La Vie en Noir

di LeiLaDa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Once upon a time ***
Capitolo 2: *** Preparations and... Memories ***
Capitolo 3: *** The Christmas party ***
Capitolo 4: *** Your future ***
Capitolo 5: *** You again ***
Capitolo 6: *** Time to confide ***
Capitolo 7: *** Letters for us ***



Capitolo 1
*** Once upon a time ***


La Vie en Noir

 

Prologo

 «Raccontamela ancora»
«Cosa, Scorpius?»
«
Quella storia, che solo tu conosci»
«Tua madre non vuole»
Silenzio.
«Sussurramela, allora»

 

Era una serata particolarmente piacevole; la brezza marina, dopo giorni e giorni di insopportabile afa, sembrava finalmente aver deciso di fare il suo ingresso in scena, donando agli abitanti di Padstow qualche ora di clima fresco. Questo modesto paesino inglese godeva della fama di luogo tranquillo, ed era per questo che era stato scelto da Draco e Astoria come posto in cui abitare.
I due genitori, una volta nato il loro primogenito, il piccolo Scorpius, avevano deciso che l’aria aristocratica e pesante di Londra non sarebbe stato il luogo adatto in cui crescere il bambino; così, entrambi amanti della tranquillità, si erano trasferiti in Cornovaglia.
Scorpius Malfoy sedeva davanti al davanzale della propria camera da letto; i gomiti appoggiati sul marmo bianco e freddo, si godeva il panorama visibile attorno alla Villa. In quelle sere di frescura niente lo aggradava di più che stare in quella posizione, con la sua gattina bianca stancamente accovacciata sulle proprie gambe. I biondissimi capelli, ereditati dal padre, si muovevano appena in risposta al venticello che avvolgeva il giovane.
D’un tratto, con due semplici ma decisi colpi, qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» disse solamente il bambino dopo pochi secondi, mentre la gatta alzava la testa svegliata dall’accaduto.
La porta venne aperta lentamente, e rivelò la figura di un giovane uomo; anch’egli biondissimo, avanzò con espressione benevola verso il figlio.
«Scorpius» esordì Draco, guardando il bambino, sereno «Non credi sia ora di andare a letto?»
La sua voce pacata poteva anche esser definita “gentilmente autoritaria”.
Il viso del bambino si contorse in un’espressione di disappunto, mentre scuoteva la testa, con fare quasi furbetto.
«Ancora cinque minuti»
«Ogni sera, chiedi cinque minuti» gli fece notare Malfoy Sr, sempre con tono tranquillo.
«Allora raccontami una storia»
Quella frase, che poteva sembrare un’infantile richiesta di ascoltare una fiaba prima di addormentarsi, era in realtà qualcosa di più profondo. Draco, seppur contrario, acconsentì e sedette accanto a suo figlio.
«Quale vuoi sentire? Immagino sempre la solita…»
Il bambino annuì, serio.
«Quella delle Zie. Ogni sera aggiungi un particolare in più che il giorno prima avevi dimenticato»
«Già» commentò pensieroso il padre «Non è una storia per bambini della tua età. Perché ti piace tanto?» domandò poi con tono gentile, osservando le reazioni del figlio.
«Perché io non sono un bambino» rispose serio Scorpius. Sembrava quasi offeso da quello che il padre gli aveva detto, forse perché anche se aveva solamente undici anni, era di un’intelligenza straordinaria, e lui stesso se ne rendeva conto. La risposta del padre arrivò subito.
«Scusa» disse fissandolo.
Nella stanza calò il silenzio per qualche secondo, la bianca gattina del giovane Malfoy si agitò sulle sue gambe incrociate, ma alla minima carezza rassicurante di Scorpius, si riposizionò e tornò tranquilla. Il padre prese fiato e incominciò a parlare.
«C’era una volta…»
«Stop» lo ammonì subito il figlio, mantenendo però sempre un tono pacato e rispettoso «Ti ho detto che non sono un bambino, non c’è bisogno che usi quell’espressione da babbanofilo»
«Che caratterino…» commentò sorridendo il padre.
Il bambino rimase un attimo serio, ma poi scoppiò a ridere di gusto.
«..è che mi sembra un’espressione stupida!» spiegò con un sorriso Scorpius. Draco lo guardò, pensando che era proprio suo figlio: intelligente, concreto, rispettoso.
«E va bene» disse solamente, prima di riniziare il suo racconto.
«Avevo dei nonni. Non erano la classica figura di persona anziana gentile e caritatevole; tutt’altro. Erano persone severe e austere, ma d’altronde, erano altri tempi; mi rivolgevo a loro con il Voi, come d’altronde facevano tutti.»
«E’ stato molto tempo fa?» domandò subito Scorpius, come se fosse la prima volta che ascoltava quella specie di storia. Non aveva tuttavia la solita voce da bambino sciocco e sognatore; era sempre composto e pacato nel parlare.
«Pensa che parlo dei tuoi bis-nonni, Scorpius»
Questa risposta bastò a soddisfare il ragazzino, che con un cenno del capo fece capire al padre che poteva continuare.

 

I Capitolo
Once Upon a Time

 

«Mio nonno, Cygnus Black, era un uomo d’affari. Ricopriva un’importante carica al Ministero, ma non perché questo lo appagasse; semplicemente, il suo desiderio primario era arricchirsi, arricchirsi tanto da far acquistare maggior prestigio alla “Nobile e Antichissima Casata dei Black”. E, di certo, ci riusciva benissimo. Talmente bene da riuscir tranquillamente a mantenere i suoi tre manieri, le proprietà terriere e quant’altro possedeva, ma soprattutto riusciva a mantenere mia nonna: Druella Rosier, dall’età di diciannove anni “in Black”.
Mia nonna era fatta per mio nonno. E bada bene che non intendo dire che i due si amassero, perché il loro era stato indubbiamente un matrimonio di interesse; ma nell’unire le due famiglie, si era capito che i novelli sposi avevano esattamente lo stesso carattere: autoritario, serio, calcolatore.
Dopo pochi anni di matrimonio,
la dote delle donne Rosier di essere particolarmente fertili venne subito a galla con Druella. Difatti, il primo figlio della promettente coppia era sanissimo, oltre che una bellissima creatura dai capelli corvini; c’era solo un piccolo inconveniente, nel lieto evento: il bambino era in realtà una bambina.
Ma i due avevano appena ventidue anni, e la cosa non suscitò molto clamore: come diceva Cygnus alla moglie, “siamo sani e giovani, e il figlio maschio verrà”. Per usare un pizzico di ironia, si potrebbe commentare la frase con un “le ultime parole famose”.
Infatti, solamente due anni dopo ci fu un’altra nascita in casa Black, e anche un’altra delusione: era di nuovo una bambina a riempire quella culla. Cygnus iniziava a spazientirsi e a non nutrire più la fiducia che una volta provava; sebbene sapesse che la moglie non era la reale colpevole di quella che si poteva definire una disgrazia, sembrava fare di tutto per incolparla. Druella, dal canto suo, era dispiaciuta e intimorita all’inverosimile di non poter dare al marito e alla sua casata il tanto atteso erede maschio.
Ma non c’è due senza tre, e ad illudere nuovamente i due sposi arrivò una nuova gravidanza… nemmeno a dirlo, un’altra bambina. La signora Black cadde in depressione vedendo il marito tanto adirato con lei, e si rifiutò per giorni persino di allattare la propria figlia, quasi a volerla morta perché colpevole.
Gli anni passavano e le bambine crescevano; Druella non sembrava più riuscir a rimanere incinta, e Cygnus era sempre più rassegnato. Il suo carattere calcolatore, tuttavia, venne presto a galla; infatti le bambine crescevano sane e belle come non mai, e il signor Black capì subito che l’unica cosa da fare era cercare delle vantaggiose unioni. Così, sin da quando le figlie erano piccole, iniziò a scrutarle attentamente, a capire i loro pregi e difetti; tuttavia, manteneva sempre le distanze dalle tre, e non solo fisicamente, quasi a considerarle inferiori perché femmine.
Quando le bambine raggiunsero i sette anni di età, Cygnus aveva benissimo in mente il loro carattere, i loro pregi, i loro punti deboli.
Bellatrix, la maggiore, era un personaggio… particolare. Sembrava avere, già dalla tenera età, una particolare attrazione per qualunque cosa fosse oscura e misteriosa; spesso, magari in occasione di qualche litigata, si chiudeva a chiave in camera sua e spegneva tutte le luci, rimanendo per lunghe ore al buio a riflettere. Il suo carattere rispecchiava questa sua “passione” per l’oscuro: non si poteva definire cattiva o malefica una bambina di sette anni, ma aveva una certa propensione alle risposte brusche e talvolta quasi scortesi, al silenzio solitario, alle frasi falsamente innocenti, ai ghigni. Quando crebbe, si rivelò di una straordinaria ma particolare bellezza; non era una ragazzina innocente con gli occhi azzurri, era maliziosa, affascinante, talvolta quasi ambigua nel suo essere così falsamente amichevole o innocente. Di sicuro, non assomigliava alle sue sorelle; lei lo sapeva e spesso lo ricordava loro, quasi a volersi vantare.
Infatti, la secondogenita era completamente il contrario di Bellatrix. Si chiamava Andromeda, aveva i capelli bruni e gli occhi marroni.
Non era particolarmente bella,
non era particolarmente affascinante,
non era particolarmente desiderabile.
Non era nulla, come spesso le ricordava Bellatrix.
A vederla, non la si sarebbe certo scambiata per una Black, anche perchè era di carattere buono e giusto, cordiale perfino con gli sconosciuti. Aveva una caratteristica, però: subiva, sempre e comunque. Subiva le cattiverie di Bella, i suoi giochetti malefici, subiva gli sguardi di disgusto da parte della terzogenita, le battutine sui suoi capelli mossi e indefiniti; e tutto quello che subiva, lo immagazzinava dentro di sé. Per questo non reagire, la primogenita la chiamava codarda e la sfotteva.
“Non so quando si svuoterà di tutto quello che tiene dentro, non sarà mica una santa!” commentava così.
E poi c’era Narcissa, orgoglio di Druella; biondissima, a dispetto dei capelli dei genitori, probabilmente come i genitori di Cygnus. Era una ragazza estremamente educata e conoscitrice dell’etichetta più rigida, ma altre sue caratteristiche erano la freddezza e la diffidenza; spesso prendeva in giro la sorella Andromeda per il suo scarso interesse al fisico, per il fatto che non si truccasse o curasse. Invece la bionda indossava sempre abiti eleganti, un velo di trucco era sempre presente sul suo viso, a coronare quei lineamenti così perfetti e ad esaltare quegli occhi così straordinari. Bella pensava che Cissy fosse dannatamente perfetta, ma non lo pensava con invidia, tutt’altro; la riteneva quasi una “figlia di papà”, ma la preferiva di certo ad Andromeda.
Così il Signor Black teneva d’occhio le sue figlie, progettava il loro futuro con estrema accuratezza, e nel frattempo per le tre si era fatto tempo di Hogwarts. E prima che Cygnus e Druella se ne potessero accorgere, le tre si erano fatte grandi ed avevano abbandonato quella scuola in cui avevano fatto conoscenze davvero importanti per il loro avvenire e si erano buttate a capofitto nella vita reale.

 

 

Note di fine capitolo:
Ho deciso di fare una cosa un po’ diversa, di far narrare questa complicata storia a Draco, anche se non credo che ci saranno interventi durante il racconto da parte sua o di Scorpius. Già a partire dal secondo capitolo abbandoneremo la stanza in cui Malfoy narra tutto e ci immergeremo nella vera trama di questa FF, anche se il narratore rimarrà sempre lui.
Questo è solo un assaggio, un’introduzione alla storia; tutto deve ancora accadere.
Grazie a chi ha letto e a chi vorrà recensire.

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Capitolo 2
*** Preparations and... Memories ***


II Capitolo
Preparations and… Memories




Serata piacevole nei dintorni di Londra; il tramonto, che non aveva di certo risparmiato la sua bellezza anche in quella occasione, stava ormai volgendo al termine anche se erano solamente le sei del pomeriggio. Infatti, essendo quello il giorno di Natale, le giornate erano molto corte. I colori rosso, arancione, rosa e giallo, che fino a poco prima tingevano il cielo donando uno spettacolo unico, stavano scomparendo per lasciare il posto inizialmente al celeste tiepido, e mano mano ad un blu sempre più scuro; poi, la luna sarebbe comparsa nel cielo con quella sua luce lieve e avrebbe illuminato l’imponente Villa che si ergeva nei dintorni di Londra: Black Manor.
Quella sera si svolgeva la solita quanto epica festa di Natale organizzata dai Black, quella in cui tutti gli invitati non avrebbero fatto altro che complimentarsi con Druella per l’ottima organizzazione o parlare di vantaggiose unioni e fare nuove ricche conoscenze. Una noia mortale per chiunque non avesse almeno quarant’anni.
E proprio a quello pensava Andromeda Black, seduta sul davanzale della finestra posta in camera sua; aveva i piedi a penzoloni e sotto un vuoto di almeno dieci metri, data l’imponenza del Maniero. Pensava proprio che non aveva mai nulla da fare a quelle feste, non riusciva e non voleva parlare con nessuno degli amici dei suoi genitori; l’unica persona che poteva rendere un pochino migliore quell’occasione era suo cugino Sirius. Era il figlio di Walburga, sorella di Cygnus, e Orion, suo marito; tuttavia, era considerato proprio come Dromeda: strano, per il suo essere a volte così gentile ma altre sfacciato con i genitori, ma soprattutto per essere stato smistato a Grifondoro, “tradendo” la tradizione dei Black di essere tutti Serpeverde. Andromeda e Sirius andavano d’accordo, parlavano per ore lontano dalle cattiverie di Bellatrix, a cui però il ragazzo, con il suo carattere deciso e talvolta ironico e falso come la cugina, riusciva a tenere testa; ovviamente, Black era costretto a indossare la maschera di colui a cui rimbalza tutto addosso e che sa essere tagliente solamente quando Bella lo provocava. Per il resto, il suo carattere era totalmente diverso.
E proprio mentre Andromeda era persa nei suoi pensieri e nelle sue considerazioni su Sirius, la porta venne aperta rapidamente ma non barbaramente… colei che aveva compiuto quel gesto non sarebbe di certo passata per “screanzata”.
«Dromeda, hai mica una matita da prest… Dio, scendi subito di lì!»
Narcissa, piombata nella stanza con solamente una sottoveste addosso, vide immediatamente la sorella in quella pericolosa posizione. Andromeda si voltò lentamente verso la bionda, facendo spallucce.
«Calma, Cissy» la esortò con tono noncurante «Non vedo dove sia il problema. E poi, da quando in qua ti preoccupi per me?»
«Da quando sei mia sorella, screanzata» rispose schietta la bionda, con tono superiore, mentre avanzava verso la trousse dell’altra e prendeva una matita per gli occhi.
«Già… sembra quasi vero» bisbigliò scettica Dromeda, girandosi, ma rimanendo sempre seduta sul davanzale ma questa volta con le gambe a penzoloni verso l’interno. Cissy non la sentì e continuò a mettersi un velo di matita sotto gli occhi; poi prese anche un leggerissimo fondotinta dalla trousse.
«Serviti pure, eh» disse Dromeda fissandola attentamente. Poi, dato che la sorella aveva ignorato questo commento, con la solita aria di superiorità, la bruna continuò.
«Non capisco perché ti fai tanto bella per la solita festa di Natale, con tutti quei riccastri vanitosi»
Narcissa distolse gli occhi dallo specchio e la guardò aggrottando la fronte.
«Ma cosa dici… solo perché ci si annoia dovrei andare giù in vestaglia?» replicò secca la bionda «Hai detto una cosa senza senso» Andromeda non replicò. Aveva imparato in quegli anni che era meglio per tutti, soprattutto per sé stessa, non dire nulla ed evitare una noiosa litigata con Narcissa o Bellatrix che fosse. Il cielo fuori si stava sempre più scurendo, ormai. Con grande sorpresa della maggiore delle due, fu Cissy a parlare per prima.
«E poi, io spero di incontrare qualche bel ragazzo aitante» disse ghignando leggermente. A parte qualche nottata divertente, era molto che non aveva un compagno fisso; per lei, nessuno era alla sua altezza. La bruna alzò entrambe le sopracciglia, guardandola scettica.
«Sì, e pensi di trovare qualche bel ragazzo qui? Beh, se ti va bene quel cretino di Flint o quel fesso di Tiger, accomodati pure»
«Sempre scettica, eh Dromeda? Non si può mai sapere…» replicò Cissy, adottando nuovamente un tono schietto e distaccato nonostante stesse parlando con la sorella. Quando si comportava così, proprio non la sopportava. Narcissa fece comparire una lima per le unghie, e si posizionò sul letto dell’altra senza nemmeno chiedere il permesso: c’erano momenti in cui la bionda sembrava quasi assomigliare a Bellatrix, ma altri in cui era sola e spaurita. Quello sembrava proprio un momento “da Bellatrix”.
«E a proposito di ragazzi, cara sorella» continuò la minore, limandosi le unghie alla perfezione. Andromeda, durante i secondi di pausa che Narcissa si prese prima di continuare la frase, la fissò con attenzione.
A proposito?” si chiese “Non so cosa c’entrino i ragazzi con me… è tanto che non ho un fidanzato decente”.
«…Ho avuto il piacere di assistere al tuo ultimo “incontro ravvicinato”» terminò la frase Cissy, ma poiché Andromeda sembrava non capire, si spiegò meglio «L’altro pomeriggio, con il nostro vicino» continuò in tono disgustato.
Andromeda sbarrò gli occhi di colpo, iniziando a ricordare.


