Here There and Every Where di Ariadne_Bigsby (/viewuser.php?uid=16808)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What goes on? ***
Capitolo 2: *** What i'd say? ***
Capitolo 3: *** Nowhere Man ***
Capitolo 4: *** Wild Honey Pie ***
Capitolo 5: *** If i fell ***
Capitolo 6: *** Dreams ***
Capitolo 7: *** Getting Better ***
Capitolo 8: *** Rain ***
Capitolo 9: *** This Boy ***
Capitolo 10: *** Don't let me down ***
Capitolo 11: *** Please, please me ***
Capitolo 12: *** Good Morning, good morning ***
Capitolo 13: *** No Reply ***
Capitolo 14: *** Something ***
Capitolo 15: *** Maggie Mae ***
Capitolo 16: *** I'll be back ***
Capitolo 17: *** I'm Down ***
Capitolo 18: *** Across The Universe ***
Capitolo 19: *** Christmas Time is Here Again! (Part 1) ***
Capitolo 20: *** Christmas Time is Here Again! (Part 2) ***
Capitolo 21: *** Help! ***
Capitolo 22: *** I need you ***
Capitolo 23: *** Girl ***
Capitolo 24: *** Come Together ***
Capitolo 25: *** Got to get you into my life ***
Capitolo 26: *** Every body's got something to hide ***
Capitolo 1 *** What goes on? ***
t
Secondo tentativo di iniziare una fiction non basata sulle mie
esperienze personali e che non sia One-Shot (dopo aver tentato con Batman ed
aver accantonato il progetto per mancanza di idee plausibili e
logiche)
Questa fiction nasce per pura casualità durante una banalissima
lezione di storia:
La prof stava interrogando ed io, poiché non avevo nulla di meglio
da fare stavo facendo qualche sciocco disegno su di un un foglio strappato, in
cui io e la mia compagna di banco (anche lei fan dei Beatles) avevamo modo di
incontrare i nostri beniamini.
Sapendo della mia abitudine di fare lunghi “viaggi mentali” sopra
qualunque argomento che si distacchi dalla normalità e della mia propensione a
scribacchiare mini storielle riguardanti me ed i miei amici, mi ha dato l’idea
di scrivere una storia un po’ più lunga ed articolata proprio sui
Beatles.
Pensando e ripensando ho dato alla luce questa storiella (alquanto
inverosimile ma…dopotutto siamo su un sito di
FAN-FICTION).
Ho “modellato” alcuni personaggi su alcuni miei amici che hanno
seguito l’evolversi della storia e , last but not least, mi sono documentata il
più possibile su John Lennon (sul quale, in ogni caso sapevo già abbastanza,
essendo il mio Beatle preferito ^.^ ) guardando video e leggendo documenti che
lo riguardavano 8perlopiù video e documenti che descrivevano la sua natura
profondamente ribelle, giocosa e sarcastica, al di là del John Lennon attivista
per la pace che noi tutti conosciamo.)
Dopo queste premesse...
Inizio con la storia… Spero vi piaccia!
Please, lasciate un commento!
What
Goes On?
Papà
mi ha sempre detto che avevo un talento particolare per la
musica.
D’altronde,
sono nata in una famiglia di musicisti..che altro potevano
aspettarsi?
Papà
suona la chitarra acustica, la chitarra elettrica ed il pianoforte ed è docente
di musica in una scuola dello Yorkshire.Da giovane suonava la chitarra in un
gruppo chiamato “The white rabbits”( papà è anche un appassionato di Lewis
Carroll) e rockeggiavano nella cantina del loro batterista, al ritmo di Pink
Floyd, Rolling Stones…. ed al ritmo dei Beatles.
È
stato papà ad inculcarmi la mia formazione rock in campo musicale, guidando le
miem piccole dita di bambina sulla tastiera della chitarra e del pianoforte,
dove mi faceva suonare “Let it be” e “All together now”
Crescendo
ho allargato le mie conoscenze comprando un bellissimo basso elettrico, al quale
dedicai più del tempo dovuto (trascurando anche lo studio) provando e
riprovando, per il puro piacere di sentire le note di quelle canzoni che tanto
amavo… eseguite da me!
Mia
mamma suonava il violino da ragazza e ha ritenuto che l’idea di papà di darmi
lezioni fin da piccola fosse un’idea grandiosa.
“Chi
studia musica fin da piccolo cresce meglio!” aveva sentenziato papà mentre io
ridevo, seduta sul pavimento, giocando con una mini chitarra
giocattolo.
Quindi
mamma osservava e sorrideva alla vista di quel marito affettuoso che insegnava
alla propria figlia ad amare la musica, il rock…. ed i Beatles.
La
musica dei fab four ha sempre risuonato in casa mia, fin da quando ne ho
memoria.
La
mia ninnananna era “Yellow Submarine” o “Love me do”, quando avevo 10 anni mi
scatenavo al ritmo di “Twist and shout”, a 14 sospiravo ascoltando “All you need
is love” o “Michelle” e, a 17anni mi emozionavo ascoltando “I am the Walrus” e
“Tomorrow never knows”.
Ma…che
sbadata! Io parlo, parlo del mio passato “musicale” e non mi sono ancora
presentata!
Il
mio nome è Ariadne Bigsby, e vivo a Londra.
Sono
un’adolescente perfettamente nella norma, con i suoi interessi, le sue nevrosi,
le sue pazze vicende sentimentali, pazze a tal punto da far apparire qualsiasi
intricatissima soap opera come un’insulsa storiella (“Ma secondo te, perché Josh
dovrebbe aver detto a Lynn che p molto carina se giusto ieri ha detto a Margery
che i suoi occhi sono la cosa più bella che abbia mai visto? “ “Credete che
Brittany capirà che in realtà Harry è soltanto uno stronzo che la tradisce con
Helen che fra l’altro è stata la ragazza di Mick che invece stava con Greta, che
l’anno scorso stava con…..Harry!” tanto per darvi un’idea degli intrighi
sentimentali in mezzo ai quali mi tocca vivere).
Un’adolescente
come tante. Mi dicono che sono una ragazza carina…ma io non
saprei.
Ho
i capelli di una tonalità indefinita, a metà fra il rosso ed il castano, pieni
di ricci fittissimi, che mi scendono fino alle spalle (le poche volte che ho
provato a lisciarli ho ottenuto risultati decisamente agghiaccianti ed o deciso
di tenermi i miei ricci indomabili), occhi verdi e naso dritto.
Questa
è l’immagine standard che lo specchio riflette: io riesco a trovarci sempre
qualche difetto!
Un
brufolo rosso, un neo di troppo, le occhiaie dovute alla mancanza di sonno o a
quei “momenti di sconforto” che attanagliano noi povere donne.
Non
fraintendetemi, non mi considero brutta… Ma neanche nulla di
eccezionale!
Ed
è a me, a questa comunissima ragazza che è capitata la più strabiliante e la più
incredibile delle avventure.
Un’esperienza
che mi ha segnata (in tutti i sensi), che mi ha sconvolto… ma anche
divertito.
E
che soprattutto, mi ha fatto comprendere in pieno quanto le idee, la forza di
volontà e i sogni possano essere forti ed indistruttibili.
E
mi ha fatto apprezzare la vita.
Tutto
questo lo devo ad una persona che… beh non c’è più
In
realtà non c’era neanche quando tutto questo è capitato. Però
c’era!
Vi
sto confondendo le idee?
Chiedo
scusa… sono talmente su di giri che non so da dove iniziare….
Ok…partiremo
da quella giornata piovosa, da quella giornata scolastica che sembrava non
finire mai.
Una
giornata che si preannunciava noiosa ed esattamente uguale a tutte le altre:
fino a quando tutto non ha preso una…piega inaspettata!
Ero
seduta al mio banco, a scuola. La testa appoggiata sui gomiti, a loro volta
appoggiati sul banco.
Nelle
orecchio risuonavano le note di “Eleanor Rigby “e, con gli occhi chiusi,
assaporavo l’esecuzione degli archi nel sottofondo della canzone.
Mancavano
pochi minuti al tanto agognato suono della campanella e,c dopo 7 ore consecutive
di scuola, non ne potevo davvero più.
Spostai
lentamente gli occhi verso la mia sinistra, osservando il mio compagno di banco
Charles sgranocchiare alcune patatine. I, suo sguardo era altrettanto apatico:
nessuno degli studenti sembrava prestare attenzione all’interrogazione in corso
(anche se, come amava ripetere Mrs Johnson, ovvero la prof di storia, la stessa
prof che stava interrogando in quel momento avremmo dovuto approfittare delle
interrogazioni per scriverci le domande che il prof rivolgeva perché “Potrei
benissimo domandarlo a voi!” )
Allungai
una mano, un po’ intorpidita a causa della mia posizione e gli fregai una
patatina.
Charles
emise un piccolo sbuffo ma non protestò (Charlie adorava mangiare e sbuffava
ogniqualvolta qualcuno gli scroccava del cibo, cosa che io non mancavo mai di
fare solo per il puro gusto di tormentarlo un po’.)
“Oh
no..ancora loro..” bisbigliò Charles indicando il display del mio
Iphone.
“Problemi
forse?” risposi io pacata
“No,
no..è che…cristo Ariadne, ascolti solo loro!”
“Ma
no…li ascolto semplicemente più di altri…” dissi rimirando la foto che
lampeggiava sul’l Iphone.
Nella
foto si vedevano 4 ragazzi dall’inconfondibile taglio di capelli.
I
“quattro di Liverpool” : Paul Mc Cartney, Ringo Starr, George Harrison e John
Lennon.
“Ma
quanto sarà bello Paulie in quella foto?!”
Era
stata Lindsay, la mia compagna di banco dalla parte destra a proferire queste
parole.
“Si,
è davvero carino…anche se per me John resta il migliore. Non solo dal punto di
vista estetico,
ovviamente. Però…non so, sarei più attratta da un ragazzo così!”
John
Lennon, nella foto era molto giovane. Avrà avuto si e no 24 anni. Portava i
capelli lunghi fino alla nuca ed una strana frangetta con la scriminatura a
destra. Come al solito stava sfoderando uno di quei suoi impareggiabili sorrisi
“da mascalzone” che io, ahimè, adoro in un ragazzo.
Paul
Mc Cartney invece sfoderava il suo solito sguardo stile “cucciolo indifeso”, che
gli era valso la nomea di “Cutie Beatle”.
