When the love is stronger than the hate

di SmartisPanda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Telefonata (Pov Alfred) ***
Capitolo 2: *** Visite (Pov Arthur) ***
Capitolo 3: *** Porta (Pov Alfred) ***
Capitolo 4: *** Orgoglio e Dolore (Pov Arthur) ***
Capitolo 5: *** Doccia (Pov Entrambi) ***
Capitolo 6: *** Tensione (Pov Entrambi) ***
Capitolo 7: *** Confessione (Pov Alfred) ***
Capitolo 8: *** Scusatemi ***



Capitolo 1
*** Telefonata (Pov Alfred) ***


Titolo del capitolo: Telefonata (Pov Alfred)
Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Generi: Romantico, Drammatico, Sentimentale
Rating: Arancione
Avvertimenti: Non per stomaci delicati, Yaoi, Shonen-ai

La guerra d’indipendenza. Come dimenticarla? Nonostante fosse passato tutto quel tempo, non riusciva ancora a scordarla del tutto. L’indipendenza era riuscita, era diventato una Nazione in proprio ed era stato in grado di far crescere e prosperare per il meglio tutto quello che aveva desiderato. Tutto era andato secondo i suoi piani … o quasi.
Nonostante fosse passato così tanto tempo, ancora non aveva risentito Inghilterra. Come biasimarlo? Non si erano lasciati in modo molto "pacifico" effettivamente, per poco non si erano ammazzi … o meglio … Inghilterra per poco aveva tentato di ucciderlo. Come scordare quel giorno in mezzo al fango e alla pioggia, quando la propria truppa aveva vinto contro il fratello maggiore ormai rimasto solo? Non riusciva ancora a dimenticare quegli occhi carichi di odio, di rabbia … ma specialmente di disperazione. Aveva visto ancora un briciolo di affetto oltre quel rancore, ma era quello straziato di un cuore ormai andato in frantumi. Non avrebbe nemmeno scordato le lacrime che avevano seguito la sua sconfitta ... e la perdita del proprio fratellino.
Quando aveva preteso l’indipendenza sapeva a che cosa stava andando incontro, sapeva che Inghilterra non glielo avrebbe mai permesso, sapeva anche che per convincerlo sarebbe dovuto scendere ad una battaglia. Lui voleva l’indipendenza, desiderava la libertà e ora che l’aveva ottenuta ne era felice, ma c’era ancora un conto da pagare: riappacificarsi con Arthur.
Arthur … da quanto tempo non pensava e, figurarsi, pronunciava quel nome? Soltanto a pensarlo un senso di nostalgia e di sofferenza lo avvolgeva. Che doveva fare?
Camminava avanti ed indietro per il proprio salotto, guardando di tanto in tanto il telefono. No, non poteva farlo! Era una pazzia, ma doveva! Si fermò in mezzo alla stanza.
Guardò il telefono come se fosse una sottospecie di alieno o mostro paranormale che doveva sconfiggere. Beh? Che male c’era? Lui era un eroe, era un combattente, non poteva di certo farsi sconfiggere da quel mostriciattolo. Quel telefono era solo un altro nemico che non aspettava altro che farlo fuori … e lui non poteva permetterglielo.
Si avvicinò a grandi passi al telefono, prendendo la cornetta ed appoggiando il dito sul primo numero. Si fermò. Aveva ancora lo stesso numero? Gli avrebbe risposto? Lo avrebbe ascoltato? Per dirgli cosa poi? Cosa doveva dirgli? Sentirlo? Scusarsi? Parlargli del proprio stato e della propria Indipendenza riuscita?
Alfred non era mai stato un tipo insicuro, anzi, se aveva in mente qualcosa era davvero difficile toglierglielo dallla testa, era cocciuto. In quel momento, però, la sua sicurezza traballava. Come avrebbe sentito Arthur? Stava bene? Si era ripreso dal trauma del suo “tradimento”? Aveva smesso di soffrire? Lo aveva … dimenticato? Anche America per il primo periodo, dopo la vittoria e i festeggiamenti, aveva sentito dell’amaro in tutto quello che aveva ottenuto e si era sentito colpevole nei suoi confronti. Il senso di colpa spesso saltava fuori nel suo petto, facendoglielo bruciare, ma ormai quel dolore si era dissipato a causa del tempo e delle faccende da compiere per lo Stato.
Prese un profondo respiro e digitò il numero, quasi ad occhi chiusi. Aveva tirato su un’intera Nazione … era diventato una Nazione Indipendente, aveva raggiunto i suoi scopi, non poteva lasciarsi sconfiggere proprio in quel momento da una stupida e semplice telefonata!
Era strano come le dita ancora si ricordassero così bene quel numero e andassero da sole nel posto giusto.
Il telefono iniziò a squillare.

Una volta.

Due volte.

Tre volte.

Quattro.

Forse non era in casa, forse era uscito, forse …

-Pronto?- una voce familiare dall’altra parte lo chiamò . Il cuore di Alfred si sciolse e un po’ di coraggio si accese nel suo petto. Poteva farcela. Era strano poter sentire di nuovo la sua voce, quella che un tempo lo chiamava continuamente “America!” o “Al” in modo affettuoso. Doveva riuscirci solo per sentire di nuovo quella tonalità.

-Arthur.- lo chiamò. Sentì dall’altra parte trattenere leggermente il respiro, per poi tacere. Alfred deglutì mentre il cuore nel suo petto sembrava esplodere. –sono io … sono A … -
La linea dall’altra parte cadde, lasciandolo solo con un “tu tu tu” ad ascoltarlo. Inghilterra aveva sicuramente riagganciato il telefono … ma Alfred era tipo che si arrendeva al primo tentativo? No di certo. Con più forza di prima digitò nuovamente il numero e attese.
Come la cornetta si alzò e disse le prime “Aspetta, Art … “ il telefono fu chiuso una seconda volta. Con più impeto e con più testardaggine che mai, Alfred compose il numero una terza volta. Quando la cornetta si alzò iniziò quasi ad urlare.

-Continuerò a chiamarti fino a che non mi ascolterai!- disse velocemente, serrando gli occhi, sperando che Inghilterra cedesse e che lo stesse ad ascoltare. Stranamente rimase in linea, ma … dall’altra parte c’era solo silenzio.
–Arthur?- chiamò, provando a capire se era lui, ma non ottenne risposta. Era chiaro che si trattasse di Inghilterra ed era … -Sei ancora arrabbiato, vero?- domanda sciocca in effetti … infatti non ottenne risposta.
–Ok, se non vuoi parlare parlo io, va bene?- E che cosa doveva dirgli? Lui voleva sentire di nuovo la sua voce, voleva sentire come stava, voleva … voleva … vederlo. –Volevo sapere come stavi, ma a quanto pare dovrò parlare da solo.- rise, cercando di rompere il ghiaccio. – Ehm, sai … qui sta andando tutto bene. Ehm … qui abbiamo istituito una Repubblica tempo fa … e … sì va alla grande. Pensavo fosse difficile, mentre invece sta andando tutto secondo i miei piani e … beh sono anche riuscito ad unire qualche paese … sai … vorrei tanto creare qualcosa di unito. Lo so che è assurdo, ma … per adesso sta andando tutto così bene che mi sembra possibile e … beh … è veramente fantastico, non immaginavo di esserne in grado, ma … sta andando tutto liscio insomma.- Stava parlando veramente male. Non sapeva cosa dire, di cosa parlare, come dire le cose. Stava andando in panico totale. Sapeva bene che parlare della sua indipendenza non era una buona idea per rimettere a posto i rapporti rotti, ma non aveva altre idee. Era già tanto che non gli tremasse la voce, ma balbettare o lasciare momenti di silenzio rompeva ugualmente la barriera di sicurezza che aveva costruito sentendo solo per un attimo la voce del fratello.
–Ho conosciuto poi altre persone, sono tutte molto simpatiche e…- ma dall’altra parte c’era ancora silenzio. Il suo animo si ruppe in mille pezzi. –Arthur?- Alfred pregava con tutto se stesso che il ragazzo dall’altro lato rispondesse, se non avesse risposto non avrebbe più saputo che cosa fare.

-Non chiamarmi così.- disse una voce fredda dall’altra parte, eppure la sentì leggermente vibrante.

-Ah … ok … scusami Inghilterra … ehm … beh … -

-C’è altro?-

-Io … non lo so. - ed era la verità: tutto quello che voleva dirgli l’aveva dimenticato all’istante.

-Allora non abbiamo nient’altro da dirci.- la linea cadde di nuovo, lasciando America immobile davanti al comodino, con la cornetta ancora all’orecchio.
Doveva immaginarsela una reazione simile, allora perché stava così male? Aveva sperato per un secondo che Inghilterra volesse per lo meno salutarlo o parlare cordialmente, senza l’impegno di rientrare nell’intimità … ma era evidente che il più grande lo odiasse. Più che l’odio, c’era una cosa che aveva preoccupato America più di ogni altra: la voce di Inghilterra quando aveva detto “pronto?” la prima volta … sembrava spenta. Aveva sentito molte volte Arthur rispondere al telefono e di solito era molto più allegro e più cordiale. Stavolta aveva una sfumatura diversa … era … sì, “spenta” era il termine più corretto.
Era preoccupato. Aveva pensato soltanto a se stesso e non aveva pensato al fratello dopo che si erano affrontati in battaglia, dopo che avevano chiuso i contati … dopo che erano diventati due Nazioni diverse. Doveva rivederlo. Doveva sapere come stava, doveva maledizione!
Le sue gambe si mossero da sole, corsero al piano di sopra per preparare uno zaino. Ormai era chiaro, doveva vederlo anche a costo di essere sbattuto fuori a calci.

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Capitolo 2
*** Visite (Pov Arthur) ***


Visite (Pov Arthur)

Non poteva crederci … non VOLEVA crederci. Non riusciva a farsene una ragione, eppure la verità gli era arrivata addosso con la potenza di un fucile che gli sparava al centro del petto e dello stomaco … la stessa arma che lui aveva trafitto molto tempo addietro. Faceva male. Pensava di aver superato tutto questo, sperava di aver cucito e cicatrizzato al meglio una ferita che, invece, si era rivelata ancora aperta e sanguinante.
Se ne stava ancora immobile davanti al telefono, incapace di parlare e di respirare di nuovo.
Quando aveva alzato la cornetta non immaginava minimamente di sentire nuovamente quella voce. Era ormai diventata quella di un uomo, ma inconfondibile. La sua prima reazione era stata quella di salutarlo, di parlargli … ma il dolore al petto era ancora troppo grande, così che l’istinto gli aveva negato di farlo.
Aveva perso un fratello … era stato tradito da lui, era stato quasi ucciso … e anche lui stesso aveva quasi tolto la vita a quell’unico bambino dagli occhi color cielo che un tempo gli aveva sorriso con devozione e affetto. La ferita che aveva al petto da anni … in quel momento bruciava più delle fiamme. Il dolore era così forte che sentì gli occhi colmi di lacrime.
Scivolò a terra, tremando ancora leggermente. Il desiderio più grande era quello di riabbracciare il suo fratellino, lo agognava con il tutto il cuore, tanto che il dolore aumentava al ricordo di quell’unica telefonata a cui aveva negato ogni comunicazione.
Per settimane, forse mesi … forse anni … aveva desiderato che Alfred lo richiamasse. Non aveva mai sperato che tornasse da lui, forse un minimo sì, ma la ragione gli aveva sempre mostrato l’impossibilità.
Aveva pensato anche lui stesso di chiamarlo, ma ogni volta che si avvicinava a quella decisione, il ricordo di Quella Guerra tornava vivo. Nonostante lo amasse, nonostante desiderasse soltanto stare di nuovo con lui e averlo fra le proprie braccia … non riusciva in parte a perdonarlo.
Francia era convinto, come spesso gli rivelava, che Arthur si stesse comportando come una madre, il cui figlio era appena cresciuto troppo in fretta e se n’era andato dalla casa che lo aveva sempre accolto. Ogni volta Inghilterra lo odiava, non sopportava Francia per aver colto nel segno … e odiava se stesso sapendo quanto avesse ragione. Ma può una madre non riuscire a perdonare il proprio figlio? A questa domanda non era ancora riuscito a rispondere.
Le lacrime che credeva di aver finito di versare, iniziarono a sfocargli la vista, ma forse troppo cocciute o troppo orgogliose, non scesero lungo le sue guance. Meno male che in casa non c’era nessuno ad assistere ad una scena tanto penosa. Anche se gli occhi pizzicavano e basta, si vergognava ugualmente come un ladro: si era promesso che mai più avrebbe pianto per quel moccioso … ma … in quel momento ... era difficile.
Perché quello stupido lo aveva chiamato? Perché proprio mentre Arthur stava guarendo? Perché? E perché lui non era riuscito a guarire da quelle ferite? Perché … per tutte e tre le volte che il telefono aveva squillato … lui era stato così masochista da alzare la cornetta per sentire solo un altro po’ quella voce?
Si sentì male. Il petto bruciava, il suo corpo tremava e il viso di Alfred danzava nella sua mente al pari di un fantasma. C’era solo un modo per evitare tutto quello: riuscì ad alzarsi e dirigersi in cucina verso il frigorifero come una sottospecie di zombie, localizzando alcune bottiglie di alcool. La birra sfortunatamente l’aveva finita, ma aveva del vino, della Vodka … e dell’assenzio. Quest’ultimo glielo aveva regalato Francia per il suo compleanno, ma per lui un gusto così forte non era molto gradito, per cui l’aveva lasciato da parte. In quel momento aveva bisogno di una botta rapida, che lo aiutasse a dimenticare all’istante quella voce e quel viso. Quell’idiota di Francia si era rivelato utile una volta tanto. Prese la bottiglia di assenzio senza starci a pensare un’altra volta e, dopo averla aperta, bevve.
Era triste bere da solo, ma forse era meglio così: era troppo patetico per mostrarsi in pubblico.
Come l’assenzio scivolò lungo la sua gola, storse il naso: era disgustoso, ma potente. Era alcool allo stato puro praticamente. Come faceva quel vinofilo a considerarlo “buono”? Non aveva gusto, quasi peggio dei suoi maledettissimi vini.
Bevve fino a che non fu più cosciente dei propri pensieri, finché non riuscì a dimenticare quella giornata … non gli ci volle molto, non aveva neanche mangiato granché. Adorava bere proprio perché gli faceva pensare a tutt’altro o lo faceva addormentare scordandosi tutto. Non ricordava ancora come aveva iniziato a bere, ma lo rammentava sempre come un momento di pace … a parte il risveglio era ovvio.
Non si accorse di essere crollato sul tavolo della cucina e di aver rovesciato la bottiglia d’assenzio sul pavimento, fino a che non sentì suonare alla propria porta. Come si svegliò il dolore alla testa fu insopportabile: era come aver ricevuto tante di quelle botte da non aver più coscienza di niente o di essere stato calpestato da una mandria di elefanti.
La testa doleva, il suo stomaco era in subbuglio pronto a vomitare l’anima … e c’era un’idiota che non faceva altro che suonare al campanello aumentandogli tutto il dolore. Aveva decisamente bevuto troppo.
Come poteva presentarsi in quello stato a chiunque? Francia lo avrebbe deriso dicendogli di non saper reggere l’assenzio, tutti gli altri lo avrebbero patito.
Tentò di ignorare un altro po’ quel suonare insistente, sperando di fargli credere di non essere in casa. Che male c’era? Ma quella persona era … particolarmente insistente. Suonò altre due o tre volte, per poi iniziare a bussare forte. A quei rumori tanto potenti la sua testa parve scoppiare: quelli non erano colpi sul legno, erano esplosioni di cannone dentro la propria testa.
Con le lacrime agli occhi si diresse, barcollando, verso quella porta stramaledicendo quello scocciatore. Se era Francia poteva star certo che lo avrebbe ammazzato di botte.

