Morsi morbosi

di _Ella_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quell'idiota ***
Capitolo 2: *** L'ira funesta ***
Capitolo 3: *** Il mistero dei morsi ***
Capitolo 4: *** Mordimi ***
Capitolo 5: *** Il bosco dei ricordi ***
Capitolo 6: *** C'era una volta ***
Capitolo 7: *** L'inizio ***
Capitolo 8: *** Le promesse alla luna ***
Capitolo 9: *** Ombre oscure ***
Capitolo 10: *** Lo svolgimento ***
Capitolo 11: *** La verità fa male ***
Capitolo 12: *** Arriverà la fine ma non sarà la fine ***
Capitolo 13: *** Game Over ***
Capitolo 14: *** Un anno insieme ***
Capitolo 15: *** Luci psichedeliche ***
Capitolo 16: *** In frantumi ***
Capitolo 17: *** Alba ***
Capitolo 18: *** Pagine di diario ***
Capitolo 19: *** Patto con Giuda ***
Capitolo 20: *** 3, 2, 1... ***
Capitolo 21: *** Dentro ***
Capitolo 22: *** Asini Volanti ***
Capitolo 23: *** Sentenza ***
Capitolo 24: *** Once upon a time ***



Capitolo 1
*** Quell'idiota ***


 

Morsi Morbosi



Le superiori, il posto che pullula in assoluto di idioti che si atteggiano a fare i prepotenti, che si credono quelli “buoni”. Buoni a cosa? A dare fastidio ai più piccoli, quelli che non sarebbero capaci di affrontarli, punzecchiare chiunque per avere una scusa per mettere le mani addosso. Senza un futuro. Roxas li odiava, non aveva né paura né timore di loro. Semplicemente li odiava e se ne avesse avuta l’occasione non si sarebbe tirato indietro per ferire quell’idiota che il gruppo aveva per capo: Axel. Alla fine se davvero nulla avesse potuto sfiorarlo non sarebbe stato un bullo, no? Quelli sono estremamente fragili. Come il diamante. Duri e fragili come il diamante. Eccoli, all’entrata della scuola, si muovevano in gruppo schiamazzando come idioti, il rosso che rideva a gran voce per le stupidaggini che diceva il biondo del gruppo, Demyx il musicista, tra di loro lo chiamavano il Notturno Melodico perché organizzava sempre feste dopo la mezzanotte. Roxas doveva ammettere che non gli dispiaceva poi così tanto il biondo, alla fine era simpatico, solo era finito in quella combriccola perché lui e Axel erano amici sin dall’asilo. Il rosso era anche conosciuto come Soffio di Fiamme Danzanti, era un piromane di prima categoria. Poi c’era l’Eroe del Silenzio, Laxaeus, un armadio che aveva la testa vuota come un pallone e che non diceva una parola ma picchiava maledettamente bene. Xaldin, il Feroce Lanciere, era un metallaro che picchiava anche senza un perché, bestemmiava alla grande e il suo inseparabile amico di combriccole era Xigbar, il Tiratore Libero - l’ubriacone di turno - non si sapeva del perché di quel nome, le opzioni erano due: o perché riusciva a colpirti con un sasso da decine di metri di distanza in posizioni disumane, o perché se lo tirava continuamente. Poi c’era lei, la ragazza, l’unica donna di quel gruppo, Larxene la fidanzata del capo, la Ninfa Selvaggia… oh, eccome se era selvaggia, una stronza di prim’ordine e la lingua affilata come rasoi, tutte le ragazze la temevano.
Che idiota, si atteggiava a fico, tutte le ragazze gli andavano dietro e lui dopo essersele fatte le trattava come zerbini. L’unico più umano lì in mezzo è Demyx! pensò il ragazzino, per poi spostare lo sguardo a sua sorella Naminè, la sua gemella, intenta a parlare con Kairi.
-Rox, oggi vieni agli allenamenti di scherma vero?- gli aveva chiesto Sora, l’altro suo gemello, ed aveva annuito.
Avere due gemelli non era proprio una pacchia, lui poi era anche l’ultimo nato e sentirsi dire da quei due, che erano diecimila volte più infantili di Roxas, che lui era il più piccolo lo infastidiva. Poi si trovavano sempre a fare le feste assieme e lui, che volentieri ne avrebbe fatto a meno, si trovava in un chiasso assordante in mezzo a persone che non conosceva. No, non era un amante del chiasso, però gli piaceva parecchio stare assieme a Riku e Kairi e i sue gemelli. Erano un quintetto perfetto.
-Sei taciturno oggi- aveva notato l’albino, dandogli una pacca sulla spalla -Se non la smetti di fissarli quelli vengono qui e ti uccidono-
-Pensi che non me la sappia cavare?- disse con una nota di offesa nella voce, sua sorella aveva riso
-Bhè, potresti sempre scivolare sotto le loro gambe, visto quanto sono alti- storse il naso, in effetti non era granché alto -E di certo non puoi fronteggiarli con una spada!- già, non poteva e si trovò a sperare che finissero nel medioevo.
-Che ore sono?- chiese, stranamente disinteressato a tutto quello che gli succedeva attorno
-Mancano ancora dieci minuti per la campane… Rox, dove vai?- fece Kairi -Bha, oggi è parecchio strano!-.
Si incamminò nel cortile, salutando di tanto in tanto qualcuno che conosceva ma senza fermarsi per parlare, era parecchio preoccupato per l’interrogazione di scienze, quel professore sapeva essere spietato anche con un neonato, figurarsi con loro. Bene, ci mancava solo di incrociare il sestetto di idioti nel suo giro. Fece finta di non vederli, lo sguardo alto da orgoglioso qual’era, non li guardò nemmeno in faccia per evitare di prenderli a parole. Il rosso gli diede un colpo di spalla e lui lo fissò come si può guardare un bambino che fa i capricci, quasi con pietà
-Biondino, che fai, non chiedi scusa?- fece con disprezzo Axel e il suo migliore amico gli posò una mano sulla spalla, Almeno cen’è uno ragionevole
-Dovrei?- chiese stufato tenendo le mani nelle tasche, fronteggiando il suo sguardo minaccioso celato dai magnifici occhi verdi. Ma a che pensi, Rox? Quello ora ti uccide e tu pensi che i suoi occhi siano belli?
-Esattamente, dovresti, nanerottolo!-
-Allora mi dispiace- disse facendo spallucce, lo stesso tono che si userebbe assecondando un pazzo per non continuare a sentire i suoi deliri, gli girò le spalle ed andò via.
Sentì i passi dietro di sé. Bene, sono morto… almeno scampo l’interrogazione. Si girò giusto in tempo per evitare un cazzotto, la scherma l’aveva dotato di riflessi pronti ma di certo non si aspettava che Axel gli avrebbe anche tirato un calcio nell’inguine e per poco non urlò, mordendosi la lingua, non gli avrebbe dato soddisfazione, infatti continuò a guardarlo negli occhi e gli pestò anche un piede con tutta la cattiveria possibile. Cazzo se era nei guai. Il rosso si ritirò un attimo indietro, e ebbe abbastanza campo per vedere Laxaeus e Xaldin avvicinarsi. Morto, morto, morto… sono molto morto! Non sapeva come era possibile essere molto morto, ma essere morto era poco. Deglutì ma non si mosse, non sarebbe scappato, non avrebbe fatto la figura del codardo.
-Ragazzi dai!- la voce di Demyx arrivò quasi come un ordine di un angelo salvatore -Lasciatelo stare!-, Axel storse il naso, bruciandolo con gli occhi e il ragazzino invece fece un sorrisino ilare. Quello ti lascia vivo e tu che fai, provochi?
-Andiamo… Dem questa me la paghi e tu, nanerottolo, non sarai così fortunato la prossima volta!-
-Sei sempre il solito idiota- fece il Notturno Melodico colpendo il suo migliore amico sulla nuca.
Sono… vivo! Non aveva nemmeno un po’ di sangue, nemmeno un po’, nessuno poteva vantarsi di aver avuto il fegato di rispondere al rosso e di esserne uscito incolume. Ringraziò mentalmente il truzzetto biondo, poi si avviò per continuare il giro.
Mancavano ancora pochi minuti al suono della campanella, forse avrebbe dovuto avviarsi ma si stufava. Vide da lontano una cresta bionda stranamente non preceduta né seguita da una zazzera rossa. Demyx lo guardò forse come si guardava un idiota.
-Non dovresti startene da solo, Axel è parecchio incazzato- ma lui invece che andarsene si strinse nelle spalle -Hai fegato, sai? O forse sei solo pazzo- rise
-Bhè, grazie comunque…-
-Il mio amico è solo una gran testa di cazzo… e in quanto a te non credo che potrò salvarti ancora- si allontanò avvicinandosi alla sua moto celeste, quasi lo stesso colore della maglia a giromanica che indossava, prese qualcosa, poi andò via senza salutarlo, non che si aspettasse che lo facesse, sia chiaro.
Entrò nell’aula, i suoi amici, soprattutto suo fratello Sora, lo guardavano in modo strano, quasi sorpresi.
-Stai bene?- chiese Riku con sguardo indagatore -Tutto intero?- come diavolo facevano a saperlo? Forse capirono che era sconcertato, infatti Kairi poi si spiegò
-Quello, il capo, non parlava molto bene di te in effetti, che hai combinato?-.
Spiegò vagamente quello che aveva fatto, a quanto pareva tutta la classe ascoltava e lo fissava con gli occhi sorpresi e sgranati. Infondo la sua era stata solo fortuna, no? Non ebbe più tempo di pensare all’accaduto, il professore di scienze entrò e lo guardò minacciosamente, perquisendolo per una buona ora. Stronzo.
Finalmente un quarto d’ora d’intervallo. Preferiva le superiori alle medie solo per quello, perché alle medie non lo facevano uscire dalla classe e l’intervallo era sempre passato in classe con la supervisione di un professore. Forse però quella volta avrebbe preferito ci fosse un professore. Seppur abbastanza lontano sentiva lo sguardo di Soffio di Fiamme Danzanti dietro il collo, come un coltello che scottava, come se volesse marchiarlo a fuoco per assicurarsi che tutti sapessero che era suo, precisiamo però, una sua vittima. Un brivido freddo gli percorse la schiena nonostante la fine di settembre non fosse arrivata mai così calda. Preferiva di gran lunga quando al primo anno era lui che odiava quella combriccola, soprattutto il suo capo, quando l’odio non era ricambiato. Poi sospirò, al diavolo, era riuscito a vincere contro quell’idiota ed ora tutti ne parlavano. Lui che era il bullo, anche il più famoso della scuola, assieme alla suo gruppo e qualche altro ragazzo. Aveva sconfitto il capo dei capi, solo al primo round, certo. Finalmente la campanella, non ne poteva più di quell’angoscia.
-Roxas!- tuonò la sua professoressa di letteratura, facendola sobbalzare -E’ la quinta volta che ti chiamo, credo proprio che passerai un oretta qui, dopo la mia lezione- perfetto, una punizione per cominciare bene la settimana.
Sbuffò e cercò di concentrarsi, ma con scarsi risultati. Andiamo, in fondo tutta la fortuna gli aveva fatto compagnia quella mattina, no? Ed ora si trovava da solo nell’aula delle punizioni, con un professore che era in giro chissà dove, e un incazzatissimo Axel che lo guardava accigliato, le braccia conserte, facendogli risultare difficile fingere che non ci fosse. Se l’avesse pestato lì, senza Demyx che lo avesse potuto fermare sarebbe morto, ma almeno il professore avrebbe sentito le urla e la colpa non poteva che ricadere su quell’idiota dai capelli incredibilmente assurdi.
-Mi sembra incredibile che uno come te finisca in punizione- strano che gli rivolgesse la parola
-Uno come me, come?-
-Il solito sfigato, quello che non farebbe male ad una mosca e che nessuno si fila- Roxas sbuffò, quella punizione si rivelava più noiosa del solito, quanto parlava a vanvera quello -Sai, mi farebbe parecchio piacere spaccarti la faccia, nanerottolo-
-Mh? Davvero?- com’era noioso, a pensarci gli avrebbe riso in faccia perché non lo stava degnando della minima attenzione mentre scarabocchiava cose senza senso su un quaderno.
Sentì lo strisciare della sedia sul pavimento, poi due mani candide e affusolate si poggiarono sul banco una al di qua e una al dilà del quadernino a quadretti. Alzò stancamente il viso e lo guardò come a dire “Cazzo vuoi?”, scavandosi la fossa da solo. Axel lo spinse per terra per poi prenderlo per il collo e sbatterlo al muro furiosamente, non seppe con quale forza ma Roxas gli tirò una ginocchiata nelle palle e la stretta alla sua gola scomparve, perché il rosso era accasciato per terra. Male, vero? Pensò ghignando quando il più grande lo guardò trucidamente.
-Tu- si alzò e gli tirò un pugno nello stomaco e uno sullo zigomo che cominciò a gonfiarsi immediatamente mentre tossendo sputacchiava delle goccioline rosse, poi dinuovo un pugno allo stomaco che lo fece accasciare per terra, la vista offuscata dal dolore e dalle lacrime che a stento tratteneva. Axel gli prese i capelli e glieli strattonò furiosamente per costringerlo a guardarlo.
-Roxas, no?-
-Vaffanculo- un calcio sempre allo stomaco e questa volta sputò la saliva che era completamente rossa
-Non so dove trovi ancora questa spavalderia, stronzetto, ma posso assicurarti che ti sei scavato la fossa...- ed un altro calcio, il biondo rise beffardo
-Cos’è? Mi atterri ora perché hai paura che possa darti un altro calcio nelle palle avanti tutta la scuola, domani, Axel?- in uno scatto gli tirò un pugno dove l’aveva colpito prima e il rosso si accasciò dinuovo, arrivando alla sua altezza -Sì, fa male-
-Brutto figlio…!- in quel momento il professore entrò, cominciò a urlare contro il più grande e l’altro sorrise alla faccia sua
-Buona fortuna, Soffio di Fiamme Danzanti…-.
Era nell’infermeria della scuola, sua madre era venuta a prenderlo ed aveva cominciato a sbraitare in una maniera assordante, dicendo al professore che mai avrebbe dovuto lasciare suo figlio solo in compagnia di un individuo del genere. Intanto Roxas aveva raccontato tutto al suo gemello che lo guardava allibito.
-Dio… sei il mio mito!- lo abbracciò con foga, quasi soffocandolo -Però ti scongiuro, cerca di non farti uccidere!-
-Sora stai calmo!-
-Io ti invidio… sei sempre così freddo e sarcastico anche quando qualcuno ti pesta… e l’hai anche colpito due volte! La tua indifferenza l’avrà fatto incazzare come una belva!-
-Non sono poi così felice di scatenare la sua ira, sai? Però ne sono contento anche io… ho sentito che lo sospenderanno per un giorno-
-Solo uno?-
-E’ ricco, Sora, i preside non può permettersi di mettersi contro due persone che hanno dato un sacco di soldi a questo liceo-
-Già! Le famiglie nostra, di Riku e Kairi non metterebbero assieme nemmeno la metà di quello che ha lui!-
-Sai quanto mi importa… tanto essere sospeso a lui non interessa molto-.
Erano tornati a casa, sua madre ancora furibonda, lui stranamente sollevato ma allo stesso tempo preoccupato. Il suo stato d’animo cambiava furiosamente faccia e mentre si trovava a sorridere corrucciava la fronte. Anche a Naminè era stato detto tutto ed immediatamente era corsa al telefono per chiamare Kairi e dirglielo mentre Sora era già nella casa di fianco per parlare con Riku. Ma che aveva fatto? In fin dei conti le aveva prese da quell’idiota. Idiota… sì, ma maledettamente bello.

 

 

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Capitolo 2
*** L'ira funesta ***


 

L’ira funesta

Erano arrivati prima fuori la scuola, stranamente Naminè non ci aveva messo troppo tempo in bagno e Sora non si era addormentato sul water e lui, Roxas, era riuscito ad alzarsi al primo trillare della sveglia. Sarebbe stato a dir poco fantastico restare più tempo con Riku e Kairi fuori la scuola, se non fosse stato che, come a sentire il suo odore, Axel era arrivato dieci secondi dopo, sbattendo furiosamente la porta della BMW del padre e raggiungendo il suo migliore amico che aveva guardato il povero ragazzino del secondo anno con pietà. Roxas deglutì, nemmeno quell’angelo canterino l’avrebbe salvato quella volta. Sarebbe morto così, a quindici anni compiuti da qualche mese, tra una risposta velenosa e un pensiero strano. Che pensiero strano? Che quel bullo fosse attraente. Dannatamente attraente. Demyx cominciò ad avvicinarsi a lui, facendo finta che gli altri non esistessero lo guardò per poi grattarsi il capo.
-Vuole vederti, in privato. Puoi benissimo rifiutare, dice- il suo sguardo era un imploro di rifiutare, ma il biondo più piccolo rise beffardo nonostante le occhiatacce dei suoi gemelli e dei suoi amici
-Cos’è? Non riesce a parlare dopo i colpi che ha preso nelle palle? Che me lo venga a dire di persona- il truzzo scosse la testa, sghignazzando ed allontanandosi.
-Ti ha dato di volta il cervello?!- urlò Riku -Quello ti uccide!-.
Ma Roxas fece finta di non ascoltarlo e guardò Axel, che si scrollava di dosso una mano di Larxene, e cominciava a camminare verso di lui, il volto furioso. Poi, quando gli fu avanti sorrise sinistramente
-Saresti così gentile, pezzo di merda, da onorarmi della tua compagnia?-
-Ti accontenti di poco, quanto vedo- rispose l’altro, il suo fratello gemello si colpì la faccia.
Axel si girò facendogli chiaramente capire di seguirlo, e lui non si tirò indietro, non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo spaurito. Che grande cazzata che stai facendo, Roxas. E non aveva tutti i torti, insomma, per il suo orgoglio ci avrebbe rimesso la pelle. Scavalcarono una finestra socchiusa, trovandosi in un’aula impolverata con la porta chiusa, sembrava più uno sgabuzzino. Non ebbe nemmeno il tempo di accorgersene che si trovò contro il muro, la mano del rosso sul suo petto che premeva quasi a schiacciarlo, l’altra a sinistra della sua testa. Avvicinò la bocca al suo orecchio, curvandosi leggermente con la schiena
-Piccoletto, sai che mi fai andare al manicomio?- Roxas sgranò gli occhi, quando il morso del rosso gli ferì il labbro inferiore e lo spinse via, il sapore metallico del sangue in bocca e cominciò a succhiarsi il labbro per pulirlo; intanto Axel rideva, le braccia conserte -Dovresti vedere la tua faccia-
-Va a farti fottere, pervertito del cazzo-.
Il rosso uscì dalla finestra e si allontanò, lasciando solo il più piccolo che tremava ancora per… no, non sapeva per cosa. Prese il cellulare per specchiarsi e cominciò ad imprecare: aveva il segno rosso di due canini conficcategli nel labbro, ma cos’era, un vampiro per caso? Uscì dalla finestra continuando a succhiarsi il labbro, quando passo vicino al gruppetto del cannibale fulminò quest’ultimo che si leccò le labbra e le schioccò. Ora come avrebbe spiegato quei due puntini rossi che grondavano di sangue ai suoi amici che lo stavano aspettando? Forse sarebbe stato zitto, anche se non gliel’avrebbero permesso di sicuro. Sua sorella fece una faccia alquanto sconvolta
-Ma che avete fatto?- il biondo roteò gli occhi
-Mi ha morso- rispose e Sora scoppiò a ridere -Non ci trovo niente da ridere, quello ora mi renderà la vita impossibile-
-Se non ti ha ucciso… vuol dire che gli sei simpatico- ipotizzò Riku -O vuole giocare col pranzo-.
Già, giocare col pranzo. La campanella finalmente era suonata e lui continuava a succhiarsi il labbro per abitudine dato che ormai il sangue aveva smesso di uscire. Alla prima ora avevano fisica, perfetto, niente di meglio che sfogarsi un po’ con la pallavolo o una corsa. L’unica cosa negativa era che gli girava la testa. Il veleno di quella serpe sta scorrendo nel mio corpo. Andò a mettersi la tuta nello spogliatoio e ne uscì nemmeno un minuto dopo, per cominciare a correre, doveva liberare la mente da tutta l’ansia di essersi messo contro uno come Axel che con quel morso aveva fatto la prima mossa. Mi renderà la vita impossibile e poi mi ucciderà, ecco che vuole fare. Intanto la testa faceva sempre più male e dovette fermarsi, si sentiva sballato. Il professore gli si era avvicinato, aveva il volto pallido come quello di un fantasma. Forse lo stava chiamando, ma lui riusciva a sentire delle ovattate parole insensate che però gli rimbombavano nella testa, come se stesse sott’acqua. Le gambe cedettero e poi divenne tutto scuro.
L’infermeria ormai sembrava essere la sua seconda casa, al suo fianco vedeva un cespuglio marrone, una macchia indistinta, capì che era Sora; poi tutto riprese forma e le orecchie smisero di fischiare. Magari ora sono anche io un vampiro…
-Roxas, come ti senti?!- urlò il castano facendolo sobbalzare, l’infermiera gli tirò un schiaffo in testa
-Come stai adesso?- chiese dolcemente la donna, lui annuì
-Bene, mi sento solo stanco-
-Ovvio, hai avuto un sovraccarico di ormoni- il biondo sgranò gli occhi -Ti sei emozionato troppo e non hai esternato in qualche modo, quindi sei svenuto-.
Emozionato troppo? Ma lui quella mattina aveva solo… era solamente stato “baciato” dal rosso. Già. Ecco spiegato.
-Può essere anche un’emozione negativa?- chiese, sperando che non gli fosse piaciuto, altrimenti si sarebbe cominciato a preoccupare
-Certo, magari è dato dal morso che ti hanno dato sul labbro… e non smentire, non sono un’infermiera per nulla- Roxas arrossì fino alla punta dei capelli e sentì suo fratello che teneva a stento le risate -Tel’hanno dato stamattina, giusto?-
-Ecco spiegato. Per i prossimi giorni cerca di startene buono altrimenti sverrai all’istante e, a meno che non vuoi accamparti qui in infermeria, ti consiglierei di stare attento-.
La cosa positiva fu che non poterono interrogarlo, quella negativa era che aveva avuto un sovraccarico di ormoni per un morso sulle labbra. Da un maschio. Da Axel! Sperò che era rabbia, vergogna o qualsiasi altra cosa ma non piacere né eccitazione. Ti prego… cos’ho fatto di male io? Aveva stuzzicato quell’ananas, ecco che aveva fatto. La professoressa lo mandò a prendere dei libri nel suo ufficio, bene, avrebbe fatto un giretto. Gliene poteva andare bene una? No a quanto pareva. Perché aveva incontrato quell’ananas anche in corridoio? Sperò che non gli rivolgesse la parola ma, andiamo, non poteva andargli bene qualcosa!
-Guarda chi si incontra, Roxas- che bello in suo nome pronunciato dalla sua voce roca e adulta… Ecco, era svenuto.
Sì, accamparsi in infermeria non era poi una brutta idea. Cominciò a sentire le voci dell’infermiera e di Axel… allora era stato lui a portarlo lì? Wow, aveva avuto pietà per il suo nemico.
-Che gli hai fatto?-
-Io niente, come vede non ha nemmeno una ferita! Io l’ho solo salutato e quello è diventato bianco ed è crollato! Poi non sarei stato così stupido da portarlo in infermeria per colpa mia, le pare?-.
Aprì gli occhi, l’ananas rosso era poggiato con le spalle al muro, le braccia incrociate e lo fissava, quando si accorse che aveva aperto gli occhi sorrise.
-Sei fragile come una femminuccia, sai?- fece finta di non ascoltarlo e si alzò puntellandosi sulle mani ma una fitta alla testa lo fece cadere dinuovo con la testa sul cuscino -Stai fermo! Hai preso una botta alla testa!- gli si avvicinò, aiutandolo ad alzarlo
-Perché mi aiuti?- chiese Roxas, in realtà non gli dispiaceva poi così tanto
-Voglio che tu non sia così deboluccio quando dovrò fartela pagare, nanerottolo-
-Nanerottolo? Pensavo fossimo passati a Roxas- ghignò e vide che Axel cercava una via di scampo.
-Visto che se ti chiamo per nome svieni…- sussurrò all’orecchio e il biondo cercò di stare calmo, non doveva svenire dinuovo, ora era il rosso che aveva messo nel sacco lui.
-Allora, per tua sfortuna, dovrai aspettare un paio di giorni, Axel-
-L’attesa aumenta il desiderio, Roxas- deglutì, richiamando quel briciolo di autocontrollo che doveva essergli rimasto da qualche parte -Ti donano questi puntini rossi-.
Oh, nemmeno sotto tortura avrebbe detto perché era svenuto dinuovo, mai. Anche se l’avessero esiliato dal gruppo per tutta la vita. Mai, mai! Anche se Sora gli stava saltellando intorno come un coniglietto e Kairi lo tirava per il braccio. Che si facessero gli affari loro, non avrebbe mai detto che era venuto meno in corridoio perché il bullo che tanto odiava l’aveva chiamato per nome. Almeno avrebbe avuto due giorni di pausa senza che nessuno gli rompesse le scatole, perché l’infermiera ora l’aveva obbligato di stare a casa e non gli dispiaceva, avrebbe dormito tutto il tempo senza fare i compiti.
Forse quei due giorni erano passati troppo preso, ed ora si trovava dinuovo nel cortile della scuola con tutti gli occhi addosso. Bhè, tutti gli occhi non proprio, diciamo quelli dei due migliori amici, Demyx e Axel. Chissà perché, poi. Stranamente a quanto credeva il rosso non gli si avvicinò, avrebbe sicuramente aspettato l’intervallo.
Gli toccò essere interrogato in tutte le materie che aveva saltato quei due giorni, peccato non avere più la scusa del sovraccarico di ormoni. Tutti gli chiedevano se stesse meglio e lui dava sempre le stesse risposte. Fuori pioveva, l’autunno era arrivato violento e improvviso, le foglie si stavano ingiallendo e solo qualche albero era ancora verde ma non sarebbe durato molto. Un albero, proprio quello fuori dalla finestra della sua classe, aveva le foglie tutte rosse, solo alcune più scure o più chiare. Si trovò a fissarlo tutta la giornata, chissà perché quell’albero lo incantava particolarmente. E’ rosso come i capelli di Axel… quel pensiero lo fece rabbrividire e tornò a seguire la lezione di geometria. L’intervallo l’aveva salvato da un’ennesima interrogazione, per il momento. Si era staccato dal braccio della sorella ed era andato in bagno, dicendo che li avrebbe raggiunti dopo. Porca di quella… non è possibile! Nel bagno c’erano i due amichetti, il piromane che fumava con la schiena rigorosamente poggiata al muro. Il biondo si zittì quando lo vide entrare.
-Dem, ci lasci soli?- il ragazzo aveva scrollato le spalle e, salutandolo allegramente, era uscito -Nanerottolo, sai che il morso non si vede più?-
-Vuoi darmene un altro?- gli si avvicinò, togliendogli la sigaretta di bocca e pestandola col piede -Odio il fumo- l’altro rise
-Hai davvero fegato, mi farai impazzire- con uno scatto invertì le posizioni e Roxas si trovò le spalle al muro, come due giorni prima, quando Axel l’aveva morso. Si avvicinò al suo orecchio -Mi divertirò parecchio con te, Roxas- gli morse il lobo, il biondo gli tirò un pugno nello stomaco, non credeva gli avesse fatto male ma il più grande si allontanò
-Brutto bastardo!-
-Hey, calma! C-A-L-M-A! Got it memorized?- lo schiacciò nuovamente al muro, il suo profumo era da manicomio e il ragazzo si trovò ad inspirarlo più che poteva, gli occhi socchiusi aspettandosi un colpo o qualcosa del genere, che però non arrivò, sentì invece Axel che gli succhiava via il sangue dall’orecchio ed una scarica di eccitazione gli attraversò la schiena, quasi dividendolo in due.
-Smettila- disse flebilmente, non tanto convinto
-Mandami via, allora-.
Non doveva sfidarlo, nessuno doveva farlo. Roxas lo spinse lontano, accigliato, mentre l’altro rideva, ed uscì dal bagno mandandolo a quel paese. Cominciò a camminare a passo svelto nel corridoio, poi si poggiò ad un muro e si lasciò scivolare per terra, prendendo aria. Quant’era stato eccitante sentire che Axel così vicino, che gli leccava l’orecchio. Stava impazzendo, sarebbe impazzito, il rosso si stava prendendo una bella rivincita. Che voleva fare? Morderlo fino alla morte? Sentì l’orecchio bagnato e si rese conto che sanguinava, sen’era dimenticato. Tornò in bagno per pulirlo, fortunatamente l’ananas cannibale era andato via. Per fortuna il sangue si fermò poco dopo, lasciando spazio ad un segno come una cicatrice, ora come avrebbe spiegato anche quella? 

 

Eccomi col secondo capitolo! ^^ Ringrazio infinitamente _BringMeToLife_ e __federica per aver recensito il mio primo capitolo!! *___* senza di voi non andrei avanti!

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Capitolo 3
*** Il mistero dei morsi ***


 

Il mistero dei morsi

Il pomeriggio dopo pioveva a dirotto e Roxas si trovò costretto ad aspettare nel bar della palestra che spiovesse. Era stato uno stupido a dire che sarebbe andato e venuto dalla lezione di scherma col motorino, dato che suo fratello Sora quel pomeriggio aveva parecchi compiti arretrati non era potuto andare con lui a lezione. Non c’era nessuno sfortunatamente infatti la cassa non era nemmeno aperta e dovette placare la sua voglia di caramelline gommose. La porta si aprì, facendo entrare un ragazzo con un casco. Il biondo sbiancò.
-Mi segui anche?- chiese acido, Axel gli sorrise e gli si avvicinò
-No, sono venuto perché faccio piscina, sai?-
-Da quando?-
-Da oggi, mi devo iscrivere- Roxas storse il naso e si sfilò la felpa, l’aria condizionata era insopportabile e si sentì sollevato a sentire un po’ di fresco; tremò, il rosso guardava le sue braccia scoperte in modo morboso, tanto che lui si alzò e disse che doveva andare.
Figurarsi se Soffio di Fiamme Danzati l’avesse lasciato andare, lo bloccò da dietro, cingendogli lo sterno con un braccio in modo che quello sinistro del ragazzo stesse fermo mentre quello destro lo prese stringendolo al gomito e lo morse sulla spalla, facendolo urlare di dolore.
-Axel, basta, cazzo mi fai male!- si lamentò, poi la presa del rosso si fece meno ferrea e sentì la lingua pulirgli la pelle morsa, che gli pizzicò un po’ -Devi smetterla con questa storia!-
-Preferisci che ti rovini quel bel faccino che ti ritrovi?-
-Preferirei che non mi frantumassi le balle-.
Si infilò la felpa, il giubbotto anti vento ed uscì fuori, che gliene fregava dell’acqua? Insomma, meglio che morire pieno di morsi.
Alla fine della settimana si era trovato con morsi alle orecchie, sulle labbra, sulle spalle. Sembrava che fosse passato in una gabbia di leoni affamati. Ormai i fratelli, Riku e Kairi lo guardavano sconvolti, dicendo che Soffio di Fiamme Danzanti era un vero e proprio maniaco. E bhè, lo era eccome.
Finalmente era domenica, un giorno in cui non avrebbe ricevuto morsi, un giorno in cui non avrebbe sentito l’odore di Axel, un giorno in cui non avrebbe sentito la lingua accarezzargli la pelle… cazzo, non ne era poi così contento. Il suo cellulare vibrò e, assonnato, tirò fuori la mano dalle coperte prendendolo e rispose con la voce impastata, tipo quella di un cuccioletto coccoloso.
-…Roxas?!- la voce rise -Sembri un bambino per telefono! Ah, sono Demyx- che voleva quello alle nove del mattino? Era domenica, porca miseria!
-Che vuoi? Se Axel vuole vedermi digli che dovrà rendermi possibile dormire!- cercò di essere acido ma la voce risuonò lamentosa e tenera
-No, questa volta voglio parlarti io… scommetto che sei pieno di morsi. Oggi fatti trovare verso le sei e mezzo al bar centrale, che parliamo-.
Il ragazzo spiaccicò la testa sul cuscino, era stanco morto, così si addormentò dinuovo, dopotutto l’appuntamento era il pomeriggio. Quando si svegliò, poco prima di mezzogiorno, andò a farsi la doccia e lo shampoo, poi raggiunse la sua famiglia che era sveglia e allegra. A quanto pareva lui dormiva per tutti gli altri. Si appoggiò con la testa nascosta nelle braccia, cercando di sonnecchiare ancora un po’ ma Sora cominciò ad urlargli nelle orecchie.
-Che facciamo oggi?-
-Niente, io devo vedere Demyx- sua sorella alzò un sopracciglio
-Sei parecchio strano in questi giorni, sai? Apparte il fatto che ti fai mordere senza fare storie ed ora esci anche con Demyx? Non eri tu quello che li odiava?-
-Ha detto che vuole parlarmi, Naminè, nient’altro-
-Puoi guardarci in faccia, almeno, e smetterla di fare lo zombie?-.
Roxas sbuffò ed alzò la testa, appoggiandola ai palmi delle mani. Perché avevano quella faccia? Era come se stessero guardando un'altra persona. Non gli dissero niente, i suoi gemelli lo fissavano in silenzio, era parecchio snervante. Facendo finta che non esistessero si alzò ed andò a prendere qualcosa da bere, i suoi occhi passarono dal suo amato succo di pesca al succo di arancia rossa e lo prese. Ok, forse era stato un deficiente a farlo.
-Non ti piace l’arancia rossa- puntualizzò Sora -Mi sa che però ti piace il rosso, e non intendo il colore- il più piccolo sputò tutto, altrimenti avrebbe soffocato e lo guardò accigliato
-Ma ti senti? Apparte che lo odio ma, non so se l’hai notato, Axel è un maschio!-.
Con quello la discussione venne chiusa fortunatamente. Rimase abbastanza assente tutta la giornata, con la mente che vagava dal Chissa cosa deve dirmi Demyx al A me Axel non piace… vero?! Ti prego fa che sia vero! Quelle due domande gli girarono in testa tutto il tempo e lo tartassavano, poi finalmente si era fatta l’ora per uscire. Prese il motorino e raggiunse il bar centrale, a quell’ora non era particolarmente pieno ma era comunque più caotico del resto dei giorni settimanali. Si fece largo tra le persone quando finalmente vide Demyx che, dopo averlo salutato con la mano, gli disse di prendere due posti fuori. Fuori? Ma faceva freddo! Si decise che era inutile discutere con uno come il Notturno Melodico. Dopo un po’ di vagare trovò i posti e il biondo lo raggiunse cinque minuti dopo con in mano due cappuccini fumanti, se non altro aveva pensato anche a lui. Si sedette sorridendo e cominciò a dire cose stupide mentre Roxas fremeva per sapere cosa avesse da dirgli.
-Allora?- lo fermò e il più grande si fermò, la mano a mezz’aria e la bocca spalancata, poi si ricompose.
-Axel ti ha morso?-, annuì e l’altro sospirò per poi continuare -Tu… non solo tu, tutti voi giudicate il mio migliore amico per quello che si dimostra ma… in realtà non è così. Lui ha un problema: se prova affetto o odio per una persona lo fa in modo morboso. Mi spigo: potrebbe averti morso perché gli stai simpatico, perché a te ci tiene, perché gli piaci o perché gli stai particolarmente sul cazzo-
-Ma non ha alcun senso…- Demyx alzò la manica del giubbotto e della maglia mostrando un punto in cui la pelle si schiariva e diventava irregolare, una cicatrice -Ma… ti ha morso?-
-Avevo dieci anni, non immagini quanto abbia fatto male! Mi ha anche staccato un pezzo di pelle…-
-E’ un pazzo, ecco cos’è-
-Ora ti spiego. La mamma di Axel è morta quando aveva nove anni più o meno, lei lo riempiva di morsetti ma ovviamente per scherzare, non gli lasciava i segni, diceva che lo faceva perché era suo e poteva fargli quel che voleva, che così l’avrebbe marchiato per far capire agli altri che era suo e non dovevano toccarlo. Quando è morta ha cominciato a dire che avrebbe dovuto morderla, forte, perché così la morte non se la sarebbe presa. Per questo mi ha morso, perché ero e sono il suo migliore amico e voleva che nessuno mi toccasse. Lo stesso sta facendo con te-.
Roxas rimase in silenzio, quindi il suo modo di fare era nato da una specie di trauma.
-Io credo che lo faccia solo per farmi male- fece sarcasticamente -Perché mel’hai detto?-
-Per spiegarti il perché dei morsi e, Roxas, ti prego da domani fa finta che non ci sia, non rivolgergli la parola né nient’altro. Magari ti lascerà in pace-
-Non parlargli?- quella domanda gli era uscita fuori senza che se ne rendesse conto ed aveva preso un’espressione intristita
-Sei strano, sai? Ogni volta che ti vuole parlare tu vai anche sapendo che ti morderà e ogni volta non ti difendi. Sadico?-
-No, semplicemente è molto più forte e alto di me e non riesco a levarmelo di dosso-.
Avevano cambiato argomento e si erano trattenuti per un’altra decina di minuti poi si erano salutati, ovviamente non si erano mai visti né avevano parlato.
Non doveva mai più dargli retta, non doveva parlargli. Non era difficile, no? Non dovrò neppure guardarlo e quella consapevolezza riusciva a turbarlo. No, cavolo, lui ci teneva ad Axel! Strano, dato che non aveva fatto altro che fargli male ma era così, non poteva farci nulla. Cominciò a sperare che l’avesse morso perché gli voleva bene.
Fece di tutto per alzarsi tardi quel mattino ma non riuscì a scamparla. Non voleva vederlo. Purtroppo arrivarono presto come al solito, per non farsi riconoscere si era messo un cappello che non gli stava niente male, peccato che lui volesse farsi vedere. Mentre parlava con Riku notò che il rosso parlava con Demyx e di tanto in tanto muoveva lo sguardo, poi si posò su di lui, l’aveva trovato. Dopotutto era stato stupido a starsene con i suoi amici.
-Devo parlarti-
-Io non ho niente da dirti- rispose, sentendo una morsa al petto
-Non ti ho chiesto se vuoi, ti ho detto che devo parlarti, ora- il tono non era molto amichevole così il biondo si alzò e lo seguì.
Fu abbastanza veloce per evitare che lo tenesse fermo per morderlo ancora, lo tenne lontano con la mano e lo fulminò
-Mi hai stufato con questa storia! Mi odi? Colpiscimi! Preferisco di gran lunga che essere morso. Anzi, se puoi, dato che credo che la rivincita tu l’abbia presa, lasciami in pace perché sono stufo di te e me ne frego se hai questo modo morboso di dimostrare che ti sto sul cazzo ma io non sono tuo! E per quanto tu mi possa mordere io non dipenderò da te, chiaro? E’ inutile che cerchi di marchiarmi perché sei traumatizzato dalla morte di tua mamma!-.
Sicuramente non avrebbe dovuto e se ne pentì immediatamente. Gli occhi verdi di Axel vennero invasi da un’ondata d’odio e gli tirò un cazzotto in piena faccia, facendolo cadere, lo rialzò prendendolo per il collo e dopo avergli colpito lo stomaco lo sbatté con la testa contro il muro. Roxas strizzò gli occhi, era tutto appannato, il dolore allo stomaco e al naso lontano, sentiva solo una tremenda fitta alla testa.
Maledisse la sua lingua avvelenata, fu il primo pensiero di quando cominciò a riacquisire coscienza. Come aveva potuto dire quelle cose ad Axel? Si sarebbe meritato che lo squartasse. Aprì gli occhi lentamente, la luce flebile della finestra lo accecava.
-Ro…s? Mi...nti?- ma che diavolo farfugliavano? -Roxas, tesoro stai bene?-.
Sua madre era seduta al capezzale del lettino e gli teneva la mano; batté più volte le palpebre e si rese conto che la mamma aveva gli occhi lucidi. Quella però non era l’infermeria
-Che… che è successo ma’?- si trovava la gola chiusa e dovette tossire prima che la voce uscisse senza difficoltà
-Quello… ti ha fatto sbattere la testa contro il muro e hai perso conoscenza, ti hanno messo cinque punti. Non temere, l’abbiamo denunciato, perché non mi hai detto di tutti questi segni?-.
Denunciato. Denunciato? Denunciato?! DENUNCIATO?!
-NO!- urlò alzandosi di scatto, senza pensare alla testa che gli faceva un male cane -Non potete denunciarlo! Non è colpa sua! Sono io che l’ho provocato è colpa mia!-
-Amore stai calmo, ha detto il dottore che non puoi agitarti-
-Io non voglio che va in galera io… non voglio, cazzo! Non deve andare in galera e io poi… come faccio?!- si lasciò cadere con la testa sul cuscino, le mani in faccia. Ma che diavolo diceva? Gli veniva anche da piangere al pensiero di averlo messo nei guai -Non potete capire, nessuno di voi-
-Sembri una ragazzina isterica- disse suo padre ilare, nemmeno l’aveva visto.
Roxas si schiaffò il cuscino in faccia, cominciando a piangere a singhiozzi.
-Lui mi vuole bene!- urlò, la madre cercò di togliergli il cuscino da faccia ma lui non lasciò la presa -Se papà ti desse uno schiaffo per farti calmare non credo significherebbe che ti odia! E tu non lo denunceresti!-
-Ma noi ci amiamo, la cosa è diver…-
-Anche io lo amo!-.
Non ci credeva di averlo urlato, non ci credeva di averlo detto, non credeva di averlo pensato né di provare davvero una cosa del genere. Sentì che la mano della madre scivolava lentamente dalla sua, il rumore di una sedia, forse suo padre si stava sedendo per lo shock. Era gay, bene, ed era innamorato di una persona che aveva odiato fino a poco tempo prima. Meglio ancora.

 

Eccomi col terzo capitolo! ^^ Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e oltre alle solite questa volta c'è anche FeEChAn *_* Grazie mille!!
Recensite ^^

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Capitolo 4
*** Mordimi ***


 

Mordimi

Era ritornato a scuola una settimana dopo, si sentiva vuoto. Alla fine sua madre, dopo un suo pianto isterico e disperato, aveva ritirato la denuncia. Da una settimana non parlava con nessuno, non aveva detto niente a Sora né Naminè né nessun altro quello che aveva detto a sua madre e suo padre. Non voleva che sapessero. Fuori la scuola, per evitare domande, si era allontanato dal suo gruppetto e si era messo a camminare senza una meta, voleva solo camminare e dimenticare. Favoloso, ecco il sestetto, sul volto del “capo” c’era un ghigno cattivo. Fece finta di non vederlo ma quello lo chiamò, facendolo bloccare all’istante.
-Cos’è, perché i tuoi genitori non mi hanno più denunciato, nanerottolo?- nanerottolo, per chiamarlo così era furioso
-Perché gliel’ho chiesto io, Axel- rispose con calma, il tono mogio quasi a volergli chiedere scusa; lo sguardo del rosso si placò
-Glie… gliel’hai chiesto tu?- ripeté Demyx, il più piccolo annuì per poi allontanarsi ma non abbastanza per non sentire le parole del musicista -Vai, vai da lui idiota! Ti ha risparmiato la galera, sai?-
-Ma che mi interessa!-
-Ho detto vai!- urlò il biondo, spingendolo -Ragazzi, andiamo- gli altri lo seguirono sbuffando e dicendogli che il loro leader non doveva proprio rivolgergli la parola.
Roxas fece finta di niente e continuò a camminare finché Axel non lo chiamò, questa volta per nome.
-Mi dispiace, per averti detto quelle cose- fece il biondo senza nemmeno lasciarlo parlare
-Demyx mi ha detto che ten’ha parlato…- roteò gli occhi verdi, quei magnifici occhi verdi, senza che poté aggiungere altro suonò la campanella -Considerando che io stavo per ucciderti, come posso sdebitarmi?-
-Niente, solo… lasciami in pace- lo disse con una tristezza assoluta che spiazzò l’altro, che annuì, stringendogli la mano.
Dopo quel patto non si rivolsero più la parola, dire che Roxas stava male era poco. L’unica cosa che non gli dispiaceva era andare agli allenamenti di scherma perché puntualmente incrociava il rosso che però fingeva di non vederlo. Era stato di parola eppure gli dispiaceva non poco. Ormai era già molto se augurava il buon giorno a qualcuno, era tremendamente depresso e vedere che l’ennesimo morso che aveva sul braccio stava scomparendo gli causò un ennesimo pianto.
-Rox? Posso entrare- ecco il suo insopportabile gemello
-No- disse, la voce ovattata per via della testa infilata sotto al cuscino, la porta si aprì lo stesso, c’era da immaginarselo, ma per fortuna c’era solo il suo gemello senza nessun altro -Vai via Sora-
-Sono tuo fratello, sai? E per quanto la mia testa sia mal funzionante ci tengo a te! E mi da fastidio che non vuoi dirmi che succede…-
-Guarda- gli porse il braccio -Vedi qualcosa?-
-No… mica ti ha rimorso?-
-No che non l’ha fatto! E io non voglio che questo stupido segno vada via!- si tolse il cuscino di faccia, suo fratello lo guardava allibito -Sora, non guardarmi così! Non puoi capire, ecco tutto quindi inutile che ti sforzi…-
-Tu… Roxas ti sei innamorato di lui?- il gemello biondo piantò gli occhi a terra, annuendo, sentendosi andare in fiamme -Il tuo segreto è al sicuro fratellino, non temere. Solo smettila di stare così male-.
Si abbracciarono, come non facevano da tempo, come facevano solo da piccolini quando Sora lo aiutava ad alzarsi dopo una caduta o lo consolava per un ginocchio sbucciato.
Dicembre era arrivato portandosi la neve e l’aria gelida che tanto piacevano a Roxas che ora faceva di tutto per far muovere i suoi gemelli ed arrivare prima fuori il liceo così da poter inspirare l’aria pulita che c’era e lasciare impronte nella neve. Ritornava bambino e sul suo volto ora c’era una spensieratezza che lo abbandonava tutti i mesi in cui la neve non c’era. Camminava, saltellando come un coniglietto e lasciando le impronte, Xanldin rise vedendolo, attirando su di lui tutta l’attenzione del sestetto così che lasciassero perdere un povero mal capitato.
-Hey, funghetto, come mai così allegro?- da un paio di giorni lo chiamava così, era un po’ snervante
-C’è la neve!- rispose sorridendo, la ragazza sbadigliò
-Com’è infantile…- lo punzecchiò, non rendendosi conto che in fin dei conti lei e Laxaeus erano gli unici a non giocare nella neve
-Tu sei noiosa!- fece Xigbar, ubriaco già a quell’ora.
Roxas sorrise, poi cominciò a fissare un ragazzo con una zazzera particolarmente rossa che spiccava in tutta quella neve e che, si vedeva, faceva fatica a non rivolgergli la parola. Non ne poteva più di non parlargli, si sentiva morire, erano mesi che non si guardavano nemmeno in faccia.
-Axel- lo chiamò, il rosso rimase bloccato, quasi ghiacciato dal freddo, poi si girò per guardarlo -Volevo parlarti-.
Sì, voleva parlargli… peccato che volesse anche accarezzarlo, abbracciarlo, baciarlo e chissà, forse pure qualcosa di più. Però nella testa gli ronzava un’unica richiesta. Il rosso disse ai cinque di aspettare e si allontanarono in silenzio andando in un luogo più appartato. Il più piccolo cominciò a sentirsi meglio solo per la sua vicinanza e si rilassò, ricominciando a saltellare, sentendo la risata dell’altro.
-Che volevi dirmi?- chiese, quando si fermarono e Roxas si fece di fuoco; se non gliel’avesse chiesto probabilmente sarebbe morto
-Mordimi- disse guardandolo negli occhi e perdendosi in quel verde.
Axel non si tirò indietro, anzi, i suoi occhi si illuminarono e divennero come erba intrisa di rugiada. Gli si avvicinò lentamente, facendolo aderire con la schiena contro al muro ma senza fare forza, appoggiò la faccia nel suo collo ed entrambi inspirarono a pieni polmoni. Il più piccolo tremò leggermente quando sentì le labbra di quell’ananas aprirsi contro la pelle candida del suo collo ma differentemente a quanto credeva non lo morse, cominciò bensì a leccarlo. Si sentiva svenire, se non l’avesse tenuto per i fianchi probabilmente sarebbe caduto per terra. Ma lui non poteva piacere ad Axel, giusto? Lui aveva la ragazza, era fidanzato con Larxene il sogno erotico di tutti i ragazzi con gli ormoni a posto. Lui di certo non li aveva a posto, perché ultimamente i sui sogni erotici avevano come protagonista un ragazzo snello e lungo, con dei morbidissimi capelli a punta e dei fantastici occhi verdi. Sospirò e sentì la stretta del più grande farsi più ferrea attorno ai suoi fianchi. Suonò la campanella e dovettero staccarsi, Roxas aveva gli occhi lucidi, le guancia arrossate. L’altro gli prese la mano, mordendogli poi il palmo.
-Mi devi un favore, Roxas-.
La sua mente sfrecciò subito verso dei favori non molto casti e le ginocchia gli cedettero, svenendo nelle braccia del rosso.
Come al solito si svegliò in infermeria, questa volta oltre ad Axel c’era anche suo fratello che pareva non capire quanto fosse successo, sicuramente Soffio di Fiamme Danzanti non gli aveva detto nulla di quanto accaduto, meglio così.
-Penseranno che ho qualche malattia mortale- commentò improvvisamente, attirando gli sguardi su di sé, poi i due ragazzi ridacchiarono
-Ti sei solo emozionato, niente di che- fece il rosso con uno strano sorriso sulle labbra, facendogli arrossare le guance
-Voi due non me la contate giusta…- Sora aveva gli occhi ridotti a fessure e fece ridere il soccorritore del gemello -Sarete anche fratelli gemelli ma tu non hai un briciolo della sua malizia, sai?-
-Roxas non è malizioso, vero?-.
Oh, certo, era la persona meno maliziosa del mondo! Aveva solo chiesto a quell’essere così sexy di morderlo. Se ci pensava, se pensava alla sua lingua… sospirò come in estasi, fregandosene che c’erano quei due a guardarlo, meglio cacciare via le emozioni per evitare di svenire. I due cominciarono a litigare per chi dovesse rimanere con il biondo, alla fine la spuntò il più grande anche perché il suo gemello non ebbe poi così convinzione. Erano soli, favoloso, si stese meglio sul cuscino socchiudendo gli occhi, quanto gli sarebbe piaciuto avere il rosso sopra. Sospirò ancora, sentì l’odore di Axel farsi più vicino, quando aprì gli occhi lo trovò pericolosamente vicino alle sue labbra e il cuore gli mancò di un battito, poi cominciò a ridere quando l’altro cominciò a mordergliele dolcemente come se fosse una carezza. Una carezza incredibilmente eccitante.
-Se… entra… qualcuno?- chiese tra un morso e l’altro
-Dio, Roxas non sai quanto ti voglio…-.
Che aveva detto?! Oddio… ora svengo. Forse il rosso rideva, non ne era sicuro, ormai si sentiva completamente sballato. Come mi chiamo? Aspetta… Sora? No, quello è tuo fratello, idiota! Axel. Axel. Axel. Non mi chiamo così ma è così bello questo nome… Era letteralmente impazzito. Semplicemente. Voleva solo che lo mordesse, non sentiva nemmeno l’esigenza di baciarlo.
-Hey, nanerottolo, ci sei?- la voce arrivò come un sussurro lontano, una scossa lo fece tremare e lo sentì ridacchiare ancora, questa volta quell’appellativo non gli dispiaceva molto anche perché la voce era così dolce… Aprì gli occhi, era ancora sopra di lui e si perse in quei meravigliosi occhi -Roxas?- gli suonava familiare e lo ripeté con tono interrogativo -E’ il tuo nome, ricordi?-
-Credi che m’importi qualcosa del mio nome adesso?- l’altro rise, che bel sorriso che aveva -Mordimi-, Axel deglutì
-Almeno la ricompensa per tutto questo sarà perfetta-.
Salì sul letto, cingendogli la vita col bacino e stringendolo con le gambe, non voleva farlo scappare ma Roxas a tutto pensava, tranne che a quello. Cominciò a mordicchiargli le labbra, le orecchie, il collo, leccandolo di tanto in tanto. Dire che erano eccitati era poco. Eppure non si baciavano anche se entrambi avrebbero voluto sentire il sapore della lingua dell’altro, andava bene così per ora.
-Axel?- chiese, forse non era neppure lui a parlare, il suo angelo custode? No, quello era già svenuto.
-Mh?- intanto continuava a morderlo ma almeno sapeva che lo stava ascoltando
-Sei fidanzato o sbaglio?- il rosso si immobilizzò di colpo, poi alzò la testa annuendo -Io... insomma, ti voglio solo per me!-
-Mi avrai, non preoccuparti, tempo al tempo… aspetta solo l’intervallo- rispose, poi continuò a mordergli il collo facendogli scappare l’ennesimo sospiro -Non ho mai provato niente del genere, giuro. Né con una donna né con un uomo…- prese a leccargli l’orecchio.
Per fortuna, per una incredibile fortuna, fu abbastanza svelto per sentire qualcuno entrare e gli scese di dosso, entrambi fecero finta di niente.
Era l’intervallo, mai l’aveva aspettato con così tanta agitazione, l’avrebbe lasciata. Per cosa? Voleva stare con lui? Oh, andiamo! Come diavolo faceva uno come Axel ad essere attratto dai ragazzi? Era così dannatamente virile… Fremeva, tremava quasi dall’impazienza, la gamba che molleggiava su e giù velocemente. Eccoli, eccolo. Diglielo… diglielo! La faccia della ragazza non destava sospetti: l’aveva lasciata! L’aveva lasciata per lui! Fa che non sia un sogno… Si diede un pizzicotto e sorrise, come non faceva da parecchio tempo nonostante la neve l’avesse sollevato. Riku lo guardò a bocca aperta.
-Tu sei contento? Quella ora ucciderà tutti…-
-Non mi interessa- disse, ridendo forse un po’ troppo forte tanto che la bionda lo accigliò.
Non gli importava minimamente di essere nei guai! Ora stava con Axel! Che l’avrebbe morso, che l’avrebbe baciato… Alla faccia tua, Ninfa Selvaggia! Ci mancò poco che non le facesse marameo o la linguaccia.
-Ci trovi da ridere, bastardo?!- agitava il pugno ma lui continuò a sorridere
-Io rido per i fatti miei, non che mi interessi molto di te a dire il vero-
-Ti uccido!-
-Lascialo in pace!- tuonò Axel, avvicinandosi e prendendole il braccio -Non credo faccia differenza se sei donna o meno, le mani addosso te le metto lo stesso-
-Stronzo lasciami in pace! Che cazzo te ne fotte di lui?!-
-Larxene, si dia il caso, che lo stronzo si chiami Roxas e che Roxas da adesso sia il mio fidanzato-.
Tutti ammutolirono all’istante, trattenendo il respiro posarono gli occhi addosso al biondino che si sentì prendere fuoco. Che fare? Svenire? Di certo la cosa migliore.

