die Krähe

di Akrois
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 “Del corvo, del buon prete, della gelosia e degli impiccati” ***
Capitolo 2: *** 02 ***
Capitolo 3: *** 03 “Della fuga, dell’errore, del dolore.” ***



Capitolo 1
*** 01 “Del corvo, del buon prete, della gelosia e degli impiccati” ***


- Autore: Akrois
- Titolo: die Krähe
- Titolo del Capitolo: 01 “Del corvo, del buon prete, della gelosia e degli impiccati”

- Personaggi: Nord Italia (Feliciano Vargas), Germania (Ludwig Beilschmidt) –comparsa- Prussia (Gilbert Beilschmidt).

- Genere: Commedia triste si potrà dire? Storico.
- Rating: Arancione.
- Avvertimenti: AU, yaoi, OOC.

- Conteggio parole: 3.109
- Note: Una breve fic a capitoli (due, credo, Tre al massimo) in cui vi beccherete tutti i parti della mia mente malata.

Beh, sicuramente non malata come quello che ha disegnato Hello Mussolini (Hello Kitty conciato a Mussolini. Roba da incubi O.O). Ah, ho appioppato un grado a Gilbert, più che altro per distinguere tutti quei “Herr Beilschmidt” ù.ù Non mi ricordo qual è la traduzione di quel grado. Voi guardate su google. *non ho voglia di mettere notizie e link mode: ON*. Ah, lo shirmuetze è il cappellino standard che portavano nelle divise. Questo tanto per capirci.

Ah, Feliciano è OOC. Mi sono spesso chiesta come sarebbe Hetalia se lui non fosse così patologicamente tonto. Se fosse più calcolato, falso, potremmo dire. Uno che ride allegro ma può benissimo essere cattivo quando necessario. Boh, questo è quello che ne è uscito: il mio personale Feliciano. Un filino più profondo di una pozzanghera, almeno.

 

 

 

01

“Del corvo, del buon prete, della gelosia e degli impiccati.”

 

 

 

 

Fissa gli occhi neri del corvo in silenzio. Lo segue mentre muove quella testa di piume quasi bluastre sotto la luna.

I corvi non gli sono mai piaciuti. Si ricorda di quando sua nonna diceva che i corvi portano sfortuna, che quando li vedi di sicuro capitano le disgrazie. Non che ci creda, eh. È solo che si fida poco.

Cerca di distogliere gli occhi, ma un secco gracchiare del corvo riporta la sua attenzione su di lui. Spera che nessuno lo veda, anche perché osservare un corvo per più di venti minuti di fila è di certo un rapido sistema per farsi deportare come malato mentale.

Il corvo gracchia di nuovo, ma questa volta un leggero fischio accompagna quel suono disarmonico. Riconosce subito quel motivetto allegro e stupidotto che proviene da dietro di lui. Si volta lentamente, incontrando un ragazzo sorridente. Lo vede fischiettare mentre si dondola sui piedi, con le mani dietro la schiena e la cartella di pelle marrone che rimbalza sul sedere. Solo quando finisce il motivetto si ferma, lo guarda e sorride.

-Herr Beilschmidt, cosa state facendo, di grazia?- domanda il ragazzo avvicinandosi a lui con due rapide falcate, chinandosi a osservare il corvo – Oh, cielo, sapevo di essere in ritardo, ma non credevo che questa poca attesa vi avesse portato alla follia.- dice voltandosi verso di lui. L’uomo sospira, togliendosi il capello e passandosi una mano fra i sottili capelli biondi – Smettetela, Herr Vargas. Sapete benissimo che non sono pazzo.

Il ragazzo ride, passando le braccia sottili attorno al braccio muscoloso del biondo, lanciando poi un’occhiata generale al suo abbigliamento – Perdonatemi, Herr Beilschmidt, ma per quanto io creda nel fascino dell’uomo in uniforme vorrei pregarvi di non venire da me con questa – muove la testa dal basso all’alto e poi dall’alto al basso, storcendo la bocca – err… Roba? Non saprei come definirla.

- Divisa credo sia il termine più appropriato, Herr Vargas.- il biondo si sistema lo shirmuetze sul capo, facendo scivolare le dita sulla pelle nera della visiera – Questa divisa rappresenta il mio orgoglio di nazionalsocialista, Herr Vargas, chiedermi di privarmene sarebbe eccessivo. Inoltre ho appena finito il mio turno e non sono riuscito a cambiarmi.- aggiunge con un sorriso. L’italiano ridacchia coprendosi la bocca con la mano (e il biondo deglutisce perché adora quel gesto, delicato e femminile ma che non stona assolutamente sul ragazzo. Sarà per il viso delicato o le mani piccole, ma sembra un gesto perfetto per lui.), stringendosi appena di più al suo braccio – Benissimo, Herr Beilschmidt, ma cosa ne direbbe se io trovassi un modo molto convincente di farle togliere questo funereo abbigliamento?- l’uomo arrossì leggermente – Oppure preferisce star qui a fissare il corvo?- l’italiano si volta per cercare il corvo, ma il volatile sembrava aver deciso di non gradire d’essere bellamente ignorato e si era dileguato mentre loro parlavano –Oh, perfetto! Vede, ora non c’è neanche il corvo- cinguetta l’italiano, dondolandosi di nuovo – quindi siete costretto a venire a casa con me, Herr Beilschmidt!~♥- l’uomo sorride, poggiandogli una mano sul capo, arruffando i capelli castani.

