Ragazza occhi cielo

di Freya Crystal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1) Il sorriso ti fa bella. ***
Capitolo 3: *** 2) Il mondo lo vivi solo tu ***
Capitolo 4: *** 3) E' colpa tua ***
Capitolo 5: *** 4) Il disegno della tua vita ***
Capitolo 6: *** 5) Il mio Dio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Nei primi anni del Novecento viveva la famiglia più felice, fortunata, e di conseguenza invidiata, di tutto il Mississippi.
I signori Brandon, giovani e innamorati sposi e genitori di una splendida bambina, abitavano nel quartiere più agiato e sicuro dello stato. Le loro vite si erano incatenate, condannando l'una a vivere per l'altra. Ma si sa, la felicità è l'aspirazione più grande a cui l'uomo possa arrivare, e averne troppa è pericoloso.
La bambina che preannunciava di portare altra gioia ai Brandon già prima di prendere forma nella pancia della madre, portò solo mali e sventure. Per i primi quattro anni di vita, non fu altro che una fragile creatura capace di riscaldare i cuori della gente con la sua risata cristallina e di suscitare il riso sulla bocca di chi si soffermava sulla sua chioma corvina spettinata, ma dopo che ebbe varcato la soglia dei cinque anni, per Amelia e Jefferson Brandon divenne una spina nel fianco.
Forse furono l'invidia del vicinato, il livore provato per le uniche due persone che erano riuscite a costruirsi il loro personale mondo da fiaba, a sgretolare la felicità dei Brandon, incarnandosi nel corpo della povera Alice. Fatto sta che da quando la piccola si tuffò piangendo tra le braccia di Amelia per comunicarle che il suo fratellino, allora nel  ventre della madre, sarebbe soffocato e nato morto, non sbagliò.
Due anni passarono, tra l'esasperazione e il timore dei Brandon per la loro stessa figlia ogni volta che qualcosa accadeva nel modo descritto da Alice mesi prima.
Amelia era di nuovo incinta. Alice non disse mai che il bambino sarebbe morto.
Samantha nacque in buone condizioni di salute e crebbe diventando più bella di Alice. Ma nonostante ciò, la sorella maggiore non dimostrò mai di detestarla.
Fu all'età di otto anni che Alice svegliò i genitori nel cuore della notte con i suoi singhiozzi interminabili. Continuava a ripetere con voce tremolante che Samantha sarebbe caduta dalla finestra e si sarebbe spezzata l'osso del collo. Amelia e Jefferson promisero alla primogenita che avrebbero sorvegliato la sua sorellina e che le avrebbero impedito di affacciarsi alla finestra, ma ciò non bastò a respingere la morte inesorabile che arrivò per portarla via.
I Brandon non seppero mai più cosa significasse la parola felicità.
Svolto il funerale della loro adorata Samantha e ripresisi dal dolore, fecero rinchiudere Alice in un manicomio.
- Non mi lasciate! Non mi lasciate! Io vi voglio bene! Mamma, papà, voglio stare con voi, vi prego! – ripeté Alice, disperata, quando i medici la trascinarono via di casa.
Ma in quell'addio mai voluto da Alice, non ci furono gli occhi pieni di lacrime della madre a salutarla, né il sorriso cordiale del padre, che lei a stento ricordava di aver visto dopo i suoi primi anni di vita, a darle conforto. Ci furono solo le spalle di una donna invecchiata e resa stanca dal dolore della perdita subita, e la porta di casa che si chiudeva sbattuta da Jefferson. Il rumore che tale gesto produsse, fu la fine del primo capitolo della storia di Alice, l'ultimo rintocco della vita che non gli era stato concesso di vivere.


*******


Spazio dell'autrice: questa fanfiction ha come protagonista Alice. Narra la sua storia, da quando lei viene portata al manicomio a quando diventa una vampira. Cercherò di riempire i buchi lasciati dalla Meyer al riguardo, sperando che ciò che ho in mente di scrivere sia degno di questo compito.
Ovviamente modificherò i fatti, soprattutto la parte in cui diventerà una vampira.
Spero che qualcuno mi lasci un commento ;)

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Capitolo 2
*** 1) Il sorriso ti fa bella. ***


Il sorriso ti fa bella

Avrei tanto voluto crede che si trattava di uno scherzo. Ma ciò che stavo vivendo era reale. Ciò che stavo guardando e sentendo, era qualcosa di concreto e di sconvolgente.
Uomini, donne, vecchi e bambini con completi a righe bianche e grigie, simili a dei pigiami. Gente che camminava su strane sedie con delle rotelle e che era senza piedi, gente accasciata contro le spoglie pareti che singhiozzava o blaterava cose senza senso, lo sguardo scioccato e perso nel vuoto; gente che, semplicemente, se ne stava seduta, immobile, pietrificata, ad osservare le piastrelle del pavimento. Forse furono proprio le persone che non reagivano, come sedate da un potente sonnifero, a scioccarmi di più.
L’uomo che era venuto a prendermi a casa per portarmi via mi teneva per un braccio e mi stava scortando per il centro di cura verso una meta a me ignota.
Ero stata costretta ad abbandonare i miei genitori e a salire su una macchina -mezzo di trasporto ideato da pochi anni- con gente che non conoscevo. Ci eravamo fermati davanti ad un edificio che si era presentato ai miei occhi con la scritta  “ Centro di assistenza e di cura per malati mentali affetti da disturbi psichici, psicologici e del sistema nervoso.”
Ero appena arrivata nel posto in cui avrei trascorsi il resto della vita.
La mia mamma e il mio papà avevano creduto che fossi pazza, non mi avevano più voluta con loro, avevano paura che avrei portato loro del male.
Ma io cos’altro avrei potuto fare? Non era colpa mia se molto spesso, all’improvviso, dei flash prendevano forma nella mia testa ed esplodevano come un film, scombussolandomi la mente. Non era colpa mia se quei film non sempre avevano un lieto fine. Non era colpa mia se io ero nata diversa. Non potevo bloccare quella mia facoltà, si trattava di qualcosa di involontario che agiva da sé; i film che si creavano dentro di me avevano un cervello proprio ed erano muniti di una forza indipendente dal resto del mio corpo. Controllarli mi era impossibile.
Tutto ciò che avevo cercato di fare, era salvare la vita a mia sorella. Anche la mamma e il papà ci avrebbero provato, se avessero visto ciò che avevo visto io.
Ma purtroppo, io ero la sola che poteva farlo.
O meglio, per fortuna. Era brutto conoscere gli avvenimenti prima del tempo: l’ansia e l’attesa snervante mi divoravano; ciliegina sulla torta, io ero una persona impaziente di natura.
-    Anche  il mio papà e la mia mamma avrebbero avvisato l’un l’altra del pericolo che correva Samantha, se avessero potuto vedere il suo futuro. Io non ho fatto nulla di male, volevo solo proteggere la mia sorellina. Non sono pazza! – mi sfogai con il medico che mi teneva stretta per un braccio e mi portava in giro.
-    Sì, sì. Hai ragione. Ora, da brava, resta seduta su questa branda, mentre io vado a prepararti qualcosa di buono da mangiare. – mi rispose con voce annoiata, priva di premura, dopo essere entrato in una stanza e avermi fatta sedere su un letto.
Rimasi ad osservarlo con aria titubante e spaesata. – Ma tu mi credi o no? – domandai, irritata.
-    Certo che ti credo. –
Ero una bambina di otto anni, ma non ero stupida: non ci voleva un genio per capire che le sue parole erano false.
L’uomo mi lasciò sola e si richiuse la porta alle spalle. Scesi dal letto e mi affacciai alla finestra, aprendo le tende. Tutto era bianco in quel posto, suggeriva l’idea dell’ordine e della gradevolezza, ma in realtà era uno dei peggiori centri di cura esistente in America.
Appoggiata contro il muro c’era una sedia con un completino a righe bianche e grigie. Questo no, pensai. Non avrei mai indossato dei capi dai colori così spenti e tristi. Incrociai le esili braccia al petto, sperando di riuscire così a incollare il vestitino giallo sole al mio corpo.
Nel cortile passeggiavano rare persone, chi in silenzio, chi urlando di tanto in tanto, chi indicando con le dita punti indefiniti nel cielo in preda a una crisi di risate. Almeno questi ultimi sembravano felici.
Non sapevo quanto mi stessi sbagliando. Quei poveretti avevano subito il lavaggio del cervello. Erano stati rovinati.
Mi ritrovai a chiedermi più volte se io fossi come loro, se davvero gli somigliassi, e per poco quasi me ne convinsi.
Il riflesso del mio viso si materializzò sul vetro quando una nuvola oscurò il sole. Il mio viso era imbronciato, nella tipica espressione che assumevo quando litigavo con Samantha per delle sciocchezze, fingendomi offesa.
Incoraggiai le mie labbra a dispiegarsi in un sorriso: il sorriso mi faceva bella, era lo specchio della mia forza, regalarlo al mondo mi permetteva di stare meglio anche con me stessa.
Brava, Mary Alice.
Un lamento maschile giunse dalla stanza adiacente alla mia. Il ragazzo che stava producendo quel verso passava dal riso a dei ringhi rabbiosi a intervalli di pochi secondi. Mi faceva senso.
Mi tappai le orecchie e mi voltai verso la porta con occhi vigili. Avevo paura.
Cercai di convincermi che se mi fossi comportata bene e avrei fatto tutto quello che mi avrebbero chiesto, mamma e papà sarebbero tornati a prendermi. Dovevo solo trovare un modo per riuscire a bloccare i miei flash.
Quando volevo una cosa, la ottenevo, in un modo o nell’altro.
Un lamento più acuto mi scosse in un fremito. Mi lasciai scivolare lungo la parete, le mani premute sulla testa.
Iniziai a cantare la canzone che la mamma mi sussurrava all’orecchio appena mi svegliavo la mattina.
Smile makes you beatiful, my dear personal sun...


