Cold hearted.

di Fluxx
(/viewuser.php?uid=42169)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro. ***
Capitolo 2: *** Il disco e la bestia. ***
Capitolo 3: *** Excella. ***



Capitolo 1
*** L'incontro. ***


Premessa:

Volevo solo mettere in chiaro un paio di cose in modo da non farmi vedere come un’ignorante ai vostri occhi.
So che William Birkin è morto e che non è dello stesso periodo di Albert ed Excella su RE5, ma visto che è una fan fiction mi sono sentita libera di prendere e mettere i personaggi che volevo.. Tutto qui!
Buona lettura! =)

__________________________________________________________________________________________________________________________


Cold Hearted.



Infilò la siringa nel collo della bestiolina che cominciò a dimenarsi, cercando di liberarsi dall'uomo che lo teneva per le lunghe orecchie bianche e soffici. Il pistone della siringa scendeva pian piano finché il liquido blu non fu finito. Tirò via l'ago dal collo dell'animale che si placò istantaneamente. Lo tirò su sempre per le orecchie, senza alcun riguardo. "Ora vedi di fare il tuo lavoro.." Disse come se stesse parlando con il povero coniglietto che ancora teneva gli occhi sbarrati. Lo infilò in una gabbia decisamente molto più grande di una per conigli e la richiuse. Si tolse i guanti in lattice, buttandoli dentro al secchio, poi si mise i suoi guanti neri di pelle e dopodiché si infilò il lungo cappotto nero, anch'esso di pelle.
Si tirò su la manica e guardò l'ora. 'Sono in ritardo, di nuovo..' Pensò, sbrigandosi a mettere in ordine le ultime cose, poi si avviò all'uscita del laboratorio. Aprì la porta e diede un ultimo sguardo alla gabbia dove il batuffolo bianco stava scorrazzando tranquillamente. Rimase a fissarlo per qualche istante prima di spegnere la luce, uscire e richiudere la porta alle sue spalle.

 

 

 

 


1

 
Il passo cadenzato, la sua figura fiera e la testa sempre alta. I suoi passi risuonavano lungo il corridoio. Capelli biondi tirati indietro con la solita precisione impeccabile, non un ciuffo fuori posto. Gli occhi coperti dagli occhiali da sole che ormai erano diventati l'ordine del giorno. Inforcarli la mattina prima di uscire era diventato un gesto ormai meccanico e, alcune volte, ci si addormentava anche, dimenticando di toglierseli. Il cappotto lungo e nero gli svolazzava dietro, coprendo il resto del vestiario che comprendeva una maglia parecchio attillata e dei pantaloni, entrambi sempre neri. Un paio di anfibi e via.. Questo era il suo solito modo di vestirsi ormai da tempo a questa parte, da quando aveva lasciato il suo posto alla S.T.A.R.S. . Ora era solo lui, faceva tutto da solo, pensava a sé e basta, aveva raccattato un paio di uomini, secondo lui incapaci dei quali avrebbe potuto benissimo fare a meno.. Ma ogni tanto avere qualcuno intorno era utile.
Alzò appena il braccio, spostandosi di poco la manica, con la mano coperta dal guanto, per vedere l'orologio. 'E' tardi.' I suoi soliti e mille impegni facevano slittare come al solito i suoi appuntamenti di minuti, ore o anche giorni. La giovane ragazza questa volta era stata fortunata, venti minuti di ritardo, niente più.
