God Save the Queen

di Red Death
(/viewuser.php?uid=100387)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The legend of Selene ***
Capitolo 2: *** Death come here tonight ***
Capitolo 3: *** Together alone ***
Capitolo 4: *** Into your Mind ***



Capitolo 1
*** The legend of Selene ***




Apro gli occhi. Sono in una stanza buia che conosco bene. Mi guardo intorno, vedo solo un ragazzo che mi guarda con un sorriso stampato in faccia. È un ragazzo che, come la stanza, conosco molto bene.
«Luke, puoi anche alzarti da lì»
«Ma buongiorno, bella addormentata! Sapete che ore sono?» mi dice sventolandomi davanti agli occhi il suo orologio da taschino.
Mezzogiorno e mezzo…
MEZZOGIORNO E MEZZO?
Oh, cazzo, oh, cazzo… ma perché devo essere sempre così catastroficamente in ritardo?
Mi butto giù dal letto il più in fretta possibile, togliendomi la tunica che uso come pigiama. Vedo il sorrisetto sarcastico sulle labbra di Luke che diventa sempre meno camuffato.
«No, non avere fretta, non preoccuparti se mi taglieranno la testa perché tu non ti sei svegliata in tempo per la parata, non dovrai mica sentirti in colpa quando ti consegneranno la mia testa da dare a mia madre. Non sarà affatto colpa tua!»
«Piantala, baka !» ci mettiamo a ridere tutti e due, mentre io recupero la fascia e me la stringo attorno al seno. Tra un paio d’anni non sarà più così facile travestirmi, queste due robe che ho davanti stanno diventando davvero troppo grandi. «We, Luke, aiutami quaggiù!»
Mi aiuta a stringere la fascia e io sento le sue mani calde sulla schiena, ma io non riesco ancora a pensare a lui in un modo che non sia “il ragazzo che mi sta ancora salvando la pelle dalla maggior parte della polizia bretone e che vive con me”. «Galantuomo, va bene l’aiuto, ma così mi soffochi!»
Ridiamo ancora mentre mi butto addosso la casacca dell’arma della Regina. Mi viene quasi da piangere se penso che io non dovrei assolutamente fare quello che sto facendo. E la situazione peggiora ancora se penso che lo sto facendo per un errore, per un fottutissimo errore.


- La bambina è addossata al muro, trema, piange, il cadavere della Regina è buttato contro di lei, immersa in una pozza di sangue, quello stesso sangue che bagna il suo corpicino gracile. Ma non è fra le sue mani che si trova il coltello sporco del delitto. È stretto fra le dita di un’altra ragazza, in piedi nel buio della stanza. La bambina striscia verso l’assassina, piangendo sempre più forte. Sono uguali, la piccola e l’assassina, due corpi identici.
«Amy… Amy… cos’hai fatto? Come hai potuto… » ma non riesce a capire, la bambina, è troppo piccola o forse solo troppo ingenua per chiedersi il perché di quel gesto, per chiedersi perché il coltello che ha ucciso la Regina ora sia puntato contro lo stomaco della gemella che la guarda con gli occhi da pazza. Non sa che la ragazza su cui ha fatto affidamento per tutti quegli anni la odiava dal più profondo del suo cuore, non sa che Amy ha ucciso quella donna solo per far ricadere la colpa sulla piccola bambina. Non sa che sua sorella è disposta ad uccidersi pur di rovinarle la vita. E non capisce cosa voglia dire il coltello che ora spunta dalla schiena di Amy.
Le si avvicina, ormai disperata. La morte, nel giro di appena due ore, è entrata nella sua vita fin nelle viscere.
«Selene…» mormora Amy sputando sangue «prendi…questo…». Le lancia il pugnale, che Selene stringe al petto mentre vede la sorella morire con una risata. Ora è completamente sporca di sangue, ma quando sente i passi marziali della guardia personale della Regina capisce cosa sta per succedere. Lancia il coltello il più lontano possibile, ma ormai non c’è scelta. Ormai l’hanno vista. Una donna la blocca, poi guarda il cadavere di sua sorella e quello della Regina.
«TU! Brutta, lurida chanka, tu hai ucciso la nostra Regina!»
Selene non sa difendersi, non sa dire che non è stata lei, che non è suo quel coltello malefico, ma sa scappare. Scivola fra le braccia della donna sfruttando il suo corpo viscido per il sangue, inizia a correre fuori da quella stanza buia. Sembra quasi volare nella pioggia londinese, finché non si scontra contro un ragazzo. Avrà al massimo un paio d’anni più di lei, ma le crede, crede alla sua storia disumana e l’accoglie nella stanzetta spoglia in cui vive. La nasconde alle guardie, finché i ragazzi non vengono chiamati alle armi. E a Selene non rimane che una possibilità…
-

