvio messaggio nascosto in un sogno così sopra le righe per lei.
-Ok…. Devo decidere, ma non è facile!
E se Farid la prendesse male e se Luca non provasse nulla per
me?-
Cosa doveva fare?
Lene lo sapeva in realtà cosa fare, ma avrebbe pagato oro
pur di non farlo, stava diventando terribilmente codarda e forseil suo inconscio lo sapeva visto che le aveva
dato un aut aut in modo drastico e in qualche misura
subdolo.
- Ma non è una cosa
che può succedere vero?-
La sua coscienza sbuffò, come ad invitarla a smetterla di
pensare a queste cose e a pensare alle decisioni da prendere, era solo un
sogno, strano, a tratti inquietante e che incasinava le sue conoscenze ma solo
un sogno, nulla di più.
Cautamente la bionda si rimise a letto, i postumi
dell’incubo erano ancora dietro l’angolo aimpedirle di prendere sonno in santa pace, cosa avrebbe fatto se li
avesse persi tutti e due?
-Farid non è una gran perdita, non ha fatto altro
che incasinarti la vita e sapevi benissimo che non sarebbe durata per sempre …
fino a che tu o lui non vi sareste stancati…
Io mi preoccuperei per
Luca…-
Non c’era bisogno che quella coscienza da quattro soldi che
aveva glielo facesse presente, lo era già di suo, come testimoniava quel
continuo rigirarsi in assenza di sonno.
-Dio fammi dormire!-
Lentamente si calmò, il torpore cadde su di lei che finalmente
si addormentò, cadendo in sogni frammentati in cui ricordava vagamente la scena
di un matrimonio senza sapere se fosse il suo con Luca o con Farid o quello dei due fra di loro.
Erano passati due giorni da quel litigio.
Francesca se li sentiva addosso, erano stati giorni fatti di
silenzi, di occhiate in tralice, giorni soprattutto fatti dal mutismo di Tom
che sembrava immerso in riflessioni tutte sue.
Due giorni che non dormivano più insieme, due giorni in cui
si sentiva astiosa.
Avrebbe voluto scuoterlo, fare qualcosa che lo facesse
uscire da quel torpore e che le permettesse di ignorare la sua coscienza che
berciava che era stata troppo brusca con lui.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Quei dubbi le si agitavano dentro da troppo tempo per
continuare ad ignorarli, sapeva che prima o poi sarebbe esplosa ed era successo
nel peggiore dei modi.
Due giorni prima dopo che lui se ne era andato in camera era
scoppiata a piangere, dandosi dell’idiota per come si era comportataprima con Jo e poi con Tom, con nessuno dei
due erastata in grado di tenere i nervi
a posto.
Non avrebbe voluto tirare una sberla al suo amico come non
avrebbe voluto rovesciare addosso quelle cose a Tom in quel modo, avrebbe
voluto fargli un discorso più articolato in modo che lo capisse, che non si
sentisse attaccato.
-Brava… hai dimostrato la delicatezza di un
elefante-
Ormai era tardi per cambiare ciò che era stato, ora viveva
sulle spine in attesa del verdetto di Tom, divorata dall’ansia e dal silenzio.
Forse avrebbe dovuto rispettarlo, ci provava, ma finiva per
cedere a battutine e provocazioni che non aiutavano nessuno dei due rendendo la
situazione ancora più delicata.
-Dio, perché non stai
zitta?
Non vedi che ogni
frecciatina lo fanno ritirare in se stesso?
Cosa pretendevi? Che
corresse da te in ginocchio sui ceci, gridandoti “Ti amo”?
Queste cose succedono
solo nelle favole e, baby, questa è la vita reale.-
Era vero, si disse, avrebbe pagato oro per poter schiacciare
il tasto rewind e potersi controllare, senza sbottare
come una pazza, era una parte del suo carattere che detestava sin da piccola,
esplodere e poi pentirsi,come se non
fossestata capace di affrontare le cose
con calma.
Anche quella sera guardava Tom interessato alla televisione
e non a lei che gli aveva chiesto dove fosse stato tutto il pomeriggio,anche se
immaginava senza difficoltà che fosse stato da Georg o Gustav per dei consigli
in mancanza di Bill.
Bill …
Quanto le mancava!
Potergli parlare, poterlo abbracciare di nuovo come ai
vecchi tempi, ignorando che quei tempi tanto osannati erano finiti da tre anni,
avolte solo lei sembrava essere
testardamente attaccata al passato quando il passato era già morto da un bel
po’.
“Tom… Dove sei stato?”
Questa volta si voltò e la squadrò, chiaramente irritato.
“Non sono affari tuoi!”
“Vivo qui anch’io, ho il diritto di saperlo!”
“Non sono affari tuoi, ti ho detto! Non sei mia madre!
Sono stufo di avere una balia!
Mi sa che ho sbagliato sai? Non sei la persona che credevo
che fossi.
Non ti riconosco più e non so se mi va di stare ancora con
te!”
Il cuore di Fra perse un battito, impallidì vistosamente ed
iniziò a sudare freddo, non stava succedendo a loro, non era possibile…
Era un incubo.
Lo guardò smarrita, ma lui sembrava deciso.
“D’accordo Tom…Hai
ragione, forse è stato tutto un errore, è meglio che me ne vada….”
Lui non rispose, sembrava caduto in una sorta di trance che
rinvigorì la sua decisione, a lui sembrava non importare nulla di quello che
aveva appena detto, come se non lo avesse nemmeno sentito.
-Dio….. o non gliene frega nulla o è in stato di
shock..
Tom, fermami, ti
prego!
Dimostrami che questi
mesi hanno avuto un senso, non sono stati una parentesi,ti prego!
Non potrei reggere
questa volta!-
Come se fosse un automa, Fay si
diresse in camera, trattenendo le lacrime, dove sarebbe andata?
Cosa avrebbe potuto fare?
Non voleva tornare a Venezia, ma nemmeno pesare su qualcuno
dei Tokio Hotel, era senza via d’uscita.
Preparò tristemente le valigie e poi uscì dalla stanza, Tom
non si era mosso, ormai non poteva fare altro che andarsene e fu quello che fu,
trattenendo ancora le lacrime.
Il tonfo della porta di quella che si era abituata a
chiamare casa sua fu come una pugnalata, era finito tutto, la bolla era
scoppiata e niente aveva potuto evitarlo.
Scese lentamente i gradini, stordita come se avesse preso
una botta in testa, con i pensieri confusi che rimbalzavano senzasoluzione di continuità solo con una gran
senso di sconfitta.
Francesca non era mai stata una ragazza che credesse alle favole,
eppure quella volta aveva voluto provare a farlo, sentiva però di avere
rovinato tutto con la sua impazienza e il suo caratteraccio.
Se solo non si fosse fatta influenzare da Jo e dalle sue
domande,se solo fosse stata capace di darsi un freno, ora non si sarebbe
trovata a vagare per le strade di una città che sentiva di nuovo estranea
desiderando di tornare a casa, da Tom.
Casa era sempre stato un concetto vago per lei, non era mai
riuscita ad affezionarsi abbastanza ad un luogo per chiamarlo casa, forse solo
a Venezia le era accaduto, tranne che per l’appartamento che aveva diviso con
Tom,che le mancava terribilmente nonostante fossero passati solo pochi minuti
da quando se ne era andata.
Accese nervosamente una sigaretta, avrebbe potuto andare da
Jo, nell’albergo dove alloggiava, ma il volto del punk era l’ultimo che volesse
vedere al momento.
La gente ogni tanto la guardava di sbieco perplessa, forse
si chiedevano chi fosse quella ragazza dall’aria spiritata e dal borsone a
tracolla che sembrava non avere idea di dove andare.
-Non posso più tornare
dove voglio andare, signori e signore…
Sono allo sbando!-
Quel appartamento non li aveva visti solo felici, li aveva
visti anche preoccupati, fragili, in ansia per una terza persona, ma uniti,
pronti a farsi forza unocon l’altra, li
aveva visti abbracciatidopo l’amore.
Ora non li avrebbe più visti insieme.
La ragazza continuò a camminare, giusto per passare il
tempo, per tentare di non sentire quel dolore che come la marea minacciava di
tirarla giù nelle sue profondità che ben conosceva.
Nulla andava mai come desiderava e lei si sentiva colpevole
di quel fallimento e di quelli che c’erano stati in passato, che la stavano
rendendo una ragazza senza arte ne parte.
Senza sapere come Fay si era
ritrovata davanti ad un parco, decise di entrarci nonostante facesse freddo e
forse un bar sarebbe stato più indicato, ma non aveva voglia di avere folla
intorno.
Lei voleva stare da sola.
Lei voleva piangere da sola.
Barcollando come un’ubriaca la mora si diresse verso la
prima panchina che vide libera, quando si sedette la sentì gelida come lei e
questo le strappò un brivido che la fece crollare del tutto, la vista divenne
sfuocata e le lacrime iniziarono a scorrere lente e regolari.
Perché?
Perché era tutto finito così?
Non riusciva a porsi altre domande, non riusciva più a
trovare delle spiegazioni, solo sentiva un grande dolore che le si allargava
dentro impedendogli l’uso della razionalità-
La mora si ritrovò a piangere come una bambina su quella
panchina, fregandosene delle poche persone presenti o dei rari bambini che
erano venuti a giocare e che la indicavano preoccupati.
-Si, bambini, sto
piangendo!
La vita è una merda
non lo sapete? Ti illude e poi ti chiude la porta in faccia o forse tu stessa
che fai in modo che ti si chiuda in faccia, non lo so….
So solo che mi
mancafottutamente, che darei tutto per
tornare indietro e che lo rivorrei accanto a me.
Il problema è che non
mi è mai riuscito di fare lo zerbino per troppo tempo…
Idiota, idiota che sono!-
La mora singhiozzò più forte, i pensieri le si disconnessero
del tutto e pianse e basta, lasciando che una parte del dolore uscisse.
Francescanon seppe
dire quanto tempo passò, ma quando tornò in sé era ormai buio, faceva ancora
più freddo, si sentiva un pezzo di ghiaccio ed era discretamente affamata.
Non poteva più stare sulla panchina di un parco, a
malincuore decise di trascinarsi in un bar, i suoi piedi la guidarono verso il
bar dove andava abitualmente con Jo e in cui aveva promesso di non mettere più
piede per i ricordi che vi erano connessi, chissà se Tom se lo sarebbe
ricordato?
Lo sapeva che era stupido, in buona misura anche inutile, ma
sperava che Tom venisse a cercarla, che le dicesse che non era troppo tardi per
ricominciare.
Quanto facevano male i sogni…..
Due giorni dopo il bacio di Farid
Lene era su un’altra terrazza a fumare mentre guardava il cielo.
La ragazza aveva accettato un appuntamento a casa di Luca
per chiarire, ma al momento tutto si era risolto in un disastro, nessuno dei
due sapeva cosa dire o cosa fare, la loro armonia sembrava essersene andata.
-Come il fumo di
questa dannata sigaretta….
Come se non fosse mai esistita… eppure c’è stata…
Non avrei dovuto
baciarlo.-
“Lene….”
Sobbalzò, non si era accorta della presenza del ragazzo alle
sue spalle.
“Si…”
“Eri fuori da unavita, ero preoccupato …”
“Non mi sono buttata di sotto, tranquillo …”
“Scema … Lene … Cosa ci sta succedendo?”
“Non lo so e pagherei oro per averne un’idea chiara …”
“Perché mi hai baciato?”
“Non lo so!! E vorrei tanto saperlo!
Vorrei tanto non farti soffrire, quindi devo farti una
domanda che non vorrei farti …
Per te quel bacio cosa ha significato?”
Il ragazzo rimase in silenzio per un po’ di tempo, sembrava soppesare
cosa dirle e cosa no, poi alla fine si decise a guardarla negli occhi,
rivelando uno sguardo incredibilmente serio.
“Vuoi davvero saperlo, Lene?”
“Si, Luca …..
Voglio la verità, anche se fa male!”
Lui prese fiato, come a prepararsi a una confessione
dolorosa e poi aprì bocca, Lene non era più certa di voler sapere cosa
nascondesse, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.
“Lene io sono innamorato di te….
Da prima che ti mettessi con Farid,
solo che l’ho capito troppo tardi e non volevo causarti casini, quando mi hai
baciato bhe…è stato come vedere un sogno realizzarsi,
poi ho capito che non sarebbe stato così….
Non sai perché l’hai fatto e mi fa stare male, anche se
capisco la situazione, solo ti chiedo di fare chiarezza dentro di te…
Il fatto che tu mi abbia baciato indica che anche tu provi
qualcosa per me, per cui una volta capito qualcosa prendi una decisione in modo
che ….Non lo so…
Io sappia cosa fare, se dimenticarti o meno….
“
La bionda non poteva dire che non si aspettasse quella confessione,
aveva visto dei segnali, anche se non aveva voluto dare loro peso, però lo
stesso si sentì scioccata, come se l’aria le fosse stata improvvisamente
risucchiata dai polmoni.
Luca, il suo migliore amico, era innamorato di lei e lei non
aveva fatto altro che farlo soffrire trattandolo come uno zerbino,
abbandonandolo e poi andandolo a cercare solo quando era nella merda.
All’improvviso Lene si sentì indegna, lui si era comportato
in modo esemplare, lei l’aveva solo sfruttato, sentì le lacrime pungerle gli
occhi.
“Luca, mi dispiace…
Io non volevo farti soffrire, sei una delle persone più
importanti della mia vita … io..”
Lui le mise un dito sulla bocca.
“Lo so, piccola, lo so.
So che non l’hai fatto apposta, ma io non ho potuto fare a
meno di innamorarmi di te, perciò ti chiedo di farechiarezza …
Solo questo.
Se sceglierai Farid farà male, ma
lo accetterò…”
“Luca, sei troppo buono con una stronza come me ….
Io … ok ci penserò….Prima di
andare posso fare una cosa?”
Lui annui, lei si alzò in punta di piedi e gli lasciò un
bacio a stampo sulle labbra, poi sorrise, tra le lacrime, che ormai non
riusciva a frenare.
“Qualsiasi cosa succeda, sei e rimarrai la persona più
importante della mia vita, ricordatelo…”
Forse gli stava facendo solo del male.
Forse era solo una maledetta egoista.
Forse aveva sbagliato lasciandogli quel bacio.
Forse forseforse…
La verità era una sola, sentiva di doverglielo per tutti
quegli anni meravigliosi che lui le aveva donato, per tutte quelle volte in cui
era corso da lei e che l’aveva ascoltata, abbracciata e consolata, per essere
stato semplicemente la persona meravigliosa che era.
Le lacrime le rigavano le guancie, allo stesso tempo
qualcosa si stava facendo dentro di lei, qualcosa che non aveva mai sentito prima
e a cui doveva prendersi il tempo di dare un nome per non ferirlo.
Era questo l’amore?
Lene doveva ancora scoprirlo, ma era certa che presto
avrebbe trovato una risposta, lo provava il fatto che ormai Farid
sembrava mille miglia lontano dai suoi pensieri, sostituito da Luca.
Che strana cosa che era la vita, le stava regalando qualcosa
di inaspettato e lei , seppur confusa e titubante non poteva fare a meno di
sentirsi leggera.
Felice.
ANGOLO DI LAYLA
Ok, ho
paura a pubblicare questo capitolo , non mi linciate vero ?
Ok, che
silenzio inquietante e cosa sono quei forconi ? XD
Ricordatevi
che nel diciannovesimo succede quello che aspettate dal primo tra Fra e Tom
> _ < !
Vabbhe mi eclisso nel bunker, ci starò fino a settimana prossima,
si XD!
Capitolo 19 *** 19)Un Passo Indietro ! Ti Amo! ***
19) Un
passo indietro ! Ti amo!
Tom era sdraiato sul divano a pancia in su a guardare il
soffitto.
Dentro di se non aveva mai sentito così tanto freddo come
quella sera, tanto che per un attimo gli riecheggiarono nella mente le parole
di Bill sul freddo che aveva provato negli ultimi anni, chiedendosi come cazzo
avesse fatto il fratello a tirare avanti per così tanto tempo.
La sua Nana se ne era andata, lui e la sua boccaccia
l’avevano fatta scappare via ferita, le aveva viste le lacrime, nonostante le
parole lo avessero gelato.
Quelle lacrime gli facevano male, soprattutto perché era
stato lui acausarle, perché non
imparava a stare zitto?
Perché?
Forse credeva che lei si sarebbe gettata ai suoi piedi per
dimostrargli che era la ragazza giusta?
Il moro sapeva che lei non l’avrebbe mai fatto e forse
nemmeno lui stesso avrebbe voluto una ragazza così arrendevole, lui amava la
sua ragazza così com’era, con pregi e difetti.
Amava?
Aveva detto così?
Lui sgranò gli occhi sorpreso, il silenzio dentro la stanza
e nella sua testa divenne intollerabile ed eloquente, dicendogli che aveva
pensato che l’amava e che non si mentiva.
Lui amava davvero quella ragazza così com’era peccato che
l’avesse capito troppo tardi, peccato che se la fosse fatta scappare.
Avrebbe voluto avere il tasto rewind
e tornare indietro, fare appello a tutte le sue scarse scorte di pazienza e
stare zitto, a quest’ora lei sarebbe stata ancora a casa sua a rompergli le
scatole, così come avrebbe dovuto essere .
- Dillo che in realtà
avresti voluto baciarla e poi dirle che l’amavi, fregandotene delle tue seghe
mentali!
Ammettilo! Abbi il
coraggio di farlo!-
Cosa sarebbe cambiato?
Lei se ne era andata, lei lo aveva lasciato solo, non
sarebbe tornata indietro e lui dentro di se sentiva una leggera rabbia
invaderlo, pensando che dopotutto lei lo aveva mollato alla prima difficoltà.
-Lo sai che non è
vero, parli così solo per orgoglio!
Lei c’è stata ogni
singola volta in cui hai avuto bisogno di lei, senza che avesse una garanzia su
te e i tuoi sentimenti e ora che le ha chieste e tu ti sei tirato indietro
sarebbe troppo facile dare la colpa a lei!
Sei stato tu a farla
allontanare, non le hai dato le sicurezze che cercava …
Avresti dovuto dirle
solo due parole, ma il tuo orgoglio te le ha fatte ingoiare troppe volte!-
Il ragazzo urlò un “Basta” alla sua coscienza, tirando un
pugno al muro, il dolore gli diede la scusa per poter piangere liberamente,
come un ragazzino.
Non sentiva le nocche pulsare o il sangue colare, si limitò
ad avvolgere la mano dentro un fazzoletto e a sdraiarsi sul letto dalla parte
di Fay, il suo cuscino aveva ancora un lieve traccia
del suo profumo.
Erafottutamente
grande e di nuovo vuoto quel letto.
Troppo!
Chissà lei dov’era in quel momento?
Fuori, sola al freddo?
Da Jo?
Di sicuro non da Georg o Gustav o altrimenti uno dei due
avrebbe sollevato il telefono per insultarlo fino alla settima generazione,
ingiungendogli di smetterla di fare il coglione e comportarsi da persona matura
ogni tanto.
Tutto taceva, lei era sparita come fosse stata un sogno.
Che fosse tornata a Venezia?
Sentì lo stomaco contrarsi in un morsa,e strinse più forte
il cuscino soffocando un singhiozzo contro esso.
[“Un’altra cosa…
Trattami bene Francesca.
Non la amo più, ma tengo a lei, è una persona
stupenda.
Ci sta aiutando tantissimo, come ha fatto
adesso lasciandoci i nostri spazi … non farla soffrire.”]
Le parole del fratello
si conficcarono come altre lame dentro di lui, insieme a tutto il resto.
- Bill perdonami, ma non ce l’ho fatta!
L’ho fatta soffrire e ora vorrei solo tornare
indietro o scusarmi con lei, ma ho paura!
Paura che sia troppo tardi! Paura di averla
ferita troppo!
Sono stato stronzo, sai fratello?
Le ho sputato addosso parole al veleno che non
pensavoproprio quando era più debole,
quando era più fragile!
Cosa devo fare, Bill?
Mi manchi … -
Cadde in un sonno
agitato che lo trascinò dritto in un incubo, non era più sdraiato sul letto, ma
in piedi su una spiaggia bianca, davantia un mare agitato e sotto un cielo plumbeo ed opprimente che gli strappò
un brivido.
Dove era finito?
Tom mosse qualche
passo incerto verso il mare, poi vide che su quella stessa spiaggia c’era
un’altra figura che si stagliava sull’orizzonte, i lunghi capelli neri scossi
da un vento leggero.
Bill.
Corse verso di lui,
sentendo il respiro pesante e le gambe molli, avrebbe rivisto suo fratello e
poco importasse che fosse solo un sogno.
“Bill!”
Il ragazzo si voltò
verso di lui, aveva un espressione triste.
“Ciao Tomi …
Mi hai chiamato e sono
venuto … “
“Bill, Fay se ne è andata, cosa devo fare?
L’ho ferita, l’ho
fatta sentire inutile e sporca, come posso rimediare?
E se fosse troppo
tardi?” Sparò tutte quelle domande senza nemmeno prendere fiato, come una
ragazzino alla prima cotta.
“Tom, tu la ami?”
“Io … io non lo so!”
Bill lo afferrò per le
spalle e lo scosse violentemente.
“Tom, smettila di
mentire a te stesso!
Adesso cheti manca, cosa ti manca?
Il sesso o i momenti
che avete vissuto insieme?
I dettagli, le piccole
cose, sai no?
La prima volta che
svegliandoti l’hai trovata abbracciataa
te, fragile, la volta che l’hai sentita venire di soppiatto in camera vostra
mentre suonavi ed eri felice di averla come spettatrice o quando lei stava facendo
una torta e avete finito per tirarvi farina come due bambini.
Cosa ti manca Tom?
Queste cose o il
sesso?”
Bill lo lasciò andare,
lasciandolo perplesso, quello non sembrava nemmeno suo fratello, chi era?
“Chi sei?
Tu non sei mio
fratello, lui nonavrebbe mai reagito
così.”
Il moro temeva che
all’improvviso quel Bill si trasformasse in un mostro come era successo in quel
sogno che aveva fatto in preda alla febbre, ma non successe, lui si limitò a
fare uno strano sorriso
“Conta qualcosa il
fatto che io sia tuo fratello o la tua coscienza con il suo volto?
Le mie domande hanno
perso di valore?”
Tom non rispose
subito, si concentrò sulla sabbia bianca ai suoi piedi per riflettere, forse
per una volta doveva dare retta al suo istinto che gli urlava che la amava
senza un motivo e forse non ne aveva nemmeno bisogno di uno.
“No, non hanno perso
valore …
Mi mancano le piccole
cose Bill, mi manca lei …
La amo, avevi ragione
tu, ma è tardi.”
“Non lo è.” Il sorriso
di Bill divenne dolce.
“Non lo è ancora,
seppellisci il tuo stupido orgoglio, cercala e scusati e diglielo che la ami.
E se non ti da retta,
riprovaci fino a che non lo farà, non puoi lasciartela scappare!”
L’ex rasta avrebbe
voluto abbracciarlo, ma tutto svanì e lui si ritrovò nel suo letto, a stringere
il cuscino umido di lacrime, stordito e allo stesso tempo deciso a cercarla.
Georg e Gustav
continuavano ad essere esclusi dalla liste di dove potesse essere la sua
ragazza, così si decise a comporre il numero del cellulare di Jo, che aveva
fregato a lei, il biondo rispose quasi subito.
“Pronto.”
“Sono Tom.”
“Cosa vuoi?”la voce
era ostile.
“Io e Fay abbiamo litigato, è da te?”
“Credi che te lo
direi?”
“Non è da te.”Mormorò
lui dopo un momento di silenzio
“Come fai ad esserne
sicuro?”
“La paura nella tua voce,
tu non sai dove sia come non lo so io...
Esco a cercarla.”
“Anch’io.”
Chiusero freddamente
la chiamata, poi il moro afferrò un giubbino ed uscì, non sarebbe tornato fino
a che non l’avrebbe ritrovata.
Scese le scale a
precipizio e si buttò nelle strade, camuffato,anche se dubitava che qualcuno
l’avrebbe riconosciuto o disturbato.
Camminò per un
po’,senza trovarla, dove poteva essere?
-Fermati cinque secondi e pensaci, se tu fossi
lei dove andresti?-
Li vicino c’era un
parco, per scrupolo ci fece un giro senza trovarla, iniziava a sentirsi
agitato, aveva paura che se ne fosse tornata a Venezia.
-Calma … Rifletti se è venuta qui dove può
essere andata?-
[“No qui preferirei non entrare Tom.”
Lui l’aveva guardata senza capire.
“Questo è il bar dove venivo sempre con Jo, mi
fanno male questi ricordi, non voglio entrarci mai più.”]
E se fosse andata
li?Perché non tentare?
Tom uscì da quel
luogo, ormai era in preda all’ansia nonostante i tentativi vani della sua
coscienza di calmarlo, come in preda alla febbre raggiunse quel bar per poi
bloccarsi davanti alla porta.
Deglutì, poi timoroso
di non trovarla allungò una mano e spinse la porta, entrando nel locale
affollato.
Mosse qualche passo
incerto verso una sala che sembrava più appartata, ma di lei non c’era nessuna
traccia, sconsolato si sedette a un tavolo e si portò le mani sulla testa.
Dove cavolo era?
Sarebbe precipitato di
nuovo nelle paranoie se non avesse quelli che sembravano urli soffocati di una
persona che conosceva troppo bene, Fay.
Si alzò di scatto,
adocchiò il bagno, vi entrò come una furia, scoprendo un ragazzo che stava
tentando di spogliare la mora recalcitrante, sentì la rabbia salirgli come un
fuoco, cosa cazzo stava facendo quello stronzo alla sua ragazza?
Si avvicinò al
ragazzo, che non si era accorto di lui e con un solo colpo lo staccò da lei,
per poi mollargli un pugno in piena faccia, distruggendosi anche l’altra mano.
Quello cadde con un
tonfo e lo guardò stranito.
“Giù le mani dalla mia
ragazza!”
“Se ti interessava
questa troia dovevi tenerla d’occhio meglio, è ubriaca!”
Si accucciò e gli
mollò un altro pugno.
“Non è una scusa,
coglione e adesso vattene, in silenzio, o ti cambio talmente tanto lafaccia che nemmeno tua madre ti riconosce.”
Il ragazzo strisciò
fuori dalla toilette, lui avanzò verso Francesca che era scivolataa terra sconvolta.
“Che cosa vuoi?
Perché sei qui?”
“Per portarti a casa …
Non stai bene …”
“Che te ne frega? Non
hai detto che non sapevi se volevi stare ancora con me?
Smettila di illudermi,
fa male, fai male!”
Quelle parole
veritiere lo ferirono.
“Hai ragione, ma sono
stato un coglione!
Ho detto quello perché
ero geloso marcio, non lo pensavo veramente!
Mi manchi Fay, sennò perché sarei qui?”
“Per prendermi in giro
…” mormorò amara,mezza ubriaca.
“No, non lo farei, con
te non lo farei …
Io … io sono stato un
coglione lo ammetto, ma ho sofferto anch’io … io ti amo.”
Lei spalancò gli
occhi, lui le prese le mani.
“Cosa hai detto?”
“Ti amo, ho detto che
ti amo.”
“Sono i fumi
dell’alcool, non puoi essere qui e averlo detto davvero.”
“Te lo ripeterò quando
sarai sobria e tutte le volte che sarà necessario, ma per favore vieni a casa
…”
Lei annuì spaesata, si
lasciò tirare in piedi, poi all’improvviso lo abbracciò.
“Non sei un sogno
vero?
Non è che tra poco mi
sveglio e scopro che non sei vero?”
Lui rispose nell’unico
modo che conosceva, baciandola, prima piano poi più appassionato, mentre lei lo
stringeva di più a se, come se non volesse lasciarlo più andare.
“Ok, se è un sogno o
un’allucinazione me la voglio godere fino in fondo.”
Lui la abbracciò di
nuovo, seppellendo la testa tra i suoi capelli, gli erano mancati, gli era
mancato tutto di lei, questa volta non se la sarebbe più fatta scappare.
Mai più.
Uscirono abbracciati
dal bagno, lei gli indicò le valige ancora in trance, lui le sorrise
incoraggiante.
Non smise di
sorriderle quando arrivò il taxi che aveva chiamato.
Sorrideva ancora
quando arrivarono acasa tenendola
stretta a se .
Sorrideva ancora
quando lei crollò a letto tra le sua braccia, stanca per le troppe emozioni,
frastornata, mentre lui la accarezzava piano.
Tom sorrideva ancora
quando anche lui si addormentò, sentendo un calore che si allargava dentro di
se, e pensava a domani quando avrebbe dovuto spiegarle tutto per bene.
Questa volta si
sentiva pronto.
Calore.
Francesca era immersa
in una sonnolenza vischiosa, per quanto le sembrasse assurdo stava bene, come
poteva stare bene se Tom l’aveva lasciata?
Si mosse nel sonno e
sentì che era tra le braccia di qualcuno, sudore freddo iniziò acolarle lungo la schiena, non riusciva a
ricordare cosa diavolo fosse successo in quel bar, non poteva essere finita a
letto cono uno sconosciuto!
Non poteva!
Eppure quel respiro
caldo sul collo era piacevole, molto piacevole, così simile a quello del suo ex
…
Lentamente si voltò
per vederlo in faccia senza svegliarlo per vedere chi fosse, si sentiva
agitata, aveva l’impressione che le fosse successo qualcosa di bello, ma non
ricordava che cosa.
Sgranò gli occhi.
Era Tom quello che
dormiva abbracciato a lei, sorridente come un bambino, lasciandola senza fiato,
perché era li?
Cosa era successo?
Si erano lasciati,
quel dolore non poteva essere solo un fottuto incubo!
La mora fece mente
locale, la sera prima era in quel bar, aveva bevuto parecchio, sentendosi sempre
peggio, annegata nella sofferenza, poi tutto si faceva confuso, avvolto nella
nebbia.
Una fitta di dolore si
fece largo nella sua testa mentre tentava di ricordare, di dare un seguito a
quella serata.
[Tom si avvicinò al ragazzo che stava tentando
di spogliarla e che non si era accorto di lui ,con un solo colpo lo staccò da
lei, per poi mollargli un pugno in piena faccia.
Quello cadde con un tonfo e lo guardò stranito.
“Giù le mani dalla mia ragazza!”
“Se ti interessava questa troia dovevi tenerla
d’occhio meglio, è ubriaca!”
Tom si accucciò davanti al ragazzo e gli mollò
un altro pugno.
“Non è una scusa, coglione e adesso vattene, in
silenzio, o ti cambio talmente tanto lafaccia che nemmeno tua madre ti riconosce.”]
E poi cosa era
successo?
La mora non riusciva a
ricordarselo, intanto Tom si stava quasi per svegliare e lei non sapeva cosa
fare, andarsene? rimanere?
-Perché dovrei andarmene?
Se sono qui ci sarà un motivo e io voglio
saperlo.-
Lui aprì lentamente
gli occhi e sorrise, lei mantenne un’ espressione neutra nonostante esultasse
dentro di sè.
“Buongiorno …”
“Buongiorno Tom,
perché sono qui?”
Il sorriso di lui si
spense lentamente davanti a quella freddezza.
“Eri ubriaca e ti ho
riportata a casa.”
“Perché mi sei venuto
a cercare?
Vuoi illudermi
ancora?”
“Cosa stai dicendo?”
“Non lo so …Forse che sei venuto a cercare la tua
infermiera personale docile e remissiva.”
Lui abbassò gli occhi.
“No, sono venuto a
cercare la mia ragazza perché mi mancava …
Sono stato un coglione
, Fay, non ne pensavo nemmeno una delle cose che ti
ho detto, ero geloso marcio di Jo.
Mi sentivo messo da
parte, voi avevate un armonia così forte che io mi sentivo quasi un intruso,
avevo paura che ti portasse via da me e non volevo dirtelo.
Sai, i soliti problemi
di orgoglio e difficoltà nel parlare dei miei sentimenti.
Tu non sei quello che
credi, non sei una stampella.
In queste settimane ,
forse anche prima mi sono accorto di una cosa …”
Lei deglutì, la forza
di poco prima era scomparsa, di cosa si era accorto?
“Io mi sono accorto di
essermi innamorato di te …
Ti amo.
Sono un deficiente,
non ti offro un gran che come persona, i miei difetti li conosci..
Sono uno testardo,
orgoglioso, probabilmente ci scanneremo ancora in futuro , ma io vorrei che tu
fossi al mio fianco comunque, perché di te adoro i pregi e soprattutto i
difetti.
Mi piace quando vuoi
avere ragione, mi piace quando ti incazzi e pianti il muso, perché poi finiamo
per fare pace e …. Sai come facciamo pace ….
Non so cos’altro dire
….”
Francesca rimase senza
parole, non si aspettava certo una dichiarazione.
“Giurami che è vero …”
“Certo che lo è …”
“Io …. Non so cosa
dire ….
Sono stata una
cogliona,non avrei dovuto reagire così.”
“Che ne dici di
un”Anch’io”?”
Il sorriso di Fay ora si specchiava in quello di Tom.
“Ti amo, stupida
Medusa …”
“Ti amo Nana.”
“L’hai detto due
volte!”
“Ti amo e sono tre!
Ora ci credi?”
Lei si lanciò tra le
sue braccia e lo baciò, le erano mancati quei baci, le era mancato il suo
ragazzo, ora sul suo volto scorrevano lacrime di felicità.
“Ehi …. Stai piangendo
…” mormorò lui staccandosi e baciandole le guance.
“Sono solo felice …”
Lui la attirò a se e
la strinse cullandola.
“Potrai perdonarmi per
averci messo così tanto a capire?”
“Meglio tardi che mai,
ti amo anche per questo , lo sai , vero?
Ripresero dolcemente a
baciarsi, a coccolarsi, lei non lo fermò quando una mano di lui scivolò sul suo
seno, iniziando il loro modo di fare pace.
Non lo fermò perché
per la prima volta sentiva che stavano facendo l’amore, non solo sesso.
E forse non si
sbagliava perché quando lui crollò accanto a lei dopo l’amplesso, la abbracciò
di nuovo, mormorandole “Ti amo”, due parole dal suono meraviglioso a suo
parere.
“Non dirlo troppo
spesso o mi ci abituo …”mugugnò stretta a lui.
“Scema …. Sono stato
un coglione a metterci così tanto a dirtelo …
Non so come hai fatto
a non mandarmi a quel paese ….”
“Si sei stato un
coglione, ma sei il mio coglione.
Seriamente, non ti
avrei mandato a quel paese perché sapevo quanto fosse difficile, soprattutto
addosso e poi …”
Arrossì,certa che quelle parole non le avrebbe dette
ancora così facilmente.
“Poi …. Pur di essere
così felice, affronterei ancora tutto.
Non sono mai stata
così felice in vita mia.”
Tom rimase in
silenzio, le accarezzava piano i capelli.
“Non mi sono mai
sentito tanto amato da una persona, sai?
Una persona che non
fosse mio fratello …. È bello ….”
Lei si strinse contro
il suo petto.
“Che fai? ti
vergogni?”
“No, questo
romanticismo mi sembra strano … ma bello, cioè se ti senti in vena di fare il
romantico continua pure, come se non avessi detto niente!”
Lui rise.
“Tu sei tutta strana,
ma ti adoro per questo!”
Il telefono interruppe
il loro idillio, fu la moraa
rispondere.
“Pronto?”
“Ma sei a casa allora!
Figurati se quel coglione mi avvisa!”
“Jo?”
“Si, Tom mi aveva
chiamato ieri per chiedermi se fossi venuta da me ma poi non mi ha più avvisata
che ti ha trovata!”
“Scusalo … è fatto
così …
Ora lo sistemo io …”
“ti sento allegra …
avete fatto pace?”
“Si, sono felice Jo …
Troppo felice!"
“Ti ha detto che ti
ama? Nesei sicura?”
“Si, Jo , ne sono
sicura e se a te non va bene sono affari tuoi!”
“D’accordo …vediamoci se vuoi oggi pomeriggio.”
“D’accordo … ciao!”
Si ributtò tra le
braccia del suo ragazzo, sbuffando,
“Jo?”
“Jo …. Spero che
questa volta si”convinca”!”
Lui rise, lei alzò un
sopracciglio.
“Non penso mi
molleresti per lui …”
“Sei fuori?
Assolutamente no! Non ti liberi così facilmente di me!”
“Cavoli, Nana, sa
troppo di minaccia! “
“Scemo!”
Come poteva essere
così meravigliosamente assurda la vita?
Fino alla sera prima
era disperata, credeva che la sua unica storia importante fosse finita o forse
nemmeno cominciata e ora stava ridendo e scherzando con lo stesso ragazzo che
credeva di avere perso.
Credeva non sarebbe
più stata tra quelle braccia che la facevano sentire protetta e allo stesso
tempo se stessa, era stato bellissimo ritornarci.
“Sono stata malissimo
quando mi hai lasciato …”
“Anch’io …. È devo
ringraziare Bill se tu sei qui con me adesso, altrimenti avrei fatto la cazzata
di lasciarti andare …
Credevo di aver fatto
un torto irreparabile , sai?
Pensavo non volessi
più vedermi, poi l’ho sognato e mi ha fatto capire che sbagliavo.”
“Lo ringrazierò anche
per questo …
Cavolo hai visto
quanto è tardi? Non dovremmo alzarci e mangiare?”
Lui fece una faccia
furba e si chinò a baciarla dolcemente, ecco un’altra cosa che le era mancata,
quell’espressione, quei baci e quello che avrebbe detto di li a poco.
“Io avrei un’idea
migliore …
Pennichella?”
Fra scoppiò a ridere,
non poteva che essere d’accordo con lui dato che le si stavano chiudendo gli
occhi.
Jo non era mai stato
una persona particolarmente gelosa o rompiscatole, ma Francesca era un caso
particolare, verso di lei sentiva un fortissimo istinto di protezione.
Lei l’aveva tirato
fuori dai guai arrivando ad adottare dei comportamenti che era certa
l’avrebbero fatta odiare da lui per un certo periodoe lui non se l’era dimenticato.
Per lei aveva forzato
la sua natura comportandosi dastronzo
per vedere come avrebbe reagito Tom e quello che aveva visto non gli era
piaciuto molto.
Sapeva cosa stesse
passando, ma lo stesso, quelle reazioni di rabbia non gli erano piaciute,
sembrava vedere in lui una minaccia, come se in Francesca non avesse nessuna
fiducia.
Il biondo non voleva
vedere la sua amica sprecare la sua vita con uno che non se la meritava e non
c’era certo che Tom fosse la persona giusta per lei.
-Ma forse comportandomi così ho fatto solo
danno …
Tom aveva ragione quando diceva che la stavo
facendo soffrire … -
Jo guardò l’orologio,
tra poco avrebbe visto Francesca, al telefono l’aveva sentita felice, sperava
che quel Tom si fosse deciso a tirare fuori la parte migliore di se, doveva
averla o Fra non l’avrebbe scelto.
-Se è geloso, a lei tiene, forse io gli ho dato
solo una svegliata … -
Il cellulare squillò
all’improvviso distogliendolo dai suoi pensieri, era Angie,
la sua ragazza.
“Pronto?”
“Ciao Jo! Come stai?”
La voce squillante di
lei lo fece sorridere, adorava il carattere di quella ragazza, avrebbe voluto
presentarla a fra al momento giusto.
“Bene….
Quello che sto facendo
procede…”
“Ti odia?”
“Direi di si … mi ha
sbattuto fuori da casa sua …
Però poi sembra che si
sia chiarito con Francesca, tra poco devo parlare con lei.”
“LO sai che potrei
essere gelosa?”
“Non ne avresti
motivo, piccola …”
“Lo so, ma mi piace
sentirmelo dire…
Mi manchi testa calda,
quando torni?”
Il biondo sorrise,
avrebbe tanto voluto abbracciarla in quel momento.
“Tra poco piccola …
Lo sai che odio questa
città di merda, sento cosa ha da dirmi Fra e poi prenoto il biglietto …
Ti amo Angie.”
Chiuse la chiamata
sorridendo,poi si preparò il pranzo ed
attese che venisse un orario decente per andare da Francesca, era certo che se
quei due stessero facendo pace non volessero estranei tra i piedi.
Immaginare la mora tra
le braccia del ragazzo non gli dava più fastidio, non da quando aveva Angie, perché una cosa Tom l’aveva azzeccata, lui era stato
innamorato di Francesca senza mai farsi avanti.
Il biondo aveva capito
che per Francesca non sarebbe mai stato più di un amico, era stata Angie ad aiutarlo a dimenticarla e lui se ne era
innamorato.
Buffa la vita.
In fondo per questo
doveva ringraziare ancora Girardi.
Uscì di casa inquieto,
cosa doveva aspettarsi?
-Spero che sia andato tutto bene …
Spero che Berlino la smetta di portare sfiga a
me e a chi amo…-
Il ragazzo arrivò
all’appartamento di Kaulitz, suonò il campanello e
salì, odiava quei condomini così lussuosi ed impersonali perché gli ricordavano
dove aveva passato sedici anni della sua vita, ossia incastrato in angolo di
mondo dove a nessuno importava di lui.
A Los Angeles viveva
in una casetta abbastanza semplice come reazione a quell’odio e si trovava
bene.
Perché pensava a
quello ora?
Finalmente le scale
erano finite, bussò ed entrò, Francesca era abbracciata a Tom sul divano, lei
dormiva e lui era sveglio, doveva essere stato lui ad aprirgli.
La ragazza aveva
un’aria rilassata, felice , lui la stava coccolando come se fosse la cosa più
preziosa che avesse, il biondo tossicchiò facendo voltare il chitarrista.
“Finalmente sei
arrivato …
Hai finito di farla
stare male?L’hai mandata in crisi.”
“O ho mandato in crisi
te?
Hai capito che lei non
era un soprammobile da usare senza dirle quello che provavi?”
“Cosa ti ho fatto, Keller?
Anche prima del fatto
che le dicessi che l’amavo non le ho mai mentito e ho cercato di darle quello
che potevo in quel momento.”
“Io voglio che non
soffra accanto a un bastardo che non la merita tutto qui.
Ha già sofferto
abbastanza.”
“Perché dovrei essere
io quel bastardo?
Perché credi che non
sappia renderla felice?”
“Lei ti ha sempre
aspettato anche se si sarebbe sparata piuttosto che ammetterlo, ti ha sempre
amato e non ho mai capito perché …. Come se lei in te avesse visto qualcosa che
agli altri era sfuggito …”
“Chi ti dice che non
sia stato lo stesso per me? Che anch’io non l’abbia amata per anni senza
volerlo ammettere?
Sei forse entrato
nella mia testa?
La amo Keller, questo ti deve bastare, non posso assicurarti che
non soffrirà perché non so prevedere il futuro, ma io mi voglio impegnare con
tutto me stesso con lei, chiaro?”
Il biondo annuì.
“Chiarissimo kaulitz e questo mi basta.
Ora posso tornarmene a
Los Angeles.”
Tacquero entrambi,
Francesca stava iniziando ad aprire gli occhi, adorabilmente rintronata,
sorridendo tra le braccia di Tom, non le aveva mai visto quel sorriso addosso,
sembrava ancora più bella.
“Ehi Jo!” lo guardò
sorpresa.”Quando sei arrivato?”
“Adesso … Dormito bene
bella addormentata?”
“Divinamente tra le braccia
del mio principe.”
“Sono contento che tu
lo consideri così …
Sei certa che stai
facendo la cosa giusta?”
“Dio che palle, JoshKeller!
Ti fa male stare in
America!
Si sono convinta di
stare facendo la cosa giusta!
Si, sono felice con
lui!
Si, non è perfetto, ma
la perfezione è noiosa dopo un po’!
Lo amo, prima ti
rassegni a questa realtà e meglio sarà per tutti!
Tu non hai alcun
diritto di interferire così!”
Il biondo sorrise ed
alzò le mani in segno di resa.
“Va bene testa dura …
Mi avete convinto,
buona fortuna …
Io devo tornare a Los
Angeles.”
Francesca lo guardò
spaesata.
“Si, mi hanno chiamato
stamattina è urgente che ci torni…
Buona fortuna, ci
vediamo a Natale.”
“Tu sei pazzo Keller!”
“Grazie del
complimento Kaulitz, io e te non saremo mai amici, ma
forse potremo arrivare asopportarciun giorno.”
“Sono sicuro che avere
un continente di mezzo ci aiuterà.”
Francesca lo guardava
spaesata, lui l’abbracciò per rassicurarla.
“Mi dispiace scappare
così, ma davvero, è urgente …
Ho anche qualcuno che
mi aspetta ad L.A …”
“Che stronzo …. Così
mi dici che hai una ragazza?
Chi è? Come si
chiama?”
Lui rise.
“Si chiama Angie, è una mia compagna di università.”
“Sono felice per te ….
ma non credere di cavartela così …
Non ti punisco solo perché
Tom mi rende così schifosamente felice …”il moro fece partire una risatina” da
farmi passare la voglia, ma …
La voglio A S S O L U T A M E N T Econoscere.”
“Agli ordini ….”
Si abbracciarono
un’ultima volta, Tom gli strinse la mano e poi se ne andò.
Mentre preparava la
valigia per tornare a New York si sentiva più leggero, forse Berlino non
portava così sfortuna, almeno non a tutti.
ANGOLO DI LAYLA
‘Sera.
Spero che
questo capitolo vi piaccia, me lo auguro con tutto il cuore perché a me non
convince, credo che Fra l’abbia perdonata troppo presto a Tom, ma d’altronde se
avessi voluto dare retta al mio naturale sadismo questi due si sarebbero detti
“ti amo” il giorno della mia laurea … non quella triennale … quella
specialistica XD!
Rispondo
alle recensioni, l’ho promesso e lo faccio.
Bambolina Elettrica: Come vedi Tom si è accorto di amarla e tutto si è risolto
per il meglio ^^.
In quanto
a Lene, capirà che non è Farid quello giusto molto
presto^^.
Spero che
questo ti piaccia.
Alla
prossima (spero).
Ciao.
Schwarz Nana: dunque, per Tom e fra, anch’io
la penso come te, avrebbero dovuto stare lontani almeno per un po’, ma non ce
l’ho fatta ç_ç.
Insomma,
a Francesca ho già creato una vita di merda, in cui ogni volta che c’è qualcosa
che le va un po’ bene immediatamente le viene tolto.
Non ce
l’ho fatta.
Credo,
anch’’io saranno traballanti, ma ce la faranno,.
Uno
scoglio è superato.
Lene… Lene presto farà una scelta anche lei e …. Non, non ti dico
nulla, sennò finisce che ti spiattello la trama e non è bello.
Spero che
questo ti piaccia^^.
Hana Turner: ahahhha! Farid
Romeo?
Bhe in effetti con quella scenalo ricorda parecchio, ma è indubbio che sia Luca il suo Romeo XD!
Anch’io volevo coccolare
Far, povera anima, però in questo diciamo che viene ripagata per le sofferenze
XD!
Non è
male l’idea di registrare l’evento, sai XD?
Alla
prossima^^
Pulse:e si, Tom torna XD!
Spero che
non sia troppo diabetico XD!
Anche tu
cotta di Luca? Mi sa che se per caso Lene non si decidesse , tu ed Hana fareste a botte per lui XD!
Scialla in ogni caso, ben presto Lene sceglierà e spero che la sua
scelta vi piaccia.
Anche a
me Farid fa tenerezza, ma tranquilla non sarà una
minaccia per Gustav.
Alla
prossima^^.
Ciao
Lady Cassandra: ihihi! Mi hai sgamata, si voglio
mandare Lene al manicomio *-*!
Ovviamente
scherzo, volevo solo sconvolgerla per bene prima di farle fare la sua scelta.
Jo, sicuramente
ha scombinato tutto, ma credo che servisse un elemento esterno a scombinare
tutto e a far decidere Tom, sennò, ciao…
Spero che
questo ti piaccia, Finalmente le due dannate paroline sono state dette ^^.
Alla
prossima.
Ciao
Ringrazio
Dark Angel In DieNacht per la recensione al primo capitolo ^^, spero di vederne
ancora^^
Era passato un giorno
da quando Luca le aveva parlato,un giorno in cui Lene aveva riflettuto molto e
concluso poco se non isolarsi nel suo mondo alla ricerca di una risposta che le
risultava difficile da trovare perché quello che provava per Luca era a cavallo
tra l’amore e l’amicizia.
Adorava trascorrere
del tempo in sua compagnia, come si comportava e come le dava importanza,
usando con lei una gentilezza che agli altri riservava raramente.
Lo adorava e basta,
c’erano stati giorni che lo avrebbe coccolato tutto il giorno come se fosse
stato un peluche in passato.
Quei giorni se ne
erano andatie forse già allora quel
sentimento che lei credeva puro non lo era già più, lui era già innamorato di
lei.
Ora, in quel giorno di
riflessione si era ritrovata sempre più spesso a pensare a come dovesse essere
baciarlo sul serio, sentirlo suo come ragazzo.
Erano pensieri strani,
ma non spiacevoli, la facevano sorridere come non le era mai successo con Farid.
Ok.
Forse con il turco era
stata solo attrazione, concluse, forse non valeva più la pena portare avanti
quel rapportose per lui non provava più
nulla, ma poteva trovare quello che cercava in Luca?
-Non sarebbe solo attrazione con lui, ci sarebbe
dell’altro e forse ne ho paura …
Da chi sono corsa quando stavo male?
Chi volevo coccolare quella mattina che l’ho
visto dormire?
Lui ; non Farid …
Anzi, spesso il mio ragazzol’ho visto come una minaccia da cui Luca
doveva difendermi …
Lo amo?
Devo capirlo! Non voglio che stia male!-
La bionda ricordava
benissimo il dolore che aveva visto riflesso negli occhi dell’italiano e se ne
se sentiva ferita anche ora, sapendo di esserne stata la causa.
Lei non si era mai
accorta di niente, se se ne fosse accorta prima …
-Forse non ti saresti messa con farid, ma con lui …
Ammettilo che ti è sempre piaciuto e che Leila
aveva avuto ragione!-
Lene sbuffò, ma
intanto sorridevacome un ebete, facendo
in modo che tutti la guardassero stupiti, tanto che imbarazzata dovette
chiedere di andare in bagno al professore.
Camminò distratta per
i corridoi, altrettanto distrattamente entrò in bagno e si accese una sigaretta
non accorgendosi che qualcun altro era entrato.
“Sei innamorata.”
La voce di Leila
l’aveva fatta sobbalzare, non so era accortache la rossa fosse già dentro.
“Chi io?”
“No, il lavandino …
Sei tu ad andare in
giro con una faccia da fessa,quella tipica di quando sei cotta di qualcuno!”
Lene non rispose.
“Non è mio fratello,
vero?
Lui non l’hai mai amato
… Era sesso o attrazione, dipende da dove siete arrivati, ma il sentimento non
c’era da parte di nessuna delle due parti, vero?
Chi te l’ha fatto
capire?
Di chi ti sei
innamorata?”
Lene la guardava a
bocca aperta, come aveva fatto a capire così tante cose di lei?l.
“Io osservo Lene,
quindi mi accorgo di cosa succede alle persone …
Il fortunato è Luca?
Se fosse lui, trattalo bene, non farlo soffrire.”
“ E a tuo fratello non
pensi?”
“Lui se la sa cavare …
Per lui hai mai contato nulla …
Luca non è un ragazzo
come Farid …”
“Lo so, per questo
voglio starci attenta ….
Leila … No nulla …
Grazie! Ora vado.”
“Prego! Ciao!”
Lene uscì da quel bagno più inquieta di prima, avviandosi
verso la sua classe, quella sottospecie di avvertimento di Leila l’aveva fatta
pensare ancora di più al fatto di non far soffrire Luca.
Eppure, più tentava di razionalizzare e soffocare quello che
sentiva in una gabbia di emozioni più controllate e consapevoli, più forte si
faceva il bisogno di dire a Luca che, si quella storia si poteva provare a
viverla, che lui non le era indifferente.
La bionda voleva fare le cose per bene, voleva una storia
seria in cui si soffrisse il meno possibile e la voleva con Luca.
Si fermò di botto.
Allora ne era innamorata! Doveva parlarne con qualcuno!
La ragazza cambiò improvvisamente direzione,le lezioni
potevano aspettare ancora un po’,fare chiarezza era più importante!
Corse per i corridoi sperando di trovare chi cercava,ossia
di nuovo Leila e parlare con lei, in fondo era stata la rossa a parlarle ancore
dopo la storia di Georg in cui le aveva intimato di stare fuori dai suoi affari
e forse almeno per lei l’ascia di guerra era seppellita.
Non la trovò per i corridoi, intuì che fosse sulle scale
antincendio forse a fumare o semplicemente a cazzeggiare e decise di darci un
‘occhiata.
Come volevasi dimostrare Leila era li che fumava appoggiata
alla ringhiera, non appena sentì la porta spalancarsi dietro di sé la rossa si
voltò.
“è la seconda volta che ci becchiamo in meno di due minuti …
Mi stai facendo il filo Kaufmann?”
“No, ho bisogni di parlarti e so che non ne ho il diritto..”
“Infatti, cosa ti fa credere che io voglia stare ad
ascoltare i cazzi tuoi dopo la scenataccia che mi hai fatto?”
La rossa si voltò di nuovo a guardare il panorama.
“Non lo so, forse il fatto che mi hai parlato prima e mi hai
raccomandato di non fare soffrire Luca! Perché hai ragione, io credo di provare
qualcosa per lui, ma non so cosa!
Cotta o amore?
Nonlo so, so solo
che non voglio che soffra!”
“E cosa vuoi da me?
La soluzione ai tuoi problemi? Pietà?
Lene,quando sei con Luca cosa senti?”
“Io.. sto bene! Mi piace stare con lui, è una delle poche
persone da cui mi sento capita ed accettata e che apprezzo.
Starei sempre con lui se fosse possibile …”
Leila le lanciò uno sguardo penetrante.
“ Senti dell’attrazione? Vorresti mai baciarlo?”
“Cazzo, sembri una strizza cervelli … Comunque si, l’ho
baciato …
Lui mi ha chiesto di fare chiarezza dentro di me ….”
“Cosa provi per mio fratello?”
“Onestamente? Prima una grande attrazione, ma ora …”
“Sta svanendo vero? Non ne puoi più di questa storia,
giusto?”
“Si, esatto …
E allora chiudila Lene! Per Farid
non vali molto, lui ama ancora Shirin, posso
scommetterci!
Chiudila in ogni caso e dai retta al tuo cuore ….
Provaci con Luca, tu per lui provi qualcosa di forte, lo
provano questi dubbi, sai?
Hai paura di vivere una storia con lui perché sai che ne
verresti molto coinvolta, ma non puoi scappare sempre!
Vai! Vivi e buttati!
Non pensare al fatto che possa andare male, perché potrebbe
anche andare bene, invece.”
Lene rimase un attimo ariflettere.
“Hai ragione, Farid lo devo
lasciare apriori, così non si può
andare avanti.”
“Giusto … e.. non lascarti scappare Luca solo perché hai
paura, potresti pentirtene per tutta la vita ….”
Lei sospirò.
“Grazie Leila, avrei voluto aprire gli occhi prima …”
“Meglio tardi che mai.”
Lene tornò in classe più serena, almeno una decisione
l’aveva presa e questo bastava a farla stare meglio.
- Che idiota che sei …
Credi che il tuo ragazzo accetterà facilmente di essere messo da parte?-
Ovviamente non l’avrebbe accettato, ma lei era ben decisa a
non portare più avanti quel rapporto, qualunque cosa avesse deciso per Luca.
“Sembri serena adesso Kaufmann.”
Fu il commento di una sua compagna a ritrascinarla
alla realtà.
“Si. Ho deciso una cosa e ora sto meglio…”
“Sono contenta per te … eri così tormentata in questo
periodo ….”
“Grazie Annika … ora andrà tutto
meglio spero.”
Non ne era certissima, ma doveva provarci, per se stessa,
per Luca, per il suo futuro, per se stessa.
Il primo passo era chiamare Farid,
rimandare era inutile ora che aveva deciso, doveva andare fino in fondo.
La campanella giunse come una benedizione, schizzò via dalla
scuola come un razzo, non vedeva ‘l’ora di arrivare nel suo appartamento vuoto
ed di chiamarlo, facendola finita una volta per tutte.
Arrivò davanti a casa con il fiatone, aprì la porta e
cominciò a temporeggiare,decidendo che
prima forse era opportuno cucinare qualcosa per il pranzo.
La solita, stramaledetta indecisione che tornava a farsi
sentire e vanificava tutti gli sforzi, iniziava ad odiare quel lato del suo
carattere.
Mangiò quello che aveva cucinato di pessimo umore, senza
nemmeno sentirne il sapore, solo per far passare minuti e riempirsi lo stomaco.
Vigliacca.
Vigliacca che non era altro.
Sparecchiò, lavò i piatti, prendendo altro tempo.
Quando tutte le scuse furono finite Lene si ritrovò a
fissare il cellulare come se fosse un animale che potesse morderla da un
momento all’altro, i minuti scorrevano lenti ed implacabili.
- Kaufmann cosa stai
facendo?
Aspetti che il numero
si componga da solo?
Credevo fossi decisa a
mollarlo! Vuoi continuare questo rapporto spento perché non hai le palle per
troncarlo?
Vuoi fare soffrire
Luca?
Vuoi soffrire tu
stessa?-
La sua coscienza aveva ragione, non erapiù il momento per le indecisioni, doveva
raccogliere il coraggio per chiamarlo e chiedergli un appuntamento e sistemare
la situazione.
La bionda si avvicinò tremante al cellulare, tremando
compose il numero ed aspettò ansiosamente che qualcuno rispondesse dall’altra
parte.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Il turco rispose tranquillo.
“Pronto?”
“Ciao Farid, sono Lene.”
“Ciao piccola, cosa c’è?”
“Ho bisogno di parlarti … Ootremmo
vederci?”
“Si, sul tardi, verso le cinque al parco solito, ti va
bene?”
“Perfetto … A me va benissimo.”
“Piccola, ti sento fredda..”
Non seppe cosa rispondergli.
“Ok, non fa niente … A dopo.”
Il suo ragazzo chiuse la chiamata, lei si diede dell’idiota,
avrebbe potuto fingere un po’ di allegria, un po’ di normalità!
Ormai era fatta, alle cinque tutto sarebbe finito, questa
era l’unica consolazione che potesse darsi, anche se misera e codarda.
La ragazza si concentrò sui compiti che aveva, studiò quel
che doveva in preda ad un ansia sottile ed indefinita, che la erodeva come un
fiume sotterraneo.
Cercava rifugio nella routine, aveva l’impressione di non
trovarlo, come se tutto le sfuggisse tra le mani, tutti gli errori, le
decisioni avventate che aveva preso nei mesi passati le stavano presentando il
conto.
Nulla di strano, ma a volte aveva la tentazione di scappare
lontano, l’unico motivo per cui non l’aveva ancora fatto era stato Georg e in
una certa maniera Luca.
Sospirò, stancamente si trascinò in camera sua e tirò fuori
qualcosa dall’armadio, un look semplice, erano lontani i tempi in cui si
metteva in tiro per il turco, quasi appartenenti ad un’altra vita.
Uscì di casa, agitata, percorse come una furia la strada
verso il parco, tanto da arrivare in anticipo.
Iniziò a misurare a grandi passi lo spazio davanti alla loro
panchina, ormai era definitivamente preda all’ansia, non si sarebbe calmata
fino a che non avrebbe vuotato il sacco.
“vuoi scavare un fosso?”
“Oh ciao Farid. No, figurati, a
che servirebbe?”
Complimenti per l’inizio, Lene! Se avesse voluto sembrare
così scema di proposito non ci sarebbe riuscita.
“Anche questo è vero, comunque … Come va?”
“Solito, tu?”
“Solito anche per me … Perché mi hai chiesto un
appuntamento?”
“BHe …. Non è facile da dire …
Non so da che parte cominciare.”
“Di solito si parte dall’inizio.”
“Bhe … io e te non siamo una vera
e propria coppia no?
Siamo legati da attrazione e basta giusto?Non ci poniamo vincoli, no?”
“Dove vuoi arrivare Lene?”
“Che io non voglio più proseguire questa relazione, mi ci
sento imprigionata dentro!”
“Mi sta mollando?”
“Si …. “
Le afferrò un polso, lo sguardo era diventato duro
d’improvviso.
“Cos’è sei stanca di me, troietta?
Ti piacerebbe sfruttarmi e poi mollarmi?
Ma io non te o permetto!”
Stringeva quel polso fino a farle male, non era un bel
segno.
La bionda aveva paura stesso tempo voleva mostrarsi forte,
era stufa di essere sempre così succube nei suoi confronti.
“Smettila Farid!
Sono stufa di questa situazione! Non sono la tua bambola! Non
più!
Sono stufa di questi comportamenti … Se vuoi picchiarmi
fallo pure, ma questa volta risponderò sappilo!”
Bella sparata! Si fece i complimenti da sola, che
possibilità aveva contro un ragazzo più alto e più robusto di lei?
“Oh! Giochi a fare la dura? Non sai che potresti farti
male?”
Lo sapeva benissimo, tuttavia era davvero esasperata.
“Smettila!! Sono stufa!
Non ti importa nulla eccetto che di te stesso! Mi hai
rotto!”
Lui fece per mollarle una sberla, lei la evitò.
“Riprovaci e urlo, pezzo di merda!
Non la troverai mai una ragazza!”
“Zitta! Tu non sai un cazzo!”
“Vaffanculo!”
Questa volta la sberla non fece in tempo a scansarla e
bruciò da morire, lasciandola interdetta.
“Brucia bambina? Hai finito di tirartela adesso?”
“Te lo ridico, vaffanculo!”
Gli occhi le fiammeggiavano di rabbia, tentò di mollargli
uno schiaffo asua volta, lui però
riuscì ad afferrarle un polso, ora era in trappola.
“Mollami!”
“No, ora me la paghi!”
Si avvicinò a lei, Lene non sapeva cosa avesse intenzione di
fare, aveva iniziato a tremare.
“MOLLALA!”
Un voce li fece sobbalzare, Luca era arrivato dietro di lei,
senza che nessuno di loro lo notasse e ora guardava il turco con occhi di
fuoco, Lene deglutì, non voleva una rissa tra i due.
“Luca, non ti preoccupare, non è successo nulla!”
Tentò senza successo di calmare le acque tra i due,
ricevendo in cambio solo un’occhiataccia dall’italiano, che palesemente non si
era bevuto la sua bugia.
“Nulla? Tu lo chiami nulla?
Sta di nuovo tentando di picchiarti?Perché ti ostini a difenderlo?”
“Luca non rendere tutto più difficile, cazzo!
Vattene!”
Il turco la mollò all’improvviso e scoppiò in una lunga
risata amarache la raggelò, era carica
di brutti presentimenti, cosa avrebbe potuto fare Farid?”
“Ho capito tutto …Bhe potevi dirlo subito!
Bye bye stupida ragazzina!Questo
pezzente non vale nemmeno la metà di quello che valgo io.”
Detto questo se ne andò, lasciando una Lene totalmente
imbarazzata.
“Cosa è successo?” Chiese uno straniato Luca”Ora me le vuoi
spiegare?”
“C’è che ho mollato Farid e avrei
bisogni di parlarti ….”
Ok, era stata un tantino troppo diretta, ma non aveva
intenzione di perdere altro tempo ora che finalmente aveva le idee chiare,
amava Luca e non intendeva aspettare un altro minuto per dirglielo.
Luca si era spesso dato del cretino in quei giorni.
Si era ripetuto per mesi di stare buono, di non dire nulla a
Lene per non incasinarla ulteriormente, che in fondo poteva farsela passare
questa cotta o come voleva chiamarla, eppure era bastata una domanda della
ragazza per mandarlo crisi e fargli confessare tutto.
Cosa gli avrebbe risposto?
Aveva una fottuta paura di saperlo, temeva che lei gli
dicesse che purtroppo oltre all’ amicizia non provava nulla, non avrebbe potuto
sopportarlo, non sarebbe più riuscito a guardarla in faccia ne a continuare
quel rapporto.
Lui teneva all’amicizia.
Perché non era stato zitto?
I giorno del castano si erano trasformati in un’altalena di
momenti sereni ed altri in cui tutto sembrava orribile, in cui era certo di venire
rifiutato e allora diventava intrattabile.
Era riuscito ad esasperare persino Leila, che alla fine era
riuscita a strappargli la ragione del suo malumore contro la sua volontà, non
voleva che qualcuno lo sapesse perché stava male per non ricevere pietà.
“Finalmente ti sei deciso! Non ci speravo più sai?”questo
aveva detto la rossa dopo la sua confessione forzata.
Lu l’aveva guardato stranito.
“Luca te lo si legge in faccia che ti piace … Se ti dovesse
dire di no ti metterai il cuore in pace no?”
Luca sbuffò, perso nei suoi pensieri e totalmente
disconnesso dalla lezione, Leila parlava perché aveva la bocca, gestire un
rifiuto non era affatto facile, lei non sapeva affatto come fosse!
Leila in diciannove anni di vita aveva avuto solo storielle
senza coinvolgimenti emotivi, senza mai innamorarsi davvero!
- Anche se anche lei
mi sembra strana in questo periodo.. Che si sia innamorata anche lei?-
Riprese afingere di
seguire le lezioni fino a quando non suono la campanella e poté schizzare a
casa, fortunatamente non incontrò ne Lene ne Leila.
Voleva stare da solo ad esternare la propria ansia!
Si tuffò nella solita routine,ossia cucinare per Andrea e
trattenersi dal litigare con lui visto che , per la loro personale guerra causa
la divergenze di opinioni che avevano sulla madre, lui contestava qualsiasi
cosa preparasse.
Quel giorno non andò diversamente e Luca per l’ennesima
volta si ritrovò a desiderare ardentemente di essere nato in una famiglia
diversa perché la sua lo stava portando al manicomio asedici anni.
Una volta costretto il fratello a fare i compiti, urlando
che gli avrebbe distrutto i video giochi se l’avesse visto a fare qualcosa che
non fossero compiti, il ragazzo si fumò una sigaretta e tentò di concentrarsi
sullo studio.
Girardi era sempre stato un
ragazzo sveglio, non aveva bisogno di applicarsi troppo per tenere a mente
argomenti e collegamenti, ma quel giorno non ci riuscì.
Il suo cervello tornava ossessivamente a Lene e alle
possibili risposte, tanto da indurlo a lasciare perdere e a uscire a farsi un
giro per calmarsi.
Gironzolò fino araggiungere un parco e fu li che li vide, Lene che tentava di mollare
una sberla a Farid e il turco che le afferrava il
polso con un’aria furiosa.
Gli era salito il sangue alla testa e si era intromesso
urlando come un ossesso: “MOLLALA!”
Lene si era voltata con uno sguardo spaventato, forse non
voleva che lui fosse coinvolto in una rissa,…
Come adorava Lene, ma la verità era che al momento
desiderava sul serio spaccare la faccia a Farid per
avergli in un qualche modo fregato la ragazza che amava e averla trattata male.
“Luca, non ti preoccupare, non è successo nulla!”
La fulminò con un’occhiataccia, questa volta non doveva
impicciarsi, voleva regolare i conti.
“Nulla? Tu lo chiami nulla?
Sta di nuovo tentando di picchiarti?Perché ti ostini a difenderlo?”berciò
infastidito.
“Luca non rendere tutto più difficile, cazzo!
Vattene!”
Fu allora che il turco la mollò e scoppiò in una lunga
risata maligna che lo lasciò perplesso, cha cavolo stava architettando?
Ho capito tutto …Bhe potevi dirlo subito!
Bye bye stupida ragazzina!questo
pezzente non vale nemmeno la metà di quello che valgo io.”
Detto questo se ne andò, lasciando una Lene totalmente
imbarazzata.
“cosa è successo?” Chiese uno straniato Luca”Ora me le vuoi
spiegare?”
“C’è che ho mollato Farid e avrei
bisogni di parlarti ….”
Ok, questo non se lo aspettava! Non era ancora pronto!
Come sarebbe andata? Era arrivato finalmente il momento di
sapere la verità,ma non si sentiva affatto pronto!
La seguì lungo i sentieri del parco, cercando di calmarsi,
non era una donnetta isterica, non poteva farsi prendere da quest’agitazione!
-Forse è la rabbia che
non ho sfogato contro Farid.-
Lene si fermò, il ragazzo realizzò dove fossero, erano
vicini alla casetta dove venivano spesso anni prima a confidarsi i loro
segreti.
“Hai visto dove siamo?” Chiese sperduto.
“Certo, anche se ora siamo troppo grandi per entrarci.”
“Hai ragione … Cosa volevi dirmi?
Innanzitutto cosa ci facevi con Farid?
Ti stavi facendo picchiare ancora!”
Lei sospirò e mosse qualche passo incerto stringendosi nel
giubbino.
“Lo so, ma dovevo parlargli …
Io e lui ci siamo lasciati, io l’ho lasciato.”
Lui sgranò gli occhi.
“Io ecco …. Non stavo più molto bene con lui da dopo la
storia di Georg, per come si era comportato, senza darmi una possibilità di
scelta, per le sue intromissioni gratuite e in ultimo il fatto che mi ha
picchiato, poco o tanto non importa, quando mi sono ribellata.
Questo mi ha fatto capire che non avevamo futuro, però allo
stesso tempo avevo paura di lasciarlo e non ho fatto nulla, sbagliando.
Poi ho parlato con te …”
La ragazza si bloccò, arrossì, in evidente difficoltà.
“Ecco,non è che non
me lo aspettassi, non è che mi sembrasse strano, però mi ha aperto gli occhi e
mi ha dato il coraggio di riflettere e capire cosa volessi veramente.
Non volevo illuderti o farti credere che ti usavo come
sostituto di Farid perché non è vero.
Io … Cazzo, come è difficile.
È già da un po’, già da prima di mettermi con Farid che a volte ti vedevo come più di un amico, ma non
avevo il coraggio di ammetterlo, non volevo espormi al rischio di un rifiuto.
Tu hai avuto più coraggio di me.
Per rispondere alla tua domanda, anch’io credo di essermi
innamorata di te.”
Non riuscì ad assimilare del tutto quelle parole, era troppo
bello per essere vero,un sogno che si realizzava.
“Sei sicura?”
“Si, voglio provarci.
Ci voglio credere in questa storia, anche se forse rischia
di rovinare la nostra amicizia se non dovesse funzionare.”
Lui sorrise, si avvicinò a lei e l’abbracciò.
“è un caso che siamo finiti qui?”
“Secondo me no …” Mormorò lei allacciando le braccia dietro
al suo collo.
“Ci abbiamo solo messo un po’ a capire.”
Luca le sorrise, strofinò il nasocontro il suo e finalmente, incerto come non
lo era mai stato, la baciò, fu Lene a dargli coraggio rispondendo con passione
.
“Credevi sarei scappata?”mormorò staccandosi da lui.
“Forse si.”
“Non lo farò ….Non
voglio farlo!”
Questa volta fu lei a baciarlo, cancellando ogni suo dubbio,
non sarebbe statosemplice far
funzionare quella storia, non lo era mai in realtà, eppure era felice , felice
come non lo era mai stato in vita sua.
Leila era da molto che non vedeva Shirincosì felice.
Una luce sembrava illuminarla dall’interno, facendola
sorridere più spesso, un po’ come ai vecchi tempi e per Leila come sempre fu un
pugno allo stomaco ricordarli.
Fu automatico chiedersi come sarebbe stato se quel bambino
fosse nato, per un attimo lo vide perfino inseguito dalla sua amica e da suo
fratello con lei che li guardava sorridendo.
Quel bambino però non era mai nato ed aveva scavato un a
ferita profonda in Shirin, un qualcosa che non si
dimenticava e anche in lei in parte,
il passato però era passato, se le erano lasciato quasi alle
spalle, non senza difficoltà, per la bionda soprattutto ma alla fine ce
l’avevano fatta.
-Siamo ancora in piedi
dopo anni, nonostante ci siano stati momenti in cui l’avrei creduto impossibile
…
Siamo forti, lei è
forte, soprattutto.-
Shirin era forte abbastanza da
innamorarsi di nuovo?
Se lo chiese mentre guardava pulire con rinnovata energia i
pavimenti della clinica, sorridendo e canticchiando una vecchia canzone
sottovoce.
Le brillavano gli occhi e il colorito malaticcio se ne era
andato per lasciare spazio a una carnagione normale, quasi luminosa, quasi come
quando stava con Farid.
“Shirin tutto ok?”
Lei la guardò sorpresa.
“Certo, sto benissimo!
Perché me lo chiedi?”
“Hai un’aria … Diversa!
Più luminosa, più felice! Non è che ti sei innamorata di
qualcuno?”
“Smettila Leila, non dire cavolate!”
Era arrossita, erano anni che non succedeva, la rossa
sorrise, il cuore pieno di gioia, la sua amica stava tornando davvero, non era
più solo il fantasma di sé stessa.
Ora era ancora più curiosa di sapere i motivi di quella
gioia, di quel sorriso e di quell’aria sana che aveva ultimamente, si sentiva
sempre un po’ responsabile nei suoi confronti.
Il senso di colpa era difficile da debellare, il suo forse
era addirittura incancellabile, certe notti sognava ancora il corpo
insanguinato di Shirin steso in quella vasca da bagno
troppo bianca, la corsa in ospedale e la fottuta paura di perderla.
Un brivido corse lungo la schiena della rossa, era un
miracolo vedere la bionda ancora accanto a lei, nonostante tutto.
