Guida o comandante

di alida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno ***
Capitolo 2: *** Questionario ***
Capitolo 3: *** Assente ***
Capitolo 4: *** Poeti, organizzatori e attività extra-scolastiche ***
Capitolo 5: *** Sfuriata ***
Capitolo 6: *** Dimostrazione esemplare! ***
Capitolo 7: *** Aurea ***
Capitolo 8: *** Incantesimo di Illusione ***
Capitolo 9: *** Apparizioni ***
Capitolo 10: *** Risposte ***
Capitolo 11: *** Serata proficua ***
Capitolo 12: *** Verità nascoste ***
Capitolo 13: *** Vergogna ***
Capitolo 14: *** Conseguenze ***
Capitolo 15: *** Papà e gemelli ***
Capitolo 16: *** Confusione ***
Capitolo 17: *** Comprensione ***
Capitolo 18: *** Passeggiate ***
Capitolo 19: *** Amara lucidità ***
Capitolo 20: *** Ombre e test Pre-natalizio ***
Capitolo 21: *** Casa ***
Capitolo 22: *** Visite ***
Capitolo 23: *** Vigilia di Natale ***
Capitolo 24: *** AVVISO ***
Capitolo 25: *** Sectusempra ***
Capitolo 26: *** Via dal mondo magico ***
Capitolo 27: *** Triplice inizio ***
Capitolo 28: *** Confrontarsi con la realtà ***
Capitolo 29: *** Lasny, Snilla e Cindy ***
Capitolo 30: *** AVVISO ***
Capitolo 31: *** Ricordi e tentativi ***
Capitolo 32: *** Vita senza poteri ***
Capitolo 33: *** Riflessioni ***
Capitolo 34: *** L'unica verità importante ***
Capitolo 35: *** Ciò che è giusto ***
Capitolo 36: *** Amici ***
Capitolo 37: *** Tirare le somme ***



Capitolo 1
*** Primo giorno ***


Dedicato a Elfosnape, simpatico recensore di tante mie ff, che come me si ostina a volere che Harry e Severus si vogliano bene.

Naturalmente i personaggi saranno o del tutto o tendenzialmente OOC! Che volete, sono fatta così!

Buona lettura.

Harry Potter era un bambino conosciuto nel mondo magico. Undici anni prima Colui-che-non-doveva-essere –nominato aveva ucciso i suoi genitori e probabilmente sarebbe morto  lui stesso  se Albus Silente non fosse riuscito a fermare il mago oscuro con l’Avada Kedrava.

 Quella notte, infatti, Silente era andato dai Potter per rendere a James il Mantello dell’invisibilità ed entrando aveva trovato il corpo senza vita del giovane mago. Era poi salito al piano superiore richiamato dalle grida di Lily e in extremis era riuscito a salvare il piccolo Harry, il cui nome, perciò, era rimasto collegato a quello di uno dei più grandi maghi della storia, nonché preside di Hogwarts.

Nonostante questo Harry non conosceva il vecchio preside, non lo aveva mai frequentato e se non fosse stato per alcune foto  sulla Gazzetta del Profeta, probabilmente incontrandolo per strada non lo avrebbe neanche riconosciuto.

Harry era cresciuto con suo padrino, Sirius Black, che incolpava Silente per la morte di James e Lily. Sirius affermava che se James avesse avuto con sé il Mantello, probabilmente sarebbe riuscito a salvarsi o almeno sarebbe riuscito a salvare Lily, e accusava il vecchio mago di aver preferito salvare l’anima di Severus Piton piuttosto che la vita dei suoi amici.

Per questi motivi Harry, quando Minerva McGranitt lo chiamò per lo smistamento, si sentì gli occhi di tutti puntati addosso, gli altri studenti pensavano che sicuramente sarebbe stato un Grifondoro considerato il rapporto speciale che in ogni caso aveva  con Silente, e inoltre Harry era stato cresciuto da un Black, l’unico Black che era stato smistato a suo tempo tra i Grifondoro.

Ma il destino di Harry non era legato né a Silente né a Sirius Black, e perciò quando il Cappello parlante urlò a pieni polmoni: “Serpeverde, eccezionale Serpeverde!”, la sala grande fu invasa da un fastidioso borbottio generale. Harry si alzò e si diresse verso la tavolata verde-oro.  Nessuno gli sorrise e lui si sentì triste come quando si chiudeva in camera sua e metteva la testa sotto il cuscino per non sentire Sirius ripetergli per la centesima volta che lui non era degno di portare il nome “Potter” perché a parte i capelli disordinati non somigliava per niente a suo padre.

Era inadeguato, e probabilmente lo sarebbe stato anche ad Hogwarts. Si sedette e osservando i professori nella lunga tavolata fu raggiunto per primo dall’ampio sorriso di Silente e poi dallo sguardo imperscrutabile  di un giovane professore che avrebbe imparato presto essere il suo Capocasa e professore di Pozioni, Severus Piton.

Terminato lo smistamento ebbe inizio il banchetto. I piatti vennero riempiti e gli studenti cominciarono a mangiare. Di fronte a Harry stava seduto Draco Malfoy, un ragazzino biondo con dei bellissimi occhi azzurri e il viso pallido, ogni tanto gli sguardi dei due si incrociavano ma nessuno aveva il coraggio di iniziare una conversazione.

L’unica persona della tavolata che rivolgeva la parola agli studenti del primo anno era il Prefetto Duncan Gray, che dall’inizio della cena sino alla fine non smise mai di parlare: “Il fondatore della nostra casa si chiamava Salazar Serpeverde. Generalmente gli studenti Serpeverde sono purosangue cioè  entrambi i loro genitori sono maghi ma questa non è una regola rigida, per esempio il nostro Capocasa il professor Severus Piton, che vedete seduto alla sinistra di Silente, non è un purosangue. Ciò che ci distingue dalle altre case, oltre i nostri colori che sono il verde e l’argento, è la brama di potere e il desiderio di primeggiare. Questi elementi che all’apparenza potrebbero sembrare negativi, non lo sono affatto perché come dice sempre Piton –il potere non male se lo si sa gestire bene e lo si usa a servizio del bene. Il male è nelle persone e nel modo in cui esse utilizzano gli strumenti che hanno a disposizione per imporre il potere, e in ogni caso se per esercitare il potere ci si deve imporre con la forza allora in realtà non si ha nessun potere!”.

Harry, Draco e i compagni del primo anno ascoltavano con attenzione ma non erano sicuri di riuscire a ricordare tutto ciò che Duncan aveva detto loro, e del resto il Prefetto parlò a ruota libera senza mai fermarsi e fu questo il motivo che scatenò l’ilarità dei ragazzini quando, dopo aver bevuto un bicchiere di succo di zucca, Duncan prese il fiato e aggiunse: “E ricordatevi che Piton detesta chi parla troppo perché un buon Serpeverde sa tenere la bocca chiusa!”.

Anche Harry rise e in quel momento Draco gli rivolse la parola: “Allora chissà come ha fatto a diventare Prefetto!”.

“E chissà come ha fatto a diventare Serpeverde” esclamò Harry di rimando.

“Tu come hai fatto?” domandò Draco cogliendo l’occasione.

Harry rimase con la forchetta a mezz’aria cercando di prendere temo per inventarsi qualcosa e pensando che non sarebbe stato male se prima di parlare avesse riflettuto un po’, giusto il tanto per non trovarsi inguaiato.

“Voglio dire” continuò Draco “Sei Harry Potter, era scontato che tu finissi tra i Grifondoro!”.

“Perché mai?” domandò Harry “Io non ho mai fatto niente di coraggioso! Se non sono morto è stato solo per caso!”.

Draco fece spallucce e borbottò, con la bocca piena di carne di pollo: “Mmm, in effetti hai ragione! Però…”.

“Ehi!” gli interruppe Duncan “Sarebbe il caso che mi ascoltaste, non parlo per sentire la mia voce, io conosco già le informazioni che vi sto dando. E se per caso Piton dovesse farvi qualche domanda e voi non doveste conoscere la risposta nessuno vi coprirà le spalle, perciò zitti e ascoltate!”.

Harry e Draco si scambiarono un’occhiata d’accordo sul fatto che il loro Prefetto non dovesse essere del tutto normale se pretendeva la massima attenzione in ogni momento. Al termine della cena Duncan li accompagnò nei sotterranei dove gli studenti trovarono i loro bauli, le divise e i loro animali già sistemati nelle camere.

Le camere dei Serpeverde erano strutturate per ospitare tre studenti e poiché quell’anno c’erano tredici studenti, uno avrebbe dovuto dormire da solo. Harry si propose per primo e nessuno protestò perché nessuno voleva dormire da solo. Molti pensano erroneamente che solitudine significhi non avere nessuno nel cuore ma in realtà significa semplicemente non avere nessuno fisicamente vicino, e a conti fatti questo non sempre è negativo.

Tuttavia per dei ragazzini di undici anni che sarebbero stati lontani da casa diversi mesi, molti dei quali per la prima volta, l’idea di trascorrere le notti senza nessuno con cui parlare non era il massimo, e così tutti furono ben lieti di accogliere la proposta “coraggiosa”  di Harry.

Alle nove tutti erano nelle loro stanze, la luce andava spenta entro le dieci di sera. Draco si sistemò con Tiger e Goyle. Harry sistemò la sua biancheria nei cassetti, pantaloni e camicie appesi nelle grucce, cappotto e giubbotto di lato, pigiama non ne aveva, Sirius diceva che un po’ di fresco la notte rinvigoriva il corpo e lui era già abbastanza smidollato.

 Una volta alla settimana doveva dormire sul pavimento con la finestra aperta, era un’altra idea bizzarra del suo padrino che invece Remus Lupin, un caro amico dei suoi genitori che lui chiamava zio, non approvava  e più volte aveva litigato con Sirius circa il suo metodo di educazione, allora per un paio di giorni Sirius cambiava atteggiamento ma dopo tutto tornava come sempre.

Harry sospirò, il suo draghetto Julius sbuffò un po’ di fumo. Julius era un drago appartenente alla razza Miniaturis miniato, non sarebbe mai cresciuto più di dieci centimetri e non sarebbe mai riuscito a sputare fuoco vero e proprio ma solo un po’ di fumo. Harry lo tolse dalla gabbietta e se lo mise vicino, Julius si sistemò fra la spalla e il mento del suo padroncino e in breve si addormentò.

Harry lo osservò e, mentre prendeva sonno, pensò: “Julius, cosa ci faccio tra i Serpeverde?”.

Sembrò passare solo un attimo e già si sentì la sveglia suonare. Harry si alzò di scatto, doccia, vestiti, Julius in gabbia, colazione, lezione, prima ora:  Erbologia. La professoressa Sprite sprizzava allegria da tutti i pori, gli alunni dicevano che forse si fumava qualcuna delle erbe che coltivava. Sicuramente non era vero però ormai era diventata quasi una leggenda metropolitana, una di quelle cose che tutti sanno essere una bugia ma che continua a diffondersi o perché fa ridere o perché fa paura. Nel caso della professoressa Sprite la notizia faceva ridere e siccome la professoressa era dell’idea che non si bisognasse  preoccuparsi quando si fa ridere la gente ma solo quando la si fa piangere allora non aveva mai smentito la faccenda.

Semplicemente continuava a essere se stessa contro tutto e tutti: “Ricordatevi bene che Erbologia è una materia importante perché vi sarà utile anche quando dovrete produrre una pozione e si sa che avere una marcia in più in Pozioni non guasta mai!”.

Harry era seduto tra Draco e una certa Hermione Granger, di fronte a lui c’erano Tiger e Ronald Weasley. Serpeverdi e Grifondori si alternavano in tutta la tavolata. Era stata un’idea di quelle  che Silente definiva geniale e gli studenti   macabra. Serviva per favorire la comunicazione tra le diverse case. I primi anni dopo la morte di Voldemort furono tesi ad Hogwarts e gli studenti Serpeverde vennero ghettizzati, trattati dagli altri come fino a quel momento i Serpeverde avevano trattato loro. Era la legge del contrappasso, ma il fatto che fosse  una legge non significava che desse giustizia, non aveva senso salvare alcuni e perdere altri, era necessario salvare tutti di modo che non si formasse un nuovo Voldemort o qualcosa di simile.

Così da alcuni anni gli studenti si alternavano,  eccetto che nelle ore di Trasfigurazione e Pozione perché più volte la McGranitt, Piton e fin’anche Madama Chips si erano lamentati degli effetti collaterali di incantesimi di trasfigurazione e delle pozioni che gli studenti si lanciavano addosso a loro dire “senza volerlo” o “solo per caso”, e “mi scusi tanto”, “non succederà più”.

La lezione di Erbologia durò due ore, a questa seguì un’ora di Trasfigurazione. “Buongiorno ragazzi” salutò la McGranitt “come saprete io sono la vostra professoressa di Trasfigurazione, e sono anche la Capocasa di Grifondoro”. I grifondoro si sorrisero a vicenda, tuttavia la professoressa, seppur sorridendo, continuò “Ciò non significa che farò favoritismi, anzi mi aspetto molto dagli studenti della mia casa, considerato che è da quattro anni che non vinciamo né la Coppa delle case, né il campionato di Quidditch! In ogni caso sebbene vincere sia importante sappiate che non è tutto. Sarebbe molto meglio se vincessimo con i punti assegnati per merito, perciò vediamo un po’ se qualcuno a dato un’occhiata, durante l’estate, al libro in uso quest’anno!”.

In un’ora di domande l’unica persona che si mise in luce per la sua preparazione fu Hermione Granger. “Come fai a sapere tutte queste cose?” le domandò Harry che sedeva, assieme a Draco,  nel banco dietro a quello della ragazza.

“Semplice” rispose lei “Ho studiato tutta l’estate per prepararmi per questa nuova avventura!”.

“E tu la chiami avventura?” disse Ron che divideva il banco con Hermione “Se non avrò bei voti la mia avventura diventerà un incubo!”.

“Paura di papà?” disse con tono sprezzante Draco.

Ron aggrottò le sopracciglia, gli sarebbe piaciuto lanciare qualche incantesimo al Serpeverde ma non sapeva usare ancora molto bene la bacchetta, perciò incassò e rilanciò: “A casa mia bisogna temere mia madre! E tu, hai paura del tuo papino?”.

Draco si irrigidì: “No, non ho paura. So già che non lo deluderò!”. L’aria si era fatta pesante e fortunatamente l’ora finì, così la McGranitt salutò e diede il permesso agli studenti di lasciare l’aula per dirigersi nell’aula di Pozioni, che si trovava affianco allo studio di Piton.

L’aula di pozioni era una stanza un po’ tetra,  le tende scure alle finestre e le tele appese erano impregnate di diversi odori. Quando Piton entrò si guardò attorno e non potè far altro che pensare –Anche quest’anno Grifondoro e Serpeverde assieme! Possibile che non ci siano altre combinazioni?-.

Poi il professore incrociò le braccia al petto e con un filo di voce disse: “Non è mia abitudine alzare la voce quindi se volete sentire ciò che ho da dire è bene che impariate a stare in silenzio! Chi vuole chiacchierare faccia pure, non ho nessun problema a utilizzare incantesimi per farvi zittire a modo mio!”.

Draco sorrise, Severus era suo padrino e si frequentavano spesso, sapeva bene che Piton non era un uomo cattivo ma che non gli piaceva ripetersi  oltre il necessario, e non gli piaceva che i suoi “consigli” non venissero considerati degni di attenzione.

“La mia materia, sebbene troverete molte persone che dicano il contrario, è molto semplice: ci sono delle istruzioni da seguire, seguitele con precisione e riuscirete a produrre le pozioni! Chi non ci riesce non si lagni con me! Non sono io che le inventate!”.

“Io vi posso promettere che farò del mio meglio per far di voi dei grandi pozionisti, di modo che non solo riusciate a padroneggiare quest’arte ma riusciate anche a saper distinguere chi dice di saper produrre una buona pozione e chi invece la sa produrre davvero! Forse a voi studenti vi sembrerà sciocco, ma capirete anche voi che c’è molta differenza tra il saper produrre una pozione che, per esempio,  vi può salvare la vita e non saperlo fare”.

Gli studenti, muti, ascoltavano. Piton li squadrò uno per uno, senza indugiare apertamente su nessuno. Dopo di ché iniziò la lezione, il primo giorno ci furono solo nozioni teoriche. Alcuni seguivano dal libro, altri prendevano appunti, Harry a mani incrociate sul tavolo ascoltava e basta. Piton insospettito e infastidito da questo atteggiamento decise di mettere alla prova il ragazzino.

“Ogni giorno farò due domande,una a un Grifondoro e una a un Serpeverde, per ogni risposta corretta verranno assegnati 5 punti, per ogni risposta sbagliata ne verranno tolti 10!”.

Era un gioco rischioso, Harry era un Serpeverde e se avesse sbagliato avrebbe danneggiato la sua stessa casa di appartenenza ma se avesse sbagliato avrebbe comunque potuto punirlo a modo suo! “Prima domanda per Ronald Weasley!”. Ron ebbe un sussulto mentre l’intera classe tirava un sospiro di sollievo. “Qual è il primo principio dell’arte nozionistica?”.

Ron fece un mezzo sorriso, la risposta era nella prima pagina del libro che lui teneva aperta davanti a sé: “Nessuna erba si può creare da altre erbe, l’estinzione di un erba porta all’estinzione della magia pozionistica!”.

“Cinque punti a Grifondoro!”. –Questa è una bella notizia per mamma- pensò Ron.

 “Seconda domanda per Harry Potter!”. Harry rimase impassibile mentre Draco, che si era accorto che il libro e la pergamena di Harry non erano neanche aperti chiuse gli occhi in un attimo di panico!

“Qual è la procedura per creare la pozione Sonnosenzasogni?”.

La classe borbottò, Piton non aveva parlato di questa pozione e tutti avevano pensato che le domande fossero riferite a ciò che veniva detto a lezione. Harry però non si lasciò ingannare e rispose: “Per produrre la pozione Sonnosenzasogni bisogna conoscere le istruzioni, eseguirle con la precisione e la pozione verrà bene!”.

Piton sorrise tra sé e sé, questo ragazzo aveva delle qualità. “Cinque punti a Serpeverde!” disse Severus “E adesso potete andare a pranzo. Mi raccomando i Serpeverde si ricordino che stasera alle 4 abbiamo un incontro nella Sala comune!”.

Harry e Draco si guardarono in faccia, dovevano ricordarsi che cosa?  Forse la sera prima si erano persi qualche cosa del lungo discorso di Duncan Gray!

CIAO CARISSIMI, SPERO CHE QUESTA STORIA POSSA ESSERE DI VOSTRO GRADIMENTO. ESSENDO IL PRIMO CAPITOLO NON E’ SUCCESSO NIENTE DEGNO DI NOTA, COMUNQUE VI INFORMO CHE NON DOVREBBE ESSERE UNA STORIA D’AZIONE, DEL RESTO VOLDEMORT E’ GIA’ MORTO, MA PRENDERO’ IN CONSIDERAZIONE IL RAPPORTO TRA SEVERUS-HARRY- SIRIUS, CON DRACO, HERMIONE E RON  COME PERSONAGGI SECONDARI E SE RIESCO INSERIRO’ SILENTE E LUPIN.

FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE! LO DICO PERCHE’ PER ME E’ MOLTO IMPORTANTE, ALLE VOLTE LE CONSIDERAZIONI DEI LETTORI PORTANO CHI SCRIVE A RIFLETTERE MAGGIORMENTE SU COME SI EVOLVE LA STORIA E PERCIO’ DIVENTA PIU’ FACILE SCRIVERE.

GLI AGGIORNAMENTI NON SARANNO QUOTIDIANI, CREDO DUE ALLA SETTIMANA. NON POSSO FARE DI PiU’ PERCHE’ HO IN MENTE ALTRE IDEE SIA DI FF, SIA DI RACCONTI ORIGINALI CHE STO CERCANDO DI SVILLUPARE.

VI RINGRAZIO PER LA VOSTRA ATTENZIONE! A PRESTO, ALIDA

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Capitolo 2
*** Questionario ***


Capitolo 2

Jiulius aveva trascorso tutta la mattina perlustrando la stanza di Harry, ogni piccolo angolo era stato controllato, non c’era cassetto che non fosse stato aperto o letto che non fosse disfatto. Le coperte erano sul pavimento e gli abiti di Harry sbucavano dalle ante. Quando Harry entrò in camera con Draco rimase sconvolto.

“Non è possibile!”.

“Oh, Merlino! Che cosa può essere successo? Sembra sia passato un tornado!” disse Draco.

Harry poggiò il suo zaino e, con voce più severa che poté, urlò: “Jiulius! Esci subito allo scoperto!”.

“Chi è Jiulius?” chiese Draco.

“Il mio draghetto!” rispose Harry.

“Forte!” continuò Draco. “Ehi, Harry! Deve essere sotto il letto, vedo del fumo!”.

Harry si chinò e vide gli occhi di Jiulius illuminarsi di gioia. Subito il draghetto avanzò, per niente spaventato, verso il suo padroncino che, tenendolo per mano, lo sgridò: “Guarda cosa hai combinato, eravamo d’accordo che se ti avessi portato con me ti saresti comportato bene! Adesso dovrò rimettere tutto in ordine!”.

“Possibilmente prima delle 4, abbiamo la riunione!” gli ricordò Draco.

“Hai ragione! Ehi Draco, perché non mi aiuti! Almeno a sistemare i letti!”.

Draco sembrava impaziente ma poi cedette: “Okey, ma facciamo in fretta perché devo scrivere una lettera alla mia famiglia. Sai, per informarli che sono tra i Serpeverde! Mio padre ne sarà orgoglioso!”.

“Allora se hai da fare vai pure, me la sbrigherò da solo!” disse Harry mentre sollevava le coperte.

“Non preoccuparti, farò in tempo! Tu non scrivi a casa?” chiese Draco.

“Scriverò a fine settimana!” rispose sbrigativo Harry.

Draco non commentò, sapeva che non era del tutto normale, del resto tutti volevano scrivere a casa, e già quella mattina verso le 7:30 c’era chi era salito in Guferia per spedire i messaggi a casa, ma Harry era di altro avviso e Draco per il momento non poteva spingersi oltre nel fare domande.

Sistemati i letti Draco lasciò Harry da solo con Jiulius. “Adesso devi stare un po’ in gabbia! Ehi, ma io ti avevo lasciato in gabbia”. Il draghetto in un attimo scomparve dalla vista del suo padroncino, la gabbia era sulla scrivania con le sbarre allargate. “Non sputerai fuoco ma stai diventando proprio forte!”.

Severus si presentò puntuale al suo incontro con i ragazzi, per lui era un appuntamento imperdibile perché gli permetteva di stringere un rapporto umano con i suoi studenti. L’obiettivo era quello di mostrare apprezzamento nei confronti dei piccoli Serpeverde per farli sentire amati e benvoluti. Sempre più spesso, dalla morte del signore Oscuro, capitava che qualche studente fosse spinto dai genitori a dare il meglio di sé, ben oltre le proprie capacità reali e non raggiungendo il successo desiderato dai parenti, non riuscisse a fare bene neanche ciò che avrebbe potuto se fosse stato lasciato in pace.

Ciò era controproducente sia dal punto di vista umano, sia didattico perciò il professore aveva realizzato un test  da sottoporre agli studenti che avrebbe dovuto fornirgli diverse indicazioni. Quando il professore raggiunse la sala comune alle 16:00, tutti erano presenti.

“Buonasera ragazze e ragazzi” cominciò Piton “questo è il primo di una serie di incontri che terremo ogni 15 giorni. Durante questi incontri parleremo un po’ di tutto e lo faremo in modo informale, perciò dalle 16:00 alle 18:00, per due volte al mese potrete chiamarmi Severus!”. Gli studenti risero imbarazzati.

“Sì, lo so, vi può sembrare strano  ma credetemi ci aiuterà ad avere un buon rapporto. Io sono il vostro Capocasa e potete far riferimento a me per ogni evenienza, di qualsiasi cosa abbiate bisogno, io ci sarò. Eccetto che per aiutarvi nei compiti delle altre materie”. Ancora gli studenti sorrisero.

“Bene, cosa vi sembra del castello? Vi piace?”.

Una bambina si fece coraggio e disse: “A me, sembra il castello di una fiaba!”.

“A me è piaciuto il cielo stellato della Sala Grande” disse un altro bambino, “Sì, anche a me!” confermò un terzo bambino.

“A me…” iniziò una bambina dai capelli neri e ricci “A me…”, gli studenti risero della sua titubanza ma Severus la incoraggiò a continuare: “Dai, lasciali perdere. Io ti ascolto, a te..”.

“A me fa paura il signor Gazza!” disse tutto d’un fiato la bambina mentre gli altri smettevano di ridere.

Severus non potè trattenersi e rivolgendosi alla classe disse: “Adesso non ride più nessuno, vero?”. Fu il turno di Rosy, così si chiamava la bambina, di ridere mentre Severus diceva: “Non c’è niente da aver paura, è vero che il signor Gazza si presenta in modo trasandato ma è una persona di cui ci si può fidare. Ricordatevi sempre che tutto il personale di Hogwarts è scelto dal preside, e lui sceglie con molta attenzione chi avere vicino ai suoi studenti e chi no!”.

Harry sollevò la mano per fare una domanda, e Severus fece cenno di proseguire. “Il preside Silente non insegna nessuna materia?” domandò Harry.

Severus pensò che quella dovesse essere una domanda molto interessante perché tutti i piccoli Serpeverde si erano fatti seri e attenti. “No, il preside ha molto lavoro da sbrigare proprio per la carica che occupa e non ha tempo per l’insegnamento, però se qualcuno volesse parlargli, lui è sempre disponibile nel suo ufficio”.

Harry volse lo sguardo al pavimento, non aveva ancora idea di come avvicinarsi al preside, però desiderava conoscerlo, del resto gli aveva salvato la vita! Draco, che aveva confidenza con Severus, fece una domanda ardita: “Chi controlla che nessuno entri nella Foresta proibita?”.

Severus serissimo, ma ridendo dentro sé, guardò il figlioccio e rispose: “Non ci sono guardie! Ma ci sono altri sistemi di controllo di cui non posso parlarvi. Ricordatevi però che la magia non è solo ciò che si vede ma anche ciò che non si vede! Comunque il divieto è stato posto a tutela della vostra salute perciò vi suggerirei di non sfidare la sorte, almeno quest’anno considerato che non conoscete ancora nessun incantesimo di difesa!”.

Draco fece mezzo sorriso, non aveva intenzione di entrare nella Foresta ma voleva vedere fin dove poteva spingersi con padrino in questi incontri. La classe era tranquilla e perciò Severus portò fuori dalla sua borsa il questionario. Ne diede uno ciascuno e disse: “Questo piccolo questionario mi aiuterà a conoscervi meglio, se poteste compilarlo adesso ve ne sarei molto  grato. Rispondete come meglio credete”.

I Serpeverde compilarono il questionario e lo consegnarono al loro Capocasa, il quale li salutò e si ritirò nel suo ufficio a leggere le risposte. Gli anni passati il numero degli studenti del primo anno era stato basso, solo una volta si era superata la decina, quest’anno invece il Cappello parlante era stato più generoso. Severus non sapeva cosa aspettarsi da Harry Potter, il Cappello lo aveva definito un “eccezionale Serpeverde” ma il professore non era molto convinto, del resto aveva conosciuto bene James e le premesse da cui Harry partiva non erano le migliori per essere un Serpeverde.

Tuttavia, il professore  si concentrò sui questionari e decise di lasciare quello di Harry per ultimo. Alcuni studenti avevano dato risposte chilometriche. “Sei figlio unico?”, Dorian Becket aveva risposto: “Sì, ma ho anche due cani e un gatto che considero quasi dei fratelli. Due tartarughe d’acqua e tre canarini che sono come dei cugini!”. –Chissà come sono i cugini- pensò Severus.

“I tuoi genitori lavorano?”.  “Mio padre lavora al Ministero, mia madre è casalinga!”. –Tuo padre lavora al Ministero? Vediamo un po’ chi sei- pensò Piton e nel leggere il nome Draco Malfoy gli venne da sorridere al pensiero di cosa avrebbe detto Narcissa nel sentirsi definire “casalinga” dal figlio.

“Come trascorri le tue giornate quando sei a casa?”, Rosy, la bambina che temeva Gazza, aveva scritto: “Gioco con mio fratellino che ha 7 anni, disegno e leggo dei libri con mamma  e quando papà torna da lavoro ci raccontiamo come abbiamo trascorso la giornata!”. –Buon per te, piccola!- sospirò Severus sinceramente felice per la bambina.

“Hai dei compiti da svolgere a casa tua?”. Tiger doveva impegnarsi a non mangiare troppo, Goyle a non sporcarsi i pantaloni di sugo. –Poveretti, siete messi male voi due- si disse Severus. Alcuni genitori si ostinavano a non responsabilizzare i figli e così si trovavano poi con dei figli diciassettenni fermamente convinti che tutto gli fosse dovuto, certi che se avessero dovuto imparare qualcosa i genitori glielo avrebbero già insegnato. Alcuni chiamavano questo atteggiamento dei genitori “Amore” ma Severus era convinto che per amore si dovesse intendere l’insegnare ai propri figli a diventare autonomi e credere in se stessi.

“C’è qualcosa che ti piacerebbe saper fare?”. Isabelle Scott voleva imparare gli incantesimi per riordinare la sua camera in due minuti, Joel Wyat voleva imparare a far tutto perché era convinta di non saper fare niente , Nicole Todd era indecisa se era più importante per lei battere il fratello a scacchi o cucinare la torta di mele come la nonna.

“Qual è la cosa che sai fare meglio?”. Dirk Sharp coltivava erbe orientali in una piccola serra, Paul Ryan intagliava il legno ma suo zio era più bravo, faceva origami ma la sorella ne sapeva fare di più, Mary Harper suonava il violoncello, e Mark Lewis curava le ferite di gufi e civette ma alcune erano comunque morte forse per colpa sua.

Erano già le 20:30 quando Severus prese fra le mani il test di Harry. Le risposte lo sconcertarono parecchio.

“Sei figlio unico?” . “Si, signore”.

“I tuoi genitori lavorano?”. Risposta lasciata in bianco.

“Come trascorri le tue giornate quando sei a casa?”. “La prego di leggere la risposta alla domanda successiva”.

“Hai delle attività da svolgere a casa tua?”. “Si, signore”.

“C’è qualcosa che ti piacerebbe saper fare?”. “Si, signore”.

“Qual è la cosa che sai fare meglio?”. “Obbedire, signore”.

Severus trattenne il fiato per tutta la lettura del test e poi espirò l’aria che aveva trattenuto nei polmoni. Questo test, sia che fosse veritiero sia che  fosse falsato,  era preoccupante. Nel primo caso si poteva notare un inquadramento rigido a regole quasi marziali che non lasciavano alcuna libertà di espressione, nel secondo era un chiaro grido d’allarme, un urlo che Harry lanciava silenzioso nella speranza che qualcuno riuscisse a sentirlo.

Severus prese il test e senza pensarci su si precipitò dal preside. Dal momento in cui Harry entrò a scuola, Silente immaginò che non sarebbe stato un caso facile, quando poi il bambino venne smistato tra i Serpeverde ne ebbe la conferma. Non rimase perciò stupito quando Piton poggiò sulla sua scrivania il questionario di Harry, dicendogli: “Abbiamo un grosso problema!”.

Silente lesse velocemente il breve contenuto del foglio e non potè far altro che essere d’accordo. “Severus, Harry è cresciuto con Sirius Black!”.

“E questo cosa significa? Da ciò che io mi ricordo Black era uno scavezzacollo, non un dittatore! Era un ragazzino insubordinato che non amava le regole e…”.

“E si è trovato a crescere il figlio di James e Lily nella speranza di continuare a vivere con lui i magnifici momenti che aveva vissuto con i suoi amici, e invece si è ritrovato in casa un Serpeverde! Certo, lui non poteva saperlo ma se Harry è nella tua casa significa che durante tutti i suoi 11 anni ha avuto una personalità da Serpeverde!” disse Silente.

Severus fece una smorfia di disgusto: “Mi stai dicendo che Black ha deciso di punire un bambino perché era diverso da ciò che lui si aspettava! Albus, non ho una buona opinione di quell’uomo ma questo mi sembra troppo!”.

Silente agitò la testa per negare: “No, non sto dicendo che lo faccia intenzionalmente e con cattiveria! Però, vedi Severus, quando un genitore, o un tutore, si accorge che i figli non sono come li avrebbe voluti, alle volte si comportano in modo poco comprensibile, irrazionale, sbagliato, perché non riescono a interagire con chi si trovano di fronte!”.

“Albus, ho letto i questionari di tanti ragazzini in tutti questi anni, alcuni credono di non essere all’altezza dei loro genitori, altri pensano di non saper fare niente, altri non hanno assolutamente idea di che cosa sono capaci perché nessuno li ha mai messi alla prova, ma questo test indica che Harry non si mette neanche il problema di capire se stesso. Lui è semplicemente inquadrato ad obbedire, come un automa!”.

“Severus, non metto in dubbio la validità del tuo test, però ti invito ad andare oltre. Se Harry pensa che questo test, in qualche modo, possa giungere a Black, può darsi che non abbia scritto cosa pensava ma soltanto ciò che Black, secondo lui, avrebbe voluto!”.

“Cioè Harry è convinto che Black abbia un controllo totale della sua vita” disse Severus e sospirando riprese il test dalla scrivania del preside, a cui disse, uscendo: “Oggi Harry mi ha chiesto se avresti insegnato qualche materia. Secondo me sta cercando un modo, passivo, per conoscerti!”.

Silente osservò la porta che si chiudeva dietro le spalle del suo giovane amico, Harry voleva conoscerlo meglio. Chissà se si ricordava del giorno in cui cadendo sul tappeto, lui l’aveva sollevato a mezz’aria con la magia e lo aveva fatto galleggiare in aria!  Sirius Black gli aveva negato questa dolce sensazione, e aveva negato a Harry la possibilità di sentirsi amato da tante persone.

Mentre il vecchio preside a occhi chiusi ripensava agli ultimi 10 anni della sua vita, e Severus si accingeva a preparare l’ennesima pozione, Jiulius sotto il mento di Harry si leccò le ali per asciugare una lacrima del suo padroncino che, senza permesso, era caduta lentissima.

CAP 2 PRONTO PER VOI.

Ringrazio tutti coloro che stanno leggendo, recensendo e inserendo la ff tra seguite e preferite. Spero che il capitolo vi piaccia. A presto, Alida

Karmysev: ciao cara, prima di tutto grazie per i complimenti! Aiuto, ogni volta che ne ricevo mi sembra di non meritarmeli. Passando alla storia, Silente comunicherà soprattutto con Severus, mentre con Harry ci sarà un rapporto di fiducia e amore inespresso a parole. Per quanto riguarda Lupin non so bene da che parte si schiererà, staremo a vedere. Spero che il capitolo non ti deluda e credo che nel corso della storia ci saranno altri questionari… vedremo…

Marty4ever: ringrazio anche te per i complimenti! Thank you! Per quanto riguarda la distrazione dei colori della casa di Serpeverde, davvero sono molto dispiaciuta, tanto più che li ho sbagliati anche in altre storie, scusa ma sono proprio convinta che i Serpeverde siano oro-verde invece no! Argento-verde- argento-verde!! Correggerò subito. Tante grazie. Ecco a te, un Sev dolcissimo, ma ricorda: solo ogni due settimane lo puoi chiamare Severus! Baci

Aloysia Piton: ti ricordi di me? MA CERTO CHE MI RICORDO DI TE! NON TI HO MAI DIMENTICATO! E sono molto contenta di ritrovarti qua! Sì, Sirius non sarà un angelo, e Harry dovrà crescere parecchio ma avrà al suo fianco chi saprà guidarlo bene! A presto, Alida

 

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Capitolo 3
*** Assente ***



 

CAP 3

Tutti i docenti, nessuno escluso, avevano notato la straordinaria capacità mnemonica di Harry. Qualsiasi cosa sentisse o leggesse, il Serpeverde riusciva a ricordarlo anche a distanza di giorni. Non c’era domanda di cui non conoscesse la risposta e inoltre era sempre avanti di un capitolo rispetto al programma svolto dal docente. Assieme a Hermione erano gli studenti più bravi di Hogwarts.

Tuttavia Hermione possedeva una qualità che ad Harry mancava: la fermezza delle mani! A dire il vero, a osservarlo bene, si sarebbe potuto pensare che Harry avesse dei problemi ai “tendini” in quanto spesso le sue braccia o le sue gambe avevano degli strani scatti; all’improvviso senza nessun preavviso la mano che teneva la penna d’oca scattava, sporcando l’intera pergamena, oppure la gamba si piegava e Harry inciampava o cadeva provocando le risate di tutti.

Harry non si lamentava, si alzava e con mezzo sorriso sulle labbra, come se la caduta fosse premeditata, andava avanti. Severus si era accorto di questo problema durante le sue lezioni. Un giorno il professore diede delle  radici di Eucalipto da tagliare finemente e come al solito si mise a passeggiare tra i banchi per osservare meglio il lavoro degli studenti, alcuni erano proprio scarsi e  tagliavano le radici non a strisce ma a cubetti, altri erano poco attenti e passavano metà del tempo a disposizione a rileggere le istruzioni scritte alla lavagna, Hermione e Ron parlavano a bassa voce.

“5 punti in meno a Grifondoro! Non si parla mentre si lavora!” disse il professore.

Hermione lanciò una brutta occhiata a Ron che le disse: “Scusa, ma questa radice…”.

“Altri 5 punti in meno a Grifondoro!” ripetè Severus.

“Mi stava solo chiedendo scusa per…” tentò di spiegare Hermione ma Severus era inflessibile: “Altri 5 punti tolti, e con questi siamo a meno 15. Quale delle parole –Non si parla mentre si lavora- non avete capito bene?”.

I due Grifondoro ammutolirono all’istante, mentre Draco sogghignava e Harry scuoteva la testa nei confronti di Ron ed Hermione. Se l’erano meritato! L’ordine era chiaro, lavorare e non parlare. Non era poi tanto difficile da seguire. Quando Sirius gli affidava dei compiti a casa, come leggere la Storia del Quidditch, oppure sfogliare l’album di famiglia o ancora allenarsi a prendere un boccino d’oro, doveva sempre stare zitto. Non poteva parlare perché a suo tempo si era lamentato dicendo che il Quidditch era un gioco stupido e non serviva a niente trascorrere il proprio tempo rincorrendo un boccino, e in riguardo alle foto dei suoi familiari non riusciva a mostrare affetto, certo gli dispiaceva che i suoi genitori fossero morti e fantasticava sulla vita che avrebbe potuto avere con loro ma non riusciva a sentire niente di più perché del resto non li aveva mai conosciuti, non aveva ricordi propri ma solo storie raccontate da amici.

Questo sentimento che non riusciva a provare lo faceva sentire un verme. Lui, Harry Potter, non amava i suoi genitori che erano morti per lui e perciò era un ragazzino cattivo che meritava di essere trattato come Sirius Black lo trattava, con freddo distacco o feroce rabbia. Tutte le frasi cattive che il padrino gli diceva erano vere e lui se le meritava, come Ron e Hermione si meritavano che Piton gli togliesse i punti.

Questi pensieri lo fecero innervosire, i suoi muscoli si irrigidirono, sentì i nervi tirare, la mano che teneva il coltellino si chiuse con forza nel manico lasciando in risalto le vene. Severus si avvicinò a Harry e chiese: “Tutto a posto?”.

Harry si spaventò e il braccio ebbe uno scatto, la radice cadde  sparpagliandosi sul pavimento, alzò lo sguardo e vide il professore che lo guardava stupito, allora indietreggiò ma barcollò e sbatté al tavolo di Dirk , la classe rise e Harry rise a sua volta abbassando gli occhi per non incontrare quelli di Piton che con un colpo di bacchetta magica risistemò tutto e fece proseguire.

Da quel giorno Severus tenne sott’occhio Harry non solo durante le sue ore di lezione ma anche quando lo incontrava nei corridoi, in biblioteca, nella Sala grande e via dicendo.  Harry era sempre molto controllato, a differenza di suo padre non amava infrangere le regole e a lezione era sempre puntuale. Tutte le sue mancanze, perciò, saltavano agli occhi.

Quel giorno, durante una lezione di Pozioni del quinto anno, Minerva bussò alla porta e chiese a Piton di parlargli. Severus uscì dall’aula contrariato, sicuramente la Capocasa dei Grifondoro avrebbe potuto aspettare per parlargli, e a lui non piaceva essere interrotto durante le lezioni.

“Professoressa McGranitt, cosa è successo di così importante da farla sentire in obbligo di interrompere la mia lezione?” chiese acidamente Piton.

Minerva ebbe un sobbalzo. “Severus, non sono una dei tuoi studenti e perciò ti consiglio di cambiare atteggiamento”, il giovane professore sostenne lo sguardo. “Si da il caso che uno dei tuoi studenti non si è presentato a lezione oggi, e come d’accordo sono venuta subito a dirtelo, mi dispiace che tu non abbia gradito ma posso ricordarti che siccome è una regola nuova potremmo stabilire anche di abolirla qualora ci fosse qualche insegnante che non la trovi utile!”.

“No, va bene” disse Severus. Minerva aggrottò le sopracciglia e lo guardò come se fosse in attesa di qualcosa. Severus mugugnò e poi aggiunse: “Scusa, Minerva”. La donna sembrò molto più soddisfatta e disse: “Si tratta di Harry Potter! E’ un tuo studente, perciò rintraccialo e mandamelo subito in aula”. Prima di congedarsi, sfidò ancora lo sguardo di Piton e gli disse: “Buona giornata, Severus!”.

Severus fece un cenno di assenso con la testa. Rientrò in aula e diede le istruzioni per la fabbricazione di una nuova pozione, poi uscì alla ricerca di Harry. Il primo tentativo andò a segno, Harry era in camera sua. Non aveva mai voluto nascondersi, era contro le regole impostegli da Sirius e perciò non lo aveva fatto.

Severus lo trovò ancora in pigiama con gli occhi rossi e gonfi, evidentemente Harry aveva pianto tutta la notte e poi, stanco, non aveva sentito la sveglia suonare. Da canto suo Harry si sentì tremendamente imbarazzato: era chiaro che aveva pianto, che non aveva sentito la sveglia, che non era stato puntuale a lezione e per ultimo era chiaro che Severus Piton voleva da lui una spiegazione. Non una scusa o un qualcosa di vago ma  una spiegazione convincente, possibilmente la verità.

“Signor Potter, sa che ore sono?” domandò Piton.

Harry guardò la sveglia e quasi sottovoce rispose  “Le 9:00, signore”.

“Sa a che ore iniziano le lezioni ad Hogwarts?”.

“Alle 8:30, signore”.

“Sa che la professoressa McGranitt ha interrotto una mia lezione per chiedermi di venire a cercarla?” disse con tono brusco Severus.

“Mi dispiace, signore!” affermò Harry con il viso volto verso il basso.

“Lo spero bene!” disse Severus. “Adesso si sieda e mi dica per quale motivo non è andato a lezione stamattina, e sia ben chiaro che voglio sentire la verità!”.

Harry si sedette e giocherellando con i pollici cercò di formulare un pensiero. La verità era qualcosa di pericoloso, che faceva soffrire, qualcosa che annebbiava i pensieri e appesantiva il cuore mentre la menzogna era leggera, un po’ di fumo destinato a mescolarsi con l’aria pura e scomparire nel tempo. La verità era poche parole incisive che colpivano l’anima e ti lasciavano rannicchiato in te stesso per difenderti dal freddo, mentre la menzogna era una serie infinita di pensieri irreali che si univano a formare un lungo treno di tenere fantasie e dove tutto era possibile. La verità era muta e incorporea mentre la menzogna parlava, camminava, e indossava abiti, pigiami, mantelle e divise scolastiche. Tanti giorni Harry si sentiva come se lui stesso fosse una grande menzogna.

Piton aspettava in silenzio. Harry non aveva scelta, doveva parlare, ma la voce restò intrappolata nella gola, perciò si alzò e dal suo comodino prese un biglietto che porse al professore. Piton prese il bigliettino e lesse: “Un Serpeverde! Sei una continua delusione, i tuoi genitori si vergognerebbero di te!” firmato Sirius Black.

Severus ripiegò il biglietto, Harry cercava di trattenere le lacrime e osservava Jiulius che si affacciava da sotto le lenzuola, anche Piton lo vide e avvicinandosi al letto prese il draghetto tra le sue mani, Jiulus si mise sulla spalla del professore e sbuffò proprio in faccia al  pozionista facendolo tossire. Harry sorrise un po’, Jiulius era proprio un buon amico.

“E’ il suo modo per dirle che è il benvenuto!” disse Harry.

Severus si guardò attorno, c’erano tre letti ma solo uno era occupato. “Non viene nessuno a farti un po’ di compagnia?”.

“Sì, viene Paul, Draco e anche Joel. Studiamo insieme, Joel porta la sua rana per farla giocare con Jiulus, invece Paul sta intagliando del legno vuole riprodurre i nostri animali mentre giocano!”.

“Quest’anno ci sono diversi talenti tra i Serpeverde. Molto bene!” affermò il professore che poi ritornò sulla questione più importante. “Sai, quando io ero ragazzino il mondo era molto diverso, ma io ero fortunato!”.

Harry ascoltava, Sirius gli aveva parlato più volte di Severus Piton e di quanto suo padre lo odiasse, di tutti gli scherzi, così li chiamava il padrino, che aveva fatto al Serpeverde, e gli sembrava difficile credere che Piton si sentisse fortunato.

“Sai perché?” domandò Piton e senza attendere si diede la risposta “Perché avevo una grande amica, ma non era Serpeverde, era una Grifondoro. E lei mi voleva bene anche se eravamo in Case diverse, perché sapeva che dentro ognuno di noi c’è del bene, e che le divisioni che la società ci impone sono inutili e più che aiutare, danneggiano. Tu sei Serpeverde, allora devi esseri così, sei Tassorosso e devi essere cosà! Sono cose senza senso. Noi vi dividiamo in Case perché è più semplice gestire gruppi di 13 ragazzini piuttosto che di 50! Per nessun altro motivo. Questa mia amica lo aveva capito benissimo, e lei ti avrebbe voluto bene di sicuro. E Harry, credimi, non è cosa da poco perché questa mia amica era tua madre!” disse agitando in aria il bigliettino di Harry.

Poi prese la bacchetta e puntandola al biglietto, lasciato cadere per terra, disse: “Flagramus!”. Il biglietto prese fuoco facendo sobbalzare Jiulus che si lanciò nuovamente sotto le coperte.

Harry si schiarì la gola e guardando il professore domandò: “Se eravate amici perché l’ha tradita?”.

Tradimento!

Gelo, acqua fredda nella schiena che scorre lentamente mentre il fuoco divampa nel viso che resta impassibile. Denti che si stringono fino a far male e occhi che non sono più in grado di mettere a fuoco la realtà. Poi un profondo respiro che da ossigeno a un anima stanca.

“Non l’ho mai tradita, Harry. Credimi. Ho fatto scelte sbagliate, ma non l’ho mai tradita!”.

Questa volta spettò ad Harry perdersi in una parola: Tradimento!

Possibile che Sirius gli avesse raccontato bugie? Che tutto quello che gli avesse detto non corrispondesse al vero? No, non era possibile. Sirius gli diceva la verità, era scontroso, certo ma solo perché lui non era all’altezza delle aspettative. Lo puniva e lo sgridava ma solo perché lui non capiva appieno il senso degli avvenimenti e delle parole. Nonostante questo però Sirius si era sempre preso cura di lui, lo aveva protetto, gli aveva dato una casa, un educazione, gli aveva fatto capire quale era la sua posizione nel mondo e anche se per ora il suo ruolo era quello di chi doveva obbedire senza controbattere a lui andava bene perché era convinto che questo fosse affetto, e chi ci ama non ci tradisce mai.

Eppure anche Severus si stava prendendo cura di lui, e gli stava insegnando cose nuove, non solo pozioni. Anche entrare nella sua stanza e confortarlo era un gesto che aveva un valore, era affetto e perciò forse neanche Severus stava mentendo. Ma se ci sono due verità opposte, qual è la menzogna? Oppure è possibile che ci siano verità opposte e che nessuna sia falsa.  E davvero un ragionamento così razionale si poteva  applicare ai sentimenti umani?

Severus non era alla ricerca di conferme o smentite, e soprattutto non voleva averle da un bambino che sebbene dotato era pur sempre fragile e pur sempre un bambino, perciò si avvicinò a Harry e gli disse: “Io sono sicuro che Black si sia sbagliato, forse è rimasto un po’ deluso per il fatto che tu non sia diventato un Grifondoro ma sono sicuro che Lily ti avrebbe voluto bene in qualsiasi Casa fossi stato smistato!”.

“Grazie, professo Piton!” rispose Harry.

“Adesso vestiti e corri subito a lezione dalla McGranitt! Anzi, no! Vestiti e cammina a testa alta fino all’aula, senza correre. La corsa non si addice a un Serpeverde!”.

Harry sorrise, e il professore uscì dalla sua camera. Una volta chiusa la porta sospirò, lui aveva fatto il possibile per salvare Lily, e  anche se non c’era riuscito, aveva sempre sperato di non doversi mai confrontare con quegli occhi verdi che lo accusavano di tradimento.

-Non tutto va come dovrebbe, Severus! Ma dovevi aspettartelo!- disse fra sé e sé il professore mentre a testa alta camminava verso la sua aula dove, sperava, gli studenti del quinto anno fossero riusciti a preparare una buona pozione.

 



Risposte a recensioni
Aloysia Piton: Harry e Sev costruiranno, un pò alla volta, un bel rapporto di amicizia e chissà che questo non serva di riflesso a migliorare anche la situazione fra Sirius e Harry! Per quanto riguarda il test, è stato un modo per far dire ad Harry qualcosa che altrimenti non avrebbe mai detto, e penso che ci saranno altri test nel corso di questa storia.

Marty4ever: grazie, grazie! Harry è un serpeverde, e devo trovare un modo per farlo risaltare, è un pò difficile perchè da come la Rowling ce li ha presentati sembra che i Serpeverde abbiano solo difetti, a parte Sev che ha tanti pregi. Dici che in questa storia è dolcissimo? S', lo è almeno durante gli incontri dimensili, ma nelle mie ff è sempre buono e dolce.... anche quando gli ho dato dei figli o un fratellino era  sempre dolce!

lily 483: questa storia è decisamente diversa da Vivere, Harry certamente non ha avuto un'infanzia facile neanche qua, però ha molto più carattere e sa di valere come essere umano e come studente. Severus si avvicina subito a Harry e agli altri studenti, lo può fare perchè Voldemort non c'è più e perciò può liberamente essere se stesso, inoltre non ha debiti morali con Silente perchè .... questo lo scoprirai presto, comunque ricordati anche tu che "magia non è solo ciò che si vede ma anche ciò che non si vede".

Elfosnape: le storie hanno un inizio triste per dare l'impressione che il finale sia più bello di ciò che altrimenti sarebbe! Comunque potrei anche scrivere storie che iniziano felicemente e finiscono in modo angosciante, anzi sai che ti dico, lo farò senza avvisare nessuno, vedremo come andrà. Per ciò che riguarda Harry, non preoccuparti, farò qualcosa, comunque ha già Jiulius per fargli compagnia, parla con Draco, Ron, Hermione .... insomma non è solo!

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Capitolo 4
*** Poeti, organizzatori e attività extra-scolastiche ***


CAP 4

Il primo mese passò in un baleno, gli alunni un po’ alla volta si abituarono  alla routine della scuola:  lezioni, esercitazioni,  compiti e  riunioni straordinarie  si alternavano settimana dopo settimana. Nessun alunno del primo anno era stato scelto per giocare a Quidditch e così il tempo a disposizione dei più giovani veniva riempito da attività extra-scolastiche spontanee che  vedevano riuniti ragazzi e ragazze di Case differenti.

Dorian, Dirk e Mark dei Serpeverde si erano uniti a Neville dei Grifondoro e a due ragazze Tassorosso per creare una piccola serra in cui coltivare erbe salutifere con le quali curare i gufi e le civette che tornavano malandati dai viaggi postali.

Ron dei Grifondoro, Nicole dei Serpeverde e quattro studenti di Corvonero approfondivano lo studio degli scacchi perché erano venuti a conoscenza di un torneo  tra diverse Scuole di Magia che si teneva ogni quattro anni e a loro  tempo avrebbero voluto rappresentare Hogwarts.

Harry, Draco,  e Joel dei Serpeverde assieme a Hermione dei Grifondoro, Rupert dei Corvonero e Francy dei Tassorosso avevano formato un gruppo che si occupava di “organizzazione”, in pratica organizzavano il tempo e gli spazi dei gruppi di Attività extra-scolastiche. Erano loro che decidevano quando il Gruppo di Musicisti poteva usare la stanza dismessa nel corridoio che portava all’ingresso della Sala Grande, quando i Giovani pozionisti, i Medimago e gli Erboristi potevano lavorare nell’atrio e quando potevano andare sotto i portici della scuola.

Tutti i gruppi dovevano rispettare i luoghi e gli orari che venivano loro assegnati, solo così non ci sarebbero stati problemi. Chi aveva necessità di trattenersi un’ora in più nello spazio prefissato, doveva fare richiesta con due giorni di anticipo, per dare modo al gruppo degli Organizzatori di ridefinire la tabella.

Tutti i 40 ragazzi del primo anno facevano parte di un gruppo extra-scolastico. Era perciò indispensabile che la tabella fosse precisa. Queste attività con il tempo crearono non pochi problemi. Gli studenti infatti si erano impossessati di spazi scolastici senza autorizzazione, senza informare il corpo docente  e non tutti gli altri studenti vedevano di buon occhio questa amicizia inter-Case.

I problemi maggiori nacquero quando il gruppo dei Poeti, in un giorno di pioggia, decise di riunirsi non più alla Torre di Astronomia come stabilito ma nella Sala comune dei Corvonero. Gli studenti Corvonero degli altri anni non furono contenti di trovare studenti delle altre Case nei loro luoghi privati e subito chiesero l’intervento del Preside.

Silente, nel suo studio, trovò davanti a sé quattro  studenti: Tiger e Goyle dei Serpeverde, Susan dei Tassorosso e Jeremy dei Corvonero. Nessuno di loro credeva di aver infranto delle regole. “Signor Preside” disse Susan “Lei ha detto che le Sale comuni sono luoghi dove ci si può rilassare fra amici, ed è quello che stavamo  facendo noi!”.

“Ha ragione, signorina. Tuttavia io intendevo fra amici della stessa Casa!” spiegò Silente.

Jeremy spalancò  gli occhi: “Ma signor Preside, io sono l’unico dei Corvonero a essere nel gruppo dei Poeti, non c’è nessun altro. Con loro mi sento a mio agio!”.

“Capisco” continuò Silente, anche se non era a conoscenza di nessun gruppo di Poeti, “Ma credo che se vi sforzate un po’ riuscirete a trovare un altro luogo per i vostri incontri, che approvo senza ombra di dubbio!”.

“Non è possibile” affermò Goyle “Gli Organizzatori non sono riusciti a trovare nessun altro posto libero! Ci avevano assegnato la Torre di Astronomia ma sta piovendo e…”.

“Gli Organizzatori?” chiese perplesso il Preside.

I ragazzi annuirono,  si scambiarono sguardi di assenso come se stessero parlando di qualcosa di ovvio e Silente capì che gli stava sfuggendo qualcosa di molto importante. “E chi sarebbero gli Organizzatori?” chiese serio il preside.

“Sono il gruppo di studenti che ci dice quando e dove svolgere le nostre attività” spiegò con precisione Tiger “Sa, i gruppi sono tanti e dobbiamo cercare di non disturbarci a vicenda!”.

-Ma di quali gruppi stanno parlando?- si chiese Silente che prima di continuare decise di convocare  i quattro Capicasa all’insolita udienza:  Piton, la McGranitt, la Sprite e infine Vitious per i Corvonero.

“Dunque” iniziò Silente rivolgendosi ai 4 professori “Come vedete abbiamo davanti a noi quattro studenti che ci stanno per raccontare qualcosa che sta succedendo ad Hogwarts ma di cui io, e penso anche voi,  non ero a conoscenza!”.

“Mi sembra difficile da credere!” affermò Severus.

“Sembra difficile da credere anche a me, professor Piton, eppure è così!” constatò il preside.

La McGranitt si fece avanti: “Silente, nessuno di questi studenti è un Grifondoro!”.

Silente si voltò di scatto verso gli studenti, non aveva notato questa particolarità ma Jeremy come per tranquillizzare l’anziano preside, scosse la testa e, agitando lievemente le mani davanti a sé, disse: “E’ solo una casualità!”. Silente sorrise e diede la parola ai ragazzi.

“Non è niente di grave!” iniziò Susan  “Siccome avevamo tanto tempo libero abbiamo pensato di occuparlo facendo qualcosa che ci piace!”.

“Però non a tutti piace la stessa cosa, e perciò si sono formati tanti piccoli gruppi!” aggiunse Jeremy.

I professori e il preside sembravano confusi, allora Tiger prese tutto il coraggio che aveva e disse: “Se posso, vorrei spiegare la situazione partendo dall’inizio!”.

“Ottima idea, signor Tiger!” lo freddò Severus.

Tiger degluttì, si sentì un po’ stupido a essersi messo in quella situazione da solo, ma ormai doveva andare avanti. “Dall’inizio dell’anno abbiamo seguito le diverse lezioni alternando i posti a sedere, sapete no? Serpeverde-Grifondoro, Tassorosso-Corvonero…. Insomma ad ogni lezione avevamo un nuovo vicino di banco. Siccome siamo un po’ tutti chiacchieroni…” gli altri tre  ragazzi risero “allora parlavamo con chi avevamo vicino anche se non era della nostra casa e abbiamo scoperto che non solo nelle nostre case ma anche nelle altre c’erano persone simpatiche che avevano i nostri interessi. Così un po’ alla volta si formarono dei gruppetti, ogni gruppo aveva bisogno di uno spazio per incontrarsi e non disturbare gli altri e perciò si formò un gruppo, detto degli Organizzatori, che preparò una tabella con indicati i luoghi di riunione e gli orari. Loro si occupano di far rispettare gli orari, e se ci sono dei problemi intervengono per porre rimedio. Oggi noi dovevamo incontrarci alla Torre di astronomia ma stava piovendo e siamo andati nella Sala comune dei Corvonero…”.

“Che cosa?” chiese Vitious scandalizzato “Dei Serpeverde nella Sala dei Corvonero?”.

“No, no!” lo interruppe Susan “Io sono Tassorosso!”.

La Sprite sorrise, questi ragazzi del primo anno erano davvero molto originali.

“Quanti gruppi esistono, e dove vi incontrate?” chiese incuriosito Silente.

Goyle prese la parola: “C’è il gruppo dei Poeti, dei Musicisti, dei Pozionisti e dei Medimago, degli Erboristi, degli Scacchisti e gli Organizzatori. Ci incontriamo all’aperto, nella Torre di astronomia, nella Guferia, nella stanza dismessa vicino alla Sala Grande, sotto il porticato, in biblioteca e nella Stanza delle Nec..!” Goyle si bloccò portandosi la mano alla bocca.

“Nella Stanza delle Necessità” concluse Silente che aggiunse: “Non è sbagliato  usare quella stanza ma tutto va preso a piccole dosi!”.

“E chi sarebbero gli Organizzatori?” domandò Minerva. Severus non poteva conoscere il nome di tutti gli organizzatori ma era pronto a scommettere che uno di questi era Harry Potter. Infatti non fu deluso.

“Harry Potter, Draco Malfoy, Hermione Granger, Rupert Donovan, Joel Wyat e Francy Spencer. Ma non dovete prenderverla con loro, ci hanno aiutato molto. Non sapevamo proprio come fare!” disse Susan.

“Ma perché non ne avete parlato con nessuno?” chiese con dolcezza la Sprite, facendo rabbrividire Severus già messo a dura prova dai sorrisi languidi di Silente.

“Perché sapevamo che gli altri studenti non sarebbero stati d’accordo!” disse a voce bassa Tiger.

-Non avevate  tutti i torti- pensò Silente, che prese fiato e concluse: “Bene, ora potete andare! Parleremo anche con questi Organizzatori, perché ci sono elementi importanti che non quadrano, comunque continuate pure a scrivere e leggere poesie, solo non fatelo nelle Sale comuni, almeno per ora!”.

I quattro ragazzi uscirono e lasciarono dietro loro cinque adulti confusi e imbarazzati. Per circa undici anni, Silente e i professori,  avevano fatto il possibile perché l’armonia regnasse ad Hogwarts, avevano cercato di realizzare il sogno impossibile ovvero far tornare nel castello  quella serenità e complicità che la scuola aveva conosciuto tanto tempo prima quando ancora i quattro fondatori erano uniti, e adesso che ciò si stava avverando si sentivano imbarazzati perché non riuscivano a gestire la situazione, non riuscivano a superare quegli impulsi egoistici che li rendeva indisposti verso chi aveva trovato la formula magica della pace e del vivere comune.

Vitious aveva esposto chiaramente il suo punto di vista scandalizzandosi al pensiero di alunni Serpeverde tra i Corvonero, e sebbene Minerva e Severus non si fossero pronunciati anche loro non avrebbero visto di buon occhio un’invasione dei loro spazi, la Sprite invece era entusiasta così come Silente.

Tuttavia bisognava affermare davanti a tutti che questi gruppi, benché innocui e proficui, non potevano dettar legge ma dovevano sottostare alle regole di chi sopraintendeva la scuola, cioè il preside e i docenti. Se bisognava stabilire quali spazi usare non dovevano farlo i ragazzi ma gli adulti che avevano la responsabilità.

Perciò l’ufficio del preside dopo pochi minuti fu nuovamente affollato. I  Capicasa osservarono i loro studenti: Draco e Rupert amavano  comandare, Joel cercava di affermare la sua personalità, per Harry organizzare la vita degli altri era una valvola di sfogo, Hermione e Francy erano brave ad appianare le divergenze di opinioni. Eccetto queste ultime due, le altre erano personalità in bilico tra il desiderio di agire bene per non dover più prendere ordini e il piacere di dare ordini senza preoccuparsi di dover agire bene.

“Bene” iniziò Silente “Siamo venuti a conoscenza che voi siete gli Organizzatori delle attività extra-scolastiche dei vostri colleghi del primo anno. Potete spiegarci come mai né io ne alcuno dei vostri Capocasa era stato informato? E soprattutto come avete fatto a non farvi scoprire?”.

I ragazzi restarono in silenzio, non sembrava avessero intenzione di dare spiegazioni. Minerva intervenne: “Signorina Granger, lei è senza dubbio una ragazza molto intelligente e saggia, la invito a collaborare. Nessuno di noi sta cercando di porre fine alle vostre attività, vorremmo soltanto conoscere!”.

Hermione ebbe un attimo di titubanza e poi parlò: “Non pensavamo ci fosse bisogno di informare qualcuno”. Minerva alzò gli occhi al cielo mentre gli altri docenti si mostravano poco convinti: “Forse ci abbiamo pensato un po’ però poi abbiamo deciso che non era così importante, inoltre…”.

“Stai zitta!” le disse Draco: “Hai già parlato abbastanza!”.

Severus  stava per intervenire ma non ne ebbe il tempo: “Non c’è bisogno di essere maleducati! Nessuno ti dà il diritto di parlarle in questo modo arrogante!” strillò Harry.

“Dovresti decidere da che parte stare!” urlò Rupert. I ragazzi si stavano scaldando, il gruppo degli Organizzatori era il meno affiatato e Silente voleva vedere fino a che punto sarebbero arrivati.

“Calmatevi, non perdete la calma!” disse Francy, “In fondo che male c’è a parlarne, non facciamo niente di male!” aggiunse titubante Joel.

“Se ci faremo comandare, nessuno ci ascolterà più!” spiegò Rupert. “Siamo noi che diamo gli ordini!” sottolineò Draco, ma Harry non era della stessa opinione: “Noi non diamo ordini, noi diamo suggerimenti su come organizzare il tempo libero!”.

“Gli altri ci ascoltano perché siamo più bravi di loro in questo!” specificò Joel.

“Ma cosa stai dicendo?” disse Hermione “Gli altri ci ascoltano perché noi li rispettiamo!”.

“Pacifista convinta! Vero, Granger!” lo sbeffeggiò Draco.

“ADESSO, BASTA!” disse Silente alzando la voce sopra quella dei ragazzi, “Hermione, Francy, Harry e Joel restate qui, mentre i signori Draco e Rupert sono pregati di uscire e di aspettare fuori!”.

“Cosa?” domandò Harry che non riusciva a capire il perché di questo gesto “Stavamo solo parlando!”.

“Te lo avevo detto!” gli disse Rupert “Ci stanno dividendo!”.

Silente si rese conto di aver fatto la mossa sbagliata, ma non poteva tornare indietro perché ciò avrebbe diminuito il suo potere agli occhi dei ragazzi, perciò ripetè l’ordine e con buona pace di tutti il giovane Serpeverde e il giovane Corvonero uscirono dall’ufficio.

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Eccomi qui, ho già in mente il prossimo capitolo, perciò dovrei riuscire a postare Sabato. Questo è un capitolo di passaggio, necessario per il seguito. Spero vi piaccia. A presto, Alida

Elfosnape: Ciao caro, perchè Sirius si comporta così? Questo inizierai a scoprirlo nel prossimo capitolo, comunque capita che alcune persone amino i propri figli di un amore "malato" che tenda più al controllo totalitario della vita dei ragazzi piuttosto che alla loro libertà, perchè in un modo perverso "se ti controllo ti proteggo, se ti lascio libero non potrò proteggerti sempre". Oppure ancora ci sono genitori che si accorgono che i loro figli sono talmente diversi da come se li aspettavano che non riescono a creare un rapporto di fiducia, perciò impongono loro delle regole rigide per averli sotto controllo e renderli più simili a ciò che vorrebbero. Draco, Harry, Hermione e Ron saranno amici? Non amici per la pelle ma ci sarà un bel rapporto. Almeno per ora la storia sembra voglia andare in questa direzione, poi non so cosa decideranno di fare i personaggi. A presto, Alida

lily483: Severus ha molte qualità. In questo capitolo non c'è stato spazio per lui ma siamo solo all'inizio, il meglio deve ancora venire.

Karmysev: A Harry sono state nascoste molte cose, prima di tutto il rapporto tra Lily e Sev, ma anche il rapporto -in concreto- tra i Malandrini e Sev, nonchè il patto tra Sev e Silente. Dirai cosa centra il patto tra Sev e Silente quando nella tua storia Voldemort è morto e perciò il patto non c'è stato! Ti posso rispondere che un patto tra questi due personaggi esiste anche nella mia storia e prima o poi verrà svelato.

Aloysia Piton: Sì, il buon rapporto tra Severus e Harry sarà fonte di delusione per Sirius, nel prossimo capitolo però comincerò a mettere carne sul fuoco e ci sarà posto anche per Sirius.  Posso solo invitarti a riflettere sul fatto che chi non riesce ad amare un bambino probabilmente è più deluso del  mondo che lo circonda e di se stesso che del  bambino che dovrebbe amare. Baci, Alida

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Capitolo 5
*** Sfuriata ***


CAP 5

Severus era rimasto deluso dal comportamento dei suoi ragazzi, nessuno di loro negli incontri bisettimali aveva accennato al lavoro dei gruppi. Certamente il professore aveva notato come i Serpeverde si fossero  ambientati bene a scuola, e  a differenza degli altri anni non c’erano stati scontri tra le diverse Case neanche a lezione ma pensava che dipendesse dal fatto che era trascorso ancora poco tempo.

Silente invece era preoccupato. Era difficile riuscire a utilizzare gli spazi di Hogwarts senza che nessun adulto se ne accorgesse, inoltre c’erano dei limiti reali che i ragazzi avevano dovuto superare per accedere alla stanza dismessa vicino alla Sala Grande, senza contare che i Musicisti non dovevano essere tanto silenziosi, gli Erboristi dovevano pur avere un luogo dove coltivare le erbe e  i Pozionisti un piccolo laboratorio. Ma dove?

Minerva e la Sprite non sapevano cosa pensare, anche loro non si erano accorte di niente. Da canto loro i ragazzi sembravano essere caduti dalle nuvole, Hermione aveva sottolineato che mai e poi mai avrebbe fatto qualcosa contro il suo rendimento scolastico, Joel era spaventata e non riusciva a esprimere chiaramente la sua opinione, Francy voleva trovare un compromesso, Harry invece continuava ad affermare di essere nel giusto.

Silente aveva ascoltato i quattro ragazzi, erano tranquilli, però voleva delle spiegazioni: “Ragazzi, vorrei alcune risposte, chiare!”.

“Per esempio?” domandò insospettito Harry.

“Come avete fatto a rendere insonorizzata la stanza per i Musicisti?” chiese il preside.

Hermione, fieramente, rispose: “Con l’ incantesimo   Muflato!”.

“Signorina Granger, questo non è un incantesimo del primo anno, o meglio del primo mese!” le fece notare la McGranitt.

“Lo so, ho dato un’occhiata agli incantesimi dei prossimi anni perché bisognava trovare una soluzione!” cercò di scusarsi lei.

“E gli erboristi dove coltivano le erbe?” domandò ancora Silente.

Joel, a mezza strada tra l’orgoglio e i timori, rispose: “Questa è stata una mia idea! Ho pensato: non è possibile creare una serra perché saremmo stati scoperti, perciò abbiamo piantato qua e là dei semi all’aperto e anche delle piantine che fioriranno tra breve, credo”.

“E i pozionisti dove hanno il laboratorio?” chiese ancora Silente:

A questo punto nessuno rispose. Harry si irrigidì, le vene del collo si gonfiarono non poco e Severus gli si avvicinò: “Harry, se conosci la risposta sei pregato di dirla!”.

I docenti e Silente non poterono fare a meno di notare che il rigido e severissimo professore di Pozioni aveva appena dato del “tu” ad un suo alunno di fronte a molte persone, e ne furono meravigliati. Ancora di più lo furono quando Harry Potter, figlio di James Potter acerrimo nemico di Piton, a bassa voce con gli occhi rivolti verso il basso rispose: “Nella Stamberga strillante!”.

Silente spalancò gli occhi, quel pazzo di Sirius Black aveva parlato a suo figlioccio della Stamberga! Severus, che collegava quel luogo ad una delle sue esperienze giovanili più brutte, rimase pietrificato ma si riprese quando vide le spalle di Harry tremare. Forse il bambino si aspettava qualche punizione, qualche improvvisa sgridata davanti a tutti. Severus allungò una mano sulla testa di Harry e gli scompigliò i capelli: “Va bene, è tutto a posto!”.

Vitious sembrava esausto, prese fiato e disse: “Albus, credo che per oggi possa bastare!”.

“Sì, lo penso anch’io. Severus ti prego di parlare con Draco Malfoy, e Vitious tu parla con Rupert Donovan. Voi quattro” continuò Silente rivolgendosi ai ragazzi: “potete andare!”.

Sirius era sdraiato sul divano nel soggiorno di Grimmauld Place, ma non stava dormendo, pensava e ripensava ad Harry, a quel ragazzino così difficile da capire, così diverso da James nel carattere anche se uguale nell’aspetto. Il giorno in cui aveva ricevuto il messaggio da Hogwarts con il quale veniva informato che Harry era un astuto Serpverde, si era arrabbiato come una bestia, era entrato nella camera del figlioccio e aveva buttato all’aria tutto.

Un Serpeverde, come poteva essere successo? Lui aveva cercato di indirizzarlo verso il coraggio e la lealtà, lo aveva spronato a prendersi cura degli altri iscrivendolo a otto anni ai corsi dell’associazione “Noi e gli altri” dove i bambini più grandi si prendevano cura di quelli più piccoli sotto la supervisione degli adulti, per lo più erano corsi estivi e ad Harry piacevano.

Nonostante questo Harry preferiva starsene da solo nella sua camera, oppure da solo nella grande biblioteca della casa. Certamente Grimmauld Place era un posto triste per crescere, Sirius lo sapeva, anche lui l’aveva sempre considerata una prigione e spesso si domandava se Harry non volesse frequentare i corsi estivi solo per fuggire da quelle mura.

 

Ora, sdraiato su quel divano, tutto sembrava più difficile, anche muovere i muscoli e alzarsi. Che senso aveva avuto bruciare i quadri dei suoi antenati appesi alle pareti, buttar via tutti i cimeli di famiglia, dell’antica Casata dei Black, eterni Serpeverdi, e arredare tutto di rosso e oro? Che senso avevano i libri di Quiddicht che Harry non aveva mai apprezzato, i morbidi cuscini con i quali Harry non aveva mai provato a fare una lotta. Che senso aveva la nuova scopa volante che Sirius aveva comprato e incartato per Natale? Nessuno! Niente aveva senso, lui aveva cercato di andare incontro ad Harry in mille modi ma le loro strade non si erano mai incontrate. Così come non era riuscito ad avere un buon rapporto con i suoi genitori e suo fratello, allo stesso modo non riusciva a dialogare con Harry.

Nel tavolino vicino al divano il bicchiere di whisky era poggiato sopra il biglietto che Harry gli aveva spedito. Sirius beveva, ma il biglietto non scompariva e mai sarebbe scomparso. Sirius chiuse gli occhi e aspettò di sentire il buio scendere sulla sua mente e coprire i pensieri che lo tormentavano ma il campanello suonò e così, lentamente si alzò e andò ad aprire alla porta.

“Remus” disse con freddo distacco mentre datogli le spalle si diresse verso il salotto “Che piacere vederti!”.

Il licantropo era abituato a questo genere di saluto e perciò non ci fece caso, anzì, entrò, mise il suo cappotto sull’appendiabiti,  seguì l’amico in salotto e notando il disordine della stanza, nonché la forma affossata del divano che doveva aver sopportato per diverse ore il peso di Sirius,  disse: “Vedo che non era solo Harry a creare disordine, eh?”.

Sirius lo guardò di traverso, Remus sollevò le braccia al cielo e con calma continuò: “Se non hai voglia di riordinare, usa almeno la magia, è un attimo con la bacchetta!”.

“Che cosa vuoi, Remus? Sei venuto per farmi la predica? Non ti piace questa casa? Non è mai piaciuta neanche a me!”.

“Allora perché non la vendi?”.

“Mi stai dicendo che la vorresti comprare?” chiese spiritoso Sirius.

Remus sorrise: “Anche volendo, non potrei permettermela mai!”.

Sirius ricambiò il sorriso: “Ti farei un prezzo vantaggioso!”.

“Davvero?” continuò Remus. Sirius ebbe una smorfia di tristezza che non passò inosservata all’amico. “Nessuno ti costringe a vivere ancora in questa casa! Ci sei rimasto con la scusa che non avevi tempo per trasferirti in un altro posto con Harry piccolino. Adesso Harry è cresciuto e si trova ad Hogwarts. Potresti approfittarne e trasferirti in un altro posto prima delle sue vacanze di Natale! Anche a lui questa casa non è mai piaciuta, avrebbe bisogno di una casa con giardino o almeno con cortile!”.

“Dici?” chiese Sirius riprendendo in mano il bicchiere di whisky,  facendo cadere inavvertitamente il bigliettino, che stava sotto, sul pavimento. Remus, che gli era vicino, si chinò per raccoglierlo e lo lesse, allora alzò lo sguardo verso Sirius che gli disse: “Io invece penso che si troverà bene, adesso! Questa è stata sempre una casa per Serpeverdi, no?” e con rabbia lanciò il pesante bicchiere contro il muro. Il whisky scivolò goccia a goccia sul muro, disegnando lunghe lacrime giallastre sulla parete bianca.

“Non c’è alcun bisogno di reagire così!” affermò duramente Remus.

“Cosa? Ma ti rendi conto che il figlio di James Potter è un Serpeverde!”.

“E con ciò?”.

Sirius scosse la testa: “Non credo alle mie orecchie! Non ti sembra strano? Neanche un po’?”.

Remus non rispose, Sirius gli si avvicinò e gli strappò il biglietto dalle mani: “Ma io glielo ho detto, sai? Gli ho scritto un messaggio di risposta e sono sicuro che si sarà pentito di non esser diventato un Grifondoro”.

“Che cosa hai fatto? Non te la sarai presa con lui per la Casa in cui il Cappello Parlante l’ha smistato? Sirius, lo sai anche tu che non è una scelta di Harry!”.

“Mi ha deluso, ancora una volta mi ha deluso!”.

“L’unica persona deludente sei tu, Sirius!” urlò con rabbia Remus.

Sirius si bloccò, non era semplice riuscire a far adirare Remus che era sempre molto controllato, ma sembrava che Remus non fosse ancora soddisfatto: “Sei patetico, ma ti sei visto? Non riesci neanche a capire che Harry è molto diverso da te, che lui non è James! Non riuscirai mai ad essergli amico se non lo accetterai per quello che è ma ti ostinerai a trasformarlo in qualcosa che non sarà mai!”.

“James…” tentò di difendersi Sirius.

“Saresti una delusione anche per lui!”.

“Non puoi dire questo! Non puoi! Non puoi dirlo!” urlò a sua volta Sirius che sembrava uscito di senno.

“Lo posso dire eccome! Lui ti ha affidato suo figlio e tu invece di amarlo lo tormenti e lo fai sempre sentire inadeguato. Non era questo che James si aspettava da te!”.

“James non avrebbe gradito la sua amicizia con i Serpeverde!”.

“Allora ti ricordo che il migliore amico della fantastica madre di Harry era un Serpeverde!” gli rammentò Remus.

“E lui l’ha tradita!” continuò Remus.

“All’inizio forse, ma poi lo sai anche tu che ha fatto tutto il possibile per salvare lei e anche James! Non puoi negare la verità, Sirius!”.

“Severus era un ragazzo malvagio, non era capace di amare nessuno se non se stesso …”.

