Just a little wish

di Naco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte - Desiderio ***
Capitolo 2: *** Seconda parte - passato ***
Capitolo 3: *** Terza parte - Il domani che verrà ***



Capitolo 1
*** Prima parte - Desiderio ***





JUST A LITTLE WISH









Prima Parte
Desiderio





C’erano poche nuvole quella sera. Aveva diluviato per giorni e lui aveva temuto che anche quel giorno non ci sarebbe stato alcun cambiamento. Anche la mattina aveva piovuto e Andrea aveva continuato a guardare fuori dalla finestra, sperando che la bambolina che aveva appeso la sera prima sortisse l’effetto sperato, come aveva visto accadere nei cartoni animati.
Sua sorella Anna, più grande di lui di alcuni anni, abbastanza da non credere ad una sciocca tradizione, l’aveva preso anche in giro e, fino all’ultimo, aveva continuato a ripetere che non sarebbe servito a nulla.
E invece, alla faccia delle previsioni nefaste di sua sorella, ad un certo punto, Andrea aveva lanciato un grido di gioia: all’orizzonte un timido raggio di sole aveva attraversato la spesse coltre di nuvole nere e, lentamente, le nubi avevano lasciato il posto a un cielo azzurro e terso.
Quella sera, ce l’avrebbe fatta. Sarebbe riuscito ad esprimere il proprio desiderio alla Stella Cadente e, sicuramente, lei l’avrebbe realizzato. Del resto, nei cartoni animati succedeva sempre, no? Anche la bambolina aveva funzionato bene; quindi Andrea era più che sicuro che tutto sarebbe andato per il meglio.

*


Anche se era estate, la mamma era stata tassativa: alle undici, doveva filare a letto.
“Ma mamma! Oggi ci sono le stelle cadenti!” aveva ribattuto lui, sull’orlo delle lacrime. Giulio, un suo amichetto, gli aveva spiegato che più tardi si vedono le stelle, più è alta la possibilità di scorgere una Stella Cadente, perché la luna tramonta e il cielo diventa più scuro. Ma se la mamma lo mandava a letto così presto, come avrebbe potuto vedere la Stella e chiederle di realizzare il suo desiderio?
“Si può sapere perché ti sei così fissato con le stelle, quest’anno?” chiese sua madre curiosa “Fino all’anno scorso non ti interessavano per niente!”
Andrea incrociò le braccia al petto, offeso. “Non posso mica dirtelo, mamma. Altrimenti il desiderio non si avvera!”
La mamma rise e gli diede un buffetto sulla guancia: “Non è che stai pensando alla tua amichetta Rosa? Lo sai, vero, che non è leale chiedere aiuto alle stelle per le questioni di cuore!”
Andrea arrossì violentemente. Rosa era la compagna di classe di cui era cotto. Ovviamente, era la più carina della classe, no, anzi, dell’intera scuola! Sembrava una principessa delle fiabe, tanto ero bella: aveva i capelli lunghi e biondi e gli occhi azzurri; a scuola aveva sempre ottimi voti ed era buona e gentile. Insomma, la bambina migliore del mondo! Ad Andrea era sempre piaciuta, ma lei purtroppo aveva occhi solo per Teo, un bambino di quinta, suo vicino di casa. Andrea, però, non aveva mai perso le speranze: qualche volta, Rosa aveva invitato alcuni amichetti a casa sua per giocare, e non si era mai dimenticata di lui. Quindi, significava che un po’ di bene doveva volergliene per forza! si era giustamente detto; quindi, sarebbe bastato metterci un po’ di impegno e ce l’avrebbe fatta di sicuro!
Però, in quel momento, non era la bella Rosa ad occupare i suoi pensieri.
“Non è questo il motivo, mamma!” urlò infatti il piccolo scappando via nella sua stanza, per evitare lo sguardo indagatore di sua madre.
La donna sorrise e sospirò di sollievo: per fortuna Andrea era sempre il solito, nonostante tutto. Dopo quello che era successo, infatti, aveva sempre temuto che Andrea potesse avere dei problemi di qualche genere; invece, benché lo avesse osservato a lungo, il piccolo sembrava aver accusato bene il colpo. Oh beh, all’inizio aveva pianto, tanto, e per un po’ si era rifiutato di mangiare; tuttavia, dopo un po’ di tempo, anche grazie all’aiuto di Anna, ormai abbastanza grande per vedere certi problemi da un’altra ottica, era tornato il bambino di sempre, forse un po’ troppo maturo per la sua età, ma comunque niente che potesse destare ancora delle preoccupazioni. Andrea stava solo crescendo.

