Strange things

di ellychan91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una giornata come tante ***
Capitolo 2: *** Domenica mattina ***
Capitolo 3: *** La notte e il risveglio ***
Capitolo 4: *** Il Parco ***
Capitolo 5: *** Il ritorno alla normalità...o quasi... ***
Capitolo 6: *** Finalmente pace ***
Capitolo 7: *** mmh okkei stop! ***
Capitolo 8: *** Scompiglio ***
Capitolo 9: *** Grazie mille... ***
Capitolo 10: *** Sogni ad occhi aperti ***
Capitolo 11: *** L'incontro ***
Capitolo 12: *** La corsa, il tuffo e i tuoi occhi.. ***
Capitolo 13: *** Ci siamo quasi ***
Capitolo 14: *** La Sorgente ***



Capitolo 1
*** Una giornata come tante ***


STRANGE THINGS

“Posso svegliarti?” chiese la mamma sorridendo raggiante e con la consapevolezza di averlo già fatto, “che ore sono, è tardi?” domandò con aria un po’ assonnata Élle, mentre nella sua mente aveva dei flash della sera precedente che la confondevano un po’ essendo ancora per metà addormentata; “mmh, forse, manca poco alle 10..”. Sentita la risposta, si rotolò un po’ pigramente nel letto stiracchiandosi e mettendo in ordine i suoi pensieri ballerini; dopo essersi ripresa del tutto e dopo aver anche mangiato velocemente uno yogurt e una mela accompagnati da un biscotto della mamma, ritornò a pensare allo svolgimento della serata : pensò di essere stata bene ma non alla fine quando fece un po’ la figura della sciocca, “chiederò scusa” disse fra sé e sé , e iniziò a ipotizzare quando avrebbe potuto”riscattarsi” .
Fuori faceva un po’ caldo e sentendo vicina l’estate sorrise: non era un’amante dell’umidità, dell’afa o dell’estrema calura estiva, le davano fastidio alla testa e la facevano svenire il più delle volte, ma era contenta perché sapeva che presto avrebbe messo via tutti i libri su cui per nove mesi aveva dovuto studiare di giorno e di notte.
Guardando fuori sul terrazzo, osservava le piantine grasse che sua madre ogni mattina annaffiava e controllava per notare magari un piccolo bocciolo, l’unico che avrebbero fatto durante l’anno e anche in parte per questo, bellissimo; scorse un fiore in boccio di un colore veramente strano: sembrava cangiante, verso l’interno era di un rosa tenue tendente al lilla e pian piano che si risaliva il petalo diventava tutto più intenso fino a essere un lilla tenue che non contrastava affatto con le sue antere gialline chiare,né coi sepali di un verde molto simile al resto della piantina, solo un pochino più chiaro.
Il cielo quella mattina non era molto limpido ma Élle non ci fece caso, era troppo impegnata a sognare a occhi aperti per la serata che lo attendeva e per quella dopo soprattutto in cui si era ripromessa che non avrebbe fatto cavolate e avrebbe semplicemente chiesto scusa.
Mentre seguiva i suoi vaneggiamenti come Alice nel paese delle meraviglie, scese coi piedi a terra e si ricordò della routine mattutina della domenica mattina “uff, saranno già le 11 è meglio che io vada a mettere in ordine la camera…”, e passando per la sala e il corridoio guardava le pareti dei vani pensando a quanti natali pasque e compleanni aveva passato in quelle stanze , da quando aveva 2 anni fino a quel momento che ne aveva 16; guardò anche sua mamma che in tutto questo tempo non le sembrò affatto cambiata: capelli sempre biondi un pochino ribelli come i suoi, gli occhi grandi per le lenti degli occhiali e verdi che le ricordavano quelli dei gatti, ora sfuggenti ora fermi su un punto, le mani sempre poco curate e il viso con un’espressione indefinita: non era né arrabbiata né allegra sembrava invece distaccata anche quando in realtà non la era affatto. Pensò di avere alcune cose in comune con la sua mamma, alcune ma poche, si sentiva diversa da lei e anche da suo padre :ecco a volte atipica tra loro due perché vedeva le cose in modo diverso e non riusciva a far loro capire che non sempre “diverso” corrisponde a “sbagliato” .
Arrivata in camera, prese le lenzuola pulite e fece anche il letto alla sua sorellina, con cui recentemente aveva un buon rapporto nonostante tutta l’infanzia era stato il contrario, e iniziò a studiare sognando le spiagge estive, il sole, il mare e le uscite serali che in estate coi suoi amici aveva sempre fatto.
Il campanello della porta suonò e mentre sua mamma andava ad aprire Elle canticchiava una tra le sue canzoni preferite “Harder to breath” e pensava a cosa avrebbe potuto fare quel pomeriggio con le sue amiche, intuendo anche  tre ore dopo non avrebbe saputo ancora cosa avrebbe potuto fare quel pomeriggio. Guardandosi intorno scorse i libri ed ebbe uno sguardo di odio verso quei mattoni che ormai non voleva più aprire “ma insomma,”pensò “è giugno, sono stanca!” e si sedette a ripassare, lasciando libera di tanto in tanto la mente a fantasticare su storie lette amori impossibili, situazioni comiche successe, ogni tipo di cosa accaduta realmente o solo letta o immaginata.
Alla terza volta che si era distratta chiuse il libro, avendo ormai capito che non sarebbe riuscita ad andare avanti così, con la testa tra le nuvole e i pensieri vaganti; si focalizzò sul suo fisico per un secondo trovandosi mille difetti come al solito innervosendosi con se stessa e ria prendo il libro in modo isterico come per dimostrarsi che era capace di ciò che non voleva fare.
Dopo aver studiato due ore, si calmò e andò in cucina, dove sua mamma per dieci minuti la stava chiamando per il pranzo. La sorella Michelle era di ottimo umore, pimpante allegra e golosa della pietanza del giorno, la madre aveva uno sguardo affettuoso ed era contenta di riunirsi con le due figlie a tavola. Nel pomeriggio Elle uscì con delle sue amiche e andarono alla spiaggia ancora deserta, per il tempo che sembrava non solo che non avesse alcuna intenzione di seguire il corso della stagione, ma anche che stesse provando a prolungare quella precedente, diventando prima soleggiato, poi nuvoloso, ventilato e repentinamente umido. Le ragazze passeggiarono sul lungomare, chiacchierarono e si confidarono tra loro le ultime notizie “domani sera verrete Venus bay?”, chiese Claire “Non saprei” rispose Éloïse “ con questo tempo credo che sentirò freddo” “E tu Elle?” ,Elle si limitò ad annuire con aria assente fantasticando sulla sera successiva; entrambe le due amiche riconobbero quell’espressione e iniziarono a farle domande su domande, come se fosse stato un interrogatorio, solo che non ebbero delle risposte perché neppure la loro amica aveva un motivo preciso per essere così estraniata da tutto, si sentiva solo un po’ stanca forse e le piaceva lasciar vagare la mente e seguirne i percorsi. “Accidenti!” sbottò Claire “è tardi!sono le 19 passate, dobbiamo correre alla fermata, o non arriveremo mai in tempo a casa!”Correndo, le tre ragazze raggiunsero un autobus che passava di lì e riuscirono a tornare in tempo; non si sarebbero divise per molto poiché quella stessa sera si sarebbero rincontrate con altri loro amici per stare un po’ insieme, ridere scherzare e inaugurare le loro uscite serali pre- estive.
Rimasta sola con Éloïse, Elle stava dirigendosi verso casa, quando vide un ragazzo che conosceva a mala pena e che la salutò distrattamente: lei le rispose e poi si voltò verso la sua amica che incuriosita le aveva domandato chi fosse “L’ho conosciuto tramite Claire” rispose “ conosciuto però è una parola grossa, diciamo che lo conosco di vista e ci salutiamo” si corresse; “ dal modo in cui l’hai fatto sembra quasi che ti dispiaccia che sia così” la punzecchiò Éloïse “Ah ah, non preoccuparti” le rispose Elle sorridendo.
Entrata in casa le venne incontro Michelle con un grosso sorriso e pronta a saltarle addosso per abbracciarla “Michelle, cuccia!” le urlò Elle ironicamente “E’ tua sorella, non un cane!!” gridò la mamma, e Michelle continuò a ridere anche per il solletico che la sorella le stava facendo.
Dopo cena si iniziò a preparare per l’uscita e sbucò fuori la sua sorellina, che saltando come un grillo la investì di domande “ Dove vai?Con chi vai?Chi c’è stasera?Posso venire anch’ ioooo?...” e senza attendere risposta , continuò “Maammaaa Elle esce ha detto che mi porta con sé!” E mentre Elle provò a ribellarsi Michelle continuò “Chi tace acconsente” e ammiccò, allora sorridendo per l’esagerato occhiolino Elle continuò a vestirsi e disse di fare altrettanto alla sorella.  
Passata una mezz’ora, suonò il citofono: era arrivata Éloïse che secondo gli accordi sarebbe andata insieme alle due sorelle verso casa di Claire dove era stato dichiarato il ritrovo per tutti “dai, dai ritardatarie, dobbiamo muoverci” le incitò, e in cinque minuti salutarono la mamma e uscirono dirigendosi verso Europe Square. Ovviamente non furono le ultime, poiché c’era anche chi era stato più lento di loro nell’arrivare : si trattava di Ale e la “piccola” Cri, “piccola” per la sua forma esile e aggraziata  come quella di una ballerina di porcellana e il viso con le gote sempre colorite e gli occhi azzurri accesi; Claire scese nella piazza seguita anche da suo fratello che sarebbe uscito con i suoi amici e col ragazzo di prima con cui stava chiacchierando. Éloïse lo notò e richiamò l’attenzione di Elle che da sola lo aveva già visto senza dire nulla. Tutti insieme iniziarono a dirigersi verso il centro della città: passarono per una delle vie centrali vicine ai giardini e entrarono poi nella zona pedonale costituita da palazzi antichi, negozi, gelaterie, bar, pub pizzerie e illuminate qua e là da qualche lampione o qualche luce delle vetrine. Si sentiva della musica per la strada, ma non ci fecero caso; era come avere una colonna sonora per la loro passeggiata anche se la maggior parte delle volte cantando insieme riusciva a farsela da soli.
Entrarono in un locale, si sedettero e chiesero degli analcolici alcuni e altri dei drink; la serata passò velocemente e piacevolmente, scherzarono, risero e dopo un’oretta che erano rimasti lì, pagarono e riuscirono per fare il percorso al contrario e ritrovarsi sotto casa di Claire dove si sedettero a chiacchierare fino alle 00.30 orario in cui i genitori di Éloïse si presentarono con l’auto per riportare la figlia e le sorelle a casa.
Arrivata nella sua camera, mentre si stava cambiando Elle pensò di essere veramente felice e di aver passato una bella serata coi suoi amici: li conosceva da un sacco ormai, e di loro si fidava ciecamente; Éloïse era sua amica da sempre, dalla prima elementare e ormai erano come tre sorelle, lei Elle e Michelle; Claire era amica da più tempo con Éloïse, ma essendo nello stesso liceo di Elle instaurò facilmente un buon legame anche con lei; Ale fu conosciuto da tutti nello stesso periodo circa e questo grazie al ragazzo di Claire, Leo che era nella sua stessa classe. Un’altra importante componente di questo affiatato gruppetto fu Jenna, una ragazza simpatica precisa e un po’ eccentrica ma molto benvoluta da tutti per il suo carattere e proprio perché l’unità di questo gruppo era la sincera amicizia che legava l’uno agli altri accettandosi per come si è.
 Quasi pronta per addormentarsi, notò che le tapparelle non erano completamente serrate e il chiarore della lune leggermente e indisturbato riusciva ad entrare tra le fessure e si proiettava sulla parete della stanza e in parte sul suo letto e la cosa non le dispiacque, perché le era sempre piaciuto quell’argenteo bagliore che rendeva l’oscurità della notte meno cupa e più magica; si distese quindi al contrario prendendo il cuscino e portandolo dalla parte opposta del materasso per poter avere un po’ di quella tenue luminosità sul viso, poi prese le cuffie del suo lettore e iniziò ad ascoltare un po’ di musica, col volume molto basso per renderla soffusa, come se fosse una ninna-nanna o una colonna sonora per quel momento. Rimase così per un’ora; erano quasi le 2  e gli occhi di Elle erano dischiusi finché non sentì un leggero trambusto, come se qualcosa fosse stato spostato o urtato nella sala…Il cuore sembrò quasi bloccarsi per un istante e subito le iniziò a battere a mille, le orecchie si tesero e si sentì come un felino pronto a recepire ogni singolo minimo rumore che non facesse parte di quelli notturni, immobile come se fosse stata una statua di ghiaccio, fredda e congelata come se non stesse respirando. Quei suoni sinistri si facevano sempre più vicini, li sentiva ora nel corridoio, ora sulla scala che conduceva alla zona notte della casa; erano sempre più prossimi alla sua stanza “trac” “trac” “trac” ormai nel silenzio si potevano sentire i suoi battiti, scanditi uno dopo l’altro freneticamente, lei non riusciva a muoversi o a emettere alcun suono; avrebbe voluto accendere la luce accanto al suo letto ma era come se il braccio, la mano, le dita non volessero darle ascolto, come se fossero state di granito appartenenti a un corpo estraneo e non al suo. Tutt’a un tratto svanì quello strano debole e continuo fragore che l’aveva allarmata per quel quarto d’ora: non sentiva più nulla e ciò la spaventava ancor di più; non riusciva a capire cosa potesse aver causato tutti quegli strani strepitii e questo non la faceva dormire; rassegnatasi a rimanere nel letto al contrario, chiuse lentamente gli occhi e provò a non pensare all’insolita situazione appena svoltasi e cercò di concentrarsi sulla sua giornata successiva. Elle si addormentò solo dopo un’ora quando, stanchissima, le palpebre autonomamente si chiusero e lei non poté né volle opporsi a quella involontaria e repentina decisione che inconsciamente aveva preso: girandosi su un fianco e appallottolandosi com’era solita fare quando dormiva, sussurrò “buonanotte luna” e iniziò a sognare.
Fece un sogno molto sconclusionato: sembrava il mondo di Alice nel Paese delle Meraviglie, con continui cambiamenti di scenari e paesaggi e un perpetuo piccolo  ticchettio simile a quello che le aveva procurato tanta agitazione da sveglia, e Elle vagava per questo suo mondo astruso, senza un perché, forse il vero motivo era la paura di non voler rimanere troppo ferma in un luogo sconosciuto come quello, oppure la voglia di uscire da quel “manicomio” della sua mente creato solo da lei, e che solo lei poteva distruggere.
Così avvenne: si svegliò con un balzo al suono della sveglia, si tenne la testa con una mano e con l’altra prese il cuscino e lo rimise al suo posto; poi si diresse verso il bagno che aveva in comune con la sorella e si guardò allo specchio posto sulla parete su cui erano anche attaccati degli sportellini dell’arredamento bianco panna della toilette; distrattamente cercò il pulsante della luce, lo premette e iniziò a lavarsi il viso poi a districare i capelli arruffati e massaggiandosi le guance, si guardò con aria stanca pensando alla sua nottata; “Elle mi serve il bagnooo!!” strillò la sorellina fuori dalla porta, “ti prego esciii” Elle ormai decisa a svegliarsi del tutto aprì piano la porta, salutò Michelle che con un balzo saltò nella stanza tanto ambita e scese le scale per andare a salutare la mamma e il suo barattolino di yogurt che l’attendeva per la colazione. 
 

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Capitolo 2
*** Domenica mattina ***