In
quella la campanella suonò, finalmente, riportandomi alla realtà 8la mia mente
stava giù infatti fluttuando verso mondi lontani,
in cui io, Ariadne , avevo l’opportunità di conoscere JOHN LENNON, il mio idolo.
Nei miei sogni mi dipingevo più spavalda e sicura di me di quanto lo sarei stata
nela realtà, se avessi mai avuto l’opportunità di incontrarlo.
Peccato
che John Lennon fosse morto da quasi 30 anni, assassinato a colpi di pistola da
un fan pazzo ed invidioso del suo successo.
Mentre
riponevo i libri nella mia borsa 8una borsa dei Beatles basata sul cd di “Abbey
Road”, che papà mi aveva regalato per Natale pensavo alla grande perdita ed al
grande vuoto lasciato nella musica dalla morte di John.
“Sempre
i migliori quelli che se ne vanno!” Avrebbe commentato papà (che aveva avuto la
fortuna di vedere John Lennon dal vivo in un concerto del 1963 alla tenera età
di 13 anni.)
Mentre
correvo verso la fermata dell’autobus (abito a soli 2 km da scuola e, di solito
copro a piedi la distanza…ma quel giorno stava piovendo a dirotto e non avevo
l’ombrello) iniziai ad ascoltare “Strawberry Fields,” una delle mie
preferite.
Riuscii
ad arrivare giusto in tempo per salire sull’autobus fermo ancora per pochi
secondi, ma nella foga finii dritta dritta in una pozzanghera, schizzandomi da
capo a piedi d’acqua piovana.
Maledicendomi
per la mia sbadataggine mi appostai vicino alle porte dell’autobus,, visto che
la mia fermata era fra le prime) cercando di risistemarmi la divisa della
scuola, mezza zuppa.
La
fermata era esattamente davanti a casa mia: una bella villetta tipicamente
inglese, di stile vittoriano (ereditata dal nonno paterno), dalla porta
nera in risalto sul marmo bianco tirato a lucido.
“Mamma!”
strillai entrando in casa” m sono bagnata tutta in una pozzanghera! (non so
neanche perché l’ho detto, mi sarei senz’altro procurata uno dei suoi rimproveri
sulla mia sbadataggine e io avrei senz’altro alzato gli occhi, ripetendo l’ormai
iper utilizzato “Maaaammma mia come la fai lunga! )
Nessuno
rispose.
Mi
tirai uno schiaffetto sulla fronte: “ma certo! Mamma è da Janet, all’ospedale.
Ha partorito stanotte, come dimenticarlo!” pensai, trascinando la mia borsa
verso le scale.
Non
mi accorsi subito dell’estraneo seduto nel mio salotto: forse ero troppo presa
dall’idea di prepararmi una cioccolata calda, forse la mia solita natura
distratta ha colpito di nuovo… Fatto sta che non me ne accorsi finché non scesi
le scale per tornare al piano di sotto dopo circa 10 minuti (ero andata a
cambiarmi ed a sistemare la camera).
Scesi
le scale e girai istintivamente la testa verso sinistra, verso il salotto,
percependo qualcosa di strano.
C’era
qualcuno seduto sul nostro divano!
Era
di spalle e potevo solo notare che aveva capelli castano chiaro lunghi fino alla
nuca ed indossava quella che sembrava una giacca nera.
Non
era papà nella maniera più assoluta (papà lavora in una scuola dello Yorkshire e
torna nei weekend..ed eravamo solo a martedì. E poi papà è
calvo.)
“MI
SCUSI!” proferii io, indignata e spaventata allo stesso tempo.
Lo
straniero sussultò e si girò intorno, alla ricerca della provenienza della ma
voce.
Scesi
a razzo le scale e mi piazzai davanti a lui, mentre mentalmente mi dicevo che
ero una stupida…
Poteva
essere un maniaco o chissà cos’altro!
E
fu quando mi misi davanti a lui, sempre con quell’espressione di assoluta
sorpresa mista a paura ed indignazione che capii alcune cose.
Il
mio ospite” era vestito in maniera bizzarra: indossava un elegante completo
nero, con una camicia bianca ed una cravatta, anch’essa nera. Di vestiti del
genere non ne vedevi spesso in giro. Sembrava un vestito elegante per il
teatro….oppure un vestito di altri tempi.
La
seconda cosa di cui mi resi conto fu che l’estraneo era molto giovane. Non
poteva avere più di 24 anni.
E
la terza cosa di cui mi resi conto con sommo orrore, fu che questo ragazzo…Non
poteva avere 24 anni!
Non
poteva perché conoscevo solo una persona con quel viso…e questa persona era
morta 30 anni fa a 40 anni.
Non
poteva perché quel viso , quel naso aquilino, quegli occhi sottili, lievemente a
mandorla, quella labbra fini che sorridevano lievemente beffarde e quei capelli
appartenevano ad una sola persona.
Era
John Lennon!!!
“Beh?
Che ti prende piccola? “ disse lui “Hai tutta l’aria di aver visto un
fantasma!”
E
qui svenni.
|
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Capitolo 2 *** What i'd say? ***
t
Approfitto
di questo piccolo spazio per ringraziare Zazar90 e AndryBlack per
le loro (graditissime) recensioni.
In
realtà l'idea di raccontare la "crescita" di Ariadne (che, detto fra noi è la
mia alter-ego xD) per mezzo della canzoni dei Beatles è basata su esperienza
personale :9
Dalle
canzoni più "soft" come "Yellow Submarine" o "Octopus Garden", sono gradualmente
arrivata ad apprezzare anche i sound più lisergici (ovviamente li apprezzavo
anche da piccola, ma non ero in grado di capire tutta la storia dietro alla
notevole "evoluzione" musicale dei nostri beneamati fab four :)
P.s:
le foto all’inizio del capitolo sono state una sorpresa anche per me:le avevo
utilizzate per la mia pagina di presentazione qui su EFP, e poi mi sono resa
conto che ho usato lo stesso foglio HTML che ho usato per la presentazione per
scrivere la storia e che quindi le foto erano rimaste li.
Però mi hai dato un’idea e quindi ho inserito una foto anche in
questo capitolo, per darvi l'idea dell'aspetto che dovrebbe avere John nel corso
di tutta questa storia.
(Russian Fanatic inizia a mugolare rimirando la bellezza di John in quella fotoo
^_____^ )
Bene,
detto questo mi butto sul secondo capitolo, che mi sono ripetuta in mente tutta
la mattina
What
i'd say?
Non
saprei dire per quanto tempo rimasi incosciente.
Fatto
sta che il mio risveglio fa causato dalla sensazione di dita che mi battevano
delicatamente sulla spalla destra e sul viso.
Ancora
a metà strada fra il risveglio e l’oscuramento dei sensi mi ritrovai a pensare
“Oh, ciao mamma! Meno male sei arrivata tu! Ti starai chiedendo che cosa ci fa
la tua adorata figliola lunga distesa sul pavimento del salotto..Beh, ti dirò:
tua figlia ha avuto il sogno più strano che abbia mai potuto concepire nei suoi
18 anni di vita! Ho sognato che tornavo a casa da scuola e che trovavo un
estraneo seduto comodamente sul nostro divano, quello rosso che ti piace tanto e
sul quale il gatto si affila le unghie. E indovina un po’ chi era questo
buontempone? JOHN LENNON!! Ci crederesti? Ne faccio di sogni strani, vero mamma?
Forse ha ragione Charles, li sto ascoltando troppo ed ora li vedo
dappertutto..”
Tuttavia,
questo mio dialogo e la mia convinzione che fosse stata solo un’allucinazione
particolarmente vivida fu bruscamente interrotta da una voce dal timbro basso(ma
non troppo) e dall’accento strano.
“Ehi,
bella addormentata nel salotto! Ti ho visto strizzare gli occhi, lo so che sei
sveglia! Apri gli occhi o devo pensarci io a risvegliarti con un bacio?”
Lo
sconosciuto finì la frase e ridacchiò, fiero della sua battuta .
“Ok,
sto ancora sognando” pensai io,riconoscendo quella voce(poiché l’avevo sentita
in centinaia di video trovati su youtube o in quei pochi film in cui la persona
da cui proveniva la voce aveva recitato) cercando di raccogliere le forze ed
aprire gli occhi “ora mi sveglio e mamma mi starà guardando con quei suoi
occhioni verdi, cercando di capire se mi sono fatta del male sul
serio.”
Lentamente
aprii gli occhi: il mondo appariva ancora sfuocato e riuscii soltanto a
distinguere una figura umana protesa sopra di me.
Man
mano che il mondo riacquistava una forma precisa e dei colori definiti, mi resi
conto che si, mi trovavo sempre distesa sul p avimento del salotto..Ma la figura
sopra di me non era esattamente mia madre.
La
prima cosa che riuscii a distinguere furono un paio di occhi scuri, dalla forma
allungata, che mi scrutavano divertiti.
Poi
vidi che questi occhi si trovavano su una faccia magra, su cui spiccava un naso
aquilino ed una bocca dalle labbra sottili, leggermente
increspate.
“Oh
no…” mormorai “sto ancora sognando?
“Questo
non lo so, mia cara” rispose il ragazzo, sistemandosi un ciuffo ribelle sfuggito
dalla sua frangetta “ gli occhi li hai aperti, no?Ora fai un bel respiro e
mettiti a sedere! Non so perché ma in questa posizione sembriamo davvero la
bella addormentata ed il suo bel principe pronto a baciarla!”
Rise
di nuovo.
Lentamente
mi alzai e mi stropicciai gli occhi, sicura che quel gesto avrebbe cancellato
gli ultimi rimasugli del mio strambo sogno.
Ma,
una volta finito di stropicciarmi gli occhi, mi accorsi che il ragazzo era
ancora li, sempre col suo sorrisetto da mascalzone che ben
conoscevo.
“Ciao!”
esclamò lui tutto felice.
“Ciao
John…” mormorai io, sgranando gli occhi (non avrei mai pensato che i sogni
potessero essere così persistenti e realistici ma, visto che non c’era verso di
uscirne, tanto valeva starev al gioco.)
“Oh,
me no male!" ruggì lui “non hai riportato grossi danni! Vedo che mi riconosci!
