Here There and Every Where

di Ariadne_Bigsby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What goes on? ***
Capitolo 2: *** What i'd say? ***
Capitolo 3: *** Nowhere Man ***
Capitolo 4: *** Wild Honey Pie ***
Capitolo 5: *** If i fell ***
Capitolo 6: *** Dreams ***
Capitolo 7: *** Getting Better ***
Capitolo 8: *** Rain ***
Capitolo 9: *** This Boy ***
Capitolo 10: *** Don't let me down ***
Capitolo 11: *** Please, please me ***
Capitolo 12: *** Good Morning, good morning ***
Capitolo 13: *** No Reply ***
Capitolo 14: *** Something ***
Capitolo 15: *** Maggie Mae ***
Capitolo 16: *** I'll be back ***
Capitolo 17: *** I'm Down ***
Capitolo 18: *** Across The Universe ***
Capitolo 19: *** Christmas Time is Here Again! (Part 1) ***
Capitolo 20: *** Christmas Time is Here Again! (Part 2) ***
Capitolo 21: *** Help! ***
Capitolo 22: *** I need you ***
Capitolo 23: *** Girl ***
Capitolo 24: *** Come Together ***
Capitolo 25: *** Got to get you into my life ***
Capitolo 26: *** Every body's got something to hide ***



Capitolo 1
*** What goes on? ***





t

Secondo tentativo di iniziare una fiction non basata sulle mie esperienze personali e che non sia One-Shot (dopo aver tentato con Batman ed aver accantonato il progetto per mancanza di idee plausibili e logiche)

Questa fiction nasce per pura casualità durante una banalissima lezione di storia:

La prof stava interrogando ed io, poiché non avevo nulla di meglio da fare stavo facendo qualche sciocco disegno su di un un foglio strappato, in cui io e la mia compagna di banco (anche lei fan dei Beatles) avevamo modo di incontrare i nostri beniamini.

Sapendo della mia abitudine di fare lunghi “viaggi mentali” sopra qualunque argomento che si distacchi dalla normalità e della mia propensione a scribacchiare mini storielle riguardanti me ed i miei amici, mi ha dato l’idea di scrivere una storia un po’ più lunga ed articolata proprio sui Beatles.

Pensando e ripensando ho dato alla luce questa storiella (alquanto inverosimile ma…dopotutto siamo su un sito di FAN-FICTION).

Ho “modellato” alcuni personaggi su alcuni miei amici che hanno seguito l’evolversi della storia e , last but not least, mi sono documentata il più possibile su John Lennon (sul quale, in ogni caso sapevo già abbastanza, essendo il mio Beatle preferito ^.^ ) guardando video e leggendo documenti che lo riguardavano 8perlopiù video e documenti che descrivevano la sua natura profondamente ribelle, giocosa e sarcastica, al di là del John Lennon attivista per la pace che noi tutti conosciamo.)

Dopo queste premesse...

Inizio con la storia… Spero vi piaccia!

Please, lasciate un commento!

 

What Goes On?

 

Papà mi ha sempre detto che avevo un talento particolare per la musica.

 

D’altronde, sono nata in una famiglia di musicisti..che altro potevano aspettarsi?

 

Papà suona la chitarra acustica, la chitarra elettrica ed il pianoforte ed è docente di musica in una scuola dello Yorkshire.Da giovane suonava la chitarra in un gruppo chiamato “The white rabbits”( papà è anche un appassionato di Lewis Carroll) e rockeggiavano nella cantina del loro batterista, al ritmo di Pink Floyd, Rolling Stones…. ed al ritmo dei Beatles.

 

È stato papà ad inculcarmi la mia formazione rock in campo musicale, guidando le miem piccole dita di bambina sulla tastiera della chitarra e del pianoforte, dove mi faceva suonare “Let it be” e “All together now”

 

Crescendo ho allargato le mie conoscenze comprando un bellissimo basso elettrico, al quale dedicai più del tempo dovuto (trascurando anche lo studio) provando e riprovando, per il puro piacere di sentire le note di quelle canzoni che tanto amavo… eseguite da me!

 

Mia mamma suonava il violino da ragazza e ha ritenuto che l’idea di papà di darmi lezioni fin da piccola fosse un’idea grandiosa.

 

“Chi studia musica fin da piccolo cresce meglio!” aveva sentenziato papà mentre io ridevo, seduta sul pavimento, giocando con una mini chitarra giocattolo.

 

Quindi mamma osservava e sorrideva alla vista di quel marito affettuoso che insegnava alla propria figlia ad amare la musica, il rock…. ed i Beatles.

 

La musica dei fab four ha sempre risuonato in casa mia, fin da quando ne ho memoria.

 

La mia ninnananna era “Yellow Submarine” o “Love me do”, quando avevo 10 anni mi scatenavo al ritmo di “Twist and shout”, a 14 sospiravo ascoltando “All you need is love” o “Michelle” e, a 17anni mi emozionavo ascoltando “I am the Walrus” e “Tomorrow never knows”.

 

Ma…che sbadata! Io parlo, parlo del mio passato “musicale” e non mi sono ancora presentata!

Il mio nome è Ariadne Bigsby, e vivo a Londra.

 

Sono un’adolescente perfettamente nella norma, con i suoi interessi, le sue nevrosi, le sue pazze vicende sentimentali, pazze a tal punto da far apparire qualsiasi intricatissima soap opera come un’insulsa storiella (“Ma secondo te, perché Josh dovrebbe aver detto a Lynn che p molto carina se giusto ieri ha detto a Margery che i suoi occhi sono la cosa più bella che abbia mai visto? “ “Credete che Brittany capirà che in realtà Harry è soltanto uno stronzo che la tradisce con Helen che fra l’altro è stata la ragazza di Mick che invece stava con Greta, che l’anno scorso stava con…..Harry!” tanto per darvi un’idea degli intrighi sentimentali in mezzo ai quali mi tocca vivere).

 

Un’adolescente come tante. Mi dicono che sono una ragazza carina…ma io non saprei.

 

Ho i capelli di una tonalità indefinita, a metà fra il rosso ed il castano, pieni di ricci fittissimi, che mi scendono fino alle spalle (le poche volte che ho provato a lisciarli ho ottenuto risultati decisamente agghiaccianti ed o deciso di tenermi i miei ricci indomabili), occhi verdi e naso dritto.

 

Questa è l’immagine standard che lo specchio riflette: io riesco a trovarci sempre qualche difetto!

 

Un brufolo rosso, un neo di troppo, le occhiaie dovute alla mancanza di sonno o a quei “momenti di sconforto” che attanagliano noi povere donne.

 

Non fraintendetemi, non mi considero brutta… Ma neanche nulla di eccezionale!

 

Ed è a me, a questa comunissima ragazza che è capitata la più strabiliante e la più incredibile delle avventure.

 

Un’esperienza che mi ha segnata (in tutti i sensi), che mi ha sconvolto… ma anche divertito.

 

E che soprattutto, mi ha fatto comprendere in pieno quanto le idee, la forza di volontà e i sogni possano essere forti ed indistruttibili.

 

E mi ha fatto apprezzare la vita.

 

Tutto questo lo devo ad una persona che… beh non c’è più

 

In realtà non c’era neanche quando tutto questo è capitato. Però c’era!

 

Vi sto confondendo le idee?

 

Chiedo scusa… sono talmente su di giri che non so da dove iniziare….

 

Ok…partiremo da quella giornata piovosa, da quella giornata scolastica che sembrava non finire mai.

 

Una giornata che si preannunciava noiosa ed esattamente uguale a tutte le altre: fino a quando tutto non ha preso una…piega inaspettata!

 

 

Ero seduta al mio banco, a scuola. La testa appoggiata sui gomiti, a loro volta appoggiati sul banco.

 

Nelle orecchio risuonavano le note di “Eleanor Rigby “e, con gli occhi chiusi, assaporavo l’esecuzione degli archi nel sottofondo della canzone.

 

Mancavano pochi minuti al tanto agognato suono della campanella e,c dopo 7 ore consecutive di scuola, non ne potevo davvero più.

 

Spostai lentamente gli occhi verso la mia sinistra, osservando il mio compagno di banco Charles sgranocchiare alcune patatine. I, suo sguardo era altrettanto apatico: nessuno degli studenti sembrava prestare attenzione all’interrogazione in corso (anche se, come amava ripetere Mrs Johnson, ovvero la prof di storia, la stessa prof che stava interrogando in quel momento avremmo dovuto approfittare delle interrogazioni per scriverci le domande che il prof rivolgeva perché “Potrei benissimo domandarlo a voi!” )

 

Allungai una mano, un po’ intorpidita a causa della mia posizione e gli fregai una patatina.

 

Charles emise un piccolo sbuffo ma non protestò (Charlie adorava mangiare e sbuffava ogniqualvolta qualcuno gli scroccava del cibo, cosa che io non mancavo mai di fare solo per il puro gusto di tormentarlo un po’.)

 

“Oh no..ancora loro..” bisbigliò Charles indicando il display del mio Iphone.

“Problemi forse?” risposi io pacata

 

“No, no..è che…cristo Ariadne, ascolti solo loro!”

 

“Ma no…li ascolto semplicemente più di altri…” dissi rimirando la foto che lampeggiava sul’l Iphone.

 

Nella foto si vedevano 4 ragazzi dall’inconfondibile taglio di capelli.

 

I “quattro di Liverpool” : Paul Mc Cartney, Ringo Starr, George Harrison e John Lennon.

 

“Ma quanto sarà bello Paulie in quella foto?!”

 

Era stata Lindsay, la mia compagna di banco dalla parte destra a proferire queste parole.

 

“Si, è davvero carino…anche se per me John resta il migliore. Non solo dal punto di vista estetico, ovviamente. Però…non so, sarei più attratta da un ragazzo così!”

 

John Lennon, nella foto era molto giovane. Avrà avuto si e no 24 anni. Portava i capelli lunghi fino alla nuca ed una strana frangetta con la scriminatura a destra. Come al solito stava sfoderando uno di quei suoi impareggiabili sorrisi “da mascalzone” che io, ahimè, adoro in un ragazzo.

 

Paul Mc Cartney invece sfoderava il suo solito sguardo stile “cucciolo indifeso”, che gli era valso la nomea di “Cutie Beatle”.

 

In quella la campanella suonò, finalmente, riportandomi alla realtà 8la mia mente stava giù infatti fluttuando verso mondi lontani, in cui io, Ariadne , avevo l’opportunità di conoscere JOHN LENNON, il mio idolo. Nei miei sogni mi dipingevo più spavalda e sicura di me di quanto lo sarei stata nela realtà, se avessi mai avuto l’opportunità di incontrarlo.

 

Peccato che John Lennon fosse morto da quasi 30 anni, assassinato a colpi di pistola da un fan pazzo ed invidioso del suo successo.

 

Mentre riponevo i libri nella mia borsa 8una borsa dei Beatles basata sul cd di “Abbey Road”, che papà mi aveva regalato per Natale pensavo alla grande perdita ed al grande vuoto lasciato nella musica dalla morte di John.

 

“Sempre i migliori quelli che se ne vanno!” Avrebbe commentato papà (che aveva avuto la fortuna di vedere John Lennon dal vivo in un concerto del 1963 alla tenera età di 13 anni.)

Mentre correvo verso la fermata dell’autobus (abito a soli 2 km da scuola e, di solito copro a piedi la distanza…ma quel giorno stava piovendo a dirotto e non avevo l’ombrello) iniziai ad ascoltare “Strawberry Fields,” una delle mie preferite.

 

Riuscii ad arrivare giusto in tempo per salire sull’autobus fermo ancora per pochi secondi, ma nella foga finii dritta dritta in una pozzanghera, schizzandomi da capo a piedi d’acqua piovana.

Maledicendomi per la mia sbadataggine mi appostai vicino alle porte dell’autobus,, visto che la mia fermata era fra le prime) cercando di risistemarmi la divisa della scuola, mezza zuppa.

 

La fermata era esattamente davanti a casa mia: una bella villetta tipicamente inglese, di stile vittoriano (ereditata dal nonno paterno), dalla  porta nera in risalto sul marmo bianco tirato a lucido.

 

“Mamma!” strillai entrando in casa” m sono bagnata tutta in una pozzanghera! (non so neanche perché l’ho detto, mi sarei senz’altro procurata uno dei suoi rimproveri sulla mia sbadataggine e io avrei senz’altro alzato gli occhi, ripetendo l’ormai iper utilizzato “Maaaammma mia come la fai lunga! )

 

Nessuno rispose.

 

Mi tirai uno schiaffetto sulla fronte: “ma certo! Mamma è da Janet, all’ospedale. Ha partorito stanotte, come dimenticarlo!” pensai, trascinando la mia borsa verso le scale.

 

Non mi accorsi subito dell’estraneo seduto nel mio salotto: forse ero troppo presa dall’idea di prepararmi una cioccolata calda, forse la mia solita natura distratta ha colpito di nuovo… Fatto sta che non me ne accorsi finché non scesi le scale per tornare al piano di sotto dopo circa 10 minuti (ero andata a cambiarmi ed a sistemare la camera).

 

Scesi le scale e girai istintivamente la testa verso sinistra, verso il salotto, percependo qualcosa di strano.

 

C’era qualcuno seduto sul nostro divano!

 

Era di spalle e potevo solo notare che aveva capelli castano chiaro lunghi fino alla nuca ed indossava quella che sembrava una giacca nera.

 

Non era papà nella maniera più assoluta (papà lavora in una scuola dello Yorkshire e torna nei weekend..ed eravamo solo a martedì. E poi papà è calvo.)

 

“MI SCUSI!” proferii io, indignata e spaventata allo stesso tempo.

 

Lo straniero sussultò e si girò intorno, alla ricerca della provenienza della ma voce.

 

Scesi a razzo le scale e mi piazzai davanti a lui, mentre mentalmente mi dicevo che ero una stupida…

 

Poteva essere un maniaco o chissà cos’altro!

 

E fu quando mi misi davanti a lui, sempre con quell’espressione di assoluta sorpresa mista a paura ed indignazione che capii alcune cose.

 

Il mio ospite” era vestito in maniera bizzarra: indossava un elegante completo nero, con una camicia bianca ed una cravatta, anch’essa nera. Di vestiti del genere non ne vedevi spesso in giro. Sembrava un vestito elegante per il teatro….oppure un vestito di altri tempi.

 

La seconda cosa di cui mi resi conto fu che l’estraneo era molto giovane. Non poteva avere più di 24 anni.

 

E la terza cosa di cui mi resi conto con sommo orrore, fu che questo ragazzo…Non poteva avere 24 anni!

 

Non poteva perché conoscevo solo una persona con quel viso…e questa persona era morta 30 anni fa a 40 anni.

 

Non poteva perché quel viso , quel naso aquilino, quegli occhi sottili, lievemente a mandorla, quella labbra fini che sorridevano lievemente beffarde e quei capelli appartenevano ad una sola persona.

 

Era John Lennon!!!

 

“Beh? Che ti prende piccola? “ disse lui “Hai tutta l’aria di aver visto un fantasma!”

E qui svenni.

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Capitolo 2
*** What i'd say? ***


John Lennon Pictures, Images and Photos t

Approfitto di questo piccolo spazio per ringraziare Zazar90 e AndryBlack per le loro (graditissime) recensioni.

In realtà l'idea di raccontare la "crescita" di Ariadne (che, detto fra noi è la mia alter-ego xD) per mezzo della canzoni dei Beatles è basata su esperienza personale :9

Dalle canzoni più "soft" come "Yellow Submarine" o "Octopus Garden", sono gradualmente arrivata ad apprezzare anche i sound più lisergici (ovviamente li apprezzavo anche da piccola, ma non ero in grado di capire tutta la storia dietro alla notevole "evoluzione" musicale dei nostri beneamati fab four :)

P.s: le foto all’inizio del capitolo sono state una sorpresa anche per me:le avevo utilizzate per la mia pagina di presentazione qui su EFP, e poi mi sono resa conto che ho usato lo stesso foglio HTML che ho usato per la presentazione per scrivere la storia e che quindi le foto erano rimaste li.

Però mi hai dato un’idea e quindi ho inserito una foto anche in questo capitolo, per darvi l'idea dell'aspetto che dovrebbe avere John nel corso di tutta questa storia. (Russian Fanatic inizia a mugolare rimirando la bellezza di John in quella fotoo ^_____^ )

Bene, detto questo mi butto sul secondo capitolo, che mi sono ripetuta in mente tutta la mattina

What i'd say?

Non saprei dire per quanto tempo rimasi incosciente.

Fatto sta che il mio risveglio fa causato dalla sensazione di dita che mi battevano delicatamente sulla spalla destra e sul viso.

Ancora a metà strada fra il risveglio e l’oscuramento dei sensi mi ritrovai a pensare “Oh, ciao mamma! Meno male sei arrivata tu! Ti starai chiedendo che cosa ci fa la tua adorata figliola lunga distesa sul pavimento del salotto..Beh, ti dirò: tua figlia ha avuto il sogno più strano che abbia mai potuto concepire nei suoi 18 anni di vita! Ho sognato che tornavo a casa da scuola e che trovavo un estraneo seduto comodamente sul nostro divano, quello rosso che ti piace tanto e sul quale il gatto si affila le unghie. E indovina un po’ chi era questo buontempone? JOHN LENNON!! Ci crederesti? Ne faccio di sogni strani, vero mamma? Forse ha ragione Charles, li sto ascoltando troppo ed ora li vedo dappertutto..”

Tuttavia, questo mio dialogo e la mia convinzione che fosse stata solo un’allucinazione particolarmente vivida fu bruscamente interrotta da una voce dal timbro basso(ma non troppo) e dall’accento strano.

“Ehi, bella addormentata nel salotto! Ti ho visto strizzare gli occhi, lo so che sei sveglia! Apri gli occhi o devo pensarci io a risvegliarti con un bacio?”

Lo sconosciuto finì la frase e ridacchiò, fiero della sua battuta .

“Ok, sto ancora sognando” pensai io,riconoscendo quella voce(poiché l’avevo sentita in centinaia di video trovati su youtube o in quei pochi film in cui la persona da cui proveniva la voce aveva recitato) cercando di raccogliere le forze ed aprire gli occhi “ora mi sveglio e mamma mi starà guardando con quei suoi occhioni verdi, cercando di capire se mi sono fatta del male sul serio.”

Lentamente aprii gli occhi: il mondo appariva ancora sfuocato e riuscii soltanto a distinguere una figura umana protesa sopra di me.

Man mano che il mondo riacquistava una forma precisa e dei colori definiti, mi resi conto che si, mi trovavo sempre distesa sul p avimento del salotto..Ma la figura sopra di me non era esattamente mia madre.

La prima cosa che riuscii a distinguere furono un paio di occhi scuri, dalla forma allungata, che mi scrutavano divertiti.

Poi vidi che questi occhi si trovavano su una faccia magra, su cui spiccava un naso aquilino ed una bocca dalle labbra sottili, leggermente increspate.

“Oh no…” mormorai “sto ancora sognando?

“Questo non lo so, mia cara” rispose il ragazzo, sistemandosi un ciuffo ribelle sfuggito dalla sua frangetta “ gli occhi li hai aperti, no?Ora fai un bel respiro e mettiti a sedere! Non so perché ma in questa posizione sembriamo davvero la bella addormentata ed il suo bel principe pronto a baciarla!”

Rise di nuovo.

Lentamente mi alzai e mi stropicciai gli occhi, sicura che quel gesto avrebbe cancellato gli ultimi rimasugli del mio strambo sogno.

Ma, una volta finito di stropicciarmi gli occhi, mi accorsi che il ragazzo era ancora li, sempre col suo sorrisetto da mascalzone che ben conoscevo.

“Ciao!” esclamò lui tutto felice.

“Ciao John…” mormorai io, sgranando gli occhi (non avrei mai pensato che i sogni potessero essere così persistenti e realistici ma, visto che non c’era verso di uscirne, tanto valeva starev al gioco.)

“Oh, me no male!" ruggì lui “non hai riportato grossi danni! Vedo che mi riconosci! Bene bene! Beh sai sei caduta come un sacco di patate … voglio dire ti sei accasciata di schianto!!! E io mi sono preoccupato … sai, mi sono detto che magari avrei fatto meglio a presentarmi in un altro modo..forse avrei dovuto usare un po’ più di delicatezza! Non ci sono più abituato a queste cose, alle presentazioni “normali! Ehehe, eppure mi avevano avvertito nell’ Aldisù che sarebbe stato difficile fare la mia apparizione senza scatenare certi tipi di … reazione!”

Disse tutto questo senza mai riprendere fiato, gesticolando come un invasato e sfoderando un sorriso smagliante.

“…. Io …” non riuscii a proferire altro

Beh, è normale non sapere cosa dire! Ti trovi John Lennon venticinquenne seduto sul divano del tuo salotto, svieni e vieni svegliata dallo stesso venticinquenne che comincia blaterare cose apparentemente senza senso e tu cosa puoi fare?

“Beh vedo che il mio nome lo sai. So che mi conosci, quindi mi sembra superfluo dire che sono John Lennon.” Ricominciò lui.

Si fermò un attimo, sorrise di nuovo e poi riattaccò con l’entusiasmo di un bambino che non vede l’ora di far sapere qualcosa di strabiliante alla mamma “Va bene, però lo dico lo stesso … Ciao, sono John Lennon!”

“Ok sto sognando..” riuscii finalmente a dire

Lui si tirò i lembi della giacca, fece un sorrisetto malizioso e disse “Si lo so che sono un sogno. Sono il sogno di tutte le ragazze con buon gusto!”

“No, volevo dire … tu non puoi essere reale!”

“Non lo sono?” disse lui sgranando gli occhi in un tono di finta sorpresa.

“Lo so, sono caduta ed ho sbattuto la testa contro lo spigolo. I casi sono due. O sto sognando davvero oppure …” cianciai io cercando di rialzarmi

“Oppure … ?” mi provocò lui aiutandomi ad alzarmi, offrendomi gentilmente la mano

“Oppure niente! Tu non … tu non puoi essere qui! Non … .non è POSSIBILE!” cominciai a strillare senza neanche rendermene conto (anche se non rifiutai la mano che mi aveva proteso. )

“Tutto è possibile. Tranne ovviamente riuscire a leccarsi il gomito.” Fece una pausa e poi ricominciò a ridacchiare.

Ero assolutamente sconvolta: da una parte il mio cervello tentava di rimanere su un piano razionale.“Non può succedere SERIAMENTE. Per l’amor del cielo Ariadne, hai 18 anni ormai dovresti sapere da un bel pezzo che i fantasmi non esistono, così come Babbo Natale, le fate ed i folletti. Insomma, non esiste nulla di SOPRANNATURALE!”

Da l’altra parte, tuttavia, il mio animo da sognatrice incallita, il mio spirito da bambina che in fondo non ha mai smesso di credere nelle cose irrazionali, balbettava timidamente “E se fosse tutto vero? E se lui fosse davvero il..il fantasma di John Lennon sceso a farti visita?”

Non riuscivo a crederci.

“Seriamente, Ariadne..” disse lui “metti da parte per un po’ la tua logica e lasciati un po’ andare. Mica è tutto come lo dite voi… Mmm come potrei definirvi? Voi..esseri VIVENTI. Si…viventi, perché io, come ben sai, sono morto da un bel pezzo.”

“Come fai a sapere come mi chiamo?” indagai, sempre più strabiliata.

Lui si risistemò il solito ciuffetto ribelle prima di rispondermi, dandomi modo di osservarlo attentamente per qualche secondo.

Era davvero lui, in ogni particolare: alto, dinoccolato e dalla battutina pronta.

Era John Lennon, giovane e bello.

E dopo averlo sentito pronunciare il mio nome con quel tono dolce, le barriere fatte di raziocinio e logica che avevo innalzato cominciarono a crollare una dopo l’altra.

“So tante cose di te mia cara” rispose prontamente in tono amabile “ ti ho osservato per un po’ da…Lassù. Non saprei in quale altro modo definire il posto dove andiamo dopo morti.”

“Mi hai… osservato?” balbettai come un’ebete.

“Beh è una storia un po’ lunga da raccontare..”

“Sei un fantasma?” Lo interruppi.

Avevo paura, ma ero anche affascinata.

“Non lo so.” John reclinò livemente la testa a sinistra per studiarmi meglio “Non so se sono un fantasma. Beh di sicuro non sono un…un VIVO. Però non sono incorporeo. Penso, sento, ho un cuore che batte, posso comportarmi come un vivo. Però sono morto lo stesso.” Sorrise “Bizzarro, no?

“Si…” annuii “Spiegami per favore…”

CRASH!CRASH!CRASH!

Anche le ultime barriere di diffidenza stavano cadendo a pezzi.

“Mmmm prima non è che avresti qualcosa da farmi mettere sotto i denti?” mi domandò lui in tono implorante “STO MORENDO di fame!”

Si interruppe e si rese conto di quello che aveva appena detto.

Ridacchiando mi seguì, mentre lo accompagnavo in cucina.

 

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Capitolo 3
*** Nowhere Man ***


JOHN Pictures, Images and Photos t

Ahaha non so perchè, ma questa foto mi ispirava!

Magari John stava spaparanzato così sul divano rosso, mentre aspettava Ariadne xD

Stava li, annoiato a pensare "Ma quando arriva questa benedetta figliola? Uffaaaa" (eh si, ha proprio la faccia di uno che sta pensando così)

Ok, passiamo ai ringraziamenti

Zazar 90 :

Beh, mi fa molto piacere che tu la pensi così. Prima di scrivere la toria mi sono documentata un po' su John Lennon "il burlone", così da avere un'idea del suo tipo di comicità ed evitare di "caricare" troppo il personaggio.

Ho trovato tantissimo materiale su You Tube: registrazioni di concerti, interviste, registrazioni in sala...Alcune sono davvero esilaranti (Come per esempio uno spezzone dove lui reinventa "Let it be" e cantando "Let it A, let it B, Let it C, Let it D...etc etc) xD

Per quanto riguarda  la tua idea...No, non mi scoccia affatto! Perché dovrebbe?? Anzi, aspetterò con ansia il primo capitolo :)

Marty Youchy:

Ihih, Johnny ha sempre avuto il chiodo fisso delle  ragazze e la mania di fare il Don Giovanni...Però beh...lui lo può fare perchè è ADORABILE quando lo fa :)

Sono felice che ti sia piaciuta anche la storia del PID..E dire che l'ho buttata giù in 20 minuti, presa da un lampo d'ispirazione!

Ti ringrazio molto

 

Andry Black:

Wow, addirittura fra le preferite! Ma...ma...tenchiu!!

Ah a proposito di preferite...quando aggiorni "L'album fotografico"?? Ahhhh sto morendo di curiositààà!!!  (Ok, ok, ignorami xD)

Come ho detto alle altre due, sono felice che la mia storia sia apprezzata! Sono molto "affezionata" a questa storia (anche se è ancora in fase di lavorazione e cambiamenti)

L'"Aldisù" è stata una trovata del momento: "Adilà"mi sembrava troppo banale e quindi ho pensato di stravolgere un po' la parola....in stile Lennon xD

Ps: concordo, John è davvero S T U P E N D O

....sigh...ERA stupendo...

(*si ritira nel suo bugigattolo a soffiarsi il naso)

 

The Thief_

Waaa! Un'altra lettrice! (sia di questa che della storia sul PID )

Ma grazie cara!!

Non ti devi mica scusare, mica pretendo che la gente stia appiccicata al computer O.o  e poi, hai recensito già il precedente capitolo, quindi...:)

E' bello sapere che anche altri vedono con la stessa chiarezza con cui le vedi tu come autore, le immagini che v uoi descrivere! Mi sento quasi una specie di regista!!

Non preoccuparti per i deliri, sei perfettamente nella norma: non hai idea di quanti discorsi folli  faccia io al giorno U___U

Per quanto riguarda la musica...beh anche io devo ringraziare mio papà che è pure lui un professore,anche se non di musica e non in una scuola lontana da casa: quello lo faceva quando io ero piccola.

 

Bene, credo di aver ringraziato tutti..e ora..

Via!

 

Heart And Soul

 

“Ma questo….questo coso è la fine del mondo!”

 

John Lennon era seduto nella mia cucina, sulla sedia occupata normalmente da mamma che sgranocchiava un Twix, la prima cosa commestibile a portata di mano che ero riuscita a propinargli.

 

Gli era piaciuto così tanto che si era ingollato non una, ma ben 3 bustine (considerando che in ogni busta ci sono 2  Twix se ne era mangiati 6 in totale, uno dopo l’altro)

 

“Mmm si..” avevo concordato senza smettere di guardarlo “sono buoni..”

 

La scena che avevo davanti agli occhi era surreale: Avevo sempre visto John Lennon nelle foto dei Beatles, con la sua faccia simpatica ed attraente, oppure foto in cui un John più invecchiato e dai capelli lunghi e scompigliati abbracciava Yoko Ono.

 

Ma non sarei mai riuscita ad immaginarmelo a mangiare Twix in cucina!

 

Quando ebbe finito si batté sulla pancia come a dire “Sono pieno!” e si stiracchiò, allungandosi sulla sedia.

 

“Carina questa casa! Forse il divano è un po’ scomodo… Ah e il gatto morde”

 

Lo fissai attonita: il nostro gatto, Mr Mustard (un nome, un programma) riusciva a vederlo?

 

John rispose alla domanda che mi ero posta, quasi come si mi avesse letto nel pensiero “I gatti vivono in un mondo tutto loro. Sono un po’ qui ed un po’ li. Per questo riesce a vedermi…” disse lui girando lo sguardo verso di me e fissandomi con i suoi occhi scuri e profondi.

 

“Ma….io ti vedo..” non trovai nulla di meglio da dire.

 

Lui annuì e continuò, col tono di una maestra che spiega ad un bambino “Certo che mi vedi. Ho scelto io di farmi vedere da te. Se volessi TUTTI mi potrebbero vedere!”

 

Strabuzzai gli occhi al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere se si fosse presentata una simile eventualità.

 

“Però sai…non credo che IL CAPO ne sarebbe contento …”bofonchiò John visibilmente irritato.

 

“Il… capo?” ripetei sempre più basita.

 

“Si, “Il capo,… Ma noi lo chiamiamo Big Jim... Cioè, io l’ho chiamato Big Jim. E’ una cosa che lo irrita da morire ed è uno spasso chiamarlo così e sentire che avrebbe una gran voglia di tirarti addosso qualcosa” concluse John gongolando

 

“John, mi faresti la cortesia di spiegarmi tutto? Ti giuro, sono molto confusa! Sarà la botta che ho preso, sarà che sta accadendo tutto così in fretta… Vedi, non capita tutti i giorni che  un morto decida di farti visita. Potrei capire se fossi una tua parente! Se fossi tua moglie (“ Mmmmmm moglie di John Lennon” mi ritrovai a pensare in una frazione di secondo) tuo figlio… Ma..IO COSA C’ENTRO?”

 

“Perché non ti siedi?” disse lui spingendo la “mia” sedia verso di me.

 

“Grazie” bofonchiai (Incredibile, era lui l’ospite e si comportava già come se fosse a casa sua. Anche se era John Lennon .Anzi, una specie di riflesso di John Lennon)

 

“Beh, è una storia un po’ lunga Ariadne” fece lui allungando una mano verso la fruttiera a centro tavola e prendendo in mano una mela “inizia tutto…con la fine”

 

“Intendi con il tuo omic...ehm..la tua morte?” domandai appoggiandomi allo schienale della sedia.

 

Lui fece un sorriso un po’ amaro a sentire la mia fulminea auto-correzione

 

 “Chiamiamo le cose con il loro nome: il mio omicidio, si.”

 

Mi rabbuiai.

 

“Bene. Tutto è iniziato da quella sera del 1980. Ho chiuso gli occhi e qui sulla terra non li ho aperti più. Però… nell’istante in cui mi sono reso conto di aver chiuso gli occhi..ho sentito che li stavo riaprendo”

 

Fece un sospiro ed iniziò ad osservare la mela.

 

“Beh, li ho aperti e mi sono trovato..Lassù. Nel “POSTO” . E’ stata la prima cosa che ho pensato! In quale POSTO mi trovavo? Sapevo che fino a pochi secondi prima ero a New York, sotto il mio appartamento. Sapevo pure cosa mi era successo, quindi ho capito subito che dovevo essere morto. Che quella non era la vita.”

 

Altro sospiro.

 

“Come puoi immaginare..Non l’ho presa molto bene. Ho iniziato ad urlare, a chiamare Yoko, Sean, i miei amici Paul, Ringo e George. Sapevo che era sciocco e che non potevano sentirmi ma … avevo bisogno di chiamarli.”

 

Con mia sorpresa mi accorsi di stare “vedendo” tutto quello che John mi stava raccontando : le sue parole evocavano immagini nella mia mente. Vedevo John, lo stesso John che era seduto davanti a me mettersi in piedi in una specie di luogo bianco, completamente bianco.Lo vedevo sgranare gli occhi ed iniziare ad urlare i nomi delle persone a lui care, uno dopo l’altro.

 

Lo vedevo  scoppiare a piangere disperato.

 

“Tutto ok?” chiese lui gentilmente rimettendo la mela al suo posto nella fruttiera.

 

“S-si…continua, ti prego”

 

“Va bene. E’ essenziale che tu capisca d’altronde..Sento che non sei ancora del tutto convinta che io sono reale.” Mi guardò di nuovo molto attentamente, come per studiare la mia reazione.

 

“Insomma” riprese “ero in questo strano posto. Nessuno mi rispondeva, nessuno passava da quelle parti. Ed io ero li, con la consapevolezza che avevo finito di vivere. Poi, all’improvviso ho visto una porta che prima non c’era. Mi sono sentito un po’ come “Alice nel paese delle meraviglie” mentre tiravo la maniglia..”

 

Mi sorrise e sorrisi a mia volta.

 

“E poi…non so dirti cosa mi è successo dopo. Il fatto è che… siamo TUTTI li!”

 

“Tutti?”

 

“Tutti….” Ripeté lui, gli occhi assenti persi nei ricordi “Tante persone che non vedevi da tempo.”

 

Capii al volo

 

“Julia..?” chiesi timidamente

 

Lui annuì.

 

“La mia mamma.” Disse lui in tono adorante

 

Si perse di nuovo nei suoi ricordi per qualche secondo, poi si ricompose e continuò il suo racconto.

 

Non si era accorto che mi ero asciugata una lacrima.

 

“Non so se “Paradiso” è il termine più adatto per definire quel posto!” fece lui grattandosi il mento “Io preferisco chiamarlo Strawberry Field..Mi sento più a casa in questo modo. Lì c’è di tutto. Metti caso hai voglia di…mah di suonare la chitarra. Ecco che davanti a te appare la chitarra dei tuoi sogni, che suona esattamente come ti sei immaginato..Oppure immagina di voler andare a … a Parigi, o Roma ed avere tutto a portata di mano! Ecco…questa è una descrizione del posto in cui mi trovavo..E nel quale sono rimasto per 30 anni.”

 

“Vuoi dire che non hai mai…?”

 

“No, non ho mai sbirciato sulla Terra. Mai, mai mai..Neanche per guardare mia moglie o mio figlio. Sapevo che stavano bene, lo sentivo  Ma non volevo vederli: non volevo avere costantemente davanti agli occhi tutto quello che avevo perso in una fredda notte d’inverno per mano di uno squilibrato che non c’entrava niente con me, con noi…”

 

John si era intristito: era lampante che la consapevolezza di aver perso la vita in quel modo violento ed ingiusto gli bruciava ancora.

 

Cinque proiettili sparati nella schiena: quattro andati a segno, logico che tu non riesca da accettarlo.

 

“E poi…poi ho capito che non ne valeva la pena di stare a piangersi addosso. Ho sofferto per 30 anni, combattuto fra la voglia di stare vicino ai miei cari e quella di cercare di separarmene, perché il ricordo era qualcosa di insostenibile.”

 

“E come hai preso questa decisione?” era la storia più avvincente e toccante che avessi sentito. Era stranissimo guardare John aprire il suo cuore e riveleare quello che solo lui sapeva.

Si fidava di me ed io non ero ancora riuscita a capirne il motivo.

“Beh, è stato un processo graduale…. già dopo un bel po’ di tempo, circa 20 anni terreni, avevo cominciato a maturare la decisione di scendere di nuovo sulla terra” John fece una pausa e si risistemò la solita ciocca che continuava a sfuggirgli.

 

Sembrava un ragazzino. Era un ragazzino.

 

Un ragazzino di quasi 70 anni, che aveva smesso di respirare a 40 ma che riusciva a mantenere le sembianze di un ragazzo sulla ventina.

 

“Poi è arrivato George.”

 

“George…già è morto nel 2001. Aveva un brutto male” tornai con la mente ai notiziari dell’epoca ed ai giornali scandalistici che non parlavano d’altro.

 

La morte dell’ ex-Beatle aveva sconvolto tutti.

 

John annuì, chiudendo gli occhi.

 

“Si, so tutto. Giravano voci lassù. Tutte le fan dei Beatles che si erano raggruppate lassù ne parlavano. E poi Georgie è arrivato. Mi sono visto venire incontro il Georgie che conobbi in quel lontano 1957. Quasi un bambino!” John stava sorridendo sereno, ricordando entrambi gli incontri

 

“Deve essere stata un’emozione grandissima!”

 

Doveva esserlo stato per forza

 

“Oh lo è stata!” Mi è venuto incontro ed ha detto – John! Vecchio mattacchione, lo sapevo che eri qui, lo sapevo! Lo sapevamo tutti!- “

 

“Si, però io mi sto dilungando su cose che potrò anche raccontarti in un secondo momento: ora è indispensabile che ti racconti tutta la parte interessante!”

 

John sembrava essersi rianimato.

 

“Insomma….30 anni lassù, mai una sbirciatina sulla terra, neanche per vedere mia moglie che si faceva la doccia” (arricciai le labbra appena lo disse) “ poi ho cominciato a provare il desiderio di TORNARE. Di VEDERE quanto di noi è rimato quaggiù! George mi raccontava cose strabilianti, cose incredibili sul mondo di oggi ed io cominciavo a sentire la curiosità crescere e crescere…..e presi la decisione definitiva!”

 

“Quella di scendere sulla terra” finii io per lui tirandomi le ginocchia verso il petto, sulla sedia.

 

“Esatto! Quindi dopo aver deciso ne ho parlato con Big Jim. Ovviamente, dopo che l’ho chiamato Big Jim non voleva neanche vedermi, ma…io so essere mooolto persuasivo”

 

Immaginavo che John avesse assillato Big Jim fino a farlo cedere per esasperazione.

 

Nella mia mente si formò un’immagine nitida di John attaccato ad un telefono rosso, nel quale berciava “Ohhhh e poi ne so una bellissima! Allora lo sai quanti gorilla ci vogliono per avvitare una lampadina..? “

 

John stava ridacchiando:probabilmente mi aveva inviato lui stesso l’immagine.

 

“Ed è qui che entri in gioco tu…” disse indicandomi ed ammiccando.

 

“Già…io!” sbottai dando un’occhiata nervosa all’orologio. Non sapevo quando sarebbe tornata mamma.

 

“Alloooora….Come hai capito, non volevo coinvolgere mia moglie o i miei figli. Yoko e Sean rimarrebbero sconvolti…Julian..beh…con Julian non ho mai avuto grandi rapporti. E di questo mi rammarico. Forse un giorno potrò rifarmi ma..ora non ha importanza.”

 

Cominciò a schioccare le dita kentre raccontava.

 

“No…io volevo rendermi visibile a qualcuno che non fosse la mia famiglia. Qualcuno che mi conoscesse, ma che non fosse implicato direttamente con quello che ero stato…”

 

Sbuffò e mi guardò di traverso.

 

“E’ stata una ricerca molto lunga, sai? Dovresti risarcirmi per i danni morali”

 

“Dai John…dimmi tutto, non perdere tempo!” In realtà la mia vanità femminile voleva sapre COSA ci trovasse John Lennon di tanto speciale in me.

 

“Ti ho sentita” disse lui “Ti ho sentito una sera mentre suonavi la chitarra.

 

Rimasi interdetta.

 

“So che preferisci il basso;ma quella sera stavi suonando la chitarra. Stavi suonando “You’ve got to hide your love” e mi sono messo ad ascoltarti. Ero proprio li, sopra di te ad osservarti!”

 

Rabbrividii ed arrossii allo stesso tempo.

 

Forse avevo capito di quale serata stesse parlando. Una serata non proprio da ricordare ….

 

Una delusione amorosa, dopo tante speranze e lacrime è sempre un colpo grosso.

 

Ognuno ha i suoi modi per sfogarsi: io suono.

 

E quel testo era maledettamente consono alla mia situazione….

 

“Mi ha commosso la tua… partecipazione. Non saprei in quale altro modo definirla. Sentivo quello che stavi provando mentre producevi quelle note.

 

“Ho sentito che ci stavi mettendo l’anima e…beh..”

 

Fece finta di asciugarsi una lacrima “Beh hai toccato il mio povero e tenero cuoricino” si sporse verso di me.

Io istintivamente mi protesi all’indietro.

 

“Ho capito che avevi un animo affine al mio. Che non eri “una qualunque”. Ho capito che per te la musica è una cosa seria. Mi sono rispecchiato in te. Ecco cosa volevo! Un’anima affine alla mia!”

 

Trattenni il fiato mentre lui mi faceva un buffetto sulla guancia.

 

“Ed è così che ho detto:LEI!”

 

Mi sembrava  che il tempo si fosse fermato.

 

“Ti ho seguita, ti ho studiato. Posso ritenermi un esperto di te…” Mi fissò con quel suo particolare sguardo penetrante “ posso dire di conoscerti quasi quanto tu conosci me. Vero?”