Decise di tornare all’attacco, voleva sapere se davvero si
era innamorata, se davvero forse si stava lasciando tutto alle spalle.
“Eddai, Shirin,
che ti costa dirmelo?”
La bionda sbuffò.
“Dio che pressa che sei!
D’accordo c’è qualcuno che mi interessa ultimamente, ma non
so se ne sono innamorata, voglio andarci con i piedi di piombo questa volta.”
Era comprensibile, ma bastarono quelle poche parole a farla
sorridere e a scatenare in lei una curiosità moltoforte.
“Com’è? Carino? Simpatico?”
“Si, non è male fisicamente, è anche molto simpatico.
Mi faccio sempre un sacco di risate quando sono con lui e
poi mi sento capita.
Non era come con Farid che a volte
sentivo di dare senza ricevere, questa volta credo sia diverso.”
“Uhm … lo conosco?”
“Non te lo dico, ti ho già detto troppo!”
“Dai!!”
“No, voglio essere sicura di questa storia, prima di
parlarne in giro!
Non ti dirò una parola di più!”
Era decisamente poco per i suoi standard, ma dovette
accontentarsi, non le avrebbe cavato altro, sapeva bene quanto potesse essere
testarda se ci si metteva.
“Ok … ma sappi che sono terribilmente curiosa di
conoscerlo!”
“Non ne dubitavo, ma dovrai aspettare!”
Shirin sorrise leggermente sadica
e si diresse verso la camera di Bill, Leila le trotterellò ridacchiando.
“Ciao Bill!” salutò solare la sua amica.
“Come va oggi?”
“Ciao Shirin!” lui sorrise a sua
volta e come sempre lei sentì un tuffo al cuore, si stava prendendo una
sbandata sempre più forte per quel ragazzo.
“Va meglio, grazie, tu come stai?”
“Bene.”
“Oh ciao Leila, non tiavevo vista!”
“Ciao!”alzò timida una mano per salutarlo.
Quando c’era Shirin non riusciva a
essere molto sciolta in sua presenza, non sapeva perché.
Fu allora che lo vide.
Il sorriso di Shirin le illuminava
il volto, facendolo risplendere, avrebbe dovuto esserne felice, eppure non lo
era, si sentiva gelare al pensiero che forse era per Bill.
Non poteva essere lui quel ragazzo che la stava facendo
tornare alla vita!
Non era giusto!
Rimase in trance ad osservarli scambiare due chiacchiere,
ridacchiare allegri, quel sorriso non se ne andava dalla faccia di Shirin, quel sorriso che aveva tanto amato e che ora la
feriva come non mai.
La vita era crudele, perché le stava ridando la sua amica a
condizione che lei lasciasse perdere l’unico ragazzo che l’avesse mai colpita.
“Tutto bene Leila?”
Shirin le rivolse uno sguardo
indagatore che la face riscuotere e appiccicare alla faccia un sorriso falso di
rassicurazione.
“Si, non c’è problema, scusatemi ma ora vado da Klaus.”
Klaus era il vicino di stanza di Bill, non lo sopportava, ma
era sempre meglio che stare li, in quella stessa stanza a vedere i suoi dubbi
confermati.
Li salutò ed uscì precipitosamente, conscia di avere appena
fatto una figuraccia.
Leila non era certa che fosse Bill il ragazzo di cui parlava
Shirin, ma c’erano dettagli che coincidevano,
sensazioni che le portavano a credere che fosse così.
Da quando Bill era arrivato in clinica Shirin
aveva ripreso a sorridere, era un fatto che poteva ignorare, così anche il
fatto che fosse carino e simpatico, anche se queste dichiarazioni potevano
adattarsi a qualsiasi ragazzo in fondo.
-Non posso sognare su
di lui, innanzitutto perché se lo sa la iena mi sbatte fuori da qui e poi se
dovesse piacere a Shirin non mi perdonerei di averle
messoi bastoni dalle ruote!-
Perché doveva essere sempre tutto così difficile?
Perché per una volta la vita non poteva sorriderle epoi mantenere quel sorriso senza poi
toglierle subito qualcosa?
Per la rossa erano le solite domande senza risposta che si
poneva da sempre, inutile aspettare una risposta.
L’unica cosa che poteva fare era tenere alla larga Bill da
lei e dalla sua mente finchenon avesse
capito chi era il misterioso ragazzo della sua amica.
Una fitta al cuore accompagnò questa decisione, sarebbe
stata dura rispettarla.
ANGOLO DI LAYLA
Eccomi
con un nuovo capitolo^^.
Luca e
lene finalmente trovano una soluzione alla loro storia etorna Bill, almeno in un assaggio^^.
Spero vi
piaccia^^
Ringrazio:
PS: il titolo è ovviamente tratto da una
canzone del Liga.
Big Angel Dark: non
tipreoccupare^^.
Sperochequestotipiaccia.
Ciao^^
Pulse:In
effetti era quellochevolevotrasmettere,
ma non erocertadiesserciriuscita
XD.
Bill, si, in effettifamiracoli XD.
Luca mi sachedovraidividerlo con Lene.
Sperochequestotipiaccia.
Ciao.
Hana Turner: Sonocontentachetisiapiaciuto *-*!
In effetti Tom avrebbefattogironzolare Jo finoalladecomposizione
XD!
Angie, credo piacerà a Fra, in realtà non ci ho ancorapensato.
Un po’ soffertaquestadichiarazione, ma alla fine
c’è XD!
Sperochequestotipiacciadatochec’è Luca XD.
Allaprossima^^.
Lady Cassandra:Per arrivarealla fine, civorrà
un po’, datoche Bill torna solo ora XD, ma cistiamoavvicinando.
Siamo circa a metà,Dai
XD.
Sonocontentacheilcapitolotisiapiaciuto,
non volevocheci fosse unarotturatraFra e Jo e ho cercatodiriparare
(avevounamezza idea siprovare
a farlofinire con Sakura,
ma Tom non avrebbegradito
! ahahahah).
Tranqui^^, come vedi Luca
e Lenehannofinalmenterisoltoiloroproblemi e prossimamentetornaanche Gustav.
Sperotipiaccia XD!
Ciao.
Schwarz Nana: Sonocontentachetisiapiaciuta^^-
L’idea del distaccotemporaneodiciamoche è statasintetizzatanelpomeriggiodisofferenzadi
Tom.
So chetipiaceilsogno, piaceanche a me in realtà^^, mi serve per far riflettereipersonaggi XD.
Eh si, forse Tomsperavache Jo siperdesse,
ma gli è andata male.
Luca e Lenerisolvono in questocapitolo, dalprossimotornanotuttiglialtri^^.
Leila non avrebbe ma creduto di trovarsi in una situazione
simile.
Eppure le stava succedendo e da un mese ormai.
Un mese fatto di silenzi e di fughe improvvise con Bill che
la trascinava nei luoghi poco frequentati della clinica , solitamente sgabuzzini
e la sbatteva al muro.
Baci rubati, pieni di passione, mani che scorrevano sotto i
vestiti e carezzavano avide la pelle fino a strapparle gemiti che cercava di
non far sentire.
Avevano paura di essere scoperti e allo stesso lo rendevano
così eccitante.
Spogliarsi quel tanto che bastava, già sudati, già vogliosi
uno dell’altra fino a che lui non entrava in lei ed iniziava a spingere.
Quella era il paradiso personale di Leila, il segreto che
non avrebbe mai rivelato a nessuno, aggrapparsi a lui, piantandogli le unghie
nella schiena, mentre si sentiva sempre più presa dal piacere che le donava.
Lo sentiva gemere, gemeva lei stessa sotto quelle spinte,
fino a che non venivano, lei soffocando le urla contro la sua spalla, lui poco
dopo mentre lei gli tappava la bocca con un bacio.
Questo era successo spesso in quel mese, in barba alla sua
decisione di stargli lontano, presa per proteggere Shirin
ed era come una droga che la faceva stare bene per poco e poi la faceva stare
male.
Lui le mancava, avrebbe voluto urlarglielo che in uno strano
modo si era affezionata a lui, per il modo in cui la trattava fuori dallo
sgabuzzino, per le confidenze che le faceva, per essere lui e basta, ma non
poteva.
Doveva recitare la parte della ragazza dura e menefreghista
e stare male, per quello che faceva a se stessa, forse a Bill e a Shirin.
Verso la bionda sentiva un fortissimo senso di colpa,sentiva
di stare facendo una carognata alle sue spalle, per questo non appena Bill
usciva da lei lo allontanava, senza concedergli le tenerezze che avrebbe voluto
si risistemava in preda alla frenesia.
Questa volta non fece eccezione, si stava sistemando quando
lui la afferrò per un polso e la fece voltare verso di lui, aveva uno sguardo
duro.
“Lasciami devo andare!”
Le chiuse la bocca con un bacio, prima violento e poi sempre
più dolce che la fece male.
“Perché fai così?”
“Io e te non possiamo stare insieme lo sai.”
“Non capisco perché …
Io non starò qui dentro in eterno, ogni tanto potresti
mostrarti più dolce.”
“Non abbiamo futuro, non so se potrò stare con te.”
“Sei fidanzata?”
“No!”
“E allora?
Io sono stufo di questa storia!”
“Non l’avrei detto poco fa mentre godevi …”
“Non fare le battutine Schimt.
Io non voglio più una storia di solo sesso, vorrei qualcosa
di più!”
“Io no!”
“Non ti credo Leila, se non la vorresti non mi staresti ad
ascoltare quando ti parlo di me, perché lo so che ti fa piacere.”
Lei roteò gli occhi.
“Bill, se io stessi con te qualcuno acui tengo potrebbe stare male e io non voglio
che succeda, anche se per fare questo mi faccio male.
Mi sento male e bene ogni volta che questi incontri
avvengono, vorrei troncarli e non ci riesco!
Questo è quanto!
Ora scusa, ma devo andare, se mi sgamano sono fottuta!”
Fece per allontanarsi, lui aveva mollato la presa.
“Leila, non mi hai detto la cosa più importante, tu per me
cosa provi?”
La rossa uscì precipitosamente dalla stanza, non voleva ne
poteva rispondere a quella domanda!
Non poteva dirgli quello che provava se poi avesse dovuto
cederlo a Shirin, non ce l’avrebbe fatta ad andare
avanti, già adesso aveva dei problemi afarlo.
-Ma che mi hai fatto
eh?
Che cosa?
Non andava male prima
che ti incontrassi, ero persa nella nebbia della mia vita e poi arrivi e
sconvolgi tutto!
Se non ci sei mi
manchi, nonostante sappia che con te non ci posso stare!
Persino a scuola e al
lavoro sono distratta!-
Raggiunse l’amica negli spogliatoi, il suo turno era
praticamente finito, le bionda la guardò perplessa, ma non disse nulla in
presenza delle altre e Leila gliene fu grata, si sentiva troppo agitata per
rispondere alle domande che giustamente Shirin si
stava punendo davanti ad estranei.
Solo quando furono nel parcheggio l’altra osò aprire bocca.
“Leila, cosa c’è?
È da un po’che sei strana.”
“Non ho nulla!”minimizzò lei scuotendo la mano”Sono solo
stanca!”
“Non ci credo!”
“Puoi non crederci, ma è così!”
La bionda sospirò.
“Leila cosa c’è? Perché non mi parli?”
“Ti ho già detto che non è niente, fidati!
Senza contare che nemmeno tu mi dici tutto, esci da un mese
con uno che non so chi sia!
Ho diritto anch’io ai miei segreti!”
La bionda abbassò gli occhi.
“Hai ragione, scusa …
È che sono preoccupata per te, sembri essere in un altro
mondo …”
Leila non rispose o avrebbe finito per urlarle in faccia la verità,
nervosa e sottopressione come era, ossia che era cotta di Bill, ma che non si
faceva avanti per lei, peril mistero
che aleggiava intorno alla persona che frequentava.
- E Shirin, ci sono stati momenti in questo mese che davvero
non ti ho sopportato per avermi escluso e per torturarmi senza saperlo!-
“Leila, se fosse qualcosa di grave me lo diresti, vero?
Non staresti zitta per proteggermi?”
“Certo che te lo direi! Ti ripeto che è solo stress!
Credimi!”
Leila sperò di averla convinta, forse ce l’aveva fatta
perché l’amica tacque e dopo averla salutata si diresse al suo motorino,
lasciando la rossa libera di stare con se stessa.
In quale casino si era ficcata?
Perché non la faceva finita e non cercava un po’ di
chiarezza?
Avrebbe potuto smetterla di vedersi con Bill in quel modo
squallido, eppure non se la sentiva di privarsi di momento e diuna pseudo relazione che dopotutto, tra mille
sensi di colpa ed incertezze, riusciva a farla stare bene.
Le alternative erano parlare con Bill e chiarirgli tutto, i
suoi sentimenti e perché non poteva stare con lui inclusi, aspettandosi però
una scarsa collaborazione da parte sua oppure parlare con Shirin,
obbligarla a dire chi era il suo ragazzo e mettersi il cuore in pace.
Salì sul motorino, dopo aver slegato la catena e si immerse
nel traffico, sentendosi confusa, terribilmente confusa.
Non avrebbe trovato il coraggio di parlare a Bill, ne era
certo e non sarebbe riuscita, nemmeno se avesse voluto ad essere dura con la
bionda, teneva troppo a lei, si sentiva troppo responsabile nei suoi confronti
per forzarla a fare qualcosa che non avrebbe voluto fare.
Guidava nel traffico sostenuto con la testa piena di tutti
questi pensieri contradditori, fu un miracolo se non fece un incidente ed
arrivò a casa sana e salva.
Si frugò le tasche e si accorse di essere rimasta senza
sigarette, imprecando decise di fare una salto alla tabaccheria, era uno dei
lati positivi di avere genitori tabaccai.
Fu suo padre a servirla e anche lui le lanciò una lunga
occhiata indagatrice, doveva avere proprio una brutta cera, alla faccia di
tutti quelli che dicevano che il sesso rilassava o forse in realtà era lei ad
essere troppo paranoica.
“Leila!”
Sobbalzò facendo cadere il pacchetto di sigarette e di
voltò; Luca era dietro di lei che sorrideva serafico.
“Oh Girardi, sei tu!
Ti diverti a fare prendere colpi alla gente?”
“Non è colpa mia se tu sei in un altro mondo ultimamente …”
“Che palle! Papà io faccio due chiacchiere con questo
rompiscatole e vango a casa!”
L’uomo annuì, Leila uscì in compagnia del ragazzo e
iniziarono a camminare per il quartiere.
Luca sorrideva sornione, si portava quel sorriso appiccicato
addosso da quando si era messo con lene, era un mese che i due piccioncini
filavano d’amore e d’accordo, senza nemmeno una rappresaglia di farid, questo da una parte le faceva piacere, dall’altra la
preoccupava.
Non era da suo fratello non reagire così, forse era
preoccupato da qualcos’altro?
Non credeva affatto che fosse rinsavito e che si fosse
deciso a comportarsi da persona matura, era ancora fondamentalmente un
immaturo.
“Su Schmit vuota il sacco, cosa ti
succede?”
“Perché tutti dicono che mi sta succedendo qualcosa?
Io sto bene e anche se mi stesse succedendo qualcosa non è
detto che abbia voglia di dirla!
Tu piuttosto! Come va con Lene?
Pensate di prendere casa nella nuvoletta rosa dell’ammmore?”
“Dio come sei acida!
Si, stiamo bene e non mi vergogno di essere schifosamente
felice con lei!
Parliamo, per adesso andiamo d’accordo sulle cose da fare e
bacia bene.”
“Chissà che non te la dia anche …”
“Leila! Ma che cazzo hai?”
“Niente! Non ho niente!”
“Non ci credo! Sei acida! Rispondi male a tutti, sembra
quasi che tu l’abbia con l’amore!”
“Non ho niente, sono solo stanca e stressata, tutto qui.
A te va tutto bene quindi …
Ti ha già presentato ai suoi?”
“Ok, Yoghurt, lascio perdere il tono e ti rispondo.
Sua madre mi conosce da una vita, non ce n’era bisogno, tra
due giorni mi presenta a Georg, ma non sono preoccupato, in fondo in un certo
senso conosco anche lui.”
La rossa alzò un sopracciglio perplessa.
“Francesca sta con Tom Kaulitz, il
chitarrista della band, l’hai visto no?
Bhe, lo conosce da tanto tempo e
un io conosco anche gli altri, visto che venivano atrovarla.
La cosa buffa è che sono sempre venuti a trovarla solo
Gustav, Georg e Bill, mai Tom.”
Al nome di Bill le venne una fitta all’altezza del cuore,
l’aveva trattato malissimo, forsea
quest’ora stava male.
“Che faccia hai?”
“La mia da diciannove anni.”
Leila aveva trattato male Bill lo riconosceva, ma sarebbe
stato infinitamente peggio illuderlo e poi lasciarlo se avesse capito che era
lui il ragazzo di Shirin.
“Vabhe io ti lascio al tuo
malumore, me ne vado a casa!
Ciao Leila!”
Alzò una mano in segno di saluto e si incamminò verso casa
sua, lasciandola da sola e facendola sentire una perfetta idiota, si era
comportata da stronza!
-Dio Leila
seppellisciti!
Sei innamorata e non
lo vuoi ammettere e fai impazzire chi ti sta intorno!-
La rossa sospirò, bella fregatura si era presa!
Era inutile rimanere fuori al freddo e al gelo, si accese
una sigaretta e tornò verso la tabaccheria dove aveva lasciato il motorino,
decisa ad andare acasa e a farsi una seratina da muffa.
Finita la sigaretta, raggiunto il motorino epoi casa sua lo parcheggiò in cortile e salì
al suo appartamento, era piacevolmente caldo e caotico rispetto alle strade che
aveva appena lasciato.
“Ciao!”
Sua madre si affacciò dalla porta della cucina.
“Ciao tesoro! Non è durata molto la passeggiata con Luca!”
Leila alzò un sopracciglio perplessa.
“Mi ha telefonato tuo padre!”
“Capito, bhe forse non avevamo poi
così tanto da dirci …
Hai bisogno di una mano per cucinare?”
Era sempre stata abile acambiare discorso, forse fin troppo.
“No, ce la faccio da sola, aiuteresti Meg a fare i compiti,
piuttosto?”
Lei annuì, si sedette accanto alla bambina e si immerse con
lei nei misteri della matematica, quando finirono Meg la guardò per un po’,
come se temesse di farle una domanda.
“Ehi piccola cosa c’è?”
“Non è che sei innamorata?
Hanna dice che le persone quando sono distratte sono
innamorate.”
“Non sono innamorata! Dì ad Hanna che a volte le persone
sono distratte perché sono stanche e stressate.”
“Ok” la bambina non sembrava però convinta.
La cena fu tutto sommato rapida e poté andare aletto presto, quando erano anni che non lo
faceva perché abituata ad altri ritmi sonno-veglia.
Mentre , abbandonata tra le coperte, si rigirava in attesa
di prendere sonno continuava a pensare ossessivamente a quello che le aveva
detto Bill, al suo sguardo.
Una parte di lei le sussurrava che se lei si era presa una
bella cotta per lui, forse per lui era lo stesso altrimenti non le avrebbe
posto quella domanda, ne chiesto chiarimenti.
Si rigirò per l’ennesima volta e con un filo di stupore si
accorse di desiderare Bill accanto a se, di sentirsi tra le sue braccia e
provare come fosse addormentarsi con lui e svegliarsi con lui alla mattina.
Stupidi desideri.
Era certo che qualcosa non stesse andando nel verso giusto.
Farid era sempre stato un tipo tremendamente
impulsivo, uno che tendeva a fidarsi solo del suo istinto e forse per questo
che era riuscito a tenersi a galla, come gli animali sapeva fiutare guai e
prossime tempeste.
Al momento il suo istinto suonava tutti i campanelli
d’allarme che conoscesse, qualcuno stava manovrando qualcosa alle sue spalle e
poteva facilmente intuire chi, ossia Mark.
Era certo che quel bastardo stesse organizzando
qualcosa,quello che gli sfuggiva era cosa.
I suoi ragazzi sembravano guardarlo in modo strano, come se
alcuni sapessero qualcosa che a lui sfuggisse e si stessero preparando a un
periodo che forse non lo dovesse comprendere.
Era da molto che il biondo tentava di fargli le scarpe,
senza riuscirci, che avesse trovato il modo?
Il turco aveva chiaro in testa che queste erano solo
congetture, ma sarebbe stato uno stupido se non avesse tenuto conto di quelle
sensazioni.
“Mark, sei sicuro che non ci siano consegne importanti
questa sera?”
Calcò la parola “importanti” per fargli capire che le
consegne con i clienti più danarosi erano ancora affare suo e non se le sarebbe
fatte soffiare da lui, ma Mark non raccolse la provocazione.
Il biondino sollevò il suo sguardo dalla birra ed annuì
distratto, Farid lasciò il locale combattendo contro
la voglia di pestarlo, non era opportuno farlo in pubblico e sapeva che adesso
Mark godeva di un discreto seguito.
L’aria fredda della sera lo schiaffeggiò e lo calmò, doveva
capire cosa diavolo avesse in mente Mark prima di poter agire o rischiava di scatenare
una guerra,
Leila gliel’aveva sempre detto che non avrebbe dovuto
accettare quel biondo tra i suoi e che avrebbe portato solo guai, purtroppo lui
era stato troppo testardo per farlo e ora ne stava pagando le conseguenze.
Leila.
Sua sorella continuava a mancargli, soprattutto da dopo che
Lene l’aveva mollato, gli mancava qualcuno con cui sfogarsi e che avrebbe
saputo cosa dire per farlo stare meglio anche se sapeva benissimo che in fondo
la bionda non gli mancava.
Era un’altra la donna che avrebbe voluto al suo fianco, lo
provava il fatto che quando aveva visto lene passeggiare con Girardi, oltre all’irritazione per essersi fatto fregare
una ragazza non aveva provato molto, se al suo posto ci fosse stata Shirin come avrebbe reagito?
Non lo sapeva ad essere sinceri, come prima risposta aveva
pensato che l’avrebbe picchiato, ma poi forse Shirin
l’avrebbe odiato più di quello che già facesse.
-Tu la ami, ma credi
davvero che lei ami ancora te?
Che tornerebbe da te
dopo tutto quello che è successo?-
Probabilmente Shirin non sarebbe
mai tornata da lui, che forse avrebbe passato la vita ad essere ossessionato da
lei, però Farid doveva essere certo che il ragazzo
che l’avrebbe sostituitofosse uno in
gamba, non uno che la facesse soffrire.
In parole povere si stava trasformando in una sorta di padre
geloso nei suoi confronti, che doveva sapere con chi uscisse, anche se sotto sotto sperava di non vederlo mai un altro accanto alla sua
ex.
I suoi desideri non furono ascoltati, mentre rimuginava su
tutto questo una figura attirò la sua attenzione, era Shirin,
ma non era sola, era in compagnia di un ragazzo non molto alto.
Sentì il suo cuore fermarsi e suoi occhi sgranarsi
pericolosamente.
Il turco si riscosse stava reagendo come una donnicciola,
non poteva farsi vedere in quello stato, visto che la coppia ora si stava
avvicinando a lui, occhi rossi e quasi fuori dalle orbitee sguardo attonito.
Senza pensarci molto si nascose in un vicolo li vicino, in
modo da poterli vedere senza essere visto, doveva essere impazzito se ricorreva
a quegli stratagemmi patetici.
Lui le teneva un braccio sulle spalle in atteggiamento
protettivo, non era molto alto e indossava un paio di occhiali da vista, altro
non poteva vedere causa il cappuccio di una felpa nera tirato sui capelli e una
sciarpa davanti alla bocca.
Sembrava un terrorista, constatò inarcando il sopracciglio,
per poi dirsi che anche Bill Kaulitz i primi tempi
usciva conciato nell’identico modo, anche se non capiva come potesse la sua ex
essersi trovata un ragazzo famoso.
In ogni caso cercò di stamparsi in mente i lineamenti di
quello e poi andare a controllarne vita,morte e miracoli e fargli un
discorsetto in ogni caso.
Shirin invece era ancora più bella
di come se la ricordava, sapeva che le treccine erano sparite da tempo e
credeva che quel biondo la snaturasse, ma doveva ammettere che ora che aveva i
boccoli curati e lucenti stava benissimo.
La guardò con uno sguardo carico di desiderio e rimpianto,
nel suo cervello si stava facendo largo l’idea che non l’avrebbe mai più avuta,
eppure il suo cuore si rifiutava di farlo.
Li sentì ridere, non sentiva da lungo quel suono argentino
uscire dalla bocca della bionda e non era stato lui a provocarlo, questo faceva
male, terribilmente male.
Lui forse per lei non era stato altro che una fonte di
sofferenza, faceva male realizzarlo solo ora quando ormai aveva già scritto il
suo destino,se l’avesse capito prima …
Se se se ….
Quella stupida sillaba che non poteva cambiare nulla, poteva
costruirci un mondo parallelo sul se e nulla sarebbe cambiato nel mondo reale,
quello rimaneva una merda e lui un piccolo spacciatore che si era lasciato
scappare la donna della sua vita.
Farid sapeva che succedeva a
molti, aveva sempre pensato che morto un papa se ne sarebbe fatto un altro,
mollata una ragazza ne avrebbe trovata un’altra , tutto si stava ritorcendo
contro di lui.
Nulla andava secondo i piani o come credeva, tutto gli si
ritorceva contro!
Tutto!
Dall’amore al lavoro!
Sentiva la testa scoppiare, in preda a sentimenti e desideri
contrastanti, in ultimo la voglia di prendere a pugni il nuovo ragazzo di Shirin-
-Passeresti per un
animale, te lo vuoi ficcare in testa idiota?
E ficcati in testa che
l’hai persa, l’hai persa due anni fa quando le hai chiesto di abortire!
Non ti avrebbe aspettato,
lo sapevi, ora è inutile piangere perché ha un altro, dovevi pensarci prima!-
si portò le mani sulla testa, non ne poteva più, barcollante
si infilò nel primo bar che trovò aperto, ricevendo un’occhiataccia dal
barista,pur non avendo toccato alcool sembravagià ubriaco.
“Ehi amico sono sobrio! Dammi una birra!”
Il barista gliela allungò disgustato e Farid
la ingollò senza nemmeno vederla, poi ne chiese un’altra ed un’altra ancora.
Si riempì di birra per tentare di dimenticarla senza
riuscirci, vedendo e rivedendo flash di quanto stavano insieme, occasioni
mancate, occasioni sprecate, momenti belli.
Perché era andato tutto così?
Mille volte se l’era fatta quella domanda e mille volte se
la sarebbe rifatta per concludere che era tutta colpa sua, fino a che non
crollò sul tavolino semiaddormentato..
Ubriaco, senza stare tuttavia meglio.
Lo sapeva e non poteva farne a meno, non era la prima volta
che si ubriacava se le cose andavano male, ricordava altri risvegli fatti di
mal di testa allucinanti e di ricordi che ferivano come lame, però non riusciva
a farne a meno.
Avesse avuto almeno sua sorella vicino ….
Fu rimpiangendo Leila che chiuse gli occhi, questa volta per
davvero nonostante le scosse vigorose del barista che non voleva un turco
collassato nel suo locale.
Stronzo.
Leila gli ricordava la luna.
Bill non l’aveva mai notato fino a quella sera in cui dalla
sua camera guardava quel satellite pallido e freddo, che non riusciva a vivere
di luce propria risplendere alto nel cielo.
Leila come quel satellite era terribilmente distante anche
quando era vicina a lui, anche quando una parte di lui sperava che fosse sua,
non lo era.
La ragazza sembrava sempre immersa in altre riflessioni,
immersa in un passato che non riusciva a scrollarsi di dosso, in cui lui non
era ammesso e forse non lo sarebbe mai stato.
Si era ripromesso di non cercare più storie di solo sesso,
da quando aveva visto suo fratello felice con Fay
qualcosa si era smosso dentro di lui, qualcosa era tornato a galla.
Bill aveva sempre detto di credere ed aspettare il vero
amore, che il sesso da solo non gli interessava, in quegli ultimi tempi si era
contraddetto, dopo i fallimenti con Fay e la sua
ragazza americana, accontentandosi di sciacquette.
Era sempre stato Tom quello delle relazioni poco serie, ma
al momento era lui ad avere una ragazza che amava, non Bill.
Bill aveva passato mesi a combattere contro la solitudine,
aiutandosi con la droga,solo vedere finalmente l’amore all’opera con una
persona così importante per lui gli aveva fatto tornare la voglia e il
desiderio di impegnarsi a cercarlo.
In un certo senso aveva compiuto un altro passo verso la sua
rinascita dopo essersi ricoverato lì.
Era bastato rivedere di nuovo Leila alla clinica per fargli
dimenticare quei propositi, per trascinarlo in una storia che aveva appena
detto di non volere.
Come sempre non era lui a decidere in quel campo, lasciava
troppo potere a Leila come lo aveva lasciato a Francesca in passato, ma non
riusciva a farne a meno, lei era come una calamita.
- You're the sun and I'm the moon
In
your shadow i Can shine…-
L’aveva scritta lui qualche anno prima quella canzone e
suonava terribilmente profetica, non era Leila ad essere la Luna, era lui, con
le sue eterne insicurezze che mascherava bene dietro la facciata del ragazzo
sicuro di se ed impermeabile ai giudizi.
Era lui!
Il moro scosse la testa, facendo ondeggiare i dread che cominciava ad odiare, se li sarebbe tagliati non
appena fosse uscito di li!
Era nervoso, per Leila e perché come ogni volta che l’insicurezza
tornava a farsi visita, tornava anche il desiderio di tirare una striscia di
coca e sentirsi di nuovo forte, uno che di quella rossina
se ne poteva fregare.
Invece era confinato in quel cubo bianco che la direzione si
ostinavaa chiamare stanza, desideroso
solo di uscire, frustrato, smise di guardare fuori dalla finestra, la luna
aveva perso ogni interesse o forse gli ricordava troppe cose.
Bill iniziò a fare avanti ed indietro come un leone in
gabbia digrignando i denti e stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche,
non poteva cedere a quel vizio!
Per contrastare quel desiderio la sua mente iniziò a
proiettare delle immagini del fratello e di Fay,
brandelli della loro conversazione in cui gli dichiaravano la loro fiducia, in
quel mese erano stati il suo talismano che l’aveva protetto.
Sospirando si stese aletto, ancora nervoso, ancora teso.
-Calma Bill, non
buttare a puttane tutto per una crisi di nervi!
Tomi mi manchi, vorrei
poterti parlare!-
Bill avrebbe voluto qualcuno a cui confidare i suoi
dubbi,a cui raccontare la sua storia
con Leila fin da principio per avere un parere e dare voce a ciò che sentiva
dentro.
Sapeva che nonostante le fregature che la vita gli aveva
riservato e le cautele che aveva dovuto imparare vivendo nel mondo dorato e
spesso falso dello spettacolo, rimaneva sempre un ingenuo pronto a vedere il
buono nelle persone e in Leila aveva visto qualcosa.
Non era stato il fatto che due volte l’avesse tirato fuori
dai guai, ma una sensazione che aveva ogni volta che le parlava, ogni volta che
ci faceva sesso.
Aveva la sensazione che lei mentisse, che fosse così fredda
per un motivo preciso che la bloccava, quando anche lei avrebbe voluto altro
come concedergli qualche coccola.
Era un mistero quella ragazza.
Lei e suoi occhi verdi che sembravano nascondere un mondo al
suo interno e che puntualmente mentre lo invitavano a scoprirlo lo respingevano
allo stesso tempo.
Sentiva le palpebre farsi pesanti, il sonno finalmente lo
reclamava a se e lui era lieto di concedersi a lui, stremato dall’ansia come
era, sennonché il suo cervello lo torturò con un ultimo quesito.
Come sarebbe stato dormire abbracciato a Leila?
Come sarebbe stato coccolarla ed essere coccolato a sua
volta da lei dopo l’amplesso
Non trovò una risposta, ma il suo cervello proiettò la
fugace visione di una donnavestita di
nero , con una maschera sugli occhi che materna lo abbracciava in una radura
spaventosa.
Non sapeva o forse non voleva sapere perché l’immagine di
quella visone onirica che lo aveva confortato negli ultimi mesi si sovrappose
per un attimo con quella della ragazza che da un mese si scopava in un misto di
gioia per il piacere provato e dolore per tutte le domande che stava facendo
sorgere in lui.
Era semplicemente troppo stanco per addentrarsi nei meandri
del suo stesso cervello ed uscirne indenne, così lasciò cheil sonno calasse finalmente su di lui.
La mattina dopo Farid si svegliò a
casa sua senza sapere come ci fosse arrivato, ultimo ricordo nitido che aveva
era quello di un bar, in cui il barista se avesse potuto l’avrebbe sbattuto
fuori a calci.
Si rigirò sul divano e cadde per terra, imprecando si alzò
in piedie si diresse barcollando in
bagno, la testa gli scoppiava, fitte lancinanti gli attraversavano il cranio.
“Stupido coglione! La prossima volta ti moderi!
Nessuna ragazza vale così tanto!”
Lo disse ad alta voce per convincere se stesso che fosse
vero, ma la fitta più forte alla testa e un senso di oppressione all’altezza
del cuore rivelava che non ce l’aveva fatta.
Lei era lì, nella sua mente, bella nei suoi ricordi e felice
come l’aveva vista la sera prima, con un retrogusto fortissimo di nostalgia.
-Dammi solo un minuto per
levarmi questo sapore amaro dal palato, sapore di
passato di un amore sciupato, di qualche cosa di perfetto che poi è cambiato.-
Non lo sapeva Farid che quei
pensieri erano i versi di una canzone italiana, ma esprimevano quello che
sentiva, ossia tanta amarezza, mista a un’apatia.
Al momento non gli interessava del suo lavoro, di Mark, del
fatto che avrebbe potuto finire in carcere o di altro, non gli interessava
nulla.
Voleva solo tornare al passato,
Il turco mille aveva sentito la nostalgia della sua ex prima
di allora e ce l’aveva sempre fatta a uscirne pensando, illudendosi, che anche
lei potesse provare ancora qualcosa per lui e che non era ancora detta la
parola “fine” nonostante tutto.
Nonostante quello che le aveva fatto e le altre ragazze che
aveva frequentato dopo di lei.
Era stato davvero stupido e anche presuntuoso, se ne era
reso conto, doveva farsi avanti prima, non credere che lei lo aspettasse in
eterno, quelle erano cose che avvenivano solo nelle favole e quella era la vita
reale.
La sera prima era stato uno shock vederla con quel ragazzo,
la sua coscienzaberciava che si era
comportato da coglione per quel patetico tentativo di ubriacarsi, ma era stato
qualcosa che aveva smosso le acque.
Le illusioni erano inutili, l’aveva persa anni fa, avrebbe
potuto picchiare quel ragazzo, ma non sarebbe stato meglio ne l’avrebbe
riavuta, come ne era certo?
Era questione di sguardi, di quello che ci aveva letto e su
cui aveva rimuginato, per Shirin era come morto e
riapparire , in quel modo non sarebbe servito a nulla, se non a farlo odiare.
Non voleva vederci dell’odio in quegli occhi che amava.
Prese un moment e poi ciabattò in cucina a prepararsi la
colazione, sospirando, sentiva che quella giornata e quelle a venire sarebbero
state pessime.
Il caffè fu il solito schifo senza una mano femminile a
prepararlo, ma gli diede la carica necessaria per accendere il portatile e
farsi un giro in internet.
Riteneva che non fosse un caso che avesse pensato a Kaulitz, così decise di controllare la sua band, l’unico
decente a suo parere era il gemello del suo cliente, constatò distratto.
-Che pensieri inutili
… -
All’improvviso notò il batterista, era un ragazzo non molto
alto, biondo, con gli occhiali, era solo un caso probabilmente, ma questo gli
fece studiare attentamente i suoi lineamentiper diversi minuti.
Era straordinariamente simile,quasi identico al ragazzo che aveva visto con Shirin, era solo un caso?
Lo fissò meditabondo per un po’ ,indeciso sul da farsi,non era certo che fosse lui e mettersi nei
casini con uno con i soldi non era consigliabile, eppure..
Eppure il suo istinto gli gridava di essere certo che fosse
lui e non si sentiva di ignorare quella voce.
Decise che poteva farsi dare l’indirizzo da un tizio che
conosceva e poi tenerlo d’occhio, se si fosse accorto che quel Gustav Schäfer non era la persona che cercava l’avrebbe lasciato
perdere senza fare danni.
Rinfrancato Farid afferrò il
telefono e fece un paio di telefonate, ritrovandosi poi in mano l’indirizzo del
batterista dei Tokio Hotel.
-Bene, una cosa è
fatta!-
Non aveva lavoro per quella mattina, così afferrò la chiavi
della macchina e decise di farsi in giro nel quartiere di Schäfer,
giusto per vedere come fosse, animato da una discreta curiosità.
Si mise in macchina e come una sorta di segno del destino
tra i suoi cd hip hop trovò un cd punk, “Indestructible” dei Rancid, di
sua sorella, chissà da quanto tempo era lì e se lei lo aveva mai cercato?
Domande inutili, ingranò la marciae partì, era una delle poche persone a cui
piace va guidare nel traffico, così attraversò di buon grado quello del centro
di Berlino per trovarsi poi dall’altra parte della città, in un tranquillo
quartiere residenziale, simile a quello dove abitava Kaulitz
e nemmeno troppo lontano.
Fermò la macchina sotto casa del ragazzo e si accese una
sigaretta, aspettando qualcosa senza sapere cosa, forse solo un po’ di
chiarezza dalla sua mente confusa.
Se, ipoteticamente questo Gustav fosse stato il ragazzo di Shirin, lui cosa avrebbe fatto?
Picchiarlo era escluso, l’unica cosa che gli rimanesse da fare
era provare a parlargli e capire che intenzioni avesse con lei e poi agire di
conseguenza, se non gli fosse sembrato un ragazzo serio l’avrebbe sistemato in
seguito.
Il fumo si disperdeva lento nel cielo insieme alla musica
trasmessa dal lettore cd della macchina, nessuno faceva a caso a lui ed era
meglio così, non voleva scocciatori, visto che ancora non era armato di cattive
intenzioni.
Il tempo passava inesorabile,era sempre più convinto di
avere fatto una cazzata quando all’improvviso vide avvicinarsi al poltrone il
batterista, dietro di lui c’era Shirin , si parlarono
per qualche minuto , sorridendosi a vicenda, poi le lo baciò e si allontanò
Era una scena che gli faceva male vedere, che gli faceva
prudere le mani, infatti per un quarto d’ora rimase in macchina a sbollire la
rabbia per tornare lucido, era fermo nel suo proposito di comportarsi non da
stronzo per una volta.
Quando si sentì sufficientemente padrone di se stesso, uscì
dalla macchina ed entrò nel condominio del biondo, conscio di stare per
affrontare il colloquio più difficile della sua vita, in cui mantenere la calma
era essenziale.
Finalmente arrivò davanti a casa del bastardo e suonò, poco
dopo gli venne ad aprire, si mise sulla difensiva non appena lo vide.
“Chi sei?
Cosa vuoi?”
“Ho bisogno di parlarti, tu frequenti una persona a cui
tengo.”
Il biondo alzò un sopracciglio.
“La ragazza che ti sei baciato sul portone.”
“L’avevo capito achi
ti riferivi, quello che non so è chi sei tu.”
“Sono FaridSchimt,
sono il suo ex ragazzo!”
“Immagino che non ti schioderai di qui fino a che non avrai
vuotato il sacco, vero?”
“Immagini bene.”
Il biondo sospirò e poi si spostò, lasciandolo entrare in
casa.
L’appartamento era grande e luminoso, tuttavia non era
arredato in modo sfarzoso, al contrario era semplice ad indicare che il
proprietario era una persona modesta e con i piedi per terra.
Fu un elemento che gli piacque, Shirin
aveva bisogno di un ragazzo stabile, che la proteggesse e la facesse sentire
sicura, aveva provato abbastanza casini quando stava con lui.
“Ora sei in casa, parla.
No, non ti offro nulla, non mi pare che tu qui ci sia
entrato da ospite!”
“Che caratterino Schäfer!
Comunque, sono d’accordo con te, è inutile fare il teatrino
, passerò subito al punto che ci interessa.”
L’altro annuì.
“Io non voglio che tu facci soffrire la mia ex quindi se non
sei interessato a una storia seria mollala.”
“Se è la tua ex perché ti impicci?”
“Perché a lei tengo.”
“Ne sei ancora innamorato.”
“Non sono fatti tuoi.”
“Si, che lo sono, se la vostra storia non è finita, non
voglio mettermi in mezzo.”
“è finita, Shirin non ti ha preso
per il culo e il fatto che io la ami ancora non cambia le cose, io l’ho presa.”
“Ne sei sicuro?”
“Shirin non ti ha raccontato
perché ci siamo mollati?”
L’altro rimase un attimo in silenzio
“No, non lo sai.
Non te lo dirò , sarà Shirin a
doverlo fare e quando lo farà capirai che tra me e lei non c’è futuro.
Inoltre sono quasi certo che presto anch’io smetterò di
avere un futuro, non puoi capire.”
“D’accordo, ma tu sei qui a mettermi in guardia.”
“Esatto …
Avrei potuto pestarti e non l’ho fatto, solo perché tengo a
lei,.
Sembri un bravo ragazzo ed insieme sembrate felici, vi ho
visti ieri sera e prima, ma se dovessi sapere che per causa tua sta male,
preparati perché ti verrò a cercare e te la farò pagare dovunque io vada e
qualsiasi cosa mi dovesse succedere!”
L’altro annuì.
“Hai capito?”
“Si, sei da ammirare per certi versi.”
Farid seppe che il patto tra di
loro era stato stretto, che il ragazzo aveva capito e che forse era una brava
persona che avrebbe reso felice la bionda, in ogni caso il suo compito era
terminato.
“Non esagerare …
Ora, comunque non ho più nulla da dirti, arrivederci.”
“Ciao Farid …”
Il ragazzo lo accompagnò perplesso alla porta, il turco uscì,
non stava meglio di quando era entrato, il dolore per aver realizzato che
davvero non poteva tornare dalla sua ragazza era una cosa che dove va gestire e
guarire da se, ma si sentiva più sicuro per lei.
Forse, per la prima volta, dopo anni, aveva fatto qualcosa
di positivo per lei,lasciandola libera di amare e di vivere un futuro migliore,
accettando stoicamente il fatto che lui non vi fosse compreso.
Com’erano duri i sacrifici.
ANGOLO DI LAYLA
Eccomi!
Auguri di
buon natale a tutti!!!
Come
vedete sono tornati in scena Bill e Leila, anche se non sembrano molto felici….
Ci sono
due citazioni da due canzoni, una è “In yourshadow (I can Shine)” dei Tokio
Hotel e l’altra è “Un attimo ancora” dei Gemelli DiVersi.
Spero vi
possa piacere.
Alla
prossima!
UUUU!!! Quasi
mi dimenticavo… settimana prossima le mie fiction
(tranne “I hatethat I love
you”) sono sospese^^.
Arrivederci
nel nuovo anno e speriamo che sia un bell’anno^^
Che Leila fosse strana in quel periodo lo avevano capito
tutto.
La rossa non era mai stata un mostro di simpatia, sempre troppo
chiusa in se stessa, prontaa difendersi
dal mondo esterno era spesso scontrosa e taciturna.
Shirin conosceva da sempre i
difetti della sua amica, ma sapeva che aveva anche pregi non indifferenti, una
volta superata la barriera che si era costruita attorno.
Era una ragazza simpatica, molto dolce ed estremamente
protettiva, una persona su cui si potesse contare sempre, peccato che
ultimamente qualcosa si fosse come incrinato in lei.
Shirin sapeva di essere stata per
troppo tempo presa dai suoi problemi per potersi preoccupare anche di quelli di
Leila e se ne dispiaceva, da quando era tornata a stare meglio grazie alla sua
amica voleva in qualche modo ripagarla per tutto quello che aveva fatto per
lei.
Questo comportava il preoccuparsi per la rossa, che
ultimamente era ancora più scorbutica del solito, totalmente chiusa in se
stessa e desiderosa solo di essere lasciata in pace.
Leila respingeva tutti quelli che le stavano intorno
ultimamente, lei compresa, come se stesse soffrendo per qualcosa di cui gli
altri non dovessero sapere.
Perché?
Cosa le era successo?
Non poteva negare che l’essere tenuta a distanza le facesse
male, ma in fondo sapeva che aveva le sua parte di colpe, lei non si stava
comportando in modo diverso,era più di un mese che nascondeva la sua storia con
Gustav.
Leila all’inizio aveva indagato un po’, poi viste le
reazioni che la bionda aveva avuto, aveva lasciato perdere, l’istinto della bionda
le suggeriva che il cuore del problema stava lì, in quel fraintendimento
cheaveva posto una barriera di non
detto tra lei e Leila.
Chissà cosa aveva pensato lei e chi aveva capito che fosse
quel fantomatico ragazzo?
Non ne aveva idea, Leila era chiusa nel suo silenzio, vani i
tentativi di farla parlare, visto che tirava sempre in ballo il fatto che come Shirin poteva avere un segreto poteva averlo anche lei.
Non era l’unica ad essere strana in quel periodo, anche
Gustav sembrava nasconderle qualcosa.
Spesso lo sorprendeva a guardarla come se la stesse
studiando, come se si aspettasse che lei avesse qualcosa da dirgli e che fosse
urgente per lui sentirlo.
In effetti non aveva tutti i torti, lui non sapeva nulla del
suo passato o di Farid, avrebbe dovuto parlargliene
prima o poi, anche se aveva una paura fottuta che lui scappasse, a nessuno
piaceva avere per ragazza una con un passato del genere.
E poi c’era Bill.
Bill che era diventato taciturno e malinconico da una paio
di giorni a quella parte, immerso in riflessioni che non voleva comunicare a
nessuno e che lo incupivano.
La bionda si era affezionata a quel ragazzo, l’aveva trovato
una persona adorabile una volta trascorso il periodo iniziale delle crisi
d’astinenza e di intrattabilità dovuto al non prendere più coca.
Shirin aveva scoperto che parlare
con lui era piacevole, la sfaceva stare meglio, spesso si confidava con lui e
in qualche modo lui riusciva sempre a farle tornare il sorriso sulle labbra,
quindi a lui aveva iniziato a tenerci.
Le dispiaceva vederlo così strano e non potete fare nulla,
perché lui non le diceva cosa gli stava succedendo, anche lui la teneva
all’oscuro di qualcosa.
Era stanca la bionda, stanca di essere considerata un fiore
di cristallo troppo fragile per sopportare qualsiasi notizia, non rinnegava il
fatto di essere stata male, ne di avere tentato il suicidio, ma questo era il
passato,
Era qualcosa che pur facendo parte di lei si era lasciata
alle spalle ed era pronta per tornare a vivere come prima ed aiutare gli altri
non solo ad essere aiutata.
Nessuno però le dava credito e in un certo senso faceva
male, sapeva che nessuno lo faceva con cattiveria, ma solo per proteggerla, ma
lei era stanca.
“Luca, per te che ha?” chiese a Girardi
indicando Leila.
Lui la scrutò per un po’.
“Non lo so …. Io credo sia innamorata.”
Shirin ammutolì, se fosse stato
così tutto sarebbe tornato, ma perché tutta quella sofferenza invece della
gioia?
Forse non era corrisposto?
Forse Leila si stava tirando indietro?
Perché non gliene aveva parlato?
“Dici? Perché non si confida con me, eh Luca?”
“Non lo so … io non la capisco più Shirin.
Perché non provi a parlarle? Magari ti da retta …”
La bionda sospirò.
“Posso provarci, anche se dubito che sarà una conversazione
facile.”
“Glielo devi in un certo senso.”
“Lo so … ho intenzione di farle sputare il rospo.”
“Così ti voglio Sayeb.”
La bionda sorrise.
“Grazie Luca.”
“Figurati,ci tengo a
te e a quella testa di cavolo rossa.”
Shirin avrebbe voluto parlare il
giorno stesso, ma Leila schizzò via subito dopo scuola e così fu costretta a
rinviare, almeno con lei, quel giorno avrebbe visto Gustav, almeno con lui
voleva parlare!
Pranzò da sola, Dave era al lavoro
e si chiese per l’ennesima volta, se parlare con Gustav fosse la cosa giusta,
la paura non se ne andava nonostante lui le avesse dimostrato più volte di
essere un’ottima persona.
-Devo provare ad avere
fiducia in lui, devo provare ad avere fiducia in qualcuno che non sia gente del
quartiere se voglio lasciarmi alle spalle questo maledetto passato!
Lo devo al mio bambino
mai nato!-
Si preparò con cura a quell’appuntamento, conscia che da
quello sarebbe dipeso una buona parte della sua futura felicità.
Come al solito arrivò prima di lui al bar, per cui poté
vederlo arrivare, aveva una faccia strana, non prometteva nulla di buono.
Prese posto al tavolo in silenzio.
“Cosa c’è?”
“Niente, perché?”
“Perché hai una faccia che è tutto un programma.”
“Shirin …. L’altro giorno è venuto
a farmi visita un tizio di nome FaridSchimt, ha detto di essere il tuo ex.”
La ragazza abbassò il capo, non aveva più scuse, ora doveva
raccontargli tutto.
“Si, è il mio ex, la storia è lunga e complicata, non è il
posto per parlarne.”
Lui annuì.
“Andiamo a casa mia.”
“Gustav, se dopoquello che ti dirò non vorrai più avere a che fare con me non ti biasimo
sai?”
“Shirin smettila!”
In silenzio lasciarono il locale e raggiunsero la casa del
batterista, la ragazza desiderava scappare, non dover raccontare a nulla eppure
sapeva di doverlo fare.
“Siamo arrivati.”
Scesero dalla macchina, salirono le scale ancora in perfetto
silenzio, lei stava iniziando ad odiare quell’assenza di suono perché
amplificava tutti i suoi timori.
Entrarono in quella casa che tante volte aveva trovato
accogliente sentendosi un’estranea.
“Bene Shirin, direi che ora puoi
raccontarmi tutto.”
Mormorò Gustav sedendosi sul divano.
“Si, ti ho già detto che mi sono trasferita qui a Berlino a
sette anni.
La prima persona che incontraiqui e che potevo definire amica fu Leila,
diventammo da subito inseparabili e come conseguenza conobbi la seconda persona
destinata a colpirmi.
Era Farid.
Da bambina era il mio mito, quello un po’ eroe e un po’
canaglia, che la sfangava sempre e che ci proteggeva dai bulli, essendo io la
migliore amica della sua sorellina ero entrata nella sua ala protettrice.
Era bello ed era il fratellone di Leila, tutte le bambine
tendono ad innamorarsi del fratello della loro amica.
Scusa se la prendo lunga, ma è necessario.
Quando sono arrivata ai quattordici anni quest’infatuazione
è diventata altro, mi ero presa una cotta per Farid,
nonostante sapessi che fosse un pessimo soggetto.
Il bambino attaccabrighe aveva costituito una sua banda e
aveva iniziato a spacciare droga, trascinando con se anche Leila, senza che io
me ne accorgessi.
Questo fu la seconda cosa che realizzai a quattordici anni,
Leila spacciava già da un anno per imitare suo fratello, credo, se io allora lo
amavo per Leila era un mito.
Iniziai a provarci con lui, lui all’inizio non ne voleva
sapere, aveva sedici anni e voleva avere un sacco di ragazze,storie poco serie,
non una quattordicenne con il mito del primo amore.
Non mollai fino a che non lo ottenni, due anni dopo divenne
il mio ragazzo, ponendo la condizione che comunque non lo asfissiassi troppo.
In quel momento toccai il cielo con un dito, mi sentivo
forte, invincibile.
Iniziammo una storia, lui piano piano
sembrava sempre più coinvolto, con lui arrivai finalmente a perdere la
verginità.
Andava tutto benissimo allora, avevo lui, che sempre più
spesso mi cercava non solo per il sesso, facevo progetti nella mia testa, cose
come la convivenza e il matrimonio.”
Fece una pausa.
“Cosa è successo,poi?”
“Sono rimasta incinta.
È stato un colpo lo ammetto, il mondo mi è franato addosso,
ma stupidamente credevo chelui mi
sarebbe stato accanto …
Mi sbagliavo!
Quando glielo dissi si spaventò e prese tempo, la volta dopo
che lo vidi mi chiese di abortire tirando il ballo il suo boss che non voleva
che lui diventasse padre.
Fu un colpo, il secondo, stavo male, una parte di me voleva
quel bambino, l’altra nonse la sentiva
di crescerla da sola, avevo impressione che nessuno fosse dalla mia parte.
Abortii.
Ovviamente mollai Farid, non
riuscivo più a starci insieme …
Quello che accadde dopo fu un periodo buio, caddi in una
depressione profonda, mi sentivo in
colpa per aver ucciso il mio bambino,non volevo più vivere.
Tentai perfino il suicidio.”
La voce le si incrinò, si prese il volto fra le mani,
sentiva le lacrime scorrerle, se le asciugò in qualche modo , poi riprese a
parlare, voleva vuotare tutto il sacco prima di guardarlo ancora negli occhi.
“Fu Leila a salvarmi, a starmi accanto e ad impedirmi altre
stronzate, è grazie a lei se sono viva.
Questo è tutto quello che avevo da dirti, il mio passato e
la spiegazione su chi sia Farid.”
Nella stanza si creò un silenzio inquietante, persino il
rumore delle lancette dell’orologio, solitamente insignificante e poco notato
sembrava esplodere ogni singolo secondo.
“Perché mi hai taciuto tutto questo?”
“Perché prima dovevo capire se potevo fidarmi o no ….
Non sono cose che posso raccontare a chiunque, so che molti
scappano davanti a una ragazza problematica come me, non ti biasimerei se
volessi farlo anche tu.”
Lui sospirò, forse si aspettava che lei alzasse gli occhi da
quel benedetto tappeto che guardava sin dall’inizio del discorso, ma lei non lo
fece, non ne aveva il coraggio, sapeva di essere vigliacca.
La bionda sentì Gustav alzarsi, inaspettatamente per sedersi
accanto a lei per abbracciarla.
“Non ho detto che ti voglio mollare, solo sono confuso.
Quando è apparso questo ragazzo che è chiaramente ancora
innamorato di te, io mi sono accorto che non sapevo quasi nulla del tuo
passato, che in fondo anche tu potevi essere ancora innamorata di lui.”
“Capisco.
No, non sono ancora innamorata di lui, Farid
è il passato, mi dispiace che lui mi ami ancora, ma ormai è tardi …
Mi ha persa quando miha chiesto di abortire.”
Lui le accarezzò i capelli piano, come se dopo le sue
rivelazioni temesse di farle male, tutti tendevano a trattarla così.
“E io? Io cosa sono per te?”
Le soffiò quella domanda in un orecchio mettendola
terribilmente in imbarazzo e facendola arrossire.
“Tu …”
Fece una pausa di silenzio, non era mai stata una tipa
timida , perché quella paura a svelarsi?
Comprensibile che fosse cambiata radicalmente dopo tutto
quello che le era successo, tuttavia era quasi certa che lui fosse diverso, che
di lui non dovesse avere paura.
“Tu sei il primo ragazzo che mi ha suscitato delle emozioni
dopo Farid.”
Percepì che stava sorridendo, anche se non capiva perché.
“Ok, questo mi basta, per ora.
Io non sono il tipo da storielle poco serie, credo tu
l’abbia capito e ora so che anche per te è lo stesso.”
“Mi stai proponendo una cosa seria quindi?”Chiese con una
punta d’ansia.
“Si, tutto bene Shirin?”
“Io .. si, ma tu ne sei certo?
Io non voglio metterti nei casini! Non voglio che …”
Le tappò la bocca con un bacio.
“Non ti preoccupare per me!
Io non voglio forzarti, non voglio che tu stia male anche
per me!”
Sentì le lacrime inumidirle gli occhi, sperò che lui non lo
notasse, cosa che accadde puntualmente.
“Ehi! Cosa succede?”
“Niente! È che è la dichiarazione perfetta, quella che non
speravo di ricevere.
Io sono felice e vorrei provarci, l’unica che ti chiedo è di
non trattarmi come un fiore di cristallo, io sono una ragazza normale, non una
bambolina che deve essere protetta da tutto.”
La strinse a se più a sé più forte e la baciò, Shirin era al settimo cielo, felice come non lo era da una
vita mentre rispondeva a quel bacio.
Forse la sua favola era finalmente arrivata?
Fu il suono di un cellulare ad interrompere quel momento
perfetto, scocciata rispose senza nemmeno guardare il mittente.
“Pronto?”
“Ciao Shirin.”La voce era quella
di Luca.
“Ohi Girardi! Cosa c’è?”
“Potresti venire alla tabaccheria? Leila è caduta mentre facevamo
skate e non vuole farsi medicare, anche se secondo me ha il polso se non rotto
slogato.”
Leila non era mai caduta facendo skate, questa cosa la
insospettì.
“Ok, arrivo subito, tu non farla uscire dal negozio, ok?”
Si volse verso Gustav sinceramente dispiaciuta.
“Mi dispiace, ma io ora devo andare …”
Lui fece uno strani gesto con la mano.
“Non ti preoccupare.”
Gli schioccò un bacio sulla guancia.
“Grazie, dico davvero!”
Uscì da quell’appartamento serena e preoccupata allo stesso
tempo, presagiva nuovi guai per tutti.
Era stata un cretina.
Leila se lo disse con rabbia,mentre guardava Luca che la
teneva d’occhio impedendole di uscire dalla sua tabaccheria, avrebbe dovuto
scappare non appena l’aveva visto o inventarsi una scusa migliore.
Il polso le pulsava in maniera fastidiosa, sperava che fosse
solo una slogatura, se fosse stato rotto sarebbe stato un bel guaio, non voleva
andare in ospedale e dover mentire a dei medici.
Non si era fatta male al polso per colpa dello skate, ma di
Mark, aveva incontrato il bastardo e ci aveva provato per l’ennesima volta.
Quel ragazzo sembrava aver sviluppato un’ossessione morbosa
verso di lei e questo la spaventava a morte, lo temeva sapendo che pessimo
elemento fosse.
Luca aveva appena chiuso unachiamata, non aveva idea con chi, sperava solo che si distraesse in modo
da poter sgattaiolare via.
“Non ci pensare, tesoro!
Non me ne vado, non credere di avermi fregato con la storia
dello skate, non vuoi dirmi la verità, ma ho appena chiamato una persona a cui
non mentiresti e con cui devi chiarirti.”
Leila rifletté un attimo sulle parole dell’italiano , per
poi sbiancare di rabbia e tentare di stringere i pugni, arrivò fino a
strapparsi un gemito di dolore.
“è Shirin, vero?”
Lui annuì.
“Perché non ti fai i cazzi tuoi, accidenti?”
“Sono cazzi miei!
Tu hai qualcosa che non va e credo che tutto abbia origine
da Shirin, quindi ti farò parlare che tu lo voglia o
no!”
Si sentì presa al laccio, avrebbe voluto solo uscire, ma non
poteva, era certa che Luca non gliel’avrebbe permesso, doveva rassegnarsi ad
attendere la bionda.
Cosa avrebbe potuto dirle?
Che amava il ragazzo che forse amava anche lei?
Che il non sapere chi fosse questo misterioso ragazzo la
stava facendo impazzire e ne pagava le conseguenze anche Bill?
Che si sentiva imprigionata in un ruolo?
Nessuna di queste ipotesi andava bene, tutte erano cariche
di un probabile scontroche lei non
voleva.
“Perché non mi lasciate stare?”
“Perché siamo preoccupati per te e perché siamo tuoi amici!”
Si arrese, non poteva fare altro, sarebbe andata come era
giusto che andasse, il trillodello
scacciapensieri annunciò che ormai la bionda era arrivata in negozio.
“Ciao Leila.”
Senza aggiungere altro lanciò un’occhiata al polso della
rossa ed aggrottò le sopracciglia.
La storia dello skate non se l’era bevuta, nemmeno per un
secondo.
“Chi te l’ha fatto?”
“Sono caduta dallo skate!”
Scoppiò in una lunga risata divertita che le fece venire i
brividi.
“Disse la donna picchiata dal marito in ospedale al medico
che le chiedeva il perché dei lividi!
Lo so che non sei caduta dallo skate, voglio il nome del
figlio di puttana che ti ha fatto questo!”
“Scordatelo! Non te lo dirò!
Non finche tu non mi dirai di chi ti sei innamorata!”
Vide la bionda perdere le staffe, i suoi occhi iniziarono a
mandare lampi.
“Che cazzo c’entra questo?
Perché continui a rinfacciarmelo?”
“Perché … non lascia perdere!”
“NO! ADESSO PARLI! SONO STUFA DI
QUESTO TUO ATTEGGIAMENTO!”
“VA BENE PRINCIPESSA!
VUOI LA VERITA’? ECCOLA!
PER COLPA DEL TUO SILENZIO IO STO FACENDO LA STRONZA CON
L’UNICO RAGAZZO CHE MI INTERESSI, PERCHE’ NON SO SE
E’ LO STESSO CHE INTERESSA A TE!”
Sulla tabaccheria calò un silenzio inquietante, Leila si
fece i complimenti da sola per la delicatezza che aveva usato, per fortuna che
non voleva uno scontro con lei!
Se lo avesse voluto cosa avrebbe fatto?Le sarebbe saltata al
collo?
In ogni caso Shirin aveva perso
tutta la sua baldanza, era arrossita e non aveva il coraggio di guardarla in
faccia.
“Io … scusa , non credevo che fosse quello!
Non pensavo di fare così tanti danni, scusa Leila!”
“Non importa Shirin, lo so che
l’hai fatto per un motivo.”
“Penso di doverti dire chi è il ragazzo arrivate a questo
punto ….”
“Lo penso anch’io .”
“In ogni caso te l’avrei detto a breve, lui è diventato il
mio ragazzo.”
Leila impallidì vistosamente, poi boccheggiò, a corto di
parole.
”Il tuo ragazzo? Quindi lo frequenti fuori dalla clinica.”
“SI.”
La rossa si schiaffò una mano in faccia e mormorò con
espressione sofferente:”Oh cazzo!”
Shirin inarcò un sopracciglio,
senza capire.
“Te lo spiego dopo, tu va avanti.”
“Si chiama Gustav, è un compagno di band di Bill, il
batterista per la precisione e ci siamo incontrati più di un mese fa.
In un supermercato.
All’inizio pensavo fosse un maniaco, poi abbiamo iniziato a
parlare e ho scoperto una persona adorabile, lentamente ci siamo innamorati, ma
io avevo paura.
Paura che sarebbe scappato una volta saputo il mio passato.
Paura che non fosse quello giusto.
Paura e basta e per questonon ti ho detto chi era e ho taciuto il mio passato a lui, fino a che
oggi non mi sono decisa e lui non è scappato!
Mi ha chiesto di essere la sua ragazza!
E ora fuori il rospo, Schimt! Chi
è il ragazzo che ti interessa e chi ti ha fatto questo al polso!”
Leila si sentiva una perfetta idiota, avrebbe tanto voluto
seppellirsi o almeno aver evitato di dire tutte quelle cose a Shirin.
“Io credevo che tu parlassi di Bill.”Mormorò sconvolta.
“Siamo solo amici e mi sta simpatico, ma niente di più!
Oddio … non è che è per Bill che ti sei innamorata?”
Lei annuì.
“Oddio … Cosa aspetti a dirmi i dettagli, anche lui sta da
schifo!”
“Bhe…. Hai presente quando noi
spariamo ogni tanto?”
“Perfettamente … “
“Ecco, generalmente ci imboschiamo da qualche parte a fare
sesso.”
“Per te non è solo sesso però, vero?”
“No, io per lui provo qualcosa di più, ma ho sempre fatto la
stronza per non ferire te, io credevo che piacesse a te!”
“Fammi capire, tu l’hai tratto a mo di oggetto per non
ferirmi?”
“Esatto, non volevo che si affezionasse a me, volevo essere
solo sesso per lui, capisci?”
“Si, ma tu sei pazza, Leila!
Immagino che qualcosa non sia andato secondo i tuoi piani,
vero?”
“Già … lui non vuole solo sesso con me e questo mi ha
mandato in crisi.”
“Oh signore!” fu il turno della bionda schiaffarsi una mano
in faccia.
“Fammi capire, tu lo ami, lui presumibilmente ti ama e
piuttosto che affrontare me stavi per mandare tutto puttane?
Leila Schimt ora che sai la verità
esigo che tu chiarisca con lui!”
La rossa guardò l’amica dritta negli occhi, il fatto che lei
non fosse interessata a Bill semplificava molto le cose, per un attimo aveva
desiderato fiondarsi alla clinica e baciarlo e poi scusarsi e raccontargli
tutta la verità.
Ma poi?
L’avrebbero buttata fuori a calci da lì, la Meyer non era una di quelle persone che promettessero a
vuoto e poi lei cosa avrebbe fatto?
“Shirin, non è come nelle favole,
se la Mayer ci scoprisse,sarei nella merda fino al collo, sarei licenziata e
non è detto che non decida di denunciarmi per quella vecchia storia.”
“Non lo farebbe, sicuramente ti licenzierebbe , ma non ti
denuncerebbe, la direttrice è dalla tua parte.
E poi, può darsi che non vi scopra mai.”
“E quando lui uscirà da li hai pensato a cosa succederebbe?
Te lo dico io non avremmo futuro, io sono solo una teppistella che tenta di riscattarsi, con un passato che
non la lascia andare e sarei un minaccia per lui.
Se ci dovessero scoprire i giornalisti, per loro sarebbe un
gioco da ragazzi scoprire chi sono e cosa ho fatto e credimi, le rockstar e le
teppiste stanno insieme solo nelle favole.”
“Si, forse.
Forse ti mollerà, forse si scorderà di te e forse soffrirai
per lui.
Di sicuro non sarà facile e questo ti spaventa.
Tu hai paura di metterti in gioco, hai paura che qualcosa
vada male, ma Leila, invece potrebbe andare bene.
Sono l’ultima persona che può dirtelo, ma buttati e non
avere rimpianti!”
Leila sgranò gli occhi, sorpresa dalle parole dell’amica, in
tutti quei mesi l’aveva considerata una ragazza debole, ora scopriva che forse
si era sempre sbagliata, Shirin era forte, molto più
forte di lei, abbastanza da darle un consiglio sensato, che però non era
sufficiente a debellare la sua paura.
Paura che non era più data dal poter ferire Shirin, ma dal lasciarsi conoscere da una persona e amarla.
La sua paura più grande.
Era stata una giornata normale.
Farid si era alzato tardi, ancora
stanco, ancora stonaco, ancora desideroso di avere Shirin
accanto a lui, nonostante avesse detto al suo ragazzo che rinunciava a lei.
Razionalmente era certamente lasoluzione migliore, ma il cuore faceva ancora
fatica ad accettarla.
Che palle.
Ci si era messo anche Mark, chiamandolo verso mezzogiorno,
mentre lui tentava di cucinare con scarsi risultati qualcosadi commestibile, per dirgli che c’era una
partita di droga che andava tagliata urgentemente.
Questo l’aveva mandato letteralmente in bestia, non era più
un pivellino da chiamare quando
accadevano cose del genere e avevano litigato pesantemente,
Come spesso gliaccadeva fu Mark ad avere la meglio, così si era ritrovato con quella
seccatura e il pranzo bruciato.
Fanculo.
Ci aveva speso quasi tutto il pomeriggio prima di concedersi
una pausa e poi riprendere, scocciato, desideroso per la prima volta da anni di
essere fuori da quella vita.
Si alzò dalla sedia e si distrattamente guardò fuori dalla
finestra, era quasi il tramonto, non c’era molta gente in strada, quindi la
macchina che parcheggiò sotto casa sua lo colpì immediatamente.
Polizia.
Scattò a riporre cocaina e strumenti in un vano che aveva
ricavato nel pavimento della sua camera, più alla svelta che poté,notando il suo battito cardiaco
acceleratoe la sudorazione.
Merda.
Si stava agitando!
Chiuso il vano, perfettamente nascosto ed uniformato alle
altre piastrelle, ci tirò sopra un tappeto e se ne tornò in salotto, tentando
di darsi un tono.
La nonchalance era la prima regola, gli sbirri non dovevano
sospettare nulla, così si accese una sigaretta, era l’unica cosa che
riuscissea calmarlo in quei frangenti.
Si sedette al tavolo, mettendosi le mani tra i lunghi dread scuri, perché era arrivata la polizia?
Che cazzo significava?
Chi l’aveva sputtanato?
I colpi arrivarono perentori e marziali a scuotere il legno,
il ragazzo si alzò svogliato, non voleva tradirsi, non voleva andare in galera.
Aprì la porta, il poliziotto era in borghese e non doveva avere
più di trent’anni.
“è il signor FaridSchmit?”
“Si, cosa volete?”
“Polizia di Amburgo, questo è un mandato di perquisizione a
suo nome!”
Il poliziotto sventolò un foglio sotto il naso ed entrò
insieme al suo collega, Farid si spostò e li guardò
mentre mettevano a soqquadro il suo appartamento, non avrebbero trovato nulla.
-Stai calmo, è
impossibile che scoprano quel dannato vano!-
Si diressero in camera sua, non doveva seguirli, non doveva
dare l’impressione che ci fosse qualcosa di importante in quella stanza,così
rimase impalato in mezzo al salotto.
“Ehi, qui sotto c’è qualcosa!”
Gli si gelò il sangue nelle vene, avevano trovato il vano.
Non era stata una soffiata a caso, qualcuno aveva parlato e
aveva rivelato tutto a quei poliziotti, era fottuto!
No c’erano dubbi che per lui la carriera finisse li, ma una
domanda non poteva fare amano di
girargli per la testa, chi era stato?
Chi gli aveva fatto quello?
Sentì i poliziotti parlare, poi quello più giovane che gli
aveva risposto spuntò dalla camera da letto con un’espressione seria in volto.
-Sei fottuto, FaridSchimt, Insh’allah,
baby-
“Schimt, lei è in arresto per
detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
Ci segua in centrale, ha diritto a un avvocato, altrimenti
gliene sarà assegnato uno d’ufficio.”
Venne ammanettato e portato fuori da casa sua, mentre
scendevano le scale del suo condominio, qualcuno si affacciò a vedere cosa
fosse successo e fu certo che qualcuno stesse sorridendo.
Lo sapeva di non essere ben visto li dentro, che c’era
qualcuno dei suoi condomini che godeva nel vederlo portato via dalla polizia
perché era quello che aveva sempre desiderato che gli accadesse fin dal primo
giorno.
Per tanta bella gente che viveva li era il turco che
stranamente era ricco, ovvio che ci fosse qualcosa che non andava in lui e che
fosse invischiato in attività illecite, per lui era così, ma era il principio a
dargli fastidio.
Era sempre stato così, era per questo che era sempre stato
un ragazzo chiuso, rabbioso,desideroso di avere quei dannati soldi e dimostrare
che anche un turco, un immigrato di seconda o terza generazione,poteva essere ricco, come chi lo giudicava.
Aveva sbagliato il metodo e Ania
gliel’aveva detto, la sua cuginetta intellettuale aveva previsti sto tutto, ma
in fondo anche lui aveva sempre saputo, era stato solo il desiderio assurdo di
provare che lui era il migliore a portarlo li.
Afargli credere che
era invincibile, che nessuno l’avrebbe mai fermato, che lui non sarebbe mai
stato trai fessi che venivano
arrestati.
Idiota!
Ora la realtà gli stava dimostrando il contrario nel modo
più duro, il carcere era una dura prova da affrontare e da cui rialzarsi, ce
l’avrebbe fatta?
Ironia della sorte, mentre la sua vita si distruggeva, aveva
iniziato a piovere.
Gocce sottili si infrangevano sulla strada, inaspettate in
quel freddo autunno, a ricordargli per qualche motivo assurdo Leila.
Sua sorella sarebbe rimasta senza protezione ad affrontare
Mark, doveva fare in modo che venisse avvisata, doveva parlare con lei in
qualche modo.
Solo che non avrebbe potuto farlo per un po’, l’avrebbero
interrogato di sicuro.
“Ti stavamo addosso da un po’turco, credevi di farci fessi?”
Non rispose, si lasciò trascinare giù dalla macchina e poi
in commissariato, lui avrebbe taciuto in ogni caso, qualcuno l’aveva fregato,
ma lui non voleva comportarsi da infamea sua volta.
Provarono a fargli delle domande,a essere gentili e a minacciarlo, ma lui
continuò a rimanere nel suo ostinato silenzio, inutile con ogni probabilità.
Nessuno si sarebbe mosso per lui, ma forse era lui che
voleva mantenere un po’ di onore per se stesso.
In ogni caso quando i poliziotti si accorsero che da lui non
avrebbero cavato una parola gli permisero di chiamare un avvocato e di fare una
chiamata.
Si diede dell’idiota, tuttavia decise di chiamare a casa,
voleva parlare con Leila.
Squillò per un po’ a vuoto, il suo cuore gli Sali in gola
per l’ansia ,poi un “click”annunciò che il ricevitore era stato alzato.
“Pronto?” Domandò una voce maschile e sospettosa dall’altra
parte.
“Papà sono io, Farid.”
Sentì l’uomo trattenere il respiro, poi la sua voce si fece
dura.
“Cosa vuoi?”
“Vorrei parlare con Leila …
Sono stato arrestato papà.”
L’uomo tacque.
“No Farid, non ti passerò tua
sorella.
Ha molto sofferto per te e per quello che ha fatto quando
eravate uniti, la devo proteggere da te, mi dispiace.”