Entrò nella sala, fermando in un attimo il suo passo veloce e guardandosi intorno: vide subito il suo fedele collega dai capelli biondi e il visetto simpatico che armeggiava con alcuni macchinari. Non appena Albert entrò, Birkin volse il suo sguardo verso di lui.
"Sei arrivato tardi Albert, avevi detto che oggi saresti stato puntuale.. Lo sai da quanto tempo aspetta di incontrarti di persona? Avrai rimandato l'appuntamento almeno.. Cinque volte?"
Albert non rispose, camminò verso il centro della sala, "Ho parecchi impegni. Non ho tempo da perdere come vedo che fai spesso tu."
Le sue solite frecciatine. William ci era ormai abituato. Sospirò, smettendo di armeggiare con quell'apparecchio che da alcune ore a questa parte lo stava mandando al manicomio, non sapeva nemmeno se sarebbe riuscito a recuperarlo. Forse era rotto per sempre. Si voltò verso Albert. "Sei fortunato però, questa volta ti ha aspettato. E' andata un attimo al bagno."
"Capisco." Rispose lui, avvicinandosi alla postazione alla quale stava lavorando William.
"Si è rotta..." Mormorò amareggiato l'uomo con il camice bianco. Wesker vi appoggiò una mano, spostandolo appena per dargli un'occhiata. "Hn..."
Poco dopo la porta si aprì, Birkin volse il capo verso la ragazza che stava entrando mentre Wesker non sembrava molto interessato, anzi, continuava ad affareggiare con quel macchinario, si voltò solo in un secondo momento vedendo la ragazzina piccolina e minuta. Doveva essere abbastanza giovane.
Aveva i capelli castani, non troppo lunghi, legati in una coda alta. Gli occhi erano verdi e i lineamenti del suo viso molto dolci. Indossava una canottiera rossa ma spenta e un paio di jeans che le arrivavano fin sotto il ginocchio. Le scarpe erano rosse.
A una prima e attenta analisi Wesker dedusse subito che non aveva alcun gusto nel vestirsi anche se non era questo ciò che importava a lui, ciò la fece subito calare, ovviamente. Non era alla sua altezza, la cosa era ovvia.
La ragazza guardò William che da prima si era dimostrato parecchio gentile nei suoi confronti, poi guardò Albert, avvicinandosi. "Allora sei tu Albert Wesker, vero?" Chiese fermandosi di fronte a lui. "Io sono Julie.." Disse con un sorriso, porgendogli la mano.
Genere umano, ovviamente. Pensò Wesker. Guardò la mano della ragazza quasi con un'espressione di disgusto in volto. "Non vorrai mica che mi sporchi le mani." Disse l'uomo con un tono di voce piatto, freddo e distaccato. La ragazza si sentì quasi in imbarazzo, riconoscendo subito che Albert Wesker era davvero quel brutto cafone che si diceva in girò. Ritirò la mano, abbassando lo sguardo. "N-no.. Ovviamente no."
William scosse il capo, era sempre il solito.
"Spero solamente che tu non abbia intenzione di farmi perdere tempo." Disse Wesker prima di voltarsi verso il suo compagno. "Mi ritiro nel mio studio con la ragazza. Il macchinario è da buttare, non perderci su altro tempo. Ordinane direttamente uno nuovo." Disse superando poi la ragazza che alzò lo sguardo verso William, speranzosa di un po' di conforto. Tutto quello che fece lui era fare spallucce e guardarla con un'espressione rassicurante.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il disco e la bestia. ***