La bruna uscì veloce dalla stanza, adirata, chiudendosi bruscamente la porta alle spalle. Socchiuse per un istante gli occhi e prese un profondo respiro; calmarsi era quello di cui aveva bisogno, dopo l’ennesima litigata con la madre, trattando sempre lo stesso argomento: il fatto che Dromeda non fosse come le sue sorelle. Educate, altezzose… insomma, delle Black. Lentamente, la schiena appoggiata alla porta di duro mogano, iniziò a scivolare verso il pavimento. Non voleva piangere, Druella non meritava di farla piangere; cercava di respirare profondamente, facendo tornare indietro le lacrime che le stavano inondando quegli occhi d’un marrone così intenso. Il battito era accelerato, segno dell’agitazione della ragazza. Poi, rapidamente tanto quanto era uscita dalla sala qualche secondo prima, scattò in piedi e corse in giardino.
Doveva smaltire la rabbia che, ancora una volta, si stava tenendo dentro; doveva convincersi che non le importava di nulla, ma l’unica cosa che riusciva a fare in quel momento era pensare a Sirius, a come avrebbe saputo calmarla lui, con le sue solite parole gentili e rassicuranti. Voleva scordarsi, almeno per qualche ora, di essere una Black; ma camminare in quei giardini così perfetti non faceva altro che ricordarle la sua famiglia, e così l’idea arrivò: uscire dall’imponente Manor. Voleva solamente passeggiare tra le vie della città, per qualche lungo minuto; che ci fossero i Babbani, poco le importava. Sua madre si lamentava sempre perché il Maniero si ergeva in un luogo circondato da persone che non potevano usare la magia, feccia; ma a Dromeda non dava fastidio, anzi si chiedeva come sarebbe stata la vita senza gli incantesimi. Più dura, molto probabilmente, ma senza tante complicazioni causate dalla magia.
E mentre questi pensieri la assillavano, usciva dalla Villa per piombare nel grazioso vialetto su cui si ergeva. Camminava a testa bassa, fissava i suoi piedi e nient’altro per non essere distolta dai suoi pensieri. E solamente pochi ma intensi minuti dopo, causa la sua disattenzione, qualcuno le andò a sbattere.
«Ma che diav...» imprecò sommessamente Andromeda, massaggiandosi il naso perché colui con cui si era scontrata era arrivato di schiena. Alzò rapidamente lo sguardo, indispettita. «Oh, scusa! Mi… dispiace tanto!» disse immediatamente, desolato, il ragazzo che si trovò davanti «E’ che non guardavo dove andavo… il vento.. le farfalle…» balbettò imbarazzato.
Doveva avere all’incirca vent’anni; aveva i capelli biondi e gli occhi scuri. Non era particolarmente affascinante, e sentendolo balbettare, il primo pensiero di Andromeda su di lui fu “Cretino”. Eppure, quel ragazzo aveva un viso familiare.
«Dormivi?» lo rimproverò fredda Andromeda, con il naso leggermente dolente.
«No è che…» continuò con voce insicura il ragazzo «Ti sei fatta male?» La Black continuava a fissarlo impassibile, così come si comportava con tutti gli sconosciuti. Scosse la testa.
“Ma cosa vuole questo… sembra un demente” pensò subito dopo, fissandolo.
«Comunque io sono Ted Tonks» continuò il ragazzo, facendo sì che il sorriso che aveva non si spegnesse mai. Quantomeno, sembrava cortese e allegro; molto meglio dei parenti della Black. Tuttavia, al solo sentire quel nome, la ragazza sbiancò. Ora l’aveva davvero riconosciuto! Ted Tonks! Abitava qualche casa più in là ed era un Nato Babbano.
“E’ una cosa sbagliata Dromeda, è una cosa sbagliata…” iniziò così a ripetersi nella mente, mentre il ragazzo ancora attendeva, confuso, che lei gli stringesse la mano.
“La mamma non vorrebbe…” rifletteva. Poi però si bloccò.
“La mamma? La stessa che ti ha sfottuta poco fa fino a farti piangere, Dromeda? Tu non sei come loro” si diceva, come se un’altra persona le stesse parlando per convincerla a stringere quella mano. Fu combattuta ancora per qualche secondo; è vero, lui era un Nato Babbano, ma non sarebbe successo nulla di male, in fondo… Si ritrovò a pensare come una bambina che vuole mangiare l’ultimo pacchetto di caramelle Tutti i gusti più uno, ma sa che sua madre la sgriderà. Finalmente, prese coraggio e strinse quella maledettissima mano.
«Andromeda Black» si presentò con un filo di voce, accennando un sorriso che fu subito ricambiato dal ragazzo.
«Così sei tu che vivi in quella Villa» dedusse Ted indicando Black Manor «Strano, è tantissimo che vivo qui eppure non ti ho mai incontrata»
«Già…
Proprio Strano» rispose forzatamente la Black.
Tonks continuava a fissarla con aria benevola e quasi ammaliata dalla misteriosità della ragazza. Dromeda, d’altro canto, pensava che fosse sbagliato interagire con un Nato Babbano, che poteva essere di gran lunga compromettente per lei. Eppure, era eccitata da tutto ciò, dal fatto che fosse una cosa proibita, una cosa che aveva fascino proprio perché sbagliata; ora come ora, sapeva solo che quello era stato il miglior momento della giornata. Inoltre, si era sempre immaginata i Nati Babbani come persone dalle strambe abitudini, e invece lui era così cordiale, quasi dolce nell’essere timido.
In pochi secondi, tra i due calò il silenzio. Andromeda non sapeva cosa dire, e in più il suo cervello lavorava così veloce, pensando a Ted, che trovare lo spunto per continuare il discorso sarebbe stato per lei impossibile. Tonks, d’altro canto, aveva già cercato di alimentare la discussione in un paio di occasioni, e la ragazza aveva risposto freddamente; non sapeva come continuare.
«Ehm… quanti anni hai?» azzardò Ted.
«Cosa te ne importa?» domandò Dromeda mettendosi sulla difensiva.
«Nulla, è che ti ho vista ad Hogwarts»
Sul viso della Black comparve per qualche secondo un’espressione interrogativa. La ragazza stava pensando a Tonks come ad un semplice Babbano – forse per il modo strano in cui era vestito – e quindi non calcolava che anche lui conosceva la magia e aveva frequentato la sua stessa scuola.
«E quindi?»
Questa volta fu Tonks ad avere un’espressione confusa. Non stava capendo che Andromeda alludeva al fatto che lei fosse una Purosangue, per di più Black, mentre lui solo un Nato Babbano. Per Ted era normale non averci pensato, essendo cresciuto in un ambiente senza questo tipo di distinzioni.
«Lascia stare» le disse Andromeda infine. Quel ragazzo era un po’ tonto per i suoi gusti, però… era stata quasi bene con lui, anche se ancora non sapeva il perché.
«Ora devo proprio andare, si sta facendo buio» disse però subito dopo che ebbe avuto quel pensiero, come se l’idea di stare bene con un Nato Babbano fosse ancora troppo strana da digerire per il suo cervello così forzatamente radicato nelle abitudini dei Purosangue.
«Ma sono le quattro» protestò confuso Ted, pensando di aver detto qualcosa di male.
«Sì, ma siamo in inverno… le giornate corte, sai… Devo andare!»
Detto questo, si girò e corse rapidamente via, ignorando il fatto che non era una cosa da “signorine”.
Fu così veloce da non accorgersi nemmeno che un orecchino le era caduto nel tragitto, a pochi passi da Tonks; egli si avvicinò e lo raccolse da terra. Avrebbe voluto urlarle che aveva perso il gioiello, ma la ragazza era già lontanissima. Lo strinse nel pugno e sorrise.
Sarebbe stata una buona occasione per rivederla.


Andromeda scosse la testa, come a voler scacciare quel ricordo dalla sua mente; scese dal davanzale e si avvicinò al proprio letto, su cui Narcissa era stesa.
«Come fai a saperlo?» domandò senza riuscire a nascondere l’imbarazzo, mentre le sue gote lentamente si tingevano di un leggerissimo rosso.
«E’ carino?» domandò falsamente interessata la bionda, ignorando Dromeda.
«Non è successo nulla»
«Ti ha già baciata?»
«Semplicemente ero arrabbiata e sono uscita»
«Lui ti osservava da tempo»
«L’avevo riconosciuto e ho tenuto le distanze»
«E' una storia così romantica!»
«NARCISSA! Smettila subito!»
Dopo questo scambio di battute, in cui Cissy faceva la parte della sorellina eccitata per l’incontro dell’altra e Andromeda non l’ascoltava, andando avanti con la sua versione dei fatti, la bruna perse la pazienza.
«Ti ho detto che non è successo nulla. Merlino, sembri Bellatrix quando fai così!» ribadì Andromeda, indispettita.
«E poi…» continuò a mormorare, questa volta indecisa «Non capisco cosa ci sia di così tremendo»
Narcissa sbarrò gli occhi.
«Come sarebbe a dire “ Non capisco cosa ci sia di così tremendo”? Dro quello è un Nato Babbano!» ribattè Cissy, sicura e severa «Sarò anche più piccola di te, ma in quanto ad intelligenza... Tu sei una Black, non ti immagini cosa succederebbe? Sarebbe un putiferio!»
«Perché bisogna classificare tutto in “Black” e “tutto il resto, non degno di nota”?» sbottò la bruna.
«Perché questa è la vita, se ancora non l’hai capito» replicò asciutta Narcissa «E se tu ti mettessi a giocare con quello lì andrebbe tutto in malora. I nostri familiari impazzirebbero, ti tratterebbero come trattano Sirius!»
A questo commento, Andromeda si fece seria; odiava quando si parlava male di suo cugino, quando lo trattavano come un rinnegato e uno sciocco. Era molto dura ammetterlo, ma Cissy aveva ragione: sarebbe stato un disastro, e la vita di Andromeda era già sufficientemente compromessa.
«…E comunque non ci sarà nessun casino, perché come ti ho già detto fra me e lui non è successo nulla» concluse la bruna, chiudendo l’accesa discussione «Non dirai niente a nessuno, vero?»
La bionda la fissò severa e sospirò, scuotendo la testa.
«Appunto, Cissy, anche perché…»
«...Non è successo nulla, sì, l’hai già detto» terminò Narcissa la frase che ancora una volta la sorella stava ripetendo «Beh, ora sarà il caso che tu ti vesta. Ci vediamo alla festa»
Dromeda fece un cenno di assenso con la mano, prima che la sorella si avvicinasse alla porta e l’aprisse; uscendo, Cissy si trovò di fronte sua madre, che evidentemente stava per bussare alla porta.
«Narcissa, sei pronta?» chiese nervosamente Druella Black, nel pieno di una crisi “pre-festa”, la classica in cui la donna attendeva ansiosamente gli ospiti sistemando ogni piccolo dettaglio, gettando nervosismo sul resto della famiglia.
«Io quasi... devo solo indossare l’abito, Madre» rispose con la sua solita voce cristallina Cissy.
«Merlino, Andromeda, sei ancora in vestaglia! Vuoi forse fare tardi?» sbottò la donna, sbirciando nella camera e vedendo Dromeda ancora in quello stato. Poi chiuse di colpo la porta, scomparendo probabilmente ad impartire altri ordini agli elfi domestici.
Narcissa si voltò verso la sorella.
«Fai presto, non la voglio nervosa per tutta la serata» le disse con tono pacato.
Poi uscì dalla stanza, lasciando Andromeda ancora una volta con il cervello a mille, mentre pensava all’incontro con Ted, se era stata una cosa che non aveva significato nulla, come aveva detto alla sorella, oppure se era stato qualcosa di più, che l’aveva colpita.
Dell’orecchino, ancora non se n’era accorta.

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Capitolo 3
*** The Christmas party ***


III Capitolo
The Christmas party



Draco smise di raccontare d’un tratto e guardò suo figlio, che ora dormiva con aria alquanto serena. Aveva senza dubbio retto molto meno di quanto suo padre, che pensava di dover raccontare ancora quella storia per almeno una mezz’ora, si aspettasse. Malfoy si alzò lentamente dal letto su cui era seduto, e facendo molta attenzione a non fare rumore gli rimboccò le coperte ed uscì dalla stanza.
Casa loro non era molto grande, bensì una villetta accogliente, lontana dal chiasso della città. Era stata arredata con semplicità dalla padrona di casa ed ora infondeva un sentimento di protezione e calore in coloro che vi abitavano.
Draco percorse sovrappensiero il corridoio che collegava la camera di Scorpius alla propria; vi entrò lentamente, anche qui facendo poco rumore e, proprio come immaginava, vi trovò sua moglie Astoria, addormentata sull’ampio letto. Persino mentre la guardava, Malfoy aveva ancora in mente quello che aveva raccontato fino a pochi minuti fa al figlio.
Lentamente si voltò, dirigendosi allo scrittoio. Aprì direttamente il primo cassetto, che sembrava contenere solo fogli, due penne e qualche cianfrusaglia; ma quello che Draco cercava – ed estrasse – si trovava nel doppio fondo del cassetto: era un diario, né troppo spesso, né troppo sottile; chiunque l’avrebbe scambiato per un qualcosa senza valore, ma se qualcuno avesse guardato attentamente avrebbe potuto vedere, in un color argento sulla copertina nera, uno sbiadito e rovinato stemma e quella che era una scritta ormai illeggibile. Ma Draco la conosceva bene: Toujours pur.
Quel semplice libricino era in realtà una segreta e unica raccolta di tutta la storia della famiglia Black a partire dal matrimonio di Cygnus e Druella fino a molti anni dopo. Nessuno, nessuno sapeva chi l’avesse potuto scrivere, anche perché all’interno di quel Diario erano riportati i pensieri più intimi e le avventure più segrete dei componenti della famiglia Black e “dintorni”. Chi dunque avrebbe potuto conoscere tutto ciò? Draco non sapeva nemmeno lontanamente rispondere a questa domanda; aveva trovato quel Diario nella casa di sua nonna Druella dopo la sua morte e l’aveva letto tutto varie e varie volte, apprendendo molte cose sui suoi antenati, ma altro non sapeva. Per lui tutto ciò che riguardava quel Diario, eccetto i contenuti, era segreto. Con gli anni Malfoy aveva pensato spesso a quello che aveva letto, e aveva persino iniziato a narrare quella storia al proprio figlio, celando però i contenuti più deplorevoli e non adatti a un bambino che, purtroppo, abbondavano.
Ma ormai quella storia era impressa nel suo cervello e non voleva uscirne. I segreti dei suoi stessi genitori, delle zie, dei nonni opprimevano Draco e non lo lasciavano praticamente mai. Nemmeno mentre, in quella fresca sera estiva, l’uomo si era addormentato…



La stanza era buia. Se ci fosse stata un po’ più di luce si sarebbe potuto vedere l’arredamento semplice, composto solo da un letto, due comodini, un appendiabiti e poco altro. Ma le due figure che erano all’interno di quello spoglio luogo non avevano bisogno di nulla per vedere meglio; erano lì da un’ora, e i loro occhi si erano ormai perfettamente abituati all’oscurità.
Non erano di certo due persone che in condizioni normali sarebbero state accostate. Il primo era steso sul letto, coperto solo dalle lenzuola; sembrava ancora avere l’agitazione addosso, una certa paura di non riuscire, di non essere all’altezza e persino di incredulità che anche dopo l’atto non l’aveva abbandonato. Era un uomo – anzi, praticamente un ragazzino – a dir poco mediocre, sia come intelligenza che come aspetto fisico. L’altra figura, invece, non lo era affatto. Si potevano distinguere i tratti di una giovane donna, i cui folti capelli ricci si confondevano con l’oscurità per via del loro colore. Lei non era affatto mediocre, né per intelligenza, né come aspetto fisico. Mentre si rivestiva, indossando un abito da sera che di certo non era adatto ad una locanda nel bel mezzo di Nocturn Alley come quella in cui si trovavano i due, aveva un’aria estremamente tranquilla e, cosa che la distingueva spesso, spavalda.
«Quando sarà la prossima volta?» chiese il ragazzo con voce chiaramente tremante. Aveva di certo fatto uno sforzo nei secondi precedenti a quella frase, cercando di prendere coraggio.
La donna ridacchiò appena e nemmeno rispose. Era davvero troppo scontato per lei.
Prese la borsa e, con addosso quell’elegante abito che valorizzava a pieno il suo idilliaco corpo, uscì.