STRANGE THINGS

“Dormito bene, bimba?” chiese la mamma radiosa, “non proprio” biascicò Elle mentre metteva in bocca un cucchiaino di yogurt, “come mai?Eh, ma che fine ha fatto tua sorella?Michelle la colazione!”; in quell’istante si sentì tamburellare per le scale e mentre Elle ricordava i suoni della notte, Michelle arrivava saltellando allegra in cucina dando un bacino alla mamma e avvicinandosi alla sua tazza di latte e cioccolata che beveva da quando era piccola. “Tu sì che mi sembri riposata” cinguettò la mamma rivolgendosi alla piccola di casa, “Oh sì mamma” le rispose con un sorriso Michelle “Mi sono abbracciata il cuscino e ho fatto un bel sogno” , “Beata te” commentò Elle non molto di buon umore “ma non hai sentito alcun rumore,questa notte?” “no, perché?” , “nulla, chiedevo..” rispose Elle facendo finta di avere un’aria indifferente e iniziando a progettare la giornata.
Si ritrovò a canticchiare “ When you’re down, and lost and you need an helping haaand…” mentre si vestiva e decise di ascoltare al pc delle canzoni dei Mcfly che le erano sempre piaciute e continuò ad accompagnare con la sua voce quelle dei cantanti mentre spostava di qua e di là degli oggetti nella stanza e cercava il telefono per chiamare Claire.
Aprì la finestra e fece entrare i raggi del sole con il loro calore e la loro luce estiva che le illuminò tutto il viso e le fece chiudere gli occhi per il bagliore accecante; fece un profondo respiro per sentir scorrere dentro il tepore di metà agosto che preannunciava la fine della stagione solare, e si sentì riscaldata e pervasa da una forza positiva che le cancellò dalla mente il ricordo della brutta nottata.
Piena di buoni propositi Elle prese dei pantaloncini, rinunciò a convincere Claire ad andare a correre con lei, conosceva fin troppo bene la pigrizia dell’amica, e provò a puntare su Éloïse che si era mostrata un po’ più attiva rispetto all’altra amica; le due ragazze si misero d’accordo e si diedero appuntamento davanti all’entrata del parco della cittadina, circondata da una duplice cornice di monti e di mari, per la mezz’ora successiva. Elle si fece una coda, mise le scarpe da ginnastica aprì la cassettiera di ciliegio che da poco avevano preso per riarredare la sua “cameretta”, come la chiamava sua madre, e scelse con sguardo assente che sembrava proiettato al di là del cassetto coi vestiti, una maglietta leggera per la corsa: la prese rapidamente la poggiò sul letto posto davanti al mobile e mise in ordine il resto delle altre felpine e shirt che erano rimaste un po’ mescolate dopo la sera precedente quando aveva avuto una crisi di “panico” per l’indecisione dell’abito per uscire; richiuse il cassetto con un movimento deciso e fermo infilò la maglia e cercò con lo sguardo il suo lettore, rinunciando però poi a portarlo con sé, poiché sapeva già che avrebbe avuto Éloïse come compagnia.
Si diresse davanti allo specchio e si mise di profilo, si osservò con occhio severo e quasi come se si stesse analizzando, guardava quasi socchiudendo le palpebre come se stesse osservando dei minimi dettagli; rimasta non molto soddisfatta allacciò al polso l’orologio e si diresse verso le scale per poi passare dal corridoio all’entrata e uscire per iniziare la sua corsa.
Arrivata anticipatamente rispetto all’orario stabilito poiché corse durante il tragitto, si sedette vicino a delle viole del pensiero e a dei bellissimi mazzetti di aster rosati; si fermò a osservare i due tipi di fiori e notò le diversità tra i petali sottili e longilinei dei secondi, così delicati leggeri poco marcati con quel colore tenue che sembrava volesse accentuare la loro fragilità e, quelli più vistosi delle prime, coi loro bei colori accesi giallo e viola, quei petali grossi ma non troppo che sembravano i vetrini di un kaleidoscopio immobili e profumati; si girò e scorse anche delle primule sbocciate, sentì la loro fragranza e vide i colori pastello simicissimi al bianco dei petali formanti un colletto intorno al pistillo giallo che sembrava quasi nascosto da questo suo bel colletto; alzando lo sguardo Elle si accorse che la sua amica era arrivata e la stava fissando con uno sguardo incuriosito , per certo dovuto all’espressione assorta dell’amica che rispecchiava totalmente la sua disattenzione al suo arrivo.
Elle sorrise a Éloïse che le ricambiò quel silenzioso saluto; insieme iniziarono a correre: sentivano l’aria passare tra i capelli e non si stancarono di correre per il sentierino del parco costeggiato da ciuffetti d’erba, fiori e piccoli arbusti e man mano che ci si allontanava dal percorso anche delle querce, pini e abeti le cui chiome sembravano le piastrelle di un mosaico vegetale.
Corsero per quasi un’ora poi, stanche, si distesero su un manto d’erba e presero un po’ di sole: Éloïse con un gesto pigro alzò il polso e controllò l’ora, “Com’è tardi!” esclamò “sarà meglio che torniamo indietro.” E si alzò velocemente senza appoggiare le mani a terra, ma balzando con un solo scatto; vedendo l’amica ancora ferma a terra le chiese cosa stesse facendo ed Elle rispose che sarebbe rimasta ancora un po’ lì a crogiolarsi sotto quel piacevole tepore “Mi piace fare la lucertola” e ammiccò. Éloïse le fece un cenno con una mano e riprese il cammino con un passo leggero come se stesse danzando verso casa e non intraprendendo una corsa lenta; Elle si ritrovò a fissare il cielo: i suoi occhi non riflettevano pienamente il blu terso di quella giornata, poiché l’iridi della ragazza non avevano un colorito celeste intenso, ma molto più chiaro; inoltre non erano uniformi: infatti avevano delle “bordature”,una ciascuno, delimitanti la circonferenza dell’iridi con una marcatura cerulea che andavano sfumandosi sempre più verso la pupilla dove vi erano delle macchioline di verde e giallino che rendevano particolari i suoi occhi.
Si alzò una leggera brezza che faceva ondeggiare i prati e per Elle quel nuovo respiro era un vero toccasana che rompeva un pochino con la solita calura estiva; era una giornata calda ma non troppo e come aveva avvertito quella mattina, l’aria preannunciava l’arrivo del tempo settembrino e salutava quello precedente; inspirò profondamente e socchiuse gli occhi e provò una forte sensazione di rilassamento: si stiracchiò per bene gambe e braccia, dopo di che con fare disinvolto pose le mani dietro la testa e rimase in silenzio ascoltando il suono del vento fra le piante.
Pose la sua attenzione su un arbusto di un fogliame particolare, sembrava quasi nero in alcune parti, e decise che alla fine si sarebbe alzata per osservarlo da vicino; aguzzando la vista poi capì che gli sprazzi neri non erano parte della chioma ma, figure in movimento e pensò subito a dei merli o corvi o un qualsiasi uccello col piumaggio scuro. Rassicurata si rimise nella posizione di prima, richiuse gli occhi e allargò ben bene lo sterno dando l’ultimo lento e riposato sospiro prima di dirigersi verso a casa, pronta a issarsi su con la spinta delle gambe sentì dei rami spezzati dietro sé : si voltò di scatto per riflesso e non scorse nessuno, o meglio, niente. Le sembrò di ricominciare a rivivere la notte precedente e per evitare la spiacevole esperienza fece uno scatto e riprese il sentiero correndo più velocemente che le era possibile; si sentiva un po’ stupida dentro di sé, una fifona per dirla tutta: ma le gambe non si fermavano più, andavano all’impazzata, e lei rossa in viso si sentiva quasi seguita da continui piccoli rumori di passi, rametti rotti e le sembrava quasi di riuscire a vedere una macchia indistinta fugacemente in movimento, un essere rapidissimo neppure riconoscibile per questa strema celerità.
In un quarto d’ora raggiunse l’uscita, percepì una specie di sollievo quando varcò la soglia del marciapiede malandato decorato da quegli spontanei aster e violette che avevano tanto attratto il suo interesse prima; cercò di calmarsi e di avvistare qualche presenza umana nei paraggi ma, non ci riuscì.
Controllò l’orario sul suo orologio, un regalo della sorella, e nell’alzare il polso scoprì che stava tremando come una foglia o meglio come un animaletto inerme che si trova davanti al suo più temibile predatore; raccolse tutta la sua forza d’animo e decise di proseguire e raggiungere la sua “tana” dove si sarebbe buttata sotto la doccia e avrebbe lasciato scorrere via tutte le sue paure con lo scrosciare dell’acqua calda su di sé; stimolata da questa consolazione riniziò il suo percorso e se qualcuno sulla soglia del parco fosse rimasto a guardarla, nel giro di cinque minuti sarebbe riuscito solamente a vedere l’oscillamento della coda di Elle e nient’altro.
Giunse sul vialetto di casa, era tutta sudata e tremante come mai prima, prese le chiavi di casa poste sotto lo zerbino che non era come i più banali “welcome”, ma privo di scritte e ornato con fiori dai grossi petali di color rosso intenso coi bordi gialli molto solari che piacevano tanto a sua mamma; scartò le chiavi in quel momento inutili come quella della catena della bicicletta, e mise con un tocco forzatamente deciso dentro la toppa la chiave giusta facendola girare e aprì la porta richiudendola dietro di sé in modo velocemente. Essendo arrivata si sentì sicura in casa sua e appoggiò l’orsetto portachiavi nella scatoletta decorata messa nell’entrata proprio per contenerlo; chiamò sua madre avvertendo del suo arrivo e la mamma, accorgendosi della sua agitazione si preoccupò; Elle corse su per le scale e giunta davanti alla porta della sua camera fece un ampio respiro di sollievo, quindi appoggiò la mano sulla maniglia, la girò ed entrò.
Prese i suoi abiti per casa che aveva appoggiato sulla sedia della scrivania vicino alla finestra che era aperta e illuminava la stanza con la luce solare, un cambio e si diresse verso il bagno con passo di marcia affatto rilassato. Andò sotto la doccia e provò a rilassarsi chiuse gli occhi e sentì solo lo scrosciare dell’acqua su di sé, e questo la tranquillizzò molto; finita la doccia, si avvolse con gesto quieto nel suo accappatoio di spugna morbido e accogliente, si accorse di non rabbrividire più e ciò la confortò; prese un pettine e iniziò a pettinare i capelli bagnati modellandoli poi con la schiuma com’era solita fare. Dopo mezz’ora uscì dalla stanza ed era sollevata: tutte le ansie che prima l’opprimevano l’avevano lasciata; ripensando all’accaduto si considerò stupida e impulsiva, risolse il suo timore di un misterioso segugio accusandosi di avere delle manie di persecuzione o di aver preso troppo sole. Per far cadere tutti i sospetti che erano insorti nella madre quando era rientrata, andò nel salotto e le parlò della sua mattinata escludendo quel particolare così insidioso. La madre le sorrise e aveva già dimenticato lo stato precedente della figlia turbata e quasi terrorizzata; alzò lo sguardo verso l’orologio posto sul suo prediletto mobile antico ed esclamò “oh com’è tardi!Elle mentre vado a riprendere Michelle dalla zia, apparecchia che manca poco all’una; al mio rientro così prepariamo la pasta per il pranzo”, Elle annuì e mentre faceva quel piacere alla mamma prese anche il telefono e chiamo Éloïse per farle domande su com’era stato il suo percorso verso casa. “Mmh avevo solo un gran caldo, nulla di che” rispose placida Éloïse, “certo” rifletté Elle “cosa credevi che anche lei avesse le visioni come te??” , “Quindi nulla di insolito?” “No Elle, ho solo patito un gran caldo e mi è dispiaciuto lasciarti là da sola, la prossima volta potremo andare a prenderci un ghiacciolo o fare una passeggiata per chiacchierare dopo la corsa” “Sarebbe carino” apprezzò Elle e salutando l’amica, riattaccò. Finì di apparecchiare e mettere a posto i piatti che erano ad asciugare sopra il lavandino e iniziò a canticchiare; vide un micione persiano dalla finestra che la guardava con i suoi grandi occhi chiari che sembrava quasi volesse parlarle; Elle dato che sin da piccola adorava quei soffici amici pelosi, uscì nel piccolo giardino intorno alla casa e giocò un pochino con quell’adorabile gattone che era prodigo di fusa. Dopo dieci minuti sentì arrivare Michelle che la raggiunse e chiamò a squarciagola la madre facendole moine di ogni tipo per far entrare quella nuova tenera creaturina; la mamma fu però irremovibile e le sorelle ottennero solo la concessione di dargli da mangiare e farlo rimanere nel loro giardino; a Elle quel piacevole imprevisto le rallegrò la giornata: invitò delle sue amiche a casa sua e presentò loro quella palla di pelo molto giocosa. Le ragazze presenti erano solo Claire e Éloïse: ma bastavano per ascoltare la confessione degli strani avvenimenti accaduti a Elle in meno di 24 ore.
Il racconto si sviluppò davanti a un fresco bicchiere di menta; le parole di Elle scorrevano rapide e i volti delle amiche passavano dall’espressione sorpresa a quella preoccupata; alla fine della storia Éloïse, che cercò di essere molto razionale, rassicurò Elle “ma dai, non hai nessuna mania: è solo che questa notte hai dormito poco, eri stanca hai corso un’oretta e hai solo immaginato di aver visto qualcosa”, Claire invece era attratta dal “mistero” e propose a Elle di fare una specie di pigiama party ristretto, solo per loro tre, cosicché quella sera l’avrebbero fatto compagnia e coraggio nel caso i rumori notturni fossero rispuntati.
Elle sorrise entusiasta per la buona idea di Claire: avvertì la madre della decisione e chiese alle ragazze di fermarsi a cena; le accompagnò a casa per prendere i beauty e l’occorrente per fermarsi quella notte da lei e spensieratamente le tre ritornarono verso la solare abitazione di Elle.
Quella sera fu molto movimentata; la mamma era contenta di avere invitati e soprattutto Claire e Éloïse, poiché erano sempre state delle persone educate e soprattutto la seconda era ormai per lei come la terza figlia. La cena fu piacevole; dopo aver chiacchierato un’oretta sotto la luna che quella sera illuminava il cielo terso, Claire Elle e Éloïse andarono in bagno a turno per prepararsi a dormire; si ritrovarono sedute a gambe incrociate in cerchio sul letto di Elle e continuarono a parlare un pochino eccitate per la serata e speranzose, soprattutto le amiche di Elle, di poter ascoltare i famosi strepiti di cui aveva parlato la ragazza. Improvvisamente la porta si aprì e sulla soglia apparve Michelle che col suo bel pigiamino estivo che ricordava molto un fiordaliso per il colore blu intenso, “voglio partecipare anch’io!” esclamò allegra Michelle, “mmh va bene ma poi vai a nanna” l’avvertì Elle, “non pensare che noi stiamo qui a raccontarci di tutto e di più durante tutta la notte!” continuò la sorella con tono convincente e tranquillo, “quindi tra una mezz’oretta vai, d’accordo?” Michelle annuì e si intrufolò in mezzo a quel trio contenta di farne parte. La mezz’ora stabilita passò velocemente, e in quel frangente Elle e le altre avevano giocato a carte, cantato riso e scherzato e Michelle a malincuore dovette alzarsi dal letto della sorella e, dopo aver ricevuto e dato bacino per la buonanotte, scese anche dalla mamma per andare poi nella sua camera dove l’attendeva il suo morbido letto.
Mentre le ragazze aspettavano di vedere la minuta e agile figura della più piccolina del gruppo, notarono la sua andatura lenta dovuta probabilmente dalla stanchezza e dalla voglia mancata di lasciarle per andare a dormire; passarono un’altra ora a chiacchierare tra loro per impiegare il tempo prima di spegnere la luce della stanza. Elle era abbastanza eccitata: da una parte sperava di non dover passare una notte insonne, dall’altro invece si augurava di poter far sentire alle amiche ciò che le aveva impedito di riposare la notte precedente per non farla sembrare una matta; si coricarono così nel letto  e spente le luci e chiusa la finestra e tapparelle, si rimisero nella stessa posizione di Elle della sera prima: la luce argentea della luna era meno abbagliante ma ugualmente illuminava uno sprazzo di letto in cui le tre amiche avevano messo il viso. “E’ così bella”; sussurrò Éloïse “ …e rilassante” commentò Claire, “già, ma ieri mi sembrava gelata dalla paura che avevo..” concluse Elle; rimasero in silenzio e appoggiarono la testa sul cuscino che avevano spostato aspettando un qualche segnale o piccolo suono. Passò un’ora e non si avvertì il minimo scricchiolio: le ragazze iniziarono a sbadigliare e Claire borbottò “inizio a credere che tu ieri sera ti sia sognata gli urti ecc”, Elle si sentì offesa “ non mi credi?uffa, non me li sono immaginati!Non riuscivo a muovere un dito dalla paura!..”, Éloïse la rincuorò “io ti credo Elle” e lanciò uno sguardo quasi d’ammonizione a Claire che aveva messo in dubbio la fiducia verso la sua eterna amica. Elle non sapeva cosa pensare: si sentiva un pochino imbarazzata, poiché dalle sue descrizioni Éloïse e Claire avrebbero dovuto percepire rumori di oggetti urtati, o comunque suoni piccoli continui e un pochino sinistri; invece c’era più silenzio in tutta la casa che dentro ad una biblioteca; si girò su un fianco e sperò quasi pregò dentro di sé di non voler più passare giornate simili con sensazioni così particolari, con quest’ultima speranza diede la buonanotte alle amiche e si addormentò.
 

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Capitolo 3
*** La notte e il risveglio ***