 

Io amo questo capitolo! xD Vi ringazio come al solito per le recensioni ^^ ringrazio anche tutti quelli che hanno messo questa ff nelle seguite *_________* Sono commossa!!
Vi avviso che il prossimo capitolo arriverà piuttosto tardi... sono impossibilitata di lavorare al momento *si dispera*.
Bhè, che altro dire, recensite!! ^^

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Capitolo 5
*** Il bosco dei ricordi ***


 

Il bosco dei ricordi

Si svegliò, indovinate dove? Infermeria? No no! Ospedale. Insomma, non è normale svenire più volte al giorno, il cervello va a puttane senza ossigeno! Magari era un malato in stato terminale, magari davvero Axel era un vampiro o almeno gli aveva iniettato qualche veleno per una morte lenta e non molto spiacevole, visto che per mettergliene altro avrebbe dovuto morderlo e morderlo e morderlo…
-Presto! Sta svenendo ancora!- forse un dottore.
Sentendolo urlare aprì gli occhi, mugugnando indispettito, stava facendo un bel sogno…
-Ecco, si è svegliato- era sua madre che gli baciò la fronte -Devi smetterla, sai? Al cervello non ti fa mica bene svenire sempre- gli passò la mano tra i capelli, lui girò la testa dall’altra parte
-Che ore sono?-
-Le undici e un quarto… non molto tempo da quando sei stato male. Che è successo, stavolta?-
-Ha detto che sto con lui, avanti tutta la scuola- la madre sgranò gli occhi, poi sorrise -Mi sono messo vergogna perché tutti mi guardavano!-.
La madre si alzò e gli porse un bicchiere e il biondo bevve d’un sorso, capacitandosi solo dopo che quella non era acqua e non sputò per poco
-Che roba è?!-
-Medicina, ti calmerà le emozioni, così eviterai di svenire- era entrato il medico, un vecchio dalla voce roca e dei lunghi capelli biondi -Io sono il dottor Vexen, Roxas-
-Piacere- rispose con un finto sorriso allungando la mano per stringergliela -Dovrai prendere questa medicina ogni mattina e quando sai che, nell’arco di un quarto d’ora, dovrai fare una cosa che ti farà emozionare parecchio. Solo per una settimana, poi si stabilizzeranno tutti gli ormoni-.
Roxas fece una smorfia di disgusto, avrebbe dovuto prendere quella schifezza tutte le mattine? Meglio che svenire, forse, perché l’ultima volta gli era tornato utile.
Dopo qualche altro controllo un ora dopo furono a casa. Il ragazzo andò a farsi una doccia per rilassarsi, quando sarebbero tornati i suoi amici e i gemelli da scuola sarebbe stato sottoposto ad un interrogatorio. Poco ma sicuro. Era fidanzato con Axel, non ci credeva, magari l’aveva detto per prenderlo in giro o per far soffrire Larxene ma gli sembrava impossibile tutto sommato, perché loro due avevano parlato in privato in infermeria, se si può dire che avessero parlato. E se il rosso lo stesse facendo per ripicca? Fargli credere che aveva qualche speranza e poi lasciarlo rivelando tutte le intenzioni sarebbe stata un’ottima vendetta, doveva ammetterlo, ma vendetta per cosa? No, Axel a lui ci teneva. Doveva tenerci, altrimenti nemmeno dieci litri di quella medicina gli avrebbero impedito di svenire o di morire. Uscito dalla doccia si stese sul letto guardando il soffitto bianco, accomodando meglio la testa sul cuscino. “Roxas non sai quanto ti voglio” quelle parole risuonavano così belle, così armoniose, così eccitanti perché la voce roca di Axel gli risuonava ancora nella testa. Anche lui lo voleva, eccome, magari anche fuori la scuola o su quel letto… magari l’ananas sarebbe salito arrampicandosi fino alla finestra e l’avrebbero fatto lì, in casa sua… Smettila di pensare a queste cose.
La voce della madre arrivò alle sue orecchie, gli stava dicendo che sarebbe uscita per fare la spesa. Bene ora era da solo e poteva mettere la musica a tutto volume, meglio di così niente. Scese giù e bevve del succo d’arancia rossa, aveva cominciato a piacergli, poi avevano bussato alla porta. Che si era scordata sua madre sta volta? Aprì la porta, no, non era affatto sua madre.
-Che… che ci fai qui?-
-Mi sono fatto cacciare dalla scuola per oggi, volevo salire dalla finestra ma visto che tua madre è uscita… mica stai svenendo?- oh no, ora non sarebbe svenuto di certo
-Vuoi entrare?- arrossì nel dirlo e si spostò dalla porta per lasciarlo passare, poi la chiuse quando Axel fu entrato -E così… stiamo insieme-
-Se vuoi- il biondo rise
-Certo che voglio- rispose, bloccandosi per guardarlo, quanto sei bello, il suo cuore mancò un battito quando l’altro gli si avvicinò, prendendogli il mento tra il pollice e l’indice -Non farlo- lo pregò e il rosso alzò un sopracciglio, sconcertato
-Per almeno dodici ore non posso emozionarmi e se fai così…- poi sbuffò -Al diavolo, tanto ho preso la medicina!- Axel rise, poi lo spinse sul divano e gli salì sopra, cingendogli la vita con le gambe -Il mio cervello se ne andrà a puttane di questo passo, sai?-
-Come sei delicato… andiamo, svieni per così poco…- si infilò con la testa sotto la sua maglia e cominciò a baciarlo dolcemente -Se io facessi di più, moriresti?- il biondo deglutì
-Di più cosa?-
-Sai, ancora dobbiamo baciarci- disse senza dare peso alla sua domanda e sbucò da sotto la maglia blu del più piccolo poi lo guardò negli occhi
-E io non aspetto altro-.
Roxas lo spinse con la schiena contro il divano, standogli sopra, gli leccò le labbra prima che finalmente lo baciasse, schiudendo la bocca per sentire la lingua del rosso giocare con la propria. Axel ci teneva a lui, lo sentiva da come lo stringeva, da come gli accarezzava i capelli. Non c’era nessuna malizia semmai passione senza briglie e dolcezza, tanta dolcezza.
-Se torna tua madre?-
-Lo sa che stiamo insieme… lo sa da parecchio che ti amo- la stretta di Axel si fece più ferrea attorno alla sua vita, l’altra mano cominciò ad accarezzargli meglio i capelli
-Ridimmelo-
-Ti amo, Axel!- quasi urlò prima di baciarlo ancora.
Era occupato a ispezionare il collo con la lingua, quando il biondo gli lasciò un morso nell’incavo, facendo sussultare il più grande. Roxas ridacchiò guardandolo negli occhi poi tornò serio
-Tu… tu ci tieni a me?-
-Certo- il suo sguardo era fermo, il verde scintillava meravigliosamente, non seppe trovarci una bugia in quella risposta e quasi gli venne da piangere, anzi, gli occhi si erano già fatti lucidi –Hey, che hai?- sussurrò dolcemente, stringendolo a sé, accarezzandogli la guancia che non era appoggiata al suo petto
-Io non ho fatto altro che piangere in questi giorni, mi mancavi tanto. Ora non riesco a crederci che stiamo insieme, che ci tieni a me- tirò su col naso mentre qualche lacrima scendeva ad inzuppare la maglia del rosso che dopo un po’ di silenzio gli alzò il volto e gli lasciò un leggero bacio sulle labbra
-Meglio che vada, ci vediamo oggi, va bene?-.
Era uscito dalla porta e gli aveva dato un altro bacio
-Ti amo anche io, mio piccolo nanerottolo-.
Era tutto così maledettamente meraviglioso, così perfetto. Era rimasto imbambolato guardando il suo uomo che si allontanava sul motorino verde mela, che strano colore per un Liberty. Avrebbe avuto da raccontare quando gli altri sarebbero arrivati da scuola. Avrebbe raccontato tutto, forse come faceva una ragazzina innamorata alla propria amica. La madre arrivò, rimase a fissare poco convinta il suo sorriso ebete sulle labbra, ascoltava i suoi sospiri e lo guardava mentre faceva strane facce, segno che aveva la testa tra le nuvole. Strano vederlo così spensierato, forse solo il giorno di Natale era così. Roxas arrossì al pensiero che si sarebbero baciati fuori la scuola, mentre tutti maledicevano cupido per averli fatti innamorare l’uno dell’altra. Lui invece non faceva che benedire il giorno in cui si erano scontrati, forse era stato il destino.
Eccoli, sentiva i passi pesanti di Sora e Riku correre sulle scale, poi la porta spalancarsi con un botto, le due ragazze sbucarono dietro buttando gli altri due per l’aria e buttandosi sul suo letto.
-Tu! Brutto traditore infame!- lo indicò Riku -Quando ci avresti detto che ti piaceva quello, sentiamo? Perché l’hai detto solo a Sora?!-
-Stai zitto, ora vogliamo sapere come vi siete messi assieme…!- esclamò la gemella, prendendogli le mani.
Come aveva pensato di fare raccontò tutto, non proprio tutto, ma le cose più importanti. Era strafelice, poteva toccare il cielo con un dito.
-Sai, Roxas, io non avrei mai pensato che tu potessi essere gay- fece ad un tratto Kairi
-Nemmeno io- rispose, un po’ imbarazzato
-Oh, bhè, mica è la fine del mondo! Come sono contenta per te fratellino!- Naminè lo abbracciò quasi stritolandolo
-Si ma… hai detto che è venuto qui e ti ha detto che ti ama… non credo si sia trattenuto solo per quello, sbaglio?- perfido Riku, ora tutti lo fissavano impazienti, se non avesse risposto molto probabilmente sarebbe morto
-Ci siamo solo baciati, non l’avevamo mai fatto-.
-Davvero? Mai?- gli fece eco Sora e lui annuì -Preferivate mordervi a vicenda?- scherzò, facendolo arrossire
-Lascialo in pace!- Kairi tirò un pugno al castano -Oggi vi vedete?-
-Così ha detto- la bionda cominciò a fare degli urletti mentre muoveva le braccia velocemente da destra a sinistra, ma che le prendeva?
-Sono così contenta!- urlò assordandoli
-Comunque, ora ha più senso che siete tre gemelli: maschio, femmina, gay!- rise Riku -Ecco, ora sei più un misto tra i due-.
Ridacchiarono, poi i due amici andarono via, salutando i tre che scesero per il pranzo. Ovviamente vennero avvisati anche i genitori, era troppo felice per nasconderlo a qualcuno.
Era agitato, eccitato, felice: alle cinque e mezza Axel sarebbe passato a prenderlo e sarebbero andati in giro. Non vedeva l’ora, sarebbe stato un po’ solo con il rosso. Si vestì semplice come al solito nonostante sua sorella volesse farlo vestire di tutto punto, per fortuna riuscì a dissuaderla dall’intento di profumarlo di vaniglia ma purtroppo alla fine Naminè riuscì a fargli uno spruzzo sul collo. Maledetta. Era sul divano e vedeva un po’ di tivù, mancava ancora un quarto d’ora per l’arrivo dell’ananas ma era già pronto, pur sapendo che quel tipo avrebbe fatto tardi. Sorprendere l’altro è alla base dell’amore, giusto? Bhè, cinque minuti dopo Axel era fuori la porta che bussava, in attesa di essere aperto. Sorrise compiaciuto vedendo quando il suo fidanzato stesse bene con una maglietta a collo alto abbastanza aderente. Roxas salutò tutti urlando e si tirò dietro il più grande, baciandolo prima di infilarsi il casco.
Erano arrivati una decina di minuti dopo ad un parco. No, non era un parco, era più un bosco libero. Il rosso lo prese per mano e si fece seguire, addentrandosi tra gli alberi finchè non arrivarono ad uno spazio più libero che delle querce secolari circondavano, permettendo solo ad un leggero spiraglio di luce di passare. Era tutto così rosso, le foglie cadute formavano un manto che faceva rumore al loro passaggio ma erano molto comode per stendercisi sopra.
-Come conosci questo posto?- chiese Roxas, guardandosi attorno
-Mi ci portava mia madre- disse, sospirando -Anche Demix lo conosce, ci porto solo chi per me è davvero importante- al biondo si illuminarono gli occhi e gli strinse più forte la mano, gli dispiaceva così tanto che stesse ancora male per sua madre.
Lo baciò, facendolo sedere con la schiena poggiata ad un tronco, lui si sedette in mezzo alle sue gambe, la testa sulla spalla.
-Sai, Roxas, ti ho sempre invidiato da quando sei arrivato a scuola- il biondo alzò un sopracciglio, sconcertato -Ogni mattina era tuo padre a portarti a scuola e tu quasi ti vergognavi perché, così urlava Sora, era l’unico a non avere la macchina nuova e voi avevate un unico motorino che era tutto rovinato. Ogni mattina io, invece, mi vergognavo perché non è mai stato mio padre a portarmi a scuola, non ho mai avuto il motorino graffiato ma sempre un ultimo modello. Forse mio padre pensa di amarmi così… e per questo ti invidiavo. Insomma, ogni settimana veniva a casa presentandomi una donna diversa, dicendo che ormai mamma era morta e che dovevo farmi gli affari miei… la verità è che lui non ha mai amato mia mamma, perché lei è morta di depressione, Roxas, perché lui la tradiva-.
Il biondo si mise sulle ginocchia e si girò per guardarlo, aveva gli occhi lucidi. Lo abbracciò, tenendolo stretto, baciandogli la fronte e le guance, sussurrandogli che gli dispiaceva davvero. Nonostante fosse triste per quella storia non riusciva a smettere di pensare che se gliel’aveva raccontata a lui ci teneva davvero, che si fidava, anche perché gli aveva fatto vedere quel posto. Gli baciò le labbra e cominciò a mordicchiargliele ma Axel lo buttò con la schiena per terra, ridendo
-Non prenderai mai il mio posto ma morditore, caro!-
-Morditore?- ripeté ridendo -Allora, signor morditore, mi morda-
-Con incommensurabile piacere-.
Gli morse le labbra per un po’, gonfiandole, poi cominciò a baciarlo prima dolcemente, poi con più foga. Forse erano passate decine di minuti che si fermarono per prendere aria.
-Axel… se facessimo l’amore qui, ora?- arrossì nel dirlo ma ugualmente non abbassò lo sguardo
-No- rispose l’altro, facendolo quasi morire per la vergogna -Io voglio che la nostra prima volta sia speciale. Voglio che ci siano delle candide coperte di seta a farci da giaciglio, voglio che dal balcone si veda il cielo così i nostri sospiri saranno ascoltati dalle stelle e le nostre promesse sorvegliate dalla luna- si fermò e gli accarezzò una ciocca di capelli -Voglio vederti con indosso solo la luce lattescente della luna, Roxas, voglio vedere le stelle riflesse nei tuoi occhi- un brivido percorse la schiena del biondo che lo baciò, sì era senz’altro meglio come voleva lui.
Si era quasi fatta ora di cena, il sole era calato da un pezzo e da quel piccolo varco aperto tra le foglie si vedevano solo un paio di stelle e un pezzo di nuvola, forse l’indomani avrebbe piovuto, non se ne sarebbe stupito anche perché c’era parecchio vento. Chiuse gli occhi e inspirò l’aria fresca, accarezzò la mano di Axel che era a pancia in giù e gli cingeva il busto col braccio. Lo chiamò e ricevette un mugugno di risposta, scommetteva che mancava poco perché si addormentasse.
-Ti amo- il rosso gli rivolse subito lo sguardo e sorrise beatamente
-Ti amo- gli fece eco e si puntellò sui gomiti per alzarsi e baciarlo -Dovresti tornare a casa, domani hai scuola-
-Anche tu hai scuola-
-Ma io non sono un secchione, caro- lo colpì ad un braccio, poi si alzarono per tornare indietro.
Si salutarono fuori la porta, sotto la tettoia, ormai aveva cominciato a piovere violentemente. Si baciarono e poi Axel andò via. Quanto ti amo… Andò a prepararsi per la scuola e poi raggiunse la famiglia a cena. La notte fu popolata da magnifici sogni con soggetti dai capelli rossi.

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Capitolo 6
*** C'era una volta ***


Questo capitolo è leggermente diverso dagli altri... diciamo che è un salto nel passato della vita dei due protagonisti, un piccolo riassunto di cosa è successo prima che il resto diventasse storia...

 

 

 

 

C’era una volta…

Lo stomaco gli si era attorcigliato, era abbastanza nervoso e guardava il cancello della scuola impaurito. Naminè al suo fianco piangeva, dicendo che non voleva lasciare l’asilo, Sora invece saltellava avanti e indietro, contento di conoscere nuovi amici. Lui, come al solito, era una via di mezzo tra i due gemelli più grandi. Strinse il bordo del grembiulino blu tra le dita, sua madre lo fece staccare e gli lisciò il cotone, aggiustandogli il fiocco che aveva alla gola e cercando di domare per l’ennesima volta i suoi capelli spettinati che lui, ogni volta che la donna non vedeva, stropicciava nuovamente. La campanella suonò, strappandolo ai suoi pensieri, e salutò sua mamma prima di salire tenendo la mano alla sorella. Fu un trauma scoprire che i banchi non erano grandi per più bambini ma solo per due persone, gli dispiacque non poter stare vicino a Sora dato che sua sorella mai l’avrebbe lasciato andare. Il suo gemello capitò vicino a un bambino abbastanza alto, no, in realtà erano loro i bassi, aveva i capelli bianchi e l’aria imbronciata e si presentò di malavoglia. Entrò una signora, la maestra, si presentò allegramente e poi fece presentare loro. Aveva sempre odiato queste cose, mettersi in mostra non gli era mai piaciuto a differenza degli altri due, chi per naturale spavalderia chi per vanità. La maestra li soprannominò i tre porcellini, lui ovviamente era quello più piccolo. Riku, il ragazzo dai capelli bianchi si chiamava così, sembrava andare piuttosto d’accordo con suo fratello, bene, era felice per lui. Avevano giocato tutto il tempo, poi era arrivato il momento della merenda e lui e Naminè raggiunsero il fratello che rideva scoprendo i suoi incisivi mancanti. Parlavano del loro cartone preferito, non gli importava molto preferiva leggere il Topolino. Il suo sguardo si posò su una bambina che sedeva da sola, quella era Kairi, piuttosto silenziosa forse come lui non riusciva a fare amicizia, così le si avvicinò sorridendo, porgendole un biscotto al cioccolato. La bambina sorrise e lo accettò, Roxas la invitò tra di loro e la castana sembrò andare d’amore a d’accordo con tutti, soprattutto con Naminè. Ora mancava solo lui ad avere un amico a cui piacevano le stesse cose, però l’idea di avere sempre qualcuno vicino non gli piaceva granché, poi gli bastavano quei quattro, perché trovarne un altro che forse sarebbe stato anche fuori luogo?
Il primo giorno era andato una meraviglia, era strafelice e non vedeva l’ora di ricominciare. Fuori la strada c’era tantissima confusione, dopotutto di fronte la sua scuola comunale ce n’era una privata. Notò qualcuno in particolare, era un bambino coi capelli rossi che non aveva mai visto e teneva la mano ad un suo amico, erano più grandi e forse frequentavano il terzo anno. Continuò a fissarlo finché sua madre non lo richiamò, così attraversò la strada tenendole la mano. Tornando a casa scoprirono con loro immenso piacere che avevano dei nuovi vicini ma non vicini qualunque, bensì la famiglia di Riku. Inutile descrivere quanto i tre gemelli fossero felici, soprattutto Sora, ma Roxas si sentiva strano perché proprio non riusciva ad abbracciarlo senza sentire che qualcosa in sé non andava.
Da quel giorno, il quintetto divenne semplicemente inseparabile, era strano se non passavano un pomeriggio assieme e se ciò capitava ognuno di loro piangeva, solo che, per la sfortuna della mamma dei gemelli, i pianti da sopportare erano tre.
Da quel giorno era inspiegabile per Roxas l’ansia all’uscita della scuola che si placava solo vedendo una zazzera rossa.
Un giorno, due giorni, una settimana, due settimane, più di una settimana… Il ragazzo con i capelli rossi non si vedeva, Roxas era preoccupato senza motivo, forse anche perché il bambino che era sempre con lui era triste; poi il rosso era ritornato ma lo stesso Roxas aveva cominciato ad odiarlo perché trattava male tutti, non l’aveva mai fatto e non riusciva a capire che gli fosse successo, solo con il suo amico era buono. Eppure, nonostante lo odiasse, non capiva perché lo cercava sempre nella confusione dell’uscita di scuola. Poi altri due anni erano passati e non l’aveva più rivisto.
Quel pomeriggio, come tanti altri, Kairi era venuta a casa loro e così Riku li aveva raggiunti in giardino, era una bella giornata di primavera ed avevano deciso di giocare a nascondino o a fare le spie, poi avrebbero mangiato del gelato e bevuto del succo di frutta a pesca, quello che Roxas più amava. Lui e Riku facevano sempre la parte dei cattivi, non gli dispiaceva per niente, poi Kairi era la donzella in pericolo e i suoi due gemelli lottavano contro di lui, ed anche nel gioco erano gemelli, così la piega sarebbe stata più tragica.
Quei giochi poi avevano lasciato spazio agli amori delle medie. Roxas si era trovato abbastanza bene, era bravo in tutte le materie, solo era chiuso come al solito ma non era poi un problema così grande per lui. Il primo anno era stato una grande novità, aveva cercato di restare il più possibile nella scuola per ambientarsi e tra corsi di pallavolo, potenziamenti di matematica, corsi di musica ormai tutti lo conoscevano e fortunatamente non lo nominavano “l’ultimo gemello”. Il terzo anno si era fidanzato con una ragazza della sua stessa età e tutti lo invidiavano, perché era una delle più volute. Eppure, nonostante questo, non ne era poi così felice. Certo, era bella, divertente, faceva anche dei lavoretti niente male ma lui sentiva che non era quello che voleva, che mancava qualcosa a lei per essere il suo tipo, forse un modo di fare, forse qualsiasi altra cosa. L’esame era andato benissimo, aveva avuto il voto più alto in assoluto e il motorino era arrivato nelle sue mani, peccato che avrebbe dovuto aspettare un altro mese per poterlo usare, ma che gli importava? Peccato che anche Sora l’avrebbe usato ma in fin dei conti era ovvio che l’avessero dovuto dividere.
Le superiori erano cominciate, i tre gemelli erano emozionati, come anche i tre anni delle medie loro tre e Riku e Kairi erano in classe assieme. L’unica cosa che gli dispiaceva era un gruppetto di bulli tra cui un ragazzo coi capelli rossi, gli ricordava qualcuno ma non sapeva chi. L’aveva evitati per tutto l’anno poi il resto è storia.
C’era una volta… un Roxas che non sapeva quanto quel bambino che vedeva a stento fuori la scuola potesse diventare così importante per lui.

 

 

Era troppo contento, avrebbe finalmente cominciato l’elementari con Demyx, purtroppo l’asilo non l’avevano fatto assieme ma abitavano a dieci minuti di differenza e le loro mamme si conoscevano da piccole, quindi le giornate passavano con lui. Si misero assieme nel banco, erano felici che fossero solo loro due, si sarebbero chiusi nel loro mondo. Già immaginavano i pomeriggi passati assieme per studiare, per giocare, magari sarebbero diventati entrambi presidenti ed avrebbero governato assieme. No, vero, Demyx voleva fare il musicista, suonava già benissimo il pianoforte e per i suoi sei anni i genitori gli avevano regalato un sitar che stava imparando a suonare. Axel gli toccava sempre i capelli a porcospino, che nonostante sembrassero di pietra erano morbidi, proprio come i suoi capelli, solo che li aveva un po’ più spettinati.
Dopo qualche anno, ogni giorno, all’uscita della scuola, il rosso si fermava a guardare un bambino che attraversava la strada, era biondo e teneva la mano a quella che doveva essere sua madre. C’erano altri due bambini che gli assomigliavano in modo impressionante, forse erano gemelli. Non sapeva perché ma lo guardava, aveva un espressione seria ma allo stesso tempo spensierata, era diverso da tutti gli altri bambini che aveva intorno. Sembrava un angelo e sorrideva quando lo vedeva attraversare la strada.
Un giorno, poi successe il peggio. Sua madre stava male già da parecchio tempo, non aveva capito il perché, ma quella mattina era svenuta, cadendo per terra mentre stavano uscendo di casa e l’avevano portata all’ospedale. Non aveva voluto sentire ragioni, voleva vederla e chissà con quale fortuna l’avevano lasciato entrare nella stanza. La mamma dormiva e respirava piano, peccato non poterle parlare. L’avevano fatto rimanere solo pochi minuti, nonostante lui pregasse di rimanere di più. Ormai era passata una settimana, una settimana che non vedeva Demyx ma lo sentiva soltanto, una settimana che sua madre non si svegliava. Lui non voleva saperne di andare a casa, voleva rimanere lì per guardare sua mamma da dietro il vetro, sperando che si svegliasse e che gli sorridesse, rassicurandolo che era tutto a posto e mordendolo come faceva sempre quando voleva dimostrargli il suo amore. Finalmente lo fecero entrare, durante quella settimana lo lasciavano solo con la mamma per un’ora, poi lo costringevano ad uscire. La guardò a lungo, era più pallida del solito, il respiro affannato e la fronte intrisa di sudore. Le strinse la mano nella sua, ancora piccola, cominciò a mordicchiarle le dita dolcemente, cominciando a sperare che si svegliasse. Axel non sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista, che avrebbe potuto toccarla e morderla. Sentì la sua mano raffreddarsi improvvisamente, l’elettrocardiogramma produsse un suono acuto. Non capì quello che successe dopo, gli infermieri lo portarono fuori e non gli rimase che aspettare. Quell’attesa fu inutile, la madre non si sarebbe più svegliata, un ora prima aveva esalato il suo ultimo respiro. Non andò al funerale, non ci credeva che sen’era andata, che non l’avrebbe più rivista. Erano passate due settimane da quel giorno, giorni passati a piangere, ad urlare, a tirare i pugni al muro, la devastazione lo stava uccidendo. Non c’erano parole per calmarlo, abbracci che lo confortassero. Avrebbe dovuto morderla e così non se ne sarebbe andata, sarebbe rimasta con lui. Demyx era l’unica persona di cui gli importasse, l’unica per cui si sforzava di fare un sorriso, perché il suo migliore amico a lui ci teneva davvero. Non voleva che se ne andasse anche lui, voleva che fosse suo, ed aveva cominciato a provare un bene morboso nei suoi confronti, quasi non voleva che gli altri gli rivolgessero la parola. Ormai era passato un anno, l’ultimo anno delle elementari stava finendo, poi avrebbe cambiato scuola e Axel sperava che Demyx capitasse nella sua stessa classe, perché da un po’ di tempo era l’unico che lo facesse ragionare, che lo dissuadesse dall’infastidire gli altri. Da quando sua madre non c’era più, cominciò anche ad odiare inspiegabilmente quel bambino biondo che attraversava la strada, forse perché la sua aria angelica lo infastidiva, perché non sapeva quanto la vita potesse essere cattiva.
Quando le medie erano cominciate si era sentito sollevato, perché qui nessuno lo conosceva e poteva anche dimostrare di essere qualcuno che non era, nessuno gli avrebbe detto nulla, cominciò infatti a stare spesso e volentieri assieme ai “cattivi” e Demyx lo seguiva, nonostante non volesse mettersi in mezzo a quella gentaglia, lui comunque lo avrebbe seguito, sempre.
Frequentava il secondo anno quando un giorno riuscì a spiegarsi il motivo della scomparsa della madre: il padre la tradiva e per lei era cominciato un periodo di depressione che l’aveva portata al coma, che l’aveva portata a morire. Cominciò ad odiare suo padre, non gli rivolgeva la parola e non l’avrebbe mai perdonato, era colpa sua, era solo colpa sua. Glielo disse, gli sputò in faccia tutto quello che pensava e da quel giorno cominciò a viziarlo, come se servisse a qualcosa. Che voleva fare, comprare il suo amore? Non l’avrebbe mai riavuto indietro, non gli serviva avere un motorino o le console di ultima generazione, in questo modo non avrebbe fatto altro che aumentare il suo odio.
Le superiori erano cominciate quasi senza che se ne accorgesse, lui e Demyx erano sempre il classe assieme e ne gioivano. Dal primo anno avevano creato un gruppo con altre quattro persone ed era riuscito ad essere il “capo”, faceva anche parte dei più famosi, con il suo migliore amico sempre al fianco. Solo con lui ormai si dimostrava per quello che era e non gli dispiaceva fingere di essere pericoloso. Erano stati tre anni pieni di punizioni, di sospensioni, ma in fondo non gli importava molto, non era importante. Dopo tre anni lo rivide, il biondino quasi sempre in silenzio e gli ricordava qualcuno che aveva già visto. L’aveva lasciato stare, lui e il gruppetto in cui si trovava, non voleva disturbarlo e non l’aveva fatto fino all’anno dopo poi il resto è storia.
C’era una volta… un Axel che non sapeva quanto quel ragazzino biondo dalla faccia d’angelo gli avrebbe ridato un motivo per cui vivere senza la sua maschera.

 

 

Spero vi sia piaciuto... ^^ Dopo questo continuerà la storia.
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno recensito...! Ci sono anche di nuovi! :P Spero recensiate ancora perchè mi fa piacere sapere che la mia fanfiction vi piace! ^^
*Baci*

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Capitolo 7
*** L'inizio ***


 

L’inizio

Tirò giù dal letto i suoi gemelli, pregandoli di muoversi. Insomma, perfino lui si era alzato presto per arrivare prima fuori la scuola! Bene, avrebbero avuto mezz’ora da passare insieme, sotto la neve, sarebbe stato fantastico. Quando mise piede fuori dalla macchina sentì gli sguardi di tutti puntarglisi addosso, curiosi, ma continuò a camminare a sguardo alto ignorandoli. Sì, esatto, sono fidanzato con Axel! Salutò Riku e Kairi sorridendo, niente gli avrebbe tolto il sorriso ora. Eccolo era arrivato, ora gli sguardi erano su di lui e la sua espressione non lasciava dubbi: ne era contento. Che ego pazzesco. Gli occhi verdi  puntarono su Roxas che si alzò, aspettandolo. Axel salutò prima Demyx poi lo raggiunse.
-Buongiorno- fece il più grande, stringendogli le mani, curvandosi per baciarlo -Mica ti da fastidio, avanti tutta la scuola?-
-No, stranamente no, però andiamocene, voglio stare un po’ solo con te-.
Si allontanarono, arrivando vicino al parcheggio della scuola, sotto la scala di emergenza, così la neve non li avrebbe bagnati. Roxas si lasciò cadere sul manto bianco e cominciò a muovere braccia e gambe, facendo la forma di un angelo. Un angelo.
-Roxas, tu dove andavi a scuola?- chiese l’altro, un ricordo gli era sfrecciato in testa come un lampo a ciel sereno
-Andavo ad una scuola pubblica… quella nei dintorni di casa mia, di fianco quella privata, perché?-
-Allora eri tu quel bambino!- Roxas sgranò gli occhi e come al suo ragazzo nella mente sfrecciarono ricordi ormai dimenticati da tempo
-Tu eri il rosso, quello che non è venuto a scuola per tre settimane… mi sei mancato, sai? Ti cercavo sempre. Allora era un segno-.
L’altro lo aiutò ad alzarsi per non rovinare la figura e lo strinse a sé, baciandolo di nuovo e ancora. Si sedettero sulla scala gelida, la neve scendeva ancora ricoprendo tutto, il cielo coperto dai nuvoloni grigi. Il biondo si appoggiò con la testa alla spalla di Axel, che gli cinse le spalle col braccio, immergendo la testa nei suoi capelli biondi, respirando a pieni polmoni. Roxas tremò leggermente e non solo per il freddo, stringendosi di più all’altro.
La campanella suonò così si alzarono per tornare indietro.
-Durante l’intervallo posso stare con i miei amici?-
-Certo, Axel, perché non dovresti? Mica sono una ragazzina gelosa e isterica?-
-Sì, infatti, non sei una ragazzina gelosa-
-E isterico?-
-Lo sei eccome, amore mio- il più piccolo lo colpì amorevolmente, poi si avviarono tenendosi per mano.
La neve cadeva ancora, l’albero fuori dalla classe ne era pieno, non c’era più traccia delle foglie rosse che c’erano in autunno. Forse avrebbe dovuto ascoltare, sarebbe stata la cosa più giusta ma come faceva a seguire la lezione? Andiamo, stava con Axel ed ora nemmeno la sua materia preferita lo attirava. Girò e rigirò la mano, l’aveva morso di nuovo al palmo e ne era contento, aveva un segno di lui e guardandolo se lo sarebbe ricordato. Forse era una cosa un po’ malata, gli andava bene ugualmente, gli andava davvero bene. Forse perché era il modo di Axel per dimostrargli che lo amava, lui di conseguenza la trovava la cosa più bella in assoluto. Un richiamo, l’ennesimo, la gomitata da parte di Riku al suo fianco. Voltò la testa dalla parte della professoressa che era adirata, lui sbuffò e fissò la lavagna, disinteressato. Prese la matita e cominciò a fare scarabocchi, la tentazione di fare cuoricini era parecchio forte. Rise sotto i baffi, che effetto gli faceva quell’ananas rosso? Quando si concentrò su quello che stava disegnando ne uscì fuori un ananas. Ok, ora doveva scoppiare a ridere e lo fece, attirando l’attenzione di tutta la classe. Lui, Roxas, il ragazzo taciturno e serio era scoppiato a ridere improvvisamente? La professoressa sgranò gli occhi, poi batté un pugno sulla cattedra, zittendolo ma era ancora scosso dai singulti e si vedeva che si tratteneva per non riderle in faccia.
-Mi fa così piacere vedere che sei particolarmente felice oggi, Roxas, ma un bel giretto per il resto dell’ora fuori dalla classe non ti farebbe male-.
Uscì in silenzio, la testa bassa, gli occhi lucidi dalle lacrime che tratteneva a stento, quando chiuse la porta scoppiò a ridere ed in classe si scatenarono le risate. Roxas si allontanò piano, raggiungendo il bagno, quando ci fu dentro tirò fuori il cellulare e mandò un messaggio ad Axel, aveva voglia di vederlo. Qualche minuto dopo la porta si aprì, svelando dei pungiglioni rossi. Il biondo sorrise per salutarlo, Axel dopo averlo baciato dolcemente si sedette sul marmo del lavandino, tirando fuori una sigaretta. Lui storse il naso, odiava il fumo.
-Come mai sei fuori dalla classe, secchione?-
-Mi hanno cacciato, sono scoppiato a ridere dopo aver disegnato un ananas. Sai, pensavo a te- disse con fare romantico, rise di nuovo quando anche il suo ragazzo lo fece -Te lo faccio vedere, ti va?-
-Cosa?- chiese il rosso, leccandosi le labbra, ricevendo uno sguardo in tralice dal biondo che era arrossito
-Il disegno, Axel, il disegno!- urlò facendolo ridere
-Lo vedi che sei isterico come una ragazzina?- Roxas gli si sedette di fianco, togliendogli la sigaretta di bocca e facendolo sbuffare stizzito -Non si toccano le sigarette, sai?-
-Non voglio che muori, fanno male. Da quanto tempo fumi?-
-Da nove anni-
-Da quando è morta tua mamma, no?- l’altro annuì -Bhè, ora è solo un vizio quindi toglitelo perché non voglio che puzzi di fumo-
-Sì, mammina- gli fece la linguaccia poi lo baciò ancora -Mi stai diventando ribelle, Roxas? Ora ti fai anche cacciare dalla classe?-
-Sarà la tua vicinanza che mi fa male-.
Erano ritornati in classe al cambio dell’ora, lui non aveva fatto niente di male stando in bagno per venti minuti, dopotutto la professoressa gli aveva proibito di tornare, forse Axel non avrebbe dovuto trattenersi così tanto ma in fondo per lui era di routine stare fuori da classe la metà del tempo.
Adesso doveva passare solo un'altra ora per un ennesimo cambio di professore e l’avrebbe rivisto. Mi sa che sono davvero una ragazzina. Sorrise a quel pensiero ma si sforzò a seguire almeno questa materia anche se il tempo sembrava non passare mai e il ticchettio dei secondi pareva ore. Finalmente, dopo averlo visto ai vari cambi di professore, era arrivato l’intervallo, peccato che non l’avrebbe passato solo con lui, forse non l’avrebbe passato affatto con lui. Lo salutò catturandolo in un dolce bacio prima che entrambi raggiungessero i propri gruppetti. Stava parlando con Sora, da gennaio sarebbe cominciato il torneo di scherma e il suo gemello era parecchio teso a differenza sua. Poi delle lamentele avevano catturato la sua attenzione: il gruppetto del suo ragazzo stava infastidendo uno che aveva la classe al suo stesso piano. Sbuffò irritato, credeva che l’avrebbe finita di fare quelle stupidaggini.
-Axel!- lo chiamò e il rosso si bloccò di scatto, mentre Demyx tirò un sospiro di sollievo -Smettila e falli smettere!-, il rosso spinse via il ragazzo, lasciandolo nelle grinfie di Xaldin e si girò verso il suo ragazzo -Bhè, non mi hai sentito?-
-Lasciatelo perdere- disse a denti stretti -Ora il signorino ha qualcosa da ridire- come l’aveva chiamato?
Demyx stava guardando il suo migliore amico con gli occhi sgranati, dal suo labiale poté capire che gli aveva sussurrato un “deficiente”. Volle parlargli in privato, non aveva voglia di dare spettacolo. Ci teneva davvero a fare il cretino avanti il suo gruppo?
-Il signorino sta aspettando di sapere perché quando sei con gli altri cambi- il rosso sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, Roxas intanto batteva nervosamente il piede per terra e sentiva il sangue andargli al cervello
-Ho sempre fatto così, ora non posso cambiare da un giorno all’altro. Che ti importa?-
-Ti ho sempre odiato per quello che facevi, non lo sopporto e voglio capire se mi sono innamorato della tua parte vera o quella finta. Se è quella finta, ciao, se è quella vera vorrei che smettessi di coprirti con questa maschera-
-Oh, andiamo, Roxas! Non voglio litigare con te, mi darò una regolata, va bene?-
-Lo spe…-
-Hey, ti senti bene?-.
No, in effetti non si sentiva per niente bene, era impallidito, la vista si era offuscata ed era caduto per terra, svenuto per l’ennesima volta. Questa volta la testa gli faceva più male del solito, sentiva i rumori amplificati ed anche il suo respiro calmo gli dava fastidio alle orecchie. Quella era sua madre, parlava con l’infermiera ed era impossibile non sentirle nonostante sussurrassero
-In ogni caso non credo sia normale- quella era l’infermiera -Delle analisi più approfondite non farebbero male-
-Crede sia qualcosa di preoccupante?-
-Non lo so, forse potrebbe esserlo, magari poi si rivela un semplicissimo calo continuo di zuccheri-.
Qualcosa di preoccupante? Era solo svenuto… e sveniva spesso, molto spesso, gli era anche capitato nei mesi in cui non aveva visto Axel. Sen’era quasi dimenticato, aveva litigato con lui, bhè non proprio litigato. Aprì gli occhi, accecandosi con la luce, sua madre gli finì subito accanto e cominciò a parlargli, assordandolo, non riusciva nemmeno a dirle di stare zitta così si coprì le orecchie con le mani, chiudendo gli occhi e per fortuna ora la sua voce era ovattata. L’infermiera gli si avvicinò, prendendogli le mani e levandogliele delicatamente dalle orecchie.
-Così va meglio?- sussurrò appena, impercettibilmente per una persona normale ma lui ora sentiva bene, forse era ancora un po’ alto; annuì, non riuscendo a proferire parola -Senti amplificato?- annuì di nuovo -Che ne dici, provi a parlare?- cominciò a tossire ma la voce non gli usciva e cominciò ad andare nel panico -Stai calmo, sei solo molto scosso, ora è meglio se ti riposi e quando sentirai tutto normalmente proverai a parlare, va bene?- sbuffò annoiato, non gli andava proprio di rimanere lì in infermeria da solo -Vuoi che ti chiami qualcuno con cui parlare? Così magari avrai lo stimolo di farlo- annuì, ma come avrebbe detto chi voleva? -Tuo fratello lo escludo, ha la voce alta e potrebbe stizzirti; tua sorella parla continuamente e ti infastidirà. Chiamiamo Axel?-.
Arrossì, come faceva quella a sapere che stavano assieme? Forse non lo sapeva nemmeno e aveva pensato che fossero amici perché per l’ennesima volta era stato lui a portarlo in infermeria. Qualche minuto dopo arrivò, sua madre era ancora lì e il pensiero che l’avrebbe conosciuto gli faceva attorcigliare lo stomaco dal nervosismo. Lo vide preoccupato più del solito e senza nemmeno dare il buongiorno a sua madre e all’infermiera gli si piombò vicino.
-Sai, mi stai facendo sentire in colpa, brutto nanerottolo- Roxas sorrise, per quanto Axel ne sapeva poteva essere svenuto perché avevano litigato e quindi aveva avuto il solito sovraccarico per colpa sua; scosse la testa, poi gli accarezzò la guancia
-Non parla- fece sua madre, com’era fastidiosa la sua voce, solo quella di Axel era sempre bella e riusciva a calmarlo
-Lei chi è?-
-Sono la mamma di Roxas- il rosso cominciò a grattarsi il capo, imbarazzato, l’altro avrebbe voluto volentieri ridere ma si trattenne per non mettere in ulteriore imbarazzo il suo fidanzato -Abbiamo chiamato te perché magari, parlando gli dai l’impulso di rispondere- il figlio si portò di nuovo le mani alle orecchie, perché la voce di sua madre era così fastidiosa? -E sente amplificato, quindi non devi urlare-.
Poco dopo l’infermiera la invitò ad uscire, dicendole che il figlio era in buone mani. E lo era davvero. Prese la mano di Axel tra la sua, sorridendogli rassicurante. Sentiva la gola pizzicargli, forse tra poco avrebbe cominciato a parlare. Voleva dirgli che non era colpa sua e che lo amava, nonostante tutto e che non voleva cambiarlo, solo voleva farlo ragionare. Quant’era bello, preoccupato com’era, che diceva cose assurde solo per farlo parlare, la fronte leggermente corrucciata, gli occhi socchiusi per lo sforzo. Gli scappò una risata sincera, zittendo il rosso che non capiva cosa ci trovasse di divertente.
-Sei… p-parecchio preoccupato- tossì, la voce uscendo gli aveva graffiato la gola che era riarsa; il suo ragazzo sorrise a trentadue denti e gli portò subito dell’acqua, premunendosi che bevesse a piccoli sorsi
-Mi sembra di accudire un micetto- Roxas gli rivolse una linguaccia, non ebbe nemmeno il tempo di tirare la lingua dentro che l’altro gliela morse, cominciando a baciarlo
-C’è mia madre- fece il biondo, staccandosi -Mi da fastidio che possa vederci-
-Non lo sa?-
-Sì, lo sa. Ma… ho vergogna- arrossì e l’altro rise, accarezzandogli una guancia
-Sei tenero e dolce come un marshmallow!-.
Quando si accertarono che stava bene la madre lo portò a casa, aveva in mano un foglio con una lista di esami che Roxas avrebbe dovuto fare in quei giorni, ne erano un mare. Tornati a casa stette per ben tre ore al telefono, prenotando tutte le visite che non gli avrebbero permesso di essere libero nella prossima settimana, né di mattino né il pomeriggio. La parte buona era che non sarebbe andata a scuola, quella cattiva che non avrebbe rivisto Axel.
Aveva cominciato ad odiare la macchina della madre perché da cinque giorni ogni volta che ci entrava andava all’ospedale. Si sentiva un malato in stato terminale, che bisogno c’era di tutta quella fretta? Non aveva nemmeno il tempo di chiamare il suo ragazzo, purtroppo. Però Axel era un ragazzo d’oro, un sera l’era venuto a chiamare ed avevano passato assieme qualche ora nei dintorni, prima che lui andasse a dormire perché il mattino dopo la sveglia lo attendeva all’alba.
Finalmente aveva finito gli esami all’ospedale. Ora doveva solo aspettare che arrivasse il resoconto e magari stava morendo. Magari era un vampiro! No, Batman gli sarebbe piaciuto di più. Aveva un pomeriggio completamente libero prima che andasse di nuovo a scuola e, per sua fortuna, aveva da fare solo un paio di giorni perché poi sarebbero arrivate le tanto amate vacanze di Natale. L’unica sua preoccupazione adesso era il regalo da fare al rosso, non aveva idea di cosa gli sarebbe potuto piacere. Ma ora non gli importava, perché l’avrebbe rivisto. Si era guardato nello specchio un ultima volta prima di aprire, si sentiva così… Winnie The Pooh! Aveva tanti di quegli strati di magliette che sembrava una palla, si sentiva ridicolo ma sua madre non gli aveva lasciato scampo dato che aveva preso una leggerissima febbre. Axel rise vedendolo e l’altro arrossì per imbarazzo o forse per la vergogna ma lo perdonò non appena il più grande lo baciò per salutarlo, era da tanto che non lo vedeva. Salirono sul Liberty del più grande e partirono per chissà dove, ormai Roxas aveva smesso di chiedere. Era da parecchio che non andavano al bosco, ora era tutto bianco, anche i tronchi degli alberi erano in parte coperti. Sembrava di essere in paradiso.
-Il posto perfetto per un angelo- sussurrò Axel, facendolo sorridere come un ebete per poi baciarlo -Sai, tra un paio di giorni finisce la scuola e… pensavo, perché non vieni a dormire a casa mia? Siamo anche soli perché mio padre è fuori per lavoro. Che dici?-.
Dormire con lui, in una casa vuota. Deglutì un po’ spaventato, insomma, non aveva mai fatto qualcosa con un ragazzo, un uomo.
-Hey, angioletto, non ho invitato perché voglio fare chissà cosa… anche se, lo ammetto, ti vorrei più di qualsiasi altra cosa-.
Quello era un colpo basso, altroché se lo era. Se possibile divenne più rosso dei capelli del suo ragazzo che sorrise malizioso
-Credo che i miei non avranno nulla in contrario a…- il più grande non lo fece continuare, mettendogli un dito sulle labbra
-Tu vuoi?- voleva cosa? Andare a dormire da lui o fare l’amore con lui? Era una domanda a trabocchetto ma in entrambi i casi la risposta sarebbe stata un secco e convinto sì. Annuì, gli occhi bassi, sentendo Axel avvicinarsi a lui e il suo odore invaderlo -Cosa vuoi?- chiede beffardo. Sei uno stronzo
-Voglio venire a letto con te- le orecchie sarebbero potute esplodergli tanto che erano rosse ma che importava? Dopotutto glielo si leggeva in faccia che era innamorato di lui e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per quel piromane.
Un po’ lo spaventava quello che sarebbe successo prima o poi ma sentiva anche l’eccitazione salire per quella cosa nuova e un po’ strana, diversa dal solito. Ma avanti a lui c’era Axel e la consapevolezza che con lui non avrebbe dovuto temere nulla lo assalì e si lasciò cullare tra le sue braccia. Lo faccio per amore. E quella era l’unica cosa che contava davvero. 

 

Ringrazio tutti per le splendide recensioni *__________* Ringrazio quelli che seguono la mia storia, quelli che l'anno messa tra le preferite e anche solo chi la legge per perdere il tempo ^^ Mi fate sentire importante! :P Il titolo di questo capitolo non è ben chiaro, lo so, poi capirete più avanti! ^^
*Baci* dalla vostra _California Girl_! ;P

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Capitolo 8
*** Le promesse alla luna ***


 

Le promesse alla luna

Forse, anzi, sicuramente dire che fosse entusiasta era poco, molto poco. Il giorno dopo sarebbe andato a dormire a casa di Axel, l’avrebbe seguito direttamente dopo la scuola. Già immaginava quanto sarebbe stato bello dormire con lui e – arrossiva a quel pensiero – non solo. Dal mattino Roxas aveva cominciato a saltellare per la casa, sotto le risatine dei suoi gemelli e le occhiatacce dei suoi genitori che avevano l’ovvio presentimento di ciò che sarebbe accaduto. Non si erano ancora capacitati che fosse gay e nemmeno lui a dire la verità. Quella giornata a scuola fu occupata a darsi gli auguri e festeggiare e Roxas per la prima volta era felice di essere in mezzo alla confusione, perché se avessero fatto lezione si sarebbe preso sicuro una nota. Vedrò la casa di Axel, dormirò con lui! Calma Roxas, non urlare. Anche se la tentazione era parecchio succulenta. Voleva farlo sapere a tutti, alla faccia loro. Le ragazze lo odiavano ancora per non parlare di Larxene. Così la finirete di darmi dello sfigato, stronzette. Sono andato meglio di tutte voi. Forse non era un pensiero così buono, infondo erano in prossimità del Natale ma per lui era una soddisfazione così liberatoria. Finalmente il suono della campanella, Riku al suo fianco rise vedendogli comparire in volto un sorriso a trentadue denti e gli cinse le spalle.
-Ed ora, piccoletto, finalmente arriverà il momento che tanto hai desiderato- fece, Roxas annuì velocemente e cominciò a saltellare per la classe dando gli auguri a tutti -Ora mi sembra Sora- commentò.
Fuori la scuola il biondo augurò il buon Natale anche a Xaldin e Xigbar.
-Ehy, funghetto! Buone vacanze!-
-Anche a te, Xaldin e cerca di non bestemmiare, almeno in queste settimane o perlomeno la vigilia di Natale!- commentò il più piccolo, poi Demyx gli saltò addosso e lo strapazzò un po’ prima di lasciarlo andare.
Sarebbero passati prima a casa di Roxas per prendere il borsone con i suoi vestiti puliti, poi dritti alla villa di Axel dove di fianco c’era quella del suo migliore amico. E questo rendeva tutto migliore, più di quello che era già, perché anche se non lo conosceva bene Roxas non poteva dire di non voler bene a Demyx. Ecco, erano arrivati e il piccolo sgranò gli occhi celesti, stupito dalla bellezza di quella villa, ora coperta interamente di neve ma il cui tetto un tempo doveva essere color terracotta e degli alberi ora spogli in primavera dovevano essere pieni di fiori profumati. Il più grande prese il borsone e lo condusse dentro, facendogli da guida per visitare la casa. Si sentiva un bambino, era stupito per ogni parte di quella casa, poi la spensieratezza lasciò spazio ad imbarazzo, quando vide la stanza che avrebbe occupato con Axel, che gli baciò la tempia. Gli disse di fare come a casa sua, di sistemarsi mentre lui preparava da mangiare. Oh, avrebbe partecipato anche Demyx a quel pranzo e questo gli faceva parecchio piacere. Non sarebbe mai riuscito nemmeno ad immaginare di andare d’accordissimo con il Notturno Melodico, mai. E invece era proprio così e forse era impossibile non andarci d’accordo.
-E quindi stasera siete soli- Roxas per poco non soffocò con le bollicine della coca cola, invece il suo ragazzo sorrise, accarezzandogli la gamba sotto il tavolo -Ma non è romantico!- se possibile i suoi occhi presero la forma di un cuore, mentre la bocca imitava l’espressione di un bacio, le mani intrecciate all’altezza della testa
-Tu, Demyx? Sai, da che ricordo non ti ho mai visto con una ragazza- il biondo più grande arrossì alle parole del più piccolo, poi sorrise
-E’ ovvio, io sono fidanzato con Xaldin-
-Davvero, Xaldin?! Quel metallaro bestemmiatore?- Roxas rise -Bhè, infondo non credo sia molto difficile essere dolce per lui, dopotutto mi chiama funghetto- gli altri due risero di gusto.
Finalmente il gelato, il più piccolino aveva insistito tanto per averlo, nonostante fosse pieno inverno. Gelato a nocciola, solo il nome lo faceva sbavare (e fa sbavare anche me :Q___ NDA) e gli occhi gli luccicavano. Dopo aver dato un bicchiere al fidanzato e a Demyx si mise col cucchiaino in una mano, la vaschetta nell’altra, e cominciò a mangiare sotto lo sguardo estasiato, se così si può dire, di Axel.
-Come sei tenero- il biondo roteò gli occhi, ma cos’era, un peluche per caso? -Sei un bimbo-
-Hey! Guarda che ho quindici anni, vecchiaccio- mise su un finto broncio, assolutamente adorabile e in un nanosecondo il suo ragazzo gli fu di fianco a coccolarlo, sotto lo sguardo (sempre a cuore) di Demyx; i due cominciarono a sbaciucchiarsi, poi l’altro si alzò.
-Vi lascio amoreggiare, miei cari, tra poco dovrebbe anche arrivare Xaldin! Quando… quando abbiamo finito vi veniamo a chiamare- detto questo uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Erano soli, finalmente, non che gli fosse dispiaciuta la presenza del truzzo. La risata di Axel risuonò nella sua gola
-Sai di nocciola, angioletto-.
Lo fece stendere sul divano, cingendogli la vita con le gambe, prendendogli i polsi con una mano e mantenendoli sopra la testa del biondo, che lo guardava con gli occhi lucidi, la bocca socchiusa aspettando di baciarlo. Poteva essere più bello? Con le guance rosee e la bocca socchiusa, chi occhi chiusi aspettando che gli facesse quello che voleva, completamente inerme sotto di lui ma rilassato e calmo.
-Hey, angioletto, se fai così ho anche paura di toccarti- sussurrò, avvicinandosi al suo orecchio e facendolo tremare leggermente, era così eccitante anche solo se parlava -Sei così delicato…- gli infilò le mani sotto la maglia e tremò al contatto, aprendo gli occhi per guardarlo nei suoi, così verdi e così accesi di passione e dolcezza -Hai anche gli occhi lucidi- commentò, prima di leccargli l’orecchio, facendogli scappare un gemito.
-N-no, smettila- chiese -Per favore- Axel, usando quel poco di autocontrollo rimasto lo fece, capendo che il biondo voleva davvero che si fermasse -Io… voglio aspettare stanotte- disse, arrossendo ed abbassando lo sguardo, il rosso sorrise dolcemente, prendendogli il mento tra le mani per guardarlo negli occhi
-Ogni tuo desiderio è per me un ordine, angelo mio-.
Roxas sorrise, poi si tirò su, abbracciandolo e l’altro si spinse con la schiena sopra il divano, stringendolo a sé.
-Forse sei davvero un angelo, sai? Ce ne vuole per fermarmi in questi casi, devo amarti davvero tanto… forse non so nemmeno io quanto ti amo-
-L’importante e che mi ami, anche poco- commentò, stringendosi di più tra le sue braccia -Ho un po’ freddo-.
Non ebbe nemmeno il tempo di aggiungere altro che il suo ragazzo lo scostò scattando via dal divano e ritornando con un plaid; si accomodarono come prima e il più grande avvolse entrambi nella coperta di lana. Il biondo si accoccolò come un cucciolo, diventando piccolo piccolo, facendolo sorridere.
-Il mio piccolo e tenero angioletto- sussurrò ma Roxas non poté sentirlo perché ormai era caduto nel mondo dei sogni.
Un oretta dopo Demyx e Xaldin entrarono usando le chiavi di riserva sotto al tappetino, ormai il Notturno Melodico faceva come se fosse casa sua e non aveva pensato che magari i due erano in approcci un po’ più intimi, ingenuo com’era. Quando però li vide, accoccolati sul divano fece un “Uuuuuh” estasiato e il suo migliore amico gli fece segno di far silenzio, posando di nuovo gli occhi sul suo fidanzato che respirava beatamente, il viso dolce e rilassato, continuando ad accarezzargli i capelli. Il Feroce Lanciere lo salutò con la mano, accomodandosi su una poltrona, ormai anche lui era di casa.
-Hai perso proprio la testa per funghetto eh, Soffio di Fiamme Danzanti? Mi aspettavo di trovarvi a letto e invece…-
-Oh, andiamo come faccio a fargli del male?-
-Perché, non vuole?- chiese il biondo più grande
-Ha detto stanotte. Penso che per la nostra prima volta sia ideale- gli accarezzò la guancia arrossata, quando Roxas sbadigliò, stiracchiandosi per poi stropicciarsi gli occhi.
-Ciao Xaldin- gli sorrise, il metallaro lo salutò a sua volta, sempre col solito appellativo.
Il piccolo cominciò a muoversi per trovare una posizione ideale, come un gatto, finché non si mise a pancia in giù, il sedere all’aria e la faccia nascosta tra il fianco di Axel e lo schienale del divano
-Ho sonno- mugugnò, facendoli ridere
-Hey, angioletto, come mai così stanco?- chiese, facendolo stendere tra sé e lo schienale del divano, il biondo rispose con un’alzata di spalle -E voi ovviamente non avete visto e non vedrete che mi comporto da sdolcinato. Got it memorized?-
-Certo! Lo terremo per prenderti in giro tra di noi!- lo prese in giro Demyx.
Stettero un paio di ore, poi il metallaro andò via e il suo ragazzo tornò a casa perché erano arrivati i nonni per le vacanze di Natale. Così, ormai soli, Axel e Roxas decisero di andare a fare una doccia. Roxas aveva indosso il pigiama e guardava il cielo fuori dal balcone, proteggendosi dal freddo con una coperta. Era così bello il cielo, erano solo le sette ma ormai poteva dirsi notte fonda. Sentì i passi di Axel, doveva essere ancora bagnato, che pazzo, faceva un tale freddo. Il mento del rosso si poggiò alla sua spalla, le mani si intrecciarono alle sue che erano sulla ringhiera.
-C’è la luna piena-
-E le stelle, Axel-
-Le coperte sono bianche, sono di seta- un brivido percorse la schiena del biondo e non per il freddo, quella volta non c’entrava nulla
-Dove sono le promesse?-
-Ti amo- sussurrò, baciandogli la guancia -Le promesse lasciamole alla luna, ora pensiamo a noi due, angelo mio-.