«Impeccabile come sempre, Druella… impeccabile»
«Grazie, mia cara. Augustus, che piacere rivederti» sorrideva la Signora Black mentre salutava i Parkinson, moglie e marito. Cygnus era accanto alla consorte; accoglievano gli ospiti usando la loro solita, estrema cordialità.
«A più tardi» li congedò gentilmente Black, già mettendo gli occhi sulla prossima coppia di invitati.
La festa, neanche a dirlo, era organizzata in modo eccellente; mai eccessivamente sofisticata, ma curata nei minimi dettagli. Il salone della Villa era stato arredato con tipici colori natalizi: il rosso dominava, e quest’anno la padrona di casa aveva deciso di accostarci l’argento, quasi a volersi distinguere da tutti gli altri banali e spenti saloni appartenenti ai suoi facoltosi amici, con i quali non voleva minimamente confondersi. Per l’occasione, gli elfi domestici erano stati impiegati esclusivamente nelle cucine, perché Druella non avrebbe mai e poi mai permesso a “degli esseri così inferiori di aggirarsi fra i suoi ricchi ospiti”. Era stata ingaggiata un’équipe di impeccabili camerieri che, al momento, stavano servendo Champagne e antipasti, in attesa che tutti gli ospiti arrivassero alla festa e si potesse procedere con la cena.
I padroni di casa si erano sistemati vicino all’ingresso del Salone, per poter accogliere gli invitati. Entrambi molto eleganti, scambiavano le prime frasi di cortesia della serata, così come avevano fatto poco prima con la Famiglia Parkinson. Mentre Cygnus indossava uno smoking nero, che per quanto potesse essere un capo elegante, era diventato routine per l’uomo, abituato alle feste a cui la moglie lo trascinava, Druella indossava un abito verde smeraldo, tappezzato da Swarovski qua e là, che le arrivava fino alle caviglie. A coronarlo, la donna aveva accostato uno scialle di seta pregiatissima di color nero, che ora si era fatta passare dietro la schiena, appoggiandolo sulle braccia; infine, cosa a cui non rinunciava mai, l’immancabile rossetto scuro passato sulle ormai non più sode labbra e un tocco di matita su quegli occhi che già avevano lo sguardo fisso sui prossimi ospiti, i quali, con un ampissimo sorriso, varcarono la soglia e si diressero verso i padroni di casa.
«Ci stavamo giusto chiedendo quando sareste arrivati!» esordì Druella, facendo un sorriso smagliante di rimando a Walburga, sorella di Cygnus, a suo marito Orion e ai due figli, Sirius e Regulus.
«Non potevamo di certo mancare, mia cara» rispose immediatamente Walburga, baciando prima la cognata e poi il fratello, mantenendo quell’espressione gioiosa. Anche Orion, nonostante fosse un uomo di poche parole, salutò con gentilezza i cognati e augurò loro un gioioso Natale.
«Bhe, non si salutano gli zii?» chiese – o meglio, ordinò – indispettita Walburga ai due figli, che fino a quel momento erano stati in totale silenzio.
«Zia, zio. Buon Natale.» salutò il più giovane dei due, Regulus, con estremo garbo. Era un ragazzino di circa quattordici anni, devoto alla sua famiglia.
Invece il più grande, Sirius, che non sembrava affatto felice di trovarsi lì, si limitò a passarsi una mano tra i marroni e mossi capelli che gli arrivavano fino alle spalle, facendo poi un sorriso di cortesia che fu colto come estremamente forzato da Druella. Il ragazzo ben conosceva l’entità di quel genere di feste, e come la cugina Andromeda aveva imparato a disprezzarle, dovendosi infine rassegnare a una serata di noia più totale. L’unico svago che poteva trovare era appunto Dromeda, che già stava cercando con lo sguardo. Non tardò a vederla: stava scendendo, assieme a Cissy, l’ampissima gradinata che congiungeva il salone al piano superiore. Entrambe erano molto eleganti, anche se la loro era senza dubbio una bellezza differente. Appena anche le due giovani ragazze ebbero visto il gruppetto di familiari che si era formato, li raggiunsero.
«Alla buon’ora!» esordì immediatamente Druella rivolta alle figlie. «Perdonateci, madre» arrivò prontamente la risposta di Narcissa, che fra le sorelle Black era senza dubbio quella più diplomatica, aggraziata e al centro dell’attenzione. Salutò i presenti con estrema cordialità – al contrario di Andromeda, che riservò un sorriso davvero sincero solamente per Sirius. All’interno del gruppetto, la natura di instancabile chiacchieratrice di Druella venne subito a galla quando la donna posò nuovamente gli occhi sul nipote.
«Regh! Merlino, come sei cresciuto… Quale anno di scuola frequenti?»
«Il Quarto, zia» rispose con semplicità il ragazzo.
«Devi essere molto fiero di essere un Serpeverde! Siamo i migliori, l’esempio da seguire» continuò la donna, senza poter fare a meno di lanciare un’occhiataccia a Sirius, che fu abilissimo a coglierla; dopo la frase, all’interno del gruppetto calò qualche secondo di silenzio quasi imbarazzante. Il più grande dei figli di Walburga e Orion sapeva bene che la sua famiglia lo considerava diverso, in modo negativo, per essere un Grifondoro, per avere un carattere differente dal loro e per tante altre cose che gli venivano spesso e volentieri rinfacciate. Quando Andromeda ebbe capito che l’aria era diventata pesante, chiese: «Madre, credi che io e Sirius potremmo…?»
«Sì, sì. Andate.»



Bellatrix sapeva bene di essere in ritardo. Lo sapeva sin da prima, quando si apprestava a lasciare la camera della taverna, lo sapeva anche mentre si smaterializzava davanti a Black Manor e lo sapeva ora, mentre percorreva il vialetto che dal cancello della Villa conduceva al portone d’ingresso. Lo sapeva, ma non le importava.
Odiava le feste che sua madre organizzava, poiché non le piaceva essere imprigionata con gli ospiti dei suoi genitori a parlare di cose che la gente pensava la Black non capisse, ma che invece lei, astuta e maliziosa com’era, comprendeva eccome. Ogni volta che poteva cercava di evitare queste puntuali “rimpatriate”, ma da qualche anno a questa parte, sua madre soleva dirle: “Da quando sei grande ti stai allontanando sempre più… Io ti ho messa al mondo, una festa ogni tanto me la devi!”.
La più grande delle sorelle Black raggiunse in fretta il portone d’ingresso, che venne subito aperto al suo passaggio. Nel salone la festa era ormai nel vivo e tantissime persone si voltarono per guardare la nuova arrivata; questo rendeva in un certo senso orgogliosa Bellatrix: l’essere al centro dell’attenzione, l’essere ammirata in tutta la sua dannata bellezza.
Cygnus e Druella non tardarono a notare l’arrivo della loro primogenita, e la Signora Black, con un gesto che Bella ormai conosceva molto bene e aveva imparato ad odiare, le fece segno di avvicinarsi.
«Padre, madre» salutò con scarsa enfasi Bellatrix, mentre suo padre le cingeva un braccio intorno alla vita e le dava un bacio sulla guancia, sussurrandole un complimento per la sua solita bellezza.
«Sei sempre in ritardo, sempre!» la redarguì Druella «Non ti ho insegnato niente?»
«Sì, madre, mi avete insegnato come procurarmi uno stress nervoso» rispose pacatamente la figlia, ricevendo una piccola occhiata di disapprovazione anche da parte del padre. Bella era solita dare del voi a sua madre, ma probabilmente solo per tenere le distanze da lei.
«Oh, Cissy… sei qui. Non ti avevo proprio vista.» disse poi Bellatrix guardando la sorella.
Narcissa era stata fatta sedere – sicuramente dalla madre – su una sedia accanto ai genitori; aveva un’espressione infuriata e dava chiari segni di non voler rimanere bloccata lì.
«Sì, sono qui…» rispose forzatamente la bionda.
«Le ho detto che almeno per tutto il tempo che precede la cena dovrà rimanere qui, dato che la presenteremo ai nostri amici più importanti» spiegò Druella a Bellatrix «…Visto che tu e l’altra tua sorella sembrate incontrollabili».
Bella sfoggiò un sorrisetto compiaciuto per alcuni secondi, prima di vedere Cissy farle un’espressione del tipo “Salvami, me lo devi!”.
«Guarda Bella, tua zia Walburga ti sta chiamando» le fece notare Cygnus «Sarà arrivata l’ora che tu faccia un po’ gli onori di casa…».
La più grande delle Black fece una smorfia, dato che di chiacchierare con i suoi parenti proprio non ne aveva voglia; di solito la ragazza aveva un carattere autoritario e libero, ma in quelle occasioni Cygnus e Druella avevano sempre il sopravvento su di lei, e sulle sue sorelle. Mentre si girava per dirigersi verso la zia, vide Cissy lanciarle un’altra occhiata, questa volta che significava “Ah-ah, te lo meriti!”.
Non si poteva dire che Narcissa odiasse esattamente le feste come quelle che organizzava sua madre, ovvero piene di famiglie Purosangue, perché non era così; a lei piaceva essere al centro dell’attenzione, e spesso e volentieri lo era, visti il suo rango e le sue virtù: educazione, portamento e bellezza. Tuttavia, voleva farsi le proprie amicizie e non stare sempre con i genitori.
Così si guardò attorno, in cerca di un qualcosa che magari potesse valere il congedo dai Signori Black. C’erano tutte le famiglie più ricche del Mondo Magico: l’intera famiglia Black, i Parkinson, i McNair, i Malfoy… e, a proposito di Malfoy, Narcissa scorse tra la folla il pupillo di quell’importante Casato. Si chiamava Lucius ed era più o meno suo coetaneo; quando era ad Hogwarts molte ragazze gli andavano dietro, affascinate da lui, ma Cissy non era una di quelle. Lo conosceva poco, solamente perché era un amico di famiglia, e poi di sicuro lei – una Black – non correva dietro a nessuno.



Bellatrix non se la stava cavando di certo meglio di sua sorella. L’ora della cena sembrava non arrivare mai e lei era ancora bloccata con sua zia. Fu quando Walburga passò a raccontarle di come aveva intenzione di arredare il salotto ad Est della sua Villa – le aveva già raccontato dell’ingresso, della camera da letto e del salone grande – che Bella chiese il permesso di allontanarsi. Era stufa di stare a sentire la gente parlare e parlare, voleva solo prendere un po’ d’aria. Quella festa stava spegnendo il suo solito carattere volenteroso di libertà, orgoglioso e talvolta malizioso lasciandola solamente frustrata.
Iniziò a farsi strada attraverso le persone che affollavano il salone, diretta verso la terrazza. Mentre camminava, il suo sguardo incappò in un ragazzo che sedeva comodamente su un divano nel mezzo della sala. La Black lo conosceva da molto tempo: Rodolphus, il primogenito della famiglia Lestrange. Suo padre era uno degli uomini più ricchi e influenti del Mondo Magico, e quindi lui avrebbe ereditato praticamente tutto. Avrebbe solo dovuto dare una parte di quello che gli spettava a suo fratello minore, Rabastan, ma questo non era un problema considerando il fatto che il Signor Lestrange era addirittura più ricco dei Black. Bellatrix lo guardò per pochi secondi, mentre continuava il suo cammino: Rodolphus era circondato da quattro ragazze che sedevano vicino a lui e lo stavano adulando, prova del fatto che era un giovane oltre che molto ambito, anche estremamente affascinante per il modo di fare e per l’aspetto fisico. Anche Lestrange vide la Black che passava, e appena lei fu uscita dal salone per andare di fuori, lui si congedò dalle signorine e la seguì.
Bellatrix prese subito una boccata d’aria, avvicinandosi al parapetto dell’immensa terrazza. Era una serata calda, ma un leggero vento spirava e questo le diede sollievo. Se ne sarebbe stata lì, sola come lei amava, ad ammirare la vista.
«Bella» esordì Rodolphus, che si trovava alle spalle della ragazza, avvicinandosi a lei «Avresti potuto salutarmi, non credi?»
«Ciao Rodh» rispose la Black con tono pacato «Hai ragione, ma mi sembravi molto… occupato»
«Quelle non erano niente» disse il ragazzo, appoggiandosi con la schiena al parapetto e allentandosi leggermente la cravatta «Per come ti dona questo vestito, potresti averne dieci anche tu; ovviamente se non stessi qui fuori» aggiunse poi con tono e fare vagamente diplomatici.
«Solo per merito del vestito, dunque» fece finta di non capire la donna. Era una sua caratteristica: mettere sempre alla prova tutti, per vedere fino a che punto si potevano spingere «E comunque sto qui perché questa festa è piacevole come il fumo negli occhi»
Riguardo alla provocazione sul vestito di Bellatrix, Rodh si limitò a fare un’occhiata del tipo “Sai cosa volevo dire…”.
«A proposito di fumo… ti dispiace?» domandò estraendo dalla tasca della propria giacca un pacchetto di sigarette.
«Ancora queste brutte abitudini?» lo provocò la Black, poi aggiunse con noncuranza: «Fa’ pure».
L’uomo si accese la sigaretta con la magia e aspirò una prima, profonda boccata.
«Su questo hai ragione. Erano molto più divertenti le “feste” che organizzavamo ad Hogwarts nella Sala comune»
«Concordo, anche se alla fine riuscivate sempre a trovare un modo per farvi punire»
«Non so cosa vuoi dire…» disse vago Lestrange, con un mezzo ghigno sulle sottili labbra.
«Devo forse ricordarti quella volta in cui tu e Lucius eravate talmente ubriachi che prima avete provato ad ingraziarvi due mocciosette Tassorosso, poi siete stati mezz’ora a cercare di aprire uno stupido pacchetto di Cioccorane – senza successo, peraltro – e infine avete offerto 10 galeoni al Preside per farvi uno streep tease?» domandò Bella tutto d’un fiato, senza scomporsi.
«Touché» accordò Lestrange sorridendo al ricordo, anche se molto vago, di quella serata. Poi aggiunse, serio: «Sì, ma è stato molti anni fa. Ora potrei sorprenderti per quanto sono cambiato.»
Prima che Bellatrix potesse replicare, si sentì qualcuno chiamare Rodolphus; i due si voltarono e videro che la persona ad aver parlato era il padre del ragazzo. Era un uomo sulla cinquantina, rovinato dagli anni, anche se si poteva notare chiaramente la somiglianza fra lui e Rodh.
«Oh, mia cara» esordì l’uomo facendo un cenno con la testa alla ragazza «E’ un piacere vederti… bellissima come sempre»
«E’ un piacere anche per me, Signor Lestrange» rispose prontamente Bellatrix, con il mento alto e il suo solito fare orgoglioso.
«Temo proprio di dovervi interrompere. Rodolphus, ci sono delle persone che devi conoscere» aggiunse poi Lestrange senior. Bella fece un segno con il capo per acconsentire.
«Ci vedremo presto» la salutò Rodh, prima di seguire il padre di nuovo nel salone.



