Heart Of Dragon Lies

di Red_Hot_Holly_Berries
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non Disturbare Il Drago Che Dorme... ***
Capitolo 2: *** ...E Neanche Quello Appena Svegliato ***
Capitolo 3: *** E Neanche Voltargli Le Spalle È Molto Furbo ***



Capitolo 1
*** Non Disturbare Il Drago Che Dorme... ***


Heart Of Dragon Lies


La prima sensazione che lo invase fu il vento.
Il vento che soffiava gentilmente sulle sue scaglie bollenti; il vento che si infilava sotto la sue ali ripiegate sul dorso, gonfiandole come vele di una nave; il vento che gli portava alle narici l’odore pungente della salsedine; il vento che gli sussurrava nelle orecchie il rumore della risacca.
Sbadigliò, allargando con soddisfazione le fauci fin quasi a slogarle, senza altrimenti muoversi: voleva posticipare al massimo il momento in cui avrebbe dovuto uscire dal grigio tepore del sonno.
Aveva appena richiuso le mascelle, prendendo atto del saporaccio che gli impastava la bocca, quando un altro sbadiglio lo colse a tradimento, e gli fece aprire di riflesso gli occhi.
Dannazione, adesso che aveva visto la luce (letteralmente), addio pisolino.
Con un sospiro rassegnato, si stiracchiò come un gatto, tendendo le zampe anteriori e posteriori, inarcando la schiena e sferzando la coda. Ma, quando cercò di allargare le ali, cozzò (dolorosamente) contro le pareti della grotta, e dovette, a malincuore, richiuderle.
Barcollando sulle zampe formicolanti dal sonno, si erse dal suo prezioso giaciglio aureo e si diresse verso l’unica uscita del suo rifugio, sporgendo la testa fuori per ammirare il mare che si schiantava con violenza contro la scogliera a precipizio, molto più in basso.
Solo dalla tiepida presenza del sole riuscì a dedurre che fosse primavera inoltrata: l’odore di pioggia appena caduta in Britannia era talmente comune durante tutto l’anno che non poteva essere usato come metro di misura. Anche se in realtà a lui la pioggia non dispiaceva affatto: volare sotto la pioggia era una sensazione bellissima.
Un basso ringhio proveniente dal suo stomaco lo riscosse: tra la pancia vuota e il saporaccio in bocca, aveva davvero bisogno di fare uno spuntino. E se ricordava bene…
Girò la massiccia testa verso l’alto: bingo!, la cima alla scogliera era ancora un pascolo per le pecore.
Invece che tentare la fortuna con le ali intorpidite dalla lunga immobilità (ricordava bene quella volta in cui era caduto a muso in giù in mare e per poco non si era sfracellato sugli scogli), si lanciò verso la parete di calcare e vi si aggrappò con le zampe artigliate e gli speroni incurvati del “gomito” delle ali, prendendo a scalarla con una certa goffaggine: i draghi non sono mica lucertole!
Si, pensò liberando un ruggito che fece tremare la roccia e levare in volo tutti gli uccelli che vi erano posati, aveva davvero dormito troppo.







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ok, ovviamente è il prologo di quella che credo sarà una storia bella, lunga e avventurosa.
E con un sacco di yaoi!!! ^___^
Chi indovina di chi è il punto di vista del (posso dirlo, tanto non credo ci sia qualcuno che non l'abbia capito) drago, ha il diritto di interferire finchè vorrà con l'andazzo della storia. (mentre gli altri non potranno mettere becco)
scherzavo, ovviamente... i suggerimenti sono sempre ben accetti!

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Capitolo 2
*** ...E Neanche Quello Appena Svegliato ***


xElos:certo che l'ho letto! anche se l'idea della citazione non viene da lì. "Hic Sunt Dracos" lo si trova spesso sulle carte medioevali: al centro vi sono le terre del feudo, ma tutto intorno è bianco, con disegni leggendari e questa dicitura, a dire che tutto il resto del mondo è immaginario, pericoloso, non essendovi la curiosità necessaria per esplorarlo.
Perciò doppio richiamo: alla triste storia di Elbow il Vecchio ed il Giovane, ed alla capacità di guardare oltre lo scritto, il tracciato.
Altra cosa, il commento sull'Inghilterra. Se sei mai stata in Gran Bretagna, o anche solo al Nord delle Francia, Belgio e via dicendo, sai cosa intendo. Metà del mio sangue proviene da quelle parti...
Un grazie incredibile per aver commentato un prologo così corto, e la mia promessa che ascolterò qualunque tuo suggerimento.