 

Vi ringrazio per tutte le recensioni *____* sono commossa... e comunque sono andata a mare ma il giorno dopo! haha xD Spero questo capitolo vi piaccia come piace a me, spero anche che recensiate ancora perchè sono al settimo cielo! ^^ Vi amo! <3

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Capitolo 9
*** Ombre oscure ***


Ombre oscure

Si svegliò rilassato, appagato, innamorato più di prima. Meraviglioso, semplicemente meraviglioso. Axel era un ottimo amante, eccome se lo era, gli aveva fatto passare tutta la tensione, facendolo rilassare, dicendogli di lasciarsi andare. Essere un tutt’uno con lui era stata la cosa più bella che avesse potuto provare ed aveva pianto, dopo, forse era stato stupido ma si era sentito così bene, tra le lacrime gli aveva detto di non lasciarlo mai perché lui non l’avrebbe fatto. Si era sentito una ragazzina per un momento, poi si era sentito amato e la vergogna era andata via, assieme alle lacrime di commozione che avevano lasciato posto ad una risata cristallina che aveva scandito meglio le parole “ti amo”. Aveva riso di gioia, perché quell’amore era ricambiato e nonostante non stessero assieme che da poco sapeva che quello che provava era davvero amore e quasi ne aveva paura. Sentì Axel sbadigliare ed alzò la testa per guardarlo, come poteva essere così bello anche di mattina, con i capelli scombinati e il segno cuscino in faccia?
-Buongiorno, angioletto-
-E’ stato fantastico- commentò, facendolo ridere
-Tu lo sei stato, giuro, non ho mai provato nulla del genere… devastante-
-Addirittura, Axel?- lo prese in giro per poi baciarlo dolcemente sulle labbra; guardò fuori e sorrise ebete -Sta nevicando!- esclamò contento e l’altro scattò giù dal letto, aprendo il balcone per far entrare l’aria gelida, tremò leggermente dal freddo.
Roxas prese la coperta e se la mise addosso, lo raggiunse e lo abbracciò da dietro, poggiando il viso sulla sua schiena. Il rosso gli strinse le mani con la sua, lasciandosi solleticare dai capelli del più piccolo.
-Sei bollente- osservò il biondo, stringendolo ancora di più -Dai, chiudi, sennò poi ci ammaliamo durante le vacanze-
-Non sia mai!-.
Chiuso il balcone, il più grande si preparò per primo così scese in cucina per preparargli la colazione mentre Roxas finiva di vestirsi. Scese le scale velocemente, sorrise contento quando vide che sul tavolo c’erano cornetti con la Nutella, succo di frutta alla pesca e all’arancia rossa, latte e caffè. Il suo ragazzo era seduto sul tavolo, con una tazza di caffè fumante tra le mani che lo fissava sorridendo.
-Bhè?-
-Sei bello, Roxas- il piccolo arrossì leggermente, poi si sedette vicino a lui ed addentò un cornetto -Cosa facciamo oggi? A casa devi tornarci dopo cena… non è che ti fanno stare qui un altro po’?-
-Non so, posso provare- rise -La verità è che ora mi vedono come una ragazzina! Se tu fossi stato una donna non avrebbero fatto tante storie… ma dato che tra noi due sei il più grande, quello più virile, sono io la femmina della situazione-
-Io non la vedo così… ma ora non importa, dopo chiamali che se rimani qui almeno per un'altra notte sarò l’uomo più felice sulla faccia della terra- l’altro annuì, ingoiando l’ultimo boccone, aveva il labbro inferiore sporco di Nutella, non poteva capitargli cosa migliore.
Scese dal tavolo, posando la tazza poco più lontano, prese Roxas per la vita e lo fece sedere dov’era lui prima. Inutile dire che il biondo fosse assolutamente confuso, insomma, l’aveva preso improvvisamente ed ora la sua lingua lasciava la scia sul suo collo candido facendolo rabbrividire; sospirò quando Axel cominciò ad accarezzargli la schiena nella zona lombare mentre gli succhiava il labbro inferiore.
-Axel?- lo chiamò flebilmente -Sai, è da parecchio che non mi mordi- gli occhi verdi si puntarono nei suoi
-E io che mi sono trattenuto per tutto questo tempo- commentò sfilandogli la maglietta, lo stese sul tavolo e salì anche lui, le ginocchia una al di qua e una al di là della vita, le mani vicino il suo viso; si chinò e lo morse all’incavo della spalla, facendolo sussultare e trattenere un gemito di dolore, Roxas gli piantò le unghie nella schiena, poi le mani scivolarono verso la nuca e cominciò a carezzargli i capelli, mentre il rosso gli leccava via il sangue dalla ferita e gli sbottonava i pantaloni.
-Che stai facendo?!- quasi urlò, mentre il più grande scivolava giù dalla tavola e gli abbassava anche gli slip a pantaloncino.
Perché, si chiedeva, doveva capitargli un ragazzo così pornografico? Non gli dispiaceva, certo, come dispiacersi, ma si vergognava perché un po’ di pudore gli era ancora rimasto. Poco male. Dopo averlo sfinito per l’ennesima volta, il biondo teneva la testa sul tavolo e si sarebbe addormentato da un momento all’altro se Demyx non avesse bussato alla porta. Quest’ultimo saltellò dentro, augurando il buongiorno e ridendo una volta vista la faccia del piccolo, che era stremata. Per poco non si rotolava per terra dalle risate. Axel li lasciò un attimo da soli, salendo sopra, il biondo più grande si sedette e prese un cornetto, poi richiamò l’attenzione dell’altro scuotendogli una spalla.
-Ti ci abituerai, non temere! Tutte e tutti quelli che si portava a letto avevano una faccia quasi come la tua-
-Oh, che fortuna- fece con un’ironia pungente -Sempre se resisto- aggiunse, facendo ridacchiare Demyx.
Il rosso sbucò da dietro la porta e li raggiunse al tavolo, poggiando il mento e le braccia sullo schienale della sedia, il suo ragazzo alzò finalmente la testa dal tavolo.
-Vuoi uccidermi, dì la verità. E’ tutta una vendetta perché sono riuscito a metterti i piedi in testa-
-Questo è un colpo basso!- rise il Notturno Melodico
-Esatto, angioletto, voglio fare l’amore con te e consumarti fino al midollo- rispose, facendolo ridacchiare
-Comunque non mi fanno restare anche stanotte a casa tua. Quindi ho pensato, dove ce ne andiamo?-
-Sei un genio cattivo! G-E-N-I-O! Got it  memorized? Potremmo andarcene in un albergo, fuggiremo anche subito-
-Oh, è una fuga amorosa! Io non voglio sapere dove andate, i segreti me li cavano subito da bocca anche senza volere e non voglio fare lo spione. Quindi, addio!- detto questo uscì fuori di corsa, facendoli ridere.
Roxas strinse gli occhi, un dolore lancinante alla testa l’aveva colpito improvvisamente, poi era andato via, potente, veloce e preciso come un fulmine.
-Angioletto, ti senti bene?- il biondo annuì debolmente -No tu non stai bene, sei pallido- lo prese in braccio e lo fece stendere sul divano, alcuni cuscini sotto alle gambe per tenerle alzate.
-Andiamo, mi tratti come un bambino!-
-Non puoi vedere la tua faccia e ti assicuro che sei più bianco della neve che c’è qui fuori- gli passò una mano sulla fronte, per togliergli il sottile strato di sudore che si era creato -Scotti- osservò
-Scherzi, vero? Non dirmi che ho preso la febbre durante le vacanze di Natale!-.
Axel non rispose, si alzò andando a prendere il termometro e glielo mise sotto il braccio, stando ben attento che stesse fermo. Quando furono passati tre minuti glielo tolse, il mercurio era salito fino a segnare poco oltre i 28°.
-Sì, hai preso la febbre durante le vacanze di Natale, amore- il biondo sbuffò, incrociando le braccia al petto -Dai non è una tragedia. Ora chiamo i tuoi e dico di venirti a prendere perché io con il motorino non ci penso nemmeno di accompagnarti-
-Io mi sento bene- ribatté, alzandosi dal divano ma la testa gli girò e cadde seduto, tenendo gli occhi chiusi per sentirsi più stabile
-Sì, ho visto- fece ironico -Stai buono qui, io li chiamo-.
Avrebbe chiamato i suoi genitori, ci mise quasi un minuto per capire che non avrebbe passato la giornata con lui e non voleva che fosse così. Si alzò e lo raggiunse in cucina, il suo ragazzo stava digitando il numero. Non ebbe nemmeno il tempo di dirgli che voleva stare con lui, quando svenne per l’ennesima volta. Odiava l’odore degli ospedali, soprattutto ora che era diventato così familiare per colpa di tutti gli esami medici e degli svenimenti improvvisi. Ogni volta era sempre nella stessa stanza, vedeva sempre gli stessi volti medici e gli dava fastidio che lo guardassero a quel modo, come un povero malato. Era uguale all’ultima volta e si premette le mani contro le orecchie ma sentiva ugualmente la voce della madre che chiedeva al dottore di sbrigarsi a dare le risposte agli esami che aveva fatto. Chissà com’era finito lì, forse l’ambulanza, forse i genitori di Demyx. Lo strisciare della sedia sul pavimento gli ferì il cervello, come se un coltello l’avesse trafitto in pieno e il dolore cominciasse a vibrare ed espandersi verso tutto il resto del tessuto nervoso; mugolò di dolore e sentì le mani di sua madre levargli dolcemente le mani dalle orecchie, finalmente aprì gli occhi e la vide che sorrideva, felice che si fosse svegliato. Poté leggere dal suo labiale un “Era ora, tesoro” sussurrato appena proprio per non infastidirlo.
-Chi mi ha portato qui?- chiese quando la voce glielo permise
-Axel, era qui fuori fino a poco fa. Ha preso la macchina vecchia di suo padre dal garage e ti ha portato qui in ospedale. Inutile chiederti se è maggiorenne, vero?- Roxas sorrise, sapere che aveva guidato pur non potendolo fare, per lui che stava male, lo rendeva felice, peccato che sua madre non potesse capire -Tuo padre non lo sa, non volevo turbarlo, dopo ha una riunione di lavoro-
-Hai fatto bene, inutile preoccuparlo-.
Quando si sentì meglio tornarono a casa, prima di intrattenersi a parlare con i fratelli chiamò il suo ragazzo per dirgli che stava bene e che era stato un pazzo ad usare l’auto. E per questo ora lo amava ancora di più. Scese in salotto dove suo fratello Sora si stava intrattenendo a giocare a carte con Riku.
-Che mi combini, fratellino?- fece una smorfia, odiava quando lo chiamava così
-Forse troppi ormoni- ridacchiò l’albino, facendo arrossire leggermente il biondo -Da questa reazione pare sia successo qualcosa-
-Ad ogni modo- tagliò corto Roxas -Sapete che Demyx sta con Xaldin?- i due si bloccarono, il suo gemello girò la testa per guardarlo
-Scherzi, vero?-
-Per niente. Sono fidanzati da due anni-.
Il cellulare gli vibrò in tasca, era un vecchissimo modello che dava l’aria del tipo “non me ne importa un fico secco di tecnologia” che non lo rispecchiava ma si era dovuto accontentare quando, un mese prima, il suo bellissimo e nuovissimo cellulare si era fatto un bagno nella lavatrice. Un messaggio, lo lesse e un timido sorriso comparve sul suo volto.
Non credevo gli angeli potessero ammalarsi, sai? Forse svieni perché non sei abituato alla bassa quota e quest’aria ti fa male. Forse sei proprio qui per me, magari sei il mio angelo custode… sicuramente lo sei, anche perché grazie a Dio non abbiamo fatto nessun incidente! Lo sai che mi mancherai in queste feste, angioletto? Dopo parto e vado dietro a mio padre… cioè, lui mi ha costretto a seguirlo, purtroppo… >.< Se penso che non passerò le vacanze con Demyx e che non ti vedrò prima della befana ç___ç Guarisci presto, alato biondo, ci sentiremo tutti i giorni, ti chiamerò ogni due ore e parleremo per due ore intere (nelle altre due parlerò con Dem) se ho fortuna e se preghi che torno, così vedremo se sei davvero il mio  angelo custode, ci vediamo prima di capodanno ed ho buone possibilità di riuscire a convincere mio padre! Bam bum baby! Ci sentiamo stasera per la buonanotte, angioletto, ti amo. T-I  A-M-O! Got it memorized?!”.
Alzò lo sguardo dal monitor del cellulare e si spaventò, cadendo giù dal divano, perché si era trovato vicino al suo naso due paia di occhi sgranati e ansiosi di sapere perché stesse sorridendo come un deficiente. Gli tolsero il cellulare da mano, dopo un'estenuante lotta due contro uno che avrebbe anche potuto vincere se non fosse inciampato nel tappeto.
-E così quel bulletto piromane, violento e con la testa mal funzionante è un gran romanticone, angioletto!- Riku batté le ciglia, facendo un tono sdolcinato che nascondeva un mare di ironia pungente
-Sì, esatto mi chiama angioletto e credo che ve la farà pagare se fate sapere che è dolce. E io questa volta non gli chiederò di non essere violento, anzi, farò il tifo per lui!-
-Ma Roxas come sei cattivo- si indispettì Sora, poi sul volto gli comparve il sorriso di sempre -Se torna per capodanno perché non lo inviti qui?-
-Credo che lo passerà con Demyx… e io non voglio privarli delle loro “tradizioni”- sbadigliò sonoramente -Credo che la medicina stia facendo effetto. Me ne vado a dormire, Sora dici a mamma di non svegliarmi per il pranzo-.
Detto questo si trascinò sulle scale lentamente e una volta arrivato alla stanza si buttò sul letto e si tolse le scarpe con la punta dei piedi, per poi infilarsi sotto le coperte con tutti i vestiti. Si assopì dopo qualche minuto e quasi non ci fu il tempo per i pensieri. Si svegliò aprendo gli occhi di scatto, si mise seduto poggiando le braccia alle ginocchia, aveva il fiatone e si rese conto che era appiccicato di sudore, i capelli scompigliati si erano incollati alla fronte e il cuscino aveva un alone più scuro. Si passò le mani sugli occhi, che gli bruciavano, e si accorse che le guance erano rese ruvide da qualcosa. Sale. Aveva pianto. Sconcertato si alzò, andando verso il bagno per sciacquarsi la faccia e si fissò nello specchio, confuso, forse aveva fatto un incubo, la febbre l’aveva fatto delirare, ma non ricordava cosa. Si fece una doccia veloce e bollente, si asciugò in tempo da record e si mise una tuta, poi scese in cucina dove tutti stavano mangiando. Sua madre lo guardò preoccupata e lui non capì perché, aveva solo un po’ di febbre.
-Hai sognato ancora?- chiese la donna, lui alzò un sopracciglio mentre si accomodava su una sedia -Non ti ricordi niente, tesoro?-
-Cosa dovrei ricordarmi, mamma?-
-Un’oretta fa ti sei svegliato urlando, forse avevi avuto un incubo e ti se riaddormentato piangendo- quindi aveva pensato bene, forse il suo subconscio se lo ricordava; la madre si strinse nelle spalle -Non vuoi niente?-
-No non ho fame, mi sento strano-
-Sei solo influenzato- commentò suo padre -Rox, posso chiederti un favore?- lui annuì -Se possibile, vorrei conoscere questo Axel. Dopotutto sei andato anche a dormire a casa sua-, si fece di fuoco e cominciò a pensare che il pavimento con le piastrelle fosse davvero molto interessante, c’era anche una macchiolina un po’ più scura… sembrava una nuvoletta Ma le nuvole sono macchie indistinte… bhè, questa è la nuvola più bella che abbia mai visto in vita mia! Sentì Sora e Naminè ridacchiare, mancava poco e li avrebbe colpiti con la stessa sedia su dov’era seduto
-C-credo che non ci siano problemi… lui però ora è fuori col padre e forse torna prima di capodanno…- sì, quella nuvoletta era davvero carinissima!
-Se a lui fa piacere potrebbe festeggiare qui. Sarei così felice di conoscere il ragazzo che prima ha pestato mio figlio e poi sel’è scopato- fece con acidità
-Terra!- lo richiamò la moglie, se avesse potuto Roxas si sarebbe unito a quella nuvoletta, sprofondando nel pavimento.
Dire che si era congelato dall’imbarazzo era poco. Molto poco. Continuò a fissare il pavimento senza muoversi, mentre i suoi genitori discutevano, caspita! Sapevano che lui si imbarazzava facilmente! Ora sapeva anche che suo padre non aveva una così grande simpatia verso Axel, di bene in meglio. Si sentì mettere le mani sulle orecchie ma non si mosse, era Sora che gliele stava tappando per non farlo ascoltare. Alzò la testa per guardarlo, era avanti a lui e fece col labiale: “sono cose a luci rosse e tu sei troppo piccolo per ascoltarle”; ridacchiò, forse era meglio non ascoltare, così l’imbarazzo non l’avrebbe divorato più di quanto già stava facendo. Poco dopo gli tolse le mani dalle orecchie, si era stufato e si incuriosì di più a sapere quello che si stavano dicendo perché il suo gemello cercò di fare forza per impedirgli di ascoltare ma inutilmente.
-Qual è il tuo problema?!-
-Il mio problema, Aqua?! Nostro figlio è gay, lui ha un problema!-.
L’imbarazzo lasciò posto a qualcosa che non seppe definire, si alzò dalla sedia lentamente e guardò con odio intenso il padre, un odio che non gli era mai appartenuto. Così era lui il problema, non Axel. Sentì gli occhi pizzicare e corse di sopra, troppo infuriato per dire qualcosa di sensato senza insultarlo, troppo ferito per riuscire a parlare senza mettersi a piangere. Sbatté la porta di camera e si accucciò di fianco al letto, vicino al comodino, sotto la finestra che dava sulla strada. Tirò un calcio al muro facendosi male, ma non gli importava. Le lacrime cominciarono a scendergli sulle guance contro la sua volontà, era infuriato, non credeva di poter essere una vergogna, di poter essere definito problematico. Era da troppo che era teso, felice solo con Axel, non gli permettevano nemmeno più di fare la scherma a causa dei suoi svenimenti. Sentì la porta aprirsi e provò a calmare i singhiozzi, riuscendoci a malapena. Vide di sottecchi la testa di Sora penzolare dal letto, poi sentì la sua mano stropicciargli i capelli già spettinati.
-Oi, non ci sarai rimasto male? Sai che papà scherzava- non rispose, non aveva niente da dire, tirò una gamba al petto, poggiandosi il braccio in cui nascose il viso, tranne gli occhi che erano impegnati a fissare la punta del suo piede che toccava il muro
-Meglio che non parli con me, Sora, magari posso contagiarti con il mio problema!- sputò acido; il suo gemello gli scivolò di fianco e gli cinse le spalle con un braccio
-Sai… insomma, è un po’ scosso, anche io lo sono! L’anno scorso hai avuto tutte quelle ragazze-
-Forse le cambiavo perché non erano Axel. Perché non mi andavano bene… e comunque questo non c’entra! Hai sentito quello che mi ha detto, no?! Chissà che altro ha detto mentre non ascoltavo…- tirò su col naso, le parole erano sconnesse per colpa dei singhiozzi -Non credevo che per lui potesse essere un problema questo mio modo di essere-.
-È solo nervoso. Svieni una volta ogni settimana come minimo e scommetto che non lo pensava, l’ha detto solo per litigare con mamma. Sai come sono, no? Litigano ogni giorno-
-Già- disse solo, poi appoggiò la testa al letto, guardando il soffitto, strizzò gli occhi più volte, gli occhi erano appannati, o meglio era come se delle macchie gli offuscassero la vista. Provò a guardare altrove ma le macchie erano sul soffitto bianco -Sora, come si è macchiato il soffitto?-
-… Roxas, il soffitto è tutto bianco… ti senti bene? Mi sa che la febbre ti è salita-.
Non rispose, fissò la macchia e la vide mutare, prendendo la forma di un volto spaventoso; volse subito lo sguardo altrove, poi guardò ancora ma questa volta il soffitto era quello di sempre.
-Forse hai ragione-.
Come aveva promesso, di sera arrivò la sua telefonata. Si fiondò sul telefono, rispondendo allegramente, solo Axel ormai gli metteva il buon umore.
-Hey, angioletto! Come va con la febbre?-
-Si è abbassata ma è stabile, passerà entro un paio di giorni. Tu… torni?-
-Ebbene sì! Bam bum baby! Torno lunedì, quando la tua febbre sarà passata. Ho una cosina per te, scommetto che ti piace-
-Coooosaaaa?- chiese, battendo i piedi sul letto, Dio, sembrava Sora; Axel rise.
-È una sorpresa ma non lo considero un regalo di Natale, diciamo è più un aggiunta alla tua collezione… ed ho detto troppo!-
-Collezione? Oh, avanti dimmelo, lo sai che io sono curioso!-.
-Niente da fare angioletto. Comunque ora devo andare, odio quando origliano alle mie telefonate!- urlò per farsi sentire da qualcuno, assordandolo -E’ mio padre, non gli è andato molto giù che sto con te ma per quanto può interessarmi il suo parere… Buonanotte amore, ci sentiamo domattina così mi racconti perché sei un po’ triste. Guarisci presto-
-‘Notte Axel, un bacio-.
Sarebbe tornato, favoloso. Non vedeva l’ora di poterlo rivedere, già non ce la faceva più a stare senza vederlo, sentendolo solo per telefono. Almeno mancavano tre giorni a lunedì e li avrebbe attesi con ansia.
Sel’aspettava, a cena l’aria era tesa, l’unico a parlare era come al solito Sora che attirava l’attenzione della madre; quando parlavano solo due significava che c’era qualcosa che non andava, in quel caso era l’ostilità di Roxas verso suo padre, faceva perfino finta che non esistesse. Alzava di rado la testa dal piatto e quando lo faceva era solo per cercare la bottiglia d’acqua. Sentì lo sbuffo del padre e sorrise tra sé e sé, che si indispettisse, non gli avrebbe parlato finché non gli avesse chiesto scusa. Calò il silenzio e non se ne dispiacque, si alzò per portare il piatto nel lavello e sbiancò, facendo cadere per terra il piatto che si ruppe in mille pezzi e il rumore gli rimbombò nelle orecchie prima che il resto dei rumori divenne ovattato. Lo chiamarono ma lui rimase a guardare fisso avanti a sé, dove il volto che aveva visto sul soffitto della sua stanza ora aveva anche un corpo ma era tutto poco definito, come se fosse un ombra, uno sbuffo di fumo. Scomparve improvvisamente come sabbia portata via dal vento. Si sentì scuotere le spalle, quel movimento gli fece un male incredibile alla testa e dovette sedersi, le gambe che gli cedevano. Sora gli sventolò una mano avanti al viso, eppure lui guardava sempre nello stesso punto, non sentiva nemmeno i rumori e quello che gli succedeva attorno era solo qualcosa che percepiva a malapena, come se tutto fosse sfocato. Poi come una botta, tutti i rumori ricomparvero assordandolo.
-Roxas, ti prego rispondi!-
-Non… non l’avete visto?-
-Visto cosa?!-, stava impazzendo e qualcosa gli diceva che non era solo la febbre.

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Capitolo 10
*** Lo svolgimento ***



Lo svolgimento

 

Era tornato, niente di meglio per “festeggiare” la sua guarigione. Purtroppo la febbre era durata per qualche giorno in più ed aveva potuto vedere Axel solo a metà settimana. Era tornato prima di capodanno, sì ma anche prima di Natale. Caspita, doveva fargli un regalo e non aveva la più pallida idea di cosa. Quel pomeriggio avrebbero fatto una passeggiata a piedi e ci sarebbero stati anche Demyx e Xaldin, peccato che Riku, Sora, Naminè e Kairi si fossero autoinvitati. Maledetti. Scalpitava alla finestra, guardando la strada da dove sarebbero dovuti venire i tre e non riusciva a stare calmo. Avrebbe rivisto Axel! Sembrava che non lo vedesse da secoli. Lo chiamarono chiedendogli se la smetteva di battere i piedi per terra come se fosse un cavallo imbizzarrito, rompiscatole. Eccoli! Scattò verso la porta, inciampando nella tenda della finestra e non spiaccicandosi a terra per miracolo. Aprì la porta e corse verso il suo ragazzo che non ebbe nemmeno il tempo di salutarlo che cadde nella neve, trovandosi Roxas addosso che lo baciava con foga.
-Wow!- fece Xaldin ridendo -Funghetto, lascialo respirare!-, il biondo si staccò dalle labbra di Axel che sorrideva compiaciuto, nonostante il dolore e il gelo della neve che gli si stava infilando nelle ossa
-Ti sono mancato, angioletto?-
-Non immagini quanto!- lo baciò ancora, poi si ricordò di una discussione e si staccò, lo sguardo tormentato.

Era in salotto, la febbre stava andando via finalmente e avrebbe rivisto il suo ragazzo non appena fosse stato meglio. Si era accoccolato sulla poltrona avvolto il un coperta, un libro in mano e una tazza di cioccolato bollente sul tavolino al suo fianco. La casa era vuota, o perlomeno non c’erano i suoi gemelli che erano a casa di Riku, e tutto era silenzioso, si sentiva solo la televisione che sua madre stava vedendo in cucina. La porta si aprì e si chiuse, lasciando entrare suo padre, lo guardò sottecchi togliersi il cappotto bagnato dalla neve, non lo salutò neppure, non si parlavano da quando aveva detto che aveva un problema. Non si era nemmeno sforzato di chiedergli scusa ed era questo che faceva più male, avrebbe anche voluto che lo salutasse al ritorno da lavoro ma non l’aveva fatto e lui non avrebbe ceduto, non era lui quello che aveva sbagliato. L’uomo andò in cucina, dichiarando felicemente che aveva finito di lavorare fino al giorno della befana, poi era calato il silenzio. Sua mamma era ancora furiosa con lui per quello che aveva detto al suo bambino ma ovviamente non lo dava a vedere, almeno non spesso. Prestò poi attenzione al libro, che era sicuro più interessante di ascoltare il silenzio. Sentì dei passi, oh ora scommetteva che gli avrebbe anche rinfacciato che se ne stava sempre a leggere.
-Puoi almeno guardarmi?- fece furente, quello furente doveva essere Roxas che invece lo guardò con sguardo neutrale, aspettando che parlasse -Non sono d’accordo con quello che stai facendo, chiaro?-
-Cosa starei facendo, sentiamo?-
-Ti vedi con… con un uomo, Roxas! E c’è più di una cosa sbagliata in questo. Vorrei conoscerlo ma non ci riesco, non riesco nemmeno più a guardarti- sentì un groppo in gola, con questo che voleva dire? -Non voglio sentirlo più nominare in questa casa, ti è chiaro? Ti lascerò fare quello che vuoi perché tanto lo faresti lo stesso ma di lui non voglio sapere niente, così farò finta che mio figlio sia ancora normale!-
-Io sono normale!- urlò, non riuscendo più a trattenersi -Cos’è, ti da fastidio non poterti più vantare che il tuo figlioletto cambia donne ogni notte?! Mi dispiace che non potrai più parlare di me perché ti vergogni di avere un figlio gay ma è quello che sono! E se vuoi posso anche non chiamarti più papà, se vuoi puoi anche dire che io sono l’unico della famiglia che non ha te come padre, che sono un bastardo! Preferirei esserlo sinceramente, piuttosto avere un padre che mi trova sbagliato!- suo padre strinse i pugni, ci mancava poco che lo picchiasse ma aveva imparato che con lui, a differenza di Sora, uno schiaffo non serviva per fargli abbassare il tono, per rimetterlo sulla “giusta strada”, con lui funzionavano le parole taglienti e velenose.
-Vorrei davvero che tu lo fossi- quelle parole ebbero la capacità di fargli venire la nausea, per poco non vomitava sul parquet -Ma sarai mio figlio finché non morirai-.
-Non preoccuparti,
Terra, magari sarai fortunato e morirò prima di quanto speri-.

Non aveva fatto parola con nessuno di quella discussione, ovviamente sua madre aveva sentito ma non aveva fatto allusioni su quello che si erano detti, voleva che fosse acqua passata ma ormai Roxas e suo marito non si salutavano nemmeno più. Che bel Natale del cazzo. Pensò, rialzandosi e aiutando Axel a fare lo stesso. Il rosso lo abbracciò, sussurrandogli all’orecchio che voleva sapere quello che era successo. Già, voleva dirglielo, peccato che ci fosse tutta quella gente… li avrebbero mollati, che altro, anche per un quarto d’ora che sarebbe bastato senza dubbio. Meglio avvisare Xaldin e Demyx, così avrebbero fatto di tutto per trattenerli. Cominciarono ad incamminarsi mentre il Notturno Melodico parlottava allegramente con il suo gemello e Riku, le due ragazze erano distratte dalle vetrine così lui e Axel sgattaiolarono via, correndo velocemente più lontano possibile, dove non li avrebbero trovati e nessuno avrebbe potuto disturbarli. Il più grande lo baciò, prima di tirare fuori dalla tasca del giubbotto un pacchettino. Il biondo lo prese incuriosito e sorrise, ecco di che collezione parlava, non ci aveva mai fatto nemmeno caso che aveva davvero una collezione di polsini e anelli. Si infilò il polsino a quadretti bianchi e neri a destra e i due anelli, sempre uno nero e uno bianco, alla stessa mano.
-Sai, siamo noi due. Tu sei il bianco perché sei un angioletto, io sono il nero-
-Grazie- fece sorridente, baciandolo
-Ora però mi dici che caspita è successo, got it memorized?-.
Dirglielo non era facile, dopotutto era “colpa sua” se suo padre non lo riteneva normale e voleva che non fosse suo figlio. Poco male, aveva capito che pensava più a se stesso che agli altri. Cominciò in maniera confusa, poi si calmò e raccontò tutto per filo e per segno, versando anche qualche lacrima di rabbia e delusione, non voleva che la prendesse male, perché adesso Axel era davvero l’unica cosa che gli importava. Non capiva perché, era strano, ma con lui era tutto diverso, era un'altra persona, senza quell’aria da menefreghista, sempre col sorriso sulle labbra e gli occhi luminosi, così dicevano.
-Sai, Axel, non mi importa. Non rinuncerò a te per farlo contento, il suo è solo uno stupido capriccio da bambino-
-Gli passera, angioletto, non preoccuparti… è solo confuso e sconcertato… un po’ la stessa reazione che ha avuto il mio vecchio-.
Poi si alzò in piedi, quasi preso da una scossa e prendendolo per il polso se lo tirò dietro, lui lo seguì confuso non capendo che voleva fare. Quando capì dove stavano andando alzò un sopracciglio, ma che gli passava per la testa a quell’ananas rosso? Quell’idiota… Dio, sembrava passato un secolo da quando era convinto che di fianco a quella parola, sul vocabolario, ci fosse la foto del rosso. Bhè, lo pensava anche adesso ma con un po’ più di affetto. Axel aprì la porta di casa sua e la chiuse subito, sbattendoci contro Roxas, cominciando a baciargli famelicamente il collo. Quello era sicuramente un idiota patentato, l’aveva portato via improvvisamente per cosa? Perché aveva voglia di fare sesso?
-Voglio sapere cosa ho fatto per averti fatto venire questa voglia improvvisa-
-Oh, tu non hai bisogno di fare niente, già vederti mi eccita parecchio…- cominciò a palparlo mentre gli mordicchiava le orecchie; bene, era anche un molestatore! Rise, attirando la sua attenzione -Che ridi?-
-Sei un pervertito- commentò, prima di lasciarsi sfuggire un gemito sentendo la mano del rosso sfiorargli l’intimità,
-Esatto e per tua sfortuna, angioletto, sarai costretto a fare quello che voglio-
-Altrimenti, che mi fai?- se lo scostò di dosso, allontanandosi dalla porta e da lui, cominciando a camminare verso la cucina, sedendosi su una sedia; Axel lo raggiunse, e lui lo guardò, aveva gli occhi lucidi dall’eccitazione e un brivido gli attraversò la schiena, era stato lui a “ridurlo” così.
-Vuoi davvero sapere che ti farei?-
-Mh… vediamo se può interessarmi- fece, fintamente annoiato; l’altro rise, avvicinandosi, poggiando la testa sul tavolo
-Sei uno stronzo, lo sai?-
-Quest’angioletto starà imparando da te-.
Axel rise ancora, poi lo baciò, sedendosi sulle sue gambe. Se Roxas la prima volta era un po’ timido, tremante e lasciava fare al più grande quello che voleva, ora aveva riacquisito tutto il suo essere latin lover e non gli stava permettendo di prendere il controllo della situazione. Si misero quasi a litigare, una lotta a chi stuzzicava meglio l’altro, una discussione per chi baciasse meglio. Senza che se ne accorgessero erano finiti sul divano, forse perché continuavano quasi a fare un valzer per spostarsi e decidere chi dovesse stare con la schiena contro il muro, Axel seduto e Roxas a cavalcioni su di lui, che gli tormentava il collo con baci e morsetti. Sentì Axel sospirare e sorrise contro la pelle del suo collo, finalmente gli aveva strappato un gemito. Gli baciò famelicamente le labbra, poi si alzò.
-Il mio lavoro qui è finito- commentò, la faccia di quell’ananas rosso era da immortalare
-Che?!-
La sua voce era acuta e il piccolo scoppiò a ridere; sentì i passi dell’altro farsi più vicini, il suo odore invaderlo mentre rideva ancora ad occhi chiusi, poi si calmò e lo guardò. Axel si curvò verso di lui prendendogli le mani tra le sue, le labbra vicine al suo orecchio. Glielo morse dolcemente, lo leccò senza ritegno
-Vuoi davvero finirla qui, Roxas?- se prima sarebbe potuto andare via e ridere sulla sua reazione, ora, dopo che aveva usato quella voce così sexy, sarebbe rimasto per tutta la vita a farsi fare ogni cosa -Guarda che se non rispondi la smetto-.
Ok, ora lo odiava, gli avrebbe fatto passare le pene dell’inferno, altro che angioletto. Deglutì a vuoto, chiuse gli occhi per ingannare l’imbarazzo, per non guardare Axel negli occhi perché altrimenti gli avrebbe potuto dire qualsiasi cosa
-Allora smettila- l’avevo detto, no? Mai sfidarlo. L’altro rimase in silenzio per un po’, poi rise, la sua splendida risata roca che lo faceva tremare dentro
-Nonostante tutto non hai ancora smesso di fare quello che io non voglio, nanerottolo- ora sveniva, sveniva di sicuro, quella era quasi una minaccia e se il rosso lo minacciava mentre era eccitato significava che gliel’avrebbe fatta pagare solo in un modo, deglutì prima che l’altro continuasse -… Lo sai che tra dolore e piacere folle c’è un sottilissimo filo? Ti farò fare il funambolo, oggi-.
Almeno ora sapeva che il suo ragazzo non era un bugiardo. Era quasi devastato, aveva dormito per ore intere e persino i sogni avevano fatto il gioco di Axel, ancora gli risuonava in testa la sua risatina soddisfatta, quando lui si stava assopendo. Si alzò in piedi, il rosso stava vedendo la televisione bevendo la coca cola, quant’era bello…
-Buon giorno- lo salutò -Lo sai, angioletto, che sono le dieci e mezza del mattino e che hai dormito per più di dodici ore, perché ti ho posseduto, egregiamente direi, per quasi tre ore?-
-COSA?! Potevi anche svegliarmi! Mio Dio, mi ammazzeranno! Erano le sei quando siamo arrivati a casa tua!- cominciò a pregare in tutte le lingue che conosceva
-Ma dormivi così bene…- si scusò l’altro, alzandosi per baciarlo dolcemente -Dai, vestiti che ti riaccompagno a casa- Roxas alzò un sopracciglio -Sei nudo, mio caro e credo che sia stato un miracolo se non ti ho violentato nel sonno-
-Oh, grazie tante- gli diede un altro bacio, prima di alzarsi e vestirsi, era sicuramente nei guai ma non gli importava, qualsiasi cosa gli fosse capitata andava bene dopo aver passato quelle tre ore con Axel.
Saliti sul Liberty e messo il casco partirono verso casa sua. Non avrebbe voluto andarsene ma qualcosa gli diceva che era meglio, che se si fosse trattenuto un altro momento lo avrebbero ucciso e impiccato e lui non voleva morire, non ora che era così felice. Sussultò mentre guardava la strada, quella figura nera e spaventosa era ricomparsa, chiuse gli occhi e piantò la testa coperta dal casco nella schiena del rosso, tenendo gli occhi chiusi. Che diamine succedeva da un po’ di giorni? Erano arrivati e nemmeno sen’era accorto, scese dal motorino e si tolse il casco, guardò Axel per salutarlo e lo baciò dolcemente, aspettò sul marciapiede che si allontanasse. Mentre quello girava vide ancora la figura, proprio di fronte a lui sul ciglio della strada, era una cosa orribile ed era anche più definita dell’ultima volta: il corpo doveva essere quello di un animale, come un cane, ma si teneva sulle zampe posteriori che erano più grandi e con degli artigli spaventosi, il volto pieno di cicatrici che rendevano il pelo rado, gli occhi uno rosso e l’altro giallo assolutamente maligni, la bocca contorta in un espressione di dolore, imbestialita dalle grandi zanne che ne uscivano. Era tutto nero, spaventoso e terribilmente animalesco, eppure con qualcosa che gli ricordava un umano. Chiuse gli occhi, respirando a pieni polmoni, quando li riaprì non lo vide più e rientrò in casa, certo quello che lo aspettava era assai più spaventoso di quella specie di cane.
-È tornato!- urlò Naminè, vedendolo per poi correre ad abbracciarlo -Ma dove eri finito?-
-Ero da Axel- ridacchiò, ricevendo dalla ragazza uno scappellotto e un sorriso felice.
Ovviamente era stata immancabile la sgridata, questa volta solo da parte di sua madre. Ovviamente Terra non voleva sapere più nulla di lui, Brutto stronzo… vaffanculo. Mi dispiace solo di non poter rimanere incinto! E così era stato esonerato dal regalo di Natale, certo come no, sua madre non l’avrebbe mai privato di una cosa del genere; comunque chiese scusa, spiegò che si era addormentato ed aveva dormito per più di dodici ore, quindi non avrebbe mai potuto avvertire. Sua madre sospirò, per poi ridacchiare, osservando che l’amore è una brutta malattia ma la migliore delle cure. Bhà, valla a capire. Si avviò per andare in camera sua, quando sussultò, vedendo cosa c’era sopra le scale. Non ne poteva più di vedere quel mostro disumano, era la terza volta nell’arco di mezz’ora. Respirò affannosamente, aveva paura, era una cosa assolutamente orribile e se non ci avesse fatto l’abitudine avrebbe cominciato ad urlare.
Si svegliò di soprassalto, che ci faceva in ospedale?! Era svenuto di nuovo?! Sentì un pianto e mugolando frustrato si parò le orecchie, stizzito. Il dottore gli si avvicinò, l’aria più morta di quella che aveva di solito, certo per essere un dottore non era parecchio rassicurante. Gli puntò una lucina negli occhi e lui li chiuse subito, capendo poi che avrebbe dovuto tenerli aperti.
-Non fare i capricci e leva queste mani-.
Così fece, capendo poi che quel pianto era di sua madre
-Ho una notizia per te, ragazzo e non ti piacerà, stanne certo-. 

Una notizia che non gli piacera... bhè, aspetterete la prossima puntata per saperlo! bwhahaha :P
Come al solito ringrazio tutti eccetera, eccetera... ormai sono diventata ripetitiva! Ma non mi stancherò mai di dire che vi ringrazio infinitamente per le recensioni! *___________* Soprattutto ai tre che non mi stanno abbandonando! :P Io vi amo
E comunque, sì, anche io odio Terra ù.ù Stronzo! Bhè, al prossimo capitolo, credo arriverà domani perchè già l'ho scritto... huhuhu <3

 

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Capitolo 11
*** La verità fa male ***


Essì Edo, Axel è da strasbavo.. lo so, ne sono consapevole e mi trovo a pensare che Roxas abbia un gran culo (non solo in senso figurativo xD)
In ogni caso, mia cara Fexy anche io odio Terra perchè è uno stronzo ù.ù Ed ora eccoti spiegato cosa ha il nostro piccolo Roxas ç_________ç Devo dire che mi è costato non poco... vedrai... anzi, vedrete huhu

 

 