 

Non potei impedire alle mie guance di diventare di una decisa tonalità scarlatta.

 

“Allora, signorina..”  si alzò, venne verso di me e, appoggiando le sue mani sulle mie ginocchia avvicinò il suo viso al mio e bisbigliò.

 

“Che dici? Ti ho convinta?

 

“Io…io…” boccheggiai, gli occhi fissi nei suoi.

 

“Ah, giusto, quasi dimenticavo…” si diresse verso il salotto, per tornare con la chitarra di papà, sulla quale strimpellavo pure io, la stessa chitarra che John mi aveva visto impugnare quella fatidica sera.

 

“Mancava solo questo!” disse tutto allegro “Per favore non svenire di nuovo però!

 

Iniziò a suonare e sentii scendere dai miei occhi lacrime di felicità, mentre John  suonava e cantava per me la stessa canzone che mi aveva resa speciale ai suoi occhi.

 

 

                                                                                       

 

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Capitolo 4
*** Wild Honey Pie ***


ip

Inizio  con un sonoro "Grazie" rivolto ad Andry Black(ho visto che hai aggiornato la storia, provvederò a commentarla al più presto!), The Thief, Lau 82 e Zazar Ramone per le loro  sempre gradite recensioni del precendete capitolo (a parte Lau 82, che è "nuova" xD)

Questa è la mia alter ego, Ariadne(Ho trovato questa mia foto in giro per il computer e ho pensato che sarebbe stato carino inserirla. Così potrete visualizzare bene anche la protagonista xD (Ps non ho i capelli ricci, l'ho trovata adatta proprio perchè in 

Photobucket

E questa è la foto di Joooohn <3

JOHN Pictures, Images and Photos

I

Dinner Time

Quella fu senz’ombra di dubbio la serata più tragi-comica della mia vita.

 

Tragica perché avevo paura che succedesse qualcosa di…bizzarro, comica perché le mie reazioni a questi avvenimenti apparivano del tutto ingiustificate agli occhi delle “persone comuni”.

 

Ma io non ero una “persona comune”,  non lo ero affatto.

 

“Sei la mia piccola protetta!” così mi aveva definito John.

 

La cosa si faceva sempre più assurda..e tuttavia avevo perso del tutto la convinzione che si trattasse di un sogno.

 

Ed anche se lo fosse stato, beh non era mica male!

 

Quando John finì la sua canzone, posò la chitarra davanti a sé e si sedette, tenendo la chitarra  fra le gambe, appoggiandosi al manico.

 

“Oh, piccola!” disse scioccato, notando le mie lacrime “Ma non volevo farti piangere!”

 

Allungò una mano verso di me e mi carezzò la guancia.

 

“Ecco..” fece, asciugando le lacrime.

 

“Scusa John..è che…i-io sono s-s-senza parole”

 

Lui sorrise e reclinò la testa, tenendo sempre la sua mano sulla mia guancia sinistra: avrei voluto restare sempre così.

 

“Farai meglio ad abituarti, perché ho intenzione di restare qui per…per un bel po’!” mi rivelò lui portandosi la mano alla bocca, come se mi stesse facendo una gran confidenza.

 

Mi illuminai.

 

“Per quanto?”

 

John fece le spallucce “Che ne so..un mese, un anno…TUTTA LA VITA…” fece lui, enfatizzando le ultime tre parole e scoccandomi uno dei suoi soliti ed irresistibili sguardi “Big Jim non ha parlato di tempistiche, quindi credo che potrò godermi a fondo questa mia permanenza sulla terra!” concluse felice, mettendosi le mani dietro la nuca e stiracchiandosi in maniera spettacolare.

 

Lo guardavo con gli occhi fuori dalle orbite: John, John LENNON, che mi avrebbe seguita a tempo indeterminato.

 

Nemmeno nei miei sogni più fantasiosi avrei mai potuto concepire una simile fortuna.

 

“Ti seguirò OVUNQUE..” disse lui, abbassando la voce e sporgendosi verso di me “ quando dico OVUNQUE….(occhiata maliziosa), intendo OVUNQUE.”

 

Arossii violentemente “Immagino che mi lascerai 10 minuti di privacy…voglio sperare!” sbottai io

 

“Mmmm forse. 10 minuti al giorno però!” concluse lui.

 

Poi rise, con la sua risata trascinante e spensierata.

 

Sembrava quasi impossibile credere che fosse la stessa persona che poco prima mi aveva raccontato della sua tragica esperienza post-mortem.

 

“Si, certo…vedremo” dissi io piano, le guance sempre in fiamme.

 

“Uh, come sei diventata rossa!” fece lui indicandomi “Ah, vedo che non ho perso il mio irresistibile fascino Lennoniano.

Il LEGGENDARIO fascino Lennoniano..” sorrise beato

 

Maledicendomi per la mia pelle chiara, cercai di cambiare argomento, aggrappandomi alla prima cosa che mi venne in mente.

 

“Tu mi hai detto che potresti farti vedere da chiunque in teoria…” buttai lì

 

“Ah si!” fece lui risollevandosi e cincischiando con le corde della chitarra “questo mi ricorda che…beh, se possono vedermi IN TEORIA…possono vedere quando sposto qualche oggetto…” sollevò la chitarra da terra “Beh tu sei la sola capace di vedermi: quindi puoi notare che la chitarra si sta alzando da terra perché l’ho deciso io..:” fece una pausa e mi guardò, per studiare la mia reazione.

 

Trattenni il fiato: temevo di aver capito.

 

“Immagina se qualcuno di ESTERNO entrasse nella stanza mentre io tengo la chitarra sollevata…” agitò lievemente lo strumento, come ad avvalorare la sua tesi “vedrebbe una ragazza ricciolina seduta ad occhi sgranati sulla sedia…E UNA CHITARRA VOLANTE!”

 

“John..” cominciai

 

“Oh, non ti preoccupare…ci starò attento…ma ogni tanto, sai”si rimise la chitarra a tracolla con un movimento elegante “tendo a diventare tremendamente SBADATO” ridacchiò e pizzicò le corde “Sarebbe BUFFO, no?”

 

“No, non sarebbe buffo! Sarebbe una TRAGEDIA!” mi ritrovai a dire io, le mani già nei capelli.

 

In quella sentii il chiavistello girare.

 

“Cielo, mia madre!”squittii io terrorizzata e tuffandomi letteralmente su John

 

“Ohoh, dov’è finito il caro, vecchio _CIELO, MIO MARITO!” disse lui imitando il mio tono terrorizzato.

 

Si tolse con tutta calma la chitarra dal collo e me la porse, poi si rimise a sedere, ma stavolta sul bancone di cucina.

 

“Amore? “la voce di mia madre riempì la casa ” amore ci sei?”un tintinnio di chiavi che venivano riposte nella loro ciotola, di fianco alla porta “Perché il tappeto è tutto spostato?” sbottò mamma.

 

John ridacchiò lievemente, portandosi una mano alla bocca.

 

“Sono qui mamma!” dissi io spostando la sedia, facendo più rumore del solito “stavo strimpellando qualcosa, non ho preparato nulla per cena!”

 

Senza che me ne fossi accorta era arrivata l’ora di cena; il tempo con John era letteralmente volato.

 

“Cosa suonavi di bello?” si informò mamma, raggiungendomi in cucina e posando la sua borsa sulla sedia occupata fino a poco prima da John

 

“Mah, nulla..solo..i Beatles” mormorai io.

 

Feci in tempo a vedere mia madre alzare gli occhi al cielo (d’accordo, i Beatles le piacevano ma mi giudicava troppo ossessionata da loro) e John staccarsi dal bancone e seguirmi, prima di girarmi verso il salotto ed andare a posare la chitarra,

 

“Carina tua madre” commentò John appoggiandosi alla libreria. “ti somiglia molto. Ma tu forse sei più carina”

 

“Grazie..” bofonchiai

 

“Tesoro, ti va un po’ di pasta per cena?” mi urlò mamma dalla cucina

 

“Siii” urlai io di rimando, mentre sprofondavo sul divano, spossata da tutte quelle emozioni seguita a ruota dal mo amico quasi invisibile.

 

Presi il telecomando ed accesi la Tv, una bellissima tv piatta, con lettore dvd.

 

John osservava tutto con avidità e notai con piacere che ora era il SUO turno di strabuzzare gli occhi, quando le prime immagini fecero la loro comparsa sullo schermo.

 

“Santo cielo!” fu il suo commento, mentre compiaciuta sintonizzavo tutto sul canale che trasmetteva paesaggi dal mondo “ Ma…ma sembra proprio VERO! Voglio dire…la tv ai miei tempi non era…”

 

Fissò emozionato e bramoso il telecomando “Posso?”

 

“Sei tu l’ospite” ridacchiai io porgendoglielo e tenendo un occhio puntato sulla cucina, dalla quake proveniva un gioioso suono di pentole.

 

John fece zapping, soffermandosi ora su questo, ora su quel canale: rise ascoltando qualche sketch comico, andò in visibilio vedendo alcune scene spettacolari di un film fantasy, sospirò deliziato quando sentì una canone di Chuck Berry sul canale di musica e si indignò ascoltando qualche news dal telegiornale.

 

“Vivete in un mondo ben strano” commentò lui tirandomi il telecomando, proprio mentre mamma mi chiamava per la cena

 

Io feci le spallucce e mi alzai, sgranchendomi le gambe.

 

Entrando in cucina, respirai il delizioso odore della pasta al pomodoro: mi accorsi che John stava facendo lo stesso. Aveva chiuso gli occhi,in un’espressione beata, il sorriso sulle labbra, ed aveva inspirato a pieni polmoni.

 

Mentre io mi sedevo, lui rimase in piedi in mezzo alla stanza, odorando quel delizioso profumino “Splendido, splendido!” disse sottovoce “ Nell’aldisù non la fanno mai una pasta con un sugo del genere”

 

Mi sforzai di non ridere, mentre aspettavo che mamma servisse la pasta nei nostri piatti gialli e si sedesse a sua volta.

 

La cena fu relativamente tranquilla: Chiacchierai con mamma in tono amabile, raccontandole della scuola (avevo perfino preso una nota positiva a matematica, un evento per me sensazionale) e chiedendo notizie di Janet.

 

“Cecilia viene a farci visita pross imamente!” aveva annunciato lei radiosa.

 

Cecilia è mia sorella, ha 27 anni e vive a Boston, dove ha trovato lavoro e marito.

 

“Davvero?” ero molto legata alla mia “sorellona-ona” come la chiamavo da piccola “Sono secoli che non la vedo. Mi mancava, quella stupidella” dissi rimestando gli spaghetti con la forchetta.

La tragi-commedia si verifico  al “dessert”.

 

Mamma prese una mela dalla fruttiera, la stessa mela che John aveva preso in mano prima.

 

John, fino a quel momento, se ne era stato buono buono in un angolo, osservandomi attentamente( ragion per cui passai la cena con le guance della tonalità dei peperoni maturi e con mamma che mi chiedeva se stavo bene)

 

Io non presi la mela, ero troppo intenta a sfogliare una rivista che mamma aveva appoggiato sul tavolo mentre cucinava.

 

Joh nel frattempo si era alzato  e gironzolava per la stanza, senza una meta precisa, assorto nei suoi pensieri.

 

Mi ritrovai a pensare che era adorabile con quell’aria malinconica che sfoggiava spesso nelle sue foto: faceva tenerezza e, a me personalmente faceva venire voglia di abbracciarlo per scacciare i suoi timori.

 

John era così assorto nei suoi pensieri, che non si era nanche accorto di stare allungando pure lui una mano verso la fruttiera.

 

Poteva avere fortuna: mia madre poteva essere girata da un’altra parte…peccato che lei stesse proprio guardando in quella direzione (probabilmente stava pensando che eravamo a corto di frutta e che avremmo dovuto comprarne altra) e la mano di John si stava avvicinando pericolosamente alla mela.

 

Capii che avevo pochi secondi per agire e, presa dalla paura che mia madre vedesse una mela librarsi in aria da sola, fluttuare verso l’alto e poi sparire dopo essere stata morsa non badai alla discrezione

 

“Noooo!!” Urlai a pieni polmoni, così forte da far trasalire anche il gatto, acciambellato su una sedia.

 

Mentre urlavo allungai alla velocità della luce la mia mano destra, che finì con un sonoro SPLAT su quella di John, che si era nel frattempo chiusa sulla mela.

 

John parve risvegliarsi dal coma (non c’è che dire, era DAVVERO assorto nei suoi pensieri), mamma mi guardò allucinata.

 

Beh, in effetti, come reagireste voi se vostra figlia si mettesse ad urlare senza alcuna ragione apparente e spiaccicasse una mano sulla mela.

 

“Guarda che io l’ho già mangiata..” commentò mia madre in tono flebile.

 

“Eh, eheh..si..è che..” farfugliai, alla disperata ricerca di una scusa plausibile” c’era un insetto”.

 

“Ah..” fece lei fissandomi attentamente (probabilmente stava cercando di capire il perché di questo scatto.

 

John nel frattempo era caduto per terra, in preda ad un attacco isterico di risatine e ne stava riemergendo solo in quel momento: il suo naso aquilino sporgeva dal tavolo.

 

“Beh io…vaaaa…vaaado a fare i compiti” continuai a farfugliare io alzandomi e spingendo con delicatezza la sedia contro il tavolo.

 

Cercai di sfoggiare un sorrisone smagliante,mentre il mio cuore batteva all’impazzata.

 

“Ah, ok..ma sei sicura di stare bene? Non è che vuoi qualcos…” cominciò mia madre.

 

“STO BENE!” strillai di rimando.

 

Poi corsi a razzo le scale verso camera mia, mentre John mi seguiva con la sua abituale calma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** If i fell ***


Ary

 

 

I soliti ringraziamenti a…..

The Thief: Ahaha a me è piaciuto il Dlin Dlon! Magari era qualche vicino di casa che voleva protestare per tutto quel baccano! Il fascino Lennoniano continua a fare strage di cuori in tutto il mondo, nei cuori delle povere fan di Johnny J Non si può evitare di esserne irrimediabilmente contagiate!

Andry Black: Mi sa che abbiamo due madri molto simili. Solo che lei ormai ha perso le speranze e non fa neanche più caso ai miei deliri su John &Co. Anzi, le faccio pure del terrorismo psicologico perché appena ho il computer disponibile metto Beatles o John Lennon a tutto volume!

Zazar90: John si sta divertendo come un matto a far impazzire la povera Ari..Penso che sia nella sua natura portare la gente all’esasperazione. J

Marty Youchy: La madre di Ari si stava probabilmente chiedendo se a sua figlia aveva dato di volta il cervello. Questa scenetta mi è venuta in mente a scuola durante il compito di italiano su Alfieri(!) e mi sono messa a ridacchiare pure io all’idea.

Come promesso ecco un’altra foto di John (che qui, come si suol dire è tanta, ma taaaaaaanta roba…Anche io invidio Ariadne)

Photobucket

“If i fell”

“E’ stata la cosa più assurdamente divertente che abbia mai visto!” John aveva gli occhi che brillavano e non si era ancora ripreso dall’accesso di risatine di pochi minuti prima.

 

“Si, come no… divertentissimo” ero livida

 

“Non ci ha mica scoperti, no?” osservo John seguendomi in camera “ E’ andato tutto liscio. Devo dire che hai dei riflessi davvero fulminei. Per caso giochi a baseball?”

 

Lo guardai stralunata “E che c’entra il baseball?”

 

“Mah così….tanto per fare conversazione” disse John lasciandosi sprofondare sulla sedia della mia scrivania. “Mi piace il tuo buon gusto in fatto di arredamenti. Davvero notevole” commentò lui girandosi attorno.

 

Sospirai: camera mia sembr ava un  museo dei Beatles.

 

Non c’era un muro che non fosse tappezzato di foto, posters e foglietti con frasi delle loro canzoni.

 

John si avvicinò ad una foto nella quale stava suonando assorto la chitarra: era una delle mie foto preferite.

 

John aveva un’aria malinconica ma affascinante in quella fotografia. Reggeva una chitarra acustica nera come la pece, davanti a lui c’era un microfono. Ma lui sembrava completamente assorbito dalla canzone che stava suonando.

 

Accanto alla foto, un piccolo post-it recitava “If I fell in love with you/would you promise to be true/And help me understand/ cause’  I’ve been in love before/And I found that love was more/than just holding hands”

 

“Se mi innamorassi di te, mi prometterai di essere sempre sincera con me e di aiutarmi a capire? Perché io sono già stata innamorato ed ho realizzato che l’amore è più di un semplice tenersi per mano..” recitai io a tempo di musica.

 

John sorrise nostalgico e si girò verso di me “Innamorata, eh?”

 

“Non lo so..” ammisi  “Ma non l’ho scritta io..”

 

“Lo so, l’ho scritta io infatti” disse John indicando il foglietto.

 

“No, non hai capito Me l’hanno dedicata.” Precisai io.

 

“Oh…Beh è una bellissima frase da dedicare” convvenne John. Poi vide la mia faccia.

 

“Mi pare di aver capito che questo non sia un argomento del quale tu sia ansiosa di parlare..”

 

“Non preoccuparti… è acqua passata.” Mormorai , avvicinandomi a lui e sfiorando il post-it con le dita.

 

“Il passato purtroppo torna sempre, in un modo o nell’altro. Non importa quanto tu tenti di cacciarlo in fondo ad un cassetto. I ricordi sono sempre lì. Però, se si riuscisse a vederli come qualcosa che è in principio è stata una cosa bella….il dolore dovrebbe essere minore. L’ho capito a mie spese.”

 

“Grazie John , questo mi conforta davvero” abbozzai un sorriso.

 

“Oh, bazzecole…volevo solo atteggiarmi ad intellettuale impegnato” disse lui in tono sussiegoso.

 

Feci un lungo sospirone: John aveva ragione.

 

 Dovevo imparare a guardare tutto quello che era stato con un sorriso. Ma non ci riuscivo. Era passato quasi un anno e non c’ero ancora riuscita.

Ari, Ari…ho qualcosa per te..”

 

Una voce dal passato si insinuò nella mia testa. Scossi la testa per cercare di scacciarla.

Non so proprio in quale altro modo dirtelo. Ho pensato che così avresti capito”

John si rese conto che mi stavo lasciando trascinare dai ricordi e si schiarì la voce,lanciandomi un’occhiata eloquente.

 

Quegli occhi verdi che si stavano facendo strada nella mia mente sparirono così come erano arrivati.

 

“Non dovevi fare i compiti, bambina?” fece lui indicandomi la scrivania

 

“Oh no…i compiti…” mi battei la fronte con la mano, disperata.

 

“Oh oh, che dolce! Tu vai sempre a scuola…Ahhh mi ricordo di quando IO andavo a scuola!” inizò a dire John con espressione beata “Beh…quando ci andavo. Non ero uno studente particolarmente diligente.”

 

Vide la mia divisa nera e gialla. “E ODIAVO quelle divise!” sentenziò

 

Si fermò un attimo, poi aggiunse “Però le gonne delle ragazze non erano male..”

 

Io nel frattempo avevo aperto lo zaino ed estratto il libro di letteratura.

 

 Non avevo davvero nessuna voglia di studiare e non avevo voglia di andare a scuola l’indomani mattina.

 

Dovevo ancora abituarmi alla presenza di John e la scuola sarebbe stato l’ultimo posto nel quale avrei potuto tenerlo d’occhio.

 

Mentre pensavo tutto questo e mi mordevo nervosamente il labbro, John cominciò ad esplorare camera mia soffermandosi ora su questo, ora su quel poster rievocando “i bei tempi” o  commentando il suo aspetto (“Mio dio, sembro una mongolfiera!) o quello degli altri  membri della band (”Incredibile, la mimica di Ringo è sempre un’esperienza sconvolgente!).

 

Quando ebbe finito il suo soliloquio, io ero ancora li impalata, in mezzo alla stanza.

 

“Mbè? “ fece lui “Non vai a fare il tuo dovere di brava studentessa.?”

 

“Non è il caso che domani io vada a scuola..” dissi piano, sempre con quell’aria allucinata “Ho un’idea..”

 

Mi mossi verso lo stereo, ed aprii il mangianastri (era rotto ed inutilizzabile, ma non era un gran problema, visto che prediligevo i CD o i dischi in vinile) nel quale nascondevo le mie caramelle per le emergenze.

 

“Caramelle?” John si stava grattando la testa perplesso.

 

“Queste non sono semplici caramelle..” dissi io con un sorriso trionfante, mentre aprivo il pacchetto.” Sono le caramelle più schifose che siano mai state prodotte. Sono alla fragola e sono così dolci da fare venire LA NAUSEA” me ne infilai una in bocca.

 

John mi guardava come se mi stesse vedendo per la prima volta.

 

“Ti ho mai detto che sei una donna geniale?” disse lui guardandomi con sincera ammirazione

 

“No, mi hai detto solo che sono carina e ricciolina” Gli diedi corda, mentre lasciavo che il rivoltante sapore dolce della caramella mi si spandesse in bocca.

 

“Oh bene..allora sei carina..ricciolina..e GENIALE!” aggiunse lui dandomi una sonora pacca sulla spalla.

 

“Non è che posso mangiarne una anche io? “ disse lui allungando una mano verso il pacchetto.

 

“Di certo non ti ammazzeranno” commentai io aprendo il pacchetto.

 

Fummo entrambi presi da un attacco di risatine incontrollabili.

 

In capo a 10 minuti sentii il senso di nausea crescere e crescere (John aveva mangiato la caramella senza battere ciglio e non accusava alcun tipo di dolore) e quando giudicai che la mia faccia fosse abbastanza sconvolta da risultare credibile, scesi le scale a recitare la mia commedia per evitarmi una mattinata di scuola.

 

A mamma bastò guardarmi per capire che qualcosa non andava (e forse si spiegò il mio urlo disumano a tavola) e decretò che avrei fatto meglio a stare a casa.

 

Decisi che tanto valeva fare le cose con stile ed aggiunsi col la vocetta più flebile che potei “Ma no…posso pure andarci a scuola..Ignorerò la nausea e seguirò le lezioni” (inutile dire che John era letteralmente piegato in due dalle risatine, ed ogni tanto faceva qualche piccolo applauso)

 

“No Ariadne..Domattina starai a casa..” guardò un attimo preoccupata la sua borsa.

 

“Però domani sono al lavoro..te la senti di restare sola in casa tutto il giorno?”

 

“Si mamma, certo! Ce la farò, non preoccuparti..:” dissi io sempre con la solita vocetta da bambinetta (a volte riuscivo a spaventarmi da sola!)

 

“E ora fila a letto..Riposati tesoro.” Disse mamma dandomi una bacio sulla guancia.

“Si mamma”

E da brava bambina ubbidiente, con passo fintamente malfermo tornai in camera, mentre John si complimentava.

 

“Hai un futuro da attrice drammatica, credimi piccola! Nemmeno IO sarei stato capace di concepire un piano così subdolo!”

 

Sorrisi, sentendo la mia autostima crescere come Alice dopo aver mangiato il famoso dolcetto.

 

“Però ora vorrei davvero dormire..Sai..” sbadigliai sonoramente “ tutti gli avvenimenti di oggi mi hanno resa esausta!”

 

“Ah questa gioventù!” sbottò John

 

“Dove dormo, a proposito?”

 

“Perché, tu PUOI dormire?” chiesi al culmine della meraviglia

 

“Certo che dormo! Mangio, bevo, cammino…potrò pure dormire, no?” fece lui allargando le braccia come a dire “Mi pare così dannatamente OVVIO!”

 

“Ehmmmm….” Non avevo idea di dove piazzarlo. Poi vidi il divano. “Mettiti li!” gli indicai il mio comodo divano nero.

 

“Sul divano? Come sarebbe a dire, non mi fai dormire con te?” John mi diede una lieve gomitata, facendo pure l’occhiolino.

 

“Considerando che ci conosciamo da poche ore…beh mi sembra un po’ prematuro!”

 

“Ma che dici, ma se mi conosci da quando sei nata!” replicò lui incrociando le braccia con fare offeso.

 

“Beh, guardare le foto e leggere biografie non mi pare sia sinonimo di “conoscere DAL VIVO”

 

John mi fulminò con lo sguardo “Questa era cattiva…”

 

Feci un sorriso sornione ed indicai convinta il divano.

 

“Bah…e dire che altre ragazze avrebbero fatto carte false per dormire con me!” bofonchiò lui dirigendosi verso il divano e saggiandone la morbidezza.

 

Mi infilai anche io sotto le coperte e spensi le luci.

 

“Buonanotte John”

 

Dal fondo della stanza arri vò un sonoro russare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Dreams ***


Photobucket lolllll

 

Un Thank You grande come una casa a…

Zazar90, The Thief, Andry Black, Marty Youchy e Lau 82 per le loro sempre attese e graditissime recensioni!

Un Welcome a Lullaby ! Sono contenta che la mia storia ti piaccia.

E ora…foto di John..e nuovo capitolo!

 

 

 

 

Dreams

Realizzai subito che quello doveva essere un sogno: stavolta doveva esserlo PER FORZA.

 

Mi trovavo a scuola, seduta al mio banco e stavo scribacchiando distrattamente qualche fra

se di una poesia sul diario.

 

 Capii di stare sognando perché ricordavo benissimo quel giorno.

 

Però io vedevo tutto come se fossi solo una spettatrice, come se fossi una terza persona che assisteva a tutta la scena.

 

Mi osservai, mentre cercavo di copiare la poesia con la mia migliore calligrafia.

 

Era una poesia molto bella di Langston Hughes, che diceva:

 

“Tieniti stretto ai tuoi sogni

Poiché, se i sogni muoiono

La vita è come un uccellino dalle ali spezzate

Che non può più volare”

 

Stavo per ricopiare anche la seconda strofa, quando tutto diventò nero: due mani mi avevano coperto gli occhi.

 

“Bubusette..” mi bisbigliò all’orecchio una voce maschile “Sempre li a studiare, tu?

D’istinto avevo coperto con le mie mani quelle del mio misterioso (ma non troppo) disturbatore ed avevo replicato lievemente stizzita:

 

“Non sto studiando, sto TRASCRIVENDO!”

 

Le mani si staccarono dai miei occhi, e potei finalmente girarmi ad osservare che mi aveva interrotto (anche se lo sapevo bene…)

 

“O’Gready, sei sempre il solito rompiscatole!”  lo chiamai per cognome, ben sapendo quanto la cosa lo urtasse.

 

“Beh, intanto ringrazia che non l’ho fatto mentre scrivevi con la tua bella calligrafia tutta precisa ed ordinata..BIGSBY” anche a me dava fastidio sentirmi chiamare per cognome. Ma da lui… da lui la cosa aveva tutto  un altro effetto.

 

Alzai gli occhi al cielo “Oh, di sicuro la tua è stata una concessione molto magnanima”

 

“Si, magnanimissima!” concluse O’ Gready.

 

Questo simpatico ragazzo che esercitava su di me un certo tipo di fascino (oltre che a rompermi le scatole 25 ore su 24) era Alexander O’Gready… Ma tutti lo chiamavano Alex o Lex.

 

Aveva la carnagione diafana, più pallida della mia. Degli occhi verde chiaro allungati come quelli di un cinesino e capelli color cioccolato, lisci come la seta. Lui li portava lunghi fino alle spalle con una buffa frangetta con la scriminatura a destra. Era alto e magro ed era l’oggetto del desiderio di tutta la popolazione femminile della scuola.

 

Alex, oltre ad essere I N C R E D I B I L M E N T E  attraente, possedeva anche il fascino dell’artista “maudit”: suonava la chitarra  in un gruppo chiamato “The Victorian Age”, un gruppo considerato da molti “dark” per le loro musiche un po’ cupe. Essendo il chitarrista, Lex era sempre in pole position ed esercitava il suo fascino da bello e dannato su tutte le ragazze che lo andavano a vedere, a tal punto che, anche ragazze che non avresti mai potuto immaginare ad ascoltare certi tipi di musica, facevano la fila per guardarlo suonare.

Lex ricambiava la loro devozione con una gelida indifferenza ed anche con un certo sarcasmo, ben conscio del suo fascino e della sua bravura.

 

Io ero l’unica a non sbavargli dietro apertamente per svariati motivi.

 

Tanto per cominciare lo conoscevo da circa 4 anni, quando era ancora un ragazzino “normale”, goffo e stupidotto, con una sfrenata passione per la chitarra.

 

Lo avevo praticamente visto “evolversi” nel ragazzo che era in quel momento (e che, ahimè, sarebbe rimasto)…. ed anche se ero rimasta inevitabilmente contagiata dal suo irresistibile fascino tenebroso, ero l’unica a non sbavargli dietro apertamente.

 

Un altro motivo era il semplice fatto che…. eravamo in classe insieme.

 

Anzi, non solo eravamo compagni di classe, ma anche compagni di banco.

 

Le nostre ore scolastiche erano riempite da risatine, battute sarcastiche rivolte ai professori( Alex era un vero maestro del sarcasmo e sapeva usarlo in maniera molto feroce), piccoli dispetti e innumerevoli citazioni musicali sui banchi.

 

Lui conosceva già i Beatles, ma fui io a farlo appassionare: lui in compenso mi “iniziò” all’ascolto dei The Cure.

 

Tuttavia, Alex sembrava quasi risentito del fatto che non fossi un’altra delle sue fan adoranti: il suo orgoglio di rubacuori doveva aver subito un duro colpo, quando ai suoi esagerati tentativi di provocarmi, rispondevo con un ghigno od un’espressione di assoluta indifferenza( mentre in realtà avrei voluto saltargli addosso)

 

Mi voleva bene, questo era certo: ma il suo affetto era offuscato dalla sua smania di piacere a tutti..o meglio a TUTTE.

 

“Insomma, cosa stai TRASCRIVENDO?” domandò Lex facendo il segno delle virgolette con le dita ed imitando la mia espressione corrucciata.

 

“Guarda e lo saprai..” risposi riponendo la penna.

 

“Hold fast to dreams?” mi guardò “Langston Hughes?”

 

Un’altra cosa particolare di Lex era che… aveva un’intelligenza sconfinata.

 

Con lui potevi parlare praticamente di ogni cosa, dall’ultimo disco di quel gruppo troppo figo che aveva ascoltato alle poesie di Baudelaire (che lui amava e conosceva alla perfezione).

 

Passava i pomeriggi a bighellonare per la città, facendosi una passeggiata per Hyde Park, visitando il British Museum oppure a suonare col suo gruppo (che era ovviamente la cosa che gli piaceva di più al mondo) senza studiare assolutamente nulla, senza sapere i giorni di compito o di interrogazione.

 

Arrivava a scuola, prendeva atto che in quel giorno ci sarebbe stato compito e si metteva a leggere, completamente assorto.

 

Leggeva il testo una, due, tre volte insomma il maggior numero di volte possibili finchè non entrava il professore ad ordinarci di separare i banchi.

 

Mentre tutti si grattavano la testa cercando di ricordare le caratteristiche del teatro Elisabettiano, vedevi Lex scrivere con la sua calligrafia nanoscopica senza interrompersi.

 

E la sorpresa era sempre grande quando si scopriva che era riuscito a prendere un bel voto: magari non il massimo, ma comunque un voto positivo.

 

“Si, proprio lui..” annuii compiaciuta “mi piaceva moltissimo questa poesia… La trovo molto veritiera”

 

Lui sbuffò lievemente e si sistemò lentamente la frangetta, squadrandomi con i suoi occhi verdi:

 

“E quindi TU hai dei sogni, Bigsby?”

 

“Credo che tutti ne abbiano…” risposi restituendogli l’occhiata.

 

“I sogni sono per rammolliti… esiste solo l’ambizione”

 

“L’ambizione non conosce scrupoli, ricordalo..”

 

Alex mi guardò divertito  “ Bisognerebbe farsi pochi scrupoli al giorno d’oggi”

 

“Hai ragione anche tu..” gli concessi “ma a tutto c’è un limite.”

 

Lex sbuffò di nuovo, divertito.

 

“Ne riparliamo fra qualche anno..” sentenziò

 

Questo bel soggetto era il mio migliore amico, signore e signori.

 

E ben presto diventò molto più di un semplice amico….

 

Era da un po’ di tempo che Alex aveva intensificato la frequenza delle sue frasette provocatorie, tante volte aveva trovato banali scuse per sfiorarmi la mano, il ginocchio o per appoggiarsi a me.

Tutto questo mi lusingava ma mi rendeva anche nervosa: possibile che si comportasse così anche con la sua migliore amica? (anche se questa migliore amica stravedeva per lui così come avrebbe fatto una chiunque delle sue fan)

 

Poi arrivò il fatidico giorno, una fredda giornata inv ernale….

 

La scuola era finita ed eravamo ufficialmente in vacanza: Lex sembrava aver deciso di autoinvitarsi a casa mia tutti i giorni (non che non fosse un abituale frequentatore di casa mia…però un minimo di preavviso!) per guardare film rimpinzandoci di patatine e coca cola, ascoltare musica( un giorno arrivò con una borsa contenente 10 LP diversi) o suonare insieme, lui alla chitarra ed io al basso.

 

Ma quel giorno, quel 23 Dicembre,…Lex era strano

 

Oddio, Alex non si è mai comportato come una persona normale e sana di mente..

 

Ma quel giorno era veramente su di giri.

 

Si fiondò in casa non appena gli ebbi aperto la porta, imbacuccato in un elegante Montgomery nero, con una sciarpa blu scuro.

 

“Lex…stai bene?” gli chiesi mentre richiudevo lentamente la porta: faceva un freddo cane.

 

Alex mi guardò: sembrava veramente sconvolto.

 

Sembrava a metà strada fra l’imbarazzo e la contentezza….E rigirava fra le mani, coperte da guanti neri, un fogliettino bianco.

 

“Ariadne, vestiti ed usciamo..” ordinò. Alex non chiedeva mai…lui PRETENDEVA.

 

“Ma…” stavo per controbattere, ma lui mi fermò alzando la mano.

 

“Niente ma…devi uscire..Devo farti vedere una cosa importantissima e non posso fartela vedere qui tappati in casa!”

 

Non aveva senso lottare contro di lui, tanto l’avrebbe spuntata comunque.

 

Quindi in capo a 10 minuti mi trovavo fuori casa, avvolta anche io in un cappotto pesante, sciarpa bianca e guanti neri, sfidando il gelido clima invernale londinese.

 

“Bene, siamo usciti..Ora puoi dirmi cosa c’è?” gli domandai mentre cercavo di tenere il passo (per ogni sua falcata dovevo fare 2 passi)

 

“Non ancora” un sorriso illuminò il suo bel volto “pazienta ancora un pochino”

 

Chiusi la bocca: raramente avevo visto un sorriso del genere a Lex.

 

Va bene, era il mio amico e tutto…ma non lo avevo mai visto sorridere in modo così…sincero.

 

Con me rideva e basta, e le sue risate erano causate dalle mie battute o situazioni divertenti.

 

Quel sorriso invece era del tutto diverso.

 

Ci fu un imbarazzante silenzio, mentre continuavamo la nostra camminata, i fiocchi di neve avevano cominciato a cadere dal cielo lentamente…

 

Poi fu lui ad interrompere il mutismo.

 

“Ho ri ascoltato i Beatles…era da un po’ che non mettevo su un loro disco”

 

“Ah si?” fu la mia risposta.

 

Alex parve non accorgersi della freddezza della mia risposta (non capivo perché si stesse comportando in modo così strano!) e proseguì: Si..volevo fare un confronto”

 

Si girò a guardarmi “Un confronto fra i Beatles pre-India..e quelli Post-India!”

 

“Wow…beh in effetti non sembrano lo stesso gruppo.”

 

“Sotto l’effetto dell’acido cambiano tutti…”

 

“Beh, hai fatto questo confronto. E allora?”

 

Forse avevo risposto un po’ troppo duramente e Lex cambiò tattica.

 

“Pensavo ti avrebbe interessato..” stava iniziando a dire “ed invece devi sempre fare la solita acida!”

 

“Lex, mi hai trascinato fuori di casa con questo freddo! Non mi vuoi dire che c’è, ed ora stai girando allegramente intorno all’argomento! Lo sai che odio queste cose…quindi per favore dimmi che c’è!

 

Ora mi so dare una risposta al mio comportamento così acido: il fatto è che..Beh Alex mi piaceva davvero tanto.

 

Nel vederlo arrivare così sconvolto, aver visto quel sorriso così strano e così dolce avevano risvegliato in qualche recondita parte del mio cervello, la speranza che Alex avesse capito che provavo qualcosa per lui….e che fossi da lui ricambiata!

 

Alex si fermò: eravamo in un mini giardinetto in mezzo ad una piazza.

 

Tra le mani stringeva sempre il foglietto. Sospirò, parve raccogliere le forze ed infine disse:

 

“Ari, Ari…ho qualcosa per te”

 

Trasalii: non mi aveva MAI chiamata Ari. Non mi aveva mai parlato con quel tono di voce, la voce che potrebbe avere un amante.

 

Mi prese la mano e mi ci mise sopra il foglietto.

 

“Non so proprio in quale altro modo dirtelo. Ho pensato che così avresti capito”

 

Ero trasognata: come in trance aprii il piccolo foglietto e lessi.

 

Sentivo gli occhi verdi di Lex puntati addosso mentre leggevo e mormoravo a mezza voce il testo di “If i fell”

 

“Era da un po’ che volevo dirtelo Ari….” Non lo avevo mai visto così. Sembrava in imbarazzo..ERA IN IMBARAZZO!

 

Lo guardai, i miei occhi erano spalancati…e lui era vicino, vicinissimo…

 

Ed in pochi secondi lo fu ancora di più.

 

Fu il bacio più bello della mia vita(almeno fino a quel momento…), un bacio romantico, un bacio sotto la neve, un bacio che aspettavo da tanto.

 

Lex, il bello ed impossibile, il musicista “maudit”…aveva scelto me.

 

Ed io non potevo far altro che assecondare la sua scelta…

 

 

 

Mi svegliai di soprassalto e sentii che le lacrime stavano già sgorgando spontaneamente dai miei occhi.

 

Non volevo farmi sentire frignare da John e cercai di asciugarmi rapidamene gli occhi…ma non potei evitare di emettere un lieve singhiozzo.

 

“Ma allora è un vizio il tuo!” sentenziò una voce vicino al mio orecchio.

 

John era seduto sul pavimento, proprio davanti a me: mi stava guardando, John mi stava guardando mentre dormivo!

 

Non riuscii a dire altro, perché sentii altre lacrime farsi strada sulle mie guance.

 

“Povera piccola…hai fatto un brutto sogno?” sentii un peso sul letto: John si era seduto accanto a me e mi stava asciugando le lacrime, per la seconda volta in quella giornata.

“Oh John..” sospirai.

 

 

Poi lo abbracciai: passai le mani dietro al suo collo e lo strinsi forte, come se fosse un morbido orsetto di pelouche, lo abbracciai per trovare conforto.

 

“Rimettiti a dormire piccola Ari…non pensare al passato. Dormi, ti canterò una canzone..”

 

E mi addormentai mentre John intonava piano, con la sua bellissima voce “Imagine”

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Capitolo 7
*** Getting Better ***


errw

 

 Rieccomi qui, sono tornata!

Mi scuso per la lunga pausa che mi sono presa..ma ho avuto un po’ di casini e quindi neanche tempo (ne’ voglia, lo ammetto) di mettermi a scrivere.

Ma ora sono di nuovo qui, più in forma che mai!!

Partiamo subito con lo spazio dedicato ai ringraziamenti:

The Thief Si, Lex è proprio il classico bello e dannato, il rubacuori che fa sospirare tutte le ragazzine…. Il fatto che sia  “un filino” stronzo va di pari passo con la sua figura! Ariadne è molto “presa” da lui ma..essendo una ragazza intelligente non lo da a vedere, ferendo il caaaaaro Lex nel suo orgoglio di Don Giovanni Xd

Marty Youchy:  Sai che ci stavo seriamente pensando alla seduta spiritica? Ti immagini? Aww non lo farei andare più via (*Russian fanatic corre a fare un rito per evocare John*) Ma poi…come è finita col tipo che ti sbavava dietro?

Zazar90: Si Lex è davvero figo….(per “idearlo” ho fuso le caratteristiche di due ragazzi che nel bene o nel male hanno avuto la loro influenza nella mia vita. Ha le caratteristiche fisiche di uno e quelle psicologiche di un altro) John ed Ari si stanno avvicinando sempre di più, e ci saranno moooolte sorprese ^.^

Andry Black: Ari è innamorata di Lex, però non vede solo i pregi: sa benissimo che è un ragazzo arrogante ed anche piuttosto stronzetto..però decide solo di non curarsene, nella speranza che con lei si comporti in maniera diversa. Per l’atmosfera…beh, sono felice che sia così “evocativa”. L’idea della piazzetta mi è venuta in mente ricordando uno spaziio simile a Londra, proprio davanti all’albergo. Non c’erano laghetti, però c’erano cespugli ed alberi in fiore (eravamo a Maggio) e me la sono semplicemente immaginata “vestita” per l’inverno.

Foto di John e storia…!

Ps: Ringrazio anticipatamente chi legge soltanto e chi recensirà questo capitolo J

JOHN Pictures, Images and Photos

 

 

Getting better

 

“Ariadne?” una voce mi riportò bruscamente alla realtà

 

“Mmmf…no John, mi sono addormentata”

 

“John?” chiese stupita la voce che mi aveva svegliato.

 

Mi costrinsi ad aprire gli occhi: era mattina, però doveva essere sempre abbastanza presto. Mamma era china sul mio letto e mi scrutava con espressione preoccupata.

 

“Sei sveglia tesoro?” mi chiese toccandomi la fronte con la mano “stavi sempre sognando?”