Parlano piano, i due uomini nella notte, scivolando di ombra in ombra, mescolandosi con esse. Il ragazzo sorride e chiacchiera, raccontando la sua giornata al locale, raccontando della gente che ha incontrato, di quello che ha fatto e sentito. Specialmente di quello che ha sentito.

- Credo che se voi della Gestapo mettesse le vostre spie nei bar, nei ristoranti e dalle parrucchiere risparmiereste un sacco di tempo e denaro, non credete?- dice cercando le chiavi di casa nel fondo della cartella, ruspando con le mani fra gli oggetti di vario tipo abbandonato nella borsa. Fazzoletto, portafogli, cerini, orologio da taschino dell’Herr Beilschmidt (un furto d’amore, si potrebbe dire), un mestolo…

Un secondo, cosa diavolo ci faceva un mestolo nella sua borsa?

Mah, una delle tante domande alla quale non è necessario dare risposta. – Credo che spenderemmo molto più tempo e denaro solo per filtrare le chiacchiere inutili da quelle utili.- dice il biondo, osservando il ragazzo infilare la chiave nella toppa – Ma anche no!- esclama il moretto sorridendo e aprendo la porta – Sapete cosa diceva la signora Schmidt che vive in fondo alla via? Che la sorella della vicina del suo fornaio nasconde degli ebrei. Insomma, fossi in voi controllerei, Herr Beilschmidt, non si sa mai che non vi diano un aumento di paga o una bella vacanza.- dice l’italiano chiudendogli la porta alle spalle. L’uomo sorride – Una bella vacanza da passare dove?- domanda avvicinandosi al ragazzo – E con chi, soprattutto?- sussurra sul suo viso, sfiorando le labbra carnose con i polpastrelli – Con te, Feliciano?

L’italiano sorride, allacciandogli le braccia attorno al bacino – Il posto… mio fratello dice che la Sicilia è meravigliosa in questo periodo, Ludwig- chioccia sorridendo – e la compagnia… Oh, io chiaramente! E si andrà in un paese lontano da quello di mio fratello, vorrei che si mettesse in mezzo il meno possibile ~.- ridono assieme, Feliciano che gli sale sui piedi (è troppo leggero per fargli male) e si stringe più a lui, lasciandolo guidare come fanno i papà quando ballano con le figlie.

Lo porta fino alla stanza da letto, baciandolo senza sosta. Lo butta sul materasso, odiando quel rumore di molle assordante. Vede le mani di Feliciano infilarsi tra le pieghe della divisa, sbottonando magistralmente bottoni e aprendo cinture in poche rapide mosse. Osserva rapito il volto suo delicato, l’aria serena e il sorriso sulle labbra rosee - Te l’avevo detto che avrei trovato un metodo per farti togliere la divisa, Ludwig.- dice l’italiano, aiutandolo a sfilarsi la giacca. Ludwig si toglie lo shirmuetze, buttandolo con poca attenzione in giro per la stanza, stesso destino tocca poi alla giacca, alla cravatta e alla camicia.

Feliciano lo fissa sorridendo e si lecca le labbra, pregustando il piacere che quello spettacolo di ariana bellezza gli donerà da lì a poco.

 

 

 

 

 

 

 

 

- Mi maledisse.

- Chi?

- Il buon prete.- Feliciano si stringe le gambe al petto, osservando fuori della finestra socchiusa. Ludwig riesce a percepire i suoi movimenti solo per il volteggiare della luce della sigaretta accesa nel buio. Lo vede avvicinare il bocchino al viso e aspirare lentamente (quel bocchino glie lo ha regalato lui. È d’avorio e argento cesellato. Ci sono anche il suo nome e quello di Feliciano incisi, abilmente nascosti fra i ghirigori) – Mi maledisse, chiamandomi demonio e depravato. Mi disse anche che non mi voleva mai più vedere a messa per tutti i motivi già elencati e altri che non ricordo esattamente.

- Quando? E perché?- Ludwig si puntella con il gomito, allungando una mano per chiedere un tiro. Feliciano gli porge la sigaretta, poggiandogliela direttamente sulle labbra. – Avevo- si ferma, tamburellandosi sul ginocchio con le dita – quattordici, quindici anni, credo. Ero ai tempi delle prime esperienze. E lui mi beccò proprio in mezzo ad una di queste prime esperienze.- si porta di nuovo la sigaretta alla bocca. Ludwig si sistema fra le coperte, sistemando il cuscino in modo tale da potersi voltare verso Feliciano senza sforzare il braccio (è stanco, in fondo) – Prime esperienze?-, - Esattamente. Insomma, mi portò in chiesa per un orecchio, minacciandomi di dirlo ai miei genitori.- ridacchia – Dovresti sentire come piangevo, come lo supplicavo di non dire nulla ai miei genitori! Povera madre e povero padre, che choc sarebbe stato per loro. - butta un po’ di cenere nel lucido posacenere di cristallo (altro regalo di Ludwig) e inspira di nuovo. Ludwig resta in silenzio, ascoltando attento – Mi sbatte davanti al crocefisso e mi urla di pregare, pregare, pregare per la mia sordida anima di peccatore.- gli porge la sigaretta, permettendogli un altro tiro – E io che potevo fare? Prego, prego e prego e non mi accorgo mica che quel buon prete; bada, il prete che mi ha battezzato, comunicato e cresimato! Mica uno qualunque; mi sta spingendo con la testa contro il pavimento.- Ludwig quasi si strozza col fumo – Tutto bene Ludwig? Aspira piano, altrimenti ti va di traverso il fumo. - dice Feliciano prima di aspirare a sua volta, notando con uno sbuffo che la sigaretta sta per finire – Comunque, il prete mi sbatte a terra, gridando che ci avrebbe pensato lui a purificare la mia anima e se volevo che non dicesse nulla ai miei genitori dovevo stare zitto e fare quello che mi diceva.