“Lui era così allora, ma oggi se tu che non riesci ad amare nessuno! Neanche il figlio del tuo migliore amico!” sbottò Remus.

 “Vattene subito via, vai via da casa mia! Subito!” gli urlò contro Sirius puntandogli il dito minaccioso.

Remus non si era pentito di nessuna frase detta, andò verso l’ingresso, si infilò il cappotto e uscì sbattendo la porta. Nella vecchia casa dei Black rimase Sirius, solo, stanco, adirato, confuso, con davanti agli occhi una realtà che faceva male più di qualsiasi biglietto ricevuto.

 

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Ciao carissimi, vi avevo promesso l'aggiornamento odierno e così eccomi qui.
Spero vi piaccia, inizialmente dovevo inserire anche un'altra particina ma prima voglio leggere le vostre considerazioni, perchè la prossima scena potrebbe essere inaspettata e scuotere qualcuno.
Comunque, buona lettura e per domani: buona domenica.

Aloysia Piton: nei gruppi in sè non c'è niente di sbagliato, ma è preoccupante che siano riusciti a occupare spazi che dovrebbero essere sotto controllo degli adulti. Inoltre le organizzazioni "segrete" spesso hanno delle finalità secondarie poco pregevoli, e come hai potuto vedere Draco e Rupert non hanno grandi idee di ugualianza,  la scena che non ho inserito ti avrebbe mostrato qualcosa di poco rassicurante. Dovrai aspettare, scusami ma le tue osservazioni sono sempre un passo avanti .... a presto, Alida

GinnyPotter93: ciao cara, Sirius tratta male Harry, è vero! Perchè? Ci sono persone che davanti alla morte di un amico o di qualcuno a cui hanno voluto molto bene reagiscono con aggressività, il tempo guarisce  tante cose,  ma nel caso di Sirius il tempo ha peggiorato il suo malessere perchè Harry è troppo diverso rispetto a ciò che lui si aspettava. Per quanto riguarda il Paring, non ci sarà! Penso che non scriverò mai storie con paring uomo-uomo o donna-donna, non perchè non li approvi ma perchè ho un'idea chiara del perchè i Paring spopolino nelle fanfiction, e non voglio appoggiarla. Ci sentiamo, Alida

Elfosnape: credo che i miei genitori e i tuoi potrebbero prendersi a braccetto, ma non preoccuparti c'è sempre il modo per imporsi con delicatezza e astuzia, dovrai essere metà Serperde e metà Tassorosso, dosare bene e poi vedrai che ti troverai libero e con giudizio. La storia finirà bene, non preoccuparti! Fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo! A presto, Alida

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Capitolo 6
*** Dimostrazione esemplare! ***


CAP 6

Per Harry e Draco la giornata non era ancora finita. Draco era molto scocciato per l’accondiscendenza che il suo compagno aveva mostrato nei confronti di Silente. Lucius non gli aveva insegnato a rispettare il vecchio preside, anzi più volte lo aveva deriso in presenza del figlio, facendogli credere che l’opinione e gli ordini di Silente non avessero importanza e potessero essere elusi.

Per Harry era diverso: Silente gli aveva salvato la vita e inoltre era la massima autorità ad Hogwarts e l’autorità non si discuteva, il preside aveva fatto delle domande e lui aveva dato le risposte, tutto qua. Quando i due entrarono nella Sala comune dei Serpeverde ci trovarono tutti i loro compagni. In un primo momento  cedettero che la notizia si fosse già diffusa ma poi vedendo entrare Piton si ricordarono: quel pomeriggio c’era il terzo incontro con “Severus”.

“Ragazzi, buonasera” salutò il professore: “Vi chiedo scusa per il ritardo, sono già le 17:00 ma credo di essere giustificato in quanto ero con il preside e alcuni ragazzi del primo anno tra cui i qui presenti Harry e Draco”.

Alcuni studenti bisbigliarono, altri ammutolirono, altri ancora sembrava cercassero una via di fuga, ma una cosa li accomunava: tutti guardarono incuriositi Harry e Draco.

“Io, il preside e gli altri tre Capicasa, siamo venuti a conoscenza delle vostre attività extra-scolastiche e le troviamo molto interessanti”.

Il bisbiglio aumento e comparvero alcuni sorrisi.

“Tuttavia siamo rimasti un po’ sconcertati dalla segretezza con la quale avete pianificato e gestito il tutto. Capiamo che non avreste avuto l’appoggio di tutti, però vorrei farvi riflettere su un punto importante, solo perché un progetto o un’idea non trova il consenso di tutti non vuol dire che sia sbagliato. Bisogna sempre portare avanti ciò in cui si crede ma bisogna farlo a testa alta e di fronte a tutti, non nascondendosi. Non c’è alcuna vergogna a pensarla diversamente, l’importante è che la realizzazione delle nostre idee non faccia del male, o manchi di rispetto, a nessuno!”.

-Interessante- pensò Harry –Forse dovrei invitare mio padrino a questi incontri- ma sapeva già che sarebbe stato inutile, eppure volle tentare e schiarendosi la gola domandò: “Severus, non potremmo far venire anche i nostri genitori o parenti a queste riunioni?”.

“Cosa è? La stupidaggine delle 17:13?” chiese Draco guardando l’orologio.

“Per me è una buona idea!” disse Dirk. Gli animi si accesero e iniziò subito uno scontro verbale tra chi era a favore e chi no, ma Severus intervenendo riprese l’attenzione su di sé e spiegò: “Mi dispiace, non è possibile! Almeno non in questi termini! Comunque cercherò di venire incontro a questa richiesta e anche a chi non sembra essere d’accordo!”.

“Bene, oggi è stata una giornata pesante, perciò direi di chiudere qui la riunione ma non la salteremmo, la recupereremo domani o dopodomani, siete d’accordo?”.

I ragazzi acconsentirono e Severus li lasciò ai loro pensieri. Alcuni restarono nella Sala comune, altri, di pessimo umore si ritirarono nelle loro stanze. Isabelle e Mark, che facevano parte del gruppo dei pozionisti, chiesero a Harry se potevano preparare una pozione nella sua stanza, utilizzando uno dei letti liberi come piano d’appoggio poiché la pozione che dovevano creare era un po’ instabile e non volevano che, lavorando nelle loro camere, qualcuno le urtasse inavvertitamente.

Harry diede la disponibilità e rimase con Dirk nella Sala comune. Jiulius fu felice di avere ospiti, quando nella stanza c’era qualche estraneo si sentiva in dovere di mostrarsi affettuoso e obbediente, così trascorse il tempo saltellando dalla spalla di Isabelle a quella di Mark, senza mai essere di intralcio.

I due giovani pozionisti avevano sistemato un’asse di legno sul letto sulla quale c’erano tre  piccoli calderoni: nel primo si mettevano le erbe in ammollo, nel secondo le si portavano ad ebollizione e nel terzo si mescolavano le varie erbe, per ultimo bisognava aggiungere un pizzico di polvere di dente di leone. La pozione che veniva prodotta era una specie di carburante che serviva per attivare gli orologi incendiari negli spettacoli pirotecnici.

Mark non era molto fiducioso della riuscita della pozione che  alla fine del processo, prima di aver gettato la polvere finale, avrebbe dovuto avere un aspetto denso e un colore viola chiaro, ma negli esperimenti precedenti era sempre rimasta molto liquida e di colore celeste.

Isabelle cercava di non scoraggiarsi per lei produrre pozioni era una grande avventura e Harry gli dava sempre molti consigli sia sul taglio delle erbe sia sui tempi necessari per far ammorbidire le erbe e le radici senza farle perdere troppa consistenza.

Quando tutti gli ingredienti furono mescolati i due ragazzi restarono sbigottiti: la pozione era riuscita. Fu un attimo ed entrambi si accorsero di non aver portato la polvere di dente di leone che fungeva da micia. I due ragazzi  avvisarono Jiulius di non muoversi dalla scrivania e corsero nelle loro camere a prendere l’ultimo ingrediente per portare a termine quella che per loro era una grande impresa.

Nel frattempo, però, Draco e Joel avevano avuto modo di chiacchierare. Seduti in disparte nella Sala comune Draco aveva fatto notare alla ragazza come Harry, Severus e Silente andassero particolarmente d’accordo. Ciò non era normale, anche se Silente aveva salvato la vita a Harry questo non giustificava la devozione che il ragazzino aveva nei confronti del preside. Inoltre Severus non riprendeva mai Harry quando faceva degli errori a lezione, forse perché ne faceva pochi, ma per i due ragazzi ci doveva essere qualcos’altro sotto.

Forse Harry teneva in pugno il professore e il preside con un ricatto. Sirius Black era suo padrino e forse gli aveva raccontato qualcosa di compromettente sulla loro vita passata. Joel era confusa, incerta, non era sua abitudine schierarsi ma come molto spesso accade quando si è giovani e insicuri, è più facile farsi trascinare che restarsene fuori da qualsiasi gruppo e rimanere soli.

Perciò Joel appoggiò le bizzarre idee di Draco che forte dell’appoggio ricevuto propose un’azione dimostrativa: “Solo perché ha in pugno Piton e Silente non dobbiamo fargli credere che può raggirare anche noi! Deve capire che ci sono delle regole a cui lui deve sottostare come tutti gli altri!”.

“Di quali regole parli, Draco?” domandò Joel.

Draco sembrava infastidito, anche lui in realtà non sapeva di quale regole stesse parlando, ma sicuramente dovevano esistere delle regole che stabilissero che … che Harry non avrebbe dovuto cedere così facilmente alle domande di Silente, che non avrebbe dovuto proporre di portare ad Hogwarts i genitori, che non poteva prendere decisioni senza aver interpellato un Malfoy, perché come diceva suo padre, se le tue origini non vengono rispettate allora devi importi, e su un Mezzosangue prevale sempre un Purosangue.

Draco non aveva mai manifestato questa sua  opinione  e forse non credeva  neanche lui che fossero vere ma il padre glielo aveva ripetuto così tante volte che alla fine si era insinuata in lui la convinzione che una parte di realtà ci dovesse essere.

“Di regole base che nessuno può infrangere!” affermò Draco non spiegando niente. “Vieni, presto. Dobbiamo dare una lezione ad Harry!”.

“Come una lezione? Io non voglio fargli del male!” protestò la ragazza.

“Neanche io!” esclamò Draco “Voglio solo spaventarlo!”. E detto questo andò in camera sua e prese un fanta-petardo.  “Dai, andiamo! Lo accendiamo e glielo buttiamo dentro la stanza, quando stanotte andrà in camera  se la ritroverà piena di fumo!”.

“Sei sicuro che non sia pericoloso? E se prendesse fuoco?” chiese Joel.

Draco fece spallucce e rispose:  “Esagerata, non è mica una bomba!”.

Il caso volle che  Draco e Joel raggiungessero la stanza di Harry pochi secondi dopo l’uscita di Mark e Isabelle alla ricerca della polvere di dente di leone. Isabelle aprì la porta e rapidamente Draco gettò il fanta-petardo senza guardare dove fosse caduto, richiusa la porta si spaventarono non poco quando uno scoppio, proveniente proprio dalla camera di Harry, riecheggiò in tutti i sotterranei dei Serpeverde.

Il petardo era caduto proprio dentro il calderone, contenente il carburante per i giochi pirotecnici, facendo esplodere la pozione che prese fuoco e incendiò per primo il letto e poi  il resto della stanza. Gli studenti corsero subito verso il luogo da cui sembrava provenire il rumore e furono aiutati a localizzare la stanza dal fumo che ne usciva da sotto la porta.

Come Harry vide che si trattava della sua stanza ebbe un sussulto al cuore!

Jiulius!

Senza pensarci due volte Harry entrò nella camera, il fumo bruciava gli occhi facendoli lacrimare e chiamò: “Jiulius! Jiulius!”.

Il piccolo draghetto giaceva sulla scrivania dove Mark e Isabelle gli avevano ordinato di stare, Harry lo vide subito. Fattosi coraggio superò il primo letto, quello vicino alla porta, in fiamme. Il caldo era fortissimo e per ripararsi il volto Harry sollevò il braccio per istinto, poi superò anche il secondo letto che era dalla parte opposta della camera e infine raggiunse la scrivania e prese in mano Jiulius.

Harry si voltò verso la porta, il fumo gli bruciava i polmoni e la gola. Cominciò a tossire e fece qualche passo avanti ma il baldacchino del secondo letto crollò proprio davanti a lui bloccandogli il passaggio. In quel momento gli parve che tutto perdesse consistenza, le gambe cedettero e credete di vedere delle figure innanzi a sé, figure lunghe che portarono la pioggia e poi fu il buio!

 

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CIAO A TUTTI.

PRIMA DI TUTTO RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE STANNO LEGGENDO LA STORIA, CHE RECENSISCONO, INSERISCONO LA STORIA TRA I PREFERITI E I SEGUITI. GRAZIE, GRAZIE!

E ADESSO, VENIAMO A NOI! QUESTA è LA SCENA MANCANTE DEL CAPITOLO PRECEDENTE! HO VOLUTO POSTARLA ANCHE SE IL CAPITOLO NON è VENUTO MOLTO LUNGO, perché LA TROVO INTERESSANTE E COINVOLGENTE!

FRA POCHI GIORNI CI SARA’ IL SEGUITO. LO SO CHE ALCUNI DI VOI PENSERANNO CHE ADESSO DRACO ED HARRY DIFFICILMENTE DIVENTERANNO AMICI MA VI POSSO SOLO DIRE: ABBIATE FEDE!

A PRESTO, ALIDA

Elfosnape: ciao! Sono felice che il capitolo precedente ti sia piaciuto, e spero che anche questo non ti deluda. Draco e Harry troveranno il modo per andare d'accordo ma non tutto viene messo su un piatto d'argento...

Aloysia Piton: il personaggio di Remus è molto controverso alcune volte non agisce perchè è saggio, altre volte non agisce perchè è un pò codardo, paradossalmente proprio lui che è un Licantropo è lo specchio più fedele dell'animo umano, per questo mi piace e allo stesso tempo mi lascia perplessa, questa volta l'ho fatto schierare, vedremo come andrà! Per quanto riguarda i ragazzi di 11 -13 anni credo che sia l'età più pericolosa dove si decide da che parte stare, se stare tra chi agisce o non agisce per scelta, o tra chi si fa trascinare perchè non ha il coraggio di agire. Ti basti pensare che secondo recenti studi è questa l'età in cui i ragazzini cominciano a bere, fumare spinelli ecc... , una triste realtà che andrebbe affrontata con più coraggio da parte degli adulti ma siccome EFP non è il posto adatto nel quale parlarne, mi fermo qui. fammi sapere cosa te ne sembra di questa scena! Baci, Alida

Marty4ever: ciao cara, il rapporto Severus-Harry poggia su buone basi perchè Harry è Serpeverde ed è il figlio di Lily, e mi dispiace darti questa notizia ma Harry è anche figlio di James! Sev e Lily non hanno mai consumato il dolce frutto dell'amore! Sorry! 

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Capitolo 7
*** Aurea ***


CAP 7

Silente e Severus arrivarono quasi nello stesso momento, Severus lo precedette di poco, e con l’incantesimo Aguamenti spensero le fiamme che stavano avvolgendo la stanza, prima di vedere Harry che, senza più ossigeno nei polmoni, cadeva a terra.

Silente gli si inginocchiò accanto per cercargli il battito del cuore nel polso. “Bisogna portarlo subito da Madama Chips! Presto Severus!”. Il giovane insegnante prese il ragazzino tra le sue braccia, quando Silente si accorse che stava uscendo del fumo dalla manica del maglione di Harry.

“Aspetta Severus! C’è del fumo!”.

“C’è fumo ovunque, Albus!” risposte innervosito Severus guardandosi attorno per mostrare a Silente l’evidenza delle sue parole.

“Intendo dire che esce fumo dal braccio di Harry!” spiegò il preside.

Severus non seppe spiegarsi il perché ma in quel momento gli venne in mente solo una cosa: il giorno in cui era stato marchiato, l’odore della carne bruciata e il fumo che dal suo braccio saliva nell’aria e gli annebbiava la vista.  Naturalmente Severus sapeva bene che  Harry non era stato marchiato da nessuno perché il Signore oscuro era stato ucciso, lo sapeva bene eppure non poté farne a meno, senza pensarci  su, sdraiò nuovamente Harry  sul pavimento e gli sollevò la manica per mettere a nudo il braccio sinistro.

Severus provò una dolce sensazione di sollievo, non c’era niente, solo Jiulius, la cui testolina sbuffante posava stanca sull’avambraccio del suo padroncino.

“E’ solo Jiulius, Albus! Il piccolo drago di Harry!”.

“Severus!” gli rispose il preside dolcemente posandogli una mano sulla spalla “Lo sapevi anche tu che in quel braccio non poteva esserci niente”.

“Sì, hai ragione, lo sapevo!” rispose provato Severus riprendendosi nuovamente Harry tra le braccia “Albus, portiamo anche Jiulius da Madama Chips così quando Harry si sveglierà lo troverà al suo fianco!”.

“Buona idea” affermò Silente.

In quel momento Harry iniziò a tremare, il suo corpo fu scosso da violenti spasmi, e cominciò a diventare sempre più freddo. Non era la prima volta che Severus vedeva succedere una cosa simile, gli era capitato spesso di notarla quando, da Mangiamorte, aveva assistito alla morte di ragazzi e ragazze giovani.

Una nube bianca si sollevò dal corpo di Harry, Silente e Severus si guardarono spaventati: Harry si stava arrendendo. Severus prese la sua bacchetta  e da essa fuoriuscì   un filo di stelle che avanzò lentamente verso  l’aurea e  la condusse  dolcemente nel corpo di Harry che smise di tremare e riprese calore.

Non era una magia qualunque e neanche Severus  sarebbe riuscito a portarla a termine con tanta facilità se fra lui ed Harry non ci fosse stato un legame speciale, il viso di Silente si riempì di meraviglia e stupore, avrebbe voluto fermare il giovane professore e chiedergli spiegazioni ma Severus fu più veloce, riprese Harry e uscì dalla stanza  mentre Silente , stanco, cominciò a guardarsi attorno: sopra un letto c’erano pezzi di vetro e tre piccoli calderoni, sotto la sedia invece c’era un pezzo di cartoncino rigido colorato dalla forma cilindrica molto simile a quello usato per i petardi o le cartucce magiche.

Uscendo dalla stanza incontro gli sguardi spaventati e incuriositi degli altri Serpeverde sia nel dormitorio sia nella Sala comune. Il preside sapeva che i responsabili dell’accaduto erano lì, nella mischia, perciò dopo averli fatti radunare tutti disse loro: “Oggi uno di voi  ha rischiato la vita, probabilmente a causa di uno scherzo. Harry è benvoluto da tutti, il fatto che questo incidente sia accaduto dopo la scoperta dei Gruppi di studio potrebbe far pensare che le due cose siano collegate. Io non voglio crederci, voglio pensare che nessuno di voi abbia cercato intenzionalmente di fare del male ad un  compagno. Naturalmente ci sono molti modi per scoprire come si sono svolti i fatti, tuttavia preferirei che chi sa qualcosa si facesse avanti! Non abbiate timore di scoprirvi migliori di ciò che pensate di essere!”.

Finito il discorso uscì dai sotterranei e si diresse in infermeria dove sperava di trovare Harry già sveglio. Invece quando arrivò si trovò davanti una scena inaspettata. Madama Chips, mani ai fianchi, fronteggiava Severus Piton, braccia incrociate al petto.

“Severus, è inutile che insisti. Questa è un’infermeria non uno studio veterinario!”.

“Jiulius non creerà nessun problema!”.

“Oh! Ma come sei tenero,  hai già dato un nome a quella bestiolina!”.

 -Severus Piton tenero! Era stato scoperto!- pensò Silente.

“Il nome glielo ha dato Harry e non è una bestia è un Drago Miniaturis miniato. Una creatura magica!”.

“Benissimo, allora il tuo Jiulius Drago Miniaturis miniato si troverà bene con il professore di Cura delle creature magiche!”.

“Ma il drago non sta male!” disse Severus.

“E questo ci riporta alla domanda iniziale: se non sta neanche male cosa ci fa in un’infermeria?”.

“Madama Chips, lei non si rende conto…” iniziò a spiegare ma la donna si irrigidì ancora di più e lo guardò come in preda a istinti omicidi.

“Va bene, lei si rende conto!” riprese Severus: “Ma probabilmente Harry si è lanciato tra le fiamme proprio per salvare il suo drago e perciò se si svegliasse e non lo trovasse vicino a sé potrebbe agitarsi, star male, forse anche svenire al pensiero di averlo perso per sempre!”.

La mano destra dell’infermiera si spostò dal fianco sul quale poggiava e con l’indice puntato in avanti si tese verso il professore: “Tu, Severus, sarai responsabile di questa creatura e di tutto ciò che combinerà qua dentro! Intesi?”.

-Non c’è modo di ottenere di più, è già qualcosa!- pensò Severus.

“Ho detto, siamo intesi?” ripetè Madama Chips che non aveva ricevuto risposta immediata.

“Sì, sì, intesi!” concluse Severus osservando Jiulius che dormiva accanto a Harry.

Quando Silente fu sicuro che le acque si fossero calmate, entrò in infermeria e si avvicinò alla sedia, accanto al letto del giovane Serpeverde, dove sedeva Severus. “Dobbiamo avvisare subito Sirius Black. Deve sapere dell’incidente, magari vorrà venire a trovare suo figlioccio!”.

“Chissà!” rispose laconico Severus.

Silente chiese spiegazioni. “Chissà cosa?”.

“Chissà se Black verrà e chissà come reagirà Harry” rifletté il professore che poi domandò: “Cosa hai intenzione di dire a Black?”.

“Gli dirò la verità, quello che è successo!” affermò il preside.

“Quando sei entrato nella stanza hai chiuso la porta!” gli fece notare Severus.

“Certo per non disperdere il fumo in tutto il dormitorio e non far riempire la stanza di studenti curiosi!”spiegò Silente.

“Allora nessuno sa cosa è successo veramente! Se mi sei amico, Albus, prenditi il merito tu!” gli disse quasi implorandolo Severus.

“No, Severus, mi dispiace ma non lo farò! Non posso, non un’altra volta!”.

“Albus, non capisci! Non posso gestire una situazione simile…”.

“Cioè non puoi prenderti il merito di aver salvato uno dei tuoi studenti?” domandò incredulo Silente.

“Non si tratta di un alunno qualsiasi, ma di Harry Potter! I suoi genitori sono morti a causa mia!”.

“Severus, dopo tanti anni, ancora questi pensieri!”.

“Albus, se io non avessi raccontato a Voldemort della profezia, e se poi fossi riuscito ad arrivare prima a casa di Lily…”.

“Basta, Severus. Basta! Smettila di tormentarti!”.

“Albus, non puoi farmi questo, prenditi tu il merito di averlo salvato, non legarmi oltremodo a lui!”.

“Voi due siete già legati! Lo sai bene, e da ciò che ho visto nella camera di Harry lo sai molto meglio di me!” replicò il preside sottolineando con la voce il “molto” e poi continuò : “Per avere un legame così forte devi aver fatto molto di più che salvargli la vita! Io ti ho appoggiato l’altra volta, ho rispettato la tua richiesta e ti ho dimostrato la mia amicizia. Adesso spetta a te, se davvero mi sei amico non chiedermi anche questa volta di prendermi il merito per qualcosa che non ho fatto !”.

“Albus, così mi condanni!”.

“No, Severus. Non è una condanna! Lasciare che ti rinchiudessi in te stesso, che nessuno sapesse chi eri veramente, che non potessi godere del bene che avevi deciso di abbracciare, questa è stata una condanna e anche se sono stato zitto sotto tua richiesta, in ogni caso mi sembra di essere colpevole e di averti portato via il rispetto e l’affetto che gli altri ti avrebbero dimostrato e che invece  sono stati riversati, immeritatamente, su di me!”.

“Adesso devo andare, spedirò un gufo a Black. Tu rimani pure vicino ad Harry, se ci saranno  novità, mi troverai nel mio ufficio!”. Silente uscì dall’infermeria lasciando Severus silenzioso sulla sedia accanto a Harry, nella sua mente i ricordi, ancora lucidi, scorrevano con lenta precisione.

Da quando aveva informato Voldemort della profezia, Severus non era più stata la stessa persona, Silente gli aveva detto di non preoccuparsi perché, eccetto lui, solo un’altra persona conosceva il luogo in cui i Potter si rifugiavano e poiché si trattava di una persona fidata, Lily, James e il piccolo Harry non correvano nessun pericolo.

Severus aveva sospettato che questa persona fosse uno dei tre inseparabili amici di James, uno tra Sirius Black, Remus Lupin o Peter Minus, ma Black restava, a suo parere, il più accreditato.

Quella mattina il Signore Oscuro aveva radunato tutti i suoi Mangiamorte in un luogo segreto e aveva detto loro che presto il suo potere si sarebbe esteso non solo su tutta l’Inghilterra ma sulla Gran Bretagna intera e che era solo questione di tempo prima che il Marchio Nero si mostrasse sul vecchio continente.

Al termine della riunione,  Severus era stato chiamato in disparte da Voldemort e gli aveva ordinato di produrre la  pozione  ANIMUSEMPRA con la quale entrare si poteva entrare in possesso dell’anima di un morente.

Era una pozione difficile ma lui ci sarebbe riuscito, del resto era comunque il migliore pozionista in circolazione. Dopo poche ore la pozione fu pronta e fu allora, andando a consegnare la pozione al suo padrone, che vide in un angolo della grande casa Peter Minus che, cercando di farsi sempre più piccolo contro un angolo, implorava un altro Mangiamorte di fargli parlare con l’Oscuro Signore.

Severus si fece avanti: “Il Signore Oscuro non riceve su richiesta ma forse gli piacerà sapere che c’è un amico dei Mezzosangue che vuole incontrarlo!”.

“Io non sono un amico dei Mezzosangue! Io sono uno di voi! E ho notizie importanti da dargli!” disse a mezza voce Peter mostrando il Marchio Nero sul suo braccio.

Severus era incredulo, come poteva essere? Un Mezzosangue, amico di James Potter! No, qualcosa non quadrava. Evidentemente Potter non ne era a conoscenza. Il Marchio di Severus cominciò a bruciare, il padrone lo chiamava, così andò al suo cospetto e dopo avergli consegnato la pozione richiesta andò via,  non prima di vedere coi propri occhi Peter Minus che entrava nell’ufficio del Signore Oscuro.

Severus doveva parlare con Silente e cercò in tutti i modi di rintracciarlo ma gli fu impossibile, sembrava che il preside di Hogwarts  fosse scomparso. Allora decise di andare a bere qualcosa ai Tre Manici di Scopa. E lì fece un altro incredibile incontro.

Sirius Black,  ubriaco, sedeva al bancone del bar. Severus gli si sedette accanto e ordinò da bere. “Brutta giornata, Black?”.

Sirius, riconobbe Piton immediatamente ma non era in condizione di attaccare briga, e potè solo dire: “Sn-sn-Snivellus, che possa essere maledetto!”.

“Prima tu di me!” rispose Severus.

“Che cosa vuoi, ti mancano i giorni passati a Hogwarts? Hi,hi, hi! Vuoi che mi diverta un po’ con te?” domandò con la bocca impastata il Grifondoro.

“No, vorrei brindare!”.

“Brindare per cosa!” disse preoccupato Sirius.

“Per quello che ti rende felice!” rispose con furbizia il Serpeverde.

“Bene!” urlò Sirius, e alzandosi dallo sgabello, prese in mano il bicchiere pieno di Whisky incendiario e lo alzò in aria “Allora brindiamo perché da oggi sono un uomo libero da qualsiasi responsabilità! Da oggi sono più leggero, molto più leggero!”.

Severus, che era sempre stata una persona intelligente, capì immediatamente, Sirius Black era stato il Custode segreto dei Potter ma adesso non lo era più, e siccome era quasi luna piena il nuovo custode non poteva esserlo neanche  Remus Lupin poiché non avrebbe avuto modo di proteggere Lily e James, il nuovo Custode segreto doveva essere Peter Minus, che però era anche un servo di Voldemort.

“Stupido, codardo, vigliacco! Ricordati queste mie parole, Black, se oggi dovesse succedere qualcosa a Lily Evans, la colpa sarà tua!” gli disse a denti stretti mentre lo strattonava facendolo sbattere al pavimento.

Sirius non capì immediatamente il senso delle parole di Severus, ma rimase a terra, senza muoversi, senza reagire, aspettando quasi che qualcuno lo uccidesse, perché avrebbe pagato chissà cosa per non provare più quella sensazione di nausea e dolore che l’alcol, ovviamente, non era riuscita a cancellare e che  adesso, dopo quelle parole, tornava con più forza di prima.

Severus che per natura era sempre stato poco caritatevole nei confronti di Black, lo sollevò di peso e lo trascinò nel retro del locale.

-La mia ora è arrivata!- pensò Sirius. Invece Severus non pronunciò nessun incantesimo mortale, ma puntando la bacchetta disse semplicemente: “Legillimens!”.

Non ci fu bisogno di cercare a lungo nella mente di Sirius, il ricordo che serviva a Severus era proprio lì davanti, come una maglietta cambiata in fretta prima di uscire che venga  riposta frettolosamente nel cassetto lasciato mezzo aperto: l’incontro con Peter Minus e il luogo segreto in cui vivevano i Potter.

Subito Severus corse via, inviò il suo Patronus a Silente per dirgli di raggiungerlo dai Potter e poi si smaterializzò a -----------.

Sirius ubriaco e piangente si struggeva dei suoi errori nel vicolo.

Severus arrivò a casa dei Potter, subito, appena entrato vide il corpo di James sul pavimento. Era arrivato tardi per lui, ma forse poteva salvare ancora Lily e Harry. Sentì la sua ex-amica urlare al piano superiore e corse su per le scale più in fretta che potè, e finalmente arrivò nella camera di Harry.

Peter Minus puntava la bacchetta contro Lily e Voldemort contro Harry,  fu un attimo! Fu Lily ad accorgersi per prima dell’ingresso di Severus e così fece in tempo a dire: “Salva il mio bambino!”.

Voldemort si voltò verso la porta per vedere a chi fosse rivoltò quel grido di aiuto, ma forse non fece neanche in tempo a capacitarsi di chi fosse il mago che vestito di nero lo uccideva con l’Avada Kedrava.

Contemporaneamente Minus colpì  Lily  che cadde a terra morta. Severus e Peter si fermarono per qualche secondo, dal corpo di Lily stava uscendo la sua aurea che, dopo aver avvolto in un abbraccio il suo bambino terrorizzato, andò a sfiorare Severus e a trapassargli il corpo.

Finita la meraviglia, Peter puntò velocemente la bacchetta contro Severus ma fu ucciso dall’Avada Kedrava di Silente,  finalmente giunto.

“Cosa è successo?” domandò Silente.

“L’ho ucciso!” rispose Severus indicando Voldemort “l’ho ucciso per salvare Harry!”.

Silente guardò stupefatto il corpo di Tom Riddle sul pavimento. Voldemort era morto, e la profezia riguardante Harry non si era avverata, non era normale! Doveva essere successo qualcos’altro!

“Severus cosa è successo di preciso?” domandò Silente: “E’ bene che io lo sappia, il mondo magico vorrà sapere!”.

“Devi dire loro che sei stato tu! Devi dirgli che sei stato tu a uccidere l’Oscuro Signore!”.

“Perché?” .

“Silente, non capisci! Io sono un Mangiamorte, non mi crederanno mai! Un Mangiamorte non può pentirsi, non può scoprire di avere un cuore, non può accorgersi di aver sbagliato! E in ogni caso, un Mangiamorte non avrebbe mai ucciso il suo Signore e Padrone!”.

“Severus, mi chiedi molto! Troppo! Tu hai ucciso Voldemort e salvato Harry Potter!”.

“No, ti prego. Prenditi tu il merito di tutto! Per favore, se mi sei amico, se davvero mi sei amico prenditi il merito tu!”.

Silente si guardò attorno, si sarebbe pentito della sua decisione, ma aveva già deluso Severus non riuscendo a salvare Lily Evans, non poteva deluderlo ancora!

“Va bene, Severus. Va bene!”.

“Grazie, Albus!”.

Silente sapeva già da allora di non meritarsi quel ringraziamento ma non poté rifiutarlo, perché si rendeva conto che Severus non conosceva altro modo per esprimere il suo affetto se non quello di obbedire o ringraziare , e rifiutare il suo ringraziamento sarebbe stato come dire che lui, Albus Silente, non lo apprezzava come persona.

Era contorto, ma era Severus Piton, e c’era bisogno di tempo perché tra i due ci si potesse capire con più facilità. Harry piangeva nella culla, Severus si avvicinò e gli accarezzò i capelli disordinati, il bambino sorrise e Severus poté vedere una luce intensa attorno alla sua mano e alla testa di Harry.

 

 

La stessa luce che ora, mentre era seduto sulla sedia in infermeria, si diffuse attorno alla sua mano che Harry, risvegliatosi, stringeva in cerca di conforto. “Ben svegliato, piccolo Serpeverde!” disse Severus con tono delicato.

“Severus” sussurrò Harry “Ho tanto sonno!”.

“Riposa, io starò qui!” affermò il professore mentre con la mano libera sistemava le coperte attorno al collo di Harry.

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CIAO A TUTTI.
SONO IN RITARDO, E' VERO! AVEVO PROMESSO DUE AGGIORNAMENTI A SETTIMANA E INVECE NE HO FATTO SOLO UNO LA SCORSA. SCUSATE, HO DOVUTO INTERPRETARE LA PARTE DI MADAMA CHIPS, FRA CASA MIA E QUELLE DELLE MIE SORELLE ... SAPETE E' PERIODO DI INFLUENZA!
COMUNQUE, ORA STANNO MEGLIO E HO PASSATO IL POMERIGGIO A SCRIVERE GRAN PARTE DI QUESTO CAPITOLO, SPERO VI SODDISFI! HO GIA' IN MENTE ANCHE IL SEGUITO, PERCIO', INFLUENZA PERMETTENDO, SE NON DOMANI, DOPODOMANI AVRETE ALTRO DA LEGGERE.
MI RACCOMANDO, RECENSITE!
LE VOSTRE OPINIONI MI RINCUORANO, MI INTERESSANO E MI SPRONANO A FARE SEMPRE MEGLIO!
BACI, ALIDA

Elfosnape: credo che anche questo capitolo sia una bomba, anche senza esplosioni! C'è un bel flash-back, che rivoluziona le basi della Rowling, che spiega come mai ci sia un bel rapporto tra Harry e Piton, mentre Silente rimane più defilato. Comunque nel prossimo capitolo  vedremo sia Sirius sia  Draco e .... naturalmente aspetterò la tua recensione.... Baci, Alida

Aloysia Piton: Piton ha sentito lo scoppio, sia quello fisico, sia quello emotivo ... purtroppo non vuole confrontarsi con la realtà e cioè con il fatto che lui non è terribile come la gente è solita pensare .... questa volta però Silente non farà il suo gioco e questo, anche se lui non ne è convinto, sarà tutto a suo vantaggio.

Marty4ever: Draco lo potrai vedere nel prossimo capitolo, non sarà così terribile come nel capitolo precedente, ma ogni cosa a suo tempo. Per quanto riguarda la tua storia, sarò lieta di leggerla e recensirla, però mia cara ... (sgridata in arrivo) io sto aspettando anche il seguito dell'altra tua ff (Il padre) e non vorrei iniziare a leggere qualcosa che non arriverà alla fine ... perciò mi raccomando porta avanti tutte e due le storie. Baci, Alida

 

 

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Capitolo 8
*** Incantesimo di Illusione ***


CAP 8

Silente aveva ritenuto fosse meglio mandare qualcuno di fidato ad avvisare Sirius, non voleva in alcun modo che il biglietto venisse perso e d’altronde non voleva neanche assentarsi  dalla scuola e andare personalmente perché sapeva di non essere gradito a casa Black, e perché se Harry si fosse svegliato, forse, avrebbe avuto bisogno di lui.

No! Silente lo sapeva bene, c’erano Poppy e Severus, e Harry non avrebbe domandato di lui. Era in buone mani, però non se la sentiva di andarsene. Lui non aveva salvato Harry, eppure si era compiuta quella strana magia per la quale era stato Harry a salvare Silente, dandogli un amico fidato, un allievo a cui lasciare in eredità tutto il suo sapere, un figlio da amare, a cui dire tanti sì, e alcuni fermi no!

In breve, Severus!

Per questo motivo Silente non aveva mai insistito con decisione nel frequentare Harry, perché pensava fosse giusto che anche Sirius avesse qualcuno da amare, un motivo per andare avanti ogni giorno, anche se i suoi migliori amici erano morti.

Insistere nel voler far parte della vita del piccolo avrebbe significato negare a Sirius il suo ruolo di padre e di guida per il figlio di James. Tuttavia dopo aver letto il test di Harry, Silente aveva capito di aver fatto un errore: Sirius non era riuscito a superare il dolore e di conseguenza non aveva sviluppato un “sano” senso d’amore.

Lasciare che solamente Sirius educasse Harry era giusto, lasciare che solo Sirius gli mostrasse amore era stato sbagliato. Adesso, dopo anni, Silente avrebbe rivisto Sirius e per lui era più comodo che quest’incontro si svolgesse ad Hogwarts piuttosto che a Grimmauld Place, perciò aveva mandato il biglietto con Fanny, sicuro che in questo modo l’ex-Grifondoro non avrebbe avuto  dubbi sul mittente.

Infatti quando Fanny picchiettò allegramente alla finestra di Sirius, questo la riconobbe subito e si domandò cosa avesse potuto spingere il vecchio preside a mandargli una lettera. Forse Harry si era lamentato con il suo “salvatore”  del modo in cui lui lo aveva trattato in tutti questi anni,  e in questo caso il suo adorato figlioccio si sarebbe preso una bella punizione per ricordarsi che non si andava in giro a raccontare gli affari di famiglia.

Spinto dalla curiosità, aprì la finestra, Fanny deposito la lettera fra le mani di Sirius e ripartì immediatamente. Sirius girò e rigirò più volte la lettera tra le sue mani, era curioso ma dopo la sfuriata di Remus non voleva assorbirsi anche le prediche di Silente.

-Comunque- pensò il mago –Non è detto che sia un rimprovero. E poi di cosa mi dovrebbe rimproverare! Ho forse delle colpe? Forse, ma neanche lui è perfetto!-.

Come può pesare il senso di colpa quando rimane inespresso! E quante poche sono le persone che trovano sollievo nell’ammettere di aver sbagliato! Non già perché non serva ma perché in cuor loro non hanno intenzione di rimediare ai loro errori!

Così Sirius ritenendo scusate le proprie imperfezioni dalle imperfezioni altrui si sentì sollevato e, con il poco coraggio che serviva, aprì la lettera.

Il messaggio era semplice: “All’attenzione del Signor Black Sirius, ci dispiace informarla che in seguito ad un serio incidente suo figlio Harry Potter si trova ricoverato nell’infermeria della scuola. La situazione è tale da richiedere la sua presenza. Distinti saluti, il preside, Albus Silente!”.

“Uff!” sbottò Sirius “E da quando in qua si mandano le lettere a casa per informare i parenti che i pargoli sono in infermeria! Io e James eravamo sempre in infermeria e non è mai successo che i nostri genitori venissero avvisati. Ci mancava solo questa scocciatura!”.

Sirius appallottolò la lettera di Silente, si sdraiò nel divano e messosi un cuscino sulla faccia, si addormentò. Fece sogni strani. Lui e James che lanciavano maledizioni a Severus, Harry che li osservava e rideva, rideva sempre più forte e poi guardando in faccia Sirius cominciava a sogghignare e lui  diventava sempre più piccolo fino ad essere un puntino mentre James osservava Harry e restava immobile, interrogandosi sul da farsi.

Poi il sogno cambiò.  Harry era in infermeria, Sirus si avvicinava e Harry si trasformava sotto le coperte  in un serpente  ma una volta che Sirius si allontanava riprendeva la sua forma umana.

Ancora un’altra scena. Sirius incontrava Piton e gli domandava di Harry ma Piton sembrava non conoscere il nome del ragazzo, comparvero Silente, Remus, James e Lily, nessuno sapeva chi fosse questo Harry. Gli domandavano di mostrare loro una foto del ragazzo, allora Sirius cercava  nel portafoglio, ma non aveva nessuna foto, e tutti lo guardavano con disprezzo mentre le loro facce si allungavano e gli urlavano contro.

Sirius si svegliò agitato, tutto sudato e ansimante. Doveva andare ad Hogwarts e informarsi sulla salute di  Harry,  altrimenti questi incubi non lo avrebbero abbandonato. Non che gli importasse ma era suo dovere, e del resto essere padre non significava avere dei doveri?

La mattina arrivò. Severus era rimasto accanto a Harry che aveva dormito tutta la notte senza mai svegliarsi. Non era un buon segno. Sarebbe stato normale se si fosse svegliato, almeno per lamentarsi, ma questo non era avvenuto e Poppy aveva deciso di dargli una pozione per aiutarlo a riprendersi, tuttavia, dopo quattro ore, Harry non si era ancora svegliato.

“Poppy, cosa può essere successo? Perché non si sveglia?” domandò Severus.

L’infermiera non era sicura della risposta ma doveva pur dire qualcosa per tranquillizzare il professore che era rimasto sveglio quasi tutta la notte. “Non so cosa dirti, Severus. Si sarebbe già dovuto svegliare! Forse sarebbe meglio analizzare le sostanze trovate nei calderoni che c’erano in camera sua! Ci potrebbe essere d’aiuto!”.

Immediatamente Severus si sollevò dalla sedia: “Ottima idea, vado subito in camera di Harry a prendere un campione e poi nel mio laboratorio per le analisi. Perché non ci ho pensato prima? Dannazione! Se hai bisogno di me, se Harry si dovesse svegliare, se Silente mi cercasse …”.

“Sì, Severus. Verremo subito a chiamarti!” concluse Poppy.

“Grazie!” rispose Severus e dopo aver sistemato i capelli di Harry, uscì dall’infermeria.

I sotterranei era vuoti, alle sei e mezzo del mattino, le piccole Serpi erano ancora a letto. Per loro la sveglia suonava alle sette e raramente c’era qualcuno che si alzava in anticipo, a meno che non ci fossero i compiti in classe, in quel caso la Sala comune arrivava ad ospitare anche una decina di studenti frenetici che ripetevano a bassa voce Pozioni, formule e quant’altro.

Nella stanza di Harry erano state lasciate le finestre aperte per aerare, ma si poteva ancora sentire l’odore del fumo. L’olfatto esperto di Severus annusò l’aria, c’era odore di erbe ma anche di qualcos’altro. Se Harry aveva cercato di preparare una pozione, sicuramente non l’aveva completata nessuna delle pozioni da lui conosciute aveva un odore simile.

Comunque Severus non si diede per vinto, raccolse uno dei calderoni e uscì dalla stanza. Si diresse nel suo laboratorio che stava accanto ai suoi appartamenti privati, e lì trovò ciò che non si sarebbe mai aspettato: Mark e Isabelle stavano bussando alla sua porta.

“Ragazzi, posso fare qualcosa per voi?” domandò Severus.

Isabelle aveva gli occhi rossi, e Mark non sembrava aver dormito molto. Entrambi erano agitati. “Professore, siamo stati noi! E’ colpa nostra, ci dispiace!” disse Mark trattenendo le lacrime.

“Harry è nostro amico non gli avremmo mai fatto del male, ci deve credere, è la verità!” continuò Isabelle.

Severus restò calmo, aprì la porta del suo laboratorio e fece accomodare gli studenti dentro, li fece sedere e poi domandò loro di raccontargli tutto per filo e per segno.

“Noi facciamo parte del gruppo dei Pozionisti! Siccome ci avevate scoperto, abbiamo pensato che non fosse il caso di andare ad esercitarci alla Stamberga Strillante!” cominciò Isabelle.

“Andavate sempre lì?” chiese incuriosito il professore.

“Sì, è un posto tranquillo e nessuno ci disturba!” spiegò Mark che continuò: “Harry ci aveva dato il permesso di produrre una pozione in camera sua, perché la stanza è grande e potevamo usare un letto come piano d’appoggio senza dover spostare la pozione!”.

“Cosa stavate preparando?”.

“La pozione Accendi-orologi” disse a bassa voce Mark.

“Però non doveva scoppiare! Non avevamo neanche messo la polvere di dente di leone!” aggiunse esagitata Isabelle.

“Come ha fatto a scoppiare senza il dente di leone?” chiese loro Piton.

“Non lo sappiamo, noi siamo usciti dalla stanza e siamo andati a prendere la polvere ma prima del nostro rientro è esploso tutto!” rispose piangendo Isabelle.

Piton osservò il calderone che aveva portato dalla camera di Harry, le incrostazioni ai lati erano plausibili con la pozione che i due ragazzi avevano affermato di voler preparare. Questo però non risolveva i problemi: perché la sostanza era esplosa, e perché Harry non si svegliava?

“Ci dispiace tanto! Il signor preside ha detto che chi sapeva doveva parlare. Ci dispiace di non essere venuti ieri” affermò Mark.

“Avete fatto bene a venire, restano ancora molti interrogativi ma comunque ciò che avete riferito sicuramente ci aiuterà a capire. In ogni caso, state tranquilli, conosco bene le qualità e le funzioni delle erbe che avete usato e posso assicurarvi che la vostra pozione, senza la polvere di dente di leone, non è esplosiva. Non può far del male a nessuno, al massimo crea un’illusione!”.

Un’illusione! Possibile che Harry fosse vittima di un’illusione? Severus congedò i suoi studenti, e in un attimo si trovò da Silente.

“Albus, ti devo parlare!”.

“E’ urgente?” chiese il preside.

“Si tratta di Harry!”.

“Sì, anch’io mi sto occupando di lui!”.

Severus lo osservò, Silente era semplicemente seduto nella sua poltrona. “In che modo? Se posso chiedere!” disse Severus.

“Sai cosa è questo?” gli domandò Silene porgendogli un pezzo di cartoncino.

Severus restò in silenzio e fece spallucce.

“E’ parte di un Fanta-petardo, e l’ho trovato nella camera di Harry!”.

“Adesso è tutto chiaro!” esclamò Severus.

Silente lo guardò dalle sue lenti spesse. “Davvero?”.

“Sì, certo. Stamattina ho incontrato due studenti che mi hanno raccontato come ieri fossero nella stanza di Harry per produrre la pozione Accendi-orologi. Sono usciti dalla camera perché si erano dimenticati la polvere di dente di leone e…”.

“… e qualcuno deve aver lanciato dentro la camera, il Fanta-petardo che contiene per l’appunto polvere di dente di leone!” continuò Silente.

“Ha funzione di miccia, perciò è saltato tutto in aria e Harry è rientrato per salvare il suo drago!” concluse il professore.

“Sì, Harry è abbastanza coraggioso da sfidare il fuoco per salvare un amico!” disse Silente osservando lo stendardo dei Grifondoro che aveva sempre sulla sua scrivania.

“Ci sono persone che hanno sfidato ben più del fuoco per salvare i propri cari, senza essere Grifondoro!” affermò, ferito, Severus riferendosi a se stesso.

“Non volevo offenderti, Severus! Non lo farei mai, però mi chiedo perché Harry sia stato smistato tra i Serpeverde. Ha senz’altro voglia di primeggiare, e ne possiede le doti, è astuto e cauto, allora perché non ha usato queste qualità per spegnere il fuoco della sua camera? Avrebbe saputo farlo, sono sicuro che conosca molti più incantesimi di quelli che ha imparato in un mese e mezzo di scuola! Perché ha rifiutato la sua natura e si è messo in un tale pericolo?”.

“Non ne ho idea, però adesso ci dobbiamo preoccupare di altro!” affermò Severus.

“Di cosa?”.

“Harry non si sveglia e forse è vittima di una pozione di Illusione!”.

“E’ una pozione molto difficile da preparare, Severus! Chi aveva le capacità di produrla?” domandò perplesso Silente.

Severus prese fiato. “Due Serpi che facevano parte del gruppo dei Pozionisti. La pozione di Illusione è la pozione base per fabbricare l’Accendi-orologi!”.

“Sono veramente impressionato! Dobbiamo fare attenzione a questi gruppi di studio, Severus. Prima però occupiamoci di Harry” disse indicando una foglia che si librava in aria “Sirius Black si trova in infermeria!”.

Sirius era in piedi, accanto al letto di Harry.

Harry si mise a sedere nel letto e sorridendo disse: “Hai visto? Sono stato coraggioso! Sono entrato nella stanza in fiamme e ho salvato Jiulius! Sarei stato un bravo Grifondoro, vero?”. Ma Sirius non rispose.

Sirius  era vestito alla bene meglio e i suoi abiti  emanavano un odore misto tra il liquore e l’indefinito. Poppy lo squadrò dalla testa ai piedi chiedendosi che fine avesse fatto quell’adolescente sempre in ordine e profumato con il sorriso beffardo sulle labbra.

L’uomo che si trovava di fronte, probabilmente non si ricordava neanche di essere stato un’adolescente euforico e incontenibile. Era un uomo trasandato, dalla barba sfatta e, orrore tra gli orrori, con le unghie sporche!

Anche Silente e Severus faticarono a riconoscerlo. Severus non poté fare a meno di evidenziare lo stato in cui si trovava Black. “Capiamo che fossi preoccupato per Harry ma non c’era bisogno di venire qui senza esserti sistemato!”.

“In effetti sei molto trasandato!” affermò Harry.

“Severus, per favore!” lo bloccò Silente.

Sirius allargò le braccia al cielo: “Si può sapere cosa è successo! Da quando in qua i genitori vengono chiamati se il proprio figlio finisce in infermeria? Non c’è Poppy per loro? O forse non è più all’altezza della situazione?!”.

Harry si rattristì nel sentire queste parole. “Mi dispiace, non volevo disturbarti!” disse tornando a risistemarsi sotto le coperte.

Poppy non si trattenne: “Ma come ti permetti! Io so fare benissimo il mio lavoro, forse sei tu che non hai capito bene cosa significhi prendersi cura di un ragazzo?”.

“Ah, davvero? E vorresti insegnarmelo tu? Vecchia zitella!” rispose l’altro.

Poppy non si fece spaventare: “Io son zitella perché ho voluto così, tu sei solo perché nessuna vuole un uomo puzzolente e sporco al proprio fianco!”.

“Io non sono…”. Sirius si guardò e si dovette zittire. “Bhè, non mi ero accorto di essere in questo stato. E comunque quando Harry e a casa sono più in ordine. Lui non mi ha mai visto così!”.

“E’ quello che ho detto prima!” ritentò Harry ma nessuno gli diede importanza.

“E sarebbe il caso che non ti vedesse mai in queste condizioni!” puntualizzò Severus.

“Ma non l’ho mai visto così, professore, mi ascolti!”.

“Comunque se ti abbiamo disturbato è perché ieri Harry ha subito un grave incidente ed è rimasto vittima di un incantesimo di Illusione!” spiegò Silente lasciando Poppy a bocca aperta.

Harry restò ad ascoltare. Era rimasto vittima di un incantesimo di Illusione!

“Oh, Merlino!” esclamò l’infermiera “Cosa possiamo fare?”.

“Bisogna riuscire a comunicare con Harry e a fargli capire che sta vivendo un’illusione!” rispose Severus.

“Fermi, fermi tutti!” sbottò Sirius “Cosa è quest’incantesimo di Illusione?”.

“Meno male che qualcuno lo ha chiesto!” sospirò Harry.

Severus era spazientito, possibile che Sirius fosse così ignorante! Silente prese la parola: “Chi cade sotto l’incantesimo di Illusione vive nella mente ma non con il corpo.  Il suo corpo e la sua mente sono disgiunti, perciò chi gli sta attorno vede solo un corpo immobile mentre la sua anima si muove nel mondo reale alla ricerca di un contatto con gli altri!”.

“Allora vuol dire che non mi sentite! Cosa vuol dire che sono immobile. No! Mi sono mosso! Mi sono seduto, poi mi sono risdraiato! Non mi vedete? Sto agitando le braccia! Non mi vedete?”. Nessuno diede l’impressione di accorgersi di lui.

“Che stupidaggine!” disse con noncuranza Sirius.

“Non è una stupidaggine!”.

“Evidentemente non ti rendi conto della gravità della situazione!” sibilò Severus.

Sirius si mise le mani ai fianchi. “Io mi rendo conto che sono quasi le otto e alle nove ho un appuntamento importante!”.

“Sì, certo ai Tre manici di scopa, scommetto!” disse sarcastico Severus ricordandosi del suo ultimo incontro con Sirius “E’ lì che vai quando ti senti libero e senza responsabilità, vero?”.

“I tre manici di scopa? Ma cosa…”.

Sirius reagì velocemente e sferrò un pugno in faccia a Severus che cadde a terra ma subito si rialzò e puntandogli la bacchetta contro lo pietrificò. Sirius poteva sentire ciò che succedeva attorno, ma pietrificato non poteva muoversi. Sentiva chiaramente la voce di Severus: “Ti piace stare così? E’ più o meno così che si sente Harry! Tu hai delle responsabilità nei suoi confronti e te le devi assumere! Dobbiamo trovare un modo per comunicare con lui e interrompere l’effetto della pozione che ha inalato! E tu ci aiuterai a farlo! Altrimenti puoi anche andartene!”.

-Non era possibile! Quel verme untuoso di Piton lo aveva pietrificato e gli stava dando degli ordini! No, lui non avrebbe mai obbedito! I ruoli erano chiari: lui dava gli ordini e Harry obbediva. Nella sua vita non c’era posto per altre persone ne per altri ruoli. Anche Remus sapeva bene come la pensava a riguardo, e si era sempre adeguato. Eccetto l’ultima volta, quando se ne era andato ma sicuramente prima o poi sarebbe tornato. Tornava sempre. Remus non poteva fare a meno della sua amicizia! E adesso, Severus gli dava degli ordini!-.

“Severus, calmati per favore!” disse Silente dolcemente “Sono sicuro che Sirius non ha intenzione di scaricare sugli altri le sue responsabilità, ha cresciuto Harry e gli vuole bene. Altrimenti perché sarebbe qui?”.

“Mi vuole bene! Sì, mi vuole bene!” pensò Harry mentre aveva l’impressione che una lacrima, in realtà inesistente, gli scendesse lungo il viso.

-Ma senti un po’ quel vecchio svitato con che tono delicato parla al suo protetto! Avrebbe dovuto salvare Lily e James e invece era riuscito a salvare solo Harry! Che di James e Lily non aveva niente!-.

“Liberalo, su!” disse il preside rivolgendosi al professore di pozioni.

“Sì, lo liberi per favore. Mi vuole bene!”.

Severus liberò Sirius che subito sbraitò contro Silente. “Ma come sei buono! Sirius ha cresciuto Harry e gli vuole bene. Altrimenti perché sarebbe qui!” ripetè Sirius sbeffeggiando Silente.

“No, Sirius! Perché ti comporti così?”.

“Certo che l’ho cresciuto,  me lo hai appioppato come se niente fosse! E poi te ne sei andato!”.

“No, basta. Basta!”

“Io pensavo che non mi volessi intorno!” cercò di giustificarsi Silente, ma Sirius era una furia: “Non ti volevo intorno, è vero! Non ti volevo perché invece di salvare Lily e James hai salvato Harry che di Lily e James non ha niente! Mi sono ritrovato con un perfetto sconosciuto!”.

“No, non è vero! Sirius, farò tutto quello che vorrai! Ti obbedirò! Promesso, promesso!”.

“Era solo un bambino!” lo interruppe Severus “Dovevi solo amarlo!”.

“Certo, solo amarlo! E tu saresti riuscito ad amarlo, giusto?” continuò Sirius.

“Io avrei amato il bambino di Lily sopra ogni altra cosa al mondo!” rispose Severus.

“Severus!”

Sirius, con il disprezzo dipinto sul volto, indicò Harry disteso nel letto e disse : “Lui di Lily non ha niente!”

“Lui ha qualcosa sia di Lily sia di Potter, ma tu non lo scoprirai mai fin quando non sarai disposto a crederci!”.

Sirius osservò di nuovo Harry. No! Lui conosceva il bambino, lo aveva cresciuto per undici anni e non somigliava ai suoi genitori. Aveva cercato disperatamente di trovare qualcosa in comune ma non si poteva trovare ciò che non c’era.

Sbuffò, si passò le mani sul viso come per svegliarsi da un sonno pesante e disse: “Ti sbagli. Io ho cercato di crederci per undici anni ma è come se il giorno in cui Silente ha salvato Harry, è come se quel giorno ci sia stata una trasformazione! Io conoscevo Harry e ti posso dire che già dal giorno dopo, Harry non era più lo stesso bambino!”.

“Cosa stai dicendo? Come è possibile!”.

Severus rimase scioccato da quella frase. Era possibile che l’aurea di Lily, abbracciando lui e Harry avesse compiuto una qualche trasformazione? E questo, unito all’incantesimo di illusione avrebbe potuto rendere più difficile la strada che l’anima di Harry doveva percorrere per raggiungere nuovamente il suo corpo?

Era tempo che Severus raccontasse ad Albus tutta la verità su quella notte di dieci anni prima! Sirius non ricevendo nessuna risposta, si voltò verso Silente e gli disse: “Io devo andare. Quando Harry si sarà svegliato, avvisatemi!”.

“Te ne vai? Di già?”.

“Sirius, tu sei la sua guida!” tentò Silente.

Sirius rise amaramente ripensando agli ultimi dieci anni e uscendo rispose al preside: “No, io sono solo il suo comandante! Per dieci anni non sono mai stato niente di più!”.

“E io ti obbedirò, ti obbedirò! Sirius, mi senti?”.

Poi voltandosi, quasi singhiozzando, aggiunse: “Non potete giudicarmi! Io ho tentato! Ho tentato davvero!”.

“Sirius, Sirius!”.

Severus non obiettò e cominciò a pensare che, forse, davvero, Black aveva tentato.

Grimmauld Place si mostrava sempre imponente dall’esterno. Sirius alzò gli occhi e piegò il collo all’indietro per vedere il comignolo da cui stava uscendo del fumo. Entrò in casa e trovò Remus in soggiorno. Era tornato perché aveva bisogno della sua amicizia!

No! Remus era tornato perché sapeva che lui, Sirius Black, aveva bisogno dell’amicizia di qualcuno! Aveva bisogno di non sentirsi solo. E Remus tornava sempre perché sperava che un giorno Sirius si sarebbe accorto che James, Lily e Peter erano morti, ma che lui era ancora vivo.

Amicizia era darsi. E Remus si era sempre offerto. Gli offriva la sua gioia, la sua pazienza, il suo dolore, la sua incomprensione, la sua fiducia, il suo consenso e le sue critiche. Lui, invece, aveva smesso di essere amico del licantropo, aveva smesso di offrirgli i suoi pensieri, gli scaricava solo la sua rabbia e la sua frustrazione.

Era tempo di cambiare. Era tempo di mostrarsi non solo arrabbiato ma anche triste, sconsolato e perdente! Remus intuì che nella testa di Sirius stava macinando qualcosa di importante e non si stupì quando Sirius crollò di fronte a lui piangendo.

Remus si avvicinò e messogli le mani sotto il mento gli sollevò il viso. Sirius tra le lacrime potè solo dire: “Cosa ho fatto!”.

 

CIAO A TUTTI.

Sì, LO SO, NON è ESATTAMENTE QUELLO CHE AVEVO PROMESSO. INFATTI MANCA DRACO, MA HO PENSATO CHE CI FOSSE ABBASTANZA MATERIALE PER NON FAR SNTIRE TROPPO LA SUA MANCANZA. COMUNQUE NEL PROSSIMO DARò AMPIO SPAZIO A DRACO, IN UN MODO CHE NEANCHE RIUSCITE A IMMAGINARE. SCOMETTIAMO?

ALLORA, PICCOLO QUIZ. DOMANDA: COSA SUCCEDERà NEL PROSSIMO CAPITOLO? CHE RUOLO AVRà DRACO? MA SOPRATTUTTO, VOI CHE RUOLO VORRESTE CHE AVESSE?

BACI, BACI, ALIDA

 

 Aloysia Piton: amicizia tra Severus e Sirius? Mi sembra difficile, ma possiamo contrattare sul rispetto! 

Elfosnape: Sirius si è reso conto dei suoi errori, anche se alla fine del capitolo. Comunque è pur sempre un buon punto d'inizio considerando che la storia non è proprio agli sgoccioli.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Apparizioni ***


CAP 9

Severus e Silente osservavano Harry sdraiato in infermeria, sapevano che l’anima del bambino era separata dal suo corpo e di conseguenza si domandavano se in quel momento Harry fosse presente e se sentisse i loro discorsi, e se avesse sentito le aspre parole di Sirius. Speravano di no, ma non potevano esserne sicuri.

“Albus, io e te dobbiamo parlare di ciò che successe la notte in cui James e Lily morirono. Ci sono cose che non ti ho detto!”.

“Cose che possono aiutarci in questo frangente?”.

“Credo di sì!” rispose Severus. “Inoltre c’è una cosa che non riesco a spiegarmi. Se Harry è sotto l’incantesimo di Illusione perché ieri notte si è svegliato e ha detto il mio nome?”.

Silente si mostrò impensierito. “In effetti è alquanto strano. Però devi considerare il fatto che lui ha inalato i fumi della pozione, che di per sé producono già degli effetti,  ma nessuno gli  ha pronunciato contro l’incantesimo verbale! Questo potrebbe averne ridotto il potere”.

“Sei sicuro?” chiese per avere conferma il pozionista.

“Assolutamente no! Ma potrebbe essere una spiegazione!” rispose con sincerità il preside.

Severus non riusciva a capacitarsi degli ultimi avvenimenti, dopo la morte di Voldemort aveva creduto di poter gestire qualsiasi situazione, si era ripromesso che niente sarebbe sfuggito al suo controllo, e invece, ancora una volta la vita si prendeva gioco di lui. Era come se negli ultimi anni lui stesso fosse stato vittima di un’illusione: l’illusione di controllare lo svolgersi degli eventi della vita!

“Severus, andiamo. Dobbiamo radunare i ragazzi del primo anno e parlare con loro. Non voglio che si diffondano false notizie nella scuola!”.

“Come? Vuoi lasciare Harry da solo? E se cercasse di comunicare con noi?”.

Silente sospirò: “Non è da solo! C’è Poppy! E poi non sappiamo neanche se il suo spirito sia qui!”.

Severus rifletté un po’. Silente aveva ragione, non potevano avere certezze.

Infatti lo spirito di Harry non era nel suo corpo. Mancava da quando Sirius se ne era andato. Correndo, strillando e agitandosi aveva seguito Sirius fino ai cancelli delle terre di Hogwarts, ma il suo padrino non si era accorto di lui.

Harry si sentiva perso: cosa avrebbe potuto fare ora che non aveva più ordini da eseguire, ora che nessuno poteva dirgli cosa era giusto fare e cosa era sbagliato! Sirius aveva detto la verità: lui era stato un comandante per Harry e, come un soldato che si risveglia ferito nel campo di battaglia senza sapere più dove si trova il suo campo-base, adesso Harry si trovava disorientato e vagando senza mappa non si accorgeva che la sua casa era più vicina di quanto pensasse.

Rientrando dentro il castello decise di scendere nei sotterranei, arrivato davanti al quadro che solitamente gli chiedeva la parola d’ordine si rese conto di non poter comunicare, non si accorse di lui neanche il Barone sanguinario che gli passò davanti con indifferenza.

Con audacia, Harry decise di trapassare il muro, se non aveva più il corpo allora ci sarebbe dovuto riuscire! La sua audacia non fu delusa. –Bello da sapersi!- pensò Harry che subito fu attratto dal bisbiglio di due persone sedute nella Sala comune accanto al camino.

“Dobbiamo andare da Silente!”.

“Ma sei matta, Joel! Ci espellerà!”.

“Draco, non abbiamo altra scelta! Isabelle mi ha raccontato che stamattina presto lei e Mark hanno parlato con Piton!-.

“Maledizione, non ci voleva!”.

“Prima o poi si scoprirà la verità! Sapranno che siamo stati noi a lanciare il Fanta-petardo nella stanza!”.

“Siete stati voi?” esclamò Harry stupito.

“Chi è stato? Chi ha parlato?” disse Draco alzandosi bruscamente dalla poltrona.

“Draco! Mi senti? Mi senti?” domandò entusiasta Harry.

“Draco, cosa stai dicendo?” chiese Joel guardandosi attorno e non vedendo nessuno.

“Non agitarti! Sono io, sono Harry!”.

“Tu non lo senti? Joel, non senti la voce?”.

“No, Draco! Io non sento niente!”.

Draco si guardò attorno cercando il punto d’origine della voce, ormai era sempre più spaventato.

“Non essere spaventato, Draco. Sono io, Harry! Non devi avere paura!”.

“Oh, Merlino! Cosa mi sta succedendo?” disse con voce tremante Draco.

“Non ti sta succedendo niente! Sono solo io, non riesco a rientrare nel mio corpo!”.

Draco impallidì, stava iniziando a sentire voci che non esistevano, non era normale, non era per niente normale!

“Te lo dico io cosa sta succedendo! Sono i sensi di colpa! Dobbiamo parlare con Silente!” lo incalzò Joel.

“Va bene, andiamo!” Andiamo subito, purché questa voce la smetta di parlare!”.

“No, non andartene! Draco! Perché? Perché te ne vai? Perché devo sempre restare da solo?” urlò Harry.

Draco però era già uscito di corsa dalla Sala comune assieme a Joel quando Harry pronunciò l’ultima frase e non fu sicuro di aver sentito bene, però un gran gelo lo avvolse all’improvviso e non poté fare a meno di pensare di aver provato  la stessa sensazione quando da piccolo era rimasto chiuso dentro un armadio magico e aveva creduto che nessuno lo avrebbe mai trovato.

L’ufficio di Silente sembrò essere molto distante ai due ragazzi che corsero più veloce che potevano. Quando Silente li ricevette era presente anche Piton. “Spero  non vi dispiaccia se il vostro Capocasa resta ad ascoltare la nostra conversazione”.

“No, anzi è meglio così. Tanto avremmo già dovuto dirglielo ieri sera!” affermò Joel, mentre Draco riprendeva fiato.

“Allora sentiamo…” disse Silente invitandoli a parlare.

Draco si schiarì la voce e velocemente disse: “Siamo stati noi a buttare il Fanta-petardo nella stanza di Harry!”.

Piton rivolse loro uno sguardo di incomprensione. “E a che cosa è dovuto questo gesto?”.

“Eravamo adirati con Harry perché aveva svelato l’esistenza dei gruppi di studio, e poi perché aveva proposto di far intervenire i parenti alle riunioni!” spiegò Joel.

Silente prese la parola: “Non è stato Harry a svelare l’esistenza dei gruppi di studio. L’abbiamo scoperto in seguito alle proteste di un gruppo di studenti Corvonero”.

“Inoltre” aggiunse Severus “Vi avevo assicurato che nessun parente avrebbe parte alle nostre riunioni!”.

“Eravamo adirati! Però i Fanta-petardi fanno solo fumo, non sono esplosivi! Non capisco perché abbiano preso fuoco!” disse Draco.

“Questi non sono fatti che la riguardano signor Malfoy!” lo riprese Severus “In ogni caso lanciare prodotti altamente infiammabili dentro una stanza chiusa non è il modo per risolvere i problemi, e non è neanche scusabile. Vi rendete conto della gravità della vostra azione?”.

Nessuno parlò, nell’ufficio c’era un silenzio innaturale, e anche gli ex-presidi nei quadri erano tutti svegli e attenti per non perdersi neanche una briciola dello scambio di battute.

“Harry come sta? E’ molto adirato con noi?” domandò Joel.

“Di questo ne parleremo fra un po’ con tutti gli altri studenti del primo anno!” rispose Silente “Vi basti sapere che, al momento attuale, non è nelle condizioni per partecipare alle lezioni!”.

Joel gettò un’occhiata a Draco, convinta che il suo compagno avrebbe raccontato a Piton e Silente delle voci che diceva di aver sentito, ma il Serpeverde non disse nulla .

“Potete andare!” disse Silente.

Joel fece un passo avanti verso la scrivania, e domandò. “Ha intenzione di espellerci?”.

Silente non aveva mai avuto quest’idea. Il peso dei loro errori sarebbe stato sufficiente a spingere questi due ragazzi a riflettere sul loro comportamento e a convincerli ad avere un atteggiamento diverso nel futuro.

“No, per questa volta potete andare!”.

“Grazie, signor Preside!” risposero in coro i due e di seguito lasciarono gli adulti soli nella stanza.

Una volta usciti, Joel si voltò contro Draco. “Si può sapere cosa ti prende? Perché non hai raccontato loro delle voci che senti? Sai bene che solo loro possono aiutarci!”.

“Non glielo ho raccontato perché non sono sicuro di averle sentite neanche io!”.

“Draco, sai bene che le hai sentite!”.

“Forse le ho sentite perché ero agitato! L’ansia può fare brutti scherzi, lo sai anche tu!”.

Joel non era per niente convinta. “L’ansia dici? Forse la dovresti chiamare paura!”.

“Come osi? Io non ho paura di niente!” rispose sprezzante Draco “Voglio solo aspettare qualche giorno per vedere se continuo a sentire quella voce oppure se sparisce!”.

“Sì, certo. Se lo dici tu!”disse Joel freddamente e lasciando solo Draco, aumentò la velocità dei suoi passi. Non sapeva bene cosa fare ma sapeva che non voleva più stare a sentire Draco e le sue idee che l’aveva messa nei guai. Certo Draco non l’aveva costretta a lanciare il petardo, anzi lo aveva materialmente lanciato lui, però non si sentiva a suo agio con il compagno. Draco aveva sempre la pretesa che i suoi consigli venissero seguiti, che le sue idee fossero accettate e nessuno poteva obiettare e far presente i difetti dei suoi piani.

 Mentre lei, facendo parte del gruppo degli organizzatori, aveva avuto finalmente la sensazione di riuscire a fare qualcosa, la sensazione che essere parte di una squadra significasse spiegare, ascoltare, proporre e assieme arrivare ad una soluzione dei problemi, anche con il suo aiuto. Draco invece voleva imporsi  anche all’interno del gruppo,  e molte volte aveva avuto degli scontri con Hermione Granger e con lo stesso Harry perché non voleva cedere a dei compromessi.

Era ora che Draco capisse che non poteva fare tutto da solo, che lui non comandava nessuno! Joel ebbe un fremito, non avrebbe mai creduto che solo dopo un mese e mezzo di scuola sarebbe riuscita ad avere pensieri così decisi! Era bello sentire di star crescendo, anche se la sera prima si era lasciata trascinare in un’azione sbagliata, comunque stava cambiando nella sua testa e questo era il primo passo per qualcosa di più grande.

Alle 8:30 iniziarono le lezioni. I ragazzi del primo anno vennero radunati nella Sala Grande, con i loro Capocasa e il Preside. Le notizie su Harry si erano diffuse velocemente e come Silente aveva previsto, molte erano sbagliate.

Perciò il preside prese la parola e disse: “Buongiorno ragazzi. In seguito ai fatti avvenuti i giorni scorsi, io e i vostri Capocasa abbiamo deciso di dare delle spiegazioni pubbliche, anche perché si stanno diffondendo notizie poco veritiere”.

I ragazzi erano super attenti, nessuno si voleva perdere neanche una parola del discorso.

“Per prima cosa non è assolutamente vero che Harry Potter sia in coma, che abbia perso la memoria e quant’altro avete sentito in queste poche ore. Il vostro compagno è rimasto vittima di un incantesimo di Illusione, al quale stiamo tutti lavorando! Posso affermare con certezza che nessuno è mai morto in seguito a questo incantesimo e che nessuno è rimasto in questo stato particolare per più di un paio di giorni! Si tratta esclusivamente di avere pazienza!”.

Minerva prese la parola: “Per quanto riguarda i gruppi di studio, invece, siamo lieti di potervi dire che al terzo piano, nell’ala est sono state messe a vostra disposizione tre grandi aule. Siamo sicuri che il gruppo degli Organizzatori sarà capace di sistemare lo spazio per voi. Nonostante tutto, però, non possiamo lasciarvi senza un tutor. Dobbiamo pur sempre essere consapevoli delle attività che si svolgono all’interno del territorio di Hogwarts e del castello”.

“Di conseguenza” continuò Severus “I gruppi dei Pozionisti, degli Erboristi e dei Medimago avranno l’assistenza di un tutor durante le loro riunioni”.

Un mormorio di insoddisfazione si diffuse nella Sala Grande e Piton riprese: “Ciò non significa che interverremo nelle vostre attività, faremo solo attività di controllo, è nel vostro interesse, e considerato il grave incidente occorso al signor Potter, credo che le motivazioni siano abbastanza comprensibili!”.

-Ancora una volta Harry Potter! Pensare che mi era così simpatico!- pensò Draco.

“C’è qualcuno che a domande da fare?” domandò Silente.

Hermione sollevò la mano: “E’ possibile andare in infermeria a visitare Harry?”.

“Sì, Madama Chips ha dato il suo permesso! Dopo le vostre lezioni potrete andare a trovare il vostro amico! Adesso, andate pure” rispose il preside.

Gli studenti uscirono pian piano dalla Sala, Draco si avvicinò a Rupert e gli disse: “Anche in questo stato Harry continua a creare fastidi!”.

Rupert non riuscì a interpretare bene le parole di Draco, non sapeva se fosse un commento sarcastico o di soddisfazione, e questo lo metteva in imbarazzo. Non gli piaceva non sapere con chi aver a che fare, e del resto anche se c’erano stati problemi Harry rimaneva un Serpeverde. Però il prefetto Duncan glielo aveva detto il primo giorno –nessuno avrebbe coperto le spalle a nessuno- perciò non era il caso di sbilanciarsi con Draco.

“Non so, Draco” rispose brevemente e poi gli girò la faccia e se ne andò.

Draco era diretto all’aula di Erbologia assieme agli altri Serpeverde e Grifondoro quando all’improvviso cominciò  a correre con un pazzo nei corridoi tenendosi le orecchie con le mani e stringendo gli occhi e … finendo contro Piton.

“Signor Malfoy, si può sapere perché sta correndo ad occhi chiusi?” domandò irritato Severus.

“Aiuto! Per favore, ho bisogno d’aiuto!”.

Severus lo aiutò a sollevarsi. “Cosa c’è che non va?”.

“Lo sento!” disse piagnucolando Draco “Lo sento nella mia testa!”.

“Chi?” chiese Severus “Chi senti?”.

“Harry! Sento la voce di Harry!” spiegò a capo chino Draco.

“Harry? Senti la vo…..” Severus si fermò.

Davanti a sé, come un fantasma l’anima di Harry aleggiava nell’aria.

“Harry!” esclamò il professore.

“Sì, professore sento la sua voce!” continuò Draco che sollevando gli occhi vide lo sguardo incredulo di Piton che fissava un punto vuoto davanti a sé.

“Cosa succede professore?” domandò il Serpeverde guardandosi attorno e non vedendo niente.

“Sei sicuro che sia la voce di Harry?”.

L’anima di Harry si mise a parlare, Draco raggelò nuovamente, mentre Severus poteva vedere solo le labbra muoversi.

“Ne sono sicuro ma non voglio più sentirla!” urlò Draco.

Aspetta, ascoltami! Devo parlarti, ho bisogno d’aiuto!

“Vattene, vattene!” continuò a gridare Draco, mentre Severus poteva vedere le lacrime scendere nel viso spettrale dell’anima di Harry.

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CIAO CARISSIMI.

RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE STANNO LEGGENDO E RECENSENDO.

RINGRAZIO ANCHE I FANTASTICI 14 CHE HANNO INSERITO LA STORIA TRA I PREFERITI E  LE 6 PERSONE CHE L'HANNO INSERITA TRA LE SEGUITE!

SIETE GRANDI!

SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA. DRACO NON SEMBRA MOLTO COLLABORATIVO MA ... ABBIATE PAZIENZA E LE COSE SI SISTEMERANNO.

BACI, ALIDA

Aloysia Piton: Severus non avrebbe mai potuto colpire con un pugno Sirius, perchè la violenza fisica è il nascondiglio dei vigliacchi, e perciò non gli si addice. Inoltre non credo assolutamente che tu non avessi alcuna idea in riguardo a Draco, dai un'idea piccola l'avevi! Comunque spero che il capitolo ti abbia appassionato ... fammi sapere.

Karmysev: Harry è affezionato a Sirius perchè lui lo ha cresciuto. E' come un padre. Certo un padre dispotico però e l'unica figura di riferimento della sua vita e perciò non vorrebbe perderla. Credo che il suo atteggiamento sia abbastanza comprensibile, inoltre in tutta la sua vita Harry ha sempre agito per soddisfare le aspettative di Sirius, e spera di non deluderlo mai, sentire Sirius affermare che praticamente lui è sempre stato solo un peso, un obbligo lo ha distrutto! Adesso bisognerà mettere qualche mattoncino per riparare il disastro compiuto! Speriamo bene. A presto, Alida

 

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Capitolo 10
*** Risposte ***


CAP 10

Severus, in piedi nel mezzo del corridoio, guardava emozionato l’anima di Harry. Era trasparente, eppure ne poteva osservare i contorni, anche se  solo i tratti del viso erano ben delineati. Le lacrime scendevano sulle guance per poi scomparire tra il collo e la camicia.

Gli occhi di Harry erano lucenti, e verdi, di un verde intenso, smeraldo, verde dei Serpeverde, verde di Lily, verde di Harry che non era solo Serpeverde e non era solo figlio di Lily, era un individuo indipendente, con pensieri propri e una vita propria. Dunque semplicemente verde di Harry.

E quegli occhi mandavano un messaggio che Severus non era ancora in grado di decifrare. Perché Harry aveva deciso di manifestarsi proprio a lui? Perché farsi vedere ma non farsi sentire? Tutto ciò aveva un significato particolare oppure si era verificato solo per caso?