2

 

 Julie camminava dietro a Wesker, a circa un metro di distanza. Si stava maledicendo da sola per esserci andata, non poteva rimanersene a casa?
L’uomo non le aveva rivolto la parola da quando avevano lasciato William. Sospirò, seguendolo in silenzio lungo il corridoio. Arrivarono poco dopo di fronte ad una porta, sopra v’era una targhetta recante la scritta ‘Albert Wesker’, dorata. Sembrava la porta con la targhetta di uno dei responsabili di qualche hotel di lusso o robe simili. Wesker tirò fuori una tessera magnetica, passandola sul pannello accanto la porta. La luce da rossa divenne di un azzurrino chiaro e flebile. Albert aprì la porta ed entrò, seguito dalla ragazza che rimase quasi a bocca aperta: altro che studio, quello era un luogo di lusso! Non doveva di certo passarsela male quell’uomo, dopotutto.
La stanza era completamente arredata con mobili in legno, sicuramente qualche legno pregiato come ebano o noce, non se ne intendeva molto ma si vedeva che per arredare quello studio non aveva badato sicuramente a spese. Di fronte a lei c’era questa scrivania di legno abbastanza scuro, dietro di essa una poltrona di pelle e uno scaffale pieno di libri. Ad entrambi i lati di questo scaffale c’erano due vetrate, entrambi susseguiti da due librerie, sia a destra che a sinistra. Sulla destra c’era una porta. C’erano alcuni quadri e due divani, sempre in pelle. Il pavimento era in parquet, coperto al centro da un grande tappeto rosso scuro con una strana fantasia. Il soffitto era di un colore bianco spento, tendente al beige ed al centro scendeva un grande lampadario di lusso. Solo dopo un’attenta occhiata in giro, l’attenzione di Julie venne rapita da Albert che parlava con qualcuno che era già dentro la stanza prima di loro. Era così presa da quel lusso che nemmeno si accorse della donna, in piedi davanti la porta aperta sulla destra.
Albert avanzò verso il centro dello studio, Julie entrò lentamente, un pochino intimorita. Non era riuscita a cogliere la prima parte di conversazione tra Wesker e quella donna.
“Excella, lasciaci da soli, dobbiamo parlare di alcune cose importanti.” Disse Albert alla donna.
Julie nemmeno se ne accorse ma stava fissando la donna almeno da quando si era accorta che c’era anche lei nella stanza. Aveva i capelli neri, chiusi sopra la testa in un’acconciatura abbastanza elegante, gli occhi azzurri e uno sguardo penetrante.. Un fisico davvero mozzafiato, messo in risalto da un vestito sul beige, con una generosa scollatura a ‘V’ che lasciava intravedere appena il seno.
‘Magari quella è la sua donna…’ Pensò.
Excella notò l’interessamento della ragazza, vide che la stava fissando da qualche minuto ormai. Arricciò il naso in una smorfia, guardandola male, sia perché non le piaceva il suo sguardo invadente tanto quanto non le piaceva il fatto che Albert volesse rimanere da solo con lei. La sua gelosia colpiva ancora una volta. Era morbosa nei confronti di Albert.
“Veramente stavo finendo alcune ricerche..” Disse la donna, rispondendo ad Albert, cercando una scusa per rimanere.
Albert non batté ciglio, “Le finirai dopo.”
“.. Di cosa dovete parlare di così importante?” Azzardò Excella.
“Non sono affari che ti riguardano.” Rispose Wesker, cominciando ad assumere un tono seccato.
Excella trattenne una smorfia di disappunto, guardando prima Albert e poi Julie. Si avviò all’uscita con aria decisamente offesa e irritata, sbattendo poi la porta. Albert si voltò verso la porta, una volta sentito il rumore sordo che fece. Dopo avrebbe dovuto fare due chiacchiere con Excella, non gli piaceva come si stava comportando ultimamente, cominciava a sentirsi troppo libera di comportarsi come voleva.
Il suo sguardo scese sulla ragazza, poi si voltò nuovamente andando a sedersi dietro la scrivania, sulla poltrona di pelle, congiungendo le mani sull’addome. Julie si sentì nuovamente a disagio. Avanzò qualche passo e appoggiò una mano su una delle due sedie di fronte alla scrivania, poco dopo si sedette.
Albert rimase in silenzio qualche istante, continuando a fissare la ragazza. “Allora..”
Julie annuì, “Sì, ecco… Mio padre..”
“Chi è tuo padre?” La interruppe subito lui.