Ludwig apre e chiude la bocca, gli occhi strabuzzati e il viso cereo. Feliciano prede un’altra sigaretta dal pacchetto, spegnendo quel poco che restava di quella appena fumata nel posacenere.

- Quindi mi abbassa i pantaloni, dicendo che in fondo era un favore che faceva a me, piccolo peccatore, lui che era l’intercessore di Dio. - accende la sigaretta, aspira un po’ di fumo e sorride – Capirai, neanche capivo cosa stava succedendo. Insomma, saranno anche state le mie prime esperienze, ma non ero mai arrivato sotto il collo di nessuno io. - Ludwig allunga una mano e stringe il suo gomito. Gli occhi azzurri luccicano nell’oscurità per il furore e l’indignazione – Insomma, il buon prete fa quello che vuole con tutta la calma del mondo, per giunta riempiendomi d’insulti e poi se ne va. Giuro, pensavo di morire in quel momento.- Feliciano sorride, come divertito da se stesso – Stavo perdendo un casino di sangue, il buon prete non mi aveva neanche preparato decentemente! Mi alzo in piedi, tirandomi su i pantaloncini ed esco barcollando dalla chiesa. Pochi metri dopo incontro lui. -

- Lui chi?

- Il francese.

- Quale francese?

- La mia prima esperienza.- dice Feliciano – Un francese alto e biondo, sui ventitré. Molto bello e gentile. Un turista, diciamo, sfondo di soldi.- la stretta di Ludwig si fa’ appena più forte – All’inizio voleva solo che stessi con lui per chiacchierare. Mi offriva la merenda, un succo, un gelato… Cose così. Quando mi chiese qualcosa di più mi dissi che andava bene, che lui era gentile che inoltre mi piaceva molto. - la lucina della sigaretta si muove in qua e in là – Era qualcosa tipo il mio primo amore, sai? Un turista francese pieno di soldi, gentile, mangia donne e colto come pochi. - Ludwig lo guarda storto, forse irritato dall’aria nostalgica della sua voce – Comunque, torniamo alla storia. Allora, questo francese mi viene incontro, chiamandomi: non mi dimenticherò mai come mi chiamava “Felisén, Felisén!” con quell’aria spaventata sulla faccia. Mi prende in braccio e mi bacia sul viso, mi carezza i capelli, mormora il mio nome. Mi chiede cosa mi ha fatto il buon prete ed io scoppio a piangere. - soffia una nuvoletta di fumo perlaceo nel buio – Non gli ci vuole molto per capire cosa mi è successo. Mi dice che mi vendicherà, che ammazzerà quel prete schifoso per quello che aveva fatto. Io gli dico di no, no, per carità! Ora era tutto a posto, dovevo solo stare zitto e il buon prete non avrebbe detto nulla. Poi...-

- Poi?

- Oh, mi portò nel suo albergo.

- E cosa fece?

- Mi mise sul letto- dice Feliciano sorridendo, passandogli una mano fra i capelli – mi baciò sulle labbra- Ludwig s’irrigidisce – e mi lasciò dormire per quanto tempo volevo. Quando mi svegliai trovai gelato e dolci per venticinque e un gattino bianco tutto per me. – Ludwig si rilassò lentamente.

- Ti voleva bene quel francese.

- Oh, mi voleva bene come se ne vuole a un animaletto carino e fragile trovato sulla spiaggia. Solo che in quel momento ero un animaletto ferito, da curare. Chissà quanto si divertì per tutto quel mese, curandomi e vezzeggiandomi.-

- Che fine ha fatto?

- Stava in Francia quando voi tedeschi avete dimostrato che la Linea Maginot come difesa è utile come un filo per stendere il bucato. Credo che abbia fatto una brutta fine. Non ho più ricevuto sue lettere.

Feliciano poggiò la sigaretta e relativo bocchino sul posacenere, infilandosi nelle coperte con la fronte poggiata a quella di Ludwig – Ti voglio bene.

- Sì, anch’io.

- No, non come credi tu. Ti voglio bene molto di più.

- Cioè?

- Ti amo, Ludwig.

Ludwig arrossisce, sorride, lo abbraccia. Affonda il viso su quella spalla, inalando l’odore forte di colonia e stringe a se il corpo magro (vedendolo nudo aveva capito perché diceva di essere stato riformato per insufficienza toracica.). Si sposta sopra di lui, puntellandosi con le braccia, osservando il viso sorridente. Feliciano gli passa le mani dietro al collo (sente qualche granello di cenere che gli cade sulla pelle, ma non ci fa troppo caso), si solleva e lo bacia sulle labbra – Abbiamo tempo?- sussurra l’italiano strofinando il naso sul suo collo – Sì. Ancora un’oretta prima delle quattro.-

- Sarai distrutto domani al lavoro.- dice Feliciano sorridendo, cercando a tentoni il posacenere e poggiandoci la sigaretta – Ah, aspetta, ho un’ultima cosa da dire. Poi possiamo divertirci.