-ARRIVO!- gridò, infuriato. Era sicuramente Francia. –Che gran rompiscatole che sei!- disse a voce sempre più alta ed arrabbiata prima di aprire la porta. –POSSIBILE CHE … -
Occhi azzurri lo fissarono. Lo penetrarono. Lo studiarono. Un brivido gli attraversò l’intero corpo. Stava ancora sognando … era sicuramente un incubo. Si sentì morire sul posto. Spalancò gli occhi finché ne fu in grado e sentì il proprio volto impallidire. Davanti a sé c’era un uomo, anzi … un uomo stramaledettamente affascinante a primo impatto. Biondo, capelli a caschetto e spettinati, dagli occhi azzurro cielo coperti da un paio di occhiali. Aveva una giacca addosso che gli dava un’aria sbarazzina e trasandata. Era muscoloso su questo non c’erano dubbi, si poteva notare dalla potenza che aveva stando davanti alla porta. Era altissimo, Arthur gli arrivava a malapena sotto la testa, forse molto più in basso. Pian piano, un sorriso apparve su quelle labbra, stordendolo in parte. Eppure … era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

RISPOSTE RECENSIONI

ChibiCiel: oooh grazie cara ^__^ sono contenta che ti piaccia, spero che la troverai carina anche in seguito <3
Lullaby93: oh *////* oh….da….da…davvero? Ooooooh! Sono felicissima che ti sia piaciuto Alfred *__* (non per niente è il mio personaggio preferito) oooooh! Grazie, grazie, grazie XD non sapevo di avere una scrittura fluida °_° sei la prima che me lo dice, giuro *__* e non mi dispiace affatto, grazie!!
Ballerinaclassica: eh beh, Us Uk regna XD è la mia coppia preferita, dovevo scrivere di loro due ^-^ oooooh sono contenta che ti piaccia come scrivo ^///^ davvero! Non sempre me lo dicono XD Spero di non averti deluso scrivendo ora dal punto di vista di Arthur XD ho intenzione di fare uno e uno (circa) u.u’ spero di avere reso ugualmente ^^’’ anche perché … ho un carattere più da Alfred che da Iggy ^^’ quindi per me Inghilterra è un po’ più difficile (orgoglio e fatine a parte XD). Oh grazie per il complimento sulla voce *__* e grazie INFINITE di avermi messo fra le seguite *__*
Akasuna_no_mayumi: oooooh *////* cara….ma…ma GRAZIE *__* Sono felicissima che ti sia piaciuta *__* dico davvero ^-^ grazie, grazie,grazie! Spero di non essere stata da meno in questo capitolo^^’’ sono contenta che ti piaccia come scrivo XD oooooooooooooh! Beh era d’obbligo scrivere una UsUk *__* UsUk Regnano *__*
Artemis89: …………….Art????? Oddio….ART!! ARTEMIS!!! OOOOOOOOH!DONNAAAAA!!!*salta addosso e spupazza* mi manchi tantissimo sai?? Spero che tu venga presto su msn *___* ti aspetto con gioia!! Dai dai dai! Auguroni con gli esami! Non pensavo di beccarti qui *_*
Ok, passiamo al commento della tua recensione XD cmq…capisco l’attuale droga u.u lo è anche per me, ormai non riesco più a farne a meno XD e come ben sai ci capiamo in fatto di coppie ^_^ oooh sono contenta che ti sia piaciuta la fic *___* mi rende felicissima! Dato che il tuo personaggio preferito è Arthur, ora ho paura XD Dato che io sono più simile ad Alfred come comportamento, spero VIVAMENTE di aver reso al meglio Arthy in questo capitolo ^^’’ sono felice che ti sia piaciuto Alfred nel primo *__* eh sì, quando c’è Iggy impazzisce XD e non sei l’unica a volerlo abbracciare *-*(io anche fare altro *fischietta*). Spero ti sia piaciuto anche questo e di non averti deluso ^^’’
Gumi: oooh grazie *__* sono contenta che ti sia piaciuta e che ti abbia interessato *-* oh beh…America che si arrende? E quando mai XD è un eroe!! Vedrai il seguito cosa succederà XD grazie per avermi messa fra le seguite *___* grazie, grazie, grazie!
Grazie anche a tutti quelli che hanno letto ^__^

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Capitolo 3
*** Porta (Pov Alfred) ***


Aveva fatto i salti mortali per arrivare davanti a quella casa. Per un attimo aveva temuto che Arthur si fosse trasferito o che lui stesso non ricordasse più dove si trovava quell’abitazione vecchio stile inglese … eppure le sue gambe si erano mosse da sole, portandolo dritto alla meta contro la memoria razionale.
Gli fece uno strano effetto trovarsi lì, ma … allo stesso tempo lo rese felice. La casa non era cambiata affatto da come se la ricordava, anzi, sembrava quasi che il tempo non fosse mai passato. Ma sapeva per certo che all'interno di quelle mura gli eventi avevano variato l'atmosfera calda e accogliente del passato. Sentiva un senso di nostalgia e di dolore all’altezza del petto che non pensava di poter sentire: gli era capitato molto raramente e ogni volta si era sentito un po' schiacciato dai ricordi che aveva tentato di dimenticare.
Quando aveva suonato, per un attimo aveva creduto che Arthur non fosse in casa perché non rispondeva e quindi un po' di insicurezza aveva iniziato a farsi largo nella sua testa, ma dopo aver attraversato un intero oceano, non aveva alcuna intenzione di tornare indietro! Si era detto che lo avrebbe affrontato anche a costo di essere preso a calci e questo implicava anche determinazione e un po’ d’insistenza. Doveva riuscirci, doveva incontrarlo!
Con cuore aperto e deciso, cominciò a bussare forte, nella speranza che Inghilterra si svegliasse e …
Sentì una voce all'interno dell'abitazione.
Si bloccò per un attimo quando udì quel tono soffocato. Era lui … era lui senz’altro. Riprese coraggio e bussò con decisione, sempre più emozionato, col cuore che ormai sembrava battere talmente forte da uscirgli dal petto. Non poteva chiamarlo o rispondergli, altrimenti non gli avrebbe neppure aperto e questo lo sapeva più che bene. Era un po' un inganno, in effetti, ma tutto era permesso in quel momento.
Quando la porta si aprì, sentì quella voce più alta, scocciata ed inconfondibile. Nonostante fossero passati tanti anni, ancora poteva riconoscerla. Per un attimo, però, si sentì vacillare: il solo sentirla gli aveva stretto la bocca dello stomaco in una morsa e il suo corpo fremette appena. Che ci faceva lì? Doveva andarsene! Ma come poteva scappare dopo tanta insistenza? Era anche troppo tardi per tagliare la corda!
La porta si era aperta del tutto e Arthur lo aveva accolto con un urlo arrabbiato … per poi bloccarsi sulla soglia, sconvolto.
Aveva scordato quanto fossero verdi quegli occhi grandi e freddi. Da quanto erano sbarrati, poteva vedere ogni singola striatura, tutte verde smeraldo o leggermente più scure.
Il suo cuore stava battendo all’impazzata, tanto che gli mozzò completamente il fiato. Era teso come una corda di violino e non sapeva che cosa dire o fare.
Arthur era lì, davanti a lui dopo anni di attesa. Per un attimo tutto il coraggio che l'aveva spinto a venire lì, sembrò affievolirsi soltanto nel vedere i suoi occhi.
Cercò di concentrarsi su altro, come il suo corpo ad esempio e ... scoprì che se lo ricordava diverso: più alto senza ombra di dubbio, si era abbassato parecchio, ma questa era la parte che lo preoccupava di meno. Era più probabile che si fosse alzato lui, per questo che lo vedeva più basso e così minuto in suo confronto.
Un tempo Alfred era stato molto più piccolo e durante la guerra ricordava di essere diventato poco più alto di Arthur, ma non di troppo, per questo che era rimasto un po' allarmato nel vederlo così..."esile".
La cosa che più lo inquietava era il suo aspetto. Non aveva mai visto Inghilterra ridotto in quel modo: tanto per cominciare era molto più magro, tanto che i vestiti che un tempo gli stavano a pennello ora erano larghi e sgualciti; era sciupato, aveva l’aria stanca di chi ha passato notti insonni o che comunque soffre d’insonnia da parecchio tempo … ma specialmente … puzzava di alcool quasi quanto una botte di liquore. Alfred fu quasi costretto a storcere il naso, seguito da un leggero senso di vertigine.
Quanto aveva bevuto la notte prima? Non era normale … va bene che era un gran bevitore, ma non ricordava un tanfo simile. Forse non era più abituato a sentirlo, forse era solo una sua impressione, forse … forse … si diede dell’idiota. Non poteva cercare scusanti: il viso di Arthur era pallido, quasi verdognolo, forse sul punto di vomitare e sicuramente l’urlo scocciato dal suo bussare era la causa di una tremenda emicrania. Notò, solo pochi secondi più tardi, che Arthur aveva gli occhi lucidi e il ricordo di quel giorno in mezzo al fango fu più vivido che mai. Come diamine si era ridotto? Era sconvolto.
Nonostante lo shock iniziale, non poteva starsene imbambolato lì davanti per tutto il giorno. Non sapeva neanche quanto tempo fosse passato da quando l’inglese aveva aperto la porta, potevano essere minuti, secondi o ore, poco importava.
Gli sorrise, cercando d’ignorare ogni cosa che lo aveva turbato nel vederlo.

-Art … - tentò di parlare, ma non fece in tempo a finire la frase che il biondo gli sbatté la porta in faccia con talmente tanta violenza da spaventarlo un poco. Per un solo secondo aveva visto nei suoi occhi terrore e odio.
Dopo il primo momento di smarrimento si rese conto di che cos’era accaduto e si allarmò. Non poteva darsi per vinto: si attaccò alla porta, iniziando a bussare più forte di prima.

-Arthur! Apri questa porta!- Non ottenne risposta. –Arthur!- chiamò di nuovo, ma ancora una volta niente. Lo stava volutamente ignorando, ma era disposto ad urlare tutta la notte pur di ricevere una sua risposta. –ARTHUR, TI PREGO!-

-VATTENE!- gridò l'inglse con rabbia, quasi istericamente. –E NON CHIAMARMI “ARTHUR”!-

-Ti prego, aprimi!- cercò d'implorarlo, senza urlare.

-NO, America! Non ho intenzione di farti entrare in casa mia! Questo è il mio confine, è la mia proprietà e sono io che decido chi, come e quando entra … SPARISCI! Non sei il benvenuto qui!-
Era il discorso più lungo che gli avesse fatto in quegli ultimi anni, era quasi commosso, ma era più forte il dolore del suo cuore spezzato. Ma che si aspettava? Che dopo quella telefonata, se fosse andato a trovarlo, Arthur lo avrebbe accolto a braccia aperte? A volte l’inglese aveva ragione a dire che Alfred era un po’ ingenuo … ma come poteva non nutrire un briciolo di speranza?

-Arthur!-

-TI HO DETTO DI NON CHIAMARMI IN QUEL MODO!- urlò ancora più forte, ormai era molto simile a quello di una zitella isterica. –E ORA VATTANE!- Se continuava di questo passo l’avrebbe sentito tutto il vicinato … non poteva mettersi ad urlare anche lui, anche perché così facendo non avrebbe portato niente di buono.

-Ar … ehm … Inghilterra, ti prego! Voglio solo parlarti! Ti prego, fammi entrare!-

- Io non voglio parlarti, America! Non ho proprio niente da dirti, vattene!- non credeva che ci fosse ancora così tanto odio verso di lui … ma non per questo si arrese.

–Starò qui fino a che non mi aprirai, Inghilterra!- disse con voce ferma, insormontabile, determinata.

-e allora fallo!- gridò esasperato. –stai lì a marci … - Arthur si bloccò, trattenendo il respiro.
America non capì che stesse succedendo finché, poggiando l’orecchio contro la porta, sentì i passi veloci dell'inglese allontanarsi dall’ingresso. Si preoccupò: dalla cera che aveva il biondo … di sicuro non ci sarebbe voluto molto prima di avere un “appuntamento” col water.
Rimase in attesa, ancora attaccato alla porta, sperando di sentire quegli stivaletti tornare indietro, ma questo non avvenne. Cominciò a preoccuparsi … e se era svenuto? Questo pensiero lo spaventò.

-ARTHUR!- gridò, in preda al panico. –ARTHUR, RISPONDIMI!- bussò forte alla porta.

-NON ROMP … - sentì una voce attutita, più lontana di prima, ma che arrivò perfettamente alle proprie orecchie. Per fortuna non era stato così male da svenire. Sospirò per il sollievo.
Bene ... e ora? Che avrebbe fatto? Arthur non sembrava avere alcuna intenzione di aprirgli la porta e di vederlo, ma ugualmente non poteva abbandonare tutto e tornarsene a casa con la coda fra le gambe, non era da Alfred.
Sospirò. L'unica cosa che poteva fare era tentare di fargli cambiare idea, facendo capire all'inglese che faceva sul serio.

RISPOSTA RECENSIONI Ammetto che più vado avanti, più vedo che piace, sono sempre più agitata a postare un capitolo^^'' del tipo "piacerà?" "sarà al pari degli altri che sono piaciuti?" "non starò andando Occ?" insomma XD piccole insicurezze, ma non per questo smetto di mandarle <3 spero che sia piaciuto anche questo^__^ grazie a tutti quelli che hanno letto

ballerinaclassica: eh allora si nota^^'' immaginavo u.u'' sono però felice che ti sia piaciuto ugualmente Iggy ^__^ sì, ho voluto far vedere un po' com'è dietro la sua soltia maschera inglese XD sono d'accordo per il cretino che l'ha lasciato nel fango °-° (<-- ha praticamente pianto in quella scena. Spero ti sia piaciuto di nuovo questo capitolo, anche se, a differenza del primo, ho mostrato più il loro incontro che quello che pensa America u.u anche se, ovviamente, qualcosa ce l'ho messo XD spero ti sia piaciuto u.u'
Gumi: oooh grazie cara *__* sono felice che ti sia piaciuto anche questo ^-^ spero di non averti deluso nel loro primo incontro XD
Artemis: ooooh caVa, te lo potrei fare dal vivo se potessi XD anche se ultimamente mi sto centrando su Danimarca (ne ho fatto il cosplay u.u)...ma...sì...ho in programma di fare anche Alfred, quindi mi vedrai dal vivo ad urlarlo XD. oooh davvero secondo te l'ho fatto bene?*-* sono felice che ti sia piaciuto, davvero *__* (sono d'accordo nell'ulteriore "consolazione"*ç*) cmq...ci hai...beccato in pieno °_° e giuro che questo capitolo l'ho scritto mesi fa...o mi leggi nel pensiero o ho fatto un arthur parecchio IC XD
Gixye: tu non sai...quanto mi ha fatto felice questa tua recensione *__* sono felicissima di aver creato quello che cercavi da un po' *__* sono lusingata ç^ç spero ti continuerà a piacere e di non deluderti <3
Akasuna_No_Mayumi: oooooh! che bello *___* sono contenta che ti abbia preso la mia storia *__* e anche che ti siano piaciute le descrizioni ^-^ Usuk poweeeeer XD

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Capitolo 4
*** Orgoglio e Dolore (Pov Arthur) ***


Orgoglio e Dolore (Pov Arthur)

Dio se stava male. Non lo credeva possibile, ma … era uno straccio. In quel momento era chino su un water a vomitare l’anima, sentendosi sempre peggio e c’era quel coglione che non faceva altro che chiamarlo aggravando tutto.

-Resterò qui davanti fino a che non mi aprirai!- sentì la sua voce urlare da fuori, ma che in quel punto fu del tutto attutita. La rabbia esplose dentro di sé. Se sperava di ricattarlo continuamente in quella maniera aveva sbagliato di grosso.

-E RESTACI TI HO DETTO!- gridò, prima di avere un altro conato di vomito. Più rigurgitava, più le lacrime scendevano dai suoi occhi. Chissà se erano causate dal suo malessere o da quello che provava in quel momento. Una cosa era certa: mai più avrebbe bevuto l’assenzio. Era prima di tutto disgustoso, ma in secondo luogo lo aveva ridotto veramente male.
Una fatina vestita di verde non faceva altro che fissarlo da sopra al water, a gambe accavallate mentre scuoteva la testa in segno di diniego e disprezzo.

-E tu che vuoi?- sbottò, infuriato, cercando di reprimere la nausea. Si asciugò la fronte e gli occhi, cercando di mostrarsi quasi normale. Non che la situazione lo permettesse.

-Non sai proprio resistere, eh?- gli chiese divertita, ridendo.Arthur non capì a cosa si stesse riferendo, finchè non ricordò l'assenzio ... stava sicuramente parlando di quello.

-No, problemi?- Non voleva essere scortese con una fatina, ma quella gli ricordava in un qualche modo Francis e l’assenzio così da trovarla quasi antipatica. Poi gli venne in mente una cosa che gli aveva detto Francia prima di regalargli la bottiglia: aveva detto una cosa del tipo “tanto per aggiungere una fatina alla tua collezione”. L’aveva scambiata per una presa in giro, ma forse non era così. Era una fata che si poteva conoscere attraverso l’assenzio? Lo avrebbe chiesto più tardi a Francia, in quel momento aveva ben altri problemi.
Era sicuro che America non avrebbe resistito a stare lì fuori … per forza! Pioveva molto spesso da quelle parti e questo il ragazzino lo sapeva molto bene. Non avrebbe resistito sotto la pioggia per troppo tempo, così che se ne sarebbe andato e l’avrebbe lasciato in pace. Oltretutto avrebbe avuto freddo come minimo o si sarebbe stufato. Arthur doveva solo avere pazienza.
L’inglese finì di vomitare tutto quello che aveva in corpo, fino a rimanere esausto, seduto sul pavimento, con la testa appoggiata sulla tazza fresca del cesso. Quella freschezza ebbe un effetto di sollievo e di tranquillità dentro di lui. Cercava di riprendere fiato pian piano, così da riprendere un po’ più di lucidità.
Si rese conto che America non urlava più, né bussava alla propria porta. C’era solo silenzio. Forse si era veramente stancato e se n’era andato, pensò speranzoso.
Non seppe perché, ma le sue gambe si mossero da sole e si diressero, anche se barcollanti, verso l’ingresso per poi guardare da una piccola finestra la situazione. Il suo cuore ebbe un tuffo: America era ancora lì davanti, con le mani nelle tasche dei pantaloni, appoggiato ad una colonna mentre si guardava attorno.
Maledicendolo tornò in bagno. Perché non se ne andava?! Doveva capire che lì non era il benvenuto e che lui non voleva vederlo! Maledetto moccioso troppo cresciuto! Non lo reggeva quando faceva così il cocciuto.