La verità fa male

Non ci credeva, no! Non era possibile! Continuava a fissare il soffitto della sua stanza con sguardo vuoto, perso chissà dove. Si chiedeva come l’avrebbe presa, come glielo avrebbe detto ad Axel. Farò passare prima le vacanze, non voglio rovinargliele. E intanto nella solitudine della stanza quella bestia gli faceva compagnia e poteva sentire il suo fiato sul collo, la puzza di carne putrefatta. Gli venne da vomitare, pensando che prima o poi avrebbe azzannato anche lui ed avrebbe fatto la fine di un pezzo di carne. Non aveva pianto alla notizia, il dottore diceva che era in una specie di stato di shock e che non si era ancora reso conto di quello che gli stava accadendo. Esatto, ci aveva azzeccato, forse quando se ne sarebbe accorto avrebbe pianto tutte le sue lacrime. Sua madre continuava a piangere e Naminè e Sora continuavano a chiedere a lui e alla donna cosa fosse successo. Per il momento, in effetti, non era successo proprio niente. Sospirò e girò la testa verso quella bestia, a guardarlo meglio nei suoi occhi ci leggeva la disperazione, forse la stessa che aveva lui adesso. Cercò di toccarlo ma non appena allungò la mano quello scomparve in una nube di fumo nero. Piantò nuovamente gli occhi al soffitto, voleva vedere Axel. Voleva stare con lui, passare con lui ogni minuto ma non poteva, altrimenti gli avrebbe detto tutto e l’avrebbe rattristito. O l’avrebbe fatto disperare. No, non se ne parlava. Come cavolo glielo diceva ora? Come faceva a dirgli che… si passò le mani in faccia, esausto dal troppo pensare. Però voleva dirglielo, doveva! Il rumore dei passi gli impedì di continuare a pensare, nella stanza entrò un Sora saltellante.
-Andiamo a pattinare?- chiese, facendo gli occhi a cucciolo -Dì di sì! Dai, fai venire anche Axel e gli altri due… però questa volta promettimi che non sparite!-, Roxas rise poi annuì
-Va bene!- esclamò, l’altro gli saltò addosso e lui si lasciò strangolare.
Finalmente era il giorno di Natale, si precipitò giù dando gli auguri a tutti, catapultandosi sui regali. La bestia stava annusando quello che gli aveva fatto Axel, così decise di aprire prima quello. Scartò velocemente e sorrise, le lacrime agli occhi. Era una di quelle collane che si dividono, questo era uno yin yang ma nello scatolino c’era solo la parte nera, quella bianca sicuramente cel’aveva Axel. Sorrise, prendendola e legandosela al collo, pensando che aveva fatto bene a regalargli una loro foto incorniciata, era quasi la stessa idea, che sarebbero stati insieme per sempre; prese un foglietto e lesse il significato delle due parti del ciondolo, constatando che la parte nera era proprio adatta a lui. Se quella bianca significava sole, giorno, luce, caldo, estate, primavera, estroversione, vita la sua significava luna, notte, buio, freddo, inverno, autunno, introversione, morte. Accarezzò il muso canino della bestia nera, senza che nessuno lo vedesse, altrimenti l’avrebbero preso per pazzo, poi si concentrò sugli altri regali. Dopo il cenone di Natale mangiarono molto poco quel giorno, sua madre era sempre capace di cucinare a livello industriale nonostante nessuno di loro mangiasse molto, a parte Sora. Così, dopo aver ingoiato a fatica l’ultimo pezzo di pandoro, che a Roxas piaceva tanto, si schiaffò sul divano, con le carte in mano che stava mischiando, aspettando che venissero Riku e Kairi per la solita partitina.
Amava il Natale per quello, più che per i regali, perché stavano sempre assieme a fare tardi la notte, a volte si addormentavano addirittura con le carte in mano. No, precisiamo, quello era lui, che era abbastanza dormiglione, non pigro perché quello era Sora, ma dormiglione. Cominciò già a sbadigliare verso le sei del pomeriggio, facendosi prendere in giro da Riku
-Sei sempre il solito, Roxas- rise -Perché non inviti anche Axel?-
-Ma com’è che sembra che voi vogliate vederlo più di me?- scherzò -Comunque l’ho chiamato prima, ha detto che stava con Demyx…  e mi ha invitato ad andare lì dopo cena, quindi non sarò con voi. Però ha detto che se volete potete venire. Ci sono anche Xaldin e Xigbar-
-Direi di si… però è meglio che vai a dormire- rispose Kairi -Che quelli faranno parecchio tardi!- il biondo sbadigliò, annuendo
-Bella idea, io vado. Naminè svegliami verso le otto, che mi lavo e mi vesto così andiamo-.
Come la ragazza aveva promesso andò a svegliarlo alle otto, o meglio un quarto d’ora prima per dargli il tempo di connettere il cervello, che gli serviva sempre. Il biondo si alzò dopo dieci minuti, prese i vestiti ed andò a farsi la doccia, sbuffò.
-Andiamo, ora mi spii anche nel bagno? Esci fuori, da bravo- accarezzò la testa della bestia, ormai gli sembrava quasi dolce e tenera, quella si dissolse come era comparsa.
La madre li accompagnò a casa di Axel con l’auto, non voleva che se la facessero a piedi con quel gelo, poi sarebbero tornati con Xaldin e Xigbar. Entrarono, la casa era tutta addobbata e dal salotto proveniva la versione di “Bianco Natal” in stile rockettaro, Demyx ci stava dando proprio dentro. Salutarono allegramente tutti, dando gli auguri, poi cominciarono a giocare. Il Tiratore Libero era ubriaco fradicio, eppure era lucido, doveva esserci abituato davvero all’alcool. A differenza sua, Roxas, che aveva mandato giù solo un bicchierino di grappa si sentiva più che brillo e cercò di stare attento, di non dire cose a sproposito. Sentì uno sbuffo e si girò, Bestia era al suo fianco, messo a quattro zampe per stare seduto; un brivido gli attraversò la schiena accarezzandolo, gli altri lo guardarono e scoppiarono a ridere, dando la colpa a quello che faceva perché era ubriaco. Sì, come no. Ormai si erano fatte le sei del mattino, Xigbar dormiva sul divano, ubriaco fradicio, loro parlavano perché sonno non ne avevano. Roxas tirò giù il secondo bicchierino, non era ubriaco ma si sentiva leggero, la testa non gli faceva più male e la lingua si muoveva da sola, come se fosse quella a comandare il cervello, che capiva solo dopo quello che la bocca diceva.
-Sapete… questo è l’ultimo Natale che passiamo assieme- ridacchiò il biondo, attirando l’attenzione degli altri, troppo lucidi per non stare attenti; Roxas cominciò ad accarezzare il bicchierino con sguardo torvo -Ho un cancro al cervello… morirò entro l’anno prossimo, bei cazzi-.
Un bicchiere si frantumò, Sora aveva chi occhi sgranati e boccheggiava. Guardò tutti, palesemente gelati da quello che aveva detto, sconvolti. Il rumore fu capace di risvegliarlo da quella specie di stato che gli aveva dato l’alcool e si rese conto della cazzata che aveva fatto. Sospirò, mettendosi le mani in faccia. Ormai era fatta e non erano ubriachi per sua sfortuna, non si sarebbero addormentati scordando tutto.
-Che cazzo stai dicendo?!- urlò Riku, la voce non sembrava nemmeno la sua; lo guardò un attimo, affranto, poi guardò ancora il bicchiere ormai vuoto
-La verità… forse non arriverò nemmeno a compiere sedici anni. Sarete in due a festeggiare d’ora in poi-
-Dimmi che stai scherzando… che stai sparando un mucchio di cazzate e che è uno scherzo- la voce di Axel tremava, aveva perso la madre ed ora lui, non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo
-Purtroppo non sto scherzando- ecco, le lacrime che aveva evitato di versare per così tanto tempo ora stavano scendendo, bagnandogli il volto; strinse gli occhi e si morse il labbro, tenendo la testa bassa, non voleva piangere… ormai era inutile, non c’era niente da fare, sarebbe morto in meno di un anno -Non imparerò nemmeno a guidare- fece con sarcasmo
-Roxas non c’è niente da ridere!- urlò sua sorella, scossa dai singhiozzi -Perché non cel’hai detto?!-
-A dire la verità, Nami, avrei dovuto dirvelo dopo le vacanze ma sono il solito buono a nulla-
-Oddio- sussurrò Demyx, sull’orlo delle lacrime, stringendo convulsamente il sitar tra le dita della mano.
Roxas lasciò cadere la testa sul tavolo, nascondendola tra le mani. Non voleva vederli piangere, non voleva vedere che erano tristi per lui. Avrebbe voluto svegliarsi, voleva che quello fosse un incubo. Non voleva morire… era così ingiusto. Insomma, sapeva che prima o poi sarebbe successo ma sarebbe capitato troppo presto… non sarebbe arrivato nemmeno alla maturità. Singhiozzò in silenzio, nessuno si muoveva, c’era solo il rumore di Xigbar che russava beatamente. Era stato un cretino, aveva rovinato tutto, ogni cosa era stata spezzata grazie a lui, alla sua notizia. Sorrise tra le lacrime, sentendo il commento del Feroce Lanciere
-Porco Dio-.
Già, esattamente.
-No! Cazzo non puoi morire!- urlò Sora, alzandosi dalla sedia; Roxas lo guardò e gli sorrise dolcemente -Non sorridere… quando sorridi c’è sempre qualcosa che… che non va- singhiozzò, stringendo i pugni appoggiati al tavolo.
Quando erano tornati a casa non aveva avuto nemmeno il coraggio di salutare Axel. Dopo aver parlato era rimasto come una statua di sale, fissando con sguardo vuoto il pavimento. Naminè piangeva ancora, entro in casa tirando su col naso e poi gli era saltata addosso abbracciandolo. I tre gemelli si accomodarono sul divano, Roxas con la testa sulle gambe di Sora, Naminè con la testa sulla spalla del moro. In silenzio, senza dire niente. La morte ha solo quel rumore.
Voleva vedere Axel, non gl’importava di nient’altro. Il suo silenzio era stato devastante. Uscì di casa un ora dopo, solo il tempo di far addormentare i suoi due gemelli e corse a perdifiato verso la casa del rosso. Bussò, tanto anche se stava dormendo non gl’importava. Se lo trovò di fronte, gli occhi arrossati di chi deve aver pianto fino ad un momento prima, forse aveva smesso solo per aprire la porta. Lo spinse dentro, baciandolo con disperazione, sentendosi bagnare le labbra da qualcosa di salato. Strinse forte il suo ragazzo, che piangeva silenziosamente, portandolo sul divano, lasciando che si accoccolasse sulla sua spalla. Soffio di Fiamme Danzanti gli sbottonò il giubbino, abbassando il collo della maglietta per avere libero accesso alla pelle di Roxas, che morse facendogli provare un dolore immenso, un morso forte e morboso, disperato quasi. Non gli disse nulla, lo lasciò fare. Quando il dolore passò Axel gli stava leccando la ferita, giocherellando col ciondolo di Roxas, rimase un momento immobile, poi cominciò a piangere.
-Mi abbandoni anche tu- il biondo lo strinse forte, cercando di non piangere anche lui
-Non voglio, Axel. Io non voglio morire… non voglio lasciarti, non voglio!- quasi un capriccio, un inutile capriccio -Voglio stare con te fino alla vecchiaia…-
-Starai con me per tutta la vita- rispose, singhiozzando, bella fregatura… quando gli diceva così intendeva per più tempo, per molto più tempo.
Alla fine si addormentarono, stremati per la nottata lunga, per il dolore, per l’energia persa a piangere; avvolti tra le coperte del divano che sembrava essere molto più accogliente di qualsiasi letto.
La verità faceva male a tutti loro, la verità quasi venne scordata. Lui fu l’unico a non dimenticarla, non poteva, ormai aveva sempre quella specie di cane a seguito che lo lasciava da solo soltanto quando lo chiedeva. Non credeva che la morte potesse avere quell’aspetto. Forse l’avrebbe sbranato, chi poteva dirlo. Dicevano che gli stava andando bene, che era già molto se viveva da più di tre mesi.
Quella era un’ennesima giornata che passava con Axel dopo la scuola. Spesso e volentieri facevano l’amore come se potesse essere l’ultima volta, altre volte ridevano con Demyx. Aveva legato molto con il Notturno Melodico e gli dispiaceva di averlo fatto solo alla fine. Il suo ragazzo aveva la patente, era contento di averlo visto compiere i suoi diciotto anni. Era tutto così strano, forse sarà la solita frase fatta, ma è vero che ti accorgi del valore di qualcosa quando la stai perdendo o quando già l’hai persa. Lui stava cominciando ad assaporare tutto, cercava di fare più cose che poteva senza importarsi di niente, senza farsi peso di quello che pensava la gente. Il rosso bussò il clacson, aveva una bellissima Mini Cooper rossa, fantasioso non è vero? Era corso verso di lui, urlando alla mamma che andava via. Lo baciò una volta entrato in macchina, lesse nel suo sguardo qualcosa di strano.
-Angelo mio, oggi imparerai a guidare!-.
Detto questo partì ad una velocità supersonica, portandolo in un posto abbastanza isolato. Anzi, totalmente isolato. Era una radura che avevano raggiunto seguendo l’autostrada, piena di fiori e alberi fioriti, dopotutto era primavera. Respirò a pieni polmoni quel profumo, poi Axel scese dalla macchina aprendogli la portiera.
-Che aspetti? Vai al posto di guida, tanto la macchina non puoi sfasciarmela!-
-Mi stai sfidando?- lo prese in giro, saltando sul seggiolino e mettendolo più vicino allo sterzo
-Non sia mai! Era un affermazione… ora guida, dai-.
E giudò, spericolatamente, poi seguendo la logica. Forse era passata mezz’ora, quando il rosso gli indicò di prendere l’autostrada. Ma era impazzito?! Non seppe per quale motivo ma la prese, era un cretino più di lui, avrebbe potuto uccidere qualcuno. Seguì la strada, andando chissà dove. Gli venne da piangere, aveva imparato a guidare… sapeva guidare! Si calmò, non era la cosa migliore piangere mentre guardava la strada eppure gli occhi si riempirono di lacrime.
-Che piangi, angioletto?-
-Sono contento- il rosso si sporse per baciargli la guancia
-Hey, che ne dici di fermarci in un praticello?-
-Ho un idea migliore-.
Tornò indietro appena poté, seguendo la strada a ritroso. Voleva andare nel bosco che Axel tanto amava, quello che aveva visto con le foglie rosse, con la neve e con la neve sciolta. Ancora doveva vederlo fiorito e sarebbe stato bellissimo, semplicemente divino, amare il suo ragazzo in quel posto. Rimase a boccheggiare, vedendo tutti i fiori sbocciati, erano rosa e arancioni, altri bianchi. Il profumo era delizioso e non gli dispiaceva, nemmeno tanto forte e non dava fastidio. Era stato strano sentire l’erba umida dietro la schiena ma fantastico, fare l’amore mentre le farfalle ti volavano intorno, il cinguettare degli uccelli…
-Siamo in paradiso, angioletto- sussurrò Axel mordendogli l’orecchio
-Credi che io possa andarci, in paradiso?- era serio e il rosso lo guardò con un sorriso rassicurante
-Certo e sarai il mio angelo custode, vero?- il biondo annuì convinto
-Preferirei stare qui con te, ma se non si può fare altrimenti…- lo baciò dolcemente, succhiandogli il labbro, mordendoglielo, giocando a chi facesse meglio.
Nessuno a scuola sapeva quello che gli sarebbe successo, tranne chi era stato presente a casa di Axel. Nemmeno Xigbar lo sapeva e forse era un po’ crudele, ma poco importava. Non aveva mai amato così tanto la scuola, Roxas. Perché la confusione lo faceva sentire vivo, nonostante si sentisse spesso stanco o il mal di testa gli rendeva impossibile ascoltare anche solo una voce, nonostante svenisse più spesso del solito o la bestia lo osservava da più o meno vicino. Non gli importava. Sapeva che sarebbe morto presto o tardi, quindi era inutile crogiolarsi nella disperazione, come stava facendo sua madre… lei faceva davvero finta di essere allegra e non lo faceva nemmeno bene. Chi invece non se ne importava, sembrava essere proprio Terra che ancora non gli rivolgeva la parola se non per lo stretto indispensabile o per obbligo. Lo odiava e un po’ lo frustrava che non gli chiedesse scusa, che non dicesse che gli sarebbe mancato… anche solo un abbraccio sarebbe andato bene, magari sarebbe stato lui a chiedergli il perdono sul letto di morte, se avesse potuto. Sarebbe andata così, se lo sentiva. Ormai c’era un altro gruppo di bulli, comandato da un tizio con i capelli grigi e l’aria seria, lo chiamavano Superiore e nel suo gruppo c’erano Larxene, Laxaeus che non aveva abbastanza cervello per stare senza qualcuno che lo comandasse ed uno nuovo, un mezzo travestito dai capelli rosa, il Leggiadro Sicario e  un ragazzo dai capelli blu, il Mago che danza sulla luna…
-Perché non Sailor Moon?- rise Axel -Che nome idiota-
-Ha parlato Soffio di Fiamme Danzanti!- scherzò Demyx -Però hai ragione, insomma, noi ci siamo dati soprannomi che rispecchiavano quello che facevamo, Superiore e Maghetto Lunatico sono cretini!-
-Il Mago che danza sulla luna!- precisò Xaldin, ridendo.
Certo erano parecchio strani quei due, sembrava stessero assieme. Ma c’era qualcuno etero, in quella scuola?! Il gruppetto che si era creato stava a stento lontano dai vecchi componenti, si vedeva che c’era ostilità ma preferivano comunque non stuzzicare. Fino a quel giorno ovviamente.
-Sapete cosa c’è di peggio quando muore tua mamma? Sapere che è morta perché tuo padre le metteva le corna!- rise Xemnas, il Superiore.
Axel respirò a fondo, chi cazzo glielo aveva detto a quel cretino?! Cercò di non surriscaldarsi, cosa che gli riuscì molto male, ma si trattenne dall’andare a pestarlo a sangue e poi a dargli fuoco. Roxas e Demyx cercarono di distrarlo, iniziando a riuscirci, quando il nuovo bullo pronunciò l’irreparabile.
-Poi, se ti muore anche il ragazzo sei proprio uno sfigato! E porti anche sfiga, magari!- rise, accompagnato dalle risate di tutti gli altri.
Il rosso si girò a fronteggiarlo, furente, era una decina di metri più lontano, si coprì il volto con l’espressione più beffarda che poteva.
-Heylà, Mansex!- lo chiamò, facendolo adirare -Che dicevi?-
-Hai sentito bene che dicevo, Axel- fece tra i denti.
Il rosso rise istericamente, poi si avvicinò a grandi passi all’altro, tirandogli un pugno in pieno volto e facendolo cadere addosso a Saix. Xemnas si alzò, infuriato. Inutile dire che cominciarono a darsele di santa ragione. Se il grigio gli dava un pugno, Axel gliene dava due, così Xemnas gli tirava un calcio e il rosso lo prendeva per i capelli. Il Superiore cadde, inciampando nel muretto che divideva la strada dal prato, cadendoci sopra. Soffio di Fiamme Danzanti gli salì sopra, colpendogli la faccia con rabbia. Non solo aveva insultato lui ma anche sua madre e Roxas! Sentì quest’ultimo e il suo migliore amico che lo chiamavano, pregandolo di fermarsi ma niente l’avrebbe fermato ora. L’altro gli tirò un pugno, facendogli sanguinare il naso ma Axel non demorse, anzi, continuò a tirargli i pugni finché non si sentì alzare per le ascelle da delle mani forti, che lo tennero fermo senza troppi sforzi.
-Xaldin mettimi giù!- urlò -Vaffanculo, sei un grande pezzo di merda, un bastardo di prima categoria! Vai a farti fottere tu e quella grande zoccola di tua madre che mi ha fatto dei grandi pompini!-
-Calmo, Axel, porco Dio!- fece il Feroce Lanciere -Ora ti porto via-.
Delicato, dolce e composto Axel. Che parole soavi, che gesti eroici. Il metallaro se lo tirò dietro, portandolo vicino alla fontanella per farlo pulire dal sangue che gli copriva la faccia e alcuni schizzi erano finiti sulla felpa. Senza pensarci due volte infilò la testa sotto l’acqua, bagnandosi tutti i capelli ma soprattutto raffreddando la testa che sentiva ribollire.
Roxas gli si avvicinò, posandogli la mano sulla spalla, stringendogliela.
-Sto bene- fece il rosso, dopo essere uscito da sotto l’acqua -Vai in classe, io credo che me ne andrò altrove per non ucciderlo-, Xaldin si allontanò salutando il biondo che gli sorrise di rimando
-Io vengo con te… non mi fido di lasciarti solo- rispose, abbracciandolo da dietro -Che ne dici di asciugarti?-
-Forse è meglio, i miei capelli sono in uno stato pietoso-
-Sei bello lo stesso, non temere-.
Entrarono nella Mini Cooper di Axel e si allontanarono dalla scuola per andare a casa sua, il più piccolo rise, chissà se il sorrisino del suo fidanzato non era il solito malizioso. In questo caso, già immaginava che il tempo se ne sarebbe andato in modo parecchio piacevole. Prima che potesse parlare e dire qualsiasi cosa, cominciò lui.
-Mi prometti che quando morirò non tornerai come prima, un bullo?- il rosso accostò l’auto e lo fissò con i suoi splendidi occhi che lo lasciavano sempre stordito, incapace di pensare ad altro che a quelli
-Sì, te lo giuro, Roxas… non voglio essere diverso da come sono adesso, non voglio più far finta di essere ciò che non sono- sorrise tristemente, com’era difficile dirsi addio.
Gli prese il polso e lo tirò a sé, mordendolo sul braccio.
-Mordimi più che puoi… magari funziona davvero- una lacrima gli scivolò dall’occhio, trattenne le altre
-Gli angeli non piangono- Axel gli baciò la fronte, poi la guancia, catturando la goccia d’acqua salata tra le labbra.
Annuì, tenendo sempre gli occhi chiusi. Forse sarebbe divenuto davvero un angelo e l’avrebbe sempre vegliato, poggiandosi sopra la sua spalla, sussurrandogli all’orecchio ciò che era giusto e quello che non lo era.
 
 

 

Io amo Axel... *________* perchè è un violento, perchè è volgare, perchè è buono e terero... *_______* ma soprattutto perchè e so sexy e so hot! ù.ù

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Capitolo 12
*** Arriverà la fine ma non sarà la fine ***


Mi dispiace di aver fatto piangere con il capitolo precedente ma a mio parere questo è ancora più commovente ç_______ç
In ogni caso non temete, non sono così sadica ù.ù Abbiate fiducia miei prodi lettori!!

 

 

Arriverà la fine ma non sarà la fine

Si fece fermare a casa di Axel, doveva dirglielo, ora o mai più. Bussò forte alla porta, poi al citofono, il rosso aprì guardandolo con un sopracciglio alzato ma Roxas non gli disse nulla, solo gli cadde tra le braccia, così venne portato dentro.
-Mi ricoverano, dopo… potrei morire da un momento all’altro- fece, e fu doloroso come quando ti togli un cerotto velocemente.
Lo sentì piangere, il volto nascosto tra le mani, non voleva che finisse così. Scosse la testa, gli si mise avanti e gli tolse le mani dal volto
-Amami per un’ultima volta- una richiesta disperata, piena di amore, dolcezza e tristezza
-Io ti amerò per sempre- rispose, abbracciandolo, affogando la testa nella sua chioma bionda, respirando a profondo quel profumo che gli sarebbe rimasto addosso.
Lo guardò negli occhi azzurri, fissò il suo viso come si osserva un quadro, cominciò ad accarezzargli ogni centimetro di pelle, a giocare con ogni ciocca dei suoi capelli biondi, per tener presente ogni sensazione, ogni dettaglio. Era bello, proprio come un angelo. Il corpo non ancora fiorito del tutto, ma così bello, la voce candida che gli sussurrava che sarebbe stato meraviglioso, morire così, tra le sue braccia, mentre faceva l’amore con lui.
Lo guardò negli occhi verdi, fissò il suo viso come si osserva un quadro, cominciò ad accarezzargli ogni centimetro di pelle, a giocare con ogni ciocca dei suoi capelli rossi, per tener presente ogni sensazione, ogni dettaglio. Era bello e dannato. Il corpo perfetto, sviluppato come solo quello di un uomo adulto poteva essere, delicato come quello di un ragazzo, la voce roca da far venire i brividi che gli sussurrava che avrebbe voluto che tutto si fermasse in quell’istante, che avrebbe voluto sentire per il resto della sua vita i suoi sospiri e i suoi gemiti.
Il cuore gli aveva fatto male, quando aveva visto la sua casa scomparire man mano e diventare più piccola. Aveva passato quasi un’ora a girare per casa, a rammendare tutti i suoi ricordi, tanto per fare una spolverata della sua vita che sicuramente era diventata più bella l’anno prima, quando si era messo con Axel. Aveva detto a sua madre di non separarlo dalla collana e dal bracciale con gli anelli, non voleva. Anzi, il bracciale con l’anello, perché quello bianco, quello che secondo Axel rappresentava Roxas, gliel’aveva dato. Sospirò, chiudendosi dietro la porta di casa. Riku era corso ad abbracciarlo, piangeva, caspita allora era davvero grave se aveva fatto piangere anche lui. Lo strinse a sua volta, il peso della morte nel cuore, come un macigno. Gli disse che non doveva piangere, che tanto così avrebbe avuto un “gemello rompiscatole” in meno da sopportare. C’era anche Kairi, che non aveva smesso di singhiozzare un giorno da quando aveva saputo la notizia, come sua sorella. Abbracciò anche lei, sussurrandole che era meglio se la smetteva di piangere altrimenti sarebbero stati inondati, che bastava lo scioglimento dei ghiacci per far alzare il livello del mare. Poi era entrato in macchina.
Era su un letto, la flebo al braccio, l’elettrocardiogramma che produceva quel suono continuo e regolare a segnare il battito del suo cuore. Entrarono, differentemente a quanto credeva non era sua madre e sorrise.
-Sono venuto per dirti addio… anche se mi hai chiesto di non farlo- il rosso si sedette sul letto, al suo fianco -Mi mancherai, Roxas- la voce tremava e si vedeva che tratteneva a fatica le lacrime -Ti verrò a trovare tutti i giorni-
-Basta che non mi dimenticherai mai… io non lo farò-
-Come farei a dimenticare il mio angelo?- chiese -Sai, io non… non mi sono mai innamorato tanto, davvero ed ora…- respirò
-Non voglio vederti soffrire, chiaro? Got it memorized?-
-Yes, I got it…- sorrise, abbracciandolo forte, posandogli un bacio sulle labbra, accarezzandogli i capelli.
Lo morse per un’ultima volta, poi gli disse addio. Non sapeva nemmeno lui come aveva fatto a non piangere, con che coraggio sen’era andato. Ma non voleva, non voleva vederlo stare male più di come stava adesso, il suo cuore non avrebbe retto e ringraziò quell’angelo per essere riuscito a capirlo, per averlo salutato con un sorriso.
Sospirò, dire addio era una cosa raccapricciante. Non sarebbe potuto morire improvvisamente? Non sarebbe stato meglio? Forse no, sicuramente no. Il fiato del cane lo fece sobbalzare, ormai il suo cervello era completamente andato, il cancro gli faceva vedere quello che voleva, un po’ però non gli dava fastidio quella compagnia. Sarebbe morto. Dio. Era rassegnato ormai, non c’era più niente da fare. Si sentiva sfinito, forse sarebbe morto prima del previsto. Entrò Terra, non credeva fosse mai successo, ormai faceva finta che già fosse morto.
-Hai visto? Sei stato fortunato a quanto pare- fece sarcastico, accarezzando il muso del cane che era sul letto.
Lo sentì piangere ed alzò lo sguardo, il castano lo abbracciò.
-L’ho visto, Roxas… Axel, no? Forse era la persona adatta a te, sicuramente lo era. Scusami per quello che ti ho detto, per come ti ho trattato…-.
Aveva una tentazione molto forte a dire di no, ma non lo fece, anzi si strinse di più tra le sue braccia, dicendo che gli era mancato sentirsi suo figlio.
Forse se non fosse stato in quella stanza avrebbe vissuto di più. Tutto quel bianco gli dava fastidio, il silenzio lo assordava. C’era solo Bestia al suo fianco ed aveva rinunciato a farla andare via, era inutile, quella non demordeva. Chissà perché quando muori, quando stai per morire, ti vengono in mente mille cose da dire, forse inutili, altre tanto importanti. Rise, perché gli era venuta in mente la soluzione al problema di algebra, fosse stato un altro momento avrebbe festeggiato. Com’era morire, faceva male o era come addormentarsi? Sperava la seconda perché lui amava dormire… Aveva salutato anche Demyx, il biondo si era messo a piangere nel salutarlo, povero Notturno Melodico, se piangeva lui… se piangeva Riku. Sospirò, ormai non c’era più niente da fare, ormai era arrivato al capolinea. Si stese meglio sul cuscino e sbadigliò, sentiva le forze abbandonarlo eppure lui non voleva, non voleva morire. Sperava che svegliandosi l’indomani gli dicessero che era miracolosamente guarito… che stupido che era. La bestia ringhiò, aveva smesso di accarezzarla, aveva anche i vizi, ora?
Axel, scusami se ti farò soffrire… ma stare con te è la cosa che mi ha tenuto sicuramente in vita per tutto questo tempo… sei stato il fuoco che mi ha fatto bruciare fino all’ultimo, la persona che vorrò vegliare dall’alto. Incredibile come l’amore possa portarti così in simbiosi con l’altro… Ma io sono il tuo angelo, no? Ebbene sì, sarò il tuo angelo custode, litigherò anche con Dio stesso se non mi darà quest’opportunità, infondo me lo merito, no? Lui si è preso la mia vita, mi deve qualcosa, almeno una spiegazione, un favore. Spero che l’aldilà esista davvero, non riesco a pensare ad un sonno eterno senza sogni perché io vorrei ricordarti, vorrei ricordare i tuoi capelli strani… Vorrei anche ricordare come le cose siano cambiate, perché tutto è cambiato… Ti ricordi quando ti odiavo, quando disdegnavo delle tue attenzioni? Poi ti ho amato e mi sono sentito così fottutamente bene, mi sento bene anche adesso, adesso che sto morendo perché so che tu non mi dimenticherai, che mi amerai per sempre, perché se si ama non si smette mai di farlo. E tu mi amavi, perché altrimenti mi avresti lasciato appena saputa la notizia, per abituarti piano alla mia mancanza e invece mi sei stato accanto. Ti aspetterò, dovessi farlo per cent’anni, perché il tuo posto è nel paradiso, perché tu sei buono davvero, nonostante tutto… Sai, morire a settembre un po’ mi scoccia, avrei voluto vedere la neve, avrei voluto festeggiare con te un anno di fidanzamento e invece il tempo nemmeno quello ci ha concesso. Che strana la vita. Vorrei sentire la tua voce un ultima volta, davvero, vorrei sentirti solo un momento e poi potrei anche morire, perché il mio corpo è ormai allo stremo e non so come la mia anima riesca a farlo restare vivo ancora un momento…
-Angelo mio, mi senti?! IO TI AMO!-
Forse era una mera illusione, forse davvero mel’avevi urlato, non mi importava, la tua voce l’avevo sentita, ed ora potevo anche addormentarmi, cullato dal suono delle tue parole. Ti amo anche io, lo giuro.

 

 

Erano passati tre mesi da quando era morto. L’autunno non l’avevo mai ricordato più brutto ed era passato lentamente, troppo lentamente, tanto che il tempo mi aveva logorato. Il mio fuoco vitale si stava spegnendo, spento dalle troppe lacrime che avevano solcato il mio volto. Lacrime che andandosene avevano lasciato un vuoto terribilmente doloroso e distruttivo, frustrante, infernale. L’autunno era il suo mese preferito, perché le sfumature delle foglie gli ricordavano i miei capelli e perché era in autunno che ci eravamo parlati per la prima volta. Poi amava l’inverno follemente, ma quell’anno non avrebbe visto la neve scendere dal cielo. Mi aveva abbandonato anche lui, aveva raggiunto mia madre. Tutta la mia vita mi era scivolata via dalle mani come acqua trattenuta tra i loro palmi e, per quanto mi sforzassi a tenerla, scorreva via lasciandomi solo delle piccole gocce che non dissetavano la mia gola riarsa. Ora sapevo che i morsi non servivano a nulla. Risi istericamente, quella tomba era così insulsa, non poteva rappresentarlo davvero. Due delle persone che amavo di più sen’erano andate. Mi rimaneva solo Demyx. Sorrisi stancamente, ormai tutte le lacrime sen’erano andate, consumate su un cuscino o tra le braccia del mio migliore amico. Era morto. Altro che sovraccarico di emozioni. Aveva lasciato un vuoto immenso solo quanto l’amore che provavo per lui. E lo amo ancora. Era stato insopportabile sentire parole di conforto, in questi casi non servono, soprattutto da chi non vuole consolarti davvero. E la stessa cosa era per la sua famiglia e per i suoi amici. Già, la sua famiglia. Odiavo Sora a morte. Non che fosse successo qualcosa ma perché era troppo uguale a lui, fisicamente, a parte per i capelli che il mio Roxas aveva del colore del grano; me lo ricordava ogni momento, tutte le espressioni gli appartenevano, e io non volevo vederlo in qualcuno, volevo crogiolarmi nei ricordi, tanto belli ed ora così dolorosi. E quei suoi maledetti occhi azzurri, identici a quelli di Roxas. Perché la mia vita era sempre dolorosa? Avevo creduto che il peggio fosse passato, che nulla sarebbe andato storto da quando lo avevo conosciuto e invece proprio lui ora mi aveva lasciato un solco nel cuore, che bruciava ancora. Non avrei mai amato come avevo amato lui, non avrei mai voluto tanto bene a nessuno. Avevo smesso di credere che Dio fosse buono da quando mia madre era morta, era solo un dio sadico, ma puntualmente mi ritrovavo a pregare per lei, per la sua anima. Ora ero davvero furioso perché quello stesso Dio che mi aveva portato via la persona più importante della mia vita a nove anni, esattamente altri nove anni dopo mi aveva portato via l’altra persona più importante della mia vita. Chissà, magari tra altri nove anni mi avrebbe portato via Demyx. Solo lui sapeva quanto stavo male, solo lui riusciva a farmi calmare. Ormai sapeva come prendermi. Io invece non lo sapevo, mi ero lasciato andare nello sconforto, nel dolore che mi dilaniava l’anima, la stanchezza che mi uccideva il corpo, i pensieri che mi stracciavano il cervello. Che ne era più di me? Due terzi della mia anima mi avevano lasciato. Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto questo?
 Aveva cominciato a nevicare, la prima nevicata dell’anno, i fiocchi erano leggeri e i primi si iniziavano a sciogliere al primo contatto col suolo.
E’ bello come al solito, amore mio, ma ci manchi tu e io qui mi sento morire. Le sue impronte non sarebbero più comparse nella neve. Già. Il suo viso non avrebbe più avuto un sorriso, gli occhi non avrebbero pianto, le sue mani non mi avrebbero sfiorato, le sue labbra non mi avrebbero più baciato. Era così devastante. Per fortuna sentivo ancora il suo profumo, il suo odore, il suo sapore. Per fortuna ricordavo ogni piccolo particolare del suo viso, ogni sfumatura dei suoi capelli, ogni espressione del suo viso, ogni centimetro della sua candida pelle che avevo percorso. Aveva appena sedici anni quando se ne era andato, da qualche mese avevamo cominciato a fantasticare sul futuro, un futuro che lui non avrebbe avuto, un futuro che io non potrò mai avere. Non amerò mai nessuno come ho amato te. Lo sapeva, eccome se lo sapeva. Dal Paradiso magari mi vegliava, magari aveva conosciuto mia mamma. Avrei voluto raggiungerli ma avevo Demyx e non volevo fargli provare quello che io avevo provato per due volte. Anche se morire era una consolazione così raccapricciante. Il tempo era passato troppo in fretta, sen’era fregato di noi che avremmo voluto stare assieme tutta la vita. Avrei voluto si fosse fermato quando avevamo la consapevolezza che sarebbe morto, perché con la disperazione passare un minuto in più con lui era più meraviglioso del solito, baciarlo era più bello di quanto avessi potuto immaginare e amarlo, anche la notte quando non pensavamo a nulla tranne che ad amarci, era la cosa più fantastica che avessi potuto provare. Dire che mi manchi terribilmente, che ti amo da impazzire è approssimare per difetto, Roxas. Era morto ma il mio amore per lui era rimasto, forse era cresciuto anche più di prima e non lo credevo possibile. La neve continuava a scendere lenta, senza che me ne accorgessi aveva creato uno strato spesso sull’asfalto della strada, sulla stradina che portava al tuo giaciglio eterno, si era posata anche sulla lapide coprendola del tutto. Avrei voluto fargli vedere la neve per un ultima volta, avrei voluto guardare lui per un ultima volta. Scusami, amore, ma odio tuo fratello… mi ricorda te e io non voglio paragonarti a nessuno, perché nessuno è alla tua altezza, nemmeno io lo sono stato. E avrei voluto esserlo, avrei voluto avere più tempo per imparare ad arrivare alla sua altezza. Ero triste, mortalmente, ormai le mie lacrime si erano perse tra i cuscini e le coperte e sulle maglie del mio migliore amico. Il mio amore per te sarà eterno e devastante come il dolore che la morte ha portato due volte nella mia vita. Mi era sempre sembrato stupido parlare ad un blocco di cemento ma questa volta ne sentivo davvero il bisogno, perché sapevo che la tua anima era ancora in ascolto, che mi era accanto, ma ora volevo immaginare che fosse anche il tuo cervello a sentire ed il tuo cuore a battere per quelle parole, le tue
gote arrossire magnificamente come al solito.
-Ti amo. Sarai per sempre nel mio cuore. E’ una promessa, te lo giuro- le stesse parole con cui l’avevo salutato l’ultima volta, le stesse parole che avevo sussurrato alla
tua
bara bianca, le stesse parole che dicevo ogni volta prima di andarmene dal cimitero.
E lo sapevo, lo avrei amato per sempre, perché quello era stato un amore vero. Vero e indispensabile come acqua, prezioso più del diamante. Era un amore alla
tua altezza, perché solo lui si sarebbe meritato quel tipo di amore da me. E io tel’avrei riservato per sempre. Stringevo ancora al petto la metà del nostro ciondolo, non me ne sarei mai sbarazzato perché quella era la metà del suo cuore e la mia era ancora al suo collo. L’avrei tenuta fino alla morte così ci saremmo appartenuti per l’eternità.
Per sempre, davvero.

La sveglia suonò, destandolo dai sogni che gli avevano fatto compagnia quella  notte.
Ma che cazz…?!

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Capitolo 13
*** Game Over ***


Ecco il capitolo che, a quanto pare, aspettavate per sapere che diamine è successo! So che mi impiccherete per avervi fatto piangere "pen niente" ma sono abbastanza cattiva e stronza ù.ù Sono bastarda dentro!
In ogni caso, vi ringrazio per le splendide recensioni e mi scuso in anticipo perchè il capitolo non è molto lungo! *si inchina*

 

 

 

 

 

 

Game over

Sbatté più volte le palpebre, era tutto bianco, poco definito proprio come una nuvola, una luce l’accecò. Sono in paradiso?
-È sveglio!- urlarono e piano quel bianco divenne consistente, mostrandogli il vetro che c’era a diversi passi dal suo letto, il medico che muoveva la lucina sui suoi occhi -Sta benone, solo un po’ scosso-.
Saltò a sedere, sentendosi dire che doveva stendersi, che doveva stare calmo. Vide sua madre entrare, abbracciarlo stretto. Sono vivo?! Che era successo? Un miracolo, forse?
-Che diavolo succede?!- urlò, ferendosi la gola
-Amore, sei stato in coma per tre giorni… quel bullo, lunedì a scuola ti ha fatto sbattere la testa contro il muro-.
Sgranò gli occhi, che diamine stava dicendo? Che era stato tutto un sogno? Che aveva sognato un anno della sua vita?! Un anno stupendo, in cui stava con Axel e in cui poi, alla fine, moriva? Si sentiva anche più vecchio, per la miseria!
-Lo denunceremo non appena uscirai da qui, purtroppo non potrà espulso perché è successo tutto fuori orario scolastico-.
Cercò di calmarsi, era tutto come un anno fa… no, era come aveva sognato.
-Non voglio che lo denunci, perché io lo amo, mamma-.
Eppure, ora non poteva sapere se il rosso avesse ricambiato il sentimento, ora doveva ricominciare daccapo. Sospirò, sua madre aveva gli occhi sgranati. Come un videogioco. Era morto ed ora ricominciava dall’ultima volta che aveva salvato, era così snervante. Avrebbe dovuto riconquistare Axel, richiedergli di lasciarlo stare, poi di morderlo… Aspetta un momento, è come una seconda chance! Posso cambiare le sorti, posso velocizzare, posso soffrire di meno!
Era strano, credeva che tutto fosse uguale al sogno una volta uscito dall’ospedale, eppure non era così. Tutto era diverso, come se tutto fosse stato cancellato ed ora riscritto; non doveva pensarci, era un sogno… un sogno davvero reale ma pur sempre immaginario e doveva dimenticarlo, sebbene ricordasse ogni minimo particolare e se pensava che con Axel non aveva fatto niente di niente gli montava la rabbia perché aveva paura che sarebbe stato tutto diverso.
Aveva una piccola cicatrice dietro la nuca, coperta dai capelli biondi, per fortuna non glieli avevano tagliati tutti… si stava facendo raccontare da Sora quello che era successo in quei giorni, per tenersi aggiornato, insomma. Axel era sempre il solito bullo, ora molto più incazzato di prima e per colpa sua. Disse anche che lo trattava un po’ male. Ma io lo amo lo stesso. Già, lo amava lo stesso e voleva vederlo. Lasciò il suo gemello senza dire niente, facendogli morire le parole in gola. Infilò la felpa ed uscì fuori, correndo verso casa di Axel… sempre se quello non fosse un ricordo del suo sogno. Eppure, quasi per fortuna, la casa era lì, come la ricordava. Vide il Liberty verde mela e fu felice che il rosso fosse in casa, ora che notava si sentiva anche la musica di Demyx provenire dalla stessa villa; bene, almeno non sarebbe morto. Bussò, deglutì quando gli occhi verdi si puntarono su di lui squadrandolo dall’alto in passo, poi si piantarono nei suoi occhi.
-Che cazzo vuoi, nanerottolo?- un brivido gli percorse la schiena, l’ultima volta che l’aveva chiamato così l’aveva posseduto per tre ore… arrossì a quel pensiero ma per fortuna a salvarlo ci fu il biondo, che prendendolo per un braccio lo strattonò dentro, buttando per aria Axel e chiudendo la porta
-Chiedigli scusa!- fece, le braccia incrociate al petto -L’hai fatto rimanere in coma per tre giorni, tre!-
-N-no, sono io che volevo scusarmi- i due lo fissarono sconcertati -Insomma, non avrei dovuto dirti quelle cose io non… scusa- sospirò infine, guardandolo negli occhi -E con le scuse voglio anche dire che sono riuscito a non farti denunciare-
-Ora scommetto che ti devo un favore- sbuffò il più grande, il suo ragazzo immaginario
-Vorrei solo parlarti, nient’altro-.
Il Notturno Melodico sorrise, scompigliandogli i capelli, uscendo e dicendo che avrebbero dovuto fare pace o lui si sarebbe infuriato. Calò un silenzio imbarazzante, caspita quanto gli mancava ciò che aveva sognato. Sospirò, ora o mai più.
-Sai, devo ringraziarti per questi tre giorni di coma- Axel alzò un sopracciglio per guardarlo, che diavolo farneticava -Ho sognato, un sogno lungo quasi un anno… un anno maledettamente bello-.
Forse, dettato da quella che era stata un cieca fiducia verso di lui, un amore cieco che era stato devastante. Arrossì, nel dirgli di loro, ma lo guardò negli occhi serio, vedendo che più parlava più il rosso pendeva dalle sue labbra. Non si risparmiò niente, dai mesi che aveva pianto per non potergli parlare a quando gli aveva chiesto di essere morso, quando si erano baciati per la prima volta e quando avevano fatto l’amore in quelle splendide coperte di seta… ricordava tutto alla perfezione, sentiva le sensazioni sulla sua pelle. Si fissò la mano destra, peccato non avere quel polsino e quegli anelli, si toccò la gola dispiacendosi che non vi ci fosse il ciondolo. Una lacrima gli scivolò dal volto, come poteva essere triste di essere vivo? Non era per quello, era tutta una paura che niente sarebbe stato come prima, perché il sogno era stato così meraviglioso.
-Facciamo finta, che questa lacrima rappresenti due mesi di pianto-.
Si alzò di scatto, prendendogli il volto tra le mani, spostandoglielo lentamente al lato per avere libero accesso al suo collo, su cui si sporse gentilmente, cominciando a leccarlo e succhiargli la pelle, facendolo sospirare, facendogli desiderare di più.
-Hey hey, angioletto… nel tuo sogno è durato tutto così tanto, perché vuoi bruciare le tappe?-
-E’ snervante rifare tutto per la seconda volta-
-Mh… e… dimmi, nel tuo sogno, che ti facevo, di solito?- gli leccò l’orecchio, facendolo tremare
-Se per te va bene e non vorrai coperte di seta, stelle e luna, posso anche dirtelo adesso- la risata roca di Axel gli scaldò l’orecchio
-Sai, ti sembrerà strano, ma ho fatto il tuo stesso sogno, ho sognato anche quando rimanevo solo…-
-Quindi è come se avessimo vissuto assieme la stessa situazione?-
-È come se non fosse cambiato nulla, si continua-.
Non gli sembrava possibile. Lo stesso sogno, avevano fatto lo stesso sogno! Era tutto un continuo di quello che avevano sognato.
-Sai, angioletto, in ogni caso io l’ho urlata veramente quella frase…- lo baciò un'altra volta
-Gli altri non riusciranno a seguirci… siamo un anno avanti-
-Sai quanto me ne importa?-.
Nemmeno a lui importava parecchio; non aggiunsero altro, non c’era più bisogno di parlare, di spiegare. Con una fortuna incredibile avevano sognato le stesse cose ed ora si sentivano confusi, perché tutte le cose sognate non erano vere, perché con gli altri si sarebbero dovuti comportare in modo diverso; tra di loro no, avrebbero finto che era quasi un anno che erano fidanzati, tra due mesi avrebbero festeggiato il loro anno di fidanzamento e tutti sarebbero rimasti sconcertati. Non potevano capire e loro non volevano che capissero. Roxas si staccò dalle labbra di Axel a malincuore ma doveva dirglielo.
-Sei ancora fidanzato con Larxene, giusto?-
-Bhè… sì, però dopo le dico di vederci e la lascio, non voglio tradirti!-
-In realtà è lei che viene tradita- ridacchiò
-Non è vero, sono fidanzato da quasi un anno con te e sei resuscitato perché Dio non ti sopportava… sei così lagnoso!-
-Lagnoso io?!- si finse sconvolto -Allora credo che per avermi dovrai cambiare tono, caro mio! Sono offeso, la nostra storia potrebbe essere arrivata al capolinea!-, il rosso rise, tirandolo su dalla sedia
-Vorresti concederti a me, nonostante sia fidanzato?-
-Axel questa parte non ti si addice-
-Che parte?- chiese, alzando un sopracciglio per poi preoccuparsi di baciare il biondo che poté rispondere solo a tratti
-La… parte… di quello a cui… dispiace tradire-
-Eh no, tu sei l’unico che non tradirei!-.
Infilò le mani sotto la maglietta di Roxas, cominciando a farle pattinare fin dietro la schiena, per poi infilarle nei jeans; il più piccolo tremò leggermente, anche per il solletico, poi cinse il collo di Axel con le sue braccia, baciandolo famelicamente mentre il rosso lo palpava da sopra le culottes. Lo prese di peso, facendolo sedere sul tavolo, staccandosi dalle sue labbra per scomparire sotto la sua maglia, leccandogli i pettorali appena accennati. Roxas rise di gusto, lo tirò fuori da sotto la sua maglietta e gli fece notare che la finestra della cucina era aperta e che uno sconvolto Demyx boccheggiava come un pesce.
-Cos’è, Dem? Perché non fai finta che questo sia un film porno? Non ti sconvolgere!-
-Idiota! Almeno potreste essere un po’ più intimi… e da cos’è scaturito tutto questo sbaciucchiamento?-
-È una lunga storia- rise il più piccolo, scendendo dal tavolo per avvicinarsi alla finestra -Una storia lunga più o meno un anno!-.
Il rosso rise per l’espressione del suo migliore amico
-Oh, come se tu poi non sapessi nulla!- lo schernì, ridendo ancora.
Avrebbe voluto studiare ma già aveva fatto quei compiti tempo prima… almeno era avvantaggiato. Se pensava alla faccia di Demyx rideva ancora. Anche volendo non riuscirebbe a capire, ma in realtà non voleva dire niente a nessuno. Vibrò il cellulare nella sua tasca, com’era contento di avere ancora l’ultimo modello vivo e vegeto! Sorrise, l’aveva lasciata! Evvai! Urlò un “sì” entusiasmato, attirando l’attenzione dei suoi due gemelli che erano seduti al tavolo con lui per fare matematica. Gli chiesero cosa ci fosse di così entusiasmante in quel messaggio.
-Oh, niente, Axel ha lasciato la Ninfa Selvaggia-
-Cosa?! Stavano assieme da un anno!- face Naminè, già felice di aver trovato un nuovo gossip
-Veramente lui è fidanzato da un anno con me- Sora soffocò con la saliva, prendendo l’espressione più idiota del mondo e facendolo ridacchiare; la gemella lo guardava confusa e sconcertata
-State assieme da un anno?! Ma è impossibile!-
-Possibilissimo, invece; tra due mesi è il nostro anniversario di fidanzamento!-.
Si alzò dal tavolo, uscendo fuori per chiamare Axel; si stese sull’altalena a panchina, mettendo un piede sopra il bracciolo. Si fece raccontare tutto nei minimi particolari e rise quando il rosso gli disse che aveva tutti i capelli impiastrati di frappé al cioccolato.
-E tutto questo per te, baby!- esclamò -Se mi raggiungi ci facciamo la doccia assieme!-
-Hai gli ormoni in subbuglio come un quattordicenne arrapato. Devo dire che la proposta mi alletta ma tra mezz’ora ho gli allenamenti di scherma-.
Sentì il rombare del motore del Liberty di Axel, vedendolo poi spuntare da dietro la curva. Il rosso posò il telefono e Roxas preferì ignorare il fatto che lo stesse usando mentre guidava.
-Mi farò bastare venti minuti! Dai, salta su angioletto-.
Non se lo fece dire due volte. 

 

 

Io non avrei nemmeno aspettato che lo proponesse... andiamo, chi malato di mente preferirebbe la scherma ad Axel?! CHI!? ù.ù

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Capitolo 14
*** Un anno insieme ***


Ed eccomi con un ennesimo capitolo! :D Ma io vi amo!!! *____________* Se vi chiedete se questa storia avrà mai fine... bhè, si cel'ha xD Il prossimo capitolo sarà lunghissimo e pieno di novità! :P Baci, recensite che mi gasate! ^^

 

Un anno insieme

Roxas saltò dal letto non appena sentì la sveglia; si tuffò nel letto di Sora intimandolo a muoversi, poi tirò i pugni nel muro, urlando a Naminè di spicciarsi. Si fiondò nel bagno e si preparò velocemente, poi corse fuori, cominciando a giocare con la neve che era scesa durante la notte. Era tutto così bello quando nevicava… tutto imbiancato e persino il luogo più brutto e squallido diventava un angolo di paradiso. Axel diceva che era ovvio che amasse quella stagione, dopotutto era un angelo! Il suo angioletto custode. Sorrise soddisfatto quando i suoi due gemelli, ancora mezzo addormentati, seguirono la madre verso l’auto. La scuola era praticamente quasi deserta, se non per quelli che arrivavano con l’autobus; poi c’erano un sorridente Axel e un ancora assonnato Demyx che sembrava stesse dormendo in piedi, proprio come i cavalli.
-‘Giorno angioletto!- lo salutò il rosso, baciandolo dolcemente -Ho organizzato una bella serata per noi due-
-Non vedo l’ora- sorrise, baciandolo un’altra volta -Ti ricordi quando mi hai chiesto di non farti regali?- l’altro roteò gli occhi verdi, sbuffando
-Nanerottolo, devi imparare ad ubbidirmi-
-Stai calmo, non te ne ho fatti, non ho comprato niente ma… avrei un idea niente male- sussurrò l’ultima frase nel suo orecchio, dovette alzarsi sulle punte per farlo.
-Non avresti dovuto dirmelo… adesso per tutte le cinque ore di scuola sarò impegnato con le mie fantasie erotiche-, Roxas rise, poi arrossì.
-Un contentino posso dartelo anche ora-.
Sentì Axel tremare leggermente, trattenere un gemito e sorrise ingenuamente, prendendolo per mano e portandolo nel retro della scuola, dove la finestra dello sgabuzzino era sempre aperta, nonostante sembrasse chiusa bene. Scavalcarono e poi la chiusero, da fuori non si sarebbe mai visto nulla, il vetro era troppo sporco di polvere. Il rosso lo spinse contro il muro, con una mano gli carezzava i capelli mentre l’altra era già scivolata a toccargli l’intimo da sopra i pantaloni. Roxas gemette tra le sue labbra, infilandogli le mani sotto la maglia, carezzandogli la schiena per poi infilarle nel pantalone.
-Ora mi spieghi come fai ad eccitarmi solo per una carezza innocente- vece con voce rotta il più grande, succhiandogli il labbro
-Non è molto innocente quello che stiamo facendo- rise l’altro, facendo scorrere velocemente le mani sui fianchi di Axel, sfiorandogli l’inguine da sopra la stoffa delle mutande; sorrise compiaciuto al suo gemito e alla sua evidentissima erezione -Ora penso io a questa-.
Il piromane scivolò a terra, ansante, i pantaloni ancora sbottonati mentre appoggiato al muro c’era il biondo che sorridendo si ripuliva le labbra; poteva sembrare un bambino che si ripulisce le labbra dalla glassa della torta… solo che quella non era glassa. Roxas lo baciò dolcemente, mentre l’altro si dava una sistemata.
-Dai, torniamo che tra cinque minuti dobbiamo entrare in classe-.
Dopo le noiose ore di lezione, l’intervallo lo passò in classe per copiare le cose arretrate dal quaderno di Naminè; non aveva voglia di farlo a casa, poteva anche stare un quarto d’ora in più in classe ma sarebbe rimasto in camera anziché stare l’intera giornata col suo ragazzo. Quando anche l’ultima campanella suonò, si precipitò fuori per primo, tirando il giubbino dall’attaccapanni rischiando di staccarlo dal muro, quindi scese le scale correndo per fiondarsi fuori. Maledetta sciarpa lunga, ci inciampò dentro finendo addosso a Xaldin. Ma di cos’era fatto, cemento?! Si portò la mano alla fronte massaggiando il punto in cui era andato a sbattere contro la schiena del metallaro, che si era girato a guardarlo, poi aveva riso.
-Funghetto, dovresti essere meno imbranato!- lo tirò in piedi, tenendolo stretto per il polso, portando il viso del biondo alla sua stessa altezza e facendogli penzolare i piedi in aria, era un po’ imbarazzante -Se vuoi il tuo ragazzo sarà qui a momenti!-
-Xa-xaldin mi metti a terra? Guardano tutti- si lamentò e quello lo lasciò andare, intanto era anche arrivato Axel, con al seguito Demyx che lo stava intrattenendo come al solito con le sue chiacchiere
-Hey, Soffio di Fiamme Danzanti, lo sai che il funghetto è leggero come una bambolina?-
-Ne ho il sospetto da quando mi ha montato-
-AXEL!- urlò, rosso in volto, avrebbe volentieri voluto sciogliersi ed unirsi alla neve.
mentre tutti ridevano del suo imbarazzo, compreso il suo fidanzato, si sistemò meglio la sciarpa e fece finta di non sentirli.
-Allora ci vediamo oggi, angioletto, attendo impaziente il tuo regalo-
-Brutto pervertito- l’ammonì, anche se brutto non lo era nemmeno un po’; il suo ragazzo sorrise, lo baciò per poi andare via con Demyx.
Nonappena vide l’auto di sua madre vis i fiondò dentro, dicendole di lasciare a piedi gli altri quattro, che voleva tornare a casa al più presto. Sentì la donna ridacchiare e la guardò attraverso lo specchietto retrovisore
-Come mai oggi così euforico?- arrossì, deglutendo, se glielo diceva era capace di rovinare tutti i suoi piani
-Niente- si limitò a dire, puntando lo sguardo altrove.
Finalmente i suoi gemelli e i suoi amici entrarono in macchina e Kairi gli sorrise
-Come festeggerete il vostro anniversario, tu e Axel?-.
La fulminò con lo sguardo, come poteva essere così cretina?! Forse si era accorta dello sguardo ed accennò un sorriso imbarazzato, sua madre emise un gridolino eccitato
-Per festeggiare potresti farlo venire a casa!- no, ti prego, no!
-Veramente volevamo…-.
Non ebbe modo di finire, la macchina frenò improvvisamente e guardando fuori al finestrino notò che c’era Axel che si stava infilando il casco. Quello salutò educatamente, poi Aqua gli sorrise
-Perché oggi non ti fermi a casa? Magari ceni con noi se ti va- il rosso lo fissò, Roxas, seduto dietro il seggiolino di sua madre, gesticolava e faceva di “no” anche col labiale, sperando che rifiutasse la proposta, tremò quando il rosso gli sorrise maligno
-Ma certo! Magari vedrò delle sue foto di quand’era piccolo, che ne dice, signora?- il biondo lo bruciò con lo sguardo
-Idea magnifica! Ad oggi, allora-.
Roxas si tirò uno schiaffo in pieno volto, irritato. Quel cretino… che gran bastardo! Gliel’avrebbe fatta pagare, poco ma sicuro. Batteva infuriato il piede per terra, avanti a sé sua madre aveva un sorrisino idiota stampato sul volto, ma ti pare?! Axel era uno stronzo patentato, sicuramente avrebbe fatto di tutto per rendergli la vita impossibile quel giorno… eppure sapeva quanto sarebbe stato felice a passare la giornata soltanto con la sua compagnia. Come se non bastasse suo padre nemmeno lo sapeva che sarebbe venuto e l’avrebbe presa male, molto male. Ma che situazione di merda! Mezz’ora dopo bussò il campanello, Axel si presentò a loro vestito con un jeans stretto, un dolcevita verde a collo alto con sopra una giacca nera, ai piedi un paio di scarpe da tennis; era bello da mozzare il fiato, anche sexy, peccato che il biondo fosse troppo incazzato per notarlo. Il rosso aveva in mano una torta, Aqua gli sorrise radiosa e lo fece accomodare; aveva tirato fuori da chissà dove centinaia di migliaia di foto con un Roxas piccino e, soprattutto nel primo anno di vita, nudo con il ciuccio in bocca, l’aria dolce e sveglia, un ciuffetto di capelli biondi in testa.
-Oh, adorabile- commentò il suo ragazzo, sfogliando gli album, guardandolo con un espressione tenera carica di sarcasmo, va a farti fottere… mi sa tanto che toccherà a me farlo!
Quando finirono le foto, sua madre e i suoi gemelli si misero a discutere animatamente. Non aveva mai amato essere al centro dell’attenzione, ora avrebbe persino voluto che si fossero dimenticati di lui ma a quanto pareva l’argomento “Roxas” era amato.
Sentirono la porta di casa aprirsi poi in salotto li raggiunse Terra che salutò con ostilità Axel, che aveva lo sguardo di una tigre pronta ad attaccare. L’atmosfera si era gelata, suo padre e Axel discutevano di tutto ma evitavano di accennare che era il fidanzato di Roxas.
-E così sei gay- inopportuno Terra, il figlio lo fulminò con un occhiata esplicita; il rosso invece di imbarazzarsi sorrise sghembo, un magnifico sorriso sghembo
-No, si sbaglia. Sono bisex- il sorriso lasciò spazio ad una specie di ghigno beffardo -E con tutto il rispetto, è più normale Roxas che lei-.
Gli sguardi cominciarono a passare dal rosso a Terra, da Terra a Roxas, da Roxas al rosso.
-Con questo che intendi, sentiamo?-
-Insomma, fa finta che io le stia simpatico ma so quello che pensa di me… di noi. Almeno il mio ragazzo è coerente e non ha la mentalità ferma a cento anni fa-
-Può darsi, rimane comunque mio figlio e ho tutto il diritto di dirgli ciò che penso-
-Non ho detto il contrario-.
Si scambiarono un occhiata di fuoco, si sarebbero presi a morsi, mancava poco che lo facessero quando Axel sorrise, un sorriso che non poteva essere più finto e che ebbe il potere di far infuriare ancora di più Terra.
-È ora che vada, è stata una bellissima giornata-.
Salutò ed uscì dopo essersi messo il cappotto, quindi andò via.
L’uomo fissò suo figlio furente, quest’ultimo sospirò, incapace di dire qualsiasi cosa.
-Sinceramente? Avrei preferito mi portassi una puttana-
Il biondo alzò lo sguardo dal pavimento e lo puntò negli occhi del padre. Stava dicendo che Axel gli faceva più schifo di una puttana?! Rise stancamente, quella situazione sarebbe durata per un altro anno?
-Sono io la puttanella della situazione, non te ne sei accorto?- sputò con rabbia
-Basta!- urlò Sora -Come fai a non vedere quanto è felice? Devi sempre rovinare tutto!-
-Sta zitto, questi non sono affari tuoi-
-Sì che sono affari miei! Perché anche io sono gay!-.
I presenti lo guardarono a bocca aperta; ora che Roxas ci pensava non aveva mai visto suo fratello con una ragazza a differenza sua. Si spiegano parecchie cose. Terra sembrò sul punto di collassare e si lasciò cadere sulla poltrona.
-Naminè, dimmi che tu sei normale… ti prego, dimmi che ti piacciono gli uomini-
-Sì, piacciono gli uomini anche a me-.
Wow. Anche Sora era come lui e già immaginava da chi fosse attratto. Sgattaiolarono tutti via prima che l’uomo si mettesse a piangere di disperazione. Lui e il gemello erano nello stesso letto, quello del biondo che era vicino alla finestra, ai loro piedi era seduta la ragazza che li fissava.
Avevano parlato dei due “anormali” della situazione. Loro padre non li avrebbe nemmeno guardati in faccia. Avevano saltato la cena, lo stomaco era chiuso; Roxas sbuffò, bell’anniversario! Auguri! Il cellulare vibrò ed il biondo lo tirò fuori.
Affacciati, angioletto”.
Si alzò di scatto dal letto, cercando qualcuno giù in strada ma era deserta; la faccia di Axel gli comparve improvvisamente avanti alla sua, era a testa in giù, urlò spaventato, che ci faceva sul tetto?!
-Buona sera, gemelli!- gli altri due erano rimasti con gli occhi sgranati -Dai, angioletto, vieni che ti aiuto a salire-.
Lo tirò di peso sul tetto, dove c’era una coperta e un cestino del picnic. Roxas era ancora sconvolto ma riuscì a notare che c’era una luna bellissima e che le stelle erano splendenti. Sorrise come un cretino… come aveva potuto credere che Axel gli potesse rovinare la giornata? Sentì qualcosa di freddo vicino al collo, era in pigiama e non aveva nemmeno preso qualcosa per coprirsi, si toccò il collo e sentì il metallo sotto le dita, sorrise: lo yin yang. Posò i suoi occhi azzurri sul rosso che aveva preso a fissare il cielo.
-Ti amo-
-Anche io, tanto- Axel si sporse per baciarlo, poi si tirò indietro, prendendo un pacchettino, scartandolo e tirando fuori il polsino con gli anelli -Ho girato giorni interi per trovarli!- esclamò
-Grazie-
-Questo e altro per il mio angioletto- gli arruffò dolcemente i capelli, sorridendo.
Lo tirò a sé, baciandolo dolcemente, amoreggiarono come ragazzini. Si stesero, la schiena contro la coperta, il biondo poggiò la testa sulla spalla di Axel che gli carezzò dolcemente la guancia.
Non si poteva stare più bene, davvero, era tutto così perfetto da togliergli il fiato. Rabbrividì dal freddo e il rosso lo strinse, mettendogli il suo giubbotto indosso. Avvicinò il viso al suo orecchio e glielo morse dolcemente.
-Ho pianto come un matto quando ho sognato che saresti morto… io nemmeno avrei mai immaginato di amarti-.
Roxas strusciò il volto contro la spalla del più grande, cercando di riscaldarsi il naso.
-Voglio dormire con te stanotte, me lo fai quest’altro regalo?-.
Axel lo scostò arrampicandosi giù dal tetto, bussando alla finestra. Tornò su poco dopo e gli sorrise.
-Abbiamo la stanza di tua sorella. Vieni-.
Uno migliore non l’avrebbe mai trovato. Il rosso sorisse e lo baciò
-Auguri, angioletto-
-Sei pazzo, sai?-
-Lo sospettavo… dai, andiamo-.
Quella notte era da segnare nelle più belle della sua vita. Si stupì che Axel non avesse voluto fare nulla, anzi, era stato proprio lui a precisare che si sarebbero solo coccolati, perché voleva che tutto fosse speciale.