Scuoto la testa, non voglio più ripensare al passato. Ora devo solo darmi una mossa, oppure questa volta non ce la scampiamo davvero.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Death come here tonight ***


Ce l'avevamo fatta. Non so come, non so che dio dovrò ringraziare questa notte prima di addormentarmi ma ora sono qui, sdraiata sotto le stelle con i fili d'erba del prato a solleticarmi la nuca, segno che la mia testa è ancora al suo posto, esattamente come quella di Luke, anche se lui adesso non è qui. È venuto a chiamarlo una signora tutta vestita di nero che prima non avevo mai visto e lui è scomparso nel buio.
Tornerà presto, Sel, non devi preoccuparti. È capace di badare a sé stesso. E poi, da quand'è che ti preoccupi per quello che gli succede?
No, non mi stavo preoccupando. Affatto. No. Non mi sarei mai preoccupata per uno come Luke. Mai. Never. Nie. Nunca. Ok, ad auto-convinzione faccio ancora un po' schifo, ma c'è sempre tempo per migliorare.

Sto per addormentarmi quando lo vedo tornare. Ha la testa china, i pugni stretti e i suoi occhi azzurri sono arrossati, come quelli di chi sta piangendo. Mi alzo in piedi di scatto. Non ho mai visto Luke debole, lui è sempre stato il fratello maggiore che mi proteggeva da tutte le cose cattive di questo mondo. Quando mi raggiunge mi abbraccia e, oltre le sue spalle, vedo la testa della donna in nero che scappa verso il Tamigi. Ricambio l'abbraccio, sento le sue lacrime calde sulla mia spalla, le sue spalle scosse dai singhiozzi e capisco che devo avere paura, anche se non so ancora di cosa.
«Luke? Luke, cos'è successo?»
«Sel, adesso siamo veramente soli.»
«Così mi fai spaventare. Cosa ti ha detto quella donna?»
Lui non mi risponde, si butta sull'erba e inizia a strapparla a piccoli ciuffetti che nella notte mi sembrano neri come pece. Non piange più, ma nei suoi occhi stanchi leggo la rabbia.
«D'ora in poi potremo arrivare in ritardo quanto vogliamo, Sel. Non ho più una madre a cui dovrai portare la mia testa.»
Vuoto. È quella la sensazione. Un enorme vuoto all'altezza dello stomaco. Mi pare di cadere per chilometri e chilometri in un buio che sa di tristezza, morte, paura, e le lacrime salgono anche ai miei occhi. Non poteva essere morta, non quella dolce vecchietta che tutte le domeniche ci invitava a pranzo e mi chiedevaquando avrei sposato suo figlio, quella dolce vecchietta che mi vedeva rispondere con un sorriso che "presto, signora, non si preoccupi. Al massimo verso la fine di giugno", quella dolce vecchietta che faceva ai ferri maglioni con sei braccia ma senza collo, quella dolce vecchietta che era l'unica a conoscermi fino in fondo.
Quella.
Dolce.
Vecchietta.
Scoppio a piangere e ora tocca a lui consolarmi. Mi abbraccia, almeno ora la tristezza è condivisa. Non voglio fare la domanda che mi sta spuntando sulle labbra, ma la bocca è più veloce del mio buonsenso.
«Com'è successo?»
Esita solo per un istante, so che non vuole dirlo perché mi stringe delle ciocche di capelli contro la schiena. «L'hanno uccisa.»
Non c'è altro da aggiungere, tutti e due sappiamo chi è stato: i Vendicatori.
Bastardi! Damerini impomatati scappati dall'America per sfuggire alla guerra che loro stessi avevano causato, sono arrivati da noi a Londra e si credono i padroni del mondo. Si reputano "i Salvatori", dicono di portare la pace, quando invece cercano soltanto l'Anarchia in un paese dal governo perfettamente sano. Non si mettono al livello di noi chanka , però, di giorno vivono nelle corti imperiali, mentre di notte uccidono e spargono terrore.
Ma non avevano alcun interesse ad uccidere la povera Amelie. Era solo una vecchietta che filava dal mattino alla sera senza far danni a nessuno.
«Perché?» chiedo dopo qualche minuto di silenzio. Lo conosco, posso prevedere quello che mi dirà, quello che farà, potrei quasi descrivere i movimenti che faranno le sue mani.