L’ora della cena era finalmente arrivata. Questa si svolse alla perfezione, con somma felicità di Druella, e gli ospiti tornarono nel salone per un drink e per proseguire le loro discussioni.
«Un Firewhisky, prego» ordinò freddo Cygnus una volta arrivato al bancone dei cocktails.
«A lei, Signor Black»
L’uomo si girò e, sorseggiando il suo drink, si guardò attorno; gli invitati erano tranquilli e tutto procedeva per il meglio. Anche se Cygnus aveva imparato a convivere con la cosa, ormai, e amava le sue figlie, guardando in giro non poté fare a meno di pensare che sua moglie era di certo più brava ad organizzare feste che a partorire un erede maschio. Ma ormai il tempo dei figli era finito; ora Black si preoccupava solo di sistemare le sue tre ragazze nel modo migliore possibile.
Passò lo sguardo da un viso di un invitato all’altro, riconoscendo tutti i suoi ospiti; fu quando Cygnus cercò di capire chi stesse parlando con il Signor Malfoy, che si allarmò. Cercando di apparire il più tranquillo possibile, si diresse verso il gruppetto, formato appunto da Abraxas Malfoy e altre due persone.
«Signori» esordì con un sorriso tirato il Signor Black.
«Oh, Cygnus. Stavamo giusto parlando di te» disse pacatamente Abraxas guardando il padrone di casa.
«Ah sì? E cosa dicevate, Signori?» continuò Black, cercando di mantenere la calma.
«Niente di preoccupante… le solite cose»
Cygnus fece un altro sorriso di cortesia e si rivolse alle due persone che ancora non avevano parlato con lui: «Perdonate l’interruzione, ma vi dispiacerebbe seguirmi? Ho qualcosa da mostrarvi»
Gli uomini acconsentirono, congedandosi da Malfoy con un “Speriamo di poterla rivedere quanto prima”, e seguirono il padrone di casa. Egli li condusse in una saletta appartata, chiudendosi la porta dietro le spalle.
«Cosa diavolo ci fare qui? E chi vi ha fatti entrare?» tagliò corto.
«Signor Black, volevamo solamente vedere quale splendido lavoro ha fatto» replicò il più magro dei due, sempre mantenendo un tono tranquillo, ma che ispirava sospetto.
«Avrete i vostri soldi. Non dare questa festa sarebbe stato più rischioso che darla; la gente avrebbe potuto intuire!»
«Ovviamente… tuttavia il nostro Signore insiste perché lei paghi i suoi debiti. E’ un uomo a cui non piace aspettare» aggiunse quell’altro, un po’ più robusto.
«Il “vostro Signore” deve comprendere che non posso tirare fuori dal nulla una cifra del genere» continuò teso Cygnus, cercando di mantenere la calma.
«Mi pare che a perdere quei soldi lei abbia messo poco, però» Black rimase zitto un momento, livido in volto, cercando di trattenersi dal rispondere.
«Ripeto, avrete i vostri soldi; ho bisogno solo di più tempo»
«Il tempo è poco. Faccia in fretta se non vuole che i suoi facoltosi amici vengano a sapere della spiacevole situazione» disse infine l’uomo più robusto. I due poi fecero un cenno con il capo, e dopo aver detto all’unisono un “Buona serata”, abbandonarono la festa.
Black rimase ancora qualche secondo nella saletta, cercando di respirare profondamente; la situazione non era facile, e a lui non faceva bene agitarsi. Dopo pochi minuti riaprì la porta della saletta per ritornare nel salone principale, ma facendolo si trovò davanti il Signor Lestrange.
«Oh, Alexandre» salutò sorpreso Black.
«Tutto bene, Cygnus? Ti vedo pallido»
«Non preoccuparti» tagliò corto il padrone di casa «Come mai venivi qui?»
«Ti ho visto entrare poco fa e devo parlarti»
Dal tono dell’uomo, si prospettava un’altra brutta notizia per Black.
«Come sai, il ruolo che ricopro alla Gringott mi permette di conoscere parecchie cose sulla situazione finanziaria di molte famiglie» iniziò a spiegare Lestrange. Sì, Cygnus sapeva eccome che il lavoro di Alexandre era uno di quelli più importanti e, soprattutto, redditizi del Mondo Magico, e aveva anche già intuito dove l’uomo volesse andare a parare.
«Ebbene, l’altro giorno mi è stato fatto notare che un’ingente quantità di denaro è sparita dal tuo conto» continuò l’uomo. Poi si schiarì la voce e chiese: «Va tutto bene, riguardo alle tue finanze?»
Cygnus lo fissò negli occhi per qualche secondo, poi gli disse: «Non devi preoccuparti, ho tutto sotto controllo».
«Ovviamente, ovviamente» continuò Lestrange «Vedi, non te ne parlerei se non fosse che il matrimonio tra Rodolphus e tua figlia è già stato combinato. Puoi capire il mio imbarazzo.»
Black capì che Alexandre intendeva assicurarsi che potesse essere fornita la dote prestabilita. Era stata una fortuna che il matrimonio fosse già stato accordato prima dei problemi finanziari dell’uomo, altrimenti probabilmente Lestrange non avrebbe acconsentito.
«Il matrimonio si farà ancora perché sono un uomo di parola e perché è importante preservare la purezza del sangue con questo tipo di unioni, ora più che mai. Quindi ti chiedo: è tutto a posto?» disse Alexandre con tono serio, guardando Black.
«Non devi preoccuparti, ho tutto sotto controllo» ripetè Cygnus, sforzandosi di essere tranquillo.
«Molto bene. Me ne compiaccio.»
«Ovviamente, Alexandre… conto sulla tua discrezione»
Lestrange annuì e lasciò la stanzetta.





Note dell'autrice: Lo so, sono molto in ritardo. Non avevo vena artistica e non volevo forzarmi a scrivere. Spero che non questo capitolo lungo mi possiate perdonare, ma soprattutto spero sinceramente che vi sia piaciuto (:
Voglio subito ringraziare tutti. Quelli che hanno letto, quelli che hanno messo la mia ff tra quelle da seguire (AdelinaBlaBla, AllyMalfoy__, destino, dina, miri743, NarcissaM, sunflower_, tracywelsh), quelli che l'hanno messa tra le ricordate (lalla22) e quelli che l'hanno messa tra le preferite (AundreaMalfoy, hermione12, Lakrimosa, lolly puwerpuff girl, _Sayuri). Mi piacerebbe però avere anche un parere da parte vostra, così da farmi sapere cosa ne pensate ^^.
In particolare, però, ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo:
redaphne: Grazie per il tuo parere. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Ciao!
_Sayuri: Sei molto gentile, grazie per i complimenti e spero che continuerai a recensirmi ^^ Ciau!
destino: Ciao Dà, sono davvero felice che ti piaccia; il tuo giudizio conta molto per me, spero di non deluderti (: Un bacio
tracywelsh: Grazie mille anche a te, spero davvero che continuerà a piacerti e che mi recensirai ancora! Ciao!

Ciao a tutti, al prossimo capitolo (:

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Capitolo 4
*** Your future ***


IV Capitolo
Your future



Il mattino seguente alla festa arrivò in fretta per i Black, anche perché il tutto era terminato alle due passate. L’ampio salone si era andato via via svuotando, gli invitati avevano preso congedo dai padroni di casa ed erano tornati ai loro Manieri. Gli elfi domestici avevano lavorato tutta la notte per riportare il salone all’ordine, cancellando ogni traccia della festa in tempo record.
Quella mattina tutta la famiglia Black era riunita per la colazione, cosa insolita che non accadeva da parecchi anni, dato che Cygnus usciva sempre presto per andare al Ministero, e le tre figlie, ormai grandi, avevano orari e impegni loro. Nonostante la colazione potesse apparire come il pasto più informale della giornata, così non accadeva a Black Manor. La tavola era apparecchiata quasi come per la cena, con posate, bicchieri e tazzine. Il cibo – sia dolce che salato, come la tradizione inglese voleva – era vario e abbondante.
Cygnus, Druella, Bellatrix e Narcissa erano già intorno alla tavola e si stavano per servire; mancava solamente Andromeda, che però stava già scendendo le scale per poi fare il suo ingresso nella sala.
«Ah, buongiorno, Andromeda» salutò subito Druella, con tono apparentemente tranquillo.
«’Giorno» replicò la ragazza, con un po’ d’esitazione per la sorpresa di vedere sua madre così cordiale. Sedette a tavola e iniziò a servirsi.
«Ieri sera sei sparita. Dov’eri?» iniziò subito la Signora Black, mentre il resto della tavolata già rizzava le orecchie e Andromeda pensava “E via col terzo grado!”.
«Sono rimasta nei paraggi; ti avevo chiesto il permesso, ricordi?»
«Ah, già… Sei stata sempre con Sirius»
«Sì» aggiunse tagliente Dromeda, fissando la madre «Abbiamo parlato molto, discusso delle nostre idee, dei nostri ideali. Parlare con lui è molto illuminante» disse poi, anche se non era la precisa verità, sapendo benissimo che questo avrebbe dato fastidio a Druella. La Signora Black la squadrò, pronta per replicare, ma prima che potesse farlo un elfo entrò nel salotto e annunciò: «Una lettera e un presente per la Signorina Black».
Vista la frase così generica, sia Bellatrix, che Andromeda che Narcissa alzarono gli occhi dalla loro colazione, ma l’elfo si diresse solamente verso quest’ultima, le allungò il vassoio su cui era posta la lettera ed ella la prese. Poi, un altro elfo si avvicinò a lei e le mostrò il “presente”: un grande mazzo di fiori, tra cui spiccavano gigli e calendule.
«Non la leggi?» domandò Cygnus con il suo solito tono estremamente pacato, appena ebbe visto che Narcissa aveva riposto la lettera sul tavolo, vicino a lei, senza aprirla. A al Signor Black spesso interessavano gli affari delle figlie, visto che molte volte riguardavano dei giovani che ronzavano loro intorno, e lui voleva esserne informato.
Cissy alzò gli occhi verso il padre, che le faceva cenno di aprirla, e lei ubbidì. La carta della lettera era di un colore molto leggero, che si intonava peraltro bene con i fiori. La ragazza iniziò a leggere mentalmente.



Gentile Signorina Black,
spero davvero non le dispiaccia che io mi rivolga a lei con questa lettera.
Non ho potuto fare a meno di notarla la sera scorsa, alla festa della sua famiglia, così leggiadra e pura. Sono dispiaciuto di non essermi presentato lì per lì, ma il mio carattere me l’ha impedito. Così ora sono qui, a sperare che lei accetti questo piccolo dono e ad elemosinare un incontro con lei, che attualmente è ciò che più mi preme; poiché quale gioia più grande potrebbe esserci che avere l’onore di rivedere una creatura graziosa e di sicuro gentile come lei?
Spero che i miei complimenti non la disturbino o imbarazzino, ma ancor di più spero di poterla incontrare lunedì mattina, alle 9, presso il gazebo situato nel Parco della Grande Quercia.
La saluto e attendo con trepidazione una sua risposta,

Isaac Yaxley





«…Poiché quale gioia più grande potrebbe esserci che avere l’onore di rivedere una creatura graziosa e di sicuro gentile come lei?» lesse ad alta voce Bellatrix, sbirciando la lettera della sorella.
«Bella!» la rimproverò Narcissa guardandola.
«Firmato, Isaac Yaxley» aggiunse infine la mora, ricambiando lo sguardo «Chi è, Cissy? Un’altra delle tue conquiste?»
«Yaxley?» s’intromise Cygnus «Li conosco vagamente. Non sono una famiglia molto importante, né hanno un grande patrimonio, ma sono comunque dei Purosangue; lui dev’essere il figlio…»
«Speriamo che sia il figlio e non il padre!» sussurrò Andromeda a Bellatrix, che si trattenne dal ridere portandosi una mano sulle labbra, sebbene trovasse divertente l’idea che potesse trattarsi di Yaxley senior. Druella le vide e lanciò loro un’occhiataccia delle sue.
«Che cosa vuole, figlia mia?» continuò Cygnus rivolto a Narcissa.
«Dice che mi ha vista alla festa e che vorrebbe incontrarmi» rispose lei con semplicità, girandosi poi verso l’elfo che, accanto a lei, aveva ancora in mano il mazzo di fiori e non si era mosso di lì «Su, portali via. Mettili in un vaso, almeno»
«Oh, non mi sorprende!» scattò Druella piena d’orgoglio «Chi non s’infatuerebbe per la mia bambina?»
«Tuttavia...» la smorzò subito Cygnus con tono grave «Narcissa non dovrebbe dare molta confidenza a questo suo spasimante. Se vuoi, rispondi alla lettera e incontralo, mia cara, ma ricorda sempre che non potrà mai accadere nulla di serio: la sua non è una famiglia abbastanza importante.»
Narcissa annuì e iniziò a pensare se fosse il caso di incontrare o meno Yaxley, dato che quello che aveva detto il padre era giusto. Eppure, il ragazzo era stato così cortese!