“Papà …”
“Mi dispiace, hai fatto la tua scelta anni fa, sapevi che
avrebbe potuto portarti a questo ….
Inoltre una volta mi dissi che io non ero più tuo padre, ma
lo sono ancora per Leila e ho il dovere di proteggerla e tu per lei sei
pericoloso.
Addio.”
Il ritmico “tu tu tu” della
comunicazione interrotta gli fece capire che suo padre non lo avrebbe aiutato,
doveva trovare un altro modo per contattare Leila.
Stava pagando tuttele conseguenze dei suoi errori, suo padre aveva ragione, eppure un nodo
fastidioso gli stringeva lo stomaco, insieme a una sensazione di rifiuto e di
abbandono.
Se solo non fosse stato in un commissariato avrebbe pianto,
cosa ne sarebbe stato di lui adesso?
ANGOLO DI LAYLA
Dunque
che dire?
Buon anno
a Lady Cassandra E Schwarz Nana che mi hanno
commentato lo scorso capitolo e hanno dimostrato di tenere a questa storia.
Agli
altri no.
In fondo
è grazie a quelle due recensioni che questa storia patetica continua la sua
pubblicazione, non certamente grazie al silenzio di chi legge e non commenta.
E si,
sono incazzata e delusa e ho i miei
buoni motivi, fatevene una ragione.
Anche se dubito
che interessi a qualcuno.
Vabbhe passiamo alle recensioni.
SchWarz Nana: Sono contenta di avere capovolto la tua impressione su Farid, credo di averti già detto che nonostante lui sia
stato un personaggio non sempre positivo, mi piace molto.
Sono
anche contenta che le tue coronarie stiano bene (XD), spero che il finale di
questo capitolo non le abbia fatte di nuovo stare male ç_ç.
Diciamo
che era necessario, capirai meglio nel prossimo.
Leila e
Bill: quello che hai detto è giusto.
Leila
vorrebbe lasciarlo andare e non ci riesce, ma dopotutto questo è un bene no?
Sennò non
avremmo questo capitolo/chiarimento in cui sembra che forse per questa coppia
strana si apra uno spiraglio di futuro … Tutto nelle mani di Leila.
Che
responsabilità O.O!
Graziedi aver apprezzato la sintonia di pensiero
tra i due, era quello che volevo trasmettere^^.
Per le
canzoni.. “In YourShadow(
I can Shine)” è una delle mie tracce preferite del cd
e mi sembrava ci stesse bene, contenta di averci azzeccato^^.
Per i GdV, ho sentito una delle loro canzoni che avevo anch’io 14
anni e mi erano piaciute molto, quando ho scoperto che Grido era il fratello di
J Ax ho pensato:”Buon Sangue non mente!” (XD).
Grazie
per i complimenti, spero ti piaccia anchequesto.
Ciao^^.
Lady Cassandra: Ehm si in effetti, ha preso
una bella impennata il rapporto tra Bill e Leila, non era proprio tra i miei
progetto in questo modo, ma è uscito così ^^”.
In
effetti il rapporto va stretto a tutti e due, ma con questo chiarimento ora si
aprono delle nuove possibilità.
Speriamo
che Leila abbia il coraggio di fare la scelta”Giusta”^^.
Sono contenta
che tu apprezzi Farid,
in questo capitolo Mark ha colpito.
Non è una
brutta fine, ma nemmeno un bel proseguimento di vita.
Porterà
delle conseguenze anche a Leila.
Grazie
per i complimenti sulle citazioni, ci speravo fossero azzeccate.
Spero che
questo capitolo ti piaccia.
Alla prossima^^
e grazie ancora per la recensione.
AniaSchmit
non aveva avuto più contatti con il cugino Farid da
anni.
C’era stato un tempo in cui si sentiva quotidianamente con
quel rasta, discuteva con lui di tante cose, amava quei tempi andati, li
ricordava con dolcezza.
Farid era stato il suo cugino preferito,
quello con cui si confidava maggiormente, forse più che con Leila, era stato
doloroso vederlo affondare nel giro dello spaccio senza riuscire a fare niente.
Ci aveva provato Ania, mille volte
gli aveva parlato , lo aveva messo in guardia sulle conseguenze, dicendogli che
avrebbe potuto finire male e che rialzarsi sarebbe stata dura.
Un immigrato di seconda generazione con problemi con la
giustizia, ex carcerato esenza nemmeno
un diploma non avrebbe trovato facilmente lavoro.
Lui non l’aveva ascoltata e aveva provato a tirare con sé
Leila, fortunatamente la cugina in qualche modo ne era uscita, ammaccata,
fragile,ma libera.
E lui?
Fino a quando sarebbe riuscito a rimanere in equilibrio sul
filo sottile della sua vita?
Non lo sapeva, passò davanti allo specchio, che le restituì
l’immagine di una ragazza pallida con i lunghi capelli neri, lisci e con una
frangetta che tentava di nascondere due occhi verdi da gatta.
Grandi, leggermente a mandorla, di un verde chiaro che sfumava
dolcemente in un colore quasi dorato, erano magnetici ed erano il marchio di
fabbrica degli Schmith, li avevano anche Leila e Farid.
Leila era strana ultimamente, era certa che si fosse presa
una cotta per qualcuno, sperò che fosse una brava persona, la rossa se lo
meritava, visto tutto quello che aveva passato.
Quel giorno Ania aveva una strana
sensazione, sentiva che qualcuno si sarebbe fatto vivo dal passato, forse era
per quello che stava pensando si suoi cugini e ai tempi dell’infanzia.
Come volevasi dimostrare il cellulare iniziò a squillare,
era un numero sconosciuto, la mora rispose perplessa, la voce era maschile.
“Pronto.”
“La signorina AniaScmith?”
“Si, sono io, lei chi è?”
“Sono l’avvocato Otto Lang, la
chiamo per conto del mio cliente FaridSchmit, desidererebbe parlare con lei.”
La ragazza impallidì e strinse il cellulare in una presa
convulsa.
“Cosa ha fatto Farid?
Sono la cugina!” aggiunse nervosa.
“è stato arrestato per possesso e spaccio di sostanze
stupefacenti, desidera parlare con lei.”
Sentì entrare rumori estranei nella conversazione, segno che
l’uomo stava passando il cellulare a Faride poi la voce roca del cugino.
“Ania?”
La ragazza rabbrividì, sembrava la voce di un morto e le fece
quasi paura.
“Farid.”
“Lo so che sono anni che non ci parliamo e l’ultima volta ti
ho mandato a fare in culo, ma ti scongiuro, aiutami.”
“Cosa posso fare? Sei andato oltre Farid
e mi dispiace, cazzo, per quanto possa valere mi dispiace.
Non avrei mai voluto che finisse così.”
La vocedivenne
agrodolce.
“Lo so, Piccola, lo so.
Hai tentato in tutti i modi di farmi ragionare, non me lo
sono dimenticato, anche se non è servito a nulla, io non ti ho mai voluto
ascoltare.
Quello che ti chiedo è di avvisare Leila, voglio vederla.”
La ragazza rimase un attimo in silenzio in attesa che lui
continuasse.
“Ho chiamato a casa e ha risposto mio padre, non ha voluto
passarmela.”
“Perché?”
“Dice che l’ho ferita troppo che ora la farei solo stare
male, ma io voglio solo vederla.
Ania, io ho bisogno di vedere mia
sorella, ti prego.”
La mora sapeva quanto il cugino tenesse a Leila, quei due
potevano aver litigato ma erano lo stesso legati da un sentimento fortissimo, Farid continuava a preoccuparsi di sua sorella, allo stesso
modo in cui lei continuava a sorvegliarlo da lontano.
“D’accordo Farid, parlerò con
Leila, è giusto che sappia.”
“Grazie Ania, non so some
ringraziarti.”
“Figurati, se ti farà piacere verrò a trovarti in carcere.”
“Ne sarei felice, Ani sei davvero una brava persona, sicuramente
più di me.
Ora ti devo lasciare.
Ciao.”
“Ciao…” sussurrò, poi non ci fu
altro che il “click” della comunicazione tolta.
Rimase stordita con il cellulare in mano, travolta dalla
notizia, aveva sempre saputo che sarebbe finita così, se l’era immaginato spesso
che la polizia sarebbe arrivata a Farid, eppure
sentirselo dire le aveva fatto un certo effetto.
Il suo compagno di giochi, quello che aveva adorato con
tutta se stessa e che per un certo periodo era stato il suo modello era finito
in carcere.
Anche se aveva diciannove anni, sentiva le lacrime pungerle
gli occhi, ma non voleva piangere, non era ancora il momento, prima doveva
chiamare Leila e sapeva che la rossa non l’avrebbe presa bene.
-Ok Ania, hai preso un impegno, ora devi mantenerlo, chiama Leila.-
Titubante prese il cellulare, compose il numero dell’amica e
rimase in attesa della sua risposta-
Dopo qualche squillo Leila rispose, Ania
si fece coraggio.
“Ehi Topino di biblioteca!
Come mai ti fai viva?”
Sorrise, intenerita da quel bizzarro soprannome, glielo
aveva affibbiato per scherzo anni fa ed era rimasto.
“Si, ho bisogno di formaggio!” ridacchiò lei, cercando di
non far notare l’imbarazzo.
“Madonna, vai all’università e fai queste battute pessime?
No, sorella non va bene!”
“Ok, hai ragione!
Sono inqualificabile! “
Risero insieme per un attimo.
“Leila, potremmo vederci?”
“Certo, mi farebbe molto piacere.”
“Sei libera stasera?”
Ci fu un attimo di esitazione.
“Si certo.”
“Possiamo vederci tra mezz’ora?”
“Si, ma sai che sei strana, Ania?”
Si , lo era,si disse mentre chiudeva la conversazione.
Indubbio che lo fosse, ma quello che aveva da raccontarle
non era affatto piacevole e prima gliel’avesse detto meglio sarebbe stato per
tutti.
Era sempre stato così, la mora veniva spesso utilizzata come
cuscinetto da molte persone, chiamavano lei per fare da mediatrice se c’erano
litigi.
Lei per annunciare cattive notizie, come in quel caso, certi
che lei avrebbe trovato le parole giuste.
Lei per i consigli.
E lei un po’ era stufa di questa situazione che non le
permetteva di avere una vita sua e di pensare solo ase stessa qualche volta, ma per quella volta
si disse di sopportare ancora.
Si trattava della sua famiglia ed era giusto che lei lo
facesse.
Di questo umore, tra tristezza e rassegnazione, uscì di casa
sotto una pioggerella fastidiosa.
Era calata la sera su Amburgo.
Leila guardava la pioggerella scendere e bagnare la città,
seduta davanti alla portafinestra della sua camera, tenendo in mano una
sigaretta che non si decideva ad accendere.
A cena aveva avuto l’impressione che suo padre le mentisse
su qualcosa, ma le sembrava strano, lui era sempre stato un uomo che metteva la
verità al di sopra di tutto.
Non era come lei, che a volte mentiva, a tutti, persino a se
stessa, come stava facendo ultimamente.
Era palese che da quando Bill era entrato nella sua
tabaccheria, qualcosa era scattato in lei, anche se all’inizio credeva fosse
semplice attrazione.
Non era la prima volta che vedeva un ragazzo, ci stava solo
per una volta e poi, esaurito quello lei spariva, come un’illusione.
Quello era stato il suo modo di relazionarsi prima della
storia di Shirin, dopo non aveva avuto più voglia,
eppure quando era arrivato Bill, una parte di lei aveva subito intuito che
sarebbe stato diverso e non si era sbagliata,
Coincidenze avevano voluto che lo vedesse dopo e persino
alla clinica, se fosse stato un altro non si sarebbe mai scusata con lui quella
volta in cui non l’aveva salutato.
Bill era speciale per lei, eppure era riuscita a rendersi odiosa ai suoi occhi per proteggere Shirin e qualcosa che nemmeno esisteva.
Si prese la testa tra le mani.
Sarebbe bastato pochissimo per scusarsi e dire la verità a
Bill il giorno dopo, pochissimo per vivere una storia un po’ più seria, ma lei
aveva paura.
Non riusciva a scacciarla, in fondo quella situazione
ambigua faceva comodo anche a lei,che non doveva impegnarsi ne affrontare dubbi
o paure.
Finalmente si accese la sigaretta, il fumo le invase la gola
e i ricordi il cervello.
La loro semistoria alla clinica era iniziata con uno sguardo,
Leila stava camminando per i corridoi e lo aveva incrociato, registrando
distrattamente che il ragazzo non avrebbe dovuto essere li.
Leila aveva alzato la mano in segno di saluto, lui per tutta
risposta l’aveva guardata a lungo prima di prenderla per un polso e trascinarla
in uno stanzino non troppo lontano, dove finalmente era successo quello che era
destino accadesse fin dalla prima volta che si erano visti.
Sesso.
Sesso senza sentimenti, senza baci o carezze, solo gemiti ad
accompagnarli poi andarsene uno per la propria strada.
Il solito copione della sua vita che questa volta le aveva
riservato una variazione per lei sconvolgente: lo sguardo dispiaciuto di quel
ragazzo il giorno dopo.
[“Scusa Leila. Non so
cosa mi sia preso, non volevo .”
Bill aveva lo sguardo
basso di chi si sentiva in colpa, non osava guardarla dritto negli occhimentre pronunciava quelle parole.
Leila aveva sorriso
intenerita, senza farsi notare da lui, poi gli aveva accarezzato una guancia.
“Non c’è problema
Bill, eravamo consenzienti tutti e due no?”
“Si, ma mi dispiace lo
stesso.”
“Tranquillo … se vuoi
la cosa si può ripetere, in fondo è piaciuta sia a te che a me, no?
Sempre se tu sei
d’accordo …”
Si diede mentalmente
della troia non era da leicomportarsi
così e nemmeno lo voleva.
Solo che pensare che
forseera lui il ragazzo di Shirin la bloccava, se fosse stata più forte l’avrebbe
lasciato perdere, ma lei infondo era debole.
Voleva averlo almeno
parzialmente e forse era la stessa cosa per lui visto che alla sua proposta per
un attimo, prima che lo abbassasse vide il suo sguardo ferito e sentì
stringersi il cuore.
“D’accordo.”
“Ok, quando vuoi Kaulitz, ma non devono esserci complicazioni sentimentali, io al momento non
voglio storie serie.
Questi sono i patti,
se a te non vanno bene, non se ne va niente.”
Si diede della
stronza, non poteva averlo detto davvero lei!]
Lo aveva detto e Bill aveva accettato, prendendosi ogni
volta anche qualcosa di suo, un pezzo di anima, spazio nel suo cuore, era così
importante dargli un nome definito?
Non lo era, quello che contava erache quella cotta non si era sgonfiata per
nessuno dei due, anzi si era evoluta ed ora il futuro era nelle sue mani.
Avrebbe avuto il coraggio di sceglierlo?
O sarebbe scappata ancora una volta?
-Perché Leila, è di
questo che si tratta, di coraggio.
Lui ti ha fatto capire
che forse ci tiene a te come persona e non a te come scopata e ora che sono
caduti i tuoi alibi, sei solo tu a dover decidere.
Tu e nessun altro.
La paura non può
decidere per te, finiresti per pentirtene e ci sono già troppe cose di cui ti
sei pentita.-
Il suono del cellulare interruppe le sue riflessioni, la
rossa si alzò ed avanzò verso la scrivania per rispondere, il display diceva
che era Ania.
Era insolito che la cugina la chiamasse a quell’ora, di
solito era una ragazza ligia al suo dovere che usciva solo nei fine settimana
quando non lavorava.
“Ehi Topino di biblioteca!
Come mai ti fai viva?”
Cercò di darsi un tono allegro mentre rispondeva.
“Si, ho bisogno di
formaggio!” ridacchiò lei, cercando di non far notare l’imbarazzo.
“Madonna, vai all’università e fai queste battute pessime?
No, sorella non va bene!”
“Ok, hai ragione!
Sono inqualificabile! “
Risero insieme per un attimo, la faceva sempre stare bene
quella sintonia che c’era tra di loro, la metteva di buon umore.
“Leila, potremmo vederci?”
“Certo, mi farebbe molto piacere.”
“Sei libera stasera?”
Ci fu un attimo di esitazione.
“Si certo.”
“Possiamo vederci tra mezz’ora?”
“Si, ma sai che sei strana, Ania?”
La mora farfugliò qualcosa e poi chiuse la conversazione,
Leila rimase perplessa.
Una parte di se sperò che la cugina non si fosse trovata un
ragazzo,non ce l’avrebbe fatta a
sentirsi raccontare una storia felice, un’altra censurò quei pensieri che bollò
come egoisti.
Ania aveva tutto il diritto di
trovarsi un ragazzo, considerato quanto l’aveva aiutata!
Si cambiò, si truccò con una sottile riga di matita, avvisò
suo padre ed uscì.
Avrebbe potuto prendere il motorino per raggiungere il bar
in cui di solito si incontrava con Ania, ma non ne
aveva voglia, così se la fece a piedi.
Si prese quel tempo per far vagare la mente senza
costrizioni, senza pensare a nulla di particolare.
Quando arrivò la cugina era già fuori dal bar,era un fatto strano, la mora aveva la
tendenza ad arrivare in ritardo ed aveva un’espressione che non le piaceva per
niente.
AniaSchimt
era preoccupata, questo indicava che doveva essere successo qualcosa.
“Sputa il rospo!”
Non voleva essere così diretta, ma ultimamente aveva poco
controllo su di se, la cugina in ogni caso sobbalzò.
“Non si saluta più?”
“Non quando tu mi inviti fuori in settimana quandodi solito non esci mai, se non il sabato e
hai una faccia che è tutto un programma.”
“Dio santo! Con te i
giri di parole non valgono, eh?
Dritta al punto come al solito, vero?”
“Meglio la verità alle bugie.”
“A volte girarci intorno potrebbe renderti meno duro il
colpo , ci hai mai pensato?
Comunque ….
Mi ha telefonato Farid prima.”
Leila sgranò gli occhi, impallidì vistosamente e strinse i
pugni.
“Cosa voleva?” rantolò senza voce.
La cugina la afferrò per un polso e la trascinò verso una
panchina.
“è meglio che ti siedi.”
“Ania che succede? Sta bene,
vero?”
La mora deglutì.
“Leila, Farid è stato arrestato,
l’hanno beccato con la roba a casa.”
La rossa rimase in silenzio, la notizia le penetrò
pianopiano
nel cervello come un gas fastidioso.
Suo fratello era stato arrestato.
Suo fratello era un criminale.
Suo fratello non avrebbe più potuto proteggerla da lontano
come sapeva che faceva.
Era sola.
“L’hanno fregato Ania, qualcuno ha
fatto una soffiata!”
La sua voce aveva raggiunto una tonalità isterica
sufficiente a far decidere alla cugina che era il caso di appoggiarle la mano
sulla spalla.
“Leila … “
“Cosa ti ha detto?”
“Vorrebbe parlare con te.”
La rossa si alzò di scatto, guardò la cugina dritta negli
occhi.
“Andiamo in commissariato.”
“D’accordo, ma non so se te lo lasceranno vedere.”
“Finché non proverò non lo saprò.”
La cugina non disse nulla, si limitòa seguirla verso la fermata del pullman più
vicina, intuendo forse che aveva bisogno di riflettere in silenzio.
Era vero che per due anni non si erano sentiti molto, che
quel rapporto sembrava spezzato, ucciso da quel fatto terribile, eppure sapeva
che non era così.
Un filo li legava ancora, fatto di affetto e di amore.
Lui rimaneva comunque suo fratello e lei non l’aveva
scordato.
Poteva non sentirlo, non approvare la sua vita, ma questo
non cambiava nulla.
Non cancellava anni di sentimenti.
E in nome di quelli l’avrebbe rivisto a qualsiasi costo e
ascoltato quello che aveva da dirle.
Arrivarono in commissariato una mezzoretta dopo, Leila si
diresse decisa verso il primo poliziotto che incontrò.
“Sono Leila Schimt, la sorella di FaridSchimt lo spacciatore che
avete arrestato questa sera, posso vederlo?”
Il poliziotto le fece un sorriso storto, lei replicò con
un’occhiata gelida.
“Dovrà aspettare almeno un’ora.”
“Non c’è problema, l’importante è che possa vederlo.”
“Come vuole.”
“Grazie.”
Si sedette sulle sedie scomode del commissariato, in attesa.
Nell’ora successiva le passò davanti varia gente, c’era chi
denunciava e chi era stato catturato, ladri, spacciatori, puttane.
A lei poco importava, la persone che le interessava era
ancora dentro e sperava ardentemente di poterla vedere.
Sbuffò perl’ennesima
volta, Ania, accanto a lei non aveva detto una
parola, sembrava persa nei suoi pensieri almeno quanto lo era lei.
Finalmente una porta si aprì,FArid apparve in
manette scortato da due poliziotti, quella visione la fece sentire male, non
era ancora preparata forse.
Scattò in piedi,
“Farid!”
“Leila!”
I poliziotti lo trattennero.
“è mia sorella, posso parlare con lei?”
I due agenti si guardarono e poi guardarono il loro
superiore che annuì, il turco venne scortato in un’altra stanza, Leila lo
seguì.
Li lasciarono soli, anche se certamente si erano appostati
dietro la porta, alla ragazza non importava, abbracciò il fratello.
“Scusa Leila, scusa per tutte le stronzate che ho fatto.
Scusa per il bambino di Shirin.
Lo so che non vale un cazzo detto adesso, che non dovevo
comportarmi da stronzo e basta, ma adesso sto pagando tutto”
Gli appoggiò un dito sulle labbra.
“Zitto.
Lo so che ti dispiace, lo so perfettamente, ti conosco bene,
fratello.
Lo so che non sei una cattiva persona in fondo.”
“Grazie Leila, ti voglio bene.
Te ne ho sempre voluto e ti ho sempre protetta, Mark ti
vuole lo sai?”
Annuì.
“Ecco, stai attenta a lui, potrebbe fare gesti pericolosi
ora che non ci sono più io a fermarlo.”
Lei annuì, le lacrime iniziarono a scendere sul suo viso, Farid gliele asciugò.
“Non piangere, è giusto che io paghi per i miei errori come
tu hai pagato per i tuoi.”
La guardò negli occhi.
“Dai una possibilità alla felicità, anche se potrebbe fare
male dagliela.”
Lei sgranò gli occhi.
“Te lo leggo negli occhi che hai paura di innamorarti, non
avevamo segreti una volta, ricordi?”
“Si.”
“Ecco, forse nemmeno adesso.”
“Tu Ami ancora Shirin non è vero?”
“E l’ho lasciata andare perché eragiusto così.
Lei ama un altro che sicuramente può renderla più felice di
me, ma tu non hai nemmeno dato una possibilità a questo ragazzo.
È Bill, vero?”
Lei annuì, inutile chiedergli come l’avesse capito, con ogni
probabilità si ricordava della rissa.
“Provaci Leila, non aggiungere altri rimpianti a quelli che
hai già.”
Un bussare interruppe il loro discorso, il loro tempo era
già finito.
“Ora devo andare, ti voglio bene.”
Lo abbracciò più forte.
“Anch’io! Verrò a trovarti!”
I poliziotti entrarono e la staccarono da lui, per portarlo
via.
Era finita, ma adesso si sentiva più certa.
Forse si stava solo facendo trascinare, ma voleva provare ad
essere onesta con Bill e vuotare il sacco.
L’avrebbe fatto l’indomani, lo giurò a se stessa.
Il tempo delle fughe era finito.
Sarebbe andata come doveva, ma almeno non avrebbe avuto
rimpianti.
Bill si alzò agitato.
Non era una novità, molte volte si era svegliato così,
desiderava della cocaina, purtroppo.
Questa volta era diverso, era un agitazione in un certo
senso migliore, quella mattina avrebbe finalmentepotuto ricevere visite di nuovo e avrebbe
rivisto suo fratello e Francesca.
Il moro si fece una doccia e si preparò con cura, decidendo
di rinunciare al trucco, a loro voleva mostrarsi al naturale, non aveva bisogno
di maschere.
Si sedette sul letto in attesa che un’infermiera o qualcuno
venisse a chiamarlo perché erano arrivati.
Chissà Tom come stava?
L’aveva sognato spesso, una volta ricordava che forse gli
aveva chiesto qualcosa su Francesca, ma era un ricordo vago, che non riusciva a
richiamare.
-Chissà se le ha detto
quelle maledette due paroline?
Spero di si o lo picchio!-
“Signor Kaulitz?” un’infermiera lo
guardava dalla porta sorridendogli incoraggiante.
“Eeccomi!”
La seguì lungo un corridoio luminoso, fino a una stanza piena
di vetrate con dei divanetti chiari, Bill si sedette su uno di essi.
Si guardava attorno ansioso, Tom sarebbe venuto?
Aveva fiducia nel fratello, ma la paura era tanta ed era un sentimento
irrazionale.
La porta dellasala
si aprì poco dopo, emettendo un leggero rumore che lo fece sobbalzare e voltare
speranzoso.
Tom avanzava intimidito, stringendo la mano di Fra, lei
sorrideva.
“Tomi …”
Il gemello gli sorrise, Bill scattò come una molla, felice
come non mai e si lanciò addosso a lui.
Lo soffocò in un abbraccio che si allargò ad includere la
ragazza, ora aveva di nuovo le sue due persone più importanti con se.
Nessuno disse nulla , quel momento perfetto non aveva
bisogno di parole.
Gli bastava la stretta del gemello e vedere che Francesca
era ancora lì.
“Mi siete mancati.”
Superfluo da dire, ma a volte era necessario.
“Anche tu, Bill!”
Tom si staccò dall’abbraccio del gemello per guardarlo
sorridente.
“Come stai?”
“Meglio, Tomi, meglio.”
“Sono felice per te.”
Sembrava che Tom avesse paura a chiedergli di più sulla sua
vita alla clinica, così si volse verso Francesca.
“Te le ha dette le due sospirate parole?”
Lei sorrise sorniona.
“Oh si! È stata dura ma ce l’ha fatta!”
“è sempre il solito, scusalo.”
“Lo so.” ridacchiò lei.
Mi sono scelta una bella croce.”
Tornò seria all’improvviso, quanto gli erano mancati i suoi
cambiamenti d’umore improvvisi!
“Ti trovo davvero meglio, sono orgogliosa di te.”
“Non è stato facile, ci sono stati momenti davvero duri, in
cui ho creduto che sarei impazzito, ma sono ancora qui.
Più vicino alla guarigione.
Sono fiero di me anch’io.”
Si sorrisero, come sempre si capivano al volo, lei aveva
questa strana capacità di metterlo a suo agio.
Si sedettero su un divano, ormai il ghiaccio era rotto, lui
si sentiva meno in tensione e sembrava che acne Tom e Fay
fossero meno tesi.
“Gli altri come stanno?”
“Georg ha fatto pace con la sua sorellastra.
Si chiama Lene, ha diciassette anni ed è molto simpatica!”
“è anche carina! Aggiunse Tom leccandosi il piercing.
“Forme al punto giusto, bionda, meches
da alternativa, con gli stessi occhioni del nostro
bassista ….”
“Non ci pensare Kaulitz o lei
potrebbe diventare l’ultima donna su cui potrai usarlo.”
Bill scoppiò a ridere davanti alla faccia sconvolta di suo
fratello.
“Hai trovato pane per i tuoi denti! Io l’ho sempre saputo.”
“In ogni caso .. “ Tom riprese a parlare offeso o finto
offeso “Quando tu starai meglio lui ce la presenterà.”
Bill annuì e poi assunse un’espressione pensierosa.
“Tomi, sai che mi sarebbe piaciuto avere una sorellina?
L’avrei pettinata e vestita io!”
“Per carità! Ne basta uno di dark in famiglia, altrimenti ci
avrebbero mandato l’esorcista!”
“Meglio l’esorcista che la polizia! Se TU avessi curato il
suo look avremmo avuto la narcotici perennemente per casa e a mamma sarebbe
preso un colpo!”
Tom inarcò un sopracciglio, con una faccia educatamente
perplessa.
“Non ti piacciono i miei vestiti, Bill?”
“Sono larghi Tom!
Non ti è mai capitato di inciamparci?”
“Non sono larghi, sono comodi!
I tuoi sono talmente stretti che solo a guardarti mi viene
la claustrofobia!”
“Breeeeack!”
Francesca fece sentire la sua voce fermando sul nascere il
loro litigio.
il gemello più piccolo sorrise, gli era mancato anche
quello, poi la tristezza calò su di lui.
Stava cercando di ignorare la realtà dove si trovava, ma
forse era giusto così, evadere almeno per un attimo da una realtà che non gli
piaceva.
“Scusa Fra!”
“Non ti scusare, Cucciolo, i vostri litigi sono il mio
divertimento, ma mi sembra poco carino dimenticare uno dei componenti della
vostra band.”
“Oddio, hai ragione! Gustav come sta?”
“Bene! Sembra che abbia una mezza storia …”
Gli occhi di Bill si illuminarono di febbre da gossip.
“Davvero? Chi è lei?
Anni?
Aspetto fisico?
Occupazione?”
“Non saprei.” Rispose Tom “Il nostro batterista non si
sbilancia, dice che vuole essere sicuro prima di presentarcela.”
“Tu Fay sai qualcosa?
Infondo voi fate comunella da sempre.”
La ragazza sospirò.
“Mi dispiace Bill, non so niente nemmeno io, non si
sbottona.”
Bill sbuffò.
“Uffa, non è giusto!”
Tom sorrise e gli batté una mano sulla spalla.
“Mi dispiace fratello, non appena il biondo canterà te lo
faremo sapere.”
“Chissà fra quanto ….”
Si scurirono tutti quanto in volto.
“Bill, potremmo vederci una volta alla settimana d’ora in
poi, non essere negativo.”
Certo, una volta alla settimana era meglio che niente, ma
era certo che la nostalgia di loro non se ne sarebbe andata.
Doveva impegnarsi di più per uscirne.
“Bill, va tutto bene?”
Gli occhi scuri dell’italiana si piantarono nei suoi.
“Momento di tristezza e basta non ti preoccupare.”
“Ne sei sicuro?”
Per un attimo fu tentato di raccontare loro tutta al storia
di Leila, tuttavia decise di non farlo, non voleva che si preoccupassero
inutilmente.
Era certo di essere in grado di sbrigarsela da solo, la
rossa era solo una ragazza, non una droga!
“Certo! Perché questa domanda?”
“Non so, mi sembravi strano.”
“Tranquilla, non ti preoccupare.”
Parlarono ancora per un po’ fino a che un lieve bussare e la
comparsa di un’infermiera non fece capire loro che il loro tempo era scaduto.
“Ora dobbiamo salutarci.”
Bill li abbracciò di nuovo,non li avrebbe visti che tra una settimana e già gli mancavano.
“Stammi bene e non mollare!”
Suo fratello.
“A settimana prossima, Cucciolo.
So che ti ritroverò migliore di adesso.”
Lui annuì e li vide andare via, agitando debolmente la mano
in segno di saluto.
Quando finalmente rimase solo si sedette su un divanetto con
la testa tra le mani per riflettere.
Per un attimo aveva avuto lo sprazzo di una vita normale,
ora sarebbe tornato a quella della clinica e non sapeva se ci sarebbe riuscito
molto bene.
-Sei forte, Bill! Ce
la puoi fare, fallo per loro e per te stesso.-
Si alzò e si trascinò in camera.
Durante il breve tragitto ebbe la sensazione che qualcuno lo
guardasse in modo strano, ma non ci diede peso, non voleva guastarsi la gioia
di avere trascorso del tempo con Tom e Francesca.
Era fermo sullo stipite della porta quando vide qualcosa sul
suo letto che prima non c’era, doveva averlo depositato qualcuno durante la sua
assenza.
Incuriosito si avvicino e lo prese in mano.
Era la coppia di un giornale.
La lasciò cadere immediatamente come se scottasse.
Il titolo recitava:”Bill Kaulitz
in clinica per problemi di droga! Fine per i Tokio Hotel?”.
Come era potuto succedere? Come avevano fatto a scoprirlo?
ANGOLO DI LAYLA
Uhm, non ho molto da
dire XD!
Come vedete non c’è pace, ne per Bill,
ne per Leila.
Come reagiràil vocalist? Per saperloleggeteilprossimo XD!
Scusate, non ho molto tempo per rispondereadeguatamenteallerecensioni, ma vi ringraziodavverotanto per averlelasciate, ne avevobisogno ^-^!
Capitolo 24 *** 24) Si Scappa Quando Si Crede Di Non Avere Più Nulla Da Perdere ***
24) si scappa quando si crede di non avere più nulla da perdere.
Bill si sentiva di ghiaccio.
Il giornale era a terra, eppure le sue parole erano stampate
nella testa del moro.
“Vi chiedevate dove fosse finito il cantante dei Tokio
Hotel?
Ecco la risposta, seguendo l’esempio di altre giovani star,
Bill Kaulitz è caduto nel tunnel della droga.
Da circa un mese risulta ricoverato in un’esclusiva clinica
per il trattamento della tossicodipendenza appena fuori Berlino.”
L’articolo proseguiva, ma lui non era riuscito a leggere
altro.
Tutto stava cadendo in pezzi, avrebbe avuto ancora un lavoro
uscito di li?
E soprattutto chi aveva diffuso la notizia e come l’avevano
scoperto?
Deglutì, sentiva il sudore colargli lungo la schiena.
E Tom? Come avrebbe reagito?
Si sedette e si prese la testa tra le mani, tutti i suoi
sforzi sembravano essere stati vanificati da quell’articolo.
Ora capiva il perché di quegli sguardi, se anche solo un
mese fa pensava che della sua carriera non gliene importasse più nulla ora
capiva che per lui aveva ancora un peso.
L’aveva capito quando probabilmente non ne avrebbe più avuta
una, la Universal l’avrebbe scaricato senza troppi problemi.
Chi voleva un cantante tossico?
Pochi, pochi avrebbero scommesso su di lui visto che già le
ultima datedel tour non erano andate
bene.
Aveva ancora senso rimanere li?
Non ne era più così certo, se probabilmente non aveva più
nulla per cui lottare.
Era entrato in quella clinica sia per motivazioni
strettamente personali sia per una sorta di senso di colpache strisciante si era fatto vivo durante i
momenti di lucidità.
Comportandosi così non danneggiava solo se stesso, ma anche
i Tokio Hotel.
Comportandosi così non si caricava sulle spalle solo il peso
della morte del suo sogno , ma anche quello dei suoi tre amici ed era troppo
per lui.
Aveva capito di essersi comportato da egoista e aveva voluto
rimediare in un certo senso e quello era stato tutto quello che aveva raccolto:
una storia semiseria che non lo avrebbe portato da nessuna parte e la sua
reputazione distrutta.
Era finito tutto?
Se si, c’era qualcosa che meritasse di essere salvato?
No, non c’era più nulla ora,quell’articolo crudele aveva
spazzato via tutto.
Crudele perché era arrivato nel momento in cui finalmente
aveva potuto rivedere il gemello e la sua migliore amica e aveva vanificato in
un attimo tutta la sua gioia.
Si sentiva solo ad affrontare quella cosa, avrebbe voluto
averli accanto o almeno sentire di avere un amico li dentro, tuttavia l’unica
con cui avesse un rapporto di pseudo amicizia era Leila.
O forse Shirin.
Onestamente avrebbe raccontato tutte le sue paure alla
bionda?
No, non ci sarebbe riuscito, certo lei lo tirava su di
morale , ma non riusciva a raccontarle tutto.
Aveva l’impressione, da come Leila la trattasse che la
bionda avesse già dei problemi suoi e non necessitasse di altri pesi.
Con Leila avrebbe parlato, ma dopo quelle che le aveva detto
l’ultima vota non aveva il coraggio di guardarla in faccia, si sentiva
vulnerabile ai suoi occhi, senza contare che spesso lei gli aveva fatto
presente che non voleva coinvolgimenti sentimentali.
In conclusione era solo.
Pateticamente solo mentre era seduto sul letto a tenersi la
testa tra le mani.
La voglia di cocaina divenne insopportabile, desiderava
ardentemente una striscia sebbene sapesse che non avrebbe risolto nulla una
parte di lui gli sussurrava che dopo sarebbe stato meglio.
A chi dare retta?
Che fare?
Provò a combattere la tentazione, evocando i volti di Tom e
Francesca, ma per un attimo li vide furiosi, che lo incolpavano di avere
distrutto la loro vita.
Per completare quella visione apparvero anchei volti di Gustav e Georg e lui si sentì
soffocare.
Quanta gente aveva fregato?
La sua volontà di resistere fu annullata, Bill si alzò di
scatto dal letto e osservò il parco della clinica dalla finestra, nella sua
mente non c’erano più tentativi per convincerlo a restare, c’erano solo piani
per evadere.
Si sentiva uno schifo per avere tradito così le aspettative
di chi lo aveva sostenuto finora, tuttavia non riusciva ad andare avanti con il
suo proposito.
-Ok…. Ha vinto la polvere bianca, Tomi
perdonami. –
Cercò di ricordare quando la clinica fosse più calma e con
meno personale in giro e concluse che doveva essere verso le due di pomeriggio.
A quell’ora
iniziavano i laboratori e lui poteva assentarsi con una scusa, infondo aveva
avuto una condotta impeccabile che di sicuro non avrebbe fatto nascere
sospetti.
Chi era Bill kaulitz per loro?
Il paziente esemplare che si impegnava a fondo per guarire,
uno che di certo non avrebbe provato a scappare.
-Bhe, non è che vi siate sbagliati, solo che ora
non ce la faccio più.
Non ho più nulla per
cui lottare, voglio solo cadere.-
Con un calcio spedì il giornale sotto al letto, come a voler
nascondere a se stesso i motivi di quella fuga, in fondo era da quando era
entrato li dentro che desiderava scappare.
Omise a se stesso che voleva uscirne pulito, in modo da
smetterla di sentirsi debole ogni volta che tirava.
Sentì di nuovo un bussare alla porta della sua stanza,
un’infermiera gli sorrise timida, aveva ancora e stranamente un discreto
scendente sulle donne.
Chissà, forse solleticava il loro lato materno.
“ Signor Kaulitz, volevo avvisarla
che è pronto il pranzo.”
“Grazie, arrivo subito.”sorrise lui , la donna gli sorrise
di rimando.
Il moro uscì dalla stanza, aveva assai poco appetito, ma non
voleva mostrare quanto fosse strano.
Mangiò tutto, poi teatralmente si portò una mano alla fronte
con un’espressione sofferente, facendo accorrere la stessa infermiera che era
venuta a chiamarlo.
“Sta bene, signor Kaulitz?”
“No, ho un forte mal di testa!”
La donna gli sorrise materna.
“Non si preoccupi, deve essere un segnale di stress, può
succedere dopo la prima visita della famiglia.
Le do un analgesico e le consiglio di stendersi in camera,
parlerò io al terapista.”
Bingo, l’aveva fregata!
Accettò di seguirla con un sorriso sofferente e finto grato
accettò la pillola bianca.
Si chiuse in camera sua, la ingollò e si stese sul letto, sperando
di essere abbastanza cedibile nella sua recita di bello addormentato.
Il moro in realtà aveva le orecchie tese per captare
qualsiasi rumore, dopo un po’ sentì la porta aprirsi, doveva essere
l’infermiera che veniva a controllare come stava.
La porta si richiuse subito dopo , la donna doveva aver
trovato l’esito soddisfacente.
Il rasta si alzò piano , guardò nell’armadio ,cercò qualcosa
di anonimo e di decente allo stesso tempo che non sapesse troppo di pigiama o
di tuta e poi si diresse in bagno.
Aveva sempre amato truccarsi, ma quel pomeriggio quella
sottile linea neragli dava fastidio ,
se la tolse quasi con rabbia.
Bill kaulitz dei Tokio Hotel era
morto e con lui era morto il suo look, ora rimaneva solo Bill.
Il vecchio ed inutile Bill.
Si affacciò alla porta, non c’era nessuno per i corridoi,
dovevano essere tutti ai laboratori.
Camminò piano, a passi leggeri, come se fosse un ladro,
stando attento ad ogni rumore, non voleva essere scoperto.
Arrivò in atrio senza incontrare nessuno, così si diresse
verso gli spogliatoi del personale, origliò e gli parvero vuoti, nessun rumore
di chiacchiere o di voci umane.
Aprì la porta con circospezione, all’interno c’erano
vestiti, borse e cappotti abbandonati, ma nessun essere umano fortunatamente.
Era troppo facile, si disse con un punta di paura, come
poteva essere stato così fortunato?
Deglutì e mosse dei passi incerti verso una porta, ricordava
che il personale aveva delle entrate secondarie, poteva usare quelle se tutto
fosse andato bene.
La aprì incerto e percorse il corridoio, mentre il battito
cardiaco aumentava sempre più assordandolo.
Era vicino alla libertà e alla fine in un certo senso.
Una volta uscito di lì sarebbe tornato di nuovo a tirare di
coca e avrebbe vanificato i suoi sforzi.
Finalmente fu davantia una porta, se avesse tirato il maniglione antipanico tutto sarebbe
andato a puttane, se non l’avesse fatto avrebbe dovuto fare i conti con le
conseguenze delle sue azioni.
Tirò il maniglione ed uscì nel parcheggio, respirando a
pieni polmoni l’aria fredda di Berlino.
Attraversò quel quadrato di cemento di corsa e fu fuori
dalla strutture.
Libero.
[Liberi, ma senza via
d’uscita.
A me piace il rosso sangue
quindi mi serve una ferita.(*)]
Aveva il cappuccio
tirato sopra la testa, senza trucco e vestito in maniera anonima, dubitava che
qualcuno lo riconoscesse, eppure si sentiva lo stesso un po’ inquieto.
Era stato un mese tagliato fuori dal mondo che conosceva non
era certo che tutto fosse rimasto come prima, in ogni caso la prima cosa che fece
fu accendere il cellulare e cercare spasmodicamente il numero di Farid.
Il cellulare era staccato, una cosa alquanto strana visto
che non l’aveva mai visto senza il telefonino, si grattò un attimo la testa
perplesso sul da farsi.
Automaticamente una mano affondò nella borsa alla ricerca di
un pacchetto di sigarette, ne aveva uno quasi nuovo visto che prima della
clinica se ne era comprato uno e dentro non aveva potuto fumare per un lungo
mese.
L’accese e aspirò avidamente il fumo, un’altra delle cose che
gli era mancata .
Scorse la rubrica fino al nome di Mark e, sebbene non del
tutto convinto, fece partire la chiamata.
“Pronto?”
“Sono Bill Kaulitz.”
“Chi non muore si rivede! Non dovevi essere in una di quelle
cliniche per ricconi?”
“Ti importa veramente saperlo?”
“No, era per fare un po’ di conversazione.”
“Ti va di farla a quattr’occhi?”
“Perché no? Vediamoci al solito posto.”
Il solito posto era il parco dove il turco gli passava la
roba.
“D’accordo, a dopo.”
“A dopo.”
Bill aspettò il pullman, chiedendosi cosa fosse successo.
Qualcosa doveva essere cambiato, il biondo aveva una
sfumatura di trionfo nella voce, decisamente pericolosa considerato il serpente
a sonagli che era.
Non aveva dimenticato come era stato pronto a dare l’ordine
per far picchiare Leila.
- Perché penso ancora
a lei?
E dove è Farid? Questa cosa non mi piace!
Mark non mi piace!-
La sua coscienza gridava di lasciare perdere il biondo e di
tornare indietro finché era in temo, in modo da non buttare via quel mese, ma
era troppo desideroso di tirare e menefreghista per dargli retta.
Finì la sigaretta ed attese il pullman.
Quando arrivò la vettura, salì, ebbe l’impressione che
qualcuno lo guardasse male, ma decise di fregarsene, non stava commettendo
alcun reato, stava solo viaggiando senza biglietto.
Scese alla sua fermata, infilò il portone del parco e si
sedette su di una panchina.
Il clima era gelido, del biondo nemmeno l’ombra, che volesse
farlo congelare?
Dopo un po’ Mark si degnò di farsi vivo, ormai lui non ce la
faceva più, il freddo e il bisogno spasmodico e squisitamente psicologico di
farsi una striscia lo stavano portando sull’orlo della pazzia.
Scattò in piedi non l’appena lo vide.
“Alla buon’ora, quanto cazzo ci hai messo?
Volevi farmi impazzire?”
“Calmati, coglione!
Ho solo avuto dei contrattempi!”
Bill ci vide rosso e lo afferrò per il bavero.
“Coglione lo dici a tuo fratello, non a me! Hai capito?”
L’altro rise.
“Stai calmo coglioncello, io ho la
roba, tu devi rispettarmi.”
Lo lasciò andare scoccandogli un’altra occhiataccia.
“Dov’ è Farid?”
“In gabbia, caro.”
Merda.
“Ci sei rimasto male? Sai succede a chi fa questa vita.
Piuttosto, hai da pagare?”
“Certo!”gli passò i soldi e ricevette la sua agognata
bustina.
“Bene,alla prossima.
Sono certo che ce ne sarà una prossima, visto che dovresti
essere in una clinica e sei in libera uscita.
Il mio numero ce l’hai.
Ciao.”
Lo spacciatore si allontanò con aria indolente, era lui ad
avere il coltello dalla parte del manico elo sapeva bene, per liu si prospettavano tempi
duri.
Farid non era certamente uno
stinco di santo, lo sapeva benissimo, era uno pericoloso, ma almeno sembrava
seguire una sorta di etica, Mark era uno senza principi.
-Sarebbe disposto a
vendermi se solo ci potesse guadagnare.
E se fosse stato lui a
far uscire la verità su di me?-
Era un pensiero paranoico dettato dal desiderio di coca,
quindi lo censurò e cercò un bar in cui poter finalmente assaporare quella
polvere bianca.
Uscì dal parco eccitato, quasi saltellava.
Il primo bar era piuttosto anonimo, prese un caffè e chiese
dove fosse il bagno. Era la prima porta a destra.
Bill entrò dispose la striscia di coca e tirò. Sentì un gran
bruciore e poi una sensazione di benessere si allargò in lui.
Stava sbagliando?
Con ogni probabilità, ma stava fottutamente bene.
Il fatto che la sua band stesse andando a pezzi, che la
ragazza che gli interessava sembrava non ricambiare non lo toccavano più.
Era libero e artificialmente sopra tutto.
Leila si era alzata con il presentimento che qualcosa
sarebbe successo.
Era una sensazione viscida e strisciante, un residuo di
incubo che testardo si trascinava nella vita reale con la sua dimensione
inquietante.
Forse era colpa del fatto che avesse dormito poco e male a
causa dell’arresto del fratello e del loro successivo discorso.
A colazione aveva risposto a monosillabi e persino Shirin l’aveva trovata scostante senza capirne il perché.
Non poteva dirle che il suo ex storico era finito in
carcere, non ora che sembrava aver trovato una sorta di stabilità con Gustav.
Poco importava che il suo ex fosse anche il fratello della
rossa e che Leila ci stesse male.
A volte non sapeva dire se quel suo voler proteggere la
bionda fosse eccessivo e frutto di un senso di colpa che si sarebbe placato
forse mai.
Anche a scuola c’era qualcosa di strano, alcune sue compagne
parlavano animatamente tra di loro guardando un giornale, ma tacevano appena
lei arrivava nei paraggi.
Stramaledetissime conseguenze del
suo passato!
Nessuno osava avvicinarsi a lei, tutti tendevano ed
escluderla, forse per paura, forse per desiderio di punirla, alcune sue
compagne era finite in passato nelle grinfie della sua banda.
In ogni caso, che cosa fosse successo rimase un mistero.
Qualcosa doveva essere successo, anche Shirin
era d’accordo, sentiva che Gustav era strano, le stava nascondendo qualcosa.
Tutti sapevano tranne loro e questo le dava ai nervi.
Uscì da scuola inquieta, quello sarebbe stato il giorno in
cui avrebbe dovuto parlare a Bill e Dio solo sapeva come sarebbe finita.
E se il ragazzo l’avesse respinta?
Stava sbarellando lo sapeva bene, si sentiva idiota come una
ragazzina alle prima armi.
Era stato lui a chiedere un chiarimento, in fondo, quindi
ora l’avrebbe avuto.
Mangiò nervosa, fumò parecchie sigarette mentre aspettava
che iniziasse il suo turno, nemmeno per il suo esame delle medie era stata così
agitata.
Inforcò il motorino e zigzagò nel traffico stando attenta a
non farsi investire, ci teneva ad arrivare viva alla clinica.
Il clima di stranezza fece capolino anche alla clinica, il
guardiano, solitamente una persona cordiale, la squadrò da capo a piedi.
Leila lo trovò strano, ma decise di non farci caso, forse
aveva avuto una brutta giornata e basta.
Eppure la sua ansia cresceva, a ogni passo aumentava,
avrebbe finito per scoppiare.
Anche le sue colleghe la guardarono in un modo strano, in
fondo ci era abituata,sapeva di non
essere la benvenuta li.
- Ma questo è troppo
Leila, qui c’ è sotto qualcosa!
È come se fosse
scoppiata una bomba e tu non lo sai.-
“Schimt?”
La voce acida della iena la distolse dai suoi pensieri.
“Si, signorina Mayer?”
“Mi segua nel mio studio!”
Merda! Era nella merda!
Cosa era successo?
Perché quella la stava convocando?
La seguì a passi lenti ed incerti, deglutendo in continuazione,
gocce di sudore le scivolavano lungo la schiena.
Era l’incubo che si ripresentava nella vita reale.
La donna entrò nel suo studio, era presente anche la
direttrice.
“Signorina Schmith oggi è successa
una cosa molto grave.
Il signor Bill Kaulitz è
scappatodalla clinica e noi sappiamo
perché.”
Da dietro le spalle estrasse un giornale che titolava:” Bill
Kaulitz in clinica per problemi di droga! Fine per i
Tokio Hotel?”.
Cercava la bomba? L’aveva trovata!
Sentì una voragine che le si allargava nel petto, Bill era
scappato, era ricaduto nell’inferno.
Lui non se lo meritava!
“Qualcuno insinua che sia stata lei a fare avere questa
copia a Kaulitz.
Dicono di avervi visti litigare nei giorno scorsi.”
“Si, abbiamo litigato, ma per un piccolo screzio riguardo al
servizio.
Nulla di grave.”
“Lei non dovrebbe avere screzi con i nostri degenti!”
Iena!
“Quando è stata consegnata questa copia la signor Kaulitz?”
“Stamattina prima di mezzogiorno, l’infermiera l’ha trovato
strano a mezzogiorno.”
“A quell’ora ero ancora scuola, chieda al guardiano, mi ha
visto arrivare!”
La Mayer convocò l’uomo che testimoniò a suo favore, alla
iena non rimase altro che rosicare.
“Ti tengo d’occhio, prima o poi farai un passo falso!”
Lo sapeva già.
La donna la rimandò al lavoro, ma l’unica cosa che Leila
desiderasse era uscire di lì e cercare Bill ed era l’unica che non potesse
fare.
Merda!
Trovò Shirin ad attenderla, lo
sguardo basso, l’ansia che trapelava dalla postura del corpo, quando si accorse
di lei sobbalzò.
“Leila!” le corse incontro.”Cosa è successo?”
“Un casino!
Bill è scappato dalla clinica, qualcunogli ha fatto trovare un articolo di giornale
in cui si svelava la sua tossicodipendenza e la iena credeva fossi stata io a
farglielo trovare.”
La bionda impallidì.
“Cazzo! “
“Io non rischio nulla, parlare con il guardiano ha convinto
la direttrice che non c’entrassi nulla, ma questo articolo significa che
qualcuno ha sputtanato Bill.”
“Questo è poco ma sicuro, ha un nemico la fuori e…”
La rossa le mise un dito sulla bocca.
“Ho capito quello che vuoi dire, ma non è necessario che lo
sappiano tutti.”
“Già, tu come l’hai presa?”
“Io? Io vorrei essere la fuori a cercarlo non qui a lavare
pavimenti, ma è quello che devo fare!
La iena mi ha promesso di nuovo che mi terrà d’occhio, il
che significa che non potrò nemmeno respirare finché non ritrovano Bill!
Quindi ….Al lavoro!”
La rossa si diresse con passo marziale verso le camere, pulì
i pavimenti e mise in ordine con rabbia, come se quegli oggetti fossero
colpevoli di qualcosa.
Sapeva benissimo che l’unica vera colpevole era lei.
Lei che al momento avrebbe solo voluto essere fuori di li ed
essere una ragazza senza obblighi o lavori per poter andarea cercare l’unico ragazzo che da molto tempo
a quella parte l’aveva colpita.
- Ma se non fossi
stata quello che sei, se non fossi stata qui non l’avresti affatto conosciuto!-
Sbuffò rabbiosa, gettando uno sguardo al pavimento appena
lavato.
All’improvviso sentì due braccia cingerle i fianchi, si
voltò furibonda trovandosi davanti Klaus che sorrideva in modo mellifluo.
“Cosa diavolo vuoi?”
“Dovresti essere più gentile con i pazienti.”
“Lo sarei se i pazienti non facessero i marpioni!”
Lui rise.
“Dai Leila non farla lunga, lo so che ti scopi Kaulitz il transessuale.
Alla direzione questa cosa potrebbe non piacere, soprattutto
adesso che Kaulitz ha tagliato la corda.”
Leila allungò una mano verso la bocca del ragazzo,
chiaramente furiosa.
“Alla direzione potrebbe non piacere il fatto che tu abbia
ripreso a tirare di coca.”
Poco sopra le labbra c’erano ancora residui di polvere
bianca.
“E potrebbe non piacergli nemmeno il fatto che se non fosse
arrivata gente stavi per stuprare Emily.”
Il ragazzo impallidì.
“Non insegnare al ladro a rubare.
Stammi lontano e ognuno custodirà i segreti dell’altro
mantenendo la pace.
Addio Klaus.”
Si allontanò lasciandolo basito, forse si aspettava una
resa, era evidente che ancora non sapeva con chi aveva che fare.
Non era una che si lasciasse mettere i piedi in testa.
Finalmente l’orario di lavoro giunse alla fine, corse fuori
dalla clinica per prima cosa accendersi una sigaretta e poi per analizzare dove
sarebbe potuto andare Bill.
Fece un tiro, se fosse stata Bill sarebbe corsa
immediatamente a cercare il suo spacciatore e quindi a contattare Farid, ma lui non l’aveva sicuramente trovato.
La seconda opzione, purtroppo, era una sola: Mark.
Non poteva chiedere a lui, ne tanto meno farsi vedere dalla
sua cricca che chiedeva di Bill, sarebbero sorti dei problemi.
Gettò con rabbia il mozzicone per terra e salì sul motorino.
Tentò di ritornare agli schemi mentali della vecchia Leila,
dove si incontravano con i clienti?
A volte in dei Bar, dipendeva dalle esigenze di chi chiedeva
la roba, una volta aveva fatto anche una consegna a casa, ma Bill era certa non
rientrasse in queste tipologie.
Era senza un appartamento e non voleva essere riconosciuto.
Dove l’aveva incontrato quella volta che l’aveva salvato da
un pestaggio?
Rischiò di inchiodare in mezzo alla strada, l’aveva
incontrato in un parco ed era certa che fosse stato li per ritirare della
droga, forse era uno dei posti dove si incontrava con Farid.
Si diresse verso il parco, era certa che non fosse più li,
ma con ogni probabilità aveva scelto un bar o un posto non troppo lontano per
farsi.
Parcheggiò davanti al bar più vicino al parco, entrò e si
diresse al bancone.
Ordinò un caffè, con la coda dell’occhio notò che il locale
era vuoto, poteva fare domande senza testimoni.
“Scusi, posso chiederle una cosa?”
Il barista le rivolse uno sguardo spento.
“Per caso verso mezzogiorno, il primo pomeriggio è stato qui
un ragazzo con i capelli scuri e lunghi , pallido, vestiti semplice?”
L’uomo si gratto il mento, come a tentare di focalizzare
qualcosa dalla sua scarsa descrizione.
“Si, mi pare di si, aveva un piercing al sopracciglio se non
ricordo male, era parecchio nervoso.
A un certo unto si è infilato in bagno e ci è rimasto per
un’eternità.
Perché me lo chiedi?”
Lo sguardo del barista era penetrante, voleva intimidirla, ma
lei alzò le spalle.
“Era un mio amico, avevamo appuntamento, ma io non sono
potuta venire …
Volevo solo sapere se fosse venuto e quanto era incazzato.”
“Non dovresti frequentarlo, aveva una faccia poco
raccomandabile, tu sembri una brava ragazza.”
Leila rimase in silenzio.
-Non sai quanto
ingannano le apparenze, amico …
È lui il bravo
ragazzo, un po’ sfortunato, ma bravo e sono io la teppista.-
“Lo so, ma una volta frequentato si scopre che è una brava
persona, grazie dell’informazione.”
Pagò il caffè ed uscì, ora sapeva dove era stato Bill, ma
questo non la aiutava affatto, il senso di colpa non la abbandonava affatto.
Forse se fosse stata meno stronza, meno concentrata a
proteggere Shirin le cosa sarebbero andate in modo
diverso?
Probabilmente no, ma era agitata lo stesso.
Troppo agitata.
Francesca era notevolmente agitata.
Avevano scoperto la tossicodipendenza di Bill e il ragazzo
era scappato dalla clinica,lasciandole una sensazione amarissima in bocca.
L’aveva visto quella mattina, stanco ma felice, deciso a
continuare e un paiod’ore dopo che loro
se n’erano andati lui era scappato, si era arreso di nuovo.
Tom stava impazzendo.
Aveva chiamato Georg e Gustav per farsi dare una mano,
preoccupato per il fratello, eppure ciò che l’aveva ferita maggiormente era
stata la delusione negli occhi di Tom.
Tom aveva appena imparato a fidarsi di nuovo di suo fratello
e questi l’aveva deluso ancora.
Francesca avrebbe voluto trovare le parole adatte per
consolarlo, per fargli capire che forse aveva agito così per paura, ma non ne
aveva trovate.
Lei stessa aveva la sensazione che Bill avesse nascosto loro
qualcosa.
Qualunque cosa fosse, la mora non poté impedirsi di pensare
che forse aveva avuto un peso, piccolo o grande, nella decisione del moro.
-Ha importanza ora?
L’importante è
trovarlo!-
Guardò ancora una volta Tom, era seduto sul divano e non
sembrava intenzionato a muoversi, teneva la testa tra le mani sconvolto, lei
gli si sedette accanto.
“Stamattina era normale, unpo’ provato forse ma nulla mi ha fatto capire che voleva scappare …
Io non so se l’ha deciso dopo o se si è divertito a
prenderci in girò per tutto il tempo.”
Francesca gli posò una mano sulla spalla.
“Non si è divertito a prenderci in giro, ne sono certa.
Deve essere successo qualcosa dopoche noi siamo andati via, forse qualcuno gli
ha fatto vedere quello stramaledetto giornale.”
“Può darsi, forse è andato fuori di testa …”
Il ragazzo rimase un attimo in silenzio.
“Fay, quando siamo andati a trovarlo
non hai avuto anche tu l’impressione che nascondesse qualcosa?
Che fosse strano?”
E così se ne era accorto anche lui, naturalmente.
“Si, l’ho notato anch’io, ma ho pensato che se fosse stato
qualcosa di veramente importante ce l’avrebbe detto.”
“ E se avesse avuto paura o si vergognasse?
E se quella clinica non fosse un buon posto?”
“Tom non preoccuparti lo troveremo.”
Ripresero la routine dei primi giorni in cui lei era a
Berlino con lui, cosa che avrebbe voluto non accadesse mai più.
Non per se stessa, ma per Bill, non era giusto che si
buttasse via così.
-Se prendo questo
stronzo di giornalista, lo faccio secco!
Se volevano affossare
completamente l’immagine dei Tokio hotel distruggendo Bill ce l’hanno fatta!
Non hanno più un
immagine, una volta che Bill sarà fuori da questa storia, non avranno più
mercato.-
La storia di Bill arrivava dopo un periodo non proprio
facile, c’era stato l’incidente di Tom con quella stalker
a cui aveva dovuto pagare i danni per il pugno che le aveva rifilato e poi c’era
stata la rissa in cui era stato coinvolto Gustav suo malgrado e l’incidente,
sempre di Bill.
-Bel periodo di
merda!-
Era arrivata in prossimità del bar dove voleva fare un
controllo quando vide Leila uscire da quello stesso bar e ciò era strano.
Non era il genere di posti che potesse permettersi la rossa,
qualcosa le disse che non era un caso che fosse lì, quindi allungò il passò e
la raggiunse.
“Leila!”
Lei si voltò, per un attimo fu come se la turca avesse visto
un fantasma.
C’era sicuramente sotto qualcosa.
“Ciao Girardi!”
“Cosa ci fai qui?”
“Un giro in un bar?” alzò un sopracciglio come a
sottolineare l’ovvietà della cosa.
“Non è il tuo tipo di bar questo ….
Non è che stai cercando Bill?”
Questa l’aveva sparata a caso, ma aveva imparato che
bluffando e dicendo le cose più improbabili spesso indovinava.
Come volevasi dimostrare la rossa impallidì vistosamente e
cercò di mascherarlo attraverso la rabbia.
“Che cazzo dici? Mi hai preso per una maniaca?”
“No, dico solo che tu mi stai nascondendo qualcosa e che sei
scattata al nome di Kaulitz e lui era strano questa
mattina.
Ora è scappato, immagino tu lo sappia e io voglio sapere se
tu hai qualcosa a che fare con questo.”
“In base a cosa puoi dirlo?
Io non ho fatto nulla!”
Era sulla difensiva.
“Io non ti accuso di nulla, sei tu che mi susciti dei dubbi
con il tuo atteggiamento!”
La rossa abbassò gli occhi, sembrava essere stata in
contropiede da quell’ affermazione.
“Taci Leila?”
“Ma cosa vuoi? È un interrogatorio?”
Nascondeva qualcosa, questo era certo.
L’italiana rimase in silenzio, certa che fosse la tattica
migliore, se qualcosa c’era era qualcosa che agiva sul senso di colpa di Leila
e che l’avrebbe portata a parlare.
Così successe, la rossa sopportò per un po’poi aprì bocca.
“D’accordo, hai vinto.Una cosa c’è, ma non posso dirtela qui, ho bisogno di un posto più
tranquillo.”
La mora la trascinò in un baretto
e cercò il tavolo più discreto, per poi guardarla in modo eloquente.
Ora non aveva più scuse, doveva parlare.
“Ora siamo in un posto più tranquillo, sputa il rospo.”
Leila sospirò.
“Bhe, diciamo che dopo che hanno
ricoverato Bill alla clinica ci siamo frequentati spesso.
All’inizio parlava sia con me che con Shirin,
io ero felice per la miaamica.”
“ShirinSayeb
è la ex da Farid?”
“Si, quella che è rimasta incinta e dopo l’aborto ha tentato
il suicidio, per inquadrarti chi sia.”
“Ho capito, Luca mi ha detto qualcosa.”
“Bhe, puoi capire come fossi
contenta che un po’ fosse guarita dalla sua depressione, quando lei mi ha
dettoche sta iniziando a provare
qualcosa per qualcuno senza dirmi chi.
Ho pensato che fosse Bill e ho deciso che era meglio stargli
alla larga.
Il problema …. Il problema è che non ci sono riuscita.”
“Cioè?”
“Cioè, invece di allontanarlo … abbiano iniziato una storia
di puro sesso.”
“EH?”
“La prima volta è successo per caso, Bill si è scusato e io
…
Io gli ho detto che ci sarei stata ancora perché mi era
piaciuto, ma in realtà io non volevo solo sesso, volevo di più.
Mi spiego, io credo di provare qualcosa di più profondo
dell’attrazione per lui, solo che in quei momenti credevo che lui fosse il
ragazzo di Shirin e non volevo farle un torto.
Solo che l’ho fatto a Bill .
Capivo che la situazione gli andava stretta, ma allo stesso tempo
volevo che questa situazione durasse e non durasse.
L’ultima volta che ci siamo visti Bill me l’ha detto
chiaramente che lui non voleva più solo sesso, che anche lui era interessato a
qualcosa di più che a una scopata.”
“Ma?”
“Io l’ho trattato male, credevo ancora che fosse ancora il
ragazzo di Shirin.”
“E non lo era?”
“No, il ragazzo di Shirin è un altro…
Si chiama Gustav…
Penserai che sono un’idiota.”
“Penso che tu abbia fatto una grande cazzata, ma hai anche
cercato di sacrificarti per la tua amica, quindi non sei una stronza.
Anche il fatto che tu sia qui a cercarlo indica che a Bill
ci tieni, dovete solo chiarirvi.
Penso che in due riusciremo meglio a cercarlo, no?”
Questa cosa spiazzò Leila ad un po’ anche lei.
La prima reazione di Francesca era stata di rabbia , come si
era permessa quella ragazzina di giocare con i sentimenti di BILL?
Poi aveva visto gli occhi di lei e aveva pensato che non
aveva alcun diritto di giudicarla, che tutte le cazzate che aveva fatto le
aveva fatte per proteggere una sua amica e lei forse per Jo avrebbe fatto di
peggio.
Senza contare che davvero la rossa le sembrava sincera ed
era certa che provasse qualcosa per Bill, solo dovevano chiarirsi, sarebbe
servito anche al moro.
Inoltre girare in due era meno pericoloso, quindi le aveva
fatto quella proposta.
Leila, passato lo stupore, sorrise timida ed accettò.
Insieme si alzarono dal tavolo, pagarono le consumazioni ed
uscirono.
Buffo che Bill, uno dei suoi migliori amici, avesse finito
per innamorarsi della sorella del ragazzo che dopo Tom aveva fatto più danni
nella sua vita.
Era la vita.
Ed in quella notte, con accanto quella ragazzina che un
tempo forse l’aveva odiata, si senti più sicura.
Avrebbero ritrovato Bill.
ANGOLO DI LAYLA
Come
vedete Bill è scappato ancora .___..
Qualcuno
sta già preparando i forconi mi sa …. Ma in fondo qualcosa di positivo c’è
(ehm), Leila ha capito quello che vuole^^”.
Ok, sto
zitta.
…. Emi faccio gli auguri di compleanno, 22 anni
di demenza XD!
Lo so che
non ve ne frega nulla, quindi passo alle recensioni^^.
Dimenticavo: (*) “Immorale” J.Ax
Pulse: Bhe
Leila ha iniziato ad ammettere la verità con se stessa e non è pocoXD.
Sono
contenta che ti piaccia il rapporto tra Leila e Farid,
ci tenevo che venisse bene.
Il
piccolo flash back ha aiutato XD.
Sono
contenta che ti sia piaciuta anche la descrizione dell’incontro, peccato che
questa felicità sia durata poco.
Mark, è
un stronzo si …
Bill ha
scelto la via più facile per “risolvere” il problema”.
Spero che
il capitolo ti piaccia.
Alla
prossima.
ciao
Masavecia: grazie dei complimenti^^.
Sono
contenta che ti piaccia, in effetti sono un po’ bastarda con Bill in questa
fiction .___.!
Spero che
questo capitolo ti piaccia.
Se vuoi
picchiare Mark fa pure, te lo spedirò a casa quando avrà finito di fare qui XD!
Ciao!
SchWarz Nana: Mi dispiace, ma le svolte poco felici ci sono state ç_ç!
Mi sento un filo stronza nell’accanirmi così, poveretti!
Sono contenta che tu abbia apprezzato Farid
e il rapporto con Leila^^.
A me piace questa sorta di amore-odio che hanno avuto lungo
tutta la storia.
L’incontro tra i gemelli… sono
molto contenta che ti sia piaciuto, anche se purtroppo quella felicità non è
durata molto ç_ç.
Spero che questo ti piaccia e che non scappi spaventata da
queste scelte negative che ci sono .
Alla prossima.
Ciao^^
Lady Cassandra : grazie dei complimenti.
Mi sento
un po’ stronza a far soffrire così i miei personaggi, ma tutto questo è
necessario per capire cosa voglionoXD(
si alza una marea di improperi daipersonaggi di “ my way” che minacciano lo
sciopero!).
Seriamente,
credo che da questa fuga Bill potrebbe riflettere un po’ meglio sulle
motivazioni per cui vuole disintossicarsi ed è servito a Leila per capire cosa
vuole.
Spero
anch’io di riuscire a sbrogliare la matassa e non deludervi.
Sono
contenta che ti piaccia l’affetto che lega i fratello Scmith^^, lo sai che in
fondo ho un debole per loro XD.
Bill
invece è un po’ sfortunato, “ritrova” i suoi effetti e lei perde subito dopo.
Capitolo 25 *** 25) Perso Di Nuovo In Incubi Chiarificatori ***
25) Perso Di Nuovo In Incubi Chiarificatori.
Leila era incredula.
Quella sera stava prendendo una piega assurda oltre che da
incubo.
Bill era scappato e lei aveva confidato tutta la loro storia
a Francesca Girardi, una delle ragazze che in passato
aveva odiato, per quello che aveva fatto a suo fratello.
Si era aspettata che la mora si arrabbiasse e le desse della
puttana (come in fondo pensava di essere anche lei), considerato quanto teneva
a Bill e invece si era mostrata comprensiva.
Le aveva persino permesso di aiutarla a cercare Bill.
La vita era strana.
Le persone erano strane.
“Chi pensi sia stato a fargli trovare quell’articolo?”
“Non lo so, ma non è un bel segnale ….”
“Cioè?”
“Te lo ricordi Mark?”
“Il viscido? Quello biondo?”
La rossa annuì.
“Era un tale pezzo di merda, avrebbe venduto sua madre se
gli fosse servito a fare soldi.
Di lui non ci si poteva fidare, ti avrebbe piantato un
coltello nella schiena.”
“Bhe lui fa parte della banda di
mio fratello e sono quasi certa che mio fratello vendesse la roba a Bill.
Il problema è cheFarid è stato arrestato e sono certa che la soffiata che
l’ha fatto finire dentro sia partita da Mark.”
“Quindi pensi che possa esserci lui anche dietro
all’articolo e al fatto che qualcuno l’ha fatto trovare a Bill?”
“Non lo so …
Lo so che sembrano le congetture di una pazza, però so che
lui sarebbe capace di tutto.”
“Ma perché dovrebbe farlo?”
“Per riottenere un cliente e forse per antipatia personale.
Quello che ti dico è solo una congettura, ma credo che a
Mark per fatti suoi Bill non stia simpatico.”
“Bruciarsi un cliente mi sembra un comportamento suicida, ma
se come dici tu Bill ha fatto qualcosa a quel pezzo di merda sarebbe capace di
fare azioni assurde pur di soddisfare il suo desiderio di vendetta.”
“Lo so …”
“Ascolta, cerchiamo di fare qualcosa di più costruttivo …
Se fossimo Bill dove andremmo?”
Leila guardò la mora, aveva già fatto quel ragionamento una
volta.
“Bhe, io l’ho fatto e ha dato un
buon esito visto che ho capito che oggi verso le due era in un bar vicino ad un
parco dove Farid gli aveva venduto la roba.”
“Ora dove potrebbe andare?”
“è sera, potrebbe cercarsi dove dormire O andare in
discoteca.”
Francesca rimase un attimo in silenzio.
“Cercherebbe dove dormire, la discoteca è da escludere,
potrebbe essere riconosciuto e lui non vuole scocciatori tra i piedi, ora.”
“Giusto, non li vorrei nemmeno io … Dove abitava prima della
clinica?”
“Non è detto che sia tornato lì.”
“Possiamo provarci no?”
“Si, in fondo non abbiamo nulla da perderci.”
Si avviarono verso il quartiere dove viveva Bill con la
macchina di Francesca , nell’abitacolo c’era un silenzio imbarazzante, Leila
avrebbe voluto cancellarlo, ma non sapeva come.
Era in ansia per la sorte del ragazzo e le sembrava strana
ed improbabile quell’alleanza, di sicuro non se la sarebbe aspettata.
Aprì il vano del cruscotto e giusto per passare il tempo si
mise a frugare alla ricerca di qualche cd da mettere, rimase stupefatta.
C’erano parecchi cd di gruppi italiani e sembravano tutti
punk o alternativi, si rigirò tra le mani,”Indestuctible”
dei Rancid, ricordandosi che la sua copia era desaparecida da un bel po’ di tempo.
“Ti piace il punk, Girardi?”
“Si, mi è sempre piaciuto.”
“Anche a Luca piace.”
“Gliel’ho trasmessa io quella passione.”
“Allora ti devo ringraziare, visto che io e tuo fratello
andiamo ai concerti e ci divertiamo.”
La ragazza sorrise e non disse nulla, non sapeva cosa
pensare di lei.
“Siamo arrivati.”
Girardi parcheggiò e scese , Leila
rimase ancora un attimo a pensare ea
cercare di recuperarela lucidità
necessaria per affrontare quella situazione.
Quando uscì, Francesca le batté una mano sulla spalla.
“Lo so che è difficile, ma sia io che te abbiamo le palle
per affrontare questa situazione.”
“Grazie Francesca.”
“Chiamami Fra, il nome completo lo usa solo quella stronza
di mia madre!”
E che la madre di Girardi fosse
una stronza di prima categoria era una verità universale.
Entrarono nel palazzo, Francesca si diresse decisa verso la
guardiola, al suo interno c’era il portiere, seduto che faceva la parola
crociate.
Bella guardia!
La mora bussò sul vetro, facendo riscuotere l’uomo che
sbatté a terra la rivista e si concentrò su di loro, il suo sguardo saettò con
disapprovazione prima sul abbigliamento etnico dell’italiana epoi sul suo dimesso.
“Cosa desiderate signorine?”