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Capitolo 15
*** Luci psichedeliche ***


Avviso alla gentile clientela: in questo capitolo ci saranno stranezze pari solo a quelle di Beautiful!
Tutti i personaggi e i fatti accaduti sono puramente casuali.
Bollino rosso. MOLTO ROSSO.

 

 

Luci psichedeliche

Un po’ si dispiacque quando, svegliandosi, non aveva visto Axel al suo fianco… chissà quando sen’era andato… non si era accorto di nulla. Ma, soprattutto, chissà che faccia avrebbero fatto i suoi genitori nel vederlo dormire con lui. Sicuramente avrebbero pensato male e si sarebbero infuriati come belve. Ridacchiò stiracchiandosi, di certo non avrebbero mai pensato che lui, il menefreghista e responsabile Roxas, potesse lasciarsi andare così tanto.
Scese a fare colazione, i suoi gemelli facevano allusioni a quello che era successo quella notte e su quello che credevano avessero fatto nella stanza. Non perse nemmeno tempo a smentire, non gli importava e non gli avrebbero mai nemmeno creduto, anche lui al loro posto avrebbe pensato chissà cosa.
Suo padre non lo salutò e non si aspettò nemmeno che lo facesse, sia chiaro.
Questa volta dovette stare al volere di Sora e Naminè che il giorno prima avevano dovuto fare tutto quello che voleva lui; se lo meritavano, quindi almeno quella giornata lasciò che arrivassero più tardi fuori la scuola.
Come ormai succedeva spesso, appena scendevano dall’auto ai tre gemelli si avvicinavano Riku e Kairi e Axel e Demyx quindi alla fine stavano tutti vicini e a loro si aggiungevano anche Xaldin e Xigbar.
Proprio come nel sogno il gruppo dei nuovi bulli ospitava Xemnas, Saix e Marluxia; il suo ragazzo guardava il primo con odio, forse quello che gli aveva detto nel sogno faceva ancora male. Lo abbracciò, costringendolo a concentrarsi su di lui piuttosto che sul Superiore.
-Come avete passato la nottata?- chiese malizioso Xaldin, il biondo sorrise
-Non ci crederai, ma non ha voluto fare niente-
-Il funghetto dice il vero?- chiese di nuovo, fissando un imbarazzato Axel
-Sì, non ho voluto fare niente… problemi?-
-Oooooooh!- fece Demyx, la bocca un perfetto ovale -Gli si stanno calmando gli ormoni!- il Tiratore libero rise
-Non ci credo! Lui e Xaldeeen sono i due porno della situazione!-
-Allora? Ha preferito fare il romantico!- commentò Kairi
-È proprio questo il problema!- fecero i tre ex bulli, poi continuò il migliore amico
-Il nostro Soffio di Fiamme Danzanti…-
-È innamorato come una ragazzina!- finirono in coro Xigbar e Xaldin.
La vena frontale del rosso cominciò a pulsare, il biondo per poco non scoppiò a ridere, era lì che cercava di calmarsi, i pugni chiusi.
-Io vi uccido- sibilò il diretto interessato che fino a quel momento era stato zitto -Cominciate a correre!-.
Sfrecciarono tutti lontano, verso il parcheggio, lasciandosi dietro le impronte ed un furioso Axel.
Roxas intanto era rimasto con un sorriso ebete e venne richiamato, facendo ridere i quattro presenti. Innamorato come una ragazzina, addirittura? La campanella suonò poco dopo così i cinque si avviarono in classe. Non per caso, Marluxia lo spintonò per poi chiedere scusa ridacchiando. Alzò un sopracciglio, perplesso, poi seguì Naminè.
Durante l’intervallo Axel guardava con ostilità i suoi amici, sicuramente era successo qualcos’altro perché i tre ridacchiavano di gusto e, alla fine, sempre con la sua solita delicatezza il rosso li mandò “A farsi fottere da una scimmia con l’AIDS”. Roxas, dopo aver riso come tutti gli altri, si girò in direzione del gruppetto di bulli, notando che lo fissavano, soprattutto il rosa che aveva nello sguardo un non so ché di peccaminoso che lo fece rabbrividire visibilmente. Il suo ragazzo e il metallaro, dopo essersi accorti anche loro dello sguardo che Marluxia rivolgeva al piccolo, si fissarono e senza pensarci due volte lo presero di peso, portandolo via dalla visuale del Leggiadro Sicario, ignorando le proteste di Roxas.
-Funghetto, hai la minima idea del perché si chiami Leggiadro Sicario?- accennò un no -Bene, perché “uccide” le sue vittime a colpi di spada, se capisci quale spada intendo- lo guardò confuso
-Il cazzo, C-A-Z-Z-O! Got it memorized?! Stagli alla larga-
-Quindi lui mi fissava perché… ODDIO!- urlò, saltando addosso a Xaldin, aggrappandosi alle sue spalle, cercando di nascondersi
-Il piccino e agile a quanto vedo… funghetto, stai calmo, ci pensiamo io e il piromane; fa tanto il bravo ma non ci metterà molto a far prendere fuoco a quel frocio-
-Angioletto, basta che non fai nulla che possa eccitarl… siamo fottuti, sei tremendamente eccitante-
-Io sarò fottuto!-
-Calma, porco Dio, non ti lasceremo mai solo, funghetto, ora scendi-.
Una volta tornati, gli unici fessi che non avevano capito niente erano Sora, Demyx e le due ragazze. Riku fissò Roxas, poi guardò i due che l’avevano portato via.
-Se esce dalla classe lo seguo-
-Perfetto… in ogni caso, Marluxia è in classe mia e di Demyx, quando esce ti mando un messaggio, quando rientra pure- fece il rosso, serio come non mai
-Funghetto, porti parecchi casini!-.
Davvero Marluxia poteva essere tanto pericoloso? Sembrava fossero degli agenti della CIA e lui il testimone da proteggere; fu a dir poco snervante, in quei giorni, non poter andare in bagno e passare l’intervallo in classe sorvegliato dalle sue quattro guardie del corpo. Infondo lo facevano per lui ma non poteva nemmeno uscire di casa da solo, ormai non usciva proprio, lo faceva solo per andare agli allenamenti di scherma. Poi, finalmente, erano arrivate le vacanze di Natale.
Era con Axel quel pomeriggio, erano andati a comperare i regali per gli altri e non facevano che chiedere cosa volesse l’altro; insomma, fare gli stessi regali del sogno era stupido e per di più la collana già l’avevano. Erano ad ammirare una vetrina quando Roxas venne tirato via da Acel per entrare nel negozio. Il biondo lo guardò come a dire “che ti viene così all’improvviso?”
-C’erano Marluxia e Larxene… cazzo, cazzo, cazzo!-
-Calmo, guarda stanno andando vi… merda, nascondimi!-.
Axel si guardò intorno e lo buttò dentro al camerino dove c’era uno sgabello e Roxas ci salì sopra, cercando di farsi piccolo piccolo, guardando le ombre da fuori. Per la loro incredibile fortuna quei due avevano visto il suo ragazzo… impossibile non vederlo con i capelli che si trova! Trattenne il fiato, sperando che non lo sentissero.
-Bam bum baby!- salutò il rosso, riusciva a fare la parte del normale benissimo, per quanto normale fosse uno come lui, si intende
-Yatta! Axel, non sei col tuo fidanzatino?-
-No, got it memorized?! Ero qui perché dovevo fare un regalo… poi ho visto in giro ed ho pensato di provare qualcosa-
-Adorabile- sputò con acidità Larxene -Andiamo via-.
Il rosso sospirò sollevato, cacciando la testa dentro al camerino. Roxas sbatté la testa contro il muro, ringraziando il cielo che non lo avessero visto, che non avessero avvertito la sua presenza.
-Ora torniamo a casa- ordinò quasi -Non ci tengo ad essere stuprato-
-Dai, vieni angioletto-.
Si rilassò solo quando varcò la soglia di casa, buttò il giubbino e la sciarpa sul divano e vi si stese, togliendosi le scarpe e lasciandole per terra. E se Marluxia avesse trovato il momento in cui era solo? Magari l’avrebbe preso di sorpresa quando era sotto la doccia o quando sonnecchiava sul divano, quando era solo in casa… Basta, non ne posso più! Tutte a me, cazzo!
La porta si aprì e per poco non urlò di paura, poi tirò un sospiro di sollievo, era solo sua madre.
-Cosa c’è che non va, tesoro?- la guardò sorpreso, come l’aveva capito? -Quando sei disordinato c’è sempre qualcosa che non va- spiegò, sedendosi vicino a lui
-Sono solo stanco- rispose.
Sembrò che la bugia avesse funzionato perché Aqua tolse la confusione e lo lasciò in pace. No, aspetta, non c’è cascata… altrimenti mi avrebbe fatto togliere il casino. Sbuffò, non vedeva l’ora che tutto finisse.
Era a leggere in pace in camera sua quando, senza nemmeno bussare, Demyx si fiondò su di lui, spaventandolo e facendogli male; poi il Notturno Melodico gli sorrise.
-Devi venire in discoteca, stasera. Sono riuscito a farmi ingaggiare come dj!-
-Davvero? Ci vengo sicuro! Non vedo l’ora di sentirti… te lo dicevo che ce la facevi-
-Grazieeeee!- lo stritolò, poi lo lasciò andare -Ora vado, sono le otto e devo preparare tutto. Mettiti d’accordo con Ax. Ci vediamo stasera!- detto questo scomparve velocemente.
Odiava la discoteca ma per lui questo ed altro… non gli costava niente, dopotutto. Chiamò il suo ragazzo, sarebbe passato a prenderlo con Xaldin, c’era anche Xigbar. Bene, ora sicuramente tutto si sarebbe complicato perché Sora e Naminè si sarebbero autoinvitati e lo avrebbero detto anche a Riku e a Kairi… o forse no, se faceva tutto in silenzio. Avvisò sua madre a voce bassa, intimandola a non parlarne, poi scivolò in bagno per lavarsi. Axel gli aveva detto che in discoteca era d’obbligo la camicia. Bha, vallo a capire; in ogni caso fece tutto come gli aveva detto e infilò per ultimi il polsino con gli anelli, poi aspettò in salotto. Quando vide l’auto salutò velocemente ed uscì; faceva un freddo cane a quell’ora, si strinse meglio nel giubbino per poi infilarsi nell’auto del metallaro.
-Buonasera!- salutò, Axel lo fissava senza dire niente, poi tirò fuori il sorriso più malizioso del mondo -Hey, che hai?-
-Quanto sei figo stasera!- gli altri due avanti risero, Xigbar si girò a guardarli
-Indovinate?- lo guardarono confusi -Ci ha appena sorpassati Mansex e con lui c’erano Sailor Moon, la bionda e il frocio-
-Porca puttana- si fece scappare Roxas, non era da lui dire parolacce così pesanti ma ci voleva, o forse lo disse semplicemente perché la vicinanza a Xaldin lo stava influenzando.
-Tu stacci vicino, funghetto. Io e Axel non ci ubriachiamo mai, baderemo a te-.
Sperava davvero che non ci fossero problemi, altrimenti non immaginava neppure che gli sarebbe successo. Rabbrividì solo al pensiero.
Una volta arrivati parcheggiarono, Axel gli cingeva le spalle con un braccio e lo sentiva chiaramente teso, così gli mise il suo braccio attorno ai fianchi e sembrò calmarsi, o almeno si rilassarono meglio entrambi. Lasciarono i cappotti all’entrata, c’erano due donne che li controllavano, poi scesero le scale e la musica divenne assordante, le luci che cambiavano improvvisamente colore rendevano tutto caotico e sballato; sentì la presa di Axel farsi più forte ma non era teso ora, semmai concentrato; seguì la traiettoria dello squardo del rosso, i suoi occhi versi erano puntati dall’altra parte del locale, vicino al bancone; li vide anche lui e si sentì le gambe cedere.
-Va tutto bene, angioletto- urlò nel suo orecchio ma lo sentì come un sussurro a causa della musica alta -Vieni che troviamo Dem- annuì e si lasciò portare, tenendogli la mano.
Il Notturno Melodico, mai soprannome fu più azzeccato in quel momento, aveva una T-shirt bianca con disegnati dei dischi fluorescenti, Nike ai piedi e occhiali fluorescenti sul naso.
-Vi aspettavo!- urlò nelle loro orecchie, per poi sbaciucchiarsi con Xaldin
-Ti consiglio di non fare l’idiota con le ragazze-
-Non sono io “Mr. Porno”. Guarda che dalla consolle ti vedo!-
-Tranquillo Dem- lo baciò ancora -Vado a cercare quel guercio prima che si metta nei guai! In bocca al lupo!-.
Axel gli diede una pacca sulla spalla
-Facci divertire!-
-Non vedo l’ora- commentò, per poi salire alla postazione del dj. E si sentiva che c’era la mano di quel truzzo, aveva la musica nel sangue.
Il rosso lo portò in pista e cominciarono a ballare, dopo un po’ si fermarono ed andarono a prendere da bere. Roxas puntò gli occhi su Demyx, era concentrato e rilassato allo stesso tempo, si vedeva che stava bene, che si sentiva a suo agio. Sorrise quando il dj lo guardò ed alzò il bicchiere per brindare al suo successo, l’altro alzò il pollice, poi tonò a concentrarsi sulla musica.
-È un mito-
-Lo penso da quando abbiamo cinque anni- fece Axel, bevendo la sua bibita -Aspetta un attimo qui-.
Roxas si appoggiò al muro, ridendo nel vedere la caduta di uno Xigbar ubriaco. Alzò lo sguardo e per poco non sputò tutto. Che cazzo fai?! Gli occhi divennero lucidi, il suo ragazzo si stava sbaciucchiando con Larxene?! Ingollò tutto il bicchiere, andando a prendere qualcosa di forte. Brutto bastardo! Bevve tutto d’un sorso e si sentì lo stomaco in fiamme, la testa leggera. Bene, era ubriaco, avrebbe fatto di tutto ora. O molto più probabilmente voleva far credere a sé stesso di essere ubriaco e avrebbe dato la colpa delle sue azioni all’alcool. Lo vide e sorrise, raggiungendolo a passo veloce. Spiaccicò Marluxia al muro, salì su un tavolino diventando più alto di lui di qualche centimetro e cominciò a baciarlo senza pensare agli sguardi sconvolti degli altri due che erano con lui, senza pensare al senso di nausea che gli stava attanagliando lo stomaco. Infilò prepotentemente la lingua nella bocca del rosa che lo lasciò fare, forse voleva vedere fin dove sarebbe arrivato. Mai sfidarmi.
-Mica scemo Axel- rise il più grande -Sei qualcosa di micidiale-.
Roxas abbassò lo sguardo, notando che il cavallo dei pantaloni di Marluxia era gonfio, allora il rosso non esagerava quando gli diceva che con lui si eccitava subito; si leccò le labbra, e gli occhi dell’altro vennero invasi da una luce strana. Lo fece scendere dal tavolino, continuando a baciarlo finché Roxas, preso da un brivido di freddo, si staccò notando che erano nel retro del locale, dove c’erano un paio di bidoni ed una recinzione alta. Questo ora mi divide in due… ma non gli avrebbe lasciato fare tutto, si sarebbe divertito anche lui. Prese a tremare a causa del freddo, dopotutto era quasi Natale e lui aveva indosso solo una camicia.
-Ora ti faccio tremare io, il freddo sarà l’ultimo dei tuoi problemi, tesoruccio-.
Ripresero a baciarsi ancora, quando il biondo sentì la porta di metallo sbattere e all’improvviso vide Marluxia per terra.
-Brutto frocio di merda! Vatti a inculare il tuo capo!-.
Delicato e dolce Axel. Lo fulminò con lo sguardo, incrociando le braccia al petto; il rosso lo guardò in modo strano, indecifrabile, poi lo prese per il polso e lo portò dentro, prese i cappotti e lo buttò nella macchina di Demyx, facendola partire ad una velocità pazzesca. Il biondo sperò solo che non la rompesse perché la macchina non aveva nemmeno una settimana di vita. Si imbronciò sul sedile, portando le gambe al petto ed incrociando le braccia, non lo degnò nemmeno di uno sguardo, intanto avrebbe voluto volentieri vomitare tutto quello che aveva bevuto. L’auto frenò bruscamente, sentì la portiera sbattere e poco dopo la sua aprirsi, allora alzò il volto e fulminò Axel.
-Si può sapere che ti è preso, nanerottolo?!-
-Inutile che ti incazzi, qui io devo essere l’alterato! Cos’è, ti sono venuti a dire che limonavo con Marluxia e ti hanno disturbato mentre facevi lo stesso con quella puttana?!-
Il rosso si strinse il naso all’altezza degli occhi con l’indice e il pollice, cercando calma, poi sospirò.
-È lei che ha baciato me-
-Usa queste scuse con uno che non le abbia usate almeno tre volte al giorno…- la voce si incrinò e scoppiò a piangere
-Ecco che arrivano gli effetti indesiderati dell’alcool- roteò gli occhi, poi lo strinse, tutta l’incazzatura passata -Oi, angioletto, calmati-
-Cosa c’è che non va in me? Perché papà non mi parla?! Ormai con Sora lo fa! Mi odia, mi odia!- urlò, cominciando poi a singhiozzare -E tu… perché non ti sei staccato?! IO TI AMO… BRUTTO BASTARDO!-
-Shhh… amore va tutto bene-.
Se fosse stato in sé Roxas si sarebbe accorto che aveva il tono più dolce e calmo del mondo, ma le orecchie gli fischiavano e la testa gli faceva troppo male.
-Non va… be-bene niente! Mi ha sem-mpre odiato! Io sono stato sempre que-quello in più!- si sentì stringere fortissimo quasi da fargli mancare il respiro, si calmò un po’ poi scoppiò di nuovo in lacrime -Per lui io… io non sono niente! E anche tu non mi ami!-
-Non è vero, io ti amo, Roxas, non ti permettere di dire il contrario!-
-E allora perché l’hai baciata?!- urlò con quanto più fiato aveva nei polmoni, ferendosi la gola
-Non lo so… ma ti scongiuro, non piangere che mi sto sentendo male-.
Si calmò dopo un buon quarto d’ora, era ancora abbracciato ad Axel che lo stringeva senza stancarsi. Strofinò il viso nel suo giubbotto, poi si tirò leggermente indietro per guardarlo.
-Devo vomitare-
-Non farlo nella macchina di De…- troppo tardi -Mi uccide, mi spella- commentò, mentre teneva la fronte a Roxas per evitare che abbassasse troppo il volto.
Poco dopo si riprese, la fronte madida di sudore, il volto pallido illuminato dalla luce bianca dei lampioni; posò la testa sullo schienale del sedile, sospirò chiudendo gli occhi.
-Promettimi che non mi farai bere mai più-
-Non ti permetterò di bere nemmeno a cinquant’anni! Ora scendi che devo ripulire-
-Axel?- quello rispose con un mugolio -Scusa-
-Se non mi fossi lasciato andare non sarebbe successo nulla di tutto questo… è colpa mia, sono un cretino-.
Non si dissero altro, poi rientrarono in auto. La testa gli faceva ancora male, fissò di sottecchi il suo ragazzo, per non parlare significava che era pensieroso e per esserlo c’era qualcosa che non andava.
-Non cel’ho con te- gli sussurrò
-Sono solo preoccupato. Ora quello non ti lascerà in pace un secondo… perché ti ho lasciato da solo?!- si posò una mano in faccia
-Axel! Guarda la strada che già non hai la patente- sbiancò -Cazzo…!-
-Demyx ci sbriciola e poi si divertirà a mettere insieme le ossa per giocarci a shangai!-.
Fermò l’auto, un poliziotto si affacciò intimandolo ad abbassare il finestrino.
-Buona sera!- salutò il rosso, calmo all’inverosimile
-Tu?! È da mesi che non ti vedo in giro a fare casino, e se non sbaglio tu diciotto anni li fai a marzo-.
-Non ne sarei così sicuro, Sephy- bene, avevano avuto anche la fortuna di incontrare un poliziotto che di sicuro aveva memorizzato la fedina penale di Axel senza sforzi o con suo grande dispiacere
-Un giorno ti denuncerò per oltraggio a pubblico ufficiale. Ora seguimi fino alla centrale, poi chiamiamo chi di dovere-
-… Lui non possiamo portarlo a casa? Sta male- guardò sottecchi Roxas che lo ringraziava mentalmente
-Non farà male ai suoi genitori sapere che, nonostante minorenne, ha bevuto fino a vomitare-.
Merda. Odiò quel poliziotto anche se faceva il suo lavoro stupendamente e magari lo avrebbe anche ammirato se ora non ci fosse dentro fino al suo ultimo ciuffo di capelli. Sospirò, che poteva succedergli? Un anno di punizione con acqua e pane e una giornaliera dose di schiaffi? Non male. Già immaginava la faccia di Demyx, la furia nei suoi occhi azzurri a sapere che ora anche superando il limite per un k/h l’auto, la sua amata auto gli sarebbe stata sequestrata. Arrivarono in centrale dopo un quarto d’ora, il rosso salutava tutti amichevolmente, lui avrebbe volentieri voluto scomparire. Sgranò gli occhi quando il poliziotto aprì la porta della cella.
-È obbligatorio, resterete qui fino all’arrivo dei vostri genitori-.
Si accomodò sulla branda, Axel al suo fianco si rilassò, il volto tranquillo, sorrideva beatamente.
-Che c’è di divertente?!-
-Niente, ma non va male. Oh, tu non sei abituato… io qui ci sono cresciuto quasi- rise -Credi che i tuoi la prenderanno male?-
-Come minimo. Messo in prigione per una sbronza! Ma che cazzata… io neanche posso bere, quindi-
-Angioletto, stai calmo-.
Si sporse, baciandolo delicatamente, infastidendolo.
-Non per sembrarti pesante ma non vorrei essere denunciato per atti osceni in luogo pubblico- Soffio di Fiamme Danzanti si leccò il labbro, mettendosi cavalcioni sulle sue gambe, le ginocchia a stringergli i fianchi
-Che tipo di atti osceni?- chiuse gli occhi, dicendosi di stare calmo, di non cedere alla voce così calda e roca del suo ragazzo, di non assecondarlo altrimenti non immaginava neppure… con la fortuna che aveva avuto quella giornata sicuramente li avrebbero scoperti; quasi sobbalzò dalla sorpresa quando sentì i denti di Axel giocare con la pelle del suo collo, salendo fino alle labbra; cercò di opporsi, ma come al solito lo metteva a tacere, gli faceva annebbiare la mente con pensieri sconnessi -Non mi hai risposto, angioletto- certo, chiamarlo in quel modo in certi momenti era una grande presa per culo.
-Non… Axel… per favore…- poi un sospiro più forte, che segnava per sempre la sua sconfitta.
Mandò al diavolo l’ultimo neurone che non si stava facendo le seghe per la troppa eccitazione; cominciò a sbottonargli il pantalone, facendolo ridere
-E non volevi…-
-Se parli un altro po’ te lo succhio finché non si consuma e scompare- arrossì quando si accorse che l’ultimo neurone forse lo stava sfottendo un po’
-Cos’è che vuoi fare?- lo baciò famelicamente -Guarda che non è una caramella-
-Leccalecca?- provò
-È la tua ultima parola, ora avrai la bocca un po’ occupata-.
Era ancora in ginocchio, le labbra un po’ sporche, il suo ragazzo si sistemò i pantaloni, poi la porta sbatté, lasciando entrare i tre genitori e il poliziotto che, vedendo la scena, sgranarono gli occhi, sconvolti, imbarazzati all’inverosimile. Roxas boccheggiò un po’, tirandosi di scatto in piedi, doveva nascondersi o sarebbe morto dalla vergogna, fissò Axel che era… infastidito?
-Proprio ora che mi divertivo- sbuffò -E chiudi la bocca, amore, non cel’ho ancora lì dentro, purtroppo-.
Fece mente locale, avrebbe dovuto fargliela pagare prima o poi per parecchie cose che non gli andavano giù. Si ripulì, guardando il pavimento, non aveva il coraggio di incrociare nemmeno uno sguardo delle persone che c’erano lì, il rosso invece li guardava e quasi si chiedeva cosa avessero da guardare con quella faccia.
-Come se poi non avessero mai fatto niente- si lasciò scappare, la faccia dei genitori si incupì invece il poliziotto sembrò divertito
-Stendiamo un velo pietoso-.
Roxas alzò finalmente lo sguardo e vide per la prima volta il padre del suo ragazzo: aveva i capelli rosso scuro raccolti in un codino, spennati all’inverosimile con le punte che andavano verso l’alto, due occhi di un  bel verde ma non luminoso quanto quello del figlio, un paio di strani occhiali poggiati sulla fronte.
-Oh, andiamo Reno, chissà quante volte l’hai fatto per tradire la mamma- non aveva mai sentito quel tono nella voce di Axel, era così accusatorio, pungente, cattivo
-In ogni caso, signori, vostro figlio era abbastanza ubriaco e lui guidava senza patente. Non è molto grave, contando il fatto che ha guidato solo per soccorrerlo, poi non hanno fatto male a nessuno, quindi…-
-Grazie mille, Sephiroth- fece Terra, stringendogli la mano e senza aggiungere altro lo fulminò, cosa che Reno faceva con suo figlio.
Si stava allontanando, il volto basso, quando si sentì tirare ed Axel lo baciò, avrebbe riso, certo che sapeva proprio come far arrabbiare di più le persone. Non fece la parte del sorpreso, voleva anche lui che si arrabbiassero, che suo padre si arrabbiasse, sicuro che Aqua non avesse nulla in contrario, così ricambiò il bacio, un bacio decisamente osceno; salutò con la manina il poliziotto, augurandosi di non vederlo più ed uscì seguendo i suoi verso l’auto.
S’accomodò sul sedile dietro, cercando di non pensare alla figura fatta, cercando di non pensare al mal di testa, cercando di non pensare alla cazzata che aveva fatto con Marluxia; insomma, cercò di cancellare quella notte dalla sua mente. Girò leggermente la testa al lato, fuori i lampioni schizzavano veloci, si concentrò sulla luce che andava e veniva, andava e veniva con un ritmo incessante; tutto quel silenzio, rotto solo dai sospiri lo snervava un po’ ma se ne beò, non sarebbe mai riuscito a seguire un discorso ora. Nonostante tutto, nonostante quella notte erano successe parecchie cose di cui preoccuparsi, era sereno, calmo, la testa completamente libera da qualsiasi pensiero che prima l’aveva occupata. Ma che gli importava? Avrebbe ricordato quella notte come la più strana della sua vita, che fino a poco tempo prima non aveva conosciuto nemmeno un brivido di follia, di stranezza. Aveva sempre pensato a tutto quello che faceva, non si era mai lasciato andare ed ora amava farlo ogni tanto, in modo giusto ai suoi occhi, per la sua coscienza che forse non funzionava. Ma era l’amore che l’aveva cambiato e tanto bastava per rendere tutto così assurdamente giusto. La macchina entrò nel vialetto di casa sua, fermandosi nel garage.
-Dobbiamo parlare- fece sua madre -Non ne posso più di fingere-.
Alzò un sopracciglio, poi sbadigliò
-Ora?-
-È meglio così- commentò Terra, scendendo dall’auto.
Il garage si chiuse cigolando, poi entrarono in casa con la porta che collegava questo alla cucina. Accesero le luci, era tutto silenzioso, si sentiva solo il brontolio del frigo e improvvisamente l’abbaiare di un cane spezzò quella melodia continua, si sedette a tavola, aspettando una super strigliata che però sembrò non essere il primo pensiero dei suoi genitori. Aqua mise a fare il caffè, l’osservò fare i suoi abituali movimenti con le mani tremanti, che le prendeva?
-Mamma, va tutto bene?-
-Sì, tesoro. Tutto bene- gli sembrò una risposta preparata ma non insistette, aspettando che parlassero.
Finalmente la donna si sedette, versando il caffè nelle tazzine, dandone anche a lui, spiegandogli che ne aveva bisogno per prestare attenzione.
-La cosa è abbastanza semplice, Roxas- fissò l’uomo che gli era seduto avanti, le parole sembravano costargli -Io sono d’accordissimo sulla tua storia con Axel- D’accordissimo?! Ma scherzi?! -In realtà è tua madre quella che non vuole-.
-Che significa?-
-Che ho finto di essere contenta per te… ho cercato di non odiare quel ragazzo ma non ci sono riuscita e non riuscivo nemmeno ad essere io quella che avresti odiato… quindi Terra ha fatto solamente il mio volere-.
Il suo sconvolgimento era palese. Più che sconvolto non ci stava capendo un emerito niente.
-Roxas, io non sono tuo padre- sgranò gli occhi, passando lo sguardo da lui a sua madre
-Che significa?- ripeté, la voce che tremava
-Ora ti racconto, amore, tu prometti di ascoltare senza interrompermi- annuì -Quando… quando ero incinta da tre mesi, mi veniva un uomo dietro, mi faceva della avance, ma io non volevo perché ero innamorata di tuo padre, che presto sarebbe divenuto mio marito. Alla fine… diciamo che hanno scatenato una rissa, si odiavano a vicenda ovviamente- la voce le si incrinò, così tossì per sforzarsi di non piangere -L’uomo ne uscì con qualche osso rotto, tuo padre andò in coma e morì dopo due giorni- Terra le strinse la mano, per poi continuare
-In realtà… io ho sposato tua madre solo per non lasciarla sola. Mio fratello, tuo padre, non avrebbe voluto che crescesse tre gemelli senza nessuno al suo fianco-.
Suo padre era morto. Quello che credeva suo padre era suo zio. Era morto… suo padre…
-E come si chiamava?-
-Ventus; identico a te, giuro… sei la sua fotocopia ed anche Axel è la fotocopia di suo padre-.
D’un tratto capì cosa c’entrava il rosso in quella storia e la testa gli girò.
-Il padre di Axel è quell’uomo?-
-Sì. Per questo lo odio… perché è comunque il figlio dell’uomo che ha… che ha ucciso tuo padre-.
La voce le tremava, sicuramente vedeva il suo ragazzo come una copia perfetta di Reno, lo vedeva come uno capace di uccidere a botte… forse a complicare la situazione c’aveva pensato Axel, quando l’aveva pestato e l’aveva fatto svenire. Proprio come tra i nostri due genitori. Ma Axel lo amava, lui non avrebbe fatto mai davvero male a qualcuno. Capiva che sua madre odiasse Reno ma lui non provava la stessa cosa, insomma, se sin da piccolo l’avessero additato dicendogli che quello era l’assassino di suo padre l’avrebbe odiato anche lui ma la figura paterna non gli era mai mancata e fino ad adesso non aveva mai saputo che fosse suo zio. Era come se gli dicessero magari che era nato dopo che era morto un altro figlio, si sarebbe dispiaciuto, certo, ma non avrebbe provato altro che quello. Dispiacere. Ora, certo, un po’ lo faceva incazzare sapere che suo suocero era l’assassino di suo padre ma… infondo, suo padre era Terra. E poi se ne infischiava altamente di tutta quella storia, lui amava Axel e se non l’avrebbe lasciato per quell’odio insensato che sua madre provava nei suoi confronti, il rosso non c’entrava niente con tutta quella storia. Se ben ci pensava sarebbe dovuto essere Axel quello incazzato, quello che l’odiava perché era figlio di qualcuno con cui suo padre aveva – seppur solo col pensiero – tradito sua madre e l’aveva portata alla morte. Quanti anni aveva potuto avere, un paio?
-Perché non… non ne avete mai parlato? Non avete mai neppure accennato il fatto che… che non fosse davvero nostro padre-
-Volevo farlo, volevamo farlo, mentirvi sarebbe stata una cosa sbagliata. Solo che tu, la tua prima parola è stata “papà” e di certo non era rivolta a me. Eravamo un po’ sorpresi perché io non l’ho mai chiamato in quel modo, anzi, usavo sempre dire “andiamo da Terra”, “Terra è a casa”. Quindi abbiamo lasciato correre, preferendo non mettere in mezzo questa storia se non ce ne fosse stato il bisogno-.
Restò in silenzio, cominciando a fissare il tavolo, che voleva? Che odiasse Axel, che lo lasciasse? Aveva sbagliato alla grande.
-Sora e Naminè?-
-Aspettiamo domani per dirlo a loro… devono saperlo-.
Si tormentò le mani
-Non… non c’è una sua foto?-.
Sua madre si alzò, tornò poco dopo con un foglietto un po’ rovinato ma la foto era nitida; era un po’ strano, era come guardarsi allo specchio, Sora e Naminè quasi non gli somigliavano a differenza di Ventus. Passò il dito sulla carta, chissà com’era, che padre sarebbe stato… sospirò, non l’avrebbe mai saputo ma di certo non dava la colpa al suo ragazzo, forse nemmeno a Reno, dopotutto era una rissa, non un omicidio volontario. Quello che vedeva era un uomo uguale a lui, che sorrideva, ma non gli scaturiva alcuna emozione se non tristezza e forse… amarezza, per non averlo conosciuto.
-Questo non è mio padre- fissò Terra, che gli sorrise, alzandosi per abbracciarlo.
Era lui suo padre, l’aveva cresciuto e quindi Ventus restava quello che aveva messo incinta sua madre, che l’amava. Forse era un pensiero crudele ma non lo pensava per cattiveria, lo pensava solo per un affetto troppo forte nei confronti dell’uomo che gli era sempre stato accanto.
Ora gli era anche chiaro l’odio che Reno provava nei suoi confronti, ora si spiegavano tante cose. Quella notte non la smetteva di serbargli sorprese, l’una così diversa dall’altra, che lo abbagliavano, che lo rendevano confuso, luci psichedeliche, novità accecanti.

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Capitolo 16
*** In frantumi ***


Eccomi con il capitolo, è un po' corto ma non vedevo l'ora di pubblicarlo! ^^
Io vi amo, lo sapete, no? ù.ù

 

In frantumi

Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, o almeno quello che ne restava. Il russare di Sora l’aveva accompagnato nei suoi pensieri tutto il tempo, finché, stremato non si era alzato per svegliarlo.
-Mh? Che c’è Roxas?- il castano fece un grande sbadiglio, guardandolo con gli occhi lucidi e appiccicati dal sonno
-Posso… posso dormire con te?-.
Era curioso, si vedeva, dopotutto il biondo dormiva con lui solo quando era confuso, talmente tanto che non sapeva se gli andavano bene le cose o meno, forse magari non si ricordava nemmeno come si chiamava. Si scostò per fargli spazio e il più piccolo si infilò sotto il piumone, accoccolandosi sotto l’ala protettiva di suo fratello. Per quanto potesse essere infantile, quando cercava il suo aiuto si rivelava più protettivo di una mamma orsa. Lo abbracciò, lasciandolo spiazzato, Roxas non era il tipo di ragazzo che amava le smancerie.
-Vuoi parlare?- scosse la testa -Vuoi che dorma e faccia finta che non sei incasinato?- la scosse ancora, così il fratello aspettò semplicemente che trovasse il momento per dirgli tutto.
-Sono successe delle cose, stanotte. Passo al sodo, sai che non amo i giri di parole. Terra… bhè, lui non è nostro padre-.
Sentì il corpo del gemello irrigidirsi ed alzò il viso per guardarlo: Sora era palesemente sconvolto, ovvio che lo fosse, così gli raccontò tutta la storia senza tralasciare nulla. Il suo gemello era d’accordissimo con lui, era Terra il loro vero padre, anche se Ventus non aveva nessuna colpa.
-Quindi… il problema è Axel?-
-Bhè sì. Insomma se… se la prende male? Se Reno gli ha raccontato le cose a modo suo e quindi l’ha spinto ad odiarmi?-
-Lui non ti odierebbe mai-.
E ci sperava davvero. Diamine, perché quell’anno il Natale non ne voleva sapere di passare in tranquillità?! Ora c’era anche quel maniaco che l’avrebbe perseguitato. Di bene in meglio.
-Come credi che la prenderà Naminè?- chiese il biondo, spezzando il silenzio
-Come noi… senti, sarebbe meglio che tu informassi Axel prima di suo padre-
-Dopo lo chiamo. Non credo che alle cinque del mattino stia sve…-.
Il cellulare vibrò, a quanto pareva quella notte non era fatta per dormire. Per chiamare a quell’ora significava che…-
-L’hai saputo?- chiesero in coro Roxas ed Axel, poi quest’ultimo continuò
-Dobbiamo vederci, ora. Voglio sapere qual è la tua versione dei fatti. Non mi fido del mio vecchio-
-Dimmi dove-
-Vengo io lì. Mi arrampico per la finestra-
-Bene, ti aspetto-.
Non ebbe nemmeno il tempo di spiegare a Sora che sentirono bussare alla finestra, vedendo che Axel era fuori ed aspettava di entrare. Allora era già qui! Aprì, lasciandolo entrare; il rosso salutò velocemente Sora, si accomodò sul letto del suo ragazzo, aspettando che raccontasse. Era nervoso, a Roxas sembrò che fosse in combutta con se stesso, non riuscendo a capire se aveva fatto bene ad entrare in quella casa. Cel’ha con noi. E sentì il cuore spezzarsi per l’ennesima volta quella notte.
-Mio padre- fece Axel, indispettito che non fosse stato il biondo a cominciare -Ha detto che Terra non è vostro padre, che quello vero è morto in una rissa contro di lui e che è stato Ventus a scaturirle perché era furioso che e geloso con mio padre perché vostra madre l’ha tradito con lui-.
Ecco perché era innervosito.
-Secondo la nostra versione, invece, tuo padre voleva a tutti i costi nostra madre e per questo Ventus e lui hanno fatto a botte-
-Non so a chi credere-
-Che vuoi dire?- s’intromise Sora
-Bhè, non hanno fatto che mentirci. Perché non dovrebbero farlo adesso?-.
Aveva ragione. Eppure… insomma, lui credeva ai suoi non alla versione di Reno!
-Ad ogni modo non me ne frega un emerito cazzo di questa storia, adesso. Non mi cambia la vita. Il problema è lui… Reno, vuole che trasferiamo-
-Cosa?! E tu glielo permetterai anche?!-
-Non è colpa mia, nanerottolo, forse è un po’ incazzato dopo che ho guidato senza patente per salvarti il culo, letteralmente-
-Oh, scusami tanto se mi sono incazzato dopo che mi hai tradito! Forse ha ragione mia madre quando dice che sei uguale a tuo padre!-
-Forse hai ragione. Stai attento, potresti morire anche questa volta, la depressione è brutta-.
Aprì con ferocia la finestra e scomparve poco dopo dalla sua visuale. Che diavolo ho fatto?!
Lo chiamò più volte ma il motorino non si fermò; forse non l’aveva sentito o, molto più probabilmente, l’aveva ignorato. Che serata di merda. Si lasciò cadere sul letto, le mani a coprire il volto, sentiva lo sguardo del gemello che lo stava quasi dividendo in due. Si alzò con uno scatto, prendendo le chiavi del motorino e il casco da sopra la scrivania.
-Dove diavolo vai?-
-Lo seguo- rispose, secco.
Si calò dalla finestra, ormai la porta era quasi inutile, salì sul motorino e partì alla ricerca del suo ragazzo. Lo raggiunse che erano vicini alla villa del rosso, lo superò e gli si parò avanti, facendolo fermare. Axel spense il motore e lui fece lo stesso, si levarono il casco e si fissarono negli occhi per un buon minuto, senza dire niente.
-Mi hai raggiunto, dimmi- sotto la voce neutra si sentiva chiaramente un filo di irritazione
-Perché cel’hai con me?-
-Cos…?! Mi chiedi perché cel’ho con… tzè, te lo dico io. Questa notte, solo in una fottutissima nottata, hai baciato il tuo presunto stupratore, nanerottolo; stanotte mi hai dato del bastardo ed hai detto che sono come mio padre la persona che odio di più in assoluto!-
-Ti ricordo che hai baciato… quella, o te lo sei dimenticato? Mi hai tradito avanti ai miei occhi, mi hai lasciato per baciarla, sono io che dovrei avercela con te! Ma ti ho perdonato e per di più non cel’ho con te nemmeno per la storia che ci hanno raccontato. E ti chiedo anche scusa, adesso, per averti insultato; non ho fatto che implorare il tuo perdono stanotte ma a te, in quella testa bacata che ti ritrovi, non ti è nemmeno passata l’idea che ci sono rimasto male, che avrei voluto delle scuse! Com’è che dicevi: tu sei l’unico che non tradirei? Si è visto-
-Roxas, era solo un bacio!-
-Allora puoi baciare chiunque quando ti pare, tanto io chi sono? Bene, buono a sapersi, me lo dicevi prima così mi sarei dato alla pazza gioia baciando chiunque-.
Calò il silenzio, il rosso sospirò, riavviandosi i capelli
-Scusa. Mi dispiace. Non lo so che mi è preso ed hai tutto il diritto di avercela con me-
-Lo so. So che ne ho il diritto, ci mancherebbe altro- commentò -Forse è meglio che continuiamo a parlare domani-
-Già, forse-.
Roxas si infilò il casco e riaccese il motorino, girando per tornare a casa. Era ancora notte fonda, l’alba sarebbe arrivata tra un paio d’ore, il freddo era pungente e si era anche dimenticato di infilarsi i guanti in pelle per non gelarsi le dita. Quella notte era di sicuro la più lunga e snervante di tutta la sua vita. Era quasi vicino a casa sua, mancavano un paio di isolati e ringraziò che la poca benzina stesse resistendo a non scomparire via. Aveva fatto bene a cambiare il carburatore con uno nuovo, ora quasi non gli importava di aver lavorato un intero mese estivo per averlo. Andava piano, già era un miracolo che non fosse morto spiaccicato in un muro mentre rincorreva Axel, a causa del ghiaccio per terra, poi non era particolarmente lucido. Chissà perché il sonno arriva nei momenti meno opportuni. Una macchina sfrecciò verso di lui, sull’altra corsia, girando a sbarrargli la strada con una manovra pazzesca. Frenò d’un botto, non riuscì a muovere un dito quando vide Saix scendere dall’auto, non si oppose nemmeno quando gli si avvicinò, per poi colpirlo in testa. Prima di svenire del tutto gli venne in mente un solo pensiero: sono fottuto.
Aveva un mal di testa micidiale ed ora che ci pensava anche la schiena gli faceva male. Si stiracchiò, accoccolandosi poi nelle coperte, sentiva freddo, chissà perché non si era messo il pigiama. Aspetta un momento… Si disse di non urlare, non subito, senza nemmeno aprire gli occhi. Ok, quello non era il suo letto, niente di che, no? Magari era da Axel. Aprì piano gli occhi, impaurito di scoprire dove si trovava. L’urlo fu acuto, avrebbe giurato di sentire qualche vetro infrangersi, durò per una decina di secondi, poi scattò fuori dalle coperte, buttandosi contro il muro.
-Che cazzo ci faccio qui?!- fece subito dopo, senza prendere nemmeno aria per i polmoni.
Marluxia era calmo, sorrideva al suo scombussolamento. Dio… l’aveva fottuto mentre dormiva?!
-Tesoruccio, non ti allarmare, senza il tuo consenso non avrei fatto nulla. O almeno, te lo chiedo, se dici di no lo faccio ugualmente ma ti do un’opportunità!- forse la sua faccia diceva tutto, sicuramente era così, il rosa rise, rotolando sul letto -Hai dormito tutto il tempo come un angioletto, anche in macchina, avevo una voglia matta. Poi, in questi cinque due cinque minuti che sei stato nel mio letto, ho pensato a cosa farti-
-Tu non mi farai un bel niente! Io me ne vado, brutto pervertito-.
Marluxia rise, per l’ennesima volta, si sentiva un po’ cretino per aver avuto tutta quella sicurezza, dopotutto, se fosse stato facile distoglierlo dall’intento di stuprarlo non si sarebbero preoccupati tanto per lui. Tremò un attimo, anche per il freddo, impercettibilmente. Se fosse uscito vivo da quella situazione l’avrebbe denunciato, ma qualcosa gli diceva che per essere ancora a piede libero dopo la fama che si era creato non sarebbe servito. Odiava la gente che non ha un punto debole, inattaccabile per il lato della giustizia. Per questo aveva odiato anche Axel. Ma perché pensava a lui in un momento come quello?! Si riscosse quando sentì i passi del più grande, si stava avvicinando e lui si allontanò allo stesso ritmo. Se non poteva evitare di essere violentato almeno avrebbe lottato fino all’ultimo.
-Oh, andiamo, dire che sei stato tu a cercarmi. Forse, se tu sapessi la verità… saresti il primo a volere un favore da me-
-La verità?- chiese con una punta di ironia
-Cos’è, il tuo fidanzatino non tel’ha detto?- rise, ancora, gli avrebbe volentieri spaccato la faccia -Sai perché hai baciato Larxene? C’era una “spia” di suo padre e l’ha fatto per proteggerti mio caro, altrimenti ti avrebbe pestato-
-Sono tutte stronzate-
-Ahah, certo, una stronzata è anche il suo trasloco?- ghignò -No, questo tel’ha detto, credo però che abbia evitato di omettere un piccolo particolare: si deve sposare-.
Ok, non era vero. Non poteva essere vero, diamine! Non erano più nei tempi che i matrimoni sono combinati e si fanno così presto! Incrociò le braccia, ridendo scettico.
-Già, ovviamente, e chi è la sposa, sentiamo?-
-Fattelo dire da lui, no?-.
Bussò alla porta, parecchio strano visto che fuori c’era sicuramente un corridoio. Aprirono la porta, Xemnas e Saix stavano mantenendo per le braccia Axel e lo buttarono dentro. Che diamine ci faceva lì?
-Ti ha seguito quando stavi tornando a casa, quindi ha visto che ti rapivamo e ci ha seguito. Stupido da parte sua venire solo con quel metallaro, è bastato dire che se non la finivano di fare casino Demyx era nei guai e sono stati fermi-.
Lo fissò, gli occhi verdi erano agitati, lui era agitato, avrebbe voluto sicuramente staccare a morsi la testa di quella barbie fuori misura e col corpo di un Ken. Axel incrociò le braccia, continuando a fissare il rosa in cagnesco.
-Allora? Se non parli lo faccio io!-
-Ma andiamo, è una storia senza capo né coda! Promesso sposo di una svampita che non vede l’ora di stare con lui per avere più soldi di quanti ne ha… tzè-.
Silenzio. Un fottutissimo silenzio. Era vero. Era vero! ERA VERO?! Non era possibile, assolutamente, ma scherziamo?! Il rosa cominciò a vestirsi, lanciandogli poi i suoi. Sbuffò.
-Speravo arrivasse dopo, volevo fare qual cosina ma non importa. Masturbarmi mentre dormivi è stato un contentino niente male-.
Che.
Schifo.
Se non fosse che c’era qualcosa di più importante l’avrebbe picchiato, si sarebbe incazzato come una bestia.
-Dobbiamo parlare, Roxas-.
Quella notte sembrava non voler finire.
E il cuore si ruppe ancora. In mille e più pezzi.