 

“Eccola che parte con le domande a raffica” mi trovai a pensare lievemente stizzita “come se non lo sapesse che la mattina faccio fatica a mettere in moto il cervello, se non dopo che ho bevuto un’autocisterna di caffè”

 

Sbattei gli occhi, mettendo a fuoco la stanza: tutto era come doveva essere. Il poster di Elvis mi sorrideva dalla parete sopra il mio letto, e quello dei Led Zeppelin spiccava alla mia destra.

 

Mentre raccoglievo le forze per rispondere a mamma gettai una rapida occhiata verso il divano: avevo paura che fosse stato tutto un sogno, avevo paura di non trovare più la persona che mi aveva cullata fino a farmi addormentare…

 

John era seduto sul divano, la testa reclinata verso destra: aveva gli occhi chiusi, la bocca leggermente aperta e respirava piano…. Stava dormendo nella grossa e sembrava un bambino.

 

“Si mamma tutto ok..sono un po’ frastornata, lo sai che non mi devi fare tante domande quando mi sveglio!”

 

“Va bene amore, volevo solo vedere se stavi bene, se era passato tutto..” si alzò in piedi e notai che era già vestita di tutto punto per andare al lavoro (mamma lavorava come dermatologa in una clinica dall’altra parte della città e doveva partire da casa con largo anticipo se non voleva fare tardi)

 

Le sorrisi, tirandomi le coperte fino al mento “Beh, qui sotto le coperte sto DA DIO…”

 

Mamma mi arruffò i capelli, mentre si alzava “Ok… dormi ancora un po’..Ma non fare tardi, come al solito!”

 

“Va bene mamma” risposi come da copione (in occasioni “normali” avrei dormito fino alle 10 e mezza…ma non era un giorno “normale!”)

 

Mamma uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di se..

 

Aspettai qualche minuto, per sentire la porta dell’ingesso chiudersi per sgusciare fuori dal letto ed avvicinarmi al divano.

 

John stava dormendo beatamente ed io lo trovavo davvero tenero così addormentato.

 

Mi fermai a guardarlo: era ancora più bello di come lo ritraevano le foto.

 

I suoi occhi  a mandorla, le labbra sottili, quel naso aquilino, i suoi capelli biondicci, lunghi fino alla nuca..

 

Istintivamente alzai una mano per toccargli una guancia.

 

Non appena l’ebbi sfiorata lo sentii  bofonchiare “Guarda che sono sveglio…”

 

Rimasi interdetta per 2 secondi, poi ritirai la mano come se mi fossi scottata, quando John aprì gli occhi e li puntò su di me.

 

“Ma guarda un po’ chi si vede! La fanciulletta triste!” si mise a sedere composto e si grattò la testa  “ieri sera hai avuto una delle tue solite crisi di pianto! Comincio a pensare che siano un’abitudine per te!”

 

“No John, ho semplicemente fatto un sogno…strano” mi misi a sedere accanto a lui stropicciandomi gli occhi (probabilmente avevo un aspetto orrori fico, ma ormai la frittata era fatta)

 

“Un brutto sogno?”

 

“No…cioè si…insomma…mi sono sognata una cosa che non volevo ricordare…” ed il mio sguardo si soffermò sul famoso post-it. La mia occhiata durò una manciata di secondi, ma John se ne rese conto (aveva una perspicacia sconfinata quel Lennon!)

 

“Ahh…capisco..” disse lui guardando a sua volta il foglietto “ Bene allora non ne parliamo”

 

Gli sorrisi, grata.

 

“Parliamo di cose serie invece..:” continuò John imperterrito “Per esempio…..che c’è per colazione?”

 

 

 

 

Soseggiavo il mio caffè mentre John dava fondo alla scorta di merendine e biscotti: per essere una specie di fantasma, aveva un appetito da non credere!

 

“Bene John..siamo qui in casa. Cosa abbiamo intenzione di fare per oggi?” dissi agitando lievemente la mia tazza, cercando di far mescolare quei rimasugli di zucchero che si erano depositati sul fondo.

 

John mi fissò un attimo, mi fece un cenno con la mano come a dire “aspetta” ed inghiottì rumorosamene il pezzo di croissant che si era ficcato in bocca.

 

“Non ne ho idea. Ho talmente tante idee…e Londra è una città piena di cose da fare! Attaccò un altro morso al croissant e lo deglutì “Per cominciare potremmo andare a fare un giretto per il centro, se la cosa non ti disturba.”

 

Finiii di bere il mio caffè e fissai John per un attimo “E come faremo a parlare? Non posso risponderti mentre siamo in centro. Tutti si chiederanno chi è questa povera pazza che biascica da sola!”

 

“Ahah, hai ragione. Devo aiutarti a mantenere l’immagine della ragazzina-perfettina che ti sei creata! Troveremo un modo per comunicare evitando che tu ti comprometta!”

 

Quando John mi chiamò “ragazzina-perfettina” alzai un sopracciglio: quando mai ero stata perfettina?

 

“E cosa pensi di fare, Einstein?”

 

“Potrei starti vicino…molto, MOLTO  vicino” la sua voce diventò bassa e volutamente allusiva. Deglutii “Ti starò appiccicato come una cozza ad uno scoglio e ti parlerò nell’orecchio!”

 

“Ma dai…” risi io

 

“E tu dovrai solo bisbigliare. Ho un udito infallibile IO” disse John tirandosi i lembi della giacca e sorridendo tutto tronfio.

 

“Si, devo dire che non fa una grinza come piano” fu il mio commento.

 

John per tutta risposta allargò il suo sorriso e fece fuori il 3 croissant in un colpo solo.

 

 

 

Uscii dal bagno come una scheggia, imbacuccata in un pesante accappatoio rosso  e schizzai in camera. Riuscire a fare la doccia non era stata un’impresa tanto semplice.

 

“Dove credi di andare?” mi aveva interpellato John vedendo che mi stavo alzando da tavola e mi stavo dirigendo a passo deciso verso le scale .

 

“A fare la doccia!” risposi fissandolo stupita.

 

“Pensavo che i patti fossero chiari…” John mi si avvicinò sempre con il suo sorrisetto che mi faceva venire voglia di prenderlo a schiaffi, così come mi faceva sciogliere.

 

Maledetto fascino Lennoniano!!

 

“Quali patti? Non abbiamo parlato della doccia, nei patti..” cominciai a dire

 

“Pensavo che fossimo d’accordo sul fatto che ti avrei seguita oooovunquee”

 

“Oh no!” strillai io, capendo cosa avesse in mente John “No no e poi no! Non se ne parla..Almeno quando sono in bagno non starmi appiccicato, io…” non riuscii a finire perché avevo avvertito il solito familiare calore spandersi per le guance.

 

John era scoppiato a ridere “Ma no, stai tranquilla! Non sono un maniaco, ne’ un guardone…ti lascerò la tua privacy. Me ne vado in salotto a guardarmi un po’ di tv”

 

“E chi mi dice che non mi spierai a mia insaputa? Per esempio guardando attraverso i muri?”

 

John si tirò una manata in fronte e strabuzzò gli occhi “Oh cielo! ECCO cosa mi  sono scordato di chiedere a Big Jim! La vista a raggi x…sono proprio un idiota. Ho sprecato questo fondamentale potere…per cosa, poi?”

 

Rimasi interdetta a metà del ballatoio: non riuscivo a capire se John stesse facendo una delle sue sceneggiate o se stesse facendo sul serio.

 

Vidi un occhio di John fare capolino fra le dita che gli coprivano gli occhi e lo vidi sorridere.

 

“Dai Ariadne, sto scherzando! Sono un gentleman IO”

 

Non del tutto convinta anuii e mi diressi verso il bagno (non prima di aver sentito la solita voce metallica della giornalista della BBC fuoriuscire dalla televisione).

 

Mentre facevo uscire l’acqua calda, pensai a dove avrei potuto portare John: fuori pioveva, un ombrello sarebbe stato l’ideale per coprirmi mentre parlavo con John. Con un po’ di frtuna, nessuno si sarebbe accorto che stavo parlando con lui.

 Ovvero da sola.

 

Mentre lasciavo che il getto d’acqua bollente mi ricoprisse, iniziai a ridere istericamente: tutta la situazione era veramente ASSURDA.

 

Ma avevo intenzione di godermela fino in fondo….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Rain ***


Herethere

Rieccomi qui col nuovo capitolo. Ringrazio anticipatamente chi legge la mia soria…e ora passo a ringraziare i miei seguaci xD

XSakuChanx: Nooo! Prudence nooo!! Non è cje potresti lancoarmi addosso John, pliiiiiis? (*occhiani stile gatto di Shrek) Sono contenta che la storia sia di tuo gradimento!! Che John sia un pervertito è un dato di fatto U.U (* John mi  incenerisce con lo sguardo) Ti ringrazio per avermi fatto “scoprire “ il forum dei Beatles!

Andry Black: John ed Ari ne combineranno SICURAMENTE delle belle in giro per Londra. L’idea della cozza appiccicata allo scoglio mi è venuta perché è un’espressione che uso abitualmente per definire i tipi troppo appiccicosi, ma ho pensato che potesse suonare bene, detta da John J

The Thief: Non devi farti perdonare nulla, quindi…Don’t worry (*Bob Marley conclude per me con “Be happy) I poster del Led li vorrei anche io ma….camera mia è una cartolina vivente e per attaccare quei poster dovrei staccare due quadri a cui sono affezionata e quindi…..devo trovare un’altra sistemazione per quei poster! Jon comunque stava facendo finta di dormire… Probabilmente voleva fare uno scherzetto ad Ari per vedere cosa faceva mentre lui non era sveglio (John non cambierà mai…Xd)

Marty Youchy: Ah, hai pure cambiato classe per evitarlo?! Però! Tuttavia se, come dici tu, non te ne penti…beh..meglio così!!

Lau 82: Big Jim ormai ha perso le speranze con John… ha capito che è un caso disperato!

Ps John in questa foto è A D O R A B I L E ….waaa sembra un cucciolo smarrito! (*Comincia a fare le carezzine sulla testa al John della foto)

 

Mi scuso anticipatamente per la brevità del capitolo, prometto di rifarmi al più presto!

                                                                             Photobucket

 

Rain

 

La pioggerellina leggera che avevo visto dalla finestra di camera era diventata un vero e proprio acquazzone.

 

“Giornatina niente male eh?” fu il commento di John, costretto a stare tutto chinato sotto il mio ombrello

 

“Già..” risposi in tono lugubre “non potevamo scegliere una mattinata migliore per la nostra piccola passegiata..”

 

“Promenade  cara, si dice prooomeeenaaade”  John rispose utilizzando un assurdo accento francese, esagerando sulla erre moscia.

 

“Perché questi francesismi?” “Bah, così! Per innalzare il tono della conversazione!”

 

Mentre incespicavamo su per il marciapiede, diretti verso la più vicina stazione di metropolitana iniziò a tuonare.

 

“Mi auguro che il tuo ombrello non abbia la punta di ferro!”

 

Mi girai a guardare John “Perché? Qual è il problema?”

 

“Attiri i fulmini…vedo già i titoli sui giornali…”Ragazza colpita in pieno da un fulmine! Il puntale del suo ombrello era di ferro…ed il ferro bagnato attira i fulmini!”

 

“Quella si chiama sfiga…” risposi, anche se mi inquietai un po’ a questa uscita di John.

 

Lui nel frattempo ridacchiava: “Dimmi un po’…questo ombrello è estivo?”

 

“Estivo?”

 

“Si, estivo! Sembra uno di quei mega ombrelloni del mare! Ho capito come ti sei procurata questo ombrello..sei andata al mare, hai divelto una delle postazioni e sei scappata con l’ombrellone sottobraccio!”

 

Mi fissò e mi ammonì col dito “Non si rubano gli ombrelli..Caaaaattiva ragazza!”

 

Non potevo non ridere davanti a queste uscite assurde di John.

 Il suo humor era completamente nonsense e demenziale.. non poteva evitare di strapparti un sorriso.

 

Scendemmo le scale che portavano alla metropolitana: ero già preparata al peggio…

 

Ma quella doveva essere una giornata fortunata.

 

Nel nostro vagone non c’era nessuno e John ed io ci facemmo il tragitto fono a Piccadilly Circus scherzando e facendoci piccoli dispetti.

 

Una volta scesi, la pioggia non era affatto diminuita…ma questo non mi impedì di esclamare in tono pomposo “E qui, alla vostra destra potete ammirare Piccadilly Circus, il fulcro della vita londinese!”

 

John spostò lievemente l’ombrello, che gli copriva la visuale e fissò con un sorriso nostalgico la piazza:

 

il suo sgardo si soffermò sulle luminose insegne al neon che, con quell’aria resa grigia dalla pioggia, risaltavano ancora di più.

 

Percorse con lo sguardo tutta la piazza, concentrandosi sugli elementi che dovevano apparirgli nuovi: le macchine ultra-moderne, la gente indaffarata che camminava in fretta sulla strada umida, decine e decine di taxi, che assomigliavano a delle macchine uscite dritte diritte da un film degli anni 60’…John rimase particolarmente colpito da alcuni CABS dai colori sgargianti.

 

Tuttavia, tutte quelle novità parevano turbarlo un po’... Sembrava che stesse osservando tutto con avidità, desideroso di catturare ogni minimo particolare.

 

Da sotto l’ombrello vedevo i suoi occhi spalancarsi sempre di più: vi leggevo sorpresa, nostalgia e forse anche un po’ d’ansia.

 

Con lo sguardo aveva percorso la piazza quasi del tutto: sembrava che stesse cercando qualcosa, un punto di riferimento, come i marinai cercano un faro in un mare in tempesta.

 

Quando John raggiunse con lo sguardo il centro della piazza, sentii il suo corpo rilassarsi: al centro di Piccadilly spiccava la celebre “statua di Eros. Capii che John era ansioso di conoscere questo presente, quel presente che per lui una volta era stato un futuro remoto..ma che allo stesso tempo ne era intimorito (nonostante celasse il suo timore sotto una corazza di spavalderia e di ironia). Quella statua doveva rappresentare un qualche legame col passato.

 

“Quanto è cambiata la mia Piccadilly! “ disse John piano. Il rumore della pioggia aveva un po’ coperto le sue parole, ma io riuscii a capire lo stesso.

 

“Tutta Londra  è cambiata. Non è più la Londra che conoscevi… tranne che per qualche elemento…”

 

La risposta di John confermò tutte le mie ipotesi: “Sono strabiliato da quanto vedo…George mi aveva parlato lassù di quanto il mondo fosse diverso. La mentalità, i gsti, i luoghi che noi conoscevamo…Tuttavia la mia immaginazione non si spingeva al di là delle mie supposizioni, nate da come avevo interpretato le parole di George. Vedere tutto questo fa un certo effetto..” fece una pausa, nella quale abbracciò di nuovo con lo sguardo tutta la piazza “sono contento di poter vedere tutto questo. Tutte queste novità sono interessantissime per me…Ma sono contento di trovare anche qualcosa che…appartiene al passato!” aggiunse sorridendo ed indicando la piccola statua.

 

Continuavo a reggere l’ombrello, senza tuttavia sentire la pioggia battente.

 

John sospirò e mi passò con noncuranza un braccio attorno alla vita, abbracciandomi come avrebbe fatto un amico od un amica. Fu un gesto inaspettato ed ovviamente arrossii, ma John parve non accorgersene.

 

“Ehm…dove andiamo ora?” chiesi timidamente guardando il braccio attorno alla vita.

 

“Dove preferisci…ci sono talmente tanti posti da vedere!”

 

“Però con questa pioggia non si vede nulla…non è godibile!”

 

“Hai ragione anche tu” convenne John rassettandosi la sua elegante giacca nera “anzi sai cosa? Ti confesso che ho un po’ di fame!” si interruppe “e ho voglia di una sigaretta”

 

“Ma come puoi avere fame?” gli chiesi fissandolo ad occhi spalancati “hai fatto colazione poco più di un’ora fa!”

 

“Ho un metabolismo veloce” fu la sua risposta. Lo disse annuendo vigorosamente e chiudendo gli occhi, con un’espressione saccente.

 

Poi mi scompigliò e capelli e chiese : “Dai, portami dove si mangiano le schifezze che voi ragazzi moderni amate tanto”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** This Boy ***


Herethere

 

Zazar90: Scusa, scusa, scusa, scusa,, scusa, scusa, scusa!!!! (ad infinitum) Mi dispiace di averti “saltato”!! Il fatto è che per fare i ringraziamenti avevo guardato dalla lista “generale” che non divideva le recensioni per capitolo…e pensavo che la tua fosse del capitolom precedente! Non mi dimenticherò più di te! Promesso!! Anyway, ti sono vicina per quanto riguarda la nostalgia di Londra….ormai sono quasi 3 anni che non ci metto piede e sento il bisogno URGENTE di tornare in quella magica città *.*

XSakuChanx: Yoko Ono?! Bene, sono pronta a riceverla armata di uno scudo “rinforzato” con spine di cactus( si vede che mi sta molto simpatica, vero?) John non sta spaventando la povera (povera?!) Ari..sta semplicemente  facendo quello che fa sempre…il cretino! Ma noi lo amiamo anche per questo, giusto??

Andry Black: Vabbè più che bacio era un abbraccio “da amico” (*Russian Fanatic ghigna)…Per quanto riguarda il John che ti segue come un’ombra…sigh sarebbe fantastico! Io sono ancora disposta a fare la seduta spiritica!! xD

The Thief: Hai pienamente ragione…Io detesto cordialmente il 2010..Io dico sempre che sono nata nell’epoca sbagliata e nel Paese sbagliato! Tuttavia, finchè le persone continuano ad apprezzare quello che apparteneva a quei mitici anni…beh, allora non moriranno mai J

Marty Youchy: Ah, ora ho capito! Hehehe beh meglio così! In questa storia non voglio sentir parlare di truzzi (anche se, se citati riceverebbero il trattamento che meritano, per la loro inutilità e per lo spreco di spazio che attuano nel mondo… -_-“ )ma solo di buona musica e di persone “normali” (più o meno)Il povero Johnnyno è tutto disorientato, povero tesoro! Ma ci penserà Ari a chiarirgli le idee!!

Grazie anche a chi legge soltanto!

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This Boy

“Un cheeseburger con bacon in aggiunta, un pacchetto da 9 di crocchette di pollo,una confezione grande di patatine una coca cola grande e un Mc Flurry. Take away”

 

La commessa del Mac Donald’s mi guardò in modo strano. Probabilmente stava cercando di capire come si potesse ingollare una quantità simile di cibo da soli. Pagai in silenzio, tenendo gli occhi bassi: John si aggirava per il luminoso Mac Donald’s decorato già per il Natale (ed eravamo a fine novembre!), toccando questo o quel cliente.

 

 Il cliente ovviamente si girava e non vedeva nessuno alle sue spalle e si rimetteva a mangiare. Non contento, John gli batteva dall’altro lato della spalla e il malcapitato si girava di nuovo, più confuso che mai.

 

“Ti sembra il caso?” chiese un giovane punk in tono aggressivo, al suo vicino di tavolo.

 

 E John se la rideva…

 

Feci un lungo  sospiro: no, J ohn non si smentiva proprio mai!

 

Gli passai davanti e gli lanciai un’occhiata eloquente, attirandomi gli sguardi incuriositi dei due punk (che reazione avreste se qualcuno vi passasse davanti ed iniziasse a fare smorfie senza nessuna ragione plausibile?).

 

John mi seguì ed aspettò, docile, che io avessi terminato il mio incontro di wrestling con l’ombrello, che non ne voleva mai sapere di aprirsi.

 

“Mmm che profumino! Non capisco perché lo chiamino junk-food…E’ così dannatamente buono!”

 

“Prova a tirarci avanti un mese con questa roba e poi dimmi” fu la mia risposta, mentre aprivo l’ombrello e prendevo a braccetto John che, come al solito si doveva abbassare per entrare sotto l’ombrello.

 

“E’ un’ingiustizia. Tutte le cose belle o sono illegali, o sono immorali…(e qui mi scoccò un’occhiatina maliziosa di traverso) o fanno ingrassare!”

 

“Hai proprio ragione! Purtroppo è sempre così, non si scappa!”

 

Mentre camminavamo verso casa (avevamo preso la metropolitana ed eravamo scesi alla nostra prima fermata del viaggio di andata, perché fortunatamente avevo un Mac Donald’s proprio vicino a casa) la pioggia si intensificò: ormai il freddo invernale era alle porte e la pioggia batteva incessantemente sui tetti della City.

 

“Uff..quanto mi manca l’estate…il sole, l’acqua!” sbuffai

“A me non dispiace questo clima. E’bello tornare a sentire QUALCOSA!” cominciò John mentre sbriciava nel suo sacchetto del Mac “Non avevo più esperienza del freddo ed è bello poter tornare a sentire la brezza che ti entra nelle ossa, avvertire l’umido della pioggia..Sono tutte cose che credevo non avrfei visto mai più!”

 

“Credimi, ti piacerebbe molto di più una bella calura estiva!” osservai io, facendo attenzione a parlare a bassa voce.

 

“Eh? Che dici? Non ti sento!” fece John portandosi la mano all’orecchio.

 

“Ho detto che ti piacerebbe di più la calura estiva!” dissi io, sempre a bassa voce (stava passando una vecchietta)

 

“Ehhh?Parla più forte, non ti sentooo!” Perfetto John stava facendo uno dei suoi scherzetti

 

“Te lo dico dopo” bofonchiai

 

“No no, dimmi!” John si stava divertendo un mondo

 

“Ah ma allora questa l’hai capita!”

 

“Questo si, ma quello che hai detto prima non ancora!”

 

Lo ripetei altre 2 volte e John continuava a dire di non sentire cosa avevo detto.

 

“E va bene! Ho detto che sarebbe meglio la calura estiva!” dissi, forse con voce un po’ troppo alta, visto che qualche passante si girò stranito a fissarmi.

 

“Ehm…scusate…pensavo a voce alta” buttai lì

 

E John intanto ridacchiava del suo scherzetto “Ahaha devo farlo più spesso! E’ da spanciarsi!”

 

“Dammi un valido motivo per non fracassarti questo ombrello in testa..” mormorai a denti stretti

 

“Mi rovineresti i capelli!” strillò John in un finto tono scioccato, portandosi le mani ai suoi lunghi capelli “Io devo essere sempre al top!” aggiunse in una vocetta da tredicenne.. “ E poi, quell’ombrello mi sembra già malridotto. Non accelerare la sua fine!”

 

“Chissà, magari dopo funziona meglio”

 

“Ah, ah ah”

 

Continuammo così fino a casa, dove mi aspettava una sorpresa: sugli scalini dell’ingresso era seduto un ragazzo: aveva i capelli biondi, quasi bianchi , indossava una pesante giacca nera e stava fumando una sigaretta.

 

Lo riconobbi subito: era Peter Yorkey, il batterista dei “Victorian Age” (prima che si sciogliessero a causa dei problemi che erano nati all’interno..Problemi che si chiamavano Lex O’Gready).

 

Cosa ci faceva Peter Yorkey davanti a casa mia?

 

“Ariadne!” gettò a terra il mozzicone e lo calpestò con uno dei suoi anfibi neri “a scuola ho visto che non c’eri..ed ho pensato di farti una visita”

 

“Perfetto, ci mancava solo lui” mi ritrovai a pensare. Avevo bisogno di stare da sola con John, dovevo farlo ambientare! Non potevo stare attenta a quello che sarebbe potuto succedere con Pete nelle vicinanze!

 

“Che piacere Peter! Mi dispiace però che tu abbia sprecato una giustificazione per vedere me! Non sono di tutta questa importanza..:”

 

“E’ una questione della massima importanza: troppo banale riferire tutto per telefono!”

 

“Ma chi è, un tuo spasimante?” mi chiese John, i cui occhi nel frattempo erano guizzati a fissare, prima me e poi Peter.

 

Non potevo rispondergli, quindi mi limitai a scuotere lievemente la testa.

 

 John parve capire.

 

“Ehm…forse è il caso di entrare…” feci io estraendo le mie chiavi “non so se te ne sei accorto, ma sta piovendo..e non mi sembra il luogo più adatto per parlare”

 

“No, hai ragione!” convenne Pete alzandosi dagli immacolati gradini bianchi.

 

John si appoggiò all’inferriata davanti alla casa, fissando il mio ospite: sembrava che o stesse studiando, come per valutare qualcosa.

 

“Oh, cibo!” disse Pete notando la busta di Mac Donald’s (che durante il tragitto avevo tolto di mano a John: mica volevamo che a qualcuno venisse una sincoper per aver visto un Happy Meal fluttuante!)

 

“Ehm si..cibo..però…” spostai lo sguardo su John, che stava contemplando la sua seconda colazione quasi come una madre apprensiva guarda il proprio figlioletto giocare a restare in piedi sull’altalena “ehm..è il mio pranzo..si il mio pranzo!”

 

Non avevo trovato nessuna scusa migliore. Erano appena le 10 e già sembravo pensare al pranzo!

 

“Oh..capisco” commentò Pete guardando di sbieco l’orologio ed aggrottando per un attimo le sopracciglia.” Beh, dunque…io devo dirti questa cosa. “

 

“Certo, ci siamo accomodati in cucina apposta” gli feci notare. John intanto si era appoggiato al bancone e sembrava seguire con vivo interesse tutta la scena.

 

“Come ben sai…” iniziò Pete fissandosi le dita “abbiamo avuto un po’ di casini con i Victorian.Penso che tu lo sappia…”

 

“Si..”sillabai a denti stretti. Altrochè se ricordavo!

 

“Ehm beh ecco…da quando Lex se ne è andato da Londra…” soppesò per un attimo la mia reazione, quando disse il nome di Lex “ da quando lui ci ha mollato per tutta uella serie di mortivi…Io beh ehm…come dire.”

 

“Rilassati amico!” commentò John osservando i tentennamenti di Pete.

 

“Ce la puoi fare Pete…” aggiunsi conciliante.

 

We can work it out…we can work it out..” cominciò a canticchiare John

 

“Allora il fatto è questo. E’ da quasi un anno che non ho uno straccio di band: volevo cambiare genere, ma quando c’era Lex, neanche a parlarne. Ora sono “in proprio” e ho davvero voglia di rimettermi a quella benedetta batteria!”

 

“Ma questo è magnifico!”

 

“Si, il fatto è che sono solo…..”disse lui tamburellando nervosamente sul tavolo. Aveva unghie corte e mangiucchiate.

 

“Ah…non hai trovato proprio nessuno?”  Mi sembrava così strano! In una città come Londra si trova di tutto!

 

“Beh, un potenziale elemento lo avrei qui davanti a me..” disse Pete fissandomi con i suoi occhi grigi.

 

Ammutolii.

 

“Dai Ariadne..so che suoni il basso! So che lo suoni pure discretamente…perciò vengo qui da amico e ti chiedo: ti va di unirti al mio gruppo?”

 

“Io..io..” ero lusingata. Non avevo mai suonato in un gruppo vero e proprio.

 

John ora sorrideva e bisbigliava freneticamente con le mani giunte come in preghiera “Dì di si, dì di si…daiiiiii”

 

“Per ora saremmo solo io e te: per qualche oscuro motivo non riesco a trovare un chitarrista che risponda ai miei requisiti”

 

“E che requisiti avresti?” gli chiesi divertita

 

“Bravura. Che altro..forse sono abituato a standard troppo alti..forse sono così abituato a …” si interruppe vedendo la mia faccia e capì che non sarebbe stato il caso di finire la frase.

 

“Ehm, ma lo troverò! Non ci sono problemi… Anzi, ne troverò due di chitarristi!”

 

Annuii contenta: non mi sembrava vero!

 

“E verso quale genere ti vuoi orientare?” la domanda sorse spontanea.

Pete mi fissò sorridendo “Potremmo cominciare con qualcosa che sia DAVVERO rock n’roll…qualcosa tipo Rolling Stones, Beatles…magari anche Elvis..”

Fu come se mi avessero detto che le vacanze  iniziavano da quel momento. John aveva un’espressione beata e sembrava stare lottando con se stesso per non dare una sonora pacca sulle spalle a Pete.

 

"Allora?" mi incalzò il biondo batterista "ci sarai o no?"

 

"Ma si! Facciamolo!" esultai io battendo un pugno sul tavolo

 

Pete si fece una delle sue fragorose risate e mi abbracciò

 

"Lo sapevo! Sei la migliore Bigs!"

 

"Bigs? E questo nomignolo da dove salta fuori?" risi sciogliendomi dall'abbraccio stritolatore di Pete

 

"Mah, così!"

 

Mi misi d’accordo con Pete: mi avrebbe avvertito sulle prove quando avrebbe trovato il chitarrista che cercava, poi disse che doveva scappare e, dopo avermi detto di non marinare più la scuola così senza preavviso uscì da casa.

 

Appena fu uscito John prese il suo cibo e ci si tuffò letteralmente.

 

“Lo vedi? Ti porto anche fortuna!” disse mentre si rimpinzava di Cheeseburger e patatine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Don't let me down ***


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Zazar90: Grupie?! Wow, sembra “ganzo”! (perdona il toscanismo ma è stata la cosa che ho pensato leggendo la frase.) Ebbene si, Ari suona il basso (ispirato al basso che strimpello io stessa, gloriosa “eredità” di mio babbo che suonava  in un gruppetto, da giovane…ogni riferimento a genitori  di uun certo personaggio è puramente CASUALE) Per quanto riguarda la scelta del Mac…beh, sul momento mi è sembrato il posto più ovvio, il posto che meglio esemplificava il consumo di junk-food! (ci tengo a precisare che nemmeno io apprezzo tanto il Mac per quello che rappresenta…ma a volte sono costretta ad  andarci xD)

Ps: John si scatenerà con i dispetti in questa storia…Xd

Lullaby: Non ti preoccupare per quanto riguarda le recensioni: anche io sono piuttosto discontinua…Li leggo ma poi non ho tempo di recensire subito (ed a  volte me lo dimentico anche >.< )Il gruppo….beh, mi dispiace deludere le tue speranze ma…fra poco arriverà pure il cantante!

Marty Youchy: John si butta su praticamente ogni cosa che sia commestibile! E volevo sperimentare questa versione di John che si ingozza di hamburger e patatine come un qualunque adolescente moderno J

The Thief: Io quando ho visto un pezzo del concerto allo Shea, su Beatles Anthology mi sono veramente emozionata! E poi John….era così felice..probabilmente in quel concerto ha visto tutti i suoi desideri di quando era una ragazzino che suonava in una picccola band sconosciuta diventare realtà: mi ha fatto tantissima tenerezza!! (*Russian fanatic da un pizzicotto sulla guancia a John, come si fa con i bambini piccoli strillando “Ma che dooooooooooooooooooooooolce!!!!) Io non ho mai provato la roba del Burger King….è così diversa dalla roba del Mac?? Comunque John ed Ariadne non torneranno da Mac….mi inventerò qualcosa per farli desistere!!!

Lady Fede: Ahh! Una nuova lettrice!! Sono contenta che la storia ti piaccia! Comunque hai ragione…John è adorabile quando fa il dispettoso (oltre ad esserlo 24 ore su 24 xD)

XSakuChanx: Ma John è una sottospecie di fantasma, quindi (mannaggia a lui) può ingollare quanta roba gli pare…e rimarrà sempre bello, perfetto, stupendo etc (….e comunque non era grasso! Era M O R BI D O ! U.U) Per quanto riguarda la gelosia…ohhh è ancora presto..Pete è solo un amico di Ariadne e quindi John non ha motivo di esserne geloso…Ma fra poco ci saranno fulmini e saette…e qui mi fermo e cito “Help”   I can say no more!”

Martina97: Che bello, la mia storia sta facendo altri proseliti! Si,m Ariadne è davvero super.mega-iper-fortunata! (*Russian fanatic sospira pensando che è tutta finzione…) Per quanto riguarda lo scusarsi co n le foto dei Beatles…ti capisco, giacchè talvolta lo faccio io (per esempio ieri, ascoltando l’Lp di Double Fantasy ho imperdonabilmente scambiato per 10 secondi una canzone cantata da John per una cantata da Yoko e stavo già  sbraitando….chiedo perdono John!!   T.T (*John infonde il suo perdono dall’alto dei cieli) Il nome di Pete non è stato scelto a caso…L'ho scelto ispirandomi a Pete Shotton (i capelli biondi) e Pete Best (la batteria...)

Andry Black: Lex è semplicemente la più chiara esemplificazione del binomio “bello&stronzo” che a noi povere ingenue ragazze attrae tantissimo! La citazione di Wilde mi è venuta leggendola sul mio diario…me l’aveva scritta una mia amica in un momento di totale sconforto ed ho pensato che fosse adattissima! Il gruppo di Ari ne passerà delle  belle….xD

Grazie anche a chi legge soltanto!

 

 

 

Don’t let me down

“Ohohoh, finalmente avrai un tuo gruppo! Lo sapevo che era da un po’ di tempo che lo volevi! “ e qui John si battè con l’indice sul naso con aria saputella “Lo sapeeeeevo!”

 

Ormai era quasi l’ora di cena: avevo passato il resto della giornata in stato di profonda esaltazione a causa della recente proposta di Pete. La mia euforia fu tuttavia funestata quando mi resi conto che ero indietrissimo con i compiti e che dovevo assolutamente mettermi a studiare.

 

 John ci era rimasto un po’ male, quando gli avevo chiesto di lasciarmi tranquilla per un po’ (“Ma come!” aveva protestato sgranando i suoi occhi in un’espressione che doveva essere un misto fra shock e delusione, ma che riuscì solamente a farmi ridere “ pensavo di essere IMPORTANTE! Di avere un po’ più di importanza dei COMPITI PER CASA!Diamine sono JOHN LENNON! Hai John Lennon in casa e tu pensi a dei ridicoli esercizi da fare?”) ma sembrò aver recepito il messaggio e se ne stette per un po’ a ciondolare per camera mia, osservando la gente che passava per strada con aria assorta .

 

Poi, ad un certo punto parve risvegliarsi dalla trance e si diresse alla libreria, con sguardo avido.

 

Sapevo che John in vita era stato un accanito lettore di qualunque cosa gli capitasse fra le mani: questa era una caratteristica comune ad entrambi.

 

 Si diresse verso la mia libreria nera, piena zeppa di libri: avevo dei gusti un po’ schizofrenici e nella mia personale raccolta di libri potevi trovare voluminosi “mattoni” di Dostoevskij e Shakespeare così come romanzetti di Jacqueline Wilson (li leggevo quando avevo 11 anni).

 

 Allo stesso tempo potevi trovare libri di poesie (Baudelaire e Verlaine erano i miei preferiti) e libri sulla musica in generale e la storia del rock.

 

 E poi c’erano dizionari, un’enciclopedia, svariati volumi sulla filosofia, un testo di Freud, l’ “Ulisse” di Joyce che non avevo ancora avuto il coraggio di leggere…

 

John sospirò deliziato alla vista di tanto ben di dio e cominciò ad esaminare i miei libri: li percorreva con l’indice, scendendo pian piano verso il ripiano più basso. Alla fine era accucciato per terra e sembrava molto indeciso.

 

Alla fine lo vidi estrarre un libro che papà mi leggeva da piccola “Versi Perversi” di Roald Dahl.

 

“Tipico di John” pensai sorridendo e distraendomi un attimo dai logaritmi “non poteva scegliere altro se non un libro basato sul non-sense!

 

Tuttavia, “Versi Perversi” era un libro di sole 40 pagine e ben presto John dovette tornare alla libreria, (ancora in preda all’attacco di risatine che la lettura gli aveva procurato) per scegliersene un altro.

 

Stavolta optò per qualcosa di più “impegnato” ovvero “1984” di George Orwell. Con la coda nell’occhi notai la sua espressione rapita, mentre sfogliava le pagine di quel libro che aveva senz’altro letto in gioventù

 

John sembrava non riuscire a trovare una posizione comoda sul letto: stava continuamente a cambiare posizione, sempre con gli occhi incollati sulle pagine e sbuffando. Non capivo il perché di tutta questa irrequietezza.

 

 

 Alla fine John scese dal letto (che era posto proprio in mezzo alla stanza)  afferrò un paio di cuscini e li dispose per terra, proprio davanti alla parete alla destra della mia scrivania, dove c’era uno spazio vuoto.

 

 

Dapprima si mise a sedere sui cuscini, poi si stese per terra: le sue lunghe gambe ovviamente non potevano entrare in uno spazio così ridotto. John arginò il problema distendendo le gambe sul muro.

 

Osservai stralunata la scomoda posizione assunta da  John, domandandomi per un attimo il perché di quella complicata manovra e poi mi rituffai di malavoglia nei calcoli matematici.

 

Il pomeriggio era passato così, nella più completa tranquillità: gli unici rumori erano il grattare della mia penna sui fogli del quaderno, il fruscio delle pagine quando John le sfogliava ed i miei sbuffi davanti a quei calcoli impossibili e (almeno per me) senza senso.

 

Oramai erano le 6 e 30, non avevo più voglia di perdere la testa su quei calcoli maledetti, quindi chiusi il quaderno, rassegnata.

 

 John sembrava non essersi accorto che avevo smesso di fare i compiti e che lo stavo fissando rapita: aveva la fronte corrugata, gli occhi semichiusi ma in perenne movimento sulle pagine del libro.

 

Aveva le labbra serrate e sembravano  ancora più fini del solito, ma io trovavo che quest’aria corrucciata lo rendesse ancora più attraente.

 

Ad un certo punto John spostò gli occhi dalla sua lettura: i nostri occhi si incrociarono direttamente per una manciata di secondi.

 

Lo sguardo di John mi dava una sensazione strana: era come se quegli occhi scuri mi scrutassero l’anima, scavando nel profondo …ma anche io riuscivo a scorgere qualcosa in quello sguardo intenso: vi leggevo malinconia, tanta malinconia.

 

Il silenzio fu interrotto proprio da me, imbarazzata dall’occhiata penetrante di John: distolsi gli occhi e dissi che avevo finito.

 

“Oh, finalmente! Ero preso dalla lettura, ma sinceramente avevo voglia di parlare un po’…” posò il libro accanto alla sua testa e si distese mettendo le mani attorno alla testa, come se stesse per fare gli addominali.

 

John sorrise  e rievocò la scenetta di stamattina: Pete che cercava di dirmi del gruppo che voleva formare e la mia partecipazione come e bassista.

 

John aveva ragione, stavo aspettando un’occasione simile da tanto!

 

“Però…non so se sono COSI’ brava!” mi schernii io lanciando una fugace occhiata al mio basso.

 

“Tu dimentichi qualcosina, mia cara, dolce, adorabile Ariadne”  disse lui in tono esageratamente dolce “ Iio sono stato per un bel po’ di tempo appollaiato lassù a guardarti. Ti ho sentita suonare e, credimi….non sei affatto male.”

 

Mi pietrificai: e quando mai puoi sentire JOHN LENNON complimentarsi con te per come suoni?

 

“G-grazie..” balbettai. Ero completamente in estasi.

 

John strinse gli occhi ed allargò il suo sorriso “Che ne dici di un duetto?”

 

“Un…un che?”

 

“Un D U E T T O . Io, tu. Io e te. Tu ed io. Due, Duetto. Semplice, no?”

 

“Ah si..avevo capito..ma cosa vorresti..?

 

“Mi anticipò “Io la chitarra e tu al basso. Che ne dici?”

 

Non sapevo cosa rispondere….

 

 

 

Nobody ever loved me like she does
Oh, she does, yeah, she does
And if somebody loved me like she do me
Oh, she do me, yes, she does….

Non mi sembrava vero. Non era possible. Stavo suonando “Don’t let me down” con John Lennon nel salotto di casa mia.

 

Era una cosa che andava al di là di ogni fantasia.

 

La voce di John risuonava forte nella staza, più forte e nitida di qualunque cd o Lp, più bella e calda di come ero abituata ad ascoltarla.

 

La sua voce era bellissima, impeccabile, trascinante: le registrazioni sembravano non rendergli completa giustizia.

 


I'm in love for the first time
Don't you know it's gonna last….

 

 

La voce di John parve incrinarsi un pochino a questa strofa, ma continuò fino alla fine.

 

Ogni tanto si girava a guardarmi.

 

John stava suonando con ttutta la sua anima, ci metteva tutto il sentimento.

 

 Capivo questo suo comportamento.

 

Suonare cone me doveva dargli l’impressione di essere tornato ai “vecchi tempi”.

 

Forse vedeva una debole eco di quello che era stato, suonando con me a quel modo.

 

Mentre suonavo mi venne in mente che “Don’t let me down” era una delle utlime canzoni che i Beatles avevano suonato sul tetto si Savile Row.

 

 Non doveva essere stata una scelta casuale la sua.

 

Finimmo la canzone e John si produsse in un inchino in direzione di un immaginario pubblico.

 

 Feci lo stesso, proprio come i Fab Four facevano alla fine di ogni loro concerto.

 

“Ehi, ragazzina! Non te la cavi male davvero… Ora ne ho la prova concreta! Se ti impegni ancora un po’..potresti perfino diventare più brava di me!”  

 

“Che c’entra? Tu suoni la chitarra!” puntualizzai

 

John fece un gesto come dire “fa silenzio”, socchiuse gli occhi e bofonchiò “Dettagli!”

 

Non riusciva a nascondere il sorriso.

 

Era davvero su di giri.

 

Capii che tutta quella esecuzione aveva uno speciale significato per John: avevamo appena suonato una delle canzoni con cui tutto era finito. Suonarla con me, significava rinascere, ricominciare da capo.

 

Era un nuovo inizio, l’inizio di qualcosa di bello, q1ualcosa di speciale.

 

Qualcosa che ci avrebbe cambiato  radicalmente entrambi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Please, please me ***


Herethere

 xSakuChanx: Ihihih per “quello” intendo….no non te lo posso dire =P Ti terrò sulle spine fino all’ultimo!  