*


L’orologio digitale che campeggiava sul comodino della stanza che divideva con sua sorella segnava ormai l’una e mezzo. Andrea continuò ad osservare, come ipnotizzato, le cifre che, piano piano, cambiavano e completavano il loro giro.
Alla fine, la mamma aveva avuto quasi compassione dei suoi occhioni supplicanti e quasi sull’orlo delle lacrime, e gli aveva permesso di restare alzato fino alle 11.30 per vedere le stelle, ma lui non era riuscito a beccarne neanche una. Eppure, aveva seguito tutti i consigli che gli aveva dato il suo amico: aveva scelto un luogo dove non si vedesse la luna e dove non c’erano luci, o comunque fossero poche – la veranda che dava su un giardinetto interno, abbastanza buia, perché illuminata solo dalle luci accese nelle varie case del vicinato – e non aveva mai mai mai distolto gli occhi dal cielo.
“Se ti distrai anche per pochissimo tempo, anche per un solo secondo, la stella potrebbe apparire e tu potresti perderla per sempre! E il tuo desiderio non si avvererebbe mai!” gli aveva spiegato Giulio serio.
Nonostante tutto, però, non aveva visto una sola stella e così, in un batter d’occhio, erano arrivate le undici e mezza e la mamma era andata ad intimargli di andare subito a letto.
“Ma mamma! Non ho ancora sonno!”
“Sì che ce l’hai. Su, muoviti, altrimenti domani mattina non vorrai alzarti.”
“Ma…”
“Allora vuol dire che, se domani non ti sveglierai, non ti porterò con me.” Aveva concluso con voce dura e Andrea infine capitolato.
Una volta nel letto, però, non era riuscito a prendere sonno: mentre lui se ne stava lì, in quella stanza buia e così chiusa, milioni di stelle potevano star cadendo proprio sulla loro casa, e lui le stava perdendo tutte. Milioni di puntini in quel momento stavano realizzando i sogni di milioni di persone, tranne che il suo. E per lui era troppo importante esprimere quel desiderio quella notte.
Più i minuti passavano, più la sua ansia aumentava e, di conseguenza, il sonno tardava ad arrivare. Che senso aveva restarsene a letto se poi non riusciva a dormire? Tanto valeva alzarsi e tornare a guardare le stelle! La mamma probabilmente si sarebbe arrabbiata tantissimo, se l’avesse scoperto, ma tanto la mattina dopo avrebbe avuto sonno comunque.
Avendo cura di fare il minor rumore possibile per non svegliare sua sorella – Anna sapeva essere molto più dispotica di sua madre e, sicuramente, se l’avesse beccato, avrebbe fatto la spia! – si alzò e andò in cucina; aprì la porta finestra, facendo attenzione a non usare troppa forza (era d’acciaio e faceva un rumore terribile ogni volta che l’aprivano o la chiudevano!), portò fuori la sedia sdraio che sua madre usava in spiaggia e si sedette, deciso a portare a termine il suo compito.
Ormai, le luci del vicinato erano completamente spente e non si vedeva a un palmo di naso; eppure, alzando gli occhi al cielo, Andrea vide qualcosa che non aveva mai e poi mai visto, neanche sui libri: milioni, miliardi di puntini luminosi che si stagliavano sullo sfondo nero del cielo, tutti diversi tra loro. Alcuni erano più nitidi, altri si vedevano poco, altri ancora sembravano lampeggiare, come le luci di un aereo. Giulio gli aveva detto che nell’antichità alcuni ci avevano visto delle figure, in quell’ammasso di stelle, ma lui non riusciva a ricordare quali e dove fossero, anche se il suo amico gliel’aveva fatto vedere sul libro di suo fratello.
Andrea non aveva mai visto tante stelle in vita sua e notò che, man mano che i suoi occhi si abituavano al buio, riusciva a vederne sempre di più, come se all’improvvise fossero apparse solo per salutarlo.
“E’ bellissimo!” si sentì esclamare a voce alta: era uno spettacolo meraviglioso e non avrebbe mai staccato gli occhi da quello splendore per nulla al mondo, e non solo perché voleva vedere la Stella Cadente; era un qualcosa di troppo magico e voleva imprimersi bene quell’immagine per portarla per sempre dentro di sé.
“Sì, è bellissimo, Andrea!” gli sembrò di sentir rispondere una voce, quando vide quello strano puntino luminoso che precipitava giù, nel cielo nero.
Andrea balzò a sedere e, più velocemente che poté, mandò la sua umile preghiera al cielo, prima che quella luce scomparisse dalla volta celeste; poi, si abbandonò allo schienale della sedia, soddisfatto.
Ce l’aveva fatta.
Adesso sì che tutto si sarebbe risolto per il meglio, lo sentiva.