“Parlare con lei.”
L’uomo le squadrò di nuovo, chiaro che si fidasse poco di
loro.
“Perché mai dovreste voler parlare con me?”
“Bill Kaulitz ha abitato qui per un
po’ circa un mese fa, ora come lei sa, il ragazzo è risultato essere un
tossicodipendente ricoverato in una clinica fuori Berlino.”
“Leggo i giornali signorina…”
“Girardi.”
“Girardi, quello che mi sfugge è
cosa voglia lei da me.”
“Il signor Kaulitz è fuggito dalla
clinica e vorremmo sapere se per caso è stato qui.”
“Non credo a una sola parola di quello che lei dice.”
Fantastico, si disse Leila, il portiere non avrebbe
collaborato, era uno di quei boriosi montati.
“Anche se Bill kaulitz fosse
passato di qui non ve lo direi.”
“Non siamo giornaliste.”
“E chi siete?” chiese sardonico “Fans?”
“Qualcuno che ci tiene a lui.” Leila si avvicinò alla
guardiola, usando il suo migliore sguardo da gangster.
“Se non ci dice immediatamente quello che vogliamo sapere qui
potrebbero succedere dei casini.”
“La smetta! Si sta agitando per nulla!
Bill Kaulitz è un mese che non si
fa vedere qui ed è un bene per il palazzo!”
“Mente!”
L’uomo sbarrò gli occhi, probabilmente chiedendosi da dove
venisse tutta quella sicurezza.
Leila aveva sempre avuto il vizio di osservare le persone e
si accorgeva se qualcuno le mentiva e al momento quello lo stava facendo, lo
dimostravano la tendenza a non guardarlee il fatto che si tormentasse le mani.
Si creò un silenzio sospeso, lo sguardo dell’italiana
passava velocemente da lei all’uomo, sembrava volesse dire qualcosa ma alla
fine tacque.
“Ha ragione è passato di qui circa un’ora fa, ma l’ho
cacciato, anche perché il suo appartamento è stato affittato ad altre persone.”
“Grazie.”
Uscironodal palazzo,
la mora non aveva ancora detto una parola.
“Direi di fare un giro nel quartiere, potrebbe essere qui
intorno.
“Si … Volevo farti i complimenti, anche se per un attimo ho
creduto che ti avrebbe buttato fuori a calci.”
“Anch’io, ma alla fine, è andata no?
È questo quello che conta.”
Francesca annuì e la seguì in quella passeggiata per un
tranquilloquartiere residenziale, uno
di quei posti in cui la rossa avrebbe voluto nascere.
Non aveva mai rinnegato le sue origini in un quartiere
popolare, ma ultimamente si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se fosse
nata in un posto come quello.
Un posto dove le case erano ordinate, la gente educata e
spesso ipocrita.
Un posto che prima avrebbe odiato.
-E ora?
Ora no? Forse
sentiresti di avere più diritto a cercare Bill e ad avere una storia con lui?
Si, immagino di si .
E forse, se foste nati
qui Farid non sarebbe in carcere ora, ma il passato
non si cambia Leila.
Sei quello che sei,
non quello che avresti potuto essere!-
Erano davanti a un piccolo parco, probabilmente di giorno i
bambini venivano a giocarci, ma ora il cancello era chiuso, anche se
dall’interno le parve che provenissero dei rumori.
Si fermò , Francesca le rivolse un’occhiata interrogativa.
“Perché ti sei fermata?”
“Li senti anche tu questi rumori?”
Leila le indicò il parco, l’italiana ascoltò un attimo e poi
annuì, mentre Leila aveva aguzzato la vista ed era riuscita a distinguere delle
figure che sembrava stessero picchiando qualcuno steso a terra.
La rossa si avvicinò al cancello , a tratti la figura che si
divincolava a terra finiva sotto la luce di un lampione ed era
straordinariamente simile a Bill.
“Fra?”
“Si, ma quello non è Bill?”
“Ci somiglia.”
La rossa iniziò ad arrampicarsi sul cancello, lasciando di
stucco l’italiana.
“Che fai?” chiese
“Vado a controllare, se quello è Bill o meno!”
Sentì la mora strepitare qualcosa in italiano e poi la sentì
arrampicarsi per seguirla, lei ormai stava già scavalcando , sperando di non
rimanere infilzata.
Non era mai stata una tipa particolarmente atletica però se
si fissava su un obbiettivo doveva raggiungerlo e al momento voleva
assolutamente trovare Bill e verificare che non fosse il poveretto che stava
subendo un pestaggio in piena regola.
Atterrò con un salto e si mise a correre verso il gruppo di
persone.
Perché finiva sempre per ficcarsi in situazioni rischiose?
E se fosse stato Bill lei sarebbe riuscita a battersi con
almeno tre esaltati picchiatori?
-Ormai è andata, prega
che tutto si risolva per il meglio.-
Man mano che si avvicinava rallentò il passo, Girardi era molto più indietro rispetto a lei, forse
pensava che stessa facendo un’azione molto rischiosa.
Ormai era molto vicina al gruppo, il parco era poco
illuminato, vicino a loro c’era solo quel lampione, era conscia che era una
situazione da cui poteva uscire molto male.
Finalmente vide la figura, era in effetti Bill, non si era
sbagliata.
Quel ragazzo aveva una calamita per i guai!
“Ehi voi mollatelo!” urlò decisa.
I teppisti la guardarono sogghignando , non erano disposti a
darle retta.
“Ciao Bella, non sarai amica di questo stronzetto?”
Leila si irrigidì.
“Si e vorrei che lo mollaste!”
Si avvicinarono a lei, la squadrarono a lungo soffermandosi
sulle sue curve, cosa che la fece irritare alquanto, aveva una vaga idea di
come sarebbe finita.
Dopo quell’attento
esame della predaquello che sembrava il
capo si decise a parlare.
“Cosa ci offri in cambio?” disse alludendo al suo corpo.
Erano tutti intorno a lei, deglutì spaventata.
“Hai paura ragazzina?”
Partì un rissa che parve placarsi solo quando partì un urlo
belluino dietro di loro.
Era Francesca con un cellulare in mano.
“Sto per chiamare la polizia, andatevene!”
La maggior parte del gruppo si mosse verso la mora, ma il
capo li fermò, fece un cenno e lentamente si allontanarono.
Su di loro calò di nuovo il silenzio, se fosse stata sola
Leila si sarebbe concessa il lusso di crollare almeno in ginocchio,invece rimase in piedi,anche se dentro di lei
stava tremando.
Aveva avuto paura, una paura fottuta, ma si vergognava da
esternarla.
“Complimenti Schimt! Non ho mai
visto nessuno più incosciente di te!”
Leila rimase zitta e si avviò verso Bill, il ragazzo non si
era mosso di un millimetro, che fosse svenuto?
Si accucciò ed appoggiò una mano sulle spalle di Bill.
“Cosa ci fai qui?”
Il suo sussurro era rabbioso.
“Ero preoccupata per te.”
“Non l’avrei detto l’ultima volta che ci siamo parlati.”
“Direi che non è il momento di tirare in ballo le nostre
questioni, è presente pure Girardi.”
“C’è anche Fay?”
Fece per alzarsi, finì per ricadere a terracon uno smorfia di dolore.
“Ti fidi abbastanza di me per farti aiutare ad alzarti?”
“Ho qualche altra scelta?”
Leila sospirò ed aiutò il ragazzo ad alzarsi, l’aveva
trovato.
Ora però arrivava la parte più difficile, dirgli tutta la verità,
era certa che Bill non l’avrebbe presa bene.
Billaveva girato per
ore senza metà prima di trovare rifugio in quel parco .
Era stanco, gli effetti della cocaina se ne erano andati e
ora si sentiva addosso tutto il peso della colpa.
Ancora una volta aveva tradito la fiducia di suo fratello,
di Francesca e dei suoi amici.
Ancora una volta si era mostrato debole.
Aveva provato ad andare nello stabile dove abitava un mese
prima e il portiere l’aveva cacciato fuori.
Aveva vagato ancora un po’ prima di trovare l’entrata
secondaria di quel fazzoletto di verde scassinata.
Ci si era infilato senza pensarci e ora stava rannicchiato
su di una panchina, totalmente immerso nei suoi pensieri,
Vigliaccamente desiderava scappare da tutto e da tutti,
conscio comunque che sarebbe stato inutile, l’aveva già provato una volta senza
ottenere risultati, eccetto che far soffrire chi tenevaa lui.
Non si accorse nemmeno che qualcuno gli si era avvicinato e
gli aveva rivolto delle domande.
Fu la prima scarica di botte a ributtarlo bruscamente nel
mondo reale.
Stordito, guardò chi l’avesse colpito, senza vedere
nient’altro che ombre senza volto.
“Chi siete?
“Qualcuno a cui i barboni nei parchi non piacciono!”
Arrivarono altri colpi.
“Smettetela, posso pagarvi!”
Risero.
“Hai sentito? Ci vuole pagare!
Forza, ripulite il portafoglio di questo pezzo di merda!
Tutti i soldi saranno rubati!”
Sentì delle mani che gli frugavano nelle tasche della giacca
ed estrassero vittoriose il portafoglio, che immediatamente fu svuotato.
-Bravo Bill sei un
genio!-
Ripresero a picchiarlo, il dolore lo invase ad ondate,
sempre più forte, nonostante cercasse di ripararsi dai colpi.
Stava per perdere conoscenza quando sentì delle voci diverse
da quelle dei suoi aggressori, cercò di rimanere lucido, manon distinse chi potessero essere.
Sentì solo una discussione e poi che i bruti se ne stavano
andando finalmente.
Una mano si appoggiò sulla sua spalla, avrebbe riconosciuto
quel tocco ovunque, quelle mani piccole, ma forti.
Era Leila.
“Cosa ci fai qui?”
Gli uscì un sussurro rabbioso, in parte motivato, in parte
no.
Non era stata lei a sbatterlo fuori dalla clinica, se ne era
andato lui di sua spontanea volontà.
“Ero preoccupata per
te.”
“Non l’avrei detto l’ultima volta che ci siamo parlati.”
“Direi che non è il momento di tirare in ballo le nostre
questioni, è presente pure Girardi.”
“C’è anche Fay?”
Fece per alzarsi, finì per ricadere a terracon uno smorfia di dolore, le botte si
facevano sentire.
“Ti fidi abbastanza di me per farti aiutare ad alzarti?”
“Ho qualche altra scelta?”
Domanda retorica, era ovvio che non ne avesse.
Quindi, benché non fosse entusiasta di accettare aiuto
proprio da lei, mise da parte il suo orgoglio e accettò.
Abbracciato a Leila fu di nuovo in piedi e i suoi occhi
incontrarono la figura di Francesca Girardi
parzialmente illuminata dalla luce del lampione.
Aveva le braccia incrociate sul petto, automaticamente
abbassò gli occhi, senza accennare a muoversi, avrebbe voluto sprofondare.
Dei passi si avvicinarono lenti a lui, inaspettatamente si
ritrovò avvolto dall’abbraccio dell’italiana, che non disse nulla, non ne
avevano bisogno.
Francesca era sempre stata restia ad esprimere i suoi
sentimenti, se era in difficoltà preferiva agire, ma a lui al momento quel abbraccio
mutonon dispiacque affatto.
Si sentiva capito almeno.
“Da dove sei entrato, Bill? Da un’entrata secondaria?
È impossibile per te scavalcare al momento e noi non ce la
faremmo a farti passare aldilà .”
“C’è un’entrata secondaria.”
“Facci strada!”
Un po’ appoggiandosi suo malgrado a Leila, un po’ tentando
di camminare da solo arrivò al cancellettorotto.
Per lui quel breve tragitto era stata una tortura, gli
piaceva avere vicino la rossa, ma non aveva dimenticato la sua freddezza nei
suoi confronti.
Allungò la mano e il cancello si aprì con uno scricchiolio
sinistro, nessuno ci fece caso, solo lui lo interpretò come un brutto presagio.
Doveva essere la paura di affrontare ancora Tom che glielo
faceva sentire.
Camminarono verso la macchina di Francesca in assoluto
silenzio, poi Leila lo aiutò a salire e rimase ferma a guardarli.
“Io andrei, credo non abbiate più bisogno di me.”
“Penso che tu invece debba rimanere.” La voce di Francesca
era risuonata stranamente dura nell’abitacolo.
Bill non capì perché la mora sembra va convinta che la rossa
dovesse rimanere.
“Ma, i miei non sanno che sono qui e non so se vorrebbero
che io stessi fuori a dormire.”
Non riuscì a frenare in tempo la sua linguaccia.
“Mentigli, non credo che per te sia tanto difficile farlo.
Tenere nascoste le cose è la tua specialità.”
Leila incassò in silenzio.
“Direi che è necessario che tu rimanga.”
Sospirando lei si allontanò un attimo per avvisare i suoi e
poi tornò da loro e rassegnata salì in macchina.
Perché Francesca sembrava tanto decisa a farla venire?
Non lo sapeva, ma al momento era meglio non contraddire
nessuno, così si rassegnò al clima imbarazzato.
Il viaggio non fu molto lungo, mentre guidava Francesca
avvisò brevemente Tom che l’aveva trovato e che poteva tornare a casa.
La mora parcheggiò, loro scesero, Leila era sempre una
presenza muta ed imbarazzata, eppure non si lamentava ne tentava di
svignarsela.
Quella ragazza era un enigma.
L’appartamento era vuoto, Tom chissà do v’era finito per
cercarlo, così si volse verso Girardi che si stava
tranquillamente togliendo il cappotto.
“Francesca perché hai fatto venire Leila?”
“Credo dobbiate chiarire molte cose.”disse semplicemente e
li lasciò da soli.
“Glielo hai raccontato?” Bill era incredulo, non sapeva se sentirsi
anche arrabbiato.
“Ho dovuto farlo! Voleva sapere perché ti stessi cercando!”
“TU mi stavi cercando?”
“SI.”
“Quella che non voleva complicazioni sentimentali?”
“Si, Francesca ha ragione. Credo che noi dobbiamo parlare.”
Bill deglutì, conosceva quella serietà negli occhi di Leila,
ciò che gli avrebbe detto avrebbe probabilmente cambiato le carte in tavola nel
loro rapporto o pseudo tale.
“Ti ascolto allora, parla pure.”
“Immagino che ti sarei chiesto perché ti ho detto quella
frase l’ultima volta che ci siamo visti.”
“In effetti.”Mugugnò lui” Mi sono chiesto chi diavolo avessi
di così importante da proteggere.
Chi fosse quel qualcuno che ti rendeva un persona
assolutamente chiusa in se stessa.”
“Si, stavo proteggendo qualcuno …
La storia è lunga e complicata.”
“E io sono ansioso di sentirla.”
Finalmente stavano arrivando alla resa dei conti, avrebbe
saputo quella verità a cui tanto agognava.
“La persona che devo proteggere è Shirin.”
“Cosa?”
“Fammi raccontare e poi capirai!”
Il tono brusco di lei lo fece zittire all’istante.
“Shirin è la mia migliore amica e
due anni fa era la ragazza di mio fratello.
A un certo punto rimase incinta e Farid
non poteva ne forse voleva questo figlio , le disse di abortire.
Shirin decise di dargli retta,
avrebbe potuto certamente crescere questo figlio da sola, ma aveva sedici anni
enessuno dalla sua parte, così si
adattò alla volontà del suo ragazzo.
Non se lo perdonò mai.
La storia non resse a questa scelta, Shirin
lo mollò e si chiuse in sé stessa, non parlava, si dimenticava di mangiare.
Io ero disperata.
Ruppi conmio
fratello e mi concentrai su di lei, ma lo feci troppo tardi.”
La rossa fece una pausa di silenzio, sembrava soffrire
ancora molto per fattisuccessi anni
prima.
“Shirin provò a suicidarsi, fui io
a trovarla e a portarla in ospedale.
Si può dire che le salvai la vita in un certo senso, ma
intanto mi ritrovavo con un senso di colpa gigantesco.
Io non mi ero accorta che la mia amica stava male.
Iomi dedicai anima e
corpo a far si che uscisse da quel periodo e posso dire che ce l’ho fatta.”
“Non capisco cosa c’entri io.”
Fu come se non avesse parlato, Leila non gli prestò
attenzione, stava guardando un punto indefinito sul pavimento.
“Ultimamente la vedevo allegra, come quando era innamorata
di mio fratello, le ho chiesto se fosse interessata a qualcuno.
Lei non ha voluto rispondermi, negava, poi l’ha finalmente
ammesso.
Qualcuno la interessava, lei non ha voluto dirmi chi.
Vedevo che c’era parecchio affiatamento tra di voi e ho pensato
che forse potevi essere tu e …
L’ultima cosa che volessi era mettermi tra i piedi della sua
nuova cotta.”
La voce di lei divenne incrinata, lui era incredulo, non
potevano aver sofferto così tanto per un equivoco!
“Ho cercato di starti lontano, ma non ci riuscivo …
Sai come sia finita.”
“Perché mi stai dicendo tutte queste cose adesso?
Ti faccio pena?”
“Te le avrei dette oggi in clinica se solo non fossi
scappato!”
“Perché me le avresti dette? Cosa diavolo è cambiato?”
“è cambiato che so che non sei tu il ragazzo che piace a Shirin!”
“E allora?”
Lei alzò gli occhi ferita, non disse nulla, si limitò ad
afferrare la borsa.
“Allora nulla!
È stato perfettamente inutile che ti parlassi!”
La ragazza fece per voltargli le spalle, lui fu più rapido e
l’afferrò per un polso.
“Eh no! Non puoi cavartela così! Non puoi venire a
raccontarmi tutto questo e poi scappare così!
Vuota il sacco!”
La ragazza provò a divincolarsi, lui non mollò la presa.
“Ok! Vuoi il sacco vuoto?
La verità è che la storia del”senza coinvolgimenti emotivi”
non ha funzionato!
Che io li volessi o meno ci sono stati!
Io credo di aver iniziato a provare qualcosa per te!”
La porta che si aprì gli risparmiò il dare una risposta a
quell’affermazione, non avrebbe saputo cosa fare, quello cambiava tutto.
Tom era sulla soglia.
Accigliato, con un cappellino in mano lo guardava torvo.
Bill mollò il polso di Leila come se scottasse, la ragazza
si diresse rapida verso la porta.
“Bhe penso che sia meglio che io
vada.
Ciao Bill, ciao Fra, ciao Tom.”
“Ciao.
Mio fratello dovrebbe farti un monumento, lo tiri sempre
fuori dalla merda.
A volte credo che tua sia il suo angelo custode.”
La ragazza arrossì vistosamente, poi con un ultimo cenno di
saluto infilò la porta.
[Sfuggente come la
dama del suo sogno che spariva sempre nei momenti, nella vita reale, quando più
aveva bisogno di lei.]
Tom entrò nell’appartamento chiudendosela alle spalle.
“Bentornato Bill.”
La sua voce glaciale non prometteva nulla di buono, Bill
deglutì.
Aveva la gola secca, avrebbe voluto scusarsi, ma era certo
che qualsiasi cosa avesse detto non avrebbe migliorato la situazione, non gli
restò altroda fare che rimanere lì con
il capo abbassato.
“Ciao Tom.”
Il silenzio calò su di loro, Francesca li osservava a
braccia conserte dalla porta della cucina.
Non voleva intromettersi tra di loro, aveva capito che non
si doveva impicciare nelle loro liti, non direttamente almeno, solo come
cuscinetto.
“Tom, parlami ti prego!”
“Cosa dovrei dirti?”sputò quella frase con una rabbia che lo
fece indietreggiare involontariamente.
“Che non so più chi sei?
Che mi sento ferito e deluso da te?
Che stamattina eri il Bill che conoscevo , ma forse già
mentivi e progettavi di scappare, non prima di avermi dato l’illusione che tutto
andasse bene?
Cosa devo pensare?
Dimmi TU qualcosa Bill, perché io di te non ci capisco più
un cazzo!”
Il moro abbassò gli occhi, Tom aveva ragione, chissà cosa
doveva aver pensato.
-Che sono un bugiardo
cazzo, uno schifoso bugiardo che si rigira le persone come vuole!-
“Io … mi dispiace ….
Io non volevo illuderti, io stavo bene stamattina, Tom!
Ero convinto che sarei riuscito a superare tutto!”
“Cosa è successo, Bill?Cosa?
Perché sei scappato?”
Lui prese fiato.
“Qualcuno mi ha fatto trovare il giornale con l’articolo in
cui si parla della mia tossicodipendenza.
Mi sono sentito finito, senza nulla per cui combattere!”
Tom sgranò gli occhi.
“Come cazzo è potuto succedere che tu lo vedessi?”
Nessuno rispose, nessuno ne aveva idea.
“Forse qualcuno la dentro mi odia ….”
“Non lo so … però Bill ….”
Gli occhi di Tom erano lucidi.
“Perché non hai pensato a te stesso, a me?
I Tokio Hotel non sono tutto nella vita.”
“Senza quelli che faremmo? Ci hai mai pensato?”
“Ci inventeremmo qualcosa!
Bill, ti devi essere certo di voler guarire per te stesso,
non per David, non per la band!
Per te!
Vuoi che tutti i tuoi soldi finiscano in coca? Vuoi fare
debiti con gli spacciatori?
Finiresti come un barbone primao poi e forse moriresti.
Lo sai vero?
Immagino di si, chissà che questi lividi non te li abbia
fatti qualche pezzo di merda che ti ha venduto la roba!
Vuoi davvero che questa sia la tua vita?
Un qualcosa che ruota intorno a un desiderio che finirà per
schiacciarti?”
“Io ….”
“Pensaci Bill ….
Per l’amor del cielo pensaci! Domani torniamo in clinica!”
Tom concluse la sua filippica e si chiuse in camera sua, in
ventidue anni di vita, mai suo fratello gli aveva parlato così.
Mai!
Francesca gli si avvicinò, lui era ancora fermo in mezzo
alla stanza.
“è preoccupato per te, può avere esagerato i toni , ma
quello che ti ha detto non è molto lontano dalla verità.”
“Lo so.”
“Cosa ti ha detto Leila?”
“Ti ha raccontato tutto vero?”
Si sentiva leggermente ferito dal comportamento della rossa,
non credeva avrebbe raccontato tutto a Francesca, voleva essere lui a farlo.
Lei sospirò e lo fece sedere sul divano per sedersi accanto
a lui, gli venne automatico appoggiare la testa sulla sua spalla.
“Non me l’avrebbe voluto dire, ma io l’ho pressata
abbastanza da farle sputare tutto.”
“Sei sempre la solita.”
“Anch’io sono preoccupata per te e di Leila non sapevo
nulla, cerca di capire.”
“Lo so, mi ha detto che forse inizia a provare qualcosa per
me.”
“Non sei contento? Non sei stato tu a dirle che questa
situazione ti va stretta?”
“Si, ma sono confuso … non so cosa fare.
Lei ha detto che fuori dalla clinica non avremmo futuro e
forse ha ragione.”
“Chi può dirlo? Pensaci Bill.”
“Ho troppe cose per la testa, vedo a letto.”
“Ok.”
Raggiunse la sua camera e si buttò a peso morto sul letto,
cadendo immediatamente in un sonno profondo, ma agitato da incubi .
[Era davanti alla
stazione principale di Berlino, non riusciva a capire che diavolo di momento
della giornata fosse.
Era forse il
crepuscolo, c’era una luce azzurrognola e su tutto cadeva della neve simile a
cenere.
La gente era frenetica
e non badava a lui, si guardò le mani.
Erano secche, rugose,
solcate da vene e segnate da macchie dell’età.
Represse un urlo e si
guardò intorno sconvolto, per poi guardasi i piedi e le gambe.
Non c’erano i soliti
stivali e jeans costosi, ma un paio di vecchie scarpe da tennis prossime a
sfondarsi e un paio di pantaloni lisi.
Stava sudando
copiosamente nonostante dovesse fare freddo fuori, non riusciva a capire più
nulla.
“Dove sono?” sussurrò
sconvolto.
“Ha importanza ?”
Si voltò,la voce era
quella della dama misteriosa, ma questa volta non era velata e il suo volto era
quello di Leila.
“Tu?
Tu eri lei?”
“Io sono chi vuoi che
io sia.”
Soprassedette sulla
risposta.
“Cosa mi è successo?”
“Questa notte hai
deciso di scappare.”
“Poi?”
“Tom ti ha continuato
ad aiutare, ma tu l’hai sempre fregato.”
Lui deglutì.
“Ora dov’è?”
“è tornato a Loitsche e non vuole saperne di te.”
La ragazza fece un
ampio gesto con il braccio e la realtà si distorse per un attimo mostrando per
un attimo lo squarcio di un altro tempo.
C’era Tom seduto un
una sala d’aspetto, forse di un ospedale con la testa tra le mani.
“Non ti perdonerei se
fosse morta.”
“Non è colpa …”
“MIA? Se tu mi avessi
dato ascolto a quest’ora non sarebbe successo !”
“Il signor Tom Kaulitz?”
Un dottore interruppe
il loro dialogo.
“La signorina Girardi non ce l’ha fatta.”
Tom non disse nulla
per un certo lasso di tempopoi si voltò
verso di lui con uno sguardo mortalmente serio.
“Non voglio più avere
nulla a che fare con te.”
“Ma io …”
“TU L’HAI UCCISA!
VATTENE! NON VOGLIO Più VEDERTI!
ANCHE IL NOSTRO
BAMBINO è MORTO!”
Tutto si dissolse e il
paesaggio tornò normale.
“Cosa ho fatto a
Francesca?” sussurrò con voce rotta.
“Tom non voleva più
darti soldi e le persone a cui li dovevi hanno pensato che un incidente a Fay l’avrebbe fatto pagare.”
Deglutì.
“è morta per colpa
mia.”
Si prese la testa tra
le mani.
“ E Leila?”
“è in carcere.”
“Ti prego non mostrarmi
perché!”
Sentiva l’aria
mancargli e desiderò scomparire. Non voleva vedere come un’altra persona per
colpa sua si fosse rovinata la vita.
“Si è messa a
spacciare per te….”
“Voglio andarmene!”
“ Tra poco avverrà non
dubitarne. Hai capito cosa succederà?” lo spaventava quell’espressione
mortalmente seria della donna.
Mezza Leila e mezza
sibilla.
Tutto quello che
diceva e mostrava aveva lo strano sapore della verità.
Era inquietante, lo
faceva tremare.
Lui annuì ormai
sull’orlo del pianto, avrebbe voluto andare e chiedere scusa a tutti quelli che
aveva fatto soffrire anche solo nella dimensione onirica.
Invece si sentiva sempre più debole fino a che non svenne e
si ritrovò a casa sua nel suo letto, a fissare il soffitto.
Lui non voleva che tutto questo succedesse!
Sarebbe tornato in clinica e questa volta non avrebbe deluso
più nessuno, incluso se stesso.
E mentre il suo respiro si regolarizzava, fu certo che nulla
di quello che il suo inconscio gli aveva proiettato a mo di monito si sarebbe
avverato.
Lui non l’avrebbe permesso.
ANGOLO DI LAYLA
L’ho già
detto che mi sento sadica, con i miei personaggi?
Immagino
di si, ma forse questo Incubo con la I maiuscola farà ragionare Bill … credo
(Tutti la guardano male).
Si lo fa
ragionare XD!
Però ci
sono anche cose positive, almeno Leila ha vuotato il sacco e questo potrebbe
essere uno spunto per riflessioni più allegre no?
Spero vi
piaccia.
Passo
alle recensioni.
Pulse: Grazie per la recensione e per
gli auguri.
Lady Cassandra : ecco chi era la presenza inquietante che c’era
fuori casa mia XD!
Eri tu!
Mi dispiace per averti
creato tutte queste sensazioni spiacevoli, le ho avvertite anche io come
autrice e so che non è bello.
Ti ringrazio per i
complimenti^^.
Credo che quello che è
successo in questo capitolo (Leila e il sogno) aiuteranno Bill ad andare nella
direzione giusta.
Senza contare il discorso
di Tom.
Ha un bel peso.
Spero che questo capitolo
ti piaccia e che ti faccia intravvedere un po’ di luce.
Alla prossima e grazie per
la recensione.
Ciao^^
Masavecia: Grazie per i complimenti^^
In effetti peggio di così
non credo possa andare, quindi ora si impegneranno tutti a risalire la china.
Capitolo 26 *** 26)La Verità Sta Dentro A Un Nylon ***
26) la verità sta dentro aun Nylon.
Bill si svegliò di colpo.
Era lucidissimo , forse per colpa del sogno vedeva tutto con
chiarezza, non voleva un futuro da schiavo.
Non l’aveva mai voluto.
Era per questo che odiava l’autorità e non aveva mai avuto un
buon rapporto con chiunque tentasse di imporgli qualcosa, insegnanti in primis.
Se per anni non aveva accettato l’autorità di qualcuno che
quantomeno aveva un cervello pensante come poteva accettare quella di una
sostanza chimica?
Non doveva e non poteva arrendersi alla cocaina, non doveva
permettere che qualcuno pagasse per le sue debolezze.
Si alzò dal letto, la sveglia sul comodino segnava le
quattro del mattino, di sicuro, Francesca e Tom stavano dormendo a quell’ora.
Camminò a passi incerti fino alla loro camera e aprì
leggermente la porta,la stanza era
parzialmente illuminata dalla luce che entrava dalla finestra.
Suo fratello teneva abbracciata la mora, forse per la prima
volta nella sua vita era davvero innamorato di una ragazza,per un attimo si
perse a guardarli.
Era la prima volta che vedeva Tom così rilassato.
Poi una sensazione di freddo strisciante si impadronì di lui
quando dei brandelli di sogno si fecero largo nella sua percezione della
realtà.
Quella ragazza che ora dormiva serena, avvolta dalle braccia
del ragazzo che amava nel suo sogno sarebbe morta e con lei il suo bambino.
In quanto a Tompreferiva non pensare a come si dovesse essere sentito.
A piccoli passi tornò nel suo letto, non poteva rompere
quell’armonia, doveva lottare per costruire la sua.
Un’armonia pura, non basata sulla droga.
Si coricò e cadde in un sonno senza sogni.
Quando si risvegliò Tom e Francesca erano in cucina, ognuno
con la sua tazza di caffè davanti.
“Buongiorno.”
“Ciao!”
“Vi devo parlare.”
“Se vuoi me ne vado, Bill.”
La solita Francesca premurosa, dolcemente le sorrise e le
fece segno di no.
“Puoi rimanere, non è una cosa tra Kaulitz.”
“Ok.”
“Stanotte ho fatto un sogno ….
Ho visto come sarebbe stata la mia vita se avessi continuato
con la droga e so che nulla di quello che è successo è reale, ma lo stesso mi
sono spaventato.
Ho visto come avrei finito per trascinare a fondo anche le
persone a cui tengo come te e Francesca, Tom.
Non voglio dirvi quello che ho visto, ma sappiate che mi ha aperto
gli occhi e devo ringraziare te, fratellino, senza il tuo discorso io forse non
avrei mai pensato davvero alle conseguenze.
Io ho deciso di impegnarmi a guarire sul serio questa volta,
per quanto possa valere ve lo giuro.
Scusa Tom se ti ho fatto soffrire ancora.
Scusa Tom se non ho pensato ne a me ne a voi.
Scusatemi.”
Ci fu un attimo di silenzio, nessun suono dopo quell’attimo
di verità.
“Scusa anche tu Bill.”
Fu dolce risentire la voce di Tom senza rabbia al suo
interno.
“Scusami per aver pensato male di te e per averti accusato.”
“No, tu hai fatto bene.
È grazie a te che ho capito i miei errori.”
Tom sorrise, lo abbracciò come l’ultima volta e così fece
l’italiana.
Conosceva il loro cuore generoso e questa volta non li
avrebbe più fregati, si sarebbe disintossicato una volta per tutte.
“Tom, prima di tornare in clinica vorrei poter incontrare
Leila.”
“Perché?”
Il fratello era esterrefatto.
“Ci sono delle cose che devo chiarire anche con lei, per me
è molto importante.”
“D’accordo Bill.”
Tom non sembrava convinto tuttavia alla fine acconsentì e
gli porse il cordless.
Leila ripose quasi subito.
“Ciao Leila.”
“Bill?”
“Ho bisogno di parlarti, potresti venire a casa mia perfavore?”
“D’accordo, ma perché?”
“Riguarda quello che mi hai detto, credo necessiti una
risposta.”
La sentì chiaramente deglutire, forse era spaventata e
confusa quanto lui.
Per lui lei sarebbe sempre rimasta un mistero.
“Ok, arrivo.”
Chissà cosa significavano quelle esitazioni nella sua voce?
-Quanto vorrei capirti
e per quanto ancora non ci riuscirò?-
“D’accordo, a dopo.”
Si sedette sul divano in attesa, presto avrebbe dovuto dire
tutta la verità a Leila esponendosi ancora al rischio di essere ferito e
deluso.
Così era la vita, l’aveva imparato, non poteva fuggire e
nascondersi per sempre.
Francesca si sedette accanto a lui, gli prese una mano e
cominciò ad accarezzargliela piano.
“Cosa hai deciso Bill?”
“Che forse è vero che non avremmo futuro ma non potremo mai
saperlo se non ci proviamo.
Spero che lei sia d’accordo.”
“Non credevo che l’avresti perdonata così facilmente …”
“Le dirò chiaramente che però lei deve cambiare
atteggiamento e dimostrarmi che non mente.”
Francesca rimase un attimo in silenzio come a soppesare le
sue dichiarazioni.
“Vuoi fargliela pagare Bill?”
“Un po’.”
“Lo capisco, ma ti dico una cosa: non esagerare.
Conosco le persone come Leila,con loro non si deve tirare troppo la corda o
si rischia di allontanarle e perdere tutto.”
“Pensi che vendicarmi non sia una buona idea?”
“No, Bill, è giusto farla soffrire un po’ per farle capire
cosa hai provato, ma non devi tirarla per le lunghe.
Leila ha già delle sofferenze alle spalle e potrebbe
decidere che nonvale la pena di
continuare qualsiasi cosa tu deciderai che ci sarà tra voi.”
Il moro si appallottolò su se stesso, in effetti poteva solo
immaginare quanto avesse sofferto Leila da quel poco che gli aveva raccontato
della sua vita.
Lei aveva rotto con suo fratello e un brividogli corse lungo la schiena ricordando il
dolore che aveva provato nel sogno e qualche mese prima senza Tom.
Aveva anche rischiato di perdere la sua migliore amica e
ancora i residui del sogno tornarono a bussare alla sua mente, cosa avrebbe
fatto lui senza Francesca in quei mesi?
“Credo tu abbia ragione … non so quanti sarebbero uscito
come ne è uscita lei da una situazione così difficile.”
La ragazza non disse nulla, Tom li raggiunse poco dopo sul
divano, notando come lui sembrasse preoccupato.
“Ehi Bill, se ti preoccupa vederla posso sempre mandarla
via.”
“No Tom, è giusto che io la veda.”
Aspettarono tutti insieme il suono del campanello che arrivò
dopo quella che a lui parve un’eternità.
Tom si alzò a rispondere e poco dopo dei colpi timorosi alla
porta annunciarono che la ragazza era arrivata.
Leila fece la sua comparsa, come la sera prima apparve
piccola e dimessa, non guardava in faccia nessuno di loro in particolare.
“Credo che io e te dovremmo andare a portare la spazzatura
in cortile Tom.”
“Ma..”
L’italiana gli rivolse un’occhiata omicida che fece alzare al
volo il suo gemello e fece ridacchiare lui.
“OK, andiamo.”
Li lasciarono soli, Leila sembrava terribilmente fragile e
timida in quel momento, totalmente diversa dall’immagine che gli aveva mostrato
fino a pochi giorni prima.
Avrebbe voluto abbracciarla e dirle di smetterla di non
guardarlo, che non c’era motivo di farlo, che capiva perché avesse agito così e
che non c’era nulla da farsi perdonare.
-Non posso farlo …
Le cose devono essere
chiare questa volta o non funzionerà mai niente.-
“Scusa, spero che non ti abbiano messo in imbarazzo.”
“Figurati.”
“Credo che io e te abbiamo delle cose da chiarire.”
“Già.”
Perché parlava a monosillabi?
“Leila, la storia del ‘ senza coinvolgimenti emotivi’ non ha
funzionato nemmeno per me.”
Lei sobbalzò.
“Ma nemmeno io so in che misura sono coinvolto e non so cosa
posso offrirti.”
“Cosa significa questo?”
“Quello che ho detto. Sta a te decidere se per te va bene
oppure no.”
“Stiamo lasciando tutto come prima?”
“Per te è tutto come prima?”
“Mi sembra di averti detto di no.”
“Baciami e dimostramelo.”
Leila alzò gli occhie li incatenò nei suoi, forse vi lesse una sfida, forse vi lesse il
desiderio suo che qualcosa cambiasse fatto sta che appoggiò dolcemente le mani
sulle sua guance e le accarezzò.
Fu un bacio dolce e casto a fior di labbra, niente a
chevedere con quelli che ricordava lui,
passionali ma vuoti.
Fu naturale approfondirlo e renderlo più passionale,perdersi nelle sensazioni che lei gli
provocava e abbandonare il proposito di non reagire.
La attirò a se, affondando la mano nei suoi capelli
arancioni e lasciando che lei facesse lo stesso.
Quando si staccarono per mancanza di ossigeno, fu Leila ad
attirarlo a sé, lui appoggiò la testa sulla sua spalla.
“Va bene … qualsiasi cosa tu decida di fare,ache livello tu voglia portare il nostro
rapporto a me va bene, ok?”
Lo baciò di nuovo con la stessa dolcezza di prima, quel lato
di lei che non aveva mai visto in un mese e che l’aveva piacevolmente sorpreso.
-Finirai mai di
stupirmi?
Sembri una gatta con quegli
e questi atteggiamenti. Un giorno graffi, il giorno dopo sei dolce e
arrendevole.
Non ho idea di dove mi
porterà questa storia, ma c’è una parte di me che nonostante sappia che dovrò
affrontare di nuovoun periodo di merda,
rientrando in clinica è curiosa di sapere come andrà tra me e te ed è anche
felice.
Che mi hai fatto, eh?-
Non sapeva rispondere a quella domanda, ma forse la riposta
non era nemmeno così importante.
Quello che contava era la serenità che stava provando.
Si sciolse da quel bacio e la tenne abbracciata, fu lei ad
iniziare a coccolarlo spontaneamente, come se tutto quello che era successo le
avesse tolto un peso.
Quando Leila sentì la porta d’ingresso aprirsi e vide suo
fratello e la sua ragazza entrare sobbalzò e smise,lui al contrario la tenne a sé e guardò le
reazioni dei due .
Francesca gli sorrise, Tom alzò un sopracciglio perplesso,
Leila si irrigidì.
“Sono contenta che abbiate chiarito.”
Tom non ci stava capendo più nulla e gli venne da ridere, lo
frenò dal farlo davvero il pensare che non sarebbe stata una buona idea.
Non aveva idea di come l’avrebbero presa ne Leila ne Tom.
“Bill sono lieto che tu abbia una ragazza, ma lasciala
andare, la soffochi.”
Il suo gemello aveva deciso di non indagare, sciolse
l’abbraccio, la ragazza era rossa.
“E così sei la ragazza di Bill …”
“Così pare …” mormorò frastornata lei.
“Trattamelo bene.”
Faceva tanto la raccomandazione di un padre geloso o di una
madre ansiosa ma nessuno osò fiatare.
“D’accordo.”
Tom fece uno strano sorriso e guardò Bill.
“Fratello, credo sia arrivato il momento di tornare alla
clinica.”
Bill lo fulminò con un’occhiataccia, perché Tom sembrava
così ostile a Leila?
“Ok, forse è meglio che io me ne vada.
Ci vediamo Bill!”
Forse avrebbe voluto dargli almeno un bacio sulla guancia,
ma non osò farlo e se andò.
“Ok Tom, perché?”
“Perché non me ne hai parlato?”
“Non mi pare che tu me ne abbia mai parlato di Francesca e
di cosa sentivi per lei!
Scusa Fra.”
Lei alzò una mano, come a dire che per lei non c’erano
problemi.
“Bill, non so niente di lei, potrebbe essere anche una
teppista, in clinica mi hanno detto di starci attento.”
“Sono cazzate, Tom!
Non ha un passato immacolato, ma non è pericolosa!
È stata lei ad aiutarmi sia adesso che prima, te lo sei
scordato?”
“Ma …”
“TI fidi di me?”
“Si, ma …”
“Ecco, se ti fidi di me, ti chiederei di non comportarti
così con lei!”
Tom non disse nulla.
“Ti prego, Tom!”
“OK” borbottò lui”Spero solo tu non ti stia sbagliando.”
Bill sorrise, quella ammissione era sempre meglio che
niente.
“Ora, però davvero devi andare in clinica.”
Bill annuì, fece colazione , abbracciò Francesca e varcò la
soglia dell’appartamento dei Kaulitz con il cuore più
leggero.
Il viaggio in macchina si svolse in assoluto silenzio, ma il
cantante sentiva che Tom non era più arrabbiato o ostile verso si lui.
Lo seguì dentro l’ufficio della direttrice ed ascoltò come
quella donna lo riammettesse senza problemi all’interno della struttura.
Pensava che quella sarebbe stata una parte difficile da
sopportare invece non se ne accorse nemmeno, non aveva ascoltato quella
conversazione.
La parte più dura fu abbracciare suo fratello per l’ultima
volta, stringerlo tra le sue braccia sapendo che non avrebbe potuto rivederlo
per un mese.
“Mi mancherai “
“Anche tu.”
“Ce la farò Tom
“Ne sono certo Bill.”
Si staccarono e Tom uscì dalla clinica, mentre Bill tornò
nel suo piccolo cubobianco che ormai si
era rassegnato a chiamare stanza e sentì che davvero ce l’avrebbe fatta a
superare qualsiasi difficoltà.
Shirin si sentiva inquieta.
Non era solo per la fuga di Bill e i conseguenti problemi
sul lavoro e nei sentimenti per Leila, ma per altro.
Gustav le aveva detto che Farid
era passato da lui ed era ancora innamorato di lei, questa notizia la metteva
di uno strano umore.
Il passato non riusciva ad essere del tutto seppellito,
un’ombra lunga si proiettava sul suo presente e lei avrebbe voluto debellarla e
non ci riusciva.
Sospirò, sulla lavagna il professore tracciava segni fluidi
di sconosciuti teoremi matematicie lei
non lo stava ascoltando per l’ennesima volta.
Nella sua mente era tornata a quando c’era un bambino mai
nato nella sua pancia e sogni di famiglia nella sua testa .
E facevano male a distanza di anni, fino a farla sentire
sporca ed indegna.
L’unica soluzione era parlare con Farid,
accennarlo a Leila non sarebbe stato facile, ma doveva farlo, per il suo bene.
Non poteva vivere il suo futuro senza avere seppellito il
suo passato, lo doveva a se stessa e a Gustav che suo malgrado aveva attirato in
quella storia.
Tornò a seguire le lezioni e ad aspettare l’intervallo.
Quella benedetta campana non si decideva a suonare
nonostante lei stesse friggendo nell’attesa di parlare a Leila, che dal canto
suo sembrava immersa in altri pensieri, questa volta positivi.
Finalmente quell’aggeggio si decise a suonare e Shirin schizzò al banco di Leila, che le restituì uno
sguardovagamente perplesso.
“Come mai così ansiosa di parlarmi?”
“Bhe mi sembravi strana e volevo
sapere perché.”
La rossa si dipinse sul volto un ghigno vagamente insolente.
“In preda alla febbre da gossip?”
“Oh! Smettila!”
Pausa di silenzio.
“Si, ok, sono in preda alla febbre da gossip!
Lui l’hai trovato?”
Avevano deciso di comune accordo di non nominare mai
direttamente a scuola ne Bill ne Gustav.
“Si.”
“E vi siete parlati?”
“Si, ci siamo parlati e …. Stiamo all’incirca insieme.”
“Wow sono troppo felice per te!
Finalmente qualcuno anche per te!”
“Ehi!!”
“Ma è vero! Perché hai quella faccia?”
“Ci ha sgamato suo fratello mentre ci baciavamo.”
“Non mi dire che hai vergogna!”
La rossa rispose con un silenzio eloquente.
“Oddio Leila! Non ci credo!”
“Non crederci, ma è così!”
“Sei troppo permalosa! Come ha reagito suo fratello?”
“Credo di non andargli a genio, mi considera una poco di
buono.”
“Vedrai che appena ti conoscerà meglio cambierà idea …”
“Non ne sono convinta, ma cosa posso farci?”
“Sei la solita pessimista.”
La rossa sbuffò, Shirin ridacchiò
divertita.
“Mmm e tu cosa volevi?”
Era alla resa dei conti.
“Io volevo chiederti se sai dove possa essere Farid, vorrei parlargli.”
La rossa strinse gli occhi e mutò espressione, non era un
bel segno.
“Perché?”
“Gustav ha detto che è venuto a parlargli, io vorrei solo
chiarire tutto un’ultima volta, così avrò messo una pietra sopra al passato
definitivamente.
Voglio parlare con lui, come credi che reagirà?”
“Non ne ho idea.”
Fu una risposta troppo brusca che le fece scattare un
campanello d’allarme, l’amica le stava nascondendo qualcosa, ne era certa.
“Sei sicura?”
“Certo!”
“Tu mi stai nascondendo qualcosa!”
“NO, in ogni caso ora scendo a fumare e a mangiare qualcosa,
intervallo è agli sgoccioli.”
Si allontanò di corsa, era ufficiale, c’era qualcosa sotto e
Schmit non aveva alcuna intenzione di dirle cosa.
-Che palle! Sono
stanca che mi nasconda le cose!
Non sono un fiore di
cristallo, cazzo!
Non lo sono più!-
La bionda sbuffò frustrata ed uscì dalla classe a passo di
marcia, se Leila non aveva voluto cantare, avrebbe trovato qualcuno che
l’avrebbe fatto al suo posto!
E quello che faceva al caso suo era Luca Girardi,
il bell’italiano che di Leila sembrava sapere sempre vita, morte e miracoli
prima di lei.
Lo trovò per i corridoi, forse stava andando da Lene, ma non
se ne curò, per una volta non sarebbe morto se non avesse incontrato la sua
fidanzatina!
“GIRAAARDI!”
Il moro si voltò e la guardò perplesso.
“Cosa c’è Sayeb?”
“Ho bisogno di parlarti.”
“Dimmi, sono qui.”
“Vorrei parlare con Farid, ma ho
il sospetto che Leila non voglia dirmi qualcosa su di lui.”
Anche Luca cambiò espressione solo a sentire il nome del
turco.
“Luca dimmelo cazzo!
Dimmi cosa c’è sotto! Dimmi perché sia tu che Leila avete
cambiato faccia quando vi ho parlato di lui!”
“Shirin, se Leila non te l’ha
detto, c’è una ragione…”
“LUCA IO SONO STANCA CHE NON MI SI
DICANO LE COSE!
HO IL DIRITTO DI SAPERLE! ESIGO
CHE MI SIANO DETTE!”
Tutto il corridoio si voltò verso di loro, Luca si guardava
attorno nervoso, quella situazione non gli piaceva affatto era evidente.
“Cazzo Sayeb! Se te lo dico Schmit mi ucciderà, ma se non te lo dico mi ucciderai tu!
Vieni!”
La prese per un polso e la trascinò lontano dalla folla.
“Shirin non credo potrai parlare
con Farid a breve.”
“Perché? Ha lasciato il paese?”
“No.”
Il moro fece un sospiro profondo, non era affatto contento
di essere lui ad annunciarle quella notizia, qualsiasi essa fosse.
“è finito ingalera.”
“Cosa?”
La bionda sbarrò gli occhi, non si aspettava quella
risposta.
Ora capiva il silenzio e la riluttanza di Leila a parlare.
Sentiva le lacrime pungerle gli occhi, era sinceramentedispiaciuta per lui.
Non era mai stato un cattivo ragazzo in fondo, lei meglio di
tutti conosceva i suoi difetti, ma il carcere …
No, non credeva se lo meritasse!
“Chi l’ha sputtanato?”
“Non si sa …. Gira voce sia stato Mark.
Non sarebbe strano , visto che ora che regge la baracca che
prima era di Schmit.”
“Quel figlio di puttana schifoso!”
“Shirin stai calma!”
“Calma un paio di palle!”
Luca rinunciò ai suoi tentativi di blandirla.
“Ti rendi conto di cosa ha fatto e di come Leila ci stia
male e di come mi abbia escluso!”
“Shirin l’ha fatto per te! Lo sa
quanto ancora tu tenga a Farid …”
“E quanto ancora io sia fragile? Perché è sempre questo il
fottuto punto!
Povera Shirin! Povera suicida
fallita!
Teniamola lontana da ciò che le fa male, ficchiamola sotto
una campana di vetro!”
“SHIRIN STAI ESAGERANDO!
Ti rendo conto tu cosa ha fatto Leila per te?”
Ci fu un silenzio inquietante, nessuno dei due usava parlare
,anche se gli occhi della bionda mandavano lampi.
Shirin preferì allontanarsi dal
moro e tornò in classe fumando di rabbia.
Si sentiva in qualche modo tradita e messa da parte, lo
sapeva che era irrazionale e senza senso, ma non riusciva a darsi una calmata.
Per tutto il resto della giornata non parlò a nessuno,
immersa nelle sue riflessioni.
Forse Leila fu ferita da quella forma di esclusione,ma non lo diede a vedere.
Lei intanto aveva preso una decisione, avrebbe rivisto Farid lo stesso.
Non le importava prendere appuntamento in carcere per
doverlo vedere.
Non le importava che Leila non volesse.
Lei sentiva di doverlo fare.
Per se stessa e per Gustav.
Luca era nervoso.
Quella sera Lene l’avrebbe finalmentepresentato a Georg, era almeno una settimana
che il grande incontro veniva rimandato per motivi vari.
Tutti capibili, ma non avevano fatto altro che aggiungere
ansia al suo stato già precario.
“Sei nervoso Luchino?”
Uno dei dieci modi più veloci per farlo arrabbiare era
chiamarlo così e suo fratello lo sapeva bene, l’infame.
“Che te ne frega Andrea?
Gira al largo!”
“Ok, ma non farti tante illusioni, lei si stancherà presto
di te.”
Prendere a pugni il suo fratellino dodicenne non era
un’opzione consigliata anche se al momento desiderava ardentemente farlo.
Sicuramente riportava opinioni che venivano da qualcun altro
ed era certo di sapere chi fosse quel qualcun altro.
“Che cazzo stai dicendo?”
“Mamma dice che una come lei con un italiano povero in canna
come te non ci sta.
Che ti usa solo.”
Questo era troppo! Inviperito si voltò verso il fratello.
“Dì a mamma di farsi i cazzi suoi!
… E di pensare a
perché nessuno se l’è mai presa!”
Uscì dall’ appartamento, ormai era quasi pronto e finalmente
si sentì libero.
Libero dalla sua famiglia ingombrante.
Libero dalla cattiveria di sua madre.
Lene era sempre stata la sua boccata d’aria fresca in un
mondo scomodo, non poteva farci nulla.
Sapeva che la madre di Lene, dopo la storia con Farid, era stata contenta della loro, quella donna aveva
sempre avuto un debole per lui e un po’ anche per Francesca.
Lo aveva dedotto dal fatto che la donna gli aveva chiesto e
continuava a chiedergli sue notizie.
Era una brava donna dopotutto e questo lo sapeva anche sua
figlia, forse era per questo che avevano recuperato un rapporto.
Georg invece era un’incognita, sua sorella gli aveva parlato
di lui come di una persona calma, tranquilla e anche divertente e gli aveva
detto di non preoccuparsi.
Più facile a dirsi chea farsi.
Rimaneva comunque il fratello di Lene e avrebbe potuto
opporsi alla loro storia se non gli fosse piaciuto.
Erano dei pensieri assurdi, una parte di lui lo sapeva, ma
non riusciva a fare a meno di formularli, era decisamente in paranoia.
Slegò il motorino e si ributtò nel traffico per raggiungere
la casa della sua ragazza.
Doveva stare attento o nervoso come era avrebbe rischiato di
fare un incidente e non gli sembrava il caso.
Arrivò nel parcheggio accanto al condominio, legò il
motorino e si avviò verso l’entrata.
Quante volte aveva suonato quel campanello?
E quante volte aveva sentito La voce di lene senza che
questo gli causasse una certa ansia?
Molte, troppe.
Salì le scale e si ritrovò davanti all’appartamento dei
Kaufmann completamente pietrificato, incapace di bussare o suona re il
campanello.
Fu Lene a salvare la situazione aprendo la porta.
“EHI ciao! Sei fortunato, Georg è già dentro.”
Chissà perché non si sentiva tanto fortunato.
“Ehi ciao Luca!”
Georg gli sorrideva cordiale.
“Ciao!”
“Come stai? È un bel po’ che non ci si vede!
L’ultima volta che ho visto eri un moccioso troppo serio per
la sua età!”
Lui arrossì e non riuscì a dire nulla.
“Bhe mamma, noi andiamo.”
“D’accordo.
Ciao Luca, ciao Georg, divertitevi.”
“Buonasera signora.”
Uscì di nuovo di casa e si ritrovò sulla macchina di Listing ad ascoltare lui e Lene che parlavano allegramente
e i sentì terribilmente tagliato fuori.
Anche al ristorante ebbe quella strana sensazione che non
gli permise di spiccicare parola e di finirea stento quello che aveva ordinato.
“Ehi Luca ci fumiamo una sigaretta?”
“Si, perché no?”
Cercò di fare il disinvolto , ma non ci riuscì molto, così
non gli rimase altro che seguire Georg fuori dal locale.
Il piastrato di accese una
sigaretta, fece un lungo tiro e buttò fuori il fumo.
“Sputa il rospo!”
“Cosa?”
“C’è qualcosa che non va, dimmi che cosa c’è.”
Il moro sospirò.
“Sono preoccupato …”
“Non dirmi che ti sei tirato paranoie su questa cena?”
“Un po’ si.”
“Sei scemo? Prendila per una cosa normale!
A me tu stai simpatico, sono contento che mia sorella esca
con te.”
“Ok, mi sento terribilmente idiota giunti a questo punto.”
Ammise a malincuore Luca.
“Tranquillo, il fatto che tu ti sia preoccupato di me e del
mio giudizio indica che tu tieni veramente a Lene.”
Lui annuì.
“IO ci tengod a v v e r oa lei!”
“Lo so, Lene mi ha raccontato che eri pronto ed essergli
amico tutta la vita se questo l’avesse resa felice.
Ora che ne dici?
Torniamo dentro?”
Luca annuì, l’ansia se ne era andata, la cena e la serata
potevano proseguire nel migliore dei modi ora.
I suoi dubbi erano evaporati e lui finalmente tornò ad
assaporare la sensazione di leggerezza della libertà.
Nessuno gli avrebbe portato via lene, certamente non Georg,
era stato davvero uno stupido a pensarlo, doveva darsi una calmata.
Tornò dentro e sorrise alla sua ragazza, lei ricambiò con
uno dei suoi sorrisi più luminosi e Luca lo ricambiò.
La serata proseguì nel migliore dei modi.
Non sarebbero state le sue paranoie o le meschine
insinuazioni di sua madre a rovinargli quella splendida storia che stava
vivendo.
ANGOLO DI LAYLA
Ok, non
so cosa dire^^.
Sono
tornati in scena anche Luca e Lene, ma come nei prossimi capitoli i
protagonisti sono altri.
Leila, Shirin, Bill e Farid.
Situazioni
un po’ precarie.
Spero vi
piaccia^^.
Il titolo
è preso da una strofa di “Bambole” dei Negrita.
Sono un
po’ stanca (sto rispondendo mercoledì sera, anche se voi vedete pubblicato il
giovedì XD), perciò ringrazio di cuore (non sapete quanto piacere mi faccia
vederle *-*)per
le recensioni:
Capitolo 27 *** 27)Quando Il Faccia A Faccia Con Il Passato Non Fa Male ***
27) Quando il faccia a faccia con il passato non fa male
Shirin si alzò di umore incerto.
Quel giorno avrebbe dovuto parlare a Leila, non poteva
chiedere un colloquio con Farid senza prima parlarne
con lei, ma sapeva che l’amica non l’avrebbe presa bene.
Leila aveva perso suo fratello e lei, Shirin,
come amica per un tempo troppo lungo in quella storia di tanto tempo prima.
Forse era Leila quella che neera uscita peggio da quella storia, si disse
distrattamente mentre si pettinava i boccoli biondi.
-Un po’ mi ha stufato
questo biondo, quasi quasi torno al nero .
Che cavolo sto
pensando?-
Stava tentando di non pensare alla reazione della rossa, era
un comportamento vigliacco lo ammetteva, ma la situazione in sé non era
semplice e dava adito a molti fraintendimenti.
Si poteva pensare che dopotutto per Farid
provasse ancora qualcosa se voleva andarlo a trovare, lei sapeva che non era
così, voleva solo guardarlo in faccia e capire che per lui l’amore era svanito.
Tutto qui.
Non desiderava altro, ne ferirlo ne illuderlo.
Forse si sarebbe arrabbiato, vedendola li, pensando che
fosse solo per pietà.
Era sempre stato un tipo terribilmente orgoglioso Farid, forse era per questo che era caduto sempre in piedi
o aveva sempre trovato la forza di rialzarsi.
Chissà se sarebbe successo anche quella volta?
Non voleva, nonostante tutto , che lui rimanesse sul fondo.
Uscì dal bagni, David la scrutò a lungo, come se non la
riconoscesse.
“Cosa c’è?”
“Mi sembri cambiata, più forte, ecco.”
“Quello che non ti uccide fortifica, fratellino.”
“Hai ragione.” Sorrise lui e le spostò la sedia per
invitarla accanto a lui.
“Devi dirmi qualcosa Shirin?”
“Ti do quest’impressone?”
“Esattamente.”
Odiava essere un libro aperto per gli altri,ma allo stesso
tempo ne era felice, i misteri della vita.
“Ho saputo una cosa, Dave.
Ho saputo che hanno arrestato Farid.”
Il fratello continuò a girare il cucchiaino nel caffè a
lungo prima di alzare gli occhi su di lei.
“Lo so, mi dispiace.
Ho una mezza idea su chi sia stato … gliel’ho sempre detto che
sbagliava a fidarsi di lui.”
“Loso … non è mai
piaciuto nemmeno a me.
Non è questo che volevo dirti in ogni caso.
Cosa volevi dirmi ?”
“Dave io voglio parlare con Farid.”
“Lo sai vero che dovrai andare in carcere?”
Suo fratello si stava già allarmando , ma poteva capirlo,
considerato quello che aveva passato.
“Lo so, ma ho bisogno di parlargli.”
“Non voglio farmi i cazzi tuoi sorellina, nonho mai interferito nella tua vita e forse ho
sbagliato, visto quello che ti è successo,ma tu sei sicura di quello che stai facendo?
E perché vuoi incontrarlo?”
“Frena, non è come pensi tu!
Io sto bene con il ragazzo con cui esco, forse è la prima
volta da quando …. Bhe ci siamo capiti … però …
Però sento il bisogno di chiudere con il mio passato o mi
perseguiterà per sempre.
E l’unico modo che ho di farlo è di parlargli o anche solo
vederlo per capire che effetto mi fa.”
“Ne sei certa?”
“Si, anche se nascondi una ferita sotto un cerotto non
guarisce, ma ottieni solo di formare il pus e io ho l’impressione che ci sia
fin troppo pus dentro me.”
“D’accordo, ma Leila non la prenderà bene.”
“Lo so, ma è necessario, ora devo andare!”
Era decisa e il fratello capì che non sarebbe riuscito a
farle cambiare idea, qualsiasi cosa pensasse di quello che voleva fare.
“ A dopo.”
Uscì di casa dopo aver afferrato giubbino e zaino e si
diresse verso ilmotorino.
Avrebbe tanto voluto avere una macchina, lei non era come
Leila che adorava quella vecchia caretta di scooter che si ritrovava, ma i suoi
non guadagnavano abbastanza per pagarle i corsi per l’autoscuola epoi una macchina.
Non le era mai piaciuto zigzagare nel traffico e quella
mattina lo realizzò per l’ennesima volta, fortunatamente la scuola non era
troppo lontana.
Leila era già arrivata, stava fumando seduta sul suo motorino,
notò mentre parcheggiava il suo e sembrava in tutto e per tutto una teppista
con quell’aria da dura e il giubbotto di pelle.
“Ciao Leila.”
“Ciao Shirin, come va?”
“Solito.”
“Hai fatto inglese? Ieri non sono riuscita a fare i compiti,
non è che potresti passarmeli?”
Frammenti dell’adorata normalità, come le facevano piacere e
come le facevano male allo stesso tempo, visto che tra poco lei l’avrebbe
distrutta.
“Si, certo, te li passo dopo in classe.
Leila devo dirti una cosa ….”
“Cosa?”
“Ho saputo che Farid è stato
arrestato e mi dispiace molto e ….
Vorrei avere un
colloquio in carcere con lui.”
Sentì Leila trattenere il fiato e la vide sgranare gli
occhi.
“Perché? Perché dopo tutto quello che ti ha fatto?
Non sei felice con Gustav?”
“Si che lo sono!”
“E allora perché?”
Capiva benissimo la rabbia della rossa, lei forse avrebbe
reagito allo stesso modo se al posto di Farid ci
fosse stato Dave, ma non poteva farci nulla.
“Perché devo guardarlo negli occhi un’ultima volta e capire
che tra a me e lui non c’è più nulla, capisci?
Lo devo a Gustav e a me stessa!
Devo smetterla di avere paura del mio passato! “
Leila rimase a lungo in silenzio, tanto che temette che non
se ne sarebbe andata senza nemmeno risponderle.
“Ok, Shirin.
Non posso dire di essere contenta, ma se è questo che
desideri fare ti appoggerò.”
“Di cosa hai paura?”
“Di come potresti reagire tu e di come potrebbe reagire lui
…
Lui ti ama ancora ….”
“Lo so, è per questo che lo voglio vedere.”
“Non ti capisco.potresti ferirlo lo sai?”
“Lo so, ma è necessario.”
“D’accordo, fai come vuoi, io non sono nessuno per
impedirtelo.”
E dopo questo seppe di aver vinto, ma fu una vittoria amara.
Una vittoria che non sarebbe servita a nulla, se non forse a
spargere altro necessario dolore in loro.
Trascorsero lente le ore di scuola, nella prospettive di
dover incontrare l’avvocato di Farid, visto che anche
Leila sembrava esseri ritirata nel suo mondo.
Chissà a cosa pensava, a chi …
Si salutarono piuttosto freddamente per rivedersi il
pomeriggio, la rossa era molto tesa e la bionda non era da meno.
Quel colloquio era sofferto per tutti, tranne che per
l’avvocato di Farid.
Otto Lang era sulla cinquantina
,grassoccio e bonario, sembrava essere abituato
a non emettere giudizi sui suoi clienti, forse perché di casi brutti doveva
averne visti parecchi nella sua vita.
“Buon giorno, lei è?”
“La signorina ShirinSayeb.”
“Lieto di conoscerla.”
L’uomo sorrise e le porse la mano con una cortesia d’altri
tempi.
“Perché desidera incontrare il mio cliente?”
“Sono la sua ex fidanzata, abbiamo delle questioni in
sospeso.”
Lang socchiuse sornione gli occhi,
parlarono ancora un po’ di dettagli tecnici, poi Lang
sorrise ancora.
Sembrava terribilmente un gatto in quel momento, Shirin era disorientata.
“Ora inoltrerò la domanda al tribunale, le comunicherò
l’esito appena possibile.”
“Grazie avvocato.”
“Si figuri, il mio cliente ha bisogno di tutto il sostegno
psicologico possibile.”
Shirin abbassò gli occhi, probabilmente
l’avvocato sperava in un ritorno di fiamma che avrebbe potuto dare nuova forza
al turco, non poteva certo immaginare che invece lei gli avrebbe dato il colpo
di grazia.
Per un attimo si sentì terribilmente in colpa, conscia dello
sguardo dell’amica addosso, ma poi passò tutto.
Quel dolore era in un certo senso necessario.
Leila si sentiva sconfortata.
Stava uscendo dallo studio dell’avvocato Lang
con una sensazione di sconfitta tremenda , per una cosa che si sistemava,
un’altra tornava in uno stato di equilibrio precario.
Capiva il desiderio di Shirin, ma
sapeva anche che effetto avrebbe potuto avere su suo fratello e non sarebbe
stato positivo.
Farid era sempre apparso a tutti
come un ragazzo forte, solo Leila sapeva quanto fosse in realtà fragile ,
soprattutto in quel momento.
Solo, in una realtà più dura del solito e disperatamente
innamorato di una ragazza che aveva perso.
ReincontareShirin
non poteva che minare quel fragile equilibrio che Farid
si stava costruendo, tuttavia chi era lei per impedire alla bionda di
seppellire fino in fondo il suo passato?
Non era nessuno, ma sarebbe toccato a lei nelle visite
successive raccogliere i cocci di suo fratello.
Arrivò alla clinica senza dire unaparola, l’inseparabile duo Sayeb-Schimt sembrava terribilmente distante quelgiorno, ognuna sintonizzata sui propri
pensieri.
-Perdonami Shirin, ma più che capire la tua scelta, altro non posso
fare.
Mio fratello ci
soffrirà e io non voglio!
Non voglio.-
“Schmit!”La voce astiosa del suo
capo la riscosse.
“Si?”
“A te tocca la camera di Kaulitz,
ok?”
Annuì, cercando di nascondere la sua contentezza, almeno
avrebbe visto Bill.
Vederlo era sempre meglio che sognarlo e basta, contando i
giorni che mancavano a quando l’ avrebbe visto senza mastini intorno a rendere
impossibile ogni contatto fisico o parola di conforto.
Bill era tornato al regime rigido dei pazienti appena
arrivati in clinica, strettamente controllato da infermieri e medici per
impedire che facesse qualche gesto inconsulto.
Sfiga maledetta.
Destino.
Le aveva regalato una cosa bellissima e ora le ripresentava
il conto tramite la scelta di Shirin e con quel
regime che la allontanava da chi amava.
-Passerà Leila..
È come la marea, a
volte è alta e minaccia di trascinarti via con sé, altre volte è bassa ed è
perfettamente controllabile e a tratti piacevole.
Ora sei in alta
marea.-
Raggiunse a passi strascicato il cubo bianco, che la
direzione aveva il coraggio di chiamare stanza, di Bill ed aprì piano la porta.
Il ragazzo era sdraiato a letto e dormiva, chissà forse era
sotto sedativi, non l’avrebbe saputo dire.
Sapeva solo che certi pazienti diventavano violenti in
astinenza e Bill poteva essere uno di quelli per quanto ne sapevalei.
Si avvicinò a passi felpati al letto egli accarezzò delicatamente la fronte.
Niente da fare, nonostante l’aria sciupata e le occhiate,
rimaneva comunque il ragazzo più bello che avesse mai vistoe avrebbe voluto fare ben altro che
accarezzargli la fronte.
Lo sentì muoversi e mugugnare nel leggero dormiveglia e
decise di spostare la mano, ma lui gliel’afferrò continuando a tenere gli occhi
chiusi.
Era perplessa, non sapeva cosa fare, se qualcuno l’avesse
vista sarebbero stati guai.
“TI prego non andare!”
“ Io …”
“Lo so che è pericoloso, ma mi sento solo.”
“Se dovesse passare qualcuno e ci dovessero vedere io non
potrei più lavorare qui e non ci potremmo piùvedere.”
“Lo so ….”
Lei avrebbe potuto allontanarsi e non lo fece,
contrariamente a tutto quello che era logico fare.
Alcontrario gli
accarezzò di nuovo la fronte e scese sulla guancia, era sbagliato quello che
stava facendo, ma non poteva andarsene, non più.
Lui si godeva quel contatto a occhi chiusi, come unbambino si gode la carezza di sua madre.
“Mi mancano.”
Non ci fu bisogno di specificare chi.
“Ti capisco,ma ce la farai e potrai rivederli.”
“E se non fosse la cosa buona rivederli?
Io ho causato loro tanto di quel dolore.”
“Bill apri gli occhi e guardami!”
Il ragazzo alzò lentamente le palpebre e finalmente lei poté
perdersi in quel castano.
“Uno: non dire cazzate.
Due: causeresti loro molto più dolore non facendoti
più vedere!”
“Ne sei sicura?”
“Ne sono certa.”
Il ragazzo rimase un attimo in silenzio.
“Ti è successo qualcosa Leila?”
“Lo sai che non potrei dirtelo, vero?”
“Lo so, ma ..”
“Tu vuoi saperlo, vero?”
Lui annuì.
“Hanno arrestato mio fratello.”
“Io …. Mi dispiace …. Non lo sapevo.”
Er a sinceramente dispiaciuto per lei, nonostante avesse
mille motivi per avercela con Farid, quel ragazzo era
incredibile!
“Non lo potevi sapere, però ora capisci quello che ti volevo
dire?”
“Si, per te è infinitamente peggio non averlo vicino, vero?”
Lei annuì e gli prese una mano tra le proprie.
Le mani di lui erano calde, quelle di lei fredde.
“Si Bill non sai quanto …
Questo ci ha permesso di stabilire ancora un dialogo, ma avrei
preferito mille volte che fosse fuori di li.”
“Hai ragione. Mi impegnerò Leila e ce la farò.”
“Bravo Bill, così si fa!”
Gli diede un bacio in fronte e si staccò a malincuore e pulì
la stanza.
“Ciao!”
“Ciao!”
Lui tornò a dormire e lei al lavoro, più triste e sull’orlo
delle lacrime di prima.
Si stavano aprendo delle crepe in lei, tutto il dolore che
aveva affrontatoin passato e che
credeva di avere superato stava tornando a galla e nel peggiore dei modi.
Una sensazione strisciante si era impadronita di lei, la
marea minacciava di tirarla giù nei suoi abissi bui di dolore e tristezza,
quegli abissi che Shirin conosceva bene.
Buffo che ancora una volta fossero Shirin
e Farid con le loro intrecciate e parallele allo
stesso tempo a trascinarla verso l’abisso come tre anni prima.
Sarebbe mai arrivato il giorno in cui tutto sarebbe stato a
posto come una volta?
Una volta i rancori erano seppelliti, la rabbia e il dolore
non erano così forti o insuperabili come oggi.
-Ma il passato non può
tornare, c’è solo quel futuro del cazzo che ci si ostina a dire che è nostro e
che siamo noi a costruirlo.
Fanculo!
Non siamo noi a
scriverlo perché non ci siamo solo a noi a questo mondo, esistono anche gli
altri e quello che decidono spesso ci blocca un sacco di possibilità.-
Quel giorno il lavoro fu più noioso del solito, non l’aveva
mai amato, ma il suo senso della giustizia, misto a quello di colpa la faceva
andare avanti.
Una serie di giorni sempre uguali era quello che aveva
vissuto in quegli anni ed era stanca.
Stanca che tutto questo non la volesse lasciare andare
nemmeno per vivere l’amore.
Uscì dal lavoro senza salutare nessuno , l’unica persona cha
davvero le interessasse al momento era a letto là dentroe non poteva nemmeno vederla.
Arrivò a casa in poco tempo e per non pensare aiutò Meg a
fare i compiti, era solo questione di tempo poi avrebbe dovuto affrontare suo
padre per la storia di Farid.
Non era incazzata, era certa che suo padre l’avesse fatto
per non farla soffrire, peccato che così avesse sofferto lo stesso.
“Sorellina, stai bene?”
Meg aveva uno sguardo serio mentre poneva quella domanda,
troppo serio come suo solito.
Il fatto si averla separata dalla madre sarebbe sempre stato
un trauma per quella bambina , lo dimostrava il fatto che aveva sempre paura di
venire separata da loro e si preoccupava per ogni minima cosache turbasse lo stato di quiete.
“Si, sono solo un po’ stanca …
Sai il lavoro.”
“Il lavoro è una cosa brutta, sia tu che papà siete sempre
così stanchi.”
La abbracciò, sapeva che il contatto fisico rassicurava la
cugina.
“Non è sempre piacevole, ma è necessario per avere i soldi
per vivere.”
La ragazza non disse nulla e si godette quell’abbraccio,
fino a che l’occhio di Leila non cadde sull’orologio.
“Piccola, è ora di continuare.”
Non si distrassero fino a che tutto non fu finito e lei poté
prendersi una pausa sigaretta ed uscire sul terrazzo di casa.
Nel suo micro mondo stava calando il tramonto e un vento
freddo stava scuotendo le fronde degli alberi davanti al palazzone dove
abitava.
Si appoggiò alla ringhiera, le madri stavano urlando ai
figli che era arrivato il momento di tornare a casa, come faceva la sua con lei
e Farid da piccoli.
Cambiava tutto e non cambiava niente.
Un uomo stava attraversando il cortile stringendosi nelcappotto, strinse gli occhi e lo riconobbe,
era suo padre.
Il momento di chiarire anche con lui era arrivato e lei non
ne era particolarmente contenta, sembrava che ultimamente tutto le stesse ripresentando
i conti per i suoi errori e lei era stanca di pagare ed essere giudicata.
Continuò a fumare ed attese.
Il fumo si disperdeva lento mente si immaginava suo padre
salire le scale, poi sentì la porta d’ingresso aprirsi, i suoi fratelli e Meg
salutarlo e sua madre fare lo stesso.
Questioni di attimi e sarebbe arrivato da lei.
La portafinestra si aprì rivelando la figura dell’uomoche la scrutò preoccupato, non gli era mai
piaciuto che lei fumasse.