*******


Spazio dell'autrice: eccomi qui con il primo capitolo. Che dire, vi adoro! *_* Non mi aspettavo di ricevere così tanti commenti con un prologo così.
Dunque, questo è l'assaggio iniziale. La piccola Alice, ora conosciuta come Mary Alice, è arrivata nel suo "nuovo mondo". Vi farò ridere, perché più scrivo e più mi accorgo che mi affascina il manicomio descritto dal suo punto di vista.
La frase finale è di mia invenzione, pensando alla madre di Alice non ho potuto scrivere altro che potesse essere più efficace ;)
Scusate se magari il capitolo è corto.
Cavolo, se recensiste sempre così, sfornerei capitoli con uno sbadiglio! ;)
Ringrazio tutti quelli che mi hanno aggiuna alle preferite, alle seguite e alle ricordate ;) , e ovviamente chi ha recensito:

 jenny cullen [Contatta] Segnala violazione
 12/05/10, ore 15:53 - Capitolo 1: Prologo
Il mio compito sarà riempire quei buchi a modo mio. Purtroppo i primi capitoli avranno un'atmosfera malinconica e triste, ma in seguito si sprigionerà l'azione, vedrai. Grazie mille ;)
 Mary_Whitlock [Contatta] Segnala violazione
 11/05/10, ore 10:26 - Capitolo 1: Prologo
Grazie infinite, davvero, troppo complimenti. Spero ti sia piaciuto il capitolo ;)
 nanerottola [Contatta] Segnala violazione
 10/05/10, ore 20:57 - Capitolo 1: Prologo
Eheheh, mi fai troppo sorridere! ;) Grazie!
 Isangel [Contatta] Segnala violazione
 10/05/10, ore 19:26 - Capitolo 1: Prologo
Grazie mille! Mi fa piacere che il prologo abbia stuzzicato il tuo interesse. Alla prossima ;)
 gegge_cullenina [Contatta] Segnala violazione
 10/05/10, ore 19:22 - Capitolo 1: Prologo
Grazie per i complimenti. Spero di non deludere le tue aspettative. Mano a mano che pubblicherò capitoli, mi saprai dire se sono stata originale o no ;)
 LadyEl [Contatta] Segnala violazione
 10/05/10, ore 19:10 - Capitolo 1: Prologo
Davvero ne hai scritta una anche tu? *_* Vorrà dire che quando finirò questa passerò a leggerla. Non lo faccio adesso perché: primo, potrei confondere le mie idee con le tue; secondo, ho il sospetto che tu sia mooooolto più brava e potrei non sentirmi all'altezza XD
Grazie infinite per aver letto ;)
 Kary_TomKaulitz [Contatta] Segnala violazione
 10/05/10, ore 18:51 - Capitolo 1: Prologo
Grazie mille! Spero di non deluderti. Non hai idea di quando mi affascinino Alice e Jasper in questo periodo *_*

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Capitolo 3
*** 2) Il mondo lo vivi solo tu ***