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Capitolo 17
*** Alba ***


Alba

Non si ricordava nemmeno come era finito lì, seduto sul marciapiede della strada. Da quando aveva sentito qualcosa rompersi era diventato tutto scialbo, insulso, indegno di essere ricordato, quindi inutile che il suo cervello prendesse nota. Alla cronologia degli eventi mancava un pezzo, un pezzo inutile che non gli serviva a chiarire le cose, a renderle più comprensibili. Anche se nulla, in quella notte, aveva avuto un senso. L’aveva baciata per proteggerlo ma non glielo aveva detto. Aveva litigato con lui per essere odiato ma senza riuscirci. Era andato a prenderlo perché non gli facessero del male ma del male gli era stato fatto ugualmente.
Non ne poteva più.
Aspettava di svegliarsi in quella fredda e bianca stanza d’ospedale, sentirsi dire che era solo un sogno, il secondo. Magari poi nella realtà non sarebbe stato con Axel e forse era meglio, perché per la seconda volta, dopo aver toccato il cielo con un dito, era precipitato sotto terra.
La notte più lunga della sua vita. Una notte confusionaria, rivelatrice, ingannevole. Quella notte non l’avrebbe mai potuta dimenticare. Erano forse le sei, il cellulare vibrava nella sua tasca a vuoto, forse i suoi lo cercavano o forse era Sora che gli diceva di tornare altrimenti era spacciato. Ma non avrebbe risposto. Fissava il buio che non se ne decideva ad andarsene, in silenzio, la mano che era stretta a quella del suo ragazzo; o meglio era Axel che gliela stringeva perché lui era immobile, lui era morto.
Lo odiava così tanto, Reno? Odiava così tanto suo figlio da impedirgli di amare l’unica persona che aveva amato davvero? Odiava così tanto lui per impedirgli di guardare mai più negli occhi quel ragazzo dai capelli assurdamente rossi? Perché forse Axel avrebbe trovato una soluzione per stare assieme ma lui, lui non avrebbe mai fatto la parte della puttana.
-Sono io la puttanella della situazione, non te ne sei accorto?-.
Quelle parole dette con sarcasmo gli sembrarono più vere e dolorose che una coltellata al cuore. Se Dio voleva, l’avrebbe dimenticato. Se Dio voleva davvero gli avrebbe fatto trovare il coraggio di fare l’amante. Ma Dio in quegli ultimi tempi non aveva fatto altro che prenderlo in giro. Prese il ciondolo tra le dita della mano con gli anelli e il polsino, la strinse forte: tutte bugie… noi non ci apparteniamo. Come poteva essere altrimenti?
Respirò pesantemente, inglobando l’aria gelida. Chissà per quale assurdo motivo il freddo fa sentire meno dolore. Congela, ecco perché. E forse quel freddo gli aveva congelato il cuore, perché di fronte alla spiegazione del suo ragazzo era rimasto indifferente. Girò lentamente la testa, come se farlo richiedesse uno sforzo disumano e guardò Axel. Aveva il naso rosso dal freddo, si vedeva nonostante la luce innaturale del lampione, parte del viso oscurata, i capelli che parevano marroni, ma gli occhi erano così verdi, lucidi di un pianto che non aveva assistito. Il cielo si illuminò e venne seguito da un tuono, cominciò a piovere furiosamente. Com’era possibile? Con quel freddo avrebbe dovuto nevicare, come faceva sempre. Si beò dell’acqua che lo bagnava, forse al suo fianco Axel pensava la stessa cosa, forse perché avrebbe potuto piangere senza che se ne accorgesse. Ma lui se ne sarebbe accorto lo stesso, anche se fosse stato tutto buio, anche se la pioggia fosse stata più violenta di quello che era. Le ciocche gli si appiccicarono al viso ma non le scostò, ormai era passivo, non pensava, non c’era nulla che occupasse quel freddo che aveva dentro. Sentiva caldo, forse perché c’era più freddo dentro di sé che non fuori.
Ennesimo sospiro.
-Quando parti?- quella non era la sua voce
-Tra due ore-
-Meglio che vai-.
Un singhiozzo più forte.
-Non voglio- quello non era il tono sereno e ilare che lo rappresentava
-Devi-
-Io ti amo-.
Silenzio. Ennesimo sospiro. Un singhiozzo più forte.
Era tutto così irreale. Era tutto così vero.
-Forse è stato tutto uno sbaglio-.
Non sapeva se lo pensava o meno, non sapeva più niente adesso.
-No, è quello che ci circonda che è sbagliato-.
Axel riusciva sempre a dire cose così inutili. Ma che erano capaci di riscuoterlo fino all’anima che si era congelata. Una lacrima scivolò via, poi ne uscirono altre, coperte dalla fitta pioggia e nascoste dalla semioscurità che li circondava.
-Vorrei che morisse- la sua voce roca uscì quasi disperata
-Non è vero-
-Allora voglio morire io… anche se credo ne sarebbe felice-
-Non è vero-
-Non è vero…- ripeté con odio -Per te cos’è vero, Roxas?!-
-Adesso niente. Vorrei che niente fosse vero. Vorrei svegliarmi domani e scoprire che non è successo niente. Vorrei che fosse tutto un maledettissimo sogno-.
Altro silenzio, un silenzio che però non diceva nulla. Il rosso tirò su col naso
-Ci rivedremo?-
-No, non credo. Io non voglio-
-Non… non vuoi?-
-Mi sono stufato di stare male… quello che voglio è dimenticare, dimenticarti. Quello che voglio è tornare ad odiarti come un tempo, vederti per quello che non sei-
-Credo che potresti odiarmi di più per quello che sono, angioletto-.
Si alzò in piedi, il biondo alzò lo sguardo su di lui e sorrise malinconico. Lo tirò a sé, scoprendogli il collo coperto dalla sciarpa, mordendolo forte; il biondo sussultò, sentendo i denti conficcarglisi nella carne, sarebbe rimasto il segno e lui non voleva, non voleva che rimanesse; lo scostò, sentendo il sangue scendere e bagnargli la maglia, per poi confondersi con l’acqua.
-Addio-
-Auguri e figli maschi-.
E quello era di certo l’addio più definitivo che avrebbe potuto dare, perché si rese conto che Axel non avrebbe mai tradito la donna che avrebbe sposato, perché anche se non l’amava, non avrebbe seguito le orme di suo padre.
La pioggia si era calmata, fino a scomparire e lo guardò andare via, le mani nelle tasche del cappotto, i capelli afflosciati sulle spalle. Distolse lo sguardo e vide le nuvole colorarsi di rosa, segno che era arrivata l’alba e se ne beò, non ci sarebbero state altre novità. Perché ora che il sole era sorto, ora che un nuovo giorno era iniziato, era tutto finito definitivamente.
Si avviò verso casa, bussando al campanello, sicuro che erano tutti svegli. Quando si aprì la porta entrò senza nemmeno guardare davvero suo fratello che gli era avanti, non notando il suo viso impaurito, la colpa che lo stava probabilmente uccidendo dentro. Non guardò davvero nessuno, si sedette sul divano senza nemmeno togliersi il giubbino, noncurante degli abiti zuppi e del freddo che gli era entrato nelle ossa. Lo chiamarono, girò la testa mostrando loro degli occhi spenti e vuoti, come quelli di un cieco perché non avevano sguardo, non guardavano davvero. Sua madre gli fu di fianco e lo chiamò ancora, chiedendogli cosa fosse successo ma lui alzò le spalle, non era successo niente, niente degno di essere raccontato.
-Spero mi inviti al matrimonio- commentò, ridacchiando isterico, scuotendo il capo per poi accomodarsi meglio sul divano.
Si tolse le scarpe con le punte dei piedi, notando che persino i suoi calzini erano zuppi e i piedi un pezzo di ghiaccio differentemente al pavimento.
-Si può sapere che è successo?- la voce di Terra gli arrivò alle orecchie ma il suo cervello forse non recepì davvero, e mosse la mano come a scacciare una mosca.
-Fa caldo qui-
-Mio Dio è fuso- commentò Naminè e lui la guardò con sufficienza, sorridendole senza un motivo ben preciso.
-Roxas?- Sora gli si avvicinò, distogliendolo dall’ammirare i suoi calzini quasi trasparenti poiché bagnati -Mi senti?-
Lo fissò ma non davvero, era come se guardasse oltre, come se stesse guardando ancora i suoi piedi. Il suo gemello gli batté le mani avanti agli occhi e quelli non si mossero in risposta.
-Ho freddo- sussurrò distrattamente, mentre muoveva le punte dei piedi come se le stesse guardando -Prima caldo e poi freddo… strano-.
-Sora cambiagli i vestiti, io mi do una sistemata e lo porto al pronto soccorso- disse Terra e la sua voce coprì il canticchiare del biondo che stava giocherellando con la cerniera del giubbino.
Il castano annuì, tirando suo fratello per il braccio, trascinandolo fin sopra la loro stanza, cambiandolo da capo a piedi, ma Roxas sembrava non accorgersi di nulla, la sua mente era chissà dove. Si cambiò anche lui, non avrebbe lasciato che suo padre andasse da solo, poi fece alzare il suo gemello dal letto.
-Io devo stare qui, devo aspettare la lettera- fece, vagamente infastidito, sedendosi di nuovo
-Lettera?- ripeté l’altro, sollevato che si fosse accorto di qualcosa, anche se le sue parole non avevano senso
-La partecipazione, no?- lo fissò negli occhi, inclinando leggermente la testa, confuso -Ah, tu non lo sai, vero. Nemmeno io lo sapevo, pensa un po’! Invece chissà lui da quanto tempo lo sapeva-
-Lui chi?-
-Axel. Non mi ha detto niente. Vabbè… forse non aveva il coraggio. Eppure bastavano due parole-
-E cosa doveva dirti?-
-“Mi. Sposo.” Sono due, no? Questo, solo questo- sospirò
-Vuoi che lo chiamo?-
-No! Non può… non voglio rivederlo- cominciò di nuovo a canticchiare e dato che ora Sora aveva sentito quelle cose, si rese conto che era il canticchiare della marcia nuziale -Gli ho detto addio… e poi parte tra due ore-.
Si alzò dal letto, camminando distrattamente nella stanza, guardando il pavimento, poi ritornò indietro, fissando il cielo fuori. Non gli aveva chiesto dove sarebbe andato, peccato, ma non aveva importanza perché non voleva sentire. Si girò verso la stanza, alzando un sopracciglio.
-Dov’è Sora?- poi fece spallucce, continuando a guardare fuori, ignorando il fatto che il suo gemello fosse proprio dietro di lui e che a quelle parole fosse rimasto pietrificato.
 Non sentì nemmeno la voce del gemello che chiamava il padre, urlandogli che era meglio che facevano in fretta, preso com’era dal nulla. Cominciò a far dondolare la testa a destra e a sinistra, trovandola stranamente pesante. Sbuffò, girandosi e sorrise tristemente.
Axel era proprio bello con lo smoking, i capelli sempre sparati all’indietro ma un po’ più corti, aspettava la sua sposa ed era felice o almeno così pareva. Erano in un giardino stupendo, a suonare la marcia nuziale c’era Demyx che lo guardava tristemente. Cominciò a far dondolare i piedi, aspettando impaziente la sposa, guardando indietro per aspettare che arrivasse. Tra gli invitati notò anche gli altri amici dello sposo e sorrise per salutarli, poi tornò a guardare l’altare, sistemandosi meglio sulla panca. Era una bella giornata, il sole splendeva ed era tiepido, illuminava il tappeto rosso facendolo sfavillare come se fosse stato un rubino, illuminava anche i fiori candidi che erano nei vasi, che circondavano l’arcata che c’era avanti l’altare, sotto la quale Axel e la sua sposa si sarebbero dichiarati eterna fedeltà. Fissò l’ormai diciottenne sposo che lo fissava a sua volta e che gli si avvicinò, prendendolo per il polso e portandolo via, sotto gli sguardi sconcertati di tutti.
-Prima di essere fedele per sempre, ho bisogno di averti un ultima volta-.
Lo baciò con foga, piangendo tutte le lacrime che si erano accumulate nel fondo della sua anima, come se fosse stato un pozzo. Piangeva anche di felicità, perché era felice in quel momento, tra le braccia di Axel, felicità che avrebbe voluto per sempre ma che non gli era stata concessa. Guardò il rosso rinfilarsi lo smoking e pianse ancora, senza farsi sentire, perché non voleva che fosse in pena per lui. Non voleva che sapesse quanto stava male.

Roxas era sul pavimento della sua stanza e piangeva, piangeva quasi senza un motivo, dicendo parole senza alcun senso. Frasi sconnesse, sussurrate appena. Non si accorgeva nemmeno delle braccia del fratello che lo stringevano, le carezze di sua madre. Lui continuava a guardare Axel che si aggiustava gli abiti, la sua immagine riflessa allo specchio. Cosa mi hai fatto?!
-Cosa mi hai fatto?!- urlò, subito dopo averlo pensato, la voce disperata, strozzata dal pianto.
La sua voce alta lo strappò da quella finzione, i suoi occhi focalizzarono quello che lo circondava e il cervello divenne di nuovo presente, informandolo che non l’avrebbe più visto. Mai più. Ricambiò l’abbraccio del gemello, piangendo sulla sua spalla, stringendo la sua maglia tra le dita, dita che si lasciavano sfuggire tutte le cose più importanti, come se fossero state fumo.
Dovevano essere le sette passate quando si calmò, abbandonandosi contro il muro. Fissò la sua mano, togliendosi furioso gli anelli e il polsino, scaraventandoli lontano; si strappò la collana dal collo, ferendosi sia il collo che le dita e la sbatté contro il muro a fare compagnia alle cose precedenti. Tirò una testata nel muro, sentendo poi la nuca fargli male ma non importava, per qualche assurdo motivo il dolore fisico non faceva mai male come quello dell’anima. Trattenne un urlo, stringendo i pugni e conficcandosi le unghie nel palmo, la stessa cosa che i denti facevano col labbro. Si sentiva morire, lui poteva permettersi di fare il paragone. Forse Axel è davvero come suo padre. Era stato lui ad ucciderlo, anche se inconsciamente.
-Roxas basta!- urlò il suo gemello, prendendogli il volto tra le mani -Chiamalo, parlagli!-
-A che scopo, eh?! PER QUALE FOTTUTISSIMO SCOPO?!- si fissarono, lo sguardo di Sora lo fece imbestialire più di quanto non era -Non voglio la tua pietà!-
-Non cel’hai, non avrò mai pietà di te. Sono solo preoccupato, va bene? Stai delirando, diamine!-.
Il biondo aprì la bocca, poi la richiuse, zittendosi. Aprì i pugni, notando quello che si era fatto, gli venne in mente il morso di Axel. Che stronzo, non gli avrebbe permesso di dimenticarlo. Un sospiro più forte, si alzò finalmente dal pavimento, non guardò ma di sicuro c’era la forma del suo sedere e le sue gambe.
-Scusa-.
Ormai non faceva altro che quello, scusarsi, anche senza un motivo ben preciso, anche se non era dalla parte del torto. Era troppo insulso per ricevere delle scuse. Doveva chiedere anche scusa a Demyx per avergli vomitato in macchina, per essere stato la causa del trasloco del suo migliore amico. Sempre colpa sua, il dolore di tutti non era altro che una sua causa. Avrebbe voluto tornare indietro, avrebbe voluto piangere per due mesi sentendo la mancanza di Axel ma senza arrivare al momento in cui, disperato, gli aveva chiesto di morderlo. L’amore sarebbe passato prima o poi. E avrebbe voluto dimenticare i due sogni, pensando così che uno come quel bullo non avrebbe provato lo stesso suo sentimento, l’avrebbe odiato di nuovo e tutto sarebbe stato normale. Così anche se Axel si fosse sposato a lui non sarebbe importato più di tanto, gli sarebbe rimasto solo il dubbio e l’amarezza di non aver scoperto come sarebbe andata, pensando con ottimismo che magari sarebbero vissuti felici e contenti. Mai come quel momento odiò le favole. E se la vita non era una favola, ma un filo sottile tra il paradiso e l’inferno – con brevi attimi di bene e molti più di male – avrebbe cominciato definitivamente a camminare tra le fiamme, a stare nella parte del torto. Forse Dio, quella volta, aveva voluto davvero.
Mancavano un paio d’ore al pranzo quando uscì dalla porta, diretto a casa del migliore amico del suo ex, dello sposo. Voleva sapere dov’era, voleva farlo cedere, voleva farlo soffrire come soffriva lui adesso, voleva che anche lui fosse dalla parte del torto, voleva che una volta finito tutto si incontrassero all’inferno. Almeno lì sarebbero stati per sempre insieme.
Bussò più volte al campanello, ora che ci pensava non era mai entrato a casa di Demyx. Aprì una donna, probabilmente sua madre, anche perché gli assomigliava, aveva gli stessi lineamenti gentili.
-Buongiorno, signora, sto cercando Demyx. È in casa?-
-È in camera sua, vieni ti accompagno- ringraziò e la seguì, guardando distrattamente l’interno della villa, stupendosi che fosse intatta nonostante le numerose feste del Notturno Melodico; la donna bussò, aprendo la porta -Dem, hai visite-.
Roxas entrò, accennando un saluto con la mano. L’altro era seduto sul letto, la schiena poggiata al muro, i piedi che penzolavano fuori, aveva il sitar in mano e sicuramente aveva suonato fino a un attimo prima.
-Sen’è andato-
-Lo so-.
Si accomodò di fianco al più grande, dopo che quello aveva battuto la mano sul materasso. La stanza era davvero bella, le pareti e il pavimento bianchi, come i mobili, ma tutto il resto, dai tappeti alle tende, alla televisione alle sedie, erano celesti. Dava una sensazione di fresco.
-La cosa che non so, è dove sia andato- Demyx lo fissò, poi scosse la testa
-Non lo so, non lo sapeva nemmeno lui… suo padre l’ha portato via e basta. Mi… mi dispiace che debba sposarsi-.
Roxas si strinse nelle spalle, poi gli chiese scusa per l’auto, facendolo ridacchiare.
-Come se potesse importarmene qualcosa, ora. Il mio migliore amico è stato portato via e non so se lo rivedrò…- sospirò -E io che speravo che suo padre non l’avesse più fatto soffrire… senza di me, senza di noi, crollerà, stanne certo-
-Che significa, che tornerà a fare il violento?- azzardò, una punta di ilarità nella voce
-Non farebbe mai male a quella donna. Non dopo quello che suo padre ha fatto a sua madre…-.
Sospirarono entrambi
-Con che coraggio di fa questo?-
-Con lo stesso che ha usato per tradire sua moglie. Lo stesso che ha usato per uccidere di botte tuo padre. Sempre che possa chiamarsi coraggio-
-Non credo. C’è qualcosa con cui può essere denunciato?! Sembra che tutto quello che abbia fatto non gli riguardi- fece, stizzito
-Forse… forse un modo ci sarebbe-.
Si alzò dal letto, cominciando a rovistare nei cassetti, sorrise mostrandogli una chiave. Demyx era un genio. Tutti i documenti erano ancora nella casa, forse c’era qualcosa di compromettente, qualche prova, qualsiasi cosa! Anche una pistola, magari, pure che fosse di Axel, tanto lui non era maggiorenne e la colpa sarebbe stata recapitata a suo padre e senza Reno tra i piedi non ci sarebbero stati problemi.
Abbracciò con foga il Notturno Melodico, baciandogli la guancia, poi cominciarono a correre giù per le scale. Qualcosa lo avrebbero trovato, a costo di metterci ore, giorni o mesi. 

 

Questo capitolo è molto ma molto macabro... ù.ù Potrebbe avervi ispirato al suicidio ed in tal caso mi dispiace non avervi avvertito. *si inchina* quello dopo sarà peggio putroppo... e mi ammazzerete ma io non mi farò trovare! muahaha
In ogni caso non temete... ognuno avrà quel che si merita! ù.ù (potrebbe essere anche una minaccia)

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Capitolo 18
*** Pagine di diario ***


Eccomiiiii! :P A pubblicare al rientro dalle vacanze! :D Mi siete mancati *sigh*
Allora, da questo capitolo ho incominciato ad odiarmi profondamente, per non parlare degli altri che ho scritto! ù.ù Odiatemi anche voi! Povero Demdem... ç____ç Ma ho detto troppo!
Buona lettura! :P

Pagine di Diario

Aprirono la porta ed entrarono in silenzio, cercando di chiuderla senza fare il minimo rumore. Non che qualcuno avesse potuto sentirli, ormai non c’era nessuno. Eppure era tutto lì, come un tempo, Demyx aveva detto che erano andati via senza prendere niente, solo lo stretto e indispensabile, avrebbero mandato qualcuno a prendere il resto delle cose all’inizio del nuovo anno.
Andarono subito nella stanza di Reno, senza indugiare in altri posti, qualcosa lì doveva pur esserci, dopotutto era il suo posto più intimo. Il più grande gli disse di togliere il quadro, dietro c’era una cassaforte e ne sapeva anche la combinazione, lui e Axel l’avevano scoperta anni prima ma non avevano mai avuto il coraggio di aprirla. Un po’ per paura, un po’ perché non era importante, l’importante era aver scoperto la combinazione. Aprirono, non c’era granché solo una chiave, segno che quel che custodiva era in casa.
-Perché non sel’è portata?-
-A che scopo? Pure se fossero venuti dei ladri chi avrebbe rubato una chiave?-
-E a che serve?- chiese ancora Roxas.
Il più grande ci pensò un attimo, poi gli si illuminò il viso.
-La biblioteca-.
Lo seguì, non sapeva ci fosse una biblioteca in quel posto nonostante fosse più di un anno che ci andava, contando il suo sogno, ovviamente. L’odore che lo invase era invitante, odore di carta, anche un po’ di umidità, ma bello. Se le finestre fossero state aperte il sole sarebbe filtrato oltre le tende leggere, donando un colore rossastro e luminoso al legno scuro, ma dovettero accontentarsi del lampione in cristallo. Se fosse stato un altro momento si sarebbe perso a fissare incantato tutti quei tomi, sfiorare gli scaffali, ma seguì spedito Demyx, senza soffermarsi sulla bellezza di quel luogo.
C’era uno scaffale chiuso da un anta, la chiave sembrava proprio servire per aprirla; infatti così fu. Aprirono l’anta, notato che dentro non c’erano altro che normalissimi libri, noiosi a dire il vero; il truzzo accennò un’espressione mezzo disgustata, facendolo sorridere, poi Roxas si riscosse e ne prese uno, cominciandolo a sfogliare, notando che non c’era proprio niente di strano in quel libro per essere stato chiuso a chiave ma qualcosa attirò la sua attenzione: sotto la rilegatura ruvida, all’interno, c’era una specie di altura che non rendeva la pagina piatta, così ne segnò i contorni, formando un rettangolo. Demyx lo fissò e spalancò gli occhi
-Un foglio-
-Prendi un coltello-.
Si aspettò che andasse a prenderlo in cucina o a casa sua, invece il ragazzo prese le chiavi dell’auto e premette il pulsantino sul portachiavi ed una lama ne uscì con uno scatto, vicino al suo viso.
-Non ti scandalizzare, è solo un portachiavi! Svelto, non ti serviva?-.
Annuì di rimando, ignorando che quasi gli aveva cavato un occhio e cominciò a grattare per far scollare la copertina. Il foglio che ne uscì era piegato con cura, leggermente ingiallito; lo aprì con una calma esasperante, per poi far scorrere velocemente gli occhi su tutta la pagina, guardando la scrittura sottile ed ordinata.

“24 febbraio.
È passata mezza settimana da quando mia moglie è morta. Quello stupido piange ancora, è così irritante sentirlo piangere la notte, vederlo mogio durante il giorno. Non che mi importi qualcosa del suo stato, ovviamente, ripeto è solo incredibilmente irritante. Non ne vuole sapere di andare a scuola ed io non riesco a togliermelo dai piedi, viene a piangere da me e vuole che io lo consoli… che stupido, credevo capisse, invece non si è reso conto che io sono felice della morte di quella donna. È così fastidioso anche il fatto che tutti vengano a dare le condoglianze… come se non avessi di meglio da fare, poi. A darmi fastidio ci pensa anche Demyx, il bimbetto tutto pepe, cerca di tirare su di morale mio figlio e ci riesce anche e io invece voglio che anneghi nel dolore perché lo odio, se non fosse nato io non sarei mai stato costretto a sposarla… che stupida, mi amava ed è morta. L’amore porta solo a questo e spero che Axel non impari mai ad amare, lo spero per lui o ne morirà. Non lo dico per un impeto d’amore, piuttosto non voglio altre condoglianze… poi organizzare un funerale è scocciante, tremendamente.”

Smise di leggere, una rabbia incredibile gli era montata dentro, alzò lo sguardo su Demyx, tremava, batté improvvisamente il pugno sul tavolo su cui si erano seduti facendolo sobbalzare.
-Pezzo di merda!- urlò, infuriato -Vado a prendere gli altri libri, aspetta qui-.
Ne presero uno a caso, notando che sia la copertina che il retro avevano un foglio.

“3 dicembre.
Mia moglie sta male, per me, io ne gioisco e faccio di tutto per farla sentire ancora peggio. Spero che mi lasci ma sembra amarmi ancora tanto… amore, che parola stupida ed insensata. Non amo nemmeno mio figlio, quindi… è così stupida, davvero, insomma sa che la tradisco, ormai lo faccio da prima che nascesse Axel, eppure si ostina a perdonarmi. Non la capisco, dice che non la capirò mai ed è meglio così, non voglio capire queste cose.”

“15 ottobre.
È arrivata gente nuova in città, ovviamente io lo so, non c’è niente che non sappia. Una coppietta che sta per sposarsi… bei cazzi, lei è una grande puttana. Mi dispiace per lui ma se lei mi vuole io non credo che rifiuterò, ormai sono due anni che tradisco mia moglie… a me sinceramente che mia moglie mi tradisse non mi avrebbe dato granché fastidio, ma se lo avesse fatto mentre era incinta… insomma un minimo di pudore. Quella ragazza dai capelli celesti invece sembra non importarsene, anzi sembra che il fatto di essere incinta la ecciti più del dovuto, più di quanto eccitante sia l’idea di tradire.
Io? Ovviamente non mi faccio scrupoli… che mi importa del suo stato. Dicono aspetti tre gemelli... io già uno non lo sopporto, figurarsi tre! Ma Aqua, lei, sembra contenta di aspettarli, dice che è un “dono fantastico”. Ma per favore, prima tante belle parole sull’amore e poi vuole che io me la scopi.”

Silenzio, un assoluto silenzio. Non era possibile… allora… quello che Axel gli aveva detto era vero? La versione di Reno era giusta… e sua madre gli aveva mentito di nuovo, per vergogna, sempre per vergogna e debolezza. Ora capiva perché Ventus non voleva lasciarla sola. Sentì qualcosa stringergli la mano che era rimasta come incollata alla carta, alzò lo sguardo su Demyx che gli sorrideva.
-Va tutto bene?- che domanda stupida, aveva appena scoperto che sua madre aveva fatto sesso con Reno mentre lui era dentro di lei, nel suo ventre; annuì, mentendo, ormai era una cosa passata, la cosa che faceva male era che gli avessero mentito, ancora.
-Leggi tu le altre…- chiese, porgendogli i libri, ringraziandolo mentalmente per non essersi tirato indietro.
Non aveva mai sentito Demyx leggere… era una cosa stupenda. La sua voce di per sé era bella, come quella di Axel solo che non era roca, ma ugualmente adulta. La voce di Demyx era bella, punto. In ogni caso, adesso che leggeva lo stava ipnotizzando, nonostante la voce non fosse poi così diversa dal solito, sembrava che cantasse, le parole erano intonate su una melodia invisibile… e capì perché al rosso piaceva tanto che il suo migliore amico gli leggesse qualsiasi cosa, dalle favole ad un ritaglio di giornale. Gliel’aveva detto una volta, distrattamente, solo ora sen’era ricordato.
-Mi ascolti?-
-… S-sì, scusa… ero più che altro concentrato sul suo della tua voce che sulle parole… rileggi, per favore- sorrise, imbarazzato, ma ti pare che in un momento del genere fantasticava sulla voce del biondo? Certo che non lo conosceva proprio, invidiò Axel per un momento, perché di quella persona così fantastica conosceva tutto; solo per un momento, poi dovette concentrarsi.

“30 ottobre.
Ormai quella mi cerca sempre, di continuo, non credo che suo marito sospetti qualcosa… ha una faccia d’angelo, una faccia ingenua. Eppure scommetto che se ci scopre non la passerò parecchio liscia, come se potesse farmi del male. Io sono ricco, potente. Lui no.”

“17 dicembre.
Ho ucciso un uomo… non credevo di poter riuscire, non pensavo nemmeno di farlo. Invece l’ho fatto. Una rissa, l’abbiamo fatta sembrare una rissa scatenata per sua ripicca. Ed in effetti lui era venuto per vendicarsi, in un certo senso, voleva farmela pagare, sono sicuro che quella puttana di Aqua gli ha detto che l’ho costretta ed invece è lei che ha cercato me. Ma sto divagando. È venuto ed io l’ho aspettato, ovviamente, non sono mai stato il tipo di uomo che si tira indietro. Non potevo ucciderlo al momento, ovviamente, altrimenti anche se – come era stato deciso – avessimo finto che fosse stata una rissa la sua morte sarebbe stata colpa mia. No. Sephiroth ha pensato bene di avvelenarlo, un veleno che l’avrebbe portato al coma. Erano quasi tre mesi che era nel letto dell’ospedale e mentre i suoi cari lo piangevano, sua moglie ed io eravamo nel loro letto. Lei l’ha ucciso per la seconda volta. Non credo che la rivedrò più, insomma, ora che il marito è morto mi è passato lo sfizio e poi quel Terra credo che mi ucciderebbe senza pensarci due volte. In fondo non ho bisogno di lei, ce ne sono tante di donne!”.

I due fremettero al loro posto… ecco, avevano trovato quello che cercavano!
-Quindi è stata mia madre a cercarlo ed è stata una cosa volontaria, è stato omicidio-
-Sephiroth… il poliziotto che ci sta sempre alle calcagna! Quello che ce la fa passare sempre liscia! L’amico di Reno… Dio che uomo schifoso e viscido…- Demyx strinse la lettera tra i polpastrelli -Voglio continuare a leggere. Se vuoi-.
Non sapeva se voleva. Tutto quello che leggevano faceva male, un male incredibile al cuore. Ma annuì, più cose scoprivano, meglio era.

8 marzo.
È il compleanno di Axel, oggi, il suo sesto compleanno. Come al solito sua madre gli ha organizzato una festa coi fiocchi e lui è tutto contento anche se, così dice, gli basterebbe solo una festa piccola e con Demyx… odio quel biondino, mi innervosisce, non odio così tanto sua madre, questo no. Forse, dico forse, la notte scorsa avrei dovuto trattenermi ma non ci sono riuscito… quella donna è così… non so, nel suo sguardo ingenuo celato da quegli occhi azzurri come l’acqua ci trovo qualcosa di irresistibile. Bhè, all’inizio ha cercato di resistere ma poi mi ha lasciato fare. Piangeva, esattamente come suo figlio, in silenzio e poi singhiozzava un po’ più forte. Lui le somiglia così tanto, credo che se non fosse un maschio ci farei un pensiero…”.

Demyx si sbloccò, deglutendo a vuoto, Roxas lo fissò: era sconvolto, furioso, guardava con schifo i foglio e lo lasciò di scatto, quasi con repulsione verso quel pensiero rivolto a lui, per quello che Reno aveva fatto a sua madre.
-Figlio di puttana- ringhiò tra i denti
-Demyx…- lo chiamò, alzandosi e mettendosi al suo fianco, -Rispondimi-
-È la persona più schifosa…- la voce era impercettibile, poi cominciò ad urlare -Quel grandissimo bastardo non la passerà liscia! HA VIOLENTATO MIA MADRE! HA UCCISO TUO PADRE!- le parole rimbombarono nella stanza vuota, ferendo più volte le orecchie di entrambi -Ho persino paura di leggero il resto… farsi un pensiero su… su di me- rabbrividì, chiudendo gli occhi, il suo corpo era scosso trai tremiti, Roxas gli prese il volto tra le mani, quella non era una reazione normale.
-Dimmi la verità. Per… per caso ti ha… ti ha fatto qualcosa?- la voce gli tremò, l’altro scosse la testa, le lacrime cominciarono a scendergli giù dal volto, in silenzio, poi venne scosso da un singhiozzo
-Io… io non volevo denunciarlo per quello… Axel, lui come la prenderebbe?-.
Si pietrificò al suo posto. Dio… Strinse forte Demyx, lasciando che piangesse contro la sua felpa, chiuse gli occhi. Chissà quanti altri orrori c’erano in quelle pagine, non aveva il coraggio di scoprirlo. Reno non aveva ucciso solo una persona, aveva ucciso solo una persona volontariamente, le altre aveva lasciato che morissero lentamente a causa sua, a causa dell’enorme sbaglio che era la sua esistenza. Come poteva una singola persona creare così dolore?
E tutti avrebbero saputo, la verità sarebbe saltata fuori, superando la vergogna e qualsiasi altra cosa. E Axel sarebbe stato finalmente libero da tutti i compromessi del padre, un padre che non lo aveva mai amato… un uomo che non ama non può essere un padre; Reno non è nemmeno un uomo.

Non avevano trovato il momento giusto per denunciarlo, avevano deciso di far passare le vacanze, tanto per il compleanno di Axel c’era tempo.
A dire la verità i momenti c’erano stati, solo non avevano avuto il coraggio. Denunciare Reno, dare tutte quelle lettere alla polizia, significava far uscire gli scheletri dall’armadio di non poche persone; Roxas si era accorto che Demyx era parecchio a disagio per quella storia ma lui non riusciva a trovare una parola per calmarlo, forse perché non provava pietà per lui solo un fortissimo dispiacere. Lo ammirava, non avrebbe mai pensato che quel ragazzo così alla mano potesse essere tanto forte, così forte da tenersi dentro un segreto come quello. Non avevano parlato coi loro genitori, avrebbero fatto tutto da soli perché sicuramente avrebbero cercato di dissuaderli e loro volevano andare fino in fondo.
Mancavano pochi giorni all’inizio della scuola, come al solito se ne stavano nei dintorni del parco, dopo quella giornata avevano legato di più, forse perché avevano in comune molte più cose di quanto non avessero mai immaginato. Demyx era semplice nel modo di essere, negli occhi ci potevi leggere tutto, spesso ci trovavi solo allegria e spensieratezza; eppure non era immaturo come pensava, tutt’altro, era… Demyx era incredibilmente speciale. Demyx era il tipo di ragazzo che si fida subito delle persone, un po’ ingenuamente, ma che è capace di capire subito se una persona è buona o fa finta di esserlo, il Notturno Melodico era capace di guardarti dentro. Poi era un artista. Lasciando da parte il suo talento nel fare i remix, era un genio della musica… aveva sentito un paio di canzoni scritte da lui, musica e testo e gliel’aveva anche cantate, la sua voce gli faceva venire i brividi, profonda e limpida allo stesso tempo.
E non riusciva a non pensare quanto fortunati fossero Axel, per averlo come migliore amico, e Xaldin, avendolo come fidanzato. Un po’ gli dispiaceva non essere importante per una persona come lui.
-Sai da che ricordo io e Axel non abbiamo mai litigato- ovvio, come potevi litigare con uno come Demyx?
-È un bene-
-Già, siamo sempre d’accordo su tutto… e sinceramente non mi hai mai dato fastidio fare quello che faceva lui perché… perché non lo so. Semplicemente mi va di farlo contento, anche se poi alla fine è lui che accontenta me. Nonostante io sia il più grande mi tratta come se fossi un fratello più piccolo-
-Forse perché sei un po’ ingenuo… anche se più maturo di lui. Molto più maturo-
-Sì, infatti, sono sempre io che cerco di calmarlo, è una testa calda lo sai meglio di me. Ma almeno lui mi ha sempre aperto gli occhi… credo che quello che so lo devo a lui-.
Si era sempre chiesto come avrebbe reagito al posto suo, per quello che era successo. Dopotutto Demyx era il migliore amico del figlio dell’uomo che lo aveva violentato, fosse stato in lui non avrebbe avuto il coraggio di mettere piede nella casa di Reno e forse si sarebbe anche allontanato da Axel.
-Posso… posso farti una domanda parecchio privata?-
-Certo, avanti, spara!- sorrise il più grande
-Ecco, quando è successo?- poi scosse la testa -No, non fa niente non sono affari miei!-
-Era qualche settimana dopo che Axel ha fatto sei anni, me lo ricordo. Cel’avevo anche io sei anni- sorrise amaramente -Mi ha costretto a fargli… cioè, gliel’ho…-
-Ho capito, non ti preoccupare- gli posò la mano sulla spalla -Se non te la senti non fa niente, non avrei nemmeno dovuto chiedertelo-
-No, voglio parlarne. Sei il primo a saperlo… non ho mai detto niente a nessuno- si fermò un attimo, poi sospirò -Mi ha letteralmente sfondato, ricordo che mi usciva il sangue, non ha smesso di uscire per mezz’ora. Non ho mai detto niente, dopotutto non sapevo di che si trattasse, quando ho cominciato a capire decisi di non fare parola con nessuno… Axel era il mio migliore amico, aveva superato la morte di sua madre con difficoltà e scoprire che suo padre, oltre a tradire sua madre mi aveva fatto quello… non lo avrebbe sopportato. Forse mi darà dello stupido… ma ho sempre avuto vergogna di dirlo. Io… da quel giorno non mi sono mai avvicinato a Reno, almeno non da solo. Avevo il terrore di lui, cel’ho ancora, quando lo vedo non riesco a non pensare a quello che mi ha fatto. È una sensazione orribile, mi sento ancora sporco dopo tutti questi anni-
-Demyx io… non lo dico tanto per dire, mi dispiace, anche se non serve a niente dirlo-
-Non servono parole, giuro, parlandone con te mi sento molto meglio. Vorrei che Axel non lo scoprisse-.
Lo abbracciò, solo lui poteva capirlo, solo Demyx poteva capire quanto stava male a non avercelo accanto
-Mi manca così tanto- sussurrò, cercando di non piangere -La cosa che fa più male è saperlo tra le braccia di qualcun altro- lo strinse più forte -Mi sento un idiota… in confronto a quello che è successo a te…- l’altro lo zittì
-È una cosa passata, ormai. E, credimi, se Xaldin mi abbandonasse per sposarsi mi sentirei come te, dico davvero-.
Si staccò leggermente per guardarlo negli occhi, erano così limpidi, simili ai suoi; abbassò lo guardo, sentendo poi la carezza di Demyx sulla sua guancia gelata, senza nemmeno che se ne accorgesse sentì il suo naso sfiorarsi con quello dell’altro e chiuse gli occhi, rilassandosi sotto il suo tocco delicato, restando immobile per evitare che le loro labbra, che già si sfioravano leggermente, approfondissero quel tocco; non voleva muoversi, semplicemente aveva capito che l’altro aveva un bisogno esigente d’affetto, in generale, ed ora che aveva tirato fuori quella storia ne voleva di più. Sobbalzò appena, quando il Notturno Melodico approfondì, baciandolo senza alcuna malizia o desiderio, era un bacio dato solo e soltanto per incamerare il bene che Roxas gli voleva. Forse non si tirò indietro solo perché anche lui ne voleva, di affetto, e questa volta fu lui ad approfondire il bacio, succhiandogli le labbra e leccandogliele, finché Demyx non infilò la lingua nella sua bocca. Poco dopo si tirò indietro, quasi avesse avuto una scossa, le gote leggermente rosse
-S-scusa!- balbettò il più grande, fissando la strada
-Non fa niente, ho capito- rispose solamente, arrossendo leggermente -Quando lo facciamo?- fece dopo, facendogli capire che aveva lasciato perdere, dopotutto non era successo niente di che, dimenticava che però Demyx era il migliore amico di Axel, questo di sicuro il più grande non sel’era scordato
-Se non ci diamo una mossa non porteremo mai queste alla polizia- tirò fuori dalla tasca un pacchetto con dentro tutte le lettere, le tenevano sempre dietro -Andiamo, ora. Senza dire niente a nessuno, nemmeno ad Axel gli spiegheremo tutto dopo-.
Lo prese per il polso, tirandoselo dietro fino alla macchina e lo intimò di fare presto, Roxas fece tutto senza ribattere, forse era meglio adesso o non lo avrebbero fatto mai più. Avevano deciso di andare un po’ più lontano, avevano paura dell’influenza del potere di Reno o comunque del fatto che Sephiroth potesse manomettere qualcosa. Prese un grosso respiro ed entrarono.
-Dobbiamo fare una denuncia- fece Demyx, la voce ferma, sicuramente lui non sarebbe stato tanto calmo; l’uomo che sedeva dietro la scrivania li fissò con più attenzione e quando il biondo scandì bene il nome della persona da denunciare, il poliziotto sgranò gli occhi, dicendo loro di seguirlo.
Fu più facile del previsto, dissero senza troppi giri di parole che Reno era un assassino e c’entrava anche Sephiroth, dissero che aveva violentato delle persone. L’uomo che era di fronte a loro li fissò sottecchi mentre sfogliava tutte le lettere.
-Sei tu, il figlio di quell’uomo che ha ucciso, sbaglio?-
-No, non si sbaglia- rispose tranquillamente
-Daremo un occhiata più approfondita, siete anche nei guai per esservi intrufolati in una proprietà privata senza autorizzazione-
-Avevamo le chiavi, mel’ha date il figlio di Reno, siamo amici-
-Vedremo, ora andate, vi chiameremo noi-.
Soffiarono via tutta la tensione e sorrisero: finalmente! Ora però sarebbe arrivata la parte più difficile.

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Capitolo 19
*** Patto con Giuda ***


 

Patto con Giuda

Non credeva di aver odiato suo padre più di adesso, di tutte le cose che gli aveva fatto questa era di certo la peggiore. Aveva anche conosciuto la sua futura moglie: carina, gentile ma non era niente di che per lui… o forse, semplicemente, non gli piaceva perché non aveva i capelli biondi e indomabili, due occhioni celesti e limpidi. Semplicemente non è Roxas. Non voleva sposarsi, non voleva compromettere la sua vita ma se non l’avesse fatto sarebbe stato Roxas quello nei guai e non voleva che soffrisse più di come stava soffrendo ora. Se pensava a quando  gli aveva detto addio… non era in sé, sembrava shoccato, non sembrava capire davvero quello che stava succedendo. Voglio rivederlo, voglio abbracciarlo, dirgli che andrà tutto bene e promettergli che staremo insieme per sempre, ma so che non è così.
Tirò un pugno nel muro di quella stanza che doveva essere la sua ma non la vedeva come tale: era una prigione, una cella dotata di ogni comfort ma pur sempre una cella dove era stato segregato. Non poteva parlare con nessuno o meglio non poteva parlare con i suoi amici… Non sentiva Demyx da un mese intero, gli mancava così tanto. Mai come ora l’avrebbe voluto accanto, avrebbe voluto dirgli quanto stava male, quanto tutta quella situazione era ingiusta.
Tirò un altro pugno, diamine, non voleva stare agli ordini di Reno! Perché non voleva che si avvicinasse a Roxas, che gli importava?! Già… dimenticava che era tale e quale all’uomo che aveva ucciso, anche se involontariamente.
Si stese sul letto, il braccio poggiato alla fronte e fissò il soffitto arancione pallido, sia nella realtà che nel sogno non erano mai riusciti a stare assieme senza problemi… e chi poteva saperlo, magari questo era l’ennesimo sogno. Più che altro, lo sperava. Sospirò ancora, passandosi le mani in faccia e riavviandosi i capelli, doveva esserci qualcosa da fare.
Sentì il campanello bussare e si alzò di malavoglia per andare ad aprire, trascinandosi giù dalle scale. Rimase un po’ sconcertato quando vide Sephiroth fuori la porta
-Si, Sephy?- chiese, il solito tono pungente che usava con lui, per infastidirlo
-Non sono qui per te per tua fortuna, ragazzaccio. Tuo padre è in casa?- suo padre… tzè
-Spiacente, non c’è! Andiamo, Sephy, non sai che è a lavoro a quest’ora…- socchiuse gli occhi, squadrandolo da capo a piedi -Cos’è successo? Per precipitarti qui ancora in divisa dev’essere successo qualcosa…-
-Faresti invidia a Sherlock Holmes!- rispose ilare, poi lo scostò per entrare -Chiamalo e digli che lo aspetto, è importante-
-Sissignore- fece scocciato, chiudendo la porta.
Una volta chiamato Reno, inutile dire quanto fosse stato scortese nello scoprire che suo figlio lo disturbava mentre era a lavoro, si accomodò in salotto per infastidire un po’ il poliziotto, che innervosito lo mando a quel paese, facendolo ridacchiare di gusto.
-Come vanno i preparativi?- chiese il più grande con un sorriso divertito; bastardo
-Bene, non vedo l’ora di sposarmi, in effetti!- rispose tranquillamente, nascondendo bene la voglia che aveva di strozzarlo -Sei invitato anche tu, lo sai no?-
-Certo, farò un bel discorsetto circa la tua mania di infastidirmi e di fare cose sconce in pubblico. O meglio alla centrale, con un ragazzino che sembrava avere tredici anni- rise -Hai deciso di fare il pedofilo, Axel?-
-Fottiti, Sephiroth-.
Salì in camera sua, quello stronzo sapeva che non voleva sposarsi, sicuramente Reno gliel’aveva detto. Bussarono alla porta dieci minuti dopo e quando sentì il silenzio farsi troppo pesante sgattaiolò fino a metà scala per ascoltare quello che dicevano, purtroppo bisbigliavano talmente che gli arrivavano solo parole confuse.
-Mi hanno avvertito prima di far diventare la notizia “pubblica”. Come hanno fatto a trovare le pagine?-
-Io le avevo nascoste in biblioteca. Ma come diamine sono entrati?!-
Poi bisbigli indistinti che riuscirono a confonderlo più del dovuto.
-Devi dissuaderli-
-Non mi ascolteranno mai, Sephiroth-
-Il più grande ha il terrore di te e lo sai-
-Loro lo fanno per togliermi dai piedi… lo fanno per lui. Ma se gli faccio dire che devono lasciar perdere…-
-Fa quello che ti pare ma io non voglio essere dietro, preferisco avanti-.
Di che parlavano? Corrugò la fronte, cercando di trovare un nesso logico ma per quanto si stesse sforzando niente di quello che avevano detto lo aiutava. Salì di nuovo in camera sua quando sentì i passi, forse il poliziotto andava via. Si catapultò sul letto e si piazzò le cuffie dell’i-pod nelle orecchie, meglio che facesse finta di non aver ascoltato niente. Allora, parlavano di una notizia e di qualcuno che aveva trovato delle pagine… ed il più grande di questi “qualcuno” aveva paura di suo padre. Erano entrati in biblioteca… se non avevano le chiavi sarebbe scattato l’antifurto della casa e sarebbero stati scoperti, quindi… Sì, faceva davvero invidia al vecchio Sherlock. Scattò in piedi, inciampando nel tappeto, che aveva combinato Demyx?! Doveva chiamarlo, adesso. Cercò di aprire la finestra ma era stata chiusa a chiave dal maledetto di Reno, come tutte le altre, solo quella di camera sua era aperta, peccato che la porta fosse chiusa a chiave. Corse nel bagno, doveva esserci qualcosa per scassinare quella diavolo di porta! Forcine… ma non ne usiamo! Si batté una mano sulla fronte, doveva esserci qualcosa! C’è sempre qualcosa! Se le forcine non c’erano cosa poteva usare? Si fissò allo specchio e cercò di sforzarsi a pensare
-La spazzola! Oh, andiamo Axel, ricordi qualcuno che abbia forzato una serratura con una spazzola?! Perdi colpi, amico mio- ridacchiò nervoso -Parli anche da solo. Grande! Che ne è del temerario piromane che c’era in te!-.
Piromane. Fuoco. Il fuoco scotta. Il fuoco brucia.
-SEI UN GENIO!- urlò, baciando il suo riflesso nello specchio.
Corse in camera sua, il lanciafiamme doveva essere da qualche parte, assieme alla fiamma ossidrica. Buttò tutto fuori dai cassetti e finalmente li trovò, i suoi bambini! Optò per il lanciafiamme, lo aveva sempre preferito per la sua violenza. Si ricordò di essere in pantofole e si infilò velocemente le scarpe, il giubbino e prese le chiavi del motorino, doveva andarsene prima che lo facesse Sephiroth. La porta non ci mise molto a bruciare e ci misero molto di meno ad arrivargli alle orecchie le urla dei due di sotto, isteriche, e rise di gusto, mentre con un calcio rompeva il legno bruciato. Si fiondò nella stanza ed aprì velocemente la finestra, calandosi giù senza difficoltà. Fece partire velocemente il motorino, infilandosi alla bell’e meglio il casco, aggiustandoselo quando era già per strada. Era fatta, non bastava che avvertire Demyx del suo arrivo! Idiota, non cel’hai il cellulare… tel’ha tolto! Non importava, lo avrebbe cercato ovunque.
-Cel’ho fatta! Evvai!-.
Era presto a cantar vittoria: sentì la sirena dell’auto di Sephirtoth ed imprecò, mentre accelerava di più a costo di scivolare sul ghiaccio. Purtroppo per quei due, era abituato alle fughe strategiche e non ci mise molto a seminarli, dirigendosi spedito verso la casa del suo migliore amico.
Sembrava che non gliene andasse bene una. Ovviamente non c’era.
Ed ora come lo trovi?”
E tu chi diamine sei?
“La tua coscienza”
Sei un grillo?
“La solitudine non ti fa per niente bene, piromane”
Lo so. Non dovresti darmi una mano?! Avanti, fatti venire un idea brillante!
“Demyx ha il cellulare e tu devi avvisarlo. Lo sai che in casa del tuo amico c’è un telefono?”
Geniiiaaaale! Avviserò con quello! Ti voglio bene!
Si trovò a ridere come un idiota, le chiavi infilate nel motorino; si insultò per l’ennesima volta e le levò tornando indietro. Perché non rispondi! Ho un amico che è un deficiente, ecco tutto!
Attaccò e ringraziando ugualmente la madre di Demyx corse fuori, partendo alla ricerca di quel decerebrato. 