Capitolo 2: …E Neanche Quello Appena Svegliato

-Mi giuri eterna fedeltà?-
-Lo giuro.-
-Giuri di proteggere il debole dal forte, la giustizia dal male?-
-Lo giuro.-
-Giuri di tenere al fianco questa spada fino alla morte, fino alla tomba?-
-Lo giuro.-

-È ora di alzarsi, milord!- trillò una voce allegra nel suo orecchio, facendolo schizzare fuori dal sonno e quasi fuori dal letto.
-Elizabeta, dannazione…- ansimò Alfred, passandosi una mano sul viso e premendosi l’altra sul petto, cercando di rallentare il battito furioso del suo cuore.
-Mi hai fatto venire un infarto!- La sua domestica ridacchiò.
-Sono molto spiacente, milord.- Sì, certo, guardatela com’era depressa.
-Credevo che anche stamattina volesse alzarsi presto per allenarsi…- Calma, Alfred, non sta bene strozzare la cameriera che ti ha dato il tuo signore…
-Ma dovevi proprio urlarmi nell’orecchio? Mi fa male la testa!-
-Certo che le fa male la testa, milord, dato che ieri sera ha bevuto come una spugna, e io ho dovuto trascinarla a letto- disse Elizabeta con un sorriso innocente e molto inquietante, che gli ricordò con un brivido quello del siniscalco Ivan. E quella che teneva dietro la sua schiena, era la sua famigerata padella di ferro…?
Perché diavolo se l’era beccata lui, la serva vendicativa? Alfred sospirò di nuovo, dicendo definitivamente addio al sogno in cui aveva rivissuto la sua investitura a cavaliere, avvenuta alcuni mesi prima, e scostò le coperte, saltando giù dal letto.
Dopo sbornia o meno, era innegabile che quel giovane fosse sempre pieno di energie.
-Le porto la colazione o vuole mangiare nella sala grande?- domandò la ragazza, aiutandolo a vestirsi con una scioltezza collaudata dall’esperienza giornaliera.
-No, grazie, mangerò giù con gli altri.- sbadigliò il cavaliere, assicurandosi con un gesto automatico la spada nel suo fodero al fianco sinistro e la daga a quello destro.
Alla tavolata dei cavalieri se non altro trovò un po’ di compassione: la sera prima non aveva certo bevuto da solo, e non sembrava nemmeno essere l’unico ad avere problemi con la servitù dispotica.
Antonio, venuto dall’Iberia ed attualmente incaricato di addestrare i magnifici cavalli che aveva portato con sé, doveva essere stato cacciato dalla camera a calci da Lovino, mentre era quasi sicuro che i fratelli Gilbert e Ludwig, entrambi Germani, fossero stati svegliati dall’esuberanza di Feliciano (fratello a sua volta del sopracitato servo).
L’unico che si era alzato di sua spontanea volontà era senza dubbio Roderich, che pur essendo un cavaliere come gli altri, si occupava principalmente dell’amministrazione finanziaria del regno. Sua caratteristica era l’essere disgustosamente mattiniero, e con questo poco c’entrava il suo servo, tale Vash, che pur sapendo essere tirannico, lo era meno apertamente degli altri.
Caratteristica ereditata da sua sorella, Liechtenstein (Lily per comodità), rendendola la domestica più timida di Camelot, e a questo probabilmente era dovuta la mancanza del suo padrone Francis alla tavolata: se lasciato a sé stesso difficilmente si svegliava prima di mezzogiorno, e solitamente Lily necessitava dell’aiuto del fratello per buttarlo giù dal letto, o così Alfred aveva sentito dire.
L’ultimo arrivato si sedette tra Antonio e Gilbert, salutandoli con uno sbadiglio, venendo ricambiato nello stesso modo dal primo e con un arruffamento di capelli dal secondo.
Alfred era acutamente consapevole di essere il più giovane, e si era ripromesso di far loro vedere quanto valeva, ma per adesso aveva impegni più importanti. Tipo la colazione. Una sguattera gli allungò una ciotola di latte, in cui inzuppò del pane in attesa che Ludwig si fosse servito degli avanzi dell’arrosto del giorno prima, e quindi buttarsi lui stesso voracemente sul vassoio.
- Non vedo il re. Dov’è?- chiese alla fine, dopo aver superato la fase “inghiotti tutto ciò su cui riesci a mettere le mani” ed entrando in quella successiva, ovvero “prova a sentire che sapore ha il cibo che stai mangiando”.
-L’ho visto uscire prima a cavallo con Merlino. Credo siano andati in città o qualcosa del genere.- gli rispose Antonio, porgendogli una caraffa di quello che Alfred riconobbe dall’odore essere un rimedio contro il mal di testa.
-Grazie mille!- Il biondo se ne versò un boccale pieno, grato di quel dono del celo che erano le erbe medicinali.
-Cosa avrà da fare con quello “stregone”?- si chiese ad alta voce, dubbioso, ma gli altri fecero poco caso al suo riferimento a Merlino: sapevano già di quanto poco lui credesse alla magia. E sapevano anche bene che prima o poi si sarebbe rimangiato le sue parole. Come avevano fatto loro, d’altronde.
-Piuttosto che impicciarti nelle faccende del re, cosa conti di fare tu, oggi?- gli chiese Roderich, ed Alfred si prese un attimo per pensarci. C’era qualcosa che doveva fare, oggi… Qualcosa che aveva programmato da molto tempo… Ah, sì!
-Devo andare a trovare il Conte Braginski. A quanto ho capito, mio padre mi vuole far sposare con una delle sorelle di Ivan…- La dichiarazione di Alfred attirò l’attenzione di tutto il tavolo.
-Stai scherzando, vero!?- domandò incredulo Ludwig. -Spero non quella pazza di Natalia, vero?- Antonio si guardò dietro le spalle, per assicurarsi che il siniscalco non fosse in vista. –Hai presente che ossessione ha per Ivan! Ti farebbe fuori in un attimo! Fa paura…-
Rabbrividì, e Alfred fece lo stesso. –No, credo voglia che mi proponga alla maggiore.-
Alla sua rassicurazione, fu Gilbert a replicare: -Ah, Yekaterina! Ti invidio, compare, con quel bel paio di tette!- disse in tono sognante, facendo il gesto di palpare un enorme seno invisibile, scatenando risate generali tra gli altri cavalieri.
Anche Alfred rise, la sua espressione era troppo assurda, ma dentro di sé rabbrividì. Il troppo stroppia, e a lui facevano davvero senso…
Ma se ricordava bene, non era atteso dal Conte se non dopo pranzo… il che gli lasciava libera la mattinata per far quel che voleva. Gli tornò in mente la scusa usata da Elizabeta per svegliarlo all’alba e sorrise: sì, allenarsi era una buona idea. Un po’ di sano esercizio fisico gli avrebbe fatto dimenticare quei brutti pensieri.