Note sparse dell’autrice
- Come avrete capito, questa storia partecipa alla challenge Cielo d’estate, indetta da Fanworld.it, set Cielo Azzurro; nel capitolo ho usato il prompt Esprimere un desiderio.
- Io adoro in modo indecente le stelle, cadenti o meno, dunque non potevo esimermi dal dare questa interpretazione classica al prompt.
- Sì, essere circondata di bambini, a furia di fare doposcuola, mi porta sempre più spesso a pensare come loro; potrei aggiungerci che, in fondo, so di essere una bambina cresciuta, per certi versi, ma chiunque mi conosca questo già lo sa da sé. XD
- La bambolina di cui parlo si chiama teru teru bozu e si tratta di quelle bamboline bianche che bambini appendono alle finestre per scacciare il mal tempo. Se non vi chiaro, un esempio potete trovarlo qui
- So BENISSIMO che è quasi impossibile, in città, vedere le stelle così bene, anche in un luogo non illuminato. Quando ho scritto questa storia, però, ho tenuto conto che a parlare era un bambino di 7 anni che per la prima volta vede un cielo stellato alle 2 di notte, perciò ho immaginato che per lui dovesse essere un evento meraviglioso e speciale.


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Capitolo 2
*** Seconda parte - passato ***




Seconda Parte
Passato




Il genere, i bambini tendono ad associare il bianco al colore della neve, perché poche cose erano candide e belle allo stesso tempo. E poi, tutti i bambini adoravano la neve: così fredda e morbida, l’ideale per giocare con gli amici, anche se poi rischi di prenderti l’influenza e di restare a casa per giorni e giorni. Ma ne vale sempre la pena.
Oppure, i bimbi associano il bianco al grembiule. Quello bianco – a volte nero, altre blu – che i bambini ancora oggi, in alcune scuole, devono indossare, anche se sta passando sempre più di moda.
Andrea, invece, aveva imparato ad associare quel colore al candore della stanza dove, ogni giorno, da circa due anni, andava a trovare il suo papà.
Quando aveva iniziato ad andare a scuola e la mamma aveva dovuto comprargli il grembiule, lui era scoppiato a piangere e aveva detto che quella cosa non la voleva; poi, quando aveva visto che tutti i suoi compagni lo indossavano, per non sentirsi diverso dagli altri o essere preso in giro, riluttante, aveva capito che doveva adeguarsi. Tuttavia, sua madre, per non farglielo pesare, gli aveva cucito uno Spiderman, il suo supereroe preferito, a mo’ di spilla.
Con il passar dei mesi, tuttavia, Andrea si era abituato a quelle pareti spoglie, alle lenzuola candide che ricoprivano il corpo di suo padre, a quello strano odore di medicinali che all’inizio l’aveva fatto quasi star male. Si era anche abituato a vedere il suo genitore steso su quel letto, che dormiva, completamente immobile. La mamma gli aveva spiegato che il suo papà si era stancato troppo e che aveva tanto, tanto bisogno di riposare e che quindi non poteva giocare con lui.
“Ma quando si sveglia?” aveva domandato lui.
“Non lo so, Andrea.”
“E se usiamo una sveglia?”
La mamma aveva sorriso amaramente, abbracciandolo: “Non si può. I dottori hanno detto che non dobbiamo svegliarlo: si sveglierà quando vorrà. Però, ha detto che possiamo parlargli, così sentirà che lo stiamo aspettando e si sveglierà prima.”
Inizialmente, ad Andrea era sembrata una cosa stranissima parlare con il suo papà in quel modo, soprattutto perché lui non gli rispondeva, ma con il passar del tempo, si era abituato e ormai quasi non si ricordava più neanche la voce di suo padre, com’era parlare e giocare con lui e a volte si era chiesto se davvero avevano passato i pomeriggi a giocare insieme alla playstation, o piuttosto non fosse stato tutto il frutto di uno strano sogno.
“Mamma, quando si sveglia papà?” aveva chiesto un giorno, di punto in bianco “E’ da tanto tempo che sta dormendo. Perché non si sveglia? Non ha riposato già tanto?”
“Probabilmente no.” Aveva replicato la mamma in un soffio.
Ormai Andrea stava crescendo ed era diventato un piccolo ometto; la donna si chiese se non fosse giunto il momento di dirgli finalmente che, no, il suo papà non stava dormendo e che, forse, non si sarebbe mai più svegliato dal coma. Tuttavia, questo significava anche dovergli spiegare perché suo padre non avrebbe più potuto più giocare con lui, portarlo al luna park e comprargli il gelato al cioccolato. Spiegargli che la colpa era solo sua.