Il mondo lo vivi solo tu



La porta si riaprì e io per lo spavento balzai in piedi. Il medico che mi aveva scortata in quella stanza alzò le mani in alto come se si fosse trovato davanti ad un animale pericoloso. Strinsi i pugni sotto al collo, per crearmi uno scudo difensivo e mostrarmi allo stesso tempo pronta ad attaccare.  
-    Ehi, buona, piccola. Ti ho portato da mangiare. – cercò di tranquillizzarmi il medico.
Presi a disegnare cerchi immaginari sul pavimento con il piede destro, incantata a fissare le mie scarpette nere da bambola. Non dovevo comportarmi in maniera aggressiva, nessuno mi aveva negato che quell’uomo avrebbe potuto farmela pagare severamente.
- Grazie. – risposi a labbra strette.
Il ragazzo nella stanza adiacente alla mia continuava a immettere lamenti; sembrava provasse un palese e crescente piacere nell’alzare sempre più il tono di voce.
-    Ma che cos’ha ? – domandai, alzando lo sguardo.
-    E’ malato, Mary. E’ malato come te. Se non vuoi diventare così, dovrai prendere tutte le cose che io e gli altri medici ti faremo mangiare. –
Spostai la testa di lato, mettendo il broncio, le sopracciglia inarcate in un espressione contrariata.
- Tu non te ne rendi conto, ma hai un urgente bisogno di cure. Lascio qui sulla scrivania la tua minestra. Mangiala prima che si raffreddi. -
Riportai le mani sulle orecchie per isolarmi dai suoni esterni.
-    Non puoi farlo smettere? –
In risposta alla mia domanda, giunse il rumore indistinto di un’altra voce dalla camera affianco alla mia. Lasciai ricadere le mani sui fianchi, ad occhi spalancati.
- Fai silenzio! Dannazione, smettila con questo strazio, smettila! – urlava una donna.
Mi spaventai ancor di più, e mi accucciai vicino al letto, nascondendo il volto fra le mani.
Più la donna lo sgridava, più il ragazzo urlava. Finché non ci fu uno schiocco ed entrambi tacquero.
Fissai il medico che era rimasto immobile davanti a me e continuava a guardarmi con occhi strani. Fui percorsa da un tremito.
-    Ecco, è tutto finito. –
Presi un altro respiro profondo e mi imposi di sorridere. – C’è qualcosa che posso indossare? Vorrei cambiarmi,  possibilmente non con quel completo dai colori spenti. -
Il medico rise. Scoprii che poteva diventare perfino bello quando il suo viso si addolciva e gli occhi azzurri gli si accendevano.
- Mi spiace, ma non ti trovi a casa di uno stilista. D’ora in avanti i tuoi vestiti saranno uguali al completo che c’è su quella sedia. -
Spalancai gli occhi, sbigottita.
Io che non potevo passare un giorno senza tirare fuori dall’armadio i miei vestiti e sperimentare nuovi abbinamenti, anche dopo i rimproveri della mamma, avrei dovuto indossare per sempre un pigiama a righe bianche e grigie?
-    Non indosserò mai quella roba! – sbottai.
-    Bene. Tieniti il tuo vestitino fino a che non marcirà. – assentì il medico con espressione improvvisamente dura.
-    Bene! – confermai.
L porta si richiuse e io fui di nuovo sola. Rimasi a fissare con aria di sfida il completo a righe per un lungo lasso di tempo, finché, quando ne fui stanca, passai a contemplare il cielo dai colori aranciati che si stava screziando di rosso. Mi decisi ad avvicinarmi al piatto di minestra solo quando fuori dalla finestra si poté vedere un paesaggio blu.
Riluttante, rigirai il cucchiaio nella brodaglia e l’annusai un paio di volte. Temevo che il medico ci avesse messo dentro qualcosa di cattivo. L’odore non ricordava per niente quella che faceva la mia mamma; lei, anche se era una cuoca maldestra, ci metteva sempre il cuore e l’anima in ciò che cucinava, tanto che a volte riusciva a creare, con effetto a sorpresa, bizzarre e particolari pietanze dal buon sapore, prima fra tutte la minestra di verdure.
Una lacrima minacciò di cadere dal mio occhio sinistro. Strinsi con forza il cucchiaino, prendendo a torturarmi il labbro con i denti per bloccare l’impulso di piangere.  
Non avevo ancora avuto dei flash, ma sentivo che la mamma e il papà sarebbero tornati a prendermi presto.
Per poco non mi rovesciai la minestra sul vestito quando mi misi in punta di piedi per mangiarla. Quella scrivania era troppo alta per me.
Rinunciai al piatto ancora fumante, spensi la luce e mi infilai sotto le coperte. Col mio vestito giallo, ovviamente.
Quello me lo aveva comprato il papà quando era tornato dal suo viaggio di lavoro a New York.
Mi addormentai sognando il papà che mi correva incontro a braccia levate, i corti capelli corvini spettinati, mentre la mamma si lamentava della pettinata inadatta che si ostinava a tenere; a lei dava fastidio vedere il mio papà in disordine quando era davanti a me.
Ma quando lui aveva mostrato i due splendidi abiti che ci aveva regalato, la mamma si era raddolcita e aveva lasciato perdere; era corsa in camera a provarsi l’abito verde pastello, un colore usato di rado dalla gente comune, ma la mamma era una che amava i colori vivi, accesi o chiari che fossero.
Avevo fantasticato di indossare quell’abito, un giorno, quando sarei stata abbastanza grande per farlo. La mamma era  semplicemente stupenda, il verde pastello risaltava il suo incarnato chiaro e accendeva i riflessi dorati dei suoi capelli castani. Quando la vidi fare il suo ingresso nel giardino, le guance rosse di imbarazzo e contentezza, non resistetti e le gettai le braccia al collo spiccando un balzo degno di una lepre. Giocherellai con le ciocche di capelli mossi che le incorniciavano il viso stuzzicate dalla leggera brezza, mentre lei rideva e mi chiedeva di scendere per provare l’abitino giallo sole che mi aveva regalato il papà.
Mi risvegliai con le labbra distese in un sorriso sereno quando udii dei colpi alla porta.
- Mary, è ora di alzarsi. -



Girai per il centro di cura, mentre il medico mi riempiva la testa di parole a cui non volevo credere.
-    Le vedi tutte queste persone? Devi avere paura di loro, sono pericolose e potrebbero farti del male involontariamente. –
-    Questa è la tua casa, adesso. All’inizio sarà dura viverci, ma poi ti ci abituerai. –
-    Quel signore laggiù è fuori di testa. Quando inizia a dimenarsi così gli diamo delle pastiglie per farlo dormire. Diventa docile e mansueto, perché noi sappiamo come aiutarlo; se mai dovessimo avere bisogno di darti quelle pastiglie, non opporre resistenza, Mary. –
Avrei tanto voluto dirgli la mia su tutto, dirgli che le persone che lui mi indicava erano incurabili perché i medici non sapevano qual’era la cosa giusta da fare, ma mi trattenei. Dovevo comportarmi bene se volevo tornare alla mia vera casa.
- Ora ti porto nella mensa, così mangi qualcosa. -
Il mio stomaco, in risposta, prese a borbottare fastidiosamente; avevo una voragine interna che pretendeva di essere riempita.
La mensa era uno dei luoghi del centro di cura meno rumoroso. Ai quattro lati della stanza quattro uomini con una divisa diversa dal mio medico personale stavano in piedi a braccia conserte, tenendo d’occhio gli altri.
La maggior parte delle persone sedute ai tavoli era da sola, ma alcune stavano anche in gruppi di tre o quattro. Più che infondermi paura, m’incuriosivano. Non sapevo cosa aspettarmi da loro, perché ognuna di loro aveva un’unicità e una stranezza di essere tutta sua. Ma forse quella diversità serviva a qualcosa nel mondo, forse se esistevano persone strambe, c’era un motivo. Positivo, per me.
Non riuscivo a detestarle.
-    Un’infermiera arriverà presto per portarti del cibo. Accomodati qui, per conto tuo. Oggi resto io a farti compagnia. –
Il medico dagli occhi azzurri era convinto, evidentemente, di farmi un piacere facendomi sedere ad un tavolo vuoto. Ma si sbagliava.
C’era un vecchietto vicino a noi dal viso espressivo che teneva un cucchiaio in mano e mangiava in silenzio. Quasi tutti borbottavano o ridacchiavano, lui invece era serio; probabilmente non sentiva neanche i rumori e le voci che lo circondavano. Ingoiava di tanto in tanto dei bocconi di brodaglia, poi rilasciava cadere pesantemente il cucchiaio dentro al piatto, come se stesse tenendo tra le dita un grosso sasso; quando lo rialzava, lo ripuliva per bene con la lingua e lo fissava. Solo dopo averlo osservato più volte, capii che si stava specchiando nella piccola e tonda superficie di metallo. Spalancai gli occhi per lo stupore quando mi accorsi che il vecchietto nel guardarsi dilatava gli occhi e inarcava le sopracciglia all’improvviso, oppure si controllava i denti e ammiccava, cercando di produrre le più insolite e assurde espressioni facciali. Dopo aver fatto ciò, tornava a mangiare come se nulla fosse successo, da serio.
Ero a bocca aperta. Avevo voglia di ridere.
- Voglio mangiare al tavolo con quel signore. – dichiarai .
Il medico guardò lui, poi me, e alla fine acconsentì.
- Signor Foster, questa piccolina vorrebbe fare colazione al suo tavolo. Non le dispiace? -
Il signor Foster alzò lo sguardo, sporgendo in fuori il labbro inferiore, nel tipico broncio che anch’io facevo da piccola quando volevo intenerire gli altri. Mi ricordò fortemente Samantha. Sotto quest’aspetto, io e lei eravamo uguali; rivedevo me stessa in quel musetto adorabile. E quel vecchietto mi aveva già conquistata. Il bello era proprio l’incomprensibilità dei suoi gesti e dei suoi sguardi, ma i suoi occhi verdi erano talmente dolci che era impossibile avere paura di lui.
Il signor Foster annuì con un lieve cenno d’assenso del capo in risposta alla domanda appena rivoltagli.
Raggiante, mi accomodai nella sedia di fronte alla sua con un piccolo salto. I miei piedi erano distanti più di trenta centimetri dal pavimento.
Iniziai a dondolare le gambe avanti e indietro, i gomiti appoggiati al tavolo, la testa posata sulle mani. Osservavo il signor Foster incuriosita, dire che pendevo dalle sue labbra è poco.
-    Io mi siedo qui vicino. – annunciò il medico dagli occhi azzurri.
Annuii distrattamente.
Il signor Foster avvicinò il piatto di brodaglia a me, porgendomi il cucchiaio.
- No, grazie. – rifiutai, sorridendogli. – Perché quando ti specchi fai quelle facce buffe?-
-    Intendi questa? –
Il signor Foster sfoderò un sorriso a trentadue denti, inarcando quanto più possibile le sopracciglia.
Risi di cuore. – Sì, questa e tutte le altre. –
-    Per divertirmi, piccola…? –
-    Mary Alice. – lo informai.
-    Sì, per divertirmi, Mary Alice. Il mio angelo è orgoglioso di me, è orgoglioso della mia tenacia. –
-    Il tuo angelo?- domandai, sbattendo le ciglia.
-    Il mio angelo si chiama Eufemio, cioè, sono io che lo chiamo così. In realtà non so come si chiami, forse non ha nemmeno un nome, o forse… non me lo vuole dire. –
-    Esistono gli angeli? Io pensavo fossero presenti solo nelle favole, me lo ha detto la mamma. –
Il signor Foster spalancò la bocca, incredulo.
- Una bambina così giovane che non crede all’autenticità degli angeli? -
-    Tu sai che ci sono veramente? –
-    Ce n’è uno per tutti. Ma in pochi lo riescono a vedere nel corso della breve vita che ci è stata donata. Io sono stato graziato dal mio angelo. –
-    E io sarà mai graziata dal mio? Potrò mai vederlo? –
-    Solo se un giorno riuscirai a crederci veramente, solo se chi ti circonda non concretizzerà il tuo mondo. Devi scoprire il mondo con i tuoi occhi, Mary Alice. Nessun’altro ha il diritto di mostrartelo. Se dovesse succedere il contrario, perderai per sempre la possibilità di conoscere le verità nascoste a cui l’uomo anela. -
Il signor Foster mi sorrise. – Non lasciare che nessuno intacchi la tua anima. -
Non capii il significato di quelle parole. Una voce, alle mie spalle, mi fece sobbalzare.
-    Non ascoltarlo, Mary, è pazzo. –
Non mi curai nemmeno di guardare il medico, mentre un’infermiera posava un vassoio di cibo per me sul tavolo.