“Ciao Leila.”
“Ciao papà.”
“Come va?”
“Bene. Papà ti devo parlare.”
Aveva detto la frase che sperava non avrebbe portato a nuovi
litigi, non avrebbe retto.
L’uomo captò qualcosa
di strano nella sua voce perché si irrigidì immediatamente e lanciò un
‘occhiata nervosa alla sigaretta che fumava .
“Quella roba ti fa male.”
La ragazza lo ignorò non le piaceva farlo, tuttavia sapeva
benissimo che quello era un tentativo del padre di sviare la conversazione.
“Non è di questo che dovremmo parlare, bel tentativo
comunque!”
L’uomo sospirò.
“Forza Leila dimmi.”
“Ho saputo di Farid.”
Una frase corta e secca che fece trattenere il fiato
all’uomo per un attimo, che si fosse reso conto che il suo tentativo era stato
inutile?
“Io ….”
“Tu lo sapevi papà, perché non mi hai detto nulla?”
“Chi te l’ha detto?”
“Ha importanza?”
“ Per me ne ha.”
Laragazza sbuffò,
odiava quando suo padre era così dannatamente testardo.
“è stata Ania, ok?
Che cosa cambia ora?
Sei soddisfatto? Sai con chi prendertela?”
Il signor Schmit abbassò gli occhi
e prese a fissarsi la punta delle scarpe, momentaneamente a corto di parole.
“Leila lo so che sei arrabbiata, anche io lo sarei al tuo
posto, ma quello che ho fatto l’ho fatto per un motivo.”
“Quale papà? Ti rendi conto che hai voltato le spalle a tuo
figlio in carcere?”
“Credi che non me ne renda conto o che non ci stia male?
L’ho fatto per te, per proteggerti, non volevo che soffrissi
ancora.”
La ragazza gli appoggiò un mano sulla spalla.
“Lo so papà, ma così ho sofferto comunque e non ogni caso
non avrei mai potuto ne voluto abbandonarlo, anche se fossi stata male.”
“Gli vuoi ancora bene tesoro, questo ti fa onore.
Forse non ho sbagliato tutto nel crescere i miei figli.”
Leila non replicò, non sapeva cosa dire.
“Papà a Farid farebbe piacere
vederti.”
Cambiare argomento era la sua specialità.
“Sei sicura, tesoro?”
“Si. Lui …. Nonsta
bene …
Lo vedo giù credo che ricevere la tua visita lo aiuterebbe.”
Tra di loro cadde il silenzio, Leila ripensava alla
decisione di Shirin e come non le piacesse e a che
conseguenza avrebbe avuto.
“C’è altro Leila? Ti vedo preoccupata.”
“SI, c’è qualcosa …”
Shirin vuole andare a trovare Farid.”
“ E non è una cosa positiva?”
La ragazza spense la sigaretta nel posacenere, cercando le
parole adatte.
“Non lo è.
Lo sarebbe se Shirin non andasse a
trovarlo solo per capire in modo definitivo che non lo ama più.
Questo potrebbe fargli male, molto male, lui la ama ancora.”
Suo padre rimase in silenzio, la luce era sempre più fioca,
la notte stava scendendo.
“Forse andrò a trovarlo ….
Tesoro, ti stai facendo carico di responsabilità troppo
pesanti, a quest’età dovresti pensare solo a divertirti, non a queste cose.”
“Lo so papà, ma non posso farci niente.
Mamma ci sta chiamando, andiamo.”
Entrarono senza dirsi altro.
Il mondo continuava a rimanere brutto agli occhi di Leila,
ma sapere che almeno suo padre la capiva ed era dalla sua parte la fece sentire
meglio.
Un po’ meno sola e più pronta a combattere.
Erano passati due giorno da quando aveva parlato con
l’avvocato di farid.
Due giorni che Leila non le parlava.
Due giorni di silenzio.
Shirin non sapeva cosa fare,
avrebbe voluto parlarle, era certa che Leila non era arrabbiata con lei, ma non
se la sentiva.
La verità era che il suo senso di colpanon le dava tregua, a volte arrivavaa sussurrarle che aveva preso quella
decisione solo per vendicarsi del dolore che lui le aveva inflitto anni prima.
Non poteva accettare quell’ipotesi, non poteva essere
davvero così meschina.
“Shirin?”
Si riscosse, era fuori scuola e Leila la stava guardando
leggermente preoccupata.
“Si?”
“Finalmente, ero preoccupata!
È un quarto d’ora che ti chiamo e tu non rispondi!”
“Scusa, ero persa nei miei pensieri.”
“Stamattina ha chiamato l’avvocato Lang.
I permessi per vedere Farid sono
pronti, oggi o domani dovrebbero arrivare.”
La bionda annuì, Leila rimase corrucciata, sembrava volesse
aggiungere qualcosa senza averne il coraggio.
“Shirin, qualsiasi cosa tu voglia
dirgli, ti prego, vacci piano.
Non è nello stato di accettare insulti o recriminazioni, lo vedo
molto spento.”
La bionda sospirò, l’amica si accese l’ennesima sigaretta
della giornata.
“Non ho chiesto questo colloquio per insultarlo, comunque lo
terrò a mente; Leila.”
“Shiri non voglio attaccarti, ma
sono in una brutta posizione.
Io tengo a te e tengo a Farid e
non voglio scegliere a chi rimanere vicino.”
Shirin non disse nulla, non sapeva
cosa dire, avrebbe voluto dire che le dispiaceva e non ci riusciva.
E poi dispiacersi per cosa?
-Forse avrei dovuto
dare retta a Dave tanti anni fa e smettere di puntare
Farid, ora non saremmo a questo punto.-
“Io vado, devo andare in clinica dopo.”
“Ciao!”
Si separarono, ognuna salì sul propri motorino, ognuna
immersa in pensieri poco piacevoli indirizzarti alla stessa persona.
Arrivò sotto casa e parcheggiò il motorino, poi guardò nella
cassetta della posta.
Tra le varie cose c’era una busta bianca con il timbro del
tribunale, le mani la tremarono leggermente.
Salì lenta le scale, fino ad arrivare fino al suo
appartamento con una sensazione di irrealtà sempre più forte.
Aprì la porta, buttò le chiavi sul mobile dell’ingresso e si
diresse in cucina.
Si guardò intorno in cerca di un coltello, una volta trovato
tornò in sala e si sedette al tavolo.
Con mani tremanti aprì la busta.
Le parole erano lì nero su bianco, fredde ed immutabili.
Avrebbe potuto rivedere il suo ex di li a due giorni.
Lasciò cadere la lettera e si mise a braccia conserte sul
tavolo senza pensarea nulla, nemmeno al
lavoro.
Ora nella sua mente c’era solo il vuoto e un terribile
incertezza.
Queste sensazioni la accompagnarono in quei due giorni e le
fecero chiedersi se stesse facendo la cosa giusta.
Aveva preso una decisione, si disse, quindi doveva portarla
fino in fondo o non sarebbe più riuscita a guardarsi allo specchio.
Finalmente quel giorno maledetto arrivò, le fece uno strano
effetto trovarsi davanti al carcere,stretta in un cappotto, in compagnia di una
silenziosa Leila.
Entrarono in quel luogo grigio ed opprimente, mentre fuori
cadeva una pioggia battente.
“E così ci siamo.”
“Già.”
Poche parole in attesadella guardia scortasse Shirin da Farid.
Quando l’uomo arrivò la bionda lo seguì e venne scortata in
una grande stanza affollata di altre persone che dovevano incontrare altri
detenuti.
All’interno c’era un lungo tavolo, il secondino le indicò
una sedia e Shirin si sedette in preda ad un’ansia
terribile, presto l’avrebbe rivisto.
Era pronta?
Una porta che si trovava davanti a lei, oltre al tavolo si
aprì e il turco entrò scortato da un altro secondino.
Sembrava più piccolo e infinitamente più fragile lì dentro,
in quella tuta anonima.
Imbambolato si sedette sulla sua sedia e la guardò per un
attimo che le parve infinito.
Cosa stava sentendo?
Un’infinita pena, in passato le aveva fatto male, ma non si
meritava di stare lì.
Non provava altro, non c’era più quella scintilla che era
scattata in passato ed era stata davvero stupidaad arrivare a doverlo vedere per capirlo.
“Sei l’ultima persona che mi sarei aspettato di vedere.”
La voce del ragazzo spezzò quell’atmosfera.
Ritrovarsi di nuovo a fissare quegli occhi verdi, al momento
così malinconicie tristi le provocò una
morsa allo stomaco.
“Anche a me fa strano essere qui.”
“Come stai Shirin?”
“Io …bene.”
“Perché sei venuta qui?
Sono felice di vederti, ma perché sei qui?”
La ragazza abbassò gli occhi, cosa poteva rispondergli senza
ferirlo?
“Dimmi la verità Shirin, qualsiasi
essa sia, la preferisco ad una bugia.”
Boccheggiò senza fiato, sentendosi terribilmente stupida.
“Io … io volevo solo capire che effetto mi avrebbe fatto
rivederti e riuscire a chiudere con il mio passato e ricominciare.”
Il ragazzo assimilò quelle parole, poi un sorriso amaro si
formò sulla sua bocca.
“Capisco … e ci sei riuscita?”
“Si.”
“Sono contento. Shirin per quello
che possa valere, mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto.
Non dovevo chiederti di abortire, ma avere le palle di
affrontare il carcere, io quel bambino lo volevo.
Questo l’ho capito troppo tardi, mi dispiace.”
Quella piccola confessione la lasciò senza parole,la stava aiutando a fare pace davvero!
Strinse una mano del ragazzo fra le sue, le lacrime le
stavano pungendo gli occhi.
“è passata Farid, forse, anche se
fa male dirlo, era così che doveva andare.”
“Quindi, questa è l’ultima volta che ti vedo?”
“Se … lo vorrai verrò ancora.”
“Si!” le strinse le mani più forte.
Forse lo stava illudendo e basta, ma pensò che forse sarebbe
tornata di nuovo visitarlo.
Gli accarezzò dolcementeuna mano, godendo della sensazione di leggerezza che provava.
Tutto stava scivolando via dalle sue spalle, ora era pronta
a vivere di nuovo e forse ad aiutare quel ragazzo che credeva di odiare.
Stranala vita.
La vita che dava, toglieva e ridava in alte forme.
Buffo, ma piacevole.
Doveva tenerlo a mente nei periodi bui e di questo doveva
ringraziare Farid.
ANGOLO DI LAYLA
Sera^^.
Ecco il
tanto sospirato incontro tra Shirin e Farid.
Un po’
amaro e breve, ma forse non avevano poi molto da dirsi, no?.
Spero vi
piaccia^^.
Passo
alle recensioni:
Pulse:Si, in effetti Shirin ce l’ha fatta^^.
Dopotutto
il colloquio non è stato poi così disastroso.
Sono
contenta che ti sia piaciuto Luca, volevo spezzare un po’ la tensione di questi
capitoli^^.
Bill ce
la può fare e ce la farà, tranquilla XD.
Sono
contenta che ti piacciano Fra e Tom, anche se forse sono un po’ troppo perfetti
(XD) ma sono carini lo stesso.
In quanto
alle reazioni alla dipendenza di Bill, ammetto di non averci dedicato molta
attenzione, ma sto rimediando.
Alla
prossima^^.
Ciao
Utopy: grazie dei complimenti, sono contenta che ti sia piaciuto^^.
Questa è
la volta buona per Bill, questa volta ce la farà … sennò Leila lo picchia XD!.
Povera Shirin, sembra che la vita si diverta a prenderla in giro
in effetti.
Riuscirà
a parlare con Farid.
Spero che
questo capitolo ti piaccia^^.
Alla
prossima.
ciao
Lady Cassandra: Non si era capito che Georg è il tuo ero personale XD! Bhe hai le tu buona ragione per averlo eletto^^.
Bill ce la
farà, dopo questa non ricadrà più nella droga ( il che non significa che non
gli accadrà comunque qualcosa XD).
Sono
contenta che ti piacciano Tom e Fra, anche a me piacciono molto *-*! Sono molto
belli insieme.
Le
presentazioni familiari non sono mai facili, ma Luca se l’è cavata alla
grande^^ (loro prevedo di lasciarli in pace XD).
Spero che
questo capitolo ti piaccia.
Alla
prossima^^.
Ciao^^
Schwarz nana: rassicura le tue coronarie (XD)
per adesso Bill ce la farà e non sono previste ricadute .
Ora che
ha l’appoggio di tutti quelli di cui ha bisogno ce la farà^^.
Sono
contenta che ti sia piaciuta la descrizione di Tom, mi lasciava un po’
incerta^^.
Georg è
davvero un bravo fratello ed amico, visto che ha captato il disagio di Luca e
gli ha fatto capire che non c ‘era da preoccuparsi^^.
Si, in
effetti Lene e Luca sono una boccata d’aria in questa storia … pesante XD!
Shirin è confusa e purtroppo non demorde nella sua decisione, Farid invece sembra prenderla tutto sommato bene (poverino,
non lo faccio già soffrire abbastanza con il carcere ç_ç,
me sadica )
Sono
contenta che ti piaccia e spero che ti piaccia anche questo.
Alla
prossima.
Ciao^^
Masavecia:In effetti penso di farla
durare un po’ la pace, bhe giusto il tempo di farli
rasserenare XD!
Sono contenta
che ti sia piaciuto il ritorno in scena di Luca e Lene.
Tom in
effetti non si è comportato molto bene con Leila, ma è preoccupato per Bill, lo
capisco.
Il colloquio tra Shirin e Farid la preoccupava molto, non sapeva come sarebbe finito,
ne le conseguenze che avrebbe portato e non poteva farci niente.
Forse era quell’immobilità costretta ad innervosirla più di
tutto.
Per l’ennesima volta fece un giro della stanza sotto lo
sguardo vigile della guardia carceraria, chissà che impressione gli stava
facendo?
Non lo sapeva, speravasolo che quella tortura finisse rapidamente e di poter vedere suo
fratello.
Era così stanca di avere degli ostacoli tra lei e le persona
a cui teneva, che si sarebbe messa volentieri ad urlare.
Poco dopo la bionda uscì, aveva un’espressione strana,
quella di chi ha fatto i conti con quello che credeva essere un ostacolo
insormontabile e che invece si era rivelato qualcosa di superabile.
“Tutto a posto?”
Domanda superflua, Shirin sembrava
stare meglio di quando era entrata.
“Tocca a lei adesso.”
La guardia parlò per la prima volta e con un gesto misurato
le indicò la porta della stanza dove i detenuti potevano ricevere visite.
La ragazza avanzò a passi incerti, deglutendo abbassò la
maniglia ed entrò.
La prima cosa che la colpì fu il rumore contenuto, c’erano
parecchie persone in quella stanza eppure non c’era il casino che si sarebbe
aspettata.
La seconda fu suo fratello seduto su di una sedia scomoda
davanti a un lungo tavolo di legno.
Vestito con quella tuta anonima, non rasato e con i dread sciolti sembrava più piccolo e fragile del solito,
come se non fosse lui in un certo senso.
Si sedette sullo sgabello che era dalla sua parte, oltre il
tavolo, Farid avvicinò il suo e fece un sorriso mesto
che le spezzò il cuore.
La ragazza avrebbe voluto abbracciarlo e consolarlo, ma
tutto quello che poté fare fu allungare le mani verso le sue e stringerle più forte
che poté.
“Come stai?”
“Come uno che ha visto tutti i suoi sogni andare a puttane d
e f i n i t i v a m e n t e.”
“Mi dispiace Farid . forse io …”
“Non proseguire questa frase Leila, non farlo.”
Lei alzò un sopracciglio senza capire.
“Lo so che tu non avresti voluto che lei venisse per
proteggermi, ma, sorellina anch’io avevo bisogno di vederla.”
“Anche se fa male?”
“Si, anche se fa male.
Ho dovuto constatare con i miei occhi che io per lei non
sono più quello che vorrei essere.
Fa male, Leila, malissimo.
Però, ora posso provare ad andare avanti anch’io! Qui ho
tutto il temo che mi serve per pensare e capire cosa fare della mai vita, dopo.
Sai … gli esami di coscienza, la gente che avrei dovuto
trattare meglio …
Quelli a cui avrei dovuto chiedere scusa.
Insomma tutto quello a cui non ho pensato per anni e anni.”
Tentò di sorridere, purtroppo tutto quello che le riuscì fu
una smorfia e una lacrima che le solcò una guancia, lasciando di stucco suo
fratello.
Non si ricordava quando fosse stata l’ultima volta che aveva
permesso a Farid di vederla piangere, sicuramente
adesso non era il momento adatto per farlo!
Maledetti nervi!
Il ragazzo le asciugò la lacrima e le accarezzò la guancia.
“Non piangere, piccola.”
“Lo so, scusa!” singhiozzò.” Lo so che non è il momento
giusto, però …”
“Ehi, ehi non ti preoccupare!
Lo so che non è facile per te! Che per causa mia non hai
avuto una bella adolescenza e mi dispiace!
Tu sei la persona più importante della mia vita in questo
momento e non ti ho saputa proteggere!”
“Lascia perdere il passato Farid,
non puoi più cambiarlo e se proprio vuoi saperlo, io non credo che sia stata
tutta colpa tua!
Abbiamo tutti le nostre colpe sparse in questa storia, non
solo tu! E non è vero che non mi hai saputo proteggere, non avresti potuto
impedirmi di prendere tutte le decisione che ho preso, io stessa non te l’avrei
permesso!”
Gli strinse più forte le mani e fissò gli occhi in quel mare
verde così simile al suo.
“ Anche tu sei la persona più importante della mai vita,
sappilo!
E questo varrà sempre, anche per me.
Anche quando mi troverò un ragazzo, io per te ci sarò sempre
e comunque.”
si accorse che Farid aveva gli
occhi lucidi.
“Grazie Leila, non sai quanto mi abbia fatto piacere quello
che tu hai detto!
Grazie!”
“Lo penso davvero Farid, tutto
quello che ho detto lo penso davvero!”
Parlarono ancora un po’, fino a che l’agente non le
picchiettò sulla spalla per dirle che il tempo era finito.
Fu con tristezza che si alzò da quella sedia, lui allargò le
braccia e lei si tuffò in quell’abbraccio impacciato da la tavolo.
“Tornerò presto, non ti preoccupare!”
“Lo so, ti voglio bene Leila.”
Si sciolsero dall’abbraccio e Farid
sparì dietro una porta, condotto via dai secondini.
Un’altra lacrima di Leila cadde.
Anche lei uscì dalla stanza e si ritrovò davanti l’amica,
non si dissero nulla, Shirin si limitò ad
abbracciarla.
La bionda capiva il suo dolore forse meglio di chiunque
altro.
Uscirono dal carcere e la pioggia cadeva ancora a bagnare quella
città grigia che tanto le aveva dato e allo stesso modo gliel’aveva tolto.
A volte odiava Berlino per quello, questa era una di quelle
volte.
“Leila, penso che tornerò a trovarlo.”
La rossa si voltò verso la bionda.
“Se credi che sia la cosa giusta, fallo.”
“Grazie Leila.”
“Figurati, non devi chiedermi il permesso per vederlo.”
Non si dissero più nulla fino a quando non si salutarono per
raggiungere ognuna il proprio appartamento.
Qualsiasi incomprensione ci fosse stata era caduta quando
lei aveva visto che dopotutto Farid non aveva reagito
male alla visita della ragazza, questo solo importava: che il fratello non
ricevesse altri colpi.
Una volta arrivata al suo appartamento si buttò a letto e
cadde in un sonno profondo,senza sogni ne incubi.
Fu il suono del telefono a strapparla a quella pace,
intontita si alzò per rispondere.
Tornò del tutto in sé quando si accorse che dall’altra parte
della cornetta c’era qualcuno della clinica, cosa diavolo volevano?
Non aveva voglia di tornare in quel dannato posto,non quel
giorno almeno, con il peso della conversazione con il fratello addosso!
A quanto aveva capito, avevano permesso a Bill di fare un
giro in giardino purché accompagnato e lui aveva fatto il diavolo perché voleva
lei, lei enessun altro.
La ragazza scosse la testa, chissà cosa aveva minacciato di
fare se erano arrivati ad accontentarlo …
Si guardò allo specchio, aveva un’espressione terribile, ma
non poteva farci nulla, Bill se la sarebbe dovuta prendere così.
Si vestì ed uscì, per raggiungere la clinica in motorino.
Arrivo bagnata come un pulcino e non se ne curò, raggiunse
Bill in camera, il ragazzo era sdraiato sul letto.
“Ciao Leila.”
“Che diavolo hai combinato?”
“Volevo rivederti e basta!”fece lui con un faccino da
cucciolo abbandonato.
La ragazza rise.
“Ok, puoi smetterla con quella faccia da cucciolo!
Sono qui!”
Il ragazzo la osservò attentamente, pi si alzò di scatto dal
letto e si diresse verso l’armadio dove estrasse un asciugamano.
“Sei completamente bagnata, avresti dovuto venire in pullman!”
Gliene porse uno e lei si asciugò alla bell’ e meglio.
“Ora direi che dobbiamo uscire o si insospettiranno!”
“Fuori mi saluterai come si deve?”
La domanda di Bill era innocente, ma Leila sapeva che non lo
era del tutto.
“Puoi giurarci, forse sei la prima cosa positiva che mi è
capitata oggi!”
Lui alzò un sopracciglio senza capire.
“Sono stata in carcere a trovare Farid.”
“Mi dispiace.”
“Dai, ora andiamo.”
Fu noioso ascoltare la raccomandazioni necessarie della
iena, che continuò a lanciarle occhiate ostili, quella chiamata non le doveva
essere piaciuta.
Non vedeva l’ora di essere fuori di li!
“Finalmente ci ha lasciato andare!”le sussurro Bill non
appena la Mayer li lasciò andare.
“Lo sai che mi odia.”
Uscirono dall’edificio, Bill respirò a pieni polmoni l’aria,
mentre lei guardò la pioggia cadere.
Non sapeva cosa si sarebbero detti in quel pomeriggio rubato
alla routine, ma era curiosa di scoprirlo vivendolo.
“Dai, vieni se rimanessimo qui non potremmo fare niente.”
Si riscosse dai suoi pensieri e si avviò verso il
ragazzosorridendo.
Avrebbe tanto voluto prenderlo per mano, ma lui aveva
ragione, li non si poteva fare nulla.
“Lo so che non dovrei chiedertelo.”esordì Bill mentre
camminavano sotto la pioggia verso un gazebo abbastanza isolato” Ma come sta
tuo fratello?”
Lei sospirò, strano che Billglielo chiedesse, anche se in fondo conosceva Farid.
“Come vuoi che stia?
Non l’ho mai visto così giù.”
“Immagino, mi dispiace Leila.”
“Non fa niente Bill, come’è il detto?
A giocare con il fuoco ci si brucia prima o poi?
Ecco, a Farid è successo.”
Inaspettatamente lui la abbracciò.
“Sei una ragazza, nonc’è niente di male se ti mostri debole o piangi ogni tanto.”
“Io… ok, hai ragione.
Finalmente erano arrivati all’interno del gazebo, Bill si
sedette sulla panchina all’interno, lei rimase in piedi a guardare la pioggia
che cadeva.
Rimasero così per un po’ fino a che lui non si alzò per
abbracciarla da dietro.
“A te piace la pioggia?”
Forse Leila lo sorprese con quella domanda a bruciapelo
perché lo sentì esitare un attimo.
“Mi è indifferente in realtà.”
“A me piace, mi calma, mi rilassa.
Al momento si intona decisamente al mio umore.”
Lui non disse nulla e la voltò dolcemente a sé per baciarla
e questa volta fu diversa dalle altre, non c’era frenesia o desiderio di
possesso , solo dolcezza.
“Perché?”
“Non ti decidevi a darmi un saluto decente e ho fatto da me.
Lei ridacchiò e si riappropriò delle sua labbra, per
donargli un altro bacio lungo e dolce.
“Soddisfatto?”
“Direi di si.”
Ripresero a baciarsi e coccolarsi, mente lui la trascinava
dolcemente sulla panchina, fino a che non si ritrovò seduta sulle sua
ginocchia.
“inizio a crederci.” Mormorò lui.
“A cosa?”
“A quello che mi hai detto a casa di Tom.”
“EHI, io non stavo scherzando! Sulle cose serie non dico
cazzate!”
“Leila… non l’ho mai pensato, ma
io a te ci tengo!
E .. non sapevo se per te fosse lo stesso.”
La ragazza strofinò il naso contro quello di Bill.
“Spero di stare dimostrandoti che anch’io tengo a te.”
Lui sorrise.
“Perché non ti mostri sempre così? sei una bella persona,
perché ti nascondi dietro la maschera della stronza?”
Abbassò gli occhi, quella era una domanda che la metteva
disagio perché darle una risposta implicava svelargli un po’ della sua vita.
“Perché ho paura.
La vita non è stata facile per me.”
Si fermò e poi riprese.
“Dove sono nata io se non fossi stata stronza, se non avessi
combattuto i mostrando che non ero disposta a fami mettere i piedi in testa da
nessuno mi avrebbero fatta fuori senza tanti complimenti.
È la lotta per la sopravvivenza e io ho imparato presto che
mostrarsi debole era come sanguinare davanti a uno squalo, offriva un pretesto
per attaccarmi.
Ci ho messo un po’ a capirlo perché per mia natura tendevo
sempre a fidarmi per prossimo, ma dopo un po’ di batoste questa verità mi si è
tatuata addosso e non riesco a liberarmene.
Nemmeno con le persone che non si meritano questa
freddezza.”
“Capisco.”
Il ragazzo le accarezzò una guancia e lei si accoccolò
contro il suo petto, godendosi fino all’ultimo quella sensazione di calore.
Era uno dei pochi momenti positivi della giornata.
Shirin camminava per la città.
Il suo ombrello verde acido contrastava con quelli tutti
uguali dell’altra gente.
Come si sentiva dopo aver visto Farid?
Provava un misto di sensazioni che non riusciva a definire
ad essere sincera, una tristezza persistente e un senso di liberazione.
Era libera dai suoi fantasmi e dai suoi ricordi.
Sicuramente non sarebbero svaniti, ma sapeva che adesso
poteva guardarli in faccia senza provare paura o dolore.
Pensò al primo bacio con Gustav, non aveva nulla che fare
con quello che aveva dato a Farid.
Si lasciò trasportare dai ricordi e si rivide a quattordici
anni, quando era persa di quel ragazzo dai lunghi dread
scuri che sembrava voler sfidare il mondo con la sua tracotanza.
[Era in discoteca, non
amava particolarmente la musica che mettevano, ma pur di seguire Farid sarebbe andata ovunque, anche in capo al mondo se
fosse stato necessario.
Era seduta su un
divanetto con un drink in mano e con quelle scarpe con il tacco alto e il
vestito corto ed attillato si sentiva più una bambina che giocava con i vestiti
della mamma che una bomba supersexy.
Sospirò, era stata una
pessima idea venire lì.
Avrebbe dovuto dare
retta a Leila, almeno si sarebbe risparmiata lo spettacolo di vedere Farid ballare appiccicato con una ragazza bella come una
modella.
Stava per andarsene
quando il turco si stravaccò accanto a lei sul divanetto.
“Ciao Shirin, non ti avevo vista!”
-Per forza, hai
passato tutta la serata a tentare di farti quella figa da paura!-
“Non sono arrivata da
molto.”
“Capisco, senti qui
dentro fa un caldo bestiale, ti va di uscire a prendere una boccata d’aria.”
“Si perché no?”
rispose sorridendo lei.
Si alzò, ma non
essendo abituata a camminare con quei tacchisarebbe finita a terra se Farid non l’avesse
sostenuta.
“Ehi, stai attenta!”
Ridacchiò divertito.
Bella figura aveva
fatto!
La scortò, sostenendola,
fin fuori il locale, poi si accese una sigaretta e aspirò avidamente il fumo.
“Ehi! Vuoi un tiro?”
“No grazie!”
Lui riprese a fumare e
a guardare il cielo.
“Ci sono le stelle
stasera!”
Lei alzò lo sguardo a sua
volta e non si accorse che lui aveva gettato il mozzicone per terra e si stava
avvicinando a lei sorridendo.
“Sei davvero carina,
stasera!”
Lei lo guardò e pensò
che fosse semplicemente irresistibile, tuttavia non rispose e lui continuò ad
avvicinarsi.
La strinse piano a sé
e si fece sempre più vicino .
La ragazza sapeva che
sarebbe successo, Farid l’avrebbe baciata.
Quando avvenne sentì
le famosefarfalle nello stomaco e per
un attimo toccò il cielo con un dito come in tutti i suoi sogni più romantici.
Fu la puzza di alcool
nell’alito a riportarla alla realtà.
Farid se non era ubriaco, era quantomeno alticcio
e forse domani avrebbe scordato o non dato peso alla cosa.
Bastò quello a farla
cadere di nuovo sulla terra con un senso fortissimo di delusione addosso.]
Non era mai stata una tipa da presagi, ma forse avrebbe
dovuto prestare più attenzione all’inizio di quella storia e pensare che forse
non sarebbe valsa la pena di iniziare qualcosa con un ragazzo del genere.
Era stata ingenua, ma era così giovane …
In ogni caso, nonostante fosse finita male per tutti non la
rimpiangeva perché le aveva permesso di diventare ciò che era.
Con Gustav era iniziato tutto in modo diverso.
[Come cavolo aveva
fatto a farsi convincere a venire al cinema con un tipo così preoccupato di
essere riconosciuto?
Non ne aveva idea,
sapeva solo che quandolui gliel’aveva
chiesto con quella faccia da bambino il sui cervello aveva azzeratola sua parte
razionale, impedendo a tutte le obbiezioni ragionevoli di uscire.
E così erano finiti in
coda in quel multisala con lui che si guardava continuamente intorno e lei che
ridacchiava sotto i baffi, pensando che dei Tokio Hotel era il membro meno
riconoscibile del gruppo.
Avevano finito
finalmente finito la fila, poi lui l’aveva trascinata verso la sala, guardare
la sua mano piccola e abbronzata stretta a quella del ragazzo più grande
l’aveva fatta sorridere.
Non guardò molto il
film, anche perché non aveva mai amato particolarmente gli horror, tuttavia la
sensazione di sicurezzanon se la sarebbe
scordata facilmente.
Non si era mai sentita
così al sicuro con qualcuno che non fosse suo fratello.
“Piaciuto il film?”
Arrossì’, non poteva
certo dirgli che non lo sapeva, ma che lui, Gustav, l’aveva apprezzato un
casino!
“Si. Molto carino!”
Lui aveva ridacchiato
ed ebbe l’orribile sensazione di essere stata sgamata in pieno.
Erano fuori dal
cinema, nel piazzale deserto, lui si voltò sorridendo.
L’attirò a se e la
baciò,senza che lei se lo aspettasse minimamente, tanto che in un primo momento
non riuscì nemmeno a ricambiare.
Questa volta non sentì
alcun retrogusto amaro, quando si staccarono, al contrario si sorrisero
entrambi.]
Forse con lui sarebbe andata meglio, in ogni caso ora era
più forte e avrebbe retto meglio dell’ultima volta, ne era certa.
Il cellulare squillò, era Gustav.
“Pronto?”
“Ehi ciao!”
“Ciao!”
“Come stai? Oggi non dovevi andare a trovarlo?”
La ragazza sorrise, si stava preoccupando per lei, invece di
essere geloso e questo non poteva che farle piacere.
“Sto bene. Ti va se dopo ci vediamo?”
“Si certo, non ho nulla da fare.
Sei sicura di stare bene?”
“Si tranquillo.”
-L’unica cosa di cui
ho bisogno per stare bene è di averti accanto.
Il resto è
secondario.-
Si era presa decisamente una bella cotta e ancora non sapeva
se fosse un bene o un male, l’avrebbe scoperto con il tempo.
Bill guardava la pioggia.
Non gli era mai importato che cadesse o meno, ma in quel
momento con Leila accoccolata tra le sue braccia, incuranti che qualcuno
potesse vederli gli piaceva.
“Ehi, tu credi al fatto che i sogni ti annuncino qualcosa?”
“Non lo so …. Non ci ho mai pensato ad essere sincera.
Perché?”
Bella domanda.
Cosa poteva dirle? Che temeva che la sua coscienza si fosse
appropriata della sua faccia per farlo ragionare?
Rischiava che Leila lo prendesse per pazzo.
“Non lo so, mi è venuta al momento.”
“è strana.”
“Lo so, ma non so cosa farci.”
Fece finta di grattarsi imbarazzato la testa, vide un
sorriso luminoso aprirsi sul volto tirato della ragazza senza capire la
ragione, tuttavia ne apprezzò gli effetti.
La rossa lo stava baciando dolcemente.
“Ok, questa me la spieghi”
“Vuoi un disegnino?”
“No, no … non te la caverai con le tue battutine stavolta!
Voglio la versione estesa!”
Ridacchiò divertito, lei invece era imbarazzata.
“La verità è che ti ho visto così imbarazzato, che mi hai
fatto venire voglia di baciarti.”
“Mi piace questa tua parte tenera.”
Fu il turno della ragazza arrossire.
“Ti ho fatta arrossire!”
“Dai smettila!”
Si alzò di scattò e si accese una sigaretta, poi guardò
l’orologio.
“Temo dovremo rientrare , altrimenti la iena ci verrà a
cercare.”
“Come rompere un momento di romanticismo in trenta secondi
netti!”
“Quello che si romperà in trenta secondi netti saranno le
nostra ossa se non entriamo!
Bill, ti rendi conto che già sei fortunato ad essere qui?
Vuoi che questa cosa non si ripeta più?”
“Leila, non è mia intenzione fare battute, ma sembra che tu
stia parlando di un carcere più che di una clinica.”
“Bill, non è molto diverso da un carcere questo posto, ha le
sue regole e i suoi capi-
Non comandi tu qui dentro, comandano loro.
Se te li inimichi la vita qui dentro sarà una merda.”
“Parli per esperienza personale?”
“ Parzialmente.”
A malincuore il moro dovette riconoscere che Leila aveva
ragione e con lei si avviò verso l’ingresso della clinica.
La Mayer era seduta su una delle poltroncine della sala,
l’espressione era più arcigna del solito e le braccia eranostrette al petto.
Non avrebbe detto niente, ma era ovvio che non gli era
piaciuta la loro uscita e l’espressione sorridente che aveva sostituito quella
apatica che aveva prima.
“Noto che sta bene, signor Kaulitz.”
“Una passeggiata fa sempre bene.”ripose lui freddo.
“Dovrebbe scegliersi meglio le compagnie che frequenta se ci
tiene alla sua guarigione.”
“Credo di averle scelte bene, ora torno in camera, credo
cheil programma preveda questo, no?”
Per non farle aggiungere altro fece un sorriso tirato e
finto come quelli che sfoggiava durante le interviste, aveva imparato che
avevano il potere di far tacere l’interlocutore.
Così fu.
Nonostante la Mayer fosse palesemente furiosa non aggiunse
altro e si limitò a trafiggere con un’occhiataccia da manuale Leila.
Quando arrivarono in camera tirarono entrambi un sospiro di
sollievo.
“Ce l’abbiamo contro.”
“Ognuno si porta il suo destino appeso addosso.”
Bill sbuffò.
“Non dire stronzate! Tutti possiamo cambiare il nostro
destino!”
“Tu forse, sai quale sarà il mio?
Mi diplomerò e poi lavorerò a tempo pieno nella tabaccheria
di mio padre!”
“Non abbiamo tempo per discutere, ma ti sbagli!”
La ragazza annuì.
“Ora devo andare! Niente saluti come vorresti, mi dispiace.”
“L’avevo già messo in conto.
Ciao Leila, ci vedremo presto!”
Lei agitò la mano e sorrise debolmente, poi si incamminò
lungo il corridoio.
Improvvisamente la sua camera gli sembrò insopportabilmente
fredda e del tutto priva di attrattive.
Non voleva affatto entrarci, sarebbe scappato volentieri, ma
non poteva.
Si fece forza edentrò, chiudendosi la porta alle spalle.
Chiuse gli occhi e provò ad immaginarsi in un altro luogo,
ma non gli venne in mente nulla.
Li riapri e si buttò sul letto, sperando di dormire un po’
anche se non era stanco.
Gli era sempre piaciuto dormire ,ma ultimamente di buttava
spesso a letto per evadere dalla sua vita.
Che tristezza.
Pensandoa questo il
sonno che tanto desiderava arrivò e si addormentò.
Finì in un luogo buoi
ed opprimente.
Quell’oscurità sembrava volerlo inglobare, lui deglutì a
disagio, era così densa da sembrare viva.
Era solo o c’era qualcuno?
La dama mascherata era nascosta da qualche parte?
Come in risposta alle sue domande qualcosa iniziò a
materializzarsi, una forma indefinita ed evanescente che somigliava a n
fantasma.
Francesca.
Deglutì di nuovo.
Sogno e realtà si confusero per un attimo.
Francesca era viva ed era morta allo stesso tempo.
“Sei viva?”
“Forse.”
“Non lo sai?”
“Tu dovresti darmi una risposta.”
Che dialogo surreale! Come poteva darle lui una risposta?
“Non hai nulla da dirmi? Non hai idea di chi io possa
rappresentare?”
Ripensò al suo sogno precedente.
“Sei forse qualcuno che ha sofferto per le mie decisioni?”
“Non sono forse morta per letue decisioni?”
Un’ondata di senso di colpa per quello che aveva fatto il se
stesso di quel sogno salì e gli fece abbassare gli occhi.
“Hai ragione, scusa.
Scusa per quello che… ti è stato
fatto.
Sono certo che il Bill che te l’ha fatto ora è molto triste
e non avrebbe voluto che succedesse.”
“Sei sicuro di non essere tu quel Bill?”
“Non lo so, ma se anche fossi io la sostanza non cambierebbe.
Mi scuso, come mi devo scusare con tutti quelli a cui ho
fatto male per un motivo o per l’altro a causa della mia dipendenza.”
L’illusione sorrise e prima di sparire mormorò una frase
destinata a colpirlo.
“Il modo migliore che hai per scusarti con noi è impegnarti
a guarire.”
Bill rimase a bocca aperta, del tutto sorpreso da quella
risposta così saggia e dannatamente veritiera.
Tutto sparì di nuovo e per la prima volta non provò angoscia
o paura.
Leila era di umore più sollevato.
Non credeva avrebbe potuto esserlo dopo l’incontro con Farid, era tutto merito di Bill.
Era profondamente grata a quel ragazzo, lui diceva che lei
l’aveva salvato da parecchie cose, ma la verità era che la cosa era reciproca.
Anche lei al momento si sentiva salvata.
Salvata da se stessa e dalla sua depressione.
Salvata dalla sua vita.
“Ti vedo meglio, tesoro.”
Suo padre le sorrise a tavola.
“Si, non so perché sto meglio.”
“Sono contento per te, Farid come
sta?”
Fu felice dell’interessamento di suo padre, sperava in cuor suo
che tutto tornasse come prima.
“Un po’ giù, ma mi sembra meglio .”
“Sono contento.”
“Papà … “
“SI?”
“Andrai a trovarlo?”
L’uomo non rispose subito, sembrò soppesare le parole.
“Penso di si. Credo sia giusto e in tutta realtà ho voglia
di vederlo.”
“Lo farai felice papà.”
L’uomo le sorrise, la ragazza fu certa che sia Farid che il padre sarebbero stati contenti di vedersi.
“Tesoro?” la voce incerta di sua madre interruppe quel
momento.
La donna era sulla soglia della cucina e sembrava
preoccupata.
“Tesoro, ti va di portare giù la pattumiera?”
Leila lanciò un’occhiata all’orologio, era tardi e in quel
quartiere non era consigliabile uscire a quell’ora.
“Ok”
Stava rischiando e lo sapeva, ma non le importava, sapeva di
essere in grado di difendersi.
Prese il sacchetto ed uscì dall’appartamento.
Le scale erano silenziose , così come il cortile, non le
piaceva.
Buttò il cesto nel cassonetto e si affrettò verso il suo
palazzo.
“Non così in fretta!”
Quella voce la gelò, era Mark.
“Cosa vuoi?”
Non doveva mostrarsi spaventata.
Non doveva.
“Proporti qualcosa.”
“Tipo?”
“Ho le prove che dimostrano che spacciavi …
Foto, tante belle foto e potrei denunciarti…”
“Ma?”
“Non lo farò a una condizione:che tu venga a letto con me.”
La ragazza sgranò gli occhi, sapeva che quel bastardo aveva
sviluppato un’ossessioneverso di lei,
ma non credeva fino a quel punto.
“Non mi devi dare una risposta subito.
Io so aspettare piccola.”
Si allontanò con passo elastico, era viscido come un serpente
e le ispirava altrettanta repulsione.
Era stata incastrata in un ricatto e non sapeva come
uscirne.
All’improvviso sentì di nuovo le tenebre intorno a lei.
Quel piccolo spiraglio di luce si era chiuso lasciandolo
sola nel suo mondo.
Un freddo mondo che non le piaceva.
Si affrettò a rientrare in casa, anche se la testa era
concentrata su di un unico quesito: come avrebbe fatto a cavarsela questa
volta?
Non ne aveva idea e per la prima voltaaveva paura.
Era in trappola.
ANGOLO DI LAYLA
Uhm Della
serie”Non illudetevi troppo se una cosa va bene perché è solo una pausa tra due
disgrazie, giusto l tempo di farvi tirare.” ecco questo capitolo.
Povera
Leila, sembra che non gliene vada bene una.
Riesce a
stare meglio con >Bill e subito arriva Mark… lo so
che mi odiate XD.
Capitolo 29 *** 29)Nessuna Via D'uscita Apparente ***
29) Nessuna via d’uscita apparente.
Gustav sedeva in un tavolino isolato di un Mac Donald.
Shirin sarebbe arrivataa momenti , lui si sentiva felice ed era da
tempo che non capitava.
Era sempre stato un ragazzo riservato, permaloso e un po’
litigioso se qualcuno aveva la malaugurata idea di disturbarlo, solo queidue gemelli e Georg lo avevano visto un po’
più calmo e dolce.
Non aveva mai capito perché le sue fan lo chiamassero
orsacchiotto, lui tutto si sentiva fuorché Winnie the Pooh, ma i misteri della
mente umana erano infiniti.
Bevve un sorso di coca.
Shirin gli piaceva davvero, con
lei poteva mettere da parte la sua timidezza, si sentiva a suo agio.
Certo, il primo approccio era stato disastroso e non era
stato facile scoprire che dietro quella facciata di ragazza normale si
nascondeva una storia così tragica.
Aveva capito tante cose dei suoi comportamenti un po’ restii
e timidi e aveva capito che Shirin non era una
ragazza come tutte le altre e nemmeno un fiore di cristallo come temeva lei.
Shirin era una donna forte.
Non poteva essere diversamentevisto che aver superato un aborto e un
tentativo di suicidio ora stava affrontando un’altra prova non facile.
Farid era stato arrestato.
Gliel’aveva detto lei in lacrime qualche giorno prima e gli
era sembrata infinitamente fragile, impressione ribaltata quando poi lei aveva
sorriso e aveva detto che era incerta se andarlo a trovare o meno.
Questo l’aveva colpito.
Farid era l’uomo che forse l’aveva
ferita di più nella sua vita e tuttavia lei lo voleva andare a trovare in
carcere.
Doveva essere una ragazza estremamente forte.
“Ehi Ciao!”
Sobbalzò, la bionda era davanti a lui e sorrideva.
“A cosa pensavi?
Quando ti ho salutato hai fatto un salto ….”
“Nulla, ero immerso nei miei pensieri.”
“Ok!” si lasciò cadere sulla sedia davanti a lui.
“Che si fa?”
“Non lo so, tu che vuoi fare?”
“Shopping? Tra i vantaggi di avere un ragazzo ricco c’è
quello di farsi regalare qualcosa!”
“Che ragazza materialista!”
La bionda scoppiò a ridere, ma quella risata aveva qualcosa
di strano quel giorno.
Solitamente era cristallina e quasi sempre sincera, quella
volta gli parve leggermente falsa, doveva essere successo qualcosa ne era
certo.
“Shirin cosa c’è?”
La ragazza inarcò un sopracciglio.
“Niente, perché?”
“Mi sembri strana.”
La ragazza sospirò, sembrava che tutta l’allegria vera o
presunta di prima se ne fosse andata.
“Non ti si può nascondere nulla, vero?
In effetti qualcosa è successo, sono stata in carcere a
trovare Farid ieri.”
Il ragazzo deglutì, allungò le proprie mani a stringere
quelle di lei, erano piccole e leggermente ruvide.
Leggermente rovinate da quella vita che però non era
riuscita comunque a distruggerla.
“Come sta? E tu come stai?”
“Lui l’ho trovato … Fragile, forse è la parola più adatta
per descriverlo.
Sembra essersi conto di tutti gli errori che ha fatto e ha
chiesto scusa.
Mi ha fatto una pena, Gustav ..
Io voglio rivederlo ancora, temo che la dentro finirà per
spegnersi e lasciarsi andare.”
Lui rimase in silenzio, aumentò solo la stretta sulle mani
della ragazza.
“Un po’ ti invidio, sai?
Stai dimostrando di avere una forza incredibile.”
“L’unica vera forte è Leila, cerca di proteggere me eFarid allo stesso
tempo.”
“Credimi, lo sei anche tu, smettila di sminuirti.”
“Grazie Gustav.
Non volevo intristirti con questa storia .”
Sorrise intenerito da quell’affermazione, non era lui che
aveva bisogno di essere protetto, semmai il contrario.
“Ehi, puoi intristirmi con tutte le storie che vuoi!
Io sono qui per questo!”
“Grazie Gustav e adesso … Shopping!
Non penserai di potermi sfuggire!”
“Ah le donne!” alzò melodrammaticamente gli occhi al
cielo.”Un attimo sono tristi e l’attimo dopo di nuovo felici.”
“Scemo!”
Si alzarono e lui le avvolse un braccio attornoai fianchi.
Non era mai stato un grande amante dello shopping, ma forse
per lei avrebbe potuto fare un’eccezione.
“Ok, dove vuoi andare?”
“Un posto ci sarebbe, ma preparati, sarà una bella prova per
te.”
“Che sarà mai?”
Era relativamente certo che non sarebbe stato peggio che
fare un concerto davanti a un massa di esagitate che urlavanocome indemoniate!
“Ti piacciono gli articoli etnici?”
Non ne aveva idea, ma era certo che presto lei glieli
avrebbe fatti scoprire, visto che lo stava già trascinando fuori, verso
l’uscita.
“Sai, c’è un negozietto in centro che avrei sempre voluto
saccheggiare!”
Perché stava sentendo un crampo al portafoglio?
Non poteva essere così terribile! Non poteva!
Salì in macchina con la bionda che sfoggiava una stranissima
espressione da bambina, sembrava Bill durante un attacco di shopping compulsivo
e questo lo preoccupò sottilmente.
-Bhe, in fondo perché non assecondarla?
Ha passato una brutta
giornata ieri.-
In effetti quando l’aveva vista il giorno prima l’aveva
trovata un po’spenta e, ora che sapeva perché , non poteva darle torto.
“è uscito il sole.”
“Hai ragione, è bello, no?”
“Certo, non può piovere per sempre, no?”
“Hai ragione, mi raccomando dimmi tu le indicazioni!”
“Non sapevo che fossi ansioso di arrivare al supplizio.”
Il ragazzo ridacchiò divertito e poi segui le indicazioni
della ragazza, che gesticolava animatamente.
Erano in centro, lui parcheggiò e pi si fece di nuovo
trascinare da lei, tra la folla entusiasta dei saldi che cercava qualche nuovo
acquisto.
“Scusa, hai una sigaretta?”
“Si.”le porse un pacchetto, lei ne tirò fuori una.”Non
sapevo fumassi.”
“A volte, per i controsensi della vita a Leila non piace e
io cerco di evitarlo.”
“è buffo, da quello che mi racconti la tua amica ha sempre
una sigaretta in bocca!”
“è molto protettiva nei miei confronti.”
Non si dissero altro, lui era molto confuso, dove lo stava
portando?
Alla fine si ritrovò davanti a un negozio in una via
secondaria, dentro era scuro ed occhieggiavano vestiti dai colori vivaci dalla
vetrina.
“Eccoci arrivati!”
Lui deglutì, tuttavia non disse nulla e la seguì
all’interno, dove c’era un forte odore di incenso e una commessa vestita con
una lunga gonna che sfumava dal blu all’azzurro sorrise loro.
La donna sorrise divertita e poi li lasciò al loro shopping.
Non appena vide la luce che si era accesa negli occhi della
bionda capì che quello che aveva visto prima era un sorriso di compatimento.
Ben presto si trovò carico di pantaloni, felpe, gonne e
maglie, mentre la turca girava come impazzita tra scaffali e ceste.
Di tutto quello che adocchiò non prese che poche cose
fortunatamente per le sue finanze, lui pagò senza fiatare e poi uscì dal
negozio con le borse, pensando che aveva bisogno di una pausa.
Poco dopo uscì anche lei, sorridendo.
“Grazie!”
“Figurati.”
“Ho preso una cosa …”
Shirin gli tese la mano, lui
allungò lo sguardo, sopra c’era un anello di legno.
Lui e lo prese e se lo rigirò tra le mani.
“Spero ti piaccia.”
“è molto carino, grazie!”
La abbracciò e notò che lei al collo, appeso ad una
catenella ne portava uno uguale.
Avrebbe potuto sentirsi soffocare e forse con altre ragazze
sarebbe successo.
Ma con lei ..
Conlei riuscì solo a
sentirsi stupidamente felice.
Se lo mise al dito e lo ammirò, sapeva di promessa.
In fondo a lui le promesse piacevano ed era riuscito quasi
sempre ad onorarle.
“Mi sta bene, non trovi?”
“Direi di si, sono contenta di aver azzeccato questo regalo,
era una piccola ricompensa.”
Lui la guardò senza capire.
“Non credere che non mi sia accorta che ogni tanto avresti
voluto scappare urlando!”
Lui rise di gusto davanti alla faccia fintamente arrabbiata
di lei.
“Questo non è niente rispetto a quando Bill trascinava
tutti, volenti o nolenti, a fare shopping.”
La faccia della bionda divenne improvvisamente seria.
“Ti manca quella vita, Gustav?”
“Mi mancano i miei amici, Shirin,
è diverso.
Era già da un po’ che non c’erano prima della storia di
Bill, credo che siamo ad un punto di svolta e spero che torneremo quelli di un
tempo.
Quelli di prima che il successo diventasse qualcosa di troppo
pesante da reggere.
In tutta onestà la vita sotto i riflettori non mi manca
affatto!”
La ragazza non disse nulla e gli sorrise, stringendo la mano
tra le sue.
Questo lo fece stare bene ed era quasi un miracolo.
Leila era in uno stato d’ansia costante da due giorni.
La minaccia di Mark incombeva su di lei come la famosa spada
di Damocle, inquietandola e rendendola paranoica.
Le faceva schifo solo l’idea di accontentarlo, tuttavia il
fatto che lui avesse in mano quelle prove la spaventava, era certa che non
scherzasse.
Conosceva abbastanza Mark da sapere che non avrebbe parlato
senza avere in mano qualcosa.
Per l’ennesima volta si chiese cosa diavolo avesse di così
speciale da attirare l’attenzione di quel depravato, era esile, con nemmeno
troppe curve.
Era certa che lui fosse abituato a ben altro genere di
ragazze, ma si era incaponito con lei, forse per fare un dispetto a Farid.
Solo che l’ossessione era andata fuori controllo fino a
diventare pericolosa.
“Leila!”
Lasciò cadere la scopa, la voce di Bill l’aveva fatta
spaventare.
“Si?” disse con voce tremolante.
Bill si alzò dal letto e le venne vicino, scrutandola.
“Cosa c’è piccola?”
“Niente, è stata una giornata pesante a scuola.
Mi hanno interrogata e non è andata bene, così stavo
ripensando a quello che ho sbagliato.”
“Capisco.”
Si grattò la testa con un gesto adorabile.
“Ci tieni ad uscire con un bel voto dal liceo vero?”
-No tesoro, ci tengo a
scappare da questa di merda.
Da quel passato che
ogni volta che credo di esserne fuori mi ritrascina
dentro con violenza e mi dimostra che mi sbaglio e che mi porto il mio destino
appeso al collo.
E vorrei portati con
me.
Ci scapperesti con una
come me fino alla fine del mondo?-
Questo era quello che avrebbe voluto dirli,quello che gli
disse fu ben diverso.
“Si, ci tengo.”
“Io avevo altro per la testa all’epoca, della scuola non me
ne fregava nulla.”
“Ehi, non tutti sono impegnati a diventare rockstar!”
Lui scoppiò a ridere, apparentemente rasserenato, era
importante che lui non avesse pensieri al momento.
Lei poteva tenere a bada Mark e intanto cercare un modo per
salvarsi.
“Che affronto, ragazzina!
Adesso me la paghi !”
Le arrivò addosso e cominciò a farle solletico, lasciò
cadere di nuovo la scopa.
“No, dai, smettila!” disse fra le lacrime
“AH, soffri il solletico! Buono a sapersi!”
“Non vorrai mica torturarmi?
Bhe, ci sei vicino, sai?” rantolò
senza fiato.
Lui si staccò da lei e chiuse la porta, lasciandole
riprendere un po’ di fiato.
Si sentiva già meglio ed era tutto merito suo, di quel
ragazzo che sicuramente non era il principe azzurro, ma che per lei era
perfetto.
“Ora che vuoi fare?”
Non le rispose a parole, ma le diede un casto bacio che la
fece sorridere.
Lei avvolse le braccia attorno al suo collo e lo attirò di
più a se approfondendo il contatto.
Era quello che desiderava, sentire di nuovo le loro lingue
intrecciarsi e lottare,sapendo che non era più solo per gioco.
Le piaceva come intanto la accarezzava e la cullava.
Le piaceva lui e basta.
Si staccarono senza fiato.
“Non ti arrabbiare! Lo so che può darsi che ci scoprano, ma
volevo farlo!”
“E chi è arrabbiato?”
Lui sorrise sornione.
“Ci stiamo smollando a quanto pare!”
“Ringraziati se mi sto sciogliendo come un ghiacciolo!”
Lui sembrò pensarci un attimo, si grattò un attimo il mento
e poi disse con assoluta serietà:”Grazie Bill!”
Leila scoppiò a ridere e l’abbracciò.
“Ti adoro.”
Lui rimase di stucco.
“Non me l’avevi mai detto!”
“Se vuoi me lo rimangio.”
“No no!”
La strinse di più a se.
“Grazie per esserti lasciata scoprire.”
“Graziea te per non
essere scappato.”
Lui sorrise ed affondò la testa tra i suoi capelli rossi,
Leila sorrise a sua volta.
Era quanto di meglio avesse potuto chiedere quel ragazzo.
Forse l’unica cosa bella che la vita le avesse mai regalato
e non avrebbe permesso che lui soffrisse a causa sua e di quel passato che si
ritrovava.
In quel momento capì che, purtroppo o per fortuna, ne era
perdutamente innamorata.
Si staccò a malincuore e riprese a pulire sotto il suo sguardo.
C’erano delle volte in cui avrebbe voluto essere altro,
qualcuno di migliore e questa era una di queste volte, come sempre quando
finiva sotto il suo sguardo.
Cosa aveva da offrire una come lei a una rockstar?
Non lo sapeva e forse nemmeno lui lo sapeva, ma a differenza
sua non gli interessava e lentamente si stava lasciando andare, invitando lei a
fare lo stesso.
“Come sta Farid?”
“Si sta ambientando.”
“Leila posso chiederti una cosa?”
Lei annuì.
“Perché dopo tutto quello che è successo vai a ancora a
trovare tuo fratello?”
Lei fece una pausa di silenzio.
“Perché è mio fratello, Bill.
Io e lui siamo molto legati.
Non so come spiegarla diversamente, ma io e lui fin da
bambini ci siamo sentiti soli contro tutti.
Non piacevamo ai turchi perché papà era tedesco e non
piacevamo ai tedeschi i perché mamma era turca.”
“Per te è sempre stato un modello, vero?”
“Si, come hai fatto a capirlo?”
“Perché per me lo è stato Tomi fin da piccolo.
Era lui a proteggermi dalla gente a cui non piacevo e ho
perso il conto delle volte in cui era lui a consolarmi e ad incitarmi ad andare
avanti per la mia strada.”
“Scommetto che da piccolo eri un finto menefreghista, ma
quando eri solo ti facevi mille seghe mentali.”
“In effetti era così, lo facevi anche tu?”
“Si, nessuno mi ha mai capito davvero.
Tanti si sono fermati all’apparenza e se ne sono andati.
Non mi aiutava il fatto che io e mio fratello facessimo
parte di una gang.
Ora devo andare, è finito il mio turno da te.
A domani!”
Gli sorrise e lo baciò a fior di labbra.
Il resto del suo turno fu noioso, solo verso la fine arrivò
una scarica di adrenalina indesiderata.
Il suo telefonino cominciò a suonare e quando guardò il
numero vide che era quello di Mark.
Merda!
Tom era inquieto, gironzolava nella sala.
Sentiva Francesca darsi da fare ai fornelli in cucina, ogni
tanto si lasciava scappare qualche imprecazione in italiano.
Era buffo come ancora non avesse abbandonato quella lingua.
Lui invece pensava a Bill .
E soprattutto a Leila.
Gli era sembrata una ragazzina molto timida e del tutto
innocua, sebbene sapesse che doveva essere anche forte e decisa se in qualche
modo aveva aiutato Bill, ma parlare con la signorina Mayer l’aveva un po’
scombussolato.
Quella donna che sembrava la signorina Rottermayer
e probabilmente aveva lo stesso carattere gli aveva detto che Leila non era una
brava ragazza, in passato avevo spacciato e non era certa che avesse smesso.
In parole povere lo stava mettendo in guardia su di lei,
affinché non stesse troppo tempo con Bill.
Non sapeva a chi credere.
Se quella ragazzina spacciasse ancora di sicuro non avrebbe
aiutato Bill a tornare in clinica, ma chi poteva essere certo che quella non
gli passasse della roba?
Nessuno.
Senti un presenza accanto a se e due braccia sottili
avvolgerlo.
Francesca.
Si voltò per abbracciarla meglio, seppellendo la testa tra i
capellitra i capelli scuri di quella
pazza che aveva il potere di farlo sentire meglio.
“Sei preoccupato per Bill?”
“Si e per Leila, la Rottermayer ha
detto che non è una buona compagnia per lui.
Tu la conosci Fay?”
“è la sorella di Farid ed
effettivamente in passato è stata una teppista, ma ora ne è fuori.”
Lui si tirò in piedi e la guardò dritta negli occhi .
“Fay, voglio sapere tutto sulla
nuova ragazza di mio fratello.”
Lei annuì, come sempre riusciva a capire la sua
preoccupazione.
“Ti dirò quello che sa e a mio parere le preoccupazioni di
quella donna sono eccessive.
Anch’io ho fatto le mie ricerche.”
Tom scosse la testa e la riattirò
tra le sue braccia.
“Ok, piccola Sherlock! Parla raccontami tutto!
“Ehi!” la vide arrossire e quando parlò di nuovo la sua voce
era incrinata:” Voi ora è come se faceste parte della mia famiglia e io non
voglio che voi soffriate!”
La strinse di più a se, sapeva quanto le eranocostate quelle rivelazioni considerando il
suo passato.
“Grazie Nana, sono … siamo onorati di farne parte.”
“Grazie a te!”
La ragazza si schiarì la voce e cominciò a raccontare quello
che sapeva.
“Non la conosco, per ovvi motivi, fin da quando era piccola,
ma mi ricordo di lei fin da quando stavo a Berlino.
Leila era l’ombra di Farid.
Tutto quello che lui faceva per lei era Vangelo, lo adorava
letteralmente, quasi fossero gemelli o cose del genere.
Immaginati come mi odiò quando rifiutai suo fratello,me lo ricordo ancora adesso lo sguardo carico
di risentimento di quello scricciolo dai capelli dai colori improbabiliche giocava a fare la dura.
Immagino non avessero molti amici essendo dei meticci, forse
è questo che li ha resi così uniti contro il mondo.
In ogni caso già da allora spacciava e spesso mi ritrovai a
fare i conti con lei e la sua banda.”
Lui deglutì spaventato, non aveva mai pensato alla
possibilità che forse anche lei aveva potuto fare uso di quella roba.
“Fay, anche tu eri una loro
cliente?”
La mora abbassò gli occhi.
“Dopo che Jo se ne è andato ho chiesto dell’erba a Dave e … occasionalmente anche dopo.”
Non gli riuscì di dire nulla di appropriato, era dispiaciuto
che anche lei ci avesse provato.
“Comunque, io poi me ne sono andata e quello che so me lo ha
raccontato Luca e gradirei che non uscisse da queste mura, ok?”
L’ex rasta annuì.
“Dopo il due di picche che avevo rifilato a Farid lui si mise con una ragazzina che si chiamava Shirin, la sorella del mio ex.
Pensavo fosse una storiella, invece resistette fino a quando
me ne andai.
Solo che a un certo punto lei è rimasta incinta e lui le
chiese di abortire, i motivi non furono mai del tutto chiari, dato che sembrava
che lui ci tenesse a lei.
Questa ragazza gli diede retta e si rovinò da sola, visto
che poi cadde in una brutta depressione.
Luca mi ha detto che ha tentato di suicidarsi e Leila si è
votata a lei.
Si è impegnata a che stesse meglio e da allora ha chiuso con
la droga,
Luca dice che è pulita e io mi fido di lui.”
Tom rimase in silenzio, giocando con una ciocca dei capelli
di lei.
“Per te Bill le sa queste cose?”
La ragazza annuì.
“Si, per me le sa.
Leila gliele ha dette o non l’avrebbe difesa a spada tratta
e forse sa anche cose che noi ignoriamo.
Lo so che non ha senso dirti quello che ti sto dicendo visti
i precedenti, ma, fidati di tuo fratello.”
Il ragazzo abbassò gli occhi.
“Ci provo Fay, ma è così
difficile!
A volte mi è sembrato di non conoscerlo affatto e di riporre
la mia fiducia in un perfetto estraneo.”
La ragazza sospirò.
“Non posso offrirti verità o previsioni certe, solo
sensazioni, ma mi è sembrato che fosse sincero questa volta.
Ciò ovviamente non significa nulla, se vorrà scappare lo
farà, ma credo che con Leila al suo fianco sarà diverso o forse sono solo
troppo ottimista.”
Lui non disse nulla, si limitò ad assimilare quelle parole e
desiderò crederci con tutto se stesso.
Era così che aveva sempre funzionato tra lui e suo fratello,
fidarsi uno dell’altro.
Ora risultava difficile, ma lui non poteva fare
diversamente, così accarezzò una guancia di Fay e le
sorrise.
Non era del tutto calmo o rincuorato, forse solo più
speranzoso.
“Non possiamo fare diversamente, solo sperare.
Voglio crederci anch’io e sono certo che prima o poi questa
storia avrà una fine e sarà positiva.”
Lei sorrise a sua volta.
“Così ti voglio! Positivo!
E ora a cena!”
Lui sbuffò.
“E io che volevo finire questo colloquio baciandoti!”
Lei rise.
“Un mio bacio vale forse la cena?”
Lui ci pensò un attimo e poi scosse la testa.
“No, ho fame in effetti, meglio la cena!”
“Che stronzo che sei!”esclamò ridendo ed alzandosidal divano.
Lui rise e si alzò a sua volta.
Altro che cena, a lui bastava quel sapore di normalità per
stare bene!
Però …
Anche le doti culinarie della sua ragazza contribuivano a
quell’atmosfera, pensò, reprimendo una risata.
Si sedette al tavolo e lei arrivò con una teglia di lasagne.
“Buone!” Mormorò lui.
“Gli uomini vano presi per a gola !” ridacchiò lei”Lo diceva
sempre mia nonna e tu confermi in pieno le sue teorie!”
Strano che avesse parlato della sua famiglia, ma vedere il
quel cibo invitante sul piatto fece passare in secondo piano quelle
considerazioni e lui ci si buttò sopra.
“Fra?”
“Si?”
“Grazie.”
“Prego, figurati!”
Dialogo semplice con battute banali,il significato più
profondo era qualcosa tra di loro.
Grazie per esserci sempre e provare a farlo ridere quando ne
aveva bisogno per Tom, un semplice “ prego” per lei che non ci vedeva nulla di
strano.
Era questa la normalità che augurava a suo fratello e per
cui sperava che lottasse.
Erano anni che non chiedeva a David di uscire.
L’ultima volta risaliva a quando Shirin
stava male, Leila lo ricordava fin troppo bene, sebbene stesse male ogni volta
che rievocava quei momenti.
Sembrava uno scherzo del destino che si dovesse incontrare
con quel ragazzo solo quando c’era qualcosa che non andava.
Al momento era lei ad essere nei guai e sentiva l’ansia e la
paura uscire da ogni poro, mentre stava seduta al tavolo di quel bar spostando
ansiosamente le bustine dello zucchero.
“Ehi!”
Alzò lo sguardo, David la fissava tranquillo, i lunghi dread nascosti sotto un cappello.
“Ciao Dave.”
Il ragazzo si sedette, era ancora bello, ma sembrava
sciupato ed infelice.
“Tutto bene?”
“Si e no.
Shirin sta meglio, ma al lavoro le
cose non vanno bene ed Emily dice che è stufa di uno come me.”
Emily era la ragazza di David, gran stronza secondo Leila,
visto che non perdeva occasione da quando la passione iniziale si era spenta
per rinfacciargli che non era altro che un poveraccio.
“Posso dirti una cosa senza che tu ti offenda?”
Lui fece un gesto svogliato con una mano, come per scacciare
una mosca invisibile.
“Francamente mi chiedo come faccia tu a stare con una come
lei.”
Lui fece una risata amara.
“Me lo chiedo anch’io e sempre più spesso.
Come sta tuo fratello?”
“Come uno che sta in carcere, è notevolmente ridimensionato.
Ho paura che ….”
“Vada in depressione?”
“Qualcosa del genere.”
Ci fu una pausa di silenzio, spezzata solo dall’arrivo della
cameriera a cui ordinarono una birra.
“Leila, credi che vorrebbe vedermi ancora o mi
considererebbe solo un pezzo di merda ipocrita?”
“Non ne ho idea.
Sembra così fragile, non ha battuto ciglio nemmeno con tua
sorella.”
“Capisco, allora ci penserò ancora un attimo.”
La cameriera arrivò con le loro birre e le depositò sul
tavolo, sorridendo a David.
“Hai fatto colpo!” Ridacchiò lei.
“Forse è meglio che inizi a pensare al futuro…”
mormorò lui seguendo la ragazza con lo sguardo “ Emily mi scaricherà tra poco.”
Lei scoppiò a ridere, poi tornò seria, vedendo che anche il
ragazzo davanti a lei lo era diventato.
“Cosa c’è Leila?
Hai qualcosa che tifa stare male e mi hai chiamato per questo.”
La ragazza seguì con un dito il bordo del bicchiere.
“In effetti…
David che tu sappia, ci sono dei filmati o delle foto di
quando spacciavo?”
Il ragazzo appoggiò i gomiti sul tavolo e rifletté.
“Che io sappia no, però..”
“Però cosa?”
Leila si fece attenta.
“Una volta sentii quella carogna di Mark dire che ti aveva
ripreso per non so bene quale motivo.
Mi ricordo che pensai che se Farid
l’avesse saputo l’avrebbe spennato e poi ci avrebbe fatto una giacca con la sua
pelle immaginando l’uso che Mark ne avrebbe fatto di quelle riprese.
Un uso non esattamente casto e puro.”
La ragazza impallidì vistosamente ed iniziò a tremare
prendendosi la testa tra le mani.
“Leila cos’hai?”
La voce di David trasudava preoccupazione e lei non poteva
dargli torto, stava crollando miseramente.
Aveva sperato, illudendosi che Mark non le avesse davvero
quelle dannate foto, ma dentro di se sapeva che quel porco non scherzava.
Non minacciava mai a vuoto, il bastardo!
“Leila! Parla cazzo! Mi stai facendo preoccupare!”
La voce del suo amico si era alzata di un ottava, lei si
scostò le mani dal viso rivelando gli occhi velati di lacrime.
“Leila!”
“Son nella merda Dave!”
Lui deglutì e le prese le mani, stringendole.
“Mark mi ricatta!”
La stretta sulla mani si fece più forte, mentre il ghigno di
David si distorceva.
“Cosa vuole quel porco?” ringhiò a bassa voce.
“Lui … lui vuole me! Mi ha sempre voluta e ora ha capito
come ottenermi!” singhiozzò.
“Quelle foto le sta usando per ricattarmi, immaginati tu
come!”
Il ragazzo si alzò, facendo rumore con la sedia.
“Le sta usando in quel modo?”
“Si, se io non ci starò lui mi denuncerà, capisci?
Ma io non voglio!
Non solo perché mi fa schifo, ma perché adesso frequento una
persona e non voglio rischiare di mandare tutto a puttane per un bastardo come
quello!”
Scoppiò a piangere, fregandosi di essere in un locale e
lasciandosi avvolgere dalla braccia di David.
“Su, piccola! In qualche modo ne verremo fuori! Ora che Farid è dentro, baderò io a te come avrebbe fatto lui.”
Le sussurrò in un orecchio.
Non disse nulla, si lasciò consolare come una bambola di
pezza senza volontà.
I suoi pensieri però erano chiari e poco ottimisti.
Non si sarebbe salvata.
Non questa volta.
Mark alla fine avrebbe vinto, sapeva che non si sarebbe
permessa di mettere nei guai Dave, facendolo
scontrare con Mark.
Teneva a David allo stesso modo in cui lui teneva a lei.
Le lacrime che pianse erano doppiamente amare e sapevano di
sconfitta e richiesta di perdono ed inevitabilmente di perdita.
Niente andava mai come lei voleva.
Purtroppo.
ANGOLO DI LAYLA
Scusate,
non è bel periodo, non sono in vena di chiacchierare.
Spero vi
piaccia questo capitolo, a me è piaciuto.
Ringrazio
per le recensioni(che mi fanno sempre molto piacere):
Leila era sempre riuscita a barcamenarsi tra le mille cose
contorte ed inconciliabili della sua vita e con risultati variabili.
Studentessa e spacciatrice.
Amica della fidanzata che suo fratello aveva fatto abortire.
Studentessa, lavoratrice e quasi ragazza di un ex star
internazionale.
Tutto era stato difficile, ma tenuto sotto controllo fino a
quando non era arrivato Mark con la sua minaccia.
Il mondo era finito fuori asse.
Da un mese continuava ad evitarlo e a vivere nella paura che
lui o la polizia la trovassero.
Rischiava di impazzire tenendosi tutto dentro, tuttavia non
poteva fare diversamente, purtroppo.
Non poteva ne voleva parlarne a Shirin per non distruggerle
quella felicità che aveva ritrovato, visto che la bionda non avrebbe potuto
fare nulla per lei.
Non ne aveva più parlato aDave per non metterlo nei guai e trascinare qualcun altro con sé in
quella storia.
Non poteva parlarne a Farid o a Bill per ovvi motivi.
Temeva che entrambi finissero per fare qualche cazzata e non
voleva che fosse per lei.
Forse era solo un’egoista, una di quelle che per la mania di
salvare tutti e non fare soffrire nessuno si bruciava tutte le amicizie.
Lei le odiava quelle che si atteggiavano ad eroine tragiche
e tendevano ad escludere gli altri dalle loro decisioni con la scusa di non
farli soffrire.
Non le aveva mai sopportate, eppure …
Eppure si stava comportando così, fingendo con tutti e
portando una maschera di normalità che la stava soffocando.
Solo la notte quella maschera cadeva, nei suoi sonni agitati
da incubi chenon la facevano riposare.
In tempi normali sarebbe crollata una volta per tutte,
dimostrando finalmente quell’umanità e quella fragilità che aveva anche lei.
A volte fantasticava su questo crollo.
Forse suo padre l’avrebbe mandata in Turchia o da qualche
parente sparso per la Germania e lei, lontano da quei posti che l’avevano vista
cadere, sarebbe riuscita a riprendersi.
Al momento si sentiva parecchio imprigionata in quella vita,
le sembrava che tutto la soffocasse.
L’unico motivo per cui non era crollata era Bill.
Se l’avesse fatto non avrebbe più potuto vederlo e non
riusciva a sopportare quell’idea.
Era strano per lei essersi affezionata così in fretta a lui,
ma ormai aveva smesso di chiedersi perché.
Era andata così e basta.
Bill sembrava accorgersi che qualcosa non andava in lei,
come era successo quel pomeriggio.
[Guardava il pavimento
in trance, reggendo in mano la scopa.
Lo guardava senza vederlo
davvero, davanti a lei scorrevano le possibili e poco piacevoli cose che
avrebbe potuto farle Mark.
Iniziò a tremare senza
volerlo, non poteva lasciarsi andare così!
Non con Bill presente!
“Tutto bene?”
L’abbracciò da dietro.
Il calore era piacevole,
peccato che il suo senso di colpa non le permettesse di goderselo fino in fondo
“Si, giornata pesante
a scuola.”
“Uhm, fortuna che ne
sono fuori!”
Mormorò posandole un
bacio sul collo che la fece sorridere.
Come faceva Bill ad
essere così forte nonostante fosse li dentro?
La risposta era
semplice, fuori aveva qualcuno che lo aspettava, suo fratello e Girardi e
dentro aveva lei che lo sosteneva in quel suo modo sghembo ed imperfetto.