*

Viaggiavano ormai da alcune ore. Erano stati tutti a Mantova per le vacanze estive, ospiti di zia Giovanna, la sorella della mamma. Più volte la donna aveva chiesto alla sorella di andarla a trovare con la propria famiglia, ma lei aveva sempre posticipato il momento per ragioni diverse.
“Anna è ancora troppo piccola per viaggiare”, aveva detto le prime volte; e quando ormai Anna aveva raggiunto un’età in cui avrebbero potuto muoversi, ecco che era nato Andrea e tutto era ricominciato daccapo.
Avrebbero aspettato ancora molti anni per vedere Mantova, ma il destino aveva voluto che Giovanna e suo marito divorziassero. Siccome non aveva avuto figli, la madre le aveva proposto di ritornare a casa, ma lei aveva obiettato che stava bene e che ormai lì aveva un lavoro e che sarebbe stato un peccato gettare via una carriera per uno stupido uomo che non aveva esitato a lasciarla per un’altra donna. Così, Elisa e suo marito, preoccupati per lei e desiderosi di vedere se davvero le cose andassero bene, avevano deciso che era arrivato il momento di fare quel famoso viaggio.
Era stata un’esperienza meravigliosa, nonostante le terribili conseguenze che avrebbe portato in futuro. Giovanna li aveva portati a vedere i palazzi e i tesori dei Gonzaga, il castello di San Giorgio e il palazzo ducale; in bicicletta, erano andati ai laghi, avevano visto il Po e i ragazzi erano rimasti affascinati da quel fiume così pieno d’acqua, loro che erano abituati ai terreni della Puglia, dove i corsi d’acqua quasi non esistono. Inoltre, la zia era un’ottima cuoca e aveva preparato tantissimi piatti tipici del luogo che le erano stati insegnati dalle sue colleghe.
L’ultima settimana di agosto, Gustavo avrebbe ripreso a lavorare, così avevano deciso di rientrare il venerdì precedente, onde evitare le code chilometriche che sicuramente avrebbero bloccato l’autostrada nel week end successivo, nonostante fossero diretti a Sud.
Avevano avuto ragione: la strada era quasi completamente libera e l’automobile correva veloce sull’asfalto bollente. Andrea e Anna avevano iniziato a litigare perché il bambino voleva che la sorella giocasse con lui con le automobiline, ma lei si era rifiutata perché ormai “era troppo grande per quelle sciocchezze!”.
“La volete piantare voi due?” li aveva rimproverati la mamma irritata e aveva proposto al marito di fermarsi al successivo autogrill per fare una pausa; l’uomo aveva acconsentito: “Un gelato fresco non può che fare bene a tutti quanti!”.
Gustavo aveva visto giusto: con la pancia piena e una nuova automobilina rosso fiammante tra le mani, Andrea, stanco per tutte quelle ore di viaggio, si era addormentato quasi immediatamente; anche sua sorella, che all’inizio aveva leggiucchiato un po’ il libro che le aveva regalato la zia, ben presto si era appisolata.
“Finalmente si sono addormentati.” Aveva commentato l’uomo, notando lo strano silenzio dietro di loro e voltandosi ad osservarli.
Sua moglie aveva annuito, lanciando loro una rapida occhiata dallo specchietto retrovisore. Aveva proposto al marito di dargli il cambio, perché era da ore che guidava e le pareva giusto facesse anche lui una pausa.
“Riposa anche tu. Sarai stanco.”
“Tranquilla, sto benissimo!” aveva detto, sistemandosi meglio sul sedile.
“Sì, certo. Come no.”
E infatti anche lui, dopo pochi minuti, complice il silenzio che era calato in auto, si era addormentato.
Elisa stava guidando serena e tranquilla, pensando già a cosa avrebbe preparato per cena: se il traffico fosse proceduto in quel modo, probabilmente sarebbero arrivati per le sette, ma lei sarebbe stata troppo stanca per preparare qualcosa così, stava pensando, forse sarebbe stato meglio prendere qualcosa da un autogrill, oppure comprare una bella pizza una volta tornati a casa. Aveva sorriso fra sé e sé, immaginando già l’espressione dei propri figli all’idea.
Istintivamente, aveva lanciato un’occhiata ai due: Anna aveva da poco raggiunto lo sviluppo, mentre Andrea avrebbe iniziato la scuola elementare poche settimane dopo. Come voleva il tempo…
Non seppe mai se fu prima il boato che sentì o la visione di quell’enorme camion che inchiodava e, per evitare il mezzo pesante davanti a lui, investiva un’auto che stava facendo il sorpasso proprio in quel momento, ad attirare la sua attenzione; avvertì solo il suo piede premere sul freno con forza, il camion farsi inesorabilmente sempre più vicino e la matematica certezza che non avrebbe mai prenotato quella famosa pizza.