-Davvero non vuoi vederlo?- chiese la fatina, stavolta seduta vicino al vetro del lavandino.

-Cos’è ora ti metti a leggere nei miei pensieri?- perché quella fatina gli sembrava Francia? Forse per i capelli mossi, per l’aria da superiore … oppure semplicemente perché lo sfotteva da quando gli era comparsa davanti.

-Oh beh ... sai avrei fatto a meno, ma è difficile dato che i tuoi pensieri sono talmente forti che sembrano urlarmi nelle orecchie.-

-Io non voglio vederlo.- disse freddamente, deciso su quella scelta.

-Bah, se lo dici tu … e allora come la mettiamo con tutte quelle giornate che hai passato pensando a … - Arthur si spogliò della propria camicia e la gettò addosso alla fatina, coprendola. –EHI!- disse lei indispettita, sparita in mezzo a della stoffa bianca. –Ma che maniere … dicevo solo la verità!- in quel momento Arthur voleva davvero chiudere in un’ampolla quella stupida fatina. Ma che diamine! Se non c’era Francia c’erano le fate che gli mandava a torturarlo? Lo avrebbe “ringraziato” a dovere la prossima volta.

-Non è la verità!- sapeva anche lui che era vero, ma non voleva ammetterlo … e poi quella fata non aveva un minimo di tatto? Si spogliò del tutto ed entrò nella doccia, proprio nell’istante in cui la fata riuscì a ricomparire da sotto la stoffa.

-Sei senza speranza, lo sai? Oltre che essere un maleducato … - Nel frattempo Arthur fece scendere l’acqua fredda sul proprio corpo. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, oltre che smaltire la sbornia. Cercava di pensare a quel piccolo dialogo e di non rivolgere l’attenzione alla presenza che si trovava davanti alla propria porta.

-Non sono maleducato.-

-Allora sei irascibile.-

-non sono irascibile!- disse a voce più alta, ma questo non aiutava di certo a disdire quello che la fata aveva appena detto. – sono … - Le mani che massaggiavano i propri capelli si bloccarono, così come il suo intero corpo. Cos’era lui? Preoccupato? Arrabbiato? Triste? Abbandonato? Deluso? … oppresso?

-Sei cosa?- la voce della fatina divenne leggermente più dolce. L’atmosfera attorno a loro due cambiò letteralmente, per un attimo diventò molto più calda e tranquilla. La fata sembrava essersi resa conto dello stato d’animo di Arthur e quest’ultimo aveva invece capito che lei voleva soltanto aiutarlo … a modo suo, ma sempre aiuto era.
Inghilterra non rispose, cominciando a lavarsi i capelli e il corpo col sapone. Non sapeva come rispondere o cosa pensare. L’unico pensiero che si era formulato era rivolto al ragazzo che forse era ancora davanti al suo ingresso. Era ancora lì? Perché era venuto? Non era bastata la telefonata? Che cosa voleva? Perché lo voleva ancora confondere e ferire?
Rimase sotto l’acqua ghiacciata per diverso tempo senza accorgersene, continuando a guardare il vuoto. Le domande gli vorticavano nella testa con maggiore intensità, senza lasciargli altre energie per fare qualsiasi altra cosa. La sua mente iniziò anche a formulare delle ipotesi, ma ognuna di queste lo faceva solo soffrire o arrabbiare ulteriormente. C’era una cosa che però non gli sfiorava nemmeno l’anticamera del cervello: la speranza del suo ritorno. Sapeva che Alfred non sarebbe MAI tornato da lui. Neanche se lo avesse un minimo desiderato … ormai Arthur aveva abbandonato ogni speranza da diversi anni e non avrebbe ricominciato a sognare quel giorno.
Si accorse di essere stato troppo sottacqua a causa di un brivido di freddo lungo la schiena. Ormai l’acqua era diventata troppo fredda per il suo corpo, così che le proprie mani erano diventate rugose. Fu costretto ad uscire dalla doccia, afferrando il proprio asciugamano ed iniziando a coprirsi il corpo, quando notò la fatina verde addormentata sulla propria camicia.
Arthur sorrise, per poi coprirla con un lembo di stoffa delicatamente. Forse era stato troppo duro con lei: dopotutto non ne aveva di certo colpa se l’inglese era di malumore, aveva solamente desiderato aiutarlo. Si sarebbe scusato più tardi portandole un regalino.
Uscì dal bagno con l’accappatoio bianco addosso, mentre si tamponava i capelli con un asciugamano. Per andare al piano di sopra a vestirsi sarebbe dovuto passare dalla porta … e così avrebbe constatato se Alfred era ancora lì ad attenderlo. Aveva il timore di saper già la risposta.
Come valevasi dimostrare, Alfred era seduto sui gradini di casa sua, intento a giocherellare con un filo d’erba. Era ancora un bambino.
Sprezzante, Arthur si diresse verso il piano di sopra, calpestando con violenza ogni gradino. >br> Come poteva un tale idiota aver fondato una nazione indipendente e avere il piano di “Unire” una terra tanto grande? Era solo un’idiota! Era un sognatore, un bambino! Nessuno era mai riuscito ad unire un “impero” del genere se non Roma e pochi altri! Ma quelli erano stati i loro avi ed erano stati grandi a loro tempo, ricchi, famosi, potenti, maturi, rispettabili e degni di fiducia … Alfred era proprio l’opposto! Come poteva sperare di paragonarsi a loro? Era quasi da ridere! Non era proprio cambiato di una virgola … il suo sogno poteva anche andare in frantumi perché sarebbe stata un’impresa impossibile! Per non parlare poi di una Repubblica … una REPUBBLICA … la Democrazia … il potere nelle mani del popolo … ma era proprio matto. Lui, Inghilterra, non avrebbe MAI permesso una cosa del genere. Non che non si fidasse del proprio stato, ma … il popolo non sapeva governare, doveva avere un leader … un re … una monarchia! Anche i più grandi imperi erano una sottospecie di Monarchia … altrimenti come poteva un solo popolo governare un territorio tanto vasto? America non capiva assolutamente niente. Sarebbe decaduto ancora prima di averci provato … ma questo lui non poteva dirlo … non poteva andare lì e dirgli che stava facendo una sciocchezza: America era diventato una nazione e, in quanto indipendente, le sue scelte non dipendevano da altri, benché meno da Inghilterra, dal quale era fuggito anni prima.
Mentre si cambiava e pensava a tutto questo, il suo sguardo cadde sulla finestra … il tempo lì, come aveva già detto, cambiava molto rapidamente. Di lì a poche ore la pioggia sarebbe scesa sul terreno, così che Alfred sarebbe tornato a casa per evitare di bagnarsi completamente.
Sorrise fra sé. America si sarebbe allontanato di nuovo da lui e così quest’ultimo avrebbe avuto un po’ di respiro. Il suo cuore continuava a dolere, ma non l’avrebbe mai ammesso. Non sperava che Alfred rinunciasse così facilmente a qualcosa che desiderava: se voleva parlare con lui ci avrebbe riprovato ancora … e ancora … e ancora. Ma lui, Arthur, doveva resistere! Non voleva parlargli e mai glielo avrebbe permesso.
In quel momento il telefono squillò. Sicuro che non fosse America dato che era fuori dalla sua porta, andò a rispondere.

-Pronto?-

-Ehilà Arthur-kun!- sentì una voce allegra e squillante dall’altro capo del telefono. Uno strano senso di calore gli attraverso il petto. Possibile che quella donna riuscisse a trovare sempre il momento giusto?

-Seychelles … sei tu …- non sapeva se la propria voce era più da psicopatico o da morto, ma a giudicare dal commento della ragazza, non era di certo normale.

-Ehi che voce lugubre! Un po’ di vita Iggy o morirai giovane.-

-Per favore, non è il momento … dimmi … che c’è?- la ragazza rise dall’altra parte, come se Inghilterra avesse appena fatto una battuta.

-No niente, volevo chiederti … sei libero stasera per uscire,vero? Sai, Francis e gli altri vanno al pub e tu devi assolutamente …-

-Non posso.- disse secco ancora prima di lasciarle finire la frase. Fu allora che se ne pentì amaramente. Ci fu un momento di silenzio in cui ad Inghilterra sembrò di non respirare.

-Arthur … hai la febbre?- chiese un po’ preoccupata. Ecco … ora era letteralmente “fottuto”. Se Seychelles sospettava qualcosa, era la fine per lui!

-No che non ce l’ho!- esclamò indignato o spaventato, difficile dirlo. –Ho bevuto ieri sera, tutto qui, quindi preferirei evitare stasera.- non era una bugia, ma … era palese che fosse una scusa grande quanto una casa per cercare di nascondere qualcos’altro . Era impossibile che una ragazza sveglia quanto lei, ci cascasse.

-No, tu stai male!- disse l’altra convinta. –Suvvia, Arthur! Ci conosciamo da tanto tempo … e tu MAI hai rifiutato una bevuta se non quando … - Seychelles smise di parlare. Oddio no … stava capendo tutto. Inghilterra iniziò a sudare freddo. Che Seychelles avesse intuito ogni cosa? Era uno stupido! Non era stato abbastanza convincente e persino lei, che lo conosceva da anni, poteva capire che qualcosa non quadrava. L’unica volta che aveva rifiutato una bevuta in compagnia era stato proprio al tradimento di America … e dopo la guerra d’Indipendenza. Il nome di quella guerra gli fece venire un altro po’ di nausea. Tutto era legato ad Alfred e nessuno era tanto stupido da non capire che anche stavolta c’entrasse qualcosa. –Che succede, Arthy?-chiese la ragazza con voce dolce. L’inglese esitò.

- … niente.-

-Non mentire. Non farmi venire a casa tua e non permettermi di mandare spie per controllarti.-

-Perché, l’hai mai fatto?!- chiese indignato. Non immaginava che Seychelles lo spiasse e sperava vivamente che si stesse sbagliando. Non era il tipo … forse.

-No, ma potrei iniziare! Ora dimmi … che succede?- Maledetta lei e la sua intelligenza. Non voleva dirle la situazione, era sicuro che lo avrebbe patito, si sarebbe arrabbiata o che comunque avrebbe ritirato fuori la questione di “maman Angleterre” ripresa ovviamente da Francia. Il problema era che Seychelles sapeva essere MOLTO convincente.
Arthur fu costretto a dirle ogni cosa.

-Ah … e così … hai tuo fratello davanti alla porta.- chiese, non appena ebbe finito di raccontarle, circa, la situazione in cui si trovava.

-Non è mio fratello!- sbottò Arthur con rabbia.
-Come scusa?- chiese lei confusa.
-Non abbiamo nessun legame di sangue né tanto mento dal punto di vista della legge. Non c’entriamo niente l’uno con l’altro! Lui è stata solo una mia colonia!- la corresse Inghilterra, cercando di non sembrare furioso. Dentro di sé, però, bolliva di rabbia: il solo chiamarlo “fratello” gli faceva ricordare il suo tradimento.

-L’hai comunque sempre considerato come un fratello minore, questo devi riconoscerlo.- disse l’altra cocciuta.

-Quello è il passato, Seychelles! Devo ricordarti cos’è successo o mi risparmi?- si stava quasi arrabbiando e questo la ragazza parve intuirlo. Se si parlava di quell’argomento, Inghilterra poteva diventare suscettibile: la sconfitta da parte di America gli bruciava terribilmente di fronte alle altre Nazioni.

-Sì ok, come vuoi. Ritornando al discorso precedente … non puoi uscire perché sei bloccato e perché non vuoi vederlo o parlargli.-

-Esatto.- aveva capito tutto, come poteva sospettare il contrario? Ora che si era un po’ sfogato con qualcuno stava decisamente meglio. Seychelles, poi, era una ragazza di cui si fidava, quindi poteva stare al sicuro con lei: non l’avrebbe preso in giro, non avrebbe spifferato nulla agli altri … sì, era tranquillo.

-Inghilterra … - lo chiamò di nuovo. Arthur si mise in ascolto. - Sei un’imbecille.-mormorò la sua voce, esasperata. Ci volle qualche istante per capire la frase a causa dello stupore. Seychelles … dava a lui del … cosa?!

-ma come ti … - non se l’era aspettato, forse l’aveva giudicata troppo bene o forse Francia stava iniziando ad avere una brutta influenza su di lei. Prima che però riuscisse a finire la frase, la voce della ragazza esplose.

-Senti! Sei un’imbecille e su questo non ci piove! Sei stato per MESI come un fantasma ambulante pensando a quel tizio, non dormivi, non mangiavi! Eri l’ombra di te stesso a causa di un poppante che ha voluto staccarsi dalla sua mammina … -eccola che ricominciava, ma non riuscì a ribattere a causa del tono irato della ragazza. Era sempre strano vederla arrabbiata … poteva incutere parecchio timore. - … e quando questi ritorna da te per parlarti, gli chiudi la porta in faccia?! Va bene che è stata una guerra coi fiocchi, va bene anche che ti sei sentito tradito … ma come ti ho detto tante altre volte, DEVI lasciarlo andare! Inghilterra, America non è più il bambino che hai cresciuto! È diventata una Nazione Indipendente! Non puoi più pretendere che corra di nuovo da te come faceva un tempo, te l’ho ripetuto non so quante volte! Non è una questione di perdonare o non perdonare … è più che altro la questione di ACCETTARLO o NO! E tu DEVI accettarlo, Arthur! Non si può più tornare indietro, lo vuoi capire? Vuoi odiarlo per sempre? Vuoi davvero sbattergli la porta in faccia ogni volta? Non vuoi davvero più vederlo?!- a queste domande il cuore dell’inglese cominciò ad incrinarsi. Una parte di lui voleva rispondere “sì!”, ma l’altra … moriva solo all’idea di non vedere mai più quegli occhi azzurro cielo.

-Seychelles non è questo il punto …-

-E allora qual è, spiegami!- lo incitò … ma stavolta non seppe risponderle con un ragionamento logico. La mente di Arthur era vuota, c’era solo il ricordo di quel giorno in mezzo alla pioggia che gli batteva nella testa peggio di un tamburo.

-Non voglio vederlo, tutto qui.-

-…Inghilterra … sarò franca: tu hai paura di lui.-

-COSA?- esclamò indignato. –No che non ho paura!-

-Oh sì che ce l’hai e coi fiocchi!-

-Ma non è ver … -

-Senti, non trattarmi da cretina, tu hai una paura pazzesca di lui! Di quello che incarna! Tu hai paura di rivederlo perché hai paura di rivedere il tuo passato e di tornare di nuovo a sentirti tradito! Hai paura di ritornare ad essere l’ombra di te stesso per il suo secondo abbandono! Non sarà un abbandono vero e proprio, ma tu sai meglio di me che lui non tornerà MAI più da te. E questo ti blocca! Tu hai paura della speranza, hai paura dell’illusione … hai paura, Arthur! Hai paura di lui e di tutto questo che può portare se gli parlassi! Hai paura anche dei tuoi stessi sentimenti!- Stava dicendo un mucchio di sciocchezze, suvvia! Lui? Paura di quel moccioso? Ma lo stava prendendo in giro?

-E quali sono i miei sentimenti, sentiamo!- la incitò, anche se era ovvio che sapesse già la risposta dentro di sé.

-Il tuo affetto per lui che non se n’è mai andato, ma che è sempre rimasto dentro di te … -

-NON DIRE CAVOLATE!- Ma più la ragazza parlava, più il suo cuore si spezzava e la sua mente rielaborava quelle parole come veritiere. Non voleva arrabbiarsi con lei, dopotutto le voleva bene … ma in quel momento non era proprio “lucido”. Avrebbe potuto ridere a quella sua affermazione, dicendole che stava sbagliando, ma la sua psicologia non era stabile quel giorno. –Ora scusa ma ho altro da fare! Devo far capire ad un moccioso che non potrà mai vedermi! E … dai un messaggio a Francia da parte mia quando lo vedrai stasera: l’assenzio è terrificante! Sono stato malissimo! Ora ho una fatina verde che dorme nella mia camicia!-

-Ma che c’entra?!- chiese Seychelles senza capire. –Aspetta … l’hai bevuto? Oooooh insomma, non è questo il momento! Arthur, non fare pazzie! Pensaci bene a quello che vuoi! Non farti rodere dalla rabbia e dalla vendetta! Pensa a quello che provi! Te ne pentirai per tutta la vita se continuerai ad ignorarlo così! Farai del male solo a te stess … - Non voleva più sentire altro. Sapeva già dove la ragazza voleva andare a parare.