“Richard Johnson…” Rispose lei, Albert trattenne un sorriso e annuì in segno di proseguire. “Ecco.. Mio padre era un grande scienziato, credo che tu dovresti saperlo…” Fece una pausa, “E’ morto circa tre mesi fa.. E.. Mi ha lasciato un disco con dei dati da consegnarti.”
“Allora l’ha lasciato? E dov’è questo disco?” Chiese lui, più interessato.
“Ehm.. Sì, è questo il problema..”
“Mh?”
“I dati del disco sono… Andati perduti..”
“Come sarebbe a dire andati perduti?” Chiese lui, tirandosi in avanti e appoggiando i gomiti sulla scrivania.
“Sì ehm…” Esitò, “Il disco.. Aveva una protezione.. Una password.. Che se sbagliata i dati si sarebbero auto-cancellati..” Deglutì, “E’.. Stata colpa mia.”
“….” Albert strinse un pugno. Julie si aspettava già il peggio ma cercò subito di recuperare la situazione, “Però aspetta!!” Sentì le gambe tremarle, “Io.. Io ho lavorato spesso con mio padre, da quando ero una bambina e.. E sono stata presente spesso anche quando faceva gli esperimenti per ricavare quei dati e.. E magari potrei esserti di aiuto!”
Albert storse appena la bocca. Di aiuto? Essere aiutato da una ragazzina? No, non se ne parlava. Ne ora ne mai. “Non ho bisogno di alcun aiuto.” Proferì lui, alzandosi.
La ragazzina deglutì, “Sono.. Brava..” Aggiunse con un filo di voce.
Albert cominciò a camminare, passando la mano sulla superficie liscia della scrivania, poi guardò fuori dalla finestra. “Hai ancora quel disco?”
“Mh-mh..” Annuì la ragazza, tirando fuori il dischetto dal marsupio che aveva legato in vita, “Eccolo, è questo.. Però come ti ho già detto..” La ragazza fu interrotta da alcune forti grida che si sentirono dal laboratorio di quello stesso piano, Wesker si voltò di scatto, “William..” Mormorò ricollegando le grida all’uomo. “Deve essere pronto..” Disse tra sé e sé, avviandosi con passo veloce, strappando il disco dalle mani della ragazza e infilandoselo in tasca, una volta aperta la porta corse verso il laboratorio.
Julie ci rimase di stucco, cosa stava accadendo? E ora che avrebbe dovuto fare? Si alzò lentamente, avviandosi verso la porta e uscendo, seguendo poi Albert.
Albert irruppe nel laboratorio, vide William a terra che strisciava indietro facendo leva con i gomiti, scappando dalla bestia schifosa e informe di fronte a lui. ‘Devo essermi dimenticato di dirglielo…’ Pensò Albert, tirando fuori la sua L. Hawk dalla fondina, mirando velocemente al cranio rosso sangue della bestia, ormai priva di tutto il pelo bianco e batuffoloso di prima. Era ridotto ormai solo a un mucchio di carne dalle sembianze di un mostro. Sparò il primo colpo e poi subito dopo un secondo, dopo il quale la terrificante bestia si accasciò al suolo. Wesker si avvicinò a William, impaurito quanto schifato. Era abituato a vedere mostri terrificanti del genere ma non ad essere potenziale cibo per essi.
Ormai la bestia era a terra priva di vita e prima che Albert potesse dire nulla, cominciò a squagliarsi sotto la vista dei due, lasciando una pozza rossa a terra che pian piano cominciò a bollire letteralmente ed evaporare, diventando una melma nera fino a scomparire.
“C-che cazzo era quella roba??” Chiese Birkin, agitato.
Albert ripose la pistola nella fondina, “Che c’è ora, hai paura di una bestiola simile?” Chiese guardando il collega.
“N-no! Potevi almeno avvertirmi!! Stava per mangiarmi!!”
“Ma non l’ha fatto.” Disse lui, tornando al suo solito tono neutrale, dandogli davvero poca importanza, avviandosi all’uscita del laboratorio.
“Ma lo stava per fare!!” Continuò a controbattere William, scioccato. Si era trovato ad un passo dalla morte.
Wesker sbuffò, scuotendo il capo. Una volta fuori di guardò intorno. La ragazza era sparita. Forse si era spaventata a morte per gli spari. Albert si voltò verso William che stava ancora borbottando adirato.
“Tieni.” Disse prendendo il disco dalla tasca e porgendoglielo, “Recuperami i dati che ci sono sopra.”
“Ah, pure??!” Protestò lui. Albert non gli rispose, si limitò a voltarsi cominciando a camminare, doveva chiarire alcune cose con Excella. Sapeva che William per quanto stesse protestando ora, l’avrebbe fatto comunque.
William lo guardò allontanarsi, espirò, cercando di riprendere il controllo e la lucidità, “Che stronzo..” Mormorò voltandosi a guardare il punto del pavimento nel quale la creatura di era dissolta.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Excella. ***