*


Quando si era svegliata, aveva saputo da un’infermiera, cortese e gentile, che aveva un braccio rotto ed escoriazioni lungo tutto il corpo; i bambini non si erano fatti nulla e, per fortuna, non si erano neanche accorti di quello che era accaduto.
“E mio marito? Come sta?”
Gustavo aveva battuto la testa, a causa dell’inevitabile frenata, e aveva riportato un forte trauma cranico, oltre che varie fratture; era entrato in coma e nessuno sapeva se e quando si sarebbe svegliato.
Elisa aveva sentito chiaramente qualcosa spezzarsi per sempre dentro di lei.
Se non avesse proposto di fermarsi…
Se non avesse chiesto a suo marito di guidare al suo posto…
Se non si fosse distratta…
La colpa di quanto era accaduto era soltanto sua.
“No che non è tua!” l’aveva ammonita sua sorella, scesa non appena aveva saputo la notizia “E’ stato solo un incidente, chiaro?”
Lei aveva scosso la testa: “No. E’ stata tutta colpa mia, invece! Vorrei tanto che tutto questo sia stato solo un brutto sogno! Desidero… desidero solo che i miei figli, un giorno, possano perdonarmi…”

*


Andrea aveva sentito parlare delle stelle cadenti per puro caso. Era successo durante la puntata di uno dei suoi cartoni amati preferiti ed era rimasto piuttosto perplesso nel sentire che le stelle possono esaudire i desideri delle persone.
Il giorno dopo, a scuola, aveva commentato l’episodio con Giulio, il suo migliore amico.
“Anche io non ci credevo, eppure è tutto vero! Me l’hanno confermato la mamma e mio fratello!”
Lui aveva granato i suoi grandi occhioni scuri. “Davvero?!”
“Certo. Mi hanno detto che il 10 agosto, ogni anno, cadono le stelle e gli uomini esprimono un desiderio: se ci crederanno davvero, quel desiderio si realizzerà!”
“Ma come fanno?”
“Non lo so, ma mio fratello mi ha detto di averci provato e ha funzionato davvero!”
Andrea era rimasto un po’ interdetto: il fratello di Giulio era molto più grande di lui e sapeva tante cose; quindi, quel che aveva detto doveva essere per forza vero; inoltre, anche il fatto che la madre l’avesse confermato era un’ulteriore prova.
Tuttavia, aveva tanta paura: e se il suo desiderio che il suo papà si svegliasse non si fosse realizzato? Era una cosa troppo importante e lui non voleva restare deluso. Tra l’altro, la mamma gli aveva spiegato che anche i dottori dicevano che suo padre aveva bisogno di dormire; quindi, sarebbe stato ingiusto ed egoista chiedere ad una stella di esaudire il suo desiderio.
All’improvviso, ecco l’idea geniale: avrebbe potuto provare per vedere se il potere delle stelle funzionava davvero domandando qualcos’altro e, se fosse stato così, poi avrebbe chiesto ciò che davvero gli premeva; inoltre, suo padre avrebbe avuto più tempo per svegliarsi da solo, e se ciò non fosse avvenuto… beh, era ora che prendesse lui in mano la situazione, no?!
Sì, quella era un’idea davvero geniale!


Note sparse dell’autrice
- Come avrete capito, questa storia partecipa alla challenge Cielo d’estate, indetta da Fanworld.it, set Cielo Azzurro; nel capitolo ho usato il prompt Desiderio svelato. Ovviamente, la persona a cui è stato svelato, non è un personaggio della storia, ma noi lettori. Dite che ci sono troppi desideri espressi e svelati e che non capite quale potrebbe realizzarsi? Continuate a leggere, e lo saprete! XD
- Prima che qualcuno inizi a farsi strani trip mentali: la scelta di Mantova, come meta delle vacanze, è assolutamente random. Semplicemente, un’amica di mia madre voleva che le facessi una piccola ricerca sui monumenti della città e, visto che mi serviva una meta turistica… ho semplicemente colto due piccioni con una fava! XD
- Qualcuno di voi starà pensando che Andrea guarda troppa televisione. Io preferisco così – sono cresciuta a pane e cartoni animati, io, quindi detesto vedere quei bambini che si mettono a giocare con il Nintendo DS anche se stanno insieme, piuttosto che giocare tra loro a rincorrersi. L’idea mi è nata quando mi è venuta in mente una scena di Hamtaro che beccai per caso, facendo zapping, in cui il cricetino voleva raggiungere le stelle cadenti che per lui erano “caramelle che cadevano dal cielo”. L’idea mi fece accapponare la pelle e pensai che, invece di insegnare qualcosa, quel cartone animato faceva rimbecillire solo i bambini.
Non avevo in mente nessun anime in particolare, ma in molti si parla di stelle cadenti, dando al fenomeno il significato che merita – per fortuna.
- Non so se dove abitate voi i bimbi a scuola mettono ancora i grembiuli, ma da noi si usa ancora. Possono essere blu o bianchi (prima erano neri, ma ora mi sa che nessuno usa più quel colore); Andrea li usa solo alla scuola elementare, mentre all’asilo non lo portava, per questo non ha associato subito il colore a quell’oggetto.
L’idea mi è venuta ricordando una mia amica, il cui fratellino scoppiò a piangere quando vide i banchi verdi della scuola, dopo essere uscito da un ospedale – i medici che lo avevano operato avevano i camici dello stesso colore. Per questo, prima che vi lamentiate, la reazione di Andrea è più che comprovata.