- Cosa?

- Che in fondo sono grato a quel francese-, gli carezza i capelli con gentilezza, muovendo le gambe sotto di lui – che mi ha insegnato ad amare senza pensare. Soprattutto mi ha insegnato a ridere sul ricordo buon prete.

Ludwig annuisce e lo bacia. Se Feliciano è così per merito di quel francese, pensa spingendosi dentro di lui, allora anch’io lo ringrazio.

 

 

 

 

 

 

 

Si chiede sempre perché quando c’è suo fratello il loro tavolo si riempie di belle ragazze (e anche qualche ragazzo, ma più che altro sono interessati alle fanciulle). Forse perché una divisa graduata dei servizi segreti attira, ma due sono come carne fresca per gli squali e non è che il fratello faccia molto per cacciare via le ragazze.

Anche perché ormai quasi nessuno ha più voglia di ascoltare le meravigliose avventure di suo fratello, quindi questo ha bisogno sempre di pubblico fresco: e quelle ragazzine sembrano credere veramente alle sue bugie, tipo quando ha salvato il Führer o quando Himmler in persona gli ha stretto la mano (“e mi ha dato questa croce di ferro qua. Già, proprio questa, presa direttamente dalla sua divisa, signorine!”.) Magari quella della croce di ferro è vera (anche se dubita che Himmler gli abbia dato la sua) ma quella sul Führer sa di balla a chilometri di distanza.

- Largo, mie belle ochette, il vostro barista deve consegnare il carburante per questi bei fanciulli ~♥- chioccia la vocina allegra di Feliciano, mentre la sua figura snella si fa largo fra le giovincelle in abito da sera. Ludwig si ferma incantato a osservarlo (per la cento milionesima volta, probabilmente), mentre sorridendo si avvicina a loro, fasciato da un gilet nero e con le lunghe gambe coperte dai pantaloni neri. – Herr Vargas!- esclama suo fratello, dipingendosi un sorriso a trentadue denti sul viso (Ludwig sa bene che il suo caro fratello non nasconderà mai un certo debole per l’italiano. Sebbene la cosa lo faccia rosicare un po’.) – Buonasera!Venite, venite, sedetevi con noi!- Feliciano sorride, poggiando i due bicchieri e la bottiglia di acquavite sul tavolo – Sono spiacente, Herr Hauptsturmführer Beilschmidt, ma il dovere mi chiama, mi reclama e mi ama.- dice Feliciano ridacchiando, lasciando che suo fratello gli stringa la mano fra le sue e baci le dita bianche – Mi sentirò offeso, sappiatelo Herr Vargas.- dice Gilbert sorridendo – La prossima volta vi voglio tutto per me per una bella bevuta. Non avete neanche finito di tradurmi il 5 Maggio!- Feliciano sorride – Ma Herr Hauptsturmführer Beilschmidt, ci vorranno ancora ore per tradurlo tutto. E comunque, ho bisogno un attimo di vostro fratello. – dice tirando leggermente Ludwig per un braccio – Cosa? E a cosa potrà esservi utile mio fratello, Herr Vargas?- esclama Gilbert, ridendo allegro – È buono solo per aprir barattoli!-.

- Esatto Herr Hauptsturmführer Beilschmidt- annuisce Feliciano – non aprire barattoli, ma una cosa simile: ho delle casse da spostare, ma sono deboluccio e non ci riesco, quindi mi chiedevo se vostro fratello potesse aiutarmi. -. Feliciano non fa’ neanche in tempo a finire la frase che Ludwig è già in piedi. Il tedesco lo segue rapido, dopo aver lanciato un saluto al fratello.

Lo vede scomparire e ricomparire tra la folla in abiti variopinti e divise, andando in palla di tanto in tanto.

Alla fine riesce ad arrivare al magazzino e, guardandosi attorno, nota che non ci sono casse là dentro – Herr Vargas - prova a dire (voleva veramente chiedergli perché l’aveva chiamato là se non c’erano casse), ma l’italiano lo porta contro il muro, afferrandolo per la nuca e baciandolo con foga. Resta spiazzato per un po’, ma risponde al bacio, infilando poi una gamba muscolosa fra le sue, riuscendo persino a sollevarlo leggermente verso di sé.

- A cosa devo quest’irruenza, Herr Vargas?- domanda prima di leccarsi le labbra con un sorriso. Feliciano mette su il più grazioso dei bronci – Quelle ragazzette- bofonchia – mi dà fastidio che vi stiano a volteggiare attorno come uccelli nel periodo degli amori.- Ludwig ridacchia, baciandolo sulla fronte e sugli zigomi – Quindi è per questo che mi avete sequestrato dal tavolo del mio povero fratello?

- Uhm, credo che il caro Gilbert non si sentirà affatto solo, con tutte quelle belle gallinelle che pendono dalle sue labbra.

- Anche se credo che lui avrebbe gradito avere la vostra compagnia.

- Ma io sono qui con voi. Vi dispiace?

- Per niente. - Ludwig sente le mani dell’italiano scendere ai suoi pantaloni, infilandosi rapide sotto la stoffa – Ne avete voglia?-, Feliciano annuisce – Sì.

- Qui?

- Qui.

- Adesso?

- Adesso.

- Contro il muro o là sul tavolino?