Ecco perché si sentiva
così sicuro di sé.
La fece voltare verso
di sé.
“Sei sicura che sia
solo questo?”
Quegli occhi scuri
sembravano volerle scavare dentro, si chiese come avrebbe fatto a rifilargli
una bugia.
“è solo questo!”
Riuscì persino a
sorridere.]
Che maledetta ipocrita che era!
Sospirando si stese a letto esi addormentò.
Il suo sonno non fu affatto piacevole e ristoratore, quegli
incubi frammentari ed inquietanti la disturbarono ancora, sebbene prima di
dormire avesse pensato a Bill.
Quel giorno era un giorno speciale per lui.
Finalmente poteva rivedere di nuovo Tom e Francesca e lui ne
era davvero felice.
Quel pomeriggio probabilmente l’avrebbe piacevolmente
stordita con le sue impressioni su quell’incontro e lei non vedeva l’ora che
accadesse.
Andare a scuola fu una tortura .
Non ce la faceva a reggere la gioia di Shirin e Luca che
avevano delle storie serene e non minacciate da pezzi di merda ossessionati
dalla mania del controllo.
“Leila tutto ok?”
La voce ansiosa di
Shirin la fece voltare verso di lei.
-Certo! Cosa vuoi che
sia il fatto che Mark finalmente ha trovato il modo per avermi?
Niente, una cazzata!
E non posso dirlo a
Bill , ne a tuo fratello, ne a te, ne a Luca, sennò quella serpe rischia di
mettervi nella merda!
Sai che gioia alla
prospettiva che probabilmente dovrò scoparmelo …che schifo, che schifo!-
“Si, certo!
Oggi Girardi e il fratello di Bill vengono a trovarlo.”
“Bello! Magari te li presenta!”
“Ci conosciamo già! E poi riesci ad immaginarti l’infarto
che si prenderà la iena se dovesse sapere che io sono la ragazza di Bill?”
“è proprio perché me lo immagino che te l’ho detto!”
Leila non rispose, la sua voglia di fare dell’ironia era
sparita da un bel po’ .
“Ciao, tesò …
Vado alla clinica.”
Shirin aveva un’aria leggermente delusa, ma non poté farci
nulla, quel segreto la stava facendo impazzire.
Arrivò presto alla clinica, come al solito parcheggiò il
motorino e poi fece per infilarsi negli spogliatoi, senza guardare nessuno.
Ci pensò una mano che la afferrò per il polso ad
impedirglielo, Leila si voltò di scatto.
Tom Kaulitz era davanti a lei e la stava scrutando .
“IO e te dobbiamo parlare.”
Il tono era secco e freddo,la voce leggermente più bassa e
mascolina di quella di Bill.
A lei non restò che accontentarlo, al diavolo il fatto che
rischiasse di arrivare in ritardo al lavoro.
La trascinò in giardino, si chiese dove fosse Francesca e
concluse che la cosa non aveva importanza, doveva solo sentire quello che aveva
da dirle.
Una volta all’esterno si accese una sigaretta e riprese a
guardarla, inutile negare che quello sguardo la metteva in profonda soggezione.
“Che intenzioni hai con mio fratello?”
“Scusa?”
“Stateinsieme,
voglio sapere con chi si mette mio fratello.
Su di te circolano parecchie brutte voci, in primis che
spacci.
Mio fratello non ha bisogno di una spacciatrice.”
Abbassò gli occhi e sospirò, alla fine il problema era
sempre quello.
Le voci, il suo passato e la gente che faceva di tutto
affinché lei non se lo dimenticasse mai.
“è vero, in passato ho spacciato,ma ora ho smesso.
Non ho modiper
provartelo, se ti chiedessi di guardare nella mie tasche e tu non ci troveresti
nulla, potresti obbiettare cheforse non
mi hai beccata nel giorno giusto.
Non ho garanzie, ma non rinnego il mio passato.
L’unica cosa che posso dirti e tu sei liberissimo di non credermi
è che non passo roba a tuo fratello e farò di tutto perché lui non rimetta più
mano su striscia di coca.
Non lo faccio per mettermi la coscienza apposto o perché ho
un clan mio, se avessi continuato a spacciare non avrei abbandonato quello di
mio fratello.
Se avessi continuato a spacciare non mi sarei presa delle
botte per tuo fratello.”
Lui annuì.
“Perché lo fai?
Non lo conoscevi in fondo mio fratello.”
“è una bella domanda, non credo saprei risponderti.
All’inizio era senso di colpa, credo.
Non volevo che un ragazzo così si avvicinasse alla droga,
hai una vaga idea di come ci si sente in colpa dopo che si ha smesso di
spacciare pensando che qualcuno è mortoo potrebbe essere morto per la droga che tu gli hai dato?
Poi è arrivato altro, non so cosa, io non mai analizzato a
lungo i miei sentimenti prima.
Stando alla clinica, a contatto con lui e conoscendolo
meglio credo di essermi innamorata.”
Si sentiva come nuda, troppo esposta al suo giudizio e
avrebbe voluto sparire invece rimase li, muta in attesa che lui parlasse.
“Ti credo, non so cosa mi abbia convinto del tuo discorso,
ma voglio crederti ed avere fiducia in mio fratello.”
La ragazza sorrise.
“Grazia, per me conta molto.
“Spero sia ben riposta.
Io non voglio più vedere mio fratello soffrire.”
“Mi impegnerò.”
Tornarono dentro, Leila si sentiva notevolmente più calma
rispetto a prima e per assurdo doveva ringraziare quel ragazzo che era partito
con l’intento di metterla alla prova.
Strane cosa, ma piacevole.
Shirin era notevolmente agitata.
Quella sera non era come tutte le altre.
Dopo mesi di tentennamenti, di indecisione e di mancanza di
coraggio, aveva finalmente invitato Gustav a conoscere David.
Era il primo passo per farle conoscere la sua famiglia.
Il primo passo per rendere quella storia ufficiale e darle
l’importanza che meritava.
Allora cos’era quell’agitazione che le cresceva dentro?
Perché guardava l’orologio ogni due per tre l’orologio e non
riusciva nemmeno a cucinare?
Sbuffò frustrata, non riusciva più a riconoscersi!
“Shirin?”
Sobbalzò, era solo suo fratello, appoggiato allo stipite
della cucine che la guardava a metà tra il perplesso e il divertito.
“Si, eccomi, cosa c’è Dave?”
“Cos’hai?”
Lo guardò facendo fatica di non capire.
“Non usare quella tattica con me! Non ha senso! Sputa il
rospo!”
Non aveva voglia di rispondergli, non aveva idea di come
avrebbe reagito a quelle preoccupazioni.
Suo fratello sbuffò davanti al suo silenzio e si portò
davanti a lei per alzarle il mento e guardarla negli occhi.
“Non dirmi che è quello!”
“Quello cosa?”
“Hai paura di presentarmelo?”
La ragazza abbassò gli occhi.
“Si, in effetti si.
Questa cosa mi agita parecchio.”
“Oh, tranquilla! Prima di squartarlo gli farò finire la cena
e cercherò di farlo nel modo meno doloroso possibile.”
La ragazza strabuzzò gli occhi, l’umorismo macabro del
fratello era l’ultima cosa di cui avesse bisogno, perciò lo fulminò con
un’occhiata assassina.
“David non è il momento per le battute!”
“Rilassati Shirin, non posso dire nulla su di lui non
avendolo ancora conosciuto.
Si chiama Gustav, vero?”
Lei annuì.
“Spero sia un bravo ragazzo!”
“Lo è!”
Il suono del campanello interruppe la loro conversazione,
Shirin andò ad aprire..
Gustav era sulla porta timido ed impacciato, con in mano un
mazzo di fiori e una scatola.
La ragazza arrossì.
“Oddio, non saranno per me?”
“Certo!” sorrise lui porgendogli. “Sei o non sei la mia
ragazza?”
“Oddio, grazie! Nessuno l’aveva mai fatto per me!
Cos’altro hai portato?”
Ok, era perfetto, semplicemente perfetto quell’uomo!
“Pasticcini.”
“Gustav .. lo sai che sei assolutamente perfetto, vero?”
Fu il turno del ragazzo arrossire, mentre la seguiva dentro
l’appartamento.
David sbucò dalla cucina in quel momento, sorrideva
sardonico, i lunghi dread sciolti .
“Tu devi essere Gustav, io sono David!”
I due ragazzi si strinsero la mano, suo fratello sembrava
rilassato e Gustav non particolarmente preoccupato.
“Gustav non so se tu abbia mai assaggiato la cucina di mia
sorella, ma stasera sappi che si è impegnata con tutta se stessa, sebbene abbia
tentato più volte di bruciare tutto!”
“Che stronzo che sei!”
“è solo la verità!”
Gustav rise divertito.
“Ringraziami! Ho messo asuo agio il nostro ospite.
Ehi, se vuoi puoi sederti!”
“Ehi, guarda che si sarebbe seduto lo stesso! Non poteva
certo mangiare in piedi!”
“Dai Shirin, calma!”
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò, Gustav scoppiò di
nuovo a ridere.
“Gustav, scusaci.”
“Ma figurati, per me non c’è problema!”
Si sedettero, Shirin andò in cucina a prendere il primo, cus
cus chiedendosi se fosse la cosa giusta lasciarli soli.
-Oh avanti! Cosa vuoi
che succeda?
David non tirerà certo
fuori il machete!-
Tornò di là con la pentola in mano e ciò che vide le scaldò
il cuore.
David e Gustav stavano chiacchierando come due vecchi amici,
apparentemente in pace ed armonia.
Sentì qualcosa sciogliersi dentro di se, sarebbe andato
tutto bene.
Dovette tossicchiare per farsi sentire, tanto erano presi
dalla conversazione, forse era il calcio l’argomento, sia suo fratello che il
suo ragazzo erano entrambi tifosi.
-Spero che lo siano
della stessa squadra!-
“Oh, finalmente arriva il cibo!”
“Dave!”
“Ho fame!”
“Anch’io! Cos’è?”
Gustav si sporse per vedere il contenuto della pentola.
“Cus cus.”
“Uhm, non l’ho mai assaggiato, lo proverò!”
“Fai bene, amico! I
cous cous di mia sorella sono la fine del mondo!”
La ragazza sospirò e riempì il piatto di suo fratello e ne
mise u po’ nel piatto di Gustav.
“Assaggia, poi se ti piacec’è il bis.”
Lui annuì, mentre lei si riempiva il piatto e l’ansia
tornava a salire.
E se quel piatto etnico non gli fosse piaciuto?
Forse avrebbe dovuto scegliere un piatto più occidentale, ma
suo fratello andava matto per il cous cous e non avrebbe gradito.
“Tuo fratello ha ragione, è buonissimo!”
I suoi dubbi svanirono in un attimo e mormorando un:”Grazie
“ tornò a mangiare la sua porzione.
Il resto della cena fu tranquilla.
Sia suo fratello che Gustav apprezzarono secondo e dolce,
lei iniziò a respirare meglio, non era conscia che il momento di agitarsi non
era ancora arrivato.
“Gustav:” Disse David con una voce suadente che la inquietò.
Era la voce che usava quando voleva mettere alla prova
qualcuno.
“Ho saputo che fai parte di una band famosa.”
“Già, i Tokio Hotel, li conosci?”
“Certo certo.”
Shirin lo ringraziò mentalmente per aver evitato di riferirgli
cosa ne pensasse.
Non erano opinioni positive.
“Ho saputo che ultimamente siete un po’ in declino…”
Aggiunse poi fece un’altra pausa che Gustav non riempì.
“Se ipoteticamente dovreste tornare come ai vecchi tempi
cosa succederebbe a mia sorella?”
Ecco dove voleva arrivare.
Gustav lo guardò negli occhi.
“BHe non potremmo più vederci come prima e dovrei tenere
segreta la storia almeno all’inizio, ma sei lei è d’accordo non ho intenzione
di rinunciare a lei.”
Odiava che parlassero di lei come se non ci fosse.
Odiava che suo fratello si comportasse così, pur sapendo che
lo faceva per lei, per paura che soffrisse ancora.
“E dimmi, come la mettiamo con le groupies?”
Shirin si irrigidì, questo era troppo!
Stava per dirne quattro a Dave, ma il biondo la precedette.
“Non vedo il problema,le caccerei via.”
Suo fratello fece per aprire di bocca di nuovo, tuttavia lei
lo precedette.
“David Adesso basta!
Sono stufa di questo tuo comportamento! Cosa vuoi?
Che ti porti dieci cammelli per potermi frequentare?”
“Volevo solo essere tranquillo! L’ultima volta ti ho dovuto
raccogliere con il cucchiaino!”
“Non sarà sempre così!”
Ormai mandava lampi dagli occhi, era chiaramente irritata
dalla piega che aveva preso la serata e non sapeva cosa il suo ragazzo ne
pensasse a riguardo.
“Shirin, calma!
Capisco il punto di vista di tuo fratello e lo rispetto.
Ho intenzioni serie con te e non ho intenzione di farti
soffrire.”
Shirin ammutolì per lo shock, lo sapeva che era un ragazzo
serio, ma la stupì lo stesso.
Non credeva fossero molti i ragazzi decisi a prendersi così
le loro responsabilità.
“OK.”
Suo fratello ruppe ancora una volta il silenzio.
“Era questo che volevo sentire da te e mi basta.
Spero siate felici.”
Arrossirono tutti e due, facendo scoppiare il rasta in una
fragorosa risata.
“Che carini! Siete arrossiti!
La ragazza desiderò mandarlo al diavolo, ma erapoco fine ed educato farlo, così ingoiò il
rospo.
“Su, dai non prendertela Shirin!
“Lasciamo perdere Dave!”
“OK, ragazzi, vi lascio soli.
A dopo!”
Ridacchiando il rasta lasciò l’appartamento, Shirin sospirò,
sarebbe rimasta da sola con Gustav.
Chissà cosa pensava di quella serata il batterista?
“Tipo strano tuo fratello.” Disse non appena David fu fuori
casa.
“UN attimo è amichevole, quello dopo protettivo.
Deve tenere molto a te.”
“Hai ragione…
Gustav?”
“SI?”
“In tutta onestà, come ti è sembrata questa serata?”
“Strana, non mi era mai capito di incontrare il fratello
della mia ragazza in un cosa così semiseria.
Però, non è stato male come credevo, David è simpatico.”
“Sono sollevata, credevo che non volessi più vedermi dopo
questo.”
“Che stupida! Ti sembra che possa mollare per una cosa del
genere?”
Lo guardò a bocca aperta, conscia di sembrare una stupida,
ma non poteva farne a meno, nessuno le aveva mai detto una cosa così carina.
-Dio se è un sogno non
svegliarmi, io così ci sto da Dio e scusa il gioco di parole.-
“Shirin? Tutto bene?”
Ridacchiò lui. “Sei proprio strana.”
Poi l’abbracciò.
Serata decisamente strana.
David dovette ammetterlo, escluso Farid, Shirin non gli
aveva mai presentato nessun ragazzo e lui non sapeva che bilancio dare alla
serata.
Gustav era simpatico, con sua sorella stava bene ed aveva
intenzioni serie.
Non poteva desiderare di meglio per lei, perché allora aveva
una strana sensazione alla bocca dello stomaco?
Era forse invidia?
Sbuffò ed ordinò una birra al bancone del bar dove stava.
Doveva essere colpa del fatto che Emily lo aveva mollato se
aveva quella percezione assurda del mondo, sebbene ci fossero stati più bassi
che alti gli mancava.
Che stronza.
Riusciva a fargli male anche quando non c’era!
Il barista gli portò la birra.
“Ti vedo spento ragazzo!
Che ti succede?”
“Mia sorella mi ha presentato il suo ragazzo.”
“Allora ci bevi sopra … è un bravo ragazzo?”
Lui annuì.
“E la biondina che stava con te?”
“Se ne è andata!”
“Mi dispiace!”
Il ragazzo scrollò le spallee non aggiunse altro, così l’uomo tornò a dedicarsi ad altri clienti.
Meglio.
Aveva voglia di stare da solo, in un certo senso la birra in
quelle occasioni era un piacere da non condividere con gli altri.
Era quasi arrivato a bere l’ultimo sorso quando lo sgabello
in parte al suo si spostò con un lieve rumore, era arrivato qualcuno.
Che palle.
Sbirciò chi fosse e si stupì di vedere la cugina di Leila e
il suo look troppo nero.
“Tu cosa ci fai qui?”
Fulminante come inizio di conversazione! Perché non le
chiedeva anche di favorire i documenti?
“Mi prendo un birra, no?”
“Ok, domanda idiota.”
“Alquanto.”
“Come va?”
Lei scrollò le spalle.
“Sei di molte parole, vedo.”
“Giornata pesante.”
Arrivò anche la birra di Ania,troncando così la
conversazione fino a nuovo ordine.
“Hai mai pensato che la vita sia tutta una grande fregatura?
Ti sbatti tanto per niente, alla fine di te non rimane che
polvere.”
Lui appoggiò il boccale al bancone.
“Lo penso spesso.”
“La biondina dove è?”
Perché saltava di palo in frasca adesso?
“Se ne è andata.”
“Meglio per te.”
Lui sbuffò, mentre lei sogghignava divertita da qualcosa che
scorgeva solo lei.
“Si può sapere cos’hai da ridere?”
“Nulla, mi chiedevo quanto ci avresti messo a mollarla.”
“Non ti capisco affatto, sai?
Non ti ho mai capito temo!”
“AH le donne! Cubi di Rubik con le tette!”
“ahahahaha! Che ridere!”
Altra pausa di silenzio.
“Questa conversazione non ci porta da nessuna parte.”
“Per una volta sono d’accordo con te, ho finito la birra ci
facciamo un giro?”
“Ok.”
Appoggiò sul bancone i soldi per tutti e due e spinse la
ragazza verso la porta.
“Ma hai pagato anche la mia birra!”
“Si!”
Non era mai stato un genio in matematica, ma sapeva contare
quanto ci volesse per una birra e quanto per due.
“Non dovevi!”
Le diede un’altra leggera spinta.
“Non vale così!”
“Accetta un regalo! Smettila di farti dei problemi!”
Lei soffiò come un gatto irritato, borbottò qualche
imprecazione e finalmente uscì dal bar, facondo gli tirare un sospiro di
sollievo.
-Dannata famiglia di
gatti orgogliosi!-
Si ritrovarono a camminare in silenzio in un a gelida notte
stellata.
L’inverno era stato freddo quell’anno e non c’era in giro
molta gente, era strano che non avesse ancora nevicato.
-Forse lo farà nei
prossimi giorni.
Ma perché penso al
tempo?-
Era evidente che stava impazzendo, la mancanza della sua ex,
unita alla cena con il ragazzo di Shiri e la presenza di quella strana ragazza
lo stavano facendo sragionare.
La dark era sempre stata un mistero per lui, era
intelligente, troppo per stare con loro, eppure prima che Farid facesse il
grande salto dello spaccio con loro stava volentieri.
Poco prima sembrava voler evitare o trovare spiacevole la
sua compagnia, eppure aveva accettato con meno proteste di quanto credeva di
farsi offrire da bere da lui e ora camminava al suo fianco apparentemente
contenta.
Misteri.
Alla fine si ritrovaronoseduti su una panchina a guardare il cielo.
La luna era piena, alta nel cielo e le stelle le facevano da
contorno.
“Che stupido affidare i propri desideri alle stelle.”
Eccola farsiviva di
nuovo, con la sua acidità che sapeva tanto da persona delusa ed amareggiata.
“Magari affidarli alle stelle è solo un modo per ricordarli
a se stessi.
Ci hai mai pensato?”
“Può essere, le stelle non ci ascoltano, così come spesso
non lo fanno le persone.”
“Che ti è successo?
Perché questo carico di sfiducia?”
Lei si rannicchiò su se stessa.
“Ti è mai capitato di essere stanco della tua vita?
Che nulla ti dia soddisfazione?
Studio, lavoro e gente che spesso finisce per usarmicome cuscinetto.”
“Cuscinetto?”
“Si o come confessionale.
Tanto io dispenso consigli come niente e ci sono per tutti!”
Si fermò un attimo, per riprendere fiato.
“Ma nessuno si accorge quando sto male io.”
David non se l’aspettava una crisi esistenziale, non sapeva
cosa fare, vedere le ragazze tristi non gli era mai piaciuto.
Come tutti i ragazzi sentiva un disagio crescere dentro di
se, quando le vedeva piangere o essere depresse, non sapeva cosa fare per farla
sentire meglio.
L’unica cosa che gli venne in mente di fare e che gli parve
sensata fu abbracciarla, la ragazza rimase rigida.
“Non mi piace la gente che mi dà la carità.“
“Non era mia intenzione farlo, solo non sapevocome farti capire che ti ero vicino.
Metti un po’ soggezione.”
Finalmente si rilassò e lui poté godersi quel corpo
accoccolato contro il suo, inaspettatamente era morbida.
Rimasero così parecchi minuti, perso ognuno nei propri
pensieri, senza sapere cosa l’altro pensasse.
Fu un caso che lei alzò lo sguardo verso di lui e lui poté
perdersi i nei suoi occhi verdi.
Verdi come quelli di tutti gli Scmit.
Con un velo di sofferenza, come quelli di tutti gli Schimt.
Sapeva che rischiava di prendersi una sberla se ci avesse
provato, lo stesso il suo istinto gli urlava di farlo e di fregarsene dei
rischi.
Era da troppo tempo che quella ragazza lo affascinava, a
volte si era scoperto a pensare a lei anche quando stava conEmily.
Si chinò verso di lei e la baciò.
Niente sberle ne insulti.
Solo lei che rispondeva sorpresa a qual bacio inaspettato.
Strano.
Leila camminava guardandosi intorno con circospezione.
Sapevache non era
una buona idea uscire la notte con quello che Mark voleva da lei, ma Meg stava
male e sua madre l’aveva supplicata di andare a cercare una farmacia notturna.
Così eccola li, era certa che qualcosa sarebbe successo, il
suo dannato istinto non faceva altro che mandarle segnali di pericolo e questo
la preoccupava.
Doveva calmarsi, non poteva fare così!
In ogni caso aveva trovato la farmacia, preso quello
cheserviva ed ora stava tornado a casa
e nulla sarebbe successo.
Nulla.
“Leila.”
Avrebbe riconosciuto quella voce roca e viscida ovunque.
Mark.
Merda!
Lentamente si voltò e lo fronteggiò, lui aveva le mani
affondate nelle tasche del giubbotto, sogghignava.
“Ciao piccola! Alla fine sei venuta da me!”
“Mark, smettila!”
Fece un passo verso di lei, che non si mosse.
“Perché non scappi, piccola?
Forse perché ho il coltello dalla parte del manico?”
“Mark, perché non mi lasci in pace?”
“Perché prima devo avere ciò che voglio!”
Ormai le era addosso.
“Domani avrai le foto se farai la brava!”
Si avventò sulle sua labbra, possessivo e si sicuro di se
stesso, lei provò a ribellarsi , ma lui le bloccò le mani.
Era tutto inutile, sarebbe successo, purtroppo.
Poi sarebbe finita, forse, non ne era del tutto certa.
Senza che potesse fermarle sentì le lacrime scivolare lungo
le sue guancie.
La resa e la sconfitta avevano un sapore amaro , così come
la certezza che tutto quello che aveva costruito si sarebbe frantumato.
All’improvviso qualcuno staccò Mark da lei, lei rimase
sconvolta, senza sapere cosa fare,solamente si strinse in una sorta di auto
abbraccio.
“Che cazzo stai facendo bastardo?”
La voce era quella di Luca.
“Vattene o chiamo David e sono certo che non ti piacerà
avere ache fare con lui!”
Il biondo rise e alzò le mani.
“Calma ragazzino, me ne vado.
Alla prossima, piccola! Mi dispiace che siamo stati
interrotti!”
Se ne andò ridacchiando, Luca invece avanzò verso di lei e
la abbracciò.
Il calore di quel conforto le fece bene, altre lacrime
scesero, anche per quella volta era salva.
“Leila, cosa voleva dire?”
Lei non rispose, continuò a piangere.
Sapeva che il tempo delle spiegazioni cosi come quello di
soddisfare, suo malgrado, Mark sarebbe arrivato, ma quello non era ancora il
momento.
Era salva ancora una volta e si godette la libertà.
Il pensieri di Bill le attraversò la mente come una
meteora,le dispiaceva averlo coinvolto, eppure lui era uno di quelli per cui si
stava sacrificando.
Tra le braccia di Luca, attraversata da pensieri frammentari
e contradditori e senza vedere nemmeno una speranza continuò a piangere.
Ormai era l’unica cosa che le rimanesse da fare.
ANGOLO DI LAYLA
Giorno^^.
Capitolo
mezzo triste e mezzo allegro.
Ce la
farà Leila a salvarsi?
Chi lo
sa.
Spero vi
piaccia^^.
Alla
prossima:
Pulse: lei è destinataBill, ma Mark la pensa diversamente.
Almeno per questo
capitolo è salva^^, purtroppo temo che non la sfangherà per sempre visto come
la pensa lei, non accetterà di farsi aiutare.
Bel casino.
Sono contenta che
ti piacciano Tom e Fra (forse sono un po’ troppo telepatici, nella vita reale
temo non succederebbe tra due persone xD).
Gustav e Shirin
hanno avuto un loro spazio anche in questo capitolo.
Spero ti piaccia
ealla prossima^^
Utopy: In effetti la cosa di Mark e
Leila è una brutta e triste faccenda ._____.!
Al momento Leila
rimanda, ma credo sia stanca di combattere.
Sono contenta che
ti piacciano Tom e Fra ^^.
Georg e
Lene non è previsto che tornino in scena insieme per il momento.
Spero ti
piaccia.
Alla
prossima^^.
Lady Cassandra: Bellissima l’immagine del temporale, complimenti^^!
Diciamo che questi
capitoli ( ci stiamo avvicinando alla fine) preannunciano l’ultimo temporale
prima del sole.
Leila… penso che
sia un po’ stanca di lottare, dopo tutte le prove che ha superato penso che
Mark sia la classica goccia che fa traboccare il vaso e che ha minato la sua
resistenza.
Al momento non
permette a nessuno di aiutarla, ma non è detto che non venga comunque aiutata
XD.
Spero che questo ti
piaccia(come il precedente è un po’ un capitolo di passaggio)e grazie per i complimenti.
Alla
prossima.
Ciao.
Schwarz nana:Sono contenta ch ti piaccia la
parte dedicata a Gustav e Shirin, credo apprezzerai anche questa^^.
Attinenza
Gustav- Pooh… spero che Gustav non sia tonto come Winnie(ho letto il libro per
un esame di inglese -.-) o apriti cielo XD!
Tom e
Fra… si sono relativamente in pace. Ogni tanto ci vuole nonostante anche a me
piacciano i litigi (preso per la gola? Come Homer con Bart SimpsonXD? Bella
NanaXD!).
In quanto
a Leila mi dispiace vederla crollare così ç_ç
È molto
triste, ma tranquilla il ricatto di Mark si ritorcerà contro di lui XD!
Aveva sempre avuto problemi di insonnia, ma da quando stava
con Tom si erano attenuati, le piaceva stare tra le sue braccia e anche se non
dormiva almeno si sentiva rilassata.
Rilassata e protetta.
E forse per lui era lo stesso perché nonostante i problemi
dell’ultimo mese, nel sonno mentre la teneva possessivamente stretta a sè sorrideva sereno.
Non c’era nulla da fare si erano trovati.
Loro e i loro orgogli, i caratteri troppo simili, che
nessuno avrebbe mai scommesso avrebbero trovato un punto di incontro.
L’avevano trovato invece, soprattutto nell’ultimo mese.
L’ultimo mese era stato distruttivo, dopo l’uscita
dell’articolo e il nuovo ricovero di Bill il telefono aveva iniziato asquillare in maniera frenetica.
C’erano giornalisti, ,non sisapeva come avevano trovato quel numero , che volevano parlare con loro,
Tom o lasciava a lei o li mandavaa fanculo, sbattendo poco elegantemente il telefono sulla
forcella.
“Finirà mai?” era stata la cosa che le aveva chiesto più
spesso e a cui lei non sapeva rispondere.
Finita sarebbe finita sicuramente, ma quando rimaneva un
mistero.
Avevano anche iniziato ad arrivare anche lettere di fan e
ragazze sotto casa loro, c’era chi era solidale e chi insultava, dicendo senza
mezzi termini che le avevano deluse e che non si aspettavano un simile
tradimento.
Il suo ragazzo incassava in silenzio,non si sarebbe mai abbassato a scrivere o a
rispondere a delle estranee che il più deluso e quello che stava davvero male era
lui.
Lui e il suo bagaglio di sensi colpa per non essersi accorti
di niente per tanto tempo e poi per aver assecondato suo fratello.
Alla fine Fay aveva deciso di
nascondere quelle lettere per il bene di tutti, ma per le ragazze purtroppo non
aveva potuto fare nulla.
In ogni caso, dopo un po’ avevano smesso di venire, come ad
annunciare l’ennesimo stadio di quell’agonia.
In ultimo era arrivata la telefonata dell’Universal ed
entrambi sapevano che non era un buon segno.
Ci furono degli incontri a cui parteciparono i tre membri
della band e portarono alla soluzione più ovvia e che lei temeva di più: li
avevano scaricati.
Erano stati gentili, avevano addotto delle motivazioni
logiche, ma il succo non cambiava, non li volevano più .
Una band per ragazzine con il cantante che aveva problemi di
droga non era appetibile per nessuno.
Era stata dura per i tre ragazzi accettare tutto questo, ma
non si sentivano ancora sconfitti, avevano deciso che avrebbero aspettato il
ritorno di Bill per vedere cosa fare.
Tenevano ancora troppo a quel sogno per lasciarlo morire
senza combattere fino alla fine.
Pensare all’ultimo mese non era mai positivo per lei, perché
non poteva evitare di provare un moto di rabbia impotente per la vita del suo
ragazzo e del suo migliore amico rovinate in un modo così meschino.
Aveva abbastanza fiducia in Bill da sapere che , se qualcuno
non avesse fatto la spia, avrebbe fatto in modo di rinascere più forte di prima
e di far dimenticare a tutti loro, Tom per primo,quel periodo.
All’improvviso un conato di vomito costrinse la ragazza ad
alzarsi, le succedeva spesso la mattina ultimamente e aveva la sensazione di
sapere perché accadesse.
Da quando tempo non aveva più le mestruazioni?
Due mesi, quasi tre e non l’aveva mai realizzato a causa di
tutto quello che era successo!
Era ancora abbracciata al water quando la porta del bagno si
aprì e Tom fece la sua comparsa in boxer e con uno sguardo preoccupato.
“Ehi Nana, stai bene?”
Non aveva la forza di rispondere, lui si avvicinò e si accucciò
accanto a lei, passandole un braccio intorno alla vita.
“Fay, cosa c’è?”
Si voltò verso di lui e tentò di sorridere.
“Credo di non aver digerito le patatine di ieri sera.”
Lui annuì e le accarezzò i capelli.
“Non ti preoccupare, adesso torno a letto. Vai pure.”mormorò
poi Fay con un filo di voce
Lui non si mosse, la sostenne mentre si alzava, l’assistette
mentre si lavava mani e faccia e accompagnò a letto.
La fece stendere per poi stendersi al suo fianco ed
attirarla a sé.
“Tranquillo, non è nulla.”
“Sei pallida.”
Lei non disse nulla e si godette le carezze del suo ragazzo
, il sonno stava tornando ad impadronirsi di lei.
- Devo comprare un
test di gravidanza.
E se fosse positivo,
lui lo vorrebbe?-
Sentì il gelo nelle ossa e cercò di scacciarlo, era certa
che non l’avrebbe abbandonata.
Non poteva farlo.
Lei non voleva che la storia dei suoi genitori si ripetesse!
Piano piano si addormentò, Tom
sorrideva guardandola.
Fay ogni tanto pensava che quel
ragazzo fosse il suo antidepressivo naturale, ne ebbe la conferma quella
mattina, quando dopo essere stata sfiorata dal dubbio della gravidanza tornò a
dormire e riuscì anche a non avere incubi.
Si svegliò che il
sole era già alto, la metà di Tom era vuota, doveva essersi alzato prima di lei
e poi uscito.
Insonnolita, notò un biglietto sul cuscino che la avvisava
che era da Georg, sorrise.
Per lei non era un problema che ci andasse, almeno avrebbero
parlato insieme dei vecchi tempi e avrebbero discusso su come affrontare il
futuro.
Tom amava pianificare la sua vita, se davvero fosse stata
incinta avrebbe accettato uno sconvolgimento così grande ai suoi piani?
- Ma perché?
Perché adesso?
Non rompiamoci la
testa, non è detto che io lo sia.-
Si alzò a malincuore dal letto e decise di fare colazione.
Rabbrividì per il contrasto tra il caldo del letto e il
freddo della stanza, si vestì e si preparo un caffè.
Non era preparata al conato di nausea che le arrivò non
appena sentì l’odore del caffè, dovette correre di nuovo in bagno.
Era strano, il caffè le era sempre piaciuto.
La paura tornò ad attanagliarla, sentiva che c’erano dei
cambiamenti in corso e ne aveva paura.
Doveva andare in farmacia al più presto.
Ormai di malumore Fay si vestì ed
uscì, quel giorno il cielo era grigio e l’aria era fredda e l’Italia le mancava
o meglio le mancava la mitezza del clima.
Camminò fino alla prima farmacia, entrò e chiese un test di
gravidanza, sentendo il suo cuore battere in maniera troppo accelerata.
Uscì di nuovo al freddo e sentì la mancanze acuta di
un’amica femmina, qualcuno che le stesse accanto in quel momento, da sola non
sarebbe riuscita a trovare il coraggio di fare quel test.
Riprese a camminare scoraggiata, fragile come non si era mai
sentita.
Non si accorse nemmeno che qualcuno stava per venirle
addosso fino a quando non cadde per terra.
Quando si rialzò, intontita, vide che la persona che l’aveva
investita era una ragazzina che le sembrava di conoscere,.
“Tutto bene?” chiese incerta la ragazzina.
Fay la guardò e si trovò a
fronteggiare due occhi castani che la guardavano perplessi, sotto i capelli
ramati con delle meches blu.
“Si, si …. “Rispose lei.
Ci fu un attimo di silenzio.
“Ma tu sei Francesca?”azzardò la castana.
Alzò un sopracciglio perplessa, cercando di ricordare a chi
appartenesse quel visino pesantemente truccato di nero.
All’improvviso si ricordò di chi fosse.
“Ma tu sei Lene
Kaufmann? Comunque si, sono Francesca!“
La ragazzina sorrise.
“Ecco perché mi sembrava di conoscerti, sono la ragazza di
tuo fratello.”
La mora rise.
“Si, Luca me l’ha detto, come stai?”
“Bene e tu?”
Domanda innocente ma che scatenò in lei una tempesta.
Come stava? In tutta onestà si sentiva frastornata e confusa
ed aveva bisogno di compagnia.
“EHI, va tutto bene?”
Lene aveva notato il suo attimo di confusione e si stava
preoccupando.
“Lene ti andrebbe di venire a casa mia?”
“Si, ma cosa c’è?”
“Diciamo che c’è una cosa che devo fare e non mi va di farla
da sola.”
La ragazzina non capiva, in effetti non era stata molto chiara,
ma si sentiva a disagio anche per quella debolezza che stava mostrando.
Le due ragazze camminarono in silenzio fino a casa di
Francesca.
“Tom non c’è?”
“è da Georg.” L’italiana rispose come un automa mentre
apriva la porta.
“Puoi dirmi cos’hai?
Mi stai spaventando!”
La mora fece un sospiro tremulo.
“Temo di essere incinta Lene e… ho
paura che se lo fossi lui non la prenderebbe bene.
Lo sai che periodo di merda è, un bambino è l’ultima cosa
che ci vuole.”
La ragazzina non disse nulla, si limitò ad abbracciarla.
“Non ti preoccupare, io credo che se anche fossi incinta non
si tirerà indietro.”
“Vorrei avere la tua sicurezza!”
“Ti fidi di lui?”
La domanda di Lene la fece sobbalzare e rispose d’istinto.
“Si, mi fido.”
“Hai risposto senza nemmeno pensarci!
Non devi avere paura!”
In fondo l’aveva già stupita altre volte, dimostrando di
tenere a lei più di quanto lei stessa credesse, quindi doveva stare calma.
“Ora vado a fare quel benedetto test!”
Si chiuse in bagno, seguì le istruzioni ed aspettò.
Quei minuti le parvero eterni, scanditi dal battiti
impazzito del suo cuore e dalle gocce di sudore che lente scivolavano lungo la
sua schiena.
Sarebbe stato positivo o negativo?
- E tu? Lo vuoi un
figlio da lui?-
Si.
Sebbene non fosse del tutto certa che lui lo volesse o di
essere incinta, lei lo voleva.
Guardò il risultato, era positivo.
Rimase altri infiniti minuti a guardare quel piccolo stick, fino a che il lieve bussare di Lene interruppe i
suoi pensieri sconnessi.
“è positivo.”
Una frase semplice che racchiudeva in sé un grande
avvenimento.
Lene si accucciò al suo fianco e l’abbracciò e Francesca si
lasciò cullare, sentendosi un po’ spaventataun po’ felice.
Era davvero incinta, un piccola vita stava germogliando
dentro di lei.
La bambina che non doveva nascere.
La ragazzina sbagliata.
La ragazza in cerca di una casa, che suo malgrado aveva
trovato.
Shirin era preoccupata.
C’era qualcosa che non andava.
Suo fratello era preoccupatoe Leila era strana, come se qualcosa la facesse soffrire.
L’amica sembrava non volersi aprire con nessuno, spesso la
sorprendeva a guardare fuori dalla finestra con aria assente, persa nei propri
pensieri.
“Ehi, che hai?”
“Nulla, sono solo stanca!”
Era una bugia, Shirin sapeva
riconoscerle, quello che non sapeva era perché Leila le mentisse e in fondo
aveva paura di sapere la risposta.
E se non fosse stata in grado di aiutarla?
Era strano come la sua felicità non fosse mai completa, come
qualcosa la turbasse sempre.
Aveva visto l’amica rifiorire, i suoi occhi vivi dopo tanto
tempo , da quando stava con Bill, ora una nuvola sembrava oscurare quel sole.
Perché?
“Ehi Shirin, tutto ok?”
Il suo ragazzo l’aveva abbracciata da dietro facendola
sobbalzare, non si era accorta di essersi estraniata.
“Si, stavo pensando a Leila.”rispose voltandosi verso di
lui.
Lui aveva inarcato un sopracciglio.
“Mi devo preoccupare?”
“Quanto sei scemo Schäfer!Figurati
se ti mollo dopo che ti ho presentato a Dave!”
Lui aveva ridacchiato, poi era tornato serio.
“Cos’ ha Leila?”
Lei aveva sospirato.
“Non lo so, è strana, come se mi nascondesse qualcosa…”
Rimase un attimo in silenzio e corresse il tiro.
“Come se qualcosa le facesse paura.”
Lui ci pensò un attimo.
“Pensi possa centrare Bill?”
“No, io sono certa che lui non c’entri affatto e che
qualsiasi cosa abbia Leila, lui è l’unicoche in questo momento è in grado di darle un po’ di serenità.
Inoltre anche mio fratello è strano, io credo che lui sappia
cos’abbia Leila, solo che nessuno dei due vuole dirmelo e ho paura che sia una
cosa grossa.”
Gustav rimase in silenzio, Shirin
fece un altro sospiro amaro.
“Sai, ci sono volte in cui vorrei non essere nata dove sono
nata.
Vorrei essere una ragazza normale, una di quelle la cui
preoccupazione principale è che università fare l’anno prossimo, non dover
pensare a ex fidanzati spacciatori e tutto il resto
E vorrei che per Leila fosse lo stesso, vorrei solo che
fosse felice, che quel passato di merda che ci portiamo addosso come una croce
ci lasciasse in pace.
È orribile quando ti sei tirata su in qualche modo e succede
qualcosa che ti riporta a come eri, come se nulla fosse successo o cambiato.”
“Mi dispiace Shirin, vorrei che
fosse diverso per tutti.”
“LO vorrei anch’io, ma non posso farci nulla.
Devo solo aspettare che passi e al momento capire cosa ha la
mia amica.”
“Posso chiedere perché ci tieni a tutti i costi a saperlo?
Forse vogliono proteggerti.”
La bionda sbuffò.
“Non voglio essere protetta! Sono stanca che non si dicano
le cose perché si temono le mie reazioni!
È vero, ho tentato il suicidio, ma ora sono diversa!”
“D’accordo! Lo so che sei forte, piccola!
Ora.. sei ancora dell’idea di fare un giro in centro?”
Lei ridacchiò per il tono con cui l’aveva detto, l’aveva
fatto apposta a pronunciare quella frase come un condannato che si vede la
grazia davanti, voleva farla ridere.
“Certo, tesoro mio! Pensavi di averla scampata!”
“Ci speravo!” ridacchiò lui prendendo le chiavi della
macchina e trascinandola fuori.
Shirin pensò che forse prendere un
po’ d’aria le avrebbe fatto bene, stare con Gustav la aiutava parecchio a
calmare quell’ansia che la divorava dentro e sperò che anche lo shopping la
aiutasse.
In realtà nessuno dei due amava particolarmente girare per
negozi, ma poteva essere un piacevole diversivo e uno svago per l’ultimo mese
che per Gustav non era stato facile.
Shirin sapeva che la storia di
Bill aveva creato dei problemi ai Tokio Hotel come band e vedeva che lui era
teso e stressato, la bionda conosceva fin troppo bene le sensazioni che si
provavano quando si vedeva il proprio sogno sgretolarsi.
Sapeva come ci si sentiva impotenti e non voleva che lui
sperimentasse quelle sensazioni.
Arrivarono in centro e girovagarono un po’, guardare le
vetrine e fare commenti era rilassante.
Sapeva di normalità e nessuno dei due l’aveva mai provata
fino in fondo.
Shirin aveva avuto una vita breve
ed intensa,ma che avrebbe preferito non
avere.
Gustav aveva avuto una vita condizionata dalla notorietà.
Anche ora che la band era in declino la settimana dopo
l’uscita dell’articolo uscire era stato difficile, c’era sempre qualcuno che
voleva parla re con lui.
C’erano giornalisti in cerca di scoop e fan in cerca di
conferme, che si rifiutavano di credere che il loro angelo potesse essere
caduto.
Era stato difficile persino andare a trovarlo, volevano
sapere chi fosse, perché volesse andare al suo appartamento, dribblare era
difficile.
Era tutto passato, quel periodo sembrava lontano e forse non
era poi così assurdo che Bill si riprendesse.
Lo vedeva migliorare di giorno in giorno alla clinica, avere
Leila vicino lo faceva stare bene, lo spronava ad andare avanti e poi c’era
lei, Shirin.
Con lei parlava, si confidava, per un attimo la bionda aveva
persino pensato di confidargli il suo segreto, poi aveva realizzato che non
voleva spezzare quell’atmosfera.
Era piacevole parlare con lui quasicome con Gustav.
Nessuno al momento poteva sostituire quel biondo di poche
parole e dall’animo generoso nel suo cuore, ma aveva imparato a chiamare amico
Bill.
“Però secondo me quel vestito dovevi provartelo.”
La voce del suo ragazzo la riportò alla realtà.
“Era elegante, al momento non ho occasioni di sfoggiarlo e
costava un occhio della testa, non volevo farti spendere tutti quei soldi!”
“Sono un ragazzo fortunato … “
Lei lo guardò senza capire.
“Dove la trovo un’altra ragazza così assennata e che ha
cuore il mio portafoglio?”
Lei scoppiò a ridere.
“Scemo!”esclamò divertita.
“Gustav?” riprese pi più incerta. “Ho intenzione di cambiare
colore ai capelli, niente più biondo torno al nero e alle treccine.”
Perché era così insicura?
“Piccola, perché hai quella voce?
Guarda che ti troverei bella lo stesso, sei libera di fare
quello che ritieni più opportuno.”
“Grazie, non so perché sono così insicura, chi mi capisce è
bravo.”
Cercava di buttarla sul leggero.
“Hai paura di perdermi?”
La domanda di Gustav la spiazzò, come aveva fatto acapirlo?
“Non devi avere paura di perdermi.” Continuò.”è vero, ho
avuto ragazze più carine e non sarà facile quando e se mai tornerò famoso, ma
non mi importa, al momento sei tu che mi interessi.
E non ho alcuna intenzione di lasciarti andare!”
[When you were sick, girl, I held your hand,
When you were troubled I tried to understand,
Staying with you I did anything I can,
Cause losing you was not part of the plan.(*)”Tropical London”Rancid]
La ragazza sorrise ed arrossì.
“Grazie, grazie per queste belle parole e scusa se ti
stresso con le mie paure.”
“Tranquilla, va tutto bene!”
Lui le strinse più fortela mano e ripresero a guardare le vetrine.
All’improvviso vide qualcuno che conosceva, Luca stava
camminando solo, con il solito passo svogliatotra la gente.
Strine più forte la mano del suo ragazzo per attirare la sua
attenzione.
“Che c’è?”
“C’è Luca, vorrei salutarlo!”
“D’accordo!”
Shirin affrettò il passo e
raggiunse l’amico.
“Ehi Luca!”
Il ragazzo si voltò verso di lei e sorrise.
“Ciao Shirin, Come stai?”
Perché quella conversazione apparentemente così banale le
sembrava falsa?
“Solito, tu? Come mai in centro?”
Lui fece spallucce.
“Volevo fare un regalo a Lene, ma le cose belle sono troppo
costose e quelle brutte …. Sono brutte!”
“Capisco!”
Rimasero un attimo in silenzio, mentre la gente scorreva
accanto a loro indifferente.
Luca sembrava volesse dirle qualcosa e allo stesso tempo non
ci riusciva.
“Lene, sono preoccupato per Leila.” Spuntò alla fine, quasi
contro voglia quella frase.
“Anche tu?”
Lui la guardò inespressivo e lei si sentì in dovere di
aggiungere altro.
“Anche io sono preoccupata e so che anche Dave lo è, ma nessuno vuole dirmi perché e Leila è un muro
di gomma, come suo solito.”
L’ultima frase aveva una nota di frustrazione che non passò
inosservata all’italiano.
“Non credere che io sappia molto più di te.
Due giorno fa l’ho strappata dalle grinfie di Mark, le ho
chiesto cosa fosse successo , lei per tutta risposta è scoppiata a piangere e
non mi ha detto nulla.”
Shirin sentì un brivido correrle
lungo la schiena.
“In che senso?”
“La stava più o meno per violentare, era avvinghiato come un
polipo.”
La bionda assimilò la notizia.
“Questa cosa non mi piace, se fosse invischiata con Mark
sarebbe un gran casino!”
“Lo so , è per questo che sono preoccupato per lei e non so
cosa fare!”
La ragazza sospirò frustrata, il quadro iniziava ad essere
più chiaro, ma non era del tutto definito e quando lo fosse stato non era detto
che lei potesse farci.
-SE dovessi agire
contro Mark lui non esiterebbe a distruggermi, immenso pezzo di merda!-
“Nemmeno io..” mormorò triste.
“Bhe buona fortuna per i tuoi
regali!”
“Grazie, buon shopping!”
Si salutarono e la bionda tornò da Gustav.
“Che ti ha detto?”
“è in giro a cercare un regalo per Lene.”
Il biondo ridacchiò.
“Ben presto l’hobbit avrà un
cognato.”
Lei rise con lui.
“Che altro ti ha detto?”
“Che Mark ci ha provato con Leila e che se non fosse
arrivato lui sarebbe finita male, non mipiace questa storia.
Quel tipo è uno stronzo, devo far cantare mio fratello!”
“Pensi che Leila tradisca Bill?”
Lei scosse la testa.
“penso che Mark l’abbia puntata e per qualche ragione che
non so Leila non riesca a sottrarsi.
A lei fa schifo quel ragazzo!”
Gustav annuì e ripresero il loro giro.
Arrivò a casa stanchissima e senza avere preso nulla, David
era steso sul divano a guardare la tv.
“Ciao!”
“Ciao fratè!”
“Come è andata ?”
“Bene.”
Era una conversazione normale, presto avrebbe dovuto
spezzarla.
“Dave, ho bisogno di sapere una
cosa.”
“Spara.”
“Cosa sta succedendo a Leila e non provare a scantonare!”
“Forse non è il caso che tu lo sappia.”
eccolo , ci provava lo stesso!
“Non è che c’entra Mark?”
Lui si irrigidì.
“Sputail rospo.”
“Lui la ricatta!” mormorò con una voce appena udibile.
“Ha delle foto in cui spaccia e minaccia di darle alla
polizia se lei non ci starà.”
Shirin deglutì, improvvisamente
pallida.
E così era quello il segreto di Leila, la ragione per cui
stava male.
Desiderò ardentemente fare qualcosa.
Doveva analizzare la situazione, c’era sicuramente una
soluzione, l’amica non poteva subire quella sorte terribile, quell’ennesimo
schiaffo della vita!
Cucinò mentre pensava, ma nulla le parve sensato.
Sembrava un problema senza soluzione eppure doveva esserci!
Doveva!
Bill sentiva che Leila era strana.
C’era qualcosa in lei che gli sfuggiva, uno dei suoi mille
segreti che non sempre gli comunicava.
Si disse che era il periodo, che il fatto che Farid fosse in carcere la facesse stare più male di quello
che credeva, eppure l’istinto gli diceva che non era solo quello.
Quel giorno ad esempio stava facendo pulizie immersa nei
suoi pensieri quando all’improvviso si era voltata verso di lui con una luce
triste e spaventata negli occhi.
“ Potresti abbracciarmi?”
Lui era sdraiato a letto, si era alzato di corsa e l’aveva
avvolta con le sue braccia, lei immediatamente aveva affondato la testa nel suo
petto.
“Ehi, piccola tutto bene?”
Aveva sussurrato, lei non gli aveva risposto e si era
stretta più a lui come se temesse di perderlo da un momento all’altro.
Le aveva alzato dolcemente il viso e vi aveva letto una
tristezza infinita e una punta di paura.
“Cosa c’è? Stai bene?”
La voce del moro era ansiosa ora, gli faceva uno strano
effetto vedere una ragazza forte come lei così fragile.
“è tutto il periodo, scusa!” aveva sussurrato con voce un
po’ tremante.
Aveva cercato di sorridere.
“Passerà scricciolo, ci sono io con te.”
“Dovrei essere io a farti forza … “
“Facciamo un po’ per uno … “
Lei gli aveva fatto un sorriso timido e aveva nascosto di
nuovo la testa nel suo petto, lui le aveva accarezzato piano i capelli.
Erano rimasti diversi minuticon lei che si faceva cullare da lui, fino a che si era staccata con un
sorriso e gli aveva accarezzato un guancia.
“Grazie.”
“Per cosa?”
“Per esserci.”
Lui era arrossito nonostante i ventidue anni e non aveva
saputo che dirle.
Quell’episodio l’aveva impensierito, la storia di Farid poteva averla buttata giù , ma cos’ era quella
scintilla di paura?
Chi stava temendo?
Perché non gli diceva nulla?
Voleva forse proteggerlo?
E se si da che cosa?
Non riusciva a trovare delle risposte a quelle domande e la
cosa un po’ lo preoccupava.
Forse avrebbe dovuto parlarne con Shirin
lei forse sapeva cosa stava succedendo.
Avrebbe visto la bionda solo il giorno dopo, si
prospettavano altri momenti di paranoia.
-E se anche sapessi
perché Leila sta male, tu cosa potresti fare per lei?-
La sua coscienza gli rivolse quella domanda impietosa e lui
non seppe rispondere.
Non avrebbe potuto fare nulla confinato li dentro!
Iniziava ad odiare quei muri e quella limitazione alla sua
libertà che lui stesso si era dato.
Avrebbe voluto tornare indietro e non iniziare mai a farsi,
a quest’ora avrebbe avutoancora i Tokio
Hotel e avrebbe potuto aiutare la sua ragazza.
Era la prima volta ch formulava un pensiero del genere,
significava che stava guarendo?
Sperò tanto di si.
Quel giorno sembrò non finire mai, il tempo si allungava.
Il pomeriggio sfumò dolcemente nella sera e poté dormire,
almeno non avrebbe ascoltato i suoi pensieri.
Fece sogni frammentari che non riuscì ricordare e così
arrivò la mattina.
Bill si svegliò, seguì le attività del centro contando i
minuti che lo separavano dal vedere Leila e Shirin.
Perché il tempo non si velocizzava?
Alla fine arrivò il tanto agognato pomeriggio, ma Leila non
si vide, il moro aspettò di vederla varcare la porta della sua camera, ma la
rossa non si fece viva.
Iniziava ad essere preoccupato, non era mai successo che lei
saltasse un giorno di lavoro, sperò di vedere almeno la bionda, doveva
parlarle.
Come evocata dai suoi pensieri la ragazza fece capolino
dalla porta, aveva un sorriso tirato che non prometteva nulla di buono.
“Ciao Shirin!”
“Ciao Bill!”
Era preoccupata anche lei, lo sentiva.
“Come stai?”
“Bene, tu?”
“Si, si bene!”
Non vedeva l’ora di finirei convenevoli ed arrivare al punto
che davvero gli interessava,
“Shirin, dov’è Leila?”
La ragazza si irrigidì.
“Non stava bene ed ha preferito rimanere a casa,.”
Mentiva, era palese, Bill sospirò.
“Stai mentendo Shirin, non credere
che non me ne accorga.
Per favore, dimmi la verità.”
La ragazza abbassò gli occhi.
“IO non so se è la cosa giusta da fare.”
“Shirin, ti prego!
Sono preoccupato per Leila!”
La ragazza si tormentò il labbro inferiore per un po’ di
tempo, poi parve decidersi a parlare.
Bill era sempre più in ansia, non gli piaceva l’esitazione
della bionda.
“Mark la ricatta.
Lui è da sempre interessato a lei e al momento dice di avere
della foto di lei quando spacciava.
Immagina cosa vuole in cambio di quelle!
L’altra sera Luca l’ha beccato con lei…
“
Si fermò, lui assimilò le sue parole, mentre il suo cervello
gli proiettava l’immagine di quel verme che metteva le mani addosso alla sua
donna.
Sentì la rabbia prendere possesso di lui, avrebbe voluto
ucciderlo quel figlio di puttana!
Ora tutti i comportamenti di Leila, la tristezza, il bisogno
di coccole, il nervosismo si spiegavano perfettamente!
“Pensi che lui abbia preso Leila?”
“Io… io credo di si!”
Bill strinse i pugni, Shirin lo
guardava ansiosa.
“Bill ti prego non fare cazzate, Leila non me lo
perdonerebbe mai!”
Lui ringhiò qualcosa di indefinito.
“Dimmi l’indirizzo della casa di quel figlio di puttana!”
“Cosa vuoi fare?”
“Vado a dargli una lezione.”
“Non farlo! Lui non esiterebbe ad ucciderti!”
“IO non voglio che lui faccia soffrire Leila, io odio i
figli di puttana che si comportano così!
Io adesso me ne andrò, se tu mi dai quell’indirizzo e mi
copri, forsenon succederà un casino.
Se non me lo darai io scapperò lo stesso e lo cercherò, hai
capito?”
Shirin impallidì e sussurrò un
indirizzo.
La sua parte razionale gli stava dicendo che stava facendo
una cavolata micidiale lasciando di nuovo la clinica, ma non poteva sopportare
l’idea che la sua ragazza fosse in pericolo e dinon poter fare nulla.
“Grazie Shirin, ti prego coprimi.”
Lei annuì e lui era conscio che era una precauzione inutile.
Il ragazzo si cambiò e come la prima volta non trovò nessuno
a fermarlo ed uscì nell’aria calma del pomeriggio invernale.
ANGOLO DI LAYLA
Buongiorno^^.
Capitolo di sconvolgimenti un po’ per
tutti, innanzitutto per Fra e poi per Leila….
Per fortuna che Leila ha vicino un cavaliere
che pur di capire dove sia finita ha fatto una cazzata…
Donna fortunata!
Spero vi piaccia.
Ah! Vi annuncio che questa storia avrà in
totale 36 capitoli^^.
Passo ai commenti^^
Pulse: Purtroppo dal punto di vista di Leila, se si
sacrifica lei poi gli altri staranno bene.
Per fortuna è arrivato Luca
e adesso per fortuna che parte Bill, che risolverà tutto^_^!
Sono contenta che ti
piaccia la coppia David-Ania e che trovi adorabili
Gustav e Shirin.
Spero che questo ti
piaccia.
Utopy: Anche a me piacerebbe che Mark Sparisse, è proprio un
bastardo patentato!
Fortuna
che c’è Luca, ma lui è tornato subito alla carica.
E ora è
coinvolto Bill, chissà cosa succederà?
Il
trentadue si avvicina, spero che questo capitolo ti abbia dato un assaggio(e
che ti piaccia)^^.
Alla
prossima^^.
Ciao.
Lady Cassandra: Grazie dei complimenti^^.
Quando l’ho
iniziata volevo fare una storia a 360 gradi in effetti^^.
Sono contenta
che tu abbia apprezzato la parte Dave-Ania, in realtà
la storia è stata buttata un po’ a caso^^” e non avrà sviluppi.
Luca è il
salvatore della patria, ma non basta per Leila, dovrà entrare in scena il
principe cacc…BillXD!
Come vedi
in questo capitolo, Bill deve partire per salvare Leila.
In effetti,
davvero stanno diventando indispensabili uno per l’altro ed è una cosa molto
bella, no?
Ce la
farà?
Spero ti
piaccia.
Alla prossima.
Ciao^^
Schwarz nana: Sono contenta che ti piacciano Gus e Shirin, sono la boccata d’aria in questa storia triste e
cupa XD!
Ci sarà felicità per loro e
anche per Ania, anche se purtroppo, la loro
apparizione è fugace e casuale XD.
Leila…Leila…Leila…
In effetti è una
principessa un po’ testarda ma che purtroppo ora ha bisogno del principe.
Non ha pace e chissà che il
principe non sconfigga il cattivo?
Speriamo di si.
Sono contenta che ti
piaccia Luca^^, è proprio da sposare XD!
Spero che questo capitolo
ti piaccia, il tanto temuto botto finale arriverà nel prossimo.
Aveva sperato che quel momentonon arrivasse mai e che dopo che Luca l’aveva
praticamente salvata dalle grinfie di Mark lui la lasciasse perdere.
Lo sapeva che erano speranze vane, quel bastardo non si sarebbe
fermato finché non l’avesse avuta e forse nemmeno allora, desiderando ripetere
l’esperienza.
Cosa c’era di male ad illudersi che per una volta tutto
sarebbe andato bene?
Nulla, solo era impossibile che avvenisse.
Aveva trascorso quella mattinata a scuola in preda al
panico, chiedendosi se sarebbe riuscita ad andare al lavoro, sentiva un brivido
lungo la schiena, sapeva troppo di brutto presentimento per ignorarlo.
Uscì dall’edificio e slegò il motorino guardandosi intorno
con aria preoccupata, ma non c’era nessuno.
Diede gas, per poi partire, il suo cuore non voleva saperne
di rallentare i battiti.
Una volta arrivataa
casa volò nel suo appartamento per scaldarsi il pranzo e tentare di calmarsi,
non farsi vedere così agitata da Bill.
Le scocciava nascondergli qualcosa, lui non se lo meritava ,
ma se l’avesse coinvolto temeva avrebbe fatto qualcosa di stupido e l’ultima
cosa che volesse era che si mettesse nei guai per lei.
Non se lo sarebbe perdonato, lui doveva pensare solo a
guarire!
Fece scaldare una porzione di lasagne e le mangiò senza
nemmeno gustarne il sapore, erano solo del cibo che ingeriva per dovere.
Se non avesse dovuto andare al lavoro non le avrebbe
mangiate, ma si sarebbe barricata nell’appartamento e buttata a letto.
-Voglio scappare!
Non voglio essere qui
imprigionata in una vita che non voglio!-
Dopo aver finito di mangiare e avere lavato i piatti scese
di nuovo in strada, stava per slegare il motorino quando qualcuno la face
voltare verso di se.
Il suo cuore mancò un battito, sapeva di chi era quel tocco,
il brivido di disgusto glielo confermò, era Mark.
Non poteva scappare, non più.
Forse avrebbe potuto resistere, ma era probabile che avrebbe
finito solo per prendersi delle botte e l’avrebbe irritato.
-Illusa! Tanto quelle
foto non te le consegnerà comunque, lo farà solo quando avrà finito di
scoparti?
Pensi di saper
resistere al disgusto?-
“Ciao piccola.”
La sua voce beffarda le faceva venire voglia di vomitare.
“Cosa vuoi?”
“Lo sai cosa voglio!” le accarezzò una guancia.”L’italiano
ci ha interrotto l’ultima volta.”
“Perché? Cos’ho di speciale?”
“Non hai nulla di speciale, solo che io ti voglio ed ottengo
sempre quello che voglio.”
La ragazza avrebbe voluto urlare che non era un oggetto, che
aveva dei sentimenti e che quelli verso di lui erano di disgusto assoluto.
“Mi fai schifo!” sibilò frustrata.
“Lo so!” Rise lui “ E non sai quanto mi faccia piacere
questa cosa!”
Ci fu una pausa di silenzio durante la quale la presa di Mark
sul suo polso aumentò e la paura circolò mista al sangue nelle vene di Leila.
Analizzava febbrilmente ogni possibilità di fuga e non ne
trovava nessuna.
Era un animale in trappola e Mark era il cacciatore.
“Ma ora bando alla ciance!
La volta scorsa il piccolo Girardi
ci ha interrotto e io non voglio che succeda ancora una cosa del genere, quindi
ora andremo a casa mia!
Muoviti!”
La strattonò per un polso,forse avrebbe potuto urlare, ma era certa che nessuno sarebbe accorso.
Chi si fa gli affari suoi campa cent’anni era il motto del
quartiere.
Il ragazzo la trascinò fino alla macchina e la spinse dentro
in malo modo.
I giochi erano finiti, non c’era più nulla da fare.
Salì in macchina anche lui e misein moto.
“Non tremare così, piccola.
Non succederà subito, prima ho delle consegneda fare!”
Bastardo! Aveva persino il coraggio di allungarle l’agonia!
“Si, piccola, mi diverte vederti così in balia del mio
potere.
È una sensazione fantastica!”
Mise in moto, soddisfatto.
Leila di nuovo pensò a come fuggire da quella macchina.
“Non pensare alla fuga, non ci riuscirai!”
Non era detto.
Non era affatto detto!
Lui non poteva prendere possesso anche dei suoi pensieri e
delle sue decisioni, già prendere il suo corpo era troppo per lei!
-Quanto ti odio! Ti
odio talmente tanto che ti ucciderei!
Hai mandato in galera
mio fratello, mi stai distruggendo la vita.
Fallo, bastardo!
Quando non avrò più
nulla da perdere, perché Farid sarà in carcere e Bill
mi avrà mollata verrò e ti ucciderò, non mi importa del carcere.
Pagherai! Avrò la mia
vendetta!-
Il ragazzo si mise a fischiettare, mentre lei macinava quei
pensieri di odio violento così insoliti per lei.
Sarebbe mai finito quell’incubo?
Il ragazzo si fermò poco dopo, Leila era impaziente di tentare
la fuga, ma il ragazzo la chiuse in macchina abbassando le sicure.
Leila decise che avrebbe sfondato il vetro, iniziò a dare
gomitate e alla fine cedette con uno schianto.
Pezzi di vetro caddero ovunque,qualcuno di conficcò anche nel giubbino ferendole
la pelle.
Non importava, doveva scappare.
Lo sfondò ulteriormente, infilò le gambe nel finestrino e
scivolò fuori proteggendosi la faccia.
Non appena fu fuori iniziò a correre, non fece molta strada
che qualcuno la placcò facendola cadere a terra.
Era Mark che ora era sopra di lei.
“Cosa credevi fare, eh?”
“Mollami bastardo! Mi metto ad urlare!”
“Non lo farai o ti ammazzo,puttana!”
La riportò in macchina e le legò braccia e gambe.
Perfetto! Ora era del tutto fottuta!
“Non ti devi mettere contro di me, hai capito?”
“Vaffanculo! Sei solo un pezzo di
merda!”
Lui rise e salì al posto di guida, mise in moto e ripartì di
nuovo.
“è divertente sentirti mentre mi insulti, lo sai,
bambolina?”
“Ti odio Mark! Tu non hai idea di quanto ti odi!”
Lui rise ed alzò maggiormente il volume della radio, stavano
trasmettendo un pezzo di Lady Gaga.
Meraviglioso! L’aveva sempre odiata quella troia!
“Spegni quella radio!” Ringhiò isterica.
“PEZZO DI MERDA , SPEGNILA O LA
PRENDO A CALCI!”
Le mollò una sberla, per un attimola testa le girò, poi senti qualcosa di
liquido e caldo scendere dal naso alla bocca.
Sangue.
“Stai calma, Bambina o dovrò farti stare calma io e credimi
non mi è mai piaciuto sbattermi una donna pestata!”
Si fermò di nuovo ed uscì dalla macchina, lasciandola sola.
In quel silenzio rivide suo fratello e desiderò che fosse
lì, anche solo per chiedergli scusa per non essere stata abbastanza attenta a
quel verme.
Scusa per non sapeva nemmeno lei cosa.
Il secondo che vide fu Bill e sapeva di dovere delle scuse anche
a lui.
Doveva scusarsi per averlo escluso di nuovo, lui non se lo
meritava.
Ma se gli avesse detto la verità avrebbe fatto qualcosa di
stupido e lei non voleva.
Era in un vicolo cieco e ne pagava le conseguenze.
-Mi dispiace di averti
tenuto fuori di nuovo da una parte della mia vita.
Non volevo!-
Se avesse potuto avrebbe pianto, invece con il poco
autocontrollo che le rimaneva frenò quelle lacrime, non avrebbe dato quella
soddisfazione a Mark!
Il ragazzo tornò poco dopo e la macchina ripartì di nuovo.
“Bene piccola, ora si va a casa!”
Leila non gli rispose.
Durante quel viaggio non disse una parola, lui sembrò non
prendersela e ridacchiava tra se e se, irritandola.
Ora la partita era davvero finita e lei aveva perso.
Prima di scendere Mark le tagliò la corda con cui le teneva
legati i piedi, poi uscì, fece il giro ed aprì la sua portiera.
La sollevò come se fosse un sacco di patata e le trascinò
nel condominio dove abitava.
Ogni gradino che fece nel percorso verso l’appartamento del
biondo fu una tortura.
Si sentiva spinta verso la sua sorte.
Alla fine si trovarono davanti a una porta di legno scuro,
Mark frugò un momento nelle tasche, estrasse la chiave ed aprì.
Non fu gentile e la spinse dentro, poi chiuse la porta a
chiave e si avvicinò a lei.
Come quella sera si avventò prima sulle sue labbra, che lei
tenne ostinatamente chiuse, poteva scoparsela, ma un bacio non l’avrebbe avuto
quel bastardo!
Lui ringhiò frustrato e le diede un’altra sberla, uscì altro
sangue, ma lei non cedette e lui dovette rinunciarci.
Cominciò a spogliarla bramoso, lei chiuse gli occhi e
represse un conato di vomito.
All’improvviso la porta iniziò ad essere tempestata da una
serie di colpi.
Qualcuno voleva disperatamente quell’essere, la speranza
tornò a fiorire in lei.
Mark non demorse, la porta venne abbattuta e qualcuno la
staccò da lui, lasciandola basita.
Conosceva quella schiena che ora era tra lei e uno sconvolto
Mark.
Era Bill.
Che ci faceva li?
Bill era furioso.
La sua coscienza ovviamente non era d’accordo con il suo piano,
non faceva che dire che stava buttando all’aria tutto il lavoro di quel mese,
ma lui non l’ascoltò.
Diede ascolto a quella rabbia e decise che Mark doveva
pagarla, a ogni costo.
Sicuramente era troppo impulsivo.
Ovvio che stesse facendo una cazzata, ma allo stesso tempo
si sentiva vivo come non gli capitava da tempo.
Emozionipure, senza
il filtro della coca, rabbia vera e non artificiale.
Doveva ricordare con precisione l’indirizzo che gli aveva
detto Shirin, non importava se fosse arrivato troppo tardi
o se si fosse ritrovato con qualche osso rotto dopo, voleva togliersi lo sfizio
di dire quello che pensava su di lui.
Il moro camminava tra la gente, buffo che nessuno badasse a
lui dopo lo scandalo della tossicodipendenza, ma almeno non aveva problemi.
Raggiunse un condominio e salì le scale due gradini per
volta, in preda alla frenesia.
Arrivò davanti a una porta di legno scuro, lesse il
nomee quando fu sicuro che era di Mark
la tempestò di colpia cui nessuno si
diede briga di rispondere.
Sipermetteva anche
di ignorarlo il bastardo?
Sapeva che si sarebbe fatto male, tuttavia considerato che i
metodi quasi civili non avevano funzionato, ora doveva ricorrere a quelli
violenti.
Si allontanò dalla porta per prendere la rincorsa e partì
alla carica.
La prima spallata che diede gli strappò un gemito di dolore,
ma non ebbe effetto sulla porta, che oscillò leggermente e basta.
Si allontanò di nuovo e partì alla carica con maggiore
forza.
Questa volta l’impatto fu peggiore, credeva che la spalla
gli si sarebbe spezzata invece resse, fu la portaa cadere con un tonfo.
Bill strinse i denti ed entrò nell’appartamento, tenendosi
l’arto, faceva un male cane!
Quello che vide fece passare in secondo piano la rabbia e
gli diede un’altra carica di energia.
Mark stava spogliando violentemente una Leila che tentava in
ogni modo di divincolarsi, Bill marciò a grandi passi verso di loro ed afferrò
Leila per un polso.
La tirò a se e la trascinò dietro di lui, per un attimo
colse gli occhi verdi della ragazza, erano grati e spaventati, aveva paura per
lui.
Bill puntò le sue iridi nocciola sul bastardo che aveva
davanti, era sconvolto e seminudo, la rabbia risali di nuovo come l’alta marea.
“Che cazzo stavi facendo, figlio di puttana?
Lascia stare la mia ragazza!”
Mark si ricompose e scoppiò a ridere.
“Se non vuoi che quella troia finisca in carcere, vattene!
Io ho certe foto che potrebbero piacere alla polizia!”
Bill ci vide rosso, strinse i pugni e ringhiò.
“Zitto o ti ammazzo!”
“Provaci!” lo schernì lui.
Bill detestava essere preso poco sul serio e al momento lui
era dannatamente serio ed incazzato!
Si lanciò su di lui e lo colpì in pieno volto, scontrandosi
con la cartilagine del suo naso, Mark accusò il colpo stupito, Bill sogghignò mentre
l’altro si portava incredulo una mano al naso da cui scendeva copioso del
sangue.
“Bastardo!” urlò Mark.
Gli occhi del biondo erano accesi di furia omicida quando si
lanciò verso di lui.
Iniziò una rissa da strada, Bill cercava di evitare i colpi,
l’altro era decisamente più forte di lui che colpiva a casaccio cercando di
fargli male.
-Avrei dovuto fare più
palestra!- pensò sentendosi in bocca il gusto dolciastro del sangue.
Fu un miracolo riuscire a colpirlo ai genitali, il ragazzo
si accartocciò su se stesso, boccheggiando, Bill si asciugò il sangue.
Fu una gioia di breve durata, vide che si infilò una mano in
tasca e con un rapido monumento estrasse qualcosa, altrettanto rapidamente,
qualcuno si parò davanti a lui.
Leila.
Il rumore dello sparo e la pallottola che fischiò accanto a
lui rallentarono la sua percezione del tempo.
Vide Leila cadere a rallentatore e si sentì urlare.
Mark scattò verso la porta, Bill era paralizzato, cercò di
darsi una svegliata ma il suo corpo non collaborava.
Doveva fermarlo o doveva aiutare lei?
Sentì la porta aprirsie altre voci nella stanza miste a rumori di colluttazione.
Chi c’era?
Fu solo il flebile lamento della ragazza a riscuoterlo, si
mosse e si inginocchiò davanti a lei, innaturalmente pallida.
L’aveva colpita alla spalla.
“Mi ha preso solo di striscio.” Mormorò.
“Non parlare!” disse concitato lui e con la sua felpa
tamponò l’emorragia.
Una mano si appoggiò alla sua spalla, seppe di chi era ancor
prima che questa persona parlasse.
Era Tom.
“Bill, David l’ha fermato! Ora chiamo la polizia ed
un’ambulanza!”
Bill annuì.
“Leila, Piccola, mi senti?”
“Si.”
“Tomi chiamerà un’ambulanza, andrà tutto bene.”
Lei annuì e tentò di sorridere.
“Grazie!”
“Figurati.” Mormorò lui.
Avrebbe voluto dirle tante cose, come ad esempio perché non
gli avesse parlato, ma decise di rimandare tutto.
Lei doveva salvarsi e non affaticarsi a rispondere ai suoi
quesiti!
Il moro aveva paura, paura che tutto finisse male.
Sentì David passare accanto a lui ed entrare in camera di David,
stava frugando alla ricerca di qualcosa, ma cosa?
[“Mark la ricatta.
Lui è da sempre
interessato a lei e al momento dice di avere della foto di lei quando
spacciava.
Immagina cosa vuole in
cambio di quelle!
L’altra sera Luca l’ha
beccato con lei… “]
La voce di Shirin gli riportò alla
mente le foto, sperò che il ragazzo le trovasse e che lei non avesse più nulla
da temere da quello.