STRANGE THINGS

Verso le 4 del mattino Elle sentì uno scossone e sobbalzò; le fu spontaneo alzarsi col busto in avanti, come se fosse stata risvegliata di soprassalto da un incubo; la differenza però, pensò, era che il suo tormento era appena cominciato. Chiamò le due amiche, scuotendo le sue mani sulle loro spalle molto rapidamente in modo quasi isterico, non riusciva a parlare, la voce le si era gelata in gola come era successo la prima volta; Claire emise un piccolo gemito, più che altro sbuffò,  e si rigirò dal lato opposto rispetto di Elle che la guardò sconsolata, Éloïse fece altrettanto solo che sul suo volto c’era un sorriso accennato e non una smorfia di noia come su quello dell’altra addormentata; Elle si sentì un pochino confortata dalla presenza delle due amiche, come se fosse protetta dalla loro compagnia, dal loro sostegno che le avevano dato fermandosi lì con lei. Sentendo questo nuovo coraggio decise di scendere per scoprire cosa si celava dietro a quel tormento notturno: aprì lentamente la porta che cigolò, si fermò per un istante che per lei durò un’eternità; raggiunse la scala a chiocciola e vi pose un piede sul primo gradino; il respiro si faceva sempre più raro era come se stesse per andare in apnea, alternava un respirone a uno più piccolo; gli strepiti erano soffusi, non capiva più la loro provenienza e come accompagnamento a quella specie di sottofondo che faceva da colonna sonora all’oscurità, vi era la sua frequenza cardiaca che era possibile percepire sia per il silenzio sia per la foga con cui il suo cuore stava martellando nel petto. Le sembrò di aver impiegato un sacco di tempo per arrivare fino al piano inferiore, forse per la paura, l’eccitazione, la curiosità: si trovò davanti alla porta scorrevole della cucina, al salotto che era congiunto a quel piccolo corridoio senza alcuna porta, e alla porta che congiungeva all’entrata; non sapeva che direzione prendere, la scena le ricordava moltissimo il cartone di Alice, nel punto in cui lei si smarrisce nel bosco...inspirò ed espirò profondamente e lentamente, cercava di controllarsi e capire da dove venissero quei piccoli suoni che stavano piano piano scomparendo…Erano quasi le quattro e mezza della notte e sapeva che tra un’oretta circa sarebbe sorto il sole, pensò alla luce rosata dell’alba, alla nascita di un nuovo giorno “New day has come..” canticchiò nella sua testa, e rimase impassibile come una statua ancora totalmente indecisa; ad un certo punto, quando ormai si convinse che di lì a poco gli scricchiolii sarebbero finiti, sentì un forte rumore, come se qualcosa grosso fosse stato scontrato: non aveva dubbi sull’origine di quel particolare frastuono e si chiese se era l’unica ad averlo udito, quello come gli altri; si diresse con cautela verso la sala, e con tutto il coraggio che riuscì a raccogliere in quel momento, alzò la mano tremante verso l’interruttore del lampadario di vetro cesellato della sala e lo premette. L’oscurità fu cacciata in un solo istante ed Elle avanzò più sicura all’interno della stanza sospetta con passo leggero e felpato, come una preda che cerca di nascondersi o un predatore che si acquatta pronto per lo scatto sulla sua vittima; i suoi occhi vagavano inquieti prima verso destra, poi sinistra; stava cercando qualcosa, forse qualcuno, ma non sapeva neppure lei cosa; tutt’a un tratto dei passi dietro di lei percorrevano la stessa strada che aveva compiuto lei prima; iniziò a tremare di nuovo e credeva che le si fosse fermato il cuore dalla paura; decise di non essere fifona e lentamente si girò per vedere faccia a faccia il motivo del suo timore. Le guance le sbiancarono, come se in quell’estate non avesse mai passato una giornata sotto il sole, deglutì strizzò gli occhi per assicurarsi che avrebbe visto ben bene il motivo della sua insonnia, fece un respirone e nonostante tutto questo accadde nel giro di qualche secondo, a lei parve di passare gli istanti più lunghi della sua vita. Si decise, si voltò: davanti a lei però, non trovò nulla di strano se non sua madre in pigiama e un’espressione in volto mista tra l’arrabbiata e la preoccupata; “si può sapere cosa ci fai in piedi a quest’ora?!?Elle manca qualche minuto alle cinque, tu dovresti dormire!!”, “Sì, scusa mamma, è che avevo sete e...” “ Questa cara è la sala, non la cucina; e perché poi ci hai messo tanto a scendere?Sei per caso caduta dalla scala?”; mentre terminava la domanda si accorse che la figlia aveva un carnato tutt’altro che regolare per quella stagione, “Elle ma sei cadaverica!...Cos’è successo?Ti senti male?”, Elle scosse la testa e mentì: lei aveva paura ormai della notte e dei suoi rumori, stava male per quello, nessun fattore fisico come temeva la mamma; “N-no mamma, davvero, sono solo ..” “scossa” pensò tra sé e sé, “assonnata” cercò di dire tutto d’un fiato; sua madre non parve affatto convinta, ma non era capace di fare un interrogatorio alla sua “bimba” a quell’ora e soprattutto vedendola in quello stato; la baciò sulla fronte e le disse di tornare a letto o stendersi sul divano, e l’ammonì di non vagare per la casa con le luci spente; le sorrise e si avviò verso la sua camera.
Elle sospirò; da un lato era contenta perché non aveva avuto a che fare con qualche malintenzionato, ma dall’altro non sapeva cosa pensare: perché quei rumori? Perché quegli strani scricchiolii che solo lei percepiva? Si sedette sul divano, come le aveva consigliato sua madre, e provò a riflettere; piano piano, però iniziò a distendersi e cercò il morbido cuscino color panna in tinta con le tende, e appallottolandosi come un gatto, si addormentò.
Alle otto si svegliò; rimise a posto il guanciale e andò in cucina; aprì ben bene la finestra facendo entrare la luce del mattino; odorò il profumo dei fiori riapertisi col calore dell’alba, e guardò il giardino: le sembrava un piccolo angolo di paradiso; le piantine curate erano alcune sbocciate, altre in boccio, e sentiva il canto di qualche allodola ritardataria o che dal principio del mattino aveva iniziato il suo gorgheggio; sorrise verso il mondo che si stava svegliando insieme a lei e piena di tranquillità, aprì lo sportello del frigo e prese uno yogurt per fare colazione; appoggiò il barattolino e apparecchiò la tavola con le tovagliette mattutine anche per le altre ancora dormienti; si diresse poi verso il bagno per lavarsi il viso e iniziare il nuovo giorno. “New day has come” mormorò tra sé, “sono quasi le otto e mezzo, tra poco quel grillo di mia sorella scenderà dalla sua camera”; appena concluse la frase sentì la porta del piano superiore aprirsi e dei lenti passi farsi sempre più vicini..”Mamma?..” sentì dire da una vocina “Mamma sei tu?”, “No rospa, sono tua sorella” rispose Elle con voce affettuosa, “vieni qui a lavarti la faccia che ti preparo il tuo latte-e-ciccolato”, “yum” rispose Michelle, che aumentò la velocità dei suoi passetti ancora reduci dalla dormita.
Elle mangiò con la sorellina che era fresca e riposata e felice di quel risveglio: voleva molto bene alla sorella che la ricambiava anche se a volte si comportava in modo troppo autoritario nei suoi confronti; “Secondo te il micio di ieri è ancora nel nostro giardino?” domandò Michelle sgranando i suoi occhioni verdi-grigi belli e particolari, “non saprei” biascicò Elle con il cucchiaino in bocca, “Magari è andato a giocare al parco o da qualche altra parte”; Michelle corrugò la fronte e sorridendo propose ad Elle di andare a controllare allora se il “loro” gatto era lì dove diceva lei; Elle accettò e precisò che sarebbero andate con Claire e Éloïse se fossero volute venire. Mentre Michelle annuiva soddisfatta, la figura di Éloïse si fece avanti e salutò le due sorelle dando loro il buongiorno, poi guardò Elle e a bassa voce le confidò che lei non aveva udito alcun suono quella notte; Elle sospirò tristemente e offrendole una tazza di latte e biscotti si sedette e le raccontò la sua esperienza notturna. L’amica rimase a bocca aperta e fissò Elle con gli occhi sbarrati: non poteva credere che ci fosse stato così tanto trambusto quella notte e che lei non avesse sentito nulla affatto, la cosa che più la insospettiva era poi, la sparizione improvvisa dei suoni corrispondente alla venuta della madre; che ciò che era la causa di tutto si fosse accorto del suo arrivo e si fosse..”volatilizzato”?..La ragazza non sapeva rispondersi; certo era che se Elle risultava così provata, non poteva aver inventato tutto di punto in bianco. Éloïse sembrava quasi più spaventata in un certo senso dell’amica, era preoccupata per lei, perché non era per niente normale che una ragazza di quasi 17 anni sentisse suoni o rumori che nessun altro riusciva ad avvertire; rabbrividì inconsciamente ed Elle si pentì di averla fatta così coinvolgere emotivamente, perché temeva di poterla “contagiare” e proprio era il suo ultimo e mai voluto scopo. Elle si scusò con lei con aria colpevole e le due ragazze si abbracciarono in segno di conforto l’una all’altra; a Elle scese una lacrima calda, che cadde silenziosa sul tappeto della cucina e quasi pigramente estese la sua superficie sul manto decorato con il disegno di girasoli su uno sfondo arancione contornato da foglie verdi scure; in quell’istante entrò Claire che guardò con un’espressione interrogativa le due amiche e fu aggiornata su tutto; anche lei promise che non avrebbe fatto alcun cenno a nessuno degli strani accadimenti e si strinse con Elle e Éloïse.
Sentirono un colpo e sobbalzarono tutt’e tre; si spaventarono per niente, poiché quel frastuono fu causato dal salto di Michelle che spuntò nella cucina pronta per uscire e che entusiasta esclamava: ”Presto, presto pigrone: andiamo al parco, ci aspetta il micione!!” e si intrufolò nel terzetto, prendendo per mano la sorella e trascinandola fino alle scale per la camera incitandola a prepararsi per uscire “non vorrai accompagnarmi in pigiama, mi auguro!” l’ammoniva Michelle sentendosi la più grande; “che buffa” pensò Elle, e ubbidì alla sorellina entrando nella stanza.
Elle si guardò intorno nella stanza, vide il letto ancora sfatto e decise di riordinare un pochino quella camera “disastrata”; prese il lenzuolo e lo stirò ben bene sul letto, facendo rientrare i bordi sotto il materasso, poi fece una pieghetta all’altezza del cuscino e nello stesso modo stese il copriletto tutto coperto di micini e gomitoli colorati di lana su uno sfondo bianco; coprì il cuscino con quest’ultimo strato e vi poggiò poi sopra i peluche e tutti i cuscini che solitamente erano in quel posto; fu soddisfatta del suo lavoretto e si riconcentrò sulla questione “vestiti”. Aprì l’armadio e optò per la salopette di jeans che le aveva regalato la madre l’estate scorsa; sotto ci accostò una maglietta a righe rosse e bianche che la facevano tanto sembrare una “marina retta”, come aveva detto una volta sua zia; controllò allo specchio il risultato della sua scelta poi prese di sfuggita uno zainetto fatto a sacca rosso e ci pose dentro il cellulare i fazzoletti, che non dovevano mai mancare, e il portafogli per un eventuale gelato. Essendo pronta scese al piano terra dove la stavano aspettando Michelle, che tamburellava sul pavimento con i piedi dando chiari segnali d’impazienza, Claire che aveva velocemente trangugiato qualcosa e si era poi cambiata, e Éloïse che pacatamente guardava fuori dalla finestra verso il sole. “Oh, finalmente!” sbottò Michelle, “ci sei riuscita! Ora andiamo a trovare il gattone!” e lo scopo della passeggiata le fece ritornare il suo buonumore di sempre. La strada per il parco non era molta: il quartetto impiegò poco tempo per raggiungere l’entrata del parco, dove vi era una “hall” completamente verde, macchiata da qualche sprazzo di fiori farfalle che ondeggiavano qua e là e arbusti con bacche acerbe; ogni volta sorpassare quella soglia era come addentrarsi all’interno di un mondo totalmente distaccato dalla grigia realtà: infatti nonostante la cittadina non fosse un centro di smog, fabbriche metropolitane, e non seguisse un ritmo frenetico, il clima di quell’isola naturale era diverso in tutto e per tutto e questo faceva sentire chi vi era dentro, in un’altra dimensione, più armoniosa, solare e frizzantina, in cui si poteva anche non correre sempre e ovunque, perché non vi erano orari da rispettare, né treni da prendere.
Michelle iniziò a correre per tuffarsi in quel lago verde fiorito e cercare il “suo” gatto, Elle e le altre le andarono un po’ dietro per non perderla di vista; sembrava quasi di tornare indietro nel tempo, quando avevano magari 9 o 10 anni o anche di meno, e frequentavano assiduamente il parco che in ogni stagione cambiava odori e colori, come una signora ben curata che ogni volta che vuole cambia cappello, cappotto e profumo ed ha un aspetto sempre elegante in qualunque modo si conci.

 

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Capitolo 4
*** Il Parco ***


Dopo mezz’ora Michelle con voce squillante gridò “ Eccoti!!” e prese in braccio il micione che fino a quel momento era rimasto disteso sotto il sole; “Mmh non so se è molto contento” commentarono le tre ragazze nascondendo i loro sorrisi, “magari vuole appisolarsi un pochino” continuarono; Michelle scosse la testa e continuò ad accarezzare e giocare col gatto che teneva ancora gli occhi socchiusi.
Elle avvertì come la sensazione di sentire di essere osservata, si diede della paranoica e non ci pensò più; tuttavia quando sentiva di non avere su di sé l’attenzione delle altre, si guardava intorno e controllava che le sue sensazioni fossero infondate, cercava una conferma della stupidità della sua ansia. Non fu del tutto soddisfatta dalle sue “indagini”: infatti, continuò a vedere quelle sagome scure, quasi certamente nere, che si muovevano veloci in lontananza e teneva sott’occhio anche la sorella, poiché inconsciamente temeva che le sarebbe potuto accadere qualcosa. Impallidì un pochino, ma non troppo da essere notato da Claire, che era vicino a Michelle, e Éloïse che si stava dirigendo verso di lei; anche Claire si voltò verso le due amiche come se avesse avvertito la tensione di Elle; Éloïse indagò sullo stato d’animo della ragazza che non riusciva a spiegare le sue sensazioni, perché le riteneva troppo frivole; le mani iniziarono a tremarle senza un perché e si sentì profondamente stupida; un nuvolone coprì il sole e il cielo diventò grigiastro “Oh-oh”  disse Claire “ sta per piovere, sarà meglio rientrare” “venite da noi?” propose Michelle con un’espressione incoraggiante “No Michi, sarà meglio per noi tornare anche a casa nostra” le rispose Éloïse insieme a Claire; Michelle annuì e mentre Elle la prendeva per mano e andavano verso l’uscita Michelle esclamò “E il micione??Lo vado a prendere aspetta qui!”; Elle sbiancò provò a frenarla ma le sfuggì la manina della sorella che come un lampo era di nuovo immersa nel prato “Miche torna qui lo prendo io tranquilla!!”. Appena finì di parlare, Elle sentì dietro di sé un fruscio, come se l’avesse sfiorata qualcuno in modo leggerissimo; dato che la direzione era la stessa della sorella fece uno scatto verso di lei e come se stesse facendo una gara, corse all’impazzata; strinse la sorellina a sé e le disse di non lasciarla così all’improvviso: era una reazione esagerata ma dappertutto vedeva ombre non definite, chiazze che sfrecciavano e la testa iniziò a girarle tanto che le sembrò di cadere a terra; dopo quel ricordo, non aveva più nulla se non il buio.
Aprì gli occhi e vide delle figure indefinite; ascoltò le voci e si accorse di essere circondata da suoni ronzii e parole di persone; iniziò a riconoscere le varie intonazioni e si rassicurò; i muscoli delle spalle, dapprima tesi, si rilassarono; Elle avvertì un forte mal di testa e strizzò le palpebre. Calò il silenzio nella stanza e la voce di sua madre sussurrò: ” Ssh, avrà mal di testa, povera bimba!Ma come ha fatto a cadere?” Michelle piangeva piano, preoccupata per la sorella che le era svenuta abbracciandola più di un’ora fa; “Beh Marie” iniziò Éloïse “Elle era andata a riprendere Michelle nel prato e poi cadde a terra, forse le stava girando la testa” Claire aggiunse: “Inoltre anche prima di uscire era palliduccia; magari ha solo bisogno di dormire un po’…” Michelle interruppe quel dialogo: “Mamma non sono stata io, non è colpa mia!”; e nel pronunciare quella frase singhiozzata le caddero numerose lacrime dagli occhietti verdi e grandi. “Michi…” Sussurrò Elle “non preoccuparti e non piangere” poi alzò la voce “Mamma sto meglio, davvero!E’ stato solo un calo, non c’è nulla per cui tormentarsi davvero” le amiche le sorrisero e tra loro scorse anche le figure di Jenna che fece capolino tra i volti di Ale e Edo’ mentre era abbracciata da Paul, il suo ragazzo nonché nominato “brother” da Elle. Si sentiva al centro di una cerchia di persone: e, in effetti, era così; c’era sua mamma, Michelle, e tutti i suoi amici; si sentì in imbarazzo perché per una cosa così di poca importanza come uno svenimento, tutte le persone a cui voleva bene erano accorse a trovarla. Fece a tutti un sorriso e li ringraziò; dopodiché si volle alzare dal letto e si ritrovò col pigiama addosso ed intuì che sua madre aveva provveduto a cambiarla e mettere a lavare gli abiti di quel giorno; scese con aria spaesata le scale e si diresse verso la cucina, per bere; era pervasa da un formicolio continuo e le sembrava di essere dentro un sogno: toccava gli oggetti intorno a sé come per avere conferma di essersi svegliata, ma nonostante questi si rivelassero reali, non si sentiva del tutto stabile.
In cucina c’era una luce flebile, che rifletteva il tempo grigio fuori; guardò il giardino, e vi scorse il micione neo-adottato che le ricambiava lo sguardo coi suoi profondi occhi color del ghiaccio e miagolava insofferente per il brutto tempo; Elle allora aprì la finestra e gli fece cenno di entrare, il gattone fece le fusa e le si strusciò riconoscente miagolando anche per la fame. Quel micio la rassicurava, e con un’espressione più serena Elle si avvicinò al frigo e prese una scatoletta di tonno mezza aperta; “Ora cerchiamo un piattino per te!” disse al soffice felino “ maow!” apprezzò la palla di pelo e seguì la ragazza facendo dei passettini con le zampette che sembravano delle pantofole morbidissime e pelose, le solite che vengono regalate e comprate verso Natale. Il gatto iniziò a leccare dal piattino il suo pranzetto, e nel frattempo tutti scesero per raggiungere Elle; sua madre appena vide la scena impallidì e si trattenne lanciando occhiate significative alla figlia più grande e all’”intruso”; Michelle rise coprendosi le labbra con una mano e così fece la maggior parte degli altri; in quell’istante a fermare Marie che stava per sgridare Elle e cacciare il micio, fu il campanello che suonò: la madre delle sorelle andò alla porte sbuffando e borbottando tra sé e sé ed aprì: di fronte a lei non vi era nessuno, solo lo zerbino bagnato per metà e il vialetto di casa pieno di impronte di scarpe. Sbuffò nel richiudere dietro di sé la porta e ritornò in cucina per adempiere le sue vere intenzioni appena interrotte, accese l’interruttore della luce ed entrò, scoccò uno sguardo severo al gatto e scuotendo la testa disse che non avrebbe tenuto l’animaletto in casa; Elle e Michelle protestarono, non vedevano come potesse recarle noia, e la madre non volle fare sceneggiate davanti ai loro amici, andò nella sala con un’espressione sul viso che traspariva del tutto la sua irritazione. Calò il silenzio nella cucina ora non più cupa: Elle e Michelle osservavano il loro indesiderato ospite, e il resto del gruppo parlottava tra sé e sé; Éloïse invece si voltò verso le sorelle e chiese all’amica reduce dallo svenimento cosa aveva realmente provato, sentito o immaginato, e la sua opinione riguardo al motivo della sua “caduta”. Tutti si strinsero intorno ad Elle com’erano soliti fare quando si trattava di ascoltare insieme un amico e tesero ben bene le orecchie, anche perché alcune persone del gruppo, come Elle, avevano e usavano un tono di voce non troppo alto. La ragazza inspirò, chiuse gli occhi per ripensare a prima, quando era nel parco e per un istinto non conosciuto si era lanciata sulla sorella; non sapeva come esprimere quello che aveva provato, l’ansia mista alla paura, ma anche una specie di coraggio che impedì alle due emozioni di bloccarle le gambe, e poi il vuoto assoluto totale, il nero della notte che era sceso su di lei, come un lampo senza preavviso, “Un fulmine a ciel sereno” pensò, e mentre tutti erano lì avidi di sapere cosa stesse accadendo alla turbata amica, lei continuò a ritornare indietro con la mente, per poter capire meglio lei stessa cosa le era successo. Riuscì solo ad ammettere un onesto e sincero “Non so” con tono calmo e quieto, “Come non sai??” ribatté Ale, “Non puoi non sapere!Non si sviene così perché ci si annoia!”, Claire intervenne: “Più che altro, cos’hai visto?Perché sei corsa da Michelle?Non stava ancora piovendo, non c’era motivo di prendersela così..” Elle si bloccò: aveva ragione Claire, non aveva un motivo né valido, tantomeno razionale, “perché?”fece eco Elle “me lo chiedo ma non so..ho avuto paura per lei, ma non so di cosa..ho temuto che stesse per succederle qualcosa e le mie gambe hanno fatto lo scatto..non so neppure io cosa mi sta accadendo in questi giorni!” Éloïse cercò di calmarla: “Sappiamo che in tre giorni sono successe cose bizzarre, ma non reagire così..magari sei solo un po’ stanca..sai succede” Jenna, razionale come sempre proseguì: “Ma sì, appunto, sta per finire la stagione, il pensiero dei banchi di scuola farebbe rabbrividire chiunque, le ore di filosofia poi…brr!” e tutti risero; la tensione era notevolmente diminuita e Elle si sentì fortunata perché sapeva che i suoi amici sarebbero sempre stati con lei o comunque l’avrebbero confortata.
Fuori l’acqua scrosciava persistente e per le sette tutti decisero che ormai le nuvole si erano stanziate nel cielo e non avrebbero ceduto il posto al sole neppure per farlo tramontare; perciò uno dopo l’altro salutarono le due sorelline e andarono verso casa, parlottando tra loro un po’ del fatto del giorno, e un po’ dei loro pensieri.
Elle ripose la sua attenzione sul micione che iniziava a far le fusa strusciandosi sornione su ogni sedia e gamba del tavolo; gorgogliava e miagolava manifestando la sua gratitudine inarcando anche la schiena e continuando a vibrare come un cellulare quando indica l’arrivo di un messaggio; Michelle iniziò a giocarci ed Elle guardò fuori fissando la pioggia che inesorabilmente non voleva darsi per vinta, e sospirò chiudendo gli occhi lentamente come per dormire o provare a riposarsi e abbandonò tutti i pensieri negativi di quei particolari tre giorni.