Sovrappensiero, Alfred stava mangiucchiando pane e formaggio, lasciando che il suo cavallo scegliesse l’andatura che più gradiva.
Il sole era proprio allo zenit, e un gradevole tepore pervadeva le sue membra, a partire dalla cotta di maglia fino alle ossa, eppure, nonostante ciò, il cavaliere non aveva fame: con un sospiro, ripose il suo pranzo nella sacca da sella.
Il giovane si sentiva incredibilmente a disagio all’idea della visita che era in procinto di compiere, ma non poteva farci nulla: gli ordini di suo padre erano tassativi. Dire che la sua famiglia proveniva dalla piccola nobiltà non rendeva l’idea: suo padre, ex-capitano di guerra, aveva ricevuto il suo appezzamento di terra in cambio del suo valido servizio sotto Re Uther, quando aveva aiutato i Pendragon ad ottenere il trono di Britannia.
In quanto figlio unico, Alfred aveva non solo il dovere di perpetrare la stirpe, ma anche di migliorare il loro status sociale, e legarsi ai Braginski, casato ben più antico del loro, sarebbe stato prendere due piccioni con una fava.
Vantaggio di essere un uomo: se non altro, non sarebbe stato costretto a sposarsi con Yekaterina, ma solo fortemente incitato a farlo. Alle donne nobili andava decisamente peggio, doveva riconoscerlo: loro non avevano proprio parola in merito a chi avrebbero sposato.
Fu interrotto a metà di un secondo sospiro da un cupo tremore che fece vibrare tanto l’aria quanto il suolo sotto gli zoccoli del suo baio, che dilatò le froge, nervoso.
Alfred ci mise un secondo a capire che quel suono che sembrava uscire direttamente dall’inferno altro non era che un ruggito.
Il ruggito di una bestia fottutamente grande.
Il biondo tirò le redini e sguainò la spada, guardandosi intorno mentre il suo destriero, addestrato alla guerra, si irrigidiva sotto di lui, pronto a fronteggiare il nemico.
No, nulla in vista sulla strada, o meglio sentiero, usata principalmente usata dai pastori, che tagliava il pascolo disseminato di pecore che si stendeva in cima al promontorio che poi declinava in una scogliera a precipizio.
Il ruggito si ripeté, ed Alfred ebbe appena il tempo di capire che giungeva appunto dalla scogliera, quando un paio di zampe artigliate, due enormi ali da pipistrello e una testa da rettile emersero dal precipizio, seguiti da uno smisurato corpo serpentino.
Grandioso. Un drago.
Un dannatissimo drago.
Il breve rammarico di aver scelto una strada così isolata fu spazzato via da un altro pensiero, molto più terreno e pratico, riassumibile in “Oh merda”.
Con suo grande disagio, l’espressione “ingoiare in un sol boccone” non era solo un modo di dire: quella creatura avrebbe potuto “ospitare” tra la mascelle anche un uomo adulto, e senza neanche doverle aprire troppo.
E il resto del corpo era nella stessa (enorme) proporzione: doveva avere un’apertura alare superiore ai 15 metri, e dal muso alla punta della lunga coda… doveva essere tra i 20 e i 25 metri.
Mioddio.
La grossa testa simile a quella di una lucertola, di per sé lunga più di 2 metri, era ornata da due lunghi corni ritorti a spirale che partivano dalle arcate sopraccigliari, e una fila di simili spuntoni ossei, lisci e appuntiti, correva lungo tutta la sua spina dorsale, abbastanza sottili dietro la nuca e sul collo, larghi e lunghi sul dorso, e più corti e tozzi lungo la coda, man mano rimpicciolendo fino alla punta.
Come a voler negare i pensieri confusi che rincorrevano nella mente di Alfred (“Mi-mangia-mi-mangia-mi-mangia”), il drago non sembrò neppure notare la sua presenza, dedicandola tutta al gregge di pecore messo in fuga dal suo arrivo. E dalla sua espressione,almeno l’ipotesi sulla sua fame sembrava azzeccata.