Zaz90: Ma grazie!! (*inchino stile fab 4 xD) La scelta dei libri è basata un po’ sulla mia vera libreria (che però è bianca e gialla -.-“) e un po’ è inventata ( Non ho mai avuto “Versi Perversi”, anche se l’ho letto )

Lullaby: Ho cercato di aggiornare il più presto possibile!! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto J

The Thief: Perché ti sei fatta tante domande, quando John esita?? (Lo so, non dovevo chiedertelo ma…. te l’ho chiesto lo stesso!)  Stesso discorso, sono felice che il capitolo ti sia piaciuto, soprattutto la scena del duetto! Anche se l’ho buttata giù un po’ frettolosamente mi sono emozionata. Inizialmente volevo che John ed Ari suonassero “Across the Universe” (questa canzone avrà un ruolo importante nella storia….poi capirai ) ma alla fine ho pensato di usare una delle canzoni del loro ultimo concerto…E cosa c’è di meglio di “Don’t let me down”, malinconica al punto giusto?

Marty Youchy: John distorceva la voce negli “ultimi tempi” ma le prime canzoni dei Beatles sono tutte naturali! J  Io sono appassionatissima di basso: 2 anni fa prendevo lezioni ma, a causa della scuola (facevo il classico) dovetti smettere perché non ce la facevo con i compiti! Però le regole base le ricordo sempre. Ma questa estate credo che ri inizierò a prendere lezioni! Mi fa tristezza il mio povero bassino, relegato in una angolo della mia stanza che mi guarda e sembra mormorare “….suonami…..” Xd

Andry Black: John è tornato sulla terra da Beatle, senza le influenze di Yoko Ono (anche se mi toccherà citarla, qua e in là perché ha pur sempre fatto parte della storia del nostro Johnnino…) anche la scelta del suo aspetto fisico non è casuale (in questa storia John dovrebbe corrispondere al John di “Help!” quando Yoko Ono era ancora a farsi i fatti suoi a New York… -.-“) Comunque hai ragione, Ariadne avrebbe dovuto concentrarsi di più su un altro tipo di studio…lo studio di John xD

 

Grazi a tutte voi e anche a chi legge soltanto!

 

 

                                                                                                              stop that Pictures, Images and Photos

    

                                                                                                                                             Hehehe ora ci sono anche le GIF animate!! *.*

 

 

Please, please me

 

Wouldn't it be nice if we were older
Then we wouldn't have to wait so long
And wouldn't it be nice to li…”
Click!

 

La canzone dei Beach Boys, la suoneria della mia sveglia , fu interrotta bruscamente.

 

“Nooo…..”mi ritrovai a pensare in quei secondi di smarrimento in cui sei ancora a metà fra il sogno ed il risveglio “non ci posso credere….sono già le 7?”

 

Purtroppo erano davvero le 7 e, riluttante, mi misi subito in piedi, per vincere qualunque tentazione di tornare sotto le coperte dicendomi “altri 5 minuti”, perché sapevo bene che quei 5 minuti sarebbero diventati mezz’ora, al termine della quale l’urlo selvaggio di mia madre mia avrebbe riportato bruscamente alla realtà, ricordandomi che ero in ritardo mostruoso.

 

Che strano…abito vicino alla scuola e riesco sempre a ritardare un po’! Chissà, forse tendo a distrarmi troppo pensando di avere tutto il tempo del mondo a disposizione.

 

Mi diressi verso il bagno ed accesi la luce: osservai i miei capelli, lavati la sera prima e che la notte sembravano essersi ingarbugliati fra loro come se un folletto avesse cominciato ad unire le ciocche. Sospirai, mentre mi lavavo il viso: era sempre così, i miei capelli erano una causa persa.

 

Avevo passato la serata in maniera molto tranquilla: dopo cena ero riuscita a strappare a mamma il permesso di uscire un attimo. Ufficialmente dovevo comprare degli evidenziatori nuovi, non ufficialmente comprai uno spicchio di pizza per John ed un pacchetto di sigarette, sempre per lui.

 

Lui aveva mangiato la pizza seduto sui gradini di un appartamento abbandonato, in una via angusta e si era acceso una delle sue “Gitane” che tanto aveva adorato, quando era ancora vivo.

 

Rientrati in casa era passato molto più dell’  “attimo” pattuito con mamma : mi beccai una ramanzina sul rispetto degli orari e sulla pericolosità delle strade periferiche di Londra (neanche fossimo nel Far west!)

 

Dopo la sfuriata, alla quale John assistette con aria colpevole salii in camera, senza dire una parola.

 

“Mi dispiace Ariadne, ti sei beccata la filippica per colpa mia…”

 

“Ma no, non preoccuparti John! E’ fatta così,  forse è solo un po’ nervosa stasera…”

 

“Ok ho deciso, starò a digiuno!” disse John battendo leggermene un pugno sul tavolo della scrivania “farò una dieta, diventerò ancora più bello e le ragazze mi adoreranno!” iniziò a blaterare lui

 

“Ma tu sei già bello!” non riuscii a trattenermi

 

John si girò a guardarmi, poi fece finta di essere sopraffatto dalla timidezza e, coprendosi il volto con la mano cominciò a  dire imitando una voce di ragazzina “Ihihih, ma così mi fai arrossire!”

 

Ormai erano quasi le 9, quindi andai a lavarmi i capelli il più velocemente possibile e, dopo aver lasciato in bagno la divisa scolastica per il giorno dopo, tornai in camera.

 

Non c’era traccia di John.

 

“John?” lo chiamai “dove sei?”

 

Silenzio.

 

“John!” dissi io cominciando a girare per la stanza.

 

Poi all’improvviso sentii una specie di ruggito e John apparve alle mie spalle!

 

“Buuh!” fece lui.

 

“Non mi hai fatto paura, sai’”  Che bugia miserabile

 

“Se se, come no…eri sbiancata! Pensavi fossi sceso al piano di sotto a smuovere qualche oggetto davanti a tua madre per concludere in bellezza la serata?”

 

“Ti confesso che per un attimo ci ho seriamente pensato!” dissi tirandogli un pugno lieve e scherzoso sul braccio.

 

“Ah! Non ti fidi di me dunque?” disse John in tono profondamente offeso (ma con quel  lampo negli occhi che lasciava presagire qualche bricconata delle sue)

 

“Si che mi fido…però con qualche riserva!”

 

“Ah  si eh? Bene allora se la metti così…”

 

E cominciò a farmi il solletico.

 

“Ahh no John, ti prego no! Daaaii no non pos…ahaha, JOHN piantala!” cominciai  a divincolarmi mentre lui infieriva.

 

“Oh no signorina! Sono profondamente offeso e l’offesa esige di essere riparata!”

 

Orami ero in preda ad un attacco di risatine incontrollabili e, quando John parve mollarmi per un attimo caddi per terra.

 

“No, no Jooohn! Ti SUPPLICO!” feci io cercando inutilmente di respingerlo, mentre lui si chinava verso di me per continuare la sua tortura.

 

“Non ci penso neanche!” disse mentre mi solleticava i fianchi.

 

John continuò a solleticarmi senza pietà finchè il mio viso non divenne paonazzo per le riate. Allora disse :

 

“Oggi mi sento in vena di essere magnanimo…ti concedo il mio perdono…ad una condizione!”

 

“Pffft…Mpff…spara!”

 

“Smetterò di solleticarti…..se prometti che ti fiderai sempre di me, e che non nutrirai mai più riserve. Ovviamente dovrai indirizzarti a me come “Oh bellissimo e divino John Lennon…”

 

Ci vollero 4 tentativi per dire quella benedetta frase, perché John continuava a solleticarmi nel bel mezzo della frase e poi bofonchiava che non era riuscito a comprendere una parola di quanto avevo detto.

 

Poi disse che al poso di di “bellissimo” dovevo dire “immagine di bellezza perfetta ed ineffabile” e che, conseguentemente dovevo dire tutto da capo…

 

 

Dopo essere riuscita a liberarmi dal solletico di John, non avevo neanche la forza di alzarmi.

 

 Ero lunga distesa sul tappeto della mia camera, nel mio pigiama azzurro e senza faito per la lotta appena sostenuta.

 

John era seduto sul tappeto, accanto a me e sorrideva serafico.

 

“Ci sei amor mio?” disse abbassandosi P E R I C O L O S A M E N T E  verso di me…

 

Trattenni il fiato, incapace di rispondere.

 

“Sei morta, amor mio?” il suo viso era vicinissimo.

 

“No…sono semplicmente E S AU S T A” dissi senza fiato.

 

“Allora, mia dolce principessa forse è il caso che vi rimbocchi le regali coperte..:” disse lui in un risolino.

 

E, rialzatosi fulmineamente, mi prese in braccio.

 

Non capivo più nulla, nella mia testa si affollavano solo pensieri sconnessi e privi di alcuna logico.

 

John Lennon mi aveva preso in braccio, non come si fa con un sacco di patate, ma come fa un genitore amorevole che porta il suo bambino nella culla….o come un principe prende fra le braccia la principessa addormentata.

 

Mi strinsi istintivamente a lui, come se avessi paura che mi lasciasse cadere e John parve trattenere per un attimo il respiro.

 

Di li a pochi secondi mi trovavo al caldo, sotto le mie coperte. La luce si spense e, prima che il mio cervello, spossato da tette le emozioni di questa ultima ora chiudesse definitivamente i contatti con il resto  del corpo  sentii la voce di John dire in un soffio “Buonanotte Ariadne…sono qui accanto a te. Cerca di nonb fare altri brutti sogni”.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Good Morning, good morning ***


herethere

 

 

 Come al solito, John e il suo sorriso superlativo…Awwww ma che faccino ha?? />

Spazio ringraziamenti spostato alla fine del capitolo

grinning John Lennon Pictures, Images and Photos

 

 

 

Good Morning, good morning

 

“Com’è che oggi c’è il sole? Perchè devi andare a barricarti fra quelle tetre quattro mura per una volta che c’è il sole? Non è mica giusto..”

 

Stavo camminando verso scuola con aria depressa e con una voglia immensa di tornarmene da dove ero venuta.

Dal mio caldo piumone, per intenderci.

 

“I giorni di scuola mica tengono conto del sole o della pioggia” fu la mia risposta mentre attraversavo la strada, cin John che camminava dietro di me, le mani in tasca e l’atteggiamento rilassato di chi sta facendo una  piacevole scampagnata per osservare le farfalle.

 

“IO ne tengo di conto..ECCOME se ne tengo di conto!” fece uno dei suoi sorrisetti sghembi “Ricordo che quando io ero un giovincello come te….” Mi squadrò per un attimo “vabbè, IO ero un giovincello, TU sei una giovincella…”

 

“Taglia, John”

 

“Si, insomma quando io andavo a scuola pensavo che la presenza del sole fosse una valida scusa per andarmene a fare un giretto. Penso di averlo anche scritto in una giustificazione.”

 

“Oh, ma dai John! Non puoi averlo fatto SUL SERIO…” la mia voce calò d’intensità mentre incrociavo il suo sguardo.

Si, poteva averlo fatto SUL SERIO e bastava quell’occhiata a confermare tutta la mia tesi.

 

“Ohhh, l’ho fatto si sul serio….”riprese lui stringendo un po’ gli occhi “ricordo di aver scritto : c’è un sole che spacca le pietre e ciò è  F A V O L O S O . Sinceramente preferisco andare a farmi un giro a Chester piuttosto che stare sette ore strizzato in un banchino. La vita sedentaria FA MALE..” concluse  fingendo di leggere un immaginario foglietto e con una voce acuta, da adolescente.

 

Lo fissai in un misto di ammirazione e divertimento: “Sei un soggetto John..lo sapevo già ma..non avrei mai creduto che tu potessi raggiungere simili livelli!”

 

“Non si smette mai di conoscermi baby..M A I “ rispose John passandomi con noncuranza un braccio attorno alle spalle.

 

Ormai eravamo nelle vicinanze della scuola: non c’era ancora nessuno nei paraggi e quindi presi John per la manica della sua giacca nera (il mio primo istinto era stato quello di prenderlo per mano, ma già mi immaginavo John partire con una serie di battutine e canticchiare “I want to hold your hand” in tono smielato) e lo portai in un vicoletto.

 

“Perché mi hai portato qui?” chiese lui stupito “Perché questo luogo…come dire…ISOLATO?”

 

Eccolo che partiva…

 

“Hmm devo dirtidue cose prima di entrare a scuola..Probabilmente sai già cosa sto per dirti, ma è sempre meglio ribadire…”

 

“Ho capito!” urlò lui spalancando la bocca ed indicandomi con fare vagamente accusatorio “in realtà tu non vuoi una relazione seria ma un rapporto puramente fisico!”

 

“Ehh?” strabuzzai gli occhi

 

John scoppiò a ridere “Non ci badare Ari  cara…lo sai che sono fatto così”

 

Alzai gli occhi al cielo (non senza un sorrisetto):

 

“No John, poi parliamo anche di quello…..ehi no, non guardarmi così, stavo solo reggendo il gioco!” John aveva infatti iniziato a guardarmi con aria famelica, non appena ebbi detto quella frase.

 

“Ah..” il suo sorrisetto impertinente parve affievolirsi leggermente e mi fissò con quell’aria da cucciolo bastonato.

 

Mi misi le mani sui fianchi e continuai il discorso:

 

“Allora…sto per entrare a scuola..”

 

“Auguri.”

 

“…e scuola dura sette ore, come ben sai.:”

 

“Che palle!”

 

“Per questo non potrò comunicare con te, a meno che non mi trovi da sola…”

 

“Si, lo supponevo..Pazienza!Resisterò sette ore senza parlare con te…”

 

“Non puoi neanche interagire con me in nessun modo” gli ricordai.

 

John alzò la mano per interrompermi “Non preoccuparti cara, ce la farò, troverò un modo per non annoiarmi…” alzò gli occhi al cielo “…e la vedo dura…”

 

Sospirai rassegnata e mi passai una mano nei capelli: cosa potevo fare per impedire a John di annoiarsi?

 

Ebbi un’idea ed estrassi il lettore Mp3 dallo zaino “Se stai attento a non farti vedere puoi usare questo!”

 

John sgranò gli occhi per un attimo mentre prendeva il piccolo lettore mp3 nero

 

 “Che roba è?” mi domandò osservando il rettangolino di plastica come se potesse esplodergli in mano.

 

“Un lettore Mp3….” Che uscita geniale…

 

“Un lettore di CHE?”

 

Avevo previsto quella reazione(John era rimasto fermo al 1980, come poteva sapere cosa fosse un lettore mp) così, dando una rapida occhiata all’orologio cominciai a spiegargli cosa fosse e come funzionasse quell’oggettino di plastica capace di contenere più di 1000 canzoni.

 

“Ma funziona IN MONO?” fu il commento di John, elettrizzato.

 

 

 

 

Dopo essermi assicurata che a John non mancasse nulla ( gli avevo pure lasciato una sterlina perché si comprasse il suo beneamato Twix alle macchinette, sotto il giuramento di comprarlo a corridoio sgombro) mi incamminai verso la mia classe.

 

John mi seguì, tanto per ricordarsi dove trovarmi, perché dopo se ne sarebbe andato a zonzo per la scuola.

 

La nostra discussione nel vicoletto si era protratta più a lungo del previsto (John con sguardo maniacale voleva sapere come funzionavano gli equalizzatori e dove accidenti avevano infilato il 33 giri in un affarino così piccolo e, quando provai a spiegargli di microchip e cose varie mi chiese “E gli uccelli che c’entrano?”) e buona parte degli studenti era già entrata nell’istituto.

 

In breve mi trovai davanti alla classe, feci un rapido gesto di saluto a John, che rispose facendomi l’occhiolino e picchiettando con la mano destra nella tasca dove aveva messo l’Mp3 e poi si allontanò, fissando con vivo interesse gli studenti che gli passavano accanto senza vederlo e facendomi temere che prima o poi qualcuno gli sarebbe andato a sbattere contro.

 

Quando le ebbi perso di vista realizzai che quella era la prima volta in tre giorni che mi allontanavo così tanto da John e la sensazione non era affatto piacevole! Ormai mi ero totalmente abituata alla sua costante presenza, quasi fosse un angelo custode: un angelo in giacca e cravatta, per il quale ogni momento era buono per sparare una battuta ma pur sempre un angelo!

 

Entrai in classe, salutando amichevolmente i miei compagni e marciai verso il mio banco al centro della classe.

 

Charles era già seduto e stava mangiando degli Oreo: mi salutò affabilmente mentre poggiavo la mia borsa dei Beatles sul banco, inghiottì e poi disse:

 

“Hai fatto festa ieri, eh?”

 

“Capita a tutti di non sentirsi bene”

 

“Ariii!Ciao!” anche Lindsey mi salutò mentre entrava in classe e si toglieva gli auricolari dalle orecchie.

 

“Ciao Linds!” la salutai di rimando.

 

Pian piano la classe si riempì e scoppiò la solita baraonda generale, messa a tacere dalle perentorie parole del prof di inglese,Mr Baxter.

 

“Fate silenzio ragazzi” ci intimò lui mentre si sistemava i suoi occhiali di conro, occhiali che mi ricordavano quelli di Buddy Holly.

 

La classe estrasse diligente il libro di testo, il quaderno e cominciò ad aprire gli astucci, mentre il Mr Baxter tirava fuori dalla sua ventiquattro ore il registro e le sue scartoffie: tuttavia il prof non fece l’appello.

 

Era una cosa inaudita, non era mai successo in questi quattro anni: di solito non voleva che gli rivolgessimo neanche la parola se prima non aveva fatto l’appello!

 

Ralph  Baxter sembrava un po’ accigliato mentre percorreva con lo sguardo i volti dei suoi studenti: forse fu una mia impressione, ma mi parve avesse guardato me per pochi secondi in più…

 

Fu in quella che qualcuno bussò alla porta: “Avanti!” disse il professore.

 

La porta si aprì lentamente ed un ragazzo fece il suo ingresso in classe.

 

Tutti sentirono il mio gemito di stupore, anche il diretto interessato, che rivolse il suo sguardo serio verso di me.

 

Era Alex!

 

“Bene bene bene…alla fine il signorino O’ Gready ha deciso di tornare nel nostro piccolo club!” fu il commento sarcastico del professore.

 

Alex non rispose alla provocazione, ma scoccò un’occhiata gelida a Ralph Baxter

 

Non era cambiato per niente: i suoi occhi verde chiaro esprimevano la stessa freddezza, il suo viso lungo ed appuntito era sempre incorniciato da lunghi capelli scuri anche se erano leggermente più corti.

 

“Dove mi siedo?” fu la sua secca risposta.

 

Cominciai a tremare, ben sapendo perché il prof mi avesse guardato più a lungo, poco prima.

 

“Beh, direi che è tempo di un “ritorno alle origini”, vero O’ Gready?”

 

Lex parve esitare un attimo e mi fissò per pochi secondi: doveva aver avuto lo stesso timore.

 

2Mettiti pure accanto a Miss Bigsby..Mr Shaneson può andare a prendere un altro banco in portineria e mettersi in prima fila”

 

Charles, riluttante, si alzò e dopo avermi lanciato un’occhiata carica di scuse si fece da parte.

 

Strinsi i pugni così forte che mi diventarono le nocche bianche, mentre Alex si dirigeva svogliatamente verso il banco alla mia sinistra.

 

Maledetto stupido Alexander O’ Gready, non poteva restarsene a Edimburgo? Perché doveva rientrare di botto nella mia vita?

 

Feci uno sforzo immane per non fissarlo, mentre scaraventava la sua borsa sul pavimento e tirava la sedia verso di sé, facendo un casino bestiale.

 

Dovetti farmi violenza psicologica, ma non riuscii a fermare il flusso dei ricordi: il nostro primo bacio, le uscite, le confidenze, i litigi sulle cose più stupide, che finivano sempre con una risata, momenti indimenticabili passati insieme…sette mesi di relazione condensati in una manciata di secondi.

 

Se Alex si stava facendo queste paranoie non lo dava a vederfe: estrasse il libro ed il quaderno ed impugnò la penna.

 

La mattinata era appena iniziata nel peggiore dei modi!

 

Penny Lane:

 

Zaz: Secondo me prima o poi farai una specie di rito per evocare Mick Jagger (ok è ancora vivo…ma tanto io ho sempre queste idee folli) e poi lo facciamo incontrare con Brian Jones e John! Ehehe a John gli garba tanto fare lo scemo con Ari…Sono davvero carini!! ^.^

Marty: Fra le preferite?! Ma…ma…ma grazie!!! Comunque Pabbiamo definitivamente concluso che Pieraccioni ci ha dato lo spunto per un’azione EPICA!

Andry: Waaa!Non sono l’unica che si fa i filmini con John! Questo mi rincuora….^.^ La scritta “tette” non è stata intenzionale! Lo giuro! Il capitolo l’ho scritto nel pomeriggio e l’ho pubblicato prima di iniziare la famigerata discussione su emme esse enne!

The Thief: Io adoro tutto il film. Ogni volta che lo guardo trovo sempre particolari nuovi..e poi, diciamolo John li è ..è….tenerooo!!! (* Ari comincia a tirare le guance di John, sconvolto)La mia scena preferita è quella del ristorante indiano e quando scendono dall’aereo e cominciano a fare i turisti…Che scemini!!

Grazie a chi ha recensito..ma anche a chi legge soltanto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** No Reply ***


Photobucket herethere

 

 

 

 

 

No Reply

“Calma Ariadne, sta calma! Non succederà NIENTE” Tu non gli parlerai, lui non ti parlerà e così siete a posto entrambi”

 

Erano questi i pensieri che facevo, mentre prendevo nervosamente appunti.

 

No, Alex non POTEVA e soprattutto non DOVEVA stare in quel banchino.

 

Era una cosa intollerabile.

 

Continuai a scrivere, premendo la penna così forte sul foglio da lasciare solchi.

 

 Non ero arrabbiata…ero incazzata nera.

 

Alex sembrava perfettamente a suo agio, passata la stizza per il commento del professor Baxter a inizio lezione: i miei compagni invece bisbigliavano animatamente da quando Alex si era seduto , su questo sua comparsata della serie “chi non muore si rivede”!

 

Ovviamente uno degli argomenti del dibattito fra i ragazzi ero anche io.

 

“Psst! Ehi ragazzi avete visto a CHI lo ha messo accanto?”

 

“Certo che il prof ha proprio il senso dell’umorismo”

 

Ben presto i commentino diventarono discorsi di ben altro genere.

 

“Io scommetto cinque sterline che a ricreazione si vanno ad imboscare nel bagno!” sentii mormoare Jeff Sedley.

 

 Non ci vidi più dalla rabbia.

 

Con moooolta discrezione mi girai verso di lui e gli sibilai di andare a farsi fottere il più presto possibile.

 

I commenti di Jeff parvero cessare, la stessa cosa non si poteva dire delle risatine.

 

Alla terza ora accadde qualcosa di inaspettato: dopo due ore di Ralph Baxter arrivò l’ora

di fisica.

La prof Robertson entrò in classe: non dette particolare peso al ritorno di uno dei suoi studenti prediletti (non scordiamoci che Alex eccelleva in ogni materia) ma in classe si scatenò il panico generale.

 

Era giovedì e questo significava solo una cosa: interrogazione. E se c’era qualcosa di VERAMENTE spaventoso in quella scuola erano proprio le famigerate interrogazioni della Richardson.

 

Lei stessa incuteva un timore reverenziale, con la sua corporatura robusta, la mascella quadrata, i capelli biondi sempre rigorosamente raccolti ed i suoi glaciali occhi azzurri.

 

La tensione si poteva tagliare con un coltello, tanto era forte: la professoressa estrasse la sua “lista di proscrizione”, ovvero il registro e lo percorse con l’indice.

 

A questo punto la classe si divideva in due gruppi: quelli che erano già stati interrogati (Detti “Tranquilli gaudenti”) e i “Morituri”.

 

Per fortuna io ero già stata interrogata, perciò estrassi il libro di francese, per ripassare e mi immersi nella lettura.

 

 

“Tracy Larson, vieni cara…Ho giusto qualche domandina da farti!”

 

Le “domandine” della Richardson erano veri e propri problemi, nel vero senso della parola.

 

Credo che avremmo capito molto meglio l’aramaico, piuttosto che quell’accozzaglia di formule, cifre e valori.

 

Tu, povero martire te ne stavi davanti alla lavagna, il gessetto in mano, grondando sudore (anche se fuori nevicava) e cercando di scavarti il cervello alla ricerca di una risposta plausibile.

 

E quando lei ti incalzava con i suoi “Allora?”, tutto quello che riuscivi a balbettare era “Eh…il moto rettilineo ehhh ehm..” e qui ti fermavi perché, di solito perdevi l’uso della lingua.

 

Allora lei si alzava con un ghigno malefico, si dirigeva verso la lavagna e risolveva tutto in 1 minuto, esaltando l’estrema facilità dell’esercizio e facendoti sentire un emerito imbecille.

 

Fatto sta che, mentre Tracy si avviava verso il suo destino accadde la cosa inaspettata:

 

“Buongiorno eh!” mi sentii dire.

No, non poteva essere stata Lindsey, decisamente: conoscevo fin troppo bene quella voce un po’ roca.

 

Con deliberata lentezza alzai gli occhi dal testo e fissai Alex come se fosse un insetto particolarmente schifoso.

 

“Che c’è? Non mi saluti? “ rincarò lui.

 

“Ciao” risposi semplicemente tornando a guardare il libro.

 

“Brava Ariadne, secca e concisa!”pensai “ora non rispondergli più”

 

“Come va?” continuò Alex

 

“Bene…….e tu?”(non riuscii a tr attenermi)

 

“Non c’è male” rispose Alex facendo le spallucce “è bello essere di nuovo qui”

 

Mi imposi di non replicare, ma lui si accorse che, se non mi avesse dato una valida imbeccata non avrebbe ottenuto risposte.

 

 Perciò decise di cambiare tattica e passare alla provocazione.

 

“Come mai tutta questa freddezza? Sembra quasi che….” Pausa ad effetto “tu ce l’abbia con ME”

 

“Ma io lo ammazzo!” pensai mentre, impulsivamente strabuzzavo gli occhi.

 

Alex notò la mia reazione prima che potessi darmi un contegno e sorrise compiaciuto.

 

….Non ho la più pallida idea di come abbia fatto a domare l’istinto di mollare un cazzotto alla Cassius Clay su quel sorrisetto.

 

“Io? Fredda? Ma certo che no, O’ Gready. Stavo solo leggendo”

 

Lui allargò il suo ghigno saputello

 

“Beh, a me sembrava che tu fossi…come dire…INCAZZATA con me”

 

“No”

 

“E allora perché rispondi a monosillabi?”

 

“Sto leggendo.”

 

Alex si sporse un attimo per vedere cosa stessi leggendo (probabilmente non riusciva a capire come potesse esistere qualcosa di più attraente di lui, in quella classe.)

 

“Racine?” chiese

 

Questa scena mi ricordò qualcosa di molto simile, avvenuto quasi un anno prima …e mi incupii.

 

“Si, però non mi hai ancora risposto” mi punzecchiò lui

 

Mi gelai. Perché insisteva?

 

“Si che ti ho risposto. Ti ho detto di no.

 

“No?”

 

“No, non sono incazzata con te” sbottai riabbassando gli occhi sul libro

 

Allora” Alex cominciò a giocherellare con un mio lapis “non ti dispiace………” non gli feci terminare la frase.

 

Ora aveva oltrepassato ogni limite: gli scoccai lo sguardo più gelido di cui fossi capace di rifilargli e risposi con una calma innaturale ma…palesemente forzata.

 

“Ti pare il momento?”

 

Alex non rispose; si limitò a sogghignare, il lapis sempre in mano.

 

“Non ho voglia di stare a rivangare sul passato. Ciò che è stato  è stato. Ora è finita e non voglio tornarci sopra”

 

Mi accorsi dalla sua occhiata che ero caduta in un suo tranello ed avevo detto qualcosa che non avrei dovuto dire.

 

“Ma che diamine dici, Ariadne! Ti stavo chiedendo se non ti dispiace se ti prendo il lapis!” e sbandierò davanti ai miei occhi il lapis che aveva preso poco prima

 

Arrossii violentemente e mi voltai decisa dall’altra parte, mentre nella mia mente si formavano vivide immagini di me che prendevo ad accettate Alex.

 

Era un maestro in questi giochetti, avrei dovuto ricordarmelo!

 

“Cogliona che non sei altro” mi dissi girando violentemente la pagina “non dovevi neanche rispondergli! Che pensi pure che ti brucia sempre (perché tanto era li che voleva andare a parare) ma IGNORALO per la miseria!”

 

Mi tagliai il dito con la carta ed imprecai a bassa voce, mentre Alex scribacchiava qualcosa sul mio banco

 

“Quando ti incazzi sei ancora più bella”

 

Osservai la scritta per un secondo, poi mi girai verso di lui e gli risposi : Tu invece sei un pezzo di merda anche quando sei calmo”

 

Alex rise e mi lanciò il lapis.

 

Inutile dire che dietro di noi si era aperto un vero e proprio “business” sulle scommesse”

 

“Beh, io vado a fumare” annunciò lui estraendo una Pall Mall dal pacchetto che teneva in tasca “Proooof! Posso uscire!”

 

Presa com’era dall’interrogazione, Marianne Richardson non lo guardò neanche, ma si limitò a fargli il cenno con la mano a significare che poteva andare.

 

Ancora una volta spostai lo sguardo sul libro, decisa a nondistrarmi.

 

Sentii la porta che veniva aperta con violenza, di scatto…e un gemito di dolore

 

“CAZZO! Il naso!” urlò una voce familiare.

 

Alzai lo sguardo allarmata: nessuno aveva reagito, perché solo io avevo udito l’urlo.

 

Vidi John reggersi alla porta con una mano, mentre con l’altra si teneva il naso: stava sanguinando.

 

“Prof!Posso uscire?”

 

“Uffa, ma siete una classe di incontinenti…Vabbè vai, vai Bigsby”

 

Afferrai 3 fazzoletti e corsi verso John, dolorante entrando in corridoio e chiudendo la porta.

 

“Bi digi ghi gazzo eda quueddo di?” disse lui indicando Alex, che ci dava le spalle e si stava dirigendo verso il cortile “stavo ber endrare in glasse dua…e ha aberdo la borda..”

“Pensiamo al tuo naso John..”

 

 

“AHIA! Fa MALE!” strillò John mentre (strizzati in un cubicolo del bagno delle donne) gli tamponavo il naso con una bottiglia d’acqua presa alle macchinette, la cosa più fredda che avevo trovato.

 

“Ringrazia il c ielo che non te lo sei rotto..” risposi io poregendogli il terzo fazzoletto

 

John sospirò e si lasciò curare: ormai ero fuori da 10 minuti e se la prof avesse notato la mia assenza prolungata avrei passato un guaio.

 

“Prima non mi hai detto chi era il nostro “Mr delicatezza….” Osservò John incrociando le braccia.

 

Sospirai, mentre osservavo il naso di John:era rosso ed un po’ gonfio, ma sarebbe passato tutto presto.

 

“Alexander O’ Gready…”

 

John fece una smorfia di disgusto “BENE. …lui mi sta antipatico.”

 

“Non sei il solo a pensarla così….”  Osservai tristemente e reclinando il capo.

 

John mi guardò incuriosito e preoccupato: mi sollevò il mento con le dita (…ed il mio cuore perse qualche battito) finchè i miei occhi non incontrarono i suoi.

“Guardami un po’…” disse John serio “devi dirmi qualcosa…?”

 

 

Non risposi: continuavo a guardare John negli occhi (vincendo la tim idezza) con lo stesso sguardo triste.

 

Dovevo ammetterlo, Alex era uno stronzo di prima categoria, un approfittatore d un cinico….Ma non potevo cancellare sette mesi in cui tutto mi sembrava perfetto.

Non era così semplice.

 

John capì che non era il caso di insistere e quindi mi carezzò col pollice il mento e disse “Ok, quando ti sentirai pronta mi dirai tutto. Ora voglio vedere un sorriso su quel faccino! Forza!”

Feci un sorrisino tirato

 

“Eh no! Deve essere un sorriso sincero!” si fece serio per un secondo, poi tornò a sorridere e cominciò a canticchiare “Ain’t she sweet” con un buffo accento francese, finchè non scoppiai a ridere.

 

Poi tornai in classe: Alex non era ancora rientrato, ma la prof sembrava non essersi accorta della nostra assenza prolungata (era sempre intenta ad interrogare la povera Tracy)

 

Mentre mi sedevo al mio posto sentii la voce di Daniel dire “Sgancia 3 sterline amico. Te lo avevo detto che rientrava per prima…”

 

 

 

 

 

Mi scuso se non metto  i ringraziamenti veri e propri e mi limito a citarvi.

Ringrazio Andry, Zaz, Lady Fede, The Thief, Junky( nuova lettrice…uao!)  e Marty!

 

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Capitolo 14
*** Something ***


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Something

 

John non si fece più vedere per il resto della mattinata e quindi rimasi in tensione per tutto il tempo.

 

L’ultima volta che lo avevo visto era stato in quel bagno delle donne, dove gli avevo curato il naso (certo che, era veramente strano… era una specie di fantasma ma era pur sempre capace di farsi del male!)

 

Non parlai più con Alex per il resto della giornata: non che lui non abbia provato a rivolgermi la parola, sempre con quell’aria beffarda… ma io semplicemente lo ricambiavo con un gelido mutismo.

 

Non contento cominciò ad urtarmi con il gomito “accidentalmente” mentre scrivevo e dovetti fare appello a tutte le mie forze per non urlargli contro.

 

Nel giro di 4 ore eravamo diventati l’argomento di gossip prediletto di tre intere classi e, mentre Alex si beava di questa sua notorietà e rispondeva agli additamenti ed ai risolini con un’aria della serie “Beh, ammiratemi.Sono bello, sono dannatamente affascinante. Fatevi sotto!” io tendevo a chiudermi a riccio appena vedevo qualcuno confabulare al mio passaggio in corridoio.

 

All’ora di pranzo non mangiai quasi nulla e partii alla ricerca di John, del quale avevo perso ogni traccia.

 

Cominciavo davvero a preoccuparmi e non potevo ovviamente chiedere aiuto a nessuno.

 

Dall’ora di pranzo in poi cominciai a guardare l’orologio con una frequenza maggiore, sbuffando ogni volta che constatavo che mancava ancora un po’ all’ora di uscita

 

Lindsey  notò la mia aria preoccupata e mi mandò un bigliettino:

 

Ari, tutto ok?” mi scrisse su un foglietto a righe, con la sua calligrafia tondeggiante ed enorme.

 

Si si, sto benissimo. Mai stata più tranquilla”

 

Mi sforzai di mantenere l’aria più serena e rilassata di cui fossi capace, mentre le ultime ore di scuola scivolavano via con esasperante lentezza.

 

Al’uscita mi attardai in classe, riponendo tutto con calma nella borsa.

 

Alex aveva già preparato la borsa 20 minuti prima del suono della campanella ed aveva passato il resto dell’ora a fissare il vuoto, immerso nei suoi pensieri e, al suono della campanella era schizzato via dalla classe, seguito da tutti i miei compagni.

 

“Devo trovare Johm…dove diavolo si sarà cacciato?” pensai mentre mi mettevo la borsa in spalle e mi dirigevo verso il corridoio

 

In quella lo vidi: John stava scendendo tranquillamente lo scalone della scuola, quello che portava ai piani superiori.

 

“Buongiorno a te, mia cara…” disse lui in tono leggero: il gonfiore del naso era del tutto sparito .

 

“Ciao John! Mi stavo preoccupando…dov’eri finito?”

 

“Ti racconto a casa…Vedo che sei ansiosa di uscire…..”

 

Diedi mentalmente un dieci a John per il suo acume e lo condussi verso l’uscita: lo vidi togliersi le cuffiette del lettore con circospezione ed infilarsi il lettore in tasca.

 

“Mi piacciono i tuoi gusti musicali….” Disse lui ridendo.

 

“Sfido io…”pensai “l’80% di quel lettore è pieno di roba dei Beatles e di John Lennon…”

 

“Ho notato che ti piace un certo gruppo….disse lui in tono allusivo “dei tali Beatles..”

 

“Si nota tanto?”

 

“Un po’!” e scoppiò di nuovo a ridere

 

Arossii (ormai stava diventando un’abitudine) all’idea di John che scorreva la tracklist e trovava sempre canzoni dei Beatles oppure le sue canzoni da solista.

 

Something in the way she moves
Attracts me like no other lover
” canticchiò John, mentre uscivamo dal cortile della scuola

 

Continuò a canticchiare eseguendo solo le note finchè non arrivammo alla fermata del bus, dove disse.

 

“E’ sempre stata la mia canzone preferita di George. Molto bella, davvero…Decisamente la canzone perfetta da dedicare ad una ragazza!”

 

Annuii: non potevo parlare con John in pubblico.

 

John cantò di nuovo i primi due versi, stavolta guardandomi di sottecchi: cercai di non dare peso alla cosa, per non fare la figura della bambinetta che arrossisce per ogni sciocchezza. ma fu più fotre di me.

Le parole della canzone, cantate da John erano davvero particolari ed il fatto che le stesse dicendo a ME mi mandava assolutamente su di giri.

 

La verità è che John mi piaceva molto.

 

 Moltissimo, anzi.

 

Avevo passato la mia infanzia ascoltando le canzoni dei Beatles e, quando ero stata abbastanza grande per capire anche la storia dietro quel gruppo ero rimasta totalmente affascinata dalla complessa personalità di John.

 

Era imprevedibile, sarcastico, fuori dagli schemi..ma anche pieno di malinconia e risentimento.

 

Quella personalità sfuggente aveva stuzzicato la mia curiosità ed avevo cominciato a documentarmi su di lui, per cercare di capire a fondo la sua personalità.

 

Avevo letto tantissimo, guardato infinità di video, soffermandomi a guardare quel viso i cui occhi lasciavano intravedere tutta quella malinconia che John celava dentro di sé.

 

Lo ammiravo per come aveva rivoluzionato la musica, per come aveva saputo destreggiarsi, insieme ad i suoi amici e poi da solo nella musica: aveva lasciato un’impronta indelebile nel XXI secolo.

 

Era riuscito ad entrare nell’immaginario collettivo col suo messaggio di pace e di speranza, aveva scioccato il mondo con le sue scelte controverse e la sua morte prematura lo aveva, suo malgrado, reso immortale.

 

E questa persona camminava a fianco a me, con il mio lettore in tasca….e chissà per quanto sarebbe rimasto con me, una semplice ragazza londinese.

 

A tutta questa ammirazione andava aggiunto il fatto che lo trovavo pure molto attraente: guardavo quegli occhioni scuri e mi sentivo sciogliere; la sera prima, quando si era chinato su di me avevo sperato vivamente che si avvicinasse ancora un po’....per pochi secondi avevo avuto la visone delle sue labbra che si poggiavano sulle mie……..

 

Scossi un po’ la testa, per liberarmi di quella visione (che si stava riformando nitidissima nella mia mente) e per evitarmi di arrossire di nuovo.

 

Ma quell’occhiata di John e quelle parole avevano un effetto tipo doping su di me, sentivo il mio cuore accelerare i battiti..

 

“Ariadne! Smettila di fare così! John Lennon è morto. Cioè, è morto ma ora è qui con te…ma resta pur sempre un fantasma. Come puoi pensare simili cose….e poi, anche se fosse lecito..Beh, come puoi pensare che John Lennon si interessi mai a te in QUEL modo? Sei proprio fuori di testa…”

 

Tuttavia, erano parole al vento, perché la visione della sera prima era di nuovo li, più nitida che mai.

 

“Stai dormendo amor mio? Sei morta amor mio?” diceva il John della mia mente

 

“Sono addormentata e solo il bacio di un principe può svegliarmi” mi sentii dire con mio sommo orrore

 

“E allora forse è il caso che ti risvegli…..” diceva lui.

 

E cominciava ad abbassare il suo viso verso il mio..era sempre più vicino , più vicino…

 

Io alzavo le mani per toccargli le guance , lui reclinava un poco la testa,chiudeva gli occhi assumendo una bellissima espressione assorta e si avvicinava sempre di più..potevo sentire il suo respiro sul mio viso e…..

 

“Insomma, ragazzina! Sali o no?”

 

PLOP!

 

La voce di una vecchietta che doveva salire sull’autobus mi riportò bruscamente alla realtà: ero rimasta impalata davanti alle porte spalancate dell’autobus, sotto le occhiate stranite dell’autista, delle persone alla fermata e…last but not least di John, che mi fissava come se gli avessi appena detto che gli asini volano.

 

“Ehm, si mi scusi…” mi affrettai a dire mentre cercavo di darmi un contegno e salivo nel piccolo autobus rosso, seguita da John

 

“Eh, poverina..Così giovane e già traviata….” Sentenziò la vecchietta premurandosi di sedersi il più lontano possibile da me, ma in modo da avermi sempre nel suo raggio visivo per bersagliarmi di commentini insieme alla sua amichetta, decrepita come lei.

 

John si sedette accanto a me, allungando le gambe “Tutto a posto Ari? Sei un po’strana da stamattina..”

 

“Io sto bene, grazie John…” bisbigliai mettendomi la borsa sulle gambe.

 

“Oh..è vero Tendo sempre a dimenticarmi che non puoi rispondermi.E poi ora c’è anche quella…” ed indicò la vecchietta facendo una smorfia assurda “ c’è la tardona che ti tiene d’occhio!”

 

“Potrebbe essere stata una tua fan..” osservai io

 

“Scherzi? Io di fan così brutte non ne ho M A I avute!” sentenzia John mettendo le braccia conserte

 

“E che ne sai tu?”