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Capitolo 5
*** Il ritorno alla normalità...o quasi... ***


STRANGE THINGS

La serata passò in fretta, la cena fu molto frugale per Elle che in modo lentissimo, quasi dovesse fare la moviola, ingoiava una tazza di latte e muesli per poi tornare nella sua camera; aveva due leggere occhiaie, dovute allo stress di quelle giornate; la madre la osservava preoccupata, era in ansia per la figlia che da giorni sembrava così strana, così stanca, pallida come se fosse dicembre, e invece era la fine di agosto e il sole eccetto in quell’ultima settimana, aveva concesso loro di poter andare al mare e avere una dignitosa tintarella da giugno fino a quel tempo. La figlia si accorse dello sguardo e fissò di rimando la sua mamma che traspariva veramente nervosismo dovuto a lei e alle sue ultime sfortune; “Mi sento come una banderuola attira guai” pensò Elle “Come si fa ad avere così sfiga???sento suoni inesistenti,vedo ombre invisibili…e percepisco paure immotivate!Ma perché non nascevo normale come tutti invece che matta??”; si mise da sola il broncio, salutò le due commensali e raggiunse il corridoi, poi le scale a chiocciola e infine la porta della sua stanza, su cui da quando era piccola vi era appesa la scritta “Elle” a caratteri colorati dalla trama floreale. Osservò bene il suo nome e notò che non era molto rovinato nonostante avesse ormai più di 15 anni d’esistenza; poi guardò meglio, e notò che un pezzetto di decorazione si era logorata, come se qualcuno l’avesse grattata via; d’impulso pensò al gatto ma si rese conto che era un’ipotesi impossibile, optò per Michelle, ma la parte staccata era troppo in alto per lei e anche quest’idea fu repentinamente cestinata, essendo che sua madre non aveva la passione di distruggere le decorazioni della casa, anzi le preservava come cimeli spolverando come “Spolverina” della Bella e la Bestia della Disney, intuì che probabilmente gli strani rumori potevano essere legati a quel piccolo  pezzetto di “l” danneggiato. S’irritò un pochino, poiché finché si trattava di disturbarla, sapeva resistere, ma i suoi oggetti proprio dovevano rimanere illesi! Infuriandosi s’intestardì che qualunque cosa fosse accaduta quella notte lei sarebbe rimasta lucida, pronta a balzare in piedi accendere la luce e mandare al diavolo la sua angoscia; piena di fervore si stese sul letto, prese un libro tra i suoi preferiti e iniziò a leggere avidamente scorrendo riga dopo riga come se dovesse finire quel libro in un tempo stabilito.
La porta scricchiolò e sbucò la testa bionda di Michelle “Scusa Elle” disse entrando “Prima mi sei sembrata un pochino nervosa, o comunque arrabbiata..perché?” chiese con sguardo interrogativo; Elle sospirò: “ Non sono arrabbiata Michi, è solo che mi sento stanca, ma davvero no ce l’ho con nessuno, ora però lasciami leggere”. Michelle silenziosamente annuì facendo capire di aver inteso tutto; si accostò a Elle, che nel frattempo si era spostata con la guancia verso di lei, e le diede un bacino; poi contenta riscese al piano terra e andò a “confessare” alla mamma le sue “scoperte”. Elle ritornò con la testa sul romanzo e abbandonò i pensieri precedenti che erano riaffiorati per un secondo; era molto assonnata e dopo un’oretta di lettura accanita, si addormentò posandosi tra le pagine col capo; la sua immagine in quel momento era una massa di capelli biondi che coprivano il viso immerso in una copertina, le gambe erano incrociate e la schiena appoggiata allo schienale del letto, che era rivestito e non molto comodo, ma neppure scomodo. Dopo un’oretta Michelle passò vicino alla stanza, sbirciò dalla fessura che si era aperta tra la porta e il suo stipite, e vedendo la sorella dormire spense la luce. Erano quasi le 23 ed Elle dormiva ancora; fece un sogno finalmente normale, con qualche piega assurda, ma nel contesto del sonno era ordinaria; sul viso dell’addormentata si stava formando un sorriso; con la fantasia stava vagando in un bosco e poi finito quello in una spiaggia, e ancora nel mare che era verde acqua, bellissimo e profondo; nonostante questo era possibile scorgere il fondale formato da sabbia finissima, alghette e pesciolini colorati, come i pesci pagliaccio, che sono arancioni e bianchi e minuti, e quando nuotano insieme sembrano quasi un’enorme quadro astratto dai colori molto caldi e ben stesi. Elle si sentiva uno di quei pesciolini, piccola e veloce nuotava indisturbata senza temere le sorprese degli abissi; anche se continuava a scendere, non vi era oscurità e il mare rimaneva sempre della stessa tonalità pastello, la solita che si vede dalle cartoline delle spiagge asiatiche o caraibiche e che fanno venire in mente palme, granelli finissimi di sabbia bianca e onde ora docili, ora aggressive che permettono a ogni surfista di dare il meglio di sé. Elle iniziò a rigirarsi nel letto e fece cadere a terra il libro; ma non si accorse del tonfo e continuò indisturbata sognare; era tranquilla, serena e questo stato d’animo traspariva chiaramente dal suo volto che non aveva più segni d’angoscia come nelle ore prima; erano le 6 e 30 quando si sveglio; ma non era affatto assonnata, aveva dormito certamente più di 8 ore, quasi 10 ed era molto riposata; si stiracchiò ben bene allungando le braccia, poi la schiena e le gambe; scosse la testa lentamente e scese dal letto cercando coi piedi le ciabatte morbide; spostò poi le tende della finestra, color azzurro e verde molto chiaro, sembravano di tulle, come le gonne delle ballerine di classica; fece scorrere le dita sul tessuto che aveva scelto lei stessa per la sua camera quando sua mamma aveva voluto comprare il nuovo arredamento per la stanza. Le piacevano molto quei colori accostati, erano particolari ma semplici, trasmettevano serenità, come quasi tutte le tonalità pastello, e Elle le adorava; semiaprì la finestra e vide attraverso le fessure della tapparella, che il sole era già alto nel cielo e aveva spazzato via i nuvoloni della sera precedente; decise di stare a contemplare lo sprazzo di verde e ceruleo davanti a lei; vedeva il gatto gironzolare in mezzo al giardino e arrampicarsi sugli alberelli ancora giovani; lo guardò sorridendo, ma improvvisamente la trapassò un pensiero: com’era uscito il micione dalla casa? Tutte le aperture della casa erano state chiuse per la pioggia, e lei con Michelle aveva patteggiato con la madre per far restare per la notte il gattone dentro una vecchia cestina con un cuscino nel corridoio; come poteva essere lì? Elle decise di controllare e si lanciò sulla porta e sfrecciò poi per le scale andando di stanza in stanza e osservando bene ogni singola finestra, l’uscio e porta-finestra della casa. Sembrava tutto in ordine e a posto, e ciò le parve inaccettabile; questo scalfiva la sua logica razionalità che voleva imporre a tutti i costi sulla sua mente e che era stata continuamente intaccata in quei giorni; “Adesso basta!” esclamò Elle isterica, e in modo ancora più nevrotico scrutò ogni singolo centimetro della cucina, poi della sala, del bagno di quel piano e ancora dell’entrata e corridoio; quando si sentì vinta dalla pazzia di quell’evento alquanto assurdo, noto che la piccola finestrella posta alla sommità della parete della cucina che dava sull’esterno della casa e fungeva da lucernaio, era semichiusa; ed era possibile che il gatto avesse fatto un salto del genere: lo aveva visto saltellare sugli alberi e le era parso abbastanza agile. Espiò come se ora fosse più sicura la calma che prima l’aveva pervasa fosse tornata; come un fulmine in un cielo totalmente terso apparve nella sua mente un particolare in trascurabile: se la finestrella era rimasta aperta, il pavimento della cucina o almeno il piano dei fornelli o almeno le mensoline e la cappa sarebbero dovute essere bagnate, o avere qualche gocciolina che testimoniasse la presenza del cattivo tempo della notte; invece era tutto asciutto, motivo valido per credere che qualcuno avesse lasciato uscire il gatto da quella piccola apertura magari prima del suo risveglio o durante esso. Essendo determinata a non voler più perdere la sua fermezza, fece un lungo respiro e iniziò a pensare a ragioni plausibili per cui era accaduto che il micio fosse nel giardino; non riusciva a capire e ciò non l’aiutava a mantenere serenità dentro di sé, anzi tutt’altro; abbattuta in parte aprì lo sportello del frigo e si riempì un bicchiere di succo d’ananas e prese un biscotto; quando finì il veloce spuntino, scrisse un post-it che attaccò sulla macchina del caffè, sicura che la madre l’avrebbe trovato in quel posto. Sul foglietto scrisse che era andata a far una passeggiata e che sarebbe rientrata presto; risalì poi le scale per andare in camera sua e prese dal cassetto del mobile davanti al suo letto un paio di pantaloncini che usava per la palestra o per correre, li infilò e ci abbinò una maglietta con una stampa simpatica e colorata; richiuse con cura il cassetto e aprì quello del comodino, dove teneva i calzini; ne prese un paio molto corti, leggeri per correre e poi richiuse tutto lasciando scorrere la porta dietro sé mentre scendeva la chiocciola di legno. Andò davanti alla scarpiera nell’entrata e distrattamente prese le scarpe da ginnastica che avevano un aspetto molto “vissuto”, si sedette per terra e le mise, prese le chiavi di casa e tirò la porta a sé iniziando ad attraversare il vialetto.
Per le strade c’erano numerose pozzanghere, il rimasuglio della pioggia; erano le sette passate, mancavano forse venti minuti alle otto e nelle strade si sentivano solo i rumori del mattino, come le allodole che canticchiavano, e i gabbiani che storpiavano gli armoniosi cinguettii degli altri uccellini con il loro continuo stridere; Elle non riusciva a sopportarli ma non ci fece troppo caso; non sapeva bene dove fosse diretta, ma qualche posto da controllare lo aveva ben impresso nella testa. Tra questi, vi era di sicuro il parco: ben due volte nella piccola “radura” della città le era capitato di sentirsi strana, o addirittura di perdere i sensi; poi quando si sarebbe rincamminata verso casa avrebbe anche passato certamente del tempo nel giardinetto; un’ulteriore via presa in considerazione era anche quella che portava al luogo dove le sue sensazioni si erano manifestate in modo più pesante; poiché anche lì si era sentita osservata.
Iniziò la sua “spedizione”: aumentò la velocità del suo cammino e in poco tempo arrivò alla prima meta; come sempre il silenzio dominava ogni cosa, i profumi erano misti all’aria ed erano talmente piacevoli da frastornare i sensi; ciò infondeva a Elle una profonda quiete, trapassò la soglia con passo sicuro e si guardò intorno, intenta a scovare le “famose” sagome nere che non sembravano né corvi né cornacchie o merli troppo cresciuti; percorse tutto il sentierino contornato dal verde e ogni tanto si fermava per ricontrollare bene ogni punto, per non darsi per vinta; intorno a lei non si muoveva una foglia, l’assoluta assenza di ogni suono possibile era sovrana, e ciò era spiegabile anche per l’ora, le otto quasi, in cui la maggior parte delle persone se può dorme.
Elle fu contenta di avere a disposizione tutta l’area per poter “cercare”, perché ciò le avrebbe permesso di andare ovunque e fare tutto quello che voleva senza essere scambiata per una pazza; continuò la stradina fino al punto in cui vi erano tre diramazioni che si congiungevano in una piazzetta comune; lì scelse di addentrarsi tra gli alberelli e la vegetazione per osservare bene da vicino il luogo dei suoi “avvistamenti”. Girò per un’ora senza trovare nulla, e sconsolata si accasciò su uno spiazzo in mezzo a dei cespugli con delle piccole bacche rosse violacee sospirando “Sto iniziando a impazzire…” si disse con una lacrima che le rigava il viso, “Devo tornare verso casa, non so cosa volevo dimostrarmi, ma qualunque cosa fosse, è certo che non ci sia.”. Con un dito si asciugò prima un occhio poi l’altro, e poi si piegò con la testa in mezzo alle ginocchia e rimase così per un breve periodo; si sentiva molto stupida, perché fosse venuta lì, perché avesse cercato freneticamente qualcosa di cui non sapeva niente, perché iniziava a essere strana, non lo sapeva e la faceva preoccupare; sentì un fruscio dietro di sé ma non si girò ormai non le faceva più alcun effetto il suono dei rumori improvvisi era diventato abitudinario. Si alzò e andò verso l’origine del piccolo brusio e si ritrovò in un punto mai trovato della piccola forestina della zona verde della sua città; era totalmente spersa tra alberi e cespugli, di ogni forma e con fogliame diverso, alcuni con frutti altri senza, alcuni spogli, altri meno; gli alberi erano alti, sembravano dei frassini alcuni, altri faggi con foglie tra il verde e l’arancione, segno della fine della stagione; erano molto alti, e provare a raggiungere la loro sommità con lo sguardo faceva quasi girare la testa; Elle si guardò attorno incuriosita a causa della scoperta di quel luogo mai visto prima. I piccoli strepitii erano sempre correnti, come se fossero onnipresenti intorno a lei in movimento e le venne spontaneo girarsi come per seguirli con un’espressione ipnotizzata. Vi erano anche le fugaci macchie nere, erano lontane forse e lei non riusciva a distinguerle e s’indirizzò verso esse, aveva intenzione di capire cosa fossero di toccarle con mano, sentirne l’odore, vederne la figura magari ascoltarle per capirle; conoscerle, ma poi tornava alla realtà e si ricordava che quelle chiazze erano solo ciò che sembravano: chiazze.
Si sedette sul suolo che odorava di foglie e aveva un particolare aroma che riportava ai boschi in cui, quando era bambina, era solita perlustrare con lo zio a “caccia” di funghi, e forse anche per questo ricordo d’infanzia le incuteva meno paura; l’aria non era fredda, e anche se nel cielo il sole non splendeva come avrebbe dovuto fare ancora per poco in quel periodo, intorno a lei era abbastanza luminoso, come se tutti quegli alberi, tronchi ceppi e rami non oscurassero o impedissero i flebili raggi solari di irradiare tutta la zona e portare un po’ di leggero tepore. Le sembrava di trovarsi in uno scenario da fiaba: gli alberi, qualche canto di uccellini di sottofondo e la fragranza delle cortecce dei faggi, l’ombra delle foglie, le pietre sparse qua e là come semplici seggioline, o posti per appoggiarsi un minuto, e qualche fugace animaletto che non si arrischia ad avvicinarsi, per il timore forse, o perché infastidito da quell’inaspettata invasione; magari fosse anche arrivato un principe, come accadde ad Aurora, la Bella Addormentata nel bosco, o a Biancaneve, che anche se proprio non era in mezzo a una piana arborea, era lì vicina. Non si sentì però sola, lei aveva i suoi amici, e quelli non li avrebbe mai persi in nessun luogo, e li ringraziava sempre per esserci, per averle regalato tanti momenti bellissimi senza chiedere in cambio nulla, se non un sorriso da parte sua, o la stessa allegria che le avevano procurato con il loro affetto; guardò il cielo con serenità riflettendo su queste cose; e capì di non avere più paura.

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Capitolo 6
*** Finalmente pace ***