Delle urla e delle bestemmie si levarono nella tranquillità solita della piazza centrale; il rombo di un motorino che conosceva bene gli arrivò alle orecchie. Quando lo videro venirgli addosso, Roxas e Demyx urlarono, correndo al riparo verso una panchina, sentendo poi un botto non indifferente. Tossirono a causa del fumo e poi si riscossero
-Axel!- lo chiamarono, sconvolti, sconcertati.
Tirarono un sospiro di sollievo nel vederlo “risorgere”, uscendo dalla nube di fumo illeso, solo con il giubbino bruciacchiato e la fuliggine nei capelli, il manubrio ancora nella mano destra.
-Finalmente vi ho trovati!- sorrise, scoprendo i canini leggermente appuntiti.
Il più grande corse ad abbracciarlo, ripetendogli che era un cretino, un deficiente, un diversamente abile di prima categoria. Roxas, dal canto suo, era pietrificato. Era lì, lo vedeva ma non riusciva a provare qualcosa che fosse più forte della rabbia; no, non era esattamente rabbia, era collera. Il cervello era in tilt, aveva una voglia incredibile di… doveva farlo o si sarebbe sentito male. Si avvicinò a passo veloce e quando Axel gli sorrise dolcemente, gli tirò uno schiaffo in piena faccia.
-Sei un idiota!- urlò, sia il rosso che il biondo lo guardavano sconvolti -Non mel’hai detto! NON MI HAI DETTO CHE TI SPOSAVI!- aveva la voce di una ragazzina isterica, molto vicina al verso di una gallina a cui stanno togliendo le penne -Hai un intelligenza pari ad una cacca sul ciglio della strada! Ti rendi conto?! Mi sono sentito una schifezza, Axel! NON MI HAI DETTO UNA COSA COSI’ IMPORTANTE! NON MEL’HAI DETTO!- viste le facce dei due che gli erano avanti, aveva dovuto fare un urlo più acuto del normale -E sai cosa mi fa incazzare di più, eh?- il diretto interessato stette immobile, impaurito -Che ti amo, merda che non sei altro! … E non sorridere che mi fai incazzare!- fece, indispettito, tirando indietro la mano che Axel gli stava per prendere.
Alla fine, dopo una lotta non indifferente, riuscì ad abbracciarlo e gli baciò la testa, tenendolo stretto.
-Mi sei mancato, ragazzina isterica che non sei altro- Roxas gli calpestò un piede, facendolo lamentare appena, poi si calmò e si lasciò coccolare, tossicchiando per l’odore di bruciato -Come te la sei passata, angioletto?-
-Idiota- mugugnò, singhiozzando con la testa nascosta contro il suo petto, stringendo i pugni ai lati del corpo; si tirò indietro, asciugando le lacrime con stizza.
La risata di Demyx li riscosse, gli puntò gli occhi addosso e sorrise contagiato dal suo buonumore.
-Devi dirmi cos’è successo, Dem… è arrivato Sephiroth a casa, prima. Ho sentito che sei entrato a casa o sbaglio?-
-Dobbiamo spiegarti un paio di cose, Axel- fece, alludendo anche a Roxas che fissava il rosso con un sorriso dispiaciuto; quello annuì, poi si girò verso l’entrata della piazza ed imprecò
-Ora dobbiamo solo scappare!-.
Corse verso l’auto del suo amico che al suo seguito sbuffò e roteò gli occhi, lanciandogli le chiavi. Saltarono in macchina e il rosso l’accese in pochi secondi, partendo velocemente, cercando di allontanarsi più che poteva dall’auto che l’aveva seguito fino a lì. Roxas cominciò a pregare in tutte le lingue che conosceva mentre, nel suo orecchio, Demyx urlava piagnucolando spaventato.
-Ci spiaccichiamo contro un muro!- urlò il Melodico Notturno, ricevendo come risposta un sonoro “vaffanculo” dal migliore amico che, invece di rallentare, accelerò ingranando la marcia.
Non voglio morire… no! Il più piccolo si coprì gli occhi con le mani, cercando di non guardare la strada altrimenti sarebbe scoppiato in lacrime. Non si chiese perché un gatto aveva buttato un urlo acuto, non si chiese perché le persone urlavano terrorizzate – quasi quanto Demyx – e non si chiese nemmeno cos’era quella cosa che avevano colpito di striscio, sicuramente rovinando la vernice dell’auto del povero truzzo che aveva cominciato a pregare ad alta voce, supplicando che restassero in vita. Scostò leggermente le dita dagli occhi, giusto in tempo per godersi una curva spericolata e vedere un uccello spiaccicarsi sul vetro. Tirò un gridolino, supplicando il suo ragazzo di rallentare ma quello non rispose, semplicemente accese i tergicristalli e l’uccellino finì sulla strada e venne schiacciato dall’auto con un sonoro ciack. Sgranò gli occhi, immaginandosi il corpicino dell’animale che era attaccato alla ruota e girava e girava e girava. Un uccello?! Ma erano a gennaio! Ormai non c’era una cosa che sembrava andare normale. Tossì, sentendo una puzza di fumo.
-TI SEMBRA IL MOMENTO PER GODERTI UNA SIGARETTA?!- urlò Demyx alle loro spalle, facendo ridere il diretto interessato
-Ve la state facendo addosso-
-NON HAI IL DIRITTO DI SFOTTERCI!- restò in silenzio per qualche secondo, poi piagnucolò ancora -VOGLIO MAMMAAAAAAAAA!-
-Ma si può sapere perché stiamo scappando?!- fece Roxas, prima di urlare ad una curva fatta con una sgommata
-Perché Reno e Sephiroth ci inseguono. Ora mi spiegate che avete fatto?-.
Frenò bruscamente e il più piccolo ebbe la prontezza di aggrapparsi al sedile, mentre il povero Demyx si trovò con la faccia contro il vetro, il naso sanguinante.
-ODDIOOOOOOO! STO SANGUINANDOOOOOOOOOOOO!- non aveva mai ricordato la voce di quel ragazzo tanto disperata
-Un po’ di sangue non ha mai ucciso nessuno, Dem- rispose Axel con noncuranza, mentre imboccava un vicolo.
-FOTTI AXEL! SEI UN DANNATO IDIOTA!-.
Corsero per diversi minuti, lui era sempre arpionato al sedile e guardava di sottecchi il Notturno Melodico che veniva sbatacchiato avanti e indietro. Se fosse stata un'altra situazione avrebbe riso di gusto. Ci fu un ennesima frenata brusca e il suo ragazzo imprecò tirando un pugno sul cruscotto: un vicolo cieco. Avanti a loro c’era solo una ringhiera che li divideva dal mare. Non poté nemmeno fare retromarcia, perché l’auto che li aveva inseguiti li aveva finalmente raggiunti. Demyx si girò, sbiancando immediatamente. Roxas lo chiamò
-Non devi preoccuparti di niente, chiaro?- quello annuì debolmente in risposta, di certo in altre occasioni era più calmo ma adesso che Reno sapeva che l’aveva denunciato tirando fuori quella storia, era incredibilmente spaventato.
Reno e Sephiroth scesero dall’auto ed Axel li fissò dallo specchietto retrovisore, scendendo poi anche lui. Roxas e Demyx si fissarono e decisero di scendere dall’auto, era arrivato il momento di chiarire. Notò che, al suo fianco, il Notturno Melodico tremava impercettibilmente, guardando fisso per terra, gli posò una mano sulla spalla, non doveva temere niente, non ora. Un applauso ed una risata sprezzante richiamarono la sua attenzione.
-Complimenti, davvero!- fece il poliziotto -Spettacolare performance, pensare che non hai nemmeno l’età per guidare- poi posò gli occhi sui due biondi, lo sguardo carico d’odio -Ecco i due marmocchi che si sono improvvisati agenti segreti. Piaciuto il gioco?-
-Mi dite cos’è successo, ora-
-L’abbiamo denunciati- rispose Roxas, preferiva essere lui a dirglielo piuttosto che uno di quei due -Tuo padre e Sephiroth-
-Diglielo tu il perché, Demyx- Reno fece una risata quasi tetra, gli vennero i brividi, niente in confronto a quello che avevano provocato al biondo al suo fianco, che tremava convulsamente, stringendo i pugni, aveva persino gli occhi lucidi
-Dem?! Che diamine hai?-.
Axel l’aveva preso appena in tempo, evitandogli di cadere al suolo. Lo strinse, sgranando gli occhi quando cominciò a singhiozzare contro la sua spalla
-Io… non volevo fartelo sapere- sussurrò confusamente, ogni parola accompagnata da un tremito -Mi dispiace, davvero. Ma l’ho fatto per te… credimi- singhiozzò più forte e cercò di calmarsi -Mi ha violentato-.
Lo lasciò, fronteggiando lo sguardo di suo padre con il suo, caricandolo di odio puro, mentre Roxas era corso da Demyx che singhiozzava ancora.
-Dimmi che non è vero. Dimmi che non l’hai mai sfiorato nemmeno con un dito- la voce tremava, si tratteneva a stento dall’urlare
-Se vuoi te lo dico- rise, ancora, la stessa risata di prima
-Sei un bastardo!-.
Gli si scagliò contro, accasciandosi poi al suolo, tenendosi lo stomaco.
-Axel!- lo chiamò, alzandosi per aiutarlo ma si bloccò, non poteva lasciare Demyx in quelle condizioni; lo guardò asciugarsi le lacrime e fare leva sulle gambe per tirarsi su, appoggiandosi poi al muro.
Senza nemmeno che se ne fosse accorto, Reno gli si era avvicinato lentamente. Fece alcuni passi indietro, imprecando quando la sua schiena toccò il muro. Serrò gli occhi, sentendo poi il respiro dell’uomo contro il suo viso.
-Sei identico a lui… è impressionante- sentì le mani carezzargli la guancia ed aprì gli occhi, fulminandolo e cercando di staccarselo di dosso, ma sembrava impossibile e sentì l’aria mancare, era incastrato tra il muro e Reno, che teneva le braccia ai fianchi del suo corpo, ridacchiò -Sembri tanto tranquillo e invece sei come un gattino, hai le unghie affilate, piccoletto-
-Non lo toccare!- tossì Axel, quando lo sentì lamentarsi per un probabile colpo cercò di guardarlo, ma Reno gli prese il collo con la mano, tenendogli fermo il volto
-Devo ricredermi… mio figlio questa volta ha fatto una scelta niente male-
-Levami le tue sporche mani di dosso-
-Tua madre non la pensava allo stesso modo- dichiarò pungente, ricevendo in risposta una risata sommessa, poiché il respiro era mezzo bloccato
-Io non sono come lei. Non mi importa quello che ha fatto- strinse le mani contro il polso dell’altro cercando di fargli allentare la presa, ormai l’aria veniva a mancare
-Sai, avevo sempre pensato che tuo padre non avesse tutta questa bellezza. Tu sei tale e quale a lui, eppure ogni minuto che passa ti trovo sempre più piacevole- sgranò gli occhi e cercò di liberarsi, dibattendosi furiosamente, quando sentì la lingua di Reno inumidirgli il collo, salendo fino al suo orecchio; chiuse gli occhi, gli veniva da piangere, ormai si sentiva venire meno per la mancanza d’aria e non voleva svenire, perché altrimenti quello si sarebbe avvicinato a Demyx e non voleva che succedesse -Hai la faccia di un angioletto- soffiò nel suo orecchio, facendolo rabbrividire
-Lasciami- biascicò, crollando al suolo quando finalmente lo lasciò, e prese a respirare affannosamente; si sentì sollevare per le ascelle e fu costretto a guardare Reno negli occhi, erano teoricamente uguali a quelli di Axel, ma non praticamente
-Non ti preoccupare, non ti faccio niente, inutile essere così spaventato- strinse i pugni, certo quella voce non era rassicurante e si ordinò per l’ennesima volta di non piangere.
Sentì un tonfo, la voce di Demyx ovattata poi lo stesso rumore di prima. Il rosso che aveva di fronte ghignò e non riuscì a fare altro che tremare.
-Siamo solo io e te, ora-
-Non mi toccare, lasciami!- il suo fu quasi un urlo disperato e si dibatté inutilmente, la presa di Reno sulle sue spalle era troppo ferrea -Ti prego- sussurrò e questa volta non poté evitare alle sue lacrime di scendere e al diavolo il suo orgoglio; l’altro rise e gli posò un bacio sulla fronte, allentando leggermente la presa
-Vedi, Axel? Alla fine tutti si piegano al mio volere e lo farai anche tu-
-Che cosa ti ho fatto?!- urlò rabbioso il rosso, Roxas si sentì meglio, sapendo che aveva ancora la forza di urlare -Perché mi odi così tanto?!-
-Sei nato, nient’altro- disse semplicemente, senza nemmeno guardarlo, con sufficienza; la felicità di sentirlo morì subito, stava piangendo. Axel piangeva perché suo padre lo odiava solo per essere nato. -Io nemmeno la volevo tua madre… mi hanno costretto. Mi sono sentito proprio come te, solo che io non ho avuto scampo. Volevo farti capire, volevo metterti nei miei panni, nemmeno tu saresti stato capace di amare un figlio che ti era stato dato da una persona che non amavi-
-Non sono come te!- singhiozzò; cercò di liberarsi, voleva raggiungerlo, baciargli le lacrime ma non riusciva a muoversi
-Questo è certo, anche perché non voglio essere come te. Sei debole, ecco tutto. L’amore rende deboli, renditene conto. Sono riuscito a minacciarti perché non volevi che facessi del male a lui. Il tuo amichetto non ha avuto il coraggio di denunciarmi perché ti voleva bene e non voleva farti soffrire ancora… uh, io Demyx mel’ero quasi scordato- rise, e si scostò da Roxas che così riuscì a vedere gli altri due, uno bloccato da Sephiroth e l’altro per terra, il labbro sanguinante, congelato dal terrore.
-No, non ti avvicinare a lui!- prese Reno per il polso -Farò tutto quello che vuoi, ma lascialo in pace- l’adulto si girò, guardandolo seriamente, forse stava valutando la proposta; sorrise dolcemente e quel sorriso gli fece paura più di qualsiasi altra cosa in quel momento. Gli prese il mento con la mano, delicatamente, il biondo socchiuse gli occhi, cercando di controllare i tremiti che gli attraversavano il corpo
-Sei proprio un angelo, ragazzino- sussurrò
-No, non ci pensare nemmeno!- il suo ragazzo si stava sicuramente dibattendo, sentiva le imprecazioni del poliziotto che però riuscì a tappargli la bocca.
Serrò i pugni quando sentì le dita di Reno sfiorargli le labbra. Gli veniva da vomitare, tutta la tensione gli attanagliava le viscere ed aveva una paura incredibile che potessero far del male a Demyx o ad Axel, non dovevano neanche più sfiorarli con un dito, avevano sofferto abbastanza.
-Se li lasci stare farò tutto quello che vuoi- dichiarò ancora, cercando di controllare il tremito della voce; gli altri due gli urlarono contro, dicendogli che non doveva farlo ma li lasciò perdere, continuando a fissare l’uomo negli occhi, tanto maligni quanto verdi
-Un idea cel’avrei- cominciò, la voce neutra -Considerando che hai detto tutto quello che vuoi…- avvicinò le labbra al suo orecchio -Lascia in pace mio figlio… non voglio mai più vederti girargli attorno, guardarlo, tantomeno parlarci in qualsiasi modo- no, quello no -Mi dai la tua parola?-
Gli porse la mano e lui tentennò nello stringerla, sarebbe stato come firmare un patto col diavolo. Anche se Reno fosse stato in prigione, avrebbe trovato il modo di farla pagare a tutti loro, poco ma sicuro e lui non voleva che continuasse a fare del male… ma giurare di non vedere più Axel, avrebbe significato far soffrire anche lui ed un patto doveva riguardarlo propriamente, solo propriamente.
-Il patto deve riguardare solo me, nessun altro- provò, la voce malferma
-Allora mi rendi il gioco più semplice- rise, ormai aveva odiato quella risata, a quanto pareva però era una cosa di famiglia ridere quando si voleva essere seri, era così snervante; i due lo chiamarono ancora, vennero zittiti da un calcio di Sephiroth allo stomaco e si riscosse
-Veloce!- lo intimò
-Ritira la denuncia- era più un ordine, soffiato con tanta naturalezza e presunzione da innervosirlo
-Poi ci lascerai in pace?-
-Poi lascerò in pace loro. Ma quello che farò a te, riguarderà solo e soltanto te, angioletto- deglutì, in che si stava cacciando?
-Va bene- la sua risposta venne seguita da una risata sadica che coprì le parole di Axel e Demyx; Reno gli strinse la mano, baciandola delicatamente. Il bacio di Giuda.
-Sephiroth, lasciali stare, possiamo anche ritornarcene a casa- si allontanò leggermente da Roxas, che tirò un sospiro di sollievo, venendo poi tirato contro il suo petto; il rosso gli accarezzò i capelli, scivolando fino a sotto l’orecchio -Non sai nemmeno tu in che situazione ti sei infilato, angioletto- sussurrò, facendo in modo che sentisse solo lui, lasciandolo per entrare in macchina col poliziotto e sparire dietro la curva.
Si lasciò cadere a terra, sfinito da quella situazione. L’asfalto ghiacciato gli stava congelando la guancia, guardò il suo alito che si condensava in una nube bianca mentre una lacrima solitaria si perdeva tra i suoi capelli. Aveva bisogno di un bagno, voleva levarsi da dosso il tocco di Reno, erano passati minuti ma sentiva ancora la sua lingua accarezzargli il collo. Si sentì sollevare e poi stringere, non ci mise molto a capire che era Axel, anche se teneva gli occhi chiusi, il suo odore era inconfondibile. Rifugiò la testa nell’incavo del suo collo, mentre sentiva le mani del rosso accarezzargli la nuca.
-Non dovevi- gli sussurrò, baciandogli la guancia
-Era l’unico modo per farvi lasciare in pace- disse, allacciandogli le braccia attorno al collo; sentì una mano scompigliargli i capelli e si staccò dal rosso, per guardare Demyx che non gli diede il tempo di dire niente e lo abbracciò forte, fraternamente
-Non ti sei nemmeno reso conto di quanto sia stato importante per me quello che hai fatto- commentò, senza aspettarsi una risposta, quello che doveva dire l’aveva già detto.
Salirono in auto per ritornare indietro, a conti fatti Axel e Demyx non erano conciati male, avevano solo il labbro un po’ gonfio, niente di che per loro, erano abituati a cose peggiori. Doveva ritirare la denuncia… non importava, lui aveva denunciato Reno per far sì che lasciasse in pace il suo ragazzo ed ora se la ritirava non avrebbe dato fastidio a nessuno dei due che erano con lui. Il problema era che lui ne avrebbe avuti parecchi. Aveva un po’ paura ma non si sarebbe tirato indietro. Meglio uno che due.
Quello stesso pomeriggio andò a ritirare la denuncia, senza dare troppe spiegazioni, riprendendosi le lettere. Andò a casa di Axel per consegnarle al padre, Reno era stato di parola ed aveva annullato il matrimonio e si era stabilito nella villa. Bussò, da quel momento la sua vita era in mano a quell’uomo dai principi perversi. Fu il suo ragazzo ad aprirgli e gli sorrise, fece per entrare ma il rosso lo prese per il polso tirandolo fuori.
-Non devi, Roxas. Non voglio che tu lo faccia-
-Gli ho dato la mia parola-
-Ti fidi di lui?!-
-Fino ad ora ha mantenuto la promessa, se non la mantiene non mi ci vorrà molto a denunciarlo ancora, non credi?-
-Ho paura per te, io so di cos’è capace! Soprattutto dopo che è uscita fuori la verità… non ho il coraggio di guardare in faccia il mio migliore amico…-
-Non hai il coraggio di guardare neanche me a quanto sembra- sorrise gentilmente, accarezzandogli il viso -Non c’entri niente con quello che ha fatto Reno-.
Il rosso lo abbracciò e lui si lasciò cullare, non aveva ancora avuto il tempo di goderselo da quando era tornato.
-È pericoloso, non deve passarla liscia… lui e Sephiroth non possono essere liberi dopo quello che hanno fatto-
-Andrà tutto bene- dichiarò con fermezza, per rassicurare più se stesso che l’altro.
Axel lo fissò per un po’, curvandosi a baciargli le labbra dolcemente, ma come ogni volta il bacio diventava coinvolgente e passionale, da mozzare il fiato. Gli era mancato più dell’ossigeno il suo odore, il sapore che aveva, il suo tocco possessivo e delicato aveva paura che svanisse e non ne rimanesse nemmeno il ricordo; si aggrappò alle sue spalle, lasciando cadere con noncuranza la busta con le lettere per terra, passò a baciargli ogni centimetro del suo collo, mentre gli accarezzava i capelli, leggermente più lunghi di quanto ricordava. Prima o poi glieli avrebbe fatti tagliare un po’. Sussultò, accorgendosi che le mani dell’altro gli stavano accarezzando il petto, facendoglielo sfiorare dall’aria fredda. Baciò un ultima volta il suo collo, poi si allontanò leggermente, piegandosi sulle ginocchia per prendere la busta che era caduta nella neve.
-Non farlo- provò un ultima volta Axel ma con scarsi risultati, aveva dato la sua parola.
Reno era in biblioteca, non c’era luogo migliore per riceverlo, dopotutto aveva le lettere con sé. Seppur di mala voglia, Axel li lasciò soli, fissando in modo sprezzante suo padre che invece gli aveva sorriso beffardo. Lo fece accomodare, mentre metteva le firme su alcune carte.
-È l’unico che mi guarda in quel modo… tutti provano una leggera impotenza nei miei confronti, compreso te- fece ad un tratto, parlando come se la cosa non gli riguardasse; si alzò facendo strisciare la sedia per terra, Roxas sobbalzò leggermente, preso alla sprovvista
-Ho portato quello che volevi- dichiarò, poggiando la busta sul tavolo -Sono tutte-
-Oh no, non sono tutte- disse Reno, tranquillo, facendo il giro del tavolo per sederglisi di fronte -Non avete trovato questa- sorrise gentilmente, porgendogli poi il foglio piegato accuratamente.
Lo spiegò, era più recente degli altri, molto più recente.

“1° settembre.
Come tutte le estati c’è una festa per l’addio alle vacanze, tra la notte del 30 agosto e quella del primo settembre. Ci sono andato, avevo voglia di divertirmi di spezzare un po’ la spina, poi la festa era in maschera e mi attirava l’idea di mascherarmi, nessuno avrebbe saputo chi ero se mi camuffavo bene. Molti degli invitati non avevano il viso coperto ma erano semplicemente vestiti da personaggi dei cartoni o della fantascienza. C’era una ragazza, aveva un viso dolce, i capelli biondi e gli occhi acquamarina, il vestito verde di Trilli le stava a pennello, sembrava proprio la fata, mi sono trovato a chiedermi – stupidamente – dove fosse il suo Peter. Quando mi sono reso conto chi era, quasi non ci credevo: la figlia di Aqua! Ora che ci facevo caso aveva qualcosa di lei.
Sembrava tanto indifesa… arrossiva se qualcuno le sfiorava le gambe scoperte, gambe così lattee e delicate.
Non ha opposto resistenza, credo fosse leggermente ubriaca, tanto meglio, non si sarebbe ricordata molto di me, avrebbe solo ricordato l’orribile esperienza che le avevo fatto passare. Sono passate ore, eppure sento ancora l’odore del suo sangue, segno della sua purezza ormai persa.”

Naminè… boccheggiò per un po’, la sua mente non formulava un pensiero coerente e la risata di Reno sembrava avere un eco che gli rimbombava nella testa. Fissò l’uomo che aveva di fronte, provò un odio ed una rabbia accecante, si alzò di scatto, tirandogli un pugno in faccia.
-Bastardo- sibilò, stringendo ancora le nocche; il rosso di massaggiò la mandibola, gli rivolse un sorriso sghembo e lo spinse per terra, facendogli battere la testa contro la sedia.
Gli si mise sopra a cavalcioni, bloccandogli le braccia ai lati del corpo, prendendole per i polsi; cercò di liberarsi ma inutilmente, poi si fermò chiudendo gli occhi, calmandosi: faceva parte del patto.
-Tua sorella era proprio come tua madre, sai? Chissà se Sora farà come te oppure sei l’unico della famiglia che odia le mie mani- sussurrò nell’orecchio, baciandoglielo poco dopo -Ti ho in pugno…-
-No!- esclamò, non appena sentì le mani di Reno infilarsi sotto il giubbino, accarezzandolo dove erano state le mani di Axel poco prima -Non ora!- quasi urlò, scivolando via dalla sua presa, poiché si era fatta meno resistente; rabbrividì di terrore. Cos’ho detto?!
-E quando, di grazia?- chiese l’altro, alzandosi, gli lasciò pochi secondi, poi continuò -Ti do di tempo un mese. Puoi andare-.
Si alzò barcollando, aiutandosi con la sedia. Uscì dalla biblioteca e sfuggì allo sguardo di Axel, che era poggiato al muro. Non doveva sapere, non doveva sapere niente o glielo avrebbe impedito. Si sforzò di sorridere e lo abbracciò, proponendogli di uscire. Il suo ragazzo pareva non essersi accorto di nulla, ma sapeva che in realtà qualcosa lo aveva capito. Sospirò, cercando di dimenticare, anche se ormai il conto alla rovescia era cominciato.

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Capitolo 20
*** 3, 2, 1... ***


 

3, 2, 1

Finalmente era cominciata la scuola, non ne poteva più di Reno, almeno adesso l’avrebbe lasciato in pace. Si alzò come suo solito di malavoglia, inciampando nelle coperte e trascinandosi fino al bagno, bussando ed urlando a sua sorella di muoversi. Da quando aveva saputo quella storia, sperava sempre che lei non ricordasse nulla. Prese la cartella, l’anno prossimo avrebbe dovuto ricomprarla, era praticamente sfasciata e non sapeva come aveva fatto a ridurla in quello stato, con le cose della scuola era parecchio ordinato. Bhè, solo con i libri in effetti, anche l’astuccio era bucato e perdeva spesso le penne. Lo chiamarono l’ennesima volta e scese di corsa dalle scale, quasi inciampando nella sciarpa che – non sapeva perché dato che passava minuti ad aggiustarla – si trovava sempre con un lato lunghissimo; Riku diceva che ci inciampava perché era basso, come se l’albino fosse altissimo! Saltellando prese il cappello da sopra l’attaccapanni, se lo infilò in testa senza nemmeno notare che era al rovescio e corse in macchina, dove Sora e Naminè lo aspettavano. La ragazza gli sorrise, tirandogli il cappello da testa, mettendoglielo bene
-Non sei capace nemmeno di metterti un cappello- ridacchiò, facendolo sbuffare -Stai davvero bene fratellino, quanto sei figo col cappello!-
-Ma smettila-
-Perché? Solo Axel può farteli i complimenti?- scherzò Sora, e lui arrossì inevitabilmente, ricevendo altre prese in giro che cercò di ignorare.
Arrivarono fuori la scuola dieci minuti prima che suonasse la campanella, si bloccò sul marciapiede: Marluxia. Con tutto quello che era successo sel’era scordato! La voce di Demyx lo riscosse e raggiunse il gruppetto, salutando il suo ragazzo con un bacio.
-Sei una favola col cappello-
Promemoria: non mettere mai più il cappello. Ricevere complimenti lo imbarazzava sempre un po’. Ringraziò mugugnando le parole, accomodandosi meglio sul muretto, cominciando poi a dondolare le gambe
-Funghetto, avevamo intenzione di organizzare una festa, sei dei nostri?-
-Certo, Xaldin. Di che si tratta?- tanto non avrebbe potuto dire di no
-Niente di che, stiamo tra di noi, facciamo qualche gioco… tanto per passare il tempo. Facciamo sabato-
-Va bene, dove?-
-A casa mia, ovviamente!- esclamò Demyx -Io sono ancora il Notturno Melodico! Poi la settimana prossima organizzo una festa con tutta la scuola, mi hanno fatto notare che è da un po’ che non ne faccio- spiegò, sorridendo raggiante
-Che ore?- fece Sora, scalpitando impaziente quanto l’organizzatore
-Prima possibile, più stiamo insieme e più ci divertiamo!- commentò Xigbar, dando una pacca sulla schiena al Feroce Lanciere, che lo spinse, facendolo sprofondare nella neve, scatenando le risate.
Suonò la campanella, era cominciata definitivamente la scuola. Sbuffando si avviò verso la classe, notando che da quando se la faceva con Axel e la combriccola aveva cominciato ad odiare lo studio, o perlomeno a considerarlo un po’ scocciante, dopotutto ora preferiva stare in compagnia che rinchiudersi in camera a studiare e a leggere.
Come al solito però quelle ore volavano, tra un interrogazione, le risate e qualche figuraccia che faceva il suo gemello; erano cose giornaliere. Doveva andare a casa del suo ragazzo quel pomeriggio, gli aveva promesso di raggiungerlo dopo i compiti, quindi era d’obbligo fare velocemente qualcosina e dire a Naminè che avrebbe copiato da lei il resto una volta tornato a casa. Quella giornata era cominciata proprio bene! Niente Marluxia che lo infastidiva, nessuna chiamata da parte di Reno che voleva fargli fare qualcosa – una commissione o rimettere a posto tutte le lettere nei libri – e per di più tra una settimana doveva andare ad una festa. Jeah! Decise di fare quattro passi, quindi non prese il motorino, avviandosi una mezz’oretta prima per andare a casa del suo ragazzo. Era già buio, amava l’inverno anche per quello, si soffermò a guardare il cielo che si oscurava sempre di più, prima di bussare al campanello.
Merda.
-Ciao Reno. Axel?-
-Non c’è-.
Ah…! Hahahaha non c’è! Che spiritoso!
-Non…?! E dov’è andato?-
-Ha detto che tornava tra una ventina di minuti, mi ha detto che saresti arrivato ma sei in anticipo a quanto pare. Vieni pure-.
Non gli piaceva per niente l’aria tranquilla di quell’uomo, nessun sorriso ilare, nessuna battutina sarcastica, nessuna occhiata famelica. Niente di niente. Tentennò, l’idea di stare fuori a congelare non lo attirava ma ancora meno quella di stare da solo con Reno. Si riscosse, entrando e posando il giubbino sull’attaccapanni; fece per salire in camera di Axel, quando il padre lo chiamò, chiedendogli di raggiungerlo. Imprecò dieci volte ad ogni passo che faceva e si accomodò sul divano, mettendosi seduto su una gamba mentre l’altra toccava il tappeto.
-Mi sono un po’ scocciato, avevo detto un mese ma sinceramente non ne posso più di aspettare-, la salivazione gli si azzerò all’istante
-M-ma… non è passata nemmeno una settimana!- fece con voce tremante, lo sapeva che non sarebbe durato molto
-Ora, domani, tra un mese. Che differenza fa? Avresti allungato di più la sofferenza, non credi?-
Sì, ma il fatto è che speravo lo dimenticassi.
Serrò gli occhi, sentendosi sfiorare il volto da Reno. In meno di un mese era riuscito a farsi baciare da Marluxia, Demyx ed ora anche da lui… solo che quest’ultimo era quello che gli faceva quasi schifo. Dovette schiudere le labbra per permettergli di entrare con la lingua nella sua bocca, e ad ogni minuto che passava tremava sempre più dalla paura, dall’orrore. Quei venti minuti sarebbero stati molto, molto lunghi. Troppo lunghi.
Dovette aspettare per qualche minuto Axel in camera sua, almeno ebbe il tempo di sfogarsi, piangendo in silenzio, così avrebbe evitato di fargli capire cos’era appena successo. Ce ne sarebbe voluto di tempo prima di dimenticare quella sensazione di sporco e di umiliazione, prima che passasse del tutto sarebbe successo di nuovo ed ancora. Sperò di non avere gli occhi rossi, non aveva nemmeno la forza di guardarsi allo specchio.
-Angioletto!-.
Axel gli si buttò addosso, stendendolo sopra il letto, baciandolo dolcemente ed accarezzandogli i capelli. Strofinò il naso col suo, facendo sorridere il più piccolo.
-Ti amo- sussurrò e il rosso lo baciò ancora
-Che facciamo?- chiese, giocando col ciondolo del suo ragazzo
-Io sono un po’ stanco a dire il vero- sbadigliò, accucciandosi contro il petto di Axel, incrociando le gambe alle sue
-Allora dormiamo-.
Si staccò un secondo, prendendo le coperte e coprendo entrambi, stando attento che Roxas non avesse la schiena scoperta. Gli baciò la fronte, accarezzandogli la guancia delicatamente
-Roxas?- lo chiamò, ricevendo un mugugno in risposta, ormai il biondo stava per addormentarsi -Se succedesse qualcosa me lo diresti, vero?-, il suo cuore mancò un battito e ringraziò di avere gli occhi chiusi, altrimenti non sarebbe riuscito a guardarlo
-Certo- mentì, prima di addormentarsi definitivamente, accompagnato dagli incubi.
Ormai era arrivato al punto che piangeva la metà del tempo, la maggior parte di notte e si ritrovava sempre nel letto di Sora la mattina. Ringraziava solo che non gli avesse chiesto niente, in quelle notti, ringraziava che quello stesso pomeriggio, quando era arrivato a casa, non gli avesse chiesto perché si era chiuso in bagno a piangere per un ora e mezza. Piangeva perché si sentiva sporco, si faceva schifo anche perché era un maledetto bugiardo, perché riusciva a sorridere avanti al suo ragazzo per non farlo preoccupare, ma prima o poi Axel avrebbe capito. Avrebbe capito che lo baciava per farsi perdonare, per togliersi dalla bocca il sapore di Reno. Presto avrebbero capito che faceva la puttana, che per salvare il suo ragazzo e il suo migliore amico si vendeva. Dio ha voluto davvero, questa volta.
Finalmente era arrivato il finesettimana, Terra accompagnò lui, Sora e Riku a casa di Demyx, poi ci avrebbe pensato lo stesso Notturno Melodico ad accompagnarli o Xaldin, ma era più probabile che dormissero lì, avrebbero sicuramente bevuto. Dopo ore passate a cantare a squarciagola canzoni improponibili della serie “Sono un fan sfegatato dei cartoni Disney”, mangiucchiato schifezze e riso alle battute idiote di chi capitava, si organizzarono per un gioco. Si sedettero a cerchio, scrissero cinque domande a testa – molto personali – e le infilarono in un ampolla. A turno avrebbero dovuto rispondere ad ognuna delle quarantacinque domande e, se non avessero avuto il coraggio di rispondere, la penitenza sarebbe stata ingollare un bicchiere di grappa al cioccolato. Roxas era un po’ restio nel giocare, si era promesso di non bere mai più ma alla fine aveva accettato, era solo un gioco, dopotutto. Dopo la decima domanda a cui non aveva risposto, era completamente partito, se fosse stato in sé si sarebbe cominciato a preoccupare, perché quando era ubriaco diceva qualsiasi cosa.
-Funghetto, tocca a te pescare!- lo incitò Xaldin, ridacchiando; lui, Axel, Demyx e Riku erano gli unici sobri, Xigbar era ubriaco solo perché aveva voluto bere, dopotutto aveva risposto a tutte le domande.
-Ma che razza di domanda è?!- esclamò -“Una persona che non avresti mai pensato di baciare”?!- gli altri risero, poi gli toccò rispondere -Ma mi vergogno!-
-Su, avanti, non farti pregare- lo incitò Axel, curioso all’inverosimile; Roxas ci pensò su per un po’, la testa gli girava parecchio e la salivazione era accelerata, sbiancò
-Axel, devo vomitare-
-Eccolo che ricomincia!- esclamò il rosso prendendolo in braccio per portarlo in bagno.
Quando si sentì meglio, il più grande gli bagnò leggermente la fronte con una pezza umida e gli passò una mano nei capelli, appiccicati dal sudore. Si sentiva così stanco, si staccò dal muro, poggiando la testa al suo petto.
-Mi sento molto una mammina- ridacchiò Axel, coccolandolo
-Tu mi ami?- chiese, la voce incrinata e poco dopo scoppiò a piangere; l’altro roteò gli occhi
-Sei prevedibile, hai sempre la stessa reazione all’alcool- disse, più a sé stesso -Sì, ti amo tantissimo, angioletto-
-Mi dispiace- singhiozzò -Ma era l’unico modo… altrimenti sareste stati in mezzo ai casini, io amo solo te, credimi-
-Roxas, di che stai parlando?- chiese ma non ci fu risposta, solo un singhiozzo più forte; il biondo si calmò dopo qualche minuto e lo fissò negli occhi
-Ti ho detto una bugia, non ti ho mai detto niente di quello che è successo. Ed ora ho da confessarti due segreti- borbottò -Una decina di giorni fa, quando sei ritornato, io e Demyx ci siamo baciati- Axel tremò leggermente, di stizza
-Poi?-
-Il pomeriggio del primo giorno di scuola, sono andato a letto con tuo padre-
-Che cazzo stai dicendo?!- si alzò, tirandolo in piedi, una mano che gli teneva il gomito, l’altra che era a tenergli il viso per costringerlo a guardarlo.
Bussarono alla porta del bagno, forse aveva urlato un po’ troppo. Il rosso aprì la porta di botto, fulminando Demyx che rimase sconcertato, poi tirò verso di sé il suo ragazzo e glielo spinse contro.
-Bacialo avanti ai miei occhi se hai il coraggio- sibilò a denti stretti e il Notturno Melodico strinse Roxas, il corpo scosso dai tremiti
-Non è come credi, non capiresti-
-Io mi fidavo di te!- urlò, non riuscendo più a trattenersi -Ora però non ho tempo per questo- scese le scale e poco dopo sentirono la porta sbattere.
-Lo uccide…- sussurrò Roxas, stringendo la maglietta di Demyx che capì a chi si stesse riferendo
-Xaldin seguilo, quello farà sicuramente qualche cazzata- il metallaro annuì facendo come detto, Riku e Xigbar lo seguirono a ruota.
Era ancora stretto a lui quando si sentì prendere in braccio e posare sul letto di camera sua. Demyx gli si sedette accanto, squadrandolo.
-Che hai fatto?-
-Dovevo dirglielo, non potevo più mentirgli-
-Non sto parlando del… di quello che è successo tra noi. Reno, che ti ha costretto a fare?-
Entrò Sora, portando una scatola di fazzolettini e un aspirina che gli avrebbe alleviato il mal di testa, poi si avvicinò al suo gemello, che lo guardava come ad implorare perdono.
-Non volevo farti preoccupare- sussurrò, chiudendo gli occhi
-Ora mi dici che cos’è successo… ho sopportato abbastanza il tuo silenzio-.
Si girò su un fianco, Sora non sapeva nemmeno la metà delle cose che erano successe, non sapeva la storia vera, non sapeva che aveva fatto un patto con Reno per far sì che lasciasse stare Demyx e Axel. Non sapeva niente e lo invidiò, anche lui non avrebbe mai voluto sapere.
-Ho fatto sesso con Reno- soffiò, sentendo il cuore battergli calmo in petto, stranamente calmo, perché era mortalmente preoccupato per Axel, preoccupato per come l’avrebbe presa Reno, preoccupato per cosa avessero pensato di lui -Erano i patti, Demyx-
-Cazzo Roxas!- urlò il Notturno Melodico -Non dovevi!-
-Di che diamine parla?!- fece Sora, isterico, era l’ora che anche lui sapesse, ormai era inutile tenere nascosta la verità.
Non si era mai sentito così inutile, così stupido, non si era mai sentito così male ed in colpa. Ma in fondo, aveva fatto tutto a fin di bene. Era seduto al centro del lettino di Demyx, quest’ultimo gli era a destra, Sora a sinistra che teneva la testa sulla sua spalla. Aspettavano. Erano passati diversi minuti ma dei tre che erano usciti nemmeno l’ombra; aveva detto anche della lettera che Reno gli aveva fatto leggere. Sospirò l’ennesima volta, era stanco di tutto, non c’era una cosa che procedeva in tranquillità. Posò la testa su quella del suo gemello, il musicista si posò invece con la testa sulle sue gambe, era così massacrante aspettare senza poter muovere un dito.
-Sono io la puttanella della situazione, non te ne sei accorto?-
Ormai sen’erano accorti tutti. Si chiedeva come potesse Axel stargli ancora vicino, forse gli faceva pietà.
-È tutta colpa mia-
-No, colpa mia e di Axel che non ti abbiamo imbavagliato e legato per impedirti di ritirare la denuncia. Tu l’hai fatto per noi- guardò gli occhi di Demyx e gli sorrise leggermente
-Vi ho fatto litigare per la prima volta in diciotto anni-
-Sono io che ti ho baciato, tu hai ricambiato solo perché hai capito il motivo che mi ha spinto a farlo. Se tu non l’avessi fatto mi sarei sentito male- rimasero in silenzio, ascoltando la pioggia che aveva cominciato a battere forte contro il vetro.
-Chissà che succede lì fuori- sussurrò Sora, dando voce ai loro pensieri.
Non avevano in coraggio di muoversi, dopotutto era inutile raggiungere Axel e gli altri tre, non sarebbero stati capaci di fare niente di buono… Poi non c’era da preoccuparsi, giusto? Roxas si alzò, cercando di guardare fuori la finestra ma vedeva solo buio e pioggia e la luce del lampione dall’altro lato della strada. Non si sentiva un rumore se non lo scrosciare dell’acqua, finché, come un lampo a ciel sereno, si udì l’assordante rumore del colpo di una pistola.

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Capitolo 21
*** Dentro ***


*_______________* Sono commossa... quanti mi seguono!!!! *O* sono stra contenta!!! Comunque mi scuso per il "ritardo" ma ero impegnata a versare lacrime sul Nintendo DS dopo aver finito KH 358/2 days... ç___________ç è così ingiusto quello che succede tra Axel e Roxas... è ovvio che poi li amiamo alla follia ù.ù La smetto sennò piango ancora e poi non interessa a nessuno!
Vi lascio al capitolo :D recensite che mi gaso! ù.ù

 

Dentro

Fece sbattere la porta, il gelo della notte lo colpì in piena faccia. La luce del lampione all’altro lato della strada lo accecò. Bastardo. Colpì più volte la porta, il pugno chiuso, aveva le chiavi ma voleva trovarselo subito di fronte quel maledetto. Sentì dei passi dietro di sé, tre voci distinte che lo chiamavano ma non le ascoltò, bussando ancora. Quando la porta si aprì, mostrandogli un Reno infastidito entrò dentro, socchiudendo la porta alle sue spalle, sorridendo tranquillamente.
Non c’è peggior sorriso di quello che circonda un odio ed una rabbia accecanti. Non c’è peggior calma di quella che nasconde un putiferio.
Hai fatto abbastanza cattiverie. Ed era arrivato il momento per lui, di fare una vera cazzata, dopo che non ne aveva fatte da tempo. Scoprì i denti appuntiti, sorridendo più apertamente, poi ridacchiò, chiudendo la porta con il piede per evitare che i tre entrassero.
-Mi chiedo con quale coraggio tu m’abbia guardato in faccia- disse, guardandosi la mano, muovendola appena.
Quella risata lo costrinse ad alzare gli occhi, puntandoli in quelli talmente simili ai suoi – troppo simili.
-Con il coraggio di sempre, Axel-.
Si girò, dandogli le spalle, avviandosi sulle scale per entrare nel suo studio. Dove probabilmente era anche prima. Lo seguì, stranamente calmo, mentre la rabbia si attanagliava in un angolo del petto, facendosi sentire meno presente. Esploderà tra poco. E sarebbe stata peggio di una bomba.
Fissò suo padre, seduto sulla sedia tranquillamente, che lo fissava. Non c’era parecchia luce in quella stanza e vedeva solo grazie a quella che entrava dal corridoio illuminato, nonostante la finestra fosse socchiusa non entrava la luce dei lampioni fuori. Non sapeva che non era abbastanza, quello che vedeva. La sua calma, fu la scintilla che fece accendere la miccia.
-Sei un bastardo!- urlò, battendo un pugno sulla scrivania -MI FAI SCHIFO!- l’altro si alzò, mettendosi al suo fianco, poggiandogli la mano sulla spalla che – come tutto il resto del corpo – tremava.
-E non sai quanto mi è piaciuto…- sussurrò al suo orecchio.
Non si controllò più e lo spinse con le spalle contro il muro, tirandogli un cazzotto nello stomaco, sorridendo al rivolo di sangue che uscì dalla bocca di Reno. Godendosi quel sangue. Quello lo guardò impassibile, pulendosi con il dorso della maglia.
Non voleva vederlo sorridere, non anche adesso che lo stava facendo sanguinare, diamine! Scommetteva che anche se gli avesse spaccato la faccia, quel sorrisino non se ne sarebbe andato. Non si scompose nemmeno un po’, quando si sentì qualcosa premere sul petto, non si scompose nemmeno quando vide di che si trattava.
-Non avresti il coraggio-
-Sai bene che ne ho sempre avuto, Axel-
-Allora fallo, così non mi costringerai a guardare più la tua faccia- sibilò, guardandolo negli occhi.
La paura fu allucinante, riuscì perfino a coprire il botto della pistola, ma non fu abbastanza forte per impedirgli di sentire quella maledetta risata. Tutto era successo troppo in fretta.

Si allontanò dalla finestra come se avesse preso la corrente, Sora e Demyx erano già a metà scale. Non era l’unico ad avere una paura accecante. Con un balzo volteggiò sulla ringhiera, risparmiandosi alcuni scalini e superando gli altri due, poi corse verso la porta, aprendola di botto. L’acqua gli bagnò in poco tempo tutti i vestiti, appiccicandogli i capelli alla fronte. Ma non importava. Non importava niente ora. I tre che li avevano preceduti cercavano di aprire la porta, senza riuscirci. Porco Dio che situazione di merda! Fece il giro, finendo al lato della casa e, ringraziando il cielo, Roxas si arrampicò verso la finestra aperta. Avrebbe benedetto le rampicanti un giorno o l’altro, avrebbe fatto un monumento in loro onore usando oro puro, nonostante le spine delle rose lo stessero graffiando. Scivolò col piede, imprecando contro la pioggia, mantenendosi forte con le mani, sentendo il sangue uscire fuori e colare fin sotto la manica. Riuscì finalmente ad arrivare in cima alla rampicante, prendendo coraggio per saltare fino al davanzale della finestra. Uno, due, tre! Saltò, mantenendosi per miracolo e tirandosi su, aiutandosi con i piedi che erano appoggiati al muro. Un altro piccolo sforzo e fu dentro. Mio Dio…! Non urlò, non respirò, non mosse un muscolo. Tutto il suo corpo, la sua mente erano troppo sconvolti per farlo.
Gli occhi verdi gli si puntarono contro, fissò il corpo per terra, ansante, il sangue rosso più dei capelli.
-Che cosa hai fatto?!- urlò, riuscendo finalmente a far uscire la voce.
Non era possibile.
Stava sognando.
La sirena della polizia si fece mano a mano più forte, riempiendo il silenzio che c’era, non aveva il coraggio di dire nulla e si avvicinò velocemente a Reno, tirando un sospiro di sollievo vedendo che respirava e gli posò la testa sulle sue gambe, sentendo le mani bagnarsi di qualcosa di più consistente dell’acqua.
-Io…- balbettò Axel, senza battere nemmeno ciglio, era congelato dal terrore.

L’ambulanza non ci mise molto ad arrivare, ne arrivarono due a dire il vero. Una per portare immediatamente Reno all’ospedale, l’altra per far riprendere Axel da quello stato di coma apparente. Non diceva una parola, sbatteva le palpebre con una calma esasperante. Lui era ancora in piedi, la pioggia che lo bagnava l’ennesima volta, che gli aveva pulito le mani dal sangue, che però non era riuscita a togliere la sensazione di quel liquido viscoso, non era riuscita a togliergli l’odore pungente e metallico dal naso. Era lì da circa dieci minuti, nessuno sembrava accorgersi di lui, troppo impegnati a parlare con la polizia o cercare di far riprendere Axel. Tra questi c’era Demyx. Lui… lui non aveva il coraggio di muoversi. Era tutta colpa sua. Perché per l’ennesima volta si era dimostrato debole, perché non era riuscito a sopportare il peso dell’anima sporca e si era sfogato, mettendo in pericolo la vita di una persona, compromettendo l’amicizia di due migliori amici. Se fosse stato zitto, se davvero avesse avuto il coraggio di prendere di petto le conseguenze alle sue scelte, nessuno ci avrebbe rimesso nulla. Ma un'altra volta ancora non era riuscito a fare niente, se non a peggiorare la situazione, come se non fosse già abbastanza delicata.
Respirò a pieni polmoni, battendo più volte gli occhi per non venire accecato dalla luce delle sirene che gli facevano vedere macchie rossastre ovunque. Sembravano tanto le macchie di sangue che coprivano il pavimento. Sentì dei passi, poi lo chiamarono ed alzò lo sguardo quando bastava. Un uomo, dai capelli corti e presumibilmente biondo platino – ma con tutte quelle luci di colore diverso non lo poteva capire chiaramente – diversi orecchini, un pizzetto che lo rendeva più grande di quello che magari era in realtà; al suo fianco c’era un ragazzo poco più altro di lui, un lungo ciuffo di capelli che gli copriva metà del volto, aveva un taccuino in una mano ed una penna nell’altra, pronto a prendere appunti e – notò – le unghie erano smaltate di nero.
-Sei tu Roxas?- chiese ancora e lui annuì, frastornato -Luxord dovrebbe farti delle domande-
-Chi?-
-Io, ragazzo, io. Me medesimo- fece, spazientito.
Le domande durarono circa cinque minuti e lui rispondeva quasi senza riflettere, il freddo che gli era entrato nelle ossa, aveva i vestiti che grondavano di acqua e la polo gli si era incollata addosso, diventando trasparente. Starnutì, stringendo le braccia al petto, il poliziotto lo salutò mugugnando, mentre l’altro intascò il taccuino e la penna, fissandolo da sotto il suo ciuffo. Smise di sentire la pioggia battergli sulla testa dopo qualche minuto e si rese conto che aveva un ombrello a coprirlo.
-Hai bisogno di qualcosa?- scosse la testa, anche se a dire il vero avrebbe voluto che qualcuno gli portasse qualcosa di asciutto o che almeno gli desse da bere qualcosa di bollente -Seguimi- e lui obbedì non sapendo nemmeno perché.
Si avvicinarono ad una macchina della polizia e il ragazzo tirò fuori da una borsa – probabilmente la sua – un termos e gli riempì il bicchiere di caffè bollente. Lo prese e bevve, lasciando che il caldo della bevanda lo riscaldasse almeno in parte e gli sorrise.
-Chi devo ringraziare?- chiese
-Non devi ringraziare nessuno. In ogni caso io sono Zexion- gli porse il bicchiere ormai vuoto  -Dovresti cambiarti, con questo freddo una febbre alta non te la leverà nessuno- annuì e si allontanò, si voltò quando il ragazzo stava per entrare in auto
-Comunque grazie, Zexion-.
Se non fosse stato che era un perfetto sconosciuto, se non fosse che non era solito esternare troppo le emozioni, gli sarebbe saltato addosso e l’avrebbe abbracciato: quel caffè era stato capace di riprenderlo. Non osò comunque avvicinarsi agli altri che erano vicino ad Axel… non riusciva a guardarlo dopo quello che era successo. Si era poggiato sul cofano di un auto non occupata, quando il suo gemello gli si avvicino, prendendogli la mano gelida e stringendola nelle sue così calde.
-Dovresti parlargli, sai? Lo aiuteresti- sussurrò, ricevendo in risposta un silenzio che non diceva granché
-È tutta colpa mia, Sora. Da quando mi conosce non ho fatto che creargli problemi ed ora… adesso ha tentato di uccidere suo padre-
-Quindi… è stato lui?-
-Non lo so. Non so in realtà cosa ho visto ma… perché Reno avrebbe dovuto colpirsi da solo? Poi… diciamo che Axel non era molto in sé quando è uscito dalla villa di Demyx- sospirò -Io non voglio crederci che lo abbia fatto-
-Devi parlargli- ripeté ancora; come si sa, una delle abilità innate di Sora era di riuscire a convincere chiunque con il suo faccino adorabile, ma convinceva Roxas solo perché quest’ultimo non voleva vederla quella faccia, lo stizziva.
Si alzò lentamente, avviandosi sotto la tettoia della casa dove si trovavano tutti gli altri. Lo lasciarono passare, scostandosi ed allontanandosi in silenzio. Gli sfiorò il viso pallido con la sua mano ghiacciata e si sentì morire quando si accorse che non era caldo ma gelido, più di quanto non fosse lui stesso. Lo chiamò in un sussurro, mettendogli anche l’altra mano sulla guancia e per la prima volta fu lui a costringerlo a guardarlo negli occhi, non il contrario. Lo abbracciò, sentendo il corpo di Axel muoversi in risposta.
-Sei inzuppato- commentò e Roxas lo strinse più forte, finalmente aveva parlato.
-Cos’è successo, Axel?- voleva sapere, come tutti, ma aveva paura di sapere la risposta
-Non sono stato io- sussurrò solo il rosso, posando le braccia attorno al suo corpo freddo e bagnato e – finalmente – lo sentì caldo come sempre, caldo come il sole.
Posò il suo volto tra la chioma rossa, sentendo il naso di Axel sfiorargli il collo e qualcosa di caldo e umido sfiorargli la pelle; lo strinse più forte, cercando di consolarlo. Ma come poteva? In fondo, era lui la causa del suo dolore.
-Andrà tutto bene- sussurrò.

Lo portarono in centrale quando si fu ripreso del tutto, la pioggia non smetteva di scendere ed era diventata anche più fitta e forte, il freddo che aumentava mano a mano che passavano le ore. Restò a guardare le auto e l’ambulanza che andavano via, chiedendosi come stesse Reno, chiedendosi se Axel sarebbe stato in grado di cavarsela. Starnutì di nuovo, sicuramente si era preso la febbre anche perché la testa gli faceva un po’ male, dopotutto erano ore che se ne stava sotto la pioggia senza coprirsi, senza volerlo davvero fare. Si era reso conto che quella pioggia sembrava pulirlo da tutto, ogni cosa che l’aveva sporcato dentro e fuori. Sentì la presa ferrea di Riku sulla sua spalla, non mosse un muscolo.
-È meglio se torniamo a casa, non credi? Anche perché Sora sta diventando intrattabile- ma lui scosse la testa con vigore -Ormai è inutile che rimani qui- sentì la pioggia smettere di bagnarlo e si accorse che era l’unico a non proteggersi dall’acqua; guardò il suo amico, girando appena la testa
-Davvero, non me la sento di tornarmene a casa-.
L’albino sospirò sconfortato e si allontanò lentamente, lasciandolo di nuovo solo. Voglio vomitare. Voleva liberarsi da quel senso di colpa che gli attanagliava lo stomaco, stringendolo in una morsa dolorosa. Avrebbe voluto vomitare per sfinirsi e non riuscire più a pensare. E se il suo corpo non si decideva ad agire involontariamente, sarebbe stato lui a ficcarsi due dita in gola. Sono impazzito. Un mezzo sorriso sulle labbra, amaro, ci mancava solo che si desse alla depressione. Si lasciò scivolare per terra, seduto sul marciapiede ormai zuppo, non che potesse peggiorare la situazione, no. Le voci degli altri gli arrivarono alle orecchie, superando di poco lo scrosciare dell’acqua e il rumore del vento che gli batteva sui padiglioni lividi dal freddo. Forse – no, sicuramente – stavano urlando.
-Ma non vedi che sta male?!-
-Che qualcuno lo tolga da sotto la pioggia, con le buone o le cattive, porco Dio! È incredibile che non sia morto assiderato!-.
Morire congelato. Forse gli sarebbe piaciuto. No, non forse. Dopotutto da un po’ di tempo a questa parte aveva imparato ad amarlo il freddo. Non si accorse dei passi dietro di sé, quando improvvisamente venne preso di peso come un sacco di patate. Di dibatté dalla presa di Xaldin che però non lo mollò, dopotutto che fastidio poteva dare una mosca ad un dinosauro?
-Mettimi giù!-
-Funghetto, sei sotto la pioggia da tre ore e mezza! Mi sembri un pulcino bagnato ed infreddolito-.
Un pulcino non sapeva, ma di certo bagnato e infreddolito lo era. Riuscì a tirargli un calcio nello stomaco, purtroppo cadendo venne afferrato per i piedi e per le braccia da Xigbar e Riku. Maledizione. Sbuffò e si lasciò portare dentro, dove Demyx gli diede una sua maglietta e un paio di pantaloni che gli andavano leggermente – ma solo “leggermente” – lunghi. Si accomodò sul divano, sorseggiando a forza la tazza bollente di caffèlatte che gli aveva portato il suo gemello, pregandogli di bere tutto, altrimenti si arrabbiava. Incredibile, era davvero preoccupato se aveva la forza di pregarlo per cinque minuti di fila, risparmiandosi di dormire accucciato contro Riku. Portò le gambe al petto, schiacciando lo stomaco, sperando che facesse meno male. Dopotutto quando Naminè aveva le cose sue strava sempre a pancia in giù o con qualcosa che le schiacciasse il ventre. Doveva ammettere che serviva davvero. Fissò il fumo che usciva dalla tazza, ormai dopo la doccia bollente si sentiva un po’ meglio. Xigbar era tornato a casa da un po’ accompagnato da Xaldin, il russare beato di Sora e il respiro pesante di Riku erano gli unici rumori. Si abbandonò con la testa sullo schienale del divano, guardando sottecchi Demyx, distogliendo subito lo sguardo.
Che cazzo pensi, Rox?! Non ti basta tutto quello che hai combinato?! Vuoi infierire?!
Eppure, baciarlo sembrava l’unica cosa che aveva importanza in quel momento. Ma non poteva, non ancora! Sospirò, no, non doveva, lui lo amava Axel e Demyx lo vedeva come un fratello, niente di più… eppure…
Bevve tutto d’un sorso per distrarsi, sentiva il volto in fiamme e stava cominciando a sudare, non sapeva se per l’eccessivo calore che gli aveva dato quella bevanda o per quello che stava cominciando a pensare. Senza nemmeno che se ne accorgesse scivolò con la testa sulla spalla del più grande che – come se se lo fosse aspettato – non sembrò molto sorpreso e gli cinse le spalle col braccio.
-Vorrei anch’io, credimi- sussurrò e Roxas sgranò gli occhi, ma come?! -Hai la stessa faccia che avevo io quel giorno e che ho anche adesso- rispose, forse era capace di leggere nel pensiero o forse era lui troppo banale
-Non… non sarebbe giusto. Per Axel e Xaldin-
-Già, per loro non lo sarebbe di certo- sospirò -Abbiamo già fatto abbastanza un casino, non credi?-
-Sicuramente- rispose, accomodandosi meglio contro il suo petto, aveva la stessa sensazione di assoluta tranquillità di quando dormiva con Sora e socchiuse gli occhi; se non poteva baciarlo, avrebbe incamerato affetto dormendoci assieme, nient’altro.
E senza nemmeno che se ne accorgesse si addormentò, la mente svuotata, lo stomaco che quasi non faceva più male, cullato dal respiro leggero di Demyx.
Quando si svegliò un tiepido sole filtrava dalle tapparelle semichiuse, formando delle strisce di luce poco più lontano dal divano. Chiuse ancora gli occhi per un po’, poi li aprì di scatto, rendendosi conto che era praticamente addosso al Notturno Melodico. Era con la testa sul suo petto, la mano di fianco che sfiorava il capezzolo da sopra la maglia del pigiama, le gambe intrecciate con le sue, una mano di Demyx che gli cingeva la vita, mentre l’altra che ciondolava giù dal divano. Si rilassò, non era niente di che, giusto? Ora che ci notava era l’unica notte dopo sette che ne erano passate in cui non faceva incubi. Un brivido gli attraversò la schiena quando la mano di Demyx si intrufolò sotto la maglietta, solleticandogli la pelle nella zona lombare; inconsciamente cominciò a strusciarsi addosso al più grande, come a fargli le fusa.
-Buongiorno- mugugnò quello, sbadigliando sonoramente e guardando Roxas negli occhi, ancora lucidi di sonno -Devo dire che svegliarmi mentre mi facevi le fusa è stato quasi inquietante- ridacchiò, facendolo arrossire e balbettare un imbarazzato “scusa” -Nh, figurati. Ora capisco perché Axel mi diceva che amava dormire con te-
-Davvero?-
-Già- sorrise, sbadigliando ancora -Guarda quei due- ammiccò con lo sguardo all’altro divano, leggermente più piccolo di quello che occupavano loro.
Il più piccolo girò la testa in quella direzione, sorridendo nel vedere Riku e Sora dormire accoccolati dolcemente sul divano, il suo gemello che sorrideva nel sonno. Cosa strana, dato che mentre dormiva aveva la faccia di un cretino.
-Finalmente- commentò, strofinandosi gli occhi con il dorso della mano chiuso a pugno.
Posò lo sguardo sull’orologio che era sopra la televisione, era l’alba e di Axel nemmeno una notizia, sospirò sconfortato, il dolore allo stomaco ricomparso improvvisamente, quella morsa che faceva dannatamente male. Si contorse improvvisamente, facendo sobbalzare l’altro, che gli disse di stendersi.
-Ora mi diventi anche ansioso, Roxas?- fece e lui lo guardò con il sopracciglio alzato, senza capire -Questo mal di stomaco è venuto per l’ansia e lo stress. È capitato ad Axel un sacco di volte dopo che la mamma è morta-
-Fa malissimo- si lamentò e si accorse che aveva un groppo in gola e una voglia incredibile di piangere, le lacrime che salivano agli occhi ma cercò di ricacciarle indietro, premendoci i palmi delle mani sopra; Demyx gliele prese tra le sue, guardandolo negli occhi
-Fallo, piangi, altrimenti è peggio-.
Ma lui n tutta risposta si morse il labbro, serrando gli occhi quasi con violenza, mentre la morsa allo stomaco si intensificava, togliendogli il fiato. Un singhiozzo doloroso, soffocato, poi un altro e le lacrime cominciarono a scendergli. Non sapeva nemmeno lui perché diamine stava piangendo ma capì che lo faceva solo perché non lo aveva fatto prima. Afferrò un cuscino, piantandoci la faccia dentro per soffocare i singhiozzi forti e si accorse di piangere anche per il dolore incredibile che aveva allo stomaco. Aveva pianto così forte solo una volta, no, la disperazione che aveva dentro adesso non era nemmeno pari a quella volta che aveva pianto preda ad un allucinazione. Sembrava impossibile ma la morsa allo stomaco si stava facendo più forte, aveva un terribile presentimento.
-Che ha?!-.
La voce acuta di Sora gli arrivò alle orecchie, sentì la mano di Demyx sfiorargli la nuca delicatamente
-Resta con lui, vado a fargli una camomilla-.
Gli ci vollero circa trenta minuti per calmarsi, molti di più per fargli passare il dolore allo stomaco. E quella voglia, quel desiderio di vomitare anche l’anima era ritornato. Si abbandonò con la schiena contro il divano, il braccio sugli occhi, il buio sembrava calmarne il bruciore. Si tirò a sedere di scatto, quando squillò il telefono. Fa che non sia come temo. Pregò, pregò con tutto se stesso, senza nemmeno accorgersi di sussurrare le sue preghiere, le mani che si intrecciavano spasmodicamente.
-Axel!- esclamò Demyx e lui – come Sora e Riku – gli puntò gli occhi addosso; il biondo annuì un paio di volte, poi sgranando leggermente gli occhi sospirò -Per quanto tempo?- scosse con vigore la testa, poi parlò di nuovo -Va bene, ci sentiamo prima possibile e… cerca di non metterti nei guai, ti prego-.
Lo squadrò con le sue iridi azzurre, spaurite, terrorizzate. Gli occhi di Demyx, invece, non riuscivano a stare ferme e vagavano ovunque, poi sospirò, passandosi le mani in faccia.
-Se lo tengono dentro, finché non si accertano della sua innocenza-.


NO!
-Non possono arrestarlo!-
-Diciamo solo che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso… la fedina penale di Axel non è particolarmente candida-.

È tutta colpa mia!