Bene bene! Beh sai sei caduta come un sacco di patate … voglio dire ti sei
accasciata di schianto!!! E io mi sono preoccupato … sai, mi sono detto che
magari avrei fatto meglio a presentarmi in un altro modo..forse avrei dovuto
usare un po’ più di delicatezza! Non ci sono più abituato a queste cose, alle
presentazioni “normali! Ehehe, eppure mi avevano avvertito nell’ Aldisù che
sarebbe stato difficile fare la mia apparizione senza scatenare certi tipi di …
reazione!”
Disse
tutto questo senza mai riprendere fiato, gesticolando come un invasato e
sfoderando un sorriso smagliante.
“….
Io …” non riuscii a proferire altro
Beh,
è normale non sapere cosa dire! Ti trovi John Lennon venticinquenne seduto sul
divano del tuo salotto, svieni e vieni svegliata dallo stesso venticinquenne che
comincia blaterare cose apparentemente senza senso e tu cosa puoi
fare?
“Beh
vedo che il mio nome lo sai. So che mi conosci, quindi mi sembra superfluo dire
che sono John Lennon.” Ricominciò lui.
Si
fermò un attimo, sorrise di nuovo e poi riattaccò con l’entusiasmo di un bambino
che non vede l’ora di far sapere qualcosa di strabiliante alla mamma “Va bene,
però lo dico lo stesso … Ciao, sono John Lennon!”
“Ok
sto sognando..” riuscii finalmente a dire
Lui
si tirò i lembi della giacca, fece un sorrisetto malizioso e disse “Si lo so che
sono un sogno. Sono il sogno di tutte le ragazze con buon
gusto!”
“No,
volevo dire … tu non puoi essere reale!”
“Non
lo sono?” disse lui sgranando gli occhi in un tono di finta
sorpresa.
“Lo
so, sono caduta ed ho sbattuto la testa contro lo spigolo. I casi sono due. O
sto sognando davvero oppure …” cianciai io cercando di rialzarmi
“Oppure
… ?” mi provocò lui aiutandomi ad alzarmi, offrendomi gentilmente la
mano
“Oppure
niente! Tu non … tu non puoi essere qui! Non … .non è POSSIBILE!” cominciai a
strillare senza neanche rendermene conto (anche se non rifiutai la mano che mi
aveva proteso. )
“Tutto
è possibile. Tranne ovviamente riuscire a leccarsi il gomito.” Fece una pausa e
poi ricominciò a ridacchiare.
Ero
assolutamente sconvolta: da una parte il mio cervello tentava di rimanere su un
piano razionale.“Non può succedere SERIAMENTE. Per l’amor del cielo Ariadne, hai
18 anni ormai dovresti sapere da un bel pezzo che i fantasmi non esistono, così
come Babbo Natale, le fate ed i folletti. Insomma, non esiste nulla di
SOPRANNATURALE!”
Da
l’altra parte, tuttavia, il mio animo da sognatrice incallita, il mio spirito da
bambina che in fondo non ha mai smesso di credere nelle cose irrazionali,
balbettava timidamente “E se fosse tutto vero? E se lui fosse davvero il..il
fantasma di John Lennon sceso a farti visita?”
Non
riuscivo a crederci.
“Seriamente,
Ariadne..” disse lui “metti da parte per un po’ la tua logica e lasciati un po’
andare. Mica è tutto come lo dite voi… Mmm come potrei definirvi? Voi..esseri
VIVENTI. Si…viventi, perché io, come ben sai, sono morto da un bel
pezzo.”
“Come
fai a sapere come mi chiamo?” indagai, sempre più strabiliata.
Lui
si risistemò il solito ciuffetto ribelle prima di rispondermi, dandomi modo di
osservarlo attentamente per qualche secondo.
Era
davvero lui, in ogni particolare: alto, dinoccolato e dalla battutina
pronta.
Era
John Lennon, giovane e bello.
E
dopo averlo sentito pronunciare il mio nome con quel tono dolce, le barriere
fatte di raziocinio e logica che avevo innalzato cominciarono a crollare una
dopo l’altra.
“So
tante cose di te mia cara” rispose prontamente in tono amabile “ ti ho osservato
per un po’ da…Lassù. Non saprei in quale altro modo definire il posto dove
andiamo dopo morti.”
“Mi
hai… osservato?” balbettai come un’ebete.
“Beh
è una storia un po’ lunga da raccontare..”
“Sei
un fantasma?” Lo interruppi.
Avevo
paura, ma ero anche affascinata.
“Non
lo so.” John reclinò livemente la testa a sinistra per studiarmi meglio “Non so
se sono un fantasma. Beh di sicuro non sono un…un VIVO. Però non sono
incorporeo. Penso, sento, ho un cuore che batte, posso comportarmi come un vivo.
Però sono morto lo stesso.” Sorrise “Bizzarro, no?
“Si…”
annuii “Spiegami per favore…”
CRASH!CRASH!CRASH!
Anche
le ultime barriere di diffidenza stavano cadendo a pezzi.
“Mmmm
prima non è che avresti qualcosa da farmi mettere sotto i denti?” mi domandò lui
in tono implorante “STO MORENDO di fame!”
Si
interruppe e si rese conto di quello che aveva appena detto.
Ridacchiando
mi seguì, mentre lo accompagnavo in cucina.
|
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Capitolo 3 *** Nowhere Man ***
t
Ahaha
non so perchè, ma questa foto mi ispirava!
Magari
John stava spaparanzato così sul divano rosso, mentre aspettava Ariadne
xD
Stava
li, annoiato a pensare "Ma quando arriva questa benedetta figliola? Uffaaaa" (eh
si, ha proprio la faccia di uno che sta pensando così)
Ok,
passiamo ai ringraziamenti
Zazar
90 :
Beh,
mi fa molto piacere che tu la pensi così. Prima di scrivere la toria mi sono
documentata un po' su John Lennon "il burlone", così da avere un'idea del suo
tipo di comicità ed evitare di "caricare" troppo il personaggio.
Ho
trovato tantissimo materiale su You Tube: registrazioni di concerti, interviste,
registrazioni in sala...Alcune sono davvero esilaranti (Come per esempio uno
spezzone dove lui reinventa "Let it be" e cantando "Let it A, let it B, Let it
C, Let it D...etc etc) xD
Per
quanto riguarda la tua idea...No, non mi scoccia affatto! Perché
dovrebbe?? Anzi, aspetterò con ansia il primo capitolo :)
Marty
Youchy:
Ihih,
Johnny ha sempre avuto il chiodo fisso delle ragazze e la mania di fare il
Don Giovanni...Però beh...lui lo può fare perchè è ADORABILE quando lo fa
:)
Sono
felice che ti sia piaciuta anche la storia del PID..E dire che l'ho buttata giù
in 20 minuti, presa da un lampo d'ispirazione!
Ti
ringrazio molto
Andry
Black:
Wow,
addirittura fra le preferite! Ma...ma...tenchiu!!
Ah
a proposito di preferite...quando aggiorni "L'album fotografico"?? Ahhhh sto
morendo di curiositààà!!! (Ok, ok, ignorami xD)
Come
ho detto alle altre due, sono felice che la mia storia sia apprezzata! Sono
molto "affezionata" a questa storia (anche se è ancora in fase di lavorazione e
cambiamenti)
L'"Aldisù"
è stata una trovata del momento: "Adilà"mi sembrava troppo banale e quindi ho
pensato di stravolgere un po' la parola....in stile Lennon xD
Ps:
concordo, John è davvero S T U P E N D O
....sigh...ERA
stupendo...
(*si
ritira nel suo bugigattolo a soffiarsi il naso)
The
Thief_
Waaa!
Un'altra lettrice! (sia di questa che della storia sul PID )
Ma
grazie cara!!
Non
ti devi mica scusare, mica pretendo che la gente stia appiccicata al computer
O.o e poi, hai recensito già il precedente capitolo,
quindi...:)
E'
bello sapere che anche altri vedono con la stessa chiarezza con cui le vedi tu
come autore, le immagini che v uoi descrivere! Mi sento quasi una specie di
regista!!
Non
preoccuparti per i deliri, sei perfettamente nella norma: non hai idea di quanti
discorsi folli faccia io al giorno U___U
Per
quanto riguarda la musica...beh anche io devo ringraziare mio papà che è pure
lui un professore,anche se non di musica e non in una scuola lontana da casa:
quello lo faceva quando io ero piccola.
Bene,
credo di aver ringraziato tutti..e ora..
Via!
Heart
And Soul
“Ma
questo….questo coso è la fine del mondo!”
John
Lennon era seduto nella mia cucina, sulla sedia occupata normalmente da mamma
che sgranocchiava un Twix, la prima cosa commestibile a portata di mano che ero
riuscita a propinargli.
Gli
era piaciuto così tanto che si era ingollato non una, ma ben 3 bustine
(considerando che in ogni busta ci sono 2
Twix se ne era mangiati 6 in totale, uno dopo l’altro)
“Mmm
si..” avevo concordato senza smettere di guardarlo “sono
buoni..”
La
scena che avevo davanti agli occhi era surreale: Avevo sempre visto John Lennon
nelle foto dei Beatles, con la sua faccia simpatica ed attraente, oppure foto in
cui un John più invecchiato e dai capelli lunghi e scompigliati abbracciava Yoko
Ono.
Ma
non sarei mai riuscita ad immaginarmelo a mangiare Twix in
cucina!
Quando
ebbe finito si batté sulla pancia come a dire “Sono pieno!” e si stiracchiò,
allungandosi sulla sedia.
“Carina
questa casa! Forse il divano è un po’ scomodo… Ah e il gatto
morde”
Lo
fissai attonita: il nostro gatto, Mr Mustard (un nome, un programma) riusciva a
vederlo?
John
rispose alla domanda che mi ero posta, quasi come si mi avesse letto nel
pensiero “I gatti vivono in un mondo tutto loro. Sono un po’ qui ed un po’ li.
Per questo riesce a vedermi…” disse lui girando lo sguardo verso di me e
fissandomi con i suoi occhi scuri e profondi.
“Ma….io
ti vedo..” non trovai nulla di meglio da dire.
Lui
annuì e continuò, col tono di una maestra che spiega ad un bambino “Certo che mi
vedi. Ho scelto io di farmi vedere da te. Se volessi TUTTI mi potrebbero
vedere!”
Strabuzzai
gli occhi al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere se si fosse presentata
una simile eventualità.