Elle si sentì sicura pensando a chi voleva bene, era come avere lì con lei la simpatia di Ale, la tenacia di Claire, l’allegria di Éloïse, la precisione di Jenna, il coraggio che accumunava un po’ tutti chi più, e chi meno e soprattutto l’affetto che li univa; erano queste le cose veramente importanti, se poi lei sentiva anche qualche rumore “indiscreto” pazienza, prima o poi avrebbe capito o scoperto da cosa era prodotto senza doversi più fare alcuna paranoia. Era frastornata da questi continui cambiamenti d’umore e atteggiamento nei confronti dell’“incognita” che l’attanagliava, ma non sapeva cosa decidere, perché lei voleva essere serena e convincersi che non fosse “qualcosa”, e per fare ciò doveva pensare che realmente non fosse un vero e proprio problema, ma solo un imprevisto momentaneo e sensato, il particolare più importante.
Era lì, immersa nel verde, totalmente circondata da cortecce e chiome, e qualche piccolo funghetto che si nascondeva timido tra le foglie cadute sul suolo, e l’odore del muschio sui sassi e le piccole rocce, e le sembrava di sognare; era quieta ora, non più agitata come al suo risveglio; i rumori e i fruscii erano sempre presenti, ma non voleva essere affatto turbata, cercava di “evitarli”, se le fosse stato possibile. Si accorse che ormai erano le dieci e sarebbe stato meglio rientrare, o almeno incamminarsi verso casa; si guardò intorno: non sapeva come tornare indietro. Corrugò la fronte, e si grattò la testa con una mano, com’era solita fare quando cadeva nell’indecisione; “Ora mi perdo nel parco!Cosa manca poi?Che io inizi a parlare con gli scoiattoli e i cardellini?!?” strillò, non seppe a chi era rivolto quel messaggio indignato, ma avrebbe tanto voluto che il possibile destinatario avesse colto il suo stato d’animo. Mise il broncio, come se le fosse utile, e incrociando le braccia si sedette osservando un po’ il paesaggio intorno a sé per trovare il sentierino; era come se le tracce dei suoi passi fossero scomparse, come se uno spazzino o una casalinga molto pignola, vedendo le sue impronte le avesse prontamente eliminate “ripulendo” il terreno umidiccio; “In questo bosco non manca nulla, neppure il Mastrolindo della situazione!” disse tra i denti, e lasciò cadere la testa tra le mani, appoggiate alle ginocchia; “Ormai che sono qui, seguiamo questi benedetti suoni e finiamola qua” decise, e alzandosi notò un sassolino con una forma strana, come se fosse stata una sfera mal modellata, quasi perfetta nella sua imperfezione; Elle la strinse nel palmo della mano sinistra, e la mise in tasca. Era fredda, come le sue mani, oppure di più, giacché era sempre rimasta sul suolo umido; oltre alla forma ben modellata anche il colore colpì l’attenzione di Elle: era bianca quasi come una perla, con qualche venatura grigia argentea che faceva pensare a una pallina di marmo ben lavorata, molto liscia e piacevole al tatto. “Potrei metterla insieme alle conchiglie” ipotizzò Elle alzando lo sguardo verso l’alto in modo pensieroso, e continuò a camminare tra le foglie e gli sprazzi di muschio, cercando di avvicinarsi sempre più ai soliti fruscii; a volte alzava la testa e scorgeva qualche nuvoletta che tentava di offuscare il sole che “resisteva” a quell’ostacolo temporaneo e sperava dentro di sé che durante la sua “perlustrazione” in mezzo agli alberi non fosse caduta neppure una goccia.
Il suono degli scricchiolii era sempre più vicino, ma non costante, come se si spostasse per il vento o come marionette sotto il controllo di un abile burattinaio; la ragazza proseguiva il sentierino e talvolta si aiutava con le mani a scostare i vari rametti bassi degli alberelli giovani; dagli esili tronchi non era possibile scrutare ciò che vi era dietro, poiché le chiome rigogliose ricoprivano la visuale lasciando trasparire solo qualche pezzetto di terreno qua e là. Vide abbassarsi dolcemente una foglia, e ritornare nella stessa posizione di prima, e così un’altra e un’altra ancora, capì: erano delle piccole e invisibili gocce, segnali possibili di un violento temporale o di una leggera pioggia estiva; con tutta se stessa Elle sperò nella seconda ipotesi e avanzò facendosi strada, purtroppo per lei la pioggia iniziò a scrosciare impietosa di chi vi era sotto, e in poco tempo Elle si ritrovò bagnata fradicia come un pulcino. I suoi capelli, abbastanza lunghi, le si erano posati sul viso ed erano diventati pesanti rispetto a prima, leggeri e sottili, ora sembravano molto più compatti; la maglia era zuppa e sgocciolava come se l’avesse appena lavata, e le sue fedeli scarpe sopravissute a molti inverni, non avevano resistito a tutta quell’acqua, che ormai i piedi le si erano gelati; avrebbe desiderato tanto un raggio di sole forte, imprevisto e soprattutto capace di scacciare via quell’insistente diluvio per niente voluto. Elle ormai era pronta a desistere alla sua impresa e a riprendere la via di casa, ma anche se avesse propeso per questa decisione, non avrebbe potuto, perché in quel momento meno che mai, non avrebbe saputo in che percorso inoltrarsi.
Nella taschina dei pantaloni le stava per scivolare la piccola pietra “lunare”, come l’aveva chiamata Elle, e prontamente la tenne in una mano per evitarne la caduta; sperava di poter trovare qualcuno, ma a un certo punto sentì un ringhio fortissimo nelle sue vicinanze: si gelò il sangue nelle vene, divenne di ghiaccio, immobile statuaria come una di quelle figure di cartone che sono sempre usate come modellini pubblicitari, non sapeva neppure lei se stesse respirando o se si fosse fermato sia il cuore sia il respiro. Il ruggito si era sperso nell’aria e di lui ormai era rimasto l’eco, Elle era spaventata, ora sì che la paura prendeva il sopravvento; ora sì che le mancava il fiato, che le gambe erano bloccate, impotenti e incapaci di muoversi; aveva uno sguardo terrorizzato, gli occhi sbarrati fissavano il vuoto, e un altro “urlo” squarciò il breve silenzio che da pochi secondi si era ristabilito, e alla ragazza si accapponò la pelle, facendola tremare come una foglia: rimpiangeva notevolmente i rumorini notturni di casa.
Elle non aveva idea di come fare, dove rifugiarsi, scappare o rimanere impietrita, l’unica cosa che le riuscì, fu quella di diventare “piccola piccola”, cercando quasi di passare inosservata, come aveva fatto tante volte da piccina, quando con i suoi amici giocava a nascondino e tutti provavano a miniaturizzarsi per non essere scoperti; questa volta però, non era un gioco: lei si trovava in mezzo a una zona mai vista prima, e l’unica cosa indistinta nel verde del fogliame era l’eco e il suono dei ruggiti tra le gocce di pioggia che scendevano inesorabili sul viso ormai freddo di Elle. 
La ragazza aveva uno sguardo totalmente perso, quei versi disumani squarciavano l’aria, il respiro, troncavano il battito e fermavano tutto ciò che vi era di circostante; era terrificante udirne il rimbombo tra gli arbusti e lo scroscio impietoso; Elle non aveva lacrime, non aveva pensieri, era come se le fosse stato mozzato il fiato e il panico si fosse impadronito del suo corpo e della sua voce.
Iniziò a farsi avanti dentro di sé l’istinto di sopravvivenza che impose alle gambe di dirigersi verso i passi precedenti con cautela, agli occhi di scrutare bene che attorno alla zona fosse sicura, alle labbra di rimanere serrate per non far uscire u sentire il minimo sibilo e a Elle principalmente di provare a rimanere lucida; questa era il compito più difficile da compiere, poiché Elle tremava involontariamente era fradicia, infreddolita, ma il suo peggior ostacolo fu la sensazione di essersi persa in un posto a lei sconosciuto.
La gola le bruciava, gli occhi erano una fiamma: le lacrime potevano bruciare così tanto? Fu questo il suo pensiero, e non ne ebbe un altro per rispondersi, ma avrebbe preferito non doversi porre quella questione, era una sensazione orribile quella della paura, o peggio dell’estrema solitudine.
Le sembrava di trovarsi in un posto dimenticato dal mondo, e non nel semplice parco vicino al quartiere di casa sua, quell’abitazione solare carina, magari non gigantesca, ma che per Elle significava famiglia, ristoro, sicurezza, felicità; tutte cose che, in quel momento, le erano sconosciute.
Non riusciva più a tenere aperti gli occhi incandescenti, decise di chiuderli, “per poco” sussurrò tra sé e sé, “giusto per riposarli un attimo..” si accasciò lievemente sul tronco del ciliegio a cui era appoggiata e lì rimase per un po’ perdendo i sensi. Forse stava sognando, forse dormiva, si sentiva sollevata da qualcosa, aveva la sensazione di essere come l’aria, leggera e fluttuante, come una nuvoletta, di quelle bianche e vaporose che con uno sbuffo di vento sono scacciate un po’ più in là, come se il vento fosse un bambino capriccioso che voleva tutta quella parte di cielo per sé. Percepiva fievolmente i profumi del bosco, di quei rami che prima l’avevano tanto spaventata, come se si fosse trovata nell’oscura foresta di Biancaneve, dove ogni cosa sembrava sinistra e mostruosa; e come lei si era ritrovata poi svenuta nel mezzo del suo incubo; vedeva tutto azzurrino, con qualche sfumatura color porpora e poi giallina, chiara, come quando il sole sorge e fa capolino in mezzo all’orizzonte; era in un sogno probabilmente, poiché tutto era cambiato in modo evidente. Si sentiva i n pace: forse qualcuno, qualcosa, aveva sentito i suoi deboli singhiozzi e tentativi di muoversi, oppure era arrivato in quel punto dove aveva chiuso le palpebre e l’aveva portata fuori dal suo incubo; questa era ciò in cui più sperava. La situazione era molto particolare: non sapeva dov’era, com’era, quasi cos’era né se stesse sognando, o vivendo realmente, magari in modo inconscio: ormai non si sarebbe dovuta stupire più di nulla; e non voleva pensare, né capire perciò decise di abbandonarsi nella nebbiolina cerulea sfumata che riusciva a scorgere e ad ubriacarsi di quegli odori che prima con la pioggia erano coperti, mentre ora più che mai erano diventati sfacciatamente forti, come se volessero a tutti costi farsi sentire, annusare, dal delicato muschio alle dolci fragoline dei cespugli che insieme a quelli di qualche mora acerba creavano una fragranza golosa, invitante solo con l’olfatto; vi erano anche gli odori pungenti delle bacche che rendevano perfetta la sinfonia di aromi inebrianti quasi capaci di stordire i sensi.
Si sentiva protetta e non capiva il motivo, ma le piaceva terribilmente quella sensazione e non volle distogliersi da quel sogno perfetto; ad un certo punto però qualcosa cambiò: si era aggiunto un altro odore, differente dal resto dei precedenti, più intenso, misto tra la terra e il bosco, e quello “umano”, di una persona; di un corpo.
Probabilmente era proprio quello che la stava trasportando, che l’aveva portata via dallo spiazzo umido e gocciolante, per i rami, in cui aveva lasciato che la stanchezza prendesse il sopravvento e le gambe cedessero al suolo; voleva tanto svegliarsi per capire cosa fosse e dove la stesse portando ma nel suo inconscio sapeva di doversi fidare, di potersi fidare: e non si svegliò.

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Capitolo 7
*** mmh okkei stop! ***


Sorriso
oki, ora ho messo il codice htlm!buona lettura!
ellychan91
mmh ora c'è pure l'htlm...basta non la continuo più...:(...ah volevo ringraziare l'unica persona che commentato...anil13...grazie mille..peccato che tu sia l'unica xsn che l'ha fatto!..
ellychan91

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Capitolo 8
*** Scompiglio ***