- Tavolino, direi.

- In fretta?

- Non troppa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gilbert grida qualcosa, intimando ai due di seguirlo. Né Ludwig né Feliciano lo sentono o se lo filano di pezza, ma Gilbert è troppo ubriaco per rendersene conto. È troppo ubriaco per rendersi conto di qualunque cosa, in fondo. Feliciano stringe la mano di Ludwig nella propria. Lo guarda e sorride, poi torna a guardare Gilbert che balletta dieci metri avanti a loro.

- Feliciano~- chiama Gilbert, indicando con la mano non molto stabile un punto non ben precisato della piazza – guarda, ci sono dei fichi maturi!

C’è da chiederci cosa mai abbia convinto Gilbert che quelli davanti a lui siano proprio fichi maturi. Feliciano si volta, e il sorriso muore all’istante sulle sue labbra. La stretta sulla mano di Ludwig si fa appena più forte.

- Ludwig?

- Sì?

- Perché quegli uomini sono stati impiccati?- Ludwig lo guarda, notando che trema al suo fianco. La sua mano si stringe convulsamente alla sua, mentre il viso si tende in una leggera smorfia.

- Perché se lo meritavano.- dice cercando di calmarlo, mentre Gilbert bercia più in là.

- Se lo meritavano. Già. – Feliciano lascia la sua mano e corre vero Gilbert. Ludwig guarda lui e poi gli impiccati, facendosi scivolare nuovamente sulla lingua “Se lo meritavano”.

Segue di corsa Feliciano, ritrovandosi a chiedersi per quale motivo se lo meritavano.

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** 02 ***


- Autore: Akrois
- Titolo: die Krähe
- Titolo del Capitolo: 02

- Personaggi: Nord Italia (Feliciano Vargas), Germania (Ludwig Beilschmidt).

- Genere: Triste, Sentimentale, Storico
- Rating: Arancione.
- Avvertimenti: AU, shonen-ai, OOC.

- Conteggio parole: 947
- Note: Come credo si sia intuito, questa fic non segue tutte le giornate dei nostri protagonisti, ma stralci di situazioni varie. Non temete, ha una trama xD

Bene, il periodo storico è più o meno preciso: 1940-41.

Località: la cara vecchia Berlino *-*

Altra nota: il prossimo capitolo sarà l’ultimo *-*

 

 

 

 

02

Delle brave donne, dei fiori, delle divise e della loro gioia.

 

 

 

 

 

 

- Posso chiedervi una cosa, Herr Beilschmidt?- domanda Feliciano camminandogli al fianco, una cassa di vino rosso fresco fresco di mercato nero che traballa fra le braccia sottili – Ditemi, Herr Vargas.

- Dove la portate la gente?

Ludwig si blocca, fissando poi il ragazzo moro avvolto dalla luce rosso-bluatra del crepuscolo. Dove li portano? Ecco, questa è una domanda interessante e soprattutto una domanda alla quale lui non è autorizzato a rispondere. Insomma, sono cose del partito, non sono divulgabili, sono segrete. – In un posto migliore, Herr Vargas.-

Non è che abbia mentito più di tanto. Dopo andavano sicuramente in un posto migliore.

 

 

 

 

Dovevano mettersi d’accordo per degli orari decenti. O dei posti d’incontro migliori. Insomma, era almeno la quarta volta che allontanava (con più o meno gentilezza) una signorina. Insomma, non era proprio facile spiegare a tutte quelle signorine che aspettava qualcuno (tanto valeva mettersi un cartello al collo con scritto “State alla larga, sono gay.”, ma forse non avrebbe sortito effetto alcuno).

Però, dovette ammettere gongolando, questo significava che anche senza la divisa aveva un certo fascino, suvvia.

Dovette anche ammettere a se stesso che quando la figura di Feliciano comparve nell’oscurità si sentì molto felice.

- Herr…!- fu in procinto di gridare il nome dell’altro ma si bloccò in tempo: mettersi a sbraitare nome e cognome della persona che s’incontra a un’ora equivoca in un luogo equivoco poteva dar luogo a situazioni equivoche. E pericolose. Molto pericolose.

Feliciano gli si avvicina sorridente – Andiamo?- chiede prendendogli la mano. – Sapete, non indovinerete mai cosa mi è capitato.- dice Ludwig quasi sorridendo – Posso solo immaginare.- borbotta Feliciano guardandosi attorno – Ma vi posso giurare che non vi darò mai più appuntamenti nella zona delle prostitute.

Ludwig ammutolisce e abbassa il capo.

 

 

 

 

 

Feliciano canticchia una melodia, sistemando dei fiori in un vaso di cristallo. Ludwig si siede sul letto, la schiena contro la testiera d’ottone, osservandolo incuriosito – Che cosa stai facendo?

- Sistemo i fiori, non si vede?

- Chi te li ha regalati?- chiede Ludwig, prendendo dal comodino il pacchetto di sigarette – Un cliente.

- Chi?- domanda Ludwig, spezzano il cerino nel tentativo di accenderlo – Uno spagnolo. È molto simpatico, sai?- secondo cerino spezzato – Dice che conosce mio fratello.- terzo cerino spezzato – E che gli piace molto mio fratello. – Ludwig tira un sospiro, tentando di accendere il quarto cerino – E anch’io. - quarto cerino spezzato.