“Però
sai…non credo che IL CAPO ne sarebbe contento …”bofonchiò John visibilmente
irritato.
“Il…
capo?” ripetei sempre più basita.
“Si,
“Il capo,… Ma noi lo chiamiamo Big Jim... Cioè, io l’ho chiamato Big Jim. E’ una
cosa che lo irrita da morire ed è uno spasso chiamarlo così e sentire che
avrebbe una gran voglia di tirarti addosso qualcosa” concluse John
gongolando
“John,
mi faresti la cortesia di spiegarmi tutto? Ti giuro, sono molto confusa! Sarà la
botta che ho preso, sarà che sta accadendo tutto così in fretta… Vedi, non
capita tutti i giorni che un morto
decida di farti visita. Potrei capire se fossi una tua parente! Se fossi tua
moglie (“ Mmmmmm moglie di John Lennon” mi ritrovai a pensare in una frazione di
secondo) tuo figlio… Ma..IO COSA C’ENTRO?”
“Perché
non ti siedi?” disse lui spingendo la “mia” sedia verso di me.
“Grazie”
bofonchiai (Incredibile, era lui l’ospite e si comportava già come se fosse a
casa sua. Anche se era John Lennon .Anzi, una specie di riflesso di John
Lennon)
“Beh,
è una storia un po’ lunga Ariadne” fece lui allungando una mano verso la
fruttiera a centro tavola e prendendo in mano una mela “inizia tutto…con la
fine”
“Intendi
con il tuo omic...ehm..la tua morte?” domandai appoggiandomi allo schienale
della sedia.
Lui
fece un sorriso un po’ amaro a sentire la mia fulminea
auto-correzione
“Chiamiamo le cose con il loro nome: il
mio omicidio, si.”
Mi
rabbuiai.
“Bene.
Tutto è iniziato da quella sera del 1980. Ho chiuso gli occhi e qui sulla terra
non li ho aperti più. Però… nell’istante in cui mi sono reso conto di aver
chiuso gli occhi..ho sentito che li stavo riaprendo”
Fece
un sospiro ed iniziò ad osservare la mela.
“Beh,
li ho aperti e mi sono trovato..Lassù. Nel “POSTO” . E’ stata la prima cosa che
ho pensato! In quale POSTO mi trovavo? Sapevo che fino a pochi secondi prima ero
a New York, sotto il mio appartamento. Sapevo pure cosa mi era successo, quindi
ho capito subito che dovevo essere morto. Che quella non era la
vita.”
Altro
sospiro.
“Come
puoi immaginare..Non l’ho presa molto bene. Ho iniziato ad urlare, a chiamare
Yoko, Sean, i miei amici Paul, Ringo e George. Sapevo che era sciocco e che non
potevano sentirmi ma … avevo bisogno di chiamarli.”
Con
mia sorpresa mi accorsi di stare “vedendo” tutto quello che John mi stava
raccontando : le sue parole evocavano immagini nella mia mente. Vedevo John, lo
stesso John che era seduto davanti a me mettersi in piedi in una specie di luogo
bianco, completamente bianco.Lo vedevo sgranare gli occhi ed iniziare ad urlare
i nomi delle persone a lui care, uno dopo l’altro.
Lo
vedevo scoppiare a piangere
disperato.
“Tutto
ok?” chiese lui gentilmente rimettendo la mela al suo posto nella
fruttiera.
“S-si…continua,
ti prego”
“Va
bene. E’ essenziale che tu capisca d’altronde..Sento che non sei ancora del
tutto convinta che io sono reale.” Mi guardò di nuovo molto attentamente, come
per studiare la mia reazione.
“Insomma”
riprese “ero in questo strano posto. Nessuno mi rispondeva, nessuno passava da
quelle parti. Ed io ero li, con la consapevolezza che avevo finito di vivere.
Poi, all’improvviso ho visto una porta che prima non c’era. Mi sono sentito un
po’ come “Alice nel paese delle meraviglie” mentre tiravo la
maniglia..”
Mi
sorrise e sorrisi a mia volta.
“E
poi…non so dirti cosa mi è successo dopo. Il fatto è che… siamo TUTTI
li!”
“Tutti?”
“Tutti….”
Ripeté lui, gli occhi assenti persi nei ricordi “Tante persone che non vedevi da
tempo.”
Capii
al volo
“Julia..?”
chiesi timidamente
Lui
annuì.
“La
mia mamma.” Disse lui in tono adorante
Si
perse di nuovo nei suoi ricordi per qualche secondo, poi si ricompose e continuò
il suo racconto.
Non
si era accorto che mi ero asciugata una lacrima.
“Non
so se “Paradiso” è il termine più adatto per definire quel posto!” fece lui
grattandosi il mento “Io preferisco chiamarlo Strawberry Field..Mi sento più a
casa in questo modo. Lì c’è di tutto. Metti caso hai voglia di…mah di suonare la
chitarra. Ecco che davanti a te appare la chitarra dei tuoi sogni, che suona
esattamente come ti sei immaginato..Oppure immagina di voler andare a … a
Parigi, o Roma ed avere tutto a portata di mano! Ecco…questa è una descrizione
del posto in cui mi trovavo..E nel quale sono rimasto per 30
anni.”
“Vuoi
dire che non hai mai…?”
“No,
non ho mai sbirciato sulla Terra. Mai, mai mai..Neanche per guardare mia moglie
o mio figlio. Sapevo che stavano bene, lo sentivo Ma non volevo vederli: non volevo avere
costantemente davanti agli occhi tutto quello che avevo perso in una fredda
notte d’inverno per mano di uno squilibrato che non c’entrava niente con me, con
noi…”
John
si era intristito: era lampante che la consapevolezza di aver perso la vita in
quel modo violento ed ingiusto gli bruciava ancora.
Cinque
proiettili sparati nella schiena: quattro andati a segno, logico che tu non
riesca da accettarlo.
“E
poi…poi ho capito che non ne valeva la pena di stare a piangersi addosso. Ho
sofferto per 30 anni, combattuto fra la voglia di stare vicino ai miei cari e
quella di cercare di separarmene, perché il ricordo era qualcosa di
insostenibile.”
“E
come hai preso questa decisione?” era la storia più avvincente e toccante che
avessi sentito. Era stranissimo guardare John aprire il suo cuore e riveleare
quello che solo lui sapeva.
Si
fidava di me ed io non ero ancora riuscita a capirne il
motivo.
“Beh,
è stato un processo graduale…. già dopo un bel po’ di tempo, circa 20 anni
terreni, avevo cominciato a maturare la decisione di scendere di nuovo sulla
terra” John fece una pausa e si risistemò la solita ciocca che continuava a
sfuggirgli.
Sembrava
un ragazzino. Era un ragazzino.
Un
ragazzino di quasi 70 anni, che aveva smesso di respirare a 40 ma che riusciva a
mantenere le sembianze di un ragazzo sulla ventina.
“Poi
è arrivato George.”
“George…già
è morto nel 2001. Aveva un brutto male” tornai con la mente ai notiziari
dell’epoca ed ai giornali scandalistici che non parlavano
d’altro.
La
morte dell’ ex-Beatle aveva sconvolto tutti.
John
annuì, chiudendo gli occhi.
“Si,
so tutto. Giravano voci lassù. Tutte le fan dei Beatles che si erano raggruppate
lassù ne parlavano. E poi Georgie è arrivato. Mi sono visto venire incontro il
Georgie che conobbi in quel lontano 1957. Quasi un bambino!” John stava
sorridendo sereno, ricordando entrambi gli incontri
“Deve
essere stata un’emozione grandissima!”
Doveva
esserlo stato per forza
“Oh
lo è stata!” Mi è venuto incontro ed ha detto – John! Vecchio mattacchione, lo
sapevo che eri qui, lo sapevo! Lo sapevamo tutti!- “
“Si,
però io mi sto dilungando su cose che potrò anche raccontarti in un secondo
momento: ora è indispensabile che ti racconti tutta la parte interessante!”
John
sembrava essersi rianimato.
“Insomma….30
anni lassù, mai una sbirciatina sulla terra, neanche per vedere mia moglie che
si faceva la doccia” (arricciai le labbra appena lo disse) “ poi ho cominciato a
provare il desiderio di TORNARE. Di VEDERE quanto di noi è rimato quaggiù!
George mi raccontava cose strabilianti, cose incredibili sul mondo di oggi ed io
cominciavo a sentire la curiosità crescere e crescere…..e presi la decisione
definitiva!”
“Quella
di scendere sulla terra” finii io per lui tirandomi le ginocchia verso il petto,
sulla sedia.
“Esatto!
Quindi dopo aver deciso ne ho parlato con Big Jim. Ovviamente, dopo che l’ho
chiamato Big Jim non voleva neanche vedermi, ma…io so essere mooolto
persuasivo”
Immaginavo
che John avesse assillato Big Jim fino a farlo cedere per
esasperazione.
Nella
mia mente si formò un’immagine nitida di John attaccato ad un telefono rosso,
nel quale berciava “Ohhhh e poi ne so una bellissima! Allora lo sai quanti
gorilla ci vogliono per avvitare una lampadina..? “
John
stava ridacchiando:probabilmente mi aveva inviato lui stesso
l’immagine.
“Ed
è qui che entri in gioco tu…” disse indicandomi ed ammiccando.
“Già…io!”
sbottai dando un’occhiata nervosa all’orologio. Non sapevo quando sarebbe
tornata mamma.
“Alloooora….Come
hai capito, non volevo coinvolgere mia moglie o i miei figli. Yoko e Sean
rimarrebbero sconvolti…Julian..beh…con Julian non ho mai avuto grandi rapporti.
E di questo mi rammarico. Forse un giorno potrò rifarmi ma..ora non ha
importanza.”
Cominciò
a schioccare le dita kentre raccontava.
“No…io
volevo rendermi visibile a qualcuno che non fosse la mia famiglia. Qualcuno che
mi conoscesse, ma che non fosse implicato direttamente con quello che ero
stato…”
Sbuffò
e mi guardò di traverso.
“E’
stata una ricerca molto lunga, sai? Dovresti risarcirmi per i danni
morali”
“Dai
John…dimmi tutto, non perdere tempo!” In realtà la mia vanità femminile voleva
sapre COSA ci trovasse John Lennon di tanto speciale in me.