 

“Ok, ho fatto trenta e faccio trentuno. Mi metto a parlare da sola, tanto per irritare ancora di più la signora” pensai, quando mi accorsi che siamo già arrivati.

 

Scesi le scale, non senza lanciare un’occhiata di traverso alla vecchietta (John mi ha contagiata con la sua tendenza a rincarare la dose in questi scherzetti) e dirigendomi a passo sicuro verso casa.

 

“Allora, dimmi cos’ hai fatto oggi” chiesi a John mentre mi tolglievo il cappotto e lo appendevo all’attaccapanni “ti sarai annoiato da morire! E poi, il fatto del naso…”

 

John nel frattempo si era già accomodato in poltrona, dove si era disteso tranquillamente, gli occhi chiusi e le braccia dietro la nuca.

 

“No, non mi sono annoiato affatto! La tua è una scuola interessante….”

 

Mi accomodai a sedere per terra, a gambe incrociate.

 

“Interessante in che senso?”

 

“Interessante. Non ricordavo che ci fossero così tanti modi per copiare ad un compito di matematica!” disse John con gli occhi che gli brillavano.

 

“Oh, John..”pensai

 

“E poi….ho scoperto anche un’altra cosa!”

 

“Cosa?”

 

John si girà lentamente col suo mega-sorrisone.

 

“Mica mi avevi parlato dei MARS!”

 

Dopo aver cenato (prima che arrivasse mamma ero riuscita ad ordinare una pizza a domicilio per John, il quale era stato 10 minuti a decidere quale tipo di pizza volesse, salvo poi scegliere una comunissima margherita)io e John ci ritirammo in camera mia: avrei dovuto studiare francese ma non ne avevo la min ima voglia e quindi mi appollaiai sul letto, a gambe incrociate.

 

John mi si mise subito accanto, nella mia identica posizione.

 

“Insomma..cos’hai fatto oggi oltre che studiare i comportamenti di noi ragazzi del 2010?”

 

“Beh, ho ascoltato la musica…Ho sentito un gruppo che è la fine del mondo! Non so perché ma m i ricordavano molto….beh, noi!”

 

E qui iniziò a canticchiare il ritornello: come avevo previsto era incappato negli Oasis: sorrisi al pensiero di John che stravedeva per un gruppo che doveva tutto ai Beatles.

 

“ E poi me ne sono andato sul tetto..”

 

“Sul tetto? Intendi il tetto della scuola?”

 

“Si, certo..non c’erano altri tetti disponibili. Bhe, me ne sono rimasto li ad osservare un po’: c’era una calma ed una pace..E poi avevo un’ottima visuale di Londra!”

 

Ecco perché non ero riuscita a trovarlo! Perché se ne era rimasto appollaiato sul tetto per tutta la mattina.

 

Mi girai verso di lui: “Insomma…una mattinata interessante…” mi ricordai di tutti gli avvenimenti “per tutti i due…

 

“Eh no!” disse John girandosi a sua volta verso di me “non deprimerti di nuovo! Per favooooooooore!!”

 

John mi afferrò per le braccia e mi piantò in faccia quei suoi occhioni scuri : la sua faccia fingeva disperazione, ma i suoi occhi erano ridenti.

 

“Non ero mica depressa!” cercai di difendermi

 

“Si, certo, come no! Eri sull’orlo delle lacrime…”

 

“Si invece!”

 

“Invece no!” stavamo ridendo tutti e due e John continuava a tenere le sue mani sulle mie braccia.

 

Eravamo praticamente l’uno di fronte all’altra inginocchiati sul letto.

 

“Oh no Ariadne!” mi dissi disperata “non far galoppare di nuovo la fantasia per favore!”

 

Anche John sembrava teso quasi quanto me; il  suo viso era diventato serio all’improvviso.

 

“Beh, credo che ora sia il momento….” Aveva la voce roca

 

“Oddio, oddio, oddio, oddio..” il mio cervello aveva perso la facoltà di formulare pensieri logici.

Black Out.

 

John continuava a fissarmi con quello sguardo intenso: sentii le sue mani scendere dalle mie braccia ed arrivare ai miei fianchi e rabbrividii.

 

“Ariadne io…”

 

“………………..”

“Non ce la faccio…devo…..” si bloccò

 

“S-si?” fu tutto quello che riuscii a dire

 

“Mi dispiace ma……devo assolutamente farti di nuovo il solletico!!!”

 

E prima che io potessi reagire, John si era buttato su di me facendomi di nuovo il solletico, finchè non mi venne quasi da piangere per le risate.

 

“Che ti serva da lezione! Non ti voglio più vedere con quella fsccia abbattuta.E anche se non mi hai ancora detto il perché stai tranquilla che lo scoprirò di sicuro. Ed allora saranno guai!”

 

Penny Lane:

Andry: Anche io mi sono ispirata alla mia prof di matematica! Quella donna non era un essere umano…era un automa! Ed ispirava autentico terrore….O.o  Alex ha O S A T O  ferire il povero Johnny e DEVE pagare per questo…ed ovviamente ci penserà Johnny stesso a fargliela pagare (* risata malefica*)

Night: Uuu! Una nuova lettrice! Sono contenta che la storia ti piaccia!! Mi sono accorta solo dopo che avevi già scritto tu  qualcosa di simile e avevo letto solo il primo capitolo perché pensavo fosse una One shot…Mi sono accorta solo ora che ci sono più capitoli! (*me essere scema*) Non li ho ancora letti ma lo farò al più presto!

Junky:  Siiii!! John in quella foto è stupendo…Ispira..ispira…(*Russian Fanatic si autocensura prima di compromettersi davanti a tutti) Alex è uno stronzetto consapevole del proprio fascino…per quanto riguarda i compagni….Chi non ha mai avuto amici pettegoli? Xd

Thief: Si si, come ha detto Ari i suoi compagni hanno messo su un’impresa di scommesse…e più in la, la cosa diventerà mooooolto più intricata…Buhahahaha

Lady Fede: Tutte noi saremmo aspiranti crocerossine personali di John…(*modalità viaggione mentale…ON*) Per la parolaccia non ti preoccupare Xd  PS: John in quella foto è (per usare le parole di una mia compagna di classe) “stuprabile” Xd

Marty: Chissà perché ma le professoresse delle materie più ostiche corrispondono semprem allo stereotipo della prof tremenda O.o Il rfapporto fra John e Ari è davvero tenero: non volevo neanche io che Ari si comportasse come una delle fan che perseguitavano John. Come si è capito in questo capitolo, Ari è attratta da John..ma cerca di contenersi (anche se ci spera tantissimo….)

Zaz: Io non posso dire nienteee! Può darsi che si ma..può anche darsi di no! Alex è imprevedibile e, anche se prova sempre qualcosa per Ari non può venire meno all’immagine di sciupa femmine che si è creato U.U

Grazie a tutte voi che avete recensito…ma anche a chi ha solo letto!

Alla prossima!

 

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Capitolo 15
*** Maggie Mae ***


John Lennon Pictures, Images and Photos Herether2

 

 

 

Maggie Mae

 

“Venerdì, venerdì….dolce venerdì preludio del weekend….”

John stava strimpellando sulla mia chitarra e dopo aver trovato un motivetto carino ci aveva improvvisato sopra queste parole.

Era Venerdì pomeriggio: la giornata scolastica era passata più velocemente del previsto (Alex non c’era, ovviamente aveva pensato che marinare la scuola era molto più interessante rispetto allo stare seduti 7 ore) e John se ne era tornato sul tetto. Stavolta si era portato dietro un libro e lo aveva nascosto all’interno della sua giacca.

“Mio dio, è UNA VITA che non leggo questo libro!” aveeva detto John quella setssa mattina: stavo preparando la borsa e lui stava contemplando la mia libreria, quando la sua attenzione non fu catturata da un piccolo libricino dalla costola rossa: sulla copertina era ritratta una ragazzina dai capelli biondi e con un vestitino azzurro che reggeva in mano uno struzzo a testa all’ingiù.

“Immaginavo che prima o poi lo avresti beccato!” sentenziai io cercando di pigiare l’astuccio nella borsa (era piena da scoppiare!)

“Da bambino ero ossessionato da questo libro…” disse John sfogliando delicatamente le pagine, quasi si trattasse di un cimelio prezioso “Ho tanti bei ricordi di Mendips legati a questo libro…Steso sul letto, con le gambe per aria appoggiate al muro a perdermi in questo incredibile viaggio!”

I suoi  occhi si illuminarono mentre lo diceva, rievocando quei piacevoli ricordi.

Alla fine mi aveva chiesto il permesso di prenderlo (non ce ne sarebbe stato comunque bisogno, anzi ero contenta che a John piacesse la mia collezione di libri) e lo aveva infilato dentro la sua giacca nera, tenendoci una mano per tenerlo fermo ed al sicuro per fare in modo che la gente non vedesse un libro volante all’improvviso.

A scuola lo avevo salutato e lui se ne era salito sul tetto: all’uscita di scuola si fece trovare davanti all’ingresso con un’espressione beata sul viso.

Mentre cercavo di fare gli esercizi di biologia, John aveva cominciato a suonare il mio basso: dopo 10 minuti era sceso in salotto e se ne era tornato in camera con la chitarra.

“Se non suono qualcosa impazzisco!” aveva detto “Ho una voglia terribile di suonare..” aveva cominciato a pizzicare le corde, ma aveva rialzato subito il viso “Ti do fastidio?”

“No, no! Anzi!” era stata la mia risposta mentre mi concedevo i primi 5 minuti di pausa dopo 2 minuti di lavoro per ascoltare John suonare.

“John Lennon, in camera MIA, seduto sul MIO letto che suona la chitarra di papà! “ pensai accavallando le gambe “roba che non succede tutti i giorni”

John si mise a strimpellare qualche motivetto a caso e poi si mise a canticchiare “Maggie Mae”, la canzone di Liverpool.

“Dirty Robin Maggie Mae,
Did I've taken here the way
And she never walked down lounch beat anymore?”

 

Intonò John con la sua voce coinvolgente

“Oh, the Church he quilly pounder,
Robin at home a bound,
That dirty noke Robin Maggie Mae.”

 continuai io prima che lui aprisse bocca.

John mi guardò soddisfatto e prolungò l’intermezzo musicale (il sorridermi gli aveva fatto perdere la battuta) e, una volta che fu tornato a quella nota che dava l’”imput” per cantare ci ritrovammo a finire insieme la canzone..

“Disapart of a little pew,
The edit turn me too,
Took part ten a week there was my pay

Oh, the Church he quilly pounder,
Robin at home a bound,
That dirty noke Robin Maggie Mae.”

“Ehi, non male ragazzina! Suoni il basso e canti pure? Ma per caso ho trovato la copia femminile del caro vecchio Macca?” rise lui concludendo la canzone

“Non sono così brava a cantare: diciamo che mi diverto ogni tanto a canticchiare qualcosa!”

John fece un arpeggio velocissimo sulla chitarra “Beh, secondo la mia modesta opionione…e IO non sbaglio mai…hai tutte la carte in regola piccola!”

“Le carte in regola?”

“Si! Secondo me dovresti provarci sul serio con il gruppo: non dovresti limitarti a suonare..Potresti anche cantare!”

Feci le spallucce “Bah, dipende! Intanto Pete deve trovare un chitarrista che risponda ai suoi standard….”

“Eh, questi sono i momenti in cui rimpiango SERIAMENTE di essere una specie di fantasma..:”

Pensai per un attimo alla scenetta comica che ci sarebbe staat se avessi presentato John a Pete dicendogli “Ecco qua! Volevi un chitarrista bravo? Ti ho portato JOHN LENNON! Prova a dire che non risponde ai tuoi requisiti minimi!”  e ridacchiai involontariamente

“Che c’è?” chiese John

“No, nulla..pensavo solo a cosa sarebbe successo se ti avessi presentato a Pete come chitarrista…”

“Beh, posso sempre impossessarmi del corpo di un ragazzo…e stupire tutti mettendomi a sduonare la chitarra anche se questo..”prescelto” non ne ha mai vista una in vita sua!”

“Figo!”

“No, scherzi a parte, non posso farlo….Non sono un POLTERGEIST o insomma…quelli li…”

“Ah, Big Jim non sarebbe stato contrario?”

“E chi lo calcola Big Jim?”  rise John

Sorrisi e cercai di concentrarmi sugli esercizi, quando il telefono squillò.

“Io non ci sono eh!” ironizzò John mentre mi dirigevo in camera di mamma per rispondere

“Pronto?”

“Ari? Sono papà!”

“Ehi, ciao papà! Come stai? Dove sei? “

“Tutto bene Ari, sono quasi arrivato…..senti stasera io e la mamma volevamo andare a cena fuori…”

“Oh,..”

Papà sembrava imbarazzato

“Beh sai..oggi è l’anniversario del giorno in ci ci siamo incontrati per la prima volta!”

“Oh papà ma non me lo avevate mai detto! Che carini!” commentai

“Ehm..beh ecco…Non torneremmo a casa: passo a prendere la mamma al lavoro ed andiamo a mangiare in un ristorantino un po’ fuori mano…ehm..dove ci siamo conosciuti”

“Ma non dovete preoccuparvi….”

“E’ che ti lasciamo sempre sola…volevo chiederti se magari ti andava di venire con noi ma..penso che non rientri nei tuoi programmi passare la serata con due matusa come no eh?”

“Papà!”

“Sto scherzando figliola…però penso che preferiresti passare la serata in giro, visto che il weekend è appena iniziato”

In realtà avevo un’altra idea, ma non mi pareva il caso di dirlo

“Ehm..si in effetti avevo qualche programmino per la sera….”

“Uh uh….che tono di voce Ari “ Accidenti all’intuito paterno “Perché lo dici così? Hai qualche appuntamento GALANTE?”

“Papà!!” esclamai nella cornetta

“Daaaaiii…Lo sai che a papà puoi dire tutto…TUTTO..:” potevo quasi vedere il particolare luccichio negli occhi di papà: mi ero ripromessa di non parlare più di ragazzi in famiglia dopo tutti i casini con Alex.

“Ehm..beh mi vedo con un ragazzo ma..è un amico! Niente di serio!” Tecnicamente non era neanche una bugia…

“E brava la mia piccola femme-fatale!”

“Papààà……”

“Che c’è? Che ho detto?”

“E’ solo un amico….davvero!”

“Va bene, farò finta di crederci”

Alzai gli occhi al cielo

“Va bene, allora io e mamma usciamo..tu divertiti col tuo amico…ma divertitevi FUORI…Non voglio venire a sapere che hai organizzato festini abusivi in casa con tutti i tuoi corteggiatori…”

Chissà come l’avrebbe presa se gli avessi detto che il “ragazzo” in questione si era stabilito direttamente in casa. Ah e che questo “ragazzo” era John Lennon..

“Papàààààà” dissi di  nuovo “stai tranquillo, sono una ragazza responsabile e matura!”

“Lo so piccola..lo so..Mi fido di te. Mi dispiace se non ti vengo a salutare stasera ma..la mamma ci tenava tantissimo. Beh, fai la brava..Ciao Ari!”

Tornai in camera Per trovare John seduto sulla sedia della scrivania con un sorrisetto ironico stampato sulle labbra

“Un “amico” eh?”

“E dai John! Non mettertici anche tu!” “

“Sono serissimo!” disse lui portandosi la mano sul petto

“Mi hai…ascoltato?”

“Non ce n’era bisogno…si sentiva la tua voce fin qui…”

“Ah, già….la mia voce squillante..:” dissi mentre mi mettevo a sedere sul letto.

“Allora che facciamo? Usciamo? Andiamo ad ubriacarci in un pub e poi cominciamo a cantare tutte le canzoni più idiote che conosciamo?” propose John, che sembrava non stare più nella pelle.

“Avevo un’altra idea per passare la serata….”

“Uh uh, e quale sarebbe?” fece John sporgendosi verso di me con la sua solita aria da seduttore

“Mai provato il connubio pop-corn/film?”

 

 

 

…Andò a finire che il connubio non fu Pop corn/Film ma Pop Corn, Twix, Mele, patatine fritte,  biscotti, Coca Cola in bottiglia grande  e marshmallows più il film.

Ci volle mezz’ora per mettere assieme tutte le cibarie, ma alla fine ci riuscimmo e, seduti sul divano del salotto, le schifezze disposte in ordine sul tavolino cominciammo a decidere quale film guardare.

“Cosa ti piacerebbe vedere?” gli chiesi

“Non ne ho idea….sei tu l’esperta in materia! Non sono granchè informato sui successi cinematografici degli ultimi 30 anni!”

“Mmm…beh non saprei…ma tu hai preferenze?”

John si mangiò due pop corn con aria pensierosa:

“Non so..hai qualche film..vecchio?”

“Nostalgia?”

“Forse….”

Mi alzai, mentre John continuava a pescare dalla scodella dove aveva messo lui stesso i pop-corn, poi mi raggiunse, mentre guardavo lo scaffale dei dvd.

Neanche a farlo apposta, il dvd che John  estrasse dalla libreria era uno dei “suoi” film, ovvero “Magical Mystery Tour”.

Contemplò il cofanetto per un attimo, rigirandolo fra le mani.

“Ehm….vuoi vedere questo?” azzardai notando la sua espressione corrucciata

“Si si…” rispose lui in tono evasivo .Poi si bloccò un attimo e, indicando il cofanetto disse “E le cassette? Che fine hanno fatto le cassette?” chiese in tono ansioso.

“Ehm..sai, la tecnologia fa continui passi avanti.”

John fece le spallucce e disse “Mah, ci rinuncio a capire queste diavolerie moderne. Metti questo..questo…coso nel video registatore e guardiamocelo..”

Non mi presi neanche la briga di dirgli che ormai i video registratori erano roba da negozio “vintage” e misi sul il cd.

Mentre il film cominciava, vidi che John non riusciva a trovare una posizione comoda neanche a pagarla oro: si muoveva in continuazione, sbuffando e cercando di mettersi in una posa più confortevole. Alla fine sospirò e si accontentò di starsene tutto appoggiato allo schienale del divano, il bicchiere di Coca in una mano e 2 biscotti  nell’altra.

“Irrequieto, eh?” risi io

“No, è che questo divano è scomodo!” disse lui accavallando le gambe

“Se ti sentisse mia madre….”

“Se vuoi glielo dico!”

“ E magari convincila anche a darmi il permesso di tingere le pareti di camera mia!”

“Guarda che posso farlo..mi vedo già, seduto sulla sedia di cucina, con la sigaretta in mano a dire “Signora Bigsby, quel divano necessita di cambiamenti radicali.E anche la stanza di sua figlia!”

“Si, come minimo ti risponderà che camera mia ha solo bisogno di essere messa in ordine!”

“E tu rispondile come rispondevo a mia zia Mimi…” John socchiuse gli occhi assumendo un’aria molto snob “Io? Mettere in ordine? Tzè, io sono un artista! Il mio è un caos artistico!” disse con un’assurda vocetta tutta nasale

Per poco non mi soffocai con un marshmallow: era impossibile rprevedere le uscite di John.

Il film durava veramente poco, nemmeno un’ora e quindi io e John  ci trovammo al punto di partenza.

“Wow! E dire che quel film all’epoca mi sembrava la più grande cazzata mai realizzata da mente umana…” commentò John “ora che lo rivedo..beh non posso che rivalutarlo!”

“E’considerato un capolavoro di non-sense” dissi io

“John mi guardò al culmine della sorpresa “Un capolavro?! QUELLO? Va bene, ho detto che lo rivaluto..ma ciò non toglie che sia una sequenza di sketch idioti privi di senso! Se questo è considerato un capolavoro, voglio proprio vedere cosa combinano al giorno d’oggi con la macchina da presa!” e detto questo si alzò e si diresse verso lo scaffale dei dvd.

“Allora…vediamo..” cominciò a leggere a mezza voce i titoli emettendo versi di assenso o sbuffi di impazienza.

“Ci vuole qualcosa di moderno…ma anche qualcosa di..AHA! Questo mi piace!” disse ed estrasse con aria trionfante il dvd di “Ritorno al futuro”.

Non poteva scegliere altrimenti..

 

 

Mentre il film procedeva (John stava ridendo come un matto davanti a tutte le gag del film e canticchiava le canzoni anni 50’ che si sentivano) cominciai a sentire la stanchezza attanagliarmi.

Era più forte di me: ogni volta che mi mettevo a guardare un film su quel divano, finivo sempre addormentata.

Non saprei dire quando mi addormentai definitivamente…fatto sta che fui svegliata da John che mi batteva con delicatezza un dito sulla spalla.

“E brava Ariadne..Mi hai mollato da solo a vedere il film!”

Mi resi conto che si, mi ero addormentata e che avevo appoggiato la  mia spalla su quella di John che, dal canto suo non aveva protestato, sebbene lo avessi costretto nella solita posizione per un’ora e passa.

“Scusami John…è più forte di me! Questo divano ha un potere soporifero…” dissi (senza aver ancora tolto la mia testa dalla spalla di John)

“Beh, vedo che ti sei anche trovata un comodo cuscino…”osservò lui dedicandomi uno di quei  sorrisi impareggiabili.

“Ehm…”

“Ah, che dolce che sei quando dormi…sembreresti una bambina…se tu non russassi!”

“Ehi, io non russo mica!” protestai indignata mentre alzavo la testa

“Si si, russi come una mitragliatrice!” continuò lui ridendo

“E invece no! Piuttosto chiacchiero come una macchinetta…”

“Si, e parli di gente che russa!”

La discussione sfociò nel non-sense più completo, quando John iniziò a dire che avevo di sicuro parlato in swahili e in greco antico, cominciando a snocciolare tesi su quello che avevo detto  che erano una più assurda dell’altra e si concluse con una battaglia a suon di Marshmallows, che vinsi senza troppa fatica.

“John forse è ora di pulire questo casino…non so a che ora torneranno mamma e papà..ma non voglio dar loro l’idea di aver devastato casa…”

John si alzò dal divano e si mise di buona lena ad aiutarmi, ma non senza aggiungere malizioso.

“Giusto, non vogliamo che papà pensi che hai organizzato un festino selvaggio con i tuoi spasimanti..Ah a proposito…Mi nascondo nell’armadio o sotto il letto?”

 

 

Penny Lane

 

Zazy: Alex deve stare sulle scatole…e nel corso della storia diventerà se possibile ancora più insopportabile…Ma ci saranno tutti i motivi….Xd Gli Oasis non potevo non metterli! Sono stati considerati gli “eredi” dei Beatles, Liam ha pure detto che crede di essere John Lennon, quindi….ci stavano benissimo J John è un buongustaio..i Mars sono qualcosa di sublime…*o* Per le sensazioni di Ari..beh, non volevo che lei fosse una che si butta subito fra le braccia di John 8e non scordiamoci  che è un fantasma) e volevo che fosse tutto un processo lento….Però ancora non sappiamo come la pensa John XP

Marty: Beh, Ari è un’essere umano…Ti capita davanti questo gnoc…ok, non scendiamo nella volgarità..Riformuliamo la frase: ti capita davanti questo bellissimo figliolo (ok, questo gnocco) e tu…come fai a non fartici fantasie? John si distingue sempre come il solito donnaiolo allupato! Yu-huuu! Per quanto riguarda i sentimenti di John, come dicevo a Zz…ancora non si sa nulla…*John fischietta con fare innocente e Ari lo fulmina con lo sguardo*

Andry:No, non sei monotona!Mi fa tantissimo piacere… John si è divertito a fare il solletico ad Ari..e mi piaceva troppo l’idea della tensione  pre-bacio…..che in realtà  poi si trasforma in solletico… Per la frase “Sei morta amor mio” etc. mi sono ispirata a Piramo/Paul e Tisbe/John (il video che ti mandai)..:)

Night: Allora, innanzitutto grazie per le recensioni!!! Ero rimasta alle 60 e passa recensioni..ed ho avuto un mezzo shock quando ho visto che erano diventate quasi 80!! Per gli scleri non ti preoccupare….non sei la sola!!!  Andiamo a picchiare insieme appassionatamente Alex e la vecchia megera??  PS John è…è….Uff non si può esprimere a parole…uff…è…Dolce-puccioso! Carino e coccoloso!!!

Thief: Scritto di italiano…su George Harrison?? Wow! Io a scuola ho fatto un tema su John Lennon invece…(e ho pure preso un bel voto…*comincia ad adorare John*)  John, si sa, è un ragazzo moooooooooolto modesto e quindi non era autocompiacimento il suo! (se se)

Lady Fede: Si sa, la gente parla sempre appena trova un gossip ghiotto….Ari non è maniaca! E’ semplicemente…beh, una vittima del letale fascino Lennoniano (…E la capisco……..) E’ del tutto normale che si faccia i filmini mentali su un eventuale bacetto con Johnnino….xD

 

Grazie a chi ha recensito ma anche a chi ha soltanto letto!! Alla prossima!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** I'll be back ***


Lennon Pictures, Images and Photos herethere

 

I’ll be back

 

“Era Navale tuttavia Randolf era solo. Dov’erano tutti i suoi amici, Bernie, Dave, Nicky, Alice, Beddy, Freba, Viggy, Nigel, Alfred, Clive, Stan, Frenk, Tom, Harry, George e Harold? Dov’erano in questo giorno?”

 

John lasciò perdere per un attimo la chitarra sulla quale stava strimpellando qualche accordo di “Love me tender” ed alzò un sopracciglio

 

“..Randolf guardò drisdemente alla sua cartellina navalizia del padre che non viveva li…” recitò a memoria sempre con quell’aria lievemente ironica, la mano sinistra ancora sull’accordo della chitarra. Poi alzò le spalle e disse sogghignando “Non pensavo che quella roba girasse ancora.”

 

”Avevo in mano il libro scritto da John “In his Own Write” e ne stavo leggendo qualche passaggio per conto mio: avevo trovato questo pezzetto dove veniva citato il Natale (o il Navale, come lo chiamava lui..) e mi era venuta voglia di leggerlo ad alta voce.

 

“A me piace.” Puntualizzai mettendomi in una posizione più confortevole sul mio cuscino: erano appena iniziate le vacanze natalizie ed era passato quasi un mese da quando John era entrato nella mia vita..

 

Quel mese era scivolato via ad una rapidità impressionante: a scuola non prestavo più orecchio ai pettegolezzi dei compagni (che fra l’altro si erano affievoliti notevolmente data la freddezza con la quale io ed Alex ci trattavamo) ed i pomeriggi con John erano sempre una nuova esperienza.

 

 In un mese avevo imparato così tante cose su di lui che neanche la più accurata delle biografie avrebbe potuto descrivere John in maniera così dettagliata. Era una persona meravigliosa: sensibile, intelligente, spiritosa...Non aveva mai avuto nessun momento “no” in tutti questi giorni, anzi era sempre stato pronto a farmi dimenticare i miei con le sue battute sempre divertenti e mai ripetitive.

 

Aveva continuato a seguirmi ovunque e si era anche adattato a passare serate in totale silenzio contemplativo, quando non potevo più utilizzare scuse per stare in casa e dovevo uscire con i miei amici: non volevo fare una vita da asociale, ma allo stesso tempo non volevo neanche farlo sentire solo.

 

Le serate con gli amici potevano durare dalle due alle cinque ore con giri interminabili nella città, sferzati dal gelido vento nordico o sotto la neve che cadeva leggera.

 

John non aveva mai protestato, ma si era limitato a procurarsi un pesante montgomery nero ed il suo solito cappellino “alla Lenin” (…non so da dove li avesse presi…misteri del sovrannaturale) e a seguirmi senza mai aprire bocca: ovviamente non poteva contenersi dal commentare ogni tanto, con le sue osservazioni sempre sarcastiche o ironiche..ed in quei casi facevo fatica a reprimere una risata.

 

Pete non si era ancora fatto vivo per quanto riguardava il gruppo: o meglio, si era fatto vivo con me (lo vedevo praticamente ogni sabato sera), ma quando gli chiedevo come stesse procedendo la ricerca del chitarrista si limitava ad abbassare la testa, fare un sorrisino mesto e dire “Non ho avuto molta fortuna per ora…” (…mentre John gli saltellava dietro facendo smorfie esagerate, indicandosi e dicendo “Scegli me, scegli me, scegli me!)

 

In quell’ultimo mese John si era fatto un rapido “corso di aggiornamento” sulla musica degli ultimi 30 anni: era facile sentirlo girare per casa canticchiando “Wonderwall” o “ Knockin’on Heaven’s door” (il che faceva sempre un effetto strano, in verità).

 

Poi aveva fatto la strabiliante scoperta del COMPUTER ed aveva passato un’intero pomeriggio a giocare a The Sims, ridendo come un pazzo e divertendosi a creare dei mostri o famiglie dalla storia intricatissima(ovviamente mentre giocava raccontava tutto ad alta voce, immaginando dialoghi ed inventando situazioni che spesso e volentieri facevano concorrenza a tutte le soap opera esistenti).

 

 Poi c’era stata la successiva scoperta di “You Tube” e questo aveva determinato la sua decisione di restare a casa per 2 mattine di fila (mentre io me ne stavo a scuola a preoccuparmi) per guardarsi tutti i video musicali.

 

Gironzolando per casa aveva trovato anche il pianoforte e quindi passava ore a suonare anche quello (e spesso lo accompagnavo con la chitarra con il basso oppure mi mettevo direttamente a suonare pezzi a quattro mani)

 

Ora ero in vacanza e potevo passare molto più tempo con John: quel pomeriggio avevamo deciso di passarlo in totale relax. Io avevo cominciato a rileggere “In his Own Write” e John, come al solito aveva imbracciato la chitarra ( “Carol”, come la chiamava lui) ed aveva iniziato a suonare canzoni del suo repertorio o rifacendosi ai “classici” Buddy Holly, Elvis o Chuck Berry.

 

Speravo davvero di potergli dedicare più tempo: mi ero resta conto di essere diventata quasi DIPENDENTE della sua presenza. Adoravo ascoltarlo parlare, mi piaceva sedermi sul tappeto con lui a parlare delle cose più assurde (“ SECONDO TE…gli uomini del passato..lo SAPEVANO che andando in avanti con gli anni saremmo arrivati al 2000? “ oppure “Ma le ZOLLETTE DI ZUCCHERO come fanno a farle? Le incollano? Oppure le mettono in una pressa quadrata?”)  oppure a gironzolare per Londra senza una meta precisa, prendendo questo o quel vagone della metro.

 

John ultimamente aveva sviluppato un’insana passione per il suonare ai campanelli insistentemente…e rimanere appiccicato al citofono (“Tanto mica mi vedono!” diceva lui con un’alzata di spalle mentre premeva con insistenza sul campanello di qualche sventurato).

 

Ovviamente il massimo del divertimento per John era rimanersene li, col dito appiccicato, finchè il padrone di casa non scendeva imbestialito le scale per vedere chi era lo spiritoso e staccare il dito non appena lo sventurato metteva il naso fuori dal portone per constatare che non c’era nessuno.

 

Sembrava che John avesse riscoperto il piacere di essere un vero e proprio “discolo”: gli scherzetti ai danni dei poveri mortali erano una delle sue fonti di divertimento più gettonate.

 

Tuttavia, quando suonava la chitarra, tutta questa vivacità pareva dissolversi: quando suonava diventava tutt’uno con lo strumento.

 John suonava con tutta la sua anima, si impegnava davvero.

 

Mentre le sue mani producevano gli accordi con una scioltezza ed una maestria quasi innaturale, io  potevo scorgere quel lampo di vitalità attraversargli gli occhi. Quando John suonava era davvero in pace con se stesso e con il mondo, il fatto che io fossi li ad ascoltarlo ed ammirarlo per la sua bravura lo rendeva ancora più felice.

 

Come dicevo, quel pomeriggio John sembrava essersi fissato con i vecchi successi di Elvis Presley: si era seduto sul letto e si era chinato come suo solito per suonare : aveva suonato “Rip it up”, canticchiando sottovice ( ed io muovevo leggermente la testa a destra e a sinistra tendendo il ritmo) e “HeartBreak Hotel”.

 

Dopo “Heart Break Hotel “ che era una canzone abbastanza sdolcinata, aveva attaccato con “Love me Tender”, finchè non lo avevo interrotto con la frase del suo libro.

 

“E dire che quando l’ho scritto non avevo mai neanche fumato!” osservò lui appoggiandosi alla chitarra, ruotando il busto verso di me.

 

“Ricordo che, a volte, papà me le leggeva prima che io andassi a dormire.”

 

“Wow, ti ha segnato l’infanzia con quella roba…” rise lui indicando il libricino

 

“Mah non ho mai sopportato “Cenerentola” o “Biancaneve ed i sette nani”, se è per questo!”

 

“Già!” convenne John animandosi e battendo leggermente con la mano sul piumone” Biancaneve poi! Voglio dire, ti ritrovi per 3 volte una vecchina che cerca ostinatamente di venderti qualcosa, per 3 volte rischi di morire….Ma la terza lo rischi di più…o nonostante tutto CONTINUI AD APRIRLE?!” John aveva gli occhi spalancati in un’espressione di incredulità, infervorato dal suo ragionamento “e poi cos’è questa storia della bara di vetro?”

 

“I nani pensavano che fosse troppo bella e volevano continuare a guardarla…” sorrisi tirandomi le ginocchia al petto

 

“Ahh! Fate passare una quarantina d’anni e poi ditemi..” Sogghignò lui appoggiando la chitarra al letto e mettendosi seduto comodo.

 

Fuori stava nevicando e, come al solito, io e John eravamo da soli in casa: papà non sarebbe arrivato prima del pomeriggio del giorno dopo e mamma era al lavoro.

 

“Che facciamo, visto che tu non suoni ed io non leggo più?”

 

John si stiracchiò leggermente “Non lo so…Tu cosa vuoi fare?”

 

“Per me è lo st…No John, non ci pensare neanche!” risi e gli tirai una cuscinata, avendo visto la solita occhiatina maliziosa che John mi dedicava spesso.

 

“Beh, è un modo come un altro per occupare il tempo, non ti pare?” rispose lui tirandomi di nuovo il cuscino.

 

Appena me lo ebbe tirato ci fu uno sguardo carico di significati…ed in meno di due secondi fu guerra.

 

John scattò fulmineo verso il divano, dove acchiappò il cuscino, mentre io mi mettevo in piedi sul letto in posizione di combattimento.

 

“Ha! Preparati a soccombere!” mi minacciò lui dirigendosi verso il letto e brandendo il cuscino azzurro come se fosse uno scudo.

 

“Caschi male con me John! Io e mia sorella le abbiamo fatte per anni queste lotte!”

 

E detto questo cominciammo a tirarci cuscinate senza pietà, ridendo come dei pazzi (..e cercando di evitare gli oggetti fragili).

 

Vedendo che con me stava avendo la peggio, John meditò su una mossa per mettermi fuori gioco e, con una specie di grido di battaglia mi si avventò contro.

 

Ero così spiazzata che non feci neanche in tempo a scansarmi: mi sollevò di peso e mi caricò sulla spalla.

 

“Ahh! Non valeeee!” protestai io battendogli freneticamente sulle spalle.

 

“Ok, sul piano tecnico non te la cavi male..ma hai ancora mooooolto da imparare mia cara Ariadne. Finchè non imparerai ad usare questi trucchetti non potrai mai vincere contro di me!” e scoppiò nella parodia di una risata  degna del miglior cattivo da film Disney.

 

Mi trasportò in giro per la stanza dandomi ogni tanto qualche scossone improvviso, al quale rispondevo sempre con uno strillo di sorpresa ed una risata e poi mi “scaricò” sul piumone morbido senza preavviso.

 

“Ok dopo questa mi ci vuole proprio una sigaretta per riprendermi…”

 

Estrasse il suo pacchetto di Gitane (in quel mese si era contenuto tantissimo e quello era solo il secondo pacchetto che aveva avuto bisogno di comprarsi) e si accese la sigaretta, con aria assorta ed imprecando a bassa voce contro l’accendino che non ne voleva sapere di liberare la fiamma al primo tentativo.

 

“E così siamo  a Natale..:” commentò mentre aspirava il fumo denso delle sigaretta “mi manca un po’ l’atmosfera natalizia…I regali, l’albero….il tacchino….”

 

“Già. Il Natale ha quell’atmosfera particolare..”

 

“E tutti fanno i solito buoni propositi, convinti che questa volta li porteranno VERAMENTE  a terminw…” liberò il fumo “…e PUNTUALMENTE vengono sempre meno alle promesse.”

 

“Ahaha hai un esempio proprio qui davanti a te!” dissi facendogli spazio sul letto.

 

“E allora siamo in due….” Rispose John guardando con interesse la neve fuori dalla finestra.

 

Ci fu un momento di silenzio.

 

Poi  suonò il campanello.

 

Io e John ci guardammo per un attimo: non aspettavo visite!

 

“E chi diavolo è ora?” bofonchiai mentre scendevo dal letto e mi dirigevo verso la porta. John spense la sigaretta nel posacenere e lo nascose nel cassetto della scrivania, come faceva sempre e mi segiì al piano di sotto.

 

Mi diressi verso la porta e guardai nello spioncino: avrei riconosciuto ovunque quella massa di capelli biondi e, sorridendo aprii la porta.

 

Era Pete, imbacuccato in un pesante bomber verde scuro,  i guanti neri ed una sciarpa nera anch’essa che gli copriva il viso.

 

E  non ci sarebbe stato nulla da ridire su questo, se non per il fatto che dietro di lui c’era l’ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento…..

 

 

 

 

 

Penny Lane:

Lady Fede: Si si, si guardano così il film! Però magari non si fanno questi….accostamenti schizofrenici di cibo Xd Ho letto nella biografia che John non riusciva a “gustarsi” appieno un libro, se non stava in quella posizione astrusa….Quanto lo capisco!  Sono contenta che il capitolo ti abbia fatto ridere (quando scrivo le battutine mi faccio sempre mille paranoie perché non so se sono efficaci o meno…)

 

Zaz: Sii!! Chissà perché i divani hanno questo magico potere di spedirci tranquillamente nel mondo dei sogni…Certo che, con John accanto la caaaaaaara Ari poteva pure rimanere sveglia..Però vabbè son dettagli (intanto ha dormito tutta appoggiata a John….*w*) Per quanto riguarda la band…ehehe ci saranno moooooooolte news particolarmente scottanti!!

 

Lullaby: Siii!!! Ari è troppo fortunata *nasconde Ari in un armadio, si fa i capelli ricci e si piazza al suo posto accanti a John* La parte di “Alice” l’ho inserita perché avevo letto che era il libro preferito di John (tant’è che ha anche inserito Lewis Carrol nella copertina di Sgt.Pepper!) Wow, se riesci a reggere tutta quella roba…..sei un mito!O.o

Night: Mi piaceva l’idea di un John “critico” verso se stesso (non scordiamoci che Magical Mystery Tour l’ha scritto pure lui…U.U) Ho scelto il film “Ritorno al futuro” perché…beh praticamente solo perché è ambientato negli anni 50’ e perché c’è un “omaggio”  a Chuck Berry. Non so se la foto è del Live di Roma…cooooomunque..Assalito da un ragazzo?! Povero Johniino, ma non gli è successo mica nulla? (*in realtà quel “ragazzo” era Russian Fanatic travestita e tornata indietro nel tempo)

 

Thief: Buhahaha l’intuito paterno non sbaglia mai! *il padre di Ari si aggiusta gli occhiali da sole a specchio stile Tom Cruise*  Maggie Mae è favolosa, mi mette sempre di buon’umore ( e me la ascolto tutti i giorni, scaricata direttamente dalla colonna sonora di “Nowhere Boy”)  Ritorno al futuro è uno dei miei film preferiti..in 3 media non parlavo praticamente d’altro (lo vidi proprio in 3 media, quando babbo comprò il cofanetto Dvd *//*)

 

Andry: Ecco, io invece ho un altro tipo di problema…Mamma che vuole farmi togliere i poster (“perché sennò si vede il segno sull’armadio bianco quando li levi…” Ma chi li vuole togliere, dico io?!) Ed anche camera mia è perennemente in condizioni che ricordano molto  Hiroshima dopo il bombardamento….O.o (*John mi fa pat-pat sulla testa) La malattia  “ film - mentali - in - pieno - giorno - che - ti - fanno - scoppiare - a - ridere di - fronte - a - sconosciuti - e - quindi - fare - figure - di - m****” purtroppo è una malattia diffusa ed incurabile (ne soffro pure io…O.o)

 

Marty: Ho un’idea! Una sera ci mettiamo d’accordo e guardiamo un filmozzo insieme ai nostri Paul e Joh  U.U  (però con loro guardiamo un horror, così abbiamo un buon motivo per saltargli addosso..muhahahahah *modalità mente pervertita à ON)  Magical Mystery Tour è…è…semplicemente …*inizia a farfugliare frasi incomprensibili che esprimono tutta l’adorazione che Russian Fanatic ha per quel film)  Per quanto riguarda il film…beh, confesso che ci avevo pensato ad inserire un capitolo simile…vedrò come organizzarlo meglio….:)

 

 

 

Grazie a chi ha recensito, ma anche a chi ha solo letto..Baci e alla prossima!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** I'm Down ***


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I’m down

 

“Ehm…Buon Natale!” esordì Pete sventolando la mano inguantata a mo’ di saluto.

 

La mia risposta fu un sorriso molto tirato ed un “Grazie..” bisbigliato fra i denti.

 

“A parte che non siamo ancora a Natale…” commentò quella voce un po’ roca che ben conoscevo.

 

Pete alzò gli occhi al cielo “E’ un modo di dire santo cielo!” si girò verso Alex e gli tirò uno scappellotto affettuoso sulla spalla” non fare il pignolo come sempre Alex!”