Spazio dell’autrice: mmh… insolito, non trovate? Nel corso della sua permanenza al centro di cura, Alice avrà modo di parlare con tante persone. Ciascuna l’affascinerà in modo diverso, proprio come ha fatto il signor Foster. Il suo comportamento ha sdrammatizzato la situazione di tristezza iniziale, o almeno, è ciò che io spero di essere riuscita a trasmettere XD
Se avete iniziato a leggere questa storia alla ricerca della coppietta innamorata, sappiate che questa entrerà in scena più avanti. Anzi, ce ne saranno due a dire la verità. E con Jasper, non sarà per niente facile…
Ma adesso è il tempo della storia di Alice, quindi, se volete leggerla, dovrete leggerla tutta quanta XD Non ho voglia di correre.
Ora rispondo alle vostre recensioni ( *_* Vi adoro, mi state aiutando bene ora. Continuate così *_*)

 jenny cullen [Contatta] Segnala violazione
 14/05/10, ore 15:38 - Capitolo 2: 1) Il sorriso ti fa bella.
Il tuo entuasiamo mi mette carica, specie la frase esclamativa: " Il tuo compito sarà riempire i buchi nella storia!!" Mi viene voglia di darmi da fare. Grazie di tutto.
 Mademoiselle Shy [Contatta] Segnala violazione
 13/05/10, ore 19:34 - Capitolo 2: 1) Il sorriso ti fa bella.
Confida nella mia fantasia, e vedrai che ne rimarrai tramortita XD Sono davvero insolita, sai?. Però se ti piace quel che scrivo mi fa solo piacere. Grazie di tutto.
 Isangel [Contatta] Segnala violazione
 13/05/10, ore 17:48 - Capitolo 2: 1) Il sorriso ti fa bella.
Puoi dirlo forte, meno male che non ci sono più i manicomi. Grazie di tutto anche a te ;)
 Mary_Whitlock [Contatta] Segnala violazione
 13/05/10, ore 15:04 - Capitolo 2: 1) Il sorriso ti fa bella.
Grazie... non ho parole *_* <3
 PAZZA96 [Contatta] Segnala violazione
 13/05/10, ore 14:13 - Capitolo 2: 1) Il sorriso ti fa bella.
Puoi star certa che scriverò un bel po' sulla parte del manicomio, è proprio questo uno dei miei scopi principali, assieme a quello di cambiare l'incontro tra lei e.. argh, mannaggia a me, devo tacere! Grazie di tutto.
 nanerottola [Contatta] Segnala violazione
 13/05/10, ore 14:02 - Capitolo 2: 1) Il sorriso ti fa bella.
Ahahahah, credo che ci siamo fraintese. Quando ho detto " Vi farò ridere", mi riferivo a me stessa perchè ho detto che mi affascina scrivere sulla permanenza di Alice al manicomio. Però vedi che il signor Foster è divertente ;) Chissà, magari in futuro ti farò ridere davvero!! Grazie di tutto.
 sapphire [Contatta] Segnala violazione
 12/05/10, ore 22:25 - Capitolo 2: 1) Il sorriso ti fa bella.
E' una storia sul passato di Alice, ma tutto cò che le succede, le persone che incontra, i suoi pensieri... sono frutto della mia fantasia. Spero che ti piaccia il seguito! ;) Grazie di tutto.




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Capitolo 4
*** 3) E' colpa tua ***