“Ti
ho sentita” disse lui “Ti ho sentito una sera mentre suonavi la
chitarra.
Rimasi
interdetta.
“So
che preferisci il basso;ma quella sera stavi suonando la chitarra. Stavi
suonando “You’ve got to hide your love” e mi sono messo ad ascoltarti. Ero
proprio li, sopra di te ad osservarti!”
Rabbrividii
ed arrossii allo stesso tempo.
Forse
avevo capito di quale serata stesse parlando. Una serata non proprio da
ricordare ….
Una
delusione amorosa, dopo tante speranze e lacrime è sempre un colpo
grosso.
Ognuno
ha i suoi modi per sfogarsi: io suono.
E
quel testo era maledettamente consono alla mia situazione….
“Mi
ha commosso la tua… partecipazione. Non saprei in quale altro modo definirla.
Sentivo quello che stavi provando mentre producevi quelle note.
“Ho
sentito che ci stavi mettendo l’anima e…beh..”
Fece
finta di asciugarsi una lacrima “Beh hai toccato il mio povero e tenero
cuoricino” si sporse verso di me.
Io
istintivamente mi protesi all’indietro.
“Ho
capito che avevi un animo affine al mio. Che non eri “una qualunque”. Ho capito
che per te la musica è una cosa seria. Mi sono rispecchiato in te. Ecco cosa
volevo! Un’anima affine alla mia!”
Trattenni
il fiato mentre lui mi faceva un buffetto sulla guancia.
“Ed
è così che ho detto:LEI!”
Mi
sembrava che il tempo si fosse
fermato.
“Ti
ho seguita, ti ho studiato. Posso ritenermi un esperto di te…” Mi fissò con quel
suo particolare sguardo penetrante “ posso dire di conoscerti quasi quanto tu
conosci me. Vero?”
Non
potei impedire alle mie guance di diventare di una decisa tonalità
scarlatta.
“Allora,
signorina..” si alzò, venne verso
di me e, appoggiando le sue mani sulle mie ginocchia avvicinò il suo viso al mio
e bisbigliò.
“Che
dici? Ti ho convinta?
“Io…io…”
boccheggiai, gli occhi fissi nei suoi.
“Ah,
giusto, quasi dimenticavo…” si diresse verso il salotto, per tornare con la
chitarra di papà, sulla quale strimpellavo pure io, la stessa chitarra che John
mi aveva visto impugnare quella fatidica sera.
“Mancava
solo questo!” disse tutto allegro “Per favore non svenire di nuovo
però!
Iniziò
a suonare e sentii scendere dai miei occhi lacrime di felicità, mentre
John suonava e cantava per me la stessa canzone che mi aveva resa speciale
ai suoi occhi.
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Capitolo 4 *** Wild Honey Pie ***
ip
Inizio con un sonoro "Grazie" rivolto ad
Andry Black(ho visto che hai aggiornato la
storia, provvederò a commentarla al più presto!), The Thief, Lau
82 e Zazar Ramone per le
loro sempre gradite recensioni del precendete capitolo (a parte Lau 82,
che è "nuova" xD)
Questa è la mia alter ego, Ariadne(Ho trovato questa mia
foto in giro per il computer e ho pensato che sarebbe stato carino inserirla.
Così potrete visualizzare bene anche la protagonista xD (Ps non ho i capelli
ricci, l'ho trovata adatta proprio perchè in
E questa è la foto di Joooohn <3
I
Dinner Time
Quella fu senz’ombra di dubbio la serata più tragi-comica
della mia vita.
Tragica perché avevo paura che succedesse qualcosa
di…bizzarro, comica perché le mie reazioni a questi avvenimenti apparivano del
tutto ingiustificate agli occhi delle “persone comuni”.
Ma io non ero una “persona comune”,
non lo ero
affatto.
“Sei la mia piccola protetta!” così mi aveva definito
John.
La cosa si faceva sempre più assurda..e tuttavia avevo
perso del tutto la convinzione che si trattasse di un sogno.
Ed anche se lo fosse stato, beh non era mica
male!
Quando John finì la sua canzone, posò la chitarra davanti
a sé e si sedette, tenendo la chitarra fra le gambe, appoggiandosi al
manico.
“Oh, piccola!” disse scioccato, notando le mie lacrime “Ma
non volevo farti piangere!”
Allungò una mano verso di me e mi carezzò la
guancia.
“Ecco..” fece, asciugando le lacrime.
“Scusa John..è che…i-io sono s-s-senza
parole”
Lui sorrise e reclinò la testa, tenendo sempre la sua mano
sulla mia guancia sinistra: avrei voluto restare sempre così.
“Farai meglio ad abituarti, perché ho intenzione di restare
qui per…per un bel po’!” mi rivelò lui portandosi la mano alla bocca, come se mi
stesse facendo una gran confidenza.
Mi illuminai.
“Per quanto?”
John fece le spallucce “Che ne so..un mese, un anno…TUTTA
LA VITA…” fece lui, enfatizzando le ultime tre parole e scoccandomi uno dei suoi
soliti ed irresistibili sguardi “Big Jim non ha parlato di tempistiche, quindi
credo che potrò godermi a fondo questa mia permanenza sulla terra!” concluse
felice, mettendosi le mani dietro la nuca e stiracchiandosi in maniera
spettacolare.
Lo guardavo con gli occhi fuori dalle orbite: John, John
LENNON, che mi avrebbe seguita a tempo indeterminato.
Nemmeno nei miei sogni più fantasiosi avrei mai potuto
concepire una simile fortuna.
“Ti seguirò OVUNQUE..” disse lui, abbassando la voce e
sporgendosi verso di me “ quando dico OVUNQUE….(occhiata maliziosa), intendo
OVUNQUE.”
Arossii violentemente “Immagino che mi lascerai 10 minuti
di privacy…voglio sperare!” sbottai io
“Mmmm forse. 10 minuti al giorno però!” concluse
lui.
Poi rise,
con la sua risata trascinante e spensierata.
Sembrava quasi impossibile credere che fosse la stessa persona che poco prima mi
aveva raccontato della sua tragica esperienza post-mortem.
“Si, certo…vedremo” dissi io piano, le guance sempre in
fiamme.
“Uh, come sei
diventata rossa!” fece lui indicandomi “Ah, vedo che non ho perso il
mio irresistibile fascino Lennoniano.
Il LEGGENDARIO
fascino Lennoniano..” sorrise beato
Maledicendomi per la mia pelle chiara, cercai di cambiare
argomento, aggrappandomi alla prima cosa che mi venne in mente.
“Tu mi hai detto che potresti farti vedere da chiunque in
teoria…” buttai lì
“Ah si!” fece lui risollevandosi e cincischiando con le
corde della chitarra “questo mi ricorda che…beh, se possono vedermi IN
TEORIA…possono vedere quando sposto qualche oggetto…” sollevò la chitarra da
terra “Beh tu sei la sola capace di vedermi: quindi puoi notare che la chitarra
si sta alzando da terra perché l’ho deciso io..:” fece una pausa e mi guardò,
per studiare la mia reazione.
Trattenni il fiato: temevo di aver capito.
“Immagina se qualcuno di ESTERNO entrasse nella stanza
mentre io tengo la chitarra sollevata…” agitò lievemente lo strumento, come ad
avvalorare la sua tesi “vedrebbe una ragazza ricciolina seduta ad occhi sgranati
sulla sedia…E UNA CHITARRA VOLANTE!”
“John..” cominciai
“Oh, non ti preoccupare…ci starò attento…ma ogni tanto,
sai”si rimise la chitarra a tracolla con un movimento elegante “tendo a
diventare tremendamente SBADATO” ridacchiò e pizzicò le corde “Sarebbe BUFFO,
no?”
“No, non sarebbe buffo! Sarebbe una TRAGEDIA!” mi ritrovai
a dire io, le mani già nei capelli.
In quella sentii il chiavistello girare.
“Cielo, mia madre!”squittii io terrorizzata e tuffandomi
letteralmente su John
“Ohoh, dov’è finito il caro, vecchio _CIELO, MIO MARITO!”
disse lui imitando il mio tono terrorizzato.
Si tolse con tutta calma la chitarra dal collo e me la
porse, poi si rimise a sedere, ma stavolta sul bancone di cucina.
“Amore? “la voce di mia madre riempì la casa ” amore ci
sei?”un tintinnio di chiavi che venivano riposte nella loro ciotola, di fianco
alla porta “Perché il tappeto è tutto spostato?” sbottò mamma.
John ridacchiò lievemente, portandosi una mano alla
bocca.
“Sono qui mamma!” dissi io spostando la sedia, facendo più
rumore del solito “stavo strimpellando qualcosa, non ho preparato nulla per
cena!”
Senza che me ne fossi accorta era arrivata l’ora di cena;
il tempo con John era letteralmente volato.
“Cosa suonavi di bello?” si informò mamma, raggiungendomi
in cucina e posando la sua borsa sulla sedia occupata fino a poco prima da John
“Mah, nulla..solo..i Beatles” mormorai io.
Feci in tempo a vedere mia madre alzare gli occhi al cielo
(d’accordo, i Beatles le piacevano ma mi giudicava troppo ossessionata da loro)
e John staccarsi dal bancone e seguirmi, prima di girarmi verso il salotto ed
andare a posare la chitarra,
“Carina tua madre” commentò John appoggiandosi alla
libreria. “ti somiglia molto. Ma tu forse sei più carina”
“Grazie..” bofonchiai
“Tesoro, ti va un po’ di pasta per cena?” mi urlò mamma
dalla cucina
“Siii” urlai io di rimando, mentre sprofondavo sul divano,
spossata da tutte quelle emozioni seguita a ruota dal mo amico quasi
invisibile.
Presi il telecomando ed accesi la Tv, una bellissima tv
piatta, con lettore dvd.
John osservava tutto con avidità e notai con piacere che
ora era il SUO turno di strabuzzare gli occhi, quando le prime immagini fecero
la loro comparsa sullo schermo.
“Santo cielo!” fu il suo commento, mentre compiaciuta
sintonizzavo tutto sul canale che trasmetteva paesaggi dal mondo “ Ma…ma sembra
proprio VERO! Voglio dire…la tv ai miei tempi non era…”
Fissò emozionato e bramoso il telecomando
“Posso?”
“Sei tu l’ospite” ridacchiai io porgendoglielo e tenendo un
occhio puntato sulla cucina, dalla quake proveniva un gioioso suono di
pentole.