-Grazie per le belle parole e per la morale, Seychelles. Ma quello che farò lo deciderò da solo. Ora devo salutarti … anche perché devo tirare dentro il bucato: qui sta per iniziare a piovere.-

-Cosa … ASPETTA! Inghilterra, vuoi davvero lasciarlo … -

-Ciao, buona serata.-

-Ehi, Inghilterra! Fermati! Ti stai facendo solo del mal … - fu allora che Inghilterra riattaccò il telefono. Non voleva sentire più quelle parole, non gli erano di alcun aiuto. Troppo spesso le aveva sentite e troppe ancora gli avevano dato la nausea. Ormai sapeva quel discorso a memoria per quanto era andata avanti a ripeterle.
S’avvicinò alla finestra, notando quanto il cielo stesse iniziando a cambiare. Entro neanche due ore America se ne sarebbe andato a causa della pioggia. Si accorse di avere già un po’ freddo e si rese conto di essere ancora con la camicia slacciata, a petto scoperto. Allacciandosi la camicia si allontanò dalla finestra, senza dare un’occhiata in giardino: sapeva che era ancora lì.
Per il resto del tempo si sedette sulla propria scrivania per studiare i problemi del proprio stato che avrebbe dovuto affrontare coi nobili. Voleva distrarsi, ma non ci riusciva. In un modo o nell’altro pensava sempre ad America e alle parole di Francia. Anche America ora aveva quel carico da sopportare? Il carico di un’intera nazione?
Fu distratto ad un certo punto da un ticchettio molto familiare, si voltò verso la finestra e vide la pioggia scendere piano dal cielo. Aveva iniziato a piovere … era già passato così tanto tempo? Guardò l’orologio sulla scrivania e vide che erano passate circa tre ore da quando si era seduto … non se ne era neanche accorto. Non aveva fatto molto.
Si alzò e decise di andare in cucina a prepararsi del tè, forse questo gli avrebbe schiarito un po’ le idee. Passando dall’Ingresso diede un’occhiata veloce ad uno dei vetri laterali alla porta … e scorse la schiena di America, leggermente bagnata sulle spalle. Perché non se n’era ancora andato?
Arthur sbuffò. Quel ragazzino non ci avrebbe impiegato molto … dal tuono che aveva appena rotto il silenzio di quella casa, poteva capire che il tempo sarebbe peggiorato ulteriormente. Peggio per lui.
Si preparò il tè con assoluta calma, mentre ascoltava il rumore della pioggia con attenzione. Man mano che peggiorava, Inghilterra iniziò a preoccuparsi. Era già andato via? Sperava di sì.
Il tè che prima era fumante nella tazza fra le sue mani, ormai era diventato tiepido. Gli occhi di Arthur sfrecciavano dalla tazza all’ingresso che si vedeva un poco dalla cucina essendo di fronte sul corridoio. Il cuore gli batteva leggermente più forte del solito. Perché si preoccupava? Non doveva importargliene niente, no? Anche se si bagnava, anche se rimaneva lì fuori … anche se si ammalava … che poteva importargliene? Era solo un idiota se rimaneva lì fuori, erano affari suoi! Aveva una casa, no? Beh che ci tornasse!
Si accorse solo in quel momento di picchiettare le dita contro la tazza, nervosamente.

-Che diamine!- esclamò, più a se stesso che alla situazione in sé. Mollò la tazza nel lavandino, rovesciando l’intero contenuto, per poi dirigersi a passo svelto verso la porta. Bene, non era riuscito a resistere … che genio … era caduto nella sua stessa trappola.
Sbirciò da uno dei vetri e il suo cuore mancò di un battito. America non era più sulla soglia. Si sporse un po’ di più per sicurezza … e non lo vide nemmeno stavolta. Allora era andato via … beh, bene! Era quello che voleva! Alla fine aveva ceduto alla pioggia, eh? Molto bene! Sapeva che avrebbe funzionato … eppure … perché … si sentiva … così amareggiato? Perché per un attimo aveva sperato che fosse ancora lì fuori ad aspettarlo? Se l’avesse visto l’avrebbe fatto entrare? Non lo sapeva, cercò solo di allontanare quel nuovo peso al centro del petto. Maledizione, se se n’era andato di nuovo … allora non era poi qualcosa di così importante per quel moccioso. Eppure era stato proprio lui, Arthur, a sbattergli la porta in faccia … come poteva sperare che America resistesse a qualcosa a cui aveva negato ogni speranza fin dal principio?
Rimase davanti a quella porta per qualche altro minuto, ricordando le spalle di America quando aveva sbirciato. Era diventato un uomo … aveva delle spalle larghissime … era diventato molto alto … sicuramente anche molto forte fisicamente. Gli era piaciuto vederlo in salute. Eppure … in quel momento ci stava solo male. Se non fosse stato per il suo orgoglio, appena aperta la porta gli sarebbe saltato al collo, abbracciandolo e … lasciandosi abbracciare stretto da quella braccia forti … assaporando di nuovo il suo profumo. Chissà se era sempre lo stesso odore di un tempo … era così buono.
Una goccia d’acqua calda cadde sulla propria mano … maledizione, forse aveva ancora i capelli bagnati, vero?
Una sensazione di dolore allo stomaco lo fece appoggiare contro il muro, iniziando a stringersi l’addome e i capelli mentre dentro la sua testa si faceva largo qualcosa di molto simile alla sensazione provata quel giorno.
Che cretino … che aveva da stare male? L’aveva voluto lui, no? Doveva essere felice di essersi liberato di quel moccioso! Doveva sentirsi più sollevato! Doveva ignorare tutto! Eppure … faceva così … dannatamente … male. Lo stomaco doleva ogni secondo di più, il proprio respiro iniziò ad essere talmente accelerato d’assomigliare ad una crisi d’asma.
Doveva smetterla! Non doveva provare dolore! Non doveva, maledizione! Se l’era promesso!! Mai più avrebbe provato quelle sensazioni per quel moccioso insignificante!
Cercò di ferirsi, stringendo le unghie sul braccio, perforando la carne, sperando che quel dolore al petto se ne andasse … ma aggiunse solo altro dolore.
Scivolò a terra, rimanendo seduto sul pavimento per diverso tempo, cercando sempre di riprendersi facendo lunghi respiri. Il suo corpo era un gran traditore.
Anche la testa cominciò a dolere, tanto da non riuscire più a ragionare con lucidità; il corpo tremava a vista d’occhio e il pavimento veniva bagnato pian piano dalle gocce di … era sudore?
Riuscì a calmarsi dopo diverso tempo, odiando sempre di più se stesso, ma i suoi sforzi gli avevano causato anche una grande stanchezza fisica e psicologia.
Pensando ad America e alle parole di Seychelles sul “far del male a se stesso”, Arthur si addormentò sulle scale, con la testa appoggiata al muro. Il corpo e la mente non avevano resistito alla giornata, così che alla fine avevano ceduto.
Non sognò nulla o se aveva sognato non se lo ricordava, però quando si svegliò si accorse di qualche goccia d’acqua fredda sulle guance, rimasta lì durante il sonno sicuramente. Tutto intorpidito guardò l’ora sul proprio orologio da polso… era tardi. Maledettamente tardi. Erano già le nove di sera passate.
Sperava ancora che tutto quello che era successo fosse stato solo un incubo, ma l’amaro nella propria bocca e il bruciore al proprio stomaco gli fecero vedere la realtà. Era successo tutto sul serio. Si alzò, ignorando il corpo dolorante per aver dormito in una posizione tutt’altro che comoda e tornò in cucina, strisciando i piedi. Si preparò una nuova tazza di tè. Ne aveva bisogno. Non voleva attaccarsi di nuovo alla bottiglia, ma … una o due volte ebbe l’impulso di avvicinarsi al frigorifero per un goccino. Ignorando tutto, prese la tazza di tè, mischiata a latte, per poi andare in salotto. Doveva stendersi sul divano e …
La tazza gli cadde dalle mani, frantumandosi al suolo. Il contenuto fu tutto rovesciato sul tappeto, ma non gli diede retta. I suoi occhi erano fissi sulla finestra che dava sul giardino di casa propria. Non poteva essere …
Il suo giardino era pieno di alberi, attorno alla propria residenza c’era un boschetto naturale … ma … alla quercia più vicina a casa sua, sotto i rami per cercare un riparo pressoché inutile a giudicare dai vestiti fradici … c’era il ragazzo dagli occhi blu cielo che tentava di scaldarsi le mani sicuramente ghiacciate. Non se n’era andato. Era sempre stato lì … aveva soltanto cercato un minimo di riparo dalla pioggia battente … ma non se n’era andato!
Il suo corpo si mosse da solo. Corse all’ingresso, afferrando un ombrello rapidamente, per poi dirigersi in giardino dove aveva visto quell’idiota. Quando fu nel campo visivo di America, però, rallentò il passo: il suo orgoglio gli impediva ogni cosa, persino quella di correre da lui e abbracciarlo come aveva desiderato quel pomeriggio. No, non poteva desiderarlo, non dopo quello che era successo.
America stava guardando dall’altra parte, in un punto impreciso della casa inglese, senza accorgersi di lui. Poteva quindi scappare di nuovo, ma il suo corpo glielo impedì.
Si avvicinò ad America, guardando ogni particolare del suo viso bagnato dalla pioggia. Era proprio un uomo. Si poteva notare leggermente un po’ di barba rasata, gli occhi erano meno fanciulleschi e il corpo … beh … aveva già detto tutto la prima volta che l'aveva visto sulla soglia di casa. Le gocce d'acqua scivolavano lungo quel corpo, sparendo al contatto coi vestiti, ma dandosi alla pazza gioia sul collo teso dell'americano.
Lo coprì col proprio ombrello, senza dire una parola e voltando lo sguardo per non incontrare i suoi occhi entro qualche secondo. America si voltò e finalmente lo vide. Ora sì che iniziavano i guai.

RISPOSTA RECENSIONI

Mi dispiace di averci messo così tanto ^^'' Ho dovuto preparare l'esame finale della mia scuola e non ho avuto proprio tempo di fare altro XD scusatemi u.u Volevo quindi riuscire a mandarlo entro il 4 di luglio in occasione del compleanno di Alfred, ma....a mi è scappato di due ore u.u''' ma va beh, dettagli XD Auguri lo stesso Alfred ^___^ Buon 4 luglio! Il capitolo è più lungo dei precedenti, così che mi faccio perdonare per il ritardo u.u

Ballerinaclassica: Eh beh XD Arthur è stato "tradito" a modo suo e il suo orgoglio inglese è stato mandato a fagiolo u.u DOVEVA essere bastardo. E...sì, come dici tu, è stato malino a causa sua anche dopo la telefonata XD era normale che fosse fuori dai gangheri XD sono contenta che ti sia piaciuto il capitolo precedente *___* davvero! Sono molto contenta *-* Sono felice di essere riuscita a creare suspance *-* spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo <3 baci!
Akasuna_No_Mayumi: sono felice di aver creato suspance *__* oooh! Che bello XD sono contenta che ti sia piaciuto anche il capitolo scorso ^__^ spero di non aver deluso con questo u.u'' E poveri...mi diverto un po' a farli star male, si vede XD ehehehe! *Arty e Al la picchiano*
Gixye: davvero ti ho incuriosita di nuovoo?*___* ooooooh! me tanto feliceeee XD che bello ^__^ sono davvero contenta ^-^ spero ti sia piaciuto anche questo <3 bacii XD

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Capitolo 5
*** Doccia (Pov Entrambi) ***


Doccia (Pov Entrambi)
Mi scuso per il ritardo °-°''

POV ALFRED

Era stato tutto il giorno sotto quell’albero, nella speranza che Inghilterra uscisse e lo chiamasse, ma la casa inglese era sempre rimasta immobile. Tutto aveva iniziato a diventare più buio man mano che erano passate le ore, se non qualche luce che Arthur accendeva quando entrava in una stanza … al momento doveva trovarsi in cucina.
Aveva promesso di rimanere lì fuori finché non lo avrebbe fatto entrare … e così aveva fatto. Era un eroe lui, un po’ di pioggia non l’avrebbe certamente preoccupato. Aveva freddo, questo era vero. Era bagnato fradicio, vero anche questo. Stava scendendo la notte … e nonostante tutto Inghilterra non era ancora uscito. Ormai credeva davvero che lo volesse lasciare lì fuori a marcire, senza vederlo … ma non si perse d’animo! Non poteva arrendersi! Gli aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta, che ci fossero volute ore o giorni! Doveva parlare con Arthur, doveva rivederlo ancora una volta ed assicurarsi che stesse bene.
Continuò a guardare la casa, senza perderla di vista, ricordando i bei momenti passati lì dentro quando era piccolo. Inghilterra era sempre stato un “fratello” devoto e Alfred lo aveva sempre ammirato in ogni suo gesto. Ricordava tutte le marachelle che aveva combinato, tutte le sue paure, tutto quello che aveva appreso per diventare una Nazione … ed Inghilterra era sempre stato accanto a lui.
Anche se non erano fratelli di sangue, Arthur non lo aveva mai dato a vedere, lo aveva sempre trattato con amore insegnandogli tutto quello che sapeva con enorme pazienza. Lo aveva cresciuto in modo giusto … ma … a quel tempo non ce l’aveva più fatta a dipendere da lui. Non si pentiva della propria scelta, però … si rammaricava del modo che aveva usato per allontanarsi. Non c’era stata altra possibilità, su questo non c’erano dubbi, però avrebbe preferito di gran lunga un’altra risoluzione. Ma che avrebbe potuto fare? Inghilterra aveva sempre pensato che lui fosse un bambino, non aveva mai creduto in lui come una Nazione e tuttora era evidente che la pensasse allo stesso modo. Alle poche riunioni a cui avevano assistito assieme non gli aveva rivolto nessuno sguardo, nessuna parola e aveva disprezzato ogni sua idea con fermezza.
Starnutì, bloccando così i suoi pensieri. Non poteva ammalarsi, su! Lui era forte! Era un eroe e gli eroi non si ammalano mai. Doveva resistere anche in quelle condizioni!
Fregò le mani l’una con l’altra, bagnate, sperando di scaldarle, ma fu un’azione alquanto inutile: i vesti erano fradici, attaccandosi così al suo corpo, e il gelo della sera gli entrava fin dentro le ossa.
Ad un certo punto sentì qualcosa di strano: la pioggia che ancora cadeva, non colpiva più la sua testa. Era certo che non fosse diminuita, ma … col filo dell’occhio vide qualcosa alla sua destra. Si voltò di scatto, notando solo in quel momento una presenza accanto a sé.
Arthur era lì, di fianco a lui, immobile.
Alfred rimase senza parole, il suo cervello s’intoppò più del solito e il proprio cuore smise di battere. Era … era uscito! Era … venuto da lui! Era … freddo. Inghilterra guardava da tutt’altra parte, tenendo l’ombrello anche sulla testa di Alfred, coprendolo dalla pioggia. I suoi occhi verdi guardavano ovunque, tranne che i suoi.
Rimasero in assoluto silenzio per diversi minuti, anche perché America non sapeva che cosa dire ed Inghilterra forse non aveva voglia di aprire bocca. L’unico rumore che c’era fra loro era la pioggia che colpiva il terreno, creando un suono ipnotizzante.
Alfred deglutì e decise di parlare per primo, anche se con voce un po’ tremante a causa del freddo e della sorpresa.

-I … Iggy … - disse in un soffio.

-Non chiamarmi così.- sbottò Inghilterra, spostando i suoi occhi sul viso del più piccolo, guardandolo con astio. America cominciò quasi a pensare che non fosse stata una buona idea quello di aspettarlo: sembrava quasi che Inghilterra volesse ucciderlo appena entrati in casa. –I vicini inizieranno a parlare male di me se vedono un barbone nel mio giardino.- continuò l’inglese, spostando nuovamente lo sguardo, come ad assicurarsi che nessuno li vedesse assieme. Alfred ci mise qualche secondo per capire l’insieme di quelle parole … come l’aveva chiamato?

-Barb … - stava per rispondere a quel appellativo, ma Inghilterra lo interruppe bruscamente.

-Non voglio fare figuracce, quindi entra e non fare storie, ma che siano chiare due cose: non voglio sentirti parlare e domani mattina levi le tende, chiaro?- Rimasero per qualche secondo in silenzio: America ragionava sulle sue condizioni ed Inghilterra lo fissava attendendo una risposta. Non poteva parlargli, in sostanza, di quello per cui era venuto, ma almeno poteva entrare in casa sua e passare la notte sotto quel tetto ancora una volta; se ne sarebbe dovuto andare via la mattina dopo, ma … almeno non subito.
Deglutì, arreso a quelle condizioni, per poi annuire. Voleva restare con lui, sarebbe stato zitto anche tutta la notte se necessario.

-Bene, seguimi.- Inghilterra si voltò, così che America fu costretto a seguirlo per rimanere riparato dalla pioggia, anche se ormai era pressoché inutile viste le condizioni dei suoi abiti.
Finalmente entrarono in casa. Quando Alfred ci mise piede rimase per un attimo bloccato sulla soglia: sentiva di nuovo l’odore e il calore di un tempo, vedeva i mobili disposti nello stesso modo, gli stessi quadri, le decorazioni inglesi invariate … tutto era nostalgico. Aveva troppi ricordi legati a quel posto.