E' colpa tua



Passò una settimana dal mio arrivo al centro di cura. Mangiai e presi le medicine ogni volta, senza fare capricci.
Impiegavo la maggior parte del mio tempo a parlare con il signor Foster, a ridere quando mi proponeva un nuovo repertorio di espressioni facciali, ignorando i medici che mi dicevano di non badare a ciò che mi raccontava. Facevo tesoro dei racconti del signor Foster, lui era il vecchietto più bizzarro e allo stesso tempo interessante che avessi mai incontrato, e non mi importava se era considerato pazzo. Se credere di aver conosciuto il proprio angelo custode era sinonimo di pazzia, allora avrei voluto essere pazza.
-    Come mai una piccolina così graziosa e intelligente si trova qui? – mi aveva chiesto il signor Foster il giorno successivo alla nostra prima conversazione, mentre eravamo seduti in giardino.
-    Perché posso creare dei film nella mia mente, che molto spesso diventano reali. – avevo spiegato. – La mia mamma e il mio papà si sono spaventati, evidentemente. Vogliono che io guarisca. Non vedo l’ora che succeda, così potrò tornare a casa con loro. –
-    Non credo di aver capito bene. –
-    Tu stesso mi dici che a volte sbarro gli occhi e prendo a fissare qualcosa di indefinito. Ecco, in quei momenti vedo cose che succederanno a coloro che vivono qui. Grazie ai flash della mia mente ho scoperto che a volte Jamie viene picchiato. –
Jamie era il ragazzo affetto da crisi epilettiche che stava rinchiuso nella stanza adiacente alla mia.
-    Forse sarebbe stato meglio non scoprirlo mai. Ho visto morire il bambino che stava prendendo forma nella pancia della mia mamma, le ho detto che sarebbe nata femmina e soffocata dal cordone ombelicale. Così è successo. Tre settimane fa… ho visto morire mia sorella Samantha senza poter fare nulla per salvarla. Io l’avevo detto ai miei genitori che sarebbe successo. –
-    Incredibile… - mormorò il signor Foster con una strana luce negli occhi. Sembrava indeciso se pensare che la mia anormalità fosse un dono o una maledizione.
-    Tu vedi il futuro, Mary Alice. –
-    Il futuro? –  avevo domandato, sbigottita.
-    Non devi pensare che le cose succedono perché tu vedi determinate immagini dentro di te. E’ il contrario: tu vedi ciò che è destinato ad accadere. –
-    Ma non voglio! – avevo protestato. – Che gusto c’è a vivere in questo modo? So già che questa sera mangeremo ancora la minestra e che Jamie verrà picchiato domani mattina. –
-    Tutto accade per una ragione, piccola Mary. Se gli angeli ti hanno donato questo potere, significa che ti servirà a qualcosa nella vita. –
-    Gli angeli non fanno azioni a fin di bene? –
-    Certo, ma non sempre i mezzi con i quali lo ricercano portano felicità e fortuna. A volte bisogna convivere con la fastidiosa presenza di qualcosa che ci fa soffrire, per poter arrivare al bello delle cose. -
Avevo incrociato le braccia al petto con forza. – Gli angeli sono ingiusti e si burlano di noi. Non è carino! –
Il signor Foster mi aveva fatto una linguaccia. Io avevo ricambiato il gesto, sentendo l’indignazione svanire, sostituita dal divertimento.
Quel vecchietto speciale dimostrò di sapere come tirarmi su di morale nei giorni che seguirono.
Fu lui a ricordarmi  la regola che mi ero imposta, ovvero di non perdere mai il sorriso, quando le mie visioni e la sofferenza dei pazienti mi avvilivano.
Ogni mattina mi risvegliavo con le grida di Jamie che mi rimbombavano nelle orecchie, arrestate dal ciocco degli schiaffi che gli venivano dati. E ogni volta desideravo diventare sorda per un istante e poter correre subito dal signor Foster. Quando glielo raccontavo, lui mi diceva che non potevamo fare nulla per impedirlo, mentre io mi arrovellavo il cervello alla ricerca di una soluzione capace di porre fine al dolore di Jamie. Forse era proprio quello uno dei casi di cui mi aveva parlato il signor Foster: avrei dovuto usare il mio potere per impedire che a Jamie venisse fatto del male. Sì, io ero solo una bambina di otto anni, ma se credevo fino in fondo in ciò che volevo, potevo fare in modo che accadesse.
Avevo la sensazione che fosse trascorsa un’eternità da quando avevo lasciato casa mia. Ancora non sapevo quanto sarei rimasta in quel centro di cura.
La speranza di riabbracciare mamma e papà e di perdere la capacità di vedere il futuro era viva in me quanto un fuoco splendente alimentato da instancabili fiamme. Un giorno me ne sarei andata da quel posto, e avrei portato con me il signor Foster.
-    La mamma e il papà vengono domani? –
Questa era la domanda che rivolgevo al medico ogni sera, prima di andare a dormire.
-    Forse, non è detto. –  mi rispondeva lui, Caleb Smith, l’unico medico che non sembrava sempre arrabbiato o svogliato di fare il suo lavoro. Anche se, tuttavia, certe volte mi lanciava strane occhiate che mi facevano rabbrividire di un momentaneo senso d’inquietudine.
E ogni volta io annuivo senza protestare, senza insistere sulla domanda. Non sapevo che i medici che mi vedevano fissare qualcosa con occhi sbarrati e fare scatti, come se una creatura invisibile mi avesse dato la scossa, consideravano quel mio comportamento come un inconfondibile sintomo di pazzia. Sintomo per il quale non mi avrebbero mai mandata a casa.
-    Non devi mai dire a nessuno quello che vedi. Capito? A nessuno. – mi disse una mattina il signor Foster, gli occhi verdi che risplendevano di un’energia assoggettante. – Purtroppo in questo posto nessuno ammirerà mai il tuo talento, non serve che tu ne parli. –
E aveva ragione. I pazienti non facevano altro che darsi del pazzo l’uno con l’altro, o ripetere che erano in ottime condizioni di salute. Ma dovevo ammettere che io stessa faticavo a crederci, quando li vedevo ridere e battere le mani o conversare amabilmente con una sedia.
Una sera Caleb mi salutò dandomi un bacio sulla guancia. – Sei la mia piccolina preferita. Continua  a prendere le medicine, e vedrai Dio scaccerà il male da te. –
Non seppi capire cosa mi turbò maggiormente, se il suo gesto d’affetto o le sue parole.
Quella notte sognai Samantha, come sempre, ma la sua presenza pura e confortante si rivelò piena di risentimento e disprezzo nei miei confronti, diversamente dalle altre volte.
-    Guardami, Alice, volo! – diceva, nel sogno, con voce sarcastica, sporgendosi fuori dalla finestra e saltando giù.
Io, sotto di lei, cercavo stupidamente di afferrarla, ma lei ricadeva sul prato lontano da me, come attratta da una misteriosa calamita.
La scena si ripeté svariate volte, accompagnata dalle mie grida. Iniziai a chiamare mamma e papà, nella speranza che quello strazio finisse, ma loro non arrivarono. Era inesistenti in quella dimensione
Quando mi svegliai, udii la voce di Samantha ronzarmi nelle orecchie: - E’ colpa tua! Sei tu che mi hai fatta cadere, sei tu che lo hai deciso con la tua mente! –  
Balzai fuori dal letto, il pigiama a righe bianche e grigie che ero stata drasticamente forzata ad indossare incollato addosso; spalancai la porta e mi precipitai di corsa nel corridoio buio.
Volevo andarmene via da lì. Ma non ricordavo dove fosse la via d’uscita e le guardie mediche che facevano i turni di notte avrebbero potuto sorprendermi. Non vi era alcuna soluzione per fuggire da quell’incubo.
-    Signor Foster! Signor Foster! – presi ad urlare correndo per i corridoi.
 Le lacrime minacciavano di fuoriuscire dai miei occhi, ma non volevo perdere la mia sfida personale nella quale mi ero ripromessa di non piangere se non per gioia, così lottai per fermarle. Nel giro di un minuto alle mie grida si unirono quelle di altri malati, spaventati da quel rumore inaspettato e non identificato al dì fuori delle loro camere.
Una mano mi artigliò la spalla costringendomi a voltarmi. Ricevetti uno schiaffo in piena faccia che mi fece cadere a terra. Il dolore mi stordì. Persi per un istante l’uso della vista e dell’udito, mentre il fuoco bruciante si diffondeva sulla mia pelle.
-    Figlio di puttana, non toccarla! –
Riconobbi la voce di Caleb, ma nonostante ciò presi a scalciare violentemente quando sentii che mi aveva presa in braccio.
-    Non dovevi picchiarla così forte! –
-    Questa mocciosa ha svegliato mezzo manicomio! – protestò l’uomo che mi aveva colpita.
Tremante, cercavo di massaggiarmi la guancia dolorante, il labbro gonfio che pulsava quanto il mio cuore.
-    L’hai fatta sanguinare, hai rischiato di spaccarle la faccia, idiota! –
Non avevo mai sentito Caleb usare quel tono.
-    Signor Foster! Signor Foster! – ripetevo disperata, ad occhi chiusi, le mani serrate a pugno davanti alla faccia.
-    Sssh, smettila! Dannazione, Mary Alice, hai già fatto abbastanza danni questa sera! – mi ammonì Caleb.
-    Difendila pure… Ma il fatto che sia piccola non fa di lei una favorita. Qui dentro è come tutti gli altri, stessa barca, stesso trattamento. –
Caleb mi strinse a sé e si incamminò per il corridoio, senza degnarsi di rispondere all’uomo cattivo che mi aveva ferita. Mi addormentai, scioccata e spaventata, nonostante le grida di Jamie risuonassero per il corridoio che stavamo percorrendo.