Feliciano si volta guardando accigliato il mucchietto di cerini spezzati che si sta formando sulle lenzuola, camminando con calma fino al letto. Prende una mano di Ludwig, guidandolo verso la striscia abrasiva della scatola dei cerini.

Un colpo secco e via, la fiamma brucia con il liberarsi della puzza di zolfo. Ludwig guarda il cerino e poi Feliciano, accendendosi la sigaretta con aria incerta. Feliciano resta in piedi, attendendo che lui faccia il primo tiro.

Appena lo vede, gli toglie la sigaretta dalle dita, chinandosi a baciarlo. Ludwig chiude gli occhi, prendendo il viso dell’italiano fra le mani e sorriderebbe pure se non fosse così impegnato in quel bacio.

Quando Feliciano si separa da lui Ludwig può vedere un filo di fumo fra la propria bocca e la sua – Geloso?- domanda Feliciano sorridendo.

- Per niente. – sbotta lui. Feliciano ride, abbracciandolo e baciandolo.

 

 

 

 

 

 

Ludwig ciondola qua e là per i corridoi, rigirandosi fra le dita un paio di manette. Era stata davvero una bella idea quella di seguire il consiglio di Feliciano e fare irruzione nella casa di quella tizia.

C’erano davvero degli ebrei nascosti là. E così lui si era guadagnato il suo meritato periodo di ferie come premio per lo splendido lavoro fatto.

Fischiettò una musichetta allegra, pensando a dove sarebbe potuto andare in quei quindici giorni liberi. Magari avrebbe potuto seguire il consiglio di Feliciano e andare davvero in Sicilia. Gli avevano parlato male dei siculi, ma se erano tutti come Feliciano non c’era da preoccuparsi, no?

Avrebbe lasciato a lui l’onere e l’onore di scegliere il posto in cui andare ad alloggiare, ma vorrebbe un posto di mare, magari una casetta bianca sulla spiaggia senza persone nei paraggi. Sì, un casale isolato sarebbe perfetto.

Si volta irritato verso una porta grigiastra dalla quale provengono delle urla. Ci batte una mano contro, - Fate meno rumore!- sbraita inviperito. Oh, davvero, non li sopporta quando urlano.

 

 

 

 

 

Feliciano soffia una nuvoletta di fumo, osservando con un sorriso i disegni che si formano nell’aria. Si passa una mano fra i capelli castani, allargando il sorriso. Si rotolerebbe tra le coperte se non avesse quella sigaretta accesa fra le mani.

Il letto è ancora caldo di Ludwig e lui stesso sente ancora addosso il calore del tedesco. Il suo profumo riempie la stanza e sembra non volersene andare mai più. Feliciano si porta le mani al viso rosso, sorridendo troppo allegro. Si sente come una ragazzina alla prima cotta e la sensazione è adorabile.

Sente qualcuno che bussa alla porta. Una voce chiede di entrare. Feliciano poggia la sigaretta sul posacenere e saltella qua e là per la stanza, raccattando il minimo sindacale di vestiario per non offendere il pubblico pudore e corre alla porta.

Magari è Ludwig. Magari è Ludwig che è uscito prima dal lavoro e può venire con lui ad aprire il locale.

O magari è lo spagnolo. O Gilbert. O magari tutti e tre insieme. Gongola aprendo la porta.

Due uomini in divisa lo guardano silenziosi. Feliciano alza lo sguardo, incrociando gli occhi di uno dei due.

Riconosce quella divisa, è la stessa di Ludwig. Certo che è proprio brutta come divisa.

- Siete pregato di seguirci, Herr Vargas.- è sempre triste accorgersi di come “buongiorno” non sia più di moda. Fa un passo avanti e chiude la porta alle sue spalle.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** 03 “Della fuga, dell’errore, del dolore.” ***


- Autore: Akrois
- Titolo:  die Krähe
- Titolo del Capitolo:  03 “Della fuga, dell’errore, del dolore.”

- Personaggi:

- Genere: Triste, Sentimentale, Storico.
- Rating: giallo.
- Avvertimenti: One-short, AU.

- Conteggio parole:  349
- Note: Ultimo capitolo. Anche se a notare i commenti ho sconvolto tutte le mie lettrici con questa storia dei “tre capitoli” xD purtroppo non ce la faccio a farla durare di più ç.ç mi sembrerebbe di allungare troppo il brodo, comprendetemi ç.ç

AH, una nota: sì, in effetti mi piacerebbe svilupparla come originale (*-*). In realtà il mio desiderio sarebbe vedere un film su una storia simile. Non proprio la mia, ma comunque una storia così. Solo io penso che sarebbe davvero un bel film?

Comunque questo capitolo è una merda. Non mi piace il finale. Ed è troppo drammatico. Sembra il tipico finale giapponese (avete presente quando tutto và male? Peggio.).

Tschau: è la forma germanizzata di “Ciao”.

Julleuchter : è un candelabro rituale che veniva dato agli uomini delle SS per il solstizio d’inverno.

 

 

 

 

03

Della fuga, dell’errore, del dolore.

 

 

 

Chiude gli occhi. Inspira. Espira.

Bene, i polmoni vanno. Apre lentamente gli occhi, aspettando che essi si abituino al buio, cercando di definire i contorni della cella.

Si puntella al muro dietro di sé ignorando il dolore alle braccia e alle spalle, alzandosi molto lentamente. Riesce a sentire il calore del sangue che cola lungo le gambe nude, gocciolando a terra. C’è anche altro che macchia le sue gambe, ma è meglio che non ci pensa.