STRANGE THINGS

Elle strizzò gli occhi per riprendersi, era intontita, come quando si svegliava al mattino, ma non aveva né una camicia da notte con Minnie e Daisy, né una maglietta bianca con piccole stampe di tartarughine verdi;tutt’altro: indossava gli stessi vestiti che aveva scelto quella mattina, erano bagnati fradici, e il contatto con la pelle la faceva tremare per il freddo; “Eccì!” , ecco il primo starnuto, “Eccì!”, il secondo, “Eh,eeeh…cì!” ed ecco il terzo, più forte dei due, che sembrava essere l’ultimo della serie; come gli abiti, anche i capelli non erano certo asciutti, e le contornavano il viso spaesato; gli occhi non le bruciavano più, anzi erano ben aperti che perlustravano la zona in cui si trovava e lo sguardo aveva un’aria totalmente interrogativa: dov’era? Si sentiva imbambolata, e un po’ spersa: era reduce da quel suo fantastico sogno, che l’aveva “salvata” dall’incubo; mise una mano sulla fronte, spontaneamente, come se qualcuno o qualcosa l’avesse toccata prima; aveva la sensazione di essere stata quasi baciata sulla fronte, perché il tocco era stato leggero, quasi inavvertibile, dolce e delicato: come se avesse soffiato su di lei un pochino d’aria.
In casa sua, ormai erano le 12 passate, sua madre rasentava il panico: Elle era uscita da quattro ore e più, senza aver dietro cellulare, portafoglio o qualsiasi cosa che per lei era ritenuta “indispensabile” quando doveva uscire; Michelle era ancora beatamente nel suo letto, finché sua mamma non irruppe nella stanza svegliandola, prima con calma, poi dopo aver ottenuto il proprio scopo, iniziò a essere meno quieta e a tempestare la figlioletta minore di domande, “Sai dov’è finita tua sorella? Ti ha detto qualcosa??”, “Yawhn” fu la risposta di Michelle mentre si strusciava gli occhi ancora socchiusi; “N-no mamma, non…ne so…nulla…yawhn..” fu la risposta successiva, lo sguardo della biondina era totalmente assonnato e assente, la madre scattò in piedi ed iniziò a camminare per la camera sul parquet scura visibilmente preoccupata e in ansia. Scese al piano di sotto, prese il cordless e fece un numero che la figlia scomparsa faceva solitamente: quello della sua amica Éloïse; “pronto” rispose con tono limpido la ragazza “ Pronto Éloïse, sono Marie, Elle è da te?” chiese la donna cercando di contenere il suo nervosismo, “Mi spiace, non è proprio passata di qui, perché?” replicò Éloïse non captando l’agitazione intrisa nel tono della madre della sua eterna amica “Ehm, Éloïse per piacere se dovesse venire da te, dille di chiamarmi e tornare a casa, ok?” , “Certo Marie!” esclamò Éloïse capendoci sempre meno di quella enigmatica telefonata. Marie appoggiò sconsolata la cornetta e sbuffò “dove si sarà cacciata?...” pensò la madre; “Elle dove sei???” sussurrò sempre più triste.
Michelle sbucò dalla chiocciola e si avvicinò alla mamma abbracciandola per consolarla; “Mammina che succede?” chiese Michelle “Perché stai per piangere?” Marie rimase in silenzio poi iniziò “Non trovo tua sorella; non so dove sia non ce n’è traccia è uscita stamattina e ha lasciato un biglietto…” Michelle la fissava con occhi sbarrati incapace di parlare; nella testa un solo pensiero: “Elle scomparsa”, due lacrimoni spuntarono dai suoi occhi verdi e una smorfia di tristezza s’impossessò sul suo viso che da sonnacchioso  si annerì, e cercò un fazzoletto nella cucina per poi andare nel salotto e pianse un po’. Marie intanto non si diede per vinta e chiamò tutti gli amici della figlia, per averne notizie, ma tutto fu invano: Elle non aveva avvertito nessuno di loro quella mattina.
Marie guardò l’orologio da parete della cucina, segnava le 12:15, “uff, ok, aspettiamo le 13, poi avviso la polizia” decise fermamente la donna, in quei momenti di nervosismo si capiva da chi aveva preso sua figlia maggiore; Michelle raggiunse la madre e le propose di andare a cercare la sorella, “Mamma cerchiamo Elle; non può essere andata lontano, al mattino va sempre al parco!” ; “Il parco…” sussurrò Marie, “Potrebbe essere rimasta lì a correre Michelle, non ci avevo pensato” e le comparve un mezzo sorriso che tranquillizzò la piccola Michelle, che ricambiò subito quel leggero segno di sicurezza che la madre aveva appena riacquistato.
Elle nel frattempo aveva ipotizzato dove potesse essere, probabilmente era uscita dal parco, ma dall’uscita opposta alla solita, ritrovandosi così in un luogo da lei scarsamente e raramente frequentato che a fatica aveva riconosciuto; rincuorata di essere vicino casa si gelò subito nella sua mente una domanda affatto trascurabile : come diamine era finita lì? Era certa di non essersi mossa dall’interno della zona verde, era più che sicura di non aver fatto un passo per la paura, il freddo, l’ignoranza totale di dove dirigersi per uscire da quel luogo; nella mano stringeva ancora la sua pietra bianca, la testimonianza che la sua non era pazzia galoppante, ma una stranissima realtà.
La testa le girava lievemente e rimase seduta sul marciapiede per riprendersi un po’, a un passante chiese l’ora e questi gli rispose che erano quasi le 12:30, Elle sussultò: era troppo tardi, “mamma sarà sicuramente preoccupata!” pensò e sé; quest’idea la stimolò ad arrivare a casa il prima possibile e così imboccò la strada, poi la scorciatoia e corse tutto d’un fiato fino alla sua abitazione, incredula di essere finalmente a casa.
Prese le chiavi che aveva appoggiato sotto lo zerbino, le inserì nella toppa della porta e con un click scattò la serratura; entrò e si diresse subito nella cucina, dove traspariva la figura di sua mamma, appoggiata al bancone dove spesso cucinava, la salutò e lei ricambiò guardandola con sguardo serio, severo e affatto allegro: sembrava ,molto, molto arrabbiata. “Elle!Si può sapere dove ti eri cacciata??” esplose la madre “Non pensi che IO potrei preoccuparmi?” Elle provò a spiegarsi “ Mamma scusami hai ragione, ma vedi non avevo l’orologio dietro, sono andata a correre e ho fatto il giro più lu..” ma fu interrotta “Corri per tre ore, anzi quattro??Esci di casa alle 8, lasci un biglietto, e ti rivedo ora senza sapere dove potessi trovarti, senza cellulare, senza un mezzo qualunque con cui puoi avvisarmi se ti dovesse succedere qualcosa!” continuò sua madre non lasciandole modo per ribattere; Elle poté solo dire “Mamma scusami, non volevo affatto preoccuparti, scusami, non credevo fosse così tardi, è che poi ha piovuto e non potevo venire perché c’era un pantano ed ero senza ombrello..” la madre con tono gelido rispose “Elle non è caduta neppure una goccia”. A quest’affermazione gli occhi di Elle si sbarrarono e balbettò “M-ma mamma, impossibile..i-io sono convinta ch-e-e…”, non riuscì a proseguire, ma ciò non impedì che lo sguardo della donna da duro e contrariato divenisse più disteso, e le sue braccia, dapprima incrociate, si aprissero stringendo la figlia maggiore che ricambiò quell’abbraccio sentendo proprio il bisogno di avere un po’ di normalità in quella mattina.
“Elle se mi dici che sei andata a correre io mi fido, lo sai” incominciò Marie “Ma mi sono veramente agitata per la tua lunga assenza, questo perché in genere stai fuori per correre non più di due ore e anche il fatto che tu fossi da sola ha contribuito ad agitarmi” “Lo so mamma, scusami non capiterà più, ti avviserò e mio ricorderò il cellulare la prossima volta” rispose Elle ringraziando la sua mamma per la sua comprensione.
La ragazza si diresse verso la sala e salutò la sorellina che, al solito, le corse incontro dandole un sacco si baci; Michelle, che aveva sempre notato tutto, si accorse che Elle era fradicia dalla punta delle calze, a quelle dei capelli e chiese “Ha piovuto?Io ho dormito fino a poco fa, eppure il cielo anche se non è terso, mi sembra stabile.” “Non saprei risponderti Michelle” disse Elle “Dov’ero io ha diluviato, ma qui sembra che tutto sia rimasto asciutto” concluse la ragazza; staccandosi dalla sua sorellina, uscì dalla stanza per andare a farsi una doccia calda e poi cambiarsi con degli abiti asciutti già sapendo però, che ormai il raffreddore e la tosse erano assicurati per i prossimi giorni.
“Eccì!Eccì!Eccì!” starnutì Elle consecutivamente, mentre Michelle guardava divertita la faccia che faceva la sorella ogni volta che si raffreddava: naso un pochino rosso, occhi quasi lacrimanti e, come ciliegina, un’incapacità di dire correttamente la “n” e la “m” parlando in modo nasale accentuandosi su queste due consonanti in particolare.
Elle il pomeriggio decise di non voler rischiare di rimanere un’altra volta dentro il bosco sconosciuto del parco, e così chiamò nuovamente Éloïse per invitarla da lei per raccontarle la sua stranissima esperienza, e Edo, poiché lui era un altro dei suoi amici che non l’avrebbe presa per matta; un’ora dopo i due arrivarono a casa sua e, saliti nella sua stanza, incominciò a raccontare.
Per tutto il tempo Elle fu interrotta più volta, poiché per alcune cose i ragazzi erano, come ovvio, increduli e chiedevano alla loro amica delle spiegazioni, o almeno chiarimenti; Elle poi, come conferma del suo racconto, tirò fuori la piccola pietra bianca e la mostrò loro, che di fronte alla “prova” rimasero ammutoliti e fissarono prima l’oggetto candido, poi la ragazza che doveva ultimare di narrare loro la sua esperienza; era arrivata al punto del sogno, il momento in cui si svegliò e tutto le sembrava più bello, diverso totalmente l’opposto a prima: le sue sensazioni cambiate, il senso di sicurezza che la pervadeva e anche se all’inizio era apparsa un po’ scombussolata, nel momento del risveglio si sentì realmente bene. Disse loro anche del “bacio”, ossia della strana ma automatica mossa che fece la sua mano sulla fronte, cioè quella di toccarsi dove prima aveva avvertito che qualcosa o qualcuno si era appoggiato a lei; Éloïse rimase imbambolata di fronte alla storia, e si interessò molto all’ultima parte di essa, in cui Elle aveva ammesso di aver avuto un contatto, e provò a fantasticare su irreali salvatori dell’amica o fortuiti passanti che, trovandola svenuta e sotto la pioggia, avevano deciso di aiutarla; Edo invece, meno sognatore della moretta grintosa che aveva a fianco, pensò a ipotesi più plausibili lasciandosi trasportare poi anche lui dalla fantasia che era ben lontana dai principi fiabeschi dell’ipotesi precedentemente trattata dall’altra ascoltatrice. Elle sapeva di aver fatto una giusta scelta a chiamare e chiedere consiglio proprio a quei suoi amici, poiché le loro personalità, così lontane e vicine, potevano veramente giungere un punto d’accordo che si sarebbe riscoperto poi come l’equo chiarimento di tutto.
I tre passarono il pomeriggio chiacchierando sul letto di Elle e Edo, come al solito, non si fece pregare dalla madre dell’amica, quando questa entrando voleva offrire loro una golosa merenda a base di gelato e profiterole; questa “normalità” delle cose tranquillizzava Elle e la mise di buon umore; voleva molto bene ai suoi amici, poiché riuscivano sempre a tirarla su di morale anche nei momenti peggiori; ovviamente se c’erano.
Alle sette passate i due salutarono tutti e lasciarono la casa per tornare alle proprie; Michelle era intenta a giocare col micio, non ancora ribattezzato per volere della madre, che sosteneva che, per quel gatto, la permanenza nella sua abitazione sarebbe stata breve; Elle andò in cucina e iniziò ad aiutare la mamma con la cena, ad apparecchiare ecc, non solo per scusarsi ancora per la mattinata, ma anche per non pensare ad altro se non a quello che stava facendo in quel momento, cosicché i suoi pensieri non l’avrebbero ricondotta al bosco fradicio e sconosciuto.
Quella sera alla cena partecipò anche il simpatico neo-adottato, ma non in maniera ufficiale, componente della famiglia che, con fusa e strusciamenti sulle gambe delle ragazze, fece chiaramente capire che anche per lui era giunta l’ora di mangiare; la madre allora prese dal frigo del prosciutto lo diede a Michelle; la quale lo mangiò tutto, scartando però il grasso che finì nel panciotto della palla di pelo che non fu avaro di ringraziamenti e miagolii di contentezza. Elle accarezzò quella testina morbida color avana e fissò quelle iridi azzurre chiare come le sue e che, come queste, sapevano essere di ghiaccio o cerulee a differenza dei propri stati d’animo; lo prese in braccio e se lo portò con sé di sopra tranquillizzando la madre che non l’avrebbe fatto dormire con sé.
Il micio si adagiò comodamente sul morbido tappeto della camera di Elle e li rimase facendosi coccolare dalla ragazza che ogni tanto gli confessava i suoi problemi; “Sai” incominciò “Vedo e sento cose strane, e oggi ho avuto conferma che non sono pazza, c’è qualcosa di strano che mi tormenta, che mi segue, mi salva e mi fa cadere..io..non so cosa fare ,sai?” “Maow?” fu ciò che rispose il micio fissandola con le due iridi dilatate e una testina inclinata che faceva capire la sua aria interrogativa; “Mmh, forse hai ragione, non sono capace a spiegarmi miciotto, non preoccuparti se non capisci quello che dico..” continuò Elle con tono sconsolato, prese il batuffolo di pelo e se lo mise sulle gambe per accarezzarlo un po’; la luce era spenta e le persiane aperte facevano entrare il chiarore argenteo della luna che illuminava lo spiazzo del letto e del tappeto, sul quale si riflettevano le ombre di Elle e del gatto.
Erano circa le 22 ed era un po’ presto per Elle andare a dormire, quindi prese dall’armadio la giacchetta di una tuta, la mise e scese nel giardino seguita fedelmente dal micione siamese-persiano che sembrava una pallina beige con alcune macchiette color tabacco; la madre era nel salotto e, prima che potesse proferir parola, Elle l’anticipò avvertendola che sarebbe rimasta nel giardino col gatto; così aprì la porta finestre della cucina e si sedette sull’erbetta guardando quel manto blu scuro impreziosito dalle stelle e dal bagliore della luna; c’era silenzio intorno a loro e il sottofondo era disturbato solo dalle cicale che, come in ogni estate, cantavano nell’oscurità.
Elle rimase a lungo a fissare il cielo con aria sognante, pensando non più alla parte orribile della sua mattinata, ma a quella irreale, in cui ogni fiore e frutto del bosco le aveva donato il suo profumo, in cui lei si sentiva una piuma danzante nel vento, in cui qualcuno, qualcosa, l’aveva aiutata prendendola e portandola fuori da quel posto assurdo; fantasticava su chi o cosa potesse essere il suo salvatore, dava libero sfogo alla sua fantasia che la portava a ipotizzare le possibilità più assurde e bizzarre; ma in fondo lei era così: sognatrice e realista, romantica e fredda, tutto dipendeva dai momenti e dal suo stato d’animo. Iniziò a soffiare una leggera brezza che smosse un pochino il pelo lungo del micio, in parte infastidito da quello sbuffo di vento, e che fece venire freddo alla ragazza che strinse a sé la felpa e calmò il gatto accarezzandolo e giocandoci insieme; pensò che in fondo non era poi così male quell’arietta, perché scansava le nuvole dalla luna e le stelle, e permetteva loro di avere una vista veramente magnifica di tutto il firmamento; purtroppo però in lontananza si sentirono dei tuoni che fecero capire a Elle che ormai era arrivato il momento per loro di rientrare, e ciò non disturbò affatto il gattone che pacificamente si era alzato per seguire la ragazza fino all’interno della casa e accoccolarsi al caldo.
Elle attraversò la cucina, diede la buonanotte alla madre e accompagnò la sorella in camera restando con lei a chiacchierare: lo facevano spesso prima di andare a dormire, fin da quando erano piccole, come se fosse stato un rituale della sera, raccontarsi le piccole cose del giorno e poi addormentarsi serene; quella sera Michelle era preoccupata per la sorella che da giorni non sembrava stesse troppo bene e, infatti, le chiese più volte se aveva qualche problema di cui poter discutere ma Elle, guardando la sua espressione impensierita per lei, non riuscì a dirle tutto e così si limitò solo a parlare della sua stanchezza, e soprattutto della voglia di andare a dormire che l’aveva pervasa, cosa per cui riuscì a salutare la sorellina facendola star tranquilla, e ad andare nella sua stanza.
Chiuse dietro di sé la porta e si tuffò nel letto, appoggiandosi allo schienale rigido e sbuffando: sentì un cigolio e vide sbucare la testina pelosa del micio che si guardò intono e scelse il suo posticino adatto alla sua dormita; Elle gli sorrise, la metteva di buon umore quella simpatica palla dagli occhi celestiali e inoltre dormire con il gatto in camera la rassicurava, come se fosse stato il suo portafortuna o “protettore”. Con un miagolio squillante, voluto proprio per attirare l’attenzione della ragazza, il persiano si diresse verso la sua “protetta” e iniziò a fare le fusa strusciandosi contro i mobili come fanno tutti i felini, dal primo all’ultimo senza fare complimenti; la scena era comica ed Elle non si trattenne dalle risate: dopodiché guardò l’orario sul display della sveglia, ed essendosi fatto tardi, spense le luci e si girò da un lato per addormentarsi.
Il micio, appena scese l’oscurità nella stanza, balzò sul letto coricandosi vicino alla ragazza, ma non dormì: inizio a muovere la coda qua e là in modo lento ma ritmato contro il lenzuolo e per aria; le pupille nere ora erano espanse al massimo del possibile per permettergli di fendere il buio, mentre le iridi, alla luce, azzurre cristalline erano cangiate in un blu ametista e si confondevano nel nero della notte. Nella camera era calato il silenzio più assoluto, sembrava quasi inabitata se non per la presenza dei due occhi indagatori del persiano e per il respiro di Elle, dal suono lieve quasi impercettibile; nonostante le apparenze potevano far sembrare che ormai la mente della giovane fosse già a fantasticare, Elle era sveglia e, come il suo gomitolo di pelo, vigilava con lo sguardo osservando ogni mobile dell’arredamento fino a soffermarsi sulla finestra, chiusa, dalla quale non traspariva alcun chiarore quella sera, poiché Elle, precedentemente, aveva serrato le persiane per poter evitare singolari inconvenienti notturni che in quei giorni erano per lei molto più probabili rispetto al solito.
Passarono due ore in modo tranquillo come una normale nottata estiva, e ciò tranquillizzò molto la ragazza tantoché, decise di coricarsi davvero per riposarsi un po’; mosse lentamente una mano e la poso sulla testina morbida della palla di pelo color kaki, che di rimando le miagolò lievemente e fece le fusa; poi si raggomitolò com’era solita fare quando stava per addormentarsi e abbassò le palpebre sperando di poter dormire in pace, almeno per quella volta.
La nottata passò leggera e veloce, e l’alba arrivò puntuale, facendo così cantare le allodole e riaprire i boccioli dei fiori col tepore solare; il gatto si svegliò e per far fare altrettanto alla sua padroncina iniziò a miagolare prima piano poi, a poco a poco, in modo più acuto, così da far aprire distrattamente un occhio da Elle che, ancora assonnata, si ritrovò il naso contro quello di un persiano troppo attivo all’alba, e le proprie iridi rispecchiate in quelle cerulee del suo arzillo animaletto.
“Buongiorno!” esclamò Elle con tono allegro, “Dormito bene?” chiese al micetto che, per rispondere, emise un chiaro miagolio e, per far comprendere anche le sue intenzioni, si diresse verso la porta della stanza, grattandola un po’; Elle, capendo che anche il persiano aveva intenzione di mangiare di lì a poco, abbassò la maniglia e andò in bagno, per poi raggiungere la cucina e preparare la colazione per lei e il gatto che repentinamente raggiunse la scodellina col latte e quella con le sue mousse dall’odore tutt’altro che invitante.
Mentre Elle sorseggiava il suo latte tiepido, rimase a osservare la parete bianca della cucina, come se fosse stata incantata dal candore del bianco e continuò a farlo, rimanendo a riflettere alle sue assurde giornate e ripensando ancora alle belle sensazioni del momento in cui era stata messa “in salvo”, nel quale aveva sentito e inspirato a pieni polmoni quel profumo penetrante, intenso che sembrava quasi volesse prepotentemente sovrastare tutti gli altri aromi intorno per poter essere l’unico percepito.
Erano appena le sette passate e Elle dovette abbandonare le sue divagazioni mentali e da sognatrice, poiché un trambusto ruppe la magia di quel momento; il rumore proveniva dal giardino, e ora la ragazza aveva paura: paura perché non voleva più uscire e sentirsi perduta, accerchiata da grida e ruggiti agghiaccianti, oppure totalmente sola, isolata dal resto del mondo; non aveva intenzione di aprire la portafinestra e andare nell’erbetta davanti alla casa, non l’avrebbe fatto, ormai aveva deciso. Appoggiò la tazza sul bancone della cucina e, in quell’istante, il gatto scattò verso l’entrata e, come in precedenza, cominciò a grattare la porta aspettando che lo raggiungesse la ragazza la quale però, non inserì le chiavi nella toppa per far scattare la blindatura, ma lo rimase a guardare con sguardo terrorizzato; “Micio mi dispiace, ma non posso” sussurrò con voce fioca e tremante quasi “Non ci riesco, non me la sento proprio di andar fuori adesso” terminò, il persiano la fissò contrariato e continuò cocciuto a rimanere sulla mattonella che stava davanti all’uscita; “Ti potrà sembrare stupido, ma ho paura a varcare quella soglia ora” riprese Elle, “Ma se proprio devi uscire, io aprirò piano e tu cerchi di andare molto velocemente, ok?”; il micio, che sembrava aver compreso tutto, emise un deciso “Maow!” e si mise pronto a scattare non appena avesse visto girare i cardini sullo stipite; come questo accadde il persiano corse ed Elle richiuse la porta dando un giro di chiavi e dirigendosi nel salotto per leggere  e distrarsi.
Ormai le otto erano trascorse e il gatto non era ancora rientrato, Elle allora andò in camera sua, si vestì, svegliò la madre dicendole che sarebbe uscita nel giardino di casa e così fece, varcando la soglia che, solo un’ora prima, non aveva intenzione di sorpassare. Con passo deciso arrivò nel punto in cui c’era stato il tonfo di prima e, con meraviglia, scorse che il suo micio stava semplicemente giocando con una farfalla azzurra e verde e che nel fare questo era osservato, non solo da lei, ma anche da lui, quel ragazzo che, semplicemente salutandola da lontano, le faceva arrossire le guance e attorcigliare lo stomaco. Le sorrise, la salutò con la mano e lei ricambiò; le si avvicinò vedendola immobile e le chiese come stava e lei, ripresasi rispose e cordialmente gli rivolse la stessa domanda iniziando così a chiacchierare; Elle all’apparenza sembrava tranquilla, ma dentro di sé era abbastanza agitata, aveva il batticuore come mai e avvertiva qualcosa, qualcosa che le risultava familiare, che aveva già sentito, ma non riusciva a capire cosa fosse; rimasero seduti sul verde del prato ad accarezzare il micio fino a che Elle non chiese “Tu che ci fai qui?” e lui “Mmh e se ti chiedessi la stessa cosa?” facendo il suo solito sorriso impertinente, che non nascondeva affatto la sicurezza del suo tono, ma anzi, l’aumentava, “Io abito qui” riprese Elle fissandolo con sguardo di chi sa di aver vinto la partita, “E il gatto qui presente è il mio, quindi ho due buoni motivi per trovarmi qui.” Concluse lei dando il colpo finale con lo stesso sorriso beffardo che prima era stato rivolto a lei.
“Ah ah, brava” riprese “Mmh io sono passato di qui perché stavo facendo un giro, ma mi sono un attimo fermato per il tuo gatto, è carino, sai?” “Grazie” disse lei arrossendo “Piace molto anche a me, mi ricorda una pallina di pelo” continuò con voce calma, la stessa che aveva la sera prima quando tranquillizzava la sorellina, “E poi è molto intelligente sai?” finì, e lui annuì, fissandola poi negli occhi e poi rigirandosi verso l’instancabile felino che, in quel momento, si ritirò dal gioco per dirigersi dalla sua padroncina, come se fosse stato geloso di quella nuova presenza, e si piazzò sulle sue ginocchia a pancia all’aria richiedendo attenzioni e coccole. Elle sorrise e iniziò a giocare col micio “Avete gli occhi uguali” disse lui scompigliandosi i capelli, rendendo così ribelle il ciuffo sulla fronte, e riprendendo a fissare Elle negli occhi, cosa che la fece arrossire e voltare verso il suo fedele micione che non voleva più saperne di spostarsi.
Ormai erano le dieci e i ragazzi si salutarono lasciandosi con un “Ci vediamo”; Elle si alzò col persiano in braccio e rientrarono in casa, dove lei, ancora sognante e con le gote in fiamme, preparò il caffè per la madre e la cioccolata per Michelle, mentre il felino andò a coricarsi nel salotto vicino alla libreria ed era così bello che quasi sembrava facesse parte dell’arredamento e non della famiglia.

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Capitolo 9
*** Grazie mille... ***


volevo ringraziare Rikku091 per la sua recensione!ho ricambiato tutti gli htlm, spero che questa volta funzioni!ah, mi fa molto piacere che a te piaccia la mia storia!grazie ancora!Sorriso

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Capitolo 10
*** Sogni ad occhi aperti ***


8

Sogni ad occhi aperti

 

Mentre il caffè scendeva caldo nella tazzina spargendo così il suo aroma, Elle pensava alle sensazioni che aveva provato stando vicino a lui, lui così sicuro di sé, a volte così arrogante, mentre altre così assurdamente dolce; si doveva ammetterlo le faceva girare la testa oltre che farla arrossire in modo spropositato: infatti ormai lui aveva capito che i “saluti” e i “sorrisi” della ragazza celavano un motivo, e confermate le sue supposizioni grazie ai frequenti cambiamenti di colore sul viso di Elle, si divertiva anche un po’ a far andare in fiamme quelle guance rosate.

Mentre con la testa Elle riviveva ogni secondo di quella chiacchierata, arrivò dalle scale Michelle che, con aria ancora assonnata, salutò la distratta sorella e si diresse verso la sua colazione prendendo anche i biscotti che erano stati lasciati sulla mensola.

La mamma raggiunse un istante dopo le figlie in cucina e diede ad entrambe il buongiorno senza manifestare un particolare buon umore, anzi iniziò a parlare ad Elle e Michelle della scuola, della fine delle vacanze e del fatto che entrambe avrebbero dovuto ricominciare a studiare anche quella mattina stessa; Michelle mentre sorseggiava la cioccolata provò a ribattere ma con scarsi risultati; Elle dal canto suo, era persa totalmente nei suoi pensieri, tantoché sua mamma iniziò ad agitarle le mani davanti agli occhi per riportarla con la testa in quella stanza. “Signorina sto parlando anche per te!”, esclamò “Hai sentito quello che ho detto a proposito dei compiti?” “Ovviamente” rispose Elle con tono piatto cercando di trattenere le risate, cosa che non riuscì a Michelle poiché davanti aveva un vero e proprio spettacolo: sua mamma un pochino nervosetta ed Elle che per qualche arcano motivo era totalmente immersa a farsi gli affari suoi e sul volto aveva dipinta un’ espressione di totale beatitudine. Elle lasciò la cucina per andare nel salotto dove c’era il suo micione che aveva deciso di farsi una pennichella sotto il divano, e prese un libro dalla libreria fatta di noce, tutta scura che contrastava col chiaro parquet di tasso; la sua mano aveva estratto “Twilight” uno dei libri preferiti dalla ragazza “Un giorno chissà magari troverò il mio Edward..” pensò tra sé e sé e iniziò a leggere, per l’ennesima volta, il romanzo che per lei era uno tra i più belli che potessero aver mai scritto.

Trascorsero così due ore che lei non se ne accorse; quando s’immergeva tra quelle righe, dimenticava tutto ciò che aveva intorno ritrovandosi a Forks, la piovosa e umida cittadina che faceva da scenario principale alla storia, e con il libro nelle mani tutto chiazzato dalle sue lacrime dovute alle parole e emozioni che quelle pagine ogni volta le regalavano.

Michelle entrò nella stanza e guardando la faccia della sorella, intuì quale potesse essere il libro che aveva fra le mani; decise comunque di interromperla per farle una domanda: “Elle scusa se t’interrompo, ma verresti con me a studiare?” , gli occhi azzurri della ragazza incontrarono quelli verdi della sorellina “Mmh va bene, studiamo in cucina o qui?” chiese con voce mista tra l’annoiata e l’accondiscendente ; Michelle rispose raggiante “Veramente vorrei andare o nel giardino o al parco se non ti dispiace”. Dopo quest’ultima battuta, Elle guardò l’ora e spiegò a Michelle che ormai era troppo tardi per andare fuori, ma che nel pomeriggio sicuramente non avrebbe esitato a portarla; Michelle le fece un gran sorriso e se ne andò saltellando, prima però di superare la soglia della stanza Elle la fermò “Perché proprio al parco?” Michelle si bloccò di colpo e iniziò a ingarbugliarsi con le parole “Mah, mi sembra una così bella giornata…” di colpo si sentì un tuono “ehm, forse non la è..” continuò lei “Però magari migliora..” Elle le fece l’occhiolino “Tu non me la conti giusta, sai?” e sorrise; Michelle ricambiò uscendo frettolosamente dal salotto.