Il cavaliere si aspettava di vederlo alzarsi in volo per catturare la cena, ma di nuovo l’enorme bestia non si comportò come si aspettava, evidentemente ritenendolo uno spreco di energie: ciò che fece invece fu accucciarsi e, semplicemente, balzare addosso alle sue prede designate, due pecore rimaste indietro rispetto al gregge, coprendo con un solo balzo la distanza che li divideva, dimostrando che decisamente la sua enorme mole non era dovuta al grasso.
Anche così, mentre ruggiva il suo apprezzamento e la sua fame, la creatura aveva un aspetto incredibilmente regale: il sole di mezzogiorno brillava sulle sue scaglie verdi, tendenti al panna sui fianchi e al grigio perla sul ventre, traendone riflessi dorati, blu e argento, soprattutto sulle scaglie più piccole della testa, accentuando di contrasto i suoi enormi occhi verde smeraldo, privi di sclera bianca e dalla pupilla verticale come quelli di un serpente.
Alfred rimase a contemplarlo stupore a bocca aperto, dibattendosi tra meraviglia e timore, ma quando il drago alla fine azzannò il ventre di una delle due pecore, mettendo in mostra le lunghe zanne e sporcandosi il muso di sangue, il timore si trasformò rapidamente in ardore, e con un urlo spronò il cavallo verso la bestia.
Non aveva un piano, non sapeva come il drago avrebbe reagito, ma si lanciò comunque, spinto da un istinto che lo esigeva a gran voce. Guarda la morte negli occhi…
Al suo grido di guerra e al martellio degli zoccoli del cavallo, il drago alzò fieramente la grossa testa, ma la lentezza dei suoi movimenti non era dovuta alla sorpresa.
Era come un valanga, come un albero che cade, come un’onda che si infrange sulla scogliera: da lontano le sue movenza potevano sembrare indolenti, ma solo quando giungevano al loro culmine, quando era troppo tardi per tirarsi indietro, ci si rendeva conto di quale fosse la forza intrinseca, la potenza inimmaginabile, di quel moto.
Così per Alfred il tempo che impiegò per coprire la distanza sembrò dilatarsi, mentre lo osservava alzarsi sulle possenti zampe posteriori, sbattendo in movimenti ampi le immense ali e fendendo l’aria con le zampe anteriori, la coda che sferzava dietro di lui per mantenere l’equilibrio.
Fu solo quando la sua ombra cadde sul cavaliere, oscurando il cielo, che il drago, senza smettere di fissarlo neanche per un attimo, ruggì, levando in alto la testa.
La terra sussultò, le nuvole tremarono, il mare fremette. Quel suono profondo fece scorrere più veloce il sangue nelle vene del cavaliere, mentre gli sembrava che un secondo cuore nel suo petto battesse all’unisono con il ritmico battito delle sue ali, palpitando nelle sue ossa, nella sua carne, nella sua vera essenza.
Guarda la morte negli occhi e perditici.
In quel ruggito il drago riversò tutto sé stesso: era supremazia, era vittoria,era antichità, era forza, era violenza, era consapevolezza.
Ora lo sapeva, sapeva cosa l’aveva spinto ad attaccarlo: era quella consapevolezza che cercava, no agognava. Perché, non lo sapeva, ma…
Il cavallo di Alfred si rifiutò di avanzare oltre, sgroppando, costringendolo a smontare con un balzo un secondo prima che il suo destriero scappasse via, e questo incidente così terreno, così futile, lo riscosse dalla sua trance. Comprese così l’ammonimento delle leggende di non fissare mai un drago negli occhi: erano creature di un altro mondo, e potevo aprire porte oltre le quali la mente umana si smarriva.
Consapevole o meno di ciò, la creatura si riabbassò sulle zampe con un tonfo e si lanciò contro il cavaliere in una mossa fluida, spalancando le fauci.
E dalle profondità di queste, Alfred vide vomitare un inferno incandescente.