John fece zapping, soffermandosi ora su questo, ora su quel
canale: rise ascoltando qualche sketch comico, andò in visibilio vedendo alcune
scene spettacolari di un film fantasy, sospirò deliziato quando sentì una canone
di Chuck Berry sul canale di musica e si indignò ascoltando qualche news dal
telegiornale.
“Vivete in un mondo ben strano” commentò lui tirandomi il
telecomando, proprio mentre mamma mi chiamava per la cena
Io feci le spallucce e mi alzai, sgranchendomi le
gambe.
Entrando in cucina, respirai il delizioso odore della pasta
al pomodoro: mi accorsi che John stava facendo lo stesso. Aveva chiuso gli
occhi,in un’espressione beata, il sorriso sulle labbra, ed aveva inspirato a
pieni polmoni.
Mentre io mi sedevo, lui rimase in piedi in mezzo alla stanza, odorando quel delizioso profumino
“Splendido, splendido!” disse sottovoce “ Nell’aldisù non la fanno mai una pasta
con un sugo del genere”
Mi sforzai di non ridere, mentre aspettavo che mamma
servisse la pasta nei nostri piatti gialli e si sedesse a sua
volta.
La cena fu relativamente tranquilla: Chiacchierai con mamma
in tono amabile, raccontandole della scuola (avevo perfino preso una nota
positiva a matematica, un evento per me sensazionale) e chiedendo notizie di
Janet.
“Cecilia viene a
farci visita pross imamente!” aveva
annunciato lei radiosa.
Cecilia è mia sorella, ha 27 anni e vive a Boston, dove ha
trovato lavoro e marito.
“Davvero?” ero molto legata alla mia “sorellona-ona” come
la chiamavo da piccola “Sono secoli che non la vedo. Mi mancava, quella
stupidella” dissi rimestando gli spaghetti con la forchetta.
La tragi-commedia si verifico al
“dessert”.
Mamma prese una mela dalla fruttiera, la stessa mela che
John aveva preso in mano prima.
John, fino a quel momento, se ne era stato buono buono in
un angolo, osservandomi attentamente( ragion per cui passai la cena con le
guance della tonalità dei peperoni maturi e con mamma che mi chiedeva se stavo
bene)
Io non presi la mela, ero troppo intenta a sfogliare una
rivista che mamma aveva appoggiato sul tavolo mentre cucinava.
Joh nel frattempo si era alzato e gironzolava per
la stanza, senza una meta precisa, assorto nei suoi pensieri.
Mi ritrovai a pensare che era adorabile con quell’aria
malinconica che sfoggiava spesso nelle sue foto: faceva tenerezza e, a me
personalmente faceva venire voglia di abbracciarlo per scacciare i suoi
timori.
John era così assorto nei suoi pensieri, che non si era
nanche accorto di stare allungando pure lui una mano verso la
fruttiera.
Poteva avere fortuna: mia madre poteva essere girata da
un’altra parte…peccato che lei stesse proprio guardando in quella direzione
(probabilmente stava pensando che eravamo a corto di frutta e che avremmo dovuto
comprarne altra) e la mano di John si stava avvicinando pericolosamente alla
mela.
Capii che avevo pochi secondi per agire e, presa dalla
paura che mia madre vedesse una mela librarsi in aria da sola, fluttuare verso
l’alto e poi sparire dopo essere stata morsa non badai alla
discrezione
“Noooo!!” Urlai a pieni polmoni, così forte da far
trasalire anche il gatto, acciambellato su una sedia.
Mentre urlavo allungai alla velocità della luce la mia mano
destra, che finì con un sonoro SPLAT su quella di John, che si era nel frattempo
chiusa sulla mela.
John parve risvegliarsi dal coma (non c’è che dire, era
DAVVERO assorto nei suoi pensieri), mamma mi guardò allucinata.
Beh, in effetti, come reagireste voi se vostra figlia si
mettesse ad urlare senza alcuna ragione apparente e spiaccicasse una mano sulla
mela.
“Guarda che io l’ho già mangiata..” commentò mia madre in
tono flebile.
“Eh, eheh..si..è che..” farfugliai, alla disperata ricerca
di una scusa plausibile” c’era un insetto”.
“Ah..” fece lei fissandomi attentamente (probabilmente
stava cercando di capire il perché di questo scatto.
John nel frattempo era caduto per terra, in preda ad un
attacco isterico di risatine e ne stava riemergendo solo in quel momento: il suo
naso aquilino sporgeva dal tavolo.
“Beh io…vaaaa…vaaado a fare i compiti” continuai a
farfugliare io alzandomi e spingendo con delicatezza la sedia contro il
tavolo.
Cercai di sfoggiare un sorrisone smagliante,mentre il mio
cuore batteva all’impazzata.
“Ah, ok..ma sei sicura di stare bene? Non è che vuoi
qualcos…” cominciò mia madre.
“STO BENE!” strillai di rimando.
Poi corsi a razzo le scale verso camera mia, mentre John mi
seguiva con la sua abituale calma.
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Capitolo 5 *** If i fell ***
Ary
I soliti
ringraziamenti a…..
The
Thief: Ahaha
a me è piaciuto il Dlin Dlon! Magari era qualche vicino di casa che voleva
protestare per tutto quel baccano! Il fascino Lennoniano continua a fare strage
di cuori in tutto il mondo, nei cuori delle povere fan di Johnny
J Non si può evitare di esserne irrimediabilmente
contagiate!
Andry
Black:
Mi sa che abbiamo due madri molto simili. Solo che lei ormai ha perso le
speranze e non fa neanche più caso ai miei deliri su John &Co. Anzi, le
faccio pure del terrorismo psicologico perché appena ho il computer disponibile
metto Beatles o John Lennon a tutto volume!
Zazar90:
John
si sta divertendo come un matto a far impazzire la povera Ari..Penso che sia
nella sua natura portare la gente all’esasperazione. J
Marty
Youchy: La
madre di Ari si stava probabilmente chiedendo se a sua figlia aveva dato di
volta il cervello. Questa scenetta mi è venuta in mente a scuola durante il
compito di italiano su Alfieri(!) e mi sono messa a ridacchiare pure io
all’idea.
Come promesso ecco un’altra foto di John (che qui, come si suol
dire è tanta, ma taaaaaaanta roba…Anche io invidio
Ariadne)
“If
i fell”
“E’
stata la cosa più assurdamente divertente che abbia mai visto!” John aveva gli
occhi che brillavano e non si era ancora ripreso dall’accesso di risatine di
pochi minuti prima.
“Si,
come no… divertentissimo” ero livida
“Non
ci ha mica scoperti, no?” osservo John seguendomi in camera “ E’ andato tutto
liscio. Devo dire che hai dei riflessi davvero fulminei. Per caso giochi a
baseball?”
Lo
guardai stralunata “E che c’entra il baseball?”
“Mah
così….tanto per fare conversazione” disse John lasciandosi sprofondare sulla
sedia della mia scrivania. “Mi piace il tuo buon gusto in fatto di arredamenti.
Davvero notevole” commentò lui girandosi attorno.
Sospirai: camera mia
sembr
ava un museo dei
Beatles.
Non
c’era un muro che non fosse tappezzato di foto, posters e foglietti con frasi
delle loro canzoni.
John
si avvicinò ad una foto nella quale stava suonando assorto la chitarra: era una
delle mie foto preferite.
John
aveva un’aria malinconica ma affascinante in quella fotografia. Reggeva una
chitarra acustica nera come la pece, davanti a lui c’era un microfono. Ma lui
sembrava completamente assorbito dalla canzone che stava
suonando.
Accanto alla foto, un piccolo post-it recitava “If I fell in love with you/would you
promise to be true/And help me understand/ cause’ I’ve been in love before/And I found
that love was more/than just holding hands”
“Se
mi innamorassi di te, mi prometterai di essere sempre sincera con me e di
aiutarmi a capire? Perché io sono già stata innamorato ed ho realizzato che
l’amore è più di un semplice tenersi per mano..” recitai io a tempo di
musica.
John
sorrise nostalgico e si girò verso di me “Innamorata, eh?”
“Non lo so..” ammisi “Ma non l’ho scritta io..”
“Lo
so, l’ho scritta io infatti” disse John indicando il foglietto.
“No,
non hai capito Me l’hanno dedicata.” Precisai io.
“Oh…Beh è una bellissima frase da dedicare” convvenne John. Poi vide la mia
faccia.
“Mi
pare di aver capito che questo non sia un argomento del quale tu sia ansiosa di
parlare..”
“Non
preoccuparti… è acqua passata.” Mormorai , avvicinandomi a lui e sfiorando il
post-it con le dita.
“Il
passato purtroppo torna sempre, in un modo o nell’altro. Non importa quanto tu
tenti di cacciarlo in fondo ad un cassetto. I ricordi sono sempre lì. Però, se
si riuscisse a vederli come qualcosa che è in principio è stata una cosa
bella….il dolore dovrebbe essere minore. L’ho capito a mie
spese.”
“Grazie
John , questo mi conforta davvero” abbozzai un sorriso.
“Oh,
bazzecole…volevo solo atteggiarmi ad intellettuale impegnato” disse lui in tono
sussiegoso.
Feci un lungo sospirone: John aveva ragione.
Dovevo imparare a guardare tutto quello che era stato
con un sorriso. Ma non ci riuscivo. Era passato quasi un anno e non c’ero ancora
riuscita.
“Ari, Ari…ho qualcosa per
te..”
Una voce dal passato si insinuò nella mia testa. Scossi la
testa per cercare di scacciarla.
“Non so proprio in quale altro modo dirtelo. Ho pensato che
così avresti capito”
John si rese conto che mi stavo lasciando trascinare dai ricordi e si schiarì
la voce,lanciandomi un’occhiata eloquente.
Quegli
occhi verdi che si stavano facendo strada nella mia mente sparirono così come
erano arrivati.
“Non
dovevi fare i compiti, bambina?” fece lui indicandomi la
scrivania
“Oh
no…i compiti…” mi battei la fronte con la mano, disperata.
“Oh
oh, che dolce! Tu vai sempre a scuola…Ahhh mi ricordo di quando IO andavo a
scuola!” inizò a dire John con espressione beata “Beh…quando ci andavo. Non ero
uno studente particolarmente diligente.”