Mettersi dritto non gli mai sembrato così difficile, nemmeno quando lui e Ludwig sono sbronzi e cercano di tenersi su a vicenda e invece cadono a terra come idioti e ridono e si baciano e…

No, non deve pensare a Ludwig. Sicuramente quei tizzi là sono in grado di leggere il suo nome nei suoi pensieri e lui non ha sopportato una settimana di tutto quello per fargli sapere il suo nome così facilmente.

 

 

 

 

Suona di nuovo il campanello. Bussa alla porta. Suona il campanello. Bussa alla porta. Campanello. Porta.

Bestemmia.

Sbatte il pugno con forza contro la porta, sbraitando ingiurie contro Feliciano cheèdaunasettimanachequellostronzoèsparitoenonglihadettonullasaràandatoadivertirsiconlospagnoloneèsicuro.

Si volta furibondo, marciando fuori dell’edificio con gran clangore degli stivali chiodati. La sua tanto agognata vacanza sta andando a farsi fottere per colpa di Feliciano e la cosa lo fa giustamente imbestialire.

Sbraita qualcosa al portiere dell’edificio, sputacchiandogli in faccia che quando quello stronzo d’un Vargas tornerà a casa dovrà dirgli che Ludwig l’ha cercato e che quando torna gli spezza le ossa.

Non ascolta neanche le parole timorose dell’uomo ed esce dal palazzo col viso paonazzo, fumando di rabbia.

 

 

 

 

Cammina calmo per il corridoio, pregustandosi una seratina divertente. È sempre divertente estorcere confessioni ai prigionieri.

Poi gli hanno detto che quel prigioniero è particolarmente coriaceo: sono dieci giorni che cercano di fargli sputare fuori il nome dell’amante e ancora non ci sono riusciti.

Sorride allegro, pensando a quale metodo potrà usare per fargli sputare quel nome. Potrebbe usare il classico metodo delle tenaglie. O magari il bastone spezzato (ma a quanto gli hanno detto gliene hanno servito in abbondanza per tutto il tempo). O magari qualcosa di più raffinato, tipo quel suo collega che affama le persone per giorni e poi le riceve davanti ad un piatto di stufato fumante, promettendo loro di farli mangiare se parleranno.

In genere mangiano una pallottola, però.

Apre la porta sorridendo - Buongiorno!- esclama tutto allegro muovendo un passo nella stanza.

Allegria che muore all’istante quando si trova davanti il volto contuso di Feliciano – Vargas!- oh, nella foga si è dimenticato l’”Herr”, pazienza. Chiude la porta con un tonfo, avvicinandosi al corpicino sottile buttato in un angolo della cella (ma quanto puzza poi quella cella? Sembra una stalla per maiali) allunga le mani verso di lui, bloccandosi a pochi centimetri dal suo corpo – Vargas, Vargas, ma cosa vi è successo? Cosa ci fate qui?- domanda tremante, inginocchiandosi accanto a lui. Feliciano volta lentamente il viso– Tschau, Herr Hauptsturmführer Beilschmidt.- sussurra con tono tremante, stendendo le labbra martoriate in un sorriso – Cosa ci fate qui?

 

 

 

 

 

 

Ludwig tira un pugno al muro e impreca quando l’intonaco del soffitto gli cade sulle spalle. Sulla parete ci sono i segni rossastri del sangue delle sue nocche, a perpetua memoria della sua idiozia.

Non si doveva fidare dell’italiano. Glielo avevano detto che gli italiani sono una razzaccia, gente fifona di cui non ci si può fidare.

Cade a terra e si scompiglia i capelli con le mani, blaterando a mezza voce insulti.

- Dove sei?- sussurra poggiando la fronte contro il muro – Dove sei?

 

 

 

 

 

- Non c’e la faccio più. - sussurra Feliciano steso al centro della cella. Gilbert resta inginocchiato accanto a lui, stringendone la mano – Dovete sopportare, Herr Vargas.- sussurra l’uomo carezzando la mano pallida e ferita.

- Presto smetteranno di farvi del male. Intercederò io, vi farò liberare…- - Ma non smetteranno di cercare il mio amante, non è vero?- sussurra Feliciano guardando il soffitto.

- Hanno di sicuro trovato lo Julleuchter a casa mia. Sanno che è dei vostri. Non avranno pace finché non avranno ucciso me- una lacrima gli scivola sul viso – e trovato lui.

Gilbert lo guarda. Vorrebbe dirgli che lui sa, sa tutto. Che lui ha sempre saputo, ma non ha mai detto nulla.

Che sapeva di lui e Ludwig, che era spesso ubriaco ma non stupido.

Vorrebbe dire al piccolo italiano steso a terra che gli ha voluto bene, tanto bene da morirne e voler fa finta di non sapere, proteggere quella piccola bolla di cristallo in cui loro due volevano vivere. Una lacrima gli si blocca tra le ciglia, mentre pensa a cosa farà il fratello. Ludwig non riuscirebbe a sopravvivere a una cosa simile.

- Portatemi fuori di qui.- sussurra Feliciano stringendo appena la sua mano – Fatemi uscire di qui. – dice con le lacrima che rigano il viso – Altrimenti io… Lui… Vi prego…-.

Gilbert trema e annuisce, ricacciando indietro le lacrime – Vi farò uscire, Herr Vargas. Vi farò uscire questa notte stessa. - promette baciandogli la fronte.