La giornata si era svolta con tranquillità a Black Manor. Dopo la cena ognuno si era ritirato nelle sue stanze a fare ciò che più lo aggradava.
Andromeda camminava in uno dei tanti corridoi della Villa, quello su cui si affacciava la camera da letto di Cygnus e Druella. La ragazza ci passò davanti, assorta nei suoi pensieri e diretta in camera sua, ma quando sentì la voce della madre dire qualcosa, fu più forte di lei: prima si fermò di colpo e poi, non sentendo ciò che la donna diceva, lentamente si avvicino alla porta sempre di più, finché non ebbe appoggiato l’orecchio al duro legno. Era una brutta, brutta abitudine, la sua. Origliare non era educato, ma lei, curiosa com’era, voleva sapere tutto quello che le accadeva intorno. Quando finalmente riuscì a distinguere le parole dei suoi genitori, era suo padre a parlare.
«E’ tutto già deciso da tempo, come ben sai; e l’altra sera ho avuto la conferma da Alexandre. Stamane gli ho anche inviato una lettera per esortarlo a suggerire una data»
«Ne sono molto felice» sospirò Druella.
Andromeda mise l’occhio davanti al buco della serratura, per farsi un’idea della posizione dei genitori. Vide suo padre seduto su una poltrona, davanti al camino, mentre sorseggiava qualcosa; non riuscì tuttavia a vedere sua madre. La ragazza drizzò nuovamente le orecchie, perché i due avevano ricominciato a conversare.
«Mi aspetto grandi cose da questo matrimonio» stava continuando Cygnus «Sono stato davvero previdente ad iniziare le trattative sin da anni fa»
Dunque Andromeda aveva sentito bene! Aveva detto proprio matrimonio. Quella parola la spaventò. Chi si sarebbe dovuto sposare? Suo padre aveva parlato di un certo Alexandre, ma lei conosceva almeno tre amici di famiglia con quel nome.
«Devo ammettere anche io di essere molto lieta per questa unione ma…» aveva azzardato Druella «Nostra figlia è una ragazza così orgogliosa e testarda, mi domando se riuscirà a far funzionare le cose»
«Lo so, Druella. Anche io ho avuto il tuo stesso pensiero, ma mi sono immediatamente risposto che lei dovrà far funzionare le cose; è troppo importante. Le parleremo con chiarezza e, anche se ormai è diventata grande, ci ascolterà. E’ intelligente e comprenderà bene sin da subito quali sono le priorità in un matrimonio di questo tipo».
Andromeda si struggeva per capire chi potesse essere tra le tre sorelle Black quella destinata al matrimonio in questione. Druella l’aveva definita orgogliosa e testarda. In un certo senso, tutte e tre lo erano, anche se forse Narcissa si poteva escludere per il suo saper essere accondiscendente.
«Lo spero con tutta me stessa, marito. Rodolphus è inoltre un ragazzo così affascinante e intelligente, Bella si dovrà ritenere fortunata».
Finalmente! In quella semplice frase erano contenute tutte le risposte di cui la ragazza aveva bisogno. Rodolphus Lestrange e… Bellatrix!
Immediatamente Andromeda si allontanò dalla porta, iniziando a camminare a passo spedito verso la camera della sorella. Durante il tragitto, incontrò anche Narcissa.
«Dro, dove vai?» domandò subito lei, confusa, vedendo la bruna così di fretta.
«Shh!» le fece lei, prima di prenderla per un braccio e scortarla fino alla camera di Bellatrix. Andromeda subito bussò.
«Adesso si può sapere che succede, di grazia?» si lamentò Cissy.
Prima che la bruna potesse dirle un’altra volta di aspettare, la porta venne aperta: Bellatrix, che evidentemente si stava svestendo, aveva i bellissimi capelli corvini sciolti e il trucco era stato già tolto.
«Cosa volete?» domandò immediatamente la mora, che sembrava anche lievemente disturbata dalla visita delle sorelle. In quegli ultimi anni, Bella era cresciuta davvero molto; non solo come intelligenza o bellezza, ma anche come modo di fare. Era più distaccata nei confronti di tutti, anche verso Narcissa e Andromeda, e aveva iniziato a comportarsi come la più grande fra le sorelle, emarginandosi e rendendosi sempre più indipendente.
«Dobbiamo parlare» rispose sicura Dromeda, sgusciando all’interno della stanza. Bella fece un’occhiata interrogativa nei confronti di Cissy, che però, entrando, disse solamente: «Ne so quanto te».
Bellatrix chiuse la porta e si girò verso la bruna.
«Cos’è, uno di quegli incontri notturni fra sorelle che facevamo all’età di sedici anni?» domandò, quasi con una nota di disprezzo nella voce «Siamo un po’ cresciute»
«C’è una cosa importante che ho sentito dire ai nostri genitori» iniziò Andromeda.
«Parla, non girarci troppo attorno!» la esortò subito Narcissa.
Ma Bellatrix, che la sapeva più lunga, domandò subito: «L’hanno detto a te, oppure hai origliato, Dromeda?»
«Ho… origliato, va bene? Ma non è questo il punto!»
«Sei incorreggibile» sussurrò Cissy, mentre la bruna continuava a parlare: «Erano in camera loro e, in sostanza, stavano parlando di un matrimonio con Rodolphus Lestrange, per quanto ne ho capito».
La più piccola delle Black sbarrò gli occhi, trattenendo quasi il respiro.
«Dovrai essere tu a sposarlo, Bella» sentenziò infine Andromeda, senza perdere tempo, proprio come le era stato chiesto.
Nella stanza calò per qualche secondo il silenzio. Le due più giovani attendevano una reazione da parte di Bellatrix, che però non stava arrivando.
«Tutto bene, Bella?»
«Certamente» rispose immediatamente la mora, con tono fermo e sicuro «Non posso di certo dire che non me l’aspettassi; sono la maggiore, spettava a me. Quando sarà il matrimonio?»
Andromeda esitò un attimo, confusa da quanto l’avesse presa bene la sorella, poi rispose: «Non si sa, ma sembrava una cosa imminente. Stamane nostro padre ha scritto al padre di Rodolphus per chiedergli di fissare una data.»
«Sono molto fortunata, in fondo. I Lestrange sono una famiglia antichissima di Purosangue, e poi sono coperti di soldi; Alexandre svolge un lavoro molto redditizio alla Gringott» continuò Bellatrix. Era stranamente composta, e stava mantenendo la sua espressione un po’ altezzosa e orgogliosa.
“Forse finge” pensò Andromeda, visto che per lei sarebbe stato impossibile rimanere così tranquilla dopo la notizia di un matrimonio combinato.
«Sì, Bella, ma non ci sono solo i soldi… Non sarai più libera, ma sempre vincolata dal tuo matrimonio» azzardò Cissy, guardando la sorella.
«E allora?» sbottò Bellatrix, scattando in piedi «Non ho più dodici anni! …E non li avete nemmeno voi! La vita è così, se ancora non l’aveste capito, e quindi sarebbe meglio che vi deste una svegliata. E ora fuori di qui! Odio essere interrotta mentre sono in camera mia.»
Narcissa e Andromeda fissarono la mora con gli occhi sbarrati. Di certo, c’era qualcosa che non andava. Uscirono in silenzio dalla stanza e si fermarono solamente quando furono lontane.
«Dici che sta bene?» chiese Narcissa alla sorella.
«Certo che no… è fottuta!»
La bionda la guardò con un po’ di disapprovazione, poi sospirò: «Addio vita da donna libera».
Poi entrambe tornarono nella loro stanza.




Quella notte, un temporale imperversava in tutto il sud-est della Gran Bretagna. Fuori da Black Manor, il vento agitava con furia le chiome degli alberi, di cui il curatissimo giardino abbondava, e la pioggia fitta tamburellava, generando rumore, contro il suolo e i vetri delle finestre.
Bellatrix, stesa nel suo ampio letto, non riusciva a dormire. Tuttavia, la causa della sua insonnia non era il temporale; no di certo, visto che lì, a Londra, pioveva un giorno sì e l’altro anche e gli abitanti si erano abituati a dormire con quel sottofondo. No, lei non riposava perché il suo cervello lavorava a mille e non accennava fermarsi, pensando a quanto era accaduto quella sera, all’annuncio del suo matrimonio.
Rodolphus Lestrange era un partito perfetto per chiunque. Non si sarebbe potuta immaginare un’unione con una famiglia più rispettabile, antica e ricca della sua. Sarebbe stato riservato un immenso castello alla coppia di sposi, per garantire la loro intimità; un’intera équipe di servitori ed elfi domestici, che avrebbero reso l’abitazione sempre perfetta; e infine lui avrebbe ereditato la caterva di soldi che gli spettava di diritto.
E poi, Rodh era anche bello. Sempre così elegante nel portamento e nel modo di vestire, di parlare; sapeva essere sinceramente cortese e attento a tutto, ma anche adulatore per raggiungere i suoi scopi. Sicuramente, avrebbe riempito la sua consorte di tutto ciò che desiderava, usando, se necessario, anche la sua freddezza per creare le distanze fra loro, i padroni di casa, e la servitù.
Inoltre Bellatrix era preparata all’idea del matrimonio. Aveva ormai 24 anni, come Rodh; apparteneva ad un’antica famiglia Purosangue, come Rodh; ed era anche estremamente e dannatamente bella, anche più di Rodh. Il suo era un fascino tutto particolare, una bellezza unica. Era anche intelligente, maliziosa e… libera. Sì, lei era uno spirito libero, e nessuno poteva dirle cosa fare! Proprio per questo non voleva sposarsi; desiderava ancora più tempo per vivere la sua gioventù, divertendosi e facendo ciò che la aggradava, invece di sposarsi, dovendo quindi essere fedele a una persona, e dandogli anche un erede. Al diavolo i doveri coniugali!
Inoltre, la Black sapeva molto bene che il proprio carattere e quello del suo futuro marito non avrebbero tardato a scontrarsi. Conosceva Rodh.
Tutti quei pensieri la assillavano e non la lasciavano riposare. Ora la sua testa era piena di riflessioni, così tanto che la ragazza credeva sarebbe scoppiata.







Note dell'autrice:

Nuovo capitolo. Spero che sia piaciuto (:
Vedo che molti avete messo tra i preferiti/da seguire/da ricordare, ma mi piacerebbe davvero molto leggere un vostro parere, per capire se sto andando bene, dove posso migliorare e, perchè no, anche per essere incoraggiata ^^.
Un ringraziamento speciale a tracywelsh, che mi ha recensito. Visto?, ho aggiornato in fretta. Come sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, e spero che lo stesso valga anche per questo. Sì, ho trovato anche io bella l'idea di portare avanti le storie di più personaggi, che si intrecciano, e non di concentrarmi solo su uno o su una coppia (anche se è comunque difficile dare a tutti lo stesso identico spazio). Grazie mille per aver continuato a recensire, un saluto!

Ciao a tutti, al prossimo capitolo (:

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Capitolo 5
*** You again ***


V Capitolo
You again



Alla fine, Narcissa si era decisa ed aveva accettato l’invito di Yaxley. Suo padre l’aveva avvertita di non dare al giovane troppa confidenza, dato il suo rango, ma la Black aveva comunque acconsentito a vederlo; la gentilezza di Yaxley l’aveva colpita, e lei amava essere corteggiata e riempita di complimenti, come lui aveva fatto.
Cissy si era materializzata vicino al luogo dell’incontro; già poteva vedere, ad un centinaio di metri di distanza da lei, il gazebo in questione. La ragazza camminò per raggiungerlo, e quando fu più vicina, aguzzò la vista e riuscì a vedere che un ragazzo era nel mezzo del gazebo, in piedi.
“Dev’essere lui” pensò sicura la Black.
Quel giorno, Narcissa indossava un abito di un colore chiaro, che valorizzava molto il suo corpo snello; il trucco che la ragazza metteva non era mai eccessivo, proprio come le era stato insegnato, ma era studiato per mettere in risalto quei suoi occhi azzurrissimi. Cissy avanzò con passo sicuro e fare leggermente altezzoso, così come si comportava sempre quando incontrava persone che non conosceva, e in poco tempo raggiunse il gazebo.
«Miss Black» esordì subito Yaxley, inchinandosi profondamente, secondo le buone maniere.
«Signor Yaxley» rispose Cissy con voce cristallina, dandogli così il permesso di alzarsi; quando egli lo fece, la ragazza lo guardò: doveva ammettere che non fosse molto affascinante. Aveva i capelli bruni, non molto corti, e un po’ disordinati; i lineamenti marcati e la fronte piccola; i suoi occhi, di un colore scuro, non erano nemmeno lontanamente affascinanti come quelli della Black. Ma l’aspetto fisico non era di certo tutto.
«Non so dirle quanto sono lieto che lei abbia accettato di incontrarmi; sono stato scortese, me ne rendo conto, a non salutarla direttamente alla festa» iniziò Yaxley, con voce leggermente tremante ma dolce.
«Oh, non si deve preoccupare» rispose la Black, tenendo un’espressione altezzosa. Narcissa si rendeva bene conto dell’effetto che aveva sugli uomini, e quindi anche su Yaxley, e questo da un lato la eccitava, perché le dava il “potere”, ma dall’altro la deprimeva perché erano davvero pochi gli uomini che riuscivano a parlare con serenità assieme a lei, senza che la loro voce tremasse.
Cissy si accomodò su una panchina che c’era nel gazebo e subito Yaxley la imitò.
«Perché non mi dice qualcosa di lei?» iniziò la bionda «Ad esempio, cosa fa nella vita?»
«Oh, lavoro al San Mungo, Miss» rispose all’istante il ragazzo, ancora teso per l’eccitazione «In verità ho iniziato da poco»
«Ah, un dottore» disse Cissy fissandolo dritto negli occhi, ed evidentemente questo imbarazzò maggiormente Yaxley, che distolse lo sguardo «E quale compiti svolge?»
«Per il momento, sono addetto alle scartoffie e a qualche lavoro come infermiere, ma ho delle responsab–»
«Non è un lavoro incredibilmente noioso e sottopagato, Signor Yaxley?» lo interruppe la Black, interrogativa.
«Ehm… effettivamente, è così» dovette ammettere, imbarazzato, il ragazzo.
Fino a quel momento, Narcissa non era contenta del suo incontro. Aveva cercato di far parlare Yaxley di cose che lo riguardassero, per metterlo a suo agio, così che la gentilezza che aveva dimostrato di avere nella lettera che le aveva inviato potesse venire fuori, ma ancora niente. Secondo Cissy, la verità era che Isaac fosse solo un ragazzino impacciato e senza acume.
Decise di dargli un’altra possibilità per mostrarle il suo lato migliore: la bionda sarebbe rimasta in silenzio, aspettando che lui tirasse fuori qualche discorso interessante. Avrebbe aspettato… aspettato… aspettato…
«E’ una bella giornata, non trova? Anche se ho sentito che domani pioverà!» fece lui con voce squillante.
Narcissa sospirò e si limitò ad annuire. Il tempo meteorologico era l’argomento peggiore che Yaxley potesse tirare fuori in quel momento.



«Madre, non credo di sentirmi bene»
«In effetti sei un po’ calda… e pallida»
«Forse non è il caso che venga a cena dai Parkinson. Non vorrei attaccare qualcosa a loro figlio: è un bambino così cagionevole di salute»
«Sì, hai ragione. Manderò l’elfa, Winkle, che si prenderà cura di te»
«Oh, no, non è il caso. Voglio solo stare a letto e riposare»
«Come vuoi, Andromeda»
Druella si allontanò dalla sedia su cui la figlia, in camicia da notte, era seduta. La Signora Black era vestita da sera, pronta per andare, assieme al resto della sua famiglia, a cena dai Parkinson; ma, a quanto pareva, Dromeda stava male e non sarebbe venuta.
«Riguardati, noi non faremo troppo tardi» disse infine Druella rivolta alla figlia, uscendo dalla camera da letto in cui si trovava. La Signora Black raggiunse gli altri al piano inferiore e si infilò il mantello, annunciando che Andromeda non sarebbe venuta perché non si sentiva bene.
“Bella scusa… peccato che io la usassi ad otto anni, non a ventitré come lei” pensò irritata Bellatrix. Anche la più grande delle sorelle Black avrebbe volentieri fatto a meno di quella cena!
I quattro uscirono dal Maniero, per poi entrare nella carrozza che li avrebbe scortati fino a casa Parkinson.
Andromeda, dalla finestra della sua camera, aveva seguito la scena fino a quando la carrozza non era diventata un puntino lontano ed era sparita. No, di sicuro la Black non stava male, ma quella volta aveva azzardato ed era riuscita a scamparla ad un’altra cena. Era stato anche più facile di quanto avesse immaginato: un incantesimo per alzare momentaneamente la temperatura corporea, che la ragazza aveva letto tempo fa chissà dove, un po’ di cipria e sua madre c’era stranamente cascata. Andromeda rimase alla finestra per qualche altro minuto, a pensare; quella sera voleva solamente rilassarsi un po’, con il Maniero tutto per sé.
La Black stava per allontanarsi dalla finestra quando, con la coda dell’occhio, le parve di scorgere qualcosa che si muoveva vicino all’alto cancello del Maniero. Nonostante stesse calando la notte, aguzzando la vista Andromeda riuscì a vedere qualcosa che mai si sarebbe immaginata: Ted Tonks – era quasi sicura che fosse lui – che se ne stava lì, come se aspettasse qualcuno.
“Ma che diamine sta facendo?” pensò confusa la ragazza. Decise poi di attendere qualche minuto, ma niente: il ragazzo non accennava ad andarsene, ed era ancora lì, vicino al cancello, a guardarsi attorno.
Andromeda pensò che sarebbe stato meglio andare a chiedergli cosa volesse di persona, anche perché se l’avessero visto gli elfi, l’avrebbero riferito a Cygnus e Druella, mentre Dromeda non voleva assolutamente che si potesse anche solo lontanamente immaginare che Tonks avesse qualcosa a che fare con lei, che quella sera era stata l’unica a rimanere a casa. Così la Black s’infilò dei vestiti con estrema rapidità e uscì dalla sua stanza; poi, cercando di non farsi vedere dagli elfi domestici, uscì dal Maniero.
Era una serata fredda; dopotutto, era ancora gennaio e quella era Londra. Andromeda, tremando leggermente, percorse tutto il vialetto che conduceva dal portone del Maniero fino al cancello. Quando fu più vicina, ebbe la conferma di quanto aveva visto: era proprio Tonks che, anche lui infreddolito, se ne stava lì ad aspettare chissà cosa.
«Cosa stai facendo, scusa?» iniziò, subito sull’offensiva, la Black.
Ted la guardò, lieto che lei fosse lì, e disse: «Andromeda! Ho sperato che fossi tu a vedermi. Ho notato che la tua famiglia usciva, questa sera, e appena ho visto che tu mancavi sono venuto qui»
Dromeda continuava ad avere lo stesso sguardo confuso e un po’ irritato; non riusciva ancora a capire perché lui fosse lì. Così, senza perdere tempo, continuò: «E perché mai hai dovuto aspettare che la mia famiglia andasse via?»
«Bhe, perché ad Hogwarts ho capito chi sei e ho immaginato che ai tuoi genitori non avrebbe fatto molto piacere che un Mezzosangue incontrasse loro figlia» spiegò Ted con semplicità.
Tutto quello che riuscì a dire Andromeda fu un “Oh”. Dopotutto, Tonks non era ingenuo come lei lo aveva immaginato, visto che aveva avuto il buonsenso di capire la situazione.
«E come mai volevi vedermi?» domandò poi la Black, fissandolo negli occhi e notando per la prima volta il loro colore: marrone, proprio come i suoi.
Tonks si infilò una mano nella tasca sinistra ed estrasse qualcosa; poi allungò la stessa mano verso la ragazza, aprendola: sul palmo, c’era un orecchino.
«L’hai perso quando ci siamo incontrati per la prima volta» spiegò Ted, con la solita voce chiara e pacata.
«Oh… ecco dov’era finito» disse Andromeda, prendendolo dalla mano del ragazzo. Ricordò di averlo cercato, la sera di quell’incontro, dopo la festa; aveva persino chiesto all’elfa Winkle se l’avesse visto, ma lei aveva risposto di no.
Ted fece un risolino, che destò la Black dai suoi ricordi, e poi disse: «E’ buffo. Sembra di essere in Cenerentola».
Dromeda alzò entrambe le sopracciglia, confusa: «Cene… cosa?»
«Oh, perdonami. A volte dimentico di avere una madre Babbana, che per anni mi ha raccontato fiabe che i maghi non conoscono, come Cenerentola» continuò Tonks «Nella storia, la ragazza perde una scarpetta ed è il Principe a riportargliela»
Stavolta toccò ad Andromeda ridere sommessamente.
«E tu saresti il mio Principe?» domandò divertita.
Ted si rabbuiò un po’ vedendo la ragazza ridere di lui. Disse poi, con tono basso: «Bhe, se tu vuoi, forse potrei… Il fatto è che io a scuola ti guardavo, so molte cose su di te: so che non ti piace Rune Antiche, e nemmeno i cavoletti di Bruxelles…»
Tonks si interruppe vedendo l’espressione di Andromeda. Era come pietrificata, con gli occhi completamente aperti.
«Io ti guardavo» ripeté con voce flebile, attendendo la reazione della Black. La ragazza boccheggiò per qualche secondo, cercando di articolare una frase.
«Grazie per l’orecchino» disse in un sussurro quasi impercettibile, mentre si voltava e ritornava a passo spedito all’interno del Maniero.
Appena fu entrata, si chiuse la massiccia porta alle spalle e vi si appoggiò. Immediatamente il calore dell’abitazione la invase, riscaldandola; in quei minuti passati fuori non aveva sentito il freddo, che le stava penetrando le ossa, oppure che le sue mani si stavano rapidamente congelando. Era stata troppo presa da quello che le era accaduto, da colui con cui aveva parlato. Cos’era stato quello? Come si era arrivati da un saluto appena accennato al doversene andare nel bel mezzo della discussione, perché si stava andando troppo oltre? Pezzi di frasi che Tonks le aveva detto iniziarono a riecheggiarle nella testa, confondendola. L’unica cosa che riuscì a destarla dai suoi pensieri fu una voce squillante, che le parlava.
«Signorina? Signorina Black?»
Andromeda riaprì gli occhi di colpo, trovandosi davanti una creatura rugosa, con enormi orecchie sporgenti.
«Vi sentite bene, padroncina? Non sareste dovuta uscire, nelle vostre condizioni»
La Black fissò l’elfa, poi disse, fredda: «Non dire una parola di quello che hai visto né ai Padroni, né a nessun altro, chiaro? Per quanto ne sai tu, io sono sempre rimasta a letto».