Ma, incredibilmente, mi stupisce.
«Devi sapere alcune cose, Sel, alcune cose che non ti ho mai detto e che speravo di non doverti dire mai. Alcune cose che ti riguardano da vicino. »
Ah. Niente cerchiolini in aria con le dita, niente "non lo so, non lo so proprio", niente sospiri di una manciata di secondi. Cose importanti, invece. Sento che, dopo quella notte, la mia vita per la seconda volta subirà una svolta decisiva. E due volte, quando si hanno solo sedici anni, sono davvero tante.
***
«Quindi è così.» annuisce e mi abbraccia ancora. Questa volta però non ricambio. Non posso dire di essere arrabbiata con lui, capisco perché non abbia voluto dirmi tutta la verità fin da subito, ma così è davvero pesante. Vorrei odiarlo ma non ci riesco. Mi passo le mani fra i capelli. L'ho sempre detto, io, che la verità è la peggior bugia.
«Scusami, scusami! Avrei dovuto essere sincero fin da subito!» sta riprendendo a piangere. MI gira la testa, ma mi alzo dall'erba e lo guardo come si potrebbe guardare un cane che ha appena morso la nostra caviglia, so che nei miei occhi riuscirà a leggere quello che veramente sto cercando di dirgli.
«Ma alzati, e fingiti un uomo, non un animale!»
So che è distrutto, mi sembra tanto debole che ho quasi paura ad avvicinarlo per paura che si rompa anche solo guardandolo. Gli sorrido, anche se mi viene da piangere, per questa notte abbiamo pianto anche abbastanza.
«Dai, su, vieni. A queste cose possiamo pensarci un'altra volta»
Gli tendo la mano finché non l'afferra e si rialza. Vorrei che questa notte non fosse mai arrivata, vorrei che Amelie non fosse mai stata uccisa, vorrei tante cose ma so che non ne avrò nessuna. Sospiro mentre mi ficco sotto le coperte e sento il corpo di Luke tremante contro il mio. Beh, mi dico, una volta tanto dovrò essere io a proteggere e non ad essere protetta.
È con questo pensiero che, abbracciati ancora come bambini, ci addormentiamo in attesa dell'alba.

-La ragazza ora è abbandonata sull'erba del prato, come se gli ultimi minuti non fossero mai passati e tutto fosse rimasto congelato nel tempo fino al momento delle verità. Luke è di fronte a lei, parla con la testa china. Ogni due parole mette uno "Scusami, non volevo, non era colpa mia", e la ragazza vorrebbe solo saltargli al collo e farlo smettere. Ogni sua parola è una stilettata al cuore e alla fiducia che aveva riposto nel ragazzo. Ma forse è anche per questo che, mentalmente, lo ringrazia.
«Sel, quella sera io dovevo essere lì. Ti stavo aspettando. Ero stato mandato da tua sorella a prenderti, Amy sapeva che saresti scappata. Io… avrei dovuto ucciderti. Quelle guardie, per te, ti avrebbero lasciato scappare così in fretta se non avessero saputo che c'era qualcuno ad aspettarti appena dietro l'angolo? E il Governo non ti avrebbe mai richiamato all'Ordine se solo su quel loro maledetto registro ora non ci fosse già la tua data di morte?» Quelle parole le fanno tornare il vuoto allo stomaco, esattamente come pochi attimi prima. Sì, la morte era arrivata a fare loro visita, quella notte. «Ma poi, quando ti ho vista, piccola, tremante, sporca di sangue che correvi come un cerbiatto disperato non ho avuto il cuore di farlo. Sapevo che tua sorella era morta e che anche tu avresti dovuto morire insieme a lei, ma non ce l'ho fatta. E forse è anche per colpa mia se d'ora in poi succ…»
Il ragazzo si interrompe. Non riesce ad andare avanti, ma si china verso di lei e la stringe a sé. Cadono per terra, lei non può ancora capire tutto quello che sta succedendo, o forse solo NON VUOLE capirlo. «Vai avanti.» dice, con una voce fredda.
«No, adesso non posso. Ti spiegherò, prima o poi, te lo prometto.»
«Non ti pare che io abbia già aspettato abbastanza?»
Scuote la testa, ma non ha il coraggio di fare altro.
«Quindi è così?»…