Spazio autrice: lo so, è sempre più triste. Ma in un manicomio del 1900 di certo non se la spassavano.
Apro un sondaggio: volete che io restringa la storia di Alice da umana per dare più spazio a quella in cui è vampira, oppure do spazio ad entrambe?
Io preferirei la seconda opzione, ma la mia paura è di annoiarvi! Rispondete, per favore.
Passiamo ai ringraziamenti ;) :


 darling [Contatta] Segnala violazione
 18/05/10, ore 23:27 - Capitolo 3: 2) Il mondo lo vivi solo tu
Sì che Alice è speciale. E' la mia sorellina adorata *_* L'angelo non posso dirti chi sarà... ma credo che ti piacerà se ami la dolcezza.
Spero che questo capitolo ulteriormente triste non ti abbia delusa.
Piacere anche da parte mia! XD
 Isangel [Contatta] Segnala violazione
 17/05/10, ore 18:58 - Capitolo 3: 2) Il mondo lo vivi solo tu
Dunque, Alice e Jasper avranno un incontro diverso, non del tutto diverso magari, devo ancora decicere... ma sicuramente sarà  complicato! Ne vedrai delle belle! Ogni domanda è sempre ben accetta, non farti problemi ;)
 Mary_Whitlock [Contatta] Segnala violazione
 17/05/10, ore 14:12 - Capitolo 3: 2) Il mondo lo vivi solo tu
Che coincidenza...! Esiste un sig Foster in un cartone? Non lo sapevo, davvero!
Grazie mille per tutti i complimenti. Adoro descrivere un Alice bambina *_* Mi confortano le tue parole, però non so se tutti la pensano come te, quindi ho aperto questa specie di sondaggio XD
 jenny cullen [Contatta] Segnala violazione
 16/05/10, ore 20:44 - Capitolo 3: 2) Il mondo lo vivi solo tu
Grazie cara ;) Mi spiace che il capitolo  nuovo sia così triste!!
 nanerottola [Contatta] Segnala violazione
 16/05/10, ore 20:02 - Capitolo 3: 2) Il mondo lo vivi solo tu
vedrai che alcune persone non saranno propriamente pazze, ma avranno capacità insolite come Alice. Mi fa piacere che la storia ti  piaccia ;) 




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Capitolo 5
*** 4) Il disegno della tua vita ***


Il disegno della tua vita

Mi strinsi al braccio di Caleb quando riconobbi il medico cattivo che la sera prima mi aveva picchiata.
-    Sta tranquilla, non gli permetterò di farti del male. E’ venuto solo per fare un controllo. – mi rassicurò immediatamente lui.
Un ragazzo seduto ad un altro tavolo indicava la mia faccia con un dito e rideva. Il livido viola sulla mia guancia e il labbro gonfio come un piccolo salvagente lo divertivano.
-    Il signor Foster… Voglio il signor Foster. – mormorai.
-    Oggi non lo vedrai. – mi informò Caleb.
Lo fissai negli occhi azzurri. – Perché? –
Percepii una nota di allarme nella mia voce.
-    Perché si è sentito poco bene. –
-    Che cos’ha? –
-    Troppe domande. Pensa alla tua salute, Mary Alice. –
Sbuffai. Nonostante Caleb mi avesse dato una brutta notizia, non ero preoccupata. Avevo la sensazione che il signor Foster ed io ci saremmo rivisti. Anche se la curiosità di sapere cosa avrebbe fatto quel giorno era tanta…Soppesai per un attimo l’ipotesi di chiudere gli occhi e di provare a scoprirlo grazie alla mia capacità, ma poi cambiai idea. Non dovevo vedere il futuro.
Il medico cattivo era appoggiato contro al muro e teneva le braccia conserte, fissandomi di tanto in tanto di sottecchi. Rabbrividii di terrore al ricordo della sua mano forzuta che mi colpiva in viso. Quasi potei risentire il dolore provato sulla mia pelle. Caleb mi aveva messo del ghiaccio per fare in modo che il livido enorme non si gonfiasse.
-    Piccola, devo farti una domanda. Perché questa notte sei fuggita dalla tua camera? Cosa ti ha spaventata? –
Mi rigirai una ciocca di capelli neri tra le dita e puntai gli occhi sulla finestra che dava sul giardino. – Samantha. –
Caleb mi posò una mano sulla spalla. – E chi è Samantha? –
Lui era l’unico, a parte il signor Foster, che riusciva a conservare un tono gentile quando mi parlava. Il modo in cui mi si rivolse in quel momento mi spinse a rispondere alla sua domanda.
-    Samantha è mia sorella. –
-    Era tua sorella. Devi accettare il fatto che… non ci sia più. Sai, molti bambini alla tua età non riescono ad accettare che una persona sia andata in cielo, ma… -
-    Lo so che è morta. Solo, non mi piace parlare al passato. Io non la dimenticherò mai, il suo ricordò vivrà per sempre, per questo parlo al presente. –
Caleb mi fissò sconcertato. Non mi era sembrato di aver detto qualcosa di strano, perciò  non riuscii a capire perché Caleb assunse quell'espressione..
-    D’accordo, Mary Alice. E cosa ti ha detto Samantha? –
Strinsi gli occhi, concentrata ad osservare Jamie che rideva e saltava in giardino. – La verità: che sono stata io a farla morire. –
-    E come? –
-    … Avevo visto che sarebbe caduta dalla finestra, e così è successo, nonostante mamma e papà avessero cercato di fare il possibile per impedirlo. –
Parlavo senza rendermene conto, sentivo l’impellente bisogno di condividere con qualcuno le mie angosce.
Caleb mi posò una mano sulla spalla. - In che senso lo hai visto? Non si possono vedere le cose che devono accadere. –
-    Io l’ho visto. – replicai, imperterrita. – Non so come e perché, ma è così. Samantha è morta per colpa mia. –
-    Piccola… vedrai, presto sarà tutto finito. Se continuerai a prendere le medicine starai meglio. –
Invece di arrabbiarmi, provai a trovare una consolazione in quelle parole. Se tutto ciò che ero costretta ad ingerire mi avrebbe impedito di vedere il futuro, allora ero ben lieta di avere le vertigini ogni volta che assumevo le medicine. Forse quel sintomo era un segnale di guarigione.
-    Sì, lo spero tanto. –


*******


Quel giorno il signor Foster non avrebbe potuto tenermi compagnia, così rimasi in giardino ad ascoltare il fruscio delle foglie degli alberi smosse dal vento. Mi mancava sentire l’allegro cinguettio degli uccellini, nel posto in cui mi trovavo io non venivano mai perché le grida dei pazienti li spaventavano.
Seduta sull’erba, mi beavo del calore del sole sulla mia pelle, la mente sgombera da ogni pensiero, finalmente. Almeno finché una voce familiare non giunse alle mie orecchie.
-    Non puoi lasciarla lì tutto il giorno. Presto dovrà iniziare la terapia, è meglio se l’abitui da subito all’idea che non potrà restare all’aperto tanto spesso nei giorni a venire. –
Avevo la sensazione che quel signore stesse parlando di me, tuttavia non mi voltai per inquadrarlo: era il medico cattivo, quello che la sera prima mi aveva picchiata.
-    Voglio solo che sia serena prima di… -
Ma non udii la fine della frase, perché Jamie cacciò un urlo, pieno di rabbia perché non era riuscito a catturare una farfalla che gli stava svolazzando attorno.
Una paura improvvisa si impossessò di me. Istintivamente chiusi gli occhi e mi concentrai sul nero che avevo davanti per dare forma a un’immagine.
Macchie di colore giallastro si fusero e si mescolarono, dando vita ai contorni di un oggetto dalla forma rettangolare; sopra di esso si creò la miniatura di una persona, e tutt’intorno macchie indistinte di altri esseri viventi. Cercai di mettere a fuoco gli oggetti comparsi, finché essi non presero colore: la figura rettangolare era un letto, la persona che vi era sdraiata sopra ero io, e non avevo un’espressione felice; le sagome che mi erano attorno appartenevano a medici e dottoresse che avevo visto di sfuggita, e Caleb non era fra loro. Ma la cosa che più mi spaventò e mi fece aprire gli occhi, fu osservare impotentemente la mia fotocopia coi polsi, il busto e le gambe imprigionate da dei cerchi di ferro.
Fu come risvegliarsi dopo un lungo sonno in un posto sconosciuto, senza sapere cosa mi fosse accaduto. Analizzai con circospezione ogni particolare del luogo che mi circondava, finché a poco a poco la consapevolezza si fece strada in me. Mi ritrovai in piedi senza sapere quando mi ero alzata.
D’istinto mi girai, dando le spalle al prato che riluceva dorato, per incrociare gli occhi di Caleb e il medico cattivo che stavano parlando sotto il portico, osservandomi. Feci uno sforzo per sorridere e agitai la manina per salutare Caleb, che ricambiò il mio gesto. Non dovevo far loro capire che mi ero spaventata, così mi risedetti allargando le braccia verso il sole. Ah, semplicemente lo amavo. Non avrei potuto vivere senza di esso. Il solo pensiero delle parole pronunciate dal medico cattivo mi fecero rabbrividire della paura che si prova quando si teme di perdere qualcosa di estremamente caro; anche se allora ero troppo piccola per capire a fondo quel tipo di sentimento.
-    Mary Alice, posso sedermi qui con te? –
Alzai la testa, incuriosita. Mi faceva piacere l’idea che qualcuno fosse interessato a conoscermi.
Una donna magrissima con un viso spigoloso e due grandi occhi castani sporgenti mi stava fissando, con espressione indecifrabile, forse triste, forse compassionevole. Il suo viso mi incusse* inquietudine.
-    Ma certo, faccia pure. – acconsentii.
Dovevo imparare ad abituarmi più velocemente alle stranezze, se volevo stare bene in quel posto.
-    Posso prenderti la mano? –
La curiosità mi stava soffocando. Annuii, posando la mia mano destra sulla sua secca e dalle dita affusolate.
Non avevo mai parlato prima d’ora con quella donna, l’avevo vista rare volte seduta a tavola durante l’ora di cena. Non mi aveva mai suscitato emozioni particolari, ma ora che me la trovavo davanti, mi stavo impressionando.
Ero in grado di avvertire che le persone in quel posto erano diverse dalla massa. Che in qualche modo erano speciali.
-    Come ti chiami? –
-    Audrey. Sono di origine francese. -
La voce di quella donna era roca, dolce e piacevole da ascoltare.
Guardai Audrey tracciare segni sul palmo della mia mano, accarezzandomi delicatamente la pelle. Il tocco delle sue dita mi lasciò un marchio, provocandomi brividi di stupore in tutto il corpo.
-    Che cosa stai facendo? –
Audrey alzò lo sguardo, puntando i suoi grandi occhi marroni e luminosi nei miei. – Sto leggendo il disegno della tua vita. –