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Capitolo 3
*** E Neanche Voltargli Le Spalle È Molto Furbo ***


xElos: in effetti sì, mi sono confusa con la citazione sui leoni. Ti giuro, ero così sicura... ma la mia prof di storia e italiano mi ha sgonfiato come un palloncino appoggiando la tua versione. Ma io sono cocciuta, perciò lascerò quella frase nel prologo (giusto correggendo quell'"hic", residuo di tre anni di latino mai studiato xD), se non altro come tributo alla De Mari.
quanto alle parole in grassetto... in parte hai ragione, spiccano molto, ma lo facciuo apposta! se leggi altre mie storie, il grasse e il corsivo cambiano a seconda dell'importanza che volgio dare a quella data parola o frase. E continua pure a correggermi gli errori di battitura, che scappano sempre!
e.. ah, la descrizione del drago. Ecco, su quella ho passato delle ore. Patita di fantasy, volevo superare i grandi autori, ma... xD appunto: le dimensioni che avevo stimato all'inizio sono state allegramente cassate causa dimensioni della tana che gli dovrei affiabbiare. Quindi il nostro lucertolone s'è trovato dimezzato! xD
x kurohime ti giuro la tentazione primaria era fare di Arthur re Arthù, mi prudevano le dita! ma poi ho fatto la decisione di scindere i due personaggi, e ho anche trovato un motivo geniale che spieghi perchè abbiano lo stesso nome! sono un genio del male, lo so... xD




Capitolo 3: Neanche Dargli Le Spalle È Molto Furbo.