-Harry! Cosa stai cercando di dirmi?- pensò Severus.

L’anima di Harry si avvicinò a Severus come per scrutarlo, come se solo standogli vicino potesse venire a conoscenza di quello che il professore racchiudeva dentro sé, come se in quel  modo anche l’anima di Severus si liberasse.

Di nuovo una luce si diffuse attorno a Harry e Severus. Harry che non si era mai accorto di questo strano fenomeno osservò stupefatto le particelle luminose solletticargli il viso e le gambe. Poi scrutò gli occhi del suo professore, Severus non era stupito nel vedere la loro aurea manifestarsi contemporaneamente, forse perché le aveva già viste in precedenza, forse perché era più impreparato nel trovarsi davanti l’anima di un suo studente.

Doveva conoscere, doveva sapere. Ma come poteva fare, lui aveva cominciato ad agire in maniera autonoma e indipendente da quando era arrivato ad Hogwarts, prima di allora aveva rispettato le regole e seguito le istruzioni di Sirius, niente di più.

Non c’era modo di parlare con Severus se non quello di farlo attraverso Draco. Il suo compagno diventava quindi la sua priorità. Molto lentamente, l’anima di Harry sfuocò alla vista di Severus che, ora più che mai, era deciso a parlare con Silente di quella fatidica notte.

La mattinata trascorse velocemente per tutti gli studenti del primo anno. Poco importava se le lezioni fossero interessanti o noiose, le loro menti erano lontane. Alcuni pensavano ad Harry, altri ai gruppi di studio, c’era poi chi non conosceva bene l’incantesimo di Illusione e costruiva castelli in aria nel tentativo di capirci qualcosa.

Una di queste persone era Hermione Granger. Hermione aveva letto qualcosa sull’incantesimo in questione ma si ricordava davvero poco. Era molto pericoloso perché anche se durava solo pochi giorni poteva creare confusione nella mente del soggetto colpito.

Harry si sarebbe trovato a vivere un’esperienza fuori dal comune, avrebbe avuto la sensazione di essere eterno e di non sentire dolore, e il rientro nella realtà lo avrebbe potuto indebolire emotivamente oltre che fisicamente. Inoltre l’incantesimo di Illusione era assolutamente vietato dal Ministero della Magia, poteva essere usato solo per scopi terapeutici in casi molto gravi, qualora il paziente si trovasse a dover subire un dolore intenso e persistente che non gli permettesse più di vivere una vita normale.

Hermione non vedeva l’ora che le lezioni finissero per andare con Ron a far visita ad Harry,  gli insegnanti avevano suggerito loro di andare a gruppi di due, massimo tre, per non disturbare Madama Chips e perché non sapevano cosa sarebbe successo al risveglio di Harry.

Così terminate le lezioni, Hermione e Ron fecero visita al loro amico.

“Sembra che dorma” disse con un filo di voce Ron.

Hermione, continuando a fissare il corpo disteso di Harry, rispose: “Lo stato in cui si trova è diverso dal sonno Ron! Non ricordo bene tutto ciò che ho letto ma credo ci possa sentire!”.

Ron si avvicinò ancora di più al letto, come se la vicinanza fisica potesse anche trasmettere affetto. Hermione rimase colpita dal modo in cui Ron stava reagendo alla situazione, lo aveva sempre visto come un ragazzino superficiale e invece stava dimostrando, a modo suo, grande sensibilità.

“Hermione” disse Ron “Dobbiamo trovare un modo per comunicare con lui!”.

“Cosa intendi per –comunicare-?”.

“Comunicare, Hermione! Lui ci può sentire, bhé anch’io voglio sentirlo! Voglio comunicare con lui!”.

“Non è poi una sensazione tanto bella!” disse una voce dietro i due Grifondoro.

Ron ed Hermione si voltarono, all’ingresso dell’infermeria c’era Draco Malfoy.

“Come fai a dirlo?” gli domandò Hermione.

Ron fece qualche passo avanti, e con la voce tremante, rispose: “Perché io lo sento!”.

Gli altri due spalancarono gli occhi, non credevano alle loro orecchie. “Come hai fatto? Vogliamo sentirlo anche noi!” disse subito Ron.

“Io non ho fatto niente! So soltanto che sento la voce di Harry che mi chiede aiuto!”.

“Cosa ti chiede di preciso?” domandò interessata Hermione.

“Questo non lo so perché …” Draco ammutolì, si vergognava a raccontare che aveva temuto una voce, che era stato lui a lanciare il Fanta-petardo nella camera di Harry, e per ultimo si vergognava delle motivazioni che lo avevano spinto ad agire in quel modo.

“Forse Harry non è stato chiaro quando ha comunicato con te?” provò Hermione.

Draco si strinse le braccia attorno al petto, in segno difensivo.

“Draco, siamo dei Grifondoro ma non siamo eroi neanche noi! Puoi dirci tutto…” affermò Ron meravigliandosi delle sue stesse parole.

A sentire ciò Draco prese fiato e disse: “Non lo so perché ho cercato di mandare via quella voce! Temevo mi accusasse! Pensavo fosse adirato! Pensavo volesse perseguitarmi”.

Hermione era perplessa: “Per quale ragione ti avrebbe dovuto accusare!”.

“Già, perché lo avrei dovuto fare?” domandò l’anima di Harry.

Draco ebbe un fremito. “E’ qui! L’anima di Harry è qui! Ci può sentire!”.

Hermione e Ron si guardarono attorno pensando di poter vedere l’anima nella sua fisicità, ma si resero subito conto del loro errore: non si vedeva niente, e loro non potevano neanche sentire la voce di Harry.

“Perché avrei dovuto essere adirato?”.

“Okey!” disse Draco prendendo fiato “Prima di dire qualsiasi cosa, fatemi finire!”.

Nessuno parlò.

“Mio padre era contrario alla formazione dei gruppi di studio così come l’avevamo organizzato noi! Non voleva che diventassi amico dei Grifondoro o dei Tassorosso. Ma io non volevo rinunciarci. Allora  gli dissi che mi ero tirato indietro e che non avrei più parlato con nessuno di loro. Poi durante l’incontro con Piton, Harry propose di far venire i genitori alle nostre riunioni, e così mio padre si sarebbe reso conto della mia menzogna! Inoltre il Preside aveva scoperto l’esistenza dei gruppi e Harry aveva spiattellato subito la verità, senza neanche far resistenza! Mi sentivo tradito da Harry, e avevo paura … paura della reazione ….”.

“di tuo padre!” concluse Harry.

“Sì, della reazione di mio padre!” concluse tra le lacrime Draco.

Hermione e Ron erano bloccati.

“Perciò quando ho cominciato a sentire la voce di Harry, ho pensato che volesse vendicarsi del mio comportamento, ho pensato che volesse tormentarmi e ho deciso di mandarlo via, di non ascoltarlo!”.

“E cosa ti ha fatto cambiare idea?” gli domandò Ron.

Draco divenne rosso in viso, ancora una volta si vergognava dei suoi sentimenti. Fosse rabbia o amicizia, non riusciva mai a trovarsi a suo agio quando si trattava di mettere a nudo le sue emozioni.

“Dopo le lezioni sono sceso nei sotterranei per andare nella mia camera che sta due porte dopo quella di Harry. E mentre andavo ho visto Jiulius che aspettava Harry davanti alla porta della sua camera!” alcune lacrime cominciarono a scendere sul viso di Draco.

“Ho pensato che non fosse giusto! Che io ero il responsabile e che forse potevo fare qualcosa! Ma io non so come trovare l’anima di Harry, e lui che mi parla! Così sono venuto all’infermeria!”.

“Io non ti accuso di niente! So bene cosa vuol dire dover dimostrare in ogni momento di meritarsi l’affetto di chi si ha  intorno!”.

“Grazie, Harry!” disse Draco asciugandosi le lacrime.

“Harry ti ha perdonato, vero?” chiese Hermione.

“Sì” rispose Draco, che aggiunse: “Scusami per come ti ho trattato davanti al preside!”.

Hermione ci pensò su, avrebbe voluto dirgli –Mai! Devi pensare prima di parlare!- ma capiva bene che per Draco Malfoy chiedere scusa dovesse essere molto difficile e perciò, diplomaticamente, accettò le scuse.

“Bene! Adesso dobbiamo cercare un modo per far riunire l’anima di Harry al suo corpo!” affermò Ron.

“Ottima idea! E’ proprio quello che volevo!”

“Bravo! Harry ha detto che è proprio quello che vuole!” riportò Draco.

“C’è solo un posto dove possiamo trovare qualcosa!” disse sicura Hermione.

Draco non sembrò capire, mentre Ron , che conosceva bene la sua compagna, sollevò lo sguardo al cielo e con un sospiro concluse: “Biblioteca!”.

Per la prima volta da quando Harry era sotto l’incantesimo di Illusione, Draco potè udire la risata del suo compagno Serpeverde.

Severus aveva raccontato tutta la verità a Silente circa la notte in cui salvò Harry. Entrambi furono d’accordo nel pensare che l’anima di Lily avesse legato Harry e Severus.

“Anzi” affermò Silente “E’ come se Lily avesse cercato di affidarti il suo bambino! E perciò si è creato un rapporto speciale tra voi!”.

“Eppure c’era Sirius! Lui era il padrino! Perché Lily avrebbe dovuto lasciarlo a me!”.

“Questa è una cosa che dovremo scoprire! Ma prima di tutto dobbiamo pensare a come far rientrare Harry nel suo corpo! Bisogna scoprire se voi siete stati i primi a essere soggetti a questo genere di magia, oppure se ci siano precedenti!”.

“Albus, io ho cercato informazioni ovunque durante questi anni, ma non ho mai trovato niente!”.

“Non mi è difficile da credere. Tuttavia, come ti ho detto tante volte, al mondo non ci sono solo posti ma anche persone e non solo. Probabilmente non ha mai pensato di parlare con i fantasmi dei Gemelli senza nome!”.

“Non ci ho pensato perché non so neanche chi siano” spiegò frettolosamente Piton.

“Severus, figlio mio, orami conosci quasi tutto quello che io conosco, ma c’è ancora qualcosa che ti sfugge. Io posso insegnarti magie che non troverai nei libri, posso svelarti misteri che per gli altri resteranno irrisolti ma solo la curiosità e la passione per il mondo e le persone ti porteranno lontano!”.

“E io ti posso insegnare pozioni che neanche immagini…” rispose acido Severus.

“Esattamente!” replicò euforico Silente “Perché le pozioni ti hanno incuriosito da subito! All’inizio è stata una passione verso le pozioni che conoscevi, poi verso quelle che ancora non esistevano al mondo. Se dopo aver posto le domande al  mondo conosciuto, non hai trovato la risposta né nelle tue conoscenze, né in quelle degli altri, allora è il momento di cercare nel mondo sconosciuto!”.

“Ma come faccio, se è un mondo sconosciuto” chiese Severus.

“Cerca, Severus, non smettere mai di cercare, anche quando sarai sicuro che non c’è più niente da cercare!” rispose con dolcezza Silente.

Severus riflettè sulle parole del suo anziano amico. Forse aveva ragione, cercare era l’unico modo per trovare, non bastava domandare perché può darsi che avrebbe incontrato persone non disposte a rispondere, doveva cercare e farlo con curiosità e passione perciò disse: “Va bene! Allora incontrerò i fantasmi di questi Gemelli senza nome. Dove li trovo?”.

“La mia risposta te l’ho già data!” affermò Silente con il sorriso sulle labbra.

Severus sogghignò. “Come vuoi tu! Allora cercherò!”.

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CIAO RAGAZZE E RAGAZZI,

SCUSATE PER IL RITARDO! HO GIA' IN MENTE COSA SCRIVERE NEL PROSSIMO CAPITOLO, PERCIO' DOVRETE ASPETTARE DI MENO PER IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO. NEL FRATTEMPO SPERO CHE QUESTO CAPITOLO VI PIACCIA. HO CERCATO DI SPIEGARE PERCHE' DRACO FOSSE INDISPOSTO NEI CONFRONTI DI HARRY, E INSERITO HERMIONE E RON, SILENTE E' UN PO' DEFILATO E SEVERUS ... CERCHERA'.

FORSE NEL PROSSIMO CAPITOLO RIESCO A INSERIRE SIRIUS E IN MINOR MISURA REMUS MA NON PROMETTO. DIPENDE DA QUANTO DIVENTA LUNGO IL CAPITOLO STESSO.

MI RACCOMANDO, RECENSITE IN TANTI....

A PRESTO, ALIDA

Aloysia Piton: quando si parla di violenza si dice spesso -Può essere difficile trattenersi- però difficile o no, bisogna imparare a trattenersi. Inoltre nel mondo magico non si arriva mai alle mani, ci sono tanti incantesimi come la pietrificazione per esempio! Spero che il capitolo ti sia piaciuto, Severus scoprirà qualcosa di molto importante, e i ragazzi più o meno scopriranno la stessa cosa. E poi naturalmente ci sarà l'imprevisto! A presto, Alida

Marty4ever: come fa Severus a vedere lo spirito di Harry? Permettimi di non rispondere a questa tua domanda, non voglio essere scortese ma il prossimo capitolo sarà incentrato sulla risposta alla tua domanda, perciò ti chiedo di pazientare e sentiti orgogliosa perchè è una domanda intelligente che è sfuggita a molti!

Elfosnape: il momento Clou non è ancora arrivato, Draco e Harry si sono chiariti ... ma sarà davvero così? Cosa implica l'incantesimo di Illusione? E una volta che anima e corpo di Harry si riuniranno cosa accadrà? Scrivere le risposte alle recensioni mi ispira parecchio....

Karmysev: Harry sta per rientrare nel proprio corpo ma comunque la sua è stata una bella esperienza... dovrà vivere ancora momenti emozionanti prima della fine della storia, che comunque terminerà prima di Natale... o prima di Capodanno.... 

BACI A TUTTI, ALIDA

 

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Capitolo 11
*** Serata proficua ***


CAP 11

Severus rientrò nei suoi appartamenti con un peso sul cuore: ancora una volta aveva negato a Silente la verità totale, e cioè si era “dimenticato” di dirgli che lui poteva vedere l’anima di Harry. Non lo aveva fatto di proposito, semplicemente era un’informazione passata in secondo piano.

Quando la situazione si complicava, Silente ne veniva fuori con qualcosa di spettacolare, con l’effetto a sorpresa che lasciava Severus interdetto e deconcentrato. Solitamente Severus aveva sempre le idee chiare e non si lasciava cogliere in fallo, ma con Silente le cose andavano diversamente, tutto si muoveva in maniera insolita e lui … lui lasciava correre perché il preside era suo amico, la sua fiducia nei confronti di Silente era totale e sicuramente quest’ultimo non avrebbe mai agito a suo discapito.

Silente era un punto di riferimento per il pozionista che non poteva non notare quanto il preside fosse sempre un passo avanti agli altri. E comunque l’anima di Harry gli era comparsa innanzi solo una volta, e forse gli stava dando troppa importanza.

Severus si accostò alla sua libreria e prese i più importanti testi di storia degli avvenimenti magici e anime magiche. C’era un po’ di tutto: effetti indesiderati di incantesimi pronunciati male, pronunciati al contrario, pronunciati bene ma non riusciti –Come era possibile che un incantesimo non riuscito avesse effetti indesiderati!- pensò Severus, subito mise un segnalibro per ritrovare la pagina in seguito, quando avrebbe avuto più tempo da dedicargli.

Passò al secondo libro “Quanti modi esistono per diventare fantasmi?”. Domanda interessante con risposte fantasiose anche per il mondo magico!

Il tempo passava e la lettura si faceva ogni minuto più attenta e impegnativa, doveva controllare con attenzione di modo che non gli sfuggisse niente. Alla fine del secondo libro qualcuno bussò alla sua porta! Severus era indeciso se aprire oppure no! Se si fosse trattato di Harry,  Silente avrebbe usato la polvere magica  e senza tanti complimenti se lo sarebbe ritrovato nel suo camino. Doveva trattarsi di qualche studente, ma adesso non voleva essere distratto e perciò non aprì.

Terzo libro “Come riconoscere un fantasma”, il libro era piuttosto grosso e gli occupò gran parte della sera, compresa la cena. Quarto libro “Fantasmi conosciuti e certificati”.

“Eccoci a noi!” disse Severus e con l’indice della mano destra cominciò a scorrere l’elenco dei nomi fino alla G. “Vediamo un po’ dove siete miei cari Gemelli senza nome, vediamo, vediamo Gamba del notaio, Gatto della nonna, Geldy Frank … Geldy Frank! Oh Merlino! Il fantasma del venditore di cioccorane che c’era quando ero ragazzo! Però, che impressione.  Andiamo avanti. Gold Michael … Go… e no! Non è possibile! Gemelli deve per forza stare tra Geldy e Gold… !”.

Severus ricontrollò la lista ma non trovò “Gemelli senza nome”.

“Forse la loro presenza non è certificata” si disse. “Perfetto! Adesso come faccio?”. Il professore pensò e ripensò, gli vennero in mente diverse idee ma nessuna che potesse essere realizzabile in poche ore, e lui doveva agire in fretta.

La stanchezza cominciò a farsi sentire pesantemente, gli occhi si chiudevano, la testa ciondolava avanti e indietro, il respiro si faceva pesante, in breve il professore si addormentò sui suoi libri.

Il suo non fu un sonno agitato, era stanco eppure nel sogno si sentì completamente rilassato. Vide se stesso camminare in un prato e in lontananza notò due bambini, allora Severus, nel sogno, si avvicinò ai bambini e con sua sorpresa constatò che erano due gemelli, non solo, erano esattamente come lui era stato da bambino.

I bambini lo guardarono e gli sorrisero. Sembravano felici.  Severus  piegandosi sulle ginocchia chiese loro: “Come vi chiamate?”.

I due bambini in coro gli risposero: “Severus”.

“Vi chiamate tutti e due così?” domandò il professore.

“Sì, ma noi non siamo due” dissero all’unisono i bambini “Siamo uno, siamo ciò che puoi  vedere e ciò che non vuoi vedere!”.

 Severus replicò “Come è possibile?  Io vi vedo tutti e due”.

I bambini risero. “Tu ci vedi perché hai deciso di vedere”.

“E chi non vuole vedervi, cosa vede quando vi guarda?” domandò incuriosito Severus.

“Solo ciò che può vedere, solo ciò che può vedere, solo ciò che può vedere, solo ciò ……”.

“Aspettate, aspettate un po’!”.

I bambini smisero di ripetere la loro cantilena, e Severus chiese. “Come fate a essere nel mio sogno? Voglio dire … i fantasmi non entrano nei sogni degli altri”.

“Noi non siamo fantasmi” dissero i bimbi ridendo.

“Come? Non siete i fantasmi dei Gemelli senza nome?”.

La risata dei bambini si fece sempre più forte: “Noi abbiamo un nome! Ci chiamiamo Severus”.

“Ma perché mi siete comparsi allora? Io cercavo i fantasmi dei Gemelli senza nome!”.

“Perché?” domandarono i bambini incuriositi.

“Per sapere come far ritornare l’anima di un bambino dentro il suo corpo”.

“Se sei intelligente ti basterà ciò che noi ti abbiamo detto” affermò uno dei piccoli Severus.

E l’altro aggiunse con un ghigno sul viso: “Altrimenti continua a cercare ...”.

“Serpi!” strillò Severus nel sogno e contemporaneamente il professore si svegliò di soprassalto. Si stropicciò gli occhi e alzò il viso dal tavolo sul quale era appoggiato, l’anima di Harry lo fissava nel buio.

Contemporaneamente quello stesso pomeriggio e quella sera…

 

“Allora, ecco qui i libri che ci potrebbero interessare” disse Hermione facendo volare i libri in aria e lasciando che si posassero sul tavolo della biblioteca.

Draco lesse uno dei titoli: “Anime che si separano dal corpo”.

“Incantesimi inaspettati” lesse Ron.

“E per me … Riunire con la forza anima e corpo” disse allegramente  Hermione.

“Ehi, questo mi sembra un po’ esagerato!” disse Harry.

“Non preoccuparti Harry” lo tranquillizzò Draco “Credo che questo sia un libro di interesse puramente teorico”.

“No, no! Bisogna non tralasciare niente!” continuò Hermione sicura del fatto suo sentendo le parole di Draco.

“Tuttavia, sarà la nostra ultima opzione” disse Ron cercando di alleggerire i toni.

“Va bene”.

Draco voleva che anche gli altri due conoscessero i pensieri di Harry e riferì “Sapete, Harry mi sembra un po’ perplesso”.

“Harry” disse Hermione a voce alta proprio come se potesse vederlo in piedi davanti a sé “Fidati di noi! Stiamo facendo tutto il possibile per aiutarti”.

“Lo so, e ho fiducia in voi. Solo che mi sento inutile. Non so cosa fare”.

“Se ti stai annoiando  tanto, ti consiglierei di concentrarti su te stesso e pensare a cosa farai quando ti riapproprierai del tuo corpo”.

“Ottimo consiglio!” disse Ron “E adesso, tutti a lavoro!”.

Ciascuno prese un libro e, in silenzio, cominciarono a leggere. Hermione prendeva appunti con cura, Draco inseriva segnalibri e Ron commentava a voce alta per essere zittito dai due amici immersi nelle loro letture.

Il tempo volò. Harry osservava i tre ragazzi impegnati al massimo e si domandava cosa trovassero in lui i suoi amici. Certamente non era il tipo di persona che si demoralizzava facilmente, non era un genio, anche se aveva una buona memoria, aveva scelto di stare in una camera da solo, eppure la sua era la stanza più frequentata dei sotterranei.

Harry era ancora molto giovane però ebbe l’impressione che più le persone rimangono se stesse, senza montarsi la testa, più è facile avere amici su cui poter contare. Draco era suo amico e il Fanta-petardo non aveva dato fuoco a questo bel sentimento.

Erano già le 7:30, dopo mezz’ora la biblioteca sarebbe stata chiusa. Ron si stiracchiò le braccia. “Io ho finito” disse, richiamando l’attenzione degli altri due. “In tutto questo libro è riportata solo un’informazione che a me sembri utile”.

Hermione si mise la mano sotto il mento e con molta serietà rispose. “Ti ascoltiamo”.

“Gli incantesimi inaspettati hanno il potere di perpetuarsi nel tempo! Ciò significa che l’incantesimo di Illusione potrebbe durare in eterno!”.

“Sei sicuro?” chiese Draco.

Ron fece una piccola smorfia di sofferenza con le labbra e rispose: “Purtroppo sì”.

“Il fatto che possano perdurare non significa che questa eventualità mi riguardi!” affermò spaventato Harry.

“Harry è molto preoccupato, dice che forse questo non è il suo caso” riportò Draco.

Ron sfogliò il libro fino a raggiungere la pagina desiderata. “L’autore afferma che chi si trova sotto un incantesimo inaspettato ha in sé l’energia di portare a termine l’incantesimo, si tratta di volontà”.

Harry non disse nulla ma era piuttosto contrariato, lui voleva riprendersi il suo corpo anche se nello stato in cui si trovava cominciava a sentirsi molto bene, non aveva preoccupazioni, non avere obblighi e doveri, poteva comunque vedere le persone che amava, e se gli altri non potevano vederlo o comunicare con lui non era poi così importante! Nonostante questo lui voleva indietro il suo corpo, perché più le ore passavano più si rendeva conto di essere padrone dei propri pensieri, forse non ancora del proprio destino, ma dei propri pensieri sì e questo era un buon punto di partenza.

Draco, non sentendo Harry parlare, spiegò: “Anch’io ho trovato qualcosa che potrebbe dare sostegno alla tua informazione. Nel terzo capitolo si dice che la divisione tra anima e corpo avviene solo se il soggetto interessato non accetta se stesso così com’è, e se non riesce a prospettare un modo per cambiare la sua situazione”.

Harry si sentì in imbarazzo, sembrava che gli autori dei libri lo conoscessero.

“Bhè, cosa c’è di strano! Tutti vorremo cambiare ed essere un po’ diversi! No?”.

Draco riportò ciò che Harry gli aveva detto.

“Hai ragione” disse quasi a bassa voce Hermione “Tutti vorremo essere diversi, ma è solo questione di tempo! Prima o poi cresceremo anche noi e potremo realizzare tutti i nostri progetti. Allora saremo contenti di ciò che siamo”.

“Forse il problema è questo, Harry” affermò incerto Ron “Se tu riuscissi ad affrontarti e a metterti in pace con te stesso, allora forse riusciresti a riprenderti il tuo corpo”.

La sveglia magica della biblioteca suonò, erano le 20:00 e tutti gli studenti doveva uscire per andare a cena. Ron ed Hermione si diressero verso la Sala Grande, Draco scese nei sotterranei, doveva parlare con Severus. Harry e Severus forse avevano scambiato qualche parola e può darsi che Harry gli avesse fatto delle confidenze.

Severus non era l’ultimo arrivato e sicuramente non aveva bisogno delle informazioni che lui gli avrebbe dato, ma Draco decise di tentare, male che andasse si sarebbe preso una sgridata del padrino.

Tuttavia quando Draco bussò alla porta del suo professore, nessuno aprì. Era strano! Severus riceveva gli studenti a tutte le ore. Evidentemente aveva qualcosa di importante da fare oppure non c’era. Draco voltò le spalle e andò a cena.

L’anima di Harry intanto entrò nella stanza di Piton dove il professore dormiva sopra i libri poggiati sulla scrivania. Harry lesse i titoli, anche qui si lavorava per lui. Osservò il professore, lui era un adulto e probabilmente gli piaceva essere se stesso.

-Il professore Piton ama essere il professor Piton! Si vede da come dorme, è così sereno- pensò Harry –Un giorno anch’io non avrò problemi a chiudere gli occhi e sognare-.

Proprio in quel momento Severus si svegliò di soprassalto, Harry lo fissò. –Possibile che anche Severus avesse degli incubi che lo tormentavano? Che non fosse libero da incubi? Che non fosse pienamente soddisfatto di sé?

I due restarono a fissarsi  per un bel po’, poi Severus si avvicinò all’anima di Harry e disse: “Harry c’è solo un modo per rientrare nel tuo corpo”.

Il viso di Harry si fece speranzoso.

“Devi accettarti per quello che sei, e devi affrontare la parte di te che vuoi tenere nascosta agli altri”.

La tristezza scese su quei grandi occhi verdi.

“Non essere triste, Harry. Puoi farcela! Io ti aiuterò!”.

La bocca di Harry si muoveva velocemente, dicendo parole che il professore non poteva sentire.  Il bambino era agitato, e si muoveva sempre di più.

“Harry, ascoltami bene, adesso io farò il primo passo e poi spetterà a te. Io sono stato per molto tempo amico di tua madre, poi le nostre strade si sono divise ma quando mi sono accorto che lei, che voi eravate in pericolo, ho cercato di aiutarvi. La notte in cui i tuoi genitori sono morti, io ero nella tua casa, sono stato io a salvarti e uccidere il Signore oscuro”.

L’anima di Harry non si scompose.

“Silente si è preso il merito perché io gliel’ho chiesto! Non volevo che ti sentissi in debito con me, pensavo di non meritarmi il tuo affetto”.

“Mia madre … …. … … … … abbraccio … … …”.

Questa volta fu Severus a trasalire. “Harry, io cominciò a sentirti! Come è possibile?”.

Harry si portò le dita agli occhi e poi le portò verso gli occhi Harry e fece un sorriso rassicurante, poi si portò le dita alle orecchie e poi verso quelle di Severus e il suo sguardo si fece interrogativo, come a dirgli –Se mi vedi, perché non puoi sentirmi?”.

Severus sorrise tra sé e sé : “Possiamo vedere solo ciò che vogliamo vedere e sentire solo ciò che vogliamo sentire, sia che si tratti di noi stessi sia che si tratti degli altri!”.

“Mia madre mi aveva già raccontato tutta la verità, tramite quell’abbraccio che ci unì! Mi dispiace, ma solo adesso che sono solo anima me ne rendo conto. Quando avevo un corpo molte cose mi sfuggivano”.

“Harry se vuoi impossessarti nuovamente del tuo corpo, devi raccontarmi quella parte di te che tieni nascosta a tutti”.

“Anche Ron, Draco ed Hermione mi hanno dato praticamente lo stesso consiglio”.

“Significa che sono buoni amici e che sono anche più preparati di quanto ci  si aspetti da dei ragazzi del primo anno” constatò Severus.

Harry, con una calma irreale, cominciò a parlare: “Ho sempre pensato che sarei dovuto morire con i miei genitori perché è evidente come io sia solo un peso per Sirius Black. Mi sono sempre sentito inadeguato, insomma io obbedisco sempre a tutti gli ordini che ricevo, sia a casa sia a scuola, eppure alcuni mi pesano parecchio”.

Severus ascoltava in silenzio, il sonno però si faceva sentire sempre di più e la vista gli si annebbiava.

“Quando ero a casa e S…..  mi sgridava e mi puniva pensavo che se ………… più bravo, più uguale a mio padre, forse le cose sareb…. cambiate, ma non riusc..o mai a trasformarmi in qualcosa che a mio padr…. piacesse”.

Severus si stropicciò gli occhi, non era possibile che si stesse addormentando! Quante notti insonni aveva fatto studiando per un esame, preparando pozioni, confrontandosi con i suoi limiti! Gli occhi lo stavano ingannando e anche le orecchie.

“Quando ……….. qui e sono ……….. tra i Serpeverde ………………. un’altra delusione per Sirius, ma non potevo farci niente. Poi ………. i miei compagni ………. te, e poi ……….i gruppi e ho capito che …………………”.

Severus si guardò attorno, l’anima di Harry non c’era più, non riusciva a vederla e non riusciva a sentirla. Eppure lui non l’aveva mai rifiutato! Un attimo prima Harry parlava davanti a lui e subito dopo!

“Oh,  Merlino!” sussurrò Severus alzandosi e volando verso l’infermeria.

Entrò di fretta senza bussare, sebbene fosse tardi e sapesse quanto Madama Chips ci tenesse a non disturbare i pazienti dopo le dieci di sera, e vide Harry con gli occhi aperti che si guardava attorno e sorrideva a Jiulius.

“Harry!” lo chiamò dolcemente Severus.

“Professore!” rispose Harry stanco ma felice “Mi ha salvato un’altra volta! La mamma mi aveva detto che avrei potuto fidarmi di te in qualsiasi occasione”.

Severus non aveva parole per esprimere tutta la gioia e la tristezza che combattevano nel suo cuore e nella sua anima.

“Dobbiamo parlare, Sev, ho tante cose da riferirti” disse Harry.

Il professore rimase pietrificato da quella parola. Sì, perché lui non aveva sentito nient’altro se non una parola: Sev!

CIAO CARISSIMI,

SCUSATE IL RITARDO MA SONO VITTIMA DI UNO SPLENDIDO NIPOTINO CHE SI IMPOSSESSA DEL PC PER GUARDARE CAMION, TRATTORI, RUSPE E QUANT'ALTRO SU YOUTUBE! HO MEGLIO, VISTO CHE HA SOLO DUE ANNI, NON E' CHE SE NE IMPOSSESSI MA MI PRENDE PER SFINIMENTO!

DETTO QUESTO, HO FATTO RISVEGLIARE IL BEL ADDORMENTATO! 

MI SPIACE, MA NON C'ERA POSTO PER SIRIUS, E QUANDO LEGGERETE CIO' CHE FARA' SICURAMENTE MI CHIEDERETE PERCHE' NON L'HO LASCIATO IN DISPARTE!

FATEMI SAPERE COSA VE NE SEMBRA DEL CAPITOLO.

BACI E ABBRACCI, ALIDA

Marty4ever: spero di aver aggiornato in tempi apprezzabili. La risposta è questa, per tenere uniti anima e corpo bisogna affrontare se stessi e accettarsi per quello che si è! Fammi sapere se avevi azzeccato... un abbraccio, Alida

Elfosnape: Scusa ma Sirius non sono riuscita a inserirlo, nel prossimo, sicuro al 100% ci sarà, ma non so se sarai contento del suo comportamento... alla prossima, Alida

GilGalahad: grazie per i complimenti! Severus e Harry che andranno a vivere assieme non era nei miei piani ma forse sarà inevitabile ... a presto, Alida

Aloysia Piton: la storia dei Gemelli senza nome è molto bella è triste. Io avevo intenzione di inserirla in questo capitolo ma poi Severus si è messo a sognare se stesso e così i Gemelli aspetteranno, comunque il loro ingresso non sarà forzato. Ho tutto in mente, non sono sicura se riuscirò a inserirla nel prossimo capitolo o meno, ma credo che sarà fra due o tre, anche se qualche riferimento ci sarà sempre. Per quanto riguarda la tua nota sui punti esclamativi, mi è sembrata esagerata, mi sono fatta una risata e ho riletto il capitolo che ho postato oggi, dunque SCUSA TANTO! Hai completamente ragione: faccio un uso smisurato dei punti esclamativi, prima di postare ne ho cancellato una ventina. Non mi rendevo conto di usarne così tanti. Probabilmente li uso perchè mi sembra di non riuscire a trasmettere stupore, meraviglia, e alle volte li uso per sottolineare l'importanza di quello che scrivo. Dovrò darmi una calmata. GRAZIE, di avermelo fatto notare, cercherò di correre ai ripari. Ti abbraccio forte, Alida

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Capitolo 12
*** Verità nascoste ***


CAP 12

Remus rimase a casa di Sirius un paio di giorni per aiutarlo e dargli un po’ di conforto. Sirius si era reso conto di quanto il suo comportamento fosse stato stupido e infantile e immaginava che Silente e Severus avrebbero fatto il possibile per togliergli la custodia di Harry.

Era abitudine di Sirus rifugiarsi nell’alcol quando si trovava ad affrontare un problema che non poteva risolvere con la forza o la prepotenza, bere, però, gli confondeva ancora di più i pensieri rendendolo incapace di formulare possibili soluzioni.

Poi, a forza di bere, i problemi venivano dimenticati, ma una volta sobrio la situazione peggiorava ancora di più perché si accorgeva di aver dimenticato anche se stesso, la sua vera natura, le persone che gli stavano attorno e i suoi principi.

E questa realtà faceva male, un male che attanagliava lo stomaco e glielo scombussolava, che raggelava il corpo rendendolo facile preda di rotture e spaccamenti, un male che solo il calore poteva guarire, il calore del sole, di un abbraccio e … di un altro bicchiere di whisky.

Remus vedeva il suo amico rovinarsi giorno dopo giorno, aveva cercato di convincerlo che se Severus e Silente non avevano mai messo in discussione la custodia di Harry, certamente non lo avrebbero fatto ora che potevano stargli vicino nove mesi su dodici.

Sirius però sembrava certo delle sue parole, glielo avrebbero portato via. E questo pensiero lo tormentava.  I discorsi di Remus non sembravano tranquillizzarlo.

“Sirius, anche se volessero portartelo via, dovrebbero avere il consenso di Harry e lui non ti lascerà mai”.

“Come fai a esserne sicuro? Quel giorno ad Hogwarts io ho detto cose terribili!”.

“Non voglio demoralizzarti ancora di più, Sirius, ma sono  undici anni che gli dici cose terribili e nonostante tutto lui ti ha sempre perdonato”.

“Adesso è diverso. Ha conosciuto Silente e Severus, e va d’accordo con entrambi”.

“Questo è molto bello, e non gioca a tuo svantaggio”.

“Non gioca a mio svantaggio? Perché tu non sai …”. Sirius si bloccò, chiuse gli occhi per trattenere le lacrime e … l’angoscia.

Remus, in quel momento, ebbe la sensazione che Sirius gli stesse nascondendo qualcosa di veramente importante. “Io non so che cosa?”.

Sirius si agitò e si verso da bere, le mani gli tremavano nervosamente.

“Sirius! Mi stai nascondendo qualcosa? C’è qualcosa che io dovrei sapere e che non mi stai dicendo?”.

“No, dai! Cosa ti salta in mente. Non volevo dire così” disse con un sorriso beffardo che mal celava la sua ansia.

“Io sono tuo amico. Devi fidarti di me ed essere sincero. Cosa mi stai nascondendo?”.

“Niente, Lunastorta. Dai, vuoi bere con me? Mi vuoi fare compagnia?”.

-Lunastorta- pensò Remus –Se mi chiama così non è un buon segno-.

“No, grazie. Non bevo e non dovresti bere neanche tu. Non ti fa bene e ti riduce come uno straccio”.

“Non esagerare adesso, Remus. So reggere un bicchiere di whisky!” rispose Sirius sentendosi provocato.

“E’ da due giorni che non fai altro che bere …”.

“E con ciò …” disse con tono arrogante l’altro.

“Bevi, bevi pure. Io devo uscire a fare una commissione. Tornerò per cena”.

“Sì, vai pure. Mi ritroverai sul divano”.

Remus prese il suo vecchio cappotto e uscendo lanciò un’occhiata sul suo amico. Quanto sembrava invecchiato! La sofferenza piegava, l’alcol avviliva ma un segreto tenuto nascosto poteva anche spezzare una persona se questa pensava di venire smascherata.

Doveva prendere in mano la situazione o con le buone oppure ….

 

Madama Chips aveva somministrato ad Harry una pozione di Sonnosenzasogni e una Rinvigorente, per curare anima e corpo. L’incantesimo di Illusione lasciava molto deboli non solo fisicamente ma soprattutto psicologicamente, le persone entravano in contatto con una parte di loro che spesso non si prende in considerazione o con la quale poche persone riescono a comunicare durante i sogni.

Era un’esperienza coinvolgente ma stancante e l’infermiera di Hogwarts voleva che i suoi pazienti guarissero per bene, così non lasciava niente al caso.

Tuttavia, al suo risveglio Harry trovò vicino sia Silente sia Severus, entrambi erano curiosi di conoscere le sensazioni e le esperienze che l’anima di una persona poteva sperimentare quando veniva separata dal proprio corpo.

Già Harry aveva riferito di aver percepito la realtà diversamente e di esser venuto a conoscenza di fatti a lui ignoti, come se la fisicità lo avesse distratto dal prendere coscienza di parte  se stesso. Ovviamente avere un corpo significa sempre dare ampia considerazione alla realtà materiale, ma è molto raro che questo sia sufficiente allo sviluppo psichico degli esseri umani, a prescindere dalla loro componente magica.

Anche i babbani, infatti, che pur vivono una vita senza magia, nonostante abbiano superato i loro limiti con scienza e medicina, non possono far a meno di porsi domande circa l’esistenza o meno dell’anima, circa il senso della loro vita e finanche della vita delle altre specie animali.

E si incontrano sempre tante persone, babbane o magiche che siano, che si ostinano a non voler vedere le risposte anche più evidenti solo perché non hanno il coraggio di accettarle pienamente, o perché non possono dimostrare a tutti di aver ragione.

E così nella vita … quando una persona si domanda “Perché le stelle stanno in cielo? Gli esseri umani hanno un’anima? Chi ha creato tutto l’universo?” e poi l’esperienza della vita gli offre una risposta, quella persona resterà sempre con il dubbio se esser arrivata alla giusta conclusione o no, come se si fosse risposta da sola, e non accettasse ciò che la vita gli svela, proprio perché la vita in sé non offre risultati materiali ma solo astratti.

E chi si rifiuta di ascoltare i discorsi dell’anima vive una vita senza risposta, immerso com’è in un corpo che vede ciò che vuol  vedere ma si rifiuta di vedere ciò che potrebbe.

Ora, Harry, aveva vissuto l’esperienza di vedere oltre i suoi limiti fisici. La sua realtà era cambiata, e poiché la sua vita era in stretta relazione con quella di altri, era cambiato anche il suo modo di vedere gli altri e forse era venuto a conoscenza anche di fatti che riguardavano altri.

“Bentornato, Harry. Ci hai fatto spaventare, sai?” disse scherzosamente il preside.

Harry prese fiato e rispose: “Mi dispiace, non volevo creare problemi!”.

“Non preoccuparti, non è colpa tua” affermò Severus.

Silente si sedette ai piedi del letto e, accarezzando la gamba di Harry coperta da un soffice piumone, chiese: “Harry cosa ti ricordi dell’esperienza che hai vissuto?”.

Harry chiuse gli occhi come se volesse tornare indietro nel tempo e ripercorrere tutto dal principio. “Ricordo che ero entrato in camera per salvare Jiulius e poi mi sono ritrovato in infermeria. Mi sono svegliato e ci siamo scambiati due frasi” disse diretto a Severus “Il giorno dopo, però, quando è arrivato Sirius Black, non riuscivo più a comunicare con nessuno. Voi parlavate, io vi sentivo ma voi non mi sentivate”.

Harry si fermò, era difficile rivivere quei momenti in cui il suo tutore aveva confessato di averlo considerato come un peso per  tutta la sua vita. Silente guardò in faccia Severus, il professore stava cercando le parole giuste, ovvero equilibrate e diplomatiche, per dire al ragazzino che suo padrino era uno stupido che non meritava neanche la sua considerazione, ma evidentemente a Severus non venne in mente niente di delicato perché continuò a stare zitto.

Allora Silente ruppe il silenzio: “Non è facile crescere un bambino da soli. Si possono compiere molti sbagli, Harry. Questo però non significa che non si provi amore”.

Harry aprì gli occhi e sorrise debolmente “Sono molto stanco”.

“Non vuoi continuare a parlare ancora un po’?” tentò di invogliarlo Severus.

“Come hai fatto a non sentirmi e a non vedermi se la notte prima mi avevi visto?” gli domandò Harry.

“Credo che sia dipeso dal fatto che io ti credevo svenuto! Era normale che ti risvegliassi, perciò ti ho visto e sentito! Poi abbiamo scoperto che eri sotto l’incantesimo di Illusione e io ho pensato di non poter più comunicare con te, e convincendomi di questo mi sono precluso la possibilità di vederti e sentirti!”.

“Capisco. Però Hermione e Ron volevano comunicare con me ma non riuscivano a vedermi né sentirmi” notò Harry.

“Volevano farlo ma credevano fosse necessario qualcosa di particolare, come un incantesimo. Non hanno mai creduto che bastasse volerti  vedere  per poterti vedere” rispose Severus.

Harry lo guardò con aria da saputello: “Eppure a me continuavano a dire –Se vuoi rientrare nel tuo corpo devi volerlo tu! E’ una questione di volontà! E loro invece …”.

“Accade sempre così” disse Silente “La gente offre tanti consigli ma non si dà mai la pena di metterne in pratica uno”.

Madama Chips, che gironzolava attorno ai tre maghi da un po’, fece subito notare: “Come chi vieta agli altri di visitare i pazienti appena svegliati e poi non li lascia neanche il tempo di aprire gli occhi per fare domande”.

Severus fece una smorfia di disapprovazione mentre Silente ed Harry sorrisero. “Forse è meglio che ti lasciamo riposare per ora. Torneremo dopo le lezioni” disse il preside e Madama Chips con un sorriso di circostanza sulle labbra fece segno a Severus di seguire Silente.

  Remus John Lupin non era un uomo malvagio, anzi durante tutta la sua vita aveva sempre cercato di comportarsi nel miglior modo possibile. Andava incontro alle persone che gli stavano vicino, non le giudicava, e cercava di soprassedere ai soprusi di cui restava vittima, di superarli a modo suo.

Questa pazienza, però, non gli impediva di avere dei momenti da “Malandrino”, di stufarsi della sua posizione e operare in modo poco onesto e consono al suo carattere pur di raggiungere il suo obiettivo, soprattutto se si trattava di Sirius Black.

A Sirius teneva in particolar modo perché lo aveva sempre trattato normalmente, cioè non lo aveva allontanato da sé quando aveva scoperto la sua licantropia e gli aveva offerto, veramente con tutto il suo cuore e con sincerità, la sua amicizia incondizionata.

Per questo motivo, Remus si sentì in colpa quando tornò a casa di Sirius con l’intenzione di  farlo ubriacare ed estorcergli delle informazioni. Era un’azione subdola e disonesta però, se Sirius gli aveva mentito allora neanche lui si era comportato correttamente.

Tuttavia al suo rientro Remus non trovò nessuno! Sirius era uscito e gli aveva lasciato un biglietto sul tavolo: “Sono ai Tre manici di scopa! Non so se rientrerò per la notte!”.

“Non poteva andarmi meglio!” disse Remus e con un po’ di polvere magica, dal camino di Sirius si trovò nel camino del locale. Con noncuranza si tolse un po’ di cenere dal cappotto e dai capelli brizzolati, poi si guardò attorno ma non vide l’amico.

Chiese di lui al bancone e gli dissero di provare nel retro. “Nel retro?” ripetè incerto Remus.

“Sì, nel retro! Di solito è lì che finiscono tutti dopo due bottiglie di Whisky incendiario!” gli venne risposto.

Remus non chiese spiegazioni; c’era solo un motivo per cui i clienti di un bar dovessero finire al bagno o nel retro. Infatti quando si trovò all’aperto vide Sirius in un angolo che vomitava!

“Oh, Merlino! Questo non ci voleva!” disse Remus che però penso anche –Almeno è già ubriaco!-.

Senza pensarci due volte, Remus si avvicinò a Sirius e mettendogli la mano sulla fronte lo sostenne fino a che l’amico non si svuotò del tutto lo stomaco, che peraltro non aveva granché. Dopodiché lo sostenne con il braccia fin dentro il locale, e i due presero un tavolino.

Sirius, come sempre, fece lo sbruffone. “Grazie, Remus, ma non ho intenzione di bere altro per oggi!”.

“Non c’è problema” ribatté l’altro serio “Non sono venuto qui per bere con te ma solo per parlare”.

“Parlare di cosa?”.

“Non lo so, vorrei me lo dicessi tu”.

“Remus, come sei difficile! Non potresti essere più chiaro, sai non sono molto lucido in questo momento e non riesco a seguire i tuoi discordi criptici”.

“Come vuoi! Voglio sapere perché pensi che Silente e Severus ti vogliano portar via Harry. Voglio la verità, quella che mi stai nascondendo da … da sempre”.

Sirius chiuse gli occhi e strinse le mani. Poi si guardò attorno nervosamente. “E’ successo qui. Tutto ha avuto inizio qui”.

Remus, pazientemente ascoltò.

“Iniziò per gioco, un bicchiere per festeggiare, uno per dimenticare, uno per non sentire il dolore, uno per accompagnare un amico, uno per farmi sfrontato con le ragazze, e poi i bicchierini di liquore sono diventati due, poi tre e poi una bottiglia”.

“Sirius, la morte di James e Lily è stata dura anche per me però ci sono altri modi per affrontare le difficoltà, non credi?”.

“Sì, ci sono. Io però non ho iniziato a bere dopo la loro morte”.

“E quando?”.

“Ho iniziato a bere, all’incirca un anno prima della loro scomparsa” rispose Sirius.

“E perché non ce ne hai parlato? Ti saremmo stati vicino!”.

“Remus, stavamo combattendo la guerra contro Voldemort! C’erano cose più importanti di un alcolizzato!”.

Remus non era d’accordo, niente era più importante di un amico. E la guerra contro Voldemort significava proprio questo, che non c’era niente più importante dell’amicizia e che il bene avrebbe vinto sempre.

“James cercò di starmi vicino. Quando capì che stavo sviluppando la dipendenza all’alcol mi stette vicino e nascose questo mio problema a diverse persone, anche a te, ma solo perché lo supplicai di farlo”.

“James sapeva e non mi disse niente?” domandò incredulo il licantropo.

“Non prendertela a male, te ne prego. Lui avrebbe voluto parlartene, e sicuramente lo avrebbe fatto, ma la morte gli impedì di farlo” affermò con afflizione Sirius.

“Perciò tu pensi che Silente e Piton potrebbero far leva su questo problema per toglierti Harry?”.

Sirius si fece sempre più cupo. “No, non credo questo. Severus sapeva che io avevo problemi con l’alcol e se lo sapeva lui lo sapeva anche Silente …”

“E allora? Di cosa hai paura?”.

“Vedi Remus, Lily non era molto comprensiva con me come lo era James. Forse aveva ragione, non lo saprei dire, o forse lo so ma non voglio ammetterlo. Sta di fatto che il giorno prima della loro morte, io andai a trovarli, ero completamente ubriaco. Presi in braccio Harry e lui mi cadde, fortunatamente non si fece niente ma Lily si spaventò parecchio e mi disse che se avessi continuato a bere non mi avrebbe più permesso di prendere Harry e pur essendo io suo padrino, avrebbe nominato un tutore legale”.

“E James cosa disse?”.

“James appoggiò Lily” disse brevemente Sirius.

Remus era titubante “Vuoi dire che lui non ti difese?”.

Sirius si massaggiò la barba, ormai di tre giorni. “All’inizio sì, ma poi io dissi loro che ero felice di sbarazzarmi di Harry e che avrei ceduto a Peter il ruolo di Custode segreto perché non mi interessava più niente di loro. A quel punto, James forse si sentì tradito, non so, ma decise di sostenere Lily”.

“Non lo biasimo” disse semplicemente Remus.

“Neanche io. Nessuno dei due” fu d’accordo Sirius che dopo aver riempito i polmoni d’ossigeno, continuò: “Il giorno dopo morirono, e io mi ritrovai con Harry. Avrei dovuto essere onesto e rifiutare la custodia del bambino, ma mi ero pentito e decisi di darmi una seconda possibilità. Tuttavia il volere espresso dai genitori ha più potere del volere del padrino, e se Silene e Severus venissero a conoscenza di questo scontro …”.

“Come potrebbero farlo? E’ impossibile!” disse con calma Remus.

“Non c’è niente di impossibile nel mondo magico, Lunastorta. Lo sai anche tu”concluse Sirius guardando l’amico negli occhi.

Nel pomeriggio Severus dovette fare la fila per parlare con Harry. Hermione, Ron e Draco si  trattennero parecchio parlando del più e del meno, non si addentrarono in domande impegnative che avrebbero affaticato il loro amico, dimostrando una maturità superiore rispetto a quella degli adulti.

“Harry” disse Draco “Quando starai meglio sarei felice di parlarti a quattrocchi, se non ti dispiace. Ci sono cose che vorrei spiegarti”.

“Non c’è problema, anch’io ho qualcosa da dirti e ti prego, non sentirti in colpa. Se non avessi avuto questo piccolo incidente sarei rimasto all’oscuro di fatti per me importanti”rispose Harry.

Dopo Draco e i due Grifondoro se ne andarono lasciando spazio libero al loro professore di pozioni. “Ti sarai stufato di sentirti chiedere come stai, vero?” esordì Severus.

“Non può sapere quanto” sbuffò Harry.

“Allora non te lo chiederò. E comunque, scusa il mio egoismo ma in questo momento, avendoti già visto stamattina e sapendoti fra le cure di Madama Chips, sono più interessato ad altri aspetti della tua persona”.

“Ad esempio?” chiese Harry quasi sicuro di conoscere la risposta.

Severus lo guardò speranzoso, voleva davvero credere che Lily avesse parlato con Harry e gli avesse lasciato un messaggio. “Ad esempio, la tua anima”.

“Già” disse semplicemente Harry.

“Sempre che tu me ne voglia parlare” aggiunse il professore “Sai, quando ti sei ripreso mi hai chiamato Sev, e solo una persona al mondo mi chiamava così”.

“Mia madre” specificò Harry, che tuttavia non sembrava intenzionato ad andare avanti.

Severus, però, non riusciva a trattenersi, lui voleva sapere, doveva sapere! “Sarebbe molto egoistico chiederti di fare uno sforzo ulteriore?”.

“No, e solo che non so da dove cominciare”.

“Bhè, potresti dirmi se hai visto tua madre o l’hai solo sentita” provò il professore.

“Non l’ho vista e non l’ho neanche sentita, almeno non nel modo in cui si intende normalmente” spiegò Harry “Nel momento in cui mi sono reso conto di essere separato dal mio corpo tutto è diventato più piacevole! Sì, io cercavo di comunicare ma non ci riuscivo e quando ci sono riuscito, prima con Draco e poi con lei non è andato subito tutto bene, però avevo quella che di solito si dice -una sensazione piacevole-.

Ero sereno in fin dei conti, mi sentivo leggero e non avevo dolori. Mi sono reso conto che il mio corpo era sempre stato un limite e che in quello stato riuscivo a capire con facilità tutto ciò che, anche adesso, mi sembra sfuocato e difficile da esprimere. Riuscivo a vedere dentro di me, perché ripensandoci, in quel momento ero solo ciò che c’è dentro di me!

E lì, ho sentito mio padre, mia madre, Sirius Black, il preside Silente e anche lei e poi tante altre persone che non ricordo di aver mai visto prima. Alcune cose che ho sentito, ora mi spaventano, ma allora le percepivo con distanza perché non potevano ferirmi, eppure erano  chiarissime”.

Severus ebbe un fremito, Harry aveva sentito cose che lo avevano spaventato, probabilmente erano cose che lo riguardavano, che riguardavano il suo passato da Mangiamorte e le sue terribili azioni. Ebbe un attimo di smarrimento, ma il suo viso non lasciò trasparire niente.

Harry sorrise e pensò che sarebbe stato curioso nel sapere cosa stesse pensando il suo professore in quel momento.

“Ciò che mi ha spaventato di più, è stata una lite tra i miei genitori e Sirius Black” disse con il fiato corto “Loro volevano assegnarmi un altro tutore legale!”.

Severus fu convinto di aver sentito male, ma non era così.

“La mamma diceva che Sirius era sempre ubriaco e che aveva paura per me e papà le diede ragione. Poi la presenza di Sirius sfuocò e papà  chiese a mamma  chi poteva prendersi cura di me e mamma disse –Se solo Sev fosse dalla nostra parte … -

Papà non rispose subito però ho avvertito l’impressione che anche lui fosse d’accordo”.

Severus rimase sconcertato, i Potter avevano pensato di affidargli Harry. Come era stato possibile, e perché Sirius non aveva raccontato tutto a chi di dovere. Non era giusto. Harry era stanco, i ricordi di quell’esperienza lo stavano mettendo a dura prova.

“Harry, per oggi credo vada bene così …”

“No, aspetti professore, mi faccia finire. Ho solo un altro ricordo importante da raccontarle”.

Severus, che si era alzato dalla sedia, si risedette facendogli cenno di continuare.

“E’ un ricordo molto chiaro. Io ero piccolo e piangevo, c’era qualche persona cattiva e mamma e papà strillavano, poi ho sentito la sua presenza professore e quella di Silente, ho visto delle luci e ho sentito mamma e papà dentro di me che assieme ripetevano il suo nome, ma non dicevano Sev, dicevano il nome per intero Severus Piton e io ho avvertito un gran calore e mi sono sentito protetto!”.

“Ciò significa che io …” iniziò a dire Severus, ma non riuscì a terminare la frase perché gli si formò un nodo in gola che glielo impedì.

Per lui continuò Harry: “Che lei avrebbe dovuto crescermi e non Sirius Black!”.

 

 CIAO A TUTTI, BUON NATALE! 

SPERO CHE ANCHE VOI, COME ME, ABBIATE POTUTO VIVERE UN CALDO NATALE! NON DICO ESTIVO MA SI POTEVA USCIRE DI CASA ANCHE IN MAGLIONE, E IN PIU' NON HA NEANCHE PIOVUTO COME ERA PREVISTO! WOW!

COMUNQUE, NONOSTANTE QUESTO IO SONO RIMASTA IN CASA A SMALTIRE IL CENONE DI IERI E HO FINITO IL CAPITOLO, SPERO VI PIACCIA.

AUGURO A TUTTI VOI CHE I VOSTRI DESIDERI SI REALIZZINO, CHE LA SERENITA' VI SIA DI COMPAGNA E CHE VI SENTIATE AMATI OGNI GIORNO!

SE QUALCHE GIORNO VI DOVESTE SENTIRE SOLI E DOVESTE PENSARE CHE NESSUNO VI AMA, PENSATE A ME, A QUESTA PAZZA RAGAZZA CHE HA IMPARATO SULLA SUA PELLE QUELLO CHE DISSE UN PERSAGGIO CELEBRE (NON MI RICORDO CHI ERA, ORAMAI MI CONOSCETE ... NON POTETE PRETENDERE DI PIU') "CHI HA FANTASIA NON E' MAI SOLO" E PENSATE A ME SAPPIATE CHE IO VI HO NEL CUORE.

BUON NATALE!

Marty4ever: cosa dici di questo finale, sono riuscita a mantenere vivo l'interesse dei lettori? Spero di sì, il prossimo capitolo dovrebbe essere più corto è avverrà qualcosa di imprevedibile ... di insolito direi ...

KarmySev: avevo capito bene quando mi è sembrato che tu avessi l'idea che Harry fosse posseduto da Lily?  No, non è posseduto. Devo dire che è un'ipotesi molto inquietante. No, Harry ha trovato in sè i ricordi che sua madre, e anche James, gli ha lasciato morendo. Niente di più. Per quanto riguarda gli abbracci, penso che scaleranno, non sono un tipo molto sdolcinato e ci sono ancora cose da sistemare .... Harry e Sev andranno a vivere assieme? Certamente non nel prossimo capitolo per i motivi che scoprirai anche tu fra un paio di giorni, ma la speranza è l'ultima a morire...

Aloysia Piton: Ciao cara, la storia dei gemelli non ha trovato spazio, avrei dovuto allungare troppo e così l'ho messa da parte ma nel prossimo ci saranno novità .... Baci, Alida

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Vergogna ***


CAP 13

Silente fu sorpreso da ciò che Severus gli riferì e in un certo senso molto preoccupato: violare la legge magica, e prendere in custodia un bambino contro la volontà dei genitori, portava a delle serie conseguenze, soprattutto se il bambino in questione non era stato trattato bene.

Bisognava capire perché Sirius aveva agito in quel modo, e fino a che punto erano arrivati i suoi soprusi su Harry. Fino a quel momento Harry aveva manifestato un rispetto assoluto delle regole che però poteva essere inteso anche come sottomissione a una persona ritenuta superiore.

Tuttavia questo non gli aveva impedito di partecipare in modo clandestino ai gruppi di studio e di proporre interessanti variazioni ad attività già programmate. Poteva apparire come un controsenso, ma nella mente di Harry tutto aveva una ragione d’essere, perciò rispettava le regole come gli era stato insegnato e le infrangeva  per soddisfare il suo tutore che lo avrebbe voluto ora obbediente, ora  più simile a James Potter.

Le azioni di Harry sembravano essere mosse dal desiderio di compiacere Black, ma come si poteva soddisfare i desideri di un uomo dedito all’alcol, che un giorno affermava una cosa e il giorno dopo l’opposto?

Non si poteva, e perciò le risposte sillabiche che Harry aveva dato al test di ingresso erano un disperato tentativo di trovare il giusto equilibrio che gli avrebbe consentito di non perdere l’affetto di Sirius.

Tuttavia una volta venuto a conoscenza del desiderio dei suoi genitori di lasciarlo a Severus, Harry non si pronunciò apertamente su quale fosse il suo reale desiderio, cioè se lui avrebbe voluto vivere con il suo tutore  o con il suo professore.

I giorni passarono e Harry lasciò l’infermeria. Il suo rientro nei sotterranei fu accolto con una piccola festa, molto sobria, in stile Serpeverde. L’unico a essere esagitato fu Jiulius che oramai era diventata la mascotte della casa.

“Non sarà un serpente” dicevano tutti “però è verde con la punta delle squame argentate, perciò fa al caso nostro!”.

Severus non si pronunciò mai su questo argomento e lasciò intendere che avrebbe soprasseduto.  Spesso Harry e il professore si trovavano a parlare di pozioni, in quanto Harry aveva ereditato il talento di sua madre in questa materia e poi la discussione finiva sempre con qualche ricordo di Lily che Severus regalava al suo studente.

Harry era felice in quanto Sirius non parlava mai di lei, ma raccontava solo di James, e questo gli aveva fatto credere che Lily non fosse una bella persona, che non fosse qualcuno di cui fosse piacevole parlare anche se lo zio Remus accennava a lei sempre in modo positivo.

Silente e Severus discussero più volte su quale comportamento fosse meglio tenere nei confronti di Sirius, e arrivarono ad una sola conclusione, prima di agire bisognava ascoltare Harry e rispettare la sua scelta.

Per questo, però, occorreva tempo. Harry aveva affrontato se stesso e ne era uscito vincente, affrontare Sirius Black in persona non era così semplice, prima era necessario che Harry acquisisse più consapevolezza dei suoi diritti e maggior intraprendenza, che decise di agire per se stesso e non per far felici le altre persone.

Un primo passò avvenne una mattina quando, dopo circa un mese dal suo risveglio,  Harry decise di spedire  una lettera a Sirius; così  prese una pergamena, la penna d’oca, l’inchiostro e scrisse: “Caro Sirius, sono felice di informarti che mi sono ripreso bene dall’incidente accorsomi. Durante quel periodo sono venuto a conoscenza di fatti molto importanti che ci riguardano entrambi. In particolare ho appreso il desiderio dei miei genitori di affidarmi a Severus Piton. Vorrei incontrarti per discuterne con te. Vorrei capire cosa ti ha spinto a tenermi con te. Se non possiamo incontrarci, ti prego, almeno rispondimi. Saluti, Harry Potter”.

Harry rilesse la lettera, aveva dovuto tralasciare alcune considerazioni come il fatto che Sirius non gli aveva mai detto di sentirlo come un figlio, ne gli aveva mai chiesto di essere chiamato “Papà” e questo lo faceva sentire rifiutato.

Ci sarebbero state tante cose da aggiungere, ma poi la lettera sarebbe diventata troppo lunga e Harry sapeva che Sirius non amava leggere e che la sua capacità di concentrazione poteva essere molto limitata a seconda di quanto avesse bevuto o meno.

Così, alla fine, decise di inviare la lettera senza aggiungere niente. Sirius ricevette la lettera una mattina verso le 11:00. Aprì la busta e lesse tutto. Questo aggiunto alla sua idea paranoica che Severus e Silente gli volessero portar via Harry provocò una reazione imprevista!

Senza pensarci su due volte, Sirius andò a Hogwarts. Gli elfi, all’ingresso del castello, cercarono il nome di Black tra quelle a cui era permesso l’accesso, ovvero il personale e i genitori o tutori degli studenti.

Come spesso accadeva Sirius non era sobrio e gli elfi pensarono che fosse un pazzo ma il suo  nome era presente nella lista, così lo accompagnarono fino al margine della Foresta proibita, dove Hagrid prese in custodia l’ospite e lo condusse fino al Gargoyle.

Hagrid, con il suo vocione, disse: “Arancia candita” ma il Gargoyle non si mosse.

“Cosa scuscede?” farfugliò Sirius con la lingua impastata.

“Evidentemente il preside non è nel suo ufficio, se vuoi puoi aspettarlo da me” propose Hagrid imbarazzato per la condizione trasandata in cui si trovava Black.

“Noo! Non voglio aspettare. Ma do-do-dove pot-rà esseeere quel vecchio?”.

Hagrid si inquietò. Nessuno aveva il diritto di definire Albus Silente vecchio! Silente era il miglior preside che Hogwarts avesse mai avuto e si meritava più rispetto. “Visto che è mezzogiorno e mezzo può darsi  sia nella Sala Grande a pranzare con i professori e gli studenti!”.

“Bene! Allora an-an-andrò lì!” continuò Sirius.

“Non credo che lei sia nella condizione per presentarsi davanti a tutti …”. Hagrid non fece in tempo a finire che venne colpito al petto da un Pietrifucus.

“Mai, m-mai mettersi con-on-ontro Sssirius Bl-Black!” urlò Sirius ormai fuori controllo.

Il castello sembrava essersi svuotato, Sirius non incontrò nessuno fino a quando non entrò nella Sala Grande gridando: “Dove sei?”.

I professori e Silente, i cui tavoli occupavano una posizione più elevata rispetto alle bancate, videro subito l’uomo entrare. Gli studenti inizialmente udirono una voce ma ci volle un po’ prima che vedessero Sirius.

Alcuni di loro non sapevano assolutamente chi fosse quell’uomo ubriaco che continuava a ripetere: “Dove sei, bastardello? Sono venuto …. Venuto per portarti v-v-via … !”.

Severus si alzò di scatto e si diresse verso Sirius.

Harry, dopo un momento di smarrimento, riconobbe suo padrino e fu investito da un profondo senso di vergogna. Sirius Black era venuto nella sua scuola ubriaco! Come aveva potuto fargli questo?

“Harry Potter! Dove sei? Male-detto! N-n-non ti lascerò qui. Dove sei?”.

“Oh, Merlino!” bisbigliò Harry diventando rosso dalla vergogna. Adesso tutti sapevano che quello era suo padrino, tutti! Tutti sapevano che non valeva niente, perché chiunque poteva venire ad Hogwarts e umiliarlo e lui non poteva difendersi. Cosa, che cosa avrebbe potuto fare?

“Schifoso Serpeverde! Sei la vergogna dei tuoi genitori!” continuava a gridare Sirius.

Draco si alzò e avvicinandosi a Harry gli disse : “Vieni, andiamo via da qui!”  mentre nello stesso momento Severus raggiunse Sirius e disarmandolo lo trascinò via.

“Quando tornerai a casa ti darò la lezione che ti meriti!” urlò ancora Sirius.

Con la coda dell’occhio, Severus  poté  vedere Harry, che come un automa, si faceva  portar via dall’amico mentre la maggior parte degli studenti iniziava a bisbigliare e alcuni a sghignazzare divertiti.

Nessun Serpeverde però si mise a ridere, né tanto meno a bisbigliare. Così come nessun studente del primo anno. Con molto contegno, gli studenti della tavolata verde-argento si alzarono e uscirono dalla Sala. Ciascuno di loro si sentiva ferito, perché molti di loro si sarebbero potuti trovare nella situazione di Harry.

Diversi di loro erano figli di ex-Mangiamorte e avevano ricevuto una educazione dura e talvolta primitiva. Dopo la morte di Voldemort, molti Mangiamorte erano stati arrestati, altri se l’erano cavata ma erano caduti nella trappola dell’alcol, altri ancora si erano tolti la vita, altri scaricavano la loro rabbia sui figli.

La vita!

Tutto può cambiare in un attimo e chi ieri godeva nel vedere soffrire gli altri, oggi doveva fare ammenda e soffrire. Tuttavia questi ragazzi non erano stati Mangiamorte, anzi, tutti loro erano entrati nella scuola dopo la morte di Tom Riddle e nessuno di loro aveva delle colpe.

Si trovavano perciò a pagare le colpe dei loro padri, vittime prima dell’ignoranza, poi della sconfitta  e poi della malvagità con cui alcuni adolescenti tormentano  i loro coetanei.

 Essere Serpeverde significava anche questo, ma quell’anno ad Hogwarts erano entrati tanti studenti dal cuore nobile, e così tutti i ragazzi del primo anno si sentirono indignati dal comportamento dei loro compagni di casa.

Silente riportò il silenzio nella Sala con un cenno della mano. “Oggi abbiamo assistito ad una scena davvero deprecabile, confido che nessuno di voi faccia leva su quanto accaduto per infierire sul vostro compagno Harry Potter”.

Le risatine di sottofondo continuarono, Hermione di scatto si levò in piedi e rivolgendosi ai Grifondoro che ridevano disse: “E’ forse questo il coraggio della nostra casata? Ridere dei mali altrui! Dov’èra il vostro coraggio prima, quando un ragazzino indifeso aveva bisogno di voi?”.

“E dov’è la nostra intelligenza?” continuò Rupert  dei Corvonero verso i suoi compagni “Se non riusciamo neanche a capire quando qualcuno ha bisogno di sostegno e non di derisione?”.

“E il nostro altruismo? Che fine ha fatto l’essenza della nostra Casa?” domandò Francy zittendo anche il prefetto dei Tassorosso.

Nessuno studente rispose, e neanche i professori seppero rispondere subito. “Penso” affermò Silente “Che ciascuno di noi abbia qualcosa su cui riflettere. Finite di pranzare e poi rientrate nei vostri dormitori. Le lezioni serali sono sospese per oggi. Alle sette vi voglio tutti qui per la cena”.

Silente osservò gli studenti del primo anno che per chiacchierare si erano alzati dalle rispettive tavolate e a gruppetti si scambiavano messaggi. –Quello- pensava –Ero il vero spirito con cui i quattro fondatori avevano fondato Hogwarts-.

Si trattava ora di coinvolgere anche i Serpeverde. Lui non sarebbe intervenuto in questo, confidava in questi bambini che si dimostravano giorno dopo giorno sempre più formidabili.

 

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CIAO A TUTTI.

CAPITOLO BREVE MA SCONVOLGENTE E  COINVOLGENTE. 

 FA RIFLETTERE! 

MI ASPETTO MOLTE RECENSIONI. ALMENO QUATTRO! ANCHE DI PIù SE VOLETE, NON FATE I TIMIDI.

A PRESTO, BACI E ABBRACCI, ALIDA

Marty4ever: questo è quasi il momento clou, sei ancora con il fiato sospeso vero? Nel prossimo Sirius dovrà affrontare una prova difficile, qualcosa di inaspettato ... spero di riuscire a mantenere la tensione ad un livello accettabile. Ti abbraccio tanto, ma tanto, ma tanto. Alida

Chocco: Severus può essere caritatevole, ma non si può aiutare chi non vuol essere aiutato! Sirius non solo ha portato via Harry dal suo destino, ma non riesce neanche a vivere una sua vita, ci sarà un finale che è una via mezzo perchè pur sapendo che dietro un alcolizzato c'è un uomo che vorrebbe uscire dalla sua situazione ma non ci riesce e anche vero che non me la sento di lasciare un ragazzino di 11 anni in una situazione così drammatica.  Grazie dei complimenti, immeritati, che mi hai fatto. Ti abbraccio, Alida

GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE INSERISCONO LA FF TRA I PREFERITI E TRA I SEGUITI, SE MI LASCIATE UNA RECENSIONE VI RINGRAZIO IL DOPPIO! ALTRIMENTI, VI VOGLIO BENE UGUALMENTE. BACI, ALIDA

 

 

 

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Capitolo 14
*** Conseguenze ***


CAP 14

Le urla di Sirius rimbombavano nella testa di Harry come un eco eterno che rimbalza da un orecchio all’altro senza lasciare modo ad altri suoni di entrare. “Ti porterò via”, “Sei la vergogna dei tuoi genitori!”, “A casa ti darò ciò che ti meriti!”.

Harry ebbe l’impressione che gli oggetti attorno a sé stessero girando e si tenne con forza ai braccioli della poltrona in cui era seduto. Nella Sala comune dei Serpeverde si sentivano solo i suoi singhiozzi e il suo pianto desolato. Tutti i Serpeverde erano riuniti lì, ma nessuno parlava. Osservavano il loro compagno sfogarsi e aspettavano il momento in cui sarebbe stato pronto a parlare o, almeno, ad ascoltare.

Harry cercava di mettere a fuoco le facce dei suoi amici ma vedeva solo sagome sfuocate, eppure presenti. Sapeva che anche se avesse pianto tutto il pomeriggio quelle sagome sarebbero rimaste lì, immobili, per lui e questo pensiero lo fece rilassare, gli permise di pensare che non era solo e che nessuno lo avrebbe giudicato.

Il respiro si fece regolare e i singhiozzi diminuirono. Draco mise una mano sulla spalla di Harry e disse: “Capiamo come ti senti, nessuno di noi ha genitori perfetti!”.

Un ragazzo del quarto anno si schiarì la voce e facendo un passo avanti, anche se con molto disagio, disse: “A me è successa la stessa cosa, ma non qui ad Hogwarts. Mio padre è venuto a prendermi durante un allenamento di Quidditch questa estate. Era ubriaco e mi disse cose terribili. Sono rimasto chiuso in casa durante tutto il resto delle vacanze perché avevo vergogna, e avevo paura di incontrare per strada i miei compagni di squadra”.

“E io, dove mi posso nascondere?” domandò,  ancora scosso,  Harry.

“Tu non ti devi nascondere” affermò il prefetto Duncan, “Ci penseremo noi a te, e se qualcuno ti darà fastidio dovrà vedersela con me!”.

“Ma tu non dicevi che ognuno deve difendersi da solo?” chiese Joel.

“Sì, è vero e lo penso ancora. Ma questo è un caso particolare. Gli studenti delle altre case ridevano di Harry perché lui è un Serpeverde. Tutti si aspettavano che fosse un Grifondoro coraggioso, e quando hanno visto che Harry non è riuscito a difendersi, allora hanno riso di lui!”.

“Hai ragione, Duncan” continuò una ragazza “Ho visto i gemelli Weasley ridere e dire che in fin dei conti Harry si meritava di fare una figuraccia del genere, e che se fosse stato un Grifondoro ciò non sarebbe mai accaduto”.

Harry singhiozzò e tra le lacrime ripetè: “Ridevano tutti!”.

“No” lo rassicurò Mark “Quelli del primo anno, no!”. Tutti confermarono quanto detto da Mark, nessuno studente del primo anno aveva riso di Harry.

Silente raggiunse Piton e Sirius nella capanna di Hagrid. Sirius aveva il labbra spaccato e un sopracciglio in sangue.

“Severus, cosa è successo?” domandò il preside indicando il viso di Black.

“Purtroppo niente di cui io sia la causa” fu la risposta di Severus “Ha fatto tutto da solo. E’ inciampato nei gradini rocciosi”.

“Confermo!” disse Hagrid.

“Ma davvero?” domandò il pozionista.

“Sì, certo. Ho visto io che Black cadeva nei gradini” replicò sicuro il Mezzogigante che non aveva percepito il tono sarcastico del professore.

“Grazie, Hagrid” rispose Silente.

Sirius non si era ancora ripreso dalla sbornia e Severus decise che era tempo che l’uomo tornasse in sé, così, bacchetta alla mano fece l’unica cosa che in questi casi si può fare: “Aguamenti!”.

Sirius si contorse per l’arrivo improvviso dell’acqua fredda sul suo corpo. “Non so se basti” aggiunse Severus notando che Sirius era ancora un po’ assente.

Allora si fece avanti Hagrid che con un bel secchio d’acqua, stavolta gelida, completò l’opera.

“Vedo che non ci andate leggeri” esclamò Silente mezzo divertito.

“Certo, dice così perché sono stato io ad essere pietrificato all’interno della scuola! Se la professoressa Cooman non fosse passata lì per caso, sicuramente sarei ancora davanti al suo ufficio rigido come il marmo!”.

“In tal caso…” disse Silente lasciando in sospeso la frase.

Sirius nel frattempo prese degli ampi bocconi d’aria e un po’ alla volta tornò lucido. Gli sguardi poco amichevoli dei tre maghi gli dicevano che era nei guai. Sapeva bene cosa aveva fatto e in parte sapeva che non era giusto, ma del resto lui era il tutore di Harry ed era suo diritto agire come meglio credeva per educare il ragazzo.

“E’ inutile che resti a pensare tanto, qualsiasi giustificazione troverai per il tuo comportamento non andrà bene” disse Severus con un sibilo che fece rabbrividire il povero Thor fino ad allora restato in disparte.

“Come ti permetti? Io sono il tutore di Harry e io, e solo io posso sapere cosa va bene per lui e cosa no!”.

“E pensi forse che metterlo a disagio davanti all’intera scuola possa giovargli in qualche modo?” domandò pacatamente Silente.

“Tu lo hai umiliato davanti a tutti!” esclamò Severus.

“Non è il primo studente a subire umiliazioni” disse sorridendo malignamene Sirius guardando Severus.

“Sei rimasto il ragazzino vile di un tempo, Black. Solo che prima te la prendevi con i tuoi coetanei e ora invece con un bambino!” rispose l’interessato.

“Oh, ma come sei diventato sensibile, Mocciosus”.

Sirius si alzò dalla sedia e avvicinando il suo viso a quello di Silente disse: “Se tu avessi salvato James e Lily non saremo in questa situazione. Invece no! Hai salvato quella piccola serpe!”.

Silente sostenne lo sguardo e con un lampo di rabbia negli occhi rispose: “Io ho salvato chi sono riuscito a salvare”.

“Tuttavia, sono stato io a salvare Harry” disse Severus.

“Cosa stai dicendo?” domandò stupito Sirius.

Hagrid era confuso quanto Sirius e anche lui domandò: “Non è possibile. E’ stato Silente a salvare il piccolino”.

“No, Hagrid. Non sono stato io” confessò il preside “Fu Severus, io mi presi il merito perché lui me lo chiese”.

“Bene, allora lo dico a te” continuò Sirius verso Severus “Se tu avessi salvato …” ma il pozionista intervenne subito “Lily mi chiese di salvare Harry, e io lo feci. Mi dispiace non aver potuto salvare anche lei, ma fu lei a sacrificarsi per suo figlio”.

Sirius non sapeva cosa rispondere. Lily aveva scelto di morire per salvare il suo bambino. Severus non gli diede il tempo di pensare e subito continuò: “Invece a te cosa chiese?”.

“Cosa vuol dire? Io non vidi Lily e neanche James il giorno in cui morirono” affermò Sirius.

“Lo so, eri ubriaco ai Tre manici di scopa, mi ricordo” disse Severus “Allora dimmi cosa ti dissero il giorno prima”.

“Non credo ti riguardi”.

“Io credo di sì. Cosa ti dissero? Ti dissero che erano contenti che tu fossi il padrino di Harry? Ti dissero che erano sereni di  sapere che se a loro fosse successo qualcosa, tu ti saresti preso cura di Harry?”.

“Io mi sono preso cura di Harry! Ho fatto tutto ciò che ho potuto!”.

“Gli hai sempre dato degli ordini come se fosse un soldatino” disse con disprezzo Severus “L’hai sempre trattato come qualcuno di inferiore”.

“Un soldatino! Ma sentitelo. Tutti, tutti i genitori danno degli ordini ai figli e i figli rispettano quegli ordini!” urlò Sirius sentendosi sotto pressione.

“No, i genitori non danno ordini, danno regole da rispettare, ma sono regole rispettose della persona che devono educare. Un genitore deve essere una guida”.