Spazio dell’autrice: scusate, scusate, scusate. E… ricusate! Ho fatto tardi, ma è colpa della scuola, è lei l’ antipatica! XD Scherzi a parte, penso di aggiornare meno frequentemente in questo periodo, o almeno, non dopo tre giorni come ho fatto coi primi due capitoli. Sono impegnata a scrivere altre due fanfiction, di cui una per un contest, e ne ho un’altra in sospeso ( ahimé, la diminuzione delle recensioni mi ha demotivata a continuare quella ç_ç ), quindi non aspettatevi una produzione lampo XD
Noto, con piacere, che alla maggior parte delle persone che hanno commentato, piace l’idea di un seguito approfondito. Chiedo a chi non è d’accordo di segnalarmelo, così deciderò cosa fare.
Che ve ne pare di questa Audrey?
Incusse* E’ raro trovarlo al passato remoto, e suona anche in modo orribile, però è corretto, quindi l’ho usato. Sarebbe il verbo incutere.
Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia e ovviamente chi commenta.
Ecco le risposte alle vostre recensioni:


 Sorrow_Writer [Contatta] Segnala violazione
 31/05/10, ore 21:20 - Capitolo 1: Prologo
Bene, sono contenta che l'idea di una storia approfondita di piaccia.  Grazie mille ;)

 Mademoiselle Shy [Contatta] Segnala violazione
 24/05/10, ore 14:52 - Capitolo 4: 3) E' colpa tua
Graaazie, non credevo che il sig. Foster avrebbe potutot risucotere questo successo ;)
Vedo che sei consapevole più di me di ciò che accadeva nei manicomi in questo periodo. Sono felice che anche tu abbia deciso per una storia approfondita XD
 darling [Contatta] Segnala violazione
 21/05/10, ore 20:09 - Capitolo 4: 3) E' colpa tua
Sì, ho quasi pianto quando Alice è stata picchiata. Lei è la mia bambolina *.* ç_ç
Ahahahah, dai, tieni duro, Jasper arriverà... e ne combinerà delle belle... anzi, delle brutte!!!
 Isangel [Contatta] Segnala violazione
 21/05/10, ore 16:13 - Capitolo 4: 3) E' colpa tua
Ovvio che ci saranno dei salti temporali, altrimenti ci vorrebbe una Bibbia per scrivere di anni e anni interi di vita. Grazie come sempre per darmi il tuo parere ;)
 Mary_Whitlock [Contatta] Segnala violazione
 21/05/10, ore 15:09 - Capitolo 4: 3) E' colpa tua
Quanti complimenti *_* Sono felice!
Ahahah, le tue parole mi danno la carica giusta ;)
Davvero curioso questo cartone, devo ricordarmi di guardarne una puntata!
 annuccia_ [Contatta] Segnala violazione
 20/05/10, ore 22:52 - Capitolo 4: 3) E' colpa tua
Grazie mille per i complimenti ;) Sì, Caleb è difficile da capire, bisogna tenerlo d'occhio...
Scusa se non ho aggiornato prestissimo.
 PAZZA96 [Contatta] Segnala violazione
 20/05/10, ore 21:30 - Capitolo 4: 3) E' colpa tua
Yeah, sono contenta della tua decisione. Grazie di tutto ;)
 RCIV22 [Contatta] Segnala violazione
 20/05/10, ore 21:26 - Capitolo 4: 3) E' colpa tua
Grazie mille, penso proprio che farà così. Felice che il sig. Foster ti piaccia, aiuterà molto Alice ;)

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Capitolo 6
*** 5) Il mio Dio ***


Il mio Dio


Erano passati due anni dalla mia prima chiacchierata con Audrey. Non l’avrei mai dimenticata.
Quando mi aveva preso una mano tra le sue e aveva iniziato ad accarezzarmi il palmo con le dita, aveva dilatato gli occhi, suscitandomi uno strano senso di inquietudine. Quei caldi e vivi occhi castani erano avvolti da un alone di mistero, che le conferivano un’aura diversa da tutte le altre persone presenti nel centro di cura.
Inizialmente Audrey mi aveva detto che ero speciale, sorridendo e increspando la fronte sottile ogni qualvolta le sue dita cambiavano direzione sul palmo della mia mano. Era sembrato che stesse davvero leggendo la mia vita, o meglio, che ne stesse tracciando i contorni.
Per un attimo avevo creduto di aver davanti a me una persona col mio stesso problema, o dono, come lo chiamava il signor Foster. Ma poi, quando Audrey mi aveva mollato la mano e si era allontanata di scatto da me, punta da un’invisibile ape, le mie speranze si erano tramutate in paura e dispiacere.
-    Ti ho spaventata? – le avevo domandato.
-    N-no. Non tu… No. –
Audrey si teneva una mano sul cuore ed evitava di incrociare il mio sguardo. Aveva gli occhi di una bambina spaesata la cui pelle avvizzita e la magrezza ne testimoniavano l’invecchiamento precoce.
Negli ultimi due anni avevo trascorso le mie giornate parlando del più e del meno col signor Foster, viaggiando in mondi lontani, immersa nei suoi discorsi bizzarri. Lui stesso mi aveva detto di non badare al comportamento di Audrey, perché un giorno avrei scoperto da me cosa l’aveva turbata tanto.
-    Non sarebbe giusto che tu lo scoprissi prematuramente. Sai, si dice che Audrey sia specializzata nella lettura della mano, che è il motivo per cui si trova qui. Era tanto intuitiva che l’hanno considerata pazza. La gente teme ciò che non conosce, perciò non lo accetta e non lo vuole credere. Audrey è qui perché ha voluto regalare troppo a chi non l’ha saputa capire. –
Il signor Foster conosceva Audrey e aveva avuto occasione di parlarle svariate volte, tutto sommato lei non era tanto diversa da me. Anche io non sarei stata capita se avessi detto che vedevo il futuro, o se avessi provato a parlare a qualcuno delle mie visioni.
Erano passati due anni e i miei genitori non erano venuti a prendermi.
Erano passati due anni, ma non ero guarita.
Erano passati due anni  e Caleb si era sempre preso cura di me.
Erano passati due anni e Samantha non mi aveva più fatto visita nei sogni.
Fu la notte del mio decimo compleanno, che lo vidi per la prima volta.
Colui che aveva sostituto la costante figura di mia sorella durante il sonno.
Mi dava le spalle, e la sua figura era sfocata. Io ero molto più bassa di lui, perciò mi apparve come la statua di un irraggiungibile dio. Correvo a perdifiato per raggiungerlo e toccarlo, ma le mie braccia non potevano arrivare alle sue spalle. Quello era un sogno muto. Forse, semplicemente non sentivo il bisogno di parlare, quasi temessi di allontanare quel dio con la mia voce, se lo avessi chiamato.
Ad un certo punto riuscii ad avvicinarmi, e lui si accorse della mia presenza.
In quello stesso momento, incolpai la mia curiosità. E se l’oggetto del mio desiderio avesse avuto un viso orribile, come i mostri che popolavano gli incubi? Mi sarei svegliata e avrei iniziato ad urlare come due anni prima? Samuel, il medico cattivo, mi avrebbe picchiata ancora?
Trattenei il respiro, quando il dio voltò la testa di lato. Delle onde di arruffati capelli biondi gli schermavano gli occhi, tuttavia l’incarnato luminoso della sua guancia non mi sfuggì. Rimasi incantata.
Quando il dio stava per voltarsi del tutto, mi ritrovai a fissare il soffitto nero della mia stanza ad occhi sbarrati.
Mancava ancora poco all’alba. A mezzanotte avevo compiuto dieci anni.
Che quel dio fosse il mio regalo di compleanno? Era possibile che avessi avuto una visione durante un sogno?
Mi rigirai nel letto, cercando di riprendere sonno e di non pensare al dio biondo almeno fino al sorgere del sole.
Il sole… Il sole che tanto amavo mi ricordava i suoi capelli dorati…