3


With your tyranny,

Deep inside of me.
Put yourself in my place
And feel what I feel.
I'm in too deep with you,
My little tragedy.


Excella era in uno dei tanti laboratori, completamente bianco: pareti bianche, mattonelle a terra bianche, tavolini bianchi, attrezzature bianche, sedie bianche… L’unica cosa che staccava un pochino dalla monotonia del bianco erano gli armadietti di metallo anche se, nemmeno quelli, esprimevano molto oltre la freddezza di quel posto.
Era seduta su di una sedia, digitando alcune cose sulla tastiera del computer, controllando poi lo schermo. Schiacciò il tasto di invio e cominciò a stampare alcuni fogli che avrebbe dovuto portare poi più tardi ad Albert. Si chiedeva che cosa stessero facendo ora Albert e quella mocciosetta, era il suo pensiero fisso da quando aveva lasciato lo studio di Albert.
Sospirò e si appoggiò contro lo schienale della sedia, esitando un istante e sentendo un brivido nel momento in cui la sua schiena nuda entrò in contatto con la sedia fredda, poi si rilassò, continuando a fissare senza espressione i fogli che uscivano dalla stampante uno dopo l’altro, lo sguardo perso mentre pensava a tutt’altro.
Volse il capo di scatto quando sentì la porta aprirsi, vedendo la figura di Wesker avanzare dentro il laboratorio. Distolse lo sguardo, alzandosi dalla sedia e prendendo i fogli che aveva appena finito di stampare, senza degnarlo di una minima attenzione, era offesa. Come aveva potuto dire alla sua partner in affari di smammare così alla leggera? Batté un’estremità dei fogli sul tavolo al centro del laboratorio, riordinandoli, poi li ripose in una valigetta aperta, sempre sopra al tavolino. Albert ancora non aveva fiatato così lo guardò. “Che c’è?” Chiese con un tono che lasciava trapelare una certa irritazione.
Albert si fermò poco più lontano, guardandosi intorno fin quando non posò lo sguardo sulla donna. “Non mi piace il tuo comportamento Excella, ho intenzione di prendere provvedimenti.” Disse con tono piatto.
A Excella tremò lo sguardo, dapprima freddo e ostile, ora smarrito e sottomesso. “In.. Che senso?” Chiese con un tono di voce umile.
Albert fu subito soddisfatto nella reazione della donna, tornata a quella sottomissione che da sempre la contraddistingueva da un qualsiasi stupido umano arrogante, prepotente e presuntuoso.
“Intendo dire che mi stai stancando con il tuo comportamento altezzoso, devo rinfrescarti forse la memoria e farti capire una volta per tutte chi è che comanda qui?” Chiese con tono di voce tranquillo. Lui non si alterava mai o almeno molto raramente.
Excella abbassò il capo, scuotendolo. “No..” Poi alzò lo sguardo, tenendo comunque il capo basso. “Lo so che sei tu qui a comandare..” Proferì a bassa voce, avvicinandosi ad Albert che teneva gli occhi puntati su di lei. “Mi dispiace…” Aggiunse poi una volta di fronte a lui, cercando di scorgere i suoi occhi dietro le lenti nere degli occhiali.
“Mh.. Non ti trovi più bene al mio fianco forse?” Chiese lui con tono tagliente, la donna lo sapeva che doveva stare ben attenta a come rispondere a certe sue domande.
“No, ovviamente no, non è questo.. E’ solo che..” Lo guardò speranzosa di un minimo di curiosità da parte sua ma lui rimase in silenzio come al solito, come se non gliene importasse niente. Difatti non gliene importava davvero niente.
Excella gli appoggiò una mano sul petto mentre l’altro braccio glielo portò intorno al collo. Albert rimase fermo ed impassibile, non era la prima volta che assisteva ad uno dei tentativi di seduzione da parte di Excella nei suoi confronti.
“E’ solo che divento pazza quando qualcuno si avvicina al mio.. Padrone..” Bisbigliò totalmente sottomessa a quell’uomo, quel sentimento folle e perverso che oramai le riempiva il cuore.
Wesker schiuse appena le labbra, continuando a fissarla in silenzio senza batter ciglio, lo sguardo di Excella scese sulle labbra di Albert, avvicinandosi pian piano fin quando a pochi centimetri di distanza dalle sue labbra poté sentire la salda presa della mano dell’uomo, ricoperta dal guanto di pelle, stringerle la parte inferiore del viso. “E allora comportati da brava schiava e non cercare di mischiarti al tuo padrone.” Disse con tono tagliente, tenendola ancora per la mascella prima di respingerla in malo modo. Excella fece qualche passo indietro mentre cominciava a sentire una spiacevole sensazione di umiliazione e imbarazzo divampare dentro di lei.
“Torna a fare il tuo lavoro.” Proferì lui, uscendo dal laboratorio.
Respinta un’altra volta. Sospirò, cercando di mantenersi tranquilla anche se si sentì terribilmente umiliata. Abbassò lo sguardo e annuì. “Certo, certo che torno a fare il mio lavoro…” Gli rispose anche se lui oramai era uscito e non poteva più sentirla. Lo odiava ma allo stesso tempo non poteva più fare a meno di lui. Gli era sempre stata così fedele, non l’aveva mai tradito e nonostante tutto ancora non riusciva a rientrare nelle sue grazie. Cosa doveva fare? Era davvero destinata a rimanere con quel peso sul cuore? Con quel sentimento malsano e perverso, così folle da farle perdere la testa anche solo alla sua vista? In cosa aveva sbagliato? Perché nonostante tutto Albert non si fidava ancora di lei? Con questi pensieri tornò al tavolino, sistemando per bene i fogli e chiudendo la valigetta, poi si apprestò a lasciare il laboratorio, più tardi avrebbe dovuto comunque rivederlo per quei fogli.


I’m in to deep with you,
And all you do is fucking hurt me…




To be continued..

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=525933