Davanti a quelle fauci spalancate, a quel calore così concentrato da sembrare magma liquido pronto a riversarsi su di lui, Alfred non tremò.
Bhè, diciamo che sì tremò, ma non fu per paura della bestia quanto per via dell’alito pestilenziale della stessa.
Era strano, avrebbe dovuto essere terrorizzato a morte, insomma, c’era un dannatissimo drago che voleva mangiarlo!, ma così non era.
Si sentiva distaccato da tutto, non superiore, solo distaccato, come se tutto ciò non stesse accadendo a lui.
Sì, decisamente il suo istinto di sopravvivenza aveva qualcosa che non andava.
Il drago ruggì, in un tono più basso, contraendo i fianchi, ma se Alfred si era aspettato un fiume di fuoco che lo riducesse in un mucchietto di cenere, ciò che uscì dalla sua gola serpentina, nonostante avesse la luminescenza di una fornace, fu più simile a un rigagnolo di fuoco.
Un rigagnolo in secca, in quanto la sottile lingua di fuoco si limitò a bruciacchiare l’erba ai suoi piedi, prima di esaurirsi senza nemmeno aver sfiorato il cavaliere, il quale, per quanto fosse poco logico, in fondo in fondo ne rimase un po’ deluso.
Ma certo non quanto il drago, che corrugò le sopracciglia (scagliose, certo, ma pur sempre sopracciglia) in un’espressione molto umana di disappunto e sconcerto.
Incerto sul da farsi, Alfred strinse la presa sull’elsa della sua spada, me non spostò l’attenzione dal drago, riuscendo così ad evitare per un pelo un’altra fiammata, stavolta più lunga e duratura, ma evidentemente non ancora abbastanza da soddisfare la creatura, la quale, chiaramente scocciata (chiaramente? E da quand’è che era diventato un esperto in espressioni dragonesche?), preferì abbandonare gli attacchi a lunga gittata per passare a qualcosa di abbastanza vicino al corpo-a-corpo da permettere ad Alfred ci contrattaccare.
Il cavaliere ebbe a malapena il tempo di chiedersi perché non cercasse nemmeno di prendere il volo, se lo riteneva alla pari di una pecora, prima che svariate tonnellate di scaglie e zanne gli fossero addosso.
Il drago dorato allungò di scatto la testa, smile a un serpente, facendo come per volerlo decapitare con un morso, ma il cavaliere si ritrasse in tempo e levò la spada per cacciargliela in gola, che dubitava essere abbastanza coriacea da resistere all’acciaio, e il suo avversario ritrasse di scatto indietro il collo, sibilando furioso.
Fu la volta di Alfred di avanzare che, rinunciando direttamente a fendente, con cui non sarebbe mai riuscito a scalfire l’armatura dorata del rettile, mirò un affondo diretto alla base sinistra del collo, ma il drago reagì fendendo l’aria con gli artigli aperti della zampa sinistra, colpo atto a costringere il cavaliere a modificare la traiettoria all’ultimo istante, e a tentare in extremis un fendente contro la sua spalla sinistra, contro cui la spada scivolò senza lasciare un graffio, come si era appunto aspettato.
Bene, allora, solo colpi di punta, niente filo.
Avendo finalmente il cavaliere a distanza così ravvicinata, il drago gli sferrò una zampata con la destra, cercando di colpirlo al fianco, ma Alfred abbassò lo scudo in tempo, e gli artigli ne sfregiarono inutilmente la superficie di legno, anche se la forza del colpo lo fece barcollare.
Che forza! Doveva porre fine al combattimento al più preso, o la bestia lo avrebbe semplicemente sfiancato e poi ucciso. Il drago sembrò pensare la stessa cosa, perché tornò ad attaccarlo a zampate, sinistra, destra, sinistra: con la prima staccò dallo scudo una pioggia di schegge, con la seconda gli artigli vi rimasero conficcati un attimo di troppo, con la terza lo mandò in pezzi.
Altro ruggito, sempre più inferocito, gli occhi verde smeraldo che brillavano malevoli e spietati.
Alfred impugnò a due mani la spada, mirando piccoli affondi verso il suo muso, ma quello si teneva sempre di mezzo metro oltre la sua portata, quasi schernendolo, e fu così che riuscì a distrarlo abbastanza da poterlo colpire con la coda.
Il cavaliere ebbe l’impressione di essere colpito da un tronco d’albero dietro il fianco destro, con tale violenza che lo sollevò di terra e lo mandò a schiantarsi sul terreno molti metri più in là, e per questo non prestò attenzione a quella voce che sembrava sentiva urlare “Fermatevi, fermatevi!”
Il brusco atterraggio gli cacciò fuori tutta l’aria dai polmoni, ma non lasciò andare la spada: con uno sforzo enorme (respirare era un dolore tremendo, per non parlare di muoversi), rotolò sul fianco per evitare che il drago potesse colpirlo in quella posizione indifesa, e si mise in ginocchio, scoprendo che la creatura sembrava avere tutta l’intenzione di gettarsi su di lui: gli sarebbe bastato il suo semplice peso…
La mente di Alfred volò a mille come può solo accadere quando ti rendi conto che stai per morire, l’adrenalina pura che gli scorreva nelle vene, e completò il ragionamento che aveva portato avanti senza accorgersene per tutta la lotta.
Perché fino ad allora lo aveva attaccato solo con zampate e colpi di coda? Perché giocare come il gatto col topo quando gli sarebbe bastato saltargli addosso e fracassargli le ossa?