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Capitolo 3
*** Terza parte - Il domani che verrà ***





Terza Parte
Il domani che verrà






Nonostante il trascorrere del tempo, quella stanza non era minimamente cambiata.
Non era cambiato il bianco immacolato delle tende, delle lenzuola e delle pareti; non era cambiata la puzza di medicinali che si avvertiva nell’aria, come non era cambiata la posizione in cui aveva visto l’uomo l’ultima volta che era stato lì. In cui l’aveva sempre visto lì.
Eppure, loro erano cambiati.
Anche se l’uomo non poteva vedersi, il corpo di suo padre aveva comunque continuato a crescere, a maturare e ad invecchiare. Adesso, tra i suoi capelli neri di allora, si vedevano sempre più spesso ciuffi bianchi, come quella stanza; anche il suo volto era mutato e rughe sempre più profonde erano apparse sul suo volto.
Anche lui era cambiato.
Era diventato più alto, indubbiamente; la mamma gli aveva detto che aveva superato anche suo padre, ma che non c’era da stupirsi, perché, nella sua famiglia, il signor Gustavo era il più basso dei tre fratelli. Dalla quarta elementare, aveva anche dovuto mettere gli occhiali, perché non riusciva a vedere bene la lavagna e, da allora, li aveva sempre dovuti portare.
Ma era soprattutto la sua vita, ad essere cambiata.
Ormai aveva finito la scuola dell’obbligo e si era iscritto all’università; a causa della facoltà che aveva scelto, era stato costretto a spostarsi e quindi le sue visite al capezzale del padre si erano ridotte moltissimo. All’inizio, aveva avuto qualche remora a lasciare sua madre da sola, ma la donna aveva scosso la testa decisa: non doveva rinunciare alla sua vita e ai suoi sogni per lei; se la sarebbe cavata benissimo anche senza di lui.
“Perdonami, papà” Il silenzio della stanza, adesso, non gli faceva più paura. “Mi dispiace non essere venuto a trovarti molto spesso. Sai, che sto studiando astronomia a Bologna? È una facoltà bellissima. Mi piacerebbe tanto portarti a vedere le stelle nel nostro planetario: sono sicuro che ne rimarresti affascinato anche tu!”
Sorrise al pensiero che quella passione gli era nata per chiedere a una stella di esaudire il suo desiderio. Quanti giorni aveva sprecato, con la testa per aria, a cercare una Stella Cadente che lo realizzasse?
Tanti.
Quando il suo primo desiderio si era realizzato – aveva chiesto di non ammalarsi, quella sera, anche se faceva freddo, e infatti la mattina dopo non aveva starnutito neanche una volta, anche se si era preso un sacco di rimproveri dalla mamma, che l’aveva sorpreso addormentato fuori – aveva pensato di chiedere subito ciò che gli premeva; tuttavia, ricordando il suo piano, aveva pensato che forse sarebbe stato meglio fare un altro tentativo, nel caso si fosse trattato solo di un caso. Così, la volta successiva aveva chiesto il DVD di un film che gli era particolarmente piaciuto e, pochi mesi dopo, la zia gliel’aveva regalato.
Ormai sicuro che il potere delle stelle funzionasse davvero, aveva provato a chiedere la cosa che più gli premeva; tuttavia, erano passi i giorni e i mesi e il suo desiderio non si era realizzato. Perciò, aveva iniziato a chiedersi il perché: perché gli altri due desideri erano stati realizzati e quello a cui teneva di più no? Forse perché il suo papà aveva ancora sonno e non voleva svegliarsi, oppure, forse, perché esistevano stelle particolari che realizzavano particolari desideri – come il suo, appunto?
Così, ormai deciso a trovare la stella che faceva al caso suo, aveva iniziato a guardare il cielo ossessivamente, in attesa della stella giusta.
Sua madre si era presa quasi un accidente, ma solo quando il piccolo le aveva spiegato il perché di quella fissazione, la donna finalmente gli aveva rivelato la verità. La signora Elisa si era aspettata urla, pianti, grida di odio, ma non era avvenuto niente di tutto quello; Andrea l’aveva guardata, serio.
“Ma quindi un giorno forse si sveglierà?”
“Sì, forse.”
“E allora io continuerò a chiedere alle stelle di farlo svegliare presto”, aveva concluso lui.
Crescendo, aveva capito quanto quella ricerca fosse inutile e aveva iniziato a guardare il cielo con occhi diversi. Con gli occhi di un appassionato di astronomia prima, con quelli di uno studioso poi.
Ormai, sapeva perfettamente che le stelle cadenti – anzi, i frammenti di meteorite che la Terra incontrava durante il suo moto di rivoluzione intorno al sole – non realizzavano alcun desiderio, eppure, ogni volta che ne vedeva una, continuava inconsciamente ad esprimerne uno.