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Together alone ***


L'alba non vuole arrivare. Sono qua con il corpo addormentato di Luke vicino a me, fisso il soffitto come fosse la cosa più bella che abbia mai visto e non solo quattro travi marce e muffe.
Sento che si muove sotto le coperte e che piange anche nel sonno. Lo abbraccio, portandomi la sua testa contro il petto per coccolarlo. Voglio farlo sentire protetto come lui a fatto con me in tutti questi anni, anche se la verità è che tra poco la protezione sarà l'ultimo dei nostri problemi. Come faremo a vivere? Adesso che Amelie non ci potrà più aiutare, cosa possiamo fare?
Luke si tira su, ha gli occhi blu ancora assonnati e gonfi di lacrime, ma mi guarda già con un sorriso mentre si stiracchia. È come se leggesse nel mio pensiero, quando sono preoccupata.
«So a cosa stai pensando, Sel. Non ti preoccupare, ce la caveremo come ce la siamo sempre cavata…»
Vorrei farlo star zitto, vorrei che tornasse a dormire perché lo so che sta dicendo soltanto bugie. «Come fai a conoscermi così bene?»
Ride, e mi fa piacere sentire che ne è ancora capace; ne avevo dubitato dopo tutte le lacrime di questa notte. «Trucchi del mestiere» mi sussurra, facendo schioccare la lingua con soddisfazione. Sì, anche io lo conosco bene. Conosco la cadenza del corpo che sta andando a rivestirsi nel buio della notte ancora inoltrata, conosco i suoi sospiri che rivelano la tristezza infinita che tenta invano di nascondere, conoscevo i suoi occhi che cercano i miei in questo preciso istante.
«We, bella incantata! » mi passa davanti agli occhi una mano e io, con un sorriso, mi riprendo. «Sel, credo che dovremmo andare a casa, a prendere quello che potrebbe servirci. Se l'hanno uccisa non sappiamo ancora per quanto tempo la casa resterà lì…»
Annuisco, so che tra poco la bruceranno. È usanza. I Vendicatori uccidono, straziano il corpo, si prendono gli occhi e, a distanza di qualche giorno, bruciano la casa. Poi, via via, i segni della loro vittima nel tempo scompaiono, i loro nomi iniziano ad essere cancellati dagli archivi, i loro oggetti vengono rubati , i loro ritratti distrutti finché della persona non rimangono che una manciata di ricordi che vanno persi nel vento come polvere. Non voglio neanche immaginare il cadavere della povera Amelie senza i suoi occhi, blu come quelli del figlio ma più saggi, più liberi. Quegli occhi che non mi permettevano di farla soffrire, anche a costo di mentire.
Usciamo di corsa, senza chiudere la porta. Se qualcuno volesse entrare ce la farebbe comunque, ci diciamo sempre, perché dovrebbero avere l'accortezza di sfondarcela quando possono entrare comodamente spingendola? Londra di notte mi piace particolarmente finché posso vederla dall'alto della mia camera, al sicuro dietro una finestra senza vetro. A distanza così ravvicinata mi fa salire un brivido lungo la schiena, ma non ho intenzione di farmi vedere debole di nuovo. Mi muovo con sicurezza, tenendo la testa alta, anche se sotto la camicia tremo.
Dobbiamo attraversare mezza città per arrivare a casa di Amelie, e non si prospetta un'impresa piacevole. Odio lo squallore dei bassifondi della mia città.
Non posso farci niente, mi dico per consolarmi. Luke cammina davanti a me, è troppo veloce perché io riesca completamente a stargli dietro. Lo sa anche lui che è una sfida contro il tempo, ma noi non possiamo modificarlo se non correndo, come stiamo ormai facendo. Il Tamigi scorre scuro, il vento fischia e infuria facendomi congelare, ma non smettiamo di correre finché non arriviamo alla chiesa. Sembra ancora più imponente di notte, dalle finestre colorate vediamo uscire il tipico bagliore delle candele chiuse al suo interno. Dobbiamo solo svoltare l'angolo, ma nessuno di noi due si decide. Siamo entrambi piegati in due con il fiato smorzato, e guardiamo dietro quella curva.
Devo prendere coraggio.
Devo prenderne per tutti e due, perché dovrò essere io ad infonderglielo.
Un respiro. Attendo.
Un altro. Annuisco.
MI decido.
Faccio un passo, un passo pesante, poi un altro, come avessi appena imparato a camminare. Gli tendo la mano e, insieme, ci avviciniamo alla verità.