Tornò in salotto e passò qualcosa a Bill, erano foto.
“Fai in modo di salire sull’ambulanza con lei, in modo che
non ti facciano domande e poi falle sparire!
Bruciale!
Mi hai capito?”
Bill annuì.
“David?” chiese con voce tremante”Ce la farà?”
Il ragazzo si chinò ed esaminò la ferita.
“Penso di si, l’ha presa solo di striscio …” in lontananza
si sentiva il suono delle sirene dell’ambulanza”Stanno arrivando, Bill!
Abbi fiducia! Lei ce la farà!”
Il rasta appoggiò una mano sulla spalla di Bill, che
trattenne le lacrime.
Presto sarebbero arrivati i paramedici e i poliziotti, lui
non voleva farsi vedere debole.
Strinse la mano di Leila per infonderle coraggio e sperò che
quella storia giungesse presto ad una conclusione.
I paramedici irruppero nella stanza, fecero domande un po’ a
tutti per cercare di capire cosa fosse successo, alla fine la portarono via.
Bill li seguì e al momento di salire sull’ambulanza venne
fermato.
“Lei chi è?”
“Sono il suo ragazzo, vi prego fatemi salire!”
Le foto nella tasca della giacca scottavano come non mai.
“D’accordo venga, ma non intralci!”
“Grazie!”
Tirò un sospiro di sollievo.
Mentrei paramedici
si occupavano di Leila lui si estraniò, una volta bruciate le foto e salva lei
cosa sarebbe successo?
Non voleva tornarealla clinica, si sentiva guarito e soprattutto non voleva più lasciarla
sola.
Una cosa del genere non sarebbe più dovuta accadere!
Automaticamente il moro strinse i pugni e soffocò un
ringhio, Mark doveva pagare!
“Non ti preoccupare ragazzo!”
La voce di uno dei paramedici lo fece smettere per guardare
l’uomo.
“L’ha solo presa di striscio, ha perso un po’ di sangue, ma
con dei punti e una trasfusione dovrebbe essere tutto apposto.
Avrebbe potuto finire peggio.”
Bill annuì, incapace di aggiungere altro, quell’uomo aveva
ragione, Leila avrebbe potuto essere morta.
Al suono di quella parla rabbrividì e ringraziò qualunque
cosa ci fosse stata lassù per averlo impedito.
Il viaggio ebbe fine e Leila venne portata al pronto
soccorso e lui venne lasciato nella sala d’attesa, era il momento giusto per
liberarsi delle foto.
Cercò dei bagni esi
chiuse nel cubicolo, poi estrasse quelle foto.
C’era una parte di lui che avrebbe voluto vederle a un’altra
che le incitavaa sbrigarsi, decise di
seguire le seconda ed estrasse un accendino dalla tasca, bruciò il pacchetto e
i negativi e poi le lasciò cadere nel water e tirò l’acqua.
Il futuro di Leila si stava archiviando.
Uscì dal bagno e vide che erano arrivati anche David e Tom.
“Vi Hanno già lasciato andare?”
“Si, hanno detto che torneremo domani a parlare e sentiranno
anche te e Leila se starà meglio.
A proposito, cos’hanno detto sull’ambulanza?”
David era ansioso.
“Che il proiettile l’ha presa di striscio e che dei punti e
una trasfusione dovrebbero bastare, in ogni caso ora dovrebbe arrivare qualcuno
no?”
Il rasta annuì, Bill si sedette accanto a suo fratello.
Rimasero in attesa per una mezz’oretta buona fino a quando
un medico non arrivò ed annunciò loro cheLeila stava bene e che dopo la trasfusione poteva essere dimessa e
tornare l’indomani per dei controlli.
“Non dovreste tenerla in osservazione?” Bill avanzò una
timida protesta.
“La paziente ha voluto essere dimessa.”
“Capisco, è possibile vederla?”
Il medico lo scrutò per un attimo.
“Lasciatela riposare, un’infermiera vi avviserà quando sarà
possibile.
Lei è il signor Bill Kaulitz?”
Lui annuì.
“Dovrebbe seguirmi per fare un prelievo.
Richiesta della polizia, visto il suo essere un
tossicodipendentee l’attività del
ragazzo arrestato, sono necessari accertamenti per ricostruire la dinamica dei
fatti.”
Il ragazzo annuì e seguì il medico che lo lasciò nelle mani
di un’infermiera.
Una volta fatto il prelievo la prova più dura fu sentire su
di se lo sguardo di Tom, il suo gemello era incerto, da una parte sembrava
volesse disperatamente credere che lui fosse pulito, dall’altra il dubbio
c’era.
“Tom sono pulito, credimi.
Non son evaso per farmi!”
“Lo so Bill, vieni qui!”
Lo abbracciò e Bill si sentì più sollevato.
“Mi ha telefonato una ragazza e mi ha spiegato tutto.”
Sussurrò.
“Graziea te Tomi,
per avermi creduto.
Lo so che non è facile.”
Tom non seppe cosa dire, Bill dal canto suo si godette
quell’abbraccio, fino ache non si
staccarono e tornarono a sedersi sulle panchine della sala d’aspetto.
C’era silenzio, nessuno parlava solo David guardava Tom,
chissà perché poi.
“Tom,mi ha detto
Luca che faresti meglio ad andare a casa.”
“Perché?”
“Lene gli ha dettodi
fartelo sapere.”
“Non ho capito.”
“Ha telefonato Luca per sapere di Leila e con lui c’era
anche Lene.
Quando hanno saputo che c’eri anche tu, lei ha detto di
dirti di andare a casa da Francesca.”
Vide Tom irrigidirsi.
“Le è successo qualcosa?”
“Non ha voluto dirmelo.”
Tom scattò in piedi, poi lo guardò e tornò a sedersi.
“Tom se vuoi vai, David rimane no?”
Il rasta annuì.
“Non ti scoccia, Bill?”
“No tranquillo,
è giusto che tu vada,
sei preoccupato per lei.”
“Grazie Bill! Chiamami appena si sa qualcosa.”
Se ne andò e lo lasciò solo con il ragazzo.
“Bill…” disse a un certo punto
David.”Non ti ho ancora ringraziato.”
“Per cosa?”
“Per avere soccorso Leila, se tu non fossi arrivato ….”
Rabbrividirono entrambi.
“Figurati, è la mia ragazza.
È il minimo che possa fare se è nei guai.”
I due rimasero in attesa, di nuovo in silenzio, più
pacificati.
Tom era in ansia.
Troppe cose erano successe quel giorno e non sapeva come
avrebbe reagito alla notizia che Francesca stesse male, ormai teneva a lei.
Ormai le aveva detto che l’amava.
La sua salute e il suo benessere gli stavano a cuore come
quelli di suo fratello.
Parcheggiò sotto casa sua e salì le scale che portavano al
loro appartamento inquieto, sentiva che qualcosa sarebbe successo.
Aprì la portae
nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato trovò le luci spente, questo lo
insospettì, non era da Francesca.
La porta era aperta, quindi era in casa, stava bene?
“Fay?”
chiamò a bassa voce, nessuno rispose.
Fece qualche passo incerto verso il divano e vide che lei
era addormentata, scoperta come al solito.
La coprì, ma quel gesto bastò a svegliarla, Tom tendeva a
dimenticarsi di quanto avesse il sonno leggero.
“Tom! Da quanto sei tornato?” mugugnò Fay
assonnata.
“Da poco.”
“Come sta Bill?”
“Lui bene, è scosso.”
La ragazza si svegliò del tutto.
“Cosa è successo?”
“è scappato perché ha saputo che Mark stava per violentare
la sua ragazza e così era.
L’ha levata dalle sue grinfie, solo che èpartito un colpo di pistola e Leila è rimasta
ferita.”
Francesca impallidì e si portò un mano sulla pancia, era un
gesto strano.
“è grave?”
“No, il proiettile l’ha presa di striscio.”
Ci fu una pausa di silenzio.
“Fay Devi dirmi qualcosa?
Perché ti sei toccata la pancia? Stai bene?”
La ragazza abbassò gli occhi, ma non accennò a togliersi la
mano dalla pancia, al contrario prese fiato.
“Una cosa dovrei dirtela, ma non ho idea di come la
prenderai.”
Tom iniziò a sudare freddo, non gli piaceva quella frase,
temeva che lei lo abbandonasse.
“Avrai notato che sto spesso male…
Che vomito spesso…”
Lui annuì.
“Sono anche molto in ritardo con il ciclo.”
Qualcosa iniziava ad essere più chiaro nella sua mente.
“Ho fatto un test di gravidanza…
ed è positivo.
Temo di essere incinta.”
Tom rimase in silenzio, frastornato dalla notizia, Francesca
non lo guardava, lui poteva sentire la sua paura.
Paura di essere abbandonata.
Paura di rivivere l’inferno della sua famiglia.
Erano anche le sue
paure.
Tom non aveva dimenticato il dolore del divorzio e non avrebbe
voluto infliggerlo ai suoi eventuali e fino a quel momento improbabili figli.
“Da quanto lo sai?”
“Da un paio di giorni… non
riuscivo a trovare il momento adatto per dirtelo.”
Il moro strinse i pugni.
“Come mai Lene lo sa?”
“Era con me il giorno che ho fatto il test, non era mia
intenzione che lei lo sapesse prima di te, lo giuro.
È successo e basta!”
Tom si rilassò, non poteva colpevolizzarla e di sicuro le
doveva una risposta.
“Tom, tu questo bambino lo vuoi?”
Rimase in silenzio a pensare.
La mente gli proiettò l’immagine di un bambino o di una
bambina con i suoi occhi e i capelli della ragazza che lo guardava dolcemente e
lo chiamava:”Papà”.
Cosa sentiva?
Un enorme felicità, del tutto irrazionale, mista a paura, temeva
di non essere un buon padre e di non riuscire a far fronte alle sue
responsabilità.
“Si, ma ho paura.
Ho paura di non essere un buon padre e di deludervi.”
Francesca gli prese una mano, sembrava un pochino
risollevata e meno pallida.
“Anch’io hopaura,
non voglio che mio figlio cresca come sono cresciuta io, ma…
sento già di amarlo.
Non posso farci nulla.
E mi impegnerò al massimo per essere una brava mamma,
nonostante le mie paure.”
Tom fece uno strano sorriso.
“Sei sempre stata quella più forte tra noi.”
I minuti passarono, il calore della mano di Fra continuava
ad essere sopra la sua.
E così sarebbe stato padre
Gli faceva uno strano effetto pensare di avere la
responsabilità di una nuova vita, ma non era del tutto spiacevole, inoltre le
parole di Francesca lo avevano rincuorato.
Era assurdo, ma sapeva che almeno lei ci sarebbe stata per
quel bambino.
“Fay, sono felice e ho paura, posso…? Indicò la pancia.
Lei fece un cenno di assenso e si tirò su maglione e maglia.
“Forse è troppo presto.”
Non gli importava, appoggiò delicato un orecchio sul ventre
della ragazza, era caldo, gli comunicava una sensazione piacevole.
Forse era davvero troppo presto perché non sentì nulla se
non le mani di Fay tra i suoi capelli.
“Andrà tutto bene, ce la faremo!”
Mormorò lui.
E forse era unabugia, ma in fondo c’era anche della verità.
Forse non sarebbe mai stato un padre perfetto, ma ci sarebbe
stato e questo bastò a farlo abbandonare alla felicità che saliva lenta come
un’onda benefica a trascinarlo via.
Al momento tutto era lontano e tutto prometteva di andare
per il meglio.
Non era nemmeno importante il fatto che lui non avesse più
una band e quindi un lavoro.
Ormai quello che contava al momento per lui era quella
piccola vita che c’era dentro la sua donna.
ANGOLO DI LAYLA
Uhm… è finita bene dopotutto no?
Spero vi piaccia^^, a me personalmente è
piaciuto ^^.
Ringrazio per le recensioni:
Utopy : si in effetti i guai seri ci sono, ma Bill
arriva in tempo ad evitare la catastrofe con Mark…
Sperotipiaccia e buonagita^^.
Allaprossima^^
.Pulse:Grazie deicomplimenti.
Ancheio non so se Bill abbiafatto la cosapiùgiusta a scappare,
diciamoche ha prevalsol’istinto.
Forsequalcosa ha risolto,
no?
SonocontentachetuabbiaapprezzatoLene e Fravicine, la verità era che non sapevo chi fare incontrare a Fra(Lo dice lei stessache non ha molteamiche XD) e lene mi è sembrataquellagiusta…ancheperché è la suafuturacognata o giùdili
XD!
Sonocontentachetipiacciano
Gustav e Shirin e sperochetipiacciaquestocapitolo.
alla prossima!
Lady Cassandra:In effetti ho qualcheproblemino a descrivere le scene felici -.-! cistolavorandosopra
(anche se speroche le future scene felicidiquestastoriatiripaghinodituttaquestatragedia ).
Tranquilla per Tom, come vedi
ha reagitobene^^ e devo dire chequella
è una parte che mi è piaciutoscrivere .
Bill e Leila… indubbiamente
Bill ha fattounacazzata, ma almeno è servita a qualcosa, datocheorailviscido è in prigione^^.
Non ciseiandata molto lontana con la scene dituttiipersonaggimaschilicontro Mark XD! C’èmancatopocochesuccedesse.
Le percezioni le arrivavano ovattate, lontane,come se non
fossero sue, tutto si era fermato al dolore che le si era allargato dal braccio
quando Mark l’aveva presa di striscio.
Aveva sentito del liquido caldo colare lungo il braccio, era
sangue e da allora tutto aveva preso contorni indefiniti. L’unica cosa salda
era stata la stretta di Bill e la sua voce.
Tutto il resto, la corsa in ospedale,i punti di sutura, la
trasfusione, era qualcosa di vago e confuso.
Al momento era sdraiata a letto esi sentiva galleggiare, ancora incredula che
tutto fosse finito, Mark era stato arrestato e quelle foto erano sparite.
Era libera.
Eppure si sentiva spaventata, chissà come avrebbe reagito Bill?
L’avrebbe abbandonata?
La rossa non sapeva da dove le venisse quella paura
irrazionale, ma al momento quella era l’unica cosa che fosse riuscita a
penetrare la sua cortina di torpore.
Il sangue della trasfusione scendeva lento dal sacchetto al
tubicino della flebo, Bill dov’era?
Lo voleva al suo fianco!
Sbuffò frustrata.
La porta si aprì poco dopo e il ragazzo entrò, lo sguardo
basso e il corpo teso, si sedette accanto a lei senza fare nulla, la guardava e
basta.
Lei non desiderava altro che lui le prendesse la mano e le
parlasse.
“Perché non me l’hai detto?”
“Avevo paura..” sussurrò lei.”Paura che facesse un cazzata,
non me lo sarei perdonato
Paura che lui ti facesse del male, non avrei retto.
Mi dispiace.”
Lui non disse nulla e si limitò a stringerle una mano , lei
sorrise.
“Adesso è tutto finito, giura che non mi terrai più fuori.”
Leila annuì.
“Giuro.
Avresti dovuto scegliere una persona migliore di me.”
Lui la fulminò con un’occhiata.
“Leila, ti prego, smettila di pensare e comportarti come se
tu per me fossi un peso o un pericolo perché nonlo sei!
Forse avrei fatto meglio ad innamorarmi di un’innocua
modella platinata ed insipida, con un passato limpido e un futuro luminoso.
Sarebbe potuto succedere mille volte e non è successo, sei
stata tu a fare quel miracolo e forse questo indica che contro ogni logica sei
tu quella migliore per me!”
Lei deglutì.
“ E io sono quello giusto per te?
Perché forse è questo il problema …”
Bill la guardava preoccupato, come poteva pensare una cosa
del genere?
Lui era quanto di meglio potesse sperare!
“Si, lo sei .. ma ho paura!”
“Paura di cosa?”
“Paura della nostra diversità, cosa farai adesso?
Cosa ne sarà di noi adesso?”
Lo vide deglutire.
“Io … Dovrò tornare in clinica...
Ho contattato la direttrice, ha detto che per me farà
un’eccezione e che non inizierò tutto daccapo, che ho fatto un bel gesto..”
“Ma noi non potremo vederci più li.”
“Come fai a saperlo?”
“I tuoi occhi:” mormorò lei”Non mi guardi, significa che hai
paura di dirmi qualcosa.”
Bill sospirò e prese ad accarezzarle una mano dolcemente,
facendola tremare, stava bene e stava male sotto quel tocco gentile.
“Ha detto che sei licenziata e che non potrai farmi visita,
dovremo aspettare cinque mesi, il tempo della fine del trattamento, purtroppo.
Poi io sarò fuori…
Ci sarai ancora fra tutto quel tempo? O mi mollerai credendo
di fare la cosa migliore per me?
Se così fosse non ci pensare nemmeno, non sarebbe la cosa
migliore per me stare senza te, ok?
Non dire che lo fai per la mia carriera o per altro perché
non ho più nulla, solo il benservito della casa discografica ela ricerca di una nuova vita.
Dovrò aspettare un po’ prima di poter tornare con la band e
io ci sarò in quel lasso di tempo e anche dopo, sappilo.
Non ti liberi facilmente di me!”
Leila era assolutamente stordita da questo fiume di parole
da non riuscire ad assimilarlo in pieno.
Le stava offrendo una storia seria e non voleva mollarla.
Roba da non crederci.
Lo fissava ad occhi sbarrati, senza riuscire ad articolare
un suono.
“Leila?”
“Io … sono scioccata credo.
Ti rispondo a una cosa per volta, forse è meglio.
Ci sarò ancora tra cinque mesi, avevo pensato di darmi alla
macchia, ma dopo quello che mi hai detto e hai fatto per me, non credo sia una
buona idea.
Arrivati a questo punto nemmeno io saprei fare a meno di te,
sei entrato nella mia vita come un fulmine a ciel serenoe mi sa che non ti schioderai facilmente.
In quanto ai tuoi soldi, carriera e tutto il resto, bhe, al momento ti vorrei anche se fossi povero in canna.
Per la tua carriera musicale, ti auguro di tornare in forma
, per la cronaca, ti aspetterò ogni volta che te ne andrai e , nel caso tu
avessimentito ai giornali, scordati le groupies se vuoi averla ancora una carriera!”
Bill scoppiò a ridere.
“Tranquilla, non ne avrò!
Questo significa che accetti di essere la mia ragazza?”
“Ho altre scelte?” scherzò lei.
“Direi di no!”.
“Allora accetto!” sussurrò sorridendo, mentre la presa sulle
sue mani si faceva più forte.
Un’altra sensazione stava entrando nella sua bolla di
stordimento, era pura gioia, se solo non fosse stata attaccata ad una flebo si
sarebbe messa a saltare per la stanza.
“Posso farti una domanda stupida?”
“Certo.”
“Perché sei venuto? Non hai pensato nemmeno per un attimo
che stessi mandando tutto a puttane?”
Lui rimase in silenzio.
“Si, ci ho pensato, poi però ero talmente incazzato,
desideroso di fargliela pagare a quel bastardo e preoccupato per te che tutto è
passato in secondo piano.
Perché ti sembra così strano che io possa essere preoccupato
e preso da te?”
La voce del ragazzo aveva di nuovo una nota frustrata.
“Io… non lo so è tutto così bello
da farmi paura, solo per questo mi sembra strano.
Non mi era mai capitata una così …”
“Temo ti ci dovrai abitare!”
Si avvicinò piano, si chinò su di lei e le lasciò un bacio a
fior di labbra,
“Quando potrò uscire di qua?”
“Quando avrai finito la trasfusione, comunquedovrebbe passare un medico tra poco.”
Laragazze sorrise.
“Non vedo l’ora di passare un po’ di tempo con te o devi
andartene subito?”
“No, rientro domani mattina, credo però che potremo andare
solo da mio fratello.”
“Non importa, ho voglia di scoprire che gusto ha la
normalità con te.”
Fu il turno del ragazzo sorridere.
“Che bella frase, non me l’aveva mai detta nessuno.
In effetti anch’io sono curioso.”
Rimasero così, a godersi la tranquillità del silenzio,
questa voltail sangue che scendeva non
segnava più il ritmo della sua ansia, si sentiva in pace con il mondo ed erano
anni che non accadeva.
Dopo un tempo indefinito la porta si aprì ed entrò il
dottore, l’uomo la visitò e poi disse che poteva essere dimessa, un’infermiera
arrivò poco dopo a toglierle la flebo.
Si alzò dal letto, si sentiva ancora un po’ stordita, ma
pensava di potercela fare acamminare,
mosse qualche passo incerto e sarebbe sicuramente caduta se Bill non fosse
apparso a sostenerla.
“Avresti dovuto chiamarmi!”
“Scusa, credevo di farcela da sola.”
Lui scosse la testa e le passò un braccio dietro alla
schiena.
“Qualcuno ha chiamato i miei?”
“NO, non li ha chiamati nessuno.”
Rispose un’altra voce.
“David!”
“Mi hai fatto prendere un colpo, ragazzina…
Non fare mai più di testa tua, hai capito?”
“Scusa.”mormorò lei contrita, doveva essere stato molto
frustrante per Dave non potere fare nulla per lei.
“Scuse accettate.”
“A proposito, non avvertire i miei, stasera vorrei dormire
da Bill.”
Lui aggrottò un sopracciglio.
“Hanno tentato di spararti, sarebbe una buona cosa
avvisarli.”
“Glielo dirò domani! Lui domani se ne … va e per un po’ non
potremo vederci.”
“D’accordo!” sopirò David”La vita è tua, fai quello che
ritieni sia meglio!”
La ragazza sorrise , si lasciò abbracciare e se ne andò a
braccetto con Bill.
Appena fuori dall’ospedale chiamò i suoi e disse loro che
quella notte avrebbe dormito da Shirin, loro non
fecero storie.
Chiusa la chiamata si accorse che Bill la guardava serio.
“Forse Dave ha ragione.”
“Togli il forse, ha ragione, ma io non voglio rinunciare
astare con te stasera,se lo dicessi ai
miei sarebbe impossibile per noi farlo.”
“D’accordo.”.
Per arrivare all’appartamento di Bill presero un taxi,
quando arrivarono trovarono le luci al’interno della casa ancora spente.
Fecero qualche passo nel salotto, dopo essersi chiusi la
porta alle spalle, videro Tom e Francesca stesi sul divano che dormivano abbracciati.
Si ritrovarono entrambi a sorridere.
“Che carini che sono!”
“Vero? Sono una coppia ben assortita!
Vuoi farti un doccia? Il medico dice che puoi?”
“Bhe, si mi piacerebbe, ma non ho
un cambio per i vestiti.”
Lui si grattò il mento, valutò la sua figura e poi quella
dell’italiana.
“Uhm forse potresti mettere qualcosa di Fra.”
“Sei sicura che non si offenda?”
“Non credo, adesso ordino una pizza, così dopo puoi prendere
gli antidolorifici.”
“D’accordo.”
Si sentiva incerta, non era da lei muoversi in casa di
estranei ed era vagamente a disagio.
Si avviò verso il bagno, aprì la porta e notò che era
gigantesco, non ne aveva mai visto di bagni del genere.
“Wow” mugugnò sotto voce sperando di non farsi sentire da
luiche stava arrivando con in mano un
cambio di biancheria, jeans e una maglietta.
Il ragazzo uscì dal bagno e lei entrò nella doccia, facendo
attenzione ai punti.
Tom si svegliò con il peso di Francesca addosso.
Era un peso piacevole, lei sembrava serena adesso, lui
invece si sentiva ancora un po’ agitato,ora avrebbe dovuto dirlo a tutti.
Si accorse in quel momento che le luci erano accese, Bill
doveva essere arrivato.
Cercò delicatamente si sfilarsi da sotto la ragazza senza
svegliarla, ma non ciriuscì, Fay aprì gli occhi e lo guardò.
“Ben svegliata, non avrei voluto svegliarti in realtà.”
“Non ti preoccupare, è arrivato Bill?”
Lui annuì, la ragazza si alzò e poi si alzò anche lui,
trovarono Bill in camera loro che stava rovistando nella parte di armadio di
Francesca.
“Ciao Fratè, non sapevo volessi
provare amettere abiti da donna!”
“Che coglione che sei!”
Tom ridacchiò e poi tornò serio.
“Come sta Leila? e perché stai rovistando nell’armadio di
Fra?”
“Leila l’hanno dimessa, al momento è nel bagno di casa
nostra a farsi un doccia e se alla tua ragazza non dispiace vorrei darle i suoi
vestiti.”
“Non ci sono problemi!” esclamò Fay
dietro di lui, poi lo sorpassò e raggiunse Bill.
“Ti do una mano!”
Tom si appoggiò allo stipite della porta e vide la mora allungare
un paio di jeans, una maglietta e una felpa a Bill.
“Avrei voluto vedere con che coraggio avresti frugato tra il
mio intimo!”
Esclamò divertita lei facendo diventare di mille colori il
fratello.
“Scusa, non volevo!”
“Figurati!” alzò le spalle lei.
Gli allungò un paio di mutande, un reggiseno e una
canottiera, Tom si sentì in dovere di andare a dare un’occhiata.
“Con quello che gli hai dato, non concluderà mai niente
ilmio fratellino!”
SI prese una sberla sulla nuca da Bill e un’occhiataccia da Fay, che, accucciata per terra, sembrava volergli dire di
smetterla di fare l’idiota che stava per diventare padre.
“Pensaci Bill, per un bel po’non concluderai più nulla, non vedendola!”
Il fratello si oscurò.
“Credi che io non ci pensi abbastanza?”
Uscì dalla stanza come una furia, facendolo sentire
un’idiota, tanto che dovette abbassare gli occhi davanti allo sguardo di Fay.
“Volevo solo fare un po’ l’idiota! Mi mancava farlo con lui!
È quello con cui mi riesce meglio e che dà più
soddisfazione!”
“Certo, l’incredibile complicità del duo Kaulitz!
Tom, lo so che non volevi ferirlo o sono certa che lo sa
anche lui, solo dovresti scusarti con lui e…”
“E?”
“Io vorrei dirglielo, vorrei che lui fosse il primo a
saperlo insiemea mio fratello.”
Lui le si avvicinò la sollevò da terra e l’abbracciò.
“D’accordo, mia piccola, saggia, Nana.”
La lasciò andare e raggiunse il salotto, dove aspettò che
suo fratello uscisse dal bagno.
“Bill …” Mormorò appena lo vide.”Mi dispiace, volevo solo
fare una battuta, non ho pensato alle conseguenze, scusami!”
“Tranquillo, non è niente
È stata pesante questa giornata e non riesco a pensare di
dover tornare in clinica, tutto qui.”
“Mi dispiace e scusa ancora.”
Si sedettero uno accanto all’altro sul divano.
“Anche io e te non ci vedremo per un po’.”
“Lo so, ma non sarà per sempre.
Presto tornerai a casa e poi e se tu lo vorrai ci
impegneremo con la band.”
Bill sospirò.
“Credo di volerlo, in fondo cantare è l’unica cosa che mi
venga bene e poi ho tutto il tempo di pensarci.”
Rimasero semplicemente così uno accanto all’altro a godere
della presenza reciproca finché non sentirono un tonfo provenire dalla camera
di Tom.
Il ragazzo scattò subito, nonostante l’occhiata perplessa di
Bill, Francesca era stesa a terra.
“Fay!” si inginocchiò al suo
fianco spaventato.”Stai bene?”
“Si, tranquillo, sono solo inciampata!”
Tom la aiutò a rialzarsi , sembrava solo una banale caduta
senza conseguenze, era conscio che il gemello doveva trovare strano quel suo
comportamento, ma non poteva farci nulla, in ogni caso, a cena avrebbe scoperto
perché.
Tornarono di nuovo in salotto, dove trovarono una spaesata
Leila che si guardava attorno, stretta nella felpa di Fay,
ora quella ragazzina gli faceva tenerezza.
Bill si precipitò da lei a convincerla a sedersi sul divano,
Tom notò come fosse pallida.
“Come stai?”
La domanda di Fay, ancora
attaccata al suo braccio lo fece sobbalzare.
“Bhe, potrei stare meglio, ma non
mi lamento.”
“I punti?”
“Tirano e mi fa un po’ male il braccio, ma con degli
antidolorifici passa.
Dopo mangiato li prendo, Bill ha ordinato una pizza.”
La ragazza annuì.
“Sei stata fortunata, te l’ho già detto che sei una delle
ragazze più incoscienti che conosco?”
“SI!” rise lei per poi storcere la bocca in un smorfia di
dolore.
Bill si sedette accanto a lei e la cullò.
“Non ti devi sforzare, hai capito?”
Lei annuì, Tom guardava suo fratello e non riusciva a
ricordare quando fosse stata l’ultima volta che l’aveva visto così felice.
“Leila.” Si decise a prendere la parola alla fine.”Volevo
ringraziarti per aver salvato mio fratello.”
“Figurati, prego, comunque.”
Il suono del campanello interruppe quel momento, Bill scattò
verso la porta, mentre la sua Nana correva ad apparecchiare.
Erano ancora lui e la rossa.
“Tu non puoi capire quanto io ti sia grato, se lui fosse
morto io non avrei saputo cosa fare, sarei impazzito temo.”
“è tutto a posto e ti capisco benissimo.
Ho un fratello e darei la vita per lui.”
Si sorrisero a vicenda, ora anche lei avrebbe potuto
rimanere senza problemi ad ascoltare quello che lui e Fra avevano da dire.
“Ragazzi sono arrivate le pezze!”
L’urlo di Bill lo riportò dritto a un passato e a una
serenità che sapeva di normalità che non sperimentava da troppo tempo, da
quando ancora c’era Francesca nelle loro vite prima di Berlino.
Non importava se suo fratello stesse ancora combattendo
contro la dipendenza, non importava che domani sarebbe tornato in una
clinica,quello che contava era quella sensazione di gioia che non provava da
tempo.
Come se tutte le cose lentamente stessero tornando al loro
posto, dove avrebbero sempre dovuto stare ed altre nuove e piacevoli si
stessero per affacciare nel loro mondo.
Bill portò un tavola quattro cartoni di pizza e delle
patatine, come ai vecchi tempi si accapigliarono per quale fosse la loro, sotto
lo sguardo divertito di Francesca, che altre volte aveva assistito a quegli
spettacoli e a quello vagamente incredulo di Leila.
“Sono fatti così, ti ci dovrai abituare!” esclamò divertita
la mora all’indirizzo della rossa.
Scoppiarono tutti a ridere e poi si buttarono sulle pizze
divorandole, chissà come avrebbe reagito Bill alla notizia?
“Ehi Tomi non ti va più?
Se vuoi la mangio io!”
“Lungi dalla mia pizza, lavandino!”
Esclamò divertito, la finì per evitare altri attacchi del
suo fratellino modalità affamata.
“Sono pieno!”
“Bene Bill! Non credevo riuscissi a contenere tanto cibo in
quella figurina magra che ti ritrovi!” sghignazzò Leila.
“Ora vado a prendere gli antidolorifici!”
La ragazza si alzò ed estrasse una scatola di pastiglie
dalla borsa , ne ingoiò e bevve un bicchier d’acqua per poi tornare ala tavolo.
Tom sentì Francesca stringergli la mano e capì che era il
momento.
“Bene, adesso che ci siamo quasi tutti, io e Fay dovremmo dirvi qualcosa.”
Il silenzio calò sul gruppo, Bill lo guardava cercando di
indovinare cosa fosse successo, senza riuscirci, lo vedeva dall’espressione
frustrata nei suoi occhi.
“Che cosa?”
Bill non aveva resistito.
“Non so come dirlo, perciò scelgo la via più breve.
Francesca è incinta, sarò padre.”
Il silenzio calò sulla tavola.
“Io quindi sarò zio!”
Disse piano Bill, lo conosceva abbastanza da sapere che
presto ci sarebbe stata un’esplosione.
“Si..”
“Che bello! Sono davvero felice per voi!
Cioè.. è un po’ presto, ma sono felice!
Quando uscirò ti aiuterò a scegliere tutto per il bambino o
la bambina!
Anzi, come pensate di chiamarla o chiamarlo?”
Francesca lo guardò stranita.
“Ehm, domani iniziamo a prenotare un’ecografia…
Per i nomi non trovi sia un po’ presto?”
“In effetti… comunque si brinda!
Tomi dov’è lo champagne?”
Tom scosse la testa.
“Non è una buona idea. Tu domani devi tornare in clinica e
latua ragazzaha appena assunto delle medicine.”
“è vero…” si rabbuiò lui.
“Bhe, potremmo brindare con la
coca cola o il the, Bill.
A proposito complimenti ragazzi!” rispose Leila.
Passarono il resto della serata a scherzare, inventare nomi
per il bambino e a rievocare il passato per la gioia di Leila, che in fondo li
conosceva ancora poco.
Smisero quando videro che le due ragazze stavano crollando,
Bill dovette portare Leila in braccio in camera sua e lui Fay.
Tornarono in salotto solo loro due a sistemare sala e
cucina.
“Bill, sei davvero felice?”
“E tu vuoi davvero quel bambino?”
“Si.”
“Bene, allora io sono felice.
Lo sai che ho sempre saputo che avreste fatto coppia e che
sareste stati benissimo insieme.
Sarete dei bravi genitori… un po’
strani, ma bravi.
Non ti preoccupare, andrà bene..
Ci saremo noi ad aiutarvi.”
“Grazie.”
“Figurati.. ora ho un motivo in più per sbrigarmi a tornare .”
Si sorrisero e tornarono nelle rispettive camere.
Fay stava dormendo, lui si spogliò
e la raggiunse..
“Visto che è andato tutto bene?” le disse lui.
“Lo so, ma ho ancora paura Tom.”
“Vieni qui!”
L’abbracciò, attirandola a sé .
“Andrà tutto bene, ce la faremo.
Tranquilla.
Non sempre il passato si ripete.”
Lei si strinse di più a lui.
“Lo spero, voglio godermi questa felicità, questa volta
vorrei che tutto andasse bene.”
Lui la strinse a sé, senza dirle che sperava lo stesso.
Bill entrò nella sua camera, gli fece un effetto strano
rivedere quelle mura dopo più di un mese di lontananza, ma tutto sommato
piacevole.
Leila era stesa a letto in un dormiveglia, lui si sdraiò
accanto a lei.
“Sei tornato!” mugugnò nel sonno.
“Si, piccola, sono qui.”
“Mi abbracci? Mi sono sempre chiesta come fosse stare
abbracciata a te.”
Lui la accontentò subito, anche lui si era chiesto come
fosse abbracciarla in quei mesi.
“Sei morbida!”
L’aveva detto davvero ad alta voce?
“Davvero? Io pensavo di essere uno scheletro!”
L’aveva detto ad alta voce sul serio.
“BHe, per me lo sei!” le accarezzò
piano la pancia.
“Si posso confermarlo.”
Rimase un po’ in silenzio, accarezzandola piano, mentre lei
si accoccolava meglio nel suo abbraccio.
“Come stai?”
“Bene, sono un po’ intontita…
Mi arriva qualche fitta, nonostante gli antidolorifici..”
Seppellì il naso nei suoi capelli.
“Mi dispiace e poi io non ti ho ancora ringraziato.
Ti devo la vita, quella pallottola era per me.”
Lei Provò a guardarlo negli occhi, ma il movimento le faceva
tirare i punti e rinunciò.
“Non mi devi nulla, io l’ho fatto perché…era
giusto così.
Non c ‘è stato un perché preciso, tu sei una persona che amo
ed eri in pericolo, è stato istintivo cercaredi proteggerti.”
Si alzarono entrambi in ginocchio, sul grande letto.
Fu lui a fare il primo passo baciandola piano, impazziva
alla prospettiva che se quella maledetta pallottola non l’avesse sfiorata ma
colpita a quest’ora non avrebbe più potuto farlo.
“Non farmipiù spaventare
così.
Ho pensato che non avrei più potuto vederti e la prospettiva
mi faceva impazzire!”
“Per me è lo stesso! Se solo non avessi questi punti
maledetti ti chiederei di abbracciarmi forte e di fare l’amore con me.”
Lui la strinse, senza esagerare.
“Un motivo in più per aspettarmi , piccoletta.”
“Hai ragione. Non mi ero accorta che avessi tutti questi
tatuaggi.”mormorò cambiando argomento di botto.
Leila gli stava guardando i tatuaggi, la scritta sul torace
e la stella a cinque punte sul bacino.
“I tatuaggi fanno male anni dopo che li hai fatti, ma per
quello che ricordano.”
Lei alzò un sopracciglio.
“Pensavo che questi tatuaggi ti ricordassero qualcosa di
bello, te li sei fatto quando eri nel pieno del successo!”
“Si certo, ma non mi piace ricordare quegli anni.
O meglio mi piace e non mi piace.
Certo, stavo realizzando il mio sogno, ma mi sentivo solo,
parecchio solo.
L’unica ragazza che mi fosse interessata dopo anni,
preferiva mio fratello.”
La ragazza gli accarezzò un braccio.
“è Francesca vero? Ti piaceva lei?”
“Si, mi piaceva lei, ma desso è passata, è anni che è
passata.”
Leila ridacchiò a denti stretti.
“Sei Gelosa!”
“Non sono gelosa! Lo so che hai avuto una vita prima di me.”
“Mi piace se fai la gelosa!” Mugugnò lui ridacchiando”Sa
tanto di normalità!”
Lei sbuffò, ma poi sorrise.
“Anche a me ed è fantastico!
Sembra che tutto quello che c’è stato nel mio e nel tuo
passato sia lontano e non possa ferire o non sia mai esistito.”
“Sarebbe bello !” rispose lui, perdendosi in una visione di
normalità, mentre le accarezzava piano i capelli.
“Bellissimo, ma la realtà è un’altra,godiamoci gli ultimi
istanti di tranquillità, prima che la bolla scoppi.”
Sbadigliò lei, lui la trascinò di nuovo stesa scoprì
entrambi.
“Dormi , devi essere stanchissima, piccola.
Ti, amo Leila.”
“Anch’io ti amo!” mormorò prima di chiudere gli occhi.
La guardava dormire, sembrava tremendamente serena, come se
non avesse vissuto quella giornata, che fosse quello l’effetto che lui le
faceva?
Doveva esserne orgoglioso e in parte lo era, l’altra parte
tornava ossessivamente sul pensiero che per cinque mesi non l’avrebbe più
vista.
Per cinque lunghissimi mesi lei non sarebbe più venuta a
rallegrarlo con la sua presenza, ne si sarebbero più potuti scambiare
confidenze.
-Hai una vaga idea di
quanto mi mancherai, rossa?
Forse si, spero di
mancarti anch’io allo stesso modo. –
Finalmente sentì la stanchezza avere meglio su di lui, le
palpebre farsi pesanti e poi chiudersi.
Cadde in un sonno profondo e tranquillo, come da mesi non
gli capitava.
Forse sognò cose belle, ma al risveglio non ricordava più
nulla, Bill sentiva solo tranquillità dentro di lui.
Cercò di muoversi piano per non svegliare la ragazza, ma non
ci riuscì, Leila si svegliò e si stiracchiò come una gatta.
“è già arrivato il momento?”
“Purtroppo si..”
Si alzò dal letto e lo abbracciò.
“Sono solo cinque mesi, non è per sempre.”
“Lo so, grazie!”
Si avviarono in cucina, Tom e Fay
erano già svegli e stavano litigando.
“Buongiorno! Le vecchie abitudini sono dure a morire, eh
ragazzi?”
“Ben svegliato Bill, ciao Leila.
Non vuole che io venga all’ecografia! Dice che le faccio
ansia!”
Scoppiarono entrambi a ridere davanti all’espressione
palesemente offesa del ragazzo.
“Dai Francesca, lascialo venire!”
“Va bene! Tom ringrazia tuo fratello!”
Il ragazzo con le treccine sbuffò.
“Grazie Bill!”
Tom si sedette al tavolo scuotendo la testa, mentre Bill
ridacchiava divertito.
“La colazione è pronta, seduti ragazzi!”
Francesca servì loro del caffè e delle brioches.
“Sei uscita adesso a prenderle?”
Chiese Bill con la bocca piena.
“Si, perché?”
“Non dovresti nelle tue condizioni!”
“Bill, sono incinta, non malata!”
Frammenti di normalità.
Normalità piacevole.
Normalità che non assaggiava da tempo.
Normalità che non voleva lasciare.
Eppure doveva farlo, per riuscire a guarire del tutto.
Finita la colazione Francesca e Tom uscirono dalla stanza,
lasciandoli soli.
“Adesso dobbiamosalutarci, mi mancherai!”
La ragazza annuì.
“Anche tu mi mancherai!”
La rossa aveva la voce spezzata, non gliel’aveva mai
sentita.
“Tra cinque mesiti
troverò ad aspettarmi, vero?”
“Puoi giurarci.”
SI abbracciarono, la baciò un’ultima colta ed uscì dalla
stanza.
Tom lo aspettava con la chiavi già in mano.
“Ce la farai!”
Tre semplici parole che ebbero il potere di rincuorarlo.
Questa volta ce l’avrebbe fatta davvero.
ANGOLO DI LAYLA
Cioè… un capitolo quasi tutto positivo O.O!
Un record XD!
Spero vi piaccia^^.
Nel discorso di Leila e Bill c’è una citazione
di un verso di canzone, vediamo se qualcuno indovina…
So che Nana lo indovinerà di sicuro XD!
Do la soluzione al prossimo capitolo.
Ciao^^
Una comunicazione di servizio: ho
scritto ad Erika per poter cambiare il mio nick, non
sarà una cosa che avverrà immediatamente, ma prima o poi sarà cambiato in Layla, quindi non vi preoccupate se trovate le mie storie sotto
quel nome.
Anche se so che non vi
preoccuperete.
.Pulse:Sono contenta
che ti sia piaciuto^^
In effetti Bill si deve
essere fatto un male cane alla spalla(inconvenienti del mestiere di eroe XD),
ma al momento sembra averlo dimenticato^^.
Sono contenta che ti
piaccia Fay nel ruolo di mamma, ero piuttosto
indecisa se mettere o meno quella parte XD.
Spero che questo ti
piaccia.
Alla prossima.
Utopy :sono contenta che ti piacciano Bill e Leila *-*! Lui si è fatto malino, ma alla fine ce l’ha fatta
.
Anche io li trovo teneri
insieme ^^.
Fra e Tom sono proprio
incinti XD! Mi piace la definizione incinti, perché sa proprio di cosa che
devono affrontare insieme ( anche se mi fa ridere immaginarmiun Tom con la pancia…
incinto XD).
Spero che questo ti
piaccia, alla prossima^^.
Lady Cassandra:sono contenta che tu non abbia avuto magone e
tristezza questa volta^^.
Da qui in avanti avremo
capitoli sereni, forse fin troppo…XD
Bella l’immagine del tifo
da stadio XD!
Si, Bill ha trovato la sua
strada, che non comprende la droga^^.
Tom e Fra sono davvero
carini,mi è piaciuto descrivere questo momento, anche loro hanno avuto una
conclusione molto positiva.
Spero che questo ti
piaccia.
Alla prossima^^
Ringrazio Schwarz Nana per
aver commentatolo scorso capitolo^^.
Capitolo 34 *** 34) L'Agognato Ritorno Alla Normalità ***
34)
l’agognato
ritorno alla normalità
Era passati cinque mesi da quando Bill era tornato in
clinica e secondo loro lo psicologo che lo seguiva poteva essere dimesso.
Non era certamente finita così, Bill avrebbe dovuto avere un colloquio con
quell’uomo almeno una volta allasettimana, ma per lo meno non era li.
Forse guarito non si sarebbe sentito mai, ma di sicuro si
sentiva più forte.
Aveva dovuto arrivare alla distruzione del suo sogno per
mano sua e allo sfiorare la morte per capirlo.
-Ma ora, almeno questa
parte è finita, presto sarò fuori e potrò rivederli.-
A confermare quanto fosse vicino quel momento era il suo
preparare le valigie, stava rimettendo un pezzo della sua vita, cambiata
dall’esperienza, dentro la sua vita vecchia.
Era sempre stato rapido a fare la valigie, ma quella volta
il moro decise di prendersi il suo tempo, ripose ogni vestito e ogni cosa sua
sparsa nella stanza con esasperante lentezza.
Il ragazzo non aveva mai amato quel cubo bianco, ma
lentamente ci si era affezionato e voleva salutarlo per bene, non aveva in
programma di rivederlo di nuovo.
Addio letto piccolo e testimone di tanti incubi e desideri
di fuga.
Addio pareti bianchi accresci paranoia.
Addio finestra vista parcheggio.
Addio bagno decisamente troppo piccolo per lui.
Quando anche l’ultimo oggetto fu dentro la valigia, si
guardò intorno un’ultima volta, poi chiuse la valigia con un colpo deciso e la
trascinò via.
Bill uscì dalla stanza senza guardarsi indietro, camminando
lungo il corridoio a testa alta, lame di luce solare si proiettavano sul
pavimento mostrando il pulviscolo che ballava e c’era un rumore contenuto come
al solito.
Arrivò finalmente nella hall, aveva già salutato la iena e
la direttrice, quindi non gli rimaneva che aspettare Tom.
Sprofondò in una poltrona con la valigia accanto a lui ed
attese.
Vederlo una volta a settimana era stato un supplizio, perché
poteva sentire la sua felicità per la pancia della ragazza di Tom che cresceva
sempre di più e non poteva gioirne pienamente.
Lo stesso discorso valeva per Francesca.
Bill vedeva i suoi lineamenti, che erano sempre stati un po’
spigolosi , addolcirsi e il suo colorito diventare più roseo, quella gravidanza
le stava facendo bene.
Il ragazzo rifletté che doveva essere per la storia che il
tempo era una ruota che girava, forse Francesca cercava di farla girare in modo
diverso rispetto a quello che era toccato a lei, tanti anni prima.
La porta scorrevole della clinica si aprì ed entrò suo
fratello con Fay, la pancia iniziava a vedersi adesso,
come al solito quei due stavano litigando.
“Ciao ragazzi! Mi dispiace interrompere le vostre liti, ma
io vorrei andare a casa!”
Scoppiò a ridere come un demente, lasciandoli spiazzati.
“Ciao Bill, ma che hai da ridere?” azzardò Tom.
“Niente, è che voi non cambiate mai!Siete sempre pronti a
litigare per ogni cosa.”
“è il nostro modo di dimostrarci affetto, che vuoi farci?”
I due gemelli scoppiarono a ridere davanti all’affermazione
della mora.
“In effetti hai ragione! Ora posso abbracciarti Bill?”
“Ma non lo so… è solo cinque mesi
che non ci vediamo decentemente …
Certo che mi devi abbracciare, idiota di un fratello! Cosa
aspettavi ? la domanda scritta?”
Finalmente Tom lo abbracciò, gli era mancato tutto.
Lui, l’allegria, la spensieratezza e lo scambiarsi battute
acide.
Gli era mancata la sensazione di famiglia che aveva.
Famiglia.
Forse era arrivato il momento di fare una visita a sua madre
e al patrigno.
“Mi sei mancato, Bill.
Dico davvero!”
“Anche tu mi sei mancato, ma ora sono qui e ho intenzione di
stressarti fino a farti rimpiangere quei giorni dove non c’ero.
Che bello sarò zio!
Sapete già se è un maschio o una femmina?”
Esclamò eccitato, cambiando argomento.
“A questo proposito,… Oggi abbiamo un’ecografia dopo che ti
avremo lasciato a casa.”
“Ma io vorrei venire!”
“Meglio di no, Bill!”
Tom si allontanò con la valigia, lasciandolo perplesso.
“Ma perché no, Fay?”
La ragazza sospirò.
“Tuo fratello è una frana, si fa sgamare sempre.
A casa ti aspetta una sorpresa, noi saremmo felicissimi se
tu venissi.”
“Una sorpresa?!”
Bill avrebbe voluto chiedere quale, ma sapeva che non
sarebbe stato appropriato, era un ragazzo di ventidue anni, non un bambino di
cinque!
Tuttavia, nonostante questo, la sua mente cominciò febbrile
a lavorare per potere capire cosa si sarebbe dovuto aspettare.
Un flash gli attraversò il cervello: Leila.
La rossa non era venuta con Fay e
Tom, sperò che la sorpresa fosse lei.
“Adesso che ci penso non ho ancora fatto una cosa …”
La abbracciò di slancio.
“Mi sei mancata pazzoide!”
Le accarezzò la pancia.
“Sono contento di questo.
Davvero.
Finalmente mio fratello ha messo la testaa posto e vi siete trovati, l’ho sempre
saputo che eravate destinati a stare insieme!”
La ragazza sorrise.
“Grazie, non sai quanto mi faccia piacere sentirmelo dire …
A volte penso che la mia vita sia stata tutta una corsa
verso di lui e verso questo bambino.
Prima eravamo entrambi troppo orgogliosi e piccoli per
ammettere di piacerci, poi quando qualcosa si è sbloccato prima perché non
potevo io, poi per lui tutto si è dissolto di nuovo.
Forse eravamo davvero destinati a ritrovarci.”
“Che pensiero profondo, comunque anch’io sono convinto della
stessa cosa e non sai quanto io sia felice di non essermi sbagliato.
Ora andiamo o Tom penserà che gli ho rapito la ragazza
incinta!”
Lei rise e si lasciò afferrare la mano e trascinare via.
La ragazzina diffidente, scontrosa ed ossuta era diventata
una splendida giovane donna e lui non poteva che esserne felice.
Uscirono insieme dalla clinica e trovarono Tom appoggiato
alla sua Cadillac.
“Meno male! Vi davo per dispersi!”
I due risero.
“No, fratello, tranquillo che non ti liberi di me!”
“Lo spero!”
Salirono in macchina e Tom mise in moto.
“Se è maschio come lo chiamate?”
“Sami!”
“Antonio!”
Risposero all’unisono i due interessati.
“Ok … e se è femmina?”
“Sonia!”
“Simone!”
Bill sospirò e decise di lasciar perdere.
“Ok, vedremo dopo, quando sapremo se è maschio o femmina.”
I due annuirono, Tom sembrava nervoso, chissà come si
sentiva in mezzo a tutte quelle emozioni così intense e contrastanti.
Ne avrebbero parlato quella sera, ora potevano farlo e lui
si sentiva terribilmente felice.
“Bill siamo arrivati! A dopo fratello!”
Il ragazzo li salutò e scese, entrò nel condominio , sentiva
di avere il batticuore.
Salì le scale piano, un gradino alla volta, tentando di
calmare il rombo furioso del suo cuore, con lunghi respiri profondi.
Arrivò davanti alla porta , infilò le chiavi nella
serratura, il rumore gli giungeva amplificato, fino a quando non abbassò la maniglia
ed entrò.
Mosse qualche passo incertoe si trovò Leila davanti con i soliti jeans stinti e una maglia
scollata, gli sorrideva timida.
“Come vedi non sono scappata!”
“Oh Leila!”
L’abbracciò e la bacio, come gli era mancata quella
morbidezza e il giocare con la sua lingua!
La ragazza lo strinse di più a se e affondò le mani nei suoi
capelli.
Questo accese una frenesia in lui, quei mesi senza lei , lunghi ed insopportabile
stava iniziando a dare i suoi frutti.
Le sue mani scorrevano sul corpo di lei, mentre si
spostavano verso la camera da letto, lei ricambiava, aumentando la sua voglia
di lei, la sua eccitazione.
Si ritrovarono nudi, le sue mani e la sua bocca erano
dappertutto sul suo corpo, fino a che non entrò in lei.
Spinte lente e profonde accompagnate dai gemiti di entrambi,
stava impazzendo.
Velocizzò il ritmo e vennero entrambi, lui crollò su di lei
che lo abbracciò.
Rimasero cos’ senza fare nulla per un po’ , solo a sentire i
respiri uno dell’altro.
Era un momento di intimità che non si erano permessi
raramente e fu dolce poterlo fare.
“Mi sei mancato, non te ne andare!”
Sussurrò Leila, la voce stranamente dolce.
“Non te ne andare nemmeno tu, ti amo!”
“Anch’io!”
Il moro rimase così a farsi coccolare da lei, come aveva
sognato in quei mesi.
Il ragazzo si sentiva completo, sembrava che lentamente
tutto stesse andando al suo posto, come se il puzzle della sua vita si fosse
ricomposto.
Tom era felice, aveva ritrovato Francesca e un suo
equilibrio, luiaveva riempito quel
vuoto causato dalla mancanza di qualcuno da amare, l’unico neo era la sua
carriera, ma al momento era solo una macchia lontana.
Ci sarebbe stato un momento in cui avrebbe dovuto
affrontarla, ma non era ancora giunto.
“Dove sono tuo fratello e la sua ragazza?”
La domanda di Leila gli giunse da lontano, si stava
addormentando.
“A fare un’ecografia al bambino.”
“Quando tornano?”
“Non lo so …”
“Come non lo sai!” la ragazza si mosse di scatto e lui si
senti in dovere di bloccarla e tranquillizzarla.
“Ehi che succede?”
“Non vorrei che …”
“Ci beccassero? “
“Bhe si, sarebbe imbarazzante!”
Bill scoppiò a ridere.
“Tom è abituato a ben altre cose più imbarazzanti.”
“Oddio, mi devo preoccupare?”
“No, Rilassati..
Ti ho aspettata per cinque mesi, ogni singolo giorno a
chiedermi se ti avrei rivista o no, per favore stiamo ancora un po’ così!”
“D’accordo, se fai così il dolce non posso resisterti..
scommetto che ti sei allenato anni per fare lo sguardo cuccioloso
che mi hai appena rifilato.”
Lui rise.
“Ossì tesoro! Anni e anni con Tom
come cavia …”
“Poverino, cosa stai tentando di dirmi?
Che mi aspetta la stessa sorte?”
“Si…”
“Oddio, forse è meglio che me ne vada e metta in salvo
lamia anima!”
“Che idiota che sei Leila!”
Risero insieme, poi finironoper addormentarsi vinti dalla stanchezza.
Come la prima volta che dormì con lei fu un sonno piacevole,
senza incubi da cui si svegliò riposato.
Peccato fossero stati i rumori del ritorno di Tom e Fay a svegliarlo e più precisamente i loro litigi.
“Ma possibile che debbano litigare sempre?” mugugnò svegliando la sua ragazza.
“Che hai detto?”biascicò lei.
“Che sono arrivati i due disturbatori della quiete
pubblica!”
La rossa scattò in piedi e si rivestì in fretta e furia, lui
se la prese con calma.
Uscirono mano nella mano, trovandosi davanti lo spettacolo
di un Tom gesticolante e di una Francesca che lo guardava con le mani
appoggiate ai fianchi semi divertita.
“Perché non posso chiamarlo Samy?”
“Perché io vorrei chiamarlo come mio padre!
Ciao Bill, Leila, vi va bene la pasta perpranzo?”
Tom si girò di scatto.
“Ciao ragazzi!”
“è un maschio?” chiese trepidante Bill.
“Si, fratello … Avremo un piccolo Kaulitz
che gira per casa tra un po’!”
Bill batté le mani entusiasta, Leila sorrise.
“Che bello ragazzi! Sono troppo felice!”
Si lanciò su di loro a stritolarli in un abraccio di gruppo,
poi tese un mano verso la rossa.
“Forza vieni anche tu!”
La ragazza si avvicinò titubante, ma poi sembrò felice di
essere schiacciata e compressa da quei
pazzi confusionari.
“Tom l’hai detto a mamma?”
Il ragazzo si grattò la nuca.
“No, pensavamo di andarci nei prossimi giorni e dirglielo di
persona, vuoi venire anche tu?”
“Penso che sia arrivato il momento di rivederli …”
Bill e Tom si scambiarono un’occhiata eloquente,sapevano che
non sarebbe stato facile parlare di tutte quelle novità a Simone, qualsiasi
madre, anche una comprensiva come la loro, avrebbe preso un colpo.
Si accorsero di essere rimasto soli in salotto, Fay e Leila erano in cucina.
“Sembra vadano d’accordo…”
“Meglio no? Dai adesso prepariamo la tavola, almeno non
saremo inutili.”
Preparare la tavola insieme fu come ritornare all’’infanzia
quando Simone dava loro quel compito, fu come ritrovare piano piano la loro unione.
“Che bravi! Avete già apparecchiato!”
“Sai Nana, io posso stupirti se voglio!”
“Non ne dubito! Già questo..”Si toccò la pancia”è un regalo
stupefacente!”
“Scema!”
Bill scoppiò a ridere.
“Ridi ridi! Sempre a darvi manforte voi!”
Suo fratello fece il finto offeso ed incrociò le braccia al
petto, ottenendo l’effetto di far scoppiare a ridere lui e Francesca.
“Dai sediamoci a tavola, è meglio!”
Annuirono tutti e Bill si beò di quella sensazione di
famiglia, era semplicemente fantastica.
Tom era felice.
Dopo tanto tempo si sentiva completo, come se tutti i pezzi
del puzzle della sua vita fossero andati al loro posto.
C’era Francesca accanto a lui e presto sarebbe diventato
padre, Bill era apparentemente guarito e aveva trovato l’amore, cosa poteva
volere di più?
Forse che anche la band andasse bene, ma non poteva ottenere
tutto ed era certo che con il tempo e l’impegno anche quello si sarebbe
sistemato.
Francesca servì la pasta e per un po’ nessuno parlò.
“Cosa hanno detto Georg e Gustav della tua gravidanza?”
“Georg è rimasto shoccato !”
“Davvero?”
Bill sgranò gli occhi.
“Si, era incredulo, poi è scoppiato a ridere e ha fatto le
congratulazioni a Tom,augurandogli che fosse una femmina.”
“Perché di grazia?”
“In modo da poter riflettere su come abbia trattato le sue
ragazze prima di me!”
Ripose divertita la mora.
“Non è da Georg..”
“No, infatti … quel poverino deve essere impazzito.”
Rispose Tom.
“Hai fatto impazzire il nostro bassista, e Gustav?”
Bill era curioso di sentire la reazione dell’altro amico.
“Lui ha fatto i complimenti.”
“Bene, unonormale
c’è.”
La pasta era finita, passarono a frutta e dolce.
“Bill … ti andrebbe di vederli?”
“E me lo chiedi? Certo!”
Tom sorrise, che bello riavere suo fratello a casa!
“Allora stasera li invito qui!”
“Evviva! Mi sono mancati anche loro!”
Si sorrisero, c’era un senso di pace su quella tavolata e
Tom considerava miracolo il fatto che ci fosse.
C’erano stati dei momenti in cui credeva non ci sarebbero
più stati momenti come quello che stava vivendo, credeva che ormai la spirale
autodistruttiva che era stata imboccata fosse senza ritorno.
Era lieto di essersi sbagliato.
Vedere il sorriso di Bill, luminoso come ai vecchi tempi,
verso lui, Francesca e quella ragazzina strana ed impertinenteera una cosa in grado di scaldargli il cuore
e far passare in secondo piano tutto l’anno negativo che avevano vissuto.
“IO sono pieno … Manca solo il caffè.
Complimenti Francesca.”
“Era solo una semplice pasta …”
“No, Francesca non lo era o meglio non era solo questo.
Per me era un ritorno al passato, a prima di quest’anno e
sapeva di famiglia e di.. affetto.”
Tom vide suo fratello e le due ragazze arrossire e di sicuro
anche lui doveva avere le guance imporporate dato il calore che sentiva.
La frase di Bill aveva toccato tutti.
“Grazie Bill.. ci hai detto una cosa bellissima..
Io non ho parole.”lL voce di Fay era incrinata, le lacrime minacciavano di scendere, Tom
le strinse la mano, non l’aveva mai vista così emotiva.
“Scusate, credo che la gravidanza mi stia fottendo l’umore,
vado in camera.”
La mora si alzò precipitosamente.
“Non dovresti seguirla?” chiese sbigottito Bill.
“Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo.”
Leila si alzò da tavola anche lei e sorrise.
“Credo che sia arrivato il momento che vi lasci soli.”
Il suo fratellino si alzò a sua volta, l’abbracciò , le
sussurrò qualcosa all’orecchio, la baciò e poi lei se ne andò.
Rimasero soli, solo loro due come ai vecchi tempi.
“Sai …”Iniziò Tom reticente” Credevo che una cosa come
questa potesse non succedere mai più …
È stato difficile credere, lasciarsi tutti i dubbi alle
spalle e pensare che tu saresti tornatonei
tempi bui, ma ora sono contento di averlo fatto.
Sono contento di riavere il mio fratellino, quello che non
su considera un peso e cerca aiuto in altro.
Sono felice … io … mi sei mancato!”
Tom Era arrossito di nuovo e si era bloccato , era sempre
stato Bill quello bravo con le parole.
“Tom, vieni qui !”
Lo abbracciò.
“Anche a me sono mancato, sei mancato, mi siete mancati
tutti!
Vi ringrazio per non avermi mai mollato, nemmeno quando
sembrava che avessi toccato il fondo.
Non sapete quanto vi devo.”
Erano commossi tutti e due, due ragazzoni di ventidue anni
con i lucciconi che si stringevano forte come quando erano bambini e avevano
tutto il mondo contro.
Era una bella sensazione.
“Ora sei qui e non te
ne andrai e questo mi basta!”
“Vai da Francesca adesso, sarà anche normale, ma è incinta e
mi piace pensare che abbia bisogno di te.”
Tom sorrise, finalmente la sua parte saggia era tornata.
“Hai ragione,ora vado!”
Si staccò a malincuore da Bill e raggiunse la sua ragazzi
camera, Fay era stesa sul letto.
“Ehi Nana, tutto bene?”
“Si, crisi di ormoni dovuta alla gravidanza , non ti
preoccupare.
Tu e Bill?”
Si sedette sul letto e poi si stese accanto, abbracciandola.
“Abbiamo chiarito, è tutto apposto, come se il tempo fosse
tornato indietro …”
“Non è il tempo che torna indietro, siamo noi che diamo una
seconda possibilità alle persone.”
“Come sei saggia.”
“Certo. È la gravidanza e vorrei un premio … ti spiacerebbe
coccolare questa povera donna incinta?”
“Certo che no… basta che non mi
costringa ad uscire per assecondare le sue voglie perverse!”
Lei rimase un attimo a riflettere.
“Però ….. sai Tom che mi è venuta voglia di cocco?”
“No, dai Fay!”
“Si, Tom ! Voglio un cocco!
Non vorrai che tuo figlio nasca con una gigantesca macchia
marrone?”
Tom si alzò a malincuore, borbottando a bassa voce, afferrò
una giacca, stava per uscire quando la ragazza lo chiamò.
“Ehi Medusa, guarda che scherzavo! Vieni qui!”
Tom mollò istantaneamente la giacca e si lanciò sul letto,
iniziando a fare il solletico alla ragazza.
“ Me la paghi Girardi!Me la paghi!”
Le rideva divertita fino a che lui non si accorse di essere
finito praticamente a cavalcionisu di
lei, rossa e ancora ansante per le risate.
Bellissima.
Fu la decisione di un attimo smettere con la guerra e
baciarla, la sua piccola Nana isterica!
“Pensavo fossi incazzato con me.” lo stuzzicò quando si
staccò.
“Lo sono, vedi di non farmi arrabbiare ancora di più!
Potrei punirti!”
“Non lo farai, c’è di la tuo fratello, non te lo
permetterei!”
Sgusciò via da lui, che scoppiò a ridere ricadendo sul
letto.
“Sei crudele! Vieni almeno qui!”
“E se ti dicessi di no?”
“Mi alzerei e ti verrei a prendere!”
Lei sospirò.
“Eccomi! Siamo proprio tornati alla normalità!”
“La cosa ti dispiace?”
“Al contrario! Penso sia un buon clima per il bambino!”
“Non possiamo chiamarlo Samy?”
“No, ma ho elaborato un piano!”
Lui si appoggiò a un gomito e la scrutò, non sapeva perché
ma lo preoccupava l’dea che lei avesse un piano.
“Lo chiamano Derek, ti va?”
“Questo si chiama terza opzione!”
“è tutto quello che sono disposta a concederti.”
“Tze! È proprio vero che le donne
comandano loro a casa!
D’accordo, te lo concedo, vada per Derek detto Samy!”
“Da te!Come diminutivo non c’azzecca!”
Tom sbuffò, mentre la porta si apriva e Bill faceva capolino
dallo stipite della porta.
“Ho chiamato i ragazzi, hanno detto che verranno, voi avete
deciso il nome?”
“Come facevi a sapere che stavamo decidendo il nome!”
“Tom Ha urlato un Samy a un certo
punto.”
Fay scoppiò a ridere come una
demente, lui la guardò scocciato.
“Si abbiamo deciso, Derek.”
“Che Nome importante!”
“Certo, io sono importante e lui deve esserlo come me!”
“BlablablaTomi…
Gus ha detto che porterà la sua ragazza e Georg sua sorella,
io porterò Leila.”
“Io Fra non laporto
è già qui!”
“Battutona Tom!”
E per la prima volta Tom era contento pesino di farsi
prendere in giro, significa che tutto stava tornando alla normalità e che quel
lungo periodo buio stava finendo, la luce era arrivata.
Passarono il resto del pomeriggio a chiacchierare e
cazzeggiare, fino a che Fay non si decise a preparare
la cena.
Cotolette alla milanese e patatine fritte per tutti.
Altra normalità che scorreva placida, ad indicare che la
felicità stava nelle piccole cose.
Alle sette mezza il campanello suonò ed entrarono sei
persone nell’appartamenti, allegre e vocianti.
Georg era accompagnato da una ragazzina dai capelli ramati
illuminati da ciocche blu elettrico, doveva essere Lene, la sua sorellina e
reggeva una cassa di birra che lui gli aveva chiesto di portare.
Gustav era insieme a una ragazza dalle lunghe treccine nere,
la famosa Shirin, che Leila sembrava conoscere bene,
dato come ci stava chiacchierando animatamente e aveva portato una torta,
In ultima c’era Luca, il fratello di Francesca e fidanzato
di Lene, che sembrava un po’ sperduto e con un mazzo di fiori in mano che
consegnò alla sorella.
Anche Bill sembrava sperduto, piccolo e confuso, quel
sorriso traboccante di felicità fece stringere il cuore di Tom.
Gustav e Georg lo abbracciarono e gli diedero pacche sulle
spalle.
“Bentornato acasa
Pertica! Come stai?”
Georg era stato il primo a parlare, rompendo il ghiaccio.
“Bene, adesso che vi ho visti meglio.
Chi sono quelle due ragazze?” chiese Georg curioso”Georg non
avrai rotto con Christine?”
Il ramato scoppiò a ridere divertito.
“Ma va! Questa è Lene, mia sorella!
Lene, questo è Bill,
il nostro cantante!”
La ragazzina sembrava timida, era arrossita e non guardava
Bill negli occhi,mentre lui le porgeva la mano sorridendo.
“Piacere di conoscerti!”
Finalmente lei si decise a guardarlo e sorrise.
“Piacere mio, ero curiosa di conoscere gli amici di mio
fratello!”
“Ti piacciamo? Ah, io sono Tom!” il ragazzo con le treccine
intervenne deciso nella conversazione.
“Sul musicalmente Georg ci sta lavorando, sul personale …
Adoro Gustav, Bill sembra simpatico e non saprei che dire su di te, visto che
ti vedo adesso per la prima volta!”
“Che ragazzina impertinente!”
“Da che pulpito viene la predica e dire che stai per
diventare padre!”
“Colpito ed affondato Tom! Hai trovato pane per i tuoi denti!”
sghignazzò Georg.
“E dire che sembrava timida!”
“Hai scelto la parola giusta! Sembro, non sono!”
“Va bene! Aaaalt!”
Francesca intervenne nel loro scontro.
“Gustav perché nonci
presenti la tua ragazza?”
Il batterista ridacchiò incrociando lo sguardo di Fra.
“Certo, lei è Shirin!”
“Ciao a tutti!” trillò sorridendo.
“Direi che ora potremmo sederci a tavola.”
Francesca li fece accomodare a tavola, Tom notò lo sguardo
malinconico della ragazza di Gustav alla pancia di Fay
e Leila che le batté una mano sulla spalla.
Lei era la ragazza che aveva dovuto abortire si ricordò, era
ovvio che guardasse con rimpianto Fay che aveva
potuto portare avanti quella gravidanza.
Leila si guardava attorno .
Non si sarebbe abituata facilmente alla felicità e alla
sensazione di essere a suo agio che stava provando, lei considerava già un
miracolo Bill.
Bill che aveva scelto lei.
Guardava Shirin, era da anni che
non la vedeva così felice e non poteva che essere contenta che tutto questo
fosse dovuto al suo ragazzo e ai suoi amici..
“Fammi capire, le stai insegnando a suonare il basso Georg?”
La domanda di Bill e soprattutto il suo tono le strapparono
una risatina.
“Certo! Cosa c’è di strano?”
“Hai mai pensato che potrebbe diventare più brava di te?
Mmm! Dovremmo prenderla in
considerazione quando la band ritornerà.”
“Ma vai a cagare Tom!” Si risentì il bassista.”Forse
dovremmo pensare a cambiare il chitarrista, il suo ego potrebbe minacciare la
nostra vita!”
“Ehi, dove lo trovi uno figo come
me e che fa così pendant con Bill?”
Rispose a tono il chitarrista.
“Tze! È una vita che tiri in ballo
quella buon’anima di tuo fratello per salvarti il culo!”
“Georg!” intervenne Francesca”Ti ricordo che io sono
incinta! Non vorrai privare del lavoro il padre del mio piccolino?”
“Kaulitz! Sono ventidue anni che
cadi in piedi lo sai?”
“Lo so… talento naturale, non
invidiarmelo!”
Georg sbuffò in modo teatrale.
“Chi te lo invidia?”
“Ragazzi, non vorrei fare il guastafeste…
ma cosa vogliamo fare con la band?
Siamo senza etichetta.”
Tom finì la sua birra e prese la parola.
“Io direi di aspettare dopo che Francesca avrà partorito,
poi ci daremo da fare… siete d’accordo?”
Gli altri annuirono, Bill abbassò gli occhi, Leila gli
strinse la mano, sapeva cosa stava passando nella sua mente.
“Ragazzi io esco a fumare,ok?”
Gli altri annuirono, Leila si alzò a sua volta e lo seguì.
Non appena varcò la soglia della portafinestra lo trovò
appoggiato alla balaustra con lo sguardo perso nel vuoto.
“Heii.”
“Se io non avessi iniziato a tirare a quest’ora non saremmo
senza contratto…”
Lo abbracciò da dietro.
“Bill il passato è passato, non lo puoi cambiare.
Dovresti ringraziare che nonostante tutto siano ancora tutti
qui pronti a sostenerti, nessuno ti ha abbandonato, non è fantastico questo?”
“Si lo è.”
“Allora siine felice, non sei solo, hai della gente disposta
ad aiutarti a ricominciare, e il miglior modo che hai per ripagarli non è
piangerti addosso, ma darti da fare.
Io sono convinta che ce la farai e se vorrai potrai appoggiarti
a me sempre.”
Lo sentì sorridere e una nuvoletta di fumo si alzò nella
sera limpida.
“Hai ragione. Non so come farei senza di te, ma ce la posso
fare.
Grazie.”
Leila sorrise, non sarebbe stato facile, ma era certa che
d’ora in pi tutto sarebbe andato meglio in qualche modo.
ANGOLO DI LAYLA
Nome cambiatoXD.
Capitolo decisamente positivo e ci stiamo
avvicinando alla fine^^.
Capitolo 35 *** 35) Il Mio Ritorno A Casa Passa Attraverso Te-Fratelli ***
A Black Down TH.
Grazie
per avermi dato l’idea, collega.
Spero ti
piaccia^^.
35)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-Fratelli
Francesca guardava fuori dal piccolo oblò del aereo, Tom
dormiva accanto alei, Derek invece dormiva
beato tra le sue braccia.
Alla fine, a distanza di un anno , Tom era riuscito a farsi
piacere quel nome per suo figlio, un maschietto di dieci mesi .
Nonostante l’apparente tranquillità era energia allo stato
puro che aveva ereditato da Tom insieme a quegli occhi nocciola in cui aveva
amato perdersi e con dei capelli corvini
che aveva ereditato da lei.
Bill era orgoglioso che somigliasse a lui ed era una cosa
che ne lei ne Tom capivano fino in fondo, avrebbe dovuto chiederglielo ora che
quei tornadi stavano dormendo.
O forse poteva aspettare ancora un attimo e guardare quelle nuvole
chiare che scorrevano sotto di lei.
Stava tornando in Sicilia dopo sette anni, anni in cui non
aveva più avuto contatti con nessuno, ne con i suoi nonni ne con suo padre.
Pensava che non ci sarebbe tornata mai, invece era lì con la
mano stretta in quella del suo uomo addormentato a pensare che la vita era
strana.
Strana nel modo in cui ripresentava i suoi conti dopo anni,
nella forma di una telefonata ricevuta un mese prima da parte di suo padre
Antonio.
Era stato un piccolo trauma per leirisentire quella voce, ora bassa e roca, le
aveva fatto tornare alla mente tanti ricordi, alcuni per nulla piacevoli.
[Erano circa le otto
di sera, in casa c’erano solo lei e Tom, Bill se l’era filata prima di cena per
uscire con la sua ragazza.
Era un uomo fortunato
, in un certo senso, suo cognato, pensò in modo incoerente la mora guardando
suo figlio che sguazzava nella vasca, lavandola da capo a piedi.
Dove la trovava tutta
quell’energia un bambino così piccolo?
-Somiglia a Tom,
questo di base!-
Da lontano sentì lo
squillo del telefono invadere l’appartamento e lei non poteva certo rispondere
conciata com’era e abbandonare il bambino a sé stesso.