-Fermati lì, spogliati! Non voglio che mi bagni tutta casa. Vado a prenderti un panno. Farai la doccia, sai dove si trova il bagno … e ti presterò un pigiama. Sarà piccolo, ma meglio di niente. – Arthur disse tutto in modo molto schematico, quasi al pari di un generale in modo che ogni suo comando fosse chiaro e preciso.
Osservò attentamente l’inglese mentre appoggiava l’ombrello da parte ed entrava in casa a piedi scalzi. Ogni suo movimento era piccolo, curato, elegante...un gentleman di prima categoria.
Rimase da solo nell’ingresso, guardando la schiena d’Inghilterra sparire dalla sua vista. Sentì uno strano bisogno di raggiungerlo e di abbracciarlo da dietro per paura che potesse sparire di nuovo, ma si bloccò sulla soglia. Era meglio evitare.
Iniziò a spogliarsi, mettendo i vestiti fradici da un lato in modo da non bagnare il pavimento accuratamente pulito e rimase in mutande … anch’esse bagnate. Arrossì un poco accorgendosi che, a causa delle righe bianche, si vedeva un po’ di carne in trasparenza così che si coprì con le mani appena Inghilterra arrivò sull’ingresso con un accappatoio piegato con cura ed un asciugamano. Sopra alla pila c’era poi un pigiama azzurro chiaro, lungo, piegato anch’esso con estrema precisione.
Inghilterra era sempre impeccabile nelle faccende domestiche, c’era poco da dire, mai che avesse una piega fuori posto … lui al contrario era un vero disastro, anche se non aveva alcuna intenzione di cambiare.

-Usa le ciabatte per andare in bagno.- gli disse l’inglese, indicandogliene col capo un paio per terra che l'americano non aveva visto... anche perché Alfred stava concentrando la propria attenzione su un fatto: Inghilterra non l'aveva più guardato in viso da quando erano entrati in casa, nemmeno in quel momento.
Si ritrovò tutto l’occorrente in mano, in malo modo, tanto che a malapena se ne accorse … per poi vedere di nuovo quelle spalle allontanarsi. Soffriva dentro di sé. Gli doleva non poter aprire bocca per chiedergli “Come stai?” che era poi il motivo per cui era venuto lì … ma Inghilterra aveva abbastanza coraggio da sbatterlo fuori casa a calci nudo com’era.
Il bagno era sempre allo stesso posto e anche quello non era cambiato di una sola virgola, a parte una camicia di Inghilterra mollata sul lavandino. Strano … di solito era un tipo piuttosto ordinato, infatti era l’unica cosa in disordine di tutta la casa.
Allungò appena una mano verso la camicia senza accorgersene, sfiorandola come se stesse toccando Inghilterra, ma quando si rese conto di quel che stava facendo, la ritrasse rapidamente al petto. Con un’alzata di spalle entrò nella doccia, appoggiando tutto quello che aveva in mano su un mobile poco distante senza più guardare verso il lavandino. Si fece una doccia calda, dato che aveva la pelle d’oca e non faceva altro che tremare per il freddo di prima. Fu davvero piacevole. Non ricordava che la sensazione del caldo sulla pelle fosse tanto bella e riposante … ma di sicuro era decine di volte meno rilassato: gli occhi dell’inglese sembravano non avere alcuna intenzione di fissarlo, i suoi dubbi sul suo aspetto erano stati riconfermati … ed era decisamente più preoccupato. Agli occhi di altri forse non sarebbe sembrato, anche perché lo nascondeva molto bene in pubblico ma ... Arthur era un morto che camminava.

POV ARTHUR

Era dovuto fuggire da Alfred in fretta e furia … aveva dovuto farlo! Per un attimo gli era venuto un infarto a vederlo semi nudo, con quei boxer che non lo coprivano minimante! Maledizione, era America! Perché si era sentito avvampare a quella visione? Per un attimo il suo cuore era partito verso la gola e il proprio viso era andato in fiamme, per questo che non era più riuscito a fissarlo. Aveva fatto male a farlo entrare?
Cercò di pensare ad altro mentre preparava sul divano una coperta, un cuscino e poco altro per farlo dormire in modo confortevole. Pulì anche il macello che aveva accidentalmente creato in salotto sul tappeto con la tazza di tè, senza però smettere di pensare a quel corpo. Va bene che America era sembrato molto forte sin da piccolo, ma … diamine … aveva un fisico da invidiare! Era robusto, coi muscoli ben in vista … insomma … in confronto lui sembrava un bastoncino di legno secco! L’unica cosa negativa, forse, era una leggera pancetta causata sicuramente dal cibo malsano che s’inventava.
Stava mettendo a posto la coperta, quando sentì un movimento alle sue spalle, interrompendo quei pensieri così confusionali. Si voltò di scatto e fece … molto male: a pochi centimetri da lui c’era Alfred, in accappatoio col profumo del sapone che lo avvolgeva tanto da stordirlo, le gocce d’acqua scendevano dai suoi capelli e sui pochi strati di pelle scoperti, dandogli un aspetto molto più bello del solito. Gli occhi dell’americano sembravano così vicini ai suoi che Arthur credette di essere inglobato da essi. Fu costretto a chiudere per un attimo le palpebre e a trattenere il respiro tremante. Si portò automaticamente una mano alla bocca, come per non gridare. Non pensava di essere tanto teso da spaventarsi in quel modo per un nonnulla.

-Oh, scusa, ti ho spaventato?- chiese America, evidentemente preoccupato … ma cosa si preoccupava lui? Come si permetteva di angustiarsi per lui dopo quello che aveva fatto? No, non poteva! Non ne aveva alcun diritto!

-No, ma non spuntare fuori all’improvviso da dietro di me. - disse freddo, cercando di essere il meno velenoso possibile … dopotutto era un gentiluomo. -Perché non sei ancora n pigiama?- gli chiese, senza più avere il coraggio di guardarlo.

-Ehm … mi manca … della biancheria intima … sai … i miei boxer sono bagnati fradici.- oh, certo, la biancheria … quindi lui era completamente nudo sotto.
Arrossendo fino alla punta dei capelli, Arthur oltrepassò America ed uscì dalla stanza, senza dire una parola. E che diamine … il suo cuore batteva ancora fortissimo e i suoi occhi traditori non toglievano dalla memoria quel corpo. Sapeva che era masochista, ma non immaginava fino a questo punto! Non soltanto l’aveva fatto entrare in casa e lo aveva accolto come un ospite, ma in quel momento stava formulando dei pensieri poco adatti alla situazione che mai gli erano venuti in mente e chemai avrebbero dovuto farlo! Maledicendo se stesso e tutto quello che riguardava quei pensieri assurdi dati sicuramente dalla confusione totale, Arthur prese un proprio paio di boxer (i più grandi che riuscì a trovare) e scese di nuovo in salotto.
America era seduto sul divano, intento a guardarsi attorno, quasi smarrito … ancora una volta gli occhi dell’inglese si soffermarono sulle spalle possenti del ragazzo e sui suoi capelli ancora bagnati. Notò delle gocce d’acqua scendere lente sul suo collo, fino a sparire nell’accappatoio. Deglutì … aveva la gola secca.
Prima di raggiungerlo (e soffrire maggiormente) tornò indietro, dirigendosi in bagno per prendere un asciugamano. Quando tornò gli lanciò da dietro i boxer sulle gambe e gli mise in testa con forza il pezzo di stoffa per asciugargli i capelli.

-Spero non siano troppo piccoli quei boxer … -disse arrossendo, dopotutto la stazza di Alfred era decisamente maggiore alla sua … quindi … forse … anche …. - E vedi di asciugarti bene i capelli, disgraziato!- gli disse velenoso, sfregandogli con forza l’asciugamano sulla testa cercando di non pensare. America lo lasciò fare, mentre da sotto l’accappatoio iniziava ad infilarsi la biancheria.

-Grazie.- gli disse in un sussurro. Quella piccola parola sciolse il cuore al ragazzo dagli occhi verdi. America non doveva essere così buono con lui … gli faceva solo del male, perché non lo capiva? Era più difficile trattarlo con freddezza, se lui era così educato e preoccupato nei suoi confronti. Doveva riuscire a resistere fino al mattino seguente!
Ma … perché nonostante quello che gli aveva fatto e il dolore lacerante che aveva provato, non riusciva ad odiarlo del tutto? Quasi gli venne da piangere per l’umiliazione e confusione, ma dovette trattenersi con tutte le sue forze.
Il tocco su quell’asciugamano si era fatto via via più dolce e curato, come delle piccole carezze. America non diceva una parola, forse gli aveva davvero dato retta sul loro “accordo”. Arthur scoprì che gli piaceva accarezzare quella testa: gli faceva ricordare il tempo in cui Alfred non era ancora capace di gestirsi da solo e dipendeva unicamente da lui. Gli mancava prendersi cura di quel bambino.
Sarebbe rimasto lì ad asciugargli la testa per ore, ma non poteva fare altre figuracce, così che tolse l’asciugamano rapidamente, quasi stizzito. Una massa di capelli biondi senza alcuna forma partirono verso l’alto in un modo molto buffo.

-Vado a prenderti la spazzola e il pigiama.- gli annunciò, allontanandosi da lui.
Tornò come promesso in bagno, afferrando i due oggetti e tornando in salotto, ma non trovò più America seduto sul divano, bensì davanti alla porta a bloccandogli l’accesso. Diamine … da così vicino sembrava ancora più alto e possente.
Strinse a sé il pigiama e la spazzola, con gli occhi incatenati a quelli di Alfred con un groppo alla gola. Il proprio corpo s’irrigidì totalmente sotto quello sguardo così deciso, glaciale, determinato … ed ebbe l’impressione di non respirare più.

RISPOSTA RECENSIONI

Akasuna_No_Mayumi: ooooh sono contenta che Seychells e la fatina siano piaciute *__* e anche di averti lasciato col fiato sospeso XD sono riuscita nel mio intento allora *-* sono proprio soddisfatta XD grazie di cuore <3
kiaaxel18: hai colto nel segnoooooooooo *___* sono proprio due imbecilli, ma DEVONO essere così XD o non sarebbero Iggy e America XD sono davvero contenta che ti sia piaciuto e di aver reso lo stato d'animo di Arthur bene *__* grazie infinitamente per l'IIIIIIC *O* sono così preoccupata ogni volta che scrivo dal punto di vista di Arthur °-° quel ragazzo mi fa dannare XD sono davvero felice *saltella per la stanza* grazie grazie grazieeeee XD oh se vuoi ti posso passare una fatina u.u *le porge un francis con le ali ovviamente nudo (completo di rosa)* spero che ti sia piaciuto anche questo anche se di passaggio^^''
ballerinaclassica: non so se ti sarà piaciuto questo^^'' perchè è un capitolo MOLTO di passaggio... ma spero di sì u.u'' *spaventata* sono contenta che ti sia piaciuto anche il capitolo scorso XD sono contenta che Alfred sia sempre IC in un modo o nell'altro *_*
Gixye:ooooooooooooooooooh davvero non te l'aspettavi?*____* che bellooooooooooooo!! sono tanto felice di averti sorpreso *-* davvero tanto *-* *saltella per la stanza* grazieeeeee XD <3
Artemis89: ma tranquilla bella u.u so che gli esami dell'uni ti distruggono un po' u.u' sono contenta che Seychelles sia venuta bene *___* anche io non reggo quando la fanno un'oca °-°' per questo che l'ho fatta così <3 ^-^ oh beh, cmq Arthur se lo merita un po' di essere preso in giro u.u qualcuno deve pur sbattergli la verità in faccia u.u'' sono davvero felice che ti sia piaciuto il finale *___* ci speravo davvero tanto!!grazie <3<3

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Capitolo 6
*** Tensione (Pov Entrambi) ***


Tensione(Pov Entrambi)
Mi scuso per l'enorme ritardo, ma ho avuto le vacanze e alcuni problemi familiari….quindi non ho avuto né la voglia né il tempo di scrivere o correggere quel che avevo scritto u.u'' ma ora che mi sono ripresa (sì tranquilli, è tutto a posto ora) ho mandato questo capitolo il più in fretta possibile u.u' Scusate, chiedo perdono!! Scusate davvero tanto! Picchiatemi pure u.u'' Buon capitolo!<3

POV ALFRED

Era stata una sensazione indescrivibile quando Inghilterra gli aveva asciugato i capelli. All’inizio aveva notato solo rabbia in quel gesto, ma poi pian piano si era trasformato in un movimento talmente dolce che lo aveva ipnotizzato. Si era stupito, di certo non se lo sarebbe mai aspettato … ma non voleva porsi domande per godersi il momento senza proferir parola: quando mai gli sarebbe ricapitata un’occasione simile?
Era rimasto per tutto il tempo ad occhi chiusi, assaporando quei movimenti che conosceva a memoria da quando era piccolo, abbandonandosi completamente nelle sue mani. Non sentiva nulla, se non la stoffa prendergli contro le orecchie e la pressione leggera sulla propria testa. La sua coscienza invece vagava come un fantasma senza alcun pensiero razionale, cercando di non farlo parlare o fare qualsiasi rumore e rischiare di rovinare l’atmosfera creatasi. Se avesse aperto bocca avrebbe sicuramente spaventato l’inglese che sembrava non essersi accorto di tanta dolcezza...e questo non lo voleva.
Inghilterra mormorò qualcosa su una spazzola o qualcosa di simile e solo allora si accorse che il “massaggio” era terminato. Scosse la testa, cercando di tornare lucido e scoprì di essere intontito completamente: era come essersi appena svegliato dopo aver dormito troppo a lungo.
Si voltò, trovandosi a fissare la schiena di Arthur che oltrepassava la porta del soggiorno. In quell’istante si ricordò tutto, come se durante quel massaggio avesse avuto un’amnesia: lo stato fisico d’Inghilterra, la sua determinazione e quello che doveva dirgli. Doveva sapere! Doveva sapere come stava, se mangiava, se aveva delle difficoltà di qualsiasi genere! Voleva aiutarlo, voleva risolvere i suoi problemi attuali anche se non sapeva più niente di lui! In parte si sentiva preso in causa, ma forse non necessariamente quel suo aspetto malaticcio era legato a quello che era successo anni prima … in ogni caso doveva saperlo.
Si alzò e si diresse verso il bagno per raggiungerlo il prima possibile, ma Inghilterra era già di ritorno. Non si mostrò troppo sorpreso nel vederselo davanti così presto, si limitò invece a bloccargli la porta prima che entrasse di nuovo in soggiorno.
Ora sì che poteva vedere un po’ di panico in quegli occhi verdi: erano spalancati, confusi, impauriti e il suo corpo non era certamente da meno. Era rigido come un pezzo di legno e poteva sentire la sua tensione come se fosse stata palpabile sulla punta delle dita; il suo viso era un libro aperto, tanto che per un momento si sentì quasi imbarazzato a fissarlo, come se stesse violando la sua privacy. Infine non credeva possibile che le sopracciglia di Arthur potessero andare così in alto e neanche che quelle palpebre fossero in grado di spalancarsi tanto … non immaginava neppure che l’inglese temesse la sua vicinanza a tal punto.
Si avvicinò ad Inghilterra e questi fece un passo indietro immediato. Alfred sapeva di non avere un’espressione allegra in quel momento, dopotutto doveva mostrarsi determinato e puntare unicamente a quello che voleva sapere senza mostrare alcuna debolezza o indecisione.
Consapevole che non sarebbe riuscito ad avvicinarsi più di un tanto, allungò una mano verso di lui cercando di toccarlo, ma fu forse un grosso errore: gli occhi di Arthur si spalancarono forse di più, terrorizzati. Sì … poteva leggere solo paura in quelle pozze verdi, accompagnate da un leggero tremolio su tutto il corpo.
Inghilterra chiuse con forza il contatto dei loro sguardi e si allontanò con un balzo dalla sua vicinanza, come se si fosse scottato. Alfred aveva esagerato … era stato un po’ ingenuo a pensare di potersi avvicinare così rapidamente ad Inghilterra, dopotutto quest’ultimo era sempre stato una persona molto diffidente del prossimo, specialmente se veniva ferito … e America gli aveva forse lasciato la ferita più grande di tutte.

-Non toccarmi … -disse Arthur in un sussurro tremulo, per poi deglutire.

-Scusa … - si sentì in diritto di scusarsi. Non poteva più comportarsi come un tempo e questo lo sapeva più che bene, ma gli era venuto spontaneo tentare di toccarlo ancora una volta. –Ma … Arthur … -

-Inghilterra.- lo corresse leggermente più indeciso di prima … perché Arthur esitava? Perché … Non doveva porsi domande. Se pensava troppo rischiava di andare fuori discorso e di perdere l’inglese definitivamente.

-Inghilterra … io … voglio sapere solo una cosa, poi giuro che non ti toccherò, non ti parlerò … potrai andare a dormire e dimenticarmi.- era disposto a tutto, anche di perderlo per sempre … avrebbe fatto tutto per lui, solo per essere sicuro che stesse bene.