“Visto che ci sono, ogni tanto salgo su anche a salutare la zia. A proposito, sai che si è risposata? Probabilmente te l’avrà già detto la mamma, ma l’uomo che si è scelta stavolta è una brava persona, anche se di due anni più giovane di lei. Lo sai che la mamma ha idee classiche su queste cose: in una coppia, l’uomo deve essere più grande della donna!”
Sorrise, al pensiero della donna che aveva allevato lui e sua sorella da sola: crescendo, aveva anche capito cosa volessero dire le parole di sua madre di quel giorno. Eppure, anche dopo non gliene fece mai una colpa: era abbastanza grande per comprendere che certi incidenti possono capitare a tutti, soprattutto se la causa non è tua, ma ti trovi coinvolto tuo malgrado.
“Anche Anna ha detto che non dovrebbe preoccuparsi per queste sciocchezze e la prende in giro dicendo che sta diventando vecchia. A proposito, mi ha detto di mandarti i suoi saluti. Avrebbe voluto tanto venire, ma il lavoro l’ha bloccata”
Una volta, gli avevano detto che, anche se lui e sua sorella non facevano altro che litigare, quando un giorno sarebbero stati divisi, si sarebbero cercati, come un’anima divisa in due. Allora aveva scosso la testa, dicendo che non sarebbe mai capitata una cosa simile; e invece, doveva ammettere che quella persona aveva avuto ragione: da quando, qualche anno prima, sua sorella si era trasferita a Roma per lavoro e lui, ancora liceale, era rimasto a casa, non c’era giorno in cui non si erano sentiti. L’argomento più dibattuto era la salute della mamma, le condizioni di papà e la vita che lei aveva lasciato; poi, le loro conversazioni si erano spostate su altri argomenti e si erano ritrovati ore e ore al telefono, a chiedere consigli l’uno all’altro sulle cose più diverse.
“Anna crescendo non è cambiata di una virgola, neanche adesso che convive con un uomo: lascia tutto in giro ed è il Caos in persona. Pensa che qualche tempo fa, l’ultima volta che siamo venuti a trovarti tutti insieme, mi ha accusato di averle fatto sparire una borsa che aveva buttato sul mio letto!”
Il fatto che Andrea fosse così preciso ed ordinato, mentre sua sorella non avesse mai compreso l’uso che si fa degli armadi aveva sempre lasciato basita la loro madre. La donna aveva sperato che, crescendo e andando a vivere da sola, le brutte abitudini di Anna si sarebbero modificate; invece, con gli anni, erano solo peggiorate. Andrea si era sempre chiesto come facesse il suo compagno a sopportarla, ma poi si era reso conto che preferiva di gran lunga non saperlo.
Andrea si soffermò ancora una volta a guardare il volto disteso di suo padre e sentì uno strano nodo in gola: quante cose si era perso in quegli anni? Tante. E, per quanto cercassero di non pensarci, ogni volta che lo vedeva lì, immobile, quella schiacciante consapevolezza gli mozzava il respiro e le lacrime minacciavano di coglierlo di sorpresa.
“Papà,” Andrea si chinò accanto a lui e gli prese una mano fra le sue “quando ero piccolo, rivolgevo le mie preghiere alle stelle, sperando che queste realizzassero il mio desiderio. Crescendo, ho compreso che le stelle non avverano i sogni di nessuno e così, ho continuato a desiderare e sperare in silenzio che prima o poi tu ti saresti svegliato e saresti tornato al nostro fianco. Ma ora… ora capisco che l’unica persona a cui devo rivolgermi sei tu. Svegliati papà. Hai risposato abbastanza. Hai perso così tanti momenti importanti della vita mia, della mamma, di Anna… Svegliati. C’è una persona che vorrei farti tanto conoscere e vorrei tanto sentire il tuo parere su di lei. Ti prego, svegliati. Voglio che, un giorno, tu possa veder crescere almeno i tuoi nipoti e stare al loro fianco.”
Se anni prima gli avessero detto che un giorno avrebbe fatto una proposta di matrimonio alla bella Rosa, lui non ci avrebbe mai creduto. O forse sì: da piccolo, del resto, era sempre stato convinto che ce l’avrebbe fatta, a conquistare il suo cuore; eppure, lei non l’aveva mai calcolato più di tanto, nonostante fossero anche stati compagni di banco per un anno intero.
Poi, dopo le scuole medie, si erano ritrovati al liceo. A quell’epoca, lui aveva già iniziato ad interessarsi all’astronomia e Rosa si era subito incuriosita; Andrea l’aveva portata qualche volta con sé al planetario, le aveva insegnato le posizioni delle costellazioni e, in breve, la loro amicizia era cresciuta, fino a trasformarsi in qualcosa di più. Infine, quando lui aveva deciso di trasferirsi a Bologna, lei gli aveva semplicemente detto che, guarda caso, anche lì c’era un’ottima facoltà di giurisprudenza e che avrebbero potuto andarci insieme e dividersi l’affitto.
Era incredibile come, qualcosa che in un primo tempo era nato per caso, per un motivo molto più triste, aveva portato tanti cambiamenti nella sua vita.
Tranne uno, quello più importante.
Quello da cui, in fondo, dipendevano tutti gli altri.