Risposta: perché in quel modo, per un breve istante, avrebbe lasciato scoperto il ventre, fino ad allora rivolto solo verso terra… Che fosse davvero come una lucertola troppo cresciuta? Che la pancia fosse vulnerabile?
E quella…? Quella macchia scura sulla destra della sua pancia, vicino al fianco…? Come se mancasse una scaglia, o più di una…
Senza pensarci oltre, Alfred si puntellò con un ginocchio, tenendo la spada come una picca o una lancia per cinghiali: aspettava che fosse il drago a impalarcisi, lanciandosi verso di lui, chiaramente inconsapevole della braccia nella sua armatura…
Ma all’improvviso qualcos’altro lo colpì, e non era il drago.
Qualcuno si era buttato contro di lui, trascinandolo con sé e rotolando via dalla traiettoria della bestia.
L’adrenalina che scorreva nelle vene di Alfred gli schiarì la vista in un attimo, e questi vide un giovane dai capelli biondi sormontarlo e inchiodarlo al suolo.
Consapevole che il drago doveva essere quasi sopra di loro, il cavaliere si dibatté, ma fu sorpreso quando non riuscì a liberarsi della stretta dello sconosciuto.
Un pastore (così dedusse dagli abiti larghi e lisi, e dal pesante mantello a falda larga) che gli teneva testa!?
Eppure era così, come dimostrò il pastorello colpendogli con un forte pugno l’interno del braccio destro, facendogli intorpidire la mano e lasciare andare la spada.
-Non fargli del male!- sibilò, con una vena di disperazione che trapelava tanto dalla voce quanto dagli occhi blu-viola.
Ma non si deve mai voltare le spalle al pericolo: avvertito appena in tempo dall’urlo cavaliere, lo sconosciuto riuscì a gettarsi di lato, trascinandosi dietro anche l’altro, un attimo prima che una zampa artigliata calasse su entrambi.
Ma il drago, che sembrava diventare più reattivo di minuto in minuto, se l’era aspettato: pericoloso ad entrambe le estremità, vibrò un infido colpo di coda e colpì l’inaspettato “salvatore” a un fianco, sbattendolo con violenza contro il cavaliere che stava proteggendo col suo corpo.
-Arthur!- urlò, un grido sottile e lancinante come il dolore.
Il tempo sembrò fermarsi.
Alfred teneva tra le braccia il ferito, e osservò il drago spalancare gli occhi e lanciare un altro ruggito, che però sembrava colmo di sofferenza troppo umana.
-Matthew!- latrò, e Alfred dubitò seriamente della sua sanità mentale: un drago che parla? Meglio ancora, un drago angosciato?
E in meno di un attimo il rettile era sopra di lui, fugando tutti i suoi dubbi.
-Togliti di mezzo!- ringhiò, ma Alfred strinse di più a sé il ragazzo: che fosse dannato se l’avrebbe aiutato a procurarsi il pranzo!
Ma il drago non sembrò colpito dal suo eroismo, e con una violenta zampata lo separò dal giovane. Se non fosse stato così concentrato sul biondo, il cavaliere si sarebbe stupito che gli artigli non lo avessero minimamente ferito.
-Shhh, Matthew… Va tutto bene.- rombò dolcemente la creatura, abbassando la testa fino a che il suo occhio verde fosse all’altezza di quelli blu dell’altro.
Il giovane alzò una mano e gli accarezzò il muso, ottenendo in cambio una breve leccata sulla fronte, simile al bacio di un genitore.
-Mi dispiace, Matthew…- sospirò tuonando, dandogli un colpetto col muso, per poi lacerargli la camicia con gli artigli.
Alfred saltò su con un urlo, deciso a salvare il ragazzo, ma il drago si curvò in avanti, nascondendo il caduto tra le zampe, la coda sollevata vicino al corpo pronta a sferzare e le zanne scoperte, ringhiando all’indirizzo del cavaliere, simile a una lupa pronta a difendere il suo unico cucciolo fino alla morte.
Il cavaliere alzò la spada ritrovata, pronto a conficcarla in bocca alla bestia, ma uno squillo di trombe fece voltare entrambi.
Nei due cavalieri che si stavano dirigendo a rotta di collo verso di loro Alfred riconobbe Re Arthur e Merlino, seguiti a ruota da un gruppo di artiglieri, tra cui Francis, Gilbert, Ludwig e Antonio.
-Cosa diavolo credi di fare, Cavaliere Jones!?- ringhiò il re con una ferocia da primeggiare con il leone a cui assomigliava, con quei corti capelli castani simili a una criniera, a cui seguì il mago: -Vedi un drago per la prima volta nella tua vita e la tua idea migliore è attaccarlo? Ma sei suicida o cosa!?-
Vedendo la faccia sconvolta del giovane, lo stregone si rivolse anche al drago, sconvolgendo ancora di più quel poveraccio di un cavaliere… che si sentiva friggere nella cotta di maglia sotto quegli sguardi.
-E tu, Arthur, lucertola troppo cresciuta che non sei altro, non sei meglio di lui! Gli hai dato abbastanza corda perché ci si impiccasse!- inveì Merlino, scuotendo la testa fino a che i suoi capelli neri come le pece si liberassero dal legaccio e gli cascassero intorno alle spalle.
-Devi ringraziare Matthew se questo moccioso è ancora vivo, infatti. E guarda cosa ci ha guadagnato!- ringhiò il drago, facendo un passo indietro ed esponendo il giovane pastore, Matthew evidentemente, e i cavalieri si incupirono alla vista della camicia strappata, che lasciava in vista le profonde ferite parallele lasciate dal colpo di coda: al contrario di quello incassato da Alfred, la forza con cui era stato inflitto aveva fatto sì che le punte ossee, oltre a penetrare nella carne, l’avessero lacerata.