Non avrei mai pensato che la cenere fosse tanto orrenda da vedere, quando ce n'è così tanta. È grigia, come la morte e puzza di cadavere. Io sospiro, vedo Luke avvicinarsi alla casa, o meglio, alle ceneri della casa: un ammasso di braci ancora calde, travi bruciate, pezzi di calcinaccio scurito dal fumo, pezzi di libri che ora si riducono a qualche parola distrutta dalle fiamme.
«Cazzo. Cazzo. CAZZO!!» inizia a urlare, tira calci alla cenere che si solleva in volute grigiastre, si porta le mani fra i capelli e urla ancora di più, finché la sua voce non diventa roca e i suoi polmoni non hanno più fiato.
Mi avvicino e lo abbraccio. Mi fa tenerezza, una tenerezza incredibile. Tutto quello in cui credeva è andato perduto nel fuoco, tutto quello che per noi poteva essere una speranza è morto. Siamo soli nell'universo, ora. Soli insieme.

Mi avvicino a quello che resta e inizio a frugare nella cenere. Devo salvare i libri. Una società che brucia i libri prima o poi passerà a bruciare le persone, e questo non deve accadere.
Mentre frugo come un cane nella cenere le mie mani incontrano pezzi di copertina, pagine maciullate, pezzi di carta bruciati che un tempo raccontavano storie di uomini e di mondi lontanissimi.
Mi fa quasi ridere pensare che ci sia gente tanto stupida da voler buttare al macero tanta sapienza. Alzo gli occhi verso Luke e lo vedo chinato verso un cumulo di stoffa nera. Lo riconosco, era la poltrona su cui Amelie stava sempre seduta a cucire. Anche i suoi ferri, che ora non sono altro se non due barrette di metallo incandescente, sono buttate lì di fianco, con un filo di cenere avvolto sopra. Strappa dallo scheletro della poltrona un pezzo di stoffa che si è salvato dal fuoco e se lo porta al petto con un sorriso amaro.
«Sai, quando ero piccolo e mio nonno morì, mia madre mi raccontò che i morti non vanno né in paradiso né all'inferno, ma che diventano solo angeli che fanno del bene a quelli rimasti in terra. Mi disse che non dovevo essere triste, perché lui mi avrebbe aspettato poi sotto forma di angelo quando fosse arrivato il mio momento e che, prima o poi, tutti saremmo tornati insieme. Io non dovevo piangere per lui perché altrimenti l'avrei fatto soffrire, e che quando gli angeli soffrono piangono, e scoppiano i temporali.»Alza gli occhi verso il cielo scuro «Dovremo prepararci ad un'enorme tempesta, perché sto per far soffrire tutti gli angeli che sono rimasti nella mia famiglia.»
Mentre parla le lacrime non si fermano più dentro agli occhi di mare, ma scendono lungo le guance, sul mento, sulla camicia fino a cadere sulla terra bruciata. Vorrei far cessare tutte le lacrime che stanno scendendo questa notte, vorrei tornare indietro nel tempo e andare a salvare Amelie prima che sia troppo tardi. Ma, come per la maggior parte delle cose che vorrei, non posso farlo. Non posso fare altro se non condividere in silenzio il suo dolore.
Scruto la stanza per cercare cosa possiamo ancora salvare. Mi sembra di essere entrata all'inferno, c'è morte e desolazione ovunque. I miei occhi non sanno neanche più dove posarsi, davanti a tanto orrore. Mi mordo il labbro finché non esce un rivoletto di sangue caldo che sa di metallo.
C'è un quadernino nero sotto un cumulo di polvere e braci, sembra quasi intatto.
«Ehi, Lu', vieni a vedere…»
Lo prendo e lo pulisco dalla polvere. Wonder! È rivestito di un materiale strano che però l'ha salvato dalla furia distruttrice dell'incendio. Le pagine sono ancora tutte perfettamente integre, riesco a leggere ognuna delle parole scritte con una grafia piccola e ordinata sulle pagine ingiallite.
“Allora c'è speranza!"
«Luke, questo è un tesoro! È riuscito a salvarsi!»
So che Luke conosce la mia passione per qualunque cosa sia scritta su carta, ma posso anche capire che non condivida il mio entusiasmo.
«Già, Sel… lui si salvato.»
"Stupida, stupida, stupidissima, stupidissima!" mi porto un dito alla bocca e inizio a masticarmi l'unghia; lo faccio solo quando sono pericolosamente nervosa. Mi sorride, mi prende la mano e me la lascia contro il fianco. «Quante volte ti ho detto di non farlo?»
Vedo il libretto che spunta dalla sua tasca, come se volesse nascondermelo. Però riesco a leggere le iniziali scritte in oro sulla sua copertina: J.D.
J.D?
Tendo una mano per cercare di prenderlo.
«Ah-ah, piccola curiosano. Te lo ridò quando arriviamo a casa, adesso dammi una mano qua.»
Si avvicina al camino e inizia a spazzolare la cenere con le mani..
«C'è una cosa che dovresti vedere…» mi dice, con la lingua fra i denti mentre pulisce il fondo del camino e si intravedono già le pietre scure.
Quando finisce la mia faccia è pallida come quella di un cadavere e, anche se non posso vedermi, so che la sorpresa si riconoscerebbe ad un chilometro di distanza.
«Tu… mi devi ancora delle spiegazioni.»
«Sì, Sel, lo so ma adesso non…»
Mi giro verso di lui e lo congelo con lo sguardo.
«No, signorino. Adesso.»


--
Nella tana del bianconiglio:
xD allors, io non so parlare, però grazie Dust per aver letto anche il secondo, orrido capitolo xD il mistero in realtà c'è anche per me xD chissà dove mi guida questa volta 'sta storia xD