*


L’infermiera entrò nella stanza, come ogni giorno, alla stessa ora da più di dieci anni, per cambiare la flebo all’uomo steso su quel letto.
Anche se non gli aveva mai parlato, ormai, si era affezionata a lui, alla sua storia e alla sua famiglia: con la signora Elisa ormai scambiavano più di qualche chiacchiera e spesso la donna si era sfogata con lei circa le sue preoccupazioni per la sorte del marito; sia Anna che Andrea le volevano bene quasi come ad una di famiglia, e lei ricambiava quell’affetto per quei due giovani che aveva visto crescere.
“Allora, signor Gustavo. Non le pare sia ora di tornare a casa?” bisbigliava, quasi come una preghiera ogni volta.
Anche quel giorno, come sempre, la donna si abbassò per controllare che tutto fosse a posto.
E, per un attimo, rimase sconcertata.
Com’è possibile? Così, all’improvviso? Vero che, in casi come quello, ogni miglioramento o peggioramento poteva avvenire all’improvviso, però…
“Dottore!” urlò correndo fuori dalla stanza “Dottore, presto, venga! Il signore della stanza 103…!”




FINE







Note sparse dell’autrice
- Come avrete capito, questa storia partecipa alla challenge Cielo d’estate, indetta da Fanworld.it, set Cielo Azzurro; nel capitolo ho usato il prompt Desiderio avverato. Sì, il prompt si riferisce sia al desiderio della madre, che sperava che i figli non la odiassero, sia al desiderio che quella sera Andrea aveva espresso alla Stella Cadente.
Lo so che mi odiate e che volete sapere cosa è successo al padre di Andrea, se il desiderio di tutti si è realizzato, o se purtroppo l’uomo non ce l’ha fatta. La verità? Non lo so neanche io! XD All’inizio avevo pensato di non realizzare quel desiderio, ma poi mi sono affezionata al poveretto, e soprattutto non volevo creare una storia completamente angst in pieno agosto, così ho lasciato un finale aperto, cui tutti possono dare l’interpretazione che preferiscono.
- Lo so che ultimamente sono un po’ in fisa con l’astronomia. Credetemi, non è colpa mia; sono i personaggi che lo vogliono! O_O Certo, ammetto che la visione di Sora no manimani aiuta, eh! XD In realtà, mi piaceva l’idea che, alla fine, l’incidente del signor Giustavo portasse solo disgrazie, ma ho voluto trovarci qualche “lato positivo”, diciamo. E poi, a furia di guardare il cielo, non si può non amarlo, anche se non tutti i desideri che gli chiediamo si realizzano! <3 alcuni potrebbero obiettare che, dopo tutte le volte che era rimasto deluso, Andrea avrebbe dovuto odiare le stelle. In verità, è vero, ma tenete conto che alcuni desideri del piccolo si sono realizzati e a quell’età non è facile capire che ci sono diverse tipologie di desideri, alcuni facilmente realizzabili anche senza l’aiuto delle stelle, altri quasi impossibili. E poi, con tutti i desideri che erano stati realizzati, per forza doveva crederci!
- Ad Anna la donna aveva rivelato le dinamiche dell’incidente molto prima, proprio perché più grande, ma anche lei, come avrete intuito, non ha mai ritenuto responsabile sua madre dell’incidente.
- La storia dei fratelli che poi si cercheranno una volta cresciuti, anche se si pestano, me l’ha detta più di una persona. Sarà vera? Io e mia sorella poco ci crediamo…
- Bene, e con questa credo di aver detto tutto. o.o come sempre, commenti, critiche, secchi d’acqua gelata (*_*) non possono che farmi immensamente piacere.
Alla prossima!

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