*******


Il giorno del mio compleanno fu l’ennesimo in cui fui costretta a quell’assurda terapia che mi prosciugava le forze.
La prima volta che la provai, rimasi scioccata. L’oggetto della mia visione si era avverato in tutta la sua sconcertante realtà.
Subito dopo aver mangiato, Caleb mi portò nella stanza dove tutti gli altri medici mi avrebbero esaminato come un topolino da esperimenti. Mi lasciai legare i polsi e le caviglie quando mi distesero sul duro tavolo piatto quanto una lastra di vetro. Chiusi gli occhi e non dissi una parola, mentre le voci concitate dei medici che mi toccavano e mi aprivano le palpebre mi rimbombavano nelle orecchie in un incessante ronzio.
Mi piazzarono, anche quel giorno, uno strano apparecchio sulla testa che mi provocava delle fastidiose scosse, lasciandomi intontita.
A quale scopo dovevano riservarmi quel trattamento faticoso?
A quale scopo dovevano immobilizzarmi? Non ero una bestia piena di muscoli, ma una bambina alta un metro e un braccio.
Decisi di rimanere zitta e immobile fino a che i medici non sarebbero stati soddisfatti. Non li avrebbero fermati le mie grida.
Quando finii la terapia, caddi vittima di una stanchezza opprimente. Non riuscivo a formulare un pensiero o una frase di senso compiuto, né a muovermi. Venni portata nella mia stanza e dormii fino all’alba.
Quello che non sarei mai riuscita a capire, era l’effetto di quella cura, che, invece di rinvigorirmi e farmi sentire più normale, mi destabilizzava.
Cominciai seriamente a pensare che fosse colpa della mia ostinazione ad essere speciale se non riuscivo a guarire.
-    Tu non sei malata, Mary Alice. – mi disse il signor Foster, durante un nuvoloso pomeriggio d’autunno. – Quando lo capirai che tu non devi dimostrare proprio niente a nessuno? Resisti, un giorno il tuo angelo ti verrà a prendere per portarti via di qui. –
Due anni erano pochi agli occhi delle persone, eppure quell’arco di tempo era bastato per farmi cambiare opinione sul signor Foster. Avevo iniziato ad accorgermi di quanto fossero candidi e sottili i suoi capelli e bassa la voce. Le iridi verdi e brillanti che mi avevano convinta dell’esistenza degli angeli avevano perso il loro potere e non riuscivano a rincuorarmi come in passato. La mia innata freschezza infantile si era inumidita, lasciando posto al dubbio di fronte ai miracoli e ai misteri sulla bocca del bizzarro vecchietto che mi aveva sempre tenuto compagnia.
Stavo crescendo. Stavo crescendo troppo presto. E non volevo farlo.


*******


Spazio dell’autrice: il ritardo è clamoroso, lo so. E’ colpa mia senza dubbio XD Il motivo è che ho altre due long-fiction in corso. Devo completarne una prima o impazzirò a cercare di aggiornarne una dopo l’altra. E poi c’è il fattore ispirazione, con cui devo fare continuamente i conti. Il capitolo è striminzito, ma spero di riuscire a produrne di più “ricchi” in seguito.
Ringrazio tutti coloro che mi seguono, sempre se dopo così tanto tempo ci siano ancora XD
Ringraziementi e risposte alle recensioni:

 edwardina4e [Contatta] Segnala violazione
 15/06/10, ore 16:05 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
grazie ;)
 SaraCullen_ [Contatta] Segnala violazione
 13/06/10, ore 16:09 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
... Jasper d'ora in poi sarà onnipresente XD Fisicamente... manca ancora un po'!
 darling [Contatta] Segnala violazione
 03/06/10, ore 23:56 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
Anche io adoro Alice *-* Fondiamo un'associazione per lei? XD
Audrey è particolare, purtroppo credo che nei capitoli a venire non ti starà tanto simpatica...
 Mademoiselle Shy [Contatta] Segnala violazione
 03/06/10, ore 15:13 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
Sì, ho cercato di rendere l'idea che questi "matti" appaiono come tali perché etichettati con questa parola. In altri casi, lo sono perché hanno facoltà particolari come quelle di Alice, o perché sono diversamente normali. Sto cercando di far vedere le cose in questo modo attraverso gli occhi di Alice, perché non riesco a non immaginarla come una bambina che vede sempre il bello delle cose con la sua fantasia.
 annuccia_ [Contatta] Segnala violazione
 02/06/10, ore 13:21 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
Grazie cara ;) Audrei non ha fatto ancora la sua ultima apparizione!
 Luna Renesmee Lilian Cullen [Contatta] Segnala violazione
 02/06/10, ore 12:39 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
Sono contenta che la storia ti piaccia, non mi sarei aspettata un entusiasmo del genere, perchè questa storia mi è venuta in mente in un improvviso capriccio. A presto, spero ;)
 PAZZA96 [Contatta] Segnala violazione
 01/06/10, ore 19:42 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
Se dovessi notare che sta diventando noiosa, fammelo notare senza alcun indugio ;)  Grazie per il consiglio, sto cercando di farci attenzione.
 Isangel [Contatta] Segnala violazione
 01/06/10, ore 18:25 - Capitolo 5: 4) Il disegno della tua vita
Grazie per il tuo sostegno^^ Ora la scuola è finita, ma come vedi ho un'altro grattacapo: 3 storie da scrivere XD Audrey è forse il personaggio più strano che descriverò, ma non credo che lascerà felici molti lettori XD Non ho potuto descrivere la terapia, del resto a raccontarla in prima persona è come ricordare un video mal registrato. La terapia è sicuramente una delle cose che Alice dimenticherà per prime... per sua fortuna ;)
 Kary_TomKaulitz [Contatta] Segnala violazione
 07/06/10, ore 02:32 - Capitolo 1: Prologo
Eheheh, avevi già recensito. Ma sentir ribadire un opinione mi fa solo piacere. Grazie per i complimenti.
 Sorrow_Writer [Contatta] Segnala violazione
 31/05/10, ore 21:20 - Capitolo 1: Prologo
Grazie per entrambe le risposte, mi fa piacere che la maggior parte dei lettori abbia deciso di leggere la storia che avevo in mente dall'inizio *-*


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