Con uno sbuffo e un ultimo sguardo agli uomini, come a sfidarli a fermarlo, il drago chinò la testa e cominciò a leccare gli squarci.
Alfred fece di nuovo per scattare in aiuto del ferito, ma Antonio, smontato senza che se ne accorgesse, lo bloccò.
-Calmati, ragazzo. Non gli vuole fare male. Ti presento il drago Arthur. Non mi guardare così, non è colpa mia se si chiama come il re.- disse l’Iberico con un’allegria del tutto fuori luogo, o così sembrò ad Alfred, mentre il drago in questione ringhiava in sordina alla menzione del suo nome.
-Qualcuno mi spiega che ci fa un drago nelle terre di Camelot!?- esplose Alfred, liberandosi della presa di Antonio e guardando innervosito il Re e il suo mago.
-Solo se tu mi dici cosa è successo qui. Appena Merlino mi ha detto che Arthur era tornato ci siamo precipitati qui, ma più di così non so, perciò sputa il rospo.- disse il Re, irritato.
-Ho sentito un ruggito, e dalle scogliere è saltato fuori questo drago, che ha attaccato un gregge e ucciso un paio di pecore…-
-Al che tu hai pensato bene di lanciarti contro di lui, e Arthur ha deciso di farti a brandelli. Comportamento degno di me, anche se io avrei cercato di sopravvivere- completò Gilbert, scostando la cotta di maglia ormai distrutta per esaminare il fianco destro di Alfred.
-Soffrirai le pene dell’inferno per un paio di giorni, ma non credo che tu abbia nessuna costola rotta. Non come il povero Matthew…- sospirò il germano, voltandosi a guardare il pastore, nascosto dall’enorme mole del drago.
-Cosa diavolo gli sta facendo, quel drago?- domandò preoccupato Alfred, sospettoso di tutto e di tutti: perché lui sembrava essere l’unico a non sapere di quel drago!?
-Lo sta guarendo. Nella saliva dei draghi c’è qualcosa che fa richiudere immediatamente le peggiori ferite. Il re gli deve la vita, per questo.- disse Francis, osservando Merlino accovacciarsi accanto al biondo per cercare di aiutare.
-Piuttosto, perché lo hai attaccato? Non puoi pensare di trafiggere le scaglie di un drago con una spada!- esclamò Ludwig, sgomento davanti a tanta audacia (o stupidità).
-Gli mancano delle scaglie sul fianco destro. Non so se sarei riuscito ad ucciderlo, ma di sicuro sarei riuscito a ferirlo.- spiegò Alfred a bassa voce, occhieggiando il drago, ma questi lo sentì lo stesso e sussultò, smettendo di leccare la ferita di Matthew per darsi un’occhiata al ventre, scoprendo con un ruggito di sorpresa e rabbia che il cavaliere aveva ragione… e lui non se ne era accorto!
-Lo avevo notato anche io… E non volevo ti facesse del male…- sussurrò il pastore rivolto alla fiera, che provvide a sgridarlo, sebbene dentro di sè fosse felice.
-Sciocco! Ti avevo detto di starmi alla larga quando mi sarei svegliato dal letargo! Finché non mangio sono pericoloso!-
-Lo so… Infatti il gregge era il mio. Lo facevo pascolare sopra la tua tana proprio per te…- Matthew si interruppe e serrò gli occhi in un’espressione di dolore quando la lingua del drago premette con più forza sulla sua carne viva.
-Shhhh, Matthew… Va tutto bene, cucciolo mio… Va tutto bene…- A parlare era stato un drago, vero, ma dalle sue parole trapelava un amore profondo come quello di un genitore, e i cavalieri si azzittirono sotto il loro peso.
E un attimo dopo Alfred lanciò un grido, quando la figura del rettile sembrò tremolare come un miraggio estivo, e i contorni che lo delineavano presero a fondersi, offuscandosi e restringendosi.
Le ali si appiattirono sul dorso, fondendosi con esso, il collo si accorciò e la coda venne riassorbita dal corpo, che prese a rimpicciolire sempre di più fino a che, in ginocchio accanto a Matthew, non vi fu che un giovane uomo.
Sì, i draghi non solo esistono, ma possono parlare, guarire leccando, e possono anche cambiare forma, constatò Alfred, distaccandosi dalla sua razionalità che era definitivamente andata a nascondersi a deprimersi in un angolo.
Così il drago non dimostrava più di 23 anni, ed era… bhè, affascinante. Anche, o forse soprattutto, perché era completamente nudo.
Aveva corti e indomabili capelli biondo-cenere, del colore delle sue scaglie, di cui ne rimanevano solo alcune a lungo la spina dorsale, sulle spalle, sul dorso della mani, sull’esterno della coscia e sopra l’inguine, che Alfred notò essere, come lo erano anche petto, le braccia e le gambe, del tutto glabro, e…
Senza apparente ragione, Alfred arrossì, distogliendo lo sguardo dalla virilità di quell’ “Arthur” (ora trovava difficile riferirsi a lui come “il drago”), preferendo farlo risalire per il petto, muscoloso e ben delineato, lungo le spalle forti (sebbene non larghe come quelle del cavaliere), e poi osservandone il viso, dal tratti fini ma autoritari, e due occhi di un profondissimo verde smeraldo, che non però fissò direttamente, memore della precendente disattenzione.
Il giovane passò le braccia sotto le ginocchia di Matthew e dietro le sue spalle, e quindi si alzò in piedi tenendolo stretto a sé, senza nemmeno ondeggiare per il peso, e fronteggiò il Re, non sembrando minimante imbarazzato dalla sua nudità, o forse semplicemente non curandosene.
-Andiamo. La mia tana a Camelot è ancora come l’ho lasciata?-

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