Vide
la mia divisa nera e gialla. “E ODIAVO quelle divise!” sentenziò
Si
fermò un attimo, poi aggiunse “Però le gonne delle ragazze non erano
male..”
Io
nel frattempo avevo aperto lo zaino ed estratto il libro di
letteratura.
Non avevo davvero nessuna voglia di
studiare e non avevo voglia di andare a
scuola l’indomani mattina.
Dovevo
ancora abituarmi alla presenza di John e la scuola sarebbe stato l’ultimo posto
nel quale avrei potuto tenerlo d’occhio.
Mentre
pensavo tutto questo e mi mordevo nervosamente il labbro, John cominciò ad
esplorare camera mia soffermandosi ora su questo, ora su quel poster rievocando
“i bei tempi” o commentando il suo
aspetto (“Mio dio, sembro una mongolfiera!) o quello degli altri membri della band (”Incredibile, la
mimica di Ringo è sempre un’esperienza sconvolgente!).
Quando
ebbe finito il suo soliloquio, io ero ancora li impalata, in mezzo alla
stanza.
“Mbè?
“ fece lui “Non vai a fare il tuo dovere di brava studentessa.?”
“Non
è il caso che domani io vada a scuola..” dissi piano, sempre con quell’aria
allucinata “Ho un’idea..”
Mi
mossi verso lo stereo, ed aprii il mangianastri (era rotto ed inutilizzabile, ma
non era un gran problema, visto che prediligevo i CD o i dischi in vinile) nel
quale nascondevo le mie caramelle per le emergenze.
“Caramelle?”
John si stava grattando la testa perplesso.
“Queste
non sono semplici caramelle..” dissi io con un sorriso trionfante, mentre aprivo
il pacchetto.” Sono le caramelle più schifose che siano mai state prodotte. Sono
alla fragola e sono così dolci da fare venire LA NAUSEA” me ne infilai una in
bocca.
John
mi guardava come se mi stesse vedendo per la prima volta.
“Ti
ho mai detto che sei una donna geniale?” disse lui guardandomi con sincera
ammirazione
“No,
mi hai detto solo che sono carina e ricciolina” Gli diedi corda, mentre lasciavo
che il rivoltante sapore dolce della caramella mi si spandesse in
bocca.
“Oh
bene..allora sei carina..ricciolina..e GENIALE!” aggiunse lui dandomi una sonora
pacca sulla spalla.
“Non
è che posso mangiarne una anche io? “ disse lui allungando una mano verso il
pacchetto.
“Di
certo non ti ammazzeranno” commentai io aprendo il pacchetto.
Fummo
entrambi presi da un attacco di risatine incontrollabili.
In
capo a 10 minuti sentii il senso di nausea crescere e crescere (John aveva
mangiato la caramella senza battere ciglio e non accusava alcun tipo di dolore)
e quando giudicai che la mia faccia fosse abbastanza sconvolta da risultare
credibile, scesi le scale a recitare la mia commedia per evitarmi una mattinata
di scuola.
A
mamma bastò guardarmi per capire che qualcosa non andava (e forse si spiegò il
mio urlo disumano a tavola) e decretò che avrei fatto meglio a stare a
casa.
Decisi
che tanto valeva fare le cose con stile ed aggiunsi col la vocetta più flebile
che potei “Ma no…posso pure andarci a scuola..Ignorerò la nausea e seguirò le
lezioni” (inutile dire che John era letteralmente piegato in due dalle risatine,
ed ogni tanto faceva qualche piccolo applauso)
“No
Ariadne..Domattina starai a casa..” guardò un attimo preoccupata la sua
borsa.
“Però
domani sono al lavoro..te la senti di restare sola in casa tutto il
giorno?”
“Si
mamma, certo! Ce la farò, non preoccuparti..:” dissi io sempre con la solita
vocetta da bambinetta (a volte riuscivo a spaventarmi da
sola!)
“E ora fila a letto..Riposati tesoro.” Disse mamma dandomi
una bacio sulla guancia.
“Si mamma”
E
da brava bambina ubbidiente, con passo fintamente malfermo tornai in camera,
mentre John si complimentava.
“Hai
un futuro da attrice drammatica, credimi piccola! Nemmeno IO sarei stato capace
di concepire un piano così subdolo!”
Sorrisi,
sentendo la mia autostima crescere come Alice dopo aver mangiato il famoso
dolcetto.
“Però
ora vorrei davvero dormire..Sai..” sbadigliai sonoramente “ tutti gli
avvenimenti di oggi mi hanno resa esausta!”
“Ah
questa gioventù!” sbottò John
“Dove
dormo, a proposito?”
“Perché,
tu PUOI dormire?” chiesi al culmine della meraviglia
“Certo
che dormo! Mangio, bevo, cammino…potrò pure dormire, no?” fece lui allargando le
braccia come a dire “Mi pare così dannatamente OVVIO!”
“Ehmmmm….”
Non avevo idea di dove piazzarlo. Poi vidi il divano. “Mettiti li!” gli indicai
il mio comodo divano nero.
“Sul
divano? Come sarebbe a dire, non mi fai dormire con te?” John mi diede una lieve
gomitata, facendo pure l’occhiolino.
“Considerando
che ci conosciamo da poche ore…beh mi sembra un po’ prematuro!”
“Ma
che dici, ma se mi conosci da quando sei nata!” replicò lui incrociando le
braccia con fare offeso.
“Beh,
guardare le foto e leggere biografie non mi pare sia sinonimo di “conoscere DAL
VIVO”
John
mi fulminò con lo sguardo “Questa era cattiva…”
Feci
un sorriso sornione ed indicai convinta il divano.
“Bah…e
dire che altre ragazze avrebbero fatto carte false per dormire con me!”
bofonchiò lui dirigendosi verso il divano e saggiandone la
morbidezza.
Mi
infilai anche io sotto le coperte e spensi le luci.
“Buonanotte
John”
Dal fondo della stanza arri
vò un sonoro russare.
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Capitolo 6 *** Dreams ***
lolllll
Un Thank You grande
come una casa a…
Zazar90, The Thief,
Andry Black, Marty Youchy e Lau 82 per le loro sempre attese e graditissime
recensioni!
Un Welcome a
Lullaby
! Sono contenta che la mia storia ti piaccia.
E ora…foto di
John..e nuovo capitolo!
Dreams
Realizzai subito che quello doveva essere un sogno:
stavolta doveva esserlo PER FORZA.
Mi trovavo a scuola, seduta
al mio banco e stavo scribacchiando distrattamente qualche
fra
se di una poesia sul
diario.
Capii di stare sognando perché ricordavo
benissimo quel giorno.
Però io vedevo tutto come se fossi solo una
spettatrice, come se fossi una terza persona che assisteva a tutta la
scena.
Mi osservai, mentre cercavo di copiare la poesia con
la mia migliore calligrafia.
Era una poesia molto bella di Langston Hughes, che
diceva:
“Tieniti
stretto ai tuoi sogni
Poiché,
se i sogni muoiono
La
vita è come un uccellino dalle ali spezzate
Che
non può più volare”
Stavo per ricopiare anche la seconda strofa, quando
tutto diventò nero: due mani mi avevano coperto gli occhi.
“Bubusette..” mi bisbigliò all’orecchio una voce maschile
“Sempre li a studiare, tu?
D’istinto avevo coperto con le mie mani quelle del mio
misterioso (ma non troppo) disturbatore ed avevo replicato
lievemente stizzita:
“Non sto studiando, sto TRASCRIVENDO!”
Le mani si staccarono dai miei occhi, e potei
finalmente girarmi ad osservare che mi aveva interrotto (anche se lo sapevo
bene…)
“O’Gready, sei sempre il solito rompiscatole!” lo chiamai per cognome, ben sapendo
quanto la cosa lo urtasse.
“Beh, intanto ringrazia che non l’ho fatto mentre
scrivevi con la tua bella calligrafia tutta precisa ed ordinata..BIGSBY” anche a
me dava fastidio sentirmi chiamare per cognome. Ma da lui… da lui la cosa aveva
tutto un altro
effetto.
Alzai gli occhi al cielo “Oh, di sicuro la tua è stata
una concessione molto magnanima”
“Si, magnanimissima!” concluse O’
Gready.
Questo simpatico ragazzo che esercitava su di me un
certo tipo di fascino (oltre che a rompermi le scatole 25 ore su 24) era
Alexander O’Gready… Ma tutti lo chiamavano Alex o Lex.
Aveva la carnagione diafana, più pallida della mia.
Degli occhi verde chiaro allungati come quelli di un cinesino e capelli color
cioccolato, lisci come la seta. Lui li portava lunghi fino alle spalle con una
buffa frangetta con la scriminatura a destra. Era alto e magro ed era l’oggetto
del desiderio di tutta la popolazione femminile della scuola.
Alex, oltre ad essere I N C R E D I B I L M E N T
E attraente, possedeva anche il
fascino dell’artista “maudit”: suonava la chitarra in un gruppo chiamato “The Victorian
Age”, un gruppo considerato da molti “dark” per le loro musiche un po’ cupe.
Essendo il chitarrista, Lex era sempre in pole position ed esercitava il suo
fascino da bello e dannato su tutte le ragazze che lo andavano a vedere, a tal
punto che, anche ragazze che non avresti mai potuto immaginare ad ascoltare
certi tipi di musica, facevano la fila per guardarlo suonare.
Lex ricambiava la loro devozione con una gelida
indifferenza ed anche con un certo sarcasmo, ben conscio del suo fascino e della
sua bravura.
Io ero l’unica a non sbavargli dietro apertamente per
svariati motivi.
Tanto per cominciare lo conoscevo da circa 4 anni,
quando era ancora un ragazzino “normale”, goffo e stupidotto, con una sfrenata
passione per la chitarra.
Lo avevo praticamente visto “evolversi” nel ragazzo
che era in quel momento (e che, ahimè, sarebbe rimasto)…. ed anche se ero
rimasta inevitabilmente contagiata dal suo irresistibile fascino tenebroso, ero
l’unica a non sbavargli dietro apertamente.
Un altro motivo era il semplice fatto che…. eravamo in
classe insieme.
Anzi, non solo eravamo compagni di classe, ma anche
compagni di banco.
Le nostre ore scolastiche erano riempite da risatine,
battute sarcastiche rivolte ai professori( Alex era un vero maestro del sarcasmo
e sapeva usarlo in maniera molto feroce), piccoli dispetti e innumerevoli
citazioni musicali sui banchi.