Elle chiuse il libro che teneva fra le mani e se lo portò in camera poggiandolo sul letto, si diresse verso la finestra e quello che ebbe davanti fu un vero e proprio spettacolo: il cielo era tutto venato dalle luci dei lampi che non promettevano nulla di buono, ma era così bello le ricordava il mare quando era mosso, con le onde che si increspavano contro gli scogli e il cielo grigio e azzurro che si accostava perfettamente al colore di quelle acque burrascose rendendo più cupo lo scenario; “Sembra Forks” pensò Elle appoggiando i gomiti al davanzale e rimanendo a contemplare lo scenario sino a quando non sentì una testolina morbida che tentava di farsi spazio sul davanzale per mettersi tra le sue mani; “Ci sei anche tu” disse Elle al gatto che, per tutta risposta, miagolò fissandola con le sue iridi di ghiaccio “Lo senti quest’odore?E’ il profumo della pioggia..” continuò la ragazza, “a me non dispiace, è particolare non comune a tutti gli altri profumi, e inoltre lo senti solo se piove o ha piovuto” finì Elle guardando i due zaffiri che la fissavano, riportando poi la sua attenzione verso il panorama. “Sarebbe bello tornare in quel posto” disse poi “nel parco intendo, magari questa volta potrei portarmi un k-way e il telefono..così non farei preoccupare nessuno..” continuò “Se potessi porterei anche te, magari ti va una passeggiatina nel verde” concluse con tono scherzoso, come se si aspettasse una risposta diversa dal solito miagolio squillante del soffice siamese.

Si alzò un po’ di vento e mentre fuori i tuoni continuavano a rimbombare e i lampi a dipingere disegni astratti sul cupo aere, Elle scese le scale per dirigersi in cucina, dov’era stata appena chiamata da sua madre e sua sorella per farla scendere per il pranzo.

“Oggi sembra di stare nel tuo libro” rise Michelle “Sai quello dei vampiri ecc” continuò “Mamma, oggi possiamo andare al parco?” a questa domanda Marie storse il naso “Non mi pare una giornata adatta, ma fate pure come vol..” “GRAZIE!” esclamò Michelle “Bene alle quattro Elle si va al parco, tu preparati per tempo, che sei sempre in ritardo!” e chiuse così la conversazione, facendo sorridere la sorella maggiore.

Alle quattro erano finalmente pronte per uscire ed Elle, come aveva pensato prima, si era messa un k-way e si era presa il cellulare, sicura che con quei due oggetti non avrebbe avuto problemi; prima di chiudersi la porta alle spalle però, sentì dei leggeri balzi provenire dalle scale e, nel giro di 20 secondi, si ritrovò davanti il siamese che con aria di rimprovero la stava fissando “Cosa c’è?” provò a domandargli “Vuoi venire anche tu?” ; per tutta risposta quell’arguta palla di pelo fece capolino tra le sue gambe seguendola e facendole le fusa “Sì, sì fai ron ron solo quando si fa come vuoi” replicò Elle con aria ironica “Vedi di non perderti o nel parco, perché lo faccio già da sola” continuò sorridendo. Michelle assistette alla scena e con un’espressione sbigottita e di scherno chiese “Ma parli col gatto??” ed Elle “Perché, tu no^^?”  replicò Elle facendo ammutolire la sorellina, che la prese per mano per avviarsi verso la zona verde della città.

Il cielo continuava a tuonare imperterrito mentre le nuvole si facevano sempre più cupe; questo però non spaventava Elle né Michelle che era ferma nella sua decisione di voler recarsi al parco, e neppure il felino che come un segugio camminava accanto a loro; in venti minuti circa arrivarono all’entrata dell’isola verde, attraversarono la soglia e passarono nel sentierino situato in mezzo alle piante e ai cespugli; tutto taceva e gli unici rumori presenti erano quelli del cielo che si era molto oscurato nel frattempo.

Michelle si diresse verso uno spiazzo dove vi erano dei tavolini di legno con le panche e si sedette lì, iniziando a leggere e a fare i suoi compiti, Elle si mise vicino a lei per aiutarla, ma questa si voltò e le disse con tono molto serio "No Elle, tu devi andare là, lo sai" la sorella maggiore attonita le chiese il motivo delle sue parole, ma non ottenne alcuna risposta soddisfacente se non "Sai che è così, oggi la giornata è propizia" Elle iniziò ad agitarsi "Propizia??Propizia per cosa?Michelle ma perpiacere non scherzare, mi hai chiesto tu di aiutarti e portarti qui!". Michelle non replicò neppure e ripose il suo sguardo sul quaderno che aveva davanti; Elle stupita dal comportamento della sorella decise di seguire le sue parole, poichè nel pronunicarle aveva usato una voce diversa dal solito, profonda convinta e seria: era come se avesse voluto trasmetterle totalmente la sua sicurezza mediante quelle frasi; "Va bene andrò" decise la ragazza dagli occhi cristallini, "Tu non muoverti da qui se inizia a piovere va' a casa, intesi?" "Intesi" rispose Michelle con un unico suono "A dopo, fai attenzione". Dopo queste parole Elle si incamminò per il sentierino, fino a diventare solo un punto tra gli alberi.

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Capitolo 11
*** L'incontro ***


Elle camminava con passo deciso e rapido sul sentierino del parco, come se davvero avesse saputo va paura"aputo da Michelle che ormai era il momento per te di sapere, e cos', e i suoi occhiel minciava ad affiorare quel senso di paura, di insicurezza che le trasmetteva quel posto, quelle notti insonni, quel

quale fosse la sua meta; gli occhi solitamente sorridenti, erano intenti a scrutare il paesaggio circostante che non era più il vecchio abituale luogo in cui la ragazza era venuta sin da bambina a giocare con le sue amiche o a pensare da sola, sedendosi sotto la chioma ombrosa di uno dei tanti alberi dagli spessi e imponenti tronchi, ma le sembrava un posto sconosciuto in cui avrebbe sicuramente fatto bene a non distrarsi, né perdesi.

La parte più fitta di boscaglia si faceva sempre più vicina e col diminuire della distanza, aumentava quella sensazione di freddo che Elle sentiva dalla punta del naso fino alle dita dei piedi; le gote le arrossirono un pochino per la temperatura che era incomprensibilmente scesa, e le mani le diventarono gelate, come quando era inverno che, con o senza guanti, non superavano i dieci gradi di temperatura.

Elle si fece coraggio ricordandosi il tono deciso con cui lei e Michelle si erano da poco parlate, e rassicurandosi poiché se la sua stessa sorella l’aveva mandata verso il boschetto, doveva star certa che non avrebbe corso alcun pericolo.

Si addentrò nel primo spazio del folto verde, senza difficoltà alcuna proseguì seguendo ciò che le diceva l’istinto, camminando con circospezione e muovendo in modo cerimoniosamente silenzioso i piedi, mettendoli in posizioni anche strane, come se avesse dovuto seguire la coreografia di una danza particolare, che per l’ambiente in cui si trovava poteva essere associata a un ritrovo fra driadi fauni e ninfe. L’unico rumore che si sarebbe potuto udire era quello causato dal suo cuore, che martellava in modo insolito aumentando e diminuendo la frequenza secondo ciò che aveva intorno come: un cinguettio inaspettato, una radice calpestata o un ciottolo che rotolava mosso per chissà quale motivo; le sembrava quasi di giocare a nascondino con   un avversario a lei sconosciuto, che però conosceva la sua “preda”. Si sentiva proprio una preda in trappola; non riusciva a convincersi che non sarebbe accaduto nulla, che motivo ci sarebbe stato di mandarla nel posto più umido della città per niente?

Non riusciva a rispondersi, e si fece lì per lì prendere dal panico facendo così rigare il suo viso da due sottili e quasi invisibili lacrime che, con il loro scendere taciturno, rendevano molto evidente lo stato  d’animo di Elle, che non sapeva davvero cosa fare.

Il verde fogliame formava uno sfondo compatto che non permetteva di scorgere un cespuglio dall’altro facendo risultare a un’occhiata superficiale tutto il paesaggio come un continuo muro di foglie arbusti e cortecce, fendente il cielo quasi plumbeo e iridescente allo stesso tempo; tutto era intrinseco del profumo del bosco, del suo odore così conosciuto da tutti anche da colore che non hanno mai camminato tra le rocce decorate da sprazzi di muschio e cortecce abitate dai licheni sempre più radi.

Elle asciugò le lacrime sottili che avevano rigato le pallide guance, continuò a inoltrarsi sempre più inconscia di ciò che lì a poco sarebbe successo, ignara di dove stesse andando, senza sospettare minimamente del confine che stava per varcare; mise le mani nelle tasche del k-way chiuso perfettamente per non avere più freddo di quello che già sentiva, e tastò qualcosa di solido e perfettamente liscio e lo riconobbe: era il sassolino bianco perlato che aveva raccolto la prima volta che si era persa.

Prese in mano la piccola pietra così simile alla più candida delle ceramiche, e la tirò fuori rimirandola e percorrendo la sua superficie con le dita osservando rapita quel luccichio che faceva risaltare quel piccolo pezzo di nuvola solidificato; la strinse poi e notò che per terra ve ne erano un paio simili che segnavano una specie di via, come un percorso;  Elle senza meditarci troppo iniziò a seguire quella pista anche perché non sapeva più dove dirigersi; il cuore come sempre era un continuo fermarsi e battere all’impazzata, come un meccanismo andato in tilt; gli occhi erano guardinghi e la sua mente stava spaziando verso le più svariate possibilità che le si sarebbero potute presentare davanti, incapace però di sceglierne una come la più possibile o plausibile.

Proseguì con impazienza, fino ad arrivare in uno spiazzo tra gli alberi, totalmente isolato e pervaso da una nebbia sottile; intorno a lei il nulla, l’aere era pervaso dall’odore della pioggia imminente che di lì a poco avrebbe iniziato a bagnare il viso candido della ragazza che con aria interrogativa si girava su se stessa notando i particolari di quella radura nascosta: vi erano piccoli cespugli di bacche, alberi sempreverdi accostati a quelli a foglie caduche ormai ingiallite, come se stessero annunciando l’autunno che lentamente si faceva sempre più vicino; vi erano poi sui tronchi di queste piante per lo più secolari delle macchioline diverse, però da quelle dei funghi, avevano un colore insolito, e per lo più, cosa che attirò particolarmente l’attenzione di Elle, sembrava che si stessero muovendo!Impercettibilmente erano in moto, Elle non riusciva a capire se quell’impressione era vera, o solo un’immagine della sua mente che ormai aveva sopportato molte stranezze da un certo periodo; cautamente si avvicinò alla corteccia che risaltava maggiormente e per la tonalità lilla delle chiazze e per la sua grandezza, che faceva facilmente intuire l’età della pianta.

Toccò col palmo della mano tremolante quella superficie aspettandosi chissà quale reazione, ma non le accadde nulla rimase lì con le cinque dita appoggiate come aveva appena messo assumendo un’espressione quasi delusa; si mise la mano in tasca, sospirando e continuando ad avanzare senza smettere di guardarsi intorno.

Improvvisamente sentì il rumore di uno squarcio e cadde a terra un ramo di uno degli alberi dalla corteccia “pezzata”, Elle si voltò con sguardo stupito e basito “Ma che…” stava per chiedere e di colpo sentì come una brezza passare vicino a sé sfiorandola e facendole perdere il suo equilibrio precario; ecco che ricominciava ad affiorare quel senso di paura, d’insicurezza che le trasmetteva quel posto, quelle notti insonni, quel ruggito nel giardino che ancora non sapeva chi o cosa lo avesse emanato; ecco il suo mistero presentarsi davanti a lei durante una “passeggiata” nella radura nascosta: ecco quello che in parte voleva da giorni e in parte temeva.

Quella strana brezza stava diventando quasi un vortice continuamente in movimento, come se fosse stato contemporaneamente in ogni singolo centimetro di quel posto: Elle si risentì come una preda, ma questa volta lottò per non svenire, perché ormai non poteva non capire cosa fosse, il suo sogno-incubo doveva rivelarsi: e così sedette e si tenne la testa fra le mani aspettando una buona idea per agire.

“Frush”

Un contatto, l’aveva toccata in viso era stata una carezza quasi, delicata quasi come se invece che qualcosa di aereo forme o di massiccio, l’avesse sfiorata una piuma leggera invisibile e quasi impossibile da avvertire; alzò lo sguardo per provare a vedere o percepire cosa si fosse avvicinato in quella frazione di tempo, ma niente il vuoto la sommergeva, era seduto intorno a lei come una barriera inesistente che però si notava per quanto fosse incostante. “Basta!” Esclamò Elle “Chiunque tu sia, qualunque cosa tu possa essere, rivelati perché mi stai facendo impazzire!” scattò in piedi stringendo i pugni vicino ai fianchi e cercando di avanzare nella più completa solitudine continuando a voltarsi per scorgere una presenza, un fantasma, un accenno di figura. “Hai idea di quanto tempo mi perseguiti?Sono almeno due settimane se non di più, io tra poco inizierò la scuola e non intenzione di dover fare ogni passo guardandomi in giro come una schizzata!!” sembrava una leonessa pronta ad attaccare, impavida non le importava nulla stava dando libero sfogo di tutto quello che aveva fin’ora provato, voleva sapere, solo sapere. “Ti ringrazio per avermi riportata fuori di qui la volta scorsa” continuò “ma vorrei anche vederti!” niente, non succedeva niente. “Molto bene, dirò a Michelle di smetterla di prendermi in giro, d’altronde sto parlando da sola in una radura deserta anche grazie a lei!” concluse Elle colma di rabbia.

Si girò verso il sentierino di sassolini bianchi, ma non poté avanzare poiché qualcosa la fermò: era come un muro, solido liscio che le sembrò non potesse essere scalfito da niente; aprì gli occhi che aveva chiuso per istinto nell’attimo in cui si era sentita bloccare e lo vide: la sua mano posava sulla sua, anche se era coperta da un guanto, e i suoi occhi la fissavano curiosi. Elle provò a parlare ma non riuscì a proferire neppure una sillaba, e così cominciò il suo mistero: risuonò il suo “scusami” nel bosco “Non volevo crearti questo scompiglio, ma ho saputo da Michelle che ormai era il momento per te di sapere, e così ho provato a chiamarti, ma hai avuto paura” continuò quella creatura dagli occhi color nocciola; la testa di Elle iniziò a macchinare domande su domande “Michelle?Che c’entra mia sorella??” si chiese senza poter intuire una risposta plausibile “Dalla tua espressione suppongo che tu non abbia capito molto” incalzò “ Per ora posso solo dirti che non hai niente di cui preoccuparti, ma presto dovrai aprire davvero gli occhi e abituarti a tutto” “abituarmi?” ripeté Elle con voce atona “abituarti Elle, abituarti ai rumori che hai sentito nella notte in cui i fasci argentei della luna penetravano nella tua stanza, ai punti e figure indistinte nere che percepivi insicura nel bosco, a me che ti sto introducendo in un universo di cui hai fatto parte senza rendertene conto, senza poterti ribellare ma a cui sei stata sottratta per un po’.” Elle si riprese e rispose dapprima titubante, poi sempre più sicura “Ok, io capisco che Michelle sia molto vivace, ma questa volta avete esagerato: cosa ne sai tu degli crepitii e tonfi notturni?Come puoi sapere il mio nome?Sei stato tu l’altra volta a riportarmi a casa?” Il suo interlocutore annuì senza aggiungere altro; Elle avrebbe voluto scoppiare, la stavano trattando come una bambina, ignara di tutto che ora si vedeva piombare addosso una storia assurdamente insensata fatta di notti insonni, presenze inesistenti e ruggiti emanati da chissà quali esseri. “Riportami fuori di qui” disse lei senza far trasparire la minima emozione cosa che, sebbene la sua voce ci riuscì, non fecero altrettanto i suoi occhi che con la comparsa delle prime lacrime, svelarono la vera natura della ragazza: una persona forte all’apparenza ma dentro incostante. “Non devi aver paura” le disse “Non ti succederà nulla” continuò cambiando il suo tono da inespressivo com’era stato fin’ora a più rassicurante, come se avesse abbracciato quella ragazza che lì davanti cercava di reprimere le sue emozioni forse perché in imbarazzo, forse perché troppo orgogliosa per ammettere di essere spaventata. “Non ne ho” replicò Elle asciugandosi con la manica del k-way,”Non riesco a capire ciò che mi accade, io non ho paura di te, non mi faresti del male, lo so.” Concluse.”sicura?” Chiese cambiando espressione e fissando le sue iridi azzurre bagnate dalle lacrime, Elle tremò. Trasparì un sorriso sullo sguardo del suo “salvatore”, sembrava soddisfatto di ciò che aveva ottenuto.

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Capitolo 12
*** La corsa, il tuffo e i tuoi occhi.. ***


Strange Things

Elle si accorse di quell'ambigua espressione e fece una smorfia, dopodiché lui le prese la mano e la iniziò a condurre sempre più all'interno della boscaglia senza darle la benché minima spiegazione. Il ritmo della loro movimentata escursione era troppo veloce per Elle che, anche se abituata a correre, dopo quaranta minuti cominciò a rallentare passo per passo sentendosi un peso per il suo accompagnatore che, al contrario non dava segni di stanchezza e continuò imperterrito con la sua andatura sovrumana senza accorgersi che stava lasciando sempre più indietro la ragazza dagli occhi cristallini. Elle non i diede per vinta, continuò a correre diminuendo la velocità e respirando e canticchiando com'era solita a fare quando doveva svagarsi per sentir meno la fatica di ciò che faceva; improvvisamente però inciampò per terra e finì su un cumulo di foglie umide e gialline ambrate, proprio come quelle caduche autunnali  tanto che avevano lo stesso odore particolare mischiato con quello del sottobosco sempre freddo e umido. Fece per rialzarsi ma qualcosa la bloccò: le si era incastrato un piede in una radice sporgente probabilmente dello stesso albero che aveva già perso parte della chioma, provò a tirarsi via da quella "morsa" naturale dando delle lievi, prima, spinte con la caviglia che poi diventarono degli strattoni isterici; desistette un paio di minuti imbroncinadosi e incrociando le braccia come una bambina capricciosa per poi imbattersi nuovamente con quella sua "sfida". Nel frattempo, circa 1 km più avanti, nel fitto verde del bosco si intravedeva na figura scura che si spostava velocissima come una saetta che, tutt'a un tratto, si bloccò: si era ritrovato solo.