“E io l’ho guidato. Gli ho dato tutte le istruzioni perché arrivasse fino …”

“Fino a dove volevi tu” concluse Severus “Ma una guida non deve imporre un percorso, deve darci gli strumenti per condurci dove vogliamo arrivare noi”.

“Cosa vorresti dire con questo?” chiese innervosito Sirius “Se un genitore si accorge che il figlio prende una strada sbagliata deve intervenire. Tu non sai come fosse impertinente e sfrontato Harry da piccolo”.

“Stai parlando di un bambino che oggi ha undici anni. Quando mai è stato impertinente e sfrontato ? Quando ne aveva cinque?” domandò furioso Severus.

“Io conosco Harry e so qual è il modo migliore per educarlo, io so qual è il meglio per Harry!” rispose urlando Sirius.

“No, Black. Ti sbagli. Solo un genitore sa cosa è meglio per i propri figli. Lily e James lo sapevano e non pensavano che tu fossi il meglio!” lo freddò Severus.

Sirius capì che Severus conosceva la volontà di Lily e James e rimase imbambolato, con la bocca aperta. “Cosa … come puoi dire … tu non ne sai niente …” tentò Sirius, ma Severus non lo stava più ascoltando, era già vicino alla porta quando voltandosi verso Silente disse: “Torno al castello, i miei ragazzi hanno bisogno di me”.

“Sì, Severus. Fai pure” lo assecondò Silente.

Una volta che il professore fu uscito, Sirius cadde sulle ginocchia e ciondolò avanti e indietro, come una bottiglia vuota che rotola  sul pavimento. Thor si stiracchiò e avvicinandosi a ciò che rimaneva di Sirius Black, gli leccò il viso.

Silente non disse una parola e Hagrid si offrì di accompagnare Sirius fin fuori il territorio di Hogwarts.

L’aria era fresca, Novembre non risparmiava mai. Il cielo, seppure nuvoloso, pareva più chiaro e il cuore di Severus batteva all’impazzata. –Se solo Harry me lo chiedesse- pensava il professore –Se solo mi chiedesse di prendermi cura di lui-.

Poi il cielo scomparve e venne sostituito dal soffitto del magico castello, Severus non seppe come ma giunse nella Sala comune dei Serpeverde, dove Harry sorseggiava, con apparente serenità, un bicchiere di succo di zucca. Severus capì che le sue Serpi erano state vicino ad Harry per tutto il tempo e con molto orgoglio disse. "Ragazzi, sono molto fiero di voi. Non avete abbandonato Harry e questo vi fa onore".

Gli studenti non erano abituati a tanti complimenti e si sentirono imbarazzati. Tuttavia Severus sapeva  che lo avevano visto portar via il padrino di Harry,  e i loro occhi ponevano mute domande. Domande che esigevano una risposta.

Severus si avvicinò a Harry e chiese: “Preferisci che ti parli in privato?”.

Harry si guardò attorno, le sagome erano diventate facce ben definite, e ciascuna di loro gli aveva permesso di riprendersi. “No, può parlare anche qui”.

“Sirius Black è stato accompagnato fuori del territorio di Hogwarts”.

“Tornerà per portarmi via con sé?” domandò Harry.

Severus a bassa voce rispose: “No, se tu vorrai”.

Harry capì immediatamente e voltandosi verso gli altri Serpeverde disse: “Quando i miei genitori morirono Sirius Black mi prese con sé con l’inganno. Non doveva crescermi lui, i miei genitori volevano che stessi con qualcun altro”.

Subito Isabelle propose: “Allora devi subito cercare questa persona e andare a vivere con lei”.

“Tuo padrino dovrebbe finire ad Azkaban, ha violato la legge!” affermò Tiger.

Harry si rattristì: “No, questo no”.

Severus gli fece un cenno per rassicurarlo: “Si può evitare, ma tutto deve essere fatto per bene”.

“Sai dove trovare la persona che ti avrebbe dovuto crescere?” chiese Draco.

Harry guardò Severus come a chiedergli se poteva svelare a tutti il loro rapporto e ancora una volta il professore acconsentì.

“Si, si tratta del professor Piton” affermò Harry.

“Oh, bene!” fece un ragazzino del secondo anno suscitando l’ilarità di tutti “Almeno sappiamo che è uno apposto!”.

Harry sorrise, era magnifico, Severus Piton si sarebbe preso cura di lui! Sirius Black era solo un brutto ricordo. Harry era sinceramente convinto che non avrebbe più rivisto Black, non sapeva ancora quanto fosse doloroso perdere qualcuno che si è amato anche se non ci si è mai sentiti ricambiati.

Adesso però, era il momento della pace e lasciò che questa sensazione lo invadesse in pieno. Severus non potè fare a meno di sorridere accarezzò i capelli del suo protetto, non fece altro e non disse niente. Eppure Harry sentì che quello era amore.

L’orologio suonò le 19:00 quando tutti gli studenti entrarono nella Sala grande per la cena … fuori, invece, ai confini della scuola non si sentirono i rintocchi ma solo il mugolio delle catene che magicamente si attorcigliavano attorno al cancello.

Sirius trascinò il suo corpo lungo la foresta. Non aveva voglia di usare la magia. Voleva respirare l’aria della sera e camminare in mezzo agli alberi, voleva scorgere le stelle tra i rami e le foglie disteso sulla terra mentre l’umidità bagnava i suoi vestiti e il freddo lo avvolgeva.

Si trattava solo di trovare un posto in cui fermarsi. A circa dieci metri vide un grande albero, le cui radici cominciavano ad essere ricoperte di foglie secche. Decise che quel posto sarebbe andato bene.

Anche lui si sentiva come una foglia secca. Una foglia che undici anni prima si era staccata dal suo ramo e per undici anni aveva galleggiato nell’aria, e  ora finalmente aveva toccato il suolo. Adesso doveva solo lasciarsi marcire assieme alle altre foglie e aspettare che il tempo disperdesse le sue tracce.

Si sdraiò piano, per il timore di ferire le altre foglie, come se un tempo quelle foglie fossero state persone. Poi i suoi occhi si persero nel cielo, un cielo senza stelle. Anche la natura si prendeva gioco di lui.

“Non vale” urlò “Le stelle sono di tutti!”.

“Di tutti … di tutti” bisbigliò una voce.

Sirius si voltò di scatto. Non c’era nessuno. “Maledizione al whisky”  si disse.

“Al whisky … al whisky … al whisky” ripetè la voce.

“Chi c’è? Chi c’è! Mocciosus sei tu?” domandò cominciando a provare un po’ di paura.

La voce tornò: “Sei tu … sei tu … sei tu…”.

Sirius ebbe l’impressione che la voce fosse lievemente diversa. “Silente, dai, non posso credere che vi siate abbassati a fare questi scherzi idioti”.

“Idioti … idioti” canticchiò la voce allegramente.

“Basta, basta! Perché mi state facendo questo?” urlò ancora confuso e spaventato Sirius.

Uno spettro sghignazzante comparve all’improvviso davanti a Sirius facendolo indietreggiare.

“Aaahhh!” urlò alzandosi di scatto ma qualcosa lo tenne per la caviglia, allora abbassò lo sguardo verso il basso: il piede si era incastrato tra piccoli pezzi di rami, si chinò per cercare di liberarsi ma spostando le foglie vide il viso di un fantasma che con voce rauca gli disse: “Vogliamo solo divertirci un po’ con te!”.

“No!” urlò Sirius che prese a correre con tutta la forza che aveva.

 

 

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CIAO A TUTTI, AGGIRONAMENTO VELOCE, COSA NE DITE? RIUSCIRO' A PORTARE A TERMINE LA FF PRIMA DELLA FINE DELL'ANNO? NON LO SO, MA TENTERO'. PERCIO' CERCATEMI OGNI GIORNO E ... LASCIATE QUALCHE RECENSIONE. BACI, ALIDA



GinnyPotter93: sono felice che la storia ti piaccia, sai ero un pò preoccupata perchè non mi è mai capitato di scrivere una storia lunga senza Voldemort, e pensavo che non sarei riuscita a renderla interessante. Mi sembra così strano! Comunque spero che anche il nuovo capitolo sia di tuo gradimento. A presto, un abbraccio, Alida

chocco: mi inchino davanti ai complimenti e ti ringrazio nuovamente. Io ho sempre creduto che per quanto  la divisione degli studenti in quattro case fosse pratica, in realtà abbia contribuito a separare ancora di più gli studenti. Sarebbe stato meglio se i gruppi fossero stati eterogeneii, cioè una divisione in 4 case ma più collaborazione. Fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo, baci, Alida

Marty4ever: spero che ti sia preparata la bombola d'ossigeno perchè questo capitolo, dal mio punto di vista, doveva lasciarti con il fiato sospeso. Sirius è impallidito! Ben gli sta! (Autorecensione, sorry). Per la tua storia non preoccuparti, aspetterò. Mi chiedi se scriverò Vivere 3, non lo so ancora. Mi è stato chiesto di scrivere il continuo di Convivenza Forzata, ci sto pensando ... prima però devo terminare questa. Al massimo scrivero poesie e one-shot o drabble mentre ho in corso questa storia lunga. Baci e abbracci, Alida

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Capitolo 15
*** Papà e gemelli ***


CAP 15

Sirus corse più veloce che poté dalla paura, senza pensare che uno spettro non avrebbe avuto problemi a raggiungerlo, ovunque lui arrivasse. Il fiato si fece corto e lui si dovette fermare per respirare. Si poggiò spalle ad un albero e chiudendo gli occhi inspirò profondamente.

“Non avere paura” disse una voce triste.

Sirius aprì gli occhi e non vide nessuno, solo alberi.

“Dove sei? Fatti vedere!”.

“Non voglio” rispose la voce.

“Eppure prima non hai avuto problemi a piazzarti davanti a me”.

La voce si offese: “Non è vero. Io ero sotto le foglie, sei tu che mi hai scoperto”.

Sirius credette di stare impazzendo, non solo sentiva voci ma queste gli rispondevano.

“Sto parlando di prima, di quando mi son ritrovato la tua faccia di fronte alla mia”specificò Sirius.

“Quello non ero io, era mio fratello!” spiegò la voce.

“Tuo che… ?”.

“Mio fratello” ripetè la voce chiaramente.

“E dove sarebbe tuo fratello?” chiese perplesso Sirius pensando che la voce si stesse prendendo gioco di lui.

“Eccomi qua!” rispose quello mostrandosi nella sua forma pseudo-fisica.

Davanti a Sirius comparve un ragazzino di circa 10 anni, dai capelli castano scuro e gli occhi marron. Non era robusto ma neanche gracile, un ragazzino come tanti in fin dei conti. Sirius aveva già visto dei fantasmi, non tanti, a dire il vero aveva visto solo quelli che vivevano ad Hogwarts e quello davanti a sé sembrava proprio un fantasma.

“Chi sei? E perché tuo fratello non si fa vedere?” domandò Sirius.

“Io sono … io, e mio fratello non si fa vedere perché …”

“Zitto! Non dirglielo!” lo interruppe il fratello.

“Fermi. Che cosa significa io sono io?” disse Sirius.

“Bhè” disse la voce “noi non ci ricordiamo i nostri nomi”.

“Ma sapete di essere fratelli” continuò Sirius.

“Esattamente” affermò il ragazzino.

“Ma chi volete prendere in giro? Perché dovrei credere che un fantasma abbia per fratello una voce? Non riesco neanche a credere a quello che sto dicendo. Ma cosa significa?” disse Sirius.

“Ci devi credere” disse la voce lagnandosi “E’ la verità”.

“Allora fatti vedere” continuò Sirius “Se ti mostrerai, forse potrò credere che sei il fratello di questo fantasma che ho davanti a me”.

“Prometti che non riderai di me” disse la voce.

“Promesso”.

Ed ecco che affianco allo “spettro” del ragazzino si materializzò un altro “spettro” identico. Due ragazzini identici, molto più che fratelli: gemelli.

Sirius rimase sbalordito. “Siete due fantasmi gemelli?”.

“No, basta con questa storia. Tutti pensano che siamo fantasmi …”

“Sì, parlano di noi come dei “Fantasmi dei gemelli senza nome!” disse il primo ragazzino.

“Che idiozia!” proseguì l’altro “Noi non siamo fantasmi, siamo quello che c’è dentro le persone. Forse siamo anime”.

Sirius osservò con attenzione il nuovo spettro, o meglio l’immagine, l’anima del secondo ragazzino, sembrava essere un po’ più magro del fratello e più impacciato, giocherellava con le mani e dondolava da un piede all’altro.

“E così siete anime. E perché non ve ne tornate nel vostro corpo?” chiese provocatoriamente.

Il secondo ragazzino cominciò a piangere, mentre il primo, guardando tristemente Sirius, rispose: “Non sappiamo più dove sono i nostri corpi”.

“Io voglio tornare a casa!” piagnucolò il primo.

“Lo so, vedrai che prima o poi troveremo il modo” lo rassicurò il fratello.

Quelle parole portarono Sirius lontano nel tempo.

Due bambini  erano appostati dietro un muro di confine, al di là di quello una bambina giocava con il suo gattino. “Dai, Sirius. Adesso l’hai vista, andiamo via, è quasi ora di pranzo”.

“Possibile che tu riesca a pensare solo a mangiare” sbuffò Sirius.

“Non è per quello. Lo sai che se rientriamo in ritardo papà ci sgrida”.

“E allora?”.

“Sirius, dai! Voglio tornare a casa!”.

“Va bene, Regulus, torniamo a casa”.

Quando i Serpeverde entrarono nella Sala Grande per la cena, vennero accolti inizialmente da un silenzio imbarazzante e poi dall’applauso dei ragazzini del primo anno. Tutti sapevano che quell’applauso era principalmente per Harry ma nessun altro Serpeverde si sentì messo in disparte. Era giusto così.

Severus si diresse nella tavolata dei professori e osservò le sue piccole serpi prendere posto. Harry era teso ma teneva la testa alta. Silente si alzò, prese un coltellino e batté leggermente sul bordo di un bicchiere per attirare l’attenzione.

Non aveva avuto modo di parlare con Severus dopo che questo era rientrato nei sotterranei, perciò non sapeva se far chiaro riferimento ai fatti successi durante il pranzo. Naturalmente non si lasciò perdere d’animo.

Il suo discorso fu breve e colpì dove era giusto colpire.

“In seguito ai fatti accaduti, ho deciso di attribuire dei punti alle quattro case. Di preciso, tolgo cinque punti per ogni studente che ha tradito i principi su cui la propria casa si fonda. E  attribuisco dieci punti per ogni studente che invece è rimasto a loro fedele”.

I ragazzi cominciarono a bisbigliare, questo portava la casa dei Serpeverde decisamente avanti rispetto a tutte le altre, che comunque  erano state salvate  dal comportamento dei ragazzi del primo anno.

“Silenzio” riprese il preside “Ricordatevi sempre che questa scuola non fu fondata da una sola persona, né da due e neanche da tre. Hogwarts fu fondata da due maghi e da due streghe, e la sua forza risiede nell’esistenza di quattro gruppi.

Nessuno di voi  dimentichi mai gli sforzi e i sacrifici  che undici anni fa tanti maghi, tra i quali anche i  Serpeverde, fecero per rendere migliore il mondo magico e la stessa scuola che oggi frequentate.  

Nessuno di voi dimentichi di guarire per primo  il male che si porta dentro e solo dopo quello che vede attorno a sé, perché vi posso assicurare che in questo modo il male che c’è nel mondo e che vi troverete ad affrontare sarà molto più debole di quanto possiate credere.

Adesso posso solo dire, buona cena!”.

La cena andò avanti senza problemi, tutti mangiarono e poi si ritirarono nei loro dormitori. Severus chiamò Harry nei suoi alloggi, voleva parlargli di come aveva intenzione di gestire il loro nuovo rapporto, era euforico anche se esteriormente non si sarebbe detto.

La sua gioia fu stroncata dall’atteggiamento di Harry il quale si presentò freddo e distaccato.

“Grazie di essere venuto, Harry” iniziò Severus.

“Grazie di avermi invitato a venire, Signore” rispose Harry.

Severus rimase di stucco, quello non era certo il ragazzino del pomeriggio e neanche quello che si era ripreso dall’incantesimo di Illusione.

“Ti ho chiamato per parlarti di noi. Insomma del nuovo rapporto che stiamo per iniziare. Per me non è facile, sai io non ho mai diviso i miei spazi, le mie cose con nessuno”.

“Capisco, Signore” rispose Harry.

Era difficile e Harry stava complicando ancora di più la situazione. A Severus venne un grosso dubbio. “Harry, sei felice che io sia diventato il tuo nuovo tutore?”.

“Sì, Signore”.

Non andava bene, aveva fatto la domanda sbagliata, così provò con qualcosa di più personale.

“Tu come hai intenzione di gestire il tutto?”.

Harry trasalì. Una domanda aperta. Perché Severus si comportava così? Ora era il suo tutore, doveva dargli degli ordini e lui doveva obbedire. Come era stato con Sirius. No? Severus voleva qualcosa di diverso, ma cosa.

“Io pensavo che avrebbe lei le decisioni, Signore”.

In un attimo tutto divenne chiaro nella mente di Severus: Harry stava cercando di instaurare con lui lo stesso rapporto che aveva con Sirius perché era l’unico tipo di rapporto che conoscesse.

“Harry” disse Severus guardandolo  negli occhi “Io ho conosciuto tuo padre e so che ti voleva bene, molto bene. Tanto bene che acconsentì ad affidarti a me, nonostante non fossimo amici, e lo fece perché sapeva che io mi sarei preso cura di te, che avrei saputo amarti”.

Le labbra di Harry tremarono, non voleva piangere, era stanco e aveva già pianto molto quel pomeriggio ma sembrava che Severus fosse pronto a dirgli qualcosa che lui aveva sempre desiderato e che invece Sirius non gli aveva mai proposto e questo lo agitava.

“Quando io dico che sono diventato il tuo tutore non intendo che sono la persona che da ora in poi di darà ordini, che ti imporrà il suo volere, non sono la persona che devi chiamare Signore. Qui sulla terra nessuno è Signore di nessuno.

Io sono la persona che ti vorrà bene e ti aiuterà a crescere, che ti starà vicino quando ti sentirai male, come avrebbe fatto tuo padre. Forse James Potter sarebbe stato più bravo di me, ma io cercherò di fare del mio meglio e se tu vorrai, quando vorrai potrai chiamarmi Papà, fino ad allora per favore chiamami Severus o se ti va Sev come faceva tua madre”.

Il viso di Harry era segnato dalle lacrime che scendevano copiose, aveva sentito bene? Papà, Severus, Sev? Lacrime! Come erano diverse queste da quelle del pomeriggio, come lo facevano sentire amato.

Senza pensarci, Harry allargò le braccia e correndo raggiunse Severus che lo strinse a sé. Adesso il bambino di Lily … e di Potter era al sicuro.

Sirius tornò in sé e osservando i due gemelli, erano uniti nel cuore e nel destino. Le due anime però non erano serene, non del tutto e questo era insolito, così Sirius domandò ai due  di raccontargli la loro storia.

Il primo ragazzino, che sembrava essere il più audace, indietreggiò di riflesso. “Perché vuoi conoscerla?”.

“Per ora è solo curiosità” rispose Sirius.

“Bene, visto che sei stato sincero te ne parleremo” affermò il secondo che cominciò: “Io e mio fratello vivevamo in una casa qui vicino, era una bella casa, né grande né piccola, però c’era un bel cortile nel quale noi giocavamo sempre. Il nostro gioco preferito era –nascondino-. Uno di noi si nascondeva e l’altro cercava. Non vedevamo l’ora di compiere undici anni per frequentare Hogwarts”.

Il primo prese la parola: “Tutto andava bene fino a quando nostra madre non morì”.

“Cosa successe poi?” domandò Sirius.

“Nostro padre cominciò a bere” raccontò il secondo “E anche a …”

“… a picchiarci!” terminò il primo “Diceva che era colpa nostra se la mamma era morta, che saremo dovuti morire noi”.

Sirius ripensò alle parole dette a Silente, anche lui avrebbe preferito che fosse morto Harry al posto di Lily e James, e questo Harry lo sapeva. Forse che anche Harry si sentiva come questi due ragazzini?

“Perché diceva così?” chiese Sirius.

“Perché una sera mentre noi giocavamo a nascondino cominciò a piovere. Il cortile era molto grande e la mamma non sapeva dove fossimo, così uscì per cercarci, noi avevamo trovato riparo e non pensavamo che lei sarebbe uscita di casa per venire a prenderci. Non lo sapevamo” disse il secondo ragazzo che poi lasciò terminare al fratello “Un fulmine la colpì e lei cadde a terra. Non si mosse più!”.

“Ragazzi non è stata colpa vostra. Non siete voi i responsabili”.

“Nostro padre aveva ragione, saremo dovuti morire noi”.

“Da quel giorno tutto andò male. I mesi passavano e nostro padre diventava sempre più cattivo. Una mattina di luglio ricevemmo le lettere per entrare ad Hogwarts. Eravamo felici, molto felici. Quando lui ci vide ridere si imbestialì. Disse che noi ridevamo mentre nostra madre era morta, che non avevamo diritto di essere felici. Lo vedemmo prendere un bastone, voleva picchiarci ma noi volevamo fuggire, andare lontano e poi … d’improvviso ci sentimmo leggeri”.

“Ci vedemmo sdraiati per terra mentre nostro padre era inginocchiato con le mani fra i capelli. Decidemmo di fuggire, non capivamo bene cosa stesse succedendo, riuscivamo a trapassare i muri, a volare, e non sentivamo niente. Nessun dolore”.

“Le vostre anime sono uscite dal vostro corpo?”.

“Sì, deve essere andata così. Dopo un paio di giorni decidemmo di tornare a casa, ma non ci fu possibile”.

“Perché?” chiese Sirius totalmente coinvolto.

“Perché non siamo più riusciti a trovarla, non sappiamo più dove sia, e non sappiamo più dove siano i nostri corpi”.

“Ma io voglio tornare a casa!” ripetè tra le lacrime il secondo ragazzino.

Quelle parole, quelle parole erano strazianti per Sirius. Anche Regulus voleva tornare a casa, e invece un girono uscì e non fece più ritorno. Lui non poteva fare niente per il suo fratellino ma forse per questi due c’era ancora una possibilità.

CIAO RAGAZZI/E,

RINGRAZIO TANTO CHI STA LEGGENDO E CHI LASCIA UNA RECENSIONE.

RINGRAZIO ANCHE TUTTI GLI ALTRI, OVVERO LE 18 PERSONE CHE HANNO INSERITO LA STORIA TRA I PREFERITI E LE 13 PERSONE CHE L’HANNO INSERITA TRA I SEGUITI.

ECCO A VOI LA STORIA DEI GEMELLI SENZA NOME, IN ORIGINE AVREBBE DOVUTO INCONTRARLI HARRY, MA ERA UNA STORIA DIVERSA IN CUI SIRIUS PORTAVA VIA HARRY CHE POI SCAPPAVA E INCONTRAVA I GEMELLI.

INVECE LE COSE SONO ANDATE DIVERSAMENTE.

FATEMI SAPERE COSA PENSATE DI QUESTO CAPITOLO. SPERO DI RIUSCIRE A POSTARE ANCHE DOMANI.

BACI, ALIDA

 GinnyPotter93: la situazione fra Harry e Sev migliora di capitolo in capitolo, spero che anche la storia dei gemelli sia di tuo interesse. Fammi sapere, A presto, Alida

Marty4ever: questo capitolo è meno emozionante ma comunque credo che abbia dei bei momenti. La tensione sta calando, adesso Sirius dovrà darsi da fare ... Baci, Alida

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Confusione ***


CAP 16

Ci vollero diverse settimane perché Sirius controllasse tutto il territorio esterno ad Hogwarts, i due gemelli erano convinti che la loro casa si trovasse lì. “Quando andavamo a letto vedevamo la cima di una torre. E certi pomeriggi potevamo anche sentire le urla dei tifosi durante le partite di Quidditch”.

“Possibile che foste così vicino?” chiese Sirius perplesso “Io sono stato ad Hogwarts e in seguito, per vari motivi, ho perlustrato tutta la zona attorno ma non ho mai visto nessuna casa”.

“Eppure c’era, siamo sicuri” dissero i fratellini.

“Aspettate un po’, di che anno stiamo parlando?”.

I due fratelli si guardarono in faccia, non si ricordavano assolutamente niente. “L’unica cosa che ci  ricordiamo  è il nome della nostra  mamma: Julie Murry”.

“Julie Murry, questo è un buon punto di partenza. Vediamo un po’ di scoprire dove riposa e poi cercheremo vostro padre e la vostra casa”.

“Nostro padre?” chiese uno dei gemelli.

“Sì, perché? Non volete ritrovarlo?” domandò Sirius.

I due ragazzini non risposero, era passato molto tempo dai loro brutti ricordi, ed era molto tempo che non provavano più dolore ma sapevano di averne provato e non volevano ricadere in quel baratro.

“Forse è meglio iniziare da nostra madre” affermarono in comune accordo.

Sirius non insistette, avevano bisogno di tempo come forse, Harry aveva bisogno di tempo per riavvicinarsi a lui. In quelle settimane non aveva ricevuto nessun messaggio da Hogwarts se non da parte di Silente che lo rassicurava circa il buon andamento scolastico di Harry.

E del resto Sirius non aveva mai chiesto informazioni, non pensava fosse lui a doversi muovere, era Harry, dal suo punto di vista a dover tornare così come erano i gemelli a dover cercare il padre.

Non aveva capito che l’amore non consiste nel ricevere ma nel dare. E che si sente di aver ricevuto solo dopo che si è dato. Però qualcosa in lui stava cambiando, aveva una voglia matta di agire, di muoversi e risolvere il problema di questi bambini, illuso com’era che risolvendo quello anche il rapporto tra lui e Harry sarebbe migliorato.

Da quando Sirius aveva deciso di dare una mano ai gemelli, aveva anche smesso di bere eppure nella sua mente i fatti sembravano mescolarsi: la casa che non si trovava diventava Grimmauld Place, i gemelli diventavano lui e Regulus, il padre violento e il ragazzino erano lui e Harry, la madre morta prendeva il volto di Lily.

Era come se qualcuno avesse preso i suoi ricordi e li stesse scuotendo, riusciva a vedere il volto di tutte le persone che avevano fatto parte del suo passato, tranne di James. Eppure era convinto che smettere di bere l’avrebbe aiutato a schiarirsi le idee e invece si scontrava con una realtà diversa.

L’alcol non era stata la soluzione ai sui problemi perché quelli vecchi c’erano ancora e ad essi se ne erano aggiunti di nuovi. E siccome il suo cervello non era più abituato a ragionare ora faceva fatica.

I gemelli non percepivano il disagio di Sirius, vuoi perché non conoscevano la sua storia personale, vuoi perché vivevano in un mondo spirituale dove la sofferenza era attutita.

Una mattina Sirius riuscì a scoprire dove era stata sepolta Julie Murry e con i gemelli andò a portarle dei fiori. La tomba era abbandonata, le erbacce crescevano attorno alla lapide e in parte ne coprivano la visuale. Sirius si inginocchiò e le strappò via, con un po’ di acqua pulì il vetro, che riparava la foto di una donna sorridente e, riempito un vasetto d’acqua, mise i fiori.

I gemelli osservarono la tomba e la riconobbero, dopo la morte della loro madre erano venuti tante volte a salutarla, a parlarle e a portarle dei fiori. Nel cimitero c’era silenzio come sempre, come accade in ogni luogo dove la storia è stata scritta e nessuno può tornare indietro a cambiarla.

Era tenuto abbastanza bene, eccetto che per quella zona in cui si trovavano loro. Era la parte vecchia e le persone sepolte dovevano aver vissuto molto tempo addietro. Sirius lesse la data di nascita e morte di Julie. 1928-1959. Aveva solo 31 anni.

I ragazzi erano silenziosi. Se quando la madre era morta loro avevano avuto circa otto o nove anni, significava che Sirius avrebbe dovuto cercare i corpi di due uomini di sessant’anni.  I corpi di due uomini non potevano sparire.

Uno dei gemelli cominciò a piangere mentre l’altro lo consolava: “Andiamo, dai!”.

“Ma io voglio tornare a casa”.

“Troveremo un modo, vedrai” continuava a ripetergli il fratello.

“Ragazzi” li interruppe Sirius “Sto facendo il possibile per voi. Riuscirò a trovare la casa, non preoccupatevi. L’impiegato che mi ha indicato questo cimitero mi ha assicurato che avrebbe fatto delle ricerche su vostra madre per conoscere i vostri nomi e quello di vostro padre”.

“Noi volevamo tornare indietro ma la casa non c’era più” disse uno dei gemelli.

“Le case non spariscono!” affermò Sirius.

“Forse gli hanno fatto un incantesimo”.

“No, ragazzi.  Vostra madre è venuta a mancare nel 1959, da allora la zona attorno ad Hogwarts è stata molto frequentata e vi posso assicurare che se ci fosse stata una casa nascosta, sarebbe già stata trovata. Siete sicuri di non ricordare più nulla. Sforzatevi. Ripensate a quel giorno. Vostro padre era adirato perché voi avevate ricevuto la lettera di Hogwarts, la vostra anima è uscita dal vostro corpo ed è scappata lontano. Quando siete tornati indietro cosa avete visto, cosa avete sentito, c’è qualcosa in particolare che vi è rimasto impresso?”.

“C’era un’aria pesante, non si riusciva a respirare”.

“C’era la nebbia, mi ricordo perché non si vedeva niente”.

“E’ vero, non si vedeva niente”.

“E potevate sentire qualcosa?” chiese Sirius.

I gemelli si agitarono e cominciarono a camminare speditamente, i ricordi si stavano facendo più vivi. “Ragazzi, dove andate? Aspettate. Se vi ricordate qualcosa, me lo dovete dire!”.

“Io voglio tornare a casa”.

“Ti ho detto che troverò un modo”.

“Non è vero, lo sai anche tu che non possiamo tornare a casa”.

“Perché? Ragazzi, fermatevi!” urlò Sirius.

I gemelli si fermarono. “Perché non potete tornare a casa?” domandò il mago.

“Perché la nostra casa non c’è più” rispose uno dei ragazzi “Papà la bruciò!”.

“Cosa?” chiese esterrefatto Sirius.

“C’era tanta nebbia e non riuscivamo a respirare bene. Non potevamo sentire l’odore e ci sembrava davvero nebbia, ma avvicinandoci a casa vedemmo le fiamme. Non era nebbia, era fumo. Nostro padre aveva dato fuoco alla casa”.

“E lui che fine fece?” .

I ragazzi abbassarono gli occhi a terra e poi indicarono un’altra lapide. David Harx 1923-1961.

“Vostro padre morì nell’incendio” concluse Sirius “E voi?”.

“C’era tanto fumo e tanto fuoco. Aspettammo che l’incendio si spegnesse e poi entrammo in ciò che era rimasto della casa. I nostri corpi, come quello di nostro padre, non c’erano più. C’erano solo ossa. Solo ossa! Tante ossa ammucchiate” conclusero piangendo i bambini.

“E adesso non possiamo più tornare a casa. Non potremo tornarci mai più! In nessuna casa!” urlarono i gemelli che, correndo, lasciarono Sirius da solo nel cimitero. Accanto alla lapide di David Harx, ce n’erano altre due Simon Harx e John Harx 1951-1961.

Il signor Harx aveva visto i suoi figli per terra e non riuscendo a rianimarli, pensando di averli uccise decise di togliersi la vita e dopo aver dato fuoco alla casa si sdraiò vicino ai bambini che proprio nel momento del bisogno non era riuscito ad amare, e aspettò che la morte lo portasse via. Non sapeva, però, che i suoi bambini non erano affatto morti.

Sirius, ancora una volta, si inginocchiò e ripulì le tre lapidi dalle erbacce, si ripromise di portare dei fiori per quei bambini che per sfuggire al male si erano condannati a vivere nell’eterna ricerca di una felicità chiamata casa, e per quel papà che troppo tardi si accorse di avere ancora qualcuno da amare.

Con calma, in uno stato quasi ipnotico, Sirius rientrò a Grimmauld Place. I pensieri si confondevano nella sua testa. Grimmauld Place era lì, non era bruciata, eppure sentiva uno strano odore di cenere.

 Harry non c’era, forse era uscito a fare qualche commissione ma stranamente non aveva lasciato nessun biglietto, non era da lui. Harry conosceva le regole e non le avrebbe mai infrante, sapeva di dover obbedire.

La sua camera era aperta, mentre quella di Regulus era chiusa a chiave. “Maledizione!” urlò. Perché suo fratellino doveva sempre entrare di nascosto in camera sua e mettergliela a soqquadro. Lui e Regulus erano fratelli, forse fratelli gemelli, non ricordava bene.

Se la casa era bruciata, e con essa anche il papà con i bambini, allora perché lui era vivo e la casa era intatta. C’era ancora quella puzza di fumo. –Forse è il mio cervello- pensò Sirius.

E poi dov’era Regulus? Regulus era sempre in casa, e il papà era cattivo. Anche lui era stato cattivo con Harry. Allora se il papà era in casa quando questa bruciò e c’erano anche i bambini, allora lui e Regulus non c’erano più. Lui aveva bruciato Regulus! E perché Harry non rientrava.

Il campanello squillò. Chi poteva essere?

Remus si rese subito conto che qualcosa non andava, Sirius era agitato ma non era ubriaco, farneticava strane cose ma era sobrio eppure non sembrava consapevole di se stesso.

“Remus, dove sono Regulus e Harry! Lo sanno che non devono fare tardi, altrimenti li devo punire e poi papà ci picchia!”.

“Sirius, cosa stai dicendo? Non sappiamo dove sia Regulus, e Harry invece è ad Hogwarts” rispose Remus cercando di capirci qualcosa, ma Sirius andava per conto suo.

“Io non ho mai picchiato Harry. Forse gli ho dato qualche ceffone e qualche sculacciata quando era piccolo ma non ho mai usato il bastone!” disse freneticamente.

“Lo so, Sirius. Nessuno ti ha accusato di questo”.

“I gemelli dicono che io li volevo picchiare con il bastone!” urlò Sirius.

“Quali gemelli? Di chi stai parlando?”.

“I gemelli, John e Simon. I gemelli senza nome”rispose confusamente Sirius.

Remus guardò il suo amico. Non era possibile. Stava perdendo anche lui. Il tradimento di Peter, la morte di James e Lily e ora Sirius e la sua pazzia!

CAPITOLO CORTO, MA INTENSO.

Non sono sicura di poter aggiornare domani, magari scriverò qualcosa di corto. Aspetto le vostre recensioni, baci, Alida

GinnyPotter93: la storia dei gemelli senza nome, che ora un nome lo hanno, non è conclusa .... ci saranno ancora degli avvenimenti importanti che li legheranno a Sirius. SEve Harry non sono presenti in questo capitolo, ma torneranno presto. Ti mando un grosso abbraccio, Alida

Karmysev: la storia avrà un lieto fino ma diverso da come lo hai immaginato tu. I gemelli non sono in carne ed ossa, sono solo anima e perciò Sirius anche volendo non poteva prendersene cura, e poi nelle condizioni di dipendenza dall'alcol c'era bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui. Sev e Harry non sono riuscita a inserirli perchè il capitolo è corto, ma torneranno presto. Credo che arrivare ad una conclusione non forzata ci sia bisogno ancora di qualche capitolo, se riesco a scrivere tanto forse in un paio di giorni dovrebbe finire ma non prometto niente. Baci e abbracci, Alida

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Capitolo 17
*** Comprensione ***


CAP 18

La signora Grassa ripeteva la stessa tiritera da circa un quarto d’ora: “Se non conoscete la parola d’ordine non posso farvi passare. Conoscete il regolamento” e Harry continuava a ripeterle: “La conoscevamo ma abbiamo perso il biglietto e non ci ricordiamo più quale sia”.

“Allora non potete entrare” continuava lei.

La signora Grassa, che come sempre indossava un abito dall’ampia scollatura, si sporse in avanti per vedere meglio in faccia i due ragazzi e senza volerlo esibì buona parte del suo abbondante seno.

“Non siamo interessati” le fece notare Draco suscitando le risa di Harry.

“Mai  conosciuti due Grifondoro così impertinenti” rispose quella ricomponendosi.

Draco scattò subito: “Non siamo Grifondoro, siamo dei Serpeverde!”.

Fu come aver sentito delle parole infernali, la signora Grassa riempì i suoi polmoni d’ossigeno e poi urlò con tutto il fiato: “Ah! Siamo assaliti dal nemico! Aiuto, aiuto! Chiamate il prefetto, chiamate la professoressa McGranitt, chiamate il preside! Aiuto!”.

I quadri vicini cominciarono a gridare, più per solidarietà che per esigenza, e in breve un echeggiare di grida si diffuse nel castello, attirando l’attenzione di molti. Gazza e Mrs Purr giunsero per primi e, vedendo i due ragazzi “terrorizzare” la signora Grassa, disse: “Siamo nei guai. Siete in uno dei pochi posti in cui non vi dovreste mai trovare, lo sapete, vero?”.

“Ehi, non stiamo facendo niente. E questa grassoccia che ha iniziato a urlare” disse con poco garbo Harry.

“Signor Potter” lo riprese la McGranitt “10 punti in meno a Serpeverde per la scarsa educazione mostrata nei confronti della Signora Grassa, che le faccio presente è qui ad Hogwarts da molto più tempo di lei”.

“Grazie, lei è molto gentile” rispose affranta al Signora Grassa.

Harry dovette ingoiare amaro, la McGranitt aveva ragione non avrebbe dovuto essere sgarbato, tuttavia da quando Silente aveva assegnato i punti alle case, la Capocasa dei Grifondoro coglieva ogni occasione per toglierne a Serpeverde e poter pareggiare i conti, la Coppa delle Case era troppo importante.

Draco, con molta più diplomazia, si rivolse alla professoressa: “Ci dispiace molto, ma è vero che non stiamo facendo niente di male. Abbiamo appuntamento con Hermione Granger nell’anti-sala-comune che il preside ha preparato per i ragazzi del primo anno, solo che non ci ricordiamo la parola d’ordine”.

“Allora sareste dovuti andare dal professor Piton e chiederla a lui”.

“Non ci abbiamo pensato” rispose sinceramente Harry.

“La prossima volta pensateci!” disse la McGranitt. In quel momento arrivarono Silente e Piton. “Professoressa McGranitt, ha qualche problema con i miei ragazzi?” domandò Severus.

“Io non ho nessun problema, sono i suoi ragazzi ad averne, in particolare hanno poca memoria” spiegò la donna.

“Non ci ricordiamo la parola d’ordine per entrare” confessò un po’ dispiaciuto Harry, quasi che la sua dimenticanza lo facesse sminuire agli occhi di Severus.

“Ospitaleone” disse il pozionista.

“Bene, professore. Lei è il benvenuto” affermò subito la Signora Grassa aprendo il passaggio.

Severus non riusciva a capire se si trattasse di uno scherzo o se davvero la Signora Grassa pensava che lui volesse entrare e con un misto di disgusto e impazienza rispose: “La ringrazio ma non sono io a dover entrare”.

Le due serpi sghignazzarono ed entrarono dopo aver ringraziato il loro Capocasa che fu subito bloccato da Silente. “Ragazzo mio, appena puoi ti prego di raggiungermi nel mio ufficio, c’è una persona che vorrebbe parlarci”.

“Certo Albus” rispose il professore “Giusto il tempo di sbrigare una piccola incombenza e sono da te”. Detto ciò salì alla Guferia  e spedì una lettera che sperava avrebbe dato i suoi frutti.

“Nel cielo in alto passa un bel treno,

la luna suona il suo mandolino,

ad ogni orsetto e ad ogni bambino

le stelle intonano un canto sereno.

Tutti i bimbi che dormiranno

al risveglio un regalo avranno,

il sorriso di mamma e papà

sarà la  loro  felicità”.

“Harry, dormi dai. Piccolo, io mi sto per addormentare  e tu hai ancora gli occhi aperti? Come sono verdi, come sono puri”.

Sirius canticchiò la nenia fino al mattino e siccome quella notte Harry non aveva dormito molto, continuò anche dopo. Questo, ovviamente, avveniva  nella testa di Sirius che riviveva  tutti i suoi giorni passati, quando con consapevolezza quando con passività e confusione.

Si chiedeva per esempio come mai gli infermieri del San Mungo  portassero da mangiare solo per lui e per il suo Harry niente, forse gli avevano dato da mangiare quando lui si era addormentato?

Non era chiaro, l’importante era che potesse alzarsi dal letto e che non venisse legato perché altrimenti non avrebbe potuto prendere in braccio il piccolo Harry in caso si fosse messo a piangere.

E Harry era la sua priorità.

“Nel cielo in alto passa un bel treno

la luna suona il suo mandolino ….”.

Severus venne ricevuto subito da Silente che lo stava aspettando nel suo ufficio con Remus Lupin. Erano passati alcuni anni dall’ultima volta che i tre maghi erano stati assieme nella stessa stanza, e sebbene non ci fossero mai stati problemi di alcun genere tra Silente e Remus, lo stesso non si poteva dire degli altri due.

Severus era un uomo adulto e sebbene avesse imparato a non lasciarsi trasportare dalle emozioni, ciò non significava che non ne avesse. Le sue labbra serrate, i nervi del viso tesi dichiaravano un rancore mai scomparso. Aveva davanti a sé una delle quattro persone che lo  avevano tormentato per sette anni, ma quei sette anni sembravano essere trascorsi da almeno cento anni.

Quante cose erano successe negli ultimi tredici anni. Sconforto e dolore, certo, il peso degli errori non aveva mai abbandonato Severus, ma c’era stata anche la rinascita, l’affetto di poche ma importanti persone, i suoi studenti che anche se non lo avrebbe mai ammesso rendevano le sue giornate interessanti, suo figlioccio e poi Harry.

Tante di quelle cose da sfuocare anche il rancore più aspro, e forse se Remus si fosse fatta presente gli anni precedenti Severus sarebbe anche riuscito a parlargli con calma e tranquillità, ma con il senno di poi il rancore e la rabbia tornarono a farsi più forti.

“Lupin” salutò Severus “Non posso dire che sia un piacere rivederti, ma siccome il buon costume lo impone … è un piacere rivederti”.

Remus sorrise con affabilità. “E’ un piacere anche per me, Severus”.

“Severus, per favore, vorrei che ascoltassi ciò che Remus è venuto a dirci, credo che sia molto importante” disse Silente indicando al pozionista una sedia vuota.

Severus si sedette e anche Remus. Silente fece cenno al licantropo di parlare e questo cominciò: “L’altro giorno sono andato a far visita a Sirius e l’ho trovato molto confuso”.

“Intendi ubriaco?” chiese Severus.

“No, intendo dire che faceva domande strane, mi chiedeva di Harry e di Regulus, sembrava stesse aspettando l’arrivo del padre. Io ho cercato di farlo rilassare, ma non sono riuscito a farlo riposare. Sembrava che la sua mente non riuscisse a fermarsi, i suoi discorsi erano sconnessi. Parlava  di due gemelli, che si chiamano John e Simon però ha detto che sono gemelli senza nome e non è riuscito a darmi nessuna spiegazione”.

“Oserei dire, patetico” fece notare Severus.

“Oppure drammatico” aggiunse Silente “E’ come se la mancanza di Harry gli avesse fatto perdere la ragione”.

“Io credo che Harry potrebbe …” iniziò a spiegare Remus.

“Harry non è tenuto a fare niente” lo fermò Severus.

“Se solo Sirius potesse vederlo anche una sola volta. Non ti rendi conto,  nella sua mente Harry ha poco più di un anno”.

“Se Sirius si fosse comportato a modo, e tu non avessi fatto finta di non vedere come Harry veniva trattato forse adesso non saremmo in questa situazione” affermò Severus.

Remus rimase sconcertato da ciò che aveva sentito e non si trattenne dal ribattere. “Cosa vuoi saperne tu di quello che io ho fatto per Harry e di quello che non ho fatto? Io mi son preso cura di lui quando Sirius era ubriaco, io gli sono stato vicino quando era ammalato e veniva lasciato solo tutta la notte. Ho cercato di convincere Sirius che la sua severità e il suo comportamento autoritario non avrebbero portato a niente, che si stava comportando con Harry come i suoi genitori si erano comportati con lui. Ho cercato di fargli smettere di bere, ma dopo pochi giorni riprendeva sempre…”.

“Bravo” disse Severus battendo le mani “Hai fatto tutto ciò che potevi per sentirti pulito ma non hai fatto tutto ciò che era necessario perché Harry stesse bene”.

“E cosa avrei dovuto fare? Sapevo che Sirius era il suo tutore!” si giustificò Remus.

“Saresti dovuto venire da noi, saresti dovuto andare al Ministero e denunciare i maltrattamenti!” continuò Severus.

“Aspetta, Sirius non è mai stato violento con Harry. Lo puniva, è vero e gli avrà dato anche delle sculacciate quando era piccolo, forse uno schiaffo, ma niente di più!”.

“E lasciarlo chiuso nella sua stanza per due giorni interi? Fargli scrivere centinaia di volte frasi come –Mio padre si vergognerebbe di me-, obbligarlo a leggere e rileggere libri che non gli piacevano solo per sottolineare quanto fosse diverso da James non ti sembrano maltrattamenti.  Remus,  non gli mai parlato neanche della madre! Come se lei non gli avesse mai voluto bene. Lily è morta per salvarlo!”.

“Io gli ho sempre parlato di Lily, sempre. E gli ho mostrato le foto di quando eravamo ragazzi e …”.

“Hai fatto tutto ciò che era in tuo potere per farlo stare meglio, Remus” lo consolò Silente.

“Albus, ma cosa stai dicendo?” lo riprese Severus.

“Anche noi sapevamo che Harry era con Sirius, forse se avessimo insistito con il Ministero, avrebbero anche potuto obbligare Sirius a farci vedere il bambino, ma non lo abbiamo fatto”.

“Perché pensavamo che Sirius lo avrebbe trattato con rispetto e amore, noi non potevamo sapere ciò che stava succedendo  ma lui sì” replicò l’altro.

“E se fossi andato da Caramell pensi che avrebbe creduto a me che sono un Lupo Mannaro oppure ad un discendente della nobile casata dei Black?” domandò Remus amareggiato dalle sue stesse parole.

Severus non rispose niente. Lupin aveva ragione, nessuno avrebbe dato peso alle sue parole, perché la sua condizione di licantropo gli toglieva una qualità essenziale: l’affidabilità. Il Ministero non avrebbe mai mosso neanche un dito a favore di chi, palesemente, veniva considerato inferiore.

Il mondo magico era sempre lo stesso, aveva lottato perché il male non trionfasse, perché i figli dei babbani fossero al sicuro, perché non si venisse giudicati dalla propria origine e poi aveva vissuto un breve momento di pace.

Ma la vita chiama la morte e la morte insegue la vita, liberati i mezzosangue si stringevano le catene con più forza attorno al collo di altri, in questo caso dei Lupi mannari. E appena il sangue avesse  cominciato a scorrere e le belve si fossero abbeverate del sangue degli innocenti, sarebbe cominciata la mattanza.

E ancora una volta sarebbero caduti tutti senza distinzione, mannari cattivi e buoni, maghi e streghe buoni e cattivi, ancora una volta la ruota avrebbe cominciato a girare.

Il mondo va così e nel mezzo ci sono bambini che avrebbero bisogno solo di una carezza, ma sono storie poco importanti e fanno poco punteggio nel gioco sanguinolento della vita, perciò lì si lascia da soli, a meno che non diventino sangue anche loro e a quel punto, immediatamente conquistano la prima pagina sulla “Gazzetta del profeta” che di profetico non ha niente ma siccome è squallido e puzza di marcio vende molto.

Furono tre parole ma non furono poca cosa.

“Hai ragione. Capisco” concluse Severus diventando improvvisamente stanco e triste “Ma non voglio che Harry venga coinvolto. Ha bisogno di tempo per imparare che merita amore incondizionato. Se gli imponiamo di vedere Sirius, penserà che sia il prezzo per l’affetto che gli stiamo dando”.

“E questi gemelli senza nome? Voi avete idea di chi siano?” chiese Remus.

“Esiste una leggenda sul fantasma dei gemelli senza nome” disse Silente.

“Non è vero, non esistono questi fantasmi. Io li ho cercati nell’elenco dei fantasmi documentati ma non ci sono” disse Severus.

“Pensavo fossero loro ad averti aiutato con Harry?” replicò Silente.

“No, non li ho mai incontrati”.

“E se non ci sono neanche negli elenchi che possiede Hogwarts, credo davvero che non esistano” affermò Remus.

“Eppure c’è chi li ha visti” fece Silente guardando i due maghi dalle sue lenti a mezzaluna.

Severus non si scompose: “Potrebbero aver visto la loro anima, come io ho visto quella di Harry”.

“Cosa si deve fare per vedere l’anima delle persone?” domandò Remus.

“Bisogna accettare se stessi, confrontarsi con i propri errori e voler vedere, oppure bisogna che le anime decidano di svelarsi, ma questo è difficile perché deve essere un desiderio spontaneo e non premeditato” spiegò il pozionista.

“Allora, chi di voi è disposto a confrontarsi con se stesso?” chiese Silente.

“Tu, ti tiri indietro?” chiese Remus al preside.

“Temo, miei cari amici, di non ricordare più tutti i miei sbagli. E probabilmente di non conoscerli neanche tutti”.

Lo sguardo di Severus si fece lievemente dolce, il vecchio maestro portava un carico pesante, ma la soddisfazione di venirgli incontro davanti a Remus Lupin non gliela avrebbe mai data, così, ghigno in viso non potè che dire: “Concordo”.

Lupin, che aveva capito tutto, sorrise. Subito pensò che forse lui avrebbe potuto vedere le anime dei gemelli, ma davvero  sarebbe riuscito a ricordare tutti i suoi sbagli? Come avrebbe fatto se non ricordava neanche ciò che succedeva durante le sue trasformazioni? Se non avesse accettato, Severus gli avrebbe senz’altro fatto notare quanto fosse disposto a fare poco per il suo amico.

Ma non tutto era perduto. Dopo aver pensato un po’, guardò Severus e gli disse: “Per me non c’è problema, farò il possibile per contattare queste anime, però in tal caso tu dovrai andare da Sirius”.

“Perché? Al San Mungo non ci sono gli infermieri?”.

“Solo il giorno, il turno di notte lo deve fare un familiare o un amico”.

“Allora lascia che sia io a contattare queste anime” disse risoluto Severus “Così potrai far da baby-sitter a Black!”.

A quel punto non c’era più niente da dire, bisognava semplicemente aspettare che Severus incontrasse John e Simon.

Il gufo grigio con la punta delle penne marrone planò su Villa Malfoy e lasciò una lettera a Dobby che subito la porto al suo padrone.

“Signore, è arrivata una lettera per lei” disse Dobby mostrando la missiva poggiata su un piccolo piattino d’argento.

“Non ti avevo detto che non volevo essere disturbato?”.

Dobby si agitò e con voce tremula rispose: “Sì, ha ragione. Ma questa lettera porta il sigillo di Hogwarts”.

Lucius, non sollevò neanche la testa dalle carte che stava leggendo. “Le lettere di Draco le devi portare a Narcissa”.

Gli occhi grandi di Dobby restarono rivolti al pavimento: “Non credo sia una lettera del signorino, non è la sua scrittura”.

Lucius sospirando diede un’occhiata alla grafia, la riconosceva, era di Severus Piton. Non era poi tanto insolito che l’amico scrivesse ma che usasse il sigillo di Hogwarts era decisamente fuori dell’ordinario.

Prendendo la lettera, licenziò l’elfo che a passi svelti uscì dallo studio. Con una strana frenesia Lucius aprì la busta, era dai tempi di Voldemort che non si sentiva così agitato, se Severus aveva scritto doveva esserci una ragione importante.

La lettera era scritta in bella grafia, elegante e modesta, senza sfarzo, così come voleva lo stile Serpeverde. La mano in alcuni punti doveva aver tentennato perché si erano formati delle piccole sfumature che non avevano altra ragione d’essere, ma che sarebbero passate inosservate ad un occhio inesperto.

Severus tentennava? Sì, decisamente doveva esser successo qualcosa di notevole.

“Caro Lucius,

ti scrivo questa lettera non senza emozione. Il mio animo è agitato e il mio cuore freme nel portarti a conoscenza di un avvenimento che giorno dopo giorno sta trasformando la mia vita rendendomi felici e orgoglioso.

A te solo e a nessun altro potrei raccontare con sincerità e senza maschera quello che sto per dirti, perché solo tu hai sempre saputo come si sono svolti i fatti che hanno segnato nel male e nel bene la mia vita.

Tu capisti subito quanto fosse importante per me quella ragazza dagli splendidi occhi verdi che fu smistata tra i Grifondoro, e anche se non condividevi le attenzioni che io le dedicavo non mi dicesti mai di fare un passo indietro.

Tu capisti subito che io, e non Albus Silente, avevo ucciso il Signore oscuro, perché solo io avrei potuto averne l’occasione, l’audacia e la spietatezza per farlo. E benché, quelli che chiamavi I sogni di gloria dei Purosangue si fossero spenti con la morte del Signore oscuro, non te la prendesti mai con me.

Forse perché dopo la nascita di Draco i tuoi sogni erano diventati altri, forse perché non volevi affrontarmi, non conosco il motivo della tua scelta ma comunque non mi abbandonasti mai, accettandomi sempre per quello che ero.

Ecco perché solo a te potevo scrivere questa lettera.

Sarai sicuramente venuto a conoscenza del fatto che Harry Potter è stato smistato tra i Serpeverde. Nessuno avrebbe mai potuto prevederlo, anzi eravamo tutti convinti che sarebbe diventato un Grifondoro.

E’ un ragazzo socievole, rispettoso ma che purtroppo non ha vissuto un’infanzia idilliaca. Tante volte, e tu lo sai, ho pensato che tu fossi troppo rigido con Draco ma non ti ho mai detto niente, perché era tuo figlio e io dovevo mantenere una rispettosa distanza, inoltre non sapevo assolutamente cosa significasse prendersi cura di un altro essere umano.

Ecco, in seguito a circostanze spiacevoli ma fortuite sono venuto a conoscenza del fatto che io, e non Sirius Black, ero stato nominato tutore legale di Harry Potter.

Ti rendi conto Lucius? Io sono il tutore del figlio di Lily Evans, della mia Lily dagli occhi verdi. Se tu vedessi Harry diresti che è identico a James Potter ma ha gli stessi occhi della madre  e il suo  stesso talento per le pozioni!

Devo essere sincero: questo ragazzino mi riempie il cuore di gioia. So bene che tu non lo hai molto in simpatia, tanto da aver sconsigliato a Draco di frequentarlo, tuttavia in nome della nostra amicizia ti chiedo il favore di conoscerlo e rivedere gli “ordini” che hai dato a Draco.

Adesso che sono padre anch’io mi rendo conto che i  nostri figli farebbero di tutto per accontentarci, per renderci orgogliosi di loro. Anche noi dovremmo fare il possibile perchè loro siano orgogliosi di noi.

Io sarei ben lieto di invitarvi a casa mia, fra poche settimane, per festeggiare con noi il Natale, di modo che tu possa conoscere quello che per me è diventato “mio figlio”.

 Sono sicuro che trascorreremo una bella serata. Io non ho denari da offrirti, Lucius. Non ne ho mai avuti, ma ho molta fiducia e affetto per   te,  per Draco e Narcissa, presentarti mio figlio è una dimostrazione di questo affetto  e di questa fiducia.

Spero che tu accetterai questa dimostrazione d’affetto.

Aspetto tue notizie,

Severus Piton”.

Lucius lesse la lettera diverse volte, il bambino che aveva infranto i suoi sogni di gloria era diventato figlio del suo migliore amico. Voldemort non c’era più e se ci fosse stato forse i suoi sogni di potere si sarebbero potuti realizzare.

Certo, sarebbe sempre rimasto un servo, a disposizione del suo padrone e forse l’Oscuro signore avrebbe anche preteso che Draco diventasse Mangiamorte.

Si sollevò la manica della camicia per vedere il Marchio nero e poggiando  il braccio sul tavolino e osservò la cicatrice. Gli oggetti poggiati sul tavolino era sfuocati ai suoi occhi mentre ben definito c’era il Marchio.

Poi gli occhi andarono per conto loro, il Marchio sfuocò e gli oggetti furono portati in primo piano. Una foto di Draco sorridente con Narcissa lo salutava.

Senza prestare troppa attenzione a ciò che faceva, tirò giù la manica della camicia. Il sipario era calato, l’Oscuro era morto e lui aveva potuto crescere serenamente Draco. E per la prima volta dopo tanto tempo si accorse che senza la paura di morire, di essere catturato, senza il timore di trovare la sua famiglia sterminata, la vita era più bella.

Era giusto che dopo tanto tempo essa sorridesse anche a Severus Piton, che non era un Purosangue e mai lo sarebbe stato, ma che era sempre stato presente non per obbligo ma per amicizia.

Quel Natale sarebbe stato davvero memorabile.

 BUON ANNO NUOVO A TUTTI. CHE SIA UN ANNO DI PACE E FELICITA', CHE POSSIATE VEDERE REALIZZATI I VOSTRI SOGNI E SOGNARNE DI ALTRI ANCORA PIù GRANDI.

 ECCO A VOI IL NUOVO CAPITOLO.

REMUS, SEVERUS E ALBUS, NIENTE DI PIU' DIFFICILE DA METTERE ASSIEME. C'E' SPAZIO ANCHE PER LUCIUS,  PER ME ANCORA IC, MA LA NOTTE DI CENA NON SO COSA DIRA'.

FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE, C'E' MOLTO MATERIALE IN QUESTO CAPITOLO.

A PRESTO, ALIDA

GinnyPotter93: ho parlato poco del rapporto tra Remus e Harry però avevo scritto che Remus aveva sempre cercato di far cambiare atteggiamento a Sirius, di farlo diventare meno dispotico. Per ora Remus si è confrontato con Severus e Albus, credo che gli farò fare una chiacchierata anche con Harry, forse nel prossimo capitolo. Forse. Ti mando un grosso abbraccio, Alida

 Karmysev: spero che la lunghezza del capitolo non ti deluda, ma ho avuto poco tempo per scrivere. Comunque i gemelli sono morti, ma non se ne erano resi conto, non volevano ammettere a se stessi di non esserci più. La loro storia non è finita, ci sarà una conclusione serena per tutti. Non mi va di lasciare lacrime impossibili da asciugare. Ti abbraccio forte, Alida

chocco: i gemelli e Sirius troveranno un modo per dimostrarsi amicizia, ma essere amici significa anche lasciare che gli amici vadano lontano da noi.... Baci, Alida

Aloysia Piton: ciao cara, James non aveva molte alternative: Sirius era perso nell'alcol, Remus era un licantropo che una settimana al mese non avrebbe potuto prendersi cura del bambino, Lily inoltre aveva sempre nella mente Severus. Nel momento in cui Sev uccide Voldemort Lily e James capiscono da che parte stia in realtà e così gli affidano Harry. Per quanto riguarda Sirius la sua reazione ti ha colpito perchè era irrazionale, ma vedi la lettera di Harry poneva diversi problemi e chi ha il vizio di bere annega i problemi nell'alcol, così Sirius è arrivato ad Hogwarts ubriaco e lì, proprio perchè ubriaco, ha fatto l'unica cosa che sapeva fare: prendersela con Harry e minacciarlo. La storia dei gemelli è triste, e non si può disfare ciò che già stato fatto, ma cercherò di dargli un pò di pace per il futuro. Ti mando un grosso abbraccio, Alida

 

 

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Capitolo 18
*** Passeggiate ***


CAP 19

Severus era chiuso nei suoi alloggi facendo mente locale sulle informazioni che possedeva in materia di fantasmi, doveva assolutamente trovare un modo per comunicare con loro perché non aveva alcuna intenzione di mostrarsi perdente davanti a Lupin, né tantomeno di fare da infermiere a Black.

Tuttavia la sua istruzione non era sufficiente per risolvere il problema. Sapeva che bastava aver la volontà di vedere per poter realmente comunicare coi gemelli, ma dove avrebbe dovuto cercarli? E Black dove li aveva conosciuti?

Una volta, quando ancora era un ragazzino al primo anno di scuola e già cominciava a far acquisire punti alla Casa dei Serpeverde, l’allora prefetto Lucius Malfoy gli disse. “Sei bravo, ma passi troppo tempo sui libri. Sembri più un Corvonero! Nei libri è riportata la vita, parte della quale puoi impararla da te, vivendo. E poi ti farebbe bene uscire di più, sei troppo pallido!”.

Severus aveva ascoltato e un po’ se l’era presa per quella battutina finale, anche Malfoy era sempre bianco come un lenzuolo. Però era sempre un prefetto e così gli aveva dato retta e aveva iniziato a esplorare l’esterno del castello diventando più consapevole della realtà che aveva intorno. Forse questo non era esattamente ciò che Lucius intendeva ma con il tempo aveva dato i suoi frutti.

-Chissà che il tuo consiglio non mi possa tornare utile anche oggi- pensò Severus  che, indossando il lungo mantello nero, lasciò i libri aperti e uscì. L’aria era fresca ma fortunatamente non c’era un filo di vento.

Mentre passeggiava incontrò la squadra di uidditchQuidditch dei Tassorosso di rientro dal loro allenamento infrasettimanale, anche quell’anno i Tassi si stavano dimostrando molto forti e la partita successiva l’avrebbero giocata contro i Serpeverde.

Gli sarebbe piaciuto andarci con affianco Harry ma sapeva che la tribuna dei professori era interdetta agli studenti e per quanto volesse bene a suo figlio non aveva alcuna intenzione di mischiarsi tra gruppi di ragazzini esagitati. Quando si fosse presentata l’occasione lo avrebbe portato a vedere i campionati del mondo.

Severus cominciava già a programmare il futuro, a sognare a occhi aperti quando venne raggiunto dalla voce di un bambino.

“Papà!”.

-Che voce infantile- pensò –Come è possibile che ad Hogwarts ci sia un bambino così piccolo-.

Ancora la voce ripetè: “Papà!”.

Piton si guardò attorno per capire da dove arrivasse la voce che, con tono decisamente più basso, chiamò: “Sev”.

Severus si sentì tirare il mantello e chinandosi lievemente lo sguardo vide Harry che teneva il capo rivolto verso l’alto nella speranza di riuscire ad attirare l’attenzione del suo nuovo papà.

“Harry, sei tu. Scusa ma ero distratto non riuscivo a capire da dove arrivasse la voce”.

“Credevo non mi rispondessi perché ti stavo chiamando …”.

Subito Severus lo bloccò. “No, no. Io sono sempre felice quando mi chiami papà, ero semplicemente soprappensiero”.

Il sorriso tornò sulle labbra di Harry che,  timidamente, allungò la sua mano fino a quella di Severus. Il tocco caldo della mano di Harry fece tremare l’anima del mago. C’era ancora qualcuno che credeva nella sua capacità di dare amore e protezione. Lo sapeva, certo, Harry aveva fiducia in lui ma averne la conferma attraverso piccoli gesti lo coglieva sempre alla sprovvista.

Con delicatezza Severus strinse nella sua la mano di Harry e assieme camminarono e chiacchierarono.  “Come mai non sei nei sotterranei?” domandò il bambino.

Severus si accigliò. “Non sarei io a dover fare questa domanda?”.

“Scusa, era solo curiosità!”.

“I curiosi non mi piacciono molto, ma per te farò un eccezione” rispose rilassando il viso.

Harry, sempre molto attento alle sfumature del viso delle persone, capì che il padre stava scherzando e si rilassò a sua volta.

“Sono qui, all’aperto per cercare due fantasmi” spiegò brevemente.

Gli occhi verdi di Harry si spalancarono. “Due fantasmi? Qui ad Hogwarts?”.

“Certo, perché ti sorprendi? Anche il Barone Sanguinario è un fantasma”.

“Sì, ma lui sta dentro la scuola, non fuori. E se ci facessero del male?”.

“Innanzitutto non potrebbero farci del male perché tu non verrai con me a cercarli e io so difendermi bene. Secondo, i fantasmi non possono farci del male. Se devi avere paura di qualcuno che sia qualcuno che puoi toccare con le tue mani, Harry. Nient’altro”.

“Metti il caso che uno si spaventi nel vedere un fantasma e muoia di crepacuore!” replicò Harry.

“In questo caso sarebbe colpa sua e non del fantasma. Non si è mai sentito di qualcuno ucciso da un fantasma. Si può restare uccisi dall’ignoranza, certo, ma ognuno è responsabile di ciò in cui decide di credere. Se tu credi che un fantasma ti possa uccidere, ti ucciderà. Se non ci credi, non lo farà. E sai perché?”.

“No, perché?”.

“Perché non dipende dal fantasma ma da te! La mente è uno strumento potente, controllala e controllerai la tua vita, lascia che gli altri la condizionino e perderai il potere di decidere per te”.

Harry si sentiva in parte rassicurato e in parte no, sapeva di essere alla mercé di superstizioni e di non avere pieno autocontrollo. Avrebbe imparato ma per ora quei fantasmi incutevano timore.

“E questi fantasmi sono molto grandi?”.

Severus sollevò il sopracciglio, le parole appena dette non dovevano aver fatto completamente centro. “Non credo, sono i fantasmi di due bambini, perciò suppongo che abbiano le dimensioni di due bambini”.

“Qui attorno non ce ne sono” rispose sbrigativo Harry.

“E tu come fai a dirlo?” chiese incuriosito Severus.

“Perché quando ero solo un’anima ho girovagato un po’ dappertutto e non ne ho trovato”.

“E fin dove ti sei spinto?”.

“Fino al cancello che delimita i territori di Hogwarts. Ho seguito Sirius fino a lì …” disse Harry lasciando in sospeso la frase.

“Lo hai seguito?”.

Harry abbassò gli occhi. Sì, aveva seguito Sirius ma lui non si era fermato, non era riuscito a vederlo perché il suo sogno era sempre stato quello di essere solo senza intralci, e lui, Harry, era sempre stato un intralcio, niente di più.

“Questa notizia mi è di grande aiuto” affermò Severus.

Harry pensò si trattasse di una frase di consolazione ma Severus si inginocchiò davanti a lui e portandosi la mano di Harry vicino al viso e accarezzandolo con quella libera, confermò: “Adesso so di dover cercare oltre il cancello, mi hai risparmiato molta fatica e tanto tempo”.

-Fantastico- pensò Harry che con un balzo abbracciò il suo papà.

La chiacchierata con Harry diede i suoi frutti quella sera stessa. Dopo aver cenato Severus uscì nuovamente ma questa volta si diresse immediatamente all’esterno di Hogwarts. Le foreste erano tutte uguali: alberi, cespugli, fischi di vento, e frusci di foglie.

Non c’era da stupirsi che i fantasmi scegliessero questi ambienti come dimora. In essi ci si poteva nascondere, si poteva passare inosservati. Chi avrebbe pensato che dietro un tronco spezzato potesse trovarsi un’anima senza pace? E che non fosse la civetta a tubare nella notte ma il singhiozzo di chi piangeva in eterno?

Severus aveva sempre creduto che la notte gli fosse amica e che la natura fosse una silenziosa spettatrice di eventi che l’annoiavano e, solo in minima parte, la riguardavano direttamente. Maghi e streghe cercavano di dominarla e lei li lasciava fare, conscia del fatto che gli esseri umani passano come tante creature antiche che oggi non esistono più, e lei invece resiste e sempre si rigenera.

E così si possono costruire castelli e città credendo di aver vinto ma l’erba continua a crescere tra le fessure del cemento e i lastroni di pietra. Non c’è niente di più paziente e scontroso della natura. Lei sa quanto caldo possa essere il piatto della vendetta servito freddo.

La notte invece, benché scura e talvolta dal respiro agghiacciante, ti offre sempre il conforto di una stella o di una musica che non ascoltavi da tempo e che tamburella dentro te senza sosta.

E, come diceva sempre Albus, se vuoi conoscere le persone stringi loro le mani alla luce del sole, se vuoi conoscere le anime ascoltale nel buio della notte.

E Severus aveva molto in comune con la notte. Come lei ospitava realtà impensabili, come lei restava in ascolto per non perdere neanche il più piccolo sentore di vita. La notte era una creatura affamata di vita.

Anche i fantasmi aveva fame di sensazioni e di azioni e anche per questo si mostravano maggiormente  durante la notte che nelle altre ore del giorno. Dopo aver camminato parecchio Severus si ritrovò in un punto dove gli alberi erano di meno e la vegetazione era composta più che altro da cespugli.

-Insolito- pensò il professore. Si guardò attorno e trovando il tronco spezzato di una quercia si sedette sopra. I suoi occhi riconobbero in lontananza la cima della Torre di Astronomia. Hogwarts giungeva fin lì!

“Dove siete Simon e John?” farfugliò a bassa voce Severus.

“Siamo qui” risposero con tranquillità i due gemelli.

Severus non si scompose. Perché avrebbe dovuto? Era uscito per cercare i gemelli e li aveva trovati. “Dunque siete voi i Fantasmi dei gemelli senza nome?”.

“Sissignore. Adesso lo sappiamo anche noi” rispose John.

Severus era scettico. “Perché? Non sapevate di essere dei fantasmi? Che cosa pensavate di essere?”.

Simon gli si parò davanti: “Pensavamo di essere anime, non fantasmi?”.

“Cioè non sapevate di essere morti?”.

“La delicatezza non è sua qualità migliore, vero signore?”.

“Non sono qui per farmi dei nuovi amici ma per cercare di risolvere i guai che voi avete creato”.

John e Simon si guardarono confusi. “Noi non abbiamo combinato nessun guaio!”.

Severus si aggiustò le maniche della camicia e disse: “Conoscete un certo Sirius Black?”.

“Certo che lo conosciamo! E’ un nostro amico. Lo conosciamo da circa un mese e mezzo” rispose John.

“Si da il caso che il signor Black, dopo aver conosciuto voi sia uscito di senno” affermò il professore.

“No, non è possibile! Sirius era in sé l’ultima volta che lo abbiamo visto” spiegarono i due.

“E quando sarebbe l’ultima volta che lo avete visto?”.

“Un paio di giorni fa. E’ grazie a lui se adesso ci ricordiamo ciò che ci successe da vivi”.

“Volete raccontarlo a me?” propose il professore.

“Perché dovremmo?” domandò con circospezione Simon.

“Perché questo potrebbe aiutarmi a far star meglio il vostro amico Sirius”.

“In questo caso … va bene” rispose John e con calma raccontò a Severus di sua madre, di suo padre, della loro casa, di Sirius e del cimitero.

Per Severus fu facile capire cosa fosse successo nella mente di Sirius, i fatti si erano sovrapposti e confusi con i suoi ricordi e la sua vita. Scoprire che i gemelli erano morti significava toglier loro anche l’ultima speranza di ritornare alla loro vita, e siccome Sirus aveva identificato Harry e Regulus, e forse anche se stesso, nei due gemelli ciò significava che non c’erano più speranze neanche per loro.

Regulus non sarebbe più tornato, e Harry era perso per sempre.

Harry però non era morto e vederlo avrebbe potuto aiutare Sirius, Remus aveva ragione. Però poteva esserci anche un altro modo per venire incontro a Black: forse parlare ancora con i gemelli poteva essere utile.

“Voi sareste disposti a parlare ancora con Sirius?” domandò il professore.

“Se questo può aiutarlo, sì” risposero con fermezza i gemelli.

“Allora cercherò di organizzare l’incontro. Per ora vi ringrazio …” disse Severus.

“Non deve, Sirius ci aiutato. Non lo abbiamo capito subito, e quando ci siamo ricordati di essere morti ce la siamo presa con lui, come se fosse il responsabile di ciò che avvenne. Ma lui non ne ha alcuna colpa e adesso anche se sappiamo di essere dei fantasmi ci sentiamo meglio, conoscere la verità ci ha reso più sereni”.

“Se voi poteste scegliere, rimarreste qui o vi ricongiungereste al vostro corpo?” domandò Severus.

“Ci sta chiedendo se vorremmo andare in cielo?”.

“Esattamente”.

John sospirò e chiudendo gli occhi ripetè ancora una volta: “Io voglio tornare a casa. Da mamma e … e anche da papà … se ci vuole”.

Simon lo abbracciò. Severus li guardava, faceva un po’ impressione vedere due fantasmi abbracciati, i loro corpi si mescolavano e sembrava che le mani trapassassero i corpi. Bambini senza corpo e senza mani, bambini che dopo tanti anni erano ancora bambini.

-Chissà se dentro me c’è ancora il bambino che fui?- pensò Severus ma non si diede una risposta, fuggì lontano con la mente, lontano da quella domanda, lontano  dove si sentiva al sicuro e neanche a farlo apposta si ritrovò a dondolarsi su un’altalena in un parco dove un’altra bambina gli spingeva le spalle per arrivare fino al cielo.

CIAO CARI,

GIORNATE IMPEGNATIVE, SCUSATE.

IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO DOVREBBE ESSERE A FINE SETTIMANA. BACI, E BUONA BEFANA A TUTTI.

 

 GinnyPotter93: ciao cara, spero che il capitolo ti piaccia, Lucius comparirà più avanti per il pranzo di Natale, e vedremo cosa combinerà. Adesso era importante che Sev incontrasse i gemelli. Non ho avuto molto tempo per scrivere ma prometto che nel prossimo la storia farà un bel balzo in avanti, del resto è ora di tirare i fili per arrivare alla conclusione. Un abbraccio, Alida

Aloysia Piton: Lucius ha sempre avuto un bel rapporto con Sev, io non ho mai creduto che fosse solo un'amicizia d'interesse, altrimenti non sarebbe durata così a lungo e non sarebbe proseguita anche dopo la morte di Voldemort. E' vero che Severus era un abile doppiogiochista ma credo che fosse affezionato all'amico e che Lucius gli volesse bene. Sirius è al San Mungo perchè Remus non è in grado di tenerlo controllarlo minuto per minuto e non vuole neanche correre il rischio che gli succeda qualcosa di male, intendo fisicamente, le persone che hanno problemi mentali, possono anche essere un pericolo per se stesse. Il confronto tra Sirius e i Gemelli ci sarà nel prossimo capitolo. Lo devo scrivere con calma perchè ho diverse idee in testa. Baci, Alida

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Amara lucidità ***


CAP 20

Erano le otto del mattino e Silente non era ancora sceso nella Sala Grande per fare colazione. Era piuttosto insolito, lui amava mangiare in compagnia e da che Severus poteva ricordare non aveva mai saltato un pasto con i suoi studenti. Doveva essere accaduto un imprevisto. Solo questo poteva giustificare la sua assenza.

Anche gli studenti se ne accorsero, primi fra tutti i Grifondoro ma nessuno pensò neanche per un momento che ciò potesse essere collegato con qualcosa di preoccupante. Era semplicemente assente. Forse, una volta tanto, aveva dormito più del solito.

Severus aveva premura di incontrare Silente perché doveva parlargli dei gemelli e assieme a lui voleva organizzare l’incontro con Sirius. Poi sarebbe  spettato al preside contattare Lupin. Il suo lavoro era finito.

Poco prima dell’inizio delle lezioni Silente rientrò, Severus lo raggiunse prima che il vecchio preside potesse rinchiudersi nel suo ufficio. “Albus, ti devo parlare”.

“Dimmi, Severus”.

“Sono riuscito a contattare i Gemelli senza nome, sono due bambini di circa dieci anni.  Mi hanno detto che sono disposti ad aiutarci. Però sarebbe molto più semplice se Sirius venisse nella foresta, non ne sono certo ma  credo che i gemelli non si vogliano spostare da lì perché è il luogo più vicino a quella che un tempo era la loro casa”.

“Lo penso anch’io.” rispose Silente. “Bene, allora stasera andremo al San Mungo e lo preleveremo per una notte”.

“Ma i Medimago potrebbero creare problemi, non credi?”.

“No, ieri notte ho accennato loro qualcosa e mi sono sembrati accondiscendenti”.

“Ieri notte?” ripetè incuriosito Severus.

Silente lo guardò appena in faccia e poi con disinvoltura spiegò: “Sì, ieri notte. Come ti sarai accorto stanotte inizia la luna piena e ieri il nostro caro amico Remus non era in piena forma …”.

“Che cosa? Mi stai dicendo che io e te dovremo occuparci di Sirius? Eravamo d’accordo che io avrei contattato i gemelli e lui si sarebbe occupato di Black!” disse innervosito il professore.

“E infatti le cose sono andate in questo modo ma quando ti sei messo d’accordo con lui sapevi che era un licantropo e che per una settimana al mese avremmo dovuto adattarci a qualcosa di diverso”.

“E doveva essere proprio questa settimana?”.

“La luna non è interessata ai nostri problemi, Severus!”.

“E io non sono interessato a quelli di Black. Se adesso non può occuparsene Remus, vorrà dire che aspetteremo che la luna piena passi”.

“No, Severus. Non possiamo lasciare Sirius in quelle condizioni, ogni giorno che passa lui è sempre più confuso. Dobbiamo intervenire prima che la sua mente sia rovinata per sempre!”.

“Non erano questi gli accordi” ripetè Severus.

“Allora ti chiedo di venirmi incontro come favore personale” disse Silente.

Severus ci pensò sopra. “Ti chiederò qualcosa in cambio, Albus”.

“Qualsiasi cosa, l’avrai”.

“Va bene, allora l’accordo è fatto” rispose Severus stringendogli la mano. Sapeva già cosa chiedere al suo amico, un grosso favore, non per lui ma per qualcuno che stava aspettando da molto tempo.

Il chiasso che proveniva dalla classe di Pozioni era insolito, gli studenti erano sempre rumorosi, specialmente quelli del primo anno poi con il tempo diventavano più disciplinati e al settimo anno raggiungevano un accettabile brusio.