 

Alex alzò le sopracciglia e si appoggiò alla colonna della,porta: indossava un elegante cappotto blu scuro con l’abbottonatura “alla ussara” ed una sciarpa dello stesso colore. I suoi capelli erano scompigliati dal vento e leggermente coperti di brina “Non per fare l’insolente ma qua fa, come dire un po’ freddo..”

 

“Disturbiamo?” aggiunge Pete guardandomi con una leggera ansia “ ti volevo avvisare ma..ehm…non avevo soldi nel cellulare…”

 

“Non fa niente Peter..non stavo facendo nulla di particolare..” (sentii lo sbuffo di John, dal salotto non appena lo ebbi detto)

 

“Ok!” rispose il batterista tutto contento e balzando in casa. Io rimasi appoggiata allo stipite, cercando di guardare davanti a me: Alex mi oltrepassò lentamente, lanciandomi un’occhiata di sbieco.

 

Entrò in casa e, mentre si toglieva il cappotto cominciò a guardarsi attorno: probabilmente stava pensando a tutti i pomeriggi passati in quel salotto a suonare la chitarra e cantare oppure a scervellarsi sopra gli esercizi di scuola…oppure semplicemente a pomiciare.

 

“Uh!Che bel calduccio fa qui!” disse Pete mentre si toglieva il pesante cappotto e lo poggiava con cura sul divano, proprio accanto a dov’era seduto John. Quest’ultimo stava osservando Pete con un sorrisetto fra le labbra:ovviamente si ricordava di lui e della sua proposta.

 

Ma quando il suo sguardo si spostò sul mio secondo ospite, l’espressione di John mutò radicalmente: dal sorriso passò ad un’espressione seria e concentrata. Potevo quasi vedere le rotelline del suo cervello ruotare come impazzite, alla disperata ricerca del ricordo che gli avrebbe spiegato DOVE aveva già visto quella faccia. Poi spalancò gli occhi  per un attimo, e si toccò il naso: si aveva ricollegato perfettamente. E, dopo lo stupore iniziale, gli occhi scuri di John si assottigliarono più del solito in un’espressione che tradiva una palese ostilità e le sue labbra si serrarono, come per impedirgli di dire qualcosa di volgare.

 

Alex nel frattempo si era sfilato il cappotto e, con la sua solita arrogante noncuranza gettò il suo cappotto sul divano, proprio dove era seduto John. Mi sentii morire..se John non si fosse spostato in tempo…Ma John aveva osservato tutte le azioni di Alex e, con uno scatto fulmineo si spostò verso il bracciolo sinistro, lontano dal luogo di “atterraggio “ del cappotto. Tirai un sospiro di sollievo, senza farmi udire dagli altri due e John mi fece il segno dell’ ok con la mano.

 

“Wow Ariadne vedo che hai ampliato la collezione…” disse Pete guardando con ammirazione la mia raccolta di vinili.

 

“Mmm si, ho comprato qualcosa di Jimi Hendrix e dei Credence Clearwater…” risposi sedendomi sul divano.

 Non riuscivo a smettere di guardare Alex e John parve accorgersene: aveva continuato a studiarlo ed aveva visto la freddezza con la quale ci trattavamo e forse anche il mio sguardo triste.

 

“O’ Gready?” disse lui indicandolo col pollice. Annuiii impercettibilmente. John alzò un sopracciglio con aria eloquente.

 

Sillabai “If i fell” e indicai Alex con la testa. John spalancò di nuovo gli occhi e si portò una mano alla bocca, totalmente sorpreso dalla rivelazione. Poi si ricompose e continuò a fissare quel ragazzo dai capelli scuri che aveva detto solo pochissime parole da quando era entrato.

 

Pete continuava a sfogliare estasiato fra gli LP e Alex si era seduto su una poltroncina, le mani in tasca e lo suardo imbronciato.

 

“Dov’è?” disse alal fine piantandomi in faccia i suoi occhi verdi

 

“Dov’è cosa?” risposi guardandolo a mia volta.

 

“La chitarra Ariadne, la chitarra…”

 

“Vuoi metterti a suonare ora?” dissi in tono canzonatorio.

 

John annuì e disse “ Tanto sono più bravo io…” ed incrociò le braccia.

 

Alex si passò una mano fra i capelli, sospirando “Pete? Staccati da quei cosi e dille perché siamo qui….

“Eh? Ah si..” Pete ripose il vinile di Robert Plant sul quale stava sbavando da 2 minuti e si rialzò “ehm..Ari siamo venuti per parlare del gruppo…”

 

“Lo supponevo.”

 

“Ehm…”

 

Alex lo guardava con aria di commiserazione : incredibile come potesse trattare uno dei suoi migliori amici (o meglio ex- migliori amici…ma probabilmente ora le cose erano cambaite).

 

“Pete mi fai venire l’ansia quando parli. Allora Ariadne, poche parole..dove sta la chitarra?”

 

“E’ in camera.”

 

“Ok” rispose semplicemente lui. Poi si alzò e si diresse a passo sicuro verso le scale. Mi ci vollero alcuni secondi per realizzare che Alex si stava comportando come se fosse il padrone di casa e che Pete era sempre imbambolato nel bel mezzo del salotto.

Gli misi una mano sulla spalla per risvegliarlo dalla sua estasi mistica e mi mossi verso la mia camera, con John che mi seguiva a ruota (mentre borbottava cose come “Questo cretino…” e “se tocca la Rickenbacker lo strozzo..”)

 

Alex si era già sistemato sul mio letto, la chitarra rosso vermiglio già a tracolla: però non stava suonando, ma guardava con insistenza verso il cassetto della scrivania.

 

“Il tuo cassetto fuma..” fu la frase che mi rivolse non appena entrai in camera.

 

“Cosa?” Alex mi indicò il cassetto destro della scrivania, semi-aperto dal quale usciva una piccola nuovoletta di fumo.

 

“Cazzo, la sigaretta…” sentii John bisbigliare “l’ho spenta male..anzi non l’ho spenta proprio.”

 

Stavo per muovermi verso il cassetto, ma Alex mi anticipò e, sempre con la preziosa chitarra di papà (e di John) a tracolla aprì il cassetto.

 

“Uh uh, da quando fumi tu?” mi interpellò lui con la mano sul cassetto e guardandomi con uno di quei sorrisetti “Alexiani”.

 

“Ehm…da poco..” mi inventai li per li.

 

Alex aprì ancora di più il cassetto “Ah! Le “Gitane”!

 

“Toccale e sei un uomo morto….” Fu il commento di John

 

“Non ti dispiace se ne prendo una, vero?” e senza aspettare la mia risposta Alex sfilò una sigaretta dal pacchetto e si mise a sedere sul letto, il posacenere accanto.

 

Sentii John respirare rumorosamente e sentii la sua mano che mi spostava “Scusami cara…” disse

 

Alex stava cercando di estrarre l’accendino dalla tasca, la sigaretta fra le labbra e John gli si sedette accanto sul letto osservando ogni suo movimento con attenzione. John aveva un’aria assassina ed avevo già visto quel particolare bagliore nei suoi occhi…..e quando c’era non era sempre un buon segno.

 

Pete intanto mi aveva raggiunto e mi aveva lanciato un’occhiata carica di scuse “Ora ti spiego….” Disse. Non lo sentti quasi, perché ero troppo occupata a guardare cosa aveva in mente John.

 

Alex, nel frattempo aveva estratto l’accendino blu e lo aveva avvicinato alla sigaretta.Non appena l’accendino ebbe sprigionato la sua fiamma, John ci soffiò sopra e la spense. Senza perdere la calma, Alex ritentò, ma non appena ebbe riacceso la fiamma, John la spense di nuovo con un ghigno sadico sul volto e così fece per altre tre volte. Ora Alex era palesemente irritato ed aveva già imprecato a mezza voce. Alla fine ci rinunciò , si rimise con rabbia l’accendino in tasca e mise la sigaretta accanto a sé (John la contemplava con sguardo avido, probabilmente architettando un modo per riprendersela senza farsi vedere)

 

“Il fumo fa maleee..” fu il commento di Pete, che aveva assistito divertito alal scena. Alex gli scoccò un’occhiata sprezzante “Zitto tu, divoratore di chewing-gum. Credi che ruminare tutto il giorno quella gomma schifosa sia meglio che fumarsi una sigaretta?”

 

“Scusami ma tu con QUESTO QUI ci stavi insieme?” mi apostrofò un John al culmine dell’incredulità “dio santo, ma dove l’hai raccattato? In un centro di ricovero per rabbiosi?”

 

“Ehm ragazzi, vogliamo parlare di cose serie?” buttai li, cercando di deviare la conversazione (in tutti i sensi).

 

Alex si riaccomodò la chitarra a tracolla e pizzicò le corde. John lo guardava con aria di superiorità.

 

“Ehm, si..” Pete riprese la parola “ecco io ti avevo detto che volevo trovare DUE buoni chitarristi e che il mio standard è abbastanza alto…”

 

“Mh-mh…” commentai io sapendo già dove sarebbe andato a parare

 

“Ehm, ecco…Quando ho saputo che Lex era tornato in città non ho potuto resistere…” gli lanciò un occhiata colma d’adorazione (ma da quale parte stava Pete?) “ e beh ci siamo trovati un pomeriggio. Alex aveva la chitarra e mi ha suonato l’assolo di “A hard day’s night..” (John guardò Alex come se fosse una specie di alieno) “ e, beh..capiscimi Ariadne non ho resistito…Alex è uno dei migliori chitarristi che abbia mai incontrato..”

 

Alex sembrava non prestare attenzione alle parole dell’amico, intento com’era a strimpellare accordi a caso sulla chitarra di papà(e di John)

 

“Lo capisco Pete…”

 

“Tu comunque ci sei sempre per il basso, vero?”

 

“Io….” Esitai

 

“Ariadne guai a te se dici no perché c’è questo fighetto che si crede George Harrison!” mi urlò John con aria minacciosa e agitando un pugno all’indirizzo dell’ignaro Alex, che gli sedeva accanto.

 

“Oh Pete..è combattuta. OVVIAMENTE la cosa le da fastidio perché ci sono IO…” Alex si era risvegliato dal suo isolamento nel momento meno opportuno “quando le hai proposto del gruppo mica sapevo che ero tornato qui. Ovvio che sia indecisa..la mia presenza le da fastidio.”

 

“Ho chiesto forse il tuo parere?” replicai cercando contenere la rabbia che minacciava di esplodere all’improvviso, con conseguenze devastanti.

 

“Pete mi ha detto che eri ansiosa di partecipare. Tutta questa reticenza la posso collegare solo al fatto che siamo stati insieme e che non hai intenzione di rivolgermi la parola perché sei incazzata nera”

 

“Ma cos’ è questo? Il Sigmund Fredu dei poveri?” commentò John

 

“Non hai capito un cazzo, O’ Gready..” ecco che cominciavo a perdere le staffe.

 

Pete si accorse che non tirava una buona aria e si sentì in dovere di aggiunger “Comunque non c’è solo lui eh!”

 

“Oh Pete non vorrai mica dire che…” cominciò Alex.

 

“Chiudi il becco!” gli intimammo io e John all’unisono (anche se John aggiunse un “idiota” dopo “Chiudi il becco”)

 

“Ehm, Ari ti ho mai parlato di Jo Duchamp?”

 

“No….”

 

Alex sbuffò “Per l’amor del cielo Pete!”

 

John non ce la fece a trattenersi e gli tirò un pizzicotto sul braccio.

 

“Ahia!!” sbraitò Alex massaggiandosi il punto dolente. Pete lo guardò un po’ stranito, ma continuò il discorso, approfittando dello “svantaggio” di Alex.

 

“Ecco, Jo Duchamp è la mia seconda scelta. Oggi non è potuto venire perché è andato con i suoi a Lione..sai è mezzo francese…” aggiunse Pete sorridendo “ma è F E N O M E N A L E , te lo posso assicurare. Mettigli in mano una chitarra e farà meraviglie!”

 

“Io continuo a pensare che sia solo un povero idiota lentigginoso…” sentenziò Alex.

 

“E chi se ne frega delle lentiggini. Mi fido del parere di Pete…..perchè purtroppo ha ragione anche su di te..”

 

John mi guardò come se avessi detto una bestemmia “Ariadne!”

 

“Si, è così…” ammisi sia a me stessa che a John  “ ci sai fare con quelle corde di chitarra….e così come Pete ha ragione su di te..avrà ragione anche su Jo.”

 

Pete annuì soddisfatto, Alex mi guardava tronfio e John spostava lo sguardo fra me ed Alex.

 

Andò a finire che Pete  “costrinse “Alex a suonare qualcosa per avvalorare la sua tesi. Alex parve pensarci un attimo epoi, guardandomi con la sua solita aria strafottente disse “Ok so già cosa suonare.In realtà andrebbe bene per la chitarra acustica ma…visto che ora ho in mano questa..”

 

Avevo un brutto presentimento e, quando Alex attaccò il “jack” all’amplificatore potevo sentire chiaramente la vocina del mio cervello urlare “Fermalo, fermalo, fermalo!!”

 

Appena sentii i primi accordi mi sentii morire e, quando Alex ci cantò sopra sentii lo stomaco rimescolarsi: come avevo presagito Alex stava suonando “If i fell” a mo’ di provocazione. Non guardava mai la tastiera della chitarra ma guardava soltanto me, come per sfidarmi a reagire in qualche modo.

 

“Che bastardo,…” disse John fissando Alex suonare: poi girò lo sguardo verso di me, preoccupato.

Ero riuscita a rimanere impassibile, mascherando la tristezza dietro un’apparente indifferenza e John lo aveva capito. Lanciandomi un’occhiata carica di significati, si alzò lentamente dal letto e raggiunse l’amplificatore (che, grazie al cielo era più spostato) e lo spense.

 

La musica si fermò di botto, ed Alex si ritrovò a suonare sulle corde non amplificate. Corrugò le sopracciglia e guardò l’amplificatore “Che è successo?” chiese

 

“Va bene così Alex! Era solo una prova…”

 

“No, voglio finire!” protestò lui, stronzo fino all’ultimo.

 

Pete non sapeva la storia dietro a quella canzone, ma bastò il mio sguardo a fargli intuire che quella visita inaspettata stava diventando molto, MOLTO pesante.

 

“Ehi,Alex ora che ci penso devo andare a comprare le bacchette nuove! Le altre sono proprio da buttare…” cercò di improvvisare Pete “ e poi….mi sa che forse ora siamo davvero di troppo…”

 

Alex, riluttante si tolse la Rickenbacker dal collo e la adagiò sul letto come se si trattasse di un oggetto estremamente fragile “Almeno questo l’ha capito…” bofonchiò John “la Rickenbacker è  S A C R A “

 

Pete ed Alex si incamminarono verso la,porta dopo essersi messi i cappotti e le sciarpe, ma prima di uscire Alex si girò e tirò l’ultima frecciata dicendo “Carino quel bigliettino giallo in camera tua! Ho scelto proprio una delle tue canzoni preferite, vero?” e detto questo uscì.

 

Fuori c’era una vera e propria tormenta.

 

 

 

Penny Lane

Questo capitolo in realtà era attaccato a quello precedente ma ho preferito dividerlo in due parti…così fa più suspanss….Xd Passiamo alle recensioni!! J

 

Andry: Eccolo qua! Alex O’Gready in carne ed ossa, pronto a fare lo stronzo come sempre!! Pover Ariadne, sommersa dai ricordi * l’autrice si fa pat-pat da sola* Ari e John sono davvero carini insieme..e….Ariadne ovviamente non sa cogliere le coff coff occasioni d’oro al volo…Vabbè lei non è la solita fan che si butta fra le braccia di John U.U *John mi guarda con risentimento *

Lullaby: Non è vero che è pieno di retorica! A me paice come scrivi, riesco ad immaginarmi bene tutto quello che racconti J Sono contenta che ti piaccia come scrivo (errori di battitura a parte) Io quando rileggo penso di aver scritto una schifezza O.o

Thief: Hehehe le imamgini sono tutte frutto di un’accurata ricerca!A volte sono indecisa pure io su quale inserire…*_______* I discorsi “filosofici” sono basati su discorsi che ho fatto con dei miei amici l’anno scorso (ehm eravamo un po’ brilli ma vabbè xD ) e che abbiamo pure registrato! Anche io adoro gli scritti di John…sono un capolavoro di non-sense d’alto livello *.*

Night: Buhahah John non ha perso la sua indole giocosa…mi piace vederlo come un ragazzo sempre pronto a divertirsi facendo questi piccoli dispettucci innocenti J John a creare situazioni intricatissime su the Sims  era un’immagine che mi piaceva troppo…ce lo  vedo, tutto chinato sul monitor a creare situazioni catastrofiche!!

Zaz: Noo!Scusa se ti ho spaventato! *si prende a badilate* Se Liam sapesse che John lo stima…..ah sarebbe la fine del mondo.Già pensa di essere la reincarnazione di Johnny…mettici pure John che gli dice “ehi amico, siete forti!”….DELIRIO D’ONNIPOTENZA!! XD Il suonare ai campanelli è sempre un divertimento (tipo l’altro giorno…in risciò con altri 3 amici a suonare ai campanelli di mezza Pisa e poi scappare…>.<

 

Grazie a chi ha recensito ma anche a chi ha soltanto letto…Al prossimo capitolo!!

 

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Capitolo 18
*** Across The Universe ***


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Across the Universe

 

“Sei consapevole del fatto che ora TU “ John mi prese per le spalle e cominciò a spingermi verso il divano “Tu ora ti siedi QUI  “mi buttò letteralmente a sedere “ e mi racconti TUTTO quello che devo sapere, per filo e per segno. Guai a te se ti scordi anche una virgola..” si fermò un attimo come se si fosse ricordato di qualcosa “...e nel frattempo mi fumo una sigaretta!” sentenziò alzandosi con decisione e sparendo sulle scale.

 

Alex e Pete se ne erano appena andati: John aveva seguito con gli occhi la schiena del mio ex-ragazzo senza riuscire a trattenere una smorfia che tradiva tutta la sua ostilità nei suoi confronti. Alex aveva superato ogni limite mettendosi a suonare quella stramaledettissima canzone che , nonostante fosse passato un bel po’ di tempo, non riuscivo ancora ad ascoltare senza irrigidirmi come uno stoccafisso e senza riuscire ad impedire alla mia mente di vagare nei ricordi.

 

John ritornò in salotto in pochi secondi: scese le scale scuro in volto, mentre cercava di accendere la sua fida Gitane. Lo osservai mentre si sedeva accanto a me, la testa reclinata a destra, mentre premeva il grilletto dell’accendino. Sentii tutto il nervosismo represso che l’incontro con Alex mi aveva causato e, non appena John ebbe acceso la sigaretta gliela tolsi dalla mano e ne aspirai una boccata sotto lo sguardo basito di lui.

 

“Ho come l’impressione che sarà una cosa lunga..” fu il suo commento, mentre gli porgevo la sigaretta .

 

“Più che altro sarà una cosa molto sofferta…” fu la mia laconica risposta

 

“Ci ho visto giusto? Stavi insieme a quel…” si fermò per trovare un aggettivo che potesse descrivere appieno il nostro “amico”.

 

“Dillo: quello stronzo.”

 

“Stronzo è l’eufemismo del secolo! “John agitava la sigaretta come un invasato, ma la sua voce era calma come sempre “ penso che non si possa descrivere l’antipatia che quel ragazzo suscita.”

 

“Prima non era così…”

 

John mi osservò per un attimo: aprì la bocca come per dire qualcosa ma si morse subito il labbro.

 

“Ariadne, le persone cambiano. E’ la vita..” disse dopo una piccola pausa.

 

“Già, ma nulla lasciava presagire un cambiamento così radicale. Si cambia, ma la direzione verso la quale si orienteranno i cambiamenti è chiara quasi da subito. E’ vero che Alex è sempre stato un po’…strafottente diciamo..ma non era cattivo. Io lo so.”

 

John sospirò ed aspirò un’altra boccata “Mah, allora vuol dire che tutto il marcio era nascosto in profondità.”

 

“Sono stata una sprovveduta a non accorgermene. Ma nulla lo lasciava presagire.”

 

John rimase in silenzio incapace di replicare.

 

“Quando è successo?” mi chiese spegnendo la sigaretta nel posacenere.

 

Alzai le spalle “Siamo stati insieme sette mesi.Sette mesi da favola, aggiungerei: avevamo tutti e due il nostro caratterino e quindi la relazione era uno stimolo continuo. Ed un giorno lui..bah è cambiato. Ha cominciato a chiudersi in casa, pensava solo alla sua chitarra. Appena gli parlavo di qualche gruppo emergente che potevamo andare ad ascoltare scattava come una molla…sembrava ossessionato dall'idea che ci fosse qualcuno migliore di lui in circolazione.Ovviamente trovavo ridicola questa sua fissazione e cercavo di farglielo capire in tutti i modi possibili..Ma lui sembrava non farci caso...Anzi, mi criticava perchè diceva che non riuscivo a capirlo e cose varie. Cominciammo a litigare per poi riappacificarci dopo poco: non avevamo problemi di comunicazione e non era neanche subentrata la noia! Semplicemente litigavamo su questa questione ridicola....”

 

“Mh mh….” John accavallò le gambe, sporgendosi verso di me.

 

“E poi..PUF! Un giorno mi chiama e mi dice che è finita. Dice che non sente più nessun entusiasmo nello stare con me.”

 

“Wow, coraggioso il ragazzo!” disse John animandosi.

 

“Veramente me lo ha detto per telefono…”

 

“Ti ha chiamato per mollarti evitandosi in meritato ceffone..”

 

“Veramente mi ha mandato un SMS ma tralasciamo….

 

John inspirò profondamente “Non so cosa sia un SMS e non lo voglio sapere..”

 

“Scusami. Mi ha mandato un messaggio.”

 

“Ti ha mandato una lettera?”

“No. Ehm..mi ha mandato un messaggio su quel telefono portatile che mi hai visto tante volte…” gli spiegai

 

 

“Uh! Quello con il gioco del serpente che si morde la coda?” mi chiese John tutto sorridente

 

“Si. Fatto sta che mi ha mandato questo bel messaggio….potevo anche credere alla storiella della perdita di interesse. Penso sia normale dopo un po’..” dissi abbassando la testa.

 

John si grattò il collo con aria colpevole “Ehm…già..”

 

“Quella sera uscii con due mie amiche..Volevano tirarmi su di morale..Uscimmo ed andammo a fraci un giro ad Oxford Street. E dopo il giro decidemmo di cenare insieme…..ed è stato li che ho visto….”

 

Non finii la frase, perché il ricordo era vividissimo davanti ai miei occhi  e mi dispiaceva non avere la capacità che aveva John di riuscire a trasmettere le immagini…

 

Avevo davanti agli occhi Alex, sorridente e rilassato che versava da bere alla sua nuova conquista, una ragazza dai capelli rossi. Vedevo l la serenità trasformarsi in sorpresa agghiacciata quando Alex incrociò il mio sguardo.

 

Ricordavo come se fosse ieri di come lui si era alzato, mi era venuto incontro col suo solito passo un po’saltellante, tipico di quando era nervoso e della sua brillante uscita “Ariadne!Ma che sorpresa!! Ma cosa ci fai qui stasera?”

 

Sentivo ancora le dita formicolarmi.

 

“..Spero vivamente che tu gli abbia tirato un cazzotto.” sentenziò John.

 

“In realtà gli ho tirato un ceffone….” Precisai io.

 

John alzò gli occhi al cielo “VA BENE, uno schiaffo è già qualcosa..Anche se IO avrei fatto di peggio senza dubbio!”

 

“Io sono io. Gli ho tirato uno schiaffo e poi ho girato i tacchi prima di compromettere la mia dignità davanti a 20 persone..”

 

“La dignità l’ha persa solo lui…e la ragazza chi era?”

 

Alzai le spalle “E che ne so…sarà stata una delle sue innumerevoli conquiste. Comunque sia non gli è andata bene con lei..non solo perché li ho scoperti..ma anche perché la famiglia di Alex ha avuto dei problemi e sono dovuti andare in Scozia dai parenti…”

 

“Che genere di problemi?”

 

“Non ne ho idea…Alex comunque non ha i genitori. La madre lo ha abbandonato ed il padre è sempre in giro per il mondo perché fa il pilota. Lui vive coi nonni paterni: i nonni paterni hanno seguito la linea di condotta  di sua madre.

 

“ Mah..se non lo odiassi mi dispiacerebbe quasi per lui…” commentò John in tono lugubre. Lui sapeva cosa voleva dire crescere senza l’affetto dei genitori e, sono sicura che in qualche modo si sentisse affine ad Alex: forse lo odiava perché rappresentava sotto alcuni aspetti ciò che era stato lui stesso.

 

Si era reso conto che quegli aspetti avevano costituito la parte negativa della sua vita e non era disposto a tollerarli in quella persona che aveva avuto ed aveva ancora influenza sulla mia vita. Ovviamente John lo avrebbe mai ammesso ma ero sicura che fosse così.

 

John mi voleva bene! Voleva evitare che soffrissi!

 

Al pensiero mi sentivo quasi girare la testa: era una cosa da non crederci!

 

“Ehm, Ariadne? Tutto bene?” John mi si era parato davanti, le mani sulle ginocchia, il suo viso vicinissimo.

 

Sorrisi “Si John tutto ok..il peggio è passato.

 

Anche lui sorrise, mentre si rialzava, stiracchiandosi. Mi alzai anche io e lo guardai per un attimo, pensando che John mi aveva aiutato a sfogarmi: non avevo mai parlato con nessuno di Alex..nemmeno con quelle mie amiche che erano con me al ristorante.  Per mesi mi ero tenuta tutto dentro, custodendo i ricordi e la mia voglia di urlare contro il mondo come un segreto irrivelabile.

 

Avevo mostrato al mondo una faccia completamente indifferente, la faccia di chi è talmente superiore da non lasciarsi abbattere da simili scemenze, mentre dentro di me piangevo e piangevo per il modo in cui ero stata scaricata e perché non avevo idea del motivo!

 

Senza pensarci, alzai gli occhi verso John e o abbraccia, affondando il viso sulla sua spalla: John si irrigidì per pochi secondi, spiazzato dal mio “slancio”, ma si rilassò quasi subito. Rispose all’abbraccio, cingendomi la vita con la mano destra ed infilando la sinistra fra i miei capelli. Era una sensazione bellissima, di una dolcezza unica. “Ci vorrebbe un po’ di musica….” Commentò John sussurrandomi nell’orecchio “qualcosa di lento ma ballabile.

 

Si staccò dall’abbraccio così all’improvviso che rimasi per pochi secondi ad abbracciare l’aria: John si era fiondato verso il giradischi e stava sfogliando gli LP, alla ricerca di qualcosa di adatto.

 

“Mmm..Robert Plant, Queen, Jimi Hendrix..mm..Blondie? Ehm…ma non hai nulla di Elvs?”

 

“Mi dispiace, non ho LP di Elvis…”

 

“C’era una canzone natalizia che non era per niente male..”

 

Poi all’improvviso si fermò: fra le mani stringeva un LP ben noto ad entrambi. Lo vidi guardare pensoso la copertina, sorridere e cominciare ad inserire il grande disco nero suotto la graffettina.

 

Non avevo idea di quale canzone avesse scelto, pensavo solo che…stavo per mettermi a ballare con John Lennon e che la cosa mi esaltava da morire!In pochi secondi sentii spandersi nell’aria le note di “Across The Universe”, John si girò con un sorriso smagliante e mi venne incontro a braccia aperte.

 

“Mi concede l’onore di questo ballo miss?” disse inchinandosi e porgendomi la mano molto cerimoniosamente.

 

“Con molto piacere!” risposi prendendo la mano dopo aver fatto una piccola riverenza.

 

John mise la sua mano sinistra sul mio fianco ed intrecciò le dita della sua mano destra con le mie: aveva la mano calda. Io posi il mio braccio sinistro sulla sua spalla, come si conveniva a tutte le coppie danzanti.

 

“Ehm, dovremmo avvicinarci di più…cooooosì..” disse John mentre con la mano mi avvicinava a sé “Ecco..e ora balliamo.Io propongo che questa diventi la  NOSTRA canzone! Che ne dici?”

 

Annuii, contenta e lasciandomi guidare da John, che sembrava impacciato come me nel ballo, ma altrettanto contento di farlo.

 

Ballammo un po’goffamente, girando attorno alla stanza mentre “Across the Universe” risuonava nel salotto riscaldato dal fuoco del caminetto, senza sapere che quella sarebbe diventata molto più della NOSTRA canzone…

 

Words are flying out like
endless rain into a paper cup
They slither while they pass
They slip away across the universe
Pools of sorrow waves of joy
are drifting thorough my open mind
Possessing and caressing me

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Images of broken light which
dance before me like a million eyes
That call me on and on across the universe
Thoughts meander like a
restless wind inside a letter box
they tumble blindly as
they make their way across the universe

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Sounds of laughter shades of life
are ringing through my open ears
exciting and inviting me
Limitless undying love which
shines around me like a million suns
It calls me on and on across the universe

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Jai guru deva
Jai guru deva

 

Penny Lane:

Lullaby: Ariadne vorrebbe lanciare battutine ma…nel suo animo è in corso tutta una serie di complessi processi (ho fatto anche la rima!) psicologici che le rendono impossibile attaccare così apertamente una persona che per lei è stata speciale… Mi sono divertita ad ideare i dispetti di John, volevo che fossero qualcosa di “moderato”, una specie di risposta  alla botta al naso che Alex gli ha tirato! 

Zaz; Uhh!Che bello! Sono riuscita a rendere Alex veramente stronzo ed antipatico! Mentre scrivevo avevo paura di creare una specie di macchietta, un ragazzino ridicolo che si attegga a grand’uomo…invece vedo che ha riscosso l’antipatia che si meritava ^___^ John odia apertamente Alex e ho come l’impressione che questa non sarà l’ultima volta in cui si scontreranno!

Night:  Buhahah si! John è un mito a fare i dispetti a Alex (beh, quando ci vuole ci vuole! Alex da fastidio alla sua Ari..e John da bravo cavaliere interviene!)  Come hai visto, Ari in questo capitolo ha rivelato tutto il suo “background” con Alex, cosa che non aveva mai fatto J * Vede John versione psicologo con tanto di occhialini rettangolari che mi invita a stendermi sul lettino..ehh ehmm mi autocensuro perché ci sono lettori minorenni*

Andry: Ma no! Alex non merita tutto questoo spreco di energie! D: Si, Alex è una testina di c……avolfiore di prima categoria e John deve contrastarlo *visione di John pistolero “Ci può essere un solo stronzo in questa città…” palla di fieno che rotola..* Alex avrà il suo benservito, è già stato inserito  nella personale lista nera di John (nonché nel Death Note di Kira) e ne accadranno delle belle! Muhahahahahahah

Thief:  Si, Alex deve proprio cercare di contenersi! La parte del fighetto menefreghista e stronzo non potrà durare per sempre! Prima o poi arriverà chi lo scalzerà dal suo personale trono *parte sigla di Uomini e Donne, entra John che scaraventa Alex giù dal seggiolone e ci si siede sopra compiaciuto* Ci sarà anche il meritato “castigo divino” anche per Alex, don’t worry…si pentirà amaramente di essere lo stronzo che è! Buhahaha  Ed è vero che di George ce n’è uno solo (*George annuisce indicando si, mentre John gli fa pat-pat)

 

Grazie a tutte voi che avete recensito e garzie ovviamente anche a chi ha soltanto letto! Baci e alla prossima!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Christmas Time is Here Again! (Part 1) ***


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Christmas Time is here again! (Part 1)

 

Come si suol dire, “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Nel corso degli anni ero giunta a considerare il Natale in vari modi: prima lo consideravo una festa piacevole, dove  avevo modo di passare tempo con parenti che vedevo raramente e dove ricevevo regali.

 

 Ricordavo con piacere le partite a carte del pomeriggio, il pandoro con i noni, le risate e la trasgressione massima del bere  UN SORSO di spumante dal bicchiere di mamma (sotto il suo sguardo vigile).

 

 In seguito era rimasta una ricorrenza sempre tutto sommato piacevole ma diventava quasi un tour de force un po’ seccante.

 

In questi ultimi tempi lo vedevo come un’ occasione per scambiare chiacchiere prive di senso e piene di  soliti luoghi comuni anche se, da 3 anni a questa parte, questo tour de force era “raddolcito” dal momentaneo ritorno a casa di Cecilia, la mia sorella maggiore e così fu quell’anno.

 

Era la mattina della  vigilia di Natale e la famiglia era riunita a casa: mamma e papà se ne stavano nel soggiorno a chiacchierare davanti ad una bottiglia di brandy ed io, come al solito ero in camera con la chitarra a tracolla.

 

 Quella mattina io e John avevamo deciso di scambiarci le parti: io alla chitarra e lui al basso.

 

“No ma quello è un do!” mi aveva ripresa lui mentre strimpellavamo un motivetto inventato li su due piedi. “Ma non pensi che il do minore crei un suono più armonico se lo suoniamo così?” gli chiesi pizzicando le corde.

 

Stavamo suonando a volume bassissimo per non far incuriosire i miei genitori: la presenza di due strumenti si sarebbe avvertita subito!  “Ma no! Così è troppo…” agitò le mani per sottolineare l’importanza di quello che stava dicendo “così è troppo…prevedibile!”

 

“Perché, conosci note imprevedibili?”

 

“Dimentichi con chi stai parlando tesoro…”

 

“Ah già! Sai com’è..la mia memoria…”

 

John mi lanciò un’occhiataccia e strimpellò qualche accordo minaccioso: “Io insisto per il fa..”

 

“E fa sia!”

 

“Ah ma allora non c’è gusto! Controbatti forza! Voglio D I S C U T E R E !”

 

“John siamo a Natale! A Natale siamo tutti più buoni!”

 

“A Natale siamo tutti più buoni? E questo chi l’ha detto?”

 

“Boh, lo dicono tutti da 10 anni a questa parte. Ricordo che quando ero piccola e mia sorella mi voleva tirare un pizzicotto me ne venivo sempre fuori con questa scusa…”

 

“Mah, questa gioventù..”commentò lui riabbassando lo sguardo verso le corde del basso: era stranissimo vedere John suonare quello strumento.

 

Era ovvio che sapesse suonarlo, ma in tutti i suoi anni di “attività musicale” non lo avevo mai visto con un basso in mano.

 

Per di più il mio basso era molto simile a quello usato dal suo amico McCartney, un bellissimo Hofner marroncino.

 

Continuammo a suonare ma, in pochi secondi John alzò lo sguardo con un’espressione allarmata “Sento dei passi!” esclamò.

 

 Si tolse il basso dalla tracolla ed andò a sistemarsi in un angolo della stanza pochi secondi prima che la porta si spalancasse.

 

“Ciao papà..” disse dando mentalmente un dieci a John per il suo udito

 

“Tesoro sei sempre a suonare tu?” mi interpellò mio padre sistemandosi gli occhialini.

 

“Sai com’è, faccio pratica! Sai, quando si ha la prospettiva di suonare in un gruppo…”

 

“Ahh, un gruppo! Eh, questo mi ricorda di ME quando suonavo in un gruppo….” Gli occhi azzurri di papà si persero per un attimo nel vuoto, rievocando i tempi in cui lui e la sua band aveva provato a fare il “grande salto” ma non c’erano riusciti.

 

 Lui suonava la chitarra in un gruppo chiamato “The White Rabbits” ed avevano una strada che prometteva grandi soddisfazioni davanti.

 

 Tuttavia mancò loro quella provvidenziale fortuna che a volte fa la differenza fra il rimanere un semplice gruppetto di città  e il diventare degli artisti di fama riconosciuta: e loro avevano tutte la carte in regola per diventarlo.

 

A seguito dello scioglimento del gruppo ognuno aveva preso strade diverse e solo mio padre era rimasto attaccato alla musica, diventando insegnante (anche se aveva dovuto accettare di andare ad insegnarla in una città lontana da Londra)

 

“Papà?”

 

“Ehm, si..” disse lui risvegliandosi dalla sua trance “Ari volevo dirti che..beh faresti meglio a scendere giù un attimo..” disse lui sforzandosi di rimanere serio, ma non riuscendo a mascherare un sorriso.

 

Avevo già capito tutto e, invitando con gli occhi John a seguirmi, scesi le scale che portavano al salotto.

 

Non ero ancora arrivata al piano terra, quando un urlo selvaggio mi colse di sorpresa e, prima di poter realizzare da dove provenisse l’urlo, un ciclone dai capelli rossicci mi travolse, facendomi quasi cadere all’indietro sulle scale.

 

“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!” continuò ad urlare la figura.

 

“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh! Banzai!” rispose John tanto per non rimanere indietro.

 

Potevo quasi vedere la sua faccia scioccata: gli ero quasi caduta addosso, mentre l’uragano rosso mi colpiva.

 

“Cecilia hai trenta anni, ti pare il caso?” risi io accarezzando i capelli di mia sorella, che mi teneva stretta in un abbraccio stritolatore

 

“Ehi, non ho trenta anni,ne ho V E N T I S E T T E non invecchiarmi ok?” rispose mia sorella lanciandomi una finta-occhiata offesa. Poi sorrise di nuovo

 

“Eccola qui la mia sorellina-ina!”

 

“Sorellona-ona!” risi io allargando le braccia

 

“Awwwww” rispose lei allargando di nuovo le braccia ed abbracciandomi stile orsacchiotto, mentre papà e mamma se la ridevano e John spalancava la bocca davanti a simili comportamenti.

 

“Ma guarda come sei cresciuta! Non è possibile,ti lascio per nemmeno sei mesi e tu cresci!”

 

“Me lo dici OGNI VOLTA Cecilia…Ormai io non cresco più! Semmai è quella peste di David che cresce sempre di più!”       dissi alludendo al mio adorabile cuginetto David(adorabile quando non si metteva in testa di fare casino o decideva che dovevo giocare ai “prigionieri” con lui)

 

Mia sorella si staccò definitivamente da me e mi guardò: non potevamo essere più diverse. Io avevo preso tutto da mamma, lei era la copia sputata di papà.

 

 Capelli ramati che cadevano morbidi sulle spalle (ben lontani dai miei ricci impossibili), occhi di una particolare sfumatura blu, espressione dolce….

 

“Sei da sola?” chiesi sporgendomi per individuare la figura di Robert, suo marito.

 

“Quest’anno purtroppo si. Rob doveva andare in Florida a trovare i genitori…e Dave è andato con lui. Era un bel po’ che non vedeva i suoi nonni paterni….” Disse in tono un po’ più triste.

 

Poi si illuminò e disse “Beh maglio così, no? Così potrò dormire qua da voi! Non vedo l’ora di monopolizzarti tutto il giorno. Ti porto a fare shopping, andiamo a fare le cretine sul London Eye, andiamo a Camden Town a guardare i negozi vintage…..insomma CI DIVERTIAMO!”

 

Strabuzzai per un attimo gli occhi: questa non ci voleva.

 

 Lanciai un’occhiata furtiva a John (che fra l’altro guardava mia sorella con la bocca spalancata e gli occhi a pesce lesso) cercando di vedere come aveva reagito.

 

 John sembrava non aver capito una parola di quanto mia sorella aveva detto, oppure aveva capito ma non era in grado di reagire in maniera adeguata perché era troppo intento a rimirarla. Gli tirai una lieve gomitata per scuoterlo.

 

John scosse la testa, come se lo avessi svegliato da un sonno profondo ed immediatamente realizzò quanto mia sorella aveva appena detto. Mi guardò e sollevò le mani come a dire “E adesso?”

 

“E adesso siamo nei casini!” pensai io mentre mia sorella continuava a declamare entusiasta i progetti per i seguenti 7 giorni.

 

 

 

 

Mi scuso se non metto dei ringraziamenti come si deve e se posto un capitolo così corto 8e alquanto brutto, aggiungerei… -.-“ ) ma ho davvero pochissimo tempo e sono sempre sballottata di qua e di la! Spero di rimediare al più presto

Ringrazio Night, Andry, Thief e Zaz per le loro recensioni ma anche chi ha soltanto  letto!!

 

P.s= Approfitto di questo piccolo spazio per aggiungere…. HAPPY BIRTHDAY RINGO!!!

Detto questo….Ciao e alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Christmas Time is Here Again! (Part 2) ***


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Christmas Time is here again! (Part 2)

 

“E poi praticamente gli ho fatto rimangiare tutto a quel pallone gonfiato! Ha, con ME di sicuro non la spuntava..ma dico io..pretendere che faccia gli straordinari solo perché LUI deve andare in vacanza? Ma non esiste!” mia sorella concluse la sua invettiva contro un collega di lavoro che le dava filo da torcere e dette un lungo sorso al boccale di birra che si era presa.

 

Io scossi leggermente il mio bicchiere, appena toccato: la neve fuori cadeva leggera, attecchendo perfettamente ai marciapiedi di Olm Street: la vedevo chiaramente dai vetri smerigliati del pub dove Cecilia mi aveva(anzi CI aveva) portato.

 

John si era ritagliato un angolino accanto a me, aveva la testa poggiata sui gomiti ed ascoltava tutto quello che mia sorella diceva con estremo interesse.

 

Ovviamente, quando lei aveva attaccato a parlare di quella puntata imperdibile di Sex and the City, il suo sguardo si era un po’ appannato ma (chissà perché) non appena aveva intuito l’argomento (o meglio, uno degli argomenti principali) della serie, la sua attenzione era tornata più vivida che mai.

 

Avevamo scarpinato per Londra un intero pomeriggio, senza una meta precisa, ricordando i Natali passati ed aggiornandoci sulle ultime novità (ovviamente avevo provveduto a saltare le questioni sentimentali con grazia innata).