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Into your Mind ***


Lui sbuffa, lo sento che non vuole e l'ultima cosa che voglio io è farlo soffrire ancora. Ma adesso deve spiegarmi. Deve spiegarmi cosa ci fa un passaggio sotterraneo nel camino di sua madre, deve spiegarmi cos'era davvero Amelie, deve spiegarmi cosa c'entra quel quadernetto misterioso che non vuole lasciarmi vedere e, soprattutto, deve spiegarmi troppe cose.
Abbandona le braccia lungo i fianchi e china la testa. Fa così solo quando è molto stressato, vorrei potergli dire "fa niente, va', adesso torniamo a casa e ci dimentichiamo tutto", ma quel buco là, quelle scale non mi fanno neanche pensare a questa eventualità. Non posso dimenticarmi e girare pagina. Adesso ho il diritto di sapere.
«Sel…»
Oddio, adesso lo ammazzo. Giuro, se cerca di prendere ancora tempo gli ficco il coltello che ho nei pantaloni nella gola.
«Selene, facciamo…»
Basta, ha sorpassato il limite. Mi sono stufata di vedere come si arrampica sugli specchi. La parte cattiva di me, quella fredda a cui non frega minimamente del fatto che gli sia appena morta la madre, inizia a salirmi lungo la gola e quando arriva al cervello è troppo tardi per fermarla. È in queste occasioni che non rimpiango di essere entrata nell'arma della Regina. Quando vedo che è il mio corpo a muoversi per me, che il coltello si punta contro la sua gola in un solo momento.
«Luke Darvan, se adesso non vuoti il sacco fino all'ultimo alito questo coltello non avrà remore a ficcarsi nella tua gola tanto in profondità che te lo vedrai uscire dai calcagni.»
Ho la voce secca, non la voce di Selene, la ragazza scampata per miracolo alla morte, ma quella del Comandante di Squadra Elster Carton, quel ragazzo troppo piccolo che vuole vendetta, che vuole sangue. L'arma.
Ma Luke non è spaventato. MI sorride, mentre mette una mano fra la sua gola e la lama. «Sel, è quello che ti ho regalato io» mormora. Già, neanche me n'ero accorta.
«Tu non mi ucciderai, non ne sei capace» abbasso la testa.
Perché deve avere sempre ragione?
«Ma credo che anche tu abbia ragione. Ho tergiversato anche troppo» mi fa appoggiare la testa contro il suo petto, posso sentire il battito del suo cuore. Di nuovo. Sento le sue mani sui miei capelli, e tutto diventa luce, buio, notte e giorno insieme. Mi manca il fiato per un attimo, non so cosa stia succedendo ma so che non sono più in questo mondo. Potrei essere in mille mondi diversi insieme e non accorgermi. Non ho bisogno di respirare, è come se l'ossigeno entrasse da solo e io non fossi più nel mio corpo. Sono sospesa nel vuoto, nel buio, e vedo sotto di me il mio corpo fra le braccia di Luke che ha ancora le mani sulla mia testa e dalle sue mani esce una luce blu accecante che sembra entrare direttamente nei miei pensieri. Poi, in un colpo, si accascia anche lui e quello che adesso sento di essere viene scaraventato verso un lungo tunnel luminoso. Sto entrando nella sua testa.