Piton entrando nella sua aula sbatté la porta, giusto per manifestare il suo disaccordo. “Qualsiasi sia il motivo per cui potevo sentire il vostro esagerato chiacchierio e l’inaccettabile rumore che le vostre diaboliche corde vocali emettevano, è bene che esso cessi all’istante. Aprite il libro a pag 89, leggete per conto vostro, e dopo rispondete per iscritto alle tre domande che compariranno sulla vostra pergamena”.

Hermione sollevò la mano per porre una domanda. Infastidito Severus disse: “Signorina Granger, vuole dilettarci con la sua domanda?”.

“Questo è un compito in classe?”.

“Questi sono i miei ordini” rispose il professore.

Hermione pensò che il professore dovesse avere più brutto umore del solito e chinato il viso iniziò a leggere.

Severus cominciò a correggere i compiti del terzo anno, ma il suo lavoro era disturbato. La classe era in silenzio ma il sofisticato udito di Severus poteva sentire bisbigliare nell’ultimo banco. Avrebbe tolto punti a qualcuno. Sollevando la testa vide che i ragazzi in questione erano Harry e Draco.

“Signor Potter e signor Malfoy, silenzio!”.

Draco e Harry smisero di parlare, ma evidentemente avevano qualcosa di interessante da dirsi perché continuarono a lanciarsi occhiate nella mezz’ora successiva e a passarsi bigliettini. Quando tutti ebbero finito di leggere, Severus distribuì le pergamene incantate.

Neville lesse le domande e istintivamente bisbigliò: “Ma queste domande non riguardano l’argomento letto!”.

“Ovvio, signor Paciock! Che senso avrebbe un compito in classe se prima di porvi le domande vi facessi leggere le risposte!” affermò sarcasticamente.

I Serpeverde sghignazzarono, e Severus non potè fare a meno di notare che Draco e Harry avevano colto l’occasione per scambiarsi ancora delle battute. Chissà di cosa parlavano i due ragazzi.

Durante il compito in classe Harry compì un’ingenuità e passò il bigliettino a Draco. Severus se ne accorse e avvicinandosi al loro banco disse: “Spero per voi, per entrambi” specificò in direzione di Draco “Che in questo biglietto non ci siano le risposte del compito”.

Severus detestava i ragazzi che copiavano durante i compiti in classe e gli esami. Non poteva credere che fossero proprio due Serpeverde a copiare, che fossero proprio suo figlioccio e suo figlio. Con una mossa velocissima prese il biglietto dalle mani di Draco che, assieme ad Harry, abbassò lo sguardo.

-Mio padre ha detto che a Natale saremo da voi-

-Cioè venite ad Hogwarts?-

-No, a Spinner’s End-

-Dove?-

-A casa di tuo padre-

-Non ne sapevo niente, papà non me ne ha parlato ancora-

-Senti, ma perché se lui è diventato tuo padre, tu ti chiami ancora Potter e non Piton-

-Non lo so. Forse lui non vuole. Forse non si può. Perché pensi che si sia pentito di avermi con sé?-

- Accidenti a te, Severus Piton, non potevi far finta di non vedere il biglietto?- pensò il professore. Il biglietto gli rivelava che Lucius aveva l’intenzione di accettare l’invito, e che il cognome di Harry era un problema a cui non aveva pensato.

Severus rese il biglietto a Harry e rivolgendosi anche a Draco disse: “Riprendete a lavorare, avete ancora quindici minuti”. Harry prese il biglietto nel quale Severus aveva letto le sue ansie, e questo non faceva che accrescerle.

Adesso Severus sapeva che lui era un debole, e che rimaneva sempre una persona insicura. E forse Severus avrebbe pensato che lui non provava fiducia nei suoi confronti, ma non era così, semplicemente Harry non riusciva a capire cosa stesse facendo per meritarsi l’affetto di Severus.

Perché Severus aveva deciso di amarlo?

Quanto sarebbe durato tutto ciò?

E quando Severus si fosse stancato, che fine avrebbe fatto lui?

E lui cosa poteva fare perché Severus non si stancasse mai di averlo con sé? E ancora più importante, anche sapendo cosa fare, lui sarebbe stato all’altezza di ciò che Severus desiderava?

Queste domande lo perseguitavano già da diversi giorni e presero maggiore consistenza quando Seamus  bisbigliò a Ron: “Se Harry non fosse suo figlio adottivo non gli avrebbe reso il biglietto e gli avrebbe tolto almeno venti punti!”.

Evidentemente però la voce di Seamus non era molto delicata perché tutti nell’aula la sentirono. Harry si alzò dalla sedia  e correndo si diresse verso la porta per scappare via, ma suo padre lo bloccò. Non servirono incantesimi, né urla, bastò soltanto che Severus lo riprendesse con voce ferma: “Signor Harry Potter … Piton, è pregato di tornare al suo posto. Non mi pare che abbia dato il permesso a nessuno di lasciare l’aula”.

Harry Potter …Piton! Per un attimo si convinse di aver sbagliato ma voltandosi e notando lo sguardo sereno del padre, tornò al suo posto. Severus lo aveva chiamato Harry Potter Piton davanti a tutta la classe.

Severus si rivolse a Seamus e disse: “Non è coraggioso parlare male degli altri sottovoce, e non è educato rivolgere queste parole ad un professore. Non è neanche leale voler penalizzare qualcuno che ti aiuta ogni sera a fare i compiti di pozioni. E’ sicuro di essere stato smistato tra i Grifondoro? E secondo lei quanti punti dovrei toglierle, Signor Seamus?”.

Seamus riflettè: “Forse cinque?”.

“Solo?” chiese Piton.

“Forse quindici” disse più onestamente il Grifondoro.

“Forse venti” lo corresse Piton “Allora facciamo così, ne avrei dovuto togliere venti  anche al Signor Potter-Piton, non ne toglierò  a nessuno e così siamo pari. Ora la lezione è finita, lasciate le pergamene sui banchi e andate via”.

L’aula si svuotò in breve e Severus rimase a fissare ancora un po’ il banco vuoto di Harry , con mezzo sorriso sulle labbra.

Tornato nei suoi alloggi trovò il bambino  ad aspettarlo in piedi accanto al caminetto. Severus fece per parlare ma Harry allungò le braccia come a creare una distanza fisica ed emotiva e con voce provata disse: “Papà, ti prego, fammi parlare perché altrimenti non so se riuscirò ad arrivare alla fine del discorso”.

Severus si sedette sul divano e ascoltò.

“Mi dispiace che tu abbia letto il biglietto che avevo scritto a Draco. Io ti voglio bene e mi fido di te, non ho alcun dubbio che tu mi voglia bene …” la voce di Harry cominciò a tremare “Adesso penserai che io sono debole, che non mi fidi di te ma non è così …” la voce si ruppe e alcune lacrime cominciarono a scendere sul piccolo volto.

“E solo che … che non capisco cosa … cosa devo fare per … per non perderti”.

Era troppo. Severus non poteva resistere oltre, doveva dare conforto a Harry, e si alzò per andargli incontro ma Harry allungò le braccia e indietreggiò di qualche passo.

“Non voglio perderti, non voglio fare niente di sbagliato … e tu non sei costretto a chiamarmi Harry- Harry-Po-Potter- Piton, non mi devi … dimostrare … niente. Io ti voglio bene ma ho bisogno di aiuto. Ti prego, dimmi cosa devo fare per meritarmi il tuo affetto. Cosa devo fare per non perderti?”.

Le lacrime di Harry cominciarono a scorrere senza sosta, e il bambino non poté più tenere distante Severus che lo tenne stretto a sé e si rimproverò per non essersi reso conto subito fino a che punto Harry avesse bisogno di lui.

Nel frattempo Simon e John avevano iniziato a discutere sul loro futuro. Era consapevoli della necessità di cambiare, di non restare fantasmi per sempre e per molto tempo, quando ancora credevano di essere semplicemente delle anime fuori dal loro corpo, avevano desiderato di tornare alla vita, intendendo però la vita reale.

Non avevano mai pensato di dover morire, forse perché i bambini non ci pensano mai, forse perché non riuscivano a pensare che dopo la morte ci potesse essere un qualcosa chiamato vita, o forse ci avevano pensato ma non riuscivano a immaginare come sarebbe stata questa vita.

Fatto sta che Severus aveva posto grandi interrogativi.

“John, tu pensi che papà sarebbe felice di rivederci?”.

“Non lo so, l’ultima volta che lo abbiamo visto era molto adirato”.

“Però quando ha creduto che fossimo morti è stato colto dalla disperazione e si è … ucciso”.

“Già, pensi che sia colpa nostra se papà è morto?”.

“Forse”.

“E pensi che sia colpa nostra se la mamma è morta?”.

“Non lo so, sono confuso. Papà diceva di sì”.

“E’ vero, però papà diceva anche bugie”.

“E ci picchiava …”.

“Simon, secondo te mamma e papà stanno insieme in cielo? Voglio dire sono nello stesso posto?”.

“Mamma era buona perciò deve trovarsi in un bel posto, papà è cambiato solo alla fine. E poi si è pentito. Non so dove sia, però mi dispiacerebbe saperlo da solo”.

“Anche a me. E’ vero che un po’ ho paura a rivederlo ma mi piacerebbe abbracciarlo di nuovo”.

“John, secondo te come ci dobbiamo comportare con Sirius?”.

“Secondo me dobbiamo fare come abbiamo sempre fatto. Severus dice che è colpa nostra se è uscito di senno, ha detto che deve sistemare i guai che abbiamo combinato”.

“”Dai, lo sai anche tu che i grandi cercano sempre di scaricare le colpe ai piccoli. Vedrai che tutto si sistemerà”.

Severus aveva ancora Harry, addormentato, tra le braccia sul divano quando Silente bussò alla sua porta.  “Chi è a quest’ora?” domandò Severus che non era per niente intenzionato ad alzarsi.

“Albus Percival Brian Silente” rispose spiritosamente il preside.

“Avanti” disse mezzo seccato il pozionista.

Quando Silente entrò vide la scenetta familiare e fece un ampio sorriso.

“Togliti quel sorrisetto dalle labbra, Albus. E dimmi pure cosa ti serve”.

“Non mi serve niente, mio caro ragazzo. Io vengo da te anche solo per chiacchierare”.

“Sì, ma non con quello sguardo?”.

“Perché? Ho per caso uno sguardo particolare?”.

“Albus, niente giri di parole. Dimmi- cosa- vuoi” lo freddò Severus.

“Volevo ricordarti che stasera alle otto dobbiamo trovarci al San Mungo”.

“Non posso” rispose il professore.

“Severus, eravamo d’accordo che mi avresti aiutato”.

“E lo farò. Una volta che Black sarà ad Hogwarts io vi aiuterò. Albus, non hai bisogno del mio aiuto per portarlo qui. Mentre c’è qualcuno che ha bisogno di me” spiegò rivolgendo lo sguardo a Harry che dormiva placido tra le sue braccia.

“Come vuoi, Severus. Allora ci vediamo verso le nove all’esterno di Hogwarts”.

“Ci sarò” rispose brevemente Piton.

Harry si mosse nel sonno, scoprendosi ma Severus lo ricoprì immediatamente di modo che il freddo non lo disturbasse troppo.

La notte era illuminata da una splendida luna e da tante stelle che spiavano la foresta dalla loro posizione privilegiata. Là in mezzo, tra il verde, c’erano anche Silente e Sirius. Quest’ultimo dava segni di irrequietezza, era un continuo guardarsi attorno, voltare il capo di scatto e ansimare come fosse un animale predato, la sua ansia era collegata certamente alla confusione mentale ma anche al luogo in cui si trovava.

Era come se quel luogo gli ricordasse qualcosa. “Sirius, c’è qualcosa che non va?”chiese Silente nel tentativo di conoscere i pensieri dell’altro.

“Harry è da solo a casa, papà mi sgriderà, non vuole che rientri tardi”.

“No, Sirius. Puoi stare tranquillo, Harry è con un amico e tuo padre mi ha dato il permesso di prenderti con me stanotte”.

Sirius si fermò, Silente gli era simpatico, era l’unica persona che non lo contraddiceva e che gli dava risposte sensate. Finalmente c’era qualcuno che gli credeva.

“Cosa ci facciamo qui nella foresta?” domandò Sirius.

“Stiamo aspettando degli amici” spiegò il preside.

Sirius annuì, e continuò a guardarsi attorno. Si ricordava qualcosa, forse lui e Regulus andavano a giocare proprio in quella foresta da piccoli. Chissà.

Passarono pochi minuti e Severus arrivò, al suo fianco c’erano i fantasmi di John e Simon. Sirius restò immobile mentre i fantasmi avanzavano. “Ciao, Sirius” disse Simon.

“Regulus?” domandò Sirius.

“No, non sono Regulus. Sono Simon, ma forse ti ricordi di me come uno dei Fantasmi dei gemelli senza nome” lo aiutò il bambino.

“No, no, no … aspetta, forse sei Harry?” continuò Sirius facendo resistenza alla sua stessa mente che voleva fargli accettare la verità.

Silente intervenne. “Come potrebbe essere Harry? Se parli di Harry come di un bambino piccolo!”.

“Non lo so, forse è cresciuto” provò Sirius.

“Nessuno cresce così in fretta, Black” gli fece notare Severus.

“Vattene via, Mocciosus!” gridò Sirius.

“Vedo che di me ti ricordi ancora”.

“Dov’è Regulus? Tu lo devi sapere, anche tu eri un Serpeverde” replicò Sirius.

“Allora, adesso ti ricordi che io non mi chiamo Regulus?” domandò con calma Simon.

“Smettetela, smettetela tutti. Mi state confondendo”.

“Sirius, ascoltaci” disse John “Io e mio fratello ti abbiamo incontrato circa due mesi fa, proprio in questa foresta. Ti ricordi? Decidesti di aiutarci a trovare la nostra casa”.

-Una casa. Una casa nel mezzo della foresta …-

“Ci siamo visti spesso e abbiamo parlato di tante cose. Non sapevamo di essere fantasmi, credevamo di essere delle anime che non riuscivano a trovare il loro corpo”

-Fantasmi che non erano fantasmi. Solo anime senza corpo, anime che poi divennero fantasmi …-

“Poi hai scoperto dove era sepolta nostra madre, e lì abbiamo trovato anche nostro padre e noi stessi. Ci siamo ricordati tutto, il cortile, mamma che moriva, papà che ci picchiava, e la casa … bruciata”

“Mamma, papà, bambini, casa.

Mamma, papà, Regulus ed io, Grimmauld Place.

Lily, James, Harry, Godric's Hallow.

Io, Harry, Grimmauld Place.

Severus, Harry, Hogwarts”.

“Noi siamo morti, Sirius. E grazie a te lo sappiamo. Sappiamo che non dobbiamo più cercare la casa in mezzo alla foresta. E forse adesso potremo trovare una casa nuova. Potremo ritrovare mamma e papà sappiamo dove sono”.

“Morte!

Harry è morto? No.

 Regulus è morto? Non lo so.

Mamma e papà? Si, loro sì.

Chi sono questi due bambini?

E io, dove sono?

Dove mi trovo?”.

“Il nostro papà era buono, poi si è trasformato ma forse non tutto è perduto”.

“Papà. Io.

Io. Harry.

Io … non tutto è perduto”.

“Sirius? Ti ricordi di noi?” domandò Simon.

Sirius fissava la terra sotto i suoi piedi, e li vedeva muovere, li vedeva camminare su strade conosciute, sui pavimenti di casa, sui lastroni di Hogwarts, e dopo tanti passi arrivare fino a sé. Dopo tanto camminare per vie nuove, si torna sempre in un luogo chiamato casa, che non sta in nessun edificio, in nessun paese o città ma risiede dentro noi.

Così se non si ha l’idea di casa dentro sé, una casa non la si potrà avere mai.

Sirius sollevò la testa, le lacrime facevano fatica ad attraversare la barba che, incolta, gli copriva buona  parte del viso. “Sì, mi ricordo di voi! E purtroppo mi ricordo anche di me!”.

 

CIAO RAGAZZI, STATE LEGGENDO?

BENE, IO SONO GIA’ AL LAVORO SUL PROSSIMO CAPITOLO. MI RACCOMANDO NON TENETEMI SULLE SPINE E RECENSITE NUMEROSI!

VI ASPETTO. BACI, ALIDA

GinnyPotter93: Esatto, l'ultima parte riguardava Lily e Sev. Considerato che in questo capitolo Severus non manca mai, credo proprio che tu sia soddisfatta. Fammi sapere qualcosa. Baci, Alida

Karmysev: Sì, Severus è molto dolce e delicato ma non lo descrivo mai troppo smielato, anche perchè le persone troppo smielate mi sono un pò indigeste. Scherzo! Comunque penso che quando uno è eccessivamente dolce forse nasconde qualcosa. Alla fine del capitolo scorso c'è una piccola parte in cui ritorna Lily, perchè il rapporto tra lei e Sev è l'unica cosa bella nella vita del professore, e anche se quando l'ha conosciuta e frequentata aveva tra i 9 e i 19 anni, quello è l'unico periodo in cui forse si è sentito felice come un bambino. Spero che questo capitolo ti si piaciuto. Se hai tempo, fammi sapere cosa ne pensi. A presto, un abbraccio, Alida

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Capitolo 20
*** Ombre e test Pre-natalizio ***


CAP 21

-E’ andata meglio del previsto- pensò Severus rientrando nei sotterranei. –Almeno mi sono sbrigato, credevo davvero di dovermi trattenere tutta la notte al freddo-. Il suo mantello era bello pesante ma non riparava né le mani né la testa e per un pozionista mani e testa erano essenziali.

Entrando nel suo appartamento vide Harry addormentato sul divano. Severus era felice di trovarlo nelle sue stanze, certo l’ideale era che dormisse in camera sua con gli altri Serpeverde, ma del resto avere un genitore nel corpo insegnante doveva pur dare qualche privilegio.

Con molta delicatezza prese Harry tra le sue braccia e lo portò nel suo letto, ridimensionò uno dei suoi pigiami e lo cambiò. Poi fu il suo turno e infine si infilò anch’egli al calduccio sotto il copriletto di piume d’oca.

“Buonanotte” disse una vocina.

Severus fu colto un po’ alla sprovvista: “E’ da molto che sei sveglio?”.

“Da quando mi hai messo a letto”.

“E perché non hai detto niente?”.

Harry non rispose.

“Pensavi che ti avrei mandato nella tua camera?”.

Il bambino si strinse a riccio. “Ho sbagliato, vero?”.

Severus con una mano gli massaggiò la schiena e lasciò che Harry si rilassasse. La domanda non era facile, benchè lo sembrasse. Se gli avesse detto di sì, significava che Harry non era in grado di comprendere ciò che lui voleva e questo lo avrebbe gettato nello sconforto. Se gli avesse detto di no, significava che non lo voleva nelle sue stanze, e anche questa non era la verità.

“Non ho mai dormito nel lettone con Sirius” riprese Harry “Neanche quando stavo male”.

“E ti sarebbe piaciuto?”.

“Non lo so, lui era contento quando obbedivo. A me piaceva vederlo contento, però non mi ha mai detto di dormire con lui e perciò non l’ho mai fatto”.

“Harry, non è sbagliato desiderare di dormire nel letto con i propri genitori. Qualche volta”.

Harry, che dava le spalle al padre, girò la testa verso lui. Era felice e gli sembrò di vedere un po’ di felicità anche nel profondo degli occhi neri che aveva di fronte.

“Sono contento che mamma e papà mi abbiano lasciato a te”.

“Anch’io” rispose Severus cominciando ad accarezzare i capelli del suo bambino. Harry era sereno e i suoi occhietti cominciarono a socchiudersi, in breve fu nel mondo dei sogni, ma la sua tranquillità durò poco perché un urlo di Severus lo svegliò.

“Cosa c’è papà? Papà!” urlò spaventato Harry.

Severus si dibatteva nel letto come se cercasse di liberarsi da un mostro.

“Alzati Harry! Scendi subito dal letto, c’è qualcosa fra le lenzuola!”.

Harry con un balzo scese e andò a ripararsi dietro una poltrona.

“Papà! Papà!”.

“C’era qualcosa che mi stringeva la caviglia e poi ho sentito che mi camminava sulle gambe” spiegò il professore agitando le coperte.

Harry si mosse giusto il tanto per vedere ….

“Ah –ah –ah!”.

Severus smise di agitare  coperte e lenzuola, e capì cosa faceva ridere Harry: Jiulius, con passo elegante e aria divertita, usciva dal letto per andare sulla spalla del suo padroncino.

“Ah –ah- ah!” continuò Harry rotolandosi sul pavimento.

Severus si avvicinò ai due monelli con fare minaccioso e guardandoli dall’alto in basso, sussurrò con un filo di voce: “Se andate a raccontarlo in giro, sarà l’ultima cosa che farete nella vostra vita”.

 

La luce che trapassava  le tapparelle era sufficiente perché la realtà degli oggetti si trasformasse in ombre sui muri capaci di scrivere un racconto da leggere prima dell’arrivo di chi, dando spazio al sole, ponesse fine a una  storia ancora incompleta.

“Le ombre sono una bella invenzione della natura, sanno mostrarci come è il mondo quando tutto è buio e c’è solo una piccola speranza a dare luce” disse la voce di Simon alle spalle di Sirius.

L’uomo non si scompose, avrebbe dovuto essere agitato perché credeva di essere da solo in casa, invece orami sembrava incapace di stupirsi.

“Ci sono ombre anche dopo pranzo, quando il sole è alto nel cielo”.

John rise. “Certo, perché il sole è bravo a fare “tana” alle ombre che vogliono nascondersi”.

Sirius si stiracchiò: “E in tutto questo io che ruolo avrei?”.

“Tu sei come noi: un’ombra che vive con una piccola speranza, quando questa diventerà enorme, tornerai ad essere Sirius Black e noi … bhè devi ritenerti fortunato. Tu puoi ancora decidere chi essere”.

“Non è così, ragazzi. Voi non mi conoscete”.

“Giusto!” esclamò John “Perché non ci parli di te?”.

“Non me la sento”.

“Risposta sbagliata” lo controbatté Simon.

“Io sono molto diverso da come voi vi immaginate”.

La luce continuava a entrare poco alla volta e lo stemma dei Black, all’interno della cristalliera,  veniva riprodotto solo nei suoi contorni: uno scudo di medie dimensioni a difesa della purezza, del sangue, della storia e forse anche di Sirius.

Simon  sbuffò dalla noia mentre John insistette: “Non ci devi raccontare tutta la tua vita, solo poche cose. Prima di tutto perché sei così reticente a parlare di te stesso?”.

“Perché ho avuto uno stile di vita di cui non vado fiero”.

“Stai scherzando? Tu sei una persona buona che ci ha aiutato tantissimo. Senza di te non …”.

“Voi non siete gli unici bambini con i quali ho avuto a che fare” disse Sirius con un sussuro “Io mi sono occupato per 11 anni di un bambino di nome Harry, era il figlio del mio migliore amico”.

“Davvero? In questa casa?” replicò il fantasma di John svolazzando da ogni parte.

Simon invece era più attento a ciò che vedeva attorno a sé, a ciò che si aspettava ci fosse e invece non c’era. “Se c’era un bambino qui, come mai non ci sono giocattoli?”.

“Io non sono stato molto dolce con Harry”.

“Cosa intendi dire, lo picchiavi?” domandò Simon indietreggiando.

“No, solo qualche ceffone, ma non di abitudine. Lo punivo per qualsiasi cosa facesse che io non approvavo. Lo obbligavo ad essere qualcuno che non era. Vedete, quando suo padre e morto io mi sono sentito molto solo e speravo che lui, crescendo, potesse assomigliargli. Invece Harry è sempre stato molto diverso da James, era più simile a sua madre ma io non gliel’ho mai detto. Adesso che ci penso, non gli parlavo mai di lei”.

“E lui come reagiva?”.

“Harry? Faceva tutto il possibile per rendermi orgoglioso di lui, ma per me non era abbastanza. E così appena ha avuto la possibilità di andarsene, se ne è andato”.

“Anch’io lo avrei fatto. Me ne sarei andato e ti avrei lasciato qui da solo per sempre!” .

“Simon!” lo sgridò John.

“Cosa c’è? Tu pensa a quel bambino che fa di tutto per avere un po’ d’amore e invece …”.

“… e invece lo rinchiudevo in camera sua, gli facevo scrivere frasi denigranti, e lo obbligavo a leggere libri di cui non gli interessava niente e non gli ho mai letto neanche una fiaba” concluse Sirius.

La verità era davanti ai suoi occhi, ora non poteva più sfuggirle. Le ombre sui muri raccontavano la vita della famiglia Black, da stemmi a stendardi, da bacchette magiche a fotografie in bianco e nero, ma niente veniva detto su Harry Potter.

I gemelli non erano propensi a venire incontro a Sirius, ma il fatto che avesse fatto il possibile per aiutarli, li condizionava un po’. Il loro disagio era palese. “Adesso, volete sentire altro della mia vita?”.

John che prima era stato tanto curioso stette zitto, mentre Simon non si lasciò scappare l’occasione: “E adesso che intenzione hai? Vuoi fare qualcosa per riprendere con te Harry?”.

“Ci ho pensato. Legalmente non ho nessuna possibilità, anzi se fossi denunciato potrebbero anche arrestarmi, perché ho consapevolmente violato la legge magica. Però, mi piacerebbe rivederlo. Dirgli che lui non ha mai sbagliato niente e io invece tutto, ma non so se questo sarà possibile?”.

“E perché?”.

“Perché la persona che ora si prende cura di lui è molto attenta alle esigenze di Harry e di sicuro, rivedermi potrebbe metterlo in crisi”.

“Sirius, ogni cosa a suo tempo. Adesso inizia a mettere in ordine la tua vita, almeno ciò che puoi. Se hai conti in sospeso con qualcuno, insomma affronta il tuo passato e poi quando meno te lo aspetti arriverà anche la possibilità di riappacificarti con Harry”.

“Siete molto ottimisti” disse Sirius perso dentro un’ombra.

John si fece avanti, e coraggiosamente propose: “Per primo, devi sollevare la tapparella e lasciare che la luce riempia la stanza. La luce è bella!”.

“Mi stai dando ordini?” domandò stizzito Sirius.

“No, è solo un consiglio. Ti sembro uno che possa dare ordini?”.

“Io sono certo di no!” rispose Simon ridendo.

Con molta fatica Sirius si alzò e sollevando gli avvolgibili, aprì la finestra. Si coprì gli occhi con la mano per proteggersi dalla luce e a modo suo, dal freddo che entrava dall’esterno, poi abbassò la mano e maldestramente colpì un portafoto sul tavolo facendolo scivolare a terra.

Si chinò per raccoglierlo, la foto era rivolta verso il pavimento e lui non poteva vederla ma sapeva bene chi fosse stato immortalato in quel quadretto. Sospirò e voltandolo verso sé vide Regulus che con un ghigno nel viso indossava la sua bella divisa Serpeverde.

“Va bene, fratellino. Abbiamo un conto aperto, comincerò da te!”.

“Allora ragazzi, quante riunioni ci sono state finora? Tante, vero?”.

“Ormai abbiamo perso il conto, Severus”.

“Già, hai ragione Mark. E meno male che non ce lo ricordiamo perché quando si passa il tempo a catalogare e conteggiare tutti i momenti vissuti alla fine si perde l’essenza del momento vissuto”.

“Oh Severus, questa era proprio una perla di saggezza” lo prese in giro Draco.

Gli studenti ridevano, Severus era contento. Capitava spesso che in questi incontri i Serpeverde si lasciassero andare e gli facessero il verso ma lui aveva imparato proprio dai ragazzi che ridere era un bel modo per superare le paure e perciò li lasciava fare forte del fatto che comunque non gli avrebbero mai mancato di rispetto.

“Oggi è l’ultimo incontro prima delle vacanze di Natale. Vorrei sottoporvi un test, come quello che abbiamo fatto all’inizio dell’anno. Mi raccomando siate sinceri. Quando tornerete dalle vacanze ne faremo un altro ancora e poi se tutto andrà  per il meglio vorrei organizzare qualcosa di spettacolare per la fine dell’anno. Cosa ne dite?”.

“Mi sembra una buona idea” affermò Dorian con fare saccente scatenando la risata dei compagni.

“Benissimo. Ora, sapete come funziona. Scrivete tutto ciò che vi passa per la mente, non ci sono limiti di righe da scrivere ma sappiate che io ceno alle 20:00 e perciò avrò solo due ore per leggere le risposte di tutti”.

Ancora risate nella sala comune.

“Chi mi aiuta a distribuire i test?”.

Joel cominciò a tossicchiare: “Severus, credo che ci sia un volontario”.

Jiulius in tutta sua bellezza Serpeverde sputava fumo in direzione degli studenti. “Harry, cosa fa il tuo draghetto?” domandò Severus.

“Sta attirando l’attenzione degli studenti, credo che voglia distribuirli lui i fogli”.

Immediatamente Jiulius si trovò sulla spalla di Severus che, senza farsi accorgere da nessuno,  gli sussurrò alle orecchie: “Ringrazia che non sputi fuoco altrimenti non ti lascerei distribuire neanche la carta igenica”.

Per sua risposta Jiulius gli strappò dalle mani i fogli e mandandogli delle bolle di fumo in direzione degli occhi sgattaiolò via.

Il giorno seguente ci sarebbe stato l’incontro di Quidditch tra i Tassorosso e i Corvonero e, maledizione, tutti i Capocasa dovevano essere presenti. Era una questione di diplomazia, come diceva sempre Silente, ma Severus si era reso conto che fare da padre ne richiedeva già abbastanza e avrebbe voluto trascorrere il pomeriggio diversamente, magari leggendo i test dei suoi ragazzi e invece quel compito doveva svolgerlo la sera stessa, come aveva detto alle piccole Serpi.

Prese i fogli fra le mani, per primo notò che gli studenti avevano superato l’imbarazzo iniziale in quanto le risposte erano molto più approfondite di quelle di inizio anno.

“Qual è il ricordo più bello di questi primi quattro mesi di scuola?”.

Rosy, la piccola Rosy, cresceva: “Ho scoperto che Gazza è davvero simpatico, la settimana scorsa mi ha fatto accarezzare Miss Purr”.

Mark era felice perché: “Ho avuto modo di curare cinque civette e nessuna e mai morta!”.

“Hai trovato una persona che, più delle altre, ti faccia sentire bene?”.

Joel l’aveva trovata ma rimaneva sul vago. “Sì, è un ragazzo  dei Corvonero, ma non è né di prima, né del sesto anno e non è il prefetto”.

Severus sorrise e con un po’ di maschilismo pensò –Ormoni femminili- ma poi non seppe cosa pensare quando lesse la risposta di Dorian: “In effetti ci sono tre ragazze, una Tassorosso e due Grifondoro ma non mi sento di dire oltre per iscritto. (Se vuole conoscere i nomi ne possiamo parlare in privato)”.

“Quali sono le tue aspettative per le vacanze di Natale?”

Draco scriveva: “Credo che avrò un ottimo Natale e forse riceverò un regalo inaspettato”. –Sì, spero anch’io che Lucius ti faccia il più bel regalo del mondo- pensò Severus.

Tiger era incerto: “Di solito parto con i miei genitori in qualche capitale europea, ma forse quest’anno resteremo a casa”.

“Che regalo vorresti trovare sotto l’albero?”.

Dirk fu molto preciso: “Le sgorbie parlanti per intagliare il legno e un bel pezzo di legno di ciliegio”.

-Se non fosse troppo lontano dalla mia personalità te lo regalerei io il legno, perché sei davvero bravo- disse fra sé e sé Severus.

Goyle e Isabelle avevano lo stesso desiderio: “Vorrei che i miei genitori mi ascoltassero un po’ di più, pensano sempre che non capisca niente e invece vorrei raccontare loro tutto ciò che sto facendo ad Hogwarts”.

“Qual è l’aspetto di Hogwarts che ti piace di meno e quale quello che ti piace di più?”.

Joel spiegò con molta precisione: “Mi piace molto il rapporto che si è instaurato con i compagni del primo anno di tutte le case, alle volte non sembra neanche che facciamo parte di gruppi diversi. Mi è capitato diverse volte di fare i compiti con Hermione Granger e quando finiamo ci sembra strano doverci separare per raggiungere i diversi dormitori. Quello che mi piace di meno è l’aria che tira nelle classi del quinto, sesto e settimo anno. C’è una rivalità esasperata”.

I test erano stati tutti letti, eccetto che quello di Harry che, come era successo la prima volta, Severus aveva messo in disparte. Con ansia prese il foglio e lesse.

“Qual è il ricordo più bello di questi primi quattro mesi di scuola?”.

“Ho conosciuto tante persone che mi vogliono bene”.

“Hai trovato una persona, più delle altre, che ti faccia sentire bene?”.

“Sì, l’ho trovata”.

“Quali sono le tue aspettative per le vacanze di Natale?”.

“Credo che saranno le migliori di tutta la mia vita”.

“Che regalo vorresti trovare sotto l’albero?”.

“Non lo so. Io non ho mai avuto regali, penso che mi piacerebbe  -non ridere papà- una piccola serra per coltivare erbe oppure un libro un po’ più approfondito di pozioni”.

“Qual è l’aspetto di Hogwarts che ti piace di meno e quale quello che ti piace di più?”.

“Mi piacciono i quadri che parlano con gli studenti ma non piacciono le scale che si muovono”.

Severus rilesse il test di Harry più volte. Tutto si sarebbe aspettato tranne questo. In nessuna delle sue risposte faceva riferimento all’incantesimo di Illusione, a Sirius, all’essere diventato suo figlio.

 Eppure senz’altro Harry aveva fatto diversi passi avanti rispetto all’inizio dell’anno. Non c’erano frasi monosillabiche, esprimeva i suoi pensieri e le sue preferenze tuttavia era come se ciò che gli era successo non fosse degno di nota.

Ancora una volta bisognava ammettere che Harry sapeva muoversi con destrezza, rispondere a tutte le domande in maniera impeccabile senza però mostrare niente di se stesso. Rimaneva quella richiesta indiretta: una piccola serra e un nuovo libro di pozioni.

Possibile che Harry fosse così avanti in materia pozionistica, e perché non glielo aveva mai detto? –Ancora domande- pensò Severus rimettendo i compiti apposto. Per quella sera sarebbe rimasto tutto com’era, il giorno dopo era l’ultimo prima delle vacanze e poi avrebbe avuto un sacco di tempo per parlare con suo figlio.

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CIAO CARISSIMI,

CAPITOLO LEGGERO, E RELATIVAMENTE BREVE.

COSA NE DITE, STA VENENDO BENE, VERO? IN REALTA' NON SO ANCORA QUANTI CAPITOLI MANCHINO ALLA FINE, NON CREDO TROPPI, FORSE TRE O QUATTRO. INSOMMA VORREI CONCLUDERE PERCHE' HO UN'ALTRA IDEA PER LA TESTA, MA PIU' SCRIVO PIU' AUMENTANO I FATTI DA RACCONTARE. COMUNQUE SPERO CHE CONTINUERETE A SEGUIRMI E CHE LA STORIA CONTINUI AD APPASSIONARVI.

CI SENTIAMO SABATO, 

BACI, ALIDA

Karmysev: non preoccuparti Sirius non farà niente per riprendersi Harry, la sua posizione è troppo compromessa, ma ciò non vuol dire che il loro rapporto con il tempo non si possa aggiustare. Harry è insicuro, ma per ragioni di copione, fa passi da leone. Nella realtà è molto difficile che si superino certe abitudini in poco tempo, anche se i bambini hanno grandi capacità di recupero. Spero che il capitolo ti sia piaciuto. Un bacio, Alida 

 GinnyPotter93: ciao cara, ecco a te il nuovo test! Hai fatto bene a ricordarmelo. Sai quando si scrivono storie lunghe alle volte si corre sempre il rischio di perdere qualche pezzo e lasciare questioni in sospeso, io di solito mi faccio una scaletta di ciò che logicamente i lettori si aspettano di trovare nei capitoli successivi, ma per questa storia non l'avevo fatta. Grazie a te, ho segnato i punti più importanti: sono circa una decina e vanno risolti tutti. Il prossimo test ci sarà dopo le vacanze di Natale e poi credo uno a fine anno ... Baci, Alida

Chocco: ciao, questo capitolo è un pò leggerino, ma forse torverai interessante la parte sulle "ombre". Forse non è un capitolo all'altezza degli altri ma sono molto impegnata e non ho potuto fare di più. Spero di non averti delusa. Baci, Alida

Matteo the best: ciao matteo, ho visto che hai lasciato una recensione al primo capitolo della storia, ti ringrazio molto. Quando l'ho letta, ti avevo appena spedito l'e-mail, e mi ha fatto l'effetto di sentirmi piccola piccola, immeritevole delle tue lodi. Insomma in genere non credo di meritarmi troppe lodi nè di essere presa come punto di riferimento, o guida ... aiuto!! Comunque ti ringrazio ancora della recensione e spero di sentirti ancora. Baci, Alida

RINGRAZIO TUTTI I 23 LETTORI CHE HANNO MESSO LA STORIA TRA I PREFERITI E I 17 SEGUITI.

SIETE GRANDI! 

IL MIO SOGNO? TROVARE 40 RECENSIONI .....

Sì, LO SO: SOGNO IN GRANDE ....

MA SE NON SONO GRANDI CHE SOGNI SONO?

CIAO A TUTTI, ALIDA

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** Casa ***


CAP 22

“Ma dai! Non puoi dire che non facesse ridere. Il cercatore dei Corvonero non ha sbattuto la faccia contro il boccino, gli è proprio entrato dentro l’occhio!”.

“Harry, il signor Mallard poteva farsi male seriamente. Non puoi pretendere che io ne sia felice. Diciamo che è stato un po’ imbranato”.

Harry spalancò gli occhi. “Imbranato, dici. Non ha avuto neanche la prontezza di toglierselo. Glielo ha levato Richiard dei Tassorosso, e tenendo in mano il boccino ha dato la vittoria alla sua Casa. Dovevi sentire tutto ciò che hanno di lui …”.

Severus fece comparire una valigia e continuò a parlare: “I soliti pettegoli. Non è bello parlare alle spalle degli altri”.

“Bhè, non possiamo parlare sempre di te” rispose malizioso Harry.

“Come, scusa?” domandò Severus fermandosi con le camicie in mano.

Harry, però, cambiò argomento. “Perché stai preparando le valigie?”.

“Dobbiamo andare a Spinner’s End. Non ricordi?”.

“Sì, certo ma credevo domani”.

“Perché? Oggi hai altri impegni?”.

“No, papà” rispose Harry saltellando con eccitazione.

“Forse sarebbe il caso che anche tu andassi a preparare la tua” disse Severus prendendo altra biancheria  dall’armadio “ O vuoi restare ad Hogwarts?”.

“Scherzi!” strillò Harry felice. “Vado immediatamente. Peccato che non mi possa smaterializzare. Farei molto più in fretta a raggiungere la mia stanza”.

Smaterializzare?

Severus si voltò per chiedere spiegazioni ma Harry era già andato. Di sicuro lui e Harry dovevano parlare.

“E’ Natale, è Natale!

È  la festa dei bambini!

È un emporio generale

Di trastulli e zuccherini!”.

Anche i babbani come i maghi festeggiavano il Natale, l’elfo che canticchiava su una panchina della piazza però non aveva niente in comune con quelli della Gringott. –I babbani devono  avere molta fantasia per immaginarseli così- pensò Sirius.

Guardò la gente che camminava e qualcuno ricambiò lo sguardo, la maggior parte invece andava avanti senza nemmeno osservare chi gli passava accanto. Non c’era niente di male, anche lui spesso faceva così.

Un passo dopo l’altro dritto per la sua strada, assente agli altri e per questo al mondo. Rientrò in casa e con titubanza si avvicinò al mobile in legno scuro che occupava tutta la parete. Sembrava immenso e forse lo era. Le ante erano pesanti ma a Sirius interessavano di più i cassetti.

Non ricordava in quale dei tre cassetti fosse ciò che gli serviva. Forse nel primo dall’alto o nel secondo, di sicuro non nel terzo perché era in basso e Harry ci sarebbe potuto arrivare facilmente all’età di due, tre anni. Perciò le aveva messe nel cassetto più alto.

Allungo la mano e aprì lentamente il cassetto, le chiavi erano in bella vista: aprivano la camera dei suoi genitori e quella di Regulus. Le prese e con le dita accarezzò lo stemma di famiglia che avevano incise sopra.

Una bellissima B.

 B di Black.

Black per sempre.

Sirius inspirò tutta l’aria che potè e si avviò verso le scale che conducevano al piano superiore e dunque alle stanze. Da piccolo lui giocava sempre con Regulus, e quando i genitori non gli davano il permesso di andare da qualche amico, stavano nelle loro camere.

Entrambe erano abbastanza spaziose ma Regulus preferiva quella di Sirius perché la sua finestra dava sulla piazza dove i babbani passavano avanti e indietro tutto il tempo. Sirius invece amava la camera del fratello proprio perché non c’erano finestre dalle quali vedere l’infinita libertà altrui.

Quando poi entrambi cominciarono a frequentare Hogwarts si ritrovarono in Case diverse e Regulus non gli permise più di entrare nella sua camera. Da allora, dal primo giorno in cui il fratellino divenne un Serpeverde, Sirius non fu più in ben accetto in quella che lui per rabbia e frustrazione chiamava –La camera della Serpe-.

Sulla porta della camera di Regulus erano inchiodate le sue iniziali in argento R.A.B.

Sirius, sentendosi quasi un ladro, girò la chiave nella serratura e aprì. Tutto era in ordine. Probabilmente sua madre aveva risistemato tutto nella speranza che un giorno il suo bambino sarebbe tornato.

I colori predominanti, naturalmente, erano il verde e l’argento. Le tende erano tirate, quasi a voler impedire alla luce di entrare. I libri erano sistemati in ordine alfabetico. Sul comodino c’era una foto di famiglia.

Non era una foto normale. C’erano Regulus, la loro madre, il loro padre e anche lui. In quella foto Regulus doveva avere circa otto anni e mostrava fiero un libro di fiabe che Sirius gli aveva regalato per il compleanno.

Sirius prese in mano il quadretto, e si vergognò perché lui non aveva mai tenuto nessuna foto di Regulus. Aveva sempre cercato di dimenticarlo, forse per non soffrire, forse perché non riusciva a capirlo, eppure era così.

Chiuse gli occhi e pensò e non potè fare a meno di odiarsi perché dai suoi occhi non scese neanche una lacrima. C’era ancora troppo risentimento. Eppure se voleva andare avanti doveva chiudere con il passato. Perciò si sforzò, prese fiato e con voce tremolante disse a voce alta: “Mi dispiace di non essere riuscito a dialogare con te, di non averti capito, di non averti amato come avrei voluto”.

La voce gli si spezzò, e ingoiò per far scendere giù nel profondo  il suo malessere ma non bastò. Ingoiò ancora, ma fu inutile. Così Sirius si ritrovò a piangere sul quadretto. Era difficile, molto difficile.

Non ce l’avrebbe mai fatta da solo, aveva bisogno di un piccolo aiuto. Solo un po’, per l’ultima volta. Corse velocemente al piano terra e si diresse verso l’angolo bar, aprì lo sportello e vide le bottiglie piene, un sorso e il dolore sarebbe passato.

Cosa mai sarebbe potuto succedere? Erano due mesi che non beveva, un goccio non gli avrebbe causato nessun problema. Si riempì il bicchiere e posandoselo sulle labbra sollevò lo sguardo dritto verso lo specchio che aveva di fronte.

Si vide con il bicchiere in mano ed ebbe paura di ciò che poteva diventare. Andò in cucina e svuotò il whisky nel lavandino. Lui – poteva – essere – migliore. Tornò in soggiorno e richiuse lo sportello dell’angolo bar. Risalì le scale e trovò Simon con John in camera di Regulus.

“Sei riuscito a parlare con lui?” chiese John indicando Regulus.

Sirius era dubbioso: “Non so se il mio pensiero gli sia giunto, ma ho detto tutto ciò che volevo dirgli”.

“Hai di nuovo bevuto?”.

“No, Simon. Non ho bevuto”.

“Allora non hai più bisogno di noi” rispose il bambino.

“Come sarebbe a dire?” domandò confuso Sirius.

“Significa che hai in te la forza di andare avanti anche senza di noi”.

Sirius cercò di ribattere ma venne bloccato. “Anche noi, adesso, grazie a te, abbiamo la forza di andare oltre”.

“Mi state dicendo che state andando via e non tornerete più?”.

“Proprio così, ma siamo contenti”.

“Dunque mi lasciate in questo modo?”.

“Vorresti che ti inseguissimo in un bosco e ti comparissimo da sotto le foglie?” domandò John alludendo al loro primo incontro.

“Vi sto perdendo” disse laconico Sirius.

“Non ci perderai mai, quando ci vorrai vedere cercaci dentro il tuo cuore” disse Simon.

“Dove andrete, adesso?”.

John guardò Simon e i due bambini si sorrisero a vicenda. Poi guardarono Sirius e scomparendo pian piano ai suoi occhi risposero: “A casa”.

Fu un attimo e i Fantasmi dei gemelli senza nome sparirono. A Grimmauld Place rimase solo Sirius mentre i bambini si materializzarono a Spinner’s End.

La casa era ancora vuota ma Severus aveva detto loro di aspettarlo che non avrebbe tardato, così i due diedero un’occhiata attorno. Anche in quella casa non c’era niente che indicasse la presenza di un bambino, però i gemelli sapevano che Severus era sempre molto impegnato e che voleva sistemare la casa con il suo nuovo bambino.

Conoscendo Sirius, Severus e avendo sentito parlare di Harry non ci volle molto perché capissero che l’Harry di Severus era lo stesso Harry di cui parlava Sirius. Tuttavia avevano preferito non pronunciarsi con il pozionista, perché sarebbe piaciuto anche a loro essere portati via quando il padre beveva.

Erano appena usciti dalla piccola cucina quando sentirono la voce di un bambino nel soggiorno. “Papà, la metropolvere è proprio terribile. Non saremo potuti venire volando?”.

“Sai da quanto tempo non uso più la scopa?” domandò Severus.

Harry non lo sapeva ma di sicuro doveva trattarsi di molto tempo prima. “Cinque anni?”.

Severus sollevò il sopracciglio.

“Dieci anni?” ritentò.

“Diciamo che è passato talmente tanto tempo che non me lo ricordo più neanche io” rispose sinceramente.

“Io ho volato una sola volta quando c’era ancora la mamma” affermò John.

“Uffa! Io mai!” si lagnò Simon.

Harry vide i due fantasmi nella porta che divideva il soggiorno dal corridoio e stringendo i pugni e aprendo al massimo la bocca emise un sonoro urlo. “Aaaaah!”.

Severus lo tranquillizzò subito. “Harry, dai non c’è bisogno di agitarti. Loro sono Simon e John. Sono due fantasmi”.

I gemelli sorrisero mentre Harry cercava di riprendere il controllo di sé. “Devono restare qui?” domandò impaurito.

“Non è gentile da parte tua chiederlo. Comunque, no! Sono di passaggio, li devo accompagnare in un posto” spiegò Severus. “Adesso fai loro un po’ di compagnia, faccio un giro di controllo in casa e poi ci dobbiamo sistemare”.

“Va bene” rispose Harry.

Severus andò a controllare che tutto fosse in ordine, una volta gli era capitato di lasciare una finestra mezzo aperta e di trovare dentro casa blatte, ragni e scarafaggi e non voleva che Harry avesse spiacevoli incontri con questi animaletti molto raccapriccianti.

 Intanto nel soggiorno Harry osservava i gemelli che gli sorridevano e facevano il possibile per coinvolgerlo in una qualsiasi discussione. “Come mai voi conoscete il mio papà?”.

“Abbiamo un amico in comune” rispose vago John.

“Dove vi deve portare?” domandò incuriosito Harry.

Simon, che vedeva il suo sogno avvicinarsi sempre di più, rispose: “A casa”.

“E’ gentile da parte sua” notò Harry.

“Tu vivi qui da molto?” chiese John facendo finta di non conoscere la verita.

“No, è la prima volta che vengo”.

“Anche per noi è la prima volta che veniamo qui”.

“Se siete fantasmi come farete a tornare a casa vostra? E i vostri genitori lo sanno che siete fantasmi?” domandò Harry sempre più curioso.

“I nostri genitori sono morti” rispose John.

“Anche i miei. Sicuramente vi volevano molto bene” rispose affranto Harry.

“La mamma sì, papà non siamo tanto sicuri ma speriamo che sia cambiato”.

“Simon, devi avere fiducia!” lo incitò John.

“Perché pensate che vostro padre non vi volesse bene?”.

Simon non si trattenne. “Perché ci picchiava e beveva”.

 Harry non capiva, perché Severus voleva riportare questi bambini a casa loro se il loro papà li trattava male? Anche Sirius beveva e gli aveva mollato qualche ceffone … certo lui non sarebbe mai tornato a Grimmauld Place ma perché Severus non proteggeva anche questi altri due bambini? Stava per fare una domanda quando Severus entrò in soggiorno.

“Ok, non ci sono ospiti sgraditi. Possiamo sistemarci” disse rivolgendosi a Harry.

“Se prima devi accompagnare John e Simon a casa loro, io posso aspettare. Inoltre sono stanco” replicò Harry.

“Stanco?” domandò Severus avvicinandosi ad Harry e toccandogli la fronte “Ti senti male?”.

“No, no! E’ solo … non lo so forse è stata la metropolvere”.

“Non ho mai sentito che potesse causare stanchezza o malessere” rispose palesemente incredulo Severus “Comunque se per te non c’è problema allora sistemo prima i gemelli”.

“Certo, vai pure”.

John e Simon salutarono educatamente e Harry ricambiò, gli sembrava una situazione surreale: due fantasmini che tornavano a casa accompagnati da suo padre. Doveva parlare con Severus, voleva chiarirsi le idee, per non permettere a delle ombre oscure di insinuarsi nel suo rapporto con il suo nuovo papà.

Sembrava un gioco di luci, un pezzo di mare che ondeggiava a mezz’aria,  un lenzuolo steso ad asciugare agitato dal vento. I gemelli lo guardavano estasiati, e subito pensarono di farne parte. Provavano un forte senso di appartenenza a quel magico oggetto, se oggetto si poteva chiamare.

Silente parlava con Severus a voce bassa. I ragazzi dovevano  decidere se attraversare o meno il velo. Era una scelta difficile. Nessuno era a conoscenza di cosa ci fosse dietro, forse una nuova vita, forse niente, ma i ragazzi sapevano che cosa avrebbero perso.

Non una vita vera, certo, però i boschi, i suoni della natura,  l’unico mondo che conoscevano sarebbe scomparso per sempre una volta attraversato il velo.

Simon si voltò e chiese a Severus: “Perché lo stai facendo?”.

“Perché tutti i bambini dovrebbero trovare la pace”.

John non disse niente, prese la mano al fratello ed entrambi, dopo aver concesso l’ultimo sorriso ai due maghi, fecero un salto nel velo. Le loro anime trapassarono, Silente posò una mano sulla spalla di Severus che disse: “Un po’ di pace. E’ il più bel regalo che mi potessi fare, Albus”.

“Ero in debito di un favore, ti dissi di chiedermi qualsiasi cosa e sono felice di averti accontentato, Severus”.

“Grazie lo stesso”.

Al suo rientro a Spinner’s End, Severus trovò Harry seduto in poltrona che con aria pensierosa guardava fuori dalla finestra la desolazione del quartiere.

“Non è un bel posto, ma noi non facciamo parte di quel mondo. Qualsiasi cosa ti serva possiamo andare a Diagon Alley, a Hogsmeade, insomma ci sono tanti posti” lo rassicurò Severus.

“Perché gli hai riportati a casa loro se il padre li picchiava e beveva?” domandò Harry continuando a guardare fuori dalla finestra.

Severus non pensava che i tre ragazzi avessero chiacchierato delle loro vite, insomma li aveva lasciati soli giusto pochi minuti. “Loro non erano bambini in carne ed ossa, Harry. Erano fantasmi. Hanno vagato quasi 50 anni prima di ricordarsi i loro nomi”.

Harry si voltò verso il padre.

“Già, non sapevano chi fossero. Non sapevano dove fosse la loro casa, chi fossero i loro genitori. Adesso lo sanno. Non possono  tornare indietro e cambiare la loro vita, Harry ma forse possono trovare un po’ di pace andando avanti. Io volevo solo che trovassero questa pace”.

“Tu pensi che io possa trovare la pace tornando a vivere con Sirius?”.

“Io penso che tu debba andare avanti, senza dimenticarti i momenti belli che avete trascorso insieme”.

“A cosa serve ricordarli? Sono così pochi!”.

“Sono pochi, ma sono importanti perché un giorno, quando entrambi sarete più forti vi permetterà di trovare un po’ di pace”.

Harry era silenzioso.

“Nel frattempo, però, devi stare con me, piccola serpe”.

Un piccolo sorriso nacque sulle labbra di Harry.

“Adesso vorrei che parlassimo di una cosa importante” iniziò Severus “Come fai a conoscere così tanti incantesimi, tante pozioni, la Smaterializzazione? Insomma non è da tutti”.

“Io non lo so. Voglio dire, una parte l’ho imparata a Grimmauld Place. Trascorrevo molto tempo in camera mia e così leggevo. Spesso Sirius mi obbligava a leggere i libri che piacevano a lui, come Storia del Quidditch, Schemi del Quidditch, la Vita dei migliori cercatori inglesi e via dicendo, ma un giorno trovai uno scatolone di libri di mia madre ed era pieno di libri di scuola, di pozioni, di magia e li lessi tutti. Un paio di volte. Poi provai a preparare pozioni di nascosto e mi vennero bene, allora passai agl’incantesimi dai più semplici ai più difficili …”

“Mi stai dicendo che sei un autodidatta?”.

“No, non proprio. Vedi papà, alle volte mi sento pieno di magia e tutto diventa facile, e mi rendo conto di conoscere anche magie di cui non avevo mai sentito parlare. Ho paura, sai?”.

“Harry perché non ne hai mai parlato con nessuno? A scuola puoi fidarti di tutti. Potevi dirlo anche a Silente” suggerì Severus.

“No, papà. Solo tu mi puoi capire”.

“Io? Come potrei? Io ho sempre dovuto impegnarmi molto per imparare …”

Harry continuò per lui “… per imparare le magie, ma per gestire i tuoi sentimenti dopo la morte di mia madre come hai fatto?”.

Severus cercò di ricomporre i pezzi. Lui non era mai stato bravo con le emozioni, aveva sempre cercato di intrappolarle e negarne l’esistenza. Eppure dopo la morte di Lily era riuscito ad aprirsi con Silente, a parlare, a dialogare con i suoi studenti, ad avere una vita quasi normale.

Aveva nascosto al mondo intero di aver salvato Harry, certo, però aveva acquisito la capacità di manifestare amore. Ma Harry come poteva essere collegato a questo.

-Oh, Lily!- pensò Severus.

“Quando tua madre è morta ci ha unito non solo legalmente ma anche umanamente” concluse Severus.

“Lo credo anch’io” affermò Harry “Io so fare tante magie perché è nella tua natura saperlo fare, e tu riesci ad esternare i tuoi sentimenti perché è nella mia natura. Papà, la mamma ci ha fatto proprio un bel regalo!”.

Severus guardava Harry: era la fotocopia di James Potter eccetto per gli occhi, eppure in quello che ora era il suo bambino c’era anche qualcosa di sé.

CIAO RAGAZZE E RAGAZZI,

CAPITOLO BREVE E ANCHE IN RITARDO, VI CHIEDO SCUSA MA NON RIUSCIVO AD ANDARE AVANTI, MI VENIVANO IN MENTE ALTRE STORIE (vedi poesie e one-shot) OGGI PERO’ AVEVO LA MENTE SGOMBRA, PERCIO’ ECCOMI QUA,.

SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA.

BACI, ALIDA

 

 GinnyPotter93: la scena di Jiulius nel letto ha fatto ridere anche me quando la scrivevo, spero che mi venga qualcosa in mente per non farlo annoiare troppo a Spinner's End, Comunque sì, ci sarà la cena di Natale e poi si vedrà ... per ora ho chiuso la storia dei Gemelli, Sirius si sta sistemando e ho dato un senso all'aurea di Lily che avvolse Harry e Sev. Ci sono ancora questioni aperte perciò  non mi resta che rituffarmi nella scrittura. Baci,. Alida

Aloysia Piton: non preoccuparti se non puoi recensire subito tutti i capitoli, prima lo studio. La storia sta andando avanti, Sirius si è moralmente riappacificato con Regulus che era una delle parti più dolorose del suo passato, poi resta Lupin e Harry ... ogni cosa a suo tempo. In bocca al lupo per i tuoi esami, baci, Alida

Matteo _ the_ best: ciao matteo, sicuramente continuerò la storia anche perchè io non ne lascio mai incomplete, a meno che non sia una raccolta di poesie che posso sempre ampliare. Ecco il nuovo capitolo, spero ti piaccia anche se non è lungo. Baci, Alida

chocco: ho rivalutato da poco il personaggio di Regulus e mi sta venendo in mente una possibile ff che lo riguarda, naturalmente assieme a Severus Piton. Comunque tornando a noi, siccome Regulus non è tornato e presumibilmente è morto nella grotta dopo aver rubato il medaglione, ho dovuto trovare una soluzione astratta che spero non ti deluda. Baci, a presto, Alida

PiccolaVero: ciao carissima ... hai letto tutti i capitoli assieme, ti faccio i miei complimenti e ti ringrazio. Spero che il capitolo ti piaccia, aspetto tue notizie, baci, Alida

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 22
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CAP 23

Il pomeriggio trascorse con tranquillità, Severus si sistemò in quella che fu la camera dei suoi genitori e Harry invece in quella da ragazzo del padre che era stata ampiamente modificata. Non c’era angolo  che al passaggio di Harry non subisse modifiche non tanto perché il bambino si imponesse quanto perché Severus tendeva a realizzare ogni piccolo desiderio di Harry e naturalmente quest’ultimo ne approfittava.

Harry era euforico, aveva sempre avuto una stanza tutta per sé ma era la prima volta che poteva  decidere come sistemare  i mobili, con che colori decorarla e tante altre piccole cose che Sirius non gli aveva mai permesso di scegliere.

Severus lo vide soprappensiero però decise di non chiedere niente perché voleva che fosse Harry ad aprirsi con lui. Non aveva esperienza come padre ma  si ricordava che da bambino gli dava molto fastidio quando i suoi genitori lo assillavano con le loro domande,  in quanto  dal suo punto di vista servivano solamente per tenerlo sotto controllo.

Adesso che era padre capiva. I suoi genitori volevano davvero tenerlo sotto controllo, come lui voleva fare con Harry ma non per cattiveria o per mancanza di fiducia semplicemente perché volevano proteggerlo. Si trattava dunque di cercare un equilibrio.

Harry, però, continuava a stare seduto a pensare chissà cosa e Severus cominciava ad agitarsi. “Un galeone per i tuoi pensieri” disse rivolgendosi al bambino.

“Non sei costretto ad essere gentile con me. Insomma anche se adesso sono tuo figlio non sei obbligato a dimostrarmi affetto in continuazione”.

Il cervello di Severus cercò  un collegamento tra questo bambino e quello che doveva sempre guadagnarsi il suo affetto. Insomma una notte piangeva perché aveva paura che lo volesse mandare via, e dopo pochi giorni gli diceva che non c’era bisogno di rassicurarlo.

“Non ti sto dimostrando affetto, sono solo curioso di sapere cosa ti passa per il cervello. Forse non te ne sei accorto ma ormai è quasi un’ora che sei seduto su quella sedia, immerso nei tuoi pensieri”.

Harry non si scompose. “Sirius non voleva che facessi troppo bacano la notte”.

“Non è ancora notte. Sono appena le sei” gli fece notare Severus.

“Intendo dire quando faceva buio” specificò Harry.

“E come passavi il tempo, allora?”.

“Fantasticavo! Pensavo a mamma e papà, a zio Remus, alla magia e alle pozioni che avrei potuto produrre con la mia scorta di erbe”.

“Avevi una scorta di erbe?” domandò incredulo Severus.

“Sì, però era piccola. A Sirius le pozioni non piacciono”.

“Oh, lo so bene!”.

“Già. Siete dello stesso anno. Raccontami ancora di te e della mamma. Perché Sirius diceva che tu l’avevi tradita?”.

Severus ammutolì, quello non era certo l’argomento più adatto alle vacanze natalizie. Tuttavia Harry si stava aprendo e lui non poteva sbattergli la porta in faccia.

“Vedi, Harry, io ero uno dei seguaci di Voldemort”.

Harry sbiancò. “Cosa?”.

“Hai capito bene. Io non sono stato sempre una buona persona”.

“Ma perché?”.

“Potrei dirti che mio padre era un babbano e odiava la magia e così io ho iniziato a odiare i babbani, potrei dirti che a scuola non avevo amici e avevo bisogno di sentirmi importante, apprezzato quantomeno. E’ tutto vero, ma probabilmente diventai Mangiamorte perché non pensavo di meritare amore e così volevo negarlo anche agli altri”.

“Allora perché mia madre volle lasciarmi con te?”.

“Perché quando arrivai a casa vostra decisi di mettermi contro l’Oscuro Signore in persona per salvarti. E lei capì che in me c’era qualcosa di buono, che finalmente avevo deciso di schierarmi dalla parte giusta”.

“Capisco” rispose laconico Harry.

“Che cosa?” chiese di rimando Severus.

“Forse non c’è nessuna persona al mondo che sia completamente buona o cattiva per tutta la vita. Forse ci sono periodi in cui si è buoni e periodi in cui si è cattivi”.

Naturalmente questo era un disperato tentativo da parte di Harry di non criminalizzare suo padre, un modo per farlo uscire pulito da una sporca faccenda, ma Severus non era abituato a perdonarsi.

“No, Harry. Ci sono persone che vivono una vita intera facendo solo del male, e altri che se non fanno propriamente del bene comunque non fanno mai del male. E poi ci sono persone che compiono errori, io sono uno di quelli. Non si è mai condannati a essere cattivi per sempre. Siamo noi che scegliamo quando essere cattivi e quando cambiare”.

“Allora tu eri cattivo per tua scelta?”chiese titubante Harry.

Severus inspirò profondamente. “La maggior parte delle volte non si tratta di essere buoni o cattivi, ma di essere forti o deboli. Se per sentirti una persona migliore hai bisogno che gli altri si sentano una nullità, se hai bisogno di annullarli, allora sei debole”.

Harry si alzò dalla sedia e si avvicinò al padre, gli mise le mani sulle guance e guardandolo negli occhi fece in modo che le loro fronti si toccassero. “Tu non sei più debole”.

“E non lo sei neanche tu, figlio mio”.

Il momento era commovente, entrambi cercavano di contenere le proprie emozioni ma nessuno dei due aveva il coraggio di allontanarsi dall’altro. Fu Jiulius con uno sbuffo degno del più grande treno a vapore che fece dividere le due fronti.

“Jiulius?” disse Severus. “Non mi ero accorto che lo avevi portato. Dove era nascosto?”.

Harry strinse le labbra, come a volere tenere nascosto un misfatto.

“Harry …” .

“Era il cappello”.

“Scusa, credo di non aver capito bene?”.

“Era il cappello. L’avevo trasfigurato”.

“Harry non puoi usare la Trasfigurazione su un essere vivente!” lo rimproverò il padre.

“Mi dispiace, non lo farò più!”.

“Inoltre la trasfigurazione è un’arte molto difficile, oh Merlino. Va bene, dai. Prepariamo la cena e mettiamo qualcosa sotto i denti”.

“Ciuff, ciuff” canticchiò Harry sorridendo ai nuovi sbuffati di Jiulius mentre Severus guardava il draghetto e continuava a ripetere: “Pazienza, Severus, pazienza”.

DIN-DON

DIN-DON!

Sirius a passi veloci arrivò al portoncino e aprì. Sulla porta, tutto sorridente, c’era Remus con un pacchetto regalo. “Auguri di Buon Natale!”.

Sirius non rispose e come sempre l’amico lo ignorò, entrò senza essere invitato e continuò. “Vedo che anche oggi sei di buon umore, meglio così. Allora cosa stai organizzando per questo Natale?”.

“Lo sai che il tuo sarcasmo  mi fai venire voglia di lanciarti maledizioni?”.

Remus non cambiò atteggiamento. “Suvvia, non è sarcasmo, sto cercando di farti pensare a qualcosa di positivo. Qual è l’ultima cosa bella che ti ricordi?”.

“Mi pare che l’ultima volta che sei entrato in questa casa ti abbia mandato via”.

“Sbagliato, forse era la penultima. Ritenta, sarai più fortunato”.

“Remus, cosa vuoi? Perché sei venuto? Vuoi assicurarti di non aver lasciato un pazzo in libertà?”.

Remus divenne serio. “Questo è un colpo basso. Lo sai anche tu che nessuno sarebbe venuto a cercarti e se non fossi riuscito a riprenderti in breve il tuo cervello avrebbe potuto subire dei seri danni”.

“Chi ti dice che io non volessi proprio quello? Che non volessi dimenticare per sempre il mio passato. Chi ti ha dato il diritto di scegliere per me?” domandò Sirius.

“Questo!” rispose Remus togliendosi dalla tasca un biglietto.

Era un vecchio biglietto, simile a quelli che un tempo si usavano per salire sul Metronotte, e sopra portava la dicitura “Via della felicità”. “Ti ricordi quando me lo regalasti?” domandò Remus.

“No. Non ricordo” mentì Sirius voltandogli la faccia.

“Allora te lo dirò io. Me lo regalasti quando avevo quattordici anni. Non è un biglietto normale, è una passaporta. Con questa potrai arrivare ad un centro d’ascolto, dove qualcuno ti farà bere una pozione Polisucco e tu ti trasformerai nel Direttore del centro.

Dopo entrerai in una stanza dove ci saranno altre persone che hanno quasi tutte la fisionomia del Direttore e potrai parlare di te stesso, dei tuoi problemi, delle tue ansie senza che nessuno sappia chi sei.

Quando poi ti sentirai sicuro, allora potrai decidere di presentarti con il tuo viso, con la tua faccia, con la tua vita in bella mostra. Nessuno ti metterà fretta, avrai tutto il tempo che vorrai”.

“Non ho bisogno di andare in un centro d’ascolto. Posso cavarmela anche da solo” rispose Sirius.

“Lo so che puoi farcela anche da solo. Vorrei che scoprissi che farcela assieme a qualcun altro riempie di più la vita. A me l’ha riempita e questo mi ha dato il diritto di scegliere per te”.

Così dicendo, posò il biglietto sul divano affianco al pacchetto. “Posso fare qualcosa per te?” chiese ancora Remus.

Sirius andò al piano superiore, poi scese con due grandi valigie. “Io non posso, insomma non credo di essere gradito a Hogwarts. Questa è tutta la roba di Harry. Vorrei che l’avesse”.

“E’ un’ottima scelta”.

“Sarà, ma per essere un’ottima scelta fa molto male” rispose Sirius.

“Buon Natale, amico mio”.

“Buon Natale a te, Remus. Mi raccomando, se non hai impegni per domani, la mia porta è sempre aperta”.

“Non mancherò” disse brevemente Remus prendendo le valigie e uscendo da quella che per dieci anni aveva sempre sentito come l’unica casa che avesse.

L’aria all’esterno era fredda, il suo cappotto era troppo fine perché il gelo non raggiungesse la sua pelle facendola accapponare. Si strofinò le mani sulle braccia e fece allegre nuvolette ghiacciate. Pian piano si avviò verso Spinner’s End, sapeva già che Harry e Severus avrebbero trascorso il Natale lì, andare a Hogwarts era solo uno spreco di tempo.

Quando arrivò si guardò attorno, il paesaggio non era il massimo, Severus non era stato fortunato a crescere in quel quartiere, ma nessuno può scegliere dove nascere, bisogna accontentarsi di quello che si ha e andare avanti.

Allungò la mano e suonò il campanello. Severus guardò nello spioncino e vedendo chi era il suo ospite sospirò. –Ci mancava la ciliegina sulla torta!- pensò. In realtà si pentì subito di averlo pensato, del resto Remus aveva sempre voluto bene ad Harry, però ciò non significava che dovesse  provare gioia nel vederlo.

“Harry! Vieni, è per te” gridò a voce alta aprendo la porta.

“Buon Natale, Severus” salutò Remus.

“Sì, buon Natale” rispose con poca convinzione l’altro.

“Zio Remus!” gridò Harry.

“Ciao, Harry. Come va?”.

“Bene, grazie. Che bello rivederti. Ho pensato molto a te in questi giorni”.

“Davvero?” chiese Severus infastidito per non averlo capito da solo.

Harry abbassò lo sguardo a terra, forse aveva dato la risposta sbagliata.

“Non sempre. Qualche volta” specificò.

Era inevitabile che Harry pensasse a Remus, del resto aveva passato i suoi natali o con Sirius o con Remus. Perché non ci aveva pensato prima, forse Harry aveva bisogno di qualcuno che gli facesse presente che il suo passato non era tutto da buttare via.

“L’importante è che non te ne innamori” disse Severus scherzosamente.

“Papà, ma è maschio!” rispose scandalizzato Harry facendo ridere Remus.

Severus notò le due grandi valigie che Remus aveva con sé. Su di esse c’erano incise delle iniziali H.J.P. che presumibilmente stavano per Harry James Potter. Severus sollevò lo sguardo fino a incrociare gli occhi di Remus. “Volete che vi lasci soli?”.

Harry non fece in tempo a rispondere che Remus lo precedette. “Grazie, te ne sarei grato”.

“Prego” rispose il pozionista spostandosi in cucina con Jiulius alle calcagna.

Remus sorrise ad Harry. “Allora, come va con Severus? Ti trovi bene?”.

“Sì, mi trovo bene. Non posso dire di sentirmi completamente a mio agio ma non è colpa sua, sono io che ho sempre paura di sbagliare, perché lui non è come Sirius e io non so bene come mi devo comportare, però sta andando tutto bene”.

“Sono felice di sentirtelo dire. Ho sempre pensato che Severus, in cuor suo, sapesse amare e venire incontro agli altri e l’ultima volta che l’ho incontrato ne ho avuto conferma. Lui tiene molto a te, e sta cercando di fare tutto il possibile perché tu stia bene”.

Harry annuì con la testa e poi i suoi occhi si poggiarono sulle valigie. “E quelle?”.

“Sono le tue valigie. Ti ricordi, te le ho regalate quando hai compiuto sette anni e assieme a Sirius siamo andati in Francia per un paio di giorni”.

“Sì, le riconosco, ma come mai sono qui?”.

“Me le ha date Sirius, e mi ha chiesto il favore di fartele avere. Dentro ci sono tutte le tue cose che avevi lasciato a Grimmauld Place”.

“Se ne è liberato in fretta” disse malinconico Harry.

“No, non prenderla in questo modo. Sirius non ha voluto privarti di ciò che ti appartiene, pensava di fare un bel gesto. E in realtà è quello che è. Lui ha capito di aver sbagliato in tante situazioni, e sta cercando di rimediare. Sa già che tu non tornerai mai con lui, e perciò non ha nessun senso lasciare i tuoi oggetti, i tuoi giochi a casa sua”.

“Ha sempre detto che ero un peso per lui, sarebbe stato meglio se non ci fossi mai stato!”.

“E adesso che non ci sei, si sta rendendo conto che non eri un peso e che gli riempivi la vita di gioia e soddisfazioni”.

Harry era incredulo. “Te lo ha detto lui?”.

“No, non me lo ha detto ma so per certo che è così”.

“Non ti credo”.

“Non credermi, ma non convincerti che lui si senta meglio senza di te perché non è vero e un giorno te lo dirà lui stesso”.

“Vuoi farmi sentire in colpa per averlo lasciato?”.

“Assolutamente no. Non devi mai sentirti in colpa per aver scelto di stare Severus piuttosto che con Sirius. La verità e che Sirius non avrebbe potuto tenerti nelle condizioni in cui era perché è lui per primo ad avere bisogno di qualcuno che lo aiuti. Di qualcuno che gli indichi la strada giusta da compiere per poter camminare da solo in seguito”.

“Dovrebbe darsi delle regole e rispettarle come faceva con me” affermò Harry.

“No, Harry. Tu e Sirius non avete bisogno di chi vi comandi, avete bisogno di chi vi guidi”.

Sirius e Severus.

Regole e proponimenti.

Punizioni e riflessioni.

Comandante e guida.

“Severus è una brava guida” disse deciso Harry.

“Sono d’accordo” concluse Remus. “Adesso veniamo a noi. Ti ho portato un piccolo regalo che sono sicuro apprezzerai”.

“Grazie, zio Remus! Cosa è? Lo posso aprire? Devo aspettare a domani notte?”.

“Calma, calma. Lo puoi aprire adesso, voglio vedere la tua faccia quando scarterai il pacchetto” disse Remus porgendoglielo.

Harry lo prese e frettolosamente scartò l’involucro. I suoi occhietti verdi  correvano velocemente dal regalo al viso di  Remsu. “Fantastico! Il gioco di società “Erbe magiche in Europa”! Grazie, zio, grazie. Con questo potrò sfidare papà a Natale”.

“Sì, penso che vi divertirete assieme” disse divertito il licantropo all’idea di Severus che odorava le carte per riconoscere di che erba si trattasse.

Intanto in cucina Severus diventava sempre più impaziente, Jiulius gli era saltato sulla spalla e si teneva aggrappato ad un orecchio del professore con le sue mini-dita.

“Vorrei proprio sapere perché ho deciso di venire in cucina, Jiulius. Non potevo andare in camera mia o nel mio studio? No, in cucina. E secondo te adesso cosa dovrei fare? Cucinare?”.

Jiulius ascoltava seriamente.

“E poi che cosa avranno da dirsi quei due tutto questo tempo? Spero solo che Lupin non gli parli di Black e non lo faccia rattristare, altrimenti dovrà vedersela con me! Insomma è il primo Natale che passiamo insieme, vorrei che tutto  andasse bene. Tu che ne dici, Jiulius?”.

“Sbuf! Sbuf!” rispose il draghetto.

“Lo sapevo che eri d’accordo con me” replicò Severus soddisfatto “Se non lo dici a nessuno, forse domani sera avrai anche tu un regalino sotto l’albero!”.

Jiulius si guardò attorno alla ricerca di un albero, non doveva essere per forza un abete, andava bene anche un cipresso smilzo ma nella cucina l’unica forma di vegetazione che c’era era un piccolo bonsai.

Jiulius saltò giù dalla spalla di Severus e andò a cercare sotto il bonsai, nella sua piccola testa da draghetto probabilmente pensava –Un regalo per un piccolo drago si troverà sotto un piccolo albero-, ma non trovò niente e guardò perplesso Severus che subito si rese conto di non aver preparato nessun albero di natale.

“Oh, Merlino. L’abete!” poi si voltò verso Jiulius e gli disse: “E comunque ho detto  FORSE. Non darti troppe arie”.

Jiulius era al settimo cielo e con un battito di ali tornò sulla spalla del professore, tenendosi tenacemente al suo orecchio.

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CIAO RAGAZZI, 

ECCO A VOI UN ALTRO CAPITOLO. SIRIUS CONTINUA AD AFFRONTARE IL SUO PASSATO, ANCHE SE IN QUESTO CASO E' STATO REMUS A METTERGLIELO DI FRONTE, MA DEL RESTO GLI AMICI SERVONO A QUESTO. INOLTRE HO INSERITO ANCHE UN PICCOLO DIALOGO TRA HARRY E REMUS, CHE NON GUASTA MAI.

SPERO CHE SIA DI VOSTRO GRADIMENTO. 

CI SENTIAMO, ALIDA

RINGRAZIO MOLTO CHIUNQUE RECENSISCA, SIA QUESTA FF, CHE LE ALTRE ONE-SHOT E RACCOLTE CHE STO PUBBLICANDO (SEMPRE RIGUARDANTI H.POTTER). MI DATE MOLTE SODDISFAZIONI.

GinnyPotter93: sarebbe bello che tutti i bambini vivessero la pace prima in questa vita, poi come dire "oltre il velo". Mi è sembrato doveroso. Sirius e Remus sono due grandi amici e nonostante tutto fra amici si va avanti senza scuse o perdoni, dovrebbe essere sottointeso tutto. Spero che il capitolo ti sia piaciuto. Un grosso bacio, Alida

Piccola Vero: ti aspetti una sfuriata di Severus contro Harry, perchè? Severus è un uomo adulto, consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato nel prendersi cura di un bambino, tanto più se quest'ultimo ha avuto unì'infanzia non proprio idilliaca. Una sua sfuriata mi sembrerebbe troppo infantile e irresponsabile. Harry ha bisogno di un appoggio emotivo, ciò non significa che non avrà delle regole da rispettare ma deve imparare a dialogare ed esprimere i suoi pensieri, un padre che non sa controllare il proprio carattere non è quello che fa per lui. Comunque non sei l'unica a pensare che padre e figlio si debbano necessariamente scontrare, mi capita spesso di leggere ff dove gli autori dopo aver sviluppato una scena conflittuale dicano "prima o poi doveva succedere". Forse avete ragione, ma il conflitto ci può essere solo se entrambi hanno la forza per battagliare , io non credo che Harry ce l'abbia. La tua recensione mi ha proprio scatenato! Mi piace! Continua così. Baci, Alida

 

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Capitolo 23
*** Vigilia di Natale ***


CAP 24

La vecchia casa di Tobias Piton era stata resa più accogliente ma nonostante tutto aveva comunque un’aria tetra. Forse dipendeva dalle finestre troppo piccole,  dagli spifferi d’aria che facevano ondeggiare le tende scure o dalla lugubre voce  dell’acqua  che scorreva lungo le tubature.

Harry era sdraiato nel suo letto ma non riusciva a dormire. La notte era la parte più difficile della giornata, perché se da un lato una volta addormentato era raro che facesse incubi, d’altro canto ci impiegava ore a prendere sonno e una volta svegliato, anche se erano le due del mattino, non c’era verso di riposare ancora.