-E se io non volessi …? - non gli lasciò neanche finire la frase che lo afferrò per le spalle e lo appoggiò contro lo stipite della porta, bloccando le sue vie di fuga.
Inghilterra spalancò gli occhi dal terrore, ma il resto del suo corpo rimase immobile. Fiero come al solito, eh?
Continuarono a guardarsi negli occhi, ma quelli che iniziarono a fissarlo da quel momento erano carichi di sfida.

- Inghilterra … non ti parlerò di tutto quello che volevo dirti, ma una cosa la voglio sapere e ti riguarda in senso stretto. Come stai? Sei malato? Mangi a sufficienza? – Non poteva accennare alla sua magrezza e nemmeno al fatto che lo trovasse sciupato e a pezzi: conosceva troppo bene Arthur, di sicuro avrebbe chiuso immediatamente la comunicazione. Doveva andarci molto piano con lui, essere cauto. –Vorrei sapere solo questo. Tu come stai? Sinceramente … -
Inghilterra guardò altrove senza rispondere o forse semplicemente non aveva intenzione farlo, difficile dirlo. Di una cosa Alfred era certo: non lo avrebbe lasciato andare finché non avrebbe ottenuto ciò che pretendeva, come si era promesso appena partito da casa.
Rimasero in quella posizione per molto tempo, quasi un’eternità: uno attendeva una risposta col cuore in gola, l’altro semplicemente taceva senza mutare espressione.
A cosa pensi, Inghilterra? Cosa vuoi dire? Questo voleva chiedergli America, ma sapeva che non doveva mettergli fretta, anche se agitato. Quella risposta sarebbe stata la verità o una menzogna? Non lo avrebbe mai saputo e questo lo spaventava. Non sapeva neppure se avrebbe accettato la risposta o gli avrebbe dato del bugiardo.
Inghilterra aprì bocca e l’attenzione di Alfred si concentrò su quelle labbra, intenzionato a non lasciarsi sfuggire neppure una lettera.

-Sto bene.- disse semplicemente, con decisone, fissandolo di nuovo con freddezza. Questa risposta gli fece cadere tutto il mondo addosso. Era evidente che non stesse bene, eppure era consapevole di non potergli chiedere altro, di non poter entrare nella sua testa e vedere se stava dicendo tutto per zittirlo o perché non si rendeva conto delle proprie condizioni. Non aveva nulla per dimostrare la sua menzogna in modo concreto. Che si aspettava? Che gli dicesse i suoi problemi? Che si sfogasse con lui? Perché, nonostante sapesse che era impossibile un qualsiasi sfogo, quella risposta gli faceva tanto male?

-Sei sicuro?- Sapeva che anche con quell’insistenza non sarebbe arrivato a nulla. Inghilterra non gli aveva mai mostrato alcuna debolezza se non quando era finita la guerra fra di loro e, stremato e distrutto, era scoppiato a piangere in ginocchio davanti a lui. Solo quel giorno aveva conosciuto il suo vero "io", mentre per tutti gli anni passati insieme aveva visto solo una barriera che li divideva. Anche stavolta, Arthur, gli stava nascondendo tutto, creando quel muro insormontabile che quel dannato orgoglio inglese gli vieteva ogni comunicazione diretta.
Perché era così cocciuto e orgoglioso, maledizione?! Perché non riusciva mai ad essere se stesso?! Quando faceva così … lo odiava.

-Sì. Sono stanco, voglio andare a dormire.- disse sempre con più apatia, senza lasciar trasparire nulla se non parole che non erano veritiere. Alfred lo tenne bloccato ancora per qualche secondo, scrutandolo, ma Arthur continuava a guardare nei suoi occhi senza desistere. Aveva perso, non poteva combattere quella sua cocciutaggine, non poteva fare niente … e Inghilterra sembrava non volere minimamente il suo aiuto. Dovette allontanarsi, sconfitto.

-Va bene … Buonanotte.- gli lasciò abbastanza spazio per scivolare via dalla sua presa e “scappare” in camera sua. Sì … sarebbe scappato, era un classico: pur di non farsi vedere nel suo vero stato d’animo, Arthur si sarebbe chiuso in camera da letto.

-Buonanotte.- gli rispose, avviandosi verso le scale che portavano al piano superiore dopo avergli quasi lanciato in mano il pigiama e la spazzola che era andato a prendere.

-Ah! Inghilterra! Un’ultima cosa … - gli disse, bloccandolo sulle scale, ma stavolta il maggiore non gli rivolse nessuno sguardo, continuando a guardare di fronte a sè. –C’è … ancora camera mia?- un tempo non era stato solo a casa propria, molto spesso Inghilterra lo aveva invitato a dormire per qualche notte, ma ovviamente la maggior parte della propria infanzia l’aveva vissuta da solo nel proprio paese. -Sai … mi è sembrato strano che tu preparassi il divano e volevo sapere se avevi ancora … -

-Ho buttato via tutto.- dirre con impassibilità il biondo, interrompendolo. Una stretta afferrò lo stomaco di America a quelle parole e la freddezza del tono dell’inglese invase anche il suo animo. –Non mi servivano più quelle cose … e le ho gettate via tutte. Non si è salvato niente. Ora è diventato un mio studio … ma lo uso molto poco, quindi ti pregherei di non andarci di soppiatto per conto tuo: è tutto sporco e non voglio che scombini maggiormente. C’è altro?- E così aveva gettato via tutto … il suo letto, i suoi giochi, i suoi libri, i suoi vestiti … tutto quello che lo aveva riguardato insomma e che aveva lasciato ad Arthur. L'inglese aveva fatto piazza pulita di metà vita passata insieme come se non ci fosse mai stata … lo odiava a tal punto da volerlo dimenticare? Non gliene faceva una colpa: anche lui aveva messo tutto il loro passato in un luogo chiuso, facendo in modo di non poterlo vedere per sbaglio, ma … forse era l’unico patetico che ancora ricordava i giorni spensierati della sua infanzia. Inghilterra aveva già superato quella fase e forse non ci avrebbe ripensato mai più.
Abbassò lo sguardo, triste, sentendo il proprio dolore propagarsi dal petto al resto del corpo .

-No … Buonanotte, Inghilterra.- ormai non aveva più voce, era diventata rauca e bassa.

-Buonanotte, America.- disse sempre con quell’apatia, avanzando sulle scale rapidamente e sparendo dalla sua visuale.
America rimase davanti alla porta del soggiorno ancora per qualche minuto, poi il suo corpo lo obbligò a dirigersi sul divano e a sedersi. Indossò il pigiama, ma la sua mente era vuota.
Quando si coricò, sperò di addormentarsi entro breve, ma non faceva altro che fissare il soffitto in attesa che la stanchezza lo facesse crollare sfinito. Era difficile pensare ad altro: quella casa aveva troppi ricordi, già quel salotto ne aveva, come gli oggetti posti con cura, i mobili, i quadri, le piante … tutto. La cosa più stravolgente era l’odore: sapeva di nostalgia e di Arthur. Oh sì … tutta la casa aveva l’odore di Inghilterra, ne era stracolma e questo peggiorava le cose.
Guardò un orologio a pendolo di fronte al divano e vide che erano ormai le due passate. Inghilterra si era già addormentato sicuramente.

POV ARTHUR

Gli era quasi venuto un infarto: per un attimo aveva creduto di non resistere psicologicamente e fisicamente.
Finalmente fuggito dal salotto, si era appoggiato alla porta della propria camera di schiena, ancora sconvolto.
Per un solo istante aveva ceduto: quando America lo aveva quasi toccato aveva avuto un mancamento e la sua maschera di odio aveva subito delle crepe forse irrecuperabili. Aveva avuto paura che se Alfred lo avesse sfiorato volontariamente in modo così dolce, forse lui, Arthur, avrebbe rivalutato i propri sentimenti.
Maledizione! Diede un pugno sul pavimento, con forza. Non si era reso neanche conto di essere scivolato a terra, col sedere sul pavimento e di aver iniziato a stringersi i capelli quasi con disperazione. Il suo corpo tremava più di prima e il suo animo era completamente coperto di crepe, tanto che ne bastava un’altra per finire in pezzi come un bicchiere di cristallo caduto sul pavimento.
America non doveva tornare! Gli aveva fatto solo male! Aveva sperato per tutto il tempo di riuscire a resistere, pensando a lui come un essere ignobile, ma … quando lo aveva bloccato contro il muro e i loro occhi si erano incrociati, tutto era cambiato: l’immagine di Alfred da piccolo e quello attuale si erano sovrapposte.
Occhi azzurri, quasi di ghiaccio, ma che in realtà riuscivano a scaldargli il cuore con una potenza tale da stordirlo. Aveva visto in loro gli stessi sentimenti che ogni giorno vedeva di fronte allo specchio, identici!
Non doveva però essere solo lui ad aver sofferto? Era stato Alfred ad essersene andato, ad averlo tradito, odiato e averlo quasi ucciso! Era stato solo lui! Ma perché in quegli occhi aveva notato tutto quel vortice sofferente che per anni lo aveva turbato? Per un secondo gli era venuto l’impulso di scusarsi per come lo stava trattando ed era stato solo in quel momento che si era reso conto del proprio errore. Non poteva scusarsi. Eppure … perché gli faceva tutto così dannatamente male?
America era troppo gentile nei suoi confronti, non doveva comportarsi così!
Quando ebbe recuperato il fiato, decise che l’unica cosa da fare era dormire: addormentarsi significava non pensare, ma anche far passare la notte più velocemente possibile. Il giorno dopo America se ne sarebbe andato come aveva promesso e lui, Arthur, si sarebbe ripreso, dimenticandolo di nuovo. Non sapeva se ci avrebbe messo solo poche ore o mesi ... o anni.
Il giorno stesso sarebbe andato nuovamente a bere qualcosa: ne aveva un assoluto bisogno. Tuttavia non immaginava che fosse così difficile addormentarsi col pensiero rivolto ad Alfred che si trovava al piano di sotto.

RISPOSTE RECENSIONI
Mi scuso ancora con tutti per questo mio ritardo...scusate! Adesso posterò più rapidamente ç^ç

Kiaaxel18
: ehm…scusa ^^’’ sono abituata a lasciare MOLTA suspance u.u’ chiedo perdono… XD davvero ti è piaciuto più degli altri? O//////O ooh…no dico…davvero? Oh… oh… ma… ma… ma grazie! *arrossisce*per quanto riguarda Inghilterra, sappiamo tutti quanto sia orgoglioso, testardo e fiero di sé, non ammetterebbe MAI quello che prova u.u sono contenta che ti abbia fatto tenerezza Al >///< il mio piccolo Al <3 (e senza boxer…sì…lo amiamo tutti *ç*) per il bacio….vedrai….XD vedremo…vedrai…chissà….può essere sì, può essere no… non lo saprai. Devi solo leggere per sapere <3 oh devo creare delle fatine Francis e spargerle in giro mi sa u.u XD
Gixye: ehehehe! È il mestiere di uno scrittore saper creare suspance<3 sono contenta di crearla *_* è proprio quello che voglio!!! XD Arhtur? Addolcirsi? Molto difficile per ora XD spero che Alfred ti sia piaciuto qui ^-^
Ran45: mi scuso enormemente di aver aggiornato tanto tardi, ho spiegato tutto in alto^^’ ma…ma …ma grazieeee >/////< grazie, grazie! Sono contenta che ti piaccia il carattere dei personaggi >///< ho sempre paura di andare OCC >.< meno male…sono contenta che li sto rendendo bene^^’ grazie mille! Oh beh, di usuk qui ne trovi XD eheheh! Sono contenta che ti piaccia ^__^ (ooooh ti è piaciuta la fatina >///< mi piaceva tanto! Sono felice <3<3)
Cambriren: O/////////////////////O *Le rimbomba nella testa “fic così bella”* ma…ma…ma non ti devo perdonare di nulla!! anzi…io…io… *va in panico* ti ringrazio!!! Grazie, grazie, grazieeeeeee!!sono felicissima che ti piaccia il mio stile di scrittura, grazie infinite!! Oooh sì quella scena dei capelli è tanto dolce, mi dava un senso di “famiglia” che però è andato un po’ perduto per questi due…un ritorno al passato. Grazie! Sono contenta ti sia piaciuta!grazie infinite per l’IC >////< Eh sì…america mi viene molto meglio perché ho il carattere molto più simile al suo che per quello di Arthur, quindi mi viene molto più facile XD grazie mille!

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Capitolo 7
*** Confessione (Pov Alfred) ***


ALFRED

Non era cambiato affatto.
Di soppiatto, come un dejavuu, si era alzato dal divano e aveva percorso le scale che un tempo aveva usato per andare in camera propria, ma le sue gambe si erano dirette da tutt’altra parte.
Com’era successo decine di altre volte, si ritrovò di fronte alla camera di Arthur fissando la porta ovviamente chiusa. Da quanto tempo non faceva una cosa del genere? Era un nervoso, forse stava facendo una vera “cazzata”.
Sapeva per certo che quella camera non era chiusa a chiave dato che non aveva sentito lo scatto della serratura al piano di sotto e Arthur non si era mai rinchiuso all’interno della propria stanza a causa della propria educazione da galantuomo.
Il cuore batteva all’impazzata nel suo petto, facendolo traballare sulla propria decisione. Che stava facendo? Non doveva nemmeno trovarsi in quel corridoio freddo e buio … perché allora non riusciva a scappare? Era così determinato dentro di sè? Non lo sentiva affatto.
Aprì cautamente la porta, assicurandosi di non emettere il benché minimo rumore e scivolò all’interno della stanza mimetizzandosi con le ombre. Era tutto buio … ma l’odore di Arthur era decine di volte più forte rispetto al resto della casa. Si mise ad annusare a pieni polmoni quel profumo così buono e per un attimo gli rese la testa leggera come una piuma, ma non era venuto in quella stanza per quel motivo.
Si avvicinò al letto a baldacchino dall’altra parte della stanza e, per fortuna, sembrava che Inghilterra dormisse profondamente. Come per il resto della casa, non era cambiato nulla lì dentro se non le pareti più spoglie di quel che ricordava … sì … quei muri una volta erano stati pieni di loro foto assieme che andavano dall’infanzia fino all’adolescenza. Aveva buttato via anche quelle, evidentemente.
Per sicurezza girò attorno al letto a baldacchino, fino ad arrivare alle spalle dell’inglese, così che se avesse casualmente aperto gli occhi, Alfred avrebbe avuto tutto il tempo di nascondersi sotto il letto. Aveva un po’ di timore … anzi …. MOLTO, ma doveva liberarsi di quel peso nell’unico modo che conosceva.