Elle sentì uno schianto provenire da lontano e un ringhio raggelante; si sentì sbiancare e tentando di mantenere la calma cercò di togliesi da quell'odioso imprevisto; era quasi riuscita nel suo intento quando davanti ai suoi occhi si materializzò il suo "salvatore" e "compagno di corsa" : aveva un'espressione tutt'altro che serena, gli occhi erano quasi chiusi in due fessure, respirava dalle narici con fare altero e lento come se fosse stato un predatore in caccia; teneva le mani chiuse in due pugni trattenuti con forza e sul dorso della mano si andava formando sino alle nocche la forma del metacarpo per ogni dito e i guardava Elle in un modo misto tra il preoccupato l'arrabbiato e l'allegro( provate a immaginare la scena di questa che prima parla da sola poi corre,inciampa e si inchioda a terra XD..sorry vado avanti..). Elle alzò lo sguardo intimorita verso colui che poco prima l'aveva fatta tremare fissandola; aprì la bocca per pronunciare anche solo una sillaba ma non ne ebbe il tempo: lui si era già avvicinato a lei per aiutarla a estrarre il piede dalla gabbia della radice "Potevi chiamarmi, dirmi qualcosa" ruppe così il silenzio che era sceso "Mi sono spaventato quando non ti ho più vista dietro di me, promettimi che se sei stanca, o devi fermarti me lo farai sapere: questo non è il boschetto del parco o il giardino sotto casa tua." Elle stava per ribattere quando si chiese cosa potesse saperne lui della sua casa e del giardino, ma sorvolò: non le era sembrato quello il momento più adatto per porre certe domande, passò dunque alle scuse:"Scusami, è che tu corri troppo velocemente per me e anche se ho provato a tenere il ritmo ho dovuto rallentare e poi sono inciampata come una scema in questa radice.."  non ebbe il tempo di finire che si sentì sollevata da terra: l'aveva presa in braccio come quella volta che era stata condotta fuori dal parco. "Ti porterò io, non voglio passare la giornata a vederti inciampare" disse lui con voce provocante giusto per constatare se fosse vero o no che la ragazza era permalosa come aveva riferito Michelle, conferme che arrivarono in un secondo "Io non sono un'impedita!Mettimi giù" . Scosse la testa e rise: "Ah,ah,ah ha ragione Michelle!!Sei permalosa!" Elle arrossì e mise le braccia conserte lasciandosi trasportare da quello strano ragazzo.
Attraversarono tutta l'estensione arborea ritrovandosi davanti a un laghetto sulla cui superficie si riflettevano i raggi del sole e i petali danzavano scosatati da una leggera brezza impercepile, l'aria era cosparsa di gelsomino e more e tutto aveva un gusto fatato, così diverso dal sottobosco bagnato di prima; Elle tolse il k-way prendendolo in mano, si guardò intorno entusiasta e ammaliata da quello scrigno meraviglioso. "Non è stupendo?Coraggio, dobbiamo entrare nel lago" , così interruppe le fantasie di Elle che si risvegliò come in seguito a una doccia fredda: "Entrare?!Scherzi vero?Io sto meglio ma non ho così caldo da tuffarmi!" "Insomma, ti fidi o no?" disse lui; la ragazza non esitò a rispondergli "Potrei anche, ma come faccio a fidarmi di qualcuno di cui non conosco neppure il nome?". Scese il silenzio era vero: lui non le aveva ancora rivelato il suo nome, "Mi chiamo Philip" rispose sorridendo "Ora dovrai buttarti senza discutere!" aggiunse prendendola per la vita e tuffandosi; l'acqua per Elle era veramente fredda, si sentiva gelare e pensò che prima o poi glel'avrebbe scontat, o sì, questa "doccia fredda" non l'avrebbe passata liscia!
Risalirono in superficie per prendere fiato e lì potè sfogarsi:" Ma, ma l'acqua è gelida!" provò a lamentarsi lei " Non è così fredda come dici" ribattè lui; Elle mise il broncio e si fissarono per un'instante che le parse un'eternità: da quando i ragazzi hanno gli occhi ambrati, corrono come saette,sbucano dal nulla e assomigliano così tanto a LUI, lui che non la degnava mai di uno sguardo, lui che si fermò con lei a parlare solo dieci minuti pochi giorni, una settimana, fa? Philip scrutò curioso quegli occhi azzurri, erano davvero particolari: chiarissimi non cerulei né turchesi ma chiari con bordature scure sull'iride e dei raggi dorati che partivano dalla pupilla nerissima; pensò a come fosse divertente quella missione sebbene fosse conscio del fatto che non avrebbe potuto osservare troppo quei due cieli, non sarebbe stato giusto per lei, nuova per quella realtà, impacciata ma determinata, timida ma permalosa strana nei suoi silenzi, così carina quando veva dormito in braccio a lui che l'aveva riportata a casa dalla radura quando era ancora "troppo presto". I due ragazzi scostarno lo sguardo forse imbarazzati per quel silenzio e per i loro rispettivi pensieri e si immersero nuovamente, prima Philip seguito da Elle, dirigendosi verso il fondo di quello specchio d'acqua purissima.

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Capitolo 13
*** Ci siamo quasi ***


Strange Things: Ci siamo quasi

Sul fondo del lago vi erano dei mosaici e pavimentazioni con decorazioni musive fatte da piastrelle azzurre e bianche, poste in modo da formare disegni geometrici e floreali molto simili a quelli rimasti delle ville cretesi studiate anche a scuola da Elle quando ancora era al biennio: a differenza di quelle però, le superfici non erano affatto logore ma lucide come se fossero state costruite da pochi anni e fossero un normale monumento contemporaneo. Elle guardava rapita quei tratti seguendo i contorni per identificare meglio i soggetti di quei decori, ma non vi riuscì poiché Philip la tirava con una mano sempre più velocemente preoccupandosi che non finisse il fiato; la nuotata durò poco meno di un minuto e si ritrovarono dentro una grotta conducente a un pertugio roccioso color ruggine, tutt’intorno vi erano fiaccole accese che illuminavano il corridoio apertosi e permettevano ai due ragazzi di riconoscere sulle pareti altri ornamenti parietali a colori caldi raffiguranti fiori esotici, tronchi d’albero e strane alternanze geometriche somiglianti più a caratteri antichi che a semplici “cornicette”. Elle toccava i muri del loro cammino e a bocca semiaperta scrutava intorno a sé curiosa di tutto ciò che aveva intorno; Philip la guardava sorridendo e ripensando a quante volte si era immaginato quella scena, quello sguardo interrogativo, il suo compito di conduttore e guardiano, dovere temporaneo fino a quando la verità non sarebbe stata svelata; “Ormai manca poco: dobbiamo percorrere il Corridoio di Fuoco, passare la Stanza degli Elementi e avrai tutte le risposte” disse lui facendole l’occhiolino “Sarò in grado?”pensò Elle ad alta voce “Io temo di non riuscire a sopportare tutto questo, inizio a credere che tutto intorno a me sia stato sempre e solo uno scenario, uno sfondo teatrale in cui fatti e persone sono passate e si sono scambiati i ruoli a vicenda..” “Tu non hai nulla da temere: per ogni cosa io rimango il TUO protettore, guardiano e amico.” Elle si girò rivolgendosi a lui con lo sguardo ringraziandolo silenziosamente con un sorriso e gli occhi che nuovamente si erano persi nelle due ambre scure che avevano davanti a sé: di nuovo un vortice le prendeva lo stomaco e si sentiva contenta di tutto, dei rumori del bosco delle stranezze..non avrebbe avuto paura, non con lui al suo fianco. “Grazie.” rispose con tono sincero e tranquillo “Ti avverto, lo terrò bene a mente!” aggiunse poi facendo una smorfietta “Lo spero proprio” rimbeccò lui sorridendo, e così proseguirono il cammino.  
La stanza degli Elementi era piccola, totalmente diversa dal Corridoio di Fuoco: aveva le pareti color ghiaccio probabilmente di un materiale molto resistente e molto simile al cristallo; sembrava di essere entrati all'interno di un cubetto di ghiaccio o un diamante, perfettamente levigato solido e trasparente. Un’altra differenza che vi era con l’altro posto erano le decorazioni: erano ovunque! Sul pavimento, soffitto, pareti: non c’è un solo millimetro che non fosse coperto da incisioni astratte bianche e azzurrine che andavano a confondersi con la tonalità cristallina e pura di quel luogo. Elle era affascinata dalla maestria di chi intarsiò quelle pareti, di colui che lasciò la propria traccia in quel modo così delicato ma ammaliante; Philip sembrava non far caso a ciò che aveva intorno, forse da troppo tempo vedeva quei giochi di curve e linee e ormai non gli facevano più l’effetto della sua compagna, la quale al contrario sembrava interessargli molto di più. Elle si girò verso Philip per iniziare a sommergerlo di domande circa tutto quello che aveva visto con occhi spalancati fino a quel momento, ma prima di parlare si accorse dello sguardo che il ragazzo aveva posto su di lei e lì per lì arrossì com’era solita fare per qualsiasi cosa; il suo accompagnatore sembrò non farci caso, ma dentro di sé era contento del colorito che quelle gote avevano preso per più di una volta in sua presenza.
Al centro della parete che avevano davanti, vi era posta una porta coi cardini argentati e argentate le rifiniture, la maniglia, la serratura invece era più scura, come se l’avesse usurata il tempo; Philip pose la mano sul manico e con un unico gesto fece scattare il meccanismo interno per oltrepassare quella soglia: davanti ai loro occhi si presentava un’immensa sala con l’aspetto di un giardino fatato. La luce era soffusa e i raggi erano cosparsi di riflessi brillanti, vi erano dei laghetti sparsi qua e là, sulle superfici idei quali galleggiavano delle ninfee che sembrava stessero volteggiando come ballerine in quegli specchi cerulei; l’aria era pervasa da profumi floreali ma non c’era segno d’anima viva: era come ritrovarsi in uno di quei paesaggi descritti dai libri di fiaba che sempre i bimbi sognano ascoltando i racconti.
Elle avanzò inoltrandosi in quel paesaggio irreale e Philip la seguì senza perderla mai di vista, come se fosse pronto sempre per ogni possibile evenienza; tutto era però immobile e non accadeva nulla, non una foglia veniva spostata, era come un luogo dipinto da un abile pittore colto da un’ispirazione fiabesca; passarono un laghetto e l’albero vicino e finalmente ecco: una schiera di persone. Erano tutte lì, come se stessero aspettando il loro arrivo, in piedi ferme anch’esse, eleganti e composte, le espressioni dei volti non trasparivano alcuna emozione o pensiero: delle persone-statue.
Elle rimase a bocca aperta: come poteva non essersi mai accorta di nulla?Eppure erano tutti lì, nessun viso sconosciuto, nessun tratto mai visto, occhi conosciuti, sguardi già visti, niente, assolutamente nulla che potesse sembrare anomalo. “Ma non è possibile..” Pronunciò Elle “Voi cosa ci fate qui?..” “Aspettavamo il momento giusto per dirti tutto,Elle.” Rispose una voce nota, “Ora avvicinati, ci siederemo vicino alla Sorgente e ti spiegheremo per filo e per segno tutto ciò che dovrai sapere.” Elle senza dar un cenno di risposta si mosse automaticamente seguendo quel gruppo che aveva cominciato a camminare verso la “Sorgente”.

 

Spazio Autrice: Eccoci qui coll’ennesimo capitolo postato e recensito sempre e solo dalla mia “fedele”( ?) Hinakura_thebest..almeno tu lasci un segno (sempre gradito) del tuo passaggio!!Non come quei 170 lettori che hanno letto e puff spariti mai visti ma neppure una riga…vaaa beh cmq grazie mille per i tuoi commenti sempre positivi!!!Spero ti piaccia questo capitolo e spero piaccia anche a tutti i “lettori fantasma” ora VI chiamerò così..XD please recensite …anche critiche domande etc, non bisogna per forza far complimenti!Merci beaucoup !!

ellychan91

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Capitolo 14
*** La Sorgente ***


Strange Things: La Sorgente

Sul volto di tutti era dipinta un'espressione solenne, come se non si stessero semplicemente spostando, ma si trovassero nel bel mezzo di una vera e propria processione; Philip era nervoso, non riusciva a seguire perfettamente il passo e sentiva i pensieri discordanti nell'animo di chi aveva intorno :'che sia realmente LEI?' 'Non staremo commentendo un grave errore?' oppure 'Sentivo che qualcosa di diverso è presente nel suo io' 'Finalmente abbiamo trovato chi sarà in grado di percepire la Sorgente!'; tutto questo brulicare di opinioni non lo distoglieva affatto dall'ascoltare tutte le domande che nella mente di Elle continuavano a formularsi più e più domande, curiosità di ogni tipo che spaziavano da un argomento all altro arrivando amche a chiedersi se a casa qualcuno si era reso conto della sua assenza. La ragazza nonostante fosse presa dai suoi dubbi non perdeva neppure un millimetro del paesaggio circostante: il sentiero segnato da pietre a forma circolare irregolare color crema, venate da motivi lineari ora tendenti al bianco, ora al marrone, la moltitudine di specie vegetali che ben si amalgamavano l'una con l'altra nonostante le tonalità differenti e i profumi diversi; le pareti di quel paesaggio, nel quale di mischiavano elementi naturali con altri artificiali le cui forme e fattezze però, rivelavano una grande maestria quasi magica.
Avvicinandosi al ragazzo Elle sussurrò:"Dove ci stanno portando?E quanto ancora dovremo camminare?" Philip le rispose provando di sostenere un tono solenne tradito dall'emozione :"Stiamo giungendo ormai, tu assisterai a una delle cerimonie più importanti in assoluto e ne prenderai parte attivamente Elle." tacendo per l'incomprensione di quelle parole, Elle decise di non chiedere oltre, temendo di poter disturbare gli altri "partecipanti" quando all'improvviso vide un qualcosa in movimento in testa alla fila che le sembrava fin troppo familiare.
'PALLA DI PELO!?!' pensò lei sbalordita trasmettendo tutto il suo stupore all'espressione del suo viso; fermatasi un paio di secondi a rimuginare cosa c'entrasse quell'ormai misterioso felino in tutta la faccenda non si accorse di aver suscitato l'interesse del resto delle persone: girandosi nuovamente verso Philip vide che tutti si erano fermati e disposti in riga orizzontale di fronte a lei con tratti rilassati sui volti dipinti da una sorta di comprensione nei suoi confronti; Elle non riuscì a trattenersi e le venne spontaneo chiedere:"M-ma questo gatto è solo misteriosamente collegato con tutto questo o ha anche chessò io,  qualche particolare abilità?". Terminato il quesito, una voce si innalzò nel silenzio:"Questo cara non è un semplice e comune gatto, ma un simbolo per noi e d'ora in poi...per te; ti ha osservata per farti da guida, sa molto più di ciò che potresti aspettarti da un semplice felino tuttavia....la parola gli manca.". Non sapendo se sorridere per la banalità della fine della risposta, o chiedere di più sul fatto della "guida" Elle rimase in silenzio, quasi aspettando che qualcuno scegliesse per lei l'opzione migliore; "La seconda" disse prontamente Philip accenndando un sorriso,"Questo gatto ci ha guidati per farci diventare ciò che siamo; tu avrai molto da imparare ma non ti peserà vedrai e io ti starò accanto..per aiutarti, ovviamente" continuò il ragazzo cercando di controllare il timbro e le parole; Elle rimase un po' intontita ma ringraziò e si scusò per aver bloccato la camminata e muta muta aspettò che si riprendesse il passo.
Si ritrovarono davanti a una fonte vera e propria: un liquido verdastro sgorgava fuori dall'apertura continuamente andando a cadere su un letto di grandi foglie simili a quelle del fico, contornato da ciotoli quasi sferici che guidavano il sottile corso ad una conca in cui veniva raccolto questa "acqua" color menta; Elle incuriosita tentò di avanzare per osservare meglio, ma dal nulla scaturì una nuvola da cui uscì una voce dal timbro forte, ma il tono cortese:" Saresti tu dunque colei che è in grado di percepirmi?" tutti ammutoliti osservavano la scena, chi con aria speranzosa, chi cinica o quasi indifferente mentre Philip, che si trovava vicino ad Elle, non guardava tanto quella nebbia quanto la giovane che sembrava incredula a ciò che stava accadendo: che davvero avesse sentito qualcosa?Che veramente la Sorgente a lei si fosse rivelata e lei sia stata in grado di comprenderla?
Elle con voce sottile e flebile pose fine a quel apparente silenzio:"Io ti sento, non so quale sia il mio compito, né per quale motivo io sia qui, ma se ciò che mi chiedi è di starti ad ascoltare  nube lo farò, magari è la volta buona che ricevo una spiegazione." Sul volto di tutti si allargò un grosso sorriso: Elle stava dialogando con la Sorgente, come e in che modo si esprimesse lasciavano un po' a desiderare, ma l'essenzialità, il fine di tutto il lavoro era stato compiuto e finalmente la Sorgente avrebbe potuto aiutarli nella missione. Prima che la nube desse una risposta, si avvicinò ad Elle la sua guida che sul terreno tracciò dei simboli strani, richiamanti sfere o meglio i pianeti tutti posti intorno ad una forma poligonale particolare che Elle osservò con grande interesse senza capirne il significato; abbassandosi per poter vedere direttamente il musetto dell'animale gli chiese un chiarimento e questo, come tutti i gatti, miagolò e mollemente indietreggiò per lasciarla ragionare su quei simboli scarabocchiati. Lo sguardo della ragazza si posò su quello di Philip che voleva tentare di aiutarla ma sapeva che non gli era concesso, poiché anche questa era una prova della sua idoneità, ma quegli occhi grandi imploranti fissi sui suoi cangianti stavano per fargli perdere sia il controllo per quel che riguardava "l'iniziazione" che il contesto in cui si trovavano: lì per lì le si sarebbe avvicinato per baciarla ma non castamente lasciando quel vago sapore sulle labbra, ma senza ritegno perché voleva, per sentire qualcosa che solo loro due in quel momento avrebbero sentito, per seguire ciò che gli urlava non proprio il cuore e basta, ma tutto il corpo insieme, che da prima bramava quelle labbra rosee e quella figura così estranea al suo mondo che lo attraeva completamente e continuamente. Accorgendosi dello sguardo mutato sul volto del ragazzo e intuendo in parte le sue intenzioni, Elle arrossì provando in parte le stesse sensazioni, dall'altra preoccupazione per l'enigma che le si era posto davanti: ma che cavolo erano quei bozzetti??Un'altra "prova"?E come poteva intuire una cosa apparentemente senza senso tracciata da un micio geniale e miagolante??E come concentrarsi se a un metro da lei c'era quel ragazzo che con gli occhi mandava quel messaggio in un momento un po' ingarbugliato?"vai Elle, vai bacialo e lascia perdere l'enigmistica gattile!!!" le consigliava la voce interna.

Sono ancora viva per chi non ci sperasse più questo è proprio il QUATTORDICESIMO capitolo u.u e se Hinakura_thebest ancora è interessata a leggerlo ne sarei tanto contenta, perchè mi è venuta voglia di scrivere queste righe rileggendo le SUE recensioni( capito di chi le fa, non di chi legge e basta) quindi buona lettura e recensite!!=) se avete preferenze o meno=) bacio
Elly
PS: il gatto è bravo ma come tutti i mici è pigro :P

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