 

John ci aveva seguito tutto il pomeriggio, il berretto nero  di pelle calcato in testa in quel modo strano, attento ad osservare ugni minimo particolare di quella Londra moderna, per lui incomprensibile quanto un manoscritto in greco antico.

 

Avevamo avuto modo di uscire in quell’ultimo mese: avevo tentato di fargli un “corso di aggiornamento accelerato” (parole sue)  sulle novità moderne, ma John dopo un po’ si era stancato, lagnandosi che era troppo complicato e che “preferiva imparare dai suoi errori” (senza specificare cosa intendesse per errori).

 

Per lui L’ipod nascondeva ancora un micro disco al suo interno, il computer era una “macchina delle meraviglie”, il cellulare un’inutile violazione della tranquillità dalle suonerie insulse (una volta, sentendo una pubblicità che declamava le qualità di una “nuova fantastica suoneria” ebbi seriamente paura che scagliasse il posacenere contro lo schermo, visto il modo convulso in cui lo stringeva) e “Art Attack” era una genialata al pari dei film di “Monty Python.”

 

“Problemi, problemi, sempre problemi!” sbottò Cecilia facendo una faccia esageratamente esasperata “ma suvvia..pensiamo che è Natale e che dobbiamo divertirci! Che bello Natale!”

 

“Ma tua sorella si risponde da sola?” aveva osservato John, che non si perdeva neanche una parola che usciva dalla bocca di Cecilia.

 

Alzai le spalle in maniera impercettibile e detti un sorso alla birra, assaporando la live schiumina bianca rimasta in superficie.

 

“Uffa, questo è un altro dei momenti in cui vorrei essere visbile..” disse John guardando imbronciato la bottiglia.

Feci un sorriso a mia sorella (non avevo ancora risposto alla sua lamentela contro i problemi) “Si..proprio bello il Natale! Scusami che prendo una cosa……”

 

La mia testa spiccava al di sopra del nostro sedile (il pub era provvisto di eleganti tavolini privè) cercando quella cosa che avrebbe fatto stare tranquillo John. La trovai e cominciai a muovermi verso l’esterno (mia sorella mia guardava perplessa) mentre John scivolava via a sua volta per permettermi di passare (anche lui un po’ spaesato).

 

“Scusi mi da una cannuccia?” chiesi al bancone del baro, sfoggiando l’aria più spavalda che potessi . Il barista mi guardò un po’ strano, ma poi mi porse una cannuccia rosa e si girò dall’altra parte per servire l’ennesimo drink ad un cliente.

 

Sia Cecilia che John mi avevano osservato con il medesimo interesse (John sembfava parecchio divertito in realtà) e fu solo quando mi fui seduta al tavolo, con la birra davanti e la cannuccia in mano, pronta per essere immersa nel bicchiere che mi accorsi di avere un’aria abbastanza ridicola.

 

“Mi piace di più con la cannuccia” buttai li a mo’ di spiegazione ficcando la cannuccia nel bicchiere e dando un rapido sorso (Cecilia mi fissava come se fossi impazzita e John osservava la cannuccia che si avvicinava alle mie labbra).

 

Piazzai  con un movimento rapido la birra davanti al dispensatore di tovaglioli, per coprire la vista di un boccale di birra dove il livello di quest’ultima si abbassava apparentemente senza motivo e, per ulteriore precauzioni tappasi il vetro con la mano.

 

John si spostò verso di me, sporgendosi verso il bicchiere “Non è che mi attacchi qualche malattia, vero?

 

Mi sforzai di non guardarlo (per non confermare l’ipotesi di Cecilia che fossi completamente partita dopo soli due sorsi) e cominciai a parlare del tempo.

 

“Bah, peccato  che la cannuccia sia rosa! Vabbè la ignorerò..” disse John sporgendosi ulteriormente e poggiando lievemente le labbra sulla cannuccia.

 

“Ariadne, stai parlando del TEMPO?” mi disse Cecilia ridacchiando leggermente “Cioè, io ti ho fatto il resoconto di questi ultimi sei mesi, con particolare enfasi su come uno di questi giorni infilzerò Sithson con la sua adorata MontBlanc…e tu mi parli del TEMPO?”

 

“Ehm…” dissi cercando di distogliere la mia attenzione da John che beveva la birra con la cannuccia ed  aveva un’espressione di assoluta beatitudine stampata in volto “non è che sia successo molto…Ho una vita tendenzialmente piatta.”

 

Cecilia alzò le sopracciglia “ A me non la racconti Ariadne.” Mi diede un colpetto sulla mano destra (quella non impegnata a coprire il vetro della birra). John approfittò per staccarsi dalla cannuccia, me la indicò e disse “Prego, questo è un ottimo “svia conversazioni!”

 

Seguii il suo consiglio e mi attaccai a mia volta alla cannuccia.

 

“Eh no!” esclamò Cecilia allungando la mano e sottraendomi il bicchiere (sentii John mormorare un “Nooooooo! Mia birra!” allungando le mani verso il bicchiere che si allontanava).

 

“Ehm, ma non ho nulla da raccontare!” dissi io riacchiappando il bicchiere (e pregando dio, budda, allah, Elvis, o chiunque fosse disposto ad ascoltarmi che mia sorella non notasse come la birra era diminuita) e dando un altro rapido sorso.

 

“Se se, raccontala a papà, razza di furbastra” il bicchiere mi fu di nuovo sottratto.

 

“Ti dico di no!” il bicchiere tornò nelle mie grinfie (John seguiva lo spostamento del bicchiere con gli occhi)

 

“Uffa ma perché fai così?” si lamentò mia sorella strappandomi di nuovo il bicchiere e mettendolo sul sedile accanto al suo.

 

“Pardon mademoiselle” disse John scivolando sotto il tavolo, diretto verso il prezioso nettare giallo.

 

“Perché…beh non c’è molto di cui voglia parlare..cioè non è che non voglia parlarne con te!” aggiunsi notando l’espressione ferita di mia sorella “ è che..beh non so è un periodo un po’ così. Ho così tanti pensieri per la testa…”

 

“Ok, come si chiama lui?” sparò mia sorella.

 

Probabilmente sobbalzai come se avessi preso la scossa “Ehm..lui CHI?”

 

“Lui chi? Ariadne sveglia! Ma ovviamente il ragazzo che ti fa tanto penare…vedi questi son o i segni tipici del rincoglionimento da innamoramento! “iniziò mia sorella.

 

Spalancai la bocca “Ehm no.”

 

“Oh si!” annuì vigorosamente mia sorella facendo ondeggiare i suoi capelli color rame.

 

“Va bene..ehm..MI VEDO con un ragazzo..” ammisi (tecnicamente non era neanche una bugia. La “pecca” stava nel fatto che questo ragazzo era un fantasma)

 

“Aha! Allora c’è un ragazzo! “urlò mia sorella indicandomi con un dito, il trionfo dipinto sul volto.(mezza gente nel locale si girò verso di lei)

 

“Si, sono io..” vidi la mano di John sbucare da sotto il tavolo

 

“Ehm, è…” mi affrettai a trovare una scusa che rendesse felici tutti e tre “è solo un amico Cecilia, Solo un amico, nulla di più.” Disse (ringraziando il cielo che John fosse sempre impegnato a tracannare la birra e che non mi stesse guardando con quella sua aria particolare, che sembrava scavare dentro i tuoi pensieri).

 

“Se se, un amico.Dicono tutti così e poi…amici amici….” Disse mia sorella agitando una mano.

 

“Però! Mica male come prospettiva!” ecco John che risbucava da sotto il tavolo, le guance in fiamme per la bevuta e l’aria serena (anche se i suoi occhi avevano sempre qual particolare guizzo che indicava l’avvicinarsi di qualche buffonata delle sue).

 

Puntualmente le mie guance si tinsero di rosso: strinsi gli occhi ed i pugni pensando “Perchèèè? Perché a me la sorella pettegola?”

 

“E come si chiama il tuo amico?” indagò Cecilia sporgendosi verso di me e sbattendo le ciglia “a ME lo puoi dire, lo sai!”

 

“Ehm…..J..ehm..Winston, si chiama Winston!” improvvisai (procurandomi un’occhiataccia da parte di John che detestava essere associato a quel nome).

 

“Winston? Che nome altisonante!” rise mia sorella “ uh, mi sa di ragazzo intellettuale..Uh uh la mia sorellina che se la fa con gli intellettuali…”

 

John proruppe in un piccolo attacco di tosse che poteva benissimo dissimulare una risata.

 

In quella ebbi un’idea: forse avevo trovato il modo di passare un po’ di tempo da sola con John, senza interferenze esterne.

 

“E, ehm beh Cecilia…devi sapere che..ehm stasera io e questo ragazzo dovremmo uscire…”

 

“Che carini! Posso conoscerlo?”

 

“NO!” sbraitai io forse un po’più forte del dovuto (John ormai era completamente andato e non si preoccupava neanche di nascondere le risate)

 

“Gelosetta eh?” mi provocò lui solleticandomi leggermente un fianco “Sei gelosa di me! Ah, ma che dolce!”

 

“Non sono gelosa..” risposi a voce alta.

 

“E chi ha detto nulla?” disse Cecilia “peccato, volevo proprio vederti.Tu e Mr Intellettuale!”

 

Sospirai: ecco cosa non mi mancava di quella sorellona-ona residente  a Boston.La sua mania per i pettegolezzi..ovviamente in formato rosa.

 

Cecilia guardò l’orologio “Oh cavoli! Sono quasi le sette! Dobbiamo andare a casa….immagino tu debbe prepararti per il tuo appuntamento galante….”

 

Alzai gli occhi al cielo e John, quando Cecilia era fuori dalla portata uditiva mi bisbigliò all’orecchio “ “Menomale non si è accorta che ho finito tutta la birra!”

 

 

Penny Lane:

 

Andry: Eh si, sarà dura per John ed Ari trovare un attimo per stare da soli.Immagino sia sia visto che la sorella di Ari ha ereditato una naturale…ehm vivacità da un non meglio precisato membro della famiglia!

Thief: Sono contenta che ti sia piaciuto! Meno male…(allora fa schifo questo…) Il padre di Ari lo stimo da morire perché da giovane suoanava Pink Floyd e Led Zeppelin oltre che i nostri Fab Four….cercherò di approfondire di più il personaggio perché ha in sé degli elementi che si riveleranno importanti nella storia.

Night John è sempre il solito allupato U.U Ormai lo sappiamo che è fatto così … (* si gira a guardare Joh che guarda la tizia sulla copertina di una rivista di computer) Devo decidere se inserire tutti e 7 i giorni…o se glissare (perché sarà dura trovare espedienti per tutta la settimana -.-“)

Zaz: Si una sorella come Cecilia è la classica sorella a cui vuoi bene…ma che al contempo strozzeresti <3

La famiglia di Ari è abbastanza secondaria (a parte il padre, che avrà un significato particolare) perché non voglio cadere nella banalità e descrivere una famiglia perfettina stile Mulino Bianco. Lex per fortuna ora è a casetta sua a fare il muso e quindi…tanti saluti…E…si Ariadne è troppo frtunata..sigh, l’ho inventata io e la  invidio…sigh.

 

GRAZIE A CHI HA RECENSITO, MA ANCHE A CHI HA SOLTANTO LETTO!! ALLA PROSSIMA!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Help! ***


John Pictures, Images and Photos

 

Help!

“Sono ESAUSTA!” dissi entrando in camera e gettandomi a peso morto sul letto “ abbiamo fatto una scarpinata non indifferente..” aggiunsi socchiudendo gli occhi e portando le mani dietro la nuca.

 

“Da dove la prende tutta quell’energia tua sorella? E’ una macchinetta!” commentò John in tono divertito, la stanchezza appena percettibile nella sua voce, mentre si siedeva accanto a me sul letto.

 

”Mia sorella è sempre stata così…ha ereditato la vivacità di papò! Io invece sono calma e flemmatica come mamma…”

 

“Avevo notato…” osservò John allentandosi un po’ la cravatta nera  “..e hai preso anche la tendenza a pensare troppo!

 

Nah, io non penso troppo. Penso in maniera adeguata: sono le paranoie che mi fregano!” risposi e feci l’occhiolino a John, che era riuscito a venire a capo del nodo.

John rise e si spostò sul letto “fammi posto per favore..” mi chiese gentilmente.

 

Stupita, mi spostai verso sinistra e John, la cravatta allentata ed i capelli tutti scarruffati si stese accanto a me, incrociando le braccia sul petto. “Ecco. Così si sta più comodi” disse girando il viso verso di me.

 

Non so perché ma non mi ero ancora piename nte abituata alla confidenza che John mi dava, per cui dopo questo suo spostamento sentii la solita familiare sensazione di calore propagarsi sulle mie guance.

 

“Non ricordavo che Marylebone fosse così distante dalla zona di Buckingham!” commentò John fissando il soffitto con gli occhi sgranati e grattandosi il mento.

“Ah ah, ha parlato quello che non faceva due metri se non era scarrozzato dall’autista!” ribattei io piegando le gambe verso l’interno. John fece le spallucce, la sua reazione tipica quando non sapeva cosa inventarsi “Bah è lo stesso. O forse sono io che non sono capace di misurare le distanze….” Sospirò con fare rassegnato e si passò una mano fra i capelli, scoprendo per un attimo la fronte perennemente coperta dalla frangia “ sono sempre stato un disastro coi numeri…”

 

“Benvenuto nel club…” risposi girando a mia volta il viso verso di lui ed osservando il profilo aquili no di John, che aveva sempre la mano immersa fra i capelli. John mi guardò a sua volta e sorrise impercettibilmente.

 

“Io e te siamo due cervelloni portati per la poesia  e la letteratura! Due geni!” esclamò lasciando cadere la frangia.

 

“Si, certo “ commentai in tono sarcastico “un genio.. Non sono un genio John.”

 

Vinsi miracolosamente la mia abituale timidezza ed aggiunsi “Tu, tu sei il genio in questa stanza.”

 

John mi fissò con sguardo serio prima di abbassare gli occhi e rialzarli di nuovo verso il soffitto. “Essere un genio ha avuto il suo prezzo..Nella mia vita ho perso di vista tante volte le cose IMPORTANTI perché ero troppo preso dal mio egocentrismo e dalla consapevolezza che io, George, Ringo e Paul eravamo un gradino sopra tutto e tutti.”

“Lo eravate. “ribattei in tono risoluto “e lo siete ancora.”

 

John mi guardò di nuovo<. Era serissimo.

 

“E dai John! Lo sai benissimo anche tu che è così!” mi animai “la gente ascolta ancora le vostre canzoni! Diamine John la gente ride, piange, balla e si innamora con la vostra musica! E sulle note delle tue canzoni, ascoltando le parole che tu hai scritto si può ancora sperare che questo mondo non se ne vada definitivamente alla malora!”

John rimase in silenzio, contemplandosi le mani.

 

“E’ vero..” convenne, la voce bassissima “ hai ragione Ariadne. La gen te ci ascolta ancora, Ma la mia paura è che...” si inceppò un attimo, alzando un attimo gli occhi al cielo come alla ricerca di una qualche segno “ non so come spiegarti..”

 

“Prova..” lo esortai mettendomi su un fianco ed osservandolo. Mannaggia a John, riusciva ad essere adorabile anche quando era in preda all’indecisione!!

“Sai perché smettemmo di fare concerti?” mi chiese John in tono calmo.

 

“Perché le urla delle fan vi impedivano di suonare bene, vero?” risposi come la più diligente delle scolarette, pensando alle registrazioni dei concerti che avevo visto, dove le urla delle ragazze che assistevano raggiungevano livelli così alti che perfino le casse del televisore cominciavano a fischiare.

 

John scosse lievemente la testa “Si e no. Per gli altri era così…era impossibile riuscire a concentrarsi con quella cagnara di sottofondo. Sono ancora fermamente convinto che se ci fossimo  messi a fare finta di suonare o se ci fossimo messi a giocare a carte nel bel mezzo del concerto non se ne sarebbe accorto nessuno..” disse in tono amaro.

 

John riuscì a strapparmi un sorriso, mentre mi immaginavo i 4 su un palco, gli strumenti musicali davanti a loro ma le braccia conserte e dei sorrisetti beffardi stampati sui loro volti mentre le fan urlavano, si strappavano i capelli, mulinavano la testa come delle possedute e saltavano come capretti.

 

“Non era solo quello il motivo. Non per me almeno….” John sospirò e fece schioccare le dita mentre pensava a ciò che doveva dirmi e come doveva dirlo. Stava per aprire bocca quando un sonoro bussare lo costrinse a trattenersi.

 

“Ari?” la chioma rossa di Cecilia fece capolino dalla porta “ ma parli da sola? Stavo salendo le scale e ti ho sentito parlare…”

 

“Ah! No Cecilia, era solo il telefono.” mi affrettai a dire afferrando l’Iphone a mo’ di scusa.

 

John era piombato in un silenzio pensieroso ed aveva sempre gli occhi rivolti al soffitto come se stesse guardando i poster affissi…ma era evidente che stava pensando al discorso che stava per farmi.

“Ah, ok!” mia sorella parve risollevarsi ed abbandonare l’idea che la sua sorellina fosse un po’ tocca.

 

“Ma..quando hai intenzione di vestirti?” mi chiese con fare accusatorio.

 

“Vestirmi?” ripetei con aria stolida.

 

“Si sorellina…vestirti!”

 

“Ma…sono già vestita” osservai stupidamente (John intanto si era risvegliato dalla sua meditazione, aveva ritrovato la sua abituale  verve e stava ridacchiando come suo solito, pensando chissà cosa dopo aver ascoltato lo scambio di battute fra me e mia sorella)

“Intendo vestirti per stasera, razza di rimbambita!” fece Cecilia avvicinandosi verso di me con un’aria che non prometteva nulla di bono. “Stasera non devi uscire con Mr Intellettuale?” mi chiese mentre una luce maniacale le attraversava gli occhi.

 

“Ehm..si..” balbettai. Conoscevo bene quel luccichio negli occhi di ma sorella e ciò significava una cosa sola.

 

Guai.

 

“E pensi di andarci conciata così?” disse indicando i miei vestiti con aria scandalizzata.

 

“Ehi, io non sono conciata in nessun modo!” mi ribellai afferrando un lembo della mia felpa blu scuro come per darmi ragione ed osservando i miei blue jeans e le scarpe da tennis bianche.

John intanto si era messo a sedere sul letto ed osservava la scena estremamente divertito. Sembrava che la serietà di pochi minuti prima fosse solo un ricordo lontano.

 

“Beh Ariadne, ora sei sotto le mie grinfie! Quindi, come sorella maggiore credo di avere qualche diritto….” Bisbigliò mia sorella “non posso perdonarti il fatto che non volevi dirmi del tuo….ammiratore…quindi mi prenderò la giusta rivincita sistemandoti a dovere per questa sera!”

Ora si che ero nei guai…

 

“Ari? Ma quanto ti ci vuole?” mia sorella tamburellò con le unghie sulla porta del bagno.

 

“Un attimo, santo cielo!” avevo risposto io da dentro.

 

Come avevo previsto, Cecilia aveva deciso di occuparsi del mio look per “L’appuntamento galante” come lo chiamava lei. Aveva insistito per truccarmi e John aveva assistito a tutta l’operazione, il terrore dipinto negli occhi mentre mia sorella mi “torturava” con strumenti dal terrificante nome di “Eyeliner” e “mascara”.

 

Dopo il trucco Cecilia mia aveva scaricato fra le braccia una pila di vestiti presi dal suo guardaroba, scelti appositamente per me. Ovviamente avevo dovuto trovare una scusa per andare a cambiarmi in bagno perché John aveva sfoderato quella sua solita aria allucinata che assumeva ogni volta che le situazioni in cui ci trovavamo assumevano una piega “interessante” come la definiva lui.

 

Mi guardai allo specchio per la prima  volta in tutta la serata e l’immagine che ricambiò il mio sguardo mi lasciò piacevolmente sorpresa: i miei capelli erano la solita matassa riccioluta di sempre, ma il trucco che mia sorella mi aveva applicato sul viso era impeccabile. Indossavo una giacca nera corta ma elegante dai bottoni bianchi, una camicia bianca ed una minigonna a trama scozzese bianca su sfondo nero; avevo un paio di calze nere anch’esse e degli stivaletti alti fino allo stinco pure quelli neri.

 

Mi sentivo strana: non ero il tipo da vestirmi elegante, tuttavia era una sensazione piacevole (anche se sentivo dentro di me che queidannati stivaletti col tacco mi avrebbero tradita, nel corso della serata).

Quando entrai in camera, ostentando un a camminata che voleva essere sexy ma che in realtà era solo goffa e con un sorriso imbarazzato stampato in volto, mia sorella lanciò un gridolino e battè le mani entusiasta.

 

John, che fino a quel momento aveva la testa reclinata intenta ad osservare la trama del tappeto, alzò il viso non appena sentì il grido di mia sorella. Gli occhi gli diventarono della dimensione di due palline da ping-pong da quanto li spalancò e la bocca si aprì in maniera indecorosa.

 

“Cvoli, Ariadne! Ma sei uno schianto!” commentò John con la sua abituale schiettezza disarmante, ma che mi fece andare su di giri. John sbattè gli occhi, come per sincerarsi di non aver preso un abbaglio ed aggiunse “ Diamine, ma chi me lo fa fare di rimanere invisibile? Quasi quasi disubbidisci a Big Jim…” aggiunse in quel tono di voce che ti impediva di capire se stesse dicendo sul serio o se stesse facendo una delle sue battute.

 

“Bene, direi che Mr Intellettuale, per quanto sia attaccato ai suoi libri non potrà nom rimanere a bocca aperta!” commentò mia sorella con l’aria di chi la sa lunga.

Ovviamente non potevo evitarmi la mia abituale figura misera e, quando feci un passo avanti per andare a prendere la borsa sentii tremare il tacco a cui non ero abituata sotto i piedi e l’equilibrio andò a farsi benedire; caddi a terra come un sacco di patate.

 

“Ehm…ok rimarrà a bocca aperta fino a quando non deciderai di fare un passo avanti,,,,” aggiunse mia sorella mordendosi un’unghia, mentre John rideva di gusto ed io cercavo di calmarmi.

 

John rise solo per pochi secondi, di riflesso al mio ruzzolone ridicolo ma non per cattiveria; ritornò subito serio e preoccupato e mi chiese col suo solito tono calmo e gentile se mi fossi fatta male.

 

Feci una smorfia che doveva rappresentare un sorrisetto per sdrammatizzare (mi sentivo un’idiota per aver fatto una simile figura davanti a lui) e scossi leggermente la testa.

 

“Bene!” si rianimò mia sorella dopo che ebbi riacquistato l’equilibrio e recuperato la borsa “dimmi dove ti devo portare con la macchina. Sono curiosissima di incontrare Mr Intellettuale!”

Io e John ci scambiammo un’occhiata rapida nella quale potevamo leggere a chiare lettere la preoccupazione e la sorpresa.

 

Questa era un’eventualità che non avevamo considerato!

 

Penny Lane

Finalmente riesco a pubblicare questo capitolo, dopo una lunga gestazione ed un calo di ispirazione!

Purtroppo devo scappare subito: ho “rubato” questi 20 minuti dallo studio per ricopiare a computer quello che avevo scritto a mano e ora devo tornarci…-.-“

Ringrazio le sempre fedeli Zazar e Thief  e la new entry Brookelle! Sono contenta che la storia ti piaccia!!!

GRAZIE A CHI HA RECENSITO, MA ANCHE A CHI HA SOLTANTO LETTO!! ALLA PROSSIMA!!!

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Capitolo 22
*** I need you ***


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I need you

 

“E se ci segue?” bisbigliò John mentre ci infilavamo dentro un bagno della metropolitana. “E’ proprio per questo che andiamo a nasconderci qui..”risposi io con un filo di voce, allungando il collo come uno struzzo per intercettare quella familiare chioma rossa e mentre spingevo John dentro il cubicolo.

 

Il bagno era stretto e sporco ma, se non altro era una stanza chiusa, dove io e John avremmo potuto parlare indisturbati cercando di far passare il tempo ed eventualmente scoraggiare quella maledetta ficcanaso di mia sorella.

Convincerla a non portarmi in auto era stato più complicato del previsto: Cecilia aveva insistito, mi aveva tirato così tante gomitate nello stesso punto che, sarei stata pronta a giurare che mi ci avesse lasciato il livido.

 

“E dai, Ariadne!” aveva piagnucolato quell’inguaribile testarda “ voglio vedere chi è riuscito a far breccia nel cuore della mia sorellina acidella…”

“Non sono acida…”avevo puntualizzato io fulminando mia sorella con lo sguardo.

“Aha! Allora ammetti che lui ha fatto breccia nel tuo cuoricino?” aveva rilanciato lei con un sorrisino irritante.

“Non ti rispondo neanche..”

 

Insomma, aveva continuato così per un quarto d’ora buono. John aveva pure avuto il tempo di farsi un giro dell’isolato a corsa, suonare ai campanelli dei vicini e mettersi a cantare “Last Christmas”(lo aveva imparato perché le radio non avevano fatto altro che bombardarci con quella canzone) prima che mia sorella avesse finito con le suppliche.

“Ma che razza di cavaliere è uno che non viene nemmeno a prenderti?” aveva ululato Cecilia da casa, mentre io mi allontanavo a razzo, con John al seguito.

“Ci siamo dati appuntamento.” Tagliai corto, cercando di camminare a passo svelto su quei dannati trampoli che avevo acconsentito a mettermi

 

Io e John avevamo camminato velocemente verso la stazione della metro: se le persone che ci oltrepassavano, cariche di pacchi pieni di regali e roba da mangiare, avessero potuto vedere John, avrebbero visto la coppia più stramba del mondo in circolazione.

Avrebbero visto John col suo fedele cappellino alla Lenin calcato in testa ed il cappotto nero e lungo che camminava all’indietro, allungando il collo come per cercare qualcuno e stringendo gli occhi in due fessure, perché la sua miopia gli impediva di distinguere le cose e una ragazza infagottata in un cappotto bianco che camminava a passo spedito ma alquanto traballante e che, periodicamente lanciava occhiate preoccupate alle sue spalle, manco fossero inseguiti da qualche mafioso o dai servizi segreti.

 

“Dici che ci ha rinunciato?”mi chiese John appoggiandosi alla porta tappezzata di scritte del bagno ed incrociando le braccia sul petto.

 

“Lo spero per me. Se si accorge che è tutta una bufala mi prenderà in giro finchè vivo..” borbottai mettendomi accanto a lui.

 

“Bah quante storie..”brontolò John “e pensare che potrei rendere le cose più semplici e rendermi visibile!”

 

“No, John!” squittii, terrorizzata solo al pensiero.

 

“Oh, capisco..Ti vergogni?” disse lui in tono triste e guardandomi con una faccetta tutta contrita, con tanto di labbro che tremava.

“Ma no John!” risi io alzandomi sulle punte dei piedi per arrivare a scompigliargli la frangetta “è che..ho paura.”

“Paura? Pensi che mi riconoscerebbe?” mi chiese lui con un sorrisetto ironico, risistemandosi distrattamente la frangia scompigliata.

Scossi la testa “Non è solo per questo.Io..ecco è che ho paura per te!”

 

John rimase un attimo imbambolato, con la mano a mezz’aria “Per me?” ripetè con aria stupita. Poi sorrise “Hai forse paura che qualche fan scatenata mi riconosca e mi rapisca….o che qualche scienziato pazzo tenti di fare esperimenti su di me? Oppure che mi arrestino?” ridacchiò lui.

Poi tornò serio tutto d’un colpo.

 

“Oh mio dio! Ma se qualche mia fan mi riconoscesse vorrebbe dire che avrebbe…”John fece un rapido calcolo borbottando qualche cifra a mezza voce e contando sulle dita “ Porca miseria, sarebbero delle mummie fra i 60 e i 70 anni!” esclamò guardandomi terrorizzato.

Sorrisi per un attimo,immaginando me e John rincorsi da una mandria di anziane e rispettabili signore che, dimentiche della loro dignità e degli acciacchi, ci correvano dietro urlando come pazze. Per non parlare di quei tizi in camice bianco in fondo al gruppo.

 

“Ehm, Ariadne?” John mi sventolò una mano davanti al viso e mi resi conto che ero ripiombata in uno dei miei soliti “sogni ad occhi aperti”.

“Ehm, si John, scusa pensavo a una cosa..”

“Fammi indovinare…Stavi elaborando l’omicidio di tua sorella!” disse John in trono da cospiratore e stropicciandosi le mani

“No John, era solo la mia fantasia che galoppava…”

 

John alzò un sopracciglio, ma non fece battutine “Allora, che volevi dirmi?”

 

“Beh stavo dicendo che ho paura per te..”

 

“Oh Ariadne, sono grande e vaccinato: so badare a me stesso!” scherzò John dandomi un buffetto sulla guancia (ovviamente avvampai, ma ormai John non se ne accorse a causa delle luci basse).

 

Feci cenno di no con la testa: come diamine facevo a dirgli quello di cui avevo paura senza fare la figura dell’idiota?

“John, seriamente..è che ho…paura che tu…” iniziai a gesticolare.

 

“Paura che io?” mi incalzò lui.

“Paura che tu te ne vada!” riuscii finalmente a dire.

 

“Ma io non voglio andarmene!” rispose lui guardandomi con occhi sgranati “sono contento di essere sceso quaggiù a dare un’occhiata!Devi sapere che il mio è stato..diciamo un permesso speciale..E non ho intenzione di tornarmene lassù..” e indicò il soffitto con un dito. “ e poi,  passare le giornate con te è uno spasso.Sei una ragazza in gamba Ariadne, sono felice di aver trovato proprio te.”

 

“I-io…ti ringrazio John” balbettai (ovviamente ero in brodo di giuggiole, non capivo più niente, ero completamente in estasi ma cercavo di darmi un contegno, per non far rimangiare a John le sue parole “P-però..io ho solo paura che ti portino via se fai qualcosa di..illecito..”

John aggrottò la fronte.

 

“Cioè, che ti…non so neanche come spiegarlo…Non è che se fai qualcosa di sbagliato arriva una specie di fulmine e ti porta via?”

“Ti senti bene?” mi chiese lui osservandomi sempre con occhi sgranati.

 

“Ok, fa come se non avessi detto nulla..” mi affrettai a trovare una scusa per rimediare all’ennesima figuraccia, ma John mi osservava sempre con quell’aria stupita. Trassi un profondo respiro e ala fine sputai il rospo.

 

“Ecco, il fatto è che…non so come la potrei prendere se tu te ne andassi…Se ci fosse qualche problema. Lo so che ti sembrerà stupido ma…ecco ci tengo a te. Mi sono affezionata. Cioè..ti voglio bene in poche parole. Ho bisogno della tua presenza, ormai è diventata parte integrante della mia vita…”

 

Inaspettatamente ebbi pure il coraggio di guardarlo dtritto negli occhi mentre gli confessavo questi miei deliri: John non si scompose ed ascoltò tutti i miei balbettii sconnessi ed il mio gesticolare come una pazza. “Ok, l’ho detto, ora puoi pure pensare che sono una cretina.”

 

“Ariadne..” disse lui fermandomi i polsi per impedirmi di continuare a gesticolare come per scacciare mosche invisibili “non potrei MAI pensare una cosa del genere…anzi.” Sorrise incoraggiante “sei la persona migliore che abbia mai incontrato in questi ultimi tempi! Ci tengo pure io a te….”

 

Credo di aver sorriso come un’ebete in quel momento e John, per sdrammatizzare mi dedicò una di quelle sue espressioni assurde e riuscì perfino a strapparmi una risata. Era un bellissimo momento, non mi importava neanche più del fatto che fossimo chiusi nel bagno sporco della metropolitana.

 

“Allora, che si fa ora? Devo dire che stare tappati in un cesso della metro come “appuntamento galante” è un’esperienza alquanto bizzarra…Ma forse non rientra fra le nostre priorità, giusto?” mi disse, sempre stringendo le mie mani.

 

“Ehm…hai ragione.” Detti un’occhiata all’orologio “dovremmo avere la prossima corsa fra 5 minuti ed abbiamo poco tempo se vogliamo vedere anche l’inizio del film!”

 

“Uh, allora andiamo a vedere un film!” disse John tutto contento mentre aprivo la serratura.Mentre aprivo mi ricordai del discorso che John aveva iniziato prima di essere bruscamente interrotti da mia cugina e mi ripromisi di chiederglielo il prima possibile. Io avevo detto a John quello che pensavo, ora stava a lui sfogarsi con me….ma chissà perché farsi queste grandi confidenze durante la proiezione di un film horror non mi sembrava la migliore delle idee!

 

Penny Lane:

E riecco Ariadne alle prese con il “fantasma” di John (anche questo capitolo arriva dopo una lunga attesa). Si, lo soè un capitolo altamente diabetico e alquanto scazzato ma….ehm collegandolo al capitolo successivo era troppo lungo! Passiamo alle recensioni, sempre graditissime ^__^

La luna di Hogwarts:Che bello, un’altra lettrice! Sono  felice che la storia, le canzoni e …John (<3) ti piacciano..Davvero non ti piace Ariadne? Ahaha beh se devo essere sincera la invidio un po’ anche io (non a caso le ho dato le mie sembianze per una sorta di….soddisfazione personale!) Ho letto la tua recensione proprio ora, neanche a farlo apposta! Ho aggiornato, prometto di essere un po’ più assidua, visto che avevo un po’ abbandonato questa storia..Grazie per la recensione!

LadyFede: Ehh, ci voleva un altro..”impaccio” per quei due poveri disgraziati! Per il carattere di Cecilia mi sono un po’ispirata ad una ragazza che conosco..Anche lei è un po’ impicciona ed a volte rasenta l’impertinenza…Però almeno è simpatica J Grazie per la recensione

Night: Eh si, Cecilia sarà un bel grattacapo per Ari e John…meno male resta solo per le vacanze natalizie, altrimenti quei due non farebbero vita, poveretti! Per il discorso di John dovrai pazientare ancora un po’..Ari ha perso l’occasione per chiederglielo ma…chissà poi che succederà! Grazie per la recensione :)

Thief: Io essendo figlia unica non ho mai subito simili torture….a parte da parte di mia mamma quando ero molto piccola. Mi vestiva e mi rivestiva come una bambola a misura di bambina o.O (per esempio ho ancora delle foto dove mi aveva vestita da cappuccetto rosso per farmi delle foto…e non eravamo a carnevale, anche se ovviamente non mi ha mandato in giro conciata a quel modo ) John sta seriamente pensando si disubbidire ma….ci sarà Ari a farlo desistere dal farlo! Non sia mai che John venga portato via da un fulmine, perché ha disobbedito alle regole! Grazie per la recensione!

Andry: All’inizio pensavo di far parlare un po’ di più Johnny ed interromperlo in un altro punto..ma così ho raggiunto il mio obiettivo e ho creato più suspance *risata malefica* Mi fa piacere che sia coinvolgente…ho sempre paura di scrivere valanghe di cretinate T__T *prende in prestito un fazzolettino da John* Grazie per la recensione!!

Zaz: I timori di John verranno resi più chiari più avanti nella storia, ora è sempre troppo presto (non è vero, l’ho fatto solo per tenervi col fiato sospeso) *Ari uccide la vocina della coscienza con il artello d’argento dio Maxwell* Ehehe Ari ha fatto colpo su John! Ta daaan! E ovviamente ha fatto subito il ruzzolone(ehm..chissà da chi ha preso….) Coomunque..più che triste direi che era snervante cercare di suonare in mezzo a tutte le urla! Grazie per la recensione!

 

Grazie anche a chi ha soltanto letto…alla prossima!!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** Girl ***


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Girl

 

Dopo aver passato tutto quel tempo nella metropolitana riscaldata, uscire di nuovo nella fredda aria Londinese fu un piccolo trauma. Era buio e freddo e piccoli fiocchi di neve scendevano lentamente dal cielo, posandosi sulle nostre giacche.

 

John aveva il cappotto trapunto dam piccole scaglie bianche di neve, ma non se ne curava. Aveva il viso sollevato verso l’alto, il naso e le guance arrossati dal freddo ed osservava con aria estasiata il cielo che lanciava fiocchi di neve come se fossero tanti piccoli coriandoli bianchi che ti si attaccavano addosso.

 

Mi strinsi nel cappotto, cercando di farmi un po’di caldo e, a differenza di John che se ne stava con il naso in aria io lo affondai nel colletto del cappotto, nel vano tentativo di riscaldarlo.

 

John era sempre intento ad osservare i fiocchi di neve; aveva un’espressione assorta e concentrata, ma c’era anche una specie di curiosità quasi infantile nel modo in cui li osservava cadere.

 

Continuai a camminare, lottando con il mio equilibrio precario su quei tacchi maledetti e osservando l’insegna luminosa del cinema Lumière che brillava in lontananza.

 

“Fa freddino, eh?” disse John in tono divertito.

 

“Un po! Ma ho sentito di peggio.”

 

“Ricordo che a Liverpool faceva un gran freddo d’inverno. Estati brevi e piovose ed inverni lunghi, estenuanti e gelidi.”

 

Annuii: ero stata a Liverpool d’inverno e ricordavo bene il freddo glaciale che permeava le strade.

 

“Ma in fondo non mi dispiace il freddo e l’atmosfera invernale in generale…” continuò John soffiando via un fiocco che gli si era posato sul naso “mi ricorda il Natale quando ero molto piccolo. I Natali passati con mia madre, poi con zia Mimi e zio George..” sospirò sommessamente ed intuii facilmente il perché di quel sospiro.

 

“Poi ci sono i Natali con i miei amici, forse quelli più belli della mia vita.” Disse John sistemandosi il cappello “..togliamo il forse.” Aggiunse alla fine.

 

“Deve essere stato bellissimo..” risposi io. Non scherzavo, mi immaginavo perfettamente John ed i suoi amici festeggiare il Natale tutti insieme, felici e senza pensieri.

 

“Si, ci mettevamo lì al tavolo e mangiavamo come una mandria di bufali….Cioè, George mangiava come un bufalo capobranco, noialtri come dei semplici bufali.”

 

Scoppiai a ridere: adoravo le similitudini strampalate di John.

 

“Poi, dopo aver mangiato aprivamo i regali, facevamo un po’ i cretini e poi ci mettevamo a giocare..” disse John in tono nostalgico “Ricordo che un Natale ci mettemmo a cantare le carole, con tanto di strumenti musicali….” Mi guardò per un attimo “naturalmente dopo essersi presi una sbronza di quelle che ti rendono incapace di distinguere la notte dal giorno.”e mi fece un occhiolino.

Sospirai. “Io…solitamente gioco a Tombola oppure a Scrabble coi parenti!” rivelai.

 

“Ah! Mi ricordo il Natale del ’64..Hai ma sentito una parola come “Lavestra” giocando a Scrabble?”

 

“No. Cosa vuol dire?” chiesi.

 

“Lavatrice-finestra. E ricordo che me la passarono pure come buona…”

 

Ebbi una visione ben definita di John, completamente sbronzo che batteva i pugni su un tavolo, strillando “Lavestra, lavestra!La lavatrice finestra!” e Paul, Ringo e George che ridacchiavano come degli ebeti e segnavano un punto per John, ovviamente troppo ubriachi per capire cosa stessero dicendo.

 

Nel frattempo eravamo arrivati al cinema: c’erano veramente poche persone ed io e John rimanemmo un attimo fuori ad osservare i cartelloni dei film in programma.

 

“Quello romantico lo escluderei subito..” sentenziai, lanciando un’occhiata alla locandina di un film che sembrava garantire pianti e crisi diabetiche.

 

“E anche il filmone impegnato….” Rincarò John indicando il poster di un film pluricandidato all’Oscar.

 

“E allora vada per un ben più banale Horror!” ribattei indicando l’ultima locandina di un film che sembrava promettere veri e propri attimi di terrore puro.

 

John mi seguì tranquillamente nell’atrio luminoso, mentre facevo il biglietto, osservando con curiosità la macchina dei Pop Corn.

 

“John, incamminati in sala.” Gli bisbigliai, notando che la gente dello spettacolo precedente stava iniziando ad uscire “io compro i pop corn.”

 

John obbedì e sparì dietro i drappi rossi che coprivano le porte della sala, mentre mi facevo strada verso l’erogatore di Pop Corn.

 Scelsi la versione maxi e sborsai 3 sterline.

 

Stavo per tornarmene in sala quando udii una voce squillante chiamarmi a gran voce.

“Ariadne!”

Strinsi gli occhi e serrai la bocca “Merda. Tutti ma non lei.”

 

“Ariadne, tesoro mio! Quanto tempo!” disse la ragazza infagottata in un cappotto bianco e rosso, avvicinandosi.

 

“Ciao Jessie.” Borbottai, girandomi di controvoglia verso di lei.

 

Jessie era la “celebrità” della mia scuola: aveva un anno meno di me, ma poteva sembrare molto più grande.

 

Jessie Sheldon possedeva quel tipo di bellezza che infligge duri colpi all’autostima: lunghi capelli di un biondo dorato, lunghi fino alla vita e così lisci da sembrare finti. Aveva il viso tondo con due occhi azzurri che, secondo alcuni le conferivano un’espressione ammaliante, mentre secondo me non facevano che ribadire quanto fosse stupida. Si, Jessie corrispondeva allo stereotipo della bionda bella e completamente scema, solo che,  la stupidità che la caratterizzava in tutte le faccende scolastiche o che implicassero un minimo di ragionamento era compensata da un’astuzia ed una perfidia incredibili quando si trattava di vestiti, mettersi in mostra e…ragazzi.

 

Non la odiavo, la trovavo semplicemente una povera idiota con un bel faccino, ma ero costretta a fingere di essere sempre felice di vederla perché….era mia cugina.

 

“Cara, come stai?” disse lei protendendosi per darmi un bacio sulla guancia.