E soprattutto era difficile riaddormentarsi quando era stato il portellone di  una finestra che sbatteva a svegliarlo. Ogni sussurro del vento  lo faceva sbattere  prima contro il muro esterno,  poi contro lo scheletro in legno della  finestra. Il rumore era forte e avrebbe svegliato chiunque.

Almeno così pensava Harry, ma doveva sbagliarsi visto che Severus non si era  ancora svegliato e la finestra sbatteva da almeno un’ora. Forse suo padre aveva il sonno pesante, e non sarebbe bastato neanche un colpo di cannone a svegliarlo … anche se  pochi giorni prima era stato sufficiente Jiulius.

No, se Severus non si svegliava doveva esserci un motivo. Forse sarebbe stato meglio andare a vedere se  stava bene, se stava riposando, ma per fare questo bisognava accendere la luce e l’interruttore era vicino alla porta.

 Severus la sera prima gli aveva chiesto se gli potesse servire un abat-jour, ma lui gli aveva risposto di no perché da Sirius era abituato a usare l’incantesimo Lumus per illuminare la stanza. Però il padre gli aveva detto che era illegale, perché i minori di diciassette anni non potevano usare la magia fuori dai confini di Hogwarts.

Gli aveva fatto presente che era stata una fortuna che le carte del Ministero non fossero aggiornate e che risultasse che a Grimmauld Place ci fossero due maghi, ovvero Sirius e Regulus Black, altrimenti sarebbero stati guai.

Perciò non poteva usare la magia per illuminare la stanza e ogni volta che voleva scendere dal letto e metteva un piede fuori dalle coperte il portellone della finestra sbatteva nuovamente e Harry si nascondeva nuovamente sotto le coperte.

Il pensiero di Severus, però, non lo abbandonava. Perché non si alzava e andava a chiudere il portellone? La stanza era buia ma il portellone aprendosi la illuminava per pochi secondi  e poi frettolosamente ritornava il buio creando un effetto tuono-lampo.

Harry era davvero spaventato, e cominciarono a venirgli in mente brutti pensieri.

Sirius come al solito non era sobrio e Harry era a  letto malato. La testa girava e i rumori sembrava venissero da molto lontano. Di lì a poco sarebbe arrivato lo zio Remus a fargli compagnia.

Il campanello squillò diverse volte, Harry era troppo debole per andare ad aprire.

Vide Remus entrare nella sua cameretta e dirigersi verso di lui mentre, accanto alla porta, Sirius sbottava:

“E’ mai possibile che non sentissi bussare?

Per caso sei morto?”.

No, Severus non poteva essere morto. Se ne sarebbe accorto. Ma che stupidaggine, certo che non se ne sarebbe accorto, come avrebbe potuto fare? Oh, Merlino. Non poteva essere successo per davvero.

Forse era solo uscito di casa. Alle tre del mattino? No, non era uscito, a meno che non fosse andato via lasciandolo lì da solo, in quella casa vecchia, rumorosa e terrificante. Oh, Merlino. Doveva essere successo qualcosa.

Ormai era palese: il portellone continuava a battere e i finti lampi oltrepassavano  anche le grosse coperte, illuminando i piedi scalzi di Harry. Alcune lacrime cominciarono a scendere sulle guance di Harry. Severus doveva essere morto, oppure se ne era andato via per sempre!

Harry strinse a sé il cuscino e cominciò a piangere sempre più forte.

Jiulius poteva sentire le lacrime del suo padroncino bagnare le lenzuola. Anche lui era alquanto spaventato e si strinse al pigiama del maghetto che cominciò ad accarezzarlo.

“Jiulius, dobbiamo andare da papà. Forse gli è successo qualcosa”.

Il draghetto si aggrappò ancora con maggior tenacia alla maglia di Harry, il quale raccogliendo tutto il coraggio che possedeva, con uno scatto si liberò dalle coperte, si mise a correre fino alla porta con un occhio chiuso per evitare di vedere la luce esterna che andava e veniva, e uno aperto per non sbattere da nessuna parte.

Arrivato alla porta scese la maniglia e corse fino alla stanza di Severus per ritrovarsi davanti al letto in cui il padre dormiva tranquillo.

Harry tirò su con il naso, Severus era lì, non era andato via e non era morto. Dormiva tranquillamente, il petto si alzava e si abbassava ritmicamente. La gioia di sapere che ancora una volta aveva sbagliato, lo fece cadere in ginocchio e  piangere ancora di più.

Quello che non poté il portellone, lo fece il singhiozzare di Harry. Severus si svegliò e trovò suo figlio che piangeva ai piedi del suo letto. Immediatamente si alzò e illuminando la stanza  andò verso il bambino.

“Harry cosa c’è? Perché sei qui e perché piangi? Cosa è successo?” gli chiese sollevandolo dal pavimento e prendendolo sulle sue gambe.

Harry conosceva la verità ma si vergognava di dirla. Severus però non rinunciò. “Harry, ti senti male?”.

“No”.

“Hai fatto un brutto sogno?”.

“No”.

BOOM!

“Cosa è stato?” disse Severus a voce alta, rivolgendosi più a se stesso che ad Harry.

“Il portellone! Il portellone della finestra!” rispose il bambino.

Severus capì subito, quel rumore aveva spaventato anche a lui per parecchi anni.

“Hai avuto paura?”.

“Sbatteva forte, tu non venivi? Ho pensato che forse … che eri morto o te ne eri andato e per questo non venivi. Volevo venire a vedere come stavi, ma avevo paura di scendere dal letto. Poi sono venuto e ti ho trovato che dormivi e mi sono sentito così felice …”.

Severus dondolava Harry tra le sue braccia, mormorandogli all’orecchio quanto fosse fiero di lui perché riusciva a parlargli dei suoi sentimenti e a raccontargli le sue paure. E questo significava che lui era un bambino coraggioso, che aveva fiducia nel suo papà e che lo amava molto.

Harry si rilassò e gli sembrò strano come un minuto prima fosse spaventato e adesso invece si sentisse sereno, tranquillo come non mai.

“Ci vuoi davvero tanto bene!” affermò Harry socchiudendo gli occhi.

“Ci vuoi …?” domandò Severus perplesso.

Harry riaprì gli occhi quel tanto giusto per guardare Severus e indicando il suo drago, specificò: “A me e a Jiulius”.

Severus abbassò lo sguardo: dondolando Harry aveva dondolato anche Jiulius che ora dormiva e sbuffava ogni volta che lui smetteva di cullarli.

Mattina, dolce mattina. Dobby entrò nella stanza di Draco portandogli la colazione. Poggiò il vassoio sul comodino, tirò le tende senza assecondare le lamentele del ragazzino che avrebbe voluto dormire di più.

“Mi dispiace padroncino Draco, ma la sua signora Madre mi ha detto di venire a svegliarla”.

“Uffà, che noiosa”.

“Padroncino Draco, non spetta a me farglielo presente, ma non dovrebbe parlare così di sua madre”.

Draco si sollevò dal letto strofinandosi gli occhi. “Infatti non spetta a te, e comunque tu che ne sai? E’ il 24 Dicembre e io mi sto alzando presto per cosa? Per fare compagnia ai quadri del soggiorno? Lo sai anche tu passo tutto il tempo da solo”.

“Forse quest’anno sarà diverso”.

“Dobby, se sai qualcosa me lo devi dire. C’è qualcosa in programma?”.

Dobby sorrise timidamente e allargò gli occhi. “Io ho sentito qualcosa ma non posso dirglielo”.

“Dobby, sei il nostro servo. Sei obbligato a rispondere alle domande dei tuoi padroni. Di tutti quelli che vivono in questa casa e si chiamano Malfoy”.

“E’ vero padroncino Draco, ma il suo signor Padre mi ha chiesto di non riferirgli niente, altrimenti mi avrebbe punito”.

-Sì, è nel sul stile- pensò il bambino.

“Però se lei lo vuole sapere io naturalmente le dirò ciò che ho sentito”.

“E la punizione?” domandò Draco.

“Pazienza” rispose l’elfo domestico.

Draco fu tentato, voleva conoscere in anticipo i programmi che i suoi genitori avevano per la mattinata ma poi pensò a Harry. Lui si era lanciato tra le fiamme per il suo piccolo Jiulius, forse anche lui avrebbe dovuto amare, o quantomeno rispettare maggiormente, Dobby che era pronto a beccarsi una punizione per fare contento il suo padroncino.

Draco, osservò ancora Dobby, stava aspettando con le orecchie tirate indietro. “No, Dobby. Grazie, ma non ce n’è bisogno, del resto anche per te è la vigilia di Natale”.

Le orecchie di Dobby si sollevarono e il sorriso più grande del mondo si stampò sulla sua faccia, una lacrima gli scese sulle guance e preso dall’emozione si soffiò il naso sui brandelli del vestito che indossava.

Stava giusto guardandosi attorno per cercare un mobile abbastanza duro per potersi sbattere la testa quando Draco lo fermò. “Dobby, ti ordino di non farti del male. Altrimenti tanto valeva che ti prendessi la punizione di mio padre”.

Dobby non credeva alle sue orecchie: qualcosa di meraviglioso stavo facendo cambiare il padroncino Draco Malfoy.

Quando Severus si svegliò si accorse di essere da solo nel letto, o meglio che non c’era nessun altro essere umano accanto a sé mentre c’era un piccolo essere vivente con il quale la sua testa doveva dividere il cuscino.

Jiulius era sveglio e aveva fatto di una folta ciocca di capelli del professore il suo personale cuscino. Severus gradì poco e lo fulminò in un secondo: “Spostati o non riceverai neanche un regalo!”.

Il piccolo drago si spostò velocissimamente. “Sei un opportunista!” esclamò Severus alzandosi e infilandosi le ciabatte. Uscì dalla sua stanza con Jiulius alle calcagna e si affacciò silenziosamente alla camera di Harry ma non lo trovò. Si stava domandando  dove poteva essere il bambino quando sentì dei rumori in cucina.

Il profumo del caffè si stava diffondendo in tutta la casa e quando finalmente Severus raggiunse la cucina trovò Harry che preparava la colazione. “Buongiorno Harry!”.

“Giorno paaapà” salutò il bambino sbadigliando.

“Come mai in piedi così presto?”.

“Per prepararti la colazione” rispose Harry.

“Harry, non devi prepararmi da mangiare. Sono io che devo preparare per te”.

Harry posò la tazzina che aveva in mano sul vassoio. Stava avvenendo tutto in fretta, forse nel modo sbagliato. Non voleva sembrare pedante, né uno stupido, e neanche irrispettoso. Però aveva davvero bisogno di sapere cosa si aspettasse da lui Severus.

 Cosa doveva fare per andare bene? Cosa non doveva fare? Come doveva trascorrere le sue giornate? Non andava bene preparare da mangiare o non doveva preparare il caffè? Severus avrebbe cucinato per lui? Avrebbe potuto scegliere cosa mangiare o doveva semplicemente accontentarsi e ringraziare di ciò che gli avrebbe presentato?

“Io … pensavo che fosse uno dei miei compiti preparare la colazione” affermò.

Severus indagò più a fondo: “Lo pensavi davvero?”.

“Non sono sicuro, però da Sirius lo facevo”.

“Bene, allora assaggerò questo caffè, però dopo colazione dobbiamo parlare dei compiti di Harry James Potter Piton!”.

Harry sorrise sentendosi chiamare in quel modo. “Allora? Due cucchiaini di zucchero o tre?”.

Draco stava scegliendo i vestiti da mettersi quella sera, voleva essere elegante ma non troppo perché non sapeva quale fosse la disponibilità economica di Harry, sebbene fosse certo che Severus non avrebbe mai lesinato nel vestirlo bene.

Perciò prese la camicia in raso bianco con i bottoni neri, e il corpetto nero, liscio, senza ricami argentanti. I pantaloni neri e le scarpe lucide, anche quelle nere come le calze di cotone. Qualcuno bussò alla porta. “Avanti”.

La signora Malfoy entrò. “Draco, sei già in piedi”.

“Certo, mi hai fatto svegliare da Dobby”.

“Hai ragione, ti ha detto qualcosa?”.

“No, mi ha detto solo di alzarmi”.

“Bene, perché voleva dirtelo di persona”.

“Cosa volevi dirmi di persona?”.

“Quest’anno io e tuo padre vorremmo che venissi con noi per le compere di Natale”.

Draco non sembrò interessato. “Succede ogni anno, mamma. Tutti i natali andiamo a comprare i regali assieme”.

Narcissa sembrava emozionata, prese le mani di Draco e le strinse nelle sue. Gli occhi brillavano e la voce tremò un po’: “Intendo dire che andremmo assieme a Diagon Alley, ma poi io proseguirò da sola per alcune compere personali, mentre tu e tuo padre girerete per i negozi e assieme deciderete cosa comprare”.

Draco si liberò dalla stretta della madre, adesso anche lui era emozionato. “Io e papà? Da soli? Senza nessuna lista? Cioè io davvero aiuterò papà a decidere, lui mi ascolterà, io …”.

“Non andare troppo veloce, figlio mio. Andrai con lui e proporrai anche tu quali regali comprare, ma non restare troppo deluso se per quest’anno non ti ascolterà!”.

“Mamma, non fa niente. Sono felice anche così! Io e papà assieme, insomma una cosa da uomini!”.

Narcissa sorrise pensando che forse andare a fare shopping non era considerata proprio una cosa da uomini normalmente, ma non volle deludere il figlio. “Sì, una cosa da uomini”.

Severus non aveva mai avuto un elfo domestico, e perciò pulire la casa e cucinare erano sempre state delle mansioni che lui stesso aveva svolto. Tuttavia quell’anno Silente gli aveva mandato degli elfi dalla cucina di Hogwarts per non far sfigurare Severus agli occhi di Lucius, ma Severus li aveva gentilmente rispediti al mittente.

Non voleva assolutamente che Harry pensasse che per valere qualcosa avessero bisogno dell’aiuto di Silente. –E da quando in qua ti preoccupi di ciò che gli altri pensano di  te?- si chiese Severus.

“A cosa pensi?” domandò Harry leggendogli quasi il pensiero.

Severus si voltò lentamente. “Sai cosa è l’occlumanzia?” chiese scherzando.

“E’ quando una persona vede i ricordi che un altro ha nella sua testa. Però è una cosa che fa male” rispose Harry.

Severus rimasero colpito, non propriamente spaventato  ma molto preoccupato. “Come fai a saperlo?”.

Harry chinò il capo e cambiò argomento: “Glielo compriamo un regalo a Draco?”.

“No, Harry” lo interruppe Severus “Voglio sapere come fai a sapere cosa è l’occlumanzia e come fai a sapere che può far male”.

“Mi dispiace”.

“Non c’è niente di cui ti debba dispiacere, figlio mio. Voglio solo sapere, per capire, per capirti!” affermò con stanchezza Severus.

“Certe volte Sirius non credeva a quello che dicevo e allora guardava dentro la mia testa per vedere se era la verità. Ma lo ha fatto solo due volte. Non era in sé, non è colpa sua. Io avrei dovuto essere più convincente …”.

“No, Harry. Non cercare di giustificarlo, ti prego. Nessuno ha il diritto di usare l’occlumanzia su un altro essere vivente, per nessun motivo”.

“Papà non preoccuparti, non fa così male” disse Harry per rassicurarlo.

“E invece fa male, lo so perché l’Oscuro signore, quando ancora ero un suo servo, usava l’occlumanzia sui suoi servi, e qualche volta l’ha usata anche su di me. Mi ricordo benissimo quanto fosse dolorosa …”.

“Però il dolore passava dopo un po’, lasciava solo stanchi …” continuò Harry.

“Già!”.

“Papà” continuò Harry “Glielo compriamo un regalo a Draco?”.

 Severus sentì il desiderio di Harry di levarsi da quella situazione, la voglia di vivere un Natale senza pensieri troppo pesanti, e decise di non continuare ad affrontare il problema, almeno per ora. “Certo, potremmo comprargli una riproduzione magica del campo di Quidditch con due squadre. Cosa ne dici?”.

“Mi sembra una buona idea, ma allora perché non una scopa volante?” propose Harry.

“Sì, certo. Anche una scopa volante potrebbe andare bene” concluse Severus.

Detto ciò, si cambiarono e andarono a fare compere.

Diagon Alley era un viavai di maghi e streghe carichi di pacchi che andavano e venivano, con bambini che saltellavano da una parte all’altra e correvano da una vetrina all’altra indicando ai genitori l’oggetto del loro desiderio che quell’anno per tutti i bimbi, indistintamente maschi o femmine che fossero, era “La gomma trasformante” ovvero un pezzo di gomma che  si trasformava in qualsiasi cosa si volesse con un piccolo incantesimo.

“Papà, quanti regali dobbiamo comprare?” domandò Draco incuriosito.

Lucius non guardò neanche in faccia il figlio e rispose: “Tre. Uno per tua madre, uno per tuo padrino e uno per suo figlio Harry”.

Draco non credeva alle sue orecchie. Insomma una cosa era partecipare alla decisione su cosa comprare a Harry, era un bambino come lui del resto. Ma cosa poteva saperne dei gusti di Severus, e cosa avrebbe potuto suggerire per sua madre?

Lucius notò la malcelata euforia del figlio, era la stessa che lui aveva provato quando tanti anni prima suo padre gli aveva detto: “Figliolo, quest’anno deciderai tu cosa regalare a tua madre per Natale. Mi aspetto che sia una scelta all’altezza della situazione”.

E lui, un piccolo bambino di undici anni, aveva allargato il petto e a fronte alta aveva risposto: “Padre, ho sempre pensato che una spilla d’oro rappresentante un papavero  e una spiga di grano fosse un bel regalo”.

 Il padre lo aveva guardato e dandogli una pacca sulla spalla aveva affermato il suo consenso. Era stato il bambino più felice sulla faccia della terra. Suo padre non gli aveva mai detto di volergli bene, mai una carezza, niente.

Quella spiga e quel papavero gli facevano venire in mente il calore di un abbraccio, che tante volte aveva desiderato ma non aveva mai ricevuto. Suo padre era sempre troppo distante, incomprensibile,  eppure dopo alcuni mesi si rese conto di quanto suo padre lo amasse.

 Accadde che  mentre i genitori si preparavano per uscire, Lucius  sentì la madre che si lamentava di dover  mettere sempre  quella spilla e il padre le rispondeva: “Non sarà la spilla più bella del mondo, ma hai visto Lucius com’è radioso ogni volta che ti vede indossarla. E’ un bravo ragazzo, fallo contento”.

In quel momento suo padre era diventato tanto vicino da poterne sentire il calore del corpo, quasi come in un abbraccio.

“Allora, Draco, hai pensato a cosa potremmo comprare?”.

“Per Harry andrebbero bene delle ampolle e delle erbe” affermò il bambino.

Lucius non sembrava convinto. “Sei sicuro? Non preferirebbe una scopa volante?”.

“No, padre. A Harry non piace volare e non gli piace il Quidditch. Gli piace creare pozioni”.

“Sei molto informato sui gusti di Harry Potter!” disse acidamente Lucius pentendosi subito del tono di voce usato.

Draco era imbarazzato, con una frase aveva rovinato la splendida atmosfera.

“Ma credo che essendo Harry un Serpeverde abbiate avuto diverse occasioni per parlare” continuò Lucius cercando di riparare il danno compiuto.

“Sì, io e Harry parliamo molto. Lui è molto intelligente, riesce a capire le persone e le fa stare a suo agio”.

“I Malfoy si sentono sempre a loro agio, a meno che non si trovino in compagnia di persone decisamente inferiori” puntualizzò Lucius.

Draco era in silenzio, non rispondeva niente. Cosa avrebbe dovuto dire? Che lui non si sentiva quasi mai a suo agio? Che era un Serpeverde e la maggior parte delle persone a scuola lo evitava per questo? Che si era trovato bene solo con gli altri Serpeverde e con gli studenti del primo anno? Che il mondo stava cambiando e essere un Malfoy non bastava?

L’amore che provava per suo padre gli impediva di renderlo partecipe dei suoi pensieri. Una sensazione di freddo intenso si diffuse nel suo corpo, avrebbe voluto spazzarlo via. Voleva sentirsi caldo, voleva correre nei campi, e perché no? Voleva raccogliere un bel mazzo di fiori. Voleva dare amore e calore.

“Penso che per la mamma andrebbe bene un quadro” affermò sicuro.

“Un quadro? Che genere di quadro?” domandò incuriosito Lucius.

Draco fu molto preciso. “Un paesaggio di campagna, dove il sole riscalda il grano che il vento fa lievemente ondeggiare, e tra le spighe ci dovrebbero essere anche dei papaveri rossi”.

A Lucius si strinse il cuore, suo figlio lo sentiva distante, fingeva  perché come tutti i bambini si sentiva in colpa nel dubitare che il padre non lo amasse, ma era evidente che fosse così. Er capitato anche a lui e ora succedeva a suo figlio.

Non voleva che la storia si ripetesse, non voleva che Draco capisse troppo tardi quanto bene gli volesse, perché poi, come successe a lui, gli sarebbe rimasta solo l’amarezza di non averlo capito prima.

Draco lo distolse dai suoi pensieri. “Papà, guarda! Ci sono Harry e zio Sev”.

Lucius vide Severus e stentò a riconoscerlo. Severus Piton era a Diagon Alley, il 24 dicembre, con il sorriso stampato sulle labbra,  con una busta di regali nella mano sinistra e in quella destra, tenuta come fosse un delicato tesoro, la mano di Harry Potter.

Un vecchietto, che ogni anno vendeva caldarroste accanto al negozio di Olivander, si bruciò le dita osservando l’ex-mangiamorte tenere per mano Harry Potter. “Mai vista una cosa del genere prima d’ora. Il mondo sta andando al contrario” disse con disgusto.

Anche Draco notò che Harry era tenuto per mano e Lucius vide un pizzico di gelosia negli occhi del figlio. Lucius si guardò le mani: erano vuote, niente regali, niente mani da stringere. Allora con molta lentezza, quasi per non fare spaventare Draco, posò le sue mani sulle spalle del figlio e chinandosi gli disse all’orecchio: “Che ne diresti se ci avvicinassimo per salutarli”.

Draco sentì il calore delle mani del padre sul suo corpo, e si vide ondeggiare in mezzo al grano.

I due si avvicinarono a Harry e Severus che non si erano accorti della presenza dei Malfoy nella strada affollata. “Ciao, Harry” salutò Draco.

“Ciao, Draco” rispose l’altro allungandogli la mano e passandogli il braccio sulle spalle.

Draco ricambiò e mise il suo braccio sulla spalla di Harry, sperando che il padre non se la prendesse.  Lucius, in effetti, rimase un po’ congelato non sapendo cosa dire. Fu Severus a sbloccare la situazione.

“Lucius, ti presento mio figlio, Harry. Harry, questo è Lucius Malfoy, il padre di Draco e uno dei miei migliori amici”.

Harry allungò la mano. “Piacere di conoscerla, signor Malfoy”.

“Piacere mio, Harry” rispose Lucius ricambiando con una forte stretta di mano. “Allora come ti trovi con Severus?”.

“Bene, signore, grazie” rispose Harry ritraendo la mano.

“State facendo acquisti, vedo” continuò Lucius indicando la busta che Severus teneva stretta.

“Sì, signor Malfoy” rispose Harry guardando Lucius dritto negli occhi.

“Bene, allora vi lasciamo così potrete continuare. Severus, ci vediamo alle sette”.

“Alle sette, Lucius”.

“Ciao, Draco”.

“Ciao, Harry”.

I quattro si divisero subito andando in direzioni opposte. Lucius indicò un negozio di quadri antichi a Draco. “Lì troveremo il quadro per tua madre. Hai avuto davvero un’idea all’altezza della situazione. A tua madre piacerà”.

Draco si sentì orgoglioso, non aveva deluso suo padre, per lui era molto importante e quando Lucius, facendosi coraggio gli prese la mano come aveva visto fare da Severus con Harry, lui lo fermò.

“No, papà. Non ce n’è bisogno” disse Draco svincolandosi.

Lucius era imbarazzato. “Mi era sembrato di capire che avresti voluto che lo facessi”.

“E’ vero. Ma la mia situazione è diversa. Harry ha vissuto con Sirius Black che spesso era ubriaco, non ha mai avuto qualcuno che si prendesse cura di lui, come tu e la mamma avete fatto con me. Zio Sev sta cercando di fargli vivere una vita normale, sta cercando di fargli capire che gli vuole bene e che lui non deve dimostrargli niente”.

“Bene”  affermò Lucius riprendendo la mano al figlio “Perché è la stessa cosa che io sto cercando di far capire a te”.

Draco era confuso, il padre si stava trasformando dall’oggi al domani, senza “preavviso”.

“Perché ti stai comportando così? Sei diverso dal solito”.

“E’ successa una cosa che mi ha fatto riflettere” confessò Lucius. Draco gli stava dando tutta la sua attenzione e lui continuò. “Severus ha avuto la possibilità di essere felice e l’ha colta, adesso anche se tutto il mondo magico si gira al suo passaggio e si domanda se per caso è impazzito, perché mai nessuno l’ha visto sorridere, comprare regali, tenere per mano un bambino, lui continua a farlo. Ha deciso di essere felice e sta portando avanti il suo progetto nonostante tutto e tutti.

Io ho avuto la possibilità di essere felice undici anni fa, quando sei nato tu, e invece di cogliere l’occasione ho aspettato undici anni per tenerti per mano in pubblico, perché pensavo che le apparenze fossero più importanti. E invece stamattina ho visto nei tuoi occhi il bambino che io fui, e figlio mio … non voglio che tu diventi l’uomo che io sono stato per tanto tempo”.

“Padre, io ti ho sempre amato così com’eri”.

“E per questo ti ringrazio. Sto solo cercando di fare del mio meglio, perché anche io … anche io ti voglio bene”.

Draco allargò le braccia ma non ebbe il coraggio di lanciarsi fra quelle del padre che allora lo sollevò da terra e lo abbracciò.

“Ahi!” si sentì urlare. Il povero venditore di castagne continuando a ripetere “Mai vista una cosa del genere!” si leccò le dita bruciate e continuò a far saltare le castagne nella padella.

Alla fine l’albero di Natale era stato addobbato e posizionato in un angolo del soggiorno, accanto alla finestra, lasciando lo spazio per il tavolo, le sedie e qualche metro quadrato per far giocare i ragazzi sul pavimento.

“Non so se il signor Malfoy permetterà a Draco di giocare sul pavimento, papà. Mi sembra molto rigido. Mi ricorda un po’ Sirius”.

“Non avrai mica paura di lui?”.

“Io? No, certo. Bhè forse un po’, ma solo un po’” precisò Harry.

“Harry, non devi avere paura di Lucius. All’apparenza può sembrare spocchioso, rigido, altezzoso …”

“… mi vuoi forse dire che non lo è?”.

“Certo che lo è, ma è anche tante altre cose buone”.

Harry si mise a ridere del buonismo del padre: “E’ anche tante cose buone come ad esempio un panettone!”.

“Harry! Non essere irriverente”.

“Non puoi sgridarmi a Natale”.

“Non puoi approfittare della mia pazienza”.

“Non puoi pretendere che ti dica quello che non penso solo per farti felice”.

“Non puoi pretendere che ti faccia dire tutto quello che pensi senza insegnarti qual è il modo corretto di dirle”.

“Allora cosa avrei dovuto dire, sentiamo” disse Harry con le mani ai fianchi.

“Prima di tutto togliti le mani dei fianchi o ti ritroverai senza mani” cominciò Severus.

Harry abbassò le mani.

“Poi non puoi giudicare una persona dopo averla vista appena due minuti”.

Harry abbassò lo sguardo.

“Inoltre non puoi dirmi ciò che posso o non posso fare. Sono tuo padre e che ti piaccia o no ci sono cose che non puoi fare e che non puoi dire. Non puoi deridere una persona solo perché non ti piace. Soprattutto quando questa persona è il padre di un tuo amico ed è uno dei miei migliori amici. Mi sono spiegato?”.

“Sì, papà. Ho capito” disse rassegnato Harry.

“Non sono adirato con te, Harry. E ti voglio bene, ma dobbiamo parlare. Oggi non è possibile perché fra pochi minuti arrivano gli invitati, ma domani dobbiamo assolutamente parlare”.

Harry sollevò lo sguardo: era vero, suo padre non era adirato. Il suo cuore si sentì più leggero.

Passarono pochi minuti e gli invitati arrivarono. Narcissa, Lucius e Draco erano vestiti elegantemente ma non in modo sfarzoso, anche Harry e Severus erano ben vestiti. E anche Jiulius in completo natalizio verde-rosso.

Le pietanze che Severus aveva preparato erano squisite, e anche Harry aveva dato il suo contributo. “Io non ho mai cucinato niente in tutta la mia vita. E’ difficile?” domandò Draco.

“No, se vuoi uno di questi giorni possiamo preparare una torta?” propose Harry.

“Mi dispiace Harry” lo interruppe Narcissa “Ma nessun Malfoy ha mai cucinato e vorrei che mio figlio mantenesse la tradizione”.

Draco non si oppose e Harry non insistette per non mettere in crisi l’amico. “Avete intenzione di partire da qualche parte per le vacanze?” domandò Lucius rivolgendosi a Sirius.

“A dire il vero, no. Io ed Harry dobbiamo imparare a vivere assieme, dobbiamo conoscerci un po’ di più e perciò abbiamo deciso di restare qui a Spinner’s End”.

“Da soli? Potrei venire qualche pomeriggio?” chiese Draco a Severus.

Il pozionista guardò Lucius. “Se i tuoi genitori ti lasceranno venire, per noi sarà un piacere averti qui”.

“E per noi sarà un piacere avere Harry qualche pomeriggio o qualche notte” replicò Lucius lasciando Draco, e Narcissa, a bocca aperta.

Severus guardò Harry che rispose: “Ne sarei lieto, signore”.

“Bene, allora è fatta” concluse felicemente Draco.

“Bene, dunque Harry parlaci un po’ di te” propose Narcissa.

Il silenzio calò sulla tavolata, Draco e Severus conoscevano il passato di Harry, Lucius aveva intuito qualcosa ma Narcissa, che non ne sapeva proprio niente era decisa ad avere informazioni sul ragazzino prima di farlo entrare a casa sua.

Harry prese fiato e riassunse brevemente. “Dopo la morte dei miei genitori sono cresciuto con Sirius Black e poi adesso sto con Severus che è il mio nuovo padre”.

Narcissa, andò più a fondo. “E non ti manca Black? Sai, è mio cugino e vorrei sapere come mai il bambino che stava crescendo ha preferito andare a vivere con il suo professore di pozioni …”.

“Io non sono solo il suo professore di pozioni” la interruppe Severus “ E Harry non ha avuto scelta in quanto abbiamo scoperto che Lily Potter designò me e non il tuo caro cugino come tutore legale di Harry”.

“Oh, Merlino! Tutore legale, designazioni, pozioni … sono tutte cose che non mi fanno digerire molto” affermò Lucius cercando una via d’uscita  “Cosa ne dite di parlare d’altro? Per esempio di … regali?”.

“Ottima idea, padre” rispose entusiasta Draco.

Severus passò una mano sulla spalla di Harry. “Perché non vai a prendere il regalo per Draco?”.

“Giusto, iniziamo dai più piccoli” continuò Lucius “Anche tu, Draco. Perché non porti il regalo per Harry?”.

Le due piccole serpi si alzarono dal tavolo e andarono a prendere i due pacchetti. Severus non perse tempo. “Narcissa, mi dispiace che la cena non sia di tuo gradimento”.

“Non è la cena, Severus. E’ quel bambino. Ogni volta che alzo gli occhi, vedo la tua sconfitta e questo mi delude”.

“La mia sconfitta?” domandò Severus.

“Quando eravamo ragazzi dicevi sempre che non avresti mai ceduto a un Potter, che non ti saresti mai piegato. E adesso invece ti sei fatto carico di un peso, per quale ragione, Severus? Perché lo hai fatto?”.

“Lucius!” esclamò Severus “Non glielo hai mai detto?”.

“No! Non spettava a me e poi non lo avrebbe mai creduto possibile”.

“Cosa mi dovevi dire, Severus?”.

Il professore sospirò, Lucius aveva ragione: nessuno avrebbe mai creduto che il braccio destro del Signore Oscuro potesse amare una Mezzosangue. “Io amavo Lily Evans, l’amavo di amore vero. Non provavo solo desiderio, non volevo usarla e gettarla via, Narcissa. Io l’amavo e l’ho sempre amata anche dopo la sua morte, e ancora oggi la amo. E per me Harry non è solo il figlio di James Potter, ma è soprattutto il figlio dell’unica donna che abbia mai amato e mi rende felice sentirmi chiamare da lui, papà”.

“L’amavi davvero?” chiese incredula Narcissa.

“Come non ho mai amato nessuno” rispose lui.

Narcissa non rispose niente, la parola amore non aveva bisogno di altro.

Harry e Draco tornarono con i due pacchi. Draco ebbe in regalo l’ultimo modello di Scopa Volante e Harry trovò 5 bustine di erbe e 5 ampolle nuove di zecca. Entrambi furono felici e soddisfatti.

“Grazie signor Malfoy, signora Maloy grazie mille, mi piacciono davvero tanto” disse Harry.

“Grazie zio Severus” continuò Draco “Era proprio quello che desideravo”.

“E’stato Harry a consigliarmi” spiegò Severus rivolgendosi a Lucius che replico “E a me ha consigliato Draco”.

I due ragazzini se la ridevano sotto i baffi, evidentemente avevano pianificato il tutto. Narcissa sorrise e alzando il bicchiere di spumante brindò: “Alle nostre due serpi!”.

La cena si concluse a meraviglia e tutto filò liscio. Gli ospiti a mezzanotte e mezza se ne andarono e Severus riordinò con un colpo di bacchetta. Harry si mise il pigiama ed entrò nel letto del padre che non protestò.

Severus e Harry chiacchierarono per un po’, poi il pozionista si alzò dal letto e aprendo un cassetto prese due piccoli pacchetti. Harry lo guardava con attenzione. Severus gliene porse uno e disse: “Questo è per te. Io non ho avuto un bel rapporto con mio padre, ne tanto meno con i miei parenti materni, perciò direi che la tradizione deve iniziare con noi. Buon Natale, Harry”.

Il bambino aprì il pacchetto. C’era un anello d’oro elfico che si allargava e restringeva a seconda della larghezza del dito, sulla parte superiore era incastonato uno smeraldo verde su cui c’era incisa una P.

“Questa P sta per Piton e per Parità. Tutti i figli devono essere trattati allo stesso modo, si devono sentire amati dai propri genitori. Perciò se quando sarai grande avrai due o tre figli, basterà che pronuncerai l’incantesimo inciso sull’anello e questo si duplicherà tutte le volte che sarà necessario. Io lo do a te, Harry”.

Harry era emozionato, aveva un anello con il quale poteva dimostrare di essere un Piton. Fantastico. I suoi occhi caddero sul secondo pacchetto.

“E no, questo non è per te” affermò Severus. “E’ per Jiulius”.

Il draghetto si ritrovò in un attimo sulla mano di Severus e  velocemente scartò il suo regalo. Jiulius non credette ai suoi occhi, una piccola corona da re giaceva nella scatola. Severus la prese e la mise in testa a Jiulius e recitando la formula: “Con questa corona ti nomino Imperatore assoluto di tutti i Draghi Miniaturis Miniato” fece sbuffare in maniera eccezionale il giovane Imperatore.

CIAO A TUTTI,

COME STATE? SPERO BENE, SCUSATE IL RITARDO NELL’AGGIORNAMENTO. NON HO SCUSE QUESTA VOLTA, PERO’ è VENUTO UN BEL CAPITOLO.

FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE,

BACI,

ALIDA

 

 Piccola Vero: Ecco a te la vigilia di Natale, spero che sia andata bene. Per il cappello di babbo natale, non demordere. Del resto il giorno 25 Dicembre non è ancora stato scritto.

GinnyPotter93: non preoccuparti per la lunghezza della recensione, anche poche righe vanno bene, anzi grazie di aver trovato il tempo di recensire tra un esame e l'altro.

Aloysia Piton: il rapporto Harry Sirius si evolverà con il tempo, alla fine della mia storia si vedrà il primo importantissimo passo ma non andrò oltre ... 

VI ABBRACCIO TUTTI. ALIDA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** AVVISO ***


CHIEDO SCUSA A TUTTI I LETTORI DI QUESTA FF SE NON HO ANCORA PUBBLICATO UN NUOVO CAPITOLO,  MA HO APPENA FINITO DI COMBATTERE 10 INTERMINABILI GIORNI DI EMICRANIA (... MALEDETTA UMIDITA').
PROMETTO CHE AL PIU' TARDI DOMENICA AVRETE DA LEGGERE.
VI CHIEDO ANCORA SCUSA
E VI INVITO A CONTINUARE A SEGUIRMI.
GRAZIE.
ALIDA

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Capitolo 25
*** Sectusempra ***


CAP 25

La mattina del 25 Dicembre spettò a Harry svegliarsi e ritrovarsi nel letto da solo, senza neanche Jiulius a fargli compagnia. Si girò un po’ fra le lenzuola, poi vinto dalla curiosità si alzò e in punta di piedi si mise a girare per la casa alla ricerca del padre e del suo piccolo amico.

Li trovò in soggiorno, Severus leggeva  e Jiulius era sotto l’albero di Natale assieme ad altri tre pacchetti.

“Buon Natale, Harry”.

“Buon Natale, papà” rispose eccitato all’idea di ricevere un altro regalo. A dirla tutta anche Severus non stava più nella pelle da quando alle sei del mattino alzandosi aveva trovato sotto l’albero un pacco in cui il bigliettino diceva: “Per Papà”.

 Era la prima volta che riceveva un regalo da Harry ed era curioso di sapere cosa fosse, ma aveva resistito alla tentazione di scartare e rimpacchettare, anche se, naturalmente, conosceva una dozzina di incantesimi per farlo.

“Facciamo finta di non aver visto i pacchetti o li apriamo subito?” chiese apparentemente disinteressato Severus.

Harry colse l’occasione: “Apriamoli subito” strillò ritrovandosi già sotto l’albero.

Severus non si mosse dalla poltrona, allungò la bacchetta e disse: “Accio regalo”.

“Così non vale, saresti dovuto venire qui. E’ più bello aprire i pacchetti sotto l’albero”.

“Harry, per favore. Farò tutto quello che vuoi, purché non debba fare niente” rispose Severus, furbescamente, sbadigliando. “Sono davvero stanco”.

“Ah, ah, ah” rise Harry. “Credi di esserti salvato, ma non è così”. Di fretta corse in camera sua e ritornò con in mano un bellissimo cappello da Babbo Natale.

“No, questo non puoi chiedermelo!” affermò Severus alla vista del cappello.

“Tutto quello che voglio, purché tu non debba fare niente. Ecco qua, papà. Non devi fare niente, resta seduto e goditi questo bellissimo cappello” disse Harry mettendoglielo in testa.

“Sbuff, sbuff!” fece Jiulius.

Severus lanciò uno sguardo carico di odio natalizio verso il drago che ostentava la sua corona già di prima mattina. “Sbuff, sbuff!” continuò.

“Ha visto?” fece Harry “Gli piaci”.

“Adesso sì che la mia vita ha un senso” rispose sarcastico Severus.

“Dai, su. Apriamo i regali, eh … Jiulius quel pacco è per te da parte mia” disse Harry.

In un attimo i pacchi vennero scartati. Jiulius aveva ricevuto un bel completo verde e marrone. Harry una piccola serra e un libro di pozioni avanzate, Severus ricevete un regalo particolare che lo lasciò incapace di parlare.

Si trattava di un album di foto di Harry, c’erano alcune foto con Harry, Lily e James, poi con Harry e Remus, una foto in cui Harry aveva circa tre anni con Silente e per ultima una foto del terzo compleanno di Harry nella quale lui, Severus, lo teneva in braccio.

Era stata scattata pochi giorni prima che Sirius impedisse a lui e a Silente di andare a trovare il bambino. Harry era felice con i suoi capelli spettinati e in mano aveva dei rametti di erbe che lui gli aveva portato per insegnarli a distinguerle.

Sulla copertina dell’album c’era scritto: “Le mie famiglie”.

Harry si avvicinò a Severus e lo abbracciò: “Ti piace, papà?”.

Lui annuì commosso, non riusciva a parlare. Era un bellissimo regalo, molto più di quanto si sarebbe mai aspettato. “Hai visto? Le avevo conservate. Erano tra la roba che Sirius mi ha mandato, sono poche e volevo che le tenessi tu”.

“G-Grazie, Harry” rispose a mezza voce, Severus.

Harry non disse niente e non si aspettava niente di più dal padre. La sua commozione era palese e sapeva che i suoi sforzi di cambiare erano affiancati da quelli del padre. Continuò ad accarezzare i lisci capelli di Severus mentre nessuno dei due aveva il coraggio di parlare.

La colazione fu leggera: per entrambi una tazza di thè e una fetta biscottata con un po’ di marmellata. La sera precedente avevano mangiato molto e ora sembrava avessero lo stomaco chiuso. Harry si guardava intorno cercando qualcosa da fare ma non trovò niente. Tutto era stato sistemato con la magia la notte prima.

Adesso era veramente teso. Non aveva niente da fare e invece desiderava muoversi, agire. Andare avanti e indietro per la casa non gli bastava. Inoltre Jiulius lo seguiva dappertutto come un segugio causandogli non poco nervosismo.

“Jiulius, basta oppure ti lancio un incantesimo!” lo rimproverò Harry.

Dalla cucina arrivò immediata la risposta di Severus. “Harry, non puoi  fare nessuna magia fuori da Hogwarts prima dei 17 anni!”.

Harry sbuffò. “Sì, papà lo so! Ma Jiulius non mi lascia in pace!”.

Severus lo raggiunse in soggiorno. “Cosa vuol dire che non ti lascia in pace? Da quando lo conosco ti sta sempre attorno, e solo ora ti da fastidio?”.

“Sono annoiato, non so cosa fare. E’ Natale e io non ho niente che mi tenga occupato”.

“Se vuoi possiamo andare a Diagon Alley oppure a Hogsmeade”.

“No, papà, non ho voglia”.

Jiulius saltellò sulla spalla di Harry. “Jiulius, insomma la vuoi smettere? Mi dai fastidio”.

Il drago però non aveva alcuna intenzione di demordere e cominciò a sbuffare in faccia al suo padroncino. Harry con rabbia se lo spostò di dosso, e Jiulius cadde a terra. “Ho detto che devi smetterla!”.

Severus vide la rabbia negli occhi di suo figlio, non gli era mai capitato. Di solito Harry era sempre controllato.

“Harry, cerca di calmarti. Guarda cosa hai fatto!” gli disse il padre indicando Jiulius ancora un po’ stordito.

Harry però non sembrava cambiare atteggiamento, anzi era sempre più nervoso e adirato. “E adesso cosa vuoi fare? Mi vuoi spedire in camera mia come faceva Sirius?”.

“Non sto dicendo questo, ti sto solo facendo notare che non c’era alcun bisogno di fare del male a Jiulius!”.

“Io non chiamerei questo: fare del male” si giustificò Harry.

“Harry, hai colpito il tuo drago senza alcun motivo”.

Harry si mosse di scatto e prese il drago malcapitato tra le mani. “Non gli ho fatto del male, gli avrei fatto del male se gli avessi lanciato un Sectusemp …”.

“Zitto!” urlò Severus nell’udire quell’incantesimo in bocca a suo figlio. “Come fai a conoscere quell’incantesimo? Dove lo hai sentito? Dove lo hai letto?” domandò mettendo le  mani sulle spalle di Harry e iniziando a scuoterlo.

“No-non lo so …” cominciò a dire Harry.

“Non è vero, devi per forza averlo sentito da qualche parte”.

“Non lo so, non lo so davvero” insistette il bambino con la voce tremante.

Severus lasciò le spalle di suo figlio, adesso era lui a essere nervoso. Si passò le mani tra i capelli, stringendo gli occhi e continuando a dire: “Sforzati, Harry. Devi pur ricordare dove hai sentito l’incantesimo”.

Harry si piegò sulle ginocchia e continuò a dire. “Non lo so, mi è venuto in mente. Alle volte mi capita …”.

“Che cosa? Cosa ti capita! Di lanciare incantesimi di magia oscura a destra e a manca!” urlò Severus.

“Magia oscura? No, io non sapevo che si trattasse di magia oscura, papà! Devi credermi”.

Severus si avvicinò al bambino e gli si inginocchiò accanto. “Allora come hai fatto a …”. Severus non terminò la frase, si interruppe perché la risposta gli venne da sola, anche se furono le parole del figlio a confermargliela.

“Te lo avevo detto che qualche volta mi vengono in mente gli incantesimi e le formule anche se io non li ho mai studiati. Mi vengono in mente come se li conoscessi da sempre, ma ti posso assicurare che io non sapevo che quell’incantesimo fosse di magia oscura, papà mi devi credere. Ti prego”.

Severus posò la sua mano delicatamente sui capelli di Harry. “Ti credo, figlio mio. Tu conosci quell’incantesimo perché io lo conosco e il filo con il quale tua madre ci ha unito ci collega anche in questo modo”.

“Mi dispiace tanto. Ero adirato, ma non volevo fare del male a Jiulius” si scusò Harry.

Severus era desolato. Certamente Harry era più dotato degli altri bambini, inoltre poteva disporre di un bagaglio di conoscenze enorme per mezzo dell’unione della sua anima con quella del padre.

Però Severus non aveva mai pensato che questa unione, implicitamente, forniva ad Harry una conoscenza molto dettagliata e superiore a quella di tantissimi maghi in materia di Magia oscura. Conoscere il male non era negativo se serviva a combatterlo. Averlo in sé e non saper distinguere cosa era bene e cosa era male, poteva creare non pochi problemi.

Nella mente di Severus si prospettarono due sole opzioni per risolvere il problema. La prima era quella di cancellarsi dalla  mente tutta la sua conoscenza in materia di magia nera, la seconda era quella di istruire Harry in quella materia.

Entrambe le strade erano ripide e piene di ostacoli e in quel Natale in cui si era formata una nuova famiglia, sembrava che si dovessero anche porre le basi per distruggerla.

CIAO A TUTTI, E GRAZIE DI ESSERE ANCORA QUI.
IL CAPITOLO E' CORTO, MA ESSENDO STATA FERMA PER DIVERSI GIORNI E' DIFFICILE RIPRENDERE. COMUNQUE IL CAPITOLINO CI DICE QUALCOSA DI INTERESSANTE E IMPREVEDIBILE, ANCHE SE NON ERA DEL TUTTO IMPREVEDIBILE PERO' MOLTO IMPROBABILE CHE IO LO USASSI .... HIHIHIHI!!

SPERO CHE ANCHE SE CORTO VI SIA PIACIUTO. CI SENTIAMO, ODDIO, IL PIU' PRESTO POSSIBILE ... DICIAMO ENTRO IL FINE SETTIMANA.
BACI, ALIDA

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Capitolo 26
*** Via dal mondo magico ***


CAP 26

Harry si era addormentato sul divano nel pomeriggio, la coperta lo copriva del tutto, sbucavano solo pochi ciuffi di capelli sui quali dormiva Jiulius che, naturalmente come spesso capita agli animali, aveva perdonato l’ira del suo padroncino.

Severus seduto in poltrona osservava suo figlio: sembrava un grosso batuffolo di cotone distrattamente ricoperto da uno spesso strato di polvere di notte, solo che il cotone era imbevuto di un bel po’ di inchiostro che poteva macchiare per sempre qualsiasi persona gli si avvicinasse, e la polvere stessa che lo ricopriva avrebbe potuto rovinarsi per sempre.

Harry si mosse e la coperta scivolò parzialmente sul pavimento. Severus si sollevò e gli si avvicinò per ricoprirlo. Le guance di Harry erano rigate di lacrime, oramai asciutte. Nessuno, nessuno avrebbe mai dovuto sapere del collegamento esistente tra lui e suo figlio.

Sarebbe stato fin troppo facile che qualche ex-Mangiamorte nostalgico montasse la testa di un bambino di 11 anni dicendogli che avrebbe potuto conquistare il mondo magico. Harry era bravo, intelligente, sensibile ma pur sempre un bambino, che voleva dimostrare agli altri il proprio valore e spesso usava l’obbedienza per entrare nelle grazie altrui.

Sarebbe stato molto pericoloso. Tutto doveva restare  segreto. Harry doveva essere protetto da se stesso in primis e poi subito dopo dagli altri. Essere padre non era un compito semplice ma Severus mai avrebbe creduto potesse essere così complicato.

Eppure Lily era a conoscenza delle conseguenze del suo gesto, possibile che avesse messo volontariamente Harry in questa situazione? Che avesse offerto su un piatto d’oro la magia oscura al suo unico figlio, dopo che lei e suo marito avevano trascorso la loro breve vita a combatterla?

No, non era possibile. Era più probabile che Lily volesse unire Harry a Severus consapevole del fatto che quando  le conoscenze di Harry si fossero manifestate, il suo tutore avrebbe saputo come comportarsi.

Ma qui Lily aveva compiuto uno sbaglio perché Severus non sapeva assolutamente cosa fare. Se lui era l’uomo che era, sia nel bene che nel male, lo era anche grazie alle sue doti di mago “oscuro”, non poteva rinnegarle e cancellare i propri ricordi perché altrimenti sarebbe cambiato anche lui e nessuno poteva dire se il cambiamento sarebbe stato positivo o negativo.

Inoltre avrebbe dovuto confidarsi con qualcuno perché l’incantesimo Oblivion doveva essere pronunciato da un altro mago  per non correre troppi rischi. Ma lui poteva fidarsi solo di due persone: Lucius Malfoy e Albus Silente.

Il primo era stato un Mangiamorte perciò era da escludere, il secondo … bhè Albus era affidabile ma avrebbe cercato di dissuaderlo in ogni modo e ci sarebbe riuscito perché in fin dei conti neanche lui, Severus, credeva seriamente che l’Oblivion fosse la soluzione giusta.

A questo punto non restava che insegnare a Harry le Arti Oscure. Al solo pensiero Severus ebbe un tremolio alle mani che presero a massaggiarsi vicendevolmente.  In breve Harry, rappresentante dei Serpeverde, sarebbe venuto in possesso di conoscenze magiche che neanche Tom Riddle all’apice del potere, aveva mai avuto.

Severus contemplò una terza soluzione per risolvere i loro problemi: lui ed Harry avrebbero potuto lasciare il mondo magico per qualche mese, adducendo a problemi di salute, e poi tornare una volta che il bambino fosse stato “ben istruito”.

Non era un’idea da scartare a priori perché poteva essere pericoloso lasciare una mina vagante all’interno di Hogwarts. E come avrebbe reagito Harry se con un incantesimo avesse fatto del male a qualcuno?

Andarsene via era un’opzione interessante e plausibile, però bisognava sentire anche l’interessato, e poi prendere subito una decisione. Perciò con molta delicatezza Severus svegliò Harry che, intontito dal pianto e dal sonno, cercò di coprirsi meglio con la sua coperta.

L’aria in casa era fresca perché Severus non aveva ancora acceso la legna nel caminetto, preso com’era tutto il tempo a riflettere. Harry incrociò le gambe e si sfregò le mani per riscaldarsi un po’. Il silenzio del soggiorno cominciava ad essere imbarazzante per entrambi.

Severus si alzò e accese il fuoco, poi andò in cucina e dopo pochi minuti tornò con una tazza di cioccolata calda per il figlio. Harry avrebbe voluto domandargli come mai l’avesse preparata, sapeva bene che il padre era contrario alle bevande dolci, ma si sentiva in colpa per quanto era successo.

Aveva deluso il padre facendo riferimento al Sectusempra, deludeva spesso anche Sirius ma Severus non lo aveva punito, semplicemente aveva espresso sofferenza e disapprovazione, e questo era anche peggio, perché significava che Severus gli voleva davvero bene come se fosse stato il suo figlio naturale e perciò lui si sentiva ancor più un “verme” per il fatto accaduto.

Così quando Severus gli porse la tazza di cioccolata Harry poté solo dire: “Grazie”.

“Di niente”.

Harry prese la tazza,  le labbra semichiuse poggiate al bordo soffiavano sulla  cioccolata calda. Severus ruppe il ghiaccio. “Pensavo a ciò che era successo, credo che sarebbe meglio se andassimo a vivere per un po’ da qualche altra parte”.

Harry era in silenzio, il suo volto non esprimeva niente, né rabbia, né accordo. Severus riteneva snervante questa imperscrutabilità che il destino aveva dato prima a lui e poi a quello che era diventato suo figlio.

“Vorrei conoscere anche la tua opinione”.

“Perché?”.

“Perché è importante essere d’accordo. Non voglio che ti senta obbligato a fare qualcosa che non vuoi. Inoltre cambiare casa è sempre difficile”.

“Io ho già cambiato casa quest’anno”.

“Sì, Harry, però questa volta sarà diverso. Prima vivevi con Black e ora con me. Io resterò con te”.

“Che differenza può fare una casa? Perché in una casa diversa le cose dovrebbero andare diversamente?”.

“Non è una questione di edificio. Io ti insegnerò le arti oscure, così che tu possa distinguerle e non usarle in modo inappropriato. Inoltre non  vivremo nel mondo magico e potrai stare più tranquillo”.

“Sono d’accordo a imparare le arti oscure perché ho troppe cose in testa che non capisco e non conosco, però …”.

“Però …” ripetè Severus.

“… però non vorrei andarmene dal mondo magico. Del resto se sono pericoloso qui figuriamoci altrove”.

“Non si tratta tanto del pericolo in cui potrebbero incorrere gli altri, ma di quello in cui potresti incorrere tu!”.

“Io?” domandò perplesso Harry.

“Certo! Se tu avessi lanciato il Sectusempra ad un mago adulto che conosceva l’incantesimo come pensi che avrebbe potuto reagire?”.

“Pensi che avrebbe potuto farmi del male?”.

“Se fosse stato un ex-Mangiamorte te ne avrebbe fatto di sicuro”.

“Ma papà, io non frequento adulti. Insomma conosco lo zio Remus, Sirius, i signori Malfoy e poi soltanto gli insegnanti di Hogwarts. Chi di loro mi farebbe del male?” domandò Harry.

-Certo non Remus e neanche gli insegnanti di Hogwarts, ma Sirius e … e Lucius?- si domandò Severus.

Insomma Lucius era fidato ma era sempre meglio non metterlo alla prova, era un grande punto interrogativo. “Non dico che qualcuno ti farebbe del male apposta, magari reagirebbero d’istinto”.

“Intendi dire che il signor Malfoy potrebbe …” iniziò Harry con perspicacia.

“Non ho mai fatto il suo nome” lo freddò Severus.

“Però è l’unico Mangiamorte che c’è fra loro”.

“Anch’io ero un Mangiamorte, Harry”.

“Tu eri diverso!” lo giustificò amorevolmente il figlio.

Severus fece mezzo sorriso. “Alla fine siamo tutti uguali, Harry”.

“Non è vero, papà. E lo sai anche tu. In ogni caso se vuoi portarmi via dal mondo magico, io verrò con te”.

Severus si struggeva interiormente: vedeva che Harry voleva solo accontentarlo ma non era per niente felice. Pensò a se stesso da piccolo e al lungo periodo infelice che aveva attraversato stando con un padre che non capiva.

Non voleva che Harry lo vedesse distante e così cercò, a suo modo di spiegarsi. “Quando ero piccolo pensavo che con la magia avrei risolto tutti i problemi della mia vita, immaginavo che tutto sarebbe andato per il meglio e io mi sarei sentito sempre a mio agio. I babbani mi sembravano così stupidi, così inutili. La loro vita senza magia era insipida, adesso invece penso che il loro mondo sia l’unico ambiente possibile per noi. Almeno per un po’, Harry”.

“Il fatto che loro non usino la magia non significa che non compiano azioni malvagie, comunque  se tu vuoi andare, io vengo con te”.

“Harry, io vorrei che tu non mi appoggiassi per amore ma credessi fermamente in questa scelta”.

Harry continuava a fissare il pavimento.

“Guardami, Harry, per favore”.

Il bambino sollevò lo sguardo e incontro gli occhi di Severus. La sua voce era pacata e meccanica, come se cercasse di nascondere la sua angoscia.

“Io preferirei trovare un’altra soluzione. Non so se riuscirei a sopportare la lontananza da Hogwarts. Insomma lì ci sono tutti i miei amici, io non ne ho mai avuti  e adesso mi sembra di non poterne fare a meno. Mi hanno fatto così tanta compagnia, non ce la farei senza loro. Non ce la farei”.

Severus provò un pizzico di invidia. Lui non era mai riuscito a farsi tanti amici, e non era tanto legato a quelli che aveva. Certo qualora Silente fosse venuto a mancare gli sarebbe dispiaciuto ma era sicuro che si potesse benissimo fare a meno di qualsiasi amico, di qualsiasi amore, forse solo la perdita di un figlio, forse solo la perdita di Harry, a questo punto della sua vita, avrebbe significato la fine di tutto.

E Harry era lì che gli diceva che lasciare il mondo magico lo avrebbe fatto soffrire e Severus non voleva questo.

“Allora dovremo stare molto attenti. Tu, soprattutto. Dovrai usare solo le magie di cui conosci perfettamente le conseguenze. Solo quelle che imparerai ad Hogwarts, e solo quelle che colleghi ad una sensazione piacevole, di benessere.

Mai quelle che ti vengono in mente quando sei adirato e in nessun caso dovrai parlare con qualcuno del collegamento fra noi due. Inoltre da domani ti insegnerò le arti oscure, non perché tu le sappia usare ma perché ti renda conto che non vanno mai usate”.

Harry si sentì più rilassato e abbracciando il padre lo ringraziò fino allo sfinimento.

La notte precedente il rientro a scuola Harry fece più sogni di quanti ne avesse mai fatto. Le sue ansie si confusero con la realtà e più di una volta il suo sonno fu interrotto. Alla fine un incubo più tremendo degli altri lo fece gridare.

Seduto sul letto cercò di rilassarsi ma gli mancò il fiato e nel tentativo di far entrare aria nei polmoni, un po’ di saliva gli andò di traverso provocandogli un attacco di tosse che unita alla mancanza d’ aria lo fece diventare rosso in volto e sembrò soffocarlo.

Jiulius corse subito a chiamare Severus, che non aveva sentito l’urlo, e questo massaggio le spalle di Harry, poi gli sollevò in aria le braccia e lentamente gliele fece abbassare, aiutandolo a sincronizzare il respiro con il movimento degli arti.

Gli occhi di Harry erano lucidi e le guance rigata dalle lacrime dovute alla notevole lacrimazione causata dal tentativo di riprendere fiato e respirare. Una volta che Harry si fu ripreso Severus volle sapere cosa lo aveva spaventato tanto.

“Niente. Ho fatto un brutto incubo”.

“Gli incubi non fanno soffocare” gli fece notare Severus.

“Non riuscivo a respirare dallo spavento e poi mi è andata di traverso un po’ di saliva, tutto qui”.

Severus si sdraiò nel letto con Harry. “Mi parli del tuo sogno? Cosa c’era di così tremendo”.

Harry si allungò accanto al padre e rispose: “E’ un sogno strano, c’era un serpente che strisciava e parlava una strana lingua, io non so cosa stesse dicendo, non avevo mai sentito niente di simile”.

“Forse parlava il Serpentese, è la lingua dei serpenti e solo pochissimi maghi e streghe al mondo la sanno parlare” spiegò, cercando di nascondere la sua preoccupazione, Severus.

“Poi il serpente si è stretto attorno ad una persona e l’ha … l’ha  stritolata. Io vedevo tutto ma non potevo fare niente” continuò Harry singhiozzando.

Severus cercò di tranquillizzare Harry. “Calmati, dai. Era solo un brutto sogno”.

“Papà, ho paura”.

“Passerà, vedrai!”.

“No, papà. Il sogno andava avanti e io non ho capito bene cosa stava succedendo e poi mi sono ritrovato …”.

“Continua Harry, sono qui. Siamo solo noi due e non ti succederà niente”.

“Mi sono ritrovato a pensare a quanti modi esistono per uccidere le persone, per farle soffrire, a come dovrei combinare le erbe magiche per creare pozioni malefiche, a come … diventare immortale”.

Severus era rigido nel letto. La sua freddezza gli permetteva di nascondere la  preoccupazione ma la realtà diventava sempre più tremenda. Harry aveva sognato Nagini che parlava serventese e uccideva.

Aveva sognato, senza rendersene conto, Severus che pensava e ripensava come accontentare le richieste dell’Oscuro Signore. Harry aveva fatto lo stesso sogno di Severus. Ma se per il primo era stato un tremendo incubo, per il secondo erano ricordi che la notte riportava alla luce.

Harry era stanco e spaventato da ciò che gli stava succedendo, con voce implorante chiese: “Papà, è ancora valida la proposta che mi hai fatto a Natale?”.

“Quale?” domandò speranzoso Severus.

“Di andare a vivere lontano dal mondo magico. Almeno per un po’”.

“Sì, è sempre valida”.

“Allora l’accetto”.

Severus tirò un sospiro di sollievo, adesso avrebbe potuto agire con maggior tranquillità e Harry avrebbe avuto un’occasione in più per vivere sereno.

“E i tuoi amici?”.

“Non voglio che sappiano, e se pensassero che io voglio far loro del male? Se pensassero che li voglio comandare? Non posso rischiare di perderli. E poi, in ogni caso, non è per sempre. Vero?”.

“Sì, non è per sempre” rispose Severus sperando in cuor suo che non fosse una bugia.

 

CAPITOLO BREVE, MA DEVO DIRE CHE HO IMPIEGATO DUE GIORNI A SCRIVERE LE PRIME PAGINE E DIECI GIORNI A SCRIVERE IL FINALE, PERCHE’ HO IN MENTE COME CONTINUARE E NON VOLEVO ROVINARE NIENTE.

IL SEGUITO ARRIVERA’ IN FRETTA.

PROMESSO.

GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE CI SONO ANCORA.

BACI, ALIDA

Piccola Vero: Sev insegnerà la magia nera al piccolo Harry, il prossimo capitolo è già in mente, pochi giorni e potrai leggere il seguito.

sonia1977: niente Oblivion ma una decisione inaspettata dovuta ai risvolti estremamente negativi di questa singolare unione che esiste tra Sev e Harry.

Aloysia Piton: insegnare le arti oscure è molto difficile, infatti ho qualche idea che però devo applicare in modo discreto su un bambino di 11 anni. Spero di essere all'altezza.

GinnyPotter93: le lezioni private ci saranno di sicuro, vedremo un pò dove farle svolgere...

Vi abbraccio tutti, Alida

 

 

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Capitolo 27
*** Triplice inizio ***


CAPITOLO 27

Harry dormì tranquillamente, non ebbe più incubi nelle restanti poche ore della notte. Severus invece non dormì. Aveva già organizzato tutto in precedenza nella speranza che Harry cambiasse idea e perciò c’erano da fare solo gli ultimi ritocchi che consistevano in due lettere da inviare rispettivamente a Lucius e Silente, tuttavia quelle due lettere lo tennero sveglio.

La prima fu breve: “Caro Lucius, ti scrivo per informarti che per due mesi, massimo tre non sarò tra gli insegnanti di Hogwarts e Harry non frequenterà la scuola. Mi sembrava corretto avvisarti considerato il fatto che sei stato molto gentile a trascorrere con noi la notte di Natale e a mandare più volte Draco qui per far compagnia a Harry. Purtroppo mio figlio ha avuto un serio problema di salute e il medico gli ha ordinato tanto riposo in un luogo possibilmente isolato. Harry manda i sui saluti a Draco. Ci vediamo, Severus”.

La seconda era un po’ più lunga ma comunque vaga. “Caro Albus, ti scrivo per informarti che per circa tre mesi io ed Harry non potremo tornare ad Hogwarts in quanto sono insorti alcuni gravi problemi. So già che vorresti essere informato in maniera più precisa ma ti prego per ora di non fare pressioni. Con il tempo ti spiegherò tutto. Certo del fatto che capirai e appoggerai la mia decisione di tutelare Harry innanzitutto, ti invio i miei saluti. Scusa ancora se non ho potuto avvisarti prima e darti la possibilità di cercare con maggiore tranquillità un sostituto per la cattedra di pozioni. Sono comunque sicuro che troverai qualcuno all’altezza del compito. Presto ti scriverò, Severus”.

Lucius credette parzialmente alla lettera dell’ amico. Harry non stava bene, questo era sicuro, anche Draco gli aveva detto di averlo trovato scostante e alle volte impaurito. Ma nessun medico avrebbe mai ordinato un periodo di “isolamento” ad un bambino di undici anni. Ci doveva essere qualcosa di più, e presto o tardi lo avrebbe scoperto.

Silente lesse e rilesse più volte la lettera, “la mia decisione di tutelare innanzitutto Harry”, “Presto ti scriverò”. Erano frasi che mostravano come Severus non lo vedesse  un ostacolo per Harry, perché in qualche modo voleva renderlo partecipe dei fatti e non nascondergli la verità.

Silente era contento di questo, anche perché pur non dandolo mai a vedere si era reso conto che, quella notte di tanti anni prima in cui Severus aveva ucciso Voldemort, doveva essere successo qualcosa di veramente importante, eccezionale forse e adesso questo qualcosa stava dando i suoi frutti.

Quando Harry si alzò Severus gli chiese se volesse avvisare qualcuno del suo spostamento e così anche Remus fu informato della “malattia di Harry”. Contemporaneamente ad Hogwarts la notizia si diffuse. Gli studenti facevano diverse supposizioni e pochi credevano ad un malessere del giovane Serpeverde.

“Forse suo padrino, Sirius Black, l’ha portato via!”.

“Forse non andava d’accordo con Piton!”.

“Forse è scappato!”.

“Forse i figli dei professori possono allungare le vacanze” disse acidamente Seamus.

“Forse dovresti stare zitto” ribatté Draco in difesa dell’amico. “Io sono stato da lui a Natale e anche dopo e in effetti non si sentiva bene. Soprattutto dopo Capodanno era molto giù di corda, e …” sottolineò “posso dire che va d’accordissimo con Piton”.

Seamus gli voltò le spalle infastidendo ancora di più Draco, ma Mark intervenne. “Non prendertela così, se fosse mancato solo Harry non ci sarebbe stato tutto questo vociare, e solo che Piton non ha mai fatto un giorno di assenza da quando insegna”.

“Hai ragione e che … io sono andato diverse volte da loro e Harry non mi ha mai detto niente. Mi chiedo perché. Insomma noi siamo amici”.

“Può darsi che non si tratti di un problema di salute. Insomma la situazione di Harry non era proprio felice”.

“Vuoi dire che secondo te Silente ci sta mentendo?”.

“Non lo so, però penso che dovremo parlarne con gli altri del primo anno”.

“Va bene, allora organizzeremo un incontro straordinario senza adulti”.

La casa era piccola: un bagno, una camera da letto con un letto matrimoniale e una cucina. Più Harry la osservava meno gli piaceva, c’era troppo poco spazio, ancora di meno che a Spinner’s End. Quella casa gli dava un senso di soffocamento. L’unico aspetto positivo era che era posizionata a circa cinquecento metri dal mare e la vista era mozzafiato.

Severus sembrava molto soddisfatto della casetta. In effetti non gli serviva uno spazio chiuso ampio quando potevano avere una spiaggia intera, l’oceano e delle bellissime grotte a loro disposizione. Era difficile che i babbani si spingessero fin lì perché la spiaggia era piccola e raggiungere le grotte era difficilissimo. La casa inoltre era invisibile agli occhi dei babbani dunque nessuno li avrebbe disturbati.

Naturalmente con la magia tutto diventava più semplice. Ma era proprio la magia nel loro caso ad aver creato problemi. Comunque quel luogo era migliore di tanti altri posti in cui Severus era stato, il mare gli piaceva, gli faceva compagnia e sicuramente sarebbe piaciuto anche a Harry che per ora non si era ancora espresso al riguardo.

“Allora ti piace questo posto?” domandò Severus.

Harry non era convinto. “Il posto mi piace, insomma il mare, la spiaggetta però la casa mi sembra troppo piccola”.

“Non fa niente, tanto ci resteremo poco dentro”.

“Però ci resteremo”.

“Sì, ma siamo qui perché tu devi imparare le arti oscure, e che tu ci creda o no, per quanto potente sia un mago oscuro vive sempre in luoghi piccoli e brutti, sempre nascondendosi dal mondo intero. Più che in una casa si può dire che viva in una tana”.

“A me non piacciono le tane” concluse serio Harry.

Severus sorrise: “Ciò significa che hai un buon motivo per non diventare un mago oscuro e perciò ti dovrai applicare con impegno e serietà nello studio della magia nera”.

“Da dove cominciamo?” domandò il bambino.

“Non vuoi aspettare un po’? Potremmo sistemarci e fra un paio di giorni iniziare”.

“No, papà. Prima iniziamo meglio è! Così tornerò prima a scuola”.

“Come vuoi” rispose Severus. “Per prima cosa devi scrivere in questo foglio tutte le parole e gli incantesimi che secondo te sono collegati alla magia oscura. Cioè quegli incantesimi che ti vengono in mente quando sei adirato, nervoso, infastidito e via dicendo. Poi deciderò quali insegnarti per primo e quali in seguito”.

Harry prese il foglio e concentrandosi scrisse tutto ciò che gli sembrava potesse essere pericoloso sia per lui sia per gli altri. Un paio di volte fece delle macchie sulla pergamena con l’inchiostro. Alcune parole le scrisse tremando. Di tanto in tanto alzava gli occhi per cercare fiducia in quelli di Severus che lo esortavano ad andare avanti.

Alla fine terminò. Severus prese il foglio e prima di leggerlo disse: “Ogni volta che ti verrà in mente un nuovo incantesimo o quant’altro dovrai scriverlo qua”.

Harry annuì e il padre gli disse di andare a rilassarsi un po’ in spiaggia mentre lui dava un’occhiata alla pergamena. Il bambino uscì di corsa e raggiunse la costa. L’oceano non era grande, era infinito. Lui poteva vederne solo un pezzo ma dietro quella linea che faceva da contorno a ciò che poteva vedere ce n’era un altro pezzetto e poi un altro ancora fino a quando non ci fosse stato un pezzo di terra e lì, probabilmente c’era un altro bambino, magari un mago che osservava il mare e pensava la stessa cosa di Harry e i suoi occhi si perdevano nel blu.

Severus dalla finestra della cucina poteva vedere Harry osservare le onde che andavano avanti e indietro come le parole che erano state scritte sulla pergamena e ora ballavano velocemente nella testa di Severus. “Legillimens, Crucio, Avada Kedrava, Bombarda, Sectusempra, Incarceramus” e infine per chiudere il ballo “Morsmordre”.

Eccetto il Bomabarda e l’Incarcercamus, gli altri erano incantesimi molto potenti, probabilmente i peggiori. Come si poteva spiegare ad un bambino che cosa era, cosa provocava e quale odio doveva trovare in sé per riuscire a produrre un buon Crucio? E il Morsmordre? Certo non poteva insegnare a Harry come riprodurre il marchio dell’Oscuro Signore del cielo stellato.

E Harry cosa ne sapeva di questi incantesimi? Ne conosceva gli effetti o erano solo parole vuote che contenevano uno strano senso di disagio e sofferenza? Domande infinite, molto grandi e indubbiamente lecite, che però non dovevano distogliere Severus dal suo compito. Per prima cosa avrebbe insegnato ad Harry il Bombarda e l’Incarceramus, poi tutto sarebbe andato un po’ alla volta.

“Via della Felicità”. Il biglietto che portava questa scritta girava e rigirava nelle mani di Sirius. Glielo aveva dato Remus  poco prima di Natale, si trattava di una passaporta che conduceva ad un centro d’ascolto dove le persone potevano parlare di se stesse, dei propri problemi, senza essere riconosciute poiché tutte bevevano una pozione polisucco che le trasformava o nel direttore del centro d’ascolto o di volta in volta nella persona che gestiva i gruppi.

Si poteva andare anche solo per ascoltare ciò che avevano da dire gli altri, non era obbligatorio parlare di se stessi dal primo giorno, non c’erano incontri prestabiliti, ciascuno andava quando si sentiva in vena di farlo.

Sirius non era molto convinto che un gruppo d’ascolto fosse ciò che gli serviva di più, del resto aveva smesso di bere, e non c’era più ricaduto. Almeno non aveva bevuto per un mese e mezzo che per chi soffre di una qualche dipendenza, allontanarsene per un mese è un piccolo ma importante traguardo.

Il nome era allettante: Via della Felicità.

Ma era anche una provocazione: chi poteva dire di conoscere veramente quale era la strada che conducesse  alla felicità? Era una grossa presunzione, pensava Sirius, nessuno può sapere quale sia la strada giusta, quale scelte ci conducano alla gioia e quali no.

Anche perché le nostre scelte interagiscono con quelle degli altri e questo può cambiare la prospettiva in cui gli eventi si svolgono, si sviluppano e maturando danno i loro frutti. Felicità! Una parola che non può essere spiegata con altre parole, non la si può definire perché racchiude un passato che può essere bello o brutto, un presente che dovrebbe essere piacevole ma anche impegnativo e un futuro sul quale non si può fare affidamento.

Eppure molti la usano, forse perché non ne capiscono il reale significato, o forse perché sono così fortunati da vivere la felicità. L’unica certezza che Sirius avesse era che Remus era andato in questo centro d’ascolto e ora glielo consigliava.

Remus era un buon amico e valeva la pena assecondare il suo suggerimento, in fin dei conti era l’unica persona che non lo aveva mai abbandonato. Così Sirius posò il biglietto per terra, lo fissò a lungo e poi di scatto, per non tirarsi indietro all’ultimo momento, ci saltò dentro.

Quando arrivò dall’altra parte venne accolto da un mago che doveva avere all’incirca una cinquantina d’anni. L’uomo guardò Sirius sdraiato per terra, tutto spettinato, che cercava di ricomporsi. “Sai ragazzo, esiste anche la metropolvere?”.

“Scusi ma è la prima volta che vengo qui e comunque non sono un rag…”.

“Cosa c’entra questo con il fatto che non riesci ad arrivare sui tuoi piedi usando una passaporta?” domandò l’uomo.

Sirius si sollevò. “E questo dovrebbe essere un centro d’ascolto accogliente?”.

L’uomo sbuffò: “Questo è un centro d’ascolto, per quanto riguarda l’accoglienza una cosa è accogliere i bisognosi, un’altra –raccogliere- da terra gli incompetenti”.

“Io me ne voglio andare!” sbottò Sirius “Questo posto non mi piace”.

“Mi dispiace ma nessuno può andarsene senza aver trascorso almeno mezz’ora nella sala d’incontro”.

“E dove sarebbe questa sala?”.

“Laggiù in fondo” rispose il signore indicando una porta azzurra. “Ma prima  deve seguire la signora Suice  che le farà  bere un po’ di pozione polisucco” continuò l’uomo vedendo arrivare verso loro una signora bassa e grassa che sorrideva.

 

 “Va bene” rispose Sirius andando incontro alla signora Suice.

“Ah dimenticavo” lo bloccò il signore “Io mi chiamo Jerry, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno sono sempre qui” disse andandosene.

Sirius si rivolse alla signora: “Quell’uomo è davvero incredibile, passa da momenti in cui sembra scorbutico a momenti in cui è davvero gentile”.

“Quell’uomo” spiegò la signora Suice  versando un po’ di pozione in un bicchiere  “Ha visto l’alcol divorare suo figlio, e mi creda ha fatto di tutto per aiutarlo, ma non è servito a mantenerlo in vita”.

“Il ragazzo, insomma,  non ha trovato  la Via della Felicità” affermò  sarcastico Sirius prendendo il bicchiere e mandando giù il contenuto.

“Sì che l’ha trovata, ma una cosa è vivere e una cosa è essere felici”.

Sirius avrebbe voluto chiedere di più ma la pozione era amara e la gola bruciò parecchio prima che il suo corpo cominciasse a tremare e a trasformarsi in qualcuno che gli offriva la possibilità di non essere più se stesso.

 

CIAO A TUTTI,

RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE LEGGONO LA STORIA, CHE RECENSISCONO, CHE INSERISCONO TRA I PREFERITI E LE SEGUITE.

INVITO TUTTI A RECENSIRE SENZA SOSTA E SENZA PIETA’.

E ORA VENIAMO A NOI:

Eccovi un bel capitolino “base”. Già, perché in fin dei conti questa dovrebbe essere la ripartenza considerato che la storia per come l’avevo iniziata si sarebbe potuta concludere con la pace ritrovata dei Gemelli senza nome e l’affido di Harry.

Ho pensato varie volte se chiudere lasciando in sospeso Sirius e facendo intendere che Harry e Severus sarebbero andati d’accordo o continuare, perché mi sembra che la storia fosse in una situazione di stallo e stesse diventando monotona.

Ho deciso di continuarla, con un disegno ben preciso in testa. Sono sicura che vi piacerà.

Vi abbraccio tanto. ALIDA

 

Piccola Vero: Ti sorprendo? Fantastico, significa che scrivo qualcosa di interessante. Spero che questo capitolo base ti piaccia, e per le sorprese ne arriverà una fra un paio di capitoli davvero grossa. Baci, Alida

Sonia 1977: ciao cara, Severus non può chiudere la mente di Harry perchè si può chiudere la propria mente ma non quella degli altri, altrimenti sarebbe troppo facile. Se intendevi può chiudere la propria mente, questo è vero ma i sogni vanno al di là del nostro controllo, possiamo decidere su quale pensiero concentrarci da svegli ma non cosa sognare e cosa sì. Secondo punto, non ho mai pensato di far vivere Harry in una grande città proprio perchè lì lo stress è molto elevato, comunque ci saranno alcuni babbani interessanti. Baci, Alida

Aloysia Piton: Sev e Harry interagiranno con i babbani, ma vivendo in un luogo piuttosto isolato non sarà un full-immersion. Spero ti piaccia la sistemazione che ho trovato loro. Baci, Alida

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Capitolo 28
*** Confrontarsi con la realtà ***


CAP 28

Ormai i gruppi di studio erano sotto controllo degli adulti  e la loro armonia, anche se invidiata da molti, non era più ostacolata, per questo motivo nessuno si insospettì quando si videro gruppetti di studenti del primo anno uscire all’aria aperta.