 

 

 

 

Entra nel palazzo con passo incerto, dondolando pericolosamente da una parte all’altra. Si avvicina al portiere a capo chino, cercando di non far vedere la faccia disastrata – Herr Vargas…- mormora piano – è tornato?

L’uomo scuote la testa.– La ringrazio. Hail Hitler.- sussurra Ludwig allungando stancamente un braccio in una parodia di saluto, battendo i tacchi senza troppa convinzione. L’uomo lo imita.

Si volta, dirigendosi verso la porta e sente la voce incerta del portiere – Non credo che tornerà mai. - alza gli occhi al cielo – E come mai? È tornato in Sicilia? Il francese è venuto a prenderlo? S’è n’è andato con lo spagnolo?- domanda con un ghigno sbieco sul volto – No, Mein Herr.- balbetta l’uomo – Circa dodici giorni fa è stato portato via dalla Gestapo.-.

- Ah.- sussurra Ludwig – Dalla Gestapo.- il mondo si fa nero all’improvviso. L’ultima cosa che sente è il grido del portiere e il duro impatto del pavimento contro la sua nuca. Poi, un rilassante oblio.

 

 

 

Lo afferra un braccio, caricandoselo sulla spalla – Siete scuro che funzionerà?- sussurra Feliciano coprendosi col cappotto dell’altro – Certamente. - afferma Gilbert fingendo una totale sicurezza in sé. Figuriamoci, persino il suo cervello di gallina arriva a capire che come piano fa acqua da tutte le parti. Ma è la migliore –ed unica-idea che gli è venuta, quindi tanto vale chiudere gli occhi e sperare che vada tutto bene.

Feliciano gli sorride – Vi ringrazio. - sussurra. Gilbert sorride e sposta il viso da una parte avvertendo le lacrime scorrere lungo le guance – Figuratevi. Dovevo farlo.- dice tentando un risolino stridulo – Per voi e mio- si blocca. Feliciano lo guarda – Per vostro?- - Niente!- esclama Gilbert trascinandolo lungo uno stretto corridoio (ecco, la porta, la porta è laggiù, manca così poco davvero pochissimo) – Per vostro fratello?- Feliciano stringe una mano sulla stoffa della divisa di Gilbert, reprimendo un singhiozzo – Voi sapevate tutto, vero?-.

- Non è che avete fatto molto per non farvi beccare. - sussurra Gilbert tremando - La prossima volta state più attenti.- si raccomanda sorridendo – Se mai ci sarà una prossima volta.- dice Feliciano abbassando il capo e lasciandosi trascinare fuori della porta.

Ah, l’aria della notte è fresca e frizzante e sembra quasi ripulire le sue ferite. Respira e sorride – Certo che ci sarà!- esclama Gilbert – Adesso ti porto da lui, così potrete andarvene in Svizzera e lì-

Feliciano si butta di lato, alzando le mani nel tentativo di evitare quella pioggia di schegge d’osso e sangue e robaccia viscida che salta ovunque. Cade a terra sulle ginocchia e davanti a lui Gilbert sembra cadere a una lentezza inverosimile.

Arranca fino a lui piangendo – Gilbert- pigola allungando le mani e cercando febbrilmente di raccogliere tutto quel Gilbert sparso sulla terra polverosa – Gilbert, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace…- ripete quel “mi dispiace” come un mantra. È talmente impegnato in quello che quasi non si accorge della bocca di un fucile puntata al suo collo – Idioti.- sibila una voce.

Lo sparo riecheggia nella Berlino notturna, infilandosi come un gas malefico nella finestra dell’ospedale in cui il povero Beillschmidt è stato ricoverato per accertamenti.

Ludwig sgrana gli occhi alzandosi di scatto dal lettino, voltandosi verso la finestra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Voi chi diavolo siete?- sbotta l’uomo abbronzato con aria scocciata – No, anzi, non me lo dite, non me ne frega nulla. Siete qui per mio fratello? Che ha combinato quel cretino?- dice l’uomo incrociando le braccia sul petto nudo. Ludwig sorride quasi – Ecco, vede, quo fratello è…- la gola si secca all’improvviso e la lingua non

sembra volersi muovere per pronunciare quelle poche parole.

- Vostro fratello è…- si porta una mano al cuore, respirando affannosamente. Ma è sicuramente il sole, già, il caldo sole della Sicilia.

Anche se gli sembra di provare un curioso déjà-vù. Non si era sentito così anche quando gli avevano detto che Gilbert era morto nel tentativo di far evadere il prigioniero Vargas? O anche quando gli avevano detto che Feliciano era stato portato via dalla Gestapo?

Tenta di essere serio, sorridere e far finta di nulla, ma nessuna delle tre gli riesce particolarmente bene e sembra solo pazzo – Morto.

Si accascia a terra con un rantolo, la mano stretta a livello del cuore.

L’italiano corre verso di lui gridando assieme agli altri uomini sparsi in mezzo alle spighe. – Oddio, è morto, è morto!- esclamavano gli uomini e le donne torcendosi le mani, terrorizzati all’idea di dover spiegare cosa ci fa un tedesco morto nel loro campo – È morto di crepacuore. – dice Lovino fissandolo con gli occhi appannati dalle lacrime. Ah, quello stupido di Feliciano.

Perlomeno non sarebbe stato troppo solo.

 

 

 

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