-Arthur … sei sveglio?- nessuna risposta se non il leggero respiro d’Inghilterra, segno che era sicuramente addormentato. Alfred sospirò un poco per il sollievo, prendendo così un po' di coraggio. – Oh, per fortuna … se fossi stato sveglio non avrei saputo che scusa inventarmi stavolta … eheh … -rise nervosamente … ma pochi istanti dopo quel sorriso era sparito dalle sue labbra, sostituito da un'espressione triste. Il cuore, già in quel momento, batteva più forte di un tamburo e lo stomaco era continuamente strizzato da una morsa.
–Sai Arthur- si sedette sul letto, senza far rumore e senza cambiare l’equilibrio del biondo sul materasso a causa di un nuovo peso. –Quando ero piccolo venivo spesso qui a parlarti e, ovviamente, tu non eri mai sveglio. L’ho fatto talmente tante volte che ho perso il conto. Quando avevo una preoccupazione o un pensiero che non volevo dirti perché mi turbava e non volevo che ti preoccupassi … io venivo sempre. Avevo paura che tu ti arrabbiassi per alcune cose, quindi … mi limitavo a parlarti così, come una specie di confessionale. In questo modo non potevo dirti di non avertelo detto, no?- rise di nuovo, piano, ma poi si zittì continuando a guardare la figura di Arthur che respirava regolarmente fra le lenzuola bianche. Il suo corpo era visibile attraverso la stoffa, la quale scivolava lungo le linee dei suoi muscoli come se si trattasse di una seconda pelle. Poteva vedere le linee delle spalle, della schiena, dei fianchi...e a quel punto la gola diventò secca. –Non ...non sono venuto qui per parlare di quel passato, però … - deglutì ed iniziò a formarsi un groppo alla gola, mentre le mani iniziavano a torturarsi da sole. –Arthur … questo è l’unico modo per dirti il motivo della mia visita e della mia telefonata precedente. So che non mi ascolteresti mai se te lo dicessi da sveglio, voglio almeno liberarmi da un peso e dirtelo nell’unico modo che conosco che non ti faccia arrabbiare o indignare. Forse più “arrabbiare” in effetti.-
Seguì un altro istante di silenzio in cui Alfred cercò di farsi forza, ma fu ugualmente difficile aprire la bocca per sfogarsi.
–Non sono venuto qui per parlare della mia Indipendenza o per sentire come stavi. Non è così. Sono una persona molto egoista e tu lo sai più di ogni altro al mondo … sono venuto qui per un motivo più personale che all’inizio pure io spacciavo per preoccupazione. Sono venuto qui perché … perché mi mancavi da morire.- Rimase un attimo in silenzio, cercando di riprendere fiato da quella confessione iniziale. –Sì, mi manchi. Mi manca la tua presenza nella mia vita, i tuoi sorrisi, le tue indignazioni per qualsiasi cosa, il modo in cui mi sgridavi, i tuoi occhi, le tue espressioni ed emozioni e … sì … mi manca tutto di te, Arthur. Io non sono una persona forte … o almeno … questo è quello che nascondo agli altri … ma dentro di me ho costantemente una paura pazzesca. Quando sono diventato una Nazione non avevo pensato minimamente che potesse essere tutto così difficile. È stato in quel momento che ti ho creduto una persona straordinaria: lavoravi come un pazzo, ma nonostante tutto non mi facevi mancare niente … avevi tempo sia per me, sia per il lavoro. Non so come facessi. All’inizio non sapevo molte cose sul creare una Nazione, ma mi sono aiutato grazie a tutto quello che mi avevi insegnato indirettamente. Tu mi hai insegnato tutto quello che so e grazie a questo sono riuscito nel mio intento … anche se ho costantemente paura. Ho paura di non farcela, di crollare, di dirti “Avevi ragione, sono un moccioso sognatore”, di cadere talmente in basso da non essere più grado di risalire in superficie, ho persino l'angoscia di morire da un momento all'altro e sparire dal mondo. Ho paura di tante cose … ed è anche per questo che ho bisogno di te, del tuo abbraccio e del tuo conforto.- sospirò. Si accorse che la voce tremava già da un po' e non sapeva come tenerla ferma...ma non poteva bloccarsi per nessuna ragione. – Non mi pento di essere una Nazione, non mi pento di essere diventato indipendente, questo mai. Voglio finire quello che ho iniziato, anche se dovrò lottare a morsi o sputare sangue. L’unica cosa che mi rende instabile è che so che tu non sei fiero dei miei progressi e mi giudichi ancora come un bambino. Sai qual è uno dei veri motivi per cui volevo l’Indipendenza? Uno dei motivi l’ho fatto per te … e per me. Un giorno ero entrato nel tuo studio senza il permesso e casualmente ho trovato dei documenti che parlavano della tua situazione: eri in rosso, avevi problemi economici, finanziari e tutto questo perché dovevi mantenere le tue colonie … cioè io. Non lo credevo possibile, non mi ero mai immaginato di essere un peso e il fatto che tu non me ne avessi parlato mi sconvolse. Facevo parte di te, maledizione, e persino il motivo per cui stavi soffrendo così tanto sul tuo lavoro! Ho guardato quelle carte per ore cercando di capire il motivo … poi mi sono accorto che il lavoro che svolgevo io, lo sfruttavi senza dirmi niente per risanare i tuoi debiti. Questo mi offese. Pensavi per caso che se mi avessi detto quello che stava accadendo, io mi sarei tirato indietro? Che avrei detto di arrangiarti e che non erano problemi miei? Eravamo come una famiglia! Avrei dato un braccio per te o qualunque altra cosa! Ma no … tu mi giudicavi un moccioso che non poteva capire nulla e mi hai tenuto da parte. Mi sono sentito sfruttato, umiliato e infine svalorizzato da te. Sapevo che c’entravano parecchio i nobili con cui avevi a che fare ogni giorno e che non era direttamente colpa tua, ma la rabbia rende ciechi. Ho iniziato pian piano a pensare di toglierti quel peso e mi è balzata l’idea di diventare io stesso la risoluzione, cioè prendermi le responsabilità, farlo diventare un problema mio e … quindi … diventare una Nazione. L’idea all’inizio mi spaventava parecchio, non ero capace di fare quelle cose, ma … allo stesso tempo mi piaceva. Ho avuto però paura di lasciarti e questo mio desiderio l’ho per un attimo accantonato. Passati altri anni in cui tentavo di aiutarti in modo più segretamente possibile, ad esempio lavorando il doppio di prima alle colonie, mi sono reso conto di una cosa che mi sconvolse. Un giorno, mentre stavamo chiacchierando e facendo un pic nic, mi sono accorto di quanto fossi bello. Eri, e sei tutt’ora, magnifico. Ho avuto la consapevolezza solo in quel momento che il mio affetto per te non era quello che credevo e il fatto di volerti rimanere accanto non era solo per paura...iniziai a guardarti sotto una luce diversa.- ecco … questa era la parte che più lo spaventava e imbarazzava. Anche se Arthur stava dormendo, ammettere quelle cose a voce alta fu davvero difficile...tanto da aprire la bocca a vuoto per un paio di volte. –Ti ho ... Ti ho sempre amato, Inghilterra … e non sto parlando di amore fraterno. Ti ho sempre visto sotto una luce di devozione, ammirazione e affetto … ma in quel momento no, mi sono reso conto di quanto volessi averti, baciarti o abbracciarti. Ti desideravo. Questo è stato tutto molto improvviso e pensavo che fosse stato uno stupido pensiero della mia mente, ma man mano che andavamo avanti col tempo, mi rendevo conto che non era così. Ti amavo ogni giorno di più e allo stesso tempo ne soffrivo perchè c’era un enorme problema: io per te ero come un fratello o un figlio e allo stesso tempo non ero nessuno. Se anche avessi voluto che accadesse qualcosa fra noi, io non ero e non sarei mai diventato un uomo o comunque qualcuno che avresti potuto amare. Era troppo incestuoso per parlartene, non mi avresti creduto o mi avresti disprezzato. So che non siamo davvero familiari, che nelle nostre vene non scorre lo stesso sangue, ma … il vivere con te lo rendeva quasi tale. L’unica cosa che ormai volevo da tempo era essere un tuo pari, avere la possibilità di guardarti negli occhi senza provare soggezione, essere considerato al tuo stesso livello e … quindi diventare un uomo degno del mio nome. Fu in quel momento che ripresi in considerazione l’idea di diventare una Nazione. Ero cresciuto, avevo più testa, ancora non sapevo bene come potesse funzionare o se avesse funzionato, ma di certo ti avrei prima di tutto tolto un peso; secondo … avrei potuto rimettere in sesto i problemi economici da solo poiché ero cresciuto in quei luoghi e sapevo come gestirli o cosa ci fosse bisogno per rimediare; terzo … sarei potuto diventare quello che desideravo. Sarei potuto essere una Nazione, un uomo che avrebbe potuto rimanere al tuo fianco senza vergognarsi. Ormai il mio amore per te era talmente alto che mi spaventava, per questo che ancora esitavo. Ho tentato di parlarti dell’Indipendenza, ma tu, come previsto, non mi hai dato ascolto, mi hai ignorato e … svalorizzato di nuovo. Dicevi che ero troppo piccolo, che non potevo capire e dovevo smetterla di sognare. La mia delusione si tramutò in rabbia: non mi capivi, non mi avresti mai considerato un tuo simile, non mi avresti mai dato un’occasione, non mi avresti mai visto sotto una luce diversa … mai! Sapevo che mi avresti per sempre giudicato inferiore e che mai mi avresti dato la possibilità di spiccare il volo come un’aquila nel cielo. Mi stavi tappando le ali, mi stavi rinchiudendo in una gabbia soffocante e capii che stando al tuo fianco non avrei mai ottenuto la libertà che ho ora.- c'era rabbia in quelle parole, foga, delusione ... tutto. -Così … ti attaccai.- passarono alcuni secondi di silenzio, in cui America strinse con forza le lenzuola bianche sotto le proprie dita. -Mi pento ogni singolo giorno di quella scelta: non avrei dovuto agire in quel modo tanto brutale, non avrei dovuto dichiararti guerra, non avrei dovuto tentare di ucciderti. Mi sono reso conto di tutto questo quando, dopo che avevamo combattuto, sei scoppiato a piangere in ginocchio davanti a me. Ti avevo fatto solo soffrire, mi ero fatto odiare, ti avevo quasi ucciso e tu avevi fatto altrettanto. Non mi ero comportato come un uomo, ma come un animale. Non era quello che volevo. Mi vergognai di me stesso ... certo la festa dell’Indipendenza fu enorme e ne fui felice, anche perché avevo ottenuto ciò che volevo, ma … ma nel modo sbagliato. Il senso di colpa mi soffoca ogni volta che penso alle tue lacrime e ai tuoi occhi mentre mi attaccavi con un fucile in mano. – Ecco che sentiva di nuovo il groppo alla gola a quei ricordi...lo stesso che lo tormentava ogni volta che tentava di entrare nel ripostiglio del suo passato.– Per tutto questo tempo ho accantonato questi miei sentimenti, concentrandomi nel dimostrarti che anche io potevo fare qualcosa e diventare un uomo degno di te. Ho lottato, ho vinto e ora sto creando la più grande Nazione del mondo. So che potrei rimanere schiacciato dal mio stesso desiderio, ma a questo penserò a tempo debito … ora quello che desidero è creare una Repubblica … e … che tu … sia fiero di me.- il proprio respiro iniziava quasi a mancare, sospirando lievemente a quel sogno praticamente irrealizzabile.
-Non tornerò mai indietro, non mi pentirò mai della mia Indipendenza … l’unica cosa di cui mi pento è l’averti perso.-
Gli occhi pizzicavano, ma tentava di trattenersi. Sì, faceva male, dannatamente. Il cuore non faceva altro che stringersi sempre di più ad ogni parola pronunciata e il groppo alla propria gola sempre più pesante e incontrollabile. Sentiva tutto il proprio veleno, preoccupazioni e tristezza scivolare sulla propria lingua come se fosse la cosa più semplice del mondo, eppure era ugualmente doloroso.
- Ti amo ancora, Arthur. Tantissimo. Questo mio sentimento non è mai sminuito, è stato solo accantonato per un po’ perché non volevo soffrirne mentre raggiungevo i miei obiettivi. So che tu non mi vedrai mai in questo modo, so che non mi amerai mai e che è tutto a senso unico … so che mi odierai per sempre. Ti vorrei soltanto chiedere di rimanermi un minimo accanto e di non dimenticarmi mai. Ti amerò sempre, Iggy.- Alfred non riusciva più a trattenere le lacrime che pian piano scendevano dai suoi occhi. Maledizione … –Che idiota … - cercò di ridere nervosamente nel tentativo di nascondere il proprio dolore e i leggeri singhiozzi. –Sto piangendo … eppure … sono io quello che ha creato tutto questo casino, sono io che ti ho permesso di odiarmi … eppure … ci sto ancora così male. Sapevo che mi avresti odiato per sempre … sapevo che ottenendo uno dei miei desideri, non avrei mai potuto ottenere l’altro … ma che potevo fare?- singhiozzò forte, senza volerlo e i brividi percorsero la sua schiena per la paura di averlo svegliato...fortunatamente non fu così. –Non sapevo cosa fare, volevo la libertà ma non volevo allo stesso tempo perderti. Ho sperato fino all’ultimo che dopo quella guerra, tu avresti potuto perdonarmi dopo tanto tempo … ma non è così. Tu non mi hai mai perdonato … oggi ne è stata una prova. Mi manchi … Arthur … mi manchi … tantissimo … anche se forse questa … potrebbe essere una … punizione divina … o qualcosa del genere … per come mi sono … comportato. Tuttavia … non mi stancherò mai … di dirti … che ti amo … anche se … queste mie parole … tu non le sentirai … mai. – Le lacrime scesero più frequenti, così che fu costretto a togliersi gli occhiali per asciugarsi le guance e ciglia col palmo della propria mano. –Mi piacerebbe rimanere qui per tutta la notte a guardarti, a sentire il tuo calore e vicinanza … perché so che sarà la mia ultima occasione … ma non … non … non ci … riesco … temo di piangere forte … e non voglio svegliarti e farmi vedere...in questa forma così patetica … ti amo Arthur … ti amo … tanto … ma per il mio bene … non posso starti più accanto di così. Anche adesso … che sei … ad un passo da me … e mi basterebbe … allungare una mano … e toccarti … so bene … che non mi è … permesso per la mia sanità mentale... Non sai … quanto faccia male.– Era masochista, se ne rendeva conto: voleva rimanere lì il più a lungo possibile, ma non poteva farlo o gli si sarebbe rivoltato contro.
Ma un'idiota...rimane pur sempre un'idiota.
Da atto ancora più masochista, il suo corpo si mosse da solo e si sporse sul corpo addormentato al proprio fianco. Era la prima volta dopo anni che si ritrovava ad una vicinanza tanto ristretta e la cosa non era certamente spiacevole, ma allo stesso tempo il dolore al petto e allo stomaco si accentuarono talmente tanto da farlo piangere di più. Senza emettere un singhiozzo, però, si asciugò le lacrime e, dopo un flebile “Scusa”, gli baciò delicatamente la tempia.
Fu un bacio lento, dolce, appena sfiorato. Le sue labbra tremavano così come il suo corpo perché sapeva che quello era il suo ultimo ed unico bacio ad Arthur. Questo pensiero fu devastante, fu costretto ad alzarsi di scatto per paura di svegliarlo o che le lacrime gli cadessero sul viso.
-Buonanotte … Arthur … e … scusami … - disse in un sussurro, per poi voltarsi.
Un singhiozzo. Stava piangendo così tanto da non riuscire a trattenersi? Maledizione …
Un altro singhiozzo … non suo.
Si bloccò sul proprio posto, terrorizzato. Brividi gelidi gli attraversarono tutta la schiena mentre la paura si dipingeva in ogni singolo muscolo. Si era sbagliato senz’altro...anche se ormai il proprio respiro si era completamente bloccato come nella speranza di far meno rumore e sentire meglio ciò che lo circondava.
Un altro, stavolta più trattenuto dei precedenti. Alfred si voltò pian piano verso quel suono, con una lentezza tale che forse ci mise un minuto buono. Mentre si girava...pregava.
Guardò la figura sul letto e la vide tremare leggermente … forse era un effetto ottico del buio, forse aveva freddo, forse stava sognando, forse …
-In ... ghil … ter … ra?- sussurrò appena, terrorizzato. Deglutendo si avvicinò di nuovo al letto, ma anche se l’aveva chiamato, questi non si muoveva da sotto le coperte. Forse si era sbagliato e stava andando troppo in paranoia... se l’era senz'altro immaginato! Era talmente spaventato dall’essere scoperto che aveva avuto un’illusione uditiva o qualcosa del genere.
Sospirando un poco e, asciugandosi le lacrime ferme sul viso che a causa dello spavento avevano smesso di scendere dai suoi occhi, si allontanò di nuovo...ma non fu così semplice. Si sentì bloccare da una forza misera, quasi nulla, ma che ebbe una potenza psicologica tale da inchiodarlo dov'era.
Aveva il cuore in gola, la mente vuota, gli occhi sbarrati, il respiro trattenuto, il corpo che tremava … tutto questo a causa di due piccole e sottili dita che gli avevano preso la manica del pigiama per fermarlo. Non aveva il coraggio di voltarsi ancora una volta: aveva paura quasi più di vedere alle proprie spalle un mostro, uno zombie o qualsiasi altra creatura paranormale. Si portò una mano alla bocca per trattenere gli ansiti di terrore, quasi pianse di nuovo.

-A … -una voce rotta, straziata e roca cercò di parlare da dietro di lui, ma si bloccò sul nascere. Per un attimo l’americano fu sul punto di scappare, di non voltarsi nella speranza che si trattasse di un incubo o … desiderando che non l’avesse sentito. Quest’ultimo pensiero lo fece voltare, cercando di fare lo spavaldo e nascondere il proprio nervosismo.

- Inghilterra! Ah … ehm … sei sveglio!- la sua voce era la solita squillante...forse più acuta del solito, ma comunque tentò di renderla più simile a quella a cui tutti erano abituati. -Avevo sentito un rumore qui su e pensavo fosse entrato un ladro, sono passato a controllare, c'era la porta aperta e … -ma quando incontrò i suoi occhi si sentì morire. Erano colmi di lacrime e sembravano non voler smetter di scendere. Da quanto tempo era che non vedeva quel tipo di espressione sul suo volto? Molti avevano detto che era rarissimo vedere piangere Arthur se non quando era ubriaco … e lui era già la seconda volta che lo faceva stare talmente male da distruggerlo anche se sobrio. –Inghil … terra … tu … hai sentito … qualcosa?- doveva saperlo. Era una domanda diretta, non voleva girarci attorno, voleva avere una risposta immediata … che gli arrivò con un leggero movimento del capo in assenso. I singhiozzi ogni tanto scappavano da quella bocca gonfia, forse a causa dei denti che l’avevano trascurata per tutto il tempo. Le lacrime che scendevano sembravano argento a causa della luce lunare che colpiva il viso di Inghilterra da un lato, dalla parte della finestra.
Alfred stava morendo dentro ogni secondo di più. Quegli occhi verdi ogni tanto facevano capolino da quelle ciglia completamente bagnate che si serravano ogni qualvolta che tentava di aprire le palpebre. –Da … - deglutì. –Da quando? Da che … punto?- Non che questo potesse salvarlo dopo che gli aveva detto di amarlo ripetutamente e averlo baciato sulla tempia alla fine, ma forse poteva salvarsi in qualcosa …

-Da …da dove vuoi … che abbia sentito? … Io …. – c’era quasi rabbia in quelle parole, come se lo stesse incolpando del fatto che avesse udito la maggior parte del discorso, ma …effettivamente era colpa sua e della sua imprudenza. Dalla voce si poteva notare lo sforzo di Arthur a non piangere o almeno singhiozzare, ma ogni tentativo era evidentemente inutile. – Dall’ in … izio …no? -
Come pronunciò quelle parole, il mondo sparì sotto i piedi di America, mentre i brividi di paura scorrevano lungo tutto il suo corpo in modo molto spiacevole. Gli occhi si spalancarono, il respiro si bloccò tanto da fargli credere che non stesse più respirando. Dall’inizio? Da quando era entrato lui … era sempre stato sveglio … non … non era possibile … quindi quando l’aveva chiamato lui aveva fatto finta di dormire, forse nella speranza che Alfred se ne andasse! Maledizione … perchè non l'aveva capito?! E ora?!
Se prima aveva paura, ora era davvero spaventato a morte. Se aveva paura di perdere Arthur, da quel momento poteva star certo che lo avrebbe disprezzato per la sua intera esistenza. No, almeno per quello … doveva rimediare in un qualche modo!
Si sedette sul letto, lentamente, fissandolo negli occhi.