-«Ma no, Luke, devi metterci un po' più di forza! Vedi? Così…» è la voce di Amelie, di un'Amelie giovane che ride con il figlio mentre dalle sue mani esce la stessa luce blu che ho visto un attimo fa in quelle di Luke.
Luke è così… piccolo, ha i capelli arruffati sugli occhi blu e la lingua fra i denti, mi fa quasi tenerezza. Amelie lo prende in braccio e lo porta in casa, stringendolo forte contro di sé. È una donna sola, ma è una donna forte, esattamente come la ricordo. Ed era davvero bellissima.
Poi, all'improvviso, qualcosa mi scaglia contro un raggio caldo e la scena cambia. Adesso vedo una faccia che conosco e che ancora adesso mi fa paura. È una bambina, nulla più che una bambina, che guarda Luke con quei suoi occhi paurosi, gli dice qualcosa sottovoce ma io non riesco a sentire. Dovrei avvicinarmi, ma ho paura. Amy mi ha sempre messo paura. Lui annuisce, si morde il labbro e la guarda. Posso immaginare cosa sta dicendo, stanno segnando la mia condanna, stanno organizzando la mia morte, mia e della nostra Regina. Vorrei fermarli, vorrei mettermi fra Amy e Luke e fermare quelle idee perverse prima che sia troppo tardi. Ma non posso. Sono completamente impotente davanti a loro.
La scena cambia di nuovo, ora lui cammina sotto la pioggia, avanti e indietro, nervoso. Sta aspettando qualcuno, sta aspettando me.
E quando quella bambina gli arriva addosso, sporca di sangue e affannata, vedo il coltello cadere. Lo stesso coltello con cui avrei voluto ucciderlo. Mi ha risparmiata, ma ha capito che Amy è morta. Mi guarda con quei suoi enormi occhi blu e mi prende con sé, fino a portarmi in quella stanzetta dove poi ho vissuto. Mi lascia sola e addormentata, immersa nel sangue e corre via di nuovo, sotto la pioggia.
Amelie sbatte la porta ma io non mi sveglio, lui ha la testa china e procede dietro la madre come un carcerato che si avvicina alla forca. Amelie posa le mani sulla mia testa e dalle sue dita inizia ad uscire una luce rossastra. Piano piano sul suo volto dolce si disegna un sorriso. «Luke, hai fatto la cosa giusta. Sono molto orgogliosa di te.»
Lui non risponde, scuote la testa con una smorfia di disgusto. «Vorrei esserlo altrettanto.»
Vedo gli anni che passano come in un turbine rapidissimo, fino a quando tutto si placa davanti all'immagine di lui e Amelie in strada, c'è un sole che splende e un arcobaleno che sembra fatto di zucchero filato scivola dietro alla Torre di Londra. Ricordo quella giornata, mi aveva lasciato da sola e avevo passato tutto il tempo seduta sulla mia finestra a fissare il cielo. Quando era tornato aveva gli occhi gonfi, ma non ho mai realizzato il perché. Sono chini entrambi su un corpo steso sulla strada di ciottoli, una donna, ha i capelli lunghi, rossi come il fuoco, ma non riesco a vederla in faccia. Amelie ha un sorriso stanco, le mani arrossate e tremanti. È giovane, come giovane non poteva essere. Sono passati soltanto cinque o sei anni da allora, e adesso che è morta il suo corpo è quello di una vecchia, non della giovane donna che vedo. Luke la guarda. «No. Ti impedisco di farlo.»