La carrozza alata della famiglia Black stava volando sui cieli di Londra, senza tuttavia essere vista dai Babbani grazie agli incantesimi che erano stati fatti su di essa. Questo tipo di mezzo era il migliore – per le famiglie ricche che potevano permetterselo – per brevi e lunghe distanze. All’interno di essa, quattro componenti della famiglia Black stavano ritornando al loro Maniero, dopo aver consumato una cena alquanto ordinaria a casa Parkinson. Nella carrozza, in cui tutti erano in silenzio, prese la parola il più anziano dei membri.
«Dimmi, Narcissa, com’è andato l’incontro con quel tuo spasimante, Yaxley? Se non erro, è stato stamane»
La bionda annuì lievemente e, schiarendosi la voce, rispose: «In realtà, padre, non è stato come me lo aspettavo»
«E perché mai?» s’intromise Druella «Dalla lettera che ti ha scritto, sembrava così educato e gentile»
«Sì, lo è ma… non aveva acume; era imbarazzato, per nulla affascinante, né fisicamente, né come modo di fare» spiegò Narcissa ai genitori.
«Posso capirti, figlia mia, ad ogni modo non puoi di certo bocciare tutti i tuoi pretendenti, come hai fatto finora. Trovi sempre qualcosa che non va in loro!» disse Druella.
Cissy stava per replicare, indispettita, ma suo padre la interruppe: «Tua madre ha ragione, mia cara: non esistono uomini perfetti; prima lo capirai, meglio sarà»
Il tono di Cygnus era sempre molto autoritario, anche se pacato, ed era spesso lui a chiudere le discussioni in casa Black. L’uomo si rivolse poi verso l’altra sua figlia, e la chiamò: «Bellatrix?»
La mora, che fino a quel momento era stata in silenzio a guardare fuori dal finestrino – ma sempre con le orecchie rivolte a quello che stava accadendo –, si girò.
«Sì, padre?»
«Sei stata molto in silenzio, questa sera. Capisco che non vi abbiamo insegnato a parlare a sproposito, ma il tuo atteggiamento mi fa pensare che ci sia qualcosa che non va»
«Non c’è nulla che non va» rispose lei con tono pacato, fissando senza paura suo padre negli occhi «Semplicemente i discorsi de i Signori Parkinson non mi stimolavano, e così non ho detto nulla»
Cygnus fissò la figlia, notando per l’ennesima volta quanto lei gli assomigliasse; riusciva sempre a dire ciò che pensava, ma senza essere sgarbata. Inoltre, e il Signor Black lo sapeva bene, Bellatrix era una ragazza oltre che estremamente bella e ambita da molti, anche perspicace e orgogliosa.
«Tua madre e io abbiamo una notizia da darti, mia cara» continuò Cygnus, vedendo che sua figlia lo ascoltava «Il tuo matrimonio è stato combinato. Sposerai Rodolphus Lestrange, il 15 del mese prossimo»
Bellatrix sorrise mentalmente. Sin da quando Andromeda aveva udito la notizia di quel matrimonio e l’aveva messa al corrente della situazione, lei si era immaginata come suo padre gliel’avrebbe riferito; e proprio come Bella l’aveva immaginato, lui aveva fatto: senza girarci per nulla attorno, tutto d’un fiato e mantenendo la solita compostezza. La mora aveva imparato bene a conoscere suo padre, proprio come lui aveva fatto con lei.
La più grande delle sorelle Black finse abilmente un po’ di stupore, e disse: «Oh… Solamente tra venti giorni»
Nonostante Bellatrix fosse preparata a quella notizia, non si aspettava che il tutto sarebbe accaduto così in fretta!
«Ma sì, perché aspettare? In fondo, rimandare la data non gioverebbe a nessuno» replicò Cygnus pacatamente «Sei contenta?»
L’ultima domanda del Signor Black era una provocazione, e Bellatrix lo sapeva benissimo, visto che lei stessa ne lanciava spesso alle persone che la circondavano. Si stampò sulle labbra un sorriso che Cygnus sapeva benissimo essere falso e rispose: «Sono entusiasta, padre»
L’uomo la guardò, compiacendosi mentalmente della reazione della figlia, che lui reputava “di classe”, poi aggiunse: «E chissà che Rodolphus, intelligente com’è, non sappia… come avevi detto?... stimolarti».
«Chissà» replicò Bellatrix con lo stesso tono falso, fissando suo padre.
La ragazza spostò poi lo sguardo sulla sorella e le due si scambiarono un’occhiata. Almeno per una volta, Andromeda ci aveva visto – o meglio, sentito – giusto.





Note dell'autrice:

Spero che questo capitolo sia all'altezza degli altri >.<
Come sempre, continuo a ringraziare tutti e a rinnovarvi l'invito a farmi sapere cosa ne pensate: è importante per qualunque scrittore come per me ^^.
In particolare ringrazio chi ha recensito!
lolly puwerpuff girl: Ciao! Ma grazie, mi rendi davvero felice, specialmente perché sono riuscita, in generale con la mia storia ma in particolare con lo scorso capitolo, ad indurti a recensire. Spero davvero che anche questo capitolo di sia piaciuto! Un saluto, ciauu (:
elyl: Ciao, nuova lettrice! Grazie per le tue recensioni su tutti e quattro i capitoli (: Non vorrei anticipare troppo, ma ti dico che Sirius non è un personaggio importante in questa ff come possono esserlo le Sorelle Black, ma ogni tanto penso comparirà; e per quanto riguarda Lucius, credo che si farà vivo un po' più avanti, quindi continua a leggere (: Grazie per i complimenti, ciao!
tracywelsh: Ciao! Sono felice di trovarti ancora a recensire, davvero: per uno scrittore è bello avere qualcuno di fedele! (: Anche io adoro Bellatrix *muha* e avrà un ruolo di primo piano, come già puoi vedere. Grazie mille a te che continui a leggere e recensire, un saluto! (:
S_Riddle: Ciao e grazie mille anche a te per aver letto, recensito e messo tra i preferiti; sono molto felice che ti piaccia la mia storia! Anche a me piacciono moltissimo le storie sui Black in questo periodo, quando le tre figlie sono giovani donne. Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento e che continuerai a recensire. Ciao! (:

Ciao a tutti, al prossimo capitolo (:

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Capitolo 6
*** Time to confide ***


Capitolo VI
Time to confide



Se c’era una cosa che non si poteva assolutamente fare al momento, era perdere tempo. Questo Druella lo sapeva benissimo: aveva solo venti giorni per organizzare un matrimonio a dir poco faraonico. Il fidanzamento tra Rodolphus Lestrange e Bellatrix Black era stato annunciato pubblicamente e le partecipazioni di nozze già spedite. Con somma felicità di tutti coloro che circondavano Druella e avevano a che fare con lei, nell’organizzazione del matrimonio la donna sarebbe stata affiancata da Margot, ovvero Madame Lestrange. “Speriamo che dividere il lavoro serva per evitare a nostra madre un esaurimento nervoso”, aveva detto Andromeda alle sorelle, anche se tutte e tre sapevano benissimo che Druella non avrebbe condiviso quel compito con nessuno, oppure avrebbe fatto finta di farlo, per educazione, ma avrebbe poi ricontrollato tutto di persona, nei minimi dettagli.
Per questo motivo, in quello che era un soleggiato pomeriggio, le donne della famiglia Black erano riunite in uno dei tanti salottini del Maniero. Druella sedeva su un divano, sorseggiando con la solita aria austera una tazza di the, mentre Andromeda e Narcissa erano accomodate su un altro e parevano abbastanza annoiate; Bellatrix, invece, era in piedi su una sorta di piedistallo basso e rotondo, circondata da due sarte che cercavano di aggiustarle l’abito da sposa che aveva in dosso. Inoltre, seduta su un divanetto adiacente a quello della cognata, c’era persino Walburga, sorella di Cygnus; era una donna alquanto robusta e impettita, con un pesante trucco sul viso e un abito scuro. Per certi versi, poteva assomigliare a Druella come carattere: serio e austero, anche se talvolta quasi pettegolo.
«Non capisco perché non hai voluto indossare lo stesso abito che usammo io e tua nonna per in occasione del nostro matrimonio, Bellatrix, e invece ne hai voluto comperare un altro» cinguettò Druella, sorseggiando il suo the.
«Madre, a costo di sembrare maleducata, devo farvi notare che quell’abito è orribile» replicò immediatamente la mora che, al contrario di quanto aveva detto, non aveva modulato la sua voce per farla sembrare piacevole. No, di certo quel vecchio abito non lo avrebbe mai indossato! Bellatrix era snella, con un corpo sinuoso e quel vestito l’avrebbe fatta assomigliare a sua nonna.
«Tua madre ha ragione, mia cara, sarebbe stato appropriato rispettare la tradizione» s’intromise Walburga con la solita voce squillante.
Bellatrix stava per replicare alla zia, di sicuro con tono irritato per via della situazione, quando Narcissa disse: «Io trovo invece che questo abito ti stia molto bene, Bella».
Druella quasi fulminò con lo sguardo la bionda per essersi intromessa e soprattutto per averla contraddetta, ma Cissy non la vide. Bellatrix, in risposta, dimostrò il suo gradimento per la frase detta dalla sorella con un cenno del capo.
«Sì, non posso certo dire che ti stia male, però…» iniziò Druella, poggiando sul tavolino la sua tazza e avvicinandosi alla più grande delle sue figlie; afferrò il vestito dai bordi, in alto, ed energicamente lo spostò in modo che questi coprisse maggiormente il seno della ragazza.
«Madre!» si lamentò Bellatrix.
«I nostri ospiti vengono a vedere un matrimonio, non uno spettacolo sulle tue grazie» disse Druella, sfoggiando la sua solita mentalità all’antica. Poi si rivolse alle due sarte, che si erano scansate all’arrivo della Signora Black, ordinando loro di continuare nella sistemazione del vestito.
Mentre ancora Bellatrix guardava male la madre, maledicendola mentalmente per averla trascinata a quella stupida prova, e Andromeda rideva sotto i baffi per il gesto di Druella, Walburga commentò: «Esattamente, mia cara. Quelle» disse, senza pudore, riferendosi alle “grazie” di Bellatrix «saranno d’ora in poi proprietà di tuo marito!»
Guardando Bellatrix, Narcissa giurò di aver visto le labbra della ragazza ripetere la parola “proprietà” con fare indignato, senza però che nemmeno un filo di voce riuscisse ad uscire dalla sua bocca. Cissy sapeva bene cosa stava pensando il quel momento la sorella, mentre le due sarte continuavano a maneggiare l’abito che indossava.
«Ma sì, sarà così! Gli uomini sono molto possessivi… Ti ordinerà di fare questo e poi quello, di rimanere a casa mentre lui esce la sera, eccetera eccetera…» continuava Walburga, tranquilla come se stesse parlando del tempo meteorologico.
«Ordinerà?» articolò Bellatrix, sull’orlo di scoppiare. Quella parola non esisteva nel suo vocabolario! Semmai, era lei ad ordinare.
Prima che la mora potesse rispondere con tono a dir poco irritato a madre e zia, una delle sarte le punse erroneamente una coscia con un ago, nell’intento di sistemare il vestito.
«Ah! Incompetente!» si lamentò la Black, per poi ordinare alle due donne di sparire subito. Druella la rimproverò un poco per essere stata così scortese e si sostituì alle sarte; per sistemarle la parte inferiore del vestito, dovette tirarlo su finché praticamente le intere gambe della figlia non furono scoperte. La Signora Black, poi, non si perse d’animo e continuò la discussione che già la cognata aveva iniziato: «Quello che dice tua zia è vero, Bella, anche se essere sposati non è solo ed esclusivamente dover sottostare al proprio consorte; avrai un Maniero tutto tuo, in cui potrai fare ciò che ti aggrada. Ad ogni modo, vorrei che tu comprendessi i tuoi obblighi… coniugali»
Tutti i muscoli del corpo di Bellatrix si contrassero, mentre Andromeda e Narcissa diventarono rosse per l’imbarazzo. Esatto, Druella stava per fare il discorso.
«Madre, non starete per parlarmi di –» iniziò Bellatrix, cercando di mantenere il suo decoro, che invece madre e zia erano sempre abilissime a farle perdere con i loro discorsi. La mora dava sempre del voi alla madre, anche se quella era un’usanza che non esisteva più da decenni; eppure, Bellatrix lo faceva per dimostrare la sua distanza dalla donna.
«Voglio solamente dire che un uomo ha certi bisogni ed è preciso dovere di una buona moglie soddis–»
“Non dire quella parola…” pensò Narcissa, seriamente preoccupata per la reazione che avrebbe potuto avere Bellatrix.
«…farli» terminò Druella tranquilla, mentre alzava ancora un po’ di più il vestito della figlia e la scopriva maggiormente; dietro di lei, Walburga annuiva.
«Adesso basta» non riuscì a trattenersi la mora, che non sopportava di dover intraprendere quel discorso, anche se il motivo non era la vergogna: non voleva che qualcuno le ricordasse i doveri di una moglie, dato che lei ancora agognava la libertà «Vi assicuro che non è il caso di parlare di ciò.»
In quel momento, la porta del salone venne aperta, e rivelò la figura di un ragazzino.
«Regulus!» esclamò Walburga.
«Oh, mi dispiace…» si scusò lui, alludendo al fatto che ci fosse Bellatrix con le gambe completamente scoperte e lui l’avesse vista.
«Ti avevo detto di aspettare» si sentì un po’ in lontananza la voce di Sirius; poi anche lui raggiunse il fratello e vide la cugina «Ehm… scusa»
«Non importa» rispose Bellatrix con tono noncurante; non che le piacesse farsi vedere in quello stato, ma di sicuro non si scandalizzava come Druella e Walburga. La prima delle due, poi, lasciò cadere lo strascico in modo che la figlia fosse nuovamente coperta.
«Perché siete tornati qui, non eravate in giardino?» chiese immediatamente Walburga ai figli. Li aveva portati con sé, ma dato che quella era una “riunione” fra donne, loro dovevano rimanere fuori.
«E’ arrivata questa lettera per Andromeda» rispose Regulus, porgendola all’interessata.
«E come mai non l’ha consegnata un elfo?» domandò Druella ma, in risposta, suo nipote riuscì solo ad alzare le spalle, facendo capire che non lo sapeva.
«Incompetenti…» sussurrò poi la donna.
Andromeda, intanto, era concentrata sulla lettera; non c’era nessuno stemma di qualche famiglia sulla busta. La ragazza estrasse il foglio e lo aprì; subito, spostò lo sguardo nella parte inferiore del foglio, a destra, dove sempre si inseriva il nome del mittente, e lesse: “Ted Tonks”.
Senza neanche pensarci, ebbe l’istinto di richiudere in fretta il foglio. Il suo primo pensiero fu: “Ma cosa vuole?”.
«Di chi è, Dro?» domandò subito Narcissa, mentre Andromeda si accorgeva di avere tutti gli occhi puntati su sé stessa.
«Oh, di nessuno… Solo un’amica» inventò.
A causa del tono così evasivo di voce che Andromeda aveva utilizzato, ben pochi all’interno della stanza le credettero.