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Capitolo 22
*** Asini Volanti ***


 

Asini volanti

-Roxas! Per l’amor del cielo, apri questa dannata porta!-.
I pugni che ci stava dando Terra da ben cinque minuti, l’avrebbero fatta crollare nel giro di poco. Ovvio, Sora e Naminè non erano riusciti a farlo uscire ed erano passati alle maniere forti.
Ma non avrebbe aperto.
Piuttosto avrebbe fatto sfondare la porta del bagno.
Quante moine, era in bagno da solo… uhm, settantatre minuti cronometrati? Sora aveva cominciato a preoccuparsi quando, dopo i primi dieci minuti non ci era uscito e non sentiva né lo scrosciare dell’acqua ne nessun altro rumore; ovvio, non ci era voluto molto a farlo. E si sentiva così stanco. Era stato davvero strano vomitare di spontanea volontà ma, cavolo, aveva resistito per due giorni interi, due! Due giorni in cui aveva dovuto sopportare le domande di chi gli chiedeva dove fosse finito il suo ragazzo, aveva sopportato le attenzioni che gli rivolgeva Marluxia, aveva soppresso il folle desiderio di saltare addosso a Demyx e baciarlo.
Così, ora era ancora sulle fredde piastrelle del bagno, di fianco al water che aveva smesso di usare da un bel po’. Non sapeva perché, ma il bagno aiutava a calmarsi, a pensare, forse perché era un ambiente parecchio intimo.
-Ora vado giù a prendere il martello, se quando sono su non apri io la sfondo!-.
Favoloso.
Quindi ora c’era solo il suo gemello fuori la porta. Uscire magari era un idea, non aveva intenzione di ripagare la porta e di prenderle anche. Si alzò traballante, avvicinandosi alla maniglia, fissandola rapito ma senza il coraggio di aprire.
-Diamine Roxas, ma che cazzo stai facendo?! Le seghe non durano un ora e un quarto!-.
Poteva avere un fratello più idiota?! No, non credeva. Aprì, sbattendogliela in faccia e colpendolo sul naso. Il castano cominciò a lamentarsi e a fulminarlo, osservando che era meglio se restava nel bagno. Fece finta di non sentirlo e si avviò nella sua camera e si chiuse dentro, ignorando che la camera era anche di Sora.
-Hey! Guarda che la camera è anche mia! Apri Rooooooxaaaaas! Non voglio restare con la porta della nostra stanza distrutta! Io ci tengo alla mia privacy!-.
Si, certo, come no. Per questo andava a raccontare a Riku per quanto tempo sel’era tirato. Ma per favore! Aprì seppure di malavoglia e cadde per terra, quando il gemello lo spinse senza che se lo aspettasse. Sora chiuse la porta alle sue spalle dopo aver urlato che l’eremita era uscito sano e salvo e lo guardò accigliato. Un momento, stava sognando o era alquanto infuriato?! Sora! Sora che si arrabbia! Sembrava quasi una barzelletta.
-Ora sei anche depresso?- abbassò subito lo sguardo, arrossendo leggermente -Giuro, non ti riconosco più! E siamo gemelli omozigoti, non so se ti è chiaro! Mi rompi le scatole da quando eravamo due celluline insignificanti-
-Da quando conosci la parola omozigote? Credevi fosse un supereroe dei cartoni fino a poco tempo fa- commentò accigliato, il castano lo fissò chiaramente indispettito e sospirò, sedendosi sul pavimento per avere di fronte la faccia del gemello, che non si era mosso di un millimetro
-Non sto scherzando, da quando stai con Axel sei cambiato. Prima era un bene perché eri tutto contento e non più tanto chiuso, ma quando papà ha cominciato a far finta di odiarti non stavi mai a casa o scomparivi o ti chiudevi qui a messaggiare. Poi è successo tutto il casino e la storia è saltata fuori, per non parlare che quel Marluxia ha cercato di violentarti, non so se ti è chiara la cosa e il giorno dopo hai delirato alla grande, hai pianto per un sacco di tempo e mi hai sgualcito la mia maglia preferita, perché quel cretino che ti trovi come ragazzo non ti ha detto niente sul fatto che si sposava. Particolari, no?- fece una pausa per poi continuare -Vogliamo parlare del fatto che ti sei praticamente venduto per salvargli il culo, ad Axel? Ed ora, per colpa sua e per la sua testa che non funziona ti chiudi in bagno per più di un ora a vomitare e di certo non contro voglia, sbaglio, Roxas?-.
Non rispose, fissò il pavimento stringendo i pugni.
-Poi mi vieni a dire che sei quello debole e che non sei riuscito a fare niente, mi dici che è colpa tua. Sono tutte stronzate e se tu non ti fossi isolato in questi due giorni di scuola avresti ascoltato i discorsi che ho fatto con gli altri. Pensiamo che è praticamente inutile che ti incolpi, perché non hai niente di cui incolparti, se non aver sopportato tutto questo perché sei innamorato-.
Si alzò in piedi, dandogli le spalle e avvicinandosi alla finestra per guardare la neve che si era riformata la notte prima. Fissò il lampione illuminato, ormai erano accesi da prima che entrasse nel bagno, dopotutto la giornata stava finendo e sarebbe arrivato un nuovo giorno di scuola, avrebbe sopportato ancora tutte quelle fastidiose domande, le frecciatine di quella sottospecie di trans, avrebbe imbavagliato e incatenato la sua parte che lo pregava con tutto sé stesso di baciare quel ragazzo. Appoggiò la fronte al vetro freddo, non ne poteva più, non credeva di essere pronto per affrontare tutto ancora e ancora. E come se non bastasse non aveva avuto notizie del suo ragazzo né di come stava Reno e non capiva perché gli importava tanto della sua salute dopo tutto quello che gli aveva fatto.
Il gemello lo chiamò, posandogli un braccio attorno al collo, lui inclinò leggermente la testa per farla toccare con quella di Sora.
-Scusami, non volevo farti preoccupare prima. Ma non ne posso più, davvero-
-Dovresti scomparire per un po’. Senza sentire nessuno, in un posto tranquillo dove poterti rilassare-, lui scosse la testa
-Non servirebbe-
-Promettimi che non lo farai più, ti prego-.
Si morse il labbro, sembrava una cosa così difficile. E se ne avesse avuto il bisogno? Se si fosse sentito male come quella giornata? Ma che gli prendeva?! Sul serio, ormai nemmeno lui si riconosceva.
Le palle, Roxas, devi cacciare le PALLE adesso!
-Sì. Tanto piangermi addosso non serve, no?-.
Da quanto tempo non sentiva quel tono di voce? Pareva un secolo… Sora gli saltò addosso, facendolo cadere sul suo letto – che aveva evitato ad entrambi di farsi male seriamente – strapazzandolo.
-Bentornato, Rox!- esclamò ridendo
-Ma smettila!-.

Il sole tiepido entrò dalla finestra e come ogni mattina si girò dall’altra parte, il cuscino in faccia. Poi puntuale arrivò la voce di sua madre che li chiamava e lui che si nascondeva sotto le coperte, dopotutto era inutile alzarsi, dato che Sora era già in bagno e ci sarebbe uscito molto tardi.
Alla fine fu costretto ad alzarsi e prepararsi in tutta fretta, infilandosi le scarpe con una fetta biscottata che manteneva con le labbra. Era così bello dormire! Tirò un sospiro di sollievo quando entro in auto e si accorse che era la solita ora, alla fine era sempre la solita ora. Salutò sua madre velocemente, prendendo lo zaino che cadeva sempre più a pezzi e con i suoi gemelli di diresse verso il gruppetto che era già riunito. Salutò tutti allegramente, era da parecchio che non stava assieme a loro fuori la scuola, da due giorni precisamente. Sembrarono stupiti ma non ci badò, guardandoli col sorriso sulle labbra.
-Allora? Notizie?- chiese Sora, dal tono sembrava che lo avesse chiesto anche le due mattine precedenti, Demyx sospirò
-Niente di che, le solite. Stanno cercando di scoprire la verità… ora che è stata tirata fuori anche la denuncia di Reno non sanno più che pensare!-.
Roxas si morse il labbro, poi sorrise radioso, come non faceva da tantissimo tempo.
-Andrà tutto bene- disse semplicemente, contagiando il buon umore.
Quando suonò la campanella dell’intervallo si precipitò fuori, mancava poco che si affogasse con la sciarpa, l’avrebbe bruciata prima o poi, si sarebbe fatto aiutare da Axel, Ossì. Prese il posto sul muretto e aspettò che gli altri lo raggiungessero. Ma come faceva ad avere un umore così lunatico? Salutò allegramente Xigbar e Xaldin che ricambiarono, appoggiandosi uno al di qua e uno al di là di Roxas che, i gomiti sulle ginocchia, fissava da lontano Demyx che si avvicinava.
-Sono contento che stai meglio, funghetto-
-Già, hai una faccia più rilassata- aggiunse il Tiratore Libero, tirando fuori da chissà dove una birra, cominciando a sorseggiarla.
L’appena arrivato baciò il suo ragazzo, restando tra le sue braccia; si morse il labbro, seppure l’ansia e la tristezza erano sparite, quella voglia maledetta era rimasta. Il Notturno Melodico lo guardò ed abbozzò un sorriso dispiaciuto, ricambiò con una scrollata di spalle. NON devi, NON puoi, NON vuoi. Rise scettico a quest’ultimo pensiero, dopotutto era vero che non voleva, almeno per il cinquanta percento, l’altra metà lo voleva eccome.
Si distrasse quando arrivarono le risate di suo fratello e Riku, le due ragazze erano sicuramente rimaste con le loro amiche di classe. Storse in naso, quando vide che dall’angolo sbucarono anche l’indesideratissimo Marluxia e il gruppo di idioti di cui faceva parte. Ci teneva proprio a rovinargliele le giornate. Il rosa rallentò, lasciando che gli altri continuassero per un po’, poi Xemnas si fermò a guardarlo con cipiglio stufato ed incrociò le braccia.
-Ciao biondino!- commentò quella sottospecie di brazz pacchiana; roteò gli occhi e lo salutò mugugnando un “ciao” annoiato, poi continuò a parlare con Sora -Come va il fidanzatino? È arrabbiato perché l’hai tradito?-
-È una storia antic…-
-Ma non con me!- canticchiò.
Lo fulminò all’istante, notando che gli amici del rosa erano confusi. Come cazzo lo era venuto a sapere?! COME?! Forse era un bluff, ci sperava davvero ma dallo sguardo che aveva non sembrava proprio.
-Magari un bacetto potrebbe farmi stare zitto- fece mieloso, gli occhi luccicanti.
Certo, come no. Sorrise dolcemente e scese leggiadramente dal muretto, avvicinandosi all’altro con passo felpato, sotto lo sguardo allibito degli altri; sentì Xigbar sputare la birra ma non ci fece caso. Accarezzò il viso di Marluxia e inclinò leggermente la testa coperta dal solito cappello blu
-Un bacio… sicuro che tu non voglia anche qualcos’altro?- sussurrò al suo orecchio, tenendosi sulle punte
-Ad esempio?-
-Oh… fammi pensare- si ritrasse, prendendosi il mento tra il pollice e l’indice della mano destra, poi sorrise malizioso -Questo-.
Il pugno che gli sferrò fu talmente forte che il più grande volò per terra, in naso ed il labbro sanguinanti che avevano macchiato la neve e il giubbino dello stesso Roxas, che si stava pulendo le nocche, guardandolo con uno stupendo sorriso bastardo, quelli che faceva così spesso Axel. Alle sue spalle i ragazzi scoppiarono tutti a ridere e si girò per tornare dov’era seduto prima, osservando sempre con la stessa espressione Marluxia che si alzava da terra, il volto sconvolto, gli occhi rabbiosi.
-Non ti basta?- borbottò, continuando a sfoggiare il suo sorriso che stonava un po’ sulla sua faccia da angelo ma era così incredibilmente accattivante e alla fine sembrava fatto apposta per lui
-Sei uno spasso, funghetto!- Xaldin si asciugò le lacrime, continuando a ridere come un matto
-Cattivo!- urlò il rosa, i lacrimoni ai lati degli occhi, scappando via e causando altre risate.
Si sentiva così fottutamente bene! Evvai! Le palle le aveva cacciate fin troppo bene, cazzo! Fissò con aria di sfida le occhiatacce che gli mandavano Xemnas e gli altri, sorridendo beffardo.
-Te la faremo pagare-
-Credo di aver già pagato abbastanza il silenzio di quella checca. No?-.
Andarono via senza aggiungere altro e si lasciò scappare una risatina compiaciuta, guardandoli scomparire dove era scomparso poco prima il rosa.
-Quanto sei stronzo!- rise Demyx -Sono fiero di te, già-.
Anche lui era fiero di se stesso, eccome se lo era. Il Notturno Melodico gli sorrise, si soffermò a fissare le sue labbra, arrossendo poco e per fortuna le gote rosse potevano anche essere la causa di quel freddo. Si morse il labbro, obbligandosi che – per nessun motivo – doveva baciarlo! Anche perché Xaldin l’avrebbe affettato e messo nella pasta della domenica. Sentì lo sguardo di Demyx fisso su di sé e cercò di ignorarlo, guardandosi la punta dei piedi mentre tutti erano troppo presi dal parlare dell’accaduto per accorgersi del silenzio dei due. Il più grande lo chiamò e girò lentamente la testa per fissarlo; sobbalzò appena quando quello lo prese per mano, tirandoselo dietro e scusandosi con un “torniamo subito, non sparite!”. Si lasciò condurre senza dire una parola, correndo un po’ più veloce dell’altro perché – era evidente – le sue gambe erano più corte. Raggiunsero i bagni del primo piano e Demyx si chiuse la porta dietro, spingendoci poi Roxas, le mani sulle spalle.
-Che vuoi fare?- soffocò con la saliva, sgranando gli occhi, che voglio fare?! L’altro divenne rosso all’istante -N-non… hai frainteso! Cioè, vuoi baciarmi o no?- abbassò lo sguardo
-Abbiamo detto che non possiamo-
-Evita di guardarmi in quel modo allora perché… diciamo che anche se non voglio mi sento in debito con te. Ti sei lasciato baciare solo perché avevi capito che mi serviva, quindi ti devo un bacio, tecnicamente-
-Ma Axel…-
-Axel è un dannato idiota. Ho baciato anche lui, una volta-.
Ok, un momento. Demyx lo aveva baciato? Oddio ma cos’era! Era scoppiata una malattia che faceva triplicare gli ormoni, in quella città?! Già il fatto che ormai nessuno faceva caso se fossero due femmine o due maschi a baciarsi ma ora si baciavano anche tra migliori amici?!
-C-cosa?!-
-A stampo, avevamo tipo tredici anni, credo…- scoppiò a ridere -È scappato via piangendo come un idiota-.
Gli scappò una risata, certo non se lo immaginava proprio Axel che scappava via perché qualcuno l’aveva baciato, affatto. Prese i polsi di Demyx delicatamente, togliendogli le mani dalle sue spalle e sorrise
-Non fa niente. Va bene così…-.
Era una bugia bella e buona, lo sapeva anche Demyx. Quest’ultimo scosse la testa, dopotutto anche lui aveva provato quella sensazione e sapeva quanto era fastidiosa. Gli sarebbe bastato anche un abbraccio per sentirsi meglio – osservò – così si sporse in avanti, posando il viso sul suo petto, stringendogli le braccia attorno alla vita. Sentì le labbra dell’altro posarsi sulla sua testa e si sentì meravigliosamente, doveva ammetterlo.
-Non possiamo andarlo a trovare?- chiese, gli sarebbe bastato anche guardarlo per colmare la sua mancanza; Demyx si morse il labbro
-Lui non vuole fartici mettere piede in galera-
-Me ne fotto di quello che vuole lui. Credo di meritarmi di fare quello che voglio dopo quello che ho passato- l’altro sospirò per poi ridacchiare
-E va bene-.

Non aveva mai nesso piede in un carcere e sperava di non dovercelo mai mettere. Anche se – ammettiamolo – aveva sempre pensato che un giorno suo fratello ci finisse, magari per aver messo sotto il gatto di una vecchietta col motorino – o la vecchietta stessa. Tormentava la sciarpa con le mani mentre fissava la spessa porta di ferro, fortuna che Axel era minorenne così era finito in un carcere minorile. Fortuna, poi. Demyx al suo fianco sembrava un po’ più tranquillo, forse per il fatto che avevano passato diverse notti nelle celle provvisorie della centrale, ma quella non era la stessa cosa. Li fecero passare e, attraversando il piccolo cortile innevato, entrarono dentro dove fornirono tutti i documenti e vennero perquisiti, prima di andare nella sala delle visite. La faceva sembrare una cosa tanto amichevole. Si appoggiarono contro il muro, Axel non era c’era ancora anche perché non l’avevano avvertito che sarebbero arrivati ma – come sospettavano – nemmeno mezzo minuto dopo si era fiondato nella stanza guardandoli – no, guardando Roxas – con occhi sgranati. Poi incrociò le braccia, scuotendo la testa ed avvicinandosi al vetro, sedendosi ed invitandoli a fare altrettanto. Non era nemmeno un po’ triste anzi, aveva l’espressione più rilassata e beffarda che mai, i capelli stupendi come al solito, il trucco – bhè, il filo di elyner c’era – ben fatto. Farselo in quel preciso momento non era adeguato, purtroppo, perché il suo ragazzo avrebbe volentieri rotto il vetro per raggiungerlo, magari sarebbero stati in cella assieme! Ma quanto sei rincoglionito?!
-Buongiorno!- trillò Demyx, sedendosi; il rosso gli sorrise, poi passò il suo sguardo su Roxas, posando la testa sui pugni chiusi
-Cosa ci fai qui, angioletto?-
-Ti sono venuto a trovare, che domande?-
-L’avevo intuito- sbottò, mandando poi un occhiataccia ad altri ragazzi che stavano più in là -Ditemi un po’, come è la vita lì fuori?-
-Noiosa e quasi insensata se sei qui dentro- commentò il Notturno Melodico, premendo le nocche sul vetro, Axel fece lo stesso, sorridendo -Allora? Come procede?-
-Sono dei rincoglioniti, non mi credono e vogliono aspettare che mio padre si svegli dal coma. Spero che non ci rimanga secco perché altrimenti sarò costretto a rimanere qui a vita, credo. Non ci posso credere che si è sparato per far ricadere la colpa su di me-.
Diamine, era suo figlio! Ma ormai sembrava quasi una cosa scontata ed assolutamente inutile, da non calcolare nemmeno. Demyx cominciò a raccontargli di quando, il giorno prima, aveva tirato un pugno a Marluxia, facendolo ridere sino alle lacrime. Tirò fuori dalla tasca un codino e si raccolse i capelli, in effetti lì dentro faceva parecchio caldo… ma cavoli, quanto era bello col codino?! Ci mancava solo di cominciare a fare fantasie… ma – ammise a se stesso Roxas – l’idea di farlo in cella era alquanto allettante. Aspetta, l’avevano fatto! Ridacchiò tra sé e sé, sentendo il calore invadergli il viso.
-Io la conosco quella faccia- fece malizioso Axel, fissandolo -Dimmi, cosa pensi?- si leccò le labbra, ricevendo in cambio uno sguardo assassino
-Sei più idiota del solito, sai?-
-E tu hai gli ormoni sballati come un tredicenne-
-Non è vero! E poi sarei io quello con gli ormoni sballati? Quei pochi neuroni che hai in testa pensano solo ad una cosa!-
-E da quando ti dispiace?-.
Incrociò le braccia al petto, mettendo il broncio, odiava quando il suo ragazzo riusciva ad averla vinta. Al suo fianco Demyx ridacchiava in silenzio; si guardò un po’ in giro, poi tornò a guardare il suo migliore amico.
-Nemmeno qui ci sono pochi gay e bisessuali, sbaglio?-
-L’unico a non essersene accorto è il nostro occhioni dolci-
-Occhio…?! Ma sta’ zitto, parla quello truccato come un travestito. E, sentiamo, cosa avrei dovuto avere l’accortezza di notare?-
-Le occhiate leggermente oscene che stanno facendo sul tuo bel sederino fasciato da quegli stupendi pantaloni, che sai quanto mi mandano al manicomio-.
Sorrise di rimando, stringendosi nelle spalle. Era una tortura avere il vetro a dividerli e non poter sfiorare la sua pelle, non poter dargli nemmeno un piccolo bacio. Mise la mano a palmo aperto sul vetro gelido, il rosso fece lo stesso, sorridendogli rassicurante. Il gelo sotto i polpastrelli scomparve un secondo, lasciando spazio alla sensazione della pelle leggermente ruvida di Axel, sempre così calda che profumava di qualcosa di indefinito, che volevi respirare e respirare ancora fino allo svenimento, senza mai smettere, come se fosse benzina o colla vinilica.
-Mi manchi- sussurrò, gli angoli della bocca si abbassarono verso il basso, cosa che fece anche il suo sguardo
-Angioletto, ci rivedremo prima di quanto speri, got it memorized?! Intanto fai il bravo, mi raccomando e non metterti nei casini che in questo sei quasi più bravo di me-
-Vale anche per te, non combinare casini qui dentro, che non ti voglio con i connotati diversi. Semmai sarò io a cambiarteli se so che mi tradisci, a costo di venirci anche io in prigione- ironizzò, nascondendo nello scherzo una vera e propria minaccia
-Memorizzato- sorrise, il suo splendido sorriso che lo faceva sciogliere -Tienilo d’occhio Dem, mi raccomando. Salutate tutti gli altri, anche se sono sicuro che ci rivedremo tra non molto-.
Salutarono, allontanandosi di malavoglia. Avrebbe voluto restare di più ma doveva ammettere che era molto più tranquillo di quando era entrato, forse perché aveva visto che Axel stava realmente bene o forse perché – alla fine – la sicurezza che lo caratterizzava riusciva a far credere a chiunque quello che diceva, anche se raccontasse ad uno scienziato di aver visto un asino volante che ballava la macarena.
Sì, tra poco sarebbe uscito, ovvio, no? Tra poco avrebbero scoperto che Reno aveva architettato tutto per togliersi il figlio dai piedi e tutto sarebbe tornato a posto, sì, doveva essere così per forza. Sperò con tutto se stesso, però che – l’ultima frase di Axel – non fosse stata una bugia bella e buona.

 

Era ora, no? Il nostro Roxy era un po' troppo depresso ù.ù in questo capitolo si tocca il culmine ma... hey! mitica ripresa! :P vi ringrazio ancora, l'ennesima volta, per le recensioni... eppoi sono in tanti che mi seguono *________* pensare che questa fanfiction nemmeno volevo pubblicarla! E, per vostra fortuna, il prossimo potrebbe essere l'ultimo capitolo... o il penultimo! ù.ù Siamo alla fine, gente, era ora che anche questa stranissima AkuRoku finisse...! Ma solo le fanfiction finiranno perchè... perchè l'AkuRoku non avrà mai fineeeeeeeee!!!! è_____________é Yatta!

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Capitolo 23
*** Sentenza ***


 

Sentenza

 Più di un mese, era passato più di un mese e non se ne parlava di far uscire fuori Axel! Quando Demyx gliel’aveva detto, aveva stretto i pugni per poi tirarli nel muro. Cazzo. Era la fine di febbraio e tra poco più di una settimana quel deficiente – solo così gli veniva in mente di chiamarlo – sarebbe stato maggiorenne. Stavano facendo i salti mortali per tirarlo fuori, eccome, e tra poche ore sarebbero entrati in tribunale per testimoniare contro Reno, cosa che avrebbero fatto anche i loro genitori.
Si strava torturando le mani, Dio, sentiva la cravatta soffocarlo in una morsa insopportabile e – nonostante il freddo – il sudore lo stava facendo nuotare nei vestiti, mentre la camicia bianca era incollata alla schiena. Ti prego, fa che tutto vada bene. Voleva urlare, scappare da lì… avrebbe dovuto ammettere di fronte a tutte quelle persone quello che era successo con quell’uomo. Per Axel, lo fai per lui. Sperava servisse a qualcosa. Hai fatto la puttana per lui, non è molto peggio. Che credeva di fare? Prima o poi sarebbe successo un casino, glielo avevano anche detto! Mentre si dava del coglione, sentì una mano posargli sulla spalla coperta dalla giacca blu scuro ed alzò gli occhi, sorrise a Demyx, che era del suo stesso umore.
-Poi finisce tutto-, il sorriso che gli rivolgeva il grande era la cosa in assoluto più falsa che avesse mai visto, i suoi occhi arrossati dal pianto tradivano la tranquillità che era sul suo volto
-Non c’è nulla da piangere, Demyx, non devi vergognarti di niente. Hai già affrontato questa situazione-
-Solo avanti a te- la voce gli tremò leggermente.
Capì che aveva una vera e propria fobia, una paura irrazionale; dopotutto, lui aveva scelto di farlo, il Notturno Melodico una scelta non la aveva avuta. Lui si era venduto per un motivo, l’altro era stato comprato contro il suo volere.
-L’unico che dovrebbe piangere, essere agitato e sentirsi umiliato è Reno- sibilò a denti stretti.
Guardò alla sua sinistra, vicino la porta dell’aula c’era seduto il rosso che parlava col suo avvocato. Gli avrebbe spaccato la faccia per togliergli quell’espressione rilassata dal volto, si guardava intorno come se non sapesse che ci faceva lì. Si ordinò di stare calmo, tanto avrebbe avuto quello che meritava, era il momento di fare i conti.

Il diavolo non può venire incolpato di cattiveria, semmai può essere incolpato di essere stato troppo buono. Il diavolo, per questo, la spunta anche in paradiso. 

Posò lo sguardo altrove, furioso. Le favole ti insegnano che il bene vince sempre. La realtà ti insegna che non sempre le favole hanno ragione.
Andrà tutto bene.
Si alzò di scatto dalla sedia – come se avesse preso una scossa – quando, seguito dal suo avvocato e da un poliziotto, arrivò Axel. Non l’aveva mai visto così… serio e rilassato allo stesso tempo, nessun sorrisetto sulle labbra. Poté giurare di aver visto il fuoco in quelle iridi verdissime quando si posarono su Reno. Demyx sfrecciò sotto al suo naso, correndo ad abbracciarlo, dopotutto era passato un bel po’ da quando erano costretti a vederlo e non toccarlo. Già… e lui aveva riscoperto quanto potesse aiutare la mano destra. Come si era ridotto. Seguì con lo sguardo, sempre il sorriso sulle labbra, i passi di Axel che piano si avvicinava a lui; lo guardò intensamente, come se volesse mangiarlo, osservò con una calma esasperante il suo viso, i suoi vestiti. Dio, il suo odore. Lo abbracciò, allacciandogli le braccia al collo, nascondendo il viso nell’incavo del collo del più grande, che gli cinse la vita con le braccia.
-Mi sei mancato!- borbottò, per poi guardarlo negli occhi
-Tu di più-.
Sentire di nuovo il sapore delle sue labbra, fu praticamente come rinascere. Non che l’avesse scordato, quello mai, ma averlo era meglio di ricordarlo. Non aveva nemmeno dimenticato quanto erano morbide, seppure così sottili. La cosa che ricordava meglio, era quanto maledettamente fosse brava la sua lingua a fargli dimenticare ogni cosa. Si staccò per respirare, le labbra un po’ più gonfie ancora schiuse, gli occhi lucidi, le guance leggermente arrossate.
-Mi mancava anche questo- affermò, sorridendo
-A me manca anche qualche altra cosa ma dovremmo rimandare, credo-
-Non fare il cretino- l’apostrofò, baciandolo a fior di labbra -Sei pronto?-
-Hey, baby, io pronto ci sono nato! N-A-T-O! Got it memorized?!-
-Ceeerto… evita di fare queste esclamazioni in aula altrimenti ti mandano al manicomio istantaneamente- rise, scuotendo leggermente la testa.
Si accomodò di nuovo, guardando Axel andare via per parlare col suo avvocato. Si guardò in giro, chiedendosi dove fossero finiti i suoi gemelli… ora che ci pensava non c’erano nemmeno i suoi genitori. Si strinse nelle spalle, avviandosi verso il bagno, voleva vedere se era ancora presentabile dopo quel bagno di sudore che si era fatto. Come immaginava: i capelli erano peggio del solito. Sua madre aveva cercato di incollarglieli tutti al cranio col gel – cosa che voleva fare anche con Sora – ma si era messo ad urlare, dicendole che mai e poi mai avrebbe fatto una cosa del genere. Già in giacca e cravatta si sentiva un cretino, figurarsi con i capelli incollati in testa come se fosse stato leccato da una mucca. Cercò di aggiustarli con l’acqua, fissandosi nello specchio, sobbalzando appena quando vide Reno poggiato con la schiena allo stipite della porta.
Che vuole ora?
Posò nuovamente lo sguardo sui suoi capelli, ignorandolo alla grande. Accennò un ghigno, guardandolo in cagnesco quando gli mise le mani sui fianchi e lo strattonò malamente, girandosi a fronteggiarlo, le braccia incrociate al petto.
-Hai tirato fuori le unghie- rise il più grande, incrociando anche lui le braccia
-Cosa vuoi?- sbuffò, tornando ad aggiustarsi, fissandolo sottecchi dallo specchio
-Niente, volevo vedere se eri corso a piangere… magari per la vergogna-
-Sei tu quello che dovrebbe piangere chiedendo perdono in ginocchio, Reno. Io ho fatto tutto a fin di bene, non per cattiveria. Poi io e te siamo due persone ben diverse, ringraziando il cielo-.
Fece per andarsene, non aveva nient’altro da dirgli, quando il rosso lo prese per il polso e si costrinse a non urlare dal dolore. Cavolo, la stretta per poco non gli sbriciolava le ossa. Puntò lo sguardo nel suo, non avrebbe lo avrebbe abbassato, non si sarebbe messo a strepitare. Tanto, non gli poteva fare assolutamente niente.
-Lasciami. Adesso-
-E cosa mi dai tu?- ridacchiò
-Non sei nella condizione di poter giocare. Il mio poi, era un ordine, non ti chiedevo un favore-
-Addirittura ordini, adesso. Caspita, pensare che nemmeno due mesi fa piangevi mentre ti fottevo, pregandomi di smettere-
-Sembri anche contento per questo. Non riuscirei a guardarmi allo specchio, al posto tuo, senza avere il desiderio di sputarmi in un occhio-.
Con un colpo secco si liberò dalla presa e, rivolgendogli un occhiata di sufficienza, uscì senza dargli il tempo di avere l’ultima parola. Ma scherziamo? Come poteva sorridere in quel modo così soddisfatto ed appagato, pensando a tutte le cose che aveva fatto? Ormai era inutile stupirsi con quell’uomo.

Tic tac, Alice, tic tac.
Fissava il display del cellulare, illuminandolo ogni volta che si oscurava per continuare a fissare l’ora. Non che cambiasse molto e continuando a guardare la vista si appannava e i minuti duravano un eternità e si concedeva un esultanza interna ogni volta che il numero dei minuti cambiava. Sobbalzò, rischiando di cadere per terra, quando Sora gli posò la mano sulla spalla; lo fulminò con lo sguardo quando si accorse che il gemello tratteneva a stento le risate.
-Dobbiamo andare, sei talmente impegnato a guardare l’ora che non ti sei accorto che ci stanno chiamando per entrare-
-Oh, va bene, vengo-.
Quando si alzò si stupì non poco che le gambe l’avessero retto, si stupì in generale in effetti, perché non appena aveva varcato la pesante porta in mogano si era sentito più sicuro, pronto a fare e dire qualunque cosa per far rinchiudere in cella Reno e non per poco tempo, magari, chissà, per tutta la vita. Prese posto alla panca, a quanto gli avevano detto sarebbe stato l’ultimo ad essere “interrogato”, avrebbero seguito l’ordine cronologico delle cose. Questo significava che toccava ad Aqua per prima. Si alzarono quando entrò il giudice in aula, così ebbe inizio la sentenza.
Non l’aveva mai vista così agitata, il volto leggermente rosso dall’imbarazzo… certo, ammettere avanti i propri figli e sconosciuti che aveva tradito il padre dei suoi tre gemelli non era il massimo. No, certo nessuno di loro era tanto contento di parlare. Altre persone, un paio, poi fu il turno di Demyx; era più bianco di un lenzuolo, le mani tremavano visibilmente, Axel gli posò una mano sulla spalla e sembrò calmarsi appena. Dai, Demyx… che sei forte. Cominciò a pregare con tutto se stesso che non piangesse, che riuscisse a stare calmo, che tirasse fuori quella grinta che lo caratterizzava, la sicurezza data per la sua troppa ingenuità. Tirò un sospiro di sollievo, quando si rese conto che cel’avrebbe fatta senza problemi. 
Tic tac, Alice, tic tac.
Toccava a lui e d’un tratto tutta la sicurezza andò via di colpo, lasciandogli un cuore palpitante che minacciava di uscire fuori. Certo, le lacrime di Naminè non avevano aiutato a farlo stare calmo. Si sedette di fianco al giudice, l’avvocato di Reno che gli stava avanti, un sorrisino piuttosto bastardo sul volto. Voleva intimidirlo? Voleva giocare? Perfetto, lui i sorrisini di quel genere li sapeva fare piuttosto bene.
-E così lei è il… uhm, il ragazzo del figlio del mio cliente- fece, soffocando una risatina ironica
-Già. Sono il ragazzo del figlio del suo cliente- ripetè, incrociando le braccia al petto, fronteggiandolo con lo sguardo
-Lei è il ragazzino che si è intrufolato ed ha messo le mani negli effetti personali del signor Reno, lei è il ragazzo che si è… prostituito? Mi corregga il termine, se sbaglio-
-Termine esatto, sì… considerando che sono stato costretto dal suo cliente, perché mi aveva minacciato. Mi corregga il termine, se sbaglio-.
Dai Roxas, vai alla grande.
Poté giurare di aver sentito dei risolini, non gli ci voleva molto per immaginare a chi appartenessero. Il martelletto del giudice batté solo una volta, un colpo secco, poi l’avvocato continuò a camminare avanti e indietro, dando una scorsa a dei fogli. Cosa molto teatrale, dato che aveva sicuramente imparato tutto a memoria.
-Accusato anche per atti osceni in luogo pubblico- commentò, fissandolo con un mezzo sorriso.
Avrebbe volentieri abbandonato quella sedia per sferrargli un calcio nel mento, fargli cadere quei dannati denti e poi infilarglieli uno ad uno nel naso. Maledetto. Strinse i pugni, fulminandolo. Certo, era praticamente costretto a rispondere a quell’umiliante domanda. Com’è che aveva detto? Ah, si: “Qui non c’è specificato che tipo. Vuole illuminarci?”. L’avrebbe illuminato con una scarica da cinquantamila volt.
-Parli liberamente- affermò il giudice, dopotutto un atto osceno poteva anche essere correre nudo o cose del genere, peccato che l’avvocato sapesse di che si trattava e voleva umiliarlo.
-Bene. Considerando che – mentre io ed Axel eravamo in centrale – gli ho fatto un pompino…- scandì con estrema calma la parola, godendosi ogni lettera per far vedere che era tutto, tranne che imbarazzato -Direi un atto osceno a sfondo sessuale-.
Durò per poco ancora, qualche altra domanda e lo lasciò andare al posto, poi fu il turno di interrogare Axel. Ora erano problemi con una testa calda come la sua. Non fare casini, ti prego! Dio, fa che usi bene quel neurone che gli gira in testa!
C’era da immaginarselo, una lista infinita di infrazioni, denunce. Tra queste ultime anche quella che i genitori di Roxas volevano fargli. E il rosso, senza ribattere, annuì a tutte con vigore, tranne a quella di tentato omicidio.
-Perché suo padre avrebbe dovuto mettere in pericolo la propria vita?-
-Per rovinare la mia… non che si sia impegnato a fare altro. Dopotutto non è difficile da credere dopo “l’affetto” dimostratomi nelle lettere-.
L’avvocato del rosso si alzò, chiedendo la parola.
-Faccio notare e ricordare che il mio cliente era sconvolto dopo l’accaduto di quella notte. Non è riuscito a parlare per ore e anche gli psicologi hanno affermato che lui non poteva essere stato. Quindi il signor Reno deve essersi sparato per far ricadere la colpa sul figlio e toglierselo dai piedi. Spararlo sarebbe stato troppo scomodo, un ennesima pecca sulla sua fedina penale straripante di crimini orribili: assassinio, violenze sessuali, truffa, corruzione. Evito di citare altre di importanza irrilevante rispetto a queste, o meglio rispetto alle prime due di cui è accusato anche il pubblico ufficiale Sephiroth che è stato suo complice per anni-.
Continuò così per parecchio tempo, botta e risposta tra i due avvocati e qualche richiamo dal giudice per mantenere l’ordine. Ma scherziamo?! Sembrava quasi che il mostro fosse Axel piuttosto che suo padre.
-Vi rendete conto?!- fece ad un tratto Axel, ora si leggevano anche nel pensiero? -Stiamo discutendo su cosa?! Mio padre è un assassino, un pedofilo… ha corrotto non so quante persone per non far uscire fuori queste storie… che stiamo a fare qui?! Non basta tutto questo, che tra l’altro è anche confermato dalle lettere, per arrestarlo?!-.
Quelle parole, furono indispensabili.
L’imputato, condannato all’ergastolo. Che parole soavi.
-Evvai!- esclamò Demyx, saltellando fuori dall’aula, scaraventando per terra Roxas, Axel e Sora che finirono col naso per terra
-Dem! Diamine fai attenzione!- commentò il rosso, alzandosi e massaggiandosi la parte dolorante.
Era una sua impressione o era triste? Sembrava quasi che volesse mettersi a piangere.
-Che hai?- chiese Roxas, prendendogli la mano nella sua
-Niente, sono contento che tutto sia andato per il meglio- borbottò, stringendosi nelle spalle, poi sorrise raggiante -Ed ora non dobbiamo preoccuparci più di niente! N-I-E-N-T-E! …-
-… Got it memorized?!- finirono in coro gli altri tre, ridendo alla sua espressione infastidita.
Dopotutto, quella era la sua frase. Il rosso gli posò un bacio sulla fronte, tenendo le mani intrecciate alle sue. Ora non avevano niente di cui preoccuparsi. Intanto, gli altri due presenti si erano dileguati nel nulla, lasciandoli soli, non che si sarebbero fatti problemi a parlare con loro avanti.
-Ti devo portare in un posto-
-Ora?-
-Certo, è quasi il tramonto- commentò, lasciandolo un po’ perplesso.

Alla fine è andata come era giusto che andasse!!! :D evviva, alla faccia tua Reno!
E se vi state chiedendo dove lo porta - anche se credo l'abbiate capito - dovete solo aspettare il prossimo ed ultimo capitolo! ^^
Vi ringrazio infinitamente per le recensioni, come al solito! :P
Alla prossima ed ultima puntata! ^^

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Capitolo 24
*** Once upon a time ***


Once upon a time

Non avrebbe mai immaginato che esistesse un posto tanto bello. Sporse leggermente la testa guardando in giù, stavano davvero in alto. Posò di nuovo gli occhi al sole che calava, il tramonto da quella torre era davvero stupendo, illuminava ogni cosa di quella luce così calda, soffusa, lasciando un senso di tranquillità incredibile.
-Tieni-
-Non fa un po’ freddo per mangiare un ghiacciolo?-
-Mangia e non te ne pentirai-.
Fissò prima il ghiacciolo, il suo insolito colore azzurrino, poi sottecchi guardò Axel che già si era avventato sul gelato e lo mangiava con gli occhi lucidi. Bhè, non poteva essere tanto male. Leccò leggermente con la punta della lingua e, corrugando la fronte, leccò con più convinzione. Ma… impossibile!
-Questo gelato è… dolce e salato allo stesso tempo! È buonissimo!- commentò, il più grande rise compiaciuto e continuò a godersi il panorama.
Lanciò la stecchetta giù, guardandola piroettare finché non divenne troppo piccola per essere vista; si portò le dita alla bocca per togliere quella fastidiosa sensazione di appiccicaticcio, quando Axel gli prese il polso dolcemente, guardandolo negli occhi. Un brivido gli attraversò la schiena, arrivando dritto in basso, quando il rosso cominciò a leccargli le punte delle dita per poi passare a tutta la loro lunghezza. Socchiuse gli occhi, provando una scarica di eccitazione quando gli prese tutto l’indice in bocca, succhiandolo e morsicchiandolo. Quando lasciò in pace le falangi lo tenne ancor più stretto al polso, mettendogli l’altra mano dietro la schiena per far aderire i due corpi. Il biondo nascose la testa nell’incavo del collo, respirando a pieni polmoni il suo odore. Aveva una paura folle che fosse tutto un sogno e che Axel fosse ancora in prigione. Strofinò gli occhi sul suo collo, la pelle così chiara – un po’ più della sua – cercando di non piangere. Non cen’era motivo, no?
-Guarda che se ti strusci addosso, così eccitato come sei, ti scopo istantaneamente-.

Sì, sì, sììììì! Non male come idea!
-Dai non fare lo scemo- lui doveva tenere la parte del piccolo e indifeso bambino, dopotutto; meno di un secondo dopo però, staccò il viso dal collo di Axel e lo guardò con un sorriso malizioso -Questa volta io scoperò te, mio caro-
-Non ti darò mai questo onore. Poi sono io il più grande-
-Se non mi lasci fare, non si fa niente- borbottò, staccandosi definitivamente ed incrociando gambe e braccia, mettendo il broncio.
… Cioè, ora metteva anche il broncio?! Roxas sei completamente fuso per questo petardo umano. E su questo, non ci pioveva. Socchiuse gli occhi quando sentì la risata roca del rosso, cercando di non sorridere divertito quando lo vide avvicinarsi a gattoni, rovinandosi tutto lo smoking. Ma che gli piacesse o no, sarebbe stato lui a togliergli quello smoking, sbottonandogli la camicia che gli fasciava magnificamente il petto. Tanto, non c’erano dubbi che Axel volesse. Cercò di rimanere serio anche quando sentì le labbra morbide lambirgli il collo per succhiarlo, baciarlo, leccarlo con una calma ed una bravura che solo Axel aveva. Gli premette la mano sul petto, spingendolo lontano, infastidito. Il più grande ridacchiò ancora e Roxas poté giurare che si stava eccitando per quel “giochetto”. Sobbalzò appena quando si sentì prendere in braccio e sbattere con la schiena contro il muro, per non farsi male fu costretto ad allacciare le gambe alla vita di Axel, costatando che sì, era eccitato.
-Mi stai violentando- commentò, cercando di rimanere serio per quanto poteva
-Se la vuoi mettere così… comunque sei eccitato e tanto mi basta per avere il diritto di continuare-.
Non riuscì a trattenere un gemito quando i due bacini si sfregarono e – mandando al diavolo ogni resistenza – si avventò sulle labbra del rosso, che le schiuse senza troppi complimenti. Cominciò a giocare con le spennatissime ciocche rosse che erano raccolte in una coda bassa, pensando obbiettivamente che con quell’acconciatura il suo ragazzo era più arrapante del solito.
-Dovremmo andarcene da qui, se ci vedono? Ho vergogna-
-Come sei pudico!- scherzò Axel, mettendolo a terra -Questa interruzione ti costerà un ora di completa passività mentre ti possiedo- sussurrò roco e sensuale al suo orecchio
-Potrei farci l’abitudine-
-E questo tuo entusiasmo merita una ricompensa- gli leccò il lobo, poi gli prese la mano, conducendolo giù dalle scale
-Fai fare a me, allora?-
-No!
-Cos’è… hai paura, per caso?-
-Se non la smetti giuro sull’anima di mia madre che ti scopo in piazza-.
Si ammutolì all’istante, arrossendo. Col tono che aveva usato sembrava più una minaccia.
Si tenne stretto alla sua schiena, nascondendoci il volto per evitare che il vento lo raffreddasse. Voleva stare così per sempre, amandolo in ogni modo possibile, con tutto sé stesso.

Anni, erano passati anni che stavano assieme ed ormai per entrambi erano finiti gli anni del liceo ed iniziati quelli dell’università. Non si vedevano più molto a causa dello studio e i vari impegni ma riuscivano sempre a trovare il tempo per vedersi ogni giorno, cercando di non far diventare il loro amore una cosa abituale. E non lo era diventato.
Quel giorno avrebbero passato tutta la giornata assieme, per fortuna le vacanze erano alle porte, avevano deciso di passare assieme pure quelle, magari invitando anche le altre due coppiette: Demyx e Xaldin, Riku e Sora. Già, alla fine questi ultimi due si erano dati una mossa. Per un caso fortuito in effetti, si era scoperto che anche Sora da ubriaco diceva parecchie cose “compromettenti”.
Roxas prese le chiavi dell’auto, accennando come sempre un saluto prima di uscire di casa.
Il tramonto su quella torre, era sempre stupendo, quel giorno particolarmente rosso e splendente. Sentì dei passi dietro di sé ed abbozzò un sorriso.
-Sei in anticipo-
-No, sei tu in ritardo- commentò, girandosi per guardarlo.
Ormai era una routine che entrambi non volevano spezzare. Troppo intima, troppo bella. Ed ogni volta si trovavano a fissare il tramonto, gustando il gelato salmastro che ormai era diventato il preferito di entrambi. Ciondolava con le gambe giù dal tetto, fissando come sempre la sfera luminosa; nonostante lo vedesse quasi ogni giorno da sette anni, il tramonto riusciva sempre a incantarlo, un po’ per il colore, forse, che gli ricordava tanto Axel.
-Hey, Roxas, scommetto che non sai perché il tramonto è rosso- lo fissò sottecchi, restando in silenzio per ascoltare -La luce è formata da molti colori e il rosso è quello in grado di arrivare più lontano-.
Ridacchiò, colpendogli la spalla con la mano libera dal ghiacciolo
-Chi tel’ha chiesto? Sapientone!- risero entrambi, le voci vibrarono nell’aria -E con questo, scommetto che vuoi dirmi che tu sei quello che si nota prima, sbaglio?-
-Yes, baby- sbottò, stendendosi con la schiena sul tesso, le braccia dietro la testa.
Certo, da quando era all’università ed aveva cominciato a studiare meglio l’inglese, la sua era diventata una fissazione quasi insopportabile. Sospirò, guardando l’ultimo pezzetto di sole scomparire all’orizzonte, lasciandosi dietro quei colori così caldi che nel giro di poco avrebbero lasciato spazio al buio della notte.
-Angioletto, devo dirti una cosa- storse il naso, girandosi a guardarlo
-Lo sai che ho quasi ventidue anni? Mi fa sentire un bambino questo nomignolo-
-Tu sei un bambino- commentò, mettendosi a sedere col gomito posato sul ginocchio; lo fissò intensamente, per poi sorridere appena -Caspita, sei cresciuto davvero-
-A volte capita- sbottò, facendo cadere nel vuoto il legnetto del ghiacciolo ormai finito -Dai, che dovevi dirmi?-
Axel sospirò pesantemente, sciogliendosi il codino per poi rifarselo nuovamente, temporeggiando quanto poteva. Finalmente posò le iridi smeraldine sul più piccolo, fissandolo in silenzio, con uno sguardo quantomeno strano che a Roxas non piaceva affatto – o che lo incuriosiva.

Bussò alla porta, sentiva ancora gli occhi pizzicargli dalle lacrime e li strofinò appena col palmo della mano, prima di entrare senza nemmeno aspettare una risposta. Guardò il suo corpo perfetto – che nonostante tutti quegli anni lo affascinava sempre – fasciato da uno smoking grigio fumo, con sotto una semplice camicia bianca e al collo una cravatta dall’insolito colore rosso. I capelli raccolti in una coda fatta un po’ meglio del solito ma che comunque non era riuscita a domare del tutto quegli aculei rossi, che in realtà erano così morbidi. Era stupendo, com’era giusto che fosse al giorno del suo matrimonio. Axel lo guardò dallo specchio e sorrise ilare, scuotendo la testa.
-Hai pianto ancora?-
-Non dovrei?-.
Finalmente lasciò perdere il nodo alla cravatta rossa e lo raggiunse, baciandogli dolcemente la fronte, scendendo con le labbra per catturargli le lacrime salate. Le labbra si unirono in un bacio dolce e passionale, le dita si intrecciarono. Ci furono parole dolci, sospiri e gemiti sommessi perché potessero essere solo di loro due. E si sarebbero amati per sempre, di questo erano entrambi certi, perché dopo tutto quello che avevano passato non si sarebbero mai lasciati, sarebbero stati l’uno accanto all’altra senza voler nulla in cambio.
Nessuno avrebbe potuto amare Axel più di come faceva Roxas.
Nessuno avrebbe potuto amare Roxas più di come faceva Axel.
E tanto bastava.
Pianse ancora, contro il suo petto madido di sudore, le mani del più grande che lo accarezzavano per calmarlo, le labbra che lasciavano dolci baci sul suo viso.
-Ti amo-
-Giuralo-
-I promise-.
Un altro bacio, più dolce dei precedenti. Un sorriso, caldo come il sole. Axel era il suo sole, gli riscaldava il cuore.
-Sei in ritardo, lo sposo arriva sempre prima della sposa-
-La sposa è nel mio letto e credo che non si stia lamentando- gli baciò dolcemente il naso, carezzandogli col dorso della mano la guancia ancora arrossata -Lo sai che porta sfortuna vedere la sposa prima del matrimonio?-
-Stronzate- borbottò, baciandolo a fior di labbra per poi alzarsi -Ci toccherà fare una doccia-
-Together?- sussurrò al suo orecchio, abbracciandolo da dietro
-Abbiamo più di un ora di ritardo-
-Nessuno ci dirà niente se ne facciamo un altro paio-.

Stupendo, Roxas era semplicemente stupendo. Il corpo esile e delicato coperto da uno smoking panna, la cravatta celeste un po’ più chiara dei suoi occhi. I capelli sempre spettinati ma un po’ più corti, più curati del solito. Gli occhi luccicanti, le labbra che di lì a poco avrei baciato, dopo avergli promesso il mio amore eterno. Da un anno, piangeva spesso. Era troppo contento, diceva, contento di risultarmi unito anche sulla carta. Per me non era così importante perché sapevo che con o senza matrimonio saremmo stati assieme per tutta la vita, ma sentivo che per lui era importante e non mi sono tirato indietro.
Ora che notavo, gli mancavano solo le ali ed un aureola dorata per essere tale e quale ad un angelo. Sorrisi, le gambe quasi mi tremavano, era stata una fortuna trovare un angelo pronto a peccare assieme a me. Un peccato così paradisiaco, un paradiso così bruciante. E tutto quello che facevamo, lo avevamo fatto sempre per amore e così avremmo continuato. Non c’era niente di più bello che sentire la sua voce candida chiamare il mio nome, non c’era niente di più bello che vederlo sorridere rilassato e tranquillo mentre io ero al suo fianco. 
Sarebbe stato sempre e solo mio. Mio. Mio. Mio. Perché non gli avrei mai permesso di odiarmi, di lasciarmi. Perché avrei fatto di tutto per impedirgli di allontanarsi dalle mie braccia, anche se sapevo che non avrebbe mai voluto farlo.
Roxas è troppo stupendo per essere lasciato e – per quanto io sia un deficiente – non arriverò mai a fare questa stronzata. Credo che se mi lasciasse mi sentirei morire. È la mia vita, è tutto ciò di cui ho bisogno, se non di più.
E spero con tutto me stesso che l’amore che abbiamo non sfiorisca mai, spero di riuscire a farlo sorridere anche nei momenti bui che verranno – perché ce ne saranno – spero di riuscire ad essere alla sua altezza.
Ricordo ancora la prima volta che l’ho visto, quando era ancora piccolo, ricordo benissimo il giorno in cui si sarebbe fatto uccidere piuttosto che scappare da me. È una persona talmente forte e non so come ma sono riuscito a conquistarla.
Forse, dopotutto, mordere è servito a qualcosa. Più che qualcosa, in effetti.


And so the prince kissed bite the princess and they lived happily forever


Got it memorized ?!

 

 

Per chi alla vista dell’inglese ha strabuzzato gli occhi (come farebbe una mia amica) la frase significa: “E così il principe baciò morse la principessa e vissero per sempre felici e contenti” xD
Fexy, spero che questo capitolo abbia soddisfatto almeno per la metà le tue aspettative!
È finita!! ç__________ç  *piange disperatamente*
Non sapete quanto mi dispiace che sia arrivata al capolinea ma… ma prima o poi doveva arrivarci! >.<
Bhè, in ogni caso sto lavorando su un'altra fanfiction e spero caldamente di rincontrarvi lì! ^^ Non so però quando la pubblicherò… in effetti vorrei prima avvantaggiarmi coi capitoli perché tra poco… comincia la scuola ( non fatevi sentire… shhh) o.O
Allora, dato che non ci sentiremo più e non avrò possibilità di ringraziarvi perché un prossimo capitolo non c’è, faccio adesso.
Ringrazio anche per le recensioni del capitolo scorso! ^^ Troppo buoni, troppo buoni! ^^
Quindi milliordosi ringraziamenti a chi ha recensito, perché sapete che sono tanto contenta e altrettanti ringraziamenti a chi l’ha letta anche senza recensire! ^^ Spero che almeno alla fine mi diciate ciò che pensate! Per dirmi che siete stati felici di leggere oppure se mettere questa storia in quelle seguite, ricordate o preferite è stata un immonda cazzata :P
Quindi ora, dopo questo discorsetto supervisionato dai personaggi che hanno partecipato a questa ficcy, comincia la festa a base di gelato salmastro, succo di arancia rossa e, perché no, anche coca cola! Yeeeee! Cose in grande gente! *passa offrendo biscotti*
Mi mancherete ç___________ç 
Bhè… mie care Edo, Fexy e ___BringMeToLife  noi ci sentiremo – spero al più presto – con me nei panni di recensitrice e voi brave scrittrici! ^^

Alla prossimaaaa!  :D

 

 

*Dietro le quinte*
Axel: meno male… è finita! Non ne potevo più delle sue stronzate! -.-
Roxas: senti, fino a prova contraria sono io quello che è morto, resuscitato, che è stato morso, tradito, stuprato e chi ne ha più ne metta! Qualcuno la arresti! è____é
Io: … sono ancora qui e vi ho sentiti *occhiata furente*
Axel: ma tu hai detto che accetti le critiche e secondo me questa è la fanfiction peggiore che mi sia mai capitata di recita…
SBEM! Viene colpito in fronte da una scarpa e si spiaccica al suolo, per questo Roxas non ha il coraggio di dire più niente ed ammutolisce.
Demyx: suvvia Axel, non è stata tanto male! ^^
Io: Ecco, adesso si ragiona! ù.ù

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