Lui conosceva già i Beatles, ma fui io a farlo
appassionare: lui in compenso mi “iniziò” all’ascolto dei The
Cure.
Tuttavia, Alex sembrava quasi risentito del fatto che
non fossi un’altra delle sue fan adoranti: il suo orgoglio di rubacuori doveva
aver subito un duro colpo, quando ai suoi esagerati tentativi di provocarmi,
rispondevo con un ghigno od un’espressione di assoluta indifferenza( mentre in
realtà avrei voluto saltargli addosso)
Mi voleva bene, questo era certo: ma il suo affetto
era offuscato dalla sua smania di piacere a tutti..o meglio a
TUTTE.
“Insomma, cosa stai TRASCRIVENDO?” domandò Lex facendo
il segno delle virgolette con le dita ed imitando la mia
espressione corrucciata.
“Guarda e lo saprai..” risposi riponendo la
penna.
“Hold fast to dreams?” mi guardò “Langston
Hughes?”
Un’altra cosa particolare di Lex era che… aveva
un’intelligenza sconfinata.
Con lui potevi parlare praticamente di ogni cosa,
dall’ultimo disco di quel gruppo troppo figo che aveva ascoltato alle poesie di
Baudelaire (che lui amava e conosceva alla perfezione).
Passava i pomeriggi a bighellonare per la città,
facendosi una passeggiata per Hyde Park, visitando il British Museum oppure a
suonare col suo gruppo (che era ovviamente la cosa che gli piaceva di più al
mondo) senza studiare assolutamente nulla, senza sapere i giorni di compito o di
interrogazione.
Arrivava a scuola, prendeva atto che in quel giorno ci
sarebbe stato compito e si metteva a leggere, completamente
assorto.
Leggeva il testo una, due, tre volte insomma il
maggior numero di volte possibili finchè non entrava il professore ad ordinarci
di separare i banchi.
Mentre tutti si grattavano la testa cercando di
ricordare le caratteristiche del teatro Elisabettiano, vedevi Lex scrivere con
la sua calligrafia nanoscopica senza interrompersi.
E la sorpresa era sempre grande quando si scopriva che
era riuscito a prendere un bel voto: magari non il massimo, ma comunque un voto
positivo.
“Si, proprio lui..” annuii compiaciuta “mi piaceva
moltissimo questa poesia… La trovo molto veritiera”
Lui sbuffò lievemente e si sistemò lentamente la
frangetta, squadrandomi con i suoi occhi verdi:
“E quindi TU hai dei sogni, Bigsby?”
“Credo che tutti ne abbiano…” risposi restituendogli
l’occhiata.
“I sogni sono per rammolliti… esiste solo
l’ambizione”
“L’ambizione non conosce scrupoli,
ricordalo..”
Alex mi guardò divertito “ Bisognerebbe farsi pochi scrupoli al
giorno d’oggi”
“Hai ragione anche tu..” gli concessi “ma a tutto c’è
un limite.”
Lex sbuffò di nuovo, divertito.
“Ne riparliamo fra qualche anno..”
sentenziò
Questo bel soggetto era il mio migliore amico, signore
e signori.
E ben presto diventò molto più di un semplice
amico….
Era da un po’ di tempo che Alex aveva intensificato la
frequenza delle
sue frasette provocatorie, tante volte aveva trovato banali scuse per sfiorarmi
la mano, il ginocchio o per appoggiarsi a me.
Tutto
questo mi lusingava ma mi rendeva anche nervosa: possibile che si comportasse
così anche con la sua migliore amica? (anche se questa migliore amica stravedeva
per lui così come avrebbe fatto una chiunque delle sue fan)
Poi
arrivò il fatidico giorno, una fredda giornata inv
ernale….
La
scuola era finita ed eravamo ufficialmente in vacanza: Lex sembrava aver deciso
di autoinvitarsi a casa mia tutti i giorni (non che non fosse un abituale
frequentatore di casa mia…però un minimo di preavviso!) per guardare film
rimpinzandoci di patatine e coca cola, ascoltare musica( un giorno arrivò con
una borsa contenente 10 LP diversi) o suonare insieme, lui alla chitarra ed io
al basso.
Ma
quel giorno, quel 23 Dicembre,…Lex era strano
Oddio,
Alex non si è mai comportato come una persona normale e sana di
mente..
Ma
quel giorno era veramente su di giri.
Si
fiondò in casa non appena gli ebbi aperto la porta, imbacuccato in un elegante
Montgomery nero, con una sciarpa blu scuro.
“Lex…stai
bene?” gli chiesi mentre richiudevo lentamente la porta: faceva un freddo
cane.
Alex
mi guardò: sembrava veramente sconvolto.
Sembrava
a metà strada fra l’imbarazzo e la contentezza….E rigirava fra le mani, coperte
da guanti neri, un fogliettino bianco.
“Ariadne,
vestiti ed usciamo..” ordinò. Alex non chiedeva mai…lui
PRETENDEVA.
“Ma…”
stavo per controbattere, ma lui mi fermò alzando la mano.
“Niente
ma…devi uscire..Devo farti vedere una cosa importantissima e non posso fartela
vedere qui tappati in casa!”
Non
aveva senso lottare contro di lui, tanto l’avrebbe spuntata
comunque.
Quindi
in capo a 10 minuti mi trovavo fuori casa, avvolta anche io in un cappotto
pesante, sciarpa bianca e guanti neri, sfidando il gelido clima invernale
londinese.
“Bene,
siamo usciti..Ora puoi dirmi cosa c’è?” gli domandai mentre cercavo di tenere il
passo (per ogni sua falcata dovevo fare 2 passi)
“Non
ancora” un sorriso illuminò il suo bel volto “pazienta ancora un
pochino”
Chiusi
la bocca: raramente avevo visto un sorriso del genere a Lex.
Va
bene, era il mio amico e tutto…ma non lo avevo mai visto sorridere in modo
così…sincero.
Con
me rideva e basta, e le sue risate erano causate dalle mie battute o situazioni
divertenti.
Quel
sorriso invece era del tutto diverso.
Ci
fu un imbarazzante silenzio, mentre continuavamo la nostra camminata, i fiocchi
di neve avevano cominciato a cadere dal cielo lentamente…
Poi
fu lui ad interrompere il mutismo.
“Ho
ri ascoltato i Beatles…era da un po’ che non mettevo su un loro
disco”
“Ah
si?” fu la mia risposta.
Alex
parve non accorgersi della freddezza della mia risposta (non capivo perché si
stesse comportando in modo così strano!) e proseguì: Si..volevo fare un
confronto”
Si
girò a guardarmi “Un confronto fra i Beatles pre-India..e quelli
Post-India!”
“Wow…beh
in effetti non sembrano lo stesso gruppo.”
“Sotto
l’effetto dell’acido cambiano tutti…”
“Beh,
hai fatto questo confronto. E allora?”
Forse
avevo risposto un po’ troppo duramente e Lex cambiò tattica.
“Pensavo
ti avrebbe interessato..” stava iniziando a dire “ed invece devi sempre fare la
solita acida!”
“Lex,
mi hai trascinato fuori di casa con questo freddo! Non mi vuoi dire che c’è, ed
ora stai girando allegramente intorno all’argomento! Lo sai che odio queste
cose…quindi per favore dimmi che c’è!
Ora
mi so dare una risposta al mio comportamento così acido: il fatto è che..Beh
Alex mi piaceva davvero tanto.
Nel
vederlo arrivare così sconvolto, aver visto quel sorriso così strano e così
dolce avevano risvegliato in qualche recondita parte del mio cervello, la
speranza che Alex avesse capito che provavo qualcosa per lui….e che fossi da lui
ricambiata!
Alex
si fermò: eravamo in un mini giardinetto in mezzo ad una piazza.
Tra
le mani stringeva sempre il foglietto. Sospirò, parve raccogliere le forze ed
infine disse:
“Ari,
Ari…ho qualcosa per te”
Trasalii:
non mi aveva MAI chiamata Ari. Non mi aveva mai parlato con quel tono di voce,
la voce che potrebbe avere un amante.
Mi
prese la mano e mi ci mise sopra il foglietto.
“Non
so proprio in quale altro modo dirtelo. Ho pensato che così avresti
capito”
Ero
trasognata: come in trance aprii il piccolo foglietto e lessi.
Sentivo
gli occhi verdi di Lex puntati addosso mentre leggevo e mormoravo a mezza voce
il testo di “If i fell”
“Era
da un po’ che volevo dirtelo Ari….” Non lo avevo mai visto così. Sembrava in
imbarazzo..ERA IN IMBARAZZO!
Lo
guardai, i miei occhi erano spalancati…e lui era vicino,
vicinissimo…
Ed in
pochi secondi lo fu ancora di più.
Fu il
bacio più bello della mia vita(almeno fino a quel momento…), un bacio romantico,
un bacio sotto la neve, un bacio che aspettavo da tanto.
Lex,
il bello ed impossibile, il musicista “maudit”…aveva scelto me.
Ed io
non potevo far altro che assecondare la sua scelta…
Mi
svegliai di soprassalto e sentii che le lacrime stavano già sgorgando
spontaneamente dai miei occhi.
Non
volevo farmi sentire frignare da John e cercai di asciugarmi rapidamene gli
occhi…ma non potei evitare di emettere un lieve singhiozzo.
“Ma
allora è un vizio il tuo!” sentenziò una voce vicino al mio
orecchio.
John
era seduto sul pavimento, proprio davanti a me: mi stava guardando, John mi
stava guardando mentre dormivo!
Non
riuscii a dire altro, perché sentii altre lacrime farsi strada sulle mie
guance.
“Povera
piccola…hai fatto un brutto sogno?” sentii un peso sul letto: John si era seduto
accanto a me e mi stava asciugando le lacrime, per la seconda volta in quella
giornata.
“Oh
John..” sospirai.
Poi lo
abbracciai: passai le mani dietro al suo collo e lo strinsi forte, come se fosse
un morbido orsetto di pelouche, lo abbracciai per trovare
conforto.
“Rimettiti
a dormire piccola Ari…non pensare al passato. Dormi, ti canterò una
canzone..”
E mi
addormentai mentre John intonava piano, con la sua bellissima voce
“Imagine”
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