-Dimentica.- non era un ordine o una richiesta … era una supplica. –Dimentica tutto quello che ho detto, non pensarci! Fa come se non avessi detto niente, che non sia mai entrato qui dentro, che sia stato tutto un sogno o la causa di una sbronza! Dimentica, ti prego! Non volevo che tu ascoltassi … ti prego, dimentica!- Non era mai stato tanto spaventato in vita sua. Inghilterra ora lo guardava ad occhi sbarrati, increduli, ma dai quali continuavano a scendere le lacrime.

-Non fare l'idiota!- esplose Arthur a voce stridula. –Pensi forse che … possa dimenticare una cosa simile … così facilmente?!- le ultime parole le urlò quasi, mettendosi eretto sul proprio posto. Alfred si stava sentendo davvero male: la testa girava, il cuore sembrava impazzito, non respirava quasi e lo stomaco bruciava. Che idiota … aveva perso tutto. Senza che potesse aprire bocca, l’inglese continuò con voce un po’ più calma di prima. -Que … - la sua voce fu di nuovo spezzata e leggera. –Quello che hai detto prima è … tutto … vero?-

-TI PREGO, INGHILTERRA!-Alfred sbiancò, se possibile, ancora di più. Gli sembrava tanto assurdo. Mai avrebbe pensato di fare una discussione simile con Arthur, era così surreale...eppure erano lì, entrambi svegli a discutere su segreti del suo cuore che avrebbe voluto tener celati al mondo intero.–Ti prego, non rendere tutto così imbarazzante!- Serrò gli occhi, abbassando la testa mentre nascondeva il viso fra le mani. – Ti prego … ti chiedo solo di dimenticare, dopo di che uscirò da questa stanza e domani mattina non mi vedrai neanche al tuo risveglio! Anzi, parto in questo preciso istante! Non mi vedrai più … ma ti prego … promettimi che dimenticherai tutto quello che hai sen … - Si sentì prendere la mano con delicatezza,per poi essere appoggiata sulle proprie ginocchia. Un'altra mano gli afferrò il mento e con la stesa dolcezza glielo sollevò, per vederlo in viso.

-Anche se volessi … non potrei.- sussurrò appena l'inglese, senza guardarlo negli occhi. –Come posso dimenticare … tutte quelle … cose? È impossibile … - di questo se ne rendeva conto persino lui, ma doveva esserci una soluzione!

-Cerca! Non voglio che tu pensi di me come un pazzo depravato!- Sì..era quello che era dopotutto.

- Ma … - come tentò di parlare, Alfred lo bloccò sul nascere.

-Niente “ma”, Inghilterra! Maledizione, ti ho appena detto di … - Si morse la lingua e guardò altrove di nuovo, afflitto. Normalmente l'inglese lo avrebbe preso a pugni se osava interromperlo mentre parlava, ma forse per argomenti così delicati lo risparmiò. Dovette ugualmente darsi una calmata. –Ti suppl … - stavolta la mano sotto il suo mento si spostò, poggiando un proprio indice sulle labbra di Alfred per zittirlo.
I loro occhi si fissarono di nuovo, chi colmi di lacrime, chi sul punto di fare altrettanto. Alfred spostò lo sguardo da un’altra parte. –Sono orribile … ti ho detto delle cose … oscene … non dovevo dirle … sono stato un pazzo … non ho valutato abbastanza … e ora … guarda che casino ho combinato … sono mostruo … -

-Alfred!- la voce d'Inghilterra uscì ferma, decisa, come se lo stesse sgrigando...e il ragazzo dagli occhi color cielo si bloccò. La stanza rimase in assoluto silenzio, mentre quel nome, pronunciato da quelle magnifiche labbra, gli rimbombava nella testa. Quel nome … quella voce … il come lo pronunciava … le lacrime che prima avevano tentato di resistere, in quel momento scesero di nuovo.
Come doveva aspettarsi già da un bel po', gli arrivò un pugno in testa di rimando.

-AHI!- esclamò, prendendosi con le mani la zona lesa, fissando Arthur incredulo.Perchè lo picchiava solo ora? Certo se lo meritava, ma...

-Non devi essere tu … a piangere … Idiota!- guardò Inghilterra che in quel momento aveva un pugno alzato, con le lacrime agli occhi, ma arrabbiato.

-Ma … Inghilterra … anche tu piangi … - tentò di trovare una scusa plausibile, dicendo la verità.

-Infatti solo IO posso piangere, solo io ne ho il DIRITTO! Tu no! Non ti do il permesso di piangere qui dentro, moccioso!-

-Ma che diav … -per un attimo erano stati in un’atmosfera, anche se triste, molto intima … perché ora sembrava essere scomparsa del tutto?

-Stupido, stupido,stupido,stupido Alfred!- il più grande iniziò a dargli dei pugno contro il petto. – Perché mi lasci sempre così?! Perché mi distruggi il cuore ogni santa volta?! – Lo stomaco di Alfred si bloccò nuovamente a quelle parole, ormai aveva la nausea. –Ti odio per questo!- anche se la rabbia era presente in ogni singola parola, quel pugno perse pian piano potenza, fino a che Arthur non si aggrappò con tutte le sue forze al pigiama dell’altro. –Perché? … - Arthur gemette appena, appoggiando la testa sul petto dell'americano, come a volersi nascondere. –Perché, maledizione? Perché mi fai questo?- Il pigiama pian piano diventò bagnato. Alfred non sapeva che fare: era paralizzato. Non sapeva se piangere, se abbracciarlo, se parlare, se toccarlo o lasciarlo sfogare senza fare niente. Dopotutto era normale che fosse scioccato: gli aveva fatto una confessione tale che chiunque sarebbe rimasto sconvolto … gli aveva rivelato un "incesto" che andava avanti da secoli. Che mostro. Non era un eroe … era un mostro. Ok, sapeva già da tempo che quello che provava non era incestuoso, proprio perchè non erano fratelli...ma come la pensava Arthur a questo proposito? Lo considerava un tale come tanti? Un "quasi" fratello? Una Nazione e basta? Un nemico? Un uomo?...o qualcos'altro?
Se prima Arthur gli era sembrato fragile, ora poteva dire di averlo rotto lui stesso. E nonostante tutto, era così orribile da avere un leggero desiderio di abbracciarlo e di sentirlo stretto a sé almeno una volta. Le sue mani, infatti, contro la sua volontà, erano già vicino alle sue spalle. Spalancò gli occhi. Quelle da quanto erano lì? … e … perché in quel momento le spalle di Arthur gli sembravano ancora più piccole di prima?
Le mani tremavano a vista d’occhio, ma, non seppe come, ebbe il coraggio di prendere Arthur per le spalle e allontanarlo da sé, cercando di non guardarlo.

-Scusa … - sussurrò appena America. –Scusa … ma … non … non posso … starti così vicino … non posso … - Rimasero in silenzio, chi teneva distante l’uno per non cadere in tentazione, chi non parlava proprio. Quanto voleva sapere i pensieri di Arthur in quel momento, quanto lo desiderava … ma forse saperlo lo avrebbe ucciso. –è meglio che vada …è la cosa migliore per entrambi - sussurrò appena. Sì, era la soluzione migliore. Se rimaneva lì, vicino a quel calore, vicino a quel corpo … poteva non essere più consapevole delle proprie azioni.
Si alzò, ma Arthur fu più veloce di lui: lo afferrò per le braccia con una forza tale da fargli un po’ male, inchiodandolo dov’era. Sembrava un gesto disperato, ma forse era solo un’impressione di America.

-NO!- gridò quasi. Da come si dilatarono i suoi occhi l’istante dopo, Alfred poté capire che neanche lui si aspettava una reazione simile dal proprio corpo. America continuò a guardarlo sconvolto: perché non voleva che se ne andasse? Gli aveva fatto … una sottospecie di … DICHIARAZIONE! Maledizione, gli aveva appena dichiarato che l’uomo che lo aveva pugnalato alle spalle diverse volte era innamorato di lui! Una persona normale non solo lo avrebbe fatto uscire dalla stanza, ma lo avrebbe buttato fuori di casa a calci, urlandogli che non si meritava nulla. Perché Inghilterra no? Perché voleva che restasse? Perch …

-Non … lasciarmi … - cominciò in un sussurro il maggiore. –di nuovo … da solo … - terminò con un ansito, quasi come se gli costasse più di ogni altra cosa mormorare quelle parole.

-Ar … Inghilterra … che stai dicendo? … Io … non posso rest … - Non capiva. Davvero, cercava di trovare un senso a quello che gli stava dicendo Inghilterra, ma proprio non riusciva a capirlo … forse era davvero stupido.

-Non andare.- Il più grande si aggrappò di nuovo alle sue braccia. Inghilterra sembrava conscio di ogni parola che stava dicendo, ma, anche se al buio, Alfred poteva notare una nota di panico in quegli occhi verde smeraldo. Le mani sulle proprie braccia tremavano, ma ad ogni secondo si stringevano sempre di più sulla sua carne, senza muoversi di un millimetro.

-Inghilterra … le mie braccia … mi stai fermando la circolazione del sangue … - disse a voce piatta.

-Promettimi che non te ne andrai!- furbo, Iggy. Davvero astuto. Era, a dir la verità, la prima intenzione: voleva distrarlo, allontanarsi e poi scappare il più velocemente possibile da quella casa … ma vedendo quegli occhi così spaventati e così distrutti nell’animo, non riuscì a negarglielo.

-Prometto.- mormorò … e avrebbe mantenuto la promessa: non era tipo da mangiarsi la parola data, in questo c’era lo zampino dell’orgoglio inglese. Arthur gli lasciò finalmente le braccia e fu una sensazione strana quando il sangue ricominciò a scorrere regolarmente nei suoi arti.

-Non pensavo che mi desiderassi così tanto.- scherzò appena America e, cercando di alleggerire l’atmosfera, gli fece un mezzo sorriso. Quando Iggy lo vide, sembrò rendersi conto di tutto quello che era successo, come se prima di quel momento non fosse stato lui a muovere il proprio corpo e parlare.

-Idiot!- esclamò d’un tratto, Alfred non riusciva a capire se per paura o imbarazzo. Il più piccolo avvicinò una propria mano al viso del maggiore, inconsciamente, ma anche quando se ne accorse non ebbe alcuna intenzione di allontanarla.

Appena toccò quella pelle liscia, Arthur sobbalzò. Alfred si rese conto che l’altro era molto caldo, sembrava una stufa e qui le opzioni erano due: o si stava ammalando o era rosso come un peperone. Difficile dirlo. Non si era mai ammalato in vita sua, quindi non sapeva bene quale fosse la sensazione, ma aveva sentito che per avere la febbre la temperatura corporea saliva.
-Che …smettila di fare così! - che carino Arthur, quando andava nel panico la sua voce cambiava leggermente, diventando più acuta di prima. Alfred sorrise, gli dispiaceva non poter vedere il colore del suo volto, ma la sua espressione dolcemente spaventata parlava da sé. Un altro gesto automatico lo tradì: America circondò il collo d’Inghilterra con le proprie braccia, stringendolo a sé con delicatezza. Quando se ne rese conto, era troppo tardi.

RISPOSTA RECENSIONI
Chiedo umilmente perdono. Avevo davvero paura di questo capitolo...davvero tanta (e immagino abbiate capito perchè leggendolo)...non so quante volte ho provato a correggerlo e poi mi sono concentrata su altro perchè non mi convinceva e ci davo mucchio. Mi dispiace enormemente per il ritardo assurdo. Ho sì iniziato la scuola, ma...la cosa che più mi bloccava era questo capitolo e ho una paura assurda anche per quello dopo. Non mi piace rendere OCC i personaggi, quindi tento di renderli più IC che posso...e questo spesso mi blocca anche perchè non voglio deludere le vostre aspettative. Mi dispiace ancora...Ho sudato parecchio ^^''

kiaaxel18: il loro rapporto è difficile XD lo vedo così almeno...sono talmente diversi, opposti, che è davvero difficile fargli trovare un punto d'incontro se non per quello che provano ^__^ Se quello prima ti è sembrato triste...non oso immaginare questo X°D Sono contenta che il capitolo precedente ti sia piaciuto, davvero XD E spero di non averti deluso stavolta u.u visto? Un modo per parlargli l'ha trovato, no?^__^ anche se...incasinando un po' le cose.
Gixye:lo immaginavo...u.u era un capitolo un po' di passaggio per arrivare a QUESTO capitolo che ho appena pubblicato, ma senza comunque svalorizzare quello precedente. Se non ti è piaciuto perchè era triste...aiuto X°°°D non oso immaginare ora...spero di non averti delusa. Sono però felice che un minimo sia piaciuto ^__^ grazie<3
Cambriren: grazie mille ^////^ sapevo che America mi veniva sempre un po' meglio di Arthur XD sono felice che ti sia piaciuto *___* davvero!! oh ehm...spero che tu non svenga su qualcosa di duro o ti fai male..preparati un cuscino sotto la testa u.u ...xD davvero ti è piaciuta la parte di Arthur?°_° oh che bello *O* sì ho voluto mostrare un lato di Arthur più...brusco...del solito XD dopotutto lui è un inglese, è l'Inghilterra..ha un certo orgoglio e stando però così male per America non poteva tenersi legato ai ricordi o non sarebbe più uscito dalla sua "depressione" u.u' ...per il p.s...ehm...cercherò X°°D
erika94:perdona l'attesa u.u' grazie mille per aver commentato *___* sono felicissima che ti piaccia la mia storia *O* grazie infinite!!Scusa ancora per l'orrendo ritardo ç__ç tenterò di essere più...frequente nelle pubblicazioni ç__ç
Reika88: o////////////o oh ...ehm....ehm....g-grazie....sono...lusingata, davvero o/////o grazie grazie grazie!! Perdona l'attesa ç_ç sono davvero felice di rendere bene questa coppia per te...davvero XD grazie grazie!!
lunatica91: ciao piccola Lunaaaaaa *O* oh scusa...non volevo farti piangere ^^''' eheheh...sono contentissima che ti sia piaciuta *___* oooooh! che bello che bello che bello!! Non sapevo di essere in grado di riuscire ad aprirti il cuore ç^ç oh...davvero credi IC inghilterra?*_______* non sai quanto mi renda felice!!! no la checca isterica non mi piace affatto u.u'' Non la reggo...per questo che ho tentato di farlo così (anche se mi è MOLTO difficile DD:) per la stanza...mah...chissà XD non lo so nemmeno io u.u' grazie grazie grazie! Anche io non vedo l'ora di rivederti, bella ç___ç manca poi poco a Lucca e non vedo l'ora!!!sììììììììììììììì!!! facciamo la gita scolastica a Veronaaaaaaaaaaa *O* ci sto!! Ok, te la saluto <3<3 Oooooh la mia fatina fa successo *^* dovrei farle un disegnino dato che piace tanto XDDD la mia piccola fatina <3 mi è piaciuto tanto farla XDD grazie ancora <3

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Capitolo 8
*** Scusatemi ***


Perdonate il mio orrendo ritardo, ma ultimamente non ho molto tempo per scrivere. Speravo di farcela pian piano, ma...riesco a malapena a fare i miei compiti...ci arrivo sempre a filo^^''e fra poco avrò anche un esame per il quale devo finire certe cose su cui sono rimasta indietro.
Volevo rassicurare voi lettori che non abbandono la storia, anche perchè alcuni capitoli sono già scritti, devo solo correggere alcune imperfezioni e aggiungere altre cose. Nel periodo natalizio sarò DECISAMENTE più libera, così da poterla (forse) ultimare ^__^ chiedo ancora scusa...vi prometto che la finirò!! costi quel che costi u.u <3

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