«Luke,» gli risponde, sorridendogli « devo aiutarla.»
«Ma…ma…»
«Niente ma. Lasciami concentrare.» e, con l'ennesimo sorriso, mette le mani a coppa contro il petto della donna. Luce, una luce intensa di tutti i colori dell'arcobaleno. Vedo il corpo di Amelie che trema, avvizzisce, sembra un frutto che va marcendo. Luke cerca di fermarla, si butta contro di lei ma il suo corpo viene sbattuto indietro. La luce finisce. Amelie è la dolce vecchia che ora riconosco. È come se tutta la sua giovinezza fosse andata sfiorendo. «Mi dispiace, Luke, era l'unico modo.» la sua voce non è più quella di prima, è la vocina gracchiante che mi sa di conosciuto. Lui non piange, ma i suoi occhi si fanno lucidi e improvvisamente mi sento una merda. Non posso averlo minacciato davvero. Non posso.
Questo ragazzo ha patito troppo.
L'immagine successiva è Amelie che si regge su un bastone traballante, seduta sulla sua poltrona. «Luke…» mormora con quella voce che, ora che ho sentito qual era la vera, mi fa salire un brivido lungo la schiena. «sotto il camino…»
«Sotto il camino?»
«Quando verranno a prendermi… voi… dovrete andare… e riuscirete a trovare… tutte le risposte.»
Parlare le costa fatica, ogni sospiro sembra un pugnalata al cuore. Non riesco a vedere il seguito, nella mente di Luke dopo di ciò c'è solo l'immagine della casa bruciata e di noi due con le sue mani sulla mia testa davanti a quello stesso camino. Avvolti nel Caos.
-

Ritorno alla realtà ed è come se mi fosse mancato il respiro. Cado a terra ansimante, cerco di riprendere aria e di trovarne dove non ce n'è.
MI aiuta a rialzarmi, ma vedo nei suoi occhi che anche lui è provato. Ho paura a prendere la mano che mi tende.
«Cosa sei?»
Non risponde subito. È un mago, uno stregone… cosa?
«Sono un Curatore, come lo era mia madre e la sua prima di lei. È una capacità che si trasmette nel ramo femminile.»
Se tutto questo fosse diverso, se non fossi appena entrata nella sua testa e se non fossimo alla ricerca di qualche messaggio lasciatoci da sua madre che ora è morta mi scapperebbe una battuta cattiva, ma non lo faccio.
«Anche tu hai delle capacità nascoste. Forse è questo che scopriremo scendendo questa scala. O forse non scopriremo proprio un bel niente e avremo solo buttato via del tempo.»
«E… il libro?»
«Sel…» comincia, prendendosi la testa fra le mani, «ne so esattamente quanto te. Dobbiamo scoprirlo. Vieni.»
Sì, è il momento di fidarmi.
Prendo la sua mano e, insieme, scendiamo quelle scale che potrebbero portarci ovunque.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=512620