Qualche minuto dopo, la “riunione” terminò e ognuno fu libero di fare ciò che desiderava. Druella e Walburga continuarono a sorseggiare il loro the e a chiacchierare in salotto, mentre i ragazzi – ad eccezione di Bellatrix, che si era ritirata nelle sue stanze – uscirono nei giardini del Maniero per una passaggiata.
Narcissa era impaziente di mostrare a Regulus il cespuglio di fiori che lei stessa aveva piantato e curato: si trattava di un raro tipo di rosa color indaco che suo padre Cygnus le aveva portato da uno dei suoi viaggi di affari in Francia.
«Sono splendide, Cissy!» ammise Regh appena la ragazza gliele ebbe indicate «Devono proprio essere uniche nel loro genere… come te»
Narcissa ridacchiò appena al complimento del cugino; il fatto che un ragazzino come lui, di soli quattordici anni, le facesse un complimento la divertiva.
«Ti prego, non ridere» le disse poi Regulus, serio «Se fosse stato qualcun altro dei tuoi spasimanti a dirti una frase simile, invece di me, non avresti reagito così»
«Ma tu sei mio cugino, Regh, non uno dei miei “spasimanti”, come dici tu» spiegò Cissy con voce cristallina.
«E perché non posso esserlo?» insisté lui. Solo in quel momento, Narcissa capì che suo cugino non stava scherzando.
«Dovresti trovarti una ragazza della tua età, con cui tu abbia più cose in comune»
«Ma io sono innamorato di te, cugina mia!» ribatté prontamente Regulus, che come tutti i quattordicenni, non era incline a rassegnarsi e a perdere ciò che desiderava.
«Quello che provi per me non è amore, fidati… Sei solo affascinato perché sono più grande di te» continuò a spiegare Narcissa, ancora un po’ divertita dalla situazione.
«Comunque sia, se io fossi uno dei tuoi spasimanti» continuò il ragazzo, persistendo nel ripetere quella parola «non mi perderei mai l’occasione di stare un’altra volta con te, come molti invece hanno fatto»
«Temo invece che sia stata colpa mia, e non di quegli uomini: so essere molto esigente!» ridacchiò Cissy. Tra i due cadde un attimo di silenzio, poi il giovane Regulus parlò di nuovo, con voce leggermente innocente: «E sei stata troppo esigente anche con Yaxley? E’ per questo che non lo vuoi più incontrare?»
Narcissa smise di camminare e lo guardò.
«E tu come fai a saperlo, piccola peste?» domandò divertita.
«Bhe… ho i miei informatori!» rispose Regulus, ridendo a sua volta e osservando lo splendido sorriso che illuminava il viso di sua cugina: era proprio una ragazza bellissima.



Qualche centinaio di metri più in là, invece, Andromeda e Sirius passeggiavano vicino al laghetto del Maniero.
«Allora, quella lettera?» domandò immediatamente lui, che non era di certo uno che girava troppo intorno alle cose.
«Uhm… fatti miei» rispose Andromeda sulla difensiva. Nonostante suo cugino fosse l’unico all’interno di tutta la famiglia Black di cui potesse fidarsi, forse sarebbe stato meglio tenerlo all’oscuro di quella faccenda riguardante Tonks; anche perché, in fondo, non era successo proprio nulla.
«Ah, quindi non era di una tua amica! Ammetti di nascondere qualcosa!» la incastrò Sirius. Andromeda non rispose, sperava – anche se era sicura che non sarebbe stato così – che suo cugino lasciasse perdere.
«Dromeda» la chiamò lui con tono quasi severo «Ancora segreti… fra di noi?»
«D’accordo, d’accordo» si arrese lei «Ma voglio poter contare sul tuo silenzio»
«E’ praticamente da sempre che ci raccontiamo tutto, cugina mia. Se hai bisogno di ribadire il nostro patto sul non dire nulla a nessuno, dev’essere una cosa grossa» sospettò Sirius, guardandola negli occhi per captare ogni sua minima reazione.
«No, in realtà non è nulla… Si tratta solo di un paio di recenti incontri che ho avuto» iniziò a spiegare lei.
«Avanti, Dro! Mi racconti tutto o ti devo cavare le parole di bocca con mille domande?» la esortò Sirius, impaziente di scoprire cosa turbasse tanto la cugina.
«Ecco, questi incontri sono avvenuti tra me e Ted Tonks, il Nato Babbano che abita vicino a Black Manor. Ma in realtà non sono stati nulla…» ripeté nuovamente «C’è stato un primo incontro casuale e poi un secondo, in cui lui è appositamente venuto ai cancelli del Maniero per restituirmi dei gioielli che avevo smarrito»
Sirius aggrottò la fronte.
«E allora, perché tutto ciò ti turba tanto, se come dici tu sono stati incontri innocenti?» chiese fissandola.
«Bhe, immagino perché forse, infondo, tanto innocenti non sono stati… Lui mi ha confessato che a Hogwarts mi… in un certo senso, spiava. E anche perché è tremendamente gentile e i pochi minuti che ho passato con lui…»
Fu però Sirius a terminare la frase per lei: «…ti hanno fatto dimenticare di essere una Black?». Lui capiva benissimo cosa provasse la cugina; era la stessa sensazione che egli sentiva quando era in compagnia di James, Remus e Peter.
Andromeda annuì silenziosamente.
«E’ una cosa grave?» domandò lei intimorita. Non aveva mai provato una sensazione simile; sì, lei sapeva di essere diversa dal resto della sua famiglia eccetto Sirius, ma non si era mai spinta a fare qualcosa che avrebbe potuto dimostrare apertamente questa differenza, qualcosa come incontrare segretamente un Nato Babbano e corrispondere via lettera con lui. D’altronde, non aveva nemmeno mai sentito un’attrazione forte come quella che provava in quel momento, che l’avrebbe potuta spingere a compiere quei gesti.
«Grave?» ripeté Sirius «Mi chiedi se lo stare bene è una cosa grave? Certo che no! E se lui o qualunque altra cosa, sebbene vada contro ai principi della nostra famiglia, ti fa stare bene, il mio consiglio è: buttatici!»
Andromeda sfoggiò un ampio sorriso; Sirius aveva il potere di farla sentire così bene!



Lestrange Manor era un’imponente costruzione che si ergeva nei pressi di Londra. Si trattava del Maniero in assoluto più grande di tutta l’Inghilterra meridionale, ancora più antico e sfarzoso delle dimore di Black e Malfoy. La famiglia che l’abitava aveva origini nobilissime e assai illustri, che le permettevano di vantarsi con gran parte della comunità magica.
I giardini del Maniero, estremamente estesi, erano un luogo molto curato, pieno di zone tranquille in cui potersi rilassare; ma l’angolo più isolato di tutti era quello in cui tre giovani uomini si erano rifugiati, per potersi isolare dal mondo e duellare senza limitazioni.
«Andiamo, Lucius, mostrami cosa sai fare» esortò Rodolphus Lestrange, con la bacchetta ben salda nella propria mano destra e dritta davanti a sé. Questi era il primogenito dei padroni di casa, ma anche un ragazzo incredibilmente affascinante e arguto. Il secondogenito dei Lestrange, Rabastan, era steso su uno spesso ramo della quercia sotto cui si trovavano i tre e si godeva lo spettacolo in tranquillità; la somiglianza tra lui e suo fratello era davvero notevole, sebbene Rabastan avesse i capelli più chiari di quelli neri di Rodolphus.
«Molto volentieri, amico mio, sebbene io non voglia rischiare di sfigurarti proprio a pochi giorni dal tuo matrimonio» raccolse la sfida un ghignante Lucius Malfoy, mentre anch’egli sfoderava la propria bacchetta.
«Correrò anche questo rischio, come d’altronde faccio sempre» replicò risoluto Rodolphus, mentre invitava ancora una volta Lucius ad inaugurare il duello. Malfoy scagliò un primo incantesimo, il cui pericolo venne prontamente annullato dal maggiore dei Lestrange con un Protego. Rodh lanciò poi un altro incanto contro Lucius, che però riuscì a rispedirlo indietro e a cogliere il moro impreparato, tanto che il raggio luminoso dell’incantesimo gli sfiorò il viso.
«Attento, Rodh, un’altra mossa del genere e il giorno delle tue nozze sarai certamente molto meno affascinante della tua splendida futura consorte» disse Rabastan, che aveva seguito attentamente, seppure a distanza, il duello.
«Oh, Rab, anche se non riuscissi a ferire tuo fratello, per lui sarebbe comunque difficile raggiungere la bellezza che sfoggerà Bellatrix» ironizzò Lucius. Sebbene lui fosse generalmente un uomo molto più composto di come si stesse mostrando in quel momento, il duello risvegliava in lui un lato del suo carattere che raramente era visibile. E poi, Lucius doveva ammetterlo, anche l’idea di Bellatrix contribuiva: lei era una donna rara a dir poco, e lui amava e agognava tutto ciò che lo aveva queste caratteristiche.
«Avete finito di parlare, o ne avrete ancora per molto? Ho voglia di divertirmi!» esclamò Rodlphus, lanciando un nuovo incantesimo che per poco non colpì Lucius.
Il loro duello continuò ancora per svariati minuti, al termine del quale si decretò che entrambi erano alla stessa altezza.
«Come t’invidio, fratello… Sposare Bellatrix Black. E’ il sogno nel cassetto di molti» ammise Rabastan, mentre Rodh e Lucius si asciugavano il sudore dalla fronte.
“Sì, ma lei sarà solo mia” pensò Rodolphus appoggiandosi al tronco della quercia.
«E così rinuncerai a tutti i divertimenti e alle donne di cui siamo ora circondati?» domandò con tono pacato Malfoy, guardando l’amico.
«Alle donne, sì; ai divertimenti… mai!» ghignò Lestrange «E tu quando ti sposerai, Lucius?»
Malfoy alzò le spalle.
«Non ne ho idea, ma devo confessare che l’idea non mi alletta» rispose con il suo solito tono distaccato il biondo «Sapete che non mi piace dover rispondere a nessuno e che sono uno spirito libero»
«Anche Rodh lo è, eppure…» fece notare Rabastan.
«Bhe, forse io sarò più abile di tuo fratello a non farmi incastrare, Rab» replicò infine Lucius, anche se la verità era che, con una donna come Bellatrix, lui si sarebbe fatto incastrare alquanto volentieri.





Note dell'autrice:

Ecco il nuovo capitolo... è piaciuto? Fatemi sapere, per favore (:
Grazie grazie grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e anche ai 7 che hanno messo tra i preferiti, ai 3 che hanno messo tra quelle da ricordare e ai 19 che hanno messo tra quelle da seguire.
Ed ecco le risposte alle recensioni:

Surfacing: Ciao! Grazie per aver recensito, davvero. Mi fa molto piacere che tu abbia trovato azzeccati i caratteri dei personaggi – mi impegno molto sotto questo aspetto – e, per quanto riguarda Draco, ti posso dare questa spiegazione: ho pensato molto a come farlo comportare e io, soprattutto alla luce del fatto che ora è un adulto e sta comunque parlando con suo figlio (non con il primo che passa per strada) e che, come abbiamo visto dopo la battaglia finale di HP7 e la caduta di Voldemort, è cambiato molto, me lo sono immaginato così ^^. Spero continuerai a recensire, ti saluto (:
altair_l: Ciao, nuova lettrice! *__* Sono felice che ti sia piaciuta la mia ff fino ad ora e spero che questo capitolo abbia confermato ciò che hai espresso nella tua precedente recensione. Un saluto! (:
tracywelsh: Holaaa! Piaciuto tutto? *me gongola* Ti abbraccio ^^
NarcissaM: Ciao! Ti ho lasciato poco fa, scrivendo una recensione a "Estate 1971", e mi ritrovo qui a rispondere ad una tua recensione (: Sono davvero lieta che ti sia piaciuta la mia ff, tengo in modo particolare al tuo parere, devo dire. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo (in cui è comparso un po' di Lucius, come avevi sperato), in particolare Narcissa, visto che tu sei un' "esperta". Ci sentiamo presto, un bacio ^^
lolly puwerpuff girl: E ciao anche a te! uu sono felice che ti sia piaciuto tutto ;D Spero continuerai a recensire, ti saluto!


Ciao a tutti, al prossimo capitolo (:

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Capitolo 7
*** Letters for us ***


Capitolo VII
Letters for us



Andromeda,
so che forse non dovrei scriverti, ma non posso andare avanti così, senza nemmeno una spiegazione. Ci sono stati due incontri fra noi, durante la quale, non te lo nascondo, ho provato una piacevole sensazione, ma… tu poi sei fuggita, di colpo, senza dire nulla.
Mi scuso se ho detto qualcosa di male, ma l’unica cosa che vorrei è poter passare qualche minuto insieme. Poterti incontrare mi renderebbe felice.
Spero di avere presto una tua risposta

Ted Tonks




Andromeda buttò indietro la testa, appoggiandola allo schienale del divano su cui sedeva, e sospirò. Quella storia la stava esasperando, ma più che altro la faceva sentire spiazzata come poche volte era stata nella sua vita. In verità, trovava la lettera di Tonks anche alquanto ridicola: egli chiedeva spiegazioni, come può fare un padre, un fratello, un amico, ma loro due non erano nulla di tutto ciò. E poi, davvero Ted non capiva il motivo per cui Andromeda aveva troncato i loro incontri? Per quanto riguardava la ragazza, la cosa era davvero elementare! Lui era un Nato Babbano, lei una Black; era già stato pericoloso incontrarsi, e sarebbe stato un guaio per Dromeda se qualcuno li avesse scoperti; per non parlare poi di quella lettera!, inviata direttamente al Maniero, sotto gli occhi di tutta la famiglia Black. Come poteva Tonks essere così idiota?
Andromeda era fortemente combattuta. Certo, come aveva spiegato a suo cugino Sirius, c’era la questione della diversità di rango e famiglia, che era di sicuro un grande ostacolo, ma poi – e questo era quello che veramente preoccupava la Black – c’era anche il fatto che forse lei proprio male non era stata, durante gli incontri con Tonks.
“Dannazione!” pensò Andromeda, adirata nei confronti di quel sentimento che aveva provato “Dannazione!” continuò a ripetersi, stringendo forte i pugni fino a farsi diventare le nocche di un colore biancastro.
Un altro sospiro, e si decise a chiamare l’elfa domestica.
«Portami una piuma, dell’inchiostro e una pergamena» ordinò immediatamente all’elfa Winkle che, appena udite le parole della sua padrona, sparì dal salone in cui erano, alla ricerca del necessario. Quando l’elfa tornò, pochi minuti dopo, le venne ordinato di appoggiare il tutto sul tavolino dinnanzi ad Andromeda e di andare via.
La ragazza si mise a sedere composta sul divano, intinse la piuma nell’inchiostro ed iniziò a rispondere alla lettera di Tonks. Gli diceva di non poter credere a quanto lui aveva scritto sul fatto di non sapere il perché lei era fuggita, durante i loro incontri; gli intimava inoltre di non scriverle più e nemmeno di tentare di incontrarla, in quanto sarebbe stato pericoloso e lei non lo avrebbe gradito.
Non era proprio tutta la verità quella che Andromeda stava scrivendo, ma era quanto andava fatto. La Black richiamò poi Winkle e le porse la lettera, firmata e piegata.
«Dalla al mio gufo, la consegnerà a Ted Tonks» le ordinò sottovoce. L’elfa si inchinò e fece per voltarsi, quando Andromeda la chiamò nuovamente.
«Mi raccomando… Con la discrezione dell’altra sera» disse la Black, alludendo a quando lei era uscita per incontrare Tonks e aveva ordinato a Winkle di non dire nulla a nessuno.
Andromeda tornò poi a sedersi comodamente sul divano, sprofondando leggermente tra i cuscini morbidissimi, con ancora in testa quanto aveva scritto.