Inoltre la professoressa Bumb  aveva proposto, come ogni anno, una caccia al tesoro con le scope volanti ed era previsto che il territorio di Hogwarts venisse studiato a fondo per nascondere i bigliettini e il tesoro in luoghi originali e non come spesso accadeva: sulla Torre di astronomia o accanto al Platano picchiatore.

L’incontro dei ragazzi però non era innocuo come poteva sembrare, tutti erano decisi a scoprire cosa fosse accaduto ad Harry  e perché Piton non si fosse  presentato a scuola. Tutti erano disposti a usare anche metodi per così dire “sconsigliati e sconsigliabili”.

“Secondo me all’aria aperta è troppo pericoloso” disse Goyle.

“Se avessimo scelto un posto  all’interno della scuola avremmo dato nell’occhio” gli rispose Ron.

“E la Stamberga strillante?” ribatté Sara.

“La McGranitt ha fatto promettere ai Grifondoro di non andarci più e loro non vogliono tradire la fiducia della loro Capocasa” le rispose Goyle mentre Ron confermava con il capo.

Quando i gruppi si furono radunati nello stesso punto la discussione ebbe inizio. “A me sembra molto strano che Silente sappia solo che Harry sta male” disse Seamus.

“Già” continuò Draco “E anche se sapesse di più non verrebbe a dirlo a noi”.

“Tuo padre cosa ti ha raccontato?” gli domandò Hermione.

Draco fece mente locale ma più volte aveva pensato e ripensato allo scambio di battute avuto con il padre  e in realtà non era né più né meno di quello che aveva detto Silente. “Ha detto le stesse cose,  e comunque anch’io ho letto la lettera e davvero Piton non ha scritto niente di più”.

“Però è molto strano che Harry non abbia scritto una lettera a nessuno di noi” notò Mark “Non è da lui”.

“Forse la partenza è stata improvvisa”.

Hermione raccolse tutto il coraggio che l’aveva fatta diventare una Grifondoro e disse: “Ci servirebbe poter leggere la lettera che il professor Piton ha spedito al preside”.

Nessuno fiatò ma tutti sapevano che quella lettera era l’unica fonte di informazione  attendibile.

Dirk propose qualcosa di diverso: “Potremmo spedire una lettera a Harry e vedere se gli arriva o se ci ritorna indietro”.

“A quale indirizzo lo vorresti mandare? Per Harry Potter in via Luogo isolato?” chiese un Corvonero.

“Tentare non nuoce” rispose Dirk.

“Io sono convinta che sia indispensabile procedere in entrambe le direzioni” affermò sicura Hermione.

Ron con un po’ di incertezza domandò: “Ma come faremo a leggere  la lettera di Piton, c’è solo un posto in cui potrebbe trovarsi”.

La risposta arrivò in coro: “L’ufficio di Silente!”.

“Allora vorrà dire” concluse Draco “che dovremmo trovare un modo per entrare nell’ufficio del preside”.

Faceva impressione entrare in una stanza e trovarsi insieme a persone che erano identiche a se stessi, anche se poi non avevano certo la nostra fisionomia ma quella della persona con la quale era stata creata la pozione Polisucco.

Era come essere chiunque e non essere nessuno. L’unica persona che manteneva la propria identità era chi dirigeva il gruppo. Quel giorno si trattò di una donna, alta, né grassa né magra, ma con le spalle spigolose e il mento sporgente. Non poteva dirsi bellissima ma sicuramente il suo sorriso era splendido.

“Bene, buongiorno a tutti voi. Vedo dal numero dei presenti che stiamo aumentando, ci sono tre persone in più rispetto al dicembre scorso. Mi fa piacere. E’ sempre positivo quando qualcuno decide di conoscere meglio  se stesso perché come diciamo sempre noi, SIAMO QUI PER CONOSCERCI E MIGLIORARCI NON PER COMBATTERCI. Combattere se stessi infatti è inutile e controproducente. Io mi chiamo Helen e sono qui per … ”.

A Sirius sembrava già di sentire le stesse prediche che Remus gli aveva fatto mille e mille volte ed ebbe una gran voglia di andarsene ma come Jerry gli aveva detto bisognava presenziare almeno a una mezzora di lezione prima di andarsene e così si sedette comodamente e aspettò che il tempo passasse.

Non si era obbligati a parlare e difatti lui non disse niente. Furono gli altri a riempire il tempo di racconti di vita e aneddoti ora drammatici ora comici.

“Non dico che cambierei tutta la mia vita, perché non è tutta da buttare solamente vorrei poter tornare indietro per sfruttare di più quelle situazioni che mi avrebbero reso una persona migliore”.

“Quali sono queste situazioni?” domandò Helen.

“Bhè” rispose il tale: “Mi sarebbe piaciuto aver detto di sì al signor Gregor che mi offrì un posto come bibliotecario, oppure avrei voluto dire di no quando mi chiesero di garantire per mio cognato che poi non rese neanche un quattrino alla Gringott e gli elfi vennero da me a cercare i soldi!”.

“A quei tempi cosa ti spinse a rifiutare il lavoro e garantire per tuo cognato?”.

“L’idea che fosse la cosa giusta” fu la risposta.

Helene non ebbe esitazioni, oramai conosceva abbastanza bene la psiche umana e non aveva dubbi che spesso le persone si lamentassero del loro modo di agire quando questo non gli dava le soddisfazioni materiali alle quali aspiravano.

“Hai mai pensato che forse quelle fossero davvero le azioni giuste? Voglio dire non tutti sono bibliotecari, eppure va bene, e aiutare i propri parenti non è sbagliato in sé. Alle volte le persone che amiamo tradiscono la nostra fiducia ma questo non dovrebbe convincerci di aver agito nel modo sbagliato, o no?”.

L’uomo era confuso ma sapeva che non aver trovato nessun impiego e essersi sobbarcato dei debiti del cognato aveva distrutto il suo matrimonio. “Io ho sbagliato, sarei dovuto essere più cauto. I soldi sono importanti, non si vive di ideali”.

“Ma non si possono neanche vendere i propri ideali” gli fece notare Helene “Come ti saresti sentito se avessi accettato quell’impiego per te noioso, a quanto pare, e avessi lasciato nei guai tua sorella e tuo cognato? Pensi che saresti stato meglio? E davvero questo che  ha fatto crollare il tuo mondo?”.

Sirius ascoltava interessato, quella persona, uomo o donna che fosse, era stata davvero sprovveduta. Chissà cosa gli era accaduto, chissà perché si trovava lì. Insomma lui aveva avuto problemi con l’alcol e non voleva ricascarci, si era comportato male e fin lì lo sapeva ma questo tale cosa aveva fatto?

Non riusciva proprio a capire perché una persona andasse lì a lamentarsi della sua vita, quel tale avrebbe dovuto agire in modo diverso, se non aveva responsabilità verso gli altri non aveva diritto di frequentare quel “corso”.

Helene si accorse del fastidio di Sirius ma non si pronunciò: quello era il tipico comportamento di chi sa di aver sbagliato, di aver percorso una strada pericolosa, e trovandosi di fronte a qualcuno che ha sbagliato meno si vittimizza e pensa di essere il solo ad avere diritto di attenzioni perchè come lui non ha sbagliato e sofferto nessuno.

Helene non poteva prendere la situazione di petto, anche perché altrimenti ai colloqui non sarebbe andato nessuno, però voleva che il messaggio arrivasse a Sirius e perciò lasciando la discussione intrapresa precedentemente e permettendo al tale di riflettere su ciò che aveva appena detto, domandò: “C’è qualcun altro che desidera parlare?”.

Una mano si alzò.

“Io mi chiamo Rosalie, vengo a queste riunioni da circa 10 mesi e chi di voi è già venuto mi avrà sentito parlare di mio figlio  che si trova ad Azkaban perché ha ucciso un ragazzo di 23 anni”.

Nella stanza si diffuse un pesante mormorio, alcuni fecero cenno con la testa di ricordarsi di quel ragazzo. “Ciao Rosalie” salutò Helene “Sono contenta che tu stia iniziando ad aprirti con noi dicendoti il tuo nome, quando ti sentirai pronta, se vorrai, potrai venire anche senza aver bevuto la pozione polisucco”.

Rosalie sorrise. “Ci vuoi dire cosa ti ha spinto a presentarti, e ad aprirti con noi?”.

“Bhè, non ne sono sicura. Penso che mi abbia spinto il desiderio di venire accettata… oh Merlino! Cosa sto dicendo?” disse un po’ impaurita dal suo stesso coraggio Rosalie.

“Rosalie non devi avere paura, va benissimo. Tutti vogliamo essere accettati da chi abbiamo vicino. E’ la cosa più naturale che ci sia al mondo” spiegò Helene per rassicurarla.

“Va bene” continuò Rosalie “Insomma quando nessuno sapeva il mio nome tutti mi dicevano che mi capivano, che non era colpa mia se mio figlio aveva compiuto quel gesto orribile e io … io sto cercando di capire se davvero le persone mi verranno incontro se sanno chi sono, se conosceranno il mio nome e poi la mia faccia”.

Alcune risatine nervose facevano da compagnia allo sforzo di Rosalie, ma non erano risate cattive erano di comprensione perché tanti, se non tutti, si trovavano in quella situazione. Anche Sirius si trovò a pensare perché non aveva avuto il coraggio di presentarsi con la sua faccia, forse perché aveva vergogna di quello che gli altri avrebbero detto –Ma guarda un po’! Un Black in Via della Felicità!”, o forse perché aveva paura di quello che gli altri avrebbero visto in lui, forse solo un uomo ormai da troppo tempo dedito all’alcol che cercava di salvare il salvabile.

Alcol! Mentre gli altri parlavano e si confrontavano con se stessi, per la prima volta da settimane Sirius si rivide attaccato alla bottiglia, sdraiato, mezzo nudo, sul divano e un forte odore di alcol gli arrivò alle narici facendogli venire un connato di vomito.

Immediatamente si alzò e uscì dalla stanza alla ricerca di un bagno. Jerry  era poggiato con la spalla accanto ad una porta, una gamba tesa e l’altra lievemente piegata con il piede destro che si attorcigliava alla caviglia sinistra, sollevò una mano e con l’indice puntato gli mostrò la porta del bagno.

Nonostante Sirius fosse impegnato a trattenere il cibo mangiato poco prima, riuscì a scorgere il viso di Jerry che rideva mezzo divertito e mezzo preoccupato.

Pollo bollito passato nella semola fine e poi fritto, una spruzzatina di succo di limone sopra e poi lasciare riposare tutto fra le foglie lavate del limone in una casseruola chiusa.  Harry era sicuro al cento per cento, mai e poi mai aveva sentito un profumo così buono. Gli veniva l’acquolina in bocca ogni volta che si avvicinava alla cucina.

“Ma perché lo hai preparato così presto? Non so se riuscirò ad aspettare fino alla cena” disse Harry sospirando in direzione del padre che stava ripulendo una serie di bacchette magiche.

“Perché se il pollo macera tra le foglie del limone è più saporito”.

“Ah! Credo che tu abbia ragione ma secondo me è buono anche adesso”.

“Harry abbi pazienza! Vedrai che dopo sarà ancora più buono”.

“Se lo dici tu!”.

“Sì, lo dico io. E adesso per favore, chiudi la porta della cucina e vieni, cominciamo le lezioni”.

Harry si fece serio, chiuse la porta e si sedette sulla poltrona. Severus iniziò dal principio. “Allora per prima cosa vediamo il Bombarda e l’Incarceramus. Cosa mi sai dire di questi due incantesimi?”.

Harry volse lo sguardo a terra, un po’ si vergognava ma doveva essere sincero altrimenti questo esilio non sarebbe servito a niente. “Non sono sicuro! Il Bombarda credo che serva per fare esplodere le cose, una volta  quando ero piccolo ho fatto saltare in aria un quadro”.

“Un quadro?” chiese Severus.

“Sì, uno di quelli di Grimmauld Place. C’era una signora che gridava tutto il tempo e un giorno mi sono adirato e poi mi è venuto in mente quell’incantesimo e il quadro è letteralmente esploso ma Sirius non ha avuto niente da ridire, anzi si è messo a ridere”.

Severus pensò subito alla vecchia madre di Sirius ma non volle soffermarsi troppo su quel ricordo, c’era troppo lavoro da fare. “E per quanto riguarda l’incarceramus?”.

Harry rispose tutto d’un fiato e dal tono si capiva che non voleva dare altre spiegazioni: “Lo usava Sirius per tenermi in camera quando io cercavo di scap … di uscire senza permesso”.

Severus era ammutolito. “Ma qui non ce n’è bisogno” aggiunse Harry nascondendo il suo nervosismo in una risata amara.

“No, non ce n’è bisogno” ripetè il professore “In ogni caso, l’incantesimo Bombarda serve in effetti per creare un’esplosione e far saltare in aria un oggetto che può essere un lucchetto, una porta bloccata che non si apre con l’Alohomora. Naturalmente, come tutti gli incantesimi che producono la distruzione dell’oggetto interessato, viene utilizzato con parsimonia e solo dopo che ci si è assicurati che non esistono altri modi per risolvere il problema. Ora siccome noi non vogliamo distruggere niente di importante, è bene che ti eserciti con un cuscino”.

Severus prese uno dei cuscini del divano e lo mise sul pavimento. “Gli incantesimi funzionano solamente se chi li pronuncia vuole che si avverino. Se tu dici Bombarda senza alcuna convinzione non esploderà niente. Se punti la bacchetta per far sollevare un libro e non pronunci con determinazione l’Accio o il Wingardium Leviosa il libro non si sposterà neanche di un centimetro dal tavolo. Okey?”.

Harry annuì. “Benissimo. Adesso prendi in mano la tua bacchetta e pronuncia –Bombarda-“.

Harry puntò la bacchetta verso il cuscino e disse l’incantesimo ma non avvenne nulla.

“Devi essere più concentrato. Prova ad immaginare il cuscino una volta che sarà esploso. Ci saranno piume d’oca da ogni parte, probabilmente ci sarà confusione. Non sarà terribile, magari ti divertirai. Prendila con questo spirito e ripeti l’incanto”.

Harry cercò di immedesimarsi nella situazione appena prospettata dal padre, in fondo non c’era niente di male a fare esplodere un cuscino e perciò ripetè: “Bombarda”. Ancora una volta però non successe nulla.

Severus cominciò a pensare che in realtà Harry non volesse riuscire nell’incantesimo ma non voleva aggredire verbalmente il figlio e perciò partì un po’ da lontano. “Forse non ti piace il cuscino. Preferiresti che fosse un cesto di uova?”.

Harry sorrise. “Non è questo”.

“Allora cosa c’è che non va?”.

“Insomma io devo imparare le arti oscure perché ho paura di fare del male agli altri e perché tu hai paura che qualcuno possa fare del male a me. Però se riesco a impararle cosa significa? Che sono cattivo?”.

“Non è una questione di cattiveria, Harry. Tanti maghi buoni conoscono le arti oscure …”.

“Per esempio?” domandò Harry.

“Per esempio Silente! Silente conosce la magia bianca e la magia nera e probabilmente conosce tutta la magia del mondo! La differenza tra lui e tanti altri maghi e che lui non ha mai usato la magia nera per fare del male, ma ha imparato a conoscerla per combatterla e sconfiggerla”.

“Perciò se io imparo non significa che sono di indole cattiva, non significa che ho una predisposizione verso il male?”.

“Assolutamente”.

“Bene” rispose Harry rincuorato. Con decisione sollevò la bacchetta, puntò verso il cuscino e il suo Bombarda fece esplodere il cuscino in mille pezzi. L’Incarceramus fu eseguito con la stessa velocità. Severus era soddisfatto e anche Harry.

 Il pollo li aspettava in cucina ma quando entrarono ne trovarono solo una piccola parte. Certamente Jiulius aveva contribuito a dimezzarlo perché rimase nascosto dietro una bottiglia d’acqua sperando di non essere visto, ma sul tavolo c’erano anche delle piccole orme, non di drago, indicanti il passaggio di qualche altro esserino.

CIAO A TUTTI.

MI VERGOGNO UN PO’ DEL RITARDO CON CUI HO AGGIORNATO E DEL BREVISSIMO CAPITOLO MA IN QUESTO ULTIMO MESE HO AVUTO DAVVERO POCHISSIMO TEMPO PER SCRIVERE. SORRY.

RINGRAZIO TUTTI COLORO CHE MI STANNO SEGUENDO CON PAZIENZA E AFFETTO.

VI ABBRACCIO.

ALIDA

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** Lasny, Snilla e Cindy ***


CAP 29

La sala comune dei Grifondoro era molto affollata quel pomeriggio e il motivo era di pubblico dominio: i gemelli Weasley dovevano intrattenere i loro compagni di casa con uno spettacolo pirotecnico. Naturalmente, dato il luogo in cui si sarebbe svolto, era stato consentito loro di fare scoppiare solo piccoli botti ma questo non aveva ridotto il numero degli spettatori. Se si trattava di uno dei prodotti Weasley sarebbe valsa sicuramente la pena vederlo.

Fu proprio quel giorno che Ron ed Hermione decisero di agire mentre i loro compagni del primo anno assistevano allo spettacolo per non dare nell’occhio.

Il dormitorio maschile era come Hermione l’aveva sempre immaginato: disordinato!

“Ma voi maschi non mettete mai in ordine?”.

“Certo, abbiamo sistemato tutto ieri!”.

“Ah, vedo!” disse con tono sarcastico l’amica. “E di preciso cosa staremo cercando?”.

Ron la guardò con fare serio e facendo molta attenzione disse: “E’ una pergamena piegata.  Si chiama Mappa del Malandrino, me l’hanno mostrata Fred e George quest’estate. E’ la Mappa di Hogwarts, su di essa puoi vedere e leggere gli spostamenti delle persone all’interno del castello”.

“Fantastico! Ma che bisogno avevi di me? Non potevi prenderla tu?”.

“Non è così semplice! Non è facilmente riconoscibile. A prima vista non c’è scritto niente sopra. Perché possa essere utile devi puntarci sopra la bacchetta e affermare –Giuro solennemente di avere cattive intenzioni- e solo in seguito appare la mappa. Però …”.

“Però?”.

“Però io quest’estate ho provato e riprovato ma non è mai comparso niente e perciò sarai tu a pronunciare l’incantesimo”.

Hermione non credeva alle sue orecchie, Ron non era così scarso da non riuscire in un semplice incantesimo. “Ron quest’estate non avevi le conoscenze che hai ora. Sono sicura che ci riusciresti anche tu”.

“Grazie” rispose incoraggiato Ron “Ma non voglio commettere errori e penso sia meglio non rischiare anche perché i miei fratelli non daranno tanti spettacoli come oggi”.

“Hai ragione” confermò Hermione “Allora da dove iniziamo?”.

“Da qui” risposte Ron indicando la porta della camera dei gemelli. “Sono sicuro che la tengono in camera loro”.

Senza pensarci sopra i due amici entrarono nella camera, che dava l’aria di aver saltato il giorno settimanale di pulizia. Ron si accorse della faccia schifata di Hermione e con una smorfia di comprensione disse: “Ti posso assicurare che a casa non sono così … così …”.

“Ti credo! Qualsiasi termine trovassi adatto, ti crederei!” affermò lei.

“Mia madre ne sarebbe sconvolta, è peggio, molto peggio, di una camera abbandonata per più di un mese!”.

Hermione rise. “Anche per più di un anno!”.

“Bene. Adesso arriviamo al dunque. Come possiamo trovare la pergamena?” domandò a voce alta Ron.

“Tentiamo con il più semplice?” domandò Hermione.

“Tentiamo” approvò Ron.

Hermione puntò la bacchetta in aria e disse: “Accio Mappa del malandrino!”.

Ma niente si mosse. “Forse dovremmo provare con qualcosa di più generale”.

Ron tentò: “Accio pergamena piegata”.

Una serie di pergamene piegate saettò vicino alla testa dei due amici per posarsi di seguito ai loro piedi. Hermione e Ron si inginocchiarono e cominciarono ad aprire le pergamene. Alcuni erano compiti di Pozioni, altri di Trasfigurazione, in alcuni c’erano disegni e infine c’erano tre pergamene bianche.

Ron le passò all’amica. “Dai, spetta a te”.

Hermione prese la prima pergamena, l’aprì e pronunciò l’incantesimo. “Giuro solennemente di avere cattive intenzioni!”. La pergamena rimase pulita.

Prese la seconda pergamena e ripetè l’incantesimo. Su di essa comparve una scritta: “I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso, consiglieri e alleati dei magici malfattori sono fieri di presentarvi: La mappa del Malandrino”*.

“Ci sei riuscita! Lo sapevo che ci  saresti riuscita” disse Ron abbracciando istintivamente Hermione e poi lasciandola andare tutto rosso in viso. Hermione sorrise e i due con la Mappa in mano uscirono di corsa dal luogo del misfatto per dirigersi alla sala comune.

Quando arrivarono i compagni poterono leggere sui loro visi sorridenti la riuscita della prima fase del piano che li avrebbe portati in breve a quello che loro pensavano essere il luogo più intrigante di Hogwarts: lo studio di Silente.

 

Lasny e Snyla trascorrevano  la maggior parte del loro tempo a saltellare tra i fiori cantando allegre canzoncine, alle volte si nascondevano dietro ad una foglia, altre volte sotto un sasso. La loro voce era melodica ma sapevano emettere anche suoni poco piacevoli per far spaventare gli umani.

Spesso si divertivano a fare dispetti come per esempio mangiare un pollo già cucinato. Il giorno in cui erano entrati a casa di Severus ed Harry, erano rimasti di stucco nel vedere Jiulius, non tanto perché fosse supino sul tavolo e non riuscisse a reggersi in piedi a causa della pancia gonfia che aveva, quanto per il fatto che un drago così piccolo davvero non lo avevano mai visto.

In realtà i due folletti credevano di essere gli esseri magici più piccoli sulla faccia della terra, e vedere un draghetto di quelle dimensioni li aveva proprio stupiti. Subito dopo avevano visto il pollo, sul quale si erano tuffati divorandolo.

Poi però avevano sentito un’esplosione provenire dal soggiorno e pensando che il botto, ovunque fosse avvenuto, non presagisse niente di buono, fuggirono senza neanche provare a nascondere il misfatto.

Lasny indossava sempre un cappello giallo e Snyla uno turchese. Come tutti i Folletti Flowers non erano né maschi, né femmine, erano semplicemente folletti. Nascevano dai mughetti magici. Dentro il fiore del mughetto non cresceva una campanella ma il folletto che in un paio di giorni si formava del tutto e poi cadendo dal fiore iniziava la sua vita.

Lasny e Snyla però erano due folletti particolari, infatti non avevano poteri magici perché alla loro nascita aveva assistito un umano: una bambina di nome Cindy che ormai era diventata una donna anziana e per tutta la sua vita era stata considerata “la scema del villaggio” perché solo una poco intelligente avrebbe potuto trascorrere 70 anni raccontando in giro di aver visto nascere dei folletti dai mughetti che crescevano nella collinetta accanto alla scogliera.

Lasny e Snyla erano stati gli unici amici di Cindy, e lei l’unica amica dei due folletti, che proprio perché erano senza poteri magici erano stati allontanati dalla loro comunità. Più volte Cindy, durante l’infanzia e l’adolescenza, aveva condotto delle amiche alla scogliera per far conoscere loro i folletti, ma questi non si erano mai mostrati agli occhi di qualcuno che non fosse la stessa Cindy.

Lasny e Snyla pur non avendo poteri magici potevano riconoscere il mondo attorno a loro per quello che era. Guardavano Cindy e in lei vedevano una donna incompresa, guardavano Jiulius e vedevano un Drago Miniaturis Miniato.

Perciò quando videro Harry riconobbero subito che si trattava di un mago. Ogni giorno lo osservavano uscire dalla casetta, invisibile agli umani ma non a loro, e dirigersi verso la spiaggia o verso la scogliera. Alle volte al suo seguito c’era un altro mago, Severus, che si guardava sempre attorno come se intuisse che qualcuno li stava osservando.

Ma  i due folletti erano molto abili a nascondersi e Severus non poteva far altro che stare attento e andare oltre. Quel pomeriggio Harry era molto nervoso. Suo padre lo lasciava sempre libero la mattina e le lezioni di Magia Oscura avvenivano sempre nel tardo pomeriggio perché erano molto stressanti e Severus preferiva che il figlio dopo le lezioni riposasse.

La lezione che aspettava Harry riguardava Le maledizioni senza perdono e Severus gli aveva detto di non trattenersi troppo in spiaggia. Harry perciò aveva ben pensato di non andarci proprio ma di fermarsi sulla scogliera. Era dunque uscito di casa, aveva attraversato il boschetto di mughetti e infine era giunto a destinazione.

Lì, dopo un po’ che stava seduto a osservare il mare calmo e limpido, aveva sentito una voce. Non era una voce limpida, sembrava rauca e stanca. Parlava lentamente e di tanto in tanto rideva. Allora Harry si era alzato ed si era diretto verso il punto dal quale arrivava la voce.

Ciò che vide lo stupì ma non esageratamente, oramai aveva visto tante cose nei suoi undici anni di vita. Una signora anziana parlava con due esseri piccoli. Quando Lasny e Snyla si accorsero che Harry li stava osservando, immediatamente sparirono.

Cindy si voltò e vide Harry. Un lampo di pura gioia le illuminò il viso. Finalmente qualcuno aveva visto i due folletti e poteva andare in paese assieme a lei e dire a tutti che sì, Cindy la scema non era scema!  -Un testimone!- pensò Cindy –Quando meno te lo aspetti il mondo ti sorride. Almeno prima di morire il mondo intero conoscerà la verità!-.

“Buon pomeriggio” salutò Harry credendo di trovarsi di fronte una strega.

“Ciao!” rispose felice lei. “Gli hai visti? Gli hai visti anche tu i due folletti?”.

“Sì, certo. Però non sapevo fossero folletti. Insomma non ho mai studiato niente che li riguardasse, le lezioni di Creature magiche iniziano al terzo anno”.

“Lezioni di creature magiche!” esclamò infastidita Cindy pensando che Harry la stesse prendendo in giro. “Non credi che dovresti portare un po’ più di rispetto. Non fosse altro perché sono anziana”.

“Mi dispiace signora, le chiedo scusa” rispose Harry senza sapere di cosa si stesse scusando.

“Voi ragazzini non imparerete mai. Non che gli adulti siano meglio, ma voi ragazzini siete anche peggiori. Adesso che anche tu hai visto i folletti come farai? Adesso anche tu conosci la verità, e sai che io non ho mai mentito, che non mi sono inventata niente. Cosa farai continuerai ad andare in giro a chiamarmi -Cindy la scema-?”.

Harry era titubante, probabilmente Cindy non era una strega e lui doveva riuscire a sganciarsi da quella signora che poteva diventare un problema molto serio. “Le chiedo ancora scusa, signora, non volevo offenderla in alcun modo. Adesso però devo andare via, mio padre mi aspetta a casa”.

Fu allora che Cindy lo guardò in faccia e si rese conto di non aver mai visto quel bambino prima d’allora. Sicuramente non era del paese, altrimenti lo avrebbe riconosciuto, lì conosceva tutti i monellacci di Malsebourgh, e questo bambino non era uno di loro.

“E dimmi un po’, caro, come si chiama tuo padre? Sai, io sono anziana, e alle volte mi dimentico delle persone. Mi sembra di non riconoscerti”.

“Oh, non mi conosce perché non sono di queste parti, sono venuto in vacanza” rispose Harry pensando di essere stato sufficientemente esaustivo.

“E dove vivi?” domandò ancora Cindy sempre più interessata.

“Qua vicino”.

“Non è vero!” gridò lei come fanno gli anziani quando pensano che qualcuno si vuole prendere gioco di loro. “Conosco tutta la zona e non ci sono case sparse qua vicino. C’è solo il paese a cinque  chilometri da qui”.

Harry entrò nel pallone: “Mi dispiace ma adesso devo andare” rispose e iniziò a correre via.

Cindy naturalmente non poté seguirlo di corsa ma non lo mollò neanche un attimo con la vista, e alla fine poteva giurare che il bambino dopo aver attraversato il boschetto di mughetti aveva continuato a correre per poi sparire all’improvviso come ingoiato dal nulla.

L’incontro sarebbe iniziato alle 16:00 ma Sirius aveva preso l’abitudine di arrivare un’ora prima per chiacchierare con Jerry. La conversazione quel pomeriggio iniziò in modo insolito.

“Ciao, Jerry”.

“Ciao” rispose lui “Passata la nausea?”.

Sirius ebbe un crollo psicologico immediato, come faceva Jerry a sapere che era lui ad aver avuto la nausea se aveva il viso uguale ad altre 40 persone?

“Io non avevo  la nausea” mentì.

“Scusa” rispose Jerry sapendo comunque di essere nel giusto “Mi sembravi proprio tu. Stesso passo, stesso modo di muovere le braccia salutandomi. Comunque se non sei tu mi sarò sbagliato io. No problem!”.

“Comunque se fossi stato io ad avere avuto la nausea, ti direi grazie per l’interessamento” affermò educatamente Sirius.

“E io accetterei i tuoi ringraziamenti” rispose Jerry , poi cambiando argomento continuò: “Oggi il vostro incontro si svolgerà nello studio 25”.

“Come fai a sapere che dovrei andare lì se non sai chi sono?” domandò sospettoso Sirius.

Le braccia di Jerry caddero a terra e lui con la voce stanca e scocciata rispose: “Perché tutti quelli che hanno il volto del signor Mckey devono andare nello studio 25”.

Sirius chinò lo sguardo a terra imbarazzato: “Bene, allora … grazie ancora”.

“Di niente” disse Jerry scuotendo la testa.

Sirius si diresse verso lo studio, anche altre persone avevano preso l’abitudine di arrivare prima del dovuto, così chiacchieravano tra loro senza il Guardiano, così infatti chiamavano chi dirigeva l’incontro.

“Ciao”.

“Ciao”.

“Tu sei quello della settimana scorsa?” gli chiese un'altra persona.

Sirius ebbe un momento di stordimento.

Essendo tutti esteriormente uguali nessuno poteva sapere se  la persona che aveva di fronte era quella con cui aveva parlato la volta precedente, se da una parte era positivo dall’altra limitava la possibilità di fare amicizie, di entrare in confidenza  e lasciarsi andare veramente.

Certamente l’anonimato permetteva di raccontare tutto di se stessi ma a patto di non essere più se stessi, si diventava il signor Nessuno e questo a Sirius dava un po’ fastidio, perché nel bene o nel male lui era sempre stato Sirius Black.

Sempre, instancabilmente.

Non era un Serpeverde,  ma era Sirius Black.

Non era ciò che i suoi genitori e suo fratello desideravano, ma era Sirius Black.

Non era uno studente modello, ma era Sirius Black.

Era un bel ragazzo ed era Sirius Black.

Era stato una persona affidabile, non sempre certo, ma era restato Sirius Black.

E Sirius Black era un uomo che aveva sbagliato, che non era stato perfetto, che non aveva saputo gestire la propria sofferenza, adirato con se stesso e con il mondo intera  ma era un buon uomo. In fondo era un buon uomo.

Qui invece  era Nessuno, non era neanche Sirius Black e Sirius Black era l’unica cosa buona che aveva saputo essere. Quella domanda: “Tu sei la stessa persona della settimana scorsa?” gli fece capire che No, non era la stessa persona della settimana precedente.

Era una persona diversa, che non voleva rinunciare ad essere ciò che era sempre stato, voleva ancora essere Sirius Black, perché il signor Nessuno non poteva essere migliore di  quel Sirius Black che aveva accolto un lupo mannaro nel suo cuore quando nessuno lo aveva fatto.

Che aveva amato il suo migliore amico e desiderato di morire al suo posto. Forse solo una persona al mondo poteva essere migliore del Sirius Black del passato, e quella persona era il Sirius Black del futuro.

“Harry? Sei tu?”.

“Sì, papà. Sono rientrato presto come mi avevi chiesto”.

“Bene” fece Severus “Oggi non faremo lezione dentro casa, andremo alle grotte”.

“Le grotte? Dove sono? Io non le ho mai viste” rispose Harry.

Severus aveva preparato una sacca, naturalmente nera, e mettendosela sulle spalle rispose: “E’ difficile da spiegare. Dovremo attraversare il boschetto  di mughetti, salire sulla scogliera e poi scendere dall’altra parte”.

“Ma papà, quelle scogliere sono a picco sul mare”.

“Lo so, ma noi staremo attenti”.

“Ma potrebbe essere pericoloso …”.

“Non preoccuparti, non è la prima volta che ci vado”.

“Potremo incontrare gente poco affidabile …”.

“Harry, vuoi dirmi qualcosa?” domandò Severus insospettito dallo strano comportamento del bambino.

“No, signore!”.

-No, signore- pensò Severus –Allora mi vuole dire qualcosa-.

“Hai ancora paura di imparare le arti oscure?” domandò al figlio.

“No, non ho più paura”.

“Allora hai paura di cadere dalle scogliere?”.

“No, e poi potremo usare le scope volanti per scendere, o no?”.

Un guizzo di gioia comparì negli occhi verdi di Harry. –E’ arrivato il momento- pensò Severus –Cogli l’attimo-.

“Potremo certo, ma prima devi dirmi cosa stai cercando di nascondermi” affermò pacatamente.

Harry non poteva sapere che reazione avrebbe avuto  il padre e perciò cominciò da lontano.

“Oggi non sono andato in spiaggia, sono salito sulla scogliera”.

“Bene” fece lui, “Allora ti sarai reso conto che non ci vuole un genio per riuscirci”.

“Grazie del complimento, papà” fece il bambino acidamente.

“Calmo. Non sto dicendo che tu non sia intelligente, solo che … che non serve un atleta per andare sulle rocce”.

“Va meglio, grazie” riprese Harry.

“E dunque?”.

“Ho visto una persona”.

“Chi? Dove? Quando?” chiese agitato il pozionista.

“Papà, stai tranquillo. Oggi, di pomeriggio, sulla scogliera ho visto una persona: una donna anziana”.

No, non andava per niente bene. Quel luogo era isolato, era completamente isolato. Sì, lì vicino c’era un paese ma nessuno veniva mai da quelle parti perché le scogliere erano molto pericolose e anni prima erano morti due turisti. Inoltre spesso era impossibile visitare le grotte perché l’alta marea le inondava. E il boschetto di mughetti era zona off-limits perché si diceva fosse infestata dagli spiriti.

Chi, dunque, poteva avventurarsi fin lassù?

Severus strinse a sé Harry. Una donna anziana, cioè una vecchia. Ma non c’era bisogno di agitarsi, quante vecchiette c’erano al mondo? Tante, perché avrebbe dovuto preoccuparsi?

“Era da sola?” domandò Severus.

“No” rispose sinceramente Harry “Con lei c’erano due folletti”.

Severus sbiancò.

Anche Harry cominciò ad agitarsi, non sapeva il perché ma se si agitava Severus doveva agitarsi anche lui. “Io però non sapevo fossero dei folletti, me lo ha detto la signora …”.

“Hai parlato con lei? Cosa ti ha detto?” domandò nervosamente Severus che però non ebbe la risposta che si aspettava. Infatti Harry cominciò ad agitarsi e cercò di liberarsi dalla stretta di Severus che senza che lui se ne rendesse conto diventava sempre più forte.

“Non lo so, non mi ricordo. Mi fai male, papà! Lasciami, per favore, papà!”.

Severus puntò il suo sguardo sulle sue mani che imprigionavano le braccia di Harry impedendogli di muoversi. Poi guardò nuovamente Harry: sembrava davvero molto spaventato. Severus alleggerì la presa e si strinse al petto il bambino.

“Papà, cosa sta succedendo? Perché sei così spaventato?”.

Le lunghe dita di Severus accarezzarono lentamente  i capelli disordinati di Harry mentre la voce sottile dell’uomo raccontò: “Harry, tu conosci il modo in cui i tuoi genitori vennero a mancare. Furono uccisi dal mago più malvagio di tutti i tempi. Ecco lui, il signore Oscuro, voleva ucciderti  perché secondo una profezia tu eri l’unico che avrebbe potuto sconfiggerlo. Ma l’Oscuro non era uno sprovveduto e aveva ben pensato di coprirsi le spalle. Io non so per certo cosa accadde ma so che stava cercando un modo per diventare immortale e risorgere dopo morto”.

“E questo cosa c’entra con quello che ti ho appena detto?” domandò confuso Harry.

“E’ importante perché l’Oscuro mi disse che aveva fatto un patto con dei folletti e con una ragazza. Se l’avessero aiutato a risorgere, lui avrebbe dato ai folletti i poteri magici di cui erano sforniti e a lei il potere sulla città”.

“Il potere sulla città? Ma papà quella vecchietta pensa che tutti la considerino una stupida!”.

“Le persone che vengono derise possono diventare molto pericolose. Spesso vivono con un forte desiderio di rivalsa che le spinge a compiere gesti non sempre lodevoli”.

“E secondo te come farebbero a far risorgere questo signore Oscuro?”.

“Non lo so, ma so bene che c’è un elemento essenziale alla base di questo progetto”.

“Qual è?” chiese Harry intuendo la risposta.

“Occorre che tu sia …” Severus non volle finire la frase, era troppo duro da dire a un bambino, ma Harry non ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni.

“Occorre che io sia morto” terminò Harry.

“E per questo occorre che tu impari le arti oscure: per sconfiggerle e per proteggerti. E’ anche indispensabile che non trascorra troppo tempo con questa signora. Perciò la prossima volta che la vedi, utilizza tutti i modi che conosci per non farti vedere, per sfuggirle. E non preoccuparti per la legge sull’uso della magia da parte dei minori, ci sto già pensando io”.

“Va bene, papà” rispose preoccupato Harry.

“Adesso” riprese Severus “passiamo alle nuove formule magiche!”.

CIAO A TUTTI.

E’ GIA’ DA UN PO’ CHE MI SENTO IN OBBLIGO DI SCUSARMI CON VOI PER IL RITARDO DEGLI AGGIORNAMENTI ANCOR PRIMA DI PRESENTARVI IL CAPITOLO. SPERO COMUNQUE CHE LA VOSTRA  ATTESA SIA RICOMPENSATA DAL CAPITOLO.

NON PROMETTO NIENTE MA CERCHERò DI POSTARE Più VELOCEMENTE.

GRAZIE A TUTTI COLORO CHE MI STANNO SEGUENDO E MI RACCOMANDO RECENSITE IN TANTI.

BACI, ALIDA

 

 Sonia 1977: ciao carissima. L'idea del cuscino è nata da te, e te ne ringrazio molto (lo avrei dovuto fare nel capitolo precedente ma mi  sono resa conto troppo tardi di non averlo fatto). Non ho voluto utilizzarla per l'Avada Kedrava perchè ho in mente qualcosa di diverso, però mi sembrava simpatico il cuscino esploso e perciò mi sono permessa di sfruttare la tua idea. Nel prossimo capitolo qualcuno, penso un misto tra Serpeverdi e Grifondori, entrerà nell'ufficio di Silente, e vedremo come si comporterà il preside ... spero di trovarti ancora tra i recensori. Baci, Alida

Aloysia Piton: il pollo è stato mangiato da due essereni all'apparenza tanto innocui quanto in realtà molto pericolosi. Sembravano simpatici, vero? Comunque le lezioni di magia oscura andranno avanti, ho già in mente un buon metodo per l'Imperius e per l'Avada ... anche se forse non piacerà a tutti... Baci, Alida

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Capitolo 30
*** AVVISO ***


CIAO A TUTTI.
QUESTO AVVISO E' SERIO.
LO SPECIFICO PERCHE' E' CAPITATO CHE POSTASSI AVVISI-BURLA.
PURTROPPO PER UN PO' NON POTRO' AGGIORNARE LA STORIA IN QUANTO DEVO PREPARARMI PER UN ESAME PRE-CORSO DI LINGUA TEDESCA E POI FARO' UN BREVE VIAGGIO, GIUSTO TRE GIORNI, NELLA BELLA MARSIGLIA.
MI DISPIACE MOLTO MA NON HO PROPRIO IL TEMPO MATERIALE DI SCRIVERE IL CONTINUO DELLA STORIA, CHE COMUNQUE E' CHIARO NELLA MIA TESTA.
LA STORIA NON RIMARRA' INCOMPIUTA.
QUESTO VE LO POSSO ASSICURARE.
VI RINGRAZIO PER L'AFFETTO E LA PAZIENZA.
CI RISENTIAMO VERSO IL 10 MAGGIO.
UN ABBRACCIO,
ALIDA

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Capitolo 31
*** Ricordi e tentativi ***


CIAO A TUTTI,

SPERO CHE CI SIA IN VOI ANCORA UN PO’ DI CURIOSITA’ VERSO QUESTA LONG-FIC.

PRIMA DI CONTINUARE A SCRIVERE IL SEGUITO HO  RILETTO TUTTA LA STORIA E DEVO DIRE CHE SONO SUFFICIENTEMENTE SODDISFATTA, ANZI, ANCHE QUALCOSA IN PIU’, MA MI RENDO CONTO CHE HO ANCORA MOLTO LAVORO DA FARE.

IN OGNI CASO, VI LASCIO UN BREVE REASSUNTO DEI 28 CAPITOLI PRECEDENTI PER DARVI UNA RINFRESCATA  MA, SE AVETE TEMPO, VI INVITO A RILEGGERE INTERAMENTE ALMENO L’ULTIMO.

GRAZIE DI ESSERE ANCORA QUI, BUONA LETTURA, ALIDA.

Reassunto:

10 anni fa Piton uccise Voldemort per salvare Harry Potter ma convinse Silente a prendersene il merito. Harry venne affidato al padrino Sirius, ma in realtà James e Lily avevano deciso di lasciarlo a Severus, purtroppo però non avevano avuto il tempo di manifestare pubblicamente la loro volontà.

Sirius nega a Silente e Severus la possibilità di vedere Harry che viene cresciuto in maniera spartana e poco equilibrata a causa dei problemi di Sirius con l’alcol e in seguito al fatto che Harry è  molto diverso dai suoi genitori.

Quando Harry entra a Hogwarts viene smistato fra i Serpeverde. Tra gli studenti del primo anno delle 4 case si sviluppa una profonda amicizia che si concretizza nei Gruppi di studio autonomi. In seguito ad un incidente Harry cade sotto l’incantesimo di Illusione e durante quel periodo scopre che Severus doveva essere il suo tutore e che esiste un legame speciale tra lui e il pozionista.

Sirius dopo l’esperienza dei Gemelli senza nome, si rende conto di aver sbagliato tutto con Harry, e sotto consiglio di Remus inizia a frequentare un programma di recupero anonimo denominato  “Via della Felicità”.

Durante le vacanze di Natale Severus si rendo conto della particolarità del legame esistente tra lui e Harry: lui è diventato ben disposto nei confronti delle persone e più socievole perché Harry è così; invece Harry conosce incantesimi che non ha mai studiato perché li conosce Severus.

Questo comporta dei seri problemi perché Harry non conosce l’effetto di tutti gli incantesimi  che gli vengono in mente e perciò in accordo con Severus decidono di non rientrare ad Hogwarts ma di spostarsi in un luogo isolato per imparare le Arti oscure.

Ma quel luogo non è isolato come sembra, infatti lì ci vivono anche due Folletti Flowers e spesso è frequentato anche da un’umana di nome Cindy. Le vite di queste tre persone  tuttavia sono diverse da quelle che sembrano.

Intanto ad Hogwarts gli studenti del primo anno sono decisi a scoprire che fine ha fatto Harry …

CAP 29

Lasny giocherellava con il suo cappellino facendolo saltare in aria e poi riacchiappandolo poco prima che cadesse in mare. Aveva un’aria compiaciuta come se gli fosse capitata tra le mani la soluzione del più grande enigma. Snyla invece dopo l’ultimo incontro con Cindy, che in definitiva era stato interrotto dall’arrivo di un bambino, era diventato silenzioso e pensieroso.

Gli esseri umani erano molto diversi dai folletti e i maghi lo erano ancora di più. Quando Lasny e Snyla avevano visto  Harry si erano subito resi conto che si trattasse di un piccolo mago e la conferma era giunta dal fatto che Cindy avesse raccontato loro che Harry era sparito all’improvviso nel vuoto.

Lasny era determinato ad arrivare fino in fondo alla storia, del resto era stanco di avere Cindy in mezzo ai piedi un giorno sì e l’altro pure, aveva finto di provare simpatia per quella donna per troppo tempo e ora si era stancato. Il tempo era maturo perché tutto si sistemasse a dovere.

Snyla invece era titubante, si era affezionato a Cindy e tradirla non gli andava giù, però anche lui voleva tornare nella sua comunità, in quella che li aveva rifiutati perché non possedevano poteri magici, ma ora finalmente potevano risolvere il problema.

Il giorno più triste e brutto che la Terra potesse vivere si accingeva ad arrivare alle 9 di sera. Snyla e Lasny, come il tempo, erano di brutto umore; anche quel giorno Cindy era andata a trovarli. Loro potevano nascondersi a piacimento ma non potevano tapparsi le orecchie per cinque ore di fila e, se non rispondevano subito alla chiamata, Cindy continuava a chiamarli per tutto il tempo.

All’inizio la presenza della bambina era piacevole, poi crescendo Cindy diventò ossessiva e possessiva nei loro confronti: loro erano la sua ossessione e contemporaneamente il suo più grande tesoro perché erano un mistero di cui solo lei aveva la risposta.

Cindy era un essere umano non un Folletto e in definitiva non avevano molto da spartire con lui. I folletti in genere vivevano nel loro mondo senza interagire con altre creature; un’umana non era la giusta compagnia, era solo un peso.

Questa idea trovò conferma quando quella notte i due folletti andarono nella grande grotta ai piedi della scogliera e incontrarono un mago. Al vederlo i due si spaventarono parecchio, il mago era un tipo alto, di bell’aspetto e vestiva completamente in nero.

 Accanto a lui c’era un ragazzo molto giovane  che poteva avere sui diciotto anni. I due maghi parlavano di una guerra imminente dove il bene e il male si sarebbero scontrati. Bisognava essere pronti perché chi non fosse stato trovato preparato, sarebbe morto.

Snyla si spaventò e decise di andare via ma evidentemente il mago più anziano aveva i sensi molto sviluppati e percepì la presenza di qualcuno. Con una magia, che loro non avevano mai sentito ma che ricordavano bene somigliava  ad un forte bisbiglio, il mago fece comparire un grosso serpente.

I due folletti spaventati urlarono dal terrore e il mago con voce viscida parlò: “Non lo sapete che non è educato spiare le persone?”.

“Non stavamo spiando nessuno, non era nostra intenzione, signore” rispose Lasny.

“Bhè, mi dispiace ma siete nel luogo sbagliato. A me gli intrusi non piacciono”. Il mago prese una bacchetta e gliela puntò contro ma Snyla fu più veloce e lo interrupe dicendo: “Aspetti signore! Siamo solo due folletti Flowers, non ci faccia del male, non siamo pericolosi, non sappiamo neanche fare magie!”.

“Non ho mai sentito parlare di due Folletti Flowers senza poteri magici, vi state forse prendendo gioco di me?”.

“No, signore, no!” esclamarono Snyla e Lasny.

Il mago vestito di nero si rivolse al suo giovane amico: “Secondo te potrebbe essere vero?”.

“Non lo saprei dire, mio Signore. Ma potremo comunque utilizzare un paio di gocce di Veritaserum”.

“Ottima idea, Severus”.

Con un paio di gocce di pozione i due piccoli folletti raccontarono la loro storia ai due maghi e poi, ammutoliti, rimasero a fissarli nella speranza di aver salva la vita. “Mio Signore, permette una parola?”.

“Sentiamo Severus”.

“La mancanza di poteri rende i folletti innocui ma non per questo meno pericolosi”.

Lasny cominciò a tremare, il ragazzo non era simpatico,e  i suoi capelli neri lo rendevano tremendamente tetro in viso.

“Tuttavia se loro fossero disposti a mettersi al suo servizio … “.

“Basta,  Severus! Apprezzo il tuo aiuto ma come spesso succede, quando una persona  proporre un’idea ne nasce una più interessante. Adesso vai, non ho più bisogno di te”.

Severus uscì dalla grotta e Lasny e Snyla andarono ad accucciarsi contro un masso, stringendosi uno accanto all’altro. “Non dovreste essere spaventati miei piccoli amici, se avessi voluto farvi del male lo avrei già fatto. Non credete?”.

I due annuirono. “Oggi per voi sarà un giorno memorabile, diventerete parte di un progetto molto importante che ci porterà a conquistare tutto il mondo”.

“Noi conquisteremo il mondo?” domandarono i due.

“Esattamente. Ma procediamo con ordine: il mio nome è Voldemort. Tuttavia nessuno è mai stato così coraggioso da chiamarmi così, quando vi rivolgerete a me dovete chiamarmi Signore, Oscuro Signore o se preferite: Padrone. Assieme al vostro aiuto riusciremo ad avere il mondo ai nostri piedi. Però non si può ottenere niente senza il sacrificio. Voi siete disposti a compiere un grosso sacrificio?”.

Lasny era pronto, era stanco di non poter compiere magie, di vivere in un mondo che non gli apparteneva. Anche Snyla era dello stesso parere ma si domandava quanto fosse grande il sacrificio che dovevano compiere.

“E di preciso cosa dovremo fare?”.

“Per ora mi basta che mi passiate informazioni sulla vostra comunità di Folletti Flowers, e che mi portiate qui questa babbana, questa Cindy”.

“Signore, mi scusi” disse Snyla “Che importanza ha Cindy? E’ solo un’umana!”.

“Concordo con te che essere –solo un’umana – sia limitativo, ma non vi siete mai chiesti dove siano finiti i vostri poteri?”.

Snyla e Lasny si guardarono l’un l’altro. “Vuole forse dire che lei si è presa i nostri poteri?”.

“Non lo so, ma sicuramente se lei ha i vostri poteri non se ne è mai resa conto”.

“Signore,  ma ci sta dicendo che riuscirà a recuperare per noi i poteri che ci furono negati?”.

Voldemort rise dentro sé, questi Folletti erano proprio ingenui. “Per aiutare chi conquisterà il mondo con me, sarei disposto a fare questo e molto altro”.

Lasny era felice, avevano aspettato molto ma forse adesso tutto si sarebbe sistemato. Snyla però non era molto convinto. “Ho paura, Lasny. Ti rendi conto che se falliremo ci ucciderà!”.

“Se avesse voluto ucciderci lo avrebbe fatto in tutti questi anni, dopo che tu lo tradisti”.

“Non è vero, io non l’ho mai tradito! Tant’è che sono ancora vivo”.

“Sei vivo, ma lui si è preso i poteri e non è più tornato. Sono undici anni ormai che non torna”.

“E come puoi dire che adesso ce li renderà?”.

“Perché quel bambino che Cindy ha incontrato è un mago e forse è quello che l’Oscuro Signore sta cercando. Se quel bambino fosse Harry Potter …”.

“Lasny, smettila. Non voglio neanche sentirtelo dire. Io non ho mai fatto del male a nessuno e non comincerò adesso”.

“Oh Snyla, hai la memoria davvero molto corta. Non ti farai dei problemi proprio adesso? Le altre volte non te li sei fatto?”.

“E’ stato tanto tempo fa, Lasny. E poi come facciamo a fidarci ancora del Signore Oscuro?Aveva minacciato di ucciderci e poi   non è più venuto a trovarci. Magari si è anche dimenticato di noi? E se fosse morto?”.

“Se fosse morto lo saremo venuti a sapere. Quel giovane mago … come si chiamava? Aveva un nome particolare …”

“Piton!” esclamò Lasny.

“Sì, lui. Sicuramente sarebbe venuto a dircelo. Ti ricordi? Spesso veniva  a portarci notizie dell’Oscuro Signore”.

“In ogni caso è meglio non fare il passo più lungo della gamba. Per prima cosa dobbiamo scoprire il nome del bambino e se si tratta proprio di Harry Potter dobbiamo convincere Cindy a portarcelo nella grotta in cui conoscemmo l’Oscuro!”.

Il piano aveva richiesto diverso tempo ma alla fine tutto era stato organizzato nei minimi dettagli: durante l’ora di pozione del professor Silente, Ron e Nicole avrebbero dovuto aggiungere un ingrediente sbagliato nel calderone. Ciò avrebbe causato una leggera intossicazione agli sfortunati studenti che lavoravano lì attorno e l’immediato ricovero in infermeria sotto la stretta sorveglianza di Poppy e Silente.

Questo era l’unico modo per sapere dov’era il preside e avere libero accesso al suo studio. Non c’erano alternative, in tutti gli altri casi c’era sempre la possibilità di un rientro anticipato di Silente. E né Ron né Nicole  volevano essere scoperti con le mani nel sacco.

Quando si è pieni di entusiasmo è facile buttar giù il più improbabile dei piani e pensare che sia perfetto. L’audacia di sentirsi coraggiosi ci porta a credere che le stelle staranno dalla nostra parte e niente andrà nel verso sbagliato, e così ci lanciamo in situazioni in cui non avremmo mai immaginato di capitare.

Più o meno erano questi i pensieri di Ron e Nicole quando la pozione cominciò a sollevare una grossa nuvola di fumo giallo molto più densa del dovuto. Mark che era nell’angolo opposto della stanza, e che era uno del gruppo dei nozionisti, si avvicinò a Hermione e, mentre Silente invitava gli studenti a uscire dall’aula e dirigersi in infermeria, le disse nell’orecchio: “Tu e Draco avete appena guadagnato dieci minuti in più, in bocca al lupo!”.

Hermione ringraziò la dritta e si diresse con tutti da Madama Chips che diede alla maggior parte un succo di zucca con tre gocce di un liquido rosso che dal sapore sembrava trattarsi di concentrato di peperoncino. “Aiuto, mi brucia la bocca!” esclamò Tiger.

“Allora significa che la medicina sta facendo effetto” rispose sbrigativa l’infermiera dirigendosi verso cinque studenti che accusavano una forte nausea e dei capogiri.

“Silente, come è stato possibile? Un’intossicazione durante le sue ore di lezione!” lo rimproverò Poppy.

“Poppy” spiegò il preside “Evidentemente qualcuno ha sbagliato ingredienti”.

“Ma davvero?” replicò la donna “Il professor Piton sarebbe stato più attento”.

Gli studenti erano divertiti e Silente non ebbe niente da ridire, quelle lezioni erano piacevoli perché stare tra le giovani menti era sempre stimolante ma Poppy aveva ragione, in undici anni di insegnamento di Severus non era mai accaduto un incidente del genere.

“Questa è la prova, mia cara Poppy, che di Albus Percival Brian Silente ne esiste solo uno”.

Poppy lo fulminò con uno sguardo ma non replicò aveva fin troppe cose da fare che mettersi a chiacchierare della vanità di uomo anziano. Silente si guardò attorno, tutto sommato gli studenti stavano bene e non era successo niente di esageratamente preoccupante.

Guardando con più attenzione non potè fare a meno di notare che due studenti mancavano all’appello: un Serpeverde e una Grifondoro. Stava accadendo qualcosa e forse l’incidente non era stato proprio un incidente.

Intanto Mark e Hermione erano riusciti a superare il Gargoyle, e ora si trovavano davanti alla porta dell’ufficio di Silente.  “Che strano” disse Mark “avevo sempre immaginato che il Gargoyle fosse la porta dell’ufficio e superato quello mi sarei trovato all’interno della presidenza e invece, guarda un po’, c’è un piccolo anditino”.

“Sì” confermò Hermione “E io sarei molto curiosa di sapere cosa c’è nelle altre stanze ma ci converrà sbrigarci o non faremo in tempo”.

La porta dell’ufficio era chiusa e Hermione la aprì con un semplice Alohomora, una volta dentro però non fu sufficiente un semplice Accio-lettera-di-Piton come nel caso della Mappa del Malandrino. Silente aveva messo delle barriere di protezione per cui era facile entrare nell’ufficio ma praticamente impossibile trovare ciò che si stava cercando.

Mentre i due cercavano di aprire i cassetti dell’ampia scrivania una voce dall’alto li riproverò. “Non dovreste frugare in questo modo”.

Mark e Hermione sollevarono il capo e videro il Cappello Parlante su uno scaffale. “Lo sappiamo” rispose Mark “ma stiamo cercando qualcosa di molto importante!”.

“Così importante da rischiare l’espulsione da Hogwarts?”.

“Bhè” iniziò perplessa Hermione “diciamo che si tratta di un nostro amico”.

“E da quando i Grifondoro hanno amici in comune con i Serpeverde?”.

“Da quest’anno” rispose acido Mark.

“In tal caso se mi dite cosa cercate forse potrei darvi una mano” affermò il Cappello.

“Chi ci dice che non ci vuoi imbrogliare?”.

“Nessuno, ma dovete sapere che io sono qui da quando esiste questa scuola e vedere membri di case diverse lavorare per il raggiungimento di un obiettivo comune è sempre stato il mio sogno da quando, tantissimi anni fa, l’unità dei quattro fondatori venne meno. Perciò vi offro il mio aiuto”.

Mark e Hermione borbottarono qualcosa tra loro e poi riferirono al Cappello di star cercando una lettera che Severus Piton aveva scritto al preside. Il Cappello Parlante si piegò su se stesso e poi rispose con sincerità: “Il preside tiene la corrispondenza ben custodita, non sarà facile trovarla per voi. Però posso dirvi io cosa c’era scritto in quella missiva perché Silente ha la brutta abitudine di leggere a voce alta la corrispondenza”.

“Va bene, siamo tutt’orecchi” risposero i due.

“Il professore riferiva che Harry stava poco bene, che sarebbero andati in un luogo isolato per permettergli di recuperare un po’ di tranquillità e che avrebbe riscritto”.

“Ma non dice niente di importante” si lamentò Hermione.

“Spiacente” replicò il Cappello “Tuttavia se Harry è vostro amico potreste scrivergli una lettera”.

“Purtroppo non conosciamo il luogo in cui si trova” disse Mark.

“Questo non è un problema” strillò il Cappello “Io lo so benissimo, sulla busta c’era scritto il mittente!”.

Gli occhi di Mark e Hermione brillarono e se il Cappello parlante avesse avuto gli occhi, sicuramente avrebbero brillato anche i suoi. I ragazzi presero nota dell’indirizzo, ringraziarono il Cappello e uscirono correndo dall’ufficio.

I due ragazzi non si erano accorti della scatola di Cioccorane aperta sul tavolino accanto alle liquirizie pungenti, ma proprio da lì arrivò la voce del preside che agitandosi nella figurina rimproverava il Cappello Parlante per la leggerezza appena compiuta.

Severus e Harry avevano fatto una bella chiacchierata, o meglio Severus aveva fatto il terzo grado a Harry.

“Dove sei stato? Chi hai visto? Com’erano i Folletti? Com’era questa donna? Ti ha detto il suo nome? In quale punto preciso della spiaggia o della scogliera li hai visti?” e tante altre domande.

Dopo spettò ad Harry porgere le domande.

“Cosa c’entrano due Folletti e una babbana con Voldemort? Devo avere paura di questa donna? Perché? Come fai a conoscerli?”.

Severus iniziò a raccontare del lavoro per Voldemort e disse a Harry di aver conosciuto due Folletti molto particolari tanti anni prima, e anche una babbana che possedeva inconsapevolmente dei poteri che non le appartenevano.

Tuttavia non voleva spaventarlo troppo, del resto non era ancora sicuro che si trattasse dei due Folletti Flowers che lui aveva conosciuto. La comunità dei Folletti della zona era molto numerosa e forse non c’era problema di spaventarsi.

Per quanto riguardava la babbana doveva procedere con maggior cautela perché i babbani non possedevano la discrezione e la riservatezza tipica di coloro che possiedono la magia. Una cosa era sicura: Harry non doveva più avventurarsi da solo sulla spiaggia, almeno fino a quando non fossero giunte le prime risposte.

 

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Capitolo 32
*** Vita senza poteri ***


CAPITOLO 30

La pioggia batteva contro le finestre e ad ogni tuono i vetri tremavano così forte che pareva si dovessero rompere in mille pezzi. Dopo la nottata da incubo a Spinner’s End, Severus aveva deciso di posizionare gli sportelloni all’interno della casa, ma questo non sembrava essere sufficiente per Harry che continuava a restare sveglio e a sussultare ad ogni tremolio dei vetri.

Motivo per cui la mattina dopo Harry faticava a tenere gli occhi aperti e guardava con astio il mondo esterno che circondava la sua piccola abitazione con pioggia e forti raffiche di vento.

“Non hai un buon rapporto con la pioggia, vero Harry?” disse Severus all’ennesimo sussulto del bambino.

“No, la pioggia mi piace. Mi piace vedere come scende sulle foglie e anche sui vetri, sono i tuoni che mi spaventano un po’” rispose con un pizzico di vergogna.

“Se vuoi possiamo insonorizzare la casa?”.

Harry si voltò verso il padre, che aveva già intuito il genere di risposta che avrebbe ottenuto. “E questa bellissima idea non ti poteva folgorare durante la notte? Potevi insonorizzare la stanza e …”

“Non ci hai pensato neanche tu!” replicò Severus tentando di scusarsi “Eppure conoscevi l’incantesimo perché lo usavate per insonorizzare le stanze per il Gruppo dei Musicisti”.

“Già! Il Muflato”.

Harry divenne serio e continuò a guardare la pioggia che  diventava sempre più intensa. Probabilmente sarebbe durata tutta la giornata anche se spesso capitava che dopo un paio di ore di pioggia tornasse il sole e dunque facesse un’altra passata d’acqua.

-Doppio errore- pensò Severus mentre Harry con le mani intrecciate sotto il mento e poggiate sul davanzale restava in silenzio. “Ti mancano molto i tuoi compagni?”.

Harry annuì. “Vedrai che presto torneremo ad Hogwarts” provò Severus nel tentativo di incoraggiarlo. “Sei molto bravo e impari rapidamente.  E in pochi giorni siamo riusciti a …”.

“Ho imparato solo due incantesimi” lo interuppe Harry “Il Bombarda e l’Incarceramus e sono anche i più semplici. Quanto tempo mi occorrerà per imparare gli altri? Dei mesi e intanto la scuola finirà”.

“Non dire così, Harry. Ti prometto che ci sbrigheremo, prima però dobbiamo risolvere la questione dei Folletti e della Babbana” .

Detto ciò, Severus si alzò dalla poltrona e si mise il mantello, pronto per uscire.

“Papà, dove vai? Sta piovendo” .

“Tornerò presto, voglio perlustrare la grotta in cui dobbiamo andare a esercitarci. Voglio vedere se è ancora tutto come mi ricordo. Non preoccuparti di niente, tornerò in fretta”.

“Papà, stai attento” fece in tempo a dire Harry prima che Severus chiudesse la porta di casa dietro sé.

 Mark e Hermione furono molto contenti di aver portato a termine in modo eccellente la loro missione, e tutto era filato liscio anche grazie all’aiuto del Cappello parlante che si era dimostrato amichevole e comprensivo.

Adesso però bisognava mettersi d’accordo sul da farsi. L’indirizzo era utile ma nessuno sapeva di preciso come utilizzarlo. I Tassorosso e i Corvonero cautamente avrebbero voluto scrivere una lettera a Harry per sincerarsi delle sue condizioni; i Grifondoro e i Serpeverde pensavano ad una fuga per andarci fisicamente.

Ma nessuno era mai riuscito ad uscire da Hogwarts senza che il Preside o gli insegnanti lo sapessero, e comunque gli incantesimi di protezione del Castello erano troppo avanzati per sperare di poterli superare.

Tuttavia  l’idea della fuga era molto entusiasmante, era come andare oltre i propri limiti. Come quando a sei anni si vuole usare una Passaporta senza dare la mano ai genitori, salvo poi ritrovarsi a rotolare in aria e poi atterrare letteralmente sul sedere.

“Io continuo a dire” ripeteva  Francy “che è sempre meglio scrivere una lettera. Se Harry sta davvero male e non vuole restare un po’ da solo perché non rispettare la sua scelta?”.

“Deve essere successo qualcosa di importante all’ultimo momento” ribatteva Draco “altrimenti me ne avrebbe parlato durante le vacanze. Io non ce la faccio a sapere che un amico sta male e non poter andare e visitarlo”.

“Allora procediamo a piccoli passi” propose Rupert “Prima gli spediamo una lettera, aspettiamo tre giorni e se non riceviamo risposta, iniziamo a progettare la fuga”.

“Sono d’accordo anch’io” disse Paul mentre intagliava un’aquila “E siccome non c’è tempo da perdere,  è meglio scrivere subito la lettera”.

Hermione prese una pergamena con una piuma d’oca. “Cosa scriviamo? Dobbiamo essere brevi perché mi se la lettera è troppo lunga e Harry vuole davvero stare da solo, magari non la legge”.

“Sì, bisogna scrivere solo poche cose” confermò Rupert senza però dire cosa ci dovesse essere scritto nella lettera.

E a chi non è mai capitato di trovarsi davanti ad un foglio bianco e non sapere cosa scrivere? Con la mente immaginiamo fiumi di parole, eventi da riferire in modo dettagliato, sensazioni che sentiamo essere vive, quasi tangibili. E poi nel momento di riportare tutto con parole reali, indelebili, le parole, i dettagli e anche le sensazioni si cristallizzano in un tutt’uno indivisibile e diventa quasi impossibile separare i diversi elementi, salvo far nascere, una volta riusciti nell’intento, meravigliosi e semplici diamanti.

“Caro Harry, siamo tutti preoccupati per te. Come stai? Aspettiamo tue notizie. Firmato:  Tutti gli studenti del primo anno”.

“Molto breve, Draco” disse perplessa Hermione.

“ Harry capirà! Anzi forse si chiederà anche come siamo riusciti a scoprire il luogo in cui vive ora”.

“Benissimo, allora è fatta” concluse Francy che prendendo la lettera già imbustata da Hermione, si diresse alla Guferia per non perdere ulteriore tempo.

Sfido chiunque a dire che le grotte sono tutte uguali, ovvero umide, buie, pericolose e scivolose. Ogni grotta ha una storia di magia e stregoneria, di mistero irrisolto e forse irrisolvibile. Le grotte sono come i nostri cuori che pur restando sempre aperti e offrendosi come riparo ai mali della vita, possono essere l’ingresso di un labirinto dal quale spesso è difficile uscirne, non tanto fisicamente quanto emotivamente.

E così quando Severus entrò dopo undici anni nella grotta sotto la scogliera gli parve di esser tornato indietro nel tempo. Ricordava benissimo l’angolo in cui anni prima erano spuntati i due Folletti, e poté vedere una ragazza Babbana che si contorceva dal dolore nella nicchia in fondo a destra mentre Voldemort frugava noncurante nella sua testa.

Era come se Severus non fosse mai uscito da quella grotta con la quale, se ne capacitava solo ora,  aveva ancora un conto aperto. “Come ho fatto a non pensarci?” si domandò a voce alta guardandosi attorno.

Tutto era come l’aveva lasciato: c’era una cassapanca di legno chiusa con un chiavistello magico sul quale erano incise le lettere S.P. Severus puntò la bacchetta contro il chiavistello, avrebbe potuto farlo saltare in aria ma non ce n’era la necessità. Lui conosceva benissimo la formula magica per farlo aprire. Usarla avrebbe significato riaprire un passato che avrebbe preferito restasse chiuso per sempre.

Severus si inginocchiò davanti al baule. Quel baule non avrebbe dovuto trovarsi lì. Una settimana prima dell’assassinio dei Potter, Voldemort era riuscito a impossessarsi dei poteri magici che inconsciamente Cindy aveva assorbito alla nascita dei Folletti e aveva dato ordine a Severus di ripulire la grotta.

Però quando Severus si era presentato per soddisfare la richiesta del suo padrone, aveva trovato la grotta già ripulita. Non c’era più il baule e non c’erano più neanche le mensole che invece oggi erano posizionate dove le aveva lasciate l’ultima volta.

E siccome Severus non aveva trovato neanche i Folletti ad aspettarlo aveva pensato che se ne fosse occupato Voldemort in persona. Del resto non spettava a lui fare domande e l’Oscuro Signore aveva più volte manifestato in sua presenza la volontà di eliminare i Folletti una volta che fosse riuscito ad impossessarsi dei poteri della Babbana.

Severus si rialzò e puntò deciso la bacchetta verso il baule, andava aperto per affrontare il passato. Ingoiò e, pentendosi e vergognandosi di essere stato un servo di Voldemort, pronunciò la formula: “Nobile progetto”.

 Cosa ci fosse di “nobile” nel volere eliminare altri esseri umani era una domanda che lo aveva tormentato a lungo, la risposta era semplice: niente! Non c’era niente di nobile in un atto del genere, eppure ci aveva creduto per diverso tempo.

Severus osservò il baule aprirsi; dentro c’erano le sue vecchie ampolle, alcune contenevano pozioni pericolose e velenose. Non erano da buttar via, sarebbero potute servire per la ricerca nozionistica, ma di sicuro non le avrebbe utilizzate più su altri esseri viventi.

“E’ tutto come lo avevo lasciato” affermò a mezza voce.

“Lo abbiamo tenuto in ordine per lei” disse Lasny, facendo voltare di scatto Severus.

“Sapevamo che sarebbe tornato” continuò Snyla.

Severus non credeva ai suoi occhi, i due Folletti erano identici a undici anni prima, non che questo lo stupisse perché i Folletti Flowers vivevano molto a lungo ed era comprensibile che i cambiamenti fisici avvenissero in loro molto lentamente, però era comunque impressionante trovarsi di fronte qualcuno che si è creduto morto per tanti anni.

“Voi due …” iniziò Severus “Io pensavo che voi due foste morti!”.

“No, assolutamente” rispose Lasny “E prima di andare avanti Snyla dovrebbe confessarle una cosa”.

Severus guardò Snyla che si era tolto il cappellino e lo stringeva tra le dita. “Sono stato io a spostare il baule e le mensole quell’estate. Ero convinto che l’Oscuro Signore ci volesse imbrogliare e volevo buttare tutto in mare ma poi la vedemmo tornare e mi resi conto di aver sbagliato. Rimisi tutto a posto e a quanto pare feci bene perché adesso lei è qui”.

Snyla senza saperlo aveva visto bene, Voldemort li aveva traditi, aveva preso i poteri di Cindy e ordinato a Severus di ucciderli, quando Severus era andato per eseguire l’ordine il baule, le mensole e  i Folletti erano spariti.

“Sì” fece Lasny “E ci sono interessanti novità! Deve subito avvisare l’Oscuro Signore che qui nelle vicinanze c’è un bambino, un mago e che potrebbe essere Harry Potter!”.

“Fermi. Fermi” disse Severus “Vi devo parlare, le cose sono cambiate”.

“Perché? L’Oscuro signore non vuole renderci i nostri poteri? Aveva detto che se avessimo conquistato il mondo assieme ce li avrebbe resi!” si lamentò Snyla.

Severus rise amaramente. “Davvero voi credete che un essere spregevole come Voldemort vi avrebbe reso i vostri poteri?”.

“Come osi chiamarlo con il suo nome?” domandò scandalizzato Lasny “Se il padrone lo venisse a sapere…”.

“Il padrone è morto!” esclamò Severus “E’ morto undici anni fa”.

I Folletti restarono ammutoliti. Naturalmente sapevano che la vita dei maghi al pari di quella dei babbani era molto limitata ma vedere morire anche il loro sogno di rimpossessarsi della loro magia, del loro sogno di vivere nella propria comunità, vedere crollare l’idea di impossessarsi della propria vita li lasciò senza parole.

“Voldemort era un essere malvagio, e lo ero anch’io. Anche se impiegai diverso tempo a capire di star agendo dalla parte sbagliata, alla fine me ne resi conto e per salvare la vita ad un bambino, lo uccisi”.

“Uh!” esclamarono, sobbalzando, i due Folletti.

“Non dovete provare pena per Voldemort, lui non ebbe mai l’intenzione di rendervi i vostri poteri, anzi voleva che io vi eliminassi!”.

“Allora perché non ci uccise subito?”.

“Perché i poteri dei Folletti muoiono con la morte dei Folletti a cui appartengono, e perciò non poteva eliminarvi prima di essersene impossessato”.

“Non è possibile” ripeteva Lasny incredulo. “Allora Snyla aveva ragione, l’Oscuro Signore ci voleva imbrogliare”.

“L’Oscuro Signore vi ha imbrogliato” sentenziò Severus.

“E quel bambino? Harry Potter. Ci aveva detto che se  avessimo aiutato a catturarlo …”.

“Voldemort è morto” ripetè Severus “I suoi seguaci sono stati arrestati, i suoi progetti sono stati svelati per quello che erano: un modo ignobile di governare il mondo basato su soprusi e razzismo. Non troverete nessuno che voglia e possa portare avanti questo pazzo progetto. Troverete invece tante persone che vi ostacoleranno e non ci penseranno due volte ad arrestarvi e condannarvi”.

Lasny eSnyla ascoltavano Severus parlare e si rendevano conto di quanto fosse cambiato. “E con Harry Potter come la mettiamo?” domandò Lasny.

“Harry Potter, il bambino che avete visto qui nei dintorni, è diventato mio figlio e farò tutto quanto è in mio possesso per proteggerlo. Tuttavia non sono venuto qui per cercare guai”.

Il messaggio era arrivato a destinazione, se loro avessero cercato di fare del male ad Harry, Severus avrebbe reagito di conseguenza, se li avessero lasciati in pace non avrebbero avuto problemi. Tuttavia scoprire che la propria vita non ha un senso era terribile.

Lasny e Snyla avevano vissuto nell’attesa di entrare a far parte della loro comunità di Folletti Flowers e adesso era chiaro che ciò non sarebbe mai avvenuto. Loro sarebbero rimasti in esilio per tutta la vita, ed era una vita molto lunga.

Con gli occhi rivolti verso la terra Snyla e Lasny si congedarono, promettendo a Severus di non disturbarlo più e di non cercare più Harry Potter.

Anche ad Hogwarts pioveva e non era una novità, presto sarebbe arrivata anche la neve e la McGranitt avrebbe visto i fiocchi scendere pian pianino dalla finestra del suo ufficio. Silente era andato a parlarle per riferirle l’ingenuità compiuta dal vecchio Cappello Parlante.

“Mi chiedo cos’altro dovremo aspettarci da questi ragazzi” disse Minerva “Prima i gruppi di studio. Poi il Fantapetardo. Adesso sono perfino entrati di nascosto nel tuo ufficio, Albus”.

“E credo che anche  l’esplosione durante la lezione fosse premeditata” le fece notare il preside.

“Senza dubbio” rispose la donna “Tuttavia se Severus e Harry vogliono restare un po’ da soli, è meglio che nessuna lettera giunga loro”.

“Mi stai dicendo che secondo te dovremo intercettare la corrispondenza?”.

“Ma certo, Albus! Severus non è l’ultimo arrivato, e ha accettato subito l’idea di crescere Harry, perciò io dico che se non l’ha fatto rientrare a scuola ci deve essere dietro un motivo molto importante. E non credo voglia essere disturbato da nessuno”.

“Bene. Non so se stiamo facendo la cosa giusta ma manderò subito Fanny ad intercettare il gufo”.

“E penso che dovresti parlare anche con il Cappello Parlante. Non può spiattellare tutto a tutti solo per un forte senso di appartenenza a questa scuola” sottolineò Minerva.

Albus annuì pensieroso. Questi ragazzi erano molto svegli, quando si fossero resi conto che la lettera non era giunta a destinazione avrebbero certamente buttato giù un altro piano e non era detto che sarebbe stato più facile da sventare del primo.

 CIAO CARISSIMI,

HO VISTO CHE MOLTI DI VOI HANNO RIPRESO A LEGGERE LA STORIA. GRAZIE MILLE. NON SO ANCORA QUANTO POTRA' ESSERE LUNGA PERO' CREDO ALMENO QUATTRO CAPITOLI. 

MI RACCOMANDO, RECENSITE IN TANTI.

VI ABBRACCIO, ALIDA

Sonia 1997: allora, la vacanza è andata bene, Marsiglia e i dintorni sono bellissimi. I provenzali sono molto (troppo per i miei gusti) espansivi, al limite dell'appiccicaticcio perciò se devi andare in Provence, vai con un'amica o amico, con la tua famiglia ma non da ospite presso gente del luogo perchè ti sentiresti soffocata (almeno io mi son sentita così). Il luogo invece è bellissimo.

Venendo alla storia cosa posso dire per non svelarti troppo? La lettera probabilmente non giungerà a destinazione, le conseguenze saranno imprevedibili. Per le maledizioni senza perdono avevo idea di usare qualcosa tipo  un ragno  ma essendo esseri viventi sono incerta, anche se devo dire che appena li vedo non ci penso due volte a schiacciarli. Siccome però ci sono lettori sensibili all'argomento credo che dovrò farmi venire in mente qualcos'altro.

grazie per la recensione, baci, alida

p.s. non ricordo se ti avevo già ringraziato ma sì, l'idea del cuscino da far esplodere con il Bombarda l'ho preso dal tuo suggerimento. Fantastico, no?

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Capitolo 33
*** Riflessioni ***


CAP 31

La testa di Harry ciondolava avanti e indietro mentre tentava di restare sveglio, in attesa del rientro di Severus, davanti alla finestra. Ma il sonno si faceva sentire e benché piovesse, alla fine Harry si addormentò. Si risvegliò un paio d’ore più tardi con Jiulius che gli sbuffava nelle orecchie e gli scompigliava i capelli.