“Toooom
rispondi!” urlò come una scaricatrice di porto e riprese a fare il bagno al
cucciolo di casa.
Cinque minuti dopo il
ragazzo era sullo stipite della porta con una strana espressione.
“Che c’è?”
“C’è un uomo che ti
cerca al telefono, sto io con il bambino.”
Lei annuì stranita,
chi diavolo era?
Rispose con il cuore
in gola, non era preparata a risentire quella voce.
“Ciao Fay, sono io, papà.”
Strinse più forte la
cornetta.
“Ciao…
come stai?”
Com’era difficile
iniziare una conversazione con lui dopo tanti anni.
“Sono uscita dal
carcere, piccola.
Lo so che non ho alcun
diritto di chiederlo ne a te ne ai tuoi fratelli, ma mi piacerebbe vedervi e se
ti fa piacere porta anche il tuo ragazzo , i tuoi amici …” lo sentì trattenere
il fiato”e mio nipote.”
“Mi dispiace di non
avertelo potuto dire.”
“Non ti preoccupare ci
ha pensato tua madre”
Non voleva sapere come
glielo avesse annunciato, dati gli strepiti che aveva riservato all’accoglienza
della notizia.
Chiacchierarono
stentatamente per qualche altro minuto, non era facile per lei mettere da parte
tutto.
“Fammi sapere,
qualsiasi cosa tu decida di fare.”
Le dettò un numero telefonico,
si salutarono, a lei rimase un magone assurdo.
Camminò come una
sonnambula verso il bagno e riuscì a calmarsi solo dopo aver visto suo figlio e
il suo ragazzo schizzarsi.
Quella era lasua felicità, però le sarebbe piaciuto
riallacciare i rapporti con suo padre e chiudere finalmente con quella parte di
passato.]
La mora constatò che c’era riuscita, trascinandosi dietro un
po’ di gente.
Bill e Leila in primis, Luca e Lene, Georg, Gustav e Shirin, non c’era stato modo di lasciare a casa nessuno.
La ragazza sospirò, era arrivato il momento di parlare a
Bill.
“Bill, ehi Bill?” Chiamò piano.
Vide il ragazzo girarsi lentamente, ora sfoggiava una cresta
nuova di zecca.
“Ehi ciao! Qui dormono tutti!
Gli unici giovani siamo noi!”
La ragazza ridacchiò divertita.
“Ehi, Derek ci ha fatto impazzire questa notte! Mi chiedo
come tu abbia fatto a dormire.”
“Tappi per le orecchie, cara.”
“Che bastardo! Ringrazia che tuo fratello non abbia sentito
o te li faceva mangiare quei tappi!”
Bill rise.
“Posso chiederti una cosa?”
“Certo, chiedi pure.”
“Perché sei così felice che Derek ti assomigli?”
“Non lo so di preciso … credo che mi faccia piacere notare
come i miei affetti siano tutti legati da qualcosa, anche solo una somiglianza
fisica.
Poi.. sarà molto fortunato a somigliare a un figo come me!”
Lei ridacchiò per nasconderne la commozione, pensando che
era fortunata a tornare da suo padre e a condividere la sua vita con loro.
“Non parli, Fra?
Ti ho commossa?”
“Si che l’hai commossa Bill, ora non metterla anche in
imbarazzo!”
La voce mezza assonnata di Leila li sorprese.
“Tu non stavi dormendo?”
“Ma ora sono sveglia! E ti dico che Fra è in imbarazzo.”
La mora arrossì.
“Ok, ragazzi basta, vedo se riesco a farmi un po’ di sonno.”
Avrebbe voluto accoccolarsi contro Tom, ma il cucciolo che
dormiva tra le sua braccia glielo impedì, in ogni caso riuscì lo stesso ad
addormentarsi.
Fu svegliata dopo un po’ dal lieve scuotere di Tom, che la
guardava divertito.
“Forza bambini siamo arrivati!”
“Bambini?” biascicò , non afferrando la battuta appena
sveglia.
“Ti sei addormentata come Derek!”
“Ha parlato quello che è caduto in coma non appena è salito
sull’aereo.”
Si alzò e percorse il corridoio dell’aereo, solo quando
furono scesi si fermò ad aspettare il ragazzo perché montasse la carrozzina.
“Sei nervosa Fay?
Pensavo fosse passata la fase permalosa.” Le chiese mentre
armeggiavacon l’oggetto.
“Si, che sono nervosa!Sono sette anni che non torno in
Sicilia e che non vedo mio padre!”
“Non ti preoccupare,
andrà tutto bene.”
“Lo spero proprio!” esclamò cupa lei.
“Fatto!”
Una volta messo Derek nel passeggino proseguirono verso il
ritiro bagagli, nonostante fosse solo primavera il sole era rovente e gocce di
sudore le scivolavano lungo la schiena.
“Che caldo!” Si lamentò Bill.
“Te l’avevo detto che avrebbe fatto caldo e abbiamo anche
beccato una bella giornata.”
“Adesso capisco perché trovavi fredda la Germania
all’inizio.”
Ritirarono i bagagli, l’agitazione di Fay
saliva di minuto in minuto ed esplose quando arrivarono vicino all’uscita, strinse
più forte la mano di Tom per non scappare via.
Suo padre li aspettava li, curvo con i capelli mossi e scuri
come i suoi raccolti in una coda in cui si iniziava a vedere qualche filo
bianco.
Il tempo era passato anche per lui e non era stato clemente,
ma quell’aria vissuta lo rendeva più affascinante.
Sorrise quando li vide e lei ricambiò un po’ forzata,
l’ultima volta che aveva per cosìrivisto lui e quel sorriso era stato durante l’incubo che aveva fatto a
Venezia quando era caduta in un canale.
Anche Bill sobbalzò vedendolo e,se non fosse stata certa che fosse
impossibile, avrebbe pensato che anche per il ragazzo fosse stato lo stesso.
“Ehi, ti somiglia.”
Fugrata alla voce di
Tom per aver interrotto quel momento e gli sorrise.
“Cia papà!” disse incerta quando fu più vicina.
“Ciao Tesoro, ti trovo bene!”
Lanciò un’occhiata a tutte le persone che erano li con lei
alla ricerca di Luca, che si fece vedere timido.
“Ciao papà.”
“Ciao piccolo,anche se non lo sei più tanto.
Sei alto ora, decisamente più alto di me.
Come stai?”
“Bene…bhe
come al solito…sai come è mamma…”
Lo sguardo che l’uomo lanciò a suo fratello diceva che se la
ricordava chiaramente Anna e che forse dimenticarla era impossibile.
“E Andrea?”
I due Girardi scossero la testa,
il fratello non aveva voluto sentire ragioni, per lui era troppo presto per
affrontare quei demoni del passato.
“Lo sapevo … Chi è il tuo ragazzo Francesca?”
Lei indicò Tom.
“Papà lui è Tom, il mio ragazzo e questo è Derek tuo
nipote.”
L’uomo porse la mano a Tom,che la strinse sorridente,
mugugnò un:”Trattala Bene “ e si dedicò al nipote.
Scrutò nel passeggino, soffiò qualcosa al bambino efece penzolare un dito al quale Derek si
attaccò gorgogliando felice.
“è proprio bello,ti
somiglia Francesca.”
Lo sguardo di suo padre passò a tutti gli altri, curioso.
“Lui è Bill, il gemello di Tom.”
Si salutarono, suo padre guardava leggermente perplesso la
cresta, ma non disse nulla.
“Lei è Leila la ragazza di Bill.”
La rossa alzò una mano in un cenno timido di saluto.
“Loro sono Georg e Gustav e lei è Shirin
la ragazza di Gustav.”
La mora tacque, ci avrebbe pensato Luca a presentareLene.
“Lei invece è Lene, la mia ragazza.
È la sorellastra di Georg.”
L’uomo lo guardò frastornato.
“Piacere di conoscerti!” l’abbracciò goffo.
“Mio figlio ha buon gusto,sembri davvero carina.
Ora dovremmo andare, anche se temo non ci staremmo tutti
nella mia macchina.”
A Francesca sembrava così strano che suo padre sapesse il
tedesco, ma non disse nulla.
“Non si preoccupi signor Girardi,
ho noleggiato una macchina.”rispose Gustav
“Anch’io” sorrise Georg.
Per fortuna il loro pragmatismo aveva salvato la situazione
L’uomo annuì e li scortò fuori dall’aeroporto, nel sole
cocente della mattina.
Si divisero equamente sulle macchine, lei ,Luca, Tom e il
bambino finirono in macchina con suo padre.
Quel viaggio si svolse in silenzio, Francesca guardava fuori
dal finestrino, cercando di capire che effetto le facesse passare di nuovo in
quei luoghi.
Avrebbe dovuto sentirsi a casa, invece si sentiva
leggermente estranea, come se quei luoghi non fossero più i suoi, come se non
ci avesse vissuto affatto.
Guardò Luca e scorse quell’espressione vagamente perplessa
sul suo volto, l’unica cosa che le fosse familiare era la lingua, le faceva
sempre piacere risentire quei suoni molto più dolci e melodici rispetto
all’asprezza del tedesco.
“Siamo arrivati!”
L’uomo parcheggiò la macchina, davanti a una grande casa
fuori città.
“Bella casa papà … è grande!”
“Me l’ha data tuo nonno, ci ho aperto un agriturismo.”
“Spero che vada bene.”
“Anch’io , voglio rifarmi una vita!”
Li aiutò a scaricare i bagagli e a portarli in camera loro.
Gli aveva assegnato una camera dalle pareti bianche vista
mare, con un grande letto matrimoniale.
“Che fine ha fatto casa nostra?”
“Tua madre l’ha venduta.”
“Capisco.”
L’uomo li lasciò soli, lei tuttavia lo seguì. Voleva
chiedergli una cosa.
“Papà perché hai imparato il tedesco?”
“Perché voi eravate in Germania e un giorno mi sarebbe
piaciuto venirvi a trovare.”
La ragazza rimase di stucco, poi tornò in camera, aveva
bisogno di guardare tutto quello che aveva per non pensare a quello che le era
stato tolto.
“Come va?”
Tom la guardava preoccupato.
“Bene, tranquillo, solo fa ancora un po’ male.”
“Vieni qui!”
La abbraccio e la baciò.
Adesso fa ancora male?”
“Non lo so, riprova, così ti dico …”
In realtà le era bastato il primo bacio, ma riceverne un
altro non le dispiacque.
Sentirsi amata ed importante per qualcuno non era mai un
dispiacere.
Luca guardava il cortile.
Quella casa così grande gli sembrava estranea, avrebbe
voluto rivedere la villetta dove aveva trascorso l’infanzia , non quel luogo
che non gli suscitava alcun ricordo.
“Luca tutto bene?”
Leneera arrivata
dietro di luisilenziosa, appoggiando
una mano sulla sua spalla.
“Non mi aspettavo questo in realtà …”
“Volevi la tua vecchia casa?”
“Si …”
“Forse tuo padre se l’è comprata per iniziare una nuova
vita.
Deve essere dura per lui rifarsene una in un posto pieno dei
suoi vecchi errori.”
Il ragazzo sospirò.
“Hai ragione …. Vieni qui …”
L’abbracciò.
“No pensavo potessi provare sentimenti così contrastanti
venendo qui.”
“Scavare nel proprio passato non è mai semplice.. ora
vogliamo entrare o rimanere in eterno in cortile?”
“Si, dai andiamo.”
La ragazza lo trascinò dentro, era una casa semplice
nonostante le grandi dimensioni, dopo aver lasciato i bagagli nella sua stanza
e in quella di Lene, Luca scese in cucina.
Suo padre era seduto al tavolo a fumare.
“Posso farti compagnia?”
L’uomo annuì, Luca spostò una sedia e si sedette.
“Come ti va?”
“Cerco di rimettere in sesto la mia vita.
Sono uscito dal carcere per buona condotta, tuo nonno pur di
levarmi dai piedi mi ha aiutatocomprando questa villa e aiutandomi nel far partire l’agriturismo, ora
vedremo.”
“Spero ti vada bene, te lo meriti …
Per tutto il resto?”
L’uomo sospirò.
“è dura reinserirsi, la gente lo sa che sei stato in carcere
e ti evita, ma stringo i denti.
Passerà, tu?
Cosa mi racconti?”
Il ragazzo scosse la testa.
“Bhe a casa le cose vanno come
vanno .
Mamma non è contenta che Frankie abbia avuto un figlio o
forse rosica perché è riuscita ad averlo con uno ricco, non so, forse nella sua
logica perversa vorrebbe che lo incastrasse meglio.
Frankie se ne frega, ha trovato una sua stabilità tra
maternità e lavoro e le va bene così, dice che Derek le dà molte soddisfazioni
e le credo.
Ha un’aria felice che non le avevo mai visto prima.
Ero un po’ scettico anch’io ad essere sinceri vista la
storia non semplice che aveva avuto con lui e il fatto che non fosse stato in
passato un bravissimo ragazzo.”
“è il ragazzo per cui in passato ha tanto sofferto?
Quello famoso?”
Chiese l’uomo tirando una boccata dalla sigaretta.
“Si, lui. Non gli avrei permesso di tornare nella sua vita
se non fossi stato almeno quasi certo che non avrebbe sofferto ed è andata
bene.
Alti e bassi, ma è andata bene.”
“Lo spero!!”
“Come è diventare nonni?”
L’uomo sbuffò.
“è successo troppo presto, mi devo abituare all’idea …”
“Capisco anche a me fa strano essere zio.”
“Che mi racconti di te e di Andrea?”
Luca scrollò le spalle.
“è cresciuto troppo con mamma, crede alle sue bugie e quando
Fra è andata a Venezia l’ha presa come un tradimento nei suoi confronti.
Sembra non voler guardare in faccia la realtà, ne ammettere
le colpe di mamma, come se …”
“Fosse tutta colpa mia e di tua sorella se le cose sono
andate a rotoli?”
“Una cosa del genere, non ha ancora voluto vedere Derek, lo
rifiuta completamente.”
L’uomo sospirò.
“Dagli tempo, prima o poi capirà.
Tu?”
“Io … Finalmente mi sono messo con Lene.
È una ragazza fantastica, ci capiamo al volo ed è molto
bella.
È l’unica mia ragazza con cui sia riuscito a parlare della
mia famiglia senza preoccuparmi delle sue reazioni.”
“Sono contento per te.”
“Non è stato facile.
Prima che stessimo insieme Lene ha attraversato un brutto
momento, aveva scoperto di avere un fratellastro che non la voleva conoscere e
si era messa a frequentare brutta gente …
Stava con un ragazzo a cui non importava nulla di lei, ma
ora è tutto finito.”
Non si aspettava di poter parlare con lui così a lungo, ma
fu piacevole farlo, ovviamente saltò la parte degli intrecci che c’erano tra
Leila e Farid e la fine di quest’ultimo, non era
ancora pronto per parlarne.
Forse se quel rapporto sarebbe riuscito a proseguire ce
l’avrebbe fatta, era dura aprirsi dopo anni di silenzio o di sporadici
contatti.
“L’importante è che ora vada tutto bene, non importa come
sia andato in passato.”
Suo padre spense la sigaretta con un colpo secco.
“Ti va di fare due tiri a pallone?”
Luca annuì, suo padre raccattò un pallone da terra ed
insieme, come quando era piccolo uscirono nel cortile inondato di sole.
Che bel ritorno al passato.
Ricordava benissimo quel contendersi la palla durante
l’infanzia e il sogno infantile di diventare un calciatore, coltivato in quelle
lunghe domeniche pomeriggio in cui suo padre dedicava tempo a lui.
Ricordava Francesca seduta in un angolo a guardarli,
leggermente invidiosa.
Tutto era destinato a ripetersi,
Non sognava più di fare il calciatore e sua sorella era al
piano di sopra con suo figlio.
Solo loro due erano rimasti quasi gli stessi e fu
meraviglioso ritrovare la stessa sintonia di prima, come se quegli anni non
fossero mai passati.
Erano solo padre e figlio in quel momento, il resto non
contava.
[Era un pomeriggio di
fine agosto.
Era domenica e il
crepuscolo si avvicinava così come la fine delle vacanze e lui non sapeva che fare.
Contrariamente ai suoi
amichetti sommersi dalla marea dei compiti della vacanze lasciati indietro
durante l’estate lui li aveva già finiti tutti.
Nemmeno a dieci anni
sapeva godersi bene la vita.
Bella fregatura! Ora
nessuno poteva giocare con lui che,sdraiato sul letto, guardava pigro fuori
dalla finestra.
All’improvviso
qualcuno bussò, con uno scatto fu in piedi,se fosse stata sua madre sarebbero
state rogne, lei odiava vederlo poltrire a letto.
Fortunatamente era suo
padre che gli sorrise di buon umore.
“Ehi campione, ti va
di fare due tiri?”
“Certo!” si illuminò
Lo seguì fuori dalla
stanza e iniziò una partitella con lui.
Non era nulla di che,
ma gli piaceva.
Gli piaceva da morire]
Luca sorrise, era di questo che aveva sentito la mancanza in
tutti quegli anni ed improvvisamente considerò stupido il suo risentimento per
non aver trovato la casa della sua infanzia.
Cosa era davvero importante?
L’edificio o i rapporti che aveva coltivato con chi vi
abitava?
Optò per la seconda.
“Uff sono stanco! Non ho più il
fisico di una volta!”
L’uomo sisedette per
terra, al castano non rimase che sedersi accanto a lui, sudato per riprendere
fiato.
“In effetti sono stanco anch’io.. il fumo ci uccide i
polmoni.”
Fece due respiri pesanti e profondi
“Papà… mi era mancato questo.
Grazie.”
“Grazie a te per essere venuto, era mancato anche a me.”
Il castano sorrise.
Stava ritrovando qualcosa che gli era stato tolto e non
poteva che esserne felice.
Lene era affacciata alla finestra.
Guardava Luca e suo padre giocare a pallone,contendersi
quella sfera di cuoio e sorrideva.
Amava vederlo divertirsi, ridere, sorridere, l’aveva sempre
ritenuto un po’ tropposerio, ma forse
era anche per questo che le piaceva.
Conosceva la sua storia e sapeva che non sarebbe mai potuto
essere un allegrone di quelli che rimbecilliscono la gente di battute, tuttavia
le andava bene così a patto che noncadesse in depressione.
La ragazza scosse la testa, era esagerato come timore,
sebbene avesse a volte avesse visto il suo ragazzo perdersi in chissà quali
pensieri, ma non le dava tregua.
Voleva che stesse bene, tutto qui.
Sapeva che gli mancava il contatto con quel padre e del
pessimo rapporto con la madre.
Per quello non poteva fare molto, la donna aveva un
caratteraccio leggendario, aveva sempre rifiutato la sua primogenita, senza
cambiare atteggiamento nemmeno ora che l’aveva resa nonna.
Luca le diceva che la picchiava e lei non faticava a
crederci, visto l’atteggiamento che stava iniziando a riservare anche alsuo secondogenito.
Luca sembrava fregarsene, ma dentro stava male, lo aiutava
un po’stare con il nipotino, ma non
poteva starci in eterno, perciò ora era felice di vederlo così.
Anche lei da poco aveva instaurato un rapporto con suo padre
ed incredibilmente stava procedendo cautamente bene.
[Era in un Mac Donald con Georg, Lene stava addentando un panino con
un po’ troppa voracità, ma aveva fame e il ragazzo la guardava.
Chissà che voleva,
forse riprenderla in modo scherzoso come al solito.
“Lene!”
“Si?”
“Papà vorrebbe che
tuvenissi a cena da lui.”
Rischiò di strozzarsi.
“Da-davvero?”
“Si, te la senti?”
“Io…
preferirei che ci fossi anche tu. Non è un problema?”
Lui le aveva sorriso e
le aveva preso una mano.
“No, verrò anch’io.”
E così aveva
accettato.
Due giorni dopo si era
ritrovata davanti all’appartamento di suo padre con Georg al suo fianco.
Il ragazzo suonò il
campanello e un uomo venne ad aprire, somigliava a loro.
“Ciao papà!”
Georg sorrise e
l’abbracciò.
“Ciao ragazzo mio!
Ciao Lene!” mormorò
emozionato.
La scrutò per un po’
mettendola a disagio, sentirsi scrutata da due occhi così simili a quelli di
suo fratello erauna sensazione che la
faceva sentire quasi nuda.
“Ciao…”rispose.
“Dai papà facci
entrare o ci servi la cena sulla porta?”
“No entrate pure!”
Li fece accomodare, l’appartamento
era semplice e la tavola già apparecchiata.
“Credevo non mi
avresti voluto vedere.” Disse l’uomo.
“Nemmeno io, ma ora
sono qui no?”
Si sedettero a tavola,
un piccolo passo era stato fatto.
Parlare fu il secondo
e scoprire che forse quella figura che tanto aveva disprezzato nei mesi passati
nonera poi così pessima come credeva.]
Si staccò dalla finestra e uscì dalla stanza, in corridoio
incontrò Francesca.
“Ehi ciao!”
“Ciao! Come ti sembra la casa?”
La domanda era un po’ stupida, Lene lo riconosceva.
“Bella, di sicuro enorme.”
“Giusto, Derek lo hai lasciato a Tom?”
“Si, vanno così d’accordo, tu come mai sei in giro?”
“Luca e tuo padre si stanno massacrando con una partitaa pallone in cortile, mi sarebbe piaciuto
uscire da perfetta massaia, con dell’acqua.”
“Ottima idea!” sorrise la mora.”Ora scendo e ti do una mano
a cercarla.”
Scesero le scale in silenzio, a quanto pareva al momento
erano gli unici ospiti.
“Come va con tuo padre?”
“Bene…Bhe
non è facile iniziare da zero e mettere da parte i risentimenti,ma per il
momento va.”
La mora annuì.
“Sono davvero felice per te, io devo riallacciare i rapporto
con lui, questo viaggio è una sorta di ritorno al passato.
Molte volte quando ero piccola vedevo Luca e papà giocare
dalla finestra e scendevo anch’io guardarligiocare, a volte poi portavo loro da bere.
Mi sembra una vita fa.
Mi sembra di aver vissuto qui una vita fa e dire che
desideravo ardentemente tornarci …
Ma forse volevo solo tornare ai luoghi che la mia mente ricordava
esattamente come erano allora, non come sono oggi.”
Ci fu un attimo di silenzio.
“Che discorso complicato … meglio che cerchiamo la cucina,
quei due sono dei pazzi ad essersi messi adesso a giocare.”
Lene la seguì senza fiato, Francesca aveva ragione.
Leiper anni aveva
cercato il padre delle sue fantasie, non l’uomo reale con i suoi difetti e difficoltà ed era rimasta infantilmente delusa
quando non l’aveva trovato.
Aveva dovutoarrivare
a conoscerlo bene prima di riuscire ad accettarlo fino in fondo e Georg era
stato fondamentale in questo.
L’aveva ascoltata e calmata, fatta ragionare e le aveva fatto
capire quando sbagliava e quandono, gli
doveva molto.
Per un po’ di tempo aveva persino invidiato Luca e Francesca
per il loro rapporto,ci aveva messo un po’ a capire che era una cavolata, che
non aveva senso farlo.
Erano arrivati in un grande salone con un tavolo, doveva
essere la sala da pranzo.
“La cucina non dovrebbe essere lontana.”
“Sono d’accordo.”
Sulla destra c’era una porta, la raggiunsero e trovarono
l’agognata cucina, Francesca recuperò due bicchieri, lei acqua.
Uscirono in cortile e trovarono i due uomini seduti a terra.
“Stanchi?”
“Un po’.”
“Siete fortunati, vi abbiamo portato l’acqua!”
I due sorrisero, si somigliavano come era un giusto tra un
padre e un figlio, Lene e Fra porsero bicchieri e acqua che loro bevvero
avidamente.
“Ci voleva proprio..”
“In effetti.”
“Siete stati incoscienti.”
“Su, non fate le guastafeste!”
Le due sbuffarono e Lene non poté reprimere un altro
sorriso.
Luca era stato incerto su quella vacanza,ma sembrava che
dopotutto stesse andando bene, lui era sereno e suo padre pure, cosa poteva
esserci di meglio?
Nulla, si rispose.
Doveva godersi l’attimoossia quella vacanza inaspettatamente piacevole.
Shirin trovava troppo caldo quel
clima.
Sbuffava in continuazione e si faceva aria con le mani come
se quel clima le desse davvero fastidio, mala verità era un’altra, a metterla a disagio era quel bambino.
Derek il figlio di Francesca e Tom le ricordava quel bambino
che non aveva mai avuto e la faceva sentire meschina per quel sentimento.
Non era colpa di nessuno se era andata come era andata
eppure non poteva farne a meno.
“Tutto bene, Shirin?”
“Si… è solo il caldo, non credevo
mi desse così fastidio.”
“Ti va se andiamo da Tom? “
Lei annuì, andare dal moro significava vedere il bambino e
lei non ne aveva voglia, tuttavia sarebbe stato troppo complicato spiegarlo al
suo ragazzo.
Lo seguì, desiderando non sentirsi in quel modo.
Gustav bussò, Tom aprì poco dopo.
“Ciao ragazzi, dai entrate!”
Non se lo fecero ripetere due volte ed entrarono nella
stanza, seguendo il sorridente neopapà Tom.
“Dove è la tua ragazza?”
“è scesa di sotto, quei due pazzi di suo padre e suo
fratello si sono messi a giocare in cortile.”
“Con questo caldo?”
Chiese stupita la mora.
“Così pare… ci sono abituati.”
“Come sta Derek?”
La domanda di Gustav pose fine al suo intervento nella
conversazione per fortuna, ma il pianto del bambino rispose alla domanda del
suo ragazzo.
“Piange, non so come calmarlo.
Fra ci riesce, io non sempre.” Si rabbuiò l’ex rasta.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Tom la guardò mettendola a
disagio, cosa voleva?
“Forse c’è bisogno di una mano femminile.”
Dove voleva arrivare?
Lei non l’avrebbe preso in braccio e calmato!
“E allora?”
“Sei l’unica ragazza in questa stanza, Shirin,
ti andrebbe di provarci?”
No, non le andava!
Arrossì e cominciò a sudare, sentendosi un’idiota, anche
perché il moro non la smetteva di guardarla.
“No, dai! Non ci so fare con i bambini!”
“Provaci, dai un piccolo tentativo.”
Alzò le mani davanti a se per sottolineare la sua volontà si
stare lontano da quell’esserino.
“No e se lo facessi cadere? E se non si calmasse?”
“Dai Shirin, non farti pregare!”
La mora lanciò un’occhiata disperata a Gustav che la guardò
sorpreso, si diede della stupida.
Come poteva sapere cosa le passava per la testa se non
gliene aveva mai parlato?
“Dai, piccola, sarà per poco.
Se non funziona Tom si riprende il bambino.”
Era senza via d’uscita, titubante prese quel fagotto urlante
tra le sue braccia, sentendosi inesperta ed inadeguata, non aveva nemmeno
fratelli più piccoli!
-E adesso cosa
faccio?-
Decise di seguire il suo istinto che le suggerì di cullarlo
piano, questo sembrò calmare un po’ il bambino, tutti la guardavano
incuriositi, lei ormai era bordeaux.
“Cosa avete da guardare?”
“Nulla, il bambino si è calmato!”
La ragazza abbassò gli occhi ed incontrò quelli di Derek,
scuri, calmi e sereni che la guardavano curiosi.
Cercò di afferrarle un dito e quando ci riuscì sorrise,
facendola arrossire ancora di più.
Fu come un colpo al cuore, un regalo ricevuto dal suo
bambino mai nato, lentamente rispose a quel sorriso, sentendosi più leggera.
“Vedi che ci sai fare con i bambini?”
Lo cullò ancora un po’, prima di ripassarlo a Tom incerta.
“Penso che sia arrivato il momento di lasciarti solo con la prole….”
La frase di Gustav li sorprese.
“Ok.”
Tom lo guardò senza capire, lei non era da meno, ma si
lasciò trascinare fuori dalla stanza senza protestare.
“Perché?”
Appena furono fuori Shirin glielo
chiese.
“Volevo sapere perché hai reagito così quando Tom ti ha
chiesto di prendere in braccio il bambino.”
La ragazza abbassò gli occhi e rimase in silenzio.
“Perché non parli? Mi devo preoccupare?”
“Non so se ti piacerebbe quello che ti sto per dire.”
“Dimmelo lo stesso.”
“Ero gelosa di quel bambino, pensavo al mio.
Solo quando l’ho preso in braccio ho capito di essermi
sbagliato e che lui non ha nessuna colpa.”
Gustav rimase in silenzio.
“Perché nonme ne hai
mai parlato?”
“Non lo so, mi vergognavo.”
“Capisco ….”
La ragazza rimase in attesa, avrebbe voluto un abbraccio,
qualcosa che le facessecapire cosa
pensasse lui.
“Vieni qui.”
Si avvicinò titubanteal ragazzo, venne abbracciata come aveva desiderato.
“Non tagliarmi più fuori, ok?”
Lei annuì e si sentì immensamente fortunata.
Non aveva un figlio, ma aveva lui e questo le bastava per
mettere le basi della sua vita futura.
Georg ai aggirava inquieto per la casa.
Aveva visto Lene, Francesca, Luca e il padre di Fra seduti
per terra nel cortile, Gustav che si sbaciucchiava con Shirin
nei corridoi e Tom con ogni probabilità stava badando a Derek.
Lui solo non sapeva cosa fare.
Scese le scale e si ritrovò in sala da pranzo, svoltò a
sinistra e si ritrovo in quello che doveva essere un salotto a giudicare dal
divano e dalla televisione.
Con suo grande stupore sul divano c’era spaparanzato Bill,
che faceva zapping annoiato da una canale all’altro.
“Che ci fai qui?”
Il cantante lo guardò annoiato.
“Secondo te? Faccio zapping!
Ma non capisco nulla, è tutto in italiano!”
“Siamo in Italia sai che strano!
Comunque… intendevo dire.. credevo
fossi con Leila.”
Lui sbuffò.
“è crollata sul letto e io sono stufo di stare qui!”
“Usciamo allora… c’è un giardino
no?”
“Tu come mai in giro?”
“Non sono stanco e non ho nulla da fare se non esplorare i
dintorni.”
“D’accordo.”
Il cantante si alzò pigramente dal divano, spense la tv e
seguì il bassista.
Trovarono una porta che conduceva in un grande giardino
ombroso che lui accolse con gratitudine, era primavera ma lui aveva già caldo.
“Come va Bill?”
Sorprese anche se stesso con quella domanda.
“Mha… ti riferisci a questo
momento preciso o in generale?
Se ti riferisci a questo momento preciso ho caldo e sto
meditando di andare in camera a mettermi dei pantaloni più corti, se ti
riferisci al resto va così e così.
Gli incontri con i produttori mi hanno un po’ demoralizzato
e so che è stupido in una certa misura visto che sono io che sono un ex tossico
e che non avrei il diritto dilamentarmi.”
Georg ammutolì.
“Bhe.. lo sapevi non sarebbe stato
facile…”
“Lo so, lo so, ma non credevo fosse così.”
Il cantante sospirò sconsolato, a Georg in quel momento più
che un ragazzo di ventitre anni sembrava un bambino di cinque.
“Capisco.. ce la faremo.
Ce l’abbiamo fatta anche la prima volta ce la faremo anche
adesso, non ti scoraggiare.”
“Hai ragione, scusa lo sfogo.”
Il piastrato gli batté
amichevolmente una mano sulla spalla.
A volte avere a che fare con lui era come avere a che fare
con sua sorella nei momenti peggiori.
[“Lui non si deve
intromettere Georg! Hai capito?”
L’urlo di Lene gli
perforò i timpani, seguito dal fragore della mano sbattuta sul tavolo.
“Lene, papà si
preoccupa solo per te, non vuole fare il guastafeste!”
La sorella lo fulminò
con un’occhiataccia da manuale.
“Mi sta trattando come
una bambina, è fuori tempo massimo e non può impedirmi di dormire a casa di
Luca!”
La frase era stata un
crescendo, culminato nel calcare in modo esagerato il nome del suo ragazzo.
“Lene è solo preoccupato…”
“Georg, non mi può
trattare da bambina.
Quando da bambina
avevo bisogno di lui, lui non c’era!”
Eccolo, il punto
centrale era l’assenza del padre.
“Lui non sapeva di te,
non puoi fargliene una colpa.”
“Ossì
certo, ma io non mi faccio trattare da mocciosa solo perché lui non ha potuto
trattarmi come doveva all’epoca.
Io a casa di Luca ci
vado con o senza il suo permesso!”
La terza guerra
mondiale stava per scoppiare e lui ci era finito in mezzo.
“Lene ti prego
pensaci, parla con parlane prima con papà prima, potrebbe prenderla male.
Non vorrai chiudere
con lui?”
“Forse hai ragione…”
Uno spiraglio di luce
in cui seppe di avercela fatta a convincerla a non farlo.
Si fece i complimenti
da solo.]
Quella volta poi era finita bene, parlare con il padre aveva
portato all’agognato permesso e non c’erano state conseguenza per fortuna.
“Come va con Tom?”
Bill lo guardò stranito.
“Bene… insomma la paternità lo ha
ammorbidito e reso più ansioso.
Abbiamo parlato, anche della droga.
Insomma, ha ammesso che un po’ è arrabbiato con me, che a
volte non potrà fidarsi come prima, ma che è contento del fatto che io ne sia
del tutto fuori.
Siamo convinti che prima o poi anche il piccolo problema
della fiducia si risolverà, solo che io mi sento in colpa.”
“Cioè?”
“è per colpa mia se adesso dovete ricominciare da capo, lui
non me lo fa pesare, non so nemmeno se lo pensi, basta il mio cervello a
farlo.”
“La colpa non è solo tua, ficcatelo in testa, anche noi
abbiamo preferito non vedere cosa ti stesse succedendo e siamo da biasimare per
questo.
Non siamo stati ne buoni compagni di band, ne buoni amici,
se ce ne fossimo accorti prima sarebbe potuta andare in modo diverso, non
credi?
Come vedi, ognuno ha la sua parte di colpe, è inutile
decidere chi ne ha la fetta maggiore, non ci porterebbe da nessuna parte.
Tu stai bene e questo conta.
Seppelliamo il passato e pensiamo al futuro, ok?”
“OK.” Mormorò commosso Bill.”Mi impegnerò affinché tutto
torni come era prima. Ok?”
“Tutto è già come prima, solo che non l’hai notato.”
Il moro sorrise e continuò a camminare, erano arrivati alla
fine del giardino, trovarono un piccolo cancello che dava sulla spiaggia.
Bill tirò la maniglia e avanzò di qualche passo prima di
mettersi a correre sulla spiaggia senza nemmeno aspettarlo, verso il mare.
Forse era pazzo, ma probabilmente era proprio per questo che
sarebbero riusciti a ritornare più forti di prima.
Il loro leader era uno di quei pazzi sognatori che
nonostante le cadute sapevano rialzarsi
Thoughts
read unspoken
Forever in vow
And pieces of memories
Fall to the ground
I know what I didn't have so
I won't let this go
'Cause it's true
I am nothing without you
All the streets, where I walked alone
With nowhere to go
I've come to an end
[“With me” Sum 41]
ANGOLO DI LAYLA
Siamo arrivati al penultimo capitolo, che
sarebbe in realtà la prima parte di un
epilogo, visto il salto temporale^^.
Spero vi piaccia.
Devo dire che sebbene le scene di pace
siano state più difficili da scrivere rispetto a quelle di disperazione(?),
sono abbastanza soddisfatta.
Alla prossima, ora passo ai
ringraziamenti:
.Pulse:si, finalmente per loro un po’ di
tranquillità XD! Non ne potevano più di tragedie XD!
Sono
contenta che ti sia piaciuta la rimpatriata, Bill ne aveva bisogno, no?
Si, Samy deriva da SamyDeluxe(che è in effetti l’unico rapper tedesco che io
conosca, a parte Bushido… ma insomma…con
tutto il rispetto, non si può chiamare un bambino Bushido
XD).
Spero che
questo capitolo ti piaccia^^.
Alla prossima
Utopy:decisamente
viva l’ottimismoXD!
Anche in questo capitolo
direi che abbonda^^.
Sono contenta che ti
piacciano Bill e Leila, sono stati così in bilico per tutta la storia XD!
Spero che anche Derek ti
piaccia, anche se in effetti non compare molto…spero
che questo ti piaccia^^.
Alla prossima.
Lady Cassandra:sonocontentachequestocapitolotisiapiaciuto,
credo ancheiochecivolesse
un po’ ditranquillità per tutti^^.
Mi fadavveropiacerechetuabbiaapprezzatol’incontrotra Bill e Leila, era la parte che
mi lasciavapiùperplessa, vistochesonounafrana a descrivere scene
lemon.
Tom e Fraormaisono “un classico” diquestastoria XD.
Ancheio a volte ho pensatochequeiquattro non sisarebberopiùritrovatiinsieme, ma è successo e
come lasciapresagire Georg
alla fine diquestocapitolosembrachetorninoanchesulle scene musicali^^.
Capitolo 36 *** 36)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-- Amore ***
A Black Down TH.
Grazie per avermi dato l’idea, collega.
Spero ti piaccia^^.
36)) Il mio ritorno a casa passa attraverso te-- Amore
La sera era arrivata in fondo a quello strano giorno.
Avevano pranzato gustando la cucina del signor De Luca, l’abilità
ai fornelli doveva essere una cosa ereditaria e Gustav non poteva che esserne
felice.
Sarebbe ingrassato, ma la cosa aveva un importanza relativa,
forse persino Bill sarebbe ingrassato dopo quella vacanza, data la quantità di
cibo ingurgitata.
Al pomeriggio erano andati in spiaggia, lui aveva
dormicchiato al riparo di un ombrellone fino a che Georg e Tom l’avevano
sollevato di peso e buttato in acqua facendo ridere tutti.
Si era vendicato tentando di annegarli e coinvolgendo anche
un ignaro Bill di ritorno da una nuotata, inutile dire che i Tokio Hotel
avevano rischiato la sparizione per annegamento in quella battaglia.
Quando erano usciti c’erano le loro ragazze, Luca e Lene
piegati in due dal ridere, Francesca soprattutto che non aveva perso occasione
per sfottere Tom.
La vendetta era statabuttare in acqua anche la mora e una nuova battaglia, una volta lasciato
Derek al sicuro tra le braccia di Bill.
Quei due erano spariti per un bel po’, ritrovandosi riempiti
di battutine al loro ritorno.
Era la tanto agognata normalità e lui se la godeva in
silenzio.
Ora anche Shirin stava bene, lui
era sereno e gli altri avevano trovato un loro equilibrio.
Tutto in qualche modo sembrava averlo trovato, ma il biondo
sapeva ,come tutti,che mancava qualcosa per rendere il puzzle completo.
Un piccolo pezzo che avrebbe potuto incasinare tutto di
nuovo.
La fama.
Tutti e quattro desideravano ancora vivere della loro
musica, nessuno aveva smesso di sperarci e non avevano ancora voglia di pensare
seriamente a un pianoB.
Era per questo che si ritrovavano a provare e che avevano
inciso un demo di un disco da mandare a una casa discografica prima di partire.
Con la speranza che fosse accettato e con la voglia di
godersi in pace il tempo dell’attesa.
Non aveva idea di come sarebbe andata, c’erano troppe
incognite nel loro passato, tuttavia con i pezzi che avevano scritto c’era una
buona possibilità che andasse bene.
-E questa volta non
commetteremo più lo stesso errore.
Non lasceremo più
nessun da solo, anche se credo che con Leila Bill abbia trovato quello che
cercava.
E anche Leila,
sentendo Shirin.-
E poi c’erano Tom e Francesca, mai una coppietta zuccherosa,
ma sempre sulla stessa lunghezza d’ onda che adesso si ritrovavano a fare i
conti con un bambino e ci riuscivano bene
Il biondo aveva visto Tom cambiare piano piano,
niente più sguardi alle altre, niente più sbronze.
Nulla.
Era come se avesse trovato una sua pace e Bill ci aggiungeva
sempre un:”Finalmente!” soddisfatto.
Il leader era sempre stato uno dei sostenitori del fatto che
prima o poi anche il più libertino della band avrebbe trovato una ragazza con
cui fermarsi esoprattutto lui era certo
di sapere chi fosse.
Non si era sbagliato per quella strana sintonia tra gemelli
che avevano, era sempre stato certo che primo o poi quei due si sarebbero
ritrovati.
Un po’ lo invidiava, non doveva essere stato facile essere
innamorato della ragazza che sapeva essere in un qualche modo di suo fratello.
Era tutto passato, poteva vederlo nel modo sereno in cui
guardava Tom e Francesca e nella tenerezza che riservava a Leila.
Doveva essere stata la cena, una signora cena, a scatenargli
tutte quelle riflessioni filosofiche,mentre se ne stava steso su una sdraio in
giardino.
“Ehi tutto bene?”
La voce argentina della sua ragazza che si era seduta su un
angolo di sdraio accanto a lui, lo fece riscuotere dai suoi pensieri e da quel
torpore.
La fece stendere accoccolata sul suo petto.
“Tutto bene? “ ripeté Shirin
divertita, gli occhi scuri che scintillavano alla scarsa luce del giardino.
“Si, tutto bene, pensavo.”
“A cosa?”
“A tutto e a niente.
Alla fama, al nostro demo e a Bill. “
“Cosa hai concluso?”
“Che lui sta meglio e che spero ne usciremo più forti.
Tu perché sei uscita?”
Lei scoppiò a ridere.
“Gli altri stanno giocando a non so quale videogioco e pare
che il tuo intervento sia necessario se vuoi avere ancora una band!”
“Dinamica dei fatti?”
“Luca e Tom sono finiti in squadra insieme, perché questa
volta Tom voleva suo cognato, tanto è tutto un famiglia!
Testuali parole di Tom.
Georg e Bill sono nell’altra squadra, già prima di partire i
due gemellini si sono insultati amichevolmente,
convinti di vincere tutti e due.”
Gustav annuì, ne sapeva qualcosa dello spirito di
competizione tra i Kaulitz.
“Chi ha vinto dei due?”
“Tom. Bill si è incazzato e si è messo a litigare con Georg che… “
“Un po’ ha sopportato , un po’ no ed è esploso?”
“Si, vedo che le cose le capisci!”
Più che altro dopo anni aveva imparato a prevedere cosa
potesse succedere.
“Poi Tom sui ha cominciato a contraddire Bill ed è scoppiata
la terza guerra mondiale giusto?”
“Esattamente Gustav. Ci hai preso in pieno.”
Il biondo sospirò.
“Devo dividerli anche se vorrei rimanere qui con te…”
“Non ti preoccupare!” gli diede un bacio sulla punta
delnaso” abbiamo tutta la notte o
prevedi di fare dabalia notturna ai
tuoi compagni di band?”
La faccia di Gustav si distorse in un ghigno spaventato.
“Per carità di Dio, no! Che ci pensino Leila e Francesca!
Io la notte ho altro da fare che badare a loro!”
Shirin scoppiò a ridere divertita.
“Ora vado a dividerli, sennò finirà male.”
A malincuore vide la sua ragazza alzarsi, la imitò con uno
sbuffo, stava bene sdraiato li, accidenti a loro!
Entrò in casa e li vide intenti a menarsi come bambini
piccoli, in un groviglio di corpi, sembrava di vedere un anime di quelli che
tanto piacevano alla sua ragazza.
Lene , Leila e Fra con il bambino erano in disparte,
confabulavamo e gli sembrò di vedere Leila che passava qualcosa all’’italiana.
Che stessero scommettendo su chi avrebbe vinto?
Il biondo decise di lasciare perdere e si mise in mezzo tra
i tre litiganti e li separò buttando Georg da una parte e i gemelli da parti
opposti, Leila scattò verso Bill.
“ Tesoro! Sei tutto scompigliato!”
Rise lei sistemandogli i capelli.
“Quel decerebrato di mio fratello mi ha distrutto! “
Francesca trattenne Tom.
“Ragazzi… sapete dov’ero io?”
“NO.”
“Ero tranquillamente sdraiato a farmi i cazzi miei e mi sono
dovuto alzare per sedare questa lite da bambini!
Ora, già sono alterato di mio, non fatemi alterare di più e
fate pace!”
I tre si guardarono in cagnesco, ma poi si strinsero la
mano, Bill abbracciato alla sua ragazza sembrava sempre più un bambino.
“Bene, ora io vado.”
Sentì Shirin seguirlo e poi una
volta fuori abbracciarlo da dietro.
“Complimenti hai risolto tutto!”
“Ordinaria amministrazione!”
Sivoltò e la baciò
dolcemente.
“Tutto risolto per Derek?”
Lei annuì, poi lo guardò dritto negli occhi, sembrava decisa
ma la voce le uscì incerta.
“Prima o poi ne avremo anche noi uno?”
“Prima o poi si.”
Strofinò il suo naso contro quello della ragazza.
Orasi sentiva completo, la fama era relativa.
Aveva la sua ragazza e aveva i suoi amici.
Questo bastava.
Felicità.
Leila non era mai stata così felice come in quell’ultimo
anno, da quando lui era entrato in pianta stabile nella sua vita.
Vita che non era cambiata granché, solo non andava più a
scuola, ma lavorava a tempo pieno nella tabaccheria di suo padre.
I suoi non erano stato felicissimi, ma lei aveva preferito
prendersi un anno di pausa dallo studio e godersi il suo ragazzo, con cui aveva
condiviso gioie e dolori.
I dolori erano appena dietro l’angolo, con rari strascichi
nella loro vita, come andare a trovare Farid in
carcere.
Pensandoci bene quel dolore si rinnovava ogni volta, vedere
il fratello dietro le sbarre era sempre qualcosa che aveva il potere di
straziarla, ma solo aver Bill vicino la faceva stare meglio.
Aveva temuto che il fratello non si sarebbe mai ripreso da
quella depressione che aveva sperimentato nel carcere fin dall’inizio, ma nelle
ultima visite era più sereno.
E ora c’era Bill tra la se braccia, spettinato come un
bambino che guardava in cagnesco suo fratello e Georg.
Adorabile.
“Faremo i conti dopo noi. Leila ti va se facciamo una
passeggiata in spiaggia?”
“Certo andiamo!”
Lo seguì in giardino, Shirin e
Gustav si stavano baciando sulla sdraio.
“Ecco perché era così incazzato il nostro batterista!”
ridacchiò lui.
“Senti chi parla! Tu non ti sei mai comportato allo stesso
modo vero?”
Lui arrossìe non
disse nulla.
[Ormai nella stanza si
sentivano solo i loro gemiti.
A ogni spinta dentro
di lei un gemito.
A ogni gemito un
bacio.
Era decisamente in
paradiso e sentì solo da lontano la porta aprirsi.
Sentì bene la voce di
Tom urlare che era arrivata la pizza prima di ammutolirsie mormorare un :”Ops!”
“Ops
un cazzo!” Ruggì Bill”Bussare no? coglione!”
Il gemello uscì dalla
stanza a piccoli passi.]
“è stato molto imbarazzante tornare di la dopo!”
“Su dai, non esagerare! Ho visto per anni scene del genere
con Tom come protagonista …
È stata una piccola vendetta!”
“Oh Bill!” Lo baciò divertita.
“Vedi a fare il cucciolo bisognoso di coccole ci si guadagna
sempre!”
“Ti ricordo che quando ci siamo conosciuti non eri così.”
Erano arrivati al basso cancello che separava la spiaggia
dal giardino, Bill lo aprì e si ritrovarono a camminare sulla piaggia morbida e
calda.
“Come posso fami perdonare?”chiese divertito lui.”Anche se
un ‘idea ce l’avrei!”
Si era avvicinato sempre di più, le aveva accarezzato una
guancia, Leila chiuse gli occhi a quel contatto.
Le piaceva sentire le sue mani calde su di se, lei si
sentiva sempre così fredda!
Ora aveva portato entrambe le mani sulle guance e la stava
baciando dolcemente, decisamente era perdonato.
“Allora?” mormorò dopo essersi staccato.
“Massì ti perdono!”
Lui sorrise e prendendole la mano proseguirono vero il mare,
non era lontano, si sentiva il rumore delle onde che si abbattevano sulla
piaggia.
L’aria era calda e la luna era alta nel cielo, luminosa, era
tutto semplicemente stupendo.
C’era la stessa luna della sera che aveva deciso di
presentare Bill alla sua famiglia, avventura iniziata in modo traumatico.
[“Papà, domenica
vorrei invitare a cena il mio ragazzo.”
“Il tuo che?” aveva
esclamato l’uomo sbarrando gli occhi.
“Ragazzo, persona con
cui esco!”
“Sei sicura, non è
troppo presto?
Zairaaaa!”
Aveva urlato come un
disperato per chiamare sua madre.
“Si tesoro?”
“Leila domenica vuole
invitare il suo ragazzo a pranzo!”
Sua madre aveva
sorriso.
“Oh tesoro, è
meraviglioso non vedo l’ora di conoscerlo!”]
Proseguita in modo strano.
[La fatidica domenica
il campanello di casa loro era suonato a mezzogiorno e mezza, come stabilito,
suo padre era andato ad aprire.
Si era trovato davanti
un sorridente Bill in jeans, maglietta, giubbotto di pelle, occhi truccati e
cresta nera.
“Piacere io sono
Bill!”
Gli aveva teso una
mano sorridente, proprio nel momento in cui Leila era arrivata per affiancarsi
al padre.
“IO sono Gunther!” aveva mormorato quello
“Ciao tesoro!”
Le aveva dato un bacio
sulla guancia ,mentre suo padre continuava a scrutare Bill.
“Somigli alla versione
scheletrita di quello sui poster di mia nipote, come si chiamano?
Tokio Hotel.”
A Leila era venuto da
ridereosservando l’espressione di Bill.
“IO sono quello sui
poster di sua nipote!”
“Ah!”
Pausa di silenzio.
“Oh! Ma tu non eri
quello che?
Leila non è
pericoloso?”
Lei poggiò una mano
sulla spalla di suo padre.
“Ha smesso te lo posso
giurare, così come quelli della clinica e il suo psicologo.”
“Se lo dite
voi!”mugugnò poco convinto”Entra, comunque benvenuto casa mia, Bill!”]
E finita bene.
[“Devo ammettere che
non sei così male!” Disse suo padre guardando meditabondo il suo bicchiere di
birra.
“Sei riuscito a far
sorridere di nuovo mia figlia e l’hai fatta ingrassare!”
“Papà!”
“Zitta che agli uomini
le donne piacciono in carne!”
Lei aveva sbuffato.
“Mi stai anche simpatico… cosa che non guasta.
Benvenuto in famiglia Bill!”]
“L’avresti mai detto
che saremmo statiancora insieme un anno
fa?”
Lui ridacchiò.
“Ne sono sempre stato convinto, eri tu quella scettica!”
“Hai ragione.”
“E tu cara la mia scettica , l’avresti mai detto?”
“Ad essere sincera no. Avevo paura che fosse un sogno da cui
mi sarei dovuta svegliare prima o poi.”
“Adesso che pensi?”
“Che non è un sogno, è la realtà e mi piace un sacco!”
Lui risee la baciò.
“Perché non ti sei voluta iscrivere all’università?
Non me l’hai mai voluto dire.”
La ragazza sospirò.
“Chiamami scema, ma ho pensato che semai uno di questi colloqui con le case
discografiche andasse bene e tu tornassi ad andare in tour volevo essere pronta
a seguirti.”
Lui si arrestò e la guardò dritta negli occhi, Leila si
accorse in quel momento che quelli di lui erano lucidi.
“Davvero?”
“Si.”
“Grazie! È la cosa più bella che mi abbiano detto. Io…”
Lei appoggiò un dito sulle sue labbra.
“Non mi ringraziare, baciami e basta e…
dimostrami che questo splendido sogno non avrà mai fine.”
“Ai tuoi ordini!”
E mentre per l’ennesima volta veniva baciata si sentiva come
una persona che dopo tanto girovagare aveva trovato la sua casa.
Sicura e protetta.
Con ogni probabilità il futuro continuava ad essere una
fregatura, ma almeno ora non le faceva più così paura.
Tom osservava il fratello allontanarsi e sorrise.
Lentamente a piccoli passi erano riuscito nel miracolo di
far tornare tutto come prima o ci erano arrivati vicini.
C’erano quelli che c’erano sempre stati, ritorni e nuovi
arrivati.
Si sentiva un po’ idiota se ripensava ai primi tempi quando
aveva giudicato quella rossa non adatta a suo fratello, probabilmente era la
migliore cosa che gli fosse capitata.
Vedere il fratello stare bene automaticamente faceva stare
bene anche lui, era un rapporto simbiotico.
Francesca sbadigliò dietro di lui, doveva essere assonnata,
la notte prima Derek non era stato zitto un attimo.
“Nana, hai sonno?”
Lei annuì.
“Ieri Derek non mi ha dato tregua.”
“Dai, andiamo a letto.”
“Si!” represse uno sbadiglio”Ora che la bestia dorme
approfittiamone!”
“Non chiamare così mio figlio!” esclamò divertito.
“Scusa Tom, ho sonno…”
La guardò sbigottito.
“Direi di si, non hai nemmeno recepitola battuta.”
Lei gli sorrise grata.
“Ragazzi, noi andiamo a letto!”
Si alzò un coretto di:”Buonanotte!” tranne Luca che si
avvicinò a loro sogghignando.
“Ehi, guardate che non voglio essere zio di nuovo!”
La sua donna incenerì il fratello con uno sguardo.
“Vai a cagare pirla! Sono stanca, non penso a renderti zio
di nuovo!
Tu piuttosto, non rendermi zia!”
Lasciò la stanza a passo di marcia e un Luca stupito,a cui
Tom si sentì in dovere di battere una mano sulla spalla.
“Ha sonno,ma tu stai
attento lo stesso,cognato.”
“Dio li fa e poi li accoppia!”borbottò Luca tornando a
sedersi.
Tom rise e raggiunse Francesca in camerarimanendo incantato a guardarla.
La ragazza stava cullando il bambino e cantava una nenia in
italiano, pur non capendo una parola la trovò dolce e si sentì in pace con il
mondo.
Gli ricordava sua madre e all’improvviso tutte le paure sul
ripetersi delle loro storie familiari gli parvero lontane.
Forse sarebbe andata in modo diverso questa volta.
All’improvviso smise e la vide sorridere ed accarezzare il
loro cucciolo, solo allora lui si avvicinò alla culla e lo accarezzò a sua
volta.
“Sei davvero dolce.”
Lei sorrise e si fiondò fra le sue braccia.
“Sono davvero stanca, gli voglio bene ma prosciuga le mie
energie.”
“Allora vieni a letto.”
Si spogliarono insieme e si buttarono sul materasso,
automaticamente la ragazza si accoccolò contro di lui come un gattino bisognoso
di coccole.
“Te lo ricordi la prima volta che ti ho abbracciato?”
“Non credo me la scorderò facilmente quella sera, per la
prima volta avevo deciso di fidarmi di te.”
“ Te ne sei mai pentita dopo?”
Lei scosse le testa.
“No, sebbene sia stata male dopo, non mi sono pentita.
Tu … non so se hai una vaga idea di quello che hai fatto
quella sera.”
“Ti ho ascoltata.”
“Non solo … tu non sei scappato!
Sei stato il primo ad accettarmi e a mostrarsi gentile con
me, pur sapendo la mia storia.
Mi hai fatto stare bene.”
Rimase spiazzato, non si aspettava quella confessione, ne di
aver fatto così tanto con un semplice gesto, così si limitò ad accarezzarle i
lunghi capelli neri, mentre lei si rilassava contro il suo petto.
“Non ciavevo mai
pensato.”
“Non importa, l’importante è che tu sia qui.”
“Avevi paura che potessi fuggire?”
“Un po’… quando ho saputo di essere incinta temevo che non
saresti stato pronto.
Avevo così paura!”
“Anch’io ho avuto paura.
Paura di non essere abbastanza.
Paura di non essere pronto, ma mi hai smollato bene, Girardi!
Ero così innamorato di te che non sopportavo di perderti e
quando l’ho sentito muoversi nella tua pancia e poi quando Derek è nato ho
capito che nonostante fossi solo un ragazzino non me ne sarei andato.
Mi avevate stregato.”
La guardò negli occhi e si accorse che erano lucidi.
“Non mi avevi mai detto una cosa del genere.”
La baciò dolcemente.
“Stasera facciamo i conti con il passato.
Se io me ne fossi andato tu avresti tenuto questo bambino?”
“Si, perché comunque sarebbe stata l’unica cosa che mi
avrebbe sempre ricordato te e non l’avrei eliminato.”
La voce della ragazza tremò su quell’ultima parola e anche
lui, forse per questo si strinsero un po’ gli uni contro gli altri.
“A volte penso che tutto quello che ho vissuto, la rabbia,
il dolore e tutto il resto sia stato un modo per arrivare a questo.
Per arrivare a te.
Per tanto tempo non mi sentivo a casa mia da nessuna parte,
ora è diverso e lo devo a te.
Forse perché ho trovato anch’io qualcuno da amare …”
Lasciò la frase in sospeso, la mora non era mai stata una
tipa da parole smielate e dichiarazioni e nemmeno lui, ma quella volta sentì di
doverle una risposta.
“Sai, tutto quello che hai detto, penso che possa valere
anche per me.
Ora ho anch’io qualcunoda amare e devo ringraziare te per avermi voluto ancora nella tua vita.
Ti amo!”
Mormorò baciandole una tempia.
“Anch’io!” ripose lei prima di crollare in un sonno sereno.
L’ultima volta che l’aveva vista così debole, fragile ed
indifesa era stato dopo il parto, quando stesa nel suo letto d’ospedale
sembrava tanto la sedicenne di tanti anni prima.
Tom chiuse gli occhi per vedere meglio quell’immagine
mentale e ci riuscì.
[Fay
era stesa a letto e lui era seduto su un sedia accanto al letto perso nella
contemplazione della sua donna:lunghi capelli neri, ondulati con quei serpenti
di colore che spuntavano, contrastando con il bianco del cuscino, l’aria stanca
e sofferente, la carnagione pallida.
Sembrava in tutto e
per tutto la sedicenne di tanti anni prima.
L’unica cosa diversa
era la luce negli occhi, quella di tanti anni prima non c’era, ora invece c’era
una scintilla di gioia profonda e di soddisfazione.
Il respiro era lento e
regolare, la mano stretta nella sua era calda.
Decise di
accarezzargliela lentamente, era stanca non voleva che si svegliasse, ma fallì.
Poco dopo si ritrovò a
fissare due grandi occhi scuri che gli sorridevano assonati, le baciò una mano.
“Scusa non volevo
svegliarti sarai, stanca.”
“Tranquillo, poi tra
poco arriverà l’infermiera con Derek.”
Lui sorrise e le baciò
la fronte, come predetto una donna arrivò con il loro bambino.
Lei è il padre?”
Annuì sorridendo come
un ‘ idiota.
“Allora può rimanere,
signora Kaulitz, le faremo allattare il bambino.”
Quel signora Kaulitz era insolito, ma bello, dopotutto.
La donna porse il
bambino a Francesca che si sbottonò il pigiama e porse un seno al bambino che
si attaccò vorace.
Guardava quella scena
rapito, come se non avesse mai visto una donna allattare, ma d’altronde quella
era la sua donna, non una qualsiasi.
Si avvicinò piano per
guardare meglio il neonato, era così piccolo e così perfetto da fare male.
Perfetto nella sua
imperfezione.
Suo figlio.
“Posso accarezzarlo?”
chiese quando Francesca ebbe finito di allattarlo.
“Certo.”
Tremante allungò un
dito verso il bambino che lo guardò, senza piangere.
Derek studiò per un
attimo quel dito e il suo volto, poi lo afferrò e rise.
Sentì il cuore
scoppiargli in petto.
“Grazie Fay! Grazie!” mormorò commosso.
“Prego mormorò lei
altrettanto commossa.]
Il ragazzo tornò al presente, a quella notte siciliana
calda, ma in cui era piacevole averla addosso, misteri dell’amore.
Sentirla respirare sopra di lui non fece altro che
confermare le sue parole, si sentiva a casa.
Non importava quello che sarebbe successo in futuro, lei ci
sarebbe sempre stata.
Bill era felice.
Aveva finto con tutti di essere arrabbiato per la storia del
gioco invece avrebbe solo voluto alzarsi e ringraziarli tutti.
Dal primo all’ultimo per essere rimasti.
Per non averlo lasciato solo.
Era da tempo che non provava una sensazione di completezza
così forte, ora era davvero pronto a combattere di nuovo per ciò in cui
credeva, per i suoi sogni.
Aveva passato mesi a macerarsi nei sensi di colpa in
silenzio, non voleva che qualcuno se ne accorgesse, tutto quello che era
derivato dalla sua dipendenza era una cosa con cui solo lui poteva fare i
conti.
Fortunatamente aveva avuto qualcuno accanto, pronto a
dimostrargli che nonostante tutto era amato.
C’era stato suo fratello che lo aveva incoraggiato comporre
e aiutato con la sua chitarra nonostante le occhiaie causate dalla mancanza di
sonno per i pianti notturni di suo figlio.
C’erano stati i suoi amici che erano venuti a casa sua,
anche solo per trascorrere una serata cazzeggiando in compagnia.
C’era stata Francesca che spesso l’aveva ascoltato,
consigliato e coperto quandosi
addormentava sul divano, stanco per il pensare e il crogiolarsi con quei sensi
di colpa che comunque non lo lasciavano andare.
C’erano statii suoi
genitori che una volta raccontato loro tutto, pur scioccati non lo avevano
abbandonato.
E c’era Leila, che pur con la sua presenza sempre un po’
rude e scostante gli aveva dato molto e lo aveva supportato.
Era stato davvero fortunato.
Un ragazzo fortunato che si godeva una vacanza in un posto
bellissimo con la sua ragazza,
Quella stessa ragazza che ora dormiva sicura tra le sue
braccia e che più di un anno fa si era messa tra lui e una pistola salvandogli la
vita.
Ebbe un brivido nell’immaginarsi se stesso senza lei, in una
specie di fine alternativa a quella storia, la strinse più forte e lei sbuffò
nel sonno.
Leila era sempre stata bella, me nell’ultimo periodo era
rifiorita, Shirin diceva che stava tornando quella di
un tempo e ne era felice.
Bill non lo sapeva, vedeva solo che la sua ragazza sembrava
stesse tornando a vivere, vestiva abiti più colorati, si truccava di più e
rideva.
A Bill piaceva pensare che un po’ fosse merito suo e che
stare con luifosse l’origine di quel
piccolo miracolo.
Pensando a tutte quelle cose cadde in un sonno profondo e
popolato da incubi.
[Era di nuovo in
quell’appartamento.
Quel piccolo sudicio
appartamento che apparteneva a quel verme di Mark e in cui Leila era stata portata
contro la sua volontà.
Sentiva rumori di
zuffa alle sue spalle, David e Tom che bloccavano il verme probabilmente, ma
tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era Leila.
Leila e la macchia
rossa di sangue che le si allargava sullo stomaco come una rosa.
Premeva la sua felpa
contro la ferita per arrestare il flusso del liquido,senza riuscirci, il sangue
continuava ad uscire lentamente impregnando anche l’indumento.
Non era mai stato un
ragazzo particolarmente credente, ma pregava Dio a che Leila si salvasse come
non aveva mai fatto.
La zuffa si fermò,
sentì Tom che gli diceva qualcosa, era talmente scosso che dovette farselo
ripetere.
“Ho detto che
l’ambulanza arriva.”
Lui riuscì solo ad
annuire e Tom non aggiunse altro.
Il viaggio in ospedale
fu un incubo, sentiva i paramedici parlare concitati, la ragazza era grave,
avevadegli organi vitali lesionati e la
stavano perdendo.
La stavano perdendo.
Come si poteva perdere
un oggetto, peccato che Leila fosse una persona, la sua ragazza.
Arrivarono in ospedale
e Bill venne lasciato in una sala d’spetto fuori da una sala operatoria, sentì
che arrivarono anche David e Tom dopo un po’.
L’unica cosa che
sperava di sentire era un medico che gli dicesse che lei stava bene.
Solo questo.
In attesa, si
torturava le mani e guardava fisso il pavimento, sentendo solo i battuti
furiosi del suo cuore riempirgli la testa.
“Dai Bill ce la farà.”
“Lo
spero.”sussurrò.”Lo spero.”
L’attesa riprese fino
a quando la porta si aprì ed uscirono i dottori con espressioni contrite.
Il suo cuore perse un
battito.
Qualcosa non doveva
essere andato nel verso giusto, ora lo sapeva, ma ancora sperava di sbagliarsi.
“Signor Kaulitz, siamo spiacenti di comunicarle che la paziente non
ce l’ha fatta.”
Il moro sentì il vuoto
farsi largo in lui.
Non ce l’aveva fatta,
quelle parola risuonarono in lui.
Lanciò un lungo urlo e
scoppiò a piangere, Tom immediatamente si lanciò verso di lui per abbracciarlo
e consolarlo, ma lui con gesto nervoso si scostò.
“Voglio stare da
solo.”
Si allontanò da quella
sala, i corridoi dell’ospedale, seppur rumorosi gli sembravano vuoti e privi di
vita fino a che non giunse a dello scale.
Le percorse tutte fino
a trovarsi davanti a una porta che aprì senza esitazione.
Si ritrovò su una terrazza,
il cielo era spazzato da nubi che correvano incerte sopra la città.
Come in trance si
diresse verso il cornicione e ci si appoggiò con tutto il peso, abbassando gli
occhi sullo spettacolo della vita frenetica dell’ospedale.
Era appena arrivata un’ambulanza,
i paramedici stavano trasportando concitati qualcuno, lui li osservava rapito.
I pensieri che gli
attraversavano la mente ora erano mutevoli come le nuvole, da una parte non
riusciva a credere che Leila fosse davvero morta, dall’altra un desiderio
insano stava prendendo piede in lui.
Bill voleva
raggiungere quei paramedici diversi piani più sotto, voleva buttarsi come se
avesse avuto le ali, per far finire tutto.
Se non avesse sentito
la porta aprirsi dietro di lui e suo fratello abbracciarlo da dietro avrebbe
dato retta a quelle voci.
Il moro si staccò, si
voltò, ma invece di fronteggiarlo si gettò tra le sue braccia e pianse.
Insieme si
accasciarono al suolo, poi tutto divenne nero.
Bill cadeva,senza Tom
in un’oscurità densa che nulla aveva di concreto, era tutto onirico.
Alla fine della caduta
si risvegliò sudato ed ansante nel suo letto della clinica.
Er stato solo un
incubo! Solo un fottuto incubo!
Il moro avrebbe voluto
alzarsi e ballare, felice che Leila fosse salva, che quel proiettile l’avesse
solo sfiorata e non uccisa, ma non poteva certo disturbare gli altri pazienti.
Tornò a lettopiù sollevato e tornò a dormire e a sognare.
Questa volta era su una spiaggia bianca poco
prima del tramonto.
Solo.
Era un sogno che aveva già vissuto, quello dove
aveva visto, se così si può dire,per la
prima volta il padre di Fra e sapeva che prima era stato con Francesca,
seppellendo definitivamente e senza dolore le speranze di essere amato da lei.
In fondo l’aveva sempre saputo che lei amava
suo fratello, non lui.
Si incantò a guardare il mare che si infrangeva
sulla spiaggia con un ritmo sempre uguale, ora che era solo si chiedeva cosa
sarebbe successo.
Era stato certo e che quel sogno non fosse
stato solo suo, lo sguardo che Francesca gli aveva lanciato quando aveva visto
il padre era stato illuminante ,ora cominciava la parte autenticamente sua .
“Bill!”
Si voltò, Fra era di nuovo davanti a lui, più
matura,aveva in braccio un bambino molto piccolo, Tom la abbracciava da dietro.
“Quand’è che mi renderai zio?”
Mormorò divertito suo fratello, Bill prese il
neonato che gli porgeva la ragazza, aveva gli occhi scuri e un ciuffo di
capelli scuri.
“Non ti basta essere padre?”
“No, se tu non sei felice.”
“Ora che l’hai trovata non lasciartela
scappare.”
Chi?
Una ragazza vestita di nero con un velo in
testa a coprirle il volto si avvicinò a lui, suo fratello, la sua ragazza e il
loro bambino erano spariti.
C’erano solo loro due.
“Ciao amore!”mormorò lei accarezzandogli una
guancia.
“Ciao…”
“Chiudi gli occhi.”
Fece come gli era stato ordinato, sentì i
fruscii del velo sollevato e poi sentì le sue labbra calde contro le sue.
Fu il bacio più bello della sua vita perché
sentiva che c’era amore verso di lui nella ragazza che glielo stava donando, lo
sentiva dal fatto che lo attirava a se e lo accarezzava.
Chi era?
Domanda retorica, era la donna del mistero che
in quegli ultimi mesi era apparsa speso nei suoi sogni per fargli da coscienza.
Quando la sentì staccarsi, gioì, finalmente
l’avrebbe vista…
Ricordava la rima volta che aveva fatto quel
sogno, prima che la maschera cadesse lui si era svegliato.
Questa volta quando riaprì gli occhi lei era
ancora lì , sorridente, lui le accarezzò il volto ed arrivò a sfiorare il
velluto della maschera.
“Posso?” chiese esitante.
“Certo!” annuì lei.
Lentamente gliela sfilò e si perse in un paio
di occhi verdi che conosceva, erano quelli di Leila.
“Eri tu!”Mormorò semistupito.
La ragazza lo baciò e lui sorrise, sentendosi
felice, così felice da scivolaredolcemente nella veglia e poi nella
piena coscienza.]
Leila era accanto a
lui e dormiva.
Ricordò una
conversazione che aveva avuto con Leila, le aveva chiesto se credevafosse possibile incontrare qualcuno nei sogni
prima che nella realtà, ora aveva avuto la sua risposto.
Era possibile, a lui
era successo.
“Bill?” la voce della
ragazza e le sue carezze gentili sulla sua schiena lo fecero tornare alla
realtà.
“Si?”
“Cosa c’è?” si era
messa a sedere anche lei e lo aveva abbracciato appoggiando il volto sulla sua
spalla.
“Nulla, stavo pensando.”
“Cose belle?” la
ragazza strusciò il naso sulla spalla e vi depose un bacio.
“Si, pensavo che ti ho
incontrata prima che ti conoscessi, nei miei sogni.”
“Wow, Bill che fa il
romantico!”
Lui sbuffò.
“Scema! Dammi retta!”
“Ai tuoi ordini!”
Bill si sciolse
dall’abbraccio e si voltò per poterla guardare negli occhi.
“Molto prima che ti
conoscessi, dopo che ho praticamente costretto Tom ad andarsene di casa, ho
fatto un sogno.”
Prese fiato.
“Ho sognato di essere
il ragazzo di Francesca.”
La vide irrigidirsi.
“Non fraintendere,
avevo già archiviato la storia, ma non avevo ancora trovato le palle per dirlo
a me stesso, capisci?
Insomma, ero il suo
ragazzo, sennonché lei era strana, scostante.
Alla fine ho capito,
era cotta di mio fratello, sebbene l’avessi sempre saputo sentirselo dire aveva
avuto su di me un effetto liberatorio.
Eravamo su una
spiaggia, uguale a quello che c’è qua fuori e sono rimasto a guardare il mare.
Poi sono apparsi Tom e
Fra con il loro bambino e mi hanno detto che non dovevo lasciarmi scappare chi
avevo trovato.
E poi è apparsa una
donna mascherata che mia ha baciato.
Una donna con la tua
voce.
Una donna di cui non
riuscivo mai a vedere il volto e che mi dava sempre consigli o mi sputava
addosso le verità che non volevo accettare.
Eri tu. Stasera ho
finito il sogno di quella sera, togliendole la maschera ed eri tu.
Mi credi o sembro un
pazzo?”
Lei sospirò.
“Sembri un pazzo, ma
ti credo.
Anche a me piace
pensare che se il destino esiste ci ha mandato uno sulla strada dell’altro per
fare un percorso insieme, dal buio verso la luce.”
“Lo sapevo che avresti
capito!
Piccola… A volte ho pensato di essermi perso nella mia
vita.
Non sapevo più dove
andare e mi sono affidato a qualcosa di sbagliato e non volevo più nemmeno
tornare a casa a un certo punto.
Per fortuna mio
fratello, Francesca e i miei amici non mi hanno mai mollato, ma forse non
sarebbe servito a molto se non fossi arrivata tu.
Forse la mia via di
ritorno a casa passava attraverso te.”
Sulla stanza calò un
silenzio.
“Sai…
anche la mia!”
Si sorrisero e fu
naturale baciarsi, come a suggellare quello che avevano detto.
E Bill si sentì a
casa, una casa piene di tutte le persone che per lui significavano qualcosa.
Una casa piena di
affetti come sognava da sempre.
Una casa libera dalla
droga , cosa per cui aveva lottato.
Un casa chegli piaceva.
La casa di Bill, il
ragazzo, non il cantante dei Tokio Hotel.
La sua.
ANGOLO DI LAYLA
Siamo arrivati alla fine.
Non so cosa dire, ho un po’
di magone.
Spero vi piaccia, a me
mette un po’ di tristezza ç_ç.
Deve essere l’effetto
dell’ultimo capitolo pubblicato unito al fatto che lunedì sono stata al
concerto di Milano.
Un concerto davvero
stupendo, non so che altro dire.
Non è che me la cavi molto
bene con le parole.
Forse è meglio che inizi a
ringraziare.
Ringrazio chi ha commentato
l’ultimo capitolo, ossia:
.Pulse(sono davvero contenta che ti
piaccia e che tu abbia apprezzato la struttura a flashback^^