Anche Narcissa, proprio come sua sorella Andromeda, non aveva di certo la mente sgombra di pensieri. Aveva appena ricevuto un’altra lettera da parte di Isaac Yaxley, che le domandava perché lei non lo volesse più vedere. Cissy, dopo essere stata fortemente tentata di non rispondergli, gli aveva scritto una lettera più chiara ed esplicita di quella che precedentemente gli aveva inviato: sempre mantenendo un tono cordiale, gli spiegava semplicemente di non essere interessata a lui... no di certo! A lei piacevano gli uomini – ma questo non lo scrisse nella lettera, in quanto sarebbe stato scortese – sicuri di sé, che sapevano come trattare una donna, come parlarle; e, perché no, anche più belli di Yaxley!
Dopo essersi assicurata che la lettera sarebbe stata inviata, Narcissa scese al piano inferiore e, passando davanti ad uno degli svariati salottini del Maniero, scorse sua sorella Andromeda, accomodata sul divano.
«Ciao, Dro» la salutò, avvicinandosi a lei e vedendola riaprire di occhi e alzare lievemente la testa dai cuscini «Stanca?»
«Cissy... No, in verità stavo solo pensando»
«E’ qualcosa che può interessare anche me?» domandò Narcissa, sedendosi su un altro divanetto vicino a quello della sorella. Infine accavallò le gambe e si scostò una ciocca di quei capelli biondissimi da davanti agli occhi.
«In realtà, si tratta solo del matrimonio di Bella» mentì Andromeda con disinvoltura; dopo tutti quegli anni in una famiglia come la sua, aveva imparato bene.
«Cielo, hai visto com’era irritata stamane?» le andò dietro Cissy «Probabilmente a causa di nostra madre: le parla sempre dei preparativi del matrimonio, benché Bella non lo sopporti»
«Sì, hai ragione» convenne Andromeda, ma poi si bloccò per ascoltare dei rumori che provenivano, probabilmente, dall’ingresso del Maniero.
«Signorina Black, bentornata. Le sue sorelle sono del Salottino Est» si udì un elfo domestico. Poi, solo un rumore di tacchi a spillo sul pavimento nero, sempre più vicino, finché non comparve la figura di Bellatrix sulla soglia del salotto, visibilmente esasperata.
«Dove sei stata? Devo andarci anch’io, perché hai una cera fantastica!» ironizzò Andromeda, rivolta alla mora, che intanto si stava abbandonando sul divano.
«Sì, te lo consiglio assolutamente! Due ore e mezza con nostra madre, a discutere se le tovaglie per il ricevimento dovessero essere blu cobalto o blu di Prussia… e sapessi che espressione ha fatto la commessa quando le ho detto le francamente non vedevo né la differenza tra i due colori, né cosa potesse comportare sceglierne uno o l’altro!» si lamentò Bellatrix, portandosi una mano sulla fronte.
«Il genere di cose che piacciono a me» ridacchiò Narcissa.
«Molto bene, allora la prossima volta accompagnerai tu nostra madre, dal momento che le ho detto che non mi sarei occupata un momento di più dei preparativi del matrimonio. Non è una punizione sufficiente per me, il dovermi sposare?» continuò Bellatrix.
Quando un elfo domestico entrò nel salotto con un vassoio di the e lo poggiò sul tavolino, inchinandosi prima di andarsene, Andromeda si rivolse automaticamente alla sorella, già immaginando chi avesse impartito quell’ordine: «Oh, Cissy, tu e la tua mania di bere the…»
«Non puoi immaginare quanto sia utile, invece. Aiuta a rilassarsi, e voi due ne avete un estremo bisogno, questo pomeriggio» replicò risoluta la bionda, mentre riempiva le tre tazzine di quel liquido caldo e profumato.
«E tu, invece, come mai sei così calma?» domandò Bellatrix a Narcissa, guardandola.
«In realtà, non saprei. Forse perché ho appena scaricato – nuovamente e, spero, per l’ultima volta – Yaxley»
«Ha avuto l’ardire di insistere ancora?» chiese di nuovo la mora, mentre Cissy annuiva e le porgeva una tazzina.
«Secondo me, invece, hai proprio sbagliato. Quel ragazzo ti venera, e ti ha scritto una lettera davvero galante… Come d’altronde hanno fatto tantissimi altri» disse Dromeda, bevendo un sorso.
«Ma era completamente senza acume né fascino! Durante il nostro incontro balbettava, non è riuscito a dire una sola cosa che potesse cogliere il mio interesse… E per quanto riguarda gli “altri”, non è colpa mia! Oh, dove sono i veri uomini?» replicò Narcissa sospirando, con una nota di rammarico nella voce.
«Non esistono veri uomini. Alla fine, si dimostrano tutti deludenti, sotto più di un aspetto» commentò Bellatrix, facendo oscillare leggermente il the all’interno della propria tazza.
«Cos’è, una ferita aperta, Bella?» domandò Dromeda fissandola.
«No, affatto. Solo esperienza.»
Il silenziò calò per qualche secondo nella stanza. Non era di sicuro una giornata lieta per nessuna delle sorelle Black; ognuna di loro aveva i propri pensieri, i propri problemi. Nulla era più come qualche anno prima; perché la vita, alla fine, semina un po’ di preoccupazione, grattacapi e amarezza sul cammino di chiunque.
Ad interrompere quel momento, fu un elfo domestico, lo stesso che poco prima aveva servito il the alle ragazze. Questi entrò, fece un profondo inchino, e si rivolse a Bellatrix.
«Signorina Black, suo padre desidera incontrarla in privato nel suo studio, al piano superiore.»
Narcissa e Andromeda si guardarono, sorprese. Poche volte nella vita delle tre sorelle Black loro padre aveva convocato una di loro per un incontro privato; prima di tutto, perché Cygnus era un uomo estremamente impegnato con il suo lavoro, e poi perché raramente egli aveva qualcosa di così importante da comunicare che dovesse essere detto in un incontro privato. L’altra cosa strana, era che quell’incontro dovesse avvenire proprio nello studio del Signor Black. L’uomo, infatti, era estremamente geloso di quel luogo; era una stanza completamente sua, in cui stava a spesso ore a pensare, e nella quale persino sua moglie Druella era entrata poche volte.
Mentre Bellatrix si alzava, accingendosi a lasciare il salotto per dirigersi al luogo dell’incontro, ricordò un episodio della sua infanzia: lei aveva sette anni, giocava con delle Gobbiglie stregate, che erano accidentalmente finite nello studio di suo padre; per recuperarle, lei era entrata in quella stanza che mai aveva visto prima. Quando suo padre l’aveva trovata lì, Bellatrix era stata allontanata con la solita compostezza da parte dell’uomo, e poi sgridata da sua madre. Dopo quel giorno, poche altre volte la mora era entrata nello studio, per il semplice fatto che suo padre, uomo riservato, voleva una stanza che fosse interamente sua.
Bellatrix impiegò qualche minuto per raggiungere lo studio, dato che esso si trovava esattamente nell’ala del Maniero opposta a quella in cui era prima la ragazza. Quando fu davanti alla porta di duro mogano, allungò una mano e bussò due volte.
«Avanti» fece la voce profonda di Cygnus Black dopo pochi secondi. Bellatrix si scostò un ricciolo dal viso ed entrò.
La stanza era alquanto buia, con solo la luce del fuoco che ardeva nel camino e poco altro ad alluminarla; si capiva abbastanza bene che quello non era un luogo in cui Druella andava spesso, in quanto non era fittamente e costosamente arredato. Attorno al camino, v’erano due poltrone, una opposta all’altra, e un divano che separava le due. E Cygnus era lì, in piedi.
«Bellatrix» esordì l’uomo, guardando sua figlia, ancora vicina all’ingresso.
«Mi ha fatta chiamare, padre?» domandò lei, anche se ovviamente era una domanda di cui lei già conosceva la risposta. Tutte e tre le sorelle Black erano solite dare del lei a loro padre, probabilmente perché, fin da quando erano piccole, era stato insegnato loro a fare ciò con tutte le persone che non conoscevano bene e che rispettavano, e il loro rapporto con loro padre era tutto sommato così.
«Siediti» ordinò solennemente il Signor Black, sempre rimanendo in piedi mentre sua figlia si accomodava su una delle poltrone. Bellatrix mantenne la sua compostezza, dote che suo padre le ammirava, sebbene fosse molto curiosa di sapere cosa lui avesse da dirle.
«Sei qui perché ho intenzione di parlarti del tuo matrimonio con Lestrange» iniziò – diretto come sempre – Cygnus, guardando la figlia, la quale aggrottò lievemente la fronte e domandò: «C’è dell’altro da dire?»
«Essendo tu una ragazza sveglia, mia cara, comprenderai certamente che un matrimonio cambia molte cose, sia all’interno dei Casati che si uniscono, sia riguardo la condizione dei due sposi»
«Sì… lo comprendo» disse Bellatrix, con voce leggermente esitante, dato che credeva di iniziare a capire ciò che suo padre volesse dirle.
«Ebbene, ora sei alquanto libera dalle responsabilità, eccetto quella di mantenere alto l’onore del tuo Casato; ma quando sarai sposata, saranno svariate cose che dovrai fare» continuava Cygnus, imperterrito «Prima fra tutte, quella di essere una moglie disponibile e accondiscendente nei confronti di tuo marito»
Sì, Bellatrix aveva visto giusto anche in quell’occasione; ciò di cui suo padre voleva parlarle era in un certo senso affine al discorso che aveva provato ad iniziare sua madre, durante la prova dell’abito. E quello era un argomento che la Black conosceva bene, dato che aveva visto molti matrimoni tra due famiglie Purosangue e sapeva come andavano le cose.
«Padre, non è il caso che –»
«Non amo essere interrotto» scandì bene immediatamente Cygnus, con il tono di voce più alto ma sempre composto, poi continuò: «Non c’è bisogno che ti dica cosa ci si aspetta dal tuo matrimonio, nevvero, Bellatrix?»
«No, padre» replicò secca la ragazza, sempre con il mento alto.
«Un erede sarà di fondamentale importanza sia per la nostra famiglia che per i Lestrange, ed è per questo che, oltre ad essere, come ho detto prima, obbediente e gentile verso tuo marito, non esiterai nella consumazione del matrimonio»
Fu una delle prime volte in tutta la sua vita, in cui Bellatrix non riuscì a guardare negli occhi qualcuno; le parole di Cygnus Black erano state una pugnalata nello stomaco per chi, come la mora, ancora agognava la libertà. Da quel momento, Bellatrix capì che quella volta non avrebbe potuto fare come voleva lei, limitando allo stretto necessario i contatti con il suo futuro marito e cercando di vivere la sua solita vita: suo padre le sarebbe stato con il fiato sul collo, sempre. La Black continuava a fissare il fuoco ardere, scoppiettare nel camino. Lei, che era sempre stata fedele al suo Casato e al suo Sangue, trovava in quell’occasione quasi impossibile compiere il suo dovere.
«C’è qualcosa che vuoi chiedermi, Bellatrix?» domandò infine Cygnus, fissandola attentamente. La ragazza riuscì finalmente ad alzare lo sguardo.
«Nulla, padre»
«Allora puoi andare» sentenziò l’uomo, dando le spalle alla figlia per dirigersi verso la finestra. Fuori, diluviava.
Bellatrix si alzò lentamente e, senza aggiungere altro, uscì da quello studio che aveva potuto finalmente rivedere, ma in cui, in quel momento, avrebbe voluto non esserci mai stata. Appena si fu richiusa la porta alle spalle ed ebbe fatto qualche passo, si trovò di fronte un elfo domestico.
«Cosa vuoi?» domandò gelida all’essere.
«Una lettera per lei, Signorina Black» recitò l’elfo, allungando verso la ragazza un vassoio di argento su cui era riposta una pergamena piegata e sigillata con la cera. Bellatrix aprì rapidamente la lettera e ne lesse il breve contenuto.


Amica mia,
ho un’importante faccenda di cui parlarti.
Per favore, raggiungimi al mio Maniero venerdì pomeriggio alle ore 17.
Sperando che tu stia bene, ti saluto e ti aspetto

Alecto Carrow







Note dell'autrice:

Buon pomeriggio, lettori. Eccovi un nuovo capitolo, assieme alla mia speranza che vi piaccia come quelli precedenti - se non di più! (: - e con la mia solita richiesta, estesa proprio a tutti - sìsì, anche a te! - di farmi sapere cosa ne pensate. Sapete che per me è importante.
Ed ecco le risposte ai miei buonissimi recensori dello scorso capitolo:

Misty_92: Ciao ciao a te (: Innanzitutto, grazie mille per aver recensito e sopratutto per i complimenti che mi hai fatto. In realtà, non deliri affatto! Lo sai che anche io ho sempre pensato alla famiglia Black al tempo delle tre sorelle(e a quelle che la "circondano", come dico io, ovvero Malfoy e Lestrange) come vissute nell'Ottocento? Infatti, in un altra mia fan fic ho fatto utilizzare loro il voi (LO ADOOORO <3); però in questa fan fic ho voluto fare una cosa più reale, e visto che siamo nel negli anni '70, il voi non sarebbe stato appropriato. Devo dire che mi è mancato un bel po' scrivendo il colloquio tra Bellatrix e Cygnus, ma spero di essere riuscita a conferire a Cygnus un'aria autorevole ugualmente (lui lo vedo esattamente come un uomo dell'Ottocento). Ok, stavolta sono io che la chiudo qui xD. Grazie ancora e spero davvero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che continuerai a recensire, ciao!
lolly puwerpuff girl: Hola! ihih, è bello leggere le tue recensioni xD. Potrei commentare frase per frase, ma non voglio anticipare nulla della trama. Ti è piaciuto questo capitolo? Grazie per aver letto e recensito, ti abbraccio ^^
NarcissaM: Ciao, cara! Bhe, grazie come sempre per la recensione... Trovo bello il nostro "Io-recensisco-te/Tu-recensisci-me" ^^. Sìsì, anche io immagino un forte legame tra Sirius/Andromeda e Narcissa/Regulus (anche se più tra i primi, devo ammetterlo, forse perché Regh è più giovane). Posso anticiparti che Narcissa sarà quella che più tardi di tutte raggiungerà un "qualcosa" (non farmi dire altro!) e che, in generale, la sua storia tarderà a sbocciare; ad ogni modo, questa ff cerca di trattare la vita di tutte e tre le Black, quindi anche lei avrà la sua parte, sebbene ora non sia eccessivamente presente. Fammi sapere ancora cosa ne pensi, se ti va, sono proprio curiosa. A presto, un bacio!
tracywelsh: Ciao, ciao! Devo ammettere che è confortante sapere che recensisci sempre e, soprattutto, che riesco a farti piacere ogni capitolo. Cosa ne pensi di quest'ultimo? Ti abbraccio (:
blackitten88: Ciaoo! Ti ringrazio molto per aver recensito; spero davvero che questa ff continuerà a piacere anche a te e che continuerai a recensirmi, magari facendomi sapere un po' più approfonditamente cosa ne pensi. Ti saluto! ^^


Ciao a tutti, al prossimo capitolo (:

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