“Jiulius, che ore sono? Papà è già tornato?” domandò il bambino pur sapendo che il draghetto non era dotato del dono della parola.

Jiulius gli indicò Severus che versava il pranzo nei piatti.

“Sei tornato!” urlò Harry dalla felicità andando ad abbracciare Severus.

“Sì, perché pensavi che ti avrei lasciato qui da solo per trasferirmi nella grotta?”.

“No, è che stava piovendo molto ed ero preoccupato per te”.

“Non c’era motivo di essere preoccupato”.

“Ma quando sei uscito non sembravi tranquillo, e anzi mi hai fatto davvero paura quando mi hai stretto forte il braccio” disse Harry ansimando un pochino.

Severus sapeva che Harry era molto impressionabile e che bisognava parlargli senza dargli ordini diretti, ma non aveva pensato che una stretta al braccio potesse metterlo in agitazione. “Non volevo spaventarti, mi dispiace. E che quando ti ho portato in questa casa ero convinto che nelle vicinanze non ci fosse nessuno, e quando mi hai riferito del tuo incontro con la babbana e i folletti ho perso la testa”.

Harry aveva messo il broncio, e con voce scocciata, quasi stesse compiendo un atto dettato più dall’educazione che dall’interesse, domandò: “E i folletti, li hai incontrati?”.

“Sì, e posso assicurarti che loro due non ci disturberanno più, in quanto alla Babbana bisognerà aspettare perché oggi non è venuta”.

“Certo! Solo tu potevi uscire con questo tempaccio!”.

“Bhè, Jiulius” fece Severus “sbaglio o qualcuno si è svegliato male?”.

Jiulius andò verso Harry e messosi le mani sui fianchi, come aveva visto fare tante volte al suo padroncino, sbuffò a più non posso, provocando la forte risata di Harry che però cercava di trattenersi per non darla vinta al padre, reo di essere stato poco gentile nei suoi confronti e di non averlo portato con sé in quest’avventura.

“Allora Harry, ti è tornato il buon umore?”.

“No!” rispose il bambino sedendosi a tavola.

“Non ti sembra di esagerare? Ti ho detto che mi dispiace di averti strattonato”.

“Non sono adirato per quello”.

Questa risposta Severus proprio non se l’aspettava. Cerco di tornare indietro con il pensiero e ripercorrere tutto ciò che era avvenuto negli ultimi giorni ma non trovò niente che giustificasse l’atteggiamento del figlio.

“E allora perché sei adirato?”.

Harry, che aveva tutto il discorso preparato sulla punta della lingua, non si fece pregare e tutto d’un fiato rispose: “Perché non mi hai portato con te nella grotta. Avevi detto che saremo andati assieme per imparare le arti oscure e invece mi hai lasciato qua  da solo . E avevi anche detto che non dovevo restare mai e poi mai da solo e invece non mi hai portato con te. E stava anche piovendo molto, e ha tuonato sette volte e ci sono stati più di trenta lampi …”

“Esagerato!” disse Severus sollevando le sopracciglia.

“E va bene, ma erano almeno dieci” ammise il bambino “E poi mi avevi detto che i Folletti e quella donna erano  pericolosi e tu sei andato da solo a cercarli, e se ti fosse successo qualcosa? Se ti fossi fatto male, se fossi rimasto intrappolato in quella grotta, io cosa avrei potuto fare? Niente, sarei rimasto qui ad aspettarti all’infinito e sarei morto di fame” continuava Harry mentre le labbra si piegavano dalla disperazione e gli occhi cominciavano a riempirsi di lacrime.

“Harry, è andato tutto bene e poi non credo che saresti rimasto qui tutto il tempo ad aspettare”.

“Certo che sarei rimasto qui. Tu mi avevi dato l’ordine di non uscire”.

“Io non ti ho mai dato quest’ordine?”.

“No, ma mi avevi detto che dovevo uscire solo con te fino a quando non si fosse sistemato tutto. Invece mi hai lasciato qua da solo, e se ti fosse successo qualcosa nessuno sarebbe venuto a cercarmi, neanche lo zio Remus, perché nessuno sa dove sono. Sarei rimasto solo, sarei rimasto solo per sempre …” continuava a ripetere singhiozzando.

Severus si avvicinò ad Harry e lo strinse a sé, non poteva credere che Harry stesse crollando. Insomma avevano preso assieme la decisione di stare lontani da Hogwarts, ed erano passati solo poco giorni. Harry non era abituato ad avere tanta gente attorno a sé, a casa di Sirus Black non riceveva visite, ma in quei pochi mesi che aveva trascorso ad Hogwarts aveva imparato quanto fosse bello avere accanto qualcuno, per studiare, per chiacchierare, per ridere e preoccuparsi.

   E sebbene volesse molto bene a Severus, aveva bisogno di qualcuno di più, non di qualcuno che valesse di più ma di qualcuno di diverso da un padre con cui parlare. Aveva Jiulius ma purtroppo il draghetto non poteva rispondere anche se era molto bravo a consolarlo quando Harry era giù di morale.

“Ascolta Harry, devi essere forte ancora per un po’, ti prometto che non ci vorrà molto tempo. Stasera andremo alla grotta e continueremo con gli incantesimi”.

“E se quella donna dovesse venire a cercarci?”.

A Severus non piaceva Cindy, non perché fosse una babbana ma perché era una donna invadente. Nella sua vita e in quella di Harry non c’era posto per lei, e lei avrebbe dovuto farsene una ragione. “Ci sono tanti modi per sistemare la questione”.

“Per esempio?” domandò incuriosito Harry.

“Per esempio potremo fare una magia per modificare la sua memoria, di modo che non si ricordi più di noi”.

“Mi sembra una buona idea”.

“E ti prometto” continuò Severus “che fin quando questa storia non sarà sistemata, ti porterò sempre con me”. A Harry tornò il sorriso sulle labbra e assieme a Severus e Jiulius cominciò a mangiare il buon pranzetto.

“12 gennaio. Sembra un giorno come un altro, vero? Potrei dire anche 12 febbraio, o 12 settembre e non cambierebbe niente per lei, non è così?” domandò Jerry a Sirius.

“Per me, è una data come un’altra Jerry, ma se lei se la ricorda ancora,  significa che ha una certa importanza”.

Jerry era serio quel pomeriggio, in Via della Felicità si stava per compiere un passo importante, Sirius Black si sarebbe presentato all’incontro senza maschera e tutto il mondo avrebbe saputo che persona era stata per undici anni.

Che questo accadesse il 12 gennaio doveva pur significare qualcosa. Solo un’altra volta in tutti gli anni di servizio, Jerry aveva visto qualcuno togliersi la maschera in quella data, e quel giorno il mondo era crollato sotto i suoi piedi.

“Jerry, che importanza vuole che abbia il giorno? Se avessi deciso di farlo ieri, o domani, sarebbe stata la stessa cosa. Sia che io lo faccia o meno il mondo andrà avanti, nessuno si fermerà perché Sirius Black ha deciso di presentarsi al mondo per quello che è”.

Jerry non rispose, si limitò a togliere dal suo portafoglio una foto che ritraeva un ragazzo sorridente di circa 20 anni. L’uomo l’accarezzò e la porse a Sirius. “E’ tuo figlio?” domandò diretto.

“Era mio figlio. Era. Non è più con noi da molto tempo”.

“Mi dispiace” rispose Sirius.

“Sai, io credevo di essere un buon padre. Lavoro qui da tanti anni, iniziai quando mio figlio, Robert, aveva quattro anni. Credevo che stare vicino a persone che avevano problemi mi avrebbe aiutato a capire meglio le persone che avevo vicino, a prevenire i loro problemi, ad aiutarli a non compiere certi tragici errori. Invece mi sbagliavo”.

“Jerry non sei obbligato a raccontarmi questa storia”.

“Lo so, ma in realtà sei uno dei pochi a cui ho avuto voglia di raccontarla spontaneamente. Vorrei che tu ascoltassi e capissi ciò che ho da dire, perché oggi sia per te un giorno di festa e non brutto ricordo”.

“Va bene”.

“Mio figlio era perfetto. Non sto esagerando, studiava con ottimi risultati, era sempre gentile e si comportava in modo educato. Ero molto orgoglioso di lui. Terminata la scuola iniziò subito a lavorare e non mi diede mai dei problemi. Un giorno rientrando a casa lo trovai ubriaco, era buttato a terra nel soggiorno completamente ubriaco. Lo sollevai e lo portai in camera sua, lo sdraiai nel letto e ripulì il soggiorno.

L’indomani mattina aspettai che si svegliasse per parlargli, e lui mi disse che era la prima volta che gli succedeva. Mi parlò di una festa e sottolineò il fatto che poiché non era abituato a bere gli erano bastati due bicchierini per ubriacarsi. Io gli credetti, perché è più facile credere ciecamente che obiettare intelligentemente.

Inoltre aveva appena 19 anni, e non mi aveva mai dato alcun problema. Potevo forse dubitare? Dopo quell’episodio  le cose continuarono ad andare come sempre. Fin quando un giorno, qui, in Via della Felicità non mi si avvicinò un giovane, uno di voi, con la faccia uguale a quella di altre 40 persone.

Quel ragazzo cominciò a parlare, mi raccontò di un padre che non era mai stato presente, che per vent’anni aveva aiutato gli altri e dedicato tutto il suo tempo a fare del bene a dei perfetti estranei senza rendersi conto di negare quell’affetto a chi aveva più vicino, a suo figlio.

Mi raccontò di una vita fatta di feste in cui finiva col non reggersi neanche in piedi, di compiti in classe copiati, e di debiti mai pagati. Io ascoltavo e, mi conosci ormai, non rispondevo in maniera propriamente dolce, non è nel mio carattere. Lui però andava avanti, mi raccontò di un figlio che si era ritrovato con un padre che non aveva voluto ascoltarlo, che si era accontentato dell’apparenza.

Allora gli dissi che avrebbe dovuto mettere la realtà in faccia al padre. Lui mi rispose che ci aveva pensato tante volte ma non ne aveva mai avuto il coraggio perché non voleva farlo soffrire, perché nonostante tutto anche il padre era una persona debole che indossava una maschera, altrimenti non avrebbe potuto trascorrere vent’anni senza far finta di vedere quello che tutti vedevano.

Io gli risposi che verità non va mai negata a nessuno e lui non commentò. Dopo quella volta, il ragazzo prese l’abitudine di farsi riconoscere da me, e assieme parlammo di tutto. Francamente non riuscivo a capirlo, di solito parlare con qualcuno dei propri problemi aiuta, invece più questo ragazzo parlava con me più diventava triste, malinconico, fino a che non entrò in una profonda depressione.

All’inizio veniva due volte la settimana, poi tre e poi finì col venire tutti i giorni. Mio figlio Robert intanto trovò un lavoro a Edimburgo e perciò ci sentivamo sempre di meno. Mi mancava molto, ma stava crescendo ed era giusto che portasse la sua vita avanti anche senza di me.

Poi arrivò il 12 gennaio, pioveva come oggi. Il ragazzo si fece riconoscere anche quel giorno, ormai era diventato uno scheletro, eppure la sua anima era sincera, si può dire che  si sorreggesse solo grazie al suo spirito. Faceva fatica a parlare, a muoversi, capì che ormai la sua giovane vita era proprio agli sgoccioli. Io ero terrorizzato all’idea di vederlo morire ma lui era venuto da me per avere vicino qualcuno nel momento di andarsene e non mi passò mai, neanche per un attimo, l’idea di lasciarlo solo. Quel pomeriggio non parlammo molto, ci scambiamo solo due battute.

Lui mi disse: “Mi sarebbe piaciuto conoscerti prima”.

E io gli risposi: “Anche a me”.

Proprio mentre moriva, la pozione Polisucco terminò il suo effetto, e in breve mi ritrovai a stringere il corpo senza vita di mio figlio Robert”.

Il viso di Jerry era rigato da lacrime severe, dolorose, che scendevano lente su percorsi già scavati. Sirius era muto. “Non credere che presentandoti senza maschera il mondo ti sorriderà. Hai ragione, il mondo andrà avanti, anche se ti sentirai schiacciato, anche se sentirai il vuoto sotto i tuoi piedi, e ti verranno le vertigini a trovarti davanti a te stesso, il mondo andrà avanti. E ricordati che non tornerà indietro per te. Se sei qui per recuperare il rapporto con qualcuno, non ti illudere che questo possa succedere. Se ti togli la maschera non è per recuperare il passato ma per crearti un futuro”.

-Già- pensò Sirius –Harry non tornerà comunque con me. Forse però potrò diventare una persona migliore e forse un giorno lui se ne accorgerà-.

“Perché mi stai dicendo tutto questo, Jerry?”.

“Perché  quando fra tanti giorni ti guarderai indietro e vedrai il 12 gennaio, vorrei ti rendessi conto che non stai perdendo niente, ma stai trovando qualcosa di meraviglioso”.

“Ma tu in questa data hai perso qualcuno” gli fece notare Sirius.

“Ho perso qualcuno, ma ho trovato anche qualcun altro” rispose Jerry che dando una pacca sulla spalla a Sirius si allontanò.

L’incontro stava per iniziare, l’aula era già piena e tutti tacquero quando in mezzo a loro, ancor prima che si presentasse, riconobbero un Black! “Buonasera a tutti, mi chiamo Sirius Black è sono qui per parlare di me a volto scoperto …”.

 CIAO A TUTTI,

come vedete la storia prosegue abbastanza velocemente. Sirius ha compiuto un passo importante e anche Jerry è riuscito a parlare del suo ragazzo. Harry e Severus continuano a confrontarsi e a parlare liberamente. E' un capitolo dove non succedono avvenimenti importanti per il proseguo della storia ma volevo un piccolo spazio dove Harry potesse fare il bambino di 11 anni, e dove i personaggi semplicemente esprimessero i loro sentimenti. Spero vi piaccia, mi raccomando: recensite.

Sonia1977: Dunque Minerva e Albus hanno preso una decisione senza riflettere troppo sulle conseguenze, prendendo sotto gamba il carattere degli studenti del primo anno. Il proseguo ci dirà che forse hanno fatto bene ... . Per quanto riguarda Snyla e Lasny il loro destino è segnato, ma non è detto che solo la magia possa dare loro la felicità. Per Cindy ho in mente un tragico destino, altrimenti se tutto si conclude bene potrebbe sembrare troppo finto e sdolcinato.

Fammi sapere cosa ne pensi di questo mini capitolo.

Baci, Alida

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Capitolo 34
*** L'unica verità importante ***


CAP 32

Nessuno può sapere cosa passi nella mente di un essere vivente che non può parlare. Alle volte i babbani osservando i loro amici a quattro zampe, cani o gatti che siano, riescono a intuire le loro esigenze ma i loro pensieri più intimi restano sconosciuti ai più.

C’è bisogno di un animo gentile e delicato, più o meno come quello di Paul che abituato a intagliare e riprodurre anche le più piccole sfumature dei visi, riesce a percepire anche ciò che c’è dentro. Così quando il gufo che avrebbe dovuto portare la lettera  ad Harry, e presumibilmente una di risposta, tornò a becco vuoto e in anticipo rispetto ai tempi previsti, tutti capirono che qualcosa era andata male ma solo Paul lesse negli occhi del gufo la tristezza di non aver portato a termine la missione.

Qualcuno non gradiva il loro tentativo di comunicare con Harry. Ma chi poteva essere? Piton? E come avrebbe potuto conoscere il loro piano se non si trovava ad Hogwarts? Solo qualcuno all’interno della scuola poteva essersene accorto.

Forse i quadri dell’ufficio di Silente avevano spifferato tutto. Ma allora perché il preside non li aveva interrogati sull’accaduto? Le domande senza risposta si susseguivano, tuttavia i ragazzi sapevano già quali erano le mosse successive i da compiere e cioè continuare a inviare lettere per mettere un po’ di fumo negli occhi e organizzare una fuga da Hogwarts.

“Il mio nome è Sirius Black e ho tradito la fiducia che i miei migliori amici avevano riposto in me, non ho saputo amare chi avrei dovuto …”. Sirius aveva ancora nella mente l’intero discorso. Lo spettacolo che gli  si era presentato davanti agli occhi durante il discorso era diverso da come se l’era immaginato: non ci furono borbottii, nessuno sguardo stupito o scandalizzato, nessuna condanna.

Nel mondo disilluso di Via della Felicità non c’era più spazio per stupirsi di niente, tutto era possibile.

Alla fine il mondo non solo non si era fermato, ma sembrava non essersi accorto di niente. Anche dandosi un nome e un volto autentico, Sirius Black in Via della Felicità era uguale a tutti gli altri.

Però provava un sentimento nuovo: non si sentiva più anonimo tra anonimi ma si sentiva parte di un qualcosa di più grande, come se fosse una mela su un albero di mele. Si era reso conto di non essere indispensabile nel frutteto della vita, ma era importante che fosse parte dell’albero.

Del resto qual è la differenza tra dire: “Tutte le vite sono importanti” e “Nessuna vita è importante”? E’ praticamente la stessa cosa, le vite sono messe tutte sullo stesso piano. Perciò si poteva pensare che la vita di Sirius avesse la stessa importanza di quella di Harry, di Voldemort o di Piton, ma evidentemente qualcosa non quadrava perché la vita di Voldemort sicuramente non valeva niente.

Almeno questo era ciò che pensava Sirius ovvero che la vita di una persona dedita al male non valga mai niente, salvo il caso in cui tale persona si ravveda e cambi. Chi può dire con certezza che sia così deve possedere una conoscenza trascendentale che vada oltre ciò che l’uomo può capire, ma Sirius  non era tra queste persone e in lui restava l’enigma sul valore della propria vita e su quella delle persone che aveva avuto modo di conoscere.

Fu nel bel mezzo di questi pensieri che il campanello di Grimmauld Place suonò. Sirius aprì la porta e come sempre da undici anni a questa parte si trovò davanti Remus.

“E’ permesso?” domandò il licantropo.

“Certo Remus, sei sempre il benvenuto, lo sai”.

Remus sorrise. “Però! Sbaglio o vedo in te qualche cambiamento?”.

“Perspicace come sempre!” rispose Sirius.

“No, non come sempre” lo corresse l’amico “Ma questa volta ho azzeccato”.

“Sì, Remus, hai azzeccato bene. E questo cambiamento è dovuto a te”.

“A me?”.

“Vieni, siediti” lo invitò Sirius indicandogli una poltrona  e riprendendo il discorso continuò: “Sono andato in Via della Felicità e benché non abbia trovato esattamente ciò che mi aspettavo, posso dirti che quello è il posto migliore dove sono stato, secondo solo ad Hogwarts”.

“Sì, fa riflettere scoprire che ci sono tante persone in difficoltà che non hanno il coraggio di parlare dei loro problemi se non a patto di non essere riconosciuti”.

“Ho capito che la mia vita è importante, che può essere importante soltanto se faccio del bene e rigo dritto …”.

“La tua vita è sempre importante, anche quando sbagli Sirius. Nessuno è perfetto, e tutti noi sbagliamo”.

Sirius lo interruppe non contrariato ma visibilmente in difficoltà. “Che importanza poteva avere la mia vita quando ero sempre ubriaco?”.

“Forse, e dico forse, non ne aveva in quel momento, ma aveva un senso anni prima e ha un senso anche oggi. Non puoi prendere una vita, dividerla in giorni e poi dire –questo giorno ha avuto un senso, questo giorno avrei potuto anche non viverlo. Devi prendere la vita nel suo insieme e poi tirare le somme. Tuttavia non puoi dire che una vita non valga niente, vale sempre qualcosa, nel bene o nel male ha un valore”.

“Ti ripeto la domanda, Remus. Qual era il valore della mia vita quando ero sempre ubriaco?”.

“Sirius, ci sono delle verità che bisogna essere disposti ad accettare. Una di queste è che la vita ha un senso. Se io e te non riusciamo a trovarlo non significa che non ne abbia, significa che non stiamo prendendo in considerazione qualche elemento importante, ma non chiedermi cos’è perché non lo so”.

I bicchieri dei due uomini, contenenti succo di lampone riscaldato, si toccarono per brindare. Per cosa fosse il brindisi non fu detto ma probabilmente era in onore del senso umano che c’è in ognuno di noi,  che alle volte ci fa capire quanto siamo piccoli riducendoci a briciole di universo, e altre volte ci fa sentire talmente  importanti da credere di essere l’universo.

 L’ultima volta che Cindy era entrata nella grotta era stata torturata da Voldemort e tutto perché lei aveva rubato dei poteri. Sì, proprio così le aveva detto il mago vestito di nero: “Tu hai rubato dei poteri”.

Ma Cindy era sicura di non aver mai rubato niente e quando ne aveva parlato con Lasny e Snyla loro si erano mostrati risentiti come se ciò che il mago nero aveva detto fosse vero e li riguardasse. Gli unici esseri viventi con i quali poteva condividere le sue preoccupazioni, i suoi dolori e le sue gioie non le avevano dato importanza eppure in quella grotta aveva sofferto parecchio.

Per questo motivo Cindy non si avvicinava mai alla grotta, restava sulla scogliera o andava nel boschetto di mughetti. Però da quando aveva incontrato Harry, non era più andata neanche nei soliti posti. Restava semplicemente seduta sull’erba nel tentativo di vedere sbuccare dal nulla il bambino o il padre del piccolo.

Soltanto un giorno non era andata, perché stava piovendo troppo e aveva paura di prendersi un raffreddore, ma quel pomeriggio la pioggia era diminuita e così, munita di uno scacciapioggia, si era messa in attesa.

Quel pomeriggio  Lasny e Snyla le si avvicinarono. “Ciao Cindy” salutò Snyla.

“Ciao, Snyla” rispose brevemente la  vecchia.

“Cosa fai qui? Stai aspettando qualcuno?”.

“Sì, aspetto il bambino che ho visto l’altro giorno. Gli devo parlare. Vorrei che venisse in paese con me e raccontasse a tutti che voi due esistete davvero”.

Lasny fece una smorfia di dissenso. “Cosa otterresti? Tutti crederebbero che il bambino sta mentendo. Se non hanno creduto a te per sessanta anni e più, perché dovrebbero credere a lui?”.

“Perché due testimoni sono meglio di uno” disse lei convinta.

“Cindy, loro vorranno vederci ma noi ci nasconderemo. Lo sai anche tu che il nostro mondo deve stare nascosto”.

“Allora io morirò senza che la gente sappia la verità. Morirò come ho vissuto, come “la scema del villaggio” e nessuno piangerà per me!” disse amareggiata la vecchia.

La pioggia  cominciava a scendere sempre più forte e Snyla cercò di farla ragionare. “Cindy, perché non torni a casa adesso? Sta cominciando a piovere molto e il bambino non uscirà di casa con la pioggia”.

“Come fai a saperlo? Lo conosci per caso?” domandò stizzita.

“Non lo conosco ma gli esseri umani non escono con la pioggia” rispose Lasny.

“Io sono uscita”.

“Intendo dire “normalmente”” si corresse il folletto.

“Perché non volete che resti? Non vi è mai importato niente di dove fossi o cosa stessi facendo. Anzi vi siete sempre mostrati disinteressati a me”.

“Non dire così, lo sai anche tu che non è vero” mentì Lasny.

“E invece lo dico perché è la verità. Se vi fosse importato qualcosa mi avreste aiutato quando quel mago mi fece del male e invece diceste che stavo mentendo e anche adesso mi state dicendo che non dico la verità!” urlò loro la donna.

“Che motivo hai di rinvangare il passato? Noi …”

“Che motivo ho? Non ho più avuto il coraggio di andare alla grotta! Da quando vi conosco ho perso tutte le persone che avevo accanto perché tutti mi hanno creduto o scema o impazzita! Sapete cosa significhi non essere più amati? E non dico per un giorno ma per anni?”.

Lasny e Snyla erano ammutoliti. Non si aspettavano certo lo sfogo della vecchia Cindy che era sempre stata dolce, invadente certo, ma mai indisposta nei loro confronti.

“Io sono sempre stata qui, per qualsiasi vostra necessità e l’unica volta che ho avuto bisogno di sostegno voi mi avete voltato le spalle. Io ho rinunciato alla mia vita per voi …”.

“Nessuno te lo ha chiesto” concluse Lasny.

“E’ vero” confermò Cindy “Non me lo avete mai chiesto. Ho soltanto pensato che vi avrebbe fatto piacere essere amati, perché a me … a me avrebbe fatto piacere avere qualcuno che mi volesse bene!”. La pioggia aumentava sempre più e Cindy alzatasi scappò via correndo.

Scappò da una vita che non aveva saputo vivere, che probabilmente era stata diversa da come se l’era immaginata da bambina, che non era compatibile con il suo mondo, dalla vita che aveva vissuto o meglio alla quale era sopravvissuta giorno dopo giorno.

Come tanti babbani che vivono una non vita perché non riescono a creare una valida alternativa e poi alla fine del percorso cercano un senso a ciò che è stato, e se son fortunati lo trovano almeno nell’aver dato amore e nell’averlo ricevuto.

Cindy però aveva avuto la possibilità di amare solo i due Folletti e le loro parole la ferirono.

“Lasny, siamo stati troppo crudi con Cindy”.

“Ma si lagna tutto il tempo”.

“Questa non è una scusante”.

“E cosa avrei dovuto fare secondo te, Snyla. Avrei dovuto dirle che se il Signore Oscuro l’aveva torturata era perché lei aveva i nostri poteri?”.

“Forse avremmo dovuto dirglielo” disse Snyla pensierosa “Del resto lei ha sempre desiderato la verità”.

“In questo modo la feriremo ancora di più. Penserà che l’abbiamo presa in giro tutto il tempo”.

“Dobbiamo tentare lo stesso. Glielo dobbiamo, per tutte le volte che ci sentiamo sentiti soli e lei è stata presente”.

Lasny non rispose. “Non essere orgoglioso, Lasny. Per lei sarebbe molto importante conoscere la verità”.

“E va bene. Andiamo a cercarla e diciamogliela subito altrimenti potrei cambiare idea”.

I due folletti cominciarono a correre, la loro velocità era superiore a quella dei babbani e Cindy non poteva essere troppo lontano. Ormai la pioggia era diventata un temporale e i folletti facevano fatica a vedere lontano, ma continuarono a correre.

Di Cindy non c’era ombra. Snyla cominciò a preoccuparsi, la loro amica aveva settant’anni, non poteva essere stata così veloce e il percorso che faceva era sempre lo stesso: prima il bosco di mughetti, poi la scogliera e poi la spiaggia.

Nel bosco di mughetti non c’era nessuno, sulla scogliera non c’era nessuno, da lassù guardarono la spiaggia ma Cindy non …

“Oh, no!” urlò Lasny indicando uno scacciapioggia giallo ai piedi della scogliera, proprio vicino all’ingresso della grotta.

I due folletti scesero in un baleno e si avvicinarono spaventati a Cindy. L’anziana babbana aveva una gamba rotta e parlava a stento: “So-no scivola-ta. Non cap-isco come possa e-sse-re suc-cesso, son passa-ta su-su-quella sco-gliera mi-mi-gliaia di volte”.

“Cindy non parlare” le disse Snyla “Adesso chiamiamo qualcuno”.

“E chi volete chiamare?” disse lei quasi ridendo “I miei compaesani?”.

Gli occhi di Lasny si riempirono di lacrime, Cindy stava morendo e loro non potevano fare nulla per aiutarla. Non potevano manifestarsi agli umani, e anche potendo il tempo non sarebbe bastato.  Non doveva finire così, dovevano dirle la verità. “Cindy, devi sapere la verità” iniziò Lasny.

“Sì, lasciaci parlare” continuò Snyla.

“Cono-sco già la ve-ri-tà” rispose a mezza voce Cindy.

I due Folletti si guardarono negli occhi, come era possibile? I poteri magici, Voldemort, i sogni di gloria, il giovane Severus, il desiderio di una vita nel loro mondo, la grotta, Harry Potter, Severus adulto.

“Quale verità conosci?” chiese Lasny vergognandosi di sé.

“Quel-la più im-im-portante” rispose Cindy “Vi ho voluto bene e voi …”

“Anche noi” dissero assieme i due Folletti.

“Non lasciatemi qui” disse la donna indicando l’ingresso della grotta.

“No, Cindy” riprese Lasny “Andrai in un posto bellissimo, un posto …”

“Con tanti mughetti” concluse con un filo di voce Cindy chiudendo gli occhi al mondo che non l’aveva creduta abbastanza, che non l’aveva amata abbastanza ma nel quale lei aveva sempre cercato di vivere con dignità.

Il corpo di Cindy fu trovato il giorno successivo, non vicino alla grotta, ma sulla spiaggia. Emanava un forte odore di mughetto e dopo esser stata sepolta nel cimitero paesano molte persone si chiesero come mai attorno alla sua bara crescessero spontaneamente dei mughetti.

Alcuni cominciarono a dire che forse la vecchia aveva sempre avuto ragione e che i mughetti attorno alla sua bara fossero magici, tuttavia nessuno vide mai in giro dei folletti. Altri dissero che per pietà la sua sofferenza di donna pazza era giunta al suo termine.

Le mie ossa regalano ancora la vita, la regalano ancora, erba fiorita, ma la vita è rimasta nelle voci in sordina di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina, di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia: “Una morte pietosa lo strappò alla follia”.

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Ciao a tutti. La frase in rosso non mi appartiene, è del grande Fabrizio De André. Con questa ho voluto fare un omaggio a Cindy e a tutte le persone che noi consideriamo fuori dagli schemi e che invece, a mio modesto parere, vedono una parte del mondo che a noi dannatamente sani non è dato vedere. Con ciò non mi sto auspicando di perdere la ragione, ma mi auspico di non credere solo a ciò che vedo con l'uso della mia ragione.

Vi abbraccio, Alida

Sonia1997: Cindy e i folletti possono non piacere, anche a me non sono sempre piaciuti, ma perchè io e te guardiamo il mondo con gli occhi di Harry e Severus. Adesso non c'è più e un pò mi manca e un pò inizio a capirla. Lo dico a te, perchè mentre scrivevo questo capitolo l'ho detto anche a me stessa: "Bisogna cercare di capire chi abbiamo di fronte senza giudicare". E' difficile, e forse non ci riuscirò mai ma ho capito che è un aspetto importante della vita. Baci, Alida

Elfosnape: un altro preoccupato per Harry ... non c'è niente di cui temere, l'ho lasciato con Severus perciò è tranquillo. L'aiutino partirà, ma non è detto che arriverà a destinazione prima che ... Dai, su! Lo so bene che non vuoi saperlo per non annoiarti troppo quando leggerai il seguito. Hihihi! A presto, Alida

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Capitolo 35
*** Ciò che è giusto ***


CAP 33

La notizia della morte di Cindy era giunta a Severus tramite Snyla e Lasny. Una mattina, dopo circa una decina di giorni dal loro ultimo incontro, avevano avvicinato il mago e dopo avergli riferito tutto si erano congedati tristemente.

Severus non era naturalmente incline all’empatia ma aveva provato un senso di sofferenza che gli rammentava quanto fosse difficile veder spengere le proprie speranze e non poterle rimpiazzare con niente.

“Conosci un posto dove si possa vivere felici anche senza magia?” gli aveva chiesto Snyla e Severus aveva abbozzato un sorriso. La felicità era qualcosa di poco evidente nel suo manifestarsi e ambiguamente essa si palesa ai nostri occhi quando ne siamo lontani.

E l’umanità è dannatamente ipermetrope nei sentimenti e nei sogni, e vede realizzabile ciò che è lontano e al contrario improbabile ciò che è vicino e a portata di mano.

“Forse” aveva risposto Severus al folletto “Ma prima devo parlarne con qualcuno”.

“Allora io e Lasny aspetteremo una tua risposta, e poi decideremo dove andare a vivere. Qua ci sono troppi ricordi per noi”.

Successivamente i folletti se ne erano andati e Severus  tornato a casa aveva subito informato Harry. Naturalmente Harry era rimasto apparentemente distante come faceva quando qualcosa lo colpiva ma non voleva dimostrare le sue preoccupazioni perché ciò avrebbe significato dimostrare la sua inferiorità.

In tanti anni Harry non aveva mai capito di preciso a cosa o a chi avrebbe dovuto essere inferiore ma probabilmente lo era rispetto al bambino che Sirius aveva sempre desiderato. Spesso Harry pensava a suo padrino ma poi ricacciava indietro il pensiero come faceva con la povera Cindy.

Forse era tutto collegato a lui. Se lui non fosse stato con Sirius, se lui non avesse incontrato Cindy, forse adesso le loro vite  sarebbero state più felici, forse sarebbe stato meglio se lui si fosse messo da parte, perché adesso stava con Severus e non desiderava che vita di quest’ultimo andasse a rotoli come quella di tutte le persone con cui aveva avuto a che fare.

Harry pensava e ripensava a tutto questo perché aveva un sacco di tempo per farlo. Non aveva distrazioni di nessun genere e anzi si sentiva solo seppur Severus gli stesse  sempre accanto.

 Il pomeriggio precedente Severus gli aveva insegnato l’uso dell’incantesimo Imperio e lui era rimasto sconcertato. L’idea che una persona potesse essere costretta a compiere un gesto contro la propria volontà lo agitava. Chiunque sarebbe potuto arrivare e puntandogli la bacchetta contro avrebbe potuto fargli compiere il più orrendo dei crimini.

Severus aveva portato un ragnetto per farlo esercitare ed era stato terribile. Lui non voleva costringere gli altri a fare niente, voleva offrire al mondo intero l’infinità possibilità di agire a proprio piacimento. Aveva compreso quanto l’Imperio fosse un incantesimo pericoloso  e avvilente per la persona che veniva incantata e si era ripromesso di non usarlo mai con nessuno.

Quella sera, però, Severus doveva insegnarli l’Avada Kedrava e il Cruciatus e lui non poteva tirarsi indietro, anche perché non sarebbe servito a nulla. Doveva imparare le arti oscure e se non fosse stato quel pomeriggio sarebbe stato quello successivo.

Quando arrivarono Harry sentì l’umidità della grotta entrargli fin dentro le ossa, incrociò le braccia sul petto e si strinse a sé  per trovare un po’ di calore, Severus si tolse il mantello e fece scorrere la sua mano sulla schiena di Harry.

“Freddo?” domandò al figlio.

“Un po’” rispose Harry.

La tensione del bambino era palpabile, i suoi occhi verdi perlustravano la grotta alla ricerca di un qualsiasi essere vivente sul quale poter esercitarsi, ma nella grotta c’erano solo lui e il padre.

“Allora Harry, cosa mi sai dire dell’Avada Kedrava e dell’incantesimo Cruciatus?”.

“Fanno tutti e due molto male, il primo serve per uccidere le persone e il secondo per farle soffrire”.

“Sì, diciamo che in linea di massima è giusto, ma ci sono alcune imprecisioni” spiegò Severus “Questi incantesimi hanno i loro effetti anche sugli animali e su tutti gli esseri viventi, non solo sulle persone. Con l’Avada Kedrava potresti uccidere un mago, certo, ma anche un elfo, un centauro o un semplice passerotto”.

“Non ci avevo pensato” si scusò Harry.

“Molte persone non ci pensano, ma è importante ricordarlo perché tutte le vite sono importanti, anche quelle che sembrano essere più insignificanti in realtà hanno una ragion d’essere. L’Avada è un incantesimo diretto, e le conseguenze che produce sono immediate. Quando si usa l’Avada non si può tornare indietro, non si sta ferendo una persona, non le si fa del male, la si uccide. E la morte non ammette ripensamenti. Inoltre anche se non lo troverai scritto in nessun libro, quando si usa l’Avada Kedrava non stai uccidendo solo una persona ma ne stai mutilando anche un’altra”.

“Come?” chiese Harry sicuro di aver capito male “Se io lancio un incantesimo contro una persona ne ferisco anche un’altra? Ma non esistono incantesimi del genere!”.

“Io non parlo di magia, Harry. Intendo dire che se uccidi una persona muori un po’ anche tu, e perciò gli effetti dell’incantesimo ricadono su due persone”.

“Ma se uccidi per legittima difesa?”.

“E’ lo stesso” rispose brevemente Severus che però si accorse immediatamente che la sua spiegazione non era stata per niente soddisfacente.

“Ascoltami Harry, voglio raccontarti una storia per spiegarmi meglio. Tanto tempo fa quando io avevo la tua età iniziai a frequentare Hogwarts sperando di farmi tante amicizie e di trovare qualcuno che mi apprezzasse per quello che ero. La scuola era difficile, ma non per me che modestamente riuscivo in tutte le materie. La mia bravura tuttavia mi allontanò dai miei coetanei, inoltre non avevo un buon rapporto con mio padre a cui non piaceva la magia. Questo mi faceva sentire costantemente diverso dagli altri”.

“Mi sembra di sentire la mia storia, papà. Continua …”

“Un giorno conobbi una persona che mi fece tanti complimenti, mi disse che ero il miglior pozionista che avesse mai conosciuto, e da quel giorno ci sentimmo spesso. Trascorrevamo interi pomeriggi parlando e sognando di quando il mondo sarebbe diventato come noi l’avevamo sempre desiderato”.

“Che fine a fatto questa persona, papà? Siete rimasti amici?”.

“No, non siamo rimasti amici e forse non lo siamo mai stati”.

“Non capisco, perché mi stai dicendo queste cose?”.

“Perché io ho usato l’Avada Kedrava contro questa persona”.

“Tu! Tu hai usato l’Avada Kedrava contro un tuo amico? Tu hai ucciso un tuo amico?” continuava a ripetere Harry mentre a braccia distese in avanti teneva i palmi delle mani aperti come per difendersi da una verità troppo dolorosa.

“Hai visto? E proprio questo che sto cercando di farti capire. Uccidere una persona non mette fine solo alla vita del morto, ma ferisce anche altre persone. Tu ora sei dispiaciuto per questo mio conoscente …”

“Era un tuo amico!”.

“No, Harry. Non chiamarlo così, era una persona che mi ha solo sfruttato. Tu non sai chi sia e sei addolorato per lui, e questo è quello che sto cercando di farti capire. Usare quest’incantesimo ha ripercussioni enormi anche su persone non direttamente coinvolte, e per questo motivo non bisogna mai usare l’Avada Kedrava. Per lo stesso motivo non bisogna usare mai neanche la maledizione Cruciatus. Desiderare di far soffrire gli altri ci rende persone orribili. Farle soffrire realmente ci rende persone non degne di essere chiamate tali”.

Harry ascoltava e annuiva, non avrebbe mai usato quei due incantesimi, mai! Però c’era una domanda che esigeva risposta.

“Papà, ti sei mai pentito di aver ucciso quel tuo am …. , quel tale insomma”.

“No, mai”.

Harry non credeva alle sue orecchie, l’insegnante che aveva sempre rispettato e ammirato, il padre che aveva sempre desiderato aveva ucciso una persona e non se n’era mai pentito. Forse lui non conosceva il vero Severus Piton, forse si era meritato di non aver amici quando era un bambino, forse …

“E vuoi sapere perché non mi sono mai pentito?” domandò Severus.

“Perché?” chiese a sua volta Harry.

“Perché quella persona era Voldemort”.

Voldemort! Ad Harry cadde una pietra in fondo al cuore. Come aveva potuto dubitare che suo padre non fosse una buona persona? Come aveva potuto solo pensare che Severus si meritasse la solitudine? Lui aveva ucciso Voldemort e nonostante questo lo avesse ferito in quanto persona, perché uccidere qualcuno distrugge sempre anche chi uccide, lui non si era pentito perché quel giorno aveva ucciso Voldemort ma salvato lui.

“Io ho deciso di non insegnarti ad usare l’Avada Kedrava e la Cruciatus. Come potrei metterti davanti un essere vivente e dirti: figlio mio, uccidilo; figlio mio, torturalo. Non potrei, non sarebbe amore, non sarebbe da padre. Ti basti sapere Harry ciò che ti ho detto, ricordalo e sii un uomo migliore di quello che sono stato io”.

Lo sguardo di Severus era fiero e allo stesso tempo stanco; distrutto ma in piedi. Harry raccolse il mantello del padre e glielo mise sulle spalle. “Sarà difficile, papà, ma ci proverò”.

Harry e Severus uscirono dalla grotta, quella sera il cielo era limpido, le nubi erano troppo in alto nel cielo per disturbarli e i due si avviarono verso la casetta che li avrebbe ospitati ancora pochi giorni.

Anche la seconda lettera diretta a Harry fu intercettata da Fanny, Silente diventava ogni giorno più preoccupato non per i suoi studenti ma per Harry e Severus dei quali, ormai già da un mese abbondante, non aveva notizie.

Era molto strano perché l’unica lettera che Severus gli aveva inviato gli aveva dato delle speranze di ricevere aggiornamenti che però non c’erano mai stati, e questo significava solo una cosa: Severus aveva avuto degli importanti contrattempi, probabilmente difficili da gestire.

In cuor suo Silente capiva gli amici di Harry e avrebbe voluto aiutarli ma doveva rispettare la volontà di Severus e non disturbarlo, e di non permettere che altri lo disturbassero, così prese la lettera che Fanny gli portò e la conservò assieme alla prima.

La preoccupazione era tanta che il vecchio preside non si accorse neanche che gli studenti del primo anno stavano organizzando qualcosa di molto più grande di un nuovo tentativo di raggiungere Harry per posta.

Quella mattina era il tanto atteso 3 Febbraio, la neve aveva preso il posto della pioggia già da un po’ e il paesaggio era di un bianco luminoso e immacolato, la scuola di Hogwarts aveva stabilito quella data per la tanto attesa gita ad Hogsmeade.

Gli studenti con il permesso firmato dai genitori sfilarono davanti alla McGranitt, a Vitious, alla professoressa Sprite e a Silente. Tutti erano sorridenti ed entusiasti. Il professor Vitious e la professoressa Sprite gli avrebbero accompagnati fino al paese e lì i ragazzi avrebbero potuto girare liberamente.

Mentre gli studenti si separavano in base alla casa di appartenenza, quelli del primo anno si muovevano in due grandi gruppi. Era davvero bizzarro per gli abitanti della cittadina vedere Serpeverdi, Tassorossi, Grifondori e Corvoneri camminare assieme ridendo.

“Sembrano Babbani” disse Hermione.

“Perché?” domandò incuriosito Ron che voleva avere delle notizie sui babbani da poter raccontare al padre.

“Perché ci guardano stupiti come se stessero guardando uno spettacolo di magia” rispose lei spiritosa.

“Hai proprio ragione” confermò ridendo  Seamus che aveva parenti babbani.

I professori avevano dato circa tre ore di assoluta libertà, poi tutti si sarebbero radunati accanto al negozio di Mielandia e ci sarebbe stato il rientro. Dopo una ventina di minuti Hermione attirò l’attenzione dei suoi amici.

“Ragazzi è ora. Due di noi devono provare a smaterializzarsi, e devono raggiungere l’altro gruppo. Chi ci riesce proverà a raggiungere Harry. Chi si offre volontario?”.

Smaterializzarsi era molto difficile, sicuramente non era un incantesimo da primo anno tuttavia avevano già avuto modo di capire che alcuni di loro erano più preparati degli altri.

“Hermione” disse Joel “Secondo me dovresti provare tu. Assieme ad Harry sei la migliore della scuola”.

“E’ vero” confermarono gli altri.

“Vi ringrazio, ma comunque non basta una persona bisogna essere in due. Insomma anche se dovessi riuscire a smaterializzarmi non è detto che riuscirei a centrare l’obiettivo” puntualizzò lei.

“Allora, se permettete vorrei provare anch’io” disse Seamus “Vorrei riuscire a raggiungere Harry perché mi sono pentito di quello che ho detto quando non è rientrato a scuola”.

Anche gli altri approvarono e così Seamus ed Hermione tentarono di smaterializzarsi. Le prime volte non riuscirono per niente, poi dopo circa mezz’ora di tentativi iniziarono a sentire l’effetto dell’incantesimo: sembrava come se  ci si stesse sciogliendo e piccoli brividi percorressero il corpo, poi si passava da un forte senso di solletico a sentirsi leggeri e dunque a risentirsi presenti a se stessi, ormai giunti nel luogo desiderato.

Hermione e Seamus riuscirono a raggiungere l’altro gruppo di studenti del primo anno nel momento in cui  in cui, Francy e Goyle, scomparivano dalla loro vista per ricomparire nel gruppo da cui erano partiti i due Grifondori.

Quattro successi su quattro tentativi erano entusiasmanti ma ponevano il dubbio su chi dovesse raggiungere Harry. “Dobbiamo essere in due” ripeté Hermione.

“La domanda che ci dobbiamo fare è questa: mettiamo il caso che una volta giunti da Harry ci siano delle complicazioni, chi conosce abbastanza incantesimi da riuscire a districarsi in situazioni difficili?” domandò Ron.

“Hermione di sicuro” rispose Joel facendo arrossire l’amica.

Seamus e Francy si guardarono in faccia, sapevano bene di aver avuto un grosso aiuto da parte degli amici nella loro riuscita scolastica e perciò con sincerità dissero: “Tra noi tre la persona più preparata è senz’altro Goyle”.

Anche Goyle fu imbarazzato dal complimento indiretto ricevuto ma la verità era sotto gli occhi di tutti, solo quattro persone erano riuscite a studiare l’incantesimo di smaterializzazione tanto bene da riuscire a metterlo in pratica e di questi solo due conoscevano molti incantesimi di difesa.

Era deciso, e così  Goyle ed Hermione in mezzo a quaranta ragazzi della loro età sparirono d’improvviso per ritrovarsi nella piccola casetta di Harry e Severus che però non c’erano, al loro posto uno sbigottito Jiulius li osservava a bocca aperta.

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CIAO A TUTTI.

IL CAPITOLO E' CORTO MA SICCOME AVETE ASPETTATO TANTO, HO PREFERITO POSTARLO COMUNQUE.

HO PASSATO GIORNI A PENSARE COME INSEGNARE AD UN BAMBINO A UCCIDERE O FAR SOFFRIRE GLI ALTRI MA OGNI SERA ANDAVO A LETTO DICENDOMI CHE DOVEVO STAR IMPAZZENDO PER PENSARE CHE UNA COSA DEL GENERE FOSSE ANCHE SOLO PROPONIBILE. INFATTI NON LO E'.

ALLA FINE CREDO DI AVER PRESO LA DECISIONE PIU' GIUSTA. 

RICORDATEVI DI LASCIARMI UNA RECENSIONE.

BACI, ALIDA

Sonia1977: non sono riuscita a fare in fretta, mi dispiace ma il tempo a disposizione per scrivere si sta riducendo. Credo proprio che questa sarà l'ultima long-fic che posterò senza averla scritta prima tutta per intero, anche se questo significherà non prendere in considerazione i suggerimenti dei lettori. Bene, Hermione e Goyle sono arrivati da Harry, vediamo un pò come prenderà la notizia Harry e soprattutto Severus ...

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Capitolo 36
*** Amici ***


CAP 34

Anche quel pomeriggio Severus e Harry avevano deciso di trascorrerlo tra la grotta e la spiaggia ad esercitarsi su gli ultimi incantesimi rimasti, ovvero il Sectusempra, il Morsmordre e il Legillimens.

“Ci sono incantesimi di magia nera come il Morsmordre che non hanno più alcun senso” spiegava Severus “Quest’incantesimo veniva chiamato il Marchio nero e veniva riprodotto in cielo dai Mangiamorte per segnalare che lì era stata compiuta un’aggressione ai babbani, o anche ad altri maghi. Il marchio nero era la prova che il piano diabolico di Voldemort stava andando avanti”.

“Tu l’hai mai riprodotto?” domandò ingenuamente Harry.

Severus non amava parlare di quella parte della sua vita ma non poteva negare la verità ad Harry. “Sì, mi è capitato di riprodurlo, ma non ne vado per niente fiero”.

“E io devo imparare a riprodurlo?”.

“No, almeno non il marchio nero. Però dovrai riuscire a riprodurre un altro simbolo perché in ogni caso si tratta di questo: riprodurre un simbolo a cui si pensa fortemente. Il simbolo deve racchiudere un significato importante che dia la forza all’incantesimo stesso di riuscire”.

“Allora dobbiamo stabilire cosa far comparire” affermò euforico il bambino mettendo già in azione la sua immaginazione.

“Cosa ne dici se riproduciamo un animale?” propose Severus.

“Perché non riproduciamo un’ampolla?” domandò Harry sorridente.

“Se ti piace”.

“Sì, un’ampolla dal collo storto!” stabilì Harry.

“Bene. Devi avere in mente l’ampolla e allo stesso tempo ti devi concentrare sul significato che l’ampolla ha per te. Poi punta la bacchetta è pronuncia il nome del simbolo, in questo caso Ampollum”.

“Ampollum?” ripeté perplesso  il bambino.

“Non è mica una parolaccia” rispose Severus serio.

“Ma non sembra neanche una parola tanto seria” aggiunse ridendo.

“Infatti, figlio mio” rispose mezzo seccato l’altro “Sto cercando di non farti pesare troppo l’oscurità delle arti oscure”.

“Pardon, Messer Piton” disse facendo mezzo inchino il bambino .

“Ma che sfacciato!” lo riprese Severus che però non insistette perché Harry era praticamente piegato in due ridendo.

“Ti fa ridere così tanto la parola Ampollum?”.

Sentire nuovamente pronunciare la parola in questione causò un più forte attacco di risa da parte del bambino che ormai si rotolava a terra.

“Vuoi dirmi cosa c’è da ridere Harry?”.

“Ampollum! Ah, ah! Mi ricorda … mi ricorda il giorno di lezione in cui … in cui hai fatto l’elenco dei vari tipi di ampolle: Ampollum dorata, Rossa  Pipetem, Bollarius nero”.

Anche Severus naturalmente si ricordava quel giorno. Era stata una giornata tranquilla, gli studenti avevano preso appunti tutto il tempo perché lui aveva detto loro che quelle nozioni non erano presenti in nessun libro di testo. Adesso che ricordava, solo Harry era sembrato essere distratto.

“E che cosa c’è di tanto divertente da ricordare?”.

“Dimmelo tu” lo esortò, ridendo, il bambino “Ma tieni presente che la mia testa è collegata alla tua”.

Severus ci pensò su brevemente e si portò le mani al viso come per coprire la vergogna. “Dimmi che non è vero?” gli domandò Severus.

“Che cosa?” chiese Harry.

Severus si fece coraggio e cominciò a recitare: “Ampollum correva nel prato dorato, ed incontrò un Grifon dorato, assieme ad egli cadde nella stia, e le mutande volaron loro via …”

“ Pipetem saltava nel nero fossato, dove vivevan tre rossi Tassi, cadde su loro con cento sassi, si salvò solo un Tasso scassato …” continuò Harry

“Bollarius volava su un alber di pero, vicino a un Corvo nero, il ramo si ruppe e del nero Corvo, come del pero,  rimase solo il torso” concluse Severus che a quel punto cominciò a ridere di cuore.

“Questa unione comincia a piacermi molto” disse Harry riprendendo fiato.

“Anche a me, come no?” rispose sarcastico Severus. “Allora te la senti di provare l’incantesimo o cambiamo parola?”.

“No, va bene questa. Allora devo pensare all’ampolla e al suo utilizzo, puntare la bacchetta in cielo e ripetere il suo nome”.

“Benissimo. Quando sei pronto, fai pure”.

Harry si concentrò, puntò la bacchetta e dopo aver pronunciato l’incanto vide l’immagine dell’ampolla dorata dal collo storto comparire tra le nuvole.

“Notevole, figlio mio. Ci sei riuscito al primo tentativo”.

“Fantastico” disse soddisfatto Harry “Adesso ci mancano davvero pochi incantesimi. Vero, papà?”.

Improvvisamente il viso di Severus si fece cupo e il mezzo sorriso scomparve dalle sue labbra. Harry intuì che qualcosa non andava bene. “Papà, cosa c’è?”.

Severus tirò a sé il bambino. “Devi andare dritto a casa, Harry. Corri più veloce che puoi, ma non usare la magia”.

“No!”.

“Harry, per favore …”

“No, mi avevi promesso che non mi avresti lasciato mai da solo”.

Ancora una volta la disperazione di un possibile abbandono invase Harry che cominciò a tremare vistosamente. Severus lo tenne stretto per le braccia. “Calmati su, va bene, verrai con me ma devi promettermi che starai molto attento e sempre dietro di me”.

“Va bene” disse, ancora tremante, Harry “ma cosa succede?”.

“Quando siamo venuti qui, ho modificato la nostra casa di modo che diventasse una passaporta per chiunque cercasse di  entrarci.”

“Una passaporta?”.

“Esatto, Harry. Se qualcuno pronuncia l’indirizzo di casa nostra, ci arriva ma immediatamente viene trasportato in un’altra casa gemella alla nostra, di modo che pensi di essere giunto nel luogo esatto ma in realtà resti intrappolato in una casa senza uscita”.

“Papà, sei stato diabolico. Un vero Serpeverde”.

“Se era un complimento, ti ringrazio. Comunque, come vedi” disse estraendo una pietra argentata “Questa pietra in natura è gialla e diventa argentata solo se qualcuno usa la passaporta di cui ti ho parlato”.

“Vuoi dire che qualcuno ha cercato di entrare in casa nostra?”.

“Non qualcuno, Harry, solo qualcuno dotato di poteri magici poteva essere passare attraverso la passaporta, solo dei maghi o delle streghe”.

“E Jiulius?” chiese preoccupato Harry.

“Jiulius ha un permesso speciale per entrare e uscire liberamente dalla casa gemella”.

Harry lo guardò con aria interrogativa.

“Ero stanco di andarlo a recuperare nella casa finta quando ci si nascondeva dopo aver combinato una delle sue marachelle”.

“Sì, è un buon Serpeverde anche lui”.

“Comunque adesso devo andare a vedere chi è venuto a cercarci. Nessuno conosce questo indirizzo, neanche Silente e ho paura per te, perciò …”.

“Ho paura a stare da solo. E se poi ti succede qualcosa nella casa gemella come faccio a raggiungerti. Ti prego, papà portami con te”.

Hermione e Goyle si guardarono attorno e videro Jiulius che dopo un secondo di stupore saltò in braccio a Gregory.

“Jiulus” lo salutò Goyle.

“Siamo nel posto giusto, Greg. Se c’è Jiulius, ci deve essere anche Harry”.

“Sì, lo credo …” Greg si voltò su se stesso alla ricerca di qualcosa.

“Cosa c’è?” domandò Hermione.

“Qui manca qualcosa” continuò il Serpeverde.

Hermione guardò le pareti: erano senza finestre. Subito fecero un giro di perlustrazione in tutta la casa e in effetti non c’era neanche una finestra e a ben vedere non c’era neanche una porta che conducesse all’esterno.

“Da dove siamo entrati?” chiese la giovane Grifondoro.

“Da dove usciremo?” domandò il Serpeverde.

“Fosse per me non uscireste mai da qui!” urlò Piton facendo tremare i  due piccoli maghi, mentre Harry da dietro il mantello sorrideva compiaciuto: i suoi amici erano venuti a cercarlo.

Non fu semplice per Hermione e Gregory non farsi prendere dal panico quando tra le urla di Severus spuntarono le parole Espulsione, Azkaban e Ritiro della bacchetta. Naturalmente nessuna di queste minacce, se non la prima, poteva portare a conseguenze fattibili ma i due bambini rimasero comunque impressionati.

“Adesso vi riporterò subito ad Hogwarts” disse il professore.

“Veramente siamo tutti a Hogsmeade, professore” specificò Hermione.

Severus non credeva alle sue orecchie. “Certo, vi riporterò alla gita, e magari desidera anche dei dolcetti signorina Granger?”.

Il viso di Severus era livido dalla rabbia. “Ma vi rendete conto che avete solo undici anni e l’incantesimo che voi avete compiuto è troppo complesso per la vostra età. E se foste arrivati in un luogo diverso? E se vi foste sentiti male?”.

“Dovevamo rischiare” spiegò Goyle “Eravamo preoccupati per Harry”.

Il professore sospirò: questi ragazzi erano stati coraggiosi e lo erano stati per Harry, che ora se ne stava nella stanza accanto probabilmente con le orecchie attaccate alla porta per sentire meglio la conversazione.

“Harry sta meglio” disse Severus.

“Possiamo parlarci?” chiesero i due maghi.

“Certo” rispose esausto il professore “Ma solo per pochi minuti, dopo vi riporterò a Hogwarts”.

Gregory non era per niente felice di questo, così fece andare avanti Hermione e lui restò un attimo con Severus. “Severus …”.

“Come, prego?” disse il professore sentendosi dare del tu.

“Bhè, oggi ci sarebbe dovuto essere l’incontro informale tra lei e i Serpeverde e ho pensato di poterla chiamare per nome” spiegò il ragazzo.

“Hai tenuto il conto delle sedute?” domandò incuriosito Severus.

“Sì”.

“Sì?” replicò ancora l’insegnante.

“A me piaceva poter parlare con qualcuno che non mi tratti come se fossi … un po’ … come se non capissi quello che mi viene detto”.

Severus si rese conto, ancor di più,  di quanto quelle sedute fossero importanti per alcuni studenti, di ciò che stava negando loro assentandosi così a lungo assieme ad Harry. Nella sua vita, in questi ultimi anni non c’era stato Harry, ma tanti ragazzi come lui e come Gregory e si rese conto che proteggendo Harry in realtà stava anche voltando le spalle a tutti gli altri.

“Chiamami pure Severus, Gregory. E dimmi pure ciò che devi, prego”.

Gregory prese coraggio e guardando il pavimento disse: “Se i miei genitori dovessero sapere … forse non apprezzerebbero il mio comportamento. Io, però, sono felice di … sono felice che ci sia qualcuno … un amico … per il quale valga la pena rischiare”.

Ah! I ragazzi sapevano bene cosa fosse l’amicizia sincera, e lui sapeva bene quanta poca comprensione ci potesse essere in alcuni genitori. “Lo terrò a mente, Gregory. Adesso va pure da Harry”.

Goyle sorrise e immediatamente andò nella stanza del suo amico per poi uscirne dopo circa un quarto d’ora assieme a Hermione e Harry il quale si avvicinò al padre e domandò: “Papà, a che punto sono le mie lezioni private?”.

Severus sapeva bene qual era la domanda sottointesa, ma  non voleva essere come i genitori di Gregory e non voleva che Harry lo vedesse come Greg vedeva i suoi genitori: persone lontane, con le quali non era possibile ragionare o trovare un compromesso.

“Devi imparare ancora molto, ma sei a buon punto e penso che sia ora di tornare a casa”.

I tre maghetti strillarono dalla gioia e con loro Jiulius che li aiutò a preparare la valigia e si assicurò che tutto fosse in ordine prima di mettersi sulla spalla del suo padroncino. Severus li condusse ad una grande conchiglia sulla spiaggia che fungeva da passaporta e in un lampo si trovarono in una strada buia, dove l’odore era pessimo e si potevano sentire persone urlare.

“State vicini e seguitemi senza parlare” disse Severus che a passi svelti portò i bambini in una via più luminosa dalla quale poterono facilmente riconoscere il negozio di Mielandia.

“Siamo ad Hogsmeade!” esclamò Hermione incredula.

Gregory guardò con riconoscenza il suo insegnante e Severus gli diede una pacca sulla spalla. “Adesso andate. I vostri amici vi staranno aspettando. Io ed Harry andremo dritti ad Hogwarts”.

“Ma papà!” si lamentò Harry che non vedeva l’ora di riunirsi ai  suoi amici.

“Devo delle spiegazioni a Silente, Harry. E poi ho una faccenda in sospeso”.

“Va bene” lo assecondò Harry che ormai aveva occhi solo per il fantastico paesino che attorno a sé si muoveva magicamente.

CIAO A TUTTI,

GRAZIE A CHI LEGGE, A CHI RECENSISCE E A CHI CONTINUA A SEGUIRMI.

IL PROSSIMO CAPITOL O SARA’ L’ULTIMO.

TIRERO’ LE SOMME DI TUTTO CiO’ CHE HO LASCIATO IN SOSPESO. SPERO CHE ABBIATE LA BONTA’ DI SEGUIRMI. ANCORA GRAZIE, ALIDA

Sonia1977: Ciao cara, se non ci fossi tu come farei? Hai davvero avuto molta pazienza a seguirmi fin qui, ti ringrazio molto. Come vedi ho riportato Harry nel suo mondo, in fondo è un bambino, che è malvagio e non desidera diventarlo, perciò credo che gli incantesimi che non ha avuto modo di imparare ora possa impararli più avanti, inoltre venendo a conoscenza della gravità di alcuni incantesimi non credo che gli passi più per la testa di pronunciarli neanche per scherzo. Inoltre, scusa l’egoismo, mi rendo conto che questa ff non è scritta al meglio che lascia scoperti alcuni aspetti che invece andavano sviluppati meglio, e in questo particolare momento non ho l’energia per continuare a scrivere una storia a capitoli. Almeno non con la costanza e l’impegno con le quali ho scritto le altre mie long-fic. Ogni volta che scrivo mi sembra di star tradendo la mia creazione perché non posso dedicarle tutte le attenzioni che merita. Dopo questa long-fic mi dedicherò a qualcosa di più corto, ho alcune cose in sospeso … e anche questo non mi era mai capitato. E’ un periodo di cambiamento nella mia vita, in pratica come diceva il buon vecchio Silente: “E’ arrivato l’ora di scegliere tra ciò che è facile e ciò che è giusto”. Tra ciò che è giusto troverò sempre anche il tempo per le ff, ma ripeto una long-fic è un lavoro molto complesso. E inoltre, spero che vada avanti, ho anche un progetto di ff scritto a due mani … Ma perché scrivo a te tutto questo? Perché il tempo passa ma Sonia1977 c’è sempre! Baci, Alida

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Capitolo 37
*** Tirare le somme ***


CAPITOLO 35

Silente aveva atteso per settimane una nuova lettera di Severus che potesse spiegargli meglio il perché della frettolosa partenza, ma di sicuro non aveva preso in considerazione l’ipotesi di avere le risposte di persona; così quando si trovò davanti Severus ed Harry nel suo ufficio non riuscì a nascondere un pizzico di stupore.

“Che visita … inaspettata. Certamente piacevole miei cari” affermò il preside rivolgendosi ai due maghi “ma davvero inaspettata”. Poi rivolgendosi direttamente a Severus continuò: “Ho atteso una tua lettera ma presumo sia stato troppo impegnato per poter scrivere anche due righe ad un vecchio come me”.

Severus si sentì in colpa come solo Silente poteva farlo sentire. Il vecchio preside aveva tutte le ragioni del mondo, lui aveva promesso che gli avrebbe scritto, come del resto a Lucius, e invece lo aveva lasciato ormai due mesi senza alcuna notizia, nonostante ci fossero stati dei momenti nei quali davvero non aveva avuto niente da fare se non rintracciare uno scapestrato Jiulius perso nella piccolissima casa.

“Hai ragione, Albus, avrei potuto scrivere ma io e Harry avevamo bisogno di assoluto isolamento per conoscerci meglio e imparare a gestire la nostra affinità mentale”.

“Temo di non capire” affermò il preside guardandolo attraverso gli occhiali a mezzaluna.

“Io e mio padre abbiamo un legame particolare” spiegò Harry.

“Bene, quando vorrete parlarmene io sarò qui”.

-Benedetto Albus- pensò Severus –Mi stai dando una via di fuga?-.

“Del resto è bello che tra voi due ci sia un legame particolare, non conosco nessuno più speciale di voi”.

“Grazie, Albus, ma credo che questa volta sia meglio non rinviare le spiegazioni”.

Harry guardò il padre e cercò di dargli sostegno con lo sguardo, Severus sorrise e apprezzò il gesto. Poi si voltò verso il preside e raccontò di come Lily li avesse legate per sempre, di come Harry conoscesse incantesimi di magia oscura ma non la loro effettiva  pericolosità, del suo tentativo di insegnargli questi incantesimi in modo non aggressivo; di Cindy, per la quale non c’era più niente da far; di Lasny e Snyla per i quali sperava si potesse trovare un posto ad Hogwarts.

Quando Severus ebbe finito di parlare, Harry volle aggiungere qualcos’altro.

“Signor Preside, permette che dica anch’io una cosa?”.

“Certo, Harry, parla pure, ti ascolto con grande interesse”.

“Quando io sono arrivato ad Hogwarts non credevo di trovare tanti amici come invece è accaduto. Mi dispiacerebbe se loro pagassero un prezzo troppo alto per l’amicizia che mi hanno dimostrato”.

“Perché dovrebbe succedere?” domandò il preside.

“Pensavo che ci fossero delle conseguenze per il comportamento di Hermione e Gregory”.

Severus trasalì, aveva promesso al giovane Serpeverde che i suoi genitori non sarebbero stati informati ma se Silente avesse saputo ciò che era accaduto probabilmente si sarebbe sentito in dovere di avvisare i parenti dei ragazzi coinvolti.

“Professor Piton, ha dimenticato di dirmi qualcosa?” domandò Silente che non capiva a cosa si stesse riferendo Harry.

“Diciamo che il signor Goyle e la signorina Granger si sono smaterializzati da Hogsmeade al luogo in cui io ed Harry soggiornavamo”.

“Notevole, ma non particolarmente interessante” mentì Silente “Del resto il mio compito è quello di assicurarmi che gli studenti di Hogwarts siano sempre sotto il controllo di un insegnante e i ragazzi in questione sono semplicemente passati dall’essere sotto il controllo dei loro professori ad Hodsmeade a te Severus, che come tutti sappiamo sei a tutti gli effetti un docente di Hogwarts da molti anni”.

“Giusto!” esclamò Harry con tutta la sua ingenuità.

“Apprezzo il suo consenso” ribatté Silente “Adesso se non vi spiace avrei un impegno. E … Severus, se i piccoli Lasny e Snyla vorranno venire, informali che ad Hogwarts troveranno chi li accoglierà”.

Severus ringraziò per la disponibilità e dopo aver lasciato l’ufficio di Silente si diresse con il figlio alla guferia dalla quale inviò una lettera ai Folletti Flowers, che diceva pressappoco così: “Cari Lasny eSnyla, spero che questa mia lettera  vi arrivi al più presto. Ho trovato un posto adatto a voi, dove la magia regna sovrana e riempie di gioia e speranza ogni essere vivente. Qui troverete maghi, streghe, elfi, unicorni, centauri, draghi, ogni sorta di animali fantastici, piante magiche, quadri che parlano, scale che si muovono, troverete persone che vi sapranno amare. Questo luogo è Hogwarts: la più grande scuola di magia e stregoneria di tutta la Gran Bretagna. Io, Harry e Jiulius, speriamo di incontravi al più presto. Severus Piton”.

La sera non viene mai tutt’ad un tratto, prima il sole diventa serio e comincia a coprirsi di un velo grigio, poi i suoi raggi si ritirano e i piccioni, che immancabilmente girovagano nelle piazze, lasciano i lampioni per tornare nei loro rifugi.

Le strade si svuotano e i tacchi delle scarpe sull’asfalto avvisano i bambini che le loro mamme stanno rientrando, e le sorelle maggiori uscendo. Gli uomini, di solito, sono fermi: seduti su una panchina, su un muretto, sulla loro moto o macchina; alcuni sono in piedi fumando, altri sono in compagnia di amici.

Gli unici a muoversi incessantemente sono gli adolescenti, alla continua ricerca di novità e certezze.

Appostati davanti alla finestra, osservando un mondo che non è il loro, siedono tre uomini che desidererebbero tanto sentirsi adolescenti e invece sentono i loro anni schiacciargli le spalle e talvolta riescono a stento a respirare.

Tuttavia vanno avanti costruendo un po’ alla volta, da soli, le certezze di cui necessitano ma che il mondo non ha mai offerto loro.

“Allora hai deciso, Jerry? Sei proprio sicuro? Bada bene che Sirius non è la persona più semplice del mondo”.

Sirius guardò di traverso l’amico.

“Lo so bene” rispose Jerry.

“Ehi!” lo riprese scherzando Sirius.

“Però sono disposto a rischiare” continuò Jerry “E poi Sirius verrà a stare da me per poche settiamane”.

“Prima devo riuscire a vendere Grimmauld Place, e poi acquistare una nuova casa e traslocare”.

“Sei sicuro di voler vendere? Qua c’è tutto il tuo passato” chiese per la centesima Jerry.

“Sì, qua ho troppi ricordi che voglio dimenticare. E poi ciò che è importante è dentro il mio cuore non in una casa”.

“A me è sempre mancato il conforto di una casa” affermò Remus “Però credo che tu faccia bene a vendere, ti devi liberare di tutto ciò che ti fa sentire incapace di andare avanti, e questa casa ti ha sempre legato troppo ai tuoi errori e alle tue infelicità”.

“Sì, voglio venderla. Poi mi comprerò una casa molto più piccola, dove non devo passare il tempo a contare le stanze vuote”.

“Cosa hai deciso di fare con Harry?” chiese Remus “Vuoi tentare di riprendertelo?”.

“No, mi terrò informato su di lui, perché gli voglio bene. Quando sarà più grande magari mi rifarò vivo, se lui vorrà. Per ora  voglio che cresca felice e sereno. Per quanto sia possibile farlo con Mocciosus”.

“Sirius, non dovresti disprezzarlo. Sai come funziona il corso …” lo imbeccò Jerry.

“Sì, certo. Non scaricare sugli altri i nostri limiti e le nostre frustrazioni ma affrontarle un passo alla volta”.

Remus, pensando a Sirius immerso in quella nuova filosofia di vita,  rise, con quella sua risata leggera di quando era ragazzino,  che gli era rimasta addosso durante tutta la vita, nonostante tutta la sua vita.

Sirius lo osservò e rise dolcemente anche lui, di rimando anche Jerry abbozzò un sorriso delicato e poi tutti e tre continuarono a guardare verso la piazza di Grimmauld Place dove c’era ancora qualche piccione, per niente scoraggiato dall’arrivo del buio, che beccava con calma le ultime briciole di pane secco.

“Harry, è ora di andare a letto. Non vuoi andare nella tua stanza, probabilmente i tuoi compagni ti stanno aspettando” disse Severus .

“Non ti offendi se ti lascio solo?” chiese il bambino che come tutti i bambini credeva di essere il centro del mondo.

“Diciamo che per questa sera cercherò di sopravvivere al dispiacere” lo canzonò il padre.

Harry gli si avvicinò e lo abbracciò.

“A cosa devo questo abbraccio?” domandò Severus.

“E perché ti voglio bene” iniziò Harry. “Sai pensavo proprio che sarei diventato cattivo, più cattivo di Voldemort”.

Severus prese il viso di Harry tra le sue mani e chiese il perché di questo suo presentimento.

“Perché quando sono stato smistato tra i Serpeverde il Cappello Parlante ha detto –Serpeverde! Eccezionale Serpeverde- e io ho creduto che essendo stato Voldemort un Serpeverde ciò significasse che anch’io sarei stato cattivo”.

“No, non è così. Io credo che il Cappello Parlante ti abbia detto la verità. Tu sei un eccezionale Serpeverde perché pur avendo la voglia e le capacità per primeggiare su tutti, hai scelto di primeggiare assieme agli altri, di non usare le tue doti per schiacciare gli altri ma anzi hai scelto di comprenderle e imparare a gestirle proprio per non far loro del male. Hai deciso di dividere il gradino più alto del podio con i tuoi amici, per questo sei Eccesionale”.

“Ma tu non hai mai creduto che io volessi fare del male agli altri?”.

“Non lo ho mai creduto, però intuivo che tu avevi dei dubbi. Adesso però basta, vai dai tuoi amici e passa una bella serata”.

“Grazie papà. Buonanotte!”.

Harry andò via e Severus prima di coricarsi prese pergamena e calamaio e scrisse.

“Caro Lucius,

proprio questo pomeriggio sono tornato ad Hogwarts assieme ad Harry. So bene di non aver mantenuto la promessa di scriverti ma, tutto ciò che ho fatto, è stato nell’esclusivo interesse di Harry.

 Tra me e lui esiste una particolare unione che va al di là del rapporto padre e figlio, qualcosa che dovevamo imparare a gestire assieme.

  In pratica tra noi c’è un filo che permette ad Harry di possedere informazioni solo per il fatto che queste sono nella mia mente.

 Ti ricordi la filastrocca sulle ampolle che inventammo ad Hogwarts dopo che tu, già ubriaco,  mi convincesti a bere quella Burrobirra?  Ecco, senza che io gliela abbia insegnata, lui la conosce. Questo naturalmente è solo un esempio, però come tu stesso saprai nella mia mente ci sono anche cose che un bambino non dovrebbe mai conoscere.

Da qui l’esigenza di trascorrere un periodo assieme per schiarirci le idee.

Spero che tu non te la sia presa.

Con amicizia, Severus”.

La lettera fu inviata subito e l’indomani mattina era già arrivata la risposta.

Severus la lesse e ghignò. Già si immaginava Lucius che con curiosità e un pizzico di trepidazione leggeva la lettera che aveva aspettato per due mesi, e che poi orgogliosamente rispondeva:

“Caro Severus,

chi non muore si risente. Non condivido la tua scelta di raccontarmi tutto a cose fatte, ma sono felice che almeno tu abbia avuto la possibilità di agire nell’esclusivo interesse di tuo figlio riuscendo a rimanere onesto nelle azioni. Siamo amici e ciò non significa che devo essere presente in ogni momento della tua vita, ma  significa che sarò presente in qualsiasi momento tu vorrai.

Spero di vederti presto, Lucius.

P.S. Adesso che Harry conosce la filastrocca, mi sento libero di insegnarla anche a Draco.”.

Riprendere le lezioni con il professor Piton fu abbastanza traumatico per i ragazzi del primo anno che con Silente erano rimasti, parole di Piton in persona, “preoccupantemente  indietro nel programma”. Il danno era fatto ma ad ogni danno c’è un rimedio e questo consisteva nello studiare di più, stare maggiormente attenti, e restare concentrati.

Harry venne a conoscenza di tutto ciò che i suoi amici avevano fatto per contattarlo: il raid in camera dei gemelli Weasley, la pozione esplosiva, l’incursione nell’ufficio di Silente, i gufi che tornavano indietro, e infine la smaterializzazione.

Si sentiva la settimo cielo, non gli era mai capitato di sentirsi così amato se non da Severus e da Remus: era una bella sensazione che sperava non dovesse mai finire.

Quella sera nella sala comune dei Serpeverde, Severus esordì così davanti al primo anno: “Ragazze e ragazzi, devo dire che mi siete mancati molto”. La sala scoppiò in un grande applauso, indirizzato non solo al professore ma anche ad Harry che applaudiva in direzione del padre.

“Non solo perché non ho potuto seguirvi nei vostri studi ma perché non abbiamo avuto la possibilità di continuare i nostri incontri”.

I piccoli Serpeverdi acconsentirono con la testa.

“Perciò per rafforzare il nostro feeling ho pensato di presentarvi un nuovo questionario. Le domande sono quattro: Come avete trascorso questi due mesi? Quando avete iniziato a pensare che era il caso di cercare Harry? Come DIAVOLO è riuscito il signor Gregory Goyle a smaterializzarsi?”.

Sarah prese coraggio e domandò: “Quante righe abbiamo a disposizione per ogni risposta?”.

Severus sorrise apertamente e disse: “Righe? No, no! Da oggi niente più risposte scritte, voglio sentirlo dalle vostre voci”.

Goyle, Draco, Paul, Joel, Rosy, Isabelle e tutti gli altri si guardarono mormorando. Nessuno sapeva da dove iniziare e allora fu Dorian a prendere la parola: “Io mi sono preso cura dei gufi che tornavano con le lettere intercettate …”.

“Aspetta prima siamo entrati nell’ufficio del preside” lo interruppe Mark.

I ragazzi parlavano tutti assieme mentre Severus si divertiva nel vedere il loro entusiasmo. In disparte, Draco parlava con Harry.

“Sarei andato io nella camera dei gemelli Weasley ma non ero un Grifondoro. Sarei anche andato nell’ufficio di Silente e mi sarei anche smaterializzato se ci fossi riuscito, però …”.

Harry interruppe il suo amico e gli disse: “Non sempre riusciamo a fare ciò che vogliamo però sicuramente anche tu hai fatto la tua parte e per me sei il mio migliore amico anche così”.

Draco passò il suo braccio sulle spalle di Harry in segno di amicizia e con lui si diresse verso il resto del gruppo dove i loro compagni stavano raccontando, ad un incredulo Severus,  le avventure vissute.

Qualcuno però non sembrava tanto interessato alla storia: era Jiulius  che, se avesse potuto, avrebbe giurato di aver visto due piccole creature simili a dei folletti nascondersi sotto la grande poltrona in cui di solito riposavano i giocatori di Quidditch al loro rientro dalle partite.

ECCO QUI,

ANCHE QUESTA VOLTA SIAMO ARRIVATI ALLA FINE, PERCHE’ COM’E’ NOTO (E ME NE VANTO) IO NON LASCIO MAI STORIE INCOMPLETE.

CREDO CHE TUTTO SIA TORNATO AL SUO POSTO.

Vi ringrazio per le attenzioni che avete riservato alla mia ff,

ringrazio tutti:

CHI HA LETTO LA STORIA

CHI L’HA INSERITA TRA LE PREFERITE

CHI L’HA INSERITA TRA LE SEGUITE

CHI HA RECENSITO ALMENO UNA VOLTA

SONIA1977 CHE HA RECENSITO QUANDO PER ME ERA DIVENTATO DIFFICILE ESSERE COSTANTE, SPRONANDOMI AD ANDARE AVANTI: GRAZIE.

Questa storia era dedicata a Elfosnape che spero abbia apprezzato.

Una storia finisce e altre ne cominceranno, prima però porterò a termine due piccole raccolte che avevo iniziato.

RINGRAZIO ANCORA TUTTI PER L’ENORME COMPAGNIA CHE MI AVETE FATTO.

BACI,

ALLA PROSSIMA,

ALIDA

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