 

“Non c’è male Jessie.” Risposi semplicemente, smaniosa di allontanarmi.

 

“Anche tu vai a vedere il film horror?” rise lei osservando il biglietto che stringevo nella mano sinistra.

 

“Eh, già.”

 

“Da sola?” disse in tono canzonatorio, osservando la confezione maxi di pop corn che reggevo e notando l’assenza di eventuali accompagnatori.

“Certo che NO.” Risposi un po’stizzita.

 

“Ah! Io ero con un gruppetto di amici.” Disse mettendosi dei guanti rossi

 

“Ah si?” risposi cercando di fingere interesse, ansiosa di levarmela di torno.

 

“Oh, si!” disse lei piantandomi in faccia quei suoi occhi celesti “ un po’ di amiche…Poi Patrick, Harry…e Alex O’ Gready!”

Senza volerlo trasalii: “Alex è qui?” dissi senza pensarci.

 

“Credo sia già uscito con gli altri..” rispose Jessie sistemandosi la lunga chioma  “Ma se vuoi te lo chiamo!”

“No, ti ringrazio Jessie. Non ce n’è bisogno.”

 

Jessie mi squadrò, sempre con quel sorrisetto beota stampato in volto “E’ uno spasso, ci sta raccontando un sacco d storie divertenti sulla sua vita in Scozia!”

“Già, sarà di sicuro interessante..”

 

Jessie fece un risolino ed annuì: “Credo di stare facendo tardi! Ti lascio al tuo film! Cercate di non impressionarvi troppo, tu e le tue amichette!”.

 

Normalmente non avrei neanche fatto caso ad una frase simile, ma questa volta non riuscii a trattenermi e sbottai. “Sono con un ragazzo.”

 

Jessie ridacchiò di nuovo (dio come avrei voluto strozzarla, ogni volta che faceva quel risolino idiota!)

 

“Ah ah! Auguri, buon film allora! Sempre che riusciate a vederlo!” mi fece un  occhiolino, mi soffiò un bacetto ed uscì dal cinema.

 

Quando entrai in sala notai che non c’era ancora nessuno e che John mi stava aspettando in piedi, in una fila centrale, con aria impaziente.

 

“C’era fila?”

 

 

“No, c’era una rompiscatole.” Borbottai

“Oh dio! “John sbarrò gli occhi “tua sorella?”

“No, mia cugina che forse è peggio.”

 

John mi guardò con aria esasperata.”Ma allora è una cosa di famiglia! Sei tu l’unica sana!”

 

Abbozzai un sorriso, mentre mi toglievo la giacca e mi mettevo a sedere sulla poltroncina blu, posizionando i pop corn fra le mani di John.

 

Non avemmo neanche il tempo di scherzare che le luci si spensero di botto, ed una musichetta inquietante annunciò la comparsa dei titoli di testa.

 

“Ehm..John?” bisbigliai “ti dà fastidio se…se nelle scene impressionanti mi stringo un po’ a te?”

 

John mi guardò, la luce dello schermo mi fece vedere abbastanza chiaramente la sua faccia sorridente e visibilmente compiaciuta “Buffo, stavo per chiederti la stessa cosa! Teniamoci per mano, ok? Però attenta, perché io ho una stretta stritolatrice!

 

 

 

Penny Lane:

E dopo un  mese e 10 giorni….riecco la cara Ariadne. In questo capitolo c’è stata la new entry, la cugina Jessie . Dico subito che, come Ariadne non la sopporto e, fortunatamente non ho una cugina così. Per creare Jessie mi sono ispirata ad una tizia che…beh si comporta esattamente come lei (anche se, a differenza di Jessie che pur essendo stupida almeno è carina, questa qui è solo stupida). Le mossette, le risatine, gli scuotimenti di capelli…..tutto preso da questa tizia. Passiam alle recensioni, sempre graditissime e molto attese J

 

Little Darling: Wow, una nuova lettrice! Come vedi ho aggiornato presto..spero che il capitolo ti sia piaciuto e che tu continui a seguire la storia! Grazie per la recensione.

Beth: …..e grazie anche a questa nuova lettrice! Wow, io..mi sento lusingata *//* Mi fa molto piacere che tu mi consideri così brava! J Eh si…essere Ariadne è uno dei miei sogni più ricorrenti e, per fortuna almeno nei sogni ho la possibilità di sentirmi realizzata. Ho letto la tua storia “Nowhere Boys” e mi è piaciuta molto! Mi sono ripromessa di recensirla al più presto, perché ho sempre pochissimo tempo…ma provvederò al più presto! ;)Grazie per la recensione>!

Thief : Non preoccuparti, non lascerò incompiuta questa storia! Magari ci metterò un po’ ad aggiornarla…ma non la voglio assolutamente lasciare! Beh il fatto che John se ne debba andare è un problema molto importante e più avanti avrà molto spazio….T.T La scena con gli scienziati mi fa morire J Mi sono messa a ridacchiare mentre la immaginavo e mentre la  trascrivevo *__* Grazie per la recensione!

La luna di Hogwarts: Mi sa che ti farò soffrire con i miei aggiornamenti, perché non so mai se l’ispirazone si farà sentire in tempi brevi! Xdd Continuando il discorso su Ariadne…..ok, mi sento più sollevata! Sarebbe stato tragico se la protagonista fosse risultata odiosa Xd (Anche se a volte la prenderei a bastonate in testa  perché non sa cogliere le occasioni al volo *coff coff* ) Grazie per la recensione!

Marty Youchy: Eh poveretti.Addirittura nei cessi devono andare per scampare da quel tornado di Cecilia! Mi piaceva tanto l’immagine di John con il suo fido cappellino e avevo bene in mente il contrasto che avrebbe fatto con Ari, che era vestita di Bianco 8si, mi immagino il capitolo come un film prima di scriverlo…dev’essere colpa di teatroxD) Ahh! John lo struzzo miope! *__* Povero caro, non ci vedeva un’accidente ma si ostinava a voler andare in giro mezzo cecato pur di evitare gli occhiali (ehm…mi ricorda qualcuno Xd) Grazie per la recensione!

Brokelle: Ehm..putrroppo ti ho davvero fatto aspettare un altro mese L I’m sorry! E’ che ho avuto l’ennesimo calo di ispirazione non avevo idea di come strutturare il capitolo (anche se sapevo già che ci avrei messo Jessie) Non ti preoccupare per il capitolo precedente, mi fa già piacere che tu segua la storia…e ti rringrazio per i complimenti! *__* Grazie per la recensione!

Zaz: Si, in effetti quel capitolo era più sul sentimental/diabetico…mi piace descrivere situazioni del genere…ed anche in questo ho voluto  inserire un’immagine che desse quest’idea (John che osserva i fiocchi di neve come jn bambino e il ricordo dei natali passati…*__*) Non preoccuparti per Ari, il suo affetto per John non puà vacillare (sperando di non aver fatto un mega spilier con questa rivelazione)..Per quanto riguarda John e la sua permanenza….beh come ha detto lui stesso nessuno ha parlato di tempistiche, quindi…chi lo sa Xd Grazie per la recensione!

 

 

GRAZIE A CHI HA RECENSITO, MA ANCHE A CHI HA SOLTANTO LETTO!! ALLA PROSSIMA!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Come Together ***


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Come together

Il Natale fu il solito meeting barboso con un reggimento di parenti, tutti strizzati nel salotto di casa mia. Dovetti sorbirmi le solite frasi fatte tipo “Ma quanto sei cresciuta!” “Ma sei dimagrita?” “E il fidanzatino?”  a cui John rispose con “Si e tu ti sei allargata? “No, è che mi piace comprarmi vestiti di due taglie più grandi “ e “L’ho fatto fuori” con una voce da serial killer che per poco non mi fece scoppiare a ridere in faccia all’ennesima bis-bis-bis ( così bis che si rischiava di rasentare il Medioevo, per lontananza) prozia zitella.

 

John non mi rese certo la vita facile durante il pranzo e la giornata in generale, girando intorno al tavolo come un avvoltoio, soffiando sulla tovaglia facendo volare briciole e sistemandosi accanto a qualche prozia particolarmente vecchia e palesemente zitella, guardandola fissamente e facendo versi animaleschi….la cosa notevole di tutta la giornata fu che mi sorella non mi chiese neanche una volta perché stessi mangiando a testa bassa e con l’aria di chi sta per scoppiare.

 

Capodanno, al contrario fu splendido: tutti i miei amici avevano deciso di sbronzarsi in discoteca e, visto che la discoteca non era proprio il mio ideale di divertimento ( e pensando che John, entro la fine della serata avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe tornato nell’Aldisù dalla disperazione) optai per una tranquillissima passeggiata in città….ma non scelsi un posto qualunque.

 

“Ma dove stiamo andando?” mi chiese John, cercando di riconoscere qualche edificio nel buio.

 

“Vedrai.” Risposi io sistemandomi la sciarpa nera e bianca al collo, uno dei regali che avevo ricevuto.

 

John sbuffò sonoramente “Uffa, non puoi approfittarti del fatto che non mi so orientare a Londra!Daiii Ariadne dimmi dove stiamo andando!”

 

Gli sorrisi e mi fermai . “BBeh, puoi vederlo da solo…” gli dissi indicando la strada davanti a me.

 

“Perché? Che cos….” Stava per dire John, prima di bloccarsi. “Oh, dio…” sussurrò guardando la strada davanti a sé “ma perché diamine hanno fattola linea di sorpasso a zig-zag?” chiese fissando le strisce pedonali di Abbey Road.

 

Alzai le spalle ed allargai le braccia.

 

“Oh..” ripetè John senza staccare gli occhi dalla strada. Poi si avvicinò alle strisce pedonali. Era così strano vedere Abbey Road di notte! La strada, di solito trafficata e piena di gente che si scattava foto sulle strisce o davanti ai cancelli degli studi EMI era completamente deserta e rischiarata dai lampioni, che però lasciavano tante zone d’ombra.

 

Era l’altra faccia di Abbey Road: tutti erano abituati a vederla di giorno, col sole o con la pioggia..ma ben pochi conoscevano l’aria suggestiva di quella stessa strada durante la notte.

John, eccitato come un bambino si mise a correre ridendo come un pazzo, mentre io gli arrancavo dietro.

 

“Ari, guarda! Noi eravamo qui, proprio qui! Guarda, guarda!” strillò John piantandosi in mezzo alla strada, proprio sulle strisce pedonali.

 

“Noi eravamo qui, lo ricordo benissimo! Faceva un caldo bestiale e nessuno di noi aveva voglia di fare la sfilata sulle strisce…” ricordò John mentre mi avvicinavo “ma ormai avevamo deciso di farla we non aveva senso tirarsi indietro…” guardò nostalgico la “rotonda” davanti alle strisce “c’era così poco traffico, la luce era giusta…a dovemmo fare cinque e più scatti e nemmeno uno andava bene.”

 

Si spostò verso il lato destro della strada. “Ecco, inizialmente dovevamo andare in questa direzione!” e cominciò a camminare verso di me, rimasta nella parte sinistra della strada, osservando John che raccontava.

 

Lui fece due passi e si fermò, di nuovo in mezzo alla strada.

 

“Però la foto non veniva mai bene. Non a causa delle macchine e degli autobus che passavano..Il fatto è che non c’era quel QUALCOSA che rendeva la foto particolare. Sembravamo semplicemente quattro persone che camminavano in fila..” guardò per terra ed allargò le braccia “in effetti stavamo per mollare tutto e pensare ad un’altra copertina. Col “White Album” dopotutto c’era andata così bene! Niente foto, niente disegni: solo il nostro nome ed uno sfondo bianco. Potevamo fare..che so, un “Blue Album” un “Red Album”, un “Black Album”…”

 

Sorrisi: chissà che razza di colore avrebbe tirato fuori John, se  l’idea di fare una copertina semplice avesse davvero avuto la meglio. Non mi sarei stupita se John avesse proposto un “Rosa Shocking Album” o un “Lightblue Album”.

 

“No..” riprese lui “noi dovevamo fare quella foto e non doveva essere la foto di quattro capelloni che attraversavano sulle strisce.” Nel buio riuscii quasi a vedere gli occhi scuri di John brillare “doveva essere la foto migliore, l’apoteosi, l’atto finale.Penso che tu lo sappia Ariadne..Ormai non eravamo quasi più un gruppo, ognuno di noi aveva…” John deglutì, pensando alle parole adatte da usare “ognuno di noi aveva preso la sua strada. Ma dovevamo chiudere in bellezza e parte di quell’aspettativa era tutta riposta in quella copertina. Così attraversammo di nuovo, partendo proprio dal punto in cui ti trovi tu ora.” Mi indicò per qualche secondo, poi percorse con lo sguardo tutta la strada “ e la foto, quella foto che volevamo è arrivata. Secondo me si possono capire tante cose da quella copertina..” fece un passo avanti, incapace di restare fermo “Siamo i soliti quattro capelloni che camminano, ma..c’era una forza diversa. Era ESATTAMENTE come avrebbe dovuto essere, non c’era nulla di sbagliato in  quella foto. Non c’erano auto, la strada era tutta per noi, e…beh ecco, io credo che sia una delle migliori foto che ci siano mai state fatte. In un certo senso è triste perché in quella foto non ci sono solo quattro persone: in quella foto ci sono 4 personalità ben distinte, quattro personalità che una volta combaciavano perfettamente ma che adesso erano in contrasto fra loro. Ma quelle quattro personalità, nonostante gli screzi e tutto continuavano ad essere UNITE: unite nella posa, unite nello scatto…ed unite sotto un nome, il nome di un GRUPPO. E per gruppo non intendo solo 4 ragazzi con degli strumenti musicali. Io intendo un gruppo dal punto di vista affettivo:loro sono stati la cosa più simile ad una famiglia che io abbia mai avuto e sapevamo che presto sarebbe finito tutto, che quel legame che ci univa da 10 anni si sarebbe spezzato e quella foto è la più lampante prova di quelal consapevolezza. Ma nonostante tutto ciò, noi eravamo INSIEME.”

 

Rimasi a bocca aperta e sentii un brivido di emozione corrermi lungo la schiena: John mi aveva appena rivelato qualcosa per la quale i più accaniti biografi e studiosi dei Beatles avrebbero fatto follie, pur di venirne a conoscenza. John mi aveva rivelato qualcosa di sensazionale, un segreto che aveva tenuto con sé per tutta la vita…e lo aveva rivelato a me, dopo morto sulle strisce pedonali di Abbey Road, per di più.

 

Sentivo che se avessi detto qualcosa avrei detto qualcosa di irrimediabilmente stupido e che avrei rovinato l’atmosfera, perciò mi limitai a fissare John. John mi stava fissando a sua volta, ma sembrava non vedermi davvero: sarei stata pronta a scommettere qualunque cosa sul fatto che in quel momento John stesse vedendo una Abbey Road diversa: una Abbey Road di 40 anni fa, con molti più alberi e con il sole forte.

 

Inaspettatamente John si mosse, ma non per raggiungere me, bensì il muro bianco degli studi EMI. Lo seguii, mentre si avvicinava al cancello e stringeva le mani attorno alle inferriate.

 

“John..”lo chiamai a bassa voce, avvicinandomi a lui e coprendogli una mano con la mia. John chiuse gli occhi, poi li riaprì di scatto, fissando quelle porte dove era passato tantissime volte.

 

“E’ così strano essere qui.” Disse a bassa voce “sembra che il tempo si sia fermato.Va bene, non ci sono più maggiolini bianchi sul ciglio della strada ma..qui è tutto come lo ricordavo. Ci ho passato così tante notti qua a incidere..Spesso ci addormentavamo sul testo di una nuova canzone e ci svegliavamo con gli strumenti sempre al collo, tutti indolenziti perché avevamo dormito nella solita posizione per ore.”

 

John rise, poi lanciò un’occhiata al muretto bianco<: era stato tinto da poco, ma già facevano capolino nuove scritte, nuove dediche,  nuovi pensieri tutti diretti a quei 4 ragazzi che avevano prodotto meraviglie fra quelle 4 mura e anche scritte dedicate a John e George, in particolare.

 

 John li osservò, reclinando la testa verso destra e toccò con le dita una sua caricatura, quella caratteristica caricatura stilizzata che qualcuno aveva disegnato sul muro accanto alla scritta “The dream is not over.”

 

Sorrise di nuovo e lanciò un’altra occhiata all’edificio bianco al di là del cancello, poi senza dire un parola si diresse di nuovo verso le strisce Aveva le mani in tasca e la schiena incurvata in avanti, proprio come nella copertina del disco.

 

Non eravamo neanche a metà dell’attraver samento pedonale, quando un botto improvviso ci fece trasalire entrambi. D’istinto guardammo il cielo e vedemmo delle luci colorate seguite da lunghe scie, le scie ddei fuochi artificiali.

 

“Ma tu guarda! “commentò John osservando un razzo che esplodeva e lanciava luci blu, rosse e bianche come la bandiera inglese “è passato un anno e non ce ne siamo accorti.”

Guardai l’orologio: era mezzanotte spaccata.

 

“Ti va se restiamo qui a guardare i fuochi?” mi chiese John osservandomi un attimo.

 

“Certo John.” Risposi sorridendogli. Ero così contenta, sentivo un inspiegabile senso di euforia mentre ci mettevamo in mezzo alla strada, con i visi rivolti verso l’alto ed illuminati dai colori dei fuochi.

 

E fu così che passammo la successiva ora: solo noi due, solo io e John in mezzo alle strisce pedonali di una Abbey Road deserta, dove il tempo si era fermato 40 anni prima.

 

Penny Lane

Aggiornamento ultra-mega-lampo prima di uscire: ho scritto questo capitolo oggi a scuola, dopo aver intravisto la foto che mi sono scattata ad Abbey Rod nelle pagine del diario. Mi dispiace di non poter fare i ringraziamenti come si deve ma….devo uscire in 5 minuti e ci tenevo a postare! Ringrazio Zaz, Beth, Little Darling e Lady Fede!

GRAZIE A CHI HA RECENSITO, MA ANCHE A CHI HA SOLTANTO LETTO!! ALLA PROSSIMA!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Got to get you into my life ***


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Got to get you into my life

Senza quasi rendermene conto arrivò il 7 Gennaio e quindi ricominciarono le levatacce per andare a scuola, le lotte con l’ombrello che non voleva mai saperne di aprirsi ed i compiti, sempre più pesati e complicati.

 

Fu difficile per me, così abituata ai ritmi vacanzieri e ricordo che il primo giorno di scuola lo passai praticamente in catalessi(non avevo neanche la forza per guardare male Alex, che non perdeva occasione per punzecchiarmi).

 

Era un Gennaio particolarmente piovoso ed il livello del Tamigi si era alzato in maniera preoccupante, mettendo in allarme tutti i londinesi. A nulla valsero le preghiere di noi poveri studenti: il fiume non uscì mai dagli argini. Dovete sapere, che la scuola era abbastanza vicina al fiume e, per dirla con le parole di John “un’inondazione non sarebbe affatto una cattiva idea!”

 

Anche quel mercoledì il cielo era color cenere, appesantito da quelle nuvole scure e cariche d’acqua e, come ogni mattina arrancavo verso scuola con la mia pesante cartella a tracolla, intirizzita dal freddo.

“Sembra che stia per piovere…”osservò John,  che mi camminava accanto con le mani affondate nel cappotto ed il naso all’insù.

 

“Mi stupirei del contrario.” Risposi tirando su col naso. Ero anche raffreddata.

 

“Questo cielo grigio mi ricorda Liverpool durante la mia infanzia..” proseguì John contemplando quella muraglia di nuvole “c’era un’aria così…plumbea e pesante! Liverpool era abbastanza buia come città e con questo tempo lo era ancora di più. C’era il fumo delle fabbriche ed il fumo del porto che rendeva tutto più cupo. E non scordiamoci che era finita da poco la guerra! I bambini andavano a giocare nei crateri delle bombe..Anche a me sarebbe piaciuto, ma credo che a zia Mimi sarebbe venuta una sincope se avesse scoperto che il suo nipote prediletto andava a saltellare nei buchi lasciati dalle bombe!” concluse divertito, probabilmente immaginandosi la scena.

 

Rimasi in silenzio e drizzai le orecchie:mi sembrava di aver sentito un rumore di passi dietro di me. Era molto strano, perché solitamente quella strada era deserta a quell’ora di mattina.

“Ariadne!” mi sentii chiamare da una voce conosciuta ed un po’ affannosa “Ariadne, finalmente ti ho beccato! Ma che razza di giro fai per andare a scuola?” mi chiesePete fermandosi davanti a me, con la cartella sulle spalle ed il fiato corto.

“Le piace camminare.” Rispose John per me, appoggiandosi al muro ed incrociando le braccia: Pete gli stava simpatico, a differenza di Alex.

 

“Mi piace camminare.” Ripetei non trovando nessun’altra scusa plausibile.

“Oh, beh..Con questo tempo?” domandò Pete con aria stranita. Poi scosse la testa “Ascolta  Ari. Devo dirti una cosa importante!”

“Ha per caso a che fare con il gruppo?” chiesi, speranzosa.

 

Il sorriso di Pete si allargò “Ha TUTTO a che fare con il gruppo: Jo è tornato dalla Francia da un po’ di giorni ormai, ma non riuscivo mai a rintracciarlo. Per qualche ragione aveva sempre il cellulare occupato. Ma ieri sono riuscito a telefonargli e ha confermato il suo interesse per il gruppo!E oggi ha detto di essere libero..quindi volevo sapere se per te è un problema se dopo scuola ci troviamo tutti a casa mia per fare conoscenza ed eventualmente discutere un po’ di cosette sulla formazione e cose varie…”

 

Tentennai per un attimo: mi era tornato in mente che Alex avrebbe fatto parte della band. Equivaleva a tuffarsi nella tana delle serpi!

 

John mi lanciò un’occhiata significativa “Ariadne non pensarci a quel bamboccio. Lo sistemo io se necessario, guai a te se rifiuti solo perché c’è lui.” Disse in tono vagamente minaccioso.

“Allora?” incalzò Pete con aria speranzosa.

 

“Va bene..”acconsentii. Non volevo pensare ad Alex, ero curiosa di conoscere questo Jo Duchamp di cui Pete parlava tanto bene.

 

“Avverti tu Alex? Ho finito i soldi nel cellulare e a ricreazione non potrò uscire perché ho il compito di letteratura inglese” mi chiese Pete,felice come una Pasqua.

“D’accordo…” dissi sospirando e sistemandomi i capelli.

“Sei una grande, Bigs. Allora ci troviamo a casa mia più tardi!”

Ottimo. A quanto pare mi sarebbe pure toccato parlare con Alex!

 

 

 

Trascorsi le prime tre ore di scuola arrovellandomi sul pensiero del pomeriggio da passare con quei tre. Ero un po’ preoccupata, lo confesso. Pensavo che Alex non avrebbe reso la vita facile a me e  QUEL POVERO Jo.

 

Lo aveva definito “idiota lentigginoso” quando lui e Pete si erano autoinvitati a casa mia prima di Natale e, quando Alex partiva con gli insulti niente e nessuno lo fermava.

Alzai lo sguardo per osservare John, seduto comodamente su un banchino vuoto, con le gambe che penzolavano per aria mentre contemplava sconcertato una complicata funzione matematica che il professor Reed stava tracciando sulla lavagna. Ero contenta che John avesse deciso di stare in classe con me :la sua presenza mi confortava e mi faceva stare bene ed era un buon sostegno nei “momenti critici” (come per esempio l’interrogazione di biologia, nella quale John mi leggeva ad alta voce tutto quello che riusciva a leggere dal libro della professoressa) Ascoltava i prof e sembrava bersi ogni singola parola, specie durante le lezioni di inglese.

 

Un giorno la professoressa, parlando di Edgar Alla Poe citò una ben nota canzone dei Beatles, ovvero “I am the Walrus”: gli sguardi della classe, al sentire la parola “Beatles” si spostarono tutti nella mia direzione. John, dal canto suo, trasalì come se fosse stato attraversato dalla corrente elttrica ed iniziò a diire “Hey gente!Avete la mente geniale dietro questa canzone proprio dietro di voi! Hey..HEY!Lo avete in classe a meno di un metro di distanza!

 

Cercai di sgombrare la mente da questi miei pensieri e mi girai verso Alex: era tutto intento a disegnare la caricatura di un nostro compagno di classe ed aveva assunto la sua tipica “postura da disegno”, vale a dire testa reclinata verso sinistra, occhi semi-sbarrati e lingua fa i denti. Senza staccare gli occhi dal disegno mi disse “Che c’è?”

“Ho incontrato Pete stamani.” Gli risposi in tono tranquillo

“Ah. E che dice?”

“E’ arrivato Jo.”

Ah, lui. Il francesino gnè gnè.”

“Ma la pianti?”

“Va bene. Il nostro caro Jo Lenticchia.Quindi?”

“Pete voleva iniziare le prove della band oggi e farci conoscere Jo.”

Lo conosco abbastanza: è un povero stupido.”

“Non commento neanche, non ne vale la pensa con te. Comunque, abbiamo appuntamento a casa di Pete dopo scuola.”

Alex fece una smorfia, pur continuando a disegnare la sua crudele, ma ben fatta caricatura “No, oggi non posso. Ho…da fare.” Disse in tono evasivo “e poi io lo conosco di già e non ho bisogno di approfondire. Vacci tu e già che ci sei digli che gli assoli li faccio io.”

“Questo è da stabilire..” ribattei indignata, scoccandogli un’occhiata feroce

John intanto si era accorto del battibecco e si era avvicinato, silenzioso come un gatto, attento a non perdersi neanche una parola.

Alex fece un sorrisetto cattivo “Lo sai anche tu che sono il migliore in circolazione!! Non ci sono storie.”

“Si, si bene..bravo.” tagliai corto, notando la faccia contrariata del professor Reed. John, che ave a cptato l’occhiata di rimprovero del prof, non perse tempo e strappò ad Alex qualche capello, che imprecò a mezza voce.

“Ma bene!” sbottò il prof “vedo che O’Gready è in vena di chiacchere oggi! Vedi se riesci a chiacchierare anche su queste due funzioni.” Concluse il prof mollando il gessetto sulla scrivania e brandendo il registro.

Mentre Alex si alzava, ringhiando con tutto il suo disappunto, lanciai un’cchiata di gratitudine a John che mi fece l’occhiolino e si mise a sedere al posto di Alex, con un sorrisetto compiaciuto stampato in volto, osservando i disperati tentativi di Alex di risolvere quella funzione impossibile.

 

 

 

Quel pomeriggio, dopo scuola, mi incamminai verso casa di Pete:anche lui aveva la fortuna (o sfortuna?) di abitare nelle vicinanze della scuola. La giornata, contrariamente alle catastrofiche previsioni meteorologiche si era rischiarata ed un’ultima luce rossastra del cielo che ormai tendeva al tramonto, illuminava la città.

 

Camminavo rilassata, con la cartella fra le mani e la divisa sempre indossi, con John accanto che osservava con interesse le auto circostanti.

 

“Non hanno molta fantasia con le auto al giorno d’oggi, vero?” mi chiese indicandomi due modelli di auto così simili da poter essere scambiate per la solita, nonostante le marche fossero diverse.

Scossi la testa “No. Sono tutti i soliti pezzi di latta” constatai.

 

“Negli anni 60’ le auto erano più belle, più eleganti..” osservò John tracciando la scritta “lavami” su una Smart nera, particolarmente sporca.

“E questo discorso vale anche per la musica…”sospirai calciando una lattina.

 

“Cioè?” mi chiese lui, interessato.

 

“La musica di oggi è…senza personalità! Nessuno suona più per il piacere di suonare, o almeno, sono in pochi a farlo. La musica secondo me, è un modo per esprimere ciò che si sente, un modo per comunicare i propri punti di vista, le proprie sensazioni le proprie paure a volte!” mi infervorai, guardando John dritto negli occhi “ e oggi, cosa rappresenta la musica oggi? Un’accozzaglia di suoni, parole messe a caso, niente passione ne’ sentimento , ma solo avidità. Che fine ha fatto la musica? La vera musica?”

Notai che John mi stava guardando con un’aria stralunata e pensai di aver detto le mie solite frasi deliranti, presa com’ero dal discorso “Scusami John. Fai finta di non aver sentito nulla…” mi affrettai a scusarmi.

 

Scusarti? Tu?” esclamò lui spalancando gli occhi “e di cosa, santo cielo?! Ma sei hai detto una cosa bellissima! Ce be fossero di ragazze della tua età, capaci di fare discorsi simili e di pensare questo!”

 

Avvampai istantaneamente.

 

“Tu hai pienamente ragione Ariadne. La musica è…beh è come la poesia, però con la musica di sottofondo! E’ una forma d’arte e mi sto rendendo conto che in questo tuo mondo frenetico non c’è spazio per l’arte. E nemmeno per la musica..quella vera.E’ questo il lato negativo di questo mondo moderno. Avrete pure tutte le comodità possibili, roba che per noi  “vecchi” degli anni 60’ rasenta il fantascientifico..Ma non avete neppure un attimo di tempo per fermarvi e pensare, apprezzare quello che avete intorno e…mettere tutto in musica, come si faceva un tempo.Ma qui…” e mi dette un piccolo buffetto sulla guancia “qui abbiamo una piccola “cellula dei resistenza! E bisogna tenerne di conto…”

 

Senza rendercene conto, avevamo oltrepassato casa di Pete, quindi tornammo indietro per suonare il campanello (mentre John mi guardava con aria ammirata e ripeteva che era fiero di me, mentre il mio cervello andava in tilt.)

 

“Ari, eccoti!” mi accolse Pete con un gran sorriso. Guardò un attimo alle mie spalle.

 

“…e Alex?”

“Aveva da fare” risposi io, accomodandomi e togliendomi cappotto e sciarpa.

 

“Ah, capisco! Fra qualche minuto arriverà anche Jo..Era rimasto imbottigliato nel traffico con l’autobus. Vuoi un po’ di tè?”

 

“Si, grazie!” dissi io, sedendomi sul divano verde scuro e guardandomi intorno. Mi paiceva la casa di Pete: da fuori sembrava una comunissima villetta, in tutto e per tutto simile a tutte le altre villette di Londra, ma l’interno era decorato con gusto, con uno stile moderno. Non per niente la mamma di Pete era una decoratrice d’interni!

 

John stava guardano colpito una riproduzione di un quadro di Dalì, appesa al muro, quando il campanello suonò.

“Vado io!” urlai a Pete, che era ancora in cucina. Mi diressi verso la porta e la aprii.

 

“Hem…ciao! Questa è la casa di Pete, giusto?” disse il ragazzo  sulla porta, con una voce gentile e dall’accento un po’ strano.

 

Jo Duchamp era un ragazzo abbastanza alto, la carnagione pallida quanto la mia ed il naso trapunto da piccole lentiggini. Aveva folti capelli castano scuro, lievemente mossi e lunghi fino alle orecchie ed occhi da bambino, grandi e scuri.

Indossava una giacca grigia dall’aria pesante e reggeva una custodia di una chitarra: non c’era che dire, era davvero un bel ragazzo!

“Ariadne Bigsby?” domandò con un sorriso timido.

 

“In persona!” ribattei sorridendo a mia volta ed ergendomi in tutta la mia statura. Non sapevo perché, ma quel ragazzo mi sembrava veramente una brava persona. Raramente le mie prime impressioni sulle persone erano errate..e stavolta il mio sesto senso non fu da meno. “Tu sei il famoso Jo?”

 

“Famoso?” ripetè lui in tono incredulo “oh, cielo! Cosa ti ha detto Pete?” Aveva un bel sorriso.

 

“Abbastanza…” risposi. Mi resi conto che eravamo sempre sulla porta e mik feci da parte per farlo entrare. John squadrò attentamente il nuovo ospite, che era entrato e si stava togliendo la giacca e parve rilassarsi. Anche lui doveva aver avuto una buona prima impressione di Jo. E, in ogni caso era qualcuno che avrebbe dato filo da torcere ad Alex, il che era solo un bene.

Pete entrò in quel momento, con il vassoio del tè “Bene, ora che ci siamo tutti…Beviamo il tè e diamo inizio alle danze!”

 

“Così si parla, amico!” convenne John, mentre noi ci sedevamo, pronti a dare il via al nostro gruppo.

 

 

Penny Lane

 

Ta daan! Rieccomi qua in poco tempo! Come al solito non ho tempo e mi limito a citarvi: ringrazio Natalia (la tua recensione mi ha fatto un piacere enorme, sono davvero felice che la storia ti abbia commosso e che ti abbia coinvolta così tanto!) Luna Lennon (oh, hai cambiato nome!) Marty Youchy, Little Darling e Zaz!!

 

 

GRAZIE A CHI HA RECENSITO, MA ANCHE A CHI HA SOLTANTO LETTO!! ALLA PROSSIMA!!!

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Every body's got something to hide ***


kjh

Everybody’s got something to hide

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Everybody’s got something to hide

 

“Allora?”

 

Per la quinta volta nella mattinata, Alex mi punzecchiò il braccio con la sua biro nera.

 

Per la quinta volta ostentai un sorrisetto compiaciuto, socchiusi gli occhi e lo guardai come per dire “Povero sciocco!”

 

Per la quinta volta pensai che se non la smetteva di conficcarmi quella maledetta penna nell’incavo del braccio, Alex non sarebbe arrivato vivo all’ora di pranzo, con tutta probabilità.

 

Il fatto era che mi divertivo un mondo a vederlo penare così: non era venuto alle prove e si era perso un pomeriggio assolutamente esaltante (musicalmente parlando ed anche umanamente parlando.)

 

Jo era una persona assolutamente squisita: era un ragazzo semplice, senza troppi grilli per la testa.

 

Sapeva essere buffo e riusciva a trovare il lato comico delle cose senza diventare noioso ed era anche capace di essere sarcastico ed ironico senza scadere nello sgradevole (cosa che invece succedeva ogni volta con Alex, che evidentemente non aveva mai sentito quella famosa massima sul gioco che è bello finché dura poco.

 

Avevo osservato Jo con’un attenzione particolare quel pomeriggio, mentre raccontava a me e a Pete dei suoi “trascorsi musicali”, scuotendo ogni tanto la testa e facendo ondeggiare i capelli scuri.

 

Jo aveva iniziato ad appassionarsi di musica alla tenera età di 5 anni, dopo aver sentito una canzone dei Rolling Stones alla radio (John aveva grugnito qualcosa, mentre lo sentiva raccontare dell’interesse con cui aveva ascoltato la canzone). All’epoca viveva in Francia, ed il suo desiderio di imparare a suonare qualcosa non poté realizzarsi se non dopo 5 anni, quando la famiglia Duchamp si era trasferita a Londra. Jo, in quei 5 anni aveva iniziato ad ascoltare tutti i tipi di musica che gli capitavano sotto tiro, attingendo dalle risorse dei genitori e dei parenti.

 

 A dieci anni era maturo abbastanza da considerare Jimi Hendrix un dio della chitarra, insieme a Brian May e, ovviamente, George Harrison, del quale ammirava la tecnica e la versatilità musicale.

 

I genitori lo avevano iscritto ad un corso di pianoforte, ma Jo lasciò intendere da subito che la sua vera passione erano le sei corde della chitarra e, dopo essere riuscito a comprare una piccola chitarra acustica per principianti, aveva iniziato un corso per apprendere le basi, corso che aveva continuato a frequentare per 2 anni, fino al momento in cui il suo maestro aveva detto in tono serio, con una luce  particolare negli occhi, che non aveva più nulla da insegnargli.

 

La cosa che mi colpì più di tutti fu che Jo raccontò questa sua “evoluzione” con una certa timidezza, arrossendo davanti alle espressioni meravigliate mie e di Pete. Ci raccontò delle lodo che gli aveva fatto il maestro non di sua spontanea volontà, ma dopo le nostre esortazioni, data la sua reticenza a raccontarci di come avesse interrotto dopo due anni il corso di chitarra.

 

Ci raccontò delle serate passate a premere sui tasti della chitarra, dei calli che gli si erano formati, condividemmo lo stesso senso di soddisfazione che ti pervade quando senti le note scorrerti fra le dita.

 

Alla fine ci fece vedere la sua chitarra: io e Pete strabuzzammo gli occhi nel vedere che era una Fender.

Jo sorrise e dichiarò che era stato il più bel regalo per il suo diciottesimo e che quella Fender bianca e verde oliva era la sua “bambina”.

 

Ora, provate a raccontare tutto questo ad Alex O’Gready. Provate a raccontargli tutto senza essere interrotti ogni 3 secondi con battutine sarcastiche e risolini di derisione. Provate a raccontargli tutto senza sentire una crescente irritazione per quella faccia a saputello e quel ghigno saputello.

 

“Ariadne Bigsby, mi vuoi dire per favore cosa avete combinato ieri?” stavolta Alex abbandonò la tattica  della penna e mi afferrò il braccio, lanciando una fugace occhiata alla prof di Inglese, che stava interrogando.

 

Guardai per un minuto buono la mano di Alex chiusa sul mio braccio, poi lo fissai negli occhi.

 

“Abbiamo fatto conoscenza con Jo. Come al solito bisogna fare a meno delle tue “accurate” descrizioni…” gli dissi in tono canzonatorio facendo il gesto delle virgolette.

 

Alex sbuffò senza tuttavia mollare la presa “E poi? Avete suonato? Cos’ha suonato Che chitarra ha?” mi bersagliò di domande.

 

“Allora, per prima cosa mollami il braccio perché non me lo sento più. Secondo abbiamo bevuto una tazza di tè. Terzo, SI, abbiamo suonato. Quarto ha suonato roba veramente tosta e quinto..ha una Fender.”

 

Vidi Alex avvampare di gelosia, mentre mi mollava il braccio e, per qualche oscuro motivo mi ricordai che aveva la stessa identica reazione ogni volta che mi vedeva parlare con qualche ragazzo, ma scacciai prontamente il ricordo.”Bene.” disse Alex in tono basso e minaccioso “cos’ha suonato, si può sapere?”

 

“Beh, dunque..vediamo…” risposi contando sulla punta delle dita “Ha iniziato con “Bad Monn” dei Credence Clearwater Revival, poi ha attaccato con “Purple Haze” di Jimi Hendrix, poi ha fatto qualche assolo random…ah si, ha concluso con “While my guitar gently weeps” dei Beatles.”

 

Alex mi guardò come se gli avessi detto che la Regina aveva deciso di andare a vendere caramelle a Hyde Park “Da solo?!” esclamò al culmine della meraviglia.

 

“Si capisce…” replicai sfogliando distrattamente il libro “perché tanta sorpresa? Non ti riesce, Mr Infallibile?”

 

Alex si ricompose subito, ri-assumendo la sua tipica espressione strafottente “Certo che sì. Sono rimasto sorpreso perché non pensavo che il francesino potesse arrivare a tanto. Bah, tanto la prossima volta gliela faccio vedere io…”

 

“Come mai non sei venuto ieri?” lo interruppi, in tono gelido.

 

Lui mi guardò, sorpreso dal mio tono, poi sfoderò quel suo sorrisino che non lasciava presagire niente di buono “Avevo da fare. Ho una vita sociale molto INTENSA, se capisci quello che voglio dire…” disse in tono suadente. Poi abbassò la testa, mettendosi a disegnare e sancendo così la fine della conversazione.

 

Tipico di quando non sapeva che scuse inventarsi. Lo conoscevo troppo bene ormai.

 

Annuii, incupendomi e constatando con una certa stizza che una piccola parte del mio cervello sbraitava dalla gelosia. Ma era una parte così piccola da passare inosservata e, non appena mi misi a leggere le disavventure catastrofiche di quella povera disgraziata di Tess dei D’Urbervilles, sparì così come era apparsa.

 

Non vedevo l’ora di tornarmene a casa per chiacchierare con John, che aveva finalmente scoperto che in effettim Paul e Ringo ce l’avevano ancora una carriera e che intendeva rivoltare Youtube come un guanto per cercare canzoni e farsi due risate se Paul stonava ai concerti.

 

Ricordo che, mentre uscivo di casa, quella mattina, di aver sperato con tutto il cuore che John non trovasse il video del concerto di Paul, dove lui cadeva nella buca del pianoforte perché, chissà per quale motivo, riuscivo ad immaginarmi John che gli scriveva una lettera (…o una mail, addirittura) con su scritto “Macca,sei il solito POLLO!”

 

 

Penny Lane

Ta-daaan! Finalmente ce l’ho fatta ad aggiornare questa storia! Non avevo idea su cosa inserire in questo capitolo, ma stamani mi sono messa davanti al foglio bianco, ascoltando “Bad Moon” dei Credenc Clearwater Revival…e l’idea è venuta da sé! Spero che il capitolo sia stato interessante.

Ho una sorpresa inutile  qui pronta: ho finalmente trovato la foto di un attore che, più o meno rispecchia l’aspetto di Alex e quindi ,avendo tutte le foto pronte, posto qui sotto le facce delle persone  a cui mi sono ispirata per creare i personaggi ;)

PS: Ho appena scoperto le meraviglie della posta di Efp…quindi, da ora in poi i ringraziamenti per le recensioni arriveranno sotto forma di messaggio privato. Detto questo vi lascio alle foto XD

 Alex O'Gready (Sam Bell)

Photobucket

Jo Duchamp (Skandar Keynes)

Photobucket

 

Pete Yorkey (Michael Cera)

michael cera Pictures, Images and Photos

 

Cecilia Bigsby (Rachel McAdams)

Rachel McAdams Pictures, Images and Photos

 

Jessie Sheldon (Taylor Momsen)

Taylor Momsen Pictures, Images and Photos

 

 

 

 

 

 

GRAZIE A CHI HA RECENSITO, MA ANCHE A CHI HA SOLTANTO LETTO!! ALLA PROSSIMA!!!

 

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